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Full text of "La Civiltà cattolica"

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LA 

CIVILTA  GATTOLICA 


ANNO  TRIGESIMOQUIHTO 


24  mono  1884. 


LA 


CIVILTA  CATTOLICA 


ASNO  TBIGESIMOQUI8TO 


Bcatus  popului  cuius  Dominus  Dem  eius. 
PSALM.  CXLIII,  15. 


VOL  VI. 
BELLA  SERiE   DUODEGIMA 


,\ 

s 


FIRENZE 

PKESSO  LUIGI  MANUELLI,  LIBRAIO 

Vim  del  I^rofX>imolo,  1O. 
presso  S.  .Maria  In  Campo 


FtB  -  4  1957 


PROPRIETY   LETTERARIA 


LA  RECENTE   SENTENZA 

CONTRO  LA  PROPAGANDA 


I. 

/  cardinali  al  trono  del  Papa.  Allocuzione  di  questo  nella 
quale  sostiene  i  diritti  della  Sede  Apostolica  e  delta  Pro- 
paganda. Deplora  gli  attentati  contro  quella  e  questa ;  ne 
manifesto,  t  iniquita. 

Era  il  secondo  giorno  del  mese  corrente  di  marzo  che  ricor- 
dava  la  nascita  e  la  incoronazione  di  LEONE  XIII  Fontefice  Mas- 
simo, quando  il  sacro  Collegio  degli  eminentissimi  porporati,  il 
quale  costituisce  il  pid  augusto  senate  di  tutta  quanta  la  terra, 
si  raccogliea  intorno  al  suo  trono  pontificale.  Avrebbe  dovuto 
per  bocca  dell'illustre  decano  cardinale  di  Pietro,  che  teste 
pass6  agli  eterni  riposi,  manifestare  al  Papa  1'esultanza  di  tutto 
il  mondo  cattolico ;  e  il  Papa  avrebbe  dovuto  corrispondere  ad 
essa  con  quel  sorriso  onde  il  padre  risponde  alia  letizia  dei  figli 
suoi.  Niente  di  tutto  questo!  Gli  occhi  scintillanti  del  sapien- 
tissirao  Leone  non  gioia,  ma  esprimevano  un  profondo  dolore  e 
le  labbra  e  la  fronte  e  il  gesto  tutto  era  a  dolore  composto. 
Un  nuovo  attentato  e  gravissimo  s'era  compiuto  contro  la  Chiesa 
e  contro  di  lui,  che  quale  Vicario  di  Gesu  Cristo  e  successore 
di  Pietro  ha  dovere  e  diritto  di  ben  reggerla.  Oppresso  dal  do- 
lore in  questi  accenti  proruppe :  «  La  profonda  trepidazione  da 
cui  fu  compreso  1'animo  Nostro,  quando  senza  alcun  Nostro  me- 
rito  Ci  vederamo  chiamati  al  sonuno  Pontificate,  si  ridesta  in 
Noi  vivissima  in  questo  sesto  anno,  che  dolorosamente  si  chiude 
dopo  averci  rapito  di  mezzo  a  voi  alcuni  illustri  membri  che  Ci 
erano  carissiuii,  e  dopo  aver  portati  nuovi  colpi  contro  la  Chiesa. 

<  La  quale  invero  da  difficoltfc  di  ogni  genere  e  sempre  ere- 


6  LA    RECENTE   SEMENZA 

scenti  vede  per  ogni  dove  osteggiata  la  sua  divina  missione.  Ma 
piu  lamentevoli  e  gravi  sono  le  offese  che  riceve  qui  in  Roma, 
giacch&  la  feriscono  nel  centre  stesso  della  sua  vita,  e  sono 
dirette  a  mettere  ostacolo  all'azione  del  supremo  suo  Capo.  E 
pero  di  grave  amarezza  Ci  fu  cagione  vedere  colpita  di  dura 
sentenza  una  Istituzione  che  forma  1'onor  della  Chiesa,  del  Ro- 
mano pontificate  e  della  stessa  Italia.  Intendiamo  parlare  della 
Propaganda,  fi  facile  infatti  di  riconoscere  quanto,  con  tale  sen- 
tenza, peggiori  addivengano  le  condizioni  del  suo  patrimonio; 
sia  perchd  vengono  assoggettati  i  suoi  capital!  alle  vicende  in- 
certe  sompre  ed  instabili  di  una  rendita  pubblica;  sia  perche 
ad  essa  non  e  lasciato  il  potere  di  disporre,  neppure  in  caso  di 
urgente  necessita,  dei  detti  suoi  capitali,  ne  di  aumentarli  per 
nuovi  lasciti  pii,  senza  1'intervento  di  un  estraneo  potere.  Ma 
sollevandoci  a  considerazioni  piu  alte,  ci  apparisce  la  Propa- 
ganda quale  e  veramente,  un'  istituzione  di  ordine  assolutamente 
superiore,  e  per  natura  sua  affatto  indipendente  da  ogni  laica 
autorita;  come  quella  che  fu  fondata  dai  Romani  pontefici  in 
virtu  del  supremo  ministero  apostolico,  di  cui  sono  investiti,  ed 
e  ordinata  direttainente  alia  propagazione  e  conservazione  della 
fede  nelle  varie  parti  della  terra,  al  coinpimento  della  sublime 
missione  della  Chiesa,  a  salute  del  mondo.  A  questo  fine  i  Ro- 
mani pontefici  trasfusero  in  essa  tanta  parte  del  loro  eccelso 
potere,  ed  e  per  suo  mezzo  ch'essi  fanno  giungere  ai  popoli  piu 
lontani  i  beneficii  della  redenzione.  Innumerevoli  paesi  di  Africa, 
di  Asia,  delle  due  Americhe,  dell'  Oceania  e  della  stessa  Europa, 
se  hanno  potuto  godere  della  luce  dell'Evangelo  e  della  vera 
civilta  che  ne  deriva,  lo  devono  a  questa  benefica  istituzione.  — 
Ed  appunto  perchd  essa  fosse  in  grado  di  rispondere  all' alto 
loro  disegno,  i  Papi  la  fornirono  essi  stessi  di  ampio  censo  e 
rendite  copiose,  e  coll'esempio  e  colla  parola  indussero  la  cat- 
tolicita  tutta  quanta  a  fare  altrettanto.  —  Onde  non  d  mera- 
viglia  che  uomini  anche  meno  benevoli  alia  Chiesa  si  siano 
sempre  mostrati  larghi  di  lode  per  questa  istituzione;  non  e 
meraviglia  che  il  suo  patrimonio  fosse  rispettato  anche  dal  go- 
verno  imperiale  di  Francia  e  che  il  Potente,  arbitro  allora  delle 


VGANDA  7 

sort!  di  Europa,  la  encomiasse  altamente  e  la  proteggesse.  Tale 
ndo  per  tanto  Tindole  di  questo  Pontifleio  istituto,  qua- 
luii'iue  atto  che  abbia  per  effetto  di  assoggettarlo  in  qualsiasi 
modo  ad  un  potere  estraneo  e  di  mettore  ostacolo  alia  sua  azione, 
e  un  attentato  contro  la  liberta  del  capo  della  Chiesa  nell'eser- 
cizio  della  sua  spirituale  autorita,  nelle  funzioni  deH'apostoHco 
ministero.  Per  queste  ragioni  di  ordine  altissimo,  Noi  sentiamo 
il  dovere  di  levare  la  nostra  voce,  e  di  denunziare  ai  cattolici 
di  tutte  le  nazioni,  che  per  tanti  titoli  vi  hanno  interesse,  questa 
nuova  offesa  inflitta  alia  Sede  apostolica.  —  Noi  intanto  come 
meglio  ci  sarfc  dato,  Ci  studieremo  di  provvedere  alle  esigenze 
amministrative  di  cosl  vasta  e  splendida  Istituzione.  Ma  quanto 
piu  crescono  per  Noi  le  difficolta,  e  la  condizione  nostra  si 
aggrava,  tanto  maggiore  ci  attendiamo  dal  sacro  Collegio  il  con- 
corso,  tanto  piu  abbondante  dai  fedeli  di  tutto  il  mondo  1'aiuto 
delle  loro  preghiere,  dell' opera  loro,  della  loro  generosita.  Ci 
auguriamo  cosl,  che  largamente  si  compiano  i  voti  da  Lei,  si- 
gnor  Cardinale,  teste  espressi,  che  cioe  ad  onta  di  tutti  gli  sforzi 
nemici  non  abbiano  mai  da  mancare  alia  Sede  apostolica  i  mezzi 
per  la  diffusione  del  Vangelo  e  per  le  opere  dell'apostolato.  > 

II. 

Saturn  della  Propaganda.  &  determinate  dal  suo  fine  spe- 
cifico.  Mezzi  diretti  ed  indiretti  rispelto  al  fine  predetto. 
Inseparabilita  della  diffn$ione  della  fede  dalla  diffusione 
delta  vera  civilta.  Corollarii.  1°  j£  istituzione  connessa  col 
ministero  apostolico  del  Vicario  di  Gesu  Cristo.  2°  &  cosmo- 
politica  e  guarentita  dal  diritto  internazionale. 

Questo  6  il  sublime  lamento  del  sommo  pontefice  Leone  XIII, 
nel  qnale  con  sintesi  eloquente  e  scientifica  tutto  e  raccolto  ci6 
che  fu  detto  o  si  pu6  dire  in  cosl  fatta  questione.  E  di  vero 
osserviamo  da  prima  che  cosa  sia  questa  Propaganda  la  quale  e 
il  soggetto  della  sentenza  della  Corte  supreraa  di  Cassazione : 
poscia  quale  sia  la  virtu  di  cotesta  sentenza. 

La  Propaganda  6  una  Istituzione  creata  dai  Eomani  pontefici, 


8  LA   RECENTE   SENTENZA 

non  in  quanto  sovrani  di  un  piccolo  territorio,  ma  in  quanto 
Vicarii  di  Gesu  Cristo.  Poiche  dal  fine  specifico  e  proprio  si 
conosce  1'  indole  di  ogni  societa,  cosl  dal  fine  della  Propaganda 
se  ne  conosce  la  sua.  II  fine  e"  propagare  e  conservare  la  fede 
cattolica  e  con  essa  la  civilta  cristiana  in  tutto  il  mondo.  I 
mezzi  diretti  ad  essa  dati  dai  Papi,  sono  i  missionarii,  per  edu- 
care  e  istruire  i  quali  fu  eretto  ii  cosl  detto  Collegio  di  Pro- 
paganda, con  li  annessi  musei,  biblioteche,  tipografie,  nelle  qnali 
eziandio  si  pubblicano  libri  acconci  allo  scopo  generate  cbe  di- 
ce vamo.  I  mezzi  indiretti  sono  grossi  capitali,  i  quali  servono 
alia  cultura  dei  giovani,  al  inanteniinento  dei  missionarii,  alia 
erezione  e  al  decoro  delle  Chiese  e  al  soccorso  delle  povere  cri- 
stianita  quando  nei  paesi  infedeli  si  ritrovano  afflitte  da  dure 
necessita.  I  Papi  stessi  dotaronla  di  pinguissirae  rendite,  ed 
eccitarono  la  carita  di  tutto  il  cristianesimo  a  fare  altrettanto. 
La  Propaganda  e  come  1'istrumento  del  Vicario  di  Gesu  Cristo,  col 
quale  eseguisce  Timperio  avuto  dal  medesimo  di  evangelizzare 
tutti  i  popoli  della  terra.  Se  non  che  ii  fatto,  di  piu  che  diciotto 
secoli,  dimostr6  ci6  che  dimostra  la  ragione,  cioe"  ch'e  insepa- 
rabile  1' evangelic  dalla  vera  civilta;  per  la  qual  cosa  essendo 
ordinata  la  Propaganda  a  convertire  a  Gesft  Cristo  tutte  le  genti, 
e,  implicitamente  si,  ma  veramente  ed  efficacemente  ordinata  a 
recare  la  vera  civilta  in  tutto  il  mondo.  Questa  6  1'idea  della 
Propaganda   ch'  e  racchiusa   sinteticamente   nelle   parole   del 
Santo  Padre. 

Da  questa  idea  per  logica  necessita  vengono  due  corollarii.  II 
primo  6  accennato  dallo  stesso  Papa,  cio&  che  la  Propaganda  6  una 
Istituzione  intrinsecamente  connessa  colla  missione  apostolica  del 
Yicario  di  Gesu  Cristo:  e  il  braccio  onde  egli  opera  in  tutto 
il  mondo,  quale  capo  della  Chiesa;  e,  considerati  gli  atti  pontificii 
rispetto  ad  essa,  con  termine  del  giorno,  6  a  guisa  di  un  mini- 
stero  cui  spetta  attuare  la  volonta  del  Papa,  come  Papa,  nel 
governo  della  Chiesa. 

Segue  da  ci6  che  chi  pone  impedimento  all'azione  di  Propa- 
ganda, attenta  d'  impedire  1'attuazione  della  missione  del  Papa. 
Questo  in  due  modi  potissimamente  si  pu6  fare:  il  primo  ri- 


co.vrno  LA  rno PAGAN  (J 

gtiardo  alle  persone,  il  secondo  riguardo  alle  sostanze  cd  ai 
capitali.  Come  si  attenta  all'esercizio  della  sovrana  autorita  del 
re,  o  direttamente,  impedendo  che  si  aggreghino  o  sottraendo 
i  soldati  al  suo  esercito:  o  indirettamente,  togliendo  al  re  la 
pecunia  che  gli  d  necessaria  al  mantenimento  dell'esercito  stesso 
ed  a  sopperire  alle  spese  che  occorrono;  cosl  si  attenta  all'eser- 
cizio  della  sovrana  autorita  spirituale  del  Papa  direttamente 
togliendogli  le  sacre  milizie  necessarie  alia  propagazione  della 
fede,  e  questo  fece  il  governo  italiano  sopprimendo  gli  ordini 
religiosi ;  o  in  lirettamente,  confiscando  od  anche  togliendo  il  li- 
bero  uso  della  pecunia  necessaria  perch&  si  operi  la  propagazione 
della  fede  e  la  sua  conservazione  con  efficacia  e  costanza :  e  que- 
sto si  fece  con  la  sentenza  testd  eraanata  contro  Propaganda. 

II  secondo  corollario  e  Tessere  ella  cattolica  cio6  cosmopolitica, 
e  che  la  sua  indipendenza  da  ogni  governo  laicale  6  appoggiata 
al  diritto  internazionale.  Che  sia  una  Istituzione  cosmopolitica 
e  chiarito  dalle  parole  del  Santo  Padre.  Chi  la  istitul  ?  fi  1'autorita 
suprema  rispetto  all'universo  intero :  e  il  Papa  capo  della  Chiesa, 
nel  cui  territorio  stanno  tutti  i  regni  e  tutte  le  nazioni.  Ogni 
Monarca  stende  lo  scettro  entro  determinati  confini.  Se  li  tra- 
passa  evvi  giuridica  ragione  di  muovergli  guerra.  Non  cosl  del 
Papa.  Gesu  Cristo,  la  cui  autorita  6  divina  e  superiore  all'auto- 
rita  di  tutti  i  principi,  e  in  faccia  ai  diritti  del  quale  tutti  i 
costoro  diritti  cessano  di  avere  forza,  Gesu  Cristo,  diciamo,  ha 
trasfuso  il  suo  potere  nel  primo  Papa  san  Pietro  e  conseguen- 
temente  nei  suoi  successori,  quando  lo  rnando  con  gli  altri 
apostoli  in  tutto  il  mondo,  dando  loro  quel  potere  ch'egli  avea 
ricevuto  dal  Padre :  sicut  misit  me  Pater  et  ego  mitto  vos  ite 
ergo  in  mundum  universum:  od  anche:  data  est  mihi  OMXIS  po- 
testas  in  coelo  et  in  terra.  Euntes  ergo  docete  omnes  gerites... 
II  Papa  dunque  innanzi  a  tutti  i  sovrani  ha  il  diritto  di  evan- 
gelizzare  i  popoli,  ed  ha  dovere  di  farlo  innanzi  a  Dio.  Chi  in 
ci6  lo  impedisce  yiola  questo  diritto  ch'e  divino,  non  umano. 
Ond'  6  chiaro  che  la  Propaganda,  per  la  quale  si  attua  1'  evan- 
gelizzare  tutti  i  popoli,  d  una  cattolica  istituzione  universale 
o  cosmopolitica. 


10  LA   RECENTE   SENTENZA 

Ma  non  basta.  Dicevamo  inoltre  che  essa  6  tutelata  dal  di- 
ritto  internazionale.  E  questo  un  punto  di  grande  rilevan/a,  poi- 
ch6  da  questo  si  vede  quanto  vadano  errati  coloro  che  vorrebbero 
che  gli  altri  governi  per  nulla  entrassero  in  tale  questione.  E 
noi  diciarno  che  hanno  diritto  d'  entrarci,  e  quando  loro  tornera 
acconcio  v'  entreranno :  e  per&  vorremmo  che  questo  fatto  dal  go- 
verno  italiano  si  prevedesse  e  si  prevenisse. 

III. 

Per  che  le  questioni  papali  sono  di  diritto  internazionale.  Tutti 
i  singoli  Stati  sono  parti  del  regno  di  Dio  che  e  la  Chiesa. 
Universalita  delta  spirituale  sovranita  del  Papa.  Come  tutti 
i  sudditi  dei  sovrani  terreni  sieno  sudditi  del  Papa  in  quanto 
&  capo  della  Chiesa.  Due  rilevantissimi  principii  rispetto  a 
Propaganda.  Ogni  sovrano  ha  il  diritto  di  non  essere  im- 
pedito  di  ricevere  lafede  e  la  civilta  pe'  suoi  popoli. 

TestS  dicevamo  che  i  confini  di  ogni  Stato  sono  detenninati : 
chiudono  un  certo  spazio  e  non  vanno  piti  la.  Al  contrario  il 
Regno  di  G-esu  Cristo  ch'e  la  Chiesa,  di  cui  capo  visibile  6  il 
Papa,  non  ha  limiti,  ma  in  s&  racchiude  tutto  lo  spazio  com- 
preso  entro  i  limiti  di  tutti  gli  Stati.  Per  diritto  divino  essa  Chiesa 
d  cattolica,  clod  ha  il  diritto  di  sovranita  spirituale  in  tutti  i 
tempi  e  in  tutta  la  terra;  e  da  ci6  segue  che  qualunque  principe, 
voglia  o  non  voglia  (perch&  il  volere  umano  6  nullo  contro  il  vo- 
lere  di  Dio),  si  trova  gia  avere  nel  suo  Stato  un'altra  sovra- 
nita di  un  ordine  superiore  indipendente  dalla  sua,  un  altro  so- 
vrano del  quale  sono  sudditi  tutti  i  sudditi  suoi;  e  se  non  lo 
sono  in  atto,  hanno  il  dovere  di  esserlo.  E  perch&  il  fine  inferiore 
e  subordinato  al  fine  superiore,  essendovi  essenzialmente  un  solo 
fine  ultimo  verso  il  quale  tutte  le  cose  create  sono  niezzi,  ne  viene 
che  ogni  sovrano  di  ogni  Stato  ha  il  dovere  di  tutelare  con  la 
forza  morale,  e,  s'  e  necessario,  anche  fisica,  tutti  i  diritti  di  questo 
sovrano  universale  ch'6  il  Papa,  in  quanto  capo  della  Chiesa.  Par- 
lando  della  Chiesa  disse  (resu  Cristo:  Regnum  meum  non  est  de 
hoc  mundo :  non  6  tale  pel  fine  ch'  6  soprannaturale :  non  e  tale 


CO.NTIIO   LA   PROPAGANDA  1  1 

per  la  immediate  origine  perchd  $  il  regno  di  Dio,  da  Gesu  C: 
imiwMliatamente  costituito:  non  e  tale  per  I'antorita,  perchfc  1'au- 
torita  del  suo  capo  e  divina  e  spirituale,  e  affatto  indipendente: 
non  e  tale  per  la  estensione,  perch&  per  tliritfu  si  estende  a  tntta 
la  terra:  non  e  tale  per  durazione  perche  il  suo  termine  e  il  fine 
del  tempo:  non  e  tale  per  la  difesa,  perche  da  Dio,  indipenden- 
temente  dagli  eserciti  terreni,  gli  e  garantita  la  stabilita  per- 
petua:  non  &  tale  per  li  soldati  onde  va  a  nuove  conquiste,  perche 
i  suoi  eserciti  non  combattono  con  le  armi,  ma  con  la  parola 
e  con  le  virtu;  e  perche  quelli  onde  pu6  essere  difeso  contro  la 
forza  materiale  che  lo  aggredisse,  non  sono  in  certo  numero  ri- 
stretti,  essen  cloche  tutti  i  Re,  i  president!  di  repubbliche  e  tutti 
i  popoli  di  tutti  gli  Stati,  entro  i  confini  dei  quali  esso  e  spi- 
rituale sovrano,  hanno  il  dovere  di  difenderio.  Da  tutto  ci6  6 
manifestissimo  che  il  Papa  in  quanto  tale  (non  in  quanto  principe 
di  piccolo  o  grande  territorio)  e  sovrano  spirituale  in  tutta  la 
terra  e  conseguentemente  che  le  question!  papali  sono  interna- 
zionali.  Come  le  question!  di  un  Imperatore  che  stende  la  sua 
autorita  sopra  varii  regni  tra  loro  divisi,  sono  question!  di  tutto 
1'Iinpero  e  percio  di  tutti  gli  stessi  regni:  cosl  le  question!  del 
Papa  in  quanto  capo  della  Chiesa,  sono  question!  di  ogni  Im- 
pero,  di  ogni  regno,  di  ogni  repubblica  sebbene  in  diversa  ma- 
niera.  Ma  e  per  attestazione  del  Papa  stesso,  e  per  T  intrinseca 
natura  sua,  corae  anche  molti  liberali  e  tra  essi  il  Bonghi  con- 
fessano,  la  questione  di  Propaganda  e  Papaie;  non  ispetta  al  Papa 
quale  sovrano  di  un  territorio,  ma  in  quanto  capo  della  Chiesa. 
Dunque  questa  e  una  questione  essenzialmente  internazionale. 
Andiam'  oltre. 

Mettiamo  innanzi  due  principii.  Principio  primo:  il  Papa  me- 
diante  questa  sua  Istittizione  di  Propaganda,  tende  alia  propa- 
gazione  deila  religione  ed  insieme  della  civilta  di  tutti  i  popoli. 
Di  fatto  veggiamo  che  per  lo  mezzo  della  medesima  Istituzione 
il  Papa  convert!  e  reco  la  civilta  a  molti  popoli,  sopra  i  quali 
per  esempio  stendeva  la  sua  dominazione  la  Francia,  Tlnghil- 
terra,  la  Spagna,  il  Portogallo,  gli  Stati  Unit!  d'America  ecc. 
secondo.  La  propagazione  della  religione,  e  la  ci- 


12  LA   RECENTE   SENTEIS'ZA 

villa,  ma  specjalraente  questa,  davanti  a  tutti  i  governi  di  tutte 
le  nazioni  &  di  fatto  considerata  come  un  bene.  Cosl  per  esempio 
1'Inghilterra  vede  che  per  la  cultura  cattolica  delle  Indie,  e  delle 
regioni  dell'Africa,  dell'Australia,  o  dell'America  a  lei  soggette, 
s' introduce  la  civilta  nei  suoi  dominii  e  viene  conservata:  e  non 
pu6  non  considerare  questa  come  un  suo  bene  sociale.  Questo  si 
dica  di  tutti  gli  Stati. 

Posto  cio  discorriamo  cosl.  Poniamo  che  un  dovizioso  signore 
voglia  fare  un  notevole  bene  ad  un  altro  uoino  povero :  e  che  un 
prepotente  con  la  forza  trattenga  quello  a  fare  quel  bene  o  im- 
pedisca  questo  ad  averlo.  Si  conceda  pure  che  cotesto  uomo  po- 
vero non  abbia  diritto  verso  il  ricco  ad  avere  quel  bene.  Ma  & 
certo  altresl  che  ft  prepotente  con  la  sua  azione  lo  dannifica,  ed 
il  povero  ha  il  diritto  di  non  essere  dannificato ;  e  pud  costrin- 
gere  il  prepotente  a  lasciar  libero  il  ricco  a  largheggiare  del 
suoi  beneficii.  Questo  e  proprio  il  caso  nostro.  Si  conceda  che,  per 
esempio,  Inghilterra  non  abbia  diritto  di  costringere  il  Papa  a 
portare,  mediante  Propaganda,  la  civilta  tra  i  suoi  barbari  sud- 
diti  dell'Africa  o  dell' Australia;  ma  non  avrebbe  forse  il  diritto 
di  efficacemente  impedire  qualunque  governo  volesse  contrastare 
al  Papa  di  recare  tanto  bene  a  s6  stessa?  Essa  per  certo  ha  di- 
ritto di  farlo.  Quanto  diciamo  dell'Inghilterra,  diciamolo  di  tutti 
gli  Stati  di  tutto  1'Universo.  Con  cio  e  chiarito  che  la  questione 
presente  e  internazionale,  avendo  ogni  Stato  il  diritto  che  il 
Papa  non  sia  impedito  dall'  esercitare  il  suo  aposto,lico  ministero 
di  recare  col  Vangelo  la  civilta  ai  popoli  della  terra.  Laonde  e 
manifesto  che  Toppressione  di  Propaganda  non  &  solo  una  vio- 
lazione  dei  diritti  del  Papato  e  della  Chiesa,  ma  ancora  del  di- 
ritto di  tutti  gli  Stati.  Quindi  viene  che  il  Governo  italiano  non 
deve  meravigliarsi  se  i  forestieri  vogliono  prendere  a  cuore  la 
presente  questione  di  Propaganda. 

Tale  e  Propaganda:  Istituzione  meramente  Papale,  cio&  fatta 
dai  Papi  quali  Vicarii  di  Gresu  Cristo  nella  pienezza  di  loro  au- 
torita  e  nell'esercizio  indipendente,  per  sua  natura,  da  ogni  lai- 
cale  potere:  Istituzione  cosinopolitica,  per  fine,  per  estensione 


CONTRO    LA    PROPAGANDA  W 

del  suo  soggetto,  e  per  rispetto  alia  sua  origine :  Istituzione  con 
la  -male  s' intrecciano  doveri  e  diritti  international!,  e  che  per6 
TUO!  essere  tutelata  dall'autorita  di  tutti  gli  Stati  dell'Universo. 

IV. 

Sentenza  delta  Corte  suprema.  Distinzione  tra  conversione  di 
ni  e  il  modo  onde  si  fa.  Equivoco  parlare  del  Mancini. 
La  conversione  ripugna  al  diritto  pieno  di  proprieta  o  di 
vero  dominio.  II  fine  della  conversione  &  togliere  ogni  pro- 
fil  alia  Chiesa.  Se,  data  la  conversione,  possa  la  Pro- 
paganda disporre  da  s6  sola  I'  alienazione  dei  suoi  fondi, 
conie  da  ad  intendere  il  Mancini. 

Che  cosa  fecesi  test&  contro  questa  Istituzione?  Per  sentenza 
del  supremo  tribunale  di  Cassazione,  pronunciata  il  29  gen- 
naio  1884,  fu  assoggettata  alia  conversione  dei  suoi  beni  immo- 
bili.  Qual  e  la  significazione  di  questa  parola  conversione?  Nella 
nota  inviata  da  Sua  Eccellenza  il  ministro  Mancini  a  tutti  gli 
ainbasciatori  d'ltalia  accreditati  presso  le  potenze  estere,  egli  dice 
cosl:  «  Contrariamente  al  vero,  si  voile  afferuiare  trattarsi  di  con- 
fisca,  o  di  atto  in  qualsiasi  maniera  ostile  verso  1'Istituto  di  Pro- 
paganda, il  quale  ha  scopi  ad  un  tempo  religiosi  ed  altamente 
ainanitari  e  civili,  e  con  ragione  gode  da  parte  del  regio  Go- 
verno  d'  ogni  simpatia  spesso  manifestata  dallo  scrivente  con  la 
efficace  protezione  dei  mandatarii  o  delegati  che  la  Congregazione 
invia  e  tiene  nelle  piu  remote  contrade ;  ma  trattasi  invece  di 
semplice  conversione  del  patrimonio  immobiliare  (eccettuato  il 
Palazzo  Urbano  di  Propaganda  Fide  ove  la  Congregazione  ha  la 
sua  sede  in  Roma),  o  in  rendita  consolidate  italiana  o  in  car- 
telle  degli  istituti  di  credito  fondiario  a  scelta  della  Congrega- 
zione stessa,  la  quale  pu6  altresl,  quando  lo  voglia,  procedere  da 
se  sola  all' alienazione  dei  suoi  fondi.  >  II  lettore  per  non  ca- 
dere  nelle  panie  sofistiche  del  ministro  Mancini,  deve  distinguere 
due  cose.  La  prima  d  la  conversione  dei  beni,  la  seconda  il  modo 
di  essa  conversione. 

La  intiiuazione  della  conversione  in  sostanza  6  un  comando 


14  LA   RECENTE  SENTENZA 

che  fa  il  governo  ad  un  proprietario  di  beni  immobili,  obbligan- 
dolo  a  venderli  a  se,  offerendogli  per  pagainento  un  titolo,  in 
virtu  del  quale  il  proprietario  acquista  il  diritto  d'  avere  una 
rendita  equivalente  alia  rendita  che  avrebbe  cavata  dalli  stessi 
beni  immobili,  se  li  avesse  in  proprio  dorainio  ritenuti.  Quan- 
tunque  il  titolo  non  sia  i  beni  stessi  immobili,  non  si  pu6  dire 
in  verit^  che  il  torre  i  beni  immobili  e  mettere  in  mano  un  titolo, 
sia  cosa  identica  con  la  confiscazione  dei  beni  stessi.  Tuttavia  la 
vera  padronanza  o  il  pieno  dominio  implica  il  diritto  di  tenersi 
proprio  quello  di  cui  uno  6  padrone,  di  venderlo  se  vuole,  a  cui 
vuole,  per  quanto  vuole  e  quando  vuole.  Per  ci6  stesso  la  con- 
versiom  trae  seco  il  disconoscere  che  il  Papa  o  la  Congregazione 
di  Propaganda  sieno  veramente  veri  padroni  di  que'beni  che  il 
governo  vuole  sieno  convertiti. 

Uno  dei  potissimi  principii  del  liberalismo  e  la  negazione  del 
diritto  di  vera  proprieta  alia  Chiesa  e  a  tutte  quelle  istituzioni 
che  hanno  radice  nella  Chiesa,  s'informano  del  suo  spirito,  ten- 
dono  al  suo  stesso  fine.  II  Papato  stesso  non  e  escluso.  Ond'  e" 
che  al  Papa  fu  tolto  il  dominio  temporale.  Ragguardata  beue  ogni 
cosa,  e  le  varie  dichiarazioni  fatte  dalle  persone  ufficiali  o  nella 
Camera,  o  nei  giornali,  o  nelle  note  diplomatiehe,  non  e  lasciato 
al  Papa  il  vero  e  totale  dominio,  affatto  indipendente,  nemmeno 
del  Vaticano.  Per  togliere  la  proprieta  di  tutti  gli  ordini  reli- 
giosi,  prima  questi  fnrono  dal  Governo  civilmente  distrutti,  e  i 
loro  beni  furono  conseguentemente  annessi  allo  Stato  col  diritto 
del  primi  occupantis,  il  quale  innanzi  a  tutti  spetta  al  governo 
sopra  i  beni  che  sono  rimasti  nullius.  Cosl  eziandio  un  testa- 
mento  nel  quale  e  lasciata  un'eredita  ad  un  ordine  religiose  d 
considerate  come  nullo,  per  inancanza  di  esistenza  del  soggetto 
designate  quale  erode.  Per  la  sentenza  allegata  della  Corte  su- 
prema  d  colpita  dal  medesimo  ostracismo  la  Propaganda,  perchd 
la  obbligata  conversione  dei  suoi  beni  e  incompossibile  col  pieno 
diritto  di  proprieta  nella  medesima. 

Se  non  che  le  frasi  ambigue  dell'Avvocato  ministro  Mancini 
hanno  potuto  trarre  qualcuno  in  inganno,  e  fargli  credere  che, 
sebbene  il  pieno  diritto  di  proprieta  dei  beni  immobili,  sia  stato, 


NTRO    LA  NDA  1~> 

dir-.-mo  cosl,  alquanto  offeso,  tuttavolta  rimauga  sostanzialmente 
lo  stesso.  Infutti  riinano  in  plena  proprieta  /  '>-ntc  in  car- 

telle  degli  istituti  di  credito  fondiario,  ovvero  in  rendita  conso- 
lidate italiana.  Ma  cessi  ogni  equivoco.  Distinguiamo  cartelle 
vincolate  e  cartelle  non  vincolate,  cioe  libere  al  portotore.  Ho, 
per  esempio,  cento  mila  lire  in  cartelle  vincolate;  di  queste  ri- 
cerer6  la  rendita,  poniamo  del  4  per  cento.  Posso  io  cedere  queste 
cartelle  a  mio  piacere  in  altrui  proprieta?  Niente  affatto:  e  me- 
stieri,  prima  di  far  cio,  svincolarle.  Per  contrario  se  le  mie  car- 
telle non  sono  vincolate  ma  sono  al  portatore,  in  tal  caso  e  rice- 
vero  la  rendita,  e,  a  mio  piacere,  le  potr6  dare  in  altrui  proprieta. 
Quando  il  Mancini  dice  «  trattasi  invece  di  seinplice  conversions 
del  patrimonio  immobiliare  o  in  rendita  consolidata  italiana  o 
in  cartelle  degl' istituti  di  credito  fondiario,  a  scelta  della  Con- 
gregazione  stessa,  la  quale  pu6  altresl,  quando  lo  voglia,  pro- 
cedere  da  se  sola  airalienazione  dei  suoi  fondi:  >  intende  egli 
di  dire  che  la  Congregazione  pu6,  se  vuole,  avere  in  cambio  dei 
suoi  immobili,  cartelle  al  portatore,  o  intende  parlar  sempre  di 
cartelie  vincolate?  Se  intendesse  il  primo  si  avrebbe  ragione  di 
dire  che  sebbene  in  tal  caso  il  diritto  di  proprieta  sia  offeso, 
tuttavia  la  proprieta  sostanzialmente  rimarrebbe.  Imperocche  la 
Congregazione  avute  le  cartelle  al  portatore,  potrebbe  a  suo 
piacere  alienarle  ed  acquistarsi,  volendo,  dei  fondi  fuori  di 
Stato.  La  parola  a  scelta  trae  in  inganno,  fino  a  dare  a  credere 
che  vengano  anche  offerte  cartelle  al  portatore.  Ma  invece  siamo 
certi  che  la  cosa  non  e  cosl.  Non  si  pu6  trattare  che  di  titoli  o 
di  cartelle  vincolate,  le  quali  sieno  inalienabili,  senza  la  licenza 
del  governo.  Inoltre  si  tratta  che  la  Propaganda  e  obbligata  a 
consegnare  al  Governo  qualunque  dono  od  eredita  riceva  per 
averne  in  quella  vece  titoli  o  cartelle  pur  vincolate.  Che  signifi- 
cazione  abbiano  le  parole  del  Mancini  <  pu6  procedere  da  s8  sola 
alia  alienazione  de'suoi  fondi  >  veramente  non  lo  sappiamo: 
perche  non  hanno  verita  se  non  si  tratti  di  cartelle  al  portatore. 
Come  pu6  procedere  da  sfc  sola,  se  il  Goverao  deve  svincolare  i 
suoi  titoli? 


16  LA   RECENTE   SENTENZA 

V. 

II  Governo  non  Centra  nella  sentenza.  Giustizia  delta  mi- 
desima.  Turbamento  destatosi  per  la  sentenza  contro  Pro- 
paganda. Quando  una  sentenza  sia  giusta.  Opinioni  varu. 
II  Papa.  I  liberali. 

Questa  sentenza  immediatamente  precede  dall'  autorita  giudi- 
ziaria,  e  non  dal  Governo  italiano,  e  il  Mancini  ha  premura  di 
avvertirne  gli  ambasciatori  presso  le  estere  potenze  in  queste 
parole.  <  Non  trattasi  punto  di  atto  governativo ;  sibbene  di  pro- 
cedimento  giudiziario,  regolarmente  istituito  per  iniziativa  della 
stessa  Congregazione  di  Propaganda  e  condotto  oramai  a  ter- 
inine  con  la  solenne  e  conclusiva  sentenza  della  suprema  Corte  di 
Cassazione  la  quale  costituisce  giudicato  irrevocabile.  >  Ma  poiche 
I'influsso  che  pu6  esercitare  il  Governo  sopra  1' autorita  giudi- 
ziaria  e  sopra  i  giureconsulti,  indiretto  o  diretto  che  sia,  e  grande, 
alcuni  vennero  in  sospetto  che,  dopo  la  sentenza  favorevole  a 
Propaganda,  data  dalla  Corte  Suprema,  abbia  per  due  anni  il 
Governo  lavorato  a  preparare  e  ad  ordinare  cosl  le  cose  che  dalla 
medesima  Corte  Suprema  a  sezioni  riunite,  dovesse  uscire  non 
altra  sentenza  che  la  contraria,  la  quale  usci.  Questi  sospetti 
sono  temerarii  e  percio  ben  fece  il  Mancini  a  non  accennare  ad 
essi  in  veruna  maniera.  Se  non  che  quella  frasuccia  del  Mancini : 
regolarmente  istituito  (il  processo)  per  iniziativa  della  stessa 
Congregazione  ha  1'  aria  d' insinuare  che  la  medesima  Congre- 
gazione quasi  quasi  confidasse  nella  rettitudine  se  non  anche  nel 
favore  di  que'  tribunal!  che  poscia  la  condannarono.  Per6  e  da 
aggiugnere  che  essa  Congregazione  fu  tratta  pel  collo  a  fare  quella 
iniziativa;  e  ci6  avvenne  dopo  che  si  vide  aggredita  la  prima 
volta,  il  giorno  23  luglio  del  1874,  con  la  pubblicazione  degli 
awisi  d'  Asta  della  Villa  di  Montalto  luogo  di  villeggiatura  del 
Collegio  Urbano.  Quando  fu  poscia  sospesa  la  vendita  dei  suoi 
beni  (fu  detto  per  consiglio  di  Vittorio  Emanuele)  pote  essa  lu- 
singarsi,  sperare  non  mai.  Le  cause  erano  disposte,  e  tolto  un 
passeggero  impediniento,  doveano  produrre  gli  effetti  cui  erano 
ordinate. 


COPfTRO    LA    PROI'  17 

•na  fn  pronnnriata  la  sentenza  della  Suprema  Corte  di 
^azione  di  Roma,  fu  universale  la  ni'-raviglia.  Tutti  gli  aninri 
furono  agitati.  II  Secretario  di  Stato  di  Sua  Santita  rivninentis- 
simo  Cardinale  Jacobini  mandft  a  tutti  i  Ntinzii  apostolici  una 
nota  diplomatica;  il  Ministro  Mancini  mand&  una  Istruzione  a  tutti 
gli  ambasciatori  d' Italia,  per  menomarne  Tefficacia  e  prevenire 
1'opposizione  e  le  proteste  dei  governi  esterni;  il  Papa  fece  quella 
nobile  protesta  piena  di  sapienza  e  di  rettitudine  che  sopra  ab- 
biaino  recata:  non  vi  fu  giornale  cbe  non  avesse  la  cosa  in  conto 
di  un  fatto  di  altissima  rilevanza;  in  tutta  Italia,  in  tutta 
Europa,  in  tutto  il  mondo  le  sense,  le  proteste,  le  accuse  non 
per  anco  hanno  fine.  Se  TOceano  intero  si  muove  a  tempesta 
non  si  pu6  dire  cbe  un  zeffiretto,  od  un  sassolino  gittatovi  alia 
superficie  sia  la  causa  della  agitazibne  dei  flutti.  L'effetto  vuol 
essere  proporzionato  alia  causa.  Onde  e  giuocoforza  di  dire  cbe 
tanto  strepito  cbe  fu  sollevato  e  si  solleva  per  tal  fatto,  indica 
la  sua  somma  importanza.  La  qnale  importanza  deve  derivare  o 
dall'indole  del  fatto  stesso;  o  dalla  relazione  che  ba  alia  sua 
cagione;  o  da  quella  che  ba  verso  le  sue  conseguenze  e  i  suoi 
effetti. 

II  fatto  considerate  in  se  stesso  prendesi  in  rapporto  alia  sua 
moralita.  Quindi  di  tratto  viene  la  questione:  la  condanna  e 
giusta?  Per  costituire  giusta  una  condanna  e  mestieri  dimostrare 
che  essa  e  affatto  conforrae  alia  legge.  All'  essenza  poi  della 
legge  richiedesi  cbe  non  sia  contraria  a  ragione  e  a  legge  su- 
periore,  e  che  sia  emanata  dalla  legittima  autorita.  Se  qtiesto  non 
ha  luogo,  la  legge  manca  di  giustizia  e  per  cio  e  nulla:  lex 
iniusta  non  est  lex. 

Ma  trattare  il  punto  della  giustizia  e  per  noi  cosa  assai  deli- 
cata  e  pero  piil  tosto  recheremo  gli  altrui  giudizii.  II  prirao  sia 
quello  del  Sommo  Pontefice.  Nelle  parole  da  noi  allegate  di 
Leone  XIII  si  definisce  che  «  la  Propaganda  e  di  un  ordine  as- 
solutamente  superiore,  e  per  natura  sua  affatto  indipendente  da 
ogni  laica  autorita;  e  qualun^ue  atto  che  abbia  per  effetto  di 
assoggettarlo  in  qualsiasi  modo  ad  un  potere  estraneo  o  di  met- 
tere  ostacolo  alia  sjia  azione,  e  un  attentato  contro  la  liberta  del 

S-rm  XII,  r»>l.  VI,  fate.  811  2  24  marto  1884 


IS  LA   KECENTE   SENT! 

Capo  della  Chiesa  nell' esercizio  della  sua  spirituale  autorita, 
nelle  funzioni  deirApostolico  ministero.  >  Posta  tale  affermazione 
pu6  credere  il  Papa  che  una  qualsiasi  autorita  laicale  abbia 
avuto  il  diritto  di  fare  una  legge  nella  quale  si  prescrivesse  alia 
Propaganda  la  conversione  dei  suoi  beni?  E  se  non  aveva  il  di- 
ritto, pu6  credere  il  Papa  che  tale  legge  fosse  giusta  e  perci6 
vera  legge?  E  se  essa  nella  mente  del  Papa  non  e  legge,  pu6  egli 
credere  giusta  la  sentenza  della  suprema  corte  di  Roma?  A  queste 
interrogazioni  pu6  dare  risposta  il  Mancini  stesso.  Ma  qualora  il 
Papa  dica  che  la  legge  fatta  sopra  cosa  che  e  fuori  dell'  oggetto 
proprio  del  legislatore  non  e  legge,  ed  il  Mancini  dica  il  con- 
trario,  a  quale  dei  due  si  atterra  il  mondo  cattolico?  Qui  ognuno 
d  capace  di  rispondere. 

II  fatto  6  che  non  sono  solo  i  cattolici  quelli,  i  quali  la  pensino 
come  il  Papa  la  pensa ;  ma  anche  cosl  la  pensano  moltissimi  libe- 
rali,  i  quali  dicono  che  tale  legge  non  esiste  perchfc  non  poteva 
esistere.  Ne  riconosceva  questa  legge  la  corte  stessa  di  Cassazione 
di  Roma  colla  sentenza  pronunciata  in  Roma  nel  giorno  31  mag- 
gio  1881  favorevole  alia  causa  della  Propaganda. 

II  Bonghi  non  sospetto  di  favoreggiare  il  Papato  e  i  suoi  di- 
ritti  dichiara  che  tale  legge  non  esiste,  e  perci6  ch'e  intrinseca- 
mente  nulla  la  sentenza  della  Corte  Suprema  di  Roma,  la  quale 
sentenza  si  appoggiava  a  tale  legge.  Egli  prernette  che  nell' or  - 
dine  speculativo  si  pu6  giudicare  anche  una  sentenza  che  nell'or- 
dine  pratico  e  decretoria.  «  Cid  che  dopo  un  piu  o  meno  complicate 
giro  d'istanze,  un'istanza  ultima  risolve,  e  in  ciascuno  Stato  il 
diritto:  ma  non  perci6  quello  che  nell' ordine  dei  fatti  non  ha 
piu  riparo,  resta  nell' ordine  delle  idee  inconcusso.  Anche  una 
sentenza  alia  quale  non  ne  pu6  seguire  altra,  soprattutto  in  una 
causa  il  cui  interesse  non  si  restringe  nella  cerchia  di  una  citta 
o  nei  confini  di  un  popolo,  pu6  essere  esaminata  e  giudicata  essa 
stessa...  >  Dimostrata  la  contradizione  tra  le  due  Corti  Supreme 
di  Roma  ad  unica  sezione  e  a  sezioni  riunite,  egli  afferma  che 
non  si  puo  recare  leggi  da  giustificare  1' ultima  sentenza  del 
29  gennaio  1884  opposta  a  quella  del  31  maggio  1881  !. 

1  Articolo  pubblicato  nell'  Antologia,  1°  marzo  188-i. 


CO.NTIIO    LA    i  MIA 

roMihatle  i  considerando  dell' ultima  sentenza  nei  qnuli 
mo  leggi  per  puntellarla.  «C'era  egli  nessuna  ragione 
di  applicaro  qualsisia  disposizione  della  legge  1866,  o,  1 
<>  ISTSalla  Congregazione  di  Propaganda  fide?  lo  credo,  pro- 
I-riumente,  nessuna.  Di  quali  enti  difatti  parlano  queste  tre  leggi? 
Di  enti  occlosiastici  particolari  esistenti  per  le  due  prime  nelle 
altre  parti  d' Italia;  per  la  terza  nolla  provincia  di  Roma.  ft  essa 
im  ente  eoclesiastico  cosl  fatto  la  Propaganda  fide?  Non  si  po- 
trebbe  dire  di  s\  senza  arrossire.  Siccbd  il  vero  e  che  quelle  tre 
leggi  non  hanno  nessuna  applicazione  a  questa  congregazione 
ecclesiastica,  come  non  1'avrebbero  alle  altre.  I  lor  beni,  di  qua- 
lunque  sorta,  non  sono,  per  effetto  di  nessuna  di  quelle  tre  leggi, 
n&  tolti  n&  costretti  a  mutare  faccia.  Bisogna  pertanto  ricercare 
nella  legge  delle  guarentige,  come  quella  che  concern  e  tntto  ci6 
che  ha  tratto  al  governo  universale  della  Ohiesa,  se  v'abbia  mil  la 
che  la  concerne.  Ora,  in  questa  legge  non  v'  ha  nulla,  e  chi  vo- 
lesse  applicare  al  punto  che  discutiamo  1'  articolo  8,  sarebbe  co- 
stretto  a  fame  una  conclusione  per  1'  appunto  opposta  alle  pre- 
tensioni  del  R.  Coinmissario,  che  della  sentenza  del  29  gennaio 
T  hanno  avuta  vinta.  E  con  questa  dunque  la  Propaganda  fide 
&  stata  agguagliata  a  enti,  che  non  hanno  a  che  fare  con  essa.  >  E 
piu  sotto.  «  Adunque,  Propaganda  fide  non  potra  ereditare  beni 
stabili  senza  licenza  del  Governo,  e  appena  gli  avra  ereditati, 
dovra  venderli  e  convertirne  il  prezzo  in  rendita  pubblica  inte- 
state. £  legata  nell'acquistare  e  nel  vendere  al  beneplacito  dello 
State.  C'  e  egli,  dimando,  niente  di  piu  contrario  al  concetto  della 
legge  delle  guarentige?  Niente  anche  di  piu  assurdo?  Che  cri- 
terio  ha  egli  il  Governo  per  giudicare  se  la  ricchezxa  di  Propa- 
ganda fide  sia  soverchia,  e  se  essa  abbia  motivo  legittimo  di 
alienare,  sperdere  persino  per  adempiere  i  fini  che  le  sono  pro- 
posti,  una  parte  delle  rendite  sue  o  anche  tutte  ?  >  Fin  qui  il 
Bongbi.  Ma  se,  per  suo  giudizio,  non  esiste  la  legge,  non  pu6 
essere  retta  quella  sentenza  che  essenzialiuente  la  suppone.  Adun- 
que secondo  il  Bonghi  la  sentenza  della  Gorte  Suprema  del  1881 
e  giusta,  quella  dell' 84  non  6  giusta. 

Lo  scrittore  della  Nazione  men  acute  del  Bonghi  tratta  la 


20  LA   RECENTE   SENTENZA 

questione  con  maggiore  rettorica  e  minore  logica.  Egli  dice:  C'e 
la  legge;  la  Corte  Snprema  diede  una  sentenza  conforme  alia 
legge  (e  la  stessa  Corte  Suprema  aveala  data  contraria  nel  1881). 
Ma  poscia  dice  cosa  che  mal  si  pud  comporre  con  la  giustizia 
della  legge  stessa,  e,  poiche"  la  ingiusta  non  6  legge,  con  la  sua 
esistenza  !.  «  Non  e  nostra  intenzione  impugnare  come  illegittima 
la  seiitenza  della  Corte  suprema  di  Roma,  la  quale  chiamata  ad 
applicare  la  legge,  e  non  altro,  ammettiamo  che  abbia  giudicato 
conforme  alia  legge.  >  Ma  questa  legge  e  contraria,  a  suo  dire, 
ad  una  legge  superiore.  E  nel  conflitto  di  una  legge  inferiore 
con  una  superiore,  quale  mai,  signora  Nazione,  prevarra?  «  Legge 
suprema  di  sicurezza,  dice  la  Nazione,  di  dignita,  di  moralita 
per  T  Italia,  ai  di  fuori  e  al  di  sopra  di  qualsivoglia  provvedi- 
mento  speciale,  si  e  non  far  cosa  veruna,  mai,  sotto  nessun  pre- 
testo,  per  cui  si  circonscriva  o  s'impacci  al  Soinmo  Pontefice 
1'esercizio  liberissimo  della  sua  autorita  spirituale.  Ogni  atto 
contrario  a  cotesta  legge  suprema,  per  quanto  nell'ambito  del 
nostro  diritto  positivo  interno  possa  essere  compiuto  giuridica- 
mente,  offende  Taltrui  diritto  (e  aggiungiamo  noi  offende  la  legge 
delle  guarentige  cosl  concepita :  il  Somrno  Pontefice  e  pienamente 
libero  di  compiere  TUTTE  le  funzioni  del  suo  ministero  spiri- 
tuale) e  contrario  per  ci6  stesso  allo  spirito  di  liberta  da  cui  fu 
mossa  e  condotta  a  termine  la  ricostituzione  d' Italia;  viola  in 
nostro  danno  piu  che  neH'altrui,  le  promesse  in  grazia  delle  quali 
1'Europa  ci  vide  tranquilla  andare  a  Roina  e  rimanervi.  >  Che 
se  riguardiamo  gli  altri  fogli  e  italiani  e  forestieri,  (eccettuati  i 
radical!  i  quali  godono  per  qualunque  fatto  che  o  presto  o  tardi 
possa  essere  nocevole  alia  Monarchia),  in  generate  tutti  mostra- 
rono  alto  rammarico  per  questa  sentenza  contro  la  Propaganda. 
Ma  c'e  poco  da  discorrere:  o  le  loro  disapprovazioni  feriscono  la 
sentenza  dei  giudici  che  male  applicarono  la  legge,  o  feriscono 
la  legge  stessa  alia  quale  si  conformarono  i  giudici.  Nell'  un  caso 
e  nell'altro  1'acerba  censura  inflitta  alia  stessa  sentenza  da  Leo- 
ne XIII  e,  per  loro  stesso  giudizio,  giustificata.  Se  non  che  come 
abbiam  detto  sopra,  intorno  al  punto  della  giustizia  noi  abbiamo 

1  Nazione,  n.  66. 


CONTRO    LA    i  M'A.  *2 1 

Yoluto  manifustare  il  giudi/io  altrui  e  non  il  nostro,  ne  occorre 
soffermarvici  di  vantaggio.  Ora  osserviaino  la  sentenza  stessa 
contro  Propaganda  rispetto  ai  suoi  effetti. 

V. 

Effetti  del  la  sentenza.  1°  Secondo  i  sostenitori  del  governo,  ef- 
fetto  principale  e  /'utile  delta  Propaganda.  2°  Invece,  tra 
i  veri  effetti,  uno  e:  il  ritardo  nella  propagazione  della 
fede  e  della  civilta.  II  corruccio  delle  potenze  verso  V  Ita- 
lia. Gli  interni  rancori  degli  italiani  divisi  infazioni. 

Per  priino  ci  viene  dagli  awocati  delle  cause  perse  indicate 
un  effetto  singolarissimo.  Mentre  i  fogli  cattolici  e  moltissimi  dei 
liberali  lamentavano  questo  fatto;  mentre  il  Papa  stesso,  parlando 
al  Sacro  Collegio  dei  Cardinali,  il  suo  Eminentissimo  Secretario 
di  State  e  la  stessa  Congregazione  di  Propaganda  in  un  foglio  di 
appunti  ne  menavano  alto  lamento,  come  di  cosa  nocevolissiuia; 
gli  adulatori  del  Governo  assegnavano,  quale  effetto  della  sen- 
tenza, la  utilita  tragrande  che  ne  sarebbe  ridondata  alia  stessa 
Propaganda.  I  sostenitori  di  Propaganda  dicevano  che  la  condi- 
zione  di  questa  era  simile  alia  condizione  di  un  derubato,  il  quale 
da  chi  lo  derubo  avea  1'assicurazione  di  una  rendita  proporzio- 
nata  ai  beni  derubati,  ed  ulteriori  favori.  Ma  la  cricca  governa- 
tiva  rispondeva  ch'era  per  Propaganda  una  vera  fortuna.  Non 
travagli  per  trafficare  i  beni ;  non  ispese  per  la  conservazione  e 
prosperita  dei  medesimi ;  la  rendita  assai  maggiore  di  quella  che 
Propaganda  poteva  sperare,  ritenendo  i  suoi  averi  nelle  proprie 
mani. 

Volevano  (come  fecero  dopo  tolto  il  dominio  temporale  al 
Papa)  che  Propaganda  ringraziasse  il  governo  perch6  1'aveva 
alleggerita  da  gravi  fastidii;  e  cosl  potea  ottenere  il  suo  scopo 
con  pienezza  e  sicurezza  maggiore.  Seuibrava  quasi  quasi  che 
il  Mancini,  per  mostrare  agli  ainbasciatori  il  bene  che  ne  ve- 
niva  a  Propaganda,  stesso  per  dichiarare  apertainente  che  tutti 
i  miuistri  sospiravano  la  conversione  dei  loro  beni,  e  che  i  pri- 
marii  doviziosi  d' Italia  avrebbono  desiderato  lo  stesso.  Si  par- 


22  LA   RECENTE   SENTENZA. 

lava  e  si  scriveva  cosl  per  ignoranza?  Non  e  possibile!  In  realta 
era  un  aggiugnere  al  danno  1'ironia  e  le  beffe,  era  un  insolentire 
vigliacco  dell'oppressore  sopra  I'oppresso.  £  cosa  inutile  con- 
futare  una  simile  balordaggine  o  smascherare  una  tanto  inde- 
gna  e  manifesto  insolenza. 

Altri  e  di  natura  ben  diversa  sono  gli  effetti.  Inceppata, 
menomata  1'  azione  di  Propaganda,  non  solo  dovrebbe  venire  ri- 
tardato  il  successo  della  conversione  del  mondo,  cosa  che  poco 
o  nulla  importa  al  nostro  governo ;  ma  ci6  che  dovrebbe  impor- 
tare,  sarebbe  il  conseguente  ritardo  della  diffusione  della  civilta. 
Come  da  un  lato  il  favoreggiare  Propaganda  e  1' azione  dei  suoi 
missionarii  in  Italia  e  fuora  in  paesi  stranieri  e  barbari,  avrebbe 
recato  gran  vantaggio  al  commercio  italiano  ed  all' azione  del 
governo  stesso:  cosl  1'ostilita  dall'altro  lato  contro  la  me- 
desima  avrebbe  recato  danno  notevolissimo  alle  relazioni  dello 
Stato  con  le  altre  nazioni.  Che  se,  come  accadra  di  certo,  la  Pro- 
paganda costituisse  fuori  d' Italia  altri  centri  della  sua  azione, 
dove  i  cattolici  potessero  deporre  i  tesori  della  loro  carita  in 
benefizio  delle  missioni  e  dell' universale  incivilimento,  altri 
Stati,  e  forse  i  meno  benevoli  all' Italia,  andrebbono  lieti  di 
averle  rapito  un  gran  bene  e  un  grande  influsso  politico  uni- 
versale.  Le  orride  lande,  i  squallidi  deserti,  le  vetuste  selve 
non  cangiaronsi  giammai  in  zolle  feconde  di  civilta  verace  senza 
il  sudore,  il  sangue  e  1'istancabile  pazienza  degli  apostoli;  nd 
le  terre  dei  Cannibali  sarebbonsi  cangiate  in  paradiso  in  terra 
(cosi  dagli  storici  fu  chiamato  il  Paraguai,  prima  che  costretti 
1'abbandonassero  i  suoi  veri  padri),  se  i  martiri  invitti  non  vi 
avessero,  piantata  la  croce.  Per  incivilire  un  popolo  ci  vuole  o  la 
croce,  o  1'introduzione  di  popoli  gia  inciviliti.  La  Propaganda 
e  per  origine,  e  pel  centre  della  sua  azione,  e  per  la  direzione, 
e  per  lo  spirito  e  la  dottrina  che  infonde  nei  suoi  messi,  e 
italiana.  Questa  gloria  somma  della  nostra  patria  vuole  il  go- 
verno che  passi  ad  altra  nazione:  e  a  lui  restera  il  disonore  e 
il  danno  di  un  atto  cotanto  vergognoso. 

Un  altro  effetto  e  il  corruccio  di  tutti  i  cattolici  stranieri,  e 
specialniente  di  quegli  Stati  che  aveano  in  conto  la  Propaganda 


LA  PROPAGANDA 

come  di  benefattrice  propria.  Lo  dicevamo  gia  sopra  che  quan- 
tmi'iuo  uno  non  abbia  diritto  di  avere  da  un  altro  un  benefizio, 
pu6  avere  il  diritto  di  non  essere  impedito  da  altri  a  riceverlo. 
Ora  gli  Stati  esteri  sono  inipediti  di  ricevere  il  benefizio  della 
Propaganda  ualla  sentenza  proferita  contro  essa:  e  per6  non 
possono  non  mostrare  il  broncio  all' Italia.  Non  e  uomo  pratico 
:li  che  crede  che  due  uomini  o  due  potenze  vengono  in  rotta 
tra  loro  per  un  solo  atto  singolare  di  mutua  avversiono.  La  cosa 
ordinariamente  avviene  come  nella  rotta  dei  fiumi.  L'acqua  rode, 
a  poco  a  poco,  1'  argine  e  finalmente  rompe  quei  piccolo  e  debole 
riparo  cbe  resta  e  invade  ogni  cosa.  Noi  stessi  tolleriamo  una, 
due,  tre  volte  la  puntura  di  un  insetto:  finalmente  non  si  re- 
siste  pin,  e  si  uccide.  Passi  per  conceduto  che  le  potenze  non 
vogliano  per  questo  fatto  della  Propaganda  rompere  col  governo 
italiano  le  relazioni  diplomatiche.  Ma  questo  fatto  e  loro  ostile 
e  con  mille  altri  passati  cresce  la  derrata  delle  offese  verso  le 
inedesime.  E  poich&  con  tutti  codesti  modi  avversi  alia  Chiesa 
ed  al  Papato  1'  Italia  mostra  di  lavorare  indefessamente  ad  uno 
state  di  rose  ch'&  naturale  preparazione  al  socialism©,  al  radi- 
calism©, al  nichilismo  e  va  dicendo,  e  le  potenze  cominciano 
gia  ad  impaurirsi  di  cotesti  spettri  e  paiono  disposte  a  pen- 
sare  sul  serio  a  prevenirne  la  prepotcnza  e  la  dominazione;  non 
e  impossibile,  anzi  non  e  improbabile,  che  dieno  o  presto  o  tardi 
alcuna  di  quelle  ammonizioni  che  sono  il  lampo  immediato  fo- 
riere  del  fulmine.  L'ingerenza  dei  forestieri  nei  fatti  d' Italia 
non  e  certo  desiderata  dal  Papa,  no  dai  cattolici  (mentisce  chi 
1'afferma)  i  quali  ben  conoscono  la  massima  che  nil  violentum 
dnrabile  e  sanno  che  1'ordine  delle  idee  non  pu6  essere  n&  co- 
stituito  n&  ridonato  dalla  sola  forza:  ma  se  per  comune  disgrazia 
ella  accadesse,  la  risponsabilita  tutta  quanta  ricadrebbe  sopra 
gli  oppressor!  non  sopra  gli  oppressi. 

Qual  effetto  altresl  di  questa  sentenza  si  hanno  a  considerare 
i  rancori  ognora  crescenti  neH'interno  del  nostro  paese.  Non 
il  solo  Bonghi,  ma  moltissimi  liberali  hanno  gia  osservato  e 
detto  che  il  metodo  di  punzecchiare  continuamente  e  Papa  e 
cattolici  torna  fatale  al  governo  stesso.  Quando  si  offende  un 


24  LA   RECENTE   SENTENZA. 

frate,  non  e  on  individuo  solo  1'offeso,  ma  cento  tra  parent!  ed 
amid  che  per  lui  parteggiano.  Offendete  il  Papa,  e  milioni  d'ita- 
liani  rimangono  offesi,  anzi  la  vera  maggioranza  dell' Italia,  la 
quale  in  sostanza  e  cattolica  ed  e  papale,  quantunque  per  la 
mi  tern  dei  suoi  principii  non  sogni  mai  di  procedere  a  vie  di 
fatti  ingiusti  o  illegali.  Ma  la  scissura  porta  debolezza;  e  la 
debolezza  accresciuta  porta  la  morte,  o  per  intima  dissoluzione 
o  perch&  il  debole  non  e  pid  capace  di  resistere  al  forte  qualora 
1'assalga. 

VL 

11  Bonghi  conferma  quanta  diciamo.  Chefece  e  che  dovrebbe 
fare  il  Governo.  Imbecillita  di  coloro  che  vorrebbono  piti 
aggravare  la  mano  sopra  il  Papa  e  i  cattolici. 

Gi  pi  ace  di  confermare  queste  nostre  riflessioni  con  le  parole 
del  Bonghi,  non  perche  lo  crediamo  amico  al  Papato,  ma  per 
la  ragione  contraria.  Egli  cosl  chiude  il  suo  articolo  sopra  citato. 
«  II  ministro  degli  esteri  si  affretta  a  dichiarare  che  qualun- 
que,  anche  officiosa,  intromissione  di  un  Governo  straniero  nel- 
ratnministrazione  della  giustizia  dei  tribunal!  italiani  sarebbe 
agli  occhi  nostri  affatto  inammissibile.  —  La  dichiarazione  e  tanto 
piu  facile,  che  non  vi  ha  oggi  nessun  Governo  straniero,  al 
quale  passi  per  la  mente  di  fare  nessuna  rimostranza.  Per6,  si 
puo  anche  aggiungere  che  non  v'ha  NESSUN  Governo  straniero 
al  quale  piaccia  di  sentire  le  lagnanze  non  ingiuste  di  cui  ab- 
biamo  dato  occasione  al  Pontefice  (e  il  Bonghi  gia  ministro 
cio  deve  perfettamente  sapere).  E  sarebbero  due  errori  non  leg- 
gieri  1'immaginarsi:  prima,  che  ci6  che  nessun  Governo  stra- 
niero fa  in  questo  momento,  nessuno  lo  debba  far  mai  in  circo- 
stanze  che  possono  pure  per  lungo  o  breve  tempo  mutare ;  secondo, 
che  noi  non  abbiamo  nessuna  ragione  di  credere  di  non  aver  fatto 
male  per  ci6  solo,  che  nessun  governo  straniero  ci  viene  a  dirlo. 
Noi  abbiamo  fatto  male,  perche  non  abbiamo  rispettato  lo  spirito 
della  legislazione  nostra;  e  perche  in  luogo  di  operare  come  un 


CONTRO    LA    i  M)A 

interesse  nazionale  largaraente  inteso  avrebbe  richiesto,  abbiaino 
operate  con  un  piccolo  e  angusto  criterio  forense. 

«  lo  lo  dicevo;  quanto  frutto  porti  la  Propaganda  al  cattoli- 
cismo,  di  credenti  nuovi  e  sinceri,  io  non  lo  so;  e  dubito  che 
debbano  essere  pochi.  Pure  vi  hanno  alcune  virtti  che  qnesta  Pro- 
paganda fomenta  neU'animo  umano,  le  quali  non  e  bene  si  spen- 
gano;  e  che  potranno  nell'av venire  dare  piti  larga  messe  che  ora 
non  fanno.  La  Propaganda  e  la  Chiesa  che  soffre,  combatte  e 
spera  ;  6  la  Chiesa  il  cui  moto  non  cessa,  n&  s'  allenta ;  la  Chiesa, 
cho  aspira  a  riacquistare  il  campo  perso  nel  sestodecimo  secolo, 
e  a  conquistare  fuori  d'  Europa  tutto  il  canipo  che  lasciano  incolto 
religioni  meno  civili  della  cristiana.  Nd  attende  a  questa  grande 
opera  con  poca  larghezza  di  spirito.  II  cristianesimo,  e  stato 
detto,  non  alligna  se  non  tra  i  popoli,  che  hanno  raggiunto  un 
certo  grado  di  civilta;  la  Propaganda  prima  di  far  cristiani  i  po- 
poli, gli  fa,  dove  occorre,  civili.  Sin  dove,  sin  quanto  si  estende 
la  principale  azione  sua,  religione  e  civilta  s'accordano  ancora. 
Nessuna  barbarie,  per  selvaggia  che  sia,  la  respinge ;  nessuna  6 
cosi  fiera,  che  la  virtft  del  sacrificio  non  1'affronti.  Essa  distende 
da  per  tutto  1'occhio  suo,  la  sua  mano;  qui  in  Roina  educa;  e 
gli  educati  da  essa  o  quanti  s'  offrono  ad  essa,  hanno  per  con- 
fini  all'andar  loro  i  confini  del  mondo. 

«  Non  v'ha  credo  istituzione  piu  davvero  mondiale,  piu  supre- 
mamente  umana  di  essa;  e  quelli  a  cui  dispiacesse  che  sia  catto- 
lica,  anche  pensino  che  senza  la  fiamma  di  una  religione  gli 
animi  non  divamperebbero,  e  che  in  Italia  ci6  che  non  facesse  la 
religione  cattolica,  nessuna  religione  lo  farebbe  in  sua  vece.  Sic- 
che  io  non  credo  che  giovi  all' umanita,  alia  civilta,  air  Italia 
quello  che  la  turbi  o  la  leghi  nell' azione  sua;  che  ogni  azione 
grande  vuol  esser  libera.  Forse  condannati  o  costretti  a  una 
guerra  in  Italia  colla  Chiesa,  avremmo  potuto  trovare  in  utilita 
reciproche  il  motivo  di  vivere  in  pace  oltre  monti  e  oltre  man. 
Forse,  agl'italiani  lontani,  quantunque  preti  e  frati,  questa  pa- 
tria  italiana,  diventata  tanto  piu  grande  e  piu  forte,  avrebbe 
potuto  di  venture  anche  cara;  e  tra  essi  e  il  Governo  di  essa 
si  sarebbero  potuti  stringere  vincoli  di  mutua  gratitudine;  che 


26  LA   RECENTE   SENTENZA 

avrebbero  fatto  sentire  poi  le  lor  forze  nell'  Italia  stessa.  Forse, 
a  dirla  in  breve,  per  i  fini  laici  nostri  ci  sarernmo  potuti  gio- 
vare  delle  influenze  religiose  di  Propaganda.  LTeffetto  della 
condotta  dello  Stato  mi  pare  oramai  che  sia  stato  questo :  le- 
varci  raodo  e  speranza  di  trarne  ainto  e  profitto.  > 

Fin  qui  ii  Bonghi,  la  cui  testimonianza  in  se  considerata  e  in 
molte  cose  pregevole:  e  ci6  e  indipendente  dal  fine  ch'egli  possa 
avere  ayuto  nel  proferire  tale  biasimo  dell'attuale  Governo.  Sia 
pure  ch'egli  cosl  parli  per  rovesciare  1'attuale  ministero!  ma 
certamente  e  lodevole  se  parlando  dice,  in  gran  parte,  il  vero.  N6 
per  questo  crediamo  che  se  il  Bonghi  ottenesse  un  cangiamento 
di  Ministero  le  cose  sarebbero  per  volgere  a  meglio.  No!  andreb- 
bono  a  peggio  sempre,  o  con  piu  o  con  meno  di  legate  apparenza. 
Si  cangerebbe  la  specie  del  Governo,  ma  il  genere  sarebbe  lo 
stesso:  e  il  peccato  sta  nel  genere  doe  nella  radice.  Finche  i 
legislator!  saranno  nella  massima  parte  frati  massoni,  saranno 
nemici  del  Papa  e  della  Chiesa;  e,  facciano  pur  le  moine,  ten- 
deranno  sempre  alia  ruina  di  quello  e  di  questa. 

Se  non  che  e  ormai  tempo  di  chiudere  questo  articolo.  Prescin- 
diamo  dalla  giustizia  della  sentenza  della  Corte  Suprema  di  Roma, 
e  diciamo  che  questo  fatto  del  volersi  soggetto  alia  conversione  il 
capitale  immobiliare  di  Propaganda  e  un  fatto  inconsulto.  Che 
ha  fatto  ii  Governo?  L'ha  impedito?  No!  e  poteva  impedirlo. 
Ma  dovea  forse  violentare  i  tribunali?  Sono  ciance  queste!  Quando 
vedeva  che  la  Corte  Suprema  di  Roma  due  anni  innanzi  dava 
ragione  alia  Propaganda,  dovea  con  una  legge  o  in  altro  modo 
definire  la  questione  e  sottrarla  all'ingerenza  dei  tribunali.  Cio 
che  non  ha  fatto,  se  ha  senno,  deve  ora  farlo  e  secondare  il  de- 
siderio  dei  cattolici  nostrani  e  forestieri.  Si  faccia  una  legge 
che  liberi  la  Propaganda  dalla  inflitta  servitu.  Altrimenti  il 
Governo  stesso  ne  avr&  danno;  ed  oltre  tutti  gli  effetti  ad  esso 
nocivi  che  dovra  coglierne,  sara  deluso  perch&  Propaganda  trovera 
modo  di  sottrarsi  al  suo  inflasso  piantando  altrove  ii  centro 
della  sua  azione.  II  Papa  non  opera  mai  per  passione,  ma  per 
consiglio  e  per  rettissima  sapienza:  se  giudica  doversi  fare  al- 
cuna  cosa,  non  sar&  ritratto  dal  farla  per  qualun^ue  terreno 


27 

rignardo  no  per  timore.  Questo  Papa  non  pu6  essere  accnsato  di 
essere  corrivo  ai  rimproveri;  e  sapiente,  e  prudente,  e  benigno. 
Se  il  Governo  avesse  senno  e  so  amasso  daddovero  1*  Italia,  e 
volesse  forma  la  sna  indipendenza,  volesso  grande,  forte,  la 
nostra  cara  patria,  rispettata  tra  le  nazioni,  dovrebbe  a  Leone 
chiedere  il  quid  agendum.  Ma  gli  uoinini  di  Stato  che  ora  reg- 
gono  la  pubblica  cosa  disdegnano  di  mostrare  desiderio  di  ricon- 
ciliarsi  davvero  col  Papa,  doe  come  il  Papa  stesso  1'intende;  e 
venire  nello  stabile  rispettivamente  alia  questione  di  Roma,  che 
e  tutt'altro  che  sciolta  e  per6  ad  ogni  momento  ritorna  sul  tappeto. 
Chi  afferma  che  alia  indipendenza  del  Papato  sono  sufficient}  le 
gnarentige,  ha  dato  certamente  a  pigione  il  proprio  cervello.  Non 
solo  il  Papa  ad  ogni  occasione  lo  nega,  ma  una  serie  non  interrotta 
di  fatti  per  quasi  quattordici  anni  gli  da  piena  ragione. 

Opportunamente  ci  viene  alia  inano  il  Diritto,  il  quale  ec- 
cita  il  Governo  suo  padrone  ad  aggravare  la  uiano  sopra  il 
Papa  e  i  cattulici,  affinche  non  istrillino  piu  come  fin  ora  hanno 
fatto.  Bel  senno  davvero !  Qui  calza  beno  la  similitudine  di  un 
aggressore,  il  quale  ferisce  col  ferro  il  suo  aggredito  per  far 
cessare  i  lamenti  che  mena,  perche  fu  gia  dal  bastone  per- 
cosso.  Imbecille!  II  pover'uomo  gridera  piu  forte.  L'unico  mezzo 
sarebbe  ucciderlo.  Ma  il  Papa  e  la  Chiesa  hanno  da  diciannove 
secoli  camminato  e  cammineranno  fino  all' ultimo  giorno  del 
mondo,  per  una  strada  nella  quale  dall'  uno  e  dall'  altro  si  sono 
infrante  corone,  infranti  scettri,  e  tombe  che  chiudono  le  ceneri 
delle  voltabili  dinastie  dei  re  e  degli  imperatori  terreni.  Quel- 
Vimperium  sine  fine  dedi  di  Virgilio  in  realta  non  riguardava 
Roma  imperiale,  ma  Roma  Papale. 


DEL  PRESENTS  STATO 

DEGLI    STUDII    LINGUISTIGI 


XVI. 

Tradizioni  indiane  circa  la  primitiva  patria  degli  Arii. 
G.  Schlegel.  lohn  Muir.  Esame  di  un  luogo  del  Rig-Veda. 
Manu  e  il  Diluvio.  II  Qatapatha-Brdhmana,  il  Mahdbhd- 
rata,  il  Bhdgavata  Purdna. 

Se  a  rischiarare  le  tenebre  ond'  e  avvolta  la  sede  originaria 
degli  Arii,  poco  profittevoli  riuscirono  le  ricerche  archeologico- 
preistoriche,  antropologiche  e  linguistiche,  non  ci  riaiane  altra 
speraDza  per  la  soluzione  della  presente  quistione,  se  non  se  nello 
studio  diligente  e  accurate  delle  tradizioni  indiane  ed  eraniche. 
Ma  chi  non  vede  quanto  difficile  e  piena  d'  inganni  sia  la  ricerca 
della  verita  storica,  quando  essa,  se  pur  v'e,  debba  indagarsi  fra 
mezzo  a'initi,  alle  fa  vole  e  alle  piu  bizzarre  fantasie  di  antichi 
poeti?  Aggiungi  ch'essi  cantarono  o  piuttosto  favoleggiarono 
dopo  una  lunga  serie  di  secoli  dall'origine  e  dalla  sede  primi- 
tiva degli  antenati,  e  non  essendo  usata  scrittura,  dovettero 
esprimere  ne'loro  inni  le  rimembranze  popolari  anch'esse  incerte 
e  non  degne  di  molta  fede.  Imperocche,  come  sapientemente 
noto  (juglielmo  Schlegel,  un  popolo  ignorante  della  scrittura  e 
che  dopo  lunghe  e  penose  peregrinazioni  passa  a  una  vita  se- 
dentaria,  mal  pu6  conservare  il  ricordo  dell'antica  sua  patria 
alia  distanza  d'alquanti  secoli;  e  quando  pure  lo  serbi,  cosl  in 
confuso,  non  sapra  certo  ridire  onde  precisamente  mosse  da  prima; 
mercecch^  le  difficolta  del  viaggio,  i  rischi  e  gli  accident!  del- 
1'emigrare,  le  necessita  della  vita  o  le  invasion!  di  un  potente 
vicino  che  lo  cacciavano  negli  amari  passi  della  fnga,  tutta  as- 
sorbivano  la  sua  raente,  e  le  distanze  si  misuravano  per  lui  con 
la  stanchezza  che  lo  costringeva  a  sostare  per  riposarsi !.  Le 
quali  considerazioni  se  vere  sono  per  qualsisia  popolo,  per  quello 
dell' India  si  debbono  riputare  verissiine  e  incontrastabili.  Con- 

1  DeU'origine  degli  Hindi,  p.  444. 


DEL  STICt 

cios  'ii  tutti  i  popoli  del  tempo  antico,  nessuno  abus6  mai 

tanto  della  fantasia,  n&  ebbe  maggiore  inchinamento  per  la  fa- 
yola  e  la  finzione  poetica,  quanto  1'indiano. 

Unode'piudotti  indianisti  e  che  visse  lungbi  anni  nell' India, 
Giovanni  Muir  tratt&  della  origine  e  storia  del  popolo  indiano, 
secondo  i  testi  sanscriti  original!,  e  raccolse  le  tradizioni  nazio- 
nali  intorno  alia  sna  contrada  primitiva  l.  Ora  le  allusioni  a 
cotesta  contrada  o  patria  che  si  voglia  dire,  de'primi  Arii,  in 
tutta  I'immensa  letteratura  vedica  e  brabmanica  si  riducono  a 
ben  poca  cosa,  e  questa  ancbe  incerta.  II  Muir  ci  offre  dunque 
1°  alcuui  versi  del  Rig-Veda;  2°,  un  estratto  del  Eacconto  del 
Diluvio;  3°  i  testi  relativi  all'  Uttara-Kuru;  4°  un  cjoka  del- 
1' Atharva-Veda ;  5°  un  testo  del  Kaushitaki-brdhmana.  Da 
questi  documenti  vengono  fuori  alquante  congetture  intorno  a 
una  diraora  che  gli  Arii  avrebbero  fatto  negli  antichissimi  tempi, 
sotto  una  guardatura  di  cielo  meno  benigna  e  dolce  di  quella 
dove  poi  posero  stanza  ne'bacini  del  Sindh  e  del  Gange,  ciofc 
dire  che  duravano  alcune  rimembranze  d'una  antica  patria  e 
(Tuna  migrazione  dalla  parte  di  settentrione,  Nel  Rig-Veda  si 
calcola  il  tempo  per  inverni,  fatdm  hinds,  cento  inverni  (Rig- 
Veda,  I,  64-14),  mail  Grassmann,  (Trad,  del  Rig-Veda,  1'part. 
puntata  IV*  p.  555),  crede  intercalate  il  versetto  dove  si  legge 
autunni  invece  d'  inverni  «  Pacy'ema  $aradas  $atam,  jivema 
faradas  gatam  (VII,  66-16).  Questo  argomento  non  ci  pare  gran 
fatto  probabile,  perch6  quella  locuzione  pu6  avere  altra  causa 
psicologica  o  climaterica  che  ignoriamo,  ma  che  potrebbe  signi- 

1  Original  Sanskrit  Texts,  on  the  Origin  and  History  of  the  People  of 
India,  their  Religion  and  Institutions  Collected,  translated  and  illustrated: 
Vol.  I.  Mythical  and  legendary  Accounts  of  the  Origin  of  Caste,  :oith  an 
Jur/niry  into  its  existence  in  the  Vedic  age.  London,  1858.  Sec.  cdiz.  1868.  - 
Vol.  II.  The  Trans -Himulayan  Origin  of  the  Hindus,  and  their  Affinity  with 
tht  ic extern  branches  of  the  Aryan  Race.  London,  1860.  Sec.  ediz.  1871.  — 
Vol.  III.  The  Vedas:  Opinions  of  their  Authors,  and  of  later  Indian  Writers, 
on  ('  Tnspirition,  and  Authority.  Ix>ndon,  1861.  SPC.  cdiz.  1868.  — 

Vol.  IV.  Comparison  of  the  Vedic  with  the  later  representations  of  the  prin- 
cipal Indian  Deities.  London,  1863.  Sec.  ediz.  1873.  —  Vol.  V.  Contributions 
to  a  Knowledge  of  tlie  Cosmogony,  Myttology,  Religious  Ideas,  Life  and 
?rs  of  the  Indian*  in  the  Vedic  age.  London,  1870.  —  Vedi  la  Necrologie, 
di  qiicsto  ominrnte  sanscritisln  scriila  e  pubblicata  dal  nostro  amico  Augusto  Itorlh, 
sanscrilisia  anch'esso  di  chiarissima  fama.  CIIAIITIIES.  Imprimerie  Durand  freres. 


30  DEL   PHESENTE   STATO 

ficare  non  gia  una  dimora  preistorica  a  settentrione  dell' India, 
si  bene  una  stagione  grata  e  piacevole,  per  contrapposto  degli 
ardori  cocenti  della  estate.  II  poeta,  secondo  i  suoi  gnsti,  pu6 
indicare  il  tempo  ne'successivi  period!  annui,  con  quella  frase 
o  locuzione  che  piu  gli  talenta,  di  primavere  o  d'inverni,  d'estati 
o  di  autumn  che  poi  significano  lo  stesso.  Vivere  cent'anni  si 
pu6  poeticamente  rendere  per  vivere  cento  inverni,  cento  pri- 
mavere ecc.,  senza  che  simili  locuzioni  debbano  necessariamente 
alludere  a  ricordanze  di  iuoghi  o  di  sedi  degli  anteuati,  dove 
fosse  piu  lunga  e  molesta,  ovvero  piacevole  e  grata  questa  o 
quell' altra  stagione  dell' anno. 

Nel  Racconto  del  Diluvio  si  dice  che  Manu  raccomand6  il 
canapo  della  nave  al  corno  del  pesce  venuto  nuotando  a  lui,  e 
che  per  questo  modo  Manu  fu  fatto  passare  per  di  sopra  la 
Montagna  del  Nord.  «  Uttaram  girim  ati  dudrdva  >  (Qata- 
patha-Brdhmana}.  Nel  Mahdbhdrata  si  legge  che  il  pesce 
venne  a  trovare  Manu  alle  rive  della  Cirini,  flume  che  si  vuole 
porre  a  settentrione  dell'  India. 

Anche  questo  argomento  e  fiacco  e  non  prova  quasi  nulla. 
Imperocch^  se  si  sta  a'dati  del  Mahdbhdrata  (Vanaparva, 
v.  12746-12804),  essendo  quivi  parola  del  Diluvio  universale, 
onde  viene  salvato  il  solo  Manu,  6  inutile  e  vano  il  voler  trac- 
ciare  la  via  tenuta  dagli  Arii  primitivi  e  il  fare  congetture  circa 
la  loro  antica  sede.  Manu  &  il  padre  degli  uoinini  in  questo 
caso,  e  non  de'soli  Arii.  Senonch^  al  racconto  del  Mahdbhdrata 
contraddice  quello  del  Bhdgavata  Purdna  (VIII,  24  ed.  del 
Burnouf,  t.  II,  p.  177)  di  data  molto  piu  recente  della  grande 
epopea.  Infatti  nel  Bhdgavata  Purdna  il  Diluvio  non  awiene 
al  tempo  di  Manu  Vaivasvata,  n&  il  salvato  6  egli,  bensl  un 
principe  di  nome  Satyavrata,  re  di  Dravida  al  sud  dell' India, 
e  different!  ancora  sono  assai  altre  circostanze.  Goal,  scambio 
della  Cirini,  la  storia  esordisce  alle  rive  della  Krtamala.  II  piu 
antico  e  forse  originale  racconto,  al  quale  si  debbano  riportare 
tutti  gli  altri  accennati,  ci  fu  indicate  dal  Weber  ! ;  ma  come  bene 
osserv6  Ad.  Pictet,  il  racconto  &  pieno  d'incertezze,  e  vi  sono 
lacune  evidenti.  Vi  si  dice  che  il  Diluvio  (augha)  aveva  seco 

« Ind.  Stud.,  1, 161.  V,M.MuLLEH,Sa«sfcr. Litter.,  425.Muin,-S'ans*;r  7tafr.II, 324. 


ITHU    I.INi.risTICI 

Ira  volte  e  distmtte  tutte  le  creature,  inu  il  \\Vber  fa  notare  che 
Mann  pel  suo  sacrifmo  si  serve  del  burro  chiarificato  e  di  pa- 
altre  specie  di  latticinii;  segno  manifesto  che  Mann 
dovette  riserbarsi  almeno  una  vacca.  Ma  1'origine  semitica  della 
tradizione  del  diluvio  presso  gl'  Indi,  qualunque  sia  stata  la  via 
onde  vi  pervenne,  e  cbiaramente  indicata  dal  passo  seguente 
che  si  legge  nel  Hhugavata,  e  manca  in  tutti  gli  altri  uionn- 
menti  indiani.  In  effetto,  se  nel  Genesi  leggiamo:  Adkuc  enim, 
et  post  dies  septein  ego  pluam  super  terrain  ecc.  (C.  VII,  v.  4); 
e  al  v.  10.  Cumque  transissent  septem  dies,  aquae  diluvii 
inundaverurU  super  ttrram,  nel  Bhdgavata  si  legge:  <  Fra  sette 
giorni,  dice  Bhagavat,  il  Dio  supremo,  a  Satyavrata,  i  tre  mondi 
saranno  sommersi  dall'oceano  della  distruzione  (C.  XXIV,  32) !.  > 
II  Weber  ed  altri  opinarono  che  nel  racconto  del  Brdhmana,  si 
faccia  allusione  ad  una  contrada  posta  di  la  dalle  montagne  del 
Nord,  sopra  le  quali,  come  dicemino,  le  acque  del  Diluvio  avreb- 
bero  trasportato  Manu  con  la  sua  nave.  Quindi  parrebbe  die  i 
primitivi  Arii  cacciati  da  un  diluvio  dalle  loro  antiche  sedi,  sa- 
rebbero  venuti  dal  Nord  nell' India,  traversando  le  alte  mon- 
tagne, forse  pel  Cascemir.  Senonche  dove  il  senso  della  leggenda 
fosse  cotesto,  farebbe  mestieri  concedere  che  essa  venne  alterata 
in  un  punto  essenziale.  Imperocche  osserva  rettamente  il  Pictet, 
sebbene  nella  leggenda  non  e  norainato  il  Grange,  vi  si  tratta 
tuttavia  dell'oceano  (samudra)  che  gli  Arii  non  poterono  co- 
noscere  se  non  lungo  tempo  dopo  la  loro  immigrazione 2. 

XVII. 

Manu.  Significati  di  questo  nome.  Lnoghi  del  Rig-Veda. 
Opinione  di  A.  Bergaigne  sul  mito  di  Manu.  UUttara- 
Kuru,  secondo  I'Aitartya-Brdhmana,  il  Sdmdyana  e  il 
Mahdbhdrata.  Lapianta  Kushtha.  Luogo  dd  Knushitalci- 
Bnlhmann. 

Dopo  il  fin  qui  discusso,  due  ipotesi  si  possono  fare  intorno 
a  Manu,  ovrero  che  egli  sia  il  padre  della  gente  umana  dopo  il 

.   \    I'ICTET,  Lea  Oriff.  Indo-europttn.  T.  Ill,  C.  IV,  §  377.  Les  Traditions, 
1  c  segg.  —  •  Op.  tit.,  T.  HI,  p.  368. 


32  DEL   PRESENTE   STATO 

Diluvio,  ovvero  che  egli  sia  un  personaggio  mitico.  Nell'  un  caso 
e  nell'altro  la  conseguenza  legittiina  e  indisputable  sara  sempre 
che  la  leggenda  di  Manii  non  conferisce  veruna  prova,  neppur 
probabile,  della  via  tenuta  dagli  Arii  per  recarsi  nell'  India,  e 
molto  meno  della  loro  sede  comune  prima  di  separarsi  e  di- 
spergersi  per  1'Asia  occidentale  e  per  T  Europa.  Ora  Manu  se- 
condo  la  leggenda  da  noi  accennata,  non  6  che  una  imagine 
piu  o  meno  scontraffatta  di  Noe,  o  una  mistura  piuttosto  di 
due  persone,  di  Adamo  e  di  Noe.  Ne'testi  vedici  poi  egli  in 
parte  conferma  la  leggenda  e  vi  figura  quale  persona  vera  e 
storica,  in  parte  diventa  un  essere  mitico.  E  nel  vero  il  nome 
Manu  o  Manus,  donde  i  derivati  manushya,  mdnava,  md- 
nusha,  nomi  ordinarii  della  stirpe  umana,  ora  e  preso  in  senso 
di  uomo,  ora  di  un  antenato  della  stessa  umana  progenie  e  il  piu 
celebre  di  tutti.  Quale  delle  due  accezioni  di  questa  voce  dee  ri- 
tenersi  per  anteriore  ali'altra?  Secondo  alcuni  manu  sarebbe 
nome  comune,  e  significherebbe  uomo,  e  come  esclusivamente 
vedico,  sarebbe  piu  antico  del  nome  proprio.  Ma  nel  Rig-Veda 
troviamo  il  nome  proprio  accanto  al  nome  comune,  manu  e 
mantis  nel  significato  di  uomo  e  in  quello  di  figlio  di  Manu. 
Manu  e  detto  il  primo  che  sacrific6  1'offerta  (v.  X,  63,  7);  che 
accese  (o  istitul,  dhd)  Agni.  ^  nominate  altresl  con  altri  antichi 
sacrificatori,  Angira,  Yayati,  Bhrigu.  (v.  I,  31, 17;  VIII,  43, 13). 
«  Onoriamo  come  Manu,  Agni  che  fu  acceso  da  Manu  » (v.  VII,  2, 3)  *. 
LTorigine  della  stirpe  umana  dai  fuoco  e  tradizione  indo- 
europea  (Khun,  Herabkun/t),  e  come  different!  nomi  dati  al 
fuoco  divennero  nomi  di  different!  famiglie  sacerdotali,  un  altro 
nome  dello  stesso  elemento,  dice  il  Bergaigne,  sarebbe  diventato 
con  una  piu  generate  applicazione,  il  nome  di  tutto  il  genere 
umano.  Quindi  manu  avrebbe  significato  il  fuoco  come  il  saggio 
per  eccellenza.  Conciossiach£,  secondo  lo  stesso  illustre  vedista, 
manu  non  significava  gia  <  colui  che  pensa  >,  ma  <  colui  che 
pensa  bene,  il  saggio,  T  accorto.  >  L'  idea  tanto  astratta  di  «  ani- 

1  Vcdi  per  piii  estcsi  ragguagli  la  dotta  opera  di  A.  BERGAIGNE:  La  religion 
Vedique  cPapres  hs  hymnes  du  Rig-Veda.  Paris,  1878,  1883,  t.  I,  65-70;  II, 
323-325;  II,  2U;  448,  Cfr.  I,  178. 


nci 

male  rairionovole  »  non  pote  essere  concepita  in  un  periodo  ante- 
riore  alia  fonnaxione  del  inito  indo-europeo  di  Manu. 

Che  ci  insegnera  pertanto  la  tradiziono  conservata  nell1 

•'Hiinuna,  nel  Rdmdyana  e  nel  Mahdbhdrata  intorno  al 
paese  d'  rttara-Kuru?  Nulla  di  certo  e  di  storico.  La  descrizione 
infatti  che  di  questa  contrada  no  lasciarono  i  poeti  indiani  e 
al  tutto  favolosa.  L'Uttara-A'uru  sarebbe  «  come  1'estremita 
della  terra,  la  santa  contrada  degl'  iddii,  dtoaJcAhttram.  >  Non 
freddo,  non  caldo  vi  pu6;  ignota  v'e  la  vecchiaia;  la  pioggia 
non  vi  reca  danni,  nd  il  Sole  vibra  cola  raggi  cocenti.  Piu  che 
mortale  convien  che  sia  chi  voglia  valicare  le  sue  frontiere. 
[Aitareya-Brdhm.  VIII,  23).  L'eta  dell'oro  quivi  e  perenne, 
e  la  felicita  originale  del  primo  uomo  (MaMblidrata) .  II  Lassen 
e  padrone  di  riconoscere  Vesistenza  reale  folVUttara-Kurn, 
perciocche  i  Vedi  ne  fanno  menzione,  e  lo  ricordano  Tolomeo  e 
Megastene.  Quello  che  noi  neghiamo  e  che  si  possa  formare 
argomento  intorno  alia  prima  patria  degli  Arii,  co'dati  favolosi 
che  la  leggenda  ci  fornisce  circa  T  Uttara-Kuru. 

Merita  appena  d' essere  notata  1'altra  prova  che  si  da  della 
provenienza  originaria  degli  Arii  dal  settentrione.  1$Q\V  Atharva- 
Veda,  si  dice :  <  La  pianta  salutare  Kushtha  cresce  al  nord  del- 
T  Himalaya.  >  Perciocch^  i  contemporanei  dell' au tore  di  questo 
Mantra  conoscevano  un  yegetale,  il  Costus  speciosus,  come  pro- 
prio  d'una  terra  posta  di  la  dall' Himalaya,  ne  verra  per  con- 
seguenza  che  gli  Arii  collocassero  la  loro  antica  patria  al  set- 
tentrione dell' India?  La  conseguenza  sarebbe  piu  larga  della 
premessa. 

Finalmente  il  Kaushitaki-Brdhmana  ci  fa  sapere  che  al  Nord 
dell'  India  <  la  lingua  e  meglio  saputa  e  usata,  e  chi  voglia 
apprendere  a  ben  parlare,  cola  si  reca.  »  Da  questo  passo  taluno 
inferisce  che  gl'Indi  mostrano  una  specie  di  predilezione  per 
le  contrade  settentrionali,  come  quelle  ove  fu  gia  1' antica  loro 
patria.  Un  italiano  dira  che  in  Toscana  la  lingua  e  meglio  sa- 
puta e  usata,  e  che  chi  voglia  apprendere  a  ,ben  parlare,  cola 
si  reca,  senza  che  per  questo  mostri  veruna  predilezione  per  la 
Toscana,  quasi  in  essa  fosse  stata  gia  T  antica  patria  degli  ita- 

XII.  vvl.  VI.  fate.  811  3  27  mar  to  1884 


34  DEL   PRESENTS  STATO 

liani.  Nell' India  settentrionale  vi  saranno  state  scuole  fiorenti 
di  buoni  studii  e  soprattutto  di  colta  favella,  e  cio  basta  a  ra- 
gionevolmente  intendere  le  parole  del  Kaushitaki-Brdhmana. 

XVIIL 

Gl'  Indi  e  le  loro  idee  geografiche  circa  VAsia  centrale,  e  circa 
il  Globo  terraqueo.  G' ambudvlpa.  II  Meru.  Contrarie  eti- 
mologie  di  questo  name.  Sua  posizione.  Pamir.  Sua  eiimo- 
logia  secondo  sir  Douglas  Forsyth  e  secondo  il  Toma* 

I  document!  indiani  fin  qui  riportati  e  brevemente  discussi, 
non  ci  hanno  fornito  un  solo  argomento  sodo  e  probabile  in- 
torno  all'antica  patria  degli  Arii.  Le  allusion!  poi  a  contrade 
settentrionali,  oltre  che  vaghe  ed  incerte,  perdono  ogni  ragione 
di  prova  quando  si  consider!  che  gl'  Indi  ebbero  idee  confuse  e 
strane  circa  1'orografia  dell' Asia  centrale.  Nelle  loro  descrizioni 
topografiche  del  mondo  antico,  da  Pamir  all'  Himalaya,  compreso 
Tlndo-Kusch  e  le  sue  grandi  ramificazioni,  tutto  e  notato  col 
nome  d' Himalaya.  Come  degli  Arabi,  cosl  degl'Indi  pu6  dirsi 
con  verita,  che  sono  i  romanzieri  della  geografia.  La  facolta  e 
la  liberta  di  fingere  e  d'inventare  e  in  loro  sconfinata  !. 

Prima  di  riferire  e  svolgere  altre  tradizioni  mitiche  sulla  pa- 
tria primitiva  degli  Arii,  onde  molto  fu  disputato  fra  i  dotti 
indianisti,  porta  il  pregio  di  ben  dichiarare  1'idea  che  gl'Indi 
si  formano  dell'  Universo.  S'  imagini  adunque  tutta  la  terra  come 
un  immenso  disco,  ovvero  scudo,  e  nel  suo  mezzo  od  ombelico 
sorga  una  niontagna  che  i  poeti  epici  chiamarono  Meru,  e  co- 
stituisce  come  il  centro  intorno  al  quale  la  terra  si  parte  in 
sette  zone  concentriche  denominate  dvtpas,  da  dvl  e  ap  «  due 
acque  » ;  questo  vocabolo  denota  bene  un  paese  irrigato  da  due 
fiumi 2  o  un'  isola.  II  divino  Q-ange  (Gangd)  aggira  sette  volte 
la  montagna  e  forma  come  sette  isole,  dvipas.  Prima  tuttavia 
di  bagnare  i  fianchi  del  Meru,  1' acque  del  Gauge  s'accolgono 
e  fanno  un  lago;  indi  ii  fiume  disceso  dalla  montagna,  versa  le 

1  Vedi  LASSEN,  Zeitschrift  fur  die  Kunde  des  Morgcnlandcs,  II,  p.  0-j. 
1  LASSEN,  Indische  Alterthumskunde,  J,  735 


DEGI.I    >Tt  I'll  ii  I 

sue  acijue  in  quattru  serbatoi  ri.  .  fiuini  dellu 

terra,  i  quuli  scorrono  verso  i  qiiattro  punti  cardinal!  i 
quattro  grand!  contrado  dette  Mahadvipas. 

Quella  zona  o  sezione  che  sta  nel  mezzo  delle  altre  sette  s'a  1- 
diniaiida  CfambudvipO)  una  delle  piu  antiche  denominazioni  del- 
1'India.  I  /V/-///M  iiitendono  per  U'mnhnilr'i^n  1' India;  i  Bud- 
dhisti  una  contrada  che  con  I' India  confina  '.  Etimologicamente 
significherebbe  il  continente  o  1'isola  dell'albero  G'ambu  o  del- 
1'albero  della  vita,  se  si  aramette  col  Wilson  che  il  vocabolo  si 
componga  di  G'am  <  mangiare  *  e  buh  «  frutto.  >  Nel  Mah'i- 
liluirata  e  nel  Rdmtyana,  G'amludvtpa  equalificato  dal  «  grande 
splendido,  di  bella  vista  albero  g'ambu  che  sorge  sopra  la  ciuia 
del  monte  Meru 3.  » 

Per  ci6  che  spetta  al  significato  etimologico  di  Meru,  Eu- 
genio  Bur nou f  da  mira  «  mare,  oceano;  parte  di  montagna,  li- 
uiite,  interpreta  Meru  per  «  che  ha  im  lago.  >  Secondo  Monier 
Williams  indicherebbe  il  <  raggiarite  »]  perche  il  tema  verbale 
mi  usato  solo  nel  sanscrito  dell'epoca  vedica,  fra  gli  altri  sensi 
ha  quello  di  «  dispergere,  gettar  fuori  *,  donde  raggiare,  bril- 
lare  intorno.  Ru  sarebbe  un  suffisso.  Le  due  etimologie  non  s'ac- 
cordano.  II  Meru  poi  e  la  Montagna  d'oro,  la  colonna  che  unisce 
il  cielo  e  la  terra,  perciocche  il  dio  Indra  sulle  vette  del  Meru 
pose  il  suo  paradiso.  Strabone,  Arriano,  Plinio,  Quinto  Curzio, 
Teofrasto  e  Filostrato  parlano  del  Meru  e  gli  attribuiscono  un'esi- 
stenza  reale 3.  Altri  osservano  che  il  Meru  non  e  uno,  ma  mol- 
teplice,  e  muta  luogo  parallelamente  alle  migrazioni  degli  Arii 
per  lo  spazio  di  otto  secoli.  Meru  del  Peng'ab,  Meru  dell' Hi- 
malaya, Sumeru  dell' India  centrale,  Meru  buddhista  de' Monti 
Kuen-lun  ed  altri.  Oggi  il  Meru  pare  doversi  mettere  nella  ca- 
tena dell'Indo-Kusch,  e  viene  identificato  a  Pamir,  termine  ge- 
nerico  che  il  Colonnello  Yule  pensa  essersi  applicato  a  tutti  gli 
altipiani  della  parte  meridionale  de'Tian-Cian  e  a  quelli  del- 
I* Himalaya.  Secondo  Sir  Douglas  Forsyth  esploratore  della  Kash- 

1  OBIIY,  Lf  Jirrccau  de  Vesptce  hwnaine,  p.  18. 
*  DE  GUBEISNATIS,  Piccoln  cncidop.  ind.,  \\.  P.50. 

8  STKABONE,  p.  iT:5.  AHHIANO,  Ind,  I'I.IMO,  Jfist.  Nat.,  VI,  c.  XXI,  2.!.  QUINTO 
Lib.  VIII,  c.  35.  TEOKHASTO,  Hist.  pi.  4,  -1.  FILOSTIUTO,  Vit.  Apoll,  3,  3. 


36  DEL    PRESEME   STATO 

garia  nel  1873,  Pamir  sarebbe  voce  turanica  appartenente  al 
dialetto  del  Khokand,  e  significherebbe  vaste  estensioni  di  terre, 
region!  spopolate,  deserto,  non  perd  inabitabile.  II  Tomaschek, 
prof,  all'  Universita  di  Graetz  opina  che  Pamir  sia  parola  ariana, 
mentre  ci  fa  sapere  che  i  "\Vakhi  e  gl'indigeni  del  Cighnan  per 
Pamir  o  Pamer  intendono  <  un  altipiano  esposto  al  vento  e  ai 
freddi.  > 

XIX. 

Tradizioni  eraniche.  I  due  Fargardi  del  Vendiddd  e  loro 
contenuto.  L'Airydna-Vaeg'a.  Opinionedel  Rhode,  del  Las- 
sen,  del  Bilnsen,  del  Lenormant,  di  A.  Pictet,  di  Monier 
Williams.  Osservazione  del  p.  Van  den  Gheyn.  Irani  ed 
Erani. 

Ed  ora  6  tempo  di  esaminare  le  tradizioni  eraniche  circa  la 
patria  degli  Arii.  Fu  creduto  per  molti  che  ne'due  primi  Far- 
gardi o  capitoli  del  Vendiddd  si  contenessero  le  prove  storiche 
della  patria  degli  Arii.  In  essi  si  legge  che  Ahura-Mazda  cred 
pel  suo  popolo  sedici  dimore  che  Anro-Mainyus  con  una  con- 
traria  creazione  vuol  rendere  inabitabili.  La  prima  dimora  e  di 
tutte  la  migliore  d  1'  Airyana-  Vacg'a;  seguono  Gau  nel  terri- 
torio  di  Sugdha,  Mouru,  la  potente  e  la  santa;  Bakhdhi,  la 
bella,  dagli  alti  vessilli;  Ni$a,  posta  fra  MOuru  e  Bakhdhi; 
Haraeva  abbondevole  di  correnti,  Vaekereta,  contrada  di  Duz- 
haka;  Urvd,  ricca  di  pascoli;  Khnenta  nel  paese  di  Vehrkana; 
Haraqaiti,  la  bella;  Haetumat,  la  splendida,  la  maestosa; 
Eagha  che  ha  tre  tribil;  Ciakra,  la  forte  e  la  Santa;  Varena, 
la  quadrangolare ;  I*  Sapid-Hindu  e  le  regioni  al  disopra  delle 
acquedel  Ranha.  Ci6  nel  1°  capitolo.  Nel  11°  che  e  indipendente 
dal  primo  ed  affatto  isolato,  Zuroastro  svolge  I'istoria  del  primo 
uomo.  II  de  Harlez  «  cette  16gende,  dice,  rappelle  les  origines 
meme  de  I'humanit6  *.  > 

La  denominazione  di  Airydna-Vaeg'a  chiam6  1'attenzione  de- 
gl'  indianisti  ed  eranisti  che  riconobbero  in  essa  la  prima  patria 
degli  Arii,  poich&  tradussero  unanimemente  le  parole  Ain/ana- 

1  DE  HARLEZ,  Les  Aryas  et  leur  premiere patrie.  Rcfutalion  dc  M.  Pietremnnt. 
Introduction  aWAvesta  traduit,  sec.  ediz. 


.1.1    STCI.II    1.IN 

*  terra  produttrice  degli  Arii.  >  OH  altri  Inoghi  o  di- 
more  noverate  dianzi,  furono  le  tappe  delle  migrazioni  loro  scen- 
dcndo  verso  il  mezzodl.  Ora  quasi  tutti  cotesti  luoghi  sono 
compresi  nella  moderna  contrada  dell' Afghanistan.  E  d'altra 
parte  1'  Airydna-  Vatga  doveva  essere  travagliata  da  Ahriman 
con  un  inverno  di  died  mesi.  Da  quest!  dati  il  Rhode  seguito 
dal  Lassen,  dal  Bilnsen,  dal  Lenormant  e  dallo  Spiegel,  ii  quale 
poi  mutd  opinione,  dedusse  che  V  Atrydna-Vafy'a  era  la  pa- 
tria  degli  Arii,  posta  al  Xord  della  contrada  ora  occupata  dagli 
ni,  sulle  montagne,  e  di  cliina  freddo  e  inclemente,  che  fu 
la  cagione  dell'euiigrazione  degli  Arii.  Dove  era  dunque  co- 
testa  regione  al  Nord  della  Persia  e  della  Media?  II  Rhode 
avvisa  che  due  ipotesi  si  possono  fare,  ovvero  si  lascia  a  man 
dritta  il  Caspio,  ovvero  a  sinistra;  nel  primo  caso  la  patria  de- 
gli Arii  si  trovera  nelle  gole  del  Caucaso  e  sugli  altipiani  del- 
1' Armenia  e  della  Georgia;  nel  secondo  spingendosi  fino  di 
la  della  Battriana  e  della  Sogdiana,  si  trovera  siiU'alte  cime 
dell'Asia  centrale,  sulle  catene  dell' Altai  o  de'Tian-Cian.  II 
Rhode  s'attiene  all' ultima  ipotesi,  e  vede  1'Ariana  primitiva 
nella  Bukharia,  nel  Khokand  e  il  piccolo  Thibet  della  moderna 
geografia  !.  Le  conclusioni  del  Rhode  restano  n&  false  ne  vere, 
poichd  in  una  quistione  tanto  oscura,  nessuno  pud  arrogarsi  il 
diritto  di  sentenziare.  Le  premesse  nondimeno,  1'interpretazione 
cioe  dell'A vesta  e"  senza  valore  alcuno,  mercecche  gli  studii  era- 
nici  dal  tempo  del  Rhode  (1820)  a'giorni  nostri  son  progrediti 
per  forma  che  i  lavori  precedent!  alia  pubblicazione  del  Com- 
mentaire  sur  le  Ya$na  di  Eug.  Burnouf,  non  ineritano  piu  d' es- 
sere invocati  nelle  quistioni  eraniche.  Con  Eug.  Burnouf  (1830) 
fu  creata  per  cosl  dire  la  scienza  eranica,  della  quale  sono  il- 
lustri  campioni  F.  Spiegel  in  Germania,  0.  de  Harlez  nel  Belgio 
e  il  Darmesteter  in  Francia. 

Al  Rhode  s'accost5  in  parte  A.  Pictet,  in  quanto  ammette 
che  sceverando  la  leggenda  dalla  storia,  il  mito  avestico  pu6 
servir  di  face  nella  notte  profonda  de'fatti  preistorici.  Riconosce 
per6  che  ne'  dati  zorqastriani  del  Vendiddd  «  non  si  deve  cercare 

1  RHODE,  Die  failiye  Sage,  und  das  gcsammte  Religionssystem  dcr  alien 
Baktrcr,  Medcr  und  Perser,  p  83  e  sogg. 


38  DEL    PRESENTS   STATO 

alcuna  reminiscent  diretta  dello  stato  primitive  degli  Arii !.  » 
Ecco  quali  sarebbero  secondo  Monier  Williams,  i  risultati  della 
filologia  eranica  circa  la  patria  degli  Arii.  «  Fu  gia  tempo, 
2000  anni  almeno  prima  di  G.  C.,  che  gli  Irano  Ariani,  e  gli 
Indo-Ariani  vivevano  insieme  e  avevano  una  stessa  patria  con  gli 
antenati  degli  Inglesi  e  della  maggior  parte  degli  Europei.  Co- 
testa  patria  era  in  una  dello  contrade  dell' Asia  centrale,  pro- 
babilmente  su  gli  altipiani  a  settentrione  dell'Indo-Kusch,  e  che 
d'ordinario  sono  indicati  col  nome  d'Altipiano  di  Pamir.  In  que- 
sta  contrada  fu  la  stanza  primitiva  di  tutte  le  schiatte  arid 
d'Asia  e  d'Europa.  Quivi  tutti  cotesti  popoli  parlavano  la  stessa 
lingua,  adorayano  gli  stessi  dei,  obbedivano  alle  stesse  leggi  e 
portavano  lo  stesso  nome  di  Aryas,  cioe  dire  gli  eccellenti. 
Freddo  generalmente  era  il  cliraa  e  tristo,  ma  conveniente  a  una 
stirpe  d'uomini  intraprendenti,  parte  nomadi  e  pastori,  parte 
dati  a'  lavori  d'  agricoltura.  In  breve  tempo  si  moltiplicarono  in 
tanto  che  il  suolo  piu  non  prestava  il  bisognevole  alia  sussi- 
stenza  di  tutti.  II  perche  furono  costretti  a  migrare,  guidati  dai 
piu  audaci  che  se  ne  fecero  i  condottieri.  Discesero  alcuni  nel 
bacino  dell'  Indo  traversando  i  passi  dell'  Afghanistan,  la  valle 
di  Citral  e  il  Cascemir,  e  cotesti  furono  gli  avi  degl'  Indo-Ariani. 
Altri  occuparono  i  paesi  montagnosi  al  Nord  di  Cabul,  le  valli 
dell'Oxus,  e  seguendo  il  corso  di  questo  fiume,  si  sparsero  per 
le  ricche  pianure  note  poscia  sotto  il  nome  di  Battriana,  le  cui 
citta  principal!  furono  piu  tardi  Balkh  e  Samarcanda.  Cotesti 

furono  gli  antenati  degl' Irano-Ariani  o  Irani Nel  principle 

lingua,  religione  e  costumi  d'  ambi  i  rami  erano  a  un  dipresso 
i  medesimi;  a  poco  a  poco  sotto  1' influenza  del  clima,  delle  cir- 
costanze  e  d'altre  cause  in  gran  numero,  ciascuno  de'due  popoli 
ebbe  un  particolare  e  proprio  svolgimento.  Quinci  le  due  civilta, 
1'iudiana  e  1' eranica2. 

Per  quel  che  riguarda  il  Talore  storico  dell'ATesta,  il  dotto 
indianista  opina  che  <c  la  cronologia  e  la  topografia  degl' Irani, 
nel  primo  periodo  della  loro  storia,  sono  purainente  congetturali. 
Tuttavia  il  primo  Fargard  del  Vendiddd  che  forma  1'introdu- 
zione  deirAvesta,  pu6  fornire  alcuni  dati  geografici  che  non  sono 

1  Orig.  indo-europc'e.  Vol.  I,  p.  46.  —  *  Nineteenth  Century,  genn.  1881,  p.  156. 


•;inza.  Certo  non  s'6  fatta  ancora  la  luce  snlle  con- 
i  rirordate,  ma  se  ne  pu6  conchiudere  che  il  prirao  sog- 
giorno  d^li  Arii  era  nna  regione  dove  Tin  verno  regnava  <! 
mesi,  e  che  le  migrazioni  degl'  Irani  si  stendevano  dalla  Sog- 
diana  e  la  Battriana  in  fino  alle  citta  di  Merw  e  di  Herat  '.  > 
Molle  delle  idee  di  Monier  Williams  sono  conformi  a  qnelle 
che  il  nostro  amico  Tillnstre  Eranista  C.  de  Harlez  svolse  nella 
Jntrrnlidtme  al  Testo  dell'Avesta  da  lui  recato  in  francese,  e 
nell'altro  lavoro  Les  An/as  et  leur  premiere  patrie.  Ma  circa 
il  valore  storico  de'due  Fargardi  doll'A  vesta,  egli  6  di  ben  altra 
opinione,  come  or  ora  diremo.  Osserva  pertanto  il  ch.  P.  Van 
den  Gheyn  che  mal  pn6  sostenersi  nna  patria  primitiva  degli 
Arii  sull'altipiano  di  Pamir:  «  il  nous  sera  tonjours  difficile 
d'admettre  que  snr  ce  plateau  si  de'she'rite'  nne  race  ait  pu  se 
lopper  2.  >  Non  v'e  pert)  nulla  di  ripugnante  qualora  nel 
Pamir  Monier  Williams  comprenda  le  valli  di  Ferghanna,  1'His- 
sar  e  la  provincia  di  Badakcian,  contrade  vicine  alle  regioni  pa- 
miriche.  Due  altre  cose  noteremo  ancora  nel  citato  testo  dell'ii- 
lustre  indianista;  il  significato  di  eccellenti  che  da  al  nome 
,i9,  poich§  nulla  si  pu6  asserire  di  certo  sulla  sua  radice, 
come  gia  vedemmo  altrove;  e  1'uso  che  fa  della  voce  Irani, 
invece  di  Erani,  come  ora  si  dice  generalmente.  <  Le  vrai  nom 
est  en  avestique  Airyana,  en  pehlevi  Airan,  en  persan  Eran. 
Spiegel  a  remis  en  honneur  le  nom  correct  Eran,  Eranien  8.  » 

XX. 

Giudizio  del  de  Harlez  sul  valore  storico  del?  Avesta  per  n- 
spetto  alia  qmstione  della  prima  patria  degli  Arii.  La  leg- 
f/cH'la  di  Yima.  Si  esamina  un  luogo  del  Bundehesh  che 
contraddice  al  T.  Fargard  del  Vendiddd.  Giudizio  dello 
Spiegel  sulla  stessa  materia. 

I  due  sorami  eranisti  dell'  eta  nostra  C.  de  Harlez  e  F.  Spiegel, 
li  certainente  hanno  diritto  d'  essere  ascoltati  in  questa  ma- 


*  Nineteenth  Century,  frcnn.  1881,  p.  156. 

*  Le  liercfau  d*s  Arycu,  elud.  de  geographic  hittorique.  Bruxcllos,  1881. 

*  DE  Ilvni.E/.,  tflud.  traniennes.  De  V  Alphabet  avestique  et  de  sa  transcri- 
ption, p.  44. 


•'id  DEL   PRESENTE   STATO 

teria,  combattono  le  teoriche  del  Khode,  del  Pietreraent  e  di 
quanti  altri  si  appoggiano  a'dati  dell'Avesta  nel  ricercare  la 
patria  degli  Arii.  «  L'Avesta,  dice  il  de  Harlez,  non  pub  fornire 
veruna  indicazione  esatta  circa  la  patria  primitiva  degli  Arii. 
Tutto  vi  e"  eranico  o  eranizzato;  tutto  anzi  in  esso  &  appropriate 
al  Zoroastrismo,  cioe  al  dualismo  mazdeo.  Vi  si  potrebbe  forse 
scoprire  1' indicazione  dell'Eran  primitivo;  ma  invano  vi  si  cer- 
cherebbe  quella  della  patria  degli  Arii  asiatici  primitivi,  e  ancor 
piu  vanamente  quella  degli  Arii  primitivi  *.  >  II  ch.  autore  os- 
serva  che  1'idea  cosl  comune  di  vedere  ne'primi  Far  gar  di  del 
VendidM  <  il  quadro  delle  antiche  migrazioni  della  stirpe 
ariana  >  non  ha  saldo  fondarnento.  Imperocche  nel  testo  non  v'  e 
cosa  che  permetta  siffatta  spiegazione;  e  al  contrario  un  altro 
passo  dell'Avesta  formalmente  la  smentisce.  Un  errore  ancor  piu 
grossolano  e  quello  di  unire  insieme  fra  loro  i  due  primi  capi 
dell'Avesta  per  modo  che  ne'fatti  e  gesti  di  Yima  si  vegga  il 
seguito  delle  peregrinazioni  noverate  nel  1°  Fargard;  e  di  per- 
sonificare  in  Yima  1'  emigrazione  conquistatrice  degli  Arii  pri- 
mitivi, della  cui  civilta  egli  sarebbe  stato  padre  e  autore.  Ora 
la  leggenda  di  Yima  non  e  ariana,  ma  esclusivamente  eranica ; 
il  che  e  si  vero  che  la  composizione  e  la  redazione  del  secondo 
Fargard  dove  si  svolge  questa  leggenda,  sono  posteriori  d'  assai 
a  quelle  del  testo  dell'  Avesta.  Dunque  non  vi  puo  esser  nesso 
intimo  fra  due  racconti  di  data  cosl  lontana.  Inoltre,  nella  mossa 
di  Yima  verso  il  Sud,  UFA  RAPITHVAM,  bench&  a  rigore  le 
due  ultime  parole  possano  significare  verso  il  Sud;  nulladimeno 
cotesta  versione  non  e  la  piu  esatta,  e  da  pochi  eranisti  e  am- 
messa.  In  questo  passo  non  &  quistione  d'una  migrazione  di  po- 
polo,  molto  meno  di  quella  degli  Arii. 

Ne  punto  piu  felice  e  1'  argomento  che  si  vuol  trarre  dal 
Bundehesh,  quantunque  in  apparenza  assai  probabile.  Senonche 
nel  testo  non  si  tratta  per  nulla  fa\VAinjdna-  Vaega.  E  quando 
pure  vi  si  trattasse  del  piu  antico  soggiorno  degli  Erani,  «  come 
si  pu6  imaginare  che  i  Persian!  del  YII  secolo  dell' era  nostra, 
che  questa  e  la  data  del  Bundehesh,  conoscessero  dopo  piu  che 
3000  anni,  le  qualita  climateriche  del  paese  abitato  non  gi£  dai 

1  Op.  eft.  p.  28. 


DKGLI    STl'DII    LINta-ISTICI  il 

!oro  padri  eranii,  n&  da'loro  avi  ariaci,  ma  da'priiui  padri  della 
iatta  indo-europea,  de'quali  ignoravan •  •  I'-^istenza?  >  Notisi 
ancora  cbe  aH'afTermazione  del  Bundehosh  contraddice  la  indi- 
cazione  precisa  del  1°  Fargard  del  Vendiddd.  In  questo  e  detto 
che  YAiryana  ha  died  mesi  d'inverno  e  due  d' estate;  laddoye 
1'  opera  persiana  assegna  alia  contrada  di  cui  si  parla,  sette  mesi 
d' estate  e  cinque  d'inverno  !. 

Lo  Spiegel,  che  come  dicemmo,  sostenne  gia  con  pieno  cou- 
vincimento  il  sistema  del  Rhode,  dopo  un  piu  maturo  studio  della 
•quistione  e  del  testo  dell'Avesta:  <  lo  non  posso  risolvermi,  dice, 
a  vedere  nel  priino  capitolo  del  Vendiddd  un'  abbozzo  o  schizzo 
delle  migrazioni  eraniche ;  la  noinenclatura  geografica  che  vi 
s'  incontra,  non  6  quella  delle  contrade  percorse  successivamente 
dagli  Erani.  Non  v'e  la  che  una  semplice  circoscrizione  del  loro 
territorio  ad  una  certa  epoca  del  loro  stabilimento  definitive  sul 
«uolo  della  Persia 2.  Cotesta  epoca  poi  a  giudizio  del  medesimo, 
non  e"  gran  fatto  remote,  e  1'argomento  che  si  toglie  dalla  de- 
nominazione  di  Ilapta-Hendu,  non  e  al  postutto  decisivo.  Mer- 
cecchd  dalla  presenza  di  questo  norne  geografico  si  voile  conchiu- 
dere  che  la  composizione  del  1°  Fargard  dell'Avesta  coincidesse 
col  periodo  vedico  degli  annali  indiani.  Ora  la  denominazione  di 
Hapta-Hendu  potd  certamente  durare  in  Persia,  anche  lunga- 
mente  dopo  che  al  tutto  scomparve  dalle  memorie  degli  Arii  del- 
I1  India. 

XXI. 

Opinione  del  Pictet  che  pone  nella  Battriana  la  patria  degli 
Arii.  Argomento  linguistico  e  topografico.  Argomento  dalle 
stagioni.  Da'metalli.  Dalla  Flora.  Dalla  Fauna. 

L'opinione  piu  probabile  circa  la  sede  primitiva  degli  Arii, 
sembra  oggidl  quella  di  Adolfo  Pictet  che  la  pone  nella  Battriana, 
e  al  quale  consentono  il  grande  indianista  lohn  Muir,  e  il  sommo 
geografo  francese  Vivien  de  Saint -Martin 3.  Essa  s'  appoggia  sui 

1    A  VESTA,  C.  1,  S   '.1-1-2.—  BUNDEHESII,  C.  \\V. 
«    A  VESTA,  II,  p.  CIX. 

*  Recue  ffermanique,  1861,  p.  488. 


i'-'  DEL   PRESENTE   STATO 

dati  di  glottologia  comparata,  e  su  quelli  della  storia  naturale. 
La  Battriaiia  degli  antichi  corrisponde  in  parte  al  reguo  Afghan 
di  Kabul,  cio&  a  quella  parte  delTEran  o  Ariana  che  &  ai  Nord-Kst 
della  Persia  e  confina  con  Taltipiano  di  Pamir,  il  Paropamiso 
de'greci  geografi,  e  col  fiume  Aniu-Daria,  1'Oxus  degli  antichi1. 
I  vocaboli  indo-europei  relativi  alia  topografia  devono  perci6  in- 
dicarci  un  paese  di  montagne  e  di  valli  irrigato  da  numerose  cor- 
renti  o  da  fiumi.  Ora  uella  Battriana  coteste  condizioni  orografiche- 
e  idrografiche  si  verificano  tutte.  Le  ramificazioni  in  fatti  del 
sistema  montagnoso  dell' Asia  centrale  vi  fan  capo;  le  alture  di 
Pauiir  dechinano  a  occidente  verso  lei,  e  TIndo-Kusch  la  fron- 
teggia  a  inezzodi;  uientre  la  bagnano  TOxus  (Amu-Daria)  e 
T  laxarte  (Sir-Daria)  fiumi  grandi  e  famosi. 

La  divisione  dell'  anno  in  tre  sole  stagioni  risulta  dallo  studio 
comparativo  delle  lingue  indo-europee;  esse  sono:  1'inverno  o  il 
tempo  della  neve;  la  primavera,  o  ii  tempo  del  rivestitnento  della 
natura;  e  Testate,  o  il  periodo  del  Sole.  Questi  sono  gli  ap- 
pellativi  che  servono  a  notare  le  tre  stagioni,  e  se  ne  possono 
leggere  gli  esempii  presso  il  Pictet 2.  La  diviSione  dunque  del- 
1'  anno  in  tre  stagioni  conviene  alia  Battriana,  dove  il  cliina  e 
temperate  sotto  una  latitudine  media.  In  effetto  i  popoli  setten- 
trionali  non  hanno  che  due  sole  stagioni,  Testate  e  Tinverno; 
laddove  quelli  del  inezzogiorno  ne  contano  quattro,  gl'Indi  perfin 
sei.  I  nomi  poi  di  metalli  nelle  diverse  lingue  ariane  comparati 
fra  loro,  ci  chiariscono  come  gli  Arii  prima  della  loro  dispersione 
possedessero  i  quattro  metalli  piu  important!,  Toro,  Targento,  il 
ferro  e  ii  rame 3.  Dunque  il  paese  da  loro  abitato  negli  autichis- 
sioii  tempi  doveva  essere  ricco  in  metalli  d'ogni  ragione,  e  per6 
un  paese  di  montagne.  Ora  tali  sono  gli  altipiani  delTIndo-Kusch 
e  di  Pamir,  e  la  catena  de  T  Ala'i  e  de'Tian-Cian,  che  abbondano 
di  metalli  d'ogni  specie.  Nelle  sabbie  dell'Oxus  si  trova  delToro 
ed  anche  delle  pepite,  secondo  che  attestano  il  Burnes  e  il  Meyen- 
dort ;  rniniere  di  rame  e  di  piombo  a  Bukhara.  La  missione  in- 
glese  del  Forsyth  a  Pamir  nel  1873,  ed  altre  esplorazioni  recenti, 

1  BARTHELEMY  SAINT-HILAIRE,  nel  Journal  des  Savants,  Janv.  1878. 

»  Op.  cit.  pp.  105-128.  V.  KUGENER,  Rev.  de  I' Instruction  publ  p.  159,  t.  XX. 

3  Yedi  PICTET,  op.  cit.  pp.  171-218. 


DECLI   STl'MI 

00  Tabbondanza  in  cotesti  luo^hi  di  filoni  motillifuri  !. 

'•biezione  che  si  fa  contro  qnesto  argomento  d  senza  valore 

per  coloro  che  non  arnmettono  come  scientificamente  provata  la 

>ne  di  periodi  pi  ft  o  meno  lnnghi  che  ebbero  norae  di  eta 

del  la  pietni.  del  bronze  e  del  ferro. 

Gonfermano  altreel  1' ipotesi  che  pone  nella  Battriana  la  prima 
patria  degli  Arii,  la  Flora  e  la  Fauna  ariana.  E  nel  vero  i  nomi 
che  ci  restano  nelle  diverse  lingue  ariane,  di  vegetali,  apparten- 
gono  a  una  regione  temperate,  qual'  e  appunto  la  Battriana,  e  la 
sua  Flora  e  come  1'europea.  La  quercia,  1'elce,  il  tiglio;  i  cereali, 
come  1'orzo  e  il  frumento,  gli  alberi  fruttiferi  vengono  quivi  come 
in  Europa.  Si  osserv6  parimente  che  i  vegetali  poco  noti  agli 
Arii,  non  sono  indigeni  nell'  Asia  centrale,  ma  che  lo  sono  in  una 
parte  o  piu  settentrionale  o  piu  occidentale.  Cosl  6  della  segala 
e  dell'avena2. 

La  Fauna  ariana  aggiunge  forza  alia  stessa  ipotesi,  perciocche 
nella  Battriana  troviamo  come  originarii  quasi  che  tntti  i  nostri 
animali  domestici;  il  bue,  il  montone,  la  capra,  il  porco,  il  ca- 
vallo,  1'asino,  il  cane.  Accennammo  altrove  1'opinione  del  de  Mor- 
tillet,  la  quale  serve  di  conferma  all' ipotesi  del  Pictet,  che  noi 
pure  stimiamo  probabile,  ma  non  per6  certa.  Nuove  esplorazioni 
e  nnovi  studii  intorno  a'dialetti  dell' Asia  centrale,  potranno 
sgombrare  i  molti  e  gravi  dubbii  che  restano  ancora  sulla  prima 
patria  degli  Arii.  La  filologia  e  la  lingnistica  non  scioglieranno 
mai  cotesto  problema  se  opereranno  da  sole:  mentre  abbiamo 
toccato  con  mano  che  neppur  col  sussidio  e  il  forte  sostegno  del- 
1' archeologia  preistorica  e  dell' antropologia,  non  ci  hanno  ras- 
sicnrati  sulla  vera  patria  degli  Arii  primitivi. 

1  Ost- Turkestan  und  dot  Pamir-Flatwu,  nc\  n.  52  degli  Erganzungshtfteti 
a"  Mitth'ilnnr/fin  del  1'ftormann.  Gotha,  1877,  p.  64. 
«  V.  PICTET,  pp.  222-403. 


DELLA  DECADENZA 

DEL    PENSIERO   ITALIANO 


LA   CRITIGA 


La  critica :  il  Salfi  e  il  Ginguene.  —  Guglielmo  Libri.  —  La  sua  Storia  delle  scienze 
materialistiche  e  lavoro  da  rivoluzionario.  —  Con  qual  criterio  giudichi  i  fatti 
del  famoso  processo  del  Galilei.  —  L'  Emiliani-Giudici  e  la  sua  Storia  delle  lettere 
italiane.  —  Sua  boria  letleraria  —  Strazio  che  costui  fa  di  tutti  i  lelterati  cat- 
tolici.  —  Atto  Vannucci,  ed  altri  disertori  del  santnario.  —  Si  palesa  seguace 
della  scuola  di  Gibbon.  —  II  suo  Martirologio.  —  Panegirico  che  vi  fa  di  tutti 
i  cospiratori.  —  La  Critica  moderna  del  Trezza.  —  E  un  impasto  di  cose  in- 
comprensibili.  —  Sue  bestemmie  —  Suo  libro  su  Lucrezio.  —  Scienza  tedesca 
sinonima  di  aleismo.  —  Luigi  Seltembrini.  —  Francesco  Desanctis.  —  Giuseppe 
Guerzoni. 

Fu  gia  tempo  in  cui  uaa  critica  assennata,  sobria  e  imparziale 
guidava  gli  scrittori  di  storia  letteraria  nell'arduo  cdinpito  di 
giudicare  i  pregi  o  i  difetti,  la  bont&  o  la  reita  delle  opere  venute 
alia  luce,  secondo  grinimutabili  principii  del  vero,  del  bello  e 
del  buono.  Imperocche  allora  s'ignorava  1'arte,  introdotta  poi 
dalle  sette,  di  subordinare  il  merito  letterario  al  colore  politico, 
le  doti  dell'  ingegno  ai  favore  delle  fazioni,  la  critica  medesiiua 
al  capriccio  dei  novatori;  molto  meno  si  conosceva  il  mestiere 
d'incielare  uno  scrittore,  tanto  solo  perche  miscredente,  nemico 
dei  Papi,  avverso  al  Gattolicismo,  e  vagheggiante  un' Italia  senza 
Dio;  ed  invece  screditarlo  e  invilirlo  perche  religiose,  ossequente 
al  successore  di  Pietro  e  amante  del  piti  bel  vanto  che  la  nostra 
patria  onori,  qual  e  quello  d'  essere  rimasta  cattolica.  Ma,  dac- 
che  una  critica  dekteria l  (ci  si  pennetta  la  parola)  venne  per 
opera  delle  sette  a  prendere  tra  noi  il  posto  della  critica  giudi- 
ziosa,  e  la  storia  della  letteratura  divent&  un  turibolo,  con  cui  i 

1  Dal  francese  de'le'taire  che  significa  dissolvenle. 


Mil.I.A   l'Ki:.\I.  ,  1TALIANO  -  LA  CIUTICA 

turiferarii  della  rivoluzione  presero  ad  incensare  gli  adept!  e  gli 
artofici  dell'italica  indipendenza,  le  cose  cambiarono  aspetto,  e  i 
nomi  il  loro  signiflcato.  Non  si  badd  piu  all'ingegno,  non  si  ebbe 
piu  rispetto  all'arte,  non  si  tenne  piu  conto  dei  servigi  resi 
alia  lingua,  al  gusto,  alia  morale,  alia  civilta  e  alia  Religione. 
Se  non  si  cacciarono  di  scanno  Dante,  il  Petrarca,  Torquato  Tasso, 
I'Ariosto,  il  Giovio,  il  Muratori  e  tanti  altri  somrai,  che  sarebbe 
stata  una  fatuita;  senza  esempio,  si  cerc6  per  altro  di  travisarne 
gl'intendimenti,  di  farli  coraparire  quello  che  non  furono  mai,  o 
di  far  loro  dir  cose  che  non  sognarono  punto,  n&  sarebbero  stati 
capaci  di  sognare.  Questo  avvenne  segnatamente  aU'immortale 
Cantore  dei  tre  regni  della  seconda  vita,  che  la  critica  settaria 
ha  spacciato  per  rivoluzionario  unitario,  precursore  di  Lutero, 
nemico  acerrimo  del  Papato  e,  cosa  incredibile  ancora,  per  il 
padre  legittimo  e  naturale  di  Giuseppe  Mazzini ! 

Primo  a  dare  1'esempio  di  questa  cospirazione  contro  tutto  ci6 
che  non  sia  ispirato  dal  mal  talento  settario,  fu  il  Salfi,  che  con- 
tinud  meschinamente  la  Storia  Letteraria  del  Ginguen6,  il  quale 
con  inverecondia  degna  di  un  giacobino,  aveva  ricopiato,  stor- 
piandolo  e  adulterandolo,  il  Tiraboschi. 

Anche  GuglielmoLibri,  un  altro  fuoruscito  e  dei  piuavventati 
contro  la  Chiesa,  scrisse  snllo  stato  scientifico  e  letterario  d'  Ita- 
lia. Ospitato  in'  Francia,  dopo  i  rivolgimenti  del  1831  e  colmato 
di  favori  dal  governo  di  quel  Luigi  Filippo,  che  si  facea  un 
vanto  di  essere  il  Mecenate  di  tutti  i  piu  infocati  nemici  del 
Papa  e  dei  Principi  italiani,  ?i  diede  alia  luce  una  Storia  delle 
scienze  matematiche  in  Italia,  nella  quale  non  ebbe  altra 
mira  principale  che  di  scagliare  le  consuete  ingiurie  e  le  viete 
accuse,  che  i  protestanti  ed  i  settarii  mossero  in  ogni  tempo  con- 
tro la  Chiesa  cattolica.  Still'  autorita  di  scrittori  notoriamente 
acattolici,  afferma  che  la  Chiesa  condannasse  nel  medio  evo  lo 
studio  della  filosofia  di  Aristotele;  che  il  progresso  delle  lettere 
e  delle  scienze  fu  ritardato  appunto  dai  dommi;  finge  d'ignorare 
a  chi  debbasi  la  fondazione  delle  nostre  universita,  ne  fa  men- 
zione  dei  grandi  servigi  che  i  monaci  e  i  frati  resero  alle  scienze, 
allo  lettere  e  alle  arti.  Di  Giordano  Bruno  e  di  De  Doininis  fa 


DELLA    DECADENZA    DEL   PENSIERO   ITALIANO 

due  vittime  della  Corte  romana,  e  del  Campanella  il  precursore 
di  Galileo  e  di  Giambattista  Vico. 

ParlaDdo  dell'astronomo  fiorentino,  ingarbuglia  in  tal  guisa 
il  racconto,  da  accreditare  la  menzogna,  messa  in  giro  dagli 
eterodossi,  della  sua  tortura.  Affastella  gli  error!  piu  badiali 
sull'origine  della  Riforma,  e  osa  perfino  scrivere,  che:  «  quando 
i  popoli  furon  veduti  stringersi  attorno  a  Lutero,  e  scemare  le 
offerte  del  fedeli,  la  Chiesa  rinnov6  i  suoi  supplizii,  e  Roma 
diedeall'inquisizione  la  sua  primitiva  severita.  Allora  Carlo  V 
fu  sguinzagliato,  come  belva,  contro  i  luterani,  e  si  os6  perfino 
ringraziare  Dio  solennemente  della  carneficina  degli  Ugonotti 
nella  notte  di  san  Bartolommeo.  >  —  Quante  calunnie  conden- 
sate  in  poche  parole!  Piu  curioso  e  quanto  scrive  a  proposito 
dei  tentativi  fatti  dai  protestanti,  per  inoculare  il  veleno  della 
Riforma  in  Italia:  «  I  germi-del  protestantesimo,  che  si  mani- 
festarono  in  Italia,  farono  con  incredibile  rigore  soffocati;  e  fu 
segnatamente  dopo  il  Concilio  di  Trento  che  la  censura  prese 
un  carattere  di  severita,  che  a  partire  da  quell' epoca  le  per- 
secuzioni  divennero  piu  frequenti  e  i  supplizii  piu  acerbi.  > 

II  Libri  non  mancb  d'  ingegno  e  d'  erudizinne ;  e  se  non  fosse 
stato  invaso  da  spirito  anticattolico,  avrebbe  certo  reso  un  buon 
servigio  alia  storia.  Come  pressochfc  tutti  i  fuorusciti,  tram6 
contro  i  Principi  che  governavano  in  Italia,  e  nella  Revue  des 
deux  mondes  prese  a  scrivere  articoli,  per  eccitare  viemaggior- 
inente  il  inalcontento  che  covava  nella  penisola,  dove  le  sette 
preparavano  moti  e  insorgimenti.  Pari  all' ingegno  non  ebbe 
1'onesta;  perche  scoperto  come  truffatore  dei  piu  preziosi  ma- 
noscritti  delle  biblioteche  parigine  fu  processato  e  obbligato  a 
ricovrarsi  in  Inghilterra.  L'  immoraliU  per  altro  form&  in  ogni 
tempo  la  iiota  caratteristica  dello  scrittore  rivoluzionario.  II 
De  Maistre  avverti  che  1' ingegno  messo  in  servigio  della  rivo- 
luzione  e  un'arma  in  mano  del  malfattore;  e  che  sia  un  pre- 
tendere  1'impossibile  aspettarsi  probita  da  un  uomo  d' ingegno, 
che  siasi  venduto  alia  rivoluzione. 

Niuno  che  abbia  un  po'di  pratica  della  nostra  letteratura  ri- 
voluzionaria,  ignora  la  boria  e  il  sussiego,  onde  il  siciliano  Erai- 


LA    CKITICA 

ulici  osa  affennaro  nella  sua  ^s 
lie  la  critica  in  Italia  fu,  sin  dal  suo  nascere,  ciarliera, 

i      are,  non  v' ha  scrittore  rivo- 

lu/.inuario,  che  lo  pareggi  nell'arto  di  dire  impertinonze  e  di 
rimpicciolire  coloro  che  non  sono  manifestamente  ostili  al  Papato 
e  alia  Chiesa.  Disertore  prima  del  chiostro  e  poi  del  santuario, 
il  Giudici  si  da  come  1'  inventore  della  polvere  in  opera  di  cri- 
tica e  di  storia  letteraria:  1'astioso  e  invido  poeta  di  Zante, 
quel  Foscolo  che  non  soffriva  ne  superior!  ne  rivali,  non  giunse 
forse  alia  pretensione  di  chiamarsi  il  primo  critico  d' Italia?  <  A 
me  primo  nacque  violentissirao  il  desiderio  di  conoscere  quel- 
Viiniime  storico,  che  potesse  in  prospetto  ed  a  caratteri  decisi 
presentare  1'immagine  delle  epoche  delle  italiche  lettere.  » 

Questo  del  credersi  tutti  i  fortunati  scopritori  di  un  mondo 
nuovo,  fu  sempre  il  vezzo  degli  scrittori  educati  e  ispirati  dalla 
scuola  rivoluzionaria. 

Fa  disgusto  il  modo  sprezzante  e  talvolta  anche  villuno,  con 
cui  passa  a  rassegna  gli  storici  della  nostra  letteratura.  Per  esso 
Giuseppe  Maffei  ha  uno  stile  festante,  volatile,  indeterminate, 
«  solo  vago  e  piacevole  ai  giovanetti,  in  quanto  non  richiede  in 
continua  tensione  le  facolta  intellettive  del  leggitore.  >  —  LT An- 
dres e  senza  tante  cerimonie,  «  un  ciurmadore,  che  rese  sospetta 
la  sua  btiona  fede  colle  frequenti  contraddizioni,  gli  anacronismi, 
1'avventatezza  dei  giudizii,  i'iutemperanza  rettorica,  Tenfasi  spa- 
gnuola.  >  Non  dice  che  fu  gesuita,  ma  fa  supporlo  dalla  bile 
con  cui  ne  parla,  e  dall' antipatia  ch'ei  sente  per  quell' erudi- 
tissimo  e  coscienzioso  scrittore.  —  La  Storia  della  volgare  poesia 
del  Cresciuibeni  chiama  <  un  libro  ripieno  di  tutio  il  vaniloquio 
del  secolo;  >  e  1'autore  «  uno  di  quei  facchini  letterarii,  che 
adunano  moltissimi  material!,  di  cui  novantanove  centesimi  tor- 
nano  inutili.  >  Definisce  1'  Idea  dell'  Italia  letterata  del  Gimma 
€  un  ammasso  di  sofismi  e  di  cavilli  assai  piu  aniinato,  sebbene 
piu  barbaro  di  quello  del  Crescimbeni.  >  Nel  Quadrio,  coevo  al 
Gimma,  non  trova  che  tracotanza.  Del  Tiraboschi,  come  del  Cor- 
niani,  parla  con  piu  moderazione,  senza  per  altro  risparmiar  loro 
il  biasimo  d'incapacit£  e  inettezza.  Dopo  tauto  scialacquo  di  in- 


48  DELLA  DECADENZA  DEL  PENSIERO  ITALIANO 

giurie  e  di  contumelie,  contro  coloro  ai  quali  1' Italia  deve  la 
storia  delle  sue  lettere,  chi  si  sarebbe  aspettato  il  panegirico 
del  francese  Ginguene",  il  quale,  come  tutti  sanno,  non  fe'che 
copiare  il  Tiraboschi  ?  Eppure  di  questo  plagiario,  che  la  Francia 
dei  Giacobini  inandft  suo  ambasciadore  a  Torino,  il  Giudici  af- 
ferraa,  aver  avuto  senso  piu  sano  del  Tiraboschi,  e  che  « il 
merito  della  sua  opera  e  riconoscinto  daU'universale  gratitudine 
degl' Italiani.  > 

Inciela  Niccolo  Machiavelli  asserendo  di  lui,  che  <  il  concorde 
sentire  dell' universe  mondo  letterario  lo  saluta  ogginaai  qual 
creatore  della  scienza  politica  nei  tempi  moderni,  e  che  i  dotti 
dei  susseguenti  tre  secoli  lo  ammirano  come  il  principe  dell'arte 
di  governare  gli  Stati.  >  Chiama  il  Possevino  <  fra  gl'iniqui 
e  sfrontati  infamatori  delle  glorie  di  quel  grande  italiano,  ini- 
quissimo  e  sfrontatissimo;  >  e  perfino  ribaldo,  scusate  se  e  poco, 
il  padre  Lucchesini,  per  aver  messo  in  evidenza  le  sciocchezze 
del  Segretario  fiorentino. 

S'oda  come  parli  di  fra  Paolo  Sarpi  e  del  cardinale  Palla- 
vicini :  <  Maggiore  rumore  fecero  le  due  stone  di  fra  Paolo  Sarpi 
e  del  cardinale  Pallavicini.  L' opera  del  primo  e  libro  unico  nel 
suo  genere,  e  straordinario  a  quei  tempi,  e  dalla  parte  di  or- 
dinare  i  fatti  ed  esporli,  un  esimio  filosofo  francese  (Mably)  lo 
proponeva  come  un  modello  a  chiunque  studiasse  di  scrivere 
storia.  Dalla  parte  delle  cose  che  narra,  e  splendido  testimonio 
dell'indipendenza  dei  pensiero  italiano,  che,  tra  le  torture  della 
tirannide  e  il  ferro  degli  assassini,  qualora  ardisca  manifestarsi, 
sorge  animoso,  affronta  il  martirio,  e  si  rende  degno  della  co- 
rona degli  eroi.  >  Questo  elogio  del  frate  veneziano,  e  1'enfasi 
con  cui  e  levata  a  cielo  la  sua  opera,  scritta  per  calunniare  la 
Chiesa  e  il  Concilio  Tridentino,  ben  palesano,  come  nel  Giudici' 
la  perversione  delle  idee  fu  pari  alia  comizione  del  cuore.  Pen- 
sate  con  qual  astio  e  rancore  dovesse  giudicare  la  storia  di  quel- 
1'insigue  Porporato,  che  scrisse  per  isfatare  e  sbugiardare  Tipo- 
crisia  di  fra  Paolo?  «  Se  pot&  il  Pallavicini,  egli  dice,  scrivere 
con  piu  fioritura  di  stile,  ed  in  questo  avanzare  il  suo  rivale, 
gli  rimase  gran  tratto  addietro  nel  modo  di  concepire  il  soggetto. 


49 

II  libro  del  '  !>  frate  di  Venezia  e  storia,  quello  dell'emi- 

nentissirao  e  apologia;  e  perci6,  ad  abbracciare  i  fatti  che  narra, 
si  bisogna  andare  guardinghi;  a  seguirlo  senza  sospetto  nelle 
sue  considerazioni  ci  vorrebbe  una  larga  misura  di  buaggine  o 
4uto  spirito  di  parte.  > 

Uno  scrittore,  contro  cai  scaglia  le  folgori  di  quel  suo  stile 
gonfio  e  turgido,  e  il  sommo  Daniello  Bartoli,  forse  perche  ge- 
suita  anche  esso.  «  Maggior  merito,  egli  scrive,  si  suole  attn- 
buire  a  Danielio  Bartoli,  ingegno  fecondissimo,  massiraamente, 
dopo  che  un  dotto  filologo  (Pietro  Griordani)  gli  rinverdiva  sul 
capo  gli  allori  inariditi.  Che  egli  sia  abbondante,  non  si  puft 
negare;  che  egli  usi  parole  scelte,  che  egli  componga  frasi  ve- 
nuste,  ne  convengo  volentieri ;  ma  che  il  suo  modo  di  scrivere 
sia  un  miracolo,  non  posso  indurmi  a  concederlo;  avvegnache  mi 
sembra  che  egli  dondoli  in  dettato,  e  che  per  troppa  libidine  di 
leggiadria  lo  lisci  e  lo  ammanieri,  in  guisa  che,  portato  piu  in 
la,  diventa  affettazione.  fi  buono,  anzi  perfetto  model  lo  per  le 
sette  present!  e  future  dei  parolai ;  per  chi  si  proponga  di  ma- 
nifestare  il  pensiero  limpido  e  intero,  e  cattivo  modello.  Come 
storico  di  cose  vere,  nemmanco  e  a  discorrerne.  £  un  rettorico 
che  arringa,  un  maestro  di  scuola  che  compone  la  sua  diceria, 
non  mai  un  pensatore  che  parli  davvero.  > 

Elogi  e  panegirici  profonde  al  Foscolo,  del  quale  fa  come  un 
rifonnatore  della  nostra  letteratura,  il  modello  in  ogni  genere, 
un  critico  di  prim' ordine,  un  patriotta  senza  rimprovero.  Ep- 
pure,  di  lui  scrive  il  Cantu :  «  Dal  delinearci  Dante  al  vero  lo 
distrasse  la  bizzarria  di  volercelo  offrire  come  un  eresiarca,  per 
blandire  qualche  spigolistra.  Perocche  egli,  avendo  trasportato 
i  costosi  suoi  vizii  in  Inghilterra,  si  piegd  a  scrivere  articoli  di 
giornali,  non  sempre  indipendenti,  e  blandire  persone  e  opinioni... 
La  divozione  di  Giuseppe  Mazzini  riuscl  a  canonizzarlo  tra  i 
precursori,  nientre  una  sconsiderata  amicizia  ne  pubblico  scrit- 
ture.  che  lasciano  dubitare  se  fosse  un  angiolo  o  un  demonio, 
un  franco  pensatore  o  un  valletto  mascherato.  > 

Chi  non  ha  conosciuto  il  vecchio  Luigi  Settembrini,  Tenfatico 

Serie  -t/7.  vol.  VI.f<uc.8\l  4  27  mar  to  1884 


DELLA    DECADEN.NA    DEL   PENSIERO  ITALIANO 

repubblicano  che  ebbe  il  mestolo  nell'  istruzione  pubblica  di 
Napoli  e  la  dittatura  letteraria  sotto  gli  auspicii  del  platonico 
Bonghi,  liberate  deinocratico  coll' Eccellema?  Ora  il  Setteiu- 
brini,  ai  tanti  meriti  che  egli  ha  acquistati  cospirando,  ha  pure 
aggiunto  quest' altro,  d'essere  stato  scrittore  d'una  storia  let- 
teraria d' Italia,  che  e  un  vero  capolavoro  di  strain  berie,  di 
assurdita,  di  bestemmie  e  di  buaggini,  da  far  venire  il  capogiro 
a  chiunque  si  volesse  mettere  seriaraente  a  leggere  quei  tre 
volumi,  ove  egli  ha  preteso  insegnare  alia  nostra  gioventu  la 
storia  del  pensiero  italiano.  Non  parliamo  dello  stile  con  cui  e 
scritta  questa  storia;  perche  e  ozioso  occuparsi  della  forma, 
quando  la  sostanza  fa  a  calci  col  buon  senso,  col  gusto,  colla 
verita  e  coll'  arte.  Lasciaino  da  parte  quella  sua  definizione  della 
letteratura,  che  egli  dice  essere  «  1'  arte  nella  parola  > ;  non  gli 
domandiaino  ragione  della  sua  asserzione  intorno  al  Vero,  che 
egli  dice,  apprendersi  col  sentimento  e  colla  fantasia  e  colla 
riflessione;  uiolto  meno,  che  cosa  voglia  dire  quando  affernia 
che,  «  1'arte  rappresenta  il  vero,  1'  assoluto,  1' infinite  nella  realta 
delle  cose;  >  che  esso  non  rappresenta  la  natura,  ma  lo  spirito 
nella  natura,  che  nasce  non  per  sentimento  e  riflessione,  ma 
per  ispirazione;  questi  e  simili  aforismi  d'una  filosotia,  che  puzza 
di  panteismo,  sono  un  nulla  a  petto  del  pazzo  bestemmiare  contro 
la  Eeligione  santissima  di  Cristo. 

Si  legga,  per  rno'd'esernpio,  1'empia  e  fantastica  dipintura, 
che  1'Autore  fa  del  Cristianesimo :  «  Quando  la  terra  fu  esausta, 
e  quando  fu  spremuto  il  piacere  anche  dal  dolore,  la  terra  non 
bast6  piu  aH'uomo,  e  bisogn6  uscirne.  Necessariamente,  surse 
allora  una  nuova  idea,  appunto,  quando  1'antica  avea  compito 
il  suo  corso,  e  quest' idea  fu  il  Cristianesimo;  il  quale  af- 
ferma,  che  tutto  il  bene,  tutto  il  vero  e  tutto  il  godimento  non 
&  qui,  ma  in  un  altro  mondo,  che  nessuno  ha  veduto,  e  che 
bisogna  credere  per  rivelazione.  Quindi  la  terra  e  niente,  il  cielo 
e  tutto:  1'uomo  e  niente,  Dio  &  tutto;  la  vita  e  inorte,  la  morte 
e  cominciamento  della  vita  eterna.  Quindi,  non  patria,  nou  ric- 
chezza,  non  famiglia,  nia  solitudine,  poverta,  monachismo.  Quindi, 
il  sapere  spregiato,  1'  arte  odiata,  come  cose  perniciose  o  almeno 


LA   CRITtCA 

inutili  alia  salute  etcrna;  nnica  sapienza  riconoscere  il  proprio 
nulla...  La  bellezza  peccato,  la  potenza  vanita,  la  ricchezza  opera 
del  demonio;  1'inerzia,  1'ignoranza,  1'nmiliazione,  I'anmillamento 
sono  la  perf«3zione.  >  Piu  innanzi  dice:  «  II  Paganesimo  af!erm6 
la  terra,  il  Cristianesimo  la  negd,  e  distrnsse  quanto  vi  era  di 
male  o  di  bene.  >  Discorrendo  della  civilta  pagana,  sempre  a 
modo  sno  e  con  quolle  forme  di  stile  che  son  proprie  dei  gaz- 
ieri,  afferma,  che  questa  <  non  fu  distrutta  dai  barbari  del 
settentrione;  i  poveri  barbari  non  ebbero  col  pa  alia  nostra  bar- 
bade...  Fa  il  Cristianesimo,  che  distrusse  la  civilU  antica,  e 
diffuse  la  barbarie,  nella  quale  si  afferm6  in  tutta  la  sua  po- 
tenza...  Poiche  il  Paganesimo  fu  vinto,  ogni  sapere  umano  fu 
abbandonato  e  diinenticato ;  anzi,  fu  vietato  dai  Concilii,  e  fu 
comandata  la  santa  ignoranza...  $  inutile  ricercare  scienze  ed 
arti  nel  medio-evo :  non  vi  si  puo  trovare  nulla,  perche  fu  ne- 
cessita  distruggere  ogni  cosa.  >  Simili  amenita  non  erano  mai 
cadute  dalla  penna  di  alcuno  scrittore,  per  qnanto  furibondo  nella 
sua  empieta  e  dementato  dall'odio  settario.  Lo  stesso  Garibaldi, 
col  qnale  e  nello  stile  e  nelle  idee  ha  qualche  analogia  il  Set- 
tembrini,  1'eroe  dei  due  mondi  e  il  prosciugatore  delle  Maremme 
romane,  che  ha  sempre  avuto  il  pizzicore  di  voler  passare  per 
uomo  d'ingegno  e  di  lettere,  lo  stesso  Garibaldi,  diciamo,  non 
ne  disse  mai  di  si  badiali  e  di  si  smaccate  nelle  sue  epistole 
e  nei  suoi  romanzi.  Non  v'e  pagina  in  quei  suoi  tre  volumi, 
dove  non  si  trovi  o  una  sciocchezza  da  fare  ridere,  o  una  be- 
stemmia  da  far  turare  le  orecchie.  Buon  senso,  gusto,  critica, 
criterio,  temperanzi,  imparzialita,  tutto  manca  a  questo  libro, 
che  non  e  libro,  ma  un  affastellamento  di  grossolanita,  d'in- 
coerenze,  di  contumelie,  di  pedanteria  e  di  cinismo.  Ebbene,  i 
posted  stenteranno  a  credere,  che  ci  fu  tempo  in  Italia,  in  cui 
quest' opera  fu  proposta  dai  professori  di  letteratura  nei  nostri 
lict-i  come  un  buon  testo,  per  istudiarvi  la  Storia  letteraria,  e 
le  si  dette  perfino  la  preferenza  a  lavori  congeneri,  comeche 
scritti  con  ispirito  antireligioso.  L'antichita  condannava  i  libri 
di  I/'ucippo,  Democrito  ed  Epicuro,  perche  funesti  alia  giovontu 
stndiosa.  L' Italia  moderna  fa  dei  cattivi  libri  il  testo  delle  sue 


52  DELLA   DECADENZA   DEL   PENSIERO   ITALIA  NO 

scuole,  e  i  loro  autori  insignisce  della  croce  del  soliti  santi,  o 
promuove  alia  dignita  di  Senatori  del  regno. 

Al  Settembrini  tien  dietro  il  De  Sanctis,  la  cui  Storia  della 
Letteratura  italiana  ha  questo  merito,  appetto  di  quella  del 
Settembrini,  che  6  opera  di  maggior  polso,  e  dove  1'  autore  non 
fa  propriamente  della  bestemmia  un'arte;  ma  e  animato  da  spi- 
rito  antipapale.  Cosl  dalle  prime  mosse  ei  dice,  che  «  il  Papa 
aspirava  a  far  sua  tutta  la  terra,  e  che  la  storia  religiosa  assor- 
biva  in  se  tutti  i  tempi  e  tutte  le  storie.  »  A  proposito  di  Niccoio 
Machiavelli,  e  parlando  della  corruttela  di  quel  secolo,  scrive: 
<  La  forma  piti  grossolana  di  questa  corruttela  era  la  licenza 
dei  costumi  e  del  linguaggio,  massime  nel  clero...  la  licenza 
accompagnata  coll'  empieta  e  1'  incredulita  avea  a  suo  principale 
centro  la  Corte  roinana,  protagonisti  Aiessandro  YI  e  Leone  X. 
Fu  la  vista  di  quella  Corte,  che  infiamm&  le  ire  di  Savonarola 
e  stimol6  alia  separazione  Lutero  e  i  suoi  concittadini.  »  Sono  le 
solite  calunnie,  che  da  Lutero  ad  Erasmo  e  dai  volteriani  fino  a 
noi,  si  ripetono  sempre  contro  i  Papi! 

Fa  sue  tutte  le  idee  del  Machiavelli,  segnatamente  quelle 
contro  la  sovranita  temporale  del  Papa ;  e  accennando  al  disegno, 
che  il  Segretario  fiorentino  vagheggiava,  di  una  religione  ridotta 
a  puro  strumento  di  grandezza  nazionale,  conchiude,  in  aria  di 
trionfo:  <  fi  questa  in  fondo  la  miglior  idea,  1'idea  di  una  Chiesa 
nazionale,  dipendente  dallo  Stato,  e  accomodata  ai  fini  e  agl'  in- 
teressi  della  nazione.  »  Ma  una  tal  Chiesa  non  sarebbe  piu  la 
Cattolica.  Per  esso  il  Machiavelli  e  il  piu  grande  riformatoro 
religioso,  morale,  politico,  che  sia  mai  comparso.  Eppure,  qual 
pensatore  fu  piu  mediocre  dell'  autore  del  Principe,  la  cui  licenza 
nella  vita  e  indifferenza  in  ogni  cosa  non  ebbe  riscontro  se  non 
nei  secoli  del  Paganesimo,  di  cui  il  Segretario  della  repubblica 
fiorentina  era  ammiratore  idolatra?  —  La  sua  cultura  non  fu 
straordinaria;  molti  in  quel  secolo  1'avanzarono  di  dottrina  e 
di  erudizione.  Di  speculazioni  filosofiche  fu  quasi  digiuno;  nelle 
scienze  naturali  non  fu  molto  innanzi,  tanto,  che  in  alcuni  casi 
accenna  all'  influsso  delle  stelle.  Giarabattista  Alberti  ebbe  certo 
una  cultura  piu  vasta  e  piu  compiuta.  Corn'e  dunque,  che  il 


LA   CRITICA 

De  Sanctis  no  fa  il  piu  grande  dei  nostri  filosofi?  <  II  suo  in- 
gegno  oltrepassa  T  argomento  e  prepara  Galileo.  »  II  vero  e,  che 
il  Machiavelli  di  grande  non  ebbe  che  il  suo  odio  contro  il 
Papato,  e  di  straordinario  che  la  cinica  indifferenza  verso  ogni 
cosa,  il  male  o  il  bene,  la  verita  o  la  inenzogna,  la  virtu  o  il 
vizio;  per  cui  dalla  taverna  passava  allo  scrittoio,  dalla  bisca 
alia  corte,  dal  coramercio  cogli  osti,  coi  inugnai  e  coi  fornaciari 
a  quello  dei  signori  e  dei  dotti.  L' Italia  presente  ne  ha  fatto 
il  modello  della  sua  arte  di  governare,  e  il  testo  dei  suoi  istituti 
scolastici ;  con  che  si  avvalora  1'  opinione  di  coloro  i  quali  sti- 
inano,  che  un  regno  fondato  sulla  politica  del  Machiavelli  e  con- 
d,otto  cogli  insegnamenti  di  quel  maestro  nell'arte  di  gabbare 
i  popoli,  non  pu6  approdare  che  alia  fine  riserbata  agli  Stati, 
i  quali  dimenticarono  il  detto  della  Sapienza:  lustitia  elevat 
gentes. 

A  mano  a  mano  cbe  il  De  Sanctis  avanza  nel  suo  arringo,  e 
piu  egli  si  fa  apertamente  ostile  e  infenso  alia  Chiesa.  Si  di- 
rebbe  ch'ei  senta  il  bisogno  di  dissipar  nei  suoi  lettori  il  so- 
spetto  d'essere  uno  scrittore  ortodosso;  sospetto,  che  nasce  dal 
vederlo  evitare  nel  primo  volume  alcune  quistioni,  nelle  quali 
avrebbe  potuto  far  intravedere  il  suo  maltalento  coutro  la  Chiesa 
cattolica.  Infatti,  leggasi  ci6  che  scrive  a  proposito  del  Concilio 
di  Trento :  «  La  Chiesa,  anzi  il  Papa  si  proclama  solo  e  infal- 
libile  interprete  della  verita,  e  dichiara  eretica  non  questa  o 
quella  proposizione  solamente,  ma  la  liberta  e  la  ragione,  il  di- 
ritto  di  esame  e  di  discussione.  Da  questa  lotta  nasce  il  concetto 
moderno  della  liberta.  Presso  gli  antichi  la  liberta  era  parteci- 
pazione  dei  cittadini  al  governo,  nel  quale  senso  d  auche  intesa 
dal  Machiavelli.  Presso  i  moderni  accanto  a  questa  liberta  po- 
litica 6  la  liberta  intellettuale,  o,  come  fu  detto,  la  liberta  di 
coscienza,  cioe  a  dire,  la  liberta  di  pensare  di  scrivere,  di  parlare, 
di  riunirsi,  di  discutere,  di  avere  un' opinione,  e  divulgarla,  e  in- 
segnarla:  liberta  sostanziale  dell'individuo,  diritto  naturale  del- 
1'uomo,  e  indipendente  dallo  Stato  e  dalla  Chiesa.  Di  qui  viene 
questa  conseguenza,  che  interpretare  e  bandire  la  verita  £  diritto 
naturale  dell'uomo,  e  non  privilegio  di  prete:  sicche  proprio  della 


54  DELLA    DECADENZA   DEL   PENSIERO   1TALIANO 

Riforma  fn  il  secolarizzare  la  Religione.  II  concetto  opposto,  fon- 
dato  sull'onnipotenza  della  Chiesa  o  dello  Stato,  6  il  diritto  di- 
vino,  la  teocrazia,  il  cosarismo,  1'assorbiinento  dell'individuo  nel- 
Pessere  collettivo,  come  si  chiarai,  o  Chiesa,  o  Stato,  o  Papa,  o 
Imperatore.  > 

Abbiamo  voluto  riferire  questo  lungo  brano  della  storia  del 
De  Sanctis,  non  per  fame  una  confutazione,  che  e  gi&  stata  fatta 
tante  volte,  ma  per  dare  un  saggio  delle  opinioni  di  questo  scrit- 
tore,  tanto  piu  pericoloso  per  la  gioventu,  qnanto  si  mostra  piu 
moderato  e  temperante  nella  raaniera,  con  cui  egli  prende  ad  at- 
taccare  la  Religione  e  ad  insinuare  il  veleno  di  qnelle  dottrine, 
cbe  oggidl  sono  state  tradotte  nella  pratica  dalla  piu  parte  dei 
governi,  che  proclamano  il  divorzio  della  ragione  dalla  fede,  della 
scienza  dalla  rivelazione,  dello  Stato  dalla  Chiesa.  Del  resto,  nulla, 
vuoi  per  la  forma,  vuoi  per  la  sostanza,  ci  e  di  nuovo  nolle  cose, 
che  il  Da  Sanctis  spaccia  con  tanto  sussiego  uella  sua  storia. 
Prima  di  lui  e  forse  meglio  di  lui  questi  medesimi  sofismi  erano 
stati  scritti  da  V.  Cousin  e  Francesco  Guizot  in  Francia,  da 
V.  Gioberti  e  tutta  la  sua  scuola  in  Italia.  L'autore  li  ha  spi- 
golati  qua  e  la,  di  suo  non  aggiungendovi  altro  chel'impron- 
titudine  propria  dei  pedanti  della  rivoluzione. 

Ora  passiamo  allo  storico  della  garibalderia  e  della  gloriosa 
impresa  di  Mentana,  a  quel  Giuseppe  Guerzoni,  che  andato  a  Pa- 
lermo per  occupare  la  cattedra  di  letteratura  in  quell' Ateneo 
stampava  un  corso  di  lezioni,  che  egli  intitolo  il  Terzo  Eina- 
scimento.  Chi  volesse  farsi  una  idea  di  questo  libro,  vero  distil- 
late di  tutte  le  esagerazioni  rivoluzionarie,  dovrebbe,  a  parer 
nostro,  aver  conosciuto  1'uomo  che  1'ha  scritto  —  le  style  c'est 
riiOmme.  —  Ora  il  Guerzoni,  6,  o  meglio,  fu  sino  a  quel  tempo, 
cio6  prima  della  sua  conversione  politica,  un  garibaldino  e  dei 
piu  affocati.  E  questo  fia  suggel  ch'ogni  nomo  sganni. 

II  Terzo  Einascimento  e  adunque  nna  novella  storia  di  let- 
teratura,  scrivea  test^  il  De  Beaumont  in  un  opuscoletto  stain- 
pato  a  Palermo,  e  un  libro  scritto  a  vapore  e  con  vivacita  a 
guisa  di  romanzo.  Perch5  1'abbia  battezzato  col  titolo  di  .Terzo 
Einascimento }  non  abbiamo  potuto  ancora  comprendere,  n6  1'au- 


tore  si  £  degnato  spiegarcelo.  lufatti,  per  sentiment"  universale 
;  storici,  di  i  non  se  n'e  dato  in  k-tt-Tatura  die 

iin  solo;  e  se  dopo  il  trecento  e  il  cinqiiecento  le  lettere  ita- 
liane  scaddero  dall'ai  D  cui  erano  salite,  eJ  ebbero  delle  vi- 

cende,  non  per6  tornarono  mai  n-'lle  ombre  di  morte.  Ma  lasciamo 
da  parto  il  titolo  del  libro,  e  veniamo  alia  materia  dello  stesso. 

La  prima  cosa  infatti  die  in  esso  ti  colpisce,  e  il  difetto  as- 
soluto  di  metodo,  per  cui  no  le  giuste  proporzioni  del  lavoro  sono 
conservate,  nd  1'ordine  delle  parti ;  sicche,  il  libro  piu  che  la 
matoria  e  riuscito  di  tanta  prolissita,  che  ci  vonrebbero  anni  ed 
anni,  e  non  si  sa  quanti  voluini,  per  compiere  1'intero  corso. 
Riguardo  allo  stile,  oltreclio  negletto  e  informato  dello  spirito 
della  scuola  francese  di  V.  Hugo,  e  poi  abbagliante,  per  guisa, 
da  parere  un  fuoco  di  meteora.  Prelude  con  dire :  «  II  segreto 
della  storia  italiana  e  questo:  al  di  qua  del  niare  tutte  le  origini, 
al  di  la  del  mare  tutti  gli  svolgimenti  e  le  catastrofi.  La  Sicilia 
da  airitalia  la  cosa  piil  sacra,  la  culla ;  Fltalia  restitnisce  alia 
Sicilia  la  cosa  piu  necessaria,  la  forza.  Da  questo  ponte  la  civilta 
greca  penetra  a  Roma;  da  questo  ponte  1'aquila  romana  spicca 
il  volo  su  tutto  I'Oriente.  Ciullo  d'Alcamo  abbozza  la  lingua  della 
Diviaa  Commedia,  come  la  rivoluzione  ghibellina  dei  Vesperi 
ne  disegna  il  fondo  politico:  ii  4  aprile  spiega  il  27  maggio, 
come  la  presa  di  Porta  Termini  prelude  alia  breccia  di  Porta 
Pia.  >  Non  v'aspettate  di  trovare  in  tutte  le  516  pagine  di 
questo  libro  ne  indagini  filosofiche,  ne  larghezza  e  profondita  di 
pensieri;  bensl,  vi  troverete  un'arte  iniinitabile"  d'affastellar  cose 
vecchie  e  risapute,  ed  orpellarle  in  modo  da  gabbare  i  gonzi  e 
farle  parere  altrettante  peregriniU.  Di  stramberie  ne  troverai 
a  iosa. 

Citiamone  qualcuna  per  saggio:  «  Volete  sapere  come  sia  av- 
venuta  la  risurrezione  deli'uomo  italiano?  $  d'uopo  che  vi  ri- 
chiauiiate  alia  mente  la  teoria  della  trasformazione  delle  specie 
di  Giorgio  Darwin...  Mazzini  e  Giusti  procedettero  da  Manzoui, 
ereditando  le  medesiine  convinzioni  e  la  medesima  fede...  Ber- 
chet,  Leopardi,  Guerrazzi,  Prati,  Aleardi,  veri  apostoli  >lelle  audaci 
imprese  e  del  sagriiizio...  L'anima  del  Leopardi  fu  profonda- 


•"><•  DELLA   DECADENZA   DEL   PENSIERO   ITALIANO 

mente  religiosa,  avida  di  un  ordine  di  cose  divine.  >  Dopo  aver 
fatto  il  panegirico  di  Napoleone  I,  con  uno  stile  da  disgradarne 
il  Marini  e  1'Achillini,  finisce  con  queste  parole:  <  Nulla  di  piu 
sacro  e  inviolato :  troni,  altari,  politica,  Religione,  nobilta,  clero, 
accademie,  scuole,  tutti  sono  segnalati  dal  dito  sterminatore  del- 
V  ironia...  La  musa  e  came  delle  nostre  carni.  > 

Per  dire,  che  la  generazione  presente  si  e  formata  alia  scuola 
di  Giuseppe  Giusti,  cio  che  resterebbe  a  provare,  si  esprime  cosh 
«  Tutti  gli  uomini  di  buon  senso  e  di  buon  cuore,  mondi  di  ciar- 
lataneria  e  scarchi  di  passione,  pronti  piu  ai  fatti  che  alle  pa- 
role, ma  guardinghi  tanto  nel  dire  quanto  nel  fare,  impastati 
di  quella  materia  solida,  che  non  si  lascia  portar  via  dalle  nu- 
vole,  ne  irrigidire  tra  le  pastoie,  son  venuti  su  coirintelletto  e 
il  culto  della  Musa  di  Giusti,  e  sono  oggi  ancora,  pu6  dirsi,  la 
sua  prole  pift  nobile  e  fortunata.  > 

Sfidiamo  tutti  i  secentisti,  se  abbiano  gonfiato  di  piti  grotte- 
sche  iperboli  i  loro  scritti,  quanto  il  romanzesco  Guerzoni  la  sua 
prosa.  —  Leggetene,  in  esempio,  questo  tratto :  «  Ma  se  attendete 
pochi  anni  ancora  voi  vedrete  forse  il  discendente  d'  uno  di  quegli 
uomini,  forse  il  figlio  del  discendente  di  quel  servitore  costretto 
un  giorno  a  cedere  ii  pane  ad  una  bestia,  memore  dell'insulto  gra- 
tuito  del  padre,  erede  del  suo  odio  e  della  sua  miseria,  correre  i 
crocchi,  entrare  nelle  congreghe,  dove  gia  la  plebe  pesava  e  giudi- 
cava  la  colpa  dei  padroni,  unire  la  sua  voce  ad  ogni  grido  d'im- 
precazione,  aggravare  la  bilancia  dei  torti  comuni  colla  storia 
dei  proprii  patimenti,  affrettare  coi  voti  il  giorno  della  vendetta, 
chiedere  d'essere  i  primi  ad  assalire  le  odiate  case  dei  padroni, 
ed  a  cominciare  la  giustizia.  Gli  e  di  questi  afflitti,  di  questi  mi- 
serabili,  di  questi  perseguitati,  di  questi  servi  gittati  alia  strada, 
di  questa  plebaglia  calcolata  meno  di  un  cane,  di  questi  disere- 
dati  d'  ogni  bene,  senza  pane,  senza  diritto,  senza  tutela,  senza 
speranza,  che  si  comporra  tra  poco,  che  si  e"  sempre  composta  la 
grande  massa  combattente  delle  rivoluzioni,  massa  cieca,  inco- 
sciente,  fosca,  capricciosa,  come  le  mille  lingue  d'un  incendio, 
pid  pronta  a  vendicarsi  che  a  redimere,  piu  atta  a  demolire 
che  ad  edificare...  fiuuie  profondo,  ingrossato  dalle  torbide  e  dalle 


LA 

scorie  dei  secoli  che  i  pani  e  i  circensi  del  Cesari  riuscivauo 
talvolta  a  rullentare;  ecc.  ecc.  > 

Citammo  questo  brano  per  due  ragioni:  la  prima,  per  dare 
un  saggio  del  la  vanita  e  gonfiez/a,  con  cui  1'autore  precede  in 
tutto  il  sue  corso;  e  I'altra,  per  dimostrare  la  gran  perla  di 
professore  che  il  ministro  Bonghi  ha  regalato  all'Ateneo  paler- 
mitano,  per  insegnare  alia  gioventu  la  letteratura. 

Non  parliamo  delle  sue  idee  religiose  e  dell'insigne  legge- 
rezza,  con  cui  tocca  argomenti  e  cose,  delle  quali  si  mostra  al 
tutto  ignorante,  perchd  saremmo  costretti  a  entrare  in  un  pel  ago 
interminato,  con  noia  indubitata  di  chi  ha  la  cortesia  di  leg- 
gerci.  Affrettiamoci  invece  a  conchiudere  che  il  libro  del  Quer- 
zoni  &  tutto  fiore  di  letteratura  garibaldesca,  pieno  di  frivolezze, 
di  esagerazioni,  di  gratuite  asserzioni,  di  giudizi  avventati,  di 
apprezzamenti  erronei,  il  tutto  lardellato  di  qualche  frase  empia 
e  di  parole  altisonanti,  e  con  uno  stile  che  sa  di  gazzetta  e  di 
romanzo.  E  romanziere  e  gazzettiere  era  egli  pria  che  Marco 
Minghetti,  ii  quale  nell'arte  di  sedurre  non  6  certo  inferiore 
al  Cavour,  gli  aprisse  la  porta  del  Paradiso  del  bilancio '  e 
gli  desse  un  cantuccio  nel  beato  regno  dei  gaudenti.  A  rive- 
derlo  dunque  tra  la  schiera  dei  romanzieri  della  rivoluzione: 
perocch&  &  tempo  di  toccare  d'altri  che  ci  fan  ressa,  e  non  son 
forse  da  meno  di  coloro  ai  quali  abbiamo  dato  luogo  in  questo 
nostro  lavoro. 

1  PETRUCCELLI  DELLA  GATTINA,  /  morlbondi  ecc. 


LA  CONTESSA  IXTERNAZIONALE 


i. 

SI   VA    IX    VILLA. 

Due  splendide  carrozze,  in  assetto  di  viaggio,  coi  cocchieri  a 
cassetta  in  atto  di  contenere  i  briosi  cavalli,  aspettavano  dinanzi 
ad  un  portone  signorile*  Monelli  e  sfaccendati  stavano  sulla  via 
come  allocchi,  in  attesa  di  vedere  chi  vi  dovesse  montare;  perch& 
nell'androne  si  udiva  un  patassio  strepitoso  di  voti  femrainili. 
Tra  le  altre,  si  faceva  sentire  una  vocina  chiara  e  spiccata,  che 
diceva:  —  Babbo,  o  che  si  va  subito  alia  stazione  di  Porta  Sasa? 

—  No,  no,  Silviuccia,  rispondeva  una  voce  virile,  ma  ca- 
rezzevole. 

-E  perche? 

—  II  libro  del  perche  cadde  in  mare  e  si  perde. 

—  Basta,  soggiunse  la  mamma  che  era  11  presente,  il  perche 
e  che  questi  signori  ci  fanno  la  gentilezza  di  volerci  alcuni  giorni 
in  villa  con  loro,  prima  che  torniamo  a  Milano. 

—  Troppa  grazia,  rispose  Silvia  con  un  bell'  inchino  riGorito 
di  un  sorriso  compiacente.  II  signor  cavaliere  Boasso  io  lo  co- 
nosco  alia  prova:  mi  favoriva  spesso  mentre  ero  in  collegio.  Avr6 
cosi  il  commodo  di  ringraziarlo  a  mio  grande  piacere. 

Qui  il  vocio  ripiglift  piu  forte  e  piu  confuso.  G-li  uomini  aiu- 
tarono  le  signore  ad  adagiarsi  nella  prima  carrozza;  che  era  a 
quattro  posti  e  commodissima ;  ed  essi  salirono  nella  seconda 
che  aveva  solo  due  posti  e'il  sederino.  Si  fecero  gli  ultimi  com- 
plimenti  dalle  maestre  alia  mamma  di  Silvia,  ci  furono  le  con- 
venevoli  lacrimette  dell'  allieva  partente,  le  promesse  di  scrivere 
e  riscrivere ;  poi  i  baci  e  ribaci  sporti  dalla  carrozza.  Schiocca- 
rono  le  fruste,  si  videro  agitarsi  ventagli  e  pezzuole ;  e  le  vetture 
presero  il  trotto  verso  piazza  Castello,  bella  tra  le  bellissime 
piazze  di  Torino.  Le  sacche,  le  valige,  le  bolgette,  le  scatole,  le 
cappelliere,  erano  gia  state  speiite  il  giorno  innanzi  sopra  un 
baroccio  di  campagna :  e  formavano  un  giusto  carico,  un  piccolo 


l\    VILLA 
lo  Sill  p 

di  mode  della  Silvia,  dolla  <•  i  I'inota,  sua 

madro,  o  di  im'altra  fancinlla,  cugiiia  di  Silvia  per  parte  di 
padre,  la  povera  Severina. 

Cosl  si  dava  addio  al  collegio,  dove  la  contessioa  aveva  pas- 
sato  due  anni.  Xun  piu  di  duo  auni,  perche,  sebbene  ella  toccava 
appena  do'sedici  auni,  sua  madre  fece  fuoco  e  fiamuia  per  ri:i- 
verla  presso  di  so,  e  darle  quell'  ultimo  fmimento  di  educazione 
esquisita  cd  elcgantissima,  che  nessuna  inaestra  al  mondo  avrebbe 
saputo  (cosl  credeva  essa)  condurre  a  perfezione  come  lei.  Gia, 
quanto  a  lei  non  ci  era  stato  verso  che  consentisse  all'andata 
di  Silvia  in  collegio.  Ogni  giorno  erano  battibecchi  col  marito, 
per  istornarlo  da  quosto  proposito.  Finche  una  bella  mattioa  il 
conte  della  Pineta,  mentre  la  moglie  era  tuttavia  tra  le  inani 
delle  cameriere,  prese  seco  la  birnba,  e  salito  in  couvoglio  alia 
stazione  di  Milano,  arrivo  a  Torino,  dove  lascift  la  figliuola  in 
collegio,  stizzita  e  piangente  dell'iuaspettato  provvediinento. 

Appunto  questo  drauimetto  famigliare  si  rammentava  nella 
carrozxa  in  cui  venivano  i  signori  della  brigata,  cio6  il  conte 
della  Pineta  e  T  arnico  suo  col  figliuolo  Ainedeo.  E  il  coiite  ag- 
giugneva:  -  •  Tanto  mi  parve  bene  1'averla  messa  iu  collegio, 
che,  so  fosse  dipeuduto  da  me  solo,  io  non  1'avrei  levata  si  tosto. 
Ma  mia  moglie  non  mi  lasciava  piu  ben  avere.  Non  passava 
giorno,  che  ella  non  mi  catechizzasse  sulla  neccssita  urgente  di 
richiamare  la  bambiua,  e  che  Silvia  sarebbe  la  gioia  mia  e  sua, 
e  rimetterebbe  in  casa  un  raggio  di  vita  e.di  poesia,  e  che  era 
tempo  di  darle  un  po'di  mondo.  Ne  inventano  tante  le  donue, 
quando  si  fissano  in  un  capriccio!  Che  volete?  pro  bono  pacis... 
Quando  si  e  vecchio  ed  accasciato,  bisogna  far  a  inodo  delle  no- 
stre  donne. 

L'araico,  che  era  un  grasso  banchiere  di  Torino,  non  voleva, 
a  cose  fatte,  disapprovare  la  debolezza  del  conte:  —  Perche  gua- 
starmi  il  piacere  di  villeggiare  a  cuor  consoiato  una  paiata  di 
settiinane?  —  Del  resto  egli  era  di  tutt'altro  pelarne  e  di  tut- 
t'altro  pensare  e  su  cotesto  particolare  e  sopra  altri  assai.  II 
conte  era  un  gentiluomo  lombardo,  gia  diplomatico  di  vaglia,  e 
arrivato  quasi  al  punto  di  raggiugnero  Tambita  nomina  di  am- 


(10  LA    CONTESSA    INTERXAZIONALE 

basciatore,  quando  una  incurabile  infermita  alle  ginocchia  con 
frequente  sordita,  lo  costrinse  di  rinunziare  alia  sua  felice  car- 
riera.  II  banchiere  invece  nasceva  di  civile  condizione,  e  nulla 
pi  ft;  tutto  il  lustro  del  suo  nome  borghese  provenivagli  dal  luc- 
cicore  de'quattrini,  ch'egli  aveva  fattx)  prima  a  cappellate  e  poi 
a  barocciate,  a  barcate,  specialinente  in  certe  imprese  di  canali 
e  di  ferrovie.  II  conte  si  pregiava  di  cattolico,  e  di  che  tinta,  a 
udire  lui;  in  realta  pencolava  verso  quella  sfumatura  che  fu  si 
visibile  nel  buon  Manzoni,  invecchiato  e  impoverito  dei  fieri  pro- 
positi  dell'eta  virile.  II  bravo  conte  avrebbe  preso  che  Pio  IX 
e  Yittorio  Emmanuele  uscissero  pel  Corso,  insieme  a  braccetto ; 
e  nnlla  facevagli  prender  i  cocci  piu  che  1'udirsi  appiccare  il 
nomignolo  di  clericale.  Laddove  il  dabbene  piemontese,  forte  al 
credo  vecchio,  e  tutto  d'  un  pezzo,  non  si  brigava  di  conciliazioni 
piu  che  il  Kan  dei  Tartari :  gia,  non  aveva  tempo  d'  impacciar- 
sene,  perche  gli  affari  suoi  eran  molti  ed  incessanti.  Ci  voile  del 
bello  e  del  buono,  per  indurlo  ad  accettare  un  brincello  di  na- 
stro  che  gli  amici  gli  ottennero  a  sua  insaputa;  ed  egli  nol  por- 
tava  mai,  fuorch&  quando  reggeva  1'asta  del  baldacchino  nelle 
processioni,  n&  si  sottoscriveva  cavaliere,  se  non  quando  mandava 
la  sua  offerta  al  danaro  di  San  Pietro. 

Del  resto  il  cavalier  Boasso,  come  negoziante,  faceva  buon  viso 
a  tutti.  si  chiamava  amico  di  ognuno ;  col  conte  poi  della  Pineta, 
che  spalleggiato  lo  aveva  in  lucrosissimi  appalti,  non  solo  si  con- 
fessava  amico,  raa  intimo  e  leale  confidente.  E  appunto  nella 
brava  faccenda  di  coliocare  la  Silvia  in  collegio  avevalo  servito 
come  uom  di  fiducia.  Aveva  trovato  1'istituto  da  cio,  trattato 
della  dozzina  e  del  corredo,  e  preso  sopra  di  se  la  rappresen- 
tanza  del  padre,  e  le  frequenti  visite  alia  fanciulla,  per  tenere 
inforinati  d'ogni  cosa  i  genitori.  Scelto  aveva  un  luogo  di  mezza 
tacca,  non  tanto  mondano  da  pericolare  la  onesta  di  Silvia ;  e  cosl 
piaceva  al  conte ;  non  tanto  all'antica  da  infondere  nella  fan- 
ciulla sentimenti  spiccatamente  devoti;  e  cosl  non  dava  appiglio 
alle  querele  della  contessa,  la  quale  avrebbe  sofferto  un  attacco 
di  nervi  al  solo  immaginare  la  sua  figlia  in  casa  alle  Dame  del 
Sacro  Cuore.  II  fatto  era  che  Silvia  era  venuta  su,  cosl  una  certa 


\  V    IN    VILLA 

-.),  ma  pi i"i  volta  al  bene  che  al  male,  a  cagione  del- 
1'indole  sua  schiva  e  gentile. 

i;t'T,itelle  di  Silvia,  per  le  qnali  il  padre  suo  1'aveva,  quasi 
di  vi<»kin/,a,  seqii'-struta  in  collegio,  potevansi  passare  piuttosto 
per  vmi'tti  dell'eta,  che  per  segni  d'indole  cattiva;  e  piu  n'era  per 
avventnra  da  addebitare  la  madre  che  la  figliuola.  Figurarsi, 
che  la  buona  contessa  non  pativa  di  vederla  andare  a  chiesa, 
altro  che  la  festa,  e  alPora  del  mondo  elegante;  alle  divozioni 
de' sacramenti  mandavala  appunto  per  Pasqua,  e  al  confessore 
sceltole  apposta  tra  i  piu  liberaleschi ;  per  premio  poi  della  di- 
vota  communione  conducevala  al  teatro  della  Scala.  Per  formarle 
il  carattere  forte  e  indipendente,  com1  essa. dice va,  la  garriva  di 
melensa,  se  per  caso  non  avesse  saputo  rispondere  alle  ripren- 
sioni  delle  maestre  o  della  governante.  Una  volta  che  la  bambina 
le  torn&  dalla  scuola  tutta  sgomenta,  per  via  di  certi  discor- 
settacci  uditi  dalle  compagne,  la  provvida  mamma  non  seppe 
altro  predicarle,  se  non  che  una  persona  amraodo  non  deve  ar- 
rossire  giammai.  Poi,  invece  di  volare  a  lamentarsene  colla 
direttrice,  si  fece  a  dimandare  alia  figliuola,  con  artata  flemma:  — 
E  Thai  tu  detto  alia  maestra? 

—  Sicuro,  che  1'ho  detto. 

Un  bel  ceffbne  fu  la  conclusione,  con  1'acerba  giunta:  — 
Spia,  vergognati. 

A  si  nuova  forma  di  educazione,  non  era  maraviglia  che  la 
povera  piccina  cresciuta  fosse  vana,  caparbia,  rispondiera,  cer- 
vellina  come  la  madre.  Miracolo  sarebbe  stato  se  fosse  altrimenti 
accaduto. 

—  Ma  due  anni  di  collegio  spero  me  1'abbiano  un  po'rimessa 
in  pal  la,  conchiudeva  il  dabben  babbo,  dopo  raminentate  queste 
fainigliari  miserie.  Ne  convenite,  amico? 

—  Come  no?  Non  ne  ho  un  dubbio  al  mondo.  Ogni  volta  che 
andavo  a  vederla  in  collegio,  ella  mi  sembrava  alcuna  cosa  me- 
glio,  piu  ragionevole,  piu  assestata,  piu  donnina  fatta.  Quanto 
a  me  ne  spero  ogni  bene;  sara  la  vostra  consolazione. 

In  queste  parole  si  era  giunti  quasi  a  mezzo  la  via  di  Po. 
Si  accesero  i  sigari;  si  mutd  discorso.  I  due  amid  si  affondarono 
in  alti  trattati  sui  tramvai  (passava  allora  un  convoglietto  di 


LA   CONTESSA   INTERNAX.IO.NAl.F-: 

tramvai  a  vapore),  sulle  ferrovie  a  sezione  ridotta,  sui  tronchi 
subaltern!,  sulle  amininistrazioDi  dell'Alta  Italia  e  delle  Ro- 
mane.  —  Ora  che  1'esportazione  italiana  prende  ala,  couverrebbe 
che  la  diplomazia  si  facesse  viva  a  rivedere  i  trattati  che  ab- 
biaino  colle  nazioni  confinanti. 

—  Ma  sicuro,  incalzava  il  banchiere  pratico:  noi  mandiaiuo 
in  Francia  dal  Pieinonte  milioni  di  ova,  uva  poi  e  pesche  e  mele, 
a  milioni  di  chilograimni ;  chi  non  sa  che  le  nostre  barbere,  i 
baroli,  gli  asti  razzenti  si  bevono  in  Francia  per  borgogna,  per 
bordo,  per  sciampagna,  che  e  una  delizia? 

—  Chi  sa  quanto  n'ho  beuto  a  Berlino  e  a  Pietroburgo 
de'colli  monferrini,  con  polizza  francese! 

—  II  curioso  e"  che  molte  bottiglie  di  vin  del  Reno,  sono 
maturate  e  pigiate  lungo  la  Polcevera  di  Grenova,  e  piu  strano 
ancora,  che  certe  carte  fmissime  inglesi,  vengono  fabbricate  in 
Loinbardia  per  conto  di  ditte  inglesi,  e  spacciate  per  prodotti 
delle  cartiere  di  Londra  e  di  Bath. 

-  Insomnia  sarebbe  tempo  di  ritornare  sui  patti  interna- 
zionali,  e  una  necessita  che  i  veri  uomini  di  Stato  sentono  e 
confessano;  ma  i  nostri  ministri  hanno  altro  che  fare...  vivac- 
chiano  giorno  per  giorno  di  spedienti  da  statist!  dilettanti...  - 
E  qui  il  conte  diplomatico  entr&  in  ispecolazioni  di  alta  politica 
che  pareva  non  dovere  finire  mai. 

Amedeo,  giovanotto  e  allegrone  di  natura  sua,  vista  la  mala 
parata,  diede  le  spese  al  cervello  per  isgabellarsene.  Un'  ideuccia 
,  gli  bril!6,  che  lo  torrebbe  all'uggia  delle  disquisizioni  econo- 
miche,  e  insieme  lo  accosterebbe  alquanto  ai  fiori  freschi,  che 
visto  aveva  nella  carrozza  delle  signore.  Dice  al  cocchiere:  - 
Ferma,  alza  il  mantice.  —  E  in  questa  egli  corre  alia  vettura 
precedente  e  si  offre  di  alzare  il  mantice  di  quella. 

—  Grazie,  rispondono  le  donne,  non  occorre:  contro  il  sole 
abbiamo  gli  ombrellini,  e  non  ci  priviamo  delle  belle  vedute... 

—  Facciano  il  piacer  loro.  Allora  non  manca  altro  che  un 
bravo  cocchiere,  che  faccia  loro  da  cicerone...  Biagio  (era  il  coc- 
chiere di  casa),   tu  vieni  col  tramvai  di  Moncalieri,  e  lascia 
guidare  a  me. 

Biagio  discese,  e  Amedeo  d'un  balzo  fu  a  cassetta,  afferrft  le 


!\    VILLA 

•ii,  e  spenzo1  cosi  un  poco  verso  la  k'g^iadra  r.-mi- 

:  —  Signore,  disse,  una  si  holla  brigata  la  voglio  condurre 

10  a  casa  nostra  in  trionfo;  mia  madre  ne  avra  doppio  piacere.  — 

II. 

DttTBI,    SISISTRI    E    CENTK"    IN    IXA    CARROZZATA 

Intanto  il  babbo  banchiere  osservando  questo  baratto  jie  rise 
patriarcalmente,  Sapeva  che  il  suo  Amedeo  per  giovane  asse- 
gnato  era  desso,  non  panto  gingillino,  meno  ancora  spilluzzi- 
cadame,  capacissimo  di  sollazzarsi  con  qualche  scappata  galante, 
ma  senza  forzare  la  carta:  e  oltre  a  ci6  compiacevasi  di  molto, 
che  i  suoi  invitati  venissero  con  ogni  piu  fiorita  cortesia  onorati. 

11  cavaliere  Boasso  sapeva  stare  al  mondo,  guadagnava  quel  che 
voleva,  e  spendeva,  al  bisogno,  senza  guardarla  n&  in  uno  n& 
in  cento  marenghi.  Non  gli  parea  vero  di  sdebitarsi  come  che 
fosse  coU'exdiplomatico,  che  in  negozii  di  bei  milioni  avevalo 
servito  da  amico.  Egli  aveva  pert  raccomandato  alia  moglie  che 
agli  ospiti  tenesse  in  ordine  un  bel  partimento  di  camere,  re- 
cato  nel  piu  signorile  assetto  possibile,  con  valletti  e  caineriere 
addetti  a  loro  soli,  agi  e  tavola  alia  grande.  E  certissimo  era 
che  la  sua  buona  Caterina  (una  cittadina  di  Salnzzo,  di  gran 
cuore  all'anticaccia),  avrebbe  piuttosto  fatto  piu  che  meno  del 
raccomandato.   In  questa  lieta  persuasione,  veniva  dipanando 
amicalmenie  le  question!  di  pubblico  interesse  col  caro  conte; 
ed  ai  puuti  piu  forti  esalava  certe  pascialesche  boccate  di  fumo 
virginiano,  che  lasciavano  dietro  a  s^  la  striscia,  come  una 
locomotiva. 

Amedeo  invece,  con  un  occhio  ai  cavalli  e  uno  alle  gentil- 
donne,  entrava  in  una  spigliata  conversazione,  in  cui  brillava 
il  sno  animo  spensierato  e  giulivo.  Dalla  parte  dei  cavalli  se- 
deva  la  Severina  cugina  della  Silvia  e  a  lei  parecchi  anni  mag- 
giore.  Grande  era  della  persona,  e  diutornata  come  una  Minerva 
greca,  ma  vestita  appena  il  convenevole  a  fanciulla  patrizia. 
Povera  Severina!  la  sventura  aveva  annuvolato  il  mattino  della 
sua  vita,  n&  tornava  per  lei  tuttavia  il  sereno.  De'cotidiani  suoi 
dispiaceri  pareva  si  leggesse  un  riflesso  sul  suo  volto,  pallidetto 


f'i  LA    CONTESSA   INTERNAZIONALE 

ognora  e  velato  di  tranquilla  mestizia,  se  non  quando  apriva  due 
occhi  stellanti,  e  gli  alzava  soavemente  al  cielo.  Allora  prendeva 
sembiante  di  una  di  quelle  antiche  Oranti,  che  veggonsi  dipinte 
su  per  le  catacombe.  In  quest'  atto,  che  le  era  naturalissimo  neile 
afflizioni,  avrebbe  placato  un  leone  del  Sahara.  Ma  non  bastava 
puoto  ad  abbonire  sua  zia,  la  fiera  contessa  Aldegonda. 

La  fiera  contessa  Aldegonda,  mal  sapeva  perdonarle  la  finis- 
sima  educazione  da  lei  ricevuta  tra  le  Dame  del  Sacro  Cuore,  a 
Padova,  tutta  a  ritroso  della  educazione  sua,  squisitamente  mon- 
dana,  svizzera,  berlinese.  II  peggio  era,  che  Severina  quanto  era 
mite  nel  tratto  ordinario,  altrettanto  sapeva  mostrare  la  faccia 
imperterrita  a  certi  paradossi  che  la  contessa  zia  avrebbe  voluto 
spendere  per  oro  in  verga;  non  ci  era  verso  di  farglieli  inghiot- 
tire.  Certi  casucci  domestici,  simili  a  pettegolezzi,  erano  altresl 
intervenuti  di  corto  a  invelenire  lo  screzio,  naturalmente  nascente 
dalla  difformiU  d'indole  e  di  sentimenti.  Perch&  la  fanciulla  piu 
volte  erasi  creduto  lecito  di  biasimare  certi  libri,  che  la  zia  let- 
teratessa  pretendeva  di  levare  a  cielo,  con  sentenza  senz'  appello. 
Severina  si  triucerava  in  una  ragione  inespugnabile:  —  fi  proi- 
bito,  e  all'Indice... 

E  la  contessa :  —  Gli  ^  adunque  segno  che  il  libro  canta  delle 
verita  che  scottano  ai  preti...  E  tu  se'una  beghina. 

La  beghina  talvolta  mostrava  i  denti.  Come,  ad  esempio,  una 
sera  che  la  contessa  smaniava  di  correre  ad  un  teatrino  di  terza 
o  quarta  classe,  dove  andava  in  iscena  un' operetta  nupva  con  in- 
finita  espettazione  del  pubblico.  Non  avendo  la  zia  altri  alia  mano 
per  farvisi  accompagnare,  pretendeva  che  la  nipote  avesse  a  ve- 
nire con  lei. 

—  Zia,  rispose  Severina,  vi  prego  di  dispensarmene. 

—  0  perche? 

—  Perche  gi&  so  quello  che  si  rappresenta. 

—  Che  fa? 

—  Fa  che  non  ho  cuore  di  accompagnarvi. 

—  lo  non  ti  capisco,  disse  la  contessa  accigliandosi. 

-  Insomnia,  rispose  pih  chiaro  la  fanciulla,  a  Torino  e  a  Ve- 
nezia  si  e  data  gia  quest'  opera,  e... 

—  E  la  musica  fu  applaud itissima,  per  noi  e  nuova  di  zecca. 


II.    I  V    CARROZZATA 

:-ii,  ma  ci  si  vode  un  putiftrio  di  preti,  e  frati,  e  mona- 
che,  colle  croci  in  processione... 

-  E  ti  spaventano  ? 

—  Sicuro!  Le  processioni  e  i  preti  io  li  veggo  volentieri  in 
Duoino;  le  monache  poi,  le  stieno  in  inonastero,  sul  palco  scenico 
non  le  posso  patire. 

—  0  che  ti  si  mangeranno,  se  le  verranno  dietro  la  ribalta  ? 

-  Nessuno  mi  mangera,  perch&  sono  tigliosa  la  parte  mia. 
Ma  non  mi  piace  trovarmi  presente  dove  si  strapazza  la  mia  re- 
ligiono,  ci  rimetterei  di  coscienza:  non  posso. 

-  Adagio  ai  non  posso:  quando  si  inangia  il  pane  altrui... 

—  Ancbe  quando  si  mangia  il  pane  altrui,  si  conserva  il  di- 
ritto  di  esser  cristiani. 

—  Dunque  io  non  sono  cristiana  ?  dimando  la  contessa,  offesa. 

—  Non  dico  cotesto,  zia.  Siete  cristiana  audio  voi,  ma  ciascuno 
ha  le  sue  idee. 

—  E  bene  la  priina  idea  che  devi  aver  tu  e  quella  di  obbedire 
ai  maggiori. 

—  Nel  bene,  si,  nel  male,  no. 

-  Io  non  ti  comando  il  male.  Se  male  vi  fosse,  sarei  la  prima 
a  vietarlo :  ho  piu  coscienza  e  piu  esperienza  di  una  bambina. 

—  Zia,  non  insistete :  non  ci  vado. 

—  E  si  che  ci  verrai,  Io  voglio... 

—  ft  inutile,  non  ci  vado. 

Qni  fu  una  battaglia  furiosa  di  si  e  di  no,  un  alzare  di  voci,  un 
urlare  della  contessa  arrovellata,  che  avea  perso  il  lume  degli 
occhi,  e  per  poco  non  dava  le  mani  in  faccia  alia  nipote.  AI  ro- 
more  trassero  le  donne  di  servizio,  e  non  sapevano  che  dire  o  fare 
per  separarle.  Un  servidore  avvertl  il  conte.  E  questi  tronco  la 
lite,  mandando  via  di  la  Severina,  e  dicendo  alia  moglie:  —  Via, 
vestiti,  ch&  t'  accompagno  io. 

—  Dicevi  poco  fa  cho  non  potevi  venire. 

—  E  ora  dico  che  vengo. 

—  Ma  avevi  male  alle  gambe. 

—  E  ora  sono  guarito.  Via,  spacciati,  falla  finita. 

La  contessa  si  ritir6  bofonchiando:  «  Cosa  fatta  per  forza,  non 

Serie  XII,  vol.   VI.  fate.  811  7  29  mar:o  1884 


lid  LA   CONTESSA    I.NTKRNAZIONALE 

vale  una  scorza.  >  Ne  per  quella  sera  si  lasci&  piu  vedere  in  sa- 
lotto,  non  che  andare  a  teatro.  Tre  dl  rimase  chiusa,  invisibile, 
ingrognata  coine  un  inverno.  Da  questo  fatto  1'abituale  musone- 
ria  contro  Severina,  pass6  allo  stato  di  ulcere  latente,  che  non  si 
cicatrizz&  si  tosto,  ancorche  Severina  il  inattino  seguente  con  in- 
genua  sommissione  cercasse  di  rappatumare  la  materia:  la  zia  se 
1'  era  legata  al  dito. 

Con  tutto  do  prima  di  recarsi  a  Torino  per  levar  di  collegio 
la  Silvia,  la  contessa  si  era  tanto  quanto  sgonfiata:  forse  perche, 
dovendo  in  tutto  il  viaggio  stare  a  tu  per  tu  colla  nipote,  le  parve 
disagevole  il  reggersi  perpetuamente  in  contegno  di  persona  of- 
fesa.  Ma  il  malumore  covava  profondo,  mentre  pareva  dileguato 
a  fior  di  pelle.  Ora  poi,  dovendo  trattenersi  in  casa  altrui  a  vil- 
leggiare  vi  andava  come  la  serpe  all'  incanto,  perche  il  marito 
non  avevala  su  ci6  consultata;  ed  oltre  a  questo  prevedendo  di 
avere  a  trattare  colle  brigate  sparse  cola  intorno  ad  autunnare, 
le  si  aggiungeva  per  nuovo  assillo  al  fianco,  un  sentimento  basso, 
confinante  colla  invidia.  Parevale  che  le  native  grazie  di  Severina, 
grazie  piu  tranquille  e  naturalmente  pid  giovanili  che  le  sue, 
accaparrassero  gli  sguardi  altrui  con  qualche  suo  danno.  E  co- 
testo  affronto  tanto  pift  divenivale  insoffribile,  quanto  meno  ar- 
diva  alia  colpevole  rinfacciarlo.  Neppure  a  sd  stessa  osava  con- 
fessare  tutta  la  verita  di  si  volgare  debolezza.  Ma  la  debolezza 
ci  era.  Come  che  donna  ormai  tra  le  due  selle,  e  madre  di  una 
figlietta  in  eta  maritale,  non  intendeva  punto  di  rinunziare  al 
regno  sovrano  del  suo  salotto  e  de'saloni  altrui;  e  con  tutti  gli 
amminicoli  dell'arte,  della  parlantina,  dei  vezzi  aiutavasi  di  ad- 
dimostrare  che  gli  splendori  della  sua  antica  bellezza  restavano 
tuttavia  piu  presso  al  meriggio  che  al  tramonto. 

Col  marito  poi  aprivasi  cosi  un  pochino  di  sbieco,  per  dargli 
lo  scambio :  Non  parerle  prudenza  di  accomunare  la  nipote  alia 
figliuola,  quando  questa  fosse  tornata  di  collegio;  doversi  quella 
muffettina  tenere  al  suo  posto,  e  fade  sentire  che  in  fin  de'conti 
ella  mangiava  il  pane  della  carita,  n&  avea  lume  d'  un  centesimo 
di  dote;  non  aspirasse  adunque  al  vestito,  alle  coin  parse,  alle 
feste,  coine  se  fosse  sorella  a  Silvia.  Aozi  essere  dovere  dei  ge- 
nitori  di  non  isfavorire  la  figliuola  mettendole  perpetuamente  a 


II.    I>K<TiiI,   <l.M^1l;I    I     • 

lato  il  riscontro  di  un'  ultra  funciulla.  —  Xon  e  iciu,  rij'i 
tosto,  die  Silvia  abbia  di  cho  temere  al  paragone,  non  le  manca 
mil  la  alia  nostra  Silviuccia,  e  un  occhio  di  sole,  ci  guadagnera 
anzi  al  confronto...  Ma  chi  pu6  indovinare  le  preferenze  capricciose 
della  gioventu?  — 

Cos!  ragionava  la  contessa  Aldegonda.  II  conte  lasciava  spio- 
vere,  con  una  risposta  diplomatica,  che  non  rispondeva  nulla: 
—  Ben  be',  ci  si  pensera  un'altra  volta,  non  dubitare  Aldegonda. 
Ma  ora  non  ci  facciamo  scorgere.  —  Egli  era  uomo  di  mondo, 
gentiluomo  onesto,  vissuto  sempre  di  studii  gravi  e  di  negozii 
rilevanti,  e  certe  piccolezze  gli  piacevano  come  il  fumo  agli  occhi. 
Per  giunta  un  po'di  cuore  lo  sentiva  per  quella  povera  orfanella, 
raccomandatagli  dal  fratello,  bonissima  d'indole,  amorosa,  rico- 
noscente.  Sapeva  altresl  corrergli  certi  obblighi  verso  di  lei, 
assai  gravi,  che  esso  non  gradiva  di  raccontare  alia  moglie. 

Di  tutti  questi  affarucci  secreti  e  dei  pettegolezzi  che  avvele- 
navano  la  fainigliare  convivenza  in  casa  della  Pineta,  Amedeo 
non  aveva  il  minimo  sentore,  e  non  ne  avrebbe  mai  sospettato 
alle  mille  miglia,  ancorch^  gli  fosse  balenato  un  tratto  1'  idea 
che  la  contessa  non  fosse  molto  chiara  colla  Severina.  Per6  fe- 
steggiava  le  signore  un  po'tutte  a  un  modo,  e  qualcosina  piu 
1'eroina  della  festa,  cioe  la  colomba  giovinetta  or  ora  uscita  dal 
nido  a  battere  la  prima  volata  alia  villa  Boasso.  Non  ci  metteva 
secomfi  fini.  Gli  sembrava  cosa  naturale.  E  poi,  che  varrebbe 
dissimularlo  ?  quel  visino  candido  e  veriniglio  in  tutta  la  fre- 
schezza  de'suoi  sedici  anni  gli  aveva  fatto  a  prima  giunta  un 
tal  quale  lavorino  nella  fantasia. 

E  pure  Silvia  veniva  strettamente  in  assetto  di  viaggio,  e  senza 
la  minima  ricercatezza.  L'avvolgeva  una  sopravveste  di  zeffiro 
grigio,  liscio  tutto,  tranne  una  balza  di  pieghettature  in  basso,  e 
una  fioritura  di  guarnizione  alle  tasche  e  ai  paramani.  Ma  questa 
semplicita  diceva  benissimo  all' eta  e  all'aperta  campagna.  Amedeo 
celiando  aveva  osservato  che  quell'  abito  accollato  e  terminato 
sotto  il  viso  in  un  collaretto  di  trina,  le  dava  sembianza  d'un 
bocciuol  di  rosa  affacciato  al  calice  nativo.  Ma  le  celie  di  galan- 
teria  cadevan  rare.  Egli  attendeva  di  proposito  al  suo  compito 
di  cocchiere  e  di  cicerone  ad  un  tempo.  Rallentava  alcuna  volta 


68  LA   CONTESSA    I.NTERNAZIONALE 

la  corsa,  o  si  fermava  a  dirittnra.  —  Qui  e  da  restarci  un  mi- 
nuto,  signore,...  e  una  delle  viste  piu  belle...  quello  che  s'inalza 
la  a  sinistra  e  il  colle  di  Soperga,  e  la  grande  basilica  colle  sue 
linee  principal!  si  distingue  anche  di  qui  ad  occhio  nudo. 

Silvia  dirizzando  cola  il  binocolo:  —  Ma  sicuro!  C'e  una 
facciata  grandiosa...  un  atrio...  un  atrio  che  non  finisce  raai... 
quanto  e  cara  quella  cupola  cosl  adorna!...  e  quel  campanile!... 
e  un  vero  gioiello. 

Le  donne  si  passarono  Tuna  all'altra  il  cannocchialetto.  Atnedeo 
iutanto  faceva  notare:  —  E  pure  il  bello  di  Soperga  sta  sotto 
nelle  cripte. 

—  0  che  ci  e  ?  dimandft  la  bambina. 

—  Sei  stata  educata  in  Torino,  s'  intromise  la  contessa,  e  di- 
mandi  che  ci  e?  Ci  sono  le  tombe  di  casa  Savoia. 

—  L'  ho  inteso,  ripigli6  Silvia  un  po'  vergognosa :  ma  ora  non 
ci  pensavo. 

E  Amedeo,  venendole  in  soccorso:  —  Gia  si  sa,  chi  pu6  pen- 
sare  a  tutto?  La  signorina  se  ne  raminentera  meglio  quando  vi 
sara  stata  da  presso.  Bisogna  che  vi  andiamo.  Dalla  nostra  villa 
a  Soperga  vi  e  giusto  una  bella  trottata  di  un  tre  ore.  Si  parte 
di  buon  inattino...  di  buon  mattino,  dico  per  dire,  si  parte  a  loro 
commodo  commodissimo;  arrivati  a  pie  del  colle  vi  si  becca  un 
asciolvere  campagnuolo ;  e  poi  su  su,  a  piedi,  in  vettura,  a  dosso 
di  ciuco,  come  si  vuole. 

—  Oib&!  fece  Silvia.  A  dosso  di  ciuco? 

—  Ma  che  crede,  signorina?  Vi  sono  la  dei  ciuchi  belli,  stri- 
gliati,  lucenti,  e  che  sanno  la  strada  meglio  che  i  loro  padroni; 
garbatissimi  poi  e  che  per  niuna  frustata  al  mondo  non  gittereb- 
bero  uiai  di  sella  una  graziosa  cavalcatrice. 

—  E  ci  e  alberghi  lassu,  dimando  la  contessa. 

—  E  che  alberghi !  Vi  si  ordina  il  desinare,  e  poi  si  va  a 
visitare  il  monumento,  sotto,  sopra,  dentro,  fuori,  sul  cucuzzolo 
della  lanterna;  e  poi  si  scende  gift,  e  si-va  a  trovare  un  risotto 
alia  milanese,  da  farci  sognare  il  duomo  di  Milano.  Vedranno, 
£  una  gran  gita  piacevole. 

—  Pei  giovanotti,  osserv6  la  contessa. 

—  Gia  si  sa,  ciascuno  ha  i  suoi  gusti.  Ma  le  mamme  secondano 


II.    DESTP.I,    SIMsTIt!    C  \    CARROZ7.AT.V 

i  giisti  drlle  bambine,  massime  certe  mamme  che  non  possono 
aver  dimenticati  i  gusti  giovanili  perchfc  cosa  di  ieri,  appena  di 

se  pure. 

La  contessa  abboccando  volentieri  il  confettino:  —  Via,  ria, 
non  facciamo  question!  di  gioventti :  se  ne  discorrera,  e  vedremo 
di  contentare  tutti. 

—  lo  tengo  la  cosa  per  fatta,  si  continu6  Amedeo,  e  scrivo  nel 
mio  taccuino:  7  settembre,  o  gift  di  11,  pellegrinaggio  delle  signore 
e  signorine  al  santuario  di  Soperga...  chiacchere  a  iosa,  sollazzo, 
scapataggine  universale... 

—  Adagino,  adagino,  quanto  alle  scapataggini...  Cotesto  non 
ci  va,  se  si  tratta  d'un  santuario.  Gua'chi  sapeva  che  vi  fosse  la 
un  santuario. 

—  E  pure  ci  e  tanto  benino.  La  basilica  e  un  voto  del  re  Vit- 
torio  Amedeo  II.  Cosl  usavano  a  que' tempi  i  nostri  piemontesi 
tutti  d'un  pezzo...  Guardate,  contessa,  anche  quest' altro  tempio 
che  ci  sta  di  faccia  (avevano  allora  passato  il  ponte  di  Po),  e 
una  specie  di  voto  alia  Madonna.  Lo  chiamano  la  Gran  Madre  di 
Dio ;  e  fu  eretto  pel  ritorno  dei  Eeali  di  Savoia,  dopo  la  rivo- 
luzione  francese.  ft  scritto  sul  fregio  del  frontone. 

Severina  lesse  a  voce  alta:  —  Ordo  populttsque  taurinus  ob 
adventum  regis. 

—  E  vuol  dire,  spiego  Amedeo,  che  il  Senato  e  il  popolo 
innalzarono  questo  tempio  per  memoria  della  grazia  ricevuta  di 
riavere  la  casa  regnante. 

La  contessa  aveva  sulla  punta  della  lingua  un  velenoso : 
<  Poteano  spendere  meglio  i  loro  danari:>  Ma  se  ne  trattenne; 
perch&  dal  saggio  fin  qui  fatto,  troppo  erasi  addata,  che  il 
signor  Amedeo  non  farebbe  buon  viso  ad  una  bottata  irreligiosa. 
E  vie  meglio  se  ne  persuase  in  seguito,  quand'egli  ciceronando 
sopra  le  circostanze,  le  addit6  il  convento  de'  cappuccini  al  Monte 
e  sbotto  in  una  esclamazione  arcicodina:  —  Peccato,  che  quest! 
magnifici  ornamenti  della  religione  e  della  nostra  capitaie  sieno 
caduti  in  man  de'cani.  Ci  sciupano  tutto,  pel  gustaccio  selvaggio 
di  sciupare !  Dove  che  mette  le  granfie  il  governo,  gli  d  come 
entrarci  un  califfo  musulmano...  E  adesso  vorrebbero  andare  a 
Roma ! 


70  LA   CONTESSA   INTERNAZIONALE 

Non  era  pun  to  tenera  la  contessa  del  governo  d' Italia,  pift 
che  di  verun  altro  regime  monarchico,  giacch&  ella  ne'suoi  studii 
ammirava  unicamente  le  utopie  repubblicane  e  radicali :  con  tutto 
ci6  sentiva  al  vivo  queste  frecciate,  in  quanto  che  picchiavano 
di  rirabalzo  contro  le  cosi  dette  aspirazioni  nazionali,  che  erano 
la  pupilla  degli  occhi  suoi.  Severina  invece,  bench&  badasse  a 
non  farsi  scorgere,  pure  non  sapeva  tanto  dissimulare,  che  non 
le  brillasse  in  volto  1'  approvazione  del  motti  di  Amedeo.  Per6 
a  sviare  il  discorso,  la  contessa  dimandava  delle  ville  che  sui 
verdissimi  colli  a  sinistra  apparivano  a  mano  a  mano.  —  Quella 
&  nuova  di  quest' anno,  rispondeva  Amedeo,  e  sotto  al  poggio 
vi  ho  colto  dei  grassissimi  ortolani.  —  Quell' aitra  6  d'un  ne- 
goziante,  un  certo  villan  rifatto,  che  tratta  i  contadini  collo 
scudiscio,  e  piu  volte  &  stato  al  punto  di  toccarne  delle  su- 
dice;  —  e  via  via  raccontava  un  monte  di  storielliue.  -  -  Oh, 
e  quella,  mezzo  sepolta  tra  gli  alberi  ? 

—  Ve  lo  diceva  ora  contessa,  &  del  marchese  Belloni,  o  piut- 
tosto  di  chi  la  vuole:  st&  per  andare  all'iucanto,  bont£  del  mar- 
chese, che  ha  rifinito  il  suo... 

—  E  come? 

—  II  solito :  cavalli,  giuoco,  ballerine,  e  poi  i  fioroni  della 
corona  marchesale  niutati  in  chiodi... 

Anche  questa  canzone  d'un  nobile  fallito  poco  andava  a  fa- 
giuolo  alia  contessa,  che  per  ispenditrice  era  dessa.  Ma  final- 
mente  il  cicerone  entr&  nelle  bellezze  dei  siti,  del  flume,  delle 
ripe,  equi  la  contessa  gli  dava  spago.  —  Sieteanche  un  po'poeta, 
diceva  essa. 

—  Di  rado,  solo  quando  m'ispirano  certe  muse... 

—  Dawero?  non  me  1'aspettavo. 

—  Poeta  e  profeta...  lo  veggo  neH'avvenire...  veggo  che  un 
giorno  non  lontano  Torino  si  annoia  di  giacere  sempre  in  piano 
e  vuole  andare  in  poggio. 

—  Oh,  oh,  fece  la  contessa,  con  una  gran  risata  delle  signorine. 
Dice  la  Silvia :  —  0  che  Torino  verr£  in  Brianza  ? 

—  In  Brianza  potr&  andar  volentieri  qualche  torinese  di  mia 
conoscenza  a  riverire  le  villeggianti ;  ma  Torino  non  pu6  andare 
tanto  lontano.  Tutto  il  piu  gettera  due  paia  di  ponti  sul  fiunie, 


II.    I>:-<TI;I,    'MV-TitI    I.    '  fl    UNA   CARROZXATA  71 

e  salira  colle  sue  vie  rettilinee  su  queste  pendici,  e  cosi  vi 
porra  la  sua  villeggiatura.  Yedranno,  signore,  che  vita  animera 
allora  le  rive  del  Po,  che  grandezza  di  caseggiati,  che  delizia  di 
villini:  io  gia  godo  il  fresco,  solo  col  pensare  a  questa  profezia. 

—  Dio  vi  content! !  disse  la  contessa. 

Intanto  cominciava  a  torreggiare  da  langi  il  castello  di  Mon- 
calieri, di  cui  Amedeo,  cora'era  1'ufficio  suo,  racconto  la  cro- 
naca  compendiata.  Sperava  la  contessa  che  qui  almeno  nulla  di 
codinesco  avesse  piu  a  contristarla,  e  godeva  del  passeraio  che 
frullava  di  motti  e  di  celie,  sempre  pift  accostevoli  e  razzenti. 
Ma  faceva  il  conto  senza  I'oste,  e  1'oste  era  il  coliegio  di 
Moncalieri.  Amedeo  pretendeva  che  niuno  storico  sapesse  meglio 
di  lui  la  storia  dell' illustre  cittadetta;  perchd  egli  durante 
sette  anni  aveva  birboneggiato  in  quei  dintorni. 

—  Sempre  in  campagna?  dimando  la  contessa  Aldegonda. 

—  In  cauipagna?  come  in  campagna?  In  coliegio.  Or  ora  vi 
far6  vedere  il  coliegio. 

Infatti  trascorse  le  sottomurate  del  vastissimo  castello  reale,  e 
dato  volta  in  sulla  piazza  si  discese  la  donde  si  apre  la  graziosa 
vista  di  Moncalieri,  mollemente  assisa  sul  primo  alzare  della 
collina.  —  Eccolo  la  il  mio  coliegio,  disse  Amedeo  additando  un 
nobile  edifizio  che  tra  le  case  minori  carapeggiava  sovrano. 

E  la  contessa:  —  E  un  istituto  reale? 

—  Reale,  realissimo ;  con  in  fronte  il  titolo  di  Coliegio  Carlo 
Alberto,  perche  quel  re  lo  fondo  di  sana  pianta  e  I'affid6  ai 
reverendi  padri  Barnabiti. 

—  Erano  molti  gli  allievi?  dimandfc  la  Severina. 

—  Isa?  ce  n'  era  una  repubblica,  di  Torino,  del  Piemonte, 
della  Liguria,  della  Lombardia... 

—  Anche  lombardi!  disse  la  contessa  con  un  senso  tra  di 
maraviglia  e  di  disgusto;  e  ritnase  abbuiata. 

Ma  Amedeo  non  le  poneva  mente,  e  si  patullava  a  grande 
agio  nolle  reminiscenze  di  coliegio,  che  per  verita  erano  fresche, 
freschissime.  E  il  padre  Notari  cosl,  e  il  padre  Nuvoloni  cola, 
e  il  padre  Denza  a  quel  molo.  —  Questo,  s),  mi  voleva  bene... 
Non  fo  per  dire,  mi  volevano  bene  tutti:  ma  il  padre  Denza 
lo  ricordo  con  amore,  perchd  c'insegnava  tante  care  cosine, 


7,*      LA  CONTESSA  INTERNAZIONALE  -  H.  DESTRI,  S1MSTRI  E  CENTRO  ECC. 

quando  noi  raattacchioni  salivamo  su  nell'osservatorio  a  fargli  un 
chiasso  che  mai.  Ci  lasciava  fare:  ma  guai  se  gli  avessimo  sba- 
gliata  un'osservazione  meteorological  0  qui  non  ammetteva  celie... 
Gua',  un  dl  questi  giorni  lo  vo'  rivedere  e  baciargli  la  mano. 
Inorridl  a  questa  parola  la  contessa:  ma  dissimulo,  diman- 
dando:  —  E  ora  che  cosa  studiate,  signer  Amedeo. 

—  Instituta,  Pandette,  Codice.  Ne  avr6  ancora  per  due  anni. 

—  Credevo  che  aveste  finito.  M'  era  parso  che  il  cocchiere  vi 
dicesse  signer  Avvocato. 

—  Sara  benissimo.  fi  mia  madre  quella  che  talvolta  mi  ad- 
dottora  in  leggi,  per  anticipazione,  chiaraandomi  il  suo  avvo- 
cato.  E  i  servitori,  gia  si  capisce,  prendono  la  laurea  per  se- 
gnata  e  benedetta.  Che  volete,  lei  e  una  buona  donna,  impaziente 
di  vedermi  f uori  dell'  Universita,  e  se  stesse  a  lei,  mi  avrebbe 
gia  laureate  dieci  volte,  non  una. 

Queste  chiacchiere  avevano  fatto  parer  breve  la  via  alia 
signorina  Silvia  e  anche  meglio  alia  Severina :  ma  per  contrario 
avevano  urtato  i  nervi  della  contessa.  Fortunatamente  si  era 
giunti  a  una  gran  cancellata,  retta  da  due  pilastri  antichi  con 
sopra  il  capitello  due  vasi  di  terra  cotta  ritinti  a  nuovo.e  ricchi 
di  foglie  d'aloe,  sempre  vivo,  perche  di  latta.  Nel  mezzo  si 
apriva  una  lunga  redola,  che  saliva  su  pel  colle,  ombreggiata 
di  oppii,  legati  insieme  da  pendane  di  pampini  e  di  uva.  —  Siamo 
giunti !  sclam6  Amedeo. 

—  Scendiamo  ?  dimand&  la  contessa. 

—  Che,   che?  rispose  Amedeo.  Si   sale  benissimo  fino  alia 
soglia  di  casa:  basta  far  a  modino.  — 

E  balz6  a  terra,  per  reggere  i  cavalli  a  mano.  Ma  a  pochi 
passi  v'era  gia  il  bravo  cocchiere  Biagio,  che  lo  aveva  prevenuto, 
avendo  per  fortuna  incontrato  al  ponte  di  Po  il  tramvai  a  va- 
pore,  appunto  sui  partire  per  Moncalieri.  Ed  ecco  alia  prima 
rivolta  la  signora  Boasso,  in  gran  cappello  di  paglia  e  in  abito 
di  campagna,  la  quale  scendeva  serena  e  festante  ad  accogliere 
la  brigata  promessa  dal  marito,  e  condottale  dal  figliuolo  av- 
vocato.  Erano  di  fronte  la  signora  e  la  contessa  ospite,  questa  col 
suo  sorrisetto  a  boccuccia  chiusa,  quella  col  volto  chiaro  e  cor- 
dialone.  Le  ritroveremo. 


RIVISTA  DELIA  STAMPA  ITALIANA 


I. 

J)(  -II'  Origine  dell'  Uomo  secondo  il  Trasformismo.  Esame 
scientifico,  filosofico  teologico  di  PIETRO  CATERLNI  S.  I.  Prato, 
Tip.  Giachetti,  1884.  Volume  unico  in  quarto  di  pag.  383. 


Per  quanto  parer  possa  sospetto  Telogio  di  un'  opera,  che 
vide  la  luce  ne'quaderni  del  nostro  Periodico,  non  lasceranno 
i  nostri  lettori  di  riconoscere  con  noi  1'importanza  di  uno  scritto, 
in  cui  si  toglie  ad  esame  il  sistema  Darviniano,  oggi  accolto 
con  imineritato  favore  nelle  scuole,  e  levato  a  cielo  sia  dall'  in- 
genua  ignoranza  di  cbi,  a  guisa  del  villanel  che  s'  inurba,  pende 
strabigliato  ed  estatico  dalla  bocca  di  un  saltiinbanco  ;  sia  da 
quella  scienza  superficiale,  sorella  dell'  ignoranza,  cbe  sfiora  le 
questioni  piu  ardue,  senza  approfondirle  ;  sia  finalmente  dalla 
mala  fede  degli  atei  e  materialisti  deli'  eta  nostra,  i  quali  vi  rav- 
visano  una  teoria  tutta  acconcia  a  imbellettare  con  una  certa  tinta 
scientifica  il  loro  laido  e  feccioso  materialismo.  Mosso  da  queste 
considerazioni  il  cb.  Autore  dell'Esaine  scientifico...  ec.  riunl  in 
un  corpo  gli  articoli  sparsi  in  questo  Periodico;  e  profittando  di 
que'pochi  ritagli  di  tempo,  cbe  avanzavangli  dal  sacro  ministero, 
ritoccolli,  e  die  lor  T  ultima  mano. 

Tutta  1'  opera  e  compendiata  in  un  volume;  ed  aggirasi  in- 
torno  alia  non  men  falsa  cbe  ridevole  teoria,  tratta  in  mezzo  dal 
Darwin  a  spiegare  la  genesi  dell'uomo,  e  che  e  il  punto  culmi- 
nante  del  suo  sistema.  L'  Autore  to\V  Esame  prende  ad  impu- 
gnarla  con  tre  formidabili  batterie  di  argomenti  dedotti  :  prima 
dal  la  scienza,  donde  Darwin  argomentossi  invano  derivare  le  prove 
del  suo  trasfonnismo;  secondo,  dalla  filosofia,  e  piu  propriauiente 
dalla  metafisica,  in  cui  il  detto  sistema  viene  a  dare  di  cozzo;  terzo, 
dalla  teologia,  che  te  lo  sfolgora  e  riduce  al  niente.  II  triplice 
assunto,  che  il  ch.  Autore  si  propose  di  addiinostrare,  forma  il 


74  RIVISTA 

subbietto  delle  tre  parti,  in  cui  1' opera  sua  e  divisa.  Nella  priina 
egli  espone  anzitutto  la  natura  del  trasformismo,  o  dell'ipo/u- 
zione,  secondo  la  raente  del  Darwin;  e  spoglia  questa  teoria  del 
prestigio  della  novita,  facendola  vedere  gia  contenuta  in  gerine  in 
quella  di  altri  scrittori,  massim  ,  del  Lamark.  Indi  si  fa  a  scalzare 
le  basi,  sui  cui  il  Darwin  appoggia  tutto  il  suo  castel  di  Spagna, 
confutando  ad  uno  ad  uno  gli  argomenti,  che  gli  servono  di  pun- 
tello.  In  fatti  avendo  il  Darwin  invocato  in  suo  sussidio  la  pa- 
leontologia,  il  Caterini  addimostra  che  questa  non  fornisce  una 
sola  prova,  la  quale  valga  a  rivendicare  all'  uomo  un'  antichita. 
superiore  a  quella  che  gli  viene  dal  Genesi  assegnata.  Quindi 
mette  in  chiaro  la  vanita  degli  altri  argomenti  dedotti  dall'an- 
tropologia,  dalla  geologia  e  daU'archeologia.  Quanto  al  primo, 
egli  da  a  vedere  come  la  scienza  antropologica  sia  ben  lungi  dal 
rivelarci  tra  gli  uomini  piu  antichi  e  i  moderni  un  divario  nella 
conformazione  del  corpo,  e  inassime  del  cranio,  che  costituir  possa 
tra  gli  uni  e  gli  altri  una  differenza  speeifica,  e  quindi  serva  a 
puntellare  1'ipotesi  del  trasformismo,  o  dell'evoluzion  della  specie. 
Quanto  al  secondo  argomento,  ne  fa  sentire  e  toccar  con  inano  la 
fatuita,  mostrando  come  nulla  di  certo  dedur  si  possa  intorno 
alia  supposta  antichita  dell'uom  preistorico  dalla  geologia,  alia 
quale  invano  chiedesi  1'  uoin  fossile,  da  niun  geologo  finora  ri- 
trovato,  come  pur  1'epoca  e  la  durata  della  formazione  degli 
strati  terrestri,  cose  che  rimarranno  sempre  incerte,  e  gli  anelli 
di  transizione  dall'una  all'altra  specie  de'viventi,  che  indarno  si 
pretese  in  certi  fossili  ravvisare.  Del  terzo  argomento  poi,  tratto 
dalla  archeologia,  addimostra  con  piu  chiarezza  ancora  Tinsuf- 
ficienza,  non  potendosi  arrecare  in  mezzo  fatti  certi  che  valgano 
a  provare  la  distinzione,  e  anche  men  la  durata  delle  tre  epoche, 
in  che  i  trasformisti  dividono  i  tempi  preistorici.  Nella  qual  ri- 
futazione  TAutore  non  si  e  tolto  la  briga  di  esaminare  parti - 
tamente  i  fatti,  senz'ordine  e  senza  critica  accuinulati  dai  tra- 
sformisti per  dare  un  qualche  colore  di  verita  alia  loro  teoria, 
come  ft  con  molta  erudizione  ed  egual  pazienza  il  Moigno  nella 
sua  pregevolissima  opera  intitolata  Les  splendeurs  de  la  foi; 
dappoich^  cotesta  sarebbe  stata  impresa  da  non  venirne,  se  non 


DELLA   STAMPA   ITALIA 

dopo  molti  anni,  a  capo  in  un  periodico,  cho  si  pnbblira  soltanto 
volte  il  mese,  e  in  cui  per  la  varieta  e  copia  delle  materie 
suol  essere  limitatissiino  lo  spazio  concesso  a  siffatte  trattazioni. 
Kurli  a  Innque  dovea  restringere  di  assai  il  campo  della  discus- 
sione,  e  cosl  fece ;  ma  con  tale  avvedutezza,  che  seppe  conden- 
sare  il  molto  in  poco,  e  andar  dritto  al  sno  scopo,  attaccando  a 
punta  di  logica  il  trasformismo  entro  a  suoi  stessi  ripari. 

Tolto  di  sotto  all'aereo  castello  Darviniano  il  fondamento  che 
dicemrao,  fu  agevole  cosa  al  ch.  Autore  deraolirlo  a  parte  a  parte 
svelando  i  grossolani  errori  e  le  fallacie  contenute  in  esso  e  nel 
sistema  del  Lamarck,  donde  il  Darwin  tolse  1'idea  del  suo  tra- 
sforinismo,  e  confutando  in  pari  tempo  un  per  uno  gli  argomenti, 
con  che  questi  brigasi  di  persuadere  a'cuccioli  e  pecoroni  1'ori- 
gine  bestiale  dell'uomo. 

Nella  seconda  parte  dell' opera  egli  riguarda  il  trasformismo 
dal  lato  filosofico ;  e  da  a  vedere  com'  esso  sia  la  negazione  del 
principio  di  causalita,  fondamento  della  metafisica,  e  della  spi- 
ritualita  dell'anima  umana  che  e  la  base  della  psicologia.  Dis- 
corre  a  lungo  sulla  natura  dell'intelligenza,  la  quale  costituisce 
lo  specifico  divario  tra  1'uomo  e  il  bruto;  e  fattosi  a  ventilare 
gli  argomenti  del  Darwin,  ne  mette  a  nudo  1'inanita  e  il  sofisma. 

Nella  terza  parte  finalmente  prende  ad  esaminare  il  trasfor- 
mismo dal  lato  teologico;  e  dopo  aver  ragionato  del  connubio  tra 
la  scienza  e  la  fede,  entra  in  argomento,  e  rivendica  contro  le 
teorie  trasformistiche  le  verita  nvelate  intorno  alia  creazione 
delF  uomo,  in  un  tempo  piu  o  men  determinato,  alia  propagazione 
dell' umana  stirpe  da  un  unico  ceppo  discesa,  e  alia  genesi  del 
Tiventi  inferiori  all' uomo,  prodotte  anch'esse  nolle  loro  specie 
distinte  dal  Creatore. 

Tal  e  1'idea,  il  sunto  e  1'orditura  di  quest' opera,  tutta  in 
acconcio  ai  bisogni  dell' eta  nostra,  ispirata  dal  desiderio  di  pre- 
munire  i  lettori  cristiani  contro  i  raoderni  errori,  non  meno  alia 
religione  che  alia  vera  scienza  fatali,  e  condotta  dal  ch.  Autore 
con  lucidissimo  ordine  d'idee,  buon  nerbo  di  ragioni,  copia  di 
erudizione  ed  elegante  semplicita,  disinvoltura  e  chiarezza  di 
stile:  cose  tutte  che  ne  tornano  non  men  utile  che  dilettosa  la 


76  R1V1STA 

lettura.  Oudeche  ci  auguriamo  di  vederla  correre  per  le  mani 
di  quanti,  inassime  tra  giovani,  amano  di  pesare  da  se  stessi 
il  carato  di  certe  teorie,  che  oggi  si  spacciano  siccome  oro  puro 
di  zecca,  mentre  non  sono  che  immonda  lega,  o  ingannevole 
orpello. 

II. 

La  morale  civile  nelle  scuole  popolari  del  regno  d?  Italia,  di 
NiccoLd  GUASTELLA,  segretario  comunale,  insegnante  nelle 
scuole  elementari  del  municipio  di  Palermo. 

Noi  crediamo  di  fare  all'  Italia  il  migliore  dei  beni  possibilit 
perseverando  nel  proposito  di  mostrare  che  la  cagion  massima 
dell'infaine  primato  nei  delitti,  che  ora  essa  gode  fra  le  genti 
d'Europa,  si  dee  cercare  nelle  sue  scuole  e  in  chi  si  vanta  di 
essere  apostolo  della  nuova  sua  civilta.  Gia  questa  persuasions 
comincia  a  diffondersi ;  e  la  vediamo  espressa  ancora  nel  campo 
di  quel  Uberalismo,  al  quale  sono  principalmente  imputabili  gii 
eccessi  di  questa  nuova  barbarie,  che  vien  distruggendo  ogni 
italianita  nella  nostra  Penisola.  Se  non  che  il  male  e  cosl 
mostruosauiente  enorme,  che  non  inai  troppo  si  pu6  esecrarlo: 
e  perci6  quanti  hanno  sen  so  di  amor  patrio  e  cristiano  nel  petto, 
non  dovrebbero  cessar  mai  dal  gridare  contro  il  pubblico  avve- 
lenamento  delle  anime  giovanili,  che  si  opera  nelle  scuole  d'ltalia. 

Ecco  un  altro  libercolo,  che  ci  cade  sotto  gli  occhi,  scritto  da 
un  insegnante  nelle  scuole  elementari  di  Palermo  ed  approvato^ 
conforme  dice  il  suo  frontispizio,  come  libra  di  testo,  dal  con- 
siglio  scolastico  di  quella  grande  citta:  libercolo  che  dev' essere 
di  aiuto  a  formare  gli  animi  dei  fanciulli  alia  morale,  cio&  ad 
educarli;  e  quindi  di  grande  importanza,  pei  padrifamiglia  e  per 
tutti  coloro  che  curano  il  bene  sociale  della  nazione.  Or  qual  e 
la  morale  ch'esso  mira  ad  istillare  nelle  inenti  e  nei  cuori  in- 
fantili  ?  «c  £,  si  affretta  a  dichiararlo  1'Autore  nella  sua  prefa- 
zione,  e  la  morale  universale,  meno  le  formole  di  questo  o  di 
quell'  altro  culto:  >  vale  a  dire  la  morale  per  se  prettamente 
pagana,  o  pift  tosto  ateistica;  giacche  una  morale  che  non  trova 


l.LA   STAMPA    1TAUAIU 

10  appoggio  o  la  sua  sanzione  in  nessun  culto,  e  una  mo- 
rale che  prescinde  da  Dio,  una  morale  senza  principio  e  senza 
fine,  una  morale  che  pu6  ridursi,  pift  che  ad  altro,  ad  una 
seiuplice  convenzione  accettata  fra  gli  uomini. 

Tal  6  il  soggetto  di  quest'opericciuola  educativa,  e  tal  e  1'idea 

cova  sotto,  il  non  sappiamo  piti  se  ipocrita  o  ciarlatanesco  arxi- 

gogolo  di  morale  civile,  sostituita  alia  religione,  e  messa  in  Yoga 

fra  noi  dal  dominante  massonismo,  per  fare  gl'Italiani,  dopo  che  si 

e  fatta  la  bella,  gloriosa  e  prospera  Italia  che  tutti  ci  rallegra. 

£  si  noti  che  il  Guastella,  da  buon  liberate,  mentre  odia  ed 
abbomina  ogni  costringimento  a  rispettare  la  religione  cattolica, 
che  6  la  nazionale,  sostiene  poi  utilissimo  un  libro  di  testo, 
che  costringa  tutti  i  maestri  ad  insegnare  la  morale  senza  re- 
ligione, il  che  per  lui  e  im  <  impartire  educazione  nazionale :  » 
e  va  tutto  in  giolito,  pensando  che  i  retrivi,  e  non  son  pochi, 
dic'egli,  saranno  cosi  oblliyati  ad  un  insegnameuto  che  e  <  in 
opposizione  ai  loro  sentimenti.  > 

Tutta  questa  morale  civile  si  restringe  poi,  nel  libretto,  a 
due  cose:  allo  statute  del  regno  d' Italia  ed  alia  igiene.  Pel 
Guastella  e  pei  frammassoni,  hie  est  omnis  homo:  «  la  scuola, 
scriv'egli,  deve  educare  tutto  1'uomo.  >  Or  chi  non  vede  che 
tutto  1'uomo  e  nella  politica  e  nel  corpo?  Chi  non  sa  che  1'uomo 
esiste  in  Italia,  unicamente  per  essere  cittadino  costituzionale 
e  conservarsi  sano?Fuori  di  questi  due  beni  supremi,  non  ve 
n'e  altro.  La  salute  eterna  deU'anima  immortale  ed  il  culto  di 
Dio  creatore  e  salvatore,  che  altro  sono  mai,  se  non  pregiudizii 
e  super stizioni  che  la  scuola  deve  combattere?  Oggidl  le  cose 
non  sono  piu  quelle  che  erano  per  1'addietro.  <I  nostri  tempi, 
oracola  il  Guastella,  non  sono  piu  i  tempi  del  passato,  ne  le 
nostre  scuole  debbono  pid  essere  quelle  di  una  volta.  >  Gli  uo- 
mini hanno  inutata  natura,  e  la  verita  e  divenuta  menzogna. 
II  santo  decalogo  di  Dio  non  ha  pid  ragion  d* essere  fra  di  noi. 
Lo  statuto,  co'suoi  ottanta  ed  un  articolo,  ha  scavalcato  i  suoi 
dieci  comaudamenti.  In  presente  tutto  e  progredito,  tutto  e 
trasformato.  Le  scuole  di  una  volta  si  proponevano  di  formare 
onesti  uomini,  secondo  il  decalogo,  e  buoni  cristiani :  le  nostre 


78  RIVISTA 

(cioe  quelle  del  Guastella  e  socii)  scuole  invece  si  propongono 
di  formare  cittadini  sani:  ma  pur  troppo  riescono  poi  di  fatto 
ad  allevare  popolatori  di  galere  e  di  sifilicomii.  Non  e  forse 
cio  vero?  Lo  dicon  tutti;  e  non  crediamo  che  osi  negarlo  ne 
pure  il  Guastella,  quando  medita,  se  sa  meditarle,  le  statistiche 
criminali  e  le  cronache  interne  dei  giornali  italiani. 

Ma  pazienza,  se  la  morale  civile  fosse  insegnata  in  questo 
libello,  dal  lato  prettaniente  astrattivo,  e  messa  in  disparte  ogni 
religione!  Sarebbe  nel  caso  pratico  un  grande  assurdo,  ina  po- 
trebbe  riguardarsi,  fino  ad  un  certo  segno,  come  assurdo  innocuo. 
II  peggio  e  che,  in  quella  che  1'Autore  pretende  ammaestrare 
i  fanciulli  in  una  morale  puramente  filosofica,  li  addestra  poi 
all'empieta,  ingerendo  in  essi  profondo  spregio  della  sola  reli- 
gione professata  dal  popolo  italiano,  e  ch'  egli  non  pud  non  dire 
professata  dalla  maggioranza  dei  cittadini. 

Di  fatto  egli  insegna  che  prima  «  s'imponevano  le  credenze 
con  mezzi  barbari  e  truci ;  >  egli  che  va  in  solluchero  a  pensare 
che  i  maestri  retrivi  sono  obbligati  dal  regnante  massonisrno, 
ad  imporre  ai  fanciulli  la  credenza  nell'errore  opposto  ai  loro 
sentimenti.  Egli  insegna  che  i  concordat!  fra  Chiesa  e  Stato 
erano  vergognosi,  che  la  sanzione  civile  della  perpetuita  dei 
voti  religiosi  e  assurda,  che  i  privilegi  e  le  esenzioni  eccle- 
siastiche  violavano  il  diritto  dell'  eguaglianza  dinanzi  la  legge. 
Inoltre  insegna  che  tra  Chiesa  e  Stato  deve  regnare  un'asso- 
luta  separazione,  il  che  equivale  a  un  dire  che  lo  Stato  non 
deve  riconoscere  Dio  ne  Cristo,  ed  il  cittadiao,  in  quanto  e  tale, 
deve  considerarsi  come  ateo,  sebbene  in  quanto  poi  e  cristiano 
e  cattolico  possa  considerarsi  come  credente :  e  gi&  si  sa  che  se 
le  prescrizioni  dello  Stato  venissero  a  contraddire  le  prescrizioni 
della  fede,  il  dovere  di  cittadino  dovrebbe  prevalere  nell'indi- 
viduo  medesimo  al  dovere  del  cristiano;  e  cosl  si  avrebbe  Fob- 
bligo  civile  di  disubbidire  a  Dio  per  ubbidire  aH'uomo;  con- 
seguenza  direttamente  contradditoria  al  Vangelo,  alia  ragione 
ed  al  senso  umano,  verissimo:  ma  consentanea  alia  morale  civile 
dei  tempi  nuovi.  Finalinente  insegna  che  la  Chiesa,  per  tutelare 
la  fede,  usava  gia  feroci  persecuzioni :  ed  egli,  che  deve  sapere 


1.LA   STAMPA   ITALIA 

ill  storia  quanto  sa  di  morale  propriumento  delta,  con  fronte 
infrunita  e  da  buon  liburale,  si  contenta  di  buttar  1£  questo 
mez/x)  periodo  che  non  ardisce  di  concludere:  «  Le  istorie  ec- 
uistiche  fan  fremero  (o  si  che  il  Guastella  n'ha  da  aver 
lette  molte  di  queste  istorie!)  di  orrore,  numerando  qoante  mi- 
gliaia  di  nobili  e  dotti  cittadini  vennero  bruciati  vivi..  >  Col 
che  egli  ha  fatto  il  becco  air  oca ;  ed  ha,  quanto  basta,  indotta 
nella  mente  del  fanciullo  lettere,  1'idea  che  la  Chiesa  cattolica, 
alia  quale  esso  fanciullo  appartiene,  e  una  Chiesa  di  ferocia, 
di  tirannide,  di  barbarie  e  di  crudelU  efferata. 

Che  piu?  Egli  va  innanzi  e  prenunzia  che  tempo  verra,  nel 
quale  questa  religione  cattolica,  al  cui  odio  informa  il  bimbo 
(sotto  pretesto  d'insegnargli  una  morale  senza  formole  di  culto) 
cadr^  confusa  colla  religione  del  dovere,  che  6  quella  della  inas- 
soneria,  pel  cui  trionfo  egli  ha  scritto  il  suo  libello. 

Ma  quando  verr&  egli  questo  tempo?  «  Quando,  rispond'egli 
la  culture  generate  avra  diradata  Toscuriti  che  tutt'ora  invade 
le  menti;  »  ed  6  chiaro  che  questa  cultura  generate  consiste 
nel  ra/iouaiismo,  negative  della  fede  al  soprannaturale,  e  che 
Voscurita  da  diradarsi  e  in  questa  fede,  professata  dalla  na- 
zione:  «  quando,  prosegue  egli,  tutti  sentiremo  entro  noi  che 
morale  e  religione  valgono  una  cosa  stessa ;  >  e  s'  intende  che, 
per  lui,  la  religione  immedesimata  colla  sua  morale  &  la  religione 
senza  culto  e  conseguentemente  senza  Dio,  cioe  la  religione  che 
ognuno  ha  1'  arbitrio  di  crearsi  da  se  stesso :  <  quando  un  culto 
qualsiasi  non  servirtk  piu  di  mezzo  per  ispaventare  le  coscienze;  > 
e  si  capisce  ch'egli  vuol  dire,  quando  non  si  crederfc  piu  al- 
T  inferno  eterno,  che  6  la  sanzione  di  pena,  da  Dio  minacciata 
ai  violated  del  santo  decalogo  suo,  decalogo,  che  tanto  annoia 
chi  ama  vivere  piu  da  bestia  che  da  uomo. 

Ma  acciocch&  i  bimbi  che,  o  nelle  parrocchie  dai  loro  curati, 
o  nelle  case  dalle  loro  inarnme,  si  odono  spiegare  ii  catechismo, 
non  si  sgomentino  troppo  di  questo  linguaggio  massonico,  il 
bravo  maestro  si  affretta  a  dir  loro,  che  la  futura  religione  del 
re  ha  per  base  Dio  e  il  prossiino,  I'onore  e  la  writ  a. 
Si,  signor  Niccol6  Guastella,  la  vostra  religione  ha  per  base 


80  RIVISTA 

Dio:  ma  qual  Dio?  II  vivo,  il  vero,  il  creatore  del  mondo;  il 
Dio  che  s'  6  fatto  uomo,  per  salvare  1'  uomo,  decaduto  dalla  sua 
beata  destinazione,  per  la  colpa  del  suo  progenitore;  il  Dio 
autore  della  natura  e  della  grazia,  della  ragione  e  della  fede; 
il  Dio  che  ha  imposto  all' uomo  individuo  e  sociale  I'osservanza 
del  suo  decalogo?  Ohib6!  Se  la  vostra  religione  del  dovere  si 
fondasse  in  questo  Dio,  voi  che  ve  ne  fate  evangelista,  non 
avreste  scritto  questo  vostro  libello,  nd  v'ingegnereste  a  gua- 
dagnare  la  pagnotta  nelle  scuole  del  Municipio  di  Palermo, 
pervertendo  la  coscienza  cattolica  dei  bambini  che  hanno  la 
grande  sventura  di  avervi  per  maestro. 

Che  se  il  Dio  vostro  non  e  il  Dio  vero,  molto  meno  il  pros- 
simo  vostro  sara  quello,  che  il  Dio  vero  ci  comanda  di  amare: 
e  lo  prova  1' opera  vostra  corrompitrice,  a  perdizione  degl'in- 
nocenti  vostri  scolari,  le  cui  anime  uccidete,  proprio  con  quel- 
Tamore  onde  Satana,  il  quale  fait  homicida  ab  initio,  ama  le 
anime  delle  umane  creature.  Del  resto  chi  non  sa  che  la  chiesa 
della  religione  del  dovere,  cio&  la  massoneria,  non  conosce  altro 
prossimo  dagli  adepti  suoi;  e  che  fuori  di  questi  adepti,  non 
vede  se  non  profani  o  nemici  ? 

II  medesimo  e  a  dirsi  dell'owore  e  della  veritd,,  che  sono  le 
altre  due  basi  di  questa  vostra  religione.  Che  cosa  e  Tonore 
per  la  massoneria?  Non  certo  il  testimonio  estrinseco  della 
intrinseca  onesta:  ch&  essa  da  per  lecito  il  fare  d'ogni  erba 
fascio,  purch&  le  apparenze  sieno  salve;  e,  sotto  questo  rispetto 
il  massonismo  ha  elevato  a  sistema  pratico  e  morale  il  vecchio 
fariseismo.  La  verita  sua  poi  e  quella,  cosl  cara  a  colui,  che 
riconosce  per  Dio  suo  e  padre :  ex  patre  diabolo  estis:  e  di  che 
sia  padre  il  diavolo,  il  sig.  Niccolo  Guastella  lo  pu6  leggere 
su  tutti  i  boccali  di  Montelupo. 

Per  ultimo,  quando  questa  religione  della  massoneria  abbia 
soppiantato  il  cristianesimo  cattolico  <c  allora,  ne  da  fede  il  Gua- 
stella ai  suoi  bimbi  di  Palermo,  i  popoli  si  affratelleranno  tutti  > 
con  quella  cariU  che  si  ammira  tanto,  ove  la  massoneria  la  fa 
da  regina:  carita  che  ha  le  pift  preclare  sue  manifestazioni  nei 
pugnali  dei  sicarii,  nelle  bombe,  nel  petrolic  e  nella  dinamite 


DELLA  STAMPA  IT 

•':,  che  sono  i  santi  perfetti  della  sua  religione: 
«  allora,  seguita  1'Autor  nostro,  i  popoli  saranno  piil  semplici 
nrl  rendere  11  cttlto  alia  divinitii;  >  semplicita  stupenda,  che  si 
Ive  nel  puro  nulla,  giacchfc  11  culto  della  massoneria  o  6 
1'ateismo,  e  signified  1'adorazione  del  niente;  o  e  il  satanisino, 
e  questo  non  richiede  altri  atti  di  culto,  fuorchd  vi/.ii  e  men- 
zogne.  Che  pifc  facile  e  semplice  di  questo  culto?  «  Allora,  cre- 
detemi,  conclude  egli,  i  popoli  saranno  piu  religiosi,  perchfc  piu 
morali.  »  Di  fatto  il  Guastella  ne  ha  un  argomento  lampante 
nelle  mani. 

E  questo  6  1'irrepugnabile  delle  cifre,  nelle  statistiche  crimi- 
nali.  8e  il  primo  avviamento  della  gioventu  italiana  alia  reli- 
gione del  dovcre,  per  mezzo  della  morale  civile  insegnata  nelle 
scuole,  ci  da  fra  i  delinquent!  di  tutto  il  regno  d'  Italia,  pid 
assai  che  un  terzo  di  minorenni;  che  sara  quando  questa  reli- 
gione abbia  preso  possesso  della  massa  intera  del  popolo?  Non 
e  giusto  credere  al  signor  Guastella,  che  allora  si  avra  in  Italia 
il  trionfante  impero  della  morale  ?  Ma  se  ora  questa  Italia,  cosl 
addietro  nella  nuova  religione,  gia  primeggia  in  Europa,  pel 
numero  e  1'atrocita  dei  delitti  che  vi  si  commettono,  che  sara 
allorchfc  si  sara  tutta  immedesimata  con  questa  religione?  Lo 
dica  chi  ha  un  granellino  di  sale  in  zucca.  Noi  non  andiamo 
piu  avanti,  paghi  di  avore  una  volta  di  piu  mostrata  quale  sia 
la  civiltd  e  la  moral  it  a  che  si  propaga  nelle  scuole,  da  chi  ha 
sempre  in  bocca  1'amor  di  patria  e  la  felicita  della  nazione. 

III. 

Tn'plice  Cqrso  di  Omelie  popolari,  principaltnente  per  la 
campagna,  sopra  tuttigli  evangeli  dominicali  dell'  anno,  con 
altre  omelie  per  le  solennitd,  principali  e  discorsi  di  occa- 
siotie.  Opera  del  Sac.  ALESSAXDRO  Bossi  Parroco  di  Borsano, 
diocesi  di  Milano.  Milano,  Libreria  edit.  Ditta  Majocchi,  1881. 

Prima  di  parlare  di  quest' opera  attendemmo  che  ne  fosse 
condotta  a  capo  la  pubblicazione;  ma  fin  d'ora  giovera  darne 
un  cenno,  acciocch^  i  giovani  sacerdoti,  in  servigio  de'quali  il 

S*ri*  XII.  vol.  VI.  fate.  811  G  29  mono  1884 


82  RIVISTA    DELLA    STAMPA   ITALIA.NA 

pio  Autore  specialmente  la  scrisse,  possano  colla  loro  associa- 
zione  concorrere  alle  spese,  che  la  stampa  della  medesiraa  esige. 
Trattasi  di  18  grossi  fascicoli,  o  a  dir  piu  vero,  volumi  in  quarto, 
di  oltre  a  1 60  pagine  ciascuno,  de'  quali  gia  sedici  usciti  sono 
alia  luce,  nitidamente  impress!.  L'ampiezza  dell' opera  non  ci  ha 
permesso  che  di  sfiorarla  appena,  attese  le  molteplici  e  non 
interrotte  faccende,  che  abbiam  sempre  per  le  mani;  ma  da 
quel  tenue  saggio  che  ne  prendemmo,  ci  fu  agevole  argomen- 
tare  del  rimanente.  Eli'&,  a  parer  nostro,  un'  opera  che  da  se 
stessa  si  raccomanda,  massime  al  giovane  clero,  destinato  ad 
evangelizzare  il  popolo  delle  carapagne.  Dappoichd,  come  assen- 
natamente  nota  il  ch.  Autore  delle  inedesime,  1'eloquenza  sacra 
possiede  gran  dovizia  di  conferenze,  discorsi  e  sermoni  acconci  al 
bisogno  e  al  gusto  del  popolo  delle  citta;  ma  scarseggia  di  omelie 
adatte  all'  inteliigenza  de'  campagnuoli.  Eppur  questo  6  appunto 
il  genere  di  predicazione  che  meglio  ritrae  della  sublime  sem- 
plicita  evangelica,  che  fu  piti  in  uso  ne'primi  tempi  della  chiesa, 
e  che  suol  essere  anche  oggi  piu  fecondo,  come  quello  in  cui 
si  ode  soltanto  la  parola  di  Dio  e  non  quella  dell'uomo.  Chi 
riflette  che  due  terzi  almeno  della  popolazione  italiana  &  com- 
posta  di  gente  villereccia,  potra  far  seco  ragione  dell'  utilita  di 
un'  opera,  che  mira  apputo  alia  cristiana  coltura  del  popolo  delie 
campagne.  Quarant'anni  di  studio  e  di  esperienza  nel  sacro  mi- 
nistero  addestrarono  il  dotto  e  zelante  D.  Bossi  nell' apostolato 
della  divina  parola,  ch'egli  sotto  diverse  forme,  ma  sempre 
schiette,  facili,  popolari  e  scevre  di  fronzoli  e  di  artifizii  espose 
a  suoi  parocchiani;  ed  ora  a  comun  vantaggio,  specialmente  del 
giovane  clero,  divulga  colle  stampe.  Facciaino  caldi  voti  perche 
1'edizione  in  corso  di  quest' opera  sia  il  piu  tosto  condotta  a 
termine,  e  debitamente  dai  lettori  apprezzata.  Dirigersi  per  lo 
acquisto  all'  editore  in  Milano. 


BIBLIOGRAFIA 


ALHINI  CHOSTA  MADDALENA  --  Dl  per  d).  Medilazioni  per  luiti  i 
giorni  dell* anno.  Mesi  di  marzo  e  aprile.  Milano,  P.  Clerc  editore, 
\  ia  Disciplini  7,  tip.  Bernardoni  di  C.  Rebeschioi  e  C.  1884.  ID  32, 
di  pagg.  336. 


aprire  la  via  alle  piii  savie  cd  opportune 
application!,  secondo  i  divers!  bisogni  delle 
anime.  Non  mcno  felice  e  in  quell'  altra 
parte  piii  frultuosa  della  meditazione  che 
riguarda  gli  aflVui  da  eccitare  nel  corso 
di  essa,  e  il  frutto  pratico  da  ricavarne 
pel  miglioramento  quolidiano  della  vita. 
Queslo  libretto,  insieme  cogli  altri  che  lo 
seguiranno,  dovrebbe  incontrare  favore- 
vole  accoglienza  in  tntte  le  famine  cri- 
stiam-,  in  coi  si  pratica  (e  potrpbbe  farsi 
utilmenle  in  comune)  I'esercizio  della  quo- 
tidiana  medilazione. 


Ecco  un'altra  operetta  di  quella  in- 
stancabile  autrice  di  scritti  ascetici,  che  6 
la  chiara  signom  Maddalena  Albini  Cro- 
sta.  Ella  vuol  fornire  alle  anime  pic  un 
pascolo  di  divote  meditazioni  per  tutti  i 
giorni  dell'anno;  ed  il  presente  volumetto 
coniieiie  quelle  dei  mesi  di  marzo  e  di 
aprile.  Queste  versano  sopra  argomenti 
tolto  proprii  a  purificare  1'anima,  e  in- 
dirizzarlo  per  la  strada  della  cristiana  per- 
fezione.  II  metodo  e  facile,  perche  la  pia 
scrittrice  ha  la  diflicile  arie  di  presenlare, 
con  brevi  locchi,  sempre  ampia  materia 
all' esercizio  delle  facolta  dcU'aoima  e  di 

APOLLONIO  FERDINANDO  --  Apollonio  D.  Ferdinando,  parroco  ve- 
neziano.  I  filosofi  gentili  derisi  da  Ermia  filosofo.  Volgarizzaraento 
dal  Greco.  Prato,  tipografia  di  Amerigo  Lici,  1884.  In  8,  di  pagg.  16. 

ARS  BONAE  MORTIS,  sive  quotidiana  erga  B.  Matrern  Mariam 
pietas  ad  felicem  mortem  obtinendam  titilissima.  Augustae  Tauri- 
norum,  eq.  Petrus  Marietti  lyp.  Pontif.  et  Archiep.  1884.  In  16,  di 
pagg.  396.  Prezzo  L.  2.  Gopie  12  L.  20.  Vendibile  ancora  in  Firenze 
presso  L.  Manuelli  libraio. 

II  melodo  che  tiene  Panonimo  Autore,  3°  fa  ripplere  una  ditola  orazione  e  pro- 
per nutrire  sempre  piii  la  pieia  flliale  testa  di  pieta  filiale  alia  Santissima  Y>T- 
verso  la  Santissima  Vergine  siccome  mezzo  gine,  colla  preghiera  che  ci  impetri  le 
di  ottenere  da  Lei  una  santa  morte,  e  il  virta  cristiane  ed  una  beala  morte; 
seguente:  1°  Reca  per  ciascun  giorno  4°  finalmentc  propone  un  ossequio  par- 
di'll'anno  un  esempio  di  un  Santo,  che  ticolare  per  ciascun  giorno.  Qu^slo  aureo 
sin  stalo  in  modo  pia  singolare  divoto  libretto  e  una  guida  assai  facile  ed  cfli- 
della  gran  Madre  di  Dio,  ricordandone  cace  per  ottenere  una  teoera  divozione 
qiiaU-lic  os-cqnin  speciale ;  2*  suggerisce  verso  Maria  S:\ntis5iiiia  e  da  lei  grazie 
una  preghiera  al  medesimo  Santo  perche  abbondanti,  qnella  segnatampiite  di  una 
c' impciri  una  simile  divozione  a  Maria;  morte  cristiana. 


84  BIBL10CRAFIA 

ATTI  dell'Accademia  Pontificia  de'nuovi  Lincei,  pubblicati  conforme 
alia  decisione  Accademica  del  22  dicembre  1850;  e  compilati  dal 
Segretario.  Tomo  XXXV.  Anno  XXXV  (1881-1882).  Roma,  tip.  delle 
scienze  malematiche  e  fisiche,  Via  Lata  n.  3, 1882. 

AVOLI  ALESSANDRO  --  Pompeo  in  Egitto.  Tragedia  inedita  di  Gia- 
como  Leopardi  pubblicata  per  cura  di  Alessandro  Av61i.  Estratto  dal 
periodico  GU  studii  in  Italia.  Roma,  tip.  A.  Befani,  1884.  In  8,  di 
pagg.  66. 

Agli  ammiratori  del  Leopardi  riuscira      questa.  Del  merito  letterario  e  poetico  del 
gradita  la  pubblicazione  di  questa  tragedia,      lavoro  del  giovinetto  Leopardi  noi  ci  ri- 
la  quale  egli  compose  nclla  verde  eta  di      mettiamo  pionamente  all'assennato  giudi- 
15  nnni,  e  chc  il  ch.  Avoli  ha  tratto  dagli      zio  che  ne  reca  1'editore. 
archivi  delta  famiglia,  col  beneplacito  di 

BERGAMASGHI  DOMENIGO  ~  Storia  di  Gazolo  e  suo  marchesato ; 
pel  sac.  Domenico  Bergaraaschi.  Casalmaggiore,  tip.  e  libr.  Gontini 
Carlo,  1883.  In  8,  di  pagg.  234.  Prezzo  L.  2.  Si  vende  a  Belforte 
(Marcaria)  presso  il  farmacista  sig.  Girolamo  Bertia. 

BIANGHI  FRANCESCO  SAVERIO  M.a  —  Vita  del  venerabile  Francesco 
Maria  Gastelli,  chierico  professo  Barnabita,  raorto  in  eta  di  anni  19; 
scritta  da  Francesco  Saverio  M.*  Bianchi  della  stessa  Congregazione. 
Edizione  Terza  accresciuta.  Bologna,  tipografia  Arcivescovile,  1884. 
In  16  pice.,  di  pagg.  180. 

BOWDEN  P.  —  Vita  e  lettere  del  Padre  Federico  Guglielmo  Faber, 
dott.  in  Teologia,  prete  dell' Oratorio  di  S.  Filippo  Neri,  del  P.  Bowden. 
Traduzione  dall'  inglese  della  Principessa  Gonzaga-Manna  Roncadelli. 
Torino,  Cav.  Pietro  Marietti,  tipografo  Pont,  ed  Arciv.,  1884.  In  16, 
di  pagg.  448.  Prezzo  L.  4.  Vendibile  anche  in  Firenze  presso  L.  Ma- 
nuelli  libraio. 

Utile  opera  ha  fatia  la  illustre  Prin-  pubblicate  opere  ascetiche  avute  in  gran 
cipessa  Gonzaga-Manna  Roncadelli  tradu-  pregio  per  la  profondita  della  dottrina  e 
cendo  nella  nostra  lingua  la  biografla  del  una  singolare  unzione  di  pieta.  In  secondo 
celebre  P.  Federico  Faber,  accuratamente  luogo,  perche  la  narrazione  della  sua  vita 
compilata  dal  P.  Bowden  sopra  document!  melte  in  aperto  le  mirabili  vie  tenute 
certi  e  specialmenle  le  stesse  leitere  del  dalla  grazia  divina  nel  ridurlo  dagli  er- 
Faber.  Essa  potra  desiare  non  poco  inte-  rori  del  protestantesimo  nel  seno  della 
resse  anche  in  Italia  per  doppia  ragione.  cattolica  Chiesa;  i  cui  vaniaggi  promosse 
Primieramente  per  la  simpatia  che  il  Fa-  con  ardenlissimo  zelo  nella  sua  patria. 
ber  inspira  come  scrittore,  avendo  egli 

BURRASCANO  MASTROENI  GIOV.  SAV.  --  Gatechismo  graduato 
della  Dottrina  cristiana,  ad  uso  della  citta  e  diocesi  di  Messina,  com- 
pilato  dal  sac.  Giov.  Sav.  Burrascano  Mastroeni  Pro-Vicario  Foraneo. 


BIBLIOGrUFIA 


nno,  tip.  call,  ilelle  L-ttiin- domenicali,  IKS:',.  In  H1,,  .li  j.;i^ 

Lrcivescovile  li  Messina,  al  prezzo  di  L.  1. 


d'-i  noslri  tempi 

virnmno  a  dar  ragiooe  dci  nuovi  . 
Miii.  die  vanuo  mohiplicandosi  per  ordioe 
scovi  nclla  nostra  Italia.  La 
islruzione  catftliistica,  in  prinio  luogo, 
ha  bisogno  di  una  maggiore  ampiezza 
cho  prima  oon  fosse  nsala,  attesa  la  ini- 
qua  congiura  dei  settarii  di  escludere 
dalLi  educazione  Ictlcrnri.i,  la  rducazione 
religiosa.  In  secondo  luogo  si  erode  pur 
necessario  premnnire  la  crescente  gioventii 
contro  gli  errori  pia  perniciosi  die  la 
odierna  miscredcnza  va  insinuando  nei 
popoli  contro  la  religione  cristiana  e  la 
attolica.  A  cio  mirando  nilnstris- 
simo  e  reyerendissimo  Mons.  Arcivescovo  di 
Messina  ha  volutoancli'ogli  prowederc  alia 
sua  diocrsi  un  nuovo  catechismo  chc  sop- 
perisse  ai  present!  bisogni  del  suo  gregge;  e 
il  dotto  compila  tore  di  esso  ci  pare  che  abbia 
con  suflicirii/.u  sodisfatto  alle  intenzioni 
dellVgregio  Prelate.  Come  ci  avverlo  nella 
sua  pn-fiziont*  egli  ha  preso  conoscenza 
dei  migliori  catechismi  si  antichi  e  si  mo- 


derni,  raccoglinido  da  essi,  DUMimo  da  I 

mo  romano  e  da  qudlo  d 
larmino,  la  malrria  e  il  metodo  p 
Del  tratlarla;distribuendola  poi  in  quattro 
classi  graduate,  per  guisa  chc  alia  prima 
fotsero  assegcatc  Ic  nozioni  piii  f.irili  •• 
piii  necessarie,  e  a  grado  a  grado  IP  mono 
agevoli  e  le  spiegazioni  piii  ampie.  Con 
ijo.'-i.i  csposizionc  va  poi  con^'iunta  una 
breve  confutazione  degli  errori  dominanti, 
anch'essa  proporzionala  ai  gradi  divn-si 
d1  intdligenza  dei  fanciulli  da  islruire. 
Col  catechismo  poi  vanno  unite  le  istru- 
zioni  che  devono  regolare  i  maestri  ele 
maestre  nei  pratico  insognamenlo:  e  se 
queste  saranno  fedelmenle  esrguite,  con- 
forme  il  desiderio  dello  zelante  Prelato, 
1'  uso  del  prescnte  catechismo  riu-cin'i 
senza  dubbio  molto  profiltevole;  dovendo 
gli  istrutlori  adattarlo  alle  diverse  capa- 
cila  dei  loro  uditori,  dove  abbondando 
nelle  dichiarazipni  di  cose  piu  necessarie, 
e  dove  otnettendo  le  piii  aslruse  e  meno 
necessarie. 


GEREBOTANI  LUIG1  —  II  tele-topometro  (da  un  sol  punto,  senza  stadio» 
senza  nulla  mutare)  patentato  in  ttitti  gli  Stati  di  Europa  e  di  America. 
Conferenza  dell'inventore  Ab.  Dolt.  Luigi  Cerebotani,  prof,  al  Semi- 
nario  di  Verona.  Verona,  libreria  H.  F.  Miinster  G.  Goldschagg  succ. 
1884.  In  8  gr.,  di  pagg.  20. 
NVI  nostro  quaderno  796  noi  facemmo 

conoscere  ai  nostri  lettori  il  telemetro  o 

teletopometro  del  ch.  sacerdote  Cerebo- 

tani:  invcnzione  meravigliosa,  non   sap- 

piamo  piu  se  per  la  sua  semplicita  e  fa- 

cilita  di  u«o,  n  por  la  sua  esattma  nelle 

misure  degli  oggetti  lontani  a  cui  k  desti- 


invpce  apprezzata  quanto  mcritava,  cioe 
sommamente,  e  favorita  por  ogni  guisa 
dal  Governo  germanico  c  da  sommi  scien- 
ziali  di  qucl  paese :  la  quale  Mima  e  fa- 
vore  va  acquislando  ogni  di  piii  in  altre 
comrade  si  di  Europa  come  di  America. 
Noi  nei  luogo  citato  no  facemmo  una 
sommaria  doscrizionc :  una  piii  ampia  ne 
trover*  il  leltore  in  questa  Gxifercnza. 


Data.  Se  per  colpa  di  chi  avn-bbe  avnto 
il  dovere  di  farno  il  drhito  conto  e  trarla 
ai  proprii  usi,  fu  poco  cnrata  in  Italia;  fu 

COZZUCLI  BERiNARDO  —  Prima  Synodus  dioecesana  ab  Illmo  ac 
Revmo  D.  Bernardo  Cozzucli  Episcopo  Nicosien-Herbitensi,  habita 
diebus  VI,  VII,  VIII  et  IX  seplembris  MDCCGLXXXIII,  Panormi, 


86 


BIBLIOGIUFIA 


ex  typographia  catholica,  vulgo 
MDGCGLXXXIII.  In  16,  di  pagg, 
Ai  sinodi  celrbruti  in  varie  diocesi 
d1  Italia,  c  che  noi  di  (ratio  in  tratto  siamo 
venuti  annunziando,  aggiungiamo  ora  que- 
sto, che  nei  giorni  6,  7,  8  e  9  settembre 
del  passalo  anno  fu  tenuto  per  la  dioeesi 
di  Nicosia  da  Monsignor  Bernardo  Coz- 
zucli  Vescovo  di  quella  dioeesi.  Le  pes- 
sime  condizioni  dei  tempi  nostri,  cosi 
sfavorevoli  agli  inleressi  della  fede  e  della 
morale  crisliana,  esigevano  dai  sacri  Pa- 
stori  che  adoperassero,  con  piii  zelo  che 
altre  volte,  questo  eflicacissimo  mezz,o  di 
difendere  contro  le  arti  dei  nemici  e  pro- 


dicta  dclle    Letture   Domenicali, 
194. 

muovprp.  in  mpjrlio  il  bene  religiose,  la 
disciplinn  della  Chiesa  e  la  santita  dpi 
costumi  nel  clero  e  nel  popolo.  Corne  gli 
altri,  cosi  lo  zelantissimo  Vescovo  d.  Ni- 
cosia ha  ordinato  al  conseguimento  di 
questi  inestimabili  frutti  la  celebrazione 
del  Sinodo  annunziato:  del  qualp  non  CIT- 
iiamo  necessario  esporre  in  pariicolare  il 
coiiimuto,  che  e  lotto  conforme  alle 
norme  gia  tracciale  dai  Concilii  i:p»prali 
e  rassomigliasi  nei  provvedimnnli  speciali 
per  i  nostri  tempi  agli  altri  Sinodi  altrove 
celebrali. 


D'ADDOSIO  RAFFAELE  —  II  Duomo  di  Bari  e  le  sue  vicende.  Let- 
tera  del  P.  Raffaele  d'Addosio  D.  S.  P.  Bari,  stab,  lipografico  Gissi 
e  Avellino,  1884.  In  16,  di  pagg.  42.  Prezzo  cent.  60,  veodibile  nella 
Cartoleria  del  Sig.  Giuseppe  Favia,  Corso  Yitlorio  Eramanuele  n.  117. 

DA  BOLANDEN  CORRADO  —  Raffaello  di  Gorrado  Da  Bolanden. 

Versione  dai  tedesco  di  Adele  Pichler.  Seconda  edizione,  ritoccala 

dalla  stessa.  Modena,  tip.  Pontificia  ed  Arcivescovile  dell'Immacolata 

Goncezione,  1883.  Due  volurai  in  16,  di  pagg.  272,  282. 

La  tipografia  ponlificia  dell' Immacolata      massonoria;  la  burocrazia;  il  cesarismo  ; 


ha  riprodotto  nella  sua  Collezione  di 
letture  amene  ed  oneste,  questo  bellis- 
simo  racconto  del  celebre  e  benemerito 
romanziere  tedesco ;  persuasa  che  anche  in 
Italia  incontrera  quell' aggradimento  e 
produrra  que'  buoni  frutti  che  gia  pro- 
dusse,  ripabblicato  piii  volte  in  Germania. 
La  versione  fu  eseguita  da  una  brava 
signorina,  Adele  Pichler,  gia  nota  all'Italia 
per  altre  versioni  che  comparvero  nel 
Leonardo  da  Vinci,  e  nel  Popolo  cat- 
toUco;  e  1'ha  condolta  con  tanto  garbo 
che  sembra  quasi  un  racconto  dettato 
originariamcnle  nel  nostro  scorrevole  e 
limpido  idioma. 

Le  piu  gravi  question!  religiose,  mo- 
ral! e  civili,  che  agitano  il  mondo  d'og- 
gidi,  come,  a  cagion  d'esempio,  quella  tra 
i  ricchi  e  i  poveri,  i  capitalist!  e  gli  operai; 
rjuella  del  vcrismo  che  si  vuole  intrudere 
nelle  arti  belle  e  nella  lettcratura;  la 


il  dio-stato  che  tutto  assorbe,  spadroneggia 
e  opprimc  a  titolo  di  Iibert6  c  di  pro- 
grpsso;  la  piaga  orribile  del  duello  edel 
suicidio  die  vanno  estendendosi  ogoor  piii 
a  spavento  e  strazio  delle  famiglie;  la 
sbaglialissima  educazione  moderna  notan- 
temonte  nelle  case  signorili :  tutto  in 
somma,  che  presentemente  commuove  e 
perturba  la  oiiierna  societa,  e  in  questo 
romanzo  del  Bolanden,  nonche  accurata- 
menie  descritto,  ma  scenegjriato  a  cosi 
forli  tocchi  e  vivaci  colori  che,  in  luogo 
di  leggere  un  libro,  par  di  assistere  ad 
altivt unite  i-appresenlazioni  di  splendido 
e  vaslo  teatro. 

Oltre  all' edizione  che  fa  parte  delle 
Letture  amene,  la  tipografia  ne  ha  ese- 
guiia  un1  altra  in  due  bei  volumi  in  carta 
di  lusso,  di  cornplessive  pagine  560,  e 
costano  tre  lire.  Si  vende  ancora  presso 
L.  Manuelli,  libraio  in  1'irenze. 


vFIA  87 

UK  .  "NINO  —  Fr.ndan.  ,-osto 

\ntonino  Id-  Carlona  da  Morano  Calal»r<  <,  tip.  r  libr.  di 

Andrea  I  G  3.  Hiagin  dn  Librai,  11);?,  iss:1,.  In  li;,di  pagg.176. 

Prezzo  L.  2.  Vendihile  presso  1*  autore  in  Morano  Calabro,  e  nella  tip. 

e  libr.  Fesla  in  M  a  poll. 


QUP-  drl  ch.  Anlonino  De 

Cardona  comprendc  un:i  m.iteria  piii  vasla 
che  lion  N  mliri  iicceniinia  dal  titolo.  Egli 
Iratla  niollejiliri  question!  cnpilali  intorno 
al  benessere  sociale,  sia  nel  risguardo  civile 
sia  nel  politico:  ma  poidie  sono  tulle 
rannodaie  ad  tin  concetto  comune,  il 
i|n;il'  e  come  il  fondamento  della  sociale 
;t;i,  di  questo  fondamento  per  Pap- 
punio  fa  il  titolo  del  suo  libro.  In  so- 
stanza  egli  dimostra  che  la  socieia  in  tutti 
•-.ipporti  non  pu6  giammni  atlingere 
con  Terila  il  vero  suo  lino,  se  di  lulle  le 
sue  isiituzioni,  della  sua  legislazione  e  di 
lutta  la  sua  vita,  non  sia  come  Panima 


e  il  precipoo  movenU'  la  legge  morale, 
derimione  del  In  legge  elerna.  In  tal 
principio,  dice  I' autore  di  arerlo  allinto 
dal  lilosofo  subalpino  (e  piacessc  al  d'-lo 
che  qut-sti  sc  ne  fosse  faito  semprc  la 
gnida  e  la  norma  delle  sue  operp);  ben- 
che,  con  motto  mijrlior  vanlaggio  avrebbe 
potuto  raulgurarlo  in  se  e  nelle  sue  ap- 
plicazioni  nolle  o|>ere  di  san  Tommaso  e  di 
altri  sommi  scolastici.  Ma  chccdie  sia  di 
cid,  egli  non  ha  seguito  il  Giobcrti  o  nelle 
deviazioni  da  qael  principio  o  nelle  false 
consegucnze,  procurando  invece  che  qneste 
si  ragguagliassero  sempre  colla  slrcgua 
adotiaia. 


DEHO  GAETANO  —  Vedi  MARONE  P.  VIRGILIO. 


DE  MARI  FRANCESCO  —  Foglie 
1'aono  1876;  per  Francesco  De 
stab,  tipogr.  dei  fralelli  Tornese, 
In  16,  di  pagg.  636.  Prezzo  L.  5 
Chi  pfrcorre  quests  Memorie,  piut- 
tosto  che  tegppre  la  descrizione  del  viajr- 
gio  che  ne  e  il  soggetlo,  credera  di  andar 
di  brigata  col  ch.  Autore  di  esse;  tanta 
e  la  maestria  con  cui  rappresenta  ed  uo- 
mini  e  cose.  II  tin^io  fn  da  lui  impreso 
per  Tisitaro  il  famoso  Santuario  di  Lour- 
des,  in  adempimento  di  an  voto  per  gra- 
zia  scgnalalissima  ricevuta  dalla  SS.  Vi-r- 
fino.  Ma  come  fanno  i  viaggiatori  di  genio, 
allo  scopo  principale  accoppi6  altri  scopi 
secondarii,  e  prese  quind*  occasione  per 
visitarp  altri  paesi  fuori  del  giro  percorso 
dagli  altri  pellegrini. 

La  descrizione  di  on  viaggio  fntta 
da  nna  pcnna  valontc  tiene  quasi  le  veci 
del  viaggio  stesso,  in  quanto  che  se  mi- 
nore  dnlP  nna  parte  ne  e  il  dilrtto,  sono 
anche  minori,  o  a  dir  mepl'o  nulli  jrl'in- 
comodi.  Ma  il  libro  delPegregio  Doca  di 


di  autunno.  Meroorie  di  viaggio  del- 
Mari,  Duca  di  Castellaneia.  Napoli, 
San  Geronimo  alle  Monache,  1884. 


Castellaneia  possiamo  dire  che  e 
cosa  di  piu  dclizioso  di  un  viapgio 
reale,  tranne  il  caso  che  fosse  faito  in 
sua  compagnia.  Nmno  al  c^to  preten- 
dera  da  nci  di  s.ipere  i  panicolari  dpi 
Inoghi  visitnti  e  descritti  da  lui:  do- 
vremmo  per  poco  ricopiare  il  libro.  Ba- 
stera  dire  in  generate  di  una  sua  singo- 
lare  abilita,  di  coglierc  dapperlulto  qurgli 
oggetti  che  possano  fare  maggiore  im- 
pressione,  e  che  non  sono  dei  pio  per- 
vulgnti  nelle  guide.  Tulti  quest!  oggetti 
scintillano  di  una  luce  lor  propria  nella 
sna  fantasia;  ed  egli  sotloquclln  in 
luce  sa  descriverli  ai  suoi  lettori,  ai  (|ii.ili 
sembra  proprio  di  ravvisarli  nella  loro 
reaiti  :  e  questo  a  rapid!  tocchi,  senza  in- 
dnpiarsi  piii  del  dotere;  e  scorre  dall'una 
cosa  all'altra  con  mirabil<-  disinvoltura; 
e  tutto  awivn  colic  circostanze  di  per- 


88  B1BLIOGRAFIA 

sone  e  di  fatti  present!,  sicche  ne  nascono 
scene  di  singolare  diletto  :  o  poi  avven- 
ture  e  aneddoti  di  grande  varied,  che  si 
succedono  continuatamente  eccitando  sva- 
riati  afTetti,  o  di  festiva  ilarita,  o  di  amare 
rimembranze,  secondo  le  ingegnose  e 
sempre  natural!  osservazioni  dell' An  tore, 
alle  piu  notabili  delle  quali  porgono  oc- 
casione  le  vicende  politiche  c  moral!  del 
nostro  paese.  Conoscono  tutli  i  principii 
inconcussi  del  Duca  di  Castellaneta  per 
tutto  ci6  die  riguarda  religione,  morale 
e  sana  politica:  e  nota  parimente  la  vi- 
vacita  del  suo  ingegno,  e  qnanto  egli  valga 
oeir  uso  delta  flna  ironia  in  opera  di  sfol- 
gorare  1'iniquita  trionfanle.  Faccia  dunque 
ragione  il  lettore  quanta  materia  gli  si  of- 
fi'riva  di  usare  di  quest' arme,  nel  visitare 
che  free  le  cilia  e  i  monument!  principal! 
dell'  Italia ;  e  quanti  riscontri  colle  nuove 
islituzioni  e  colle  miserie  della  nostra  Italia 
gli  dovevano  suggerirc  i  paesi  stranieri. 
Ma,  dira  taluno,  le  Memorie  del  Duca 
di  Castellanetasaranno  dunque  un  bel  pa- 
scolo  pei  clericali,  pei  codini  e  simil  gente, 
pei  quuli  la  moderna  civilta  e  un  pubblico 
disastro!  No!  crediamo  per  contrario  che 

GHIZZI  GIUSEPPE  —  Storia  della 
Giuseppe  Ghizzi.  Arezzo,  stab, 
di  pagg.  160. 

Benche  non  ancora  sia  compiuta  la 
presente  storia  della  terra  di  Castiglione 
Fiorenlino  del  ch.  Giuseppe  Ghizzi;  non- 
dimeno  se  ne  pu6  fare  esatto  giudizio  per 
qucsla  prima  parte  che  ne  e  stata  pub- 
blicata,  la  quale  giunge  sino  ai  principii 
del  secolo  XVI.  Diciamo  cosi,  perche  le 
maggiori  diflicolta  del  lavoro  le  incontro 
lo  scrittore  nei  secoli  preceduti,  ossia  per 
la  scarsita  dci  document!  e  la  incertezza 
delle  notizie  gia  divulgale,  ossia  per  la 
diflicolta  di  trovare  e  vagliare  i  document! 
inediti.  E  ci  sembra  che  quesle  diflicolta 
le  abbia  felicemente  superate,  essendo 
liuscito  a  tessere  una  storia  conlinuata 
e  piena,  dalle  origin!  piu  accertate  del 


il  libro  del  ch.  Dnca  e  libro  per  tulti, 
perche  non  solo  puo  far  bene  a  tutti,  ma 
perche  chiurique  si  ponga  a  leggerlo  e 
come  necessitate  di  andarslno  alia  line: 
ed  ecconela  ragione.  L'  An  tore  ha  un'  arte 
singolare  di  sapersi  guadagnare  1'afletto 
del  lettore;  si  che  quest!  a  poco  a  poco 
finisce  per  diventargli  amico.  Or  sj  ca- 
pisce  che  fra  gli  amici  si  pu6  anche  tro- 
vare diflerenza  di  opinion!  senza  che  nulla 
guasti,  e  che  final  men  te  la  vince  chi  ha 
per  se  la  verila  e  sa  farla  valere.  Nel  che 
nessuno  vorra  negare  una  grande  abilita 
ai  nostro  Autore.  Le  sue  osservazioni  an- 
tiliberali  sono  come  la  sintesi  di  lunghi 
discorsi,  tanto  egli  vale  a  rapprcsentare 
nella  piena  evidcnza  (ove  specialmente 
trattisi  di  pratiche  applicazioni)  il  falso 
dei  principii  liberaleschi  rispelto  alle  sane 
dottrine. 

Noi  dunque  auguriamo  alle  Foglie 
autunnali  (concediamo  questo  titolo  alia 
modestia  dell' Autore)  un'ampia  divulga- 
zione,  non  solo  perche  il  merito  letterario 
del  ch.  Duca  ne  sia  sempre  piu  illustrate, 
ma  anche  pel  frutto  morale  che  ne  pud 
provenire  in  ogni  classe  di  lettori. 

terra  di  Gastiglione  Florentine,  per 
lipo-litografico  Bellotti,  1883.  In  8, 

_Castello,  che  rimontano  al  secolo  XI, 
sino  all'cpoca  teste  indicata.  Essa  com- 
prende  nolizie  di  vario  genere,  ordinate  a 
modo  di  cronaca,  e  principalmente  le  vi- 
cende militari  e  politiche  che  furono  mol- 
teplici  e  varie,  e  ne  mutarono  in  si  di- 
verse guise  le  condizioni.  1'iii  facile  senza 
dubbio  gli  riuscira  la  seconda  parte,  per 
la  quale  non  dovra  palire  gran  penuria 
di  document!,  e  che  non  oflre  cosi  sva- 
riata  serie  di  avvenimenti.  Percio  sin  da 
ora  ci  congratuliamo  con  lui  di  cosi  ac- 
curato  lavoro,  che  recheri  anch'esso  la 
sua  parte  di  luce  alia  storia  generate 
d' Italia. 


IOORAI  i\  89 

HANNA  B  MLLI   I'rincipessa)— Vcli  IIOWDKN  I'. 

•ill  S\LV.  —  L'Immacolala  nel  Magnificat.  Piccolo  sapgio  di 
esegesi  biblica  pel  Sac.  S'llv.  Grech  I).  I),  professors  «li  S.  Scriltura 
e  belle  lettere  m-l  Sfiuinario  di  S.  Calcedonio.  Malta,  tip.  Guglielmo 
Gumbo,  strada  Sanl'Orsola  N°  92,  18H3.  In  8,  di  pagg.  40. 

E  un  bel  saggio  chc  con  questa  di-  mi  bel  leslimonio  di  affctto  verso 

chiaraziono  del  Magnificat  Ah  il  ch.  Au-  negli  argomenti  clip  ricava  di  qm-l  caniico 

-i  ilrll.i  sii;i  atiinnliuo  per  gli  sludii  per  mettere  in  rilievo  i  privilivi  ip 

biblici,  romr  della  sua  piela  verso  la  gran  lissimi  di  Lei,  quello  segnalaiiifiite  dflla 

Minlri'  <li  hio.  II  suo  commcnto  di  fatti  Immacolata  Concezione,  die   f.i  liMiltar- 

regge  assai  hene,  considerato  nella  sua  da  un  accurato  esame  del  socondo  ver- 

parte  esegetica;  ed  e  nello  stesso  tempo  setto. 

LANFRANCIH  VINCENZO  —  Vincentii  Lanfranchii  de  oratoribus  ro- 
manis  ncroasis  facta  studiis  auspicandis  litterarum  latinarum  in  athe- 
naeo  Taurinensi,  XVI  calendas  decembres  an.  MUCCCLXXXIII. 
S.  Benigni  in  Salassis,  ex  officina  Salesiana,  an.  MDGGGLXXX1V. 
In  8,  di  pagg.  24. 

La  prrsente  orazione  fu  letla  dal  giudizii,  per  la  piii  parte  attinti  da  ana 
ch.  .professor  Lanfranchi  nclla  Universila  fonte  cosi  sicura.  Quanlo  alia  cultura 
di  Torino  nclla  occasione  di  inaugurare  della  lingua  e  dello  stile,  egli  si  appalesa 
il  corso  della  latina  leltcratora.  Egli,  se-  non  merio  conoscitore  dell'  una,  che  ac- 
goendo  il  melodo  del  Vallauri  gia  suo  curato  nell'aliro.  Nel  chc  se  alcuna  co>a 
maestro  e  antecessore,  ha  scelto  un  sog-  dobbiam  notare,  e  una  cotale  ricercale/za 
gelto  ordinato  appunto  ad  illustrare  la  che  per  ventura  potrebbe  si'mbrar  so- 
lalina  letteratura.  Questo  e  la  storia  cri-  verchia,  in  quanto  assai  di  leggier!  si  fa 
lica  dei  latini  oratori,  che  tesse  iucomin-  scorgerc  da  chi  legge.  Ma  se  questo  6 
ciando  dai  rozzi  principii  della  romana  un  difetto,  e  da  condonnre  alle  prime 
eloquenza,  e  prendcndo  a  duce  il  mas-  pruovc  del  ch.  Professore,  raesso  in  con- 
.-iiiM  luminare  di  quesia,  M.  T.  Cicerone,  dizione  di  dover  succrdere  a  chi  con 
che  il  primo  ne  scrisso.  Nulla  ci  oc-  tanta  gloria  e  per  si  lunghi  anni  a  MM 
corre  dire  della  materia,  essendo  i  suoi  corso  il  racdesimo  arringo. 

LOCATELLI  CARLO  —  La  vita  di  San  Carlo,  narrata  alle  famiglie 
dal  sacerdote  Carlo  Locatelli,  dottore  in  S.  Teologia,  membro  della 
Pontificia  Accaderaia  dell'  Imraacolata  Concezione  in  Roma.  Milano^ 
libreria  editrice  ditta  Serafino  Maiocchi,  via  Bocchetto,  n.  3,  1882. 
tipografia  del  Riformatorio  Patronato.  In  8,  di  pagg.  638.  Prezzo 
L.  10,  franca  di  porto. 
.Virrare  la  vita  di  S.  Carlo  Borromco  Chiesa.  E  veramente  tra  i  personap?i  •  ho 

non  e  solamenlc  narrare  la  vita,  quanto      ebbero  mano  inquella  grande  opera  d'im- 
•.••i-.i\ir'!:i.vi  fil  illustre  di   un      mensa  utilita   a  tutta  la  couuiiii.ni 

era-  della  ( :iiics;i ;  ma  e  tessere  una  pane      tolica,  che  fu  il  Concilio  di  Trento,  S.  Carlo 

ootevolissima    della    storia   della    stessa      e  da  reputare  uno  dei  piu  segnalali  JUT 


90 


BIBLIOGRAFIA 


vastila  di  consul!  ed  operosa  eflicacia  di 
azione,  si  nel  tempo  del  la  celebrazione, 
come  altrfisi  noil'  attuarne,  dopo  che  fu 
chiuso,  i  savissimi  provvedimenti.  Ma  non 
basta:  a nche  considerate  come  pastore  par- 
ticolarn  delta  Chiesa  di  Milano,  egli  con- 
feri  in  rnodo  straordinario  agli  inieressi  di 
tutta  quanta  lu  Chiesa  Cattolica,  essendo 
state  le  sue  riforme,  dove  piii  dove  meno, 
prese  quali  modelli  delle  riforme  che  si 
vennero  a  mano  a  mano  introducendo  nelle 
altre  diocesi,  segnatamente  d' Italia.  Da 
qucsta  semplice  considerazione  puo  infe- 
rirsi  cosi  1'importanza  universaledi  questa 
storia,  come  dall'altro  canto  la  non  poca 
diflicolla  che  essa  offre  a  chi  la  tenti.  II 
ch.  prcvosto  Locatelli  non  si  e  lasciato 
scoraggiare  dalla  arduita  del  tema.  La  sua 
grande  divozione  verso  il  santo  Arcive- 
scovo  di  Milano;  il  desiderio  di  far  cosa 
gradita  ai  suoi  concittadini  nella  prossima 
occasione  di  celebrarne  il  centenario;  e 
finalmente  lo  zelo  di  difendere  la  fama  di 
questo  insigne  benefattore  della  patria, 
controle  impudent!  calunnie  di  un  misera- 
bile  scrittore,  (che  menlisce  non  pure  alia 
storia,  ma  anche  a  se  stesso  nei  docu- 
ment! che  allega)  lo  hanno  indotto  a 
porre  mano  al  diflieil  lavoro.  E  noi  dob- 
biamo  dire,  in  onore  della  veriia,  che 
egli  e  riuscito  a  darci  una  vita  del  grande 
successore  di  S.  Ambrogio,  la  quale  per 
ogni  sua  parle  pu6  dirsi  compiuta. 
San  Carlo  vi  comparisce  fin  dai  suoi  primi 
anni  e  in  tutta  la  sua  vita,  un  esemplare 


porfctiissiino  di  virtu  cristiane,  le  quali 
poi  prendono  forma,  nellc  diverse  con- 
dizioni  di  persona  privata  o  pubblica, 
or  di  privata  or  di  pubblica  santita, 
sempre  in  grado  eroico  raggiurita.  La 
vasta  materia,  dovuta  tratteggiare  dal 
ch.  scrittore,  non  lo  confonde.  Kgli  pre- 
cede destro  e  spiglialo  fra  tanta  variola 
di  cose  e  di  avvenimenti,  non  frodando 
il  lettore  di  cio  che  gli  conviene  sapere 
in  ordine  al  s6ggetto  principale,  ma  nep- 
pure  intrattenendolo  in  case  aliene,  se  ne 
togli  qualche  curiosita  di  cui  gli  fa  grazia 
qualche  volta  in  nota.  Donde  proviene 
quel  sempre  crescente  interesse  con  coi 
si  legge  il  suo  scritto,  il  quale  non  istanca 
mai,  e  si  pena  a  doverlo  interrompere. 
Nel  quale  effetto  hanno  anche  grandis- 
sima  parte  la  lingua  corretla,  lo  stile 
familiare  e  scorrevole,  le  savie  osserva- 
zioni  che  di  tratto  in  tratto  innesta  alia 
narrazione,  e  che  sembrano  naturalmente 
germogliare  dalla  materia  che  tralta.  Per 
quest!  ed  altri  pregi  noi  raccomandiamo 
moltissimo  la  vita  di  san  Carlo,  descrilta 
dal  ch.  prevosto  Locatelli;  e  poiche  egli  nel 
titolo  si  protesta  di  narrarla  alle  famiglie 
crisliane;  a  quesle  appunto  noi  propo- 
niamo  di  fame  soggetto,  come  desidera 
1'Autore,  di  lettura  comune.  Esse  vi  trove- 
ranno  un  pascolo  non  meno  salutare  che 
dilettevole  allo  spirito.  Anche  1'  elegante 
edizione  in  carta  scclta  e  bei  tipi,  ed  or- 
nata  di  parecchie  pregevoli  incision!,  in- 
vita  alia  letlura. 


LO  RE  GIACOMO  —  II  canto  liturgico  illustrato  secondo  le  autentiche 
ediziooi  di  libri  corali;  dal  Sac.  Giacomo  Lo  Re,  Sotto  Giantro  della 
Metropolitana  di  Palermo  e  prof,  di  caoto  ia  quel  Seminario  arci- 
vescovile.  Palermo,  lipografia  di  Giovanni  Olivieri,  corso  Garibaldi, 
n.  25,  1883.  In  8°  di  pagg.  192.  Prezzo  L.  3,00.  Dirigersi  all'Autore 
con  lettera  raccomandata  o  con  vaglia,  Via  Vincenzo  Riolo,  n.  22, 
Palermo. 

LGTESORIERE  TOBIA  —  L'ateismo  moderno  e  la  scienza;  del  sa- 
cerdote  Tobia  Lotesoriere,  socio  ordinario  deH'Accaderaia  parmense 


.FUF1A 


'.i! 


\  JIIIIIM.  (/,•/»</!/,  tip.  Ennio  di  <l.  Tamborrino,  1883. 

in  H;,  (\\  p;t^.  k>;>.  Preno  L  1. 

Li    motlerna    inm-diir  d.i      pur  della  scienza  umana  e  della  morale 

d'  online  natural?,  E  queslo  11  compito 
che  il  ch.  Canonico  IxUesoriere  si  assume 
nel  presente  opuscolo,  svolgendu 
chiarando  gl'invitli  argomeoli  che  a  |>n>- 
vare  la  delta  verita  sono  arrecali  dal- 
FAngelico  Dotlor  S.  Toimnaso. 


oon  pochi  t  h  •  <i  arrogano  MjMrtaMBtt 
il  lilolo  di  scionziali  lino  al  delirio  di 
negare  Fesisten/a  di  Dio,  ha  iodotia  la 
Moessila  negli  apologist!  cailolici  di  raf- 
irnn.ire  questa  Terita,  che  non  solo  e  il 
fondameoto  della  religione  crisiiana,  ma 


MAHCKLLINO  (P.)  DACIVEZZA  — II  Patmrca  della  nuova  alleanza 
San  Giuseppe,  contemplato  ne'fatli  e  misteri  della  sua  vita  nel  raese 
di  raarzo  a  Lui  consacrato.  Trentadue  ragionamenti  del  P.  Marcellino 
da  Civezza,  niinore  osservante.  Prato,  tip.  Giachetti,  figlio  e  C.,  1883. 
In  16,  di  pagg.  244.  Prezzo  L.  2. 
Somministrano  la  materia  a  quest!  frulto  di  ciascheduoo,  c  molto  piii  di 

discorsi  le  noiizie,  che  piu  o  men  di  vi- 

cino  riguardano  il  sanlo   Palriarca  Giu- 
seppe. 1'er  se,  come  ognan  sa,  non  sono 

esse  copiose;  giacche  poco  e  ci<\  die  di 

lui   ci   riferiscono  le  sante  Scritture;  e 

qaelle  altrc  che  provengono  da  fonli  di- 
verse, non  hanno  per  lo  piu  un   sicuro 

fondainento.  Nondimeno  quelle  scarse  ma 

eerie  memorie,  fccondate  dalla  soda  dol- 

Irina  che  il  ch.  Autore  possiede  e  da  lui 

opporlunamenle  applicate  alle  condizioni 

dei  nostri  tempi,  gli  forniscono  lullo  il 

bisognevole  per  ben  trentadue  soggelti.  II 

MARII  LUIGI  --  Poesie  italiane  del  P.  Luigi  Marii  d.  G.  d.  G.  Napoli, 
R.  stab,  tipografico  di  Donienico  De  Falco  e  F.,  Via  Salata  ai  Venla- 
glieri,  14,  1883.  In  16,  di  pagg.  252.  Prezzo  L.  3. 
fe  gran  variela  di  soggelti  e  di  melri      soggetlo  ad  un  lungo  ed  assennalodiscorso 

che  premelte  alle  sue  rime.  Egli  pertanto 
coi  presidii,  come  si  e  dello,  d'  un  inge- 
gno  squisitamenle  poelico  e  di  soda  col- 
lura,  ha  polulo  toccare  nella  pocsia  un 


lull!  insieme,  e  quello  di  far  concepire 
una  aliissima  slima  della  santita  dell1  cc- 
celso  patriarca,  di  promuoverne  la  divo- 
zione,  e  con  questa  lo  sludio  dello  cri- 
sliane  virlu  per  oltenere  da  lui  elette 
grazie,  e  quella  segnatamente  della  liuo-ia 
raorte.  Essendosi  ora  molto  propagata  la 
divozione  del  mese  di  san  Giuseppe,  i  sa- 
cri  oralori,  massime  i  pi  a  giovani,  po- 
iranno  da  questo  libro  pigliare  indirizzo 
ed  esempio  per  farsi  guida  a  ben  prati- 
carla. 


nella  presenlo  raccolia  di  poesie  ilaliane; 
ed  in  lulle  si  rivela  I'.ingegno  veramente 
poelico  del  ch.  P.  Marii  che  ne  e  1'aulore. 
Con  lale  sussidio  della  nalura  e  nutrito 
di  fort!  sludii  nella  classica  scuola,  egli 
si  mostra  quanfallri  mai  alieno  dal 
vezzo  moderno  d'un'altra  scuola,  la  quale 
se  e  riprensibile,  spesso  alineno,  nella 
forma  esterna,  piu  che  mai  e  da  biasimare 
per  F  interim  materialista  ed  empioa  cui 
e  indirizzala  nel  suo  concetto  sostanziale. 
Acconniamo  a  questo  punto,  perche  il 
ch.  Autore  fa  di  late  tcndenza  del  secolo 


grado  non  comune  di  perfezione,  cosi 
negli  argomenli  piii  lenui,  ad  esempio  i 
cant!  popolari,  le  anacreonliche  ecc., 
come  nei  piii  gravi,  nei  quali  ordinaria- 
mente  adopera  la  terza  rima :  e  fa  proprio 
meraviglia  il  vedere  in  qual  modo  negli 
uni  e  negli  allri  si  alteggi  si  bene  e  si 
propriamcnle  il  sno  genio.  Ecco  un  pic- 
col  saggio  delle  sue  anacreonliche  in  una 


BIBLIOGRAFIA 


intitolala :  La  prima  aura  di  aprik: 

Dolce  aurctla  leva  il  volo 
Dal  bcl  grembo  dell' aurora, 
Con  quol  soffio  che  innamora 
K  la  terra,  e  il  mare,  e  il  ciel. 

Non  temor,  che  1'aspro  gelo 
Lascia  i  colli,  lascia  1'onde, 
Piu  la  brama  non  diflbnde 
Di  mestizia  il  fosco  vel. 

Vieni,  vien,  celeste  auretta, 
Col  bel  sibilo  gentile; 
Gia  ti  c.liiama  il  vago  aprile 
In  sua  magica  belta. 

Senza  te  non  v'e  diletlo, 
Non  v'&  riso,  non  amore; 
Sc  tu  vien  s'inebria  il  core 
D'innocente  volutta. 

Vedi  i  fior,  chft  in  lor  linguaggio 
Da'socchiusi  calicetli 
Ti  domandan  vezzoselti 
Bacio  vergine  d'amor? 


L'augolletto  sulla  IY. 
Par  ti  dica  in  sua  ft  vel  la: 
Torna  alfin,  deh  torna,  o  bolla, 
Bella  al  par  del  primo  albor!  ecc. 

Ma  Pingcgno  poelico  del  P.  Marii  si 
manifesto  ancor  piu  nei  soggetti  gravi  chc 
comprendono  la  maggior  parte  del  libro. 
Vengono  quasi  tutti  tratiati,  come  abbiam 
detto,  in  terza  rima;  e  parecchi  di  essi 
constano  di  piu  canti  da  formare  insieme 
un  poemetto.  Poetica  ne  e  sempre  la  in- 
venzione  e  Porditura,  nobili  i  concetti, 
franco  e  robusto  lo  stile  che  fa  sentire 
il  lungo  studio  posto  nel  divino  Alighieri; 
flnalmenle  corretta  e  pura  la  lingua.  Per 
saggio  anche  di  questo  genere  riporteremo 
alcune  terzine  del  secondo  Canto  pel  Cen- 
tenario  di  S.  Pietro,  dove  la  Fede  ac- 
cenna  alle  vittorie  da  lei  riportate  per 
merito  dell'Apostolo.  Fra  1'altre  cose  dice 
cosi : 


Ahi,  qnal  sostcnni  indomita  fortuna, 
Nel  diflicil  cammin  dall'aure  avverse 
Che  il  nemico  sfreno  sull'onda  bruna. 

Ma,  mentre  intorno  a  me  rotte  e  sommerse 
Andar  vedea  ne'gorghi  altere  navi, 
La  mia  barchetta  piu  gagliarda  emerse. 

Invisibil  nocchier  tu  la  guidavi 
Tra  il  vento  e  le  procelle,  e  d'  ogni  scoglio 
Con  pronta  e  accorta  man  tu  la  campavi. 

M' invest!  pria  de'Cesari  Porgoglio, 
Allor  che  scossi  di  mia  luce  al  lampo 
Tremaro  i  simulacri  in  Campidoglio. 

Scendo  contr'essi  intrepida  nel  cnmpo, 
L'  immanita  ne  stanco,  e  a  millc  a  mille 
Del  santo  foco  i  popoli  divampo. 

Quindi  dovunque  giro  le  pupille, 
Dovunque  il  tuon  della  mia  voce  arriva, 
Di  possenli  virlii  sorgon  faville.  ecc. 

Non  diciamo  che  le  poesie  del  Marii  va-  che  non  sono  ne  molti  n&  gravi,  e  quei 

dano  del  tutto  scevre  di  difetti:  ve  ne  ha  che  per  ventura  vi  si  trovano  vengono 

certamente  or  nei  concetti  or  nella  forma;  in  certa  guisa  oscurati  dai  pregi  che  vi 

ma   crediamo  di  non  errare  affermando  risplendono. 

"MA.RINANGELI  DOMENIGO  —  DI  un  aito  studio  di  teoiogia  compa- 

rata.  Discorso  recitato  al  VI°  Gongresso  cattolico  di  Napoli  da  MOD- 


B1BLIOGRAFIA 


signor  Domenico  Marinan^li,  Vescovo  di  Foggia.  Bologna,  tipografia 
e  librma  Arcivescovile,  via  Altobella,  n.  6,  188)1.  In  1<>,  di  pa-:.- 

I.  uno  spliMidido  ili-cor^.i,  m-1  quale       strumfnti  di  un  partite  o,  peg'r'io,  di  una 

set  la;  1'allro  positive,  in    cui   stabilisce 
(In-  il  fine  a  cui  lendono 


quello  della 
gloria  di  Dio,  della  pnptfttiOMM  regno 
di  Geso  Cristo  sulla  torra  o  del  rincalzo 
della  mulua  carili  fra  i  membri  di  esw  : 
al  conseguimento  del  qual  nobilistimo  fine 
anima  con  sapient!  e  calde  parole  i  sooi 
uditori. 


il  H.mo  ed  HI. mo  monsignor  Domenico 
Marinangi'li  vescovo  di  Foggia  chiarisce 
agli  adunati  noH'ullimor.ongressocatiolico 
il  vero  e  proprio  scope  dell'  Opera  de'  Con- 
gress!. 1  cap!  principal!  del  suo  ragiona- 
mento  vorsano  sopra  due  concetti :  1'  uno 
in  i-erta  ^'iiisa  negative,  con  cui  dimostra 
ci6  che  non  sono  i  Congress!  cattolici, 
scagionandoli  dalle  volgari  accuse  di  essere 

MARIOTTI  CANDIDO  —  S.  Francesco,  S.  Tomraaso  e  Dante  oella  ci- 
vilta  cristiana  e  le  relazioni  tra  loro;  pel  P.  Gandido  Mariotti  da 
Gagliole  dell'Osservante  Provincia  delle  Marche.  Venezia,  1883  a 
spese  della  tipografia  dell'Ancora  editrice.  In  16,  di  pagg.  502. 
Prezzo  L.  4. 
Potentissima,  bench?1  sotto  diversi  ri- 

spetti,  fu  la  influenza   esercilata  dai  tre 

Soinmi  che  formano  il  soggetto  di  que- 
st* opera  del  ch.  P.  Candido  Mariotti. 

San  Francesco,  colla  sanlita  della  sua  vita 

f.  con  la  istituzione  dei  suoi  ire  ordini  fu 

il  risloratore  dello  spirilo  e  del  fervore 

crisliano.  San  Tommaso  d*  Aquino,  cost!- 

tuendo  come  in  un  sol  corpo  tuttn  la 

scienza  cristiana,  fu  il  sole  destinato  da 

Dio  ad  illuslrare  le  intelligence  di  tutto 

il  mondo  civile.  Finalmonle  I'Alighieri, 


massime  col  suo  immortale  poema,  cred 
una  letteratura  la  quale  si  per  la  sosianza, 
si  per  la  forma  dovea  rimanere  il  tipo  dolla 
letteratura  cristiana.  II  ch.  Aulore  per  far 


conoscere  ed  apprezzare  secondo  il  giu- 
sto  valore  il  suo  triplicc  concetto,  ha  cre- 
duto  bone  piglinr  le  mosse  sin  dagl'  inizii 
dclle  cose,  dichiarando  Teconomia  di  Dio 
nella  creazione  dell' uomo,  nella  redenzione 
e  nello  stabilimento  della  Chiesa.  La  via 
potra  sembrare  ad  alcuno  troppo  lunga, 
e  per  veniura  non  necessaria;  poich6 
avrcbbe  potuto  benissimo,  nello  svolgi- 
mento  diretto  del  suo  tema,  altingcre  da 
quelle  stesse  fonti  gli  argomenti  che  avesse 
creduto  opportuni  per  lumeggiarlo.  Ad 
ogni  modo  in  se  1'  opera  e  motto  istrut- 
tiva,  e  volentieri  si  Icggc  pei  pregi  della 
lingua  e  dello  stile  ond'e  fornita. 


MARTINI  TITO  —  Aritmetica  commerciale  e  politica ;  per  Tito  Martini, 
professore  ordinario  nella  R.  Scuola  superiore  di  Gommercio  di  Ve- 
nezia,  1884,  presso  G.  B.  Para  via  e  Gomp.  Roma,  Via  del  Gorso 
n.  301,  302  e  via  Nazionale  15  e  16.  Prezzo  L.  3,  40. 
Dal  semplice  tilolo  si  pud  scorgere  il      sendo  amplissima  1' applicazione  che  vi 

vanlaggio  che  promette  quest'  operetta  del      si  fa  dell' aril metica  alle  principal!  combi- 

ch.  I'rof.  Martini,  rhi  poi  I' rsaminera  at-      nazioni  in  casi  di  commercio  o  di  economia 

tt-iitnmonte  trovera  che  la  esecuzione  corri-      politica. 

>l>'Mide  copiosamente  alia  promessa,  es- 

MASSI  FRANCESCO  —  Le  Catacombe  romane.  Poema  di  Francesco 


94 


BIBLIOGRAFIA 


Massi.  lloma,  tip.  A.  Befani,  Via 
Prezzo  L.  3,  50. 

Diflicilmenle  saria  da  to  trovarc  mi 
soggello  piii  degno  di  poema  chc  non  sia 
questo  dellc  romane  Calacombe,  le  quali 
racchiudono  la  piu  gloriosa  storia  che 
possa  van  tarn  I'umanila:  i  principii  cine 
del  cristianesinio  e  le  gcste  gloriose  del 
suoi  campion!  presso  il  stio  fondamento 
ed  il  suo  centro,  cioe  la  Chicsa  romana. 
Ma  un  soggetto  cosi  sublime  avea  pure 
bisogno  di  un  poeta  che  fosse  pari  alia 
sua  grandnzza;  e  felicemente  lo  ha  incon- 
trato  nel  chiarissimo  Prof.  Francesco  Massi. 
Chiunque  conosce  le  opere  di  questo  in- 
signe  poeta  dell'  eti  nostra  non  trovera, 
ne  siamo  certi,  esagerate  le  nostre  parole. 
I'n  argomento  che  a  questo  si  assomiglia 
per  grandma  e  nobikn,  egli  avea  trattato 
nelle  sue  Notti  Vaticane,  poema  an- 
ch'esso  in  versi  sciolti,  il  qualc  tratteggia 
con  iscene  svariate  i  piu  splendid!  quadri 
delle  siorio  compcndiate  o  accennate  nei 
monumenli  vaticani.  Come  allora  prese  a 
duce  principale  delle  sue  escursioni  poe- 
tiche  Torquato  Tasso;  cosi  in  questo  poema 
sulle  Catacombe  prende  a  sua  gnida 
san  Damaso  Papa,  il  quale  taut'  opera 
pose  dtirnnte  il  suo  pontiflcato  nell'ador- 
iiarle  e  perpetuarne  coi  suoi  nobili  versi 
le  memorie.  La  forma  poetica  seel  la  dal 
Massi  nelP  uno  e  nell'altro  lavoro,  mcntre 
gli  porge  il  destro  di  ridurre  ad  unita, 
nel  concetto  generale,  svariatissimi  oggetti; 
apre  alia  sua  fantasia  un  libero  campo 
ad  arditissimi  voli.  Quanti  e  quanto  su- 
blimi  non  sono  i  ricordi  che  racchiudono 
le  romane  Catacombe;  con  quanti  altri 
fuori  delle  Catacombe  non  si  rannodano 
essi  e  quante  rimembranze  non  isvegliano 
della  storia  dcll'antica  Roma !  Cosi  vasta 
materia  si  avviva  alia  fantasia  del  poeta, 
ed  ei  tutta  la  misura,  cogliendo  sempre 
i  punti  piu  capaci  di  essere  lumeggiati, 
non  tanto  per  un  effetto  diciam  cosi  pas- 
seggero,  quanto  per  collegarsi  col  tutto, 
nel  fine  iuleso  di  far  concopire,  la  gran- 


Gelsa  6, 7, 8, 1884.  In  8,  di  pagg.  13->. 

dezza,  1'  eccellenza,  1'  eroicita  dei  primi 
atleti  della  fcde.  E  questo  line  cosi  nelle 
singolc  parti  come  assai  piii  nel  loro  com- 
plesso  pgli,  gii  inoltrato  nella  vecchiezza, 

10  attinge  tanto  felicemente,  ijuanto  niun 
altro  forse  dei  poeti  viventi  lo  polrebbe 
nella  freschezza  degli  anni.  Orto  e  ma- 
raviglioso  in  lui  il  vigore  della   fantasia 
che  si  porgn  a  slanci  si  arditi  e  sicuri;  la 
vivaciti  delle  dipinture,  la  veril&  e  il  brio 
del  colorito,  la  mapificcnza  e  splendore 
dello  slile;  tutlo  cio  insomma  che  serve 
nella  poesia  a  dare  come  la  realta  e  il  mo- 
vimento  agli  oggelti,  quasi  che  si  vedesser 
present!.  Se  nel  Massi  pu6  qualche  cosa 
la  vecchiezza,  e  nel  frenare  do  che  ad  un 
critico  perspicace  potrebbe  scmbrare  so- 
verchio  nelle  immagini  e  uello  stile  e  dare 
al  suo  delta  to  quel  pregio  maggiore  che 
viene  dal  hi  gravita  e  maturiia   del  giu- 
dizio.  In  escmpio  dolla  poesia  di  lui  re- 
chiamo  quel  tratto  che  gli  e  ispirato  dal 
monumento  di  sanl'Agnese  fuori  le  mura, 
che  ci  viens  casulamente  sotto  gli  occhi : 

Bacio  la  soglia,  cconlemplando  il  tempio 
Sembrami  tutto  lampeggiar  d' un  riso 
Delia  santa  donzella;  aurate  volte, 
Splendido  altare,  un  doppioordin  di  logge 
Bello  a  veder,  pareti  istoriate 
Di  pi  tt  ura  gnntil.  Scendo  sot  terra 
Con  pie  tremante.  11  fortunato  sasso 
In  fornici  minor  s'  apre  e  dirama 
Per  lunga  serie  di  funeree  celle. 

11  fulgor  d'una  lampada  mi  scopre 

L'  urna  bramata,  al  suoi  chino  la  fronte; 
0  cara  al  Cielo  conchiglietta  umile 
Che  la  vergine  perla  in  grembo  ascondi 
Quanti  in  me  non  ridesti  alti  concetti ! 

Non  frena  il  volo  della  menle  mia 
Questa  misera  eta.  Kendo  il  velame 
Della  nolle  de'secoli  che  fugge 
Invau  celando  le  memorie  anliche. 
Veggo  lieli  giardini.  Ecco  In  villa 
De'  Claudi ;  ecco  i  crisiiani  sepolcreli 
Ricoperli  di  fieri  e  di  verdura. 


1RAFIA 


•  >T  la  rampagna 
ni<"r'j:ia!iti ;   liiniinoM'  l.iri 
h'inco^iiit'i  sentier  ri<clii:ii-;ui   I'lMiili: 
S'  apprpssan  gia :  la  pin  fumiglia  e  questa 

<e,  che  raivuN-  1  nuliil  c.orpo 
l>a  tirannico  ferro  al  suol  disteso. 
La  pargoletta  mullemriile  inrliina 
SuH'omero  la  tesia,  o  par  viola 

la  pin^'gia  sul  c-spile  disliori. 
Non  dolor  ma  letizia  e  nei  congiunti, 
E  un  pipio<o  gioir  di  sua  corona. 
In  vaspl  di  cristallo  oli  ed  aromi 

MORICONI  FILIPPO  -  Religione 
varie  citta  d' Italia  dal  Sacerdote 
Albtnga,  tip.  Vesc.  T.  Craviotto  e 
Le  condizioni  dci  nostri  tempi  hanno 
indotto  la  necessiia  di  un  generc  di  elo- 
quenza  che  nei  secoli  passati  raramente 
fu  usata,  almeno  nei  paesi  caitolici.  Questo 
genere  di  eloquenza  P  I'apologelico;  del 
quale  pur  troppo  conviene  che  si  avval- 
gano  i  sacri  oralori,  per  difendere  i  po- 
poli  dulla  invasions  degli  errori  di  ogni 
soria,  liccnziati  a  correre  dappertutto  da 
quella  che  dicono  moderna  civilta,  ma  che 
in  realm  altro  non  e  che  novella  barba- 
rie.  Tuttavia  e  lamento  di  molti  che  co- 
desta  neccssita  viene  introduccndo  un  altro 
abnso,  die  e  quello  di  fare  del  pergamo, 
dove  e  quando  meno  converrebbe,  uan 
cattedra  di  controversie,  e  traltare  con 
uditori  gencralmenle  cailolici  e  pii,  come 
si  userebbc  con  rinncgati.  E  questo  mal 
vezzo  appunto  di  nou  pochi  predicatori 
riprende  con  gravi  parole  1'Autore  delle 
present!  conferenze;  sicchfi  quasi  parrebbe 
che,  piii  che  raccornandare,  volesse  sere- 
dilare  il  proprio  lavoro.  Ma  egli  ha  saputo 
cosi  fare  che  pur  tenendosi  nei  genere 
apologelico,  i  suoi  discorsi  dovessero  riu- 
scire  profiltevoli  anche  ad  uditori  fermi 
m-lla  fede  e  pii.  Codesto  vantaggio  gli 
provienc  in  primo  luogo  dalla  scelta  dci 
ui.  Fgli  non  si  azzufla  cogli  errori 
particolari  che  suonano  in  bocca  d'in- 
crcduli,  i  quali  a  solo  udirli  fanno  rac- 
capriccio  alle  animc  buone.  Prende  invece 


IlifTomlono  per  T  auro  una  frajrr 
TergOD  del  nnguo  IP  purpiiiw  innnbrn, 
K  <\i'\  sarm  Injun!'  fiiniio  tf^oro. 
I'ria  dal  nionte  ta  :  ilo  marmo 

Clir  dara  letlo  all'arifrelica  sjKtglia; 
I'oscia,  diviso  in  due,  cinpo  il  dnppHlo 
La  bella  urna  d'onore,  e  chinde  il  ( anto. 
c  An  ma  dolce  i  tuoi  paivnii  aniaMi  ; 
Hicordali  pur  semprc ;  c  noi  devoti 
Salmi  diromo  alia  tun  sacra  tomba.  > 
Son  le  fiaccole  spent";  il  loco  e  muto; 
Ella  soavemente  in  pace  dorme. 

e  Scienza.  Confereoze  recitate  in 
Filippo  Moriconi.  Volume  secondo. 
ilglio,  1883.  ID  8,  di  pagg.  457. 
a  combattore  alcuni  prcgiudizii  piu  gone- 
rail,  i  quali  piu  o  meno  possono  appic- 
carsi  anche  a  persone  timorate,  o  che,  se 
non  altro,  possono  a  questo  creare  difB- 
colta  a  cui  non  saprebbcro  facilmente  ri- 
spondere.  Ecco  i  temi  presi  a  dimostrare 
nelle  conferenze  di  questo  volume:  - 
L'  Italia  Cattolica  —  //  Papato  e  il 
secolo  XIX  —  II  culto  delh  Sacre 
Jmmagini  e  gT  Iconomachi  —  La  ci- 
vilta e  la  Croce  —  II  dero  cattolico 
e  tre  calunnie  —  /  Cianciatori  —  La 
fratellanza  —  Increduli  i  piu  ere- 
duli  —  In  secondo  luogo,  dai  soggetti 
sa  egli  scegliere  per  1'  appunto  quei  lati 
sotio  i  quali  piu  facilmente  sogliono  essere 
insinuati  i  sofismi  e  i  pregiudizii  contro 
la  roligione  e  le  sue  pratiche.  Cosi,  per 
esempio,  ncl  primo  dei  soggetti  annunziati 
egli  si  fa  a  considcrarc  tre  calunnie  che 
si  appongono  al  Cattolicismo,  cioe:  1°  che 
il  cattolicismo  spenga  1'amor  delta  patria; 
2°  che,  il  cattolicismo  islerilisca  1'ingegno 
italiano;  3*  che  il  cattolicismo  inimichi 
1'lialia,  in  quanto  il  Papato  ha  in  questa 
la  sua  sede  precipua :  e  si  propone  a  di- 
mostrare positivamente  il  contrario  di  co- 
teste  accuse.  In  terzo  luogo,  egli  non  solo 
dimostra  a  filo  di  logica  e  con  validissimi 
argomcnli  i  suoi  assunti,  ma  procura  in- 
sieme  di  fame  provcnire  un  frutto  pratico 
PIT  tutti.  Ci  sarebbe  a  dire  di  qualche  di 


96 


BIBLIOGIIAFIA 


fctto  da  noi  notnlo  nello  stile  c  ndla  lin- 
gua. Ma  il  ch.  Autore  ci  ha  prevenuti, 
confessando  die  !o  studio  da  lui  posio 
negli  autori  stranicri  lo  ha  fatto  trascorrere 
alcune  volte  in  quci  chc  diconsi  neologi- 


smi,  ossia  nolle  frasi  ossia  ndli-  par. 
cgli  HP!  tutio  si  appalesa  colto  scrittore 
c  perito  dei  da-iri  im-tri;  sin-hr  >. 
sara  diflicile  in  altra  edizione  Tar  dispariro 
quest!  piccoli  un. 

PIGARDI  ADAMO  —  La  Pantologia,  per  Adamo  Picardi.  Napoli,  tipo- 
grafia  di  G.  De  Ruberto,  Via  Universita,  9,  1882.  In  8,  di  pagg.  400. 
Prezzo  L.  5, 25. 

tenla  di  porgere  quelle  nozioni  chc  giu- 
dica  piu  necessarie  per  una  istruzione 
elementarc.  Le  ristrettezze  di  un  articolo 
bibliograflco  non  ci  permcttono  di  entrare 
nei  particular!:  diciamo  solo  chc  sopra 
alcuni  punti,  non  di  poca  importanza,  e 


Col  titolo  di  Pantologia  il  cl).  Autore 
fa  un  corso  di  filosofia,  comprendendovi 
tutte  le  parti,  dalla  logica  alia  teologia 
naturale ;  dnndovi  luogo  allresi  a  non  po- 
che  question!  che  altri  irattono  nella  flsica 
e  nell'astronomia.  L'ampiezza  della  ma- 
teria  e  il  breve  spazio  ncl  quale  ha  vo- 
Inlo  circoscriverla  non  gli  pcrmettono  di 
dare  sempre  allc  sue  trattazioni  un  pieno 
svolgimenlo  in  tutte  le  loro  atlinenze, 


nolanlemente  sopra  cio  che  6  fondamcnto 
della  filosofia  di  san  Tommaso  d' Aquino, 
cioe  la  composizione  sostnnziale  dei  corpi, 
non  possiamo  andare  d'accordo  coo  lui. 


ond'  e  che  generalmente  parlando  si  con- 

PIGHLER  ADELE  —  Vedi  DA  BOLANDEN  CORRADO. 

PLAUTO  T.  MAGGIO  —  I  captivi  di  T.  Maccio  Plauto,  tradotti  in  vol- 

gareTeramano  da  Giuseppe  Savini.  Firenze,  tip.  Barbera,  1884.  In  1C, 

di  pagg.  62. 
PROGACGINI  FERDINANDO  —  La  volontaria  schiavitii  di  S.  Paolino. 

Studio  critico  di  Ferdinando  dei  Gonti  Procaccini,  prete  napolitano. 

Estratto  dal  Periodico  La  Scienza  e  la  Fede.  Napoli,  co'tipi  de'fra- 

telli  Manfredi,  Sannicandro,  4,  1884.  In  16,  di  pagg.  30. 

SAVINI  GIUSEPPE  --  Vedi  PLAUTO  T.  MAGGIO. 

SGOTTON  MONS.  ANDREA  —  Saggio  di  discorsi  sacri  per  Mons.  Andrea 

Scotton  Arciprete  di  Breganze  ecc.  ecc.  Torino,  tip.  Salesiana,  1883. 

Due  vol.  in  16,  di  pagg.  274-280.  Prezzo  L.  4.  Rivolgersi  direttamente 

all' Autore  in  Breganze. 


La  fama  che  meritamente  gode  il 
ch.  Mons.  Andrea  Scotton  di  uno  dei  piii 
valenti  sacri  orator!  dell'  Italia  nostra, 
rende  superfluo  qualsivoglia  clogio  die 
noi  potremmo  fare  di  questo  suo  saggio 
di  discorsi  sacri.  Ci  bastera  dire  che  cssi, 
ossia  nella  scelta  dei  soggelti  ossia  nel 
modo  di  trattarli,  ci  rendono  esempio  di 
quel  sodo  e  frultuoso  genere  di  eloquenza 
sacra  il  quale  vorremmo  che  fosse  piii 
universalmente  seguito  dai  predicatori 
evangelic!.  Lo  scopo  dei  suoi  discorsi  6 


sempre  il  maggior  bone  spirituale  dei  suoi 
udilori,  avuto  riguardo  alle  condizioni  ed 
ai  bisogni  moral!  e  religiosi  degli  uomini 
dei  nostri  tempi.  A  questo  scopo  inteso 
sempre  praticamente  e  seriamentc  egli  in- 
dirizza  lutti  i  sussidii  della  eloquenza:  e 
prima  colla  forza  degli  argomenti  e  poi 
colla  mozione  drgli  afTelti  si  adopcra  di 
ottoneilo.  Noi  crediamo  che  la  pubblica- 
zione  di  quest!  discorsi  potra  cssore  molto 
vanlaggiosa,  specialmcnie  ai  giovani  sa- 
cerdoti. 


BIBI.lOr.nAFIA 

A.  -  Sism  ilogfa.  Sui  t.-nvmom  .Mi'is'h  d'N<-'  s  iu- 

glio  •':»  iM  S.  •:.  prnf.  A.  S-rpii-ri,  Iftia  :il  K.  NiitutQ  Ix)tn- 

|.;ir  1  i  iH'H'ailurnii/a  .|.-1    ('.\  diiv  nl>;  Kslratlo  dai   MtMidicnriti 

d.-l  ll.IstiMoL  II,  \M .  \Vl.f  ..s-  XIX  .1^/ano,  1884. 

Tip.  B'Tuardoni  di  C.  Rebeschiui  e  C.  In  16,  di  pagg.  1  i. 

8ETTI MANE  (DUE)  tnnti  la  prima  Gomunione,  ossia  alcune  leziooi 
snlla  vita  di  N.  S.  Gesii  Cristo,  tralte  dai  Sanli  Evangel!  ad  n 
coloro  che  apparecchiano  fanciulli  alia  priraa  Comunione.  Bologna, 
tip.  Poiitificia  Mareggiani,  1884.  In  16,  di  pagg.  134.  Prezzo  cent.  50. 

SnnERlNI  G.  EDOARDO  --  Li  Propaganda  fede  ed  il  (ioverno  ita- 
li;iii-\  Kstratto  dal  Periolico  Li  Rassegna  It'iUana.  Roma,  Befani, 
pagg.  43,  in  8  gr. 

Altre  volte  nbbiamo  avuto  occasione  e  ci  congratulinmo  ben  di  cuore  con  lui. 

<li  commemtorp  l'a?},riustaipzza  dei   con-  II  Soderini  dimo<lra  con  prove  forti  e  per 

la  sodma   dei   principii,   la  chia-  evidenza  chiarissime,  che  la  recente  son- 

rezza  del  dettalo  e  la  bonia  (Idle  cause  tenza  contro  la  1'ropapanda  e  ingiustn, 

chi-  [iri'inlf  a  difi-iidere  il  conic  Edoardo  considerata  piurid'camente  perch6  non  e 

Soderini.  Anche   questa    volta   di   Pgual  fondata  nella  le-rge;  e  considerata  polili- 

lode  crediamo  meritevole  il  suo  lavoro,  camente  e  inconsulta. 

TAGLIALATELA  G10AGCHINO  --  Le  basiliche  di  San  Felice  prete 
Nolano,  edificate  da  San  Paolino  a  Gimitile.  Discorso  accademico  del 
P.  Giracchino  Taglialatela  dell' Oratorio  di  Napoli.  Napoli,  estratto 
dalla  Rivista  napoletana  La  scienza  e  la  fede,  serie  IV,  vol.  CXXX, 
fasc.  771,  1883.  In  16,  di  pagg.  3'2. 

TIRING  GIAGOMO  —  R.  P.  Jacobi  Tirini  S.  J.  in  universam  S.  Scri- 
pturam  commenlarius,  cui  praeter  sacrorum  bibliorum  textum  ad 
exemplar  vaticanum  exactum  accedunl  prolegomena  Levini  Lemnii, 
et  Francisci  Ruei  et  notationes  quamplurimae  P.  Zachariae  el  P.  Jo- 
sephi  Brunengo,  qui  praestantissimum  opus  auxerunt,  correxerunt, 
illusirarunt,  Tomus  V.  Taurini,  ex  lyp.  Pontif.  et  Archiepiscopali 
eq.  Petri  Marieiti,  1884.  In  16,  di  pp.  61*2.  Prezzo  di  tutta  1' opera  L.  50. 
Vendibile  ancora  presso  L.  Manuelli  libraio  in  Firenze. 

VITA  del  B.  Angelo  d'Acri,  missionario  cappuccino  della  provincia  di 
Galabria  citeriore.  Vol.  primo.  Monza,  188i,  tip.  e  libreria  de*  Paolini 
di  Luigi  Annoni  e  C.  In  16  p.,  di  pagg.  160.  Della  Collana  di  Vile 
di  Snnti,  Anno  XXXIV,  Disp.  199. 


Sttie   \lt.  coi.  VI.  fa  c.  >\\  7    ' 


CHONACA  OONTEMPOiAUli 


Fir  en  ze,  2?  mar 20  IS  84. 

I. 
COSE  EOMANE 

\.  I'dionza  del  Santo  Padre  —  2.  II  novello  Vicc-Cancelliere  di  Sanla  Chiesa  — 
3.  la  circolare  della  Sacra  Congregazione  di  Propaganda. 

1.  II  giorno  13  del  mese  di  nwzo,  verso  le  ore  9  antimeridiane  fu- 
rono  da  Sua  Santita  ricevuti  in  privata  udienza  i  RR.  sacerdoti  milanesi 
don  Giuseppe  Rossi  Oblato  di  §an  Carlo,  professcre  e  presidente  del 
consiglio  direttivo  della  societa  dell'  Osservatore  Cattolico  di  Milano, 
doo  Federico  eonte  Secco-Suardo,  parroco  di  Belusca  e  membro  dello 
stesso  consiglio  direttivo,  don  Carlo  Bonacina  dottore  in  sacra  teologia, 
redattore  dell'  Osservatare  Cattolico. 

Essi  presentarono  al  Santo  Padre,  uniti  ad  un  eloquentissimo  indi- 
rizzo,  tre  grossi  volumi,  elegantemente  legati  di  firme  di  cattolici  lom- 
bardi,  dirette  a  protestare  contro  il  «  pellegrinaggio  nazionale,  »  o  i 
recenti  insulti  con  cui  si  tenta  suggellare  le  opere  della  rivoluzione, 
e  screditare  il  romano  Pontefice,  e  il  Papato  davanti  agli  italiani.  Le 
firme,  che  sommano  a  centocinquanta  mila,  sono  accooipagnate  dall'obolo 
di  lire  dierimila. 

II  Santo  Padre  accolse  con  paterna  benevolenza  i  prefati  sacerdoti,  e 
in  essi  benedisse  1'  Osservatore  CattoHco,  il  Comitato  diocesano  mila- 
nese,  e  i  parrocchiali,  il  Circolo  della  Gioventii  Cattolica  di  Sant'Am- 
brogio.  Si  congratulb  di  questo  magnifico  risultato,  e  si  allieto,  osser- 
vando  tante  firme  dei  cattolici  lombardi,  le  quali  significano  chiaramente 
che  1'amore  al  Papa  non  e  spento  a  Milano  e  in  Lombardia,  ma  risorge 
piu  vigoroso  e  piii  puro  dalle  ostilita  che  tuttodl  si  muovono  contro  la 
Chiesa.  II  Santo  Padre  diede  saggi  consigli  ai  prelodati  sacerdoli,  per 
condurre  con  sempre  piu  illuminata  eflicacia  le  opere  della  stampa  e 
dell'azione  cattolica,  e  incoraggi6  a  perseverare  impavidi  nel  loro  nobi- 
lissimo  arringo. 

2.  A  surrogare  il  defunto  cardinale  De  Luca  neH'importante  ufllcio 
di  vice-cancelliere  di  Santa  Chiesa  e  stato  dal  Santo  Padre  prescelto  il 
cardinale  Teodolfo  Mertel,  primo  dei  diaconi  da  circa  ventisei  anni 


fretfiato  ddla  sacra  por[»ora.  II  ancoliit-rc  6  nato  in  Allu- 

mi»Tf,  ili'uvsi  di  C-vitavecchia,  il  !>  febbraio  1800.  Appartenne  alia 
Sacra  Rota,  e  fu  il  cnrnpihtore  dfllo  Statuto  ch.'  I'm  IX  arc -r-16  nel 
marzo  del  IHiS  a'suoi  popoli.  Reduce  da  Gaela,  il  Mertel  fu  chiamalo 
miniMro  iMI'iriU'rno  ijuari'h  moiisiirnor  Sivelli  venue  create  cardinale, 
ed  il  15  marzo  1858  fu  alia  sua  volla  aonoveralo  ncl  sacro  collegio. 
Gome  cardinale,  coprl  rilevanti  ulli/i;  fu  presidenle  del  Consiglio  di  Stuo 
segretario  dei  Brevi.  A  lui  tocc6  d'  incoronare  il  Sommo  Pontefice 
Mil  il  3  marzo  1878,  siante  la  grave  eta  del  cardinale  Caterini, 
primo  diacono. 

L'uffizio  di  vice-cancelliere  e  ritenuto  per  il  primo  nella  Chiesa  Ro- 
mana,  dopo  il  Pontefice,  ed  e  il  solo  ufflzio  che  con  quello  del  caraer- 
lengo  di  Santa  Chiesa  sia  couferiio  dal  Papa  con  Allocuzione  concistoriale. 
L'elenco  dei  personaggi  illusiri  rivestili  di  tale  dignila  ha  principio  con 
san  Gerolamo,  cancelliere  e  segretario  del  papa  san  Damaso,  da  lui 
ereato,  secondo  che  scrive  il  Ciaconio,*verso  il  370,  .<imo  t-r/o  del  suo 
roniificato,  cardinale  col  titolo  di  Sant'Anastasio  ad  Palatinas.  Lo  stesso 
Pontefice,  compiula  Terezione  della  Ghiesa  di  San  Lorenzo  in  Damaso, 
gliene  confer!  il  titolo.  Fra  i  suoi  primi  successor]  fu  san  Prospero  di 
Aquitania,  che  il  Bovio  scrive  abbia  esercitato  1'uffizio  di  vice-cancel- 
liere sotto  Leone  I.  In  questo  secolo  furono  vice-cancellieri  di  Santa  Chiesa, 
dopo  il  cardinale  Enrico  Siuardo,  duca  di  York,  gli  eminentissimi  Fran- 
cesco Caraffa  di  Traetto,  Giulio  Maria  della  S'jmaglia,  Tomm-iso  Arezzo, 
Carlo  Odescalchi,  Carlo  Pedicini,  Tommiso  Bernetli,  Luigi  Araat  di 
San  Filippo  e  Sorso,  e  Antonino  Di  Luca.  Fra  le  attribuzionl  del  car- 
dinale vice-cancelliere  som  le  seguenti:  Tiene  in  custodia  il  sigillo  pon- 
tiflcio,  presiede  alia  cancelleria  apostolica,  sopraintende  agli  affari  pin 
gelosi  della  Chiesa,  soprattutlo  su  quelli  che  trattansi  in  Coacistoro,  ne 
registra  gli  atti,  segna  tutie  le  lettere  di  provvisioni  apostoliche,  riceve 
i  giuramenti  dei  nuovi  dignitari  della  Chiesa,  sotloscrive  le  Bolle  dette 
sub  plumbo,  per  via  s-yretd  e  per  camera,  ecc.;  queste  ultime  firmando 
come  Sommista  delle  lettere  apostoliche,  il  quale  uffizio  e  unito  a  quello 
di  vice-cancelliere. 

3.  Come  documento  per  la  storia,  riferiamo  la  bella  circolare  che 
la  Sacra  Congregazione  di  Propaganda  ha  spedito  a  tutto  1' Episcopate 
caitolico. 

«  Ill.uio  e  R.ifio  Signore. 

«  fc  nota  alia  S.  V.  la  sentenza  emanata  ai  29  gennaio  p.  p. 
dalla  suprema  Corte  di  Cassazione  di  Roma  a  sezioni  riunite  circa  la  con- 
viTtibilua  dei  beni  di  questa  S.  Congregazione.  Secondo  siffatto  pro- 
nunciato,  gia  qualificato  abbastanza  dalla  pubblica  opinione,  la  Propa- 
ganda viene  equiparata  a  particular!  enti  ecclesiastic!  locali  e  perci6 


1UO  CRONACA. 

compresa  nella  leggc  di  conversions  del  patriraonio  di  tali  enli  conservati 
n-;lla  provincia  romaoa  (L^gge  1873). 

«  Ora,  siccorae  V.  S.  gia  conosce,  ben  altra  e  la  natura  di  questo 
Istitiito,  indubbiamente  internazionale,  sia  riguardato  il  caraltere  delta 
missione  afTMatagli,  sia  la  provenienza  dei  c.ipiiali  che  costituiscono  il 
suo  patrimonio. 

€  L'atto  fondamentale  con  ciii  Gregorio  XV  di  s.  m.  die  principio 
a  questa  magnified  opera,  gloria  del  la  Santa  Sede  e  insieme  dell' Italia, 
la  serie  delle  costiiuziooi  pontiflcie  emanate  a  riguardo  di  essa  durante 
i  due  secoli  e  mezzo  della  sui  esistenza  a  traverso  le  crisi  anco  le  piii 
violente,  d'  Europa,  avevano  chiarito  abbastanza  davanti  a  tutto  il  mondo, 
che  i  Pontefici  stabilirono  questo  Istituto  allo  scopo  esclusivo  di  fame 
T  istromento  per  esercitare  eflicacemente  il  proprio  ministero  deU'apo- 
stolato  colla  propagazione  della  fcde  su  tutta  la  faccia  della  terra;  al 
quale  efTetto  gli  c  mferirono  i  piii  ampi  e  straordinarii  poteri.  Per  assi- 
curargli  la  plena  liberU  nell'esercizio  di  tanto  sublime  uflicio,  essi  stessi 
ptr  i  primi  gli  fornirono  mezzi  pecuniari,  e  in  questo  intendimento  me- 
desimo  i  fedeli  di  tutte  le  nazioni  volenterosamente  concorsero  ad  aumen- 
tare  il  suo  patrimonio,  che  non  a  vantaggio  d'un  popolo  solo  era  destinato, 
ma  a  bene  della  intiera  umanita. 

«  Pertanto  apparisce  manifesto  che  la  sentenza  accennata  sopra  non 
colpisce  gia  i  beni  di  un  particolare  istituto,  ma  danneggia  il  capitate 
destinato  esclusivameote  all'esercizio  dello  stesso  ministero  apostolico  del 
Romano  Pontefice  per  la  conversiooe  delle  genii  alia  luce  della  Fede  e 
della  civilta.  Essa  lo  danneggia,  sia  esponendo  la  Propaganda  al  pericolo 
di  vedere  qmn  lochessia  perire  questi  beni  o  totalmente  o  parzialmente 
per  effetto  di  non  improbabili  eventualita,  sia  mettendo  anco  nell'arbitrio 
dei  partili  signoreggianti,  e  per6  nella  piu  deplorevole  incertezza,  il  pa- 
gamento  delle  rendite,  e  soprattutlo  toglien  iole  la  libera  disposiziooe  degli 
stessi  suoi  capitali  ad  essa  del  tutto  necessaria,  visto  il  carattere  d'ini- 
ziativa  proprio  della  sua  natura  e  le  frequenti  occasioni  di  dover  accorrere 
agli  straordinari  bisogni  delle  varie  mission!. 

«  II  Santo  Padre,  afflittissimo  per  questo  DUOVO  e  Qero  attentato  agli 
imprescrittibili  diritti  del  suo  apostolato,  e  prevedendo  le  tristi  conse- 
guenze  derivanti  d;»lla  conversione  delfattuale  patrimonio  della  S.  Con- 
gregazione,  gia  del  resto  nella  massima  parte  alienate,  lite  pendente,  dal 
gov^rno,  sente  il  dovere  di  provvedere  nei  migliori  modi  al  sicuro  av- 
venire  di  si  benemerito  istituto.  Perci6  si  e  degnato  ordinarmi  che  a 
garantire  tal  sicurezza  io  dichiari,  conforme  fuccio  colla  presente,  che 
quindi  innanzi  la  Sede  araministrativa  della  Propaganda  per  tutte  quelle 
donazioni,  lasciti  e  oblazioui  colle  quali  piacesse  alia  pieta  dei  fedeli 
concorrere  alle  continue  e  ingenti  sue  spese,  viene  trasferita  fuori  del- 
1' Italia.  E  per  prjvvedere  alia  maggior  comodita  comune,  si  e  determinato 


co.v  101 

•  il.ilirv  n  irti  .!.•!  n  nln  o  Procure,  ovr  !•• 

jMsti-  I  inn  il'n/ni  periculo  e  a  libera  e  iu- 

i  l<'ntf  il  .razione  per  vantaggio  <lflk» 

SS.  Mission).  Tali  Procure  veogono  indicate  nella  nola  che  se  le  aggiunge, 

e  cli-'  iiisii'int'  colla  present  c  PC  I  a  re  sara  dalla  S.  V.  recala  a  Cuno- 

•i  di  ttiiii  i  fr'Mi  all*'  sue  cure  aflilali.  Mi  riservo  di  coraunir 
in  s*'tfuiir>,  o\v  orcorra,  ulieriori  islruzioni. 

-hi  i-  si  i  1 1  S.  Coogregazione  nutre  fermi  n  lucia  che  il  ouovo  colpo 
recato  alia  Cliiesa,  lungi  dallo  indebolire  la  pieti  dei  cattolici,  le  sari 
s'.iinolo  potenie  perchfe  con  generosiia  serapre  maggiore  sovvengano  ai 
biso^ni  ili-lle  missioni,  ch<j  si  f  mu )  di  giorno  in  giorno  piii  imperiosi  e 
molu'plici. 

«  lut into  ecc. 

«  Dalia  Propaganda,  15  mam  1884. 

«  GIOVANNI  Card.  SIMEONI,  Prefetto 
«  t  D.  Arciv.  di  Tiro,  Segretario. 

NOTA  DELLE  PROCURE 

c  IN  EUROPA  —  Vienna,  Monaco  di  Baviera,  Parigi,  Madrid, 
Lisbona,  presso  le  Nunziature  apostoliche  —  Aj.i,  presso  1'  Internunzio 
aposlolico  --  B'lgio,  presso  1'Arcivescovo  di  Malines  —  Malia,  presso 
1  'A'-vnU'  della  S.  C.  -  -  Lonlra,  presso  I*  Emo  Card.  Arcivescovo  - 
Dublino,  presso  I1  Eino  Card.  Arcivescovo  -  -  Costantinopoli,  presso  il 
Vicario  Patriarcale  pei  Latini. 

«  IN  ASIA  —  Bombay,  Calcutta,  Madras,  presso  i  Vicari  apo- 
st'.lici. 

«  IN  AMERICA  --  Nuova-York,  presso  1'Enfo  Cardinale  Ar- 
civescovo —  Sin  Francisco,  Quebec,  Toronto,  presso  i  rispettivi  Arcive- 
scovi  —  Rio-Janeiro,  presso  1'Internunzio  aposlolico  —  Buenos-Ajres, 
presso  il  IM^ato  apostolico  ~  Quito,  presso  il  Delegate  apostolico. 

«  IN  OCEANIA  --  SyJney,  presso  1'Arcivescovo. 

«  IN  AFRICA  —  Algeri,  presso  1'  Emo  Cardinale  Arcivescovo. 

«  N.  B.  —  Quante  volte  la  distanza  impedisca  ai  fedeli  di  far  per- 
venire  le  snmrac  ai  centri  accennati,  potranno  all'efTello  dirigersi  al 
proprio  Ordmario.  » 

L' It  ilia  legate,  quella  cioe  governata  dalla  rivoluzione  pu6  d'oggi 
innanzi  menar  vanlo  d'avere  fatto  la  guerra,  e  pert)  costretla  a  portar 
in  terre  straniere  1'amministrazione  di  un  Istituto  moudiale,  cbe  forma va 
una  delle  sue  piii  belle  glorie. 


JO?  CRONACA 

II. 

COSE  ITALIANE 

1.  Prosen te  condizione  in  Italia  —  2.  Altri  guai:  il  fosso  ricoperlo  con  frasche  e  lo 
scandalo  dei  Prefetti  Cortc,  Casalis  —  3.  L'affare  (lunstalla,  il  mistero  di  Cornelo  — 
4.  Manifest!  sovversivi,  il  vcrdetto  dei  giurali  di  Milano  —  5.  La  criminalita  nelle 
Romagne  —  6.  Dimissione  del  Farini  —  7.  Morte  di  Quinlino  Sella. 

1.  Ei  pare  che  le  cose  d' Italia  volgano  in  peggio,  e  che  le  belle 
speranze  concepite  durante  il  famoso  pellegriaaggio  nazionale  si  siano 
dissipate  come  nebbia  al  vento.  Le  difficolia  infatli  che  incontra  il  Go- 
yernr),  tanto  di  fuori  come  di  dentro  sono  tali  e  tante,  da  sfatare  il  coraggio 
dell'uomo  di  Stato  il  piu  rotto  Del  mestiere  di  barcameoarsi  e  il  piii 
fecondo  nell'inveDlare  spedienti  per  tenersi  in  piedi.  Di  fuori  1'alleanza 
dei  tre  imperadori  nordici  non  fa  piii  parlare  di  quella  che  1'ltalia  avea 
stretto  colla  Genmnia  e  1' Austria,  ne  del  viag^io  del  re  Umberto  e  della 
regina  Margherita  a  Berlino.  La  circolare  Mancini  e  venuta  poi  ad 
accrescere  il  malumore  dei  Govern!  esteri,  ai  quali  e  grandemente  spia- 
ciuto  il  modo  sleale  COD  cui  il  Governo  italiano  rispetta  la  legge  delle 
guarentige,  e  la  burbanza  onde  il  Ministro  degli  esteri  dichiara  che  sia 
esclusa  ogoi  ingerenza  estera  in  un  affare  in  cui  sono  implicati  i  piu 
grandi  ioteressi  della  civilta  e  dell' umanita.  Alia  circolare  del  Mancini 
e  stato  risposto  dalh  stampa  cattolica  come  si  dovea,  segnatamente  dal- 
Pegregio  Osservatore  Romano,  mostrandone  cioe  i  sofismi  e  i  para- 
dossi  orid' e  ripiena  da  capo  a  fondo.  Cosa  per  altro  niente  nuova  in 
quell' uomo,  che  ha  1'insigne  vanita  di  credere  che  la  diploraazia  di 
Europa  sia  caduta  tanto  basso  da  lasciarsi  abbagliare  dalle  sue  fal- 
laci  premesse  e  dalle  sue  gonfie  parole.  Quanto  all'andamento  delle 
cose  interne  dello  Stato  italiano,  niuno  e  per  fermo  che  si  faccia  illu- 
sione  sullo  sfacelo  che  si  va  manifestando  in  una  maniera  da  fare  spa- 
vento.  Innanzi  tutto,  Montecilorio  e  un  vero  caos,  una  vera  torre  ba- 
belica.  E  come  no?  Nella  votazione  p.  e.  della  legge  Baccelli  sulla 
riforma  universitaria,  votarono  in  favore  del  progetto  91  deputato  di 
sinistra,  33  del  centro,  19  dissident!.-  Votarono  contro,  di  destra  18,  ra- 
dicali  18,  45  della  sinistra  tempera ta,  70  pentarchi.  Tutti  i  capi  della 
destra  votarono  contro.  Dov'e  piii  la  grande  maggioranza  che  facea 
Torgoglio  e  la  potenza  del  Depretis?  Per  questo  il  Baccelli  minacci6  di 
dimettersi;  ma  non  ne  fu  nulla;  perche  la  sua  dimissione  avrebbe  por- 
tito  con  se  quella  del  Depretis,  il  quale  ama  il  potere,  e  lo  terra  fin 
che  potra.  Gi6  non  toglie,  che  1'onorevole  di  Stradella  non  sia  stanco  e 
sliduciato.  Lo  dicono  am  mala  to,  e  sara;  ma  la  sua  malattia,  e  quinii 


CONTKMPOIUKEA  HH 

la  sua  assenza  ilal  Parlaim-niM  <•  tzravissimo   sconcio,  se  dobbiamo  . 

rseveranz  li  non  c'e,  il  H  •- 

.-I  e  la  Camera  si  \  mi-are  in  tutto  di  ogni  Invzione;  e  appare 

agli  occhi  tuilo  il  pericolo  di  una  siluazioae  che  si  regge  sopra  un 
ii"ii!H  \t'(vlno,  radium-vole  di  salutf,  il  quale  non  crea,  non  fooda  null* 
di  forte,  non  apparnvhia  iiull.i  di  sano.  »  Commossa  dallo  spettacolo  di 
una  Camera  in  i-f.nvlo,  la  Liberia  di  Roma  testfc  scrivea:  «  Siamo  ia 
un  periodo  di  «l»va<lrn/a.  iVivhe  non  dirlo?  Noi  siamo  addiriltura  sgo- 
nicnu  1.1  tlisucco  sempre  piu  aperto  tra  Parlamento  e  paese;  della 
dissonanza  spircata  fra  i  discorsi  degli  uomini  partomenlari  e  quelli  di 
ogni  altro  ordine  di  citladini,  commtTcianti,  industrials,  agricoltori,  op«-- 
rai:  tutto  ci6  che  serve  soli ta men te  ad  appassionare  la  Camera,  non 
suscila  alcun  palpito  nel  cuore  del  popolo;  e  viceversa  quello  cb«-  il 
popolo  piu  urgentemente  domanda,  non  trova  nemmeoo  modo  di  Tarsi 
strada  alia  Camera.  11  male  non  e,  grazie  al  cielo,  a  tal  punto  da  is  pi  rare 
inquieiudini  serie  per  un  avvenire  prossimo;?);  ma  e  certo,  che  s.-  il 
rimedio  non  giunge  sollecito  ed  efTicace,  quella  che  oggi  e  sollanto  se- 
parazione,  diverra  inevilai)ilmente  divorzio,  e  da  questo  non  nascera  che 
rovina.  » 

Li  Liberia  ha  ragione  da  vendere  e  da  serbare,  perche  davvero  tra 
il  1 'aria memo  e  il  paese  non  regna  troppa  arraonia;  e  il  motivo  e  chiaro; 
perche  il  Parlamento  non  rappresenta  se  non  coloro  che  corroao  all-- 
urne.  Quindi  aggiunge:  <  Noo  dispiaccia  ad  alcuno  se  insisliamo  Del 
oostro  concetto:  in  Italia,  gli  anarchici,  i  socialisti,  i  repubblicani,  gli 
inurnazionalisti  uon  sono  affatto  terribili  per  se  medesirai;lo  divemaoo 
solo  per  gli  errori  o  le  negligenze  che  da  noi  si  commettono  (vi  par 
poco  eh!  raentre  son  tanti  questi  errori  e  queste  negligenze,  che  se  si 
dovessero  tutte  contare,  si  morrebbe  senza  giuogere  alia  somma  touile). 
La  loro  presa  e  la;  il  loro  punto  d'appoggio  e  la;  la  loro  speranza  e 
la.  Per  conseguenza,  il  vero  modo  di  preservare  le  istituzioni  da  ogni 
scossa  e  da  ogni  turbamenlo,  non  consisle  gia  nel  dare  addosso  alia 
cieca  a  quei  fanatici  inuscoltaii  e  impctenti  f parlino  le  Romagoe  ed  altri 
siti  se  sono  mascot  if  it  i  ed  impotenti),  ma  bensl  uel  volgere  le  istituzioai 
a  pubblico  beneQzio.  Solo  il  Parlamento  puo  far  questo,  e  se  non  lo  (a 
6  suicida.  » 

2.  Da  non  minori  guai  dei  soprammentovati  e  minacciata  1'  Italia,  se 
e  vero  quel  che  scrive  la  Perseveranaa:  «  La  condoila  del  ministru 
delle  floanze,  il  quale,  perchfe  la  legge  sull'isiruzionu  passasse,  si  e  la- 
sciato  trarre  via  via  da  un  sacrificio  di  un  milione  a  un  sacrificio  di 
sei,  non  gli  ha  accresciuto  credito.  Quantunque  il  bilancio  non  sia  siato 
ancora  studiato  da  nessuno,  fuori  delta  Commissiooe,  che  ne  deve  rife- 
rire,  da  questa  escono  voci  malincooiche.  I  piu  allegri  dicono  che  sliamo 
a  uscio  e  muro  col  disavauzo;  i  piu  severi  dicono  che  ci  siamo  caduti 


lOi  CRONACA 

e  gravementp,  e  il  fosso  e  mal  ricoperto  con  frasche.  »  E  poi  soggiunge: 
«  Lo  scandalo  dri  due  prefetti  Corte  e  Casalis,  che  si  son  bisticciati 
in  pubt>lico  sopra  punti  di  amminisirazione  cosl  iraportanli;  che  non 
sono  ne  diraessi,  nfe  pnsti  temporaneamente  fuori  di  ufllcio;  che,  disap- 
provati  nella  Camera  dal  ministro  di  grazia  e  giusiizi.i,  non  si  dimet'ono 
essi,  ha  fatto  una  impressione  profonda.  »  E  conehiude  dicendo:  che 
1'anima  dell' Italia  «  si  estenua  e  si  sciupa;  e  una  nazione,  che  dal  moto 
politico  avrebbe  dovuto  essere  ringiovanita,  ne  appare  sfinila!*  Queste 
confession!  sono  tanto  piii  preziose,  che  ci  vengono  da  un  giornalt1,  che 
per  essere  moderato  non  lascia  di  essere  il  piii  strenuo  campione  di  qutl 
liberalismo,  che  sotto  le  parvenze  ora  di  raoderaturae  ed  ora  di  progres- 
seria,  ha  governato  la  povera  Italia  per  lo  spazio  omai  ben  lungo  di  un 
quarto  di  secolo.  E  quanto  durera  ancora  questo  terribile  giuoco  ? 

3.  La  Camera  ha  poi  approvata  la  transazione  Guasulla:  lo  Stato  pa- 
ghera  agli  eredi  di  quegli  intraprenditori  lire  11,700,000.  Quest' affare, 
che  pareva  dovere  scatenare  una  vera  tempesla  contro  il  Governo,  e 
andato  dunque  a  finire,  come  generalmente  finiscono  in   Italia  queste 
faccende:  chi  rompe  paga,  e  chi  s'e  visto,  s'e  visto.  Del  misterioso  fatto 
di  Corneto  non  s'e  piii  parlato.  Sulla  sabbia  verso  il  mare  si  sono  trovate 
delle  impronte,  come  di  un  corpo  che  ogrii  tanto  si  sdraia  per  riposarsi. 
S'fe  trovato  un  fazzoletto  insanguinato.  11  mare  ha  rigettato  un  paio  di 
mutande.  Questo  han  detto  i  giornali.  Allri  invece  ass^risce,  che  si  trat- 
tava  soltanto  di  alcuni  bracconieri,  che  impauriti  dalle  grida  d'intima- 
zione  del  carabioiere,  gli  gittarono  addosso  una  boccia,  deslinata   ad 
ostruire  una  tana  per  far  morire  un  lasso.  Se  non  e  vero,  e  ben  trovato. 

4.  Ci6  non  pertanto  non  s'e  punto  tranquilli  sulle  tenebrose  mene  delle 
sette  anarchiche,  le  quali  lavorano  a  sobillare  la  plebe,  ad  eccitare  di- 
sordini,  a  provocare  ribellioni  contro  la  forza  pubblica.  L'  Opinions  ha 
parlato  nei  giorni  ora  scorsi  di  certi  manifesti  sovvcrsivi  che  si  fanno 
correre  tra  i  militari,  e  che  si  e  falto  a  tempo  d'impedire  che  compiano 
la  loro  opera  nefanda  di  scuotere  la  disci plina  dell'esercito,  il  solo  ba- 
luardo,  che  rimanga  all'Italia  per  tenere  a  segno  le  moltitudini  gia  guaste 
dalle  dottrine  anarchiche.  Intanto  ci  uniamo  s>\\' Opinione,  per  deplorare 
il  verdetto  della  giuria  di  Milano  che  di  recente  mandava  assolti  gl'  im- 
putati  di  diffusione  di  manifesti  sovversivi  tra  i  militari.  Imperocche  la 
pieta  verso  i  colpevoli  in  simili  casi  e  una  vera  ingiustizia,  potendo  av- 
venire  che,  in  conseguenza  di  essa,  qualche  incauto  soldato  sia  tratto  a 
delinquere,  e  porti  la  pena  del  reato  che  da  altre  persone,  rimaste  im- 
punite,  fu  isiigato  a  commettcre. 

5.  Siffatto  guasto  appare  segnatamente  in  quella  delle  provincie  ita- 
liane,  che  e  diventata  come  il  quarliere  generale  della  setta  anarchies. 
Fu  teste  pubblica ta  la  relazione  che  il  sosiituito  procurator  del  Re 
lesse  nell' inaugurazione  ddl'anno  giuridico  del  tribunale  di  Forll. 


CONTEMPOHANKA  I11-' 

I.i  '  cspone  c<»  mi  die  nn-ritifio  di  ridnnmare  1'at- 

I--I  (loverno  e  del  pubblico,  e  noi  creJiamo  di  dover  riprodurrc 
Dti: 

«  I /i  Komigna,  in  fatto  di  crimin-ilila,  egli  dice,  non  trovasi  presenle- 
menie  in  uno  staio  allarmante  e  se  si  pone  mente,  sia  alle  eifre  che 
indicano  i  rv.ili  contro  la  proprieta,  si;i  a  quelleche  d»-sigiiano  i  misfalti  di 
sangue,  non  si  trovano  risuliamenti  supehori  a  quelli  che  abbiamo  m-lle 
altre  province.  In  Romagna  si  riscontra  una  recrudescenza  nei  reaii  di 
lidcllione  e  di  oltraggi  agli  agenti  della  pubblica  forza.  (Jual'fc  la  causa 
-  si  domanda  il  hravo  magislrato  —  di  qufsto  fatlo,  convalidato  pur 
troppo  dall'irrecusabile  eloquenza  delle  cifre?  Perche  manca,  egli  dice, 
la  dovuta  sommissione  aH'aulorita  dellt  legge,  perchfe  nell'agente  della 
pubblica  forza  si  ravvisa  lo  sgherro  del  potere,  anzichfe  il  citiadino  che 
si  consacra  alia  tutela  dell'ordine,  che  es pone  la  vita  a  vantaggio  degli 
altri.  Quando  questo  concelio  sara  dominante  nelle  masse,  quan  lo  queste 
si  con vinceranno  che  F  ossequio  alia  legge  assicura  alia  patria  i  benefici 
d'-lla  liberty  allora  sollanto  cesseranno  cotali  reati.  II  mile  6  nato  dal- 
1'interesse  di  chi,  per  rendersi  benevolo  il  popolo,  ne  accarezzava  1'odio 
verso  le  autorila;  da  chi,  dovendo  piii  che  i  principii  combattere  gli 
uomini,  lasciava  a  bella  posta  ignorare  alle  classi  meno  intelli^enii  il 
dirillo  che  nella  lotta  poluica  h  inno  tulii  i  pariili  di  liberamente  espli- 
carsi,  e  di  pretendere  il  piii  assoluto  rispetto.  Un  concetto  falso  della 
liberta  si  6  fatio  pren-ier  vita  nel  cuore  delle  masse;  e  da  ci6  —  per 
natural  conseguenza  —  lie  6  derivata  la  ribellione  continua,  oslinata, 
sistemaiica  coniro  quelli  che  hanni  1'obbligo  di  pretenlere  la  liberta 
di  tutti  risp-'ttata,  i  diritli  di  tutti  salvaguirdai.  E  ci6  spiega  la  reti- 
cenza  dei  testimoni  in  taluni  process'^  danno  anche  queslo  giustamente 
e  acerbamente  lamentato  dal  cavaliere  Fonusari  nella  sua  reliziooe. 

«  E  il  rimedio  ? 

«  II  rimedio  sta  anzitutto  nella  virtu  cittadina,  che  dev'essere  risve- 
gliata  dal  lavoro  continuo  e  incessante  degli  uomini  deH'ordin1?;  sla  nelle 
cure  che  debb >no  prestarsi  anche  dal  governo  alle  cl,»ssi  m>>no  abbienti 
per  risuscilare  loro  in  cuore  1'alT^tto  verso  il  regime  che  ci  governa, 
sta  nella  risoluiezza  dell' autorila,  che  tutti  convince  delta  fermi  e>i  in- 
crollabile  volonta  del  governo  di  volere  la  legge  rigorosamente  rispettata. 
Se  questa  linea  di  condotta  sara  seguita  in  Romagna,  h  sorte  di  questa 
gen-TOsa  regione  non  potra  cerlo  dirsi  disperata.  » 

Ad  atl^nuare  per  altro  1'impre^sione  di  cju-'sto  Im^uaggio,  che  noi 
ov'ihmo  tanto  piii  veridico  quinto  piii  esso  pirle  daila  bocca  di  un 
ottimo  magistrate,  come  e  il  cavilier  F.>rnasari,  sorgeva  il  Fascio,  e 
nel  numero  del  21  decorso  febbraio  scrivea: 

«  Aprasi  il  volume  della  Sfatiitica  giudiziaria  deyli  affari  pcnnU 
per  I'anno  188<),  pubblicato  a  cura  della  Direzione  generale  di  Siati- 


fO(l  CROIUCA 

stica  e  si  dia  uno  sguardo  ai  due  Prospetti  AA  e  BB  a  p.  LX,  LXI, 
LX1I,  LXIII  e  si  faccia  il  paragone  della  delinquenza  delle  varie  regioni 
d'iialia. 

«  A  comodo  del  lettori,  che  non  posseggono  tale  libro  se  ne  danno 
alcuni  dati  veramente  edificanti. 

«  La  media  dei  rcati  conlro  le  persone  per  1' Italia  nel  1880  risuUd 
di  12,03  per  ogni  100,000  abilanti.  Intanto  nella  Gone  di  appello  di 
Bologna,  dalla  quale  dipendono  le  Romagne,  non  si  hanno  che  7,37  per 
ogni  100,000  abilanti.  I  feroci,  i  sanguinari  romagnoli  adunque  riman- 
gono  molto  disotto  della  media  di  tulta  Italia! 

«  Per  i  reati  contro  la  propriety  h  media  generale  per  T  Italia  e 
di  15,07;  quella  della  Corte  di  appello  di  Bologna  la  supera  di  poco, 
raggiungendo  18,01.  —  A  spiegare  questo  leggero  aumento,  poireramo 
invocare  la  parola  sacra  ed  indiscutibile  di  Sua  Maesta  il  Re,  che 
parlando  coi  peUegrini  Romagnoli  mostravasi  preoccupato  delle  cattivs 
eondizioni  econoraiche  di  quelle  nobili  contrade.  Perocche  e  risaputo  e 
ne  convengono  tutti  dai  magistrati  ai  legislator!,  dai  pubblicisli  ai  com- 
merciaiiti  che  i  reati  contro  la  proprieta  stanno  in  costante  e  immancabile 
r.ipporto  colle  eondizioni  economiche  di  un  paese;  aumentano  quando 
queste  scno  cattive  e  diminuiscono  nel  caso  contrario. 

«  Ma  noi  non  la  invochiamo  quest' attenu:inte,  messa  fuori  per  far 
credere  che  le  cose  di  Romagna  si  debbano  ad  un  semplice  disagio  eco- 
uoinico,  laddove  hanno  radice  non  solo  nelle  diflicili  condizioni  create  dai 
governo  a  tutto  il  paese,  ma  eziandio  nei  metodi  eccezionali  ed  arbitrarii 
con  cui  Ik  si  amministra  onde  domarne  gli  spiriti  alteri.  Se  in  Romagna 
difatti  i  reati  concernenti  la  proprieta  superano  di  poco  la  media  del 
resto  d' Italia,  essi  rimangono  invece  di  gran  lunga  al  disotto  di  quelli 
pi'rpetratisi  in  altre  province  che  non  sono  tuttavia  in  fama  di  esser  cosl 
turbolente  e  travagliate  come  quella  nobile  regione. 

«  Sappiamo  inoltre  dall' ultimo  numero  della  Nuova  Antologia,  che 
ndle  Romagne  vi  e  un  numero  straordinariamente  grande  di  ammonia 
i  (ju;ili,  dalle  vessazioni  poliziesche,  dalla  posizione  falsa  e  difficile  che 
vieae  loro  creata  dalla  barbara  e  iniqua  misura  —  tale  la  giudicarono 
i  penalisti  deslri,  sinistri,  e  trasformisti  di  ogni  tempo  --  vengono  spinti 
fatalmente  sulla  via  del  delitto.  »  Da  tutto  ci6  e  agevole  conchiudere 
che  1' Italia  corre  per  una  via  che  non  pu6  approdare  che  alia  rovina; 
e  versa  in  una  ccndizione  che  si  puo  compendiare  in  due  parole:  Disi- 
siima  e  diffidenza  di  fuori;  marasmo  ed  anarchia  di  dentro. 

6.  Le  dimissioni  del  Presidenie  della  Camera  son  venute  ad  accre- 
scere  la  confusione  in  Montecitorio.  Ecco  intanto  1'apparente  motivo 
che  provoc6  siflalta  dimissione.  II  deputato  Cavallotti  interpellava  nella 
tornata  dell' 11  il  Governo,  sulla  tortura  inllitta  dai  carabinieri  ad  un 
rourifabro  di  Baronissi.  II  deputato  Nicola  Farina,  cittadino  di  Baronissi, 


VTEVPORANEA  107 

voile  purlaiv  anrhe  lui,  e  n'avea  hen  onde;  ma  il  presidente  gli  riotiso 
la  parola.  11  Farina  preg6  allora  si  chieilessf  alia  Camera  la  faeolta  di 
pailarv.  La  Camera  annuiva.  Or*  in  questo  semplidssirao  faito  il  pre- 
sidenle  Farini  voile  vedere  un  atto  di  sft  tncia  a  lui  dato  dalla  Camera; 
e  tanto  bast6  perche.  si  dimettesse  dalla  carica,  rimanendo  anche  sorJo  all-*, 
istanze  degli  amid.  La  irriialiiliia  di  quest'uomo  e  umoristica;  e  la 
Camera  cominnava  ad  esserne  stanca.  Ad  ogni  rainimo  inddenle,  ch  •. 
meitesse  in  dubbio  la  sua  diltalura  egli  si  dimetteva  ed  esigeva  d.ill.t 
Camri.i  un't-lezione,  ed  un  volo  di  lilucia  completo.  Non  sarebbe  spie- 
gabile  questo  contegno  di  fierezza  e  di  alta  sdegnosiia,  se  non  si  sj- 
pesse  die  sempre  succede  cosi,  quan  lo  si  pnrtano  in  alto  individui  prm 
di  merito  e  che,  non  conoscendo  la  misura  del  valore  proprio,  credono 
che  tulto  loro  sia  dovuto  e  che  la  loro  superiorita  sia  indiscutibile.  11 
Farini  fu  portato  alle  alte  sfere,  per  dritto  ereditario,  perche  flglio  <h 
suo  padre;  egli  invece  ha  I' infantile  candore  di  credere  che  ci  sia  stato 
portato  dui  suoi  ran  raeriti.  La  Camera  intanto  il  giorno  19  chiamava 
a  succedergli  il  Coppino.  Questa  elezione  e  stata  cagione  di  una  crisi 
ministeriale,  che  si  andra  svolgendo  pian  piano,  e  dara  occasione  a 
nuovi  scandali. 

7.  Fra  questi  trambusti  e  accaduta  la  morte  di  uno  dei  pezzi  grossi 
della  rivoluzione  italiana,  vogliam  dire  di  Quintiao  Sella,  deputato  di  Cos- 
sato  e  ciltadino  di  Biella.  Questa  morte  giunse  inaspettata  a  tutti,  fuor- 
che  a  lui  che  avea  il  mesto  presentimento  della  sua  prossima  fine,  6a 
da  quando,  nella  passata  legislatura,  insisteva  per  dimettersi  dairufUcio 
di  deputato.  Questo  presentimento  per  altro  non  gli  servl  punto  a  fargli 
comprendere  che,  avendo  gravi  debiti  colla  giuslizia  divina  contratli, 
dovea  cercar  modo  di  ripararvi.  E  nol  fece.  La  mano  del  Sacerdote  non 
si  alz6  infatti  che  sopra  un  uomo  nei  delirio  delfagorna.  Ed  ora  chi  resla 
piu  degli  uomini  che  fecero  entrare  in  Roma  la  rivoluzione  attraverso  la 
breccia  di  Porta  Pia?  Ma  davvero  che  Roma  e  fatale! 

III. 

COSE  STRANIERE 

i.  Hissesto  economico  della  Francia  —  2.  Clemcnc&iu  a  Londra  e  pericoli  di  una  crisi 
ministeriale  —  3.  Slatisiica  d<illc  bettole  — 4.  I  bonaparihti  si  agilano  e  il  loiti 
appello  al  popolo  —  5.  II  principe  Orion"  a  Berlino  —  6.  I  conforli  immayinarii 
della  Repubblica  —  7.  Veto  misterioso  sul  Tonk  no  —  8.  I  religiosi  cacciaii  dalb 
Francia  e  la  carila  catiolica. 

1.  Fu  del  to  che  tutti  i  Governi,  che  hanno  a  base  il  parlamentarisrao, 
sono  i  piii  costosi,  e  pu6  ancora  aggiungersi  i  piii  scialacquatori.  T 
mone  ne  sia  la  Francia  repubblicaoa. 


108  CRONACA 

\A  Francia  paga  a  caro  prezzo  le  sue  velleita  di  gloria,  i  suoi  pro- 
getti  ambiziosi  di  poliiica  coloniale. 

Quel  benedetto  Tonkino  ha  gia  iogoiato  tesori,  e  fra  pochi  gicrni 
il  (ioverno  sar&  costretto  di  chiedere  alia  Camera  un  QUOVO  credito 
di  80,000,000.  Dove  andra  a  finire  la  Francia  ?... 

Dove  sono  piii  quelle  ricchezze,  quel  benessere  materiale  che  le  per- 
misrro  di  fare  miracoli  e  che  tutii  le  invidiavano?...  II  signer  Tirard, 
ministro  delle  finanze,  non  sa  piu  a  qual  sanio  votarsi,  e  sebhene  assicuh 
che  mai  I1  idea  di  una  imposla  sulla  rendita  non  gli  e  venuta  in  menu*, 
pure  tutti  temono  che  sia  costretto  a  ricorrere  a  questo  estremo.  Sarebbe 
un'iraposta  del  tre  per  cento.  Non  e  gran  cosa,  ma  e  bastato  che  la 
voce  si  mettesse  in  giro  per  far  precipitare  tutti  i  valori,  per  costrin- 
gere  il  Governo  a  rinunziare  al  complemento  delPistruzione  obbligatoria, 
a  fine  di  non  ispendere  i  milioni  che  1'  attuazione  finale  di  questa  legge 
richie.de.  Quindi  si  economizza  sulla  pubblica  istruzioce,  per  correre 
dietro  ad  avventure  pericolose !... 

Frattanto,  brutii  sintomi  davvero,  il  prodotto  ddle  imposle  indirette 
scema  in  grandissime  proporzioni  e  il  commercio  coll'estero  e  in  ribasso. 
Facendo  un  confronto  fra  il  mese  di  gennaio  del  1884  e  il  gennaio 
del  1883,  si  ha  questo  risuliato  sconfortante:  le  importazioni,  e  si  badi 
che  desumiamo  quisle  cifre  da  statistiche  ufficiali,  sono  diminuite  del 
25  per  cento,  e  le  esportazioni  del  19  per  cento.  Anche  la  importazione 
delle  malerie  necessarie  all'industria  ha  subho  un  ribasso  di  55,000,000. 
Proced^ndo  su  questa  via,  il  ministro  Tirard  fa  una  ben  lugubre  pre- 
visione!  Egli  crede  che  il  disavanzo  di  quest' anno  sara  presso  a  poco 
di  130  a  150  milioni.  Come  sopperire  ?...  Ormai  non  havvi  piu  margine 
ad  imposte,  perche  il  paese  e  aggravatissimo;  e  non  sarebbe  prudenza 
aggiungerne  altre  quando  vi  sono  centinaia  di  migliaia  d'operai  senza 
lavoro.  E  1'attitudine  di  questa  raassa  sofferente  si  fa  sempre  piu  mi- 
nacciosa,  per  cui  il  capitale,  impaurito,  si  ritira  dalla  speculazione.  In 
questa  dolorosa  situazione  risuona  una  voce.  II  grido  dei  monarchic^  i 
quali  affermano  che  c'e  un  solo  modo  per  mettere  fine  a  tanto  danno 
ea  tanta  iattura.  Quale?  La  restaurazione  monarchica. 

2.  Intanto  che  la  Crmmissione  dei  44  ha  cominciato  i  suoi  lavori, 
presentando  una  lunga  filastrocca  di  quesiti,  relativi  a  questa  crisi 
economica,  a  molti  grandi  industriali;  il  signer  Clemenceau  per  meglio 
attendere  alia  controinchiesta  ft  partito  per  Londra  dove,  dicono,  ha  ri- 
cevuto  una  festosa  accoglienza.  Si  vuole  che  in  una  couferenza  avuta  da 
lui  con  un  personaggio  ragguardevole  abhia  fatto  sapere  che  qusnto  prima 
sarebbe  tomato  in  Parigi,  per  rifare  piii  tardi  il  viaggio  d'lnghilterra. 
Questo  ritorno  avrebbe  spiegato  con  la  necessita  della  sua  presenza  in 
Francia  «  trovandosi  il  gabinetto  Ferry  agonizzame.  » 

La  Justice  nega  per6  che  questa  frase  sia  mai  uscita  dal  labbro 


NTEMPORANKA  ' 

del  Clrmenceau;  ma,  uscita  o  no,  egli  e  ccrto  che  il  gabinetto  non  dorme 
•  mi  U-lto  ili  i 

Huale  asMvn-mie.nto  pu6  esso  fare  sopra  una  maggiorariza  stabile  e 
com  pat  ta,  dopo  quello  che  e  gia  avvenuto  a  proposito  ielf  inehtolll  sulla 
crisi  economica,  ed  a  proposito  della  legge  sulle  manif«-si:'zioni  sediziose? 

Le  probahilita  del  rimpasto  minisieriale  sarebbero  state  la  conse- 
guenza  inevitable  deiremendamento  Goblet,  secondo  il  quale  non  al 
tribunale  correzionale  ma  alia  Cone  d'Assisesi  sarebbero  dovute  poriare 
i  reati,  contro  i  quali  la  legge  era  stala  proposta.  Ebbene  1'emenda- 
roento,  presentato  dal  Goblet,  e  stato  approvato  dalla  Camera  con  una 
discreta  maggioranza,  quantunque  contro  di  esso  avessero  energicamente 
protest;.io  il  ministro  dell'interno  e  il  Guardasigdli,  ma  di  crisi  o  di 
rimpasto  ministeriale  neppure  una  parola.  Perche?  Perche  i  signori  che 
stanno  al  poure  sentono  piii  forte  Tattaccamento  al  portaf<>gli  che  la 
propria  dignita;  perche  ci6,  che  chiamasi  «  verita  costiiuzionale  »  e  in 
Francia  una  parola  vuota  di  senso;  perche  Governo  e  Camera  non  sanno 
quel  che  si  vngliano;  perche,  in  una  parola,  il  nome  di  questa  Repub- 
blica  e  piii  che  mai  «  equivoco  e  confusione  come  in  Italia!  »  Tutti, 
dopo  il  voto  sull'emenlamento  Goblet  si  aspeltavano  per  lo  meno  che 
Wai  leck-Russeau  e  Mariin-Fouille'  avreblxro  presentate  le  loro  dimis- 
sioni,  tanto  piii  che  la  Camera,  votando  quell' emendamento,  ritirava  con 
una  mano  quel  che  aveva  concesso  con  1'alira,  giacche  una  legge  spe- 
ciale  contro  le  manifestazioni  sediziose,  cosl  corretta,  non  ha  piii  ragione 
di  essere,  bastando  all'uopo  il  Codice  pen;ile.  Eppure  ne  1'uno  ne  1'allro 
si  decidono  ancora  a  far  fagotto 

Si  disse  per  un  momento  che  i  due  ministri  battuti  al  Palais  Bourbon 
avevano  11  per  II  fatto  mostra  di  rassegnare  i  porlafogli,  ma  si  soggiunse 
imm*<1iatamente  che  si  erano  affrettaii  a  riprenderli  sotto  il  braccio,  non 
appena  il  Ferry  fece  loro  osservare  che  la  quistione  di  gabinetto  non 
era  stata  posta.  Questi  signori  hanno  1'aria  di  seguire  la  politica  di 
Guido  Biccelli  nel  Parlamento  italiano. 

3.  E  qui  vorreramo  parlare  della  crisi  operaia  che  tiene  tanto  in  al- 
larme  il  Govenio  della  Repubblica;  se  non  che,  crediamo  meglio  di  ri- 
chiamare  I'altenzione  dei  nostri  lettori  sopra  una  singolare  e  spaveutevole 
statistics,  le  cui  cifre,  eloquenti  non  hanno  bisogno  di  essere  commentate. 
Allu  liarao  alia  statistica  delle  bettole,  secondo  la  quale,  nel  dip  irtimento 
della  St'niu  vi  sirebbe  una  betlola  per  ogni  88  abitanli;  una  per  ogni  75 
nella  Senna  inferiore;  una  per  ogni  70  nel  Rolano  e  nella  Somma ;  una 
per  54  al  Pas-de  Calais;  una  per  ogni  52  al  Nord.  £  da  notare  che  nelle 
cifre  degli  abitanli  non  sono  comprese  le  donne  e  i  bambini.  Fate  le  debite 
soltrazioni  e  tirate  un  po'le  consegu*nze  logiche,  per  ci6  che  riguarda  le 
tristi  con'li/joni  morali  della  gran  m.issa  degli  operai.  11  Temps  ha  dun- 
que  perfettamente  ragione,  quando  afferma  che  la  causa  principale  del- 


110  CRONACA. 

1'attuale  crisi  e  1'eccesso  nell'uso  delle  bavande  alcooliche,  le  quali,  da 
un  lato  sottraggono  delle  sorame  ingenti  al  risparmio,  e  daH'altro  degra- 
dano  e  pervertiscono  la  popolazione.  In  tre  anni  Parigi  ha  bevuto  vino 
e  liquor!  per  1,800  milioni  di  franchi.  In  12  anni  Parigi  si  beve  il  ri- 
scatto  della  Francia. 

L'operaio,  demoralizzato,  abituato  alia  taverna,  perde  ogni  volonta, 
ogni  capacila  al  lavoro:  impone  quindi  delle  esagerate  condizioni  ai  capi 
fabbrica,  doraandando  sempre  nuovi  aumenli  di  salario  e  sempre  nuove 
riduzioni  nel  numero  di  ore  di  lavoro,  per  avere  maggior  tempo  e  mag- 
giori  mezzi  da  dedicare  alia  crapula.  Cos!  la  produzione  diminuisce  in 
quantita  e  in  qualit£ ;  le  spcse  di  pro  hi/ione  aumentano  e  la  concor- 
renza  estera  ha  buon  giuoco  contro  1'industria  nazionale,  che  decade  e 
si  estingue.  Quello  per6  che  da  molto  da  pensare  e  il  progresso  spa- 
ventevole  delle  recidive.  Leggasi  infalti  qut:l  che  scrivea  tempo  fa  il 
National  su  questo  argomenlo. 

«  II  National  parla  della  legge  Berengere  sulla  riforraa  penitenziaria. 
Dice  che  lo  spaventevole  progresso  delle  recidive  notato  in  qucsti  ultimi 
anni  dalle  statistiche,  dipende  dal  fatto  che  i  legislator!,  i  magisiraii,  i 
giurati  e  il  presidente  della  repubblica  son  divenuti  troppo  sensibili. 

«  Non  v'e,  domanda  il  National ^  abuso  del  diritto  di  grazia? 

«  Non  s'fc  comraessa  un'imprudenza  rendendo  mite  oltremodo  la  re- 
gola  di  vita  dei  forzati? 

«  Non  si  sono  intesi  degli  accusati  spiegare  i  loro  nuovi  misfatti,  col 
desiderio  di  partire  per  Numea,  la  quale  apparisce  loro  cento  volte  pre- 
feribile  alia  prigione  ? 

«  Non  si  e  fatto  della  prigione  uno  spauracchio  che  va  sempre  di- 
ventando  raeno  spaventoso? 

«E  per  giunta,  la  giustizia  non  va  acquistando  sempre  piii  1'abito 
di  applicare  il  minimum  delle  pene,  e  gli  accusati  non  possono  spesso 
fare  assegnamento  su  un'  indulgenza  dei  giurati,  che  va  spesso  sino  al- 
1'assoluzione? 

«  Non  s'e  abusato  delle  circostanze  attenuanti? 

«  Non  s'e  abusato,  una  volta  dichiarata  la  colpabilita  da  un  verdetto, 
della  postilla  data  in  favore  dei  grandi  scellerati,  per  domandare  una 
commutazione  di  pena? 

«  Credesi  che  tutto  questo  rilassamento  nella  repressione  non  abbia 
influenza  sulf  animo  dei  furfanti,  che  misurano  la  portata  dei  delitti  che 
premeditano? 

«  Fra  Tassoluzione  possibile  e  la  condanna  a  morte  seguita  dalla 
grazia  inevitabile  del  signor  Ferry,  quante  probabilita  di  cavarsela  con 
un  nonnulla,  con  un  po'di  prigione,  o  con  un  viaggio!  » 

4.  L'anounziata  manifestazione  bonapartista  al  Circo  d' estate  ha 
avuto  luogo.  Grande  concorso:  quasi  4000  persone.  II  signor  Richard, 


>EA  1 1  1 

ini/ialnro  e  |  ,  ron  altri   or.itori,  sost'-nut  »   l:i  fee 

della  rvstiiuzioMf  di  tutli  i  suoi  diritti  a  I  suffn^o  um\»Tvil.',  pi-r.-l 
reUami-nt*1  j-nssa  fan-  la  sivlin  del  capo  dello  Slato  conviiilis.Ninn,  tanto 
lui  conit-  i  suoi  amici  di  partito,  che  se  (to  sincerameole  un  ap- 

pello  al  popolo,  la  risposta  immediate  di  qucsto  s:nvbbe  1'elevazioii' 
prindpe  (iirolamo  alia  priraa  magistratura  della  Francia. 

Un  ordine  del  giorno  su  quisle  b.isi  e  stato  votato  per  acclaroazione. 
On  esso  si  domanda  bensl  la  revisione  della  costituzione,  ma  non  la 
revisione  stata  recentemente  proraessa  dal  signer  Ferry,  e  neanche  da 
farsi  colla  riunione  in  congresso  delle  due  Oimere  atluali.  La  revisione 
pei  bonapartisti  dovra  farsi  da  un'assemblea  speciale,  eletta  ad  /we. 

Quello  che  ne  gli  oratori  del  Circo  <? Estate,  ne  i  gioniali  napoleo- 
nisii  osano  bucinare,  ma  che  tutti  del  resto  capiscono  perfeltamente,  e 
che  la  desiderata  elezione  del  priticipe  Gerolamo  a  presidente  della  re- 
pubblica  dovrebbe  esser  il  primo  passo  per  la  ristaurazione  dell'impero. 
Non  si  avvedono  per6  delle  enormi  difficolla  che  vi  sarebbero  a  riten- 
tare  la  fedele  riproduzione  delle  origini  e  degli  errori  del  seconJo  impero. 
5.  La  notizia,  ormai  uflhiale,  del  tra^locamento  del  prindpe  OrlofT 
dall'ambasciata  russa  di  Parigi  all'ambasciata  russa  in  Berlino  e  stata 
accolta  a  denti  molto  stretti.  Giacche  non  possono  farsi  illusione  i  Fran- 
cesi,  sul  significato  positive  di  tale  traslocamento,  il  ristahilimento  cine 
delPintimita  fra  la  Russia  e  la  Germania;  1'abbandono  da  parle  della 
prima  d'ogni  velleita  di  alleanza  con  la  Francia.  L'OrlolT  e  molto  amico 
del  paciQco  Giers,  e  questa  sua  nuova  destinazione  e  uii  segno  visibile 
di  ci6  che  si  e  potato  conchiudere  fra  i  due  Imperi  in  occasione  della 
recente  visita  del  ministro  russo  a  Berlino. 

6. 1  Francesi  per6  non  si  perdono  d'anirao.  Essi  sono  d'una  feconditi 
maravigliosa,  quando  si  tratta  di  immaginare  dei  conforti  alle  loro  ami- 
rezze  e  ai  loro  disinganni.  Cos)  della  nuova  fase  della  poliiica  russa  si 
consolano  pensando  che  non  potra  essere,  che  non  sara  certamente  dura- 
tura.  La  Russia,  dicono,  volenlo  approfhlare  delle  presenli  dillicolta  fra 
le  quali  1'lnghilterra  si  dibatte  nell'Egitto,  vuol  fare  uiu  nuova  fermata 
nell'Asia,  verso  quelle  Indie,  alle  cui  frontiere  la  Bulena  e  \0rso  bianco 
finirauno  un  giorno  con  iocontrarsi.  Volendo  concentrare  da  quel  lato 
tulta  la  sua  attenzione  c  tutla  la  sua  energia,  la  Russia  non  poteva  non 
metier  da  part*;,  flno  a  migliore  occasione,  ogui  suo  progetto  di  conquista 
sui  Balcani.  Gessato  cosl,  per  ora,  il  m)tivo  deH'aniag')nismo  con  1'Au- 
stria  e  con  la  Germania,  essa,  anche  per  essere  piii  tranquilla  ed  avere 
un  appoggio  morale  nella  sua  poliiica  asialica,  doveva  cercare  di  avvi- 
cinarsi  ai  due  imperi.  E  quello  che  ha  falto :  ma  ci6  piu  che  alia  Francia 
nuoce  airinghilterra,  sen/ »  la  quile,  anzi  conlro  la  quale,  si  svolge  ormai 
luila  la  poliiica  Europea.  L'Inghillerra,  dice  per  esempio  la  Republtque 
franraise,  ha  uvuto  il  torto  di  spingere  1'iUlia  in  braccio  alia  Germania 


112  CRONACA 

e  di  avere  espulso  la  Francia  dall'Kgilto.  Ora  essa  sta  scontando  gli  er- 
rori  gravissirai  da  lei  commcssi. 

La  Russia  adunque,  come  ha  f.itto  piii  d'  una  volta,  mette  a  profitto 
gli  imbarazzi  degli  aliri.  Durante  Id  guerra  franco-germanica  diede  uno 
strappo  al  trattato  di  Parigi,  consenziente  1'Inghilterra ;  ora  si  annette 
M«rw  e  prende  posizione  verso  1'Afganislan,  consenzieote  1'Europa,  ec- 
cetto  ringhikerra,  la  quale  e  per6  condannata  aH'immobiliia.  Tuttoci6 
sta  bene,  ma  non  attenua,  per  la  Repubblica,  lo  squallore  del  suo  com- 
piuto  isolamento.  E  per  questo  non  le  resta  che  il  conforto  d'aver  1'Italia 
per  compagna,  se  non  per  alleata.  Si  assomigliano  tanto!  Arcades  ambo! 

7.  Sul  Toukino  pare  che  siasi  strappato  il  velo  misterioso  che  lo  co- 
priva.  Dopo  la  presa  di  Sontay  doveva  venire,  a  breve  scadenza,  quella 
di  Bac-nin:  ed  e  venuta.  Ora  pare  che  la  Cina  cominci  a  persuadersi 
essere  omai  tempo  di  smettere  dalla  sua  burbanza.  D'altra  parte  anche 
la  Francia  ha  interesse  di  flnirla  col  Tonkino,  non  tenendosi  sicura  di 
qualche   brutto   tiro,  da  parte   della   G^rmariia.  Intamo  ecco  quel  che 
scrivono  i  Dtfbats:  «  Se  il  nostro  Governo  giunge  ad  effettuare  il  iratlato 
BoureX  quel  trattato  che  sul  principle  egli  non  prese  sul  serio,  e  che 
ci  dava  tutta  la  parte  utile  del  Tonkino  coi  mezzi  di  potercene  servire, 
cioe  coll'apertura  delPYunnam;  se  il  signor  Ferry  oitiene  quesli  risul- 
tati,  diremo  che  ha  fatto  miracoli,  che  ha  riparato  gli  errori  precedents, 
che  ha  tratto  un  partito  insperato  dai  nostri  buoni  success!  militari,  che 
dopo  aver  esordito  male  da  guerriero,  ha  terminato  abilmente  da  diplo- 
matico.  Gi6  che  gli  domandiarao  e  difficile,  e  bisogaera  contentarsi   di 
qualcosa  di  meno;  ce  ne  conlenteremo  senza  troppo  lagoarci,  purche  si 
finisca  e  si  giunga  al  un  modum  vivemli  colla  China.  » 

8.  E  qui  sentiamo  il  dovere  di  parlare  di  un' opera  eminentemente 
cattolica  stabilitasi  in  Francia,  per  venire  in  aiuto  dei  poveri  religiosi 
cacciati  iniquamenie  dai  loro  conventi. 

Fino  dai  primi  tempi  in  cui  la  rivoluzione  in  Francia  cacci6  dalle 
loro  pacifiche  dimore  le  Gongregazioni  religiose,  i  catlolici  francesi  pro- 
curarono  di  riparare  Tabbominevole  atto  di  despolismo  radicale,  con 
contribuire  genftrosameute  al  sollievo  di  quelle  illustri  vittime  dell'anti- 
clericalismo  trionfante.  Si  costitui  un  Gomiiato  di  cui  formarouo  parte 
i  principal!  rappresentanti  delh  Francia  cattolica:  Lucien  Brun  presi- 
dente;  membri:  Joseph  de  la  Bouillerie,  generale  coule  Eysident  de  la 
Villebnisnet,  il  principe  di  Le"on,  Eugenio  Veuillot  ed  altri.  II  conte  Gior- 
gio de  Beaurepaire  ne  fu  eletlo  s^gretario.  L' opera  zelante  del  Comitato 
fu  coronata  di  lieto  resultato.  Tuttavia  quest' Opera,  la  quale  e  un  atte- 
stato  della  generosila  dei  cuori  francesi  verso  tutti  gli  infortunii,  una 
roanifestazione  dello  spirito  di  fede  e  dell'affetto  dei  cattolici  alle  isti- 
tuzioni  secolari  della  santa  Ghiesa,  una  protesta  contro  i  decreti  che 
violentemente  cacciarono  dai  loro  pacifico  ritiro  religiosi  che  servivano 


Jllio  c  i  I'D  fr.ii.-lli.  vml  fssi-iv  i-ro^mta.  I/i  ri\ -iluzione  ha  colpilo 

•  inlini  ivl^iu.si,  i  <]u;ili  in  p.m-i  »•  n.-iN-  provincie  avevano  S 
con  fl'.s'.i  ivli^if.si.  I  Novi/iaii  fun  mo  trasporlati  all'eslero,  e  loro  noo 
rimarif  ch--  li  Hixnn  I'mwi  li-u/. t  per  soslegno.  «  Li  carila,  scriveva 
al  Comilato  (M  Jhinaro  ilajli  fapulsi  uno  «li  ijiifsii,  prosegueodo  a 
varcare  i  limiii  delle  frontiere  francesi,  si  esten  lera  lino  a  coloro  che 
la  N.r-'s^ia  r.istrinse  ili  au<lare  su  uoa  terra  straniera,  a  cercare  un 
po'di  quella  tranquillity  e  di  qudla  liberta  religiosa,  che  la  patria  loro 
riciisa.  » 

Le  offerte  si  ricevono  dal  conte  Giorgio  di  Beaurepaire  segretario 
del  Comitato,  rue  de  la  Chaise,  5,  1'arigi. 

IV. 

/.Y<-  ini.TI-'.HRA  (Noatra  corrispondenza)  --  I.  Voto  di  sfnlucia  drlla  Cinifra 
•I  •' l.nrdi  contro  il  ministro  Gladstono.  Grave  cimpnto,  cni^stata  posia  PoM'-n/a 
di  qui-sto  andic  nella  Camera  doi  Comuni  —  2.  Li  questione  ogiziana,  e  sue  de- 
plon-voli  consr^upiize —  3.  Immin°nti  propo«te  governative  per  1'pstfn.sione  dolla 
franchijria  delle  contee  e  per  un  nuovo  ripartimenlo  di  Sepgi  —  I.  Progressiio 
iiiixlioramento  nelle  condizioni  drU'lrlandii.  \A  nuova  universiia  di  Dublino —  5.  II 
Collegio  gesuitico  di  Stonylmi-sl  — 6.  IVobabilita  che  nella  presente  sessionedel 
I'jrlameiilo  ven^ra  novainfiile  discnssa  la  questione  dell'  inscgunmcnlo  elemcnlare  — 
7.  Ancora  del  signor  llra.llaugh  —  8.  Nomioa  di  una  Commissione  per  awisare  al 
modo  di  retar  sollievo  alle  trisli  condizioni  de'pOTeri  in  Londra  ed  ahrove  — 
'.i.  Pro«rrs>iv.)  depprinn-nto  ddla  Chie>a  prolestantc.  Esislenza  in  essa  di  piii  cor- 
renti  contrarie  alia  frazione  ritualis;a.  Disegno  per  la  fondazione,  di  scuole  delta 
Chicsa  d'lnghilt<>rra  —  10.  Heconte  puhblicazione  di  due  scrilti  cat:olici.  Mission! 
e  Qmraniore  in  Manchester  e  alirove  —11.  Elezione  del  nuovo  Presidi-nte  della 
(iunpra  dei  Comuni  —  12.  Esplosione  avvenuta  sulla  Via  fcrrata  Victoria. 

1.  K  iocominciata  e  dura  gi£  da  tre  setlimane  in  Inghilterra  la  ses- 
sione  parlamentare,  senza  che  ahbia  limjui  prodolto  altro  risultato  che 
un  diluvio  di  discorsi;  quanlunque,  a  dir  vero,  tali  discorsi  non  siano 
riusciti  del  lutto  infruttuosi,  come  spesso  avviene  pur  troppo  di  quelli 
pronunziati  n»  lla  Camera  dei  Comuni.  L'Indirizzo  non  e  stato  ancora 
roesso  in  ordine,  iraperocche,  non  facendo  caso  di  emendameoli  di  minor 
rilievo,  1'azione  ministeriale  e  rimasla  impeilita  dalla  proposta  di  un 
voto  di  sfiJucia  nel  Governo;  di  che  Vd  obbligato  al  suo  inetto  e  im- 
becille  contegno  negli  affari  d'Egitto.  Una  proposta  analoga  fu  fatta  .h 
Ix»rd  Salisbury  nella  Camera  dei  L^.rdi,  la  quale,  dopa  una  discussione 
relativaraenle  breve,  diede  a  grandissima  maggioranza  un  voto  di  bia- 
simo  ai  minisiri.  11  Governo  per6  e  talmente  assuefatto  a  simili  scon- 
(lile  nella  Camera  alta,  che  di  buon  animo  vi  si  rassegna,  ben  sapeudo 
che  da  un  voto  sfavorevole  della  Camera  dei  l/»rdi  esso  non  pu6  ri- 
sentire  che  un  danno  piii  o  meno  indiretto,  Qncbe  rimanga  in  possesso 

Seri«  XII,  vol.  VJ,  fate.  811  8  29  marto 


1  1  '*  CRONACA 

di  una  forte  maggioranza  nella  Camera  dei  Comuni.  Se  non  che,  anche 
in  quest'  uhima  la  fedelta  della  maggioranza  e  stata  posta  a  grave  ci- 
mento,  dappoiche,  in  seguito  ad  una  lunghissima  disrussione,  essendosi 
proc«>duto  alia  contazione  dei  voti,  si  trov6  non  avere  il  Governo  ottenuto 
che  una  roaggioranza  di  49.  II  dibattimento  nella  Camera  dei  Comuni 
presentb  diversi  notabili  aspetti,  non  ultimo  fra'quali  fu  la  mancanza 
di  vigore  dimoslrata  dai  capi  dell' Opposizione,  cui  si  era  ofTerta  una 
opportunita  non  piii  udita  di  nuocere  a'loro  avvt-rsarii,  ma  della  quale 
Sir  Stafford  Northcote,  parlicolarmente,  tralasci6  di  approfittare,  tra  per- 
ehe  la  corlesia  e  lealta  inerenti  al  suo  carattere  lo  portano  a  condursi 
con  gli  avversarii  piuttosto  con  dolcezza  che  con  ruvidezza,  e  perche 
forse  non  sapeva  che  strada  tenere  in  mezzo  alia  folta  oscurita,  in  cui 
la  potenza  ammaliatrice  del  ministero  liberate  d'lnghilterra  e  riuscita  ad 
avvolgere  1'amena  vallata  del  Nilo.  Ma  se  Sir  Stafford  rimase  alquanto 
al  di  sotto  della  sua  for/a  abitu'.le,  il  signor  Gladstone,  airiiicontro,  su- 
perb se  stesso  nello  sfoggio  delle  mirabili  qualita  oratorie  e  rettoriche, 
ond'e  si  riccamente  dotato.  II  suo  discorso  in  risposta  al  Capo  dell' Op- 
posizione fu,  per  consentimento  universale,  un  prodigio  di  abiliia  oratoria, 
qu.inlunque  dobba  disgraziatamente  aggiungersi,  di  reilorica  giunteiia. 
Infatti,  per  mezzo  di  un  volgare  arlifizio,  egli  riusci  a  distrarre  la  Ca- 
mera in  question!  secondarie  e  in  remoti  antecedenti,  senza  punto  adden- 
trarsi  ne' gravi  f;itti,  su'quali  si  fondava  la  severa  condanna  inflitta  al 
minislero;  fatti  che,  ove  fossero  stati  veri,  ne  avrebber  resa  inevitabile 
la  caduta.  Altri  discorsi  degni  di  nota  vennero  pronunziati  nel  corso  del 
dibattimento;  tanto  piii  degni  di  nota,  quanto  partirono  sopratiutto  dai 
banchi  liberali  e  furono  oltremodo  espliciti  nel  disapprovare  la  politica 
ministeriale.  Lord  Randolph  (Churchill,  che  va  rapidamente  elevandosi  a 
un  grado  cospicuo  nelle  file  dell' Opposizione,  parlb  con  raro  accorgimento 
e  vigore,  sebbene  debba,  a  onore  del  vero,  confessarsi  che  il  suo  lin- 
guaggio  non  perderebbe  punto  di  efficacia,  ove  serbasse  meglio  le  regole 
di  ci villa:  ma  i  discorsi,  che  maggiormente  nocquero  al  Governo,  furono 
quelli  di  tre  schietti  ainici  suoi,  quali  sono  i  signori  Cowen,  Goschen  e 
Forster.  Anco  il  signor  Marriott,  entrato  nella  Camera  con  la  veste  di 
liberale,  par!6  vigorosamente  contro  il  ministero,  e  die  del  pari  voto 
contro  di  lui;  laddove  i  signori  Forter  e  Goschen  trovarono  modo  di 
render  piii  lieve  alle  loro  coscienze  il  sacrifizio  dei  principii  poliiici  da 
essi  professati,  parlando  &\  con  violenza  contro  il  Governo,  ma  all1  ultimo 
momento  dando  voto  in  favor  suo.  II  contegno  del  signor  Marriott  merita 
lode  almeno  per  la  sua  coerenza,  dappoiche  egli  ha  rassegnato  il  suo 
seggio  per  Brighton,  e  aspetta  di  conoscere  il  verdetto  de'suoi  eletlori 
inlorno  alia  linea  di  condotta  da  lui  seguita  in  tal  quistione.  Questa  ele- 
zione  sara  per  certo  un'elezione  di  prova,  e  servira  mirabilmente  a  far 
conoscere  che  cosa  pensi  il  paese  relativamente  al  fiasco  egiziano.  Non 


CONTEMPORANEA  I  I  •"> 

e  gi£  c\\c  manrliino  sii:t')ii,i  .1  m-  str.uv  Hn  da  ora  che  nella  pubhlica 

•Miu>  .lomiiia  iiua  furtc  cuiTi'uir  roiitraria  al  miriislrro,  e  tali-,  die  se 
non  resti  indfliolita  da  qualche  colpo  fortunato,  pu6  gravemente  compro- 
nu'iu-n'  le  sue  sp*-niiz«'  m-llr-  pross  me  elezioni.  A  buon  conio,  nuin< 

Ungs  sono  siati  tniuti  a  Lohdra  ed  altrove,  ne'quali  le  censure  contro 
la  iiirHiiii'lim1  c  tMtolrzza  minisicriale  furono  assai  acerbe,  e  trovarooo 
un'eco  molto  gagliarda  nello  afTollaio  uditorin. 

Pu6  con  una  certa  tal  quale  sicurezza  alTcrmarsi  che  il  sentimento 
dominant  nrH'univfrsaliia  drl  paese  suona  aperto  biasimo  al  minislero 
per  la  mala  smministrazione  ddla  sventurata  contrada  che  il  Governo 
ha  col|  ita  col  FUO  intervento;  e  che  queslo  sentimento  non  tarderebbe 
a  irovare  una  generate  espressione,  se  non  fosse  I1  influenza  delle  tra  li- 
zioni  del  partili  e  degli  oslacoli  derivanti  dagli  obblighi  da  essi  contralti. 
Tuito  questo  disgraziato  episodio,  cotanto  disastroso  per  il  presligio  e 
1'inllusso  deiringhilterra,  offre  un  esempio  singolare  di  quanto  poco  ef- 
flcaci  riescano  le  belle  leorie,  praticate  senza  una  plena  cognizione  del 
principii  piu  ovvii,  quando  non  sieno  in  accordo  coile  necessita  della 
vita  reale.  Nulla  di  piu  fervente  d^lle  declamazioni  del  signor  Gladstone 
contro  le  airocita  commesse  in  Bulgaria,  nulla  di  piii  elevalo  del  suo 
zelo  nel  dtfendere  le  nazionalita  oppresse  in  qualsiasi  pane  del  globo,  e 
nel  propugoare  il  principio  che  nazioni  e  popoli  dovrebbero  esser  liheri 
di  amministrare  da  se  stessi  i  proprii  affari  e  da  se  stessi  governarsi; 
principio  applicato  in  tutta  la  sua  estensione  nel  caso  del  Transwaal  e 
di  quel  povero  Cetewayo,  il  cui  cadavere,  tuttcra  insepolto,  e  una  lezione 
parlante  della  fulilita  degli  umani  disegni.  E  nulla  di  piu  assordante 
degli  applausi,  con  che  tulti  que'magniflci  discorsi  furono  accolti  dalla 
generality  del  partito  liberate,  ad  eccezione  di  pochi  sciagurati  wighs, 
che  se  ne  stettero  tacili  e  coslernati  dinanzi  alia  turbinosa  eloquenza 
dell'eroe  di  Mid  Lothian. 

2.  Ecco  in  quali  termini  sembra  che  stia  la  questione  d'Egitto.  Sul 
principio  dei  presenti  torbidi,  esisteva  nel  paese  un  vivo  s<»ntimento  na- 
zionale  contro  il  vigente  ordine  di  cose:  cioe  contro  il  Khedive  e  il  suo 
Governo,  qual  era  allora  costituito,  contro  il  pratico  assoggettaraento 
degl'indigeni  all'azione  e  regolamenti  stranieri,  e  soprattutto  contro  il 
grave  carico  del  dehito  estero  e  la  deduzione  dalle  rendite  egiziane  dei 
salarii  da  pagarsi  ad  europei  che  esercilavano  cariche  ufficiali  in  esclu- 
sione  degli  stessi  Egiziani.  Questo  sentimento  finalmente  venne  a  tradursi 
in  una  manifestazione  avente  tutta  1'apparenza  e  anco  il  carattere  di  un 
movimento  nazionale;  movimento  cosi  forte  che,  se  gli  si  fosse  lasciata 
piena  liberta,  avrebbe  senza  dubbio  rovesc'ato  il  debole  Governo  del 
Khedive.  Nonostante  una  si  solenne  mamfcslazione  di  volonla  e  di  aspi* 
razioni  nazionali,  il  Governo  inglese,  che  anzitutto  si  da  il  vanto  di  rap- 
presentare  il  principio  di  non  interveuto,  fuorche  quando  si  tratti  di  su- 


116  CRONACA 

scitare  e  fomentare  il  malcontento  contro  le  vigenti  istituzioni,  e  che  era 
in  modo  speciale  irapegnato  a  rispettare  e  promuovere  nell'  Egitto  lo 
svolgimento  dHla  nazionale  indipendenza;  il  Governo  inglese,  con  quel 
campione  di  silTatti  principii,  che  6  adesso  alia  sua  testa,  interviene  con 
animo  risoluto,  sostiene  un  Governo,  che  ha  ormai  perduta  la  confidenza 
de'proprii  sadditi,  e  cosi  farendo  stritola  la  forza  militare  del  paese  cut 
si  da  1'aria  di  soccorrere,  lascia  in  balla  del  ladroneccio  e  delle  fiamme 
la  piu  nobile  fra  le  sue  citta,  e  per  ultimo  gioisce  della  carneficina  d'uua 
banda  di  timide,  forzate  e  semi  disci  pi  inate  reclute  nelTazione  di  TYl-el- 
Kebir.  L' Egitto  dopo  di  ci6  viene  ricoverato  sotto  le  ali  della  potenza 
britanwica  per  esser  da  lei  guidato  nelle  sue  difficolta  flnanziarie,  (oli- 
tiche  e  sociali.  Si  evito  la  parola  protczhne,  e  si  fece  bene,  pm'he  i 
fatti  susseguemi  mostrarono  che  non  era  da  chiamarsi  protezione  la 
tuula  imposta  a  quel  paese.  Si  voile  far  credere  che  1' Egitto  sarebbe 
lasciato  libero  di  governarsi  da  se;  e,  a  patto  che  rimanessero  illesi 
gl'interessi  degli  azionisti  e  dei  possessor!  stranieri  di  obbligazioni  del 
canale  di  Suez,  gli  fu  permesso  d'inciampare  a  ogni  passo  lungo  la 
strada  impossible,  che  solo  gli  si  concedes  di  seguire.  Se  coloro,  che 
passavano  per  esser«  il  Governo  egiziann,  avesser  creduto  bene  di  com- 
mettere  sciocchezze  o  ingolfarsi  in  spedizioni  pericolos0,  si  dovevano 
lasciar  cogliere  i  frutti  della  loro  stoltezza;  imperocche,  salvo  il  guardarli 
con  indifferenza  e  cosi  dislruggere  Tunica  loro  probabilita  di  successo, 
il  Governo  inglese  nulla  avrebbe  fatto  per  reprimere  simili  rischiose 
intraprese,  o  prevenirne  gl'inevitabili  e  disastrnsi  risultati.  Per  tal  moio 
si  Iasci6  che  Hicks  pascia  e  1'infelice  suo  seguito  marciassero  alia  loro 
rcvina,  e  anche  il  Baker  rimase  esposto  alle  stesse  pericolose  vicende; 
che  ebber  termine  colla  completa  distruzione  delle  truppe  da  lui  coman- 
date,  senza  che  in  nessuno  di  que'due  casi  una  mano  si  fosse  alzata  a 
scongiurare  la  catastrofe  o  a  prevenirne  le  conseguenze.  L'Egitio  era 
padrone,  padronissimo  di  accostarsi  alia  fronte  una  pisiola  con  animo  di 
uccidersi;  ma  nessuno  doveva  muoversi  per  istrappargliela  di  mano.  In 
pari  modo  si  permise  che  cadesse  Suikat,  e  che  la  sua  guarnigione,  non 
che  le  misere  donne  e  i  fanciulli  che  vi  si  trovavano,  soccombessero  alia 
strage  e  allo  sterminio,  senza  che  alcuno  si  movesse  in  loro  aiuto:  e 
quando  la  pubblica  indignazione  suscitata  dal  lacrimevole  evento  ebbe 
finalmente  fatlo  sorgere  nell' animo  del  signor  Gladstone  e  de'colleghi 
suoi  un  senso,  se  non  di  dovere,  almeno  di  pudore,  e  si  cominni6  a  fare 
qualche  tentative  per  impedire  orrori  consimili  nel  caso  di  Tokar,  I'ef- 
fetto  mostr6  tosto  che  i  tentativi  eran  giunti  troppo  tardi.  Anche  Tok<r 
dovette  calere:  e  Tunica  conseguenza  di  cosi  inutile  e  spudorato  macello 
sara  la  ripelizione  delTiniqua  carneficina  di  forse  qualche  migliaio  di 
barbari  relativamente  male  armati,  la  qual  carneficina  e  stimata  neces- 
saria  a  rialzare  il  presligio  del  nome  britannico.  Non  e  adunque  da  ma- 


CONTEMPOriANKA  1  1  7 

ravigliare  s<>   mi   sentimt  Mo  d1  indi^i.azione  n-pna  in  Inpbilterra,  anche 
:i  .-.Hi  «>l-ri' n,  al  nili  Iralti  d'  imlitvillita 

e  dX'W'minia;  e  sc  il  (1  vrrno  d«-l  signor  liladstorif  varilla  sotlo  il  peso 
della  put'Mica  riprovazione,  the  fc  diquei  Irani  la  in*  vitabile  consegu* : 
Se  fosse  aricora  stato  in  vita  Lord  Mi-arorisuVM,  i  giorni  del  (lovernoin 
una  somigliante  crisi  surehbrro  slati  gia  da  un  pezzo  contati. 

La  conseguenza  degrinfortunii  ?giziani  e  delle  discussion)  a  cui  questi 
ban  da lo  orcasione,  non  meno  che  degli  emendarnenti  proposli  nel  dhn:- 
lere  I'lndirizzo,  e  st-aa  che  il  Parlamento  siede  ormai  da  ire  seliimau-, 
senza  che  un  passo  siasi  faito  per  la  spedizione  dei  puhblici  afTaii 
dell'Impero,  o  per  1'attuazione  del  progrannna  governalivo  quale  si  con- 
lifiie  nel  discorso  dflla  Corona.  Vero  6  che  questo  potia  essere,  a  lungo 
and;- re,  uu  bene  per  tutto  q'ianlo  il  paese,  essendo  il  partito  lilera'e 
agilaio  da  smaoia  febbhle  di  legislazioue,  giacrh£  sente  che  Tesistenza 
del  (loverno  dipende  assolutamente  dai  [irosentare  alia  pubttlica  attenzione 
argomenii  rosi  eccitanii  (he  abliian  la  forza  di  distrarla  dalla  lunga  lisla 
de'suoi  errori  madornali.  Ora,  una  legislazione  colanto  precipiiata  non 
pu6  a  meno  d'ispirare  in  ogni  tempo  gravissime  apprensioui. 

3.  II  provvediraento,  che  per  primo  verra  dal  Gov»-rno  proposto,  sara 
il  bill  per   I'estensione   delta  franchigia  delle  coulee,  lu   sostanza,  la 
proposta  estensione  equivarra  ad  accordara  il  diritto  di  sufTragio  a  ogui 
capo  di  famiglia.  II  principio  fon  lameniale  del  bill,  non  sara  inenoma- 
mente  contraslato  dall'Opposizione;  conciossiache,  qualunquti  esser  possa 
1'opinione  individualmente  professata  dai  conservalori,  il  riscliio  d'incorrere 
n^lla  impopolariia  fara  si  che  essi  restririgano  entro  cerli  confini  il  loro 
procedere  a  proposito  del  bill  slesso.  Si   prevede  che   1'Irlanda   sara 
coropresa  nel  bill,  e  ci6  incontrera  un'opposizione  vivissima  da  parte  dei 
banchi  conservatory  ma  1'opposizione  non  approdera  a  nienle  nella  Ca- 
mera dei  Comuni:  imperocche,  per  quanto  possano  in  essa  trovarsi  alcuni 
whigs  recalcitrant!,  il  corpo  dei  membri  irlandesi  dara,  com'e  naturale, 
veto  col  Governo.  I  Lordi  probabilmente  rigeileranno  in  questa  parte  il 
bill,  allorche  verri  loro  poitato  dinanzi;  ma  questa  circostanza  difficil- 
mente  potra  cagioname  1'immediato  annullamento.  Piii  pericolosa  sar;\ 
per  il  Governo  la  questione  del  nuovo  ripartimento  dei  seggi,  in  quanto 
un  certo   numero  di  membri   liberali  opinano  insieme  coi   cons*  rvatori 
che  un  tale  provvedimento  dovrebb'essere  preso  in  esame  simultanea- 
mente  con  I'estensione  del  suffranio.  La  parte,  infatti,  piii  moderaia  della 
Camera  reputa  assai  pericolcso  il  ri^sciare  la  decision^,  che  sotto  questo 
rispetlo  fc  desiderabile,  alParbitrio  d'un  Parlaraento  eh-tto  sotto  la  fervida 
impressione  del  diritto  novella  mente  acquisito  ad  un  voto,  che  molti  fr.t 
gli  elettori  saran  chiamali  a  dare  per  la  prima  volta. 

4.  In  Irland;i  si  fa  sempre  maggiore  la  tranqudlita,  e  1'eccitamento 
prodolto   dalle  recenti   agitazioni  va  gradatamente  cessando;  spt-nano 
nella  durala.  La  nuova  universita  regia  sta  prendendo  un  lento  svolgi- 


118  CRONACA 

mento,  e  gli  edifizii  universitarii  in  Dublino  sono  in  mano  dei  PP.  Gesniti, 
i  quali  fanno  ogni  sforzo  per  convertirli  a  uso  di  residenza  per  gli  stu- 
dent! durante  il  loro  corso  universitario.  ft  granderaente  da  desiderare 
che  il  loro  tenlativo  sia  corona  to  da  buon  successo,  poiche  questo  sarebbe 
in  cerio  modo  un  passo  verso  il  provvedimento  di  meture  nella  sua  inte- 
rezza  alia  portata  degli  studenli  cattolici  il  sisteraa  universitario;  sistema, 
del  quale  raanca  loro  1'opportunita  di  risentire  i  vantaggi  tanto  in  Irian  Ja 
quanto  in  Inghilterra,  eccetto  che  nelle  antiche  univ^rsita  protestanti ! 
UQ  raembro  deila  Gompagnia  di  Gesu,  il  P.  Gerardo  Hopkins,  graduate 
nell'uriiversita  di  Oxford,  e  stato  recentemente  chiaraato  a  far  parte  della 
regia  univmita  irlandese. 

5.  In  Inghilterra,  1'antico  collegio  gesuilico  di  Stonyhurst  festeggiava 
1'altro  giorno  un  aumento  nel  numero  de'suoi  alunni,  che  e  salilo  a  304 
ed  e  il  massimo  raggiunto  finqul.  II  iiuovo  magnifico  edifizio  e  il  roi- 
gliorato  ordinaraento  del  collegio  contribuiranno  probabilmente  a  vie  piii 
prorauoverne  Tutiliia. 

6.  Sembra  che  1'intera  questione  dell'insegnamento  eleraentare  debba 
essere  novamente  discussa  durante  la  sessione  in  corso,  dacche  il  si- 
gnor  Mundella,  che  potrebbe  chiamarsi  il  ministro  dell'istruzione  pub- 
blica,  sta  preparando  alcuni  cambiamenti  al  codice  vigente.  Gib  potra 
forse  condurre  a  esarainare  anco  la  questione  delle  scuole  volontarie,  e 
quindi  delle  scuole  cattoliche,  la  posizione  delle  quali  e  veramente  dura, 
dovendo  esser  mantenute  a  forza  di  contribuzioni  volontarie;  mentre  chi 
le  raantiene  deve  per  soprappiii  sopportare  il  carico  di  un'iinposta  sco- 
lastica  la  dove  esistono  scuole  governative.  Egli  e  questo  un  subbietto 
di  speciale  doglianza  in  Londra,  dove  1'enorrae  dispendio  delle  scuole 
governative  da  luogo  a  una  ioGnita  di  comment!  ed  eccita  un  malcon- 
tento  indesc'rivibile. 

7.  Al  signor  Bradlaugh  si  offerse  un'altra  occasione  di  mostrarsi  al 
pubblico.  Egli  si    present6  di  bel  nuovo  al  banco  della  Camera  dei 
Comuni,  e  si  defer)  da  se  medesimo  il  giuramento  di  fedelta,  pur  di- 
chiarando  espressamente  di  considerare  il  giuraraento  come  una   mera 
cerimonia  e  come  una  buffonata;  poi,  dopo  un  simile  tratto  di  sfaccia- 
taggine,  procedette  a  dare  il  suo  voto  in  una  o  due  votazioni  della 
Camera.  Ci6  lo  rendeva,  come  di  regola,  meritevole  di  punizione;  talche 
al  Procuratore  generale  fu  commesso  di  processarlo  pel  suo  reato.  II 
signor  Bradlaugh   peraltro  non   aspett6  che  si  venisse  ad  una  legale 
decisione;  ma  rassegn6  tosto  il  suo  seggio;  dopo  di  che,  presentossi 
un'altra  volta  come  candidato  agli  elettori  di  Northampton.  La  sua 
elezione  fu  inopugnata,  e,  p»r  mala  ventura,  il  signor  Bradlaugh   era 
stato  eletto  a  maggioranza  piii  forte  che  nelle  prece  lent!  occasion!.  Con- 
tuttoci6  coloro  che  combattono  in  favore  della  religione  e  della  giustizia, 
DOD  si  perdono  punto  di  coraggio,  ma  stanno  riordinando  le  loro  forze 


.  d:i  poi.Tf  aiTrontaiv  l;i  1  itta.  rui  trarra  certamt-i 
mint-rite    ;;nriullam>'Nlo  ilHIVl-/  .ttinlo   il   si^ii'ir    Bradlaugh    e 

•  ill  uiiovo,  in  for/.a  di  un  volo  della  Camei  i,  ••si-luso  dalle  sue 
:te.  <>ra,  tutta  qucsta  fan-en  la  si  riJuce  a  Una  controversia  fra  il 
collegio  elettorale  di  Northampton  e  la  Camera  dei  Comuni;  trattan 
in  sostanza,  di  sapere  se  la  Camera  dev'esser  padrona  de'suoi  proprii 
regolamenti,  o  sivvero  alibamlonarli  alia  merce  di  quei  collegi  elettorali, 
I'lu-  [»-r  avvenlura  si  reputassero  piii  savii  della  Camera  d»'i  i/imuni. 

8.  La  condizione  dei  poveri  in  Lon  Ira  ed  altrove,  singolarmente  per 
ci6  ohe  concerne  le  loro  abitazioni  n-'lla  capitale,  prosegue  a  ecciiare  uo 
vivo  int'Tesse  nei  circoli  ftlanlropici,  e  parecchi  disegni   slanno  diseu- 
tcn  losi  al  line  di  recar  sollievo  alle  miserie  di  quegl' mfelici.  Lord  Sa- 
lislmry  ba  invocaio  1'aitito  di  uoa  regia  Commissione  scella,  dietro  sua 
domanda,  nella  Camera  dei  Ix>rdi,  per  esaminare  la  questione  sotto  tuui 
i  suoi  aspetti,  e  ne  fanno  parle  il  Principe  di  Galles  e  il  Cardinale  Man- 
ning. Qualche  cosa  per  certo,  anzi,  com'e  da  sperare,  molio  di   buono 
scuturira  dai  lavori  della  Commissione;  ma  il  male  ha  messo  ormai 
radici  troppo  profonde,  e  non  e  possibile  trovare  adequate  rimedio  in  mezzi 
semplicemente  esteriori.  Fa  di  meslieri,  per  parle  delle  alte  classi  della 
societa,  di   un'intima  e  seria   consideraziooe   suiresorliuanza   del   loro 
egoismo  e  del  loro  lusso,  come  sulla  dim«inticanza  de'loro  doveri  verso 
gl'individui,  che  da  esse  in  qualche  molo  dipendono;  e  per  parte  delle 
classi  inferiori,  di  un  sincere  rilorno  ai  principii  sodamente  cristiani, 
prima  cbe  possa  ottenersi  un  nolab  le  miglioramento  nel  presente  stato 
lacrimevole  di  cose.  S\  le  une  come  le  altre  clas<i  ban  voltato  le  spalle 
alle  fonti  vive  di  verita  e  di  grazia  in  Gesii  Crisio  e  nella  sua  Chiesa, 
e  indarno  si  sforzano  di  attinger  acqua  da  lande  sabbiose. 

9.  La  Chiesa  protestante  e  sempre  sbattuta  da   varie  correnti,  ed 
esposta  all'impeto  di  piii  venti  di  dottrina;  fe  per6  da  notare,  che  ap- 
punlo  in  questo  tempo  esiste  nella  Chiesa  stab'lita  una  varieta  di  correnli, 
tuilH  contrarie  alia  frazione  riiualista.  II  sig.  Maconnochie  ha  dcvuio 
finalmente  piegare  sotto  la  tempesta  di  una  meschina  persecu/ione,  e  ha 
nit-'iiuto  una  missione  di  natura  vagante,  quil  e  quella  di  predicatore 
in  genere  nella  diocesi  protestante  di  Londra.  Ci6  che  in  quest' ullicio 
pnsxa  comprendersi,  nou  e  t'jnlo  facile  il  dirlo;  certo  e  che  in  conseguenza 
dell'abbandono  da  lui  fatlo  della  carica  fiuqul  occupata,  la  chiesa,  cui 
egli  ha  rinunziato,  rimarra  defraudata  di  piii  e  diverse  erudite  notizie 
intorno  al  Papismo,  cbe,  a  (jmnto  si  crede,  ei  si  proponeva  di  sommi- 
nistrare,  e  de'confessionali,  che  in  quella  erano  siati  erelli  senza  per- 
missione  del  Vescovo.  Esistono,  oltre  a  questi,  vani  altri  segoi,  che 
stnnno  a  indicare'  come  i  Hitu»lisii  rombatt-ino  una  battaglia  disperata  ; 
ed  e  il  senso  della  propria  sconlltta  qu'llo  che  accresce  Tostilita  loro 
coniro  la  Chiesa.  Giova  sperare  che,  sbollito  uoa  volta  il  calore  della 


1 20  CRONACA. 

m'schia  e  dissipata  la  polvere  del  combatlimento,  i  Ritualist!  sapranno 
ravvisarsi  abbastanza  per  iscorgere  la  luce  della  verita,  e  qu^sta  seguire 
in  tutia  la  sua  antica  e  tuttora  vivente  belta  e  pienez/.a. 

Al  tempo  stesso,  quanto  piii  va  progredendo  il  deperimento  della 
Ctiiesa  protestante,  tanto  piii  accaniti  sono  gli  sforzi,  che  vengono  fatti, 
non  senza  qualche  condimento  di  raondana  sapienza,  arrestare  il  processo 
di  distruzione  e  ritirdarne  la  dolorosa  fine.  Una  prova  di  questa  raon- 
dana sapienza  e  la  tattica,  che  si  adopera  nel  mandare  alle  colonie  in 
qualita  di  Vescovi  protestanti  uomini  dotati  di  non  comune  abilita.  Per 
citare  un  esempio,  il  D.  Barns,  persona  assai  cospicua  fra  gli  Anglicani, 
quantunque  non  avente  reputazione  di  grande  solidiia,  e  stato  scelto  a 
Vescovo  di  Sidney,  ossia,  come  lochiamano,  MetropolitanodeH'Australia. 

Si  nota  aneora  un  gran  movimento  per  aumentare  il  numtfro  delle 
chiese  nei  quartieri  piii  popolosi  della  capitale,  e  nulla  si  trascura  per 
vedere  di  far  fronie  agl'insidiosi  procedimenti  dei  secolari,  tendenti  a  I 
arrogarsi  rammaestramento  della  crescente  generazione.  ft  stato  formato 
uu  piano  per  la  fonl.izione  di  scuole  della  Ghiesa  d'Ingliilterra,  nelle 
quali  venga  assicurata  1'istruzio.ie  religiosa,  quantunque  non  esista  pe- 
ranco  perfetta  unanimiii-i  d'opinioni  su  quanto  concerne  ramministrazione 
e  le  parlieolmta  fondamentali  di  dette  scuole.  Serva  ci6  di  esempio  e 
di  stimolo  ai  cattolici  per  indurli  a  provvedere  al  granJe  bisogno  praiico 
de'nostri  giorni,  e  a  non  oraettere  sforzi  per  assicurare  mezzi  adequati 
di  sana  edueazione  cattalica  alle  numerose  popolazioni  delle  vaste  citta 
inglesi.  Per  buona  sorte,  anco  fra  i  cattolici  si  osserva  un  certo  movi- 
mento a  questo  riguardo;  ma  non  e  da  dissimulare  che  trattasi  d'im- 
presa  circondata  da  gravi  difficolia  pratiche  e  che  esige  molta  delica- 
tezza  di  procedimenti. 

10.  La  lelteratura  cattolica  se'guita  a  dare  frutti  assai  commendevoli. 
Due  lavori  furono  uliimamente  pubblicaii  di  raerito  specialissimo.  II 
primo  di  questi  e  un  articolo  del  Canlinale  Ntwman  sulla  ispirazione 
della  Sacra  Scrittura,  inserito  nel  Nineteenth  Century  (secolo  decimo- 
nono)  del  mese  di  febbraio.  L'eminentissimo  Scrittore  prende  in  esso  a 
esplicare  la  dottrina  cattolica  su  tale  argomento,  in  confutazione  dei  li- 
beri  pensatori  d'oggidl;  ond'e  che  si  restringe  a  principii  generali  e  alle 
dichiarazioni  della  Chiesa,  senzi  scendere  aJ  esaminare  ad  una  ad  una 
le  obbiezioni  messe  innanzi.  L' articolo  e  scritto  con  tutta  la  forza  e  chia- 
rezza;  il  che  accade  sempre  di  notare  negli  scriui  del  venerabile  Auiore; 
ed  ha  attirata  la  comune  attenzione  si  nei  circoli  letterarii  come  teologici. 

Un  altro  libro  pieno  d'interesse  e  la  Vita  del  signer  Hope  Scott  pel 
signor  Orusby.  Argomento  di  tale  scritto  e  un  uomo  cospicuo  per  grado 
s  i  tiale,  mi  piii  assai  per  le  sue  spleodide  qualita  e  per  1'elevatezza  del  suo 
carattere.  Egli  si  convertl  alia  Chiesa  caitolica  quasi  ndlo  stesso  t^rapo 
di  S.  Eminenza  il  Gardinale  Arcivescovo  di  Westminster,  e  si  manienne 


per  tnltn  la  sua  vita  unilo  cnn  vinroli  d'ami.'  \.-\\man. 

mil  aUnttivc  il.-l  hbro  consiste  in  alouni  sag^i  dHh 
ns|*>n  Irii/a  del  rigftor  Hope  Srolft  eol  Cardinals  N- \vman,  col  sig.  Glad- 
stone  e  con  altri  cospicui  persona^i  del  nostro  tempo.  II  signor  H^pe 
Scon  era  marito  alia  nipotin.i  di  Sir  Waller  SCOM,  la  quale  pure  at- 
brarcio  il  c.itinlicismo;  e  la  figlia  di  lui,  signora  Maxwell  Scolt,  fc  Pullima 
fra  i  disccn  li-nti  di  qud  c«-lel>re  scritiore. 

Grande  attivita  si  nota  in  questa  quaresima  nelle  Missioni  cattolidif . 
In  tutte  le  chiese  di  Manchester  ha  luogo  una  Missione  generate,  e 
anche  in  altre  vaste  cillft  si  ccrca  di  fare  Jiltrettanto.  La  divozione  delle 
Quarantore  &  del  pari  praticalH  estesamente  in  tuiti  que'luoghi,  ove  & 
possibile  disporre  di  quanto  occorre  per  questa  pia  funzicne. 

11.  La  Camera  dei  Comuni  ha  eletto  testfc  il  suo  nuovo  President*1, 
e  la  scelta  fe  caduta  snpra  il  signor  Arthur  Peel,  ultimo  figlio  di  quel 
celebre  statista,  che  fu  Sir  Robert  Peel,  e  che  riuscl  a  ottenere  il  /;.// 
per  1'emancipazione  dei  cattolici.  II  signor  Pet-1  assume  penanto  il  suo 
penoso  ed  arduo  uffi.-io  col  prestigio  di  un  gran  nome,  e  avra  certa- 
mente  bisogno  di  spiegare  F elevate  qualita,  che  con  un  tal  nome  si 
ricollegano,  per  poter  corrispondere  alPesigenze  dell'alto  suo  grado. 

12.  La  citta  di  Londra  fu,  in  questi  giorni,  gravemente  disturbaU 
per  causa  d'una  esplosione  avvenuta  di  nottetempo  nella  stazione  della 
via  ft'rrata  Victoria.  Molto  6  slato  il  danno  prodotto  dall'  esplosione, 
quanlunque  non  abbiasi  a  df  plot-are  la  perdita  di  vile  umane ;  e  semtra 
fuor  di  dubbio  che  il  triste  evento  fosse  efletto  della  malizia,  anziche 
del  caso.  Si  vede  chiaro  che  da  un  pezzo  in  qua  si  fe  scatenato  I1  inferno, 
e  che  al  diavolo  non  riesce  difficile  il  trovare  agenti,  che  a  lui  ras- 
somiglino. 

V. 

PRUSSIA  (Nostra  corrispondtnza)  —  1.  La  ripristinazioue  delle  buone  intelli- 
gonze  con  la  Russia,  e  conlraccolpo  rispnlitospne  in  Austria  —  2.  Spopliazione  della 
l'ni|iaganda.  Prolesta  di-1  Yescovo  di  Hreslavia  —  3.  I'iaio  con  gli  Slaii  I'nili  — 
i.  M  iiiifiiimenlo  in  vigorc  dolle  lopgi  di  maggio;  fatli  di  porsocuzione  —  5.  Frutti 
del  ccnlenario  di  Lulcro.  Notizic  di  Svczla. 

1.  Nulla  saprebbesi  immaginare  di  piii  semplice  delle  ragioni,  che 
hanno  indotto  la  Russia  a  ricercare  un  accordo  amichevole  colla  Ger- 
manic. Essendo  riuscito  al  principe  Hismark  di  consoliJare  1'alleanza  col- 
1'Austria  e  di  associarvi  1'Italia,  la  Spagna  e  i  paesi  danubiani,  la  Russh 
si  trovava  del  tutto  isolata.  K<sa  non  poteva  domandare  1'alleanza  del- 
I'lnghilterra,  a  motivo  dell'avere  i  due  Imperi  interessi  e  tendenze  affatto 
opposte:  non  poteva  trovare  un  appoggio  nella  Francia,  primieramente  a 
cagione  della  sua  instabilita  polilica;  in  secondo  luogo  perchfe  le  sue  finanze 


1  22  CRONACA 

sono  in  proeinto  di  andare  in  rovina;  in  terzo  luogo  perche  e  destinata 
a  cadere,  pin  presto  di  quello  che  non  si  creda,  nelle  mani  degl'intrau- 
sigenli  e  degli  anarchisti;  in  ultimo  perche,  anche  prescindendo  da  tutto 
questo,  la  Francia  e  un  centre  rivoluzinnario,  avente  aderenze  strettis- 
sirae  eo'nichilrsti  russi.  La  Russia  ha  bisogno  di  quiete  per  potersi  ri- 
costituire  all' inter  no;  laddove  i  repubhlicani  francesi  stanno  spiaudo  il 
momento  opportuno  per  gittarsi  a  corpo  perduto  in  una  guerra  di  rivin- 
cita,  alia  quale  la  Russia  stessa  si  troverebbe  inevitabilmente  trascinata, 
se  fosse  alleata  alia  Francia.  Essa  ha  dunque  prescelto  di  evitare  una 
somigliante  avventura,  ravvicinandosi  alia  Germania,  la  quale  non  man- 
chtra  di  secoadarla  nella  lotla  cootro  i  nichilisti  e  i  socialist).  Cotale 
ravvicinaraento  era,  d'altronde,  comandato  dall'interesse  naturale  delhi 
reciproca  conservazione;  e  ci6  lo  Czar  non  ha  dubitato  d'affermare  nel 
raodo  il  piu  solenne.  Ha  richiamato  il  signor  di  Subarom  dall'amba- 
sciata  di  Berlino,  sostituendogli  il  principe  Orlovv,  finqul  accredilato  a 
Parigi,  amico  del  principe  fiisroark  e  della  Germania.  Ha  inviato  a  B  r- 
lino  una  deputazione  militare,  composta  del  granduca  Michele  e  dei  ge- 
nerali  Gourko  e  Schuwaloff,  per  congratularsi  coll' impera tore  Guglielmo 
in  occasione  del  settantesimo  anniversario  dalla  sua  nomina  a  cavaliere 
dell'Ordine  di  San  Giorgio,  del  quale  egli  e  uno  dei  membri  piu  anziani. 
Ed  infatti,  il  27  feblraio  1814  a  Bar-sur-Aube,  il  regnante  Imperatore 
combatte  con  due  reggimenti  russi  per  fare  sloggiare  i  Francesi  dalle 
posizioni  loro  intorno  a  quella  citta.  L' Imperatore,  la  Gorte  e  i  circoli 
militari  ban  fatto  un  ricevimecto  magnifico  a  quella  deputazione;  e  al 
pranzo  dato  in  onor  suo,  il  monarca  ha  fatto  un  brindisi  per  ricordare 
la  fratellanza  d'arme  de' Russi  e  de'Prussiani,  e  per  affermare  la  pro- 
pria  amicizia  verso  lo  Czar. 

IQ  Austria  la  stampa,  piu  assai  della  Gorte  e  de' circoli  governativi, 
si  &  commossa  per  questo  nuovo  atteggiamento  della  Russia :  avrebbe 
per6  gran  torto  a  supporre  che  avessero  per  questo  a  risentire  scapito  le 
relazioni  fra  la  Gfniiania  e  1'Austria.  II  principe  Bisraaik  viene,  e  vem, 
ad  acquistare  un' influenza  ancora  piu  grande,  dappoiche  da  qui  innanzi 
egli  sara,  per  cos\  dire,  1'arbitro  fra  1' Austria  e  la  Russia,  e  potra  cosl 
regolare  molte  questioni  a  modo  suo  coo  imporre  la  propria  volonta: 
ma  gli  bisognera  altresi  tener  conto  del  seniimento  popolare,  piii  favo- 
revole  air  Austria  cbe  alia  Russia.  Si  aggiunga  che  gl'interessi  della 
Germania  esigono  1'estensione  dell' Austria  e  della  sua  influenza  sulla 
penisola  halkamca,  laddove  ogni  estensione  della  Russia  da  quel  luto 
toglierebbe  uno  sfogo  importance  al  ccmraercio  germanico.  Del  rimanente, 
sembra  per  ora  che  la  Russia,  seguendo  1'impulso  che  le  vien  da  Ber- 
lino, concentri  le  proprie  forze  sull'Asia,  dove  si  e  ultimamente  annessa 
1'oasi  di  Merw,  posizione  strategica  di  prim'ordine  e  che  costituisce  una 
minaccia  per  le  Indie  inglesi.  Una  simile  anoessione  pu6  quasi  chiamarsi 


CONTEMPORANEA 


m,1;.  ••  contro  I'hKhiltiTra,  tanto  occupata  in  questo  momento 

KM  Hit-  uon  vi  si  potrvhk1  opporre. 

miuifliidim  dflla  stampa  aiKtriara  hiu   •  ipraltutto    :ili- 

twnto  nel  nuovo  libro,  dal  titolo  !  Truer  Reichskamler  (il  nostro  Can- 
cdlitT'  ,  del  signer  Mortiz  Busch,  gia  conosciuto  per  una  puhblicazione 
an.-iloga,  che  mend  gran  rumore  qualche  anno  aJdietro.  I/autore  riporta 
•1'un  discorso  del  Cancelliere,  tutt'altro  cln  favorevole  all'Austria; 
e  narra  fin1  n«'l  1SG6,  prima  che  incominciassero  le  ostilita,  erasi  mandate 
a  Vienna  il  barone  di  Gablenz  per  oflrire  all'imperalore  Francesco  Giu- 
seppe la  spartizione  della  Germania  e  un'alleanza  per  muover  su 

•ra  alia  Francia  e  toglierle  1'Alsazia.  S-mile  asserzione  non  e,  del 
resto,  che  una  vecchia  storiella,  perocchfe  fino  dal  1869  il  signor  di  Ga- 
blenz smentl  pubblicamente  di  aver  ricevulo  un  incarico  di  tal  fatta. 

2.  La  senlenza  della  Corte  di  cassazione  di  Rimi  a  proposito  della 
Propaganda  ha  fatto  gran  senso  in  Germania.  La  siampa  caltolica  non 
e  sola  a  protestare  contro  quella  sentenza,  ma  anche  pareccbi  giornali 
conservator},  come  la  Kreuaaeitung,  la  biasimano  apertanaente;  e  persino 
fra  gli  organi  liberali  alcuni  la  criticano  severanoente,  altri  non  ardiscono 
difenderla,  e  soli  gli  organi  rivoluzionarii  Papprovano.  ^  probabile  che 
nel  Reichstag  debba  la  delta  sentenza  formar  subb:etto  d'una  interpel- 
lanza.  Avendo  il  rainistro  di  Prussia,  s'gaor  di  Schloezer,  ricevuto,  del 
pari  che  gli  altri  diplomatici  accreditati  presso  il  Vaticano,  la  protesta 
del  Gardinale  Segretario  di  Stato,  6  naturale  el  e  giusto  che  il  Parla- 
mento  domandi  al  Goveroo  ci6  che  inlende  di  fire.  Comunque  le  cose 
vadano,  Tinterpellanza  produrra  sempre  il  vantaggio  di  sentir  discussa 
pubblicamente  una  questione,  che  interessa  il  mondo  cattolico  ;  sara  iuoltre 
una  protesta  solenne  del  diritto  contro  una  legalita  arbitraria. 

A  questo  proposito,  non  sara  inutile  di  far  men  done  della  pastorale  di 
quaresima  di  Moos.  Herzog,  principe  Vescovo  di  Breslavia,  la  quale  rac- 
chiude  una  protesta  quanto  mai  vigorosa  contro  la  spogliazione,  onde  la 
Santa  Sede  e  da  tanti  anni  1'oggetio.  «  Fino  dal  momento  —  cosl  il  ve- 
nerabile  Prelato  —  che  il  patrimonio  della  Santa  Sede  e  stato  rapito 
dalla  forza  e  dal  tradimento,  il  Papa  vive  in  Vaticano  come  un  prigio- 
niero,  privo  dei  mezii  necessarii  a  governare  la  Ghiesa,  privo  della  forza 
occorre,nte  a  impedire  le  continue  violazioni  de'suoi  diritti...  Egli  protesta 
contro  1'ipotesi  che  la  continuazione  dell'ingiustizia  possa  trasformarla 
in  diritto.  E  noi  ci  uniamo  a  cosi  fatta  protesta,  imperocche  non  pos- 
siamo  tollerare  che  una  forza  ingiusta  abbatta  il  piii  antico  trono  del 
mondo  cristiano,  e  lasci  il  Capo  augusto  della  cristianita  in  balia  d'una 
potenza  nemica...  Tuttoche  abbundonalo  da  coloro,  che  hanno  la  forza  di 
far  trionfare  il  diriito,  e  il  cui  interesse  sarebbe  di  combittere  la  Rivo- 
luzione,  il  santo  Padre  non  si  perde  punto  di  coraggio,  ma  confiia  pie- 
namenie  nell  i  Provvidenza  divina.  » 


1 1 I  CRONACA 

Monsig.  Herzog  fa  sapere  inoltre  come,  in  occasione  dflla  visita  da  esso 
fatta  ultim:iroi'nte  a  Roraa,  il  santo  Padre  gli  esprimesse  il  suo  fermo 
convincimetito  che,  ad  on'a  di  tulle  le  diffuoltii  e  delusioni  mamf.'statesi 
fiiiqul,  Egli  riuscirebbe  ad  assicurare  alia  Germioia  in  modo  durevole 
la  pace  religiosa. 

3.  Li  Germania  si  trova,  senza  pur  avvedersene,  in  una  posizione  de- 
licata,  anzi  che  no,  di  fronte  agli  Stati  Uuiti.  11  di  6  febbraio  moriva, 
durante  un  viaggio  in  quegli  Staii,  il  signer  Lssker,  antico  capo  del 
partito  nazionale  tedesco.  Tre  giorni  dopo,  la  Camera  dei  rappresentanti 
di  Washington  esprimeva  COQ  voto  solenne  il  suo  rammarico  e  le  sue 
condoglianze  a  riguardo  dell'illustre  defunlo,  che,  a  senso  suo,  erasi  reso 
grandemente  benemerito  della  liberta,  del  progresso  materiale  e  della 
condizione  si  sociale,  come  economica  e  politica  del  popolo.  Questa  riso- 
luzione  fu  dal  rappresentante  gli  Stati  Uuiti  in  Berlino,  signer  Sargent, 
comunicata  al  principe  Gancelliere   con   preghiera  di  trasmetterla  al 
Reichstag;  al  che  il  signor  Bismark  si  rifiut6.  Nella  sua  risposta  al  si- 
gnor  Sargent  il  principe  fi  notare  che  le  affermazioni  della  Camera  ame- 
ricana  non  si  accordano  punto  colla  sua  propria  esperienza,  e  che  gli 
e  affatto  impossible  il  chiedere  all'Imperatore  1' autorizzazione  di  comu- 
nicare  al  Reichstag  il  documento  in  questione.  Veramente  il  principe 
Bismark  non  e  interamente  dalla  parte  della  ragione  npudiando,  siccome 
fa,  il  suo  vecchio  amico  Lasker,  che  lo  servi  con  tanto  zelo,  sopratiuito 
durante  il  primo  periodo  del  Kultttrkampf.  Non  e  quindi  da  maravi- 
gliare  se  i  nazionali-liberali  secessionist!,  a'quali  il  Lasker  erasi  acco- 
stato  da  q  lalche  anno  in  qua,  e  i  progressisli,  fanoo  un  chiasso  del 
diavolo  a   proposito  di  un  simile  rifluto.  II  rappresentante  degli  Stati 
Uniti  e  il  Governo  di   Washington   sono  di  ci6  tanto  piii  infastiditi, 
quanto  i  nostri  crgani  ufficiosi  non  si  sgomenlano  a  domaniare  il  ri- 
chiamo  del  signor  Sargent.  Ora  si  che  la  Camera  degli  Stati  Uniti  si 
mostrera  accanita  nel  fare  una  guerra  di  tariffa  alii  Germania,  che, 
sotto  il  pretesto  della  trichina,  proibisce  Timportazione  delle  sue  carni 
salate,  e  si  difende,  in  generale,  con  una  tariffa  protettrice  contro  T  ira- 
portazione  degli  Stati  Uuiti. 

4.  La  sessione  del  Landtag  prussiano  si  accosta  ormai  al  suo  termine, 
senza  che  il  Governo  pensi  a  presentare  un  disegno  per  modificare  le 
leggi  di  maggio.  La  legge  di  modiflcazione  spira  il  31  marzo,  e  non  si 
e  ancora  provveduto  a  prorogarne  gli  effelli.  II  Governo  adunque,  da 
quel  giorno  in  poi,  non  potra  piii  dispensare  i  Vescovi  dal  giuramento 
d'obbedienza  alle  leggi  di  maggio,  ne  togliere  il  sequestro  dai  beni  della 
Ghiesa,  che  per  altro,  non  esiste  piii  che  nelle  diocesi  di  Colonia  e  di 
Gnesna-Posnania.  All'  incontro,  si  annunzia  che  un  consigliere  del  mini- 
stero  dei  culti,  nella  persona  del  signor  Birtsch,  ha  ricevuto  incarico 
di  redigere  una  meraoria  sull'educazione  del  clero  nei  differenli  paesi, 


123 


JO.    KNMMI.I  )    ll    M-II'M'    It    rs.'h    (ill    |i:il 

l'.ilk,  DON  puh  milrirsi  ,1  t  il«-  .1:1  favorire 

vitnlo   cut  into    il.-sj  IrnitO. 

I/i  .|ISCII>M  'in.-  ,1.-1  bilancio  del  culti  e  dell'  istruzione  pubblica  «•  -lu- 
uiilici  intere  sedute,  a  can  lutio  d.-i  ivclami,  che  il  Cfntro 

ha  ilovuto  pres»Mitare  a  proposito  d»-lla  gestione  govern  itivt.  1  m.-mbri 
del  centro  baniio  iuiiinalo  M  Governo  di  togliere  il  sequestro  anche  dalle 
due  diocvsi  di  Colonia  e  Guesna-Posnauia,  le  quali  racchiudono  da  se 
piu  cbe  un  quarto  delta  popol.izione  caitolica  ;  allegando  a  foods- 
nit'iito  dflla  loro  imimazione  cbe  i  due  Arcivescovi  non  eransi  componati 
iliversamente  dai  loro  collfghi  nell'episcopalo,  i  quali  erano  siati  resiituiti 
alle  l'»ro  diowsi.  Nt-lla  sedula  del  2.)  gennaio  il  ministro  dei  culii,  mentre 
non  fu  in  grado  di  confutare  che  con  repliche  vaghe  le  asserzioni  dei 
meinbri  del  ceniro,  crede  dover  sog^iungere  che  il  Governo  aveva  ra- 
gioni  gravissim^  e  del  tutto  speciali  per  noo  consentire  la  gfazia  de'due 
Arcivescovi.  Richiaraato  dopo  di  ci6  a  specificare  i  fatli,  il  signer  VOQ 
Gossler  altro  non  seppe  dire  se  non  che  roonsig.  Ledochowski  aveva  ri- 
cevuto  un  Indirizzo,  in  cui  lo  si  trait.iva  di  Prinrite  della  Polonia,  e  si 
aflermiva  in  pari  temp)  che  It  sparlizione  della  Polooia  non  si  sarebbe 
dovuta  accetttre.  Ora,  un  tale  In  lirizzo  non  e  mai  esistito,  e  tutto  quanto 
il  minisiro  afTerma,  si  contiene  in  un  articolo  del  giornale  polacco  il  Goniec. 

II  Vescovo  di  Minister,  raonsig.  Brickmann,  rientr6  il  12  febbraio  nella 
sua  citt£  episcopate  in  m»-zzo  alle  acclamazioni  d'una  moliitudine  im- 
mensa.  Le  fest^,  cui  erano  accorsi  piu  di  50,000  forestieri,  riuscirono 
maguifiche,  e  non  deitero  occasione  al  minimo  accideote  o  disturbo:  se 
non  cbe,  nel  tempo  stesso  1'organo  ulliciale  della  reggenza  di  Bromberga 
pubblica  va  un  nuovo  mandato  d'arresto  contro  monsig.  Ledochowski. 
Pub  darsi  che  questa  coinciJenza  sia  fortuita,  ma  e  un  fatlo  che  la  pub- 
blicazione  in  se  siessa  non  denota  punto  disposizioni  concilianti. 

Nella  seduta  del  9  febbraio,  i  signori  von  Heereman  e  Stableroski 
deplorarono  i  maliratlamenti  e  le  molestie  poliziesche,  cui  sono  fatte 
segno  le  Suore  di  canta.  Tutte  le  volte  cb'esse  vengon  chiamate  in  al- 
cun  luogo,  attesa  1'urgenza  del  caso,  per  assistere  le  vitiirae  d'un  ac- 
cidenle,  la  polizia  esige  che  si  muriiscano  d'un'autorizzazione  ulliciale 
in  regola,  anche  quaodo  sono  rientrate  nel  loro  istituto  dopo  avere  adem- 
piula  la  pietosa  loro  raissione.  Non  si  e  loro  permesso  di  f  <ndare,  come 
ne  avevano  Tintenzione,  una  casa  di  ricovero  pei  vecchi  e  per  gl'iufermi. 
A  Kiilm  e  stato  impedito  alia  casa  delle  Suore  di  dar  da  mangiare  ad 
alcuni  scolari  poveri,  e  la  reggenzi  ha  vietato  la  letlura  in  un  labora- 

*  durante  il  lavoro,  come  pure  il  sostentamento  nella  casa  siessa  di 
due  povere  fanciulle,  iuferme.  L'asilo  direlto  dalle  Suore  e  coslretlo  a 
rimandare  senza  pieta  ne  misericordia  i  fauciulli  Del  giorno  stesso,  ia 


126  CRONACA 

cui  compiono  il  loro  sesto  anno,  ancorchfc  non  vi  sia  posto  per  riceverli 
nella  scuola  primaria.  Nella  provincia  di  Posen,  soprattutto,  e  nelle  reg- 
genze  di  Diisseldorf  e  di  Miinster,  non  possono  le  Suore  fare  un  passo 
senza  che  la  polizia  si  metta  loro  immediatamente  dappresso. 

All'incontro,  le  diaconesse  protestanti  sono  ricolme  di  fivori  e  lavo- 
rano,  con  Taiuto  delle  autorita,  al  pervertimento  dei  cattolici.  A  Ivit- 
towitz,  ove  6  stato  chiuso  a  viva  forza  un  orfanoirofio  cattolico,  fondato 
e  dotato  dal  parroco  Matessks,  si  fc  stabilito  invece  un  orfanotrofio,  in 
apparenza  senza  carattere  religioso,  ma  diretto  dalle  diaconesse,  quan- 
tunque  i  fanciulli  accoltivi  siano  per  due  terzi  cattolici.  Le  povere  crea- 
ture non  possono  dunque  pregare  secondo  i  dettami  cattolici,  e  tutta  la 
loro  educazione  religiosa  si  riduce  a  poche  ore  di  catechismo  per  set- 
tiraana. 

Nella  seduta  del  di  8  febbraio,  il  signer  von  Heereman  segnalava 
numerosi  esempii  di  parzialita  governativa,  fra' quali  io  mi  terr6  pago  a 
notarne  due.  A  Erwitte,  in  Wesifalia,  una  scuola  protestante,  che  conta 
soli  quattro  alunni,  riceve  dal  Governo  un  sussidio  annuo  di  300  marchi. 
A  Kolhoyen,  nella  Prussia  orientale,  i  cattolici  volevan  fondare,  co'  loro 
proprii  danari,  una  scuola  per  69  fanciulli;  ma  il  Governo  ne  ha  loro  rifiu- 
tata,  senza  verun  motivo,  T  autorizzazione. 

Nella  seduta  del  31  gennaio,  i  signori  Rintelen  e  Windhorst  fecero 
rimostranze  a  favore  delle  parrocchie  cattoliche,  alle  quali  si  sono  tolte 
le  chiese  loro  spettanti  per  darle  a  un'infima  minoranza  di  settarii,  quali 
sono  i  vecchi-cattolici.  II  signor  von  Gossler  difese  la  legge  e  sostenne 
le  ingiustizie  che  ne  sono  state  la  conseguenza,  dicendo  che  non  con- 
veniva  fare  dei  martiri  con  uccidere,  in  via  amministrativa,  il  movi- 
mento  vecchio-cattolico.  II  ministro  viene  per  tal  modo  a  riconoscere 
che  basterebbe  qualche  provvedimento  amministrativo  per  annientare  la 
setta.  Ma  s'egli  teme  di  fare  dei  martiri  ritogliendo  ai  vecchi-cattolici, 
o  meglio  a'  neoprotestanti,  i  vantaggi  loro  compartiti  a  carico  dei  cat- 
tolici, e'bisogna  bene  che  conservi  aliresi  un  po'di  commiserazione  verso 
questi  ultimi,  che  sono  le  vittime.  Se  i  neoprotestanti  diventano  tanti 
martiri  pel  fatto  di  esser  loro  ritolti  i  favori  amministrativi,  anco  i  cattolici 
devono  avere  qualche  diritto  a  questo  titolo  d'onore.  Non  sono  eglino 
stati,  infatti,  perseguitati  in  ogni  guisa,  spogliandoli  delle  lor  chiese, 
delle  loro  scuole,  delle  loro  congregazioni  ed  opere  religiose,  de'loro  beni, 
de'loro  diritti?  Non  sono  eglino  stati  gettati  in  carcere,  condannati  ad 
ammende  e  a  detenzione,  traltati  come  malfattori  ed  espulsi  dal  paese? 
Se  il  signor  ministro  non  vuole,  com'egli  dice,  collocarsi  su  questo  ter- 
reno  delicato  a  riguardo  di  poche  migliaia  di  settarii,  giova  nutrir  la 
fiducia  ch'ei  sia  per  provare  altresl  qualehe  scrupolo  a  trature  i  9,250,000 
caltolici  come  se  fossero  altrettanti  iloti  e  paria. 

Intanto  che  gli  organi  ufflciosi  inneggiano  al  Governo  per  la  sua 


NBA. 


>lin,  le  nntizi,'  di'llr  province  att--- 

i  la  Hiritiiiin/ione  ilfl  KnltnrL'iini>f.  II  lioverno  |i;i  rinisalo  !«•  di- 
56  ;i  lurnrlii  1'ivii  ordinal!  posh-normi-nie  al  1*7.1,  o  anche  innau/i. 
I'cr  l:i  iIimvM  -!i  (i'.i-Mia-lVsnariia  si  nola  perfino  che  nrppmv  la  meta 
lici  1'ivti  In  ottenulo  le  dispense.  A  lutti  qm-i  pivti,  che  ban  dovuto 
sul.ire  <|ii'lch«'  omdanna  in  l<  r/a  drlle  leggi  di  raacgio,  come  pure  a 
quHli,  che  liau  fatlo  i  loro  studii  fuor  di  <i.-rmania,  b  stata  negata  1'au- 
ti.n//  '/nine  di  esercilare  il  loro  sacro  ministero.  Uall'  altro  ranto,  i  pre- 
si  Icnti  drllf  province  nan  no  incaricato  le  aulorita  da  essi  dipemt 
d'  invigilare  sui  prcti  ausiliari  e  slender  processo  verbale  di  ogni  atlo 
sacerdotale  da  loro  esercitato:  quindi  e  che  si  notano  gia  quatlro  pro- 
ct'.s>i  iniziati  contro  altreitanti  preli  della  diocesi  di  Treviri.  II  presi- 
denie  della  provincia  reriana  ingiunge  a'suoi  subalierni  d'iuterporre  ap- 
pello,  se  i  preli  processali  vengono  assoluti  in  prima  istanza.  Ci6  prova 
lino  all'evidenza  che  dipende  assolulamenle  dalla  volonta  del  funzionarii 
governativi  e  del  ministero  il  rendere  illusorie  le  concessioni  colanto 
vanlate  dagli  organi  ufliciosi.  Gosl  la  necessita  di  sopprimere  le  leggi 
di  maggio  viene  ad  ess*  r  riconosciula  una  volta  di  piii  da  quelli  slessi, 
che  vorrebbero  mantenerle  in  vigore. 

I  preti  ausiliarii,  mandati  nelle  parrocchie  senza  lilolo  fisso,  sono  a 
carico  dei  parrocchiani,  cui  incombe  1'obbligo  di  provvedere  alia  loro 
sussistenza.  1  Vfscovi  non  possono  loro  conferire  alcun  benefizio  va- 
cante;  ond'  e  che  la  situazione  e  serapre  piena  di  difficolia.  NOD  staru 
poi  a  parlare  della  persecuzione  scalenatasi  contro  la  stampa  cattolica 
in  idioma  polacco.  II  signer  Gruscynski,  del  Kurier  posnanski^  che  sof- 
ferse  5  roesi  di  carcere  nell'anno  passato,  e  spa  condannato  a  6  pel  1884. 
11  signer  Jaskowski,  del  Dzienut  pomanski,  e  condanoalo  a  10  mesi 
e  10  giorni  di  prigione;  il  sigoor  Jaskolski,  del  Prezeglad  a  3  mesi; 
il  signor  Lankowski,  del  Ganiec,  a  2  anoi;  il  sigaor  Chociszki,  a  4  mesi. 
II  signor  Kuzinski,  del  Wiikopolamn,  sta  ora  scontando  una  pena  di 
15  mesi.  Sommando  lulte  queste  pene,  si  ottengono  in  un  anno,  per  li 
stampa  di  uoa  sola  provincia,  5  anni  e  8  mesi  di  carcere. 

5.  Fino  dalla  celebrazione  delle  feste  pel  centenario  di  Lulero  era 
slato  sul  punto  di  rompersi  1'accordo  fra  i  differenti  paniti  del  prote- 
slanlesimo;  e  solo  1'odio  contro  Roma,  fatto  in  ogni  occasicne  valere, 
avea  potuto  mantenere  una  pare  stiperficiale  fra  i  campioni  dei  pariili 
stessi.  Ma  ecco  che  la  discordia  si  manifesla  con  maggior  furore  che 
in  passalo.  II  signor  Bender,  decano  della  facolta  proteslante  di  Bono, 
ha  fallo  slam  pare  il  discnrso  da  lui  pronunziato  in  occasione  del  cen- 
tenario; e  1'opuscolo,  largamente  diffuso,  produce  un  effetto  disastroso 
per  1'orlodossia  ufficiale.  II  signer  Bender  e  d'accnrdo  con  la  risoluzione 
del  Sinododi  Berlino  del  1846,  che,  ad  islanza  dei  famosi  teologi  Nitznch, 
Doroer,  Giulio  Muller  e  Sack  ,  aveva  approvato  una  revisione  del  Sim- 


128  CRONACA  CONTEMPORANEA 

boio  degli  Apostoli  con  toglierne  i  passi  relativi  alia  nascita  di  Cristo 
da  una  vergine,  alia  discesa  all' Inferno,  all'ascensione  al  Cielo,  alia  ri- 
surrezione  delln  came  e  alia  personalita  della  Spirito  Santo.  L'opuscolo 
e  un  incentivo  a  polemiche  ardenti,  e  ne  sono  gia  comparse  molie  con- 
futazioni  e  adesioni.  II  signor  Bender  dice  in  esso  a  tante  di  lettere: 
«  La  maledizione  pesa  sulla  nosira  Chiesa  »  e  prova,  come  quattro  e 
quattro  fanno  otto,  che  il  protestantesimo  ha  perduto  la  sua  azione  re- 
ligiosa  sulle  masse.  Uno  de'suoi  contraddittori,  il  pastore  Krii.cer,  pone 
in  sodo  che  la  divisione  del  proteslantesimo  in  due  campi  ben  disiinti  fra 
loro,  i  credenti  e  i  miscredenti,  va  facendosi  sempre  piu  spiccata,  e  die 
tosto  o  tardi  condurra  inevitabilmente  a  una  rottura.  In  una  parola,  lo 
stato  presente  e  intollerabile. 

In  un  libro  interessantissirao  sulla  vita  sociale  in  Germania  (Leben- 
skunst  und  Kunstleben),  uno  scrittore  di  molto  senno,  il  signor  Ehrlich, 
mette  ia  rilievo  che  il  piii  gran  guaio  del  sistema  d'educazione  d'oggidl 
consiste  nell'irreligione  e  nell'  indifferentismo,  che  nel  nostro  paese,  piu  che 
altrove,  dorainano  fra  i  giovani  appartenenti  alle  classi  elevate  della  societa. 
La  Francia  e  I'lnghiHerra,  egli  dice,  ci  danno  1'esempio:  cola  le  donne  di 
raondo  sono  piii  religiose  che  in  Germania.  S'intende  naturalmenle,  nella 
Germania  protestante:  nella  Germania  cattolica,  grazie  a  Dio,  le  donne 
di  qualsiasi  condizione  hanno  in  materia  religiosa  principii  inconcussi. 
Gi  scrivono  dalla  Svezia  che  al  seguito  del  centenario  di  Lutero,  do- 
dici  (altri  dice  otto)  studenti  dell'universita  di  Upsala,  essendosi  trovati 
indotti  a  esaminare  piu  da  vicino  la  dottrina  della  Ghiesa,  ban  deciso 
di  abbracciarla,  e  si  sono  a  tal  fine  rivolti  al  parroco  della  piccola  chiesa 
cattolica  di  Stocolma. 

La  Germania  ci  fa  sapere  che  una  fiera  organizzata  a  benefizio  delle 
Suore  di  S.  Elisabetta  ha  fruttato  Tincasso,  relativamente  siraordinario, 
di  26.000  marchi.  Gome  ben  s'intende,  la  piu  gran  pane  di  questa  somma 
proviene  da  protestanti;  si  la  stampa  come  1'aristocrazia  hanno  splen- 
didamente  cooperato  al  buon  esito  dell' opera  pia.  La  somma  raccolta 
verra  erogata  neU'acquisto  di  una  casa  per  quelle  eccellenti  Suore. 


BANCTISSIM1    Ho  MINI    NOSTRI 

LEONIS 

DIVINA  PUOVIOENTI.V 

PAPAE      XIII. 

ALLOCUTIO 

IV  IN  CONCISTOiUO  1>IK  XXIV  MAUTII  AN.  MDCD  LXXXIY. 


VENERABILES   FRATRES 

Post  excitatos  seditionum  fluctus,  quorum  iminanes  impetus 
in  excidium  civilis  Eomanorum  Pontificum  Principals  expugna- 
tionemque  Urbis  evasere,  sicut  Pius  IX  f.  r.  decessor  Noster, 
ita  et  Nos  Apostolicae  Sedis  iura  tuori  oranique  contentione  vin- 
dicare  studuimus,  prout  muneris  officiique  Nostri  ratio  postula- 
bat.  Similique  animi  coustantia,  quoties  quid  iniqui  vidimus  in 
reruin  novarum  continuatione  attentatum,  veritatis  iustitiaeque 
patrocinium  suscepimus:  nominatiiu  bane  vim,  quani  iamdiu  su- 
stinemus,  quantum  repugnando  potuit,  propulsandain  curavimus. 

Veruintainen,  arcano  permittentis  Dai  consilio,  vehemens  ilia 


Venerabili  FraicUi 

Dope  i  sediziosi  rivolgimenti,  clie  suscitati  e  spinti  con  impeto  fie- 
rissimo,  riuscirono  alia  rovioa  del  Principato  civile  dei  Romani  Pontefici 
e  alia  violenta  occupazione  di  Roma,  siccorae  il  Nostro  1'redecessore 
Pio  IX  di  felice  ricordaoza,  cosl  Noi  pure,  conforme  all'obbligo  stret- 
tissimo  che  ci  correva,  facemmo  ogni  sforzo  a  fine  di  tutelare  e  rivt'ii- 
dicare  i  diritti  della  Sede  Apostolica.  —  Con  eguale  costanza,  ogni  volta 
che  nel  corso  dei  nuovi  eveoti  Ci  trovammo  di  fronte  ad  altri  ini.j'ii 
attentati,  Ci  levamrao  a  difesa  della  verita  e  della  giustizia:  e  singolar- 
mente  opponeramo  ogni  possibile  resistenza  a  questa  violenta  condizione 
di  cose,  che  da  lungo  tempo  sopportiarao. 

Perallro,   cosl   permettendo  Iddio   ne'suoi  imperscrutabili  giudizii, 

Strie  XJI.  vol.  VI.  fate.  812  9  7  aprile  1884 


130  SS.  D.  N.  LEONH    1)1  VINA    PROVIDENTIA    PAPAE    XIII. 

tempestas  diuturnitate  non  resedit.  Quod  profecto  vix  opus  est 
verbis  exequi,  praesertim  apud  Vos,  Venerabiles  Fratres,  quibus 
est  id,  quod  dicimus,  quotidiano  spectaculo  ac  prope  experiment*) 
cognitum.  Nihil  enim  cunctantes  iniinici  in  cursu  consiliorum 
suorum,  hie  stabilire  quotidie  firmius  res  suas  moliuntur,  omnia 
circuraspicientes  quamobrem  iure  optimo  incommutabilique  pos- 
sessione  consedisse  in  Urbe  iudicentur.  Hue  pertinet  eorum  in 
agendo  considerata  dexteritas:  rerum  eventus  per  dispositas 
caussas  apparati:  captatio,  domi,  popularis  aurae :  quaesita  foris 
voluntatum  assensio:  omnes  denique  artes,  quae  ad  obtinendam 
conservandamque  potentiam  prodesse  videantur.  Quoniam  igitur 
Ecclesiae  roinanique  Pontificatus  rationes  quanto  magis  illi  pes- 
sumdare  adnituntur,  tanto  Nos  studiosius  conservare  debemus, 
idcirco  hodierna  die  in  hoc  amplissimo  consessu  vestro  denuo 
improbamus  damnamusque  quodcumque  est  cum  Apostolicae  Sedis 
iniuria  actum,  itemque  testamur,  omnia  Nos  iura  eius  ex  integro 
et  in  perpetuum  salva  velle.  Neque  vero  aut  regni  cupiditate, 
aut  rerum  humanarum  appetentia  ducimur,  quod  nonnulli  insi- 
gni  stultitia  atque  impudentia  pari  criminantur:  sed  conscientia 


quella  grave  tempesta  per  volger  di  tempo  non  posa.  Ne  e  duopo  ad- 
ditarla  con  piu  parole,  specialmente  a  Voi,  Venerabili  Fratelli,  che 
quanto  asseriamo,  avete  si  pu6  dire  ogni  dl  sotto  gli  occhi  e  come  per 
esperienza  conoscete  appieno.  Perocche  i  nemici,  senza  punto  arrestarsi 
nel  compimento  de'loro  disegni,  fanno  ogni  prova  per  consolidare  qui 
sempre  meglio  il  loro  stato,  e  vegliano  attentissimi  pur  di  persuadere 
avere  essi  con  pieno  diritto  e  irrevocable  possesso  posata  in  Roma  la 
loro  sede.  A  questo  mira  la  loro  calcolata  scallrezza  nell'operare:  i  fatti 
con  fine  accorgimento  preparati :  il  favor  popolare  studiosamente  cercato 
al  di  dentro:  le  aderenze  sollecitate  al  di  fuori:  insomma  tutte  le  arti 
valevoli  a  render  ferma  e  sicura  la  loro  possanza.  —  Ma  poiche  quanto 
piu  ostinatamente  sono  da  essi  conculcate  le  ragioni  della  Chiesa,  tanto 
maggiore  deve  essere  1'  impegno  Nostro  nel  sostenerle,  perci6  Noi  oggi 
in  questo  amplissimo  vostro  consesso,  riproviamo  e  condanoiamo  di  nuovo 
tutto  ci6  che  fu  fatto  a  detrimenlo  della  Sede  Apostolica,  e  similmente 
protestiamo  di  voler  salvi  per  sempre  e  in  tutto  i  suoi  diritti.  Non  6 
ambizione  di  regno  che  a  ci6  ne  muove,  come  pur  da  taluni  con  insigne 
stoltezza  e  pari  impudenza  si  va  calunniando,  ma  e  il  sentimento  del 


ALLOCITIO  HI 

permovomur  officii,  et  iurisiurandi  religione,  et  ipsis  exemplis 
I  ><  ivssorum  Xustrorum  eoruraque  virtute  etsanctitate  magnorum, 
qui  pro  conservando  principatu  civili,  quandocumque  oportero 
visum  est,  sumraa  fortitudine  constantiaque  dimicaverunt.  In  quo 
quidom  principatu,  praeter  legitimas  caussas  titulosque  egregios 
et  varies,  inest  similitude  et  forma  quaedam  sacra,  sibi  propria, 
nee  cum  ulla  republica  comnmnis,  propterea  quod  securam  et 
stabilein  continet  Apostolicae  Sedis  in  exercendo  augusto  maxi- 
inoque  mimore  libertatein.  Nemo  est  enim  quin  sciat,  id  semper 
Pontificibus  usuvenisse  ut,  amisso  imperio  civili,  in  deminutio- 
nem  incurrerent  libertatis;  quod  rursus  vel  in  Nobismetipsis 
nunc  idem  perspici  potest  sub  casus  alieni  arbitrii  varios  incer- 
tosque  subiectis.  Nuperrimus  ille  et  gravis  de  patrimonio,  quod 
baec  Apostolica  Sedes  christiano  nomini  propagando  addixerat. 
Gaussa  agebatur  cum  Apostolico  officio  Pontificis  maximi  apta 
inprimis  et  connexa,  eademque  tanto  rebus  humanis  maior,  quanto 
cbristianae  propagatio  sapientiae  et  salus  hominum  sempiterna. 
Atqui  tamen  open  nobilissimo,  quod  sapiens  Pontificum  muni- 
ficentia  instituit  et  gentium  christianarum  aluit  liberalitas,  vis 


dovere,  la  santita  dei  giuramenti  prestati,  e  1'esempio  stesso  dei  Nostri 
Predecessor!  anche  i  piii  grandi  per  eccellenza  di  virtu  e  di  santita,  i 
quali,  quante  volte  ne  fa  duopo,  corabatterono  con  fortezza  e  costanza 
somrna  a  difesa  del  loro  civile  Principato.  II  quale  oltre  alia  legittimita 
della  origine  e  agli  splendid!  e  raolteplici  suoi  titoli,  riveste  un  certo 
caraltere  sacro,  lutto  particolare,  non  coraune  a  verun  altro  Stato,  in 
quanto  che  e  guarentigia  alia  Sede  Apostolica  di  fidata  e  stabile  indi- 
pendenza  nell'  esercizio  dell'  augusto  e  supremo  suo  ministero.  Imperocche 
tutti  sanno,  che  quante  volte  i  Pontefici  vennero  spogliati  dei  loro  do- 
minii,  non  fu  mai  senza  detrimenlo  della  loro  indipendenza:  lo  che  si 
pu6  presentemente  scorgere  eziandio  in  Noi  stessi,  sottoposti  come  siamo 
alle  varie  ed  incerte  contingenze  dell'  altrui  arbitrio.  Recentissima  e  grave 
fu  quella  che  incolse  al  patrimonio  destinato  da  questa  Santa  Sede  alia 
propagazione  della  Fede.  Trattavasi  di  cosa  eminentemente  e  strettarnente 
connessa  collo  spirituale  ministero  del  Sommo  Pontefice,  e  per  ci6  stesso 
di  gran  lunga  superiore  a  ogni  mondano  interesse,  e  di  tanto  rilievo, 
quanto  la  diffusione  del  Cristianesimo  e  la  eterna  salvezza  delle  anime. 
Eppure  un'istituzione  si  degna,  cui  la  provida  munificenza  dei  Papi  die 


132  S.  D.  N.  LEON1S    DIVINA    PROVIDENTJA   PAPAE    XIII. 

praesentium  temporum  non  pepercit:  ita  sane  ut  ad  futnram 
eius  incoluiflitatein  nova  Nos  inire  consilia  necessitas  ipsa  coe- 
gerit. 

Ista  quidem  acerba:  acerbiora  praesentimus,  et  pati  parati 
sumus.  Novimus  enim,  decretum  inimicis  esse  usque  eo  Ponti- 
ficatum  romanum  iniuriose  tractare,  ut,  ex  aliis  in  alias  conie- 
ctus  difficultates,  ad  extrema,  si  fieri  possit,  urgeatur.  Detesta- 
bile  insanumque  propositum :  quod,  si  consentaneum  iis  est,  qui 
consiliis  sectarum  nequissiinarum  inserviunt,  et  conculcari  EC- 
clesiain  mancipiove  reipublicae  dari  gestiunt,  profecto  longe  alie- 
nuin  ab  eorum  voluntate  esse  oportet,  qui  gerinana  patriam 
caritate  diligant,  qui  Pontificatus  virtutem  et  magnitudinein  non 
praeiudicata  opinione  sed  rei  natura  metiantur,  qui  beneficia 
ipsius  turn  omnibus  gentibus,  tuin  maxime  Italorum  generi  et 
parta  meminerint,  et  expectanda  considerent. 

Verum  praecipua  firmissimaque  spe  in  Deo  posita,  qui  vindex 
est  aequitatis  et  iustitiae,  animum  interea  a  praesentium  cogi- 
tatione  malorum  ad  laetiora  quaedain  revoceinus,  quae  cum  EC- 


vita,  e  la  generosita  delle  genii  cristiane  incremento,  non  iscamp6  alia 
soverchiante  forza  delle  present!  vicende;  di  modo  che  a  straordinarii 
espedienti  Gi  fu  raestieri  ricorrere  a  fine  di  proteggerla  da  futuri  danni. 

Gravi  pressure  son  queste:  ne  prevediamo  di  piii  gravi,  pronti  a 
sopportatle.  Imperocche  ben  sappiamo,  che  i  neraici  ban  giurato  di 
osteggiare  fieramente  il  Papato,  incalzandolo  di  difficolta  in  diflicolta, 
sino  al  punto  di  sospingerlo,  se  fosse  possibile,  all'  estremo  suo  rischio. 
Esecrabile  e  folle  proposito;  il  quale  se  risponde  agl'intendimenti  di 
coloro  che  favoreggiano  i  disegni  di  s£tte  malvage,  e  anelano  veder  la 
Chiesa  calpesta  e  resa  serva  allo  Stato,  certamente  deve  essere  ben  lungi 
dalla  volonta  di  coloro  che  di  verace  amore  amino  la  patria,  che  mi- 
surino,  non  alia  stregua  di  pregiudicate  opinion!  ma  secondo  verita,  la 
possanza  e  la  grandezza  del  Papato,  e  pongano  mente  ai  benefizii  che 
ogni  nazione  ma  specialmente  1' Italia  ha  da  esso  ricevuti  e  pu6  tuttora 
sperarne. 

Ma  posta  in  Dio,  vindice  del  diritto  e  della  giustizia,  la  maggiore 
e  la  piii  sicura  fiducia,  dal  pensiero  delle  presenii  angosce  rivolgiamo 
iutanto  Tanimo  ad  argomento  piii  lieto,  che  si  attiene  all'utilita  della 


ALLOCUTIO 

-iue  ntHitato  amplissimique  Collegii  vestri  ornamento  colli- 
gantur.  Miniriim  romanae  honorem  purpurae  hodierna  die  deferre 

4ituimus  losepho  Sebastiano  Neto  Patriarchae  Lisbonensi,  et 
Gulielmo  Sanfelice  Archiepiscopo  Neapolitan©,  virtutum  doctri- 
naeque  laude,  inuneribus  episcopal ibus  navitcr  sapienterque  ge- 
stis,  et  iinmota  in  bane  Sedem  Apostolicam  fide  praestantibus. 

Quid  Vobis  videtur? 

Auctoritate  itaque  omnipotcntis  Dei,  Sanctorumque  Apostolo- 
runi  Petri  et  Paulli  ac  Nostra  creamus  Sanctae  Romanae  Ec- 
clesiae  Presbyteros  Cardinales 

IOSEPHUM  SEBASTIANUM  NBTO 

GULIELIUM  SANFELICE. 

Cum  dispensationibus,  derogationibus  et  clausulis  necessariis 
et  opportunis. 

In  nomine  Patris  f  et  Filii  f  et  Spiritus  f  Sancti.  Amen. 


Chiesa  e  al  decoro  del  Sacro  Gollegio.  Abbiamo  risoluto  di  promuovere 
all'  onore  delta  Porpora  Cardinalizia  Giuseppe  Sebastiano  Neto  Patriarca 
di  Lisbona  e  Guglielmo  Sanfelice  Arcivescovo  di  Napoli,  insigni  ambe- 
due  per  fama  di  virtu  e  di  dottrina,  per  zelo  e  saviezza  nelF  adera pi- 
mento del  pastoral  ministero,  e  per  incrollabile  devozione  a  questa  Sede 
Apostolica. 

Quid  Vobis  videtur? 

Laonde  coll'  autorila  di  Dio  onnipotente,  dei  santi  Aposloli  Pietro  e 
Paolo  e  colla  Nostra  nominiamo  Cardinal)  della  Santa  Romana  Chiesa, 
dell'Ordine  dei  Preti, 

GIUSEPPE  SEBASTIANO  NETO 

GUGLIELMO  SANFELICE 

Colle  dispense,  deroghe  e  clausole  necessarie  ed  opportune.  In  no- 
mine Patris  t  ct  Filii  t  et  Spiritus  t  Sancti  Amen. 


L'AV VENIRE  BELLA  PLEBE 


i. 

Fu  gia  detto  che  al  presente  in  Europa  non  sono  piu  que- 
stion! propriamente  politiche ;  ma  in  vece  loro  se  n'  ha  una  che 
da  per  tutto  assorbe  le  altre ;  ed  6  la  sociale.  Or  in  questo  detto 
&  molta  verita.  II  liberalismo,  colle  sue  rivoluzioni,  ha  distrutta 
la  politica,  e  co'suoi  sistemi  di  pubblica  economia  ha  indotta 
la  fame,  in  tutt'  i  paesi  che  si  vanta  di  aver  liberati.  In  ogni 
Stato,  dove  piu  dove  meno,  chi  governa  piu  trema  pei  pericoli 
interni  della  plebe  minacciosa,  perche  ridotta  agli  estremi  della 
miseria,  che  non  per  gli  esterni  di  vicini  potenti  ed  ingordi  di 
conquiste. 

Percio  ai  nostri  giorni  il  problema  che  piu  si  affetta  di  stu- 
diare,  per  risolverlo  in  modo  che  sia  salvo  T  ordine  della  na- 
turale  societa,  &  quello  di  sodisfare  i  desiderii  della  plebe,  se- 
parando  il  ragionevole  dall'iperbolico,  ci6  che  e  compossibile  colle 
leggi  fondamentali  della  giustizia,  da  quello  che  porterebbe  il 
soqquadro  d'ogni  diritto. 

Prendiamo  la  parola  plebe,  non  per  significare  quella  parte 
infima  del  popolo  «  che  non  tien  mai  temperanza  in  nulla  >  e 
Dante  chiam6  nell'  Inferno  malcreata,  ma  bensl  nel  senso  sto- 
rico  romano,  per  indicare  il  terzo  grande  ordine  dei  cittadini,  in 
perpetua  lotta  col  patriziato.  Chi  conosce  di  fatto  la  storia  di 
quei  tempi  memorandi,  non  ignora  che  furono  in  Roma,  tra  pa- 
trizii  e  plebei,  come  due  distinte  repubbliche  in  continua  gara 
fra  loro,  finche,  creata  la  potest&  tribunizia  e  prorogati  i  comandi 
militari,  la  repubblica  tramutossi  in  impero.  Non  per  questo  ne- 


L'AVVEMRE  DELLA  PLEBE 

ghererao  al  tribunato  di  avere  reso  eminent!  servigi  a  Roma: 
mentre  troppo  spesso  la  plebe,  in  un  repente  sdegno,  solleva- 
vasi  senxa  idee  prefisse  e  premeditate;  ed  allora  i  suoi  conati 
aveano  un  esito  pan  alia  sua  imprevidenza. 

Per  impedire  ci6  appunlo,  e  principalmente  per  doraare  la 
stessa  fnria  della  plebe  irata  o  ribelle,  Cicerone  nel  terzo  libro 
delle  Leggi  sostenne  il  tribunato;  benche  non  ne  fosse  maggior 
fautore  del  fratello  Quinto,  che  n'era  addirittura  avversario.  Ma 
a  non  tener  conto  di  ci6,  fu  gia  dal  Machiavelli  notato,  che 
tutta  la  potenza  della  plebe  nelle  sollevazioni,  veniva  dall'avere 
acconci  e  ossequiati  capi ;  e  tutta  la  sua  debolezza  dal  non  averne. 
Nel  priino  caso  era  un  leone,  e  nel  secondo  un  agnello:  nel 
priino  era  irresistibile,  e  nel  secondo  veniva  trattata  come  bor- 
daglia,  spazzata  via  dalle  piazze  e  comodamente  scannata.  Di 
modo  che,  per  non  soggiacere  a  tal  sorte,  le  conveniva  schierarsi 
sotto  un'autorita  che  allora  per  insoliti  modi  spuntava  nel  suo 
seno.  Comunque  sia,  il  tribunato  spiano  la. via  alia  dittatura  e 
questa  alia  tirannide,  inevitabile  conseguenza  di  una  plebe  che 
si  volea  strumento  a  combattere  Toligarchia  signoreggiante. 

La  stessa  cosa  avvenne  coi  Capitani  del  popolo,  che  si  resero 
dei  nostri  comuni  nel  medio  evo  signori ;  costoro  ebbero  e  vero 
per  certi  conti  un  potere  tribunizio  o  dittatorio ;  ma  se  non  vi 
avessero  trovato  la  materia  ben  disposta,  non  avrebbero  potuto 
inai  fondare  le  loro  signorie.  Quando  la  rivoluzione  francese 
venne  a  mettere  sossopra  1'  Europa,  la  plebe  che  pure  aggiunse 
tanta  forza  a  quella  immane  opera  di  demolizione,  non  entr6 
per  niente  nei  disegni  dei  riformatori  sociali  d'allora ;  perocchfc 
ad  uno  scopo  si  rairava  in  quei  giorni  nefasti :  all'avvento  cioe 
o  alia  creazione  di  un  terzo  stato,  che  piu  tardi  fu  chiamato 
della  lorghesia;  ed  in  brev'ora  divento  tanto  formidabile  e 
di  una  potenza  cosl  grande,  che  per  piacerle  non  pure  Taristo- 
crazia,  ma  la  monarchia  medesima,  dismessa  la  giubba  dorata  e 
la  porpora,  indoss6  la  veste  borghese,  fra  gli  applausi  de'  suoi 
antichi  vassalli  divenutile  cosl  uguali  o  poco  meno. 


K'.'i  L/AV  VENIRE   DELLA    PLEBE 

II. 

In  questo  grande  rivolgiraento,  che  di  un  sol  colpo  capovolse 
1'antica  piramide  sociale,  la  Chiesa,  tuttoche  insanguinata  dalla 
scure  del  carnefici  del  Terror^  avea  tenuto  quel  contegno  che 
e  proprio  di  chi  dice  tra  s&:  —  In  cio  non  ho  nulla  a  vodere 
io;  la  borghesia  6  stata  la  verga  di  Dio  per  flagellare  i  colpevoli. 
Se  non  che,  sin  d'allora  prevedeva,  come  sarebbe  venuto  un  tempo 
nel  quale  Dio  avrebbe  armato  della  sua  tremenda  verga  la  mano 
di  un  novello  stato  per  punire  1'orgoglio,  la  iattanza,  e  i  delitti  di 
quella  borghesia,  che  per  essere  stata  educata  alia  scuola  di  Vol- 
taire, sdegnava  di  piegatsi  al  giogo  del  Vangelo.  E  qual  6  questo 
novello  stato,  che  aspira  ad  emanciparsi  e  minaccia  di  essere  il 
prossimo  flagello  della  borghesia?  La  plebe;  i  cui  patroni  non 
finiscono  di  dire:  —  Poich&  dall' usurpazione  di  pochi  o  di  molti, 
le  cui  vicende  costituirono  fin  qui  la  storia  deirumanita,  e  conse- 
guentemente  dall'oppressione  del  terzo  ceto  conviene  rivendicare 
la  ragione  di  tutti ;  resta  a  vedere  che  cosa  si  debba  fare  a  tal 
uopo.  La  risposta  viene  spontanea :  dare  in  ugual  grado  le  pre- 
rogative e  i  servigi  dello  Stato  a  tutti  coloro,  che  ne  son  privi. 
E  quindi  primieramente,  posto  che  i  tre  primi  stati  ebbero  finora 
modo  di  emanciparsi  e  pur  troppo  di  tiranneggiare,  non  vi  ha 
dubbio  che  si  deve  ora,  se  non  vuolsi  aprire  la  porta  ad  una  ti- 
rannide  plebea,  dar  luogo  all' emancipazione  del  quarto,  che  e 
quanto  dire  pensare  alia  sorte  della  plebe  e  al  suo  avvenire. 
Alia  quale  proposta  i  borghesi  strillano,  e  infamano  a  dirittura, 
quali  sediziosi  e  sovvertitori,  tutti  coloro  che  la  propugnano. 

Non  si  pu6  negare  che  fra  i  difensori  del  quarto  ceto  si  siano 
intromessi  uomini  ambiziosi  e  turbolenti,  che  della  plebe  vor- 
rebbero  farsi  sgabello  per  rimpannucciarsi  e  salire  in  alto.  E 
noto  pure  che  la  massoneria  vi  ha  cacciato  deutro  lo  zampino  e 
fa  scrivere :  —  Come  eglino,  i  borghesi,  si  spacciarono  dei  gen- 
tiluoinini  e  dei  preti,  cosi  e  ora  la  volta,  che  altri,  e  sono  i  piu  nu- 
merosi,  si  spaccino  di  loro.  —  Questo  e  linguaggio  da  rivoluzio- 
narii,  che  invece  di  sciogliere  il  problema  lo  rende  piu  arruffato. 


L'A  EBB 

pift  avventata  poi  e  raffermazione  dei  socialist:  --  Se 
1"  Stato  non  appartieno  pift  ad  uno,  che  ad  un  altro,  ma  e  cosa 
comnne,  e  ben  giusto,  che  anche  i  piu  miseri,  i  <juali  non  hanno 
minor  testa  e  statura  dei  doviziosi,  ma  talvolta  piu  cuore  e  bonta, 
ne  sian  fatti  padroni.  Ainmesso  senza  alcuna  riserva  questo 
principio,  non  vediamo  percbe  la  setta,  chiamata  interim 
debba  dirsi  sediziosa  e  sovversiva.  Forse  perche  si  propone  il 
riscatto  del  quarto  ceto  coi  furori  della  disperazione  e  della 
letta,  e  promuove  collo  sconvolgiinento  dell'ordine  sociale  gli 
orrori  della  promiscuita  e  dell'anarchia?  Certamente  e  cosa  em- 
pia  e  da  forsennati  il  porsi  fuori  della  civilta,  della  societa, 
della  ragione  e  della  misericordia :  e  per  giunta  con  simili  mezzi 
non  si  viene  gia  a  preparare  un  ingresso  piu  prosperoso  del  quarto 
ceto  nella  vita  sociale  e  civile,  ma  lo  scompiglio  e  la  ruina. 

Auguriainoci  che  ci6  non  debba  accadere :  tuttavia  per  quanto 
la  cosa  si  ritardi,  chi  non  vede  come  ii  secolo  che  tramonta 
sara  costretto  a  risolvere  il  piu  arduo  dei  problem!  sociali,  ed 
a  vedere  gli  effetti  di  un  sisteina,  che  da  lungo  tempo  e  pian 
piano  strappa  grado  a  grado  la  possanza  dai  meno  per  confe- 
rirla  ai  piu,  e  quinci  a  tutti?  Eiguardo  anzi  ai  tempi  in  cui 
viviamo,  grande  cecita  dee  patire  la  borghesia,  se  non  si  accorge 
ancora,  che  ella  sta  per  essere  soverchiata  da  quella  marea,  da 
cui  gia  era  stata  sospinta  al  lido.  Imperocche,  quantunque  ella 
abbia  ingannato  e  tradito  le  moltitudini,  che  1'aiutarono  ad  an- 
nientare  il  potere  sovrano  dei  re,  a  spogliare  la  Chiesa  e  ad 
abbattere  i  nobili;  nondimeno  queste  hanno  omai  in  un  secolo 
accumulate  cotante  delusion!  ed  ire,  che  poco  indugiar  possono 
a  proroinpere. 

III. 

La  storia  di  fatto,  se  ben  si  consult!,  non  lascia  dubbio  sul 
diffiuitivo  riscatto  del  basso  ceto ;  perchd  anzi  nello  svolgiineuto 
logico  dei  principii  che  lo  hanno  da  produrre  sta  la  legge  dei 
suoi  piu  famosi  periodi.  Piuttosto  ella  attesta,  che  niun  trionfo 
di  questo  ceto  e  durevole,  ma  presto  o  tardi  e  seguito  dalla  mutua 


138  L'AVVE.NIRE  DELLA  PLEBE 

caduta  del  vincitori  e  del  vinti  nella  servitu,  sia  per  difetto  d'  ac- 
corgimento,  sia  ancora  per  gli  eccessi  a  cui  si  abbandonano  i 
vincitori.  Per  la  qual  cosa  in  Atene  lo  svolgimento  democratico 
finl  coi  Pisistrati  e  cogli  altri  capopopoli,  detti  tiranni;  in  Roina 
coi  dittatori  perpetui  e  coi  Cesari ;  nei  comuni  italiani  dell'  eta 
di  mezzo  coi  Capitani  del  popolo,  poscia  divenuti  Signori,  e  in 
Firenze  particolarmente  colla  dominazione  del  Medici.  II  che 
prova,  come  le  plebi,  se  vogliono  assicurare  la  loro  rivendica- 
zione,  non  debbono  gia  opprimere  gli  alti,  per  quindi  sottoporsi 
nella  vicendevole  umiliazione  a  qualche  astuto  ed  ambizioso  au- 
tocrate,  o  a  qualche  soverchiante  e  dispotica  oligarchia ;  ma  con 
ioro  congiungersi  a  formare  uno  Stato,  in  cui  sia  fatta  ragione 
ai  diritti  dei  grandi  come  degli  infimi,  dei  deboli  non  meno  che 
dei  potenti.  Ondeche,  siccome  bene  scrive  un  profondo  filosofo 
pubblicista,  Balmes,  la  vera  democrazia  non  ista  nell'adegua- 
mento  e  nell' assoggettamento  delle  persone  cospicue  e  culte 
alle  oscure  e  rozze;  ma  si  bene  nel  prescindere  da  ogni  mono- 
polio  o  intolleranza  di  ceti,  e  dal  rispetto  ed  onore  reso  a  tutti, 
in  nome  di  quella  legge  eterna  della  giustizia  che  proclama 
Vunicuique  suum. 

In  tal  modo,  anziche  temere  che  le  moltitudini  occupino 
finalmente  il  loro  seggio  nel  concilio  dell'umanita,  sarebbe  da 
affrettarlo,  perche"  cessino  le  terribili  fluttuazioni  che  tengono  an- 
gosciate  e  perplesse  le  nazioni  moderne.  Perocche  se  la  natura, 
salve  le  disuguaglianze  della  fortuna,  ha  concessi  a  tutti  gli 
uomini  i  rnedesirni  diritti,  e  se  la  societa  civile  6  formata  da 
tutti,  sien  essi  poveri  o  ricchi,  piccoli  o  grandi,  deboli  o  potenti, 
converra  che  si  renda  finalmente  omaggio  alia  giustizia.  I  po- 
veri d'  altra  parte  non  sorgono  gia  per  rubare  ai  ricchi,  n&  per 
assidersi  al  loro  fianco  da  parassiti :  ma  per  uuirsi  alle  loro  opere, 
da  liberi  e  non  da  servi,  e  per  accrescere  onestamente  i  loro  beni. 

Con  questa  mirabile  economia  dispose  la  Provvidenza  le  cose 
di  questo  mondo,  e  con  si  stupendo  ordine  il  Vangelo  venne  a  ri- 
formare  la  societa,  che  trov6  divisa  in  due  grandi  caste,  le  quali 
si  faceano  guerra  a  vicenda.  E  in  vero,  se  si  considera  che  le 
moltitudini  se  non  piu  di  diritto,  di  fatto  certamente  gemono  in 


L'AWKMKK  DELLA  PLEBE  139 

una  specie  di  servitu,  ed  in  condizione  tale,  che  le  direste  non 
piii  serve  della  gleba,  ma  schiavo  dell'industria,  e  qual  immense 
vantaggio  sarebbe  per  la  societa  la  cooperazione  di  tutti  i  suoi 
membri  a  una  data  impresa;  chi  pu6  misurare  la  grandezza  dei 
bsni  che  deriverebbero  dal  concorso  di  tante  o  si  poderose  forze, 
ora  tenute  inerti?  Quando  pure,  disobbedendo  agli  insegnamenti 
di  Gesft  Cristo,  non  professassimo  pei  nostri  fratelli  poveri  e  in- 
felici  benevolenza,  pieta  e  desiderio  di  assisterli,  il  nostro  stesso 
interesse  dovrebbe  consigliarci  ad  aiutarli,  affinch&  si  risollevino 
e  redimano.  E  tanto  piu  a  questo  dovrebbe  muoverci  un'altra 
considerazione,  che  crediamo  di  grave  momento :  ed  &,  che  dalla 
odierna  tirannido  borghese  legata  a  fil  doppio  col  giudaismo,  non 
6  dato  omai  di  aspettare  liberazione,  se  non  in  grazia  appunto  di 
questa  plebe  gemente  sotto  il  giogo  degli  usurai,  degli  strozzini  e 
degli  arruffapopoli.  PerocchS  quanto  alle  classi  chiamate  dirigenti, 
per  non  dire  di  coloro  che  di  detta  tirannide  sono  o  possessor!  o 
agenti,  hanno  esse  talmente  guaste  le  idee,  e  il  senso  morale 
corrotto,  sono  cosl  insensibili  al  bene  ed  al  male,  aU'equita  e 
aH'ingiiistizia,  che,  se  non  ci  fossero  altro  che  esse  sole  al  uiondo, 
la  cancrena  sarebbe  incurabile.  E  la  ragione  e",  come  abbiain  no- 
tato  piu  sopra,  che  queste  classi  sono  appunto  quelle  in  cui  at- 
tecchirono  maggiormente  i  funesti  principii  iuoculati  nella  pre- 
tesa  civilta  moderna  dalla  rivoluzione.  Siffatto  contagio  non  ha 
per  anco  invaso  la  plebe,  comechd  le  s&tte  facciano  opera  di 
pervertirla.  Invero  quantunque  1'  educazione  tardi  ancora  a  dif- 
fondersi  nel  quarto  ceto,  pure  si  ha  il  vantaggio  che  non  an- 
cora e*  giunta  a  penetrarvi  nelle  viscere  la  corruzione  deila 
borghesia. 

Laonde  sarebbe  grave  errore,  a  mo'di  esempio,  il  credere  che 
nella  decadenza  di  Roma  i  sudditi,  e  segnatamente  i  rustici,  fos- 
sero immersi  nelle  medesime  infainie  dei  dominatori  e  dei  loro 
satelliti.  II  vizio  adunque  della  tirannide,  e  il  maggiore  obbrobrio 
delle  servitil  non  risiede  nel  popolo,  che  in  ogni  Governo  e  la 
parte  raeno  corrotta;  ma  in  quella  fazione  che  il  popolo  inganna. 
In  prova  di  che  si  osscrvi,  che  ogni  qualvolta  un  ordine  di  cit- 
tadini  prevale  nel  dominio,  il  solo  per  lo  piu  che  ardisca  risen- 


140  L'AVVEMRE  DELLA  PLEBE 

tirsene  e  il  basso  popolo.  Questo  che  Vittorio  Al fieri,  benche 
molto  aristocratico,  notava  in  generale,  si  pu6  affermare  della  so- 
cieta  italiana  d'oggi  giorno;  ove  appunto  chi  piu  del  mal  governo 
della  dominante  oligarchia  borghese-giudaica  freme,  e  il  basso 
popolo,  il  quale,  perche  sotto  1'influsso  del  cattolicismo,  e  meno 
inquinato  di  dottrine  rivoluzionarie.  Anzi  tutto  il  fondo  delle 
nostre  popolazioni,  nel  parlare,  nel  sentire,  e  fin  nel  modo  di  vi- 
vere  e  meno  contaminato  dagli  uggiosi  influssi  stranieri ;  ed  e 
quindi  piu  schietto,  piu  genuino  e  piti  italiano.  Inoltre,  esso  ha 
maggior  pieta,  maggiore  attaccamento  alia  fede  dei  padri  suoi, 
maggior  riverenza  al  sacerdozio,  maggior  poesia,  maggior  senso 
del  bello,  maggiore  ammirazione  pel  grande  e  di  proprio  una 
propensione  veemente  all'  epico  ed  all'  eroico.  Tanto  che  le  let- 
ture,  gli  spettacoli,  i  piaceri,  di  cui  le  class!  dirigenti  e  gau- 
denti  si  dilettano  non  saprebbero  sodisfarlo:  mentre  e  princi- 
palmente  dalla  incredulita,  dalla  depravazione  e  dalla  ingordigia 
borghese  ed  aristosratica  incontaminato.  Ognuno  pu6  per  propria 
esperienza  conoscere,  che,  parlando  in  generale,  e  assai  piu  facile 
trovare  disposto  a  dar  dieci  lire  chi  ne  possiede  dieci,  che  chi  si 
pavoneggia  di  possederne  dieci  milioni ;  e  che  1'orfano  e  il  viandante 
trovano  assai  pid  facilmente  asilo  ed  ospitalita  nell'  umile  casa 
di  un  popolano,  o  nella  povera  capanna  di  un  contadino,  che  nel 
superbo  palagio  della  gente  venuta  su  dal  nulla,  a  furia  d'im- 
brogli  e  di  latrocinii  imbellattati  d'amor  patrio.  Ci6  natural- 
mente  precede  dal  non  conoscere  codesti  semplici  uomini  il  pregio 
di  quel  po'  che  possedono,  e  i  miracoli  del  risparmio  e  della 
moltiplicazione.  Questo  cristiano  disinteresse  della  plebe  e  ap- 
punto quello  di  che  si  ha  gran  bisogno  per  vincere  il  maggior 
nemico,  presso  cui  il  bernoccolo  del  risparmio  e  della  moltiplica- 
zione si  e  cotanto  sviluppato,  nelle  assidue  cure  dei  banchieri, 
dei  finanzieri  e  dei  giocatori  di  borsa.  Ondeche  non  fosse  altro, 
per  questo  piu  uinano  istinto  e  piu  cristiano  sentimento,  e  piu 
contrapposta  inclinazione  al  sordido  genio  dei  tempo  nostro,  la 
plebe  e  piu  atta  di  chicchessia  a  temperare  i  mali  da  cui  la 
presente  generazione  6  tormentata. 


L'  A  111 

IV. 

L'emancipazione  della  plebe,  nella  quale  intendiamo  inclusa 
la  classe  degli  operai,  che  ne  &  senza  dubbio  la  parte  piu  nume- 
rosu,  ha  dato  origine  ai  dl  nostri  segnatamente  ad  una  quantita 
di  sistemi,  del  <juali  vogliamo  qui  dire  brevemente,  perche  i  no- 
stri lettori  conoscano  di  quali  insanie  sieno  gli  uoniini  capaci, 
quando,  piu  che  ad  ovviare  ai  raali  della  societa,  rairano  a  ca- 
povolgere  le  faraiglie  e  lo  Stato  pur  di  aver  essi  ii  mestolo  in 
mano.  Premettiamo  che  tutti  costoro,  se  non  hanno  le  coscienze 
pervertite  dallo  scetticisrao,  han  certo  il  cnore  fiaccato  dalla 
villa;  ternono  infatti,  o  fingono  di  temere,  che  1'un  di  o  1'altro 
stanca  la  plebe  di  vedersi  delusa  o  tradita,  non  prorompa  in  una 
guerra  servile;  sicchd  sembra  loro  di  scernere  gia  i  sintomi 
sinistri  dello  sfacelo  nelle  rainaccie  di  disorganaraento  sociale 
e  di  degradamento  nazionale. 

Ma  la  minaccia  di  si  gravi  pericoli  non  viene  dal  malcontento 
della  plebe,  bensl  dal  reo  talento  degli  arruffoni  o  di  dottrinarii 
dementati  dall'orgoglio.  Essi  sono  che  sobillano  il  popolo,  che 
ne  corrompono  la  mente  e  il  cuore,  e  lo  sospingono  alia  violenza 
per  averlo  strumento  ai  loro  pravi  disegni.  A  cotal  fine  furono  in 
questi  ultimi  tempi  inventati  i  sisterai  per  emancipare  la  plebe, 
di  cui  parleremo,  non  senza  prima  far  notare,  che  tutti  partono 
da  un  medesirao  principio,  se  principio  puo  dirsi  1'esclusione  di 
ogni  religioso  ingerimento,  e  fino  dell' idea  di  una  Provvidenza 
regolatrice  degli  umani  destini. 

II  primo  di  essi  sistemi  e  I'anarchico.  Poiche  le  plebi  dicono 
i  banditori  d'anarchia,  sono  nella  servitu  economica  sprofondate, 
e  gli  Stati  si  avviano  al  falliraento,  e  la  plutocrazia  infellonisce 
e  la  libidine  dei  lucri  trionfa,  e  la  poveraglia  non  ha  pi&  diritti, 
n&  e  piu  resa  giustizia  agli  afflitti,  si  provochi  una  nuova  guerra 
di  servi,  si  rovesci  tutto  1'ordine  sociale  stabilito;  dal  disordine 
verra  1'ordine,  e  la  vittoria  dei  servi  del  lavoro  sara  il  principio 
della  loro  emancipazione.  Se  non  che,  supponendo  possibile  la 
vittoria,  dei  servi  ribellati  di  qualunque  specie,  questa  sarebbe 


142  L'AVVEMRE  DSLLA  PLEBE 

sempre  breve  ed  esiziale;  perche  nulla  ai  raondo  e  durevole  che 
sia  procurato  con  raezzi  iniqui  e  crudeli,  e  condotto  con  iinprese 
folli  ed  assurde  nil  violentum  durabile.  Ma,  prescindendo  dai 
mezzi  inumani  con  cui  la  setta  chiainata  internazionale  pre- 
tende  einancipare  la  plebe  grama  ed  oppressa,  e  pel  quali  respin- 
gerebbe  da  se  senza  alcuna  eccezione  gli  onesti  e  facoltosi  che 
non  sieno  traviati,  il  fine  irrazionale,  a  cui  tende,  tanto  non 
einanciperebbe  la  plebe,  che  piu  tosto  condurrebbe  tutti  alia 
promiscuita  della  miseria,  e  all' universalita  deirabbrutimento. 
Imperocche  i  vincoli  social!  d'ogni  nianiera,  che  soli  valgono  a 
temperare  1'umana  imperfezione,  non  possono  cessare  che  ces- 
sando  questa;  ne  si  fa  per  fermo  cessare,  togliendo  quei  su- 
premi  ostacoli,  che  infrenano  il  male.  Che  concetto  ci  fareramo 
di  un  ingegnere  che  per  regolare  meglio  il  corso  di  nn  fiume 
e  impedirne  le  inondazioni,  incominciasse  dall' abbatterne  le 
arginature?  Comprendiamo  che  un  volgo  in  delirio  possa  com- 
mettere  eccessi,  e  dare  al  mondo  lo  spettacolo  della  piu  spaven- 
tevole  anarchia,  di  che  Parigi  fu  testiinone  nel  1871;  compren- 
diamo  pure  che  quegli  eccessi  possaao  rinnovarsi,  estendersi, 
raddoppiarsi  in  Parigi  come  altrove,  e  porre  la  societa  costituita 
in  forse;  ma  questa  non  tarderebbe,  per  un  impulso  irresistibile 
della  natura,  a  rannodarsi.  E,  posto  pure  che  non  si  rannodasse, 
non  sarebbe  undistruggerlaaffatto?  non  sarebbe  come  ricondurre 
gli  uomini  allo  stato  selvaggio  ? 

Vero  e,  che  che  nella  setta  anarchica  vi  sono  alcune  discre- 
panze  e  varieta,  e  tra  gl'  internazionalisti  di  alcuni  paesi,  per- 
che piu  miti  e  piu  pratici,  la  distruzione  non  incontra  molto 
favore.  In  tal  caso  non  si  pud  piu  dire,  che  eglino  propugnino 
1' anarchia,  e  il  sistema  cosl  denominato  richiede  meritamente 
un  altro  appellativo.  Alcuni  vorrebbero  chiamarlo  fabbrile,  come 
quello  che  si  propone  1'  affrancazione  del  ceto  lavorante  oppresso, 
con  riforme  semplicemente  economiche.  Sotto  questo  aspetto,  e 
dato  che  i  mezzi  non  sieno  violenti,  come  gli  scioperi,  non  si  pu6 
muovere  a  un  tal  sistema  altro  rimprovero,  tranne  quello  di  non 
vedere  nel  mondo  che  lavoranti,  e  i  loro  material!  bisogni.  Sta 
bene,  infatti  che  si  avvantaggi  il  ceto  degli  operai :  ma  non  a 


Bcap  i   iiltri;  no  sopra  tutto  col  -?no  <li 

abbassaro  gli  altri,  o  di  adeguar  tutti  in  una  comune  bassezza. 
Ogni  sorta  di  oppressione  e  detestabile:  e,  conio  non  e  bene  che 
i  borghesi  industriali  schiaccino  i  lavoranti,  cosl  non  e  bene  che 
essi  vogliano  livellare  tutti  i  ceti  e  cangiarli  in  turbe  d'unrili 
ed  oscuri  operai,  unicamente  per  far  tacere  la  loro  invidia.  Se 
potessero  per  questa  guisa  essere  piu  felici,  meno  male!  Invece 
renderebbero  se  e  i  loro  padroni  piu  poveri,  senz'  essere  per  ci6 
gli  uni  e  gli  altri  meno  abbietti.  Tralasciando  del  resto  di  os- 
servare,  che  gl'  inventori  di  questo  sistema  non  pensano,  se  non 
agli  artigiani  ed  alle  officine,  mentre  la  maggior  parte  della 
plebe  consta  di  agricoltori  e  vive  nei  campi;  v'e  qualche  altro 
interesse  quaggiu,  oltre  a  quello  gravissimo  del  pane  quotidiano. 
fi  giusto  infatti,  che  si  lamentino  di  non  averlo,  o  di  averlo  duro 
e  nero,  e  scarso;  e  si  concepisce  altresl  come,  perduta  la  fede 
religiosa  e  la  speranza  in  una  vita  avvenire,  altri  stimoli  %  mo- 
versi  e  a  ben  operare  non  sentano  i  lavoranti  o  meccanici  del 
nostro  secolo,  se  non  quelli  della  fame.  Debbono  dunque  essere 
disfamati,  ma,  oltre  a  questo,  debbono  esser  formati  alle  grand! 
e  nobili  idee  che  sola  pu6  infondere  la  religione,  se  vogliono 
essere  qualche  cosa  di  piu  che  semplici  animali  da  pascolo.  Alia 
pratica  della  religione  anzi  tutto,  e  quindi  al  servigio  della  pa- 
tria,  debbono  essere  richiamati,  e  al  senso  della  giustizia  verso 
i  loro  padroni,  se  vogliono,  da  branco  di  reietti,  tramutarsi  in 
buoni  cristiani  e  cittadini.  Mentre,  volendo  diventare  ancor  essi 
un  ceto  oppressivo  e  nient'  altro,  dal  popolo  stesso,  che  e  com- 
posto  di  cittadini,  faranno  divorzio.  Per  giunta  non  volendo  di 
nient' altro  curarsi,  se  non  che  di  fabbriche,  di  salarii,  di  orarii, 
di  prezzi,  di  profitti  e  cose  simili,  svelansi  assai  piu  borghesi 
di  quel  che  si  credano ;  avvegnache  dimostrino  di  essere  divo- 
rati,  oltrecche  dai  proprii  livori,  dalle  cupidigie  della  borghesia. 
Per  la  qual  cosa  anche  questo  sistema,  che  in  sostanza  non  inira 
che  a  far  cadere  nel  quarto  ceto  la  eredita  del  terzo,  ed  a  rin- 
negare  le  piu  nobili  aspirazioni  del  cuore  umano,  dev' essere 
rigettato. 


LAVVEMRE  DELLA  PLEBE 


V. 


Oltre  1'anarchico  e  il  fabbrile  v'e  pure  il  comunistico  e  il 
socialistico.  II  primo,  proponendo  la  promiscuita  delle  persone 
o  delle  cose  o  delle  uae  o  delle  altre  insieme,  sovverte  I'umano 
consorzio,  che  non  pu6  sussistere  senza  la  famiglia  e  la  proprieta. 
L'  altro,  volendo  alia  proprieta  apporre  liiniti  contrarii  a  qnelli, 
che  ha  dalla  natura,  in  un  modo  diretto  tende  del  pari  alia 
mediata  sua  sovversione.  E  cosi  anche  questi  sistemi,  qual  pi  ft, 
qual  meno,  da  vicino  o  da  lontano,  approiano  aU'anarchia,  e 
incorrono  nello  stesso  anateiua.  Perocche  in  quella  che  1'  avver- 
sione  alle  ingiustizie  derivanti  daU'esclusivo  godimento  e  dalla 
disuguale  partizione  dei  beni  della  fortuna  gli  scusa  in  qualche 
modo;  la  inanita  e  la  perversita  dei  mezzi  li  condanna.  E  coine 
no?  E  egli  possibile  concepire  gli  uomiui  in  societa  costituita 
ed  ordinata,  senza  la  famiglia  e  la  proprieta,  che  ne  sono  le 
origini  ed  i  cardini?  Si  possono  mai  porre  da  banda  queste  due 
cose,  anche  per  via  tetuporanea,  senza  attentare  alia  liberta 
uinana  e  spingere  agli  ultimi  termini  1'oppressione  religiosa  e 
politica  ?  Oltrecche  riesce  parimente  impossibile,  che  la  proprieta 
dia  tutti  i  suoi  frutti,  coartandone  il  naturale  movimento  con 
vincoli,  che  la  scemino  o  la  inceppino,  vincoli  del  resto  che  ella 
spezzerebbe,  perch6  tutto  ci6  che  e  contro  natura  non  ha  n& 
stabilita  n&  durata.  Se  dunque  le  utopie  dei  cornunisti  e  dei 
socialisti  si  avverassero,  oltre  al  perdere  i  grandi  beni  che  la 
religione  e  la  famiglia  ci  assicurano,  fia  anco  la  prosperita 
materiale  ne  andrebbe  in  dilegao. 

Ma  ammesso  pure  T  impossibile,  cioe  che  col  sistema  dei  co- 
nmnisti  o  dei  socialisti  1'  universalita  della  plebe  potesse  vivere 
con  minori  stenti  e  disagi,  forsech&  per  questo  e  da  credere, 
che  gli  altri  danui  e  pericoli  sarebbero  evitati?  Oib6!  Fu  sentenza 
infatti  di  quel  grande  ed  arguto  pensatore  che  fu  il  Demaistre, 
«  che  ogni  palingenesi  escogitata  fuori  delle  eterne  leggi  della 
giustizia,  non  riesce  se  non  a  danno  della  famiglia  e  dello  Stato.  > 
Inoltre  questi  due  sistemi  cadono  ancor  essi  nel  capitale  errore 


I/A  1   t~> 

cii  non  valiitare  che  gli  obbietti  delle  attinenze  economiche,  e  di 
ndere  che  ai  soli  interessi  matoriali ;  come  se  1'  umana 
vita  non  avesse  altro  campo  che  questo,  altri  interessi  che  i 
caduchi,  n&  1'iiomo  altro  fine,  che  di  curare  le  funzioni  fisiologiche 
del  mangiare,  del  bere  e  del  dormir  bene. 

A  questi  sisteini  si  possono  aggiungere  quelli  che  in  Germania 
furono  messi  in  yoga  dal  Lassalle,  1'iutiino  amico  del  Bismark, 
Max,  Schulze-Delitsche  ed  altri,  che  non  ricordiamo  in  questo 
momento.  Com'e  noto,  il  Lassalle  e  i  suoi  seguaci  vogliono  im- 
poste  progressive  e  adequative,  e  prestiti  fatti  dallo  Stato  alle 
compagnie  mutue  di  produzione;  il  Max  propone  I'innovazione 
degl'istitnti  sociali,  e  il  movimento  economico  regolato  dai  pub- 
blici  poteri;  lo  Schulze-Delitische  finalmente  lo  sviluppo  della 
cooperazione  in  genere.  Ma  siccome  questi  sistemi,  ch'ebbero  in 
Francia  per  quasi  un  secolo  i  piu  strenui  banditori,  e  son  gia 
Tieti  e  logori  quanto  il  socialismo  e  il  coraunismo,  comecch^  rin- 
sanguati  dai  Tedeschi,  cosl  crediarao  non  parlarne  ed  occuparci 
invece  di  un  sisteina  che  distingueremo  col  nome  di  demagogico. 

VI. 

Per  quanto  i  propugnatori  di  un  tal  sisteina  si  adontino  di 
questo  appellative,  la  sovrauita  popolare,  di  cui  predica  le  mara- 
viglie,  e  si  sregolata,  si  turbolenta  e  si  triviale,  che  ci  pare 
inipossibile  di  denominarlo  altrimenti.  Nol  condanniamo  perche 
esso  propugna  il  trionfo  del  popolo:  ma,  siccome  per  popolo  que- 
sto sisteina  intende  la  plebe,  e  la  plebe  e  ora  dominata  da  un 
segreto  e  sterile  livore  contro  gli  alti  ceti,  cosl  pare  a  noi  che  da 
questo  lato  convenga  guardarsene  con  diffidenza,  come  da  sisteina 
assai  pericoloso.  D'altra  parte,  volendo  instaurare  la  prepotenza 
del  numero,  rinunciare  alle  tradi/ioni  piu  venerande  dell'  anti- 
chita,  calpestare  le  pii  legittime  consuetudini,  sbandire  la  reli- 
gione  dull'  iimano  consor/io,  ispirarsi  ai  soli  principii  utilitarii,  e, 
per  dir  tutto  in  una  parola,  proseguire  la  rivoluzione  dell'ottan- 
tanove,  cosl  e  da  rigettarlo  assolutamente  e  combatterlo  come 

Sarie  XII,  vol.  VI.  fate.  812  10  7  aprile  18i<4 


1-ili  L'AVVENIRE  DELLA  PLEBE 

neiuico  dell' umano  convivere.  Qual  servigio  infatti  abbia  esso 
arrecato  alia  Francia,  dov'ebbe  origine,  e  dove  per  quasi  cent' anni 
non  ha  saputo  ne  sopportare  la  servitu,  ne  custodire  la  liberta, 
non  occorre  che  diciamo. 

II  Gruizot  riteneva  appunto,  che  la  maggiore  sventura  della 
Francia,  e  da  cui  procedettero  tutti  i  suoi  grandi  infortuni  mo- 
derni,  fosse  codesta  democratica  idolatria.  Imperocche  la  demo- 
crazia  dei  Francesi,  come  quella  degl'  Italiani  d'  oggi  giorno,  in 
sostanza  altra  cosa  non  e,  fuorche*  una  esorbitanza  disordinata 
e  mescolata  con  esagerazioni,  e  la  loro  repubblica  democratica 
non  gia  Stato  di  popolo,  ma  esaltazione  di  volghi  sedotti  dalle 
tenebrose  mene  dei  capisetta.  Quindi  1'antico  ministro  di  Luigi 
Filippo  conchiudeva  troppo  bene  per  un  dottrinario :  non  essere 
cola  possibile  la  pace  sociale,  se  non  quando  tutti  i  ceti  e  tutti 
gli  element!  reali  ed  essenziali  della  societa  francese,  non  che 
escludersi  a  vicenda,  ma  insieme  anzi  si  riconciliassero.  Hoc 
opus  per6,  hie  labor  est. 

E  qui  come  tacere  di  un  sistema  che  ebbe  per  sostenitore  in 
Italia  Giuseppe  Mazzini,  ed  i  suoi  seguaci  chiamano  democra- 
tico?  La  vera  democrazia  la  quale,  per  esser  tale,  sta  nella 
partecipazione  di  tutto  il  popolo  ai  beneficii  del  consorzio  civile, 
e  insieme  ai  relativi  officii,  come  mai  pu6  concepirsi  concilia- 
bile  coi  plebisciti  che  si  celebrarono  dal  1859  ai  1870?  Di 
fatto,  com'e  possibile  immaginare  uno  Stato  civile  popolare  in 
cui  non  siano  tutti  i  cittadini  della  liberta  e  della  sovranita 
parted  pi?  <  Yeramente,  dice  Cicerone  nella  sua  Repubblica, 
incite  cose  mancano  a  quel  popolo,  il  quale  e  governato  da  un 
re,  e  sopra  tutto  la  liberta,  la  quale  non  consiste  nell'  avere  un 
Signore  giusto,  ma  si  nel  non  averne  veruno.  >  Per  altro  questo 
vocabolo  di  repubblica,  che  sorride  cotanto  alia  generazione  che 
sorge,  non  basta  ne  a  dare  la  felicita,  n&  a  fondare  la  popo- 
larita.  Anzi  tutto,  per  omaggio  appunto  a  questa  popolarita,  non 
6  lecito  autenticare  alcuna  forma  di  reggimento  che  non  sia 
assentita  dai  suffragio  di  tutto  un  popolo;  n&  in  ispecie  quando 
agli  altri  malanni  si  aggiungessero  le  discrepanze  dei  partiti,  e 
i  pericoli  esterni.  Di  piu  non  e  lecito  alle  parole  sacrificare  le 


1  1 7 

non  so  quul'.'  mlio  romano  contro  il  nome  regio,  av- 
ventnrarsi  allo  Ticende  di  una  nuova  rivoluzione.  Vero  e  che  la 
monarchia  costituzionale,  com'd  intesa  oggidi,  non  6  altriniruti 
che  una  repubblica  retta  da  un  magistrate  rivestito  di  titoli  e 
insegno  reali;  ma  quosto  pare  che  non  basti  ai  pochi  suporstiti 
della  scuola  mazziniana.  E  posta  puro  la  possibility  prossima  di 
nna  repubblica,  bisogna  dare  a  questa  repubblica  due  cose,  che  i 
suoi  fautori  odierni  in  Italia  dimenticano,  vogliam  dire  la  sostanza 
e  i  cittadini.  Ora,  nella  presente  decadenza  del  pensiero  civile 
tra  noi,  eglino  non  saprebbero  costituire  la  repubblica  altriinenti, 
che  coi  soliti  famosi  president!,  ministri,  camere,  partiti,  ordini 
del  giorno,  commission!  e  cose  somiglianti.  In  somma  ne  fareb* 
bero  una  repubblica  costituzionale,  a  similitudine  della  francese, 
in  cui  dalla  monarchia  altro,  tranne  il  capo,  non  vi  sarebbe  di 
diverso.  Quanto  agli  uomini  che  la  dovrebbero  comporre,  si  pu6 
bene  inimaginare  che  sorta  di  repubblicani  sarebbero,  e  da  quale 
sorta  di  tribuni  guidati,  quelli  educati  alia  scuola  del  Fascio, 
del  Dover  e,  del  Secolo  e  del  Ribelle.  L' Italia  di  siffatti  ne 
Tide  gia  troppi,  e  nessuno  dimentichera  le  grandi  prove  che 
diedero  e  danno  ancora  della  loro  sapienza  civile.  Spettacolo  anzi 
piil  osceno  nel  mondo,  e  tale  da  far  disperare  della  patria  e 
della  virtu,  se  si  potesse,  non  fu  mai  visto :  uomini,  i  quail  pa- 
reano  tanti  Bruti  si  tramutarono  in  breve  ora,  senza  vergogna 
propria  o  stupore  altrui,  in  aulici  arnesi  di  quel  medesimo 
ordine  che  voleano  dianzi  abbattuto,  tosto  che  poterono  nelle 
sue  mote  incastrarsi.  Guai  dunque  alia  plebe  se  a  cosiffatti  ar- 
ruffapopoli  avesse  da  affidare  le  sue  sorti  avvenire !  Guai  a  lei, 
se  non  capisce  che  la  sua  emancipazione  non  pu6  compiersi  per 
opera  di  sistemi  pi&  o  meno  infetti  di  anticristianesiino! 


BELLA  COSTRUTTDRA  BELLA  G1HKSA 

QUANTO  ALLA  FORMA  DI  REGGIMENTO 


Come  insegna  Aristotile  nel  libro  terzo  delle  cose  politiche, 
la  forma  di  reggimento  nou  e  altro  che  1'ordine  degl'Imperanti 
nell'mnana  societa;  e  pero  essa  si  diversifica,  secondo  la  diver- 
sita  del  subbietto  in  cui  risiede  1'impero,  ossia  la  potesta  su- 
prema.  II  perche  tre  forme  di  reggimento  si  possono  distinguere, 
secondo  che  la  potesta  suprema  risiede  in  un  solo,  o  in  alcuni,  o 
in  tutti.  Nel  primo  caso  si  ha  la  Monarchia,  nel  secondo  TAristo- 
crazia,  nel  terzo  la  Repubblica;  benche  questo  nome,  in  un  senso 
generalissimo,  soglia  applicarsi  ad  ogni  genere  di  ordinaraento 
politico,  considerate  a  rispetto  del  fine  che  e  la  cosa  pubblica, 
T  interesse  comune.  Ecco  in  che  modo  il  concetto  dello  Stagirita 
e  esposto  dall'Aquinate:  Politia  nihil  est  aliud,  quam  ordo  do- 
minantium  in  civitate.  Necesse  est  enim  quod  distinguantur 
politiae,  secundum  diver sitatern  dominantium.  Aut  enim  in 
civitate  dominatur  unus,  aut  pauci,  aut  multi...  Si  sit  princi- 
patiis  unius,  vocatur  Regia  potestas,  consueto  nomine;  si  in- 
tendat  utilitatem  communem.  Ilia  vero  politia,  in  qua  pauci 
principantur  propter  bonum  commune,  plures  tamen  uno,  vo- 
catur Status  optimatum...  Sed  quando  multitudo  principatur 
intendens  ad  utilitatem  communem,  vocatur  Eespublica;  quod 
est  nomen  commune  omnibus  politiis  !. 

Egli  e  dunque  da  vedere  a  quaie  di  queste  tre  forme  corri- 
sponde  il  reggimento  della  Chiesa. 

I. 

La  forma  di  reggimento  nella  Chiesa  &  Monarchica. 

A  persuaders!  di  ci6,  basta  aprir  gli  occhi.  Che  cosa  veggiamo 
noi  nel  governo  della  Chiesa?  Diversi  popoli  retti  da  Vescovi, 

1  Politicorum,  lib.  Ill,  led.  VI. 


ger  a  coordinati  tra  loro  coin  no  nol  B 

:  e  tutti,  Popoli  o  Vescovi,  Laicato  e  Clero,  sottostare 
aH'autorita  del  Romano  Pontefice,  come  a  Capo  e  Ordinatore 
supremo  di  tutta  la  societa  de'fedeli.  Egli  da  legge  all'intera 
Chiesa;  egli  giudica  inappellabilmente  delle  controversie  che  si 
portano  al  suo  tribunale;  egli  comunica  la  potesta  ai  Vescovi  de- 
terminando  i  confini  della  loro  giurisdizione.  II  Sacrosanto  Con- 
cilio  Vaticano  nelTaiumaestrarci  intorno  alia  qnalita  del  Romano 
Pontefice,  si  esprime  in  questo  modo:  <  Insegniamo  e  dichiariamo 
che  la  Chiesa  romana,  cosl  disponente  il  Signore,  possiede  il  prin- 
cipato  della  potesta  ordinaria  sopra  tutte  le  altre;  e  che  questa 
potesta,  veraraente  episcopate,  del  rornano  Pontefice  e  immediata; 
verso  la  quale  i  Pastori  e  i  Fedeli  di  qualunqne  rito  e  dignita, 
tauto  ciascnno  in  particolare  quanto  tutti  insieme,  sono  stretti 
da  dovere  di  gerarchica  subordinazione  e  di  vera  obbedienza,  non 
solo  nelle  cose  che  appartengono  alia  fede  ed  ai  costumi,  ma 
ancora  in  quelle  che  spettano  alia  disciplina  ed  al  reggimento 
della  Chiesa,  sparsa  per  tutto  ii  mondo.  Cosicche,  mantenuta  col 
Romano  Pontefice  1'unita  si  della  comunione  e  si  della  profes- 
sione  della  medesima  fede,  la  Chiesa  di  Cristo  forini  un  solo 
ovile  sotto  un  solo  sommo  Pastore '.  >  Or  che  altro  si  richiede, 
acciocche  la  forma  di  reggimento  della  Chiesa  si  dica  e  sia  ve- 
ramente monarchica,  doe  Principato  di  un  solo? 

N6  ad  alcun  sano  di  mente  pu6  venire  in  pensiero  che  siffatta 
forma  sia  provenuta,  se  non  da  usurpazione  de'Papi,  come  be- 
stemmiano  i  liberali 2,  almeno  da  svolgimento  storico.  Cio,  che 

1  Docemus  proinde  et  declaramus  Ecdesiam  romanam,  disponente  Domino, 
super  omnes  alias  ordinariae  potastatis  obtinere  principatwn;  et  hnnc  rotunni 
Pontificis  iurisdictionis  potestfitem,  quae  vere  episcopalis  est,  immediatnm  esse; 
trga  quam  cuiuscumque  ritus  et  dignitatis  Pastores  atque  fideles,  tarn  seor- 
sum  singuli  quam  simul  omnes,  officio  hierarchical  subordinationis  veracque  obe~ 

ntiae  obstrinjuntur,  non  solum  in  rebus  ad  fidem  et  mores,  sed  etiam  in  its 
quae  ad  disciplinam  et  regimen  Ecclcsiae,  per  to  turn  orbem  di/fusae,  pert, 
ita  ut,  custodita  cum  Romano  Pontiftce  tain  communionis  quam  eiusdem  fidei 
professionis  unittttr,   Kcclesia  Christi  sit  unus  grex  sub  uno  summo  Pastore. 
Conslilutio  dop:nialic;i  Ik  Romano  Puntifice,  cap.  III. 

•  «  Si  pu.i  civ.lriv  »-||..  la  ijualiu'i  di  principe  ha  avuto  qualche  parle  a  renderc 
possibilc  al  PonlcGce  quella  politica  ecclesiasiica,  per  la  quule  c^li  e  andaio  via  via 

i 


150  DELLA  COSTROTTUIU  DELLA  CHIESA 

appartiene  all'essenza  della  Chiesa,  non  pu6  procedere  che  da 
instituzione  di  Cristo.  Or  tale  6  la  forma  del  suo  reggimento. 
L'ordinainento  de'poteri  e  elemento  essenziale  d'ogni  societa. 
La  Chiesa  dunque,  se  avesse  mutato  forma  di  reggimento,  non 
sarebbe  piu  la  Chiesa  istituita  da  Cristo.  Tutte  le  profezie,  in- 
torno  alia  sua  durata,  sarebbero  venute  meno,  e  con  loro  la  pro- 
messa  stessa  di  Cristo:  Portae  Inferi  non praevalebunt  adversus 
earn.  Un  tale  pervertimento  della  istituzione  di  Cristo  potri  am- 
mettersi  dai  liberali,  ma  non  da  chi  tuttavia  ritiene  un  briciolo 
di  Fede.  Del  resto  che  Cristo  abbia  dato  alia  sua  Chiesa  la  forma 
monarchica,  sara  da  noi  provato  piu  sotto. 

Piuttosto  qui  vuolsi  notare  che  la  Monarchia  della  Chiesa  & 
ben  diversa  da  quella  degli  Stati  politici.  Negli  Stati  politici  il 
Monarca  e  tale  per  proprieta.  Nella  Chiesa  il  Monarca  non  6 
tale  per  proprieta,  ma  per  delegazione.  II  Monarca,  il  Re,  di 
questo  regno  della  Chiesa  &  propriamente  Cristo;  il  Papa  e  suo 
luogotenente,  Vicarius  Christi.  Non  e  Re,  ma  Vice-Re.  Quindi 
egli  ha  pienezza  di  potesta,  ma  in  senso  non  assoluto,  bensl 
relative;  val  quanto  dire  non  per  eguaglianza  di  estensione  col 
potere  di  esso  Cristo,  bensl  per  eguaglianza  di  estensione  coi 
poteri  che  Cristo  ha  voluto  impartire  alia  sua  Chiesa,  de'quali 
niuno  si  trova  in  lei  che  non  si  trovi  formalmente  o  eminente- 
mente  nel  Papa.  Negli  Stati  politici  il  Monarca  pu6  consentire 
a  mutazione  di  Gbverno,  ed  alienare  una  parte  almeno  de'suoi 
diritti;  come  vediamo  essere  awenuto  alle  Monarchic  odierne,  che 
da  assolute  son  divenute,  come  ora  le  dicono,  rappresentative,  cioe 
piuttosto  nominali  che  reali.  Nella  Chiesa  il  Monarca,  ossia  il 
Papa,  non  pu6  fare  o  permettere  mutazione  quanto  alia  costitu- 
zione  di  essa  Chiesa,  ne  alienare  o  streniare  alcuno  dei  diritti  che 
ha  ricevuti  da  Cristo,  ma  deve  integralmente  trasmetterli  a  chi 
gli  succede  nel  carico.  E  parimente  non  pu6  cambiare  un  ette 
della  legge  data  da  Cristo,  n&  diminuire  o  crescere  il  numero 
dei  Sacramenti  o  abolire  la  pratica  de'consigli  evangelici.  Negli 

ingrossando  la  potestJ  sua  nella  Chiesa,  e  concentrando  in  si  e  nella  saa  Curia  lutto 
il  governo  spiritualc  di  questa.  »  RUGGIERO  BONGHI  Nuova  Antologia,  seconda  serie 
vol.  XL1II,  fascicolo  del  1°  gennaio  1884,  pag.  104. 


VLLA   FOHMA   DI   REGGI1I! 

Stati  politic!  i  Governatori  dello  Province,  non  sono  Principi  ma 
^ati  del  Principe,  e  amministrano  la  cosa  pubblica  in  nome 
suo.  Xolia  Chiesa  i  Vescovi,  preposti  al  Governo  delle  Diocesi, 
son  veri  Principi  delle  medesime,  e  reggono  i  fedeli  in  nome  di 
to,  benchd  con  subordinazione  al  Papa,  Vescovo  dell'intera 
Chiesa:  fyiscopits  Ecclesiae  Catfiolicae.  Uno  &  1'officio  Pasto- 
rale, ossia  1' Episcopate;  il  quale,  bench 6  come  in  capo  si  assommi 
nel  Romano  Pontefice,  tuttavolta  da  lui  si  diffonde  per  ordina- 
mento  divino  nei  particolari  Pastori,  ciascun  de'quali  in  solido, 
ciod  senza  divisione  o  scissura,  ne  tiene  una  parte.  Episcopatus 
unus  estt  ctiiits  a  singulis  in  solidum  pars  tenetur l. 

Siffatta  disposizione  di  poteri,  come  chiaramente  si  vede,  6 
vera  Monarchia,  perch&  il  supremo  potere,  a  rispetto  deli'  intero 
corpo  sociale,  risiede  in  un  solo ;  ma  d  Monarchia  sui  generis, 
singolare  dalle  altre,  e  secondo  un  ideale  divino,  incarnato  e  co- 
lorito  nella  sola  Chiesa.  II  Feudalismo  voile  in  qualche  modo 
imitarlo.  Ma  la  sua  trista  riuscita,  mostrd  che  indarno  si  spera 
dalle  forze  delta  natura  ci6,  che  solo  puo  conseguirsi  per  in- 
fluenza della  grazia.  La  forma  di  Monarchia,  qual  e  nella  Chiesa, 
non  pu6  aHrimenti  mantenersi  e  ben  fruttare,  se  non  per  co- 
stante  e  speciale  assistenza  divina,  la  quale  non  6  stata  proinessa 
che  solamente  alia  Chiesa. 

II. 

Congruenze  teologiche. 

Che  la  forma  di  reggimento  della  Chiesa  dovesse  esser  monar- 
chica,  e  dimostrato  da'Teologi  con  varii  argonienti  di  altissima 
congruenza.  S.  Tommaso  ne  arreca  quattro;  e  a  noi  bastera  te- 
nerci  ad  essi.  Egli  dice :  Bench&  i  popoli  sieno  distinti,  secondo 
le  diverse  region!  e  citta,  nondimeno  formano  una  sola  Chiesa 
universaie  ed  un  sol  popolo  cristiano.  Come  dunque  fu  mestieri  che 
ciascun  popolo  in  ciascuna  Chiesa  particolare  avesse  il  suo  Vescovo 
che  ne  fosse  capo;  cosl  era  necessario  che  1'intera  Gristianita 
avesse  ancor  ella  il  suo  capo  che  presedesse  all'  intera  Chiesa  uni- 
versaie. Quamvis  populi  distinguantur  per  diversas  Dioeceses 

1  S.  CIPRIANO,  De  unitate  Ecclesiae. 


l.VJ  DELLA   COSTRUTTUnA   DELLA   CHIESA 

et  civitates;  tamen,  sicut  est  una  Ecclesia,  it<t  o  /><>/•/<'/  < 
101  urn  populum  christiannm.  Sicut  igitur  in  uno  speciali  po- 
pulo  unius  Ecclesiae  requiritur  units  Episcopus,  qui  sit  tot  in* 
populi  caput;  ita  in  toto  populo  christiano  requiritur  quod 
units  sit  totius  Ecclesiae  caput*.  Quest' argomento,  come  si  vede, 
e  preso  dall'unita  della  Chiesa.  Una  sola  e  la  Chiesa.  Dunque  un 
sol  Capo.  II  Profeta  Ezechiello,  contemplando  ia  ispirito  la  futura 
Chiesa  di  Cristo,  vaticin6:  <  Questo  dice  il  Signore  Iddio;  ecco 
che  lo  piglierft  i  figliuoli  d'Israele  di  mezzo  alle  nazioni,  a  cui 
andarono,  e  li  congregherft  d'  ogni  parte,  e  li  condurro  alia  pro- 
pria  terra.  E  li  costituiro  in  una  sola  gente  sulla  terra  nei  monti 
d'Israele,  e  non  saranno  piu  due  genti,  ne"  si  divideranno  piu  in 
duo  regni...  E  ii  mio  servo  Davidde  sara  re  sopra  di  essi,  e  un 
solo  sara  il  pastore  di  tutti  loro 2.  >  Questi  figliuoli  d'  Israele  da 
raccogliersi  da  tutte  parti,  per  formare  una  gente  sola  ed  un  sol 
regno,  sono  i  fedeli.  II  inistico  Davidde  e  Cristo,  che  di  essi  costi- 
tuisce  la  sua  Chiesa.  Egli  regge  cotesta  Chiesa  per  mezzo  di  un 
sol  pastore,  che  lasci&  a  governarla  in  sua  vece.  Se  ella  non 
avesse  un  sol  visibile  pastore,  nella  sua  durata  quaggiu,  non 
sarebbe  la  Chiesa  preveduta  dal  Profeta.  Non  sarebbe  dunque  la 
Chiesa  di  Cristo. 

In  secondo  luogo,  per  1'  uuita  della  Chiesa  si  richiede  che  tutti 
i  credenti  convengano  nella  stessa  Fede.  Or  nelle  cose  riguar- 
danti  la  Fede  insorgono  quistioni  diverse,  che  menerebbero  a 
credenza  diversa;  e  la  diversita  di  credenza  scinde  la  Chiesa. 
Per  ovviare  adunque  a  tale  scissura  fa  mestieri  che  la  sentenza 
di  un  solo  dirima  la  controversia.  A  conservare  dunque  T  unita 
di  credenza  ne'fedeli  si  richiede  1'autorita  di  un  solo,  che  a  tutti 
sovrastia,  qual  giudice  inappellabile.  Ad  unitatem  Ecclesiae  re- 
quiritur quod  omnes  fideles  in  Fide  conveniant.  Circa  ea  vero, 

1   Contra  Gentiles,  lib.  IV,  cup.  76. 

*  Haec  (licit  Dominus  Deus :  Ecce  ego  fissumam  filios  Israel  de  medio  na- 
tionum  ad  quas  abierunt;  et  conyregabo  eos  undique  et  adducam  eos  ad  hu- 
mum  suam.  Et  faciam  eos  in  gentem  unam  in  terra  in  montibus  Israel,  et 
rex  unus  erit  omnibus  imperans,  et  non  erunt  ultra  duae  gentes,  nee  dividentur 
amplnis  in  duo  regna...  Et  servus  meus  David  rex  super  eos,  et  pastor  unus 
erit  omnium  eorwn.  PROPllETiA  EzECHiELls,  XXXVII,  21,  22,  24. 


"tint/ it 

' rum  ili  '/•  EC   '  per 

ervaretur.  Kri>/itur  ergo  ad  i< 

"Inni  ijuoil  sit  unuts,  </ui  fufi  Ecclesiae prae- 
'.  N6  si  dica  che  a  ci6  basterebbe  il  Concilio.  Imperocche 
quanto  valgano  i  Goncilii  indipendentemente  dal  Papa,  ben  lo 
diinostra  1'esempio,  per  tacere  di  altri,  del  Conciliabolo  di  Ri- 
mini, e  del  cosl  detto  Latrocinio  di  Efeso.  Oltreche  i  Concilii  non 
si  raccolgono  cbe  con  gravissima  difficolta;  ed  essi  stnssi  sono 
esposti  a  divergenza  di  opinion!;  tra  le  quali,  senza  il  Papa,  non 
sarebbe  possibile  bene  spesso  discernere  sicuramente  la  verita. 
In  terzo  luogo  la  Monarchia  della  Chiesa  vien  persuasa  dall'idea 
di  ottima  forma  di  Governo.  Conciossiache  la  Chiesa,  come  opera 
immediata  di  Dio,  con  vien  che  sia  ottimamente  ordinata  nel  suo 
essere  di  societa.  Ora  1'ottima  forma  di  Governo  e  quella,  in  cui  la 
moltitudine  vien  retta  dalla  suprema  autorita  di  un  solo.  II  che 
apparisce  dalla  considerazione  del  fine  sociale,  che  e  la  pace  e 
1'unione  tra' cittadini ;  a  procurare  la  quale  e  certamente  piu  ac- 
concio  il  reggimento  di  un  solo,  che  non  quello  di  molti.  Optimum 
regimen  multitudinis  est  ut  regatur  per  unum;  quod  patet  ex 
fine  regiminis,  qui  est  pax.  Pax  enim  et  unitas  siibditonun  cst 
Jin  is  regentis.  Vnitatis  autem  conyruentior  causa  est  unux, 
quam  multi.  Manifestum  est  igitur  regimen  Ecclesiae  sic  esse 
<li- posit um,  nt  units  toti  Ecclesiae  praesit*.  Fonte  di  unione  e 
1'uno;  e  quanto  piu  perfetto  e  1'uno,  tanto  e  pill  sicura  e  pid 
perfetta  Tunione.  Or  Tuno  per  se,  vale  a  dire  la  persona  fisica, 
e  senza  dubbio  pid  perfetto,  che  1'uno  per  accidente,  qual  e  la 
persona  morale,  vale  a  dire  1'  uoita  che  risulta  dai  molti,  rac- 
colti  in  Assemblea  o  Senate.  II  che  tanto  piu  ha  forza,  in  quanto 
Cristo,  come  apparisce  dal  suo  discorso  dell' ultima  cena,  di  nulla 
fu  maggiormente  sollecito,  che  della  perfetta  uoione  tra'suoi  fe- 
deli:  Ut  sint  unum,  sicut  et  nos  unum  sitmus*.  Dunque  era 
convenientissimo  ch'egli  desse  loro  quella  forma  di  reggimento, 

1  Ivi. 
»  ivi. 
»  IOAXXIS  XV [I,  21. 


154  DELLA  COSTRUTTUIU  DELLA  CHIESA 

che  fra  tutte  fosse  piii  acconcia  a  produrre  e  mantenere  siffatta 
unione.  Cotesta  forma  e  la  Monarchia. 

Finalmente  la  Chiesa  militante  e  esemplata  sulla  Chiesa  trion- 
fante.  Onde  san  Giovanni  nell'Apocalisse  vide  la  nuova  Geru- 
salemme  qual  citta  discesa  dal  cielo.  Ora  alia  Chiesa  trionfante 
presiede  un  solo,  ed  e  quello  stesso  che  presiede  all'intero  uni- 
verso,  ciod  Iddio.  Onde  e  detto:  Essi  saranno  il  suo  popolo;  e 
Dio  stesso  sara  il  loro  Dio  (Ap.  XXI,  3).  Dunque  nella  Chiesa 
militante  un  solo  presiede  a  tutti.  Ecclesia  militans  ex  trium- 
phante  Ecclesia  per  similitudinem  derivatur.  Unde  et  Joannes 
in  Apocalypsi  vidit  Jerusalem  descendentem  de  caelo  et  Moysi 
dictum  est  quodfaceret  omnia  secundnm  exemplar  ei  in  monte 
monstratum.  In  triumphanti  autem  Ecclesia  unus  praesidet, 
qui  praesidet  in  toto  universo,  scilicet  Deus.  Dicitur  enim: 
Ipsi  populus  eius  erunt,  et  ipse  Deus  cum  eis  erit  eorum  Deus 
(Apoc.  XXI,  3).  Ergo  et  in  Ecclesia  militante  unus  est,  qui 
praesidet  universis l.  II  che  6  tanto  piu  ragionevole,  quanto  che 
la  Chiesa  militante  non  6  una  Chiesa  diversa  dalla  trionfante ; 
ma  amendue  sono  due  stati  diversi  d'una  stessa  ed  identica 
Chiesa.  La  Chiesa  militante  $  come  1'  atrio  della  Chiesa  trion- 
fante. Onde  S.  Paolo  scrivendo  ai  fedeli,  entrati  nella  prima,  dice 
loro  che  si  accostarono  alia  seconda:  Accessistis  ad  civitatem 
Dei  viventis,  Jerusalem  caelestem,  et  Ecclesiam  primitivorum, 
qui  conscripti  sunt  in  caelis  et  ad  multorum  Angelorum  fre- 
quentiam 2.  Le  due  Chiese  adunque  non  possono  differire  nella 
forma  di  reggimento  Come  Tuna,  cosl  anche  Taltra  convien  che 
sia  monarchica,  cio6  reggimento  di  un  solo.  Nell' una  regna  Cristo 
personalmente;  nell'altra  regna  pur  Cristo,  ma  per  mezzo  d'un 
suo  Vicario. 

Ne  varrebbe  opporre  che  anche  a  rispetto  della  Chiesa  di  quag- 
giu,  basti  ii  solo  Cristo;  il  quale  6  capo  e  sposo  della  mede- 
sima.  Imperocche,  come  ne'  sacramenti  Cristo  e  quegli  che  opera, 
giacch6  egli  battezza,  egli  rimette  i  peccati,  egli  qual  Sacerdote 
consacra  ognidl  il  suo  corpo  sull'altare;  e  nondiineno,  dovendo  egli 

1  Contra  Gentiles  lib.  IV,  cap.  76. 
*  AD  HEBRAEOS  XII,  22,  23. 


QUAJTTO    Al.l.V    I- '[-.MA    HI    UK 

rarre  la  sua  corporale  presenza  a'  fedeli,  elesse  ministri  per 
mezzo  del  quali  sifTatte  cose  a  loro  si  dispensassero;  cosl  per  la 
stessa  ragione  del  non  essere  egli  corporal  mente  presente,  con- 
venne  che  commettesse  a  qualcuno  di  far  le  sue  veci  nell'aver 
cura  della  sua  Chiesa.  Si  quis  autem  dicat  quod  unum  caput 
ft  HHHS  pastor  est  Christus,  qui  est  units  unius  Ecclesiae 
sponsus,  non  sujftcienter  respondet.  Manifestum  est  enim  quod 
omnia  Ecclesiastica  sacramenta  ipse  Christus  perficit;  ipse 
enim  est  qui  baptizat,  ipse  est  qui  peccata  remittit,  ipse  est 
verus  Sacerdos  qui  se  obtulit  in  ara  crucis  et  cuius  virtute 
corpus  eius  in  altari  quotidie  consecratur;  et  tamen}  quia  cor- 
poraliter  non  cum  omnibus  fidelibus  praesentia liter  erat  fu- 
turus,  elegit  ministros  per  quos  praedicta  fidelibus  dispensaret. 
Eadem  igitur  ratione,  quia  praesentiam  corporalem  erat  Ec- 
clesiae subtracturus,  oportuit  ut  alicui  committeret,  qui  loco 
sui  universalis  Ecclesiae  gereret  curam  l. 

Tutte  queste  ragioni  son  certamente  assai  valide.  Nondimeno 
crediamo  che  esse  non  oltrepassino  la  congruenza;  perche,  assolu- 
tamente  parlando,  Cristo  avrebbe  potato  fare  diversamente,  sup- 
plendo  colla  sua  grazia  il  difetto  della  forma  meno  perfetta  che 
avesse  dato  alia  Chiesa. 

III. 
Volontd  espressa  di  Cristo. 

La  prova  veramente  apodittica,  che  tronca  ogni  dubbio  sopra 
questa  materia,  d  la  yolonta  di  Cristo ;  il  quale,  come  unico  fon- 
datore  di  questa  societa  della  Chiesa,  pot5  darle  quella  forma  di 
reggimento  che  piu  gli  and6  a  grado.  Questa  volonta  di  Cristo 
si  pu6  raccogliere  da  due  capi:  dal  santo  Vangelo,  dove  sono 
registrati  i  fatti  di  Cristo,  e  dalla  testimonianza  della  Chiesa,  la 
quale  certamente  dee  sapere  qual  forma  sociale  ricevotte  dal  suo 
istitutore.  Ora  Cristo  parlando  de'  suoi  fedeli,  che  designava  spesso 
col  nome  di  pecorelle,  e  dicendo  che  egli  ne  ayea  da  raccogliere 
anche  da  altri  popoli  distinti  dal  giudaico,  dinunzid  che  di  tutti 

•  Ivi. 


1 ."»('(  DELLA   COSTRUTTURA   DELLA   CHIESA 

si  sarebbe  forraato  un  solo  ovile,  sotto  la  cura  di  un  sol  pastore. 
Et  alias  oves  habeo  quae  non  sunt  ex  hoc  ovili,  et  illas  oportet 
me  adducere,  et  vocem  meam  audient.  Ex  fiet  unurn  ovile 
et  units  pastor l.  Chi  e  cotesto  Pastore?  Gertamente  e  Cristo;  il 
quale  cosl  appunto  si  chiam6  nel  luogo  citato:  Ego  sum  Pastor 
bonus 2.  Ma  Cristo  non  era  per  restare  sempre  sulla  terra,  Di- 
partendosene  doyea  lasciare  qualcuno  che  tenesse  le  sue  veci. 
L' ovile  di  Cristo  quaggiu  &  visibile.  Un  ovile  visibile  richiede 
un  Pastore  visibile.  Un  ovile  senza  Pastore  sarebbe  una  contrad- 
dizione.  Chi  e  dunque  questo  Pastore  visibile  che  Cristo  lascid 
in  luogo  suo?  Quegli,  senza  dubbio,  a  cui  egli,  vicino  ad  ascen- 
dere  in  cielo,  disse:  Pasce  agnos  meos,  pasce  oves  meas3;  e 
questi  fu  Pietro. 

Dove  e  da  notare  che  Cristo  indirizzando  le  predette  parole 
a  Pietro  ebbe  cura,  per  ovviare  ad  ogni  equivoco,  di  distinguerlo 
chiaramente  dagli  altri  Apostoli,  con  quella  triplice  intenroga- 
zione :  Simon  di  Giovanni  mi  ami  tu  piu  di  costoro  ?  Simon 
loanntSj  diligis  me  plus  his?*'  E  per  tre  volte,  alia  triplicata 
risposta  dell' umile  Apostolo:  Signore  tu  sai  che  io  ti  amo,  gli 
commise  di  pascere  i  suoi  agnelli  e  le  sue  pecorelle.  Ai  solo 
Pietro  adunque  Cristo  affido  1'intera  Chiesa,  cio&  tutti  quelli  che 
appartenessero  al  suo  ovile,  acciocch&  li  pascesse  ossia  li  gover- 
nasse  in  vece  sua.  Egli  dunque  istitul  per  la  Chiesa  il  Governo 
di  un  solo,  vale  a  dire  la  Monarchia. 

Nel  luogo  test&  citato  Cristo  confer!  a  S.  Pietro  quello  che  gia 
innanzi  gli  avea  promesso,  allorchS  avendo  Pietro  fatta  quella 
inagnifica  confessione:  Tu  sei  Cristo,  figliuoi  di  Dio  vivo;  Cristo 
di  riraando  disse  a  lui:  Beato  sei  tu,  o  Simone  figliuolo  di 

1    lOANNIS  X,   16. 

*  Ivi  14. 

8  IOAXMS  XXI,  16,  17. 

*  Cum  ergo  prandissent,  dicit  Simoni  Petro  lesus:  Simon  Joannis  diligis 
me,  plus  his?  Dicit  ei:  Etiam,  Domine,  tu  scis  quia  amo  te.  Dicit  ei:  Pasce 
agnos  meos.  Dicit  ei  iterum :  Simon  loannis,  diliyis  me?  Ait  illi :  etiam.  Do- 
mine,  tu  scis  quia  amo  te.  Dicit  ei:  Pasce  agnos  meos.  Dicit  ei  tertio :  Simon 
loannis  amas  me?  Contristatus  est  Petrus  quia  dixit  ei  tertio  amas  me?  et 
dixit  ei:  Domine  tu  omnia  nosti;  tu  scis  quia  amo  te.  Dixit  ei:  Pasce  oves 
meas.  IOANNIS  XXI,  15,  16,  17. 


MA    1)1    R  EGG!  Mi 

t,  poiche  non  11  sangue  e  la  came  ti  ha  rivelato  ci6,  ma  il 
iio  che  e  ne'cieli.  Ed  io  dico  a  te  che  tu  sei  pietra  e  sopra 
questa  pietra  io  edificher6  la  mia  Chiesa,  e  le  porte  dell' Inferno 
non  prevarranno  contro  di  lei.  Ed  a  te  dar6  le  chiavi  del  regno  del 
n.-li,  c  tut  to  ci6  che  legherai  sulla  terra,  sari  legato  anche 
nel  cielo  e  tutto  ci6  che  scioglierai  sulla  terra  sara  sciolto  anche 
nel  cielo1.  Non  si  potea  con  termini  piu  espressivi  dichiarare  la 
pienezza  della  potesta,  che  Cristo  prometteva  a  Pietro  e  promet- 
teva  a  lui  solo.  Tu,  figliuoi  di  Giona,  a  te  di  cui  ho  tramutato 
il  nome  in  quello  di  pietra:  T«  '>•  Crfi/ias*. 

Qui  il  santo  Apostolo  e  costituito  fondamento  della  Chiesa, 
Tal  quanto  dire  colonna  e  sostegno  della  medesima;  quale  ap- 
punto  e  il  padre  nella  famiglia,  il  principe  nel  civile  consor/io. 
A  lui  son  promesse  le  chiavi  del  regno  de'cieli,  vale  a  dire  della 
Gbiesa,  da  Cristo  spessissimo  designata  con  questo  nome.  Le 
chiavi,  come  ognun  sa,  sono  simbolo  di  sovranita,  e  di  dominio. 
Per  la  presentazione  delle  chiavi  si  esprime  la  dedizione  d'  una 
citta  al  conquistatore  che  ne  assume  1'impero.  E  quando  Cristo 
in  visione  a  Giovanni  voile  significare  1'assoluta  sua  potesta  sulla 
morte  e  sull'  inferno,  con  quale  altra  figura  la  espresso  se  non 
con  quella  delle  chiavi?  Ego  sum  primus  et  novissimus...  et 
habeo  dams  mortis  et  inferni 3.  Di  piu  a  Pietro  Cristo  attri- 
buisce  la  facoltk  di  legare  e  di  sciogliere  ogni  cosa,  quodcum- 
que;  vale  a  dire  attribuisce  il  potere  di  obbligare  con  leggi,  e 
di  giudicare  qualunque  causa ;  il  che  iinporta  il  potere  legisla- 
tive, giudiziario  e  coattivo.  Ora  non  e  questo  il  vero  concetto  di 
Monarca  e  Principe  supremo? 

E  questa  infatti  fu  ed  e  la  costante  tradizione  della  Chiesa, 

1  Respondens  Simon  Pctrtts  dixit:  Tu  es  Christus,  Fihus  Dei  riri.  Re- 
spoil  ''t'.rit  ei:  Status  es,  Simon  Bar-Jona,  quia  caro  et  son- 
guis  non  revclavit  tibi,  sed  Pater  meus  qui  in  caelis  est.  Et  ego  dico  tihi  quia 
ti*  es  Petrus  et  super  fane  petram  aedificabo  Kcclesiam  menm,  et  portae  Inferi 
non  praecale'mnt  ndvcrsus  earn.  Et  tibi  da)>o  cloves  rcgni  caelorum ;  et  quod- 
/ue  ligaveris  super  terram  erit  ligatum  et  in  caelis,  et  quodcumquc  solverU 
tuper  trrrnm  erit  solutum  et  in  cadis.  MATTHAEI  XVI,  IG-l'.i. 

*   lOANNIS   I,  42. 

:  Am  I,  l",  18. 


158  DELLA  COSTRUTTURA  DELLA  CHIESA 

come  ampiamente  dimostrano  i  teologi,  coll'esame  della  dottrina 
de'Padri  e  de'Concilii,  e  de'Dottori  cattolici.  A  noi  bastera  ripor- 
tare  alcune  soltanto  di  tali  testimonianze.  S.  Cipriano  dice:  Xe- 
que  aliunde  haereses  obortae  sunt,  aut  nata  schismata,  quant 
inde  quod  Sacerdoti  Dei  non  obtemperatur,  nee  unus  in  Ecclesia 
ad  tempus  Sacerdos  et  ad  tempus  ludex  vice  Christi  cogitatur '. 
S.  Girolamo  dice :  Inter  duodecim  unus  eligitur,  ut,  capite  con- 
stitute, schismatis  tolleretur  occasio 2.  E  S.  Leone  il  grande :  De 
toto  mundo  unus  Petrus  eligitur,  qui  universarum  gentium 
vocationi  et  omnibus  Apostolis,  cunctaeque  Ecclesiae  Patribus 
praeponatur :  ut  quamvis  in  populo  Dei  multi  sacerdotes 
sint  multique  Pastores,  omnes  tamen  proprie  regat  Pe- 
trus, quos  principaliter  regit  et  Christus  3.  Quanto  poi  ai 
Concilii,  ci  contenteremo  del  solo  Concilio  fiorentino,  in  cui  nel 
decreto  d'  unione,  consenzienti  i  Greci  coi  Latini,  fu  scritto :  De- 
finimus  S.  Apostolicam  Sedem  et  Eomanum  Pontificem  in 
universum  orbem  habere  primatum,  et  Pontijicem  Romanum 
successorem  esse  B.  Petri,  principis  Apostolorum  et  verum 
Christi  Vicarium,  totiusque  Ecclesiae  Caput,  et  omnium 
Christianorum  patrem  et  doctorem  exsistere,  et  ipsi  in  B.  Pe- 
tro  pascendij  regendi  et  gubernandi  universam  Ecclesiam  a 
Domino  lesu  Christo  plenam  potestatem  datam  esse;  quern- 
admodum  etiam  in  gestis  (Ecumenicorum  Conciliorum  et  in 
sacris  canonibus  continetur 4.  De'  Dottori  non  occorre  parlare ; 
tanto  la  cosa  6  manifesta  nel  pubblico  insegnamento  della  Chiesa. 

1  Epist.  55. 

a  Lib.  I,  Contra  lovinianum. 

3  Sermone  III,  De  Assumptione  sua. 

*  II  Dollingei1,  per  dimostrare  cbe  col  quemadmodum  il  Concilio  non  intese  di 
confcrmarc  ma  di  modificare  cio  che  avea  detto  nel  membro  precedente,  mise  fuori 
la  fiaba  che  nel  decreto  del  Concilio  non  fosse  scritto  quemadmodum  etiam,  bensi 
quemadmodum,  et.  Ma  giustamente  venne  sbngiardato  con  apposite  riscontramento 
de'testi  originali,  contrassegnati  dalla  firma  autografa  dell'imperatoro  grcco  Giovanni 
Paleologo,  e  del  Papa  Eugenic  IV ;  nei  quali  testi  originali  si  trova  sempre  scritto : 
quemadmodum  etiam.  Vedi  LIBERATORE,  Spicilegio,  vol.  I,  pane  teologica,  capo  3. 
Del  Concilio  Vaticano,  a.  3. 


•TO    ALLA    :•  r>'» 


IV. 

6'e  la  Monarchia  della  Chiesa  possa  dirsi  temperata  di  . 
stocrazia  o  anche  di  Democrazia. 

Bench&  tutti  gli  scrittori  cattolici  convengano  in  ammettere 
come  Monarchica  la  forma  di  Governo  della  Chiesa;  nondimeno 
differiscono  qnanto  a  dirla  Mouarchia  semplice,  owero  fvtnpe- 
rata  da  quulcnna  delle  altre  forme.  In  materie  di  tanta  impor- 
tanza  6  necessario  procurar  1'esattezza,  non  solo  quanto  alia  cosa, 
ina  eziandio  quanto  ai  lingnaggio;  perche,  come  nota  S.  Giro- 
lamo,  Spesso  ex  verbis  inordinate  prolatis  incurritur  tiacr 

Mettiamo  da  banda  i  cosi  detti  Gallicani;  i  quali  talinente 
dicevano  temperata  di  Aristocrazia  la  Monarchia  della  Chiesa, 
che  al  trar  de'  conti  la  distruggevano.  Imperocchd  stabilendo  essi 
che  il  Concilio  sia  superiore  al  Papa,  e  le  decisioni  Fapali  non 
altriuienti  irreforinabili  che  dopo  1' assentimento  della  Chiesa, 
ossia  dell' Episcopate;  venivano  in  sostanza  a  riporre  in  esso  Epi- 
scopate e  non  nel  Papa  1'autorita  suprema.  Ci6  sarejjbe  Aristo- 
crazia, non  Monarchia.  Ma  la  costoro  sentenza,  dopo  le  solenni 
defmizioni  del  Concilio  Vaticano,  il  quale  ha  condannate  entrambe 
le  predette  proposizioni,  non  pu6  pifi  sostenersi,  senza  eresia '. 

1  A  recto  teritatis  tramite  aberrant  qui  affirmant  licere  ab  iudiciis  Ro- 
manorum  Pontificum  ad  oecumenicum  Concilium,  tamquam  ad  auctoritatcm 
Romano  Pontificc  superior  em,  appellare.  Si  qiiis  itaque  dixerit  Roman  nm  Pon- 
tificcm  habcre  tantummodo  officium  inspectionis  vel  directionis  non  autcm 
plcnam  et  supremam  potestatem  iurisdictionis  in  universam  Ecclcsiam,  non 
sohtm  in  rebus  quae  ad  fidem  et  mores,  sed  etiam  in  its  quae  ad  disciph'nam 
et  regimen  Ecclesiae,  per  totum  orbem  diffusae,  pertinent,  out  cwn  habere 
tantum  potiores  paries  non  vero  totam  plenitudinem  huius  supremae  potestatis, 
out  hanc  eius  potestatem  non  esse  ordinariam  et  immediatam  sice,  in  omnes 
et  singulas  Ecdesias  sive  in  omnes  et  singulos  Pastores  et  fideles;  ana  (/if  ma 
sit.  Constitulio  dogmatica  DC  Romano  Pontificc,  c.  III. 

Docemus  et  divinitus  rcvcJatum  dogma  esse  definimns:  Romanum  Ponti- 
ficem  cum  ex  catfadra  loquitur,  idest  cum  omnium  Christianorum  Pastoris  et 
Doctoris  munere  fungens,  pro  suprema  sua  Apostolica  auctoritate  doctrinam 
de  Fide  vel  moribus  ab  uni versa  Ecclcsia  tenendam  deflnit,  per  assisttntiam 
divinam,  Ipri  in  beato  Petro  promissam,  ea  infallibilitate  poUere,  qua  < 
mu  Redemptor  EccJesiam  suam  in  definienda  doctrina  de  fide  vel  moribus 


100  DELLA  COSTRUTTURA  DELLA  CHIESA 

Omesso  dunque  cotesto  errore,  ci  fnrono  de'pii  e  dottissimi 
8crittx>ri  cattolici,  i  quali  opinarono  doversi  la  Monarchia  della 
Chiesa  dir  temperata  di  Aristocrazia,  in  quanto  i  Vescovi  per  di- 
vina  instituzione  partecipano  al  Governo  di  essa  Chiesa.  Tra  que- 
sti  il  Zallinger  si  esprimecosl:  Si  stride  velimus  loqui, 
non  potest  formam  Status  Ecclesiatici  esse  mere  monarchi- 
cam.  Cum  enim  potestas  rectoria  Episcoponim  ex  divina  in- 
stitutione  promanet,  Papa  non  est  unicum  subiectum  < 
potestatis,  quemadmodum  in  Monarchia  veri  nominis  contin- 
git !.  Ma  e  facile  vedere  che  questo  raodo  di  parlare  dell'eminente 
Giurista  precede  dal  confondere  che  egli  qui  fa  1' autorita  reg- 
gitrice,  generalraente  presa,  coll' autorita  reggitrice  suprema  e 
piena.  E  vero  che  1'autorita  reggitrice  della  Chiesa  risiede  anche 
ne' Vescovi,  ma  1'autorita  reggitrice  suprema  e  piena  risiede  nel 
solo  Papa.  Ci6  basta  alia  semplice  Monarchia;  giacche  la  forma 
di  Governo  si  determina  dal  subbietto,  non  di  qualunque  autorita, 
ma  dell' autorita  suprema.  La  cagione  di  una  tale  confusione  si 
e"  perche  la  Monarchia  della  Chiesa,  come  notammo  piu  sopra, 
&  di  nature  al  tutto  speciale,  e  non  conviene  univocamente  ma 
solo  analog icamente  colle  Monarchic  politiche,  in  cui  non  pos- 
sono  darsi  veri  Principi  subalterni,  senza  che  per  ci6  stesso 
venga  a  limitarsi  la  potesta  del  Sovrano,  e  quindi  a  variarsi 
il  subbietto  della  potesta  suprema  e  piena.  Ma  nella  Chiesa 
non  e  cosl.  In  essa,  sebbene  i  Yescovi  non  sieno  meri  ministri 
del  Papa  ma  veri  Principi  spirituali  delle  loro  Diocesi,  le  quali 
essi  amministrano  come  cosa  propria;  nondimeno  sono  ai  Papa 
interamente  soggetti,  e  non  limitano  in  nessun  modo  il  suo  pieno 
potere,  neppure  raccolti  in  Concilio  generate.  Ivi  ancor  essi, 
senz'  alcun  dubbio,  in  qualita  di  legislator!  e  di  giudici  eser- 
citano  insieme  col  Papa  la  suprema  autorita,  a  rispetto  dell'in- 
tera  Chiesa.  Ma  primieramente  la  esercitano  per  chiamata  del 

instructam  esse  voluit;  ideoque  eiusmodi  Romani  Pontificis  dcfinit tones  ex  sese 
non  autem  ex  consensit  Ecclesiae  irreformabiles  esse.  Si  quis  autem  hide  No- 
stra  definitioni  contradicere,  quod  Deus  avertat,  praesumpserit ;  anathema  tit. 
Ivi,  cap.  IV. 

1  lus  Ecdesiasticum  pubUcum,  lib.  V,  cap.  5,  §  362. 


FORMA   DI   RECGIU;  I ''I 

iixa  la  cui  intiiua/.ione  e  convocazione  nessun  Concilio  d 
tiiuo.  In  secoDdo  luogo,  la  esercitano  con  plena  dipendenza 
dal  Papa;  senza  la  cui  approvazione  nessuna  loro  decisione  e 
valevolo;  montrech^  per  contrario  il  Papa  pu6  sciogliere  la  loro 
adunanza,  e  tenninare  senza  il  loro  concorso  la  causa.  l\tnt  di- 
ctum est  sine  aliis  (osserva  accuratamente  Alvaro  Pelagio,  a  pro- 
posito  del  ij umlr nut/tie  ligaveris  etc.  e  del  qtuucutujitf  alliga- 
veritis  etc.),  et  non  aliis  sine  Petro;  ut  intelligatur  sic  ei  esse 
attributa  potestas  huiusmodif  tit  alii  sine  ipso  non  possint, 
e  ah' in  possit  ex  privilegio  aibi  collato,  et  concessa  sibi 
plenittidine  potestatis,  per  qitam  potest  ligare  ceteros,  sed  li- 
gari  non  potest.  a  ceteris  l.  II  Papa  dunque  e  vero  Monarca, 
senz'alcun  temperamento  da  parte  de'Vescovi.  Molto  meno  un 
tal  temperamento  potrebbe  immaginarsi  da  parte  del  popolo;  il 
quale  non  ha  nessima  autorita  nella  Chiesa,  ma  solo  costituisce 
la  moltitudine  da  reggersi  e  governarsi. 

II  Bellarmino,  dopo  aver  dimostrato  che  la  semplice  monar- 
chia  e  la  pid  perfetta  tra  le  forme  di  reggimento ;  dice  che  non- 
diineno,  attesa  1'iufermita  uinana,  riesce  pid  utile  la  forma  inista 
di  tutte  e  tre  le  semplki,  in  quanto  oltre  la  supreina  autorita 
del  Principe,  ci  sia  il  concorso  degli  Ottimati  al  Governo,  e  una 
qualche  lieve  parted  pazione  del  popolo,  di  cui  ciascun  membro 
possa  yenire  assunto  al  potere.  Egli  crede  trovarne  un'immagine 
eziandio  nella  Chiesa,  in  cui  ci  ha  la  Monarchia  delSomino  Ponte- 
fice,  TAristocrazia  de'Yescovi,  e  una  certa  Democrazia,  riposta  in 
ci6  che  ciascun  fedele  pu6  (dove  se  ne  renda  degno)  ascendere 
a  qualsivoglia  grado  della  Gerarchia,  non  escluso  il  supremo 2. 

Ma  sebbene  queste  tre  cose  sieno  veramente  nella  Chiesa,  cioa 

1  De  planctu  Ecdesiae,  lib.  I,  cap.  55. 

*  De  Eccltsia  testamenii  novi  idem  postea  probandum  erit,  esse  in  ea  vi- 
delicet ffumini  Pontificis  monarchiam,  atque  Episcoporum  (qui  vere  principe* 
et  pastores  non  vicarii  Pontificis  maximi  sunt)  aristocratiam,  ac  demuin  ,-MUW 
quemdftm  in  ea  locum  habere  democratiam,  cum  nemo  sit  ex  omni  Christiana 
multitudine  qui  ad  Episcopatum  vocari  non  possit,  si  tamen  dignus  eo  munere 
ConlroTcrsiarum  tomus  primus,  De  romano  Pontifae,  lib.  1,  c.  III.  E  nel 
capo  V  dire  esscr  dottrina  comune  tra'cattolici:  ut  regimen  Eccksiae  hominibm 
conunissum  sit  illud  quidem  monarchicum,  sed  temperatum  ex  aristocratia  et 
democratic,  nd  modo  predelto. 

Serie  XII.  r«l.   VI,  fate.  812  11  9  aprile  1884 


lfi'2    DELLA  COSTRUTTURA  DELLA  CHIESA  QUANTO  ALLA  FORMA  DI  REGGIMENTO 

la  Monarchia  del  Romano  Pontefice,  Capo  supremo ;  1' Aristocrazia 
de'Vescovi,  che  sotto  il  suo  indirizzo  reggono  le  proprie  Diocesi 
da  principi  propriamente  detti;  e  la  Democrazia  de'fedeli,  nel 
senso  che  niuno  di  loro  &  escluso  dall'  entrare  nel  clero  e  poter 
diventare  Vescovo  ed  anche  Papa;  nondimeno  esse  in  rigor  di 
vocabolo  non  costituiscono  una  forma  mista  di  reggimento.  La 
seinplicita  o  composizione  di  forma  governativa  si  determina, 
come  dicemmo,  dalla  qualita  del  subbietto  in  cui  risiede  la  po- 
testa  supreina ;  e  questa  nella  Chiesa  risiede  integralinente  in 
un  solo,  cio&  nel  Papa.  L'essere  i  Vescovi  veri  Principi  nelle 
loro  Diocesi  non  restringe,  come  vedemmo,  la  piena  potesta  del 
Papa  a  rispetto  della  Chiesa,  vuoi  che  questa  si  prenda  nella 
sua  totalita  vuoi  che  in  ciascuna  sua  parte.  II  poter  poi  ogni 
fedele,  quando  ne  abbia  il  inerito,  venire  assunto  a  qualsiasi 
dignita  ecclesiastica,  non  e  partecipazione  di  principato  ma  sol- 
tanto  una  rimota  attitudine  ad  acquistarlo. 

Conchiudendo  adunque,  diciamo  che,  in  proprieta  di  linguaggio, 
il  reggimento  della  Chiesa  deve  dirsi  semplice  Monarchia,  la 
quale  in  essa  Chiesa  per  la  istituzione  divina  de1  Vescovi  e  esente 
dal  vizio  di  non  provvedere  abbastanza  alia  cura  dei  diversi  po- 
poli,  e  per  T  assistenza  che  Cristo  presta  dei  continue  al  suo  Yi- 
cario  e  esente  dal  pericolo  di  degenerare  in  tirannide.  La  divina 
carita,  richiesta  qual  guarentigia,  diligis  me  plus  his,  e  che 
Cristo  certamente  concede  al  suo  Vicario,  fa  si  che  non  solo  in 
diritto,  ma  eziandio  nel  fatto,  tutto  1'operare  del  Pontefice,  in 
quanto  tale,  sia  volto,  come  a  fine,  al  bene  de'fedeli.  Omnia 
vestra  sunt,  sive  Paulus,  sive  Apollo  f  sive  Cephas  !.  II  discorde 
opinare  di  molti  teologi  nella  presente  quistione  procede  dal  loro 
diverso  modo  di  concepire  la  semplicita  della  Monarchia;  in 
quanto  considerano  1'esercizio  governativo,  non  1'inerenza  del- 
1'autorita  suprema  e  piena.  Ond'esso  per  lo  piu  si  riduce  a  dis- 
crepanza  piuttosto  di  vocaboli  che  di  cosa. 

1  1*  AD  COR.  Ill,  22. 


IL  M'OYO  UUMMO  DI  KABO.M1) 


Le  grandi  scoperte  che  verso  il  mezzo  del  corrente  secolo 
cominciarono  a  farsi  nella  valle  Mesopotamica,  di  monument! 
assiri  e  babilonesi,  non  son  gia  venute  meno  col  procedere  degli 
anni ;  anzi  da  un  lustro  in  qua  ban  preso  vie  maggiore  slancio, 
e  van  tuttodl  producendo  alia  luce  nuovi  tesori.  Ai  primi  esplo- 
ratori  di  Ninive  e  di  Babilonia,  il  Botta,  il  Layard,  1'Oppert, 

10  Smith,   altri  sono  sottentrati  non  meno  alacri  e  fortunati: 
tra  i  quali  primeggiano  oggi  il  Sarzec  e  1'Hormuzd  Rassam. 

11  signor  de  Sarzec,  console  francese  a  Bassora,  si  e  reso  celebre 
per  le  insigni  scoperte,  fatte  nella  bassa  Caldea,  a  Tello,  fra 
le  rovine  dell'antica  Sirtella  o  Zerglnd:  grandiose  statue,  pietre 
incise,  cilindri  d'argilla,  bronzi  e  altri  cimelii  in  gran  copia; 
ogni  cosa  coperta  di  iscrizioni  cuneiformi  in  lingua  accadica, 
nelle  quali  campeggia  singolarmente  il  nome  del  re  Gudea: 
tutti  avanzi  maravigliosi  d'un'arte  e  d'una  civilta  antichissima, 
perocche  risale  almeno  fin  verso  il  2000  av.  C.;  ed  oggidl  or- 
namento  del  Museo  del  Louvre.  E  1'Hormuzd  Rassam,  Caldeo 
di  nascita,  ed  originario  di  Mossul,  cogli  scavi  intrapresi  nel- 
1'Assiria,  a  Koyundiik  (Ninive),  a  Nhnnid  (Calach),  a  Balau-at 
circa  15  miglia  ad  oriente  di  Ninive,  e  nella  Caldea,  a  Babi- 
lonia, ad  Abu  Ualla  (1'antica  Sippara)  ed  altrove,  ha  arric- 
chito  e  prosiegue  tuttavia  ad  arricchire  il  Museo  Britannico,  al 
cui  servizio  si  6  posto,  di  documenti  cuneiformi  a  migliaia;  tra 
i  quali  ve  n'ha  parecchi  di  grande  iinportanza,  che  allo  studio 
degli  assiriologi,  applicativisi  a  decifrarli,  vapno  aprendo  ogni 
dl  nuovi  e  piu  vasti  orizzonti  e  promettono  feconda  messe  di 


!')»  IL    MTOVO    CILINDRO    DI   NABONID 

peregrine  notizie  intorno  alia  storia  e  civilta  delle  antiche  genti 
Mesopotamiche,  dalle  quali,  come  si  vien  confermando  ogni  dl 
meglio,  la  civilta  priraitiva  irraggi&  al  rimanente  dell'Asia,  ed 
all'  Europa. 

Noi  qui  non  intendiam  gia  di  descrivere  partitamente  e  rile- 
vare  il  pregio  di  tutti  questi  novelli  docuraenti,  ci6  che  forse 
faremo  altra  volta  a  miglior  agio;  ma  fra  tutti  vogliam  per 
ora  trasceglierne  un  solo,  il  quale  intiinamente  s'attiene  al  tema 
dell'  ultimo  Ke  Babilonese :  ed  e  un  Nuovo  Cilindro  di  Nabonid, 
degnissimo  per  la  sua  importanza  di  appaiarsi  cogli  altri  mo- 
numenti  capitali  fCilindro  di  Mugheir,  Gran  Cilindro  di 
Nabonid,  Tavoletta  dcgli  Annali  di  Nabonid)  che  di  questo 
Ee  siam  venuti  nei  precedenti  articoli  esponendo.  Di  esso  dun-- 
que  darem  qui  ragguaglio,  vaiendoci  della  relazione  che  alia 
Societa  d'Archeologia  biblica  in  Londra  ne  fece,  nella  tornata 
del  7  novembre  1882, 1'illustre  assiriologo  inglese  Teofilo  Pin- 
ches, che  fu  il  priino  a  scoprire  e  interpretare  ii  nuovo  docu- 
mento  l. 

Una  gran  dovizia  di  nuove  e  important!  iscrizioni,  dice  ii 
Pinches,  furono  recentemente  (nel  1882)  recate  in  luce  dagli 
scavi  del  sig.  Hormuzd  Kassam  nel  luogo  di  Sippara,  la  bi- 
blica Sepharvaim.  Per  la  maggior  parte  sono  Tavolette,  relative 
alle  rendite  del  Tempio  (principale  di  Sippara),  e  portanti  la 
data  dei  regni  di  Samas-sum-ukin 2,  di  Kandalanu 3,  di  Na- 
bopolassar,  di  Nabucodonosor,  di  Evilmerodach,  di  Neriglissor, 
di  Labasi-Marduk 4,  di  Nabonid,  di  Giro,  Cambise,  Bardes,  Dado 


1  Vedi  i  Proceedings  of  the  Society  of  biblical  ArcJiaeology,  del  7  no- 
vombre  1882,  pag.  6-12.  II  PINCHES  non  da,  in  quosta  prima  sua  relazione,  il  testo 
e  la  versione  intiera  del  documenlo;  ma  ne  fa  solo  un'ampia  analisi,  e  ne  rocita 
alcuni  tratti  piii  imporlanti.  II  teslo  cuneiforme  intiero,  colla  sua  trascrizione  in 
cjiraltcri  nostrali  e  traduzione,  non  tarclera,  speriamo,  a  venir  in  luce  in  un  dei 
prossimi  volumi  dellc  Transactions  della  medesima  Society  of  biblical  Archaeology, 
e  nella  gran  Raccolta  delle  Western  Asia  Inscriptions. 

*  Al.  Samul-sum-ukin  (Lenormanl);  che  e  il  Sammughes  dei  frammenti  di  Be- 
roso,  il  -ocoCT^ouxtvoig  del  Canone  di  Tolomeo. 

3  11  KivtXa'S'avo?  del  Canone  di  Tolomeo. 

*  II  Labor osarchodus  di  Beroso. 


II,    R 

o.  II  pregio  di  queste  Tavolette  sta  sopratutto  nelle 

date,  e  nelle  tavole  genealogiche  che  se  no  posson  trarre, 

illustrare  la  cronologia  di  quello  eta.  Ma  le  vero  gemmo 

t  intk-ra  colhv.ione  sono  alcuni  Cilindri,  ove  si  descrivono 

(come  e  consueto  di  tai  monumenti)  i  terapli  e  altri  edificii 

u  (in  Sippara)  dai  diversi  Ee,  e  si  contengono  altresl  le 

lodi  degli  Iddii,  con  allusioni  ad  altre  citta  e  templi  della 

CaUea.  Or  fra  questi  Cilindri,  uno  ve  n'  ha  che  porta  il  noine 

di  Ndbonid,  ed  e  sovra  tutti  ineritevol  d' attenzione,  per  le 

notizie  storiche  di  gran  rilievo  che  contiene.  I  documenti  del 

regno  di  Nabonid  sono  sempre  stati,  come  e  noto,  in  alto  pregio 

presso  i  dotti,  non  solo  a  cagion  delle  contezze  che  recano  dei 

tempi  coevi,  ma  altresl  per  le  pellegrine  informazioni  che  danno 

sopra  le  eta  piu  vetuste  della  storia  caldea  e  i  Re  primitivi 

della  Babilonia:  e  tale  e  appunto  il  doppio  merito,   per  cui 

questo  nuovo  documento  si  raccomanda  in  modo  speciale  alia 

considerazione  degli  eruditi. 

II  nuovo  Cilindro,  prosiegue  il  Pinches,  si  trova  conservato 
in  ottimo  essere,  senza  il  men  OHIO  guasto,  malgrado  i  piu 
di  2400  anni  che  porta  indosso;  e  contiene,  in  tre  colonne, 
1  -VJ  linee  di  scdttura,  netta  e  limpida,  come  fosse  di  ieri.  L'iscri- 
zione  comincia,  secondo  1'usato  stile  dei  Ee  Assiri  e  Babilonesi, 
col  nome  e  coi  titoli  di  Nabonid ;  il  quale  ivi  pure,  come  in  altre 
sue  iscrizioni,  si  chiama  figlio  di  Nabu-balat-su-ikbi  (o  Nabu- 
balat-irib),  il  rubu  etnkti,  ossia  «  possente  principe.  >  Nabonid 
entra  quindi  a  parlare  del  tempio  E-hulhul,  casa  del  Dio  Limo 
(Sin))  situata  nella  cittd  di  Harranu;  dove  questo  Dio  da 
tempi  remoti  avea  tenuta  la  sede,  ed  avea  posta,  alia  casa  e  alia 
citta,  grande  affezione.  Ma  i  Salmanda  eran  poi  sopravvenuti  ed 
aveano  distrutto  il  tempio,  riducendolo  a  un  mucchio  di  rovine. 
Ora,  nel  regno  ginsto  di  Kabunid,  Bel,  il  gran  Signore,  amatore 
del  governo  di  questo  Ee,  voile  che  ei  rifacesse  la  citta  e  il 
tempio.  Percio,  Mardnk  e  Sin,  il  Dio  Luno,  rivekrono  in  sogno 
a  Xabonid  il  desiderio  di  Bel  intorno  alia  ristaurazion  del  tem- 
pio. E  il  Ee,  in  risposta,  si  profferse  volonteroso  afl'  opera,  la- 
tando  la  distruzione  cagionata  dai  Sabmanda.  Ma  qui,  dice  il 


166  !L   NUOVO   CIL1NDRO   DI   XABOMD 

Piuches,  i'importauza  storica  di  tutto  il  tratto,  relative  al  sogno, 
richiede  ch'ei  sia  dato  nel  testo  originale,  che  suona  cosl !. 

Nel  principio  del  mio  lungo  regno,  Marduk,  il  gran  Si- 
gnore,  e  Sin,  il  quale  illumina  il  cielo  e  la  terra,  efortijlca 
ogni  cosa,  mi  apparvero  in  sogno.  Marduk  mi  disse:  «  Xu- 
bonid,  Re  di  Babilonia,  levati  su  coi  eavalli  del  tuo  carro, 
fabbrica  le  mura  di  E-hullml  (Tempio  della  gioia),  e  colloca 
ivi  il  trono  di  Sin,  il  gran  Signore.  >  Con  riverenza  io  dissi 
al  Signore  degli  Dei,  Marduk;  <  Io  fabbricherd  cotesto  tempio 
di  cui  tu  parli.  I  Sabmanda  Io  distrussero,  e  robusta  era  la 
lorpossanza.  >  Marduk  mi  disse:  <  I  Sabmanda,  dei  quali  tit 
parli,  essij  il  loro  paese  ed  i  Be  che  camminano  al  loro 
Jianco,  non  esisteranno  piu.  >  Nel  terzo  anno,  egli  fece  che 
Giro,  Re  di  Anzan,  suo  giovine  servo,  marciasse  col  suo 
piccol  esercito;  egli  (Giro)  rovescid  i  largo-estesi  Sabmanda, 
prese  prigioniero  Istuvegu  (Astiage),  Ee  dei  Sabmanda,  e  ne 
portd  via  i  tesori  alia  propria  terra. 

Nabonid  allora,  poichc  furono  abbattuti  da  Giro  i  Sabmanda, 
esegui  il  comando  degli  Dei,  e  s'incadc6  egli  medesimo  del- 
1' opera.  Fece  venire  il  suo  vasto  esercito  da  Hazzati  (Graza) 
sidle  frontiers  del  Mitsir  (Egitto),  dal  Mare  superiore  at- 
traverso  I' Eufrate  fino  al  Mare  inferiore,  affin  di  ristorare 
il  tempio  E-hulhul,  che  egli  chiama  la  casa  di  Sin,  mio  Si- 
gnore, che  cammina  al  mio  fianco,  la  quale  &  situaia  in 
Harran.  Questo  tempio,  prosiegue  il  He  narrando,  era  stato 
restaurato  da  Assur-ban'-apli  (Assurbanipal)  figlio  di  Esarhad- 
don,  Re  d'Assiria,  principe  mio  predecessore.  Nabonid  procedS 
alacremente  innanzi  nell' opera,  e  ritrov6  i  cilindri  di  Assur- 
ban'-apli,  Re  d'Assiria,  e  quei  di  Sulman-ristan  (Salmana- 
sar  III),  figlio  di  Assur-nasir-apli  (Assurnasirhabal).  Ma  i  re- 
stauri  di  Nabonid,  stando  al  suo  racconto,  superarono  di  lunga 
mano  quelli  di  qualsiasi  dei  Re,  suoi  padri,  i  quali  aveano 
rifatto  il  tempio.  I  inattoni  delle  mura  furon  vestiti  d'una  specie 

di  smalto  (quale  si  e  trovato  di  fatto  a  Babilonia),  ond'eran 

• 

1  Cf.  la  versione  data  dal  SAYCE,  nel  Muse'on,  1883  num.  4.  pag.  598,  che  di 
poco  divaria  dalla  prima  del  PINCHES. 


Miarmo  bianco;  e  immagini  del  Dio  Lnhnw  furon 

>cate  a  dritta  e  a  sinistra  delle  porte.  L'immagine  del  Dio 

fu  portata,  con  quella  d'un'altra  Deita,  da  Su-anna  (Ba- 

bilonia),  e  posta  con  giubilo  ed  acclanmzioni  nel  suo  nuovo 

santnario  ad  llarran.  Segue  qui  una  lunga  descrizione  del  fe- 

steggiamenti,  fattisi  nella  citta ;  in  fin  della  quale  Nabonid  at- 

testa,  che  egli  non  disturbo  1' iscrizione  di  Assur-ban'-apli  da 

sd  veduta,  ma  accanto  ad  essa  pose  la  propria. 

II  lie  babilonese  passa  quindi  a  parlare  del  celebre  tempio 
del  Sole,  chiamato  E-bara,  a  Sippara.  Questo  tempio,  ei  dice, 
era  stato  gia  restaurato  da  Nabucodonosor,  il  quale  cerc5  gli 
antichi  cilindri,  ma  non  li  rinvenne.  Nabonid,  45  anni  appresso, 
scav6  (a  tal  fine)  le  rnura  e  le  fond  amenta,  ma  ebbe  anch'egli 
disdetta.  In  conseguenza  di  ci6,  egli  riraosse  dall'^-fara,  Tim- 
magine  del  Dio  Sole,  e  la  ripose  a  tempo  in  altro  santuario. 
Indi  intraprese  a  fare  di  proposito  piu  ampie  ricerche,  scavando 
fino  alia  profondita  di  18  cubiti  (circa  9  metri);  ed  allora, 
die'  egli,  77  cilindro  di  Naram-Sin,  figlio  di  Sargon,  che  per 
lo  spazio  di  tre  mila  duecent'anni  niun  Re,  mio  predecessore, 
avea  teduto,  Samas  (il  Sole),  il  gran  Signore  di  E-bara,  la 
casa,  la  sede  del  giubilo  del  suo  cuore,  lo  riveld  a  me.  Na- 
bonid descrive  quindi  ci6  che  egli  fece  in  ristorazione  del  tempio, 
e  come  ivi  riporto,  con  giubilo  e  festa,  rimraagine  del  Dio  Sole. 
Poi  soggiunge :  lo  vidi  la  scrittura  del  nome  di  Naram-Sin, 
fylio  di  Sargon,  e  non  la  alterai.  lo  nettai  Valtare,  sacri- 
Jicai  una  vittima.  lo  posi  a  lato  di  essa  (scrittura)  il  nrio 
nome  scritto,  e  la  rimisi  al  suo  posto.  Yiene  quindi  una  pre- 
ghiera  a  Samas,  in  cui  Nabonid  lo  supplica  di  riguardar  pro- 
pizio  T  opera  sua,  di  apportare  la  prosperita,  in  cielo  ed  in  terra, 
al  nascere  e  tramontare  d'ogni  giorno,  e  di  far  si  che  lo  scettro 
e  il  sibirru  (specie  d'armeda  lancio)  della  giustizia,  postogli 
in  mano  dallo  stesso  Saunas^  governi  le  generazioni  in  perpetuo. 

L'  Iscrizione  procede  quindi  a  descrivere  la  ristorazione  del 
tempio  di  Ann  nit  urn,  la  signora  della  battaglia,  portatrice 
dell'arco  e  della  mazza,  esecutrice  dei  comandi  di  Bel,  suo 
padre,  ecc.  ecc.,  colei  che  cammina  innanzi  agli  Dei,  e  col 


1G8  IL    NUOVO   CILINDRO   DI   NABONID 

nascere  e  tramontar  del  sole  rallegra  i  dominii  di  Nabouid  *. 
Questo  tempio  era  chiamato  E-ulbar,  e  sorgeva  nella  citta,  ap- 
pellata  la  Sippara  di  Anunitum.  Prima  cura  di  Nabonid,  se- 
condo  il  suo  costume,  fu  di  ricercar  le  memorie  degli  antichi 
Re,  che  aveano  ristorato  il  tempio;  e  riuscl  fortunatameute  a 
dissotterrare  e  leggere  il  ricordo  di  Sagasalti-Burias,  ovvero 
come  legge  un  altro  esemplare  del  Cilindro,  Sayyasti-Burias, 
figlio  di  Kudur-ri-BeL  Dal  tempo  di  questo  Re  in  qua,  ninn 
altro  monarca  avea  restaurato  il  tempio;  laonde  Nabonid  mise 
gagliardamente  mano  all'opera,  rifacendolo  piu  splendido  che 
non  fosse  stato  mai.  Infine,  invocando  Anunit,  egli  prega  la 
Dea  di  riguardare,  nell'entrare  nel  tempio,  con  occhio  propizio 
V  opera  di  lui,  e  di  implorargli,  ogni  mese,  col  nascere  e  col 
tramontar  del  sole,  prospera  fortuna  dal  Dio  Luno  (Sw)}  il 
padre  che  1'avea  generata. 

Nabonid  conchiude  la  sua  lunga  Iscrizione  colle  consuete  for- 
mole  di  ammonimento  e  intimazione  a  qualunque  dei  Re  venturi 
sara  chiamato  da  Samas  alia  sovranita  del  popolo:  ristori  le 
rovine  dei  tempio,  ricerchi  il  Cilindro  memoriale,  portante  il 
nome  di  Nabonid,  e  non  lo  alteri;  rinetti  Taltare,  sacrifichi  una 
vittima;  scriva  il  proprio  nome  allato  a  quello  di  Nabonid,  e 
rimetta  questo  al  suo  posto.  Se  fara  cosl,  Samas  ed  Anunit 
ascolteranno  la  sua  preghiera,  esaudiranno  le  sue  domande,  cam- 
mineranno  al  suo  fianco,  distruggeranno  i  suoi  neinici,  e  ciascun 
giorno  pregheranno  Sin,  loro  padre,  per  la  sua  prosperita. 

Tal  e  in  succinto  la  contenenza  di  questa  preziosa  Iscrizione. 
Resta  ora  che  ne  mettiamo  in  rilievo  alcuni  dei  capi  piu  im- 
portant!, esaminando  piu  dappresso  i  dati  storici  che  ella  ci 
somministra. 

1°  II  primo  tratto  da  notarsi  e  quello,  che  ci  presenta  la 
prima  parte  appunto  dell'  Iscrizione,  dove  Nabonid  parla  di 
Astiaye,  disfatto  da  Ciro.  L'  Iscrizione  dice  che  Ciro,  Ee  di 
Anzan,  marcib  col  suo  piccol  esercito,  rovescio  i  largo-eslesi 

1  Anunit,  nota  qui  il  PINCHES,  e  la  Stella  Vcncre,  che  splende  al  nascere  e  ai 
tramonto  del  sole;  e  per  ci6  le  due  Sippare  (Sepharvaim)  eran  dedicate,  1' una  a 
Samas,  Talira  ad  Anunit. 


IL    MJOVO   CILINDKO   DI    NABOMI) 

,  ])>'•  Re  dei  Snlnmnda,  e  ne 

'm  i  tesori  alia  propri  .  Questo  passo  concorda 

egregiamente  con  quel  che  leggesi  nella  Tacoletta  deg li  An- 
na H  di  Nabonid  (Diritto,  colonna  II*  lin.  1-4),  ed  e,  secondo 
la  piu  accurata  versione,  datane  ora  dal  Pinches  J,  del  tenore 
seguente :  (Astiage}  radund  (il  suo  esercito},  e  marciu  contro 
Ciro,  Re  di  Ansan,  per  catturar  (lo},  e...  Vesercito  di  Astiage 
contro  lui  rivoltossi  e  lo  fece  prigioniero  e  diede  (lo)  a  Ciro. 
Ciro  (ando)  alia  citt&  di  Ecbatana,  citta  regia  di  lui  (Astiage). 
Egli  portd  via  da  Ecbatana  argento,  oro,  mobili,  tesori,  e 
trnsportb  alia  terra  di  Ansan  i  mobili  (e)  tesori  cite  avea  preso. 
I  due  testi,  com'e"  chiaro,  dicon  la  stessa  cosa:  n&  intendiamo, 
perche  il  Pinches  trovi  tra  loro  una  gran  differenza a  in  questo, 
che  il  primo  narra  seraplicemente  che  Astiage  fu  preso  prigio- 
niero da  Giro ;  ed  il  secondo,  che  Astiage  fu  fatto  prigione  dal 
proprio  esercito,  a  lui  ribellatosi,  e  indi  consegnato  a  Giro: 
mentre  con  ci6  il  secondo  non  fa  che  aggiungere  al  fatto  una 
circostanza,  rilevante  senza  dubbio,  ma  che  non  cangia  la  so- 
stanza  del  fatto  inedesimo.  Amendue  poi  insiemo  i  testi  cunei- 
formi  s'  accordano  assai  bene  col  racconto  di  Erodoto 3,  da  noi 
altrove  gi£  rapportato  4,  e  lo  confermano  pressoche  in  ogni  sua 
parte.  Una  sola  discordanza  tra  i  due  testi  cuneifonni,  a  prima 
vista,  sembra  trovarsi  nella  data  di  quel  celebre  avvenimeuto : 
perocch^  il  nuovo  Cilindro  di  Nabonid  pone  la  vittoria  di  Giro 
contro  Astiage  nell'anno  terzo,  laddove,  secondo  la  Tavoletta 
degli  Annali  dovrebbe  collocarsi  nelV  anno  sesto  di  Nabonid. 
Ma,  come  riflette  giustamente  il  Pinches,  Nabonid  nel  Cilindro 
probabilinente  non  parla  dell'  anno  terzo  del  proprio  regno,  ma 
del  terz'  anno,  dacch6  egli  avea  avuto  il  sogno  che  ivi  narra ;  il 

1  .Nfi  Proceedings  sopra  citali  di-1  7  novcmbre  1885,  pag.   10-11.  La  prima 

tersiono,  data  dal  nirdi's'mo  I'INCIIKS  ndlo  Transactions  of  the  Society  of  bihlical 

Anlvieology,  vol.  VII  (a.  1SXO),  pap.  1  :>.">•  I.")!'.,  f  da  noi  srjruita  in  altri  arlicoli 

'.  Serin  XII,  vol.  Ill,  pag.  285;  e  tol.  IV,  pag.  292),  non  differisce  quanto 

alia  so<tnnza,  dalla  preseole. 

*  Tlic  two  accounts  differ  to  a  great  extent  etc. 
1  ERODOTO.  I,   I-J7-128. 

*  Vedi  Civ.  Catt.  Strio  XII,  vol.  IV,  pag.  -292. 


170  IL  xcovo  CILIXDRO  DI  NADOMD 

quale  anno  pot&  ottimamente  coincidere  coiranno  sesto  del  regno, 
che  fu  il  550  av.  G. 

Quanto  ai  Sabmanda  o  Tsabmanda  del  nostro  Cilindro,  e 
manifesto  dal  tenore  medesimo  dell'  iscrizione,  non  esser  eglino 
che  i  Medij  sudditi  di  Astiage.  II  nome  Sab-Manda  significa 
uomini  di  Manda:  e  Manda  ha  tutto  il  sembiante  d'uu  sino- 
nimo  del  noto  Madai  (==.  Media)  delle  iscrizioni  assire.  Secondo 
il  Sayce  !,  Sabmanda  esprimerebbe  in  genere  genii  burl 
dalla  voce  babilonese  manda  —  barbaro;  e  non  d  meraviglia  che 
il  re  babilonese  chiamasse  barbari  i  popoli,  soggetti  all'  inipero 
di  Astiage.  II  Delattre 2  poi,  osservando  che  cotesta  appellazione 
di  uomini  di  Manda,  data  da  Nabonid  ai  sudditi  di  Astiage, 
trovasi  da  Asarhaddon 3  applicata  ai  Gimirrai,  cio&  ai  Ciminerii, 
abitanti  presso  il  Mar  Nero,  ed  affini  ai  Medi,  coi  quali  con- 
corsero  ad  abbattere  1'  impero  di  Ninive ;  giudica  non  impro- 
babile  che  ella  fosse  una  quali ficazione  etnografica,  la  quale 
designasse  in  pan  tempo  e  i  popoli  ariani,  vicini  del  Caucaso, 
come  i  Cimmerii,  ed  i  popoli  deli'  Iran,  tra  i  quali  primeggia- 
vano  allora  i  Medi. 

Giro,  vincitore  di  Astiage,  nel  nuovo  Cilindro  di  Nabonid, 
come  nella  Tavoletta  degli  Annali,  e  chiamato  Re  di  Anzan, 
o  Ansan,  ed  ii  medesimo  titolo  egli  d£  a  s6  stesso  nel  Cilindro 
(lin.  12)  che  da  lui  prende  nome;  ne  a  se  soltanto,  ma  lo  da 
del  pari  a  Cambise  suo  padre,  a  Giro  suo  avo  ed  a  Teispes  suo 
bisavolo  (lin.  21):  tutti  intitolati  Ee  della  citta  di  Ansan.  Da 
questa  denominazione  l'Hal6vy  e  il  Sayce,  facendo  Ansan  iden- 
tica  con  Susan  o  Susa,  han  preteso  inferire,  che  Giro  e  i  suoi  tre 
predecessori  non  fossero  Re  di  Persia,  ma  della  Susiana ;  che 
dalla  Susiana,  come  priina  base  della  sua  possanza,  Giro  movesse 
alia  conquista  del  mondo,  e  che  quindi  tutta  la  storia  fin  qui 
uccettata  dal  mondo  letterario  intorno  a  Giro  e  al  suo  impero, 
siccome  origiuariamente  Persiano,  sia  da  correggere  e  rovesciare, 
sostituendo  al  nome  di  Persiano  quei  di  Susiano.  La  nuova  e 

1  NcllMcarfmy,  del  22  dicombre  1883  e  nol  Museon,  1883,  num.  4,  pag.  598. 
*  Le  Peuple  et  I' Empire  dcs  Medes,  Bru.xelles,  1883,  pag.  196. 
8  Prisma  A  di  Asarhaddon,  colonna  II,  lio.  6-9. 


li.   ROOf  >  ai.iM  r.O  DI  NAD  171 

strana  opiniono,  sostenuta  da'suoi  due  campioni1  con  queH'acnme 
d'  ingegno  e  vastita  di  dottrina  che  ognuno  in  loro  riconosce,  Iev6, 
com"  era  da  aspettare,  gran  rinnoro  nel  campo  degli  orientalist! ; 
onde  s'accese  una  viva  controversia,  che  anche  oggidl  non  e  del 
tutto  sopita.  Xoi  non  entrerem  panto  in  questa  lite,  che  ab- 
biaino  qui  voluto  accennare  sol  di  passata,  ma  ci  basterk  notare 
che  gli  argomenti,  addotti  contro  la  tesi  dell' Hal ''-vy,  dal  Ba- 
belon3,  dal  P.  Delattres,  e  specialmente  dal  De  Harlez4,  ci 
sembrano  al  tutto  trionfanti :  sicche  quella  tesi  vuole  oinai  ri- 
porsi  fra  le  stravaganze  e  i  paradossi,  e  ivi  lasciarsi  in  pace. 
Tal  e  pure  Tavviso  del  dotto  prof.  Keiper,  illustratore  anche 
esso  delle  nuove  Iscrizioni  di  Giro 6,  e  ben  versato  in  cotali  ma- 
terie.  <  lo  tenni  dietro,  egli  scrive 6,  col  piu  vivo  interesse  alia 
controversia,  a  lungo  dibattutasi  nel  MusJon,  sopra  Giro  e  Tori- 
gine  degli  Achemenidi.  Or  questa  dispute,  condottasi  da  ambe 
le  parti  con  erudizione  pari  alia  profondita,  sembra  aver  preso 
fine  col  riassunto  cosl  preciso  e  concludente  che  ne  ha  fatto  il 
prof,  de  Harlez  (Musfon,  18S3,  n.  2).  lo  appro vo  intieramente 
i  concetti  da  lui  espressi.  Dopo  aver  pesato  e  ripesato  gli  argo- 
menti quinci  e  quindi  arrecati  in  contraddittorio,  sono  giunto  a 
convincermi  fermamente  che  1'ipotesi  cotanto  ardita  dei  dotti  as- 
siriologi  (Hale*ry  e  Sayce)  6  stata  definitivamente  confutata  dalle 


1  Vedi  gli  articoli  dell'H.vLKVY,  nclla  Revue  des  e'tudes  juives,  juillet-sopu-m- 
bre  1880;  negli  Annales  de  philosophie  chrttienne,  mars,  1881;  c  nel  Musc'on 
del  1883,  num.  2  e  4.  E  quclli  del  SAYCE,  nel  Mttston  del  1883,  num.  4;  ed  in 
varii  numcri  MV Academy. 

•  .\c},'li  Annalcs  de  philosophic  dtrttienne  del  gennaio  c  dell'aprile  1881. 

1  Ncl  Museon  del  1883,  num.  1,  3  e  4;  e  nell'opera  Le  Peuple  et  T Empire 
des  Medce,  dove  1'Aulore,  dopo  falto  con  rigorosa  logito  V  Examen  critique  des 
idea  de  M.  Halevy  sur  la  nationnlitt  smienne  de  Cyrus,  conchiudc:  La  the*e 
paradoxnle  de  la  nationahte  msicnne  de  Cyrus  repose  done  sur  de»  arguments 
sans  valeur,  et  les  sources  qui  font  de  Cyrus  un  Perse  et  un  roi  de  Perse, 
conservent  toute  leur  autorite". 

•  In  tre  arlicoli  magislrali  del  su«  Muston;  1882,  num.  2,  pag.  280-288;  1882, 
num.  i,  pag.  548-570;  1883,  num.  2,  jiag.  2G1-2C8. 

»  NVdi  il  ruo  opuscolo:  I)it  neuentdeckten  Inschriften  uber  Cyrus,  Pro- 
gramm  dcs  Gymnasius  zu  Ztceibrucktn,  1882. 

•  Nel  Muse'on  del  1883,  num.  4  pag.  610. 


17:?  IL    NUOVO   CILINDRO   DI   NABOMD 

giuste  e  solide  ragioni,  contrappostele  dal  De  Harlez.  E  da  spe- 
rare  che  cotesti  assiriologi,  i  quali  nel  corso  della  discussione 
vennero  gia  restringendo  a  poco  a  poco  o  modificando  le  loro 
primitive  asserzioni,  finiranno  coll'abbandonare  del  tutto  cotesta 
ipotesi  da  lor  difesa  con  si  gran  tenacita.  > 

2°  Un  altro  punto,  degno  di  notarsi  nel  nuovo  Cilindro  di 
Nabonid,  e  la  menzione  che  ivi  si  fa  della  citta  di  JI 
Questa  citta,  la  Haran  biblica  \  posta  sul  fiume  Chabur,  la 
prima  stanza  di  Abramo  dopo  la  sua  migrazione  da  Ur  de'Caldei, 
apparteneva  alia  Mesopotamia  settentrionale  e,  finche  stette 
1'Impero  assiro,  fece  parte  dell'Assiria  propriamente  detta.  Ma 
caduta  che  fu  Ninive  sotto  i  colpi  dei  Medi  e  dei  Babilonesi 
collegati,  Harran  dovd  passare  in  potesta  dei  Medi,  insieme  col 
rimanente  dell'Assiria  propria,  toccata  loro  in  sorte,  come  altrove 
narrammo,  nella  division  delle  spoglie.  E  ci6  appnnto  vien  qui 
confermato  da  Nabonid;  il  quale  ci  dimostra  i  Sabmanda,  cio& 
i  Medi,  sopravvenuti  a  insignorirsi  di  Harran,  dove  distrussero 
il  gran  tempio  di  Sin,  Iddio  venerate  ab  antico  dagli  Assiri, 
com'  era  dai  Caldei,  ma  alia  religion  dei  Medi  straniero.  E  fin- 
ch&  questi  dominarono,  il  tempio  giacque  nelle  sue  rovine ;  ma, 
subito  che  Giro  ebbe  abbattuta  la  potenza  dei  Medi,  Nabonid, 
come  risulta  dalla  sua  iscrizione,  s'approfitt6  dell'occasione  per 
occupare  Harran 2,  e  pose  mano  a  rifabbricarvi  il  tempio  di  Sin, 
secondo  il  comando  e  il  presagio  che  ei  narra  averne  avuto, 
tre  anni  innanzi  in  sogno,  dal  Dio  Marduk.  Al  qual  fine,  egli 
fece  venire  grandi  torme  di  operai  e  di  soldati,  chiamandoli  fin 
da  Hazzati,  sulle  frontier  e  del  Mitsir,  cio&  da  Gaza,  ultima 
citta  della  Palestina,  alle  porte  dell'Egitto:  donde  si  conferma 
lummosamente  quel  che  per  altri  indizi  gia  era  noto,  che  doe 
Babilonia,  sotto  Nabonid,  seguitava  tuttavia,  come  ai  tempi  di 
Nabucodonosor,  a  regnare  sopra  tutta  1'Asia  occidentale  fino  ai 
confini  d'Egitto. 

3°  Eilevante  altresl,  per  la  storia  e  cronologia  assiro-caldea, 
e  il  ricordo  che  Nabonid  fa  nel  suo  Cilindro,  di  parecchi  antichi 

1  Genesis,  XI,  31  etc. 

*  DELATTRE,  Le  Peuple  et  I' Empire  des  Medes,  pag.  192. 


II.    M  .»\.i    i  !! 

lt>  rui  memorie  «"1  iscrizioni  i-^li  ricorc^  o  :  ate  sco- 

perse  nelle  fon  !;i!n»-nta  del  tre  tempi!  da  lui  riudif: 

Ad  Harran,  nel  rifabbricare  il  tcmpio  di  Sin,  chiauiato  E-hul- 
hul,  egli  ritrovft  i  Ciliudri  di  Axsnrfniiijuit,  figlio  di  Asarhad- 
don,  Re  d'Assiria;  il  quale,  circa  un  secolo  innanzi,  nel  suo 
lungo  e  illastre  regno  (667-620  av.  C.)»  prima  che  Harran  ca- 
desse  in  potere  dei  Medi,  avea  ristorato  il  tempio  medesiino.  Ivi 
inoltre  scoperse  i  Cilindri,  assai  piu  antichi,di  Snlm>i)mxnr  III, 
figlio  di  Assurnasirhabal,  che  regn&  dall'857  all'82.'  ;iv.  C.1. 
Cotesto  Salmanasar  6  da  Nabonid  chiamato  Suhnan-ristan,  che 
vorrebbe  dire  Sulman  il  Grande:  e  non  d  facile,  dice  il  Pin- 
ches, dar  la  ragione  di  tal  variante;  se  non  che,  forse  i  segni  cu- 
neiformi  die  danno  la  voce  ristan,  in  babilonese  traduce vansi 
per  eseru  o  asar;  e  forse  ancora,  cid  che  a  noi  sembra  piil  pro- 
babile,  con  tal  variante  voleasi  contraddistiuguere  questo  Salma- 
nasar dagli  altri  re  assiri  dello  stesso  nome,  fra  i  quali  ei  fu 
senza  dubbio  il  piu  graude  e  glorioso.  Ad  ogni  modo,  la  qua- 
lita  che  gli  vien  data  di  figlio  di  Assurnasirhabal,  non  lascia 
punto  dubbio  che  ei  non  sia  il  Salmanasar  III  delle  liste  assire. 

A  Sippara,  Nabonid  dissotterr6  le  memorie  di  altri  Re  ancor 
piu  antichi.  Sotto  il  tempio  E-ulbar,  consacrato  alia  Dea  Anunit, 
egli  scoperse  e  lesse  i  cilindri  di  Sag asalti-B urias  o  Saggasti- 
Bitrias,  figlio  di  Kudur-ri-Bel.  Questo  Sagasaltiburias  regnd, 
secondo  il  Pinches2,  circa  il  1050  av.  C.:  ma  se  egli  e,  come 
pare,  il  medesimo  che  il  Sag'asaltiyas-Buriasj  figlio  di  Cudur- 


1  IF  PINCHES  nola  qui  che  il  racconto  di  Nabonid  concorda  colle  ijcrizioni  a 
e  cita  in  pniova  un  tratto  deiriscrizione  di  Salmanasar  ill  suite  I'orte  di  bronzo, 
scopcrte  dal  HASSAM  a  Balawat  (Transactions  of  the  Society  of  biblical  Ar- 
chaeoloyy,  vol.  VII,  pag.  104)  ove  si  parla  drlla  spcdizione  di  Salmanasar  a  Dabilonia; 
marnvi^liandosi  tuttavia  che  Salimnasar  non  faccia  ivi  mcnzioDC  di  Sippara.  Ma 
forse  il  dotlo  assiriologo  dimonticA  che  Nabonid  non  parla  qui  del  tempio  di  Sippara 
in  <  alilea,  ma  di  quello  di  Harran  in  Assiria;  eppero  il  racconto  di  Salmanasar  delta 
sua  sprdi/ioin-  babilonese  non  ha  nulla  che  fare  con  questo  passo  deiriscrizione  di 
Naboniil. 

1  /'  .  /,>  •<  etc.  sopra  citnli,  pag.  9;  e  pag.  12,  dove  egli  nota:  <  I  500  anni, 
nominal!  nell'lscrizione  a  lalo  di  Saga.-olli-Hurias,  danno  pel  regno  di  lui  I'epoca  di 
circa  1050  anni  av.  C.  > 


17  I  IL    NTOVO    CILINDRO   DI    NABONID 

Cit,  registrato  dal  Sayce  nelle  sue  Tavole  dinastiche  tratte  dai 
monumenti  *,  ossia  il  Sagasaltiyas,  annoverato  dallo  Smith  nella 
lista  del  Re  di  Babilonia,  e  memorabile  appunto  per  avere  ri- 
fabbricato  i  teinpli  di  Sippara2;  il  suo  regno  dovrebbe  collo- 
carsi  assai  piu  alto  nell'ordine  dei  tempi,  vale  a  dire,  almen 
verso  il  1500  av.  C.,  siccome  anteceduto  di  parecchi  lustri  al 
regno  di  Kara-indas,  che  fiorl  circa  il  1450  av.  C.;  e  quindi 
dal  suo  tempo  a  quello  di  Nabonid  si  dovrebbono  contare  intorno 
a  dieci  secoli. 

4°  Ma  fra  le  date  cronologiche,  somministrateci  qui  da  Na- 
bonid, la  piu  notevole  di  gran  lunga  e  quella  che  riguarda  il 
regno  di  Naramsin,  figlio  di  Sargon  I ;  e  il  tratto  che  la  con- 
tiene,  e  senza  dubbio,  il  piu  importante  che  leggasi  nel  Nitovo 
Cilindro.  Nella  medesima  citta  di  Sippara,  ma  in  quell' altra 
parte  di  essa  che  era  consacrata  a  Samas,  cio&  al  Sole,  fattosi  il 
Ee  archeologo  a  scavare  le  basi  del  tempio  di  Samas,  chiamato 
E-bara,  fino  alia  profondita  di  ben  18  cubiti,  ivi  egli  trov6  se- 
polto  il  Cilindro  di  Naram-Sin,  figlio  di  Sargon,  che  per  lo 
spazio  di  TREMILA  BUCENT'ANNI  niun  Re,  dic'egli,  mio  predecessor  e, 
avea  veduto.  Fino  ad  ora  gli  assiriologi  avean  posto  1'  epoca  di 
questo  Naramsin  verso  il  2000  av.  C.,  o  poc'oltre;  ma  questo 
testo  di  Nabonid  la  rimanda  ora  di  balzo  fino  a  18  secoli  piu  su, 
cio&  al  3750  av.  C.  Imperocche,  aggiungendo  ai  3200  anni  del- 
Tlscrizione  la  data  del  regno  di  Nabonid  avanti  Cristo,  vale  a 
dire  un  550  anni,  si  perviene  appunto  all' eta  di  3750  av.  C. 
pel  regno  di  Naramsin;  e  per  quello  di  Sargon,  suo  padre,  che 
tenne  il  trono  circa  40  anni,  si  dovrebbe  giungere  fin  presso  al 
3800  av.  C.  Qaesta  e"  la  data  piu  antica,  che  i  monumenti  cunei- 
formi  abbiano  finora  fornita  alia  storia;  ed  essa  fa  risalire  i  pri- 
mordii  del  regno  babilonese  assai  piu  in  la  dei  termini  che  fin 
qui  eransi  immaginati.  D'altronde  la  cifra  3200,  data  qui  da 


«  SAYCE,  The  ancient  Empires  of  the  East.  Herodotos  I-III;  Londra,  1883. 
Voili  pag.  478. 

1  G.  SMITH,  Assyrian  Discoveries,  pag.  442 :  Saga-sdltiyas  (rebuilt  the  temples 
of  Sippara). 


l    DI    NAD' 

M  pu<>  in  in  foree,  come  di  ambigua  o  incerta 

Mtiira:  perocchd  ella  e  distesa  a  chiarissirai  termini  nel  testo 
cuneiforme;  sala/ti  alap,  sane  me  sanati  —  tre  mila,  due  c> 

•i:  e  infatti  la  veggiamo  dagli  assiriologi  accettata  come  al 
tutto  sicura,  e  ammessa  altresl  come  veritiera.  L'Oppert  la  chiama 
una  scoperta  novella  di  sommo  pregio,  che  dimostra  pid  salda- 
mente  che  mai  la  grande  antichita  dell'istoria  di  BabiKnia,  e 
de?e  qninci  innanzi  modificare  profondamente  la  cronologia  ri- 
cevuta:  e  di  tale  scoperta  fece  al  Pinches  solenni  congratnla- 
zioni !.  E  1'Hommel,  benchd  da  prima  un  tratto  la  combattesse, 
o  ne  dubitasse,  poscia  nondimeno  1'  accett6  pienamente,  e  se  ne 
valse  a  confermare  le  proprie  dottrine  sopra  la  grande  antichita 
della  cultura  babilonica,  e  dell'  idioma  semitico,  siccome  gia  fio- 
rente  nella  valle  dell'Eufrate  fin  dal  principio  del  4°  millennio 
av.  C.  Anzi,  a  corroborare  vie  meglio  la  verosimiglianza  intrin- 
seca  di  cotesta  data  dei  3750  anni  di  Naramsin,  egli  arrecfc  in 
mezzo  nuove  ragioni  e  indicii,  tratti  da  varie  iscrizioni  arcaiche 
dello  stesso  Naramsin  e  di  Sargon  suo  padre.8 

Tuttavia  noi  non  sappiamo  per  anco  risolverci  ad  ammetterla 
per  indubitata,  ed  a  fame,  come  vorrebbesi,  il  perno  della  cro- 
nologia di  quelle  lontanissime  eta.  Che  Nabonid  abbia  scritto  nei 
suo  Cilindro  a  chiare  note  la  cifra  3200,  nol  mettiam  punto  in 
forse;  ma  che  ella  sia  verace  ben  possiam  dubitarne.  «  Noi  non 
sappiamo,  dice  saggiamente  il  Vigouroux 8,  per  qual  mez/x)  Na- 
bonid pot&  calcolarla,  e  qual  fiducia  meriti  il  suo  calcolo.  >  Laonde 
stimiamo  miglior  partito  il  sospendere  per  ora  sopra  tal  qui- 
stione,  certaniente  gravissima,  il  giudicio ;  ed  aspettare  che  nuovi 
studii  e  scoperte,  col  riscontro  di  altri  document!,  la  rechino  in 


«  Yocli  i  Proceedings  sopra  citali,  pag.  12;  o  il  Tomo  XI  dei  Comptet  Rendus 
des  stances  de  V Academic  des  Inscriptions  et  Belles  Lettrcs,  1883. 

1  FIIITX  HOM.MEL,  Die  Semitischen  Volker  und  Sprachen  etc.  Leipzig,  Sclinlze, 
1883;  v<xii  la  Prefaziono  del  1*  volume,  sul  Iin.\  K  nol  la  Zeitschrift  ftar  Ktil- 
schriftforschung  und  Verirandte  Gebiete,  del  Cennaio  1884,  cominciat;i<i  a  pub- 
blicarc  a  Liji-ia  da  CABL  RK/OI.D  e*  FKIT/.  HOMMHI,  tedi  Tarticolo  dell'HoMMEL,  io- 
litolatn  Zttr  nit  f>ftby?onischfn  Chronologic,  pap.  32-44,  e  la  SprechsntH,  pag.  67. 

*  Manuel  JKMiqut,  Tome  I  (1884)  pag. 


170  II.   NUOVO   CILIXDRO    DI    IUBONID 

miglior  luce,  e  diralin  le  tenebre  che  pesan  tnttavia  assai  dense 
sopra  la  cronologia  e  la  storia  del  primi  Re  babilonesi. 
E  tanto  basti  del  Nuovo  Ciiindro  di  Nalunid. 


Nota.  Nell'articolo  sopra  //  Dario  Medo  di  Daniele  (quaderoo  808), 
confutando  la  sentenza  che  identifica  questo  Dario  con  Giro,  ci  siam 
giovati  anche  dell'autorita  del  chiarissimo  DE  HARLEZ,  scrivendo  in 
nota  (pag.  417):  «  Ottimamente  il  DE  HARLEZ,  alle  parole  che  abbiamo 
poc'anzi  citate  (Muse'on,  1882,  num,  4,  pag.  570)  soggiunge:  En  tout 
cas  ce  (Darius  le  Mede)  ne  peut  etre  Cyrus.  Se  non  che  (soggiun- 
gevamo)  ci  han  recato  gran  sorpresa  quelle  che  seguono:  Ce  Bal- 
tassar  (de  Daniel,  V)  ne  peut  etre  que  Bel-labar-iskoun,  fils  de 
Nabu-kudur-ussur,  tug  apres  neitf  mois  de  rcgne.  Le  nom  Bel  et 
k  genre  de  mort  coincide.  A  ce  prince  succc'da  Nabou-nahid,  le  dernier 
roi  de  Babylone,  sous  hyuel  s'accomplit  la  menace  de  Daniel.  II 
Baltassar  di  Daniele  ebbe  almen  3  anni  di  regno  (Anno  tertio  regni 
Baltassar  regis  etc.  VIII,  1).  Gome  dunque  pu6  egli  essere  il  Bel-labar- 
iskoun  (ossia  Laborosoarchod)  figlio,  non  di  Nabu-kudur-ussur,  ma  di 
Nirgal-sar-usur  (Neriglissor),  che  regn6  sol  nove  mesi?  E  come  mai, 
salvo  il  contesto  di  Daniele,  tra  1'  uccisione  di  Baltassar  e  la  caduta  di 
Babilonia  in  potere  dei  Medo-Persiani,  si  possono  interporre  i  17  anni  del 
regno  di  Nabonid?  » 

A  queste  due  nostre  domande,  od  obbiezioni  che  voglian  dirsi,  Til- 
lustre  Professore  di  Lovanio  si  e  degnato  rispondere,  col  mandarci  la 
seguente  lettera: 

«  Reverend  Pere 

«  Permettez  moi  d'expliquer  comple'tement  ma  pensee  relativement  k 
1'identite  de  Baltassar  et  de  Bel-labar-iskoun.  Ma  demande  vous  prouvera 
en  quelle  haute  estime  j'ai  votre  jugement. 

«  L'identiflcation  de  Baltassar  et  de  Bel-labar-iskoun  ne  contredit 
nullement  le  texte  de  la  Bible.  En  elTet:  1°  rien  ne  prouve  que  le  Bal- 
tassar des  chap.  VII  et  VIII  de  Daniel  soil  le  me'me  que  le  Baltassar 
tue"  au  chap.  V;  au  contraire.  2°  Cela  fut-il,  encore  n'y  a-t-il  la  aucune 
difficultc'.  Bel-labar-iskoun  a  pu  regner  quelque  temps  avec  son  pere 
N^riglissor,  et  ainsi  atteindre  la  3"  annde  de  regne  (chap.  VIII,  1).  3°  La 
Bible  ne  dit  nullement  que  Darius  Medus  succe'da  d  Baltassar.  Le 
chap.  V  de  Daniel  lermine  ainsi  (texte  he'breu):  In  ilia  ipsa  node 
inter fectus  est  Baltassar  rex  Chaldaeus-fm.  Suit  le  chap.  VI,  1 .  Da- 
rius Jfedus  ACGEPiT  REGNUM,  quasi  films  annorum  62:  placuit  Dario, 
ut  constituerct  etc.  Or  le  chap.  VI  n'a  aucune  espece  de  rapports  avec 


177 

le  presque  lous  les  chapitres  de,  Daniel. 

1 1  Vulgate,  qui  en  chnngeant  1'ordre  des  paragraphes  et  le  sens 
(successit  in  regnum),  a  cree  des  difficult  inuliles.  II  y  a 
autant  d'anneVs  que  Ton  veut  entre  Ballassar  et  Darius  Me  luv  1  Ji  outre 
(et  ceci  me  parait  plus  important  encore)  la  scene  du  chap.  VI  a  tres-bien 
pu  se  passer  a  Ecbatane.  Rien  ne  prouve  que  Darius  Medus  du  chap.  VI 
fut  roi  de  llahylone.  Tout  prouve  le  contraire  (v.  8, 15, 28).  Darius  Medus 
n'est  qu'un  roi  de  Perso-Mc  li*>.  I/.iin,  il  ne  roe  semble  pas  possible  de 
prendre  ('expression  fits  de  Nabukodonosor  au  sens  ordinaire;  ftls  est 
ici,  comme  frdre  dans  1'Evangile.  Carriere  et  autres  I'iuterpreienl  ainsi. » 

«  Agrttez  etc. 

«  I/uivain,  3  mars  1884. 

«  C.  DE  HARLEZ.  » 

Noi  rendiamo  grazie,  in  primo  luogo,  all'egregio  Professore  della 
gentil  sua  lettera;  e  ce  ne  teniamo  altamente  onorati,  ben  conoscendo  i 
ran  merit  i  deU'eminente  sua  dottrina  in  time  le  discipline  oriental!,  e 
singolarmente  nella  letteratura  eranica  dov'egli  e  maestro  e  principe.  Poi 

ndo  alia  nostra  quistione,  lo  preghiamo  di  gradire  le  poche  osser- 
va/ioni  rhe  qui  in  risposta  ai  suoi  dotti  appunti  soggiuogiamo,  e  che 
sottomettiamo  al  suo  squisito  senno. 

Due  sono  i  punti  in  questione:  1°  Yidentitd  di  Baltassar  con  Bel- 

riskun;  2°  Vintervallo  di  17  anni,  posto  tra  1'uccisione  di  Baltassar 
e  la  caduta  di  itabilonia  in  potere  dei  Me.do-Persiani. 

:ito  al  1°;  il  De  Harlez  adduce  in  favore  dell'ideniita,  da  lui 
propugnata,  due  ragioni,  o  a  dir  meglio,  due  mere  possibilita.  La  prima 
e,  che  il  re  Baltassar  del  capo  V  di  Daniele  pud  essere  diverso  dal 
Baltassar  del  capo  VII  ed  VIII  che  regoft  alraen  3  anni.  La  seconda  e, 
che  Bellabariskun,  a  cui  Beroso  assegna  soli  9  mesi  di  regno,  pun  dnrsi 

regnasse  gia  alcun  tempo  prima  con  Neriglissor  suo  padre,  e  potesse 
qnindi  giungere  fino  al  3°  anno  di  regno. 

Ma  in  primo  luogo,  con  due  dali  meramente  possibili  a  noi  sembra 
che  mat  si  possa  stabilire  nna  t*>si  positiva,  e  molto  meno  una  test  cost 

Una,  come  e  quella  del  De  Harlez:  Ce  Baltassar  NE  PEUT  £TRE  QUE 

labar-iskoun.  Poi,  senza  negare  a  cotesti  dati  la  lor  possibilita  as- 
soluta,  scorgiamo  tuitavia  in  essi  un  gran  sembiante  d'inverosimili,  che 
ce  li  rende  sospetti.  Gi  sembra  molto  inverosimile,  che  ai  tempi  di  Daniele 
regnassero  successivamente,  o  peggio  se  insieme,  due  diversi  liiltassar, 
ambedue  col  titolo  di  rex  Chaldaeus  (V.  30)  o  col  sinonirao  di  rex 
Babylonis  (VII.  1);  esche  in  tal  caso,  il  Profeta  non  ci  lasciasse  niun 
contrassegno  per  dislinguerli  Tun  dall'altro.  Niun  interprete,  a  quanto 
sappiamo,  s'avvis6  mai  di  trovare  in  Daniele  un  cosifTatto  doppio  Bal- 

.e  XJI.  vol.  VI.  fate.  812  12  9  aprile  1884 


ITS  IL    NUOVO   CILIXDRO    DI    >'ADOMD 

tassar;  e  niuna  traccia  di  lui  neramen  s'inconlra  negli  storici  e  nei 
monuraenti  profani.  Ma  lo  stesso  De  Harlez  sembra  aver  poca  fulanza 
in  questo  suo  prirao  pud  essere,  e  perci6  ricorre  al  secondo,  di  sopra 
accennato.  Se  non  che,  ancor  qui  1'ingegnosa  sua  ipotesi  ci  pare  poco 
felice.  II  Laborosoarchod  di  Beroso,  che  e  il  nostro  Bellabariskun,  era 
faaciullo,  Trat?  wv1,  quando,  succedendo  a  Neriglissor,  suo  padre,  co- 
minci6  il  suo  regno  di  nove  mesi.  Ora  non  e  guari  verosiraile,  che 
Neriglissor,  un  due  o  tre  anni  innanzi,  vale  a  dire,  quasi  in  sul  prin- 
cipio  del  proprio  regno,  che  fu  sol  di  4  anni,  assumesse  un  fanciullo  al 
consorzio  deH'imperio:  o  almen  per  credere  un  tal  fatto,  vorremmo  che 
ci  si  mostrasse  un  fondamento  piii  saldo,  che  non  un  semplice  pud  darsi. 

Asosienere  pertanto  la  voluta  idenlita  di  Baltassar  con  Bellabariskun, 
non  rimangono  che  le  due  rassomiglianze,  accennate  gia  dal  ch.  De  Harlez 
nel  Muse'on  (loc.  cit.):  le  nom  Bel  et  le  genre  de  mort  coincide: 
arabidue  hanno  nel  nome  un  elemento  comune,  Bel;  ed  arobidue  raoriron 
di  morte  violenta.  Ma  se  elle  bastino  a  dimostrare  che  ce  Baltassar 
ne  pent  etre  que  Bel-labar-iskoun,  lasciamo  ai  leitori  il  giudicarlo. 

Riguardo  al  2°  punto  della  controversia,  che  concerne  Yintervallo 
tra  la  morte  di  Baltassar  e  la  caduta  di  Babilonia;  noi  concediamo 
di  buon  grado  aH'illustre  Professore,  che  il  testo  originale  di  Daniele 
non  dice  espressamente,  esser  Dario  Medo  succeduto  a  Baltassar;  con- 
cediamo, che  nella  Bibbia  ebraica  la  divisione  dei  due  capi  V  e  VI 
sembra  togliere  la  connessione  storica  tra  la  morte  di  Baltassar  e  1'av- 
venimento  di  Dario  Medo,  connessione  che  e  mantenuta  nella  divisione 
della  Volgata;  concediamo,  che  nella  Volgata  stessa,  1'  ultimo  verso  del 
cap.  V  pu6  riguardarsi  come  1'esordio  del  cap.  VI;  concediamo  final- 
mente,  che  dove  la  Volgata  dice  successit  in  regnum,  il  testo  originale 
ha  accepit  regnum:  la  qual  frase  non  aflerma,  e  vero,  la  successions 
immediata  di  Dario  a  Baltassar,  ma  per6  (quel  che  e  ben  da  notarsi) 
neppur  la  nega.  Noi  concediamo  tutto  ci6  di  leggieri,  perocche  1'argo- 
menlo,  da  noi  invocato  contro  \intervallo  dei  17  anni,  non  posa  qui, 
ma  sul  contesto  di  Daniele.  Gome  mai,  dicevamo  nella  nota  sopra  riferita, 
salvo  il  contesto  di  Daniele,  tra  1'uccisione  di  Baltassar  e  la  caduta 
di  Babilonia  in  potere  dei  Medo-Persiani,  si  possono  interporre  i  17  anni 
del  regno  di  Nabonid? 

Nel  contesto  infatti  del  Profeta,  la  sentenza  divina  pronunciata  contro 
la  persona  di  Baltassar:  Numeravit  Deus  regnum  tuum  et  complevit 
illud  (v.  26),  e  1'altra  pronunciata  contro  il  regno  babilonese:  Divisum 
est  regnum  tuum  et  datum  est  Medis  et  Persis  (v.  28),  formano  come 
una  cosa  sola,  un  sol  castigo  che  dovea  d'un  medesimo  tratto  colpire 
il  re  ed  il  regno;  castigo  provocato  dalle  medesime  colpe,  divenute  omai 

1  BEROSO,  presso  GIUSEPPE  EBREO,  Contra  Apionem,  I,  20. 


IL   >  )    Dl   NAD' 

''•/rco  06  co  missus  est  articulus 

manus  etc.  (v.  24);  castigo  inlimato  nella  med^sima  forma,  per  Tuna 
I'.-irte  e  per  1'altra;  numeravit,  complevit,  dn-isum  est,  datum  cst;  e 
con  quesla  forma  preterila  ed  enfatica,  siccoroe  di  cosa  gia  non 

ula  ma  fatla,  il  castigo  e  dimostrato  immineote  e  infallibile  a  cora- 

•i,  per  Tuna  parte  egualmeote  cbe  per  1'altra.  E  di  fatto  Daniele 
mostra  subito  avverata  la  minaccia,  narrando  la  pronta  e  intiera  ese- 
ne  del  doppio  castigo:  cadcm  node  inter fectus  est  Baltassar  rex 
Idaeus,  ecco  il  castigo  personate  del  re;  et  Darius  Medus  successil 
in  reynum,  ovvero  accepit  regnum,  ecco  il  casligo  inflitlo  al  regno, 
che  cade  in  potere  di  genti  straniere,  cioe  dei  Medo-Persiani.  Dal  con- 
testo  ajipare  duoque  evidente  la  rispondenza  tra  la  doppia  e  simuliauea 
minaccia  e  la  doppia  e  simultanea  esecuzione ;  la  qual  rispondenza  noo 
soffre,  a  parer  nostro,  niun  inlervallo,  e  mollo  meno  1'iDtervallo  d'un 
regno  intiero  di  17  anni,  tra  la  morte  violenta  di  Baltassar  e  la  caduta 
del  regno  babilonese  in  balia  dei  Medo-Persiani.  Quesli,  invasa  Babilonia, 
d'un  medesimo  impeto  trucidarono  il  re  e  s'impossessarono  del  regno. 

Tal  k  il  seoso,  in  cui  prese  questo  tratto  di  Daniele,  1'autor  della 
Volgata,  san  Girolamo ;  il  quale  col  tradurre  succesjit  in  regnum,  lungi 
dal  creare  difficoltd  al  testo,  aliro  in  verita  non  fece  che  esprimere  piu 
spiegatamente  il  concetto  del  sacro  scrittore,  secondo  che  esso  veniva 
a'suoi  di  inteso  nella  Chiesa.  In  tal  senso  pure  fu  inteso  Daniele  da 
Giuseppe  Ebreo,  autorevole  rappresentante  della  tradizione  ebraica;  sic- 
come  e  manifesto  dal  suo  racconto '.  E  nel  medesimo  senso  1'  intese 
1' universal!  ta  degli  interpret!  antichi  e  moderni,  e  veggiamo  intenderlo 
anche  oggidl  la  comune  degli  esegeti  e  degli  storici,  anche  i  meglio 
versati  nelle  recentissime  scoperte;  ne  scorgiamo  qual  ragion  vi  sia  di 
scosl.irsi  da  sifTatta  sentenza,  o  quali  siauo  quelle  difficulte's  imttilcs, 
che  il  De  Harlez  dice  create  qui  dalla  versione  della  Volgata.  Che  se 
egli  con  ci6  accenna  ai  nuovi  testi  cuneiformi  di  Giro  e  di  Nabonid, 
noi  speriamo  d'avere,  nei  nostri  ultimi  articoli  sopra  la  catastrofe  di 
Babilonia,  dimostrato  a  sullicienza,  come  cotesti  documenti,  non  cbe  far 
conlrasto,  s'accordano  anzi  assai  bene  e  col  testo  di  Daniele,  nel  senso 
appunto  di  sopra  spiegato,  e  col  racconto  di  Erodoto,  di  Senofonte,  di 
Beroso,  e  degli  altri  antichi. 

II  ch.  De  Harlez,  nella  sua  Lettera  soggiunge,  che  «  la  scena  de- 
scritta  nel  cap.  VI  di  Daniele  pote  benissimo  aver  luogo  ad  Ecbatana.  » 
E  noi  non  abbiamo  niuna  diflicolia  a  concedergli  tal  ipotesi,  che  alia 
nostra  quistione  e  indifferente;  tanto  piu,  che  anche  Giuseppe  Ebreo 
cotesta  scena  niette  appunto  ad  Ecbatana,  capitate  della  Media,  dove, 
die1  egli,  Dario  Medo,  dopo  la  conquista  di  Babilonia,  seco  condusse  il 

\nti't.  Jiul.   lih.   X,  cap.  11,  D.  4. 


180  IL    NUOVO    CILI\i>';'i  \,\    N\i;OM!> 

gran  Profela «.  Ne  e  punto  a  meravigliare,  che  Dario,  re  a  quei  dl  della 
Media  insieme  e  di  Babilonia,  sotto  1'iraperio  supremo  di  Giro,  alter- 
nasse  a  piacer  suo  la  stanza  tra  le  due  metropoli  del  doppio  suo  reame. 

Ma,  quando  il  nostro  illustre  oppositore  aggiugne,  che  «  nulla  prova, 
il  Dario  Medo  del  cap.  VI  essere  stato  re  di  Babilonia;  anzi,  tulto  prova 
1'opposto  (v.  8,  15,  28);  e  che  Dario  Medo  non  e  che  un  re  di  Perso-' 
Media  »;  ci  duole  in  gran  minim  di  non  poter  essere  coa  lui  del  me- 
desimo  avviso.  Se  il  Dario  Medo  del  cap.  VI  e,  come  noi  crediamo  e 
fu  creduto  finqui  universalmente,  il  medesimo  che  il  Dario  de  semine 
Medorum,  qui  impcravit  super  regnum  Chaldaeorum,  del  cap.  IX,  1 ; 
Daniele  stesso  adunque  ci  attesta,  che  egli  fu  re  di  Babilonia.  Che  se 
eglino  son  due  personaggi  diversi;  dovremroo  allora  pregare  il  De  Harlez 
di  spiegarcj  1'enimma  di  questi  due  Dirii  di  Daniele,  enimma  nuovo 
che  verrebbe  ad  aggiungersi  agli  altri  di  quella  remota  eta.  Nei  versi 
poi,  8,  15,  28  del  capo  VI,  da  lui  qui  citati,  noi  cerchiamo  indarno  la 
prova  che  egli  accenna:  in  essi  si  parla  bensl  di  statuti  e  leggi 
Medi  e  Persi,  del  regno  di  Dario  e  di  quel  di  Giro  Persa;  ma  non  vi 
troviam  nulla  che  neghi,  essere  stato  Dario  anche  re  di  Babilonia. 

Quanto  all'  ultimo  punto,  toccato  sul  fin  della  Lettera  dal  De  Harlez, 
noi  siam  lieti  di  trovarci  interamente  con  lui  d'accordo.  II  titolo  di 
figlio  di  Nabucodonosor,  attribuito  da  Daniele  (cap.  V)  a  Baltassar  (che 
era  in  realti  figlio  di  Nabonid),  non  pu6  essere  preso  nel  senso  proprio 
ed  ordinario,  ma  in  un  altro  piii  largo  ed  improprio,  usato  non  di  rado 
nelle  Scritture;  e  noi  medesimi,  parlando  di  Baltassar  *  e  in  altre  occa- 
sioni,  abbiam  rilevato  e  difeso  questo  secondo  senso.  II  simile  dicasi  di 
Bellabariskun,  che  dal  De  Harlez,  nella  sua  Nota  del  Muston,  6  chia- 
mato  figlio  di  Nabucodonosor,  mentre  nella  Lettera  vien  riconosciuto 
per  figlio  di  Neriglissor:  1'una  e  Taltra  appellazione  pu6  correre,  purche 
si  avverta,  nella  prima  figlio  intendersi  in  significato  largo  di  discen- 
dente,  nella  seconda,  in  senso  stretto  e  proprio. 

Per  ci6  che  spetta  al  rimanente,  alteso  le  ragioni  sopra  addotte,  noi 
speriamo  che  1'esimio  Professore  di  Lovanio,  nell'alto  suoed  imparziale 
giudizio,  ci  consentira,  salvo  tutto  il  rispetto  che  professiamo  alle  sue 
opinioni,  di  tenerci  saldi  alle  nostre. 

1  Ivi,  n.  4-7. 

»  Civ.  Ca.it.  Serie  XII,  vol.  Ill,  pag.  279-284. 


I. A    CONTESSA  [NTERNAZIONALE 


in. 

YEBA  VAX1TA  E  YEKA  CORTESU 

Onesti  e  festosi  erano  stati  i  primi  compUmcnti  ospitali  rivolti 
alle  signore  e  al  conte  della  Pinota  dalla  signora  Catoriua,  e 
non  punto  iinpacciati  o  peritosi.  Bench6  ella  sapesse  benissimo  di 
accogliere  una  dama  di  elevata  condizione  e  da  pifi,  sentiva  pure 
di  essero  padrona  ia  casa  sua,  e  di  avere  abitazione  e  fornimento 
da  non  venir  meno  al  decoro.  In  salotto  mentre  essa  si  affaccen- 
dava  a  snodare  il  cappellino  alia  contessa  Aldegonda,  ad  offerire 
seggiole  e  seggioloni  alia  brigata,  comparve  un  copioso  rinfresco: 
caffe,  te,  cioccolata,  vino,  liquori,  nulla  mancava,  e  con  questo  due 
trionfi  di  briossi  di  Yercelli,  di  biscottini  di  Novara,  di  panini 
freschi  e  brustolati  sopra  cui  spalmare  ii  burro,  che  stava  11  fresco 
fresco.  A  compimento  del  servizio  ella  chiese  alle  signore,  se  per 
caso  alcuna  gradisse  meglio  un  brodo ;  e  perchd  la  contessa,  mo- 
str6  una  velleita  di  aggradimento,  eccoti  tosto,  chianiato  con  un 
cenno,  un  brodo  ristretto,  che  caldissiiuo  e  fuuiante  dentro  una 
bella  tazza  di  porcellana  dorata  pareva  dire:  prendimi,  prendimi. 

Tutto  questo  durd  un  quarto  d'ora,  perch6  ciascuno  si  contento 
d'  uno  sciacquadenti,  tanto  da  bervi  sopra  un  centellino  pur  che 
fosse;  non  volevano  guastarsi  il  desinare.  Solo  Amedeo  si  aunaffio 
largainente  1'  ugola  con  nna  trincata  di  Caluso  vecchio,  celiando 
che  beveva  non  per  suo  conto,  ma  per  supplire  alle  signore  aste- 
mie,  e  v'intinse  due  paste;  —  Perche,  diceva  esso,  un  buon  acconto 
non  fece  mai  torto  al  pagamento:  cosl  insegna  il  Godice.  — 

Tardava  alia  signora  di  lasciare  in  liberta  la  contessa  e  le 
fanciulle.  Condussele  al  quartiere  loro  apparecchiato.  Erano  quattro 
grandi  stanze  infilate,  volte  al  mezzogiorno,  con  due  finestre  cia- 
scuna,  e  un  solo  ballatoio  corrente  e  communicante  con  tutte  le 


182  LA    CONTESSA   INTKHNAZIONALE 

caraere,  all'uso  pieinontese.  Dinanzi  aprivasi  la  piu  amena  pia- 
nura  e  ubertosa,  che  abbracciar  possa  un  occhio  umano,  contor- 
nata  in  fondo  all'estremo  orizzonte  dal  Monviso  e  dalla  catena 
delle  Alpi.  Non  era  una  reggia  il  quartierino,  nulla  vi  appariva 
di  sfarzoso  o  di  soverchio;  ma  quanto  ai  commoducci  graditi  alle 
signore,  non  inancava  un  filo.  Letti  grandi,  elastic!,  soffici  a  pia- 
cere,  con  ricco  sopraccielo  e  cortinaggi  intorno;  portiere  agli  usci, 
tappeti  signorili  coprivano  il  pavimento ;  di  canape,  poltroue  iin- 
bottite,  sgabelli,  seggiole  di  piu  modi,  v'era  la  bellezza;  casset- 
tone  e  armadio  da  riporvi  le  robe,  oltre  ai  deschetti  di  commodo, 
e  al  tavolino  con  tutto  il  necessario  per  iscrivere.  La  biancheria 
non  faceva  difetto,  fine  e  pulitissima,  tanto  da  letto  che  da  tavo- 
lino, le  tende  stesse  delle  finestre  erano  di  bucato.  Insomma,  si 
scorgeva  alia  prima  occhiata,  che  la  signora  di  casa  aveva  dato 
le  spese  al  cervello  per  fare  di  quelle  camere  il  tempio  della 
nettezza,  dell'  ordine,  dell'  agiatezza. 

Ma  di  questa  sua  visibile  intenzione  ella  non  accenn&  verbo. 
—  Si  contenteranno,  disse  ella  nell'accominiatarsi,  siamo  in  cam- 
pagna  alia  buona.  —  Solo  fece  osservare  che  in  ciascuna  stanza 
pendeva  presso  il  letto  il  cordone  del  campanello;  e  accostan- 
dosi  ad  uno:  —  Yediamo  se  risponde  bene.  —  Son6  an  tratto,  e 
subito  si  affacci6  una  cameriera.  —  Coinandi,  signora.  —  Ecco 
la  Teresina,  disse  la  signora  presentandola  alle  ospiti,  eil'e  a'vostri 
ordini,  contessa...  lo  torner6  presso  1'ora  del  desinare,  a  vedere 
se  vi  siete  riposata  e  se  nulla  manca:  gia,  la  Teresina  basta 
accennarla.  —  E  con  un  inchino  lasci&  la  brigatella  a  distribuirsi 
le  camere  e  allogare  le  robe  coll'  aiuto  della  cameriera.  Grli  uomini 
erano  gia  scivolati  nella  sala  del  bigliardo. 

Severina  disposte  le  sue  tattere  alia  lesta,  guizz6  al  balcone 
a  studiare  i  prospetti  della  campagna.  La  contessa  invece  colla 
figliuola,  ordinato  alia  donna  di  tornare  piu  tardi,  non  finiva  di 
passare  in  rassegna  la  mobilia  e  gli  arredi  tutti  delle  camere, 
insino  ai  ninuoli  posti  sul  cassettino  dello  specchio  a  bilico,  e 
al  bossolo  della  cipria  collocato  in  vista  sulla  pettiniera.  Nulla 
trovava  che  fosse  appunto  com' ella  avrebbe  desiderato.  —  Che 
persiane  bislacche!  non  ce  n'e  una  che  chiuda  bene:  speriamo 


ls:t 

>-he  DOQ  venga  il  vento  a  farle  sbacchiare  tutta  notte.  — 
•ila  polvere  sul  cristallo  della  spera...  e  non  vi  e  manco  una 
specchiera  grando  da  abbigliarvisi.  E  fattasi  id  esaminare  il 
letto  vi  scoperse  subito  un  mondo  di  difetii:  era  mal  collocate, 
e  non  bastavano  ne  le  cortine,  ne  la  scena,  ne  la  portiera  a  difen- 
dorlo  dall'aria  dell'uscio;  e  poi  le  lenziiola  non  erano  d'un  solo 
telo,  e  poi  il  tappet i no  di  pedana  le  pareva  ristretto,  e  poi  i 
guanciali  orano  aggirati  di  smerli  volgarissinii,  e  poi  il  coltron- 
cino  da  piede  non  era  di  raso  ma  di  semplice  setino,  e  imbottito 
di  bambagia  invece  di  piuraino  d'oca,  e  poi...  e  poi... 

La  interruppe  Silvia,  incantatasi  a  studiare  il  soffitto:  —  Cho 
cosa  rappresenta  quel  gruppo  lassu? 

—  Nol  vedi?  fi  un  trofeo  di  mitre  e  di  pastoral!  che  com- 
battono  insieme,  rispose  con  beffa  la  madre.  L'avra  fatto  dipin- 
gere  qnalche  vecchio  zio,  canonico  della  nietropolitana. 

-  Gia,  e  del  canonico  pure  saranno  le  reliquie  o  i  santi  e  le 
madonna... 

—  Che  popolazione  di  paradiso!  aggiuase  la  madre.  Ce  n'6  per 
tutto...  pare  un  chiostro  di  monastero.  Scommetto  che  la  pia  ma- 
dama  Boasso  ini  avra  riempita  colma  la  piletta  deH'acqiia  santa. 

Silvia  vi  tuff6,  per  saggio,  le  dita  s\  malamente,  che  ne  grondo 
uno  sprazzo  che  le  infradici6  un  polsino. 

—  Vedi  come  ti  se'  concia:  mutalo  subito...  Severina,  via  spac- 
ciati,  non  incantarti  a  gingillare  secondo  il  tuo  solito:  vieni  ad 
aiutarci  ad  aprire  le  valige. 

E  Severina:  —  Vengo,  eccorni,  son  qua. 

E  uon  avendo  udito  nulla  del  terribile  processo  formato  contro 
la  inobilia,  nel  mettere  mano  alle  chiavicine,  diceva:  —  Mi  pare, 
che  possiamo  pure  chiamarci  contents :  la  mia  camera  e  sfogata 
e  allegra,  la  vista  e  deliziosa. 

—  Meglio  cosl,  rispose  la  contessa  zia :  chi  si  contenta,  gode. 
A  me  invece  sembra  che  quella  cantoniera  starebbe  ottiuiamente 
presso  al  rigattiere ;  che  sedie  e  canap&  andavano  coperti  di  vel- 
luto  verde,  che  richiamasse  la  tappezzeria.  Ma  gia,  la  tappezzeria 
stessa  potrebbe  pigliar  la  via  del  ghetto  senza  scrupolo,  e  non 
ci  sarebbe  male,  ad  accompagnarla  con  un  batuEfolo  di  questi 


18  i  LA   CONTESSA    INTERNAZIONALE 

cortinaggi  che  sentono  il  nonno  e  il  bisnonno.  Non  ci  6  gusto. 

—  Ma  per  campagna !  fece  Severina. 

—  Per  campagna  come  per  citta  ci  vuol  il  sentimento  del  hello, 
ripigli6  alteramente  la  contessa  Aldegonda.  lo,  alia  Bella  Brian- 
zola  (era  la  villa  dei  signori  della  Pineta  in  Brianza)  non  patirei 
una  camera  cosl  goffa,  neppure  una  settimana.  Le  darei  fuoco 
io  stessa...  Gia,  anche  il  nome  di  questa  villa  e  triviale  come 
1'abitazione:  La  Boassal  bel  nome  d'una  villeggiatura!  Almeno 
La  Bella  Brianzola  b  un  nome  che  si  pud  rammentare  in  un 
salone.  — 

Severina  si  sentiva  vogliolosa  di  rispondere  contraddicendo 
diametralmente,  pnnto  per  punto,  alia  zia.  Agli  occhi  suoi  arti- 
stici,  non  vi  era  nulla  che  non  istesse  bene.  —  Sete  e  damaschi, 
un  po'  passatetti,  ripensava  tra  s&  e  se,  ma  belli  e  ricchi ;  mobili 
vecchi,  ma  in  buon  essere,  intagliati  con  arte,  dorati  a  oro  di 
zecchino ;  ogni  cosa  pnlita  e  agiata ;  aria,  vista,  luce,  liberta : 
che  possiamo  desiderare  di  meglio?  —  Ma  si  avvide,  che  il 
tempo  era  buzzo  buzzo,  e  la  zia  in  vena  di  svilire  tutto,  sino  a 
preferire  al  commodo  quartiere  le  stanzette  da  lei  ammodernate 
nella  villa  di  Brianza,  che  erano  scatolini  d'oro,  si,  ma  scatolini. 
E  tanta  era  la  foga  di  condannare  le  cose  presenti,  che  la  povera 
contessa  oracolava  e  sbuffava  aitresl  sulle  sconvenienze  che  la 
signora  Boasso  stava  per  commettere  all'avvenire.  —  Yedrete 
razza  di  pranzo  che  ci  daranno  questi  signori !  dieci  o  quindici 
portate  come  alia  messa  novella  d'un  prete  di  villaggio;  metto 
dieci  contro  uno,  che  i  tovaglioli  saranno  accartocciati  giusto  giusto 
al  modo  delle  locande  di-Milano;  e  poi  ci  faranno  la  grazia  di 
condurci  ad  ammirare  le  loro  grandezze  e  delizie,  la  casa  sino 
alle  soffitte,  e  il  giardino,  e  tutto;  e  a  noi  tocchera  di  smiraco- 
lare  sulle  mirabilie  dei  loro  stambugi,  e  sulla  rarita  delle  mar- 
gherite  e  dei  cavoli  fiori.  Che  pare  a  te  (si  volse  alia  figliuola) 
di  questi  stanzoni  da  agrumi? 

Silvia,  che  non  era  cattiva,  e  a  cui  non  parea  vero  di  godere 
un  po'  d'  aria  libera  in  casa  altrni,  si  strinse  nelle  spalle,  e 
rispose:  —  Mamma,  non  sara  il  paradise,  ma  per  quattro  giorni, 
non  mi  par  tanto  male. 


111.  ;:  VEHA  i 

—  Tu  so'cucr  collegio,  e  non 
hai  mondo.  S-,-  tu  vn«>i  vedere  un  'inurtk-re  elegante  e  da  signori, 
aspetta  die  torniamo  alia  Bella  Brianzola.  Vedrai  com'io  ho  ri- 
dotto  quel  gioiello  di  villino,  mentre  tu  stavi  a  Torino.  Qui  si 
sente  un'afa  di  borghese,  che  fa  male.  Non  doveva  mai  tuo  padre 
scendero  si  basso,  da  accettare  questa  villeggiatura. 

A  questa  altezzosa  parola  non  si  tenne  la  Severina,  che  ado- 
rava  lo  zio,  e  disse  modestainente:  —  Zio  mi  disse  che  troppo 
era  obbligato  ai  Boasso,  e  non  poteva  disaccettare. 

—  Che  obbligato  ai  Boasso?  la  rimbeccd  la  contessa:  i  Boasso 
sono  obbligati  a  noi,  e  non  noi  a  loro.  Mio  marito  gli  ha  aiutati 
quand'egli  era  alto  e  potente  in  diplomazia,  e  lui,  signer  Boasso 
era  nulla.  Se  il  cosi  detto  cavaliere  ora  tiene  carrozza  e  cavalli, 
deve  ringraziarne  tuo  zio,  che  gli  ha  aperto  la  via  ai  grassi  gua- 
dagni  d' impresario.  Ma  di  tutto  cotesto,  Silvia  mia  (si  rivolse  a 
Silvia),  tu  non  farti  intendere  con  chicchessia  di  qui:  non  ci  6 
decoro  a  farsi  bello  dei  benefizii  fatti.  II  meglio  era  non  venirci, 
e  non  ci  venivamo  di  certo,  se  tuo  padre  prinia  di  tenere  1'invito 
sentiva  me.  Ora  la  sgarrata  e  fatta,  e  tocca  noi  sorbircela  con 
disinvoltura  di  gente  che  sa  vivere.  Bisogna  approvar  tutto,  e 
versare  una  pioggia  di  bellissimi  e  tutti  gli  altri  issimi  che 
accarezzano  laboria  de'pidocchi  rinvenuti...  salvo  il  nostro  diritto 
di  dire  in  cuore  la  verita,  e  non  capitare  mai  piu  qua  neppure 
dipinti.  — 

Tra  queste  osservazioni  estetiche  e  questi  precetti  di  morale 
civilta,  eccoti  la  signora  Gaterina,  in  conveniente  abito  da  pranzo 
ad  invitare  le  signore  ospiti  a  scendere  un  tratto  in  salotto.  La 
contessa,  tra  i  complimenti  la  squadr6  dalla  testa  ai  piedi,  per 
sorprenderla  in  qualche  flagrante  delitto  contro  la  inoda :  ma  non 
ci  fu  yerso.  La  signora,  che  non  era  piu  dell'erba  d'oggi,  tornava 
nel  medesimo  vestito  di  raso  nero  e  liscio,  in  che  si  era  presentata 
la  prima  volta:  non  fiori,  non  geuiine  nei  capelli;  braccialetti  si  ed 
orecchini,  gli  uni  e  gli  altri  semplici,  ma  ricchi  da  fare  invidia; 
uno  spillone  di  diamanti  che  facea  capolino  di  sotto  la  cnffia  di 
velo  e  una  niente  vistosa  catena  di  orologio  finivano  tutti  i  suoi 
spleuduri.  Xon  ci  era  che  ridire.  Niente  da  ridire  sul  salotto, 


LA  \LF 

niente  sulle  rinnovate  accoglienze  del  cavaliere  e  di  suo  figlio 
Amedeo,  che  cola  attendevano  le  signore.  E  come  fu  annunziata 
la  solenne  parola:  E  servito,  il  bravo  cavalier  Boassa  non  tard& 
un  istante  ad  offerire  il  braccio  alia  contessa,  mentre  il  conte 
della  Pineta  lo  offeriva  alia  signora  di  casa.  Amedeo,  un  po' 
chiassone  sempre,  si  rapl  le  signorine  una  per  braccio,  preten- 
dendo  che  questo  era  di  stretto  obbligo  nel  galateo  di  montagna. 

Si  lnsingava  Tastiosa  contessa  di  avere  a  raccogliere  una 
copiosa  messe  di  incivilta,  o  alrneno  di  quelle  trivialita,  che  non 
potevano  fallire  in  un  pranzo  compicciato  da  quella  rozza  mas- 
saia  che  doveva  naturalmente  essere  la  signora  Boasso.  Ma  a 
poco  a  poco  si  sentl  forzata  di  smettere  1'  albagia,  e  confessare 
a  se  stessa,  ch'ella  era  trattata  con  tutti  i  dovuti  riguardi.  L'ab- 
barbaglift  al  primo  ingresso  la  sontuosita  dell'apparecchio.  Di 
tre  grundi  finestre  s'illuminava  la  stanza  da  mangiare,  le  quali 
davano  snl  giardino.  Di  fuori  le  adornavano  drappelloncini  di 
verzura  e  tralci  di  gelsomino,  di  dentro  ricche  tende  ricamate 
smorzavano  il  troppo  vivo  saettare  del  sole.  Passeggiava  tuttavia 
tanta  luce,  che  le  porcellane,  gli  argenti  ed  i  cristalli  parevano 
mandare  scintille.  Dall'un  de'lati  sorgeva  la  credenza,  non  so- 
praccarica  ambiziosamente  di  vasellame  superfluo,  ma  fornita 
oltre  il  bisogno.  Monti  di  piatteria,  di  posate,  di  cucchiaioni, 
di  trincianti,  di  forchettoni,  di  coltellini  a  lama  d'argento  per  le 
frutta,  e  d'  ogni  altro  arnese  da  tavola ;  e  tutto  cotesto  ordinato 
sui  palchetti  della  scanceria,  e  coronato  da  una  splendida  batteria 
di  bottiglie  coperte  di  polizze  variopinte  e  di  gromma  di  cantina. 

Come  la  contessa  si  fu  adagiata  a  destra  del  cavaliere,  ed 
ebbe  rassegnato  con  un  rapido  gitto  d'occhio  il  fornimento  do- 
vette  chiamarsi  pienamente  soddisfatta.  Contro  la  sua  profezia, 
le  salviette  non  erano  punto  arrotolate  nei  bicchieri,  si  bene 
giacenti  in  sui  piatti,  con  la  cifera  di  famiglia  bellamente  rica- 
inata  sulla  cocca  in  vista.  Corrispondeva  il  rimanente  servizio : 
la  tovaglia  col  tappeto  steso  di  sotto;  di  uno  stesso  stile  i  piatti,  i 
tondi,  le  salsiere,  e  via  via,  doe  fondo  bianco,  contorno  dorato, 
e  1'  arrae  di  casa  Boasso,  colorita  nel  mezzo.  E  1*  arme  pure  si 
ripeteva  in  ciasctm  pezzo  del  cristallame  e  dell'  argenteria.  Una 


HI.  MTV    E   VERA   CORTESIA 

;i  di  fiori  freschi,  ma  inodori,  ornava  il  mezzo  della  mensa, 
.no  corona  allo  fruttiere  colme  di  ogni  galanteria  di  frutti 
e  di  dolci.  Ai  fiori  facevano  riscontro  le  caraffe  dell'  acqna,  che 
portavano  per  tappo  una  foglia  di  vite  accartocciata. 

Xulla  seppe  la  contessa  appuntare,  per  quanto  aguzzasse  gli 
occhi,  mil  hi,  il  gran  nulla,  tranno  1'ampio  segno  di  croce  che 
madaina  Boasso  si  spaced  da  spall  a  a  spalla,  sicuramente  ed 
agiatamente,  prima  di  spiegare  il  tovagliolo.  II  qnale  atto  di 
pieta  faiuigliaro  non  tolse  che  la  signora  non  entrasse  snbito 
in  conversazione  viva,  gentile,  e  cordiale  per  giunta;  secondata 
in  do  dal  inarito  e  dal  figliuolo,  che  volevano  rendere  dolce 
agli  ospiti  quel  primo  affiatarsi  in  famiglia.  Non  segul  la  fa- 
stidiosa  sfilata  di  serviti  preveduta  dalla  contessa,  e  in  quella 
vece  fu  un  desinare  scelto,  copioso,  ben  cucinato  e  ben  servito ; 
ed  anche,  a'suoi  tempi,  di  prelibati  vini  innaffiato.  Scalcava  per 
lo  piu  il  credenziere,  ma  1'  ucceilame  era  riserbato  ad  Ainedeo, 
che  si  piccava  di  trinciare  con  maestria  da  artista,  in  pochi 
colpi.  Spezzando  esso  alcune  beccacce,  dimandogli  la  contessa 
se  egli  ne  avesse  preso  di  recente. 

—  A  confessarla  giusta,  rispose  Amedeo,  per  quest' anno  non 
posso  vantarmene.  Ma  ho  fatto  meglio :  ho  preso  tre  belle  signore 
presso  al  ponte  di  Po,  e  le  ho  portate  qua  prigioniere,  speriaino, 
per  uiolti  giorni. 

II  cavaliere  e  la  inoglie  fecero  plauso  a  questo  augurio  del 
loro  Amedeo,  e  ne  rise  tutta  la  brigata.  Pass6  lietissimo  il  de- 
sinare ;  caffe  e  liquori  vennero  serviti  sotto  una  cupoletta  ombrosa 
del  giardino.  Dopo  di  che  gli  uomini,  cavata  fuori  la  sigariera, 
facevano  atto  di  ritirarsi :  ma  la  contessa  Aldegonda  non  isdegn6 
di  accettare  dal  cavalier  Boasso,  un  bel  paio  di  spagnolette; 
Amedeo  le  offeree  un  bocchino  nuovo;  anche  questo  le  piacque; 
ed  essa  f  111116  allegrainente  coi  signori,  mentre  la  signora  Ca- 
ter ina  e  le  fanciulle  rimasero  a  taccolare  tra  loro,  a  confettare, 
a  cogliere  fiori  per  intrecciarseli  le  une  alle  altre  nei  capelli. 
Prima  di  sciogliersi  la  conversazione,  disse  la  signora  Caterina 
aU'ospite  sua:  —  Oggi  non  vi  voglio  perseguitare  con  passeg- 
giate  e  frastorni:  voi  avete  bisogno  di  riposarvi. 


l!SS  LA   CONTESSA   I.YTERNAZIONALE 

—  Xon  ci  6  da  ricordarsi  di  essere  stanchi,  voramente,  quando 
si  e  trattati  come  ci  trattate  voi,  mia  buona  signora. 

—  Via,  via,  senza  coraplimenti,  da  Milano  a  Torino  e  sempre 
un  buon  tratto,  contessa,  e  da  Torino  qua  ci  e  stato  il  resto 
dello  strapazzo...  E  poi...  ho  gusto  di  godervi  un  poco  voi  e  le 
vostre  care  barabine.  Dimani  a  cuor  riposato  penseremo  alle  scar- 
rozzate,  alle  gite  di  piacere:  basta  lasciar  fare  ad  Amedeo;  per 
inventarne  6  fatto  apposta,  lo  conosco ;  tocchera  a  voi  la  scelta... 
gia  s'intende,  voi  siete  in  casa  vostra,  non  abbiate  riguardi. 

Gradl  la  contessa  questo  accordo,  con  raolti  e  cortesi  ringra- 
ziamenti.  E  trovatasi  poi  sola  colle  fanciulle,  non  seppe  altri- 
menti  esalare  la  passione,  se  non  dicendo,  che  anche  la  gente 
di  bassa  inano,  usando  con  gentiluomini,  si  dirom  e  si  rifor- 
bisce.  Nelle  ore  pomeridiane  essendosi  essa  fatta  vedere  in 
giardino,  non  manc5  Amedeo  di  accompagnarsele.  Sopraggiunse 
la  signora  Caterina,  poi  il  cavalier  Boasso,  poi  tutta  la  brigata. 
Si  passeggi6  a  un  tratto  tutti  insieme  alia  domestica,  chiacchie- 
rando  del  piu  e  del  meno.  Si  visit6  una  vigna  vicina,  che  era 
alia  mano,  cara  delizia  della  signora  di  casa.  Amedeo  correva 
innanzi  e  indietro,  adocchiando  i  grappoli  d'oro  e  di  ametista 
per  offerirli  alle  ospiti,  colse  loro  colla  brocca  i  piu  maturi  fichi, 
le  guid&  pei  sentieri  piu  netti,  levando  di  sua  mano  rovi  e  bron- 
coni  che  per  caso  ingombrassero  le  callaie :  si  comporto  in  tutto 
da  gentile  cavalier  servente,  ma  senza  trafare  e  senza  preferenze. 
Non  fu  vero  che  ne  esso  ne  altri  di  casa  si  lasciassero  mai  andare 
all'  increanza  di  magniticare  eccessivamente  o  la  villa,  o  i  din- 
torni,  o  i  prospetti,  o  i  commodi  o  altro.  Panegirista  era  invece  il 
conte  della  Pineta,  che  si  sentiva  riavere  a  quell' aere  puro  e 
confortevole  della  collina,  goduto  a  fianco  di  un  vecchio  amico 
e  galantuomo:  Silvia  rincalzava  le  maraviglie  del  padre,  con 
entusiasmo;  Severina  teneva  bordone  con  semplicita;  la  contessa 
spendeva  qualche  elogio  con  parsimonia,  tanto  da  non  parer*e 
insensibile  o  scortese. 

Vero  e  che  dopo  alquanti  giorni  cominciava  anch'essa  a  con- 
venire  colle  fanciulle  di  essersi  alquanto  ingannata  nelle  sue 
previsioni.  E  il  soggiorno  alia  Boassa  le  divenne  prima  tolle- 


111. 

•  poi  non  isgradevol.'.  Vi  prendeva  ogni  agio,  senza  ri- 
guardi.  I>i  lovata  facevasi  serviro  ora  te,  ora  caffe;  e  sebbene 

vasse  per  consueto  prima  dcll'alba  dei  tafani,  mai  non 
che  la  cameriera  non  fosse  11  al  primo  squillo  di  campanello,  come 
se  stesse  di  continue  in  orecchio  pure  per  esser  pronta  al  servizio. 
L'  assetto  mattutino  prendeva  duo  grosse  ore,  e  dopo  questo  la 
contossa  non  avova  mai  finito  di  azzicare  per  la  camera,  in  pia- 
no! le.  Accadevale  talvolta  di  farsi  aspettare  persino  al  desinare. 
Per  cosl  poco  non  turbavasi  la  pace  dell' ospitale  dimora:  perche 
la  signora  Gaterina  sembrava  non  accorgersi  della  sconfmata 
nza  di  lei. 

Un  picciol  seme  di  passeggera  benevolenza  cominciaya  ad 
attecchire  nel  cuore  dell'altera  patrizia;  e  forse  sarebbe  germo- 
gliato  e  cresciuto,  se  il  soffio  d'un  importuno  sospetto  non  fosse 
venuto  a  soffocarlo.  Le  cadde  in  mente  cbe  Amedeo  facesse 
1'occbio  pio  a  Silvia. 

IV. 

PRIME   SCIXTILLE 

II  sospetto  forse  non  errava  lungi  dal  vero,  ma  non  aveva 
fondamento  d'  indizii  manifest!,  perch6  Amedeo  non  era  uno  sea- 
pato.  Per6  com' era  nato  leggermente,  cosl  leggermente  si  di- 
leguo,  almeno  tanto  da  non  ispingere  la  contessa  a  dimostrazioni 
di  risentimento.  Si  poteva  ben  dire  che  malgrado  i  complimenti 
correnti  e  moltiplicati,  tra  lei  e  la  signora  di  casa  non  si  fosse 
radicato  verun  sentimento  stabile  di  reciproca  stima  o  di  affezione. 
£  chi  fossesi  trovato  dall'  un  de'  lati  a  studiare  il  loro  trattarsi, 
avrebbelo  paragonato  a  quello  stato  che  i  politici  chiamano  di 
osservazione  tra  potenza  e  potenza,  e  suole  preludere  a  rotture. 
Anche  dopo  parecchi  giorni  le  conversazioni  teneano  di  qnella 
riservatezza  cho  disagia  i  novelli  arrivati,  i  quali  noa  conoscono 
Tambiente  o  non  son  conosciuti.jSi  ciauciava  dei  cappelli  e  degli 
ombrellini,  della  pioggia  e  del  bel  tempo,  si  stava  sulle  cortesie, 
ni  sorrisi  che  non  ridono  di  nulla.  Un  sagace  scrutatore 
avrebbe  tuttavia  capito,  che  la  signora  Caterina,  bench6  bor- 


11)0  LA   CONTESSA   INTERNAZIONALE 

ghese  borghesissima,  erasi  guadagnato  il  cuore  del  coute  della 
Pineta  e  delle  fanciulle.  Le  si  leggeva  in  fronte,  negli  occhi, 
nel  sorriso  ch'ella  era  una  huona  mamma,  piena  di  grazie, 
casalinghe  ma  affettuose ;  ch'  ella  attendeva  al  servigio,  al  com- 
modo,  al  piacere  degli  altri,  come  se  cotesto  non  le  costasse  nulla, 
e  1'accomraodare  altrui  fosse  diletto  suo.  Nei  che  HOD  usava 
sfoggio  ne  fasto,  ma  disinvoltura,  non  senza  quella  grandezza 
che  si  avviene  a  chi  ha  fortuna  pari  al  cuore. 

Ed  era  questo  ci6  che  piu  urtava  i  nervi  alia  contessa :  ve- 
dersi  sopraffatta  di  finezze  che  non  costavano  nessuno  sforzo 
alia  sua  albergatrice,  e  doversi  confessare  obbligata  a  persona 
tanto  da  meno  di  lei  per  nascita,  e,  com'essa  modestamente 
giudicava,  per  educazione,  per  elevatezza  di  sensi,  per  conoscenza 
di  mondo.  Allorche  rientrava  nelle  sue  camere,  rifiatava  largo, 
come  se  uscisse  di  sotto  il  pressoio,  e  si  riposava  della  violenza 
fattasi  per  non  isbottare  in  iscortesie;  e  ricattavasi  con  fiot- 
tare :  —  Qui  ci  affogano  di  carezze,  non  c'  e  che  dire :  il  tratta- 
mento  e"  buono,  le  camere  commode,  il  servizio  regolato;  ma... 
tanti  ma  ci  sarebbero...  non  voglio  sfilare  la  corona. 

—  Che  ma  ci  trovate  voi,  zia?  diinandava  la  Severina,  che 
non  aveva  mai  abdicato  una  certa  misura  d'  indipendenza  ne'  suoi 
giudizii. 

La  contessa  rispondeva  piuttosto  alia  figliuola  Silvia,  che  alia 
nipote,  e  rispondeva  brandendosi  della  persona,  e  atteggiandosi 
al  grande :  —  Avere  i  quattrini  della  signoria  tutti  possono ;  ma 
il  saperne  usare  da  gentiluomini,  e"  un'altra  minestra...  Qui  si 
sente  il  mercante:  si  spende  e  spande  per  farci  il  saldo  della 
protezione  loro  accordata,  coi  milioni  che  vennero  dietro.  fi  ben 
altro  il  fare  di  chi  ha  un  von  nel'casato  paterno,  e  una  corona 
comitale  in  quello  del  marito...  L'ho  gia  predicato  dieci  volte 
a  tuo  babbo,  che  noi  non  dovevamo  capitare  qua...  e  una  in- 
delicatezza  verso  di  noi.  Pensare,  che  a  calare  lo  staffone  non 
vi  e"  un  lacche  in  livrea,  ma  quel  bastracone  di  Yito  in  giac- 
chetta  di  frustagno !  Gia,  tuo  padre  certe  sfumature  di  dignita 
non  le  intende,  ci  vuole  noi  donne.  Noi  non  istiamo  bene  se  non 
colle  nostre  pari. 


IV      I'KtMK    E 

10  smargiassate  ridevasi  iu  cuor  suo  saporitamei 
;i,  nata  bene  quanto  la  zia,  ma  d'animo  gentile  e 
desto.  E  tanto  piu  le  disapprovava  nella  zia,  quanto  cho  non 
ignorava  le  stravaganze  democratiche,  da  lei  attinte  a  Berlino, 
per  via  d'una  istitutrice  russa,  una  vera  nichilista  quanto  ce 
ntra.  Per6  non  peritavasi  di  aprirsi  talvolta  colla  cuginetta 
Silvia,  e  dirle  chiaro:  —  Cotesto  perpetuo  rammaricare  a  voce 
bassa  con  noi,  e  poi  colla  brigata  fare  le  inoino,  io  non  lo  ca- 
pisco.  Non  e  un  fare  buon  cuore  contro  avversa  fortuna,  a  me 
pare  una  cosa  die  piz/ica  di  sleale  e  quasi  d'ipocrito. 

La  contessa  non  metteva  mai  discorsi  di  argomento  serio,  di 
politica,  di  sociologia,  come  diceva  essa  e  credeva  fosse  il  suo 
forte;  perche  le  sarebbe  parso  di  cadere  in  bassa  fortuna,  ac- 
comunandosi  a  genterella,  inetta  a  sollevarsi  alle  sue  specola- 
zioni  intedescate,  e  trinciare,  com' essa  sola  sentivasi  capace,  gli 
ardui  problemi  della  societa  moderna.  Pero  gradiva  i  passeggi 
e  le  gite,  per  torsi  alia  necessita  di  barattare  parole  sconclu- 
sionate.  £  basto  che  fosse  conosciuta  questa  inclinazione,  perche 
tutti  concorressero  a  contentarla.  Era  posta  la  villa  Boassa  sopra 
la  piu  ariosa  poppa  d'una  pendice  corrente  tra  Moncalieri  e  Tro- 
farello,  ma  piu  presso  al  priino  che  al  secondo.  Con  una  breve 
discesa  di  cinque  niinuti  la  vettura  incontrava  le  piu  ampie 
strade  che  desiderare  si  potessero,  e  sempre  tra  vaste  e  rigo- 
gliose  campagne,  che  era  un  riposo  a  spaziarvi  col  guardo. 

Neila  carrozza  venivano  le  signore  sole,  perche  il  conte  pre- 
feriva  farsi  quattro  passi  col  suo  ainico,  fumando,  e  fermandosi 
ogni  venti  metri  a  spiegare  qualche  alto  avvedimento  di  poli- 
tica, contro  le  pappolate  dei  giornali.  II  beH'Amedeo  invece, 
quando  non  faceva  da  cocchiere  (che  era  spesso),  sedeva  in  serpe, 
collo  schioppo  tra  le  gambe,  pronto  a  fare  un  bel  colpo,  ove  un 
uccelletto  frullasse  tra  le  frasche,  sopra  tutto  quando  le  donne 
scendevano  un  tratto,  per  isgranchirsi  le  gambe.  Egli  era  il  loro 
divertimento;  di  Silvia  piu  ctie  d'ogni  altro,  la  quale  voleva  ad 
ogni  patto  assuefarsi  a  sparare,  e  si  becc6  piu  d'una  gotata  dal 
calcio  del  fucile.  Altre  volte  egli  si  faceva  recare  a  pi&  della 
discesa  il  suo  mirabile  velocipede,  altissimo,  scintillante  di  cento 


I'.lc  LA    CONTESSA    1NTKFINA/10NALE 

ininuti  razzi  d'acciaio  brunito,  che  davauo  la  vista  d'una  im- 
mensa  raggiera.  Balzava  sulla  breve  sella,  serrava  le  cosce,  come 
se  inforcasse  un  cavallo  brioso,  e  dato  nel  inanico,  partiva  come 
una  saetta,  tornava  indietro  e  avanti,  ancora  che  la  carrozza 
fosse  al  trotto  serrato,  caracollava  intorno,  seguiva  al  fianco  a 
guisa  di  cavaliere  di  sportello,  gittando  celie  e  frim  alia  co- 
mitiva,  che  era  un'  allegria  a  solo  vederlo  accostarsi.  Di  che  la 
buona  madre  di  lui  andava  tutta  in  giolito,  e  Silvia  si  sinaui- 
molava  di  risate  e  di  compiacimento. 

Una  mattinata  si  era  proposto  di  fare  una  scappata  fino  a 
Torino.  La  contessa  (la  pensata  era  sua)  fece  lo  sforzo  erculeo 
di  trovarsi  in  acconcio  di  partire  alle  otto,  e  pose  per  condizione, 
che  nou  si  trattasse  di  visitare  musei,  chiese,  gallerie;  si  so- 
lamente  di  scarrozzare  a  grande  agio.  I  babbi  si  lasciarono  car- 
rucolare,  e  furon  d'accordo:  carta  bianca  ad  Amedeo,  guida  e 
quartiermastro  generale,  purche  pigliasse  i  suoi  avvisi  da  poter 
desinare  alle  ore  sei  di  sera  alia  villa.  Amedeo  ci  si  mise  col- 
T  arco  della  schiena.  Fece  scendere  la  brigata  femminile  dirim- 
petto  al  castello  del  Valentino,  e  passare  il  Po  in  nave.  Toccata 
la  riva  torinese,  fece  alto  al  caffe  del  Q-iardino  pubblico,  dove 
ordino  una  lauta  colozione,  mentre  gli  uouiini  colla  loro  vettura 
giravano  sino  al  ponte  di  ferro,  per  venirli  a  raggiugnere.  Si 
risall  in  carrozza,  e  Amedeo  pretendeva  che  in  quattro  ore  coin- 
pirebbe  un  pieno  studio  sull'aspetto  esterno  della  citta. 

—  Ma  gia  abbiamo  visto  aluieno  alia  sfaggita  la  citta  di  To- 
rino, osservarono  le  donne. 

—  Non  importa:  non  ne  hanno  concetto  cosl  chiaro  e  arti- 
stico,  com'io  pretendo  di  dar  loro  in  mezza  giornata. 

Si  mise  nel  gran  viale  Vittorio  Emmanuele,  che  muove  dal 
ponte  di  ferro,  pretendendo  che  fosse  il  piu  grandiose  corso, 
alberato  a  quattro  file  di  platani,  che  vantasse  1' Italia,  e  potrebbe 
servire  alle  corse  degli  elefanti  che  volessero  zampeggiare  tre  chi- 
lometri  in  linea  retta,  tra  due  siparii  incantevoli,  i  colli  del  Po, 
e  le  Alpi  colle  loro  cime  bianche,  azzurre,  merlettate.  Ne  con- 
venne  la  contessa  agevolmente :  —  Questo  corso  e  mirabile,  e  non 
ha  riscontro  possibile  al  trove;  ma  se  fosse  un  po'piu  vario! 


IV.    I'HIMK    x,;iMII,t.B 

—  Ma  rhr?  a  farlo  apposta  di  getto   non  potrnbbe   turnare 
pi'i  'Tii  a  me.  Qui  a  sinistra  ecco  i  giar- 
dini  HI!.!. :;<•!.  |»i  rase,  casoni,  casini.  chiese,  dai  lati  e  poi,  qn-llo 
che  passa  tutto  la  stazione  centrale  che  vi  arriva  giusto  nel  mez/.o. 

Sf«Txd  i  cavalli,  e  giunse  alia  stazionn.  —  Questo  solo  pimto 
ha  tutte  le  varieta  possibili  e  impossibili:  la  stazione,  ediftcio 
immense,  che  viene  ad  assi  tarsi   in  mezzo  alia  citta,  tra  due 
piazze  a  grandi  palagi;  la  sua  facciata  col  portico  e  il  vorticoso 
iture  e  di  pedoni  che  1'avviva;  dinanzi  un'altra  piazza 
siminetrica  a  pennello,  ingiardinata,  col  portico  attorno,  e  la  fun- 
tana  nel  mezzo,  e  la  in  fondo  la  grande  via  Xnom,  che  fugge 
iosa  ed  animata  di  popolo,  traversa  due  piazze  mirabili,  e  va 
ad  iiuboccare,  dopo  un  lungo  chilometro  di  corsa,  il  portone  del 
palHzzo  reale. 

Le  signore  diedero  un  monte  di  ragione  al  cicerone  oratore. 
Ma  Aiuedeo,  che  da  innamorato  della  sua  citta,  voleva  al  tutto 
pnrgarla  dall'adJebito  di  monotonia,  incalzd:  —  Ed  ora  segui- 
tiamo  Taltra  meta  del  corso:  e  tutta  contrast!  a  grande  arte 
inventati.  Dapprima  questo  tratto  fiancheggiato  di  palazzoni  da 
giganti,  e  poi  a  destra  (e  metteva  i  cavalli  al  passo)  a  destra 
una  serie  di  casamenti,  impareggiabili  di  sontuosita;  a  sinistra 
a  fronti'ggiar  quei  colossi  un  quaranta  o  cin^uanta  villette  e 
casine,  gittate  in  grazioso  disordine  tra  i  giardinetti,  ora  ricche, 
ora  semplici,  ora  severe,  ora  capricciose.  0  dov'e  il  luogo  della 
monotonia? 

Amedeo  accortosi  che  le  signore  entravano  pill  che  mai  nel  suo 
concetto,  non  voile  stravincere,  e  muto  registro :  —  Del  resto 
convien  confessare  che  qui  si  bada  ancora  piu  al  buono  che  al 
bello... 

—  E  sta  bene,  disse  la  signora  Boasso,  che  pochissimo  parlava. 

—  In  questo  lato  di  Torino  si  6  fabbricato  la  bagattella  di 
ire  o  quattro  chilometri  di  portici.  Cominciano  a  fianco  della  sla- 
zione,  seguono  questo  corso  e  arrivano  sine  a  circondare  la  piazza 
dello  Statute,  la  verso  porta  Susa.  E  tutto,  gia  s'intende,  a 
grande  conforto  dei  poveri  vecchi  nei  dl  piovosi,  a  beatitudii  e 
delle  balie,  delle  bambinaie,  delle  ffovernanti... 

S«rie  V/7.  .-..t.  VI.  /en.-.  81^  il     j»-i 


194  LA   CONTESSA    INTKRXAZIONALE 

—  Eh  via,  interruppe  la  contessa,  piacerebbero  anche  a  me... 

—  Niente  di  piu  facile,  contessa,  ripigli&  tutto  arzillo  Amedeo, 
niente  di  piu  facile  che  avere  questi  portici,  ed  anche  quei  di 
via  di  Po,  e  tutti  gli  altri :  basta  venire  a  passar  1'  inverno  o 
almeno  il  carnevale  a  Torino.  Capisco  bene  che  cambiare  il  car- 
nevalone.di  Milano  col  carnevalino  di  Torino,  sarebbe  un  mal 
baratto;  ma  ci  guadagnereste  voi  i  portici,  io  le  vostre  gemrae 
qu\  (e  accennava  le  fanciulle,  specie  Silvia)...  E  per  me  1'incon- 
trarvi  sotto  i  portici  li  fara  parere  piu  splendidi  Tun  cento. 

—  Voi  parlate  benissimo,  ma...  ma...  ci  sono  tanti  ma. 

—  Ma  voi,  contessa,  potete  tutti  soffiarli  via  con  una  parola. 
Basta,  ora  tiriamo  innanzi,  vo' stare  al  programma. 

—  Bada  alle  ore,  gli  rammento  la  madre,  alle  sei  vogliamo 
essere  di  ritorno. 

—  Non  dubitate,  mamma :  far&  prodigi  di  celerita  e  di  esat- 
tezza.  Me  T  ha  raccomandato  anche  babbo...  A  proposito,  io  non 
veggo  piu  la  loro  vettura.  0  che  sieno  tornati  indietro? 

—  No  no,  sono  andati  ad  aspettarci  al  caffe  presso  il  ponte 
di  Po,  per  accompagnarsi  con  noi,  quando  passeremo  di  la. 

—  Benone!  Ora  a  noi,  piazze  e  strade.  —  Mise  i  cavalli  verso 
porta  Susa,  ed  entrando  nella  piazza  dello  Statute:  — Questa, 
se  volete  saperlo,  misura  360  metri  in  lungo  sopra  71  di  largo, 
e  piu  smisurata  sara  quando  avra  finito  di  spiegare  le  grandi 
aii,  ad  abbracciare  la  stazione  della  ferrovia  di  Rivoli:  in  mezzo 
avra  giardino  e  un  monumento  a  ricordo  del  traforo  del  Mon- 
cenisio. 

Mentre  le  signore  si  esaltavano  sulla  bellezza  dei  porticati, 
della  euritinia,  del  prospetto,  Amedeo  gia  le  aveva  condotte  alia 
piazza  Emmanuel  Filiberto,  passando  per  quella  detta  Paesana; 
e  spingeva  di  carriera  a  quella  di  Solferino,  e  poi  a  quella  di 
S.  Carlo  simile  ad  un  ricco  salone  da  festino;  tutte  vaste  re- 
golari,  simmetriche,  adorne  di  monumenti  o  di  verzure.  E  la 
contessa:  —  Ora  mi  formo  concetto  di  queste  piazze,  che  non 
hanno  rivali  fuorche  S.  Marco  a  Venezia  e  S.  Pietro  a  Roma... 

—  E  delle  vie,  no?  La  Dora  Grossa  che  abbiamo  percorso  un 
tratto,  corre  un  lungo  chilometro.  Pare  un  po'  stretta,  ma  ell'  ha 


l\ 

11  mi-id  «li  lurgo,  sei  carrozze  vi  possono  camminare  di  fr-uit.'. 
Pi  A  lunga  assai  e  quella  di  vsa,  cho  ci  passa  dinan/ 

non  men  larga.  £  noi  la  percorreremo  sino  a  pia^a  Carlo  Em- 

•niele... 

Hi  la,  corse  a  gran  trotto  alia  piazza  Casteilo,  e  grid6:  — 
Lunga  _••"  iiH'tri,  larga  168.  Sei  grand i  strode  vi  inettono  capo, 
venendo  dalle  barriere.  Qua  fanno  capo  un  esercito  di  omnibus 
e  di  tramvai  a  cavalli  e  a  vapore ... 

—  Come  sulla  piazza  del  Duomo  a  Milano,  osservfc  Silvia. 
-  SigDorina,  si,  appuato  appimto.   h*  quello  che  sono  la  i 

portioi  de'fianchi,  lo  sono  questi  che  girano  tutto  iutorno,  un 
euiporio  di  lusso  e  di  galauteria. 

—  L'emporio,  osservo  la  contessa,  la  e  piuttosto  la  galleria... 

—  Quella  galleria,  disse  Amedeo,  e  la  mia  iiividia;  ne  ab- 
biaino  alcune  qui,  ce  n'e  altrove  fuor  d' Italia:  ma  quella  di  Mi- 
lano e  la  regina  di  tutte,  se  le  lascia  tutte  addietro  e  di  gran 
tratto...  Sjnto  anch'io  ci6  cbe  inunca  a  Torino:  che  serve  alzare 
la  cresta,  e  farsi  compatire?  Qui  non  abbiamo  chiese:  Eoiua, 
Milano,  Firenze,  Siena,  Orvieto,  Venezia,  Genova,  Palermo,  mo- 
strano  i  piu  bei  templi  della  cristianita,  di  cui  non  abbiamo  in 
Torino  quasi  mil  la  al  confronts.  Palazzi  non  ci  mancano,  il  Ma- 
dama,  il  Carignano,  e  piu  altri:  ma  non  arrivano  al  Palazzo 
reale  di  Napoli,  al  Farnese  di  Roma,  al  Pitti,  allo  Strozzi,  al 
Hiccardi  di  Firenze,  agli  otto  o  died  colossi  di  Genova,  ai  mi- 
racolosi  del  Canal  grande  di  Yenezia.  Che  volete?  questo  e  un 
paese  di  soldati,  di  matematici,  di  gente  nuova,  che  piu  tira 
aU'industria  che  allo  belle  arti. 

—  Se  ne  fabbricheranno,  disse  la  contessa:  le  belle  arti  souo 
ora  fiorenti  in  Torino:  tutto  quello  che  ora  vi  si  fabbrica,  e  or- 
nato,  e  splendido... 

—  Ci  ho  poca  speranza:  forse  qualcosa  faranno  ancora  i  mu- 
nicipii,  che  spendono  della  borsa  altrui :  ma  i  privati,  non  credo... 
II  nostro  Cod  ice  sta  contro  i  palazzi.  Levati  i  maggiorasc^ti, 
ciascun  padre  di  famiglia  pensa  a  lasciare  ai  figli  fior  di  quat- 
trini,  e  non  un  palazzo  che  frutta  solo  tasse  spropositate... 

Naturaliuente  la  contessa  entrd  qui  a  dir  le  sette  peste  dei 


1%  LA   CONTESSA    INTKnNAZIONALE 

maggiorascati,  e  perfino  del  diritto  di  testare,  che  teoricameDte 
(in  pratica  era  tutt'  altro)  essa  condannava,  come  un  rimasnglio 
di  barbarie  antica  e  di  medio  evo.  Amedeo  da  bravo  avvocato 
in  erba  e  cristiano  si  schermiva  il  meglio  che  sapesse,  ma  con 
troppo  svantaggio,  poich&  non  voleva  cantare  qnattro  verita  osti- 
che  alia  contessa  radicale,  come  ne  sentiva  il  prurito.  Fortuna- 
tamente  scappo  fuori  Severina  che  aveva  un  po'viaggiato  in 
Italia ;  e  vedeva  con  dispiacere  scaldarsi  i  ferri :  —  lo  vorrei  che 
almeno  si  terminassero  con  graudezza  i  lungarni... 

—  0  si,  fece  plauso  la  Silvia  che  non  capiva  gran  fatto  nei 
lungarni,  un  lungarno  manca  a  Torino... 

—  Sara  la  mia  proposta,  le  rispose  Amedeo  sorridendo,  quando 
sar6  consigliere  municipale,  e  unicamente  per  far  piacere  a  voit 
signorina :  ve  lo  prometto.  Ma  prima  ancora,  ci  prenderemo  gusto 
di  cambiare  il  nome  del  Po,  perche  un  lungarno  lungo  il  Po, 
farebbe  ridere  grilletterati. 

E  Severiua  che  cap!  la  celia,  disse :  —  Ho  inteso  proporre  il 
nome  di  Lungheridano  alle  rive  fabbricate... 

—  Non  ho  obbiezioni  contro  il  padre  Eridano,  n&  contro  i 
lungheridani:  vi  do  il  mio  voto.  Ma  il  vero  nome  1'avete  pro- 
nunziato  voi,  signorina,  senza  pensarvi.  Riva,  e  il  stio,  e  clas- 
sico,  e  storico,  storico  quanto  la  Riva  degli  Schiavoni,  la  Riva 
del  carbone,  e  le  altre  rive  di  Venezia.  Dove  che  lungarno,  e 
un  nome,  che  a  levarlo  dalle  rive  dell'Arno,  dice  subito  una 
bugia.  Mi  contenterei  per  Torino  di  una  bella  Riva,  bene  acca- 
sata,  alberata,  come  quel  tratto  che  gia  ci  e,  e  il  Municipio  pensa 
a  prolungare.  La  chiamino  poi  Riva  di  Po,  Lungofiume,  Lun- 
gheridano, per  me  e  tutt'uno,  purche  piaccia  alle  signorine  let- 
terate.  Se  poi  le  fabbriche  venissero  proprio  a  incontrarsi  colle 
acque.  perch6  non  chiamarle  Fonda menta,  come  a  Venezia?  Se 
vi  si  aggiungono  costruzioni  massicciate,  con  paramento  di  pietra 
viva,  abbiamo  la  voce  Molo ;  vogliono  moltiplicarvi  i  comodi  per 
Tapprodo  e  per  la  navigazione?  e  bene  le  chiamino  Calate,  Scali, 
Porti,  Banchine,  Ponti:  tutta  roba  nostrana  e  in  uso  a  Genova, 
a  Livorno,  e  per  tutto  alle  sponde  del  mare. 


—  1  'isse  la  conk-ssa:  lasciarao  prima  nas 

\  e  poi  peiis».'remo  a  battezzarla  a  modo  vostro. 

K  la  signora  Caterina:  —  Tu  hai  una  gran  parlantina,  uia  li 
dimi-ntichi  di  con-lurci  al  ponte  di  Po,  che  e  gia  fabbricat 
un  pezzo  e  batezato.  Sai  che  i  nostri  uoniini  ci  aspettano  la. 

Am-- !•••>,  rispose  coll'allungare  una  frustata  ai  cavalli,  e  di- 
cendo:  —  .Mamma,  vi  andiamo  di  vulo:  non  vedeM  —   ,. 
boccando  la  via  di  Po,  annunzi&,  facendo  il  verso  dei  ciceron 
piazza:  —  Signori,  e  lunga  700  metri,  larga  12,  swza  conta^ 
i  portici  correnti  ai  lati,  che  danno  altri  otto  o  dieci  metri  di  piu 
ai  pedoni.  Comprendendovi  i  porticati  di  piazza  Castello  e  quell  i 
di  piazza  Vittorio  Emmanuele,  che  sono  tutti  congiunti,  si  ha  un 
passeggio  coperto  di  circa  tre  chilometri... 

—  Eh  veramente  qui  bisogna  far  di  capp^llo,  disse  la  r.on; 
che  le  chiacchiere  di  Amedeo  aveano  assai  bene  ammorbidita. 
Vi  sono  stata  una  volta  con  dei  forestieri;  e  tutti  n'erano  estatici 
di  maravii;lia.  Che  delizia  pei  passeggiatori !...  In  mezzo  a  questo 
sfoggio  di  caffe,  di  maga/zini,  di  botteghe,  di  popolo  affaccendato, 
di  signoria  in  gala!...  E  con  in  fondo  quella  piazza... 

—  Lunga  324  metri,  iuterruppe  subito  il  cicerone,  e  larga  100. 
La  contessa  Aldegonda  continu6:  —  e  di  la  dalla  piaz/c;i    I 

panorama  dei  poggi,  delle  ville,  dei  monuraenti...  Ve-ii  via  di  Pi>, 
e  poi  mori! 

La  buona  mamma  signora  Catorina  trionfava  di  gioia  in  v> 
che  finalmonte  la  contessa  si  snodava  un  pochino,  e  Amede 
aveva  trovato  il  manico.  Silvia  aperse  nn  poco  il  cuore,  e  si  l;i 
sfuggire:  — Tante  volte  avevo  passoggiato  questo  luogo,  quan'l'ero 
in  collegio,  e  non  mai  T  avevo  ammirato  come  ora  che  ci  con- 
duce il  signor  Amedeo! 

In  sulla  piazza  scesero  tutti  a  piedi,  e  si  avviarono  al 
di  Po,  e  ne  levarono  il  conte  della  Pineta  e  il  signor  Boasso; 
avevano  schivata  la  noia  di  scarrozzare  a  zonzo  per  Torino,  e 
aspettavano  la  loro  brigata,  ragionando  e  stappando  qualchd  ' 
tiglia  di  birra,  ma  piu  ragionando.  Amedeo,  com'ebbe  riiu. 
in  carrozza  le  signore,  si  ferm6  alTimboccatura  del  ponte,  e  qui 
sfoderd  tutte  le  armi  della  sua  eloquenza,  brucio  le  ultimo  car- 


I'.tS  LA    CONTESSA   1MERNAZIONALE  -  IV.    PKIME   SCINTILLE 

tucce  di  rispetto.  —  Di  Torino  non  si  e  visto  uulla  sin  qni, 
diceva  egli,  abbiamo  fatto  un  semplice  studio  stradaiuolo  e  piu/- 
zaiuolo.  Per  compirlo  e  al  tutto  necessario  salire  colassti,  a  So- 
perga...  fi  la  piu  bella  gita,  la  piu  varia,  la  piu  dilettevole... 
Chi  non  ci  e  stato,  non  ha  visto  Torino,  non  ha  visto  nulla  di  bello 
ul  mondo...  —  La  signora  Boasso  approvava  di  lungo,  e  rinfinn- 
cava  cortesemente  1'invito.  Ma  la  contessa,  immemore  di  averne 
quasi  dato  parola,  si  contendeva:  voleva  farla  cascare  daU'alto. 
E  Amedeo  stringere:  —  E  poi  avete  quasi  quasi  promessa  la 
grazia  fin  dal  primo  giorno...  Non  vorrei,  s'intende,  6  evident?, 
mai  e  poi  raui  con  vostro  incommodo,  Dio  guardi !...  Ma... 

Severina  intanto  guatava  negli  occhi  la  contessa  zia,  per  in- 
dovinare  che  parte  ella  stessa  dovesse  fare.  Ma  Silvia  non  si 
tenne:  —  Mamma,  in  due  anni  di  collegio  ho  udito  cento  volte 
parlare  di  Soperga...  bisogna  che  la  vediarao,  priraa  di  tornare 
:i  Milano.  Una  occasione  si  bella !...  con  si  buona  compagnia !  - 
E  gli  occhi  le  si  volsero  per  istinto  ad  Amedeo.  Fortuna,  che  non 
se  n'  avvide  la  contessa,  che  pur  la  teneva  d1  occhio,  gelosamente. 
Non  poteva  essa  piu  contrastare ;  e  sebbene  le  scottava  che  sua 
tfglia  si  mostrasse  corriva  ad  accettare  i  favori  altrui,  pure  si 
Iasci6  vincere.  —  E  bene,  poichd  volete,  signora  Caterina,  dis»- 
giarvi  per  noi,  e  noi  useremo  e  abuseremo... 

—  Non  c'6  abusi,  interruppe  la  signora  Caterina,  non  ci  eabusi 
davvero;  anzi,  ci  fate  un  piacerone,  a  tutti  quanti...  solo  che 
fissiate  il  giorno  a  vostro  commodo... 

—  Ma  che?  tocca  a  voi,  signora. 

—  Anzi  a  voi,  contessa. 

—  Basta,  c' intendereino. 

La  grazia  era  fatta.  Non  dispiaceva  punto  questo  svago  alia 
Severina.  Ma  Silvia  ne  menava  una  galloria  pazza,  da  farsi  scor- 
gere  a  un  cieco.  La  contessa  quasi  si  pentiva  della  soverchia 
r ondiscendenza.  Ma  come  ritirare  la  parola  data  ?  Certainente  poi 
data  non  1'avrebbe,  e  data  ancora,  avrebbela  disdetta,  se  avesse 
allora  potuto  indovinare  i  discorsi,  passati  quel  giorno  tra  il 
pidre  di  Amedeo  e  il  padre  di  Silvia. 


RIVISTA  IIEI.I.A  STAMI'A  ITALIAXA 


I. 

Esamc  critico  del  Sistema  filologico  e  linguistico^  applicato 
alia  ^f^toloffia  e  alia  Scienza  delle  Religioni,  pel  P.  CBSABB 
A.  DK  CARA  d.  C.  d.  G.  Prato,  tipografia  Giachetti,  1884. 
Un  Vol.  in  8°  grande,  di  pagg.  415. 

Grand!  sono  i  progress!  che  lo  studio  delle  lingue  e  venuto 
facendo  da  un  secolo  e  mezzo  in  qua;  cioe  da  quando  il  Leibnitz 
ne  ebbe  segnata  la  diritta  via,  e  sulle  orme  di  quel  somino  una 
illustre  schiera  di  valentuoraini,  come  Federico  Schlegel,  1'Herder, 
1'Hervas,  1'Adelung,  il  Vater,  il  Bopp,  il  Grimm,  il  Burnouf  e 
tanti  altri  fino  ai  dl  nostri,  si  diedero  a  coltivare  con  ardore 
cosiffatto  studio.  Contuttoci6  una  Scienza  del  linguaggio  pro- 
priamente  delta  non  si  e  per  anco  ottenuta.  Si  e  bensl  raccolto 
un  tesoro  immenso  di  notizie  intorno  ai  fatti  e  alle  leggi  special! 
di  un  numero  tragrande  d'idiomi,  e  coll'analisi  e  comparaziono 
delle  diverse  lingue  e  fainiglie  di  lingue  tra  loro,  si  sono  dati 
gran  pass!  verso  la  sintesi  scientifica  dell'umano  linguaggio:  ma 
siamo  tuttavia  ben  lungi  dal  possedere  cotal  sintesi.  <  Una  scienza 
del  linguaggio  vera  e  perfetta,  un  complesso  cioe  di  principii 
certi  ed  inconcussi,  pei  quali  tutti  i  problem!  che  presenta  1'umano 
linguaggio  in  s&  e  nel  suo  storico  svolgimento  restino  con  certezza 
sciolti  e  dimostrati,  non  esiste  ancora,  >  dice  il  De  Cara ' :  e  ne 
cita  in  pruova  le  confession!  stesse  dell' americano  Whitney,  ce- 
lobre  indianista,  e  le  gravi  discordie  che  intorno  ai  principii 
medesimi  della  scienza  ardono  tlittora  nel  campo  dei  glottologi. 

La  Linguistica  aiunque  e  oggidl  una  scienza  (se  pur  tal  nome 
le  si  vuol  concedere)  ancor  bambina  e  balbettante,  o  almen  fun- 
ciulla;  ne  dovrebbe  quindi  partirs!  dalla  tlmida  modestia  che  a 
tal  eta  si  conviene.  Ma  pur  troppo  ella  fa  gia  la  superbetta, 

1  I'ag.  1!». 


RIVISTA 

recall  losi  in  contegno  quasiche  di  inatrona,  e  sta  sulle  pretension! 
e  presume  di  dettar  leggi  e  oracoli,  e  non  si  perita,  cosi  piccina 
com'e,  di  metter  la  lingua  anche  in  cielo.  Faor  di  figura,  si  e 
abusato  e  si  abusa  da  inolti  della  Lioguistica,  pretendendo  di 
spiegar  con  essa  ogni  cosa;  ed  in  ispecie  i  moderni  razioualisti 
si  son  fatti  di  lei  un'arina  per  coinbattere  il  Soprannaturale,  la 
Kivelazione,  la  Religione  cristiana,  che  vorrebbero  storminar  dal 
inondo. 

Ora  lo  scopo  del  ch.  De  Cara  e  appunto  di  rompere  in  mano 
a0-li  avversarii  del  Cristianesirao  cotest' arina,  mostrando  coine  i 
suoi  col  pi  vadano  tutti  in  fallo.  Perci6  egli  imprende  a  fare  un 
accurate  Esame  critiqo  del  Sistema  filologico  e  llngiiistico> 
quale  oggidl  va  per  le  bocche  dei  dotti.  Ma  questo  Sistema  po- 
tendosi  considerar  doppiainente,  cioe  o  in  s6  medesiino,  vale  a 
dire  nell'obbietto  suo  formale  e  ne'suoi  principH,  ovvero  nelle 
sue  applicazioni  ed  effetti;  1'Autore,  riserbandosi  a  trattare  in 
altro  volume  il  primo  rispetto,  nel  presente  si  occupa  del  secondo: 
egli  esamina  cio&  il  Sistema,  in  quanto  viene  applicato  alia  Mi- 
tologia  edalla  Scienzadelle  Religioni:  nella  quale  applicazione 
sta  appunto  il  capitale  abuso  che  si  e"  fatto  della  Linguistica  e 
della  Filologia.  Imperocche  collo  studio  delle  favelle  i  razionalisti, 
spiegando  a  modo  loro  i  miti  delle  antichissiuie  genti  pagane, 
ban  cercato  di  dare  un'origine  ineramente  umana  a  tutte  le  cre- 
denze  religiose,  con  escludere  ogni  divina  rivelazione;  e  nella 
Bibbia  stessa  non  veggon  quasi  altro  che  miti ;  e  i  dommi  in  essa 
contenuti,  dicon  derivati  dalle  religioni  dell' India,  deU'Egitto, 
della  Persia,  della  Caldea. 

L'iinpresa  del  De  Cara  e  ardua  e  ardita:  non  gia  che  sia  gran 
fatto  per  se  malagevole  lo  scoprire  e  ribattere  gli  errori  degli 
avversarii,  sopratutto  chi  sia  ben  fornito,  come  e  il  nostro  Autore, 
di  sodi  principii  in  filosofia  e  teologia  e  di  vigorosa  logica:  ma 
bensi,  e  per  la  vastita  del  campo  che  tal  impresa  abbraccia,  e 
per  1'ampio  corredo  di  erudizioni  e  letture  d'ogni  fatta  che  ella 
esige,  e  per  la  moltitudine  e  qualita  dei  nemici  che  si  ban  da 
coinbattere,  e  finalmente  per  la  novita  stessa  dell' impresa,  non 
prima  da  altri  tentata.  Conciossiache  si  ban  sibbene,  qua  e  la, 
nei  libri  di  apologisti  cattolici  belle  pagine,  ove  fra  gli  altri 


con!'  ••  gli  ari.  Ma  liriL-  •  l-i 

•vl.'hri  tuttavia  le  !• 

•  il  Cardinal  Wiseman:  ma  niim  autore  cattolico,  che  sap- 

;o,  ha  finora  preso  ad  esaminare  ex  professo  tutto  il  9 
dflla  moderna  filologia,  e  a  dimostrare  la  mala  pruova  ch>- 

-•iNtira  ha  fatta  ne^campo  della  .Mit<>logia  e  della  Sci«' 
delle  religioni,  e  massimamente  della  religione  giudaico  cristi 
l/.Vutore  ha  dunque  dovuto  aprirsi  quasi  tutto  da  se  la  v 
sobbarcarsi  il  primo  a  dissodare  un  terreno,  stato  fino  a  ieri  ; 
iiieu  cha  vergiue.  La  qual  fatica,  se  sarebbe  stata  gravosa  un 
o  30  anni  fa,  lo  e  assai  pin  al  dl  d'oggi  ;  atteso  che  da  indi  in 
qua  nuovi  e  piu  larghi  studii  hanno  moltiplicate  oltre  nuinero 
le  opinion!  e  i  sistemi,  ed  e  cresciuta  a  disraisura  la  farra^in  • 
del  libri,  periodici,  riviste,  giornali,  e  d'ogni  guisa  pubblicazioni 
sopra  la  lingnistica,  quasi  tutte  in  iiiioma  straniero  e  per  lo  pin 
tedesco,  ne  seinpre  facili  a  trovarsi  sulle  piazza  librarie,  eppur 
necessarie  ad  aversi  alia  mano,  affin  di  conoscere  appieno  il  tenn. 
e  star  di  paro  in  corso  con  tutti  gli  studii  piu  recenti. 

Mu  il  Da  Cara  ha  vinto  tutte  le  difficolta;  e  che  egli  fos?*? 
tioiuo  da  tanto,  aveane  gia  dato  una  bella  pruora  col  Say</i<> 
tico  sopra  gli  Errori  mitologici  del  Prof.  Angela  de  Gnln-rn<i 
nscito  alia  luce  nel  1883:  che  fu  come  il  foriero  del  presents 

inn*,  n-itico.  Ne  dubitiam  punto  che  i  plausi,  fatti  a  qn*-! 
Saggio  da  uomioi  dottissimi  ',  non  siano  per  rinnovarsi,  anco 
maggiori,  all'odierno  Esame,  per  mole  e  per  importan/A  di  tanto 
pill  ragguardevole.  Anzi  gia  ne  abbiamo  uu'arra,  nelTelogio  che 
i*  Academy  di  Londra,  che  suol  essere  la  prima  ad  anmmciare 
nt'l  mondo  letterario  dei  due  emisferi  le  opere  di  qualche  prc 
ha  teste  pubblicato  nel  suo  numero  settimanaledegli  8  marxo  1> 
*  O^gidl  (ella  dice),  che  alcuni  dei  principii  fon.lamentali  della 
scienza  della  mitologia  e  della  religione  sono  stati  si  vivaiuento 
discussi,  il  libro  del  P.  Cesare  De  Cara,  Esame  critico  ecc.,  sara 


si  IP  r^wnsioni  chc  nc  pulihlicarono,  la  Controversy  dH  1  oltol.r 
il  Miwnn  nH  n.  3  <lcl  T.  II,  il  Franrais  d.-l  '1(\  nn  Gli  $tudii  in  Italii 

•1-1  ilioi'iiiliri'  ixs:!,  Ic  Stimmen  «ns  Mtiria-Isvich  »1HI'  oltohro   I88H:  rfCPnsMirr, 
•  ri<|>"tiivam<»ntc  dal  DE  HAULE/,  <lul  VAN  DEN  UHKYN,  dd!  l.ill1  \\tu.i 


RIVISTA 

letto  con  singolare  interesse.  Si  vuol  bensl  tener  conto  della  stretta 
ortodossia  che  egli  professa  (notisi  che  1'  Academy  6  protestante) : 
ma  ci6  non  detrae  nulla  all'utilita  del  libro,  in  quanto  e  storia 
imparziale  di  tutti  i  lavori,  che  sono  stati  fin  qui  eseguiti  da  serii 
cultori  in  quest!  nuovi  cainpi  di  ricerche.  > 

Ora,  per  dare  qui  al  nostro  lettore  una  sominaria  contezza  della 
tessitura  e  contenenza  dell' Opera  del  De  Cara:  ella  e  tutta  distri- 
buita  in  70  capitoletti,  con  in  fronte  a  ciascuno  il  proprio  titolo, 
che  ne  spiega  in  poche  linee  1'argomento.  Nei  priori  VII  capit»li, 
che  servon  come  d' Introduzione,  si  parla  degli  studii  linguistic! 
in  genere,  dei  loro  progress!  fino  ai  presente,  del  vero  e  utile 
ttolo  di  condurli;  si  tocca  della  controversia  sopra  il  Semitismo 
etrusco  dibattuta  tra  il  P.  Tarquini  (poscia  Cardinale)  e  1'Ascoli; 
e  si  rilevano  parecchi  errori  ed  esorbitanze  del  Delatre,  del  Van- 
nucci,  del  Risi,  del  De  la  Calle,  del  Lignana,  e  sopra  tutto  le 
madornali  ciurmerie  del  Jacolliot.  Entra  quindi  T  Autore  a  trat- 
tare  dello  Studio  della  Mitologia  dull'  antichita  sino  a  noi,  e 
ad  esporre  e  discutere  i  diversi  sistemi  inventati  a  interprdare 
i  miti  e  lefavole  degli  antichissimi  popoli  (capitoli  VIII-XXV). 
In  questa  dotta  rassegna  si  veggono  sehierate  per  ordine  tutte 
le  opinioni  che  ebbero  corso  finqui  in  tal  materia;  dai  piu  antichi 
Greci,  Senofane,  Eraclito,  Platone,  Epicuro,  Protagora,  Eschilo, 
Euripide,  Pindaro,  e  dai  dottissimi  fra  i  Romani,  Varrone  e  Ci- 
cerone, venendo  gift  a  traverso  i  secoli  fino  al  nostro.  II  sistema 
storico  di  Eveinero,  il  sistema  allegorico,  il  metafisico,  il  flsico,  il 
morale,  il  simbolico,  tutti  'vi  son  rappresentati  e  descritti ;  in  fino 
all' ultimo  e  modernissimo,  che  chiamasi  sistema  filologico,  pe- 
rocch&  dai  linguaggio  in  genere  e  dalla  filologia  coinparata  degli 
idiomi  indo-europei  in  ispecie,  trae  la  spiegazione  dei  Yetusti 
miti;  e  suddividesi  egli  medesimo  in  piti  sistemi,  ossiano  varieta, 
come  il  sistema  solar  e  di  Max  Mttller,  il  meteorologico  di  Adal- 
berto  Kuhn,  il  misto  del  Sayce,  il  psicologico  del  Fiske,  Cottico 
o  iconologico  del  Clermont  Ganneau.  E  come  dei  sistemi  antichi 
il  De  Cara,  librandone  il  vario  valore,  non  lascia  di  accennare 
qua  e  cola  i  difetti ;  cosl,  ma  piu  ampiamente  nel  sistema  filo- 
logico,  che  oggidl  tiene  il  campo,  egli  s'  iutrattiene  a  mostrarne 
T  imbecillita,  mettendone  a  nudo  le  gravi  pecche,  i  falsi  supposti 


da  cui  parte.  [pi  \  gli  abusi  e  le 

stravaganze  a  cui  conduce. 

»  cio,  egli  passa  a  dibattere  la  gran  quistione  della  M 

(i/>]>/ii-'iffi  d/l'o  /ioni  ed  a  confutare 

cho  i  moderoi  mitologi  rationalist!  tengono  per  assioma  indubi- 
tato  e  indubitabita  ' 

da  mi  niito.  Nella  qual  polemic*,  die  assorbe  gran  parte  del  libro 
(••apitoli  XXVI-XLIY),  e  noi  non  possiarno  toccar  che  di  \ 
1'Autore  chiamate  priinameute  ad  esaiue  le  varie  religioni  degli 
antichi,  dimostra  quanto  male  a  ciascuna  si  addica  rorigino  mi- 
tologica  che  lore  vorrebbesi  assegnare ;  ma  soprattutto  si  adopera 
a  combattere  1'applicazione  del  sistema  mitico  alia  religion  ri- 
velata,  cio£  alia  giu-laico-cristiana,  rilevando  i  sofismi  e  le  as- 
surdita  dei  rationalist!  e  della  lor  critica  storica,  nelle  applica- 
ii  cbe  ne  fanno  alia  scienxa  delle  religioni,  e  singolarmente 
all'  inter  pretazion  della  Bibbia,  dove  non  trovano  che  rniti,  leg- 
gende,  fa  vole,  romanzi,  errori  ed  assurJi;  e  nei  ridicoli  sforxi 
che  impiegano  per  ispiegare  naturaliiientc  il  soprannaturale,  per 
derivare  da  meri  istinti  ed  impression!  fisiche  il  monoteismo 
gitidaico,  e  simili  altre  stoltizie.  Infine  il  De  Cara  precede  a<l 
oppuguare  Taltro  capitalissimo  errore  dei  ra/aonalisti  che  preten- 
dono:  i  dommi,  le  tralizioni,  i  riti  giadeo-cristiani  essere  derivati 
dalle  antiche  religioni  dell'Egitto,  della  Babilonia,  dell' India, 
della  Persia  (capit.  XLV-LXX).  Messe  pertanto  a  confronto  la 
vera  colle  quattro  piu  celebri  religioni  false  dell'autichita,  ei  fa 
toccare  con  mano  quanto  sia  falso  ed  impossibile,  o  si  risguardi 
la  ragion  del  tempo,  o  la  natura  stessa  delle  credenze  religiose, 
il  supporre  che  la  prima  abbia  da  veruna  delle  seconde  tolto 
nulla  in  prestanza.  Nella  qual  disamina,  degne  singolarmente  di 
attenzione  sono  le  due  magistral!  trattazioni,  1'  ana  sopra  il  /  >• 
roastrismo  o  Mazdeismo  degli  antichi  Persian!,  Taltra  sopra  il 
Buddhismo  degl' Indo-Cinesi,  colle  quili  si  conchiude  il  libro. 

Tall  sono  in  succinto  i  punti  capital!  dell'opera  del  De  Cara; 
intorno  a!  quail  ei  raccoglie  inoltre  ed  opportunamente  intrec- 
cia  una  moltitiidine  di  altre  question!  secondarie,  e  una  dovizia 
di  dotte  e  pellegrine  curiosita,  di  cui  troppo  lungo  sarebbe  il 
far  qui  Tanalisi. 


504  RIVISTA 

Ora  nello  svolgere  cosl  Tasto  tema,  e  nel  diboscare  rimmane 
selva  di  errori  che  la  falsa  scienza  e  1'empieta  razionalistica  vi 
h;i  acemnulati,  il  nostro  Autore  non  si  tien  gia  pago  ad  arineg- 
giare.  rolle  sole  idee  in  astratto,  stando  in  sulle  generali ;  ma 
viene  al  concrete  e  al  positive;  cita  fedelmente  le  opere,  le  disser- 
tazioni,  gli  articoli  di  giornali  scientifici  o  letterarii,  ove  le  varie 
opinion!  e  dottrine  si  leggono  esposte;  ne  recita  i  passi  piu  no- 
tevoli;  ne  discute  il  pro  e  il  contra,  e  dopo  un  ragionato  esame, 
n«  prommcia  sentenza.  Quanto  poi  agli  autori  che  ad  ogni  tratto 
vengono  in  iscena,  essi  sono  un  popolo:  tntti  personaggi  per  di- 
versi  rispetti,  piu  o  men  celebri,  e  tutti  dal  De  Cara  rappre- 
sentati  nel  vero  lor  sembiante  e  trattati  secondo  che  al  diverso 
lor  merito  si  conviene. 

Ivi  si  veggono  far  nobil  mostra  di  s6  i  grandi  maestri,  come 
il  De  Harlez,  il  Earth,  il  Bergaigne,  Max  Muller,  il  Lenor- 
inant,  TOppert,  il  Sayce,  il  De  Rouge",  il  Lepage  Eenouf,  il  De- 
litzsch,  il  Tiele,  il  Whitney,  1'Ascoli,  e  piu  altri  famosi  nelle 
moderne  discipline  della  giottologia  e  dellafilologia  indo-europea, 
indianisti,  eranisti,  egittologi,  assiriologi,  seinitisti  ecc.  delle  cui 
dotte  scritture  ed  antorita  il  De  Cara  largamente  si  giova  ad  il- 
lustrare  ed  a  corroborare  le  proprie  sentenze.  Con  tutta  per6  la 
riverenza  e  stiina  che  giustamente  ei  lor  professa,  non  e"  gia 
che,  allorqnando  gli  accada  di  trovare  alcua  d'essi  in  fallo,  egli 
punto  si  periti  di  censurarlo.  Cosi  nel  Lenormant  egli  loda  la 
vastissima  dottrina  e  la  franca  professione  del  cattolicismo,  ma 
nnn  tralascia  di  rilevare  al  tempo  stesso  e  correggere  (capi- 
toli  XXXV-XXXVII,  XLVIII)  le  troppo  ardite  licenze  che  ei 
talora  si  prende  nell'esegesi  biblica,  e  confutare  certe  strane 
opinioui  da  lui  espresse  nelle  Origines  de  Vhistoire.  Parimente, 
del  rinomato  Professore  di  Oxford,  Max  Muller,  egli  celebra  il 
«  robn^to  ed  alto  ingegno,  la  splendida  fantasia,  1'  erudizione 
molteplice  e  la  dottrina  filologica  incomparabile  >  ;  ma  riprende 
altresi  gli  <  erronei  ed  avventati  giudizii  che  la  falsa  confessione 
(protestantica)  in  che  nacqne,  adombrandogli  talor  I1  intelletto, 
gli  suggerisce  intorno  al  Cattolicismo  e  a'suoi  dommi  >,  e  pone 
in  rilie'vo  i  difetti  delle  sue  svariate  e  dotte  opere,  tra  i  qnali 
il  precipno  si  e  «  la  debolezza  e  instabilita  dei  principii  gene- 


!  LA    STAMPA    II 

orvle  muovt1,  o  P«T  mi  <•  -ataraente  condotto  a  contrad- 

dmimi  j.alp.-itiili  con  se  stesso  e  con  la  sua  dottrina  >  (capi- 

v.  \  \XI).  E  del  Ti  ile,  professor*  a  [*]  la.  iiM-ntre 

sono  enconiiate  la  soda  scien/a,  la  sana  critica,  e  la  scelta  eru- 

di/ione  di  alcuni  egregi  suoi  lavori,  uon  si  perdona  tnttavia  dal 

De  Cara  alle  sciocchezze  che  al trove  spaccia,  e  che  appcna  cre- 

bbonsi  parto  del  medesimo  cervello  (cap.  XXIII,  XXXII). 

Ma  con  maggior  liberta  precede  il  nostro  Critico,  quando  gli 
vengono  alle  mani  certi  autori,  e  sono  i  pi  ft,  di  seconda  e  ter/a 
e  pift  gift  fino  aU'infiina  sfera;  nei  quali  ai  pregi  d'una  dot- 
trina ed  ingegno  qualsiasi  prevale  di  troppo  la  leggerezza,  la 
t<  merita,  la  stravaganza,  la  falsita  e  Tassurdita  ben  anco  delle 
opinioni  che  sciorinano  al  sole.  Qui  egli  non  usa  pift  troppi  ri- 
guardi,  e  mena  a  tondo  largamente  la  sferza,  a  flagellare  non 
gia  le  persone  del  malcapitati  scrittori,  ma  i  vizi  dei  loro  scritti, 
vi/.i  ch'ei  mette  a  nudo,  spogliandoli  dei  sofistici  orpelli  messi 
loro  attorno  dai  babbi,  e  che  espone  qnindi  senza  pieta  alia 
berlina  dinanzi  al  colto  pubblico.  Nel  che  fare  e  bello  il  vedere 
con  che  dignitosa  gravita  procede  il  De  Cara,  senza  uscir  niai 
dei  termini  del  su  >  pacato  e  nobile  stile,  nd  dalla  quiete  della 
sua  olimpica  serenita,  comportandosi  non  come  un  lottatore  che 
nell'arena  s'avventa  e  stringe  addosso  all'avversario,  ma  come  un 
gindice  che  dalla  sua  scranna  sentenzia  un  reo. 

Leggasi,  ad  esempio,  il  capitolo  VII,  intitolato  Dd  ciarlafa- 
nismo  in  linguistica,  e  tutto  consecrato  alle  glorie  di  Luigi 
Jacolliot,  e  de'suoi  libri  La  Bibbia  neU India,  e  Legislatori 
r-  lif/iosi,  Mosd,  Manu,  Maometfo.  Ivi,  dopo  convinto  il  Jacol- 
liot di  plagiario  sfacciato,  si  fa  una  buona  rassegna  degli  stra- 
falcioni  pift  enormi  ond'egli  ha  ingemmato  le  sue  opere,  nelle 
quali  la  filologia,  la  linguistica,  1'etnografia,  la  storia  e  la  lo- 
gic* si  veggono  orribilmente  ma^menate;  e  dove  all'ignoranza 
maravigliosa  e  alia  sfrontata  impostura  va  di  paro  1'orgoglio  in- 
credibile  con  cui  egli  dispregia  e  calpesta  anche  i  sommi  maestri 
di  lettt»re  orientali;  tutto  cio  non  per  altro  scopo  che  per  quello, 
da  lui  medesimo  apertamente  professato,  di  mostrar  bugiarda  la 
trailix.ione  e  la  rivelazion  mosaica,  e  di  persuadere  i  citrulli,  che 
il  Cristianesiuio  non  e  che  una  derirazione  del  Brahmanismo.  Un 


RIVISTA 

altro  gran  ciarlatano,  avvegnach&  di  gran  lunga  piu  raffinato  e 
scaltro,  6  il  Renan,  che  tra  i  barbassori  dell'orientalismo  a  Pa- 
rigi  snole  andar  per  la  maggiore.  II  De  Cara,  nei  quattro  capi- 
toli  (XL-XLIII)  che  sopra  di  lui  spende,  ce  ne  colorisce  nn 
vivo  ritratto,  dove  le  qualita  dell'animo  e  dell'ingegno,  ed  il 
valore  nella  scienza  orientale  e  nella  critica  storica,  del  celebre 
sofista,  dell'elegante  carapione  del  razionalismo,  sono  estimati  al 
giusto  lor  peso;  ed  il  saggio  che  ivi  si  da  delle  sue  contra  Idi- 
zioui,  delle  falsita  sinaccate,  delle  imperdonabili  ignoranze,  dei  con- 
tinui  paralogismi  mostra  abbastanza  qaanto  sien  fiacche  e  im- 
potenti  le  armi  da  lui  adoperate  a  combattere  il  soprannaturale, 
e  la  Bibbia  e  il  Cristianesiino.  Dopo  il  Renan,  passa  sotto  la 
sferza  del  De  Cara  il  nostro  De  Gubernatis  (cap.  XLIV):  e  Jion 
potea  fallire  che  in  questo  Esame  critico  si  facesse,  tra  i  ciur- 
madori  della  scienza,  onorevol  menzione  anche  del  celebre  raito- 
inane  italiano.  Ma  siccorae  ei  tocc6  gia  nel  Sayyio  critico  sopra 
ricordato  la  solenne  vapulazione  che  tutti  sanno,  e  ne  porta  ancor 
fresche  le  ferite ;  qui  il  De  Cara  si  contenta  di  dargli  una  pas- 
Si'ggera  e  lieve  castigatoia,  e  di  rilevar  1'accoglienza  che  sortl 
nel  mondo  scientifico  il  suo  sisteina  mitologico  e  le  balzane 
applicazioni  da  lui  fattene  alia  religione  giudaico-cristiana,  1'uno 
e  le  altre  derise  a  pieno  coro  «  come  sogni  di  visionario  da  tntti 
gli  Orientalisti  e  mitologi  piu  celebri  della  dotta  Europa.  > 

Ma  troppo  lungo  sarebbe  il  metter  qui  in  processione  tutti  gli 
autori,  che  nel  suo  Esame  il  DJ  Cara  chiama  1'  un  dopo  1'altro  a 
sindacato,  e  dire  con  che  garbo  ei  rivede  loro  le  bucce,  mettendone 
gli  spropositi  in  tal  evidenza,  che  non  rimane  replica.  UQ  arguto 
e  celebre  letterato  fiorentino,  il  P.  Mauro  Ricci,  scrivea  poc'anzi 
nel  Giorno  di  Firenze,  del  1°  marzo  1884:  <c  Non  vediamo  che 
cosa  possan  dire  in  risposta  il  De  la  Calle,  il  Risi,  il  Jacolliot, 
il  Tiele,  il  Vernes,  il  Lignana,  il  Renan,  il  De  Gubernatis,  lo 
Zorli,  il  Gener,  il  Br6al,  il  Marius,  il  Mariette-bey  e  tutti  gli 
altri  professoroni  che  il  bravo  De  Cara  va  a  cercare  per  tutto  il 
mondo,  e  con  la  sua  molta  dottrina  raggiunge  in  tutte  le  lingue. 
E  fattili  venire  davanti  a  se,  scopre  le  loro  magagne,  contentan- 
dosi  di  gastigarli  con  un  po'di  vergogna,  se  hanno  mancato  per 
umana  fragilita;  strappando,  per  dirlo  con  Orazio,  la  pelle  nitidus 


DKLLA    STAMPA    ITALIA 

cho 

dellu  filologiae  della  linguistica  banao  fatto  una  setta  per  dare 
addosso  ul  CrUtuuk'siui'*,  non  una  scuola  per  crescere  1'utilita  e  la 
gloria  ili  MI  nubili  studii.  » 

CoDchiudiamo.  L'opera  del  P.  De  Cara  6  non  solo  una  9i 
come  la  chiama  r.l--./-/. /////,  di  tutti  i  lavori  com; 
tisi  fin  qui  nel  vasto  campo  della  linguistica  e  ftlologia,  applicata 
alle  origini  dei  miti  e  dello  religion!,  e  come  uno  specchio  fedele 
di  tutta  la  dottrina  inoderna  in  questo  genere  di  discipliiio,  ma 
e  al  tempo  stesso  uua  sulida  e  trionfaute  confutaxione  di  tutti 
gli  errori  che  in  tale  argomento  si  sono  spacciati  e  si  vanno 
spacciando  tuttora,  a  danno  della  vera  scienza  e  sopratutto  della 
vera  religione.  Laonde,  se  per  Tuna  parte  il  dotto  Autore  si  d 
reso  altamente  benemerito  della  scienza,  e  ha  diritto  ai  plausi  dei 
sincori  di  lei  amatori;  per  1'altra  gli  si  addice  pure  il  bel  titolo 
di  apologista  insigne  del  Cristianesiuio,  e  di  apologista  opportu- 
nissimo  ai  tempi  che  corrono,  nei  qnali  dalla  lingdstica  appuuto 
e  dalla  initologia  i  ra/ionalisti  traggono  le  obbie/ioni  piu  spe- 
ciose  contro  le  dottrine  rivelate.  Perci6  il  suo  libro  si  racco- 
manda  per  s&  inedesimo  ed  ai  filologi,  qualunque  sia  la  lor  pro- 
fessione  religiosa,  ed  a  tutti  i  cattolici,  gelosi  della  lor  fede;  e 
fra  questi  in  modo  singolare  ai  cherici,  i  quali  dorendo  per  lor 
vocazione  essere  maestri  e  difensori  della  verit&  rivelata  contro 
i  sempre  nuovi  attacchi,  mossile  contro  dagl'  increduli  in  nome 
d'una  scienza  fallace,  troveranno  nelle  pagine  del  De  Cara  pronto 
alia  mano  tutte  le  ariui  con  cui  combattere  vittoriosamente  i  no- 
vissinii  errori  del'a  incredulita  inoderna. 

II. 

r<tl>u  e  //••,  ossia  le  teoriche  diJConciliazione  politico-reliyi 
per  GAETAXO  Zocciu  S.  I.  Roma,  Tipografia  A.  B^faui,  via 
Celsa  G,  7,  b,  1684. 

L'Autore  di  questo  pregevolissiino  lavoro  ha  ben  ragione  di 
dire  che  la  questione  del  Potere  teinporale  non  invecchia  mai, 
fid  6  seinpre  di  moda,  perch6  a  siffatta  questione  si  legano  gl'  in- 


RI  VISTA 

toressi  pi  ft  vitali  del  Cristianesimo  cattolico,  come  a  dire  ik-lla 
sola  Reli^ione  vera  di  cui  i  destini  sono  imperituri.  In  quella 
guisa  pertanto,  che  s'ingannavano  coloro  che  creJevanla  sciolta 
e  fiuita  a  colpi  di  cannoue;  cosl  versano  in  grandissimo  inganno 
anche  coloro,  i  qnali  sperano  dal  tempo  che  non  ci  si  pensi  piu  o 
cada  in  un  profondo  oblio.  Per  convincersi  infatti  che  codesto 
probleina,  il  pift  grande  del  secolo,  torna  seinpre  a  galla  e  mo- 
stra  di  non  essere  ancora  defioitivatnente  e  iinpreteribilmente 
sciolto,  il  ch.  Autore  dice :  «  Ad  ogni  tratto  si  inostra  un  lato 
nuovo,  non  mai  previsto  del  la  questione  apertasi  ii  20  settein- 
brc  1870  insieme  colla  famosa  breccia;  e  tutti  coloro  che  non 
son  ciechi  veggono,  come  i  provvedimenti  presi  non  bastano,  le 
guarentige  date  sono  insufficient!,  la  via  scelta  e  falsa;  assurda 
e  seminario  d' infinite  assurdita,  teoriche  e  pratiche,  la  condizione 
in  cui  lo  Stato  s'd  posto  rispetto  al  Vaticano  e  ha  ridotto  il  Va- 
ticano  riguardo  a  se.  >  Sta  qui  tutto  il  bandolo  dell'arruffata  ma- 
tassa,  che  le  dodici  fatiche  d'Ercole  non  varrebbero  a  dipanare. 
Infatti,  han  torto  i  liberali  di  dedurre  dal  fatto  dell'/lalta  Nuova, 
insediata  in  Roma  sulle  ruine  della  potesta  temporale  dei  Papi, 
che  gl' Italiani  cattolici  aspettano  iudarno  la  rivendicazione  delle 
f/iustizie  di  san  Pittro ;  avvegnache  altro  non  ci  fosse  che  la 
condizione  instabile  e  vacillaote  della  Nuova  Italia,  basterebbe 
questa  sola  a  dimostrare  che  i  cattolici  hanno  ogni  motivo  di 
aspettare.  Posto  cio  I1  Autore  afferina,  che  la  questione  del  potere 
temporale  dei  Papi  e  viva  ed  aperta  in  dritto  non  solo,  ma  auche 
itiifattO)  e  move  a  dimostrarlo  con  tal  vigoria  di  ragionameuto 
e  con  tanta  copia  de'fatti  desunti  dalla  storia,  che  bisogna  avere 
perduto  il  ben  deH'intelletto  per  sostenere  il  contrario.  Esclude 
innanzi  tutto  T  idea  che  la  Provvidenza  abbia  con  volonta  di  be- 
neplacito  consentito  lo  spogliamento  del  Papa  e  Tinsediainento 
della  Nuova  Italia  in  Roma.  Le  ragioni  che  egli  adduce  sono  vit- 
toriose,  e  degne  di  un  pensatore  profondo,  e  tutte  ci  paiono  com- 
pendiate  in  queste  bellissime  parole:  <  fi  turpissima  specie  di 
«  sofistica  liberale  il  fare  devotamente  complice  la  Provvidenza 
«  diviua  delle  opere  di  Sataua  e  dei  suoi  seguaci.  Che  auzi  col- 
*  1'aiuto  di  una  verace  induzione  storica  e  dei  luini  che  ne  ven- 
«  gono  suggeriti  dalla  dottrina  cattolica,  ci  proponiaino  di  assa- 


«  1.  lirettamente  jalzato,  a  spese 

iivina,  da  coloro  cho  vorrebbero  e~ 
••me  cavalieri  delta  Chiesa  e  dell'Italia  nuovu 

'>  avere  sfatoto  i  sofismi  intorao  all'intarvenl  IVor- 

'fldenza,  sofismi  ai  quail  si  e  preteso  di  dare  <>  >>rtan/.a 

ill  buoui  argomenti,  il  ch.  Autore  parla  dell'aspettativa,  o  s 
Toglia  dire,  delle  speranze  dei  rattolici  in  generate,  e  d 

•  >///' in  particolare;  aspettativa  e  speranze  da  lui  dimo- 
strate  tan  to  bone  fondate,  quante  sono  fantastiche  e  ftn  purrili 
le  ragioni  contrarie  messe  in  campo  dai  fautori  della  pretesa  con- 
ciliazione;  per  lo  che  conchiude:  «  Noi  seguitererao  a  crt-  i.  r.-  il 
«  dominio  temperate  unica  guarentigia  valevole  delta  liberta  detla 

<  Chiesa,  e,  secondo  tale  persuasione,  a  sperare  che  Dio  r- 

<  tuisca  san  Pietro  nei  suoi  diritti.  Giacche  non  sappiamo  per- 

taderci  che  E^li  voglia  definitivamente  far  vivere  spo^liata  -ii 

<  liberta  la  sna  dilettissima  sposa;  e  crediamo  per  altra  parte 
«  certissimo,  che  solo  competunte  a  decidere,  se  questa  sia  o  nou 

<  sia  veramente  e  bastantemente  libera,  e  il  Vicario  di  Cristo, 
€  incaricato  di  reggerne  qiiaggiA  i  destini  »  (pag.  71-72). 

\-i  capitoli  seguenti  I'egregio  P.  Zocchi  viene  a  dire  d  1 
perche  i  cattolici  aspettino,  e  delle  ragioni  per  ctii  da  tutii 
li  che  non  sono  infetti  di  liberalismo,  si  ritenga  come  mo- 
prigioniero  in  Vaticano  il  Santo  Palre;  qn.?sti  motivi 
sono  principalmente:  la  VitalitA  del  Papato,  la  Debolezza  < 
r  Italia  present?,  PAvvi-nire  d  til' Italia.  Non  v'ha  dubbio  che 
al  leggere  le  belle  cose  da  lui  svolte  in  quest!  capitoli  il  ctioro 
dei  cattolici  si  apre  alle  piQ  dolci  e  care  speranxe,  e  prova 
insieme  un  santo  sdegno  contro  le  Voci  current  i  di  un  ac- 
cordo  tra  Vaticano  ed  il  Quirinale.  A  queste  Voci  il  valeute 
scrittore  consacra  il  capitolo  XI,  che  6  uno  dei  piu  stupendi  di 
tutto  il  libro;  perocche  a  noi  pare  che  egli  vi  dimostri  con  una 
logica  irrefutable  quanto  la  sognata  conciliazione  torni,  oltreche 
pericolosa,  indecorosa  ed  inutile,  impossibile,  ruinosa  e  coutrad- 
ditoria.  E  poiche  e  piaciuto  a  qualcuno  sostenere  la  necessita 
di  questa  conciliazione  per  salvare  la  societa  minacciata  dalla 
crescente  marea  del  radicalismo,  1'Autore  dice,  che  non  e  la 

S*rt«  XII,  vol.  VI.  fate.  812.  It  11  a p rile 


210  Rl  VISTA 

riconciliazione  che  pu6  salvare  la  pericolante  societa,  nia  la 
trasfonnazione  dell' idee,  principalmente  nelle  class!  dirigeuti. 
Ora  questa  trasformazione  non  pu6  aver  luogo  se  non  <  quando 
si  comincera  a  far  giustizia  ai  diritti  conculcati  del  Vicario  di 
Cristo  >,  perche  allora  solamente  apparira  manifesto  «  il  segnale 
del  ravvedimento  dell'Europa.  » 

Yiene  finalmente  il  capo  X[£  dove  1'Autore  tratta  della  L> 
delle  Guarentige,  che  dir  si  potrebbe  un'ainpia  trattazione  su 
questo  importautissimo  e  tanto  controverso  argoinento,  anzi  la 
piu  ampia  che  si  conosca,  perche"  il  Zocchi  con  una  cognizione 
profonda  della  storia  contemporanea  e  dello  spirito  della  rivo- 
luzione,  dimostra  come  per  la  Santa  Sede  quella  legge  noa 
esistette  mai,  come  la  Ghiesa  non  ne  abbia  ritratto  alcun  pra- 
tico  vantaggio,  quanto  enorine  difficolta  sia  pel  governo  italiano 
il  toccare  quella  legge,  e  finalmente  quanto  sia  difettosa  e  man- 
chevole. 

Nel  capo  XIII  1'Autore  fa  vedere  e,  direm  quasi,  toccar  con 
mano;  che  la  causa  del  Papato  e  internazionale;  donde  la  con- 
seguenza  che  ne  inferisce :  «  La  questione  romana,  rimanere 
ancora  tale,  quale  era  in  quell' infaustissiino  giorno  20  settem- 
bro  1870.  Ne  ha  dato  un  passo  avanti.  Anzi  pare  ritornata 
indietro;  perche  inolti  eziandio  di  coloro,  i  quali  credevano  la 
breccia  di  Porta  Pia  essere  stata  grandissima  ventura  dell'  Italia 
una  e  indipendente,  ora  capiscono  che  fu  invece  un  grosso  spro- 
posito  ed  un  orribile  disastro.  >  Qual  e,  conchiude  dunque,  il 
inodo  di  risolvere  1'arduo  problema?  un  solo:  <  Reintegrare  il 
Yicario  di  Cristo  nei  suoi  diritti.  E  per  la  necessita  assoluta 
di  siffatta  soluzione  stanno  ora  tutti  quei  motivi  che,  quando 
il  Papa  era  ancora  Re  daddovero,  e  non  da  burla,  scrittori  e 
statisti  altresl  liberali  adducevano  perche  non  venisse  scoroiiato.> 

L'egregio  Autore  si  pu6  dunque  rallegrare  di  ayere  scritto 
un  libro  veramente  prezioso,  un  libro  che  mette  con  le  spalie 
al  muro  i  nemici  del  Papa,  e  infonde  coraggio  nei  cuori  di  quei 
cattolici,  che  sostengono  vittoriosamente  le  inviolabili  ragioni 
della  Tiara.  A  noi  &  piaciuta  anche  oltre  all'eleganza  e  perspi- 
cuita  della  forma,  la  moderazione  con  cui  1' Autore  tratta  le 
cose  piu  delicate,  moderazione  per  la  quale,  chiunque  non  abbia 


la  inassima  che  gli  altri  non  debbano  esprimere  opini-mi  di- 
•>i3  dalle  proprie,  bisogna  che  dica:  non  poteva  scriversi  n& 
pi  it  ne  meno  di  co- 

La  stampa  cattolica  d'  Italia  e  fuori  ha  fatto  i  pi  A  splen- 
didi  i'!ogi  dfl  lavoro  del  P.  Gaetano  Z»cchi;  e  per  que«to 
ci  asteniuino  dal  dime  di  piu,  consapevoli  che  il  migliore  elogio 
che  si  possa  fare  di  un  libro  &  il  dime  meno  di  qnello  che  esso 
ila.  affin  di  lasciare  ai  suoi  h'ttori  il  piacere  d'aggiungervi 
i  suoi.  So  non  che,  piu  che  tntti  gli  elogi  d»'lla  stampa,  crediamo 
noi  sia  tornata  gratissima  all'egregio  scrittore  la  t^stimonianza, 
a  lui  partecipata,  della  pat«>rna  e  sovrana  sodisfazione  del  Santo 
Pa-Ire.  Per  qnesto  siamo  ancora  noi  lieti  di  pubblicare  il  sovrano 
gradimento  del  Papa,  che  troviamo  nella  lettera  seguente  di 
S.  E.  Monsignor  Gabriele  Boccali  Cameriere  segreto  partecipante 
di  Sua  Santita,  che  tcstiialinento  riproduciamo. 
€  Reverendissimo  Padre 

<  Appena  ricevuti  per  mezzo  del  Cav.  A.  Befani  i  duo  esemplari 
del  libro  intitolato  «  Papa  e  Re  »,  mi  affrettai  di  umiliarne  uno  ai 
1'i  li  del  S.  Padre,  secondo  il  desiderio  che  Ella  mi  manifestava. 

<  Mi  e  grato  di  farle  ora  conoscere,  che  Sua  Santita  ha  ac- 
c  -Ho  con  particolare  bonta  1'omaggio  di  questo  nuovo  lavoro  che 
Ella  ha  pubblicato,  come  si  esprime  nella  sua  lettera,  mosso  dal 
desiderio  di  recare  alia  Santita  Sua  qualche  conforto  in  mezzo 
alle  continue  amarezze  che  prova  ed  all'aspra  lotta  che  sostiene 
per  la  difesa  della  dignita  e  dei  diritti  deirApostolico  seggio. 

<  Come  attestato  di  questo  benigno  gradimento  ed  in  argo- 
mento  della  Sua  paterna  benevolenza,  il  S.  P.  Le  ha  impartito 
una  benedizione  particolare,  che  io  sono  bon  lieto  di  trasmett^rle. 

«  La  ringrazio  vivamente  del  gentile  pensiero,  che  Ella  ha 
avuto  anche  a  mio  riguardo  e  profitto  con  vero  piacere  di  qnesta 
nuova  opportunita  che  mi  si  offre  "per  raffermarmi  con  sensi  di 
distintissima  stima. 

<  Di  Lei,  Rmo  Padre 

«  Vaticano  2D  Marzo  1884 
«  Rmo  Padre  P.  Gautano  Z^cchi  d.  C.  d.  G.  Roma. 

«  /;  <-,:,'>  Obbligmo  Servo 
€  G.   BOCCALI.  » 


5 1  '1  RIVISTA 

HI. 

//  Ti'ismo  flosofico  Cristiano...  per  PASQUALE 
ffxxore.   ordiimrio  di  filosofia  nell' Universilct   di   To/ 
Parte  prima :  Le  contraddizioni  e  le  infondate  dimostra- 
zioni  del  Teismo. 

L/istruzione  e  la  legge  sono  le  due  precipue  forze  vitali  della 
Societa.  Questo  si  rileva  dalla  naturale  condizione  dell1  uoino,  il 
quiile  al  suo  nascere  6  privo  della  cognizione  del  principii  spe- 
culativi  e  pratici  del  giusto;  e  poscia  egli  traligna  di  leggieri 
al  male.  Laonde  a  cagione  dell'ignoranza  nativa  dell'uomo  e 
necessaria  la  istruzione,  la  quale  al  retto  lo  informi:  a  ca- 
giooe  della  sua  uiutabilita,  6  necessaria  la  legge  che  lo  infreni, 
p  -rch&  noa  trascorra  fuora  dei  lioaiti  del  dovere.  Quando  nella 
Societa  la  istruzione  &  perversa,  e  i  legislator!  disconoscono  i 
fonlameuti  della  giustizia,  allora  la  vita  sociale  vien  nieno,  la 
societa  stessa  va  natural mente  al  precipizio  e  tende  a  divenire 
selvaggia.  Questa  6  la  sventura  dei  nostri  giorni  in  tutte  le  so- 
cieta aiumodernate,  cotalchd  d'altro  non  si  parla  che  di  timori 
di  vaste  congiure,  di  inceniii,  di  assassinii,  di  stragi,  e  come  si 
suol  dire  di  una  uriiversale  catastrofe.  Poich^  la  infelice  patria 
nostra  si  6  lasciata  mettere  dalle  sette  la  cavezza  al  collo  e  tra- 
scinare  a  loro  talento,  anche  in  essa  disgraziatatnente  deploriamo 
la  stessa  miseria.  Yuoi  lettore  farti  un  languido  concetto  della 
hassjzza  cui  siam  pervenuti?  Vedi  come  presso  ogni  ponte  di 
Roma  v'6  una  barchetta,  e  dentro  essa  vicino  a  un  gran  ciam- 
bellone  di  guttaperca  sta  a  guardia  un  uoino.  fi  il  vigile  il  quale 
aspctta  che  i  suicidi  si  gittino  dai  ponte  per  trarli  dall'onde  e 
da  certa  morte.  Frutto  6  questo  della  disconosciuta  imuiortalita 
deiraniina  umana  e  della  dimenticanza  di  Dio  insegnata  nelle 
scuole. 

Pasquale  d'Ercole,  a  quanto  ci  fu  detto,  era  prete.  Anzi  lo  e 
giacche  la  sottana  si  pn6  appendere  al  fico,  ma  il  carattere  sa- 
cerlotale  6  indelebile  nell'anima  di  chi  lo  riceve,  comech^  dopo 
cho  lo  ha  Ticevuto  non  lo  voglia  riconoscere :  come  seguita  a 
reslare  nel  capo  il  cervello  di  un  pazzo  che  si  dia  a  credere 


DELLA    STAMPA    ITAUANA 

di  pin  non  averlo.  Egli  6  professoro  ordinario  di  filosofia  nella 
Univ»Tsita  <li  Torino,  ed  insieme  fu  eletto  ad  a  •  il  nu- 

ni. TO  i)-i  l.-irisiatori,  che  a  cagione  del  loro  officio  dovrebbero 
re  il  fiore  della  nazione  per  sapienza  e  virtu;  e  invece  sono 
qn  Hi  che  sono.  Egregi  mnratori  (massoni)  perchfc  lavorano  in- 
defessi  a  scavare  i  fondaraenti  dell'edifkio  sociale,  per  fabbri- 
caiv,  in  sua  vece,  1'ignoto!  Or  bene  il  d'Ercole  pubblico  lest--  ii 
)»riino  volume  di  un'Opera  che  ha  per  titolo:  IL  TEISMO  FILOSOPJCO 
CRISTIAXO  ecc.  II  titolo  poi  di  cotesto  primo  volume  e:  LK  Cox- 

TRADIM/IONI    E   LE   IXFOX&ATE    DIMOSTRAZIOXI    DEL  TfilSMO. 

Generalinente  si  prendono  in  senso  ideutico  Teisino  e  Deismo, 
e  per  Deisuio  s'intende  la  religione  naturale,  esclusa  ogni  rive- 
laxione.  Per  lo  che  il  D^ismo  ammette  la  esistenza  del  vero  Dio, 
essere  personale  perfettissimo,  causa  priina  ed  ultimo  fine  di 
tutte  le  cose  create.  Ma  Tonorevole  Pasquale  non  accetta  queste 
definizioni  e  dice:  «  Per  Teismo  s'intende  quella  dottrina,  la 
quale  ammette  Dio  siccoine  principio  assoluto,  intelligente  e  li- 
bero,  scientemente  e  liberamente  producente  il  mondo.  E  pu6 
eogginngersi  che  esso  Teismo,  pur  ammettendo  la  investigazione 
e  di  Dio  e  delle  cose  fondata  sulla  ragione,  d 'ordinario  accetta 
anche  siccoine  veri  e  validi  i  principii  espressi  nella  Rivelazione, 
la  quale  e  ritenuta  come  fatta  da  Dio  stesso  all'  uouio.  Quando, 
al  contrario,  per  Deismo  s'intende  quella  dottrina,  la  quale  pur 
ammette  in  genere  un  Dio  qual  principio  delle  cose,  MA  SEXZA  DE- 
TERMINAULO  E  SPEC1FICARLO  ne  nella  sua  particolar  natura,  nd  ri- 
spetto  al  modo  di  produzione  delle  medesime:  in  quanto  che,  da 
una  parte,  tien  quello,  tutt'al  piu,  per  pura  e  semplice  cagion 
di  queste,  cagione  che  potrebb' essere  anche  NECESSARIA,  MBCCANH  A. 
E  MATERIALE,  e  non  gia  intelligente  e  libera;  e  dall'altra  respinge 
qualsiasi  legge  rivelata  attribuita  a  Dio,  e  si  tiene,  si  nella 
scienza  che  nella  religione,  unicamente  alia  ragione  umana  come 
normatrice  di  tutto.  >  Vedesi  quindi  che  se  altri  tiene  che  1'nni- 
verso  e  Dio;  e  quindi  che  ogni  ente  materiale  6  un  pezzo  di  Dio, 
e  buon  deista,  e  potra  con  inolta  ragione  e  altrettanta  divozione, 
non  solo  inginocchiarsi  ad  adorare  una  vezzosa  Venere,  ma  anche 
un  somaro  pieno  di  guidaleschi,  un  cavolo  od  un  carciofo. 

Che  il  d'Ercole  abborra  il  Teismo  e  sia  deista  d  cosa  non  dif- 


'2  I   1  RIV! 

ficile  a  credersi.  Dalla  risoluzione  presa  di  trasfonnarsi  in  laico 
si  pno  averne  conghiettura;  ma  qni  poi  nel  presente  volume  lo  si 
vede  chiaro,  perch&  dall'altezza  della  sua  dignitk  ti  ammaestra 
che  il  Teismo  6  un  pasticcio  di  stoltezze  e  di  error!  tali,  quail 
non  possono  capire  nella  magna  testa  di  un  Doputato  al  Parla- 
mento,  nonchd  di  un  professore  di  Uuiversita  il  quale  si  rispetta. 
Egli  ti  assicura  di  avere  cribrate  le  dimostrazioni  di  san  Tom- 
maso  d'Ajuino  col  vaglio  del  sapientissimo  suo  cervello  e  di 
avervi  fatta  la  insigne  scoperta  che  non  valgono  un  fico,  e  perd 
che  tutti  quolli  che  le  hanno  avute  in  conto  di  solide  sono  tanti 
citrulli  senza  logica  e  senza  testa.  Anzi  egli  ti  ha  ex  cathedra 
definito  dogmaticamente,  che  tutte  le  dottrine  teistiche  sono  ai- 
surde,  perchd  in  contraddizione  aperta  coi  fatti.  Chi  puo  dubitare 
della  infallibility  di  cotesta  defimzione!  Capperi,  la  d&  un  ]'>t- 
squale  cC  Ercole  professore  e  deputato! 

Quindi  a  sentire  cotesto  infallibile,  non  esiste  un  Dio  perso- 
nale,  spirito  perfettissimo,  creatore  ed  ordinatore  dell'universo, 
Tanima  umana  non  e  una  sostanza  diversa  dal  corpo,  spirituale, 
libera  ed  immortale.  Ma,  soggiifngiarao  noi,  ogni  legge  si  fonda 
sulla  legge  naturale,  e  questa  sopra  la  divina  ed  eterna  legge, 
cosa  ben  intesa  anche  da  Tullio;  e  ogni  diritto  ed  ufficio  ha 
per  base  la  legge.  Laonde  per  legittima  conseguenza  e  mestieri, 
caro  professore,  ch1  ella  depntato,  cio6  legislatore,  confessi  che  in 
forza  dei  snoi  principii,  coi  qnali  nega  Tesistenza  di  Dio,  sottrae 
ogni  fondamento  vero  della  convivenza  sociale  e  della  societa 
stessa. 

Sembrerebbe  a  prima  veduta  che  ne  venisse  distrutta  la  vera 
religione.  Per  certo  qnesta  &  una  illazione  logica,  che  ogui 
uomo  ragionevole  dovrebbe,  secondo  noi;  dedurre  dai  principii 
del  ch.  professore.  Ma  questi  non  la  sente  mica  cosl.  Egii  ti 
dice  che  il  teistno  costituisce  la  religione;  che  le  dottrine  del 
teismo,  in  faccia  alia  ragione,  sono  grossiere  corbellerie;  ma 
con  tutto  ci6  la  religione  vuol  essere  rispettata.  Secondo  ragione 
pertanto  pu6  essere  bestemmiata  con  pieno  diritto  perch^  e  un 
cumulo  di  falsita;  con  tuttoci6,  secondo  1'alta  sapienza  del  d'Er- 
cole,  conviene  ch'ella  sia  rispettata  ed  ammessa.  Voi  ci  canzo- 
nate,  diril  il  lettore:  non  pu6  essere  che  un  professore  di  filosofia 


I.LA   STAMPA   ITALIAMA 

:  6  lo  spirito  di  parte  che  inuovo  la  vostra  penna.  SI 
eh?  Ascoltate  dunque  1'onorevole  in  persona.  Dopo  avere  scio- 
rinati  spropositi  sesquipedali,  riassumendo  quasi  sinteticamente 

10  lavoro,  dice  proprio  cosh  <  La  qual  conclusione  esprimiamo 
in  due  sentenze.  La  prima  e  che  i  principii  del  Teismo  non 
furono  mai  dimostrati...  Ad  uso  continuo,  di  dimostra/ioni  n-.-l 

>mo  non  6  penuria,  ricorrendo  anzi  in  esso  dimostrazioni 
copiose,  d'ogni  specie  e  per  ogni  cosa.  Ma  queste  dimostrazi-'iri 
tutff  non  reggono:  non  reggono  le  principal! ,  come  quelle  della 

vnza  di  Dio,  della  coutingenza  del  uiondo,  delta  dualita  di 
sostanze  nelfuomo  e  della  immortalita  dell'  anima...  non  reg- 
gono  le  altre  secondarie  ed  accessorif,  perch6  si  fondano  su 
quelle  principal!  illegittime.  Sicchd  per  tal  rispetto  il  Teisrao 
va  designate  siccome  universal  mancanza  di  dimostrazione  dei 
suoi  principii.  Mancando  questi  della  base  dirnostrativa,  teori- 
camente  sono  insostenibili  e  cadono. 

«  La  seconda  6  che  questi  principii,  oltre  all'essere  indimo- 
strati,  sono,  per  dir  tutto  con  una  frase  comprensiva,  in  piena 
contraddizione  colla  Ragione  e  colla  Realta,  o  col  Pensiere  e 
colPEssere.  Se  questa  realta  la  prendiamo  in  quelle  grandi  ma- 
nifestazioni  volute  e  designate  dal  Teismo  istesso,  cio6  1'Uomo, 
il  Mondo  (la  natura),  Dio,  6  a  dire  che  la  filosofia  teistica  e  in 
contraddizione  non  solo  coi  prinii  due,  de'quali  sconosce  la  vera 
natura,  ma  anche  col  terzo,  bonchd  questo  costituisca  la  base 
della  medesima...  Se  il  Teismo  e  dunque  in  contradd'.zione  con 
tutta  la  realta  e  persin  coi  proprii  principii,  bisogna  dire  che 
esso  6  una  vera  unicersale  contraddizione.  *  Tu  lettore  sei 
sdegnato,  e  par  che  ricusi  di  pifi  ascoltarlo:  ascoltalo,  ti  pre- 
ghiamo,  fino  alia  fine.  Ecco  la  sua  sapientissima  Conclusione. 
<  Conclusion  finale,  dunque:  II  Teismo  filosofico  6  universale 
mancanza  di  dimostrazione  do' principii  della  propria  dottrina.  II 
Teismo  filosofico  e  universale  contrad Jizione  di  essi  con  la  realta 
tutta  e  con  s&  stessi...  La  filosofia  non  e  religione,  ma  scienza 
e  soltanto  scienza;  e  si  fonda  nnicamenle  sulla  ragione  e  su' 
fatti:  la  religione  non  &  filosofia  u6  scienza,  ma  soltanto  reli- 
gione: e  si  fonda  unicnnnnte  sulla  credenza.  Vanno  rispettati 
tutti  e  due  i  campi,  ma  vanno  anche  esscn^iahncnte  distinti;  e 


'-M'i  im 

quanta,  come  fan  d'ordinario  i  tei.sti,  si  c«inf)n  lono,  si  alultera, 
si  guasta  non  solo  la  natura  della  filosofia,  ma  anche  quelhi 
della  religione.  > 

Che  la  religione  non  sia  filosofia,  e  questa  una  verita  di  fatto 
antica  come  il  mondo.  Sapevancelo,  onorevole  Pasquale!  Montate 
sur  una  sedia  e  insegnate  ai  mortuli  che  la  testa  non  e  il 
piede,  e  che  cessino  una  bella  volta  dal  confonderli  insieme: 
perche  e  cosa  sconcia  voler  cammioare  con  la  testa  e  pensar 
coi  piedi.  Vi  diremo  ancora  che  noi  da  eecoli  sappiamo,  che 
1'argomento  dell' autorita  non  e,  per  sd,  argomento  filosofico  e 
differiarao  non  poco  dai  molti  professori  siinili  a  voi,  i  quali  ai 
ogni  sentenza  strampalata  che  sputano  i  panteisti  o  razionalisti 
tedeschi,  gridano  in  coro,  credo;  ne  contenti  di  far  essi  un  atto 
di  fede,  obbligano  i  proprii  scolari  a  farlo,  sotto  pena  di  scemare 
i  punti  di  approvazione  e  farli  bocciare  aU'esaine.  Noi,  chia- 
rissimo  professore,  la  pensiarao  cosl,  e  non  diciaino  credo  all'au- 
torita  di  san  Toinraaso  italiano,  ma  ne  abbracciamo  le  dottrine 
perchd  vediamo  che  sono  egregiamente  dimostrate  e  perci6  sap- 
piamo  che  sono  vere. 

E  posciache  parliamo  di  autorita,  e  degoissiino  di  osservazione 
il  fatto,  che  i  personaggi  T  autorita  de'  quali  ci  e  opposta,  sono 
uomini  tutto  diversi  da  quelli  la  cui  autorita  e  per  noi  com- 
mendevole.  Imperocche  ad  uomini  di  vita  irreprensibile  e  san- 
tissima,  le  cui  virtu  sono  da  tutti  in  grado  eminente  riconosciute, 
ci  si  oppongono  generahnente  banderuole  che  si  aggirano  al- 
1'aura  degii  onori  ed  alia  speranza  di  pecunia  e  di  carnali  de- 
lizie:  in  una  parola  ci  si  oppongono  epicurei,  quali  per  dottrina 
sono  in  gran  parte  i  moderni  scienziati.  Per  farli  poi  passare  per 
uomini  commendevoli,  bisogna  cangiar  nomi  alle  cose  e  il  vero 
dirlo  falso,  la  virtu  vizio,  ainore  di  patria  il  tendere  alia  sua 
ruina. 

Ma  come  noi  potremo  difendere  il  ch.  professore  contro  chi 
dicesse  che  la  sua  massima  di  doversi  onorare  la  religione,  la 
qunle  e  supposta  un  ammasso  di  corbellerie  e  ripugnante  a  ra- 
gione,  e  una  massima  suggerita  da  una  ignoranza  superlativa? 
Imperocch^  Dio  pud  rivelarci  cose  che  ora  non  capiamo,  ed  e 
prudentissimo  atto  e  doveroso  il  creJergli.  Sa  un  bifolco  giulica 


DELIA    STAMPA    ITALIA  217 

operare  pruientemei  i«l«>  alle  parole  di  un  qua 

.rli  afferma  veri  ch'ei  non  comprende : 

dovra  gin  i icare  di  operare  pru  lentemente  1'uomo  quaggiu  ere- 
den-lo  a  Dio,  quaiido  sa  di  certo  che  gli  ha  rivelato  e  offerto  a 
credere  cid  che  non  puft  ben  capiro.  Ma  altro  e  cio  che  qua::, 
e  iixMinpr-nsibile  all' 1101110,  altro  cid  ch'e  contrario  all' MM. 
ragione.  Non  si  pud  comprendere  un  vero  se  qnesto  non  e  con- 
tenuto  nei  principii  prirni  ch'3  noi  conosciamo  ;»•/•  nutura:  perche 
di  qn-'lle  sole  conclusion}  si  pu6  avere  scienza  le  quali  sono  in  cssi 
principii  contenute  e  da  essi  possono  per  via  di  discorso  derivarsi. 
Ma  contro  ragione  &  quello  che  b<m  si  capisce,  ma  insinn 
guisa  tale  si  oppone  ad  essi  principii  che  se  fosse  vero,  qwsti 
certissimamente  sarebbono  falsi.  Cosl  essendo  indubitato  il  prin 
cipio  che  uno  Z  M/W,  sari  falsa  1'affermazione  che  ad  esso  si 
oppone,  che  nun  <  tre.  Qnindi  v'ha  contradizione  tra  questi  prin- 
cipii Dio  d  uno  e  T  altro  Dio  e  tre  dei;  ma  non  e  in  opposi- 
xione  con  quella  il  dirsi  Dio  uno  in  tre  persone  distinte  che  sono 
lo  stesso  Dio  uno.  Per  la  qual  cosa  quantunque  nella  religione 
cattolica  debbansi  aramettere  verita  che  rispetto  ai  primi  principii 
di  ragione  debbonsi  dire  disparate,  perche  da  essi  soli  non  si 
possono  col  discorso  dedurre  e  conseguentemente  con  essi  non  si 
possono  evidentemente  dimostrare:  tuttavolta  non  pu6  afFatto 
dirsi  che  in  essa  si  propongono  a  credere  dottrine  false  perchfc 
opposte  a  ragione.  Dio  stesso  avrebbe  proposto  a  credere  il  falso; 
cosa  blasfema  ed  assurda!  Conciossiache  nella  parola  dell'innana 
ragione  che  rettamente  discorre,  e  Dio  che  parla  col  luiue  natu- 
rale :  ed  e  pur  Dio  che  parla  col  lurae  della  fede,  se  rivela  qualche 
cosa:  e  Dio  non  pu6  contradire  a  se  medesiino:  salvo  se  col  nouie 
di  Dio  non  s'intenda  ci6  che  s'intenJe  nel  deismo  dell' onorevole, 
cio6  quello  che  non  ha  i  diviui  caratteri  e  che  pu6  essere  men- 
dace  ed  ignorante.  La  religione  poi  se  veramente  contradicesse 
alia  ragione  ed  ai  fatti,  sarebb3  falsa:  e  come  la  verita  merita 
onore,  cosl  la  falsita  dispregio.  E  dispregio  merita  il  deismo  del- 
1'onorevole,  nel  quale  deismo  6  lecito  di  tributare  gli  onori  divini 
a  chi  non  e  Dio,  alia  natura,  a  an  aggregate  di  vile  maU-ria. 

Non  crediamo  necessario  discendere  a  confutare  i  singoli  spro- 
positi  dei  quali  e  riboccante  il  libro  del  professore  d'Ercole, 


218  nivisTA 

specialmente  perche  ci6  fu  per  noi  fatto  anticipatamente,  o  in 
tutto  od  alineao  nella  massima  parte,  in  una  serie  di  articoli 
nei  quali  abbiarao  dituostrata  a  tutto  rigore  di  logica  la  esistenza 
di  Dio  e  le  principal!  verita  del  Teismo  da  lui  con  infinita  leg- 
gerezza  impugnate.  Siccome  poi  stiamo  ora  filosofando  sopra  le 
creature,  altri  suoi  error!  verranno  da  noi,  secondo  1' opportunity 
esaminati  e  confutati. 

Ma  perche  il  lettore  tocchi  con  mano  la  nullita  dei  ragiona- 
menti  dell' onore vole,  rechiamo  qui  1'argomento  cui  dice  cosino- 
logico  (che  dai  Teisti  e  addotto  a  provare  T  esistenza  di  Dio)  e 
la  confutazione  ch'egli  pretende  di  fame.  Ecco  le  sue  stesse 
parole : 

«  L' essere  contingente  suppone  1'essere  necessario; 

II  mondo  e"  contingente; 

II  monio  dunque  suppone  1' essere  necessario,  ch'&Dio. 

«  La  prima  proposizione  6:  L'essere  contingente  suppone 
1'essere  necessario.  Questa  proposizione  regge.  > 

«  La  seconda  suona.  II  mondo  e  contingente.  Questa  proposi- 
zione net  Teismo  passa  per  vera  senz'altro  ed  in  tutti  i  sensi. 
Ma  noi  diciamo,  invece,  ch'essa  e  vera  o  falsa  secondo  I'estensione 
che  si  da  alia  contingenza.  Se  s'  intende  dire  che  questa  o  quel- 
1'altra  singola  cosa  mondana  e  contingente,  ed  anche  che  tutte 
le  cose  mondane  singolarmente  prese  sono  contingent!,  conce- 
diamo.  Ma  se  s' intende  dire  che  il  mondo  nella  sua  integrita 
e*  contingente,  neghiamo;  non  essendo  ne  logico  n&  vero  che  quel 
che  vale  per  i  singoli  debba  valere  per  tutto  1'universo.  Eicor- 
diaino  che  a  particulari  ad  universal*  non  valet  consequentia. 
E  neghiamo  poi  anche  per  una  ragione,  nella  quale  ci  dovrebbe 
essere  di  aiuto  e  di  appoggio  il  Teismo  istesso,  se  fosse  conse- 
guente;  per  la  ragione  cioe  che  il  mondo,  come  opera  dell' essere 
divino,  6  necessario:  in  virtft  del  principio  dell'adequatezza  tra 
la  causa  e  1'effetto,  se  e  necessaria  Tuna,  non  pu5  essere  con- 
tingente 1'altro...  Per  sostenere  scientificamente  la  contingenza 
del  mondo,  bisogna  dimostrarla.  L'ha  dimostrata  il  Teisino 
questa  contingenza?  crede  e  sostiene  di  averlo  fatto:  ma  il  vero 
&  che  1'ha  dimostrata  in  guisa  tale,  che  equivale  perfettamente 
al  non  averla  dimostrata.  L'ha  dimostrata  cioe  presupponendo 


;i  I)io  C"  'i  parte  o  vi 

ha  dimostrate  r  •  la  con- 

tingenza  del  mondo  l.  >  Basta  cosl  perch6  tanti  in  poche  pa 
qui  ci  sono  strafalcioni,  che  troppo  tempo  vorrebbesi  a  coufutarli 
per  singnln. 

Anzi  tutto  ringraziamo  1'onorevole  che  ci  fa  1'alto  favore  di 
concedorci  la  prima  proposizione :  cio6  che  il  contingente  sup- 
pone  il  necessario.  Adunque,  caro  professore,  facciamo  la  se- 
rie  a,  b,  c,  d,  e...  a,  v,  z.  Qualora  z  fosse  cotitingente  supporra 
innan/i  a  s&  un  necessario,  dal  quale  proceda.  Che  se  v  sara 
pnr  contingente  presupporra  un  altro,  il  quale  o  sara  necessario 
o  lo  presupporra.  Quinli  secondo  lei  6  di  necessita  venire  ad 
un  a  necessario.  Pu6  allungare  la  serie  quanto  vuole,  ma,  in 
virtu  del  la  sua  concessione,  il  necessario  non  pu6  mancare,  cio& 
non  pu6  mancare  1'ente  che  ha  in  sd  solo  la  ragione  sufficiente 
della  sua  esisterza,  che  da  altri  non  la  riceva  e  ad  altri  la  dia. 

In  qnanto  a  ci6  che  ella  dice  dell'altra  proposizione :  il  MUW/U 
d  continyente,  si  assicuri  che  non  regge  in  logica.  Qut-l  prin- 
cipio:  a  particulari  ad  univtrs<i/e  non  valet  cofixtquentia,  che 
cosa  Torrebbe  dire?  Ecco  un  particolare:  Pietro.  Ecco  un  uni- 
versale:  oyni  itomo.  Qai  6  d'uopo  distingaere  ci6  che  spt'tta 
all'essenza  da  ci6  che  6  acciientale.  In  quello  valet  consc- 
quentia;  in  questo  non  vakt.  Cosl  potra  egregiainente  dire: 
Pietro  £  animate  razionale;  dunquo  ogni  uomo  e  animate 
rationale:  ma  non  potra  dire:  Pietro  e  gobbo;  dunque  of/tn' 
HOMO  e  gobbo.  Per  simil  guisa  si  potra  e  si  dovra  dire:  y 
ente  Jinito  nella perfezlone  sua  essenziale  &  contingente:  dun- 
que tutti  gli  enti  Jiniti  nella  perfezione  loro  essenziale  sono 
continyenti:  sebbane  non  si  possa  cosi  ragionare:  questo  ente 
Jinito  e  oro  dunque  tutti  gli  enti  Jiniti  sono  d'oro:  perch6 
1'essere  oro  non  ^  essenziale  all'essere  fmito,  com'e  essenziale 
all'essere  Jinito,  in  quanto  Jinito,  I'essere  contingente.  Per  la 
qua!  cosa,  onorevole  professore,  s'ella  vuole  applicare  bene  il 
suo  principio  si  da  la  zappa  nel  piede. 

Ma  forse  ella  non  e  adusata  aH'esattezza  logica,  e  forse  avea 
la  intenzione  pid  tosto  di  dire,  ci6  che  non  disse,  che  a  par- 

1  Pag.  »:: 


V'v'O  HI  VISTA 

ti'ms  ad  totiim  non  valet  con*-t/m'ntia.  Laonde  dalla  contin- 
genza  delle  parti  non  ne  viene  la  continiren/a  dull'iiiiivrrso  in- 
ti  TO.  Ma  si  accerti  che  auche  cosi  raggiustato  il  principio  non 
approda  al  suo  scopo.  Imperocche  ancora  qui  e  mestieri  distin- 
guere.  Infatti  talvolta  il  principio  non  tiene:  p.  e.  nc.^iom 
suoi  discepoli  pud  con  la  fune  tirare  una  nave:  dnnque  tutti 
insieme  non  la  possono  tirare:  la  conseguenza  non  regge  se 
sono  moltissimi.  Talvolta  tiene:  p.  e.  ciascuna  parte  di  quexto 
candelabra  e  d'oro:  dunque  tutto  il  candelabra  e  a"  oro.  Cia- 
scun  uomo  &  mortale:  dunque  tutto  il  genere  nmano  $  mor- 
tale  —  qui  reggono  le  conseguenze.  E  perche?  Perche  il  tntto 
nel  priino  caso  corregge  il  difetto  di  ciascuna  parte  presa  di- 
stributivameute:  e  non  cosi  accade  nel  secondo  caso.  Ora  la  con- 
tingenza,  piu  che  la  mortalita  di  ciascuno,  e  una  imperfezione 
che  non  vien  tolta  dalla  collezione,  e  percift  dal  dirsi  ciascun 
essere  finito  conttngente,  e  mestieri  inferire  che  I' universe  e 
contingente,  salvo  se  altri  non  dica  che  1*  universe  il  quale  ri- 
salta  dalla  collezione  dei  singoli,  in  virtu  della  stessa  aggre- 
gazione,  diventa  infinite.  In  tal  caso  quel  difetto  per  lo  quale 
vuolsi  dare  al  finito  il  predicate  di  contingente  sarebbe  tolto. 
Ma  ella  per  ci6  cadrebbe  in  assurdi  assai  peggiori,  come,  per 
esempio,  sarebbe  che  1'  aggregazione  di  numeri  finiti  costituisce 
un  numero  infinite;  ovvero  che  1* aggregazione  di  niolti  esseri 
fonuasse  un  solo  essere  infinitameute  maggiore  di  essi  tutti. 
Ond'e  che  la  collezione  di  tutti  gli  euti,  la  quale  dicesi  mondo, 
£  essenzialmente  finita  e  perci6  contingente. 

Quando  poi  ella  ci  dice  che  il  mondo  perch6  opera  di  Dio 
necessario,  dovrebbe  essere  necessario,  non  vede  di  grazia  la 
contradizione  in  cui  cade? —  Com'e?  ci  dira:  questo  e  richiesto 
dal  principio  dell'  adequatezza  tra  la  causa  e  I'  ejfctto.  Peggio, 
onorevole  professore,  peggio  assai :  il  patrocinio  e  peggiore  della 
causa.  Di  vero  e  non  capisce  che  se  e"  opera  di  Dio,  per  ci6  stesso 
e  prodotto,  e  se  6  prodotto,  per  ci6  stesso  e  contingente?  11  diro 
adunque  che  il  mondo  perche  opera  di  Dio  dovrebbe  essere  ne- 
cessario e  lo  stesso  che  dire:  il  mondo  perche  opera  di  Dio  non 
dovrebbe  essere  opera  di  Dio.  Non  ci  vede  qui  la  violazione  del 


'I.I.I 


p'imo  o  1'iil  c\i 
tradirioi 

.-a  tra  la  causa  e  1'effotto  qui  e  affatt')  fuora 
di  luogo.  Infatti  distingua,  onorevole,  due  nutli  di  operare:  il 
primo  e  per  natura,  il  secondo  per  arte.  L'operaxione  del  la  na- 
tura  pu6  essore  adequate;  e  cosl  il  padre  genera  il  fi^lio  che- 
ha  Datura  specificamente  eguale  alia  propria.  Ma  quando  n-ili 
operazione  artificiale  1'artefice  produce  una  cosa  secondo  una 
qualche  idea  da  se  precoucetta,  e  impossibile  che  ci  sia  nel- 
1'effetto  eguaglianza  di  natura  con  la  propria  cagione.  Ella, 
di  grazia,  quando  come  causa  facesse  una  statuette  di  gesso,  una 
pittura,  od  altro,  senza  dubbio  alcuno  produrrebbe  degli  effetti, 
ma  ci  sarebbe  forse  adtquateata  tra  essi  e  lei;  sarebbero  a 
lei  specificamente  eguali  nella  natura?  sarebbono  suoi  veri 
figliuoli?  No  davvero!  Anzi  nessuno  dei  suoi  effetti  sarebbe 
wl'qmito  alia  sua  potenza  artificialo,  rimanendo  in  lei  la  virtft 
di  fame  degli  altri.  Siccome  poi  ella,  perche  sacerdote,  debbe 
avere  almeno  qualche  reuiiniscenza  di  teologia,  deve  pure  sapero 
che  Dio  opera  per  natura  e  per  arte  quale  supremo  artefiee. 
Per  natura  c'e  in  Dio  la  genera/done  del  Verbo,  e  la  spirazione 
deH'Amore  divino,  i  quali  non  possono  dirsi  effetti,  ma  priiic:- 
piati;  e  tra  essi  e  il  principio  generatore  ch'e  il  Padre,  e  Spi- 
ratore  ch'e  il  Padre  insieme  ed  il  Verbo,  evvi  la  vera  advquahzza 
fondata  neH' unite  dell'essenza.  Ma  le  opere  ad  extra  da  Dio 
prodotte,  sono  veramente  effetti  suoi  creati  ad  imagine  dell' arte 
sua,  doe  delle  sue  idee  archetipe.  Ciascun'opera  e  finite,  ed  anzi 
tutte  insieme  prese  costituiscono  un  tutto  fiiiito  per  infinito  inter- 
vallo  distente  dalla  divina  perfezione.  La  adequatezza  qui  e  un 
sogno!  e  un  vero  assurdo  intrinseco! 

E  come  mai  non  si  perita  1' onorevole  d'Ercole  di  affermare 
che  la  contingenza  delle  cose  mondane  non  e  state  mai  da  noi 
dimostrate?  Non  sura  dimostrate  da  suoi  tedeschi;  n^  da  quelli 
iteliani  nelle  pagiue  dei  quali  (per  usare  la  frase  dell' onore- 
vole) soffia  il  pensiero  hegeliano;  lo  concediamo  volentieri.  Ma  da 
altri  fu  ben  dimostrate,  e  s'egli  ama  spendere  un  po  di  tempo  nel 
leggere  qualche  buon  Corso  di  filosofia  scolastica,  potra  accertersi 


222  RIVISTA    DELLA    STAMPA   ITALIANA 

che  la  sua  accusa  non  regge  '.  Toccherebbe  con  mano  che  la  contin- 
genza  delle  creature  e  una  logica  conseguenza  dell' essere  loro 
finite  in  perfezione  e  inutabile.  Irnperocche  il  finite  e  inutabile 
richiede  essenzialmente  essere  prodotto,  e  il  prodotto  non  pu6 
non  essere  contingente :  come  1'improdotto  dev1  essere  necessario 
e  il  necessario  dev'essere  infinito  ed  immutabile  nella  perffzion<\ 
L' essere  poi  infinito  nella  perfezione,  il  quale  perci6  stesso  e 
uno,  da  noi  e  chiauiato  Dio :  se  questo  nome  a  lei  non  garba, 
pazienza!  lo  chiaiui  con  altro. 

Dalla  leggerezza  onde  il  D'Ercole  tratta  questa  massima  que- 
stione  filosofica  della  esistenza  di  Dio  pu6  il  lettore  essere  con- 
dotto  facilmente  a  crederci  quando  diciamo  che  1' opera  del  me- 
desimo  dal  lato  filosofico  e  una  vera  nullita;  dal  lato  pratico 
accenna  ad  una  piaga  iiumensa  che  minaccia  cancrena  e  morte 
per  la  nostra  disgraziata  patria.  Quando  i  professor!  delle  uni- 
versita  sono  atei,  quando  i  legislator!  sono  atei,  che  cosa  pu6 
aspettarne  la  patria?  Non  altro  che  la  ruina  sociale.  II  rimedio 
qual'e?  Nel  contrario.  I  legislatori  sieno  come  dovrebbono  essere, 
il  fiore  della  sapienza  e  della  virtu  della  nazione:  i  professori 
sieno  verarnente  addottrinati  con  meno  apparenza  e  piu  di  so- 
stanza;  sieno  pii,  cioe"  tali  che  possano  istruire  ed  educare  i  gio- 
yani,  speranza  della  patria,  a  scienza  e  verace  virtd.  fi  possibile 
ottenere  ci6?  Se  si,  c'e  speranza  per  la  patria  nostra;  se  no,  il  suo 
morbo  e  disperato.  Ma  ci  vogliono  altri  medici !  I  Baccelli  cogl'  im- 
piastri  delle  loro  leggi  universitarie  non  bastano.  Se  non  che  il 
sapere  che  il  Papa  dev'essere  sempre  Vescovo  di  Roma  ci  con- 
forta  assai,  perche  ci  da  a  sperare  che  il  centre  della  verita 
rimarra  in  Italia,  e  presto  o  tardi  gl'illusi  torneranno  al  senno. 

1  Yedi  il  Corso  di  filosofia  scolastica  di  G.  M.  CORNOLDI  —  Terza  edizione 
iUiliana  —  Bologna,  1881,  pagina  797  e  seguent;. 


CftONACA  CONTEMrOUANEA 


Firense,  10  aprile  1884. 


I. 

^fA   (Nostra  corritpondenza)  —  II  Mortara  grande  rabbino  di  Mantova  e 
cro  Bonphi  a  I  IP  prese.  Krrori  delFebrco  c  del  cristiano  a  proposito  del 
inNfaito  di  Tisza-Eszlar. 

11  Signor  M.  (Mose?)  Mortara  grande,  com'egli  si  sottoscrive,  Rab- 
bino di  Mantova  scrisse  teste  in  lingua  ilaliana  e  mand6  poi  pubblicare, 
volto  in  francese  da  un  certo  Ernesto  David  nei  numeri  del  6,  13  e 
•J<>  marzo  di  quest'  anno  degli  Archives  israeJites  di  Parigi  un  suo  la- 
voretto,  ossia  Dissertazione,  intitolata:  Origins  dell'accusa  di  pascersi 
di  scuigue  umano  nclle  agnjti  dei  primi  cristiani.  La  quale  origine, 
siccome  parimpnte  quella  di  tutte  le  allre  calunnie  sparsesi  contro  i  cri- 
stiani dei  primi  secoli  nel  mondo  pagano  e  romano,  sa  ognuno  essersi 
sempre  atlribuita  e  doversi  difatto  attribuire  agli  ebrei,  che  primi  e  soli 
pcrseguitarono  fin  dal  principio  Cristo  ed  i  cristiani  non  soltanto  in  Giudea 
ma  in  tutto  il  mondo,  pel  quale  erano  allora,  come  lo  sono  presentemente, 
sp.irsi  pei  loro  commerci.  Ma  come  diceva  presso  il  Moliere  quel  mo- 
derno  scienziato  di  Sgannarello  che:  «  una  volta  si  credeva  cos);  ma 
«  noi  ora  abbiamo  mutato  tutto  questo:  »  cos)  il  gran  Rabbino  di  Man- 
tova prese  a  dimostrare  il  contrario;  cioe  che  non  agli  ebrei  ma  ai  soli 
pagani  e  specialmente  ai  romani  si  debbono  quelle  calunnie  e  persecuzioni 
attribuire,  siccome  anche  la  stessa  Grocefissione  di  Gesii  Cristo;  della 
quale  gli  ebrei  non  furono,  secondo  lui,  ne  material!  ne  morali  autori. 
Ghe  se  vi  furono  allora  in  Giudea  dei  perscgaitati  e  calunniati,  quelli 
furono  appunto  i  poveri  ebrei  innocentissimi  sempre  verso  Gristo  ed  i 
Cristiani,  e  ci6  nonostante  da  loro  fin  dal  principio  sempre  perseguitati 
e  calunniati  coll'  ingiuriosa  nomea  di  popolo  deicida.  E  ci6  perche 
avendo  i  cristiani  fin  dalla  prima  origine  della  Ghiesa  concepito  1'ardito 
pensiero  d'impossessarsi  di  Roma  per  collocarvi  la  capitate  del  loro 
impero  e  la  cattedra  della  loro  dottrina,  conveniva  loro  di  blandire, 
lusingare  ed  accarezzare  i  Romani  lavandoli  di  ogni  loro  macchia  di 
persecuzione ;  danione  invece  calunniosamenle  la  colpa  ai  soli  ebrei. 
Le  quali  ed  altre  simili  comiche  assurdita  avendo  il  Mortara  tolte  di 
peso  dal  Renan,  dal  Peyrat,  dal  Philippson,  dalTHavet  e  da  altrettali 


22i  CRONACA. 

modern!  S^annarclli  della  cos)  delta  critica  ossia  dislnizion*  stoi 
con  sapphmo  perche  poi,  invrce  di  stamparc-le  qui  in  Italia  dove 
tanti  uiornali.sti  piii  ebrei  che  cristiani  le  avrebhero  vol-'ntifri  ra^colie 
come  pcrle  preziose,  sia  ito  a  nascondercele  nei  clandestini  A'-d- 
israelitem  di  Parigi  ignotissiori  fuori  dei  ghetti  a  cui  esclusiva  illumi- 
nazione  si  vanno  pubblicando;  se  nnn  fosse,  per  avvontura,  perche  non 
credeUe  poterle  qui  dare  impunem^nte  a  here  a  Rn^ii-ro  Ihn^hi  che 
il  Rabbino  Mantovaoo  prese  appunto  a  comballere  di  proposito  in  qudla 
sua  dissertazione.  6  infatti  da  sapere  die  nel  N°  dei  15  agosto  dell1  anno 
passato  della  Nuova  Antologia,  questo  nostro,  se  e  cosl  lecito  chiamarlo 
honoris  causa,  enciclopedieo  Gnrneide  che  sempre,  quando  che  sia  e  da 
per  tutto  scrive  contemporaneamente  di  tutto  lo  scibile,  non  manc6  di 
pubblicare  un  suo  articolo  inlitolato:  Gli  ebrei  in  Ungheria:  Tisza- 
Eszlar  P:  cui  per6  non  successe  mai  finora  il  2°.  Nel  quale  molto  piii, 
a  vero  dire,  del  solito  abborracciato,  trascurato  e  strapaz/ato  articolo 
avendo  egli  da  capo  a  foodo  tenute  serapre  con  somrrn  pirzialita  e  niuna 
giustizia  le  parti  degli  ebrei  contro  i  crisliani,  narrando  quel  fatto  ossia 
misfatto  secondo  la  falsissiraa  riga  dei  piu  appassionati  ed  ingann-voli 
racconti  dei  fogli  ebrei,  e  vituperando  ed  anzi,  per  ferrao  involontaria- 
mente,  calunniando  i  cristiani;  ci6  nonostante  in  sulla  fine  si  lascio  an- 
dare  a  scrivere  una  mezza  verita  sopra  gli  ebrei,  dicendo  cbe,  «  nel  leg- 
«  gere  la  fandoflia  (ciod  il  fatto)  germogliata  nella  mente  delle  pettegole 
«  (doe  di  tutto  il  popolo)  di  Tisza-Eszlar  ed  accolia  con  tanto  e  cosl 
«  caparbio  (e  giuxto)  favore  da  gran  parte  delle  Signore  (ed  anche  dei 
«  Signori)  di  Ungheria,  io  (Ruggiero  Binghi)  mi  sono  ricordato  di  un'al- 
«  tra  f^ndonia  (vera  fandonia  questa)  per  1' appunto  simile,  che  non 
«  solo  le  pettegole  ebree  ma  i  Rholing  ebrei  del  primo  secolo  del  cri- 
«  stianesimo  spandevano  conlro  i  cristiani  »  di  pascersi  ciofe  nelle  loro 
agapi  di  sangue  umano.  Dove  dicemmo  non  essersi  dal  Bonghi  delta  che 
una  mezza  verita.  Non  gia  infalti  le  sole  pettegole  ebree,  ne  solUnto  qiu'lli 
che,  con  ingiusta  contumelia  contro  i  cristiani,  il  Bonghi  chiama  i  Rho- 
ling ebrei  (essendo  il  Rholing  un  dotto  professore  cristiano  vivent?,  di 
quelli  che  sosteogono  la  verita,  benche  secondo  noi  non  possano  ancora 
dire  di  aver  dimostrato,  che  oltre  all'essere  usato  e  anche  scritto  nel 
Talmud  il  rito  sanguinario);  ma  tutta  la  Sinagoga  e  tutto  il  giudaismo 
dal  primo  secolo  fino  al  corrente  furono  e  sono  sempre  d'accordo  nel 
perseguitare  e  calunriiare  in  ogni  guisa  i  cristiani.  Ma  benche  non  intera, 
avendo  ci6  nonostante  detla  qui  il  Bonghi  una  quitch*  parte  di  verita 
sopra  gli  ebrei,  quinci  natural  nente  naoque  che  il  gran  Rabbino  di  Man- 
tova,  lastiando  del  tutto  dall'un  dei  lui  quanto  in  tutto  il  corso  del  suo 
arlicolo  aveva  il  B'jnghi  scritto  a  lode  e  difesa  degli  ebrei,  e  neanche 
faccndone  menzione,  ne,  molto  meno,  ringraziandolo  (il  Bonghi  infalti  e 
battezzato  e,  come  tale,  quantita  trascurabile  da  ogni  buon  Rabbino  fedele 


ilmml  qualiiicante  ogni  non  el.reo  e  specialnienle  ogni  .  per 

>rv  allf  ln'siie  da  soma,  !••  <|tiali  infalti  M-MI  si  riiiRra/.iauo  p«-i 

i^tigano  pei  disservigi)  prese  invrrp  sulianio  ;\<\  unpugnare 
poco  di  verita  coiioseiuia  ed  assi-rita  dal  Honghi  sopra  gli  ebrei. 
•  omuK-iu  infatti  il  Morlara  la  sua  'lissertazioncella  dicendo  ehe  «  un 
<  un  errore  secolare  partecipato  anche  da  Ruggiero  Honghi,  altribuisce 
«  agli  antichi  ebrei  1'accusa  mossa  contro  i  cristiani  dei  primi  secoli 
«  della  Cbiesa  di  pascersi  <li  sangue  umano  nelle  agapi  loro.  »  E  copiato 
il  testo  ijui  sopra  allegato  del  Bonghi,  subito  piglia  e  segue  in  tre  ar- 
ticoli  a  combatterlo,  sen/a  nulla  accennare  del  resto  dell' articolo  Bon- 
gliiano  nfc  del  luogo  e  Kivista  dove  fu  pubblicato.  Forse  perchfc  natural- 
raenle  ripugna  ad  ogni  buon  Habbino  di  contaminarsi  piu  del  mero  ne- 

irio  la  bocca,  la  mano  e  la  penna  colla  citazione  e  molto  piii  lode 
ed  anche  menzione  di  roba  battezzata  specialmente  in  giornale  ebraico 
dove  soltanto  &  lecito,  specialmente  ai  Rabbini,  di  maledirla.  N&  dicasi 
che  queste  sono  minuzie.  Giacche  come  dei  minuti  centesimi  si  fanno, 
specialmente  in  Israele,  i  grossi  milioni,  cosl  di  tali  moltiplicalissime 
minuzie  si  forma,  e  s'informa,  come  1'antico  fariseismo,  cosi  il  suo  pe- 
renne  successore  Rabbinismo  e  Talmudismo  presente. 

Del  resto  noi,  a  vero  dire,  fin  dall'anno  scorso  avevamo  gia  posto  in 
disparte  quell' articolo  del  Bonghi  per  occuparcene  poi  a  nostro  agio. 
Benche,  infatli,  quanto  alPargomento  nostro  principale  della  rcalta  del 
misfatto  di  Tisza-Kszlar,  nulla  contenesse  di  falso  o  di  oscuro  che  gia 
non  fosse  stato  o  non  dovesse  essere  poi  confutato  e  chiarito  nelle  nostre 
corrispondenze ;  vi  si  toccavano  pert  qua  e  cola,  come  di  passaggio,  al 
solito  del  Bonghi,  molte  quistioni  incidental!  con  quella  coltura  che 
suole  ora  chiamarsi  estensiva  per  opposizione  all'intensiva.  La  quale 
senza  propriamente  aflermare,  ma  insinuando,  n6  provare,  ma  suppo- 
nendo  provato  e  noto,  n^  chiarire,  ma  mostrando  la  cosa  gia  chia- 
ritissima  come  se  si  trattasse  di  verita  per  s6  note  anziche  di  falsita 
dimostrate,  suole  ora  molto  abbacioare  i  tanti  soliti  sempre  a  giurare 
sulla  parola  dei  loro  maestri  i  giornali  e  le  Riviste.  Ed  essendo  appunto 
queste  incidental!  quistioni,  cosl  trattate  dal  Bonghi,  molto  analoghe  al 
nostro  argomcnto,  pensavamo  percib,  come  dicemmo,  di  occuparcene  a 
suo  tempo.  Ma,  se  non  delle  quistioni  in  se,  dell1  articolo  del  Bonghi  ci 
eravamo  ormai  dimenticati;  quando  ce  lo  ridusse  ora  alia  memoria  il 
gran  rabbino  Mortara  con  quella  sua  rabbinesca  impugnazione  della 
verila  che  vi  e.  Ondeche  quasi  pigliando,  come  dicono,  due  colombi,  il 
battezzato  ed  il  circonciso,  con  una  fava,  piglieremo  quinci  occasione  di 
chiarire  alcuni  punti  analoghi  al  nostro  argomento  da  entrambi  con  piu 
o  meno  od  ignoranza  o  malizia  o  falsati  od  oscurati. 

Dove  anzi  tutto  dobbiamo  dare  ragionedel  teste  asserito  della  estensiva 
piii  che  non  intensiva  coltura  dell'  arlicolo  Bonghesco  sopra  gli  ebrei  in 

Seri«  XII,  vol  VI,  fate.  812  T-  12  aprile  1884 


CRONACA. 

Ungheria  Tisza-Eszlar  1°.  II  quale  titolo  gia  da  per  sfe  solo  dimostra 
1'assunlo.  Giacchfe  nell'articolo  s\  pomposamente  titolato  mentre  poco  e 
male  si  parla  di  Tisza-Eszhr,  niente  affatto  poi,  ne  ben  ne  male,  si  dice 
degli  ebrei  in  Ungheria  riserbati  forse  al  secondo  articolo  sempre  future. 
Professus  grandia,  turget  dunque  qui,  fin  dal  titolo,  il  Bonghi.  Ma 
forse  ci6  e  colpa  del  Direttore  Protonotario  della  Nuova  Antologid 
arbitro  per  avventura  dei  Titoli.  Colpa,  invece,  del  solo  Bonghi  e  quel- 
V  impossible  da  lui  sentenziato  fin  dalle  prime  linee  sopra  il  fatto  o 
misfatto  di  Tisza-Eszlar.  «  Poiche  (dice)  si  aveva  a  trovare  ad  una  tale 
«  scomparsa  (dell'Ester  Solymosy)  una  ragione,  parve  subito  la  piii 
«  probabile  quella  che  era  addirittura  irapossibile :  »  cioe  il  misfatto 
ebraico-pasquale.  Ma,  di  grazia,  perche  impossible?  E  ci6  a  dirittura? 
Fisicamente,  per  fermo,  no;  ne  a  dirittura  ne  a  stortura.  A  raeno  che 
il  Bonghi  non  abbia  teste  scoperto,  cioe  letto  in  qualche  ledesco,  che  a 
lena,  a  Tubinga  od  altrove,  in  quella  feconda  patria  di  professori  e 
maestri  dei  maestri  e  professori  liberali  italiani,  si  e  ora  finalmente  sco- 
perta  I'impossibilita  fisica  di  sgozzare  una  fanciulla.  11  che  finora  niun 
telegramma  ci  ha  rivelato.  Resta  che  il  Bonghi  voglia.  dire  di  una  im- 
possibilitd,  morale.  Ma  come  pu6  egli  asserire  a  priori  impossible  mo- 
ralmente,  cioe  per  costume,  ci6  che  da  che  mondo  e  mondo  si  e  serapre 
costumato  e  segue  anche  ora  a  costumarsi  da  tanti  non  solamente  can- 
nibali  ed  antropofagi,  ma  anche  civilissimi  secondo  la  civilta  moderna? 
Non  diciarao  per  rito  religioso,  come  nel  Rabbinismo.  Ma  per  altri  motivi. 
Or  come  osa  uno  che  fu  Ministro  mostrare  d'ignorare  gli  usi,  per  non  dir 
altro,  di  certe  sette  e  come  ora  dicono  teppe?  Del  resto  per  dimostrare 
a  chichessia  evidentemente  quanto  non  sia  punto  moralmente  impossibile 
1'uso  anche  per  propria  nutrizione  del  sangue  umano  nella  presente 
civilissima  civilta,  non  abbiamo  noi  cotidiauamente  se  non  usata  almeno 
predicata  la  trasfusione  del  sangue?  E  poi  ci  si  verra  a  dire,  come  se 
fossimo  tanti  mammalucchi,  che  e  moralmente  impossibile  quel  rito  rab- 
binico?  Sara  vero:  sara  falso.  Questa  e  questione  storica  e  di  fatto.  Ma 
impossibile  non  pu6  asserirsi  se  non  che  da  chi  non  ha  altro  pretesto  per 
negare  il  fatto.  Secondo  che  ora  anche  accade  in  generale  del  Miracolo  e 
del  Soprannaturale :  che  non  potendosi  negare  nel  fatto  si  nega  nel  diritto, 
per  dispensarsi  cosl  col  pretesto  della  critica  da  ogni  critica,  secondo  la 
scienza  cosl  detta  moderna  cioe  antiscienlifica,  che  pregiudica  le  qne- 
stioni  per  non  avere  il  fastidio  di  giudicarle. 

Benche  per6  abbia  il  Bonghi  pregiudicata  cosi  antiscientificaroente 
la  questione  dichiarando  fin  dal  principle  del  suo  articolo  impossibile  il 
possibilissimo  ed  anzi  il  fatto;  smemore  di  se  stesso  e  della  sua  scienza, 
prese  nondimeno  a  lungamente  dimostrare  che  T  impossibile  non  fu  fatto. 
Dove  non  fece  che  ricopiare  da  qualche  tedesco  giornalista  ebreo  un  vero 
romanzo  ad  uso  dei  ghetti.  Ma  avendo  noi  gia  bastevolmente  narrata  la 


iiitentico  processo,   ncn  la  rifaremo  >\\\\ 
i    Soltnntn  a<v  ,  a  -ju.'!!.'  t.iut.',  per  cosl  .! 

aeadiche  parole  tie  che  egli  va  qua  c  cola  gittan  !••  n-1  suo  articolo,  ij 

»<,  svianti  ••  preoccupanti  il  disait.-nto  letlore.  Come,  per  esem- 
pin,  dove  tocca  delle  bugiarde  e  minaeciose  voci  cristiane  contro  gli 

i.  Hi  gra/ia:  {>erche  bttgiardc  se,  come  crede  anche  ora  quasi  tutta 
I'Uii  mformi  al  vero?  E  perchfc  minaeciose  se  non  chiedevano 

aliro  cbe  giustizia?  Ed  altrove  asserisce  il  pregiudizio  che  d  antico  nclle 
pltli  cristiane  sopra  il  rito  degli  ebrei  di  un  sacrificio  umano.  hi 
grazia:  perche  Pregiudizio?  II  quale  invece  e  un  Giudizio  storico?  E 
perche  antico  soltanto  nelle  plebi  cristiane?  Laddove  invece  e  un  giu- 
dizio  anrhc  di  erudiiissimi  e  dotiissimi  uomini?  Ed  anche  di  non  cri- 
stiani?  E  perfino  di  ebrei? 

K  fu  questo  in  verita  anche  il  giudizio  di  parecchi  giudici  ungaresi, 
siccome  a  lungo  gia  narrammo.  Ma  eccoti  il  Bonghi  che  dell1  uno  di  essi 
dice  che :  «  prese  ad  adempiere  la  sua  incombenza  (di  giudice  istruttore) 
«  col  proposilo  non  di  cercare  il  vero.  E  bisogna  dire  quello  che  e  (CM- 
«  quello  che  non  e):  una  volta  risoluto  a  ci6,  scelse  persone  e  mezzi  » 
con  quel  che  segue.  Ma  che  ne  sa  il  Bonghi  del  proposito  ossia  interna 
intcnzione  del  giudice  istruttore?  Pure  I'aflerma  contraria  alia  ricerca 
del  vero  unicamente  perche  gli  torna :  moslrandosi  cosl  egli  stesso  fermo 
Del  proposito  di  non  cercare  il  vero.  E  quanto  alle  persone  e  mezzi  dal 
giudice  istruttore  adoperati  al  suo  scopo  d'  inquirere,  quali  altri  poteva 
usare  che  i  testimonii  e  le  arti  ora  solite  di  ogni  istruttoria?  Giacche 
le  ora  se  non  insolite  almeno  riprovate  arti  di  torture,  benche  il  Bonghi 
se  non  le  crede  almeno  le  copii,  se  anche  fossero  state  usate  per  fermo 
non  dovettero  molto  nuocere  a  quegli  imputati  tutti  presentatisi  sani  e 
salvi  alle  Assise  ed  ora  trionfanti  alia  barba  delle  pkbi  cristiane.  In- 
vece, quando  si  tratta  del  Procurator  generale,  che  con  iscandalo,  di 
cui  e  ancora  presentemente  compresa  tutta  T  Ungheria,  invertendo  le 
parti  fece  quella  degli  imputati  anziche  le  flscali,  il  Bonghi,  sempre  a 
priori  e  copiando  gli  ebrei,  ne  lo  loda  ed  ammira  come  colui  che:  «  con- 
«  fesso  che  1'  istruzione  era  stata  condotta  in  modo  biasimevole,  manifest6 
« la  nausea  pei  testimouii  e  fin\  coll' abbandonare  1'accusa.  »  Conchiu- 
dendo  il  suo  romanzetto  col  confessare  che :  «  6  stato  per  vero  dire  un 
«  gran  conforio  a  quelli  che  in  ogni  parte  d'  Europa  mettono  qualche 
«  interesse  a  che  non  si  perda  fede  nella  giustizia  il  sentire  che  i  giurati 
«  hanno  assoluti  gli  imputati.  »  II  qual  conforio  fu  tale  nella  stessa 
Ungheria,  che,  come  il  Bonghi  stesso  smemoratamente  scrive  subito  dopo, 
« il  popolo  non  finisce  di  far  chiasso  contro  gli  assoluti,  di  rompere  i 
«  vetri  delle  flnestre  delle  case  in  cui  quelli  si  sono  rifuggiti,  di  minac- 
«  ciarli  nella  loro  vita.  »  E  piii  solto:  «  II  pubblico  elegante  ed  influente 
«  (non  dunque  le  sole  plebi)  aveva  premura  che  giustizia  si  facesse. 


CRONACA 

«  La  giusti/ia  esso  sapeva  gia  che  cosa  era:  Condannarli  cotesti  ebrei. » 
Gonchiudendo:  «  E  son  cristiani !  »  Quasi  dicendo:  «  Sarebbero  cristiani 
«  se  pensassero  come  penso  io  e  gli  ebrei.  Ma  pensando  da  per  loro, 
«  come  osano  dirsi  cristiani?  »  Vero  e  che,  come  il  Bonghi  pare  ignorare, 
quei  cristiani  non  sono  poi  infme  che  Galvimsti  o  Luterani  in  massima 
parte.  II  che  dovrebbe  essere  pel  Bonghi  buona  ragione  per  comraendarne 
od  almeno  scusarne  anziche  vituperarne  cosl  il  giudizio.  E  forse,  se  egli 
avesse  saputo  che  tutto  il  processo  di  Tisza-Eszlar  passo  non  gia  tra 
cattolici  ed  ebrei,  ma  tra  protestanti  ed  ebrei,  e  che  i  persecutors  peg- 
giori  degli  ebrei  in  Ungheria  ed  altrove  non  sono  cattolici,  chi  sa  che 
non  avrebbe  a  priori  riformati  molti  de'suoi  giudizii  e  pregiudi/.ii? 
Quale  poi  continui  ad  essere  anche  dopo  tre  assoluzioni  (teste  infatti 
furono  quegli  ebrei  assoluti  la  terza  volta  dalla  Gassazione)  il  parere 
popolare  dell'  Ungheria  sopra  tutto  quel  negozio,  ben  si  vede  da  quanto 
ci  scrisse  teste  di  cola  un  ragguardevole  personaggio.  «  Avrete  veduto 
«  anche  voi  quel  rosso  in  cielo  per  alcune  sere.  Sappiate  che  il  popolo 
«  qui  da  queste  parti  lo  spiega  dicendo  che  quel  rosso  e  il  sangue  del- 
«  1'  uccisa  Ester  che  grida  vendetta  al  cielo  non  potendola  ottenere  qui 
«  ia  terra.  »  Strana  spiegazione,  per  fermo,  di  quei  crepuscoli ;  ma  in- 
dicante  insieme  il  gran  conforto  che  si  prova  in  Ungheria  per  tutte 
quelle  assoluzioni. 

Volendo  poi  il  Bonghi,  non  si  sa  perche,  proporre  un  problema  alia 
propria  ed  altrui  erudizione,  chiede  quale  sia  «  se  il  terzo  o  quale?  quel 
«  Papa  Innocenzo  che  aveva  gia  cinque  secoli  fa  dichiarata  calunniosa 
«  la  voce  »  degli  accusanti  gli  ebrei  del  rito  sanguinario  pasquale.  Nessun 
Papa  a  vero  dire,  ne  terzo  ne  altri,  non  dichiar6  mai  calunniosa  questa 
voce:  benche  molti  Papi  e  fra  gli  altri  Innocenzo  quarto  abbiano  difeso 
gli  ebrei  contro  altre  voci  veramente  calunniose.  Non  parla  in  fatti  In- 
nocenzo IV  (come  altrove  gi&  dicemmo)  che  della  calunniosa  imputazione 
fatta  agli  ebrei  di  «  comunicarsi  la  Pasqua  col  cuore  di  un  ucciso  fan- 
«  ciullo :  quod  in  ipsa  solemniiate  Paschali  se  corde  pueri  comunicent 
«  inter fecti;  »  secondo  che  si  pu6  leggere  nel  Rainaldi  continuatore  del 
Baronio  all' anno  1247  numero  84  che  riferisce  tutta  la  Bolla,  una  di 
quelle  tante  con  cui  i  Papi  difesero  sempre  gli  ebrei  contro  le  ingiuste 
persecuzioni  e  calunnie  dei  niali  cristiani  e  specialmente  dei  pessimi 
tiranni.  I  quali  allora,  come  anche  ora,  non  erano  antisemitici  se  non  che 
per  a  more  dell'oro  semitico.  Mai  per6  non  si  e  trovato  Gnora  verun  testo 
pontificio  che  dichiari  calunniosa  la  voce  dell'uso  del  sangue  cristiano 
nei  riti  della  moderna  sinagoga.  II  che  e  gia  per  se  solo  (secondo  che 
il  Bonghi  col  suo  acume  dee  intendere)  un  gran  pregiudizio  contro  gli 
ebrei.  Giacche  per  poco  che  costoro  in  tanti  secoli  avessero  saputo  di- 
mostrare  che,  come  non  si  comunicano  col  cuore  di  un  fanciullo  cri- 
stiano, cosi  non  si  servono  altrimenti  del  suo  sangue  qual  dubbio  ci  e 


C0>  NEA 

non  sarebbe  loro  maneata  anche  sopra  questo  pnrtirnlarv  la  .lifesa 
papale?  La  quale  appunto  era  qui  loro  specialmentt'  ;  i:  perche 

ieslo  appunto  era  no  allora  e  furono  sempre  accusati  in  tutti  i  paesi 
d'Oriente  e  d'Occidente  e  non  di  comunicarsi  col  cuore  dei  fancinlli, 
i  caliiinna  del  tutio  pariicolare  ed  individuale  di  pochi  e  mai  noo 
isparsasi  pel  mondo.  Se  dunque  di  questa  veramente  falsa  accusa  furono 
subito  scolpati  gli  ebrei  da  lonocenzo  IV,  perche  non  li  avrebbe  in  tanti 
secoli  qualche  altro  Papa  scolpati  parimente  da  quest'  altra  molto  piii 
sparsa  e  creduta  accusa  del  sangue  se  essa  non  avesse  buon  fondamento 
di  credibilita?  Ma  e  inutile  ripetere  qui  il  gia  lungamente  detto  altrove. 
E  ci  basti  I'avere  sciolto  il  problema  booghiano:  quale  sia  quel  Car- 
ntade  al  Bonghi  ignoto  di  Innocenzo  noo  Terzo  ma  Quarto. 

Un  altro  problema,  che  il  Bonghi  cbiama  nna  matassa  da  dipanare, 
anzi  molti  problemi  tutti  insieme  arrulTati  propone  egli  a  se  medesimo, 
lasciandoli  poi  tutti  da  dipanare,  cola  dove  scrive  che  «  e  tin  feno- 
«  rceno  de'piii  curiosi  e  che  vorrebbe  essere  studiato  coo  cura  questo 
«  che,  a  preodere  la  generalita  dei  cittadini,  1'Europa  si  divide  ora  in 
«  questo  rispetto  (deH'antisemiiismo)  in  due  parti.  Nei  paesi  latini  e 
«  in  Inghilterra  che  per  meta  e  latina,  quest!  odii  si  possono  dire  poco 
«  meno  che  spenti  o  certo  attutili.  Ma  ne'germanici  e  negli  slavi,  dove 
«  un  quindici  anni  fa  erano  o  parevano  spenti  o  certo  erano  ricoperti  di 
«  cenere,  riardono...  E  un  fenomeno  de'piii  curiosi  e  che  vorrebbe  essere 
«  studiato  con  cura.  Se  non  ha  ragioni  vere  (e  come  Jo  sa?)  ha  cause 
€  non  leggere  (e  se  ha  cause  non  leggiere  doe  gravi,  come  pud  egli 
«  dire  che  non  ha  ragioni  vere?)  ed  eccessivamente  complesse.  Ne  ha  di 
«  economiche,  di  nazionali,  di  religiose.  Ne  ha  di  proprie;  ne  ha  di  co- 
«  muni  a  tutto  il  mutamento  succeduto  nell'indirizzo  morale  delle  menti 
«  in  Europa  soprattutto  dal  1870  in  qua.  Ne  ha  di  antiche  nelle  legisla- 
«  zioni  e  nelle  consuetudini  anteriori  degli  stati  in  questa  materia,  ne  ha 
«  di  recenti  anzi  di  presenti.  Ne  ha  ancora  di  quelle  nelle  quali  gli 
«  ebrei  stessi  non  sono  senza  colpa :  e  ne  ha  di  quelle  onde  hanno  colpa. 
«  Mi  piacerebbe  dipanare  tutta  questa  matassa.  Sarebbe  di  grandissimo 
«  interesse  il  farlo.  Ma...  »  Ma  ecco  che,  non  oslante  il  grandissimo  in- 
teresse,  il  Bonghi  in  sul  piii  bello,  dopo  arruffata  la  matassa,  «  ci  dee 
«  bastare,  dice,  di  aver  qui  accennato  tutti  questi  capi,  sto  per  dire,  di 
«  ragioni  diverse  (trovando  cosl  in  fine  del  periodo  che,  non  solo  vi 
«  sono  ragioni,  ma  anche  diverse  ragioni  a  do  cfo  in  sul  principio  del 
«  periodo  diceva  essere  senza  ragione).  Lo  svilupparle  non  pu6  essere 
«  ongi  di  questo  luogo.  »  Ma  il  luogo  era  anzi  per  1* appunto  questo:  e 
questo  anche  parimente  il  tempo,  se  avesse  avuto  in  mano  il  bandolo 
delta  matassa.  11  quale  bandolo,  quanto  alia  differenza  tra  i  paesi  latini  e 
non  latini,  cioe,  per  dir  meglio,  tra  gli  orientali  o  gli  occidental!,  consiste 
specialmente  nell'essersi  gli  ebrei  orientali  conservati  sempre  piii  e  peggio 


230  cnoNACA 

ebrci  che  non  gli  occidental!.  E  quauto  a  tutto  il  resto  della  matassa  dal 
Bonghi  accumulate,  consiste  nell'essenziale  e  radicale  opposizione  di  ogni 
vero  e  buono  ebreo  a  tutto  il  genere  umano  non  ehreo.  Dalla  quale  oppo- 
sizione piii  o  meno  coscienziosa  e  forte  secondo  che  ciascun  ebreo  e  piii 
o  meno  osservante  della  sua  legge  non  mosaica  ma  rabbinico  lalmudica, 
unicamente  nasce  quella  maggiore  o  minore,  secondo  i  luoghi,  i  tempi 
e  le  persone,  impossibility  morale  di  pacifica  convivenza*  Ira  ebrei  e  non 
ebrei  e  specialinente  tra  ebrei  e  cristiani.  Se  il  Bonghi  vorra  afTerrare 
questo  bandolo,  trovera  per  avventura  facilraente,  non  soltanto  il  tempo 
e  il  luogo,  ma  anche  la  possibilita  di  dipanare  la  sua  matassa. 

Sembrerebbe  nondimeno  a  prima  vista  che  egli  gia  avesse  afferrato 
un  poco  di  quel  bandolo  da  quanto  soggiunge  che:  «  forse  il  chiuso  dei 
«  Tempii  e  quello  che  genera  cotesto  complesso  di  sentimenti  e  di  consue- 
« tudini,  donde  non  gli  ebrei  e  i  cristiani  soli  ma  sofTrono  le  societa 
«  stesse  in  cui  essi  convivono.  »  Col  quale  chiuso  dei  Tempii  potrebbe 
taluno  credere  che  il  Bonghi  volesse  alludere  appunto  al  Rabbinismo 
talmudico  odiatore  e  persecutor  per  fede  e  per  religione  di  tutto  ci6  che 
non  fc  ebreo  e  provocante  perci6  le  rappresaglie.  Se  non  che  il  Bonghi 
segue  subito  dicendo  che:  «  ci6  non  vuol  dire  che  i  Tempii  si  hanno 
«  a  distruggere  poich&  rispondono  ad  un  gran  bisogno  e  ad  un  alto  ideale 
«  dello  spirito  umano.  »  Colla  quale  disgraziata  soggiunzione  ci  mostra 
quanto  sia  arrutlata  nel  suo  cervello  quella  matassa.  Che  hanno  infatti 
qui  da  fare  i  Tempii  cogli  Ebrei  se  non  s'intende  parlare  dei  Tempii 
ebreit  cio6  delle  moderne  Sinagoghe  ?  E  se  il  Bonghi  intende  daddovero 
parlare  delle  moderne  Sinagoghe,  che  ci  hanno  qui  allora  da  fare  il  gran 
bisogno  e  I' alto  ideale  dello  spirito  umano?  II  quale  certamente  non 
sente  nessun  bisogno  dell' ideale  che  ne  esce  di  odio  e  persecuzione 
contro  tutto  il  genere  umano  non  ebreo  e  specialmente  contro  il  cri- 
stiano?  Ma  tutto  quest'  arruffio  di  matassa  ideale  non  solo  Bonghiana 
ma  di  tanti  altri  anche  ebrei,  non  dipende  che  dalla  confusione  che  essi 
fanno  involontariamente,  come  crediamo,  deH'antica  santa,  divina  e  ri- 
velata  legge  mosaica,  colla  moderna  empia,  farisaica,  talmudica  e  rab- 
binica  cabala  giudaica,  unica  religione  presente  degli  ebrei  della  disper- 
sione.  Ma  del  resto,  a  Dio  piacendo,  nella  prossima  corrispondenza. 


-TEMPORANEA 
II. 

COSE  EOMANE 

\    1  .lieoza  del  Santo  Padre  —  "2.  \A  partenzn  del    Papa  da  Roma  —  3.  I.'AH- 
zione  d"l  S.iiitu  I'jiltv:  <liv|i"tti,  fiviiiiti  i-  iii'r'iurio  doi  snoi  nomici  —  -i.  Leon"  XII! 
e  lo  Scia  di  Persia  —  5.  Un  uomo  che  comincia  a  diveniare  ridicolo. 

1.  Nelle  ore  pomeridiane  del  giorno  27  del  passato  marzo  Sua  San- 
tith  aromelteva  all'onore  dell' udienza,  nel  piano  delle  seconde  logge  del 
Yuiicano,  una  Deputazione  napoletana  coraposta  di  parecchie  centi- 
naia  di  persone.  Facevano  parte  di  questa  numerosa  Deputazione  il  fiore 
del  patriziato  napoleiano,  ragguardevoli  ecclesiastic!,  e  dislinti  cittadini 
d' am  bo  i  sessi.  Essa  era  ben  lieta  di  offrire  al  Santo  Padre  la  espres- 
sione  delta  vivissima  riconoscenza  dell'intiera  cittadinanza  di  Napoli  per 
1'elevazione  alia  Sacra  Porpora  deH'am.itissimo  suo  Arcive-scovo,  PEifio  e 
RiTio  Cardinals  Guglielrao  Sanfdice.  L'espressione  di  questa  gralitudine 
e  stata  tanto  piu  sincera,  quanto  essa  e  staia,  nei  giorni  trascorsi,  seguita 
da  manifestazioni  entusiastiche  da  parte  di  tutto  il  buon  popolo  napole- 
tano  nel  festeggiare  il  ritorno  da  Roma  dell'araato  suo  Pastore.  Napoli 
infatli  non  ha  voluto  in  questa  occasione  rimanere  indielro  alia  cattolica 
Torino,  e  questa  gara  religiosa  tra  le  due  piu  grandi  citta  del  Regno 
non  solaroente  ci  &  prova  che  1'antico  spirito  cattolico  non  fc  ancora 
speuio  tra  noi,  ma  ci  e  pegno  di  un  migliore  avvenire.  Imperocche  a 
niuno  certamente  pu6  sfuggire  che  I1  Italia  6  cattolica  e  vuol  rimaner  cat- 
tolica, e  non  lascia  passare  occasione  di  moslrarlo,  anche  a  dispetto  della 
genie  che  vorrebbe  torle  a  ogni  costo  un  si  bel  vanto. 

Nella  domenica  poi  di  Passione,  gli  Illmi  e  Rini  novelli  Vescovi 
preconizzati  nell*  ultimo  concistoro,  dopo  la  loro  solenne  consacrazione  fu- 
rono  ricevuli  dal  Santo  Padre  in  particolare  udienza.  II  Sommo  Pontefice 
li  accclse  con  1'usata  benignita,  ed  ebbe  per  ciascun  di  loro  parole  ve- 
ramente  afTettuose,  e  come  sa  dirle  in  simili  congiunture  un  Papa  che 
in  brev'ora  ha  dato  i  piu  stupendi  esempii  di  fermezza  e  di  coraggio 
apostolico  ai  Vescovi,  al  minor  Clero  e  a  quanti  cattolici  combattouo 
oggidi  sotto  la  bandiera  di  G.  C.  Nel  giorno  medesimo  molle  ragguar- 
devoli famiglie  ebbero  la  consolazione  di  ascoltare  la  Messa,  che  Sua  San- 
tiia  celebr6  nella  Cappella  Segreta,  e  di  ricevere  dalle  sue  roani  il  Pane 
eucaristico.  Questi  atti  di  benignita  da  parle  di  un  Pontelice  rhe  con 
la n to  senno  e  prudenza  governa  la  Chiesa  in  mezzo  a  diflicolta  senza 
numero,  si  rinnovano  quasi  ogni  giorno;  imperocchfe  non  passa  giorno 
del  suo  laborioso  pontificate,  che  egli  non  rieeva  in  udienza  i  suoi 


232  CRONACA 

figli  che  dai  quattro  venti   convengono  nella  sua  Roma  per  rendere 
omaggio  alia  sua  invincibile  fermezza  e  palesargli  I'immenso  amore  che 
eccita  nei  cuori  di  tulti  i  cattolici  la  sua  augusta  Persona.  Cio  guardano 
COD  dispetto  i  suoi  nemici,  e  volendo  dissimulare  il  loro  maltalento  van 
dicendo  che  il  Somrao  Pontefice  e  un  personaggio  a  cui  nessuno  piu 
pensa  da  che  Roma  e  diventata  la  capitale  d' Italia.  Si  potrebbe  ritorcere 
1'argomento,  perocche  se  ci  e  personaggio  a  cui  piu  si  pensa,  non  pure  da 
quelli  che  vengono  di  fuori,  ma  da  coloro  che  vivono  in  Roma,  e  il  Papa. 
2.  Di  questi  giorni,e  non  sappiamo  su  qual  fondamento  appoggiati, 
i  diarii  della  Rivoluzione  han  messo  in  giro  la  voce  che  il  Papa  avesse 
in  animo  di  abbandonare  Roma;  voce  per  altro  che  non  tard6  ad  essere 
smentita  da  quell' egregio  ed  autorevole  giornale  che  fu  sempre  1'  Os- 
servatore  Romano.  La  notizia,  per  quanto  fosse  infondata,  non  Iasci6  di 
commovere  giustamente  i  cattolici  del  mondo;  anzi  i  giornali  d'ogni  co- 
lore  politico  presero  a  discutere  la  possibilita  e  le  conseguenze  di  questo 
importante  argomento;  e  da  questa  discussione  due  cose  principalmente 
parvero  emergere:  la  prima  che  la  questione  romana  e  sempre  viva,  e 
forse  piu  viva  oggi  che  nol  fosse  il  primo  giorno  in  cui  fu  creata.  La 
seconda,  che  il  Papa  non  e  affatto  libero  in  Roma,  e  che  e  un  farsi  illu- 
sione  il  credere  che  in  Roma  possano  vivere  e  andare  d'accordo  un  Papa 
in  Vaticano  e  un  Re  in  Quirinale.  Per  questo  il  Francais,  citato  dalla 
Gazzetta  d' Italia  dice:  Se  il  Governo  italiano  perse vera  nei  suoi  attacchi 
e  non  si  arresta  verra  il  momento  che  il  Papa  per  salvare  la  sua  di- 
gnita,  come  pure  i  diritti  del  mondo  cattolico,  di  cui  e  depositario,  si 
vedra  obbligato  a  cercare  nell'esilio  le  guarentige  di  sicurezza  che  egli 
non  trova  piu  in  Roma...  Ma  la  sua  partenza  da  Roma  avrebbe  nei  mondo 
un  contraccolpo  immense;  egli  desterebbe  lo  sdegno  universale;  i  governi 
si  vedrebbero  obbligati  ad  occuparsi  della  questione  romana,  che  oggi 
affettano  d'ignorare.  L' Italia  stessa  riconoscerebbe  il  fallo  commesso  la- 
sciando  partire  il  Papa,  e  non  passerebbe  un  ventennio  senza  che  Roma 
vedesse  il  successore  di  S.  Pietro  ritornare  al  Vaticano  libero  e  trion- 
fante.  »  Ma  se  il  Papa  trasportasse  le  sue  tende  fuori  di  Roma  che  cosa 
avverrebbe?  Awerrebbe  che  il  sentimento  dei  popoli  si  rivolgerebbe  cola, 
con  grandissimo  scapito  non  pur  di  Roma  ma  dell'  Italia,  senza  perdere 
non  diremo  la  speranza,  ma  la  certezza  di  vederlo  ritornare  in  quella 
Roma,  donde  1'  ha  cacciato  la  rivoluzione.  fi  un  osservazione  di  Adolfo 
Racot  nei  Figaro  di  Parigi.  «  Quando  Pio  VII  soggiunge  egli,  era  pri- 
gioniero  a  Fontainebleau,  e  prigioniero  del  padrone  dell' Europa,  la  con- 
dizione  della  Santa  Sede  sembrava  molto  piu  critica  di  adesso,  e  tuttavia 
Pio  VII  rientr6  in  Vaticano.  > 

3.  Abbiamo  riporlata  in  questo  stesso  quaderno  la  stupenda  Allo- 
cuzione  recitata  dal  Santo  Padre  nei  Goncistorio  del  24  passato  marzo, 
Allocuzione  nella  quale  non  sappiamo  qual  cosa  prima  ammirare  se  la 


NBA 

grandma  e  nol-iltA  dr  roraggio  onde 

ilata  la  satan  suoi  diritti.  1  cattolici 

!'  hanno  letta  han  provato  una  grandissiraa  gioia;e  come  no?  Che 
oggetlo  di  altissinn  gioia  &  il  vedere  che  nel  mondo  odierno  e  in  mezzo 
nta  nequizia  ci  e  serapre  un  vindice  della  liberta  oppressa  e  della 
calpestata  e  maoomessa.  Se  non  che,  quanto  6  stata  graode  la 
gioia  dei  cattolici,  ed  altrettanto  &  stato  immenso  il  dispetto  del  rivolu- 
zionarii.  Qtiesti  iofatti  non  si  son  poluti  dar  pace  che  il  Santo  Padre  abbia 
ripetute  graodi  e  in  parle  dolorose  verita.  Eppure  avrebbero  dovuto  sa- 
pere  che  il  Papa  non  pu6  fare  a  meno  di  dire  e  proclamare  il  vero.  Ne 
perche  si  tratta  di  ripetizioni,  o  perche  questa  proclamazione  non  abbia 
ancora  avuto  i  desiderati  effetti,  cessa  la  verita  di  essere  tale,  o  meno 
doverosa  ne  toroa  pel  Papa  la  proclamazione.  II  liberalisms  e  la  rivo- 
luzione invece  amano  la  menzogna  e  se  ne  servono  largameote  facendo 
a  fldanza  o  colla  dabbenaggine  o  coll'  ignoranza  che  regna  oggidi  nel 
mondo.  Cost  il  Popolo  Romano  parla  di  una  Capitate  storica  del- 
T  Italia  che  non  ha  mai  esistito.  Ha  esistito  si  una  Roma  capiiale  del- 
Tlmpero  Romano,  ma  quella  fu  distrutta  dai  barbari.  In  appresso  i  Papi 
ne  rianimarono  il  cadavere  col  segno  della  Croce,  e  Roma,  rinata  dalle 
sue  ceneri,  fu  la  Roma  papale.  Roma  capitale  esiste,  alia  meglio,  appena 
da  14  anni,  come  dire  qua  tiro  anni  di  meno  dei  secoli  che  vanta  la  Roma 
dei  Papi.  Quanto  poi  alia  menzognera  ed  indegna  asserzione  dello  stesso 
diario  che  1'opera  della  Santa  Sede  «  e  opera  parricida  »  ci  bastera  di 
dire  solamente  che  gli  uomini  onesti  sanno  bene  distinguere  la  patria 
da  una  oligarchia  prepotente  e  vorace,  che  si  e  imposta  alia  patria  ru- 
bandole  perlino  il  nome  ed  il  carattere,  per  appropriarsi  quanto  alia 
patria  spetta  di  diritto.  E  questa  menzogna  colossale  non  e  superata  che 
daH'altra  mostruosa,  caduta  pure  dalla  penna  del  Popolo  Eomano  che 
«  magnifica  opera  del  senno  del  popolo  italiano  e  della  dinastia  Sabauda  » 
sia  quanto  ha  falto  la  rivoluzione.  Ma  dove  questo  giornale,  calpestando 
le  leggi  del  pudore,  tocca  il  sublime  del  ridicolo  e  laddove  dice,  «  ab- 
biamo  il  diritto  di  domandare  alia  Santa  Sede  che  delle  accuse  di  vio- 
lata  indipendenza  da  parte  nostra  fornisca  le  prove.  »  11  Popolo  liomano 
ha  sbagliato  1'  indirizzo.  Le  prove  che  esso  desidera  le  domandi  ai  ge- 
nerali  Cialdini  e  Cadorna,  al  Sella,  al  Laroarmora,  al  fabbro  ferraio  Ca- 
panna  e  al  Mancini  e  a  quanti  assalirono,  spogliarono,  delronizzarono  il 
piii  vecchio  e  venerato  sovraoo  del  mondo. 

4.  Intanto  che  la  rivoluzione  lavora  instancabilmentea  manomettere  in 
quanto  pub  la  Chiesa  Cattolica  in  occidente,  disperdendone,  annientan- 
done,  ovvero  laiciz/andone  le  piu  belle  ed  antiche  istituzioni,  il  Papa  cerca 
nelle  loniane  regioni  dell'Asia,  dell'Africa  e  delle  due  Americhe  di  esten- 
dere  sempre  piii  1'azione  incivilitrice  del  Cristianesimo  cattolico  o  col- 
ralTt-rmare  o  col  rannodare  buone  relazioni  coi  Principi  o  coi  Governi 


CRONACA 

di  quelle  rimote  comrade.  Di  die  ci  place  riferire  quello  che  ora  tutti 
sanno  circa  )e  relazioni  della  Santa  Sede  collo  Scia  di  Persia.  E  ora  un 
anno,  il  30  aprile  del  1883,  che  la  Santita  di  Leone  XIII,  indirizzava 
allo  Scia  di  Persia,  lettera  alia  quale  quel  Sovrano  rispose  sotto  la  data 
del  20  del  roese  di  Safar  dell' anno  37*  del  suo  [regno,  data  che  corri- 
sponde  al  19  scorso  aicembre.  Nella  sua  lettera  il  Santo  Padre  accredi- 
tava  presso  il  Sovrano  di  Persia  il  delegato  apostolico ;  e  di  riraando  lo 
Scia  nella  sua  ripeteva  il  desiderio  gia  espresso  personal  me  nte  al  dele- 
gato apostolico,  di  avere  e  di  consolidare  le  sue  buone  relazioni  col 
Papa.  In  quella  dunque  che  il  Governo  italiano  obbliga  la  Congregazione 
di  Propaganda  alia  conversione  dei  suoi  beni,  e  la  rivoluzione,  per  bocca 
del  siculo-albanese  Francesco-Crispi,  addita  «  come  il  solo  e  vero  nemico 
il  "Vaticano  >,  un  Principe  infedele  s'  inchina  alia  maesta  del  Pontefice 
Romano,  e  si  raccomanda  alle  sue  preghiere.  E  qui  ci  6  dolce  di  riferire 
quanto  1'egregio  periodico  I1  Untta  CattoUca  nel  suo  n.  82  pel  di  4  aprile 
scrive  sulle  relazioni  degli  Scia  di  Persia  colla  Santa  Sede;  relazioni  che 
rimontano  al  secolo  XVI.  «  Non  e  la  prima  volta,  dice  il  dotto  diario 
torinese,  che  i  Romani  Ponlefici  ricevettero  dagli  Scia  di  Persia  solenni 
dimostrazioni  di  ossequio;  sotto  Abbas  I,  che  regn6  dal  1585  al  1629T 
due  ambasciatori  persiani  vennero  in  Roma  e  furono  ricevuti  da  Cle- 
mente  VIII.  Questo  Pontefice,  ad  istanza  di  quel  Sovrano,  aveva  mandate* 
i  Garmelitani  Scalzi  ad  evangelizzare  que'popoli,  ed  a  que' religiosi  aveano 
tenuto  dietro  gli  Agostiniani  di  Goa,  i  Cappuccini  francesi,  Gesuiti  e  Do- 
menicani.  Accord6  inoltre  solenne  udienza  agli  ambasciatori  della  Persia. 
II  suo  successore  Papa  Paolo  V  nel  1605  invi6  in  Persia  due  Carmelitani 
con  qualita  di  Ambasciatori.  Abbas  I  li  ricevette  con  molta  stima  e  loro 
diede  un  palazzo  in  Ispahan  dove  fabbricarono  convento  e  chiesa.  —  Piii 
tardi  Gregorio  XV  per  utile  spirituale  dei  cristiani  istituiva  la  Congre- 
gazione di  Propaganda  e  Urbano  VIII  il  Gollegio  Urbano,  che  riceve  per 
alunni  anche  i  Persiani. 

«  Lo  stesso  Urbano  VIII  istitui  la  diocesi  di  Hispahan,  di  rito  latino, 
e  ne  fu  nominato  primo  Vescovo  fra  Giovanni  Taddeo  di  Sanl'  Eliseo, 
carmelitano  scalzo.  Glemente  IX,  Innocenzo  XI,  Glemenle  XI  furono  pa- 
recchie  volte  in  relazione  cogli  Scia  di  Persia,  secondo  le  varie  necessita 
della  Chiesa. 

«  La  dinastia  che  regna  oggidl  in  Persia  riconosce  per  suo  fondatore 
Aga  Mohammed  Khan,  il  quale  verso  il  1792  divenne  signore  della 
Persia.  Suo  nipote  Feh-Aly  Scia,  che  gli  succedette,  consolidd  il  trono 
con  una  condotta  prudente  e  savia.  Nomin6  Principe  ereditario  il  suo 
terzogenito  Abbaz-Mirza,  al  quale  Leone  XII  indirizz6  due  Brevi,  il  10  ot- 
tobre  1827  e  20  settembre  1828,  raccomandandogli  i  cristiani. 

«  Gregorio  XVI  ottenne  dallo  Scia  il  permesso  di  far  prcdicare  il 


1 1  suo  rapprescnt 
:  ;mno  188'2. 

•  nccaramo  teslfe  del  Cnsji,  p,  non  vogliamo  farci  sfuggire  qiu-- 
st'occasione  per  dire  come  quest' uoroo,  che  ha  1'insigne  vanita  di  cre- 
dcrsi  un  grand*  uumo  di  Siato,  forse  perche  glie  lo  dicono  i  suoi  adutotori, 
cerchi  e  studii  tutli  i  modi  di  diventare  ridicolo,  ripetendo  sempre  la 
«  canzone,  parodiando  il  Gambetta,  e  atteggiandosi  a  future  tribuno 
•irir  Itali.i  rivoluzionaria.  Se  il  Crispi  nel  combattere  la  Chiesa  mostrasse 
un  1-riciolo  dell'abilita  ond'egli  conduce  i  suoi  affari,  e  gaadagna  le  cause 
piii  shallate,  le  sue  parole  sarebbero  forse  da  pigliare  sul  serio.  Ma  per 
suo  malanno,  egli  e  cosi  infelice  negli  attacchi  contro  la  Chiesa  e  il 
Papato,  come  nel  parlare  alia  tribuna  o  nello  scrivere,  tutloche  da  Maz- 
zini  di  cui  fu  seguace  ed  allievo  abbia  ereditato  un  po(  di  gonfla  e  va- 
porosa  verbosiia.  E  per  convincersi  che  egli,  se  non  6  ancora  caduto,  fe 
gia  a  un  pelo  di.cadere  nel  ridicolo  bastera  rileggere  il  discorso  cb'ei 
va  tesle  nell'adunanza  del  novello  Islituto  Storico,creazione  baccelliana. 
Sanno  ttitti,  cbe  Guido  Baccelli  nominb  membro  di  questo  Istituto  il  Crispi, 
in  sifjnum  grati  animi,  per  averne  cioe  propugnata  la  famosa  legge  uni- 
versiiaria.  Ora  Crispi  storico,  fe  cosa  talmente  ridicola,  che  gli  stessi  cor- 
tigiani  o  adulatori  del  capo  della  IVntarchia  non  ban  potuto  dissimularlo. 
E  quando  pure  di  questo  ridicolo  mancassero  altre  prove,  basterebbero 
quelle  che  egli  stesso  ci  fornisce  nel  suo  famoso  discorso,  dove  non  sai 
qualcosa  sia  piu  grande,  se  1'  ignoranza  della  Storia,  ovvero  1'  impudenza 
ond'egli  ha  cercato  di  snaturare  i  fatli.  Uoo  studente  da  ginnasio,  per 
iscapato  e  ignorante  che  fosse  potrebbe  fargli  la  barba  di  stoppa. 


III. 

COSE  ITALIANE 

• 

i.  La  Crisi  —  2.   Mh .^iamrnlo  (H  parlili  in  Montccilorio  —  3.  L' clcziono  del  Pre- 
sidenie  —  I.  Voci  di  fuori. 

I.  Ci  vollero  nientemeno  che  dieci  giorni  a  finire  la  crisi,  e  parvero 
troppi  in  verita,  se  si  guardi  a  quel  ridictdus  m«s,  che  n'6  venulo 
fuori,  qtianio  dire  la  leggiera  modiQcazione  che  s'e  fatta  al  ministero. 
Ci  aspetlavamo,  qualche  cosa  di  piu  serio;  ma  e  un  farsi  illusione  il 
credere  che  dalla  dominante  oligarchia,  di  cui  e  reggitore  supremo  cd 
arbitro  il  Depretis,  sia  per  venire  fuori  cosa  che  non  sia  ridicola  e  nie- 
schina.  Considerate  dunque  bene  le  cose,  si  pu6  e  si  ha  ragione  di  cre- 
dere che  tutta  1'importanza  della  crisi  sta  nell'uscita  dal  ministero  di 
Guido  Baccelli,  1'uomo  che  il  Depretis  sacramenlava  che  non  sacrifiche- 


236  CRONACA. 

rebbe,  quando  pure  ne  avesse  ad  andar  di  me/zo  la  sua  vita.  Ouanlo 
al  Berti,  al  Giaiinuzzi-Savelli  ed  al  Del  Santo,  che  ne  sono  usciti,  pote- 
vano  anche  restarci  senza  sconcio,  perche  il  Grimaldi,  il  Ferracciii  e  il 
Briu,  che  li  hanno  surrogati,  sono  uomini  di  valore  equivalente.  In  nna 
cosa  sola  e  forse  il  Ferracciu  superiore  al  Giannuzzi-Savelli,  nell'odio  che 
egli  nutre  contro  il  Papa.  L'  Unitd  Cattolica  ricorda  a  questo  proposito 
il  discorso  che  il  Ferracciu  profferi  nella  Camera  dei  Deputati  il  13  feb- 
braio,  quando  si  discuteva  1'arlicolo  7  sulla  inviolabilita  del  domicilio 
del  Papa.  Fra  gli  emendamenti  proposti  a  quest' articolo  ve  a' era  uno 
del  Ferracciu,  il  quale  avrebbe  voluto  che  in  luogo  di  quell' articolo  si 
mettesse  nella  legge  1' articolo  seguente:  « In  tutto  ci6  che  non  e  di- 
sposto  dai  precedent!  articoli,  si  osserveranno  le  leggi  dello  Stato.  » 
In  altri  termini,  che  gli  agenti  della  forza  pubblica  potessero  introdursi, 
per  esercitare  atti  del  proprio  ufficio  nel  Vaticano,  come  nell'  ultima  ta- 
verna  di  Roma;  quindi  conchiudeva:  «  Calvinisti,  luterani,  o  cattolici, 
maomettani,  od  altro  per  lo  Stato  ha  da  essere  lull' uno.  Lo  Stato  non 
sa  e  non  deve  sapere  se  tra  noi  v'abbia  un  Papa. »  Tal'e  la  gioia  fc  il 
fiore  dei  guardasigilli  che  Agostino  Depretis,  il  gran  Gancelliere  d'  Italia, 
fc  andato  a  scovare  per  mettergli  nelle  mani  le  guarentigie,  il  Papa,  il 
clero,  la  religione,  il  culto  degl'  Italiani ;  un  guardasigilli  cio6  che  crede 
le  guarentigie  esiziali  all'llalia,  che  non  fa  distinzione  tra  il  Papa  e  un 
Rabino,  che  ha  voraitato  in  pubblico  parlamento  contro  il  Papato  ca- 
lunnie  e  teorie,  che  appena  si  leggerebbero  nella  stampa  socialistica  ed 
anarchica.  Ma  fc  un  guardasigilli  che  conveniva  a  un  Depretis,  che  un 
giorno  si  dichiar6  pronto  a  fare,  quandochessia,  le  parti  del  diavolo. 

2.  La  questione  6  ora  di  sapere  se  il  rimpasto  fatto  dal  Depretis 
abbia  sodisfatto  la  maggioranza,  o  non  sia  un  nuovo  motivo  che  affretti 
il  disgregamento  di  essa.  Se  infatti  dobbiamo  giudicarne  dalla  prima 
seduta  di  Montecitorio  dopo  il  rimpasto,  come  dire  dopo  venli  giorni 
di  sforzato  silenzio,  il  ministero  riformato  6  condannato  a  perire.  La 
Camera  si  riapriva  infatti  in  mezzo  ai  rumori,  alle  risa,  all'ilarita* 
agli  oh  oli>  eh  eh,  ai  segni  di  di/fidenza,  ai  colpetti  di  fosse,  e  cose 
simili,  buone  e  permesse  in  teatro,  ma  non  gia  in  parlamento.  Depretis 
par!6  per  presentare  alia  Camera  i  nuovi  ministri,  protestando  essere 
sua  forma  intenzione  di  consacrare  gli  ultimi  suoi  anni  all'attuazione  dei 
principii  polilici  professati  nel  programma  diStradella;  ma  le  proteste 
furono  accolte  da  sogghigni  d'incredulita  e  da  grandi  rumori  sollevati 
dai  pentarchi.  Di  che  indignato  il  Popolo  Romano  esclama :  «  L'  op- 
posizione  serbfc  un  contegno  non  molto  dignitoso  e  poco  corretto.  Dimo- 
str6  in  modo  clamoroso  e  turbolento,  che  si  trovava  in  istato  d1  irri- 
tazione,  che,  tra  1'effetto  della  stagione  e  la  natura  audace  di  taluni 
elementi,  andra  crescendo  fino  a  raggiungere  lo  stadio  piu  acuto.  »  E 
che  gli  onorevoli  fossero  andati  alia  Camera  con  intendimento  di  far 


NTEXPORA.NEA 


>,  -i  Mivo.'ii.-iita  ,|., 

••rir  Ic  porir  ili  Morit'-ntono:  •  Voci  alte  e  floche,  di- 

verse ill*,-  die,  se  ROD  sono  ancora  orribili,  minarn  \n<>   \\ 

:ii|)iono  le  aule  parlamentari,  e  fanno  gia  un  tiimulto  che  non 

.igisce  nulla  <ii  buono.  »  II  primo  che  alzasse  la  voce  fu  Luigi  Ferrari, 
un  pentarc;i,  il  quale  scagliossi  contro  Depretis,  accusando  d'inerzia  la 
maggioranza  e  anVrmarulo  che  in  Italia  lo  scontento  e  universale,  fatte 
1.-  debite  eccezioni  di  quelli  che  siedono  al  banchetio  del  bilancio.  Al 
1  Vrrari  tciine  dirtro  il  Nicotera,  il  terribile  barone,  lamentando  che  Cop- 
pino,  eletto  presidente  delta  Camera,  senza  dir  nulla,  fosse  andato  invece 
a  sedersi  sul  banco  dei  roinistri  e  dichiarando  che  fu  questa  una  scon- 
venienza  parlamentare.  E  chi  poteva  dirlo  meglio  di  lui?  Sulla  sua  com- 
petenza  in  questa  materia  non  ci  e  neppure  da  sputare. 

Ne  men  burrascosa  della  prima  fu  la  seconda  seduta  della  Camera. 
I  pentarchi  fecero  un'altra  carica  contro  il  Depretis,  e  fu  il  deputato 
Parenzo  che  si  battfe  a  corpo  a  corpo  col  vice-presidente  Taiani,  mentre 
i  suoi  colleghi  facevano  in  coro  esclamazioni  e  grida  incoraposte.  «  L'in- 
cidente,  dice  la  Gazzctta  del  Popo/o,  di&  luogo  a  molti  ruraori;  tra  i 
diversi  deputati  delle  diverse  fazioui  della  Camera  scambiaronsi  parole 
provocanti;  la  Pentarchia  apostrof6  alcuni  deputati  della  maggioranza, 
i  quali  risposero  per  le  rime.  La  seduta  termin6  in  mezzo  a  grande 
agitazione.  »  K  una  vera  Babele! 

3.  Dopo  la  seduta  delle  insolenze  e  dei  rumori,  del  4  aprile,  la  mag- 
gioranza si  riuni  sotto  la  presidenza  di  Depretis  per  iscegliere  il  pre- 
sidente della  Camera.  Erano  150  i  present!,  compresi  i  ministri.  Mordini, 
T  inventore  delle  reliquie  di  Garibaldi,  present6  d'accordocol  Depretis, 
un  ordine  del  giorno  in  cui  fu  proposta  la  candidatura  del  Biancheri, 
come  quella  che  risponde  alia  situazione  parlamentare  (al  confusioni- 
smo).  Questa  elezione,  pare  fatta  con  intendimento  d'  ingraziarsi  la 
destra,  un  po'scontenta  d'essere  stata  esclusa  dalla  combinaziooe  mi- 
nisteriale.  I  Pentarchi  per  altro  aflilarono  indarno  le  armi  per  combat- 
terla.  Comunque  sia,  una  cosa  salta  agli  occhi  di  tutti  ed  fc  la  decadenza 
del  Parlamenlo;  ma  net  mentre  che  questo  visibilmente  va  perdendo  ter- 
reno,  e  si  sfascia,  il  Ponteflce  svela  quolidianaraente  le  contraddizioni  dei 
legislator!  e  governanti  italiani  in  modo  talraente  grande  ed  elevato  che 
il  giornalisroo  slipendiato  sente  di  non  avere  piii  inchiostro  per  difen- 
dere  la  loro  insipienza  e  fatuita. 

L'  elezione  del  Biancheri  alia  presidenza  della  Camera  fc  ora  un  fatto 
compiuto.  Che  il  Biancheri  riuscisse  eletto,  lo  si  poteva  facilmente  pre- 
vedere.  Ma  il  numero  dei  voti  da  lui  riportati  fu  inferiore  sicuramente 
a  quello  speralo  dal  minislero  e  dai  trasformisti  di  destra.  I  calcoli 
fatii  universalmente  portavano  a  ritenere  che  il  nome  del  Biancheri  sa- 
rebbe  uscito  dall'  urna  forte  di  circa  270,  o  alraeno  250  voti.  Contraria- 


238 


CRONACA 


mente  a  queste  prevision!  il  nuovo  presidente  non  venne  portato  alia  sna 
carica  die  da  239  voti  sopra  400  votanti,  che  k  quanto  dire  con  soli 
38  voti  oltre  la  maggioranza  necessaria. 

Non  sappiarao  davvero  compreniere  come  la  votazione  che  parve 
insufficiente  per  il  Goppino,  sia  stata  ritenuta  bastevole  nel  caso  presente, 
pel  solo  fatto  di  un  aumento  di  11  voti. 

E  notisi  che  le  condizioni  presenti  erano  tali  da  esigere,  e  da  far 
supporre,  una  maggioranza  assai  piii  considerevole  di  quella  del  19  marzo. 
Allora  erano  ancor  vivi  i  maluraori  della  Camera  per  1'ostinazione  del 
Depretis  a  conservare  nel  ministero  il  Baccelli,  di  guisa  che  si  cercava 
quasi  un  preteslo  pel  quale  fosse  possibile  di  venire  ad  una  crisi,  sia 
pure  generale  all' apparenza,  ma  che  riuscisse  poi  alia  semplice  sostitu- 
zione  di  qualche  ministro.  Ora  ci6  e  avvenuto,  ed  il  nuovo  presidente  si 
presentava  forte  dell'appoggio  di  un  minislero  che  ha  fatto  da  cinque 
giorni  soltanto  la  sua  comparsa  alia  Camera  e  che  dovrebbe  quindi  sup- 
porsi  in  tutto  il  rigoglio  della  sua  vitalita. 

V'ha  di  piii;  di  fronte  alia  imminenle  battaglia  il  ministero  aveva 
chiamato  a  raccolta  tutte  le  sue  legioni,  ed  un  appello  non  meno  caldo 
avevano  fatto  ai  loro  amici  gli  organi  piii  autorevoli  della  deslra,  sempre 
in  favore  del  candidate  ministeriale,  talche  pu6  dirsi  che  ben  pochi  fra 
gli  aderenti  a  queste  due  parti  siano  mancati  nel  giorno  della  votazione. 
Eppure,  ad  onta  di  tutto  ci6,  il  Biancheri  non  e  portato  alia  presidenza 
della  Camera  neppure  dalla  meta  dei  suoi  componenti. 

11  risultato  non  fu  certo  quale  si  desiderava  da  taluni,  e  particolar- 
mente  quale  sarebbe  abbisognato  per  dimostrare  1'esistenza  di  una  mag- 
gioranza di  Governo  numerosa  e  compatta. 

Se  ne  avvedono  coloro  stessi  che  furono  fra  i  piii  caldi  partigiani 
della  candidatura  Biancheri,  come  ad  esempio  YOpinione. 

II  solo  fatio  che  essa-si  e  affaticata  e  abbia  reputato  necessario  di 
dimostrare  la  bonta  di  un  tale  risultato,  mostra  chiaramente  come  questa 
bonta,  anche  a  suo  modo  di  vedere,  sia  ben  lungi  da  far  tacere  i  commenti. 

Anche  Targomento  addolto  da\Y  Opinione  per  dichiararsi  soddisfalta 
di  questo  risultaio  e  abbastanza  specinso.  Essa  e  andata  in  visibilio 
perche  il  voto  dell' 8  aprile,  dimostra  che  il  ministero  sara  forte,  non 
gia  per  una  forte  maggioranza  numerica,  ma  per  Tadesione  di  un  partito 
compatto  ed  unito  intorno  al  Governo.  Nel  giorno  in  cui  si  dovra  venire 
ad  un  voto  politico,  vedra  YOpinione  che  cosa  valga  piii,  se  il  partito 
compatto  e  la  maggioranza  numerica.  Conviene  notare,  peraltro;  che  i 
fogli  moderaii  sono  ben  lontani  dal  desiderare  una  lunga  vita  all'attuale 
gabinetto.  Piu  presto  esso  sara  logoro,  e  piii  presto  il  Biancheri  sara 
chiamato  a  Corte  per  essere  consultato  sulla  formazione  del  nuovo  ga- 
binetto. Questo  sorgera  forse  quale  lo  desidera  I'Opinione,  ma  allora 
non  avra  lie  il  partito  compatto  ne  la  maggioranza  nuraerica. 


CONTEMi 

i.  Harrniiliamo  ora  alcune  voci  che  corrono  di  fuori  <1>-I  Tarlamenlo, 
>•  rivflaiiM  la  situazione  veramente  crilica  in  cui  versa  1' Italia  legate. 
I'ua  di  ijut'.ste  voci  e  quella  del  J'iritto  del  4  nprile,  che  smenlisce  che  re 
Umberto  e  la  regina  Margherita  vadano  a  Berlino,  scrivendo:  «  Ci  cosla 
che  questa  ootizia  e  affalto  infonJata.  »  Probabilmeote  sono  taccoli  colla 
diplornazia  da  coroporre  pria  ches'intraprenda  il  viaggio.  K  si  che  taccoli 
non  mancano.  Ci  e  a  buoni  conti  1'afTare  sempre  intrigato  della  conver- 
sirne  dei  beni  di  Propaganda;  ci  sono  le  mene  irredeniiste  che  danno 
tanto  da  fare  all' Austria  nel  Triestino;  ci  e  la  quasi  impuniia  accordata 
ai  radical!  di  ridicoleggiare;  ci  sono  i  manifest!  socialist!  che  corrono 
per  tutta  Italia;  ci  e  1'audacia  del  partito  anarchico  che  inveisce  contro 
gli  agenti  della  forza  pubblica,  non  esclusi  quelli  dell'arma  benemerita; 
ci  e  la  bandiera  rossa  e  il  trionfo  in  Milano  dei  repubblicani  i  quali 
sotto  pretesto  di  organizzare  una  apoteosi  a  Carlo  Cattaneo,  organizza- 
rouo  una  manifestazione  bella  e  buona  repubblicana ;  c'e  finalmente  il 
linguaggio  di  una  gran  parte  della  stampa  estera,  la  quale  non  e  niente 
contenta  della  piega  che  prendono  le  cose  italiane;  e  per  questo  ci  ba- 
stera  di  riferire  quello  che  scrivea  la  Wiener  Allgemeine  Zeitung: 
«  L' impassibilita  del  governo  italiano  dinanzi  alle  ingiurie,  improper!  ed 
oscene  scurrilitu  lanciate  pubblicamente  a  voce  e  colla  stampa  contro 
dell' Austria,  del  governo  e  dell'esercito  in  Milano  in  occasione  del  tra- 
sporto  (It-lie  ceneri  di  Cattaneo  e  della  coramemorazione  delle  cinque 
giornate  del  marzo  1848,  e  indizio  —  se  non  prova  —  di  quel  che  sen- 
tano  i  Depretis  e  soci  intorno  al  valore  delle  amiche  relazioni,  della 
triplice  tanto  vantata  alleanza,  e  del  rispetto  che  essi  hanno  per  le  piii 
elementari  convenienze  sociali.  Fors'anco  quell'  impassibilita  e  prova 
dell' impotenza  —  connivenza?  —  del  governo  stesso  contro  della  cor- 
rente  repubblicana. 

IV. 

COSE  STRANIERE 

RUSSIA  (Nostra  corrispondenza)  —  l.Calma  apparenle,  non  reale,  aU'interno  — 
2.  11  viaggio  del  signer  de  Giers,  e  I'accordo  fra  i  tre  Imperi  —  3.  Slalo  pre- 
sente  dellVsprcilo  russo  -  4.  Dedizione  di  Mei*v.  Vore  ragioni  di  tal  faito,  con- 
siderato,  a  torto,  dalla  stampa  russa  come  un  irionfo  della  diplomazia  imperials. 
Kvcntuali  consegaenze  di  un  conflitto  fra  Russia  e  In^rhillerra  —  5.  Propeii-ione 
dei  Governo  verso  i  cattolici  del  Turkostan.  Suoi  sforzi  per  soslituire  nel  culto 
cattolico  il  russo  all'  idioma  polacco  —  6.  I  tre  grand!  partili  polilici  o.istmti 
in  Huso,  ad  uno  d«'(|uali,  cioe  al  lodesco,  appartiene  il  ministro  degli  esleri 
signer  de  Giers.  Risultati  del  viaggio  di  quest' ultimo  a  Berlino  ed  a  Vienna  — 
7.  Concliiusione. 

1.  La  piu  perfetta  pace  regna  in  tutto  rimpero;ma  cio  non  toglie 
che  le  condizioni  politiche  si  facciano  di  giorno  in  giorno  piu  gravi.  La 


240  CRONACA 

tranquillity  non  e  che  superficiale.  Si  viene,  e  vero,  di  tanto  in  tanto  a 
sapere  che  gli  ebrei  in  questo  o  quel  paese  sono  stati  deruhati  o  truci- 
dati  dal  popolo;  che  i  nihilist!  hanno  assassinati  due  o  tre  alti  fuuzionari 
governativi,  o  che  incendi  forrnidabili  si  sono  sviluppati  per  oj-  ^  <)i 
ignoti;  ma  queste  funeste  notizie  vanno  tosto  dimenticate.  Che  anzi  la 
societa  eletta  di  Pietroburgo  si  rimette  con  piii  ardore  di  prima  a  bal- 
lare,  incoraggiata  questa  volta  dalla  Gorte,  che,  dal  primo  dell' anno  in 
qua,  e  venuta  a  stabilirsi  nella  capitate,  e  da  1'esempio  di  festevoli  trat- 
tenimenti.  Bisogna  per6  convenire  che  si  balla  sur  un  vulcano.  Qtffcsto 
stato  di  cose  e  egli  conosciuto  in  alto?  Nessuno  pu6  dirlo.  Ma  forse  la 
miglior  politica  da  seguire  nelle  presenti  congiunture  si  e  quella  di  far  le 
viste  di  non  temer  niente,  e  di  far  feste  a  iosa. 

2.  Se  il  nichilisrao,  da  un  lato,  va  proseguendo  1' opera  sua  nell'ombra 
e  nel  mistero,  eludendo  quando  gli  piace  le  piii  minuziose  precauzioni 
della  polizia,  dall'  altro  lato  la  calma  si  e  ristabilita  nel  ministero  degli 
affari  esteri.  II  viaggio  del  signor  de  Giers  ha  portato  tutti  i  suoi  frutti. 
Un  accordo  si  e  fermato  fra  i  tre  Imperi;  accordo  araichevole  con  la 
Germania,  un  po'piii  riserbato  con  1'Austria,  ma,  in  ogni  caso,  abba- 
stanza  cordiale  da  assicurare  la  pace  d'Europa  per  tutto  quel  tempo  che 
piacera  al  principe  di  Bismarck  di  determinare.  Ora  siccome  il  fine  di 
tale  accordo  sembra  esser  quello  di  un  disarmo  generate,  cosl  non  pub 
non  destare  un  certo  interesse  il  conoscere  lo  stato  presente  dell'esercito 
russo,  la  forza  effettiva  de'suoi  contingent!,  la  distribuzione  di  essa  su 
tutto  quanto  il  territorio  dell'Impero,  e  il  carico  enorme,  da  cui  la  Russia 
rimarrebbe  sgravata,  se  il  principe  Gancelliere  riuscisse  a  ottenere  da 
questa  formidabile  potenza  una  diminuzione  considerevole  delle  sue  truppe. 

3.  L'esercito  russo  e  ripartito  in  grandi  circoscrizioni  militari,  cia- 
scuna  delle  quali  abbraccia  un' estensione  di  terreno  sette  od  otto  volte 
maggiore  di  quello  dei  corpi  d'esercito  francesi. 

L'esercito  russo  novera  adesso,  sul  piede  di  pace,  28,074  uffiziali 
e  836,146  soldati. 

La  circoscrizione  di  Pietroburgo  comprende,  oltre  a  parecchie  divi- 
sion! dell'esercito  di  linea,  i  quattro  quinti  della  gu.irdia  imperiale,  di 
cui  il  rimanente  e  a  Varsavia,  mentre  il  corpo  dei  granatieri  trovasi  in 
Mosca.  L'  esercito  di  Pietroburgo  ascende  a  82,470  uoraini,  forraanti  una 
truppa  ammirabile  di  riserva,  o  meglio  di  seconda  linea,  la  quale  marcia 
per  il  solito  coll' Imperatore. 

La  Finlandia  non  comprende  che  una  forza  di  13,445  uomini,  distri- 
buiti  lungo  la  costa,  a  Viborg,  Sveaborg  e  Abo.  Reclutate,  siccome  sono, 
esclusivamente  nella  provincia,  le  truppe  che  la  compongono  sono  co- 
mandate  in  lingua  finlandese.  In  virtu  della  costituzione  del  granducato 
di  Finlandia,  che  si  amministra  da  se  con  leggi  proprie,  le  truppe  non 
debbono  servire  fuori  dei  confini  di  Finlandia. 


•  l-'mlari  li;i,  cht>  IMM  ha  nulla  d:i  irm.-iv  ,l.ill;i  Svc/.ia  sua  \ 
<aj  sguarnita  di  iruppe,  in  compenso  il  rierlio  principalf  di  «|' 
e  concentrato  in  Polonia  per  coprire  la  liin-a  di  Mosca,  e  in  Lituania 
per  coprire  la  linoa  di  Pietroburgo;  potendo  i  due  eserciti  facilmnik- 
operare  la  loro  congiunzione  in  un  movimento  olTcnsivo  contro  Htrlino 
per  la  via  di  Koenigsberg  o  per  quella  di  Posen.  La  circoscrizione  di 
Vilna  forma  il  primo  gruppo,  che  comprende  1U4,36C  uoraini.  II  secondo 
gruppo  e  formato  dalla  circoscrizione  militate  di  Polonia,  e  comprende 
1  lo,\?s7  soldati.  Trovansi  agglomerate  su  questo  confine,  parlicolarmente 
lungo  la  Slesia  prussiana  e  la  Gallizia  austriaca,  le  masse  pid  forti  di 
cavalleria. 

Poichfc  le  province  della  Russia  meridionale  sono,  in  caso  d'invasione, 
meno  minacciate  delle  altre,  la  cifra  delle  truppe'  nella  circoscrizione 
d' Odessa  noo  supera  i  63,433  uomini,  numero  suflicientissimo  per  una 
guerra,  che  non  pub  essere  se  non  difensiva.  Questo  esercito  si  ricon- 
giunge  con  quello  di  Polonia  mediante  il  gruppo  di  Kief,  la  cui  circo- 
scrizione comprende  56,684  soldali. 

Questo  quanto  alia  prima  linea  di  truppe;  veniamo  adesso  alia  se- 
conda. 

Le  circoscrizioni  di  Odessa,  di  Kief  e  di  Varsavia  sono  sostenute  da 
quella  di  Kharkof,  dove  si  concentra  un  esercito  di  63,146  uomini.  Contigua 
a  quest'  ultima,  e  in  grado  di  prestarle  o,  viceversa,  riceverne  facilmente 
un  appoggio,  la  circoscrizione  di  Mosca  comprende  una  for/a  eflettiva  di 
84,533  soldati.  Un  gran  numero  di  linee  ferrate  metterebbero,  all'occor- 
renza,  queste  truppe  in  comunicazione  con  quelle  dei  confini  occidentale 
e  settentrionale,  con  Varsavia,  Vilna  e  Pietroburgo. 

L'n  altro  centro  militare  di  prima  importanza  &  la  regione  transcau- 
casiana,  formante  la  circoscrizione  di  Tiflis,  che  confina  a  ponente  con 
1'Armenia  turca,  e  a  mezzodi  colla  Persia.  La  necessita  di  tenere  in  freno 
i  bellicosi  montanari  della  gran  catena  del  Caucaso,  di  tener  d'occhio 
la  Persia,  di  fare  la  polizia  del  mar  Caspio,  e  soprattutto  di  marciare, 
all1  occorrenza,  su  Costantinopoli  per  Erzerum,  ha  futto  portare  lino 
a  100,000  uomini  la  cifra  delle  truppe  del  Caucaso.  In  questo  contingente 
non  sono  compresi  i  Ccsacchi  del  Don,  colouia  numerosa  militanle  or- 
dinata  in  reggimenti,  e  capace  di  somministrare,  alia  prima  chiamata.  la 
cifra  apparentemente  inverosimile,  ma  assolutamente  certa  di  2'20,000  ca- 
valleggeri  con  batterie  volanti.  £  questa  la  cavalleria  irregolare  dell' eser- 
cito russo,  preziosa  come  avanguardia. 

Dopo  queste  circoscrizioni  principal!  vengono  le  circoscrizioni  acces- 
sorie,  quelle  cioe  che  la  loro  estrema  lontananza  ha  permessodi  sguarnire. 
I.  •  <ercito  del  Turkestan  nell'Asia  centrale,  il  cui  centro  &  a  Tachkent, 
comprende  una  trentina  di  migliaia  d' uomini,  necessarii  per  mantener 
1'ordine  fra  le  popolazioni  maomettane  recentemente  annesse,  che  e  quanto 

XII.  rot.    VI.  fasr.  Sl'J  16  'i>nle 


242  CRONACA 

dire  per  fare  la  polizia  dell' immense  Iratto  di  paese,  che  dal  confine 
della  Siberia  occidental  si  stende  fino  alia  Persia.  La  circoscrizione 
siberiana  d'  Omsk,  che  coniina  con  la  Dzungaria,  che  sorveglia  la  China 
occidental  e  sostiene  le  truppe  del  Turkestan,  comprende  20,838  soldati. 
Finalmente  la  Siberia  orientale,  presso  a  poco  deserta  e  appunto  per 
questo  al  coperto  da  ogni  invasione,  non  dispone  che  di  11,000  soldati, 
i  quali,  uniti  alle  truppe  di  marina,  sarebbero  piii  che  bastanti  a  difen- 
dere  i  porti  di  Vladivostok  e  Nicolaief  nell'oceano  Pacilico. 

Apparisce  chiaro  da  ci6  che  la  Russia  non  ha  nulla  da  temere  da 
un  assalto  straniero.  Oltreche  dalle  sue  truppe,  numerosissime  e  dotate 
di  un  coraggio  a  tutta  prova,  essa  e  soprattutto  ammirabilmente  difesa 
dalla  sua  immensa  estensione.  Nulladimeno,  alle  sue  due  estremita,  la 
Russia  ha  qualche  punto  vulaerabile.  In  Europa  essa  e  minacciata  dalla 
Germania  e  dall'Austria ;  in  Asia  daila  China,  che  da  un  momento  al- 
1'  altro  pu6  facilmente  invadere  colle  sue  truppe,  irregolari  e  barbare  si, 
ma  innuraerevoli,  le  nuove  possession!  russe  dell' Asia  centrale  e  le  ricche 
comrade  metallifere  della  Siberia,  che  confinano  col  grande  e  superbo 
fiume  Amour. 

4.  In  aspettazione  di  un  conflitto,  priroa  o  poi  inevitabile,  con  la 
China,  un  fatto  sommamente  importante  e  venuto  a  prodursi  nell'Asia 
centrale  e  a  consolidare  la  potenza  militare  e  commerciale  della  Russia 
in  quelle  vaste  contrade.  L'  oasi  di  Merv  si  e  data  alia  Russia.  Non  c'  e 
stato  bisogno  di  mandare  un  solo  reggimento,  una  sola  compagnia  russa 
contro  i  bellicosi  Tekkes,  che  abitano  il  paese  di  Merv:  quelle  tribii 
turcomanne  han  chiesto  da  sfe  stesse  la  riunione  alia  Russia.  Accogliendo 
la  domanda  fattane  da'loro  capi,  lo  Czar  si  e  degnato  aggiungerle  alia 
lista  de'suoi  cento  milioni  di  sudditi.  Nelle  quarantamila  teode,  che  si 
inalzano  in  quell' oasi,  non  si  &  manifestata  la  menoma  opposizione  contro 
il  tratiato,  che  mette  in  potere  dei  Russi  una  delle  piii  important!  po- 
sizioni  strategiche  dell' Asia  centrale,  vicinissima  al  confine  dell' Afgha- 
nistan. 

Siccorae  tutte  le  nazioni  venute  in  possesso  di  un  incivilimento  su- 
periore  sono  condannate  a  vie  piii  progredire,  quando  sono  messe  inti- 
mamente  in  contatto  con  popoli  barbari,  cosi  anche  la  Russia  ha  dovuto, 
alia  sua  volta  dopo  tante  altre  nazioni,  assoggettarsi  a  questa  legge  istorica. 
Primo  a  sperimentarne  la  forza  fu  1'antico  Impero  romano:  piii  tardi  poi 
la  stessa  legge  spinse  Carlomagno  sulla  Germania,  gli  Arabi  sull'  Oriente, 
gli  Spagnuoli  suH'Araerica  meridionale,  gli  Stati  Uniti  sulle  Pelli-Rosse, 
gl'Inglesi  su  tutta  1'India  sino  alle  falde  dell' Himalaya. 

Trattandosi  di  una  regione  celebre  da  tempo  immemorabile,  parmi 
non  debba  tornare  del  tutto  inutile  il  porgere  intorno  ad  essa  alcuni 
particolareggiati  ragguagli. 

L'oasi  di  Merv,  o  Maour,  e  provincia  dell'Asia  centrale,  situata  in 


rto  fra  la  regione  transraspiana  e  1 

mpi   'l.-lli   piu  rvmota  antichila,  quosto  paes«>  fu  il  u-airo  <li  lolte 

•lite  fr;i  '  'ur.iniana  e  In  irte 

nn|M'ro   !»>i  rrrsi.-mi.  Nessuno  ignora  che  una  delle  piii  dure  cam- 

pagne,  ch'ebbe  a  fare  in  Asia  Alessandro  il  Grande,  fu  quella  che  il 

raise  in  posscsso  della  Itiuriana  ad  onta  di'll'ostiint.-i  irsistenza  di  Besso. 

v  per6  non  si  diede  ai  Macedoni.  Gli  antcoali  dei  Turcomanni-Tek 
che   ultimamenle  ban  prestnto  giuramento  di  fedelta  all' imprra  tore  di 
Russia,  si  difesero  cnn  accanimento  contro  il  conquistatore  dell'Asia.  Ma 
!ro  non  si  die  per  vinto,  n6  fece  ritorno  in  Persepoli  se  non  dopo 
la  piena  sottomissione  del  paese,  che  e  quanto  dire  dopo  aver  occupato 
Merv  e  tutte  le  ph/ze  forti  delta  Battriana,  oggidl  in  mano  dei  R< 
Allorquando  Napoleone  I  fece  disegno,  nel  1812,  di  penetrare  nell'Asia 
e  recarsi  a  schiacciare  nell'  India  la  dominazione  inglese,  era  Merv  il 
luogo,  per  cui  si  prefiggeva  di  passare. 

Dopo  di  essere  slata  celebre  un  tempo  per  potenza,  per  ricchezza, 
e  per  lo  splendore  delle  sue  moschee,  Merv  non  merita  piu  al  presente 
il  nome  di  citta.  Essa  e  andata,  a  piu  riprese,  soggetla  a  quelle  formi- 
dabili  distruzioni,  che  segnavano  il  passaggio  dei  conquistatori  asiatici. 
Djengliz-Khan  vi  fece  trucidare  settecentomila  persone,  e  innalz6  nel 
deserto  una  piraraide  di  crani,  di  cui  veggonsi  tuttora  gli  avanzi.  Sullo 
scoccio  del  secolo  passato,  Mourad,  erairo  di  Boukhara,  ft  radere  dai 
fondamenti  quello  che  ancor  rimaneva  della  citla,  e  ne  men6  schiava  la 
popolazione.  Da  quel  tempo  in  poi,  le  tribii  lurcomanne  sono  rimaste 
padrone  assolute  di  quel  territorio.  Merv  non  e  piii  adesso  die  un  campo 
trincerato,  il  quale  serve  di  riparo  a  quaranlamila  kibitk'is,  che  con 
questo  nome  si  chiamano  quei  piccoli  earn,  ne'quali  vivono  i  popoli 
nomadi.  Questa  popolazione  raminga  si  calcola  ammontare  presso  a  poco 
a  dugentocinquantamila  anime.  I  Tekkes  di  Merv  sono  una  razza  valorosa 
e  primiliva,  gente  di  pochi  bisogni  e  di  pochi  scrupoli,  pastori  di  ar- 
menli,  e  predatort  de'loro  vicini.  All'infuori  del  magro  prodotto  de'loro 
armenti,  essi  non  hanno  allri  rinfranchi  se  non  il  bottino  che  si  procac- 
ciano  colle  loro  razzias  nelle  vallate  afghane  e  persiane,  non  meno  che 
negli  stabilimenti  russi  delle  rive  oriental!  del  mar  Caspio.  Krasnovodsk, 
principale  fra  questi  stabilimenti,  vedeva  continuamente  sotto  le  sue  raura 
i  Tekkes,  e  rimaneva  esposta  alle  conseguenze  di  un  fortunato  colpo  di 
mano.  I  governalori  militari  di  quella  citla  sciupavano  i  loro  cosacchi 
a  respiogere  assalti,  che  senza  posa  si  ripelevano  con  sempre  maggiore 
audacia  negli  anni  ultimamente  trascorsi. 

.cilissimo  spiegarsi  la  sommissione  di  quelle  orde  di  predoni, 
chi  consider!  che,  dopo  le  conquiste  dei  Russi,  si  trovavano  press' a 
poco  senza  scampo.  Kssendo  le  oasi  a  poca  distanza  da  Merv  occupate 
-lai  Uussi,  i  Tekkes  non  potevano  piii  adoperare  il  brigantaggio  per 


'•!  i  *  CRONACA 

procacciarsi  le  raerci  che  eon  avidita  ricercavano,  e  soprattutto  gli 
schiavi  d'ambo  i  sessi,  de'quali  non  polevano  fare  a  meno.  L'agricol- 
tura  suppliva  a  mala  pena  a'loro  bisogni;  1'allevamento  di.-l  ht-stiarae, 
unica  industria  che  potesse  loro  fruttare  qualche  guadagno,  si  rendeva 
impossible  finche  la  steppa  non  fosse  interamente  pacificata.  Ora,  quesla 
paciflcazione  non  poteva  conseguirsi  se  non  a  condizione  che  Merv  si  sot- 
tomettesse  alia  Russia,  e  che  1'ascendente  morale  derivante  dal  dorainio 
su  quella  celebre  regione,  unito  ai  vantaggi  inerenti  alia  sua  posizione 
strategica,  permetta  al  Governo  russo  di  far  regnare  la  pace  nclla  steppa 
asiatica.  La  vera  causa  del  sacrifizio,  che  han  fatto  i  Tekkes  della  loro 
indipendenza,  sta  in  questo.  Poiche  il  brigantaggio  si  rendeva  loro  sem- 
pre  piii  difficile  e  piii  non  bastava  a'loro  bisogni,  dovettero  essi  pensare 
a  provvedersi  altrove,  lo  che  fecero  sottomeltendosi  alia  Russia  per  ri- 
cevere  quiud'innanzi  da  lei  tutti  i  vantaggi  della  civilta  europea  e  della 
sua  possente  protezione. 

I  fogli  russi  non  rifiniscono  di  parlare  con  elogio  di  questo  fatto,  che 
essi  risguardano  come  un  trionfo  della  diplomazia  raoscovita;  ma  in  cio 
hanno  gran  torto,  come  apparisce  dal  linqul  detto.  Essi  scherniscono 
altresl  senza  pieta  I'lngbilterra  pel  silenzio  da  lei  serbato  a  riguaido 
all'occupazione  d'un  paese  da  loro  considerate  come  la  chiave  dell' India; 
ma  anche  in  ci6  hanno  gran  torto,  imperocche  era  un  gran  pezzo 
che  in  Inghilterra  si  ravvisava  1'annessione  di  Merv  alfa  Russia  come 
un  fatto  inevitable  e  di  grande  importanza  rispetto  all' India.  Ecco  il 
perche  gl'Inglesi  hanno  accolto  con  tanta  flemma  la  notizia,  della  quale 
si  tratta.  Le  loro  apprensioni  e  il  loro  zelo  si  sono  riportati  verso  la 
vera  chiave  dell' India,  cioe  Saraks,  Herat  e  Kandahar,  che  fu  la  strada 
tenuta  gia  da  Alessandro  il  Grande,  da  Nadir-Chah  e  da  tutti  i  con- 
quistatori.  Nominalmente  Saraks  appartiene  alia  Persia.  Citta  considere- 
vole  un  tempo,  oggi  cattivo  fortino  occupato  da  pochi  soldati  persiani, 
Saraks  sara  probabilmente,  un  giorno  o  1'allro,  occupata  dai  Russi;  ma 
e  altresi  estremamente  probabile  che  gl'Inglesi  trovinsi  a  quell' ora  gia 
da  gran  tempo  in  Herat,  capitale  dell' Afghanistan,  e  padroni  di  tutto 
quel  paese  montuoso,  di  accesso  difficilissimo,  e  abitato  da  un  popolo 
guerriero,  avente  tutto  1'interesse  a  darsi  all' Inghillerra,  anziche  alia 
Russia.  Fra  quest' ultima,  adunque,  e  le  Indie  inglesi,  vi  avra  sempre 
1'  Afghanistan  con  le  sue  montagne,  il  suo  popolo  bellicoso,  e  tutte  le 
immense  sostanze,  che  gl'Inglesi  vi  avranno  accumulate. 

Da  questo  contatto  inevitabile  fra  le  due  nazioni  pu6  scaturire  o  un 
accordo,  che  fara  avanzare  di  cent'anni  i  destini  dell' Asia,  o  un  urto, 
che  li  fara  retrocedere  d'altrettanto.  L' accordo,  quale  molte  persone  ben 
pensanti  lo  affrettano  col  desiderio  in  Inghilterra  ed  in  Russia,  significa 
la  linea  indiana  di  Quetta  ricongiunta  colla  linea  trancaspiana,  Taper- 
tura  della  piii  gran  via  commerciale  dell'anlico  continente,  il  tragitto 


in  uihlioi  K'inrni  da  1'ari^i  i|»our.  11  conflitlo  •  potenze, 

in  un  tempt  i!.il»-  dinari/i  a  I  1: 

lunque  evrnln,  un  disastro  terribile  [tfr  h  ri  villa;  nHl'ipitrsi  d'uria 
1 1:1  russa,  equivarrebbe  al  crollo  dell'imp.'ro  indiano,  che  e  uno  dei 
monument!  pin  ammirahili  del  genio  europeo,  il  piu  grand'  esempio 
d'ascendente  morale  fra  quanli  il  mondo  ne  abbia  veduti  da'Horaani  in 
poi;  nell'ipotesi  d'una  vittoria  inglese,  equivarrebbe  al  ritorno  della  bar- 

••  sulle  pedate  dei  Russi  nell'Asia  centrale,  al  rinnovamenlo  dello 
spettacolo  orrendo  di  orde  depredatrici  spingenti  a  forza  mandre  di  scbiavi 
sin  mercati  del  Turkestan,  all' eccidio  degli  abitaoti  e  alia  rovina  delle 
citta.  Ma  giova  sperare,  ed  e  piii  probabile,  che  interverra  un  accordo 
per  assicurare  la  pace,  e  che  il  beninteso  interesse  delle  due  potenze 

i  la  prevalenza  sulle  gelosie  nazionali  e  sulle  passioni  ispirate  da  una 
falsa  polii 

5.  Nelle  nuove  possession!  russe  dell' Asia  centrale  trovansi  huon  nu- 
mero  di  cattolici,  impiegati  civili  o  militari,  e  semplici  soldati.  Fino  a 
questi  ultimi  tempi,  costoro  non  avevano  alcun  mezzo  di  praticare  la 
loro  religione.  Non  c'erano  ne  preti  cattolici,  necappelle;  dimodoche  i 
fanciulli  stavano  spesso  qualche  anno  senza  ricevere  il  battesimo,  almeno 
in  forma  regolare,  e  i  cattolici  rimanevano  affalto  privi  dei  sacramenli, 
della  santa  messa  e  delle  cerimonie  del  culto.  Questi  cattolici,  in  gran 
parte  polacchi,  erano  costretti  ricorrere,  per  i  matrimoni  e  le  tumula- 
zioni,  ai  preti  russi  scismatici. 

Un  si  deplorevole  stato  di  cose  e  di  recente  cessato,  grazie  all'ini- 
ziativa  del  generale  Governatore  del  Turkestan,  signor  Tchernaief.  In 
una  casa  di  Tachkent,  capitate  del  Turkestan,  esistono  adesso  la  cap- 
peila  cattolica  e  tutti  i  locali  necessarii  all'abitazione  dei  ministri  del 
culto.  La  sala  di  quest'  edifizio,  il  quale  serviva  alcuni  anni  indietro  di 
riunione  al  circolo  militare,  composio  di  udiziali  d'ogni  grado,  e  stata 
converlita  in  cappella:  se  non  che,  per  mancanza  di  tempo,  gli  orna- 
ment! che  la  decorano,  sono  tuttora  provvisorii. 

Vi  sarebbe,  in  verita,  ragione  di  maravigliarsi  dell'  interesse,  clie  il 
Governo  russo  ha  mostrato  in  questa  circostanza  per  i  bisogni  spiri- 
tual! de'suoi  sudditi  cattolici  nel  Turkestan,  mentre  poi  adopera  tutti 
i  mezzi  possibili  onde  pervertire  i  cattolici  delle  province  occidentali 
della  Russia  europea  e  farli  entrare  o  per  forza  o  con  astuzia  nella 
Chiesa  scismatica.  Ma  questo  interesse  si  spiega  naturalmente  con  una 
i|U'-siione  politica,  cui  il  Governo  annette  grande  imporianza,  e  sulla 
quale  non  ha  potuto  finqul  mettersi  d' accordo  con  la  S.  Sede.  Trattasi 
deH'introduzione  nel  culto  cattolico  dell'idioma  russo  in  luogo  del  po- 
lacco,  che  da  piii  secoli  e  in  uso  nelle  chiese  di  Polonia  e  delle  pro- 
vince occidentali  dell'impero.  II  Governo  ha  falto  di  tutto  per  trovare 
preti  cattolici  cost  compiacenti  da  prestarsi  a  introdurre  nel  culto  la 


CnONACA 

russa,  e  alcuno  ne  lro\6  durantt;  quoll'intervallo  di  tempo,  in  cui 
la  Chiesa  rimase  priva  de'suoi  supremi  pastori,  doe  dal  principle  della 
malaugurata  insurrezione  polacca  del  1863  fioo  alia  nomina  di  nuovi 
Vescovi,  fatta  dalla  S.  Sede  nel  1883.  £  appunto  uno  di  questi  preti 
corapiacenti  quegli,  al  quale  il  Governo  ha  teste  conferito  il  posto  di 
cappellano  rnilitare  del  Turkestan,  e  che  inaugurb  la  nuova  cappella 
cattolica  a  Tachkent  sotto  1'invocazione  dell'arcangelo  S.  Michel--. 

Non  vi  dispiaccia  ch'  io  vi  porga  qualche  ragguaglio  su  questo  falto 
iraportante,  chepu6  averele  piii  felici  conseguenze  per  1'avvenire,  quando 
sia  regolato  e  approvato  dalla  suprema  autorita  della  S.  Sede. 

Era  il  20  dicerabre  dell' anno  1883,  e  il  cappellano  militare  Ferdi- 
nando  Sen  tech  ikofsky  celebrava  nella  nuova  cappella  la  prima  messa. 
II  Governo  aveva  posto  ogn'impegno  nel  dare  a  questa  solennilA  tutta 
la  possibile  pubblicita  e  pompa.  La  cappella  era  stivata  di  popolo.  Vi 
si  trovavano,  naturalroente,  i  caltolici  tutti  di  Tachkent  e  dei  dintorni, 
ma  v'era  altresl  una  gran  quantita  di  russi  scismatici  e  di  gente  del 
popolo,  specialmente  donne,  attrattevi  dalla  curiosita  o  da  altro  motivo 
qualsiasi.  La  benedizione  della  cappella  e  la  celebrazione  della  santa 
messa  ebbero  luogo  in  presenza  dei  generale  Governatore  e  di  un  gran 
numero  d'impiegati  rnilitari  e  civili.  Si  notavano  fra  gl'invitati  due  preti 
russi,  rappresentanti  il  clero  scismatico  della  citta.. 

11  Vangelo  fu  letto  in  lingua  russa,  e  cos\  le  preghiere  per  la  fa- 
miglia  imperiale,  le  quali  in  tutte  le  chiese  cattoliche  della  Russia  si 
recitano  dopo  la  messa  solenne  dinanzi  all'  altare,  ma  in  lingua  polacca. 
Nel  suo  sermone,  parimente  in  russo,  Tabate  Sentchikofsky  dichiard 
che  avrebbe  sempre  adoperata  nel  culto  quella  lingua  in  preferenza  alia 
polacca,  per  la  ragione  che,  essendo  la  lingua  ufficiale,  essa  era  ben 
conosciuta  da  tutti  i  suoi  nuovi  parrocchiani,  che  vivevano  in  un'atmosfera 
affatto  russa,  e  i  cui  figli  frequentavano  esclusivamente  le  scuole  russe. 

Questa  erezione  della  prima  cappella  cattolica  nell'Asia  centrale  ha 
destate  le  piii  vive  simpatie  in  tutte  le  classi  della  societa  russa  di 
Tachkent;  cosl  dice  il  Nouveau  Temps,  dal  quale  abbiam  tolti  i  suespressi 
ragguagli.  Infatti,  prosegue  a  dire  quel  periodico,  se  fra  i  Russi  si  ma- 
nifesta  tanta  contrariety  alia  difTusione  del  culto  cattolico,  non  e  gia  per 
un  sentimento  di  malevolenza  verso  quel  culto  considerate  in  se  stesso, 
ma  unicamente  a  cagione  della  propaganda  antirussa  dei  Polacchi,  che 
sono  i  rappresentanti  della  Chiesa  latina  in  Russia,  e  fra  i  sudditi  russi 
quasi  i  soli,  in  mezzo  ai  quali  si  recluta  il  clero  cattolico  latino  di  tutto 
quanto  1'impero.  Una  volta  per6  che  sia  cessala  la  questione  politica, 
e  che  possa  venir  disgiunta,  com'e  difatti  in  tutta  1'Asia  centrale, 
dalla  questione  religiosa,  non  v'ha  piii  ragione  alcuna  per  ricusare  ai 
caltolici  e  alia  fondazione  della  loro  cappella  tutta  la  simpatia,  cui  hanno 
diritto. 


•  "Li  nu  ci.c  il  (i'-vt-rno  russo  persisle  sempre  m-1  suo  frrmo 
proponimenlo  d'introdurre  nel  culto  can-  lm>  1' idioma  russo  in  luogo 
del  polar  i-ssendo  riuscito  ad  aituare  qursto  suo  disegno  netle 

province  occideutali  della  Russia  d'Europa,  lo  roette  ad  efTetto  nel  Tur- 
in. 1]  ijui'sto  il  principio  d'un  disegno,  alia  cui  efTeltuazione  si  la- 
vorera  con  la  raaggiore  perseveranza,  dappoiche  e  supremo  interesse  del 
Governo  il  logliere  alia  Chiesa  caltolica  1'uso  esclusivo  della  lingua 
polacca,  per  sostituirle  la  russa.  Questa  soslituzione  sembra,  a  prima 
i,  naturalissima,  e  quindi  legittimo  il  desiderio  del  Governo.  K 
ini.itii  un  grande  inconveniente  per  la  Chiesa  univcrsale  quello  di  essere 
talmente  identificala  colla  nazionalila  polacca,  che  i  termini  di  callo- 
licismo  e  di  polonismo  siano  in  Russia  sinonimi.  Ma  la  colpa  ricade 
tutta  inlera  sul  Governo  russo.  Poiche  la  Chiesa  catiolica  ammette 
nel  proprio  seno  tuttc  quante  le  nazionalita,  e  poiche,  come  il  suo 
nome  lo  indica,  non  e  essa  medesima  una  Chiesa  nazionale,  essa  non 
porterebbe  in  Russia  1'impronta  d'una  nazionalita  piu  o  meno  ostile,  se 
il  Governo  non  costringesse,  sotto  le  pene  piu  severe,  i  suoi  sudditi 
russi  a  portare  il  giogo  della  Chiesa  ulliciale,  che  riveste  in  superl.itivo 
grado  il  carattere  di  nazionalila.  Ma  quando  i  Russi  potranno  abbrac- 
ciare  la  religione  caltolica  senza  esporsi  a  perdere  tulti  i  loro  diritti 
civili;  quando  potranno  liberaraente  professarla  in  Russia,  e  farvi  alle- 
vare  i  loro  figli  in  case,  che  non  siano  esclusivamente  polacche;  quando 
potranno  averc  preti  cattolici  della  loro  stessa  nazionalita,  che  predi- 
chino,  confessino,  islruiscano  e  facciano  il  catechismo  in  russo;  allora, 
solamenie  allora,  la  Chiesa  cattolica  cessera  di  rivestire  quel  carattere 
esclusivo  di  nazionalita  polacca,  che  da  tanta  ombra  ai  Russi,  ed  e  un 
grande  ostacolo  alia  pace  religiosa  e  alia  missione  interamente  pacilica 
della  Chiesa  in  quelle  regioni. 

6.  Oltre  ai  gruppi  nichilisti,  attivissimi  come  tutli  sanno,  ma  poco 
numerosi  e  troppo  impopolari  per  poter  costituire  un  partito  politico 
merilevole  di  esser  chiamato  con  questo  nome,  esistono  in  Russia  ire 
grandi  correnti  d'idee,  tre  tendenze  fra  loro  opposte,  avenli  ciascuna 
alia  Corte  rappresentanti  a  ci6  specialmente  delegati.  Ecco  quali  sono. 
11  partito  fra  i  tre  il  piu  potente,  il  piu  esleso,  il  piu  popolare,  e 
quello  degli  slavofili.  Reazionario  ad  un  tempo,  radicale  e  patriotta  esa- 
gerato,  siflatto  parlito  presenta  un  confuso  miscuglio  delle  tendenze,  che 
fermentano  in  seno  dei  popoli  slavi.  II  suo  ideale  consiste  neil'assolu- 
tismo  illimitato  dello  Czar,  sovrano  divinizzato,  provvidenza  vivenle,  in- 
carnazione  ereditaria  della  nazionalita  e  religione  dei  Grandi  Russi,  di 
cui  Mosca  e  la  capitate  prediletta;  nell'assolulismo  dello  Czar  schiac- 
ciante  1'aristocrazia  e  appoggiantesi  esclusivamente  sul  popolo.  Ci6  die, 
al  contrario,  detestano  gli  slavofili,  ci6  che  loro  fa  orrore,  si  e  1*  influenza 
.straniera,  la  civilla  occidental,  la  Chiesa  cattolica,  e  le  tre  grandi  I'o- 


248  CRONACA 

tenze  ostili  allo  svolgimento  dello  slavisrao,  la  Gerraania  cio^  1' Austria 
e  ringhilterra.  Questo  partito  ha  dalla  sua  il  clero,  i  oegozianti,  i  pic- 
coli  irapiegati,  una  frazione  di  student),  un  certo  numero  di  uffi/iali 
subalterni,  e  alcuni  professor!  dell'universita  di  Mosca,  che  ne  formano 
il  centro  e  gli  danno  co' loro  giornali  ua  determinato  indirizzo.  Pu6  dirsi 
addirittura  che  anche  il  popolo  russo  propriamente  detto  appartiene  a 
questo  partito,  a  motivo  della  devozione,  ch'ei  professa  senza  riserva 
all'  Imperatore  come  Unto  del  Signore,  e  perche  non  sa  concepire  altro 
governo  che  quello  di  un  potere  assoluto.  II  partito,  di  cui  parliamo, 
gode  le  sirapatie  dell' Imperatore  e  di  alcuni  membri  della  famiglia  im- 
periale;  e  quando  sail  sul  trono  lo  Czar  Alessandro  III,  riusci  ad  af- 
ferrare  per  qualche  momento  il  polere,  ma  non  seppe  conservarlo.  11  buon 
senso  della  maggioranza  delle  classi  colte  e  dirigenti  respinse  ben  presto 
un  partito,  che  avrebbe  fatto  retrocedere  la  Russia  di  due  o  tre  secoli: 
ma  se,  per  avventura,  ei  tornasse  una  volta  o  1'altra  al  potere,  lo  che 
non  e  del  tutto  improbabile,  avvi  ragione  di  credere  che  la  pratica  del 
governo  e  1'esercizio  dell'autorita  suprema,  sotto  1'ispezione  dell'Impe- 
ratore,  modificherebbero  in  tutto  o  in  parte  Tesagerazioni  delle  sue  dot- 
trine  e  le  ingenue  utopie  della  sua  teoria  governativa. 

Infinitamente  meno  numerosi  del  precedente,  gli  altri  due  partiti,  che 
si  disputano  1' influenza  alia  Gorte,  sono,  in  compenso,  rappresentati  da 
uomini  piii  assai  ragguardevoli  e  istruiti. 

II  partito  tedesco  e  oggi  padrone  della  situazione.  Esso  comprende 
una  parte  degl'impiegati  militari  e  civili,  parecchi  professori,  de'quali 
la  gran  maggioranza  ha  fatto  i  suoi  sttidi  nelle  universita  germaniche, 
e  fmalmente  tutta  la  nobiltu  e  borghesia  delle  province  baltiche,  il  che 
non  6  poco;  imperocche  queste  due  classi,  tedesche  per  nazionalita  e 
luterane  per  credenza,  sono  un  semenzaio  d'impiegati,  de'quali  la  Russia 
non  pu6  far  di  meno,  perchfe  sono  superiori  ai  loro  confratelli  rdssi  per 
istruzione,  per  abilita,  per  puntualita  nel  servizio,  e  per  onesta  di  ca- 
rattere.  Ma  il  baluardo  principale  di  questo  partito  e  il  ministero  degli 
affari  esteri,  che  racchiude  una  folia  di  giovani  diplomatic]',  tutti  am- 
miratori,  piu  o  meno  entusiasti,  del  principe  di  Bismark.  Alia  lor  testa 
trovasi  naturalmente  il  ministro  signer  de  Giers,  uomo  prudentissimo 
e  desideroso  quanto  mai  di  non  esporsi  a  rischio  di  sorta  nelle  sue  re- 
lazioni  diplomatiche  colle  Potenze  estere.  II  flne,  ch'ei  prende  princi- 
palmente  di  mira,  e  la  conservazione  della  pace;  e  questo  fine  e  stato 
pienamente  raggiunto  durante  il  suo  viaggio  a  Vienna  e  a  Berlino,  in- 
torno  al  quale  ci  accingiamo  a  intrattenere  brevemente  i  nostri  let  tori. 

Era  ormai  tempo  di  far  cessare  una  situazione  divenuta  intollerabile 
e  che  durava  da  quasi  due  anni.  Un  esercito  numeroso,  ascendente  a 
215,000  uomini,  era  accampato  in  permanenza  sul  confine  prussiano;  e> 
grazie  alle  vie  ferrate,  quest' esercito  poteva  essere,  da  un  momento  al- 


CO.YTKMI 

1'altro,  rinfnr/aio   da    tiv   8  i  <|nattro  rsnviti    ili    s.-con  la  1 

com;  >liurgo,  di  M<i>ra,  <ii  KL  ';  Kief.  Kransi 

inollre  intrapivsi  dal  lato  del  conline  lavori  considcrevoli  di  fortiflcazioni 
•  imlispcnsabile  da  parte  della  Prussia  un  raddoppiamento  <li 
precauzioni  militari  a  Koenigsberg,  a  Thorn  ed  a  Posen. 

Un  tale  slato  di  cose,  oltremodo  pregiudicevole  a' due  Imperi,  non 
!.iM-iava  d'ispirare  inquietudini  al  Governo  prussiano ;  ma  chi  piii  par- 
licolarmente  se  ne  accorava,  era  1'imperalore  Alessaadro.  K  noto  die  lo 
Czar  ha  poca  propensione  per  le  cose  militari;  tant'e  vero  che,  dal  mo- 
mento  della  stia  asct-nsione  al  trono,  egli  non  ha  mai  cessato  di  occu- 
parsi  della  riduzione  del  bilancio  dell'esercito.  La  costruzione  delle  nuove 
fortezze  dell'  occidente  eragli  stata  iraposta  da'suoi  ministri,  come  ad 
istanza  loro  era  stata  dilTerita  la  riduzione  dei  corpi  militari.  Ales- 
sandro  III  non  seguiva  che  a  malincuore  una  politica,  di  natura,  al  certo, 
oltremodo  nazionale,  ma  che  conduceva  inevitabilmenle  alia  guerra.  Oltre 
alle  sue  simpatie  personal!,  un  incidente  particolare  e  tale  che  BOH  si 
sarebbe  potato  prevedere  alcuni  mesi  priraa,  lo  indusse  a  pronunziarsi 
apertamente  per  il  partito  della  pace,  incarnato  nel  ministro  degli  affari 
esteri,  signer  de  Giers. 

Questo  incidente  e  1'afTare  del  Turkestan;  del  quale  abbiamo  poc'anzi 
parlato.  L'annessione  di  Merv  era  un'operazione  delicata,  che  poteva  ca- 
gionare  una  rottura  fra  Russia  e  Inghilterra.  Ignorandosi  dal  gabinetto 
di  Pietroburgo  se  il  Governo  inglese  ne  farebbe,  o  no,  un  castis  belli, 
e'bisognava  anzitutto  assicurarsi  delle  disposizioni  paciflche  de'dueim- 
peri  vicini,  Germania  ed  Austria ;  ma  piii  specialmente  della  prima.  Di 
qui  il  viaggio  del  signor  de  Giers  a  Vienna,  di  qui  la  sua  visita  al  prin- 
cipe  Cancelliere.  In  quel  tempo  non  si  poteva  prevedere  la  gravita  degli 
avvenimenti,  che  stanno  ora  compiendosi  nella  vallata  del  Nilo.  Trovan- 
dosi  pertanto  sul  punto  d'alienarsi  I'lughilterra,  il  Gabinetto  di  Pietro- 
burgo rivolse  tutti  i  suoi  sforzi  a  conciliarsi  la  Germania ;  dal  che  si 
e  avuto  per  risultato  la  pace  e  uno  scambio  di  cortesie  fra  Pietroburgo 
e  Berlino.  Questa  coodizione  di  cose  avra  durata  bastante  da  concedere 
alia  Russia  il  tempo  di  raccoghere  le  proprie  forze  per  una  prossima 
guerra  colla  Germania,  guerra  tenuta  per  inevitable.  Ma  allora,  cioe  fra 
qualche  anno,  la  Russia  lornera  al  suo  sistema  di  altalena  diplomatica, 
che  la  porlera  a  fare  tutte  le  concession!  utili  per  procacciarsi  1'alleanza 
anglo-francese.  II  sistema,  a  dir  vero,  non  e  punto  cavalleresco,  ma  e 
prudente,  pratico  e  positive,  e  avra  sempre  la  prevalenza  fintantoche  si 
trovi  al  potere  il  partito  germanofilo.  Fa  d'uopo  adunque,  pel  bene  della 
pace,  desiderare  che  il  parlito  slavofilo  non  s'impadronisca  giammai  del 
potere,  e  che  il  partito  francese,  del  quale  ci  disponiamo  a  dire  qualche 
parola,  se  ne  impadronisca  il  piii  tardi  possibile. 

Diaraetralmente  opposti  nel  campo  della  politica  interna,  perche  i 


CRONACA 

partigiani  della  Francia  sono  generalmente  liberal!,  lad-love  gli  slavofili 
sono  assolutisti,  i  due  pariiti  si  trovano  poi  maravigliosamente  d'accordo 
nell'esecrare  la  Germania  e  I'lnghilterra.  II  partito  francese  ha  dalla  sua 
1'eserci to,  quasi  tutta  la  nobilta,  una  parte  della  magistratura,  e  alcuni 
membri  della  faraiglia  imperiale ;  ma  e  poco  probabile  il  suo  avveni- 
mento  al  potere,  finche  la  Francia  sia  retta  a  repubblica,  vale  a  dire 
finche  sia  governata  dal  parlito  meno  onorevole  della  nazione,  dal  partito 
meno  commendevole  sotto  tutti  i  rapporti.  Un  paese  grande,  qual  e  la 
Russia,  non  potrebbe  fermare  durevole  alleanza  con  un  Governo  sprege- 
vole  e  spregiato  in  tulta  Europa. 

Riepilogando,  pu6  dirsi  cheabbiamo,  all'esterno,  una  pace  per  qualche 
tempo  assictirata  su  tutta  la  linear  all'interno,  una  forte  corrente  di  rea- 
zione  contro  ogni  istituzione  liberate,  qualunque  ella  sia.  I  coraplotti  ni- 
chilisti  e  1'anarchia  tuttora  crescente  in  tutta  quanta  la  societa  russa, 
sono  le  cagioni  di  questo  fatale  movimento  retrogrado,  che  trascina  ad 
un  tempo  la  Gorte,  1'  amministrazione  e  le  moltitudini.  Animato  da  una 
fede  sincera  nell'onnipotenza  del  cesarismo,  1'imperatore  Alessandro  III 
non  lascia  passare  occasione  per  ostentare  il  suo  disprezzo  verso  tutt'altra 
forma  di  governo,  che  quella  dell'  assolutismo  non  sia.  Non  piii  tardi  di 
ieri,  nel  rescritto  indirizzato  al  vecchio  principe  Dolgoroukof,  Governa- 
tore  generate  di  Mosca,  1'lmperatore  affermava  Vunione  indissolubile  di 
tutto  il  popolo  russo  col  potere  autocratico  dello  Czar.  Questo  senti- 
mento  ei  dichiarava  connaturale  a  tutti  i  Russi,  a  quahivogUa  classe 
appartengano,  lo  che  fc  tutt'altro  che  conforme  alia  verita;  imperocche, 
se  si  eccettuino  gl'impiegati,  la  Gorte,  gli  slavofili  fanatici  e  la  gran 
massa  dei  contadini,  la  monarchia  assoluta  non  conta  un  solo  partigiano 
nelle  classi  colte  e  nella  borghesia.  Di  ci6  si  era  bene  accorto  Ales- 
sandro II.  Dotato  d'un  singolare  tutto  politico,  egli  confessava,  un  anno 
prima  della  sua  morte,  1' urgenle  necessity  di  accordare  alPimpero  isti- 
tuzioni  piu  liberali.  Ma  il  nuovo  Czar  e  di  tutt'altra  scuola.  Le  piag- 
gerie  interessate  di  chi  gli  sta  d'  intorno,  il  misticismo  esaltato  degli 
slavofili,  1'ingenua  devozione  delle  classi  rurali,  sembrano  averlo  del  tutto 
illuso.  Ciecamente  fidando  nella  sautita,  nell'inviolabilita  del  cesarismo, 
ei  lo  reputa  il  solo  rimedio  contro  le  dottrine  sovversive  dei  rivoluzio- 
narii  di  ogni  colore,  il  solo  argine  capace  di  tenere  in  freno  i  nichilisti 
e  trionfare  dell'anarchia.  Ma  che  pu6  mai  1' assolutismo  contro  un  male 
occulto,  che  divora  le  anime?  Null'altro  pub  che  incrudelire  e  repri- 
mere.  Dio  voglia  che  I'lmperatore  si  persuada,  essere  la  Ghiesa  cattolica 
1'unico  argine  veramente  efficace  contro  i  fltitti  sempre  piu  incalzanti 
della  rivoluzione!  II  primo  passo  e  siato  gia  fatto ;  dopo  una  rottura  di 
quasi  vent'anni,  e  sta  to  fermato  un  accordo  colla  Santa  Sede.  Si  lasci 
pertanto  alia  Chiesa  la  sua  piena  liberta  di  azione;e  allora,  rassicurata 
che  sia  siille  intenzioni  benevole  del  Governo,  essa  non  avra  piu  altro 
pensiero  che  quello  di  combattere  1'empieti  e  la  rivoluzione. 


V. 

-  I.  Ciucrra  mo«sa  dal  Governo  .11  I; 

contro  If  Niioie  ...ttoli;  li-»  --  •_'.  Tentativi  del  radiralismo  J«T  ristabilire  nci  can- 

toni  In  Snicil.i  In'.  .1  —  ::.  Continuazionc  dei  ni'goziaii  nm  la  S.mta  S.-li>  per  ri- 

Mire  h  ilior. -i  <1.  I'. Nlea  —  4.  Vivissima  opposiziom*  popolan*  coniro  rjuatlro 

ite  promulgate   dalln  Camerc  federal!  —  5.  Spirilo  malizioso  dl 

qudla  fra  ilotlc  IP?;:!,  die  couferisci!  al  Coosiglio  federate  il  diritto  di  giudicnre 

v  politico  di  cerli  reati —  ('».  Ilisullalo  dell'  ele/iuni  |i  r  la  <  (MiiuenlG 

ncl  n'li'oin1  d'Ar;jn\ia  —  1.  Conlcgno,  solto  lull!  i  rapporli,  ediliwnto  del  cantonc 

caltolico  di  1  rihurjro  —  8.  Kicorso  dei  cattolici  di  llasilea  pres<o  il  f.ttn<i^lio  fr« 

deralo. 

1.  Nell' ultima  raia  lettera  io  vi  faceva  inlravedere  come  i  cattolici 
di  Basiloa  avrebber  dovuto  sostenere  vive  lotle  coniro  I'  oppressione  del 
Governo  massonico  di  quel  cantooe.  Conforme  io  vi  dissi  allora,  il  mal 
volere  deU'auiorita  civile  basileese  erasi  gia  manifestato  in  occasions 
del  rifiulo  a  concedere  una  chiesa,  1'antico  edilizio  cioe  dei  Minori  con- 
ventual!, che  i  cattolici  desideravano  acquistare  a  titolo  di  compra,  tro- 
vandosi  troppo  ristretti  nell'  unica  chiesa,  che  posseggono  al  Petit-Dale 
per  una  popolazione  cattolica  di  18,000  anime.  Piuttostoche  cedere  alia 
parrocchia  la  chiesa  dei  Conventuali,  il  Governo  aveva  deciso  di  demo- 
lirla,  nonostante  il  pregio  archeologico  dell'ediflzio  e  le  memorie  istoriche, 
che  con  quello  si  connettono.  Ma  dinanzi  alia  pubblica  indignazione, 
esso  ha  dovuto  rinunziare  a  un  simile  atto  di  vandalismo,  senza  rendere 
pur  tuttavia  all'  antico  tempio  la  sua  destinazione  religiosa.  Ma  la  par- 
rocchia di  Basilea  non  si  e  perduta  di  coraggio;  che  anzi  ha  risoluto  di 
accingersi  all'impresa  considerevole  di  costruire  una  nuova  chiesa  nel 
centre  di  Basilea,  e  ha  trovato  in  Svizzera  un  concorso  de'  piu  generosi. 
I  donativi,  infatti,  che  essa  ha  ricevuli  per  la  sua  impresa,  ammontano 
gia  a  150,000  franchi. 

Vedendo  penanto  quanta  vitalita  spieghi  in  Basilea  il  cattolicismo, 
a  dispetto  di  tutti  gli  ostacoli  al  suo  svolgimento  frapposti,  la  frammas- 
soneria  basileese  si  e  appigliata  ad  altri  espedienti  di  guerra.  Un  bel 
giorno,  essa  fece  proclamare  da'suoi  organi,  si  ufficiali  come  ulliciosi, 
che  «  T  ultramontanismo  »  stringeva  d'assedio  la  citta  protestante  per 
eccellenza;  e,  preparato  cos)  il  terreno  col  risvegliare  il  fanatismo  ugo- 
notto,  assail  di  fronte  le  scuole  cattoliche  libere,  che  la  parrocchia  cat- 
tolica di  Basilea  possiede  da  piu  di  un  mezzo  secolo  e  che  sono  dirette 
da  Congregazioni  religiose.  11  Governo  incomincia  dall1  imporre  a  queste 
scuole  certe  condizioni  d'esistenza  inaccettabili,  e  poi  dichiar6  1'insegna- 
menio  delle  Congregazioni  incompatible  col  diritto  di  sorveglianza  corn- 
petenle  allo  Stato  laico  su  tutto  quanto  1'insegiiamento  primario.  Una 


252  CRONACA 

teoria  cosl  inaudita  e  stata  abbracciata  dal  Gran  Consiglio,  al  quale  i 
cattolici  avean  fatto  ricorso.  Dopo  una  tempestosa  discussione  di  quattro 
giorni,  quell' assemblea  legislativa  approv6  il  decreto  del  Governo  con 
64  voti  contro  50.  Giova  pur  tuttavolta  notare  che  la  coraggiosa  mino- 
ranza,  la  quale  prese  a  difendere  a  viso  aperto  la  liberta  d'insegnameoto 
e  i  diriiti  dei  catiolici,  e  coraposta  unicamente  di  protestanti,  non  avendo 
i  cattolici  di  Basilea  verun  rappresentante  nel  Gran  Consiglio. 

Venne  poscia  il  voto  popolare,  imperocche,  a  Basilea  il  popolo  ha  il 
privilegio  costituzionale  di  pronunziarsi  intorno  alle  leggi  e  ai  decreti 
del  Gran  Gonsiglio:  e  qui  fa  dove  apparve  in  tutta  la  sua  estensione  la 
mala  fede  radicale.  Si  eccit&  il  popolo  protestante  contro  le  scuole  cat- 
toliche,  con  tutta  1'astuzia  degli  scribi  afliliati  alia  frammassoneria ;  si 
spieg6  in  linea  di  batlaglia  tutta  la  vecchia  artiglieria  dell'  Inquisizione, 
del  Sillabo,  dell'Infallibilita;  si  fece  credere  agli  elettori  calvinisti  che 
si  trattava  di  decidere  se  Basilea  restar  dovesse  la  cittadella  del  pro- 
testantesimo,  o  divenire  la  preda  dei  Gesuiti.  Nelle  assemblee  popolari, 
gli  oratori  radicali  si  lasciarono  andare  alle  piii  violente  declamazioni. 
Uno  di  essi,  il  Dottor  Brenner,  tratt6  i  preti  cattolici  di  vagabondi  e  di 
ladri;  un  altro,  proclamando  la  scuola  dell'avvenire,  salutb  il  giorno, 
nel  quale  tutti  i  fanciulli  del  paese  sarebber  seduti  sulle  panche  della 
medesima  scuola,  della  scuola  dello  Stato,  della  scuola  laica ! 

Dal  canto  loro,  i  protestanti  onesti  fecero  tutti  gli  sforzi  possibili  per 
salvare,  con  le  scuole  cattoliche,  la  liberta  d'insegnaraento  e  la  scuola 
cristiana;  convocarono  persino  popolari  assemblee,  in  cui  fecero  udire 
nobili  parole;  indirizzarono  al  popolo  eloquenti  proclaim;  ma  tuttocib  a 
nulla  valse.  La  plebaglia  radicale  si  precipit6  in  massa  allo  scrutinio 
sotto  I1  insegna  della  guerra  al  cattolicismo ;  sicche,  con  4479  voti  con- 
tro 2910,  le  Congregazioni  religiose  furon  dichiarate  fuor  della  legge, 
e  le  scuole  cattoliche  messe  sotto  la  sferza  dello  Stato  protestante.  Un 
tal  voto,  che  getta  sul  lastrico  40  islitutori  appartenenti  alle  Congrega- 
zioni, e  mette  in  balla  delle  scuole  massoniche  1500  fanciulli,  e  per  la 
parrocchia  cattolica  di  Basilea  un  vero  disastro. 

2.  Questa  battaglia  pub  chiamarsi  un  corabattimento  d'avamposti, 
che  il  radicalismo  svizzero  ha  voluto  impegnare  sul  terreno  scolastico, 
affine  di  preparare  una  rivincita  della  grande  sconfitta  toccata  nel  1882. 
Allora  la  scuola  laica  venne  respinta  dal  popolo  elvetico;  adesso  la  si 
vuole  risuscitare  cantonalmente.  La  radicale  Basilea  ha  dato  il  segnale, 
ma  questo  segnale  non  sara  seguito.  Ne'piii  dei  canloni,  il  vento  spira 
contrario  al  Kulturkampf,  e  probabilmente  il  tentative  del  piccolo  Stato 
di  Basilea  restera  un  fatto  isolate.  Ma  non  per  questo  cessa  di  essere 
un  esempio  pericoloso  e  inaudito  quello  di  una  Repubblica,  dove  non 
sia  tollerata  la  liberta  deH'insegnamento!  lo  stava  per6  quasi  per  di- 
menticare  che  una  simile  tirannia  si  mette  gia  in  pratica  a  Solura,  dove 


CONTKMPORANEA 

in  miosti  ultimi  tempi  un  padre  di  famiglia  »•  'to  di  pr. 

la  vi. -i  ilrll't'silio,   pen-lit'1  lo  Stato  non  gli  permeittva  d'istruire  i  suoi 
figli  .  1  mi. •, IK  lie  pareli. 

:'.  In  mezzo  a  •]'•  imuccie  radical!,  la  Confederazione  \ 

nan/i  in'l  suo  tentative  di  ricostituire  la  diocesi  di  Basilea  in  base  al 
Concordato  del  18*23.  I  setle  caotoni  diocesani  Hcrna,  Argovia,  Solura, 

rn.i,  Zugo,  Basilea-Campagna  e  Turgovia)  furono  convocati  in  con- 

/.a  il  17  mnr/.o  corn-rite;  ciascun  Governo  era  rappresentato  da  uno 
o  due  delegati.  Assistrva  alia  seduta  il  presidente  della  Confederazione. 
£  risultato  dalle  discussioni  della  conferenza  che  Argovia,  Turgovia, 
Basilea-Campagna  e  Solura  (Stati  radicals)  vedrebbero  di  buon  occhio 
rannodate  le  loro  relazioni  ufliciali  col  Vescovo  di  Basilea,  purche  mon- 
signor  Lachat  fosse  surrogate  da  persona  grata.  Sarebbe  queslo  per 
essi  un  mezzo  eccellente  per  uscire  dalla  situazione  inestricabile,  in  cui 
si  misero  espellendo  dalla  sua  sede  monsignor  Lachat.  Lo  Stato  di  Berna, 
al  contrario,  vorrebbe  poter  fare  di  meno  di  qualsiasi  Vescovo  dipendente 
da  Roma;  esso  sogna  d'organizzare  sul  proprio  territorio  la  Chiesa  cat- 
tolica  come  una  sorta  di  setta  nazionale,  subordinata  ad  un  sinodo,  con 
parrochi  a  scelta  di  popolo.  Egli  e,  come  si  vede,  il  vecchio  piano  di 
Berna,  che  non  ha  ancor  perduta  la  speranza  di  proteslanlizzare  con  tal 
mezzo  il  Giura  cattolico. 

(Juanto  ai  Governi  di  Lucerna  e  Zugo  (cattolici),  essi  non  hanno  la 
menoma  voglia  di  vedere  il  Vescovado  di  Basilea  traslocato  da  Lucerna 
a  Solura.  Monsignor  Lachat  e  sempre  rimasto  per  loro  il  Vescovo  legit- 
timo  e  rispettato,  e  in  ci6  sono  essi  perfettaroente  d'accordo  colle  po- 
polazioni  cattoliche  dei  sette  Stati.  La  questione  sta  in  questi  termini. 
La  Confederazione  sembra  voler  proseguire  i  negoziati  colla  Santa  Sede 
sulle  seguenti  basi:  traslazione  di  mosignor  Lachat  al  Ticino,  dove  i 
cattolici  chiedono  un  Vescovo;  e  nomina  di  un  nuovo  Vescovo  di  Basilea 
nella  persona  del  canon ico  Fiala,  il  'quale  sarebbe  riconosciuto  dagli 
Stati  che  spossessarono  monsignor  Lachat,  eccetto  Berna,  il  cui  atteg- 
giamento  diventa  sempre  piii  enimmalico.  Lucerna  e  Zugo  si  rassegne- 
rebbero  ad  una  simile  soluzione,  quantuoque  a  malincuore,  perche  scor- 
gono  in  essa  una  specie  di  trionfo  per  i  Governi  persecutor!. 

i.  Le  Camere  federali  mostrano  ogni  giorno  pin  di  non  essere  in 
conto  veruno  1'espressione  della  roaggioranza  del  popolo  elvetico.  La 

ira,  che  vi  signoreggia,  e  il  prodotto  di  un  artificioso  smemltramento 
delle  circoscrizioni  elettorali,  e  1'emanazione  di  uno  spanimenio  arbilra- 
rin,  cui  e  stata  benissimo  appropriata  la  denominazioue  di  «  geometria 
elettorale.  »  Imponendosi  di  lal  fatta  alle  popolazioni,  il  radicalismo  par- 
l.iiiuMitare  si  flgurava  di  far  progredire  a  passi  di  gigante  1'opera  del- 
rnnitarismo  e  dell'  accentramento  massonico.  Disgraziatamente  per  esso, 
esiste  in  Svizzera  un  diritto  popolare,  che  impedisce  singolarmente  i 


254  CRONACA. 

movimenti  dei  legulei  federal!;  e  questo  diritto  eil  «  referendum.  »  Questa 
invenzione,  che  i  radical!  stessi  avevano  introdotta  nel  1874  nella  nuova 
Costiiuzione,  pensando  potersene  valere  come  di  un'arme  a  propria  di- 
fesa,  viene  oggi  a  ritorcersi  contro  di  loro.  II  popolo  eletlore,  investito 
del  diritto  di  pronunziarsi  in  ultima  e  suprema  istanza  intorno  alle  leggi 
e  ai  decreti  delle  Camere,  usa  largamente  di  queslo  suo  diritto. 

Affinche  una  legge  federale  possa  esser  sottoposta  al  voto  del  po- 
polo, e'.basta  che  30,000  cittadini  domandino,  con  apposita  petizione  da 
loro  firmata,  il  sufTragio  popolare  intorno  a  detta  legge.  Per  questa  ope- 
razione  si  assegnano  tre  mesi;  e  quando  le  30,000  firme  sono  state 
raccolte,  non  resta  se  non  che  il  Gonsiglio  federale  fissi  la  data  del  voto. 
Tale  e  il  meccanismo  del  «  referendum  »;  e  appunto  con  questo  mezzo 
fu  rigettata  nel  1882  la  legge  scolastica.  Ora,  le  Gamere  federali  pro- 
mulgarono  nel  dicembre  ultimo  quattro  leggi,  una  delle  quali  partico- 
larmenle  e  ispirata  a  principii  di  radicalismo  e  d' accentramento.  Ci6  e 
bastato  perche  gli  oppositori  si  mettessero  tosto  in  moto  per  organizzare 
una  petizione  in  regola;  ed  e  tale  nel  popolo  lo  slancio  d' opposizione, 
che,  invece  di  30,000  firme,  ne  sono  state  raccolte  96,000,  e  ci6  in  meno 
di  un  mese.  Un  movimento  s)  formidable  di  reazione  ha  rattemprati 
assai  gli  ardori  radicali;  e  nella  sessione  del  mese  di  marzo,  la  sinistra 
parlamentare  si  e  fin  ricusata  di  regolare  con  legge  una  materia  urgente, 
allegando  a  motive  del  suo  rifluto  che  qualsiasi  legge  verrebbe  dal  po- 
polo rigettata.  Non  e  ella  questa  una  singolar  confessione  d'impotenza, 
e  una  splendida  manifestazione  dell'assoluta  incompatibility  di  carattere 
fra  il  popolo  e  i  suoi  rappresentanti  laici  e  obbligatorii? 

5.  La  data  del  voto  intorno  a  quelle  quattro  leggi  e  fissata  all'  11  mag- 
gio  prossirno.  Tre  di  esse  sono  di  natura  puramente  finanziaria,  in  quanto 
risguardano  aumenti  di  stipendio  e  favoriscono  un1  estensione  della  bu- 
rocrazia  federale.  Piu  grave  e  la  quarta,  che  conferisce  al  potere  cen- 
trale  la  facolta  di  sottrarre  certi  imputati  alia  giurisdizione  dei  tribunali 
cantonali,  quando  il  Consiglio  federale,  autorita  politica,  giudichi  che  il 
delitto  ha  un  colore  politico,  e  che  per  questo  motive  i  tribunal!  dei 
cantoni  non  avrebbero  1' indipendenza  necessaria  per  emettere  un  giudizio 
imparziale.  Sola,  per  quanto  sembra,  la  giustizia  federale  va  esente  da 
influenze  politiche!  La  malizia  di  questo  disegno  di  legge  si  manifesta 
in  tutta  la  sua  pienezza  nella  origine  del  medesimo.  Alcuni  anni  sono, 
i  liberal!  del  Ticino,  che  non  sognavano  che  uccisioni  e  violenze,  orga- 
nizzarono  un  tiro  nel  villaggio  di  Stabio,  col  pravo  intendimento  di 
provocare  i  cattolici,  e  col  favore  delle  turbolenze,  che  da  ci6  nasce- 
rebbero,  porgere  incentive  a  una  nuova  rivoluzione.  Infatti,  alcuni  faci- 
norosi  della  loro  banda  diedersi  a  molestare  pacific!  cittadini,  e  vennero 
ad  assediarli  nelle  loro  abitazioni.  V!  ebbe  lotta  accanita,  i  conservator!!, 
a  difesa  della  propria  vita,  resero  colpo  per  colpo;  ogui  pane  ebbe  i 


NBA 

morti.  I/alT.irc  fu  portato  innan/.i  ai  iribunali;  e  a  malgrado  di 

tutti  -li  sfir/.i  fit-  licali  per  ingaunare  1' opinion)*  pul.Mica  e  at- 

•  r.-j/.ion.'  .Irlli  giuMi/ia,  il  processo  incominciava  a  prendere 

per  loro  raiiiva  j'i.va.  Narijue  allora  un  fracasso  del  diavolo.  II  radi- 

mo  *vi//vro  voiniib  fuoco  e  fiamraa  contro  i  iribunali  del  Ticino, 

!la  mira   di  soitrarre  al  foro  di  quel  cantone  gli  accusati  radicali 

comproni'  uccisioni  di  Stabio,  invoc6  1'intervento  radicale. 

A  Herna  nessun  mezzo  si  Iasci6  intentato  per  impedire  che  la  spada 
dt'lla  giusti/ia  veriisse  a  cadere  su  tesle  radicali;  ma,  per  buona  ventura, 
;n  tt-sto  di  legge  accordava  alia  Confederazione  il  diritto  d' inter- 
venire.  Istruiti  da  sifTatta  esperienza,  i  radicali  acceotratori  ban  voluto 
rvare  per  1'avveuire  i  malfattori  radicali  contro  1'azione  dell' im- 
parziale  giusiizia  dei  cantoni  conservator!.  Egli  6  perci6  che  le  Camere 
[••  Vrali  hanno  introdotto  nel  Codice  della  Confederazione  un  articoln,  che 
permelte  a  quest' ultima  di  riwwerare  sotto  le  protettrici  sue  ali  quei 
f  rat -Hi  fil  amici  die  aver  potessero  qualche  conto  da  regolare  con  la 
giustizia.  In  virtu  di  quest1  articolo,  il  Consiglio  federate,  autorita  politica, 
non  avra  da  far  altro  che  dichiarare  che  un  dato  delitto  riveste  caratlere 
politico,  e  che  quindi,  all'  oggetlo  ui  prevenire  agitazioni,  dev'  esser  de- 
ferito  a  una  giuria  federate. 

Contro  questa  innovazione  appunto  si  sono  levati  a  protestare  i 
!'H  1,000  soscrittori;  numero  cotanto  considerevole  da  far  presagire  che  il 
voto  popolare,  fissato  per  I'll  maggio  prossimo,  dara  una  nuova  lezione 
alia  ma^gioranza  radicale  delle  Camere.  Ove  un  tal  risultato  si  avveri, 
sara  un  preludio  di  buon  augurio  per  1'elezioni  generali  del  prossimo  ot- 
tobre,  tempo  prestabilito  pel  rinnovamento  iotegrale  del  Consiglio  na- 
zionale  elvetico. 

6.  II  movimento  raanifestatosi  in  Argovia  per  la  revisione  della  Co- 
stituzione  e  entrato  in  un  nuovo  pericdo.  Nella  mia  ultima  lettera,  io 
esprimeva  1'opinione  che  non  si  fosse  ottenuta  la  maggioranza  costitu- 
zionale,  e  che  quindi  non  si  sarebbe  fatto  luogo  alia  revisione  della  Co- 
stituzione  cantonale.  Ben  altro  per6  e  stato  il  giudizio  del  Governo  ar- 
goviano,  il  quale  ha  dichiarato  accettata  la  revisione  e  fatto  procedere 
ali'elezioni  per  la  Costituente.  Queste  elezioni  hanno  avuto  un  esito  del 
lutto  inaspetlato.  I  distretti  catiolici  dell'Argovia  (cantone  misto,  che  conta 
due  terzi  di  protestanti  e  un  terzo  di  caitolici)  hanno  eletta  una  deputa- 
zione  interamente  cattolica  e  conserva trice,  composta  cioe  di  58  rappresen- 
tanti,  fra'quali  1*2  ecclesiastici  e  un  monaco  benedettino!  E  anco  i  distretti 
protestanti  hanno  eletto  a  deputati  persone  di  principii  mnderali,  anziche 
radicali.  I  primi  lavori  della  Costituenie  si  sono,  com'e  di  stilt',  arre- 
stati  alia  scelta  d'  una  Commission*1  incaricata  di  approntare  il  testo  della 
nuova  Costituzione  sulla  base  dei  voti  e  delle  petizioni  popolari,  che 
dovranno  esserle  indirizzate  da  ora  a  tutlo  maggio.  Un  prete  cattolico 


CRONACA   CONTEMPORANEA 

e  stato,  con  148  voli  contro  27,  norainato  segreiario  deU'asscmhlea;  e 
due  ecclesiastic!  con  un  religiose  fanno  parte  della  Commissione  sura- 
mentovata.  Queste  cose  si  veggono  in  un  paese,  che  nel  1841  diede  il 
segnale  della  distruzione  del  conventi !  Tanto  e  vero  che  il  tempo,  o  tosto 
o  tardi,  fa  giustizia. 

7.  11  cantone  di  Friburgo  prosegue  a  porgere  il  consolante  spettacolo 
d'uno  Stato  cattolico,  dove  clero  e  popolo,  Vescovo  e  Governo,  stampa 
e  associazioni,  si  uniscono  in  un  comune  sforzo  per  la  restaurazione  cri- 
stiana   in   tutte  le   sue   relazioni.   L*  apostolica   operosita  dell1  illustre 
monsignor  Mermillod  produce  in  quel  piccolo  paese  risultati  raeravigliosi; 
si  vede  bene  esser  Friburgo  un  suolo  raaturo  per  Tapplicazione  del  Sillabo. 
Alcuni  mesi  or  sono,  il  passaggio  di  Sua  Eminenza  il  cardinale  Gaverot 
vi  die  luogo  a  una  diraostrazione  degna  d'una  citta  medioevale  e  d'  un 
popolo  cristiano.  Ultimamente,  un'assemblea  cattolica  riunita  in  Bulle, 
capoluogo  della  Gungere,  e  alia  quale  assistevano  800  cattolici,  ha  ulito 
dalla  bocca  del  presidente  governativo  un  linguaggio,  che  fa  risovvenire 
di  quello  di  Garcia  Moreno.  L'uomo  di  Stato,  infatti,  non  ha  esitato  a 
dichiarare  che  1'autorita  civile  attinge  la  sua  forza  dalla  fedelta  del  popolo 
cristiano,  e  non  trova  altrove  piii  solido  fondamento  che  nei  principii 
cattolici,  di  cui  il  Pontefice  infallibile  custodisce  il  prezioso  deposito.  II 
capo  del  potere  esecutivo  ha  delineato  con  tratti  magistral!  il  programma 
del  partito  cattolico,  che  non  ammette  transazione  di  sorta  con  le  dottrine 
rivoluzionarie,  ne  si  lascia  aftievolire  dagli  snervanti  espedienti  del  giusto 
mezzo  e  del   liberalismo  si   in   religione,  si  in  politica.  II  venerando 
monsignor  Mermillod  ha  indirizzato  a  quella  numerosa  assemblea  un  tele- 
gramma  di  benevolo  incoraggiamento. 

8.  Vengo  a  sapere  in  questo  momento  che  i  cattolici  di  Basilea  ri- 
corrono  presso  il  Consiglio  federale  contro  il  decreto  del  Governo  e  del 
popolo  basileese.  Gli  ha  confortati  a  un   tal  passo  la  destra  cattolica 
delle  Gamere  federali. 


SANCTI  88  1  M  M  I  N  I     MiST  III 

LEONIS 

DltlNA  PROVIDEXTIA 

PAPAE      XIII. 

KIMSTOLV  OCYCLIC.V 

IIOI.ICI  OllltIS  IMYERSOS 
VTI.V.M   ET   «  M   AI'OSTOLICA   SEDK    IIAl:l  N 


Venerabiles  Fratres  salutem  et  Apostolicam  Benedictionem. 

Humannm  genus,  postea  quam  a  creatore,  munerumque  caele- 
stium  largitore  Deo,  fur  Mia  Diaboli,  miscrrime  defecit,  in  par- 
tes  dims  diversas  adversasque  discessit;  quarum  altera  assidue 
pro  veritate  et  virtute  propngnat,  altera  pro  iis,  quae  virtuti 
sunt  veritatique  contraria.  —  Alterum  Dei  est  in  terris  regmim, 
vera  scilicet  lesa  Christi  Ecclesia,  cui  qui  volunt  ex  animo  et 
eonvenienter  ad  salutem  adhaerescere,  necesse  est  Deo  et  Uni- 
genito  Filio  eius  tota  mente  ac  suinina  voluntate  servire:  alte- 
rum  Satanae  est  regnum,  cuius  in  ditione  et  potestate  sunt 


VenerabUi  Fratclli  salute  ed  Apostolica  Benedizionc. 

II  genere  uraano,  dopo  cheper  Tinvidia  di  Lucifcro  si  ribe!I6  sven- 

turatamente  a  Dio  creatore,  e  largitore  de'doni  soprannaturali,  si  divise 

come  in  due  campi  diversi  e  nemici  tra  loro;  1'uno  del  quali  combatte 

senza  posa  pnr  il  trionfo  della  verita  e  del  bene,  1'  altro  per  il  trionfo 

del  malp  e  dell'errorv.  —  II  primo  6  il  regno  di  Dio  stilla  terra,  cioe  la 

:isto;  e  chi  vuole  appartenervi  con  siocero  affetto 

e  come  conviene  a  salute,  deve  servire  con  tutta  la  mcnte  e  con  tutto  il 

cuore  a  Din  e  all'Unigenito  Figliuolo  di  Lui.  II  secondo  e  il  regno  di 

:  liti  ne  sono  quanti,  seguendo  i  fuoesti  esempii  del  loro  capo 

•  fate.  813  IT  23  apriU  1884 


258  SANCTISS1MI   D.    N.    LEONIS    D1VINA    PROVIDENTIA    PAPAE   XIII. 

quicumque  funesta  duels  sui  et  primorum  parentum  exempla 
secuti,  parere  divinae  aeternaeque  legi  recusant,  et  inulta  po- 
sthabito  Deo,  multa  contra  Deura  contendunt.  Duplex  hoc  re- 
gnum,  duarum  instar  civitatum  contrariis  legibus  contraria  in 
studia  abeuntium,  acute  vidit  descripsitque  Augustinus,  et  utri- 
usque  efiBcientem  caussara  subtili  brevitate  complexus  est,  iis 
\QT\)is :  fecerunt  civitates  duas  amores  duo:  terrenam 
amor  sui  usque  ad  contemptum  Dei:  caelestem  vero  amor  Dei 
usque  ad  contemptum  sui '.  —  Vario  ac  multiplici  cum  armo- 
rum  turn  diraicationis  genere  altera  adversus  alterara  omni  sae- 
culorum  aetate  conflixit,  quamquara  non  eodem  semper  ardore 
atque  impetu.  Hoc  autem  tempore,  qui  deterioribus  fa  vent  par- 
tibus  videntur  simul  conspirare  vehementissimeque  cuncti  con- 
tendere,  auctore  et  adiutrice  ea,  quam  Massonum  appellant, 
longe  lateque  diffusa  et  firiniter  constituta  hominum  societate. 
Nihil  enim  iam  dissimulantesconsilia  sua,  excitant  sese  adversus 
Dei  numen  audacissime:  Ecclesiae  sanctae  perniciem  palam 
aperteque  moliuntur,  idque  eo  proposito,  ut  gentes  Christianas 
partis  per  lesum  Christum  Servatorem  beneficiis,  si  fieri  pos- 


e  del  comuni  progenitori,  ricusano  di  obbedire  all'eterna  e  divina  legge, 
e  molte  cose  imprendono  senza  curarsi  di  Dio,  moUe  conlro  Dio.  Questi 
due  regni,  simili  a  due  citta  che  con  leggi  opposte  vanno  ad  opposti  lini, 
con  grande  acume  di  mente  vide  e  descrisse  Agostino,  e  risali  al  principio 
generatore  di  entrambi  con  queste  brevi  e  profonde  parole :  due  citta 
nacquero  da  due  amori;  la  terrena  dall'amore  di  se  fino  al  divprczzo 
di  Dio^  la  celeste  dall'amore  di  Dio  fino  al  disprezzo  di  se\  —  In 
tutla  la  lunga  serie  dei  secoli  queste  due  ciltii  pugnarono  1'  una  contro 
Vallra  COQ  armi  e  combattiraenti  varii,  benche  non  sempre  con  I1  ardore 
e  rimpeto  stesso.  Ma  ai  tempi  nostri  i  partigiani  della  citti  malvagia, 
ispirati  e  aiutati  da  quella  society  che  largamente  diffusa  e  fortemente 
congegnata  piglia  il  nome  di  societcl  Massonica,  pare  che  tutti  cospirino 
insieme,  e  tentino  le  ultime  prove.  Imperocche,  senza  piii  dissimulare  i 
loro  disegni,  insorgono  con  estrema  audacia  contro  la  sovranita  di  Dio; 
lavorauo  pubblicamente  e  a  viso  aperto  a  rovina  della  santa  Ghiesa,  con 
proponimento  di  spogliare  affatto,  se  fosse  possibile,  i  popoli  cristiani  dei 
benefizii  recati  al  mondo  da  Gesii  Gristo  nostro  Salvatore.  —  Gemendo 

1  De  civit.  Dei  Lib.  XIV,  c.  17. 


!CA 

funditiis  despolient.  —  i  Nos  ingemiscentes  mails, 

ill  ul  saepe  ad  I '".I'M  I'lamar--,  urgente  animnin  caritate,  com- 
pi'lliimir:    /•'<•<•<•  inhniri  tui  s-nnterunt^  et  qtii  otlernnt  f>\ 

•  i»>i>ulHni  (num  malifftiaverunt 
et  < 

>fe '. 

In  tarn  praesenti  discrimine,  in  tain  immani  pertinaciqne 
Christian!  nouiinis  oppugnatione,  Nostrum  estindicari  perictilmn, 
designare  adversaries,  honimque  consiliis  atque  artibus,  quantum 
possumus,  resistere  ut  aeternum  ne  pereant  quorum  Nobis  est 
commissa  salus :  et  lesu  Christ!  regnum,  quod  tuendum  accepi  • 
inns,  non  modo  stet  et  permaneat  integrum,  sed  novis  usque 
incrementis  ubique  terrarum  amplificetur. 

Roman!  Pontifices  Decessores  Nostri,  pro  salute  popnli  chri- 
stiani  sedulo  vigilantes,  hunc  tarn  capitalem  hostem  ex  occultae 
coniurationis  tenebris  prosilientem,  quis  esset,  quid  vellet,  cele- 
ritoragnoverunt:  iidemque  praecipientes  cogitatione  futura,  prin- 
cipes  simul  et  populos,  signo  velut  dato,  monuerunt  ne  se  paratis 
ad  decipiendum  artibus  insidiisque  capi  paterentur.  —  Prima 


su  ijtieMi  mali,  spesso,  incalzati  dalla  carila,  Noi  siam  costretti  gridare 
.!  l>io:  Ecco  i  netnici  tuoi  menano  gran  romore  e  quei  che  fodiano 
hanno  alzato  ta  testa.  Hanno  formato  malvagi  diaegni  contra  il  tuo 
popolo,  ed  hanno  macchinato  confro  i  tuoi  santi.  Hanno  detio;  venite, 
e  scancdliamoli  il-il  nmnero  dellc  nazio, 

In  si  grave  riscliio,  in  si  flora  ed  accanita  guerra  al  crislianesimo,  e 

r  Nostro  mostrare  il  pericolo,  addilare  i  ncmici,  e  resistere  quanto 

possiarao  ai  disegni  ed  alle  arli  Inro,  adinche  non  vadano  etornamente 

'i:tf  I"  iiiiimi'  che  Gi  furono  affidate,  e  il  reguo  di  Gesii  Crislo,  com- 

•  ;ill;i  Nostra  tutela,  non  solo  slia  e  conservisi  inlero,  ma  per  nuovi 

e  conlinui  acquisti  si  dilati  in  oinii  parte  della  terra. 


•  '.in  f.isse  e  a  che  mirasse  questo  capitale  nemico,  che  usciva  fuori 

dai  cnvi  di  teuebrose  congiure,  il  compresero  tosto  i  romani   Ponteflci 

:i  antecessori,  vigili  scolte  a  salute  del  popolo  cristiano;  e  antive- 

ncii  lo  col  pensiero  1'avvenire,  dato  (ju:»si  il  segnale,  ammonirono  principi 

e  popoli  non  si  l;isciassero  ingannare  alle  astuzie  e  trame  insidiose.  —  Diede 

1  I's.  I.\\\li 


260  SANCTISSIMI    I).    \.    LEONIS    DIVINA    PROVIDI-NTIA    PAPAE    XIII. 

significatio  periculi  per  Cleinentem  XII  anno  MDCCXXXVIII 
facta ':  cuius  est  a  Benedicto  XIV 2  confirmata  ac  renovata  Con- 
stitutio.  Utriusque  vestigiis  ingressus  est  Pius  VII 3:  ac  Leo  XII 
Constitutione  Apostolica  Quo  graviora 4  superiorura  Pontificum 
hac  de  re  acta  et  decreta  complexus,  rata  ac  firma  in  perpe- 
tuum  esse  iussit.  In  eamdera  sententiam  Pius  VIII 5,  Grego- 
rius  XVI 6,  persaepe  vero  Pius  IX 7  locuti  sunt. 

Videlicet  cum  sectae  Massonicae  institutum  et  ingenium  com- 
pertum  esset  ex  manifestis  reruin  indiciis,  cognitione  caussarum, 
prolatis  in  lucem  legibus  eius,  ritibus,  coinmentariis,  ipsis  saepe 
accedentibus  testimoniis  eorum  qui  essent  conscii,  haec  Aposto- 
lica Sedes  dentmtiavit  aperteque  edixit,  sectam  Massonum,  contra 
ius  fasque  constitutam,  non  minus  esse  christianae  rei,  quam 
civitati  perniciosam :  propositisque  poenis,  quibus  solet  Ecclesia 
gravius  in  sontes  animadvertere,  interdixit  atque  imperavit,  ne 
quis  illi  nomen  societati  daret.  Qua  ex  re  irati  gregales,  earum 


il  primo  avviso  del  pericolo  Glemente  XII ' ;  e  la  Gostituzione  di  lui  fu 
confermata  e  rinnovata  da  Benedetto  XIV*.  Ne  segui  le  orme  Pio  VIP: 
poi  Leone  XII  con  1' Apostolica  Gostituzione  Quo  graviora  «,  abbracciando 
in  questo  punto  gli  atti  e  i  decreti  de'  suoi  Antecessori,  li  ratilicb  e  sug- 
gel!6  con  irrevocabile  sanzione.  Nel  senso  medesimo  parlarono  Pio  VIII*, 
Gregorio  XVI 6  e  piu  volte  Pio  IX 7. 

Imperocche  da  fatti  giuridicamente  accertati,  da  formali  processi,  da 
statuti,  riti,  giornali  massonici  pubblicati  per  le  stampe,  oltre  alle  non 
rare  deposizioni  del  coraplici  stessi,  essendosi  venuto  a  chiaramente  co- 
noscere  lo  scopo  e  la  natura  della  setta  Massonica,  quest' Apostolica  Sede 
alz6  la  voce,  e  denunzi6  al  mondo,  la  setta  del  Massoni,  sorta  contro  ogni 
diritto  umano  e  divino,  essere  non  men  funesta  al  cristianesimo  che  allo 
Stato,  e  fece  divieto  di  darvi  il  norae  sotto  le  maggiori  pene,  oncle  la 
Chiesa  suol  punire  i  colpevoli.  Di  che  irritati  i  settarii,  e  credendo  di 
poter  parte  col  disprezzo,  parte  con  calimniose  raenzogne  sfuggire  o  sce- 

1  Const.-  In  eminenti,  die  21  aprilis  1738. 

1  Gonsl.  Providas,  die  18  mail  1751. 

8  Const.  Ecclesiam  a  lesu  Christo,  die  13  scptembris  1 

*  Const,  data  die  13  raarlii  1825. 

CJC.  Traditi,  die  21  maii   18*1). 
c  Encyc.  Mirari,  die  15  augusti  IN 

7  Eneye.   Qui  plaribns,  die   9  novemb.   1810.    Alloc.   Multiplices  inter,  die 
-"piemb.  1865,  etc. 


EP! 

vim  ^Mit-ntianim  suM'T!iii»ere  aut  debilitare  se  posse  partim 
'emnendo,  partim  calumniando  rati,  Pontifices  maxiraos,  qui 
ea  decreverant,  criminati  sunt  aut  non  iusta  decrevisse,  aut 
linn  in  decernendo  transisse.  Hac  sane  ratione  Const itutionum 
Apostolicarum  dementis  XII,  Benedict!  XIV,  itemque  Pii  VII 
et  Pii  IX  conati  sunt  auctoritatem  et  pondus  eludere.  Verum  in 
ipsa  ilia  societate  non  defuere,  qui  vel  inviti  faterentur,  quod 
erat  a  romanis  Pontificibus  factuin,  id  esse,  spectata  doctrina 
disciplinaque  catholica,  iure  factum.  In  quo  Pontificibus  valde 
assentiri  plures  viri  principes  rerumque  publicarum  rectores 
visi  sunt,  quibus  curao  fuit  societatem  Massonicam  vel  apud 
Apostolicam  Sedem  arguere,  vel  per  se,  latis  in  id  legibus, 
ooxae  damnare,  ut  in  Hollandia,  Austria,  Helvetia,  Hispania, 
Bavaria,  Sabaudia  aliisque  Italiae  partibus. 

Quod  tamen  prae  ceteris  interest,  prudentiam  Decessorum 
Nostrorum  rerum  eventus  comprobavit.  Ipsorum  enira  providae 
paternaeque  curae  nee  semper  nee  ubique  optatos  habuerunt 
exitus:  idque  vel  bominum,  qui  in  ea  noxa  essent,  simulatione 
et  astu,  vel  inconsiderata  levitate  ceterorum,  quorum  maxime 
interfuisset  diligenter  attendere.  Quare  unius  saeculi  dimidiati- 


mare  la  forza  di  tali  sentenze,  accusarono  d'  ingiustizia  o  di  esageraziooe 
i  Papi,  che  le  avevano  pronunziate.  In  questo  modo  cercarono  di  eludere 
1'autorila  ed  il  peso  delle  Costituzioni  Apostoliche  di  Clemeote  XII,  di 
Benedetto  XIV,  e  similmente  di  Pio  VII,  e  di  Pio  IX.  Nondimeno  tra  i 
FrammassoDi  medesimi  ve  n'ebbe  alcuni  i  quali  riconobbero,  loro  mal- 
grado,  che  quelle  sentenze  dei  roraani  Pontefici,  ragguagliate  alia  dottrina 
e  alia  disciplina  cattolica,  erano  altamente  giuste.  E  ai  Pontefici  si  unirono 
non  pochi  principi  ed  uomini  di  Stato,  i  quali  ehbero  cura  o  di  denunziare 
all'  Apostolica  Sede  le  societa  Massoniche,  o  di  proscriverle  essi  stessi  COD 
leggi  speciali  nei  loro  dorainii,  come  fu  fatlo  nelPOlanda,  nell' Austria, 
nella  Svizzera,  nella  Spagna,  nella  Haviera,  nella  Savoia  ed  in  a  lire  parti 
d'lt.ilia. 

Ma  la  saggezza  dei  Nostri  Piv  Icressori  ehbe,  ci6  che  piii  monta,  piena 

tiih-izione  dagli  avvenimenti.  Imperocche  le  provvide  e  paterne  loro 

cure,  o  fosse  1'  astuzia  e  1'  ipocrisia  dei  settarii,  ovvero  la  sconsigliata 

leggerezza  di  chi  pure  aveva  ogni  interesse  di  tener  gli  occhi  aperli,  non 

avendo  ne  sempre  ne  per  tutto  sortito  1'csito  desiderate,  nel  giro  d'ua 


SANCTISSIMI    D.    N.    LEOM5    lUVINA    PKOYIPKNTIA    I'AI'AE    XIII. 

que  spatio  secta  Massonura  ad  incrementu  properavit  opinions 
uiaiora;  inferendoque  sese  per  audaciam  et  dolos  in  omnes  rei- 
publicae  ordines,  tantum  iam  posse  coepit,  ut  prope  domimiri 
in  civitatibus  videatur.  Ex  hoc  tarn  celeri  formidolosoque  cursn 
ilia  revera  est  in  Ecclesiam,  in  potestatem  principum,  in  salutcm 
publicam  pernicies  consecuta,  quam  Decessores  Nostri  multo  ante 
providerant.  Eo  eniin  perventum  est,  ut  valde  sit  reliquo  tern- 
pore  metuendura  non  Ecclesiae  quidem,  quae  longe  firraius  habet 
fundamentum,  quam  ut  hominura  opera  labefactari  queat,  sed 
earum  caussa  civitatum,  in  quibus  nimis  poll  eat  ea,  de  qua 
loquiuiur,  aut  aliae  hominum  sectae  non  absimiles,  quae  priori 
illi  sese  administras  et  satellites  impertiunt. 

His  de  caussis,  ubi  primum  ad  Ecclesiae  gubernacula  ac- 
cessimus,  vidimus  planeque  sensimus  huic  tanto  malo  resistere 
oppositu  auctoritatis  Nostrae,  quoad  fieri  posset,  oportere.  • 
Sane  opportunam  saepius  occasionera  nacti,  persecuti  sumus 
praecipua  quaedam  doctrinarum  capita,  in  quas  Massonicarum 
opinionum  influxisse  maxime  perversitas  videbatur.  Ita  Litteris 
Nostris  Encyclicis  <  Quod  Apostolici  muneris  >  aggressi  su- 
mus Socialistarum  et  Communistarum  portenta  convincere : 


secolo  e  mezzo  la  societa  Massonica  propagossi  con  incredibile  celeri ta; 
e  traforandosi  per  via  di  audacia  e  d'  inganni  in  tutli  gli  ordini  civili, 
incominci6  ad  essere  potente  in  modo  da  parer  quasi  padrona  degli  Stati. 
Da  si  celere  e  tremenda  propagazione  ne  sono  seguili  a  danno  ddla  Ghiesa, 
della  potesta  civile,  della  pubblica  salute  quei  rovinosi  eiTetti,  che  i  Nostri 
Antecessori  gran  tempo  innanzi  avevano  preveduti.  Imperocche  siamo 
omai  giunti  a  tale  estremo  da  dover  tremare  per  le  future  sorti,  non  gia 
della  Chiesa  edificata  su  fondamento  non  possibile  ad  abbattersi  da  forza 
umana,  ma  di  quegli  Stati,  dove  la  setta  di  cui  parliamo,  o  le  altre  aflirn 
a  quella  e  sue  ministre  e  salelliti,  possono  tanto. 

Per  queste  ragioni,  appena  eletti  a  governare  la  Chiesa,  vedemmo  e 
sentimmo  vivamente  nell'animo  la  necessita  di  opporci,  quanto  fosse  pos- 
sibile, con  la  Nostra  autorita  a  male  si  grande.  —  E  colta  bene  spesso 
opportuna  occasione,  venimmo  svolgendo  or  Tuna  or  1'altra  di  quelle  ca- 
pitali  dottrine,  in  cui  il  veleno  degli  errori  Massonici  parea  che  fosse  piu 
intimamente  penetrate.  Cosl  con  la  Lettera  Enciclica  Quod  Apostolici 
muneris  sfolgorammo  i  mostruosi  errori  dei  Socialisti  e  Comunisti:  con 


ICA 

aliis  dt'infvps  t  An  »  verara  gennanaiuque  notionem  so- 

cuins  est  in  inatriiuonio  fons  et  origo,  tuen- 
diiiu  ft  cxj'licandam  curavimus:  iis  insuper,  qnarum  initiura  est 
.  ninttinmni  >  potestatis  politicae  formam  ad  principia  chri- 
stianae  sapientiae  expressam  proposuimus,  cum  ipsa  rerum  na- 
tura,  cnm  populonim  principumquo  salute  mirifice  cohaerent 
\u nc  aiib'in,  Decessornm  Nostrorum  exemplo,  in  Massonicam 
ipsam  societatem,  in  doctrinatn  eius  universam,  et  consilia,  et 
sentieudi  consuetudinem  et  agendi,  animiim  recta  intendere 
decrevimus,  quo  vis  illius  malefica  magis  magisque  illustretur, 
idque  valeat  ad  funestae  pestis  prohibenda  contagia. 

Variae  sunt  hominum  sectae,  quae  quamquam  nomine,  ritu, 
forma,  origine  differentes,  cum  tamen  communione  quadam 
propositi  summarumque  sententiarum  similitudine  inter  se  con- 
tiiu'antur,  re  congruunt  cum  secta  Massonum,  quae  cuiusdam 
est  instar  centri  unde  abeunt  et  quo  redeunt  universae.  Quae 
quamvis  nunc  nolle  admodum  videantur  latere  in  tenebris,  et 
suos  agant  coetus  in  luce  oculisque  civium,  et  suas  edant  ephe- 
meridas,  nihilominus  tamen,  re  penitus  perspecta,  genus  socie- 
tatuin  clandestinarum  moremque  retinent.  Plura  quippe  in  iis 


I1  ultra  Arcanum  prendemmo  a  spiegare  e  difendere  il  vero  e  genoino 
concetto  della  famiglia,  che  ha  1' origine  e  sorgente  sua  nel  matrimonio: 
con  quella  che  incomincia  Diuturnum  ritraemrao  1'idea  del  potere  po- 
litico, esemplata  ai  principii  dell'Evangeloe  mirabilmente  consentanea  alia 
natura  delle  cose  e  al  bene  dei  popoli  e  dei  sovrani.  Ora  poi,  ad  esempio 
dei  Nostri  Predecessor),  Gi  siam  risoluti  di  prender  direttamente  di  raira 
la  stessa  societa  Massonica  nel  complesso  delle  sue  dottrine,  de'suoi  di- 
segni,  delle  sue  teodenze,  delle  sue  opere,  affinche,  rceglio  conosciutane  la 
malHica  natura,  ne  sia  schivato  piii  cautamente  il  contagio. 

Varie  sono  le  sette  che,  sebbene  differenti  di  nome,  di  rito,  di  forma, 
d'origine,  essendo  per  meilesimezza  di  proposito  e  per  afflnita  de'sommi 
principii  strpltament*1  collegate  fra  loro,  convengono  in  sostanza  con  la 

i  dei  frammassoni,  quasi  centro  comune,  da  cui  muovono  tutte  e  a 

cui  tutte  ritornano.  Le  quali,  sebbene  ora  facciano  sembianza  di   non 

>  rsi,  e  tengano  alia  luce  del  sole  e  sugli  occhi  dei  citta- 

dim  le  loro  adunanze,  e  stampino  efTemeridi  proprie,  ci6  nondimeno,  chi 

guardi  piii  addentro,  ritengono  il  vero  carattere  di  societa  segrete.  Im- 


SANCTISSIMI   D.    N.    LEOMS    DIV1NA    PROV1DKMIA   PAPAE   XIII. 

sunt  arcanis  similia,  quae  non  externos  solum,  sed  gregales 
etiam  bene  multos  exquisitissima  diligentia  celari  lex  est: 
cuiusmodi  sunt  intima  atque  ultima  consilia,  summi  factionuiu 
principes,  occulta  quaedam  et  intestina  conventicula :  item  de- 
creta,  et  qua  via,  quibus  auxiliis  perficienda.  Hue  sane  facit 
multiplex  illud  inter  socios  discrimen  et  iuris  et  officii  et  inu- 
neris:  hue  rata  ordinum  graduumque  distinctio,  et  ilia,  qua 
reguntur,  severitas  disciplinae.  Initiales  spondere,  immo  prae- 
cipuo  sacramento  iurare  ut  plurimum  iubentur,  nemini  se  ullo 
unquam  tempore  ullove  modo  socios,  notas,  doctrinas  indicatu- 
ros.  Sic  ementita  specie  eodemque  semper  tenore  simulationis 
quam  maxime  Massones,  ut  olim  Manichaei,  laborant  abdere 
sese,  nullosque,  praeter  suos,  habere  testes.  Latebras  coinmodum 
quaerunt,  sumpta  sibi  litteratorum  sophorumve  persona,  erudi- 
tionis  caussa  sociatorum:  habent  in  lingua  promptum  cultioris 
urbanitatis  studium,  tenuioris  plebis  caritatem:  unice  velle  se 
meliores  res  multitudini  quaerere,  et  quae  habentur  in  civili 
societate  commoda  cum  quamplurimis  communicare.  Quae  quidem 
consilia  quamvis  vera  essent,  nequaquam  tamen  in  istis  omnia. 


perocche  la  legge  del  segreto  vi  domina,  e  molte  sono  le  cose  che  per 
inviolabile  statuto  debbonsi  gelosaraente  tener  celate  non  solo  agli  estra- 
nei,  ma  ai  piii  de'loro  adepti:  come,  ad  esempio,  gli  ultimi  e  veri  loro 
intendimenti:  i  capi  supremi  e  piii  influenti:  eerie  conventicole  piii  in- 
time  e  segrete:  le  risoluzioni  prese,  e  il  modo  ed  i  mezzi  da  eseguirle. 
A  questo  mira  quel  divario  di  diritti,  carichi,  officii  tra'socii;  quella 
gerarchica  distinzione  di  classi  e  di  gradi,  e  la  rigorosa  disciplina  che 
li  governa.  II  candidate  deve  promettere,  anzi,  d'ordinario,  giurare 
espressamente  di  non  rivelar  giammai  e  a  nessun  patto  gli  affigliati,  i 
contrassegni,  le  dottrine  della  setta.  Cosl,  sotto  menlite  sembianze  e  con 
1'arte  d'una  continua  simulazione,  i  framnmsoni  studiansi  a  ttuto  pott-re 
di  restare  nascosti,  e  di  non  aver  testimooi  altro  che  i  loro.  Gercano 
destramente  sotterfugi,  pigliando  sembianze  accaderaiche  e  scientifiche: 
hanno  sempre  in  bocca  lo  zelo  della  civilta,  r  a  more  della  povera  plebe: 
essere  unico  intento  loro  migliorare  le  condizioni  del  popolo,  e  i  beni 
del  civile  consorzio  accomunare  il  piii  ch'e  possibile  a  molti.  Le  quali 
intenzioni,  quando  fossero  vere,  non  sono  che  una  parte  dei  loro  disegni. 
Debbono  inoltre  gli  ascriiti  promettere  ai  loro  capi  e  maestri  cieca  ed 


i<:\ 

•terea  qui  cooptati  sunt,  promittant  ac  recipiant  necesse  est, 
dunlins  ac  magistris  so  dicto  audientes  futures  cum  obsequi" 
fideque  maxima:  ad  quemlibet  eoruin  nuttim  significationem^!*' 
paratos,  impcrata  facturos:  si  sccus  fecerint,  tuia  dim  omnia  ac 
mortem  ipsam  non  recusaro.  Revera  si  qui  prodidisse  discipli- 
nam,  vel  mandatis  restitisse  iudicentur,  supplicium  de  iis  non 
raro  sumitur,  et  audacia  quidem  ac  dexteritate  tanta,  ut  specu- 
latricem  ac  vindicem  scelerum  iustitiam  sicarius  persaepe  fal- 
lat.  —  Atqui  simulare,  et  velle  in  occulto  latere;  obligare  sibi 
homines,  tamquam  mancipia,  tenacissimo  nexu,  nee  satis  decla- 
rata  caussa:  alieno  addictos  arbitrio  ad  omne  facinus  adhibere: 
armare  ad  caedeni  dextras,  quaesita  impunitate  peccandi,  im- 
manitas  quaedam  est,  quam  renim  natura  non  patitur.  Quapropter 
societatem,  de  qua  loquinuir,  cum  iustitia  et  naturali  honestate 
puguare,  ratio  et  veritas  ipsa  convincit. 

Eo  vel  magis,  quod  ipsius  naturam  ab  honestate  dissidentem 
alia  quoque  argumenta  eadeinque  illustria  redarguunt.  Ut  enim 
magna  sit  in  hominibus  astutia  celandi  consuetudoque  mentiendi, 
fieri  taraen  non  potest,  ut  unaquaeque  caussa  ex  iis  rebus, 
quaruin  caussa  est,  qualis  in  se  sit  non  aliqua  ratione  appareat. 


assoluta  obbedienza:  che  ad  un  minimo  cenno,  ad  un  semplice  motto, 
n'eseguiraono  gli  ordini;  pronti,  ove  manchino,  ad  ogni  piii  grave  pena, 
e  perfino  alia  morte.  E  di  fatto  non  e  caso  raro  che  alroci  vendette 
piombino  su  chi  sia  creduto  reo  di  aver  tradito  il  segreto,  o  disubbidito 
al  comando,  e  ci6  con  tanta  audacia  e  destrezza,  che  spesso  il  sicario 
sfugge  alle  ricerche  ed  ai  colpi  della  giustizia.  —  Or  bene  questo  con- 
tinuo  inflngersi,  e  vobr  rimanere  nascosto:  questo  legar  tenacemente 
gli  uomini,  come  vili  mancipii,  all'altrui  volonta  per  uno  scopo  da  essi 
mal  conosciuto:  e  abusarne  come  di  ciechi  stromenti  ad  ogni  impresa, 
per  malvagia  che  sia:  armarne  la  destra  micidiale,  procacciando  al  de- 
lino  Timpunita,  sono  eccessi  che  ripugnano  altamente  alia  natura. 
ragione  adunque  evidenlemente  condanna  le  sette  massoniche  e  le  con- 
vince nemiche  della  giustizia  e  della  naturale  onesta. 

Tanto  piii  che  alire  e  ben  luminose  prove  ci  sono  della  sua  rea  na- 
tura. Per  quanto  infatti  sia  grande  negli  uomini  1'arte  di  flngere  e  1'uso 
di  menlire,  egli  e  impossible  che  la  causa  non  si  manifest!  in  qualche 
modo  pe'  suoi  effetli.  Non  pud  un  albero  bitono  dar  frutti  cattivi,  nd 


56G  SANCTISS1MI    II.    N.    LEOMS    DIVINA    I'HOVIDKNTIV    I'AI'AK    XIII. 

Xon  potent  arlor  lona  malos  fnictus  facere;  n- 
mala  lonos  fructus  facere. l  Fructns  autem  secta  Massonum 
perniciosos  gignit  maxiinaque  acerbilate  perrnixtos.  Nam 
certissimis  indiciis,  quae  supra  commemoravimus,  erumpit  illud, 
quod  est  consiliorum  suorum  ultimum,  scilicet  evertere  funditus 
omnem  earn,  quain  instituta  Christiana  pepererunt,  disci plinam 
religionis  reiqne  publicae,  novainque  ad  ingenium  suum  extrnere, 
ductis  e  medio  Naturalismo  fundainentis  et  legibus. 

Haec,  quae  diximus  aut  dicturi  sumus,  de  secta  Massonica 
intelligi  oportet  spectata  in  genere  suo,  et  quatenus  sibi  co- 
gnatas  foederatasque  complectitur  societates:  non  autein  de 
sectatoribus  earum  singulis.  In  quorum  numero  utique  possunt 
esse,  nee  pauci,  qui  quamvis  culpa  non  careant  quod  sese  istius 
modi  implicuerint  societatibus,  tamen  nee  sint  flagitiose  facto- 
ruin  per  se  ipsi  participes,  et  illud  ultiinura  ignorent  quod  illae 
nituntur  adipisci.  Similiter  ex  consociationibus  ipsis  nonnullae 
fortasse  nequaquam  probant  conclusiones  quasdatn  extreinas, 
quas,  cum  ex  principiis  communibus  necessario  consequantur, 
consentaneum  esset  amplexari,  nisi  per  se  foeditate  sua  turpi- 
tudo  ipsa  deterreret.  Item  nonnullas  locoruin  temporumve  ratio 


un  albero  cattivo  frutti  litoni1.  Ora  della  massonica  setta  esiziali  ed 
acerbissirai  sono  i  frutti.  Iraperocch6  dalle  non  dubbie  prove  che  ab- 
biamo  teste  ricordate  apparisce,  supremo  intendimento  del  frammassoni 
esser  questo:  disiruggere  da  capo  a  fondo  tutto  1'ordine  religioso  e 
sociale  qual  fu  creato  dal  cristianesimo,  e  pigliando  fondamenti  e  norrae 
dal  Naturalismo,  rifarlo  a  loro  senno  di  pianta. 

Questo  per  altro,  che  abbiamo  detto  o  diremo,  va  inteso  della  setta 
massonica  considerata  in  se  stessa,  e  in  quanto  abbraccia  la  gran  fa- 
miglia  delle  affini  e  collegate  societa;  non  gia  dei  singoli  suoi  seguaci. 
Nel  numero  dei  quali  pu6  ben  essere  ve  ne  abbia  non  pochi,  che.  seb- 
bene  colpevoli  per  essersi  impigliati  in  congreghe  di  quesla  sorta,  tut- 
tavia  non  piglino  parte  direttamente  alle  male  opere  di  esse,  e  ne  igno- 
rino  altresl  lo  scopo  finale.  Gosi  ancora  tra  le  societa  medesime  non 
tutte  forse  traggono  quelle  conseguenze  estreme,  a  cui  pure,  come  a 
necessarie  illazioni  dei  comuni  principii,  dovrebbero  logicamente  venire, 
se  1'enormita  di  certe  dotlrine  non  le  trattenesse.  La  condizioue  altresi 

1  MATTII.  VII,  18. 


ninora  conari,  quam  ant  ipsae  vellent  aut  ceterae  sol 
n»n  idcirco  tamen  alienae  a  Massonico  foedere  putandae,  qni;i 
Massonicum   food  us  non   tarn  estr  ab  actis  perfectisque  re 
quam  a  sententiarum  suiunia  iudicanduiu. 

lamvero  Naturalistarum  caput  est,  quod  nomine  ipso  satis 
declarant,  hnraanara  naturam  hnmanamque  rationem  cnnctis  in 
rebus  magistrara  esse  et  principem  oportere.  Quo  constitute, 
officia  erga  Deuin  vel  minus  curant,  vel  opinionibus  pervertunt 
errantibus  et  vagis.  Negant  enim  qtiicquam  esse  Deo  auctore 
traditum:  nullum  probant  de  religione  dogma,  nihil  veri,  quod 
non  hominum  intelligentia  comprehendat,  nullum  magistrura, 
cui  propter  auctoritateui  officii  sit  iure  credendum.  Quoniara 
autein  munus  est  Ecclesiae  catholicae  singulare  sibique  unice 
proprium  doctrinas  divinitus  acceptas  auctoritatemque  magisterii 
cum  ceteris  ad  salutem  caelestibus  adiuinentis  plene  complecti 
et  incorrupta  integritate  tueri,  idcirco  in  ipsam  maxima  est  ini- 
micorum  iracundia  iinpetusque  conversus.  —  Nunc  vero  in  iis 
rebus,  quae  religionem  attingunt,  spectetur  quid  agat,  praesertim 
ubi  est  ad  agendi  licentiam  liberior,  secta  Massonum:  omninoque 
iudicetur,  nonno  plane  re  exequi  Naturalistaruni  decreta  velle 


dei  luoghi  e  dei  tempi  fa  die  tnluna  di  esse  non  osi  quanto  vorrebbe 
od  osano  le  altre.  II  che  per6  non  le  salva  dalla  complicity  con  la  setta 
massonica,  la  qaale  piii  che  dalle  azioni  e  dai  fatti,  vuol  esser  giudic.it  i 
dal  complesso  de'suoi  principii. 

Ora  fondamentale  principio  dei  Naturalisti,  come  il  noroe  stesso  lo 
dice,  egli  6  la  sovraniti  e  il  magistero  assoluto  dell'umana  natura  e 
ilHl'umana  ragione.  Quindi  dei  doveri  verso  Iddio  o  poco  si  curano,  o 
ma)  ne  sentono.  Negano  alTatto  la  divina  rivelazione;  non  ammettono 
dogroi,  non  verila  superior!  all' intelligenza  umana,  non  maestro  alcuno, 
a  cui  si  abbia  per  1'autorita  deH'officio  da  credere  in  coscienza.  E  poi- 
che,  e,  privilegio  siogolare  e  unicamente  proprio  della  Chiesa  cattolica 
il  possedere  nella  sua  pienezza,  e  conservare  nella  sua  integrity  il  de- 
posito  delle  dottrine  divinamcnte  rivelate,  I'autorila  del  magistero,  e  i 
mezzi  soprannaturali  dell'eterna  salute,  somma  contro  di  lei  e  la  rahbia 
e  1'  accanimento  dei  nemici.  —  Si  osservi  ora  il  procedere  della  setta 
massonica  in  fat  to  di  religione,  to  specialmente  dov'e,  piu  libera  di  fare 
a  suo  modo,  e  poi  si  giudicbi,  se  ella  non  si  mostri  esecutrice  fedele 
delle  massime  dei  naturalist!.  Infatii  con  lungo  ed  ostinato  proposito  si 


268  SANCTISSIMI   D.    N.   LEONIS   DIVINA   PROVIDENTIA    PAPAE    XIII. 

videatur.  Longo  sane  pertinacique  labore  in  id  datur  opera,  nihil 
ut  Ecclesiae  magisterium,  nihil  auctoritas  in  civitate  possit:  ob 
eamque  caussam  vulgo  praedicant  et  pugnant,  rem  sacrain  rem- 
que  civilem  esse  penitus  distrahendas.  Quo  facto  saluberrimam 
religionis  catholicae  virtutem  a  legibus,  ab  administratione  rei- 
pablicae  excludunt:  illudque  est  consequens,  ut  praeter  instituta 
ac  praecepta  Ecclesiae  totas  constituendas  putent  civitates.  - 
Nee  vero  non  curare  Ecclesiam,  optimam  ducem,  satis  habent, 
nisi  hostiliter  faciendo  laeserint.  Et  sane  fundamenta  ipsa  re- 
ligionis catholicae  adoriri  fando,  scribendo,  docendo,  impune 
licet:  non  iuribus  Ecclesiae  parcitur,  non  munera,  quibus  est 
divinitus  aucta,  salva  sunt.  Agendaruni  rerum  facultas  quara 
minima  illi  relinquitur,  idque  legibus  specie  quidem  non  minis 
vim  inferentibus,  re  vera  natis  aptis  ad  impediendam  libertatem. 
Item  impositas  Clero  videmus  leges  singulares  et  graves,  multum 
ut  ei  de  numero,  multum  de  rebus  necessariis  in  dies  decedat : 
reliquias  bonorum  Ecclesiae  maximis  adstrictas  vinculis,  pote- 
stati  et  arbitrio  administratorum  reipublicae  permissas :  sodali- 
tates  ordinum  religiosorum  sublatas,  dissipatas.  —  At  vero  in 
Sedem  Apostolicam  romanumque  Pontificem  longe  est  inimicorum 


procura  che  nella  societa  non  abbia  alcuna  influenza  ne  il  magistero  ne 
1'autorita  della  Chiesa;  e  perci6  si  predica  da  per  tutto  e  si  sostieue 
la  piena  separazione  della  Chiesa  dallo  Stato.  Cosi  si  sottraggono  leggi 
e  governo  alia  virtu  divinamente  saluiare  della  religione  cattolica,  e  per 
conseguenza  si  vuole  ad  ogni  costo  ordinare  in  tutto  e  per  tutto  gli 
Stali  indipendentemente  dalle  istituzioni  e  dalle  dottrine  della  Chiesa.  - 
Ne  basta  tener  lungi  la  Chiesa,  che  pure  e  guida  tanto  sicura,  ma  vi 
si  aggiungono  persecuzioni  ed  offese.  Ecco  infatti  piena  licenza  di  assa- 
lire  iupunemente  con  la  parola,  con  gli  scritti,  con  1'insegnamento,  i 
fondameuti  stessi  della  cattolica  religione:  i  diritti  della  Chiesa  si  ma- 
nomettono:  non  si  rispettano  le  divine  sue  prerogative.  Si  restringe  il 
piu  possibile  1'azione  di  lei;  e  ci6  in  forza  di  leggi,  in  apparenza  non 
troppo  violente,  ma  in  sostanza  nate  fatte  per  incepparne  la  liberta. 
Leggi  di  odiosa  parzialita  si  sanciscono  contro  il  Clero,  cosicche  vedesi 
stremalo  ogni  di  piu  e  di  numero  e  di  mezzi :  vincolati  in  mille  modi 
e  messi  in  mano  allo  Stato  gli  avanzi  dei  beni  ecclesiastici :  i  sodalizii 
religiosi  aboliti,  dispersi.  —  Ma  contro  1'Apostolica  Sede  e  il  romano 


incitata  contentio.  Is  quidem  primura  fictis  de  caussis  deturbatus 
est  propngniftolo  libortatis  iurisque  sui,  principatu  civili:  raox 
in  statum  compulsus  iniqnuiu  simul  et  obiectis  undique  difficul- 
tatibus  intolerabilem:  donee  ad  baec  tempora  perventum  est, 
quibus  sectarum  fautores,  quod  abscondite  secuin  agitarant  diu, 
aperte  denunciant,  sacrara  tollendam  Pontificum  potestatem, 
ipsunjquo  divino  hire  instittituin  funditus  delendum  PoJtificatiira. 
Quam  rem,  si  cetera  deessent,  satis  indicat  hominuin  qui  conscii 
sunt  testimonium,  quorum  plerique  cum  saepe  alias,  turn  recenti 
memoria  rursus  hoc  Massonum  verum  esse  declararunt,  velle  eos 
niaxime  exercere  catholicnm  nomen  implacabilibus  inimicitiis, 
nee  ante  quiuturos,  quain  excisa  oinnia  viderint,  quaecumque 
summi  Pontifices  religionis  caussa  instituissent.  —  Quod  si,  qui 
adscribuntur  in  numerum,  nequaquam  eiurare  conceptis  yerbis 
institute  catholica  iubentur,  id  sane  tantuin  abest,  ut  consiliis 
Massonum  repugnet,  ut  potius  adserviat.  Primum  enim  simplices 
et  incautos  facile  decipiunt  bac  via,  multoque  pluribus  invita- 
menta  praebent.  Turn  vero  obviis  quibuslibet  ex  quovis  religionis 
ritu  accipiendis,  hoc  assequuntur,  ut  re  ipsa  suadeant  magnum 


Pontefice  arde  piii  accesa  la  guerra.  Prima  di  tutto  egli  fu  sotto  bu- 
giardi  pretest!  spogliato  del  Priocipato  civile,  propugoacolo  della  sua 
liberta  e  de'suoi  diritti:  poi  fu  ridotto  ad  una  condizione  iniqua,  e  per 
gl'infiniti  ostacoli  intollerabile :  linche  si  e  giunti  a  quest'  estremo,  che 
i  settarii  dicono  apeno  ciu  che  segretamente  e  lungamente  avevaoo 
macchinato  fra  loro,  doversi  logliere  di  mezzo  lo  stesso  spirituale  potere 
dei  Poolefici,  e  fare  scomparire  dal  mondo  la  divina  istituzione  del  Pon- 
tificate. Di  che,  ove  altri  argomeoti  mancassero,  prova  sufficient  sa- 
rebbe  la  testimonianza  di  parecchi  di  loro,  che  spesse  volte  in  addietro, 
ed  eziandio  recentemente  dichiararono,  essere  veraraente  scopo  supremo 
dei  frammassoni  perseguitare  con  odio  implacabile  il  cristianesimo,  e 
ch'essi  oon  si  daranno  mai  pace,  finche  non  veggano  a  terra  tutte  le 
istituziooi  religiose  fondate  dai  Papi.  —  Che  se  la  setta  non  impone  agli 
afligliati  di  rinnegare  espressamente  la  fede  cattolica,  coiesla  tolleranza, 
non  che  guaslare  i  Massonici  disegni,  li  aiuta.  Imperocche  in  primo 
luogo  e  queslo  un  modo  da  ingannar  facilmenle  i  semplici  e  gli  incauli, 
ed  un  richiamo  di  proselilisrao.  Poi  con  aprir  le  porte  a  persone  di 
i  religione  si  oltiene  il  vantaggio  di  persuadere  col  fatto  il 


270  SANCTISSIMI   D.    N.    LEOMS    MVI.NA    PROVIDENTIA    PAPAE    XIII. 

ilium  huius  temporis  errorem,  religionis  caram  relinqui  oportere 
in  mediis,  nee  ullum  esse  inter  genera  discrimen.  Quae  quidem 
ratio  coinparata  ad  interitum  est  religionum  omnium,  nominatim 
ad  catholicae,  quae  cum  una  ex  omnibus  vera  sit,  exaequari  cum 
ceteris  sine  iniuria  summa  non  potest. 

Sed  longius  Naturalistae  progrediuntur.  In  inaximis  enim 
rebus  tota  errare  via  audacter  ingressi,  praecipiti  cursu  ad  ex- 
trema  delabuntur,  sive  humanae  imbecillitate  naturae,  sive  con- 
silio  iustas  superbiae  poenas  repetentis  Dei.  Ita  fit,  ut  illis  ne 
ea  quidem  certa  et  fixa  permaneant,  quae  naturali  lumine  ra- 
tionis  perspiciuntur,  qualia  profecto  ilia  sunt,  Deum  esse,  animos 
hominum  ab  omni  esse  materiae  concretione  segregates,  eosdem- 
que  immortales.  —  Atqui  secta  Massonum  ad  hos  ipsos  scopulos 
non  dissimili  cursus  errore  adhaerescit.  Quamvis  eniin  Deum 
esse  generatim  profiteantur,  id  tamen  non  haerere  in  singulorum 
mentibus  firma  assensione  iudicioque  stabili  constitutum,  ipsi 
sibi  sunt  testes.  Neque  enim  dissimulant,  hanc  de  Deo  quaestio- 
nem  maximum  apud  ipsos  esse  fontem  caussainque  dissidii: 
immo  non  mediocrem  hac  ipsa  de  re  constat  extitisse  inter  eos 
proximo  etiam  tempore  contentionem.  Re  autem  vera  initiates 


grand' errore  moderno  dell'indifferentismo  religiose  e  della  parita  di  tutti 
i  culti:  via  opportunissiraa  per  aonientare  le  religioni  tutte,  e  segnata- 
mente  la  cattolica  che,  unica  vera,  non  pu6  senz'enorme  ingiuslizia  esser 
messa  in  un  fascio  con  le  altre. 

Ma  i  Naturalist!  vanno  piu  oltre.  Messisi  audacemente,  in  cose  di 
massima  importanza,  per  una  via  totalmente  falsa,  sia  per  la  debolezza 
dell'umana  natura,  sia  per  giuslo  giudizio  di  Dio  che  punisce  1'orgoglio, 
trascorrono  precipitosi  agli  errori  estremi.  Cosl  avviene  che  le  stesse 
verita,  che  si  conoscono  per  lume  naturale  di  ragione,  quali  sono  per 
fermo  1'esistenza  di  Dio,  la  spiritualita  ed  immortaliia  dell'anima  umana, 
non  hanno  piii  per  essi  consisteuza  e  certezza.  —  Or  negli  scogli  me- 
desimi  va  per  via  non  dissimile  ad  urtare  la  setta  Massonica.  L'esi- 
stenza  di  Dio,  6  vero,  i  Framassoni  generalmente  la  professano:  ma  che 
questa  non  sia  in  ciascun  di  loro  persuasione  ferma  e  giudizio  certo,  essi 
slessi  ne  fan  fede.  Imperocchfc  non  dissimulano,  ehe  nella  famiglia  Mas- 
sonica  la  quistione  intorno  a  Dio  6  un  principio  grandissimo  di  discordia ; 
ed  anzi  £  noto  come  pur  di  recente  si  ebbero  tra  loro  su  queslo  punto 
gravi  contese.  Fatto  sta  che  la  setta  lascia  agl'iniziati  liberta  grande  di 


magnam  secta  licentiam  dat,  ut  ulU-rutnim  lieeut  suo  iure  de- 
f.Mi.:  in  esse,  Deuin  nulluin  esse:  et  qui  nullum  esse 

praefracte  contendant,  tain  facile  initiantur,  quam  qui  Deuiu  esse 
opinantur  quidem,  sed  de  eo  prava  sentiunt,  ut  Pantheistae 
solent:  quod  nibil  est  aliud,  quam  divinao  naturae  absurdam 
quamdara  speciem  retinere,  veritatem  tollere.  Quo  everso  infir- 
matove  raaxiiuo  funlamento,  consequens  est  ut  ilia  quoque  va- 
cillent,  quae  natura  admonente  cognoscuntur,  cunctas  res  libera 
creatoris  Dei  voluntate  extitisse:  iiiimduiu  providentia  regi: 
nu Hum  esse  aniinorum  interitum:  huic,  quae  in  terris  agitur, 
hominuui  vitae  successuram  alteram  eainque  sempiternam. 

His  auteiu  dilapsis,  quae  sunt  tamquam  naturae  principia,  ad 
cognitionem  usumque  praecipua,  quales  futuri  sint  privati  pu- 
blicique  mores,  facile  apparet.  —  Silemus  de  virtutibus  divinio- 
ribus,  quas  absque  singular!  Dei  mimere  et  dono  nee  exercere 
potest  quisquam,  nee  consequi:  quarum  profecto  necesse  est 
nullum  in  iis  vestigium  reperiri,  qui  redemptionem  generis  hu- 
maui,  qui  gratiam  caelestem,  qui  sacramenta,  adipiscendamque 
in  caeiis  felicitatem  pro  ignotis  aspernantur.  —  De  officiis  lo- 
quimur,  quae  a  natural!  honestate  ducuntur.  Mundi  enim  opifex 


sostenere  circa  Dio  la  tesi  che  vogliono,  affermandone  o  negandone  1'  esi- 
sieuza:  e  gli  audaci  negator!  vi  hanno  accesso  non  men  facile  di  quelli 
che,  a  guisa  dei  Panteisli,  ammettono  Iddio,  ma  ne  travisano  il  coocetto : 
ci6  che  io  sostanza  riesce  a  ritenere  della  divina  Datura  non  so  quale 
assurdo  simulacro,  distruggendone  la  realla.  Ora  abballuto  o  scalzato 
questo  supremo  fondamento,  for/a  e  che  vacillino  anche  molte  verila  di 
ordine  naiurale,  come  la  libera  creazione  del  mondo,  il  governo  univer- 
sale  della  provvideoza,  1' immortality  dell'anima,  la  vita  av venire  e  sem- 
piterna. 

Scomparsi  poi  questi,  come  dire,  principii  di  natura,  importantissimi 
per  la  speculative  e  per  la  pratica,  e  agevole  il  vedere  che  cosa  sia  per 
addivenire  il  pubblico  e  il  privato  costume.  Non  parliamo  delle  virtu 
sovrannaturali,  che  senza  special  favore  e  dono  di  Dio  niuno  pu6  ne 
esercitare,  ne  conseguire,  e  delle  quali  non  e  possibile  che  si  trovi  ve- 
sligio  in  chi  superbamenle  disconosce  la  redenzioue  del  genere  umano, 
la  grazia  celeste,  i  sagramenti,  1'eterna  beatitudine:  parliamo  dei  doveri 
che  procedooo  dalla  onesta  naiurale.  Imperocche  Iddio,  creatore  e  prov- 


M:TISSIMI  o.  N.  LEOMS  DIVI.VA  PROVIDENTIA.  PAPAE  xm. 

idemque  providus  gubernator  Deus:  lex  aeterna  naturalem  or- 
dinem  conservari  iubens,  perturbari  vetans:  nltiiuus  hominuiu 
finis  inulto  excelsior  rebus  humanis  extra  haec  mundana  hospitia 
constitutus :  hi  fontes,  haec  principia  sunt  totius  iustitiae  et 
honestatis.  Ea  si  tollantur,  quod  Naturalistae  idemque  Massones 
solent,  continue  iusti  et  iniusti  scientia  ubi  consistat,  et  quo  se 
tueatur  oranino  non  habebit.  Et  sane  disci plina  morum,  quae 
Massonum  familiae  probatur  unice,  et  qua  informari  adolescentem 
aetatein  contendunt  oportere,  ea  est  quam  et  civicam  nominant 
et  solutam  ac  liber  am;  scilicet  in  qua  opinio  nulla  sit  religionis 
inclusa.  At  vero  quam  inops  ilia  sit,  quam  firmitatis  expers,  et 
ad  omnem  auram  cupiditatum  mobilis,  satis  ostenditur  ex  iis, 
qui  partim  iam  apparent,  poenitendis  fructibus.  Ubi  enim  re- 
gnare  ilia  liberius  coepit,  dernota  loco  institutione  Christiana,  ibi 
celeriter  deperire  probi  integrique  mores :  opinionum  tetra  por- 
tenta  convalescere :  plenoque  £radu  audacia  ascendere  maleficio- 
rum.  Quod  quidem  vulgo  conqueruntur  et  deplorant:  idemque 
non  pauci  ex  iis,  qui  minime  vellent,  perspicua  veritate  compulsi, 
haud  raro  testantur. 
Praeterea,  quoniam  est  hominum  natura  primi  labe  peccati  in- 


vido  reggitore  del  mondo;  la  legge  eterna,  che  comanda  il  rispetto  e 
proibisce  la  violazione  dell'ordine  naturale;  il  fine  ultimo  degli  uomini, 
posto  di  gran  lunga  al  di  sopra  delle  create  cose,  fuori  di  questa  terra; 
sono  queste  le  sorgenti  e  i  principii  della  giustizia  e  della  moralita.  I 
quali  principii  se,  come  fanno  i  Naturalisti  ed  altresi  i  Frammassoni,  si 
tolgano  via,  incontanente  1'etica  naturale  non  ha  piii  ne  dove  appog- 
giarsi,  ne  come  sostenersi.  E  per  fermo  la  morale,  che  sola  ammettono 
i  Framassoni,  e  che  vorrebbero  educatrice  unica  della  gioventii,  e  quella 
che  chiamano  civile  indipendente,  ossia  che  prescinde  affatto  da  ogni 
idea  religiosa.  Ma  quanto  sia  povera,  incerta,  e  ad  ogni  sorfio  di  pas- 
sione  variabile  cotesia  morale,  il  dimostrano  i  dolorosi  frutti,  che  gia 
in  parte  appariscono.  Iroperocchfc  ovunque  essa  ha  comincialo  a  domi- 
nare  liberamente,  dato  lo  sfratto  alia  educazione  cristiana,  la  probit&  e 
integrili  dei  costumi  scade  rapidamente,  orrende  e  mostruose  opinioni 
levan  la  testa,  e  1' audacia  dei  delitti  va  crescendo  in  modo  spaventoso. 
II  che  si  lamenta  e  deplora  da  tutti;  e  spesse  volte,  sforzati  dalla  verita, 
non  pocni  di  quegli  stessi  1'attestano,  che  pur  tutt'altro  vorrebbero. 
Oltre  a  ci6,  per  essere  T  umana  natura  infetta  dalla  colpa  di  origine, 


1CA 

lata,  ot  ob  hanc  caussain  multo  ad  vitia  quam  ad  virtutes 

ior,  hoc  oinnino  ad  honestatera  requiritur,  cohibere  motus 

ni  tnrbidos  et  appetitus  obedientes  facere  rationi.  In  quo  cer- 

tamine  despicientia  saepissimo  adhibenda  est  rerum  huinanarum, 

maximique  exhauriendi  labores  ac  molestiae,  quo  suurn  semper 

at  ratio  victrix  principatum.  Verum  Naturalistae  et  Masso- 
nes,  nnlla  adhibita  iis  rebus  fide,  quas  Deo  auctore  cognovimtis, 
parentom  generis  humani  negant  deliquisse:  proptereaque  libe- 
nun  arbitrium  nihil  riribus  attenuatum  et  inclinatum*  putant. 
Quin  immo  exaggerantes  naturae  virtutem  et  excellentiam,  in 
eaque  principium  et  normani  iustitiae  unice  collocantes,  ne  co- 
gitare  quidem  possnnt,  ad  sedandos  iilius  impetus  regendosque 
appetitus  assidua  contontione  et  summa  opus  esse  constantia.  Ex 
quo  videmus  vulgo  suppeditari  hominibus  illecebras  multas  cu- 
piditatum :  ephemeridas  commentariosqne  nulla  nee  temperantia 
nee  verecundia:  ludos  scenicos  ad  licentiam  insignes:  argumenta 
artium  ex  iis,  quas  vocant  rrriami,  legibus  proterve  quaesita: 
excogitata  subtiliter  vitae  artificia  delicatae  et  mollis:  oiunia  de- 
nique  conquisita  voluptatum  blandimenta,  quibus  sopita  virtus 


e  per6  piii  proclive  al  vizio  che  alia  virtu,  non  e  possibile  vivere  one- 
stamente  senza  mortiflcar  le  passioni,  e  sottomettere  alia  ragione  gli 
:«ppeliti.  In  questa  pugna  6  bene  spesso  necessario  disprezzare  i  beni 
creati,  e  sottoporsi  a  molesiie  e  sarrilizii  grandissimi,  a  fine  di  serbar 
s»'inpre  alia  ragione  vincitrice  il  suo  irapero.  Ma  i  Naluralisti  e  i  Mas- 
soni,  ripudiando  ogni  divina  rivelazione,  negano  il  peccato  originale,  e 

mo  non  esser  punto  afficvolito  nfc  indinato  al  male  il  libero  ar- 
biirio  '.  Anzi  esagerando  le  forze  e  Teccelleuza  della  natura,  e  collocando 
in  lei  il  principio  e  la  norma  unica  della  giustizia,  non  sanno  pur  con- 
cepire  che,  a  frenarne  i  moti  e  moderarne  gli  appeliti,  ci  vogliono  sforzi 
r  Kiiinui  e  somma  costanza.  E  questa  e  la  ragione,  per  cui  vediamo  of- 
IVrte  pubblicarnente  all;  passioni  tante  attrattive:  giornali  e  periodic! 

.1  freno  e  senza  pudore:  rappresentaziooi  teatrali  oltre  ogni  dire  di- 

ite:  arti  coltivate  secondo  i  principii  di  uno  sfaccialo  verismo  :  con 
railinate  invenzioni  promosso  il  molle  e  delicato  vivere:  insomnia  cercate 

amente  tulte  le  lusinghe  capaci  di  sedurre  e  addormeotare  la  virtu. 


fc   Triil.  Srv>.    M,    ])e  Imtit'.,  c.    1. 
Serie  XII.  vol.  VI.  fate.  813  23  aprile  18S4 


SANCTIS.SIMI   D.    N.    LEOXIS    DIVINA    PROVIDENTIA    PAPAE    XIII. 

conniveat.  In  quo  flagitiose  faciunt,  sed  sibi  admodum  constant, 
qui  expectatiouem  tollunt  bonorum  caelestium,  oinnemque  ad  res 
mortales  felicitatem  abiiciunt  et  quasi  demergunt  in  terrain.  — 
Quae  autem  commemorata  sunt  illud  confirmare  potest  non  tain 
re,  quam  dictu  inopinatum.  Cum  eiiiin  hominibus  versutis  et  cal- 
lidis  nemo  fere  soleat  tarn  obnoxie  servire,  quam  quorum  est 
cupiditatum  dominatu  enervatus  et  fractus  animus,  reperti  in 
secta  Massonum  sunt,  qui  edicerent  ac  propouerent,  consilio  et 
arte  enitendum  ut  infinita  vitiorum  licentia  exsaturetur  multi- 
tudo:  hoc  enim  facto,  in  potestate  sibi  et  arbitrio  ad  quaelibet 
audenda  facile  futuram. 

Quod  ad  convictuin  attinet  domesticum,  his  fere  continetur 
oinnis  Naturalistarum  disciplina.  Matrimonium  ad  negotioram 
contrahendorum  pertinere  genus:  rescindi  ad  voluntatem  eorum, 
qui  contraxerint,  iure  posse:  penes  gubernatores  rei  civil  is  esse 
in  maritale  vinculum  potestatem.  In  educandis  liberis  nihil  de 
religione  praecipiatur  ex  certa  destinataque  sententia :  integrum 
singulis  esto,  cum  adoleverit  aetas,  quod  inaluerint  sequi.  —  Atqui 
haec  ipsa  assentiuntur  plane  Massones:  neque  assentiuntur  solum, 
sed  iamdiu  student  in  morem  consuetudinemque  deducere.  Multis 


Cose  altaraente  riprovevoli,  raa  pur  coerenti  ai  principii  di  coloro  che 
tolgono  all'  uorao  la  speranza  dei  berii  celesti,  e  tulta  la  felicita  fanno 
consistere  nelle  cose  caduche,  avvilendola  sino  alia  terra.  —  Ed  a  con- 
ferma  di  ci6  che  abbiam  detto  pu6  servire  uo  fatto  piii  strano  a  dirsi, 
che  a  credersi.  Imperocchfc  gli  uoraini  scaltriti  ed  accorti  non  trovando 
anime  piii  docilraente  servili  di  quelle  gia  dome  e  flaccate  dalla  tiran- 
nide  delle  passioni,  vi  fu  nella  setta  Massonica  chi  disse  aperto  e  pro- 
pose, doversi  con  ogni  arte  ed  accorgimento  tirare  le  moltitudini  a  sa- 
tollarsi  di  licenza:  cosi  le  si  avrebbero  poi  docile  stromento  ad  ogni  piii 
audace  disegno. 

Quanto  al  consorzio  doraestico,  ecco  a  un  dipresso  tutta  la  dottrina 
dei  Naturalisti.  11  matrimonio  non  e  altro  che  un  contralto  civile:  pub 
legittimamente  rescindersi  a  volonta  dei  contraenti :  il  potere  sul  vincolo 
matrimoniale  appartiene  allo  Stato.  Nell'educare  i  figli  non  s'imponga 
religione  alcuna:  cresciuti  in  eta,  ciascuno  sia  libero  di  scegliersi  quella 
che  piii  gli  aggrada.  —  Ora  questi  principii  i  Framraassoni  li  accettano 
senza  riserva:  e  non  pure  li  accettano,  ma  sludiansi  da  gran  tempo  di 


•M 

iani  in  regionil  i.j  catholic!  nominis,  cnnstitutiun  est 

ut,  pr;i-t«T  coniunrtas  ritu  civili,  iustae  ne  habeantur  nuptiae: 
alibi  divortia  fieri,  lege  licet:  alibi,  ut  quamprimum  liceat,  dutiir 
opera.  Ita  ad  illud  festinat  cursus,  ut  matrimonia  in  aliam  na- 
turam  convertantar,  hoc  est  in  coniunctiones  instabiles  et  flnxas, 
quas  libido  conglutinet,  et  eadem  mutata  dissolvat.  —  Summa 
autera  conspiratione  voluntatum  illuc  etiam  special  secta  Mas- 
sonum,  ut  institutionem  ad  se  rapiat  adolescentium.  Mollem  enim 
et  flexibilem  aetatem  facile  se  posse  sentiunt  arbitratu  sno  fin- 
gere,  et,  quo  velint,  torquere:  eaqne  re  nihil  esse  opportunius  ad 
sobolem  civium,  qualem  ipsi  meditantur,  talem  reipublicae  edu- 
cendam.  Quocirca  in  educatione  doctrinaque  puerili  nullas  Eccle- 
siae  ministris  nee  magisterii  nee  vigilantiae  sinunt  esse  partes: 
pluribusque  iam  locis  consecuti  sunt,  ut  omnis  sit  penes  viros 
laicos  adolescentium  institutio :  itemque  ut  in  mores  informandos 
nihil  adinisceatur  de  iis,  quae  honiinem  iungunt  Deo,  permagnis 
sanctissimisque  officiis. 

Sequuntur  civilis  decreta  prudentiae.  Quo  in  genere  statuunt 
Xuturalistae,  homines  eodetii  esse  lure  oinnes,  et  aequa  ac  pari 


fare  in  raodo,  che  passino  nei  costumi  e  nell'uso  della  vita.  In  molti 
paesi,  che  pur  si  professano  cattolici,  si  hanno  giuridicamcnte  per  nulli 
i  raatrimonii  non  celebrati  nella  forma  civile:  altrove  le  leggi  permettono 
il  divor/io:  altrove  si  fa  di  tut  to,  perche  sia  quanto  prima  permesso. 
Cosl  corresi  di  gran  passo  all'intento  di  snaturare  le  nozze,  riducendole 
a  mutabili  e  passeggere  unioni,  da  formarsi  e  da  sciogliersi  a  talento.  — 
Ad  impossessarsi  altresi  dell'  educazione  dei  giovanetti  raira  con  unanime 
e  tenace  proposito  la  setta  dei  Massoni.  Comprendono  ben  essi,  che 
quell1  eta  tenera  e  flessibile  lasciasi  figurare  e  piegare  a  loro  talento,  e 
perb  non  esserci  spediente  piii  opportune  di  questo  per  formare  allo  Stato 
cittadini  tali,  quali  essi  vagheggiano.  Quindi  nell'opera  di  educare  e 
istruire  i  fanciulli  non  lasciano  ai  ministri  della  Chiesa  parte  alcuna  ne 
di  direzione,  ne  di  vigilaoza:  e  in  molti  luoghi  si  e  gia  tanlo  innanzi, 
che  l»uc;i/.ioije  della  gioventii  e  tutta  in  mano  dei  laici;  e  dall'inse- 
goamento  morale  ogiii  idea  e  sbandita  di  quei  grandissimi  e  snntissimi 
ri,  che  1'uorao  congiungono  a  Dio. 

Seguono  le  massirae  di  scienza  sociale.  Dove  i  Naturalist!  insegnano, 
che  gli  uomini  hanno  tutti  gli  stessi  dirilti,  e  sono  di  condizione  per- 


276  SANCTISSIMI    D.    N.    LEONIS   DIV1NA    PROVIDENTIA   PAPAE   XIII. 

in  omnes  partes  conditione:  unumquemque  esse  natura  liberum: 
imperandi  alteri  ius  habere  neminem:  velle  autem,  ut  homines 
cuiusquam  auctoritati  pareant,  aliunde  quam  ex  ipsis  quaesitae, 
id  quidem  esse  vim  inferre.  Omnia  igitur  in  libero  populo  esse: 
imperiuin  iussu  vel  concessu  populi  teneri,  ita  quidem,  ut,  niii- 
tata  voluntate  populari,  principes  de  gradu  deiici  vel  invitos 
liceat.  Fontein  omnium  iurium  officiorumque  civilium  vel  in  mul- 
titudine  inesse,  vel  in  potestate  gubernante  civitatem,  eaque  no- 
vissimis  informata  disciplinis.  Praeterea  atheani  esse  renipubli- 
cam  oportere :  in  variis  religionis  formis  nullam  esse  caussam,  cur 
alia  alii  anteponatur:  eodem  omnes  loco  habendas. 

Haec  autem  ipsa  Massonibus  aeque  placere,  et  ad  hanc  simi- 
litudinem  atque  exemplar  velle  eos  constituere  res  publicas,  plus 
est  cognitum,  quam  ut  demonstrari  oporteat.  lamdiu  quippe  omni- 
bus viribus  atque  opibus  id  aperte  moliuntur:  et  hoc  ipso  expe- 
diunt  viam  audacioribus  non  paucis  ad  peiora  praecipitantibus, 
ut  qui  aequationem  cogitant  communioneiuque  omnium  bonorum, 
deleto  ordinum  et  fortunarum  in  civitate  discrimine. 

Secta  igitur  Massonum  quid  sit,  et  quod  iter  affectet  ex  his 


fettamente  uguali:  che  ogni  uomo  e,  per  natura,  indipendente:  che  niuno 
ha  diritto  di  coraandare  agli  altri:  che  voler  gli  uomini  sottoposti  ad 
altra  autoriia,  da  quella  in  fuori  che  eraana  da  loro  stessi,  e  tirannia. 
Quiodi  il  popolo  e  sovrano:  chi  comanda,  non  aver  1'autorita  di  coman- 
dare  se  non  per  raandato  o  concessione  del  popolo;  tantoche  a  talento 
di  questo  egli  puo,  voglia  o  non  voglia,  esser  deposto.  L'origine  di  tutti 
i  diritti  e  doveri  civili  e  nel  popolo,  ovvero  nello  Stato,  che  reggasi  per 
altro  secondo  i  nuovi  principii  di  liberta.  Lo  stato  inoltre  dev1  esser  ateo: 
ira  le  varie  religioni  non  esservi  ragione  di  dar  la  preferenza  a  veruna: 
doversi  fare  di  tutie  lo  stesso  conto. 

Ora  che  queste  massime  piacciano  ugualraente  ai  Framassoni,  e  che 
su  questo  tipo  e  modello  vogliano  essi  foggiati  i  governi,  e  cosa  notis- 
sima,  e  che  non  ha  bisogno  di  prova.  Egli  e  un  pezzo  di  fatti,  che  con 
quanto  hanno  di  forze  e  di  potere  apertamente  lavorano  per  questo, 
spianando  cosl  la  via  a  quei  non  pochi  piii  audaci  di  loro,  e  piii  avventati 
nel  male,  che  vagheggiano  1'uguaglianza  e  coraunanza  di  tutti  i  beni, 
fatta  scomparire  dal  raondo  ogni  distinzione  di  averi  e  di  condizioni  sociali. 

Da  questi  brevi  cenni   si  scorge  chiaro  abbastanza,  che  sia  e  che 


IIM-P'I.A    EXCVCLICA 

suniiiiatini  atti^inius,  satis  elucet.  Praecipua  ipsorum  dog- 
mata turn  valde  a  rationo  ac  tarn  manifesto  discrepant,  ut  nihil 
possit  esse  perversius.  Religionem  et  Ecclesiam,  quam  Deus 
ipse  condidit,  idemquo  ad  immortalitatem  tuetur,  velle  demoliri, 
moresque  et  institute  ethnicorum  duodeviginti  saeculonun  in- 
tervallo  revocare,  insignis  stultitiae  est  impietetisque  audacis- 
siinae.  Neque  illud  vel  horribile  minus,  vel  levius  ferendum, 
quod  beneficia  repndiantur  per  lesum  Christum  benigne  parta 
neque  hominibus  solum  singulis,  sed  vel  familia  vel  communitate 
civili  consociatis;  quae  beneficia  ipso  habentur  inimicormn  iudicio 
testimonioque  maxima.  In  huiusinodi  voluntete  vesana  et  tetra 
recognosci  propemodum  videtur  posse  illud  ipsum,  quo  Satanas 
in  lesum  Christum  ardet,  inexpiabile  odium  ulciscendique  li- 
bido. —  Similiter  illud  alterum,  quod  Massones  vehementer 
conantur,  recti  atque  honesti  praecipua  fundaraenta  evertere, 
adiutoresque  se  praebere  iis,  qui  more  pecudum  quodcumque 
libeat,  idem  licere  vellent,  nihil  est  aliud  quam  genus  huma- 
num  cum  ignominia  et  dedecore  ad  interitum  impellere.  — 
Augent  vero  maluin  ea  quae  in  societetem  cum  domesticam  turn 
civilem  intenduntur  pericula.  Quando  enim  alias  exposuimus, 


voglia  la  setta  Massonica.  I  suoi  dogmi  ripugnano  tanto  e  con  tanla 
evidenza  alia  ragione,  che  nulla  pu6  esservi  di  piii  perverse.  Voler  di- 
struggere  la  religione  e  la  Chiesa  fondata  da  Dio  stesso,  e  da  lui  assi- 
curata  di  vita  immortale,  voler  dopo  ben  diciotto  secoli  risuscitare  i 
costumi  e  le  islituzioni  del  paganesimo,  e  insigne  follla  e  sfrontatissima 
empieta.  Ne  meno  orrenda  e  intollerabile  cosa  egli  e  ripudiare  i  benefizii 
largiti  per  sua  bonta  da  Gesu  Cristo  noo  pure  agl'iridividui,  ma  alle 
famiglie  e  agli  Stati;  benefizii,  per  giudizio  e  testimonianza  anche  di  ne- 
mici,  segnalalissirai.  In  questo  pazzo  e  feroce  proposilo  pare  quasi  potersi 
ricoooscere  quell'  odio  implacabile,  quella  rabbia  di  vendetta,  che  contro 

i  Cristo  arde  nel  cuore  di  Satana.  —  Similmente  1'altra  impresa,  in 
cui  tanto  si  travagliano  i  Massoni,  di  atterrare  i  precipui  fondamenti 
della  morale,  e  di  farsi  complici  e  cooppratori  di  chi,  a  guisa  di  bruto, 
vorrebbe  lecito  ci6  che  piace,  altro  non  e  che  sospingere  il  genere  umano 
alia  piu  abbiella  e  ignominiosa  degradazione.  —  Ed  aggravano  il  male 
i  pericoli,  onde  sono  minacciati  tanto  il  domestico,  quanto  il  civile  con- 

o.  Come  di  fatli  esponemmo  altra  volfa,  avvi  nel  matrimonio,  per 


278  SANCTISSIMI   D.    N.    LEOM<    DIVINA   PHOV1DENTIA    PAPAE    XIII. 

inest  in  matrimonio  sacrum  et  religiosnm  quiddam  omnium  fere 
et  gentium  et  aetatum  consensu:  divina  autem  lege  cautnm  esse, 
ne  coniugia  dirimi  liceat.  Ea  si  profana  fiant,  si  distrahi  liceat, 
consequatur  in  familia  necesse  est  turba  et  confusio,  excidentibus 
de  dignitate  feminis,  incerta  rerum  suarum  incolumitatisque  so- 
bole.  —  Curam  vero  de  religione  publice  adhibere  nullam,  et 
in  rebus  civicis  ordinandis,  gerendis,  Deum  nihilo  magis  respi- 
cere,  quam  si  oinnino  non  esset,  temeritas  est  ipsis  ethnicis 
inaudita;  quorum  in  animo  sensuque  erat  sic  penitus  affixa  non 
solum  opinio  Beorum,  sed  religionis  publicae  necessitas,  ut  in- 
veniri  urbern  facilius  sine  solo,  quam  sine  Deo  posse  arbitra- 
rentur.  Revera  humani  generis  societas,  ad  quara  sumus  natura 
facti,  a  Deo  constituta  est  naturae  parente:  ab  eoque  tamquam 
a  principio  et  fonte  tota  vis  et  perennitas  inanat  innumerabi- 
lium,  quibus  ilia  abundat,  bonorum.  Igitur  quemadmodum  singuli 
pie  Deum  sancteque  colere  ipsa  naturae  voce  adinonemur,  pro- 
pterea  quod  vitam  et  bona  quae  comitantur  vitae  a  Deo  acci- 
pimus,  sic  eamdem  ob  caussam  popnli  et  civitates.  Idcirco  qui 


unanime  consenso  de'popoli  e  dei  secoli,  un  carattere  sacro  e  religiose: 
oltreche  per  legge  divina  1'unione  coniugalc  e  indissolubile.  Or  se  questa 
unione  si  dissacri,  se  permettasi  giuridicamente  il  divorzio,  la  confusione 
e  la  discordia  entreranno  per  conseguenza  inevilabile  nel  santuario  della 
faraiglia,  e  la  donna  la  sua  dignita,  i  figli  perderanno  la  sicurezza  d'ogni 
loro  benessere.  —  Che  poi  lo  Stato  faccia  professione  di  religiosa  in- 
diflferenza,  e  nell'ordinare  e  governare  il  civile  consorzio  non  si  curi  di 
Dio  ne  piii  ne  meno  che  se  egli  non  fosse,  e  sconsigliatezza  ignota  agli 
stessi  pagani ;  i  quali  avevano  nella  mente  e  nel  cuore  cosi  scolpita  non 
pur  1'idea  di  Dio,  ma  la  necessita  di  un  culto  pubblico,  che  giudicavano 
potersi  piii  facilmente  trovare  una  cilia  senza  suolo,  che  senza  Dio.  E 
veramente  la  societa  del  genera  uraano,  a  cui  siamo  stati  fatti  da  natura, 
fu  istituita  da  Dio  autore  della  natura  medesima,  e  da  lui  deriva  come 
da  fonte  e  principio  tutta  quella  perenne  copia  di  beni  senza  numero, 
ond'essa  abbonda.  Gome  dunque  la  voce  stessa  di  nalura  irapone  a  cia- 
scuno  di  noi  di  onorare  con  religiosa  pieta  Iddio,  percbe  abbiamo  da  lui 
ricevuto  la  vita  e  i  beni  che  1'accompagnano;  cosi  per  la  ragione  me- 
desima debbono  fare  popoli  e  Stati.  Opera  perci6  non  solo  ingiusta,  ma 
insipiente  ed  assurda  fanno  colon),  che  vogliono  sciolta  da  ogni  religioso 


r:i"  ICA 

solutam  omni  religionis  officio  civilem  coinmunitatem  volant, 
plenum  est  non  iniusto  solmn,  sed  etiam  indocte  absurdeque 
facere.  —  Quod  vero  homines  ad  coniunctionem  congregationem- 
que  civilem  Dei  voluntate  nascuntur,  et  potestas  imperandi  vin- 
culuin  est  civilis  societatis  tain  necessarium  ut,  eo  sublato,  illam 
repente  disrumpi  necesse  sit,  consequens  est  ut  imperandi  aucto- 
ritatem  idem  gignat,  qui  genuit  societatein.  Ex  quo  intelligitur, 
imperium  in  quo  sint,  quicumque  is  est,  ministrum  esse  Dei. 
Quapropter,  quatenus  finis  et  natura  societatis  humanae  postu- 
lant, legitimae  potestati  iusta  praecipienti  aequum  est  parere 
perinde  ac  numini  oumia  moderantis  Dei :  illudque  in  primis  a 
veritate  abhorret,  in  populi  esse  voluntate  positum  obedientiam, 
cum  libitum  fuerit,  abiicere.  —  Similiter,  pares  inter  se  ho- 
mines esse  universes,  nemo  dubitat,  si  genus  et  natura  coin- 
munis,  si  finis  ultimus  unicuique  ad  assequendum  propositus, 
si  ea,  quae  inde  sponte  flaunt,  hint  et  officia  spectentur.  At 
vero  quia  ingenia  omnium  paria  esse  non  possunt,  et  alius  ab 
alio  distat  vel  animi  vel  corporis  viribus,  plurimaeque  sunt 
morum,  voluntatis,  naturarum  dissimilitudines,  idcirco  nihil  tarn 
est  repuguans  rationi,  quam  una  vello  comprehensione  omnia 


dovere  la  civil  comunanza.  —  Posto  poi  che  per  volere  di  Dio  nascano 
gli  uomini  alia  societa  civile,  e  che  il  potere  sovrano  sia  vincolo  cosl 
stretlaraente  necessario  alia  societa  stessa,  che,  dove  quello  manchi,  questa 
necessariaraente  si  sfascia,  ne  siegue  che  1'autorita  di  comandare  deriva 
da  quello  stesso  principio  da  cui  deriva  la  societa.  Ed  ecco  la  ragione, 
che  1'investito  di  tale  autorita,  sia  chi  si  voglia,  e  ministrodi  Dio.  Laonde 
fin  dove  e  richiesto  dal  fine  e  dalla  natura  dell'umano  consorzio,  devesi 
obbedire  al  giusto  comando  del  potere  legittimo,  nnn  altrimenti  che  alia 
smranita  di  Dio  reggitore  dell' universe:  ed  e  capitalissimo  errore  il  dare 
al  popolo  plena  balla  di  scuotere,  quando  gli  piaccia,  il  giogo  dell'ubbi- 
dienza.  —  Cosl  ancora  chi  guardi  alia  comune  origine  e  natura,  al  fine 
ultimo  assegnato  a  ciascuno,  ai  diritti  e  ai  doveri  che  ne  scaturiscono, 
non  e  da  dubitare  che  gli  uomini  sono  tutti  uguali  fra  loro.  Ma  poiche 
capacity  pan  in  tutti  e  impossible,  e  per  leforze  dell'anirao  e  del  corpo 
1'uno  diiTerisce  dall'altro,  e  lanta  e  dei  coslumi,  delle  inclinazioni,  e  delle 
qualita  personal!  la  variola,  egli  e  assurdissiraa  cosa  vol«jr  confondere 
e  unificar  tutio  questo,  e  recare  negli  ordioi  della  vita  civile  una  rigorosa 


SANCTISSIMI   D.    N.    LEOMS    DIV1NA   PROV1DENTIA   PAPAE   XIII. 

complecti,  et  illam  omnibus  partibus  expletam  aequabilitatem 
ad  vitae  civilis  instituta  traducere.  Qtiemadmodum  perfectus  cor- 
poris  habitus  ex  diversorum  existit  iunctura  et  compositione 
membroruin,  quae  forma  usuque  differunt,  compacta  tamen  et 
suis  distributa  locis  complexionem  efficiunt  pulcram  specie,  fir- 
mam  viribus,  utilitate  necessariam:  ita  in  republica  hominura 
quasi  partium  infinita  propemodum  est  dissimilitudo :  qui  si  ha- 
beantur  pares  arbitriumque  singuli  suum  sequantur,  species  erit 
civitatis  nulla  deformior:  si  vero  dignitatis,  studiorum,  artium 
distinctis  gradibus,  apte  ad  commune  bonum  conspirent,  bene 
constitutae  civitatis  imaginem  referent  congruentemque  naturae. 
Ceteruin  ex  iis,  quos  commemoravimus,  turbulentis  erroribus, 
maximae  sunt  civitatibus  extimescendae  formidines.  Nam  sublato 
Dei  metu  legumque  divinarum  Terecundia,  despecta  principum 
auctoritate,  permissa  probataque  seditionum  libidine,  proiectis 
ad  licentiam  cupiditatibus  popularibus,  nullo  nisi  poenarum 
freno,  necessario  secutura  est  rerum  omnium  commutatio  et  ever- 
sio.  Hanc  immo  commutationein  eversionemque  consulto  medi- 
tantur,  idque  prae  se  ferunt,  plurimi  Communistarum  et  So- 


ed  assoluta  uguaglianza.  Come  la  perfetta  costituzione  del  corpo  umano 
risulia  dall'unione  e  corapagine  di  varii  raembri  che,  diversi  di  forma 
e  di  uso,  ma  congiunti  insieme  e  raessi  ciascuno  al  suo  posto,  formano 
un  organismo  bello,  forte,  utilissirao  e  necessario  alia  vita;  cosl  nello 
Stato  quasi  infinita  e  la  varieta  degl'individui  che  lo  corapongono;  i 
quali,  se  parificati  tra  loro,  vivano  .ognuno  a  proprio  senno,  ne  uscira 
una  cittadinanza  mostruosamente  deforme;  laddove,  se  distinti  in  armonia 
di  gradi,  di  officii,  di  tendenze,  di  arti,  bellamente  cospirino  insieme  al 
bene  comune,  renderanno  imraagine  d'una  cittadinanza  bene  costituita  e 
conforme  a  natura. 

Del  resto  i  turbolenti  errori,  che  abbiamo  accennati,  debbono  troppo 
far  tremare  gli  Stati.  Imperocche  tolto  via  il  timore  di  Dio  e  il  rispetto 
delle  divine  leggi,  messa  sotto  i  piedi  1'  autorita  dei  principi,  licenziata 
e  legittimata  la  libidine  delle  sommosse,  sciolto  alle  passioni  popolari 
ogni  freno,  mancato,  dai  gastighi  in  fuori,  ogni  ritegno,  non  pu6  non 
seguirne  una  rivoluzione  e  sovversione  universale.  E  questo  sovversivo 
rivolgimento  e  lo  scopo  deliberate  e  1'aperta  professione  delle  numerose 
associazioni  di  Comunisti  e  Socialisti:  agli  intendimenti  dei  quali  non 


consociati  greges:  quorum  coeptis  alienam  ne  se 

•rit  si-eta  Mass.>uumt  quae  et  consiliis  eorum  adraodum  favet, 

iinma  sententiarum  capita  cum  ipsis  babet  communia.  Quod 

si  nee  continuo  nee  ubique  ad  extrema  experiendo  decurrunt, 

Don  ipsorum  est  disciplinae,  non  voluntati  tribuendum,  sed  vir- 

tuti  religionis  divinae,  quae  extingui  non  potest,  itemque  saniori 

hoininum  parti,  qui  societatum  clandestinarum  recusantes  servi- 

tutem,  insanos  earum  conatus  forti  aniino  refutant. 

Atque  utinam  omnes  stirpem  ex  fructibus  iudicarent,  et  ma- 
loruin  quae  preinunt,  periculorum  quae  impendent,  semen  et 
initium  agnoscerent!  Res  est  cum  hoste  fallaci  et  doloso,  qui 
serviens  auribus  populorum  et  principum,  utrosque  mollibus  sen- 
tentiis  et  assentatione  cepit.  —  Insinuando  sese  ad  viros  prin- 
cipes  simulatione  amicitiae,  hoc  spectarunt  Massones,  illos  ipsos 
habere  ad  opprimendum  catholicum  nomen  socios  et  adiutores 
potentes:  quibus  quo  maiores  admoverent  stimulos,  pervicaci 
caluinnia  Ecclesiam  criminal!  sunt  de  potestate  iuribusque  regiis 
cum  principibus  invidiose  contendere.  His  interim  artibus  quae- 
sita  securitate  et  audacia,  plurimum  pollere  in  rugendis  civi- 


lia  ragione  di  chiamarsi  estranea  la  setta  Massonica,  essa  che  lanto  ne 
favorisce  i  disegoi,  ed  ha  comurii  con  loro  i  capital!  principii.  Che  se 
non  si  trascorre  coi  faiti  subito  e  da  per  lutto  alle  esireme  conseguenze, 
il  merilo  di  ci6  deve  recarsi,  non  gia  alle  massime  della  setta  o  alia 
volonta  dei  settari,  ma  alia  virtu  di  quella  divina  religione  che  non  pu6 
essere  spenta,  e  alia  parte  piii  sana  dell*  umano  consorzio,  che  sdegnando 
di  servire  alle  societa  segrele,  si  oppone  con  forte  petto  all'  esorbilanza 
de'lnro  conati. 

I '.  volesse  il  cielo,  che  universalmente  dai  frutti  si  giudicasse  la  ra- 
dice,  e  dai  roali  che  ci  minacciano,  dai  pericoli  che  ci  sovrastano  si 
riconoscesse  il  mal  some!  Si  ha  da  fare  con  un  nemico  asluto  e  frau- 
dolento  che,  blandendo  popoli  e  monarchi,  con  lusinghiere  promesse  e 
con  fine  adulazioni  entrambi  ingann6.  —  Insinuandosi  sotto  specie  di  ami- 

.  ncl  cuore  dei  principi,  i  Frammassooi  mirarono  ad  avere  in 
complici  ed  aiuti  potenti  per  opprimere  il  crislianesimo;  e  a  fine  di  met- 
tere  nei  loro  iiunchi  sproni  piii  aculi,  si  diedero  a  calunniare  ostinau- 

•••  la  Ciiiesa  come  nemica  del  potere  e  delle  prerogative  reali.  Di- 

iti  con  tali  arti  baldaozosi  e  sicuri,  acquistarono  iulluenza  grande 


282  SANCTISSIMI    D.    N.    LEOMS    DIVINA   PROVIDK.vriA    PAPAE    XIII. 

tatibus  coepenmt,  ceterum  parati  imperiorum  fnndamenta  quatere, 
et  insequi  principes  civitatis,  insimulare,  eiicere,  quoties  facere 
secns  in  gubernando  viderentur,  quara  illi  maluissent.  —  Hand 
absimili  modo  populos  assentando  ludificati  sunt.  Libertatem 
prosperitatemque  publicam  pleno  ore  personantes,  et  per  Eccle- 
siam  Principesque  summos  stetisse,  quotuinus  ex  iniqua  servitute 
et  egestate  multitude  eriperetur,  populo  irnposuerunt,  eumque 
rerum  novarum  sollicitatum  siti  in  oppugnationem  utriusque  po- 
testatis  incitaverunt.  Nihilominns  tamen  speratamm  commodi- 
tatura  maior  est  expectatio,  quam  veritas:  immo  vero  peius 
oppressa  plebes  magnam  partem  iis  ipsis  carere  cogitur  mise- 
riarum  solatiis,  quae,  compositis  ad  Christiana  institute  rebus, 
facile  et  abunde  reperire  potuisset.  Sed  quotquot  contra  ordinem 
nituntur  divina  providentia  constitututn,  has  dare  solent  superbiae 
poenas,  ut  ibi  afflictam  et  miseram  offendant  fortunam,  unde 
prosperam  et  ad  vota  fluentem  temere  expectavissent. 

Ecclesia  vero,  quod  homines  obedire  praecipue  et  maxime 
iubet  summo  omnium  principi  Deo,  iniuria  et  falso  putaretur  aut 
civili  invidere  potestati,  aut  sibi  quicquam  de  hire  principum 


nel  governo  degli  Stati,  risoluti  per  altro  di  crollare  le  fondamenta  dei 
troni,  e  di  perseguitare,  caluoniare,  discacciare  chi  tra'sovrani  si  rao- 
strasse  resllo  di  governare  a  modo  loro.  —  Coo  arti  siraili  adulando  il 
popolo,  lo  trassero  in  inganno.  Gridando  a  piena  bocca  liberta  e  pro- 
sperita  pubblica;  facendo  credere  alle  moltitudini  che  dell' iniqua  ser- 
vitii  e  raiseria,  in  cui  gemevano,  tutta  della  Ghiesa  e  dei  sovrani  era  la 
colpa,  sobillarono  il  popolo,  e  lui  sroanioso  di  novita  aizzarono  ai  danni 
dell'uno  e  dell' altro  potere.  Vero  e  bensl  che  dei  vantaggi  sperati  mag- 
giore  e  1'espettazione  che  la  realla:  anzi  oppressa  piii  che  raai  la  po- 
vera  plebe  vedesi  nelle  miserie  sue  mancare  gran  parte  di  quei  conforti, 
che  nella  societa  cristianamente  costituita  avrebbe  poiuto  facilroente  e 
copiosamente  trovare.  Ma  di  tutti  i  superbi,  che  ribellansi  all'ordine 
stabilito  dalla  provvidenza  divina,  questo  e  il  consueto  gastigo,  chedonde 
sconsigliataraente  proraettevansi  fortuna  prospera  e  tutta  a  seconda  dei 
loro  desideri,  trovino  ivi  appunto  oppressione  e  raiseria. 

Quanto  alia  Chiesa,  se  comanda  di  ubbidire  innanzi  tutto  a  Dio  su- 
premo Signore  d'ogni  cosa,  sarebbe  ingiuriosa  calunnia  crederla  perci6 
nemica  del  potere  de' principi,  od  usurpatrice  dei  loro  diritti.  Vuole  anzi 


ICA 

-::i:v.  I miii' »  4 nod  cirili  potestati  aequum  eat  reddere,  id 
plane  iudicio  conscientiaque  officii  decernit  esse  reddendum. 

1  vero  ab  ipso  Deo  ins  arcessit  imperandi,  magna  est  ad 

!em  auctoritatem  dignitatis  accessio,  et  observantiae  benevo- 
lentiaeque  civium  colligendae  adiumeatum  non  esiguum.  Eadem 
arnica  pads,  altrix  concordiae,  materna  oinnes  caritate  comple- 
ctitur;  et  invandis  mortalibus  unice  intenta,  iustitiam  oportere 
docet  cum  dementia,  imperium  cum  aequitate,  leges  cum  mo- 
deratione  coniungere:  millius  ius  violandum,  ordini  tranquilli- 
tatique  publicae  servienduui,  inopiara  iniserorum,  quam  maxime 
fieri  potest,  privatim  et  publice  sublevandara.  Sed  propterea 
put  ant  t  ut  verba  usurpemus  Angustini,  vel  putari  volunt,  chri- 
stianam  doctrinam  ntilitati  non  convenire  reipitblicae,  quia 
n» hint  stare  rempublicam  firmitate  virtutum,  sed  impunitate 

>rum  !.  —  Quibns  cognitis,  hoc  esset  civili  prudentiae  ad- 

modum  congruens,  et  incolumitati  comrauni  necessarium,  prin- 

cipes  et  populos  non  cum  Massonibus  ad  labefactandaui  Ecclesiam, 

sed  cum  Ecclesia  ad  frangendos  Massonum  impetus  conspirare. 

Utcumque  erit,  in  hoc  tarn  gravi  ac  niinis  iam  pervagato  malo 


essa,  che  quanto  6  dovuto  alia  potcsta  civile,  le  si  renda  per  dovere 
di  coscieoza.  II  riconoscere  poi  da  Dio,  com' essa  fa,  il  diritto  di  co- 
rnandare,  aggiunge  nl  potere  politico  dignita  grande,  e  giova  raolto  a 
conciliarsi  il  rispetio  e  1'amore  del  sudditi.  Arnica  delta  pace,  altrice 
della  concordia,  tutti  coo  afTetlo  materno  abbraccia  la  Chiesa;  e  intenta 
unicamente  a  far  bene  agli  uomini,  insegna  doversi  alia  giustizia  unir 
la  clemenza,  al  comando  1'equita,  alle  leggi  la  moderazione;  rispettare 
ogni  diriito,  roaotenere  Tordine  e  la  tranquillita  pubblica,  sollevare  al 

-i bile  privatamente  e  pubblicamente  le  indipenze  degl'infelici.  Ma, 
per  usare  le  parole  di  Sanl'Agostino,  credono  o  vogliono  far  credere 
cite  iion  torna  utile  a! fa  societd  la  dottrina  del  Vangclo,  percht  vo- 
gliono che  lo  Stato  posi  non  sul  fondamento  stabile  delle  virtu,  ma 
sull' impunita  dei  vizi1.  Per  le  quali  cose  opera  troppo  piii  conforme 
al  seono  civile  e  necessaria  al  comune  benessere  sarebbe,  che  principi 
e  popoli,  in  cambio  di  allearsi  coi  Fraromassoni  a  daono  della  Chiesa, 
si  unisscro  alia  Chiesa  per  respingere  gli  assalti  dei  Framroassoni. 

In  ogni  modo,  alia  vista  d'  un  male  s)  grave  e  gia  troppo  difTuso,  e 

\VII,  al.  Ill,  ad  Volusianum  c.  v,  n.  20. 


VS'i  SANCTISS1MI   D.    N.    LEOMS    DIVINA    PROVIDENTIA    PAPAE    XIII. 

Nostrarum  est  partium,  Venerabiles  Fratres,  applicare  aniinum 
ad  quaerenda  remedia.  —  Quia  vero  spem  remedii  optimam  et 
firmissimam  intelligimus  esse  in  virtute  sitam  religionis  divi- 
nae,  quam  tanto  peius  Massones  oderunt,  quanto  magis  perti- 
rnescunt,  ideo  caput  esse  censemus  saluberrimam  istam  adversus 
communein  hostem  advocatam  adhibere  virtutem.  Itaque  quae- 
cumque  roraani  Pontifices  Decessores  Nostri  decrevernnt  inceptis 
et  conatibus  sectae  Massonum  impediendis:  quaecumque  aut 
deterrendi  ab  eiusmodi  societatibus  aut  revocandi  caussa  san- 
xerunt,  omnia  Nos  et  singula  rata  habemus  atque  auctoritate 
Nostra  Apostolica  confirmamus.  In  quo  quidem  plurimum  volun- 
tate  christianorum  confisi,  per  salutem  singulos  suam  precamur 
quaesumusque,  ut  religion!  habeant  vel  minimum  ab  iis  disce- 
dere,  quae  hac  de  re  Sedes  Apostolica  praeceperit. 

Yos  autem,  Yenerabiles  Fratres,  rogamus,  flagitamus,  ut  col- 
lata  Nobiscum  opera,  exstirpare  impuram  hanc  luem  quae  serpit 
per  omnes  reipublicae  venas,  enixe  studeatis.  Tuenda  Yobis  est 
gloria  Dei,  salus  proximorum :  quibus  rebus  in  dimicando  pro- 
positis,  non  animus  Vos,  non  fortitudo  deficiet.  Erit  prudentiae 


debito  Nostro,  Venerabili  Fratelli,  applicar  1'animo  a  cercarne  i  riraedii. 
E  poiche  sappiamo  che  nella  virtii  della  religione  divina,  tanto  piii 
odiata  dai  Massoni,  quanto  piii  temuta,  consiste  la  migliore  e  piu  salda 
speranza  di  rimedio  eflicace,  a  questa  virtu  sommamente  salutare  cre- 
diamo  che  prima  di  tutto  sia  da  ricorrere  contro  il  comune  nemico. 
Tutte  quelle  cose  pertanto,  che  i  romani  Pontefici  Nostri  antecessori 
decretarono  per  attraversare  i  disegsi  e  render  vani  gli  sforzi  della  setta 
Massonica ;  tutte  quelle  che  sancirono  per  allontanare  o  ritrarre  i  fedeli 
da  cosl  fatte  societa;  tutte  e  singole  Noi  con  1'Autorita  Nostra  Apo- 
stolica le  ratifichiamo  e  conferraiamo.  E  qui  confidando  moltissimo  nel 
buon  volere  dei  fedeli,  preghiamo  e  scongiuriarao  ciascuno  di  loro,  per 
quanto  amano  la  propria  salute,  a  farsi  coscienza  di  menoraamente  di- 
partirsi  da  quanto  su  questo  proposito  fu  prescritto  daH'Apostolica  Sede. 
Preghiamo  poi  e  supplichiarao  Voi,  Venerabili  Fratelli,  che  coope- 
riate  con  Noi  ad  estirpare  questo  rio  veleno,  che  largamente  serpeggia 
in  seno  agli  Slati.  A  Voi  tocca  difendere  la  gloria  di  Dio  e  la  salvezza 
dt'll'1  anime;  tenendo,  nel  combattimento,  questi  due  Gni  davaati  agli 
occhi,  non  vi  manchera  nfe  coraggio  ne  fortezza.  11  giudicare  quali  sieno 


RQTCUCA 

^ao  iulicare,  quibus  potissiniiiin  rationibus  ea,  quae  obsta- 
bunt  et  impedient,  eluctanda  Yideantur.  —  Sed  quoniam  pro 
auctoritate  rfilcii  Nostri  par  est  probabileni  aliquaiu  rei  geren- 
dae  rationeni  Nosmetipsos  demonstrate,  sic  statuite,  primuiu 
omnium  reddendam  Massonibus  esse  suam,  dempta  persona,  fa- 
il :  populosque  sermone  et  datis  etiam  in  id  Litteris  episco- 
pal! bus  edocendos,  quae  sint  societatum  eius  generis  in  blan- 
diendo  alliciendoque  artificia,  et  in  opinionibus  pravitas,  et  in 
actionibus  turpitudo.  Quod  pluries  Decessores  Nostri  conftnua- 
runt,  nomen  sectae  Massonum  dare  nemo  sibi  quapiam  de  caussa 
licere  putet,  si  catholica  professio  et  salus  sua  tanti  apud  eum 
sit,  quanti  esse  debet.  Ne  quern  honestas  assimulata  decipiat: 
potest  enini  quibusdam  videri,  nihil  postulare  Massones,  quod 
aperte  sit  religionis  morumve  sanctitati  contrarium:  venimtamen 
quia  sectae  ipsius  tota  in  vitio  Jlagitioque  est  et  ratio  et  caussa, 
congregare  se  cum  eis,  eosve  quoquo  inodo  iuvare,  rectum  est 
non  licere. 

Deinde  assiduitate  dicendi  hortandique  pertrahere  multitudi- 
nein  oportet  ad  praecepta  religionis  diligenter  addiscenda:  cuius 
rei  gratia  valde  suademus,  ut  scriptis  et  concionibus  tempestivis 


i  piu  efficaci  mezzi  da  superare  gli  impedimenti  e  gli  ostacoli,  e  cosa 
che  speita  alia  prudenza  vostra.  —  Pur  nondimeno  trovando  Noi  conve- 
niente  al  Noslro  minisiero  1'additarvi  alcuni  dei  mezzi  piii  opportuoi, 
la  prima  cosa  da  farsi  si  e  togliere  alia  setta  Massonica  le  roenlite  sem- 
bianze,  e  reoderle  le  sue  proprie,  ammaestrando  con  la  voce,  ed  eziandio 
con  Lettere  Pnstoni'.i,  i  popoli,  quali  siano  di  tali  societa  gli  artifizii  per 
blandire  ed  allettare;  quali  la  perversita  delle  dotirine  e  la  disonesta 
delle  opere.  Conforme  dichiararono  piii  volte  i  Nostri  Predecessor!, 
chiunque  ha  earn  quanto  deve  la  professione  cattolica  e  la  propria  sa- 
lute, non  si  lusinghi  mai  di  poter  senza  colpa  ascriversi,  per  qualsivoglia 
ragione,  alia  setta  Massonica.  Niuno  si  lasci  illudere  alia  simulate  onesia; 
imperocche  pub  ben  parere  a  taluno  che  i  Massoni  nulla  impongano  di 
upertamente  contrario  alia  fede  e  alia  morale:  ma  essendo  essenzialmente 
malvagio  lo  scopo  e  la  natura  di  tali  sette,  non  pu6  esser  lecito  di  darvi 
il  nome,  ne  di  aiutarle  in  qualsivoglia  maniera. 

£  necessario  in  secondo  luogo  con  assidui  discorsi  ed  esortazioni 
mettere  nel  popolo  1'amore  e  lo  zelo  dell'istruzione  religiosa;  e  a  tal 
line  molio  raccomandiamo,  che  COD  ragiooamenti  opportuni  a  voce  e  in 


286  SANCTISSIMI    D.    N.    LEOMS    DIVINA   PROVIDENTIA    PAPAE    XIII. 

elumenta  reruin  sanctissimarura  explanentur,  quibus  Christiana 
philosophia  continetur.  Quod  illuc  pertinet,  ut  mentes  homionni 
eruditione  sanentur  et  contra  multiplices  errorum  fonnas  et  va- 
ria  invitamenta  vitiorum  muniantur,  in  bac  praesertim  et  scri- 
bendi  licentia  et  inexhausta  aviditate  discendi.  —  Magnum  sane 
opus:  in  quo  tamen  particeps  et  socius  laborum  vestrorum  prae- 
cipue  futurus  est  Clerus,  si  fuerit,  Vobis  adnitentibus,  a  disci- 
plina  vitae,  a  scientia  litterarum  probe  instructus.  Veruin  tarn 
houesta  caussa  tamque  gravis  advocatam  desiderat  industriam 
virorum  laicorum,  qui  religionis  et  patriae  caritatem  cum  pro- 
bitate  doctrinaque  coniungant.  Consociatis  utriusque  ordinis  vi- 
ribus,  date  operam,  Venerabiles  Fratres,  ut  Ecclesiam  penitus 
et  cognoscant  homines  et  carani  habeant:  eius  enini  quanto 
cognitio  fuerit  amorque  maior,  tanto  futurum  maius  est  socie- 
tatum  clandestinarum  fastidium  et  fuga.  —  Quocirca  non  sine 
caussa  idoneam  hanc  occasionem  nacti,  renovamus  illud  quod 
alias  exposuimus,  Ordinem  Tertium  Franciscalium,  cuius  paullo 
ante  tempera vimus  prudenti  lenitate  disciplinam,  perquam  stu- 
diose  propagare  tuerique  oportere.  Eius  enim,  ut  est  ab  auctore 


iscriito  si  spieghino  i  principii  fondamentali  di  quelle  santissime  verita, 
nelle  quali  consiste  la  cristiana  sapienza.  Scopo  di  ci6  e  guarire  con 
1'  istruzione  le  menti,  e  premunirle  contro  le  molteplici  forme  degli  errori 
e  i  varii  allettamenti  dei  vizii,  massirae  in  questa  gran  licenza  di  scri- 
vere  ed  insaziabile  braraa  d'imparare.  —  Opera  faticosa  di  certo:  nella 
quale  tuttavia  partecipe  e  conapagno  delle  fatiche  vostre  avrete  special- 
mente  il  Glero,  se  in  grazia  del  vostro  zelo  sara  ben  disciplinato  e 
istruito.  Ma  causa  cosl  bella  e  di  tanta  importanza  richiede  altresi  Tin- 
dustria  cooperatrice  di  quei  laici,  che  all'amore  della  religione  e  della 
patria  congiungono  probita  e  dottrina.  Con  le  forze  unite  di  questi  due 
ordini  procurate,  Venerabili  Fratelli,  che  gli  uoraini  conoscano  intima- 
mente  ed  abbiano  cara  la  Ghiesa;  perche  quanto  piii  crescera  in  essi 
la  conoscenza  e  1'  amore  di  lei,  tanto  maggiormente  saranno  abborrite  e 
schivate  le  societa  segrete. 

Egli  e  per  questo  che,  giovandoci  della  presente  occasione,  torniamo 
non  senza  ragione  a  ricordare  la  opportunita  inculcata  altra  volta,  di 
promuovere  caldamente  e  proteggere  il  Terz1  Ordine  di  san  Francesco, 
di  cui  recentemente  con  prudente  condiscendenza  mitigammo  la  regola. 


1  1C  A 

constitiitns,  liair  tota  est  ratio,  vocare  lumiim'S  ad  imitu- 
tion.'in  lesu  Christi,  ad  amorem  Ecclesiae,  ad  onmia  virtutum 
christianorum  officia :  proptereaque  multum  posse  debet  ad  so- 
ci'-tatum  neqnissimarum  supprimendani  contagionem.  Novetur 
itaque  qnotidianis  increinentis  isthaec  sancta  sodulitas,  unde  cum 
innlti  expectari  possnnt  fructus,  tuiii  ille  egregius,  ut  traducan- 
tnr  animi  ad  libertatem,  ad  fraternitatein,  ad  aequalitateni  Juris: 
non  qualia  Massones  absurde  cogitant,  sed  qualia  et  lesus  Chri- 
stus  hnmano  generi  comparavit  et  Franciscus  secutus  est.  Li- 
bertatem  diciinus  filiorum  Dei,  per  quara  nee  Satanae,  nee 
cupiditatibus,  improbissimis  dominis,  servianius:  fraternitatein, 
cuius  in  Deo  communi  omnium  procreatore  et  parente  consistat 
origo:  aequalitateni,  quae  iustitiae  caritatisque  constituta  fun- 
damentis,  non  onmia  tollat  inter  homines  discrimina,  sed  ex 
vitae,  officiorum,  studiorumque  varietate  miruni  ilium  consensum 
efficiat  et  quasi  concentum,  qui  natura  ad  utilitatem  pertinet 
dignitatemque  civilem. 

Tertio  loco  una  quaedam  res  est,  a  maioribus  sapienter  in- 
stituta,  eademque  temporum  cursu  intermissa,  quae  tamquam 
exemplar  et  forma  ad  simile  aliquid  valere  in  praesentia  po- 


Imperocche,  secoodo  lo  spirito  della  sua  isiituzione,  esso  non  mira  ad 
altro,  che  a  tirare  gli  uomini  aH'imitazione  di  Gesii  Cristo,  all'amore 
della  Chiesa,  alia  pratica  di  tulte  le  cristiane  virtu:  e  per6  tornera  efll- 
cacissimo  a  spegnere  il  contagio  delle  sette  malvagie.  Gresca  dunque  di 
giorno  in  giorno  questo  santo  sodalizio,  da  cui,  tra  molti  altri,  pu6  anche 
sperarsi  questo  prezioso  frutto,  di  ricondurre  gli  animi  alia  liberta,  alia 
fraternM,  alia  uguaglianza:  non  qnali  va  sognando  assurdamente  la  setta 
Massonica,  ma  quali  Gesu  Gristo  rec6  al  mondo,  e  Francesco  nel  mondo 
ravviv6.  La  libertA  diciamo  dei  Figliuoli  di  Dio,  che  afTranca  dal  ser- 
vaggio  di  Satana  e  dalle  passioni,  tiranni  pessimi :  la  fraternity  che  da 
Dio  piglia  origine,  creatore  e  padre  di  tutti:  1'  uguaglianza  che,  fondata 
sulla  giustizia  e  carita,  non  distrugge  tra  gli  uomini  tutte  le  differenze, 
ma  dalla  varieta  della  vita,  degli  officii,  delle  inclinazioni  forma  quel- 
T  arcordo  e  quasi  armonia,  voluta  da  natura  a  utilila  e  dignita  del  civile 
consorzio. 

In  terzo  luogo  awi  un'  istituzione,  attuata  sapientemente  dai  nostri 
maggiori,  e  poi  coU'andar  del  tempo  dismessa,  la  quale  pu6  servire  ai 
di  nostri  come  di  modello  e  di  forma  a  qualcosa  di  simile.  —  Inteu- 


'-?SS  SANCTISSIMI   D.    N.    L20MS    D1VINA    PROVIDENTIA   PAPAE    XIII. 

test.  —  Scholas  seu  collegia  opificum  intelligimus,  rebus  siinul 
et  moribus,  duce  religione,  tutandis.  Qaorinii  coliegiorum  utili- 
tatein  si  maiores  nostri  diuturni  temporis  usu  et  periclitatione 
senserunt,  sentiet  fortasse  magis  aetas  nostra,  propterea  quod 
singularera  habent  ad  elidendas  sectarum  vires  opportunitateni. 
Qui  mercede  manunm  inopiam  tolerant,  praeterquain  quod  ipsa 
eorum  conditione  nni  ex  omnibus  sunt  caritate  solatioque  di- 
gnissimi,  maxime  praeterea  patent  illecebris  grassantium  per 
fraudes  et  dolos.  Quare  iuvandi  sunt  maiore  qua  potest  beni- 
gnitate,  et  invitandi  ad  societates  honestas,  no  pertrahantur  ad 
turpes.  Huius  rei  caussa  collegia  ilia  magnopere  vellemus  au- 
spiciis  patrocinioque  Episcoporura,  convenienter  temporibus,  a.l 
salutem  plebis  passim  restituta.  Nee  mediocriter  Nos  delectat, 
quod  plufibus  iam  locis  sodalitates  eiusmodi,  iteuique  coetus 
patronorum  constituti  sint:  quibus  propositum  ntrisque  est  hone- 
stam  proletariorum  classem  iuvare,  eorum  liberos,  familias, 
praesidio  et  custodia  tegere;  in  eisque  pietatis  studia,  religion! s 
doctrinam,  cum  integritate  morum  tueri.  —  In  quo  genere  silere 
hoc  loco  nolumus  illam  spectaculo  exemploque  insignem,  de 
populo  inferioris  ordinis  tarn  praeclare  meritam  societatem,  quae 


diamo  parlare  dei  Collegii  o  Corpi  di  arti  e  mestieri,  destioati,  sotto  la 
guida  della  religione,  a  .tutela  degl'iuteressi  e  dei  costumi.  I  quali  col- 
legii,  se  per  lungo  uso  ed  esperienza  riuscirono  di  gran  vaotaggio  ai 
nostri  padri,  torneranno  molto  piii  vanlaggiosi  all'eia  nostra,  perchfc  op- 
portunissimi  a  fiaccare  la  potenza  delle  sette.  I  poveri  operai,  oltre  ad 
essere  per  la  stessa  condizione  loro  degnissimi  sopra  lutti  di  carita  e 
di  sollievo,  sooo  in  modo  particolare  esposti  alle  seduzioni  dei  fraudo- 
lenti  e  raggiratori.  Yanno  percio  aiutati  con  la  massima  generosity,  e 
invitati  alle  societa  buone,  a  flinch^  non  si  lascino  trascinare  nelle  mal- 
vagie.  Per  questo  motive  Gi  sarebbe  assai  caro  che,  adaltate  ai  tempi 
risorgessero  per  tutto  sotto  gli  auspizii  e  il  patrocinio  dei  Vescovi  a 
salute  del  popolo  siflatte  aggregazioni.  E  Gi  e  di  grandissimo  conforto 
il  vederle  fondate  gia  in  molli  luoghi  insieme  coi  Patronall  cattolici: 
due  istituzioni,  che  mirano  a  giovare  la  classe  onesta  dei  proletarii,  a 
soccorrere  e  proteggere  le  loro  famiglie,  i  loro  figli,  e  a  mantenere  in 
essi  con  1'integrita  dei  costumi  1'amore  della  pieta,  e  la  conoscenza 
della  religione.  —  E  qui  non  possiamo  passare  sotto  silenzio  la  societa 


j>:itre  nouiinatur.  Coiaiitum  »>st  quid  au'at.  -lit: 

scilicet  t«»ta  in  IMC  ot,  ut  egentibus  et  calami tosis   suppetias 

iue  sagacitate  modestiaque  mirabili:  quae  quo  minus 

-i  vult,  eo  eat  ad  caritatem  christianam  melior,  ad  miseria- 

rtini  levamen  opportunior. 

Quarto  loco,  quo  facilius  id  quod  volumus  assequamur,  fidei 
vigiliaeque  vestrae  maiorem  in  inodiim  coinmendamus  iuventutem, 
ut  quae  spes  est  societatis  humanae.  —  Partein  curarum  vestra- 
rum  in  eius  institutione  m:iximam  ponite:  nee  providentiam 
putt'tis  ullaiii  fore  tantam,  quin  sit  adhibenda  maior,  ut  iis 
adolesccns  aetas  prohibeatur  et  scholis  et  magistris,  unde  pe- 
stilens  sectaruiu  afflatus  metuatur.  Parentes,  magistri  pietatis, 
Cnriones  inter  christianae  doctriuao  praeceptiones  insistant, 
Vobis  auctoribus,  opportune  cominonere  liberos  et  alunmos  de 
eiusmodi  societatum  flagitiosa  natura,  et  ut  mature  cavere  di- 
scant  artes  fraudolentas  et  varias,  quas  eartim  propagatores 
usurpare  ad  illaqueandos  homines  consueverunt.  Ininio  qui 
adolescentulos  ad  sacra  percipienda  rite  erudiunt,  non  inepte 
fecerint,  si  adducant  singulos  ut  statuant  ac  recipiant,  inscien- 


di  san  Vincenzo  de'Paoli,  iosigne  per  lo  spett&colo  e  1'esempio  che 
porge,  e  si  altameote  beneraerita  della  povera  plcbe.  Le  upere  e  le  in- 
tenzioni  di  cotesta  societa  sono  ben  note;  essa  fe  tutta  in  sov venire  i 
bisognosi  e  i  tribolati,  prevenendoli  amorosamentc,  e  ci6  con  mirabile 
sagncia,  e  eon  quella  modestia,  che  quanto  meno  vuol  comparire,  tanto 
e  piu  opportuna  all'esercizio  della  carita  cristiana  eal  sollevamento  delle 
umane  miserie. 

In  quarto  luogo,  a  conseguir  piii  facilmente  Tintento,  alia  fede  e 
vigilanza  vostra  raccomandiamo  caldissimamente  la  gioventu,  speranza 
dell'umano  consorzio.  --  Nella  buona  educazione  di  essa  ponete  gran- 
dissima  pane  delle  vostre  cure,  e  non  vi  date  mai  a  credere  di  aver 
vigilato  e  fatto  a  bastanza,  per  tener  lontana  T  eta  giovinetta  da  quelle 
scuole  e  da  quei  maestri,  donde  sia  da  temere  1'alito  pestifero  delle 
sette.  Fate  che  i  genilori,  i  direttori  spirituali,  i  parrochi,  nell' insegnare 
la  dottrina  cristiana,  non  si  stanchino  di  ammonire  opporlunamente  i 
figli  e  gli  alunni  intorno  alia  rea  natura  di  tali  sette,  anco  perche  im- 
parino  per  tempo  le  vahe  e  subdole  arti,  solite  usarsi  dai  propagatori 
di  (juelle  per  arrelicare  la  gente.  Anzi  quei  che  apparecchiano  i  giova- 
netti  alia  priraa  coraunione  faranno  benissimo,  se  gl'indurranno  a  pro- 

Serie   A//.   PO/.    VI.  fas'.  I1.' 


•.".Ill  SANCT1SSIMI    I-.    >      I.K'XMS    D1VINA    I'KOVIDKMIA    PAPAE    XIII. 

tibus  parentibus,  aut  non  auctore  vel  Curione  vel  conscien 
iudice,  nulla  se  unquam  societate  obligaturos. 

Veruin  probe  intelligimus,  communes  labores  nostros  evellendis 
his  agro  Dominico  perniciosis  seminibus  haudquaquam  pares 
futures,  nisi  caelestis  dominus  vineae  ad  id  quod  intendimns 
benigne  adiuverit.  —  Igitur  eius  opera  auxili unique  implorare 
necesse  est  studio  vehement!  ac  sollicito,  quale  et  quantum  vis 
periculi  et  magnitude  necessitatis  requirunt.  Effert  se  insolenter, 
successu  gestiens,  secta  Massonum,  nee  ullum  iam  videtur  perti- 
naciae  factura  moduni.  Asseclae  eius  universi  nefario  quodam 
foedere  et  occulta  consiliorum  communitate  iuncti  operam  sibi 
mutuaui  tribuunt,  et  alteri  alteros  ad  rerum  inalarnm  excitant 
audaciam.  Oppugnatio  tarn  vehemens  propugnationem  postulat 
parem:  niminim  boni  omnes  amplissiniam  quamdam  coeant  opus 
est  et  agendi  societatem  et  precandi.  Ab  eis  itaque  petimus,  ut 
concordibus  animis  contra  progredientem  sectaruni  vim  conferti 
immotique  consistant:  iidemque  multum  gementes  tendant  Deo 
nianus  supplices,  ab  eoque  contendant,  ut  christianum  floreat 
vigeatque  nomen :  necessaria  libertate  Ecclesia  potiatur :  redeant 


porre  e  promettere  di  non  ascriversi,  senza  saputa  dei  propri  genitori 
ovvero  senza  consiglio  del  parroco  o  del  confessore,  a  societa  alcuna. 
Ma  ben  comprendiamo,  che  le  comuni  nostre  fatiche  non  sarebbero 
sufficient!  a  svellere  questa  perniciosa  semenza  dal  campo  del  Signore, 
se  il  celeste  padrone  della  vigna  non  ci  sara  largo  a  tale  effetto  del  suo 
generoso  soccorso.  Convien  dunque  implorarne  il  potente  aiulo  con  fer- 
vnre  veemente  ed  ansioso,  pari  alia  gravita  del  pericclo  e  alia  grandezza 
del  bisogno.  Inorgoglita  dei  prosperi  successi,  la  massoneria  insolentisce, 
e  pare  non  voglia  piii  metter  limiti  alia  sua  pertinacia.  Per  un'  iniqua 
lega  ed  un' occulta  unita  di  propositi  da  per  tulto  i.  seguaci  suoi  con- 
giunti  insieme,  si  danno  scarabievolmenle  la  mano,  e  1'  uno  rinfocola 
1'altro  a  piii  osare  nel  male.  Assalto  si  gagliardo  vuole  non  men  ga- 
gliarda  difesa :  vogliam  dire  che  tutti  i  buoni  debbono  collegarsi  in  una 
vastissima  societa  di  azione  e  di  preghiera.  Due  cose  pertanto  diman- 
diamo  da  loro;  da  una  parte,  che  unanimi,  a  schiere  serrate,  a  pie 
fermo  reslstano  all'impeto  ognora  crescente  delle  sette;  dall'altra,  che 
sollevando  con  molti  gemiti  le  mani  supplichevoli  a  Dio,  implorino  a 
grande  istanza,  che  il  cristianesimo  prosperi  e  cresca  vigoroso;  che 
riabbia  la  Chiesa  la  necessaria  liberta;  che  i  traviati  ritornino  a  salute; 


ad  sanitatem  devii :  enrores  verilati,  villa  virtuti  aliquando  con- 
;it.  —  AJiiilrictMii  et  interpretem  adhibeam  uu  Vir- 

gineni  iiiatrein  Dei,  ut  quae  a  conceplu  ipso  Satanam  vicit,  eadem 
86  impertiat  improbanuu  sectartun  potentem,  in  quibus  persja- 
cuuni  est  contumaces  illos  mail  daemonis  spiritus  cum  indomita 
perfidia  et  simulatione  reviviscere.  —  Obtestenuir  principem 
Angelonira  caelestium,  depulsorem  hosliuni  inform. nun,  Mirhae- 
lem:  item  losephum  Virginis  sanctissimae  sponsuin.  LVrlesiae 
lolicae  patr<>inmi  caelestem  salutarem:  Petrum  et  Paullum 
Apostolos  magnos,  fidei  christianae  satores  et  vindices  invictos. 
Horuiu  patrocinio  et  cominunium  perseverantia  precum  futurum 
confidimus  ut  coniecto  in  tot  discrimina  horainum  generi  oppor- 
tur.r  Hi-us  benigneque  succurrat. 

Caelestium  vero  raimerum  et  benevolentiae  Xostrae  t> 
Yobis,  Venerabiles  Fratres,  Clero  populoque  universe  vigilantiae 
vestrae  coramisso  Apostolicam  Benedict ionem  peramanter  in  Do- 
mino impertimns. 

Datum  Romae  apud  S.  Petrum  die  xx  aprilis  An.  MDCCCLXXXIY, 
Pontificatus  Nostri  Anno  Septimo. 

LEO  PP.  XIII. 


che  gli  error!  alia  verita,  i  vizii  faccian  luogo  alia  virtu.  —  Invochiamo 
a  tal  One  1'aiuto  e  la  mediazione  di  Maria  Vergine  Madre  di  Dio,  aflin- 
cbe  coritro  1'empie  sette,  in  cui  veggonsi  chiaramente  rivivere  1'orgoglio 
conlurnace,  la  perfidia  iodomita,  la  simulatrice  astuzia  di  Satana,  dimo- 
stri  la  poten/.a  sua,  essa  che  trionf6  di  lui  sin  dal  suo  primo  concepi- 
mento.  —  Preghiamo  altresi  san  Michele,  principe  dell' angelica  mili/ia, 
debellatore  dell'osle  infernale;  san  Giuseppe,  sposo  della  Vergine  S;m- 
lissima,  celeste  e  salutarc  pa trono  della  cattolica  Chiesa;  i  grandi  Apo- 
stoli  1'ietro  e  Paolo,  propagator!  e  difensori  invitti  della  fede  cristinua. 
Per  il  patrocinio  di  essi  e  per  la  perseveranza  delle  comuni  preghi^re 
confidiamo,  che  Iddio  si  degnera  di  sovvenire  pietosamente  ai  bisogni 
dell'  uraana  societa,  minacciata  da  tanli  pericoli. 

A  pegno  poi  delle  grazie  celesti  e  della  benevolenza  Nostra  irapar- 
tiamo  con  grande  afTetto  a  Voi,  Venerabili  Fratelii,  al  Clero  e  a  tullo 
il  popolo  commesso  alle  vostre  cure  1'Apostolica  Benedizione. 

Dato  a  Roma  presso  san  Pietro  il  dl  20  aprile  1884,  anno  settimo 
del  Nosiro  Pontificalo. 

LEO  PI'.  XIII. 


DI  UN' ALLEANZA  MONARCHIC  A 

IN  EUROPA 


I. 

Da  qualche  tempo,  nei  giornali  piu  accreditati  di  Europa,  ogni 
tanto  fa  capolino  la  notizia  di  accordi  segreti  che  si  sarebbero 
stretti,  o  si  sarebbe  tuttora  in  via  di  stringere,  fra  certi  Stati, 
per  dare  solidita  ad  una  specie  di  alleanza,  che  tutelasse  le 
raonarchie,  dalle  congiure  demagogiche  per  tutto  ininacciate.  Che 
cosa  sia  di  vero  in  queste  voci,  che  con  arte  si  vanno  spargendo, 
lo  ignoriamo.  Siccome  per6  non  ci  e  fumo  senza  fuoco,  cosl 
conviene  pur  credere  che  qualche  fondamento  di  verita  non 
manchi:  e  benchfc  ci  paia  inverosimile,  che  a  questo  fine  propria- 
mente  iniri  1'  adesione  del  Governo  italiano  alia  lega  imperiale 
austro-germanica,  accresciuta,  come  sembra,  dalla  russa,  nulla- 
dimeno  non  sono  per  avventura  tutti  fantastic!  i  inisteri  svelati 
dai  giornali,  segnatamente  francesi,  intorno  alle  origin!  ed  ai 
modi  di  quest' adesione. 

Onde  non  e  da  aversi  per  temerario  il  giudizio,  che  alle  cospi- 
razioni  offensive  della  demagogia,  si  vengano  opponendo  maneggi 
difensivi  dalle  monarchie,  con  qualche  speranza  di  riuscire  al- 
1'intento  di  sventarne  le  trame.  Di  fatto  fieri  gridi  d'ali'arme 
si  mandano  spesso  dai  radicali  e  dai  socialisti  di  Germania, 
d' Austria,  di  Spagna  e  d'  Italia,  per  non  dire  di  quelii  di  Francia 
che  ne  tremano,  contro  questi  maneggi :  i  quali  si  rappresentano 
diretti  a  risuscitare  nientemeno  che  una  nuova  Santa  Alleanza, 
in  perdizione  delle  liberta  conquisUte. 

Ma  chi  con  mente  quieta  studii  la  condizione  di  cose,  cui  e 
presentemente  ridotta  1'  Europa,  a  raalincuore,  se  e  bene  affetto 
alia  causa  dell'ordine,  deve  sorridere  e  delle  iperboli,  con  le 
quali  la  demagogia  finge  di  temere  i  maneggi  delle  monarchie, 
e  delle  aeree  speranze,  onde  le  monarchie  si  nutrono  di  evitare 
la  ruina  apprestata  loro  dalla  sempre  baldanzosa  demagogia. 


DI   !  iPA 

.mcorch&  si  aramettan  come  vere  le  pratiche  di  parecchi 
Stati  monarchici,  per  formare  fra  se  una  lega  difensiva  del  troni, 
non  per6  ne  consegue  che,  rimanendo  le  cose  quali  sono,  questa 
lega  abbia  da  poter  eccitare  grande  fllucia,  che  adunque  i  pericoli 
di  im  trioufo  demagogico  sieno  rimossi. 

II. 

Priuiieramente  bisogna  cercare  che  sopravvanzi  di  sostanzial- 
mente  moimrchico  a  qnegli  Stati,  che  si  sono  trasformati  in  Go- 
verni  parlameiitari  o  popolari ;  e  sono  i  piu  numerosi,  se  non  i 
piu  forti.  Per  quanto  si  aguzzino  gl'ingegni  a  trovare  figure 
rettoriche  che  ricopran  la  verita,  non  v'  ha  dubbio  che  questi 
Governi,  di  monarchico  non  conservano  altro  piu,  se  non  il  nome, 
una  corte  e  la  successione  ereditaria  net  capo  della  dinastia: 
fuori  di  ci6,  non  vediamo  in  che  essenzialmente  diversifichi  una 
mouarchia  parlamentare  da  una  repubblica  democratica.  La  dif- 
ferenza  e  tanto  impercettibile,  che  Cammillo  di  Cavour,  sino 
dal  1848,  definiva  repubblica  monarchica  una  monarchia  si  fatta. 

IT  Italia  odierna  ne  offre  il  tipo  piu  puro  e  perfetto;  e  se  si 
voglion  conoscere  le  teorie  che  ne  determinano  la  natura  giu- 
ridica,  eccole  attinte  alle  piu  autorevoli  fonti.  «  In  Italia  non 
ci  sono  sudditi,  come  non  ci  sono  sovrani.  Noi  siamo  tutti  cit- 
tadini  del  regno:  il  re  non  e  che  il  capo  dello  Stato,  e  il 
principe  eletto  dal  popolo:  e  fra  noi  sovrana  non  e  che  la  na- 
ziono.  £  strano,  e  assurdo  il  personificare  la  sovranita  in  un 
paese,  ove  la  monarchia  e  sorta  dai  plebisciti.  II  re  e  una  deri- 
vazione  del  popolo,  da  cui  ebbe  delegata  la  suprema  magistra- 
tura;  il  re  e  T eletto  della  na/ione.  Ora  nella  nazione  la  sovra- 
nita e  indivisa,  ed  al  re  non  pu6  esserne  affidata  alcnna  parte. 
Egli  e  il  capo  del  potere  esecutivo,  ed  assunto  a  codeste  funzioni, 
esse  vengono  limitate  e  devono  essere  esercitate,  secondo  le 
norme  che  le  leggi  hanno  stabilite.  >  Queste  parole  furono  dette 
ial  deputato  e  poi  ministro  Crispi  Bella  Camera1;  la  quale 
rovolle  conformi  al  nuovo  diritto  pubblico  italiano,  e  nulla  ebbe 

ridir  contro. 

Raccolta  nfficialf  <lei  discorsi  detti  dai  ilrjmtati,  durante  la  ditcussionc 
<je  pontificic,  pagg.  18'J-90. 


•2\l\  DI  U.N'ALLEANZA  MONARCHICA 

Ed  il  Pisanelli,  state  ancor  egli  ministro,  andft  piu  oltre  e 
non  dubit6  di  soggiungere:  <  L'inviolabilita  del  principe  e  una 
conseguenza  logica  della  sua  irresponsabilita,  non  solo  giuridica, 
ma  anche  morale.  Pud  accadere  che  il  re  ponga  la  sua  firma  ad 
un  atto  che  personalmente  non  appro va,  poiche  egli  non  pu6  ri- 
tirarsi.  II  giorno  in  cui  un  atto  del  Governo  venisse  fuori  senza 
la  firma  del  re,  o  senza  la  firma  di  un  ministro,  sarebbe  mutata 
la  forma  di  Governo ;  si  avrebbe  il  Governo  assoluto  o  la  repub- 
blica.  Non  c'  e  nel  re  risponsabilita  morale ;  quindi  giuridica- 
inente  e  inviolabile  l.  > 

Gl' interpret!  adunque  del  diritto  monarchico,  ora  in  Italia 
vigente,  i  piu  devoti  servi  della  monarchia,  coloro  anzi  che  ne 
hanno  guarentita  la  irresponsabilitd,  colla  loro  propria  respon- 
sabilitti  di  ministri,  spiegando  la  forrnola  del  re  costituzionale, 
che  regna  e  non  governa,  escludono  da  lui  persino  la  personality 
morale,  in  quanto  e  re,  come  le  leggi  la  escludono  dai  dementi 
e  dai  bambini:  arditezza  che,  fuori  del  Parlamento  italiano, 
ignoriamo  sia  mai  stata  proferita,  neppure  in  un  Parlainento 
repubblicano,  sul  conto  di  un  capo  elettivo  di  repubblica. 

Che  piu?  Marco  Minghetti,  accusato  gia  d'  essere  piu  monar- 
chico del  re,  non  ha  esitato  a  stabilire  la  legittimita  della 
monarchia  sopra  1'unico  fondamento  del  consenso  popolare:  «  Mai, 
ha  detto  egli,  un  Governo  potra  dirsi  legittimo,  se  non  ha 
1'  assenso  tacito  od  espresso  del  popolo  che  governa 2.  » 

Poste  le  quali  cose,  e  lecito  domandare  se  il  maggior  numero 
delle  monarchie  d'  Europa,  rassoiniglianti  sottosopra  la  monarchia 
d'  Italia,  sia  di  monarchie  reali  o  nominali ;  ed  in  che  propriamente 
consista  quello  che  si  avrebbe  a  salvare  di  esse,  posto  che  una  lega 
si  formasse  per  salvarle.  II  quesito  inerita  grande  ponderazione, 
giacche  sovfesso  riposa  la  possibilita  pratica  di  questa  lega. 

III. 

Vero  e  che  non  tutte  le  monarchic  d'Europa  sono  strettament  ? 
parlamentari  o  popolari,  come  I'ltalica.  L'austriaca  e  la  ger- 
manica,  avvegnache  costituzionali,  non  riconoscono  per  base  o 
radice  giuridica  dell'  esser  loro  il  consenso  dei  sudditi :  n£  sono 

«  Ivi,  pag.  183.  —  •  hi. 


ID 

•ts  et  pctlil'Hs  in  balia  di  ministri  responsa- 
bili,  impost!  loro  dal  Parlamento,  che  i  suvrani  s'abbiano  a  dire 
legalmente  privi  di  morale  responsabilita.  La  russa  poi  6  tut- 
tora  autocratica,  e  non  vuole  ancora  saper  ntilla  di  costituzione. 
Tutti  e  tro  questi  Inipori  serbano  per  di  piu  in  qualcbo  credito 
un'aristocrazia,  che  alle  monarchic  giova  di  saldo  riparo,  contro 
le  democratiche  esorbitanze  della  borghesia,  capituneggiante  Id 
forze  demagogiche  dei  loro  Stati.  Anzi  pu6  dirsi  che  nella  Russia 
domina  1*  aristocrat  a,  poiche  vi  manca  tuttora  in  sufficiente  ani- 
piezza  quella  borghesia,  che  spadroneggia  sovrana  nei  paesi  retti 
a  forme  parlaraentari  e,  coll'appoggio  dello  strapotente  giudaismo, 
si  affatica  a  ghermire,  neirAustria  e  nella  Germania,  la  somina 
delle  cose. 

Ci6  non  di  meno  sta  sempre  che  dal  costituzionalismo,  co- 
mech&  temperato,  dell'Austria  e  della  Germania,  si  e  indotta  una 
diminutio  capitis  nella  sovranita,  la  quale,  per  virtu  dei  prin- 
cipio  elettivo,  riman  vincolata;  e  pid  si  e  venuta  accostando  al 
tipo  delle  sovranita  nominali  dei  Governi  parlamentari,  che  non 
a  quello  delle  sovranita  reali  dei  Governi  alle  moderne  innova- 
zioni  anteriori.  E  per  ci6  che  spetta  alia  Russia,  1'autocrazia  vi 
£  ora  cosl  poco  libera  di  s6,  che  non  pu6  quasi  muoversi,  tanto 
e  assediata  dal  nichilismo,  che  pretende  ridurla  a  capitolare, 
concedendo  uno  statute  che  la  trasformi. 

Per  lo  che,  niessa  da  banda  1'Inghilterra,  che  in  questa  ma- 
teria  fa  tipo  da  se,  presentemente  nell'Europa  le  monarchie  si 
dividono  in  due  gruppi,  dei  quali  il  primo  comprende  quelle  cho 
di  monarchico  non  hanno  ritenuto  altro  piu  che  il  nome,  le  ap- 
parenze  e  TereditA ;  ed  il  secoudo  quelle  che  inoltre  mantengono 
viva  una  porzione  di  diritto  regio,  non  naufragata  nel  pelago 
delle  responsabilita  ed  irresponsabilita  costituzionali,  che  sono  la 
fictio  inriSj  per  non  dirla  menzogna  beffarda,  in  cui  il  parla- 
mentarismo  sussiste. 

Se  non  che,  date  questo  differenze  delle  varie  monarchie,  nasce 
tosto  una  difficolta  gravissima,  per  la  conclusione  di  leghe,  le 
quali  vicendevolmente  le  stringano  a  tutelare,  coll'esistenza  del 
principio  monarchico,  !a  conservazione  dei  loro  troni.  I  sovrani 
delle  une,  avendo  moto  piu  libero,  possono  facilmente  trattare 


HI    U.N'  ALLKANXA    MONAHCIIICA 

fra  se  negozii  di  alto  conto,  per  mezzo  del  gran  cancelliere,  il 
quale  dipende  unicaraente  dalla  persona  loro  e  non  punto  dalle 
Camere:  i  sovrani  delle  altre  invece,  dipendendo  in  tutto  e  per 
tutto  dai  ministri,  e  per  quest!  dalle  Camere,  nulla  possono  trat- 
tare  con  chi  che  sia,  senza  il  coloro  beneplacito;  giacche  (• 
colla  responsabilita  loro  propria,  ne  coprono  la  irresponsabilita. 
Donde  viene,  da  parte  di  queste  monarchie,  una  perpetua  insta- 
bilita  negli  affari,  che  si  origina  dalle  mutazioni  dei  ministeri, 
a  libito  delle  Camere;  ed  un  pericolo  di  violazione  dei  segreti, 
pel  troppo  gran  numero  di  gente  che  dev'esserne  informata. 

Senza  ci6,  il  principio  monarchico  non  ha  un  identico  valore, 
tra  le  monarchie  dei  due  diversi  gruppi:  per  le  monarchie  par- 
lamentari,  6  salvo  il  principio,  purche  sia  salva  la  forma,  piu  no- 
minale  che  reale,  teste  descritta:  per  le  altre  monarchie,  si  ricerca 
qualche  cosa  di  piu.  Or  questa  qualche  cosa  di  piu,  non  solaraente 
importa  poco,  ma  e  contraria  all'interesse  dei  ministri  delle  monar- 
chie parlamentari,  i  quali,  per  logica  necessita,  debbono  mirare  a 
tanto  piu  sottrarre  di  prerogative  personali  alle  monarchie,  quanto 
piu  curano  la  integrita  e  purezza  del  parlamentarismo.  Quindi 
&  che  un'  alleanza  monarchica  fra  i  due  gruppi  avrebbe  in  se  un 
che  di  contradditorio:  perocche  si  risolverebbe  in  un  mutuo  im- 
pegno,  di  salvare  in  casa  d'altri  quello  che  non  si  vorrebbe  in 
casa  propria.  Di  fatto  come  mai  le  monarchie  di  Vienna,  di  Ber- 
lino  e  di  Pietroburgo  potrebbero  aver  per  buono  e  solidamente 
monarchico  il  principio  che  sostiene,  puta  caso,  la  monarchia 
del  Quirinale? 

IV. 

Ma,  notatosi  ci6  di  passaggio,  veniamo  ad  un  altro  capo.  Tutte 
le  monarchie  d'Europa,  eccetto  la  moscovita,  si  sono,  qual  piu 
qual  meno,  ammodernate;  e  questo  ainmodernamento  ha  recata 
un' alterazione  a  quella  formola  per  grazia  di  Dio,  che  dev'es- 
sere  1'  espressione  del  sommo  diritto,  pel  quale  i  monarchi  eser- 
citano  I'ufiicio  loro.  Questa  formola  suppone  che  sia  riconosciuto  il 
Per  me  reges  regnant1,  affermato  da  Dio  solennemente;  e  che  per 
conseguenza  sia  ammesso  Iddio,  qual  capo  supremo  della  societa. 

•  Prov.  VIII,  15. 


IN 

.tt»  il  lavoro  della  mod-  rispetto  all'ordine 

sociale,  tende  ogni  dl  piu  ad  esautorare  Dio  nella  societa  ed  a 

•irarne  il  diritto  fuori  del  raondo  concreto,  per  iscristianizzarlo, 
ateizzarlo  e  condurlo  ad  un  grado  di  abbrutimento,  che  il  simil- 
DOQ  si  e  visto  mai  nell'antichita  pagana.  £  tal  e  il  finale  in- 
ten  to  della  massoneria,  preparatrice  ed  operatrice,  da  un  secolo 
in  qua,  di  rivoluzioni  che  mirano  sempre  e  da  per  tutto,  con  mec- 
canica  uniformita,  a  quest' identico  ed  unico  scopo:  onde  ha  preso 
per  s»\  in  modo  assoluto  ed  antonomastico,  1' appellative  di 

i  (stone. 

Chi  pertanto  non  soggiorna  nel  limbo  del  bambini,  ma  abita 
nel  nostro  globo  e  ne  respira  1'  aria  impregnata  della  nnova  ci- 
ri/ttl,  sa  molto  bene  che  questa  rivoluzione  non  ha  propria- 
mente  1'occhio  all'una  piu  tosto  che  all'altra  forma  di  Stato,  ne 
al  trionfo  dell'uno  piu  tosto  che  dell' altro  domma  politico,  ma 
all'abolizione  di  ogni  autorita  la  quale  non  sia  la  sua,  giusta  il 
precetto  del  massonismo,  che  ha  per  vecchia  impresa:  Guerra 
a  Dio,  nei  Papi  e  nei  Re;  espressa  gia  piu  grossolanamente 
da  queirarchimandrita  della  setta  francese,  che  Iasci6  per  te- 
stamento  a'suoi:  «  doversi  strangolare  1' ultimo  dei  re  colle  en- 
tra^ne  dell' ultimo  dei  preti.  >  Qui  veramente,  e  non  in  altro, 
e  T  arcane  del  simbolo  massonico,  verso  cui  si  adopera  la  rivo- 
luzione con  tutti  gli  sforzi  suoi ;  atterrare,  ovunque  e  coraunque 
si  puft, 1'altare  ed  il  trono:  vale  a  dire,  couibattere  Iddio,  nella 
doppia  sua  manifestazione,  di  Signore  delegante  1' autorita  sua 
soprannaturale  alia  Chiesa  di  Cristo,  e  1' autorita  sua  naturale  ai 
poteri  legittimi.  Di  modo  che  la  rivoluzione  non  e  altro  in  so- 
stanza,  se  non  1'odio  a  Dio,  in  quanto  £  Signore  supremo,  Ego  Do- 
minus  \  e  fonte  di  ogni  autorita  ordinata:  Non  est  potestas  nisi 
a  Deo*-,  ed  in  quanto  sovra  la  terra  viene  rappresentato  nei  po- 
teri religiosi,  domestici,  civili,  da  s&  istitniti,  cosl  neH'ambito 
della  natura,  come  in  quello  della  grazia. 

Dal  che  viene  per  necessario  conseguente,  che  la  rivoluzione 
massonica  debba  odiare  la  viva  iuimagine  di  Dio  Signore,  ovun- 
que splende;  e  massiinamente  nei  Papi  e  nei  re,  siccome  in 

'  Num.  X,   Hi. 
.11,  1. 


in  I:N'ALLK\ 

quelli  nei  quali  1'autorita  sua  piu  maestosamente  sfolgora  agli 
occhi  degli  uomini.  II  quale  odio  si  ricopre  bensi  col  nouie  di 
liberty  ma,  nell'essere  suo  crudo  e  nudo,  altro  non  e  cho  ril 
lione  a  Dio,  per  amore  di  empieta  satanica  e  di  licenza  bestiale. 

Godeste  sono  verita  elementari,  che  nessuno  ai  di  nostri 
ignorar  dovrebbe,  dopo  tanta  esperienza  drrivoluzioni,  le  quali 
tutte  sono  incominciate  col  battere  1'autorita  della  Chiesa  e  dei 
principati,  ossia  1'altare  ed  il  trono,  per  poi  finire  nei  disordini 
delle  anarchie,  o  nella  tirannide  dei  brigantaggi  legali.  Yarie 
sono  le  lie  seguite  per  ottenere  quest' effetto:  dove  si  sono  usati 
e  si  usano  i  ruderi  dell'altare,  per  demolire  il  trono;  e  dove 
i  ruderi  del  trono,  per  demolire  1'altaro.  Ma  Tuna  e  1'altra  de- 
molizione  si  &  fatta,  o  si  tenta  di  fare,  giacche",  senza  Tuna  e 
Paltra,  la  rivoluzione  non  e  ne  pu6  dirsi  vittoriosa  *. 

Ora  se  le  monarchic  d'  Europa  si  riguardano  da  questo  lato, 
si  scorgera  tosto  che  in  esse  il  cardine  capitale  dell'autorita 
d  del  tutto  scalzato,  o  e  in  via  di  scalzarsi.  Lasciamo  in  di- 
sparte  quelle  che,  dominate  dalla  trionfante  massoneria,  hanno 
posta  la  base  nell' arena  della  sovranita  popolare,  e  conservano 
la  formola  per  grazia  di  Dio,  qual  ricordo  araldico  di  cio 
che  furono.  In  queste  il  diritto  di  Dio  non  &  quasi  piu  rico- 
nosciuto,  stanteche,  non  gia  le  persone  dei  principi,  bensl  i  loro 
Governi  professano,  poco  meno  che  tutti,  di  non  avere  social- 
mente  nessun  Dio,  e  presumono  di  conservare  1'  ordine  pubblico 
con  leggi  atee,  appoggiate,  non  al  fulcro  della  coscienza,  ma 
alia  punta  delle  baionette. 

Quelle  invece  che  pretendono  di  durar  ferme  sopra  il  fonda- 
mento  della  natural  grazia  di  Dio,  autore  ed  ordinatore  della 

1  Questo  arlicolo  era  gia  sul  punto  d'essere  tirato  a  stampa,  quando  6  soprag- 
giunta  1'ammirabile  Enciclica  del  S.  P.  Leone  XIII  a  condannazione  della  Massonoria, 
che  pubblichiamo  in  capo  al  presente  quaderno,  della  quale  1' arlicolo  nostro  e  per 
varii  punti  una  specie  di  commentario.  Possa  la  grande  aulorita  del  documento  pon- 
titlcio  far  pcrsuasi  i  leitori  nostri  dell'  immenso  pericolo  al  quale  non  la  sola  causa 
monarchica,  ma  quella  altresi  dell'  ordine  sociale  si  trovano  esposie,  per  la  possanza 
che  alia  satanica  setta  si  e  lasciaia  pian  pian  prendcre  fra  le  genii  cristiane;e  Taccia 
Dio  che  si  cominci  ad  intendere,  che  tanto  vale  perse  Pessere  frammassone,  quanlo 
nemici  di  Cristo  e  d'  ogni  vera  civilta  anche  uniana. 


IN 

nmana  -  :;ibran<»  r  na.  della 

sovranitA  po;  qual  puuto  son  esse?  Pur  troppo  non  lon- 

tane  di  molto  dulle  altn-.  \A  rivoluzione  gia  le  tiene  circuite 
e  ravvolte,  piu  o  men  larganiente,  nelle  sue  spire;  le  costringe 
a  far  prevalere,  nel  diritto  pubblico  del  loro  Stati,  principii  di- 
strnttivi  d'ogni  regia  autorita;  le  stiraola  a  battere  in  breccia 
i  piu  validi  baluardi  dell'ordine  cristiano,  colla  persecuzione 
ore  tacita  ed  ove  aperta  della  Chiesa;  e  promuove  nei  loro 
popoli,  con  societa  secrete  e  colla  stampa,  raanceppata  al  giu- 
daismo  massonico,  un  tal  soffio  di  demagogia  socialistica  che, 
se  non  sia  frenato  e  represso  a  tempo,  fara-  crollare  fuor  di 
dubbio  i  loro  troni. 

Per  questo  verso  non  giova  illudersi.  La  rivoluzione,  che 
signoreggia  da  despota  sopra  le  monarchie  parlamentari  senza 
grazia  di  Dio,  comincia  a  predoininare  altresl  nelle  costituzio- 
nali,  che  serbano  ancora  a  questa  grazia  un  certo  che  di  culto. 

La  piu  forte  in  apparenza  e  la  piu  resistente  alle  macchina- 
xioni  demagogiche,  si  e  creduto  in  questi  nostri  tempi  essere  la 
prnssiana,  col  suo  nuovo  Impero  gerraanico.  E  non  di  meno, 
ai  22  del  marzo  scorso,  il  vecchio  imperatore  Guglielmo,  ra- 
gionando  coi  president!  del  Reichstag  tedesco  e  delle  due  Ca- 
mere,  ebbe  a  dir  loro  con  accento  di  lamentevoie  solennita: 
*  Xoi  attraversiamo  un  periodo  critico:  certe  tendenze  non  mi- 
rerebbero  a  niente  meno,  in  ultima  conseguenza,  che  al  rove- 
sciamento  della  monarchia.  Procurate  adunque  che  ci6  finisca 
il  meglio  possibile.  >  Questo  e  il  frutto  genuino  del  famoso 
Knltnrknmpf,  inventato  dalla  massoneria,  col  pretesto  di  con- 
solidare  il  novello  Impero:  e  ben  si  vede  ora  quel  che  la 
massoneria  intendesse  finalinente  con  quel  trovato. 

V. 

Poste  le  sopradescritte  condizioni  delle  monarchie  d'Europa, 
chiaro  6  che  esse  al  presente  son  tutte,  quali  soggiogate  dal 
despotismo  massonico,  che  ne  mantiene  a  stento  il  nome,  per 
ragioni  di  sua  convenient,  e  quali  assoggettate  ai  suoi  influssi, 


t        AU-KA.V/.V    M 

che  le  screJitano,  lo  snervano,  le  inceppano  e  ne  apparecchiano 
la  caduta.  Com' 6  dunque  possibile  che  questa  occulta  potenza  sia 
mai  per  consentire  alia  formazione  di  una  lega,  avente  per  ter- 
mine  il  rafforzamento  deU'autorita  monarchica  e  la  sua  difesa  ? 
Non  si  nega  gia  che  i  sovrani  fra  loro  non  pensino  a  questa  lega 
e  non  la  desiderino:  si  nega  bensl,  che,  non  ostante  i  disegni 
loro  e  il  desiderio  che  n'hanno,  riescano  a  buon  effetto.  Ora 
meno  che  mai  i  principi  possono  quei  che  vogliono,  ancora  in 
quegli  Stati,  nei  quali  paiono  avere  la  mano  alquanto  libera  e 
gagliarda. 

Dae  sommi  interessi  ha  oggi  la  massoneria,  arbitra  della  po- 
litica  europea:  la  conservazione  della  pace,  ossia  dell'ordine  nel 
disordine,  e  la  rimozione  di  qualsiasi  alleanza,  che  miri  a  debili- 
tarne  le  forze.  Teme  una  guerra,  per  esserne  troppo  incerto 
1'esito;  ed  abborre  le  alleanze  monarchiche,  per  essere  contrarie 
a'suoi  intenti.  Nella  pace  materiale  essa  gode  ii  suo  primato, 
continua  1' opera  sua  corruttrice  delle  anime  e  demolitrice  dei 
troni  e  degli  altari,  e  prosegue  francamente  a  fiaccare  ogni 
vigore  d'autorita  divina  ed  umana  nella  coscienza  dei  popoli: 
nelle  mutue  gelosie  e  nelle  diffidenze,  che  fomenta  tra  Stato  e 
Stato  monarchico,  essa  trova  una  guarentigia  d'impunita,  ed  un 
mezzo  sicuro  di  abbatterli  pian  piano  tutti,  1' uno  dopo  1'altro. 

Ed  ecco  perche  da  molti  anni,  con  tanti  apparati  bellicosi 
che  costano  milioni  di  milioni,  e  con  tante  ragioni  di  guerre  che 
puilulano  per  tutto,  sempre  si  viene  a  capo  di  eritarle,  o  di 
spegnerle  appena  accese,  o  d'  iinpedire  se  non  altro  che  diventino 
generali ;  com'e  accaduto  nel  1859,  nel  1866,  nel  1870  e 
nel  1877.  Non  si  fa  questo  per  amore  dell'umanita  o  del  bene 
delle  nazioni :  si  fa  per  timore  che  una  guerra  dei  piu  possenti 
Stati  tra  loro,  non  adduca  la  ruina  dei  fragili  edifizii  che  vi  ha 
eretti  o  sta  erigendovi  la  rivoluzione;  ed  alloggiano  ed  inpin- 
guano  gli  eserciti,  designati  a  dare  un  giorno  T  estremo  acciacco 
alia  socieU  cristiana.  fi  codesta  una  pace  politica,  che  il  masso- 
nismo  ordina  alia  guerra  sociale.  Similmente  ecco  perche,  a 
dispetto  delie  triplici,  quadruplici  e  quintuplici  alleanze  monar- 
chiche, delle  quali '  tratto  tratto  si  inena  vainpo  si  strepitoso, 
la  causa  delle  monarchic  ogni  dl  piu  perde  vantaggio,  e  in 


cambio  suo  IV  jiiista  la  causa  delle  d«'  •  piu  sir 

II  rhe  quanta  sia  vero,  lo  raoetrano  i  rigori  ai  quali  son  dovuti 
rrere  grim  peri  d'Austria,  di  Russia  e  di  Germania,  contro 
le  imprese  micidiali  e  regicide  del  socialist!,  dei  nihilisti  e 
degli  anarchist!,  che  brnlirano  nelle  loro  grandi  rnetropoli  e  ne 
inf.stano,  come  a  Pietroburgo,  le  stesse  residenze  imperiali. 

II  tempo  di  stringere  leghe  difensive  del  cost  detto  principio 
monarchic  tra  i  sovrani  e  passato,  e  Dio  non  voglia,  che,  per 
questo  scorcio  di  secolo,  sia  irreparabilmente  passato.  Ora  e  troppo 
tardi,  perchd,  nelle  menti  del  volgo,  questo  principio  non  ha  piu 
sufficiente  valore  di  muovero  e  scaldare.  L'occasione  fu  ancora 
opportuna,  con  grande  probability  di  buon  snccesso,  nel  1860, 
quando  il  diritto  inonarchico  era  vilipeso,  violate  e  calpestato 
nell'  Italia,  dalla  demagogia  mascherata  ton  manto  e  corona 
reale.  Forse  allora  si  ebbe  qualche  velleita  di  procedere  con 
braccio  ferreo  e  Concorde ;  e  nel  congresso  tenutosi  in  Varsavia 
1'autunno  di  quell' anno,  se  ne  manifestarono  i  propositi:  anzi  si 
narr6  che  uno  dei  sovrani  raccoltivi,  cavallerescamente  sclamasse, 
di  esser  pronto  ad  avventurare  il  proprio  trono,  per  salvare 
raltrui.  Ma  la  setta,  che  aveva  a  codardo  e  fnrbo  struraento  il 
Bonaparte,  scompigli6  si  bene,  colle  sue  mani,  le  fila  di  ogni 
accordo,  che  non  se  ne  fece  altro;  e  conseguentemente  si  lasci& 
che  il  principio  monarchico  perisse  nella  Penisola,  fra  le  vio- 
lenze,  i  tradimenti  e  le  massoniche  ipocrisie.  Allora  fu  intonato 
con  gioia,  dalle  orde  dei  nuovi  barbari,  il  cantico  giacobinesco: 
Les  rots  s'en  vont,  che  dieci  anni  dopo  echeggio  alle  orecchie 
del  Bonaparte,  preso  come  uno  sciacallo  al  laccio  di  Sedan ;  e 
non  cessa  di  risonare  minaccioso  da  Brusselle  a  Mosca,  dal 
Quirinale  air  Escuriale. 

rll  programma  della  massoneria  (si  noti  bene,  della  masso- 
neria,  e  non  gifc  della  societa  Internationale  o  dei  comunisti 
ed  anarchici)  quale  fu  appro vato  e  decretato  nell' assemblea  ge- 
nerate delle  logge  francesi  1*  11  giugno  1879,  e  lucido  ed  espli- 
citissimo.  <  Scristianizzare  con  tntti  i  mezzi,  ma  sopra  tutto 
strangolando  il  cattolicismo  a  poco  a  poco  > ;  ecco  la  demolizione 
degli  ulUri.  Poi  viene  la  demolizione  dei  troni  in  Europa:  <  il 
inovimento  si  fara  contro  il  nord,  perche  sono  cola  i  sovrani 


DI  I-N'ALLK\  MICHICA 

piil  solidi,  avendo  essi  forti  istituzioni  inilitari.  Si  faranno  ogni 
anno  e  da  per  tutto  tentativi  di  regicidio.  In  Italia  verra  presto 
la  repubblica,  e  non  monta  darsene  pensiero.  Al  fine,  fra  otto 
anni,  se  i  re  non  saranno  tutti  spariti,  le  monarchic  almeno 
saranno  dirainuite  *.  >  Per  tal  modo,  in  quella  che  si  ciancia  e  si 
scribacchia  di  leghe  monarchiche,  la  raassoneria  ringagliardisce 
il  suo  feroce  canto:  Les  rois  s'en  vont. 

VI. 

II  colpo  piil  mortale  pero  vibrato  alia  causa  monarchica  in 
Europa,  fu  quello  che  si  Iasci6  dare  nel  1870  agli  ultimi  avanzi 
della  sovranita  del  Papa  in  Roma,  da  una  monarchia  che  sper6 
di  salvare  e  rafforzare  s&  stessa,  facendo  sbalzar  in  aria,  colle 
granate  e  colle  palle*dei  cannoni,  la  pietra  sopra  cui  ogni  diritto 
monarchico  riposa.  Questa  monarchia  porta  ora  il  funesto  peso 
delle  conseguenze  di  un  tanto  fallo,  e  si  vede,  senz'alcun  pos- 
sibile  rimedio,  sgretolare  il  trono,  che  finora  e  servito  di  fievol 
riparo  alia  piu  astuta  delle  demogogie.  Ma  non  e  sola  a  portare 
il  tristissimo  peso.  Con  essa  lo  portano  le  altre,  che  furono  com- 
plici  dell'alto  fatto,  o  consenzienti:  ed  i  regicidi  di  Russia  e  di 
G-ermania  gia  ne  diedero  da  assaggiare  i  sanguinosi  frutti  ad 
Alessandro  II,  macellato  in  una  pubblica  via  di  Pietroburgo,  ed 
a  Guglielmo,  archibugiato  dal  Nobiling  in  un'altra  di  Berlino. 
Quelle  bonibe  micidiali  e  quel  piombo  erano  virtualmente  nelle 
bombe  e  nel  piombo,  che  si  lasciarono  scagliar  contro  il  piu  au- 
gusto  del  troni  e  contro  la  piu  veneranda  delle  maesta,  ii  trono 
del  Vicario  di  Cristo,  la  inaesta  di  Pio  IX. 

Parecchi  anni  prima  era  stato  pronosticato  da  Giuseppe  Maz- 
zini,  che  1' esautoramento  del  Papa  nella  sua  Roma  era  inter- 
detto  a  qualsiasi  monarchia,  che  non  avesse  voluto  esautorare  a 
un  tratto  e  s&  stessa  ed  il  Papa.  No,  niun  potere  regio,  scriveva 
quel  patriarca  di  demagoghi,  osera  detronare  il  Pontefice  nella 
sua  sede,  o  se  1' osera,  insieme  col  Pontefice,  detronera  s6  e  fara 
traballare  tutti  i  troni.  Imperocche,  sono  sue  parole,  un  re  non 
potrebbe  costituirsi  carnefice  del  principio,  in  virtu  del  quale 

1  Veggasi  il  bel  volume  di  Monsignor  FAVA,  Vescovo  di  Grenoble,  Le  secret  <\r, 
la  frammofonnerie. 


•ia;  e,  catluto  il  trono  papale,  domnno  cade 
tutte  le  monarchie  delta  societa  cristiana. 

In  effetto  si  nota  dai  pubblicisti  piu  sagaci  e  dagli  scrittori  di 
storia  contemporanea,  che  gianmuii  la  guerra  all'autorita  sociale 
DOQ  si  6  fatta,  con  tanto  incretnento  di  anarchia  negli  spirit! , 
come  nei  quattordici  anni  susseguenti  all'impresa  sardomasso- 
i  contro  Roma.  Ed  il  fatto  6  cosl  lampante,  che  non  si  pu6 
non  vedero  da  chi  ha  gli  occhi  in  capo  per  vedere. 

Poco  fa  leggevamo  in  uno  di  quei  giornali,  che  hanno  applau- 
dite  tutte  le  scelleratezze  commessesi  in  Italia,  dal  1359  sino  ad 
ora,  e  non  hanno  avute  mai  frasi  che  bastassero  ad  incielare  il 
trionfo  della  massoneria  italiana  sopra  tutti  i  diritti  del  Papa  e 
della  Chiesa,  in  uno  di  qnei  giornali  che  si  gloriano  di  sostenere 
il  trono  sabaudo  nel  Quirinale,  colle  schegge*  del  trono  pontificio, 
spe/zato  nel  Yaticano,  leggevamo  un  fiero  lamento  della  insana- 
bile  malattia,  provenuta  dai  tanti  leni  che  la  rivoluzione  ha  re- 
cati  all' Italia  ed  alia  monarchia  sua,  cio£  dire  il  dispregio  delle 
autorita.  Piangendo  a  calde  lagrime:  «  Esautorare  e  distrug- 
gere,  sclamava,  ecco  il  programma:  esautorare  tutti  i  galantuo- 
roini ;  distruggere  nella  coscienza  pubblica  tutti  i  rappresentanti 
dell'ordine  sociale...  E  il  prodromo  dell'  indulgenza  plenaria,  del 
giubbileo  dei  manigoldi.  Queste  dottrine  conducono  alia  ruina  le 
societa  latine.  L' Italia  non  si  salvera,  se  non  si  cureranno  con 
mano  forte  i  sintomi  della  malattia  rivoluzionaria,  che  in  essa  si 
palesano  !.  > 

Ma  come  salvare  1' Italia  rivoluzionaria  dalla  tube  che  si  porta 
nel  sangue  e  nelle  viscere  ab  origint?  E  come  salvare  qualsi- 
voglia  altra  autorita  umana,  postoch^  si  consente  che  resti  sempre 
esautorato  e  distrutto  nel  Papa  il  principio  generative  e  confor- 
tativo  d'ogni  morale  autorita?  La  guerra  a  Dio  nei  Papi  e 
Be  prosegue  il  suo  corso  e,  se  Dio  non  interviene  per  vie  inopi- 
nate,  non  solamente  si  vedranno  esautorati  tutti  i  re,  ma  con 
loro  tutti  i  galantuomini;  poichd  ben  &  povero  di  spirito  chi  non 
intende,  che  \\giulbileo  dei  manigoldi  e  T  ultimo  corollario  della 
guerra  a  Z)j'o,  nei  Papi  e  nei  Re. 

1   //'  'i mione,  num.  dt-i  2  aprile  1884. 


DI    I'.V  ALLKANZA    MO.NARCHICA    IN    F.II'.OPA 

VII. 

Tal  £  pertanto  il  cumolo  delle  ragioni,  per  le  quali  vani  ci 
sembrano  gli  spauracchi  di  un'  alleanza  monarchica,  raffrenatrice 
della  licenza  anarchica  in  Europa.  Finchd  le  cose  durano  ad 
essere  quali  dal  1870  in  qua  sono,  i  demagoghi,  a  qualunque 
gradazione  settaria  appartengano,  sotto  1'ombra  tutelatrice  del- 
1'alta  massoneria,  posson  dormire  tranquillamente  col  capo  su 
doppio  origliere;  ne  le  leggi  repressive  dei  nichilisti  in  Russia; 
ne  quelle  che  si  son  messe  in  vigore  nell' Austria ;  ne  quelle  che 
si  e"  risoluto  di  rinnovare  in  Germania  contro  i  socialisti;  ne  lo 
stringimento  dei  freni,  immaginato  dal  Depretis,  tra  il  fumo  dei 
bicchieri  spunteggianti  nel  banchetto  di  Stradella;  ne  i  congegni 
di  equilibrio  ideati  -dal  Canovas  in  Madrid,  debbono  turbare  i  lor 
sonni,  o  intorbidare  le  rosee  speranze,  di  che  pascono  gli  animi 
loro  per  1'awenire.  Quanto  sanno  figurarsi  di  lieto  e  giocondo, 
tutto  verosimilmente  gusteranno,  se  campano,  gran  merce  del 
petrolic,  della  mannaia,  della  dinamite  e  delle  altre  gentilezze 
che  preparano,  per  dare  degno  coronamento  alia  civiltd,  senza  e 
contro  la  Chiesa,  senza  e  contro  Cristo,  senza  e  contro  il  decalogo 
di  Dio.  Tutto  va  per  loro  a  seconda,  il  vento  spira  loro  in  poppa. 

Quindi  finche  le  monarchie  non  metton  mano  a  ricollocare  in 
Italia  al  suo  posto  la  pietra  angolare  d'ogni  regio  potere,  che 
e  il  sacro  diritto  del  romano  Pontefice;  e  finche  non  si  studiano 
di  far  riconoscere,  sopra  le  loro  corone,  per  sovrano  Signore  e  Re 
dei  re,  il  Dio  creatore  e  redentore  del  genere  umano;  e  finch&, 
in  conclusione,  scioltesi  dalle  catene  massonico-giudaiche,  non 
tornano  ai  due  grandi  principii  di  giustizia  politica  naturale  e 
cristiana,  a  quello  dell'  Unicuique  suum  ed  a  quello  del  Eeddite 
Deo  quae  sunt  Dei ',  non  si  diano  a  credere  possibile  il  salvarsi. 
Non  vi  e  potenza  di  leghe,  di  eserciti,  di  miliardi  e  di  diplomazia, 
che  valga  a  tener  luogo  di  quella  grazia  di  Dio,  per  la  quale 
unicamente  i  re  possono  regnare  sopra  i  popoli ;  grazia  che  per 
fermo  non  ha  coinpensi  nei  Kulturkampf,  o  nelle  brecce  di  nes- 
suna  specie. 

«  Luc.  XX,  25. 


DEL  COMP08TO  ONTOLOGICO 

E  DELI.A   HKV1.K   I)!>TIN/IONE 

L'ESSENZA  i:  i:i:ssERE  cm-:  vi-  IN  or.Ni  CKEATURA 


I. 

'In  che  richiedesi  per  avere  ilcomposto;  cinque  illazioni ; 
si  divide  in  mentale  e  reale ;  la  distinzione  incompatibile 
colla  identity  tra  i  distinti;  attributi  dicini;  Trinita;  fal- 
sit  a  delta  sentenza  che  alia  distinzione  reale  si  ricerchi  la 
dirisibilitd  e  la  possibi/e  continuazione  nella  esistenza  delle 
parti;  non  ogni  reale  ha  propria  esistenza;  non  v'$  affatto 
altra  distinzione  oltre  le  due  indicate. 

Dio  solo  e  semplice,  ogni  creatura  e  essenzialmente  composta. 
Percho  mai?  La  ragione  di  questo  principio  universalissimo  sta 
in  cio,  che  il  cornposto  e  essenzialmente  finite:  e  percid  1' infinite 
non  pufc  essere  composto  ed  esso  conseguentemente  deve  essere 
semplice.  Ma  qui  e  mestieri  filosofare  sopra  la  natura  dello  stesso 
composto.  La  pluralita  o  la  moltiplicita  non  basta  ad  avere  la 
ragione  del  composto:  oltre  qnesta  si  richiede  1'unione  dei  pi>' 
componenti  a  cosiituire  quell'  uno  che  dicesi  composto.  Cosl  per 
esempio  1'anima  e  la  materia  non  costituiscono  sempre  il  com- 
posto; per  ottenerlo  e  mestieri  che  si  faccia  tale  unione  dei  due, 
che  ne  risulti  1'uomo,  il  quale  e  Tente  uno,  coraposto.  Da  ci6  si 
vede:  1°  che  i  componenti  debbono  precedere  o  in  ragione  di 
tempo,  od  almeno  con  priorita  di  natura,  il  composto,  perche 
dalla  loro  unione  questo  debbe  risultare;  2°  che  i  coraponenti 
sono  causa,  per  se,  rimota  del  composto:  la  loro  unione  ed  essi 
stessi  in  quanto  si  uniscono  ne  sono  causa  prossima;  3°  che  la 
perfezione  del  composto  deriva  dalla  perfezione  dei  componenti ; 
4°  che  il  coraposto  e  essenzialraente  contingente,  appunto  perche 

Serie  XII.  r,./.   VI.  ftuc.  813 


306  DI'L    COMPOSTO    ONTOLOGICO    E   DELLA    REAL!:    WST1.NZIONE 

non  ha  in  se  stesso  la  sufficiente  ragione  del  suo  essere,  ma  1'ha 
nei  componenti;  5°  che  la  perfezione  stessa  e"  essenzialmente  finita, 
essendo  il  composto  un  essere  contingente  e  non  a  se,  doe  ne« 
cessario. 

Se  non  che  il  composto  pu6  dividers!  in  composto  reale,  e  in 
composto  mentale  o  secundum  rationem.  In  quello  le  parti  reali 
concorrono  realmente  alia  costituzione  del  tutto  reale ;  in  questo 
non  6  cosl,  ma  ci6  che  non  ha  parti  in  se  stesso  viene  concepito 
con  varii  concetti,  i  quali  concorrono  a  formare  un  pieno  con- 
cetto. Nei  composto  reale  non  ci  pu6  essere  identita  tra  i  concetti 
coi  quali  si  concepiscono  le  parti  e  il  tutto,  e  di  piu  non  ci  pu6 
essere  identita  nelle  cose  concepite.  Quindi  non  solo  il  concetto 
dell'anima  non  e  quello  del  corpo  o  dell'uomo;  ma  1'anima  non 
d  T  uomo ;  n&  e  il  corpo :  in  questo  caso  concetti  diversi  vanno 
a  riferirsi  in  diversi  termini  reali.  Per  contrario  del  composto 
mentale  vuolsi  dire,  che  non  c'e  identita  nei  concetti,  sebbene 
la  ci  sia  nelle  cose  concepite,  prese  nella  loro  realta.  Cosl  noi 
concepiaino  in  Dio  composizione  d' infinita  sapienza  ed' infinita 
bonta  ecc...Ne  possiamo  dire  che  il  nostro  concetto  della  sapienza 
infinita  sia  il  concetto  della  infinita  bonta,  ma  possiamo  e  dob- 
biamo  dire  che  la  cosa  concepita  col  primo  concetto  e  la  identica 
cosa  concepita  col  secondo;  doe  che  eutrambi  i  concetti  vanno 
a  riferirsi  allo  stesso  termine :  ed  anzi  che  la  cosa  concepita  col 
solo  concetto  della  sapienza,  o  col  solo  concetto  della  bonta  infinita, 
6  identica  a  quella  che  e  concepita  col  concetto  mentale  del  tutto, 
doe"  di  Dio. 

Da  ci6  si  vede  che  nei  composto  reale  le  parti  reali  debbonsi 
realmente  distinguere  tra  loro ;  e  nei  composto  mentale  coteste 
parti  non  si  possono  distinguere  realmente  tra  loro;  ma  solo 
mentalmente.  Appunto  perche  nei  primo  non  ci  pu6  essere  identita 
reale  tra  esse ;  e  la  ci  deve  essere  nella  realta  (cui  vanno  a  rife- 
rirsi i  concetti)  nei  secondo. Quindi  c'e  reale  distinzione  tra  1'anima 
e  il  corpo;  non  c'e"  reale  distinzione  tra  la  sapienza  divina  e  la 
divina  bonta.  Ma  la  distinzione  reale  di  ci6  che  v'e  in  un  essere 
non  mostra  che  questo  sia  realmente  composto,  sebbene  quello 
ch'e  realraente  composto  richieda  quella  distinzione.  Cosl  in  Dio 
v*  e  il  Padre,  il  Verbo,  lo  Spirito  Santo.  Queste  tre  persone  non 


ro  im  tutt".  Imp-To  cos\ 

cone  •-»,  non  ci  sarebbe  identita  tra  ciascuna  persona  e  Dio, 

^i  deve  ammettere  che  il  Padre  ft  Dio;  il  Verbo  ft  Dio;  lo 
Spirito  Santo  ft  Dio.  Percfo  tra  la  persona  e  1'essenza  non  v'ft 
distinzione  reale,  ma  solo  inentale,  benchft  siavi  reale  distinzione 
tra  ciascuna  delle  tre  persone  e  1'altre.  Laqnale  reale  distinzioue 
comechd  impedisca  1'  identitfc  tra  loro  in  quanto  persone,  non  to- 
glie  la  loro  identitu  con  la  divina  essenza,  da  cui  realmente  non  si 
distinguono.  Qtrindi  deriva  quella  che  da  teologi  ft  detta  circumin- 
sessione,  grecameute  r.iviy^wus,  espressa  nelle  parole  di  Cristo: 
Ego  in  Poire  et  Pater  in  me  est  —  Ego  et  Pater  unum  suntus. 

Dalle  cose  fin  qui  discorse  ben  si  vede  che  il  carattere  essen- 
ziale  del  composto  reale  ft  la  mancanza  d' identita  (la  quale  viene 
espressa  col  verbo  £  in  una  proposizione  afferraativa)  di  una 
parte  con  1'altra  e  di  ciascuna  parte  col  tutto.  Da  questa  man- 
canza d'identita  segue  logicamente  la  reale  distinzione  delle 
parti.  Ma  qui  coloro  che  non  vanno  a  fondo  inciampano  in  varii 
errori,  i  quali  a  primo  aspetto  paiono  di  poca  rilevanza,  ma  in 
realta  sono  gravi.  Vi  ft  chi  ad  avere  un  composto  reale  e  reale 
distinzione  delle  parti,  richiede  la  divisibility  delle  inedesime. 
Altri  viiole  che  dopo  la  loro  divisione,  o  natunilmente,  od  almeno 
per  miracolo,  possano  esse  continuare  la  loro  esistenza.  Se  questo 
non  si  possa  avverare,  traggono,  come  conseguenza,  che  dunque 
non  ci  ft  distinzione  reale,  e  pert  non  c'ft  composto  reale.  Se  non 
che  cosifatte  sentenze  non  hanno  fondamento  di  verita. 

Come  dicevamo  testft,  le  divine  persone  sono  tra  loro  real- 
mente distinte,  e  possiamo  percift  e  dobbiamo  dire  che  sono  tre; 
n&  ci  6  lecito  1'affermare  che  il  Padre  e  il  Verbo,  o  che  il  Verbo 
£  lo  Spirito  Santo.  Ma  quale  assurdo  sarebbe  e  teologico  e  filosofico 
il  dire  che  il  Padre  6  divisibile  dal  Verbo,  o  che  il  Verbo  6  divi- 
sibile  dallo  Spirito  Santo!  Adunque  c'6  distinzione  reale  senza 
ibilita  nei  distinti. 

N6  punto  ft  vera  la  sentenza  di  chi  dice  che  per  la  distinzione 
reale  delle  parti  si  richiegga  ch'esse  debbano  esistere,  od  almeno 
che  possano  esistere  da  per  s$,  fatta  la  separazione.  Se  non  che 
ft  mestieri  che  questo  punto  sia  chiarito  con  tutta  evidenza,  cotal- 


.'{(IS  DEL   COMPOSTO    ONTOLOGICO    E    DELLA    HEALE   D1STINZIONE 

ch&  il  lettore  no  sia  convinto :  perche  intorno  ad  esso  anchc  gravi 
filosofi  sbagliarono. 

Quaado  non  c'e  distinzione  reale,  v'e  reale  identita ;  e  percio* 
nella  realta  tutto  ci6  che  e  attribuito  ad  una  cosa,  devesi  attri- 
buire  ad  un'altra,  la  quale  dalla  priraa  non  distinguesi  realme: 
Cio  posto  chiediarao:  allorche  1'intelletto  intende,  si  muta?  Si 
muta  o  non  si  muta  il  senso  di  un  cane,  quando  colpito  dal  ba- 
stone  sente  dolore  e  guaisce?  Si  muta  1'uomo  quando,  essendo 
da  prima  in  quiete,  si  determina  a  correre?  fi  manifesto  che  qui 
v'e  mutazione.  Ma  ripigliamo:  e  questa  mutazione  reale,  cio£  nelle 
cose  stesse,  o  6  una  mutazione  soltanto  da  noi  concepita,  ossia  pu- 
ramente  mentale?  Ridevole  cosasarebbe  Paffermare  quest'ultimo. 
Come  ii  corso  e  reale;  come  6  reale  il  dolore  del  cane;  come  la 
cognizione  acquisita  e  reale:  e  il  corso,  e  il  dolore,  e  la  cogni- 
zione  non  c'erano  prima  e  poi  in  realta  ci  sono;  cosl  coteste 
mutazioni  sono  veramente  reali.  Ci6  posto,  possiamo  noi  dire  ri- 
guardo  all'ordine  della  realta:  1'intelletto  e  la  cognizione?  ii 
cane  6  il  dolore?  1'uomo  e  il  corso?  Se  questo  si  potesse  dire, 
poichd  in  ragione  di  tempo,  prima  esiste  1'  intelletto  e  poi  esso 
acquista  la  cognizione;  prima  c'e  il  cane  e  poi  sente  il  dolore: 
prinia  c'e  1'uomo  e  poi  corre;  si  dovrebbe  conseguentemente  dire 
(in  virtu  dell' identita  supposta  nelle  dette  proposizioni)  che  T in- 
telletto ha  cognizione  prima  di  averla :  che  il  cane  ha  il  dolore 
prima  di  sentirlo:  che  1'uomo  corre  prima  di  correre.  E  questa 
violazione  aperta  del  principio  di  contradizione.  Inoltre  si  soster- 
rebbe  1'  identita  tra  causa  ed  effetto,  cioe  tra  causa  e  non  causa : 
perch&  la  cognizione  dall' intelletto,  il  dolore  dal  senziente,  il 
corso  da  chi  corre  procedono ;  e  cosl  ancora  ne  apparirebbe  violato 
il  principio  di  contradizione.  E  questa  violazione  pur  si  vedrebbe 
in  ci6  che  verrebbe  affermata  la  identita  tra  la  sostanza  e  1'  ac- 
cidente,  cio6  tra  sostanza  e  non  sostanza:  mercecche  1'anima 
che  pensa  e  sostanza :  sostanza  il  cane :  sostanza  1'  uomo :  ed  ac- 
cidenti  sono  la  cognizione,  ii  dolore  e  il  corso.  Adunque  esclusa 
la  prefata  identita,  e  assolutamente  necessario  1'affermare  che 
neli'ordine  della  realta  1'uno  non  e  1'altro,  e  per6  vi  e  distin- 
zione reale  tra  1'intelletto  e  la  sua  cognizione,  tra  il  cane  e  il 
suo  dolore;  tra  1'  uomo  e  il  suo  corso.  Ma  di  grazia  chi  mai  pu6 


ohe  la  r  .",  il  dolore,  il  corso  pos- 

sono  separarsi  dall' intolletto,  dal  cane,  dairuomo  per  guisa  che 
quolli  possano  •  la  per  se,  senza  i  loro  principii  da  cui 

'tmcnte  procedono?  Questo  vitale  procedimento  e  essenziale 
alia  loro  esistenza,  e  pero  e  impossibile  ch'esistano  senza  i  loro 
yitali  principii.  Accertatamente  abbiamo  dunque  cose  tra  le  quali 
y'e  distinzione  reale  e  divisibility  perchfc  una  di  esse  pu6  esi- 
stero  senza  1'altra;  comeche  1'altra  non  possa  esistere  indipen- 
dente  per  se  stessa.  Puo  esistere  1'  intelletto  senza  un  suo  verbo, 
il  cane  senza  il  dolore  che  riceve  per  la  percossa:  1'uomo  senza 
quel  corso;  ma  non  il  verbo  senza  intelletto :  non  il  dolore  del 
cane  sen/a  questo:  non  il  corso  senza  chi  corre. 

Allorche  una  cosa  ha  esistenza  propria,  pu6  esistere  da  per 
se.  Quando  quella  non  puo  esistere  da  per  se,  non  avra  esi- 
stenza propria;  e  in  questo  caso  per  esistere  dovra  essere  de- 
terminata  alia  esistenza  da  altro,  col  quale  fara  un  composto. 
Percid  il  verbo  mentale,  il  dolore,  il  corso  qaantunque  abbiano 
realta,  tuttavia  non  si  diranno  avere  esistenza  propria,  poiche 
sono  determinati  ad  esistere  coi  loro  principii  o  cause,  con  le 
quali  formano  un  tutto.  E  in  questo  senso  la  materia  prima, 
secondo  la  dottrina  di  san  Tommaso,  non  ha  esistenza  propria  ne 
propria  attualita.  Imperocche  nessun  ente  pu6  esistere  se  non  e 
sotto  un  genere  deteruiinato  e  costituito  in  una  specie,  cioe  se 
non  e  determinata  la  sua  quiddita;  ma  di  per  se  la  materia 
prima  non  ha  determinata  quiddita;  e  viene  determinata  in  un 
genere  ed  in  una  specie  dalla  forma  sostanziale.  Dal  che  vedesi 
che  chi  dall'  affermarsi  che  la  materia  prima  non  ha  propria 
esistenza  e  propria  attualita  vuol  dedurre  ch'essa  adunque  e  nulln, 
miscet  quadrata  rotundis,  ne  penetra  la  significazione  delle 
parole. 

Fin  qui  noi  non  abbiamo  parlato  che  di  due  generi  di  com- 
posti  e  di  due  generi  di  distinzioni:  cioe  di  composto  reale  e 
di  composto  mentale:  e  di  distinzione  reale  e  di  distinzione 
mentale  o  di  ragione.  Eppure  tante  dai  filosofi  vengono  indicate 
distinzioni  fra  loro  diverse,  e  tanti  diversi  composti!  Sta  bene: 
ma  invitiamo  il  nostro  lettore  ad  opporci  una  distinzione  che 
non  sia  ne  reale  no  di  ragione;  od  un  composto  che  non  sia 


310  DEL   COMPOSTO   OMOLOGICO    E    DELLA    HEALE 

n£  inentale  n&  reale.  £  impossibile  che  li  ritrovi;  perche  la 
disgiunzione  e  perfetta  essendovi  tra  i  due  membri  vera  con- 
tradizione.  O.non  d  fuori  della  mente  o  e  fuori  della  mente; 
se  non  e  fuori  della  mente,  e  mentale  o  di  ragione :  se  6  fuori, 
e  reale.  fi  chiaro  poi  che  sebbene  possa  essere  nella  mente  e 
non  fuori,  non  pu6  essere  fuori  senza  essere  nella  mente;  per- 
che il  meno  d  nel  piu  e  il  piu  non  e  nel  meno:  ed  e  piu 
essere  distinto  realmente,  meno  solo  mentalinente;  per6  se  si 
pu6  fare  distinzione  tra  concetti  che  si  terminano  alia  cosa 
identica,  con  tanto  maggiore  ragione  la  si  dovra  fare  tra  concetti 
che  si  terminano  a  cose  realmente  distinte. 

Se  al  vero  ci  apponiamo  le  cose  fin  qui  discorse  rifulgono 
di  tanta  chiarezza  che  ognuno  dovrebbe  tenerle  indubitataraente 
per  vere.  Eppure  moltissimi  filosofi  le  confondono  per  modo  che 
nella  nostra  principale  questione  della  distinzione  tra  la  essenza 
e  1' essere  e  della  conseguente  essenziale  composizione  di  ogni 
creatura,  errano  incerti. 

II. 

Onde  nasca  la  difficoltd  di  spiegare  il  concetto  dell' essere; 
signified  I' atto  non  I' essenza;  Ente  significa  entramli; 
ma  I' essenza  transcendentalmente ;  corpo,  uomo  espriniono 
r  atto  con  la  essenza  generica  o  specifica;  ente  $  un  com- 
posto  ontologico  di  potenza  e  di  atto;  altro  e  composfo  logico ; 
altro  fisico ;  la  composizione  ontologica  reale  e  la  prima 
e  dalle  altre  composizioni  e  presupposta. 

La  e  cosa  assai  malagevole  dare  spiegazione  di  quelle  parole 
che  significano  i  primi  universali  e  piu  semplici  concetti  della 
nostra  mente,  i  quali  hanno  la  inasshna  estensione  rispetto  agli 
oggetti  cui  si  riferiscono,  e  la  minima  comprensione  riguardo 
alle  note  che  degli  stessi  oggetti  esprimono.  Quando  si  tratta 
di  ci6  che  sta  sotto  una  determinata  specie  non  e  gran  cosa 
darne  la  definizione  per  genus  proximum  et  differentlam  ulti- 
mam;  ma  quando  si  tratta  di  un  transcendentale  che  da  nes- 
suna  specie  o  genere  e  contenuto,  ma  tutte  le  trascende,  la 
bisogna  e  ben  differente.  Non  accade  ci6  perche  que' concetti 


'•'•  I  I 

sieno  oscuri;  tutt'al  contrario:  gli  e  perche  sono  troppo  chi.iri, 
n&  per  rhrhiiirurli  si  possono  addurre  concetti  piu  chiari  di 
essi.  Tal  e  il  concetto  dell'essere. 

Infutti  non  c'o  uomo  al  mondo  che  ben  non  sappia  che  cosa 
voglia  din-  <->vro,  mercecchd  questo  6  racchiuso  in  tutti  i  nostri 
concetti.  Che  se  vogliamo  riflettere  sopra  noi  stessi  che  cosa 
con  esso  vogliamo  indicate,  troveremo  che  vogliamo  significare 
ci6  che  risponde  al  verbo  2  non  solo  se  si  tratti  di  cosa  ora 
esistente,  ma  eziandio  se  di  esistenza  passata,  oppure  di  futura. 
Infatti  se  diciamo  fu  oppuro  sard,  vogliamo  accennare  all't5 
che  si  pote"  a  quella  cosa  riferire  in  passato,  o  si  dovra  riferiro 
in  futuro;  comeche  l'£  ora  non  si  possa  a  lei  riferire. 

Se  non  che  e  ha  una  significazione  cosl  semplice  che  nulla 
pin.  £  di  vero  non  e  proprio  di  veruna  cosa  ne  in  quanto  essa  e 
singulare,  ne  in  quanto  appartiene  ad  una  specie  o  ad  un  genere. 
Se  cift  non  fosse  non  si  potrebbe  egualmente  a  tutte  le  cose 
di  tutti  i  generi  e  di  tutte  le  specie  applicare.  Infatti  se  si- 
gnificasse  sostanza,  non  si  potrebbe  applicare  agli  accidenti  e 
viceversa:  eppure  diciamo  quel  colore  e,  quell' uomo  e".  Laonde 
si  deve  dire,  che  e  indica  la  sola  attualita  di  ogni  cosa  pre- 
scindendo  da  ci6  ch'e  la  cosa  stessa  (dal  quod  quid  est  rei), 
ossia  dalla  sua  quiddita  ed  essenza.  Come  le  parole  T uomo  $ 
indicano  do  che  risponde  allV' piii  la  deterininazione  della  es- 
senza dell'tiomo,  e  quindi  sono  applicabili  a  tutti  gl'individui 
e  razze  del  genere  uinano:  come  le  parole  V  animate  it,  sono 
riferibili  a  ci6  ch'e  significato  dair^  piu  la  determinazione 
della  essenza  deH'animale;  cosl  il  solo  e  si  riferisce  alia  sola 
attualita  di  ci6  a  cui  accenna,  prescindendo  affatto  da  qualunque 
determinazione  di  essenza. 

Ma  e  egli  mai  possibile  che  possa  solo  di  per  s&  esistere  il 
termine  reale  a  cui  si  riferisce  il  verbo  £?  Non  e  possibile 
perche  in  tale  ipotesi  ci  sarebbe  cosa  che  non  apparterrebbe  a 
veruna  specie  a  verun  genere,  non  avendo  nessuna  essenza. 
Affineha  1'i  si  riferisca  ad  un  termine  bisogna  che  vi  si  ag- 
giiiDga  un  altro  elemento  oltre  1'attuazione  che  naturalmente 
significa.  Tale  elemento  e  la  essenza:  ma  cotesto  pu6  essere 
designato  transcendentalmente,  ovvero  genericamente  o  specifi- 


'M'2  DEL   COMPOSTO   ONTOLOCICO    E   DELLA    HEALE    DISTINZIONE 

caraente.  Nel  primo  caso  viene  designata  1'essenza  senza  veruna 
di  queste  determinazioni :  nel  secondo  viene  indicata  la  essenza 
da  alcima  di  queste  determinazioni  ristretta.  La  parola  che 
tspriine  1'attuazione  della  essenza  nella  prima  maniera  e  ente, 
ens:  quella  che  la  significa  nella  seconda  maniera  e  corpo,  doe 
sostanza  materiale;  uomo,  cioe  animale  razionale,  ecc. 

Dalla  quale  considerazione  viene  che  il  concetto  dell' ente  e 
un  concetto  composto.  Come  amante,  intelligente  indicano  un 
soggetto  il  quale  non  &  tutto  1'  atto  amare  (il  quale  con  grande 
sapienza  dicesi  grainmaticamente  infinite)  ma  ne  partecipa;  e 
un  soggetto  che  non  e  1'atto  infinito  espresso  nell'  intendere, 
ma  ne  ha  una  partecipazione:  cosl  ente  non  indica  1'infinita 
attualita,  ma  un  soggetto  che  ha  una  partecipazione  della  me- 
desima.  Ora  il  soggetto,  per  ci6  stesso  che  riceve  od  ha  un  atto 
deli' essere,  ha  la  ragione  di  potenza  che  dall'atto  viene  deter- 
minata  o  trascendentalmente  o  genericamente  e  specificamente. 
Adunqne  Ve  indica  ii  solo  atto  primo  (per6  hen  dicesi  il  verbo  e 
sostantivo,  perchd  d  il  primo  che  substat  a  tutti  gli  atti  e  in 
tutti  gli  altri  e  supposto  o  sottoposto)',  la  parola  essenza  indica 
la  sola  potenza  prima:  la  parola  ens  accenna  a  questa  prima 
potenza  congiunta  con  1'atto  primo.  Per  la  qual  cosa  sovrana- 
mente  filosofica  e"  la  dottrina  dell'Aquinate,  il  quale  definisce 
1'essenza,  cuius  actus  est  esse. 

Or  vedesi  la  hella  significazione  del  vetusto  assioma  ammesso 
in  tutte  le  scuole  che  potentia  et  actus  dividunt  ens.  Non  vuol 
dire  che  sotto  1'  ens  transcendentale  vi  sieno  due  categorie,  ad 
una  delle  quali  appartenga  la  potenza,  all'altra  1'atto.  Ma  vuol 
dire  che  ogni  ente  ha  in  se  questa  divisione  che  da  noi  e  detta 
distinzione  reale.  Quindi  V  ens  transcendentalmente  preso  ha  in 
s&  la  potenza,  doe"  1'essenza  transcendentalmente  pur  presa  e 
1'  essere.  Ciascun  genere  in  ognuna  delle  dieci  categorie  e  ciascuna 
specie  ha  pur  in  se  questi  due  elementi  nei  quali  ogni  ente  e 
diviso:  per  esempio  1'aniinale,  che  &  ente,  ha  in  s&  la  potenza, 
cioe  la  essenza,  Venimalita,  e  1' essere  ond'e  essa  attuata,  e  cosi 
dicasi  d'ogni  cosa. 

Chi  non  vede  pertanto  che  in  ci6  che  nella  realtci  risponde  al 
concetto  di  ente  e  da  questa  parola  e  significato,  vi  e  uua  vera 


»,  qualV-  qu«-lla  di  {lott-nza  o  di  atto?  E  con  qual 
•  cbiamcremo  cotesta  composi/iono? 

deteniiinare  questo  nome  convenientomente,  si  noli  che 
udo  noi  elite  in  tre  termini  appuntiaino  implicitamento  il 
nostro  intelletto.  II  primo  e  1'atto  dell'essere,  significato  dal 
verbo  di  tempo  presente  e:  il  secondo  e  \*  essenza  transcend*  n- 
talmente  designata:  il  terzo  e  Tunione  di  entrambi,  o  meglio 
il  tattoo  il  coinposto.  Nel  solo  atto  di  essere  non  c'e  compo- 
sizione:  non  c'e  nell' essenza  transcendentalmente  presa:  c'd 
nel  tutto  ciod  nQ\\'ente:  per6  questa  coraposizione  tra  1'essenza 
e  1'essere  convenientemente  si  dira  ontologica.  Appunto  perche 
ogni  cosa  esistente  nella  sua  realta  d  ente,  bisognera  confessare 
cbe  in  ogni  cosa  v'&  cotesta  composizione  ontologica.  Non  e 
questa  sola  composizione  mentalo,  che  stia  soltanto  nei  concetti ; 
ma  o  nella  realta:  perchd  nella  realta  c'd  Tessenza  c'6  1'atto 
di  essere,  e  ci  sono  tutti  due  uniti  assieme,  e  mm  possiamo  dire 
che  1'essenza  e  1'atto  di  essere;  nd  che  quella  sola,  oppure  questo 
solo,  sia  tutto  Tente.  Escludiamo  quindi  la  identita  reale  tra  una 
parte  e  1'altra,  tra  ciascuna  parte  e  il  tutto  ente,  la  quale  devo 
sempre  ritrovarsi  quando  la  composizione  £  di  sola  ragione. 

Ne  bisogna  confondere  il  composto  ontologico,  col  composto 
logico,  e  col  composto  fisico.  Imperocch6  ogni  ente,  perche  ente, 
e  un  composto  ontologico  di  essenza  e  di  essere.  Ma  oltre  la 
composizione  ontologica  cui  va  soggetto  1'ente,  v'e  la  compo- 
sizione che  riguarda  la  essenza  che  n'e  un  suo  elemento.  II 
trascendentale  indicate  colla  sola  parola  essenza,  certamente  non 
6  composto;  ma  il  generico  o  lo  specifico,  indicate  con  la  pa- 
rola che  significa  una  determinata  essenza,  per  esempio  uma- 
nita,  non  si  pu5  dire  egualmente  semplice.  Di  vero,  questa 
essenza  costituisce  1'ente  uomo;  e  Tuoino  e  animal  rationale. 
Percio  nella  sua  essenza  c'  e  la  essenza  di  sostanza,  di  vivente, 
di  senziente,  di  intelligento.  Quindi  nell'uomo  oltre  la  compo- 
si/ione  ontologica,  ve  ne  sara  un'altra  che  riguarda,  non  il 
tutto  ch'e  costituito  dalla  essenza  e  dall1  essere,  ma  la  sola 
essenza.  Come  la  chiameremo?  reale?  di  sola  ragione?  Se  fosse 
reale,  seguendo  il  nostro  principio,  non  si  potrebbe  con  verita 
afferinare  la  reale  identita  tra  le  parti  della  stessa  essenza;  ne 


314  DEL   COMPOSTO   ONTOLOGICO    E   DELLA.   REALE   DISTI.NZIONE 

1' identiU  reale  tra  ciascuna  parte  della  essenza  e  tutta  essa. 
Quindi  se  la  composizione  che  sta  nella  sola  essenza  fosse  reale, 
non  potremmo  dire:  1'uomo  e  senziente;  Tuomo  $  vivente,  per- 
che  in  queste  proposizioni  si  afferma  1'  identita  reale  tra  tutta 
1' essenza  dell'uomo  e  una  parte  della  medesima  essenza.  Ma 
questo  6  assurdo.  Pero  non  &  questa  una  composizione  reaie. 
Tuttavia,  prescindiamo  dali'uomo  reale,  ed  anco  perci6  dall' es- 
senza sua  reale.  Certamente  nella  nostra  mente  il  concetto  del 
sensibile  astratto,  non  e  quello  del  vegetante,  non  e  quello  del 
razionale.  Imperocche  se  ci  fosse  questa  identita  non  potrebbero 
mai  trovarsi  disgiunte  quelle  cose,  cui  si  riferiscono  gli  stessi 
concetti:  eppure  la  pianta  e  vegetante  senza  essere  senziente, 
e  ii  bruto  e  senziente  senza  esser  razionale.  Adunque  nei  con- 
cetti non  c'  e  quella  identita  tra  le  parti  delia  essenza  umana, 
che  v'e  nell'uomo:  per6  quantunque  la  composizione  qui  non 
si  possa  dire  reale,  si  potra  dire  logica ;  che  sta  cioe  nel  verbo 
(Xsysg)  della  mente  soltanto:  col  quale  apprendiamo  distinta- 
mente  sotto  varii  rispetti  una  cosa  che  in  s&  non  ha  distinzione 
reale,  rispondente  alia  distinzione  mentale. 

Oltre  questa  distinzione  logica  ve  n'e  un'altra  reale  che  con 
tutta  ragione  dicesi  fisica  o  sostanziale.  In  questa  non  si  con- 
siderano  i  gradi  generici  i  quali  concorrono  insieme  a  formare 
Tente  specifico:  ma  si  considerano  le  parti  di  una  stessa  so- 
stanza  presa  nella  sua  realta.  Lo  spirito  non  e  un  tutto  fisico 
che  risulti  da  parti  reali;  1'uomo  si,  perch&  la  sua  sostanza  & 
composta  di  anirna  e  di  corpo,  cioe  di  forma  e  di  materia.  Sotto 
questo  rispetto  abbiamo  un  vero  composto  reale,  tra  le  cui  parti 
manca  la  identita.  La  quale  mancanza  essenzialmente  cagiona 
reale  composizione  e  reale  distinzione :  perci6  1'  anima  non  e  il 
corpo,  1' anima  sola  o  il  corpo  solo  non  e  1'uomo;  cioe  la  forma 
sostanziale  non  e  la  materia  da  essa  inforinata,  ne  il  composto  & 
quella,  ovvero  questo  separatainente  presi. 

Adunque  malamente  altri  farebbe,  se  negasse  ad  ogni  ente, 
appunto  perch&  ente,  ossia  in  quanto  non  6  1' essere  stesso  sus- 
sistente,  ma  e  1' essenza  che  partecipa  dell'atto  di  essere,  quella 
composizione  ontologica  reale  che  dicevamo ;  adducendo  per  mo- 
tivo  che  in  esso  in  quanto  ente,  non  c'6  la  composizione  fisica 


TRA    i 

o  la  logica  testd  riferita.  Questo  non  ci  sono  in  lui,  solo  perche 
ente,  ma  vi  0  quella  cho  da  esse  e  presupposta:  ed  essa  d  il  ca- 
rattere  esseuziale  di  ogni  creatura,  ciod  di  ogoi  ente  contingente. 

III. 

Si  decide  la  questions:  in  orjni  ente  v'e  distinzione  reale  tra  i 
suoi  due  dementi,  essenza  ed  essere,  si  prova  dalla  man- 
canza  d'  identita  reale:  dalla  causa:  dayli  effetti. 

Foste  le  quali  cose  viene  di  per  se  chiara  la  soluzione  del  ri- 
levantissimo  quesito  principale:  so  nei  contingenti  1' essere  si 
distingua  realmente  dalla  essenza.  E  gia  dimostrato  che  non  ci 
puo  essere  altra  distinzione  fuori  delle  due ;  di  ragione,  e  reale. 
Che  c'&  sola  distinzione  di  ragione,  quando  un  concetto  col  quale 
si  concepisce  una  cosa  sotto  un  riguardo,  non  e  T  altro,  col  quale 
si  concepisce  1'identica  cosa  sotto  altro  riguardo:  ch'e  reale 
distinzione  quando  non  si  pu6  affermare  1'  identita  tra  le  parti 
del  composto;  e  tra  ciascuna  di  esse  e  il  composto  stesso.  Ma 
noi  non  possiamo  dire  che  1' essenza  dell'ente  e  il  suo  essere:  ne 
che  ciascuna  di  queste  due  cose  6  T  ente,  perche  6  costituito  da 
entrambe.  Onde  qui  v'  e  quella  distinzione  reale,  cui  dicevamo 
ontologica,  perche  e  tra  gli  elementi  reali  di  ogni  ente. 

La  quale  distinzione  reale  che  sta  tra  gli  elementi  dell'ente  si 
fa  aiicora  manifesta  ragguagliando  Tente  alle  sue  cause,  e  a' suoi 
effetti.  Dio  6  la  causa  dell'ente:  e  la  operazione  di  Dio  ad  extra 
e  una.  Tuttavolta  con  ragione  consideriamo  che  Dio  causa  gli 
enti  e  con  1'intelletto  e  con  la  volonta.  L' essere  e  effetto  della 
volonta  divina:  questa  6  che  produce  quello  che  dal  solo  verbo 
e  viene  significato:  essa  determina  ratio  primo.  Ma  Tordine  dei 
medesimi  euti  e  la  loro  essenza  proviene  dall'  intelletto  divino, 
dalle  idee  archetipe,  nelle  quali,  come  nel  precedente  articolo 
abbiamo  provato,  stanno  le  essenze  delle  cose  oggettivamente.  Se 
tu  calchi  il  sigillo  nella  cera,  due  cose  devi  considerare  nell' ef- 
fetto: Tuna  e"  il  basso  riliero  che  si  fa  in  essa:  la  seconda  e 

• 

1'  ordine  con  cui  questo  si  fa.  La  prima  e  dovuta  alia  forza  di 

sione;  1'altra  alia  figura  cho  sta  scolpita  nel  sigillo.  Cosl 

nell'atto  creante  devi  considerare  la  potenza  che  da  1'atto  primo 


310  DKL   COMI'OSTO   ONTOLOGICO    E   DELLA   REALE   DISTIN/IO.NE 

dell' essere;  di  piu  1'idea  che  insieme  determina  quest' atto  in 
uua  o  in  un'altra  essenza.  Delia  distinzione  che  v'e  nell'ente 
tra  la  essenza  e  1'atto  di  essere  uon  diamo  per  ragione,  che  pro- 
cedono  dalla  volonti  e  dall'intelletto  come  da  due  principii  real- 
mente  distinti:  ma  dalla  distinzione  di  ragione  che  v'e  tra  cotesti 
principii  discendiarao  alia  distinzione  reale  che  v'e  tra  loro 
principiati  od  effetti. 

Che  se  riguardiamo  1'ente  rispetto  al  suo  operate,  saremo 
condotti  alia  stessa  illazione.  Imperocche  abbiamo  che  ogni  ente 
e  causa  di  different!  effetti.  D'onde  precede  cotesta  diversita? 
Nell'ente  causa:  1°  v'6  1' essenza,  e  questa  essenza  e  diversa 
secondo  la  diversita  degli  enti.  2°  v'e  1'atto  di  essere,  che  risponde 
al  verbo  e:  ed  ove  si  prescinda  dalla  essenza,  quest' atto  e  in 
tutti  eguale.  Dunque  la  diversita  negli  effetti  vuolsi  attribuire 
al  principio  diverso,  ch'e  1' essenza,  non  al  principio  eguale 
ch'e  1'atto  di  essere.  Tra  questi  due  principii  non  ci  pu6  essere 
pertanto  identity.  L' essenza  dunque  sebbene  unita  ontologica- 
inente  con  1' essere,  cioe  unita  a  costituire  Tente  uno,  non  e 
identica  con  1' essere  stesso.  II  quale  discorso  possiaino  ancor 
cosl  presentarlo.  Se  1' essere  e  identico  con  la  essenza;  poichfc 
quello  (prescindendo  da  questa)  e  in  tutti  eguale;  non  v'e" 
sufficiente  ragione  che  diversi  sieno  gli  effetti  dei  varii  enti. 

IV. 

La  nostra  sentenza  e  quella  di  san  Tommaso ;  Suoi  concetti, 
il  fiat  creative  che  cosa  significhi  e  come  venga  nella  sua  in- 
determinatezza  ristretto  e  determinate  dalle  essenze;  identi- 
ficate  le  essenze  coll' essere  si  toglie  la  diversita  e  moltipli- 
cita  delle  cose;  come,  a  cagione  della  reale  distinzione,  possa 
in  un  ente  stare  fissa  la  essenza  mutandosi  I' essere. 

Irragionevole  sarebbe  il  dubitare  a  quale  sentenza  si  attenesse 
1'Aquinate  in  questo  proposito.  Sia  che  riguardiarao  la  sua  dot- 
trina  nella  Somma  Teologica  !  1^  dove  dimostra  che  in  Dio  1* es- 
sere s'identifica  con  1' essenza,  cotalche  non  v'e  distinzione  reale 
tra  quello  e  questa,  e  che  se  la  ci  fosse  couverrebbe  dire  che 

•  i,  P.  in,  i. 


• REATURA 

d  create  ';  sia  che  riguardiamo  la  Somma  contro 
ai  gentili  la  dove  con  invitti  argoraenti  prova  che  la  delta  iden- 
tra  I'essero  e  Tessenza  noa  si  pu6  concedere  ne  agli  An- 
geli  ne  a  quale  si  voglia  creatura;  egli  e  chiaro  che  il  santo 
dottore  insegna  quello  che  noi  propugniamo :  ne  piu  n&  meno. 
itti  egli  sostiene  che  e  assolntamente  necessario  ammettere 
n.'llo  creature  tutte  una  distinzione  tra  1'essenza  e  1'essere,  ed 
una  conseguente  composizione  tra  queste  due  cose,  quale  non  si 
pud  amraettere  in  Dio.  Se  non  che  non  ripugna  affatto  ammet- 
tere una  distinzione  di  ragione  tra  1'essenza  e  1'essere  divino: 
e  una  conseguente  logica  o  mentale  composizione.  Dunque  e  me- 
stieri  affermare  che  quella  distinzione  che  1'  Aquinate  vuole  ri- 
conoscere  nelle  creature,  non  e  di  sola  ragione  ma  e  anco  reale : 
e  che  reale  in  esse  e  la  composizione  che  ne  risulta. 

Se  noi  volessiino  svolgere  gli  argomenti  dell'Angelico,  per 
terminare  questa  questione  non  ci  basterebbe  il  presente  articolo: 
e  noi  non  possiamo  soverchiainente  diffonderci.  Ma  ci  sia  almeno 
lecito  sfiorarli  alquanto,  ritraendone  qualche  luminoso  concetto. 
Egli  in  ci6  che,  nella  realta,  corrisponde  al  verbo  £  vede  atto: 
nell'essenza  vede  potenza:  e  cosl  dev'essere  come  abbiamo  sopra 
diinostrato.  Ma  non  e  egli  comune  ad  ogni  potenza  limitar  1'atto, 
definirlo  entro  ai  proprii  limiti?  per  certo.  Inoltre,  pu6  conce- 
pirsi  atto  che  piu  si  estenda  della  potenza?  Non  mail  Infatti 
perch6  mai  1'atto  deila  cognizione  uinana  non  e  perfetto  come 
1'atto  dell' angelica  cognizione ?  appunto  per  ci6  che  1'intelletto 
umano  e  una  potenza  ben  piu  limitata  della  mente  angelica. 
Questo  e  chiaro  nella  potenza  attiva,  proprio  della  quale  e  pro- 
durre  1'atto  eke  in  sd  stessa  riceve:  ma  e  altresl  chiaro  in  ogni 
potenza  passiva.  La  cera  6  potenza  passiva;  il  sigillo  imprime 
in  essa  un' imagine,  e  con  Timpressione  ricevuta  la  cera  viene 
attuata  a  rappresentare  Toggetto.  Ma  se  essa  e  piu  ristretta  del 
sigillo,  ricevera  tittta  1'  imagine?  No!  La  potenza  passiva  poi  pud 
ricevere  una  attuazione  minore  di  quella  che  sarebbe  capace  di 
ricevere.  Come  una  ccra  in  maggiore  superficie  potrebbe  ricevere 
la  iinpressione  di  un  sigillo  piu  grande;  cosl  la  materia  prima 
inveco  di  essere  attuata  da  una  forma  sostanziale  inferiore,  po- 


318  DEL   COMPOSTO   ONTOLOGICO    E   DELLA    REALE    DISTIN/' 

trebbe  esserlo  da  una  superiore,  di  guisa  che  quella  materia  ch'e 
futta  acqua  od  erba,  potrebbe  essere  fatta  carne  umana. 

Trasportiamo  ora  il  nostro  pensiero  all'atto  creante.  Facciamo 
1'ipotesi  che  il  creatore  non  dica:  fiat  lux  —  ma  dica  soltanto 
fiat.  --  Nella  realta  quale  effetto  avrebbesi?  II  fiat  e  impera- 
tive efficiente  di  quello  che  viene  solo  indicate  dallVs^;  cioe 
Vatto  solo;  V essere.  Ma  nel  fiat,  non  c'e  verun  limite  che  lo 
restringa  e  determini :  come  pur  vi  &  nella  parola  lux.  Dunque 
se  Dio  non  avesse  altro  detto  che  fiat:  per  effetto  avremo,  o 
tutto  1' essere,  o  nulla.  Ma  ci6  ripugna,  perche  1' essere  senza 
limiti  e  infinito,  e  uno,  e  Dio;  ne  Dio  pu6  creare  se  stesso,  in- 
volgendosi  in  ci6  aperta  contradizione.  II  nulla  poi  ch'6  nega- 
zione  dell'  essere,  non  pu6  essere  effetto  di  un  cenno  onnipotente 
che  riguarda  1' essere  stesso.  Adunque  \\fiat  creatore  dev' essere 
deterniinato,  com'e  neU'esempio  recato  —  fiat  lux.  Nelle  quali 
parole  P essere  e"  ristretto  ad  una  essenza.  E  la  luce  esistette. 
Ma  che  vuol  dire  la  parola  exsistit?  Est  non  e  sinonimo  ma  dif- 
ferisce  dall'  exsistit :  perche"  exsistit  indica  unvenirfuori:in 
virtil  della  preposizione  ex,  la  quale  accenna  ad  un  termine  da 
cui  la  cosa  procede.  Nel  caso  nostro  indica  che  Dio  all' essenza 
della  luce  ch'era  oggettivamente  in  se  ab  eterno,  da  1'atto  di 
essere  col  quale  ha  propria  sussistenza  fuori  di  se  medesiino. 

Da  questo  ben  vedesi  che  1'atto  di  essere  il  quale  per  se  non 
e  limitato,  viene,  in  tal  fatto,  limitato  dalla  essenza  della  luce : 
mercecche  dal  verbo  creatore  fiat  lux  non  esce  che  la  sola  luce. 
Questo  dicasi  di  ogni  cosa.  Onde  ben  vedesi  che  non  e  1'  essere 
che  lirnita  o  determina  le  essenze,  ma  sono  le  essenze  che  limi- 
tano  1' essere.  E  di  vero;  che  altro  sono  1' essenze  delle  cose, 
oggettivamente  in  Dio  considerate,  se  non  1' essenza  di  Dio  con- 
cepita  variamente  in  varii  limiti:  e  i  reali  creati  che  altro  sono  se 
non  atti  imperfetti  fuori  di  Dio,  che  imitano  1'atto  perfettissimo 
ch'e  Dio  stesso?  Questa  sublime  dottrina  ci  e  stata  data  da 
sant' Agostino  e  da  san  Tommaso  e  1'abbiamo  proposta  nei  pre- 
cedente  articolo.  Ma  la  limitazione  di  questi  atti  imperfetti  di- 
pende  appunto  nelia  realU  da  quel  principio  al  quale  corrisponde 
nella  idealita  la  concepita  limitazione  della  divina  essenza.  Cioe 
sono  r  essenze  delle  cose  che  limitano  1' essere  nell'ordine  reale, 


ni'll'ordine  oggettivo  o  ideale  in  Dio  le  stesse  essen/-.'  li- 
mitano  idealim-nt'-  1'essere  infinilo  concepito  dalla  divina  mente. 
la  diii  limiti  nell'ordine  ideale  non  resta  che  1'  unita 
dflT-'^ere  ideale;  perci6  tolte  le  essenze  delle  cose  che  cotesti 
limiti  involgono,  si  toglie  la  diversita  e  la  moltiplicita  tra  le 
cose.  Quindi  ben  dice  1'Aquinate  che  se  1'essenze  fossero  1'essere 
delle  cose,  appunto  percifc  che  I'essere,  per  s$,  non  ha  nd  limiti 
n&  diversita,  le  cose  stesse  non  sarebbono  ne  molteplici  n&  di- 
verse. Pertanto  alia  distinzione  swunilinn  ratiunew  che  v'6  nel- 
Tordine  oggettivo  della  divina  mente  tra  ciascuna  essenza  e  1'essere 
divino,  deve  per  necessita  corrispondere  la  distinzione  reale  nella 
realta  tra  ciascuna  essenza  e  I'essere  onde  la  stessa  essenza  ha 
T  esistenza. 

Se  noi  applichiamo  la  dottrina  dell'  Aquinate  esposta  nei  luo- 
ghi  testd  citati  ad  un'altra  della  mutabilita  degli  enti,  ne  pos- 
siarao  trarre  un  nuovo  argomento  a  confermare  la  tesi  nostra. 
Gli  spiriti  od  angeli  sono  sostanzialmente  immutabili:  cio§  la 
loro  sostanza  non  diminuisce  ne  cresce.  I  corporei  al  contrario. 
Ora  in  questi  ultimi  possiamo  vedere  che  mentre  la  essenza  ri- 
mane  la  stessa,  I'essere  in  cui  si  attua  puo  variare:  ne  ci6  po- 
trebbe  accadere  se  tra  quella  e  questo  ci  fosse  identita.  Irape- 
rocchfe  in  tal  caso  si  dovrebbe  dire  dell'una  quello  che  si  dice 
dell'altro:  n6  pill  nd  meno. 

E  di  vero  considera  nn  fanciullo.  Ha  egli  la  essenza  di  uomo? 
Senza  dubbio.  Questa  essenza  si  muta  forse  col  crescere  degli 
anni?  per  nulla.  Eppure  1'essere  suo  6  cresciuto;  perch6  nel- 
Teta  adulta  il  vorbo  e  si  riferisce  a  piti  di  essere  che  da  prima 
non  si  riferiva.  II  riinanere  dunque  identica  1' essenza,  nell'ac- 
crescimento  dell'  essere  e  segno  palpabile  che  v'  6  tra  loro  reale 
distinzione.  In  che  consiste  Tessenza  del  circolo?  Nel  distare 
tutti  i  punti  della  circonferenza  egiialmente  dal  centro.  Ma 
questa  essenza  la  troviamo  attuata  in  tutti  i  circoli,  iiualunque 
sia  la  loro  graudezza.  Se  non  che  attenda  bene  il  lettore  che 
la  mutazione  del  solo  essere,  il  quale  corrisponde  al  verb 
vuolsi  considerare  solo  neljwV  e  nel  meno:  perch6  ogni  altra 
diversita  specifica  non  pu6  venire  all' essere  altronde  che  dalla 
ita  essenza. 


DEL   COMPOSTO   O.NTOLOGICO    E   DELLA   REALE   DISTINZIONE 

Adunque  &  oggimai  cosi  chiarita  la  questione  proposta  che 
uomo  di  acuto  ingegno  sembraci  non  possa  discrepare  dalla  sen- 
tenza  di  san  Tommaso,  perch&  questa  riesce  evidente.  Ma  come 
mai  si  ritrovano  filosofi  che  pur  pensano  altramente?  Prima  di 
rispondere  a  cotesta  interrogazione  e  chiudere  con  la  risposta  il 
presente  articolo  ci  permetta  il  lettore  di  fare  una  piccola  di- 
gressione  sull'analogia  dell' ente,  la  quale  da  ci6  che  abbi; 
detto  riceve  una  bella  spiegazione. 

V. 

Ente  non  e predicabile  in  senso  univoco  a  Dio  e  alle  creature; 
ente  propriamente  signified  un  composto  ontologico  reale  ntl 
quale  ciascuno  deidue  dementi  (essenza:  essere}  si  distingue 
realmente  dall'altro  e  dal  tutto  ;  in  Dio  V essenza  s'identi- 
fica  con  I' essere;  anche  Test  e  anologo  delle  creature  e  di  Dio ; 
del  la  sostanza  e  dell'  accidente,  per  die  do. 

Molto  si  e  discussa  1'analogia  dell'ente,  e  quei  che  rettamente 
la  pensano  sostengono  con  1'Aquinate  che  la  parola  ente  non  si 
attribuisce  univocamente  alle  creature  e  a  Dio.  Tuttavolta  confes- 
siarao  di  non  trovare  bene  indicata  1'  essenziale  ed  intima  ragione 
di  questa  sentenza.  Dicesi,  perch6  1' attribuzione  univoca  richiede 
eguaglianza  nell'  essenze ;  ed  6  giusto,  ma  non  basta.  Dicesi  che 
tutte  le  specie  intelligibili  onde  noi  intendiamo,  rappresentano 
la  quiddita  delle  cose  materiali,  e  che  alle  spiritual!  con  la 
nostra  cognizione  non  ascendiamo  che  per  analogie.  Laonde  non 
avendo  noi  la  specie  propria  dell' esemplare  ch'e  Dio,  ci  diamo  a 
conoscerlo  mediante  le  specie  delle  sue  imagini  o  similitudini, 
quali  sono  tutte  le  creature.  Anche  questo  6  vero;  ma  non  da 
compiuta  spiegazione,  e  lascia  alcun  che  a  desiderare.  Perci6 
preghiamo  il  lettore  di  richiainare  alia  inente  quello  che  dice- 
vamo  della  composizione  dell'  ente.  Dicevamo  che  1'  essenza,  la 
quale  &  un  elemento  dell'ente,  non  ha  identita  con  1' essere, 
il  quale  6  il  secondo  elemento :  e  dicevamo  che  entrambi  cotesti 
elementi  separatamente  presi  non  hanno  identita  col  tutto,  ch'6 
1'ente.  Inoltre  abbiamo  fin  qui  dimostrato  che  1'ente  6  un  reale 
composto  di  cotesti  due  elementi,  che  sono  suoi  componenti;  1'uno, 


TRA  MTU 

cio6  I' essenza,  n  1'altro,  d          >>ere,  attua  1' 

i.  Quindi  quella  ba  ragione  di  potenza,  questo  di  atto,  come 
dice  1'Angi-!  '  e*t  '•>  i*  est  esse  (e  malamente 

alcuni  dicono  ens  est  cuius  actus  est  esse,  quasi  Pente  fosse 
potenza  del  suo  stesso  atto),  per  la  bella  ragione  ch'ei  di  n-1- 
I'Opuscolo  d<  l-'.nf'-  tt  Es&entin:  <  Omne  quod  recipit  aliquid 
ab  alio  est  in  potentia  respectu  illius,  et  hoc  quod  receptum  est 
in  eo  est  actns  eius.  » 

Poste  le  qnali  osservazioni  discorriamo  cosl.  Se  si  dovesse  at- 
tribuire  a  Dio  ed  alia  creatura  la  parola  ente  nella  stessa  signi- 
ficazione  uuivoca,  sarebbe,  seuza  fallo,  raestieri  che  come  nell'ente 
creatnra  ci  sono  i  due  elementi  essenza  ed  essere  realw> 
distinti  a  formar  un  reale  composto,  cosl  ci  fossero  in  Dio.  Se 
non  che  ci6  6  assurdo,  nd  si  pu6  concedere :  perch&  1*  essenza  di 
Dio  non  6  realmente  distinta  dall'essere  suo;  nfc  con  questo  forma 
essa  un  reale  composto:  ess^nio  Iddio  semplicissimo,  nft  poten- 
dosi  dire  che  la  divina  essenza  ha  T essere,  ma  dovendosi  dire 
oh*  essa  6  i' essere  suo,  od  anche  ch'6  lo  stesso  Dio.  Adunque 
non  si  pu6  attriboire  la  parola  ente  a  Dio  e  alle  creature  in 
significazione  univoca.  Analoga  si :  perch^  vi  d  analogia,  i» •/• 
niyliama,  tra  distinzione  reale  e  distinzione  di  ragion*' ; 
e  per6  la  distinzione  r.'ule  che  6  tra  gli  elementi  dell' ente  creato, 
ch'i'  il  primo  da  noi  conosciuto,  6  analoga,  per  simiglianza,  alia 
distinzione,  secundum  mtionem,  che  v'd  tra  I'essanza  e  1* es- 
sere divino. 

Pu6  darsi  che  qnalcheduno  dei  nostri  lettori  spinga  oltre  1'acu- 
tezza  del  suo  ingeguo  e  dica :  Abbiate  pur  per  concesso  che  ente 
e  analogo  se  si  attribuisce  alle  creature  e  a  Dio,  per  la  indi- 
cate ragione:  ma  IV  soltanto  non  si  pud  attribuire  univocamento 
a  questo  e  a  quelle?  LV  non  significa  un  tutto,  ma  un  eleiuento 
del  medesimo  tutto,  e  solo  inlica  C  a'to.  Rispondiamo  che  non 
M  pu6  negare  che  IV  sia  il  nome  che  piu  conviene  a  Dio,  e 
perci6  nell'articolo  antecedente  abbiamo  detto  che  6  il  nome, 
••iii  di  s6  stesso  diede  Dio  a  Mos^.  Tuttavia  quando  si  applica 
alle  creature  bisogna  darlo  in  senso  diverso;  e  qtielli  che  piu 
correttamente  vogliono  parlare,  quando  discorrono  di  Dio,  dicono 

Serie  H1J.  vol.  Vl.fatc.HW  21  t  r.'le  1884 


DEL   COMPOSTO    O.NTnLOCICO    E   DELLA    REALE   DISTIN7IONB 

e;  e  qnando  delle  creature,  dicono  estate.  Perci&  san  Tommaso  e 
i  vecchi  scolastici  non  mettevano  mai  la  questions :  Utrum  l> 
exsistat:  come,  senza  ben  pesare  la  significazione  delle  parole, 
fanno  i  moderni,  ma  utrum  Deus  sit:  non  essendovi  nel  sit 
quella  essenziale  imperfezione  ch'e  significata  dalla  preposizione 
ex  nel  verbo  exsistit.  Imperocche"  nell'est  e  significato  1'atto  solo 
di  essere:  ma  quando  dicesi  exsistit  e"  indicato  ratio  e  accennato 
il  principio  onde  deriva,  esterno  all'atto  stesso.  Ora  1' essere 
delle  creature  non  e  accidentalmente,  ma  essenzialmente  creato: 
e  un  atto  che  non  e,  dopo  la  prima  sua  derivazione,  indipen- 
dente,  nia  e  in  una  derivazione  continua,  perche  la  conser- 
vazione  e  continuata  creazione.  Come  il  moto  in  nessun  punto 
del  suo  corso  e"  quiete,  ma  e  essenzialmente  fluens;  ne  mai  si 
pu6  dire  stans,  che  sta;  cosl  1'atto  dell' essere  delle  creature  e 
essenzialmente  sempre  derivante  e  perci6  a  rigore  di  termini 
non  mai  est,  ma  sempre  essenzialmente  ex-sistit.  Per  questa  ra- 
gione  pertanto  se  si  dice  est  di  Dio  e  delle  creature,  non  si  puo 
dire  in  univoca  significazione,  bensl  in  analoga.  Per  simile  ra- 
gione  1'  exsistit  che  si  applica  alia  sostanza,  non  si  pu6  se  non 
analogicamente  applicare  all' accidente,  del  quale  solo  propria- 
mente  si  puo  dire  che  naturalmente  inest  o  inexsistit}  o  inhaeret: 
colle  quali  parole  viene  indicato  un  atto  assai  piu  intrinsecamente 
imperfetto  di  quello  delle  sostanze  contingenti. 

VL 

Opposizioni;  ire  ragioni  che  ci  mossero  a  sostituire  alia  parola 
esistenza  quella  dell'  essere ;  pregiudizii  degli  avversarii ; 
petizione  di  principio;  altra  cosa  e  essentia  altra  essentia 
exsistens;  si  con f onde  la  distinzione  reale  colla  divisione; 
si  scambia  qualche  indizio  non  comune  della  distinzione 
reale  con  la  essenza  della  medesima;  si  ha  per  una  cosa 
stessa  I' accidente  predicabile  e  il  predicamentale ;  e  si  ha 
in  conto  di  nulla  cid  che  da  se  non  pub  sussistere;  sciol- 
gonsi  questi  pregiudizii. 

Anzi  tratto  non  possiamo  dissimulare  una  obbiezione  che  na- 
turalmente ci  sara  fatta  dai  dotti  in  filosofia.  Questi  si  meravi- 


TRA    L'ES-  I  UNA 

aMiianio  voluto  i.flla  pri-scnte  <• 

•  n  modo  non  iiMUito  nello  scuole.  lufatti  voi,  ci  dirann<>, 
non  avete  proposta  cosl  la  questione:  se  v'6  o  non  v'6  distinzione 
reule  tra  /  •••ma;  ina  bensl  tra  C  essenza  e  I 

sen;  e  nel  progresso  della  trattezione  tutto  il  vostro  discorso 
ebbe  riguardo  aUV&ere  e  non  all'--  Cosl  non  fecero  ri- 

nomati  scolastici.  Risponliamo  che  ci6  6  verissimo.  Ma  questo 
non  si  fece  da  noi  per  amoro  di  novita  o  a  caso,  beusi  per  tre 
ration!  che  riputiamo  non  dispregibToli.  La  prima  6  1'  autorita 
dell'Angelico  Dottore ;  il  quale  ogni  qual  volta  tratto  oi  accenn6 
a  questa  controrersia,  parl6  sempre  dell'essere  e  non  inai  della 
esistenza.  Laonde,  dicemmo  tra  noi,  se  cosl  sempre  fece  il  sa- 
pientissimo  A|uinate,  per  certo  dovette  averne  validissiuia  ra- 
gione,  e  noi  seguendolo  non  andremo  certamuate  per  cattivo 
sentiero. 

In  secondo  Inogo  abbiamo  osservato  cbe  presso  gli  scolastici 
questa  controversia  divenne  veraraente  un  campo  d'  irosa  batta- 
glia,  appunto  perch^  non  si  ba!6  alia  gennana  significazione  dei 
termini ;  ed  ai  termini  adoperati  dall'Aogelico  Dottore,  altri  se 
ne  Tollero  sostituire,  come  al  termine  esse  si  sostitui  quello  di  esi- 
stenxa.  Per  lo  che  noi  credemmo  tornar  utile  al  nostro  scopo  ri- 
chiamarci  a  qnell'uso  antico  dei  vocaboli  col  qnale  le  questioni 
si  discioglievano  con  precisione  e  chiarezza.  Pu6  essere  che  ci 
inganniamo,  ma  par  ci  sembra  che  la  qnestione  come  qui  fu  per 
noi  trattata,  sia  piti  alia  portata  dei  lettori  e  con  maggiore  evi- 
denza  deftnita,  che  non  lo  sia  state  presso  coloro  che  altri  ter- 
mini adoperarono,  oi  altra  signiticazione  diedero  ai  meJesimi. 

Inoltre  se  al  vero  ci  apponiamo  la  parola  esistenza  la  si  pu6 
prendere  ad  arbitrio  per  estere,  ma  per  se  e  propriamente  non 
significa  1'essere.  Come  scientia  non  6  scire:  neyliynfia  non  e 
rft  subsistentia  non  6  subsist  ><tia  non  e  esse:  cosl 

exsish-Htia  non  6  exsistere  e  a  piu  forte  ragione  non  e  esse  per- 
ch»\  e  lo  abbiam  dimostrato,  exsistere  non  6  sinonimo  di  esse. 
Piti  presto  si  potrebbe  dire  che  come  essentia  ste  ad  esse,  cosi 
exs,  ste  -ad  exsistere.  Nei  qnal  caso  la  parola  < 

in«Hcherebbe  qnello  che  si  dice  rolgarmente  la  essenza  degli  esi- 
stenti:  e  la  parola  essenza  indicherebbe  la  sola  divina  essenza: 


DEL   COMPOSTO   ONTOLOGICO   E    DELLA    REALE   DISTIN/MNK 

c!o&  di  qnello  che  propriamente  non  ex-sistit  ma  est.  N6  occorre 
pi  it  intrattenerci  in  questa,  che  in  realta  e  obbiezione  da  poco. 

Molte  e  molte  difficolta  si  fecero  contro  la  sentenza  di  san  Tom- 
maso, ch'e  la  nostra,  ma  tutte,  a  ben  pesarle,  non  hanno  un  mi- 
niino  valore:  sono  suggerite  soltanto  dalla  confusione  di  concetti ; 
onde,  senza  addarsene,  s'impigliarono  uomini  anche  dotti  in  no- 
tevoli  sofismi.  L'Eminentissimo  Cardinale  Pecci  reca  di  molte  dif- 
ficolt&  e  le  scioglie  con  rara  chiarezza  e  profondita  nel  suo  Com- 
mentario  dell'Opuscolo  di  san  Tommaso  De  Ente  et  Essentia :  il 
l:ttore  le  pu6  vedere.  Noi,  senza  iattura  di  tempo,  recheremo  i 
pregiudizii  sopra  i  quali  si  fondano  tutte  le  difficolta,  e  ne  mo- 
streremo  la  insussistenza,  cosl  le  difficolU  stesse  indirettamente 
saranno  dileguate. 

II  primo  pregiudizio  e  a  moltissimi  comune,  ed  e  una  specie 
di  sofisma  che  si  pu6  ridurre  alia  petizione  di  principio.  Coloro 
che  con  alta  sicumera  dicono:  «  falluntur  certissime,  qui  inter 
essentiam  realem,  et  eius  exsistentiam  distinctionem  invehunt 
realem>,  accennando  implicitamente  a  san  Tommaso  e  ai  suoi 
seguaci;  veramente  sbalestrano  nel  proporre  in  cotesta  maniera 
la  questione.  SI,  noi  sosteniamo  la  distinzione  reale  tra  1'essere 
e  la  essenza  reale,  perch6  sebbene  questa  inchiuda  anche  1'essere, 
nondimeno  non  e  Tessere  ne  solo  1'essere.  In  tal  caso  non  ammet- 
tiamo  altra  distinzione  reale  che  1'inadequata.  Come  infatti  la 
esistenza  che  viene  supposta  pu6  distinguersi  realmente  da  se 
medesima?  Noi  potremo  affermare  a  tutta  ragione  che  la  potenza 
intellettiva  creata  si  distingue  realmente  dal  suo  atto:  ma  non 
potremo,  senza  restrizione,  dire  che  la  potenza  intellettiva  col  suo 
atto  si  distingue  dal  suo  atto :  perche  il  tutto  non  si  distingue 
adequatamente  da  una  sua  parte,  ma  solo  inadequatamente;  non 
potendosi  la  parte  stessa,  ch'e  nel  tutto,  distinguersi  realmente 
da  se  medesitca.  Onde  tutti  gli  argomenti,  che  partono  da  cotesta 
falsa  posizione,  non  hanno  veruna  forza  dimostrativa. 

II  secondo  pregiudizio  e  confondere  la  distinzione  reale  colla 
divisione  reale.  Accade  qui  ci6  che  avviene  nel  falso  concetto 
platonico  dell'unione  dell'anima  col  corpo:  quando  invece  di 
supporre  1'anima  quale  forma  informante  che  con  la  materia 
costituisce  uua  sostanza  coinpiuta  ed  una  natura,  la  si  fa  passare 


•in  forma  assistrnte  nl  ><  II  nocchiero  o  motore 

ion  solo  distinto  n-alm-nt!  dulla  nave,  ma  e  di?iso.  C»si  fin- 
gono  che  1' essere  vala  sopra  all'essenza  come  UQ  mant-llo; 
/a  capire  che  se  cosi  venisse  aggiunto  Tessera  all'essenxa, 
qnesta  dovrebbe  gia  preesistere  a  quell' essere,  senza  cui  n  <n 
pud  venire  considerata  capace  di  ricevere  cosa  alcuna.  L'essenza 
e  1'essere  non  sono  due  enti,  che  unisconsi  a  fonuare  un  com- 
posto  fisico  od  un  aggregate:  ma  sono  i  due  principii  od  ele- 
nienti  del  couiposto  ontologico,  ch'e  1'ente.  Preesiste  in  vero 
1'essenza  all'essere  onJ'e  costituita  per  seesistente;  ma  pree- 
siste  in  un  essere  obbiettivo  nella  divina  mente,  non  in  un  essere 
reale:  e  senza  questo  non  pud  esistere  fuori  di  Dio  creatore. 
Che  se  nel  composto  fisico  non  si  pu6  concedere  alia  materia 
propria  esistenza  indipendentemente  dalla  forma;  come  si  p>tra 
nel  composto  ontologico  dare  all'esseuza  proprio  essere?  &  un 
assurdo. 

II  terzo  pregiudizio  e  confondere  alcuni  indizii  della  reale 
distinzione,  con  la  essenza  della  medesima.  La  divisibility  e  il 
seguitare  ad  esistere  le  parti  divise  6  certo  segno  di  precedente 
reale  distinzione  tra  le  parti  divisibili.  Non  lo  neghiamo.  Ma 
possiamo  dire  che  ove  questo  segno  mancui,  non  v'  e  reale  di- 
stinzione? No  davvero!  Perniciosissiini  error!  ne  verrebbono  e 
noi  gia  il  dimostrammo.  Distinzione  reale  c'e  sempre  quando 
non  possiamo  nelTordine  reale  affennare  Tidentitadei  distinti  : 
sia  che  questi  sieno  separabili  oi  altrimenti. 

II  quarto  pregiudizio  e  il  confondere  Taccidente  predicabile, 
con  Taccidente  predicainentale.  L'accidente  predicamuntale  »  •» 
est  ma  inest ;  come  dice  1'Angelico.  M;i  Taccidente  predicabile 
pud  essere  anche  sostanza ;  e  dicesi  accidente  perche  non  essen- 
zialmente  richiedesi  da  quell'  ente  cui  appartiene.  Pertanto  i'es- 
sere  ond'e  costituita  esistente  la  essenza,  non  si  pud  dire  accideute 
predicainentale,  e  perd  non  si  dira  n&  qnalita,  nd  quantita,  ne 
moto,  ne  sito  ecc.  ma  ben  si  potra  dire  accidente  predicabile, 
appunto  percid  che  all'essenza  delle  cose  create  non  e  essenziale 
Tesistere  real  mente,  comechd  non  possano  non  esistere  oggetti- 
vamente  in  Dio.  Ed  a  questa  loro  esistenza  o^gettiva,  si  rife- 
riscono  quelle  proposizioui,  la  verita  delle  quali  dicesi  eterua 


DEL    O  I'M  I  \    IIKAI.K    M>TI.V/I<> 

el  immutabile;  pereseuipio  I'miitt/n  int>  llritirnc  i)i<'nn'uffi/>il>'  — 
il  tutto  e  nwfffliore  ///  nun  sun  j><nfe  —  mil'  • 
ffione  sufflciente  ecc.  le  quali  proposition!  prescindono  dalla  reale 
esistenza  di  quelle  cose  che  in  esse  vengono  enunciate. 

"V  6  un  qninto  pregiudizio,  cos\  irragionevole  che  non  ineri- 
terebbe  1'occuparsene:  ed  e,  che  ci6  che  non  pn6  stare  da  se 
sia  nnlla,  o  sia  identico  a  quella  cosa  in  cui  sta.  Togliete  I'eeserp, 
ci  dicono,  dalla  essenza:  che  resta?  un  bel  nnlla!  Dunque? 
dunque  1' essenza  e  nulla;  e  quando  esiste  £  identica  alPesser*, 
6  1'essere.  Costoro  inciampano  in  nn  errore  grossiero  per  sola 
mancanza  di  riflessione.  Di  un  colpo  tol^ono  di  mezzo  le  inn- 
tazioui  accidentali,  le  qnali  sono  ordinate  da  natura  al  perfe- 
zionamento  delle  sostanze.  La  cognizione  dell' intelletto  forse 
non  lo  perfeziona?  E  1' intelletto  mentre  acquisfa  la  cognizione 
non  si  niuta  da  meno  in  ^)iu  perfetto?  Ma  per  certo  voi  dovete 
ben  confessare  essere  assurda  cosa  che  il  nulla  perfezioni  Tente: 
e  perci6  dovete  afferinare  che  la  cognizione  non  e  nulla.  Ma 
prima  della  cognizione  v' era  pur  I'intelletto,  ond' e  che  non  si 
pu6  affatto  dire  che  I'intelletto  e  la  sua  cognizione.  La  sentenza 
di  cotesti  oppositori  applicata  alia  dottrina  teologica  deve  con- 
seguentemente  trascinarli  a  dire  che  la  grazia  e  attuale  e  abi- 
tuale  e  santificante  o  6  nnlla  o  6  identica  con  la  sostanza 
dell'aniraa  umana,  se  pure  non  osino  dire  ch'e  estrinseca  alia 
medesima:  e  questi  sarebbono  superlativi  e  perniciosissiuii  errori. 
Sebbene  adunque  le  essenze  delle  cose  non  possano  stare  senza 
nn  essere  ed  abbiano  per6  o  1'essere  oggettivo  in  Dio,  o  1'essere 
reale  da  Dio  creato,  tuttavolta  non  sono  nulla;  e  sempre  inclu- 
dono  o  la  potenzialita  o  1'attualita  delle  cose. 

Diradate  le  tenebre  di  cotesti  pregiudizii ;  ci  sembra  che  la 
qnestione  sia  baste volmente  trattata,  poich6  non  solo  fu  chiara- 
mente  proposta  sull'  orrae  del  sapientissimo  Aquinate,  ma  con 
solidissiine  prove  dimostrata.  Ai  cavilli  non  conviene  badare; 
questi  sono  inconciliabili  colla  scienza  verace  e  col  suo  sincero 
progresso. 


LA    CONTESSA  l\TKIl\A/Jn\.\li: 


v. 

I   B.4BBI   PROVVIDI    E   LE   BUONE   MAMMB 

II  dabbene  bancbiere  signor  Bjasso  col  diplomatico  conte 
della  Pineta,  mentre  le  loro  donne  scarrozzavano  sotto  la  guHa 
di  Amedeo,  avevano  passate  alcime  ore  insieme  al  caflfe  di  Po, 
cianciando  da  vecchi  amici,  a  cuore  aperto.  Erano,  ciascuao  nella 
sna  sfera,  ottimi  parlatori.  Dopo  le  question!  politicbe  e  finan- 
zhirie  dello  Stato,  il  banchiere  erasi  ricordato  altresl  dell'am- 
ministrazione  civile  della  propria  famiglia.  E  nella  intimita  del 
tu  per  ta  si  era  lasciato  intendere,  come  gli  fosse  parso  di 
vedere  suo  figlio  Amedeo  dare  an  po'di  bruscolo  alia  bella 
Silvia.  -  -  Avr6  traveduto,  si  corresse  subito,  o  sara,  tutto  il 
piu,  tin  capriccio  di  studente...  gia,  non  ha  che  vent'anni,  e 
gli  restano  ancora  due  anni  di  nniversita:  non  ci  e  sugo. 

E  il  conte:  —  Sentite,  caro  cavaliere,  io  non  me  ne  sono 
addato  pun  to:  ho  cosi  poca  vista!  E  quando  fosse,  benissimo  si 
spiegherebbe  come  dite  voi  per  una  leggerezza  da  giovinotto. 
Ma  in  principio,  in  massiraa,  come  diciamo  noi  nelle  note  di- 
ptanatiche,  io  non  ci  vedrei  po'poi  il  diavolo...  si  sa,  a  quella 
eta  si  comincia  a  vagheggiare  un  nido. 

—  £  il  gran  pensiero  della  mia  Caterina. 

—  Non  mi  fa  specie,  disse  il  conte.  Una  buona  mamma  deve 
fare  cosl.  II  vostro  Amedeo  e  il  vostro  unico,  tntte  le  speranze 
vostre  riposano  sopra  lui  solo...  Quanto  alia  mia  Silviuccia,  che 
volete  che  vi  dica?  Ci  pensavo  Taltro  giorno,  vedendo  vostra 
moglie  cosl  gentile  ed  amorevole  verso  di  lei...  Potessi  dargliela 
per  madre!  Quella  povera  bambina,  a  dirla  qui  tra  noi,  non  ha 
avuto  mai  una  madre... 

—  Peccato!  e  pur  non  d  cattiva. 


328  LA   CONTESSA   INTERNAZIONALE 

—  Cattiva,  no,  no  di  certo.  Ma  ell' ha  un  difetto  irremedia- 
bile:  ha  sedici  anni  soli.  Venti  e  sedici,  sarebbe  un  matrimonio 
di  passerotti.  lo  vorrei  poterle  levare  ventinjila  lire  di  dote  e 
cambiargliele  in  due  anni  di  piu,  per  collocarla  spacciatament ••. 
Perch6,  lo  vedete,  dopo  la  mia  disgrazia,  io  ho  fatto  un  gran 
calo...  non  mi  fo  illusioni...  Non  vorrei  per  niuna  cosa  al  mondo 
lasciare  dopo  di  me  Silvia  da  maritare. 

II  cavaliere  Boasso,  visto  il  terreno '  morbido,  quanto  alia 
disposizione  del  padre  di  Silvia,  tacque  un  tratto,  si  raccolse 
in  se,  riandando  rapidainente  i  vantaggi  di  questo  matrimonio, 
che  gi£  prima  aveva  seco  stesso  matururaente  discussi  fin  da 
quando  Silvia  era  in  collegio.  Silvia  buona,  ben  educata,  e  se 
qualcosina  le  manca,  Amedeo  e  mia  moglie  faranno  il  resto... 
Questione  d'interesse,  sicura  e  larga...  per  fiocco  della  festa, 
una  possibilita  di  tirare  in  casa  coi  quattrini  anche  i  titoli  di 
nobilta...  &  un'inezia:  ma  tutto  fa.  —  E  tornando  dalla  mentale 
rassegna,  disse  al  conte:  —  Lo  veggo  bene,  quei  benedetti  anni! 
In  Torino  si  fabbrica  di  tutto,  ma  gli  anni  non  si  fabbricano 
di  comando. 

-  E  poi  ci  &  un  altro  guaio,  aggiunse  il  conte ;  ed  e  che  non 
sappiamo  nulla  di  positivo  delle  intenzioni  dei  due  piu  interessati. 

—  Basta,  se  son  rose  fioriranno,  —  conchiuse  il  cavaliere  Boasso, 
contentissimo  di  questa  prima  apertura.  Tanto  piu  che  in  cuor 
suo  ragionava:  —  Perche"  non  si  potrebbe  al  bisogno  fare  un 
po'd'impromesse?  Cosi  Amedeo  avrebbe  il  cuore  riposato  e  ferino... 
I  giorni  sono  fitti,  e  gli  anni  passano  presto :  e  Silvia  entrerebbe 
nei  diciannove  appunto  quando  lui  toccherebbe  i  ventitre,  colla 
laurea  in  tasca...  Tutto  e"  che  si  decida...  Ma  non  voglio  essere 

10  il  primo  a  mettergli  questa  pulce  nell'orecchio.  — 

In  su  questi  discorsi  arrivavano  al  caffe  di  Po  le  siguore, 
reduci  della  scarrozzata,  e  con  mille  complimenti  festeggiavano 

11  valoroso  Amedeo,  che  aveva  loro  fatto  ammirare  Torino  nel 
suo  vero  aspetto.  Silvia,  forse  senza  tutto  intendere  il   senso 
delle  sue  parole,  pretendeva  che,  stata  in  collegio  a  Torino  due 
anni,  non  aveva  capito  un'acca  del  suo  bello,  e  solo  quest'oggi 
si  era  innamorata  di  restarvi,  quando  ne  doveva  partire. 


V     I    ItAllll!    HKiVVIDI    E    LE    BUONE    MAMME 

-  A  veto  condotta  la  brigata,  aggiugneva  la  contessa,  da  v 
artista:  cotesto  vi  fa  onore. 

l/.«n.»r.-,  rispondeva  Amedeo,  me  1'avete  fatto  voi  col  con- 
t'-ntarvi.  Del  resto  per  meritarmelo,  avrei  dovuto  accompagnarvi 
ai  musei  e  alle  gallerie. 

—  Ma  che?  ma  che?  Eravamo  partiti  eolTintensione  di  farci 
u na  bella  trottata,  una  gita  di  piacere:  che  ci  entravano  i  musei? 
avremmo  dovuto  corrervi  da  un  capo  all'altro  a  scappa  e  fuggi 
come  gatti  frustati. 

Amedeo  che  ambiva  di  coutinuare  Delia  sua  carica  di  cicerone 
gradito  a  Silvia,  entr6  qui  a  piene  vele  nelle  ricchezze  del- 
I'Armeria  reale,  del  Museo  egizio  uno  de'meglio  forniti  del, 
mondo,  e  via  via,  provocando  la  contessa  a  nnove  gite,  quando 
fosse  in  suo  piacere.  La  contessa  invece  che  affettava  interesse 
speciale  per  le  cose  democratiche,  mostrft  solo  una  certa  vagh^/.za 
di  conoscere  il  Museo  merceologico.  E  Amedeo.  pronto:  --  Mal- 
grado  il  suo  nomaccio  barbaresco,  se  a  voi  piace,  dimani  o 
diman  1'altro  si  arriva  qua  all'ora  che  voi  fisserete.  —  Ma  il 
discorso  rnori  li:  si  vedeva  chiaro  che  il  disegno  non  attecchiva. 
Si  voleva  il  divertimento,  e  non  lo  studio.  Solo  rimase  fermo  il 
fissato  per  Soporga. 

Si  rinfrescarono  a  gran  le  agio  le  signore.  Poi  si  balzo  nelle 
vetture,  e  si  torn6  alia  Rjassa  con  tanta  osatt-zza,  che  scoc- 
ravano  le  ore  sei  appunto  appimto  quando  si  sedettero  a  tavola 
«•  la  signora  Caterina  formava  il  suo  solenne  segno  di  croce. 

Ne'giorni  seguenti  la  contessa,  vagheggiando  gia  vicina  la 

lerata  partenza  per  Milano,  cercava  di  porgersi  cortese  ed 

amabile  il  possibile,  a  fine  di  lasciare  di  s6  onorevole  niemoria 

idita.  Perflno  con  Amodeo  soprabbon  lava  di  graziosita,  ri- 

•.inlosi  il  diritto  di  combattere  ad  oltranza  qualunque  vel- 

leita  di  lui  verso  Silvia,  se  egli  avesse  da  rivolgere  verso  di 

essa  un'aspirazione  piu  che  platonica.  —  Che,  che?  non  sara 

tanto  temerario;  non  6  uuo  sciocco,  e  deve  capire  la  disparita... 

n-  n  si  esporra  niai  a  un  tocco  di  rifiuto,  come   glielo  saprei 

dar  io.  Beccarsi  la  contessina  della  Piueta,  con  quattro  quarti 

di  nobilta  italiana  e  tedesca!  Eh,  non  ci  sarebbe  cattivo  gusto 


LA    CONTESSA    INTKHNAXIONALE 

per  un  raercantuzzo  arricchito...  Quel  giucco  di  suo  padre  sarebbe 
capace  di  tutto:  lui  e  tutto  Boasso,  non  vede  altro  al  mondo... 
Fortuna,  che  ci  sono  io;  e  finche  rifiata  la  contessa  Aldegonda, 
cuccft.  — 

Con  questi  fieri  propositi  in  cuore  fitti  profondamente,  la 
contessa  si  lasciava  non  di  meno  condurre  qua  e  la  alle  pas- 
seggiate  villerecce,  e  si  godeva  gli  svaghi  domestic!  dei  giuochi 
e  della  conversazione.  Ma  era  naturale  effetto  de'covati  sospetti 
che  tuttD  il  suo  atteggiarsi  a  gentilezza  amorosa,  sentisse  del 
disagiato  e  dell'artificioso,  si  ch'ella  appariva  piuttosto  lusinghiera 
che  accostevole.  Tutto  all'opposto  di  lei,  la  Severina  che  non 
cercava  le  grazie  di  veruno,  riusciva  a  guadagnarsele  da  tutti, 
per  via  della  sua  disinvoltura,  leggiadra  e  uiodesta  a  un  tempo. 
Nel  che  faceva  nn  singolare  contrasto  col  la  gaiezza  di  quella 
frugoletta  un  po'scapata,  che  era  la  Silvia,  che  spesso  dava  la 
caccia  alle  farfalle  col  tramaglino,  e  questo  aveva  essa  improv- 
visato,  mettendo  in  brani  un  velo  quasi  nuovo.  Arnedeo  le  aveva 
per  giunta  compicciato  il  manico  con  un  bocciuolo  di  canna,  e 
prendeva  festa  a  veder  lei  correre  pel  giardino  come  una  bam- 
bina,  sino  a  perdervi  correndo  il  cappellino.  Scusavala  di  buon 
cuore  la  signora  Caterina:  —  £  suo  tempo:  quando  noi  eravamo 
all'eta  sua,  eravamo  piti  pazzerelline  di  lei  Tun  cento.  — 

Ma  serbava  ii  fiore  de'suoi  sensi  quasi  materni  per  la  Se- 
verina, che  se  li  meritava  col  suo  contegno  presso  che  filiale. 
La  povera  donzella  aveva  tanto  bisogno  di  trovare  un  po'di 
cuore  che  le  si  aprisse !  Si  vedeva  a  occhio  che  di  carezze  non 
gliene  toccavano  mai:  perche  il  conte  zio  le  voleva  bene,  e  ii. 
Tutto  il  piu  le  metteva  in  inano  una  carta  di  cencinquanta  o 
dugento  lire,  quando  si  accorgeva  (e  ci  vedeva  poco)  che  Severina 
avesse  necessita  di  rimettersi  in  assetto  decente.  La  zia  poi  tra- 
scuravala  d'ordinario.  Qui  stesso  in  casa  altrui  non  perdeva  1'oc- 
casione  di  mortificarla  a  ragione  e  a  sragione.  Severina  aveva 
creduto  atto  di  civilta  il  porgere  un  po'la  mano  a  mescere  il 
caGfe,  quando  si  prendeva  in  giardino.  E  la  zia  rimbronciolarla 
perche  fosse  trascorsa  a  famigliarita  eccessiva.  La  fanciulla 
evitava  i  discorsi  di  storia,  di  belle  arti,  e  molto  piti  di  filosofia 


V     I    BUIHI    I1,.  K    MAMMB 

sociale,  che  era  il  rival  <li  baf.a?'!ia  della  xia.  —  Perch-}  lasci 
cadere  la  conversazione?  le  rinfacciava  la  zia  alia  sera.  Gia,  t'i 
non  sai  metier  bocca,  altru  che  n-jll»3  stoviglie  di  ciriua  o  nei 
cenci  del  bur 

—  Che  volete,  zia?  la  signora  Cateriaa  di  (jiHllo  vostre  specula- 
ii  non  ne  minima.  .Mi  parrebb-3  di  annoiarla,  di  farla  arrossirc. 

—  Che  ragione?  Tu  non  ne  azzjcchi  uaa.  ft  una  ragione  di 
piil,  un  inez/o  di  piti,  di  larle  sentire  cho  non  siamo  poi  tutti 
all'ist-i93o  livello.  E^li  e  ben  giusto  che  qaesti  signori  si  ac- 
corgano  che  abbiamo  loro  accordato  una  grazia  coll' accettaro  la 
loro  ospilaliU,  e  I'educjizion  nostra  e  b'3n  piu  alta  che  la  loro. — 

Severina  tuttavia  non  dava  retta  a  sn^gerimenti  si  falsi  e  si 
boriosi.  Splendevanle  in  uiente  himinosi  gli  esempii  della  santa 
sua  ma  Ire,  che  essa  aveva  perduto  nell'eta  di  tredici  anni,  e 
che  sebbme  nata  di  alta  nobilta  romana  e  imparentata  poi  per 
via  del  uiarito  colla  piu  illustre  signoria  milanese,  pure  aveale 
ntillati  ben  altri  principii:  nobilta  verace  essere  quella  che  onora 
la  nascita  col  tener  altu  la  professione  della  relijjiosita,  della 
fedelta  al  sovrano  legittimo,  della  carita  cittadina,  della  ben  i(i- 
c-'iixa  verso  il  povero,  della  gentilezza  esquisita  con  tutti.  Siffatte 
massiine  eransi  in  lei  radicate  vie  ineglio  durante  la  educazione 
nel  collegio  delle  Dune  del  Sacro  Cuore,  e  ribadite  non  raranaente 
in  casa  dello  zio,  che  ayvezzo  a  trattare  i  negozii  di  Stato  coi 
grandi  gentiluoinini  delle  corti,  sapeva  non  di  ineno  per  civile 
modest ia  confarsi  coi  contalini,  cogli  operai,  coi  valletti  di  casa. 
Soverina  per6  a  tali  scuole  forinata,  sentiva  ripugnanza  insu- 
perabile  ad  ostentare  la  propria  coltura  (non  aveva  mai  fatto  altro 
che  studiare,  unica  possibile  occupazione),  e  molto  piu  a  fame 
pom  pa  colla  signora  Boasso  che  discorreva  senza  pretensioni  e 
alia  buona. 

£  non  era  gia  che  la  signora  difettasse  di  educazione.  EH'avova 
saputo  tutto  ci6  che  venti  o  trent'anni  fa  insegnavasi  ne'conventi, 
ed  era  molto  piCl  di  ci6  ches'impara  nolle  scuole  noruiali  d'og 
e  ne'collegi  de'Muuicipii,  dove  passano  come  in  una  lantcma 
magica  tante  scienze  e  si  svariati  caleidoscopii,  che  basterebbero 
ad  un  dottore  in  facciole,  e  pure  le  tradite  bambine  non  ne  race*- 


332  LA    CONTESSA    INTERNAZIONALE 

pezzano  altro  che  un'infarinatura  di  chiacchiere  senza  fondo  sodo, 
colla  boria  sconfinata  di  sapere  e  soprassapere  di  tutto.  La  si- 
gnora  Caterina  aveva  ne'snoi  verdi  anni  danzato,  cantato,  e  sopra 
tutto  sonato  maestrevolmente  il  pianoforte,  a  cui  mise  poi  la  sor- 
dina  quando  cominci&  a  vagire  il  suo  primogenito.  Di  letteratura 
serbava  appunto  il  bastevole  per  iscrivere  correttamente  una  li-t- 
tera,  tanto  in  italiano  qnanto  in  francese;  avendo  barattato  tutto 
il  bagaglio  letterario,  storico,  geografico  e  poetieo,  colle  vite  dei 
santi  e  varii  altri  libri  di  divozione.  Ricamava  ancora  e  con  finis- 
simo  gusto,  ma  solo  per  ornauienti  alle  chiese,  e  qualche  ninnolo 
di  capriccio  per  la  famiglia;  piu  che  il  filondente  ella  consumava 
la  lana  comune  e  la  tela  di  canapa,  che  le  servivano  pei  poveri. 
II  suo  forte  era  sempre  1'abaco:  teneva  da  se  i  registri  delle 
spese,  pensava  alle  provvigioni  grosse,  e  mandava  innanzi  il  go- 
verno  della  casa,  in  guisa  che  il  marito  non  aveva  da  impacciar- 
sene,  altro  che  per  rifornirle  ii  danaro  a'suoi  tempi.  Faceva  per- 
sino  il  servizio  della  guardaroba  di  lui;  non  perche  le  mancasse 
una  donna  a  cui  affidarlo,  ma  perch&  le  sembrava  dimostrazione 
affettuosa,  1'  interessarsi  da  se  ne'  comoducci  dello  sposo.  Cosl 
confess6  ella  a  Severina,  che  ne  la  richiese. 

In  ogni  suo  atto,  in  ogni  detto  sfavillava  il  buon  senso  casa- 
lingo  e  facile.  E  Severina  che  di  buon  senso  troppo  avanzava  la 
contessa  zia,  avrebbe  riguardato  come  una  caricatura  il  mettere 
sul  tappeto  le  question!  intricate,  inutili,  noiose  dei  chiappanuvoli 
tedeschi,  nelle  quali  la  contessa  credeva  di  sfondare  maraviglio- 
samente,  mentre  era  grossa  coll'abbiccl  dei  veri  economisti.  Go- 
deva  invece  di  ammirare  il  buon  cuore  della  signora  Boasso,  e 
si  faceva  raccontare  con  piacere  dalla  Teresina  cameriera,  come 
la  buona  signora  era  tutta  affetto  e  provvidenza  pei  suoi  e  pei 
famigliari,  tutta  carit&  coi  poverelli,  a  cui  dava  largamente  per 
mezzo  delle  Suore  di  San  Vincenzo,  e  spesso  anche  in  persona 
visitandoli  ne'loro  tngurii.  Gia,  in  parte  vedevalo  cogli  occhi  suoi, 
perch6  la  signora  Boasso  anche  in  campagna  era  conosciuta  come 
il  rcfugium  peccatorum  della  parrocchia.  Mancava  il  velo  bianco 
ad  una  contadinetta  per  la  prirna  communione?  Si  ricorreva  a 
madama  Boasso:  mancavan  le  scarpe  o  il  giubbetto  a  un  fan- 


V.    I    KM:  K    MAMMB 

?  Kl!a  dic-'va  al  parroco  di  provvedere,  e  a  lei  darne  il 
conto:  dalle  sue  raani  benefiche  pioveva  fasce  pei  bambini,  ca- 
i«'le  da  inverno,  zoccoli,  berrette,  euffie,  spessissimo  poi  le 

iicine,  dove  n'era  piu  urgente  il  bisogno.  Nd  peritavasi  tli 
governare  e  fasciare  di  sua  mano  le  ferite,  e  fornire  le  pasticche 
alle  vecchie  tossenti,  e  dalla  sua  cucina  man  laro  brodo  e  vino  ai 
convalescent!.  Di  che  ella  non  poteva  aggirarsi  per  le  strade 
campestri,  che  non  le  venissero  incontro  dalle  masserie  i  fan- 
chilli  e  le  donne  a  riochinarla  come  la  regina  del  paese.  Severina 
paragonava  in  cuor  suo  qnesta  viva  gemma  di  inadre,  questo  mo- 
del lo  di  gran  signora  col  la  altezzosa  contessa  Aldegonda,  che 
con  tutta  la  sua  democrazia  radicale  non  sapeva  scendere  tra  il 
popolino  altro  che  a  politicare  con  vane  dicerie,  mentre  in  casa  e 
con  tutti  essa  smaniavasi  di  comparire,  e  di  sovrastare,  e  t»-ne\a 
a  cane  servi  e  cameriere ;  e  sospirava :  —  Ah,  se  la  signora  Ca- 
terina  fosse  le!  la  mia  zia,  come  c'intenderernino? 

Tutta  via  ella  bad  ava  a  non  farsi  scorgere;  e  i  colloquii  piu 
intiuii  colla  signora  Caterina  ella  prolungavali  al  mattino,  quando 
la  coutessa  era  tuttavia  a  letto,  o  sotto  le  mani  della  pettinatrice. 
E  cid  per  non  destare  gelosia  nella  sospettosa  zia,  la  quale  non 
tollerava  nella  nipote  altre  amicizie  che  le  approvate  e  gradite 
per  sua  grazia  sovrana.  Per6  nelle  passeggiate  Severina,  per  non 
crescere  i  mali  umori,  parlava  poco  e  cansavasi,  dando  cosl  luogo 
alia  cuginetta  Silvia  dl  farsi  innanzi,  e  alia  contessa  di  tenere  il 
campanello.  Si  fece  una  corsa  a  Trofarello,  un'altra  a  Stupinigi 
ad  ammirare  il  castello  e  i  giardini  reali.  Moncalieri  poi  era 
spesso  la  meta  della  scarrozzata:  e  la  contessa  per  far  piacere 
ad  Amedeo  si  lascifc  condurre  a  visitare  il  collegio  Carlo  Alberto, 
dov'ebbe  il  disgusto  di  vedere  I'avvocatino  in  erba,  accolto  come 
persona  di  casa,  trattare  dimesticamente  con  quei  reverendi  padri 
baroabiti,  ed  esservi  festeggiato  come  se  fosse  uscito  pur  ieri  del 
loro  convitto. 

II  che  non  toglieva  poi  che.  fuori  di  la,  egli  non  tornasse  il 

cicerone  pin  conversevole  e  galante  che  desiderare  potesse  la  bri- 

f-'inminile.  Non  era  cosa  che  ignorasse  del  suo  paese,  rispon- 

deva  come  un  dizionario  a  qualunque  piu  impensata  dimanda.  La 


:>,'\'i  LA   CO.VTESSA   INTEKNAZIOXALE 

contessa  per  metterlo  alia  pruova,  gli  dimand6  di  punto  in  bianco 
che  cosa  contenessero  certe  casse  di  pioppo,  di  cui  sempre  si  tro- 
vava  ua  monte  alia  stazione  di  Moncalieri.  Amedeo,  subito,  uaa 
sfilzata:  —  Tante  cose,  contessa.  A  veto  a  sapere  che  i  possidenti 
di  questo  luogo  sono  la  iniustria  in  persona.  Vendono,  gia  si  sa, 
grano,  vino,  bozzoli,  e  1'altre  derrate  comuni  in  Piemonte:  ma 
per  giunta  egli  hanno  messo  su  un  commercio  tutto  loro  proprio. 
Se  si  aprissero  quelle  casse,  si  troverebbero  forse  piene  di  noc- 
ciuole... 

—  Di  nocciuole? 

—  Di  nocciuole,  si,  e  anche  sgnsciate,  perche  tengano  meno 
posto,  e  viaggino  piu  spedite  oltremonti  ed  oltremare.  Le  tro- 
vereste  forse  stipate  di  fiamraiferi  di  ogni  razza,  ma  tutti  eccel- 
lenti,  senza  schianto,  infallibili,  che  vanno  ad  accendere  milioni 
di  sigari  sino  in  Sicilia,  e  dal  lato  opposto  in  Isvizzera  e  in 
Francia  per  contrabbando... 

—  Saranno  agiati  e  ricchi  i  prodnttori;  neh  vero?  dimand6 
la  contessa  economista  e  sociologa. 

—  Lo  credo!  tra  di  nocciuole  e  di  fiammiferi  i  nostri gianduia 
si  beccano  di  bravi  milioni  ogni  anno.  Senza  contare  i  mattoni  e 
le  tegole  alia  moderna,  per  cui  hanno  qui  fornaci  famose,  senza 
contare  i  liquori,  che  zampillano  qua  intorno  dai  lauibicchi  e  dai 
distillatoi  a  vapore,  e  non  mica  zozza  da  acquavitari,  no,  robetta 
fine,  destinata  a  baciar  1'  ugola  dei  buongustai  e  dei  lecconi  di 
mestiere. 

—  Chi  1'  avrebbe  pensato !  sclamo  la  dotta  contessa :  che  in 
questi  villaggi  venisse  a  nasconlersi  tanta  industria  e  tanto  senno 
economico!  E  ci6  che  io  dico  sempre:  1' Italia  dovrebbe  emanci- 
parsi  della  importazione,  ridurla  a  zero,  e  crescere  indefinitamente 
la  sua  esportazione. 

Amedeo,  che  pure  senza  pretenderla  a  sociologo,  distingueva 
i  fagiani  dalle  lucertole,  sentl  benissimo  il  ridicolo  di  questo 
apoftemma  strampalato:  ma  si  conteuto  di  ridere  sotto  i  baffi, 
voltandosi  un  po'da  un  lato.  E  continu6  a  discorrere,  parlando 
del  castello  di  Moncalieri,  e  de'festini  reali  che  vi  si  davano, 


V.    1    HAW  n   VAN  ME 

somiirlianti  a  qwlli  <li  Versaglia:  0006  fatte  che  tenevano  !»• 
gnore  sospeso  dal  suo  labbro. 

Ma  la  piu  bella  lezione  ciceronesca  la  teneva  in  serbo  per  la 
gita  di  Soperga. 

VI. 

SOPEKGV    R   TORINO 

Questa  volta  anche  i  aignori  babbi  venivano  di  brigata,  e 
8en&' essersi  punto  accordati,  venivano  amendue  curiosi  di  sco- 
prire  paese,  e  indovinare  se  e  fiao  a  che  punto  Araedeo  fosse 
veramente  bruciolato  della  Silviuccia.  Lo  avevano  a  pieni  Toti 
maschili  o  femminili  creato  commissario  generate  della  scam- 
pagnata.  Egli  non  intese  a  sordo.  Face  trovare  un  opportuno 
asciolvere  nel  villaggio  della  Madonna  del  Pilone,  ove  servl  va- 
lorosamente  da  scalco  e  da  coppiere,  non  senza  speciali  attention  i 
alia  Silvia,  ma  cosi  dissimulate  e  fine  che  solo  la  fanciulla  se  ne 
avvedeva,  e  gioiva  K  le  stesse  scenette  si  rinnovarono  pi  A  volte 
nella  giornata  e  nel  desinaro,  egualmente  intese  da  chi  inten- 
derle  doveva,  ed  egualmente  sfnggite  ad  ogni  altro  sgnardo.  Si 
sail  la  collina  agiatamente  e  presto,  perchd  Amedeo  aveva  fatto 
Btacraru  la  pariglia  di  casa,  e  comandati  cavalloni  del  luogo  coi 
necessarii  trapeli  di  rinforzo.  All'arrivo  eran  pronti  i  rinfreschi: 
e  poi  via,  alia  basilica.  Fecela  egli  visitare  a  parte  a  parte,  co- 
mincianio  dai  reali  sepolcri  de'sotterranei  sino  al  ballatoio  altis- 
simo,  che  incorona  la  lanterns  della  cupola. 

Lassft  era  il  punto  ove  ambiva  Silvia  di  sfoderare  il  binoccolo. 
—  Non  lo  permetter6  mai,  signorina,  le  intim6  Amedeo  celiando. 

—  Ma  perchfc  ? 

—  Non  tanti  perche?  0  sono  commissario  generate,  o  non  sono. 
Ma  si  che  sono.  Dunque  ordino  che  le  leggia*ire  fanciulle  pren- 
dano  qui  solamente  una  boccata  d'aria  elastica,  dieno  un'occhiata 
fuggiasca,  e  poi  giu,  giu  per  la  scaletta... 

-  Ma  6  una  tirannia,  signor  commissario,  disse  Silvia. 

—  Non  c'e  tirannia  che  tenga:  cosl  couaaudo,  e  cosl  coman- 


LA    CONTESSA    IMEK.NAZIONALE 

dano  tutte  le  buone  mauime,  die  non  vogliono  piangere  domani 
s  ille  pleuriti  e  le  bronchiti  e  le  tossi  delle  loro  care  bambino. 

Tutti  diedero  un  monte  di  ragione  ad  Amedeo.  Si  era  trafelati 
e  ansanti,  e  il  tramontane  tirava  forte  anzi  che  no.  Si  discese; 
e  nel  magnifico  propileo  della  basilica,  a  ridosso  del  vento,  a 
sosta  dal  sole,  trovarono  un  giro  di  seggiole,  cola  disposte  dal 
servo  di  chiesa,  iotoruo  a  un  grande  cannocchiale  girevole  sul 
suo  cavalletto.  —  Qui  ordina  il  coinrnissario,  grid6  Amedeo  a 
voce  alta,  che  le  signore  spieghino  i  loro  scialli,  s'  inviluppino, 
si  fascino,  si  tappino,  si  turino  sino  alia  gola  inclusive,  e  cosi 
si  conservino  sane  e  fresche  per  la  gioia  del  mondo,  e  la  felicita 
dei  loro  ammiratori. 

—  Senti,  senti  che  editti !  torn6  a  lamentarsi  la  Silvia.  Non 
ci  possiamo  piti  muovere  senz'ordine  del  coinmissario. 

—  E  voi  non  dovevate  esaltarmi  a  questa  carica,  signorina, 
se  non  volevate  obbedire.  Anche  voi  avete  data  la  vostra  fava: 
state  alia  legge  che  avete  fatto,  dicono  i  giureconsulti.  Del  resto 
la  contessa  qui  mi  rivede  tutti  gli  editti,  e  li  appro va:  non 
e  vero? 

La  contessa  sorrise.  Intanto  i  binoccoli  si  sfoderavano  a  gara 
e  si  squadravano  a  ricercar  la  pianura  e  lo  stenninato  anfiteatro 
di  montagne  che  accerchiava  da  lungi  rorizzonte.  —  Che  vista! 
diceva  1'una.  —  Che  spettacolo!  rispondeva  Taltra.  —  fi  im- 
menso.  —  ft  il  pid  vasto  panorama  che  abbracciare  si  possa  con 
uua  sola  occhiata.  —  E  ciascuna  cercava  di  scoprire  terre,  cam- 
panili,  rnonti,  novita.  Amedeo,  ritto  presso  il  cannocchiale,  in- 
vitava  la  contessa  a  sedergli  a  lato,  e  godere  la  prima  delle 
maraviglie  di  quel  prospetto,  e  cominciava  con  artato  sussiego 
la  sua  diceria:  —  Qui,  se  lo  vogliono  sapere,  illustrissime  si- 
gnore, siamo  a  780  metri  sul  livello  del  mare,  non  un  milli- 
metre di  piu,  non  un  millimetre  di  meno,  e  un  bel  550  metri 
sopra  il  piano  della  citta... 

—  Si  sente  all' aria  respirabile,  osserv6  la  contessa. 

—  E  si  scorge  alia  vista,  prosegui  Amedeo.  0  che  si  po- 
trebbero  osservare  cosi  nette  dal  piede  alia  cima  le  signore  Alpi, 
se  non  fossimo  noi  stessi  sopra  un  osservatorio  altissimo? 


VI 

—  K  chiaro. 

—  Eccole  la  in  sottane  verdi,  bige,  azzurre,  colla  mantell.-tta 
sulle  spalle  bianca  di  bticato,  col  cappellino  di  nubi   in  testa, 
adorno  di  avolaz/i  fantastici  da  disgradaroe  le  signorine  piu  ca- 
pricciose  (e  guato  la  Silvia). 

A  cui  Silvia:  —  Quel  montagnone  che  ci  sta  la  a  sinistra, 
e  alza  la  cresta  sopra  tutti  gli  altri,  e  anche  lui  una  signora, 
non  e  vero,  signer  Amedeo? 

—  No,  signoriua.  Quello  e  un'eccezione.  IV  h  an  no  fatto  ap 
posta  e  messo  li,  col  nome  di  Monviso,  perchd  quando  lei  vuol 
dipingere  un  obelisco,  abbia  un  model lo  da  copiare.  £  alto  tre- 
mila  quattrocento  metri... 

—  La  grazia  di  quell' obelisco! 

—  Dalla  sua  cima  coniinciano  le  alpi  Cozie  che  vengono 
schierandosi  fino  in  faccia  a  noi  per  cencinquanta  chilometri. 

La  contessa  che  si  affissava  a  stuliarecol  cannocchiale  il  gran 
ceppo  di  monti  che  le  stava  appunto  dirimpetto,  diiuandft  an- 
ch'essa:  —  E  qui  di  fronte  che  cosa  abbiamo? 

-  Guardi  bene,  contessa,  e  vedra  che  le  prealpi-  si  spaccano 
dall'alto  in  basso:  lo  fanno  a  bello  studio  per  lasciar  passare 
la  granle  strada  che  va  in  Savoia  e  in  Francia.  In  quelle  gole 
giace  1'  antica  Segusio,  la  nostra  Susa,  col  suo  arco  romano  da 
re  Cozio  dedicato  ad  Augusto.  E  pare  che  sotto  quell'  arco  pas- 
sasse  1' antica  via  romana,  che  torcendo  a  sinistra  valicava  il 
Monginevro  a  ridosso  di  Brianzone,  mentre  un'altra  torcendo  a 
destra  saliva  al  passo  del  Cenisio. 

—  E  ora?  dimandd  Silvia. 

—  Ora  6  lo  stesso,  con  questa  differenza  che  la  fainosa  via 
del  Moncenisio  rimane  libera  per  uso  e  consume  degli  statnb  -cchi, 
e  la  buona  gente  va  pari  pari  in  carrozzone  di  priina  classe 
per  quella  del  Monginevro,  e  si  ficca  sotto  il  Frejus,  donde 
sbocca  a  MuJane,  e  di  11  va  a  Ciamberl,  a  Grenoble,  a  Ginevra, 
per  tutto  il  mon-lo  transalpine. 

-  Che  bella  cosa!  sclaiu6  la  contessa;  che  vantaggio  pel 
commercio  e  per  1'affratellarsi  delle  nazioni! 

Amedeo  finse  di  non  capire  dove  mirasse  la  filosofessa  socia- 

Seri«  XII.  vol.  VI.  fate.  813  -:.riU  1884 


338  LA   CONTESSA   LNTERNAZIONALK 

lista,  e  si  continn6:  —  Ora  guarli  meglio,  contessa,  e  vedra 
come  per  entro  allo  spaccato  si  leva  un'altura  con  un  fabbricato 
in  capo. 

—  Lo  veggo  distintamente. 

—  Quello  6  la  Sagra  di  San  Michele.  Proprio  11  da  piede 
sorgevano  le  celebri  Chiuse,  mal  difese  dal  povero  Adelchi,  figlio 
di  Desideriaccio,  reaccio  dei  Longobardi,  e  superate  da  Carlo 
Magno  temporibus  illis  !.  — 

In  queste  parole  la  contessa  si  Iev6,  e  invitava  la  signora  Ca- 
terina  a  sottentrare  a  lei  presso  il  cannocchiale.  Ma  la  signora  se 
ne  scherml,  dicendo  che  ci  vedeva  abbastanza  col  binoccolo,  e  bra- 
mava  si  divertissero  le  signorine.  Silvia,  che  bruciava  di  voglia, 
pure  fu  cortese  d'  invitare  la  cugina  Severina,  e  poi  i  babbi,  che 
se  ne  stavano  ora  ritti  ora  passeggiando  dietro  le  donne,  sotto 
il  colonnato.  Qnesti  pure  risposero  che  le  belle  cose  di  quella 
vista  le  sapevano  a  raente,  o  le  scorgevano  ad  occhio  nudo. 
Severina  adunque  trattenutasi  pochi  momenti  al  cannocchiale 
per  gradire  la  gentilezza  di  Silvia,  le  cedette  il  posto,  dicendo :  — 
Guarda  tu,  ch6  io  ho  visto  benissimo  il  passo  delle  Alpi,  il 
Rocciamelone  e  il  Cenisio  che  gli  stanno  dietro... 

E  Araedeo:  —  Ah,  dunque  li  conosce,  signorina?  E  bene  ora 
da  quella  piu  alta  punta,  scenda  a  destra,  ed  ha  la  catena  delle 
Alpi  graie  o  greche,  per  oltre  100  chilometri,  sino  a  quell' altro 
colosso,  che  6  il  monte  Bianco;  dal  rnoute  Bianco  sino  al  monte 
Rosa  (6  quella  piramide  la,  all'estrerao  della  visuale),  altri 
cento  grossi  chilometri  di  alpi  Pennine.  Poi  le  Alpi  danno  un 
ganghero  e  fuggono  in  Isvizzera,  come  certi  signori  indebitati 
che  so  io,  e  buona  notte.  La  gift  giu,  e  ancora  il  famoso  Re- 
segon  del  Manzoni... 

—  II  nostro  Resegon,  fece  Silvia,  qnello  che  si  vede  dalla 
Bella  Brianzola ! 

—  Appunto  appunto,  le  disse  la  madre. 

Amedeo  aggiunse:  —  Dopo  le  alpi  Pennine,  vengono  le  Le- 
pontine,  le  Retiche,  le  Carniche,  le  Griulie,  tutte  roba  svizzera, 
tedesca,  slava. 

1  Vedi  la  nota  in  calce  all'ariicolo. 


-OPEJir,\    B   TO) 

—  Secondo  me,  osservft  la  contessa,  non  solo  il  Resegon.  ma 
sotto  tutte  quelle  Alpi  fino  a  Fiume  nell'  [stria  sarebbe  roba 
italiana,  alineno  il  versante  meri-lionale... 

—  Grazie,  contessa,  se  voi  co  lo  conoedete,  ammenne!  lo  ci 
vado  per  primo  governatore  italiano,  tan  to  volentieri. 

£  la  contessa,  piu  forte:  —  lo  vorrei  che  inoltre  ogni  paese 
fosse  posseduto  da'suoi  abitanti,  e  cho  gli  abitanti  vi  si  gover- 
nassero  a  popolo.  Bt?ato  il  men  In! 

Amedeo  non  volendo  entrare  in  quest!  trenta  soldi,  ne  fuggl 
p-l  rotto  della  cuffia,  con  una  celia:  —  Si  vede,  contessa,  che 
avete  sposato  con  nn  italiano  anche  I' Italia;  e  se  tutti  i  tedeschi 
•TO  cortesi  quauto  voi,  sarebbe  affare  da  accomodarsi  con  un 
biglietto  di  visita,  sottoscritto  da  Francesco  Giuseppe:  il  male 
d  che  ci  6  per  cola  due  o  tre  punti  che  n&  1' Austria,  n&  la 
Genuania  yorranno  regalarci  mai,  ci  &  Trieste,  ci  e  Pola... 

II  conte  della  Pineta  si  lisciava  i  baffi,  e  sorrideva  col  ca- 
Tulicre  in  ascoltando  la  politica  della  moglie  e  di  Amedeo.  Onde 
qnesti,  avvistosi,  inut6  registro,  dicendo  subito:  —  Ora  diarao 
una  rovigliata  per  la  pianura.  —  E  sapenio  egli  a  menadito 
la  geografia  del  suo  paese,  venne  indicando  qua  e  la  terre,  citta, 
castolli  in  gran  nnmero.  Pretese  perfino  di  scoprire  il  duomo  di 
Milano.  Nessuno  ne  vedeva  nulla.  E  Amedeo:  —  A  conti  fatti, 
si  dovrebbe  vedere;  e  se  si  nasconde,  col  pa  sua. 

—  E  pure  Taria  e  limpidissima,  osserv6  la  contessa. 

—  Allora  sara  colpa  del  cannocchiale. 

In  cid  dire  abbassb  verso  Torino  I'obbiettiva,  dicendo:  — 
Qui  poi  siamo  in  casa  nostra,  e  ci  parliamo  coi  campanili  a  tu 
per  tu.  N-»i  siamo  qui  sul  luogo  stesso,  donde  il  principe  Eu- 
gfknio  di  Savoia  e  il  duca  Vittorio  Aineieo  II,  dopo  scambiatosi 
una  presa  di  tabaeco,  presero  a  stuliare  Torino  e  il  campo 
francese  che  fassediava,  che  era  proprio  li  a'nostri  piedi... 

—  Dove  stavano  i  francesi?  scappo  fuori,  impaziente,  la  Silvia 
che  non  aveva  veduto  il  gesto  di  Amedeo:  diteci  come  eran  col- 
locate le  trnppe. 

-  Eh,  ci  vuol  altro,  prese  a  dir  Amedeo.  Per  capire  quel- 
I'assedio  titanico,  e  quella  battaglia,  che  cambi6  le  sorti  di 


340  LA    CONTK«SA    INTKRNAZIONALE 

Europa,  bisogna  armarsi  di  binoccolo  tutti,  e  poi  colla  immagi- 
nazioue  rifabbricare  la  topografia  di  Torino. 

—  Che  vorreste  din-  ? 

-  Yoglio  dire,  che  bisogna  scancellare  col  pensieroquelle  piaxze 
sterminate  di  Po  e  di  Porta  Susa  laggiu,  scorciare  quelle  strade 
che  non  finiscono  mai,  sterpare  quei  viali  che  la  circondano,  e 
ridurla  ai  minimi  termini.  Gosi  era  nel  1706,  incassata  tra  le 
sue  iiiura  di  ferro,  dietro  le  quali  essa  alzava  la  cresta,  e  faceva 
le  coma  al  duca  di  Orleans,  al  duca  di  La  Feuillade,  al  ma- 
resciallo  di  Marsin,  e  al  grosso  esercito  francese  che  Luigi  XLV 
aveva  mandato  ad  espuguarla.  La  vedete  la  quella  pianura  verde 
a  porta  Palazzo,  lungo  la  Dora?  La  si  erano  aperte  le  trincee... 

—  0  che  sono  le  trincee?  diniand6  Silvia. 

—  Banibina  mia,  le  gridft  il  padre,  se  si  fa  cosl,  si  va  nell'un 
via  uno. 

E  Amedeo  con  flemma:  --  Sono  fossati  nel  vivo  del  terreno, 
che  gli  assedianti  scavano  intorno  alia  piazza  per  accostarsi  ai 
bastioni,  e  batterli  al  coperto  dell'artiglieria  nemica.  Figuratevi 
dunque,  signorina,  li  intorno  frastagliato  il  terreno  attorno  alle 
mura,  ed  anche  la  dietro,  dov'6  ora  un  rimasuglio  della  famosa 
cittadella  di  Torino;  e  poi  tende  e  baracche  dalla  Dora  sino  alia 
Stura,  che  qui  dinanzi  scendono  nel  Po,  una  citta  di  francesi, 
coutro  una  citt£  di  torinesi;  cio£  centinaia  e  centinaia  di  batta- 
glioni  di  fanteria,  e  di  piti  che  cento  squadroni  di  cavalleria,  con 
trecento  cannonacci  e  mortai  piantati  in  batteria;  insomnia  tutto 
investito  e  serrato  intorno  il  recinto  murato,  tranne  da  questo  lato 
nostro  lungo  il  Po,  dove  le  batterie  del  Duca  poste  sui  poggi  non 
avevano  lasciato  il  nemico  adagiarsi. 

—  E  quei  di  dentro  la  citta,  perchk  lasciavano  i  nemici  ada- 
giarsi altrove? 

—  Vi  dir6  ora:  dentro  vi  erano  diecimila  soldati  di  vecchio 
stampo,  col  cappelletto  a  lucerna,  e  il  loro  bravo  codino... 

—  Oh?  il  codino!  fece. Silvia. 

—  Non  interrompere,  1'avvertl  il  babbo,  se  no  fareino  tardare 
il  pranzo. 

—  Che?  rispose  Amedeo  guardando  1'orinolo.  Non  vi  confon- 


del  fissato  coll'oste. 

>  il  tempo  di  dare  la  mia  haltairlia  campale...  Immaginate 

a  liiri'i  ie  11  sotto,  per  entro  la  citta,  le  strade  tutt--  disselciate  per 

o  bouibe  cadenti;  i  campanili  iiuiUti  in  vedette  per 

are  le  mosse  e  gli  assalti  dei  francesi;  disposti  im  po'per 
tutto  serbatoi  d'acqua  e  i  visjili  seinpre  in  giro  a  spegnere  gl'in- 

:ii  che  ad  ogni  tratto  divampavano;  compagnie  e  battaglioni 
di  soldati  che  marciano  alle  mura  e  alia  cittadella,  che  vanno  che 

.rono,  sotto  una  grandine  di  granate,  e  iuvolti  in  un  fuino  di 
inferno... 

-  Che  paura  dovevano  avere  i  cittadini!  sclamd  Silvia. 

—  E  sicuro,  non  era  come  villeggiare  alia  Bella  Brianzola! 
M;i  quando  si  6  in  ballo  bisogna  ballare.  I  cittadini,  e  magari 
anche  le  cittadine  col  grembiiile  di  spedalinga,  facevano  il  ser- 

o  delle  inferinerie  militari;  e  il  popolino,  non  potendo  altro, 
correvaalle  chiese:  novene,  comunioni,  messe,  processioni,  rosarii 
senza  fine.  E  in  mezzo  alle  folle  pregauti  saltava  il  beato  Seba- 
stiano  Valfre,  col  crocifisso  alia  mano,  a  confortare,  a  predicare 
la  penitenza,  a  profetare  la  vittoria.  La  bnona  gente  giurava  di 
avere  visto  la  Madonna  della  Consolata  passeggiare  sui  baluardi 
incoiitro  la  Dora,  dove  piu  fitte  iufuriavano  boiube  e  granate,  e 
lei  colle  sue  bianche  manine  le  chiappava  a  volo  con  tutta  la 
spola  ardente,  e  le  rigettava  indietro... 

—  0  cara  visione !  sclamb  con  candore  la  Silvia. 

—  Bella  invenzione!  disse  invece,  come  per  correggerla,  la 
contessa.  In  quei  frangenti  era  cosa  patriottica ! 

—  lo  son  tanto  sciocco,  tanto  idiota,  che  inchino  anche  a  cre- 
derla  vera,  ripigli6  Amedeo,  con  un  po'di  picca  dissimulata:  e 
seguito:  —  La  gioventil  poi  oltre  al  rosario  della  Madonna,  aveva 
abbrancato  lo  schioppo,  e  si  era  formata  in  battaglioni  volanti. 
Occupavano  i  posti  pericolosi,  rifacevano  le  gabbionate  divelte 
dalle  pal U%  davan  la  muta  ai  soldati  di  munizione,  si  battevano 
dagli  spaldi  della  fortezza  e  dalle  banchine  dei  parapetti. 

—  0  questo  B\,  disse  la  contessa,  lo  schioppo  aiutava  piu  che 
il  rosario. 

E  Amedeo:  —  Chi  lo  sa?  Certo  6  che  1'uno  dava  coraggio  al- 


LA    CONTr>-A    I.NTi;il>A/.|!lNALE 

1'  altro.  Quei  vecchi  codini  che  erano  sempre  in  guerra,  erano 
tutto  fucile  e  rosario.  Ci  scommetterei  ceato  coatro  uno,  che 
qnt'l  bonuomo  di  Pietro  Micca  aveva  il  rosario  nel  taschino  da 
petto,  quando  fece  quella  faraosa  cilecca  ai  francesi... 

—  Ah,  fu  in  qnesto  assedio? 

—  Proprio  in  qnesto  assedio. 

—  Sapreste  indicarci  il  luogo? 

—  II  punto  precise  e  difficile  a  ritrovarlo,  ma  guardate  quel 
maschio  di  fortezza  che  ancora  sussiste  la  verso  porta  Sasa  un 
poco  a  nostra  sinistra... 

—  Si  distingue  benissimo. 

—  E  bone  la  intorno  era  un  buscherio  di  cannonate,  di  fuci- 
late,  di  mitragliate,  che  si  barattavano  tra  i  francesi  di  sotto,  e 
i  piemoutesi  di  sopra,  e  cio  per  mesi  interi,  e  non  si  guajagnava 
un  palmo  di  terreno  n}  dagli  uni  n&  dagli  altri.  I  francesi  per 
farla  fiiiita,  ehbero  1'  idea  diabolica  di  ficcarsi  nottetempo  dentro 
un  fosso  fino  a  pi£  di  un  bastione  maestro.  Freddauo  le  sentinelle 
alia  sordina,  e  quatti  quatti  arrivano  a-I  una  galleria  segreta 
che  menava  nell'  interno  della  piazza.  Torino  era  fritta,  se  riu- 
sciva  loro  la  taccola.  Fortuna,  che  sentl  tempestare  la  porta  colle 
accette  il  Micca,  che  come  minatore  era  l^i  sotto,  presso  ad  una 
mina,  stipata  sotto  quell' accesso  pericoloso.  Ha  che  dovea  fare? 
Gridare  aU'armi?  chi  lo  sentiva?  stendere  la  seminella,  darle 
foco  e  fuggire?  Ci  volea  troppo  tempo.  Dice  a  un  camerata:  —  Tu 
fuggi...  lascia  fare  a  me.  —  E  poi  diritto  alia  mina,  colla  miccia 
accesa,  foco,  tumm!  Un  tuono  d' inferno,  e  UQ  inferno  di  fuoco 
scoppi6  dalle   viscere  della  terra,  e  poi  una  pioggia  di  teste, 
di  gambe,  di  braccia,  mescolate  con  un  monte  di  rovine,  e  di 
ruote  e  di  cannoni,  che  erano  tre  compagnie  di  granatieri  fran- 
cesi con  la  loro  batteria,  saltati  in  aria. 

—  E  il  Micca? 

—  Era  gia  in  paradiso  a  riposarsi  doila  fatica. 

—  Dio  mio!  sclamarono  le  donne,  ci  vnol  fegato! 

—  Gi  vuol  fegato,  sicnro :  ma  quando  si  sa  che  si  muore  per 
la  patria,  al  proprio  posto,  in  guerra  giusta,  il  fegato  ci  e...  L'  as- 
sedio non  fa  tuttavia  levato  per  cot-jsto.  Che  anzi  il  duca  di 


-'•ans,  ch  ?giava  in  Ijombardia,  era  venulo  con  t 

le  sue  genti  e  i  suoi  cannoni  a  crescere  il  furore  degli  assalti. 
Dalla  parte  del  torinesi,  il  Duca  non  s'era  per6  sgomentato, 
sbarattava  gli  assedianti  con  ferocissime  sortite,  guasteva  o( 

:va  viveri,  bruciava  munizioni.  E  quando  vide  il  boon  punto 
uscl  del  la  citta,  raggranellft  otto  o  dieci  mi  la  soldati,  e  fece  la  sua 
congiunzione  col  principe  Engenio  di  Savoia,  che  gli  conduceva 
un  bel  ventiniila  tedeschi  in  soccorso.  Fatevi  idea  chiara,  signore. 
II  campo  francese  era  qni  sotto  i  nostri  piedi  al  di  la  del  Po, 
e  da  questa  altezza  ove  siam  noi  ora  a  taccolare,  i  due  principi 
stiuliarono  le  posizioni  nemiche,  e  fermarono  di  assaltarle,  an- 
corchfc  avessero  assai  meno  gente.  Si  mossero  la  vigilia  della 

ivita.  I  francesi,  che  si  credevano  inespugnabili  ne'loro  trin- 
ceramenti,  li  aspettarono.  Infatti  piu  volte  rigettarono  gli  as- 
salitori  con  fiero  acciacco.  Si  sa  che  dalTuna  parte  e  dall'altra 
si  fecero  prodigi  di  valore.  E  i  francesi  dopo  accanite  lotte, 
restando  fermi  ne'loro  yantaggi  si  tenevano  in  pugno  la  vitto- 
ria,  quando  il  Duca  avvisd  un  punto  debole  degli  steccati.  Vi 
si  slancia  coi  suoi  terribili  codini  veteran!;  travaglia,  conquassa, 
scardina,  abbatte  il  riparo,  prima  che  il  netnico  vi  porti  il  soccorso, 
e  sbocca  nel  campo;  un  grosso  di  cavalleria  lo  segue  come  una 
Humana  traboccante.  I  poveri  francesi  bersagliati  dalle  inura, 
stretti  di  fuori,  invasi,  pestati,  sciabolati  di  dentro,  si  sgomen- 
tarono.  Era  ferito  il  duca  di  Orleans,  morente  il  maresciallo  di 
Marsin,  morti  in  gran  numero  gli  ufficiali  bench6  combattessero 
da  leoni:  non  c'era  piu  ordinanza  possibile.  In  tutto  il  campo 
sorge  il  grido  disperato:  Salva!  Salva!  Si  fugge  in  rotta  da 
tutte  le  parti.  Alle  ore  4  del  giorno  tutto  era  finito,  Torino 
apriva  le  porte,  le  campane  sonavano  a  gloria,  le  artiglierie 
tonavano  a  gazzarra;  e  i  principi  di  Savoia  con  immenso  cor- 
teggio  cavalcayano  alia  cattedrale,  a  deporvi  la  spada  a' pie 
deH'altare. 

Qui  le  uditrici  esalarono  un  gran  sospirone:  che  avevano  so- 
speso  lungamente  il  fiato.  Disse  la  conteesa:  —  Oggi  non  ab- 
biamo  ndito  il  famoso  assedio,  1'abbiamo  a  dirittura  veduto  cogli 
occhi,  grazie  al  signor  Amedeo... 


LA   CONTESSA    IMTKKNAZMNALE 

—  Grax-ie  a  voi,  internippe  Ainedeo,  grazie  a  voi  che  ci  avete 
tat  to  arri  rare  quassu.  Sonza  la  vostra  graziosa  condiscenden/a 
non  saremmo  a  Soperga...  Del  resto  86  proprio  voleste  vedere 
viva  viva  la  battaglia  di  Torino,  ell'e  nella  pinacoteca,  di  mano 
dell'Hngthenburg... 

—  lo  penso,  entr6  qni  il  cavaliere  Boasso,  che  aveva  quasi 
sempre  discorso  col  conte,  senz'impacciarsi  di  viste  e  di  pro- 
spetti,  io  penso  che  sarebbe  tempo  di  dare  un'altra  battaglia... 
all'albergo,  meno  sanguinosa. 

Tutti  approvarono.  Si  discese  a  desinare:  ognuno  magnificava 
1'appetito  acquistato:  il  conte  stesso,  che  sempre  inangiava  a 
spilluzzico,  confessava  di  sentirsi  meglio  che  mai.  Intanto  Silvia 
e  Severina  non  finivano  di  question!  sull'assedio,  sulle  posizioni 
degli  alleati,  sulla  basilica  colossale,  trofeo  della  vittoria:  e 
Ainedeo  rispondere  senza  incespicare  mai :  La  basilica  essere 
sorta  per  via  del  voto  fattone  dal  duca;  la  fabbrica  durft  quasi 
vent'anni,  disegno  del  luvara,  torrenti  di  oro  per  tirarla  a 
fiuimento.  Gia,  auche  la  preda  era  stata  un  tesoro  sfondolato: 
seiinila  prigionieri,  dugencinquanta  pezzi  d' artiglieria,  settemila 
cavalli  e  muli,  ottantamila  barili  di  polvere,  armi,  tende,  ba- 
gagli,  viveri,  munizioni  senza  fine,  insomma  tutto  il  forniinento 
di  uno  del  piu  fioriti  eserciti  di  Luigi  XIV. 

II  conte  della  Pineta,  come  diplomatico,  balzo  a  pi&  pari  nel 
pocoreccio  del  trattati  di  Utrecht  e  di  Londra,  che  negli  anni 
S'guenti  posero  in  capo  al  duca  di  Savoia  la  corona  reale,  e 
nella  infausta  fortuna  di  Luigi  XIV,  la  cui  Stella  incominci6 
allora  ad  iinpallidire.  Ma  quest!  erano  discorsi  per  lui  e  pel 
cavaliere:  perch&  le  donne  s' incantavano  unicamente  alia  par- 
lantina  di  Amedeo,  che  non  finiva  di  baie  con  infinite  com- 
piacimento  della  brigata.  Tardi  assai  si  prese  la  via  del 
ritorno. 

Tutti  erano  content!  della  gita  e  deli'allegra  giornata:  le 
fanciulle,  perch6  s' erano  svagate  alia  spensierata;  il  cavaliere 
B.tasso,  perch6  la  Silvia  eragli  piaciuta  assai,  come  garbata  e 
molesta.  II  conte  poi  s'era  a  dirittura  innamorato  di  Amedeo, 


HGA    E   TOI 

e  non  si  tenne  dal  confVssarlo  aU'amico:  —  Qnel  vostro  Am* 
6  pure  un  giovane  corapito...  6  colto,  6  ruligioso,  e  riserbat 
e  la  gentilem  in  persona.  Djvresto  incarami narlo  per  la  car- 
riera  diploraatica. 

-  Egli  e  gia  troppo  avanti  in  diploma/in. 

—  Che  volete  dire? 

—  Voglio  dire  ch'egli  d  accorto  e  trincato  come  il  fistolo. 
Guardate,  egli  pare  spensierato  e  fanciullone  a  quel  niodo,  e 
pure  priina  di  uscire  di  casa  stamani,  disse  a  sua  niadre,  che 
oggi  voleva  dare  un  compito  esamo  alia  Silvia... 

-  Dunque  un  pochino  ci  pensa,  osservfc  il  conte,  non  potendo 
frenare  un  sorriso  di  compiacimento. 

-  Chi   ne  sa  nulla?  II  fatto  6  che  n6  mia  moglie,  n&  io, 
che  pur  stavo  sull'avviso,  ce  ne  saremmo  pun  to  accorti...  Ma 
son  certo  che  dimani  o  con  me  o  colla  madre  qualcosa  si  apre.  — 

La  contessa  per  parte  sua  si  rallegrava  di  tutt'altro.  Sem- 
brava  a  lei  che  in  tutta  la  giornata  Amedeo  non  aveva  mai 
detto  a  Silvia  una  parola  piu  che  un'altra;  e  per6  ella  si  riposava 
dell1  apprensione  ch'egli  occhiasse  un  po' troppo  la  figliuola.  —  E 
un  giovane  a  garbo,  non  c'e  che  ridire,  e  tra  poco  sara  un  avvocato 
ricco  di  quattrini  e  di  belle  parole...  Ma  un  paolotto,  quanto  ce 
n'entra...  borghese,  poi,  borghese  da  parte  di  padre  e  di  madre... 
la  signora  Caterina  6  in  fondo  una  popolana  rimpulizzita,  si  rim- 
pulixzita  e  nulla  piu...  Dove  che  noi  abbiauio  i  quattro  quarti. 
Nel  mio  albero  genealogico  ci  e  parentele  coi  piu  alti  baron  i 
di  Gennania...  ce  n'&  flno  coi  Kan  di  Kasan  e  di  AstrakanL. 
I  Pineta  risalgono  alle  crociate...  A  noi  non  uianca  nulla,  e 
Silvia  pu6  sposarla  un  principe.  —  E  tornando  ad  esaminare  gli 
atti  e  le  parole  di  Amedeo  durante  la  gita,  tornava  poi  a  conso- 
larsi:  —  Bene,  bene,  Tha  capita  auche  lui...  freddure  non  ci 
sono  corse...  Amedeo  non  ha  fatto  la  corte  a  nessuna...  tutto  il 
piu  ha  corteggiato  me...  un  pochino...  Gia,  io  ero  la  signora  prin- 
cipale,  la  regina  della  festa:  era  naturale...  era  il  dovere.  — 

K  in  siniili  e  piu  strani  vaneggiamenti,  che  raccontava  pui 
al  conte,  per  fargli  intendere  il  suo  animo  avverso  ai  signori 


LA   CONTESSA   INTERSAZIONALE  -  VI.  SOPERGA   E  TORINO 

Boasso,  la  contessa  era  lungi  le  mille  miglia  dal  sospettare  che 
i  fatti  del  domani  le  dovessero  dar  torto. 

NOTA 

Le  Chiuse,  c  Alle  porte  cT Italia  del  De  Amicis 

A  proposito  dclle  Chiuse  di  S.  Michele,  ci  viene  ora  in  mente  delle  sitnili  Chiuse 
dell' Assietta  di  cui  si  parla  in  nn  novissimo  libro  del  signer  DC  Amicis,  intitolato 
Alh  porte  d' Italia.  In  qm-sto  1'  A.  si  sfbrza  di  dare  colore  slorico  a  un  ammasso  di 
error!,  che  gli  togliera  in  perpetuo  ogni  speranza  di  gloria  come  slorico.  Non  si  poj- 
sono  leggere  pagine  piu  ruiilasliche.  Se  parla  de'Valdesi  (La  Ginevra  italinna, 
p.  189),  6  un  tfssuto  di  fandonie  e  di  fole  da  vrcchierella,  roba  copiaticcia  ricavaia 
da  un  libro  infame  di  piu  infame  autore,  cose  state  gia  sventate  cento  volte.  Sono 
nitre  dugento  pag'ne  (189  a  309)  spirant!  odio  contro  la  Chiesa  cattolica,  quali  le 
avivbbe  scritto  un  d.scepolo  di  Calvino  dugi-nf  anni  fa.  Se  si  awentura  nei  niisteri 
della  famosa  Marchers  di  fcrro  imprigionata  a  Pinerolo  nel  1681,  lasciamo  stare  che 
ve  la  incontra  quando  probabil mente  non  vi  era  ancora,  rgli  ti  sciorina  un'ipote?! 
stranfpalala,  che  non  si  regge  sopra  nessun  fondamenlo.  Confonde  tempi,  luoghi,  persone. 
Nel  capitolo  sulla  famosa  Marchesa  di  Spigno,  sposata  dal  duca  Viltorio  Am 
per  rovina  del  Piemonte,  dice  cose  da  can  barbone.  Ma  per  isiore  solo  alle  Chiuse 
drir  Assietta,  ove  fu  il  fatio  d'arme  celebrato  dagli  storici  e  dai  poeti  (tL'ombra 
di  Bellisle  invendicata,  >  canta  il  Monti),  c  che  ebbe  efletti  e  frutti  di  una  giusla 
battaglia  campalo,  il  bravo  De  Amicis  ignora  pienamente  la  storia,  ^a  esaitamente 
scritia  da  parecchi,  sprcialmenle  da  Alessandro  di  Saluzzo,  dal  Predari,  dal  Manno. 
E  provato  dai  document!  osisfenti  nei  pubblici  archivi,  che  la  battaglia  fu  coman- 
dala  e  vinta  con  profonda  scienza  lattlca  dal  conte  di  Bricherasio,  grande  capitano 
del  piccolo  Piemonle,  e  non  dal  conte  Paolo  di  San  Scbastlano  primogonilo  della  Spigno, 
come  sogna  il  De  Amicis  (p.  337j;  cheil  San  Sebasiiano  invece  fece  prova  di  valon- 
bonsi,  ma  insieme  d'indisciplina  e  d' indi«c'plina  tale  che  fu  ad  un  pHo  di  dare  la 
vittoria  al  nemico ;  specialmentc  quando  il  conte  di  Bellisle,  diede  rultimo  e  dispe- 
ratissimo  assallo  alia  testa  non  pibdci  soldali,  ma  di  quasi  tutti  gli  ufliciali  finncesi, 
coi  quali  cadde  valorosamente.  II  colonnello  San  Sebastiano  intanto  difendeva  TA^sietta, 
1'Assietla  che  sarebbe  slata  presa  ad  ogni  modo,  se  il  Bricherasio  non  vinceva  al  co'le 
di  Seran  dov'era  il  punto  capitale  della  difesa,  e  che  contro  I'ordine  formale  ricevulo 
il  San  Sebasiiano  non  voile  soccorrere.  Slando  alle  leggi  militsri,  quest!  avrebbe  dovnlo 
essere  chiamato  dinanzi  a  un  consiglio  di  guerra,  sc  il  felice  esito  della  colpa  e  il 
pubblico  favore  non  avessero  consigliato  il  principe  a  dissimularla  e  premiarla.  Forse 
piii  tardi  prendcremo  a  piu  compiuto  esame  questo  povero  libro,  che  il  De  Amiri* 
scnglin  nel  pubblico,  con  dnnno  della  £ua  qualsiasi  ripulazione,  e  che  e  nato  fatlo  (non 
giudichiamo  le  inlenzioni)  per  falsare  la  storia  religiosa  e  civile  dd  Piemonle. 


RH          DELU  ST \\1PA  ITALIAN.! 


I. 

mi  catechisti'-lf  <//  .M'»nsignor  PIETRO  Professore  TV 
Dot  lore  in  Tcol<»i'»t,  I  'ilosojia  <•  M>  > «  /<-,  <  n»>nicoPrt 
dell  tt'n-lln  c   <  ••  fit   iH  6 

Torino,  Libreria   del  Cavalier    L.   Romano   Editors,   1 
tttro  yolu-ni  in  quarto  di  oltre  400  pagine  ciascuno. 

Km  le  tante  opere  di  religione  e  di  morale  cristiana,  che 
yeggono  tuttodl  la  luce,  a  granle  onore  della  Chiesa  e  spirituale 
vantaggio  delle  anime,  niuna  e  pift  commendevole  e  degna  di 
essere  attentaniento  letta  e  studiata,  come  quella  cbe  coctiene 
una  compiuta,  chiara  e  popolare  esposizione  del  catechismo,  che 
e  qnanto  dire,  tutto  il  fioro  e  il  inidollo  della  teologia  e  filo- 
sofia  cristiana.  Tal  e  a  nostro  avviso  1'opera  che  piu  sopra  an- 
nunciamo,  in  cui  il  ch.  Autore  condensa  il  sncco  di  quella  scienxa 
speeulativa  e  pratica,  che  noi  cristiani  dobbiamo  al  bel  connubio 
dulla  ragion  colla  fede.  L'ordine  e  la  concatenazione  delle  idee, 
il  nerbo  delle  ragioni,  colle  quali  egli  pone  in  chiaro  e  in  sodo 
le  veriU  dogma tiche  e  moral i,  la  logica  stringente  con  cui  ri- 
batte  le  obbiezioni  degli  avversarii,  la  potenza  analitica  e  sin- 
tetica,  di  che  mostrasi  a  dovi/.ia  fornito,  la  copia  dell'  erudizione 
e  la  purezza  della  dottrina  attinta  alle  fonti  della  scrittura,  de' 
Padri  e  Dottori  della  Chiesa,  massime  dell'Angelico,  che  di  sua 
luce  irraggia  la  sacra  teologia,  e  da  ultimo  la  sempliciU  didattica 
e  chiarezza  dello  stile,  che  torna  a  ogni  volgare  intelligenza  ac- 
cessibili  e  piane  le  yerita  piu  sublimi,  tali  sono,  se  mal  non  ci 
apponiamo,  i  pregi  di  quest' opera,  destinata  ad  essere  non  pure 
pel  popolo,  ma  aoche  pel  clero  una  ricca  miniera  di  scienza  too- 
rica  e  pratica  in  tutto  ci6  che  spetta  a  Dio,  all'uniyerso  e  al- 
1'  tiomo,  riguardato  m-1  duplice  ordine  dulla  natura  e  della  grazia. 

L1  opera  an/idetta  e  ri partita  in  quattro  voluiiii;  nel  primo 
de'quali  il  ch.  Autore  espone  il  Simbolo  apostolico;  e  dopo  due 
istruzioni  preliininari,  nelle  quali  chiarisco  1'  Mea  del  vero  cri- 
stiauo  e  del  suo  fine,  e  addimostra  la  necessitii  e  Tobbligo  che 


KI\; 

gli  corre  d'istrnirsi  nella  cristiana  dottrina,  entra  in  argon, 
e  tratta  della  natura  di  Dio  uno  e  trino,  de'suoi  principal!  at- 
tributi  e  delle  sue  operazioni  nel  duplice  ordine  naturale  e  so- 
vranaturale.  Qtiindi  scendendo  dal  Creatore  al  create,  discern; 
dell'esistenza  e  natura  degli  angeli,  della  caduta  di  una  parte 
di  essi,  del  potere  e  deile  operazioni  degli  angeli  bnoni  e  rei 
in  relazione  a  noi.'  Poscia  viene  a  ragionare  dell'uomo,  della 
sua  creazione,  della  natura  dell'anima,  dello  stato  primitive 
d'innocenza,  in  cui  Dio  avealo  creato,  della  decadenza  del- 
1'umana  natura  pel  peccato,  della  trasmissione  della  colpa  ori- 
ginale  in  tutta  1'umana  stirpe,  della  necessita  e  promessa  di 
un  Riparatore  e  della  sua  lunga  espettazione.  Tutto  questo  gli 
fornisce  materia  di  15  istruzioni,  le  quali  hanno  per  oggetto 
1'esposizione  del  primo  articolo  del  simbolo  apostolico.  Nelle  se- 
guenti  istruzioni  fino  all'ultima,  che  e  la  quarantesiina,  egli 
toglie  a  spiegare  la  grand' opera  dell'umana  Bedenzione;  de- 
scrive  i  caratteri  e  gli  attributi  del  Messia,  o  di  Gesu  C.  S.  N; 
tratta  della  sua  duplice  natura  nell'unita  di  persona;  narra  la 
sua  vita  privata  e  pubblica,  terrena  e  celeste,  traendo  da  tutto 
pratici  ammaestramenti  e  utilissime  riflessioni;  ragiona  della  se- 
conda  venuta  di  Cristo  a  giudicare  il  mondo;  discorre  della 
venuta  dello  Spirito  Santo  e  degli  effetti  e  de'doni  suoi,  della 
Chiesa  cattolica  e  di  quanto  si  attiene  alia  sua  divina  istitu- 
zione,  natura,  autorita,  forma,  e  alle  note  che  la  contrassegnano, 
e  alle  sue  relazioni  colla  societa  civile,  o  collo  stato;  e  final- 
mente  tratta  di  quanto  in  lei  e  per  lei  riceviamo,  e  che  forina 
il  soggetto  degli  altri  articoli  del  simbolo. 

Questa  trattazione,  solo  accennata  pei  sommi  capi,  &  come  il 
sugo  piu  vitale  della  cristiana  teologia,  attinta  dalle  fonti  piu 
sicure  e  accomodata  alia  comune  intelligenza.  Vogliamo  solo  n<>- 
tare  che  nella  esposizione  dell' articolo  XI  sulla  Eisurrezione 
della  carne,  certe  espressioni  dell'Autore  non  debbono  essere  in- 
tese  in  senso  assoluto,  quasi  che  fosse  per  esigenza  della  natura 
aU'uomo  dovuta;  ma  cosl  solo,  che  essendo  essa  un  dono  gra- 
tuito  e  soprannaturale  (come  prima  aveva  gia  mostrato)  e  pure 
ristaurazione  dell'umana  natura  nella  sua  integrita. 

In  tutta  questa  trattazione  poi,  all'istesso  tempo  ch'egli  espone 


DD 

:a  della  fede,  non  la^i.i  mii  <\\  r  .nfntare  gli  errori  con- 
•  le  atee  e  panteiste  teorie  iu  Toga  a  dl  nostri.  e  il  m;i- 
terialismo  e  il  natural  ismo  moderno,  como  altresl  le  eresie  d 
rhi-se  da  noi  dissidenti. 

II  secondo  volume  delle  istruzioni  d  T  esposizione  del  Decaloyo 
e  do'Precetti  della  Chiesa,  o  un  trattato  di  morale  cristiaua; 
al  qnale  egli  ha  dato  tale  ampiezza,  che  esso  abbraccia  non  so- 
lamente  tutti  i  doveri  deH'uomo  e  del  cristiano,  come  porta 
•«)sso  argomento,  ma  quanto  ancor  si  riferisce  agli  opposti 
principii  e  alle  erronee  massime  della  cos!  detta  moral  civile, 
e  allo  conclusion!  che  ne  traggono  gli  anarchici  della  eta  nostra, 
i  quali  osteggiano  1'istesso  principio  di  autorita,  donde  emana 
la  legge.  II  perch&  ognun  vede  quanto  torni  con  qnesto  la  sua 
trattazione  piu  interessante  e  piu  acconcia  ai  bisogni  dell' eta 
nostra.  E  per  toccare  di  qualche  cosa  in  particolare,  trattando 
il  ch.  Autore  dei  doveri  verso  Dio,  condanna  siccome  atto 
contrario  alia  religione  eziandio  lo  spiritisiuo,  il  quale,  quando 
non  6  impostura,  6  al  certo  magla.  Nell1  esposizione  del  quinto 
precetto  mette  sott'occhio  tutta  1'enormezza  del  suicidio  e  del 
duello;  nella  dichiarazione  del  sesto  enumera  le  cause  della  ere- 
scente  piena  d'i  in  moral  ita  che  allaga  il  mondo;  e  in  quella  del 
settimo  precetto  rivendica  contro  le  false  teorie  del  socialisino 
moderno  il  diritto  di  proprieta;  cotalch^  alia  parte  didattica  egli 
sempre  associa  la  polemica,  secondo  che  richieggono  le  esigenze 
de' tempi  in  cai  viviamo. 

Nel  terzo  volume  tratta  de'sacramenti,  massime  della  euca- 
ristia  e  della  penitenza;  perchd  questi  due  furono  presi  special- 
mente  di  mira  dagli  eretici  e  protestanti,  i  cui  sofisiui  e  cavilli 
egli  risolve  e  riduce  al  niente  con  molta  vigoria,  chiarezza  e 
copia  di  argomenti,  tratti  dalle  scritture,  dai  Padri,  e  dalla  tra- 
dixione  costante  della  Ghiesa. 

Nel  quarto  ed  ultimo  volume  compendia  le  altre  parti  del  ca- 
techismo  relative  alia  preghiera,  alle  virtu  toologali  e  cardinal], 
alle  opere  di  misericordia  spirituale  e  temporale,  al  peccato  in 
genere  e  in  ispezie,  o  ai  peccati  capital!;  e  conchiude  1' opera 
con  un  breve  trattato  intorno  alia  beatitudine,  sia  terrena,  qual 
6  quella  che  il  mondano  agogna,  sia  celeste,  a  cui  il  cristiano 


anela,  e  alia  qnale  ogni  uomo  dovrebbe  aspirare.  L'abbondanza 
del  la  raateria,  condensata  in  quest'ultimo  volume,  non  nuoce  pun  to 
alia  sua  integrita,  avendola  il  ch.  Autore  trattata  con  quella  pie- 
nezza,  che  nulla  lascia  a  desiderare  di  quanto  fa  bisogno  sapere, 
e  insieme  con  quella  brevita  che  non  pregiudica  alia  chiarem, 
ma  per  1'opposto  n'addoppia  lo  splendore,  come  la  convergenza 
de'raggi  luminosi,  i  quali  in  un  sol  punto  o  foco  s' incentrano. 

Da  questa  breve  rivista  di  un'opera  si  piena  e  si  ben  condotta, 
e  agevole  inferire  il  merito  della  meiesima,  e  il  grandissiino 
frutto  che  se  ne  possono  ripromettere  coloro  che  si  faranno  a 
leggerla  e  a  studiarla. 

II. 

Theologia  Mwalis,  Auctore  AUGUSTJNO  LEHMKUHL  Societatis  lesu 

Sacerdote.  In  8°  gr.  di  pagg.  XX-783.  Friburgi  Brisgoviae 

sumptibus  Herder  1883.  Vol.  I. 

II  Rev.  P.  Agostino  Lehmkuhl  della  Compagnia  di  Q-esu  ha 
pubblicato  il  primo  volume  della  sua  Teologia  morale  in  latino. 
A  nostro  parere  6  questa  un'opera  che  merita  altissima  com- 
mendazione,  per  essere  una  delle  migliori  che  furono  stampate 
in  questi  ultimi  anni.  II  chiaro  Autore  era  gia  altaineute  e  con 
ragione  stimato  fra'dotti,  speciahnente  in  Germania;  ma  que- 
st'opera  gli  acquista  da  per  tutto  una  peculiare  rinomanza.  Di- 
mostra  egli  vastissima  erudizione  dei  vetusti  dottori  e  dei  mo- 
derni  che  hanno  fatto  lavori  di  morale;  saggio  e  prudente  seguace 
di  tanti  valenti  dottori  che  illustrarono  il  suo  ordine,  e  nolle  sue 
dimostrazioni  sodo,  schivo  delle  pericolose  novita,  tutto  amante 
della  verita,  nulla  vago  di  campeggiare  come  inventore  di  novelle 
dottrine.  Ma  non  vorremo  che  questo  generale  encomio  fosse  preso 
quale  un  biasimo  di  altri  valorosi  scrittori  di  morale,  dei  nostri 
giorni.  L'affermazione  non  £  esclusione ;  e  a  ciascuno  vada  pur 
la  meritata  lode :  cuique  snum. 

Egli  fra'suoi  maestri  anzitutto  ha  TAngelico  Dottore  san  Tom- 
maso;  trae  tesori  di  dottrina  dai  grandi  moralisti  scolastici,  e 
comeche  tenga  in  altissima  considerazione  sant'Alfonso,  com'  e 
di  dovere,  pure  da  ancora  agli  altri  dottori  receuti  il  dovut3  onore 
e  ne  rispetta  1'  autorita.  Quindi  6  che  molte  question!  le  quali 
sono  troncate  da  altri  con  leggerezza  soverchia,  da  lui  sono 


'PA   ITALIA 

trattate  e  disciolte  con  molta  ponil»-rat-/.ai  e  8enno.  Per6  diciamo 
;>era  fara  assai  bene  potissimamente  in  Germania, 
n-'lla  quale  comechd  veggansi  pubblicate  opere  moral i  di  un  qnal- 
che  valore,  tuttavia  in  generate  si  mostra  una  tendenza  a  cid 
che  dicesi  tuziurismo,  che  pud  recare  non  piccoli  guai. 

Tratta  assai  bene  la  dottrina  del  probabilismo,  e  diiuostra  che 
qnesto  e  il  sistema  adottato  nella  Chiesa  fino  ab  antico,  ch'  e 
quello  di  sant'Alfonso  e  che  sopra  inconcnssi  fondainenti  e  sta- 
bilito,  contro  il  quale  nulla  possono  le  diflicolta  dei  sofisti.  Gi 
piace  che  egli  lo  stabilisca  come  un  corollario  del  gran  principio 
che  Itx  vere  dulia  non  obligat:  principio  inconcusso.  Per  lo  che 
come  la  legaje  non  e  dubbia  per  futili  motivi  che  contra  la  sua 
esistenza  vengono  mossi:  cos!  non  vuol  dirsi  probabile  una  sen- 
tenza  per  la  quale  stanno  ragioni  di  poco  o  niun  rilievo,  cosl  che 
non  sieno  nieritevoli  che  uomini  saggi  e  prudenti  le  apprezzino. 

Assai  bene  da  al  principio  del  probabilismo  una  estensione 
assoluta  nel  campo  della  liceita  delle  azioni,  ma  non  fuora  di 
esso,  doe  quando  si  tratta  del  valore  oggettivo  delle  stesse 
azioni.  Ne  cid  vuolsi  considerare  come  una  restrizione  del  sog- 
getto  cui  debbasi  applicare  il  principio,  si  piu  presto  come  una 
determinazione  specifica  del  soggetto  stesso.  «  Quae  compluribus, 
dice  egli,  scriptoribus  tanquam  exceptiones  a  probabilismi  licei- 
tate  statuuntur,  vere  exceptiones  non  sunt,  niulto  minus  defectio 
a  regula  probabilismi,  sed  solum  veri  sensus  probabilismi  declara- 
tio  (pag.  65). »  E  TAutore  ha  tutta  la  ragione  di  dire  cosl.  Infatti 
poniamo  che  a  me  sia  probabile  che  Tuna  e  1'altra  strada  mi 
conduca  ad  un  sito  determinato :  arrivero  io  a  tal  site  qualun- 
que  delle  due  io  prenda?  no  davvero !  ma  arriverd  se  prenderd 
quella  che  e  proprio,  in  s^,  diretta  al  sito  determinato.  Laonde 
per  operare  con  prudenza  eleggt>rd  la  strada  ch'e  piu  sicura  ai 
mio  scopo.  Cosl  qnando  c'e  obbligazione  di  ottenere  un  fine  de- 
terminato, v'  6  obbligazione  pure  di  usare  quei  mezzi  che  sicu- 
ramente  ce  lo  ottengono:  e,  se  non  gli  abbiamo  alia  mano,  dob- 
biamo  adoperare  quelli  che  con  maggiore  probability  ci  conducono. 
Quindi  malamente  altri  discorrerebbe  cosl:  d  dubbioso  che  con 
questa  medicina  resti  guarito  Tinfermo,  dunque  posso  adoprarla, 
lasciatu  da  parte  una  piu  sicura  che  ho  alia  mano.  II  proba- 


RWSTA 

bilismo  qni  non  c'entra:  perche  non  e  dubbia  qui,  ma  6  certa 
la  legge  che  vi  obbliga  a  procurar  la  sanita  del  nialato  con 
quei  mezzi  che  sono  sicuri,  se  gli  avete  alia  raano,  e  a  non 
metterla  a  repentaglio  con  mezzi  incerti.  Se  si  potesse  avere 
come  certo  questo  principio:  e  incerta  1*  obbligazione  di  non 
usare  mezzi  meno  sicuri  per  ottenere  la  sanita,  in  presenza  di 
piu  sicnri:  allora  ancor  qui  il  probabilismo  si  potrebbe  api>li- 
care;  ma  codesto  principio,  e  falso,  ed  e  certo  invece  1'opposto. 
Cos!  dicasi  in  raolti  casi  che  spettano  all'uso  dei  sacramenti  ecc. 

Se  non  che  non  veggiamo  chiaramente  come  con  la  esatta  dottrina 
dataci  del  probabilismo  si  accordi  quanto  dice  piu  sotto  (pa?.  89), 
dove  non  osa  tacciare  d'ingiustizia  il  confessore  che  obbliga  il 
penitente  a  seguire  la  propria  scntenza  piu  probabile  lasciata 
la  sua  veramente  probabile. 

Noi  crediamo  che  la  logica  non  voglia  mai  nuocere;  e  questa 
c'insegua  che  dal  vero  non  pu6  mai  venire  una  falsa  illazione 
sebbene  talfiata  per  accidens  venga  una  vera  illazione  dal  falso. 
Ora  ben  ci  dice  1'Antore  che  «  male  et  INIUSTE  agit,  qui  poeni- 
tentem  sub  incommodo  denegatae  absolutionis  cogere  vult,  ut  re- 
licta  sua  probabili  opinione,  quae  confessario  non  placet,  buius 
sententiam  sequetur.  Poenitens  enim,  si  sequi  vult  probabileni 
opinionem  et  alias  dispositus  est,  post  confessionem  peractam 
jus  habet  absolutionis.  >  Noi  conceiiamo  che  possa  il  confes- 
sore esortare  il  penitente  a  seguire  quella  sentenza  che  a  se 
&  piu  probabile  abbandonando  la  propria  veratneute  probabile, 
anzi  assai  spesso  conviene  al  bene  del  peniteute  inculcare  la 
tu/iore  specialmente  in  certe  materie,  come  santamente  osserva 
il  Liguori  (lib.  VI,  n.  605).  Ma  mettere  innanzi  al  penitente 
il  dilemma ;  o  seguite  la  raia  piu  probabile  della  vostra  o  vi 
uego  1'assoluzione,  questo  non  ci  par  conci  Habile  coi  prefati  giu- 
sti  principii  del  probabilismo.  Nondimeno  nelle  parole  dell' Au- 
tore  v'e  qualche  oscurita  (n.  5),  e  forse  non  intese  di  dire  tutto 
ci6  che  sembra  a  prima  fronte  ch'ei  dica  con  questa  frase:  «  Si 
sententia  communior  (vel  probabilior)  contra  poenitentem  est, 
atque  contraria  (licet  etiam  satis  probabilis  videri  debeat  sive 
propter  auctoritatein  sive  propter  rationes)  confessario  non  pro- 
batur:  non  puto  constare  de  iniustitia,  qtiando  contra  poenitoii- 


'..LA    STAMI'A    ITALI\ 

litnr,  •   Ma  ii'-n  si  farcbbe  i  :ia  a  chi 

«j  si  nega  al  medesirno  rassoluzione  ? 
sono  termini  relativi:  e  per6,  se  daU'nna  parto  sta 
il  ilirittn,  1'officio  giuridico  non  pn6  mancare  dall'altra. 

fi  il  ch.  Autore  molto  retto  nell'applicuzione  del  probabilisino 

alia  pratica  e  con  molta  prudenza  da  la  sua  opinione  intorno 

a  certe  questioni  cho  poco  agitarono  i  vetusti  dottori,  ma  molto 

agitano  i  moderni,  quali  sono  per  esempio  quelle  che  hanno  re- 

la/.ione  all'aborto,  alia  craniotomia,  ed  altro  tali.  Soltanto  ci  sia 

lecito  qui  afTermare  che  presa  la  parola  concezione  nel  senso  in 

cui  la  prende  1'Aquinate,  cioe  per  1'unione  del  Zoospenna  con 

1'uovo  materno,  e  la  parola  animaziono  nel  senso  dello  stesso 

santo  dottore,  cioe  per  la  creazione  deU'aaima  razionale  e  1'unione 

della  medesima  col  corpo  umaoo,  il  dire  che  questa  concezione  e 

animazione  vengono  identificate,  cosi  che  nell'istante  medesirao 

in  cui  e  la  priina  sia  an  cor  la  seconda,  e  sentenza  non  solo  im- 

probabile,  ma  assurda.  ft  incerto  il  tempo  che  corre  dall'una 

aU'altra,  quindi  possiamo  tollerare  che  altri  pensi  che  quando 

il  feto  e  vivo  od  animate  siavi  1' anima  razionale  in  esso,  ma 

il  dire  che  nel  primo  istante  della  generazione  sia  il  feto  vivente, 

senziente  ed  uomo,  non  pu6  passare;  non  ci  essendo  punto  di 

organisiuo  come  il  fatto  lo  mostra:  e  Torganismo  e  indispensa- 

bile  alia  vita.  E  qui  calza  la  similitudine  dell'uovo  degli  uccelli, 

fecondato,  nel  quale  v'  e  la  concezione  nel  senso  di  San  Tommaso 

e  quindi  v'e  il  vivente  in  virtu;  ma  puo  passare  parecchio  tempo 

priina  che  il  vivente  sia  in  atto.  Nun  si  puo  poi  dire  omicidio  se  non 

1'uccisione  di  un  uomo,  ne  vi  potrk  essere  omicidio  vero  nell'aborto 

in  cui  viene  espulso  ci6  che  ancora  non  e  vivente,  e  a  fortiori 

o  uomo;  a  cotesta  colpa  altra  denoininazione'  ci  vuole.  E  questa 
dottrina  ha  fondamento  anche  nel  testo  Biblico  Esodo  XXI  «  Qui 
percusserit  mulierem  praegnantem,  et  ilia  abortum  fecerit,  si 
foetus  erat  formatus,  dabit  animam  pro  anima ;  si  nonduni  erat 
foruiatus,  nuilctabitur  pecunia.  >  Qui  e  supposto  che  talvolta  ci 
sia  il  feto  senza  anima  razionale,  e  che  1'aborto  non  sia  omicidio. 
L'Autore  lo  chiama  homicidiitm  anticipatum:  ma  1'aggettivo 
'urn  non  e  acconcio;  perche  Tessere  una  cosa  anticipata, 
non  cessa  di  essere  quella  che  d.  E  nel  caso  non  e  anticipate 

Stri*  XJI.  vol.  VI.  fate.  26  aprile  1884 


I',.",  j  niVISTA    DELLA    STAMPA   ITALIANA 

ma  simpliciter  non  sarebbe  omicidio.  Se  non  che  quantunque 
dobbiarao  dire  certamente  falsa,  e  contraria  alia  filosofia  vera, 
quella  sentenza  che  1'Autore  dice  oggi  piu  comune,  cioe  che  oyni 
embrione  sia  animate  per  anima  razionale,  tuttavia,  per  do  che 
si  attiene  alia  pratica  intorno  alia  reita  deli'aborto,  lodiamo  la 
dottrina  prudente  e  giusta  del  ch.  autore. 

Commendevolissimo  e  il  trattato  de  bonis  externis  cio&  de  iu- 
stitia  et  iure.  Eziandio  in  questo,  come  negli  altri,  fa  pruova  di 
grande  erudizione  degli  antichi  e  dei  moderni  dottori.  Coordina 
egli  le  question!  secondo  i  varii  diritti  germanici;  cio&  dell' Au- 
stria, della  Prussia,  della  Baviera,  avendo  anco  riguardo  al  Ro- 
mano, ed  al  Gallico :  n6  lascia  di  toccare,  all'  occasione,  le  que- 
stioni  sociali  che  hanno  a'  nostri  giorni  rapporto  con  la  morale. 

Compiuta  1' opera  colla  pubblicazione  del  secondo  volume  (e 
1'aspettiamo  con  desiderio)  sara  essa  di  un  vantaggio  singolaris- 
siino  pel  clero,  pei  professori  ed  anco  per  li  discepoli.  Tuttavia 
crediamo  di  non  andare  errati  dicendo  che  essa  e  un  po'troppo 
estesa  perch6  sia  adottata  quale  corso  d' insegnamento  nelle  scuole 
dei  Seminarii,  nei  quali  alia  morale  troppo  poco  tempo  viene  con- 
cesso.  Ma  anche  dato  ci6,  quest'  opera  &  degnissima,  a  preferenza 
di  altre  assai,  di  stare  nelle  mani  dei  discepoli  per  essere  con- 
sultata  e  in  private  anco  studiata. 

Quando  1'Enciclica  Aeterni  Patris  che  ha  ii  diretto  suo  in- 
flusso  nella  filosofia,  otterra  anche  1'  indiretto  (che  pur  le  com- 
pete) nella  teologia,  allora  parecchi  trattati  che  si  svolgono  solo 
nei  corsi  di  morale,  saranno  con  profonda  scienza,  come  una  volta, 
trattati  scolasticamente  nei  corsi  teologici.  In  tale  ipotesi  esor- 
tiamo  il  ch.  Autore  a  prepararci  un  corsetto  di  morale  compen- 
diata,  simile  a  quello  del  Busembau,  immortalato  per  lo  pregio  in 
che  1'ebbe  sant'Alfonso  Maria  de'Liguori.  Cosa  agevole  sara  questa 
per  lui,  che  tanto  senno,  erudizione,  e,  nella  scelta  delle  opinioni, 
tanta  prudenza  ha  dimostrata  nell' opera  qui  da  noi  commendata. 


N.  B.  Uno  studenle  di  filosofia   della  rnivi-rsita   di  Torino  ci   fa  saporr 
prof.  D'Ercole,  della  cui  opera  filosolica  facemmo  una  Ilivista  critica  in1!  qoademb 
precednntp,  non  c  ex  prclc,  n<'  drpntntn.  Gli  ivndiamo  prazic  pnr  ijiiosta  noli 
volentieri  confessiamo  di  avur  preso  un  abbaglio  confondendolo  con  altro  dello  si 
cognome. 


BIBLIOGRAFIA 


BENINATI-CAFARELLA  nirsKPPE  —  L-i  Madonna  <li  Gulfi;owero 
I'*  vittorie  della  Chiesa  per  Maria.  Conferenza  del  sacerdote  Giuseppe 
H'Tiinati-Cafarella,  socio  di  diverse  Accaderaie.  Genova,  tip.  delle 
Lctture  Cattoliclie,  Via  Goilo  dieiro  al  Politeama,  1883.  In  Hi,  ,ii 
pagg.  60.  Prezxo  cent.  50.  Vendibile  presso  1'aulore  in  Girgenli. 
(iramlissiiua  e.  la  divoziono  doi  Chiara-      la  citta  di  Chiaramonte.  L'  il lustre  oratore 
nioriiani  verso    la  Santissima  Yergine  di      per  animare  sempre  piii  qael  popolo  alia 
cai  po»M>2gono  un  anlico  miracoluso  sirnu-      divozione  verso  Maria,  ne  celobra  coo  quo- 
in  m;irm<>;  il  quale,  secondo  una      sto  discorso  le  viltorio.  riportate  in  ogoi 
antica  tradizione,  scampalo  dal  furore  degli      tempo  sopra  tuiti  i  nemici  della  Chiesa, 
iconoclasti,  fu  prodigiosamente  trasportato      e  ne  magnifica  la  polenza  e  la  malerna 
in  liulti,  Millecui  rorino  Tennepoi  edificata      bonta  verso  i  suoi  divoii. 

ETTI  SALVATORE  —  La  illustre  Italia.  Dialoghi  di  Salvatore  Belli. 
Volume  primo.  Torino,  1884,  lip.  e  libr.  Salesiana.  In  16  pice,  di 
pagg.  ?24.  Prezzo  cent.  50. 

BONAVENTURA  DI  S.  FRANCESCO  --  La  voce  di  Dio  nella  cata- 
slrofe  d'lschia.  Considerazioni  di  Fr.  Bonaveotura  di  S.  Francesco 
de'frali  Bigi.  Terza  edizione.  Napoli,  tipograQa  edilrice  degli  Accat- 
toncelli,  1884.  ID  8,  di  pagg.  84.  Prezzo  L.  1. 

i;<  )\<  :<  iMPAGNI  BALDASSARRE  —  Bullellino  di  bibliografia  e  di  storia 
delle  scienze  materaalichee  fisiche,  pubblicalo  da  B.  Boncompagni,  socio 
ordinario  dell' Accaderaia  Ponlificia  de'Nuovi  Lincei  ecc.  Torao  XVI, 
aprile  1883.  Roma,  lip.  delle  scienze  matemaliche  e  fisiche,  Via  Lit  -, 
n.  3,  1883.  In  4,  di  pagg.  60. 

BRIGANTI  ANTONIO  —  Studio  crilico  sulle  relazioni  giuridich^  fra 
Chiesa  e  Stato  dell'  onorevole  Stefano  Castagnola ;  per  mons.  Antonio 
Briganli,  Arcivescovo  lilolare  di  Apamea.  Roma,  lip.  Poliglotta  drlla 

.  di  Propaganda  Fide,  1884.  In  16,  di  pagg.  404.  Preizo  L.  2 
II  ch.  monsignor  Briganli  toglie  ad      moderata,  e  ne  prornuove  i  principii  \> 'J 
esaminnro  un  opnscolo  del  deputato  Ca-      rovinosi,  pur  facondo  mostn  non  solo  di 
In,  pubblicato  da  queslo  col  litolo      rispettare  la  Chiesa,  ma  di  volerne  tnio- 

•  •:hf  fra  la  Chiesa      lare,  entro  i  proprii  timili,  come  il; 
e  Jo  St'tto.  II  Cistagnola  appartiene  a      veraci  diiitli.  11  coucetio  intorno  a  cui  si 
I   libcnlismo  die  dices!      aggrnppano  le  sue  doltrino,  si  ria>sume 


B1DLIOGRAFIA 


ri'lclin-  luniiiila  ili-lla 
dello  Stato  dalla  Chiesa:  lo  Slato.  il  cui 
line  e  qui-Iln  il  procurare  la  feliciia  lem- 
porale  dei  suoi  suddili  si  sludii  di  pro- 
curare  cotcsta  feliciia  con  tutli  i  nxv.xi 
che  ha  alia  mano,  lasciando  chc  la  Chiesa 
il  cui  fine  e  procurare  1'elcrna  felicita  di 
coloro  che  in  lei  credono,  metta  in  opera 
i  mezzi  di  cui  pun  disporre  per  guidarli 
a  questa  meta:  cosi  le  due  societa  non 
verranno  mai  a  confondersi,  e  si  evite- 
ranno  le  collision!  necessarie  a  scguirne 
nel  sistema  contrario.  II  sovralodato  Mon- 
signore  fa  una  minuta  analisi  di  qucslo 
concetto  fondamentale,  delle  dottrine  die 
con  essa  si  collegano  e  delle  consoguenze 
che  ne  derivano;  facendone  risultare  ad 
evidenza  che  un  tal  sistema,  considerate 
in  se  stesso,  cioe  nelle  condizioni  normali 
di  una  societa  cristiana,  e  in  conlraddi- 
zione  coi  principi  anche  di  ragione  na- 
turale,  quindi  sovverlitore  dell'  ordine, 


natura  umana;  e  ricsce  iilliinaiiiotile  nib 

mo  <•  srliiavitii  il-!!;i  Chi'  - 
potendo  i  siioi  diritli  e  IP  siif 
rispoiiaii  c  mollo  nn-no  tutelali  da  una 
autorila  che  la  sconosce.  K  superlluo  dire 
c.lic  I'lv'tvirio  Autore  con  quella 
foi7.a  di  logica  e  lucidila  ill  discorso  con 
cui  dimostra  la  sua  tcsi,  confuia  pari- 
mente  gli  speciosi  sofisnii  dcll'au. 
non  mancando  dall'altra  parte  di  ii-m-i- 
conto  delle  special!  condizioni  di  quei 
pacsi,  nei  quali  la  diversila  delle  credenze 
ivi  stabilite,  rendono  necessaria  non  come 
principio,  ma  sol  come  ipotesi,  una  diversa 
applicazione  delta  dottrina  cattolica.  II 
libro  deH'illuslre  Monsignore,  si  per  la 
materia  che  tratta,  come  per  la  sodezza 
della  dottrina  e  il  vigore  del  ragionamento, 
riuscii-a  utilissimo  a  tutti  coloro  die 
amano  formarsi  giusti  concetti  inlorno  ad 
un  soggetto  cosi  variamente  agitato  in 
quest!  tempi. 


posto  da  Dio  autore  e  riparatore  dclla 

GANGER  FERDINANDO.  Alia  raemoria  del  P.  Enrico  Ramiere  d.  C.d.G. 

Gompianto  e  lode  del  P.  Ferdinando  Ganger  d.  m.  C.  il  di  XXII  gen- 

naio  1884.  Napoli,  pei  tipi  dei  fraielli  Brancacdo,  Largo  e  Palazzo 

Avellino,  n.  4, 1884.  In  16,  di  pagg.  16. 

La  morle  immatura  del  P.  Enrico  Ra-  forze  cattoliche,  collo  scopo  di  ottencrc 

da  Dio  abbondanti  grazie  nei  present! 
bisogni  della  Chiesa  e  dei  singoli  fedHi. 
II  ch.  P.  Ganger  nell'annunziato  breve 
discorso  ce  lo  rapprcsenta  nella  sua  vera 
fisonomia,  cosi  come  uomo  privato  adorno 
delle  virtu  proprie  del  sno  state  religioso, 
come  in  qualita  di  persona  pubblica  nelle 
operc  di  zelo,  compiute  con  instancabile 
ardore  per  la  gloria  di  Dio  e  la  salute 
delle  anime.  Ne  consigliamo  la  lettnra, 


miere  d.  C.  d.  G.,  avvenuta  il  3  gennaio  di 
quest'anno,  e  stata  un  lutto  non  solo  per 
la  Francia  cattolica,  ma  per  molte  altre 
nazioni  dove  si  estese  il  suo  zelo  apostolico 
con  iscritti  pieni  di  dottrina  e  di  pieta, 
diretti  a  propagare  le  pratiche  pia  sostan- 
ziali  della  nostra  santa  religione.  Specia- 
lissima  fra  quesle  fu  la  divozione  al  Sacro 
Cuore  di  Gesu,  che  egli  per  molti  anni  e 
dentro  e  fuori  la  Francia  promosse  am- 
piamente  con  un  suo  riputatissimo  pe- 
riodico;  del  quale  si  fecc  anche  strumento 
per  attuare  la  pia  Associazione  dell'^po- 
stolato  della  preghiera,  c  con  cui  si 


anche  perche  quell' ultima  impresa,  ch^ 
gli  costo  per  piii  anni  tante  preghiere  e 
fatiche,  possa  trovarc  un  numero  sempre 
maegiore  di  aderenli. 


adopero    di   collegarc    insieme    tulle   le 

GAPSONE  GIUSEPPE  --  Vita  della  serva  di  Dio  Camilla  Rosa  Gri- 
maldi  terziaria  professa  dei  Ministri  degl' iofermi,  scritta  dal  confes- 
sore  di  lei  P.  Giuseppe  Capsone  tiel  medesimo  ordine,  e  dedicata  al 


Bolognn 

\\\\  Volturno,  n.  3, 188 i.  In  Hi,  di  pagg. 
•/o  L,  :i. 

IE  his  pnpscriim  temporibus  accommodati, 

propositi  ac  resoluti,  cura  et  studio  1'.  V.  moralis  ihcologiae  professo- 

I'ars  prima:  de  liberalismo.  BruxcUis,  typis  Alfredi  Yromant,  3, 

::.  M.  Virginis,  1884.  In  8,  di  pagg.  412. 
La  pi-sip  principle  dei  nostri  tempi      circostanze  die  occorrono  alia  giornata. 


isenza  dibkfo  il  MbenlboM:  il  qoile,  in- 
teso  nel  senso  die  ora  qupsto  vocabolo 
ha  uiiivfrsalni'-iiti'  rii-evnto,  non  e  un 
[vmicolare,  ma  pud  dir*i  come  la 
sintesi  di  tuiti  gli  error!  contro  lo  verita 
pia  IIP  .-uanlanti  1'ordine  so- 

i-  morale.  Ne  basia:  il  libe- 
nlismo,  in  quanto  si«tema  morale,  puo 
dirsi  conic  I'anima  di.lutti  i  govern!  am- 
inod-Tni!'.  die  i'-  (juanto  dire  di  tutli  i 

'i'-l  mondo  civile.  D'  onde  il  con- 
tin  un  scontro  delle  roscienze  calloliche  nei 
molteplici  casi  della  vita  civil",  scmpro 
in  pericolo  o  di  mancare  ai  proprii  doveri 
o,  per  silvarli,  meltere  in  pericolo  gli 
tnteressi  privaii  c  citiadini.  Kra  percio 
neecssario  uno  studio  non  solo  trorico 
ma  principalmenle  pralico,  col  quale  ve- 
nisse  chiarita  ampiamente  la  natura  del 
liberalismo,  la  sua  opposizionc  contro  le 
vcrita  iii^  I'nate  dalla  Chiesa,  gli  errori 
principali  die  quesla  ne  ha  condannati,  e 
linalmi'ntc  le  obbligazioni  dei  caltolici  di 

-otto  (juesto  rispetto  fedeli  agli 
insegnamenti  ed  alle  prescrizioni  delta 
Qiiesa  stp««a.  K  ijuesto  fa  appunlo  I'l1^1'1'- 
gin  A  more  della  presente  opera,  della 
<|iialr  ha  oi-a  messo  alia  luce  la  prima 
l.'lin  inlilolata  Casi  di  coscienza, 
pen-lie,  como  abbiamo  accennato,  il  MIO 
scopo  i  <|uello  di  dare  ai  fedeli, 

iin  iitr  ;ii  direttori  dellc  loro  co- 


Le  sue  risoluzioni  si  fondano  sempre  sulla 
p;«rto  dottrinalc.  Questa  e  dcdotta  dalle 
font!  piu  sicure,  e  gli  lien  luogo  di  scoria 
fedele  neU'esaminar  cho  fa  le  svariatissime 
quistioni  praliche  die  si  propone,  per  in- 
ferirne  una  couclusionc  certa  od  almeno 
probabile  per  norma  delle  coscienze.  La 
materia  e  copiosissima,  e  quindi  non  ci  e 
permesso  di  esporla  nelle  sue  particolarita. 
Ci  bastera,  perche  se  no  intenda  la  impor- 
tanza,  registrare  i  cap!  principali  dei  casi 
di  coscienza  die  sono  i  seguenti :  De  na- 
tura liheralismi  —  De  nomine  sen  ap- 
pellatione  libcralis  —  De  interrogandis 
et  absolvendis  liberalibus  in  confes- 
sions —  De  monendis  liberalismo  in- 
fectis  —  De  cooperation*  in  tiberalismo 
acprimum  per  epfiemerides  liberates  — 
De  cooperatione  in  liberalismo  per 
electiones  deputatorum  —  De  coope- 
ratione in  liberalismo  per  deputati 
oflicium  —  De  cooperatione  in  libe- 
ralismo per  quaevis  oflicia  pubblica  — 
De  cooperatione  in  liberalismo  per 
tcholas  officiales  —  De  cooperatione 
in  liberalismo  per  iuramentum  poli- 
ticum  —  De  cooperatione  in  libera- 
lismo per  societates  secretas  —  De 
cooperatione  in  liberalismo  per  festa 
civica,  ubi  et  de  chords  ac  specta- 
cults  —  De  cooperatione  negativa  in 
liberalismo. 


Li  -icura  nelle  molteplici 

GIPAM  (1.  15.  —  Sandro;  ossia  le  vicende  d'un  giovane  operaio.  Rac- 
conto  domestico.  Torino,  tip.  Giulio  Speirani  e  figli;  1883.  In   16, 

di  {>!_'.:.  -J'.IS.  Prezzo  I. 

'l-l  prevnie  raccnntu      dp<irn  in?p?no,  educalo  piamente  dalla 
e  un  di  ottima  imlole,  di      buona  sua  mad  re,  e  die  in  virlii  di  <|U"»ii 


358 


niBLIOGRAFIA 


sui  progi  assai  preslo  c  inolio  >i  v;»nt;i;.r!;i('» 
nella  sua  modesta  carriera.  M,i  ogli  diedo 
incaulamente  nella  rcte,  tesagli  perfida- 
mentc  da  un  suo  compagno  e  dalla  fami- 
glia  di  costui;  o  di  quell' ottimo  die  era,  a 
poco  a  poco  divenne  pessimo,  sino  a  cader 
nelle  man!  delta  giustizia.  La  incolta  sven- 
tura,  il  disonore  in  parte  immeritato,  la 
scoperta  del  tradimento  gli  apersero  gli 

GORLUY  GIUSEPPE  —  Joseph!  Corluy  S.  I.,  in  Collegio  Lovaniensi 
Societ.  Jesu  S.  Scripturae  Professoris,  Spicilegium  dogmatico-biblicum, 
seu  Coramentarii  in  selecta  sacrae  Scripturae  loca  quae  ad  deroon- 
stranda  dogmata  adhiberi  solent,  in  usum  praelectionum  et  conferen- 
tiarum  sacerdotaliura.  Tomus  primus,  Gandaw.excudebat  C.  Poelmau, 
typographus  111.  Episcopi,  1884.  In  8,  di  pagg.  524. 
Lo  scopo  cho  con  quest'  opera  si  pro-  in  parte  a  mancare  ad  allre  question! 


occhi;  e  linalmentr  Pamore  !'-il,i  m.nlre 
c  lo  zelo  opcroso  del  suo  parroco  lo  ri- 
condussero  sulla  buona  via.  Lo  scopo  mo- 
rale, che  k  quello  di  mrU-ro  sull" 
gli  operai,  e  generalmentu  i  jriovani  con- 
tro  le  art!  seducenti  dri  pcrversi  com- 
pagnie  molto  bene  raggiunto  coll'ordito 
del  racconto,  con  bell'arte  condotlo  sino 
alia  sua  felice  soluzione. 


pone  il  cli.  P.  Corluy,  6  quello  di  por^ere 
un  valido  aiuto  ai  professor!  di  teologia 
per  la  parte  del  loro  insegnamento  che 
riguarda  la  pruova  dei  dogmi,  dedotta 
dalle  Santc  Scritture,  e  la  soluzione  delle 
difficolti  che  dagli  avversarii  sono  lolle 
dalla  medesima  fonte.  La  necessila  di  tale 
aiuto  si  fa  manifesta  a  chi  per  poco  con- 
sider! il  vasto  compile  imposto  a  chi  ha 
P  incarico  di  insegnare  la  sacra  teologia, 
con  quella  vastila  e  pienezza  che  esige 
questa  regina  delle  scienze.  Essa  deve 
abbracciare  due  ampissimi  campi,  in  altri 
tempi  separati  fra  loro,  quello  cioe  della 
teologia  positiva  e  polemica,  e  quello 
della  scolastica.  La  posiliva,  per  cio  se- 
gnatamente  che  riguarda  la  piena  e  per- 
fetta  intelligenza  dei  luoghi  delle  Sante 
Scrittnre,  esige  gran  tempo  e  lunghi 


anch'  esse  di  massima  importanza.  Or 
ecco:  il  P.  Corluy  si  prende  egli  1'assunto 
di  chiarire  per  mezzo  di  un  e^atla  e  piena 
esegesi  tulti  i  luoghi  delle  divine  Scritture 
che  hanno  atlinenza  coi  dommi  rivelat", 
dei  quali  si  suol  trattare  nella  teologia. 
Noi  abbiamo  esaminati  i  non  pochi  che 
formano  la  materia  del  presenle  volume, 
e  riguardano  i  trattati  della  Chiesa  e  del 
Sommo  Pontefice,  dell'Unita  o  Trinita  di 
Dio,  di  Dio  Creatore;  e  in  queslo  segna- 
tamente  le  profezie  speltanti  al 
Possiamo  affermare  che  il  ch.  A u tore 
adempie  con  usura  la  sua  promessa,  nulla 
di  meglio  potcndosi  desiderare  si  dal  lato 
della  dottrina  e  del  criterio  csegetico,  e 
si  dolla  logica,  di  cui  si  fa  un'arme  po- 
derosissima  nell'usarede' luoghi  esaminali 
a  conferma  e  difesa  de'  dogmi. 


studii ;  i  quali  per  conseguenza,  verrebbero 

CEOCIATE  (LE).  Trattenimento  accaderaico  per  la  distribuzione  dei 
premi  agli  alunni  del  ven.  Seminario  Arcivescovile  di  Genova,  fatta 
da  Sua  Ecc.  Revma  Mons.  Arciv.  Salvatore  Magnasco,  il  XXI  feb- 
braio  MDCCGLXXXIV.  Genova,  tip.  Arcivescovile,  1884.  In  16,  di 
pagg.  104. 

CURJi!  —  Allocutions  prononcees  dans  la  Ghapelle  Royale  de  Frohsdorf 
apres  la  raort  de  M.  le  Comte  de  Cbambord,  le  26  aout  et  le 
2  septerabre  1883;  par  M.  1'abbd  Cure,  Aumonier  de  Monsieur  le 
Gomte  de  Ghambord.  Pam,  librairie  catholique  Internationale  de 
louvre  de  S.-Paul,  6,  rue  Cassette,  1884.  In  16,  di  pagg.  30. 


BBUOMAfU 

>  Y/.'Qiristi,  lihri  qu.ittior.  Nun\ 
lata,  ii)>li<>M|  •     Tii'irini,  •'<(.   iVtnis    Marit'tl: 

i-iv.,  1884.  In  3*2,  di   pagg.  236.  Prezzo  cental  mi  Mi. 
>pi«'  I..  .">,  100  copie  L.  libihi  ancora  presso  L.  Manuelli 

lihraio  in  Firenze. 

DI  G1ROLAMO  BIAGIO  —  Trionfo  della  Chiesa  cattolica  sul  liberalismo 
moderno;  ossia  apologia  della  vera  Chiesa  di  Gesii  Cristo,  contro  gli 
errori  che  il  nuovo  liberalismo  ha  riprodotto  dal  proteslantesimo  e 
da  fonti  cotali,  per  IMagio  Di  Girolamo,  Parroco  di  Villaricca  ;Archi- 
diocesi  di  Napoli)  e  doltore  in  Sacra  Teologia.  Parte  seconda,  vol.  4, 
sezione  1.*  Napoli,  tipi  Ferranle,  Vico  Tiratoio,  25,  1883.  In  8,  di 
pagg.  640.  Prezzo  L.  4. 

Vll'.mtiim/i.irv  i  precedent!  volunii  di  nella  sostanza  non  puo  variare,  quanto 
quest' opera  (vedi  quad.  745,  pag.  87-88;  nel  confutare  le  obbiezioni  che  la  moderna 
quad.  7 fin,  pag.  IM  ;  quad.  787,  pag.  92)  incredulita  muove  per  divers!  cap!  contro 
esponemmo  il  nobile  scopo,  cheilch.  Au-  la  fede  cristiana.  II  soggctto  della  pre- 
tore  si  propose  nel  mettervi  mano,  la  sente  trattazione  e  cos!  formulato  dallo 
vastita  della  materia  che  gli  convenne  ab-  slesso  Autore.  c  Dei  motivi  di  crcdibiliu'i 
bracciare  per  ottenerlo,  1'  ordine  con  cui  esclnsivamenle  proprii  della  sola  vera 
la  veniva  divisando,  e  la  solidila  d-lla  Chiesa  di  Dio  che  e  la  cattolica;  delle 
doltrina  onde  in  ciascuno  dei  detti  TO-  sue  note  e  proprieta;  della  Chiesa  as-eni- 
lumi  diede  splendida  pruova.  In  queslo  brata  in  uno,  cioe  dei  Concili  Ecumcnici, 
quarto  volume  entra  piii  direttamente  nel  dell' ordine  sacro,  della  susj)ensione,  irre- 
soggetto,  poiche  prende  a  dimostrare,  che  golarita,  deposizione,  degradazione  e  dei 
1'  unica  vera  religione  6  la  cristiana,  della  vantaggi  del  sacerdozio  cattolico.  >  Con- 
quale  1'  unica  vera  forma  e  la  Chiesa  cat-  cludiamo  anche  ora  col  niccomandare  a 
tulica  apostolica  romana.  Non  ci  e  punto  ogni  classe  di  colte  persone  di  aiutare 
necessario  enlrare  nei  particolari:  ci  basti  colle  loro  soscrizioni  quesi' opera  di  zelo 
dire  che  1'  egregio  Autore,  avvalendosi  de-  dell'egregio  parroco,  acciocch6  possa  con- 
gli  argomenli  usati  gii  dagli  altri  apolo-  durla  feliccmenle  a  buon  lermine.  A  tal 
gisti  della  cattolica  verita,  sa  dare  ad  ess!  fine  potranno  esser  provveduli  da  In!  me- 

(una  fisonomia  tutta  propria  per  I'eia  mo-      desimo  del  programma  di  associazione. 
dcrna,  non  tanlo  dalla  parte  positiva,  che 

GIALDINI  M.  FELICE  --  11  mese  di  Aprile  dedicato  al  glorioso  Pa- 
triarca  e  taumaturgo  san  Francesco  di  Paola,  fondatore  dell' ordine 
de1  Minimi;  per  MODS.  Felice  Gialdini,  Vescovo  titol.  di  Dioclea,  e 
coadiutore  di  Montepulciano.  San  Quirico  d'Orcia,  tip.  di  Francesco 
Turlianti,  1884.  In  16,  di  pagg.  114.  Prezzo  cent.  30. 
II  presente  libretto  molto  opportune      per  onorare  il  Santo  in  altri  tempi  di-1- 
per  onorare  con  devoti  ossequi  il  tauma-      1'anno.  Esso  contiene,  per  ciascun  giorno 
turgo  S.  Francesco  di  Paola  nel  mese  di      del  mese  una  acconcia  considerazione  so- 
aprilc  a  lui  consacrato,  ci  egiunto  troppo      pra  la  vita  e  le  virtu  del  Santo,  un  esem- 
tardi  per  aniiunziarlo  a  tempo  debilo  ai      pio  ricavalo  dalla  medesima  fonte,  ed  un 
suoi  devoti.  I:  n-rira  per  aliro  allo  stesso      ossequio  da  praticare  in  suo  onore. 
modo  opp  !ii  volesse  sen'irsene 


:;r,0  BIBLIOGIUFIA 

IOSA  ANTONIO  MARIA  —  Legenda  sou  vita  et  miracula  Sancli  Au- 

tonii  de  Padm,  saeculo  Xfll*  coocinnata,  ex  codice  membranaceo 

Antonianae  Bibliothecae,  cum  altera  brevi  eiusdem  Sancti  vita,  de- 

sumpta,  notis  illustrata,  et  nunc  primum  edita  a  P.  M.  Antonio  Maria 

losa  Min.  Conv.  eiusdem  bibliothecae  praefecto.  Accedunt  sermones 

eiusdem  Sancti  in  solemnitatibus  Ascensionis  D.  N.  I.  C.,  Pentecostes, 

S.  loannis  Baptistae,  et  SS.  Ap.  Petri  et  Pauli  hactenus  inediti,  et 

ex  membranaceo  codice  deprompli,  qui  ipsius  Sancti  manu  recognitus 

inter  sanctorum  reliquias  in  eius  Basilica  asservatur.  Bononiae,  ex 

typographiaPontificia  Mareggiani,MDCGCLXXXlII.In8,di  pagg.  184. 

Nel  titolo  e  abbastanza  espresso  il  con-      e  gli  scrittori  di  esse  furono  contempo- 

tcnuto  di  questo  prezioso  volume,  dato      ranei  del  Santo.  I  Sermoni  poi,  che  sono 

alia  luce  dal  ch.  P.  Antonio  M.  losa.  Esso      soltanto  le  tracce  di  alcune  sue  prediche 

sari  caro  non  meno  ai  dotti  chc  alle  per-      ci  danno  un  qualche  saggio  di  quella  si 

sone  pie.  Le  leggende  difatti  sono  le  due      meravigliosa  eloquenza,  che  commovcva 

•vile  del  Santo  piii  antiche  e  piii  veritiere;      le  intere  cilli  ed  operava  prodigi  di  con- 

poiche,  come  il  ch.  Aulore  dimostra  con      version!  universal  men  te  ne'popoli. 

argomenti  cerli,  risalgono  al  secolo  XIII 

LORINI  ANGELIGO  —  II  Gacciatore  del  Mugello.  Racconto  di  F.  An- 
gelico  Lorini  de'Servi  di  Maria.  Camaiore,  tip.  Benedetti,  1883.  In  16, 
di  pagg.  330.  Prezzo  lire  1.  Vendesi  in  Fireuze  alia  libreria  di  Egisto 
Gini,  Via  Ghibellina,  114,  in  Viareggio  alia  cartoleria  di  A.  Graziani, 
Piazza  S.  Andrea. 

il  ch.  Autore  ha  voluto  coU'annun-  di  Dio,  si  converte  dai  mail  passi,  e  di 
ziato  racconto  proporre  un  esempio  della  principio  Ad  una  vita  di  rinnovamento 
divina  misericordia  nel  ricondurre  le  cristianoconoperediesprazioneedesercizii 
anime  traviate  sulla  via  della  salute.  II  di  virtu.  L'Aulorc,  nelP  esporre  il  novello 
protagonista  e  un  giovane  scapato  che  tenore  di  vita  del  giovane  penitento,  prendc 
colla  scorretta  sua  vita  era  lo  scandalo  occasione  di  spiegarc  varii  tratti  d'-lla 
del  paese:  ma  finalmentc  conquiso  da  uno  sacra  liturgia,  piu  atti  a  sollevare  1'anima 
di  quei  colpi  che  sono  insieme  gasiighi  a  Dio  colla  contemplazione  delle  cose  ce- 
della  giustizia  ed  inviti  della  misericordia  lesti  che  rappresentano. 

MARONE  P.  VIRGILIO  --La  buccolica  di  P.  Virgilio  Marone,  eon 
note  italiane  per  le  scuole,  a  cura  del  Sac.  Gaetano  Deh6,  insegnante 
umane  lettere  nel  Seminario  riminese.  Faenza,  dalla  tip.  di  Pietro 
Conti,  MDCCGLXXXIII.  In  16,  di  pagg.  137. 

II  ch.  Autore  ha  inteso  con  queslo  cui  quelle  porgonoil  fondamento.  NV1  die 
suo  lavoretto  agcvolare  ai  fanciulli  Tin-  ci  sembra  che  sia  riuscilo  assai  bcno, 
telligenza  delle  Egloghe  virgiliane,  fame  traendo  partito  dai  varii  commenlaiori 
guslare  il  bello,  anche  col  paragone  dei  e  traduttori  del  latino  poela,  e  da  cia- 
greci  poeti  imitati  dal  Mantovano,  e  final-  scuno  di  cssi  cogliendo  il  Core, 
mente  aprir  loro  la  varia  erudizione  a 

MAZZANTI  ALBERTO  —  Vita  di  Suor  Maria  Grocifissa  Montebugnoli, 
monaca  Agostiniana,  nata  nell'Archidiocesi  di  Bologna  il  5  novem- 


ISM!  «•  n^rii  il  23  .-ijTil-  !  i  di  San  Giovanni 

.li  I'orlimpopoli  ;  smti.-i  rto  Ma/nnti  sacerdote  della 

1  Airhi'l  "i/i,  tip.  Pontificia  Mareggiani,  1885.  In 

1',.  pic,-.,  di  pagg.  180.  1'rezzo  L.  1,  presso  la  Lit>reria  Mareggiani  in 
Bologna  a  sussidio  delle  povere  monach  •. 

'iii  pun  dirsi  siraordinario  nella      quelle  anime,  delle  piii  segnalate  senza 


vita  di  qiiistn  s-rva  di  I>io,  non  sono 
opere  prodigiose  per  le  quali  la 
saniit;i  >i  ivndc  nmmirabilc  anchc  agli 
occhi  del  moudo,  ma  cln-  tuttavia  non  ne 
fornnno  la  sosianza;  piottosto  quel  con- 
tinno  esercizio  di  vere  c  sode  virtu,  pra- 
licale  costanlemente,  e  delle  quali  acqui- 
sti'i  il  possesso  sino  al  grado  eroico.  Di 
<|ucs(e  furono  ammiratrici  le  sue  conso- 
relle  (-he  eblwro  sempre  in  lei,  nelle  va- 
ne cariche  che  esercilo,  o  come  snddila 
o  come  snperiora,  un  perfetlissimo  mo- 
dello  di  rcligiosa  pcrfozionc.  Ecco  una  di 


dubbio,  ma  chc  pure  ha  infinite  altre. 
compare  b-nrhe  non  nel  grado  mede- 
siino,  nella  stessa  profcssione  di  vita,  le 
quali  il  mondo  ha  in  dispregio  e  cosi 
iuiquampnte  perseguiia,  sino  a  ridurle 
colle  spogliazioni  all'estrema  mi^eria.  Ep- 
puro,  come  I'Autore  di  questa  vita  egre- 
giamente  osserva,  a  queste  creature  in- 
nocenti,  che  imiiando  il  divino  sposo  si 
olTrono  a  lui  vitiimo  di  espiazione,  il 
mondo  va  forse  debitore,  se  gli  sono 
risparmiati  dalla  divina  giustizia  estremi 
Hagelli. 


MOLA  CARLO  —  II  Mese  di  Maria  in  fami^lia.  Considerazioni  del 
P.  Carlo  Mola  dell' Oratorio.  Napoli,  tip.  dell'Accademia  delle  scienze 
diretta  da  M.  De  Rubertis,  1884.  In  16  pice.,  di  pagg.  214.  Prezzo  L.  1. 


11  motodo  chc  scrba  il  cli.  Autore  in 

suo  mese  di  Maria  e  diverso  nella 
funn.i  da  qucllo  che  comunemcnte  si  ado- 

"i  molio  opportune  all'uso  cui  e 
dpsiiiiato,  delle  famiglie  cristianc.  Esso  e 
composto  di  altrottanti  tratlenimenti  ira 
la  Verjrine  Sanlissima  e  il  suo  Divoto 
quanti  sono  i  giorni  del  mese.  II  sojr'prolto 
di  quest!  traitcnimcnli  e  uno  dei  misteri 
che  si  allengono  alia  vita  di  Maria  San- 
tissima ;  c  vengon^i  succedcndo  con  online 
cronolojico.  La  Vcrgine  con  soavi  parole 
dioliiara  il  misUTO  e  propone  inlorno  ad 
esso  opportunissime  considcrarioni  a  ca- 
varne  il  convenient*  fruito  spirituale,  ossia 
per  la  emcndazione  dclla  vita,  ossia  per 
1'acqnisto  delle  cristiano  virtii.  Allc  pa- 
rolf  ilfll;i  Vcr^iii"  i >pnnd"  il  suo  Divoto, 
disfogando  gp  affetti  drll'animo  analoghi 
al  soggelto  e  facendo  generosi  propositi 
ondare  i  materni  suggerimenti  di 

MLTX/v\l\HLI>I  ALFONSO  —  II  mese  di  Maria,  ossia  il  mese  di  maggio 
consecrato  a  Maria  SS.,  del  P.  Alfonso  Muzzarelli  d.  C.  d.  G. ;  col- 


lei.  II  ch.  Antore  si  nelle  parole  che 
mette  in  bocca  alia  Sanlissima  Vergine,  e 
si  nelle  risposte  dell'anima  devota  espone 
con  molta  propricta  il  piii  bcl  fiore  del- 
1'ascetica  crisiiann;  e  la  forma  da  lui  pre- 
scelta  gli  e  strumento  assai  efllcace  per 
commuoverc  i  cuori  con  afTetti  svariati  di 
pieta  e  di  divozione.  A  conferma  di  quanto 
diciamo  ci  par  beno  aggiungere  queste  care 
parole,  che  I'  HI. mo  e  It. mo  Mons.  Cape- 
celatro  Arcivescovo  di  Capua  scrive  al 
ch.  Autore  acceltandonc  la  dedica.  c  K  un 
divolissimo  librcllino,  egli  dice,  scritto  con 
animo  nobilmente  sereno  e  con  piet/i,  ^en- 
tilezza  e  amore.  Iddio  faccia  che  esso 
frutlifichi  abbondantemente  alle  anime,  e 
che  il  fruito  suo  si  diflbnda  in  modo  par- 
licolarissimo  su  di  voi,  sulla  diletta  Con- 
gi-egazione  nostra  e  anche  un  pochino  su 
di  me.  » 


BIBLIOGRAFIA 


I'agpiunta  di  alctine  novene  in  preparazione  alle  foste  principal!  della 
SS.  Vergine  Maria.  Quinta  edizione.  Napoli,  tip.  e  lihr.  ill  An  Irea 
e  Salv.  Festa,  san  Biagio  de'Librai,  D.  102,  1880.  In  32,  di  pagg.  vnr,. 
Prezzo  cent.  30.  Gopie  12  L.  3. 

N&GRE.M.  —  L'Eglise  et  la  societe  moderne;  en  reponse  £  M.  1'Ahhc 
Bougaud,  V.  G.  d'Orleans,  et  a  M.  1'Abbd  Bernard,  cure  de  Saint- 
Jacques  du  H.-P.  Articles  de  la  SiciUa  cattolica,  traduits  par  1'Alibe 
Negre  docteur  en  thdologie,  professeur  au  Grand  Sdminaire  de  Mende. 
Lyon,  librairie  gdndrale  catholique  et  classique  Yitte  et  Perru^sel, 
directeurs,  3  et  5,  Place  Bellecour,  1884.  In  16,  di  pagg.  188. 
Annunziamo  quest'  opuscolo,  lionclic  due  scrittori  francesi,  di  qualclie  nome  ed 

in  francese,  si  perche  esso  comparve  ori- 

ginariamentfi  in  ilaliano,  in  divers!  articoli, 

nell'  egregio  giornale   la  Sicilia  Catto- 
lica; come  allresi,  perche  la  materia  che 

\i  si  tratta  e  di  somma  importanza,  essen- 

dovi  confulato  il  tanto  rovinoso  sistema 

del  cattolicismo  liberale,  propugnalo  da 

NOZIONI  di  geografia  per  doraande  e  brevi  risposte,  onde  si  possano 
facilmente  imparare  a  memoria  dagli  alunni  delle  classi  eleraentari  e 
superiori.  Ascoli  P/ceno,stab.  tip.  di  E.  Gesari,  1883.  In  16,  di  pagg.  42. 
Prezzo  cent.  40,  franco  di  posta. 

PARASGANDOLA  MIGHELE  —  Un  nuovo  grido  di  dolore;  ovvero  la 
scuola  ed  i  maestri  senza  Dio;  pel  sac.  Michele  Parascandola  fu  Do- 
menico,  di  Procida.  Napoli,  tip.  della  Liberia  cattolica,  1883.  In  8, 
di  pagg.  120. 

per  la  parte  positive,  nella  quale  con  ar- 
gomenli  di  tutta  evidenza  dimosira  1'as- 
soluta  necessita  che  vi  e  di  congiungere 
con  buon  accordo  la  istruzione  Icttcraria 
colla  educazione  religiosa,  se  si  desidera 


aulorila.  Quest!  sono  1'Ab.  Bougauil  in 
alcuni  trail!  della  sua  opera  in  due  voltimi 
inliloto'a  il  Cristianesimo  net  tempi 
present*,  e  1'Ab.  Bernard  in  un  discorso 
recitalo  in  occasione  del  venlesimoprimo 
anniversario  della  morlc  del  P.  Lacor- 
daire. 


Col  lilolo  di  Un  grido  di  dolore,  il 
ch.  Aulore  aveva  pubblicato  qualche 
lempo  fa  un  assennalo  opuscolo,  col  quale 
lamentava  la  pessima  condizione  in  cui  c 
stala  messa  dalla  rivoluzione  dominante 
la  giovenlii,  coslrella  a  frequentare  scuole 
d'onde  non  solo  e  sbandilo  ogni  insegna- 
mento  religioso,  ma  6  data  piena  balia  a 
professori  scredenli  di  insegnare  qualsiasi 
errore.  Noi  gli  demmo  piena  ragione,  con- 
giungendo  ai  suoi  lament!  ancbe  i  nosiri, 
n  facendo  rilevare  anche  no!  i  danni  gra- 
vissimi  che  da  (at  sisiema  debbono  di  nc- 
cessila  ridondare  in  lulla  la  socioU'i.  II 
Nuovo  grido  di  dolore  che  ora  pubblica, 


di  formare  cilladini  ulili  alia  palria  e  non 
anzi  sovverlilori  di  ogni  ordine  anche  ci- 
vile e  politico.  Sarebbe  cosa  desiderabile 
che  i  due  opuscoli  dell'egregio  sacerdole 
avossoro  un  ampio  giro  Ira.lc  famiglie 
crisiiane,  perche  si  consigliassero  a  porre 
dal  canto  loro,  quanlo  e  possibile,  un  ri- 
medio  al  rovinoso  sistema  di  educazione, 
che  da  un  Governo  nemico  della  Chiesa  6 
imposto  alia  infelice  noslra  patria. 


e  un  rincalzo  a  quel  primo,  specialmcnle 

PATERNO  (DA)  P.  RAFFAELE  —  Omaggio  del  mondo  cnttolico  a 
san  Francesco  d'Assisi,  nella  ricorrenza  del  VII  centenario  dalla  na- 


BIBI 

I  M.  K   :  -mo.  L-ttorc  gitihilatn  M.  o. 

I '.ir;  .rli  orator!  a  san  I'r:im  XII, 

XIII.   X  i,  1.")  mar/o  •• 

HI  ni:ir/'>  |SX',.  Xajwli,  oflflcina  tiponnlica  di  R.  RinaMi  ••  d.  Srllitto 
neH'atiolitn  Mercaio  a  Forcella,  1884. 5  fascicoli,  in  8  di  pagg.  64  1'  uno. 
PASSATKMPI <\\  un  cattolico.  Dialoghi  catechistico-popolari.  2'  con- 

:iza.  Livorno,  tip.  G.  Fabbreschi  e  G.,  1883.  la  16,  di  pagg.  72. 
(Mtii:  >di  questeconferoiuc,      quanio  non  si  |pga  a  soggetti    >. 

e  sono  ilirotio  ad  istruire  il  popolo      ma  secondo  1'occasione  die  fa  nascn 
intorno  nil-'  prim-ipnli  vorita  ora  combat-      dialogo,  cho  6  l.i  forma  a  questo  fine  da 
tuti>  il  ii  poriurkitori  delta  societa,  od  ap-      lui  elclla,  tocca  varii  panti  disparali  e  for- 
ruli  mozzi  opportuni  per  dif-ndersi      nisce  gli  schinriincnli   proporzionali  alia 
<!.i!!i'  loin   iiiMilip.  II  metodo  die  tiene      capacila  popolaro. 
T  A  u tore  di  osse  o  piuttosio  libero,   in 

i.M  M ACARIO  VESG.  DI  FABRIANO  -  Discorsi  tre  in  onoredi 

san  Francesco  d'Assisi. 

In  quesli  trc  discorsi  il  chiarissimo  di  Satana,  Riformatore  dei  popoli,  Appor- 

Monsignore  contrappone   a    Lucifcro    il  tatore  di  vora  civilia  alle  nazioni.  I'rofon- 

I'ovorello  d'Assisi;  e  dopo  aver  ndditate  diti  di  roncetti,  Mlezza  di  ppnlil  dettato, 

le  font!  dolla  corruzione  della  mis(»ra  uma-  vigoria   di   stile  sono  i  pregi  di  qaoslo 

iiiu'i  ncl  peccato  e  noil' influenza,  che  lo  lavoro,  d^no  di  esser  lotto  da  chiunque 

Spiriio  (idle  ti'iiobre  ha  sempre  mai  escr-  non  odia  la  veriu'i,  e  desidera  intendere  in 

citita  in  «-.«s-i,  con  maestria  imparcfrgiahilo  che  consista  la  vora  civilta. 
ir.ostra  il  Seralino  d'Assisi  come  debellator 

STOEIA  dell'apparizione  della  imagine  di  Mnria  del  Buon  Consiglio 
in  Genaxzano  di  Roma;  seguita  da  un  novenario  di  meditazioni  in 
apparecchio  alia  festa  della  medesima.  Ter/a  edizione,  diligentemenle 
riveduta  e  corretla.  Napoli,  tip.  e  libr.  di  A.  e  S.  Fesla,  san  Biagio 
de'Librai,  102,  1884.  In  16  pice.,  di  pagg.  108.  Prezzo  cent.  40. 

TISSOT  GIUSEPPE  —  L'arte  di  ulilizzare  le  colpe  commesse,  scoverta 
sulle  orme  di  san  Francesco  di  Sales  dal  P.  Giuseppe  Tissot,  Mis- 
sionario  Salesiano;  e  tradotta  da  D.  Vincenzo  Messina  da  Cotrone, 
prof,  nel  Collegio-Gonvitto  Rosi  di  Spello.  Seconda  edizione  accre- 
sciuta  dall'Autore.  Foligno,  tip.  e  lib.  di  Gio.  Tomassini,  1883.  In  16, 
di  pagg. 

AVVERTENZA  —  Credinmo  nectssario  ricordare  anche  quetta  rolta 
ci<>  che  piii  aUre  velte  abbiamo  ripetuto,  che  attesa  la  ristrcttezza  deJIo  spazio 
che  possiamo  concedtre  alle  nostre  libUoijrafie,  non  ci  e  possibile  annunziare 
i  liliri  iiirintici  con  qutlla  prontezza  che  bramerebbero  i  loro  autori.  Noi  pro- 
'mo  di  sfrfmre  in  ci'\  in  quanta  e  poisibilf,  I' or  dine  del  tempo  in  cui  ci 
sono  spediti.  damln  nrdinarimntnte  In  precedenza  a  quelli  che  ci giunscro prima. 
La  stessa  ragione  della  pochetza  dello  spazio  non  ci  permette  di  annunziare 
quci  libri  che  ci  sono  spediti  dopo  uno  o  piu  anni  dalla  loro  pubblicazione. 


CRONACA  (MTEMPOEANEA 


Firenee,  24  aprile  1884. 


I. 
COSE  EOMANE 

1.  II  Santo  Padre  e  la  sua  nobile  famiglia  secolare  —  2.  Girila  fiorila  del  Santo 
Padre  —  3.  I  profanatori  a  Roma  del  Venerdi  Santo  —  4.  BplPesempio  di  1'rin- 
cipi  cattolici  —  5.  La  partenza  del  Papa  da  Roma  —  6.  Gli  allarmi  del  DriUo  — 
1.  II  Santo  Padre  c  la  solennila  di  Pasqua  —  8.  L'  Enciclica  del  Papa  contro  la 
Massoneria. 

1.  Commovente  spettacolo  fu  quello  di  vedere  il  lunedi  santo  la  nobile 
secolare  famiglia  papale  ai  piedi  dell'altare  per  assistere  allo  Incruemo 
Sacrificio  celebrato  dal  Santo  Padre  nella  sua  Cappella  privata,  e  rice- 
vere  dalle  sue  Apostoliche  mani  la  Santissima  Comunione.  Sua  Santita 
era  assistita  dai  Rffii  noons.  Elemosiniere  Segreto,  mons.  Sagrista  e 
mons.  Prefetto  delle  CerimoDie.  Servivano  alia  Messa  i  suoi  Gappellani 
Segreti  e  Gorauni,  nonche  i  Chierici  della  Gappella  Segreta.  In  quell' ora 
e  in  quell' atto  si  sentiva  da  tutti  quanto  sublime  cosa  sia  quella  Reli- 
gione  che  da  al  mondo  lo  spettacolo  della  piii  grande  maesia  che  sia 
sulla  terra  circondata  dai  suoi  figli  piii  devoti,  ben  fortunati  di  ricevere 
da  lui  Pontefice  e  Vicario  di  Gesu  Cristo  il  Pane  della  vita. 

2.  In  occasione  poi  della  Santa  Pasqua,  per  ordine  del  Santo  Padre, 
furono  distribuiti,  per  mezzo  dell'Elemosineria  Apostolica,  al  domicilio 
di  150  famiglie  di  Roma,  povere  e  meritevoli,  altrettanti  letti  nuovi  e 
forniti  ciascuno  di  tutto  il  necessario.  Oltre  poi  a  questa  sovrana  be- 
neficenza,  Sua  Eccellenza  Reverendissima  monsignor  Sanminiatelli,  Ele- 
mosiniere Segreto  dello  stesso  Santo  Padre,  ha  fatto  speciali  elargizioni 
in  danaro,  di  guisa  che  la  somma  erogata  in  questa  fausta  circostanza, 
e.  ascesa  a  lire  dodici  mila,  cifra  ben  grande  se  si  considerino  le  stret- 
tezze  a  cui  la  rivoluzione  ha  ridotto  il  Sovrano  Pontefice,  e  scarsa  in 
pari  tempo  per  chi  sappia  lo  stato  miserando  della  popolazione  in  quella 
Roma  dove,  pria  che  fosse  esautorato  il  Papa  e  spogliato  del  suo  tem- 
porale  dominio,  il  numero  dei  bisognosi  era  si  ristretto  da  essere  ap- 
pena  avvertito.  I  soli  foreslieri,  che  allora  accorrevano  a  Roma,  per 
assistere  alle  stupende  cerimonie  della  Settimana  Santa,  vi  lasciavano  da- 
naro in  tanta  copia,  che  il  popolo  ci  avea  di  che  vivere  onestamente 


^KA 

lo  spazio  di  parecchi  mi-si.  Allnra  si  clu- 

poieva  esercilare  con  vero  piv>tii!o  le  sue  m>!usiric.  ' 
f'.n-Nti.Ti  non  accorrorm  piii  a  Roma  in  gran  numero,  e  qiHIi 
-i  che  son  vcnuti  a  stabilirvi  il  nuovo  ordine  di  cose,  vanno  via  o 
rirapatriano  lasciando  1'alma  citta  in  uno  squallore  da  Tar  piangere. 

3.  E  qui  Don  vogliam  tacere  di  un  fatto  esecrando  che  ha  avuio 
anche  luogo  quesl'anno  in  Roma,  dove  la  rivoluzioue  ha  portato  la  de- 
solazione  e  la  profanazione  lameotata  dal  Profeta.  lVrrh»\  mcntre  la 

i,  vestita  a  lulto,  celebrava  la  commemoraziooe  della  morte  del 
Redentore,  un  pugno  di  sacrileghi  profanatori  applaudivano  dentro  una 
bettola  di  Roma  all'infando  deicidio,  e  con  esecrabile  convilo  univano  le 
loro  empie  voci  a  quelle  dei  giudei  che  innoggiavano  a  Barabba,  im- 
precando  a  Cristo.  Questa  profanaziooe,  che  ha  tanto  amareggiato  il 
more  del  Santo  Padre,  e  la  bestemmia  di  Saiana,  sfogo  supremo  di  un 
odio  impotenle.  Ma  a  ricomprare  la  colpa  di  cotesti  forsennati,  moKis- 
simi  furono  in  Roma  che,  accoppiando  al  nome  le  opere,  si  prostrarono 
in  quel  giorno  innanzi  a  quella  tomba  che  1'indomani  dovea  restituire 
la  sua  preda,  sparsero  di  lagrime  la  divina  salma  del  Dio  CrociOsso, 
pregando  per  chi  piange  e  per  chi  insulta,  per  chi  crede  e  per  chi  be- 
stemmia. 11  pranzo  destinato  a  profanare  il  Venerdl  Santo  fu  fatto  nella 
sede  del  Gircolo  anticlericale  di  Borgo,  al  vicolodegli  Ombrellari.  V'in- 
tervennero  150  persone,  pagando  ciascuno  lire  1,50.  Alia  modestia  del 
menu  ripar6  1'esuberanza  dei  discorsi,  e  quali  sieno  stati  questi  discorsi 
:  ile  immuginarlo,  ove  si  rilletta  allo  scopo  del  banchetio  e  al  genere 
di  persone  che  vi  presero  parte.  La  Liberia,  giornale  giudaico,  epperd 
non  sospelto,  sberteggiando  cotesti  profanatori,  aggiungeva  che  «  molti 
fra  essi,  se  venissero  a  morire,  chiamerebbero  il  prete.  >  Gran  prova  che 
1'odierna  empieta  per  alcuni  e  una  speculazione,  un  tornaconto,  un  mo- 
dus vivendi,  per  non  cadere  in  disgrazia  della  Massoneria. 

4.  Bell'  esempio  di  oss^quio  e  di  devozione  verso  il  Santo  Padre  ban 
dato  di  questi  giorni  i  Priucipi  di  Wurtemberg,  venuti  a  Roma  non 
tanto  a  sfogo  di  curiosita,  quanto  per  dar  mostra  della  loro  pieta.  La 
mattina  infatti  del  17  p.  p.  erano  ammessi  ad  ascoliare  la  Messa  cele- 
lirata  da  Sua  Santita  e  a  ricevere  dalle  sue  raani  la  santa  Comunione. 
Notiamo  questa  circostanza  perche,  se  da  un  lato  si  ebbero  non  e  guari 
a  deplorare  delle  debolezze,  dall'  aliro  e  a  ringraziare  il  Siguore,  che  ci 
sieno  ancora  al  mondo  Principi,  i  quali,  venendo  a  Roma,  prendono 
la  via  piii  diretta  per  recarsi  al  Vaticano,  consapevoli,  che  andando  per 
la  tortuosa,  troverebbero  chiuse  le  porte  del  1'aiazzo  Vaticano.  In  ci6  il 

o  Padre  e  irremovibile,  e  per  nulla  al  mondo  consentira,  che  un 
Principe  catiolico,  comunque  sia  grande  e  potente  la  Casa  regnante  a  cui 
nppartenga,  monti  le  scale  del  Vaticano,  dopo  essere  prima  disceso  da 
quelle  del  Quirin-ile.  Ouesta  santa  ostinazione  del  Sovrano  Pontefice  fa 


CKOrVACA 

montare  in  bizza  il  liberalismo;  ma  non  iraporta:  non  al  liheralismo 
deve  aggradire  chi  e  Vicario  di  Gesii  Cristo,  che  questo  ripugn;i  al  suo 
sacro  carattere  ed  alia  sua  missione;  bensl  a  Colui  che  1'ha  coslituito 
Maestro  infallibile  sulla  terra. 

5.  S'e  tanto  parlato  e  scritto  di  questi  giorni  della  partenza  del 
Papa  da  Roma,  che  per  debito  di  cronisti,  non  possiamo  aslenerci  dal 
dime  anche  noi.  A  ci6  fare  crediamo  opportune  di  qui  riferire  alcuni 
brani  di  uno  stupendo  arlicolo  pubblicato  dal  Figaro  di  Parigi.  II  diario 
parigino  comincia  dal  dire  che  la  questione  della  parlenza  del  Papa  dalla 
sua  Roma  e  oramai  posla.  «  E  pel  solo  fatto  della  grande  commozione, 
dell'ansieta  angosciosa  cagionata  dalla  semplice  ipotesi  di  questa  par- 
tenza, ben  si  vede  quale  posto  immense  occupi  il  Papato  anche  oggi 
nel  mondo.  >  Soggiunge  che  «  non  e  la  prima  volta  che  si  agita  la  que- 
stione dell'esilio  del  Papa;  perche  dal  giorno  in  cui  il  piccolo  paese 
collocato  a  pie  delle  Alpi  si  impadroni  di  Roma,  il  Papa  non  dur6 
fatica  a  convincersi,  che  la  rivoluzione  volea  fare  del  Papato  un'istitu- 
zione  italiana.  Non  v'ha  dubbio  che  il  Papa  uscendo  da  Roma,  non 
troverebbe  Roma  in  verun'alira  parte  del  mondo.  Ma  e  certo  pure,  che 
per  quanta  afflizione  si  dovesse  provare  a  vedere  il  Papa  forzato  a  la- 
sciare  momentaneamente  il  capo-luogo  storico  e  provvidenzicde  della 
cattolicita,  tutto  il  mondo  cattolico  sa,  che  dove  e  il  Papa  infallibile,  la 
e  la  Chiesa:  vbi  Petrus  tbi  Ecclesia.  »  Ed  aggiunge:  «  II  Papa  e  Roma 
sono  si  strettamente  uniti,  che  pare  inammissibile  che  1'  uno  possa  vivere 
senza  1'altra;  che  il  successore  di  Pietro  si  allontani  dalla  tomba  degli 
apostoli,  che  tante  memorie  religiose,  taote  tradizioni  storiche,  tanti  mo- 
numenti  preziosi,  tanti  usi  rispettabili,  tanti  interessi  diversi  di  tutto  il 
personale  dell' amministrazione  della  Chiesa,  siano  UQ  giorno  improvvi- 
samente  staccati  dal  principio  che  loro  di  la  vita,  o  per  lo  meno  col- 
piti  da  paralisi,  da  insensibilita,  come  annichiliti.  SI,  tutto  ci6  e  vero, 
ma  v'ha  una  cosa  piii  necessaria  ancora  alia  Chiesa,  che  le  memorie, 
le  tradizioni,  i  monumenti  e  lutti  gli  interessi  privati  piii  cari ;  ed  e  la 
plena  liberta,  1'indipendenza  sovrana  del  Capo  della  Chiesa.  » 

Passa  poi  il  Figaro  a  dimostrare,  che  il  Papa  non  e  piii  oggi  li- 
bero  a  Roma,  come  e  quanto  dev'esserlo  il  Capo  venerando  della  sola 
religione  mondiale  che  e  il  Cristianesimo  Cattolico;  di  chi  adduce  le 
prove  piii  lampanti,  e  che  tutta  1'improntitudine  del  liberalismo  settario 
non  riuscir&  mai  a  distruggere.  Ma  dove  n'andrebbe  il  Papa?  E  quando 
partirebbe?  II  Figaro  risponde:  «  Alia  prima  interrogazione  sarebbe 
meglio  surrogare  questa:  —  Dove  il  Papa  vorra  andare?  Non  v'ha,  in 
fatti,  una  sola  potenza  —  perche  non  credo  neppure  di  poterne  eccettuare 
la  Repubblica  francese  —  la  quale  non  si  recasse  allora  ad  onore  di 
offrire  a  Leone  XIII  1'ospitalita  nel  suo  esilio.  E  cio  solo  mostra  qual 


cnnirm-HtTi'M*  I' Italia  rr.l  for/are  il  Papa  ad  at 

v.-rnn  int:l«'s»>,  p«-r  :<lirnl  IlnuarJ,  e  per 

1  signor  Krrinu'iMii,  insista  per  olTrir  Malta.  i;.\u>tria  propone 

Mirainar  oppure  Innspruck.  Si  crede  che  la  stessa  Germania  sarebbe 

h  porre  a  disposizione  del  Santo  Padre  1'abazia  di  Fulda.  I'iii 
vicino  a  noi,  vi  ha  un  paese  nel  ijuale  il  sovraoo  non  esiterebbe  a  sa- 

criiicar  lutto  per  un  sifTatio  onore »  La  chiusura  dell'ariicolo  £ 

nmente  degna  di  una  penna  cattolica;  e  a  noi  piace  di  riferirla  testual- 
mente  a  conforto  dei  buoni  cristiani,  e  a  confusione  del  nuovi  giudei  che 
sperano  di  assodan?  il  loro  potere  sulle  ruioe  del  Papato.  «  A  coloro  i 
qn.ili  cnnlono  che  il  Papa  non  possa  fare  a  mono  di  Roma,  neppure  un 
giorno  —  dimeniicando  che  Gregorio  VII  andava  a  terminare  i  suoi 
giorni  a  Salerno  —  risponderemo  che  per  tutti  quelli  che  conoscono 
Roma,  e  Roma  che  non  potrebbe  fare  a  meno  del  Papa.  E  noi  ricorde- 
remo  le  parole  di  Pio  VI,  nel  1809,  all'inviato  di  Napoleone:  «  Signore, 
un  sovrano  il  quale  non  ha  bisogno  che  d'uno  scudo  al  giorno,  non  fc 
un  uonio  che  facilmenie  s'  intimorisca.  »  Ma  noi  ricorderemo  ancora  che 
il  Pa  pa  10  non  pu6  uscire  da  Roma  che  per  ritornarci,  e  che  se  il  Papa 
esce  da  Roma,  ci  rilornera.  Tutlo  il  mondo  e  troppo  in  ci6  interessato. 
Perche,  come  lo  diceva  oel  1870  il  general  Menabrea,  oggi  ambasciatore 
a  Parigi,  la  questione  romana  «  non  ts  una  questione  interna ;  e  una 
questione  la  quale  interessa  tutti  i  governi  dei  popoli  cattolici,  e  non  so- 
lamente  questi  governi,  ma  anche  quelli,  che  non  essendo  cattolici,  hanno 
a  lutelare  gl'inieressi  religiosi  dei  sudditi  che  appartengono  al  cattoli- 
cismo.  »  --  Se  non  si  avesse  piii  a  parlar  della  Francia,  per  questa 
inissioue,  non  potrebbesi  almeno  ricordare  che  nel  1815  furono  tre  po- 
tenze  non  cattoliche,  1'  Inghilterra,  la  Prussia  e  la  Russia,  che  resero  al 
Papa  i  suoi  Stati?...  Se  dunque  la  monarchia  italiana  commettesse  il 
fallo  d'obbligare  il  Papa  ad  andare  in  esilio,  questo  fatto  sarebbe  il  suo 
suicidio.  E  non  siamo  noi,  e  il  signer  Bonghi  il  quale  lo  ha  detto  dopo 
gli  avvenimenti  del  13  luglio  1881:  «  Quelli  che  tentassero  di  strappare 
il  Papato  dal  suolo  italiano  dovrebbero  aspettarsi  di  essere  gettati  a  terra 
in  conseguenza  dello  stesso  loro  sforzo,  o  di  smuovere  attorno  all' al  hero, 
sradicandolo,  niolto  piu  di  terreno  di  quello  che  avrebbero  preveduto...  » 
11  Papa  in  esilio,  sarebbe  il  trionfo  della  demagogia  a  Roma.  Sarebbe 
in  breve  il  trono  e  1'altare  rovesciati.  L'altare  di  san  Pietro  di  Roma 
e  indistruttibile.  Ma  il  trono?  Si  pu6  ammettere  benissimo  1'intervento 
deir  Europa  pel  ristabilimento  del  Capo  della  Chiesa  a  Roma.  Chi  ose- 
rebbe  pero  predire  un  intervento  in  favore  del  Capo  deU'unita  italiana?... 
L' Italia  deve  gia  comprendere  il  rigore  di  questo  dilemma  posto  da 
Montalembert  a  Cavour:  —  Qu-jndo  voi  avrete  occupato  Roma,  se  oppri- 
mete  il  Papa,  senza  che  lo  si  difenda,  e  desso  che  non  sara  piii  libero ; 
ma  se  lo  si  difenJe,  siete  voi  che  non  lo  sarete  piu.  Oggi,  noi  lo  diciamo 


368  CRO.VACA 

col  piii  prande  dolore,  secondo  le  stoss*  dichiarazioni  di  Leone  XIII,  il 
Papa,  oppresso,  senza  difesa,  non  £  piii  libero  a  Roma.  Domani,  gl' Italian! 
sarehbero  liheri :  ma  lo  polrebbero  essere  dopo  di  aver  forzato  il  Papa  a 
cercare  la  liberta  nell'esilio? 

6.  Le  paure  dell'  ufflcioso  Diritto  ban  davvero  del  ridicolo.  Per  aiuto 
di  coloro  che  non  leggono  giornali,  e  dunque  da  sapere  che  il  Diritto 
ha  avuto  nei  giorni  passati  una  commozione  d'animo  da  non  dire,  per- 
che  gli  e  parso  di  vedere  Tltalia  da  un  capo  all'altro  invasa  dal  cle- 
rical ismo.  Noi  non  sappiamo  se  il  Diritto  parli  da  senno,  o  se  questa 
sua  paura  sia  una  finta  per  celare  il  fine  vero  a  cui  si  mira.  Gomunque 
sia,  e  tenendo  anche  per  vera  1'invasione  clericale,  com'egli  dice,  giova 
ricordargli  che  quando  1' Italia  era  invasa  dai  settarii,  dai  fnmrnassoni 
e  dai  nemici  della  religione  e  del  diritto,  allora  1'invasione  era  giusta, 
regolare  ed  accettabile,  ed  il  Diritto  coi  suoi  accoliti  la  favorivano  ed 
esaltavano.  Ora  poi,  che,  dopo  lo  esperimento  degli  uomini  e  delle  dot- 
trine  sovversive  incomincia  il  disinganno  e  la  resipiscenza,  il  liberalismo 
si  commove,  e  fa  la  voce  grossa  perche  sia  con  ogni  mezzo  riraosso  il 
pericolo  che  minaccia,  non  gia  la  patria,  non  gia  1' Italia,  ma  certe 
posizioni  che  formano  il  principale  obbietto  dell' oligarchia  dominante. 
Quello  per  altro  che  piii  stupisce  in  questa  levata  di  scudi,  e  il  vedere 
che,  pur  di  schiacciare  ed  opprimere  i  cattolici,  invocando  nuovi  soprusi 
e  nuove  ingiustizie  ai  loro  danni,  si  vogliono  calpestati  quei  medesimi 
principii  che  i  liberal!  posero  a  base  delle  loro  politiche  istituzioni,  e 
deridono  qtiella  volonta  popolare  quel  sufTragio  della  maggioranza  su  cui 
fingevano  fondare  1'  opera  loro.  Donde  appare  evidente,  che  la  simulazione 
non  pu6  piii  avere  luogo  quando  si  tratta'  di  oppugnare  il  cattolicismo, 
unico,  vero  e  supremo  scopo  di  tutta  la  cosiddetta  rigenerazione  italiana. 

7.  II  13  del  p.  p.  aprile,  giorno  della  solennita  di  Cristo  Risorto,  la 
Santita  di  Nostro  Signore  il  Pontefice  Leone  XIII,  discendeva  circa  le 
8  antimeridiane,  preceduto  dal  Grocifero  e  dalla  sua  Nobile  Gorte,  nella 
raagnifica  Gappella  Sistina,  ove  lette  le  preghiere  della  preparazione  per 
la  Santa  Messa,  ed  assunti  gl'indumenti  sacri,  celebrava  1'incruento  Sa- 
crificio.  Ministravano  all'  altare  gl'  Illmi  e  Remi  Monsignori  Elemosiniere 
e  Sagrista  della  Santita  Sua,  coll' assistenza  di  Monsignor  Prefetto  delle 
cerimonie  pontificie,  mentre  il  servizio  era  fatto  dai  Gappellani  Segreti 
e  Gomuni  e  dai  Ghierici  della  Cappella  Segreta.  II  Santo  Padre,  durante 
la  Messa,  dispens6  il  Pane  Eucaristico  a  piii  centinaia  di  distinle  farni- 
glie  cui  era  stato  coneeduto  un  tul  favore.  Quindi  Sua  Santita,  ascoltata 
la  Messa  di  ringraziamento  letta  da  uno  dei  suoi  Gappellani  Segreti, 
prima  di  lasciare  la  Cappella  Sistina,  impartiva  ai  devoti  e  numerosi 
asianti  quella  Apostolica  Benedizione  che  in  tal  giorno  dalla  gran  loggia 
del  Vaticano  il  Sommo  Pontefice  era  solito  d'impartire  al  mondo  intero. 
Era  quello  uno  spetlacolo  cosl  sublime  e  cosi  degno  della  maesta  del 


iinaovere  il  cuore  perfino  dei  pi 

Iti.'llo  s[M>tt;iroh  s  ilrnne  ed  imponente,  per  effetto  della  nvnln/ 
!ffitc   Rnin.i,  non    ha   piii  luogo,  ma   non   per  questo   il   Papa  h.i 

ito  e  cessera  mai  di  essere  1'oggetto  dell'amore  e  della  devozione 
di  i|ii:mti  son  catlolici  nl  mondo. 

8.  Siamo  lieti  di  ;  •-  ai  nostri   lettori  1'orditura  fedele  della 

T.I  Knciclica  chc  it  Santo  Padre  ha  pubblicato  snlla  Frammassoneria. 
V.  IIM  iinportantissimo  documento,  che  rivela  come  il  gran  Pontefice,  che 
1 1  iio  ha  dato  alia  sua  Chiesa,  non  si  staochi  di  combattere  quel  formi- 

'.-  nemico  che  con  forze  erculee  s'impromette  di  abbattere  il  Cristia- 
nesimo,  e  di  governare  il  mondo  senza  Dio.  Noi  1'abbiamo  riporiata  al 
principio  del  nostro  qua  lerno,  riserbandoci  di  fame  in  appresso  argomento 
di  speciali  articoli. 

11  Santo  Padre  afferma  che  il  motivo  il  qnale  lo  spinse  a  parlare  della 
Fnmmassoneria  e  il  vedere  come  quesla,  cresciuta  di  numero  e  di  bal- 
danza,  muove  dapertutto  aspra  guerra  a  Gesu  Cristo  ed  ai  suoi  seguaci. 

Ricorda  il  Sanio  Padre  chemolti  dei  Romani  Pontefici,daClememe  XII 
a  Pio  IX,  denunziarono  questo  nemico  e  segnalarono  il  pericolo.  Osserva 
che  i  fatii  diedero  ud  essi  piena  ragione,  convincendo  le  sette  come  ne- 
miche  del  pubblico  bene.  Egli  stesso  fin  dal  principio  del  Pontificate  ne 
ha  combattuto  alcune  dottrine  principal!:  ora  per6  intende  di  prendere 
direttamente  di  mira  la  Frammassoneria  in  se  slessa. 

Fa  perci6  vedere  che  le  societa  frammassoniche  sono  afTatto  illecite, 
sia  perchfc  sono  anche  al  presente  vere  societa  segrete,  sia  perchfe  fanno 
dei  soci  ciechi  strumenti  in  mano  dei  capi  per  fini  mal  conosciuli;  sia 
perche,  se  lo  vuole  il  loro  ioteresse,  non  rifuggono  nemmen  dal  delitlo. 

Inoltre  dichiara  1'Enciclica  come  per  prove  convinccnti  siasi  fatto 
manifesto,  che  scopo  supremo  della  Fraramassoneria  e  quello  di  rovesciare 
1'ordine  religioso  e  sociale  quale  le  ha  stabilito  il  cristianesimo,  per  so- 
sntuirvene  un  altro  fondato  sul  naturalismo. 

A  conferma  di  ci6  si  mettono  in  confronto  le  dottrine  naturalistiche 
con  quelle  delle  sette  frammassoniche —  1°  in  ordine  alia  religione;  — 
2"  in  ordine  alia  morale;  —  3°  in  ordine  alia  societa,  tanto  domestica 
quanto  civile,  per  concluderne  sempre  la  piena  conformita.  Queste  doitrine 
sono  false  in  se  stesse,  e,  tradotte  in  atto,  riconducono  il  paganesimo  nel 
mondo,  privandolo  dei  beneficii  della  Redenzione:  corrompono  profonda- 
mente  la  morale  e  con  la  corruzione  portano  il  degradamento  e  la  de- 
/.:.  N'-lla  famiglia  sono  causa  di  dissoluzione  e  di  disordine;  negli 
siaii  sono  seme  di  ribellione  e  di  rivolte  ed  aprono  la  strada  all'anarchia. 

Quantunque  si  ree,  le  societa  frammassoniche  hanno  sapulo  insinuarsi 
presso  principi  e  popoli ;  ai  principi  mettendo  in  mala  vista  la  Chiesa ; 
ai  popoli,  la  Chiesa  ed  i  principi,  mentre  in  verita  la  Chiesa  vuole  e  pro- 
cura  il  liene  degli  uni  e  degli  altri. 

S*ri<  XJl,  vol.  VI,  fate.  813  20  aprile 


CRONACA 

Dopo  questa  esposizione,  il  S;«nto  Padre  rinnova  tutti  gli  atli  e  le 
disposizioni  emanate  dai  Ponteflci  Predecessori  contro  la  Frammassorieria 
e  li  conferraa,  esortando  tutti  i  fedeli  a  conformarvisi  scrupolosamente. 

Poi  vierie  ad  accennarc  i  rimedi  da  opporsi  al  progredir  delle  - 
e  raccomanda  ai  Vescovi  —  1°  di  svelarne  la  vera  indole,  che  non  per- 
mette  a  nessun  onesto  di  darvi  il  nome;  —  2°  di  far  conoscere  ed  amare 
la  Chiesa  e  di  fame  osservare  gl'  insegnamenti.  A  tal  uopo  promuovore 
il  Terz'Ordine;  —  3°  di  prendere  cura  speciale  degli  artisti  ed  operai, 
favorendo  tra  essi  le  associazioni  cattoliche  e  richiamaodo  in  vigore  i 
corpi  di  arti  e  meslieri  dei  tempi  cristiani.  Beoe  che  fa  e  pu6  fare  la 
societa  di  San  Vincenzo  de'Paoli;  —  4°  d'altendere  nella  piii  speciale 
maniera  all'educazione  cristiana  della  giovenlii  e  di  usare  ogni  industria 
per  tenerla  lontana  dalle  sette.  Finalmente  il  Santo  Padre  raccomanda 
vivamente  che  quanli  sono  fedeli  in  tutto  il  mondo  form  i  no  una  lega  di 
preghiera  e  di  azione  per  opporsi  agli  sforzi  riuniti  della  Frammassoneria. 


II. 

COSE  ITALIA  NE 

i,  Pace  senza  dignita  —  2.  Continuano  gl'imbarazzi  per  Pa  flare  di  Propaganda  — 
3. 11  nuovo  Presidente  della  Camera  bassa  e  le  ire  dei  Pentarchi  —  4.  La  strage 
di  Pizzofalconc  e  la  rivolta  di  Gavardo  —  5.  Riapertura  della  Camera  —  6.  Le 
confession!  di  Q.  Sella. 

1.  L' Italia,  come  e  oggi  governata  dalla  rivoluzione,  versa  in  uno 
stato  grave,  gravissimo,  e  che  si  pu6  rendere  molto  bene  con  queste 
brevi  parole  dell'Apostolo  san  Paolo:  foris  pugnae,  intus  timores^  salvo 
a  spostare  i  complementi  dei  due  termini,  e  dire  foris  timores,  intus 
pugnae;  tiroori  di  fuori,  e  guerre  di  dentro.  Se  ben  si  guardi,  qual  e 
infatti  la  condizione  d' Italia  all' estero  ?  quella  di  uno  Stato,  che  non  sa 
proprio  chi  gli  vuol  bene  o  chi  gli  vuol  male;  chi  ne  ha  cara  1'ami- 
cizia,  o  chi  la  ripudia.  Ora  un  tale  stato  di  cose  non  dev'essere  soggetto 
di  timori  per  chiunque  non  ami  pascersi  d'  illusioni,  e  non  ha  interesse 
a  ingannare  la  gente?  Stiamo  ai  fatti,  che  sono  sempre  piii  eloquent! 
delle  parole;  e  per  seguire  1'ordine  cronologico,  cominciamo  dall'inter- 
pellanza  mossa  al  Ministro  Mancini  in  Montecitorio,  sulla  politica  estera 
e  dalla  risposta  per  lui  fatta  nella  tornata  del  5  aprile  p.  p.  Gli  interpel- 
lanti  aveano  chiesto  al  Ministro  degli  Esteri  degli  schiarimenti  intorno 
all'alleanza  contratta  dall' Italia  colla  Germania  e  coll'Austria.  Ora  sen- 
tano  i  nostri  lettori  come  su  queste  risposte  del  Mancini  si  siano  espressi 
i  giornali  esteri  e  nostrani.  La  Btfpublique  Fran$aise  di  Parigi  ride 
delle  ilichiarazioni  fatte  dal  Ministro  italiano,  e  chiede  se  sia  politica 
seria  quella  che  «  e  tutta  fondata  sulle  promesse,  ed  e  obbligata  ad 


acconU-ntarsi   allf  ^>!r  ;i;  •  ;n   :,/i-   .!.•;  n>ullati  ai  qu;tli  t^n  !••'.' 
intine  che  cosa  ha  frutt.il'>  lin--.™  all' Italia  la  triplin-  all.Mn/a?  II  signer 
•ini  fti  molto  imhar.iznto  a  rispoodere,  e  per  cavars.-la  alia  in^glia 
•ri  <li  liMii_-;ire  1'amnr  proprio  dei  suoi  concittadini,  parlando  loro 
<lt'lla  gran  posizione  acquislala  colla  loro  accessione  alia  iriplice  alle- 
anza,  se   la   pace   un  giorno  sara  minacciata.  Ma   siccome  la   iriplice 
alleanza  e  una  garanzia  di  pace,  questo  giorno  non  giungeri  roai,  e  in 
lal  case  che  avra  guadagnato  1'Italia?  «  Ci6  che  ha  guadagnato  lo  dice 
il  SitcJe  in  un  articolo  di  cui  ci  piace  di  riferire  alcuni  brani. 

«  Non  era  difficile  prevedere,  dice  questo  giornale,  che  1' Italia  aveva 
conchiuso  un  mercato  svantacgioso  alleandosi  con  potenze  i  cui  interessi 
sono  su  parecchi  punti  contrari  ai  suoi,  e  che  non  avevano  abbastanza 
bisogno  di  lei  per  compensate  con  servigi  seri  il  concorso  ch'essa  loro 
ofTriva.  Ora  e  avvenuta  al  Parlamento  italiano  una  discussione  che  tende 
a  provare  come  al  di  I :\  delle  Alpi  1'opinione  pubblica  c  riven uta  dalle 
illusioni,  che  avea  potuto  generare  1' alleanza  austro-tedesca.  Un  gran 
rmmero  di  deputati  italiani  parlarono  io  occasione  delta  discussione  <!.•! 
bilancio  degli  esteri,  e  nei  loro  discorsi  come  nella  risposta  dell* on.  Man- 
cini  si  cercherebbe  invano  1'indizio  d'una  qualsiasi  soddisfazione  o  d'una 
speranza  seria.  Tuttavia  gli  avversari  del  Govcrno  si  sono  astenuti,  e  fu 
sui  banchi  stessi  della  destra  e  della  sinistra  ministeriale  che  vennero 
formulate  le  delusioni  piii  vive.  Si  domand6  al  ministero  di  quale  soccorso 
era  stata  all' Italia  la  sua  entrata  nella  triplice  alleanza?  S'insistette  sulle 
frasi  sdegnose,  che  si  risconlrano  in  certi  discorsi  pronunziati  a  Vienna 
e  a  Pest,  si  mostrarono  gP interessi  italiani  gravemente  minacciati  in 
Egitto  dagl'Inglesi  o  dal  Mahdi,  ferili  nella  Tunisia  dal  protettorato  fran- 
cese,  e  si  conchiuse  non  senza  ragione,  che  se  1'Austria  e  la  Germani  i 
avessero  volulo  prestare  sia  pure  un  concorso  morale  all' Italia,  questa 
non  uvrebbe  avuto  1'araarezza  di  vedere  le  influenze  occidental!  nel  Me- 
diterraneo  a  spese  della  sua.  L'on.  Mancini  si  difese  abilmente,  ma  senza 
quella  viva  flducia  cbe  e  caratteristica  del  convincimento.  Egli  afTermo 
che  T Italia  era  rimasia  fedele  al  suo  programma  di  pace  con  dignita,  si 
felicit6  del  mantenimento  della  pace,  a  cui  conlribul  la  polilica  del  Qui- 
hnale,  e  che  giov6  alia  penisola.  Se  cerli  uomini  di  siaio  austriaci  o 
tedeschi  attribuirono  alia  parte  dell1  Italia  nella  triplice  alleanza  una  ira- 
•nza  s"«'ondaria,  Ton.  Mancini  disse,  cbe  una  grande  nazione  deve 
:  migliore  opinione  di  se  e  del  suo  valore  morale.  » 
lili  appunti  fatti  da  questi  due  giornali  francesi  son  veri,  sono  me- 
ritati.  Per  cio  la  Hi  forma,  orgauo  del  Crispi,  toccando  essa  pure  del 
Mancini  e  della  sua  politica,  scrive:  «  Siamo  tenuti  in  conto  di  vassalli 
dell'Ausiria;  siamo  posti  dalla  Germania  allo  stesso  livello  della  Spagna. 
L'onorevole  Mancini  ha  ben  potuto  asserire,  ma  non  riuscirebbe  mai  a 
dimostrare,  cbe  i  nostri  rapporti  con  le  Potenze  centra li  hanno  la  base 


CUONACA 

di  una  perfetta  reciprocita.  »  E  il  Bersaglierc  dell'  1 1  aprile  dopo  avere 
f'sarainato  il  libro  verde  conchiude:  «  Onorevole  Mancini,  permettetemi 
un  consiglio.  Gi&  noi  in  fatto  di  lihri  verdi  non  siamo  mai  slati  troppo 
forlunati;  ma  un'altra  volta,  quando  il  Libro  verde  coutiene  certa  roht 
rancida,  di  cattiva  digestiooe  e  che  steota  a  passare  per  1'esofago,  cam- 
biate  la  copertina,  e  chiamate  il  libro  verde,  libro  giallo,  il  colore  delta 
dispcrazione.  E  perche  non  libro  nero  ?  » 

2.  Un  altro  punto  nero  e  1'affare  di  Propaganda.  Non  e  punto  vero 
che  al  Governo  ilaliano  non  sieno  arrivate  delle  forti  rimostranze  dal- 
1'estero  per  la  conversione  dei  beni  della  Propaganda.  Se  dobbiamo  infalti 
credere  al  giorn.ile  romano  la  Hi  forma,  «  le  Potenze  straniere  prenn1- 
rebbero  forte  sul  Governo  italiano  per  ispingerlo  a  rispettare  i  beni  mo- 
bili  ed  iramobili  del  Collegio  Urbano  > ;  cosa,  che  come  dice  il  Diritio 
«  scredita  il  Governo.  »  Questo  scredito  per  altro  appare  manifesto  d;.l 
linguaggio  della  stampa  estera  di  tutti  i  colori,  non  che  dall'interven'o 
americano.  L' America  infatti  ha  voluto  essere  la  prima  a  proteslare,  U 
prima  a  chiedere  che  sia  sospesa  1'azione  della  legge  applicata,  per  sen- 
tenza  della  Cassazione,  ai  beni  di  Propaganda. 

A  colmare  la  misura  dei  gravi  imbarazzi  del  Governo  italiano,  eccoti 
una  lettera  scritta  da  Vienna  al  Nord,  giornale  di  Bruxelles,  nella  quale  si 
dice  che  la  questione  romana  riappare  sull'  orizzonte,  e  se  non  e  ancora  un 
gran  nuvolone,  e  per6,  un  gran  punto  nero.  Di  che  sono  sgomeniaii  i  por- 
tavoce  del  liberalismo.  II  Diritto  per  esempio  scrive:  «  II  Nord  ci  ha 
manifestato  un  sensibile  cambiamento  di  opinione!  L'autorevole  organo 
belga  (e  ci6  nonostante  e  ancora  autorevolc),  tanlo  nelle  speciali  consi- 
derazioni  de'suoi  riassunti  politici,  quanto  nelle  lettere  che  riceve  dal- 
1' Italia  e  da  Vienna,  rivela,  con  nostra  somma  nieraviglia  e  con  vivo 
nostro  dispiacere,  delle  condiscendenze  soverchie  alle  pretese  (sic)  della 
Santa  Sede.  »  E  il  peggio  ancora  si  e  che  «  gli  artifcoli  del  Nord  sono 
fatti  con  molta  abilita,  sono  scritti  con  quel  tatto  e  con  quello  studio 
di  frasi,  che  deve  dislinguere  un  giornale,  a  cui,  almeno  per  tradizione, 
si  da  un  carattere  diplomatico.  » 

Ora  questo  giornale,  incontrastabilmente  autorevole,  scritto  con  molta 
abilita  e  con  tatto,  il  Nord,  diciamo,  di  Bruxelles,  organo  della  Can- 
celleria  russa,  fa  un  fiero  rabbuffo  all' Italia  per  le  sue  invasioni  nella 
Propaganda,  e  gli  intima  in  buona  sostaoza:  —  Rigetta  quel  boccone, 
o  ti  accoppiamo!  —  e  lascia  travedere  in  un  brutto  avvenire  che  «  delle 
calamity  ben  piu  formidabili  (redoutables)  di  una  nuova  guerra  d'  Oriente 
abbiano  a  colpire  1'  Italia,  se  questa  non  addivenisse  ad  una  deUmitazionc 
pratica  della  sfera  d'influenza  delle  due  Potenze  che  sono  il  Papato  e 
1' Italia!  »  La  delimitazione,  si  capisce,  e  questione  di  confini:  il  Nord 
vuole  ciascuno  a  casa  sua,  e  grida  come  il  presidente  della  Camera  dei 
deputati,  quando  ingombrano  1'emiciclo:  —  Signori,  vadano  a  posto!  - 
Non  gli  si  pu6  dare  torto. 


6  sgomeu1 

tlleati  », 

Che  «  il  Ouirinalc  non  npo  accentuate  i  diritti  <!•  ! 

nM   tuni'oi.ilf  in   Roma  »,  cbi  altrimenti  <  rischierebbe  di  sol)e\ 
.indie  da  pnrte  degli  alleati  dell'Italia  obbiezioni  di  portals  inifnn 
nale;  che  1'accordo  conservativo  e  un  accordo  di  Sovrani,  piuttosto  che 
di  popoli  »,  e  allre  simili  esortazioni,  alle  quali  se  non  si  porge  ascolio, 

nino  dietro  quelle  calamita  piu  spaventevoli  d'una  nuova  guerra 
d'  Oriente ! 

I.:i  Tribuna  riconosce  in  questi  articoli  e  corrispondenze  del  Nord 
di  Bruxelles  «  riraessa  sul  tappeto  nientemeno  che  la  questione  romana  »; 
ma  il  Diritto  fa  lo  spavaldo  e  grida:  «  la  queslione  romana  e  omai  in- 
cUscutilxlmente  risolia.  »  Certo,  si  discute  su  tutti  i  giornali  piu  aulo- 
revoli  d'Europa  piii  che  non  si  facesse  quattordiei  anni  fa,  ma  tiittavia 
essa  e  indiscutibik^  secondo  il  Diritto;  il  quale,  ad  attenuare  lo  sgo- 
mento,  che  desta  la  discussione  della  quistione  indiscutibile  fatta  dal 
giornale  diplomatico  belga,  si  travaglia  in  indagini  sulle  cause  del  suo 
mutamenio  d'opinione  e  spera  d'averle  azzeccate. 

3.  Passiamo  ora  dai  timori  esterni  alle  gare  ed  alle  lotte  di  dentro. 
Ad  accrescere  le  ire  delle  fazioni  che  si  disputano  il  polere,  e  venuia 
di  recente  1'elezione  del  novello  Presidente  della  Camera  di  Monlecitorio. 
Tutti  sanno  che  nella  tornata  parlamentare  del  giorno  7  aprile  p.  p.  1'ono- 
revole  Biancheri  venne  eletto  a  Presidente  con  239  voti,  mentre  al  Gairoli, 
uno  dei  Pentarchi,  non  ne  toccarono  che  136;  inde  irae!  La  Peniarchia, 
non  essendo  riuscita  ad  abbattere  il  Depretis,  il  quale  con  la  proclama- 
zione  del  Biancheri  pote  compiere  la  sua  evoluzione  a  Destra,  si  ritiniva 
prima  a  Roma,  e  poi  a  Napoli  per  discutere  I1  opportunity  di  dar  mano 
ad  un'  agitazione  popolare  per  mezzo  di  discorsi  e  di  scritti  contro  il 
Ministero  Depretis.  La  lotta  e  dunque  ingaggiata,  e  niuno  pu6  presagire 
quale  delle  due  fazioni  sara  per  trionfare.  Per  ora  il  Depretis  ha  i  due 
nuovi  poriafogli  e  i  posli  di  sotto-segretarii  di  Stato  per  tenere  gli  animi 
sospesi  e  quindi  abbastanza  salda  la  maggioranza:  ma  che  avverra  il 
giorno  in  cui  sara  fatta  la  distribuzione,  come  dire  il  giorno  terribile  in 
cui  tutte  le  speranze  deluse  verranno  ad  aumentare  il  numero  dei  nnl- 
contenti?  A  rioserrare  meglio  le  file,  i  beHicosi  caporioni  della  Pentarchia 
hanno  avuto  di  questi  giorni  un  convegno  in  quella  cilta  di  Napoli  dove 
ebbe  origine  tra  i  simposii  e  le  feste  la  famosa  lega  dei  Cinque.  Al  Conve- 
giw  non  intcrvennero  che  soli  ire  dei  capocci  pentarchici,  perche  tanto 
il  Xanardelli  che  il  Crispi  si  scusarono  con  lettere  pubblicale  sui  gior- 
nali di  non  potere  prender  parte  al  novello  congresso.  Furbi  quei  Si- 
gnori!  I^sciarono  al  Cairoli  tutta  la  responsabilita  del  nuovo  fiasco. 

4.  Gran  dire  s'e  fatto  sulla  Strage  di  ri-znfalcone  in  Napoli,  poiche 
cosl  e  convenuto  chiamare  1'  orrenda  carneficina  consumata  in  uiia 


374  CRONACA 

scrma  dell'esercito  italiano  la  sera  del  giorno  di  Pasqua.  Raccontiamo 
prima  il  fatto;  verremo  poi  ai  commenti. 

II  fatto  and&  cos'i:  II  soldato  Misdea  Salvatore  native  di  Girafalco  (Ca- 
tanzaro)  e  railitare  da  15  rnesi  nel  17°  fanteria,  5*  compagnia,  si  ritir6 
la  sera  del  giorno  13  del  passato  aprile  verso  le  ore  8,  mostrandosi  caimo 
e  senza  dar  segno  di  ubbriachezza.  Finijo  1'appello  del  soldali,  due  di 
questi  parlavano  piuttosto  concitatamente  in  un  corridoio,  sicche  il  ca- 
porale  Roiicoroni  piemontese  ebbe  ad  intimare  loro  silenzio.  Allora  entr6 
in  iscena  il  Misdea;  e  siccome  uno  dei  due  soldati,  che  prima  parlavano 
era  un  raeridionale,  disse  al  caporale:  —  Voi  fate  questo  perche  non  sono 
vostri  compatriotti.  II  caporale  ingiunse  al  Misdea  di  andare  a  letto,  e 
il  soldato  Quodara  dissegli :  —  Tu  rispondi  cosl  al  caporale  perche  e  UQ 
brav'  uomo.  —  A  queste  parole  il  Misdea  ripigli&  un  po'  vivacemente,  e 
si  dice  che  avesse  cercato  di  sguainare  la  daga.  11  fatto  per6  non  and6  oltre, 
e  tutto  parea  finito.  Quando  dopo  alcuni  istanti  si  ud\  in  caserma  un 
colpo  d'arma  da  fuoco.  Era  il  Misdea,  che  recatosi  al  suo  letto  e  impu- 
goato  il  fucile  corainci6  ad  esplodere  1'arma  micidiale.  Si  pu6  imraagi- 
nare  1'allarme.  Intanto  dopo  i  primi  col  pi  tre  militari  erano  caduti  morii, 
cinque  gravemente  feriti,  due,  butlatisi  dalla  finestra,  rotti  e  malconci. 
Indarno  si  tento  di  disarmarlo:  1'inferocito  Misdea  seguitava  a  sparare 
uccidendo  e  ferendo  quanti  cercavano  avvicinarglisi;  fmche  con  ingegnoso 
stratagemma  riusci  a  due  suoi  commilitoni  di  afferrarlo  pei  piedi,  git- 
tarlo  a  terra,  disarraarln  e  legarlo.  In  un  baleno  accorsero  sull'orrendo 
teatro  della  sirage  uffiziali  superior},  raedici  railitari,  delegati  di  questura, 
carabinieri,  che  apprestati  i  prirai  soccorsi  ai  feriti  li  fecero  trasportare 
all'Ospedale  della  Trinita,  mentre  il  Misdea  sotto  buona  scorta  fu  con- 
dotto  a  Castel  dell'Ovo.  Ed  ora  le  osservazioni.  La  prima  e  del  Secolo 
di  Milano.  «  E  assodato  scrive  quel  giornale,  che  la  causa  dell'eccidio  si 
deve  cercare  negli  odii  regionali,  ed  e  deplorevolissimo  che  dopo  24  anni 
non  sieno  del  tutto  spenti,  specialmente  nell'eserciio  che  dovrebbe  for- 
mare  una  salda  compagine.  »  La  seconda  e  questa,  e  la  raccogliamo 
dai  giornali  stessi  liberali,  che  nell'esercito  iialiano  vi  devono  essere 
piaghe,  che  il  rigore  della  disciplina  pu6  sino  a  un  certo  punto  tener 
celate,  ma  che  e  impossible  a  lungo  andare  non  si  vedano.  Argoraen- 
tiamo  questo  dal  numero  dei  suicidi  e  dal  malcontento  dei  soldati  pel 
cattivo  nutrimento,  per  la  durezza  di  chi  li  comanda,  e  per  1'enorme  fa- 
tica  alia  quale  in  certi  tempi  vanno  soggetti. 

E  qui  ci  cade  in  taglio  di  nferire  quello  che  sul  deperimento  della 
nostra  gioventu  scrive  il  Fascio.  «  Dal  rapporto  annuale  del  generate 
Torre  sulle  operazioni  di  leva  sui  nati  del  1862  e  sulle  vicende  dell'eser- 
cito nel  1883  si  possono  rilevare  altri  dati,  i  quali  hanno  una  importanza 
notevole. 

«  Pur  troppo  da  questi  annali  risulta  che  le  forze  vive  della  Nazione 


non  presrnta  piii  le  altiludini 

1  ••;  part'-  [»t-r  dif.-tto-;:!  Hun/ion.1,  partc  JI.T  ratlivo  nu- 
-ipvialmfii!-'  ij-i  liijli  <ici  lavoralori  dei  campi)  la  giovenlii  oo- 
stra  s.-jua    1111  iltvadimnito.  » 

Se  la  strage  di  I'izzofalcone  rivela  le  pia^ho  d.-U'esercito,  i  fatti  di 
•  a  qual  punto  lo  spiriio  di  rivolta  si  &  i m padro- 
ni lo  dello  nostre  popolazioni.  (iavardo  fc  un  piccolo  comune  della  pro- 
vincia  di  15ivsna,  die  non  ha  mai  fatto  parlare  di  se.  ( )ra  in  quel  paese  e 
avvenuto  un  fatto  che  ha  impressionato  gravemente  le  persone  che  guardano 
le  cose  con  occhio  sgombro  da  passione.  In  una  sera  dei  primi  del  tra- 
scorso  aprile  verso  le  *2,  una  quaranlina  di  contadini  vennero  fra  di  loro 
a  contesa  in  una  pubblica  via  di  Gavardo.  Una  pattuglia  di  carabinieri 
inlervenne  prontamente  sul  lungo  e  colle  belle  e  colle  buone  procur6  di 
dividere  i  contendenti  e  indurli  alia  pace.  I  rissanti  per6  non  vollero 
saperne  delle  ammonizioni  e  si  rivoltarono  contro  i  pacilicatori. 

In  un  momento  ne  nacque  una  zuITa  tale,  che  poco  dopo  si  scambi6 
in  sanguiuosa  baltaglia.  II  carabiniere  Petlinazzi,  nella  lotta,  fu  disarmato; 
a  tal  vista  un  altro  carabiniere,  certo  Fioravanli,  esplose  contro  i  rivol- 
tosi  un  colpo  di  revolver  ed  un  tal  Francesco  Re  cadde  raorto  all'istante. 
Gi6  accrebbe  piii  ancora  fra  i  contadini  il  furore  e  i  carabiniori  furono 
fatti  segno  alle  loro  ire  ed  alia  vendetta.  Dopo  un'accanita  difesa  il  con- 
tadino  Zambelli  lliagio,  uno  dei  piii  oslinati  rivoltosi,  fu  arrestato  e  tra- 
dotto  dai  carabinieri  nella  caserma. 

In  breve  la  caserma  fu  assediata  dai  contadini,  che,  gridando  e  mi- 
nacciando,  tentarono  invaderla.  Allora  il  brigadiere  intim6  agli  assembrati 
lo  scioglimento,  ma  invano,  poichfe  la  sui  intimazione  fu  accolta  con 
sassate.  In  quel  mentre  il  carabiniere  Petti nazzi  fu  colpito  ad  un  braccio, 
ed  il  brigadiere,  allo  scopo  di  schivare  un  sasso,  gli  urt6  contro.  Dal 
fucile  carico,  che  teneva  fra  le  mani  il  Pettinazzi,  parti  sgraziatamente 
un  colpo  che  and6  a  ferire  mortalmente  il  contadino  Giuseppe  Bresciani. 
Mezz'ora  dopo  la  quiete  era  ristabilita.  I  carabinieri  e  la  truppa,  chia- 
raata  da  Brescia  e  intervenuta  in  loro  soccorso,  sono  ancora  sul  luogo. 
La  ferita  del  carabiniere  Pettinazzi  e  lieve. 

Intorno  a  questi  fatti  ci  sono,  come  avvieno  sempre,  due  versioni: 
Tuna  tutta  fa  vo  re  vole  ai  carabinieri,  1'altra  invece  ai  rivoltosi;  il  fatto 
e  troppo  grave,  perchfe  si  possano  accogliere  le  alTermazioni  di  una  parte 
o  dell' ultra,  che  si  contraddicono,  senza  averle  vagliate. 

Dove  per  altro  questo  spiriio  di  rivolta  si  manifesta  con  una  persi- 
stenza  incredibile  e  nelle  Romagoe.  Nel  leggere  i  giornali,  special mente 
delle  Romagne,  si  trovano  ogni  dl  notizie  di  ouovi  e  sempre  piii  audaci 
attentaii  contro  la  quiete  pubblica  e  contro  la  liberta  e  la  stessa  inco- 
lumita  dei  cittadini.  .N»-  trattasi  di  fatti  individuali,  ma  di  hande  di  so- 
cialisli  che  si  raccolgono  all'unico  scopo  di  insuhare  e  far  violenza  ai 


CRONACA. 

pacific!  ciltadini,  di  quotidiane  e  claraorose  dimostrazioni  contro  le  auto- 
rita  governative  e  municipali,  di  colluttazioni  purtroppo  frequonti  colla 
pubblica  for/a,  dalle  cui  rnani  nun  di  rado  dall'audacia  dei  complici  sono 
sottratti  i  rei. 

Un  giornale  governativo  di  Forll,  YUnione  liberate,  dopo  aver  rie- 
pilogato  varie  di  cotali  gesta  degli  anarchic!,  chiude  domandando:  «quando 
finira  questa  gazzarra?  >  Per  poter  predire  COD  fondamento  quando  finira, 

0  meglio  se  essa  avra  pur  fine  una  volta,  e  duopo  fissar  bene  prima, 
quando  e  come  la  gazzarra  e  incominciata.  Essa  incomincib  quando  co- 
loro  che  ora  si  spaventano  dell'audacia  ed  intolleranza  degli  anarchisti, 
applaudirono  e  promossero  le  dimostrazioni  ingiuriose  e  le  violenze  contro 

1  caltolici,  il  clero,  il  Papa  e  la  Chiesa.  La  plebe  educala  in  questa 
guisa  vuol  mostrare  di  avere  appreso,  ed  applica  verso  gli  stessi  maestri 
quelle  teorie  che  essi  gli  hanno  insegoalo.  E  uno  sviluppo  logico,  ine- 
luttabile  di  quelle  idee  di  incivilimento  e  di  progresso  politico,  che  ser- 
virono  di  base  alia  presente  Italia. 

Si  sa  dunque  quando  potra  finire  «  la  presente  gazzarra.  >  Unica- 
mente  quando  si  saranno  distrutte  le  varie  cause  di  cui  essa  e  la  con- 
seguenza  necessaria. 

5.  II  giorno  23  p.  p.  aprile  si  riaperse  la  Camera  con  non  piii  che 
circa  un  cenlinaio  di  Deputati;  cosicche  convenne  presto  sciogliere 
1'adunanza.  Di  che  forte  lamentavasi  il  Diritto,  uno  dei  piii  fanatici 
denigratori  della  Ghiesa  e  dei  Gattolici.  «  Resteranno,  scrivea,  appena 
appena  due  mesi  per  espedire  aflari  che  richieggono  studio  e  diligenza 
grande.  Vi  sono  quasi  tutti  i  bilanci,  c'  e  la  legge  sulla  riorganizzazione 
dei  ministeri,  i  provvedimenti  relativi  alia  Gassa  militare,  le  modifica- 
zioni  delle  leggi  sul  credito  foadiario,  quella  delle  leggi  sulle  pensioni 
dell'esercito,  1'altra  sugli  stipend!,  sussidi,  nomina  e  licenziamento  dei 
maestri  elementari,  tutte  riconosciute  d'urgenza.  Poi  senza  dubbio  qual- 
che  interpellanza,  con  che  si  consumeranno  ben  presto  le  cinquanta 
sedute  circa  che  si  hanno  da  tenere. 

«  Gi6  posto,  a  noi  pare  sia  conveniente  dirigere  una  raccotnandazione 
ai  signori  depulali;  quella  doe  di  parlare  mono  che  sia  possibile,  e  di 
lavorare  attivamente.  fi  da  sperarsi  che  codesta  raccomandazione  sia 
accettata?  Ne  dubitiamo.  —  Tutto  il  tempo  trascorso  e  stato  perduto 
nel  riordinare,  come  si  dice,  i  partiti.  Ne  il  riordinamento  ha  fatto  passi 
tali  che  ci  affidi  per  1'avvenire.  Vogliamo  essere  imparziali,  perche 
questo  e  il  nostro  dovere.  La  maggioranza  ministeriale  e  tuttavia  un'in- 
composta  accolia  di  uomini  che  non  vuol  dire  tutto  ci6  che  pensa  e 
desidera,  ed  esercita  un'azione  negativa.  Impedire  agli  avversari  di 
prevalere:  tale  e  il  programma,  salvo  a  chiarirne  la  vacuita  allorquando 
si  tratta  di  operare.  L'Opposizione,  anch'essa,  non  ha  ancora  trovato 
il  momento  per  dir  tutto  intero  il  pensier  suo;  ci6  che  non  pu6  awe- 


iii  una  polilica.  —  K,  <|U''l  die  fc  per 

00  ancora  a  quesii  fi-rri.  I  lenlativi,  le  prove  non  sorio   finite 
10  si  travaglia  »•  sula   inlorno   allVlili/i.i  <lHla    ricostituzione  >: 
propria  parte;  eJ  il  paese  e  ben  lungi  dal  sapere  dove  proprio  si  trovera 
qiu'l  fondamento  solido,  e  queila  robuslezza  che  assicurano  la  du 
dfU'edifizio  stesso.  Una  ct-rta  paura,  legiltima  del  resto  in  chi  sa  che 
la  forturia  delle  isiiiuzioni  rappreseni.it:  ;>punlo  neH'aiiioritft  e 

nella  vitalita  del  Parlaraento,  invade  gli  uomini  che  pon^ono  le  passion! 
al  disotto  degli  interessi  del  paese.  Ed  e  la  paura  di  chi  vede  tutti  i 
conati  urtarsi  contro  diilicolta  die  non  si  riesce  a  capire  in  qual  modo 
saranno  vinte. 

«  La  riapertura  della  Camera,  in  condizioni  sifTatte,  proraette  dunque 
poco.  » 

Non  solo  dunque  non  erano  ingiusti  ed  illegali  i  giudizi  dei  catto- 
lici;  ma  essi  erano  tanto  assennati  e  conformi  alia  verita,  che  a  poco 
a  poco  anche  i  meno  araici  di  questa  sono  stali  costretti  a  condividerli 
e  conferrnarli. 

6.  Poiche  non  si  cessa  di  ricordare  che  Quintioo  Sella  fu  il  principale 
promotore  della  breccia  di  Porta  Pia,  noi  dobbiumo  anche  dire  che  qudla 
breccia  gli  riuse'i  fatale.  Ma  non  vogliamo  dirlo  noi:  lo  stesso  Quint  mo 
Sella  che  lo  ha  scritio  a  Carlo  Pisani,  diretlore  di  un  giornale  intitolato 
La  Venezia.  Queslo  giornale  pubblica  le  due  seguenti  lettere  che  vcn- 
gono  pure  ristampate  (\-<\\Y  Opinione. 

La  prima  letlera  e  dei  24  di  gennaio  1882.  Parla  delle  febbri  mia- 
smatiche  da  cui  il  Sella  fu  collo  a  Roma,  e  dello  stato  miserando  di 
Roma  tolta  al  Papa.  11  Sella  si  aspettava  qualche  cosa  dimcglio  dalla 
breccia  di  Porta  Pia!  Ecco  la  lettera: 

«  Biella  24  gennaio  1882. 
«  Carissimo  amico, 

«  Eccoti  il  mio  stato.  Le  ripetute  febbri  miasma ticho,  dalle  quali, 
per  la  mia  abiludine  delle  passeggiate  mattutine,  mi  lasciai  cogliere  in 
Roma,  lasciarono  tin  residuo,  davvero  passivo,  come  direbbero  i  finan- 
zieri,  che  si  manifesta  con  eruzioni  cutanee.  E  queste  di  prcforenza  mi 
pigliano  alle  gambe,  sicche  sono  condannato  aH'immobilita,  quando  sono 
sotto  la  loro  azione. 

«  Queste  eruzioni  1'anno  scorso  furono  violenti,  e  minacciarooo  di 
finire  in  cancrena.  Ma  la  loro  violenza  va  diminuendo,  sicche  posso  spe- 
rare  che  finiranno.  Intanto  gli  spiritosi  di  qui,  che  fanno  le  matte 
ijiiando  si  crede  ai  loro  canards,  o  magari  accada  qualche  scompiglio 
nelle  famiglie  (e  un'abitudine  di  parecchie  piccole  citta),  vedendo  pli 
spiritosi  di  Id  accogliere  tulle  le  fanfaluche  sulla  mia  salute,  di  t: 
in  tratto  ne  inventano  qualcuna,  e  se  la  godono  al  vederla  riprodotta 
nei  giornali. 


378  CRONACA 

«  Pero  non  e  men  vero  che  1'essere  di  traito  in  tratto  condannato  alia 
immobility  mi  costrinse  a  ritirarmi  dalla  politica.  Alia  dichiarazione  di 
guerra  pu6  parlire  anche  il  soldato  che  presume  di  arrivare  poco  piu 
che  ad  una  delle  prossime  ambulanze,  se  il  cattivo  effetto  del  suo  ri- 
manere  a  casa  ft  peggiore  del  suo  ingombro  dell'ambulanza.  Ma  quando  si 
tratta  di  assumere  un  comando,  la  questione  e  di  versa.  Quando  uno  ft  in 
condizioni  da  non  poterlo  esercitare  come  va,  la  presunzione  diventa  colpa. 

«  Lo  spetlacolo  al  quale  assistiamo  ft  certamente  doloroso.  Tutti  rioi 
che  abbiamo  vista  1'  Italia  divisa,  ed  in  massima  parte  schiava,  aspet- 
tavamo  dall1  Italia  libera  ed  unita  qualcosa  di  meglio  e  di  piu  elevato.  - 
Yi  ft  un  lato  per  cui  1'  Italia  progredisce  con  abbastanza  soddisfacimento, 
ed  ft  quello  del  lavoro.  L'agricoltura  e  1'industria  aiutata  dalla  liberta  e 
dai  lavori  pubblici  fanno  passi  important!.  Ma  bastano  gli  interessi  ma- 
terial!??? Finisco  che  il  foglio  finisce.  Ma  prima  lascia  che  io  ti  dica  che 
la  tua  costante  amicizia  per  me  ft  una  delle  consolazioni  delta  mia  vita. 

«  Tutto  tuo  QUINTINO  SELLA.  » 

La  seconda  lettera,  indirizzata  allo  stesso  Carlo  Pisani,  fu  scritta  dal 
Sella  1'8  di  agosto  del  1882  da  un  monte  delle  Alpi,  ed  ft  la  seguente: 

«011en,  7  agosto  1882. 
«  Mio  carissimo  amico, 

«  Per  rifare,  o  meglio  per  tentar  di  rifare  un  poco  la  mia  sconquas- 
sata  salute,  sono  venuto  a  passare  qualche  giorno  nel  Ricovero  alpino 
dell'Ollen,  a  3  mila  metri  sul  livello  del  mare.  Qui  1'aria  ft  pura,  non 
contaminata  da  miasmi.  Non  so  se  varra  molto  a  ritemprarmi,  ma  ho 
almeno  la  soddisfazione  di  vivere  in  una  regione  elevata,  nella  quale 
anche  il  pensiero  si  solleva  al  disopra  delle  miserie  quotidiane.  Qui  si 
ricordano  con  desiderio,  anche  maggiore  del  consueto,  gli  amici,  che  ci 
hanno  dato  prove  di  nobilissimo  affetto,  e  non  ti  meravigliare  perci6  se 
penso  anche  a  te,  che  anche  di  recente  hai  preso  tanta  pane  ai  tanti 
infortunii  di  ogni  genere  che  da  poco  piii  di  un  anno  mi  assalsero 
d'ogni  parte. 

«  Di  qui  si  presenta  all'occhio  un'estensione  non  piccola  della  nostra 
Penisola,  e  si  pensa  perci6  alia  patria.  —  Ma  ahiraft!  quanto  ft  tristo  il 
confrontare  la  realta  del  presente  collo  ideaU  che  ce  n'eravamo  fatto 
nei  primi  albori  del  nostro  risorgimento,  e  quando  le  sparse  membra 
del  nostro  paese  cominciavano  a  riunirsi!  Nel  1870  e  nel  1871  io  spe- 
rava  che  la  capitale  a  Roma  avrebbe  rialzato  1'ideale  della  patria  nel 
mondo  ufficiale,  e  quindi  nel  corpo  elettorale.  Non  mi  parea  possibile 
che  si  vivesse  a  Roma,  e  non  se  ne  ricordasse  il  passato,  e  noo  si  sen- 
tisse  la  responsabilita  che  ha  davanti  alia  storia  la  generazione  attuale, 
che  non  ha  piu  a  scusa  dell'  ignavia  la  tirannia  straniera  o  I1  oppressione 
dericdle.  Invece  noi  vediamo  modificarsi  la  geografia  politica  del  Me- 


<•>,  .-  nulla  osiamo  e  poco  possiamo.  Ma  lasciamo  .|u.si,-  malin- 
conie;  in  volli  soltanto  raandarti  di  «jiiassii  un  alTctiuoso  salulo,  c  dirti 
•jiniito  mi  SIM  j'iv/i».sa  la  cosiante  e  nubile  tua  amiri/ia.  Ad 

«  Tuo  aff.mo  QUINTI.NO  SELLA.  » 

11  Sella  confessa  i  suoi  disinganni.  Sperava  mollo  dalla  spogliazione 
del  Papa,  ma  1' Italia  non  tie  raccolse  che  miserie  ed  egli,  promotore 
della  breccia  di  Porta  Pia,  infortunii  di  oyni  genere. 

III. 

COSE  STRAXIERE 

AUSTRIA  (Nostra  corrispondenza)  —  1.  II  piccolo  stalo  d'aiwdio  in  Vienna  e 
oei  dinlonii  —  2.  Condizioni  di  parlito  dogli  operai  a  us  triad  —  3.  Urgente  ne- 
cessM  di  una  riforrna  sociale,  riconosciuta  dallo  sicsso  Goverao. 

1.  Innanzi  di  parlare  d'alcuna  fra  le  molte  vicende,  chc  dalla  mia 
uliima  corrispondenza  in  poi  ha  presentale  in  mezzo  a  noi  la  vita  vuoi 
sociale,  vuoi  politica,  in  provo  il  bisogno  di  discorrere  alcun  poco  dello 
stato  di  cose  straordinarie,  che  regna  al  presente  nelle  localita  soggette 
alia  giurisdizione  di  Vienna,  nella  piccola  adiacente  citta  di  Korncnburg, 
e  in  quella  importante  cilia  industrial?,  posta  alle  falde  del  Semmering, 
che  e  conosciuta  sotto  il  nome  di  Wiener  Neustadt;  slato  di  cose,  che 
assorbe  tuttora  la  pubblica  attenzione  per  modo  da  far  relegare  in  ul- 
timo luogo  tutti  gli  altri  interessi,  siccome  potra  agevolmente  convincer- 
sene  chiunque  dia  qua  e  la  un  semplice  sguardo  alia  stampa  austriaca. 
Quanto  per6  alle  cause  efficient!  di  queste  condizioni  straordinarie  essendo 
invalse  opinioni,  che  racchiudono  in  se  molto  d'erroneo,  apparisce  non  solo 
opporluna,  ma  necessaria  qualche  rettifica/ione. 

Da  parecchi  anni  la  popolazione  di  Vienna,  un  tempo  cost  quieta  e 
d'indole  cosl  bonigna,  vedendo  ogni  giorno  piii  farsi  peggiori  le  sue  con- 
dizioni, aveva  incominciato  a  manifestare  il  suo  malumore  con  sediziosi 
altruppamenti,  che  piii  d'una  volla  avevano  degenerato  in  iscontri  san- 
guinosi  con  la  forza  di  polizia  mandata  a  disperderli,  o  anche  con  la 
truppa.  L'anno  scorso,  somiglianli  eccessi  raggiunsero  le  piii  serie  pro- 
porzioni;  tantoche  nell'es'ale,  al  seguito  di  una  cosl  delta  Katsssnmusik 
(scampanata\  fatta  davanli  alia  Direzione  di  polizia  in  Vienna,  si  venne 
a  gravi  ferimenti  in  sulla  gran  piazza  prospiciente  la  chiesa  votiva,  stata 
eretta  in  ringraziamento  a  Dio  per  aver  preservato  dal  pugnale  dell'  as- 
sassino  i  preziosi  giorni  dell'imperaiore  Francesco  Giuseppe.  Seguirono 
dopo  di  ci6  altri  assembramenti  di  minore  importanza,  fiuche  nella  chiesa 
parrocchiale  del  sobborgo  Favoriten  veniva  commesso,  durante  la  pre- 
dica  di  missione  del  Priore  dei  PP.  Redentorisli,  quel  criminoso  alten- 
tato,  in  cui  rimase  graveraente  feritt  una  quanlitA  considerevole  di  donne 
e  di  fanciulli,  dappoiche,  essendo  la  chiesa  piena  zeppa  di  devoti, 


CROKACA 

1  <l;i  subitaneo  spavento,  precipitavansi  verso  le  portc,  che  quella 
handa  di  malfattori  teneva  intanto  chiuse  a  forza.  Soli  tre  fra  pli  autori 
dell'orrendo  misfatto  riusci  alia  polizia  di  arrestare  e  tradurre  in  giu- 
dizio,  i  quali  andarono  soggetli  a  severissime  pene.  La  nolle  poi  di 
san  Silveslro,  in  una  localila  delta  Floridsdorf,  formanie  una  continua- 
zione  di  Vienna  e  ripiena  di  fabbriche,  veniva  prodiloriamente  ucciso  con 
arma  da  fuoco  tin  impiegato  di  polizia  per  norae  Hlabek,  nel  raentre  che 
se  ne  lornava  a  casa  dopo  aver  assistito  a  un'adunanza  di  operai;  e  di 
11  a  qualche  sellimana,  parimente  in  Floridsdorf,  1'agenle  segreto  Bloch 
cadeva  sollo  la  palla  d'  un  assassino,  che  gli  avea  fallo  la  posla  nel  suo 
rilorno  alia  propria  residenza,  e  che,  arresialo  da  alcuni  giornalieri  oc- 
cupali  in  un  lavoro  vicino,  asserl  aver  compiulo  quel  fallo  per  incarico 
ricevutone  da  cerlo  parlilo. 

Ora,  se  si  rifletta  che  il  giorno  precedenle  al  misfalto  1'operaio  Viennese 
Rougel  era  slalo  condannalo  a  severa  pena  per  delenzione  di  un  torchio  da 
slampa  clandeslina;  che  molli  merabri  della  polizia  ricevevano  conlinua- 
mente  da  qualche  lerapo  lellere  anonime,  che  li  minacciavano  di  sangui- 
nosa  vendelta  per  la  persecuzione  degli  operai  radicals ;  che  nel  corso 
dell'anno  passalo  in  diverse  localita,  ma  specialmente  in  Vienna,  eransi 
acquislale  prove  di  un'atliva  propaganda  anarchica  in  forma  di  manifesli 
incendiarii,  di  una  quantita  d'esemplari  del  giornale  Freiheit  (liberta), 
che  si  pubblica  in  Nuova  York  e  la  cui  inlroduzione  e  qui  severamente 
proibiia ;  se  si  riflella  inollre  che  erasi  scoperlo  considerevole  il  numero 
degli  anarehici ;  si  comprendera  facilmente  come  le  autorita  di  polizia 
si  fossero  dovule  persuadere  dell' esislenza  in  Austria  di  un'estesa  so- 
ciela  segreta,  avente  fini  anarehici,  la  quale  dai  misfitti  di  Floridsdorf 
sarebbe  ben  presto  scesa  a  un  sistema  di  terrcrismo,  che  avrebbe  co- 
stalo  la  vita  a  molti  e  molti  altri  zelanli  impiegati  di  polizia.  Non  e  perci6 
da  maravigliare  se  le  principali  fra  dette  autorita  dichiararono  al  Governo 
che  a  reprimere  il  movimenlo  anarchico  piu  non  bastavano  i  mezzi, 
ond'esse  potevano  disporre.  Di  qui  e  che  il  Ministero  comune,  dopo  aver 
invocaia  e  oltenuta  1'  autorizzazione  sovrana,  decise  di  ricorrere  a  prov- 
vedimenii  straordinari,  cousislenti  nella  temporanea  soppressione  di  quegli 
articoli  dello  statuto  foiidamentale,  i  quali  guarenliscono  la  liberta  per- 
sonale,  1'inviolabilita  del  domicilio,  il  segreto  epistolare,  la  liberta  di  as- 
sociazione  e  di  slampa,  non  meno  che  nella  sospensione,  parimente  a 
tempo,  dell'azione  dei  giurati;  salvo  che  per  alcuni  delitli,  i  quali  non 
si  sarebbe  poluto  supporre  che  avessero  a  movenle  la  politica.  Non  si 
compresero  per6  tra  quesli  uliimi  la  rapina  ed  il  furto,  perche  fu  creduto 
che  anch'essi  polessero  venir  perpetraii  nell'inleresse  della  rivoluzione 
sociale. 

La  risoluzione  governaliva,  quanlunque  gia  prenunziata  da  fonti  degne 
di  fede,  giunse  per6  alquanto  inaspeltata,  dacchfc  i  provvedimenti,  cui  essa 


tii  n.s  mil: 
Kispetiata,  furono 

in  \  i-'nna  e  nei  dintorni,  clie  vidcrsi  di  nnttrlr::  : c-'iti 

loro  nl.ita/.ioni  e  tradoiti  in  vriture  dmisf,  .-iH'iillizio  di  polizia,  dove 

fu  loco  significato  che  erano  banditi  dai  distrelli  posli  in  slalo  d'assedio, 

\e  si  attenlassero  a  riporvi  il  piede,  andrebbero  soggetti  a  seve- 

me  pene.  Trasportati,  dopo  di  ci6,  col  mezzo  di  veiture  cellulari,  alia 

me  -It'lla  via  ferrala,  vennero  essi  allo  spuntar  dell'aurora  fatti  par- 

deposli  io  piccole  localita  estranee  alia  giurisdizione  di  quei  di- 

quivi  abbandonaii  alia  lor  sorte.  Maocanli  di  danaro  per  com- 

prare  di  che  sostentarsi,  privi  di  occupazione  (in  quei  piccoli  luoghi 

nirissima)  per  poter  guadagnare  qualcosa,  sprovvisti  di  mezzi  per  trasfe- 

rirsi  in  quelle  piccole  citta  e  borgate,  che  ofTrivan  loro  speranza  di  trovar 

lavnro,  trov.-ironsi  quegl'infelici  ridotti  al  punto  di  morire  d'inedia.  Peg- 

giore  di  s)  trista  prospettiva  era  pei  molti  fra  loro,  i  quali  avevano  fa- 

miglia,  il  pensare  alia  moglie  e  a'figliuoli,  dovuti  da  essi  abbaodonare 

in  \ 'ienna  sen/a  lasciar  loro  un  soldo,  senza  dir  loro  una  parola  d'addio, 

sen/a  lor  porgere  la  menoma  indicazione  (juanlo  al  modo  di  procacciarsi, 

in  mancanza  del  loro  capo,  un  tozzo  di  pane.  Sifiatto  stato  di  cose  port6 

al  deplorevole  risullato  di  accrescere  ognor  piii  la  sfiducia  e  Tesaspe- 

razione  della  classe  operaia  conlro  il  Governo  e  contro  i  suoi  atti. 

2.  Qui  cade  in  acconcio  di  soitoporre  alia  considerazione  del  lettore 
le  condizioni  di  parlito  degli  operai  auslriaci,  le*  quali  e  difficile  pos- 
sano  essere  conosciute  abbastanza  fuori  del  nostro  paese.  Saranno  circa 
veot'anni  che  in  seno  di  una  parte  degli  operai  austriaci  va  manife- 
standosi  un  movimento,  il  qu»le  in  sul  principio  assunse  un  indirizzo  piu 
politico  che  sociale,  un  indirizzo  volgente,  dir6  cosl,  al  liberale,  e  che 
sotto  mnlti  rispetti  si  accosiava  al  liberalismo,  cui  io  piu  d'una  occa- 
sione  mostrossi  devoto.  Allorquando  il  minisiro  Giskra  disse  un  giorno: 
«  La  questione  sociale  cessa  in  Bodenbach  »  (confine  austro-germanico), 
in  tanto  aveva  ragione,  quanto  il  parlito  operaio  non  agiva  nel  proprio 
interesse  sociale,  ma  in  quello  dei  capitalisti,  e  nessun  parlito,  d'altronde, 
pensiva  a  una  riforma  sociale;  tutto  rimaneva  circoscritto  entro  la  pe- 
riferia  delle  antiche  vedute  capitaliste.  Non  si  creda  per  questo  che  le 
roihlizioni  degli  operai  in  generate  fossero  delle  piu  soddisfacenti :  nel- 
rinlustria  domestica,  del  pari  che  in  molli  rami  dell'industria  esterna, 
e  specialmente  nella  manifailura  dei  tessuti,  le  mercedi  degli  operai  erano 
di  gran  lunga  insufficient!,  quantunque  sempre  piii  tollerabili  d'oggi  in 
ragione  del  minor  costo  dei  generi  necessari  alia  vita.  Sopraggiunse  in- 
lanto,  come  un  eflfetto  inevilabile  della  speculazione  spinia  all'eccesso,  Io 
seoppio  del  1873,  che  gett6  d'un  tratto  sul  lastrico  centinaia  di  raigliaia 
d' operai.  In  specie  la  tuttavia  cosi  fiorenle  arte  edificatoria,  le  industrie 
mineraria  e  fusoria,  con  molie  altre,  dovettero  in  gran  parte  sospeudere 


CHONACA 

i  loro  lavori,  o  almeno  ridurli  alia  minima  proporzione;  e  i  loro  lavo- 
ranti,  che  per  lo  spazio  di  parecchi  anni  avevan  percepite  vistose  mercedi, 
ed  eransi  assuefatti  a  uo  genere  di  vita  (standard  of  life}  in  relazione 
co' loro  guadagni,  vidersi  orraai  condannati  a  guadagnare  appena  di  che 
levarsi  la  fame,  o  anche  all'assoluta  mancanza  di  lavoro,  e  cosi  alia  piii 
desolante  miseria.  Non  e  quiodi  da  recare  sorpresa  se  si  diffusero  con 
tanta  rapid!  ta  le  idee  socialiste,  le  quali  d'allora  in  poi  sono  andate 
sempre  piii  estendendosi  e  prendendo  quel  colore  pessimista,  che  piii 
di  tutto  le  rende  pericolose.  Non  lardarono  gli  operai  socialisti  a  scin- 
dersi  in  due  parti ti,  quello  dei  cosi  detti  moderati  e  quello  dei  radicali: 
i  primi  non  sono  in  sostanza  che  liberal),  i  quali,  pur  mantenendo  il  loro 
sistema  di  economia  liberale  capitalista,  cercano  di  migliorare  per  mezzo 
del  costituzionalismo  la  propria  condizione,  e  tutti  i  loro  sforzi  rivolgono 
a  far  trionfare  la  teoria  del  suffragio  universal,  da  essi  risguardato  come 
una  panacea  di  tutti  i  lor  mali.  Gostoro  sono  intimamente  uniti  al  partito 
liberale,  godono  il  favore  della  polizia,  o  non  somministrano  col  loro  con- 
tegno  veruna  occasione  al  suo  intervento.  I  moderati  mostransi  inoltre 
ostili  ai  radicali,  che,  come  lo  dice  abbastanza  la  loro  denominazione, 
aspirano  a  una  riforma  fondamentale  del  sistema  economico,  e  vagheg- 
giano  uno  Stato  di  operai  meccanicamente  organizzato,  con  impiegati 
prescelti  a  dirigere  i  lavori,  a  curarne  lo  spaccio  e,  all'occorrenza,  1'espor- 
tazione.  In  questo  Stato  il  valore  dei  lavori  dovrebb' esser  determinate 
dalla  durata  del  tempo  impiegato  nel  produrli,  e  certe  marche  speciali 
avrebbero  da  tener  luogo  di  danaro.  Gli  utensili  da  lavoro,  come  mac- 
chine  ed  altro,  appartengono  allo  Stato ;  il  capitaUsmo  e,  in  grazia  del- 
1'eliminazione  del  danaro,  reso  impossible.  II  mezzo  principale,  onde  i 
radicali  iutendono  valersi  a  conseguire  il  loro  scopo,  e  1'accrescimento 
delle  cognizioni  e  la  distruzione  della  moralita  degli  operai;  in  ultimo 
luogo  poi,  la  violenta  introduzione  del  sistema  da  essi  creato.  Coloro,  che 
a  quest' ultimo  mezzo  il  piii  risolutamente,  spesso  anzi  esclusivamente 
ricorrono,  sono  gli  anarchici;  e  ad  essi  vengono  apposti  gli  omicidii  ul- 
timamente  commessi  in  Floridsdorf,  quantunque  sia  oggi  accertato  che 
anche  il  primo  di  quei  misfatti  fu  opera  di  un  tale,  stato  arrestato  in 
occasione  dell'assassinio  dell'agente  segreto  di  polizia  Bloch,  e  che  fu 
riconosciuto  per  Ermanno  Stellmacher,  sassone,  quindi  forestiere,  giunto 
poco  prima  da  Zurigo.  E  un  fatto  che  la  peggiore  materia  rivoluzionaria 
viene  spinta  verso  di  noi  daU'estero;  e  il  giornale  Freihcit,  che  vede  la 
luce  in  Nuova  York,  e  che  in  gran  copia  di  esemplari  si  fa  varcare  il 
confine  e  segretamente  diffondere,  e  tal  foglio  che  col  sollevare  le  piii 
penose  passioni  e  coll'  inculcare  il  pessimismo  arreca  danni  incalcolabili ; 
tanto  piu  incalcolabili,  quanto  s\  rei  eccitamenti  sono  avvalorati  da  un 
partito  indigene,  cui  nulla  sta  maggiormente  a  cuore  che  1'impedirela 
riforma  sociale,  dai  conservatori  propugnata  secondo  lo  spirito  cri- 


!••  m.mifi-stari  ;••  de'larghi  suoi  mez/.i  pe- 

re  il  fiinco  (li'll'an.r  ;itrv  poi  getta  in  : 

•rv.-iton  crisiiani  la  calunnia  di  trnrrc  in  inganno  !••  r  riori 

con  vane  promesse  di  rifnrma  sooiale. 

!  ora  le  tendenze  all'anarchia  oon  ban  mcsse  in  Austria  pro- 
fonilc  railici;  ma  ove  non  si  faccia  presto  cessare  il  disordine  sociale,  che 
H7/0  •  !.••:  !  di  morale  crisiiana,  foiulali  sulla  legge 

di  iintura  e  per  luntro  corso  di  secoli  inculcali  ai  popoli  dalla  Chiesa 
sono  d-»  N'M.-'rsi  le  conseguenze  piii  deplorevoli.  Ci6  fe  stato  ri- 
i  andie  in  alte  regioni;  ond'e  che  il  presiclente  dei  ministri 
conte  TaafTe  ha  dicliiarato  alia  Camera  dei  deputati,  saper  bene  il  Go- 
verno  che  i  provvedimenli  slraordinari  non  possono  esser  sufficients  a 
reprinu're  1'anarchia,  ma  che  si  richiedono  riforme  sociali;  il  perch* 
preparando  disegni  di  legge  nell* interesse  degli  operai  si  delle  citta  come 
delle  campagne.  Per  tal  guisa  i  conservator*  cattolici  (ossia  i  clerical!, 
come  i  loro  avversarii  li  chiamano),  i  quali  fino  adesso  eran  soli  a  com- 
battere  nel  Reichsrath  per  la  riforma  sociale,  avranno  quindi  innanzi  un 
potenie  alleato.  Anco  nel  campo  dell'Opposizione  militaao  (quantunque 
in  st-arsissimo  numero)  deputati,  che  a  questo  intento  consacrano  I1  opera 
loro;giova  raramentare,  prima  d'ogni  altro,  il  signor  Richter,  il  quale 
eon  la  sua  proposta  al  Reichsrath,  teodente  a  restringere  la  liberta  degli 
atti  ••s.vutivi,  si  e  meritato  il  plauso  di  tutti  i  buoni.  Si  cbiede  in  quella 
proposta  che  al  debitore  non  siano  da  qui  in  avanti  tolti  e  forzatamente 
veoduti  gli  oggetti  esclusivamente  oecessari  alia  sussistenza  e  al  lavoro, 
come  sarebbero  letti,  tavole,  sedie,  arnesi  ecc.  Soddisfa  inoltre  a  un'  ur- 
gente  neccssita  delle  popolazioni  rurali  una  recente  proposta  dell' altro 
deputato  Lienbacher,  che  chiede  sia  vietato  lo  sminuzzamento  esectitivo 
delle  proprieta  dei  contadini,  vietala  la  vendita  dell'inventario  senza  il 
fondo;  e  invoca  a  favore  delta  comunita  il  diritto  di  ricomprare,  entro 
un  breve  termine  di  tempo,  per  lo  stesso  prezzo,  sborsato  dal  com pra tore, 
il  fondo  forzatamente  venduto,  per  cederlo  poi  al  piu  prossimo  congiunto 
dell'antico  proprietario,  con  che  questi  gli  corrisponda  Tequivalente  somraa 
in  rate  da  convenirsi.  Con  questo  provvedimento  verrebbe  a  porsi  un 
freno  al  tanto  deplorato  spicciolamento  dei  possessi,  come  pure  al  trisle 
spettacolo  di  un  contadino  rimasto  senza  casa  ne  tetto:  quantunque  nep- 
pur  ci6  sarebbe  sufficiente  all'uopo,  essendo  del  tutto  impossible  il  con- 
seguire  un  ralTorzamento  nellu  classe  rurale,  fintantochfe  il  contadino  .sia 
I'it'namente  libero  di  contrar  debiti  a  carico  del  suo  possesso,  e  a  ci6 
lutamente  costretto  dallo  sparlimento  della  successione.  II  comitato 
per  la  difesa  degl'inleressi  agrari,  costituito  dal  deputato  Lienbacher, 
proseguira  ccrtamente  ad  agire  nello  stesso  senso;e  cosi  la  classe  co- 
lonica  (U'lKAuslria,  tuttora  dotata  di  non  comune  abilila  e  animal 
nobili  sentimcnti  di  religione  e  di  patriottisiuo,  rimarra  preservata  dal 


CKONACA    CO.MEMI1'  •  ::  ANKA 

piotnbare  nel  proletariate,  e  per  conseguen/a  nell'anarchia,  nell' iocredu- 
lita,  nel  pervertimento  morale. 

Nell'altro  comitato  del  Reichsrath,  che  si  occupa  d'arti  e  mestieri, 
si  sta  spiegando  grande  attivita  intoruo  ai  disegni  di  legge  diretti  a  sta- 
bilire  la  giornata  normale  di  lavoro,  il  riposo  domenicale,  la  restrizione 
del  lavoro  delle  donae  e  dei  fanciulli,  come  pure  all'altro  disegno  per 
I'assicur.izione  rtegli  operai  contro  gl'infortuni;  e  si  spera  vederli  tutti 
quanti  discussi  e  risoluti  nella  presents  sessione. 


AWERTENZA 

E  debito  nostro  rendere  grazie  a  tutti  queJH  che  ci  hanno  spedite  offerte, 
per  soccorrere,  nell' occasione  delle  feste  pasquali,  i  ben  280  Monasteri  di  sacre 
Vergini,  sparsi  per  tutta  Italia,  che  a  noi  chiedono  e  da  noi  aspettano  qualche 
aiuto  nelle  estreme  necessita,  a  cui  la  Rivoluzione  le  ha  ridotte.  Gran  merce 
della  carita  dei  cattolici,  abbiam  potuto  mandare  a  tutti  quanti  un  piccolo 
sussidio,  pel  quale  ci  lianno  fatti  caldissimi  ringraziamenti,  assicurandoci  che 
notte  e  giorno  pregano  e  soffrono  pet  loro  benefattori.  Questo  serva  di  dolce 
compenso  ai  tanti  che  partecipano,  colle  loro  oblazioni,  a  questa  pietosissima 
opera  di  miser icordia,  della  quale  il  Santo  Padre  Leone  XIII  si  e  degnato 
manifestarci  la  particolare  sua  compiacenza,  accompagnata  da  iterate  benedi- 
zioni,  e  per  noi  e  per  tutti  coloro  che  in  qualunque  siasi  modo  vi  concorrono. 
1  lettori  nostri  gia  sanno  che  la  persecuzione  e  rincrudita  contro  le  inno- 
centi  e  pacifiche  creature  che  dimorano  net  Monasteri  confiscate  dal  Demnnio, 
per  le  leggi  di  abolizione  degli  Ordini  religiosi.  Un  draconiano  decreto  ha  in- 
giunto  a  tutte  le  Comunita  che  vivono  in  questi  Monasteri,  divenuti  cosa  del 
Governo,  di  licenziare  tutte  le  Religiose  entratevi  dopo  la  pubblicazione  di 
quelle  leggi;  vale  a  dire,  dove  da  22  e  dove  da  IS  anni  in  qua.  E  inesplicabile  il 
pianto  e  di  queste  e  delle  piu  anziane,  come  sono  inenarrabili  le  conseguenze  pe- 
nosissime,  che  dall'  esecuzione  di  questo  barbaro  decreto  ne  verranno  alle  persone 
ed  alle  inter  e  Comunita.  Per  ora  ci  contentiamo  di  rammentare  a  tutti  questi 
nuovi  dolori,  ai  quali  la  spietata  Rivoluzione  fa  soggiacere  le  povere  e  sante 
spose  di  Gesu  Cristo,  eccitando  chiunque  ha  cuore  umano  in  petto  a  n>nir? 
in  loro  soccorso ;  giacche  fra  poco  sara  necessario  prove eder e  un  tetto  a  cen- 
tinaia  e  centinaia  di  queste  vittime,  le  quali,  se  Dio  non  provvede,  non  avranno 
jtiti  altro  alimento  che  le  lagrime,  ed  altro  allogjio  che  il  lastrico  delle  stradr. 
A  tempo  piu  opportune  non  mancheremo  d'informare  i  nostri  lettori  tit 
che  sta  accadendo,  e  di  mettere  sotto  i  lor  occhi  una  pagina  di  storia,  che  p  < 
scritta  sotto  il  Governo  dei  Neroni  e  dei  Diocleziuni,  ed  invece  si  scrive  sotto 
quello  dei  moderni  fautori  di  civilti  e  di  umanili. 


I -A  MASSONER1A,  ECCO  II.  NBI! 

L'ENCICLICA  JH'MAM'M  GE2 


I. 


II  grido  fainoso  di  Leone  Gambetta:  //  ckricalismo,  ecco  il 
,  non  espresso  un  concetto  nuovo  tra  i  nemici  di  Dio,  ma 
&  una  formola  chiara,  che  a'  giorni  nostri  sembra  divenuta  il  motto 
e  la  bandiera  della  Massoneria.  II  pensiero  che  essa  esprime  viene 
preso  per  principle  che  deve  inforraare  la  mente,  la  parola,  1'azione 
dell'esercito  immenso  di  coloro  che,  seguendo  1'esempio  e  la  inspi- 
razione  di  Lucifero,  vogliono  Dio  gid  dai  suo  trono,  Cristo  fuori 
della  societa,  annientata  la  Chiesa. 

II  freraito  di  tanto  esercitonon  impaurisce  Leone  XIII;  tatt'al- 
tro !  Anzi  lo  rende  nella  sua  alta  sapienza  piu  acuto  e  nella  sua 
fermezza  pift  forte.  A  quella  bugiarda  ed  infame  denunzia  oppone 
la  vera  e  la  giusta:  la  Massoneria,  ecco  il  nemico:  nemico  di  Dio; 
nemico  di  Gesft  Cristo;  nemico  della  Chiesa;  neinico  dei  Re;  ne- 
mico della  Societa;  nemico  della  verita;  nemico  della  morale; 
nemico  della  famiglia;  nemico  dell'nomo.  Questa  autorevolissima 
denunzia  Leone  XIII  la  fa  nella  famosa  Enciclica  Human  urn 
'•>•,  che  porta  la  data  del  20  aprile  1884,  anno  settimo  del 
suo  illustre  Pontificato.  Fare  un  particolareggiato  commento  di 
questo  lavoro  stupeudo  in  ogni  sua  parte,  non  e  nostro  scopo. 
Non  c'6  per  certo  uomo  di  Chiesa,  od  uomo  anco  di  mezzana  cul- 
tura,  a  qualunque  fazione  appartenga,  che  non  1'abbia  letto,  me- 
ditato,  ammirato.  Sta  oggimai  nolle  mani  di  tutti.  Solo  in  questo 
articolo  vogliamo  discorrere  sopra  di  esso  in  generate,  riservandoci 
poscia  a  trattare  partitamente  di  ci6  che  nel  medesimo  e  indicato. 

XII.  vol.  VI.  fate.  814  25  7  maggio  1884 


386  LA   MASSONERIA,    ECCO   IL   NEMICO 

II. 

Negli  effetti  si  vede  la  virtu  della  causa.  Per6  da  questa  En- 
ciclica  pu6  ognuno  rilevare  di  quale  tempra  sia  la  raente  e  1'anirao 
di  Leone.  Chi  vede  talvolta  il  venerate  Pontefice  nelle  ecclesia- 
stiche  funzioni,  che  neir interne  recinto  del  Vaticano  si  celebrano, 
all'aspetto,  non  rare  volte,  mesto  per  le  continue  tribolazioni  ond'e 
oppressa  la  Chiesa,  e  tratto  a  credere  che  sia  in  lui  dirainuita  la 
vigoria  dello  spirito  con  le  forze  del  corpo:  ma  non  e  punto  cosl. 
Quegli  che  da  vicino  possono  vederlo  e  udire  la  sua  parola,  allor- 
che  parla  di  ci6  che  gli  sta  somraamente  a  cuore  pel  bene  della 
Chiesa  e  del  popolo  cristiano,  sono  costretti  ad  esclamare  che  in 
lui  ad  una  singolarissima  sapienza  senile  e  congiunta  una  vigorosa 
energia  giovanile;  e  che,  tutt'altro  che  accasciato  sotto  il  peso 
della  afflizione,  e  ora  ben  piu  gagliarda  la  sua  vita  che  quando 
sull'augusta  fronte  si  pos6,  la  priina  volta,  la  tiara  papale.  L'En- 
ciclica  Humanum  genus  ne  e  luculentissiraa  prova,  sebbene  i 
botoli  del  giornalisino  liberalesco,  quanto  ringhiosi  altrettanto  in- 
considerati,  latrino  per  distrarre  gli  uoiuini  dall' amniirarne  la 
immensa  portata. 

Essa  e  un  atto,  prima  di  tutto,  di  sommo  coraggio.  £  vero  che 
la  Chiesa  quaggiu  e  militante,  ma  e  altresl  vero  che  i  fedeli  sono 
e  saranno  sempre  quelli  che  gli  ha  detti  Gresu  Cristo,  doe  agnelli, 
e  che  i  loro  nemici  sono  lupi:  Mitto  vos  sicut  agnos  inter  lupos. 
In  quanto  si  attiene  all'uso  della  forza  materiale,  quelli  saranno 
i  deboli,  questi  i  forti;  e  la  fortezza  di  costoro  sar£  a  mille  tanti 
ringagliardita  dall'astuzia,  dalia  frode,  dalla  calunnia.  Fino  dal 
principio  del  cristianesimo  s'  ingaggi6  la  lotta  tra  quelli  e  questi, 
ma  i  nemici  di  Dio  scissi  in  varie  sette,  per  secoli  molti,  non  co- 
stituivano  un  esercito  disciplinato  sotto  i  inedesimi  duci,  regolato 
dalle  stesse  norme  nei  suoi  movimenti,  tendente,  con  la  varieta 
consigliata  dei  mezzi,  ad  unico  fine.  Nei  1717,  o  in  quel  torno, 
fu  organata  in  Inghilterra  la  setta  dei  Massoni ;  nella  quale  oc- 
culto  dovea  essere  il  fine  supremo ;  occulti  i  supremi  capi ;  obbe- 
dienza  cieca  ed  assoluta  nei  socii.  Essa  a  poco  a  poco  si  forti  fic6, 
grandeggift,  divenne  potente  nell'  azione.  Ma  le  sue  trame  furono 


oonoscinte  e  denunziate  ai  sovrani  od  ai  popoli  dai  Papi.  Cle- 
mentoXIInel  1738,  Benedetto  \  I  \ .  Pio  VI!,  Leone  XII,  Pio  IX, 
ne  conobbero  il  fine  supremo,  ch'era  la  guerra  contro  la  Chiesa  per 
distruggoro  la  religione  rivelata:  additarono  ai  sovrani  i  pericoli 
che  sovrastavano  alia  civile  societa,  ma  pochi  regnanti  operarono 
eon  sapienza  e  con  energia.  Intanto  essa  in  Francia  gener6  il 
filosofismo;  awelen6  la  pubblica  istruzione:  scristianeggifc  la 
educazione:  conturbd  1'Europa.  Pio  VI  raorl  in  esilio:  Pio  VII 
esuld  da  Roma.  Napoleone  I,  ascritto  alia  Massoneria,  ne  attuava 
i  concetti  ed  i  voti.  I  francesi  Borboni,  ripreso  lo  scettro,  vi  si 
aggregarono:  Torleanista  Luigi  Filippo  fu  massone:  massone 
pure  il  terzo  Napoleone :  e  i  principal!  duci  delle  rivoluzioni,  che 
in  qnesto  secolo  agitarono  1'Europa,  appartennero  a  tale  setta  e 
ne  incarnarono  nelle  opere  i  disegni. 

Inspirata  dalla  Massoneria  fu  la  distruzione  del  potere  tem- 
porale  dei  Papi,  ed  ordinata,  come  mezzo  a  fine,  alia  distruzione 
deilo  spiritnale  potere  del  Romano  Pontificato.  Imperocch&  que- 
sta  e  non  l'unit&  politica  dell' Italia  fu  principalmente  intesa, 
essendo  la  setta  paratissima  a  mettere  a  repentaglio  la  stessa 
patria  liberta  piuttosto  che  concedere  al  Papa  una  Tera  indipen- 
denza  sovrana.  Ora  la  Massoneria  6  potentissima.  Le  logge  (che 
sono  i  conventi  ove  i  frati  massoni  si  raccolgono),  se  stiamo  alle 
relazioni  ultimo  dei  giornali,  sono  numerose  oltre  modo,  e  se  ere- 
dessimo  alle  statistiche  pubblicate  dalle  sette,  sarebbero  un  nu- 
mero  assolutamente  incredibile,  e  dotate  di  piu  incredibili  en- 
trate.  Quello  che  e  certo  si  6  che  teste  coronate  e  principi  di 
sangue  reale  hanno  ad  onore  1'essere  affigliati  alia  setta:  ed  og- 
gimai  siamo  venuti  al  punto  che,  in  certi  paesi,  generalmente, 
per  aver  fortuna,  per  ascendere  a  post!  lucrosi  ed  onorevoli,  il 
passaporto  piu  efficace  d  1'essere  ascritto  alia  setta.  N6  questo 
fa  meraviglia,  chi  consideri  che  la  Massoneria  tiene  i  suoi  fidi 
nei  parlamenti,  nei  senati,  nei  ministeri  dei  governi  ammoder- 
nati,  ed  essa  6  che  regola,  ove  piu  ove  meno,  1'Europa,  e  molti 
Stati  fuori  di  questa,  arbitra  dclla  guerra  e  della  pace.  Tutto 
ad  essa  piega!  piegano  i  municipii,  piegano  le  repnbbliche,  pie- 
gano  i  coronati  sovrani,  piegano  gli  escrciti;  e  la  stella  massonica, 


388  LA    MASSONEIUA,    ECCO   IL    NEMICO 

cio&  il  pentalfa,  sta  come  segnale  sopra  il  berretto  delle  soldate- 
sche,  ed  6  scolpito  persino  nelle  monete,  a  segnale  di  sua  uni- 
versale  dominazione.  Quasi  diremmo,  esser  prossimo  a  verificarsi 
il  detto  dell'Apocalisse,  che  verra  tempo  in  cui  non  si  potrd  ne 
cQniperare  ne  vendere  senza  il  carattere  delta  bestia. 

Ma  nella  coniune  umiliazione  e  nell'universale  servaggio  un 
solo  non  piega,  e  questi  e  Leone  XIII.  Non  ha  tesori,  non  ha 
eserciti,  non  gli  resta  un  palmo  di  terra  verarnente  indipen- 
dente,  e  prigioniero,  non  6  sostenuto  da  truppe  straniere,  non 
confortato  da  sovrani  possenti  di  questo  mondo,  non  dalle  ar- 
mate  moltitudini:  e  pure  non  piega!  E  oppresso,  e  prigioniero,  e 
calunniato,  e  beffeggiato  come  Cristo  con  un  manto  di  porpora 
qual  re  da  burla,  come  Cristo  ha  intorno  a  se"  timidi  seguaci,  ha 
avuto  tra'suoi  anche  dei  giuda:  e  non  piega!  Che  anzi  strappa 
dalla  fronte  della  Massoneda  la  maschera  che  la  ricopre;  disvela 
i  suoi  tenebrosi  misteri;  1'addita  come  la  ruina  della  societa  tutta 
quanta;  e  al  grido  massonico:  il  Clericalismo,  ecco  il  nemico : 
Leone  ai  re  e  ai  popoli  dal  Yaticano  fa  risonare  il  verace  grido : 
la  Massoneria,  ecco  il  nemico ;  guardatevi!  combattetela.  Egli 
ne  prevede  le  ire,  ma  non  le  teme;  e  dal  fondo  del  cuore  dice 
apertamente  a  suoi:  sento  nella  coscienza  il  dovere  di  far  questo: 
debbo  farlo  e  lo  fo,  qualunque  cosa  mi  possa  awenire:  offro  ogni 
mattina  a  Dio  la  mia  vita,  per  la  sua  santa  causa,  son  preparato 
al  martirio.  Questo  per  certo  e  sommo  coraggio:  e  la  lotta  di 
Leone  debolissimo  agli  occhi  umani,  contro  un  potentissiino  av- 
versario,  e  lo  spettacolo  piu  sublime  che  ci  possa  venir  fatto  di 
contemplare  in  questa  eta  sgagliardita  e  vigliacca. 

III. 

Che  se  noi  vogliamo  investigare  la  fonte  onde  cotanto  co- 
raggio derivi,  troveremo  che  potissimamente  da  due  capi.  II 
prinio  e  Dio:  il  secondo  la  boata  della  causa  che  Leone  pro- 
pugna.  Noi  siamo  ben  lontani  daU'asserire  che  la  forza  ina- 
teriale  non  possa  usarsi  legittimamente  a  sostenere  i  diritti, 
alia  difesa  dei  quali  e  di  sua  natura  ordinata,  e  percio  stesso 


ClOtf    L'  ENCir.LICA    «  HOMANUM   0 

i  diritti  della  Chi-vsa  che  alia  fin  fine  sono  i  diritti  di  Dio.  Ma 
egli  ci  pare  per  la  storia  bastevolmente  chiarito,  che  quelle 
battaglie  furono  piu  coronate  di  lieti  successi,  nelle  quali  i  catto- 
liri  a  guisa  di  agnelli  corabatteroao  contro  i  lupi  loro  nemici : 
perch6  in  queste  battaglie  non  solo  gli  agnelli  vinsero  i  lupi, 
ma  li  cangiarono  in  altrettanti  agnelli,  trasformandoli  nella 
propria  natura.  In  questa  maniera,  senza  eserciti,  Roma  imperiale 
si  cangid  in  Roma  papale:  e  1'impero  pagano  in  impero  cristiano. 
£  Dio  colui  cbe  sorregge  la  Chiesa  e  il  Papa.  La  forza  umana 
non  sostiene  Leone:  d  la  forza  di  Dio  che  lo  regge,  e  perci6 
egli  non  teme,  ma  spera. 

In  secondo  luogo  egli  spera  a  cagione  della  bonta  della  causa 
che  propugna.  A  conoscere  la  bonta  di  questa  causa  basta  accen- 
nare  ai  gravissimi  mail,  a'quali  intende  la  Massoneria.  II  fine 
della  Massoneria,  come  c'insegna  il  Papa,  consiste  nella  guerra 
a  Gesu  Cristo  ed  alia  Chiesa;  cell' emancipate  i  popoli  dalla 
religione  rivelata;  nell' arrestare  e  distruggere  1' opera  della 
redenzione  del  genere  umano.  Se  non  che  il  priino  di  tutti  i  di- 
ritti dell'  uomo  6  di  non  essere  iinpedito  nel  conseguimento  del 
suo  ultimo  fine  per  cui  esiste  e  il  quale  6  il  supremo  suo  bene. 
Tutte  le  cose  terrene,  che  sono  in  rapporto  con  1'  uomo,  debbono 
aiutarlo  a  consegnire  tal  fine  e  tal  bene :  esse  perci6  sono  mezzi. 
La  stessa  sociale  convivenza  6  uno  di  questi  mezzi ;  e  perci6  la 
societa  ha  il  dovere  di  essere  cristiana.  La  Massoneria  yuol  di- 
strutto  quest' ordine  da  Dio  inteso  e  voluto,  ed  a  distruggerlo  con 
isforzi  quanto  indefessi,  altrettanto  studiati,  costantemente  si 
adopera;  come  il  Vicario  di  Cristo  dimostra  nella  sua  Enciclica. 
Ma  1' ordine  non  si  pu6  torre  senza  indurre  il  disordine  opposto; 
nella  quale  induzione  d  giuoco  forza  che  la  Massoneria  natu- 
ralmente  trascorra  i  limiti  che  liberamente  a  s&  ha  prefissi: 
perch6  i  principii  della  verita  speculativa  e  pratica  sono  cosi 
connessi,  che  uno  non  si  pud  togliere  senza  che  ne  derivino 
perverse  illazioni,  comech6  non  intese.  La  Massoneria  percifc  va, 
e  il  fatto  lo  dimostra,  aH'ateismo,  all'empieta,  alia  disouesta, 
alia  ruina  della  politica  societa,  al  rovesciamento  dei  troni,  al- 
I'assassinio  dei  Re,  al  socialismo,  al  nichilismo,  ad  ogni  orrore. 


iV.IO  LA   MASSONERIA,   ECCO   IL   NEMICO 

Accade  qui  como  negli  incendii.  II  fuoco  non  si  arresta  che  per 
mancanza  di  combnstibile:  acceso  una  volta  si  appiglia  a  tutto, 
e  immensamente  si  dilata.  Togliete  i  principii  dell'ordine  morale, 
tutto  tutto  T  ordine  stesso,  in  tutti  i  rapporti  privati  e  pubblici, 
&  dicrollato.  Ecco  come  parla  il  S.  Padre:  «  La  saggezza  dei 
nostri  predecessor!  ebbe,  ci6  che  piu  monta,  piena  giustificazione 
dagli  avvenimenti.  Iinperocche  le  provvide  e  paterae  loro  cure, 
o  fosse  1'astuzia  e  1'ipocrisia  dei  settarii,  ovvero  la  sconsigliata 
leggerezza  di  chi  pure  avea  ogni  interesse  di  tener  gli  occhi 
aperti,  non  avendo  ne  sempre  n&  per  tutto  sortito  1'  esito  desi- 
derato,  nel  giro  di  un  secolo  e  mezzo  la  societa  Massonica  propa- 
gossi  con  incredibile  celerita ;  e  traforandosi  per  via  di  audacia 
ed'inganni  in  tutti  gli  ordini  civili,  incominci6  ad  essere  potente 
in  modo  da  parer  quasi  padrona  degli  Stati.  Da  si  celere  e  tre- 
menda  propagazione  ne  sono  seguiti  a  danno  della  Chiesa,  della 
potesta  civile,  della  pubblica  salute  quei  rovinosi  effetti,  che  i 
nostri  antecessori  gran  tempo  innanzi  avevano  preveduti.  Ini- 
perocche  siamo  omai  giunti  a  tale  estremo,  da  dover  tremare 
per  le  future  sorti  non  gia  della  Chiesa  edificata  su  fondamento 
non  possibile  ad  abbattersi  da  forza  uinana,  ma  di  quelli  Stati, 
dove  la  setta  di  cui  parliamo,  e  le  altre  affioi  a  quella  e  sue 
ministre  e  satelliti,  possono  tanto.  > 

Senonch&  tra  gl'infiniti  mali  comuni  che  reca  la  Massoneria 
a  tutti  gli  Stati  e  a  tutta  la  civile  societa,  a  questi  giorni  ve 
ne  ha  uno  di  proprio  per  la  nostra  patria  1'  Italia.  Egli  6  cer- 
tissimo  che  tornerebbe  a  massimo  bene  politico  e  nazionale 
dell' Italia,  se  il  Governo  italiano,  osservando  lealmente  il  primo 
articolo  dello  Statuto  ridesse  al  Papa  la  sovrana  indipendenza, 
rispettasse  tutti  i  diritti  della  Chiesa,  si  riconciliasse  cattoli- 
camente,  lealmente,  pienamente  con  lei.  Questo  fatto  che  non 
distruggerebbe  punto  la  indipendenza  della  nostra  patria,  nd  la 
sostanza  dell'unita  nazionale  (come  non  la  distrugge  in  Isvizzera 
e  negli  Stati  Uniti  la  moltiplicita  dei  governi),  sarebbe  il  prin- 
cipio  di  una  verace  gloria  e  di  una  ferniezza  sicura  per  1'  Italia. 
<Juindi  cesserebbono  le  tante  fazioni  interne :  quindi  lo  spettro 
ininaccioso  di  guerre  esterne  si  dileguerebbe.  Egli  e  certissimo 


391 

molti  iiomini  politici,  in  It;ili;i  e  fuori,  cosi  la  pen- 
sano.  Ma  perche  si  preforisce  una  condizione  di  cose  piena  d'in- 
certezze,  di  angosce,  di  timori  e  si  adopera  un  contegno  serapre 
nrtante,  sempre  offensive  alia  religione  e  a  quol  Papa  che  pur  si 
dice  da  tutti  sapiente,  paziente  e  amante  del  vero  bene  dell1  Italia? 
Snpporre  in  tutti  quelli  che  cosl  fanno  una  ignoranza  assoluta  del 
male  che  operano  e  dei  pericoli  ai  quali  espongono  la  patria 
nostra,  e  tanto  assurdo  quanto  il  supporre  che  di  questo  lagri- 
mevole  fatto  non  ci  sia  veruna  causa  sufficiente.  Ma  la  ragione 
e  ben  conosciuta  da  chi  vuol  conoscerla,  nd  si  lascia  abbindolare 
dalle  ciance  di  coloro  che  vendono  tanto  al  mese  le  proprie 
opinioni,  la  propria  penna,  la  propria  coscienza.  ft  la  Massoneria 
quella  che  preffssasi  come  scopo  supremo  la  distruzione  della 
Ghiesa  e  il  ristabilimento  del  naturalismo  pagano,  come  il  Papa 
egregiamente  dimostra  nella  sua  Enciclica,  per  cotesto  scopo  & 
parata  a  sacrificare  la  pace,  il  ben  essere,  1'indipendenza  stessa 
dell' Italia.  Anzi  noi  siam  certi,  che  se  1' Italia  avesse  conseguito 
il  primato  nella  grandezza  fra  tutte  le  nazioni ;  ma  fosse  questa 
grandezza  connessa  con  quella  del  Papato  e  colla  gloria  della 
Chiesa  cattolica,  la  Massoneria  con  tutte  sue  forze  si  adoprerebbe 
a  seminare  la  zizzania,  a  mettere  la  nostra  patria  in  uggia  agli 
Stati  eterodossi,  e  piu  presto  amerebbe  di  vederla  schiacciata 
dallo  straniero  che  sinceramente  e  gloriosaraente  cattolica.  II  fine 
supremo  massonico  e  Tannientamento  della  religione:  a  questo 
tutto  sacrificherebbe.  Dunque  la  causa  ond'e  mosso  Leone  XIII 
a  combattere  la  Massoneria  e  buona  e  ottima,  perche  immensi 
mali  Yuol  cessare  dalla  umana  societa  e  in  particolare  dal- 
T Italia;  e  se  la  speranza  della  vittoria  e  conseguente  alia  bonU 
di  motivo  che  rauove  a  combattere,  Leone  XIII  ha  ragione  di 
averla. 

IV. 

La  storia  di  qnaranta  secoli  ci  dimostra  con  somma  evidenza 

che  Tuomo,  allorchfe  ripudiata  la  rivelazione  di  Dio,  si  abban- 

dona  al  solo  governo  della  ragione,  egli,  a  cagione  delle  prave 

U-ndenze,  nell'ordine  teoretico  e  nel  pratico  cade  in  gros- 


39'2  LA    MASSONERIA,   ECCO   IL    NEJ1ICO 

solani  error!  e  perniciosissimi.  Priraa  cosa  e  il  guastare  il  con- 
cetto di  Dio,  cascare  nel  panteismo,  nella  idolatria  e  per  cio 
stesso  in  un  reale  ateismo.  Imperocche  nega  Dio  chi  invece  del 
vero  Dio  ammette  cosa  che  non  ha  punto  i  caratteri  della  di- 
vinita.  Ci6  fatto,  e  aperto  il  precipizio  a  tutti  gli  errori  e  a  tutti 
i  vizii.  La  storia  conferm6  serapre  e  conferina  la  verita  di  quel 
detto  divino:  «  Disse  lo  stolto  nel  suo  cuore:  non  c'e  Dio.  .V-i 
loro  studii  (ossia  nelle  loro  tendenze)  si  corruppero  e  diventarono 
abbominevoli,  non  c'e"  nemmeno  un  solo  che  operi  il  bene !.  > 

Nei  governi  ammodernati,  1'aniraadei  quali  e  la  Massoneria, 
cosl  si  disposero  o  si  lasciarono  disporre  le  cose,  che  la  scienza  ve- 
race  fosse  da  per  tutto  sacrificata  all'  errore ;  percift  negata  1'  au- 
torita  d'insegnare  alia  Chiesa,  venissero  nelle  cattedre  insediati 
professori  atei,  e  materialisti.  Cosl  la  gioventu  rimane  guasta  in 
quella  eta  nella  quale  ii  veleno  si  trasmuta  in  sangue.  Dio  & 
sbandito  dalle  scuole  e  la  onesta  6  oggimai  addivenuta  parola  di 
scherno.  Leone  XIII  dopo  di  avere  toccati  alcuni  dei  principal! 
errori  del  naturalismo  nemico  della  rivelata  religione,  nei  quali 
cade  la  Massoneria,  dice  cosl :  «  Or  negli  scogli  medesimi  va  per 
via  non  dissimile  ad  urtare  la  setta  massonica.  L'esistenza  di  Dio, 
&  vero,  i  frammassoni  generalmente  la  professano:  ma  che  questa 
non  sia  in  ciascun  di  loro  persuasione  ferma  e  giudizio  certo, 
essi  stessi  ne  fan  fede.  Imperocche  non  dissimulano,  che  nella 
famiglia  massonica  la  questione  intorno  a  Dio  e  un  principio 
grandissimo  di  discordia ;  ed  anzi  e  noto  come  pur  di  recente  si 
ebbero  tra  loro  su  questo  punto  gravi  contese.  Fatto  sta  che  la 
setta  lascia  agl'  iniziati  liberta  grande  di  sostenere  circa  Dio  la 
tesi  che  vogliono,  affermandone  o  negandone  1'esistenza,  e  gli 
audaci  negatori  vi  hanno  accesso  non  men  facile  di  quelli  che, 
a  guisa  dei  Panteisti,  ammettono  Iddio,  ma  ne  travisano  il  con- 
cetto ;  ci6  che  in  sostanza  riesce  a  ritenere  della  divina  natura 
non  so  quale  assurdo  simulacro,  distruggendone  la  realta.  Ora 
abbattuto  o  scalzato  questo  supremo  fondamento,  forza  e  che  va- 


1  PSAL.  13.  <  Dixit  insipiens  in  cordc  sno:  Nun  est  Dcus.  Corrupt!  sunl,  ct  abo- 
jninahilfs  facti  sunt  in  studiissnis:  non  est  (|iii  facial  boiuini,  non  est  usque  ad  unum.» 


cio  -  »  393 

cillino  anche  inolte  verita  di  ordine  naturale,  come  la  libera  crea- 
•10  del  inondo,  il  governo  universal©  della  provridenza,  I'im- 
ni.Tt.ilita  dell'anima,  la  vita  avvenire  e  seinpiteroa.  Scomparsi 
poi  quest!,  come  dire,  principii  di  natura,  importantissimi  per 
la  speculativa  e  per  la  pratica,  e  agevole  il  vedere  che  cosa  sia 
per  addivenire  il  pubblico  e  privato  costume.  > 

Dopo  ch'ebbe  dimostrato  Tabisso  d'immoralita  al  quale  la 
massoneria  trascina  la  societa,  prosegue  in  questa  maniera :  «  Ed 
a  conferma  di  ci6  che  abbiam  detto  pu6  servire  un  fatto  piu 
strano  a  dirsi  che  a  credersi.  Iinperocche  gli  uomini  scaltriti  ed 
accorti  non  trovando  anime  piu  docilmente  servili  di  qnelle  gia 
dome  e  fiaccate  dalla  tirannide  delle  passioni,  vi  fu  nella  setta 
massonica  chi  disse  aperto  e  propose,  doversi  con  ogni  arte  ed 
accorgimento  tirare  le  moltitndini  a  satollarsi  di  licenza:  cosl 
le  avrebbero  poi  docile  strumento  ad  ogni  piu  audace  disegno.  > 
Chi  fosse  vago  di  tacciare  di  temerario  un  cosl  fatto  giudizio, 
altro  non  dovrebbe  fare  che  pensare  un  po'  intorno  all'  ordinato 
sistema  di  corruzione  che  ora  si  pratica  nella  pubblicazione  dei 
giornali,  nelle  fotografie,  nella  prostituzione  sistemata  delle 
varie  classi  civili,  nelle  librerie  circolanti,  nelle  rappresenta- 
zioni  teatrali,  nelle  insidie  tese  a  giovani  nelle  imiversita  e  nelle 
altre  scuole.  Questo  sistema  di  corruzione  disciplinato  e  un  ef- 
fetto:  e  1'effetto  necessariamente  suppone  una  causa:  ne  fuori 
della  Massoneria  si  potrfc  questa  agevolmente  ritrovare.  Che  so 
fuori  della  Massoneria  si  ritrovera,  sara  causa  istrumentale,  non 
principale,  saranno  braccia  non  testa.  Ma  qui  noti  il  lettore 
1'astu/ia  satanica  adoperata  dalla  setta  a  conseguire  il  suo  scopo. 
Questo,  come  si  sa,  e  la  distruzione  della  Chiesa,  cio&  della  re- 
ligione  cattolica :  eppure  si  voile  far  passare  nella  pubblica  opi- 
nione  questo  ch'e  fine  supremo,  quale  mezzo  ad  altro  scopo  ca- 
reggiato  dalla  nazione. 

Infatti  siccome  la  nazionale  indipendenza  ed  anche  qnella  tal 
quale  unita,  che  e  col  maggior  bene  dell' Italia  molto  ben  con- 
ciliabile,  sono  carainente  vagheggiate  da  un  assai  gran  numero 
di  italiani,  Tastuta  setta  si  di&  ad  esageraro  in  tutte  le  maniere 
questi  due  beni,  ed  insieme  a  spargere  nelia  pubblica  opinione 


304  LA   MASSO.NERIA,    ECCO   IL   NEMICO 

la  credenza  che  al  conseguimento  di  essi  sia  necessaria  la  di- 
struzione  della  Chiesa  eattolica,  e  che  percio  ii  Papa,  sopra  tutti, 
e  i  sinceri  cattolici  si  abbiano  a  tenere  quali  veri  nemici  d« 
patria.  Questa  6  una  tattica  infernale.  Siccome  la  massima  parte 
degli  uomini  si  regola  coll'autorita  altrui,  e  si  lascia,  a'  giorui 
nostri,  abbindolare  dalle  ciance  dei  giornalisti;  percio  1'ostilita 
contro  la  Chiesa,  il  Papa  e  ii  Clero  si  6  diffusa  assai.  Di  piu 
la  setta  6  riuscita  a  semi n are  discord ia  anco  tra'  buoni,  a  divi- 
derne  le  menti  e  conseguentemente  i  cuori.  Per  la  qual  cosa  non 
solo  infra  i  tristi  manea  1'aniore  della  fraterna  convivenza,  che 
e  fatto  naturale,  com'  e  naturale  che  le  belve  non  istieno  in  vera 
pace  tra  loro;  ma  la  vicendevole  carita  6  ancora  un  po'vulne- 
rata  tra  i  buoni. 

Poste  le  quali  cose  egli  e  evidentissimo  che  Leone  XIII,  ad- 
ditando  la  massoneria  quale  nemico  della  Chiesa  e  della  societa 
tutta  quanta,  ed  eccitando  tutti  i  cattolici,  anzi  tutti  gli  uomini 
onesti  a  non  lasciarsi  arreticare  da  lei,  e  a  dividers!  dalla  me- 
desiina  se  per  mala  ventura  fossero  incappati  nelle  sue  reti,  in- 
tese  ad  allontanare  un  gran  male  commie  a  tutti  gli  Stati  e 
peculiare  della  nostra  patria.  PoichS  6  naturale  in  ogni  uoino 
la  tendenza  al  bene,  di  qualita  che  ogni  operazione  umana  va 
al  bene,  n&  1'uomo  pu6  giammai  tendere  al  male  se  questo  non 
sia  mascherato  colla  lusinghiera  apparenza  di  bene,  e  da  sperare 
che  questo  immortale  documento  della  Sede  Apostolica  sia  fe- 
condo  di  lietissimi  frutti. 


V. 


Ma  qui  prendiamo  1'occasione  di  rispondere  ad  alcune  diffi- 
colta  che  ora  si  muovono  dai  partigiani  della  setta  contro  1'  En- 
ciclica.  Dicono  costoro:  se  la  massoneria  e  veramente  quella  ch'e 
descritta  nella  sua  Enciclica  da  Papa  Leone,  coin'd  che  da  Sovraui 
fu  tollerata  in  molti  Stati:  com' 6  che  principi  illustri  si  tennero 
e  si  tengono  onorati  di  appartenervi  ?  E  poi  s'ella  &  di  tanta  po- 
tenza,  non  si  dovra  dire  che  le  porte  dell' inferno  hanno  gia 
prevaluto  contro  la  Chiesa  e  che  la  Chiesa  non  e  incrollabile? 


trp,  com'e  che  non  solo  4esso  Papa  entrain 

conmnira/ione  coi  framnmssoni;  gli  accoglie  nel  suo  Yaticano, 
Mtr;itti<>ne  amorevolmente  con  essi?  Queste  difficolta' da  pa- 
recchi  giornali  fnrono  in  Roma  proposte,  ma  in  una  inaniera 
cotanto  audace  e  villana  da  fare  a  ciascuno  comprendere  quanto 
Taiga  quella  legge  delle  guarentige,  secondo  la  quale  sono  vie- 
late  le  ingiurie  contro  il  Papa  nel  modo  stesso  cbe  sono  vietate 
quelle  scagliate  contro  del  Re. 

Anzi  tutto,  per  quanto  spetta  alia  prima  difficolta,  concediamo 
che  la  Massoneria  non  fu  proscritta  da  tutti  gli  Stati ;  anzi  og- 
gimai  d  il  motore  principale  deU'azione  governativa,  ed  e  il 
quarto  occulto  potere  dei  Governi  costituzionali ;  poich&  essa  e 
che  regge  quasi  da  per  tutto  le  camere,  i  senati,  ogni  cosa. 
Tuttavia  da  alcuni  Stati  fu  proscritta  anche  con  severissime 
leggi,  e  ne  conviene  anche  il  Papa:  «  Ai  Pontefici  si  unirono 
non  pochi  principi  ed  uoinini  di  Stato,  i  quali  ehbero  cura  o  di 
denunziare  all'Apostolica  Sede  le  Societa  Massoniche,  o  di  pro- 
scriverle  essi  stessi  con  leggi  speciali  nei  loro  dominii,  come  fu 
fatto  nell'Olanda,  nell' Austria,  nella  Svizzera,  nella  Spagna, 
nel  la  Baviera,  nella  Savoia  ed  in  altre  parti  d'  Italia.  * 

Poiche  il  Papa  nomina  la  Savoia,  ci  e  caro  1'osservare  come, 
quantunqne  ora  la  setta  spadroneggi  in  Italia  sotto  lo  scettro 
di  casa  Savoia,  nondiraanco  essa  fu  condannata  da  Carlo  Felice 
con  solenne  editto  a' 5  di  ottobre  del  1821.  Cosl  egli  diceva: 
<  I  rivolgimenti  ch'ebbero  luogo  nei  nostri  Stati,  come  in  altre 
contrade,  ebbero  tutti  una  causa  comune,  la  introduzione  cioe 
delle  Societa  Secrete,  il  cui  scopo  e  di  turbare  la  tranquillita 
pubblica,  di  atterrare  i  Governi  legittimi,  di  provocare  la  cor- 
ru/ione  dei  costumi  e  il  disprezzo  della  nostra  santa  religione. 
Si  e  perci6  che  noi  abbiamo  riconosciuto  la  necessita  di  preve- 
nirne  le  funeste  conseguenze  l.  » 

II  chiarissimo  redattore  della  Unitd  Cattolica z  osserva  che 
i  settarii  misero  in  mala  voce  Carlo  Alberto  quasi  si  fosse  ag- 
gregate alia  fazione  Massonica  dei  Carbonari.  II  Re  sdegnato 

\  de  SaToie.  1881,  pag.  187. 
1  25  aprile  n.  100. 


396  LA   MASSONERIA,   ECCO   1L   NEM1CO 

respinse  la  calnnnia  oltraggiosa  con  uno  scritto  dettato  nel  ca- 
stello  di  Racconigi,  il  cui  titolo  6  Ad  Maiorem  Dei  Gloriam. 
Cotesto  scritto  di  Carlo  Alberto  fu  pubblicato  nel  1872  da  Fe- 
derico  Odorici  a  guisa  di  Appendice  di  un  libro  che  avea  per 
titolo:  //  Conte  Luigi  Cibrario  e  i  tempi  suoi.  Memorie  sto- 
riche  con  documenti.  Dicesi  che  la  Massoneria  abbia  sottratto 
questo  libro:  per  lo  che  e  inutile  il  ricercarlo  nelle  biblioteche 
o  presso  i  librai.  Tuttavia  il  Barone  Manno  !  ristampd  il  docu- 
raento  di  Carlo  Alberto  nel  quale  tra  le  altre  cose  dice  egli: 
<  I  carbonari  ed  altri  settarii  di  questa  specie  si  obbligano  coi 
giuramenti  piu  terribili,  alia  distruzione  dell'altare  e  del  trono, 
odiano  i  Principi  e  coi  loro  stessi  giuramenti  si  obbligano  a 
pugnalarli  tutte  le  volte,  che  vien  loro  imposto  per  giungere  ai 
propri  fini.  >  II  che  non  tolse  che  il  figlio  stesso  di  Carlo  Al- 
berto, Re  Yittorio  Emanuele  II  desse  il  suo  norae  alia  Masso- 
neria, presentato  ad  una  Loggia  di  Torino  da  un  celebre  avvocato 
e  giornalista.  E  forse,  per  essere  quella  Loggia  scismatica  dalla 
Massoneria  di  Roma,  questa  poi  nol  riconobbe.  Vero  &  che  altri 
ne  dubita.  Noi  lasciamo  la  cosa  in  ponte.  Anzi  vogliamo  citare 
a  suo  discarico  ci6  che  troviamo  nel  Bersagliere  n.  13  del 
15  gennaio  1878,  il  quale  stampa  la  seguente  circolare  del 
Grande  Oriente,  che  la  Massoneria  italiana  inviava  alle  Logge 
di  sua  comunione.  «  Egregi  e  carissimi  fratelli:  Portiamo  a 
vostra  conoscenza  la  seguente  deliberazione  adottata  dal  Grande 
Oriente  d' Italia.  II  Consiglio  dell'Ordine  interpellate  da  molte 
Officine  per  sapere  se  e  in  che  modo,  trattandosi  di  un  perso- 
naggio  estraneo  alia  nostra  Istituzione,  potessero  prender  parte 
al  lutto  che  il  paese  manifesta  per  la  morte  del  priino  Re 
d' Italia,  il  quale  condusse  1'esercito  italiano  sui  campi  di  bat- 
taglia  dell'indipendenza  e  finl  i  suoi  giorni  al  suo  posto,  in 
Roma;  riunitosi  per  convocazione  straordinaria  il  13  gennaio 
corrente,  ad  unanimita  di  voti  delibero  di  lasciare,  in  via  d'ec- 
cezione,  ampia  liberta  a  tutti  i  Corpi  massonici  della  Comunione 
italiana  di  fare  quelle  dimostrazioni  che  stimeranno  opportune 
nelle  forme  consentite  dai  regolamenti  dell'Ordine.  Gradite 

1  Informazioni  sul  ventuno  in  Piemonte.  Firenze,  1879,  pag.  119. 


-  » 

:ii  fratelli,  il  nostro  fratorno  saluto.  Dato  n 
V.ille  del  Tevere  aU'Oriente  di  Roma  il  ^iorno  13,  mese  XI, 
anno  V.\  L.\  000877  e  dell'E.  V.  il  i:J  gennaio  1878.  II  Gran 
Maestro:  Giuseppe  Mazzoni.  II Gran  Secretario:  Luigi  Castellazzo.> 

Ma  sebbene  in  parecchi  Stati  e  da  parecchi  principi  la  Mas- 
soneria  o  sia  stata  dannata,  o  sia  stata  ricouosciuta  come  nemica 
del  ben  essere  pubblico,  tuttavia  non  si  pud  negare  che  molti 
principi  hanno  a  cotesta  setta  dato  il  loro  nome.  Quattro  furono 
le  potissime  cagioni  di  questo  deplorabile  fatto.  La  prima  Tarn- 
bizione,  perche  con  ci6  si  accattavano  quella  larva  d'onore  di 
cui  sono  prodighi,  verso  i  loro  socii,  i  massoui.  La  seconda  Tin- 
ganno,  perche,  occultando  i  fraramassoni  i  veri  fini  supremi  della 
setta,  e  i  veri  loro  duci,  riuscirono  ad  ingannare  anche  i  prin- 
cipi nei  quali  il  senno  era  di  inolto  inferiore  alia  potenza.  La 
terza,  la  vana  lusinga  di  guidare  la  setta  secondo  i  proprii  con- 
sigli  od  almeno  di  conoscerne  le  trame  per  provvedere  alia  si- 
curezza  propria  e  dei  proprii  Stati.  Finalraente  la  quarta  1'odio 
di  alcuni  principi  verso  la  Chiesa  cattolica,  dal  quale  odio  erano 
tratti  a  tiranneggiare  i  proprii  sudditi  e  condurli  alia  ribellione 
contro  di  quella.  Se  non  che  ben  pagarono  il  fio  o  della  loro 
vana  seinplicita  o  della  loro  malizia:  percho  cosi  furono  cagione 
della  rovina  dei  proprii  Stati,  od  anco  ne  furono  essi  stessi  le 
vittime.  Cosl  raentre  la  Russia  movea  guerra  agli  apostoli  di 
Gesu  Cristo,  lasciava  ingrandire  la  setta:  ed  ognun  sa  a  quale 
stremo  ella  siasi  condotta.  Contro  quasi  tutti  i  regnanti  il  compro 
sicario  stese  il  pugnale  parricida,  ed  oggimai  tutta  1'Europa  sta 
trepidando  perche  lo  spettro  del  socialismo,  del  comunismo  e  del 
nihilismo  la  minaccia  del  totale  sterminio. 

I  Fapi  i  quali  non  sono  tratti  ne'  loro  consigli  ne  dalla  am- 
bizione,  ne  dall'inganno,  ne  da  vane  lusinghe,  e  di  piu  sono  con 
ispeciale  lume  confortati  da  quel  Dio  che  regge  la  Ghiesa,  in 
cosa  di  tanto  rilievo  non  s'illusero.  Essi  riconobbero  il  loro  do- 
vere  di  salvare  il  proprio  gregge,  al  quale  appartengono  e  popoli 
e  principi,  dalle  insidie  dei  lupi,  e  il  loro  diritto  di  adoprare 
quei  mezzi  a  cotesto  fine  acconci,  che  nell' Enciclica  Humanum 
genus  sono  indicati.  Per6  non  ci  peritiamo  di  dire  francamente 


398  LA    MASSONERIA,    ECCO   IL    NEMICO 

che  errarono  i  principi  che  lisciarono  1'astuta  e  crudele  fiera 
della  setta  massonica,  ben  fecero  i  Papi  che  diedero  il  segnale 
per  difendersi  dai  suoi  assalti.  Quelli  favorirono  la  causa  di 
Satana,  quest!  la  causa  di  Dio. 

VI. 

La  seconda  difficolta  era  questa,  che,  se  la  setta  e  cosl  po- 
tente  contro  la  Chiesa,  coine  la  fa  apparire  Leone  XIII,  bisogna 
confessare,  che  contro  questa  gia  prevalsero  le  porte  delVinferno. 

Questa  difficolta  non  pu6  essere  fatta  se  non  da  chi  ha  un 
non  vero  concetto  della  Chiesa.  Questa  in  terra  e  e  sara  sempre 
militante;  e  quantunque  iniraortale  quaggiu,  pure  appieno  trion- 
fante  sara  solo  nei  cieli.  Muovasi  contro  essa  la  persecu/ione  del 
sangue,  quella  della  calunnia,  quella  della  fallace  sapienza,  non 
soggiacera  per  certo.  La  successione  dei  Papi  seguitera  fino  alia 
gloriosa  venuta  di  Gresu  Cristo:  ci  sara  sempre  1' episcopate  cat- 
tolico,  sempre  il  popolo  cattolico.  Anzi  potremo  aggiugnere  che 
il  Papa  sara  sempre  vescovo  di  Roma  o  in  Roma  o  in  trono, 
o  in  Roma  spodestato,  o  nelle  catacombe  o  in  esilio.  Imperocche 
il  Papa  e  il  Vicario  di  Gesu  Cristo,  e  questi  e  il  successore  di 
san  Pietro  nell' Episcopate  Romano. 

Per  la  qual  cosa  e  mestieri  argomentare  rispetto  alia  Chiesa 
con  principii  opposti  a  quelli  coi  quali  discorriamo  intorno  ai 
regni  terreni  ed  agli  imperi.  Quelle  cause  che  riescono  ad  an- 
nientar  questi,  non  riescono  a  distrugger  quella,  ma  anzi  la 
consolidano,  la  purificano  e  la  santificano  nei  suoi  niembri,  come 
lo  dimostra  anche  la  storia.  E  se  ii  socialismo  figlio  della  Mas- 
soneria,  perche  naturalmente  deriva  dai  principii  di  questa,  per- 
venisse  a  minare  tutti  i  troni,  ad  infrangere  tutti  gli  scettri  e 
a  doininare  in  tutta  la  terra,  per  questo  sarebbe  distrutta  la 
Chiesa?  Non  mai!  ma  nelia  universale  dominazione  del  mede- 
simo  socialismo  essa  troverebbe  modo  di  provvedere  alia  salute 
del  mondo,  e  dalle  pietre  sarebbono  suscitati  i  figliuoli  di  Abramo, 
cioe  i  nemici  si  rnuterebbono  in  suoi  amid,  gli  estranei  in  suoi 
figli.  Nessun  Papa  giammai  temette  che  la  Massoneria  distrug- 


gesso  la  Chiesa,  e  Leone  XIII  disso  apertameute  che  egli  non 
"va  la  ruina  dt-lla  Chk-sa,  mentre  che  i  sovrani  aveano  ra- 
gioue  di  temere  la  ruina  dei  loro  troni.  Per  distruggere  la  Chiesa 
la  Massoneria  adoperi  pure  ogni  arme  attenendosi  al  principio 
che  tutti  i  mem  sono  buoni  se  atti  a  conseguire  il  supremo 
iniquo  suo  fine:  ma  che  otterra?  L'apostasia  di  alcuni  membri 
od  anche  di  qualche  State ;  ma  la  Ghiesa  nei  martiri  suoi,  negli 
oppress!,  nei  santificati  sotto  il  inartello  della  persecuzione  bril- 
ler£  di  gloria  piu  pura  e  piu  splendida,  come  piu  rifulge  1'oro 
nei  crociuolo  che  lo  purifica. 

YII. 

Terzamente  si  opponeva  che  Leone  XIII  sia  in  contradizione 
con  se*  stesso,  per  quella  maniera  arnica  o  cortese  onde  tratta 
i  principi  massonici.  Si  vede  proprio  che  costoro  non  sanno  che 
cosa  sia  il  Papa!  Gesu  Cristo  dall'alto  della  Croce,  ov' era  cro- 
cifisso  dai  snoi  nemici  stendendo  le  braccia,  volgeva  una  tene- 
rissima  preghiera  al  Padre  perchS  loro  perdonasse,  e  tutti  se 
gli  avrebbe  voluto  stringere  al  cuore.  I  massoni  sono  nemici  del 
Papa,  uia  il  Papa  non  e  nemico  di  nessuno;  mercecche  nemico 
£  chi  odia,  e  che  tende  a  recar  male  altrui.  Or  mentre  i  mas- 
soni odiano  il  Papa  e  ne  cercano  la  ruina  perche  odiano  Gesu  Cri- 
sto; il  Papa  non  gli  odia,  anzi  cerca  con  tutto  il  cuore  il  vero 
loro  bene.  E  1'amore  che  porta  ai  popoli  retti  dai  principi  anco 
massoni,  ed  e  1'amore  che  porta  a  questi  stessi  che  rende  be- 
nevolo il  modo  col  quale  li  tratta:  e  se  talvolta  gli  rimprovera, 
e  il  rimprovero  di  un  padre  che  offre  il  perdono,  perche  non 
pud  non  arnare  dai  fondo  dell'anima  i  proprii  figli  benche  ribelli. 

VIII. 

Se  non  che  in  un'altra  maniera  dai  giornalisti  che  servono 
la  causa  massouica  si  cerca  a  questi  giorni  di  menomare  o  di 
annientare,  se  loro  venga  fatto,  la  efficacia  deirimmortale  En- 
ciclica  Iltununion  yums.  Si  loda  lo  zelo  di  Leone  XIII,  ma 
si  deplora  ch'ei  sia  vittima  di  pochi  illusi.  Come  iiiai  un  Pon- 


LA    MASSONERIA,   ECCO   IL   XEMICO 

tefice,  il  cui  vanto  precipuo  e  di  essere  saggio,  si  e  potato  alla- 
cinare  cosl  da  attribuire  alle  societa  massoniche  per  fine  supremo 
la  distruzione  della  religione  di  Cristo,  da  conseguirsi  con  tutti 
i  mezzi  possibili,  onesti  per  se  e  disonesti?  La  Massoneria  e 
una  istituzione  filantropica  e  non  altro. 

In  molte  maniere  si  pu6  giustificare  quanto  afferma  il  Papa. 
Ma  a  noi  piace  recare,  quasi  per  esteso.  un  importantissimo  do- 
cumento,  diraraato  dalla  setta  nel  1819,  dal  quale  si  fara  ma- 
nifesto non  solo  lo  scopo  satanico  della  Massoneria  ma  eziandio 
come  ad  esso  fu  diretta  la  rivoluzione  e  la  indipendenza  va- 
gheggiata  in  Italia.  Quindi  agevolinente  si  potra  vedere  perche 
ad  ottenerla  concorsero  anche  i  governi  esteri,  e  persino  quello 
della  Francia,  i  quali  nell' ingrandimento  politico  dell' Italia  non 
potevano  non  vedere  un  abbassamento  della  propria  nazionale 
grandezza.  Era  la  Massoneria  cosmopolitica  quella  che  reggeva 
il  movimento.  Da  questo  documento  si  avra  la  chiave  da  spiegare 
la  glorificazione  di  Pio  IX  nel  1847  e  in  principio  del  1848, 
perche  speravasi  di  avere  trovato  il  Papa  tanto  desiderate,  e 
la  conseguente  rabbia  contro  il  inedesimo,  perch&  alia  speranza 
succedette,  ben  presto,  il  disinganno. 

Ecco  1'Istruzione  dei  Carbonari  (che  furono  come  i  Gianniz- 
zeri  della  Massoneria)  diramata  nel  1819.  «  Dacche  noi  siamo 
stabiliti  in  corpi  di  azione,  e  che  1'ordine  cominda  a  regnare 
nel  fondo  della  Vendita  piu  riinota,  conie  nel  seno  della  piu  vi- 
cina  al  centro,  evvi  un  pensiero  che  ha  sempre  occupati  gli  uo- 
mini  che  aspirano  alia  rigenerazione  universale;  e  il  pensiero 
della  liberazione  d' Italia,  da  cui  deve  uscire  in  un  tal  giorno 
la  liberazione  del  mondo  intiero,  la  repubblica  fraterna  e  1'  ar- 
monia  dell'umaniU. 

«  II  Pontificate  ha  esercitato  in  tutti  i  tempi  un' azione  sempre 
decisiva  sopra  gli  affari  d' Italia.  Nel  braccio,  nella  voce,  nella 
penna,  nel  cuore  dei  suoi  innumerevoli  Vescovi,  preti,  monaci, 
religiosi  e  fedeli  di  tutte  le  forine,  il  Pontificate  trova  degli 
eroi  infiniti,  pronti  al  martirio  ed  all'  entusiasmo.  Ovunque  egli 
Tuole  invocarne,  esso  ha  degli  amici  che  muoiono,  altri  che  si 
spogliano  per  lui.  Questa  e  un'  immensa  leva  di  cui  solo  alcuni 


1  » 

Papi  hanno  appro/. /,at;i  tutta  la  potenza,  sebbeno  non  1'abb 
usata  cho  in  certa  misnra.  Oggi  non  si  tratta  per  noi  di  rista- 
bilire  qnesto  potere,  il  cui  >  e  inomentanearaente  it 

bolito:  IL  XOSTRO  SCOPO  FINALE  E  QUELLO  DI  VOLTAI- 
RE E  BELLA  RIVOLUZIOXE  FRANCESE:  L'AXXIKXTA- 
MKMo  PER  SEMPRE  DEL  CATTOLICISMO  ED  AXCOKA 
DELL'  IDEA  CRISTIAXA,  CHE  SE  RESTA  IN  PIEDI SULLE 
ROVINE  DI  1MMA  XK  AYREBBE  PERPETUAZIONE.  Ma 
per  conseguire  pift  certamente  questo  scope  e  non  incontrare 
rovesci  che  allontanino  indefinitamente  o  mettano  in  dubbio  il 
successo  d'una  buona  causa,  non  bisogna  prestare  I'orecchio  ai 
millantatori  francesi,  ai  nebulosi  tedeschi,  ai  melanconici  inglesi, 
i  quali  tutti  s'imaginano  uccidere  il  cattolicismo  ora  con  una 
canzone  impura,  ora  con  una  deduzione  illogica,  ora  con  un 
grossolano  sarcasmo,  passato  per  contrabbando  come  il  cotone 
della  gran  Brettagna.  II  Cattolicismo  ha  una  vita  cosl  stabile, 
che  lo  fa  superiore  a  cio.  Esso  ha  veduti  piu  implacabili,  piu 
terribili  avversarii,  e  si  e  preso  spesso  il  maligno  piacere  di 
gettare  dell'aequa  benedetta  sopra  la  toinba  dei  piu  arrabbiati 
suoi  nemici. 

«  II  Pontificate  da  ben  1600  anni  e  inerente  alia  storia  d' Ita- 
lia. L' Italia  non  pu6  ne  respirare,  ne  muoversi  senza  la  pennis- 
sione  del  supremo  Pastore.  Con  lui  essa  ha  le  cento  braccia  di 
Briareo;  senza  lui  e  condannata  ad  una  impotenza  che  fa  pieta. 
Non  le  rimane  altro  che  fomentare  discordie,  veder  sorggre  per 
tutto  odii,  intendere  ostilita  natele  in  seno  dalla  prima  catena 
delle  Alpi  fino  air  ultima  degli  Appennini.  Noi  non  possiamo 
Tolere  uno  stato  tale  di  cose,  bisogna  dunque  cercare  un  rimedio 
a  sl'trista  condizione.  II  rimedio  e  trovato.  II  Papa  qualunque 
esso  sia,  non  verra  giammai  alle  societa  secrete;  devono  le 
societa  secrete  fare  il  primo  passo  verso  la  Chiesa,  affin  di  cin- 
cerli  tutti  due. 

«  La  fatica  che  noi  intraprendiamo  non  e  1*  opera  ne  di  un 
giorno,  ne  di  un  mese,  ne  di  un  anno;  pu6  durare  parecchi 
anni,  forse  un  secolo:  ina  nelle  nostre  file  il  soldato  muore, 
il  combattimento  continua. 

&rri<  XII.  rol.  VI.  fate.  814  20  7  maggio  1384 


LA    MASSCKNERIA,   ECCO   IL    NEMICO 

«  Noi  non  iutendiamo  gia  guadagnare  i  Papi  alia  nostra  causa 
e  farli  discepoli  del  nostri  principii,  e  propugnatori  delle  nostre 
ideo.  Questo  sarebbe  un  sogno  ridicolo  (bella  confessione!)  e  in 
qualunque  forma  pieghino  gli  avvenimenti,  se,  per  esempio, 
qualche  Cardinale  o  Prelato  entri  di  piena  volonta  o  per  sor- 
presa  in  una  parte  dei  nostri  secreti,  non  e,  per  questo,  un 
motivo  per  desiderarne  1'innalzamento  alia  cattedra  di  Pietro. 
Questo  innalzamento  ci  rovinerebbe.  Solo  I'ambizione  1'avrebbt) 
indotto  all' apostasia,  il  bisogno  del  potere  lo  costringerebbe  ad 
immolarci.  Ci6  che  noi  dobbiaino  domandare,  ci6  che  noi  dobbiamo 
cercare  ed  aspettare,  come  i  Giudei  aspettano  il  Messia,  e  un 
Papa  secondo  i  iiostri  bisogni.  Alessandro  VI  con  tutte  le  sue 
colpe  private  non  ci  converrebbe,  poichd  non  ha  mai  errata 
in  materia  religiosa.  Ma  Clemente  XIV  al  contrario  sarebbe 
fatto  per  noi  dai  piedi  fino  alia  testa.  Q-anganelli  si  diede  le- 
gato piedi  e  inani  ai  niinistri  dei  Borboni,  che  gli  faceano  paura, 
agli  iucreduli  che  celebravano  la  sua  tolleranza:  e  Ganganelli 
e  divenuto  un  grandissimo  Papa.  Ci  sarebbe  bisogno  di  un  Papa 
che  avesse  presso  a  poco  queste  condizioni,  se  ci6  ancora  e 
possibile.  Con  questo  noi  marceremmo  piu  sicuramente  all'  as- 
salto  della  Chiesa,  che  coi  libelli  dei  nostri  fratelli  di  Francia 
od  anche  coll'oro  dell'Inghilterra.  Volete  saperne  la  ragione? 
Si  e,  perch&  ottenuto  ci6,  PER  ROMPERE  LA  BUPE  SOPRA  LA  QUALE  DIG 
HA  FONDATA  LA  SUA  CHIESA,  non  abbiamo  piu  bisogno  dell'aceto  di 
Annibale,  non  piu  della  polvere  da  cannone,  e  nemmeno  dei 
nostri  bracci.  Noi  abbiamo  il  dito  inignolo  del  successore  di 
Pietro  ingaggiato  nella  congiura,  e  questo  dito  mignolo  vale, 
in  una  crociata  tale,  tutti  i  san  Bernard!  della  Cristianita. 

<  Poco  possiarno  fare  coi  vecchi  Cardinal!  e  coi  Prelati  che 
hanno  un  carattere  fermo.  Bisogna  lasciarli  incorreggibili  alia 
scuola  di  Consalvi  o  cercare  nei  nostri  depositi  di  popolarita  o 
d'iiiipopolarita  le  armi  che  renderanno  inutile  o  ridicolo  il  po- 
ter3  nelle  loro  mani.  Una  parola  accortamente  inventata,  e  con 
arte  sparsa  in  certe  famiglie  scelte,  affinche  da  esse  disceuda 
ne'caff^  e  dai  caffS  nella  strada,  una  parola  pu6  qualche  volta 


I  » 

uccideiv  un  1101110...  (si  segue  ad 
!'iti  neifogli  fntbLl, 

«  Schiacciate  il  nemico...  ma  sopratutto  schiacciateld  nell'uovo. 
Bisogna  andare  alia  gioventti,  questa  bisogna  sedurre,  questa 
dobbiam  trascinare,  senza  che  so  ne  accorga,  sotto  la  bandiera 
delle  societa  secrete.  Voi  dovete  avere  1'apparenza  d'essere  SLMU- 
plici  come  le  colombe,  ma  essere  prudent!  come  il  serpente.  I 
vostri  padri,  i  vostri  figli,  le  vostre  stesse  mogli  devono  sempre 
ignorare  il  secreto  che  voi  portate  nel  vostro  seno,  e  se  vi  piace 
per  meglio  ingannare  1'occhio  inquisitoriale,  di  andare  spesso 
a  confessarvi,  voi  avete  per  diritto  1'autorita  di  servare  il  piu 
assoluto  silenzio  sopra  queste  cose... 

<  Lasciate  da  banda  la  vecchiaia  e  1'  eta  virile :  and  ate  alia 
giovinezza,  e  se  e"  possibile  fmo  all'  infanzia...  Affine  di  fare  pro- 
sperare  la  vostra  causa  entro  la  soglia  di  ogni  famiglia,  per 
acquistarvi  il  diritto  di  asilo  al  focolore  domestico,  ?oi  dovete 
presentarvi  con  tutte  le  apparenze  di  uomo  grave  e  morale.  Una 
volta  stabilita  la  vostra  riputazione  nei  collegi,  nei  giniiasii, 
nelle  universita  e  nei  seminari,  una  volta  che  voi  vi  avrete 
procacciata  la  confidenza  dei  professori  e  degli  student!,  fate  che 
quelli  principalmente  che  s'ingaggiano  nella  clericale  milizia  si 
dilettino  dei  vostri  intertenimenti...  OfFrite  loro  sulle  prime,  ma 
sempre  in  secreto,  dei  libri  inoffensivi,  delle  poesie  risplendenti 
di  enfasi  nazionale,  quindi  a  poco  a  poco  menate  i  vostri  mer- 
lotti  alia  cottura  che  voi  volete  (si  danno  qui  altre  norme  per 
Mindolare  i  chiericij...  Entro  qualche  anno  questo  giovane 
sacerdozio,  in  forza  delle  cose,  avra  invase  tutte  le  funzioni,  egli 
governera,  arauiinistrera,  giudichera,  formera  il  consiglio  del  so- 
vrano,  sara  chiamato  ad  eleggere  il  Pontefice,  che  dovra  regnare, 
e  questo  Pontefice,  come  la  piu  parte  dei  suoi  contemporanei, 
sar^  necessariamente  piu  o  meno  imbevuto  dei  principii  italiani, 
e  umanitari  che  noi  cominciamo  a  fare  circolare...  Yolete  sta- 
bilire  il  Eegno  degli  eletti  sopra  il  trono  della  prostituta  di 
Babilonia,  fate  dunque  che  il  sacerdozio  marci  sotto  la  vostra 
bandiera,  credendosi  sempre  marciare  sotto  la  bandiera  delle 
chiavi  apostoliche. 


•ill'l  LA    MASSONERIA,   ECCO   IL   NEMICO 

«  Adunque  ogni  atto  della  nostra  vita  tenda  alia  scoperta  di 
questa  pietra  filosofale.  Gli  alchimisti  del  medio  evo  perdettero 
il  loro  tempo  e  1'oro  del  loro  ingannati,  alia  ricerca  di  questo 
sogno.  Quello  delle  societa  secrete  si  compira  per  la  pift  sem- 
plice  delle  ragioni ;  ed  e  questa  ch'  e  fondata  sulle  passioni  del- 
1'  uomo.  Non  ci  scoraggiamo  dunque  ne  per  un  successo  per- 
duto,  ne  per  un  rovescio,  n&  per  una  sconfitta;  prepariamo  le 
nostre  armi  nel  silenzio  delle  vendite ;  appuntiamo  tutte  le  no- 
stre  batterie;  aduliamo  tutte  le  passioni  piu  malvage  come  le 
piu  generose,  e  tutto  ci  uiena  a  credere  che  questo  sistema  riu- 
scira  un  giorno  ancora  al  di  la  dei  nostri  calcoli  piu  impro- 
babili '.  > 

Metta  il  saggio  lettore  a  confronto  questa  Enciclica  dei  set- 
tarii  con  la  Enciclica  di  Leone  XIII,  ed  oltre  il  trovarvi  la  giu- 
stificazione  di  questa  in  ogni  suo  detto,  conspicuamente  vedra 
che  in  quella  e  satanico  lo  scopo  e  satanici  i  mezzi  diretti  ad 
esso;  e  che  per  contrario  nell'altra  divino  e  lo  scopo  di  salvare 
1'  umana  societa,  e  giustissimi  e  santissimi  i  mezzi  per  conse- 
guirlo. 

Questa  circolare  viene  ancora  confermata  da  un  decreto  mas- 
sonico,  sancito  in  Parigi  nel  1879  dall'Assemblea  generale  delle 
logge  francesi  alia  presenza  dei  delegati  di  ogni  nazione,  e 
recato  nell' operetta:  Le  secret  de  la  Franc-Magonnerie  del  Ve- 
scovo  di  Grenoble,  nonche  piu  volte  riportato  dall'  Osservatore 
Romano.  Esso  dice  cosl :  <c  Cose  da  farsi  in  Francia  e  al  nord. 
Scristianare  con  tutti  i  mezzi,  ma  soprattutto  strangolando  il 
cattolicismo  a  poco  a  poco,  ad  ogni  anno  con  nuove  leggi  contro 
il  Clero.  Fra  otto  anni,  merce  1'istruzione  laica  senza  Dio,  si 
avra  una  generazione  atea  ecc.  ecc.  >  Ma  a  che  serve  oggimai 
recare  nuove  prove,  che  tale  e  non  altro  e  il  fine  supremo  della 
setta?  Oggimai  apertamente  lo  mostrano  i  settarii.  Si  fa  guerra 
a'dommi,  guerra  alia  morale,  si  pregia  queila  sola  scienza  che 
e  contraria  alia  fede,  la  quale  quanto  e  empia  altrettanto  e 
assurda ;  si  combatte  T  uso  dei  sacramenti,  si  esclude  Dio  al 

1  Questo  documento  sta  nella  celcbre  opera,  La  revolution  en  face  a  I'Eglise 

par   Cl'.ETINEAU  JOLY. 


•ipio  della  vita  dell'iionm,  alia  morte,  alia  toml>  ccia 

•lallo  scuole,  dalla  faiuiglia,  dalla  societa;  si  uiettono  in  de- 
ne dai  settarii  i  riti  ecclesiastic! ;  e  quelle  sHte  d'uomini  che 
passano  per  li  fantaccini  detla  Massoneria  e  pigliano  il  Dome 
di  anticlerical!,  fanno  di  tutto  per  dimostrarsi  anticattoliche; 
persino  imbandiscono,  a  nome  comuno,  le  mense  in  cibi  grassi 
nel  Venerdi  Santo,  perche  si  sappia  che  come  sono  nemicho 
della  Cbiesa  cosi  rabbiosamente  detestano  Gesu  Cristo.  £  cosl 
inanifesta  la  menzogna  dei  giornali  massonici,  i  quali  insultano 
al  sapientissimo  Leone  XIII,  quasi  che  avesse  ascritto  alia  Mas- 
soneria fini  da  questa  non  intesi  e  mezzi  non  adoperati,  che 
niuno,  tranne  i  ciechi  volontarii,  potra  lasciarsi  ingannare. 

Noi  intanto  ringraziamo  Iddio  di  averci  dato  nn  Papa  di  tanto 
senno  che  seppe  con  cotesta  Enciclica  mettere  il  dito  alia  radice 
del  male;  e  di  tanto  coraggio  che,  nulla  temendo,  vi  voile  appor- 
tare  vero  rimedio.  La  Massoneria,  ecco  il  nemico!  Ogni  cri- 
stiano  nella  Massoneria  riconosca  il  nemico  di  Cristo  e  della 
rivelata  religione.  Ogni  cattolico  il  nemico  della  Chiesa  e  del 
Papa.  Ogni  principe  il  nemico  deU'ordine  sociale.  Ogni  popolo 
il  nemico  del  suo  ben  essere.  L' Italia  il  nemico  della  sua  gran- 
dezza  e  della  sua  vera  e  stabile  gloria.  Ogni  uomo  il  nemico  di 
Dio  e  di  s6  medesirao:  La  Afassoneria,  ecco  il  nemico!  Lo 
afferma  e  invincibilmente  lo  dimostra  Leone  XIII;  ed,  anco  per 
questo  solo,  il  suo  nome  sara  iminortale  e  venerato  nella  posterita. 
Egli  e  il  nostro  supremo  duce:  seguiamolo  nella  via  che  ci  addita; 
eseguiamo  quant' egli  ci  prescrive  di  fare. 


DI ALCUNI  DOCUMENT!  POCO  NOTI 

DINOSTRANTI  CIO  CUE  DELLA  SETTA  MASSONICA 

DEFIMSCE  LA  RECENTE  ENGICLICA  HUMANUM  GENUS 

PEL  S.  P.  LEONE  XIII. 


I. 

Quella  mala  lupa  della  Massoneria  che  gi£  fin  dal  secolo  scorso, 
appena  nata,  scrisse  e  divulgft  contro  un  certo  Ordine  Religioso 
quel  suo  si  calunnioso,  ora  dimenticato  ma  allora  celebre,  li- 
bretto intitolato:  Ilupi  smascherati,  essendosi  essa  stessa  sem- 
pre  trovata  nella  necessita  di  mascherarsi  da  agnellina,  mai  non 
fu  solita  urlare  si  al  naturale  come  ogniqualvolta  si  vide  da 
chicchessia,  coruechessia,  anche  leggermente  smascherata.  Ed  6 
percio  ben  naturale  che  mai  anche  non  abbia  si  rabbiosamente 
urlato  come  quando,  secondo  che  teste  le  &  toccato,  non  un  chic- 
chessiasi  n&  coinechessiasi,  ma  lo  stesso  Maestro  Infallibile  della 
Verita  compiutamente  la  smaschor6.  Come  infatti  rimpolparsi  e 
rinsanguarsi  di  nuove  reclute  tra  la  gente  onesta,  se  essa  Tien 
ravvisata  per  societa  disonesta?  E  come  anche  ritenere  tra  le 
sue  file  i  tanti  onesti  ingannevolmente  incappativi  perchfc  per- 
suasi  di  entrare  in  una  societa  onesta?  E  quei  medesimi  lupi 
vecchi  che  sanno  di  appartenere  e  comandare  ad  uaa  societa  di- 
sonesta, come  potrebbero  cosl  smascherati  conservare  tra  gli  onesti 
il  credito  e  1' influenza  loro?  Non  vi  6  dunque  da  maravigliarsi  se, 
siccome  sempre  cara,  venerata  e  salutare  ai  non  massoni,  cosi  ai 
massoni  sia  sempre  sonata  odiosissima,  formidabile  e  nocevolissima 
non  soltanto  e  specialmente  la  Voce  Apostolica,  ma  quel  la  ancora 
qualunque  siasi  che  in  qualsiasi  guisa  li  smascherasse.  Calunnie, 
vessazioni,  persecuzioni,  vendette  anche  atrocissime  fu  perci6  sem- 
pre la  parte  toccata  a  chi  prese  a  stuzzicare  come  che  fosse  questo 
nugolo  di  calabroni.  I  quali  con  ci6  stesso,  mentre  dall'  un  lato 


M    Al.'.l  M    I»' 

iiiai  non  riuscirono  a  scoraggiare  gli  amici  del  vero,  naturali  ne- 
inici  del  la  sempre  con  esso  loro  ainbulante  menzogna,  riuscirono 
invece  dall'altro  lato  a  dare  la  piu  chiara  prova  doirindolo  lu- 
pesca  della  loro  societa.  Sarebbe  ozioso  il  solo  accennare  qui 
quei  tanti  esempii  delle  persecuzioni  massoniche  notissimi  a  tutti 
anche  inediocreniente  eruditi  nella  storia  ecclesiastica  e  civile 
del  passato  e  del  presentc  secolo.  Ma  non  tutti  forse  conoscono 
il  teste  accaduto  ad  Edoardo  Emilio  £ckert  avvocato  e  notaio 
di  Dresda,  uno  dei  piu  recenti  e  piu  valenti,  benchfc  protestante, 
avversarii  della  Massoneria.  Le  cui  vicende  ci  piace  narrare 
colle  stesse  parole  del  Rev.  Signor  Canonico  e  Teologo  G.  Gliel- 
mone,  traduttore  dal  tedesco  di  una  delle  opere  dell'  Eckert  in- 
titolata:  La  Frammassoneria  nel  vero  suo  aspetto:  con  note 
ed  appendid:  Torino  1873:  Borgarelli:  via  Montebello  22.  E 
citiamo  anche  il  luogo  dell'ediziono,  perche  chi  vuole  sappia  dove 
provvedersi  di  un' opera  di  lieve  costo  ed  ora  piu  che  mai  op- 
portuna  a  quei  tanti  giovani  ed  anche  vecchi,  che  ainano  cono- 
scere  alquanto  la  vera  natura  ed  indole  di  questa  matriarca  delle 
sette  segrete.  Or  dunque  il  benemerito  Glielmone  cosl  narra  a 
pagina  8  della  sua  Prefazione:  <  Tra  coloro  che  primeggiano 
«  in  Europa  nell'aver  combattuta  la  Massoneria  va  TEckert  av- 

<  vocato  e  notaio  di  Dresda.  Egli  stauipd  ormai  cinque  opere 

<  contro  della  medesitna.  La  prima  e  la  presente  che  imprendo 
«  a  tradurre.  La  seconda  e  intitolata:  11  tempio  di  Salomons 

<  ossia  Carta  generate  del  piano  rivoliizionario:  organizza- 
«  zione  scopo  e  mezzi  della  Frammassoneria.  Dresda.  Poi 
«  stampo :  Le  societa  segrete  del  paganesimo>  dei  Manichei,  dei 
€  Frammaasoni :  Sciaffusa.  Bitornd  alia  carica  coi  Misteri  dei 
€  pagani:  Sciaffu^a.  Per  ultimo  stain p&:  I'Emporio  di  prove 

<  IH')'  f/iudicare  la  Frammassomria  prima  causa  di  tutti  gli 

<  attc.ntati  contro  la  Chiesa,  lo  Stato,  la  Famiglia,  la  Sucieta 

<  per  via  di  tre  mezzi:  Vinganno,  il  tradimento,  la  violenza. 
«  La  prima  opera,  la  presente,  men6  gran  runiore  in  Germania, 

<  tuttoche  sia  abborracciata  in  fretta.  Eckert  inentre  attendeva  al 

<  patrocinio  delle  cause  nel  foro  era  giornalista  ronservatore. 
«  Convinto  dai  fatti  del  1S43  come  la  Frammassoneria  fosse  la 


41  IS  DI   ALCUNI   DOCUMENTI    POCO    NOTI    ECC. 

«  rausa  prima  di  tutti  i  rivolgiinenti,  pens6  che  il  partito  con- 
«  servatore  non  abbisognasse  per  combatterla  che  di  un  uomo 
«  il  quale  si  mettesse  alia  testa,  si  facesse  duce  e  desse  il  primo 
«  nioto.  Si  senti  coraggio  e  si  fe'  innanzi.  Combattd  il  partito  del 
«  disordine  nel  proprio  giornale:  fond6  un  comitato  conservatore: 
«  ma  fu  freddamente  corrisposto.  Gli  anni  1849-50  correvano 
«  tanto  poco  propizii  al  partito  dell'ordine!  Un  giorno  scrisse 
<  nel  suo  giornale  che  tre  Minister!  di  Dresda  stavano  esclu- 
«  sivamente  in  uiano  della  Framraassoneria.  Ci6  basto  per  in- 
«  tentargli  un  processo.  Eckert  ardito  ricuso  la  competenza  di 
«  ogni  tribunale  finch&  non  fosse  abolita  la  Frammassoneria ; 
«  perch6  i  tribunali  essendo  piu  o  meno  sotto  1' influenza  della 
«  medesima,  la  setta  rimaneva  giudice  e  parte  interessata.  Quindi 
«  si  volse  alia  Camera  perche  venisse  legalmente  abolita  la  mas- 
«  soneria:  e  scrisse  in  fretta  quell' opera  quale  requisitoria  ed 
«  uccusa  contro  di  essa.  Sollev6  gran  romore  e  Iasci6  grande  im- 
«  pressione.  Un  effetto  solo  ottenne  che  il  governo  viet&  ai  mi- 
«  litari  di  appartenere  alia  Massoneria:  Tunico  effetto  riguardo 
«  al  ben  pubblico.  Riguardo  alia  sua  persona  Eckert  si  attir6 
«  le  vendette  della  setta.  Ogni  numero  del  suo  giornale  ostile 
«  alia  Massoneria  era  sequestrate.  Quindi  processi  su  processi 
«  che  lo  rovinarono  nella  fortuna.  Minacciato  nella  vita,  dovette 
«  fuggire  la  patria,  abbandonando  1'  avvocatura  suo  mezzo  a  cain- 
«  par  la  vita.  Ritirossi  a  Praga:  dove,  pochi  anni  fa,  termind  i 
«c  suoi  giorni.  > 

Altrettanto  sempre  si  attent6  e  spesso  si  ottenne  dalla  Mas- 
soneria contro  i  suoi  avversarii  non  soltanto  pratici  e  politicamente 
contro  lei  attivi,  a  sterminio  de'quali  specialmente  suole  usarsi 
il  pugnale  carbonado ;  ma  ancora  teorici  e  speculativi,  contro 
i  quali  anche  talvolta  si  usa  il  pugnale,  ma  piu  ordinariamente 
il  gladius  linguae,  la  calunnia,  la  cospirazione  del  silenzio  ed 
o^ni  fatta  di  persecuzione  civile,  sociale,  letteraria,  giornalistica 
ed  altra  qualsiasi.  Cosicche  1'avversario  dei  massoni  ed  anche 
spesso  il  semplice  non  massone,  se  e  in  carcere,  6  trattato  peggio 
degli  altri,  se  in  impiego  non  avanza,  se  in  tribunale  perde.  Ed 
in  generate  seinpre  e  contrastato  da  una  forza  occulta  in  ogni 


I-I    \l  .  r.M    I'  CUMIim    l'»«>    ' 

anche  v  ilesidi-rio  ed  in  ogni  suo  anche  piu  1 

diritto.  Laddove  invece  il  massone,  dovunque  la  setta  ha  nno 
zampino  (e  bisogna  riconoscere  e  confessare  che,  grazie  a  Dio, 
essa  6  ancora  ben  lontana  dall'averlo  dappertutto)  6  sicuro  di  aver 
sempre  ragione  anche  quando  ha  torto.  E  percib  ben  diceva 
I'Eckert  e  giustaraente  pretendeva  che  fosse  soppressa  la  3! 
soneria  prima  che  egli  riconoscesse  la  competenza  di  tribunal! 
dove  i  massoni  erano  giudici  e  parte.  E  per  fermo  favorirebbe 
assai  anche  tra  noi  T  eqna  distribuzione  della  giustizia  quel  mi- 
nistro  o  deputato  che  a  qualunque  siasi  imputato  o  litigante  od 
anche  esaminando  ottenesse  il  diritto  di  escludere  dai  suoi  giu- 
dici od  esaminatori  il  uiassone  notorio  o  dimostrato  tale:  sapen- 
dosi  ormai  da  tutti  e  conoscendosi  la  natura  e  1'indole  di  questa 
frateria  di  mutuo  soccorso  e  di  mutuo  incensaraento.  Ma  checche 
voglia  essere  di  questa  nostra  proposta,  il  certo  si  e  che  se  cosl 
usano,  come  vederamo,  i  massoni  coi  semplici  privati  che  o  pra- 
ticamente  o  teoricamente  li  avversano  e  combattono,  &  chiaro 
che  molto  peggio  debbono  adoperare  con  qualsiasi  autorita  si  ec- 
clesiastica  come  civile  che  li  avversi  e  combatta  e  sopra  tutto 
colla  Somma  Autorita  Apostolica.  Contro  essa  infatti  ora  nrlano 
tutti  questi  lupi  smascherati,  in  tutti  i  loro  giornali  ed  in  tutte 
le  loro  Logge,  secondo  che  del  resto  sempre  fecero,  ogni  qual- 
volta  essa  nel  passato  e  nel  presente  secolo,  si  utilmente  per  tutti 
e  si  nocevolmente  per  loro,  li  smascher6  e  condannd  solenne- 
mente.  E  quanto  a  ragione  si  vedra  anche  dal  documento  che 
siamo  per  soggiungere.  Esso,  a  vero  dire,  non  6  inedito.  Ma  e 
come  se  lo  fosse.  E  percio  merita  di  essere  ridonato  alia  vera 
Luce;  siccome  quello  che,  se  non  erriamo,  basta  pressochS  da  s& 
solo  a  dimostrare  storicamente  e  teoricamente  esattissimo  quanto 
si  contieno  nella  recente  Enciclica  antimassonica  del  Regnante 
Sommo  Pontefice  Leone  XIII.  Ma  e  da  premettere  un  po'di  storia. 
Tra  i  peggiori  Massoni  ed  anzi  Illuminati  della  scuola  di 
Adamo  Weishaupt,  e  percio  anche  tra  i  piu  accorti  ed  inlluenti 
campioni  della  politica  illunrinato-massonica  della  Prussia  del 
secolo  scorso,  ai  tempi  della  Rivoluzione  malamente  detta  fran- 
cese,  fu  certamente  il  Conte  Graziano  Errico  Carlo  di  Haugwitz, 


•llll  DI   ALCUNI    DOCfMKMI    POCO    NOT! 

pessimo  uomo  sotto  tutti  i  rispetti  anche  morali:  e  come  tale 
noto  anche  ai  piu  volgari  lettori  dei  Dizionarii  bibliografici.  Non 
6  per6  nota  a  tatti  la  sua  conversione,  non  gia  dal  protestan- 
tismo  al  cattolicismo,  ma  dalla  Massoneria  alFonesta  naturale. 
La  quale  conversione  fu  la  causa  del  duplice  ed  opposto  giudizio 
che  di  lui  fanno  tanti  scrittori:  solendolo  lodare  quelli  che  lo 
conobbero  massone  e  vituperare  gli  altri  che  ne  seppero  la  con- 
versione; secondo  la  rnoda  solita  dei  massoni,  che  lo  stesso  indi- 
viduo  giudicano  buono  o  cattivo  secondo  che  e  o  non  e  loro  af- 
filiato.  La  quale  moda  inconscientemente  seguono  anche  molti 
non  massoni  giudicanti  coll'altrui  anziche  col  proprio  giudizio. 
Or  dunque  essendo  1'Haugwitz  passato  per  tutti  i  gradi  della 
Massoneria  e  del  Potere  fino  ad  essere  diventato  primo  ministro 
del  suo  Re  e  padrone  di  piu  milioni,  ed  avendo  in  quella  sna 
condizione  venduto  a  Napoleone  tutto  il  Legittimismo  emigrato 
francese  e  1'esercito  detto  del  Conde,  stoltamente  fidatosi  del  go- 
verno  massonico  di  un  Re  forse  non  massone,  (cosl  infatti  allora, 
come  anche  poi  accadeva,  pel  cooperare  che  facevano  e  fanno  al 
trionfo  della  Rivoluzione  i  ministri  massoni  e  traditori  dei  Re 
personalmente  antirivoluzionarii) ;  accadde  infine  che  anche  il 
traditore  Haugwitz  fu  alia  sua  volta  abbandonato  e  tradito,  suc- 
cedendogli  altri  ministri  piu  furbi  di  lui  nel  1811.  Da  qneH'anno 
fino  alia  sua  morte  in  Yenezia  nel  1832  ebbe  tempo,  vecchio, 
malato  e  cieco,  a  riflettere  sopra  la  sua  vita  ed  i  casi  suoi.  Riti- 
rossi  dalla  Massoneria:  e  la  Massoneria  si  ritiro  da  lui.  E  quel- 
1'Haugwitz  che,  per  tanto  tempo  quando  era  massone  comandava, 
arricchiva  e  veniva  dai  suoi  coperto  di  venerazione  e  di  applausi ; 
appena  prese  a  disservire  la  Massoneria,  ne  fu  carico  di  impro- 
perii,  siccome  si  vede  dalle  storie  che  poi  ne  scrissero  non  solo  i 
legittimisti  da  lui  traditi,  ma  i  massoni  da  lui  smascherati. 
Scrisse  egli  infatti  e  present6  al  Congresso  dei  Sovrani  in  Ve- 
rona nel  1823  una  sua  Memoria  del  seguente  tenore. 

«  GHunto  alia  fine  della  mia  carriera  (aveva  infatti  allora 

<  settant'  anni :  ma  ne  visse  ancora  altri  died}  credo  dover 

<  fare  alcune  considerazioni  sopra  i  maneggi  delle  societa  se- 
«  grete,  il  cui  veleno  ora  piu  che  inai  minaccia  la  societa. 


I    DOCUMENT!   POCO    >  •'«  1  1 

<  La  loro  storia  o  taliueoto  collegata  colla  mia  cbe  non  posso 

<  DOD  iscrivervela  e  darvene  qualche  conno.  Lo  mie  inclinazioni 

<  naturali  e  la  mia  educazione  avendomi  eccitato  al  desiderio 
«  del  sapere,  nO  potcndomi  contentare  delle  conoscenzo  volgari, 

<  volli  cercare  le  occulte  essence  delle  cose.  Ma  Pornbra  segue 
«  la  luce.  £  percid  una  curiosita  sempre  maggiore  di  penetrare 
«  nel  santuario  della  scienza.  Ci6  mi  spiuse  ad  entrare  nella  so- 

<  cieta  del  Frauimassoni  (i  quali  allora,  come  ora,  vendevano 

<  i  segreti  della  scienza  come  i  ciarlatani,  gli  spiritisti,  i  ca- 

<  balisti,  i  Hosa  Croce,  gli  alchimisti  e  gli  zingari).  £  noto 
«  che  i  primi  passi  che  si  dauno  nell'Ordine  massonico  poco  sod- 

<  disfanno  ai  desiderii  dei  curiosi.  E  qui  sta  appunto  il  pericolo 
«  per  la  fantasia  si  infiammabile  della  gioventu.  lo  non   era 

<  ancora  maggiore  di  eta,  che  gia  era  capo  in  Massoneria  ed 
«  anzi  membro  del  Capitolo  degli  alti  gradi.  Prima  di  aver  po- 

<  tuto  conoscere  bene  me  stesso,  prima  di  aver  capito  dove  mi 

<  fossi  introdotto,  gia  io  mi  trovava  incaricato  della  direzione 

<  superiore  massonica  delle  Loggie  di  Prussia,  della  Polonia  e 
«  della  Russia  (secondo  che  anche  accade  ora  ai  frati  Bacci, 
«  Petroni,  Pianciani  e  simili). 

€  La  Massoneria  era  allora  (come  anche  ora)  divisa  in  due 
«  parti ti  segretarnente  operanti.  L'uno  aveva  per  emblema  la  ri- 
«  cerca  della  pietra  filosofale  (che  voleva  dire  la  ricerca  del 

<  modo  di  aggiustare  il  mondo  a  nuovo).  La  religione  di  questo 
«  partito  era  il  Deismo  ed  ancbe  I'Ateismo  (che  sono  infatti 
€  praticamente  la  stessa  cosa).  La  sede  centrale  dei  suoi  layori 

<  era  in  Berlino  (giacchd  la  Prussia  fu  sempre  ed  $  la  sede 

<  della  massoneria  piu  attiva)  sotto  la  direzione  del  Dottore 
«  Zinndorf.  —  Altrimenti  pareva  pensare  ed  operare  1'altro  par- 
«  tito  (che  era  come  i  nostri  moderati  di  adesso)  il  cui  capo 

<  apparente  era  il  Principe  Federico  di  Brunswick  (giacchu  i 

<  Principi  in  Massoneria  sono  sempre  Capi  e  sempre  Apparent! : 

<  doe  Capi  falsi  a  Berlino  ed  altrove).  Questi  due  partiti  (Cuno 

<  Bepubblicanu,  Intransigente,  dinamistico,  nichilista;  1'altro 

<  nionarchicOj  conservative ,  moderate,  conciliativo :  come  sa- 

<  rebbe  a  dire  Cavallotti  e  Bonghi)  erano  sempre  in  lotta  tra 


41?  DI   ALCUM   DOCUMENT!   POCO    NOT!    ECC. 

«  loro  (come  la  maggioranza  e  la  mhiornma,  FOpinione  e  la 
«  Capitale) ;  ina  s' intendevano  benissimo  tra  loro  segretamente 
«  per  impadronirsi  del  governo  del  mondo.  Conquistare  i  troni, 
«  servirsi  del  Re  come  di  loro  ministri,  questo  era  (come  ora 
€  segue  ad  esserej  il  loro  scopo. 
«  Sarebbe  superfluo  il  narrarvi  qui  come  io,  naturalmente  cu- 

<  riosissimo,  sia  giunto  a  conoscere  il  segreto  scopo  dell' uno  e 

<  dell'altro  partito.  II  fatto  e  che  1'ho  conoscinto.  Ne  fai  sto- 
«  inacato.  Trovandomi  io  allora  in  molto  alta  condizione  (di  primo 
«  ministro  in  Prussia)  credetti  non  poter  far  altro  che  o  ri- 
«  tirarmi  o  prendere  una  mia  via  particolare.  Scelsi  il  secondo 

<  partito.  Io  ed  i  iniei  amici  avemmo  allora  la  buona  sorte  di 

<  scoprire  nei  geroglifici  dei  Gradi  Superiori  ci6  che  io  si  avi- 

<  damente  cercava.  Vi  trovai  (e  qui  confessiamo  di  non  inhn- 

<  dere  questo  geroglifico:  ma  forse,  come  si  vedra  da  do  che 

<  segue,  non  e  che  un  errore  di  copista)  la  natura  dell'  uomo 

<  nella  sua  purita  (ciod  impurita)  originate.  Nel  1777  m'inca- 
«  ricai  di  dirigere  una  parte  delle  Loggie  di  Prussia.  La  mia 
«  direzione  stendevasi  anche  sopra  i  fratelli  sparsi  in  Polonia  ed 
«  in  Russia.  Se  non  Io  sapessi  per  propria  mia  esperienza  non 
«c  potrei  spiegare  la  non  curauza  a  tale  proposito  dei  governi ; 
«  i  quali  paiono  chiudere  a  bella  posta  gli  occhi  sopra  questo 

<  disordine  che  e  un  vero  Stato  nello  Stato.  Non  soltanto  in- 

<  fatti  i  Capi  della  Massoneria  stavano  in  continua  corrispon- 
«  denza  tra  loro  con  cifre  speciali ;  ma  s'  inviavano  ancora  vicen- 

<  devolmente  degli  emissarii.  Esercitare  un'  influenza  doininante 
«  sopra  i  Troni  ed  i  Re,  quello  era  il  nostro  scopo:  come  era 
«  stato  quello  (secondo  I'opinione  del? Haugicitz)  dei  Cavalieri 

<  Templarii. 

«  Coniparve  allora  uno  scritto :  Errori  e  verita ;  che  fece  molto 
«  romore  e  mi  commosse  assai.  In  sulle  prime  credetti  trovarvi 
«  il  segreto  nascosto  sotto  gli  emblemi  della  Massoneria.  Ma 

<  quanto  piu  io  m'inoltrava  nel  senso  loro,  tanto  piu  mi  con- 

<  vinceva  che  qualche  cosa  di  ben  altro  vi  si  trovava  nel  fondo. 

<  Mi  si  apersero  meglio  gli  occhi  quando  seppi  che  il  Saint 
«  Martin  autore  di  quel  libretto  era  uno  dei  capi  del  Capitolo 


« 


NTI    I'OOO     - 

(\:  che  sempre  qualche 

noiw  fbivo  si  It'iri:'1  '/""  ymce  i7   vero  segreto  mn 

<mo).  Cola  si  rannodavano  tutte  le  fila  che  dovevano 
poi  pi  A  tardi  sgropparsi  per  preparare  e  tessere  quel  velo  e 
qnella  maschera  religiosa  colla  quale  i  Massoni  si  velano  per 
gabbare  i  profani.  Mi  convinsi  allora  fermamente  che  il  drainma 
cominciato  nel  1788,89,  la  rivoluzione  francese,  il  regicidio 
e  tutti  gli  altri  orrori  non  soltanto  erano  stati  decisi  cola  (/// 
i  I  itel  capitolo  ebraico  di  Sion)  ina  erano  ancora  il  risultato 
delle  associazioni,  giuramenti,  eco. 

<  Di  tutti  i  contemporanei  di  quel  tempo  non  me  ne  rimane  che 
un  solo,  il  Nestore  dei  cuori  generosi,  Guglielmo  III.  Subito 
gli  comnnicai  le  mie  scoperte.  Ci  convincemmo  ambedue  che 
tutte  le  societa  massoniche,  cominciando  dalla  piu  modesta 
fino  ai  gradi  pi  A  alti,  non  hanno  altro  scopo  che  di  servirsi 
dei  sentimenti  religiosi  per  i  disegni  piu  criminosi,  adoperando 
i  primi  per  velare  i  secondi.  Questo  convincimento  fu  pure 
«  anche  quello  di  Sua  Altezza  il  Principe  Gugliemo.  Perci6  ri- 
«  solsi  di  abbandonare  la  Massoneria.  Ma  il  Principe  opin6  che 
«  sarebbe  stato  meglio  di  non  abbandonarla  compiutaniente. 
«  Giacchfc  la  presenza  nolle  logge  di  persone  oneste  (dot  ilfare 
*  la  spia  ed  il  tradire  i  traditori)  gli  pareva  un  mezzo  eflS- 

<  cace  per  iinpedire  1'  influenza  di  quei  traditori  e  per  trasfor- 

<  mare  le  societa  presenti  in  assemblee  inoffensive.  Salito  al 
«  trono,  il  Principe  Reale  segul  nella  stessa  condotta.  Questo 

<  modo  di  fare  (chiede  qui  in  fine  molto  opportitnamente  to 

<  Haugwitz)  pu6  esso  ancora  presentemente  usarsi  giustamente? 
«  Questi  motivi  valgano  essi  ancora  presentemente?  Sopra  ci6 
«  non  tocca  a  me  di  decidere.  >  Tan  to  piu  che  la  cosa  6  gia  decisa 
dalla  stessa  onesta  naturale.  Questo  documento  nel  suo  originale 
tedesco  si  trova  a  pagina  21  1-221  del  volume  IV  dell'opera  intito- 
lata:  Dome's  Dvnkschriften  und  Brief  e   zur  Charakteriatil 
der  Welt  und  Literatur:  cioe  Memorie  e  let  fere  per  la  Caratte- 

cognizione)  del  mondo  e  della  letter  atura  :  Berlino  1840. 
E  tradotto  in  francese  si  legge  a  pag.  317  e  seg.  del  tomo  1° 
dell'opera  intitolata:  La  Franc-  Maronnerie  soumise  au  grand 


ll'l  DI   ALCtfM   DOCUMENTI    I'nCO    NOTI    ECC. 

jour  de  In  publicilv.  Documents  auluHtii/nt'a  etc.  Gand  et  Bni- 
xelles  1866. 

Dove  potrebbe  qui  taluno  chiu-lere  quale  effetto  abbia  prodotto 
questa  comunicazione  sopra  gli  animi  dei  Principi  radunati  in 
Congresso  a  Verona  nel  1822.  Alia  quale  domanda  il  sig.  de  Glo- 
den,  molto  versato  nelle  cose  massoniche,  cosl  risponde  nel  suo 
Aufschlusz  ossia  Dichiarazione.  «  Questa  Meraoria  del  conte  di 

<  Hangwitz  produsse  nell'  animo  degli  Imperatori   Francesco 
«  d' Austria  e  Niccolo  di  Russia  un'impressione  piu  profonda  di 
«  ci6  che  lo  scrittore  avrebbe  potuto  sperare.  E  percio  in  Austria 
«  ed  in  Russia  per  un  pezzo  e  forse  per  serapre  la  Massoneria 
«  sara  proibita  fed  infatti  lo  &}  almeno  mi  Codici,  anche  pre- 

<  sentemente) .  Ma  come  si  condusse  Guglielmo  III  a  cui  era 
«  stato  personalmente  indirizzato  il  Rapporto  del  suo  antico  mi- 

<  nistro  Haugwitz?  II  quale  Guglielmo  III  dai  Re  ed  Imperatori 

<  suoi  amici  ed  alleati  era  supplicate  di  seguire  il  loro  esempio  ? 
«  Come  si  condusse  in  questo  particolare  egli  che  in  tutto  il 

<  resto  seguiva  sl'volentieri  gli  awisi  ed  i  consigli  dei  suoi  vi- 

<  cini  ed  alleati  ?  Informate  i  vostri  fratelli  (scriveva  egli  ap- 
«  punto  da  Verona  al  suo  medico  particolare  Wiebel  frammassone 
«  della  Gran  Loggia  di  Germania)  informate  i  vostri  fratelli 
«  Massoni  che  qui  io  ho  avuto  molto  che  fare  a  proposito  della 

<  Massoneria  e  della  sua  conservazione  in  Prussia.  Ma  io  non 

<  ritirer6  mai  la  confidenza  che  le  ho  data :  eceetto  che  se  avessi 
«  poi  dei  motivi  piu  concludenti.  Dite  loro  che  la  Massoneria 
«  potra  sempre  fidarsi  della  mia  protezione  finche  essa  si  re- 

<  stringera  in  quei  limiti  che  essa  stessa  si  e  definiti.  >  Infatti 
la  Massoneria  in  Prussia  fu  sempre  e  segue  ad  essere  fiorentis- 
sima  e  potentissima.  E  ci6  per  colpa  di  quella  ingenua  e  solita 
bonarieta  dei  Principi,  Re  ed  Imperatori  credenti  che  la  Masso- 
neria voglia  e  possa  davvero  restringersi  nei  limiti  che  essa 
stessa  si  $  definiti  appunto  per  gabbare  chi  le  crede.  Chi  crede 
servirsi  della  Massoneria,  la  serve :  e  ne  sara  sempre  vittima. 

Chi  poi  fosse  e  di  quale  autorita  storica  e  letteraria  il  qui 
citato  De  Gloden  si  potra  congetturare  da  quanto  ne  scrisse  la 
Gazette  de  Leipzig  citata  dall'  Orient :  Revue  mensnelle  ma- 


4  ir> 

'-8  IS!  l-i.">  pagina  341:  dove  si  legge  che:  «  II 
£nor  De  Gloden,  padre  del  presente  signer  De  Gloden  Pro- 
«  fessore  all'Universita  di  Rostock,  trovandosi  ancora  ricco, 
«  aveva  raccolti  molti  document!  massonici  dimostranti  cbe  la 
«  Prussia  ebbe  sempre  e  segue  ad  avero  1'intenzione  di  servirsi 
c  della  Massoneria  per  ottenere  la  preponderant  politica  nella 
«  Qermania.  Diventato  povero,  ofFerse  la  sua  raccolta  di  docu- 

<  menti  al  Principe  di  Prussia  chiedendo  in  pagamento  diecimila 
«  talleri.  Glie  ne  furono  offerti  cinquemila  che  il  De  Gloden 

<  rifiut6.  Teste  due  geudarmi  del   Meclemburgo,   giacche   il 
«  De  Gloden  d  di  quel  paese,  gli  si  presentarono  offerendogli  i 

*  cinquemila  talleri.  Ed  avendoli  il  De  Gloden  di  nuovo  ricusati, 

*  i  due  gendarmi  gli  intimarono  che  essi  avevano  dalla  polizia 
«  1'autorita  di  perquisirgli  la  casa  e  prendersi  quei  document!. 
«  II  De  Gloden  protestd  invano.  I  documenti  furono  trovati  e 

<  portati  via.  II  De  Gloden  ha  perc!6  mosso  un  processo  al  Go- 
«  verno  del  Meclemburgo.  >  Ma  essendo  appunto  allora  morto  il 
Giornale  massonico  Orient  di  Parigi,  no!  ignoriamo  quale  se- 
guito  abbia  avuto  quest' affare.  Quel  che  ne  sappiamo  per6  gia 
ci  basta  per  formarci  il  retto  giudizio  della  fede  che  si  dee  al- 
1'erudizione  massonica  del  signor  De  Gloden  sopra  Tautenticita 
e  1'importanza  del  documento  del  signor  de  Haugwitz  intorno 
all'indole  della  Massoneria  in  generate,  conforme  in  tutto  a 
quanto  teste  ne  defini  il  regnante  Sommo  Pontefice  Leone  XIII. 
II  che  anche  seguiteremo  in  altri  quaderni  a  diuiostrare  con  altri 
siraili  documenti  o  ignoti  o  poco  noti. 


DEL  PRESENTS  STATO 

DEGLI    STUDII    LINGUISTICI 


XXII. 

Popoli  e  lingue  d1  Europa  prima  della  venuta  degli  Arii. 

Cause  della  difficolta  di  siffatte  questioni.  Sentenza  del 

Sayce  sul  valor  e  dell' antropologia  in  questa  materia,  con- 

futata  da  lui  stesso.  II  Sayce  e  I'opmione  del  Latham, 

del  Poesche,  del  Penka,  dello  Schrader  e  di  Lord  Lytton. 

La  quistione  della  stanza  primitiva  degli  Arii  da  noi  breve- 
mente  discussa,  6  in  certo  modo  connessa  con  1'altra  non  meno 
agitata,  di  sapere  quali  fossero  gli  abitatori  delle  contrade  europee 
priina  delle  migrazioni  ariane  dall'Oriente  in  Occidente,  quali 
le  loro  origini  e  quali  finalmente  gridiomi  da  loro  usati.  Anche 
per  cotesta  quistione  si  e  ricorso  alia  filologia,  alia  linguistica, 
all' archeologia  preistorica  ed  all' antropologia,  siccome  alle  sole 
anzi  uniche  sorgenti  di  luce  atte  a  rischiarare  le  caligini  d'  eta 
remotissime  e  tuttora  inesplorate.  Senonche  oltre  i  popoli  che 
abitavano  1'  Europa  al  tempo  delle  migrazioni  arie,  i  linguisti, 
gli  etnologi  e  gli  antropologi  tentarono  di  scoprir  le  tracce  del 
priino  popolo  che  ponesse  stanza  nelle  contrade  che  furono  dette 
poscia  europee.  Ondech&  sorge  una  doppia  quistione  sugli  abi- 
tanti  dell' Europa;  imperocche^  si  pu6  ricercare  primamente  quali 
fossero  e  donde  venuti  que'  popoli  che  gli  Arii  trovarono  al  loro 
arrivo  in  Europa,  e  parte  ricacciarono  dalle  loro  sedi,  parte 
conquistarono  e  aggiunsero  a  s6,  formando  cosl  un  sol  popolo. 
Secondamente  si  pu6  indagare  quali  furono  e  donde  venuti  i 
primissimi  abitatori,  i  cosidetti  autochthon!  od  aborigeni,  innanzi 
a' quali  nessun  altro  popolo  ebbe  posto  piede  in  queste  terre  di 
Occidente  che  chiamiamo  Europa. 


se  la  prim;.  ne  intorno  a'popoli  ch-  .iuta- 

i  snolo  europeo,  £  difficile,  quella 

che  versa  su'primissimi  abitatori  della  nostra  Europa,  e  diffici- 
lissimu.  II  nodo  della  difficolta,  in    siflfatto  quistioni  sta  in-lla 
natura  stessa  dell'oggetto,  e  uella  qualita  de'mezzi  d'investi- 
gazione.  La  stragrande  lontananza  de'  tempi  rende  oscuro  e  quasi 
invisible  1'oggetto,  e  i  mezzi  cho  si  adoperano  a  ricercarlo  e 
raggiungerlo  non  sono  proporzionati,  come  quelli  cbe  soggiac- 
ciono  ad  errori  ed  illusion!  raolteplici.  Adunque  siamo  al  caso 
di  quel  dettato:  il  pane  &  duro  e  il  coltello  non  taglia.  L'an- 
tropologia  e  la  linguistica  che  dovrebbero  vincero  la  tenebria 
fittissima  onde  s'avvolge  la  quistione  delle  origini,  sono  due 
discipline  giovinette  ancora  e  non  in  rigoglio  di  for/e,  lontane 
di  molto  dalla  matnrita,  anzi  in  un  continue  stato  di  debolezza 
per  la  discordia  di  coloro  cbe  si  studiano  di  fade  prosperare,  ma 
cbe  senza  avvedersene,  per  manco  di  prudenza,  le  sgagliardano 
e  le  fanno  tribolare  con  grave  danno  e  non  poco  disonore  di 
entrambe.  II  voler  discoprire  per  via  del  linguaggio  solo  le  stirpi 
o  faiuiglie  storiche  de'popoli,  mena  a  conseguenze  false  ed  as- 
surde ;  essendochS  lingua  e  stirpe  non  sono  termini  necessaria- 
meute  convertibili,  come  giustainente  osserv6  il  Sayce:  «  The 
theories  built  on  the  assumption  that  language  and  race  are  in- 
terchangeable terms  have  introduced  nothing  but  confusion  into 
the  science.  >  Ma  egli  non  rettainente  asseri  che  il  linguista  col 
solo  aiuto  delfantropologia  pu6  venire  nella  conoscenza  delle 
parentele  d'un  popolo:  <  It  is  only  the  skull  in  the  hands  of  the 
anthropologist  which  can  teach  him  the  relationship  of  a  people.  > 
Imperocch6  1'antropologia  non  essendo  ancora  scienza  non  pud 
dare  al  linguista  una  norma  certa  ed  indisputabile.  Lo  skull 
ciod  il  cranio  in  mano  dell'  antropologo  insegner&  ben  poco  al 
linguista  etnologo,  perciocch^  le  misure  sono  di  spesso  elastiche, 
e  quand'anche  fossero  esatte,  non  basta  un  ristrutto  nuuiero  di 
osservaxioni  sopra  pochi  cranii  per  fondare  teorie  salde  e  iucon- 
cusse.  II  che  d  confessato  dallo  stesso  ch.  Autore  laddove  dice 
che  gli  antropologi  non  sono  ancora  pienamente  d'accordo  circa 
il  modo  di  misurare  la  lunghezza  del  crauio.  «  Craniologists  are 

S«ri<  XII,  vol.  VI,  fate.  814  11  8  maggio  1884 


418  T)EL    PRESENTS  STATO 

not  yet  fully  agreed  as  to  the  mode  of  measuring  the  length  of 
the  sknll l.  > 

La  priiua  delle  due  quistioni  che  ci  siamo  proposti  di  esporre 
e  che  versa  intorno  a'popoli  europei  al  tempo  dell' invasione 
ariana,  non  pud  essere  risoluta  nell'opinione  di  coloro  che  pon- 
gono  la  sede  originaria  degli  Arii  in  Europa.  Imperocche  se  gli 
Arii  non  migrarono  dall'Asia  centrale  verso  1' Europa,  ma  da 
questa  verso  quella,  non  si  pu6  parlare  di  popoli  che  gli  Arii 
avrehbero  trovato  nell'  Europa  quaudo  vi  giunsero.  In  qnesta  opi- 
nione  si  debhono  soltanto  ricercare  gli  Aborigeni  dell' Europa 
e  nient'altro.  Ora  1'ipotesi  del  Latham  e  del  Poesche  ritorna  in 
cainpo  pe'lavori  del  Penka  2  e  di  0.  Schrader  3,  a'quali  s'associa 
il  Sayce.  In  effetto  nella  rivista  ch'  egli  fa  delle  opere  di  costoro, 
sostiene  fortemente  che  la  primitiva  sede  degli  Arii  fu  1'Enropa 
e  non  1'Asia.  Quello  che  piu  ci  da  meraviglia  nel  Sayce  6  la 
sicurezza  onde  afferina  che  la  teoria  del  Latham  e  venuta  acqui- 
stando  sempre  piu  aderenti,  e  come  sia  difficile  resistere  alia 
forza  delle  prove  evidenti  che  si  sono  per  ogni  verso  accumulate 
in  suo  favore.  Quanto  ci6  sia  esatto  il  lettore  pu6  fame  giudizio 
da  quello  che  scrivenimo  ne'  due  precedent!  articoli.  II  Sayce  dice 
che  la  vecchia  dottrina  riposava  su  due  supposti,  a'quali  non  si 
pu6  piu  assentire.  II  primo  supposto  era  che  la  culla  del  genere 
umano  fosse  in  Oriente,  e  che  per6  la  mossa  de' popoli  dovette 


•  Academy,  dec.  8,  1883,  n°  605,  p.  385. 

*  Origines  Ariacae:  Linguistisch-ethnologische  Untersuchungen  zur  iiltesten  Ge- 
schichte  der  arischer  Volker  und  Sprachen. 

5  Sprachvergleichungen  und  Urgeschichte :  Linguistisch  historisclie  Beitrage  zur 
Erforschung  des  indogermanisch»>n  Allcrtums.  V.  Academy,  dec.  8,  1883,  n°  605, 
p.  384.  11  dotto  orientalista  P.  Van  den  Gheyn  elelto  teste  dalla  Royal  Asiatic  So- 
ciety per  suo  socio  corrispondente,  in  luogo  dell'  illustre  Dozy  rapito  immaturamcntr 
alia  filologia  arabica,  confuta  con  molto  acum<*  le  teoriche  dello  Schrader  nella  Sev. 
des  quest,  scientif.  VIII  ann.,  20  janv.  1884,  p.  284-297  e  quelle  parimente  del 
Penka,  ibid,  avril  1884.  Anche  il  Tomaschek  cliiama  le  leorie  del  Penka,  eccentriche, 
nel  Globus,  Band.  XIV,  n°  18,  p.  280,  e  Livre  manque',  delinisce  il  Bezzeuberger 
1' opera  dello  slesso.  Hodder  M.  Westropp  dice  che  Lord  Lytton  pu6  reclamare  per 
se  il  diritto  d'aver  proposto  Tideache  la  patria  originaria  degli  Arii  fu  1' Europa  e 
non  1'Asia,  prima  che  ne  parlasse  il  Poesche  o  il  Prof.  Penka.  V.  Academy,  Jan.  12, 
1884,  n°  010,  p.  32. 


1  I  .1 

essere  dsiU'Orii-nte  all' Occidents  II  secondo  supposto  era  cl 
sanscrito  fra  tutte  lo  lingue  sorelle  ineglio  serbasse  le  fall 
della  lingua  madre  ariana.  «  This  belief  we  can  DO  longer  hold.> 
Ma  il  Sayco  non  reca  veruno  argomento  per  dimostrare  che  non 
si  possa  nt-  si  debba  pift  ammettere  la  vecchia  dottrina,  e  quindi 
rasserzione  sua  inerita  quella  considerazione  che  le  asserzioni 
gratuite. 

XXIII. 

Si  esamina  il  lavoro  del  ch.  D.r  Cruel,  Die  Sprachen  und  V&lker 
Europa's  vor  der  arischen  Einwanderung.  Streifzdge  auf  tura- 
nischen  Sprachgebiete.  Doti  dell'Autore  e  difetti  del 
metodo  in  generate.  Idee  di  lid  suy  popoli  preanani.  JVa- 
tura  e  proprieta  delle  lingue  aggluiinanti.  La,  cosl  delta 
Legge  di  armonia  nelle  lingue  itralo-altaiche.  Gruppi  in 
che  si  partono  coteste  lingue. 

Un  importante  lavoro  sugli  abitanti  dell'  Europa,  prima  delle 
immigrazioni  degli  Arii,  come  su'primissimi  popoli  di  essa  detti 
autochthoni  o  aborigeni,  fu  pubblicato  dal  D.r  Cruel  col  titolo: 
Die  Sprachen  und  Volker  Europa 's  vor  der  arischen  J. 
iiamhrnng.  Streifziige  auf  turanisclien  Sprachgebiete,  Detmold 
in  Commission  der  Meyer*  schen  Hofbuchhandlung,  1883; 
V-174  pp.  in-8.  II  ch.  Autore  da  certamente  prove  di  forte  ed 
acuto  ingegno  e  di  estese  cognizioni  linguistiche  ed  etnografiche, 
ma  la  quistione  6  d'  una  difficolU  che  sfida  qualunque  pid  ga- 
gliardo  intelletto,  nd,  secondo  noi,  gli  sforzi  de'linguisti,  degli 
etnologi  e  degli  antropologi  avranno  mai  altro  effotto  da  quello 
iufuori  di  confermarci  semprc  piu  nella  diffidenza  per  questo 
genere  di  studii  congetturali,  dove  non  si  pu6  sovente  dimostrare 
che  la  cosa  e  vera  e  neppure  che  6  falsa.  II  D.r  Cruel  con  la 
molta  dottrina  e  il  robusto  ingegno  ond'd  fornito,  mal  s'e  potuto 
guardare  da'  tanti  pericoli  che  s'  incontrano  nel  navigare  in  queste 
acquo  piene  di  scogli  ciechi  e  di  sirti  ingannatrici.  La  sua  nave 
ritorn6  in  porto  con  qualche  rara  e  preziosa  merce  acquistata  per 


•ivlll  DEL    PKESEME   STATO 

via,  ma  non  giunse,  secondo  noi,  a  scoprire  il  vero  tesoro  per 
cui  mise  alia  vela  e  corse  tante  fortune.  Alcuno  anzi  affermft 
che  la  nave  del  D.r  Cruel  fece  proprio  naufragio  *. 

E  nel  vero  il  ch.  Autore  non  ebbe  alle  sue  ricerche  una  bus- 
sola  sicura,  vogliam  dire  un  metodo  razionale,  logico  e  propor- 
zionato  alia  natura  dell'oggetto  che  tolse  a  studiare.  I  difetti 
del  suo  raetodo  si  possono  ridurre  ai  seguenti  capi.  Egli  trae 
conseguenze  che  stima  certe  e  incontrastabili  da  principii  che 
nulla  hanno  di  ben  deterininato,  nulla  di  certo.  I  dati  o  la  ma- 
teria  su  cui  fonda  i  suoi  giudizii  e  spesso  insufficicnte,  dubbia  e 
talora  falsa.  Nel  riscontro  de'vocaboli  la  somiglianza  che  egli 
vi  scorge  non  e  sempre  indizio  di  affinita  o  parentela  fra  lingua 
e  lingua,  fra  popolo  e  popolo,  ma  e  fortuita  e  per6  di  nessun 
valore;  ovvero  fondata  sopra  la  sola  somiglianza  di  suoni,  cri- 
terio  fallace  che  ci  rimena  a'giuochi  etimologici  degli  antichi. 
Infatti  sul  significato  etimologico  d'una  parola,  11  ch.  Autore 
poggera  una  teorica,  indovinera  la  costumanza  storica  d'un 
popolo  e  ve  ne  porgera  i  piu  minuti  particolari.  Prima  per6  di 
rilevare  i  difetti  del  metodo  onde  il  ch.  Autore  ha  fatto  uso,  e 
necessario  che  ii  lettore  conosca  le  sue  idee  su'  popoli  preariani 
e  sugli  autochthon!  dell'Europa,  e  noi  le  esporremo  con  brevitu. 

I  popoli  che  gia  occupavano  il  suolo  europeo  quando  vi  giun- 
sero  gli  Arii,  erano,  secondo  il  Dr.  Cruel,  di  stirpo  turanica,  e 
la  loro  lingua  del  genere  delle  agylutinanti,  i  cui  different!  dia- 
letti  si  possono  riferire  al  ramo  uralo-altaico.  Ma  tutte  le  lingue 
agglutinanti  erano  state  finora  denominate  turaniche,  ancora 
queile  che  non  sono  n&  semitiche  ne  ariane,  il  che  ingenerava 
confusione,  mentre  sotto  lo  stesso  nome  generico  si  comprende- 
vano  idiomi  divisi  fra  loro  per  profonde  discrepanze  di  natural! 

'  V.  inlorno  alle  idee  del  Dolt.  Cruel  su  questa  maleria,  Rev.  de  linguist,  t.  XVI, 
15  oct.  1883,  dove  il  Dolt.  Errico  Winckler  severamentc  censura  il  metodo  del  Cruel; 
Rev.  des  quest,  scientifiques,  20  juillet  18S3,  dov'e  un  bell'articolo  del  cli.  I'.  Van 
•Ion  Ghoyn,  e  molto  benevolo  al  Cruel,  benche  se  ne  consuri  qualche  opinione  com-1 
improbabile;  Controverse,  Ierjan.l88l,  t  Un  mot  d' Ethnographic  prehistoric 
del  ch.  P.  Hamard  dell'  Oratorio  di  Rennos,  il  quale  fa  sue  le  idee  del  P.  Van  den 
(ilu'vii  sul  lavoro  del  Cruel,  e  credo,  secondo  noi,  troppo  alia  efllcacia  della  linguistic » 
nolle  (juistioni  etnografiche. 


DEGt.i  srrm: 

propriety.  Di  che  il  ch.  Autore  propone  di  usare  il  termine  di 
"  quale  sinonimo  di  urn'  <,  a  fine  di  evitare  qual- 

confusione  od  equivoeo.  Per  lingue  agglutinanti  poi 
s'intendono  quelle  in  cui  le  parti  della  parola,  cio&  la  radice 
e  gli  affissi  formano  un  complesso,  una  sintesi,  senza  peri  fon- 
dersi  insiome  in  perfetta  unita;  di  guisa  che  le  parti  si  pos- 
sano  separaro  1'una  dall'altra  come  le  petruzze  d'un  mosaico. 
In  queste  lingue  la  radice  non  soggiace  a  mutazioni  fonetiche, 
gli  affissi  possono  venire  modificati.  Sotto  norae  di  affissi  in 
genere  s'intendono  i  prefissi,  gl'infissi  e  i  suffissi,  cioe  gli  ele- 
menti  aggiunti  alia  radice  in  principio,  nel  mezzo  o  alia  fine. 
Alle  agglutinanti  si  riferiscono  le  cosidette  lingue  incorporanti 
e  le  polisintetiche,  delle  quali  e  proprio  racchiudere  un'intera 
frase  in  una  sola  parola,  in  cui  e  verbo,  pronome  e  oggetto 
delfazione,  e  piu  altre  indica/ioni  particolari  in  alcune,  in  altre 
meno.  Una  proprieta  delle  lingue  turaniche  o  uralo-altaiche  e 
quella  che  dicono  legge  di  armonia,  per  cui  le  vocali  di  ogni 
parola  si  modificano  per  mettersi  in  arinonia  con  la  vocale  prin- 
cipale  che  fa  come  da  uota  fondamentale.  Se  la  vocale  e  acuta 
nella  parte  radicale  del  verbo,  le  vocali  di  terminazione  saranno 
anch'esse  acute,  se  piana,  piane.  Cosl  Sev-mek,  amare;  bak-mak, 
guardare;  mek  e  mak  sono  le  terminazioni  dell' infinite;  ev-ler, 
le  case,  at-lar,  i  cavalli,  dove  ler  e  lar  sono  le  terminazioni 
del  plurale !. 

Le  lingue  uralo-altaiche  si  posson  partire  in  sei  principali 
gruppi:  Yaltaico,  a  cui  si  riducono  i  dialetti  manciu,  tungusi  e 
mongoli;  il  turco  che  comprende  Tosmanli,  il  siberiano  e  il 
tataro;  il  samoyedo,  col  quale  si  connettono  gl'idiomi  degli 
Ostyaki,  del  Kamsciatka  e  delle  rive  del  Jenissei ;  il  ciudo  che 
abbraccia  il  finnico,  il  laponico  e  il  dialetto  di  Perm;  Vungarico 
o  magyaro;  e  finalmente  Vibero  o  basco  secondo  alcuni.  Per 
piu  estese  notizie  su  queste  lingue  rimandiamo  il  lettore  alle 
«  Let-litre  sulla  scienza  del  linguaggio  >  di  M.  Mflller  Lett.  VIII; 
alia  Survey  of  languages,  1855,  dello  stesso,  non  essendo  que- 

1  V.  M.v\  Miiii.ER,  Lect.  on  the  science  of  lanyu'jge,  Lcct.  VIII. 


422  DEL   PRESENTE   STATO 

sto  il  luogo  di  trattarne  di  proposito,  ma  di  accennarno  a' let- 
tori  quel  tanto  che  e  strettaraente  nocessario  per  bene  intendere 
le  teoriche  del  Dr.  Cruel  che  qui  esaminiamo. 

XXIV. 

I  Turani  e  loro  distribuzione  geografica  in  Europa.  Quale 
fosse  la  loro  cultura,  quali  i  loro  costumi,  e  quale  la 
religione,  secondo  il  Dr.  Cruel.  Opinione  dello  stesso  su 
gli  Autoclithoni  europei  cjie  sarebbero  stati  gl'  Indiani  di 
America  e  gli  Eschimosi. 

I  Turani  adunque  nella  sentenza  del  Dr.  Cruel  erano  sparsi 
in  tutto  il  continente  europeo,  ma  il  gruppo  loro  principale  ebbe 
suo  stato  specialmente  nel  mezzo  o  centre  di  esso.  Al  sud-ovest 
dell'Europa  i  Baschi,  a  settentrione  i  popoli  ristretti  nelle  con- 
trade  della  Laponia,  della  Finlaudia,  dell' Estonia  e  nelle  terre 
tra  il  Volga  e  1'Ural,  sono  i  rappresentanti  de'priraitivi  Turani. 
L'invasione  ariana  irroinpendo  dal  sud-est  verso  il  nord-ovest 
disperse  i  Turani  in  due  direzioni,  al  sud-ovest  e  al  nord-est. 
Gli  Ario-Celti  e  gli  Ario-Latini  ne  ricacciarono  una  parte  verso 
i  Pirenei,  dove  i  Turani  divennero  i  Baschi;  e  gli  Ario-Germani 
e  gli  Ario-Slavi  avanzandosi  seinpre  piu,  costrinsero  1'altra 
parte  a  trovarsi  un  rifugio  nelle  selve  e  nelle  paludi  del  nord-est 
dell'Europa.  Ma  so  ne' Baschi  e  ne' Turani  del  Nord  si  deve 
riconoscere  il  rarao  uralo-altaico  puro  e  senza  mescolanza  con 
1'elemento  ario,  conviene  ammettere  che  nel  resto  dell' Europa 
i  Turani  s'unissero  agli  Arii,  non  si  potendo  credere  che  tutti 
fossero  stati  distrutti  dagli  Arii;  di  che  segue  che  il  sangue 
ariano  non  iscorre  purissimo  nelle  vene  dei  presenti  popoli  europei, 
ma  misto  al  turanico.  Parecchi  nomi  di  luoghi  in  Aleinagna, 
in  Francia  e  in  Italia  serbano  1' itnpronta  dell'origine  turanica, 
e  le  lingue  ariane  tolsero  vocaboli  alle  uralo-altaiche.  II  Dr.  Cruel 
non  ne  reca  esempii. 

Dallo  studio  comparative  delle  voci  comuni  alle  lingue  tura- 
niche  il  Dr.  Cruel  crede  poterci  ragguagliare  intorno  alia  civile 
cultura,  agli  usi,  a' costumi  e  alia  religione  deile  genti  che 


nci 

•>pa  innunxi  jis:li  Arii.  Egli  dunque  ha  potato 
sapero  che  essi  non  avevano  citta,  non  reggimenti  politici,  ma 
.torita  risedeva  tutta  nel  capo  di  famiglia.  Cane,  cavallo, 
montone,  vacca,  erano  i  loro  animali  domestic!:  capra  e  porco 
couobbero  nello  stato  selvaggio.  Agricoltura  Don  usarono,  ma 
conobbero  il  frnmento,  onde  facevano  una  pasta  macerandola 
nell'acqua,  schiacciandola  poscia  fra  due  pietre  e  cocendola  fmal- 
mente  sotto  la  cenere  del  focolare. 

Cibavansi  di  came  d' animali  o  di  latte.  Sapeano  costrnire 
capanne  di  legno,  vestivano  pellicce,  usavano  il  filo  per  cucire, 
e  avevano  ciabatte  per  calzari.  Le  loro  armi  erano  di  pietra.  II 
commercio  era  usato  e  il  Dr.  Cruel  sa  pure  che  anche  in  quel 
tempo  non  mancavano  i  ladri.  Che  piu?  i  Turani  primitivi  si 
davano  il  bacio  non  con  la  bocca  ma  col  naso.  Finalmente  per 
ci6  che  spetta  alia  loro  religione,  questo  solo  par  certo,  ch'eglino 
adorassero  il  Cielo  e  che  i  loro  sacerdoti  detti  Sciamani  cioe 
i  saggi,  i  veggenti,  curavano  di  rendere  propizii  i  genii,  per- 
ciocch&  il  dio  de' Turani  non  iuterveniva  punto  neJ  governo  del 
mondo. 

La  seconda  quistione  che  riguarda  i  popoli  primissimi  auto- 
chthoni  o  aborigeni  dell'Europa,  e  sciolta  dal  D.r  Cruel  col  soc- 
corso  della  linguistica,  la  quale  gh  ha  rivelato  che  que'primi 
abitatori  appartenevano  al  ramo  stesso  de' popoli  dell' India  occi- 
dentale  (indiani)  e  degli  Eschimosi.  Imperocch^  le  lingue  ame- 
ricaue,  massimainente  quelle  degli  Algonchini,  de'Cippeway,  dei 
Delawari  e  de'Lenape"  sono  aflSni'agli  idioini  turanici  e  ci  condu- 
cono  di  passo  in  passo  per  lo  stretto  di  Behring  e  la  Siberia, 
fino  alle  frontiere  de' popoli  ugro-finnici  e  ciudi.  Etruschi  ed 
Albanesi  sono  pel  D.r  Cruel  i  rappresentanti  piu  puri  e  genuini 
de'primi  popoli  europei.  Sostiene  parimente  che  parecchi  idiomi 
del  Caucaso  debbano  essere  rappiccati  alle  lingue  indiane  di  Ame- 
rica. Queste  in  compendio  sono  le  idee  del  ch.  Autore,  il  quale 
merita  lode  per  la  durata  fatica  e  per  non  poche  fortunate  in- 
dagini  in  un  campo  cosl  infecondo  e  spinoso.  Noi  ora  diremo  la 
nostra  opinione  con  quella  liberta  che  non  offende  le  persona 
quando  difende  il  vero  o  quello  che  per  tale  si  apprende. 


DEL   PRESE.YTE   STATO 


XXV. 

Si  confuta  Vopinione  del  D.r  Cruel  die  gli  Europei  preari 
fossero  i  Turani.  L'argomento  linguistico  su  cut  egli  f<»i<l.i 
la  sua  opinions  e  debole  e  incompiuto.  II  basco  e  gVidiomi 
uralo-altaici.  Differenze  essenziali  fra  loro.  Riscontri  ar- 
bitrarii  ch'  egli  istituisce  per  provare  la  comune  ori<jine 
delle  lingue  uralo-altaiche.  Dure  parole  del  D.T  Winckler 
a  questo  proposito.  Altri  riscontri  fantastici  del  ch.  Autore 
per  rispetto  a'  numeri  baschi.  Conseguenze  del  metodo  usato 
da  lui  nella  quistione  degli  europei  preariani. 

Primieramente  per  ci6  che  riguarda  i  popoli  europei  preariani, 
che  il  ch.  Autore  pretende  essere  appartenuti  alia  famiglia  tu- 
ranica  e  la  loro  lingua  doversi  ritenere  uralo-altaica,  noi  ci  per- 
mettereino  di  notare  che  n&  la  storia,  o,  se  si  voglia  parlare  piu 
correttamente,  lo  stato  di  cultura  preistorico,  ne  1' antropologia 
non  porgono  veruno  indizio  di  prova  in  favore  di  questa  ipotesi 
del  D.r  Cruel.  Resta  il  solo  argomento  linguistico  fondato  sulla 
natura  dell'idionia  basco,  il  quale,  secondo  1' Autore,  farebbe  parte 
della  famiglia  uralo-altaica,  donde  verrebbe  per  conseguenza  che 
i  popoli  europei  preariani  erano  uralo-altaici  o  Turani.  II  quale 
argomento  ci  par  molto  fiacco  in  se,  e  senza  valore  per  rispetto 
alia  qualita  dell'assunto  che  e  troppo  generale  e  comprende  non 
i  soli  popoli  della  penisola  iberica,  ma  1'Europa  tutta,  special- 
mente  quella  di  mezzo.  Come  bene  osservano  il  Van  Eys,  il 
Vinson  e  il  Winckler  nessuna  certa  notizia  si  ha  de'  popoli  d'Eu- 
ropa  avanti  1' immigrazione  degli  Arii,  salvo  che  de' Baschi,  ma 
neppure  di  cotesti  si  pu6  con  sicurezza  affermare  che  fossero  la 
stessa  gente  che  gl'Iberi.  L'argomento  poi  della  parentela  fra 
il  basco  e  1'uralo-altaico  non  pu6  ammettersi  senza  restrizione, 
di  modo  che  concessal'origine  comune,  1'indole  tuttavia  dell'idioma 
basco  6  tale  che  costituisce  un  tipo  linguistico  da  se,  coine  quello 
che  nella  parte  formale  della  lingua,  cio£  nel  sistema  della  coniu- 
gazione  polisintetico  o  incorporante,  e,  per  concessione  dello  stesso 


DECLI  S 

1,  diverse  dall' uralo-altaico.  Da  questo  lato  dunque  della 
coniugazione  che  e  il  pift  important^  di  tutti  nello  studio  com- 
parative delle  lingue,  il  basco  non  pu6  considerarsi  idioina  uralo- 
altaico. 

II  ch.  Autore  crede  nondimeno  che  vi  siano  altre  proprieta  spe- 
ciali  che  provano  la  identita  del  basco  con  1' uralo-altaico.  Ma 
coteste  proprieta  speciali  cessano  d'averforza  dimostrativa,  quando 
si  consider!  che  esso  sono  comnni  a  un  gran  numero  di  lingue  al 
tntto  different!.  Cosl  la  distinzione  imperfetta  del  norne  e  del 
verbo  non  e  punto  particolare  all'  uralo -altaico,  inentre  la  tro- 
vianio  nelle  lingue  del  nord  e  del  nord-est  dell' Asia,  in  moltis- 
sime  dell' America,  dell' Australia  e  in  alcune  dell' Africa.  Dicasi 

10  stesso  dello  scambio  delle  congiunzioni  con  forme  dell'infi- 
nitivo ;  del  modo  di  formare  la  proposizione  e  della  collocazione 
delle  parole  che  s'  incontra  anche  in  molte  lingue  interamente 
differenti  fra  loro.  Al  contrario  alcune  proprieta  del  basco  che 
con  troviaino  nell'  uralo-altaico,  sono  comuni  a  nioltissime  lingue 
americane,  come  per  esempio  il  sistema  nominale  assai  compli- 
cato,  senza  che  per  cotesto  si  abbia  a  fare  del  basco  una  lingua 
americana.  L'  armonia  delle  vocali  che  come  vedemmo  e"  propria 
delle  lingue  uralo-altaiche,  non  esiste  nel  basco;  e  quantunque 

11  sistema  di  declinazione  di  quelle  e  di  questo  sia  simile,  le 
differenze  nondimeno,  e  notevoli,  son  manifesto.  Aggiungi  che  la 
stessa  declinazione  basca  pud  essere  altresl  comparata  con  quella 
di  certe  lingue  australi  con  lo  stesso  diritto  onde  e"  comparata 
con  le  uralo-altaiche.  La  nasale  che  e  frequente  nel  genitiyo  e 
nel  vocativo  uralo-altaico  e  ritrovasi  parimente  nel  basco,  non 
indica  necessariainente  identita  d'origine,  essendoche  il  medesimo 
fatto  si  ossem  in  pressochd  venti  famiglie  linguistiche  !. 

Molto  arbitrarii  e  insussistenti  ci  sembrano  pure  i  riscontri 
che  il  D.r  Cruel  istituisce  fra  le  lingue  che  ci  vuol  dare  come 

1  V.  Lcs  theories  snr  I'Euroi*  prearyenne  el  la  miUhode,  a  propos  du  livre  de 
M.  Cruel:  Die  Sprachen  und  Volkcr  Europas  vor  ariachtn  Etnwanderung..., 
d.'l  Holt.  Krrico  Wincklcr,  nrlla  Revue  de  linguist,  et  de  philolog.  comp.  t. 
15  o  i-  scgg.  II  cli.  hot  i.  \Vincklcr  tratta  da  maestro  tutta  la  quistione 

presenle  ed  e  una  puida  quanto  csperla,  altreltanto  prudente  in  mezzo  alle  ten -brc 
•rigiiii  ruropee. 


426  DEL    PRESENTE   STATO 

provenienti  da  una  comune  origine.  Cosl,  per  esempio,  dimosira 
che  le  lingue  uralo-altaiche  hanno  lo  stesso  segno  pel  dativo  a 
fin  di  dedurne  la  origine  comune.  Ora  i  confront!  da  lui  iatti  sono 
di  questo  genere:  base.  i,  lap.  i,  syrien.  a>,  o,  ef  turc.  ga,  j«, 
je,  a,  e,  ostyak.  a,  magyar.  a,  6,  mongol.  tongus.  dur,  tur,  d'i, 
de,  do,  do,  du,  dii,  to,  to,  tu,  til,  te,  ted,  t,  dayhan,  dcyi 
dag,  deg,  tanj,  ienj,  —  nak,  nek,  na,  ne,  n,  en,  an,  Ian,  ten  - 
gia,  sia,  sage,  sai,ja,  dja,  sisw,  ecc.  ecc.  Col  qual  si  sterna  com- 
parativo  si  potrebbe  dimostrare  certamente  la  parentela  di  tutte 
le  lingue  le  piu  svariate  e  diverse  fra  loro.  Ed  e  in  vero  da 
compatire  il  D.r  Winckler  so  dopo  questa  filatessa  di  desinenze 
cbo  si  spacciano  per  identiche  forme  di  dativo,  esclami:  Non 
si  crederebbe  a'  proprii  orecchi,  se  non  fosse  scritto  distintamente. 
lo  che  per  interi  anni  ho  trattato  cotesti  casi  di  direzione  e  il 
dativo  delle  lingue  uralo-altaiche,  devo  dire  che  non  ho  trovato 
spesso  esempii  tali  di  leggerezza '. 

Un  altro  capo  per  cui  il  D.r  Cruel  si  sforza  di  provare  1'iden- 
tita  del  basco  con  1'uralo-altaico  sono  i  noini  numerali.  Ma  ne 
anche  in  questo  la  sua  dimostrazione  ci  sembra  convincente  per 
nessun  nome  di  numero.  Iinperocchti  il  metodo  da  lui  adoperato 
ne'riscontri  e  fondato  neH'arbitrario,  per  non  dir  nel  fantastico. 
Egli  infatti  scorge  la  stessa  forma  in  bat  —  1,  bir,  aft,  ob,  om, 
njoby  vjo,  nmun,  emu,  akt,  aku,  okur,  vceike,  ifka,  egy,  yksi, 
ike,  nige,  ilks,  ills,  otik,  it!  Per  giungere  a  provare  che  bat  =  1 
in  basco,  corrisponde  affatto  a'nomi  che  significano  uno  nelle 
lingue  uralo-altaiche,  egli  paragona  bat  con  vadon  in  magyaro, 
che  vuol  dir  solitudine,  con  puedara,  samoyedo,  col  finnico  me 
col  magyaro  mezd  (=  terra,  opposto  alia  nozione  di  cilta}  col 
basco  basa  solitudine  e  baso  foresta.  Indi  cosl  argomenta  quasi 
da  premessa  certa :  Bat  adunque  non  pu6  essere  che  una  forma 
parallela  di  bas,  e  bos  rappresenta  la  nozione  del  numero  uno, 
come  risulta  dal  mordivino  vassin,  vasintsche,  dal  samoyedo  ba- 

1  tOn  n'en  croirait  pas  ses  orcilles,  si  cc  n'elait  pas  ecril  distinctrmerit;  moi, 
qui  ai  iraite  pendant  des  annees  cotieres  ces  cas  dc  direction  et  le  datif  des  l;!i)tmps 
ouralo-alioii|ucs,  je  dois  dire  que  je  n'ai  pas  renconlie  souvent  dc  tcls  excmplcs  de 
legerele. »  Op.  cit. 


.  dal  jakuto  /»/>•>////.  dal   tataro  baschke,  dall'osma 

il  primiero.  Ma  il  turco  ci  diraostra  il  significato  di 
o  perci6  di  bat;  poichd  basch,  bos  in  turco  significa  testa  : 
il  qual  significato  che  originariaaiente  era  altresi  quello  del 
nonie  numerate  turco  A*r,  6  provato  per  mezzo  del  basco  burn, 
testa.  Cosl  una  cosa  basca  6  dimostrata  per  una  turca,  ed  una 
cosa  turca  per  una  basca.  Potremmo  recare  altri  esempii  di  si- 
uiili  argomentazioni  dell'Autore,  ne'quali  mentre  non  si  pu6  non 
ammirare  1'acume  dell'ingegno  investigatore,  si  deve  per  altro 
restare  stupefatti  per  la  singolariU  di  certe  deduzioni  ed  in- 
Uuzioni  che  possono  pur  essere  possibili,  ma  non  sono  in  vero 
probabili  e  molto  meno  evidenti  e  certe.  Quindi  ci  sia  lecito  con- 
chiudere  che  questa  parte  del  suo  egregio  lavoro  raerita  1'  atten- 
zione  de'linguisti  e  degli  etnologi  per  molti  riscontri  felici  e 
per  parecchie  idee  nuove  e  di  grande  importanza  per  lo  studio 
comparativo  delle  lingue  uralo-altaiche,  ma  per  quel  che  s'at- 
tiene  al  basco  non  e  provata  la  sua  identita  con  quelle,  salvo 
che  in  poche  e  non  iniportanti  particolarita,  mentre  nella  gram- 
matica  propriamente  delta  e  massimamente  uella  coniugazione 
del  verbo,  il  basco  resta  ancora  un  idioma  di  un  tipo  linguistico 
tutto  suo  proprio.  La  debolezza  perci6  di  questo  argomento  prin- 
cipale  e  fondainentale  pel  D.r  Cruel  nell'assunto  che  tolse  a  di- 
mostrare,  i  popoli  preariani  dell'Europa  essere  stati  i  Turani, 
perche  le  lingue  che  vi  si  parlavano  erano  le  uralo-altaiche  cio6 
le  turaniche,  rende  poco  probabile  la  soluzione  ch'egli  pretese 
dare  dell'ardua  quistione. 

Non  crediamo,  dopo  le  cose  dette  fin  qui,  potersi  ritenere  per 
accertate  e  fuor  di  dubbio  le  notizie  che  il  ch.  Autore  ci  d^  della 
cultura,  dell'arti,  de'costumi  e  della  religione  de' popoli  prea- 
riani d'Europa.  Quello  che  piu  ci  fa  restar  sospesi  o  diffident! 
uelle  conclusion!  di  lui,  sono  appunto  i  minuti  particolari  che  ci 
presenta  intorno  al  genere  di  vita  di  que'  popoli,  alle  case  loro 
in  legno  e  con  letti,  all'arte  di  filare  e  di  tessere  la  lana  e  di 
cucire  con  filo  le  vesti,  e  al  nutrimento  di  carne  e  di  latte,  e 
alia  preparazione  e  coltnra  della  farina  e  somiglianti.  Le  quali 
cose  tutte  egli  non  deduce  altronde  che  da'  suoi  soliti  confronti 


428  DEL   PRESENTE  STATO 

di  vocaboli  e  dallo  etimologie,  fondamento  non  saldo  nd  sicuro 
quando  si  tratta  di  ricerche  storiche,  anzi  nel  caso  nostro,  prei- 
storiche,  sinonime  le  piu  volte  d' impenetrable  oscurita. 

XXVI. 

I popoli  autochthoni  ddV  Europa,  secondo  il  D.r  Cruel.  L'ar- 
gomento  principal*  di  cui  eyli  si  serve,  prova  troppo  e  non 
prova  cid  che  deve  provare.  II  principio  d'  incorporazione 
non  &  esclusivo  delle  sole  lingue  americane.  Giudizio  del 
D.r  Winckler  sidle  liste  di  vocaboli  fornite  dal  D.r  Cruel. 

Che  direino  ora  deli'altra  quistione  implicatissima  e  diffici- 
lissima  quant' altra  mai,  degli  autochthoni  Europei?  II  D.r  Cruel 
voile  portar  la  face  delle  sue  ricerche  anche  tra  le  dense  ombre 
che  da  secoli  chiudono  le  origini  europee,  dove  qualunque  acume 
di  pupille  6  vinto  e  sopraffatto  dai  soverchio  d'una  misteriosa 
oscurita.  Che  vi  scorse  egli  dunque,  fidato  alia  guida  de'suoi 
riscontri  linguistici?  Che  i  popoli  europei  autochthoni  erano  di 
stirpe  americana,  Indiani  cio&  ed  Eschimosi;  i  quali  nelle  eta 
remotissime  avrebbero  abitato  al  nord  e  nel  centro  dell'Europa. 
Gli  Etruschi  e  gli  Albanesi  sarebbero  dunque  d'origine  ameri- 
cana, e  con  essi  verisimilmente  un  popolo  indiano  in  niassa 
compatta  s'6  conservato  fino  al  tempo  de'Romani.  L'asserzione 
&  forte,  senza  dubbio,  ma  sono  poi  le  prove  egualmente  forti? 
II  ch.  Autore  sembra  supporre  che  una  lingua,  per  cio  solo  che 
ha  la  facolta  d' incorporare  Toggetto,  non  ostanti  tutte  le  altre 
differenze,  sia  una  lingua  di  origine  americana.  Or  conviene  os- 
servare  in  primo  luogo  che  non  tutte  le  lingue  americane  hanno 
la  facolta  d' incorporare  1'oggetto,  n&  si  pu6  parlare  di  lingue 
americane  o  di  stipite  americano,  come  se  realmente  esistesse  un 
tipo  fisso  e  immutabile,  un  gran  ceppo  originario  comune.  Im- 
perocch^  da'  piu  recenti  studii  risulterebbe  il  contrario,  che  cio6 
le  lingue  americane  procedano  per  gradi  innumerevoli,  da  uno 
stato  di  quasi  pieno  isolamento,  alia  perfezione  delle  lingue  finci- 
che  e  delle  somiglianti  alle  finniche.  DaR'altra  parte  il  prin- 
cipio stesso  dell'identita  originaria,  quello  cio6  della  facolta 


MGLI    STTI'll    U.NOriSl 

d' incorporare  1'oggetto,  non  prova  gran  fatto;  conciosgiache  co- 
testa  facolta  non  sia  una  proprieta  esclusiva  delle  sole  lingue 
americane,  ma  coinune  altresi  a  parecchie  altre  famiglie  di  lingue 
fra  loro  differenti,  dell'Asia,  dell'Africa  e  del  continente  australe. 
Incorporazione  d'oggetto  si  osserva  nell'egiziano,  nel  tamaceko, 
iiel  cabyliano,  e  in  non  poche  lingue  de'  Negri ;  nel  medo,  nel 
sumero-accadico,  in  molti  idiomi  caucasei,  in  quello  de'Kholi 
dell'Ijidia,  nel  Kotto  e  in  piu  altri.  II  basco,  secondo  il  prin- 
cipio  dell'Autore,  si  troverebbe  avere  lo  stesso  tipo  del  medo. 
Iinperocche  la  declinazione  del  medo  e  uralo-altaica;  e  come  il 
basco  non  ha  1'accusativo  del  sostantivo;  simile  in  molti  punti 
al  basco  e  il  pronome  sia  nelle  forme  personali,  sia  nel  dimo- 
strativo;  il  verbo  possiede  la  varieta  del  basco  e  la  facolta 
d' incorporare  i  reggimenti  diretti  e  indiretti '. 

Gl' Indian!  d'America  sono  dall'Autore  distinti  dagli  Eschi- 
mosi,  ma  non  dichiara  la  different  che  corre  fra  quest!  due 
tip!.  Si  contenta  d!  comparare  fra  loro  delle  voci  escbimose  ed 
altaiche  ma  non  una  delle  voci  indiane,  eccetto  i  nomi  nume- 
ral! 2,  3,  4  dello  stipite  algonchino,  e  poi  precede  avanti  come 
se  avesse  comparate  delle  lingue  indiane  con  le  uralo-altaiche. 
Le  conseguenze  adunque  che  il  ch.  Autore  ci  presenta,  sono  piu 
ampie  delle  preinesse,  e  percio  restano  senza  valore  scientifico  le 
sue  supposte  scoperte  di  affinita  tra  le  lingue  jenisseiche,  ostiake, 
jukagiriane,  mordmniane,  ugriche,  caucasee,  etrusche,  albanesi  e 
le  lingue  indiane  d'America.  Non  basta  ch'egli  ricerchi  e  trovi, 
come  d!  fatto  trova  talora,  delle  relazioni  lessicologiche  tra  due 
o  piu  popoli,  ma  e  necessario  dimostrare  che  que'vocaboli  non 
sieno  un  semplice  effetto  di  vicinanza  o  di  commercio  tra  loro 
in  un'eta  lontanissima,  ma  appartenenti  al  patrimonio  coinune 
della  famiglia  delle  lingue  che  sono  fra  loro  comparate;  con- 
viene  escludere  ancora  le  ragioni  psicologiche  onde  provengono 
talvolta  le  somiglianze  tra  voci  di  lingue  disparatissime  e  di- 
verse, come  se  ne  osservano,  per  esempio,  tra  il  cinese  e  1'ariano, 
ma  sono  coincidenze  meramente  fortuite.  Ondeche  il  Winckler, 
le  cui  osservazioni  ci  sono  sembrate  di  somma  importanza  e  ne 

4    V.    II.    WlNCKLEU,  Op.  tit. 


DEL   PKESENTE   STATO 

abbiamo  fatto  tesoro,  giustamente  conchiude  che  delle  liste  di 
vocaboli  presentate  dal  D.r  Cruel  e  mestieri  far  uso  con  la  piu 
rigida  prudenza,  essendo  esse  in  gran  parte  dubbie  o  al  tutto 
false,  come  si  par  chiaro  dall'esaine  che  il  dotto  lingnista  ne 
fa  con  molta  accuratezza,  special mente  alle  pagg.  346,  347,  348 
e  349  della  sua  soprallodata  recensione.  . 

XXVII. 

La  ipotesi  del  D.r  Cruel  non  e  nuova.  II  Vater  e  P.  S.  du 
Ponceau.  Opinione  del  ch.  P.  Fedele  Fita  nel  Congresso 
Internationale  in  Madrid  nel  settembre  1881,  non  ammessa 
dal  Vinson.  II  basco  comparato  col  punico.  H.  Lecluse.  II 
basco  e  il  berbero.  L.  Gese.  L' etrusco  uralo-altaico.  Opi- 
nione del  Taylor  yiudicata  dal  Sayce.  II  Congresso  degli 
orientalisti  a  Parigi  nel  1873.  Opinione  del  Deecke  e  del 
Eedatlore  dell'  Archivio  biblico  ed  orientale.  Conclusions. 

Non  sara  pertanto  inutile  ne  discaro  T  avvertir  qui  di  passata 
che  tentativi  simili  a  questi  del  D.r  Cruel  erano  gia  stati  fatti 
da  altri,  ma  senza  conseguire  il  frutto  delle  molte  indagini  e 
delle  lunghe  fatiche.  II  Vater  avvisava  gia  che  la  lingua  dei 
Cantabri  doe"  de'  Baschi  era  formata  sullo  stesso  modello  delle 
lingue  degl'Indiani  d'Ainerica.  Egli  esamin6  soltanto  le  forme 
complicate  del  verbo  basco,  dell'  idioma  ciukci  e  del  Congo.  Ma 
le.  somiglianze  del  Vater  non  erano  aminesse  per  le  lingue  arae- 
ricane  da  Peter  S.  du  Ponceau.  Imperocche  la  caratteristica  spe- 
ciale  di  coteste  lingue  e,  secondo  il  du  Ponceau,  il  non  avere  i 
verbi  ausiliari  essere  ed  avere.  Ora  questi  due  Terbi  sono  il 
tutto  nella  coniugazione  basca  *.  La  stessa  somiglianza  con  le 
lingue  americane  scorgeva  nel  georgiano  1'Adelung  2.  Nel  Con- 
gresso internazionale  tenuto  a  Madrid  dal  25  al  28  settembre  1881, 
il  ch.  P.  Fedele  Fita  tratto  delle  analogic  della  lingua  basca  con 

1  Rapport  sur  le  caractere  general  rU  les  formes  grammaticales  des  langues  ame*- 
ricaines,  fait  au  comilc  d'hisloire  et  de  litterature  de  la  socie'te'  philosophique  amt'1- 
ricaine,  par  son  secretaire  correspondant  (Lu  au  comilc,  le  12  Janvier  1819). 

8  MITHIUDATES,  torn.  IV,  p.  130. 


altrc,  special inente  con  le  lingue  americane.  II  dotto  accademico 
'.era  il  basco  affine  al  celto  da  una  partc  e  al 
georgiano  dall'altra,  mentre  sarebbo  lingua  prottamente  ibericu 
e  un  semplice  avanzo,  una  reliquia  dell'antico  stipite  indo-europeo. 
II  Yinson  dice  a  qnesto  proposito:  <  Inutile  d'ajouter  que  cetto 
th6orie  ne  me  parait  pas  plus  demontr6e  que  les  pr6c6dentes, 
malgr6  le  talent  et  les  inge*nieux  apergus  de  son  sympathique 
auteur  '.  >  E  altrove  tocca  la  stessa  corda  dicendo  che  1'ipotesi  del 
P.  Fita  6  a  /jr/omnammissibile  nel  presente  stato  dellascienza2.* 
Nel  1826,  come  ci  narra  Fl.  Lecluse  nell'  introduzione  al  suo 
Manuel  de  la  langue  basque  che  porta  in  fronte  1'epigrafe: 
HA0ON,  IAON,  El  AON,  si  voile  tentar  di  spiegare  col  basco 
le  parole  puniche  del  monologo  che  si  legge  nella  I*  scena  del- 
1'atto  V°  del  Poenulus  di  Plauto.  II  Bochart  ne  aveva  inter- 
pretate  alcune  ricorrendo  all'  ebraico  8.  II  L6cluse  tenne  un  con- 
gresso  a  Tolosa  e  fece  agitare  la  quistione  fra  i  dotti  baschi 
di  Saint-Jean-de-Luz  o  di  Hasparren,  di  Saint -Jean-Pied-de-Port, 
di  Maul6on  o  di  Saint- Palais ;  cosl,  egli  dice,  erano  rappresentati 
i  tre  dialetti  del  basco  fraucose,  il  laburtino  cioe,  quello  della 
Bassa  Navarra  e  quello  di  Soule  e  Mixe.  Fu  data  lettura  della 
traduzione  fatta  da  Don  Juan  Ignacio  de  Iztueta  in  dialetto 
guipuscoano.  I  giudici  conchiusero  che  il  testo  di  Plauto  non 
seinbrava  presentare  un  testo  basco:  le  traduzioni  tentate  ne'varii 
dialetti  baschi  non  avere  un  senso  seguito,  ma  essere  frasi  scucite. 
II  signer  L.  Gese  nelle  Memoires  de  la  Soc.  archtol.  du 
Midi,  1883,  tratta  di  alcuni  riscoutri  fra  le  lingue  berbera  e 
basca,  e  presenta  una  lista  di  80  vocaboli  ch'egli  stima  indicare 
parentela  fra  le  due  lingue.  « I  rapporti,  egli  dice,  sono  tanti 

'  Rev.  de  linguist.,  t.  XIV,  15  juillct  1SSI,  p.  315. 

*  «Mais  pour  lui  IPS  Basques  |r,  litres  cl  les  Colics  p;irlaient  nnc  s^ule  el  rurm«> 
lanpnp,  hy|inthesc  inadmissible  a  priori  dans  I'elal  actuel  de  la  scionce.  >  Rev.  de 
lingttixt.  t.  \i\  IT,  <>  t.  IS81,  p.  4H.  V.  P.  I>ABI»Y  DE  THIERSANT,  Dt  I' Origin*  (lea 
Indiens  du  Nouccctu-Mondc  et  de  leur  civilisation.  Paris,  L-roux  1883. 

0  V.  1'iK^i.Nius,  Monum.  phoen.  p.  357  e  sp^^r.  —  VKX,  m-1  Rhcittisches  Museum 

••'oljre,  II.  Jahrg  e  HITXIG,  U>i<L,  X.  Jjilnjr.  2"  Heft.  Mo 
imnischrn  titeUen  im  Poenulns.  KWAI.D  nel  Zeitschrift  fur  die  Kundc  dts 
Morgenlandes,  t.  IV,  p.  400  e  so}-g.  (1843»;  t.  IV.  p   |H  ••  se?g.  (1845:;  t.  Ml,  p  T«> 
ML.NK,  Palestine,  p.  80-87  noia.  KENKIK,  Phoenicia,  p.  179  e  segg. 


DEL   PKESENTE   STATO 

che  non  si  possono  attribuire  al  caso.  II  matematico  inglese. 
Young,  ha  calcolato  che  quando  due  lingue  contengano  otto  parole 
siinili,  ci  sono  quasi  centomila  probabilita  contr'una,  che  queste 
parole  abbiano  la  stessa  origine;  a  piu  forte  ragione  quando  il 
numero  delle  parole  6  dieci  volte  raaggiore.  > 

Neppur  nuovo  e  il  tentativo  di  far  dell'etrusco  una  lingua  uralo- 
altaica.  II  Taylor  crede  turco-tataro  1'etrusco;  anzi  sostiene  che 
non  pure  il  vocabolario  degli  Etruschi  e  turco-tataro,  ma  che  la 
grammatica  altresl  e  la  mitologia  loro  sia  turco-tatara.  II  Sayce 
nega  che  1'etrusco  sia  lingua  ariana,  perche  se  tale  fosse,  le  sue 
iscrizioni  gia  sarebbero  state  decifrate ';  ma  non  aderisce  al 
Taylor,  le  cui  soluzioni  stima  pan  a  quelle  de'  suoi  predecessor! 2. 

Nel  suo  recente  lavoro  Gli  antichi  imperi  delVoriente,  dice 
che  la  lingua  degli  Etruschi  era  agglutinante  e  sui  generis  s. 
Anche  il  Deecke  riconobbe  tra  il  finnico  e  I'etrusco  parecchie 
somiglianze,  soprattutto  nella  formazione  de'casi  e  delle  parole. 
Confessa  egli  stesso  che  fu  tentato  di  annoverare  1'etrusco  fra 
le  lingue  turaniche,  ma  non  os6  torre  1'iinpresa  per  la  grande 
difficolta  4.  Nel  Congresso  degli  Orientalist!  tenuto  a  Parigi 
nel  1873,  la  stessa  quistione  fu  trattata  nello  stesso  senso  del- 
Tanalogia  fra  Tetrusco  e  il  turco  6. 

Nella  nostra  Italia  il  dotto  Redattore  fa$Archivio  di  lette* 

«  «  The  latest  decision  is  that  they  belong  to  the  Indo-European  family,  because 
the  language  of  ihem  is  inflectional;  but  surely  the  decision  refutes  itself.  Were  they 
Aryan,  they  would  have  been  explained  long  ago.  >  The  Principles  of  comparat. 
philology,  London,  1815,  p.  113. 

1  Mr.  Isaac  Taylor's  attempt  to  connect  Etruscan  with  the  Ugro-Altaic  or  Tura- 
nian class  of  languages  (in  his  « Etruscan  Researches*  1874)  cannot  be  judged  mon» 
successful  than  the  solutions  of  ihe  problem  proposed  by  his  predecessors.  Op.  tit. 
p.  1  Li,  115,  iu  no  la. 

3  The  ancient  empires  of  the  East,  Herodotos  I,  III,  \\ith  notes,  introductions,  and 
appendices.  London,  Macmillan  and  co.  1883,  p.  58,  in  nota. 

*  DEECKE,  Etrusk.  Forschungen,  pagg.  76,  8-2-83. 

s  «  Si  Ton  considere  combien  le  type  turk  est  repandu,  a  1'e'lat  sporadique.  d.ins 
I'ouesl  de  PEurope,  si  Ton  redechit  aux  analogies  de  langue  et  de  type  qui  existent 
fntre  les  anciens  Etrusfjues  et  les  races  turkes,  si  Ton  observe  que  les  Etrusqin< 
parlaient  la  memo  langue  que  les  Retes  des  Alpes  et  par  consequent  venaient  du 
nord,  on  comprendra  que  la  question  commence  a  se  poser  avec  insistance  et  on 
verra  de  quel  cote  il  faut  chercher  une  partie  des  elements  necossaircs  pour  la  r  - 
soudre.  i  Congrls  des  Orient.,  I,  p.  438. 


Id 

f'ile,  nei  ninnrri  ."»  e  6°  maggio  e  giugno 
del  1880,  propugnft  con  grande  erudizione  e  con  molti  riscontri 
di  vocaboli  1'origine  turco-tatara  degli  Etruschi.  Senonche  egli 
stesso  si  protesta  che  «  1°  non  intende  di  far  le  cose  addirittnra 
in  regola  come  vorrebbero  i  linguist!  rigorosi,  perchfc  nello  stato 
in  cui  si  trova  ora  la  quistione  ci6  non  e  ancor  possibile;  bi- 
sogna  contentarsi  di  esplorare  all'ingrosso  il  terrono  e  non 
andar  pin  avanti ;  2°  che  alle  soroiglianze  tra  vocabolo  e  vocabolo, 
le  quali  molte  volte  non  sono  che  accidental!  non  intende  attri- 
buire  altra  importanza  di  quella  in  fuori  che  hanno,  vale  a  dire 
quella  di  nn  tentativo  e  niente  di  piu  che  di  un  puro  tentative  '.  > 
Dalle  quali  parole  chiaramente  e  affermata  la  inalagevolezza 
della  quistione  che  non  pennette  se  non  semplici  tentativi. 

Se  ora  ci  &  lecito  di  dire  quello  che  noi  pensiamo  su  tutti 
questi  tentativi  di  esplorare  le  prime  origin!  de'popoli  d'Europa, 
sia  riconrendo  all'  antropologia  e  all'  archeologia  preistorica,  sia 
alia  etnologia  e  alia  linguistica,  sia  finalmente  a  tutte  coteste 
discipline  insieme,  confessiamo  che  i  tentativi  non  saranno  mai 
tanto  felici  quanto  certamente  sono  faticosi  e  lodevoli.  La  ragione 
vera  e  nella  difficolta  intrinseca  di  simili  problem!,  pe' quali  non 
si  hanno  dati  o  si  hanno  scarsi  e  insufficient!;  mentre  dull' altra 
parte  gi' istnimenti  de' quali  ci  serviamo,  sono  in  gran  parte 
inetti  e  sproporzionati.  La  linguistica,  1' antropologia  e  1' archeo- 
logia preistorica  discipline  ancora  acerbe  e  soggette  a  mille  illu- 
sion!, non  ci  daranno  che  ipotesi  e  mere  ipotesi.  La  linguistica 
pertanto  e  quella  che  piu  d'ogni  altra  disciplina  corre  i  mag- 
giori  e  diremmo  anche  inevitabili  pericoli  di  errare,  dovendo  essa 
ricorrere  del  continue  in  siffatte  quistioni  di  parentela  e  di  affinita 
delle  lingue,  alia  etimologia,  e  1'etimologia  e  una  Sirena,  una 
Fata  Morgana,  che  seduce  e  perde  chi  si  lascia  vincere  a'suoi 
allettamenti  e  alle  sue  seduzioni.  I  linguist!  gridano  piu  che 
pnssono  di  andar  cauti  con  1'etimologia,  ma  i  naufragi  sono 
continui.  II  ch.  E.  Schiaparelli  pubblicava  teste  le  Migrazioni 
degli  antichi  fwpoli  delCAsia  Minore  (Roma,  Loescher),  e 
fondava  la  sua  teoria  sull' ingannevole  argomento  della  somi- 

1  Arch,  rfi  letterat.  I,M.  ed  orient.  Ann.  II,  n4  5,  p.  131. 

'.  ro/.   VI.  fate.  814  8  maggio  1884 


PRESENTS  STATO    DEGLI   STUDII   LINGUISTICI 

gliunza  di''nomi  proprii,  secondo  che  opina  1' 'A'-mknuj  \  Allo 
scoglio  dfll'etimologia  ruppe  in  verita  il  ch.  D.r  Cruel,  benchfc 
fornito  di  molto  sapere  e  di  molta  esperienza  linguistica.  E  noi 
conchiuderemo  con  le  parole  del  suo  critico  che  ci  sembrano 
molto  a  proposito:  «  Finalmente  non  posso  lasciar  passare  questa 
occasione,  senza  prevenire  i  linguist!  e  gli  etnologi,  de'pericoli 
inerenti  alia  tendenza  che  ora  si  ha  di  generalizzare  senza  co- 
noscero  a  fondo  i  particolari,  e  di  riunire  popoli  e  lingue  in 
grandi  gruppi,  senza  averne  priina  studiate  le  infinite  differenze 
e  le  somiglianze  in  raodo  che  pure  si  possa  dire  sufficiente 2.  > 

1  <  The  whole  theory  rests  on  the  very  deceptive  support  of  similarities  in  proper 
names. »  Academy,  jnn.o,  1884,  n°  GOO,  p.  12.  Noi  avcndo  lelta  qiifsta  Notizia  dcl- 
FAutore,  siiminmo  cho  il  giudizio  dell' Academy  intorno  ad  es<a  sia  inesatto  e  pre- 
cipiiato;  mercecche  ne  la  teoria  poggia  tutla  sulle  somiglianze  di  nomi  proprii,  ne  si 
puo  con  equila  giudicare  una  teorica,  delta  quale  lo  ste.-^o  Autore  dichiara  che  lion 
iniende  per  ora  offrire  se  non  una  semplice  notizia,  una  idea  g^nerale,  riservandosi 
di  tratiar  1'jirgomento  ex-profcsso  in  un  prossimo  lavoro.  c  Lo  studio  diligente,  dice 
lo  Schiaparelli  nella  sua  Notizia,  delle  due  iscrizioni  {di  Trbe)  e  d'una  intiera  serie 
di  monument!,  che  con  quelle  si  collegano,  1'esame  delle  anlichiia  greche  c«l  italichc 
venutc  in  luce  negli  ultimi  anni,  c  sopmttuUo  alcune  ricerche  original!  sulle  desinenze 
di  nomi  etnici  dell'Asia  minore  e  sulle  forme  che  vennero  ad  assumere  nella  bocca 
degli  Egiziani  e  de'Greci,  ci  condusscro  a  conclusion!  nolevolmenle  diverse  ula  quelle 
del  vViedemann,  il  qnale  sostiene  che  i  popoli  nominal!  nelle  due  iscrizioni  geroglifiche 
non  mostrino  aver  nulla  di  comune  con  gli  aniichi  abitolori  della  Grecia  e  dell' Italia). 
Nella  conclusione  della  Notizia,  la  quale  cosla  di  sole  otto  pagine,  il  ch.  A u tore  dice: 
fjuestc  sarebbero,  in  termini  general!,  le  principal!  conclusion!,  a  cui  ci  condusse  lo 
studio  di  monument]  e?iziani,  coordinato  coll'  esame  delle  antiche  tradizioni,  colle 

notizie  degli  slorici  e  di  geografi  antichi  e  colle  scoperte  artheologiche  piii  recenti 

e  conOdiamo  che  potranno  parera  piii  amj)iamente  giustificate  in  un  nostro  prossimo 
lavoro  sopra  questo  argomento.  fe  dunque  manifesto  che  il  ch.  Autore  non  fonda  la 
sua  teorica  sulln  sole  somiglianze  di  nomi  proprii.  D'altra  parte,  strana  cosa  sarcbbe 
e  al  lutlo  inverosimile,  che  il  forte  ed  acuto  ingegno  di  questo  giovane  egittologo, 
per  la  sua  dottrina,  per  la  modes tia  singolare  e  massimamente  per  la  scrupolosa  e 
coscienziosa  diligenza  scientifica  mostrata  in  tutti  i  suoi  lavori,  divenuto  oggetto  di 
ammirazione  e  di  amore  alia  dotla  Europa,  si  volessf  appagarc  di  scmplici  giuochi 
etimologici  in  quistioni  gravissime  e  di  naiura  stretlamentc  storica.  II  fortunalo  sco- 
pritore  ed  interprele  del  Libra  de'FutieraH  degli  antichi  Egiziani  dovova  essere 
altramentc  giudicalo  dall' Academy ;  e  certi  siamo  che  di  quel  sno  poco  pondt-rato 
giudizio  si  saranno  mai-avigliati  i  Lepsius,  i  Maspero,  i  Brugsch,  gli  Ebers,  i  Revillout 
c  tutti  i  grandi  egitlologi  d' Europa  die  lo  Schiaparelli  hanno  in  grandissima  stima 
e  i  cui  lavori  commendarono  con  lodi  quanto  cgregic  allrcttanto  merilate. 

*  c  Enfin,  je  ne  pnis  laisser  passer  cetle  occasion,  sans  prevenir  les  linguistes  et 
les  elhnologues  des  dangers  qu'a  la  tendance  actuelle  de  gencraliser  sans  connaltr6 
a  fond  le  detail;  d •>  reunir  dc  grands  groupcs  dc  peuples  et  de  lan;ri:es,  sans  en  avoir 
(•indie  ni  les  difTt'-rences  infinies,  ni  les  resscmblancos  d'une  maniere  quelque  peu 
Dott.  HEINRICH  WINCKLER,  Rev.  de  linguist,  t.  XVI,  13  oct.  1883,  p. 


DKLLA  rOTESTA  DELLA  CHJESA 


Cristo  fond&  la  sua  Chiesa  qual  pubblica  societa,  e  qual  pub- 
blica  societa  in  forma  monarchica.  L'una  cosa  e  1'altra  fa  gia 
da  ooi  diiuostrata  ne'  precedent!  articoli.  Con  ci6  fu  implicita- 
mente  dimostrato  cbe  la  Chiesa  e  dotata  di  potesta  pubblica  e 
sociale.  Una  pubblica  societa,  nna  monarchia,  senza  poteri  cor- 
relativi,  sarebbe  una  coutraddizione.  Nondiineno  e  necessario 
trattare  esplicitamente  di  tal  potesta,  si  per  determinarne  piu 
distintamente  la  natura  e  si  per  ispiegare  le  diverse  funzioni,  in 
cui  essa  si  svolge.  A  far  ci6  diamo  principio  col  presente  articolo. 

I. 

La  Chiesa  &  dotata  di  duplice  Potesta,  di  Ordine  doe  i 
trisdizione. 

La  Chiesa  e  un  tenipio,  ed  e  un  trono.  Yogliamo  significare 
die  essa  e  una  religione  insieine  ed  un  regno,  bench 6  di  ordine 
spirituale.  La  ragione  di  questa  doppia  qualita  della  Chiesa  si  e, 
perche  Cristo,  suo  fondatore  e  capo,  d  Sacerdote  ad  un  tempo  ed 
e  Re.  Tu  es  Sacerdos  in  aeternum1;  Ego  antem  constitute* 
sum  Rex*.  Se  Cristo  e  Sacerdote  Ee,  la  Chiesa  e  religione 
regno.  Come  religione,  essa  e  dotata  della  potesta  di  Ordine;  come 
regno,  della  potesta  di  Giurisdizione.  La  prima  si  riferisce  al- 
1'esercizio  del  divin  culto  e  ali'amministrazione  de*  sacramenti ; 
la  seconda  al  governo  delle  persone,  per  cio  che  riguarda  fede  e 
costumi.  Duplex  est  spiritualis  potestas:  una  quidtm  sacra- 
mentalis,  alia  iurisdictionalis*. 

La  medesima  vorita  pud  ancora  dimostrarsi  dal  fine  sopranna- 
turale,  a  cui  la  Chiesa  e  ordinata,  vale  a  dire  la  beatitudine 
eterna.  Al  conseguimento  di  un  tal  fine  non  viene  1'uoino  abiii- 

•   !' 

«  l'~. 

»  S.  TOMMASO,  Summa  th.,  2'  2*'  q.  \.\MX,  a.  3. 


DELLA.  POTESTA.  DELLA  CHlESA. 

tato  e  promosso,  se  non  inerce  della  grazia  suntificante, 
Dei  vita  aeterna  !;  e  i  canali  di  questa  grazia  Cristo  voile  che 
fossero  i  Sacraraenti,  segni  visibili  di  dono  invisibile.  Adunque 
il  Sacerdozio  cristiano,  a  cui  Cristo  affidava  il  reggimento  della 
sua  Chiesa,  dovette  necessariamente  ricevere  una  duplice  potesta, 
quella  cioe  di  governare  socialraente  i  fedeli,  e  quella  di  formare 
e  amministrare  loro  i  sacramenti  che  dovevano  elevarne  1'azione 
e  proporzionarla  alia  supernatural^  del  fine.  Ecco  1'esigenza 
della  potesta  di  Ordine  e  di  Giurisdizione :  1'una  pel  reggi- 
mento de' fedeli  nella  vita  cristiana,  1'altra  per  elevarli  all'or- 
dine  soprannaturale,  mediante  i  sacramenti.  A  queste  due  potesta 
si  riducono  tutti  i  poteri  della  Chiesa. 

L'egregio  Phillips  introduce  una  terza  potesta,  quella  cio6  che 
egli  chiama  di  Magistero.  Egli  scrive:  «  II  Clero  e  la  Chiesa 
santificante,  insegnante,  governante.  I  Laici  sono  la  Chiesa  san- 
tificata,  insegnata,  governata.  Quinci  risulta  che  la  somma  di  ci6 
che  si  e  convenuto  di  chiaraare  Potere  ecclesiastico  (potestas  ec- 
clesiastica)  ne'  suoi  tre  elementi  costitutivi :  II  Sacerdozio  (ordo 
ministerium2),  \\tnsegnamento  (magisterium)  e  la  Sovranita 
(iurisdictio),  appartengono  esclusivamente  al  Clero 3.  >  Ma  ben 
osserva  il  Tarquini  che  questo  terzo  elemento  ridonda;  perche  il 
magistero  della  Chiesa,  obbligando  all'assenso,  giustarnente  si 
riduce  alia  potesta  giurisdizionale.  Tertium  potestatis  genus, 
quod  Magisterii  appellavit,  frustra  invexit  Phillips.  Si  enim 
purum  sit  magisterium,  potestas  did  nequit.  Sin  ita  conci- 
pitur  ut  ius  eidem  insit  inclinandi  fideks  in  obsequium  fidei 
eorumque  assenstim  imperandi}  pars  est  potestatis  iurisdictio- 
nis.  Non  erat  igitur  discedendum  a  doctrina  in  Scholis  ca- 
tholicis  communi  *. 

Si  suole  anche  distinguere  la  potesta  di  Ordine  da  quella  di 
Giurisdizione,  in  quanto  la  prima  e  sul  corpo  reale  di  Cristo  da 
consecrarsi  nella  santa  eucaristia,  a  cui  in  qualche  modo  si  rife- 

1  AD  ROMANOS,  VI,  23. 

*  Nella  traduzione  franccsc,  invece  di  ministerium  sla  scritto  mystcrium;  ma 
evidcntemente  e  uno  sbaglio. 

8  Da  droit  ccclesiastiquc  dans  ses  principes  g<'noraux,  par  GEORGE  I'mt.ups;  tra- 
duit  par  1'Abbc  CROUZET,  T.  I,  §  XXXIII. 

*  Juris  Ecdesiastici  pubUci  Jnstitutione8,\\l).  1,  c.  I. 


no  tutti  gli  altri  Sarranit.'iiti ';  la  seconda  e  sul  corpo 
di  Cristo,  cioo  la  repubblica  de'fedeii  da  reggere  e  governare. 

La  potesta  di  Ordine  e  immobile;  non  cosl  la  potesta  di  Giu- 
izione.  La  ragione  si  e  perchd  quella  si  conferisce  per 
di  cooseoruiona,  questa  per  via  di  missione.  Consacrato  cbe  sia 
un  subbietto,  esso  resta  tale  finche  non  venga  distrutto.  Per 
contrario  cid  che  S  conferito  per  via  di  seinplice  mandate  (missio), 
non  producendo  nel  subbietto  alcuna  forma  inerente  ma  solo  una 
morale  rclazione,  puo  per  volonta  del  mandante  rivocarsi.  Quindi 
e  che  sebbene  chi  ha  perduta  la  potesta  di  giurisdizione,  non 
possa  Iccitamente  esercitare  quella  di  Ordine  per  la  connessione 
che  un  tale  esercizio  ha  col  governo  de'fedeii;  nondimeno  la 
esercita  validamente.  E  cosl  il  Vescovo  anche  eretico  o  scisma- 
tico,  il  quale  per  essere  separato  dalla  Chiesa  ha  perduto  ogni 
giurisdizione,  validamente  amministra  i  sacramenti,  eccetto  queilo 
del  la  penitenza  di  cui  non  solo  la  liceita  ma  anche  la  valid  it  a 
dipende  dalla  giurisdizione,  perch&  amministrato  in  forma  di 
giudizio.  Sacra menta Us  potestas  est  quae  per  aliqnam  conse- 
crationem  confertw ;  et  talis  potestas  secundum  suani  essen- 
liam  remand  in  liomine,  qiii  per  consecrationem  earn  est 
adeptus,  qitandiu  vivit,  site  in  schisma  sive  in  haeresim  la- 
batur...  Potestas  autem  iurisdictionis  est  quae  ex  simplici 
iniundionc  Iwminis  confertur,  et  talis  potestas  non  inimobi- 
liter  adhaeret,  unde  in  schistnaticis  et  haereticis  non  manet 2. 

Essendo  le  due  potesta  separabili,  ne  viene  che  anche  quella 
di  Giurisdizione  pu6  avverarsi  senza  1'  altra  di  Ordine,  come  nel 
Vescovo  eletto  e  confermato,  ma  non  ancor  consacrato,  e  negli 
Abbati  cho  diconsi  miHius.  Di  ci6  abbiamo  esempii  antichissimi 
nella  Chiesa;  e  basti  ricordare  il  fatto  di  sant'Agostino,  il  quale 

1  Omnia  alia  iacramenta  ordinari  videntur  ad  hoc  sicramrntum,  simt  ad 

>.  Manifcstum  tnim  est  quod  sncrnmentum  Ordinis  ordinatur  ad  Eucha- 

if.  con»cerationcm.  Sncrnmentum  vero  Baptismi  ordinatur  ml  Eticharistiac 

tionftn,  in  r/uo  ft  mm  pcrficitur  nliqui*  per  Confirmations  ut  non  vcreatur 

se  su/jtraJtendo  a  tali   Sacramento.  Per  poenitentiam  etiam  et  Kxtrcmam  un- 

ctionem  pratparatur  hoino  ail  digne  sumendum  corpus  C/tristi.  Afitrnnnnium 

etiam,  saltern  sua  signification',  attinyit  hoc  sacrament  it  HI,  in  quantum  .</•/>« /- 

coniuntionem  Christi  et  Kcclcsiae,  cuius  unitas  per  sacramentum  Eucha- 

ic  fi</urat*r.  S.  TOMMASO,  Sutnma  th.  0*  p.  i\.  LXV,  a.  3. 

«  S.  TO.MM.VSO,  Summa  th.  2*  2"  q.  \\M...  a.  3. 


138  IIELLA  POTESTA  DELLA  CHIESA 

ad  Eraclio,  bench&  semplice  prete,  commise  il  governo  della  sua 
Diocesi ;  come  &  chiaro  da  quelle  parole  da  lui  proferite  in  so- 
lenne  adnnanza  di  Clero  e  di  popolo:  Obsecro  vos  et  obstringo 
per  Christum  ut  huic  iuveni,  hoc  est  Eraclio,  presbytero,  quern 
hodic  in  nomine  Christi  designo  Episcopum  successorem  mihi, 
patiamini  me  refundere  onera  occupationum  mearum  l. 

Si  avverta  in  fine  che  la  Giurisdizion  della  Chiesa  si  divide  in 
interna  ed  esterna,  in  quanto  riguarda  o  il  foro  interno  e  se- 
greto  della  coscienza,  da  prosciogliersi  da'peccati,  o  il  foro 
esterno  di  pubblica  autoritfc  nel  reggiinento  de'  fedeli. 

II. 

Alia  nost-ra  trattazione  appartiene  la  sola  potesta  di  yiuris- 
dizione  esterna. 

Noi  qui  parliamo  della  Chiesa  in  quanto  ella  e  societa,  benchd 
di  ordine  spirituale.  Or  la  potesta  che  concerne  la  Chiesa  sotto 
questo  aspetto,  e  la  potestk  di  giurisdizione  esterna.  La  potesta 
di  ordine  si  riferisce  al  puro  Sacerdozio,  e  il  Sacerdozio,  in  quanto 
puramente  tale,  non  iinporta  superiority  sopra  sudditi  o  diritto 
di  ordinare  la  moltitudine.  Esso  prescinde  dall'idea  di  pubblico 
governo.  II  Sacerdote,  come  insegna  san  Toramaso,  non  e  che  un 
mediatore  tra  Dio  e  gli  uomini,  in  quanto  dispensa  agli  uomini 
da  parte  di  Dio  doni  celesti,  ed  offre  a  Dio  da  parte  degli  uomini 
preci  e  sacrifizii  in  espiazion  de'peccati.  Onde  d  nomato  Sa- 
cerdos,  quasi  datore  di  cose  sacre.  Proprie  officium  Sacerdotis 
est  esse  mediatorem  inter  Deum  et  populum,  in  quantum 
scilicet  divinapopulo  tradit.  Unde  dicitur  sacerdos  quasi  sacra 
dans,  secundum  illud  Malachiae  2,  7.  Leg  em  requirent  ex 
ore  ems,  scilicet  sacerdotis;  et  iterum  in  quantum  preces  po- 
puli  Deo  offert  etpro  eorum  peccatis  Deo  aliqualiter  satisfacit. 
Unde  dicit  Apostolus  ad  Hebraeos  5,  1.  Omnis  Pontifex  ex 
nominibus  assumptus  pro  hominibus  constituitur  in  his  quae 
sunt  ad  Deum,  ut  offerat  dona  et  sacriftcia  pro  peccatis  2. 

In  tutto  questo  ci  ha  certamente  preminenza  altissima  di  di- 
gnita,  nia  non  un  potere  governativo,  propriamente  detto.  E  cosl, 

1  Epist.  213,  alias  HO,  n.  5. 
*  Siimma  th.  3*  p.  q.  XXII,  a.  1. 


como  vt-  ,<:,  la  potesU  di  G  ione 

pu6  nella  Chiesa  separarsi  da  -jnolla  di  Ordino,  como  nel  Vescovo 
dimessosi  o  deposio;  il  <i'i;do  resta  Vescovo,  ma  senza  alcana  par- 
tecipazione  al  governo  de'suoi  diocesani. 

La  giurisdizione  e  data  al  Sacordozio  cristiano,  in  quanto  Cristo 
fondft  la  Cbiesa  non  come  seraplice  religione,  ma  come  religione 
in  forma  di  pnbblica  socicUt,  regno.  E  cotesta  giurisdizione  e 
propriamente  quella  che  dicesi  esterna;  giacche  quella,  che  dicesi 
ni'i,  riguarda  piuttosto  le  persone  individuo  prese  spicciola- 
tamente  e  nel  puro  ordine  del  la  privata  loro  coscienza.  Ond'essa, 
se  non  fosse  congiunta  coll' esterna  o  proveniente  da  quella,  fa- 
rebbe  parte  della  sola  potesti  di  Ordine,  riferita  ali'amministra- 
zione  d'nn  Sacramento;  e  in  senso  improprio  si  appellerebbe  giu- 
risdizione,  la  qualo  involge  sempre  rispetto  all' ordine  pubblico. 

III. 

Sciocca  prctensione  del  moderno  Liberalismo  di  attribuire 
alia  Chiesa  la  sola  pottsfd  di  Ordine,  negandok  quella  di 
rixdi zione. 

Nel  medio  Evo  Marsilio  di  Padova,  per  piaggeria  a  Lodovico 
il  Bavaro,  allora  in  gaerra  colla  Chiesa,  tra  gli  altri  errori,  in- 
segn6  che  no  Chiesa,  ne  Vescovi,  n&  Papa  hanno  alcuna  giurisdi- 
zione  sopra  laici  o  chierici,  ma  solo  il  potere  di  aiuministrare  i 
sacrament i  e  bandire  la  divina  parola;  tutto  il  resto  appartenere 
allo  Stato  !. 

Questa  eresia,  gia  morta  sotto  1'anatema,  vibratole  da  Papa 
Giovanni  XXII,  vorrebbo  richiamarsi  in  vita  dal  moderno  Li- 
beralismo, segnatamente  in  Italia.  Esso  dice:  La  Chiesa,  preghi, 
benedica,  amministri  i  sacramenti,  annunzii  la  divina  parola,  in 
altri  termini  eserciti  la  potesta  di  Ordiue;  ma  nou  entri  a  dettar 
leggi,  a  giudicare  nel  giro  delle  relaxioni  sociali,  a  punire,  in 
altri  termini  ad  esercitare  giurisdizione.  La  giurisdizione  e  pro- 
pria  del  solo  SUto.  La  Chiesa  non  e  un  potere  pubblico,  ma  una 
semplice  societa  religiosa.  <  L' associazione  de'cittadini,  scrive  il 
Minghetti,  in  una  fede  e  in  un  culto  forma  la  Chiesu;  i  cui  Capi 

I  suo  libro:  iJefensorium  pads. 


440  DELLA    POTESTA    DELLA   Cllli 

non  hanno  potesU  o  impero,  ma  un'autorita  tutta  morale1.  > 
E  pi  ft  sopra:  <c  La  sovranita  risiede  nello  Stato,  non  vi  e  potesta 
fuori  di  esso2.  >  Lo  stesso  ripete  il  Cadorna.  «  La  Chiesa  non  e 
un  potere  pubblico 3.  >  Anzi  giunge  fino  a  negare  alia  Chiesa 
ogni  diritto  d'imporre  precetti,  che  obblighi  la  coscienza  indi- 
viduals de'  fedeli.  «  Nelle  cose  morali  la  Chiesa  non  fa  e  non 
puo  fare  se  non  una  di  queste  due  cose :  cio&  in  fatto  di  dottrina 
morale  definisce  dommaticaraente  la  legge,  al  fine  di  mantenerne 
la  purita  e  1'unita,  e  in  ci&  e  infallibile;  in  fatto  poi  di  ap- 
plicazione  e  di  esecuzione  della  medesima  col  mezzo  degli  atti 
umani,  istruisce,  ammaestra,  illuoiina,  ma  non  coinanda  n6  pud 
coi  nan  dare  4.  » 

Se  non  che  la  bisogna  corre  altrimenti.  Atlo  Stato  appartiene 
soltanto  ci6  che  sorge  dalla  pura  idea  di  Stato,  vale  a  dire  la 
cnra  della  pace  pubblica,  e  delle  cose  riguardanti  meramente 
la  prosperita  temporale :  Ut  quietam  et  tranquillam  vitam  ago,- 
mus,  come  insegna  1'Apostolo 5.  Tutto  il  resto,  che  o  per  la  sua 
natura  o  per  la  sua  destinazione  riguarda  la  santificazione  delle 
anime,  la  salute  eterna,  le  relazioni  deU'uomo  con  Dio,  e  fuori 
la  competenza  dello  Stato;  appartiene  alia  Chiesa.  Come  nell'or- 
dine  di  quelle  prime  cose  lo  Stato  ha  vera  giurisdizione,  cosl  vera 
giurisdizioue  ha  la  Chiesa  nell'ordine  di  queste  seconde.  Tal  fu  la 
volonU  di  Cristo;  e  in  questa  faccenda  la  volonta  di  Cristo  e  tutto. 

Cotesti  Signori  strappano  dalla  fronte  di  Cristo  la  corona.  Cristo 
e  Re,  Rex  sum  ego.  Or  essi  vorrebbero  ridurlo  a  condizione  di 
puro  Sacerdote;  a  meno  che  non  intendano  estendere  anche  a  lui 
la  legge  delle  guarentige,  dichiarandolo,  come  hanno  fatto  col 
Papa  a  rispetto  del  principato  civile,  Re  senza  regno.  Ma  se  non 
vogliono  rinnovare  con  Cristo  cotanta  beffa,  ci  dicano  qual  e  il 
regno  di  Cristo?  Certamente  la  Chiesa.  E  suo  regno  appunto 
egli  la  chiam&  nella  sua  solenne  confessione  dinanzi  al  Preside 
Pilato :  Regnum  meum.  Vero  e  che  soggiunse  non  essere  cotesto 
suo  regno  da  questo  mondo,  non  est  de  hoc  mundo.  Ma  con  tal 

'  Stato  e  Chiesa,  cap.  Ill,  pag.  79. 

*  Ivi,  pag.  77. 

5  Nuova  Antoloyia,  Serie  II,  vol.  XXXII,  pag.  645. 

*  Nttooa  Antologia,  Serie  II,  vol.  XXX1H,  pag.  466. 
5  Ia  AD  TIMOTH.  II,  2. 


I  1 1 

-presse  Torigine,  nou  la  dimora.  La  Chiesa  non  e  da 
4o  mondo,  percho  sorta  da  istituzioue  divina;  ma  nondimeno 
.  qnesto  mondo,  perche  composta  di  viatori  quaggift.  V 

<-redentes  in  eum;  (jui/> 
'  estis?  Cosl  bellamente  S.  Agostino.  Ed  aggiunge:  Unde 

ait:  Itegnum  meum  non  est  in  hoc  mnn 
de  hoc  mundOf  tiec  didt  non  est  hie,  sed  non  est  hinc.  I 

/  est  usque  ad  finem  saeculi !.  Ora  ua  regno  senza  diritti 
regii,  tin  regno  senza  vera  sovranita,  un  regno  che  non  sia  societa 
pubblica  e  perfetta,  come  potrebbe  concepirsi?  Ma  ii  piu  e  che 
questi  diritti  regii  furono  spiegatamente  espressi  dalle  profezie  che 
vaticinarono  la  sovranita  di  Cristo.  Busti  citarne  una  sola.  <  Ecco, 
i  giorni  si  appressano,  dice  ii  Signore  (cosl  il  Profeta  Geremia), 
Ecce  dies  ve niunt,  ait  Dominus.  »  Ed  lo  susciter6  Davidde, 
gennoglio  santo,  e  regnera  qua!  Re,  e  sara  sapiente,  e  dara  sen- 
tenza  o  fara  giustizia  sulla  terra.  Et  ego  suscitabo  David  germen 
iustitm,  et  regnabit  Rex  et  sapiens  erit  et  faciet  iwliciitm  et 
iitstitiam  in  terra  2.  Questo  mistico  Davidde,  qnesto  gennoglio 
santo,  6  Gesu  Signor  nostro.  Egli  deve  regnare  qual  Re,  regnabit 
Rex;  e  inanifestare  la  sua  sapienza,  sapiens  erit;  ed  esercitare 
giurisdizione,  faciet  indicium  et  iustitiam,  non  in  cielo,  ma 
sulla  terra,  in  terra.  Or  coins  si  esercitano  da  Cristo  cotesti 
diritti  sovrani,  se  egli  per  la  sua  gloriosa  ascensione  al  cielo 
ci  ha  sottratta  la  sua  presenza  visibile?  Li  esercita  per  mezzo 
de'suoi  rappresentanti.  Percid  egli  diede  loro  la  medesima  mis- 
sione  che  avea  ricevuta  dal  divin  Padre:  Sicut  misit  me  Pater, 
et  ego  mitto  vos3.  Cristo  era  venuto  con  missione  di  Sacerdozio 
e  di  Sovranita.  Con  missione  di  Sacerdozio  e  di  Sovranita  egli 
spedisce  gli  Apostoli,  e  dice  loro:  Quaecumque  alligaveritis 
x>ij)er  terrain,  erunt  ligata  et  in  coelis  * ;  Qui  vos  audit,  me 
audit;  ijui  vos  spernit,  me  spernit*.  II  legare  nellVdine  morale 
val  comandare,  imporre  obbligazione;  e  far  ci6  nella  moltitudine, 
e  atto  di  giurisdizione.  E  cosl  veggiamo  gli  Apostoli  fin  dal 

1  Tractattts  115,  in  IOANNEM. 
1  I'roji/ittia  lercminr,  XXIII,  3. 

,  \X.  21. 
*  MATIIIAKI,  XVIII,  1. 

L  r-  vi.  \.    16. 


DELLA    POTEST\    ]»::t.I.\    Ul!: 

principio  della  nascente  Chiesa,  raccolti  a  Concilio  in  Gernsa- 
lemme,  iinporre  ai  fedeli  precetti  da  eseguirsi  necessariamente, 
sciogliendoli  in  tutto  il  resto  dal  giogo  della  legge  mosaica. 
I  'fnum  est  Spiritui  Sancto  et  nobis  nihil  ultra  imponere  vobis 
oneris,  quam  haec  necessaria  l.  Obbligare  la  comunanza  a  date 
cose,  e  disobbligarla  da  altre,  d  atto  di  giurisdizione  esterna. 

Del  pari  sta  scritto  che  san  Paolo  percorreva  la  Siria  e  la 
Cilicia  intimando  ai  fedeli  di  eseguire  i  comandi  degli  Apostoli 
e  de'Seniori.  Perambulabat  Syriam  et  Ciliciam  confirmans 
Ecclesias,  praecijnens  custodire  praecepta  Apostolorum  et  Se- 
niorum 2.  Scrivendo  poi  agli  Ebrei  convertiti  alia  feie,  lo  stesso 
Apostolo  ingiunge  loro  di  obbedire  e  star  soggetti  ai  proprii 
Prelati.  Obedite  Praepositis  vestris  et  subiacete  eis;  ipsi  enim 
pervigilant,  guasi  rationem  pro  animabus  vestris  reddituri 3. 
L'obbedienza  e  correlativa  al  comando,  e  la  soggezione  alia  su- 
periorita.  Similmente  egli  scrive  a  Tito,  da  lui  ordinato  vescovo 
di  Greta,  esortandolo  non  solo  ad  insegnare,  ina  ancora  a  ripren- 
dere  con  pieno  impero:  Haec  loquere  et  exhortare  et  argue  cum 
omni  imperio  4. 

Quanto  poi  alia  tradizion  della  Chiesa,  la  quale  certamente 
deve  sapere  un  po'  meglio  de'  nostri  liberali,  qual  potesta  abbia 
ricevuto  da  Cristo,  bastera  ricordare  1'anatema  fulrainato  dal 
Concilio  Vaticano  contro  chi  nega  al  Romano  Pontefice  la  piena 
giurisdizione  sopra  1'uni versa  Chiesa.  Si  quis  dixerit  Romanum 
Pontificem  Jiabere  tantummodo  officium  inspectionis  vel  dire- 
ctionis,  non  autem  plenam  et  supremam  potestatem  iurisdi- 
ctionis  in  universam  Ecclesiam,  non  solum  in  rebus  quae  ad 
fidem  et  mores}  sed  etiam  in  Us  quae  ad  disciplinam  et  regi- 
men Ecclesiae,  per  totum  orbem  diffusae,  pertinent,  aut  eum 
habere  tantum  potiores  paries  non  vero  totam  plenitudinem 
huius  supremae  potestatis,  aut  hanc  eius  potestatem  non  esse 
ordinariam  et  immediatam,  sive  in  omnes  et  singulas  Ecclesias 
sive  in  omnes  et  sing ulos  Pastor es  et  Jideles;  anathema  sit*. 

1  ACTUS  APOSTOLOKUM,  XV,  28. 

1  Ivi,  31. 

8  AD  IlEnn.  XIH,  17. 

'  AD  TiTL'M,  II,  15. 

*  Constitutio  dogmatica:  De  Romano  Pontifice,  c.  III. 


:io  sapero  dal  signer  Minghotti  o  dal  signer  Ca- 
dorna  cho  cosa  importi  nella  loro  testa  1'autoritfr  puratuente 
morale,  cho  attribuiscono  alia  Ghiesa.  Iiuporta  si  o  no  diritto  di 
di  dar  precetti  ai  fedeli,  obbligandoli  ad  eseguirli?  Se  rispondono 
di  no,  contraddicono  evidenteraente  al  Vangolo,  secondo  lo  testi- 
monianze  arrecate  di  sopra.  Se  rispondono  di  si,  un  tal  diritto 
e  evidenteoiente  giurisdizionalo,  anzi  &  il  fondamento  di  tutti  gli 
altri  diritti  cbe  appartengono  alia  giurisdizione. 

IV. 

La  potestti  giurwligionale  della  Chiesa  e  distinta  e  indi. 
<ite  f  la  I  la  jwtesiil  [>olitica. 

Questa  tesi  potrebbe  sembraro  oziosa.  Conciossiachd  avendo  noi 
diinostrato  che  la  Chiesa  e  societa  distinta  e  indipendente  dalla 
societa  civile,  e  evidente  che  tale  altresl  debb'essere  la  potesta 
che  n'e  couio  1'atto  e  la  forma.  Anzi  noi  dimostrainmo  che  la 
Chiesa  e  societa  suprema.  Or  potrebbe  la  potesta  d'una  societa 
suprema  dipendere  da  quella  di  altra  societa,  a  lei  inferiore? 
Nondimeno  non  si  riputera  vano,  se  qui  spendiamo  un  po'di  tempo 
a  confermarla. 

£  per  ci6  che  spetta  alia  distinzione,  in  due  modi  si  potrebbe 
pensare  la  potesta  giurisdizionale  della  Chiesa  immedesiinata 
colla  potesta  politica:  0  quanto  all'essere,  o  quanto  al  subbietto. 
Quanto  all'essere  ognua  vede  che  la  inedesiinezza  6  al  tutto  im- 
possibile,  vuoi  che  si  guardi  Torigine,  vuoi  che  il  fine,  vuoi  che 
le  materio  in  cui  esse  si  versano.  L'origiue  della  potesta  civile  e 
da  Dio,  come  da  autore  della  natura;  1'origine  della  potesta  ec- 
clesiastica  e  da  Dio,  come  da  autore  della  grazia.  Onde  la  prima 
e*  di  diritto  natnrale,  la  seconda  di  diritto  positive  divino.  II  fine 
della  potesta  civile  6  la  pace  e  la  prosperita  temporale;  il  fine 
della  potesta  giurisdizionalo  della  Chiesa  o  la  virtil  cristiana 
e  i'eterna  salute  delle  anime.  Quindi  la  materia,  intorno  a  cui 
opera  la  potesta  politica  e  1'ordinamento  civile  e  le  faccende 
puramento  temporal! ;  la  materia  intorno  a  cui  opera  la  potesta 
della  Chiesa,  e  1'esercizio  deila  religiono,  1'uso  de*  sacrauienti, 
la  pratica  de' precetti  e  de'consigli  evangelici.  I  due  poteri  sono 

1   DC  Sfffimine  Principum,  lib.  1,  c.  XIV. 


\  \  i  DELLA    POTESTA    DELLA    CIIIESA 

dunque  essenzialinente  distinti  nel  proprio  essere.  Cotesta  argo- 
mentazione  e  cosl  compendiata  da  saa  Tommaso :  Est  q< 
bonum  extraneum  homini,  quamdiu  mortalitcr  rin't,  scilicet 
ultima  beatitudo,  quae  in  fruitions  Dei  speratur  post  mortem; 
quia  ut  Apostolus  ait  (2a  ad.  Cor.  V,  6),  quamdiu  sitmus  ht 
corpore  peregrinamur  a  Domino.  Unde  homo  christianus,  cui 
beatitudo  ilia  est  per  Christi  sanguinem  acquisita  et  qiii  pro 
ea  assequenda  Spiritus  Sancti  arrham  accepit,  indiget  ati<i 
spirituali  cura  (diversa  dalla  civile,  di  cui  avea  innanzi  parlato), 
per  quam  dirigatur  ad  portion  salutis  aeternae  l. 

Questa  cura  spirituale,  direttrice  de'fedeli  al  fine  soprannatu- 
rale  della  beatitudine  eterna,  Cristo,  se  avesse  voluto,  avrebbe 
potuto  commetterla  ai  Principi  secolari ;  e  cosl  la  potesta  giuris- 
dizionale  ecclesiastica  si  troverebbe  imraedesimata,  quanto  al  sog- 
getto,  colla  potesta  giurisdizionale  politica.  Ma  a  Cristo  e  pia- 
ciuto  fare  altrimenti.  Egli  ha  voluto  commetterla  al  Sacerdozio, 
ciot>  a  quello  stesso  subbietto  a  cui  ha  data  la  potesta  di  Ordine. 
Ascoltiarao  di  bel  nuovo  san  Toramaso:  «  Poich&  il  fine  della 
fruizione  divina  non  si  consegue  dali'  uomo  per  forza  uinana  ma 
per  virtu  divina,  dicendoci  PApostolo  (ad  Rom.  VI,  23):  £  opera 
della  grazia  di  Dio  la  vita  eterna;  il  menare  al  detto  fine  non 
appartiene  al  reggimento  umano,  ma  al  reggimento  divino.  A 
quel  Ee  dunque  apparterra  questa  cura,  il  quale  non  e  solamente 
uomo  ma  anche  Dio,  cioe  al  signor  nostro  Gesu  Cristo;  il  quale, 
elevando  gli  uomini  a  figliuoli  di  Dio,  apri  loro  1'adito  alia 
celeste  gloria.  Questa  dunque  e  la  potesta  a  lui  conferita,  la 
quale  non  perira  e  per  la  quale  egli  nelle  sante  Scritture  si  noma 
non  sol  Sacerdote  ma  Re.  II  ministero  pertanto  di  cotesto  Regno, 
acciocche  le  cose  spirituali  restassero  distinte  dalle  teinporali, 
non  ai  Re  terreui  e  stato  commesso,  ma  ai  sacerdoti  e  precipua- 
mente  al  Sacerdote  sommo,  successore  di  Pietro,  Vicario  di  Cristo, 
il  Romano  Pontefice,  a  cui  tutti  i  Re  del  popolo  cristiano  deb- 
bono  stare  soggetti,  non  altrimenti  che  allo  stesso  signor  nostro 
Gesu  Cristo !.  >  In  questa  faccenda  tutto  dipende  dalla  volonta  di 

1  Quia  finem  fruitionis  divinae  non  conscquitur  homo  per  virtntcm  fix- 
mnnam,  scd  virtitte  divina,  iuxta  illud  ApostoU  ad  Rom.  VI,  23.  Gratia  Dei 
rita  aeterna;  perducere  ad  Mum  fincm  non  humani  erit  sed  divini  rcgiminis. 


to.  Ora  Cristn  M-!  fondaro  la  Chiesa,  non  si  volse  ai  Principi, 

ma  agli  Apostoli;  ed  a  questi  non  ai  Principi  ne  commise  il 

nto.  Anxi  parlando  della  soggezione,  dovuta  ai  Principi, 

•part  dalle  appartenenze  religiose  che  riguardano  Dio.  1> 
'Vsv/w,    Cnewri ;  ct  tjuac.  aunt  Dei,  Deo. 

I/  \postolo  san  Paolo,  noverando  i  diversi  ufficii  che  concorrono 
alia  direzion  de'fedeli  nella  vita  cristiana,  non  fa  alcuna  menzione 
de' Principi  secolari.  II  che  ottimamente  osservd  San  Giovanni 

•lasceno,  scrivendo:  Att>'n<le  //«/'/  dicat  Apostolits:  Quosdwn 
</ » idem  posnit  Dens  in  Ecclesia,  primum  quidem  Apostolos, 

>ndo  Prophet  as,  tertio  Pastores  et  Doctor es  ad  perfectionem 
re;  non  adiecit  Imperatores.  Verbum  loquuti  non  sunt 

•>'S  sed  Apostoli  et  Prophetae,  Pastoresque  et   Doctores. 

•i  parebimus,  o  Imperator,  in  his  quae  ad  Indus  saecttli 
negotia  pertinent.  Verurn  ad  res  Ecclesiae  statnendas  Pastorex 
habemus,  qui  nobis  Verbum  loquuntur  atque  ecclesiastica 
tHfifittita  tradiderunt l. 

Gli  arrecati  argomenti  provano  altresl  la  piena  indipendenza 
della  giurisdizione  della  Chiesa  dalla  potesta  politica.  Imperoc- 
chd  i  poteri  stanno  tra  loro  come  le  societa  che  governano,  e 
i  fini  a  cui  guidano.  Ora  la  Chiesa  6  societa  indipendente  dalla 
societa  civile,  e  indipendente  del  pari  dal  fine  politico  6  il  fine, 
a  cui  essa  guida.  In  questa  materia  non  bisogna  mai  perder  di 
vista  che  il  fine  della  Chiesa  6  soprannaturale ;  e  che  per  con- 
seguenza  essa  6  societa  soprannaturale  e  divina.  II  potere  che 
regge  una  tal  societa,  non  pud  non  essere  soprannaturale  ancor 
esso  e  divino.  Ora  un  potere  soprannaturale  e  divino  come  po- 
trebbe  sottomettersi  a  un  potere  puramente  naturale  ed  umano, 
qual  6  il  potere  politico? 

Ari  iltum  igitur  Rfytm  hniunmodi  regimen  pertinet,  qui  non  est  solum  homo 
fed  etiitn  D«w,  tcilicet  ad  Dominum  nostrum  leswti  Christum ;  qui  hmnints 
filiot  Dei  faciens  ad  caelestem  gloriam  introduxit.  Hoc  iijitur  est  regimen  ei 
<iuod  non  corrumpetur,  propter  quod  non  solum  Sacerdos  sed  li< 
\    sacris  nomin-ttur...  Huius  crjo  R'yni   miniaterium,  tit    a  tet , 
esscnt  ftpiritufili*  dintin^ti,  non  terrenis  re'gibus  sed  sacerdotikus  est  commi*- 
sum,  et  praecipue  sum  mo  sacerdoti,  successori  Petri,  Christi  Vicario,  Ro> 
nmnes  Reyes  popuJi  Christian*  oportet  esse  subditos,  sictit 
>io  lesu  Chris  iniino  I'rincipum,  lib.  I,  c.  I  i. 

II,  He  Imn>iimbu». 


i    CHiESA 

In  secoudo  luogo  I'indipendenza,  di  cui  parliamo,  si  dimostra 
dalle  proprieta  essenziali  della  Chiesa.  La  Chiesa  e  nna.  Una 
dunque  e  il  potere  che  la  govcrna.  Se  questo  potere  dipendr 
dalla  potesta  secolare,  non  sarebbe  piu  uno;  ma  moltiplice  e 
vario,  secondo  che  moltiplice  o  vario  e  il  potere  dei  singoli 
Stati,  che  a  se  lo  assoggettassero.  La  Chiesa  e  santa ;  ed  e  tale 
in  quanto  opera  assistita  da  Cristo.  Se  dipendesse  da'Principi, 
perderebbe  tal  santita,  non  avendo  Cristo  promessa  a  nessun 
Principe  la  sua  assistenza.  La  Chiesa  e  cattolica,  cioe  universal*. 
Nessun  governante  politico  gode  dell'universalita,  ne  pud  influire 
in  alcun  modo  sopra  i  sudditi  degli  altri  Stati.  La  Chiesa  e 
Apostolica,  cioe  derivante  la  sua  dottrina  e  la  sua  autorita  dagli 
Apostoli.  Or  ci  si  dica  a  quale  Apostolo  sia  succeduto  esempli- 
grazia  ii  Re  di  Spagna  o  il  Re  d'  Italia,  o  il  Presidente  della 
Repubblica  Francsse? 

Cristo  nello  spedire  gli  Apostoli  al  conquisto  del  mondo,  non 
impose  loro  alcuna  dipendenza  da'Principi  secolari,  ma  derivo 
la  loro  missione  dalla  sola  sua  potesta  assoluta  sul  cielo  e  sulla 
terra.  Data  est  mihi  omnis  potestas  in  caelo  et  in  terra. 
Euntes  ergo  docete  omnes  gentes,  baptizantes  eos  in  nomine 
Patris  et  Filii  et  Spiritus  Sancti;  docentes  eos  servare  omnia 
quaecumque  mandavi  vobis  !.  Fedele  a  siffatta  missione  il  prin- 
cipe  degli  Apostoli,  Pietro,  non  solo  non  chiese  al  Sinedrio  la 
facolte  di  predicare  il  Vangelo,  ma  avendone  ricevuto  divieto, 
nobilmente  rispose  col  suo  famoso:  Non  posxumus. 

V. 

La  giurisdizione  della  Chiesa  e  gerarcliicamente  onlinata. 

Come  la  potesta  di  Ordine,  cosl  quella  di  Giurisdizione  e  nella 
Chiesa,  disposta  e  distribuita  per  diversi  gradi.  Delia  disposi- 
zione  e  distribuzione  della  prima  demmo  un  cenno  parlando  del 
Clericato;  qui  toccheremo  un  poco  deU'ordinamento  della  seconda. 

La  giurisdizione  ecclesiastica  nella  sua  pienezza  si  raccoglie 
tntta  nel  Romano  Pontefice.  Gift  per  diritto  divino,  procedendo 
da  espressa  istitn/ione  di  Cristo;  il  quale,  come  vedemmo,  co- 

1  MATTHAEI,  XXVIII,  19. 


,i  in   forma  monarchica,  dandole  per  capo 
!e  il  Eomano  Pontefice.  Gotesta  plena 
.'.i-uie  nel   Romauo    Pontefice   scende  iinuiediatamente   da 
Dal  Romano  Pontefice  poi,  come  rivo  da  fonte,  si  spande 
ne'  subaltern!  Pastori,  vale  a  dire  ne'  Vescovi  '.  Questo  altresi 
e  di  diritto  diviuo;  procedendo  da  istituzione  di  Cristo,  il  qnale 
ha  voluto  che  la  sua  Chiesa  fosse  governata  da  Vescovi,  benchd 
con  dipendenza  da  un  solo  tra  essi  che  sovrastasse  a  tutti.  Di- 
cernuio  con  dipendenza  da  un  solo  tra  essi,  perch&  il  Souimo  Pon- 
tificate non  costituisce  un  ordine  diverso  dall'Episcopato,  ma  solo 
il  grado  supremo  della  giurisdizione. 

I  semplici  sacerdoti,  e  a  piu  forte  ragione  gl' inferior!  chierici, 
non  esercitano  giurisdizione,  se  non  per  delegazione  del  Papa 
o  del  proprio  Vescovo.  Onde  ii  subbietto  proprio  e  nativo  della 
giurisdizione  Ecclesiastica  6  1' Episcopate  con  a  capo  il  Eomano 
Pontefice,  E  cosl  vediamo  ne'Concilii'dar  voto  i  soli  Vescovi,  e 
quelli  a  cui  cio  fu  concesso  dal  Eomano  Pontefice  a  titolo  di  pri- 
vilegio,  come  i  Cardinal!  non  Vescovi  e  gli  Abbati  e  i  General! 
degli  Ordini  religiosi. 

I  Vescovi  delle  singole  Chiese,  bench&  uguali  tra  loro,  quanto 
alle  funzioni  di  Ordine  episcopate ;  tuttavia  differiscono  quanto  al 
grado  piu  o  meno  allo  di  giurisdizione.  Cio  per  istituzione  pu- 
ramente  ecclesiastica,  quantunque  antichissiina 2.  Essa,  quanto 

•  Alcuni  vogliono  che,  come  la  potesta  di  Ordine,  cosi  anche  quclla  di  Giurisdi- 
zioue  derivi  immediatamente  da  Dio  ne'  Vescovi,  qual  necessario  rampollo  della  prima. 
Se  ci('>  s'  intende,  quanto  air  attitudine  o  potential  ita,  i  tero;  perchc  il  solo  VCSCOTO 
e  subbietto  idoneo  ad  aver  come  propria,  e  non  come  delegala,  la  potesla  giurisdi- 
zionale  nella  Chiesa.  Ma  se  s'  intend"  quanlo  all'aHo,  6  falso;  perch 6  allrimcnli  essa 
sarebbe  inseiarabili1  dalla  di^nita  episcopale,  non  polendo  sopararsi  da  una  forma  fin 
che  necessariamenle  risulla  dalla  medesima.  Di  piu  essa  importerebbe,  di  natura  sua, 
to  a  talc  o  cotal  prpgge  delerminato;  non  potendosi  concepire  una  propricta 
relativa,  qual  cerlamente  i  la  piurisdizione,  s^nza  il  termine,  che  a  lei  corrisponda.  Or 
ttbbene  cio  si  afvpri  della  giansdizione  papalc,  la  quale  dice  ordino  airiuiero  popolo 

mo;  non   si  avvera   della   j.-iuri'stlizionn  di  nessun  Vescovo,  il  <|iialc  ricnve  dal 

I.i  deterroinaxiooe  del  greggc  p;irticolare.  a  cui  viene  prcposto.  Ne  valt*  rln-  m-l- 

I'  ordinazione  di  ciascun  Vescovo  se  gli  assegna  sempi'c  una  ilaia  Diocesi ;  porche  cio 

c  di  semplicc  QSO,  non  di  essenza  dell'  Ordinazione  slessa.  L'  Ordinazione  sarohbe  va- 

lida,  am-on-he  non  si  assegoasse  veruna  Diocesi. 

none  nono  del  Concilio  Antiocheno,  tenuto  1'anno  Oli ;  n--l  quale 
e  dello:  Per  sinyulas  reyiones  Episcopos  conrenit  nosse  Mctropoli tanum  Epi- 


DELLA    I'OTKSTA    DELLA   CHIESA 

alia  sostanza,  non  improbabilmente  potrebbe  dirsi  iutroJotta 
dagli  stessi  Apostoli.  Imperocche,  sembra  che  essi  nell'ordinare 
i  Vescovi  pe'diversi  luoghi,  ne  costituissero  nelle  citta  piil  cele- 
brate alcuni,  con  piu  cura  amraaestrati,  attribuendo  loro  un'auto- 
rit&  piti  o  meno  estesa  sopra  gli  altri,  acci6  fossero  loro  di  guida 
per  la  purita  della  fede,  e  di  comun  vincolo  pel  manteniinento 
della  cariU  scainbievole.  Certo  noi  vediarao  che  san  Pietro  nello 
scrivere  ai  Giudei,  convertiti  e  dispersi  in  varie  regioni  d'Oriente, 
li  noinina  per  province:  Petrus  Apostolus  lesu  Christi  electis 
advenis  dispersionis  Ponti,  Galatiae,  Cappadociae,  Asiae,  et 
Btjtiniae  !.  E  san  Paolo,  ginnto  a  Mileto  e  volendo  raccogliere 
intorno  a  se  i  Vescovi  dell'Asia  Proconsular,  per  chiamarli  si 
content6  di  spedir  messi  ad  Efeso  che  n'  era  la  metropoli ;  il  che 
d^  segno  di  una  certa  sopraintendenza  di  quel  Vescovo,  rispetto 
agli  altri 2. 

I  gradi  della  Gerarchia,*superiori  al  seinplice  Vescovo,  furono 
i  seguenti: 

scopum  sollicitudinem  totius  Provinciae  gerere;  propter  quod  ad  Metropolita- 
num  omnes  undique,  qui  negotia  videntur  habere,  concurrant.  Unde  placuit 
et  honore  praecellere,  et  nihil  amplius,  praeter  eum,  ceteros  Episcopos  agtre, 
secundum  antiquam  a  Patribus  nostris  regulam  coiistitutom,  nisi  ea  tan  turn 
quae  ad  suam  dioecesim  pertinent  possessionesque  subiectas.  Unusquisque  enim 
Episcopusfrhabet  suae  parochiae  potestatem  ut  regat  iuxta  reverentiam  singulis 
competentem,  et  providentiam  gerat  omnis  possessions  quae  sub  eius  est  pote- 
state,  ita  ut  presbyteros  et  diaconos  ordinet  et  singula  suo  indicia  comprehendat. 
Amplius  autem  nihil  agere  tentet,  praeter  Antistitem  Metropolitanum ;  nee 
tropoUtanus  sine  cetcrorum  gerat  consiUo  Sacerdotum.  Comp  si  vede,  qui  6  drtla 
Diocesi  1' intcra  Provincia  soggetla  al  Metropolitano,  ed  6  delta  parrocchia  il  distrelto 
sottoposto  alia  giurisdizione  del  semplice  Vescovo.  N'oi  ora  chiamiamo  diocesi  un  tal 
distretto,  e  chiamiamo  parrocchia  quella  parte  di  esso  che  il  Vescovo  commelie  alia 
cura  di  un  semplice  Sacerdote,  il  qualc  perci»>  si  appclla  Curalo  o  Parroco.  I'na  tal 
mutazione  di  semplice  disciplina,  e  forsc  avvenuta,  pcrche  i  distrelti  vescovili  si  sono 
coll'andar  del  tempo  ampliati,  e  porche  la  soKgezionc  de'  Vescovi  al  Metropolitano  si 
c  alijuanto  diminuita,  col  richiamarne  alcune  parti  piii  diivtiamente  al  Romano  Pon- 
tefice,  con'accrescimento  di  libcrta  e  di  dfcoro  per  essi  Vescovi  e  con  maggior  si- 
curezza  pel  mantenimento  deH'unita  nella  Chie.«a. 

1  Epistola  1*  c.  I. 

*  A  Mileto  mittens  Epliesum  vocavit  maiores  natu  Ecdesiae.  Qui  cum  ve- 
nissent  ad  eum  et  simul  esscnt,  dixit  eis.  Vos  scitis  a  prima  die  qua  ingressus 
sum  in  Asiam  etc.  ACTUS  Aposr.  XX,  17,  Che  quei  maiores  natu  Ecdesiae  fossero 
Vescovi  apparisce  dalle  parole  che  san  Paolo  usa  dappoi,  chiamaodoli  Episcopos  nel 
verso  23. 


I    i  MIESA 

>  di  Metropolitan,  preposto  ai  Vescovi  d'una  intera 
provincia.  Ora  lo  diciamo  Arcivescovo;  il  qual  nome  anticamente 
sonava  dignita  anche  pi  ft  alta,  e  talvoltu  si  adopcrava  in  senso 
generico  per  indicate,  giusta  la  sna  greca  etimologia,  chiunquo 
fosse  come  principe  tra' Vescovi. 

2.  Quello  di  Esarca,  il  quale  presedeva  ai  metropolitan!,  rac- 
cogliendo  sotto  di  se  pift  province. 

3.  Quello  di  Primate,  a  cui  sottostavano  i  Vescovi  di  un'  intera 
nazioue,  rispetto  ai  quali  egli  veniva  considerato  qual  Yicario  del 
Papa,  come  apparisce  dal  nome;  giacche  Primate,  in  senso  asso- 
luto,  e  nome  proprio  del  solo  Papa. 

4.  In  fine  quello  di  Patriarca,  a  cui  era  attribuita  giurisdi- 
zione  estesissima,  superiore  a  tutte  le  altre  testa*  annoverate,  e 
la  quale  partecipava  come  un  raggio  dell' autoritt  apostolica  per 
la  facolta,  che  1'era  attribuita  di  fondare  anche  novelle  Chiese. 
Tre  furono  gli  antichissimi  Patriarcati:  L'Antiochieno,  per  avere 
san  Pietro  in  Antiochia,  citta  regina  di  tutto  1'Oriente,  primamente 
stabilita  la  sua  Sede,  e  perche  ivi  i  fedeli  cominciarono  a  chia- 
marsi  cristiani.  L'Alessandrino,  fondato  da  esso  san  Pietro  per 
mezzo  del  suo  discepolo  san  Marco  Evangelista  e  quasi  eserci- 
tato  in  suo  nome;  sicchft  nell'onore  andava  innanzi  all'antio- 
cheno.  II  Gerosolimitano,  per  essere  stata  Gerusalemme  la  culla 
della  Chiesa.  Esso  da  prima  fu  di  semplice  onore;  e  sol  nel  Con- 
cilio  Calcedonese  gli  venne  conferita  anche  la  giurisdizione  sopra 
alcune  province.  A  questi  tre  Patriarcati  venne  nel  medesimo 
Concilio,  dopo  la  partenza  de'Legati,  aggiunto  un  quarto,  il  Co- 
stantinopolitano;  da  prima  non  riconosciuto  dal  inagno  Leone, 
e  poscia  consentito  da' posteriori  Pontefici  per  amore  di  pace;  il 
quale,  col  tristo  scisraa  a  cui  divenne  per  opera  di  Fozio,  giustific6 
la  ripngnanza  che  la  Sede  Romana  aveva  avuta  ad  ammetterlo. 

Vescovi,  Metropolitan!,  Esarchi,  Pritnati,  Patriarchi,  ed  a  capo 
di  tutti,  come  Pastore  universale  e  Vescovo  degli  stessi  Vescovi, 
il  Komano  Pontefice;  ecco  i  gradi  gerarchici  della  Chiesa.  E  per- 
ciocche  la  dignita  superiore  non  estingue  ma  sublima  la  inferiore : 
il  Papa  al  tempo  stesso  che  e  Capo  supremo  di  tutta  la  Chiesa, 
e  altresl  Patriarca  d'Occidente,  Primate  d' Italia,  Metropolita 

Serit  XII.  vol.  VI.  fate.  814  29  10  maggio  1884 


4"0  DELLA    POTESTA    DELLA    CHIESA 

della  Provincia  romana,  Vescovo  di  Roma.  In  siffatto  ordinamento 
un  piinto  solo  6  di  diritto  divino,  perch&  istituito  da  Cristo  stesso, 
ed  6  che  la  Chiesa  sia  retta  da  Vescovi,  ed  a  tutti  essi  presieda 
il  successore  di  san  Pietro,  con  pienezza  di  autorita  giurisdizionale 
sopra  tutte  le  Chiese.  Q-li  altri  punti  che  riguardano  la  coordi- 
nazione  di  essi  Vescovi  nel  partecipare  piu  o  meno  la  giurisdi- 
zione,  a  rispetto  di  una  parte  piu  o  meno  estesa  dell'ovile  di 
Cristo,  e,  come  superiormente  accennammo,  di  diritto  umano  ec- 
clesiastico.  Onde,  come  quel  primo  punto  e  iminutabile  e  non  pu6 
in  niuna  guisa  variarsi;  cosl  per  contrario  gli  altri  punti  sono 
umtabili  per  autorita  del  romano  Pontefice;  al  quale,  essendo 
affidato  il  governo  dell'intera  Chiesa,  e  come  naturale  conse- 
guenza  dato  il  diritto  di  ordinarne  il  reggimento,  secondo  che 
richiede  il  bene  di  essa  Chiesa,  in  conformita  dell'esigenza 
de' tern  pi.  Quindi  veggiamo  essersene  variata  successivainente  la 
disposizione.  Oggidi  abbiamo,  oltre  i  Vescovi  e  il  Papa,  i  Me- 
tropolitan! o  Arcivescovi  che  vogliam  dire;  ma  con  meno  attri- 
buzioni,  che/non  ebbero  nei  primi  tempi,  quando  era  assai  piu 
difficile  trovar  persone  pienamente  idonee  all'alta  digniU  epi- 
scopale.  Aboliti  gli  Esarchi,  abbiamo  i  Primati,  come  quello  di 
Ungheria,  d'Irlanda  e  va  dicendo.  In  fine  abbiamo  varii  Pa- 
triarcati  si  in  Oriente,  come  1'Armeno  esempligrazia  e  il  Cofto, 
e  si  in  Occidente  come  il  Veneto  e  il  Portoghese,  ma  con  assai 
minore  giurisdizione  di  prima;  la  quale  fu  necessario  scemare, 
dopo  il  funesto  esempio  del  Patriarcato  di  Costantinopoli,  il  quale 
nella  sua  defezione  per  lo  scisma  Foziano  si  tiro  dietro  quasi 
tutti  i  Vescovi  da  lui  dipendenti.  In  questa  faccenda,  torniamo 
a  dire,  tutto  dipende  dalla  provvidenza  sapiente  del  Romano 
Pontefice,  fonte  e  principio  della  giurisdizione  ecclesiastica;  sic- 
che  la  restringa  od  allarghi,  secondo  che  discerne  convenir 
meglio  alia  conservazione  dell'unita  della  Chiesa  e  alia  piu  fa- 
cile propagazione  del  Vangelo  nel  mondo.  II  solo  Papa  ha  a  se 
soggetto  per  ordinazione  divina  Tintero  ovile  di  Cristo;  ed  egli 
solo  per  conseguenza  pu6  assoggettarne  questa  o  quella  parte  e 
in  tale  o  tal  altro  niodo  a  tale  o  cotale  inferiore  Prelato. 


LA    CONTESSA  INTERNAZIONALE 


VII. 

AMORE  E  MUSOXBRI1 

Sembrava  alia  contessa  Aldegonda,  che  col  lasciarsi  condurre 
alia  scampagnata  di  Soperga,  ell'avea  posto  il  colmo  alia  piu 
generosa  condiscendenza,  di  che  una  pari  sna  potesse  degnare 
una  famiglia  borghese.  —  Che  potevano  richiedere  di  piu?  Per 
dar  gusto  a  loro,  nii  sono  levata  priuia  dell'alba...  alle  sette!... 
NOD  ebbi  quasi  tempo  di  pettinaruii!  m'hanno  gettata  in  carrozza 
come  un  fagotto,...  quasi  coll'accappatoio  sulle  spalle...  Discre- 
zioue  se  ce  n'e!  Gia  non  capiscono  nulla  delle  convenienze  d'una 
signora  per  bene...  Ho  fatto  sforzi  erculei  per  gradire  le  ciance, 
il  desinare,  tutto...  perfino  i  ghiribizzi  di  quello  scapato  di  Aine- 
deo...  Che  cosa  vogliono  di  piu?  Mi  sono  abbassata  sino  al  loro 
livello,  ho  data  la  misura  di  ci6  che  puo  la  civilta  e  la  uiodestia 
di  una  dama  bene  educata...  M;i  adesso  tocca  a  loro  fare  il  loro 
dovere.  Ciascuno  alia  sua  volta.  Non  mi  vengano  fuori  con  see- 
nate  per  trattenerini  deH'altro...  Voglio  lornare  a  casa  mia... 
Sono  due  settimane,  niente  meno,  due  grosse  settiniane!...  Due 
secoli,  auff !  — 

Silvia  invece  e  Severina  quel  paiuccio  di  settimane  1'  avevano 
trovato  corto,  troppo  corto.  Silvia,  trauiutata  pur  mo'  dalle  stret- 
toie  del  collegio  all'agiata  villeggiatura,  vi  si  patullava  come 
una  cutrettola  scappata  dalla  gabbia  alia  frasca,  beeva  T  aria  li- 
bera,  godeva  il  Monviso,  le  Alpi,  le  farfalle,  i  fiori,  le  gite,  sotto 
gli  occhi  non  indifferent!  di  AmeJeo,  che  ogni  svago  le  rende- 
vano  1'  un  cento  piu  delizioso.  Parevale  di  non  potere  star  meglio 
in  alcun  luogo  del  mondo.  A  Severina  poi  pesava  di  staccarsi 
dalla  dolce  signora  Boasso,  massime  presentendo  le  ugge  mol- 


I.Y2  LA    CONTESSA    I.NTEH.NAZIONALE 

tiplicate,  che  sopra  di  lei  si  aggraverebbero  a  Milano,  dopo  il 
ritorno  della  cuginetta.  —  0  come  si  fa  a  schivare  tutte  le  ge- 
losie,  tutte  le  stizze  di  zia?  Sara  un  supplizio  giorno  e  notte. 
Sia  per  T  amore  di  Dio !  — 

Ma  piu  che  ogni  altro  il  povero  conte,  cagionoso  e  malazzato, 
avrebbe  desiderate  di  mettere  le  radici  alia  Boassa.  Qui  tutto 
gli  andava  a  sangue  mirabilinente ,  1'aria,  il  luogo,  il  vitto,  il 
servizio  puntualissimo  del  cameriere,  deputato  a  lui  solo.  Si  sen- 
tiva  riavere,  respirava  piu  franco,  il  cibo  gli  facea  pro,  digeriva 
meglio;  anche  la  gamba  che  da  parecchi  anui  non  gli  diceva  piu 
il  vero,  fosse  immaginazione,  fosse  realta,  sembravagli  rinvigorita. 
Le  mattaccinate  poi  di  Amedeo,  infiorate  dalla  lusinga  di  accom- 
modare  forse  con  lui  la  Silviuccia,  gli  ridavano  un  lampo  di  vita, 
togliendogli  dal  fondo  deH'anima  1'acuta  spina  di  avere  a  la- 
sciare  al  capriccio  d'una  vedova  cervellina  la  figliuola  gia  di 
per  so"  non  troppo  assegnata.  Egli  per6  mal  sapeva  risolversi 
di  carabiare  il  tranquillo  asilo  della  villa  Boassa  collo  strepi- 
toso  albergo  di  casa  sua.  Dove  troverebbe  piu  a  conversare  con 
una  donna  di  garbo  cosl  serena  e  degna  come  la  signora  Ca- 
terina?  Dove  un  amico  sincero  e  paziente  come  il  cavaliere,  al 
quale  coimnunicare  le  sue  speculazioni  di  politica  e  di  economia 
sociale?  Sapeva  per  esperienza,  che  a  Milano  come  alia  Bella 
Brianzola,  sua  moglie  riprenderebbe  il  inestolo,  con  tutto  il  s£- 
guito  delle  sempre  rinascenti  musonerie,  e  degli  screzii,  e  dei 
bisticci,  che  gli  avveienavano  la  vita  famigliare. 

Con  tutto  ci6,  vedendo  accostarsi  il  termine  convenuto,  un  dopo 
desinare  nel  sorsare  a  centellini  lungainente  il  caffe,  si  lasci& 
intendere  della  prossima  dipartita,  non  senza  confessarsi  rico- 
noscente  ai  signori  Boasso,  che  quei  giorni  di  villeggiatura  gli 
avevano  renduti  dolci  e  memorabili. 

—  Ma  che  discorsi?  lo  interruppe  la  signora  Caterina.  Ci 
siamo  appena  affiatati  un  tratto,  e  parlate  di  scappare! 

—  Sono  presso  a  due  settimane,  un  mezzo  mese:  vi  par  poco? 
profittare  della  vostra  cortesia  un  mezzo  mese? 

E  la  contessa,  a  rincalzare:  —  Quindici  giorni!  non  ci  e  che 
dire,  1'aritmetica  sta  li,  e  ci  avverte  che... 


vii.  AMi'iu:   i  i;iA 

—  X   i  Siuliamo  aH'aritmetica,  io  ricorro  sempliceraente  alia 
ia,  e  se  ;ii  fnndo  sul  nostro  interesse.  Voi,  contessa, 

e  il  conte  e  le  vostre  fanciulle  avete  rimesso  la  gioia  e  la  festa 
nella  nostra  povera  villa... 

—  Verissimo,  arciverissimo!  —  conferm6  il  cavaliere  Boasso, 
che  allora  sopragginngeva.  E  meotre  la  Silvia  gli  porgeva  le 
mollette  della  znccheriera,  e  Severina  gli  mesceva  il  caffe,  ag- 
giunse:  —  Solo  il  piacere  di  prendere  il  caffe,  servito  da  mani 
si  gentili,  per  me  e  una  villeggiatura  di  piti.  Io  proporrei  al 
nostro  conte  diplomatico  un  memorandum. 

—  Che  memorandum?  dimandft  subito  il  conte,  riscosso  a  que- 
sta  parola  della  sua  professione. 

E  Ainedeo:  —  Babbo,  lasciate  che  i  capitoli  li  stenda  io: 
e  il  mio  forte. 

—  Sentiamo  i  vostri  capitoli,  disse  il  conte,  e  vediamo  se  siete 
tagliato  per  la  camera  diplomatica. 

-Eccoli:  rispose  Amedeo  ridendo:  Capitolo  unico.  Le  alte 
parti  contraenti  accettano  puramente  e  semplicemente  Io  Statu 
quo  ante,  e  rimettono  le  cose  come  al  giorno  in  cui  si  venne 
in  villa. 

-  ft  oscnretto  il  vostro  capitolo,  e  sente  piuttosto  di  un  trat- 
tato  di  pace,  che  d'un'osservazione  di  memorandum. 

—  Sara  quel  che  sara,  quanto  a  nota  diplomatica,  ma  io  so- 
stengo  ch'egli  6  chiaro  e  smagliante  come  il  sole:  perche  ri- 
messe  le  cose  nello  stato  primitivo,  va  pe'suoi  piedi  che  la  vil- 
leggiatura non  si  e  fatta  altrimenti,  e  s'ha  da  ricominciare 
da  capo. 

-  Eh,  non  ci  sarebbe  male,  giovinotto. 

E  la  contessa:  —  Bella  discrezione  sarebbe  la  nostra! 

Qui  le  donne  si  strinsero  in  un  passeraio  di  botte  e  risposte 
complimentose,  d'inviti  graziosi  e  di  graziose  ripulse,  di  gentili 
proposte  e  di  gentili  controproposte.  La  verita  era,  che  la  con- 
tessa smaniava  di  torsi  di  cola,  dove  i  favori  borghesi  le  face- 
vano  afa,  e  tornarsi  interamente  padrona  di  se,  e  sicura  della 
figliuola,  gia  forse  un  po'cotticcia  del  bell' Ainedeo:  e  queste 
smanie  velava  col  pretesto  di  civili  rigtiardi,  e  coll'affettato  ti- 


i.Vi  LA    CONTESSA    IMERNAZIONALE 

more  di  abusare  della  cortesia  ospitale.  Dove  che  la  signora  di 
casa,  piil  schietta,  senza  trafare  in  ismancerie  dimostrava  cordial- 
mente,  che  lei  e  il  marito  e  il  figliuolo  godevano  rairabilmente 
della  compagnia  dei  Della  Pineta;  e  che  per6  ogni  giorno  d'indu- 
gio  frapposto  al  distacco,  essi  riputerebbero  a  singolare  favore. 

Vero  e  che  essa  pure  la  buona  signora  non  confessava  la  ve- 
rita  tutta  intera.  Gia  qualche  tocco  della  sua  inclinazione  per 
Silvia,  Amedeo  gliel'  aveva  dato  la  sera  stessa  della  gita  a  So- 
perga:  ed  essa,  sebbene  non  era  spasimata  di  simile  accordo, 
neppure  ne  era  scontenta;  e  per6  bramava  che  alcuni  altri  giorni 
di  convivenza  le  chiarissero  alquanto  le  idee.  Quanto  al  conte 
poi,  ella  era  persuasa  a  dirittura  di  esercitare  una  delle  sette 
opere  di  raisericordia  a  prolungargli  la  cura  dell' aria  di  cam- 
pagna,  svagandolo  colle  conversazioni  aniicali,  e  campandolo  dalla 
persecuzione  della  moglie.  Qnalche  parola  del  conte  e  qualche 
accenno  della  Severina  le  avevano  fatto  indovinare  le  condizioni 
domestiche  del  povero  infermo,  e  ispiratale  una  sincera  compas- 
sione  de'suoi  dispiaceri. 

Or  mentre  piu  le  signore  si  avvolticchiavano  in  cerimoniosi 
laberinti,  donde  non  sarebbero  uscite  si  tosto,  riecco  Amedeo 
scappar  fuori:  —  Bene,  le  dieno  retta  a  me:  io  faro  una  pro- 
posta  che  salvera  capra  e  cavoli,  e  accommoda  tutto. 

—  Sentiamo,  dissero  le  signore  volgendosi  a  lui. 

—  Basta  che  non  sia  come  il  memorandum,  osserv6  il  conte. 

—  Niente,  niente,  non  se  ne  parla  piu  di  memorandi:  la 
mia  proposta  e  una  cosa  democratica,  nuova  di  zecca. 

—  Vieni  all' ergo*,  gli  disse  la  rnadre. 

—  Ecco :  si  mette  a  partito  questo  schema  di  legge :  «  Da 
nna  parte  i  signori  Delia  Pineta  accordano  la  grazia  di  una  set- 
timana,  e  dall'altra  si  rinunzia  ad  ogni  ulteriore  pretesa,  e  si 
restera  rassegnati  e  riconoscenti.  Ai  voti,  ai  voti! 

E  in  ci6  dire  raccolse  alquanti  sassolini  della  ghiaia  del  giar- 
dino,  e  poseli  sul  vassoio  delle  chicchere,  e  portandolo  in  giro 
priina  al  conte,  poi  al  padre,  poi  alle  signore,  diceva:  —  Chi 
rota  pel.  si,  mette  una  zolletta  di  zucchero  in  questo  piattino, 
chi  vota  pel  no,  vi  mette  una  pietruzza. 


vii  uu 

II  <'<>nt»'  v.'leva  disc  arlamentare,  comporre:  e  Amedeo 

•TO  di  non  ascoltarlo,  e  insistere:  —  Dunque  gittato  la  pie- 
trnzza. 

—  SI,  proprio  come  i  farisei!  ho  da  gittare  la  prima  pietra! 

—  E  allora  gittate  il  primo  confetto. 

Brevemente,  il  conte  si  rassegn&  alia  gradita  violenza:  —  Con 
voi  non  si  pu6  ne  vincere  ne  iinpattarla.  —  E  cosl  dicendo  prese 
gravemente  colle  mollette  un  chicco  ben  grandetto  di  zucchero 
e  deposelo  nella  coppa.  II  cavaliere  ne  pose  due,  celiando  che 
aveva  diritto  di  votare  anche  per  la  moglie,  essendo  sicuro  della 
sua  volonte  favorevole.  —  E  tre!  sclam6  Amedeo,  e  si  rivolse 
alia  contessa;  la  quale,  disperando  di  stornare  il  marito,  voile 
almeno  farsi  bella  di  cortesia,  e  con  un  certo  risolino  annacquato 
diede  il  voto  di  zucchero.  —  Ormai,  disse  Amedeo,  la  maggio- 
ranza  e  assicurata,  tentianio  la  unanimita.  E  lei,  signorina  Se- 
verina,  zucchero  o  sassi? 

—  II  raio  voto  e  quello  di  zia. 

-  Mancomale,  me  1'aspettavo  bene:  ma  ha  da  votare  anche 
lei  il  suo  voto  dolce,  per  inostrare  la  confonniU  di  principii  colla 
onorevole  preopinante. 

Severina  vot6.  Restava  ultima  la  Silvia.  A  cui  Amedeo :  — 
Dalla  signorina  Silvia  poi  non  temo  davvero  la  sassata,  le  leggo 
in  cuore.  —  Silvia  si  fece  rossa ;  e  per  quanto,  gittando  il  znc- 
cherino,  tcntasse  di  coprire  quei  riinescolamento  involoutario  col 
ridere  e  coll'  agitare  il  ventaglio,  non  valse  a  celare  le  guance 
e  la  fronte  e  gli  orecchi,  divenuti  una  porpora.  Amedeo  ne  giu- 
bilo  in  fondo  al  cuore,  e  per  distrarre  1'attenzione  degli  astanti 
dalla  povera  bambina,  levo  alto  la  zuccheriera,  e  disse:  —  Ora 
voto  io;  —  e  la  rovescio  tutta  intera. 

La  raadre  gli  diede  il  mi  rallegro  della  felice  pensata  e  del 
trionfale  successo,  che  colmava  lei  di  gioia  e,  com'essa  pensava, 
non  poteva  dispiacere  a  nessuno;  e  poi  ringrazio  vivamonte  le 
signore  della  loro  condiscendenza.  E  tanto  piu  sentivasi  soddis- 
fatta,  quanto  meno  aveva  posto  d'importuniU  dalla  parte  sua 
nello  stringere  la  contessa  ad  indagiar  la  partenza.  Ma  ne  della 
discrezione,  ne  della  bonta  di  cuore  dimostrata  le  seppe  grado 


LA    CONTESSA   INTERNAZIONALE 

la  fiera  contessa.  Appena  si  vide  sola  colle  fanciulle  sbotto  in 
amari  rimbrotti  contro  i  signori  Boasso,  che  passavano  ogni  mi- 
sura,  volevano  e  stravolevano  1' impossibile,  senza  una  delica- 
tezza  al  mondo;  tanto  che  lei  era  tentata  di  prendere  1'ainbulo 
domattina  sotto  un  pretesto  qual  che  si  fosse,  e  piantare  11  ba- 
racca  e  burattini ;  anche  per  dare  una  lezione  a  quel  balogio  di 
suo  inarito,  che  s'era  impappinato  nel  rispondere  ad  Amedeo, 
lui  vecchio  parruccone,  dinanzi  a  un  monello  col  guscio  in  capo. 
—  Ci  vuole  noi  donne,  non  c'6  che  dire;  noi  sappiamo  ad  ogni 
fascio  trovare  la  sua  ritortola:  gli  uomini  si  lascian  prendere  a 
un  chiapperello  da  bambini...  Ad  ogni  modo,  conchiudeva  essa, 
voi  imparate  a  stare  al  mondo,  sopportate  e  tacete  come  persone 
bene  educate.  Quanto  a  me,  io  avro  1'emicrania,  e  star6  tappata 
in  camera,  finche  spiovano  questi  pochi  giorni  mortali. 

VIII. 

SCOXFITTA   DALLE   MONACHE. 

Yero  6  che  il  dimani,  dopo  dormitoci  sopra,  il  cavalleresco 
partito  della  eniicrania  parve  alia  contessa  soverchiamente  gra- 
voso,  sopra  tutto  dovendolo  mantenere  per  una  settimana:  e  po- 
selo  chetamente  nel  dimenticatoio.  Solo  si  Iev6  tardi,  tardissimo. 
Fece  la  sua  apparizione  in  salotto,  dieci  minuti  prima  del  de- 
sinare.  Povera  contessa!  era  scritto  ne'fati  che  non  dovesse  avere 
piu  un'ora  di  bene  in  questo  sgocciolo  di  villeggiatura  a  malin- 
corpo.  Trov6  in  sala  niente  meno  che  due  monache !  Erano  re- 
ligiose di  abito  grosso,  capitate  la  per  la  cerca  in  favore  di  non 
so  qual  convento  di  Egitto,  in  cui  si  allevano  morette,  strappate 
alia  barbarie  maomettana.  E  la  signora  Caterina,  antica  e  ge- 
nerosa  protettrice  dell' opera,  aveva  invitato,  coin' era  naturale, 
le  cercatrici  stanche  e  trafelate,  a  riposarsi  e  prendere  un  boc- 
cone.  In  casa  Boasso  nessuno  ne  prendeva  maraviglia,  neppure 
vi  si  faceva  attenzione :  era  cosa  niente  straordinaria.  La  con- 
tessa Aldegonda  invece  n'ebbe  un  capriccio  d'orrore.  -  -  Dio 
mio,  quei  piedacci  senza  calze!  quelle  tonache  polverose,  mol- 


VIII 

di  sudore!  Ah,  perch&  nou  1'ho  saputo  prima?  me  ne  stavo, 
colla  mia  emicrania,  chiusa  ermeticaraente...  £  un  tradiraento! 

Ma  era  troppo  tardi.  Ell'  era  entrata  nol  salotto,  fresca  e  ru- 
giadosa,  e  qnalunqne  pretesto  d'  incommodi  avrebbe  fatto  ridere 
la  brigata.  Dovette  striderci ;  e  per  giunta  di  dispetto,  mostrare 
d'  interessarsi  ne'  fatti  delle  inonacelle,  che  le  porsero  un  rispet- 
toso  saluto,  poiche  la  signora  Gaterina  ebbele  presentate  alia 
nobile  ospite.  A  tavola  le  toccft  il  disgusto  di  vederle  a  lato  della 
signora,  la  quale  non  cessava  di  servirle  e  di  festeggiarle ;  e, 
che  peggio  era,  le  metteva  su  a  raccontare  i  loro  casi.  Le  valenti 
cercatrici,  intese  ad  avvocare  la  causa  delle  allieve,  non  si  la- 
sciavano  morire  la  lingua  in  bocca,  ed  entravano  via  via  a  nar- 
rare  delle  mirabili  provvidenze,  onde  questa  e  quella  erano  scam  - 
pate  alia  schiavitu,  od  ai  macelli  dell'Africa  interiore,  e  quante 
ne  arrivavano  in  Egitto  afFrante  dall'  inedia,  storpie  dalle  bat- 
titure,  col  volto  tutto  scigrigne  e  sberleffi  sanguinosi,  con  che 
i  padroni  spietati  le  bollano  per  pecore  del  loro  gregge.  Non 
finivano,  le  monache,  di  awenture  cornpassionevoli  e  di  scene 
tenerissime:  si  che  tutti  godevano  in  udirle,  e  piu  d'una  volta 
la  signora  Caterina  e  le  fanciulle  n'ebbero  imperlate  le  palpebre 
di  stille  pietose. 

Respir6  finalmentc  la  contessa  Aldegonda  quando  la  signora, 
avendo  fatto  servire  il  caflfe  in  tavola,  lascio  i  commensali  av- 
viarsi  al  giardino,  ed  essa  colle  monache  si  ritir6  nelle  sue 
stanze.  Ma  questo  non  bastava  alia  braina,  alia  necessita  insu- 
perabile  ch'ella  sentiva  di  sgonfiarsi.  La  sua  prima  parola  fu: 
—  Bisogna  poi  vedere  fino  a  che  punto  sono  vere  le  belle  sto- 
rielline  delle  monache. 

—  Che  dubbio?  le  diede  sulla  voce  il  marito.  Non  sai  che  le 
relazioni  dei  consoli  e  dei  viaggiatori  confermano  questo  e  peggio 
ancora? 

E  il  cavaliere  Boasso:  —  lo  1'ho  vedute  cogli  occhi  miei  ad 
Alessandria  e  al  Cairo,  quando  ci  sono  stato.  Le  monache  non 
dicono  Tun  cento  delle  atrocita,  che  la  sono  pane  cotidiano,  e 
nessuno  se  ne  fa  nd  in  qua  nd  in  la.  Bisogna  affacciarsi  ai  bazar 
delle  schiave:  son  cose  da  far  rizzare  i  capelli.  Ql'italiani,  i 


LA    CONTESSA   I.NTERNAZIONALE 

francesi,  gl'  inglesi,  tutti,  ne  parlano  con  raccapriccio.  Si  da  la 
caccia  alle  fanciulle  come  a  fiere  del  bosco,  si  trascinano  pel 
deserto  incatenate,  a  suon  di  frusta,  pena  un  coltello  in  cuore 
a  chi  tentasse  ftiggire,  e  cosi  sino  ai  mercati  dove  le  vendono... 

—  E  pure  i  trattati  delle  Potenze  filantropiche... 

—  Polvere  pei  gonzi.  I  pascia  stracciano  qualunque  pift  filan- 
tropico  trattato  per  quattro  piastre  rognose. 

—  Bisogna  convenirne,  disse  il  conte  che  troppo  conosceva  la 
verita,  le  intenzioni  dei  governi  europei  son  belle  e  buone,  e 
qualcosina  banno  ottenuto.  Ma  pretendere  dall'animale  maomet- 
tano  I'abolizione  della  schiavitu  e  chiedere  alia  tigre  cbe  rinunzii 
al  sangue.  La  tigre  vi  rinunzia  solo  finche  e  incatenata. 

La  contessa  non  sapendo  che  opporre,  sgusci6  dicendo:  —  Se 
cosl  e",  io  capisco  cbe  si  mantengano  istituti  filantropici  per  ri- 
fugio  delle  schiave  liberate,  ma  non  capisco  che  si  lascino  in 
mano  di  religiose,  che  vadano  limosinando  in  Europa  per  soste- 
nerli.  I  governi  li  dovrebbero  coinmettere  a  maestre  e  professor! 
patentati,  che  vi  diffondesser  la  civilta  e  il  nome  italiano. 

E  il  cavaliere  Boasso :  —  Ottima  idea !  contessa.  Ma  quei  si- 
gnori  di  Firenze,  pensano  a  ben  altro  che  a  spesare  istitutori 
alle  morette.  Ora  ci  hanno  la  fregola  di  andare  a  Roma,  e  poi 
avranno  quella  di  conquistare  la  China  e  il  Gran  Mogol ;  e  delle 
scuole  d'Oriente,  se  non  ci  provvedessero  i  frati  e  le  monache, 
ormai  non  vi  resterebbe  piti  la  memoria. 

—  Perdonate,  babbo,  aggiunse  Amedeo,  s'io  fo  una  osserva- 
zione.  A  me  seinbra  che  preti  e  frati  e  monache  sono  gli  unici 
capaci  di  far  fiorire  istituti  di  educazione  tra  gl'infedeli.  Ho 
visto  un  po'le  relazioui  di  quei  paesi:  nell' India,  nell' Africa 
occidentale,  in  Algeria,  nella  Cocincina,  tutti  quei  collegi  che  il 
Governo  francese  ha  voluto  piantare  coi  suoi  maestrucoli  fram- 
massoni,  sono  divenuti  veri  birbonai  e  fogne  da  scandalizzare  gli 
stessi  indigeni:  laddove  gl' istituti  degli  ignorantelli,  dei  gesuiti, 
dei  francescani,  delle  suore  di  carita  si  guadagnano  1'ammira- 
zione  e  1' amore  dell'universale.  Ne' paesi  maoinettani,  gli  stessi 
pascia,  impastati  di  came  e  d'avarizia,  non  covano  per6  1'astio 
raffinato  e  la  rabbia  diabolica  dei  nostri  pascia  cristiani  apo- 


vin.  si  oMin 

i'  s%  inchinano  al  missionario  cattolico,  o  venerauo  le  suore 
come  angioli  calati  dal  cielo.  Se  colfc  capitasso  un  branco  delle 
nostre  civettine,  confettate  in  certe  scuole  normal!  che  so  io, 
quei  bravi  turcacci,  le  prenderebbero  per  un  rinforzo  mandate 
air  harem. 

A  queste  libere  parole,  pronunziate  con  energia  giovanile,  la 
contessa  s'imbruttl,  e  con  tutto  il  veleno  dell'orgoglio  irritato, 
rimbeccd:  —  Siete  giovane,  caro  signorino,  non  avete  viaggiato 
fuori  d'  Italia.  Ma  io,  che  ho  un  po'  di  mondo,  vi  posso  accertare 
che  la  stella  del  monachismo  maschile  e  femminile  tramonta  in 
tutti  i  paesi  civili,  e  che  la  scuola  laica  prende  piede.  Anche 
a  Costantinopoli  si  finirfc  coll'accettare  istitutori  e  istitutrici  a 
modo.  A  quest*  acqua  s'ha  a  bere:  se  no,  addio  progresso,  mo- 
ralita,  liberta. 

—  E  pure  io  veggo  che  qui  vicino  a  noi,  in  Francia,  i  collegi 
ecclesiastic!  sono  presi  d'assalto  dai  padri  di  famiglia,  che  le  reli- 
giose insegnanti  si  moltiplicano  ogni  giorno.  Nell'Inghilterra,  piu 
libera,  si  stendouo  a  maraviglia  tanto  gli  uni  che  le  altre.  Lo 
stesso  nelle  colonie  inglesi,  nell'  India,  al  Capo,  a  Hong-Kong, 
iieir Australia,  e  via  via.  A  Calcutta  i  gesuiti,  6  tutto  dire,  i 
gesuiti  tengono  un  collegio  di  cinquecento  allievi  interni;  e  i  pro- 
testanti  del  luogo  con  tanta  furia  vi  mettono  i  loro  figliuoli, 
che  I'Arcivescovo  Monsignor  Steins,  ha  dovuto  porvi  un  freno, 
ordinando  che  i  protestanti  non  possano  essere  piu  d'  una  ineta 
di  tutto  il  collegio  l.  Negli  Stati  Uniti,  dove  la  liberta  confina 
colla  licenza,  i  cattolici  e  i  protestanti  unitamente  accolgono  a 
gloria  quante  Suore  di  carita,  Daine  del  Sacro  Cnore,  e  religiose 
di  ogni  cojore  vi  capitano  dall'Europa,  e  Io  stesso  avviene  ri- 
guardo  ai  religiosi;  e  i  loro  istituti  prosperano  del  favore  uni- 
versale.  Sapete  che  e,  contessa?  II  rispetto  agli  ordini  religiosi 
per  me  diviene  come  un  termometro  della  liberta  civile  d'un 
popolo :  li  veggo  perseguitati  solo  dove  tiranneggia  ipocritamente 
e  vigliaccamente  la  frammassoneria... 

In  queste  parole  appariva  all'uscio  di  casa  la  signora  Cate- 
rina  colle  monacelle,  alia  piil  anziana  delle  quali  essa  dava  af- 

1  Lo  intese  dalla  bocca  del  I'relato  chi  scrive  quesic  parole. 


460  LA   CONTESSA   IMEKNAZIONALE 

fettuosamente  il  braccio.  Prima  che  si  accostassero,  la  coutessa 
si  affretto  a  scoccare  sotto  voce  il  piu  acuto  de'suoi  dardi:  —  Ma 
che?  La  persecuzione  se  la  cercano  da  se:  dopo  i  fattacci  di 
Cracovia,  sfido  io  a  favorire  gl'istituti  monacili.  — 

IX. 

LA  MONACA  DI  CRACOVIA 

Correvano  i  giorni  in  cui  tutta  la  stampa  giudaica  e  massona 
freineva  e  gittava  fiamme  contro  il  mostruoso  delitto  delle  Car- 
melitane  di  Cracovia.  Per6  si  rinfidava  la  contessa  di  avere  turato 
la  bocca  ad  Amedeo,  trionfalinente.  Tanto  piu  che  sopra  quegli 
orrori  egli  doveva  certamente  tacere  in  presenza  delle  monache; 
e  cosl  ella  godevasi  il  vanto  dell'  ultima  parola.  Cosl  ragionava  la 
spiritosa  contessa.  Ma  I'avvocatino  in  erba  non  si  coinmosse  punto, 
e  solo  ammorbidendosi  cosl  un  poco,  per  rappattumare  la  materia 
bollente,  —  Contessa,  le  rispose,  la  bonta  del  vostro  cuore  troppo 
v'inganna. 

—  Cioe? 

—  Mi  sembra  che  1'idea  d'un  delitto  nefando,  consumato  nei 
cupi  sotterranei  di  un  monastero  vi  spaventa,  e  vi  arma  di  uno 
sdegno  nobile  in  se,  ma  forse  troppo  generale  nell'  applicazione. 
Guardate,  qui  abbiamo  due  religiose  (Amedeo  le  salut6  cortese- 
mente).  Yi  parrebbe  egli  giusto  d'involgere  queste  due  suore 
italiane,  che  invecchiano  servendo  i  negri  e  le  negre  d' Africa, 
nella  stessa  condanna  che  le  carmelitane  di  Cracovia?... 

—  Ah,  se  ne  parla  anche  qui?  interruppe  una  religiosa  senza 
scomporsi.  Noi  si  credeva  che  la  fosse  una  delle  solite  fiabe 
de'giornali  frammassoni  di  Alessandria,  fiabe  che  nascono  e 
muoiono  come  le  bolle  di  sapone. 

—  Eh,  no,  qui  se  ne  parla  pur  troppo,  e  se  ne  parlera  per  un 
gran  pezzo,  le  rispose  la  contessa,  con  vivo  gusto  di  mortificarla. 

-  E  noi  la  ce  n'  eravamo  fatta  una  risata.  Figurarsi !  delle 
monache  carmelitane  che  tengono  in  prigioue  e  martoriano  una 
consorella ! 

La  signora  Caterina,  che  temeva  di  far  dispiacere  all-e  reli- 


]\.     1.  \     MMN\     \     M 

giose,  cerc6  di  niutan>  discorso:  —  0  sm»'Uiiuno  un  po'queste  fan- 
donie:  gia,  qui  nessuno  ci  crede.  Parliamo  di  cose  allegre.  Da 
Brindisi  in  qua  avete  fatto  de'bupni  accatti,  mie  buone  suore? 

—  Eh,  DOD  ci  e  malaccio. 

Ma  1'avvocatino  che  non  intendeva  di  darla  vinta  alia  con- 
tessa  Aldegonda,  s'intramise,  cocciuto  e  duro:  —  E  chi  vi  faceva 
cortesia  non  ciabava  punto  delta  monaca  di  Cracovia  ? 

—  Ma  che? 

—  E  bene  ve  ne  parlo  io,  perche  sappiate  rispondere  a  chi 
ye  ne  parlasse.  La  monaca  di  Cracovia  e  un  sogno,  non  vi  e 
sillaba  di  vero... 

—  0  davvero?  dimand&  Silvia.  Ne  sono  proprio  contenta. 

—  State  a  sen  tire:  due  parole  sole...  E  anche  la  vostra  buona 
mamma,  che  ha  il  cuore  delicato  e  pietoso,  sara  contenta  di  scuo- 
tersi  d'attorno  questo  fantasma  di  sospetto,  che  la  turba.  Neh  vero, 
con  tessa? 

—  Qui  non  ci  entra  fantasmare,  scusate  signer  Amedeo.  Io  ero 
allora  a  Franco  forte,  per  caso,  al  capezzale  d'una  mia  parente 
inferina:  leggevo  i  giornali,  seppi  tutti  i  particolari  quanto  pu6 
saperli  un  giudice  istruttore. 

—  Non  importa,  intervenne  qui  il  conte,  senti  tutte  e  due  le 
campane.  Non  esageriamo.  Io  ho  vedute  relazioni   scritte  sul 
luogo,  e  communicatemi  in  amicizia  da  una  cancelleria  di  amba- 
sciata,  e... 

-  Tanto  meglio!  osserv6  Amedeo.  Se  sbaglio,  correggetemi. 
Ma  vi  assicuro,  conte,  che  il  fatto  di  suor  Barbara  Ubryk,  io 
1'ho  furiosamente  notomizzato,  per  esercizio  di  studio  legale  e 
criminale,  ne  so  ciascun  punto  forte,  a  inenadito,  e  ne  abbiamo 
disputato  tra  noi  studenti...  Ecco:  suor  Barbara,  stata  sempre 
mansa  come  un  agnello,  e  pia  come  un  angelo,  a  un  tratto  da 
la  balta,  diventa  visionaria,  e  poi  furiosa.  Urlava,  si  stracciava  i 
panni,  vomitava  parolacce  spaventose,  si  avventava  alie  persone. 
Che  s'avea  da  fare?  I  medici  e  il  vescovo  consigliarono  quello 
che  era  naturale,  rinchiuderla  in  una  cella  rimota.  E  cosi  fu 
fatto.  In  casa  e  nel  paese  (era  un  sobborgo  della  citta)  ciascuno 
compativa  la  povera  demente,  e  le  povere  serventi  che  doveano 


LA   CONTESSA    1NTEHNA7IONALE 

succiarsela.  Quand'ecco  una  denunzia  cieca  arriva  al  tribunale: 
Una  monaca  murata  viva  da  venti  anni,  ecc.  ecc.  Se  io  avessi 
avuto  Tonore  di  sedere  giudice  in  quel  tribunale,  col  raio  piccolo 
bagaglio  di  leggi  e  di  buon  senso  avrei  odorato  subito  la  mano 
della  lettera  cieca... 

—  Cioe?  diraand6  la  contessa. 

—  Ciofc  robuccia  di  ghetto  o  di  massoneria.  II  tribunale  invece 
dette  con  maravigliosa  ingenuita  nella  pania.  II  ministero  a 
Vienna  credette  due  doppi  cotanto.  Mancomale,  quelle  care  gioie 
del  Beust,  dell'Herbst,  del  Giskra,  fior  fiore  delle  logge,  accol- 
sero  a  gala  il  villano  sospetto.  Fu  ordinato  un  accesso  giudiziario 
al  convento,  e  si  trov6  quello  che  tutti  sapevano,  una  monaca 
pazza  frenetica... 

—  Pazza  frenetica  e  martoriata,  aggiunse  la  contessa,  uno 
scheletro  che  non  avea  piu  n&  panni,  n&  cura  alcuna  della  per- 
sona. Avranno  esagerato,  uia  cosi  lessi  nei  giornali  di  Cracovia  io. 

—  In  collegio,  scappo  fuori,  incoraggita  la  Silvia,  mi  raccon- 
tarono  che  ogni  giorno  la  pestavano  colle  discipline  di  ferro. 

—  Bella  e  buona  signorina,  rispose  a  lei  Amedeo  addolcendo 
la  voce,  chi  le  raccontava  queste  pretese  sevizie  era  un  furfante 
o  uno  sciocco.  Non  ve  n'e  nulla,  nulla  di  nulla.  Fu  provato  in 
tribunale,  sino  ad  evidenza,  che  la  povera  pazza  veniva  trattata 
con  tutti  i  riguardi,  con  tutta  la  carita  possibile;  che  neppure  a 
domarne  i  furori  piu  sconci  non  le  fu  dato  mai  un  buifetto  colla 
punta  delle  dita:  tanto  che  la  infelice,  tramutata  poi  al  manico- 
mio,  sbrandellando  vesti  e  coperte  tentava  di  scappare  in  con- 
vento, dicendo  che  la  le  davano  ineglio  a  mangiare.  La  vede, 
signorina?  Chi  cercava  ad  impietosire  il  suo  coricino  su  quella 
vittima  delle  ire  monastiche,  come  si  ha  da  chiamare? 

Silvia  rimase  11,  un  po'  confusa.  La  madre  di  lei,  che  sentiva 
benissimo  come  Amedeo  dicesse  piu  a  lei  che  alia  figlia,  diveniva 
ogni  momento  piu  verde  di  rabbia.  Laddove  il  conte,  da  gentil- 
uomo  onorato,  non  si  perito  di  confermare  il  racconto.  —  fi  la 
vera  verita,  non  ne  scatta  un  pelo... 

—  E  con  tutto  ci6  niuno  impedisce  che  i  teatri  non  vengano 
invasi  dalla  Monaca  di  Cracovia.  E  la  gente  baccellona  va  la  a 


Tarsi  di  •,  e  madri  e  gentildonne  vi  portano 

;ie  a  gocciolare  le  loro  perle  pietose  sulla  infelice  nionachina, 
flagellata,  incatenata,  iiiartirix/uta  dalla  astiosa  abbadessa  per 
gelosia  della  sua  bellezza!...  Ah,  madri  sguaiate,  dame  villane! 

—  Tutto  cotesto  ya  co1  suoi  piedi,  disse  il  conte.  Ma  anche  voi 
mi  riuscite  alquanto  eccessivo. 

—  In  che? 

—  Voi  non  lo  dite,  ma  nel  modo  di  esprimervi,  quasi  quasi 
date  a  credere  che  i  ministri  di  Vienna  avessero  essi  stoppinata 
la  girandola. 

—  lo  non  T  ho  detto,  caro  conte  :  quei  ministri  non  li  conosco 
e  non  li  giudico;  guardo  ai  fatti. 

—  Il  per6  certo  che  dopo  un  rigoroso  processo,  interrogate  le 
monache,  le  serventi,  i  medici,  tutti,  lasciarono  che  si  assolvessero 
pienamente  le  imputate:  tribunale  e  ministri  possono  aver  fatto 
il  loro  dovere. 

-  Perdonatemi,  conte,  disse  Amedeo  un  po'sul  serio.  Voi  va- 
gheggiate  le  facili  coinposizioni,  come  uomo  diploinatico  ;  io,  come 
mezzo  giurista,  sarei  piu  severo.  Come  permettereste  voi  che, 
sopra  un  fatto  conosciuto  da  tutti,  avvenuto  sotto  gli  occhi  del 
medici  curanti  e  dell'  autorita  ecclesiastica,  un  fatto  di  notoria  in- 
nocenza,  si  accetti  una  denunzia  evidentemente  ialsa?  E  pure 
sopra  si  lieve  indizio  si  scatend  un  branco  di  sbirri  a  rovistare 
in  guise  sconce  e  inalevole  il  pacifico  domicilio  di  specchiatissime 
gentildonne,  che  tali  sono  in  gran  parte  le  caruielitane  di  Cra- 
covia,  e,  quello  che  passa  la  misura,  un  collegio  di  vergini  con- 
sacrate  a  Dio...  £  giustizia  da  traditori  della  giustizia. 

—  Che  volete?  disse  il  conte,  moderate  sempre  e  paladino 
del  potere  governante  ;  io  non  li  difendo,  ma  li  compatisco  : 
bisognava  placare  con  qualche  lustra  di  severita  i  furori  della 


—  Bravo,  conte!  sarebbe  la  tattica  di  quel  galantuomo  di 
Pilato.  Del  resto  anche  questa  non  regge  alia  prova  de'  fatti. 
Ho  studiato  le  date;  e  vi  posso  dire  cbe  i  furori  piazzaioli 
scoppiarono  dopo,  e  non  nrima  della  vile  perquisizioue  nel  mo- 
nastero.  Anzi  questa  fu  la  scintilla.  Perch  e  la  canaglia  dai 


LA   CONTESSA    IMEKNAZIOXALE 

guanti  bianchi  prevalendosi  dello  scandalo  dei  magistral,  ac- 
cozzd  la  canaglia  scamiciata,  gli  scioperoni,  i  ladri,  i  facinorosi 
de'fondacci  della  citta,  la  pag6  a  contanti,  ed  ebbra  di  pi  pa  e 
di  acquavite  la  scaglio  nottetempo  all'assalto  delle  case  reli- 
giose: notate  bene,  non  delle  carmelitane,  ma  di  tutte,  d'uomini 
e  di  donne.  Nella  casa  dei  gesuiti,  per  esempio,  accopparono 
con  una  sbarra  di  ferro  uu  venerando  ottaagenario,  cognato  del 
governatore,  altrove  devastarono  e  demolirono  ogni  cosa.  Perfino 
gli  educatorii  delle  fanciulle  furono  assaliti  da  quei  cannibali. 
E  se  non  era  della  truppa  non  potuta  comprare,  il  dimani  Cra- 
covia  non  avrebbe  avuto  nulla  da  invidiare  a  una  citta  saccheg- 
giata  dai  turchi.  A  Vienna  intanto  la  canaglia  del  ministero... 

—  E  dagli  colla  canaglia.  Voi  non  siete  molto  diplomatico  nelle 
espressioni. 

—  Ne  convengo.  In  certi  casi  non  mi  sento  correre  per  la 
vita  alcuna  vena  di  dolce  e  di  accomodante.  Non  so  abbonar 
nulla  a  chi  presso  i  gradini  del  trono  tradisce  ii  principe  e  il 
popolo.  Quando  veggo  qualche  nome  che  so  io,  con  tanto  di 
Ministro  qui,  Ministro  la,  io  leggo  Ministro  galeotto  e  boia. 
Perdonerei  cento  volte  piu  volentieri  alia  bordaglia  ignorante, 
aizzata  dagli  arruffapopoli  al  saccheggio.  II  fatto  e  che  i  mi- 
nistri  non  impedirono  nulla. 

—  Cotesto  non  prova  che  fossero  complici,  disse  il  conte. 

—  Li  giudichi  Iddio  e  1'Imperatore,  se  potra  un  giorno 
uscire  dalle  loro  granfie.  Certo  e  che  il  dl  seguente  alia  sedi- 
zione,  i  magistrati  invece  di  punire  gli  assassini,  inandarono 
arrestare  le  vittime  degli  assassini,  cio&  la  priora  e  la  sotto- 
priora  delle  Carmelitane,  e  condurle  al  carcere  dei  malfattori, 
tra  una  schiera  di  usseri;  e  ve  le  tennero  oltre  un  inese   a 
marcire  nel  lezzo,  a  guisa  di  male  femmine  convinte  e  giudi- 
cate.  E  che  facevano  i  ministri  a  Vienna?  Sua  eccellenza  il 
Giskra  rincarava  la  dose,  scriveva  pubblicamente  attestando  al 
Governatore  di  Leopoli  gli  orrendi  avvenimenti  del  convento 
di  Cracovia,  ii  misfatto  commesso,  la  giusta  indtgnazione  e 
la  ben  fondata  esacerbazione  del  popolo;  e  proponeva  a  dirit- 
tura  la  confisca  degli  assegni  e  1'abolizione  dei  convento.  E 


IX.    LA    MONACA    DI    CRACOV1A 

tutto  ci6  non  ignorando  che  il  processo  non  era  incominciato, 
e  che  DOQ  esisteva  indizio  veruno  a  carico  delle  snore.  Sono 
cose  che  i  posteri  credoranno  avvenute  tra  i  Cafri,  e  non  in  paesi 
civili.  \on  basta.  La  frammassoneria  da  un  capo  all'altro  del- 
1'impero  insorgeva  furiosamente,  chiedendo  lo  stenuinio  di  tutti 
i  convent!  e  monasteri,  come  di  altrettanti  covi  di  scosturae  e 
di  barbaric:  i  giornali  della  setta  uscivano  con  piene  le  colonne 
di  fattacci  nefandi,  tra  le  brigate  gli  sciocchi  non  novellavano 
d'altro  che  di  monache  impiccatesi  per  disperazione,  di  ossami 
di  bambini,  scoperti  ne'conventi,  di  cadaveri  che  portavano  le 
tracce  della  tortura,  di  sepolti  vivi,  e  via  di  questo  passo.  Era 
un  coro  di  tigri  anelanti  alia  preda.  So  fino  ad  oggi  non  ot- 
tennero  1'intento,  dobbiamo  saperne  grado  e  grazia  all'Impe- 
ratore.  E  pensare  che  di  tutto  cotesto  non  esisteva  nulla,  e  i 
ministri  lasciavano  la  stampa  imperversare  a  talento...  Lascio 
che  li  giudichi  ogni  uomo  d'  onore.  E  chi  chiama  sul  suo  capo 
1'infamia,  se  1'abbia. 

Al  fine  di  queste  concitate  parole  Amedeo  era  rosso  come  un 
tacchino.  Le  monache  rimasero  spaventate  della  ferocia  ond'egli 
aveva  difeso  le  suore  di  Cracovia,  e  bollato  i  loro  persecutori. 
Lo  stesso  conte  Delia.  Fineta  non  sapeva  che  inventare  in  fa- 
vore  della  cosl  delta  autorita  costituita,  che  in  ogni  caso  era 
1'idolo  suo.  Ci  fu  un  momento  di  silenzio  e  di  esitazioue,  che 
parve  pesasse  sull'animo  di  tutti.  Finalmente  il  cavaliere  Boasso 
si  provd  a  rompere  ii  ghiaccio,  con  una  celia:  —  C'e  altro? 
ft  spiovuto  ?  Senti,  Amedeo,  se  la  priina  arringa  che  terrai  in 
tribunale  riuscira  come  la  canata  che  hai  fatto  ora  ai  ministri 
imperiali  e  reali,  io  ti  assicuro  che  ti  guadagnerai... 

—  Un  bicchiere  d'acqna  inzuccherata,  mi  guadagnerfc. 

-  Ed  anche  un  calmante  dal  presidente  o  dal  procuratore 
del  re. 

La  buona  mamma  di  Amedeo  intanto,  prendendo  alia  lettera 

1'affaro  dell'acqua  inzuccherata,  giiela  veniva  mescendo  in  un 

bicchiere,  con  un  dito  di  caffe,  e  la  dimenava  col  cucchiaino 

per  sciogliere  lo  zucchero.  Silvia,  che  aveva  sempre  adorato 

niente  Toratore  durante  la  diatriba,  sentissi  obbligata  dal 

Seric  XII.  vol.  VI.  fate.  814  30  10  maggio  1884 


LA  COM:><A  I.NTKU.NAZIONALE  -  ix.  LA  MDNACA  DI  CKACOVIA 

cuore  a  qualcosa,  pur  che  fosse,  di  amorosa  dimostrazione,  e  con 
fanciullesca  ingenuita,  voile  aggiungervi  un  centellino  di  curas- 
sao,  dicendo :  —  Questo  vi  attonera  lo  stomaco :  le  inaestre  ce  lo 
davano  quando  ci  eravaino  sgolate  a  cantare. 

—  Grazie,  signorina,  disse  Amedeo.  Ci  avete  proprio  azzeccato: 
e  il  mio  gusto.  Ma  ora  che  ce  lo  mettete  di  vostra  mano,  non 
vi  e  piu  bisogno  di  altro  zucchero:  grazie. 

—  Anzi,  grazie  a  voi  che  ci  avete  detto  il  fatto  di  Cracovia 
dall'a  alia  zeta.  Ci  ho  un  piacerone  che  mai  a  sapere  la  verita. 
Avevo  udite  tante  bugie!  Mi  opprimevano  la  inente  coine  uii 
sognaccio  pauroso.  Or  vi  stimo  dieci  volte  piu  di  priina. 

Ognuno  sentl  in  quel  vi  stimo  un  vi  amo,  un  po' ingenue, 
un  po' iuiprudente,  ma  un  verissimo  vi  amo.  Ad  Amedeo  fu  un 
giulebbe,  i  babbi  ne  risero.  Ma  la  contessa  1*  avrebbe  rosa  coi 
denti.  E  pure  in  presenza  della  compagnia  tutta  sorridente  di 
favore  verso  Amedeo,  non  era  aria  di  fare  scenate.  Mand6  gift 
questo  gnocco  di  fiele,  riserbandosi  a  serpentare  la  figliuola 
quando  1' avrebbe  sola,  in  sua  pieua  balia,  a  Milano.  —  Ah,  se 
prevedevo  queste  giuccate,  io  non  accettavo  davvero  questa  nuova 
settimana  di  tormento...  Gli  e  chiaro,  che  Amedeo  tutta  questa 
broda  la  riversava  sopra  di  me...  dillo  alia  nuora  perche  la  suo- 
cera  intenda...  E  lei,  grulla,  gliene  da  il  mirallegro!  Mancava 
solo  che  gli  dicesse:  to'un  bacio!...  Valeva  bene  la  spesa  di  tenerla 
due  anni  in  collegio,  per  intabaccarsi  del  primo  arnesaccio  le 
capita  tra  i  piedi...  un  frataio  fradicio,  un  gesuita  in  cappotto 
e  tuba!...  Basta,  non  restano  che  pochi  giorni:  pazienza,  aiu- 
tami...  Non  ci  guastiamo  con  gente  ineducata:  e'ci  e  da  rimet- 
terci  del  decoro...  A  Milano  ti  aspetto,  grulla,  che  non  sei 
altro.  — 

E  non  prevedeva  che,  prima  di  levare  le  tende  dalla  dolorosa 
villeggiatura,  le  rimaneva  tuttavia  a  sorbire  la  feccia  del  fiero 
calice,  ch'ella  colle  sue  alterige  erasi  colmato  di  amarezza. 


RIVISTA  DELIA  STAMPA  ITALIANA 


I. 

La  mon'ir<-/iiti  democratica  proposta  da  tw  italiano.  In  12, 
di  pag.  212.  Torino  1884. 

Perche  1'anonimo  Autore,  uomo  delle  antiche  province  di  Casa 
Savoia,  liberalissirao  cosl  nei  principii,  come  nelle  ingenuita, 
abbia  intitolato  monarchia  democratica,  piu  tosto  che  repubblica 
monarchica,  questo  suo  lavoro,  lo  dice  nella  dedica  che  ne  fa 
al  Popolo  italiano :  perche  «  la  Francia  ne  ha  resa  uggiosa  la 
parola  ».  Senza  questa  uggiosita  francese,  tan  to  per  lui  varrebbe 
la  monarchia  democratica,  qnanto  la  repubblica  monarchica,  due 
autitesi  verbali  che  innocentemente  si  possono  scambiare  1'  una 
coll'altra,  e  significano  proprio  lo  stesso;  cioe  quello  che  voile 
significaro  ii  conte  di  Cavour  sino  dal  1848,  allorch&  scriveva 
ad  un  amico,  che  termine  della  italica  rivoluzione,  capitanata 
dal  Piemonte,  sarebbe  stata  una  monarchia  repubblicana. 

Due  parti  comprende  nella  sostanza  tutto  il  libro:  la  diagno- 
stica  e  la  curativa.  La  prima  e  piena  di  verita,  la  seconda  di 
vanita.  L' Autore,  da  htiono  e  perfetto  liberal  e  subalpiuo,  due  cose 
vede  in  gran  pericolo,  e  desidera  ad  ogni  costo  salvare,  Todierna 
baracca  italiana  e  la  Casa  di  Savoia.  A  salvare  Tuna  e  1'altra 
dalla  repubblica,  dal  socialismo,  e  dairinternazionalismo,  che  co- 
spirano  per  mandarle  ambedue  a  rotoli,  egli  ha  immaginato  di 
esporre  i  veri  raali  flmentatori  della  scontentezza  del  popolo, 
che  sta  molto  a  disagio  nella  baracca;  e  quindi  di  proporro  i 
rimedii  che,  a  parer  suo,  hanno  da  consolidare  V  unita  e  la  di- 
nastia,  due  beni  supremi  d'  ogni  schietto  e  divoto  liberale  pie- 
montese. 

Per  lui  nella  rivoluzione  d'  Italia  tutto  e  stato  ammirabile, 
vpecialmente  il  popolo  che  colla  maturitii  del  senno  1'ha  fatta. 
Codesto  e  un  postulate  storico,  che  sarebbe  assurdo  il  non 
ammettere.  II  dubitarne,  e  peggio  1'asserire  e  provare  che  la 


R1VISTA 

rivuluzione  e  stata  fatta  dal  Gorerno  settario  piemontese  pro- 
tetto  da  armi  straniere  e  confederate  colle  sette  italiane,  sarebbe 
un  offendere  il  senso  coinune,  un  provare  P  impossibile.  Egli  ha 
bisogno  di  questo  postulate  storico,  per  piantarci  sopra  la  base 
della  sua  monarchia  deraocratica.  Senza  di  esso  la  proposta  che 
fa  sarebbe  un  sogno:  e  ben  si  capisce  che  un  pubblicista,  il 
quale  rappresenta  al  popolo  italiano  un  nuovo  sistema  di  Go- 
verno,  non  pu6  raostrare  di  credere  che  lo  fonda  sopra  un  sogno. 

Per  altro  un  tanto  senno  di  popolo  non  riuscl  se  non  che  a 
procacciarsi  una  tirannide  oligarchica,  che  lo  tiene  in  mille  modi 
oppressor  e  (cosa  incredibile!)  questo  medesiino  popolo  che  in 
breve  tempo,  col  suo  gran  senno,  seppe  vincere  ed  abbattere  1'Au- 
stria  nel  Lombardoveneto,  detronare  i  Principi,  conquistare  le 
due  Sicilie,  aprire  la  breccia  nella  Porta  Pia  e  fare  1'  unitd,  non 
ha  saputo,  in  venticinque  anni  di  liberta,  scuotersi  di  dosso  il 
basto  della  oligarchia  borghese,  che  lo  sfianca  e  in  tutto  il  corpo 
gli  fa  scoppiare  cancerosi  guidaleschi. 

L'Autore  cosl  descrive  la  tirannide  oligarchica  della  liberta, 
succeduta  al  despotismo  delle  passate  monarchic.  Molti  uomini 
d'  ingegno  e  di  dottrina,  troppi  forse,  vennero  delegati  al  potere. 
Tutto  essi  voliero  ordinare,  dirigere,  proteggere.  Tutto  tir6  a  se 
il  Governo  centrale,  a  tutto  voile  provvedere,  ogni  cosa  tutelare, 
persino  la  salute  dei  libertini :  tutela  che  ha  fruttato  vessazioni, 
aggravii  di  spese,  offese  al  pudore  e  quindi  mezzi  di  seduzione : 
tutela,  che  poi  di  fatto  non  ha  tutelato  nulla.  E  siccome  troppi 
sono  stati  i  sapienti  vogliosi  di  ordinare  tutto  di  proprio  capo, 
cosi  1'  opera  ristoratrice  dell'Italia  finora  e  stata  un  continuo  fare 
e  disfare,  che  ha  prodotto  il  caos. 

I  poteri  in  teoria  doveano  essere  divisi:  il  giudiziario  indi- 
pendente  dall'esecutivo,  ma  coi  magistrati  nominati,  promossi, 
traslocati  dall'esecutivo  e  invigilati  dal  Pubblico  Ministero,  messo 
a  fianco  e  pareggiato  alia  magistratura  giudicante:  il  che  vuoi 
dire,  potere  giudiziario  sottomesso  di  fatto  all'esecutivo. 

II  potere  legislative  doveva  non  dipendere  dall'esecutivo:  ma 
le  leggi  di  via  ordinaria  si  propongono  dall'  esecutivo,  i  cui  mem- 
bri,  perche  deputati  o  senatori,  le  vctano  insieme  coi  tanti  im- 
piegati  da  lor  dipendenti ;  e  le  fanno  poi  eseguire,  se  e  come  lor 


DELLA    STAMPA   ITAL1ANA 

-.  Sen/iidiM  411. -sli  signori  membri  del  potere  esi-mitivo,  che 
SODO  i  ministri,  hanuo  in  mano  tutti  i  piil  validi  strumenti  per 
far  le  elezioni  del  deputati  legislator!  a  genio  loro,  ed  hanno 
in  arbitrio  proprio  la  nomina  dei  senator!,  oltre  il  monopolio  de- 
gl'  impieghi  e  delle  croci  cavalleresche.  La  liberta  della  stampa 
si  risolve  in  licenza  o  sequestri,  a  seconda  delle  opinion!  del 
Procuratore  del  re.  II  diritto  di  peti/ione,  in  quello  che  la  do- 
inanda,  possa  essere  presa  in  consider  azione,  ventiquattr'ore  dopo 
la  niorte  del  petente. 

L'  economia  si  riduce  a  tenere  in  piedi  un  esercito  permaneute, 
che  spreca,  rovinando  la  pubblica  ricchezza,  quel  nerbo  della 
guerra  che  gli  manchera  quando  bisogni,  e  tanti  altri  eserciti 
dl  scribi,  con  lauti  stipend!!  persino  a  professor!  che  non  inse- 
gnano:  tutti  conquistanti  diritto  a  pension!,  non  solo  pel  pro- 
prio riposo,  ma  per  le  faraiglie  ancora. 

Un  tale  lusso  di  ordinamenti  richiedeva  ingenti  spese ;  ed  ecco 
un  aguzzamento  d'ingegni  per  trovare  ogni  giorno  nuovi  cespiti 
per  tas.se.  Al  senatore  lacini,  dopo  averne  nominate  trentanoce, 
manco  la  lena  per  continuare.  Di  queste  e  inoltre  disuguale  il 
ripartimento :  in  un  luogo  si  paga  la  quinta,  in  un  altro  la  terza, 
la  meta,  i  tre  quart!  della  rendita :  e  vi  sono  proprieta  gravate 
di  dazio  superiore  al  prezzo  d' affittamento.  La  moltiplicita  dei 
balzelli  domanda  un  esercito  di  riscotitori,  che  tormentano,  mar- 
tirizzano  i  contribuenti  e  divorano  gran  parte  di  quanto  riscotono. 
Quest!  balzelli  sono  poi  uno  scherno  della  liberta,  perche  cal- 
pestano  la  inviolabilita  del  domicilio  e  ben  anco  della  persona, 
frugata  negli  ufficii  daziarii.  No"  bastando  i  miliardi  spremuti 
dalle  vene  del  popolo.  si  creano  valor!  fittizii  con  detrimento 
de!  real!. 

Or  quali  sono  le  conseguenze  di  si  costosa  protezione  legale? 
Una  inoltitudine  di  persone  che,  per  marcire  nelle  caserine,  o 
imbrattare  carta,  vien  tolta  ai  lavori  produttivi:  lucro  cessante 
per  la  nazionale  ricchezza,  e  danno  emergente  per  le  borse  dei 
cittadini  che  dee  mantenerla.  Una  pubblica  sicurezza  formata 
da  un  esercito  d'impiegat!  e  d' agouti,  che  non  lascia  nessuno 
sicuro  negll  averi  e  no  meno  nella  persona.  Una  giustizia  a  si 
caro  prezzo  e  stentata,  che  non  mette  conto  il  ricorrervi,  chi 


/i  70  RI  VISTA 

non  voglia  perdere  il  ranno  ed  il  sapone.  Un  agricoltura  ed  una 
indnstria  favorite  a  parole,  in  quella  che  le  si  tolgono  i  due 
element!  di  vita,  che  sono  gli  uomini  e  i  denari.  Una  turba 
di  piccoli  possidenti,  ai  quali  si  lascia  un  reddito  minore  che 
non  abbia  1'infimodei  travetti,  e  finiscono  col  cedere  all'esat- 
tore  i  possess!,  per  non  aver  modo  di  pagare  le  imposte.  Ittcchi 
che  abbandonano  le  terre,  e  convertono  in  capitali  mobili  i  loro 
beni.  Da  per  tatto  pellagrosi  e  sfiniti,  ai  quali  si  tolgono  i 
mezzi  di  sfamarsi  con  sani  alimenti. 

Posto  ci6,  qual  meraviglia  che  i  sollecitatori  d'  impieghi  pul- 
lulino  come  i  funghi?  Distolti,  nell'eta  piu  adatta,  dall'iinpa- 
rare  il  mestiero  paterno,  studiano  alia  peggio  quel  tanto  che 
basta,  a  poter  mutare  la  zappa  o  la  sega  colla  penna,  e  inta- 
scare  uno  stipendio. 

Eccitate  cosi  le  arabizioni,  con  desiderii  e  bisogni,  che  non 
si  arriva  mai  ad  appagare,  il  inalcontento  si  allarga  dagli  spo- 
gliati  agli  spogliatori  e  diventa  generale. 

E  intanto  che  fanno  i  rappresentanti  del  popolo?  La  Camera 
non  e  in  numero:  e  quando  vi  e,  ecco  allora  i  deputati  divisi 
per  cupidige  o  interessi  personal!  in  gruppi,  chiesuole,  partiti, 
fare  palestra  deli'aula  e  combattere  per  litigarsi  il  potere.  E 
chi  lo  ha  o  1'afferra,  combatte  ancora  per  conservarlo;  se  so- 
praffatto  dagli  altri,  si  collega  coi  nemici,  per  buttar  giu  il 
vincitore.  Per  tal  guisa  tutto  il  Ooverno  dell' Italia  6  rimesso 
alia  volonta  dei  pochi  ed  alia  pedante  burocrazia* 

Ed  ecco  come,  conclude  1'Autore,  «  il  saggio  e  moderate  po- 
polo italiano,  disperando  del  presente,  viene  gradatamente  in- 
dotto  ad  accogliere  le  strane  idee  che  da  oltralpe  ed  oltremare 
gli  si  insinuano.  E  per6  incomincia  gia  a  vagheggiare  repub- 
blica,  socialismo,  internazionalisino,  distruzione  d'ogni  cosa  esi- 
stente,  nella  vaga  speranza  di  raggiungere  un  meglio  qua- 
lunque.  > 

Per  quanto  sembri  vivo,  questo  quadro  delle  contraddizioni  e 
delle  tirannie  deU'odierno  sistema  oligarchico,  e  ancor  pallido, 
se  si  riguarda  la  verita  dei  fatti  e  Tampiezza  delle  offese  che 
tutti  i  sacri  diritti  della  coscienza,  della  proprieta,  deH'onore 
e  della  dignita  umana  vengono  a  riceverne.  E  pallido  lo  giudi- 


,ij  uon  Lr  '  >polo,  ma  il 

ituto  Minervini  ebbe  a  dire  nella  Camera:  «  Noi  potremo 
rhiunuirci  piu  tosto  Ooverno  di  Tunisi,  e  dir6  di  Tunis!  in 
tempi  barbari,  anzich&  Governo  italiano1  > ;  ed  il  deputato  Englen 
ebbe  a  dire  ivi  pure  ai  ministri:  «  II  Turco  spoglia  i  suoi  ere- 
ditori,  voi  spogliate  i  contribuenti ;  il  Turco  conculca  la  buona 
fede,  voi  conculcate  la  giusti/ia  -.  > 

Adunque  non  si  pu6  mettere  in  dubbio  che  1'Autore,  finche 
sfolgora  Vassolutismo  dell'oligarchia  liberalesca,  cbe  sotto  1'egida 
dello  Statute  tiranneggia  il  popolo,  ha  un  sacco  di  ragioni.  Ma 
qual  6  il  rimedio?  Secondo  lui,  e  in  una  rifonna  dello  Statute 
medesimo,  che  renda  dtmocratica  la  monarchia,  senza  toglierle 
1' essere  di  costituzionale. 

La  grande,  la  radicale  differenza,  scriv'egli,  tra  il  sistema 
vigente  di  monarchia  costituzionale,  piu  propriamente  detta 
tempera  ta,  e  quello  della  monarchia  democratica,  consiste  in 
ci6,  che  nel  vigente  ritiensi  essere  la  sovranita  nel  monarca,  il 
quale,  per  atto  di  sua  volonta  sovrana,  concede  alcuni  diritti, 
franchise  e  liberU  al  popolo,  mentre  nel  sistema  deinocratico  si 
riconosce  inalienabile  la  sovranita  nella  nazione,  la  quale  delega 
i  poteri  che  non  pu6  il  popolo  esercitare  in  massa;  e  fra  questi 
poteri  delega  al  monarca  quello  di  rappresentare  la  sovranita. 
Basta  dunque  riformare  lo  Statuto  vigente,  per  rendere  democra- 
tica la  monarchia,  senza  ch'ella  cessi  d' essere  costituzionale. 

S'intende  ch'egli  parla  del  diritto,  non  del  fatto,  giacch^  nel 
fatto  lo  Statuto  e  andato  soggetto  a  trasforinazioni  cosl  sostan- 
ziali,  che  non  vi  e  ora  monarchia  piu  democratizzata  dell'ita- 
liana.  Or  egli  vuole  che  queste  trasformazioni  illegali  e  radicali, 
indottesi  nello  Statato  «  a  favore  deU'oligarchia  doininante  >, 
si  rendano  legali,  in  pro  della  naziono. 

Le  riforme  illegali  non  riguardano  gia  solamente  gli  articoli 
1°,  CG°,  77°,  spettanti  alia  religione  dello  Stato,  alia  milizia  co- 
munale  ed  alia  bandiera,  ma  sopra  tutto  Tarticolo  4°,  che  dice: 
La  pei'sona  del  re  &  sacra  ed  inviolabile.  A  questo  «  si  e  ag- 
giunto  in  pratica,  come  per  sottinteso,  la  irresponsalilita  del 

«  Atti  uffic.  1.1  m:i:-,.'ii)  1ST:,,  pajj.  3311. 
«  Ivi  30  novrnil.rc  IsT.'),  png.  4787. 


472  RIVISTA 

monarca,  di  cui  non  ft  motto  nello  Statute.  >  Con  tale  aggiunta 
tutto  quello  che  lo  Statuto  concede  al  re,  negli  articoli  5°,  6°, 
8°,  9°  ed  altri,  ft  passato  di  pien  diritto  nel  ministero,  il  quale, 
appoggiandosi  all'articolo  67°,  come  responsabile,  se  lo  e  arro- 
gato.  Cosl  pure  all'articolo  65°:  //  re  nomina  e  revoca  i  mini- 
stri,  hanno  aggiunto  1'obbligo  di  sceglierli  fra  gli  uomini  della 
maggioranza  parlamentare,  obbligo  non  prescritto  dallo  Statuto, 
ed  hanno  ridotto  il  Governo  a  Governo  di  partito  pel  partito,  non 
di  popolo  pel  popolo.  Di  modo  che  1'assoluto  potere,  alquanto 
temperato,  che  1'articolo  5°  dello  Statuto  voile  conservato  nel  solo 
inonarca:  (Al  re  solo  appartiene  il  potere  esecutivo)  ft  caduto  di 
fatto  nelle  mani  del  ministero,  ossia  fa\V  oligarchic  borghese. 

Posta  questa  illegittima  trasformazione,  che  tanto  perniciosa 
ft  riuscita  al  popolo,  1'Autore  ha  immaginata  una  via  di  renderla 
legittima  e  nel  tempo  stesso  alia  nazione  salutare.  E  come?  Per 
mezzo  di  una  dittatura,  che  il  popolo  dovrebbe  concedere  al  re, 
unicamente  con  questo  fine,  di  riformare  lo  Statuto.  Mediante 
questa  dittatura,  il  re  sancirebbe  i  grandi  principii :  il  re  regna 
e  non  governa,  rappresenta  la  sovranita,  che  &  inalienabile 
nella  nazione;  la  costituzione  limita  i  poteri  che  la  nazione 
delega.  Con  ci6  sarebbe  fatto  il  becco  all'  oca.  Si  avrebbe  legal- 
mente  la  democrazia  monarchica,  la  quale,  per  1'essenza  sua, 
consiste  in  questo,  che  non  il  re  govern!,  ma  il  popolo;  ed  il  re 
si  content!  di  regnare,  vale  a  dire  di  rappresentare  semplice- 
mente  pro  forma  la  sovranita  del  popolo.  Poi  si  avrebbe  I1  altra 
singolarita  democratica,  che  il  re  sarebbe  re  senza  sudditi,  ed  i 
sudditi  sarebbero  insieme  sovrani  e  sndditi  di  s&  medesimi.  «  In 
paese  libero,  soggiunge  1'Autore,  le  sole  leggi  hanno  impero,  e 
nell'ossequio  ed  obbedienza  alle  medesime  tutti  i  cittadini  diven- 
tano  veri  sudditi  della  propria  sovranita.  In  tal  modo  il  popolo 
ft  contemporaneamente  sovrano  e  suddito  della  propria  sovranita.  > 

Stando  al  senso  comune,  nessuno  propriamente  pu6  mai  essere 
nft  sovrano,  nft  suddito  di  sft:  ma  ad  un  sistema  politico  nel  quale 
il  re  dovrebbe  regnare,  senza  aver  sudditi  e  Governo,  ognun  vede, 
che  non  disdirebbe  1'ircocervo  di  un  popolo  suddito  e  sovrano  di 
se  stesso. 

Stabiliti  cosl  questi  principii,  il  re-dittatore,  nella  pienezza 


I. LA    STAMI'A    I 

autoritit  iicherebbe  o^ni  sovranita,  rimettendola  nelle 

muni  del  popolo,  e  fisserobbo  le  rifonue  liberatrici  della  naxione 
dalla  tirannide  degli  oligarch!,  e  costituirebbe  an  Governo  avente 
queste  basi:  <  Sovranita  del  popolo  che  fa  le  leggi:  cittalini  de- 
putati  a  compilarlo  ed  a  farlo  eseguire :  Governo  esclusivo  di 
esse  leggi:  diritto  d'accusa  nei  cittadini  che  ne  controllano  1'os- 
servanza:  potere  giudiziario  indipendente,  che  ne  e  il  depositario, 
il  custode,  il  rivendicatore :  autonomia  ed  emancipazione  dei  Go- 
rauni:  eguaglianza  e  societa  di  essi  in  unita  di  nazione:  presi- 
denza  del  re,  che  ne  e  il  capo  e  ne  rappresenta  la  sovranita  e 
1'  unita.  > 

L'Autore  impiega  molte  pagine  ad  abbellire  questo  schema  di 
costituzione,  parto  del  suo  cervello,  ed  a  mostrare  che  il  suo 
nnovo  sistema  e  il  solo  possibile,  il  solo  buono,  il  solo  conci- 
liante  la  salvezza  dell' Italia  col  mantenimento  della  dinastia; 
il  solo,  in  una  parola,  che  formerebbe  della  nostra  Penisola  un 
giardino  di  delizie  politiche  e  sociali. 

Ma  non  avemruo  noi  ragione  di  afferinare,  che  quanto  e  vera 
la  partd  diagnostica  del  suo  lavoro,  altrettanto  ne  e  vana  la 
curativa?  Come  fondare  un  ordine  politico  sopra  la  base  di  una 
contraddizione  logica,  e  di  una  morale  mostruosita?  Una  mo- 
narchia,  nella  quale  il  re  e  annichilato  fino  ai  punto  di  non  aver 
altro  serio  attributo,  fuorche  quello  di  rappresentare  una  sovra- 
nita non  sua,  sara  democratica  quanto  si  vuole,  ma  sara  tutto, 
eccettoch&  monarchia.  Ed  uno  Stato  qualunque,  in  cui  non  vi  ha 
altro  suddito  che  il  sovrano,  ed  altro  sovrano  che  il  suddito,  sara 
pur  esso  uno  Stato  democratico  quanto  piace,  ma,  se  il  fatto  vi 
andasse  d'accordo  col  diritto,  sarebbe  tutto  eccettoche  uno  Stato 
democratico:  perocche  nell'effetto  pratico  si  risolverebbe,  od  in 
esoso  despotismo  di  chi  avrebbe  in  pugno  il  potere  rappresen- 
tante  il  suddito  sovrano,  od  in  un'anarchia  scapigliata. 

Onde,  a  stringere  il  inolto  in  poco,  resta  soltanto  che  si  con- 
cluda,  L'Autore  avere  pensato  di  sostitnire  utfutopia  monarchica 
alia  realta  della  tirannica  oligarchia,  che  ci  governa.  Imperocche, 
se  il  sistema  suo  si  mettesse  alia  prova,  il  men  male  che  se 
ne  avrebbe,  sarebbe  di  sentirsi  mutare  sopra  capo  la  verga  oli- 
garchica,  di  ferrea  ch'ella  e  in  plumbea:  cioe  dire  si  avrebbo  in 


',7  I  R I  VIST  A 

fin  del  conti  la  tirannia  del  la  plebe  senza  guanti,  surrogata  da 
qnella  del  medio  ceto  in  guanti  o  bianchi  o  neri. 

L'Autore,  che  e"  dinastico,  come  sono  in  genere  i  vecchi  libe- 
ral! piemontesi,  crede  che  il  suo  trovato  rimetterebbe  al  posto 
conveniente  il  re,  divenuto  democratico.  Ma  quale  sarebbe  questo 
posto?  Egli  giudica  indegno  quello  che  in  presente  gli  si  fa  oc- 
cupare.  II  potere  assoluto  non  e  piu  nel  monarca,  si  lamenta 
esso,  ma  nell'oligarchia  che  dissangua  il  popolo.  rendendone 
capro  emissario  lo  stesso  re,  derisoriamente  dichiarato  irrespon- 
sale.  V'ebbe  chi  scrisse  che  i  dementi,  i  maniaci,  gli  esseri 
cio&  privi  di  ragione,  sono  per  natura  irresponsali,  epperd  a 
questi  pareggiarono  il  re.  II  re,  che  non  governa,  deve  essere, 
come  tutti  i  savii,  responsale  delle  azioni  proprie,  ed  irrespon- 
sale  delle  altrui,  cioe  di  quelle  di  coloro  che  governano.  Pur 
troppo  in  pratica  gli  oligarch!  hanno  fatto  del  re  un  loro  ge- 
rente  responsale,  rassomigliandolo  a  quello  dei  giornali.  II  re 
d£  il  suo  nome  al  Gtoverno,  e  i  ministri,  perchd  diconsi  re- 
sponsali,  a  loro  voglia  governano.  E  mentre  gli  si  vieta  persino 
d'iinpedire  il  male,  su  chi  pesa  di  fatto  ogni  responsabilita  del 
Governo?  Chiedetelo  ai  repubblicani,  e  vi  diranno  che  causa  di 
tutto  il  malgoverno  e  il  re. 

Verissiino.  Ma  dato  il  sisteina  ideato  dall'Autore  qual  posto 
avrebbe  il  re  costituzionalmente  democratizzato?  Per  essere  re- 
sponsabile,  dovrebbe  governare;  cosa  che  1'Autore  non  ammette, 
giacch6  egli  pure  vuole  che  il  re  regni,  ma  non  govern  i. 
Adunque  seguiterebbe  ad  essere  irresponsabile  com'e  ora:  tutto 
si  farebbe  in  suo  nome,  seaza  che  egli  potesse  far  nulla;  e  si 
sa  che  le  cambiali  si  pagano  sempre  in  ultimo,  da  colui  che 
le  firma.  Appena  attuata  la  riforma  statutaria  del  nostro  Autore, 
noi  saremmo  da  capo,  e  sorgerebbe  un  altro  liberate  pieinontese 
dinastico  a  ripetere  il  lamento  ch'egli  ora  fa;  essendo  inutile 
violentar  la  natura,  e  pretendere  che  quel  che  non  ha  sostanza 
1'abbia  per  cio  solo  che  ne  ha  1'apparenza. 

Noi  igooriamo  se  I'anonimo  scrittore  di  queste  proposte  po- 
litiche  sia  o  no  frammassone;  ma  certameate  si  manifesta  iin- 
bevuto  di  spirito  massonico  insiuo  all'ossa.  Egli  ha  il  coraggio  . 
di  ripudiare  il  monopolio  governativo  deHMnsegnamento,  che 


•nonopolii  e  tirannico,  pi  ft  tirannico  della 

iva  d.-lla  stampa.  »  Ma  poi  raentre  rigetta  e 

fulmina  il  >//"//<///o//<,  d  'ie,  snggerisce  inveca  il  mo- 

;  cosl  che  vorrebbe  obbligatorio  pei 
tori  il  mandare  i  figliuoli,  dai  due  agli  otto  anni,  in  asili 
infantili,  nei  quali  s'insegnasse  morale  e  religione;  ma  una 
morale  non  appoggiata  a  nessun  domraa  rivelato,  ed  una  reli- 
gione cbe  non  fosse  legata  a  nessun  culto  rivelato:  il  che  e- 
dire,  pretenderebbe  cbe  tutti  i  fanciulli  di  fainiglie  cristiane 
e  cattoliche,  che  formano  la  quasi  totalita  della  nazione,  fossero, 
per  legge  obbligatoria,  costretti  a  ricevere  un'  educazione  me- 
ramente  naturale  e  pagana,  a  nome  e  per  autorita  dello  Stato. 
E  cosl  questo  curioso  liberate,  che  affetta  esecrazione  per  tutte 

10  tirannidi  economiche  e  civili,  si  costituisco  patrono  della  pift 
infame  ed  esecrabile  delle  tirannidi,  qual'  d  quella  della  coscienza: 
e  questo  inventore  di  ri forme,  che  non  riconosce  lo  Stato  oligar- 
chico  competente  per  diritto  a  far  da  maestro  di  lettere  e  di 
seienze,  riconoscerebbo  lo  Stato  democratico  competentissimo  a 
far  da  maestro  di  morale  e  di  religione.  Logica  imcoinparabile 
da  frammassoni ! 

Ma  basti  di  questo  anonimo  consigliatore  di  teorie,  salvatrici 
della  Rivoluzione  in  Italia.  La  quale  bisogna  pur  credere,  che 
sia  in  gran  pericolo  di  morire,  ed  in  disperate  condizioni,  posto 
che  non  si  vegga  pift  altra  via  di  conservarla,  fuorch£  questo 
ammasso  di  bestiali  ricette. 

II. 

11  Pensiero  filosofico  nei  siioi  rapporti  colla  civiltd  e  mora- 
litd  italiana  nell'epoca  moderna  per  D.  CLAUDIO  POGGI.  Fi- 
renze,  Tipografia  di  G.  Barbera  1884,  pag.  XX VIII,  413. 

Uno  dei  pift  bei  vanti  di  questo  libro  e  Tavere  meritato  il 
premio  Ravizza  al  concorso  dell' anno  1882,  e  quinii  il  suffragio 
de' cinque  egregi  membri  dolla  Commissione.  Nella  relazione  in- 
fatti  deH'illustre  storic<)  C.  Cantft,  tra  le  altro  cose  e  detto:  <  E 
libro  consolante  fra  tanti  desolanti  odierni :  la  chiarezza  con  cui 
espone  senza  dissimulare,  neppur  mitigare,  e  la  sincera  convin- 


nivisiA 

zione  con  cui  parla,  ci  alletta  ancbe  quanJo  non  possiamo  di- 
videre  le  sue  aramirazioni  e  lo  splendido  avvenire  che  prornettti 
alia  patria  nostra  e  all'  umanita.  >  £  vero  che  il  relatore  fa  pre- 
cedere  1'elogio  da  alcuni  appunti,  ma  quest!  non  son  poi  tali 
e  tanti  da  scemarne  il  pregio,  soprattutto  ove  si  miri,  che  una 
gran  parte  di  essi  sono  piuttosto  apprezzamenti  personal! ;  sic- 
come  quando  il  relatore  1'accusa  di  essere  stato  ingiusto  con 
CarUsio,  esuberante  con  Voltaire  e  V Encyclopedia,  niente  be- 
nevolo verso  Napoleone  ai  cui  meriti  non  rende  giustizia  e  simili. 
Per  non  cadere  in  ripetizioni,  ci  asteniamo  dal  riassumere 
questo  pregevole  lavoro,  come  ha  fatto  il  Cantu,  in  modo  che  chi 
legge  la  sua  relazione  si  sente  trascinato  a  correrlo  da  un  capo 
all'altro,  senza  chiamarsene  pentito.  Infatti,  merito  incontrasta- 
bile  del  libro,  che  che  ne  pensi  il  relatore,  6  di  farsi  leggere 
senza  stanchezza,  e  senza  difficolta,  vuoi  per  la  scorrevolezza  del 
dettato,  vuoi  ancora  per  una  certa  perspicuita  di  concetti  nelle 
materie  che  di  natura  loro  hanno  dell'astruso.  Gli  si  fa  colpa  di 
certe  negligenze  ed  inesattezze  nell'etimologia  delle  parole  e 
nella  coerenza  delle  metafore:  1'accusa  non  raanca  di  fondamento: 
ma  a  noi  pare  sia  proprio  il  caso  di  dire  col  Venosino:  Non  ego 
paucis  offendar  maculis ;  tanto  piu  che  queste  negligenze  ed 
inesattezze  sono  compensate  con  usura  dalla  grande  erudizione, 
dalla  novita  dei  concetti  e  dalla  esattezza  della  maggior  parte 
dei  giudizii.  Ne  a  noi  pare  meritata  1'  altra  taccia  che  gli  si  e 
voluto  dare  anche  dal  Cantu  di  prolissita,  e  di  tono  da  predi- 
catore;  perch6  se  le  frasi  e  gli  epiteti  sono  spesso  raddoppiati, 
questo  prova  tutto  al  piu  che  il  Poggi  nell'esprimersi  pecchi  piu 
per  abbondanza  anzich&  per  difetto;  cosa  per  altro  che  e  difetto 
meglio  dei  tempi  che  dello  stile  dell'Autore.  Del  rimanente  a  che 
tacciarlo  di  poca  diligenza  nella  forma,  quando  la  sostanza  del 
lavoro  nella  massima  parte  e  degna  di  commendazione?  Comin- 
ciando  infatti  dal  proemio,  in  cui  con  pennellate  da  maestro  di- 
pinge  il  presente  stato  della  filosofia,  e  ii  valore  di  tutti  i  sistemi 
escogitati  e  riprodotti  oggigiorno,  con  grande  scapito  della  morale 
e  della  civilta,  e  finendo  nell'epilogo,  in  cui  con  uguale  maestria 
son  messi  in  rilievo  i  gravi  disordini  derivati  dall' abbandono 
del  principio  cristiano,  il  ch.  Autore  si  appalesa  conoscitore  pro- 


-rvMi'v  ir\!  UNA 

!»  della  matoria  che  svolge,  e  quel  che  pid  monta,  in' 
pido  propugnatore  della  vera  e  sana  dottrina  cattolica.  £  am- 
vole  il  coraggiocol  quale  combatte  i  capiscuola  del  razionali- 
smo  incredulo,  il  giusto  criterio  col  quale  ne  esamina  le  teorie,  e 
rimparzialita  colla  quale  da  a  ciascuno  il  fatto  suo.  In  una  cosa 
sola  ci  e  parso  che  questo  giusto  criterio  gli  sia  venuto  meno, 
ed  e  neH'apprezzare  le  teoriche  del  filosofo  di  Rovereto  e  le  confu- 
:ii  dei  suoi  avversarii.  II  Poggi,  lo  sappiamo,  e  un  rosminiano: 
ci  sarebbe  piaciuto  pert  che  talo  non  si  fosse  raostrato  nel  suo 
pregevole  lavoro;  ma  appunto  perchd  seguace  del  sistema  filoso- 
fico  del  Rosraini,  avrebbe  dovuto  mantenersi  dentro  una  certa 
inisura,  e  adoperare  contro  coloro  che  1'hanno  oppugnato  un  lin- 
guaggio  piu  temperato.  Chiaina  gli  avversarii  delle  teorie  rosmi- 
niane  persecutor^  e  guerra  la  critica  che  pensatori  eminenti  ne 
ban  fatto;  noi  crediamo  invece,  che  niuno  tra  costoro  abbia  ado- 
perato  a  combatterlo  le  arini  e  il  lingnaggio  adoperato  dai  suoi 
propugnatori.  Ci  perdoni  dunque  il  ch.  Autore  quest'osservazione, 
e  si  accerti  che  niuno  nella  lotta  che  ancor  dura  contro  il  sistema 
filosofico  del  Rosmini,  ha  mai  preteso  disconoscere  i  grandi  meriti 
dell'ingegno  e  delle  virtu  del  Roveretano. 

Tornando  al  suo  lavoro  due  sono  principalmente  i  pregi  che 
lo  rendono  stimabilissiino ;  1'uno  il  coordinamento  delle  sue  parti, 
per  cui  egli  fa  derivare  tutte  le  manifestazioni  del  pensiero 
umano  dalla  scienza  prima  che  e  la  Filosofia.  Nel  che  egli  rag- 
giunge  lo  scopo  di  dimostrare  oome  I'odierno  scadimento  del 
pensiero  italiano  sia  1'effetto  del  decadimento  della  filosofia. 
L'  altro  lo  spirito  apertamente  e  schiettamente  cattolico  che  si- 
gnoreggia  dal  principle  alia  fine  del  libro,  senza  che  gli  si  possa 
uldebitare  una  sentenza  men  che  corretta  in  teologia.  II  pre- 
sagio  che  egli  fa  di  vedere  rimesso  1'  accordo  tra  la  Chiesa  e  lo 
Stato,  la  fede  e  la  ragione,  mediante  uua  filosofia  informata  dai 
grandi  e  salutari  principii  del  Cristianesimo,  palesa  quanto  sia 
profonda  in  lui  la  fiducia  in  quella  religione,  alia  quale  e  ri- 
serbata  la  conquista  del  mondo  morale  ed  intellettuale.  Questa 
filosofia  ristauratrice  non  pn6  essere  che  quella  del  principe  dei 
filosofi  cristiani,  che  sola  riuscl  a  conciliare  gli  ardimenti  della 
ragione  coU'ossequio  della  fede.  Sicche  dobbiamo  rendere  grazie 


IU VISTA    DELLA   STAMPA   ITALtA.NA 

al  Signore  di  avere  dato  alia  sua  Chiesa  un  Pontefice,  che  co- 
nosciuto  il  bisogno  di  studii  piu  profondi  e  universali  di  filo- 
sofia,  con  la  sua  ammirabile  E'iciclica  ha  dato  novello  imptilso 
allo  studio  del  Santo  Dottore  di  Aquino,  irapulso,  che  come  ben 
dice  T  egregio  Autore,  oltreche  preparera  per  1'avvenire  un  sa- 
cerdozio  piu  dotto  e  piu  virtuoso,  giovera  a  sfatare  piu  facilraente 
la  insania  di  una  filosofia  che  e  la  negazione  della  ragione  me- 
desima.  E  poiche  siamo  su  questo  punto,  dobbiamo  dire  con  fran- 
chezza  al  ch.  Autore,  che  non  ci  sembra  inappuntabile  la  sua 
opinione  la  dove  dice,  che  si  debba  prendere  il  solo  spirito  della 
dottrina  di  san  Tommaso.  Senza  dubbio,  6  lo  spirito  che  vivi- 
fica;  ma  questo  spirito  ha  la  sua  forma  nella  dottrina  in  cui  si 
incarna  e  in  cui  si  estrinseca:  e  appunto  dall'abbandono  di  questa 
forma  della  filosofia  dell'Angelico,  cominci6  la  declinazione  del 
pensiero  filosofico.  El  ora  conchiudiamo :  ii  libro  del  Poggi  6 
davvero  un  libro  consolante  fra  tanti  desolanti  odierni.  Da 
esso  risultano  tre  importantissime  conseguenze:  primieramente, 
che  la  vera  filosofia  e  inseparabile  dalla  religione,  come  quella 
che  pu6  sola  mantenere  1'accordo  della  ragione  colla  fede;  secon- 
dariamente,  che  a  cessare  1'odierna  declinazione  della  letteratura 
e  dell'  arte,  convenga  ristaurare  e  non  combattere  quella  metafi- 
sica  di  cui  fu  maestro  il  grande  Aquinate;  e  finalmente,  che 
i  buoni  libri,  specialmente  in  fatto  di  scienze  razionali,  non 
vengono  oggidl  che  dai  preti,  i  quali,  tuttoche  osteggiati,  derisi 
e  calunniati  dai  settarii,  mostrano  al  inondo  quanto  arnoro  nutrano 
per  quella  scienza,  di  cui  i  loro  avversarii  laici  pretendono  avere 
per  se  soli  il  monopolio ;  sicche  un  prete  puo  benissimo  essere 
una  gloria  e  del  sapere  e  della  patria,  senza  perci6  gettar  i'abito 
alle  ortiche  e  dichiararsi  apostata. 


CRONACA  CONTBMPOBAKEA 


Firenee,  8  maggio  1884. 


I. 


ROMA  (Nottra  corrispondensa)  —  Delia  vent  origin*  e  natnra  il-II'  \ntisrmiiismo. 
La  scifiua  modenia.  Equivoci  del  Bonglii.  Massonismo  ebraico  ed  Kbraismo  mas- 
sonico. 

Come  dicevamo  nella  corrispondenza  precedente,  la  vera  ragione  per 
1 1  quale  il  Donghi  ed  altri  assai  anche  eruditi  e,  come  amiamo  ere- 
-,  coscienziati  scrittori  errano  nondimeno  ed  equivocano  talvolta  si 
solanampnte  nell' invest! ga re  donde  si  origini  ed  in  che  propriamente 
ronsista  il  cost  ora  detto  Antisemilismo;  non  si  dee  cercare  altrove  che 
ii'-lla  piii  o  meno  volonlaria  confusione  che  essi  sogliono  fare  tra  1'an- 
tica  e  la  moderna  sinagoga.  Le  quali  essi  reputano  o  paiono  riputare 
una  sola  e  stessa  cosa:  laddove  invece  sono  tra  loro  non  solo  diverse 
nn  opposte  e  contraditlorie.  Posta  la  quale  loro  falsa  presupposizione, 
e  ben  naturale  che  debba  nel  loro  capo  rimanere  inestricabile  questo 
prohlema  ed  indipanabile  questa,  come  dice  il  Bonghi,  matassa  delle 
origini  e  della  natura  deH'Antisemitismo.  Giacche  se  davvero,  come 
tanti  moderni  scienziati  credono  o  mostrano  di  credere,  gli  ebrei  pre- 
sent! seguono  anche  ora  almeno  nelle  parti  fondamentali  ed  essenziali 
la  legge  mosaica,  la  quale  e  santa  ed  anzi  divina,  e  di  cui  la  cristiana 
non  fc  che  la  continuazione,  il  perfezionamento  ed  il  compimento;  non 
si  pu6  davvero  trovare  ragione  sufficiente  e  soddisfacente  di  questa,  da 
r,risto  a  noi,  sempre  perenne  e  profonda  antipatia  tra  1'ebreo  ed  il  non 
ebreo  specialmente  poi  se  cristiano.  Benche  in  fatti  una  certa  anlipatia 
sempre  si  osservi  tra  i  divisi,  anche  talvolta  soltanto  leggermente,  in 
pun  to  di  religione,  nessuna  religione  per6  ne  setta  si  trovera  che  come 
la  presente  ebrea  sia  in  un  cosiflTdtto  intermittente  s\,  ma  sempre  ri- 
nascente  urto  con  tutto  il  genere  umano.  Donde  si  dee  ricavare  che  non 
gift  soltanto  a  qualche  ragione  accidentale,  locale,  individuate  o  tempo- 
ranea  si  ha  quest'Antisemitismo  da  attribuire;  ma  ad  una  ragione  es- 
senzialo,  generate  ed  universale,  operante  in  tutti  i  tempi,  luoghi  ed 
individui.  Or  questa  ragione  non  si  trovera  raai  altrove  che  in  quella 
formale  contradizione  che  appunto  corre  tra  1'antica,  santa  e  divinamente 
rivdata  ed  assistita  Sinagoga  mosaica  e  la  moderna  empia  e  satanica- 
mente  inventata  ed  ispirata  Sinagoga  rabbinica.  La  quale  contradizione 
mdo  precisamente  sopra  i  punti  non  soltanto  della  fede  ma  delta 
morale  e  non  soltanto  della  morale  mosaica  e  cristiana  ma  della  naturale 


480  CRONACA 

di  tutte  le  genii,  facilmente  s'intende  corae  aJ  una  si  fatia  contradizione, 
per  cos)  dire  teorica  ed  ideale,  tra  la  morale  ebraica  e  quella  del  resto 
del  mondo,  debba  necessariamente  sempre  e  dappertutto  seguire  qucll'iiltra 
contradizione  pratica  e  reale  che  ora  si  chiama  Antisemitismo.  S.-rissero 
del  resto  gia  tanto  cotanti  (ed  anche  noi  dietro  le  loro  orme)  sopra 
questa  contradizione  tra  la  fede  e  la  morale  dei  modern!  ebrei  e  qudla 
di  tutti  i  non  ebrei  che  il  dilun^arvici  ora  nuovamente  potrebbe  giu- 
staraente  parere  un  perditempo.  Ci  bastera  percio,  a  servigio  del  Bonghi 
che  sembra  ignorare  tutto  queslo,  1'  allegare  la  certamente  da  lui  ac- 
cettabile  testimonianza  del  Rev.  Alessandro  Gaul  di  religione  anglicano 
e  di  professione  teologo  nel  Gollegio  del  Re  a  Londra  e  prebendario  di 
San  Paolo.  II  quale  e  autore  di  una  dotta  opera  intitolata:  Gil  antichi 
sentieri:  ovvero  confronto  dei  principii  e  dottrine  del  moderno  giu- 
daismo  colla  religione  di  Mose  e  dei  Profeti ;  opera  tutta  tessuta  dei 
testi  original!  ed  autentici  della  Bibbia  e  del  Talmud:  e  che  fu  anche 
non  ha  mollo  tradotta  in  volgare  italiano  dall'erudito  e  Rev.  C.  L.  Lauria 
di  religione  Valdese  e  pubblicata  nel  1837  in  Pioerolo.  Trattandosi  di 
un' Anglicano  e  di  un  Valdese,  e  impossibile  che  il  Bonghi  non  vi  debba 
presupporre  almeno  un  poco  di  critica  e  di  scienza  tedesca.  Or  dunque 
ecco  ci6  che  vi  si  legge  a  pagina  470  nel  capitolo  LX  intitolato  Eica- 
pitolazione.  «  Mostrammo,  dice,  che  il  Giudaismo  non  e  1'antica  reli- 
«  gione  di  Mosfe  e  dei  Profeti,  ma  un  sistema  nuovo  inventato  da  uo- 
«  mini  furbi  ed  indegni.  »  E  poco  dopo:  «  il  risultato  del  nostro  con- 
« fronto  e  che  il  giudaismo  e  una  falsa  religione  piena  di  roanifeste 
«  favole,  che  rovescia  tutta  la  legge  scritta,  incoraggia  le  superstizioni 
«  pagane  e  scioglie  le  obbligazioni  morali.  »  Sopra  il  quale  sdoglimento 
delle  obbligazioni  morali,  che  e  il  punto  pel  nostro  proposito  piii  rile- 
vante;  «  la  legge  orale,  dice,  (doe  il  Talmud)  insegna  come  dispeosarsi 
«  dai  comandamenti  di  Dio:  concede  la  dispensa  dai  giuramenti;  per- 
«  melte  di  ritenere  ci6  che  non  ci  appartiene  purche  sia  roba  di  un 
«  gentile:  »  cioe  di  un  non  ebreo.  Inoltre;  «  il  Talmud  proibisce  ad 
«  ogni  ebreo  1'esercizio  dei  piu  comuni  doveri  di  umanita  verso  coloro 
«  che  esso  chiama  infedeli.  Vieta  di  salvare  un  idolatra  (doe  un  non 
«  ebreo)  che  stia  per  affogarsi  o  si  trovi  in  qualsiasi  altro  pericolo  di 
«  morte,  e  perfino  che  una  donna  non  ebrea  sia  assistita  nelle  doglie 
«  del  parto.  Per  queste  ed  altre  ragioni  che  potrebbero  allegarsi,  di- 
«  ciamo  che  il  Giudaismo  e  contrario  alia  legge  di  Mose  e  dei  Profeti »: 
e,  come  e  chiaro,  anche  ad  ogni  legge  umana  e  naturale.  Perci6  1' ebreo 
presente  (se  osservante  della  sua  legge)  e  un  nemico  naturale,  necessario 
e  cordiale  del  genere  umano  non  ebreo:  e  ci6  per  religione,  pieta,  divo- 
zione,  coscienza  e  legge  da  lui  creduta  divina.  Ne  e  perci6  maraviglia 
che  vicendevolmente  il  genere  umano  non  ebreo  lo  stia  sempre  pagando 
di  uguale  moneta. 


C0>  VRA  481 

ta  gia  di  per  st'>  si  dii.ira  ••  non  limorio  da  tanti  gia  si  chia- 
'.a  d»-lla  iitutt'i  morale  tra  I* antic*,  sanla  e 

nra  e  la  moderns,  empia  e  raNbuiira  sinagoga;  donde  unicaroenle 
e  lim;n. hint-rite  disrenle  In  stricam-Miio  .Mia  matassa  bonghiana;  sem- 
brerrlili.-  in.-iv.lihile  che  al  Dmghi  e  ad  altri  assai  moderni  srienziati 
sia  rimasa,  com.-  i  •  iniiH-ntf  s.-oiinsnui;*,  se  non  veJessimo  ogni 

giorno  qucsti  moderni  Talt-ti,  prvi'-n  leuii  to  v.uv  u  cjelo  col  dito,  dare 
sovenii  v.'Iif,  ;ip;mi)io  perch6  moderni,  del  naso  in  f-  ndo  ai  fossatelli 
volgari,  sapuli  e  vim  re  p-Tfino  dalle  vecchierelle.  Si  sa  infatli  dove  pro- 
pri.-iriiHui.'  si  f.icna  <»ra  >lai  raoderni  scienziati  consisltre  la  modernitA 
della  cos)  nra  delta  moderna  scimza,  civiltd  o,  come  piii  squisiumente 
e  piii  s<-ieniificamenle,  cioe  piu  ledescameote  ora  dicono  colturu.  li 
perchfc  non  anzi  meglin,  Koltura?  La  qual*  non  si  chiama  gia  moderna 
•l.il  tempo  moderno  in  mi  si  coliiv.i,  giacche  in  tale  senso  tanto  6  ora 
m<"l'Tii  i  la  pfesente  ed  wltuale  scienz.i,  civilta  e  collura  quanlo  fu  e 
sara  al  suo  tempo  moderna  ed  attuale  qualsiasi  altra  scienza,  civilta  e 
coltura.  Bensl  moderna  ora  pnpriam-nte  si  chiaroa  dai  lili«-r.  li  la 
sciema  dalla  veramenie  modernissima  nioJernita  dello  scopo  antiscieuti- 
fico  che  una  certa  moderna  genla  o  selta  di  scienziati  moderni  si  pro- 
figge  a  priori  in  lulti  i  suoi  studii.  Non  si  danno  gia  in  fatti  costoro 
allo  stuJio  colPantico,  leale  e  scienliflco  scopo  d'investigare  il  V»TO, 
senza  preoccuparsi  del  limore  non  forse  il  vero  da  loro  scientificamente 
trnvato  possa  poi,  come  dee,  tinire  a  confermazione  e  sclmrimento  del 
vero  divinamente  rivelalo.  Ma  si  preliggono  invece  il  moderno,  sl.-ale 
ed  antiscientifico  scopo  di  opporre  comunque  siasi  ed  a  qualsiasia  costo 
la  scienza  alia  fede.  Per  ottenere  il  quale  intento,  da  loro  chiamato 
liberale,  civile,  illuminato,  critico,  scieniifico,  progressive,  cio6  anticri- 
stiano  non  meno  che  antiscientiflco,  falsano  pensatamente  e  deliberata- 
mente  storia,  iilosofia,  logica,  ragione  e  senso  comune,  paghi  di  ogni 
assurdo  purche-  anticristiano  ed  intolleranli  ed  insofTerenii  di  ogni  vero 
purchfe  crisliano.  Cotesti  ciarlatani,  indovini,  astrologi,  auguri  ed  aru- 
spici,  che  gia  prima  di  sveutrare  e  sviscerare  il  loro  qualunque  siasi 
uccello  di  studio,  sanno  a  priori  ci6  che  vi  hanno  da  trovare  ed  ;uizi 

,  orre,  non  meno  anticlericali  perch^  antisclentifici  che  antiscien- 
tiflci  pt-rch6  anticlericali,  veri  vandali  della  scienzi,  spegnitori  di  ogni 
anche  barlume  di  senso  comune,  enfutori  di  veschiche,  paladini  di  as- 
surli  el  insomma  sellarii  e  fram^soni;  costorn,  benrhfe  debbano  incon- 
tranlosi  ridere  tra  loro  I'uno  dell'allro  privatamente,  si  chiamano  ci6 
nonostante  tra  loro  publdicaraente:  La  scienza  moderna.  Moderna  ap- 
punto  perch6  mai  oon  e  esist'ta  una  scienza  somigliante  di  proprio 
r..to  jiro;>'sito  antiscientiti  me  quella  che  non  vive  se  non 

che  di  i :  ,  di  malizia  e  di  menzogna.  E  cos)  chi  ora,  stu  liando 

[vr  esi-mji  •  la  storia,  trova  che  i  Vangeli  sono  falsi,  ma  viceversa  poi 

/.  r .,/.   VI.  fate.  814  31  10  >-. 


CRONACA 

le  mitologie  snno  \vn';  che  furono  empii  i  Santi,  ma  viceversa  poi  sono 
s:inti  gli  empii,  i  liranni,  i  persecutor!  ed  anche  Nerone  e  perfino  Giuda: 
ovvero  studiando  la  filosofia  trova  che  gli  unmini  sono  In-stie,  nia  vice- 
versa  poi  le  bestie  sono  uomini;  che  Dio  non  e,  ma  viceversa  poi  il 
mondo  e  Dio:  che  lo  spirito  e  materia,  ma  viceversa  poi  la  mnteria  e 
ideale;  ovvero  studiando  la  morale  trova  che  1'uomo  non  e  libero,  ma 
viceversa  poi  si  dee  a  tutti  concedere  una  libena  sconfinata,  ed  andate 
dicendo:  costui  allora  e  ricevuto  a  grandi  applausi  nel  dolto  corpo  degli 
scienziati  moderni,  progressivi,  illuminati,  liberali,  civili  cioe  anticleri- 
cal!. Giacchfc  ora  nella  scienza,  cioe  nel  libenilismo  e  massonismo  mc- 
derno,  tutto  batte  qui:  nel  clericalismo  e  nell'anticlericalismo:  cioe  nel 
cristianesimo  e  neH'anticristianesimo.  E  chi  e  anticlericale  ed  anticri- 
stiano,  issofatto  senz'altri  meriti  fc  perci6  stesso  dichiarato,  se  non  pro- 
fessore,  almeno  cultore  della  scienza  moderna.  Chi  poi  e  clericale  e 
crisiiano,  presso  cosioro  passa  senz'altro  e  percib  solo,'  per  retrograde, 
oscurantista,  incivile  e  sopratutto  ignorante  della  Scienza  Moderna. 

Non  pensiamo  che  il  Bonghi  appartenga  propriamente  e  del  tutto  a 
questa  scuola  anticlericale  ed  antiscienliflca.  Benche  pensandolo  non  gli 
faremmo  forse  gran  torto;  parendoci  difficile  che  coll' educazione,  col- 
1'ingegno,  collo  studio  e  coll'erudizione  che  ha,  se  non  fosse  un  po'anli- 
clericale  ciofc  anticristiano,  come  dicono  per  progetto,  avrebbe  potuto  in 
tante  sue  scritture  ed  anche,  come  vedemmo  e  vedremo,  in  questa  sopra 
gli  Ebrei  in  Ungheria,  accumulare  tante  inesattezze  ed  ignoranze  tutte 
a  danno  dei  cattolici  e  della  verita.  Ma  ad  ogni  modo  e  cerlo  che  non 
soltanto  tra  i  giovani  ignoranti  ed  inesperti,  ma  anche  tra  i  vecchi  e 
sperimentati  professori  va  ora  esercitando  raolia  influenza  questa  anti- 
scientifica  sett;*  della  scienza  moderna,  predeterminataraente  decisa  a 
sostenere  1'assurdo  e  negare  la  verita.  Essa  e  ora  infatti  alia  moJa  e 
distribuisce  la  fama  ed  il  credito.  Ed  e.  inoltre  pressoche  moralmente 
impossibile  il  sottrarsi  a  quel  necessario  assorbimento  che  ogni  vivente 
patis^e  dall'arabiente  che  lo  circonda.  Giacchfc  volendosi  ora  da  tutti, 
e  dovendosi  anche  da  molti  conoscere  questa  scienza  moderna  si  ciar- 
latana,  s\  astula,  si  sofistica,  si  appariscente,  si  conforme  anche  sovente 
alle  passion!  ed  ai  desi  ierii  di  molti,  e,  quel  che  piii  monta,  s)  sparsa 
ora  dalle  cattedre,  dalle  conferenze,  dai  libri,  dalle  riviste,  dai  giornali, 
dai  teatri  e  persin  dalle  mura,  si  che  niuno  se  ne  pu6  salvare;  ne  nasce 
naturalmente  che,  come  chi  va  col  zoppo  impara  a  zoppicare,  cosl  chi 
bazzica  ordinariamente  con  questa  scienza  moderna,  specialmente  se  di 
buona  voglia  e  non  per  confutarla  ma  per  stuliarla,  ne  torni  per  forza 
invasato.  Al  quale  proposito  uiimmo  g'a  da  un  vecchio,  il  quale  aveva 
da  giovane  conosciuto  un  antico  scrittore  francese  di  giornali  antirivo- 
luzinnarii  ai  tempi  del  Voltaire,  che  quegli  soleva  dirgli  che  non  di 
rado  anche  i  giornalisti  cattolici  che,  per  confutarli  (s1  intende),  sempre 


•itt. , 
•  ssi  me- 

ben    Cauti,  limsc'iiio    rnm«l    -Jii. 

hi,  <li'  ne  cootraggono  e  seco  portaoo  e  percib  anche  alimi 
,o  anche  inconsapevolm-  >-h«j  sentoi  unto  pii» 

lee  aceadere  a  quei  taoli  scrittnri  di  adesso  che,  eristiani  bensl  tli 
battesimo  ed  anche  forse  ancora  di  fede,  ariclie  ingegnosissimi  se  si 

•  ed  anche  erulit:  rnenle  ingolfaiissimi  in  qu 

i/.a  cioe  antiscienza  mo  It-rn  »  ossia  anlicristiatia,  se  ne  pascono  • 

imente  non  g  a  per  confutarla  ma  per  irapararla  ?  KviJenlt-nn-uie 
costoro,  si  a  no  pure  tanti  B'Highi,  b  zzicando  sempre  con  tali  mugnai  dub- 
booo  oeeessariameote  tornarceoe  infarinatissimi ;  die  vuol  dire  piu  o  mmo 
eoasapevolmente  aolicristiani  e  disseooati.  Non  sarebbe  dunque  da  stu- 
1  H-M  se  anche  il  Bonghi  ne  fosse  un  poco  rimaso  vittimi  iunoceule.  Tan  to 
!••.  se  ben  ci  ricorda,  o1  egli  slesso,  per  quanto  ci  pin-,  qnaudo  era 
Minisiro  dflla  cosi  delta  pubblica  istruzione,  o  p^r  ft-rma  un  suo  molto 
simile  (*\  che  allo  stile  pareva  proprio  Iu')  nella  PC  srviranza  di  Milano 

••  gior/iale  bonghiano,  pubblic6  verso  il  1873  od  iu  quel  torno  una 
sua  purgala  opinione  sopra  la  opportunita  di  una  per  cost  dire  Omerira 
ed  arabica  critica  o  scelta  di  lihri  vecchi  da  bruciare  o  vendere  a  peso 
di  carlaccia.  Si  era  infatti  allora  accalastata  dal  Bonghi  in  Gollegio  ro- 
mano  una  si  aless.in  Irina  ed  anzi  bibilonica  biblioleca  di  libri  antichi 
oiidunque  saccheggiat*,  che  non  vi  si  truvava  piu  pcsto  libero  per  la 

nza  moJerna.  Vero  e  che  il  postn,  ed  anche  piuttosto  ampio,  le  fu 
poi  falto  d  i  versa  men  te;  come  6  noto  da  quelle  tunte  incbieste  e  proc--ssi 

liede  luogo  la  Gran  Vittoria  timmanuelico-Bonghica. 

Ma  obecche  sia  del  maggiore  o  minore  moiernismn,  cioe  anticl«'ri- 
t  anticrislianesimo  a  priori  della  scienza  bonghiana,  il  fatto 
e  che  tale  almeno  molto  apparisce  da  quel  suo  articolo  Gli  ebrei  in 
Unghcria:  Tisza-EszUr  1°;  secooio  che  fluiremo  ora  di  dimostrare 
anche  piu  chiaro.  Non  solameate  iufatti,  secondo  che  gia  notammo,  in 
tuito  il  racconio  o  romanzo  cbe  il  Bonghi  fa  ossia  copia  dalle  relazioni 
ebraiche  del  fallo  di  Tisza-l^zlar  egli  si  mostra  passionatissimo  per  gli 
ebrei  conlro  i  crisliani;  e  nel  cercare  od  assegnare  le  cagioni  dell'antise- 
mitismo  n^  anche  accenna  a  quella  si  chiara,  si  dimostrata  e  si  nola  di  cui 
flnora  parlammo;  e  cio  evidentemente  perche  nuoce  agli  ebrei;  conten- 
taudosi  di  parere  ignorante  purche  a  danno  dei  crisliani  li  srusi  e  difenda ; 
ma  ancora  parlando,  a  pagina  692  del  citato  numero  della  Nttova  Auto- 
hffia,  del  Dio  Semita  che  in  sostanza  e  il  Dio  nostro,  fa  tali  confusioni  di 
parole  e  d'idee  od  arrulTa  cntanlo  la  sua  matassa,  da  potersene  almeno 
congetturare  un'ignoranza  piu  volontaria  che  involontaria.  Giacche  dopo 
avere,  come  gia  citammo  nelle  corrispondenze  precedent!,  dichiarato  rh»-  : 
«  mi  (H.ioivlibe  dipanare  tutta  questa  matassa;  sarebbe  di  grandissimo 
«  interesse  il  farlo;  ma  mi  dee  bastare  qui  avere  accennato  tuiti  qut-sii 


CRONACA 

«  capi,  sto  per  dire,  di  ragkni  diverse:  lo  svilupparle  non  pn  >ggi 

«  di  questo  luogo:  »  passa  subito  a  soggiungere  chc:  «  Pure  nua  osser- 
«  vazione,  una  sola  osservazione  la  voglio  fare.  »  Ed  e  che:  «  II  nnvimento 
«  contro  gli  ebrei,  in  un  ordine  in  ispecie  di  persone,  non  e  solo  come 
«  parrebbe  tutto  cnstiano:  non  e  un  rinriovamento  di  ardore  cristiano 
«  contro  di  essi;  anzi  non  e  raeno  antiebraico  che  anticristiano.  «  Fer- 
miamoci  un  momento  sopra  questo  principio  della  sua  osservazione:  ed 
osserviamo  quanti  equivoci  e  confusioni  d'idee  covino  soito  quest' 
apparentemente  semplici  ed  innocue  poche  parole.  Prima  di  tutto  quel 
suo:  Un' osservazione!  Una  sola  osservazione!  tradisce  il  ciarlalano 
pa  rla  men  tare;  che  volendo  sempre  parlare,  parlare  e  parlare,  per  paura 
di  non  essere  lasciato  parlare,  seduce  le  indocili  orecchie  colla  promessa 
di  Una  sola  osservazione.  Ma  lasciamo  questo:  e  vcniamo  al  nostro 
proposito.  Si  presuppone  infatti  qui  dal  Bonghi  fin  dal  principio  che,  come 
•parrebbe,  I'antisemitismo  e  cosa  tutta  cristiana.  Laddove  invece  non 
solo  pare  ma  si  sa  e  si  vede  da  tutii  che  esso  Qorisce  ora  appunto  soltanto 
nei  paesi  non  cattolici,  turchi  cioe,  scismatici  o  protestanti.  Dove  non  gia 

10  spirito  cristiano  ma  1'umano  ed  anzi  il  diabolico  della  vendetta,  del- 
1'ira,  della  cupidigia,  del  liberalismo  in  somma  e  della  rivoluzione  eccita 
quelle  violente  persecuzioni  ed  ingiuste  oppressioni  degli  ebrei  che  lo  spi- 
rito cristiano  e  la  Chiesa  sempre  impedirono  e  condannarono.  Ed  avendo 
qui  il  Bonghi  almeno  mitigata  la  cosa  con  un  come  parrebbe:  subito 
dopo  vi  soslituisce  la  palloitola  parlamentare  del  come  e.  Dice  infatti 
che  I'antisemitismo  non  e  un  rinnovamento  di  ardore  cristiano  contro 
di  essi:  come  se  non  gia  soltanto  piu  paresse  ma  fosse  vero  che  per 
ardore  cristiano  si  fissero  realmente  in  altri  tempi  vessati  gli  ebrei.  I 
qu;ili  invece  quando  furono  vessiti,  sempre  lo  furono  per  ardore  tut- 
t'altro  che  cristiano.  Finendo  poi  quel  suo  prirao  periodo  aggiun^e 
che  anzi  I'antisemitismo  non  e  meno  antiebraico  che  anticristiano  t 
volendo  dire  che  i  persecutor!  violent!  degli  ebrei  se  non  tutti  almeno 
alcuui  (cioe  queW  ordine  in  ispecie  di  persons  toccato  dal  Bonghi  piu 
sopra)  li  perseguitano  ora  collo  scopo  di  perseguitare  insieme  e  combat- 
b-re  con  essi  anche  il  cristianesimo.  Dove  direbbe  il  vero  quando  inteodes.se 
dire  che  essendo,  siccome  e,  ranlisemitisrao  cosa  anticristiana  mossa  da 
spirito  e  da  ardore  anticristiano,  e  bun  naturale  che  sia  quello  che  e,  cioe 
anticristiano  non  meno  che  antiebraico.  Ma  avendo  egli  invece  gia  detto 
e  ripetuto  poc'anzi  che  I'antisemitismo  non  solo  pare  ma  e  tutto  cristiano, 
resta  che  anche  in  questa  apparentemente  innocua  pa  ro  let  la  covi  un  altro 
suo  equivoco  ed  errore.  II  qu-ile  si  dichiara  da  lui  nel  periodo  con  cui 
segue  la  sua  osservazione.  Dove  dice  che :  «  tra  le  molte  opposizioni  le 
«  quali  lacerano  lo  spirito  moderno,  ve  ne  ha  una  e  non  la  piu  temibile, 
«  ma  neanche  la  meno  profooda,  contro  1'  Iddio  Semita.  »  E  qui  tutto 

11  equivoco  consiste  in  quel  Dio  Semita.  ^jiacche  egli  dice  il  vero  se  per 


>-ro 

all.t  com 

••Ifiti  anehe  come  -nza  per6  ch«-  il  'lumm.i  if«-lla  Trinita 

ora  P,  riv.-l.it.)  a  tutti  e  a  lutti  pro,"  -  artirolo 

If.  In  tal  senso  e  vvrissimo  elm  (jiit-i  i>re*>-nti  fttcer/iti  \\ 

Bonxlii  nel  loro  spin' to  moderno  daU'anticris! 
e  vivono  satanicamentf  M\'ojypoaistionea  Dio;  siccome  combatlono  il 
oostro  Uno  eTriuo  cosi  necessariaraenle  anche  debnono  combat  ten*  quHio 
stesso  Dio  Uno  degli  antichi  ehrei.  Ma  se  invece  per  Dio  Semita  i)  H 

i  If  «|iif!  Dio  falso  d'  Ha  moilcrna  Sinagoga,  la  qu.ilf  professa  di  cr»- 
in  Dio  Uno  soltanto  per  opposizione  al  Trino,  hlsandone  cosi  ed  anzi 
negandone  la  oatura  e  1'essenza;  allora  e  falso  che  quei  poveri  lacerati 
(come  egli  li  diiama)  si  oppongano  al  Dio  Semita.  II  quale  anzi  nella  sua 
qualiia  di  Dio  f.ilso  e  non  esistente  essi  debbono  difendere  e  venerare. 
Come  poi  possa  il  Booghi  in  quel  suo  periodo  dire  che  I' opposizione  a 
Dio  (che  egli  chiama  equivocamente  Dio  semitu]  la  quale  lacera  or  a 
lo  spirito  moderno,  sia  tuti'insieme  una  delle  piii  profonde  e,  ci6  no- 
Dostante,  una  deile  meno  temtbili  opposizioni,  ci6  lo  capira  lui:  part-ndo  a 
noi  mollo  inintelligibile.  E  stabilito  cosi  questo  suo  equivoco  tra  il  Dio 
vero  ed  il  Dio  f;ilso,  segue  il  Borighi  dicendo  che  «  bisogna  salvare  ormai 
«  noi  Ariani  —  poiche  ariane  sono  le  naziooi  civili  di  Europa  —  dalPinculjo 
«  di  cotesto  Iddio  nato  tra  le  tribii  arabe  nell'  intinilo  dei  deserli  che  pesa 
«  sulle  ali  nostre  e  le  irapedisce  dal  prendere  1' ultimo  volo  e  dul  porre 
«  1'uomo  piii  alto  che  cotesto  Id  lio  non  sia  stato  raai.  Cosi  dicono.  »  D  >ve 
evidetitemente  il  Bonghi,  per  la  bocca  di  cotesti  empii  e  raoderui  hicerati, 
parla  del  Dio  vero  dell'autica  Sinagoga  e  del  regnante  cristianesimo.  Al 
quale  soltanto  e  non  al  Dio  falso  del  moderno  ebraismo  si  oppongoao 
i  lacerati.  E  soguendo  a  parlare  di  bocca  sua:  «  Del  Dio  Seoiiia  («!  66, 
*  cioe,  come  inlende  dire,  del  Dio  Biblico  e  vero)  T  ebraismo  non  solo 
«  e  alirettanto  colpevole  che  il  Cristianesimo;  ma  piii;  perche  glie  I  hi 
«  dato.  »  Equivocando  sempre  al  suo  solito.  Giacche  1'  ebraismo  presenle, 
conlro  cui  solo  vigorisce  1'Antiseraitismo,  non  solo  non  ha  dato  ma  sta 
sempre  peril  liosamente  negando  al  Cristianesimo  il  vero  Dio  Semita. 
«  La  guerra  (segue  il  Bonghi)  contro  quello  quindi  e  non  un  preludio 
«  ma  raccooipagnamento  delta  guerra  contro  questo.  »  Col  quale  questo 
e  quello,  con  arruffalo  stile,  il  B  -nghi  intense  dire  che  la  guerra  dai 
moderni  lacerati  ora  combattuta  contro  questo  Dio  vero  dell1  antica  Si- 
nagoga e  del  regnante  Cristianesimo  6  appunto  quella  stessa  guerra  che 
essi  combattono  parimente  contro  quello  falso  Dio  della  molerna  Sina- 
goga: il  quale  essi  anzi  difendono  ed  adorauo  appunto  perch6  falso.  Egli 
non  intese  cerUimente  dire  tutte  queste  corbellerie:  che  anzi  intese  fare 
una  sua  profonda  osservazione.  Ma  essemlo  partito  dal  falsamenle  pre- 
supposto  priocipio  che  gli  ebrei  Rabbinici  present!  sono  in  legge,  culto, 


CKO.NACA 

domma  e  morale  gli  el  ni  Mrsaici  di  prima,  e  naturale  che  tirando  da 
fa! si  principii  piii  false  conseguenze  ahbia  dovuto  spropositare  credendo 
di  fare  sue  nuove,  proprie  e  profonde  osservagioni. 

Tacciamo  molte  alire  volgari  ossmazioni  che  ciascuno  del  n-sto 
pu6  da  se  fare  sofra  quegli  allri  tanti  incisi  dei  cilaii  period!  B(>n- 
ghiani,  che  ne  meriterebbero  qualcuna.  Come  per  esempio  dove  dice 
che  «  ariane  sono  le  nazioni  civili  di  Europa  »  :  non  accorgendosi  che 
non  essendo  ariani  i  Semiti,  egli  viene  con  ci6  stesso  senz'accorgerjwne 
a  dichiararli  incivili ;  mentre  invece  in  tutto  1'articolo  tende  a  racco- 
mandarceli  come  civilissimi.  £  cosl  parimente  dove  sentenzia  che  «  noi 
«  siamo  ariani  »  e  tuttavia  «  siamo  sotlo  1'ineubo  del  Dio  Semita  il 
«  quale  pesa  sulle  ali  nostre  e  le  impedisce  dal  prendere  I1  ultimo  volo  » 
verso  il  cielo  ariano  del  Bonghi.  Or  come  e  nato  quesio  fenomeno  di  un 
Semita  incivile  che  segue  da  tanto  tempo  a  pesare  sulle  ali  di  Mti 
gh  ariani  civiU?  E  donde  pigli6  questo  Semita  quel  peso  che  tanto  pesa 
sopra  le  ali  dell1 Ariano  Bonghi?  II  Bonghi  ci  dipanera  questa  sua  ma- 
tassa  nel  suo  sempre  futuro  2°  articolo  sopra  Gli  ebrei  d"  Unghiria : 
Tisza  Eszlar  1*. 

Piultosto  ci  giova  era  qui  in  fine  dipanare  un1  altrui  volgare  matassa. 
La  quale  consiste  nella  difficoltache  moliiora  trovano  nell'intendere  come 
accada  che,  lad  Jove  dall'un  bio  probabilmente  si  assevera  che  masso- 
neria  ed  ebraismo  paiono  la  stessa  cosa  anticristiana,  dall'altro  lato  poi 
anche  si  trovi  che  la  massoneria  e,  ostile  al  cristianesimo  non  meno  che 
al  mosaismo.  Dove  s'impaniano  anche  alcuni  ebrei ;  siccome  ci  sovviene 
aver  letto  in  alcuni  loro  giornali  ufficiali.  I  quali  vedendo  che  i  cosi  ora 
detti  liberali,  dali'  un  lato  osteggiano  il  Yecchio  non  meno  che  il  Nuovo 
Testamento  e  Muse  non  meno  di  Gristo,  e  daH'altro  lato  da  per  tutto 
difendono  ed  emancipano  gli  ebrei,  non  capiscono  piii  niente  e  perci6 
diffiJano  dei  Liberali.  Al  quale  proposito  anche  leggemmo  tesie  in  un 
git  male  rabbinico  una  pia  ammonizione  ai  giudioli  lettori,  di  non  fare  troppo 
a  fidanza  con  certi  loro  moderni  protettori  increduli  e  democratic!.  E  ci6 
perche  (diceva  1' ammonitore)  anche  il  loro  patriarca  Voltaire  scrisse  contro 
gli  tbrei  non  meno  atrocemente  che  contro  i  cristiani.  II  che  accade  e 
si  spiega  per  la  gia  si  ripetuta  ragione  dell'essenziale  contra Jizione  che 
passa  tra  1'antico  mosaico  ed  il  presenle  rabbinico  ebraismo.  Quei  libe- 
rali infatti,  massoni  e  liberi  pensatori  che  combattono  1'ebraismo  non  com- 
battono  gia  questo  ebraismo  moderno  empio  e  rabbinico,  ma  1'antico  santo 
e  mosaico.  Qaelli  poi  che  dappertutto  ora  difendono  contro  i  cristiani  e 
proteggono  ed  emancipano  gli  ebrei,  loro  unendosi  fraternamente  nella 
guerra  anticristiana,  non  difendono  gia  1'antico  santo  e  mosaico  ebraismo, 
ma  il  moderno  empio  e  rabbinico.  E  cosl  anche  il  Voltaire,  mentre  era 
una  cosa  sola  colla  Sinagoga  presente  empia,  rabbinica  ed  anticristiana, 
fino  ad  essersene  appropriate  quel  titolo  d'/w/aweche  egli  dava  ebrai- 


COMTEK! 

ni.'  a  O  10  appunto  nei  loro  litri  l'In- 

<'.-cioe  l'lm])if:tlo'  oomlnlli'va  anrl.  ••  e  d' accordo  colla  , 

'••  Sinagnga  r.iMiinira,  I'antica  mosaica.  Non  vi  e  dun-jue  ri, 
vi  e  anzi  ni'ct'.s>iia  che  &\  trovino  ora  d' accordo  Ebrei  e  Framim 
ndl'odio  e  nella  guerra  al  Cristianesimo  ed  al  Mosaismo:  che  snno  una 

Si  sa  iiihtti  ch'1,  come  dice  sant'Agoslino  nel  Capo  XII! 
libro  1°  delle  Kitraiuzioni:  res  >c  nunc  Christiana  reliyi'>  nnn- 

itur,  erat  et  apud  antiques,  nee  defuit  ab  initio  generis  humani. 
£  pereio,  siecome  dall'  uo  lato  e  ora  comunemente  saputo  da  tutti  che 
tanto  il  massonismo  quaulo  1'ebraismo  sono  essenzialmente  anticristiani, 
cos)  dall'allro  lato  e  aoche  certo  e  nolo  che  I'autico  mosaismo  ed  il  pro- 
sente  crisiianesimo  sono  una  cosa  sola.  Donde  naturalmenle  e  lirapi  la- 
mente  si  deduce  che  quando  i  liherali  ed  i  inassoni  osteggiano  1'  ebraismo 
intendono  1'  aulico  mosaico  e  crisliano  e  non  il  moderno  rabbinico,  che  e 
aoiimstiano  non  meno  che  anliraosaico.  II  quale  moderno  rabbinico  ed 
anticrisliano  ebraismo  cssendo  cominciato  lino  dai  tempi  di  Cristo  ed 
avendo  d'allora  a  noi  sempre  continualo  nella  sua  malignante  e  peril  ia 
natura,  che  si  vede  essere  anche  quella  del  liberalismo  massonico,  si  ren Je 
quinci  sempre  piii  probabile  che  il  massonismo  non  sia  poi  infine  ahro 
che  U  Cabala  rabbinica  anticristiana.  E  ci6  si  pu6  divinare  anche  sol- 
lanto  da  questo:  che  tulta  la  Cabala  massonico-ebraica  non  congiura 
propriamente  coniro  il  noroe  di  Dio  ma  centre  quello  di  Gesii  Cristo. 
E  ci6  sia  perche  sul  nome  di  Dio  si  pu6,  come  vedemmo,  equivocare;  sia 
perche  il  nome  di  Dio,  secondo  la  scuola  deH'Opportunisnio,  si  dee  almeno 
per  prudenza  rispeltare.  L'Ateismo  infatti  a  molti  anche  cattivi  ripugna. 
Laddove  invece  un  Deismo  o  Teismo  qualsiasi  si  pu6  da  ogni  anche  Mas- 
sone  e  Rabbino  tollerare.  Ma  il  sanlo  Nome  di  Gesii  Cristo  e  al  Diavulo 
come  ai  Rabbini  ed  ai  Massoni  intollerabile.  11  che  fu  profelato  da  (i  >u 
Cristo  prenunziante  ai  suoi  che  (MATTEO,  X,  22j  Eritis  odio  omnibus 
Propter  Nomen  Mcum:  e  (XXIV:  (J)  Eritis  odto  omnibus  gentilus 
Propter  Nomen Meum:  e  (MARCO,  X1I1, 13)  Eritis  odio  omnibus  Propter 
Nomen  Meum:  e  (LucA,  12):  Persequentur  vos  Propter  Nomen  Meum: 
€  (17)  Eritis  odio  omnibus  Propter  Nomen  Meum:  e  (Giov.,  XV,  20-21) 
Vos  persequentur  Propter  Nomen  Meum.  Cosicche  questa  profezia  della 
guerra  al  Nome  di  Gesii  si  trova  essere  la  piu  ripetuta  colle  slesse  pa- 
role da  Gesii  Cristo  stesso.  Donde  pu6  inferirsi  che  il  mezzo  piu  certo 
che  Ebrei,  Massoni  ed  Anticlerical!  avrebbero  (in  d'ora  in  mano  per 
provare  falso  Crislo  ed  il  Vangelo,  sarebbe  quello  di  convertirsi  subito 
tutti,  prima  del  tempo  profelato,  al  Vangelo  ed  a  Cristo. 


',88  CRONACA 

II. 

COSE  ROMANS 

I.  L'eco  dell' Enciclica  Ilumanum  genus  —  2.  II  Santo  Padre  nello  Studio  dei  Mo- 
saic! Vatican!  —  3.  Parole  delPAmbasciatore  spagnuolo  al  Santo  Padre,  e  ri* 
del  Papa  —  4.  Udienze  del  Santo  Padre  —  5.  La  lapide  di  Loreto. 

1.  L'Enciclica  Humanum  genus,  colla  quale  il  Somrao  Gerarca  del 
cattolicismo  ha  denunziato  i  gravissiini  pericoli  che  minacciano  la  sn- 
cieta"  cristiana  per  opera  della  frammassoneria,  ha  avuto  tin'  eco  immfnsa 
in  lutti  i  paesi  che  da  questa  forrnidabile  setta  sono  travagliati.  Com' era 
natunlc,  la  stampa  si  e  divisa  in  due  campi:  dall'un  It  to  gli  organi  della 
massoneria,  dall'altro  quelli  che  contro  1'azione  maleflca  di  qaesta  sftta 
pugnano  strenuamente.  I  primi  a  spgnalarsi  nel  dispregio  e  n^lla  men- 
zogna,  e  diciarnolo  pure  nella  calunnia  contro  1'autorevole  parola  del 
Vicario  di  Gesii  Cristo,  sono  stall  i  giornali  tedeschi,  i  giornali  cioe  di 
quel  paese  dove  la  frammassnneria  e  piii  potente,  piii  estesa  e  piii  f-al- 
danzosa  per  la  protezione  governativa  che  le  fa  scudo  e  difesa.  Fra  quest! 
il  piii  sfrontato  e  il  Berliner  Tagtblatf,  che  ha  preteso  perfioo  di  con- 
futare  I1  Enciclica.  Ai  tedeschi  tengono  dietro  i  giornali  francesi,  e  si  pu6 
supporre  con  quale  arroganza  ne  abbiano  parlato.  La  Paix,  organo  di 
Gre'vy,  si  e  lamentata  che  il  Pontefice  accusi  la  massoneria  di  tutti  i 
deliui  politici  e  sociali  commessi  da  oltre  un  secolo,  e,  parlando  dei 
rimedii  suggeriti  dal  Papa,  coffthiude :  «  Essi  non  faranno  ne  caldo,  ne 
freddo.  >  In  mezzo  per6  al  frastuono  di  tante  calunnie  e  di  tanti  insulti  si 
e  pure  levata  in  Francia  una  franca  parola;  parola  tanto  piii  autorevole, 
in  quanto  e  proferita  da  un  giornale  per  niente  araico  al  Papa.  11 
Journal  des  Dtfbats  scriveva  infatti  in  un  suo  articolo :  «  &  certo  che 
il  Papa,  denunziando  ed  assalendo  la  frammassoneria,  usa  del  diritto  di 
legittima  difesa.  Qualunque  sia  stato  in  aim  tempi  lo  spirito  di  questo 
vasto  cumulo  di  associazioni  diverse,  qualunque  ne  sia  ancora  1'organa- 
mento  e  la  disciplina  in  certi  paesi  stranieri,  e  iudubitato  che  in  Francia 
oggid\  la  massoneria  tende  sempre  piii  a  rompere  ogni  vincolo  colla  re!i- 
gione  cristiana  ed  anche  cclle  dottrine  spiritualiste.  Nel  1865  la  fede  in  un 
grande  Architetto  dell' universo  figurava  ancora  nella  formola  del  Grande 
Oriente,  ed  era  imposta  a  tutte  le  societal  massoniche;  in  seguito  e  per 
qualche  anno  le  Logge  che  respingevano  la  fede  in  Dio  vennero  chiuse, 
addormentate  (gergo  massonico).  Oggigiorno  questo  sonno  e  cessato. 
I^ogge  alee  e  logge  spiritual!  stanno  a  fianco  le  une  alle  altre;  le  prime 
per6  guadagnano  terreno  sulle  seconde.  I  frammassoni  sono  ben  lontani 
d  il  fab!  ricare  cattedrali ;  se  Leone  XIII  si  commove  per  questi  progi 


CON 

:no,  se  raccon)  i.-rii  <li  t  tani 

ed  anleporre  il  'J  •  ^:o  C 

i   tli   San  Yinceuzo  de'  Panli,  se  esorta  i  kdrli  a   soccorrere 

l»>i  pr-)l»'tarii,  a  radunan.'  gli  np.-rai  sotlo  gli  auspi/.i 

e  il  patronatj  d«-i  \Ysi-ovi  m-llr*  111.- delle  core  .r.i/i --ni  adatte  ai  bisogoi 

tempo  presenle,  se  egli  formola  questi  consigli  e  da  quesli  ordini, 
resla  sirrtiani»-iite  nella  siu  cerchia  di  Capo  dHIa  Chiesa.  Per  lii.isimarlo 
di  us:tre  uo  simile  Imguaggio  ed  accusarlo  di  oltrepassare  i  liraiti  delle 
sue  aitriliu/iuni  e  dei  suoi  diritti,ci  vorrebbeun  tratto  siugolare  d'iniolle- 
ranza.  »  Owsio  fe  un  parlare  onesto.  E  quests  onesta  naturale  avrebbero 
dovuto  imitare  i  giornali  liberali  e  massonici  d'  Italia,  progressist!,  muderati 
e  reputtblicani:  invece  han  preferito  gl' insuhi  piii  slomachevoli  e  piu 

.r(vriati;  come  ne  fanno  fede  il  Diritto,  la  Gazzetta  del  Popolo,  la 
liassegna,  e  il  Fascio,  per  tacere  degli  altri.  Al  primo  comparire  delta 
Knciclica  i  giornali  italiani  parea  volessero  non  pirlarae  afTatto,  o  almeno 
parlarne  in  guisa  da  noa  tradire  1'odio  del  quale  sono  animati  contro  il 
Papato;  ma  poi,  come  se  avessero  ricevuto  una  parola  d'ordine,  tulti  a 
un  tratto  ruppero  il  forzato  silenzio.  N6  poteva  essere  alirimenti;  imje- 
rocch6  si  traltava  di  cosa  alia  quale  6  legato  tutto  il  sistema  politico 
e  sociale  inaugurato  in  It-ilia  dopo  la  sua  uniflcazione.  Di  fatto,  come  os- 
scrva  la  National  Zeitung,  «  il  principale  punto  di  appoggio  dell1  Italia 
ofTkiale  si  trova  nelle  logge  massoniche.  »  La  memoranda  Enciclica  ft 
venuta  dunque  in  buon  punto  a  sfaiare  le  bieche  arii  delle  sette,  e  a 
dismgannare  i  sedotti:  essa  per  tutti  coloro  che  furono  ingaonati  ^  un 
vali'Io  e  si  euro  ausiliare  a  scuotere  dal  loro  collo  il  giogo  oppressive  ed 
umiliaute  della  Massoneria.  II  Grande  Oriente  di  Roma  scrisse  conlro 
I1  Enciclica  stessa  una  Circolare,  indirizzata  a  tutte  le  G-randi  Potenee 
d'-lla  famiglia  Massonica  Universale,  e  questa  Gircolare  viene  ora  ri- 
poriala  oe'fogli  e  aflissa  alle  muraglie.  Ma  agli  argoraenli  del  sapien- 
tissirao  Papa,  essa  non  oppone  che  ingiurie,  bestemmie  e  frasi  rebut- 
t-inti,  prive  di  senso.  Che  cosa  conchiuderne,  salvo  queslo,  che  la  Mas- 
soueria  iialiana  fe  discesa  molto  in  basso? 

2.  In  quella  che  il  Santo  Padre  si  &  posto  a  rompere  le  fila  della 
v.isii  rete  massonica  in  cui  6  tuito  ravvolto  il  mondo  odierno,  ingag- 
giando  con  la  mala  setla  una  lotta  gigantesca,  non  tralascia  di  provvedere 
air  uicrtMii-nto  e  al  lustro  delle  belle  arli.  Di  che  ci  basti  cilare  il  fatto 
della  sua  visita  allo  Studio  dei  mosaic*.  II  giorno  24  iufatti  del  p.  p. 

i  !'-va  egli  in  quello  Studio,  ed  entrava  nella  grande  Corcia,  come 

l,i  .'luain  ino,  ristaurata  a  sue  spese  sotto  la  direzione  di  monsignor  Luigi 

Fior iiii,  econom)  della  fabbrica  vaticana.  Dopo  avere  ammirato  i  pre- 

lavori  di  mosaico,  esposti  nello  studio,  giunto  nella  grande  Corsia 

•  per  consiierare  a  suo  bell*  agio  e  minutamente  gli  eseguiti 

risiuuri,  i  quali  nella  loro  sempliciti  conveniente  e  lutia  appropriala 


CRONACA 

all' uso  di  quei  locali,  sono  in  pari  tempo  arrmirabili  per  nobile  eleganza 
•  !;j  bellezza.  Perche  1'impiantito  della  Corsla,  che  prima  era  di  rozzi 
matlr.ni,  e  stato  ora  soslituito  da  un  marmoreo  pa\imerito  con  bel  th- 
segno  di  linee  e  riquadrature.  Nel  mezzo  di  esso  spiccano  i  gigli  e  la 
Stella  component!  lo  stemma  di  casa  Pecci.  La  volta  e  le  pareti  son 
decorate  di  leggiadri  scompartimenti  a  chiaroscuro  di  bellissimo  effetto. 
Nel  centro  della  parete  destra  campeggia  sopra  un' elegante  mensola  il 
busto  marmrreo  del  regnante  Pontefice,  nel  quale  non  sai  qual  cosa  piu 
sia  degna  di  lode,  se  il  magistero  dell'arte  ovvero  il  caldo  affetto  onJe 
fu  condolto  da  quell' egregio  scultore  che  e  il  commendatore  (ialli.  VI 
busto  poi  gareggi^no  la  maesta  imponente  e  la  sovrana  digniti  colh 
perfetta  rassomiglianza  all'augusto  originale.  Al  disotto  della  marmorea 
efllgie  del  Pontefice,  incisa  in  marmo  bianco  con  cornice  di  poria-santa, 
lejgesi  quest' aurea  epigrafe  dettata  dall'insigne  latinista  P.  Tongicrgi 
d.  C.  d.  G. 

LEO   PONTIFEX    MAXIMUS 

CONCLAVE   ANTEA    INORNATUM 

PARIETIBUS    ET   FORNICE    EXCULT1S 

PA  VI  Mf. MO  MARMORIBUS  STRATO 

OPERIBUS  MUSIVORUM   ADSERVAND1S    ADDIXIT 

ANNO   CHR.    MDCCCLXXXIII   SACR.    PRINC.  VI 

ALOISIO    FIORAM   ANTIST.    URB.   CURATORE   OPER.    VATICANOR. 

II  Santo  Padre  si  degr,6  manifestare  airillustrissimo  monsignor  Fio- 
rani  la  sua  piena  soddisfazione  per  siffatti  restauri.  Poscia  si  rec6  alia 
contigua  Cortlx  per  osservare  i  fac-simile  in  grandi  cartoni  colorati 
secondo  1' originale  del  celeberrimo  mosaico  dell'abside  lateranense  che, 
scomposto  a  cagione  dei  restauri  di  quella  Basilica,  ora  e  quasi  com- 
piutamente  rimesso  al  suo  luogo  per  opera  dei  valenti  artisti  addelii  allo 
Studio  Vaticano  dei  mosaici.  E  qui  il  signer  commendatore  Vespignani 
con  pari  chiarezza  e  precisione  espose  al  Santo  Padre,  come  e  con  qua! 
metodo  quel  monumentale  mosaico  fosse  stale  scomposto,  e  quindi  nel- 
1'  identica  guisa  di  prima  ricollocato  nella  nuova  abside  da  quegli  egregi 
artisti,  e  specialrnente  dal  signer  Bornia,  il  quale  si  ebbe  dal  Santo  Padre 
i  piu  amorevoli  elogi. 

E  nell' ammettere  al  bacio  del  piede  tutti  quegli  artisti,  Sua  Santiia 
encomi6  con  parole  nobilissime  lo  Studio  Vaticano  dei  mosaici,  ricor- 
dando  opportunamente  come  il  valentissimo  artista  romano,  signer  Pog- 
gesi,  che  appartiene  allo  Studio  Vaticano,  richiesto  dal  Governo  francese 
per  eseguire  dei  grandiosi  lavori  in  mosaico  a  Parigi,  sia  fatto  segno  alle 
piii  belle  dimostrazioiii  di  stima  e  d' affetto.  11  che  ridonda,  conchiuse 
il  Santo  Padre,  a  somraa  lode  di  tutti  i  ccmponenli  lo  Studio  Vaticano. 
K  noi  ci  permettiamo  di  aggiungere,  che  ci6  ridonda  a  somma  ed  im- 


NBA  »'»! 


dei  Rormni  PonUM  lie  arti 

il  \  itir.ino,  Irmii'i  s.jpulo  conservare  ed  aumentare  questo  i< 
no  relaggio  dell'arte  romani,  i!  Mosaico,  e  fame  il  vanto  ed  il  pri- 

•  d.-UVtiTiia  GiltA. 

3.  In  mezzo  alle  debolnzje  e  alle  defezioni  onde  oggidl  Govern!  e 
Principi  araareggiano  il  cuore  paterno  del  Vicario  di  Gest'i  Grislo,  e 
consular)  te  il  vedere  che  oon  mancano  esempii  di  fedelli  e  di  devozione 
i  quali  ne  rinfrancano  1'animo  contrislato  ed  abballuto.  Ui  quesli  esempii 
ci  gode  1'animo  il  dire  che  parecchi  vengono  da  quella  nazione  catlo- 
tica  per  eccdlenza,  che  £  la  Spagna.  Toccammo  gia  a  suo  tempo  drlla 
solenne  udienza  nella  quale  S.  E.  il  signor  Marchese  di  Molins,  nuovo 
ambascialore  e  degno  interprete  dei  sent-menli  di  S.  M.  Caltolica  presso 
la  Santa  Sede,  present6  al  Sommo  Ponteflce  le  sue  lettere  credenziali.  Ora 
i  giornali  spagnuoli  ci  recano  il  testo  del  discorso  pronunziato  in  qu--l- 
1'occasione  dal  nobile  ambascialore  e  la  risposta  della  Santila  Sua.  \\ 
riproduciamo  ambedup,  perch6  il  roondo  conosca  qual  linguaggio  d- 
lenere  un  ambasciatore  che  rappresenta  presso  il  Vicario  di  Gesii  Crislo 
un  Sovraoo  ed  una  nazione  catlolica,  e  quali  sensi  si  annidino  nel  cuore 
di  un  Pontefice.  Ecco  le  parole  nobilissime  del  Marchese  di  Molins. 

«  Bealissimo  Padre. 

«  V'lla  mia  gia  lunga  vita  non  ho  rrni  cons^guito  onore  piii  eccelsn, 
n6  provato  commozione  piu  profonda  di  quella  che  ora  sento  nel  pre- 
seniare  a  V.  S.  Vicario  di  Gristo,  Successore  di  Pietro,  Capo  veoerato 
di  tanti  milioni  di  caitolici,  la  leltera  che  mi  accre  lita  come  ambasria- 
I'-re  di  D.  Alfonso  XII,  del  Principe  che  antepone  a  tulti  i  suoi  gloriosi 
tit  >li  quello  di  Re  Gattolico,  degno  Sovrano  del  popolo  che  per  tre  volte 
ha  salvato  I'Europa  dalle  scorrt-rie  degli  infedeli:  nelle  Navas,  sotto 
Alfonso  VIII,  nel  Salado,  sotto  Alfonso  XI,  a  Lepanto,  inflne,  segueu  lo 
il  benedetto  vessillo  del  santo  Pio  V. 

«  A  quesli  ricordi  storici  e  litoli  eredilarii  nnisce  il  mio  Sovrano 
motivi  personali  di  affetto  fil  ale.  Esso  fu  preseotato  al  fonle  della  Grazia 
dal  Successore  di  Pie'ro;  Ksso  ricevelie  da  S.  S.  Pio  IX  il  pane  degli 
Angeli;  Esso  iofme  fu  sotto  questo  stesso  soglio  confermato  dal  glorioso 
Predecessore  di  V.  S.  nella  fede  de'  suoi  ma^giori. 

«  Non  deve  quindi  recar  meraviglia  1'insislente  premura  con  cui  il 
mio  auguslo  Sovrano  mi  ha  incaricaiodi  conservare  e  reslringere,  se  6 
possibil**,  le  filiuli  relazioni  che  uniscono  il  lie,  il  Governo  e  il  popolo  spa- 
gnuolo  colla  &'de  Apostolica  e  mollo  piu  vivaroenle  colla  Santita  Vosti  <, 
i,i  cui  s^pieozi  e  ftTint'/.za  sono  guida  e  consolazione  di  tutta  la  crisliaiiita. 

«  Per  quanto  grave  ed  onorevole  sia  t|ii.'>t:»  impresa  per  le  d<  •!«  li 
mie  for/.»»;  nondimcno  io  I'  ho  a  ••••••it-it.i,  l{.-aiissimo  Padre,  ponendo   la 

mia  fiducia  io  l)in,  e  fi  Icnit*  "Hi  benevolenza  della  Sanlita  Voslra 


','.).>  cnoiucA 

avra  maggior  riguardo  alia  gran  lezza  del  desiderio  che  alia  piccolezza 
del  soggetto.  » 

II  Santo  Padre  rispose: 

«  Riceviamo  con  piena  soddisfazione  per  le  di  Lei  mani  le  lettere 
die  La  accredhano  quale  Ambasciatore  straordinario  presso  la  Sede 
Aposlolica.  Amichfvoli  e  corJiali  relazioni  e  particolari  vincoli  di  con- 
coHia  hunno  esisiilo  in  passato  tra  la  nobile  Nazione  Spagnuola  e  questa 
Santa  Sede,  la  quale  si  e.  compiaciuta  portare  alia  Nazione  medesima 
gr.iiidissimo  amore,  e  prendore  il  piii  vivo  interes.se  alia  sua  prospcrita 
ed  aila  sua  gloria;  e  da  sua  pane  la  Spagna,  fino  oel  profondo  delle 
sue  visrere  eminentemente  cattloHca,  le  mostr6  in  naille  guise  la  sua 
devo/ione  e  il  suo  ossequio. 

«  Noi  stessi  in  ogni  occasione  che  ci  si  offerse  in  questi  anni  del 
nostro  Pontificato,  abbiamo  dato  alia  Spagna  altestati  non  duhbi  del 
nostro  specialissimo  affetto;  e  ne  ricevemrao  in  ricambio  dimostrazioni 
di  devoto  atlaccaraento  sia  per  parte  del  Diletiissimo  Nostro  Figlio  il 
Re  Alfonso,  sia  per  parte  delFintiero  popolo  spagnuolo. 

«  Queste  buone  disposizioni  reciproche  rendono,  signer  Arabasciatore, 
piii  facile  a  lei  il  c6mpito  della  sua  alta  missione,  dalla  quale  ci  ripro- 
m<  ttiamo  i  piii  felici  risultati.  Essa  varra,  ne  siam  certi,  a  stringere 
viepiu  i  legami  di  amicizia  e  di  unione  tra  la  Santa  Sede  e  la  Spagna, 
a  tutela  e  ad  incremento  degli  interessi  religiosi,  unico  scopo  a  cui  in- 
tende  la  Chiesa  Cattolica  nelle  sue  relazioni  con  i  varii  Stati. 

«  Del  resto  le  egregieed  eminenti  qualita,  di  cui,  signer  Ambasciatore, 
Noi  ben  sappiamo  essere  Ella  fornita,  contribuiranno  non  poco  a  raggiun- 
gere  questo  degno  scopo,  il  quale,  se  favorisce  la  Relit'ione  e  la  Ghiesa, 
non  meno  altresl  largamente  ridonda  a  vantaggio  della  Nazione  spagnuola> 
4.  L' opera  indefessa  dell' instancabile  Pontefice  non  si  limita  solaraente 
a  provvedere  ai  grandi  bisngni  della  cristianita  e  a  sostenere  le  lotte  che 
con  tanto  coraggio  ha  ingoggiate  contro  i  nemici  di  Dio  occulli  e  palesi, 
ma  anche  nell' accogliere  quanti  a  Lui  ricorrono  per  averne  conforti  e  in- 
coraggiamenti  in  questi  giorni  di  raffinate  perfidie  e  di  satanica  malizia. 
La  mattina  del  26  p.  p.  riceveva  in  privata  udienza  1'illmo  e  revrao 
monsignor  Dunajevvski,  vescovo  di  Cracovia  in  Polonia.  La  Polonia  ha 
gran  bisogno,  oggi  piii  che  mai,  dei  conforii  del  Santo  Padre;  oggi,  di- 
cianio,  che  la  persecuzione  dello  scisma,  anzichfe  rallentare,  raddoppia; 
oggi  che  le  si  vuol  togliere  perfino  ogni  vestigio  di  nazionalita  e  si  me'lita 
la  totale  distruzione  di  quest' antico  e  valoroso  baluardo  della  cristia- 
nita. II  27,  il  Santo  Padre  celebrava,  secondo  il  consueto,  la  Messa  nella 
sua  Cappella  segreta  alia  presenza  di  varie  rapguardevoli  famiglie  it;ili.ine 
e  straniere.  Durante  la  messa  il  Santo  Padre  impartiva  alle  medesime  la 
santa  comunione.  AHre  udienze  accordava  pure  il  Santo  Padre  al  \V- 
scovo  di  Pistoia,  a  quel  di  Secovia  nella  Stiria,  a  Mousignor  Cavicchioni 


s'ato  apostoliro  »'d  in\  rdinario  presso  le  Kt-put.Mirhr  drl 

P8  e  Holivia,  ,-r  S.  K.  il  Dmior  1).  Aniplo  Maria  Arroyo  at- 
t»'  dell'AsM'mhlea  legKlaiiva  e  •!»•!  Cnusi^lm  di  St.ilo  della 
\\>  pubMica  di  Guatimala,  ed  ora  accredilato  inviaio  siranrdinai. 
nisiro  |>l''!ii|><>t'n/iario  presso  la  S:in!:t  Sede,  ad  una  deputazione  di  ', 
tiiii-^o  ID  I»\  tiQalmente  a  un  gran  numero  di  fedeli  italiani  e 

stranieri  venuli  in  Roma  p»>r  fargli  omaggio  e  riceverne  il  conforto  della 
sua  parola  e  della  sua  Apostolica  Benelizione. 

Vmpieta  erf  see  in  Italia,  come  dappertultn,  di  baldanza  e  di  for/*. 

poiuto  vedere  nel  fatto  della  Lapide  di  Loreto.  In  qudla  cilta,  che 
si  reca  a  grande  onore  e  ventura  di  posseJere  la  Casa  che  fu  paradise 
in  terra,  e  dove  la  Ver^ine  benedeita  si  ebb?  1'angelico  saluto  di  plena 
d'ogoi  grazia,  si  voleva  apporre  nientemeno  che  nella  Santa  Casa  ce- 
desima  un'epigrafe  quanto  empia  altrettanto  ofTensiva  alia  Tede  dei  cri- 
stiani.  L'epigrafe,  dettata  dal  Cavallotti,  per  rammentare  le  geste  del  cosl 
detto  Eroe  dei  due  mondi  diceva: 

LORETO 

NOTO  A!  DUE  MONDI 
PER  I  MIRACOLI  DELLA  SUPERSTIZIONE 

QUI 

CON  AFFETTO  CON  ORGOGLIO  ITALIANO 

SCRIVE  IL  TITO  NOME 

0  GARIBALDI 

0  LIBRRATORE 

CHE  TEKKIBILE  E  BUONO 

AI  DUE  MONDI  PORTAVI 

I  MIRACOLI 
DELL'AMO-E  AHMATO 
APRILE  MDCCCLXXXIV. 

Monsignor  Vescovo  di  Loreto  protest6;  e  come  fare  altriraenti  trattandosi 
di  cosa  che  gravemente  feriva  il  sentimento  religioso  non  pur  dei  cat- 
toliri  italiani,  ma  dei  cattolici  di  tutto  il  mondo?  Alle  energiche  e  le- 
gittime  proteste  di  monsignor  Vescovo  tenne  dietro  il  divieto  del  Pre- 
fftto,  divieto  accompagnato  da  giusiiflcazioni,  che  tornano  a  disonnre  di 
coloro  i  quali  non  hanno  il  coraggio  di  opporsi  apertamente  alle  follie 
degli  sbaitezzati.  Imperocche,  invece  di  confessare  che  1'  epigrafe  era 
un'empieia  ed  un  insulin  ai  crisiiani  di  lull/)  il  mondo,  si  sono  apprllati 
al  basso  istinto  del  guadagno  materiale,  asserendo  che  se  quella  sacri- 
lega  e  indecente  epigraTe  fosse  stata  messa  a  posto,  sarebbero  cessati 
i  proventi  maggiori  della  citta.  ID  venia  noi  crediamo,  che  nessun  <  1- 
traggio  maggiore  si  potrehbe  fare  a  Loreto  di  quello  che,  con  faccia 
'  trMa,  le  fanno  i  giornali  governativi,  sostenendo  la  necessila  di 
impedire  quell' epigrafe,  come  quella  rhe  nocerebbe  agli  inlercssi  ms- 
t n.iii  drlla  citta.  Un  Governo  che  non  ha  il  coraggio  di  difendere  il 


CROXAC1 

fatto  proprio  e  far  tarere  gli  ollraggi  <li  r.-rta  gente  che  cnnfon<lono  nHlo 

iso  oJio  1'aliaree  il  trono,  e  un  Governo  condannato.  II  deputato  < 
vallotii,  1'auiore  dell' epigrafe,,  ne  vuol  fare  argomenlo  di  un' inter; 
lanza  al  iMinistro:  vi  sara  una  recrudescenza  alia  Camera  di  bestemmie 
da  parte  dei  radical!,  e  di  scempiaggini  da  parte  del  Governo;  ma  la 
epigrafe  non  sara  posla;  perchfc  al  Governo  italiano  non  place  apparire 
prosso  gli  altri  Govern!  complice  del  pirlilo  radicle  nella  guerra  contro 
la  n-ligione.  II  lato  poi  ridicolo  in  quesio  a  f  Tare  e  rappresentato  da  Fran- 
cesco Crispi:  Ecce  ittrtttn  Grispinus.  E  dove  non  entra  il  Cnspi  oggidi? 
Crispi  in  Parlaraenlo,  Grispi  nella  Pentarchia,  Grispi  Del  foro,  Crispi 
all'Istituto  slorico,  Grispi  a  Palermo,  a  Napoli,  a  Roma,  a  Firenze,  a 
Torino;  e  1'uomo  che  s'e  fatto  tutto  a  tutti.  Gi  volea  dunque  Grispi  a 
Loreto,  se  non  in  persons,  alraeno  per  leltera.  E  in  difesa  d>-lla  f.jmosa 
epigrafe  del  Gavallotti,  e  a  sfregio  della  Religione  degl'iialiani  egli  scriveva 
una  lettera  nella  quale  non  si  sa  qual  sia  piii  sfacciata,  se  1'  empieta  o 
la  cinica  baldanza.  II  trigamo  osava  parlare  in  quella  sua  lettera  di  morale 
e  di  coscienza,  e  per  soprappiii  umiliare  il  popolo  palermitano  per  la 
sua  devozione  a  S.  Rosalia  !  Noi  speriamo  che  1'  egregia  Sicilia  Cattolica 
vorra  sfatare  il  greco-albanese  e  vendicare  la  cattolica  Palermo,  dove 
per  certo  le  niente  benevole  frasi  stampate  dal  Grispi  intorno  la  Grande 
e  Venerata  Patrona  non-giovarono  e  non  gioveranno  all'auiace  autore. 

III. 

COSE  ITALIANE 

I.  Li  csposizione  di  Torino  —  2.  L«  convenzioni  ferroviarie  —  3.  Condizioni  dei 
Comuni  iialiani  —  4.  Le  agiiazioni  penta  -chiche  e  i  fasti  dell'  irredenlismo  — 
5.  Marasmo  e  disgusto  —  6.  Le  ullime  elezioni  —  7.  L-1  fcste  di  Pompci,  1'inau- 
gurazione  del  Canale  Villorcsi,  e  della  Sociela  Universitaria  Cattolica  in  Napoli  — 
8.  I  reduci  al  Gianicolo  —  9.  Movim^nto  commerciale  e  slatistiehe  —  10.  Morle 
avvpnuta  in  Chieri  del  P.  Francesco  Pellico  d.  C.  d.  G. 

1.  II  fatlo  di  maggiore  rilievo,  che  da  parecchi  giorni  ha  dato  tanto  da 
parlare  ai  giornali,  e  messo  in  vena  i  poeti  della  novella  scuola,  fc  YEspo- 
sizione  di  Torino  inaugurata  il  26  del  passato  aprile  dai  Sovrani  d'  Italia, 
con  intervento  di  tntla  la  famiglia  reale,  del  corpo  diplomatico  e  di  tutti 
i  grandi  e  piccoli  dignitarii  dello  Stato.  L'  inaugurazione  non  riusci  ne 
splendiJa,  ne  imponente,  come  si  desiderava,  perche  la  pioggia,  che 
veniva  giii  a  secchie,  converll  in  una  v»»ra  pozza  il  vasto  piazzale  che  e 
davanti  1'ingresso,  e  tolse  alia  festa  del  lavoro,  come  la  chiamano  i  suoi 
panegiristi,  quel  gaio  aspetto  che  gioconda  lo  sguardo  degli  spettatori. 
D'altra  parte  i  lavori  er<«no  abbastanza  inlietro,  nonoslante  la  buona 
volonta  e  le  migliaia  di  braccia  adoperate  per  mettere  tutto  all'  ordine 
in  tempo.  Cosi  il  Gorso  Massimo  d'A/.eglio,  che  da  accesso  alia  porta 


;iiu«'|,«  int. TIM-  ilrlla  movira  da  fare,  e  i 
•'.  I.'  iniugnra/i"iir  j«-r  ragion  drlh  t 

B  niill,i  il:  (•••ll.t.  l/arrivo  di-l  re  I'm 

a  faN  in  f"ima   solemn,  ma  il  r«-  ricuso  ogui  pompa  ulliciale,  e 

dalla  sta/innc  alia  r^u'ia  n'anli)  in  IWILH  a  mi  niiL'i.lo  di  ^uanln-  \" 

siue  in  bnrghese  e  di  carabinieri.  II  che  disgust6  grandemente  il  popolo, 

sempre  facile  a  prorompen-  in  entnsia.srai.  Tre  discorsi  furono  pronuu- 

ciaii  all'aperlura  <Mla  niostra;  1'uno  lungo  del  principe  Amedeo,  pre- 

ir  '!••!  (lomitato  generate,  1'aliro  piu  lungo  dell'onorevole  Tommaso 

Vil!  'iite  del  Coroitato  esecutivo,  e  il  terzo  lunghissimo  di  UT- 

nardiao  (irimaldi,  rainistro  di  agricoliura  e  commercio.  Nessuno  par!6 

di  Din!  Clu-  oe  avessero  taniuto  il  Villa  e  il  Griroaldi,  Tinlendiamo:  ma 

che  si  fosse  aslenulo  d'invocarlo  un  Principe  di  Cusa  Savuia,  questo  e 

'  per  tulti  argomeuto  di  altissimo  stupore.  Beo  per6  suppll  al  diMio 

il  ministro  germanico  Keudell,  il  quale  al  soleone  baochetlo,  ollre  al  parlar 

delta  l'ro\  vnlrii/a,  disse  che  Thalia  dovea  il  suo  essere  di  nazione  civile 

a  quella  nl/tfione  mondial*,  che  venne  a  pigliare  oel  mondo  il  posto  del- 

1'  impero  romano.  Qnale  onta  per  il  Governo  di  una  nazione  caltolica  di 

sentir  dire  queste  cose  dal  labbro  del  rappresenlante  di  un  Govero  luic- 

rano!  I  panegiristi  della  mostra  lorinese,  affermarono  che  Torino  ha  vinlo 

\!  lano;  distinguiamo:  in  ispiriio  rivoluziouario  rerlament*',  in  tim'altro 

resia  ancora  a  prov^rsi.  (jut'sto  a  noi  pare  evideute:  che  a  Milano  si  cerc6 

di  escludere  dalla  rooslra  la  politica;  e  ci6  piac'jue  a  tulti,  agl'iialiani 

come  agli  stranieri;  a  Torino  invece  non  si  e  avuto  in  vista  che  la  poliiica, 

la  quale  si  6  faiia  entrare  fin  nei  pii  minuti  accessorii  della  Esposizione;  e 

ci6  ha  nociulo  aU'efMto  che  si  volea  produrre.  11  tempo  dira  se  ci  siarao 

ingannati ;  quel  che  fin  d'ora  possiamo  afferraare  e,  che  i  Milanesi  s'hanno 

avuto  a  male  il  giudizio  poco  favorevole  dato  alia  loro  mostra  e  la  prefe- 

renza  partigiana  e  da  campanile  accordata  a  priori  a  1!' Esposizione  tori- 

'I*  ncliiudiamo:  «s  stato  male  malissimo  1'aver  cacciato  dentro  i 

padiglioni  della  mostra  la  poliiica;  pt-rchfe  Thalia  in  quella  mostra  giuoca 

una  gran  carta  e  Torino  il  suo  crediio.  Aziouisti  ed  espositori  giuucano 

danari  e  riputaziooe,  tutti  corrono  un  grande  rischio. 

2.  L'n  progetto  importantissimo  da  discutere  6  stato  presenlato  alia 

Camera,  quello  delle  Convenzioni  ffrroviarie.  Quando  iufatii  il   1'arla- 

mento  riuscisse  a  risolvere  finalicente  questo  problems,  farebbe  cosa  uti- 

:na  al  paese,  e  sarebbe  non  picciol  vanto  per  esso  e  pel  MinisU-ro 

1'aver  dato  uno  stabile  ordinamento  alle  ferrovie,  dope  dieci  anni  che 

la  questione  e  posta,  e  che  vassi  di  provvisorio  in  prowisorio.  Infatti 

il  primo  progetto  del  deputato  Spaventa  pel  riscatto  ed  appalto  delle 

lionali  e  Humane  porta  la  data  del  2  maggio  1874!  In  queslo  lungo 

int*  rvallo  di  tempo  quanli  clamori,  quante  lagnan/.--,  ijuanti  danni  allo 

•  non  meno  che  al  pubblico,  i  quali,  andando  avanli  gionio  [>[• 


CRONACA 

gi  inn  a  furia  di  ripieghi,  ci  rimettevano  lutti  e  due.  Pur  aiuto  di 
coloro  che  leggooo  solianto  la  Civiltd  Cattolica,  diciamo  ora  di  che 
cosa  si  tratti.  II  problems,  cho  fra  non  guari  sara  prrsnilato  a  ri- 
solvere  in  Parlamenlo  e  questo:  Le  ferrovie  italiane  delibonsi  afMire 
all*  industria  privata,  ovvero  all'esercizio  governativo?  V  ha  chi  e  pro- 
penso  a  quest1  ultimo  partito,  e  propone  il  riscatto  di  esse  come  un 
rimedio  efficacissimo  a  far  cessare  gl'  inconvenient!  che  da  anni  si  de- 
plorano  coo  grave  scapito  del  commercio  e  dell'  induslria.  Altri  all'op- 
posto  e  d'avviso,  che  a  riparare  questi  scapiti,  tra  i  quali  e  principalissirao 
il  delerioramento  delle  nostre  strade  ferrate,  si  diano  una  volta  per 
sempre  alle  Societa  concessionarie,  dopo  una  revisione  delle  convenzioni 
stipulate,  stabilendo  in  manier.i  definitiva  quelle  norme  che  i  bisogni  del 
paese  dimostrarono  richiedere.  E  dunque  da  au^urarsi  che  dalle  immi- 
nenti  discussioni  della  Camera  sia  per  uscire  un  sistema  di  ordinamento 
delle  ferrovie,  che  risponda  al  voto  comune  della  nazione. 

3.  Non  e  gran  tempo  che  alcuni  fogli  governativi  pubblicarono,  inor- 
riditi,  lunghe  e  parti  cola  reggi  ate  informazioni  di  gravi  abusi  e  disordioi 
scoperti  nelle  amministrazioni  comunali  di  Comiso  e  di  Spaccaforno  in 
provincia  di  Siracusa,  ora  amministrati  da  delegali  governativi.  Quei 
giornali,  a  dir  vero,  si  scandolezzavano  per  poco;  poiche  se  si  dessero 
a  studiare  I'andameuto  amministralivo,  non  direrao  di  tutti,  ma  di 
una  gran  parte  dei  comuni  d'  Italia,  quello  che  da  loro  si  giudica  di- 
sordine  e  abuso,  dovrebbero  chiamarlo  stato  ordinario  e  normale.  In 
Sardegna,  per  escmpio,  vi  sono  comuni  in  piena  dissoluzione  ed  anarchia; 

10  stesso  in  Sicilia,  dove  per  la  incapacila  del  siudaco  e  degli  assessor!, 
un  segretario  comunate  fa  di  ogni  libito  legge.  A  Vercelli  fu  condannato 

11  sindaco  di  Castelletto  e  due  suoi  degni  assessori  alia  pena  di  ruorte 
per  assassinio;  un  altro  sinJaco  fu  condannato  per  rapina  ai  lavori  for- 
zati  dalle  Assisie  di  Gastelmonferrato;  a  Viareggio,  nella  provincia  di 
Lucca,  il  sindaco  scappo  dopo  avere  defraudato  la  cassa  comunale. 
Quant'  altri  fatti  somiglianli  potremmo  addurre  se  i  limiti  impostici  non 
eel  vietassero?  Si  dira  che  queste  sono  piccole  comunita.  Crediamo  per6 
che  scandali  somiglianli  dovranno  tra  breve  lamentarsi  anchc  nei  grossi 
comuni,  che  ora  fanno  a  fidanza  e  godono  1'impunita  per  la  protezione 
di  qualche  deputato,  il  qiule  non  guarda  tanto  pel  sottile,  pur  di  con- 
servare  il  seggio  in   Monteciiorio.  Una  cosa  e  indubitata;  cioe,  che  i 
continui  disordini'e  le  gravi  esorbitauze  che  si  riscontrano  in  questo 
o  in  quel  comune,  dimostrano  che  sotto  la  bella  corteccia  e  la  lucida 
vernice,  onde  la  stampa  liberale  ricopre  oggidl   1' Italia,  v'e  il  verme 
roditore  dell' abuso,  dell'ingiustizia  e  del  disordine.  Chi  non  sa  iofatti 
che  nonostante  1'apparentee  illusorio  pareggio  nelle  finanze  dello  Slato, 
conseguito  coi  piii  enormi  sacrificii,  e  sottoponendo  il  popolo  alle  con- 
tinue e  spietate  vessazioni  del  flsco,  si  tr  vano  popolazioni  smunte,  po- 


CONTEMFORANEA 

.  angarialp,  pcrrho   il  cnmmcmo  e  meschiim,  la-ricoltur  t 

i.ila  1' m  luvn.-i  '  A  ijm-sto  aKgiungJisi  rlir  i  Comuni,  <|n:il   pin  q 
a   tn tn   1 1   Min iiia  dcllo  spreco,  e  non  cessano  dall'insensato 

i'io  inn;in/.i  la  triste  e  crudele  realta.  Intanto  il  (loverno  perde  tfc 
stesso  e  la  nazione  nei  gorghi  d' una  torbida  el  insensata  politira ! 

4.  ft  debito  di  chiunque  tegua  con  occhio  sgombro  da  passione  il 
corso  degli  avveninicnli,  far  (Kservare  1'atteggiamenlo  che  ha  da  qnnl- 
cbe  settimana  assunto  la  faziooe  delta  dt-i  iViiiarchi.  Dopo  le  disdette 
piiie  alia  Camera,  principalmente  a  proposito  dell*  eleziooe  del  suo 

iJenie,  la  fazione  del  cinque  ha  sentito  il  bisogno  di  foodare  un  Cir- 
colo  progressisia  a  Napoli;  e  poiche  amano  di  fare  le  cose  alia  grande, 
si  son  mossi  da  Roma  per  dare  alia  ceremonia  della  inauguraziooe  una 
graode  solennita,  non  senza  peraltro  aggiurigrrvi,  secondo  1'uso  italiano, 
un  po'di  pranzo.  Hanno  parlato,  prima  di  mettersi  a  tavola,  il  Cairoli,  il 
Baccarini  e  il  Nicoiera,  il  quale,  dicono  i  suoi  giornali,  non  avrebbe 
preso  la  parola  se  tutti  a  uoa  voce  non  gli  avessero  chiesto  di  farlo. 
1  ire  discorsi  sooo  stati  riassunti  per  lelegrafo,  e  il  pubblico,  ossia  quel 
tanto  di  pubblico  che  ha  tempo  da  perdere  in  quesie  faccenle,  ha 
potulo  leggerli;  ma  e  bravo  davvero  chi  ha  sapulo  cavarne  qualche 
costrutto.  Hanno  uua  grande  smania  i  Pentarchi  di  far  sapere  che 
tra  loro  sono  lutii  d'  accorJo ;  e  non  si  sono  per  anco  avveduli  che 
niuno  dubita  delta  loro  perfetta  comunanza  d' idee  flnche  trallasi  di 
dare  il  gambetto  al  rainisiero;  ma  viceversa  tutti  sono  d'avviso  che 
non  sarebbero  capaci  di  stare  insieme  otto  giorni  qualora  dovessero 
governare  uniti.  11  Cairoli,  adoperando  una  delle  solite  frasi,  e  arrivato 
fino  al  punto  di  gridare,  che  non  e  piii  nemmeno  lecito  dubitare  della 
pcrfeila  concordia  della  Penlarchia;  e  non  si  e  avveduio  che  ha  firmato 
in  bianco  una  cambiale,  che  egli  durerebbe  gran  fatica  a  scontare, 
se  domani  fosse  chiamato  a  farmare  un  Gabinello.  Ma  il  meglio  e 
che  oe  il  Cairoli,  ne  il  Baccarini,  ne  il  Nicoiera  sono  stati  in  grado 
di  metier  fuori  un  prograrama  della  loro  opposizione.  Si  deve  combal- 
lere  il  ministero  Deprelis,  e  combattere  a  proposito  della  legge  sui  mi- 
nister!, delle  convenzioni  ferroviarie,  della  legge  sulle  banche;  ma  il 
perche  non  lo  dicono.  Tal  e  la  logica  dei  partiti,  ai  quali  sono  sven- 
luralaraente  abbuodonale  le  sorli  d1  Italia.  Per  essi  i  nomi  di  patria, 
liberta,  popolo,  non  hanno  altro  valore  che  il  loro  tornaconlo,  ne  aliro 
scopo  che  queslo:  hvati  tut  did  mi  ci  met  to  io.  Quanto  a  noi  gli  uni 
valgono  gli  altri;  perche  gh  uni  e  gli  altri  sono  ugualmente  nemici  del 
I'apa  e  della  Chiesa. 

(.  lie  agii-izioni  pentarchiche  vanno  di  concerto quelle  degl'  irredentisti. 
Traendo  occasione  dal  matrimonio  dtlla  signora  Clelia  Garibaldi  col 
signor  Graziadei,  gli  irredentisti  di  Trento  vennero  fuori,  di  recenle,  con 
un  indirizzo,  nel  quale,  manifestando  alia  novella  sposa  i  sensi  della  loro 

ISerie  XII.  col.   VI.  fate.  814  10  maggio  1884 


CRONACA. 

simpatia  ed  amtnirazione,  si  arrogavano  di  parlare  a  nome  della  citta  di 
Trento  in  quella  guisa  che  ad  irredentisli  pu6  tornare  acconcio.  La 
pubblicazione  di  siflatto  indirizzo  ha  inosso  a  sdegno  una  parte  del 
giornalismo  austriaco,  e  la  Oesterreichischer  Reichsbote,  in  fra  altri, 
chiese  imperiosamente  al  Governatore  di  Innsbruck  se  egli  ne  avesse 
avuto  conoscenza.  Anche  le  autorita  municipali  di  Trento  furono  invitate 
a  dichiarare  esplicitamenie  se  avevano  o  no  avuto  parte  qualsiasi  nel- 
1' indirizzo. 

II  Governatore  non  e  stato  a  lungo  silenzioso,  ed  ha  affermato  che, 
malgrado  le  piii  minuziose  indagini,  non  ha  potuto  scoprire  se  I1  indirizzo 
sia  stato  realmente  scritto  a  Treuio,  e  da  questa  citta  mandato  a  cui 
era  diretto. 

A  sua  volta  il  Consiglio  municipale  di  Trento  protest6  di  essere  del 
tulto  estraneo  ad  una  dimostrazione,  che  ha  assunto  il  carattere  di  alto 
tradimento;  ed  ora  sappiarao  che  anche  il  barone  Giovanni  Ciani,  Podesta 
di  Trento,  ha  ripctuto  che  il  Municipio  di  quella  citta,  il  solo  cioe  che 
avesse  autorita  e  veste  per  Ore  una  tale  manifestazione,  non  solo  nulla 
ha  avuto  che  fare  coll*  indirizzo  di  cui  e  parola,  ma  altamente  deplora, 
che  altri  possa  essersi  Otto  in  capo  che  le  autorita  comunali  abbiano 
potuto  avere  consapevolezza  di  un  simile  atto.  Nella  quale  circostanza, 

10  stesso  egregio  Podesta  di  Trento  ha  energicamente  ripudialo,  a  nome 
della  sua  citta,  qualunque  connivenza  o  adesiooe  della  medesima  ai  piani 
e  alle  idee  della  cosiddetta  Irredenta. 

5.  L' esposizione  di  Torino  ha  fatto  perJere  di  vista  Montecitorio,  donde 
i  rappresentanti  della  nazioue,  erano  scappati  via,  per  aver  agio  di  preo 
dere  parle  alia  festa  del  lavoro.  II  giorno  24  p.  p.  infatti,  dopo  circa 
uu'ora  di  aspettazione,  il  presidente  dt.ve  ripetere,  come  tant'altre  volte: 
«  La  Camera  non  e  in  numero !  »  Alia  seduta  mancavano  a  costituire 

11  numero  legale  108  deputati,  e  a  quella  del  giorno  appresso  150.  Tra  i 
molli  esempii  di  fiaccona  che  ha  dato  all' Italia  il  parlamentarismo,  nes- 
suno  pub  agguagliare  il  presente.  ft  un  partito  preso,  o  e  la  conseguenza 
del  discredito  in  cui  e  caduta  1'istituzione?  Noi  siamo  d'avviso  che  a 
tutte  e  due  queste  cause  debba  attribuirsi  la  presente  siluazione  della 
Camera  Italians;  e  diamo  piena  ragione  al  Fascio,  quaiido  esclama: 
«  Nessuno  crede  piu  all'azione  parlamentare :  tutii,   uomini  e  partiti, 
vivono  della  vita  giorno  per  giorno.  La  stanchezza,  il  disgusto,  la  nausea, 
disamorano  tutti  dal  lavoro:  I'ozio  obbrobrioso,  1'inerzia  piu  ribuitaut'', 
1'  indiflerenza  piii  cinica,  la  piu  inqualificabile  apatia :  ecco  1'ltalia  d'oggi.  » 
Pur  troppo  e  vero!  Tantae  molis  erat  romanam  coiidere  gentemf 

6.  Le  ultime  elezioni  nei  due  collegi  di  Perugia  e  di  Novara  riuscirono 
favorevoli  ai  candidati  governativi;  nel  primo  cioe  al  Lorenzini,  e  nel  se- 
condo  al  Lamarmora ;  a  quello  stava  di  fronle  il  Pantano,  direttore  del 
Fascio,  organo  della  democrazia  repubblicaoa,  a  questo  il  Guelpa.  Questa 


doppia  sronfiita  drlla  fazione  radicate  6  dfgna  di  essere  o  rche 

iti  dt-lla  deroocrazia  si  present  a  rono  agli  eletlori  COD 
bamliera  spiegata.  Non  dissfro  le  solite  parole  generiche  di  riforme  eco- 
noniiclH1,  e  politiche;  non  ripeierono  i  luoghi  corouni  a  tutti  i  programmi 
eletlorali;  ma  i  siamo  contrarii  all'atluale  forma  di  goverao. 

Per  noi  stia  al  Governo  Depretis,  o  vada  Crispi  o  Minghelli  e  la  stem 
COM.  Siamo  radical! .  Chi  vola  per  noi,  vota  contro  tutto  un  sisten; 
Ora  queste  parole  furono  comprese  da  un  nmiero  considerevole  di  elet- 
tor ,  c  Pantano  ebbe  3813  voli,  e  Guelpa  4573;  loiale  8380  voti  schiet- 
laraente  radicali.  Questi  sono  i  conti  che  si  dovrebbero  fare  dal  Oepr 
e  che  dovrebbero  impeosierire  la  parte  irionfante. 

7.  Tre  fatii  sono  accaluti  in  quesii  uliimi  giorni,  che  noi  racconte- 
remo  brevemente,  p^rche  i  nostri  letlori  partecipino  alia  consolazione  e 
alia  gioia  che  provammo  noi  net  leggerli.  [I  primo  e  1'appello  che 
1'egregio  novello  periodico  napoliiano  intitolato:  //  Rosirio  e  la  nuova 
Pompei,  fa  ai  cattolici  per  concorrere  air  edificazione  delta  nuova  Chiesa 
della  Madonna  del  Kosario  in  Pompei,  proprio  suite  ruine  di  quella  vo- 
luttuosa  e  corrotta  citta,  sepolta  dalla  lava  del  sovrastante  Vesuvio.  «  La 
Chiesa,  dice  il  programma  iM  pcrioJico,  gia  motto  avanzata  nelia  sua 
ctstruzione,  sara  certo  uno  scoglio  contro  cui  invano  insorgeranoo  le  tem- 
peste  del  mondo;  sara  una  dign  incrollabile  che  difendera  il  popolo  di 
Dio  da)  furore  delle  imperversanli  eresie.  »  Lo  zelo  dei  cattolici  napole- 
tani  ha  dato  nei  nervi  al  liberalismo.  Infatii  dolenti  costoro  che  nell'an- 
lica  Pompei  trionfi  la  Vergine  1mm  icolaia,  hanno  studiato  il  modo  di 
ritornare  Pompei  all'antico  paganesimo;  e  vogliono  celebrarvi  feste  che 
richiameranno  la  memoria  dei  sacerdoti  aiigustali,  portanti  l.i  statna  di 
Augusto,  dei  sacerdoti  d'  hide  e  della  D  a  stessa,  e  finalmente  dei  sa- 
cerloti  recanti  in  trioofo  il  gruppo  di  Hicco  e  di  Venere  pompeiana. 
II  iioveroo  li  lascera  fare;  ma  abbiamo  flducia  che  la  Vergine  del  Santo 
Rosario  conquidera  col  suo  piede  il  paganesimo  rinascente. 

L'altro  fitto  e  1' inaugurazione  avvenuta  il  giorno  23  p.  p.  del  (/male 
Villoresi  in  Lombar Jia,  che  ci  piace  di  raccontare  colle  parole  medesime 
del  corrispondeute  dell'  Unita  Cattolica  di  Torino. 

€  Oggi,  lunedi, ebbe  luogo  una  delle  piii  memorabili  solenniia,  Tim* 
missione  del  Ticino  nel  nuovo  can»le  Villoresi,  opera  gigantesca,  che 
cost6  8  railioni,  eseguita  per  cura  della  Societa  Italiana  di  Roma  per 
con  Inita  d'acqua  l'--r  un  canale  di  83  chiloraetri  spargera  la  fcrtilita 
sulla  parte  alia  del  Mil  mese  orientate.  La  festa  fu  solennissima  e  vera- 
mente  popolare,  e  gli  ingegneri  e  gli  esecutori,  quasi  tutti  Romani,  mo- 
stravano  quei  mirabili  cong^gni  e  gli  sforzi  delTarle.  » 

«  Qui  non  manc6  la  Heligione.  Da  un  aliare  eretto  sopra  la  diga,  nion- 
signor  Air  ill  n-cito  le  preci  con  cui  la  Chiesa  accompagna  tulle  le 
opcre  grandi;  e,  dopo  un  edificanle  eucomio  all' inJusiria,  diede  la  bene* 


CRONACA 

dizinne.  All-ira  si  apersero  le  bocche  del  canale,  girandrne  la  manov 
il  0  iistiniaui  prineipe  roraano,  il  presidente  del  Governo  ticinese  e  Ce- 
sare  Caniii;  non  vi  erano  rife  il  ministro,  ne  il  pivfvuo. 

«  Al  banchetto  di  240  coperti  nnn  mancarono  briudisi  ed  applausi  a 
qtifst'  opera  veraraenle  iasigoe  e  delle  piii  benefiche.  —  NOQ  manc6  un 
ringraziaraento  all'Arcivescovo  che  mand6  la  sua  benedizione,  e  Ganiii 
rarament6  al  principe  Giustiniani  che  insieme  aveano  assistito,  allorct^, 
per  opera  della  Societa  stessa,  Pio  IX  inaugurava  1'acquedotio  deiracqua 
Pia.  Quali  applausi,  quanti  evviva!  Pochi  giorni  dopo  il  generale  Gadorna 
bom<>ar'ava  Porta  Pia.  » 

L' ultimo  fatto  consolantissimo  che  dobbiamo  registr.ire  in  questa  no- 
stra  Gronaca  e  la  costituzione  a  Napoli,  sull'esempio  di  Padcva,  di  To- 
rino, di  Pa  via,  di  Genova  e  di  Roma,  di  una  Societa  universitaria  cat- 
tolica.  Essa  ebbe  luogo  il  20  p.  p.  Ecco  quanto  riferisce  a  questo  proposito 
1'egregio  nostro  confratello  il  Giorno  di  Firenze. 

«  L'adunariza  accademica  fatta  per  inaugurare  la  Societa  fu  quanto 
dir  si  pu6  solenne  e  brillante.  Fu  tenuta  ne.lla  gran  sala  del  palazzo  del 
Principi  di  Arianello  addobbata  e  splendidamente  illuminala  per  la  cir- 
costanza;  il  salone  gia  Qn  dalle  7  di  sera  era  afTollato  di  soci  e  d'invi- 
tati.  Al  di  sopra  della  tribuna  per  gli  oratori  campeggiava  tra  serici 
festoni  e  doppieri  il  ritralto  di  san  Tommaso  d'Aquino,  dal  quale  il  cir- 
colo  universitario  prende  notne;  giacche  1'Aquinate  e  una  gloria  dell'Ateneo 
napoleiano  che  1'ebbe  a  suo  discepolo  e  professore.  Inoltre  quell'Ateneo, 
in  occasione  deU'Enciclica  Aeterni  Patris,  diraostr6  la  sua  ammirazione 
al  Ponteficp,  aderendo  all'Enciclica  con  un  iudirizzo  firmato  da  ben 
500  studenti  universitarii. 

«  Onoravano  1'  adunanza  Sua  Eminenza  il  Gardinale  Arcivescovo,  il 
Gomra.  Gapuano  Rettore  della  R.  Uuiversita,  il  cav.  Flores  preside  della 
facolta  di  Filosofia  e  Lettere,  il  prof.  Modestino  del  Gaizo  valente  natu- 
ralista,  il  cavaliere  Giordano  professore  nell'Ateneo  di  chimica  analitica 
Tillustre  pmfessore  Monsignor  Talamo  venuto  apposiiamente  da  Roma, 
molti  altri  professori  universitari  e  liceali,  il  fiore  del  patriziato  e  del- 
raristocrazia  napoletana,  alcuni  accademici  Pontoniani,  vari  Prelati,  av- 
vocati,  ecc.  ecc. 

«L'egregio  giovane  signor  Francesco  Giannastasio  presidente  del- 
FAssociazione,  dopo  un  preludio  musicale  maestrevolmente  eseguito  dal 
cav.  Silipigni,  si  rec6  alia  tribuna  e  lesse  uno  stupendo  discorso,  interrotto 
spesso  dagli  apphusi  dell'assemblea,  nel  qu;ile  con  erudizione  svariata  e 
con  forma  splendida,  dimostrb  1'armonia  che  esiste  tra  la  scienza  e  la  fede. 

«  Un  forbito  discorso  latino  fu  letto  poi  dal  segretario,  signor  d'Amelin, 
rifletteute  san  Tommaso  sludeote  e  professore  a  Napoli,  e  quindi  naturale 
pairono  dell'Associazione.  Varie  poesie  furono  poi  declamate  da  varii  soci 
meritaroente  applauditi. 


CONTEMPORA^ 

srate 

\ssociazione  nascent;  disse  sperare  rhe  moliissimi  gio 

10  solto  il  \I'SM|'O  .li  san  Tommaso,  gloria  <i'Iulia;  -i 

re  calunnia  <  IK  il  rnsiiam-Mmo  sia  nemico  alia  scienza  e  al  progr 

ma  invece  favnrirli  polentementf;  ricordb  che  la  vera  scienza  sta  n«-)la 

religiooe  d^U'Uomo-Dio,  e  rarcunari  16  iufine  a  tut'.a  quella  gioveotii  di 

rv  unita  a  I  S<numo  Ponteflce  che  si  saggiaruente  regge  la  (1!. 

-  Fragorosi  applausi  coprivano  le  parole  dell'  Eminentissimo  1'rr 
che  fu  aceompunalo  alia  porta  del  ptlaz/o  fra  un'ovazione  entusia- 

€  I  giornali  liberal!  per6  hanno  concordemente  suscitalo  un  allarm', 
come  se  il  uernico  fosse  alle  porte  di  Napoli,  e  tutti  in  coro  hanno  gri- 
dato  coutro.rassociazione  cattolica  che  ha  preso  il  titolo  di  Circ.lo 
Univtrsitario  di  san  Tommaso  d' Aquino.  Eccitati  dallf  stolle  parole 
delta  stampa  aniicattolica  gli  studeoti  liberali  si  sono  dali,  ccme  e  loro 
costume,  a  commettere  disnrdini.  La  Gazzetta  di  Napoli  racconta  che 
furono  afli^si  nei  corridoi  dHlTniv«Tsiia  dei  maniTesti  che  ii.vilavano  gli 
studenti  a  proteslare  contro  il  nuovo  Circolo,  e  nel  tempo  stesso  a  fon  tare 
un  altro  circolo  intilolato:  Giordano  Bruno.  II  reltore  prof.  Capuano, 
com* era  naturale  e  di  suo  dovere,  fece  togliere  quegli  avvisi.  Piii  t.  nli 
gli  studenli  in  numero  di  due  o  trecento,  gridando  e  schiamazzando,  si 
recarono  alia  segreteria  dell'  Universita  chiedendo  la  bandiera,  con  la 
scusa  di  voler  fare  una  dimoslrazione  al  poeta  Mario  Rapisardi,  ma 
in  realta  poi  per  protestare  contro  il  nuovo  circolo  universitarin.  La  ban- 
diera anche  piii  logicamente  fu  negata,  poiche  lo  vietavano  i  Re^ola- 
menti.  (Juesta  determinazione  provoc6  le  ire  dei  giovani,  i  quali  irasce- 
sero  a  grida  e  flschi,  e  cos\  tumuliuando  irrupiero  nella  sala  ove  deltava 
la  sua  lezione  il  prof.  De  Martino,  ingiungendo  a  questi  di  lasciare  in  li- 
berta  gli  studenti,  ed  agli  studenli  di  venire  con  loro  da  Mario  Rapi- 
sardi. II  Professore  non  asc<  lio  richieste,  e  continu6  la  sua  lezione.  Hui 
allre  grida,  altri  fischi.  Non  content!  di  questo  i  giovani  richiesero  di 
nuovo  alia  Segreteria  la  bandiera,  ma  non  avendola  ottenuta,  abhandnna- 
rono  I'Universila  riversandosi  riHla  via,  e  pni  procedettero  dVHotel  Ve~ 
save,  a  santa  Lucia,  ove  ha  preso  stanza  Mario  Rapisanli.  »  A  qi 
narrazione  del  Giorno  fa  mestieri  aggiungere  che  il  Rettore  dell'  Uni- 
versiia  di  Napoli  radun6  per  provvedere  ai  riferiti  disor«1ini  il  Cons L- lio 
universitirio,  e  fu  deliberala  la  chiusura  dell'Atenpo.  Seguirono  int«T- 
[KlLinze  nel  Parlamento;  ma  11  Ministro  Coppino  sostenne  le  parti  drl 
Retlore.  Mentre  scriviamo,  1'  Universila  e  naperla  e  le  Lrutte  scene  con- 
tinuano. 

8.  11  giorno  30  p.  p.  ebbe  luogo  il  funerale  dei  morti,  che  furono 
a  bella  po^ta  e  a  fare  sftvgio  al  Papa  disseppclliti  a  Villa  13orgh<so  e  a 
Villa  Giusiiniaui  per  essere  riseppelliti  al  Gianicolo.  Fu  scelto  a  tal  a 


CRONACA 

raonia  il  30  aprile,  anniversario  della  battaglia  garibaHina  <1i  S.  Pancra/.io, 
11  funeral*;  fu  decretato  dai  Reduti,  presieduti  dal  Meuolti;  e  sono  <jut»gli 
stessi  che  avevano  aderito  al  pellegrinaggio  monarchico  alia  lomba  di 
Vittorio  Emanuele:  ma  non  and6,  ne  poteva  andare  a  sangue  degli  aliri 
Reducf,  capitan;iti  dal  Majocchi,  che  passano  per  radical!  puritani,  e 
non  fanno  nessuna  concessione  al  Quirinale.  Questi  lasciarono  i  garibaldini 
mon-trrhici  slilare  da  soli  in  processione,  e  rimandarono  a  domeoica  4  di 
questo  mese  la  loro  commemorazione,  che  fu  tuna  ad  uso  e  consume  dt  i 
repubblicsni.  Separates!  cosl  le  due  fazioni,  quella  del  M^notti  pubblic6  il 
manifesto,  in  cui  si  diceva  che  1'edificio  dell'unita  italiana  fu  coronato 
col  pellegrinaggio  dello  scorso  gennaio  al  Pantheon,  e  dispose  il  tulto 
pel  funerale. 

II  corteggio  si  form6,  alle  2,30  pom.,  in  piazza  del  Popolo,  dove  nella 
caserma  dei  carabinieri,  entro  tre  casse,  slavano  i  morti  della  festa;  ed 
alle  3  cominci6  a  sfilare  per  Ripetta,  alia  volta  del  Giaoicolo.  Siccome 
i  reduci  del  Menotti  sono  quirinalisti,  le  autorita  invitate  alia  processione 
vi  presero  parte.  e  il  Municipio  vi  mand6  guardie,  musiche,  e  il  carro 
mortuario  di  prima  classe  pei  cadaveri  dissotterrati ;  un  drappello  di 
guardie  municipal!  precedeva,  un  altro  seguiva;  i  vigili  facevano  la  guardiu 
d'onore;  si  contavano  cinque  cencerti,  quattordici  bandiere  e  una  testug- 
gine  di  ombrelli,  pcrche,  dopo  la  pioggia  del  giorno  avanti,  si  sperava 
invano  che  il  tempo  si  rimettesse  nel  pomeriggio;  del  resto  la  pioggia 
accresceva  la  mestizia  della  festa,  e  i  paracqua  aperti  facevano  parere  piu 
copioso  il  nuraero  dei  curiosi  accorsi  sul  passaggio  della  processione  per 
istrade  popolale  e  strette.  II  carro  funebre  era  circondato  da  alcuni  ga- 
ribaldini in  caraicia  rossa;e  tra  i  personaggi  imporhnti  v'erano  il  Ni- 
cotera,  Menotti  Garibaldi  e  il  generale  Hang,  che  dirigeva  la  comme- 
morazione. —  AUe  quattro  il  carro  toccava  la  cima  del  Gianicolo,  dove 
i  vigili  si  misero  a  rimuovere  la  lapide  che  copriva  1'ossario  e  demolire 
la  volta  che  custodiva  la  tomba.  II  Bastianelli,  assessore  municipale,  e 
Biagio  Placidi  erano  la  a  ricevere  ufficialmente  le  tre  casse,  due  di  zinco 
ed  una  di  legno,  che  furono  deposte  sopra  un  palco,  appisitam»'nte  eretto, 
in  aspettazione  dti  discorsi.  11  primo  lo  fece  il  generale  Hiug;  il  se- 
condo  1'inevitabile  Crispi,  1' ultimo  il  Chierici  che  disse  cose  non  da 
radical*,  ma  da  indragato  contro  il  Papa.  II  Crispi  questa  volla  par!6 
chiaro,  perche  disse  che  si  e  tolio  il  governo  temporale  al  Papa  per  to- 
gliergli  anche  quello  delle  coscienze.  E  lo  disse  in  Roma  dove  il  Governo 
giura  e  spergiura  sette  volte  al  giorno  che  la  fede  dei  cattolici  e  rispettata 
con  iscrupolo,  e  lo  disse  dinanzi  alia  rappresentanz*  municipale,  che,  a 
quanto  riferisce  il  Fracassa,  applaudl  anch'essa  coi  garibaldini  presenti 
al  discorso  empio  e  riboccante  del  piii  spiritato  anticlericalismi.  Egli  ha 
teniato  tutte  le  vie  per  salire  al  potere,  senza  mai  imberciare  nel  segno, 
ed  ora  fd  Tesperimento  di  blandire  le  passion!  dei  miscredenti,  e  Lro 


ranxa  che 

•  porlera  sugi  1' aureola  di  ero< 

!i    I'na  volta  erof.  If,  ••  <•'  < 

ill'Ksposizione  del  Risorgimetit 

no,  e  eollocato  nel  terapio  di  Vesta  tra  una  ral/i  <li  ii;in!»:-l.li  e  uo 
cupprllo  di  Vitlorio  Kmanuele-l 

La  f.-sta  funebre  si  chiu*»>  con  alruni  banchetti,  irobanJili  dai  ra-li- 
puri  e  dai  radic;.li  misti  ai  proprii  colleghi;  in  essi  si  fecero  bn<. 
alia  Roma  tii-H'avvt'nire,  e  si  manlarono  telegrammi  ad  Aurelio  Saffi  e 
a  Viitf'r  Hugo. 

I  republican!  maiocch'ani  pob-rono  all.i  loro  volta  fare  la  loro  com- 
nv  monzione  e  piu  fragorosa  di  quella  dei  rnenotliani.  Cora' era  giorno 
di  domcnica  cost  il  concorso  del  pubblico  fu  piii  numeroso,  sebbeoe  il  30, 
a  far  gente,  il  Municipio  avesse  ordinalo  che  al  locco  e  mezzo  si  cbiu- 

>  TO  tutti  gli  ufll/.ii  comunyli,  e  quaotunque  alle  k2  e  mezzo  si  cbiu- 
dessero  pure  in  tutla  fretta  alcuni  udi^ii  governativi. 

!).  Sicuri  di  far  cosa  gradevole  ai  nostri  letlori  vogliamo  adesso  riferire 
\c  \  rincipali  statisliche  per  noi  raccolie  appositamenle  dai  giornali  nosirani 
idtorno  al  movimento  commerciale  italiano  in  generals,  e  ad  alcuni  pro- 
dotti  agricoli  in  particolare.  «  La  statistica  del  comm  Tcio  speciale  di  im- 
portazione  e  di  esportazioae  dai  1°  gennaio  al  31  mar/o  1884,  pubblicata 
ieii  dalla  Direzione  generate  dtlle  gab.'lle,  si  riassume  nelle  seguenti  cifro: 
Valore  delle  raerci  imporiate,  L.  364,439,9-22,  con  aumento  di  L.  '20,482,437 
in  ronfronto  del  primo  trimestre  1883;  valore  delle  merci  esporiate, 
lire  ^);i,073,976,  con  aumento  di  lire  10,590,077  in  confronto  dei  primi 
tre  mesi  dell' anno  scorso.  Le  entrate  doganali  ascesero  a  lire  45,5*29,288, 
con  diminuzioni  di  2,585,782  lire  in  confronlo  del  1883.  » 

Riguardo  pci  a  cerli  prodotii  agricoli  ecco  la  statistica  del  1*  tri- 
mestre 1884. 

«  1.  Aumento  nell'entrata  degli  olii,  dei  proJotii  chimici,  dei  colori, 
dei  filati  di  lino,  del  cotone  greggio,  dei  tessuli  di  cotone  greggio,  dei 

iti  di  colon**,  di  lana  e  di  seta,  delle  pelli  gregge,  dei  ferri,  del  carbon 

•*,  del  grano,  del  besiiame  •  qu.no,  dei  pesci. 

•  -.  Diminuzione  nell'eiitraia  degli  spiriti,  del  caffe,  dello  zucchero, 
ddle  lane  gregge  e  del  riso. 

«  3.  Aumento  nella  esportazione  del  vino,  dello  spirilo,  del  sal  marino, 
•  Mia  canape,  dei  filati  di  canape,  delle  sele  forli,  dei  lessuti  di  seta,  degli 
stracci,  d»  i  marroi,  degli  agrumi,  degli  orlaggi,  del  burro,  delle  uova. 

«  4.  Diminozione  nell'uscita  dell' olio  d'oliva,  dei  camliti,  del  chiuino, 
dt  i  inobili,  della  carta,  dei  guanli,  delle  trecce  e  dei  cappelli  di  paglia, 
dello  zolfo,  del  riso,  .!«•!  U-stiame  lx)vino  e  del  corallo.  » 

I".  Verso  le  ore  6  pom.  del  29  dell'andato  aprile,  spirava  nel  bacio 
del  Signore  il  Rev.  1'.  Francesco  1'ellico  d.  C.  d.  (}.  Nato  il  12  feb- 


:,!)',  CHONACA 

hraij  180'2  dell'onoratissima  famiglia  de' Pellico  di  Saluzzo,  egli,  come 
tuiti  sauno,  era  fralello  germano  al  no!>ile  scriltore  delle  Mie  Prigi 
«]ei  Ihveri  degli  uomini  e  della  Francesca  di  Rimini.  E  di  Silvio 
Pellico  sorli  anche  1'anima  dolce,  delicata,  modesta  che  divenne  poi  sem- 
prc  piu  bella  per  le  viru'i  religiose  coo  rara  perfezione  e  costanza  eser- 
citate  n-lla  Corapagnia  di  Gesii,  dove  entrava  gia  sacerdote  ai  12  no- 
vembre  1834  e  faceva  la  solenne  professione  nel  1845. 

Nel  18 i8,  allo  sperpero  della  sua  Provincia  torinese,  egli  era  Capo 
della  medesiraa ;  e  poi  fu  per  varii  anni  Assisiente  del  Molto  Rev.  P.  Ge- 
nerale  Giovanni  Roothan,  che  lo  ebbe  sempre  carissimo.  Scrisse  in  di- 
f»-sa  della  Compagnia  di  Gesii  coniro  il  Gioberti  un  libro  piccolo  di  mole, 
ma  prezioso,  e  sopratlutto  cosl  temperato  alia  piii  sqnisita  mitezza  cri- 
siiana,  che  dicooo  ne  fosse  tocco  d1  ammirazione  il  Gioberii  stesso.  Vuol 
poi  esser  qui  ricordato  per  debilo  di  fraterna  e  cordialissima  gratitu- 
diiie  che  il  P.  Francesco  Pellico  appartenne  per  qualche  tempo  al  Gol- 
legio  degli  scriltori  della  Civilta  Cattolica,  e  vi  port6  il  tributo  della 
sua  penna. 

In  Ghieri,  presso  Torino,  dove,  munito  di  tutti  i  conforti  della  Re- 
ligione,  morl,  egli  e  per  1'olezzo  delle  sue  grandi  virtu,  e  per  la  sua 
vecchiaia,  e  per  le  sue  sofferenze  era  in  amore  ed  in  venerazione  a'do- 
nicstici  ed  estranei.  Francesco  Pellico  lascia  in  noi  suoi  confratelli  e  in 
tuiti  i  buoni  italiani  un  grande  desiderio  di  se. 

IV. 

COSE  STRANIERE 

INGHILTERRA  (Nostra  corrispondenza)  —  1.  Meschini  risultali  della  sns- 
sione  prlamentare.  Gravi  imbarazzi  del  Governo  a  causa  degli  affori  d'Egitto. 
Doplorevoli  conseguenze  della  malaitia  del  signer  Gladstone  —  2.  11  nuovo  bill 
di  frauchigia.  Sorte  probabilmente  riserbatagli  —  2.  Disegno  di  riforma  del  Go- 
verno municipale  di  Londra.  Probabilila  ch'esso  sia  per  incontrare  viva  opposi- 
zione —  4.  La  questione  degli  illogjri  de'poveri  in  L'»ndra  ed  allrove  —  5.  Lutlo 
della  Famiglia  reale  —  6.  Notizie  cattoliche.  Progress!  della  nuova  univei-sila  irlan- 
di-se.  Morle  del  benemerito  caltolico  scozzese  signer  Monteith  di  Carslairs. 

1.  Arrivati  alle  ferie  pasquali,  i  legislator!  britannici  hanno  per  breve 
spazh  di  tempo  cessato  di  parlare,  e  sono  tornati  al  loro  paese  natale 
ove  avranno  tutto  1'agio  di  rifleitere  quanto  poco  essi  fecero,  salvo  che 
in  discorsi.  Invero  ci6  che  nel  fatto  hanno  otienuto,  altro  non  e  che 
1'elezione  del  nuovo  presidente  signer  Arthur  Peel,  ultimo  figlio  del 
gniode  statista  di  questo  nome,  e  1'approvazione  in  seconda  lettura  del 
MI  vo  lilt  di  franrhigia  da  parte  di  un'estesa  maggioranza,  resa  anco 
piii  forte  dall' accessione  degli  Home  Rulers  irlandesi,  che  in  questa 
occasione  dieder  voto  col  Governo.  Quest'  ultimo,  a  dire  il  vero,  e  slato 


vRA 

to  a  grave  e  duro  rimmin,  n»rrhfc  I'Kgitlo  si  £  ]p\atr>  routi 
in  L'  •  lo  ha  p»rcfisso  di  tullr  !••  !i»v  I,f  n.u  li/n,ni 

am,  in  (ju.-inio  d.ille  appami<r»'  «-si«ri'.ri  si   pu6  fare  pronnstir 

(1-  liniiiva,  vanno  ogni  giorno  facendosi  pe^.  i'  ri.  !,<•  fliianze 
si  trovano  in  uno  srompiglio  indescrivil.ile,  e  lullo  ci6  che  ha  forma 
di  governo  sembra  correre  a  precipitosa  ruina.  La  confu^m-  si 
flno  a  coprnle  atTaltn,  alle  vaste  regioni  del  Su-l:m,  e  il  Governo  non 
pu6  o  noo  vuole  getiare  uo  solo  raggio  di  lure,  che  serva  a  indicant 

ra  via  di  far  ritorno  a  men  turbolenti  condizioni,  e  ad  uno  state,  se 
non  di  prosperita  e  di  pare,  almeno  di  online  permanente.  Non  e  quin'li 
da  far  meraviglia  se  il  pariilo  d'opposizione  stn  alle  vedetle,  e  s'ing* 
di  trarre  il  maggior  profi'to  possihile  daU'eccellenti  occasioni,  che  pli  si 
ofTrono,  di  roolestare  il  liovtnm.  Esso  addiia  alia  pubblica  attenzioi  >•  il 
passato  andamento  di  questo  disgraziato  adare;  una  cilia  magnibVa  ri- 
dotta  un  mucchio  di  rovine;  la  vittoria  di  Tel-el-Kebir,  riuscita  di  n^s^un 
frutto,  iranne  quello  di  Tortificare  per  il  momeuto  i)  partito  del  mini- 
stem;  la  sommossa  di  vaste  r»'gioni;  la  strage  di  guarnigioni  intere, 
abbandonate  alia  miseranda  lor  snrte;  il  macello  di  migliaia  e  migli:iia 
di  valorosi  Arabi  non  avente  in  sostanza  altro  Tine  che  quello  di  far  Man- 
cheggiare  delle  loro  ossa  le  sabbie  del  deserto;  il  prode  Gordon  incjjri- 
calo  d'uoa  missione  senza  scopo,  e  abbandonato  poi  a  Khartum,  :il1in.  ;.t 
s'ingegni  di  trarsi  come  pu6  meglio  dall' impaccio,  in  cui  e  slato  m< 
Dopo  di  ci6,  TOpposizione  domaada,  e  non  senza  ragione:  quali  soddis- 
facenii  risultati  si  sono  eglino  ottenuli  da  tulte  queste  cose;  per  qu  le 
scopo  sono  esse  state  fatte,  e  come  andranno  in  uliimo  a  finin-?  E  a  tali 
doroande  nessuna  definiiiva  risposta  riesce  cavar  di  bocca  al  Gov^rco, 
il  quale,  ogni  qualvolta  e  chiamato  a  dichiarare  qual  sia  stata  per  il 
passaio,  qu*l  sia  al  presente,  e  qual  sarA  per  I'avvenirela  sua  politira, 
si  contiene  in  un  assoluto  silenzio.  i'uo  darsi  che  sianvi,  e  probabilmerite 
vi  s.iranno,  recr ndile  ragioni  per  simile  reticenza  ;  ma  ci6  non  toglie  che 
tal  riserva,  da  cui,  per  quanti  sforzi  si  facciano,  non  e  dato  di  fork)  uscire, 
ridondi  a  immenso  pregiudizio  delta  sua  presente  posizione.  Infmi  ii  {•••r- 
severare  cos\  a  lungo  nel  silenzio,  mentre  vi  sono  tanti  motivi  per  rom- 
perlo,  fa  nascere  e  semjre  piii  ^limenta  il  sospnto  che  ci6  derivi  d;d  noo 
sapere  i  ministri  che  cosa  dire,  e  dal  non  poter  dichiarare  qual  sia  la 
loro  poliiica,  pen-he  non  ne  hanno  alcuna. 

Intaoto  il  risultato  dell'inazione  ministeriale,  si  in  parole  come  in 
fatti,  non  e  punto  soddisfacenle.  Per  ci6  che  s'altiene  a  governo,  1'E^itto 
va  rapidamente  piomlnndo  nd  caos;  e  le  cose  non  potrebbero  antl..r 
peggio  di  qtid  che  vanno  ncl  Sudan,  nonostante  tutti  gli  eccidii  e  la 
•les'ilazione,  che  hanno  contrisfato  quel  paese.  11  generale  Gordon  e 

iato  fuori  e  circondato  in  Khartum,  e  le  ultime  notizie  ponano 
che  egli  sta  meditr.ndo  una  ritirata  vt-isn  I'Equatore,  neiriutendimeoto 


CRONACA 

di  riparare  al  Congo,  come  ullima  speranza  di  s.-ihrm  hsciata  a  lui 
e  a'suoi  dipenlenti.  Anche  Nubar  pascia  diventa  recalcitrante  alia  con- 
tinua  intrameltenza  del  signer  Clifford  Lloyd  e  degli  uftiziali  ingU'si; 
talchft  sembrerebbe  non  molto  lontana  una  crisi  finale,  che  costrin^ 
il  signer  Gladstone  a  entrare  in  una  via  d'aziooe  decisiva.  II  signor  Wil- 
frid Blunt,  persona  molto  addentro  negli  affarid'Oriente,  consiglierebbe 
di  dichiarare  1' indipendenza  egiziana  sotto  la  comune  lutela  delle  gnu.'li 
potenze,  tutela  da  esercitarsi  sotto  certe  condizioni  e  guarentige.  Ci6, 
che  a  questa  proposla  sarebbe  per  rispondere  la  Sublime  Porta,  non  6 
punto  difficile  il  conge tturarlo.  Ma,  prescindendo  dalle  nebulose  preten- 
sioni  del  Sultano  all'  alia  Sovraniia  sull'Egitto,  e'  parrebbe  che  1'alter- 
nativa  risultasse  fra  1'espediente  suggerito  dal  signor  Blunt,  e  1'impe- 
gno,  che  1'Inghilierra  assumesse,  almeno  per  qualche  tempo,  di  gover- 
nare  praticamente  quel  paese.  E  facile  il  vedere  quale  e  quanta  influenza 
debbano  esercitare  sulla  stabilita  del  ministero  queste  gravi  difficolta,  che 
sono  il  frutto  delta  indecisione  originata  in  lui  dall'  ignoranza  de'  piii  ele- 
mentari  principii  di  giustizia,  dagl'  impulsi  di  stupido  sentimentalismo  e 
dalle  grette  esigenze  di  guerra  partigiana.  Arrogi  che  tali  difficolta  si 
sono  aumentate  per  la  malattia  del  signor  Gladstone,  la  quale  lo  tenne 
per  un  certo  tempo  lontano  dalla  Camera  dei  Comuni,  con  grave  detri- 
mento  dei  pubblici  negozii  e  quasi  totale  demoralizzazione  della  Camera 
stessa.  Non  fa  quindi  maraviglia  che  il  paese  incominci  ad  agitarsi  per 
un  simile  stato  di  cose,  e  che  partano  da  ondemeno  si  sa/ebbero  aspettate 
certe  mariifestazioni,  che  potrebber  benissimo  sembrare  voci  di  sliducia 
e  di  condanna  contro  il  Governo.  II  signor  Tyndall  fc  uscito  in  parole  di 
severo  biasimo  contro  la  politics,  o  meglio  contro  la  mancanza  di  politica 
governativa ;  e  il  signor  Tyndall,  che  milita  nelle  file  dei  liberals,  tiene 
un  luogo  eminente  fra  gli  uomini  di  scienza.  «  Un  grande  scrittore  te- 
desco  —  cosi  si  esprime  in  una  sua  lettera  il  signor  Tyndall  —  un  grande 
scrittore  tedesco,  che  fe  per  soprappiii  UD  nobile  e  schietto  liberale,  ha 
detto  in  non  so  quale  suo  scritto:  Se  Delia  vita  di  una  nazione  si  fosse 
chiamati  a  decidere  fra  la  cultura  dell'  ingegno  e  la  forza,  non  si  dovrebbe 
esitare  un  momento  ad  attenersi  alia  seconda;  primo  requisite  della  vita 
nazionale  fc  la  forza.  Quattro  anni  or  sono,  perb,  il  popolo  inglese  pensava 
alirimenti,  e  riponeva  un'illimitata  fiducia  nelle  promesse  e  nelle  assicu- 
razioni  di  un'  intelligenza,  quasi  direi,  ispirata  dal  cielo.  Giammai,  dopo 
primordii  cos\  magnifici.non  si  ebbe  una  finecosl  meschina.  Nelle  presenti 
congiunture  noi  abbiamo  bisogno  di  carattere,  ben  piii  che  d'intelletto;  di 
semplice  forza  virile,  ben  piu  che  d'abilita  di  lingua.  Di  quest' ultima,  ne 
abbiamo  gia  avuta  ad  esuberanza:  invece  di  attenuare  i  falii  di  chi  1'ado- 
pera,  essa  gli  aggrava.  Tempo  indietro,  io  m'incontrai  sulle  Alpj  con  un 
legale  americano,  uomo  di  molta  sagacia  e  cultura,  il  quale  una  tal  sera 
mi  col  pi  con  questa  osservaziooe:  II  signor  Gladstone  e  un  grande  ora- 


>KA 

lolla  spinak  d'  un  vcro  r 
llora  nil  ivpoxi,  non  pensa 

drl  [HIM  int.  -bbe  un  u-  '\uto  ampia  con- 

•!i  tint*'  <li   v-'ixo^na    le   nuaiiiv   d»-l 

popolo   inglesf.   1 1  I.-MM  ID  dn-0  om  r.un  mrico,    giacchfc   il  si- 

gnor  ( lladrtone  mi  si  6  sempre  mostrato  cortese  e  benigno.  E  non  parlo 

gia  come  uorao  di  partito,  perche  nessuuo  abborre  piii  <li  roe  dalla  po- 

MI   dr'nostri  giorni,  la  quale  corrompe  il  sentimento  na- 

zionale.  creando  equivoci  e  sotl^rfugi  col  fine  di  eludere  il  sacrosanto 

dovere  della   veritA.   Asirazion  fatla  dall' influenza,   che  esercila   sugli 

politic!,  essa  corrode  le  coscienze  di  uomini,  che  nelle  re- 

ni  ordinarie  dt-lla  vita  sono,  del  resto,  onorevoli  e  veritieri. 

assando  alle  ftccende  interne,  ripetiamo  essere  stato  presentalo 

alia  C-  mere  e  da  essa  in  scconda  lettura  approvato  a  gran  maggioranza 

il  6///di  franchigia;  maquesta  ma^gioranzi  non  rappresenla  interamt-iiif, 

0,  a  meglio  dire,  nasconde  per  il  raomento  1'azione  dei  varii  e  moltoplici 

.  che  son  prouti  a  ogni  pie  sospinto  a  farsi  sentire  in  diverse  e 

contrario  dirozioni.  IA  verila  e  che  il  bill  non  desla  enlusiasmo  in  nessun 

luogo,  e  che,  tolto  il  lieve  interesse,  che  vi  si  annette  in  eerie  regioni, 

forma,  in  gonerale,  subbietto  di  vive  apprensioni  e  d'una  opposi- 

zione  per  era  latente,  ma  che  pu6  di  un  raomento  ali'aliro  scoppiare. 

-le  divergenze  d'opiriione  si  renieranno  piii  evidenU,  non  appena  il 

bill  sia  passato  all'esame  della  Commissione.  Per  ci6,  che  concerne 

Taspetto  generalo  del  bill,  1'  opposizione  si  concentrera  principalmente 

•parare  la  ijuoslione  del  nuovo  ripartimenlo  dei  seggi  da  quella  dcl- 

1'estensione  del  dirilto  elettnrale.  Tanti  daH'Opposiziooe  conservatrice, 

quanto  da  mnlti  fra  i  liberali  moderaii,  si  soslieae  che  qualunque  prov- 

mento  per  1'estensione  del  diritto  elellorale  debba  racchi  uderne  un 

allro  per  la  distribuzione  dei  seggi ;  si  esige,  in  una  parola,  che  la  <\n— 

stione  venga  trattata  tutta  in  un  tempo,  invece  ch*  con  due  provvedi- 

menti  separati.  I  moiivi  dell' Opposizione  non  sono  da  cercarsi  tanto 

lontano.  Kssa  crede  che,  quando  Testensione  del  diritto  elettorale  fosse 

discussa  separatamente  e  passasse  in  legge,  le  prossime  elczioni,  nelle 

quali  i  nuovi  elettori  sarebbero  per  la  primi  volu  cbiamiti  a  dare  il 

loro  suflragio,  risulterebbero  probabilmente  in  gran  maggioranza  favore- 

•voli  al  Governo;  il  che  avrebbe  per  inevilabile  consegueoza  che  il  rim- 

pasto  dei  collegi  eletlorali  e  il  nuovo  ripartimento  dei  seggi  sarebbero 

intrramente  lasciati  all'arbitrio  governalivo,  e  cost  esposli  al  rischio  di 

esser  rivolti  a  favohre  piii  presto  gl'mteressi  dei  singoli   partiti,  che 

non  quelli  dell'intero  paese.  El  appunto  per  allontanare  siffatto  pericolo 

verri  proposto  un  eroen  lain  -nto  dal  signor  Alberto  Grey,  p  -rsonaggio 

;  tssai  ragguardevole  fra  i  liberali  MM  l-nii  o  vecehi  wkigs,  e  rappresen- 

tanie  di  una  delle  grandi  famiglie  dello  slesso  colore  politico,  siccome 


-.ACA. 

I-  j.rcsHhtivo  (Mia  contea  di  Grey.  L'l'nvndamento  .  :  in  <j.i.'- 

sto:  che  s<-  il  I'll  pass.isse  nella  presente  sun  f>nm,  non  .iver 

ofTetto  prima  che  fosse  decorso  un  periodo  di  tempo  sulficiente  per  .-f- 
fetluare  il  nuovo  ripartimento  dei  seggi.  Oltre  di  cio,  i  conservator!  e 
probabilmente  taluni  fra  i  liberal!  moderati  oon  vorranno  che  nel  b-U 
sia  iuclusa  rirlanda;ma  la  loro  opposizione  andra  fallita  nella  Camera 
dei  Comuni.  Comunque  vadano  le  cose,  se  il  bill  passa  nei  Comuni,  verra 
prohabilissimamente  rigettato  dalla  Camera  dei  Lordi,  o,  se  non  ri^-it.ito 
addirittura,  almeno  modificato  ed  emen  lato  per  guisa,  che  la  Camera  dei 
Comuni,  alia  sua  volta,  lo  rigettera  essa  pure;e  allora  non  rimarra  al 
Governo  altro  espediente  che  il  fare  un  appello  al  paese.  Per  quanto  per6 
e  dalo  giudicare  dalle  presenti  apparenze,  questo  avrebbe  probabilissi- 
mamente  per  risultato  una  diminuzione  considerevole  nella  raaggioranza 
governativa,  e  quiudi  la  necessita  pel  Governo  d'invocare,  per  mantenersi 
al  potere,  1'aiuto  del  gruppo  degli  Home  Rulers,  che  dalP altro  canto  ver- 
rebbe  ad  essere  materialmente  accresciuto;  e  cosi  si  andrebbe  iuevitabil- 
raente  incontro  per  1'avvenire  a  tempi  fortunosissimi  nell' arena  politica. 

3.  Un'ahra  importante  proposta  e  stata  introdotta  nella  Camera  da 
Sir  William  Harcourt,  rainistro  dell'interno,  per  la  riforma  del  governo 
municipale  di  Londra,  stato  flnqui  esercitato  secondo  un  multiforme  e 
complesso  meccanismo,  difficile  per  sua  natura  a  mantenersi  in  orJine 
perfetto.  II  concetto  generate  della  proposta  governativa  e  di  porre  la 
citta  di  Londra  co'suoi  4,000,000  di  abitanti  sotto  la  giurisdizione  di  un'as- 
semblea  rappresentaliva,  eligibile  da  un  certo  numero  di  distretti,  in  cui 
la  metropoli  verrebbe  divisa.  L'antico  e  venerabile  tiiolo  di  Alderman 
dovrebbe  rimanere  abolito,  ma  il  municipio  conservare  il  pieno  godimento 
di  tutti  i  suoi  beni.  Quaoturique  non  sia  per  anco  decorso  un  tempo  suf- 
ficiente  a  prendere  in  maturo  esame  le  singole  disposizioni  del  6^77,  si 
manifestano  gia  da  varie  parti  indizii  precursori  d'una  vivace  opposi- 
zione. II  carattere  d'accentramento,  ond'esso  e  improntato,  sara  proba- 
bilmente il  punto  principale  dell'assalto,  al  quale  serve  di  ragionevole 
motive  la  gloria,  che  porta  seco  lo  stabilimento  di  un  s)  esteso  potere 
municipale  oel  seno  stesso  della  nazione.  II  ministero  dovra  ascrivere  a 
gran  ventura  di  uscire  illeso  dalle  acque  perigliose,  che  gli  staono  di- 
nanzi,  e  ci6  tanto  piu  quanto  la  salute  del  signor  Gladstone  ha  in  quest! 
ullimi  tempi  destato  non  lievi  inquietudini.  Per  pochi  giorni  prima  delle 
vacanze  pasquali,  dovette  egli  lasciar  vuoto  il  suo  posto  nella  Camera  dei 
Comuni ;  ma  quando  vi  ricomparve,  la  sua  raenie  parve  dominare  impe- 
riosamente  gli  assalti  del  male  e  1'afTralimento  inseparable  dall' eta  sua 
avanzata.  In  nessun'altra  occasione,  forse,  avevano  prodotto  maggiore 
effftto  le  manifestaziooi  della  sua  splendi Ja  e  ammaliatrice  eloquenza.  Lo 
stato  di  confusiooe,  in  che  la  Camera  trovossi  immersa  durante  1'  assenza, 
comparativamente  breve,  dt  lui,  non  puo  non  destare  le  piu  gravi  appren- 


i  lungo  o 

lh    sivn.i  ;    li:onfi. 

•••Mtn  cagiouato  dill* iOT6fttigtZiOM  d  'i   al- 

[toveri  in  1/wJra  ed  altroffi,  OOOtiooi  tutt'ira  in  L-  rile, 

'gaiiUHMgfOtd  6  prOpQ  'i-r.-siam  Hli 

!:<>.  .\l<"iui  li  qiicsti  dhe^ni  hanno  in  -e  . 'e  d«-l  buono,  ed  e 

;>erare  C!K  i  loro  autori  s'iu  lurano  a  pono  a  poco  ad  apprezzarc  j-iu 
profoiid-tiwnte  i  urandi  prifiripii  di  giustizia  e  di  carita,  cln-  soli   pos- 
niriMv  il  iii-'/zo  di  riparare  in  raodo  durevole  ai  lameotati  mali,  se 
possa  oltenersj,  almeno  in  pane,  una  cura  dei  mali  stessi.  lufiMttauio 
ilKulta,  che  i  relalivi  esperimenii  presentano,  e  materialmente  ac- 
•uiia  dulla  persistenle  depressione  del  commercio  e  dalla  mancanza 
di  lavoro  per  le  classi  operaie.  Vero  e  che,  in  compeuso,  la  primavera 
e  stata  maravigliosamenie  favorevole  alle  operaziooi  agrarie,  e,  se  non 
sopraggiungono  disgrazie,  un  copioso  ricolto  potra  recare  un  qualche 
sollievo  alia  presenie  disiretta  e  ricondurro  le  cose  a  piii  normal)  con- 
dizioni.  Per  esaminare  la  qu.'st-one  degli  alloggi  delle  classi  operaie,  e 
stat  t  nominala  una  regia  Commissiooe,  delta  quale  e  presideute  S.  A.  R. 
il  Principe  di  Galles,  e  uno  dei  merabri  Sua  Eminenzu  il  cardinale  Ar- 
civt'scovo  di  Westminster.  L\  designazione  dell'eccelso  Porporato  e  stala 
argomento  di  non  lieve  disguslo  per  il  parti  10  ullraprotestante,  disgusio 
r.  so  anche  pin  sensible  dal  faito  di  essere  il  nome  del  Cardinale  slalo 
posto,  n^gli  avvisi  delle  adunanze  della  Commissions,  immeJiaiamente 
dopo  qu>  llo  di  S.  A.  R.  6  cosa  proprio  consolante  il  vedere  un  Principe 
della  Chiesa  iniimamenle  associalo  ai  Principi  del  paese  nel  compiraeuto 
di  un' opera,  che  si  evidentemente  rientra  n»;l  duminio  della  Chiesa  me- 
desima,  quale  si  e  qu-lla  di  venire  in  aiuio  ai  poveri  e  dereliui  della  terra. 
E»,  !>-i  inorte  ha  qui  ullirnamente  rotato  la  sua  falce,  senza  nemmen 
risparmiare  la  pnrpora  regale.  II  principe  Leopoldo,  Duca  d'Albany,  ul- 
timo liglio  di  S.  M.  la  Rngina,  e  raorlo  improvvisamente  a  Cannes;  e  la 
sua  perdita  non  e  solo  stala  argomenlo  di  grave  lutlo  per  Taugusta  sua 
•.  ma  anche  di  profondo  rammarico  per  tutto  quanto  il  paese.  Lo 
stato,  sempre  malferrao,  di  sua  salute  lo  impedi  dal  prendere  una  pare 
molto  altiva  nella  Vila  puhblica;  ma  in  quella  poca,  che  vi  pote  pren- 
,  die  prove  di  non  coraune  intelhgenza  e  rara  bonta  di  cuore.  Queste 
doti,  unite  a  un  lenore  di  vita  irreprensibile,  lo  resero  caro  a  lutti.  11 
titolo,  che  maggiormeute  lo  raccomanda  alia  memoria  dei  superstiti,  e 
'jM'-llo  di  essersi  senopre  mostrato  pari  all'eccelso  suo  gradn ;  e  il  cor* 
doglio  cagionato  dall'iramaiura  sua  morte  e  reso  vie  piu  profondo  dalla 
sincera  simpatia,  che  ispira  la  regale  sua  Genitrice  colpita  da  una  per- 
dita, che  le  rinnova  il  dolore  di  altre  anco  piu  acerbe. 

I-.  hi  passala  quaresima  e  stala  per  1'Iughillerra  un  tempo  di  grande 
attivita  in  opera  di  spiritual!  esercizii  e  missioni.  In  tutte  le  chiese  di 


MU  CROIUCA 

M.-inch'Ster  e  di  Solford  furono  con  nohile  g;ira  tonulc  missioni  da 
s:i!it;iri(i<|ue  Religiosi  a  ppartenenti  ad  ordini  e  congrega/.iom  divcrst-.  Co- 
jiioso  ne  e  stato  il  fruttn,  e  ha  mostralo  che  la  Chiesa  fa  costanti  pro- 
gressi  nel  cuore  deidislretii  manifatlurii  ri.  Coo  egual  frulto  furono  tenute 
missioni  anche  in  Liverpool  ed  altrove.  Come  saggio  del  progre^o  (Mtiolico 
in  Inghilterra,  basti  citare  i  ragguagli  forniti  da  una  sola  diocesi.  II  \>- 
scovo  di  Birmingham  nella  sua  pastorale  di  mezza  quaresima  riepiloga 
come  segue  i  risultati  dell* opera  della  Chiesa  daccheegli  assunseoel  18i8 
la  cura  del  suo  gregge. 

«NeIl'anno  1848  il  numero  dei  preti  occupati  in  servizio  ddla  dio- 
cesi  era  di  86;  in  questo  momento  e  di  198.  Nel  1848  v'erano  in  diocesi 
due  piccole  comuuiti  di  Religiosi,  ambedue  le  quali  sono  in  seguito  scorn- 
parse;  ma  in  qupst'anno  vi  SOQO  cinque  comunita  di  Religiosi. 

«  Nell' anno  1848  v'erano  in  diocrsi  7  conventi  di  Religioso,  due 
de'quali  dedicavansi  ad  opere  di  carita.  In  quest'anno  vi  si  contano  36  case 
religiose  di  vari  ordini  o  istituti,  30  delle  quali  si  consacrano  ad  op<ire 
di  carita.  L'anno  passato  non  vi  esisievano  ne  orfanotrofii,  ne  altre  con- 
simili  istituzioiii  caritative,  ad  eccezione  di  una  casa  di  misericordia; 
nell'anno  presente  vi  esistono  2  case  di  misericordia,  2  orfanotrofii,  2  asili 
pe'  poveri  vecchi  e  2  ospedali  per  incurabili.  Toltone  un  solo,  tulti  questi 
istituti  sono  diretti  da  Religiose. 

«  Nell' anno  1848  v'erano  in  diocesi  73  missioni,  la  maggior  parte 
delle  qu*li  non  avevano  tuttavia  che  piccole  chiese  o  cappelle,  quantun- 
que  diverse  ne  fossero  gia  state  costruite  in  piii  vaste  proporzioni.  Da 
quel  tempo  in  poi,  sonosi  fondate  44  nuove  mission!  e  fabbricate  67  chiese 
nuove.  11  numero  effettivo  delle  pubbliche  chiese  oggidi  esistenti  e  di  100. 
A  queste  sono  da  aggiungere  17  cappelle  succursali,  di  cui  le  piii  sono 
sul  punto  di  diventare  missioni. 

«  Nel  1848  non  v'era  che  un  collegio  e  una  scuola  di  grammatica; 
adesso  vi  hanno  il  seminario  ecclesiasticn,  3  collegi  e  2  scuole  di  gram- 
matica  quotidiane  solto  la  diivzione  del  clero,  piu  due  altre  in  mano  di 
panicolari.  Nel  1848  1'istruzione  dei  fanciulli  del  pnpclo  non  aveva  per 
anco  ricevuto  il  suo  pieno  svolgimento,  e  non  esistevano  al  certo  nella 
diocesi  piii  d'una  dozzina  di  scuole  di  tal  fata.  Adesso  vi  si  contano 
158  scuole  cattoliche  per  21,095  fanciulli  cattolici  e  per  5,680  di  a'.tre 
confession!  ». 

Questi  dati,  i  quali  dimostrano  abbastanza  la  solidita  dell' opera  e 
de'  suoi  risultati  in  sola  una  diocesi,  che  ha  da  lungo  tempo  il  bene  di 
esser  governata  da  un  illustre  e  venerato  Vescovo,  questi  dati,  io  dico, 
trovano  un  riscontro  corrispondente  in  varie  altre  fra  le  piii  vaste  diocesi 
dell'Inghilterra. 

I  cattolici  proseguono  ad  agitarsi,  affine  di  mantenere  di  fronte  al  pub- 
blico  i  loro  diritti  per  ci6  che  riguarda  1'istruzione  priraaria.  A  giustificare 


i  papare 

urn  v-rli  di  altre  famig! 

un  xM-m.-i,  i  MOD  possono  essenzialrnente  appr 

•ro  lato  vit-ne  a  pns;ire  sopra  di  loro  1'owrv  ,li  nlucare  i  pi 
«ccoi  'tami  della  loro  coscienza  e  co'lnr  prnpri  m- / 

poi  risentano  alcuu  vnnl.ip^io  dalla  tassa,  ;il  cui  pagamento  r 
8CODO.  K  queslo  naturalmente  un  alto  d'ingi'isii^.i,  rli.-  mm  [ 

into  da  ohiiiwiue  accolga  nell'atiimo  sentiment!  di  lealia  e  n*  ri 
ceda  aH'ii.llurn/a  del  1  .  tinnnicoe  dell'empieta  de'nostri  porni. 

Sara  peraltro  difficile  die  la  questione  sia  portata  in  1'arlamento  durante 
il  p-  la  presen  >ne. 

La  nuova  regia  university  irlanlese  promote,  a  q  lanlo  serabra,  di 
essere  realmente  d'aiuto  ai  catt'dici  d'  Irhnd.i,  e  fors'M^o  a  quelli  d'ln- 
ghilterra.  Una  porzione  dell'edidzio  universilario,  situalo  in  S».  Ste- 
phen's Gret'n  a  I)ul)lino,  6  stata  asst-^riiala  ai  PP.  dHla  Compagnia  di 
Gesii,  i  quali  poiurono  ogni  impcgno  a  destinarvi  un  locale  per  ricevere 
quei  giovani  abitanti  a  cert  a  distanza,  che  desiderino  seguire  i  corsi  d»  1- 
1' universitA  stessa.  In  questa  pane  i  Inro  sf»rzi  sono  stati  coronati  da 
Gli  studenti  matricolati,  che  frequentano  le  lezioni,  ascendono 
a  78;  fra  questi,  60  vi  assistono  il  giorno,  i  riroanenti  la  sera.  Giova 
porre  a  confronto  questo  numero  con  quello  degli  alunni  addetti  al  col- 
legio  dell -i  Regina  a  Cork,  dove  non  piii  di  36  6  dato  di  coritrapporne 
ai  78  del  collegio  cattrlico  in  Dublmo.  Un  tale  stato  di  cose  potrebbe 
benissimo  servir  di  fondamento  per  esigere  un'equitativa  partecipazione 
alle  dntizioni  del  collegio  della  Regina,  peroc<-h6  chi  lavora  ha  diritto 
di  essere  correspt'ttivamente  retrihuito.  Potrebbe  f«..rse  accadere  che  al 
collegio  universitario  ratlolico  fosse  riserbalo  il  vanto  di  supplire  fino 
ad  un  certo  punto  alia  mancanza,  cotanto  affl-ggente  per  1'Inghilterra, 
d'un  corso  universitario  corapletn. 

I  rattolici  di  Scozia  ban  perduto  molto  per  la  mnrte  del  signor  Ro- 
berto Monteiih  di  Carstairs,  caraeriere  d'onore  del  S.  Padre,  il  quale 
f-re  per  lungo  tempo  di  sfe  bella  mostra  in  tutti  i  movimenli  cattolici. 
Questo  risji.-tt  I)  le  signore  era  un  convertito  alia  Chiesa,  nel  cui  seno 
egli  entr6  nella  piena  mnturita  delle  doti  intelletttiali,  ond'era  in  grado 
erainente  fornitn,  e  si  consacrb  al  progresso  dell' opera  sacrosanta  di  lei 
con  una  generosila,  di  cui  raramente  si  vide  1'eguale.  N6  i  suoi  servigi 
rimasero  circoscrilti  a  parole,  che,  provvisto  com' era  di  larghe  sostanze, 
si  guardo  bene  daU'ofTerire  a  Dio  quello  sollanto,  che  non  gli  costasse 
niente.  Una  magnifies  chiesa  e  residenza  per  il  clero,  con  un  vasto  or- 
fanotrofio,  al  cui  staNiliraento  aveva  liberalmente  contribuilo,  e  uno  spe- 
dale  diretto  dalle  Sucre  di  carita,  nella  fonda/.ione  del  quale  aveva  egual- 
nn'tite  avuto  gran  parte,  sono  splendid)  monument)  ddi'opera  sua  indef- 
e  i^piraU  a  sentimeoti  di  nobile  devozione.  11  signor  Monteiih  compifc 


;,K>  CRONACA    CONTEMPORANEA 

i  suoi  studii  col  laurearsi  nell'universita  di  CambriJg*,  dove,  prim 


i  *uoi  gradi,  ebbe  a  corop:»gni  molti  giovani,  che  han  poi  co- 
perto  tin  posto  ragguardevole  fra  i   pubblici   ufficiali,  come   san-l>' 
Lord  Tennyson,  Lord  Houghton,  il  Trench,  il  Lushington  e  1'Alford,  coi 
iju.-ili  si  mantenne  in  amicizia  lino  agli  iiltimi  giorni  di  sua  vita,  ri' 
stante  la  sua  conversione  al  callolicismo.  Quantunque  dotato  di  tut! 
qualita,  die  richiedonsi  per  la  vita  pubMica,  egli  non  vi  entr6  giamnuii; 
per6  prese  serapre  una  parte  vivissima  a  tutte  le  question!  d'  inter. 
pubMico,  si  all'interno  come  all'esterno,  nfll'apprezzamento  delle  quali 
fu  sempre  guidato  da  fina  percezione  e  da  principii  inconcussi  di  giu- 
stizia  e  di  verita.  Questo  si  notava  piii  special  roente  in  lui  a  proposito 
di  question!  inlernazionali,  rispetto  a  cui  egli  deplorava  profondamente 
lo  stuto  di  confusione  e  di  assoluta  dimenticanza  dei  piu  elementari  jTir:- 
cipii  di  gius  naturale  e  internazioiale,  in  cui  le  m-'iiti  umane  sono 
dute  sotlo  1'influsso  dello  spirito  di  egoismo,  d'amhizione  e  d'enopia  vio- 
lenza,  che  e  Tunica  grande  caratteristica  del  nostro  tempo.  Sia   pace 
air.mima  sua! 


L'AVVENIRE  DELIA  PLEBE1 


i. 

Tolti  di  mezzo  i  sistetui  eraancipatori,  di  ctii  gia  toccammo 
nell'articolo  precedente,  perchd  condannati,  oltrech&  dalla  reli- 
gione,  dal  buon  senso  e  dalla  naturalo  probita,  vediarao  adesso 
donde  convenga  dar  principio  aU'emancipazione  della  plebe,  e 
per  quali  vie  andarle  preparando  nn  migliore  avvenire.  Impe- 
rocch6  e  evidente,  che  ua'impresa  di  tanto  rilievo,  la  quale  ha 
per  fine  un  soggetto  cosl  nobile  e  cosl  grande,  dee  avere  tracciata 
la  via  e  ben  definiti  'i  mezzi,  affinch&  non  si  cada  nell'errore 
di  coloro,  che  danno  mauo  a  condurre  un' opera  senza  averne  stu 
diato,  ne  lo  scopo  che  si  vuole  raggiungere,  n&  i  modi  di  rag- 
giungerlo.  Anzi  quanto  6  piu  nobile  il  fine,  e  quanto  piu  grande 
1'oggetto,  ed  altrettanto,  pare  a  noi,  che  debba  essere  serio  e 
profondo  lo  studio  dei  mezzi  per  attuarlo  e  condurlo  a  termine. 

La  prima  cosa  pertanto  che  a  noi  sembra  indispensabile  per 
ristorare  le  sorti  della  plebe,  e  prepararle  un  avvenire  moral- 
mente  ed  econoinicamente  migliore,  6  di  conoscere  la  causa  mas- 
sima  delle  sue  sofferenze,  e  di  prowedere  alia  guarigione  dei 
inali  che  la  travagliano;  due  imprese  molto  difficili,  ben  lo  ve- 
diamo,  ma  necessarie  a  compiersi,  affinchd  si  venga  a  capo  di  dare 
una  soluzione  all'arduo  e  intrigato  problema  sociale,  che  agita  il 
secolo  nostro.  Invero,  qual  cosa  piu  difficile,  che  il  determinare  la 
causa  dei  mali  che  tormentano  ed  opprimono  la  povera  plebe, 
attesa  la  grande  disparita  di  pareri  che  su  questo  argomento 
dividono  i  pensatori  odierni?  Perocche,  a  sentire  certuni,  le 
miserie  della  plebe  non  vengono  che  dall' essere  o  no  preposto 
alia  cosa  pubblica  questo  o  quell* oomo,  da  un  provvedimento 
preso  o  pretermesso,  da  una  fazione  soverchiante  o  sopraifatta ; 
e  chi  ne  chiama  in  col  pa  i  balzelli,  i  debiti,  gli  sperperi;  chi 
il  caro  dei  viveri,  le  Industrie  languenti  e  gli  infruttuosi  travagli. 
1!  [iielli,  che  vanno  piu  a  fondo  nella  diagnosi  della  grande 

•  Yi-ili  qiif-in  voluiiH-,  jiag.  13i  o  s^g. 
Serif  XII,  vol.  VI.  fasc.  815  33  27  maggio  1884 


r»|'i  LAWKMIIK  DK;J-\  PLEBE 

infermita,  che  opprime  un  ceto  cosl  numeroso  dell'uiiiana  fa- 
miglia,  credono  avere  colto  nel  segno  additandone  la  fonte  nella 
forma  di  politico  reggimento.  Invece  a  noi  pare,  che  se  tutti 
i  mali,  onde  e  oppressa  la  plebe,  stessero  qui,  sarebbero  cosl 
poco  teinibili  e  cosl  di  leggieri  curabili,  che  non  varrebbe  quasi 
la  spesa  di  anti venire  1'opera  del  tempo;  ina  che  si  tratti  di 
un' infermita  mille  volte  peggiore,  di  cui  quelli  non  sono  che 
sintomi,  e  neppure  i  pift  gravi.  Or  ecco  quello  che  bisogna 
assolutamente  dibattere,  per  giungere  a  conoscere  la  vera  e 
principale  causa  dei  mali  che  straziano  il  quarto  ceto. 

II. 

A  chi  guardi  la  cosa  al  luine  degli  eterni  principii  che  Dio 
impresse  nel  cuore  degli  uomini,  non  riuscira  malagevole  di 
scoprire  la  causa  di  questi  mali  nell'  azione  corrompitrice  della 
massoneria  borghese.  Infatti  niuno  oggigiorno  ignora  che  i 
progress!  della  setta  niassonica,  da  oltre  un  secolo,  sono  opera 
della  borghesia,  la  quale,  per  assodare  il  suo  impero  ed  esten- 
dere  la  sua  malefica  influenza,  si  e  costituita  in  congrega 
promotrice  e  dirigente  dell'empia  setta,  i  cui  propositi  di  di- 
struggere  la  religione  e  lo  Stato,  non  meno  che  la  famiglia  e 
la  proprieta,  non  sono  piu  un  mistero  se  non  per  chi  ha  occhi 
e  non  vede,  ha  orecchie  e  non  sente.  Ora  lavoro  indefesso 
della  borghesia  massonica  &  stato  di  attirare  a  se  e  di  mettere 
sotto  il  suo  patronato  la  plebe,  pur  di  averla  facile  e  maneg- 
gevole  struinento  ai  suoi  biechi  disegni.  Sventuratamente  Tesito 
6  stato  superiore  alle  speranze  della  tenebrosa  congrega,  perche 
tra  noi,  nel  breve  giro  di  un  quarto  di  secolo,  per  mezzo  delle 
Society  di  mutuo  soccorso,  e  col  pretesto  di  beneficenza,  gran 
parte  del  nostro  popolo  e  caduta  sotto  la  balia  del  massonismo 
borghese.  016  spiega  il  perche  la  nostra  plebe,  per  lo  innanzi 
immune  dai  vizii  onde  e  contaminata  la  borghesia,  ne  e  ora  nelle 
citta  per  piu  di  un  terzo  infetta,  con  pericolo  che  il  contagio  si 
comunichi,  tosto  o  tardi,  a  quella  parte  che  ne  e  esente,  e  quindi 
con  la  certezza  di  vederci  anche  noi  ridotti  allo  stato  in  cui 
al  presente  si  ritrovano  la  Francia  e  la  Gerraania.  E  come  no? 
Non  gia  viziando  e  corrorapendo  la  plebe,  ma  ridestando  in 


L*  A  .  RBI  •"'  1  •"> 

essa  forti  e  operos.'  virtu  si  rende  questa  attiva,  sobria  e  os- 
sequente;  od  e  insipienza  il  credere  che  queste  si  forti  ed  operose 
virtu  si  possano  acqnistare  senza  la  virtu  di  qnella  religions, 
che  da  diciannove  secoli  predica  al  mondo  una  leggo  d'amore, 
che  abbraccia  tutti  i  ceti  e  tutte  le  condizioni  della  vita.  Ma 
la  borghesia  massonica  non  1'intende  punto  cosl:  ambiziosa  di 
sovrastare,  e  intesa  piu  che  altro  a  far  tutto  ricadere  nella  sua 
orbita  e  nel  suo  vortice,  ha  creduto  e  crede,  che  il  miglior  modo 
di  assicurare  la  sua  tirannide  e  i  suoi  monopolii,  sia  appnnto 
quello  di  inocnlare  1'ateismo,  nel  ceto  che  vuol  tenersi  cieco 
strumento  delle  sue  ambizioni. 

E  che  noi  non  diciamo  cosa  Ionian  a  dal  vero  lo  prova  qnello  che 
il  frammassone  Liebknetcht  scriveva  nel  1879:  «  Perche  1'opera 
nostra  trionfi,  e  I'azione  rivoluzionaria  raggiunga  il  suo  scopo,  e 
assolutamente  necessario  che  si  tolga  ogni  simbolo  religiose  al- 
1'operaio  comeal  contadino;  finche  questi  vivranno  sotto  il  giogo 
del  prete,  e  follia  sperare  di  averli  maneggevoli  e  conniventi.  > 
Al  congresso  della  Lega  della  Pace  e  della  Liberia,  che  si  tenne 
a  Berna,  nel  1869,  sotto  la  presidenza  di  Vittor  Hugo,  qual  fu 
Timpegno  che  i  democratic!  borghesi  assunsero  per  fondare  e  pro- 
pagare  la  loro  Alleanza?  Che  questa,  non  solamente  si  dichiarasse 
atea,  ma  che  di  questo  suo  ateismo  si  facesse  una  propaganda 
assidua,  attiva,  efficace  in  niez/o  ai  diseredali  figli  del  popolo, 
doe  dire  alia  classe  di  tutti  i  non  abbienti,  che  non  hanno 
perche  non  possono  avere '.  Leggasi  cid  che  il  famoso  Bakou- 
nine  scrivea  nel  1872  nella  sua  Teologia  politica  di  Mazzini. 
«  II  popolo  dev'essere  il  nostro  braccio;  ma  perche  questo  braccio 
non  sia  inerte,  e  mestieri  che  lo  si  franchi  dalla  credenza  in 
Dio  e  in  una  vita  fntura.  Non  basta  che  1'ateismo  regni  nello 
stato  maggiore  della  grande  armata  rivoluzionaria,  e  d'uopo  che 
penetri  in  ognuno  dei  gregarii  di  questo  esercito:  allora  saremo 
invincibili.  >  Queste  citazioni  ben  potremmo  moltiplicaro  all'iu- 
finito;  ma  qual  pro?  Non  abbiamo  noi  i  fatti  che  dicono  piu 
delle  parole? 

Che  cosa  vediamo  noi  infatti  in  Italia,  da  che  la  massoneria 
borghese  se  n'e  fatta  signora?  Innanzi  tutto  s'e  confuso  il  pa- 

1  I  Le  Socifiliftmc  Conttmporain,  cap.  IV,  229. 


516  L'AVVENIRE  DELLA  PLEBE 

triottisrao  coll'incredulita,  e  offesa  la  coscienza  popolare  con  tntta 
la  immaginabile  prepotenza;  indi  al  popolo  denudato  s'e"  dato  lo 
spettacolo  di  una  guerra  sorda  ed  implacabile  controquegli  :tltari, 
a  cui  egli  confida  i  proprii  dolori  e  le  proprie  pene;  e  finalment1, 
con  esecranda  tirannide,  ne  hanno  abbandonati  i  figli  alia  mer- 
cede  di  maestri  brutalmente  empii,  perche  con  dottrine  da  demonii 
avessero  a  corromperne  la  inente  e  il  cuore.  Parliamo  di  cose 
note  a  tutti,  e  delle  quali  gli  stessi  giornali  del  liberalismo  non 
ban  potuto  tacere,  tanto  e  stato  spa vente vole  il  guasto  che  han 
prodotto;  e  per6  non  vi  insisteremo  sopra.  Ma  la  inassoneria 
borghese,  che  con  fallaci  promesse  avea  fatto  intendere  alia 
nostra  plebe,  esser  venuto  il  tempo  di  emanciparla,  non  s'e  tenuta 
a  questo  solamente.  Perocche,  non  paga  di  strappare  al  popolo  il 
culto  del  suo  Dio,  ha  dato  opera  a  pervertirne  il  costume. 

III. 

II  pervertimento  di  fatto  e  si  sensibile,  si  spaventevole  il  pro- 
gresso  del  male,  che  ci  crediamo  obbligati  a  parlarne  con  un  lin- 
guaggio  piu  dell'iisato  duro  e  acerbo.  Invero,  se  con  un  paragone 
tra  1'odierna  corruzione  della  plebe  italiana,  per  opera  della 
massoneria  borghese,  e  quella  antica  di  Roma  o  di  Venezia  tra- 
lignate,  noi  volessimo  provare,  esser  quella  della  presente  meno 
guasta  faremmo  opera  vana.  E  pongasi  pure  che  fosse:  ma  ci 
sovvenga  anche  di  quelie,  quando  furono  con  tanto  lor  pro  mori- 
gerate ;  e  qual  supplizio  patirono  quando  cessarono  di  esserlo.  E 
badisi,  che,  se  men  corrotta  e  la  nostra  plebe,  non  lo  e  poi  di 
molto.  Ma  lasciamo  da  parte  i  paragoni,  e  veniamo  ai  fatti.  II 
lavoro  della  massoneria  borghese  per  guastare  la  plebe,  e  stato 
indefesso  e  di  un  esito  da  far  ribrezzo,  se  si  guardi  ai  mezzi 
posti  in  opera.  La  lussuria  avea  pur  troppo . anche  tra  noi,  prima 
della  tirannide  massonica,  i  suoi  turpi  ostelli;  questa  invece  ne 
aperse  alia  plebe  parecchi  in  citta  e  in  vie  dove  non  c'erano,  e  li 
rese  molto  piu  accessibili  e  frequentati.  E  sopratutto  rese  coatta 
Tignominia  con  una  durezxa  e  un'impudenza,  di  cui  dianzi  non 
s'avea  alcun  saggio.  Ne  soddisfatta,  intendiamo  sempre  la  mas- 
soueria  borghese,  d'avere  con  si  perfidi  spedienti  convertito  in 
istituto  pubblico  ci6,  che  era  innanzi  una  piaga  nascosa,  convert! 


L'A  \    PLEBE  ">1T 

i  pnbbliri  spettacoli  iturnali,  dove  1'udito  e  il  guardo 

(11  popolo  possono  di  una  laida  lubricita  dilettarsi:  la  quale  tal 
fiata  scoppia  in  un  sordo  e  concitato  fremito,  che  par  quello  di 
una  nial  repressa  e  bestiale  libidine.  Cos!  di  danzatrici,  nolle 
Arene  e  nei  Politeami  notturni  e  diurni,  pud  il  popolo  averne  e 
con  tenue  moneta,  assai  piu  degli  anticbi,  numerose  e  procaci 
squadrc.  Anzi  in  parecchie  citta  le  allevano  gli  stessi  municipii, 
colla  pecunia  pubblica  e  col  ritratto  dei  balzelli.  8e  non  che,  a 
rendere  lo  spettacolo  piu  impudicamente  lubrico,  con  arte  fin  con- 
dannata  dai  pagani,  le  misere  vittime  della  pravita  borgbese 
prendono  atti  sconci  e  raovenze  ancor  piu  sconce,  per  far  piacere 
a  quel  popolino  cui  I'infame  setta  vuol  in  tal  guisa  imporre  il 
suo  giogo.  Onde  non  par  vero,  quando  delle  parigine  ridde  si 
yeggono  ancora  sulle  scene  italiane  gli  ardui  salti,  e  delle  pa- 
rigine operette  si  odono  i  lazzi  indecenti.  Delle  quali  e  delle 
altre  scede  teatrali,  che  di  cola  vengono,  avrebbero  avuto  ver- 
gogna  gli  Ateniesi  del  secolo  di  Pericle,  e  i  Itomani  di  Tiberio. 
Le  Commedie  del  Qoldoni  e  le  Fiabe  del  Gozzi,  che  pur  tanto 
esilaravano  i  veneziani  guasti  del  secolo  scorso,  sembrano  spassi 
da  fanciulli,  in  paragone  delle  salaci  facezie,  che  debbono  ora 
muovere  il  riso  alia  plebe  spettatrice.  Vuolsi  ben  altro  per  edu- 
care  il  popolo,  che  vecchi  burberi  e  giovani  scempii,  e  matrone 
scervellate,  e  zittelle  pettegole,  e  fate,  e  fauni.  Bisogna  che  i 
sacerdoti  compaiano  sulla  scena  in  veste  da  farabutti,  i  re 
da  mariuoli,  gli  eroi  da  gradassi,  i  raariti  da  ebeti,  e  tutti  con 
sonagli  da  buffoni.  Non  ha  piu  da  rider  d'altro  la  plebe,  se 
non  che  della  religione  offesa,  della  gloria  umiliata,  dell'onesta 
vilipesa,  della  fedelta  insidiata,  della  castita  sedotta  e  della 
virtu  vinta. 

Per  ventura  la  plebe  legge  poco:  uia  con  quel  poco  ne  ha 
abbastanza  per  essere  avvelenata  dai  cattivi  libri,  che  a  pochi 
centesiuii  le  forniscono  |e  appendici  dei  giornali,  e  le  Libr 

•fanfi.  La  massoneria  borghese  ha  moltiplicate  in  numero 
sterminato  queste  letture,  per  uso  e  consumo  della  plebe.  II 
romanzo  casareccio,  e  non  piu  il  cavalleresco,  e  il  pabolo  piu 
ordinario  che  s'imbandisce  dagli  abusatori  della  starapa,  a 
corrornpere  ranima  del  popolo,  e  fargli  sentire  piu  vivo  il  pun- 


518  L'AVVEMRE  DELLA  PLEBE 

golo  delle  passion!  sbrigliate.  Se  non  che  niuno  pensi  che  in 
quelle  letture  si  vedano  ripetute  le  laidezze  del  novelliere  di 
Certaldo,  e,  stiamo  anche  per  dire,  quelle  del  Berni,  dell'Aretino, 
del  Casti  e  del  Batacchi:  le  son  cose  quelle  troppo  vecchie  o 
troppo  classiche,  per  la  plebe  educata  alia  scuola  della  masso- 
neria  borghese.  La  materna  lingua  in  cui  scrissero  e  si  togata, 
che  non  pu6  acconciarsi  alle  buffonerie,  si  scultoria,  che  non  pu6 
dissimulate  la  leggerezza,  si  pura,  che  non  pu6  esprimere  la  osce- 
nita,  si  limpida,  che  uon  puo  nascondere  la  sozzura.  Bisognava 
trovarne  una  che  togliesse  al  vizio  le  forme  ripugnanti  e  odiose. 
Ci6  non  bastando,  bisognava  anche  canonizzarlo,  concedere  ai 
•viziosi  la  stima  ai  virtuosi  negata,  far  palpitate  pel  rischi  di 
un'adultera,  e  piangere  per  le  disgrazie  di  una  cortigiana.  II 
che,  se  non  e  1'intento  di  inolti  celebrati  romanzi  e  drainini 
odierni,  quando  a  dirittura  non  si  occupino  di  stragi,  di  processi 
scandalosi  e  di  delitti  infami  e  inauditi,  non  sappiaino  qua!  altro 
sia.  Ma  siccome,  mescolando  e  rimescolando,  si  manifesta  sempre 
la  schifezza  delle  lordure,  s'  e  trovato  di  sostenere  che  non  ci  sia 
altra  belta,  ne  altro  profumo.  Y'e  anzi  una  scuola  letteraria  anche 
tra  noi,  che  chiama  verismo  codesto  pattume:  probabilmente 
perche  ella  non  vede  di  reale  e  di  vero  nel  mondo,  se  non  il  fango 
in  cui  si  avvoltola.  E  come  non  bastasse  il  lezzo,  in  che  ci  dob- 
biamo  aggirare,  una  poesia  da  bordello  o  da  cesso,  senza  piu 
alcuna  vergogna  o  ritrosla,  non  solamente  osa  sfidare  la  pubbli- 
cita,  ma  gode  accoglienza  e  protezione  senza  paragone  maggiore 
della  onesta.  E  se  non  eel  vietasse  il  proposito  di  stendere  un 
velo  sui  colpevoli,  potremmo  nominare  qualche  libercolo,  indegno 
per  tutti  i  conti  di  vedere  la  luce  del  sole,  e  nondiineno  stampato 
e  ristainpato,  ricerco  ed  offerto  anche  senza  dispendio  al  povero 
artigiano  e  al  contadino,  perche,  nelle  scarse  ore  di  riposo,  rin- 
franchi  le  forze  affrante  dal  lavoro  e  s'ispiri  alle  nobili  e  gentili 
idee  di  una  letteratura,  che,  per  renders!  popolare,  s'e  fatta 
triviale,  iinpudica,  blasfema.  Cosl  si  e  venuto  a  mano  a  mano 
depravando  il  costume  della  plebe,  senza  naturalmente  che  ci6 
import!  all' autorita.  Perche,  se  si  trattasse  delle  minacce  ostili 
al  diritto  di  proprieta,  o  si  trattasse  del  sovrano  potere  politico  o 
di  un  articolo  quale  che  sia  dello  Statute,  sarebbe  altra  cosa ;  ma 


l.V 

si  tratta  di  Dio,  della  religione,  del  pudore...  SI,  la  massoneria 
borghese  non  risparmia  ne  fatiche,  ne  quattrini  pur  di  corrom- 
pere  la  plebe,  e  sarebbe  cecita  il  non  vedere  le  funeste  conseguenze 
<li  -jii  -sta  depravazione,  che  a  guisa  di  marea  va  serapre  mon- 
tando,  senza  che  si  scorga  da  chi  e  donde  possa  venire  il  rimedio 
ai  pericoli  che  ci  minacciano. 

IV. 

Gli  effetti  di  cui  parliamo  sono  le  spaventevoli  cifre  delle 
nostre  statistiche  criminali,  che  e  quanto  dire:  i  suicidii,  le 
coltellate,  i  borseggi,  i  ricatti,  le  lettere  di  scrocco,  gli  scioperi, 
le  rivolte  contro  la  forza  annata,  gli  attentati  al  pudore,  le  be- 
stemmie,  il  dispregio  delle  cose  sacre,  gli  scandaiosi  processi  che 
si  avvicendano  con  una  rapidita  da  far  paura,  e  gli  omicidii,  per 
cui  1' Italia  e  venuta  in  voce  di  essere  la  nazione  classica,  dei 
delitti,  la  terra  dove  la  plebe  sta  per  diventare  in  fatto  di  ab- 
brutimento,  emula  della  parigina,  della  londinese  e  della  tedesca. 
C'e  chi  si  consola  dei  progress!  economic!  che  in  un  quarto  di 
secolo  ha  fatti  1' Italia,  e  scioglie  un  inno  ai  prodigi  operati,  in 
s\  breve  intervallo  di  tempo,  dalla  industria  nazionale.  Noi  non 
sappiamo  quanto  sia  di  vero  in  questi  sfoghi  d'amor  proprio  na- 
zionale, e  sino  a  qual  puuto  sieno  reali  questi  progressi;  quel 
che  sappiamo  di  certo,  e  niuno  osera  smentirci,  si  e  che  la  plebe, 
alia  quale  i  retori  e  gli  scribi  della  rivoluzione  avean  fatto 
splendide  promesse,  senza  punto  migliorare  dal  lato  economico,  $ 
grandemente  scapitata  dal  lato  morale  e  religioso,  e  che  questo 
discapito  e  visibile  a  tutti,  n&  da  forse  a  sperare  che  cessi,  perche 
dove  le  cause  sono  sempre  le  stesse,  uopo  d  che  sieno  sempre  gli 
stessi  per  numero,  per  qualita,  per  frequenza  gli  effetti. 

Eppure  no!  II  rimedio  che  non  sa  e  non  puo  trovare  il  libe- 
ralisino,  per  far  cessaiv  i  mali  che  travagliano  la  nostra  plebe, 
e  i  pericoli,  che  da  questi  mali  derivano  all'ordine  sociale,  il 
rimedio  ci  e;  e  non  e  nuovo,  ma  antico,  quanto  e  antica  quella 
r-'ligiomj  che  venne.  a  riabilitare  I'umanita  subissata  da  quaranta 
secoli  di  corruzione  e  di  errore.  Coloro  dunque  che  si  spaventano 
perche  vedono  sorgere  anche  tra  noi  lo  spettro  del  quarto  stato, 


520  L'AVVENIRE  DELLA  PLEBE 

e  gridano  allarme,  coine  se  un  novello  Brenno  fosse  alle  porte  di 
Roma,  sappiano  che  non  si  va  incontro  al  proletario  fremente,  ne 
si  spegne  nelle  sue  mani  la  face  della  distruzione,  n&  gli  si 
strappano  le  scatole  di  dinamite  e  i  barili  di  petrolic,  a  furia 
di  combinazioni  statistiche,  o  creando  corapagnie  di  reciproca 
assicurazione  fra  gli  operaii,  contro  i  danni  economic!  delle  ma- 
lattie  (e  perch&  no  anche  contro  gli  stravizii  ?)  II  proletario  in- 
fatti  ne  ha  imparato  ed  indovinato  il  segreto;  ed  alle  sonore 
frasi  delle  filantropiche  offerte,  ed  a  questa  foga  di  rettorica 
per  consolare  le  sue  miserie,  a  questo  diluvio  di  morale  indi- 
pendente  per  temperare  le  sue  impazienze,  oppone  con  piglio 
altero:  «  Che  cos' 6  la  vostra  morale,  e  in  che  consiste  la  vostra 

<  onesta  ?  Ci  dite  che  e"  morale  quello  che  e  conforme  ad  onesta, 
«  ed  onesto  quello  che  e  conforme  alia  morale,  e  chi  6  onesto  e 
«  morale  compie  il  suo  dovere.  Ma  chi  c'  iinpone  questo  dovere, 
€  e  a  qual  fine  dobbiamo  noi  privarci  di  tutto,  noi  simili  ai  ricchi 
€  borghesi,  eppure  costretti  a  mangiare  affaticati  ed  oppressi 
«  il  pan  nero  e  la  cipolla,  mentre  i  nostri  padroni  si  riposano 
«  dalla  fatica  di  avere  scritto  libri  sulla  questione  sociale,  in 
«  mezzo  ai  geniali  ritrovi,  ed  ai  lauti  conviti?  I  chiappanuvole 
«  e  gli  utopisti  della  borghesia  non  hanno  che  a  sedere  a  tavola, 

<  per  iinpinzare  il  ventre,  mentre  noi  duriam  fatica  a  trovare 
«  un  tozzo  di  pane!  Che  iinporta  a  noi  del  progresso,  se  le 
«  ruote  del  suo  carro  infrangono  le  nostre  braccia ;  se  il  vapore 
«  trascina  i  gaudenti  da  un  quartiere  d'  iuverno  sacro  alle  danze 
«  e  ai  bagordi,  ad  una  spiaggia  ridente  refrigerata  dalle  aure 

<  marine ;  se  il  gaz  o  la  luce  elettrica  rischiarano  i  loro  spet- 
<c  tacoli,  e  il  telegrafo  serve  ai  loro  giuochi  di  borsa,  quando 

<  per  noi  non  rimane  che  stancarci  lungo  il  cauirnino  fra  il  tu- 
«  gurio  e  1'  officina,  coricarci  al  buio,  e  pagare,  cogli  assottigliati 
«  salarii  e  nei  bruschi  congedi,  la  differenza  delle  loro  pazze 
«  speculazioni  e  gli  scialacqui  delle  loro  orgie?  > 

Ecco  come  parla  il  popolo,  che  i  retori  della  borghesia  vor- 
rebbero  pascere  di  nuvole  e  di  vento:  Felice  Pyat  lo  ha  detto; 
«  II  popolo  e  il  piil  grande  logico  che  esista,  non  inanca  niai 
«  di  concluderc.  >  E  qael  generoso,  che  dei  circoli  operai  fran- 
cesi  e  1'apostolo,  il  conte  De  Mun,  con  vigore  di  maschia  e 


L'AVVEMRE  DELLA  n.i  -VJI 

severa  eloquenza,  cosl  dipingeva  teste  Tavveramento  di  quelle 
parole,  nella  raoderna  societa:  «  Quando  gli  uomini  dell' 89  ban 
messo  alia  porta  Dio,  ed  hanno  costitnito  a  proprio  loro  torna- 
conto  una  societa  puraraente  umana,  credevano  e  credono  di 
arrestare  il  corso  fatale  della  rivoluzione  e  a  furia  di  grandi 
e  sonore  parole,  farsi  padroni  dello  spirito  del  popolo,  e  impe- 
dirgli  di  trarre  le  conclusioni  dei  loro  principii.  Ma  s'ingan- 
narono  a  parti  to.  II  popolo  va  flno  in  fondo,  e  un  bel  giorno 
loro  rinfaccia:  <  Voi  mi  a  veto  tolta  la  speranza  del  cielo,  ed  i 
«  tiraori  dell' inferno:  mi  resta  per6  la  terra,  ed  io  Tavr6,  per- 
«  chd  io  sono  il  piu  forte.  > 

Questo  e"  parlar  giusto :  il  popolo,  non  vedendo  piu  questo  Dio 
che  gli  si  vuol  nascondere,  ma  non  potendo  dimenticarlo,  nella 
disperazione  delle  sue  miserie  Io  maledice,  e  gettandosi  forsen- 
nato  sui  beni  terreni,  se  ne  iinpadronisce  colla  violonza,  fino  a 
cbe  un  giorno,  di  delitto  in  delitto,  di  rovina  in  rovina,  non 
possa  salire  ebbro  di  sangue  e  cupido  di  vendetta  sni  ruderi 
dei  templi  e  dei  palazzi  incendiati,  gridando  in  una  suprema 
bestemmia:  —  Bisognava  pure  negare  Dio  per  potere  afferrare 
e  conquistare  davvero  la  sovrana  indipendenza  dell'uomo  —  Da 
questo  tremendo  connubio  fra  1'ateismo  e  la  disperazione  d  nato 
il  disordine,  1'anarcbia,  la  dissoluzione  sociale  cbe  trionfano  o 
minacciano  il  mondo  odierno;  e  se  Dio  non  ci  aiuta,  la  cata- 
strofe  non  pu6  fallire. 

V. 

Dir&  taluno :  —  II  pericolo  che  ci  sovrasta  e  grande,  ma  non 
per  questo  si  puo  dare  piu  indietro :  la  socieU  e  progredita,  e 
a  volerla  fare  andare  a  ritroso  si  rischierebbe  di  precipitare  in 
un  altro  abisso.  Ora  il  rimedio  che  ci  proponete,  oltreche  stu- 
.pido,  e  senza  efficacia,  impossibile.  Vorreste  ritornare  p.  e.  ai 
tempi  delle  corporazioni  delle  arti,  tempi  che  il  progresso  ha 
colpito  di  anatema,  perchfc  toglievano  la  grande  autonomia  del- 
1'individuo,  per  confonderlo  nella  personality  del  consorzio  e  del 
comune,  quel  progresso  che  ha  fatto  libero  T  individuo  di  fronte 
allo  Stato,  e  1'operaio  di  fronte  al  capitale?  — 

E  noi  rispondiamo:  E  falso  in  primo  luogo  che  il  progresso 


L'AVVEMRE  DELLA  TLEBE 

abbia  portato  1' autonomia  dell'individuo,  emancipandolo  dalla 
dipendenza  del  consorzio  e  del  comune;  poichfc  a  questa  dipen- 
denza  ristretta  ne  ha  sostituito  ua'altra  piu  vasta,  piu  assor- 
bente  e  piu  tirannica,  com'e  quella  dello  Stato,  che  ha  con- 
centrato  tutto  nelle  sue  mani,  e  con  un  dispotismo,  che  ricorda 
quello  del  Cesarisino  pagano,  s'impone  all'uomo,  dalla  culla  alia 
tomba,  e  non  gli  lascia  che  una  derisoria  autonomia.  Ora  lo 
Stato,  divenuto  onnipotente,  non  s'e  lasciata  fuggire  1'occasione 
di  comandare  all'operaio,  di  soggettarlo  ai  suo  ferreo  giogo,  e 
per  averlo  a  s6  ligio,  ha  costituite  in  ente  morale  le  Soc, 
di  mutuo  soccorso.  E  cora'esso  e  ateo,  cosl  ha  preteso  pure  che 
rateismo  aniinasse  cosi  fatte  Societd.  II  tanto  vantato  progresso 
dei  tempi,  se  ben  si  guardi,  non  si  riduce  adunque  che  ad  una 
sostituzione  dello  Stato  al  Comune,  e  della  sua  ferrea  volonta 
ai  regolamenti  delle  corporazioni  delle  arti,  con  questo  per  giunta, 
che  il  novello  padrone  ha  tolto  alle  corporazioni  1'immagine  di 
quel  Crocifisso  che  spiccava  fra  inille  faci  nelle  chiese  dei  con- 
sorzii  operai;  che  precedeva  nelle  pie  peregrinazioni  degli  ar- 
tefici  e  dei  contadini;  lieti  nel  canto  di  canzoni  di  vita,  non 
frementi  nel  ruggito  d'inni  di  morte;  quell' immagine  che  dice 
ancora  qualche  cosa  all'operaio  moderno,  ebbro  di  sangue  ed 
anelante  alia  vendetta  della  suprema  liberta  della  rapina.  A 
questa  santa  effigie  di  Colui,  la  cui  morte  fu  cagione  che  finisse 
nel  inondo  la  servitu  obbietta  della  mente  e  della  mano,  che 
cosa  invece  ha  sostituito  lo  Stato  moderno?  II  freddo  labaro 
della  rivoluzione  ed  i  mendaci  embleini  del  massonismo! 

£  falso  in  secondo  luogo,  che  il  progresso  moderno  abbia 
reso  1'operaio  Jibero  di  fronte  al  capitale.  Se  fosse  cosi,  come 
spiegare  la  guerra  che  oggigiorno  1'operaio  ha  intimata  al  ca- 
pitale? Non  e  egli  evidente,  che  gli  eccessi  delPuno  hanuo 
provocato  1'odio  dell'altro?  E  perche  il  capitale  e  diventato  in 
oggi  oppressivo?  Sol  perch6  e  diventato  il  protetto,  il  favorito, 
il  complice  del  dispotismo  dello  Stato.  Ben  altrimenti  andavano 
le  cose  quando  operaio  e  capitale,  padrone  e  servo,  borghesia 
e  plebe  erano  informati  dallo  spirito  del  Cristiauesimo,  e  per6 
stretti  insieme  dal  comune  vincolo  della  caritk  evangelica.  Allora, 
e  sono  i  nostri  vecchi  cronisti  che  ce  1'assicurano,  allora  al  suono 


L'AVVI:.MIU:  I.KI.LA  PLB8E 

giulivo  delle  campane  della  Chiesa,  in  mezzo  all' allegro  stuolo 
del  figli  accolti  in  briose  comitive,  in  quei  giorni  memorabili 
delle  feste  del  principalo  o  del  padrone,  dell'officina  e  dei  cam  pi, 
i^li  operai,  e  quei  contadini,  veri  fratelli  della  famiglia  di 
quel  buon  padre,  partecipavano  allo  domestiche  esultanze  di  lui, 
e  dalla  parca  sna  mcnsa  scendevano  bene  spesso  i  doni  graditi 
al  desco  della  famigliuola  dell'operaio  o  del  contadino.  Ora  quei 
tempi  e  quelle  istituzioni  scomparvero:  la  rivoluzione  e  passata 
ancho  tra  noi  come  il  vento  del  deserto,  ed  ha  tutto  disseccato 
o  distrutto.  Ma  lasciate  almeno  predicare  a  questa  plebo  av- 
vilita,  disperata,  delusa  dalle  fallaci  promesse  dei  retori  e  dei 
sofisti,  le  grand!  o  consolanti  verita  della  religione,  se  non  volete 
vedere  involta  la  civilti  e  la  liberta  del  mondo  in  un'orrenda 
catastrofe :  lasciate  che  al  disperato,  cui  si  rizza  dinanzi  il  fan- 
tasma  dell'avvenire,  e  per  cui  e  delitto  il  rubare,  e  tormento  il 
guadagnar  nulla,  lasciate  che  a  questo  disperato,  la  voce  tiinida 
di  una  povera  moglie  ripeta:  «  Oh  che  farnetichi  tu?  Hai  di- 
«  menticato  che  la  vita  e  dolore  e  sacrifizio;  che  di  questo  arcano 
«  si  rivela  il  segreto,  se  credi  al  peccato  dal  prinio  padre,  ed 
«  alia  seconda  vita  che  comincia  colla  morte?  Dimentichi  che  Dio 
«  nelle  sembianze  d'uomo  pativa  in  croce,  per  insegnare  a  noi 
«  che,  morendo  sull'albero  della  croce  e  non  cogliendo  i  frutti 
«  dell'albero  della  scienza,  diventiamo  Dei?  >  — Questi  insegna- 
menti  sfuggiti  dal  labbro  di  una  donna  cristiana,  hanno  certo 
una  grande  efficacia,  ma  ne  hanno  ancora  piu  se  partano  dalla 
bocca  di  un  prete.  II  prete  vi  aggiungerebbe:  —  «  Popolo,  po- 
«  polo,  non  ti  lasciare  sedurre  dai  tiranni  borghesi,  tutti  qual 
«  piu  qual  meno  arreticati  dalle  empie  sette  che  dominano  oggi 

<  nel  mondo :  non  ascoltare  i  loro  falsi  insegnamenti,  che  anche 

<  tu  saresti  abbandonato  e  deriso  da  quei  furbi,  che  prima  di 
«  scagliarti  alia  strage  s'involeranno  colle  spoglie  piu  opime 

<  della  preda.  E  quale  conforto,  qual  bene  ne  avresti?  > 

Ma  la  setta  truculenta  e  rapace  non  vuol  che  il  prete  si 
metta  aU'opera  di  acquetare,  in  nome  di  Cristo,  i  clamori  della 
plebe,  e  disarmare  la  sua  collera.  E  si  comprende  il  percbe : 
Essa  agogna  alle  rovine.  E  tal  sia!  Ma  sulle  rovine  fumanti 
si  aggireranno  ancora  i  ministri  di  Dio,  superstiti  all'eccidio: 


l/AVVEMRE   DELLA   PLEBE 

ai  loro  occhi  quella  catastrofe  apparira,  non  solo  come  una  severa 
condanna,  ma  come  una  espiazione  salutare,  ed  all'orecchio  del 
pingue  borghese,  fatto  pezzente,  ricorderanno  gl'ingiusti  lucri, 
le  dilapidate  sostanze  del  sacri  patriraonii,  le  crudeli  angherie 
sui  poveri  operai,  e  ne  additeranno  la  redenzione  nella  pazienza, 
nel  lavoro,  ma  soprattutto  nella  fede. 

VI. 

Concludiamo  ora,  che  n'6  tempo.  —  La  questione  dell'avve- 
nire  della  plebe  non  e  gi£  economica,  ma  bensl  morale;  perche, 
come  scrisse,  nel  1876,  Giulio  Simon,  sta  qui  per  appunto  ii 
segreto  di  questo  av venire.  <  Grande  e  potente  elemento  d'ordine 
€  e  di  pace,  egli  dice,  si  e,  non  il  miglioramento  materiale,  ma 

<  quello  morale.  Ottima  cosa  e  infatti  scendere  in  un  tugurio 
«  a  portarvi  la  scienxa  della  vita,  a  rianimare  ii  coraggio,  a 
«  porgere  un  arnese  ed  insieme  ardire  e  sicurezza.  Ma  se  si 

<  potesse,  se  si  osasse  dire  a  quelle  anime  sonnacchiose  una 
«  parola  di  verita  eterna,  di  speranze  verainente  fondate,  allora, 
«  ma  allora  soltanto,  quel  benefizio  non  cadrebbe  come  un  masso 
«  nei  vortici  dell'  abisso  per  destare  un  grande  rumore,  produrre 
«  un  movimento  di  qualche  secondo,  e  poi  una  silenziosa  ed 
«  eterna  immobilita.  » 

Come  non  e  bello  e  consolante  1'  udire  queste  cose  dalla  bocca 
di  uno  degli  antesignani  di  quello,  che  oggi  chiamasi  progresso 
civile?  Forse  che  a  questo  fine  non  mira  la  Chiesa  da  XIX  se- 
coli?  Volesse  dunque  il  cielo  che  la  societa,  tornando  a  lei  sul- 
rorme  di  una  logica  potente,  la  logica  dei  disinganni,  e  di  un 
ragionamento  stringente,  come  le  formule  di  un  calcolo  mateina- 
tico,  si  accingesse  a  preparare  per  la  plebe  un  migliore  avvenire, 
fondato  per6  su  quell' eterna  morale,  che  port6  al  mondo  Gesu 
Cristo  e  dalla  quale  scaturi  la  verace  uguaglianza  e  la  fraternita 
sincera. 


MIRAHILI  1.1  FKTTI  DELL'ENCICLICA  PAPALK 

//r.i/.i.vr.v  <;i-:xus 
CONTRO    LA   MASSONERIA 


Verbum  meum  non  rfrertetur 
ad  me  vacuum.  ISAI.  55,  11. 

Siccome  colle  arti  di  Assalonne,  presentandosi  doe  ai  Re  ed  ai 
Popoli  (e  per  poco  ancbe  alia  Chiesa)  come  awenente  prometti- 
trice  di  mari  e  monti  di  felicita,  ritiscl  pur  troppo  la  Massoneria 
sotto  il  nome  di  Liberalismo  (il  che  e  ora  pid  che  mai  da  osser- 
vare  diligentemente)  a  tradire,  come  ben  dice  la  recente  Enciclica 
Pontificia  Uumanum  genus,  gli  uni  e  gli  altri;  cosl  non  e  da 
disperare,  che  anzi  gia  no  vediarao  molti  e  gravi  indizii,  che  essa 
insieme  con  tutto  ci6  che  sa  di  Liberalismo  sia  per  andar  per- 
dendo  a  poco  a  poco  ogni  suo  credito  e  potere,  in  forza  appunto 
delle  sue  stesse  male  arti,  finendo  come  Assalonne  impiccata  per 
li  suoi  stessi  capelli.  Parla  infatti  della  bellezza  e  copia  di  quei 
capelli  il  v.  25  del  C.  14  del  libro  2°  dei  Re,  dove  dice  che: 
sicitt  Absalon  vir  non  erat  pulcher  in  omni  Israel:  Et  qitando 
tondebat  capillum  ponderabat  capillos  ducentis  siclis.  N&  es- 
sendoseli  per  vanita  tosati,  per  quelli  fu  preso;  secondo  che  si 
legge  nel  testo  ebreo  volgarizzato  dall'A  Lapide  e  dichiarante 
il  Volgato  v.  9  del  C.  XVIII  del  libro  2°  dei  Re:  doe  che 
adhaesit  caesaries  eius  in  ramis  perplexis  quercus.  E  come 
iucolse  ad  Assalonne  preso  per  quei  capelli  con  cui  aveva  presi 
gli  altri,  cosl  pare  che  debba  incogliere  alia  Massoneria  ed  al 
Liberalismo  decadenti  dappertutto  nel  credito  e  neU'influenza  in 
forza  appunto  di  quelle  loro  tante  promesse  non  inantenute,  colle 
quali  sedussero  i  popoli  ed  i  Re.  II  che  non  pu6  da  veruno 
esporsi  meglio  che  colle  parole  stesse  di  Leone  XIII.  <  Si  ha 

<  da  fare  con  un  nemico  astuto  e  frodolento  che,  blandendo  po- 

<  poll  e  monarchi  con  lusinghiere  promesse  e  con  fine  adulazioni, 
«  entrambi  ingann6.  Insinuandosi  sotto  specie  di  amicizia  nel 

<  cuore  dei  Principi,  i  Framinassoni  mirarono  ad  avere  in  essi 


MIRABILI    EFFETTI    DELL    ENCICLICA    PAPALE 

«  complici  ed  aiuti  potenti  per  opprimere  il  cristianesimo.  Ed  a 
«  fine  di  mettere  nei  loro  fianchi  sproni  piu  acuti,  si  diedero  a 
«  calunniare  ostinatamente  la  Chiesa  come  nemica  del  potere  e 
«  delle  prerogative  reali.  Divenuti  con  tali  arti  baldanzosi  e 
«  sicuri,  acquistarono  influenza  grande  nei  governo  degli  stati: 
«  risoluti  per  altro  di  crollare  le  fondamenta  dei  troni  e  di  per- 
«  seguitare,  calunniare,  discacciare  chi  tra  i  Sovrani  si  mostrasse 

<  restio  di  governare  a  modo  loro.  Con  arti  simili  adulando  il 

<  popolo  lo  trassero  in  inganno.  Gridando  a  piena  bocca  liberta 
«  e  prosperita  pubblica:  facendo  credere  alle  moltitudini  che  del- 
«  1'iniqua  servitu  e  miseria  in  cui  gemevano,  tutta  della  Chiesa 
«  e  dei  Sovrani  era  la  colpa,  sobillarono  il  popolo  e  lui  smanioso 
«  di  no  vita  aizzarono  ai  danni  dell'uno  e  dell' altro  potere.  Vero 
«  6  bensl  che  dei  vantaggi  sperati  inaggiore  e  1' espettazione  che 
«  la  realta.  Anzi  oppressa  piu  che  mai  la  povera  plebe,  vedesi 
«  nelle  miserie  sue  mancare  gran  parte  di  quei  conforti  che  nella 
«  societa  cristianauiente  costituita  avrebbe  potuto  facilmente  e 
«  copiosamente  trovare.  Ma  di  tutti  i  superbi  che  ribellansi  al- 
*  Tordine  stabilito  dalla  provvidenza  divina  questo  e  il  consueto 
«  castigo,  che  donde  sconsigliatamente  promettevansi  fortune  pro- 
«  spere  e  tutte  a  seconda  dei  loro  desiderii  trovino  ivi  appunto 
«  oppressione  e  miserie.  > 

Delle  quali  parole  non  e  meno  notabile  Tesattezza  storica 
quanto  a  tutto  il  passato,  di  quello  che  sia  la  loro  acuta  pre- 
veggenza  quanto  al  futuro.  Tutta  infatti  la  vera  istoria  del  pas- 
sato e  del  presente  secolo,  quale  si  legge  negli  archivii  e  nei 
docnmenti,  conferrna  appunto  quanto  qui  dice  il  Santo  Padre 
Leone  XIII  delle  arti  usate  dalla  Massoneria,  cioe  dal  Libera- 
lismo,  per  porre  in  primo  luogo  in  lizza  ed  in  vicendevoli  so- 
spetti  la  Chiesa  ed  i  governi  laici:  e  poi  i  popoli  ed  i  governi 
loro:  facendo  come  la  mala  gatta  di  Fedro,  che  riuscl  con  que- 
st'arte  a  mostrare  quantum  homo  bilinguis  saepe  concinnet 
malt.  Per  poco  poi  che  altri  sia  informato  del  correre  dei  presenti 
avvenimenti  e  dello  stato,  come  ora  dicono,  della  presente  pub- 
blica opinione,  ben  vede  come,  secondo  che  dice  il  Santo  Padre, 
governi  e  popoli  comincino  ad  intravedere  qualche  barlume  della 
vera  luce  ed  accorgersi  che  essi  non  furono  finora  che  zimbello 


di  frammassoni  e  di  liberal!.  Del  che  e  chiarissimo  argomento  e 
consular  imii/io  la  lieta  accoglienza,  secondo  che  anche  i 

gioruali  riferirono,  che  tutti  i  govern!  e  special mente  i  piu  po- 
tenti  ed  anche  scismatici  e  protestanti,  fecero  a  questa  ntiova 
Enciclica  pontificia.  Giacche  essendo  questi  Stati  scismatici  e 
protestanti  sempre  stati  men  protetti  e  men  tutelati,  appunto 
perche  scismatici  e  protestanti,  daU'autorita  della  Chiesa  e  dalla 
coscienza  del  sudditi  che  non  i  cattolici,  ne  venne  neces?aria- 
mente  che  anche  debbano  ora  piu  soffrire  dalla  malignita  mas- 
sonica  e  liberalesca.  « II  uial  li  preme  e  li  spaventa  il  peggio  ». 
Non  intendevano  molti,  tempo  fa,  come  accadesse  che  tutte  le 
rivoluzioni  dovessero  sempre  scoppiare  dentro  e  contro  i  governi 
cattolici :  mentre  invece  godevano  pace  i  non  cattolici.  E  ben  ci  ri- 
corda  di  avere  dovuto  piu  volte,  in  questi  nostri  piu  che  trent'anni 
di  continua  lotta  contro  la  Massoneria  ed  il  Liberalismo,  occuparci 
nella  Civiltb  Cattolicd  di  trattare  e  sciogliere  quest'  argomento. 
Ma  ora  tutti  vediamo  limpidamente  che,  inentre  il  deposito  e 
1'arsenale  generale  dell'armi  e  lo  State  Maggiore  dei  general! 
della  Massoneria  e  del  Liberalismo  era  collocato  in  quei  paesi 
ospitali  donde  si  moveva  incessante  guerra  ai  paesi  cattolici, 
sarebbe  stata  grande  la  goffaggine  ed  anzi  la  pazzia  dei  Massoni 
e  dei  Liberali  se  avessero  dato  fuoco  essi  stessi  al  loro  nido.  Ma 
dapoi  che  ne  volarono  via  come  locuste  devastatrici,  e  coll'amto 
dei  loro  ospiti  e  protettori  riuscirono  ad  impossessarsi  del  go- 
verno  dei  paesi  cattolici  e  della  stossa  Roma:  allora,  tanto  per 
tenersi  in  esercizio  e  non  perdere  il  tempo  e  Tarte,  presero  a 
fare  nei  paesi  non  cattolici  molto  piu  e  peggio  di  ci6  che 
riuscirono  a  fare  nei  cattolici.  Ed  anche  piu  presto  e  piu  facil- 
mente.  Giacche,  se  per  distruggere  i  governi  legittimi  ed  oppri- 
mere  i  popoli  cattolici  pochi  alleati  interni  ossia  traditori  tro- 
varono:  e  dovettero  anzi  pressoch&  esclusivamente  appoggiarsi 
sopra  le  for 7/3  esterne;  nella  guerra  che  essi  presentemente  muo- 
yono  ai  loro  antichi  ospiti  e  protettori  trovano,  gia  tutto  pronto 
e  ben  disposto  nella  loro  casa  medesima  non  tanto  tutelata, 
come  dicevamo,  nd  protetta  dalla  antorita  e  dalla  coscienza  cat- 
tolica.  Si  ha  poi  un  bel  dire  che  i  nichilisti,  i  dinamitisti,  gli 
inviucibili,  i  feniani,  i  radicali  e  tutto  il  resto  del  Satanismo 


MJRADILI    EFFETTI   DELL*  ENCICLICA    PAPALE 

liberate  e  massonico  non  hanno  che  fare  colla  Massoneria  e  col 
Liberalismo.  Ormai  i  micini  e  perfino  il  Bismark  hanno  aperti 
gli  occhi.  N6  crediamo  che  a  farli  loro  del  tutto  spalancare  po- 
tesse  sorgere  luce  piu  chiara  di  quella  che  sfolgora  dalla  recente 
Enciclica.  Del  resto  ci  ricordiamo  tutti  benissirao  di  quei  lunghi 
ed  eloquenti  articoli,  che  verso  il  1880  ed  81,  prima  della  cata- 
strofe  dell' Imperatore  Alessandro  di  Russia,  stamparono  i  gior- 
nali  nostri  italiani  anche  piu  moderati  sopra  il  bisogno  che  vi  era 
di  sforzare  il  governo  russo  a  dare  o  coile  buone  o  colle  cattive  la 
Costituzione.  E  chiamavano  Scientifico  quel  Liberalisrao  che  per 
propagarsi  adoperava  la  Scienza  della  Chimica  e  delle  Macclii- 
nette  procurando  di  ottenere  colle  cattive  do  che  non  poteva  otte- 
nere  colle  buone.  Ed  aggiungevano  che,  in  sostanza,  si  era  sempre 
fatto  un  po'lo  stesso  altrove  ed  anche  in  Italia  per  isforzare  i  Be 
legittimi  a  governare  liberalescamente  o  ad  andarsene.  Grazie  a 
Dio  non  vi  era  allora  tanto  progresso  di  Scienza  moderna :  e 
si  contentavano  delle  bombe  Orsini  e  di  altrettali  ordigni  ora 
retrogradi  ed  antiquati.  Oggimai  la  scienza  ha  progredito,  come 
si  vede;  basta  un  giocarello  microscopico  per  far  saltare  in  aria 
un  Parlamento,  una  Fregata  od  una  Citta.  E  cosi  non  fosse  anche 
di  altre  cosi  dette  Scienze  ossia  Arti;  le  quali  molti  ora  fanno 
progredire  a  malefizio  dell'  umanita.  Siccome  ci  accadde  teste  di 
leggere  nell'Appendice  Revue  des  Sciences  dei  Debats  del 
10  maggio  scorso.  Dove  Henry  de  Parville  (uno  scienziato  cer- 
tamente)  scrive  magnificando  le  recenti  scoperte  in  forza  delle 
quali :  «  il  sistema  nervoso  pu6  essere  influenzato  in  guisa  da 
«  trasformare  un  individuo  in  automa,  sostituendo  alia  sua  un'al- 
«  trui  volonta.  >  In  altri  termini:  La  Scienza  e  ora  progredita 
fino  a  saper  togliere  a  chi  T  ha  cid  che  essa  dovrebbe,  in  forza 
del  suo  mestiere,  dare  a  chi  non  1'ha.  Bel  progresso!  Ad  am- 
mazzare  od  ammalare  un  individuo  siamo  gia  buoni  da  noi,  senza 
1'aiuto  della  Scienza  di  Parigi.  A  risuscitare  ed  a  guarire  ti 
voglio:  e  non  ad  ammazzare  ed  ammalare.  Ma,  disgraziatamente, 
a  ci6  va  ora  progredendo  la  Scienza. 

E  percift  vedendo  infine  i  governi  anche  non  cattolici,  ed  anzi 
per  avventura  piu  i  non  cattolici  che  i  cattolici,  questa  solida- 
rieta,  come  la  chiamano.  che  lego  sempre,  come  gli  antichi  car- 


• 

bonari,  cosl  i  prcsenti  dinamitisti,  i  nichilisti  e  gli  altri  satani^ti 
coi  massoni  e  coi  liberal!;  e  spccialmente  vedendo  che  non  piti 
ora  contro  il  Papa,  i  Re  legittirai  ed  i  cattolici  soli,  ma  anche 
contro  loro  stessi  gia  ospiti  e  protettori  di  questo  bel  liberalisrao 
massonico,  si  prendono  ad  usare  qneste  armi  dotte  della  scienza 
modema  pagata  salariata  da  loro  stessi  nelle  loro  universita  mo- 
derne  laiche  ed  anticlericali,  non  poterono  non  accogliere  con 
benevolenza  e  gratitudioe  questo  soccorso  di  Roma  papale,  secondo 
che  c'informarono  i  giornali.  Tra  i  quali  il  sempre  benemerito 
Vnivers  dei  15  uiaggio  scorso  per  la  nota  e  valente  penna  del 
Co}uille  scriveva  testd  che:  «  Molte  corrispondenze  dicono  che 
«  specialmente  in  Russia  1'Enciclica  di  Leone  XIII  contro  la 
«  massoneria  fu  ricevuta  con  gratitudine.  Dicono  ancora  che  la 
«  diplomazia  russa  ringrazi6  il  Papa  del  potente  aiuto  da  lui 
«  dato  ai  Sovrani  contro  la  mala  influenza  delle  societa  segrete. 
«  La  Germania  di  Berlino  annunzio,  ne  fu  smentita,  che  per 
«  ordine  dell'Imperatore  della  Russia  1'Enciclica  fu  letta  da 
«  tutti  i  pulpiti  della  chiesa  scismatica.  >  E  come  i  re  cosl  i 
popoli  si  vanno  disingannando.  Secondo  che  pare  essere  teste 
accaduto  perfmo  al  liberalissimo  ed  anche  per  avventura  masso- 
nico Bollettino  Napoleiano  nuovo  periodico  settimanale  del  De- 
putato  Sorrentino.  II  quale  nel  suo  1°  numero  fa  finalmente  la 
grande  scoperta  che:  «  n&  il  corpo  n&  lo  spirito  possono  vivere 
«  di  sola  unita  e  liberta.  Un  compenso  alle  cose  perdute  i 
«  napoletani  (e  cosl  pure  gli  altri)  non  Thanno  ancora  trovato. 
€  II  perduto  e  perduto:  e  nulla  e  stato  sostituito.  Napoli  e  in 
«  continua  e  precipitosa  decadenza:  e  faccia  Dio  che  non  percorra 
«  tutta  la  parabola.  >  Si  pu6  dunque  bene  sperare  che,  illuminati 
i  popoli  e  i  governi,  parte  a  spese  proprie  parte  e  specialmente 
dalla  parola  Pontificia  maestra  infallibile  e  continua  di  tutte  le 
verita,  comincino  a  poco  a  poco  a  ribellarsi  contro  questa  pre- 
potenza  sotto  cui  gemono  del  liberalismo  e  della  massoneria. 

Qnando  per6  dalla  Santa  Madre  Chiesa  e  dai  cattolici  suoi 
fedeli  si  parla  di  potenza  e  prepotenza  della  massoneria,  nes- 
suno  si  e  mai  sognato  di  parlare  della  potenza  e  prepotenza  di 
Giuseppe  Petroni,  Adriano  Lommi,  Luigi  Castellazzo,  Ulisse 

Serie  XII.  vol.  VI.  fasc.  815  34  ,-jgio  1884 


MIHABILI    EFFETTI   DELL'  ENCICLICA    PAPALE 

Bacci  e  di  tutto  il  resto  del  forinicaio  piu  o  meno  sotterraneo 
che  si  costituirono  e  si  chiamano  da  se  Potenze  masso  niche  a 
Roma,  a  Napoli,  a  Palermo,  a  Milano,  a  Torino,  ed  in  altri  siti 
si  d' Italia  e  si  anche  di  tutta  Europa.  Nel  che  pare  che  abbia 
preso  qualche  abbaglio  taluno  anche  dei  buoni  cattolici  e  gior- 
nalisti  che  teste  presero  lodevolinente  a  scrivere  contro  la  mas- 
soneria.  In  sul  principio,  quando  tutti  questi  Grandi  Orienti, 
Conclavi,  Concistori,  Logge  e  loggerelle  erano  veramente  segreti, 
cola  piu  o  meno  risiedeva  anche  il  segreto  e  la  potenza  massonica. 
Ma  da  un  pezzo,  ed  ormai  da  piu  di  mezzo  secolo,  la  potenza 
massonica  si  ritir6  molti  passi  addietro :  lasciando  in  piazza  a 
gesticolare  da  ciarlatana  tutta  questa  massoncineria  dei  Grandi 
Orienti,  della  Chaine  d'  Union,  del  Monde  magonnique,  della 
Rivista  di  F/.  Bacci  e  di  tutto  il  resto  della  massoneria pulblica 
e  ciarlatana.  A  debellare  la  quale  vedemmo  test&  a  Roma  esser 
sovrabastato  VEzio  Secondo  del  Coccapieller.  Di  essa  non  e 
certamente  inutile  1'occuparsi;  se  non  altro  per  porla  in  quel 
ridicolo  che  inerita.  Ma  s'ingannachi  crede  trovare  la  potenza 
e  prepotenza  massonica  nei  testi  e  nelle  confessioni  che  da 
costoro  si  starapano  in  giornali  pubblicati  appunto  perche  sianp 
pubblicati.  E  ben  naturale  del  resto  che  a  tutti  costoro,  cui 
preme  di  goder  credito  per  poter  vendere  i  diplomi  e  le'Bolle 
agli  imbecilli,  non  sia  paruto  vero  di  potersi  ora  far  innanzi 
come  le  vere  vittime  dei  fulmini  vaticani,  dandosi  cosi  iinpor- 
tanza  presso  il  volgo  ignorante.  E  percift  trassero  ora  fuori  con 
una  loro  circolare  A  tutte  le  grandi  potenze  della  famiglia 
massonica  universale.  La  quale  famiglia  universale  pu6  essere 
vero,  ma  pu6  essere  anche  falso  che  si  componga  di  tutti  quei 
milioni  d'individui  che  ci  contano  gli  Almanacchi  massonici, 
pubblicati  apposta  perch&  il  profano  che  li  legge  ed  il  giornalista 
che  li  copia  concepiscano  di  questa  buona  famiglia  credito  e 
paura.  Certamente  tutti  coloro  che  per  qualsiasi  motivo,  anche  di 
solo  interesse,  si  affigliano  a  questa  famiglia,  se  sono  cattolici 
sono  scomunicati  ed  incapaci  dei  Sacrament! ;  e  se  non  sono 
cattolici,  sono  per  lo  meno  imbecilli.  Ma  oltreche  non  vi  6  da 
fidarsi  delle  cifre  che  ci  vendono  gli  Almanacchi,  il  certo  e 
che,  anche  nel  gran  numero  che  ne  resta,  moltissimi  di  questi 


il'.O    LA    11  \ 

afliL,rliati,  Bpeeialmente  nei  paesi  protestanti,  sono  come  se  non 
fossero  massoni,  nulla  sapendo  di  massoneria.  Quanto  poi  ai 
nostri  dei  paesi  cattolici  e  specialmente  degli  italiani,  dondo  si 
compongono  i  nostri  Grandi  Orienti  e  le  nostre  Logge,  essi  sono 
certamente  scomunicati.  E  saranno  anche  anticlerical!,  liberi  pen- 
satori,  repubblicani,  democratic!,  bestemmiatori  e  tutto  il  diavolo 
che  si  vuole ;  ma  che  siano  potenti,  questo  non  lo  credono  neanche 
loro.  Essi  non  sono  che  la  caricatura  della  massoneria.  Buoni 
si  a  far  del  male:  ma  specialmente  a  s&  stessi  con  quelle  loro 
continue,  come  le  dicono,  piazzate  or  contro  il  Re,  or  contro  i 
clericali,  or  contro  le  Madonne:  che  sono  le  loro  imprese  prin- 
cipali ;  per  le  quali  visitano  spesso  le  logge  ossia  carceri  e  galere 
del  Governo.  II  qoale,  benche  composto  in  gran  parte  de'  loro 
vecchi  padri  spirituali,  pare  che  abbia  preso  da  qualche  tempo 
a  tenerli  in  virga  ferrea,  come  coloro  che  gli  danno  piu  im- 
picci  e  rompicapi  che  non  aiuto.  Onde  che  ci  pare  talvolta  vedere 
il  Depretis  nell'attitudine  del  Conte  zio  rimproverante  i  suoi 
nipoti  don  Attilio  e  don  Rodrigo:  «  Scapestrati,  scapestrati: 

<  che  sempre  ne  fate  una :  ed  a  me  tocca  di  rattopparle :  che, 

<  mi  f;ireste  dire  uno  sproposito,  mi  date  piu  da  pensare  voi 
«  altri  che  —  e  qui  iramaginatevi  che  soffio  mise  —  tutti  questi 
«  benedetti  affari  di  State.  >  Di  taluna  delle  quali  loro  piazzate 
non  si  vergognarono  teste  di  vantarsi  in  pubblico :  se  pure  si 
puo  chiamare  un  pubblico  il  loro  uditorio  diurno  e  notturno. 
GiacchS  essendo  tests  morta  precocemente  una  delle  loro  colon- 
nette  di  casa,  Raffaele  Petroni,  in  eta  giovanile:  e  ci6  nonostante 
30.'.  grande  oratore  aggiunto  del  Grande  Oriente,  Venerabile 
della  rispettabile  Loggia  Rienzi  all' Oriente  di  Roma  e  non 
sappiano  ancora  qual'altra  cosa  (giacchfc  di  titoli  costoro  ab- 
bondano  piu  che  di  danari);  nel  panegirico  che  il  dl  27  gen- 
naio  di  quest' anno  ne  fece  in  Loggia  L.  Castellazzo  33.-.  gran 
segretario  anche  lui  ecc.  ecc.  non  si  vergognfc  di  narrare  (secondo 
ch.j  poi  si  vide  starapato  a  pag.  373-74  del  N°  22,  23,  24  della 

della  massoneria  ita liana)  che:  <  io  (Castellazzo  gran 
i  con  lui  (Raffaele  Petroni  gran  maestro}  e  con 

<  parecchi  altri  fui  suo  iudivisibile  coinpagno  in  trascendimenti 
d'ardire.   Per  noi   notturni   iconoclasti  cadevano  le  iinagini 


M1RABILI   EFFETTI   DELI/  ENC1CLICA    PAPALK 

«  filcllc  .Ifadonne  per  Roma)  illuminate,  che  a  centinaia  e  cen- 
€  tiaaia  deturpavano  i  canti  delle  vie  cittaiine.  >  Li  vedete 
questi  gran  segretari  e  gran  maestri  girar  per  Roma  di  notte, 
guardandosi  dai  Questurini,  con  un  sasso  o  peggio  in  mano,  in 
agguato,  godendosi  la  fragranza  fresca  del  loro  bagaglio  mas- 
sonico,  tutti  all'  erta  per  mostrare  la  loro  potentissima  potenza 
contro  una  Madonna?  E  pensare  che  il  Gran  Castellazzo  se  ne 
vanta  per  istampa !  N&  ad  altro  ora  arriva  or  contro  le  Madonne 
or  coutro  il  Re  la  notturna  potenza  massonica  dei  presenti  Grandi 
Orienti  d' Italia:  a  vincere  la  quale  bast&,  come  dicemmo,  il 
Coccapieller.  Ma  non  parendo  vero  a  questi  Potentati  di  far  cre- 
dere ai  loro  massoncini  ed  al  inondo  che  il  Vaticano  si  era  occu- 
pato  proprio  di  loro,  trassero  test&  innanzi  con  una  loro  pappolata 
indirizzata  A  tidte  le  Grandi  Potenze  della  Famiglia  masso- 
nica Universale  e  sottoscritta  da  Giuseppe  Petroni  33.\  Gran 
Maestro:  Adriano  Lemmi  33.*.  Gran  Maestro  aggiunto:  L.  Ca- 
stellazzo 33.-.  Gran  Segretario.  Gostoro  ci  fecero  sovvenire  della 
Mosca  di  Fedro  che  voleva  guidare  il  carro.  Cui  la  mula  rispose : 
Verbis  non  moveor  tuis.  Quapropter  anfer  frivolam  insulen  • 
tiam:  n&  t'impacciare  di  ci6  che  non  ti  riguarda. 

Delia  quale  veramente  frivola  insolenza  dei  nostri  Grandi 
Orienti  e  gia  di  per  s&  una  chiara  prova  il  modo  stesso  con 
cui  venne  alia  luce  questa  loro  circolare.  Fu  infatti  test&  pubbli- 
cato,  e  precisainente  il  giorno  16  dello  scorso  maggio,  il  n.  15-H 
della  Rivista  della  Massoneria  italiana,  unico  foglio  ufficiale 
che  ancora  resti  mal  vivente  dei  tanti  che  poco  fa  ne  uscivano 
in  Italia.  Nella  cui  ultima  pagina,  col  titolo  Ultim'ora:  si  legge: 
«  Parte  oggi  (cioe  il  16  maggio}  una  Circolare  importantissima 
€  diretta  dal  Grande  Oriente  d'  Italia  a  tutte  le  potenze  mas- 
<  soniche  del  inondo  relativamente  all' ultima  Enciclica.  Ne 
«  daremo  il  testo  nel  prossimo  numero.  Le  logge  la  riceve- 
«  ranno  tra  pochi  giorni.  >  Se  non  che,  disgraziatamente,  fin 
dal  giorno  2  di  maggio,  cioe  quattordici  giorni  priina  che  il 
foglio  ufficiale  del  Grand'  Oriente  di  Roma  annimziasse  all'  utti- 
m'ora  che  la  Circolare  doveva  tra  pochi  giorni  distribuirsi  alle 
Logge  ed  alle  Potenze,  essa  era  gia  stampata  tutta  intiera  nei 
giornali  di  Milano.  II  che  vuol  dire  che  a  Milano  il  2  di  maggio 


;uO  LA  MA 

•ampava  ci6  che  il  Grand' Oriento  di  Roina  intendeva  di  pub- 
blicare  soltanto  alcuni  giorni  dopo  il  1C  maggio.  E  ci6  senza 
che  il  Grand'  Oriente  ed  il  suo  giornale  ufficiale  so  ne  siano 
accorti,  nonostanto  cbe  tutti  i  giornali  di  Roina  abbiano  recato, 
se  non  tutto,  almeno  in  parte  il  testo  di  essa  circolare,  commen- 
tandola  ancora  e  confutandola  variamente.  Gome  si  spiega  questa 
potentissima  ignoranza  del  potentissimo  Grand'  Oriente  di  Roma  ? 
Unicamente  col  supporre  che  egli  si  fece  scrivere  quella  Circo- 
lare da  qualche  suo  massoncioo  letteratuzzo  di  Milano.  II  quale 
avendola  spedita  a  Roma  a  tempo,  al  Gran  Bacci,  Direttore  della 
<'*lii  massonica  italiana:  e  non  istando  nella  pelle  pel  de- 
sidorio  di  vedere  stampato  quel  suo  capolavoro,  n&  vedendolo  mai 
stampato  per  la  solita  negligenza  di  questa  Rivista  uscente 
sempre  in  gran  ritardo,  perd&  la  pazienza;  e  da  buon  Loinbardo 
se  la  stampd  da  s6  a  Milano  in  omaggio  della  disciplina  e  del 
segreto.  Beata  Milano  capitale  morale  d'  Italia,  che  ebbe  quella 
Primizia  prima  assai  delle  Grandi  Potenze  della  famiglia 
massonica  universale! 

Non  lorderemo  per  fermo  queste  pagine  con  quella  Circolare. 
Tanto  piu  che,  essendo  essa,  nell'  intenzione  dei  massoni,  desti- 
nata  non  gia  al  segreto  ma  alia  divulgazione,  non  ista  a  noi 
di  divulgare  ci6  che  la  massoneria  desidera  divulgato.  Soltanto 
toccheremo  ci6  che  con  somma  imprudenza,  e  dandosi  essa  stessa 
della  zappa  sul  piede,  vi  pubblioo  sopra  la  gran  paura  cho  essa 
riconosce  di  avere  della  pubblica  opinione  contro  lei  giustamente 
eccitata  dall'Enciclica  Papale.  Nel  che  anche  vediamo  la  fri- 
tolam  insolentiam  di  queste  mosche  del  carro.  Dopo  avere  in 
fatti,  con  pessima  lingua  e  grammatica  scarmigliata,  segnalalo 
ai  fratelli  il  docuinento  pontificio  e  ricordato  il  ctmmino  fatal* 
dell'  Umanita,  il  Grande  ideale  umano  e  la  ncgazione  scien- 
ti/ica  e  non  segnalati  i  passi  (ciod  non  citati  i  periodi)  del- 
1'  Kaciclica  piu  fkmmente  avversi:  e  ci5  per  la  buoiia  ragione 
di  non  sapere  come  confutarli ;  vencndo  a  ci6  che  piu  la  scotta : 

<  Yediamo  (dice)  stgnalarsi  al  sospetto,  al   disprezzo  ed  agli 
«  odii  feroci  delle  Classi  piu  intelligent!  (cioe  dei  cattolici)  una 

<  classedi  cittadini  (dud  di  settirii)  soltanto  perch6  si  chiaiuano 
«  massoni.  Allora  noi  dobbiamo  pensare  se  iion  sia  il  caso  di 


534  MIRABILI    EFFETTI    DELL*  ENCICLICA    PAPALE 

«  legittima  difesa.  >  Se  e  il  caso  di  difesa,  cio  vuol  dire  che 
vi  bo/esa.  E  quale  offesa?  Evidentemente  nessun'altra  fuorcha 
quella  della  pubblica  opinione  delle  classi  piu  intelligent  dal- 
1'Enciclica  papale  commossa  contro  questa  classe  di  massoni. 
Teme  dunque  il  Grand'  Oriente  la  luce  della  pubblica  opinione 
illuminata  dal  Papa  nelle  sue  classi  piu  intelligent.  Oh  vera- 
mente  ambulantes  in  tenebris  et  in  umbra  mortis!  i  quali  te- 
mete  la  luce  vaticana.  E  mentre  lodate  sempre  la  pubblica  opi- 
nione, capite  benissimo  e  confessate  che  essa  puo  facilmente 
muoversi  contro  di  voi  dal  Yaticano !  E  giudicando  gli  altri  da 
se,  teme  ancora  questo  nostro  Grande  Oriente  notturno  di  Roma 
che  queste  classi  piu  intelligent  finiscano  collo  sbarazzarsi 
della  massoneria  brigantescamente.  «  Pochi  anni  or  sono  (dice 
«  tremando  il  Grand'  Oriente)  da  questa  stessa  Roma  partivano 
«  i  briganti  che  insanguinavano.  >  Percifc  pensano  alia  difesa. 
E  pare  che  dicano,  quasi  come  i  birri  di  Don  Rodrigo :  «  se  si 
«  trattasse  di  ragioni  non  le  temeremmo.  Ma  il  Papa,  anche 
«  adesso,  ha  una  forza  morale  che  a  noi  va  mancando.  Dio  liberi 
«  che  le  classi  piu  intelliyenti  mosse  dalla  parola  del  Papa  non 
«  vengano  ai  fatti  e  non  ci  trattino  di  giorno  come  noi  trattiamo 
«  di  notte  le  Madonne  illuminate  di  Roma.  >  E  sempre  piu  com- 
presi  di  sacro  spavento  «  ricordatevi,  dicono,  o  Fratelli  quanto 
«  sangue  in  quest' ultimi  anni  abbiano  costato  alcune  insinuazioni 
«  contro  la  operosa  ed  innocente  razza  semitica.  Pensate  che  non 
«  invano  una  parola  (1'Enciclica)  e  detta  in  si  alto  luogo  (il 
«  Vaticano).  Se  non  si  provvede  a  tempo,  potremo  piangere  la 
«  nostra  indifferenza  pericolosa  e  fatale. »  II  povero  nostro  Grande 
Oriente  ha  dunque  evidente  paura  di  essere  accoppato  dalle  classi 
piu  intelligent},  come  la  razza  semitica  ora  in  varii  luoghi  di 
Europa.  E  ci6  in  forza  di  un'Encidica  di  quel  Papa  che  essi 
affettatamente  dicono  ogni  giorno  essere  privo  ormai,  grazie  alia 
potenza  e  sapienza  loro,  di  ogni  sapienza  e  di  ogni  potenza. 

Dove  non  e  da  dimenticare  ci6  che  sapientemente  per  se,  ma 
con  soverchia  benevolenza  quanto  a  noi,  scrisse  la  benemerita 
Voce  della  Verita  dei  19  maggio:  <c  Non  ci  saremmo  aspettati 
«  dal  Grande  Oriente  di  Roma  1'ingenua  dichiarazione  dei  vincoli 
«  di  solidarieta  che  passano  tra  la  massoneria  ed  il  giudaismo 


HO    LA    M\ 

<  talraudico,  detto  6          -//o.  Se  ne  allietera,  crediamo,  la  GY- 
«  rild'i  (.'dttolica  che  a  punta  di  docurni'nti  rari  ».•!  fl-Ui  da 
«  piil  auni  va  assodando  la  comuniono  d'idee  e  d'intcressi  cho 
«  avvinco  ormai  (e  sempre  lia  avvinte)  le  due  s£tte  (la  masso- 

<  nica  e  la  giudaico  tnlnmdica)  nemiche  del  nome  cristiano.  > 
Tt- me  dunque  la  massoncineria  romana  la  parola  papale.  E  perci6 
si  raccomanda  colla  sua  Gircolare  alle  altre  massoncinerie  del 
mondo  da  lei  chiauiate  Potenze  pari  alia  sua  propria.  K  teme 
il  brigantaggio.  Cioe  che,  conoscendo  in  fine  i  suoi  meriti  veri, 
diurni  e  notturni,  la  gente  pi  ft  illiuninata  non  cominci  a  pren- 
derla  a  sassate  non  solo  di  uotte,  come  Raffaele  Petroui  ed  il  Ca- 
stellazzo  fecero  in  Roma  colle  Hadonne,  ma  auche  di  giorno  come 
gli  Antisemiti  fanno  ora  in  certi  luoghi  coi  Semiti.  I  meriti  ci 
sono.  Ma  i  cristiani  cbe  obbediscono  al  Papa,  come  non  persegui- 
tano  violentemente  i  Semiti,  cosi  non  perseguiteranno  violente- 
mente  i  massoni.  Percio  si  rassicurino  i  nostri  timidi  massoncini 
Bacci,  Lemmi,  Castellazzo  e  Petroni  sottoscritti  alia  loro  Cir- 
colare.  II  solo  che  possono  aspettarsi  si  6  che  i  Vescovi  ed  i 
Parroci  tutti  d'ltalia,  Tun  dopo  1'altro,  seguendo  1'esempio  di 
quelli  che  finora  li  precedettero  (tra  i  quali  6  da  segnalarsi 
I'Arcivescovo  di  Palermo)  porranno  suiravviso  tutti  i  loro  sudditi 
fedeli  sopra  ci6  che  d  veramente  la  massoneria;  e  secondo  le 
sapienti  norme  indicate  dall'Enciclica  del  Papa  Leone  XIII,  use- 
ranno  i  mezzi  pratici  ed  ormai  necessarii  per  disinfettare  I' Italia 
e  il  mondo  da  questa  filossera  e  da  questi  microbi  massouici. 
II  che  e  ora  tanto  piu  agevole  quanto  che  gli  stessi  governi, 
e  perfino  lo  stesso  governo  italiano,  paiono  finalmente  anche 
loro  un  po'conviuti  che  questa  e  la  vera  malaria  a  cui  far 
guerra,  specialmente  mWAgro  Romano.  Dove  si  tratta  ora  da 
questi  Settarii  di  chiamare  dalle  Romagne  e  d'  altronde  i  loro 
massoncini  e  carbouarelli  a  zappare;  collo  scopo  segreto,  cioe 
pubblico,  di  radunare  attorno  a  Roma  un  loro  esercito  di  affa- 
inati  che  al  primo  fischio  abbandoneranno  la  zappa  per  impu- 
gnare  il  pugnale  contro  la  MaCAria  dell'Agro  Romano;  cioe 
il  Re  ed  il  Papa.  Contro  il  Papa  pero  ci  vuol  altro  cbc  la  loro 
zappa! 


DELIA  POTE8TA  MAGISTRALE 

NELLA    GHIESA 


Dimostrammo  in  genere  che  la  Chiesa  e  dotata  di  potesta 
giurisdizionale.  Ci  conviene  ora  spiegare  le  diverse  parti  o  fun- 
zioni  di  tal  potesta. 

Alia  giurisdizione,  ossia  al  diritto  di  reggere  e  governare  la 
moltitudine,  appartiene  certainente  il  far  leggi,  ossia  norme  re- 
golatrici  dell'azion  sociale,  e  procurarne  1'esecuzione.  Appartiene 
di  piu  dar  giudizio  intorno  alia  convenienza  e  disconvenienza 
delle  azioni  con  quelle,  e  costringere  i  riottosi  all' osservanza 
delle  medesime.  Onde  i  Pubblicisti  soglion  dividere  la  potesta  di 
giurisdizione  in  potere  legislative,  esecutivo,  giudiziario;  o  in 
potere  legislative,  giudiziario  e  coattivo. 

Se  non  che  trattandosi  della  Chiesa,  deve  di  necessita  aggiun- 
gersi  un  altro  potere,  quello  cioe  del  magistero  obbligatorio;  il 
quale  sebbene  potrebbe  inchiudersi  nel  potere  legislative,  non- 
dimeno  sembra  meglio  separarlo,  perche  riguarda  direttamente 
non  la  volonta  ma  1'intelletto,  benche  mosso  dalla  volonta  all'as- 
senso.  Quindi  dividiamo  la  potesta  di  giurisdizione  ecclesiastica 
in  potere  di  magistero,  di  legislazione,  di  giudicatura;  da  ciascun 
de'quali  discende  qual  corollario  il  potere  coattivo. 

Qui  ragioneremo  del  primo. 

I. 

La  Chiesa  &  dotata  di  potestd,  dottrinale. 

Una  delle  parti  principalissime  del  Sacerdozio  si  d  Tammae- 
strare  il  popolo  intorno  alia  cognizione  e  alia  legge  divina.  Lalin 
Sacerdotis  custodiunt  scientiam,  et  legem  requirent  ex  ore 
eius  !.  La  ragione  si  e  perche  il  Sacerdote  e  come  internunzio 

1  MALACHIAE,  11,  7. 


ili  I>i»,  />»mini  est1;  per  cid  stesso  che  6  medin 

tra  lui  ed  il  popolo. 

Se  la  Chiesa  fosse  una  semplice  religione,  in  lei  il  magistero 
sarebbo  semplicemente  un  uffizio,  mm  un  pubblico  potere.  Ma  la 
Chiesa,  come  abbiam  dimostrato,  6  religione  costituita  in  forma  di 
regno,  ossia  di  societa  perfetta.  II  suo  iusegnamento  adimquo  e 
obbligatorio ;  e  pero  e  funzione  di  potesta  giurisdizionale. 

Noi  troviamo  che  nell'antica  Sinagoga,  per  esser  ella  altresi 
costituita  in  forma  sociale,  I'insegnamento  religioso  fa  commesso 
ad  Aronne  non  come  semplice  ufficio,  mimus,  ma  come  vera  po- 
testa: Dedit  illi  in  praeceptis  sufs  potestatem  docere  lacob*. 
Se  do  fa  ?ero  del  Sacerdozio  aronico,  quanto  phi  del  Sacerdozio 
cristiano,  derivazione  e  rappresentanza  del  regale  Sacerdozio  di 
Cristo?  Cristo  ammaestrava  con  potesta :  Erat  docens  sicut  po- 
testatem habens3.  E  con  potesta  conseguentemente  ainmaestra 
la  Chiesa;  avendo  essa  il  c6mpito  d' interpretare  ai  popoli,  e  con- 
senrare  intatto  il  magistero  di  Cristo.  Cosl  noi  veggiamo  che 
Cristo  dopo  avere  ricordata  la  sua  universal  potesta  sul  cielo  e 
sulla  terra,  commette  agli  Apostoli  1'insegnamento:  Data  eat  miki 
omnis  potestas  in  caelo  et  in  terra.  Euntes  ergo  docete  omnes 
gentes*.  E  san  Marco  aggiunge:  Qui  crediderit  et  baptizatits 
fuerit,  salvus  erit;qni  vero  non  crediderit,  condemnabitur*. 
Sopra  i  quali  testi  voglionsi  notare  tre  cose.  L'una  e  che  la 
missione  dMnsegnare  e  data  da  Cristo  alia  Chiesa  come  semplice 
copseguenza  della  sua  universal  potesta  (data  cst  mihi  omnis 
potestas...  euntes  eryo) ;  e  quindi  indipendentemente  da  ogni  po- 
testa terrena.  L'altra,  che  per  questo  stesso  che  tal  missione  6 
data  da  Cristo,  come  conseguenza  della  sua  universal  potesta,  e 
data  con  diritto  d'imporre  obbedienza.  La  terza,  che  infatti  Cristo 
minaccia  la  pena  di  eterna  dannazione  ai  contumaci.  Di  che  si 
pare  che  la  potesta  di  magistero  nella  Chiesa  non  solo  e  di  ori- 
gine  divina,  ma  6  potesta  giurisdizionale.  E  cosl  leggiamo  che, 

«  hi. 

«   ECCLESIAST; 

3    M. \TTIIAKI,  XII.  19. 

«  MATTIIAKI.  \\VIII.  «K,  m. 
5  MAHCI,  X\l,  16. 


538  DELLA    I'OTESTA    MACISTRALE 

sorta  la  quistione  dommatica:  se  i  gentili  convertiti  alia  Fede 
fossero  tenuti  o  no  all'  osservanza  della  legge  mosaica,  gli  Apo- 
stoli  la  risolvettero  autoritativainente;  e  S.  Paolo  perambulabat 
Syriam  et  Ciliciam  confirmans  Ecclesias,  praecipiens  custo- 
dire  praecepta  Apostolorum  et  Seniorum  l.  Un  insegnamento 
che  comanda  ed  obbliga  ad  obbedire,  e  senza  dubbio  giuridico, 
vera  potesta;  e  se  riguarda  la  comunanza  (Ecclesias),  e  potesta 
pubblica. 

E  qui  vuolsi  osservare  la  differenza  che  passa  tra  la  societa 
civile  dello  Stato  e  la  societa  religiosa  della  Chiesa.  Dalla  potesta 
giurisdizionale  dello  Stato  non  sorge  nessun  diritto  all' insegna- 
mento; perch6  il  fine  dello  Stato  riguarda  il  solo  ordine  esterno 
dell'tiomo,  la  tutela  de'diritti,  la  pace  pubblica.  Non  cosi  rispetto 
alia  Chiesa;  il  cui  fine  si  stende  anche  all'interno,  anzi  princi- 
palmente  riguarda  1'interno,  la  retta  fede,  la  santificazione  del- 
1'anima;  e  in  tanto  riguarda  anche  T esterno,  in  quanto  questo 
si  collega  con  quello  come  mezzo  o  come  presidio,  trattandosi  di 
governare  non  angeli,  ma  uomini,  e  governarli  in  forma  sociale. 
Piu,  lo  Stato  in  quanto  tale,  governa  1'  uomo  nei  puro  ordine  di 
natura;  la  Chiesa  lo  governa  in  quanto  sollevato  all'  ordine 
soprannatnrale  della  grazia.  La  prima  cosa  adunque  che  ella 
deve  somministrare  ai  suoi  governati  si  e"  la  conoscenza  di  cotesto 
ordine,  per  cio  che  ne  riguarda  il  fine  ed  i  mezzi  da  conseguirlo. 
Una  tal  cognizione  non  puo  aversi  dallo  svolgimento  naturale 
dell' intelletto.  Essa  procede  da  rivelazione  divina;  e  non  costi- 
tuisce  scienza  ma  fede.  La  fede  e  come  la  forma  costitutrice  dei 
membri  della  Chiesa,  i  quali  per  ci6  appunto  son  denominati 
fedeli.  Essa  e  il  principle  della  giustificazione,  1'inizio  della 
divina  grazia,  il  primo  requisite  per  piacere  a  Dio:  Fides  est 
humanae  salutis  initium,  fimdamentttm  et  radix  omnis  iusti- 
ficationis,  sine  qua  impossibile  est  piacere  Deo  2.  Per  essa 
1'uomo  viene  alia  Chiesa  e  per  essa  vi  si  conserva.  Or  la  fede, 
come  gia  accennammo  piu  sopra,  non  si  ha  in  via  ordinaria,  se 
non  per  insegnamento;  e  non  per  qualsiasi  insegnamento,  ma  per 

1  ACTUS  AposroLonuM,  XV,  41. 

*  Concilium  Tridentinum,  Scss.  VI,  cap.  8. 


insegnamento  di  chi  no  abbia  ricevuto  da  Cristo  la  missione,  e 
tale  6  la  Chicsa.  Ascoltiamo  sopra  qnesto  punto  S.  Paolo,  nella 
sua  epistola  ai  Romani.  Qnivi  egli  c'insegna  la  necessitu  della 
fede  non  solo  quanto  al  sno  interno  assenso,  ma  ancora  quanto 
alia  sua  esterna  professione:  Corde  enim  creditur  ad  iustitiam, 
ore  nntt  >n  fit  confessio  ad  salutem  !.  Quindi  soggiunge  che  la 
fede  non  pu6  ottenersi  da  noi  se  non  per  udizione,  e  che  questa 
udizione  richiede  raiumaestrainento,  e  rammaestramento  la  niis- 
sione.  Quoinodo  credent  ei,  quern  non  audierunt?  Quomodo 
aiitem  audient,  sine  praedicante?  Quomodo  autem  praedica- 
Imnf,  nisi  mitlantur  -  ?  La  fede  d  necessaria  alia  salute,  e  non 
si  ha  altrimenti  che  per  rammaestramento  della  Ghiesa;  la 
qnale  ha  ricevuta  da  Cristo  la  missione  di  predicarla.  Dunque 
T  ammaestramento  della  Ghiesa  versasi  in  materia  necessaria,  e 
quindi  e  obbligatorio. 

II. 

Del  soggetto  in  cui  nella  Chiesa  propriamente  risiede 
la  potestd  dottrinale. 

Se  la  fede,  come  dianzi  e  detto,  non  si  ha  che  per  ammae- 
stramento, ne  si  ha  ammaestramento  senza  missione ;  ne  segue 
che  la  potesta  dottrinale  nella  Chiesa  risiede  appunto  in  coloro 
che  ricevettero  da  Cristo  la  mission  d'  insegnare.  Questi  non  sono 
che  i  Vescovi;  a  cui  nella  persona  degli  Apostoli  fn  detto  da 
Cristo:  Euntes  docete  omncs  gentes.  Di  piu,  come  abbiam  di- 
mostrato,  la  potesta  di  magistero  nella  Chiesa  e  funzione  della 
potesta  di  giurftdizione.  Or  la  potesta  di  giurisdizione  ecclesia- 
stica  risiede  neU'EpiscopatoiPoi-w^  Spiritus  Sanctus  Episcopos 
regere  Ecclesiam  Dai.  Dunque  i  Vescovi  costituiscono  quella 
parte  della  Chiesa  che  si  appella  docente  (Ecclesia  docensj; 
tutto  il  resto,  chierici  e  laici,  costituiscono  la  parte  discente  (Ec- 
'"i  discens}. 

Onde  ai  Vescovi  yolge  il  parlare   san  Pietro  esortandoli  a 

1  AD  ROM  A  xos,   X,  10. 
«  Ivi.  IT,. 


540  DELLA  POTESTA    MAGISTRALE 

pascere  il  proprio  gregge:  Pascite,  qui  in  rnhis  est,  gregem 
Dei1.  II  pascere  nel  suo  general  significato  esprime  la  potesta  di 
giurisdizione,  universalmente  presa;  come  avviene  anche  del 
reggere.  Ma  in  un  senso  piu  stretto,  esprime  il  magistero,  col 
quale  si  da  ai  fedeli  il  pabolo  della  divina  parola,  cibo  del- 
1'anima.  E  in  simil  guisa  il  reggere,  preso  anch'esso  in  senso 
piu  stretto,  si  riferisce  al  governo  propriamente  detto,  in  virtu 
della  potesta  legislativa  e  giudiziaria  e  coattiva.  L'una  cosa  e 
1'altra  appartiene  ai  Vescovi:  il  pascere  coll' insegnamento  e  il 
reggere  colle  leggi  e  co'giudizii.  Dagli  altri  membri  del  clero  ne 
la  prima  ne  la  seconda  pud  esercitarsi,  se  non  per  delegazione 
fattane  da' Vescovi. 

Se  non  che  vuolsi  osservare  che  per  questo  stesso  che  la  po- 
testa dottrinale  nella  Chiesa  6  conseguenza  della  potesta  di  giu- 
risdizione,  ne  viene  che  essa  in  quella  guisa  appartiene  a  cia- 
scun  Vescovo,  nella  quale  appartiene  al  medesimo  la  potesta  di 
giurisdizione.  Or  la  giurisdizione  a  rispetto  della  Chiesa  univer- 
sale  appartiene  al  Romano  Pontefice,  come  fu  diinostrato  nel- 
1'  articolo  in  cui  si  ragiono  della  forma  monarchica  della  Chiesa. 
Dunque  al  Romano  Pontefice  appartiene  il  magistero  universale 
nella  Chiesa  a  rispetto  di  tutti  e  dei  singoli  membri  di  essa, 
tanto  se  sieno  semplici  fedeli,  quanto  se  chierici;  non  esclusi  i 
Vescovi,  giacchk  il  Papa  6  Vescovo  dell'  intera  Chiesa  cattolica  e 
per6  e  Vescovo  degli  stessi  Vescovi.  E  cosi  veggiamo  avere  il  Sa- 
crosanto  Concilio  Vaticano  riconfermata  la  definizione  del  Concilio 
Fiorentino,  colla  quale  s'  imponeva  a  tutti  i  fedeli  di  tener  come 
articolo  di  Fede  che  il  Papa  e  Padre  e  Dottore  di  tutta  la 
Cristianita,:  Innovamus  Oecumenici  Concilii  Florentini  defini- 
tionem,  qua  credendum  ab  omnibus  Christi  fidelibus  est,  San- 
ctam  Apostolicam  Sedem  et  Romanum  Pontificem  in  unirer- 
sum  orbem  tenere  principatum  ;  et  ipsum  Romanum  Pontificem 
successorem  esse  Beati  Pttri  principis  Apostolorum  et  verum 
Christi  Yicarium,  totiusque  Ecclesiae  caput  et  omnium  Chri- 
stianorum  Patrem  et  Doctor 'em  exsistere 2. 

I'KTRI,    V,   2. 

Constitutio  Dogmatica  De  Romano  P&ntifice,  c.  III. 


; 


I  Vescovi  hanno  giurisdizione  limitata  alia  sola  loro  diocesi. 

•Kitto  a  questa  soltanto  essi  sono  Maestri,  con  dipendcnza  dal 
maestro  universale.  Allora  solo  diventano  Dottori  a  rispetto  al- 
tresl  della  Chiesa  universale,  quando  raccolti  in  Concilio,  in  unione 
col  Romano  Pontefice  e  sotto  la  dipendenza  di  lui,  esercitano 
giurisdizione  sulla  Chiesa  universale.  Separataraente  presi,  ben- 
ch&  sieno  pastori  a  rispetto  del  loro  gregge  particolare,  sono  pe- 
corelle  a  rispetto  del  Pastore  universale,  che  tiene  in  terra  il 

:o  di  Cristo.  Rispetto  a  lui  essi  entrano  nel  numero  de'di- 
scepoli. 

III. 
La  potesfa  dottrinale  della  Chiesa  d  dotata  d' infallibility . 

Infallibilita  suona  altrettanto  che  impossibility  di  cadere  in 
errore.  In  senso  assoluto  ed  originario  d  propria  del  solo  Dio; 
il  quale  e  la  stessa  verita  sussistente.  In  senso  relative  e  per 
parted pazione  pu6  trovarsi  nelle  creature.  Cosl  diciamo  infalli- 
bile  1'intelletto  nostro  nella  conoscenza  de'primi  principii;  bench& 
sia  fallibile  nelle  verita  dedotte,  in  quanto  pu6  traviare  da  quelli 
ne'suoi  ragionamenti. 

In  questo  senso  relativo,  ciod  a  rispetto  di  nn  dato  ordine  di 
verita,  e  per  participazione,  cio&  per  privilegio  conferito  da  Cristo, 
affermiarao  essere  infallibile  il  magistero  della  Chiesa. 

Una  tale  affermazione  non  6  che  conseguenza  del  paragrafo 
precedente.  Imperocche  se  il  magistero  della  Chiesa  &  giuridico, 
cio&  tale  che  induce  obbligazione  di  assenso  ne'  fedeli ;  e  chiaro 
che  esso  debb' essere  dotato  d'infallibilita.  Solo  un  maestro  in- 
fallibile pud  imporre  Tadesione  alle  dottrine  che  insegna.  E  questa 
e  la  ragione,  per  cui  lo  Stato  civile  non  gode  di  potesta  magi- 
strale,  perchd  non  gode  d'infallibilita  ne'suoi  insegnamenti.  La 
potenza  intellettiva  ha  per  obbietto  la  verita;  e  nessuna  potenza 
pu6  essere  obbligata  ad  uscire  fuori  deir  obbietto  suo,  e  molto 
meno  accettar  ci6  che  pu6  essergli  contrario.  II  fedele,  acciocch6 
sia  tenuto  ad  aderire  senza  esitazione  air  insegnamento  de'  suoi 
Pastori,  dev'esser  certo  che  in  esso  si  contiene  la  verita  e  non 


DELLA    POTESTA    MAGI3TRALE 

pu6  non  contenersi  la  verita.  Ci6  non  ha  luogo,  se  non  in  tin 
magistero  che  sia  infallibile ;  e3  allora  solo  la  volonta  pnft  con 
ragionevole  ossequio  inclinar  1'iutelletto  ad  aderire  senza  timor 
del  contrario. 

Se  il  magistero  della  Chiesa  fosse  fallibile,  esso  non  diffe- 
rirebbe  da  quello  d' un' accademia  verbigrazia;  al  quale  voi  cer- 
taraente  non  vi  credete  obbligato  di  piegar  1'intelletto,  ma 
potete  liberamente  pensare  il  contrario  di  ci6  che  esso  insegna, 
se  a  voi  cosl  sembra.  Or  potrebbe  il  fedele  tenere  il  contrario 
di  ci6  che  insegna  la  Chiesa  nelle  materie  di  sua  appartenenza? 
Issofatto  sarebbe  separate  da  lei:  Anathema  sit. 

Piu,  la  Congregazion  de'fedeli,  considerata  come  un  sol  corpo 
morale,  e  indefettibile  nella  credenza.  Ond'essa  e"  detta  dall'Apo- 
stolo  colonna  e  fermezza  della  verita:  Ut  scias  quomodo  te  oporteat 
in  domo  Dei  conversari,  quae  est  Ecclesia  Dei  vivi,  columna  et 
firmamentum  veritatis l.  Se  fosse  altrimenti,  la  parola  di  Cristo 
verrebbe  ineno,  quando  assicur6  che  le  porte  dell' Inferno  non 
prevarrebbero  contro  di  lei.  Portae  Inferi  nan  praevalebunt 
adversus  earn 2.  Essa  non  sarebbe  piu  la  sposa  eterna  di  Cristo, 
inanellata  da  lui  nella  fede:  Sponsabo  te  mihi  in  aeternum; 
sponsabo  te  mihi  in  fide 3.  Or  la  credenza  de'fedeli  e  effetto  del- 
rammaestramento  de'loro  Pastori:  Fides  ex  auditu.  Dunque  se 
quella  e  infallibile,  convien  che  sia  infallibile  ancor  questo.  In 
altri  termini:  se  si  ha  nella  Chiesa  rinfallibilita,  che  i  teologi 
chiamano  passiva  ossia  in  credendo ;  convien  che  ci  sia  anche 
1' infallibilita  che  i  teologi  chiamano  attiva,  ossia  in  docendo. 

L'Apostolo  san  Paolo  scrivendo  agli  Efesii,  fa  menzione  del 
magistero  istituito  da  Cristo  nella  Chiesa,  acci6  i  fedeli  abbiano 
una  noruia  sicura  per  1'  unita  della  fede,  e  non  siano  travolti  in 
errore  per  malizia  o  astuzia  degli  uomini.  Ipse  dedit  quosdam 
quidem  Apostolos,  quosdam  autem  Prophetas,  alios  vero  Evan- 
gelistas,  alios  autem  Pastures  et  Doctores,  ad  consummalio- 
nem  sanctorum,  in  opus  ministerii,  in  aedificationem  corporis 

'   I*  AD   TlMOTH.   Ill,    15. 

1  MATTH.  XVI,  18. 
4  OSEAE  II,  19,  20. 


f'liri*!i,  </»  |  omnes  in  unif.don  //'A/...  ut  iam 

non  £/>/  it  i>'irri(/i  Jli(cti«uites  et  cii 

vento  <l<  ,  in  nequitin  hominntn,  in  <ixtntiaad  cii 

itm  erroris  '.  Ci6  richiede  assolulamente  che  un  tal  magistero 
sia  infallibile;  perche  un  magistero  che  puft  esso  stesso  cadere 
in  errore,  non  potrebbe  darci  certezza  ed  unita  di  credenza  nd 
assicurarci  dall'orrore  di  uoinini  maliziosi  ed  astnti. 

Ma  senza  voler  cercare  altro,  noi  abbiamo  sopra  cotesto  punto 
1'espressa  promessa  di  Cristo.  Nell' ultima  cena,  parlando  agli 
Apostoli,  egli  disse:  lo  pregherft  il  divin  Padre,  ed  egli  vi  man- 
dera  un  altro  Paraclito,  acciocche  rimanga  con  voi  in  eterno,  Spi- 
rito  di  verita.  Ego  rogabo  Patrem  et  alium  Paraclitum  dabit 
vobis  ut  maneat  vobiscum  in  aeternum,  Spiritum  veritatis  2. 
Sul  punto  poi  di  salire  al  cielo,  couiaudando  agli  Apostoli  di 
aminaestrare  le  genti,  soggiunse  che  egli  sarebbe  con  loro  tutti 
i  giorni  fino  alia  consumazione  de'secoli.  Undecim  autem  disci- 
l>nli  abirrnnt  in  Galilacam,  in  montem  ubi  constituerat  illis 

lesus...  Et  accedens  lesus  loquutus  cst  eis Euntes  ergo  do- 

cete  omnes  gentes...  Et  ecce  ego  vobiscum  sum  omnibus  diebus 
usque  ad  consummationcm  saeculi3.  Qui  gli  Apostoli  nella  loro 
persona  rappresentano  il  magistero  della  Chiesa,  il  qual  propria- 
mente  dovea  durar  sempre.  Ad  esso  Cristo  promette  la  perpetua 
mansione  (in  cub-mum)  dello  Spirito  di  verita  e  la  sua  assi- 
stenza  in  tutti  i  giorni  sino  alia  fine  del  mondo:  omnibus  diebus 

,  ue  ad  consummationem  saeculi.  Or,  se  fosse  possibile  un  sol 
giorno,  in  cui  il  magistero  della  Chiesa  cadesse  in  errore,  sarebbe 
possibile  che  per  quel  giorno  Cristo  le  ritirasse  la  sua  assistenza, 
e  non  fosse  piu  in  lei  lo  Spirito  di  verita.  Per  quel  giorno  adun- 
que  la  doppia  proinessa  di  Cristo  verrebbe  mono.  Pu6  avve- 
rarsi  ci6? 


KIMIF.-IOS,  IV,  1 
1  IOVN.MS  XIV.  if, 
•  MATTIIAEI,  XXVIII. 


.".  i  i  DELLA    FOTESTA   MAGISTRAL E 

IV. 

In  qual  magistero  della  Chiesa  &  inerente  il  dono  della  in- 
fallibilita. 

II  carisma  dell'  infallibilita  e  dato  al  magistero  della  Chiesa, 
acciocch^  questa  si  mantenga  nella  purita  della  fede  e  de'costumi, 
quale  Sposa  immacolata  di  Cristo.  Ora  questo  6  proprio  della 
Chiesa  universale,  presa  nella  sua  totalita,  non  gia  di  tale  o  tal 
altra  Chiesa  particolare.  Come  le  persone  individue,  cosl  anche 
le  Chiese  particolari  possono  divellersi  dal  corpo  mistico  di  Cri- 
sto, cadendo  in  errori  dommatici  o  morali.  II  fatto  di  tante  eresie 
e  tanti  scisrai  lo  dimostra  palpabilmente.  Gi6  fu  dinunziato  dal- 
1'Apostolo  Paolo:  Oportet  et  haereses  esse,  ut  qui  probati  stint, 
manifesti  fiant  in  vobis  !.  Dunque  il  solo  magistero  che  si  rife- 
risce  alia  Chiesa  universale  e  dotato  d'  infallibilita.  Tal  magistero 
e  proprio  del  solo  Romano  Pontefice  e  de'Vescovi  raccolti  con  lui 
in  Concilio  ecumenico.  Dunque  il  solo  Romano  Pontefice  ed  i  Con- 
cilii  ecumenici,  allorche  esercitano  magistero  a  rispetto  della 
Ghiesa  universale,  sono  infallibili  nel  loro  insegnamento. 

E  quanto  ai  Concilii  la  forza  delle  loro  definizioni  6  espressa 
da  quel  primo  Concilio  che  fu  tenuto  dagli  Apostoli  in  Gerusa- 
lemme  per  decidere  la  quistione  intorno  aU'osservanza  della  legge 
mosaica.  II  decreto  quivi  emanate  dice  cosi:  fi  sembrato  allo  Spi- 
rito  Santo  e  a  noi:  Visum  est  Spiritui  Sancto  et  Nobis 2.  Esso 
dunque  e  attribuito,  come  a  causa  principale,  allo  Spirito  Santo, 
che  6  lo  Spirito  di  verita,  promesso  da  Cristo  alia  sua  Chiesa 
per  durare  in  lei  perpetuarnente.  Quel  Concilio,  come  fu  la  forma 
esemplare  di  tutti  i  Concilii  posteriori,  cosl  fu  la  dichiarazione 
autentica  del  valore  da  attribuirsi  alle  loro  decisioni.  Questa  di- 
chiarazione si  fu  che  i  loro  giudizii  sono  giudizii  dello  Spirito 
Santo,  parlante  per  la  loro  bocca.  Visum  est  Spiritui  Sancto 
et  Nobis. 

Similmente  Cristo  assicur6  gli  Apostoli,  che  dove  alcuni  di 

•  I  AD  COR.  IX,  19. 

1  Acrus  APOSTOLOKUM,  XV,  28. 


A   C1IIESA 

.  si  cuugregassero  in  noine  suo,  egli  si  troverebbe  in  mezzo 
a  loro:  I' hi  *«>tf  <ln<>  /•<  I  //v\  congregnti  in  no/nhi,' wt'O,  ibi 

n  in  mcdin  (nrum  '.  Questo  passo  e  da'Padri  costantemente 
interpretato  de'Concilii;  e  ben  a  ragione.  Imperocche,  come  os- 
serva  il  Bellarinino,  ci6  vien  persuaso  evidentemente  dal  contesto. 
E  nel  vero  in  quel  luogo  Cristo  avea  detto  dell'uomo  contumace: 
Si  Ecclesiam  non  audierit,  sit  tibi  velut  ethnicus  et  publica- 
.  Qui  senza  dubbio  per  Chiesa  Cristo  intese  i  Prelati  della 
medesima,  ossia  la  Chiesa  governante  ed  insegnante.  E  volendo 
dar  la  ragione,  perche  la  loro  sentenza  debba  rispettarsi  ed  ac- 
cettarsi,  sotto  pena  si  grave ;  ne  dichiara  la  forza :  Amen  dico 
vobis,  fjn«(rnHi'iiic  a/liyat'crifia  xtiper  terrain,  erunt  ligata  et 
in  caelo 3.  Volendo  poi  inoltre  spiegare  la  causa  da  cui  procede 
tanta  forza,  1'assegna  nella  sua  assistenza:  Vbi  enim  sunt  duo 
vel  tres  congregati  in  nomine  meo,  ibi  sum  in  medio  eorum  8. 
Tutto  questo  discorso  di  Cristo  in  sostanza  suona  cosi:  Chi  non 
ascolta  la  Chiesa,  ossia  non  obbedisce  ai  vostri  decreti,  si  abbia 
per  separate  da  essa.  Imperocchd  quello  che  yoi  deciderete  sulla 
terra,  si  avra  come  deciso  nei  cielo.  E  la  ragione  di  ci6  si  e, 
perche  le  vostre  decision!  son  fatte  sotto  la  mia  assistenza,  tro- 
vandomi  io  in  mezzo  a  voi,  ogniqualvolta,  pochi  o  molti  (duo  vel 
tres),  vi  raccoglierete  a  deliberare  in  noine  mio. 

Ma  a  conchiuder  la  cosa  in  poche  parole,  il  Concilio  ecume- 
nico,  congregate  in  nome  di  Cristo,  ossia  per  autorita  di  Cristo 
esercitata  dal  Papa  suo  Yicario,  e  deliberante  sotto  1'  autorita  del 
Papa,  costituisce  tal  magistero  nella  Chiesa,  del  quale  uno  piu 
alto  non  pu6  concepirsi.  Se  dunque  esso  fosse  failibile,  non  ci 
sarebbe  nella  Chiesa  nessun  magistero  infallibile;  contro  ci6  che 
si  e  dimostrato  nei  paragrafo  precedente. 

Che  poi  anche  il  magistero  del  solo  Papa,  preso  da  se,  senxa 
il  concorso  de'  Vescovi,  sia  infallibile,  e  fuori  d'  ogni  controversia 
dopo  la  solenne  definizione  fattane  dal  Concilio  Yaticano,  ne' ter- 
mini seguenti :  <  Aderendo  fedelmente  alia  tradizione  ricevuta 

1  \Urrn.  XVIII.  Ji>. 
•  Id.  XVIII,  18. 

8  Controv.  t.  2.  De  Conciliis,  lib.  II,  . 
8erU  XII.  r,,/.  ]"/.  feuc.815  28  maggio  1884 


.Y,fi  DELLA    POTIXIA    VAGISTRALE 

dai  primordii  della  fede  cristiana,  a  gloria  di  Dio  nostro  Salvatore, 
ad  esaltazione  della  religione  cattolica  ed  a  salute  de'popoli 
cristiani,  approvante  il  Sacro  Concilio,  insegniamo  e  definiarao 
esser  domraa  divinamente  rivelato:  Che  il  Eomano  Pontefice 
quando  parla  ex  cathedra,  doe  quando  aderapiendo  Tufficio  di 
Pastore  e  Dottore  di  tutti  i  cristiani,  in  virtu  della  sua  suprema 
apostolica  autorita,  definisce  una  dottrina  intorno  alia  fede  o  ai 
costumi,  da  tenersi  da  tutta  la  Chiesa,  merce  dell'assistenza 
divina  a  lui  proinessa  nella  persona  del  Beato  Pietro,  e  dotato 
di  quella  infallibilita,  della  quale  il  divin  Redentore  voile  che 
fosse  fornita  la  sua  Chiesa  nel  defmire  la  dottrina  intorno  alia 
fede  ed  ai  costumi,  e  che  per6  cotali  definizioni  del  Romano 
Pontefice  per  se  sole,  e  non  gia  pel  consenso  della  Chiesa,  sono 
irreformabili. 

€  Se  poi  alcuno  osera  (il  che  Dio  tolga)  di  contraddire  a 
questa  nostra  definizione,  sia  anatema '.  > 

Di  questa  prerogativa  del  Romano  Pontefice,  ossia  del  sue- 
cessore  di  Pietro,  ci  sembra  di  scorgere  un'  assai  chiara  raani- 
festazione  nello  stesso  primo  Concilio  di  Grerosolima,  menzionato 
piu  sopra.  Quivi  facendosi  un' assai  grande  discussione  sopra  la 
proposta  controversia,  cum  magna  conquisitio  fieret,  si  alza  Pie- 
tro e  dice:  Surgens  Petrus  ait  eis:  Voi  sapete  o  fratelli,  che  fin 
dai  primi  tempi  Dio  elesse  tra  noi  me  per  esser  colui,  dalla  bocca 
del  quale  le  genti  ascoltassero  la  parola  Evangelica  e  credessero: 


1  Traditioni  a  Fidei  christianae  exordia  perceptae  fideliter  inhaerendo,  ad 
Dei  Salvatoris  nostri  gloriam,  reliyionis  Catholicae  exaltationem  et  christia- 
norum  populorum  salutem,  sacro  approbante  Concilio,  docemus  et  divinitus 
revelatum  dogma  esse  definimus:  Romanum  Pontificem,  cum  ex  Cathedra  lo- 
quitur, idest  cum  omnium  Christianorum  Pastoris  et  Doctoris  munere  fun- 
gens,  pro  suprema  sua  Apostolica  auctoritate  doctrinam  de  fide  et  moribus  ab 
universa  Ecclesia  tenendam  deftnit,  per  assistentiam  divinam,  ipsi  in  beato 
Petro  promissam,  ea  infallibilitate  pollere,  qua  divinus  Redemptor  Ecdc* 
suam  in  deftnienda  doctrina  de  fide  vel  moribus  instructtun  esse  voluit;  ideo- 
que  eiusmodi  Romani  Pont  i  fids  definitiones  ex  sese,  non  autem  ex  conseiisu 
Ecclesiae,  irreformabiles  esse. 

Si  quis  autem  huic  nostrae  definitioni  contradicere,  quod  Deus  avertat, 
praesumpserit ;  anathema  sit.  Conslilutio  dogma tica  prima  de  Ecclesia  Catholics, 
caput  III. 


547 

ib  ttnfi'i 
»n  <tK>lire  qentcs  n-rbum    i  i  et 

i  •/ 

Quindi  prommxia  la  sua  sentenza;  ed  ecco  immanti- 
te  cessare  ogni  ult«3riore  ricerca.  Ta 


Qui  apertamonte  san  Pietro  aflferraa  la  sua  supremazia  di  ma- 
gistero, a  rispetto  di  tutti  gli  Apostoli:  A'A////  Deus  in  nobis 
per  os  '  '/ij ire  gentes  verbum  Ernnrjclii.  Ne  di  semplice 

magistero,  ina  di  raagistero  infallibile.  Iinperocche  a  quell  a  frase, 
a  in?  fr.-  i-.rlunn  Evangel\\}  fa  seguir  Taltra  et  credere.  Or  come 
abbiam  dimostrato  piu  sopra,  non  pu6  imporre  la  credenza  se 
non  un  magistero  infailibile.  Con  quello  parole  poi  eleyit  Deus 
pare  che  accennasse  al  duplice  fatto;  in  uno  de'quali  Cristo, 
avendo  pregato,  acciocch£  la  fede  di  Pietro  non  venisse  meno, 
a  lui  coinmise  il  cdmpito  di  conferraare  in  essa  i  fratelli:  Ego 
rogavi  pro  te  ut  non  deficiat  fides  tun,  et  tu  aliquando  con- 
versus  confirmn  frntres  tuos*;  nell'altro  lo  costitul  fondamento 
della  Chiesa:  Tu  es  Petrus  et  super  ham  petram  aedificabo 
Ecclesiam  meam.  II  che  inchiude  la  prerogativa  della  infalli- 
bilita,  non  potendo  il  fondamento  di  una  Chiesa  infallibile  esser 
fallibile.  Se  scrollasi  il  fondamento,  convien  che  precipiti  1'edifizio. 

V. 

dove  stendesi  I'infallibiM  di  magistero  della  Chiesa. 

Vi  ha  di  quelii,  i  quali  o  per  ignoranza  o  pid  veramente  per 
malizia,  spacciano  che  il  magistero  della  Chiesa  6  infallibile  nel 
definire  i  soli  dommi,  da  Dio  rivelati;  e  che  un  tal  magistero 
e  da  lei  esercitato  aliora  solamente  che  essa  con  solenne  giu- 
dizio  definisce  alcun  punto  di  fede  o  di  morale,  vuoi  ne'Concilii, 
vuoi  ne'decreli  Pontiflcii.  Ambedue  queste  affermazioni  sono  fal- 
sissime.  Primieramente  il  magistero  della  Chiesa  e  doppio:  1'uno 
straordinario,  1'altro  ordinario.  II  primo  solamente  e  quello  che 


7-11 

VK.  \\ll,  32. 


IiKLI.A    POTESTA    MAGISTRALE 

si  esercita  con  solenne  giudizio  nel  modo  sopraddetto;  sia  per 
alcun  dubbio  sorto  intorno  alia  intelligenza  de'dommi,  sia  per 
alctm  pernicioso  errore,  che  minacci  la  puriU  di  creden/a  e  di 
costumi.  Ma  1'ordinario  6  quello  che  si  esercita,  sotto  la  vigilanza 
del  Papa,  dai  Sacri  Pastori,  sparsi  pel  mondo,  sia  colla  parola 
scritta  o  parlata  nella  predicazione  e  nelle  catechesi,  sia  coll'eser- 
cizio  del  culto  e  de'riti  sacri,  sia  coiramministrazione  de'Sacra- 
menti,  e  colle  altre  pratiche  e  manifestazioni  della  Ghiesa.  Questa 
doppia  maniera  di  magistero  6  espressamente  affermata  dal  Concilio 
Vaticano  colle  seguenti  parole:  Fide  divina  et  catholica  ea  omnia 
credenda  sunt,  quae  in  verlo  Dei  scripto  vel  tradito  conti- 
nentur,  et  ab  Ecclesia  sive  solemni  iudicio  sive  ordinario  et 
universali  magisterio  tamquam  divinitus  revelata  credenda 
proponuntur  l.  II  pretendere  che  il  fedeie  non  sia  obbligato  a 
credere  se  non  quelle  cose  intorno  a  cui  ci  sia  una  solenne 
definizione  della  Chiesa,  porterebbe  a  dire  che  prima  del  Concilio 
Niceno  non  ci  era  obbligo  di  credere  la  divinita  del  Verbo,  ne 
prima  della  condanna  di  Berengario  la  presenza  reale  di  Cristo 
nella  santa  Eucaristia. 

In  secondo  luogo  1'  infallibilita  tanto  dell'  un  modo  quanto  del- 
1'altro  di  magistero  non  si  aggira  intorno  ai  soli  dommi  da  Dio 
rivelati,  ma  ancora  intorno  alle  conseguenze  in  essi  racchiuse,  e 
generalmente  intorno  a  tutto  cio  che  e  con  quelli  connesso  e  che 
e  necessario  per  servarli  incorrotti,  e  difenderli  dagli  assalti  del- 
1' errore.  In  altra  guisa  Iddio  non  avrebbe  bastevolmente  prov- 
veduto,  acciocch&  i  sacri  Pastori  fossero  idonei  a  preservare  i 
fedeli  dai  pascoli  velenosi,  e  tutelare  efficaceinente  il  deposito 
della  fede  ad  essi  affidato.  II  Cardinal  Franzelin  tratta  egregia- 
mente,  come  suole,  cotesto  punto.  Parlando  egli  delle  veritk  non 
rivelate  ma  connesse  colle  rivelate,  intorno  alia  credenza  ed  ai 
costumi  od  anche  alia  costituzion  della  Chiesa,  sopra  cui  puo 
cadere  il  magistero  infallibile  di  essa  Chiesa,  ne  reca  diverse 
classi.  Tali  sono  per  esempio  alcune  spiegazioni  date  universal- 
mente  in  teologia  per  T intelligenza  de' misted;  alcuni  aggiunti 

1  Constitutio  doymatica  de  Fide  catholica,  c.  III. 


corrvhitivi  alTapplicaziono  di  '  vi.-hit-,  qual  sarebbe 

genuino  ilci  U-sti  di  un  libro  in  quanto  concord!  o  discordi  dal 
ma;  alcinii  fatti  ,  qual  sarebbe  la  legittimita  di 

un  dato  Concilio;  alcune  disposition!  della  divina  provvidenza 
speltanti  allo  stato  migliore  e  goverao  della  Chiesa  universale, 
qual  sarebbe  r  opportunity  o  morale  necessita  del  principato  civile 
per  la  liberta  e  indipendenza  del  romano  Pontefice  !. 

A  tali  cose,  dalla  Cbiesa  insegnate  e  definite,  senz'alcun  dubbio 
il  fedele  e  tenuto  di  prestare  1'assenso.  Solo  si  controverte  da 
teologi  intorno  al  motivo.a  cui  un  tale  assenso  si  appoggia.  Cer- 
tamento  il  motivo  ultimo  d  Tautorita  di  Dio  rivelante;  giacche 
1'  infallibilita  del  magistero  della  Chiesa,  a  cui  prossimamente 
guarda  1'assenso,  e  domraa  da  Dio  rivelato.  Onde  il  Franzelin 

1  Cum  reritatibus  revelatis  et  sufficienter  propositis  connexac  sunt  et  ad 
fas  referuntur  pJura,  sine  quibus  veritates  ipsae  revelatae  vel  non  possent  vel 
minus  bent  possent  in  tota  sua  plenitudine  custodiri,  explicari,  defendi,  licet 
ilia  in  se  vel  simpliciter  revelata  non  tint,  vel  nondum  sufficienter  proposita 
ad  credendum  fide  divina.  Huiusmodi  sunt  muUa  turn  theorica  turn  practice 
in  triplici  illo  ordine,  dogmatico,  morali,  et  (ut  ita  loquar)  constitutive :  ut  ve- 
ritates theologice  certae,  ex.  gr.  de  processione  Spiritus  Sancti  per  modum 
amoris  in  connexions  cum  mysterio  SS.  Trinitatis,  de  sanctificatione  humani- 
tatis  Christi  per  dona  etiam  creata,  de  visione  eius  beatifica  a  primo  instanti 
exsistfntiae  in  connexione  cum  mysterio  Jncarnationis  etc. ;  turn  adiuncta  quae- 
dam  complicita  cum  veritatibus  revelatis,  quando  haec  practice  applicandae 
sunt,  ex.  gr.  si  quaeritur  de  gcnuino  sensu  textuum  in  determinatis  libris,  qua- 
tenus  deposito  fidei  concordent  vel  opponantur;  facta  deinde  per  se  historica 
ex.  gr.  legitima  celebratio  determinati  Concilii  etc. ;  praeterea  speciales  quaedam 
dispositions  divinae  providentiae  ad  meliorem  statum  et  gubernationem  uni- 
versalis  Ecclesiae  pertinentes,  ex.  gr.  si  quaeritur  de  opportunitate  vel  morali 
necessitate  politicae  independentiae  et  dominii  temporalis  in  Summo  Pontifice 
sub  relatione  ad  gubcrnationem  Ecclesiae  etc.  Tractatus  de  divina  Tradilione, 
sect.  II,  c.  I;  pag.  III. 

Quest' ultimo  escmpio  ilrl  poter  temporale  della  Santa  Sede,  recato  dall' cmincnte 

teologo,  dovrebbe  aprir  gli  occhi  a  quei  cattolici  liberal!,  i  i|uali  credono  di  poter  in 

sicura  coscienza  pensare  e  sostenere  non  essere  il  principato  civile  necessario  per  1'in- 

dipendenza  c  libertn  del  I'unti-licp.  Egli  6  vero  che  non  esiste  ancora  sopracolesto  punto 

alcun  solenne  </iu<li:io  della  Chiesa,  intimato  sotto  pena  di  anatema.  Ma  ben  esiste 

:ii,.mi'ii!o  puhhlico,  fatto  in  via  ordinaria  merce  le  dichiarazioni  di  due  soniini 

lici,  1'io  IX  e  Iv^oin-  Mil,  o  ilelTiutero  Kpiscopalo,  ripetutamenle  espresso  colla 

vocc  e  collo  scrilto.  Or,  come  sopra  notammo,  il  magistero  infallibile  della  Chiesa  si 

manifesla  auiorcvolmni1.  •  .ini-tio  prr  queslo  mezzo;  e  pero  chi  ad  esso  contraddice,  con- 

traddice  alia  vcrila  cattolica  ed  i  fuor  del  senliero  die  inena  a  salute. 


.ViU  DELLA    rOTESTA    MAGJSTIULE 

insegDa  che  queirassenso  e  atto  di  fede  divina  mediata.  Infal- 
Ecclesiae  et  Pontificis  Eomani  creditur  fide  di>-hin, 
nu'-toritatem  Dei  revelantis;  sententia  quae  per  infal- 
lililem  definitionem  Ecclesiae  vel  Pontificis  pro^n'itur  u( 
vera,  non  tamen  ut  revel'ata,  creditur  propter  revelatam  aucto- 
ritatem  proponentis.  Unde  earn,  qitam  aliqui  appellant  fid 
ecclesiasticam,  possumus  dicere  fidem  mediate  divinam l. 

Certaraente  intorno  all'adesione  a  siffatte  verita  definite  dalla 
Chiesa,  le  quali  non  siano  doinmi  ma  appartenenze  di  dommi,  e 
assai  piu  giusta  la  frase  di  fede  mediatamente  divina,  che  non 
quella  fafede  ecclesiastica,  la  quale  non  sapremmo  ben  conciliare 
con  1'  unita  dell'abito  e  del  motivo  della  fede.  Tuttavolta  ci  sembra 
non  improbabile  potersi  dire  in  modo  assoluto  che  le  verita,  di 
cui  parliamo,  si  credono  fide  divina.  Imperocche  la  Chiesa  in 
tutte  le  verita  che  definisce,  pu6  dire:  Visum  est  Spiritui 
Sancto  et  nobis.  La  sua  sentenza  e  seuipre  proferita  sotto  1'assi- 
stenza  e  mozione  di  Dio,  rispetto  al  quale  ella  opera  quasi  stru- 
mento.  Or  la  causa  istrumentale  come  ha  la  causa  principale  per 
principio  di  efficienza,  cosl  ancora  1'ha  per  termine  di  riferi- 
mento.  Quando  tu  ammiri  un  dipinto  non  pensi  al  pennello,  ma 
all'artefice  che  lo  maneggia.  E  se  alcuno  ti  percuote  con  un 
bastone,  non  imputi  il  fatto  al  bastone,  ma  alia  persona  che  lo 
adopera  a  percuoterti.  Importa  poco  che  Iddio  non  abbia  rivelata 
la  verita  che  definisce  la  Chiesa,  e  sempre  la  sua  autorita  infal- 
libile  quella  che  parla  per  mezzo  di  lei,  e  ad  essa  miriamo,  se 
non  esplicitamente,  almeno  implicitainente  nell' assentire.  Cid 
sembra  contenersi  in  quelle  magnifiche  parole  di  sant'Ignazio  di 
Loiola,  laddove  parlando  delle  regole  per  sentire  colla  Chiesa 
cattolica,  nella  regola  decimaterza  dice  cosi:  Indubitate  ere- 
dendum  est  eumdem  esse  Domini  nostri  lesu  Christi,  et 
Ecclesiae  Orthodoxae,  sponsae  eius,  spiritum,  per  quern  guber- 
namur  et  dirigimur  ad  salutem;  neque  alium  esse  Deum  yui 
olim  tradidit  Decaloyi  praecepta,  et  qui  mine  tempuriis  Kccle- 
siam  Rierarchicam  instruit  atque  regit 2.  Se  uno  e  lo  Spirito 

1  Luogo  citato,  pag.  113. 

1  Vedi  1'aureo  suo  libro  degli  Esercizii 


che  c'insegna  e  comanda  nell'un  caso  o  nell'altro,  della  stessa 
natura  fi  la  ferle  e  l'obb»\1ifnza  che  ad  entrambi  prestiarao. 
I/aut»rit;i  di  Dio  cho  ci  muove  all'assenso  nelle  verita  da  lui 
rivi'lat-.  r-  ijM-'lla  stessa  che  ci  muove  all'assenso  nelle  verita  dalla 
(Miiesa  definite.  La  materia  d  diversa,  ma  la  ragion  formale  6 
la  stessa.  Del  resto  sia  che  si  dica  che  le  verita  di  cui  ragio- 
niamo  si  credono  da  noi  fide  divina  simplicitcr,  come  noi  opi- 
niaino,  sia  che  fid?  itmlfufc  dirina,  come  almeno  deve  tenersi ; 
il  rerto  6  che  noi  siarao  obbligati  a  crederle,  e  invano  si  lusinga 
d'esser  cattolico  chi  le  discrede. 

tltri  obbietti:  E  se  la  Chiesa  uscisse  fuori  la  cerchia  del  suo 
inagistero?  Una  tale  ipotesi  e  stolta;  giacche  Dio,  per  ci6  stesso 
cheassiste  la  Chiesa  nell'insegnare,  I'assiste  a  non  lasciarla  mai 
trascorrere  oltre  1'obbietto  proprio  del  suo  insegnamento.  Per- 
mettendo  nn  tale  trascorso,  Cristo  permetterebbe  che  nel  caso  pra- 
tico  venisse  meno  la  sna  assistenza,  contro  la  fatta  promesga: 
''  ego  vobiscum  sum  omnibus  diebus,  usque  ad  consumma- 
*-u't'iili.  Chiunque  non  ha  perduto  il  senso  comune  ci  dica 
se  qnesta  sia  tra  le  cose  possibili.  Laonde  al  vero  cattolico  basta 
che  una  cosa  sia  defiuita  dalla  Chiesa,  perche  egli  sia  certo  che 
tal  definizioue  e  stata  fatta  sotto  T influenza  divina;  e  quindi 
vi  aderisca  in  virtu  della  stessa  fede,  per  cai  aderisce  a  Dio,  il 
quale  ci  ammaestra  in  doppio  niodo :  e  per  le  verita  da  lui  ri- 
velate,  e  per  le  verita  che  la  Chiesa  definisce,  sotto  la  sua,  non 
ispirazione  come  per  esempio  ne'Profeti,  ma  assistenza,  come  in 
maestra  da  lui  diretta  e  regolata. 


LA  CONTESSA  INTERNAZIONALE 


x. 

FARPALLE   E   FARFALLINI 

Per  non  trovarsi  ad  accommiatare  le  monache  cercatrici,  la 
contessa  Aldegonda  erasi  ritirata  dalla  conversazione  innanzi 
tempo.  Ne  ricomparve  pift  per  tutto  quel  giorno.  Si  vedeva  ad  oc- 
chio  ch'ella  era  un  po'neruccia.  Ma  nessuno  pensava,  ci6  che 
veramente  era,  ch'ella  si  rodesse  di  rabbia  a  cagion  delle  filip- 
piche  di  Amedeo  e  delle  fanciullate  di  Silvia.  A  suo  tempo  le 
religiose  si  avviarono  al  cancello  della  villa,  avendo  fatto  bonis- 
simo  accatto  presso  la  signora  Caterina.  Prima  di  parti  re  ebbero 
ancora  la  giunta  alia  derrata  dagli  uomini,  che  tutti  porsero  ii 
loro  obolo.  Persino  la  poveretta  della  Severina  voile  essere  ge- 
nerosa.  Silvia  conoscendo  il  suo  borsiglio  un  po'sulle  secche,  si 
aggavign&  al  babbo,  che  oltre  al  fornirla  del  conveniente,  le 
disse :  —  Yai  da  mamma,  e  dille  che  le  monache  ora  vanno  via, 
e  se  lei  vuole  dar  qualcosa  per  le  morette,  si  spacei. 

Corse  Silvia  come  uno  scoiattolo,  e  subito  ritorn&  con  una  bella 
moneta:  cosa  che  piacque  a  tutti.  Sopra  tutto  perche  Silvia  ri- 
fiori  1'  ambasciata  graziosainente,  dicendo :  —  Mamma  vi  prega 
di  gradire  questo  gingillo,  e  sarebbe  stata  rnolto  dolente  se  foste 
partite  senza  ch'  ella  potesse  darvi  un  piccolo  segno  del  suo  af- 
fetto  per  le  vostre  bambine,  nel  cui  bene  s'interessa  tanto  tanto. 

Queste  poche  parole  rabbonirono  gli  astanti  verso  la  contessa. 
Era  appunto  ci6  a  che  ella  mirava  colla  opportuna  larghezza. 
Amedeo  stesso  sentissi  alquanto  disarmare.  Intanto  gli  tardava 
di  rimeritare  Silvia  della  dolce  parola  Yi  stimo,  ch'egli  piu  che 
ogni  altro  aveva  interpretato  per  una  ingenua  accettazione  di 
amore.  Ne  poteva  fallirgliene  il  mezzo :  all'  uopo  era  monello  da 


LA   CONTESSA    1 

fabbricare  un  ammenicolo  pur  che  fosse.  In  che  tanto  piii  si  la- 
sciava  andare  a  fidanza,  quanto  che  suo  padre  gli  avea  fatto 
ndere,  che  il  conte  Delia  Pineta  non  1'avrebbe  punto  a 
male,  anzi... 

—  E  la  contessa?  dimand6  subito  Amedeo. 

—  La  contessa,  rispose  il  babbo,  la  contossa...  via,  e  meglio 
non  ne  parlare.  Gia,  non  si  d  ai  ferri  corti.  C'e  tempo  a  pen- 
sarvi.  Quando  foste  d'accordo  tu  e  Silvia...  ma  bada,  ragazzate, 
no:  quando  foste  d'accordo  sul  serio,  a  ragion  veduta...  si  po- 
trebbe  ragionare. 

—  E  bene,  se  fossimo  d'accordo  noi  due?  spiegatevi,  babbo. 

—  Ti  diro,  il  conte,  poiche  vuoi  saperlo,  non  sarebbe  alieno ; 
tua  madre  poi  non  ti  contrariera,  se  farai  le  cose  ammodo;  quanto 
a  me,  lo  sai  che  da  un  pezzo  non  ti  tengo  piu  a  bambino,  spero 
che  orraai  sii  uomo. 

-  Ma  ci  resterebbe  sempre  a  traverso  la  contessa,  ripicchi& 
Amedeo. 

—  Tu  non  ti  confondere.  Alia  fin  delle  fini,  sai,  il  consenso 
del  babbo  e  sempre  il  punto  principale. 

-  Lo  so  da  me:  articolo  63  del  codice  civile,  lo  so  a  mente. 

—  Del  resto,  conchiuse  il  padre,  non  siamo  anche  allo  strin- 
gere  de'  sacchi.  Ti  ho  voluto  dare  un  cenno,  cosl  alto  alto,  perchfc 
sapessi  in  che  acque  navighi.  Bada,  ripeto,  a  non  ti  fare  scor- 
gere  con  bambinerie,  che  dieno  nel  naso  alia  madre  di  Silvia : 
gia,  anch'io  le  ho  a  noia  come  il  fumo  agli  occhi.  lo  non  in- 
tendo  reggerti  per  le  dande,  ma  intendo  altresl  che  di  dande 
tu  non  abbi  bisogno. 

—  Questo  preteso  cenno  alto  alto,  diceva  piu  che  una  prolissa 
spiegazione.  E  Amedeo  non  abbisognava  d'  altro,  per  sentirsi  cre- 
scere  le  ali.  Non  erasi  lanciato  nella  nuova  via  a  capo  in  sacco, 
spintovi  solo  dal  solletico  della  passione.  Aveva  ragionato  e  di- 
scusso  il  partito  tra  se  e  se,  posatamente;  e  gli  era  piaciuto  pei 
motivi  stessi,  che  piaciuto  era  al  padre  suo.  II  che  non  toglieva 
che  la  idea  prima  non  gli  fosse  nata  dal  conversare  dimestica- 
mente  colla  fanciulla.  E  cosl  com'eran  sorti  i  pensieri  dal  fami- 
gliaro  convivere,  cosl  da  questo  prendevano  alimento  a  crescere 


LA   CONTESSA   INTERNAZIONALE 

e  radicarsi.  Ci6  che  pift  andava  diritto  a  ferire  dolcemente  Ame- 
deo,  era  la  semplicita  di  Silvia,  il  suo  fare  gaio  sempre,  senza 
civetterie  ne  rigiri,  la  sua  ingenuita  stessa  che  rendevala  ta- 
lora  imprudente.  Di  che  egli  traeva  la  conseguenza,  che  dunque, 
ancora  che  ella  non  addimostrasse  quei  particolari  sensi  di  pietu, 
che  in  collegio  e  in  casa  niuno  le  aveva  ispirati;  pure  in  fondo,  il 
cuore  aveva  netto  e  buono  e  affettuoso.  —  Sei  inesi  che  ella  passi 
in  casa  nostra,  alia  scuola  di  mamma,  ragionava  egli,  ella  di- 
verra  la  piu  compita  sposina,  ch'  io  possa  scegliere  tra  cento  e 
mille. 

Con  tali  amorosi  disegni  che  gli  frullavano  in  mente,  egli  sa- 
liva su  per  la  redola  che  dal  cancello  portava  alia  casa,  facendo 
il  solito  chiasso  intorno  a  Silvia;  che  sebbene  scapata  anzi  che 
no,  aveva  tuttavia  tanto  di  buon  senso  da  non  iscostarsi  inai  da 
Severina,  quando  non  era  presente  sua  madre.  Provocavala  Aniedeo 
di  correre  addosso  alle  farfalle. 

—  0  che  mi  andate  farfallando  voi  ?  Sono  ormai  le  quattro, 
e  le  farfalle  sono  gia  andate  a  dormire. 

-  E  io  ne  conosco  di  quelle  che  van  tuttavia  pei  campi,  disse 
Amedeo  con  un  sorrisetto  furbo,  ne  ho  veduto  pur  ora  una  che 
syolazzava  in  su  e  in  giu  per  questo  sentiero. 

—  Ma  quella  non  si  lascia  prendere  col  tramaglio,  rispose  pur 
essa  ridendo  Silvia. 

—  Chi  Io  sa? 

Severina,  temendo  che  la  cuginetta  s'imbarcasse  piu  la  del  con- 
venevole  in  questo  bisticcio,  le  venne  in  soccorso,  entrando  essa 
nelle  farfalle  vere  e  proprie,  nei  lepidopteri,  come  si  esprimeva 
essa.  E  faceva  notare  che  1'autunno  non  6  la  meglio  stagione  per 
istudiarli ;  perchS  la  maggior  parte  si  sviluppa  della  crisalide  coi 
primi  caldi,  e  non  e  facile  nella  stagione  avanzata  rintracciare 
i  brucbi  corrispondenti.  —  E  poi,  osservava,  col  cader  del  giorno 
le  piu  belline  scappano  via,  per  dar  luogo  alle  loro  sorelle  cre- 
puscolari  e  alle  notturne. 

—  0  no  potessi  chiappare  anche  di  queste !  sclam6  Silvia. 

—  Che  ne  vorresti  fare?  Son  mica  belle,  sai;  sfigurerebbero 
a  canto  le  altre.  Non  ci  sarebbe  di  un  po'tollerabile  che  la  Dis- 


X.    FAllFALLE    E    FARFA! 

p:\ri,  la  Monaca,  e  alcune  specie  di  Acidalia.  Anche  la  Satnrnia 

<•  brutta,  ma  e  cattiva:  6  qnella  tristanzuola  che  ci  baca  le 

pere  piu  gustose.  Gia,  sono  cattive  tutte,  divorano  i  frutteti,  e 

>ino  i  boschi;  non  si  salvano  n&  i  pini  n&  i  pioppi.  0  che 

non  ci  bucano  i  panni  in  guardaroba?  non  ci  sono  i  farfallini  che 

uuingiano  il  frumento  ne'granai  e  la  farina  in  dispensa? 

—  Ho  piacere  che  sian  brutte,  giacchd  sono  cosl  cattive. 

—  Anche  tra  le  belle  ve  n'  ha  delle  cattive,  disse  Amedeo  ri- 
pigliando  la  celia. 

E  Severina  a  sviarlo:  —  Non  dico  cho  le  sieno  brutte,  tntte 
quante  senza  eccezione.  C'e,  per  esempio,  la  Testa  di  raorto,  che... 

—  Ah,  la  conosco,  disse  Silvia :  non  la  posso  vedere,  con  quel 
teschiaccio  snl  torace,  quelle  ali  lunghe  e  strette,  brune  e  leccate 
di  gialliccio  sudicio.  £  poi  e  tozza,  e  pesante.  A  me  piacciono 
qnelle  leggerine,  varie,  striate,  puntate,  picchiettate.  — 

E  qui  Silvia  espose  fedelmente  il  corredo  farfallino  che  aveva 
so  insieme  in  collegio:  otto  o  died  nomi,  che  applicava  poi 
un  poco  a  vanvera  a  qualunque  farfalla  le  venisse  acchiappata. 
Pass6  in  rassegna  la  Pieride  cavolaia,  il  maraviglioso  Macaone, 
il  Podalirio  dalle  belle  fasce,  tre  Arginnidi  tutto  chiazze  di 
diaspro  e  madreperla,  una  Taide  ipsipile  colla  bandiera  austriaca, 
due  Vanessi  che  erano  la  gloria  del  sno  museo  microscopico,  cioe 
1'atalanta  e  1'antiopa.  Delle  quali  nltime  due  Silvia  non  finiva 
di  magnificare  il  panegirico,  perchd  esse  portavano  vaghe  ali 
sraerlate  capricciosamente,  orlate  di  fuoco,  con  bellissimi  occhi 
-tri,  e  con  macchie  d'ogni  forma,  a  onde,  a  dadi  recisi,  a 
iride,  a  sfumature  e  riflessi  cangianti. 

Amedeo,  che  era  corto  in  materia  di  parpaglioni ',  dava  spago 
e  faceva  le  viste  di  ammirare  la  erudizione  papilionacea  di  Silvia. 
A  un  tratto  disse:  —  Con  tutto  ci6,  io  posso  aggingnere  alia 
vostra  collezioncina  una  farfalla  graziosissima,  che  forse  voi  non 
avete  tra  le  vostre  amichette? 

—  Quale?Com'e  fatta? 

Itfgliono,  in  si^nific.ito  <li  I  a rf.il la,  voc>  i-oniunissinu  in  I'iemonie;  usai.i  |nr 
antico  il.ii  t  l.i^li  ,  c  di>  i^na  ora,  dicono  cerli  lossicograQ.  Chi  scrive  la  udi  tutlavia 
tjra  popolane  in  Toscana. 


T>5G          LA   CONTESSA   INTERNAZIONALE  -  X.  FARFALLE   E   FARFALL1M 

—  lo  non  saprei  ben  descriverla:  ma  so  che  e  plena  d'occhi, 
e  che  e  arcibellissima  sopra  quante  ne  ho  vedute  volare.  Dicono 
che  predilige  le  ortiche... 

-  Appunto  appunto!  osserv6  Severina.  Dev'essere  la  Yanessi 
dell'ortica,  se  pure  non  la  confondete  colla  Vanessi  policlora. 

—  Sara  una  vanesia  anche  lei,  la  signorina  dell'orticn :  chi 
pu6  iinpedirlo?  Gia,  non  e  impossibile,  che  belloccia  a  quel  uiodo 
e  si  ben  vestita,  sia  anche  vanesia  la  parte  sua...  0  appunto  ora 
ci  do.  Sara  questa  la  derivazione  di  vanesia!  Un  po'di  farfalla,  un 
po'  di  bel  colore,  un  po'  di  ortica :  misce,  e  avrai  la  vanesia  nata 
e  sputata.  Evviva  la  Vanessi  dell'ortica. 

Risero  saporitamente  di  questa  scappata  filologica  la  signora 
Caterina  e  il  cavaliere,  che  avevano  raggiunta  la  brigatella,  e 
s' interessavano  nelle  farfalle  alate,  e  piti  ne'farfallini  bipedi  che 
loro  camminavano  davanti.  Severina  e  Silvia  pure  si  smascella- 
vano  dalle  risa,  tenendosi  forte  colla  inano  il  petto.  E  il  cava- 
liere al  figliuolo:  —  Mi  dici,  bel  zittello,  dove  hai  pescato  questa 
erudizione? 

—  Nella  mia  gran  mente  pensatrice,  rispose  Amedeo. 

—  Ma  io  so  ch'io  so,  che  tu  riesci  un  irapertinente  numero 
uno,  a  sfoderare  un'etimologia  cosi  barocca  con  si  garbate  si- 
gnorine.  Ti  torna? 

—  Pu6  darsi:  tutto  pu6  essere.  Ma  la  scienza  a' tempi  nostri 
d  indipendente,  lo  sbfaitano  tutti  i  professoroni. 

—  Che  scienza  e  non  scienza?  fi  birberia;  e  le  tue  etimologie 
escon  del  manico. 

—  Eh  via,  babbo,  ch'io  n'ho  inteso  da  certi  linguisti  delle 
pift  spampanate  1'un  cento.  Dove  che  Yanesia  da  Yanessi  far- 
ialla,  non  fa  una  grinza.  II  pito  peggio  che  se  ne  possa  dire,  e 
che  e  inedita.  Ma  io  la  voglio  raccomandare  a  un  Circolo  filo- 
logico  di  mia  conoscenza,  che  la  passera  a  gala  per  una  scoperta 
da  farle  di  cappello. 

—  Se  fossi  in  te,  la  lascerei  dormire. 

—  E  buona  notte.  Io  la  rinfodero;  e  prego  loro,  signorine, 
di  metterla  nel  dimenticatoio.  Yanessi  e  Yanesie,  non  ci  siamo 
visti.  Parliamo  del  cibo  delle  farfalle,  se  non  si  pu6  pii\  par- 
lare  delle  loro  ali.  Le  farfalle  pranzano  fiori,  cenano  fiori. 


XI. 

FIORI  SIMPA! 

Cosl  cianciava  Amedeo,  perch6  salendo  piede  dinanzi  a  piede, 
si  era  giunti  a  mezzo  il  giardino  dirimpetto  all'uscio  di  casa; 
e  di  fiori  di  ogni  maniera  tutto  intorno  trionfava  una  belle/z;i. 
Aiuole,  prodicelle,  cerchiate,  cespagli  ogni  cosa  mostrava  una  sma- 
gliante  primavera.  Perchd  il  valente  giardiniere  faceva  1'estremo 
della  bravura  per  tenerli  in  assetto  di  festa  durante  la  villeg- 
giaturadei  signori.  E  Amedeo,  di  punto  in  bianco:  —  Qual  fiore, 
mamma,  preferite  voi  a  tutti  gli  altri? 

—  Non  uno,  ma  tre  sono  i  miei  prediletti,  rispose  la  signora 
Gaterina. 

—  E  sarebbero? 

—  II  sauibuco,  il  tiglio,  la  camomilla. 

—  0  che  gusti!  fiori  da  speziali. 

—  Appunto  per  cotesto,  ne  fo  incetta  e  prowigione  ogni  anno. 
Quando  ti  sei  chiappata  una  bella  infreddatura  con  un  bravo 
catarro,  vai  un  po1  a  fiutare  una  rosa  doppia,  e  vedrai  a  che  ti 
serve,  mettiti  allora  una  camelia  all'occhiello  del  soprabito,  ti 
giovera  di  molto. 

—  Se  si  discorre  d'  utiiita  pratica,  avete  ragione,  mamma.  lo 
per6  m'eleggerei  per  fiore  del  mio  cuore  il  fior  di  ramerino  che 
insapora  1'arrosto,  e  il  fior  di  prezzemolo  che  dice  benissimo  nel 
guazzetto  delle  triglie  alia  livornese... 

Silvia  e  Severina  vantavano  invece  contro  Amedeo  il  primato 
delle  rose  e  delle  camelie.  Ma  non  tardarono  a  dividersi  anche 
tra  loro,  perchfc  Silvia  favoriva  la  camelia  sopra  tutti  gli  altri 
come  piu  d'occhio. 

-  Ma  non  ha  odore,  obbiettava  Severina. 

—  Ma  la  rosa  ha  le  spine,  replicava  Silvia. 

Amedeo  soffiava  nel  fuoco,  fingendo  di  difendere  ora  Tuna 
parte,  ora  1'  altra,  ora  di  distinguere  i  differenti  usi,  in  cui  cia- 

M  fiore  deve  ai  rivali  preferirsi.  Final  men te,  uscendo  di  ar- 
gomento,  porto  la  sentenza,  che  per  infilare  ueU'occhiello  del 


558  LA    CONTESSA   INTOINAZIONALE 

vestito  non  potevano  scegliere  meglio  che  gli  amorini  e  i  non 
ti  scordar  di  ine. 

Severina  di&  passata  alia  celia,  dicendo:  —  SI,  perch&  sono 
tanto  minuti,  che  nessuno  li  distingue,  se  non  ci  guarda  ap- 
yosta  inforcando  le  barelle. 

—  Si  pena  poco  a  farli  vedere :  se  ne  mette  un  mazzo. 

—  Sie,  sie,  per  farsi  canzonare  dai  bellimbusti... 

—  Pazienza  che  ci  vuole!  Fate  tutto  a  modo  vostro,  metteteci 
un  gherofano,  una  violacciocca,  un  mughetto,  un  bocciuolo  di 
rosa  tea,  un  che  so  io;  e  tutti  lesti.  Se  si  tratta  poi  dei  mazzi 
da  tenere  sul  desco  da  salotto,  convengo  anch'  io  che  ci  yogliono 
fiori  odorosi  e  vistosi. 

—  Quali?  dimand6  Silvia. 

—  Rose  doppie,  straddoppie. 

—  Belle,  uia  troppo  comuni. 

-  Allora  provvedetevi  di  fuchsie,  di  salvie  splendenti,  di... 

—  Troppo  sgargianti,  disse  Silvia  per  darsi  un  po'  1'  aria  di 
piccosa;  e  poi  non  sanno  n&  di  me,  ne  di  te. 

-  Un  rametto  di  azalea,  o  di  rododendro,  vi  va? 

—  Non  sono  da  conservare  recisi,  osservo  Severina,  ma  da 
porre  vivi  per  ornamento  sui  pianerottoli  delle  scale,  o  sulle  giar- 
diniere  nei  saloni.  Quando  sono  nella  loro  gloria  di  fioritura 
danno  vita  e  allegria  solo  a  vederli. 

—  Ma  voi  quale  preferite,  ai  vostro  occhio,  signorina  Silvia? 

—  Quello  che  e  piu  bello  insieme  e  piu  fragrante :  indovinate. 

-  II  patciull? 

—  Odora,  ma  non  e  bello. 

—  II  giglio? 

—  £  bello,  ma  1'  odore  e"  grave. 

—  II  fior  d'arancio? 

—  Bello  ed  odorante,  ma  e"  piccolo. 

—  Pigliate  dunque...  pigliate...  il  fiore...  di...  quello  che  vi 
piace.  Ma  un  fiore,  il  cucco  dei  fiori,  vi  ha  da  essere. 

Silvia  vi  ripens6  un  tratto,  cercando  una  novita ;  e  infine  si 
sovvenne  di  un  bel  nome  e  di  un  bel  fiore :  —  Tra  tutti  io  pregio 
il  fior  della  cera. 


i !  II  fior  dt-lla  cera!  Non  1'ho  mai  visto  no  conosciuto. 
£  proprio  qualcosa  di  particolare? 

Tina  ne  diede  il  iiomo  botanico:  Hoya  carnosa,  e  la  si- 
nooimia  Asclepias  carnosa;  e  convenno  che  il  fiore  prediletto  di 
Silvia  poteva  certo  passare  per  una  specie  privilegiata  dalla  na- 
tura :  —  La  pianta  e  la  foglia  non  sono  raaravigliose,  ma  il  fiore 
e  un  incanto.  Figuratevi  una  ciocca  grandetta  e  rada,  pettinata 
dalle  Grazie,  composta  di  fiorini  di  forma  elegantissima,  fusi  in 
cera,  d1  un  incarnatino  dolce  e  trasparente,  e  involti  in  un  pro- 
fuuio  deli/iule,  che  non  ha  pari. 

—  E  ci  e  qui  in  giardino?  dimando  Amedeo. 

—  Non  mi  d  caduto  sott'occhio. 

Amedeo  chiam6  Tonio  il  giardiniere,  che  a  forza  di  descri- 
zioni  e  di  spiegazioni,  che  gli  fecero  Severina  e  Silvia,  giunse 
a  raccapezzare  qualcosa,  e  disse:  —  Signore,  non  ci  e,  ne  ci 
pu6  essere,  perche  e  pianta  di  stufa:  e  noi  non  abbiamo  stufe; 
appena  abbiamo  un'aranciera  per  salvare  i  limoni  e  i  pelargonii. 

—  0  perche  non  tieni  dunque  una  stufa?  dirnando  Amedeo, 
che  di  questi  fatti  di  casa  non  s'era  impicciato  mai. 

—  Perche  i  signori  comandano,  e  noi  si  lega  Tasino  dove  vuole 
il  padrone. 

—  Ma  i  signori,  entro  qui  la  madre  di  Amedeo,  che  si  era 
goduto  le  chiacchere  altrui  senza  mettervi  bocca,  i  signori  hanno 
i  loro  perche.  Perche  d'inverno  mi  preme  piu  scaldare  un  po- 
vero  sopra  una  soffitta  di  Torino,  che  scaldare  le  signore  felci 
e  le  signore  begonie  qui  in  campagna.  E  tuo  babbo  ha  la  stessa 
inia  opinione. 

—  Avete  ragione  da  vendere  e  da  serbare,  mamma.  Chi  ha 
torto  e  la  signorina  Silvia  qui,  d'incapriccirsi  d'un  fiore  che 
non  e  nel  nostro  giardino,  e  di  cni  non  si  pu6  contentarla.  Ma 
io  far6  le  mie  vendette,  quando  altri  non  ci  pensera.  — 

Naturalmente  nessuno  si  spavent6  della  minaccia;  Silvia  meno 
che  ogni  altro  Ma  la  mattina  seguente  la  vendetta  scoppifc  im- 
provvisa:  e  Silvia  tornando  sopra  dalla  colezione  vide  sul  suo 
tavolino  trionfare  un  mazzo  di  fiori,  nel  cui  centro  brillava  una 
rigogliosa  ciocca  di  Hoya,  che  pareva  allora  allora  spiccata  dalla 


560  LA   COVTESSA   INTERNAZtONALE  -  XI.    FIORI   S1MPATI-.I 

pianta,  e  riempiva  di  delizioso  olezzo  tutta  la  camera.  Di  che 
la  fanciulla  si  sentl  sopraffare  di  giubilo  puerile,  e  n'ebbe 
Tanimo  imbalsainato  piu  assai  che  lusingato  il  senso.  Tntto  il 
giorno  fantastico  del  fior  della  cera,  e  lo  sogn6  la  notte.  Non 
finiva  di  professarsene  grata  ad  Amedeo,  ogni  qual  volta  lo  in- 
contrava.  E  come  quel  giorno,  cosl  i  seguenti,  il  mazzetto  coi 
fiore  simpatico  arrivava  puntualmente  alia  solita  ora  al  solito 
posto. 

Se  ne  avvide  subito  Severina:  ma  non  voile  impacciarsene. 
Gli  altri  non  vi  posero  mente:  non  era  cosa  vistosa;  essendo 
Amedeo  stato  a  maraviglia  servito  dalle  circostanze.  Perche  il 
valoroso  giardiniere  Tonio  aveva  1'uso  di  far  trovare  ogni  giorno 
un  mazzo  di  fiori  freschi  in  ciascuna  camera  delle  signore  mi- 
lanesi.  Nessuno  1' aveva  incaricato  di  questa  cortesia;  era  una 
sua  alzata  d'  ingegno,  concertata  tra  lui  e  la  cameriera,  a  fine 
di  buscarsi  una  mancia  a  suo  tempo.  Amedeo,  che  sapeva  la 
taccola,  non  ebbe  a  far  altro  che  prevalersi  della  gherminella 
altrui  per  intelaiare  la  propria.  Spedl  Tonio  a  Torino  con  un 
biglietto  al  fioraio  di  casa.  Gli  commetteva  una  pianta  di  Hoya 
carnosa  in  pieno  fiore,  la  trovasse  anche  in  fondo  al  mare,  e 
non  la  guardasse  nel  prezzo,  pur  di  mandarla  presto,  anzi  su- 
bito, se  era  fattibile.  Tonio  poi,  di  scarpe  grosse  e  di  cervello 
fino,  capl  per  aria.  Vi  si  pose  coll'arco  della  schiena,  non  si 
mosse  di  Torino  finche"  non  ebbe  nelle  mani  il  vaso  di  Hoya, 
che  portossi  in  una  sporta,  gongolando  di  gioia  di  aver  saputo 
servire  appuntino  al  gusto  del  padroncino;  e  ne  Iecc6  una  mancia 
coi  fiocchi. 

Guai,  se  di  siffatte  galanterie  avesse  avuto  vento  la  fiera  con- 
tessa  Aldegonda.  Ma  ell' era  sempre  1'  ultima  a  sapere  i  fatti  di 
casa:  non  aprendosi  essa  con  nessuno,  nessuno  si  apriva  con  lei. 
II  babbo  e  la  mamma  di  Amedeo,  a  cui  egli  stesso  racconto  la 
bravura,  non  se  ne  fecero  ne  in  qua  ne  in  la.  Solo  la  madre 
gli  fece  osservare  che  tali  dimostrazioni  di  affetto  danno  diritto 
ad  una  ragazza  di  credersi  amata,  e  perd  non  si  hanno  da  usare 
con  leggerezza,  si  solo  quando  vi  e  in  cuore  un  proposito  serio. 


Xtl. 

GirsT'J  ALI.A   VI'.ILIA  DBLLA  PARTEN 

COD  siffatti  gingilli,  che  pel  giovani  erano  affari  di  stato,  si 
giungeva  alia  domenica.  Spirava  la  settimana  di  grazia,  e  la  inat- 
tina  del  lunedl,  era  convenuto  e  fermo,  si  dovevano  mnovere  i 
Delia  Pineta.  Gift  erano  fatte  le  valige ;  restava  solo  da  serrarle 
e  portarle  alia  ferrovia  di  Torino.  Dopo  desinare  piu  che  mai 
mostravasi  serena  e  lieta  la  contessa,  che  gia  vagheggiava  vicino 
a  se  il  duomo  di  Milano  e  piil  il  teatro  della  Scala.  Non  e  a 
dire  se  le  fanciulle  ed  Amedeo  taccolassero.  Tra  tutti  frnllava 
la  conversazione,  ora  in  pissi  pissi  a  mezza  bocca,  ora  in  pas- 
seraio  strepitoso.  Figurarsi !  Araedeo  pretendeva  che  non  sarebbe 
stato  contro  i  trattati  conchiusi  1'  indugiare  la  partenza  sino  alia 
vendemmia  e  sino  alia  svinatura,  e  ne  rendeva  ragioni  da  far 
ridere  i  capponi  non  che  ii  conte  diploinatico.  Ad  ogni  modo  non 
imponeva  il  suo  giudizio,  e  si  contentava  che  la  questione  servisse 
di  tema  fecondo  e  vario  al  chiaccherio.  Silvia  e  sua  madre  nar- 
ravano  mirabilia  delle  vendemmie  di  Brianza;  Aniedeo,  com' era 
naturale,  sparava  miracoli  delle  vendemmie  dei  colli  torinesi. 
Tutto  passava  egli  in  rassegna:  le  villanelle  in  cappellina  di 
paglia  a  larghe  falde  che  loro  danzano  snl  collo,  il  pennato  alia 
cintura,  e  il  corbellino  in  mano ;  avviate  in  lunghe  filate  su  pei 
dossi  e  pei  vigneti ;  ii  ripartirsi  tra  loro  i  filari  da  spogliare ; 
il  gazzurro  e  la  festa  dell' opera  gradita,  tramezzata  dalle  can- 
zoni  giulive  che  echeggiano  tutto  intorno;  le  donne  e  i  giovani 
che  vanno  a  scaricare  i  colmi  canestri  nelle  navicelle  !,  le  quali 
poste  sui  carri  portano  le  uve  mezzo  ammostate  alia  tinaia;  e 
i  bambini  che  stesi  sulle  prode  erbose  dormono  o  si  baloccano, 
Kientre  i  piil  grandicelli  vendemmiano  per  conto  proprio  a  tutta 

icella  £  un  taso  vinario  usato  nelf  Alia  Italia,  difTwnte  dalla  tinflla  o  lino 

!o,  usato  altrove  per  trasportare  al  tim>  In  nve.  In  essa  i  prappoli  p-l  proprio 

-iano,  e  ammostano.  L»  navicclla  ha  forma  oblunga  a  fopgia  di  barcliclla, 

nc  con  essa  si  potrel)l>"  narigare  sopra  uno  siagno,  sohli i-no  nliliia  le  lotate  ion- 

deggianti  ••  ;inzione  di  prora  e  di  jwppa.  In  I'iemonte  diconla  anche  Arbi. 

Sort*  XII.  vol.  VI.  fate.  815  H  tygio  18«J4 


LA   CONTESSA   IMERNAZIONALE 

passata.  Ogni  cosa  sembrava  ad  Amedeo  graziosa  e  poetica,  per- 
sino  i  berci  acutissimi,  con  che  le  compagnie  do'vendemmianti 
si  salntano  da  poggio  a  poggio  e  si  incoraggiano  a  faticare. 

—  Da  noi  e  lo  stesso,  presso  a  poco,  osservava  la  contessa. 

—  E  voi  ci  andate  a  vendeminiare  colle  vostre  signorine? 

-  Se  mi  gira,  perche  no? 

E  il  conte,  fattosi  tutto  arzillo :  —  Se  lo  dite  a  me,  bel  zit- 
tello,.  invece  di  dimaudare  che  cosa  facciamo  noi,  verrete  voi 
stesso  a  vedere.  Per  un  pari  vostro  e  una  passeggiatina  di  tor- 
nagusto.  La  Bella  Brianzola  e  sulla  grande  strada  Milano-Erba; 
e  la  una  cameruccia  e  una  zuppa  la  troverete  seinpre,  con  un 
piatto  di  buon  viso. 

La  contessa  si  sentl  presa  tra  le  morse:  o  incalzare  1'invito, 
o  mostrarsi  sfacciatatnente  scortese  con  chi  1'aveva  colma  di 
cortesie:  fece  uno  sforzo,  e  aggiunse:  —  Buona  idea!  fi  vero 
che  non  teniamo  molti  terreni  a  vigna,  ma  qualche  ettolitro  ogni 
anno  si  rimette.  Presso  noi  piu  bella  e  la  stagione  dei  bachi. 

Cosl  si  pigliava  tempo  quasi  un  anno.  Ma  Silvia,  a  cui  la 
parola  di  babbo  aveva  dato  il  frullo,  non  istette  alle  mosse, 
e  scatt6:  —  Per  le  vendeminie  e  pei  bozzoli... 

-  Brava  Silvia!  la  interruppe  il  padre.  E  la  prima  volta 
che  ne  infill  una  giusta:  si  vede  che  non  invano  sei  stata  in 
collegio.  Sicuro,  per  un  giovanotto  come  il  signer  Anaedeo,  che 
cosa  e  una  scappata  sino  a  Milano?  Si  va  e  si  viene,  si  torna 
e  si  ri torna,  e  si  fa  piacere  agli  amici.  Yia,  qualche  improv- 
visata  1'aspettiamo  di  la  dal  Lambro.  Ci  facciamo  quattro  scam- 
pagnate  (in  vettura  ve')  a  Costa  Masnaga,  a  Tabiago,  ad  Al- 
liate,  a  Casate,  e  fino  al  Campanone  di  Brianza.  £  un  bel  girare. 
E  mentre  si  rinfrescano  i  cavalli,  noi  all'osteria,  come  beceri, 
ci  votiamo  un  boccale  di  Montevecchia,  che  ci  fara  parere  piu 
belli  i  prospetti.  Ad  ogni  ris volta  e  un  panorama  nuovo,  e  il 
Resegon  e  sempre  li  a  farci  la  guardia,  come  qui  il  Monviso. 
Che  ne  dite,  cavaliere? 

—  Che  volete  ch'  io  vi  dica?  lo  dico,  che  voi,  conte,  ringio- 
vanite  a  occhio... 

—  Riinminchionite,  dovete  dire...  che  sono  un  uomo  finite. 


:  V   OCLLA   i'All! 

—  Che.  >-te  vispo  come  un  frullino,  e  per  giunta,  voi, 
la  contessa  e  le  vostre  bambine,  side  la  gentilezza  in  persona. 
II  male  <\  die  Amedeo  ha  da  prepararsi  agli  esami,  e  se  io  lo 
lascio  corrcre  la  cavallina,  addio  roba  mia. 

—  Ma  una  cosa  non  guasta  1'altra.  Basta,  6  ammesso  in 
massima,  come  diciamo  noi,  che  il  nostro  Amedeo  una  corsa 
alia  Bella  Brianzola  la  puo  dare.  Facciamo  tutti  i  casi  possibili: 
o  pei  bachi,  come  dice  mia  moglie,  o  per  le  vendemmie  e  pei 
bacbi,  come  opina  dottamente  Silviuccia,  o  a  vostra  scelta  e 
piacimento,  come  penserei  io. 

—  Corbezzoli!  conte,  voi  in' intimate  a  dirittura  un  articolo 
di  legge  con  tutti  grincisi  e  capiversi  di  rubrica. 

—  E  alia  legge,  replic6  il  conte,  ogni  buon  cittadino  s'inchina. 
Silvia  era  in  procinto  di  sonare  a  doppio,  ma  Severina  fru- 

gandola  cosl  un  po'  col  gomito,  le  fe'cenno  di  non  forzare  la 
carta.  Silvia  capi,  e  tacque.  II  cavaliere  invece,  a  cui  toccava 
naturalmente  di  accettare  o  disaccettare,  si  avvolse  in  parole 
che  non  dicevano  n6  si  ne  no;  e  per  isviare  la  questione,  disse :  — 
Ma  anch'io,  sapete,  conte,  avrei  una  gita  da  proporvi  per  que- 
st' oggi... 

—  Ma  che  ?  interruppe  la  signora  Caterina.  Oggi  e  festa ;  e 
poi  perchd  stancare  oggi  le  nostre  signore,  mentre  domani  pur 
troppo  si  avranno  a  strapazzare  in  vagone? 

—  Niente,  niente  di  questo,  replied  il  marito :  io  non  voglio 
incommodare  le  signore,  propongo  la   passeggiata  solo  al  si- 
gnor  conte,  una  passeggiata  che  faremo  noi  due  soli,  a  brac- 
cetto,  in  dieci  minuti,  sino...  sino  alia  cantina...  Sapete,  ainico, 
le  cantine  nostre  le  ho  architettate,  o  piuttosto  riformate  io,  e 
le  ho  ultimate  1'anno  scorso :  ho  piacere  di  udire  il  vostro  parere. 

II  conte  Delia  Pineta,  sorridendo,  si  rizzo:  —  E  bene  viag- 
giaino  sino  alia  cantina. 

II  cavaliere  gli  porse  il  braccio.  Amedeo  che  era  11  in  piede, 
si  mosse  a  prevenire  il  fattore.  Dice  Silvia :  —  Ci  vengo  an- 
ch'io.  —  Severina  le  si  attaccfc  ai  panni,  come  una  governante 
accorta:  le  mamme,  come  per  incanto,  tennero  loro  dietro,  cian- 
ciando  e  facendosi  coinplimenti. 


LA   CONTESSA   IMTER.NAZIONALE 

Non  si  potea  vedere  nulla  di  piu  compito  in  gene  re  suo,  che 
le  cantine  della  Boassa.  Yi  si  scendeva  per  uua  cordonata  di 
otto  o  dieci  bastoni,  a  coinmodo  delle  bestie  da  soma  che  vi 
avessero  a  portare  carichi.  Giravano  sotto  le  quattro  ale  della 
casa,  con  altrettante  corsie  spaziose  e  nette,  illuminate  da  luci 
un  po'  piu  alte  che  a  fior  di  terra.  Regnavano  sui  due  lati  file 
non  interrotte  di  botti,  sulle  quali  era  segnato  col  gesso  la  qua- 
liU  del  vino,  e  1'anno  dell' imbottarlo.  Non  si  vedeva  fine  di 
botti  e  botticelle  e  barili  e  barilotti:  tranne  che  nella  corsia 
che  dava  al  monte,  luogo  riserbato  alia  tinaia.  Ma  tutto  questo 
era  da  vedere  in  un  gitto  d'  occhio,  se  non  arrivava  prontauiente 
il  fattore.  Questi,  riveriti  profondaraente  i  padroni  e  gli  ospiti, 
li  ringrazift  dell'  onore  che  gli  facevano,  come  se  a  lui  fosse  fatto, 
e  non  ai  signori  della  villa.  E  si  tenne  obbligato  di  spiegare 
e  coininentare  la  cantina  in  tutte  le  sue  parti,  ne  piu  ne  meno 
che  un  archeologo  in  un  museo. 

Egli  si  rifece  da  capo,  osservando  che  ogni  cosa  era  all'ordine, 
e  non  mica  all'  anticaccia,  come  usa  altrove,  ma  ammodernata 
giusta  i  progress!  predicati  dai  Comizii  agrarii.  E  non  diceva, 
che  il  suo  padrone  avea  dovuto  metterci  del  buono  per  iscon- 
ficcargli  dal  capo  certi  usacci  del  nonno  e  del  bisnonno.  — 
Guard ino  qua,  signori,  le  botti,  non  le  poggiamo  piu  sopra  cocci 
e  sassi :  posano  sui  loro  bravi  sedili  di  quercia,  fermati  nei  pie- 
dritti  di  fabbrica  soda,  si  che  le  possiamo  maneggiare  a  piacere 
quando  ci  e  da  governarle. 

—  0  che  le  sono  tutte  piene?  diinand6  Silvia,  a  cui  parve 
un  esercito  di  botti  irnpossibile  a  riempire. 

-  Tutte  no,  ma  buona  parte.  Se  delle  vuote  non  ne  serbassirno, 
dove  si  potrebbe  riporre  la  raccolta  che  ora  pende  dalle  viti? 

—  Non  sai  distinguerle  da  te?  dissele  la  madre.  Picchiale 
colla  noeca  delle  dita,  le  mute  sono  piene,  quelle  che  caiitano 
sono  vuote. 

—  Presso  a  poco  come  i  deputati  al  parlamento,  osserv6 
Amedeo. 

Si  coutinuft,  ridendo,  il  fattore:  —  Abbiamo  spazzato  via  can- 
nelle  e  zipoli  di  legno,  che  erano  un  impazzimento.  Ogni  botte 


\II.    ..HSTO    ALL.V    VIGILIA    !  tlTENZA 

ha  la  sas  cannella  di  ottone  lucente  e  la  chiavetta,  cho  &  una 
pulizia  a  vedere. 

£  andando  innanzi  passavalo  in  rassegna,  ridicendo  i  vini  che 
vi  si  contenevano,  e  piu  ambiziosamente  i  piu  bei  nomi :  grigno- 
lino  di  due  anni,  barb&ra  di  tre,  nebbiolo  di  due,  barolo  di  un 
anno.  --  Ma  e  gia  maturo  si  che  con  altri  dodici  mesi,  sara  roba 
da  bottiglia,  e  fara  la  barba  a  tutti  i  borgogna  e  i  bord6  di 
Francia. 

-  E  voi,  cavaliere,  dimand6  ii  conte,  quale  preferite  per  vin 
di  famiglia? 

—  Yi  diro,  un  po'  di  tutto.  Tengo  sempre  manomesso  un  cara- 
tello  o  una  damigiana  di  vinino  bianco,  abboccato  e  ainabile, 
per  le  signore.  Mia  moglie,  non  e  vero,  Caterina  ?  non  saprebbe 
che  farsi  dei  vini  gravi.  Questi  io  li  vendo  al  lino  addirittura, 
o  a  mano  a  mano  che  la  piazza  fa  prezzi  vantaggiati.  Ne  serbo 
tuttavia  sempre  alcuni  ettolitri,  per  pasteggiare  cogli  amici  di 
fuori.  Ho  visto  che  di  quei  nostri  vinoni  poderosi  i  milanesi 
sono  ghiotti... 

—  £  vero,  disse  il  conte. 

—  I  romani  li  trincano  a  gloria  per  marino  e  vino  dei  Ca- 
stelli ;  i  roraagnoli  ci  trovano  il  sangiovese ;  i  francesi  vi  sen- 
tono  il  Chateau-Margaux,  il  Chateau-Laffitte,  il  Chiiteauneuf,  e 
tutti  i  loro  chateaux,  che  qualche  volta  sono  poi  chateaux  en 
Espagne.  Non  ci  e  che  i  toscani,  che  rimpiangono  il  loro  chianti 
vecchio... 

—  E  non  han  poi  tutto  il  torto,  osservd  Amedeo. 

—  Sara  benissimo:  tutti  i  gusti  sono  gusti.  Io  mi  piaccio 
invece  dei  nostri  vini  di  fresia,  badate,  ve',  fo  cogliere  i  scelti... 
Eicordatene,  sai,  Menico :  alcuni  giorni  priina  della  vendemmia. 

—  Non  dubiti,  sor  cavaliere,  aspetto  una  giornata  asciutta, 
e  le  meglio  pigne  sono  messe  ad  aminostare  nei  tinelli  di 
rispetto. 

—  Questo  vino  e  forte  e  sano:  solo  che  e  un  po'duretto  finche 
e  giovane. 

—  E  rnagari  un  po'asprigno,  disse  Amedeo. 

—  Asprigno,  si,  quanto  vuoi:  ma  se  si  ha  cura,  nei  calori, 


LA   CONTESSA   INTERNAZIONALE 

di  non  fargli  prendere  il  fuoco,  dopo  un  anno  diventa  un  Tino 
da  pasto  numero  uno.  Mesciuto,  spnma  un  poco  a  guisa  del  raz- 
zenti  d'Asti,  ma  mangia  subito  la  sua  spuma,  e  conserva  un 
misto  di  austero  e  di  piccante,  che  proprio  abbraccia  lo  stomaco. 
Kegge  benissimo  1'acqua,  senz'avere  per6  nulla  del  maccherone 
dei  vini  grossi.  fi  forse  quello  che  piu  si  accosta  al  chianti 
toscano :  ha  lo  stesso  aroma,  lo  stesso  profumo. 

—  Non  sapevo,  disse  la  contessa  che  poco  si  era  brigata  di 
vini,  e  veniva  lemme  lemme  cianciando  colla  signora  Boasso, 
non  sapevo,  cavaliere,  che  sfondaste  tanto  addentro  alia  scienza 
cnologica. 

—  Che?  mi  sono  fermato  ai  primi  cartoni:  ho  un  po'di  pra- 
ticaccia  alto  alto,  pel  lungo  uso.  Voiete  voi  udire  la  scienza, 
la  vera  scienza?  Raccomandatevi  al  cavaliere  Eovasenda,  al 
cavaliere  Vasco:  due  vinai  arrabbiati  e  potenti,  che  vi  daranno 
il  fatto  vostro  fino  al  finocchio.  Nominate  loro  una  varieta  di 
vite,  una  foglia,  un  viticcio,  un  fi6cine;  e  vi  squaderneranno 
aidosso  una  dissertazione  lunga  un  miglio,  piena  di  vinifica- 
zione,  di  raosto,  di  governo,  di  cotto,  di  fermentazione,  e  vattene 
la:  e'son  musi  da  rivenderne  a  Bacco  in  persona. 

—  Ecco  i  gentiluomini  utili  alia  nazione !  sclamo  la  contessa. 
In  questi  parlari  si  era  giunti  alia  tinaia.  Silvia  levft  una 

gran  maraviglia:  non  avea  visto  mai  un  tempio  si  grandioso, 
eretto  al  dio  del  vino.  Grande  e  sfogata  era  la  corsia,  come 
tutte  le  altre,  e  alquanto  piu  illuminata  da  finestre  grandette, 
per  dar  luce  ai  lavori,  ed  asolo  ai  tini  durante  la  bollitura. 
Verso  il  monte  si  aprivano  due  grotte;  o  sfondi  ciechi,  ricavate 
nel  vivo  del  terreno,  e  per6  freschissime :  erano  come  le  cap- 
pelle  della  navata.  Quivi  doriniva  ne'suoi  palchetti  la  bottiglieria 
forestiera,  e  tutta  la  varieta  de'vini  del  luogo,  imbottigliati  e 
posti  ad  abbonire.  Silvia,  ed  anche  un  poco  la  madre  sua  e 
Severina,  faceano  gli  stupori  sull'ampiezza  de'tini,  schierati 
sotto  le  finestre,  sul  maggiore  di  essi  sopratutto,  grande  quanto 
una  stanza  da  abitarvi  una  famiglia.  Questo  stava  in  capo  a 
tntti  gli  altri,  digradanti,  come  le  canne  dell'organo,  sino  al 
fondo  della  corsia,  ove  sorgeva  lo  strettoio;  ed  era  1'orgoglio 


III.   G 

ico.  —  Ma  come  si  fece  entraro  qua  dent 
diiiKui'lava.  Silvia:  non  ci  veggo  n&  porta  no  finestra  bastevole... 

—  Per  via  di  spiritismo,  le  rispose  prontamente  Amedeo.  II 
tin')  si  porto  coricato  sin  presso  a  quella  finestra  la  sopra;  e 
poi  tin  soffio,  una  parola  turchina,  una   bacchettata,  e  il  tino 
si  rizzo;  un'altra  bacchettata,  tacch!  e  il  tino  era  11  in  piedi 
sui  suoi  uiuricciiioli. 

-  Siet  sie,  a  furia  di  spiritismo !  A  me  non  ne  vendete,  disse 
Silvia. 

E  la  madre  a  lei:  —  Ma  sei  tanto  citrullina  da  non  capire 
che  1'  hanno  portata  qua  in  pezzi,  e  poi  1'  hanno  montata  ? 

-  Appunto  appunto  cosl,  eutrd  qui  Menico  che  smauiava  di 
ciceronare  su  quel  mostro  prediletto.  II  dogame  e  il  cerchiarae 
era  un  monte ;  in  tre  barocciate  appena  si  porto  tutto.  Ci  voile 
una  settimana  a  metterlo  su:  e  pure  vi  si  affacchinavauo  un 
maestro  bottaio  e  tre  suoi  giovani,  senza  contare  Vito  e  Grato 
nostri  contadini,  che  erano  sempre  11  a  dar  mano.  La  guardi, 
signora,  solo  il  fondo  £  da  per  sd  una  maraviglia :  6  tutto  di 
panconi  di  quercia  grossi  quattro  ditu,  e  calettati   in   terzo, 
sodi  cho  vi  si  potrebbe  murare  sopra,  le  doghe  ban  due  dita 
di  grosso,  i  cerchi,  li  vede,  potrebbero  scusare  di  chiave  a  una 
fabbrica. 

—  E  lo  empite  tutto  ?  dimand6  Silvia. 

-  E  bastasse!  Nelle  annate  piene  appena  bastano  sei  o  sette 
tina. 

-  E  come  si  pigia  poi   la  dentro!  disse  la  contessa.  GHi 
nomini  vi  si  sospendono  colle  funi,  neh  vero  ? 

—  Cosl  facevamo  prima:  ma  1'anno  scorso  il  sor  padrone -ci 
provvide  d'un  amniostatore   meccanico,  che   schiaccia  acini   e 
raspi  da  se,  e  niolto  meglio  che  non  ottenevasi  co'piedi  e  coi 
soliti   ammostatoi.  Di  questi  ora  ci  serviamo  solo  pei  tinelli, 
ed  anche  per  appozzare  il  cappello,  quando  monta,  nionta... 

-  Che  intendete  per  cappello  ? 

—  Non  sa,  signora,  come  si  fa  il  vino  ?  Osservi,  le  carra 
arrivano  per  la  via  campaiuola  che  passa  11  dietro  le  finestre, 
si  apre  la  bodola,  e  per  mezzo  di  un  doccione  si  buttano  giu 


568  LA   CONTESSA   INTERNAZIONALE 

le  intere  navicellate  d'uva  nella  tramoggia  dell'  ammostatore, 
che  si  tiene  su'suoi  ritti.  Le  carrate  s'incalzano  le  une  dietro 
le  altre,  i  cilindri  lavorano,  il  tino  si  riempie  di  mosto  siiio  a 
giusta  misura.  Dopo  un  poco  il  mosto  comincia  a  grillare,  poi 
fermenta  e  bolle,  e  leva  in  collo  le  vinacce,  cio&  raspi,  vinac- 
ciuoli,  bucce,  e  quanto  c'e  d'estraneo  al  vino.  Questa  massa  & 
quella  che  chiamiamo  cappello,  e  che  a  forza  di  ammostatoi, 
di  forcine,  di  bastoni  rituffiamo  dentro;  perche  se  la  vinaccia 
prende  1'asciutto,  ne  va  la  forza  del  mosto,  il  sapore,  il  colore, 
la  grazia,  tutto;  e  ci  e  ii  caso  che  il  vino  infortisca.  Non  & 
cosa  da  tutti  il  governare  un  tino  in  fermento:  ci  vuol  occhio, 
lo  so  io.  Gria,  anche  il  solo  preparare  gli  attrezzi  per  la  vini- 
ficazione  e  un'  impresa.  Bisogna  far  riguardare  al  bottaio  i  vasi 
vinarii,  qua  ripicchiare  un  cerchio,  la  cambiare  un  mezzule  in- 
tarlato,  altrove  rinnovare  una  doga  che  geme;  tal  botte  basta 
metterla  a  bagno,  altra  e  d'uopo  avvinarla,  altra  non  e"  con- 
tenta  se  non  e  inzolforata  a  fuoco;  lo  stesso  e  pei  tini,  pei 
barilotti,  per  le  bigonce,  per  tutto.  Insomma,  non  si  finisce  mai, 
mai.  E  poi  ci  e  la  svinatura.  Dio  mio,  che  lavoro,  che  pressa ! 
gli  e  come  se  non  si  fosse  fatto  ancor  nulla.  Per  quest'  anno... 

—  Per  quest' anno  basta,  caro  Menico.  — 

Cosl  interruppe  Amedeo,  accorgendosi  che  la  taccolata  del 
dabben  fattore  diventava  la  canzon  deH'uccellino;  e  per  indo- 
rargli  la  pillola,  aggiunse:  —  Bravo,  ti  se' fatto  un  onorone 
con  queste  dame:  hai  loro  insegnato  a  fare  il  vino,  in  guisa 
che  niuna  contessa  di  Milano  lo  sapra  far  ineglio  di  loro. 

—  Bravo,  ripeterono  le  signore.  Si  vede  che  1'arte  vostra  la 
sapete;  egli  e  un  piacere  a  sentirvi  discorrere. 

Menico  gongolava  di  gioia:  ma  vedendo  che  la  comitiva  ti- 
rava  alia  porta,  sbiett6  un  tratto,  diede  una  voce  alia  sua  donna. 
E  la  fattoressa  comparve  a  pie  della  cordonata  con  un  puli- 
tissimo  vassoio  e  grande  e  sopravi  una  bottiglia  circondata  di 
calicetti,  che  aveano  per  sottocoppa  una  foglia  di  vite:  —  Loro 
signori,  disse  allora  Menico,  hanno  onorata  la  cantina  padronale, 
che  e  certo  la  piu  bella  del  paese:  ora  mi  faranno  grazia,  se 
onoreranno  anche  il  vino  del  povero  fattore. 


i. LA  PART; 

—  E  perchd  no?  rispose  subito  cortesemente  la  signora  Ca- 
terina.  Ma  6  proprio  di  quollo  di  sotto  il  banco  ? 

—  Non  fo  per  dire,  6  un  via  santo  che  ho  fatto  io,  non  1'ha 
toccato  altri...  compatiranno. 

—  Via,  mesci,  sentiamolo,  disse  il  cavaliere.  —  E  assaggia- 
tolo  un  tratto,  faceva  colle  labbra  certi  spracch  spracch,  e  ag- 
giungeva: —  Non  d  cattivo  davvero...  Provino,  gradiscano,  si- 
gnore,  il  vin  di  Menico  6  proprio  di  quello  che  da  la  spran- 
ghetta:  —  Menico  assaporava  la  sua  gloria,  e  mesceva. 

—  Quanti  anni  ha?  dimandft  Amedeo. 

—  Cinque  anni,  per  servirla. 

-  Gli  e  un  vino  per  la  quale !  Sai,  Domenico,  che  non  ha 
rubato  la  canonizzazione  a  battezzarsi  Tin  santo:  non  gli  manca 
altro  che  fare  un  iniracolo  facile,  piacere  alle  nostre  signore. 

E  il  vino  piacque  in  verita,  fu  gustato  e  applaudito,  in  guisa 
che  Menico  potd  riposarsi  beatainente  sui  suoi  allori. 

Era  una  gita  cominciata  bene  e  Anita  meglio,  se  un  casaccio 
non  veniva  a  guastare  la  coda  al  fagiano.  Nel  risalire  all'aria 
aperta,  Silvia  si  alterd,  si  scolorl,  vacill6  un  tratto  e  si  appoggi5 
al  braccio  della  signora  Caterina  che  lo  era  dappresso. 

—  E  nulla,  6  uulla,  disse  la  signora  alia  madre  che  accorreva 
a  soccorrer  la  ngliuola. 

Forse  era  nulla:  ma  la  bambina  impallidiva  a  occhio,  di  ve- 
niva un  cencio  lavato:  sdiede  le  mani  e  si  abbandono.  Convenne 
portarla  quasi  di  peso  alia  camera  sua.  Le  signore  e  la  came- 
riera  Teresa  si  affollavano  ad  allentarle  i  panni,  a  stenderla 
sul  cauape,  a  spruzzarle  il  viso  con  acqua  fresca,  ad  apprestarle 
odori  e  conforti.  Ma  la  svenuta  non  pareva  risentirne  sollievo. 
Con  tutto  ci6  alia  contessa  balen6  un'ideaccia:  —  Giusto  alia 
vigilia  della  partenza!  che  fosse  un  sotterfugio  per  non  partire 
domani  ?  — 


RIVISTA  BELLA  STAMPA  ITALIANA 


1. 


Di  un  alto  studio  di  Teologia  comparata.  —  Discorso  recitato 
al  VI  Congresso  cattolico  di  Napoli  da  Monsignor  DOMK- 
NICO  MARINANOELI  Vescovo  di  Foggia.  Bologna,  1883.  Tipo- 
grafia  e  libreria  arcivescovile. 

Di  questo  discorso  del  chiarissimo  MODS.  Marinangeli,  Vescovo 
di  Foggia,  facemmo  un  breve  cenno  in  una  delle  passate  biblio- 
grafie;  fermandoci  allora  unicamente  in  ci6  che  ne  porse  1'oc- 
casione,  che  fu  la  difesa  dei  Congressi  cattolici,  suggerita  dalla 
presenza  del  YI  di  essi,  radunato  in  Napoli.  Ma  il  grave  sog- 
getto  che  ivi  era  trattato  dai  dotto  Prelato  non  poteva  essere 
svolto  convenientemente  in  un  breve  articolo  bibliografico:  percio 
ci  siamo  riserbati  di  fame  argomento  di  questa  speciale  rivista. 

Gia  un  dieci  anni  addietro,  celebrandosi  il  sesto  centenario 
del  serafico  dottore  san  Bonaventura,  1'esiniio  Prelato,  in  uno 
splendido  discorso  recitato  in  Aquila,  inculcava  la  fondazione 
d'un  Alto  studio  di  teologia  comparata  col  progresso  di  tutte 
le  scienze.  Fu  una  bella  e  giusta  idea,  e  fu  anche  opportunissimo 
il  proporla  in  quella  occasione;  perche  V  unita  teologica  di  tutte 
le  scienze  (conforme  Toratore  allora  s'esprimeva)  folgorb  nella 
mente  di  Bonaventura  piu  che  in  quella  di  altro  dottore  qua- 
lunque.  E  sempre  dappoi  il  concetto  dell' Alto  studio  teologico, 
come  e  proprio  delle  idee  giuste  e  belle,  venne  viepiu  grandeg- 
giando  nello  spirito,  monsignor  Marinangeli,  il  quale,  eletto  per 
la  molta  sua  cultura  e  virtu  alia  dignita  episcopale  e  in  tal  grado 
sedendo  tra'  primi  nel  VI  Congresso  cattolico,  accoltosi  lo  scorso 


.UNA 

'.i,  vullf  t  -del  suo  disegno  il  clero 

ed  il  la  t;dente  d' Italia. 

sta  ora/ione  dell'iusigne  Presule  riscosse  subito  da  quanti 
ebbero  la  ventura  d'ascoltarla  applausi  fragorosissimi,  somiglianti 
a  trionfo.  £  veramente,  avendola  dinanzi  agli  occhi  stampata  e 
ineditandola,  s'intende  di  leggieri  come  essi  fossero  moritati. 
L'eloquenza  imaginosa  del  Prelate  meridionale  non  fa  cbe  ve- 
stire  del  colori  smaglianti  e  sfavillanti  della  fantasia  i  concetti 
profondi  d'uua  mente,  senza  inanco  veruno  disciplinata  alle 
specula/.ioui  piu  recondite  della  teologia  e  della  metafisica,  e 
ricchissima  di  erudizione  nel  giro  altresl  delle  scienze,  che  ri- 
guardano  men  dappresso  la  cultura  ecclesiastica. 

A  formare  pieno  giudizio  del  valore  intrinseco  di  questo  di- 
scorso  crediamo  sia  necessario  ii  leggerlo  da  capo  a  fondo.  Ma 
perche  se  ne  abbia  qualche  contezza,  e  molti  s'invaghiscano  del- 
1' idea  voluta  per  esso  dall'illustre  oratore  propagate,  diremo 
che,  partendo  dal  fatto  innegabile,  essere  cio6  la  separazione  del 
mondo  da  Dio  1'eresia  universale  de'  tempi  nostri  e  insiemo  la 
cagione  del  presente  universal  ruinio,  monsignor  Marinangeli 
assorge  con  dirittissima  logica  a  dire:  «  Riaffermiamo  dunqne 
potentemente  Iddio,  e  tutto  il  resto  verra  da  se.  > 

Osserva  poi  che  i  moderni  riformatori,  pur  negando  ai  catto- 
lid,  pei  loro  fini  satanici,  la  liberta  d'  insegnare,  lasciano  ancora 
in  balia  del  clero  Tinsegnamento  teologico;  e  <  afferriamoci 
dunque  a  questa  tavola  >  egli  esclama.  <  Diventi  essa  un  punto 
di  appoggio;  e  su  tale  punto  d'appoggio  poniamo  una  leva  da 
rialzare  il  mondo  e  ricondurlo  a  Dio.  >  Nelle  quali  parole  egli 
medesimo  vuol  compendiato  tutto  il  suo  discorso ;  perch&  di  fatti 
ad  altro  in  esso  non  si  mira*  fuorch&  a  dimostrare  che  efficace 
mezzo  sarebbe  di  sollevare  dairabbrutimento  le  anirae,  I'isti- 
tuzione  d'uno  studio  in  cui  praticamente  e.d'una  maniera  ampla 
tutto  le  scienze  umane  fossero  coordinate  alia  teologia. 

Sublime  e  vera  e  la  sentenza,  coinmendata  anche  dell'Ange- 

,  essere  la  teologia  la  regina  di  tutte  le  altre  scienze,  e  queste 

ancelle  della  teologia;  non  gia,  conio  calunniano  i  moderni,  perche 

la  riveliizione,  che  6  Toggetto  proprio  della  teologia,  incateni 


RIVISTA 

gl'ingegni  e  gl'impedisca  di  spaziare  a  lor  posta  nelle  region! 
immense  dello  scibile  naturale;  ma  perch&  alle  verit^i  divinamente 
certe  della  teologia  bisogna  aver  occhio,  chi  non  voglia  nelle  ri- 
cerche  scientifiche  andar  travolto  dall'errore,  o  almeno  travagliato 
dal  dubbio.  Quindi  nessuno  scienziato  degno  di  questo  nome  deve 
temere  che,  dal  porsi  in  atto  il  magnifico  divisamento  del  Ve- 
scovo  di  Foggia,  non  abbiano  forse  a  patir  nocumento  le  scienze 
naturali.  Anzi  se  ne  vantaggeranno  immensamente,  dice  il  Pre- 
lato,  raggiungendo  quell' organica  unita  in  cui  soltanto  pu6  tro- 
varsi  la  perfezione  del  sapere.  —  Ma  vediamo  sviluppato  da  lui 
medesimo  questo  concetto,  nella  sfolgoreggiante  forma  propria 
del  suo  discorso. 

«  Lo  scopo  e  il  costrutto  dell' Alto  studio  si  e  di  rifare,  sotto 
le  ali  della  teologia,  quell'  universita  delle  scienze  dalle  quali 
la  teologia  e"  stata  bandita.  Oggi  le  universita,  chi  volesse  te- 
nere  il  rigor  dei  termini,  potrebbe  dire  che  non  piu  esistono, 
appunto  perche  n'e  stata  bandita  la  teologia  che  e  scienza 
unificante  e  percid  ordinatrice.  II  concetto  di  universita  consta 
di  due  elementi,  che  sono  I'uno  e  il  vario.  Chi  potrebbe  dire 
che  nelle  presenti  Universita  regni  1'  uno,  come  largamente 
vi  si  trova  insediato  il  vario,  eccetto  la  sola  varieta  della  scienza 

teologica? Esse  rappresentano  il  vario  nella  piu  larga  licenza; 

dell'  uno,  di  Dio,  predicano  che  per  loro  non  v'  e,  non  vi  deve 
essere,  non  vi  pu6  essere.  Che  cosa  dunque  v'  ha  nelle  presenti 
Universita  in  riguardo  a  Dio,  se  non  tenebre  ghiaccianti  e  si- 
lenzio  sconsolato?  Escluso  I'uno,  escluso  1'ordine  divino  ch'e  il 
cielo  patrio  delle  scienze,  queste  errano  come  raminghe  in  terra 
forestiera,  e  non  hanno  piu  nelle  universita  che  un  Albergo. 
Ciascuna  scienza  trova  nell'Albergo  la  sua  stanza  divisa:  cia- 
scuna  fa  vita  a  se:  e  Tuna  non  conosce  1'altra  che  di  mera 
avventura.  Nessuna  forma  di  casa,  nessun' aria  di  famiglia;  ma 
tutto  e  ripartimento  e  condotta  di  Albergo.  Ond'io  piu  volte 
sono  andato  pensando  che,  invece  di  Universita,  potrebbesi  con 
la  lingua  di  moda  scrivere  sulla  porta:  Hotel  des  Sciences. 
(pagg.  19  e  25).  >  Or  bene,  a  dare  alle  universita  degli  studii 
questa  unita  che  lor  manca,  provvede  meravigliosamente  il  di- 


i.LA    STAMPA    ITALIA 

segno  del  I1  per  cui   rimmensa  varieta  dell  M  e 

coordinate  a  qneH'iinira  che  ha  per  suo  proprio  la  raii^a 

l»rima.  vale  a  dire  la  teologia.  Ed  6  naturale  che  nella  teologia 
si  compia  la  sintesi  di  tutte  le  science;  perche  come  «  ogni 
scienza,  coynitio  per  causas,  rifa  per  riflessione  i  fatti  di  uno 
speciale  ordine  nella  loro  causa  »;  cosl  «  la  scienza  suprema, 
per  forza  di  riflessione  ultima  e  trascendente,  deve  rifar  tutto 
nella  causa  prima  e  rischiararlo  in  quella  luce  primigenia  ed 
assoluta  (pag.  21).  > 

Ne  queste  stupendissima  sintesi  di  tutte  le  scienze  umane  nolla 
scienza  di  Dio  e  dall'insigne  Oratore  fatta  solo,  a  cosl  dire,  di- 
vinare,  col  discorso  speculative ;  uia  viene  altresl  praticamente 
resa  palpabile  nelle  pagine  17,  18,  19  che  espongono  a  parte 
a  parte  il  disegno  dell' Alto  Studio  di  Teologia  comparata  col 
progresso  di  tutte  le  scienze.  «  La  Teologia,  dice  Monsignore,  e 
scienza  vastissima  che  ha  relazione  con  tutte  le  scienze ;  dir6 
meglio,  con  tutte  le  discipline,  perche  sotto  questo  nome  anche  le 
cognizioni  meramente  letterarie  ed  artistiche  sono  contenute.  > 
E  posta  la  partizione  generate  della  Teologia  in  dommatica,  mo- 
rale e  canonica,  osserva  come  la  dommatica  si  distingua  alia  sua 
volta  in  quattro  specie  distinte,  che  sono :  1*  esegetica,  la  scola- 
stica  o  razionale,  \&  polemica,  V apologetica.  Or  se  riflettasi  che 
la  Teologia  esegetica  domanda  il  sussidio  della  filologia  latina, 
greca  ed  orientale,  appar  subito  la  necessita  di  erigere  w&VAlto 
Studio  le  varie  cattedre  corrispondenti  alle  discipline  filologiche. 
Dovrebbe  poi  formarsi  una  Seconda  Sezione  colle  non  poche  Cat- 
tedre filosoflche  e  fisiche,  richieste  come  sussidio  della  Teologia 
razionale.  E  ad  esse  andrebbero  aggiunte  altre  Cattedre  pe'diversi 
ranii  delle  discipline  storiche,  che  sono  particolarmente  domandate 
dalla  Teologia  polemica.  <  Finalraente  (continua  1' Oratore),  la 
Teologia  apologetica,  dovendo  rispondere  allo  obiezioni  che  gli 
increduli  muovono  dalle  scienze  natural!  contro  le  verita  storiche 
legate  al  domma,  che  Dio  ci  ha  insegnate  nella  sua  Scrittura  e 
la  tradi/ione  di  tutti  i  secoli  ha  professato,  douianda  il  sussidio 
di  tntte  esse  scienze  naturali  e  delle  altre  solite  ad  accoinpa- 
gnarle.  Cosl  daU'Astronomia  alia  teologia  quasi  tutte  le  scienze 


:,7  i  TUVISTA 

della  Xatura,  tanto  general!  die  special!  entrerebbero  in  quest'ul- 
tima  Sezione  dell' Alto  Studio  di  Teologia.  L'  Astronomia,  oltre 
alia  Matematica,  conduce  seco  la  Meccanica  e  la  Fisica.  La  Geo- 
logia  corre  ben  consociata  alia  Mineralogia,  alia  Filologia,  alia 
Zoologia.  Ne  potrebbe  escludersi  la  Chimica.  Le  scienze  poi,  che 
s'  aggruppano  intorno  a  quella  che  oggi  chiaraano  1'Antropologia 
fisica,  vi  dovrebbero  entrare  tutte,  ed  appena  resterebbero  fnori 
le  non  molte  che  strettamente  compongono  la  Medici na.  Ma  per 
altri  riflessi,  forse  vi  sarebbe  luogo  ancora  per  queste  in  appresso.  » 

Laonde  1'esimio  Prelato  fa  notare  con  compiacenza,  doversi 
gia  nell'  Alto  Studio  teologico  da  lui  divisato  contare  quattro  Se- 
zioni  scientifiche,  sol  per  rapporto  alia  prima  parte  della  Teo- 
logia, che  e  la  Dommatica.  Ma  resta  inoltre  a  provvedere  alia 
Teologia  Morale  e  Canonica.  Quindi  due  altre  Sezioni:  Tuna  delle 
scienze  inorali  e  1'altra  delle  giuridiche.  <c  Che  se  (prosegue 
T  Oratore)  volesse  ancora  considerarsi  il  rapporto  della  Teologia 
con  le  arti,  consentaneo  al  rapporto  della  Ragione  elevata  al  So- 
prannaturale  col  sentimento  e  con  la  fantasia,  una  settima  Se- 
zione,  che  accogliesse  la  storia  delle  arti  e  i  fondamentali  precetti 
di  esse,  si  parrebbe  molto  ben  collocata  e  proficua.  > 

Cos!  parlava  ai  cattolici  raccolti  in  Napoli  un  coltissiino  Ve- 
scovo  di  quelle  nobili  Province  meridional!.  E  voglia  Dio  che 
alle  sue  parole  tenga  dietro,  in  tutta  la  Penisola,  gara  grande  e 
feconda  di  operosita,  onde  abbia  poi  ad  aver  corpo  di  realta  1'idea 
da  lui  tanto  fortemente  concepita  e  fulgidamente  esposta.  Al  che 
i  cattolici  italiani,  come  ben  conchiudeva  Mons.  Marinangeli,  ven- 
gono  efficaceinente  incuorati  dall'eseinpio  di  Leone  XIII,  Pontefice 
Sommo,  il  qnale  va  innanzi  a  tutti.  «  Sublime  ed  erudito,  intre- 
pido  e  temperate,  elegante  e  maestoso.  Egli  con  le  sue  memorande 
encicliche  si  6  avanzato  innanzi  all'Attila  dei  moderni  rovesci 
social!,  innanzi  alia  scienza  nemica  del  Gristianesimo,  e  ne  sta 
frenando  il  cavallo.  > 

Per  toccare  con  certezza  a  gloriosa  meta,  i  cattolici  schietti  e 
robusti  piu  altro  fare  non  debbono  che  seguirlo  e  cooperare,  come 
meglio  possono,  a'suoi  divisamenti.  E  gia,  anche  in  questo  parti  - 
colare  dell' Alto  Studio  di  teologia,  il  Santo  Padre  avendo  alta- 


DEI  N\ 

to  commendato  il  disegno  di  M'-nsignore  e  confortatolo  alia 
pratira  attuazione  di  esso,  pot6  amabilmente  dirgli  (secondochd 
il  Vescovo  stesso  ci  narra  in  fine  dell'opuscolo),  d'aver  anticipate 
il  suo  disegno.  Leone  XIII  pensa  di  ricostituire  1'antico  Patriar- 
chio  nel  Palazzo  Apostolico  del  Laterano,  e  di  qmvi  porre  gli 
stiulii  -t'archeologia,  di  storia  e  d'altre  discipline  che  si  atten- 
gono  all'alta  Teologia.  Piaccia  al  Signore  di  benedire  i  propositi 
tntti  sapientissimi  e  raunifici  del  suo  Vicario! 


II. 

Esayerazione  o  verifa?  Eco  delta  quaresi/na  1884.  In  8°  gr.  di 
pag.  XXIV,  Pisa,  Tip.  Mariotti  1884. 

Di  gran  peso  6  quest* elegantissimo  opuscolo,  avvegnachd  di  si 
tenue  mole.  Esso  discopre  1'infierire  di  una  delle  piaghe  piu 
perniciose  in  genere  alia  societa  odierna,  ed  in  ispecie  a  tanti 
di  quei  cattolici  che  si  professan  credenti,  eppure  amano  il  niondo 
quasi  piu  che  la  lor  propria  fede:  vogliam  dire  la  piaga  del 
pubblici  spettacoli. 

Autore  dello  scritto  6  il  chiaro  signor  canonico  U.  Bascherini, 
oratore  di  vaglia  e  professore  di  storia  nel  seininario  arcivesco- 
vile  di  Pisa.  Occasione  poi  ne  e  stata  una  sua  predica  contro 
tali  spettacoli,  ch'egli  ha  fatta  la  scorsa  quaresima,  a  detesta- 
zione  delle  infami  empieta  che  in  quel  sacro  tempo  si  rappre- 
sentavano  cola  sulle  scene.  Un  gran  numero  di  persone  cordate 
e  savie  applaudirono  il  suo  zelo  e  la  efficace  temperanza  con 
cui  riprovfc  lo  scandalo:  non  mancarono  perd  i  soliti  prudenti 
del  secolo  ed  i  soliti  pusilli,  i  quali  gli  inosser  censure;  e  fra 
questi  una  signora,  che  gli  espose  con  una  lettera  i  suoi  dubbii, 
ch'  egli  avesse  nella  sua  predica  piu  tosto  esagerato  il  male  che 
detto  il  vero.  A  questa  lettera  egli  risponde  col  presente  opu- 
scolo, il  quale  noi  desidereremmo  che  cadesse  sotto  gli  occhi 
di  molti  padri  e  di  molte  madri  di  famiglia  cristiani,  ed  an- 
cora  di  non  pochi  sacri  oratori  e  direttori  di  coscienze,  i  qu:ili 
forse  non  danno  alia  mortifera  piaga  del  teatro  moderno  e  del 


RIV1STA 

teatro  in  quaresiina,  quella  importanza  che  pur  le  si  avrebbe 
a  dare. 

In  brevi  parole  1'Autore  mostra  quel  che  potrebbe  e  dovrebbe 
essere  il  teatro,  e  quello  che  pur  troppo  di  fatto  e,  vale  a  dire, 
generalmente  parlando,  una  pubblica  scuola  di  corruzione:  e  con- 
forta  il  suo  discorso  con  le  testimonianze  di  uomini  competen- 
tissimi,  antichi  e  recenti,  che  noi  ancora,  trattandone  esprofesso, 
abbiarao  allegate.  «  Dica  pure,  o  signora,  cosl  egli,  dica  pure 
alle  sue  amiche,  che,  novantanove  su  cento,  il  teatro  moderno  e 
malvagio,  e  che  se  tutti  gli  uomini  onesti  e  le  cristiane  signore 
se  ne  astenessero  seinpre,  contribuirebbero  certamente  a  rialzarlo 
dal  fango  nel  quale  e  caduto  e  si  avvolge,  con  tanta  vergogna 
e  rovina.  >  Or  chi  mai,  avendo  senno,  giudichera  esagerata  questa 
senteuza  e  non  vera?  Medesimamente  chi  taccera  di  esagerato 
e  non  vero,  che  si  accorre  a  rappresentazioni  immoraii  el  irre- 
ligiose,  non  gia  per  ignoranza  od  inganno,  ma  quando  ancora 
tali  nefandita  si  leggono  priina  annunziate  a  lettere  cubitali  nei 
cartelloni?  E  che  se  a  caso  la  perversita  della  scena  giunge  pro- 
prio  inaspettata,  d'ordinario  <  gli  uoinini  onesti  e  le  cristiane 
signore,  per  debolezza,  per  rispetto  umano,  non  hanno  coraggio 
ne  cattolico  ne  civile  di  protestar  nobilmente,  abbandonando  il 
teatro?  > 

Non  nega  gia  egli  che,  sebben  di  rado,  si  mettano  in  iscena 
azioni  morali.  «  Ma  qneste  perle,  soggiunge>  per6,  non  so  di  qual 
valore,  e  pur  necessario  pescarle  sempre  in  un  fondo  assai  li- 
maccioso,  quale  e  il  teatro,  mille  e  mi  lie  volte  contaminate.  » 
E  qui  dipinge  un  quadro  delle  circostanze  estrinseche  al 
palcoscenico  e  delle  seduzioni  le  quali  ne  provengono,  che  do- 
vrebbe dar  da  pensare  a  chi  abbia  un  nulla  di  gelosia  per  1'  in- 
nocenza  dei  figliuoli,  che  pur  vi  si  conducono  in  mezzo  a  fame 
sperimento. 

Non  ci  diffondiamo  ad  accennare  ne  nieno  le  verissime  cose  e 
non  punto  esagerate  ch'egli  aggiunge  dei  balli,  quali  oggidl  si 
praticano ;  e  della  critica  di  quell'  opera  in  inusica  che  si  rap- 
presentava,  quand'egli  predicava  il  quaresimale  in  Pisa,  deplo- 
rabile  intreccio  di  disonesta,  di  bestemmie  e  di  profanazioni  per- 


I.LA    STAMPA    ITALIA.NA 

nto  Rosario,  cho  dovea  fare  schifo  ad  ogni  cuore 
cristiano. 

.Ha  sa  bene,  o  signora,  conclude  poi  il  suo  esame  critico, 
che  padri  e  madri  portarono  i  figli  a  tale  spettacolo:  li  giudi- 
chen't  Iddio,  a  cui  spetta.  Ma  come  comprenderebbe  che  alcuni 
di  questi  abbiano  poi  potato  scandalizzarsi  della  mia  predica, 
scritta  davanti  al  Crocifisso  e,  prima  che  recitata,  letta  ad  uomini 
saggi?  A  me  per6  questo  scandalo  non  reco  meraviglia,  sapendo 
che  qualche  timida  madre  si  astenne  di  condurre  in  chiesa  le 
sue  figlinole,  quando  trattai  la  generosita,  la  bellezza,  gl'ini- 
mortali  splendori  della  castita,  del  celibato.  Che  cosa  temesse 
non  lo  voglio  dir  io:  ella  potra  imaginarlo.  > 

In  tutte  le  pagine  di  questa  calzante  risposta,  noi  non  sa- 
premmo  ove  indicare  un  sol  Tocabolo  che  senta  T  esagerato.  Si 
voglia  concedere  o  no,  il  caso  6  che,  quanto  ai  teatri,  la  civilta 
tnoderna  &  tornata  indietro  di  molti  secoli,  rinnovando  i  tempi 
piu  depravati  del  paganesimo  imperiale,  allorchd  in  su  le  scene 
si  inettevano  alia  berlina  del  pari  e  Tonesta  della  natura  e 
la  religione  di  Cristo.  Ed  a  ci6  mira  la  setta  massonica,  ispi- 
ratrice  di  quanto  nella  vita  pubblica  pu6  piu  conferire  al  per- 
vertimento  degli  animi  ed  allo  spregio  del  cristianesimo :  giacch& 
essa  e  tutta  menzogna  e  corruzione,  in  odio  alia  verita  e  san- 
tiU  della  Bedenzione.  Ed  ecco  perch&  gli  spettacoli  piu  celebrati 
soglion  esser  quelli  in  cui  6  piu  calpestata  la  virtu,  e  son 
peggio  contraffatti  o  derisi  i  misteri  augusti  della  fede  cattolica. 
Ma  noi  dimandiamo  se  chi  si  protesta  cristiano  nel  secolo  de- 
cimonono,  debba  procedere  diversamente  da  quel  che  facessero 
i  cristiani  del  secolo  secondo  e  terzo,  i  quali  eran  pronti  sempre 
al  martirio.  Questi  rifnggivano  dai  teatri  pagani,  come  da  pe- 
ricoli  gravissimi  per  le  anime  loro  e  da  oltraggi  sacrileghi  al 
pudore  ed  alia  comune  fede  loro  e  dei  lor  figliuoli.  Ferch6  dunque 
non  saran  tenuti  a  fare  altrettanto  i  cristiani  cattolici  dei  nostri 
giorni?  Forsech^  la  condizione  dell'uonio  e  mutata,  o  son  inutati 
gl'  invariabili  principii  della  morale  e  del  Yangelo?  Forsechd  la 
partecipazione  alia  mensa  di  Cristo  e  dei  demonii,  predicata 

Serie  XII.  tol.  VI.  fate.  815  37  -iggio  1884 


R I  VISTA 

impossible  dal  grande  apostolo  delle  genti,  e  divenuta  oggi  pos- 
sibile,  in  grazia  della  rinata  civilfd  pagana? 

Noi  abbiamo  cristiani  che  si  guardano  dal  porre  in  mano  dei 
figliuoli  libri  licenziosi,  per  tema  che  1'innocenza  del  costume 
loro  non  ne  patisca  detrimento:  e  mentre  usano  queste  neces- 
sarie  cautele,  non  si  peritano  di  condurre  i  figliuoli  medesimi  a 
spettacoli  immondi,  che  darebbero  il  ribrezzo  ad  un  Turco.  Senza 
che  chi  pu6  far  lecito  a  loro  stessi  1'esporsi  ad  occasioni  manifesto 
di  male,  e  il  favorire  colla  presenza,  col  denaro  e  pur  troppo  coi  loro 
plausi  la  turpitudine  pubblica  ed  il  sacrilegio?  E  non  per  tanto 
costoro,  uomini  e  donne,  si  gloriano  del  titolo  di  cattolici  e  preten- 
dono  essere  annoverati  fra  i  cosl  detti  buoni  I  E  buoni  si  dicano 
pure  :  ma  buoni  a  che?  A  capitolare  tutte  le  volte  che  la  coscienza 
viene  in  contrasto  col  divertimento,  e  la  professione  cattolica 
e  messa  a  cimento  dal  rispetto  umano.  Tutti  questi  buoni,  si- 
gnori  e  signore,  signorini  e  signorine,  la  mattina  sentiranno 
Messa,  ascolteranno  la  predica  e  faranno  magari  anche  la  santa 
Comunione:  ma  la  sera  batteranno  le  mani  in  teatro  alle  sgual- 
drine  ed  alle  mime  piu  svergognate,  come  dicea  bene  sdegnato 
sant'  Agostino :  Modo  ingrediens  ecclesiam  orationes  fnndere  ; 
post  modicum,  in  spectaculis  cum  histrionibus  impudice  cla- 
mare  l. 

E  questo  non  e  tutto.  II  valoroso  Autore  dell'opuscolo  tocca 
la  particolarita  aggravante  del  frequentare  teatri  tali  in  tempo 
di  quaresima.  Parli  egli,  che  il  parlar  suo  e  oro.  «  Un  terzo 
motivo  che  mi  costrinse  alia  nota  disapprovazione,  fu  il  tempo, 
la  quaresima.  E  qui  avverta  che  la  mia  disapprovazione  non  e 
per  tutti.  A  chi  non  crede  in  Gesu  Cristo,  e  nulla  importa  del- 
r  eterna  salute,  io  non  ho  da  rivolgere  una  sola  parola,  quan- 
d' anche  tutto  lo  scopo  della  sua  vita  riponesse  nel  divertirsi. 
Ma  pe' cristiani  che  credono  in  Gesu  Cristo,  nato  in  una  stalla, 
vissuto  nella  poverta,  morto  sopra  la  croce,  pei  cristiani  che 
seriamente  pensano  all'  eternita,  la  quaresima  e  tempo  di  peni- 
tenza.  II  Redentore  ce  ne  diede  I'esempio,  non  col  solo  digiuno, 

1  De  symb.  ad  cathec.  Lib.  IV,  c.  I. 


'I'A    ITALIA 

col  ritirarsi  al  deserto.  Ora  la  penitenza,  Toluta  •!  (Jri- 

sto  assolutamente,  ed  intesa  dalla  santa  Chiesa  nella  quaresima, 
consiste  solo  nel  diniiniiire  le  once  del  cibo  o  Del  cangiarne 
la  qualita:  ma  principalmente  consiste  nello  spirito  di  racco- 
glimento,  di  preghiera  e  di  mortificazione.  E  con  qnesto  spirito 
della  Chiesa  potra  mai  conciliarsi  un  divertimento  cosl  solenne, 
cosi  claraoroso,  qua!  e  il  teatro  ed  il  ballo?  ft  una  follia  il  solo 
pensarlo.  Le  ripeto  pero  che  io  non  parlo  per  gli  araanti  del 
mondo,  ma  per  i  seguaci  di  Gesu  Cristo.  > 

Questo  si  giusto  e  santo  linguaggio  del  chiaro  can.  Bascherini 
ci  ricorda  1'avvenuto  il  febbraio  scorso  in  una  delle  maggiori  citta 
d'ltalia.  Cola  una  signorina  di  condizione  assai  elevata,  e  di  ferma 
e  solida  pieta  cristiana,  entrando  la  quaresima,  pregfc  i  genitori 
suoi,  persone  che  si  dicon  cattolicissiine,  che  non  Tavesser  con- 
dotta  in  tutto  quel  sacro  tempo  al  teatro,  poichd  dichiarava  loro 
che  non  si  sentiva  di  contentarli :  —  0  che,  le  dissero  ambedue, 
forseche  non  siarao  noi  cristiani  cattolici,  quanto  te? 

—  SI  certo,  rispose  la  figliuola. 

—  Dunque  tu  credi  che  noi,  andando  al  teatro  in  quaresima, 
facciamo  male? 

—  Io  non  voglio  dire  che  facciate  male,  soggiuns'ella;  ma 
davvero  non  potrei  dire  che  fate  bene. 

Ammutoliron  essi  a  questa  replica,  e  non  ardirono  pin  di 
contrariare  la  figliuola. 

«  Molti  dicono,  seguita  1'Autore  discorrendo  di  cio  che  si  usa 
nella  citta  sua,  di  andare  all'  Opera  nella  quaresima,  perche  nello 
altre  stagioni  non  si  da  Opera.  Ci6  significa  che  tutta  la  po- 
tenza  della  fede,  in  tali  cristiani,  arriverebbe  fino  a  privarsi  di 
uno  spettacolo  nella  quaresima,  quando  si  offrisse  opportunity  di 
assistervi  nelle  altre  stagioni.  Che  se  poi  1'opportunita  si  offra 
solo  in  quaresima,  allora  quest  i  l>uo>ii  cristiani  non  possono 
avere  la  generositd,  di  privarsi  di  uno  spettacolo,  in  ossequio  a 
Gesu  Cristo,  alia  Chiesa  e  alia  propria  coscienza;  e  si  assomi- 
gliano  a  colui  che  vuol  divertirsi  auche  nei  giorni  anniversarii, 
che  gli  ricordano  le  privazioni,  i  dolori  e  la  morte  del  padre.  > 


lUVISTA 

E  questi  poi  sono  i  buoui  cri^Umn,  che  si  lamentan  sempre 
della  tristozza  dei  tempi,  della  uaiversale  corruttela  e  del  pro- 
gresso  del  male  nella  societa  odierna?  E  questi  sono  di  coloro 
che  si  meravigliano  della  provvidenza  di  Dio,  la  quale  non  in- 
terviene  coi  miracoli  a  mettere  un  freno  all' imperversamento 
degli  uomini?  0  guai  davvero  a  noi,  se  Dio  dovesse  muoversi 
a  pieta  del  mondo,  per  riguardo  alia  bontd  di  questi  luoni 
cristiani ! 

Assai  volentieri  abbiamo  presa  occasione  da  questo  bello  e  sa- 
piente  opuscolo  del  can.  Bascherini,  per  eccitare  lo  zelo  di  chi 
ha  1'ufficio  d'iiluminare  i  popoli  colla  parola  evangelica,  e  di  di- 
rigere  le  anime  col  ministero  sacerdotale.  Gran  pro,  a  salute 
della  societa  dei  cristiani  credenti,  ci  pare  che  si  otterrebbe,  se 
gli  oratori  sacri,  neile  citta  maggiori  specialmente,  non  raan- 
cassero  di  riprovare  la  frequenza  ai  teatri  corrompitori  ed  irre- 
ligiosi  dei  nostri  giorni,  e  di  metterne  in  guardia,  come  da  un 
pericolo  sommo,  i  padri  e  le  madri  di  famiglia ;  mostrando  che 
il  teatro  odierno  e  uno  dei  validi  mezzi  adoperati  dalla  masso- 
neria,  per  iscristianizzare  il  paese;  e  condannando  altamente 
1'abuso  di  profanare  la  quaresima,  e  convertirla  in  uno  scanda- 
loso  carnevale :  e  se  chi  indirizza  le  anime  esarainasse  bene,  quale 
dei  due  mali  sia  piu  illecito  in  se  e  nocivo,  se  il  leggere  turpi 
ed  empii  libri,  o  1'assistere  a  turpi  ed  empii  spettacoli;  giac- 
che,  secondo  il  poeta: 

Segnius  irritant  animos  demissa  per  aures, 
Quam  quae  sunt  oculis  subiecta  fideUbus. 

I  Padri  della  Chiesa  poi  somministrerebbero  loro  un  tesoro  di 
ragioni,  per  vincere  le  coscienze  cristiane  si,  ma  restie ;  e  per- 
suaderle  che  impossibil  cosa  &,  come  gia  predicava  a  questo 
proposito  il  Crisologo,  scherzare  con  Satana  nei  teatri  e  godere 
con  Cristo  nei  cieli:  Qui  iocari  voluerit  cum  diabolo,  non 
poterit  gaudere  cum  Christo. 


DELIA 

HI. 

>nfi  e  Sconfitte  -  -  Opere  Teatrnti  <kl  P.  BUGIO  Ma  LA 
LBTA  d.  C.  d.  G.  Vol.  T  e  2".  Modena,  tipografla  Pontificia  ed 
Arcivescovile  dell'  Imraacolata  Concezione,  1884.  In  16,  di 
pagg.  2:i'2-'2\-2. 

Corre  per  le  mani  della  nostra  gioventu,  anche  piu  costumata, 
una  colluvie  di  Operette  teatrali,  in  gran  parte  tradotte  dal  fran- 
cese,  le  quali  mentre  dall'im  lato  olTendono  con  barbaro  stile  la 
purezza  e  leggiadria  dell'  italiana  favella,  annebbiano  dall'altro 
le  pure  mcnti  giovanili  e  guastano  i  cuori  colla  scelta  di  argo- 
menti  acconci  a  destare  pensieri  ed  affetti  per  nulla  conformi 
alia  vera  religione  ed  alia  sana  morale.  Appunto  per  ovviare 
a  questi  disordini  sembrano  scritte  le  Opere  teatrali  del  E. 
P.  Biagio  Maria  La  Leta  d.  C.  d.  GM  intitolate  Trionfi  e  Scon- 
fitte. Esse  sono  assai  coinmendevoli  tanto  per  la  scelta  dei  sog- 
getti,  quanto  per  la  tessitura  veramente  drammatica  e  per  1'tiso 
convoniente  della  lingua.  In  nn  primo  volume  da  noi  gia  lodato 
al  principiar  di  quesf  anno,  il  ch.  Autore  ti  dipinge  con  vivi 
e  forti  colon  il  tripiice  trionfo  della  Eeligione,  dell' amor  pa- 
terno  e  deU'amicizia.  Qual  sia  il  pregio  di  quei  tre  Drammi 
pu6  argomentarsi  dal  la  lieta  accoglienza  che  rice  vet  tero  cosi  in 
Italia  come  fuori,  dove  sappiamo  che  se  n'e  gia'  impresa  una 
traduzione,  che  quanto  prima  sara  pubblicata. 

Nel  2°  volume,  del  quale  ci  proponiamo  di  parlare  in  questa 
rfvista,  1'Autore  descrive  con  ugual  maestria  tre  nuovi  trionft ; 
deli' innocenza  1'uno,  del  coraggio  1'altro,  ed  il  terzo  della 
fedelta.  Al  primo  offre  un  importantissimo  soggetto  la  trama 
ordita  in  Costantinopoli  dal  prefetto  Teodoro  Santabareno  contro 
il  principe  Leone  primogenito  dell'  imperatore  Basilio.  Apresi  la 
scena  in  una  selva  ov'e  menata  a  termine  I'mfame  congiura. 
L'innocente  Leone  nell'atto  stesso  che  accorre  a  difendere  il 
padre,  creduto  in  grave  pericolo,  viene  da  questo  condannato  a 
durissima  prigione  in  un  castello  dell'isola  di  Proti  vicinissima 


RIVISTA 

alia  capitale.  Nel  secondo  atto  1'infelice  principe  carico  di  catena 
si  vede  or  piangere  il  suo  destino,  ora  contemplare  1'amata 
patria  e  la  reggia  che  gli  sorgo  dinanzi.  II  mutuo  riconosci- 
mento  di  Leone  e  dell' acciecato  Filippo  riesce  impareggiabile. 
Chiudesi  la  scena  con  un  quadro  comraovente  d'araor  fraterno, 
quando  Alessandro  poco  curando  i  divieti  dell'irato  genitore 
approda  a  quello  scoglio  e  si  accerta  dell'innocenza  dello  sven- 
turato  fratello.  Nel  terzo  in  fine  con  mirabile  incanto,  trasportato 
il  lettore  nelle  sale  imperiali  di  Costantinopoli,  assiste  al  so- 
lenne  giudizio  in  cui  Basilio  fulmina  i  calunniatori,  dichiara 
innocente  il  figlio  suo  e  lo  proclama  collega  nell'impero.  Tutto 
questo  pero,  oltre  i  pregi  dell' argomento,  e  animato  da  tale 
yarieta  di  scene,  da  tanta  vivacita  di  dialoghi,  da  sentitnenti 
cosi  nobili  e  generosi,  che  chiunque  lo  legge  o  T  ascolta  ne  ri- 
mane  sospeso  ed  ansioso  finche  nella  penultima  scena  non  gli  e 
dato  di  con  templar  Leone  ridonato  all'affetto  paterno  e  sollevato 
al  trono.  Non  meno  felice  del  primo  e  1'altro  che  segue  intitolato: 
Kiccardo  di  Norfolk  o  il  trionfo  del  coraggio.  L'Autore  ne  toglie 
il  fondamento  storico  da  quei  tempi  di  prepotenza  baronale  in  In- 
ghilterra  nei  quali  i  signorotti  si  combatteano  senza  posa  e  si 
distruggeano  a  vicenda.  II  protagonista  con  un  coraggio  da  eroe 
giunge  a  liberare  il  rnarchese  di  Persons  ed  il  figlioletto  di  lui 
Gernmy  dalle  mani  d'un  ingordo  e  barbaro  cugino  che  aspirava 
al  possesso  del  marchesato.  I  tre  atti  sono  ricchi  di  grazia  e 
d' invenzione.  I  caratteri  sono  tratteggiati  con  quella  forza  di 
colorito  che  la  gravita  delle  circostanze  ricerca,  in  particolare 
quello  del  duca  Eiccardo,  in  cui  spicca  maravigliosamente  la 
nobilta  ed  elevatezza  di  sentimenti  che  sono  tradizionali  nella 
nobilissima  fainiglia  dei  Norfolk.  Le  tenere  e  compassionevoli 
scene  che  si  succedono  nell'orrido  sotterraneo,  dove  giacciono 
da  sete  e  da  fame  consunte  le  due  vittime  sventurate,  sono  piene 
di  tanto  affetto  che  bisogna  avere  un  cuor  di  macigno  per  non 
commuoversi. 

II  terzo  Drainraa  commuove  ed  interessa  anche  piu  che  i  prece- 
dent!. Federico  Gonzaga  marchese  di  Castiglione,  sorpreso  di  notte- 


-TAMPA    IT.M.JV 

po  d;il  p-»nt'»  Roberto  di  IVschit-ra,  suo  perfido  rivale,  vedesi 
costrutto  a  fnggire.  Stanco  o  rifinito  dal  lungo  cammino  e  accolto 
in  nnacapannada  nn  suo  antico  servo.  Ivi  ritrova  insperatamentc 
il  fiirliuol  suo  Rodolfo,  dallo  stesso  rivale  rapitogli  e  pianto  come 
inorto.  Ivi  altres),  raccolto  buon  numero  di  prodi,  riede  notturno 
in  Castiglione  e  pioiuba  sail*  usurpatore  nel  momento  medesimo 
in  cui  il  feroce  si  apprestava  a  trucidare  1' ultimo  Gonzaga  ca- 
stiglionese,  serbato  sin  allora  incolutne  dall'eroica  fedelta  del 
hio  maggiordomo  Raimondo.  Qnali  e  quante  siano  le  bellezze 
estetiche  che  in  quest' ultimo  dramma  dispiega  il  ch.  Autore, 
potra  facilmente  inteuderlo  chiunque  farassi  a  leggerlo  attenta- 
nu-nte.  L'argomento  nobilissimo  in  s&  stesso,  da  largo  campo 
all' Autore  di  commuovere  i  lettori  con  mirabile  varieta  di  scene, 
con  dialoghi  animati  e  con  quadri  pieni  di  tanta  naturalezza, 
leggiadria  ed  affetto  che  or  ne  piangi,  or  t'adiri,  ora  esulti  ed 
applaudi. 

Quest' operetta  6  particolarmente  commendevole  per  1'uso  delle 
parole  e  frasi  proprie  della  nostra  lingua,  senza  quel  miscuglio 
di  gallicismi  che  tanto  domina  in  parecchi  dei  moderni  scrittori. 
X"i  ce  ue  rallegriamo  di  vivo  cuore  col  ch.  Autore  e  speriamo 
che  non  tardera  a  pubblicare  la  seconda  parte  delle  sue  opere 
teatrali.  Facciam  voti  che  la  gioventu  studiosa  voglia  gradire 
questo  bel  libro,  il  quale  mentre  alletta  la  mente  coll  a  vaghezza 
dell'intreccio  e  del  dettato,  eleva  il  cuore  a'sentimenti  della  piu 
pura  e  squisita  morale. 

IV. 

Conforto  nell'esiglio,  alle  donne  caffuliche  d'  Italia  per  AXXA 
Rossi -Boscni.  Modena,  1884.  In  12,  di  pagg.  358. 

L'egregia  Signora  Anna  Rossi-Boschi  e  nota  all' Italia  cat- 
1'ilica  per  altri  scritti  della  stessa  tempera  e  dello  stesso  spirito, 
dati  alia  luce  con  intendimento  lodevolissimo  di  far  servire  le 
lottere  all'educazione  religiosa  del  suo  sesso,  tanto  in  oggi  fatto 


RIVISTA 

bersaglio  ai  biechi  disegni  della  massoneria:  la  quale,  sotto  pre- 
testo  di  educarla  civilmente,  mira  ad  emanciparla  dalla  religione 
e  privarla  di  quei  conforti  che  dalla  sola  religione  pu6  attingere. 
Ora  il  libro  che  essa  ha  dato  di  recente  alle  starape  e  tutto 
volto  a  questo  santissimo  scopo.  Togliendo  infatti  occasione  dalle 
belle  parole  del  regnante  Pontefice  Leone  XIII  ai  Yescovi  ita- 
liani,  «  di  contrapporre  scritto  a  scritto,  opuscolo  ad  opuscolo, 
affinche  lo  stesso  mezzo,  che  tanto  pu6  a  rovina,  sia  ridotto  a 
benefizio  dei  raortali  >  1'esimia  scrittrice  viene  a  mano  a  mano 
porgendo  in  quel  suo  pregevole  volume  tali  conforti  e  nello  stesso 
tempo  tali  ainmaestramenti,  che  non  pur  le  donne  ma  anche  gli 
uomini  potrebbero  avvantaggiarsene.  E  siccome  tanto  i  conforti 
che  gli  ammaestramenti  1'egregia  Autrice  prese  a  studiarli  nei 
segreti  abissi  del  Cuore  addolorato  di  Maria,  cosl  il  suo  libro 
riesce  d'  incomparabile  pregio,  soprattutto  perche  vestito  di  belle 
e  leggiadre  forme.  Alia  storia  dei  dolori  ineffabili  di  Maria  da 
principio  colla  Profezia  di  Simeone,  narrata  e  dipinta  con  tanta 
naturalezza  e  vivacita  di  colori,  che  ti  pare  di  trovarti  sulla 
soglia  del  tempio  di  Gerusalemme  nel  momento  in  cui  era  per 
compiersi  il  sacro  rito,  e  la  Yergine  benedetta  stava  per  offrire 
il  pargoletto  Gesu,  deponendolo  nelle  mani  di  un  vecchio  per  eta 
venerando.  Le  osservazioni  che  fa  sopra  il  mistero  della  Purifi- 
cazione  di  Maria  non  men  che  sulle  fatidiche  parole  del  vecchio 
Simeone,  rivelano  quanto  grande  d  lo  studio  da  lei  fatto  sul 
Yangelo,  quanto  delicata  la  cura  di  non  omettere  la  bench&  me- 
noma  circostanza  deH'awenimento,  e  quanto  ammirabile  Tarte 
di  toccare  il  cuore.  L'ammaestramento  poi  che  essa  ricava  da 
questo  primo  dolore  di  Maria,  6  degno  della  sua  bella  mente; 
perch&  mettendo  sotto  gli  occhi  delle  donne  cattoliche  quel  per- 
fetto  modello  di  donna  che  fu  Maria,  discorre  sulle  pene  inse- 
parabili  dalla  vita:  e  qui  dobbiamo  confessare  che  in  pochi 
libri  ci  e  avvenuto  di  leggere  cose  cosl  stupende  su  quel  grande 
mistero  di  dolore  nell'  uinanita,  siccome  in  questo  dell'egregia 
Signora  Rossi.  E  per  questo  desiderereinmo  che  il  suo  volume 
andasse  per  le  mani  di  tutte  le  donne,  a  cui  una  filosofia  ed  una 


DELLA   STAMPA    ITALIAXA 

ratura  pagane  in  alto  grado,  ed  una  educazione  molle  e  si- 
lica hanno  appreso  ad  avere  in  orrore  le  inevitabili  prove 
d'-lhi  vita,  in  mezzo  alle  quali  si  vanno  maturando  gl'  immortali 
destini  deH'uomo:  perch6  il  dolore  nella  vita  presente  sostenuto 
cristianamente  6  merito  per  la  vita  ftitura. 

Collo  stesso  raetodo,  e  sempre  con  uguale  dottrina  e  magistero 
d'arte,  1'Autrice  precede  negli  altri  dolori  della  Vergine  bene- 
delta  cavandone  conforti  ed  amraaestramenti  quali  ha  saputo 
ispirarle  una  mente  ed  un  cuore  informati  dalla  vera  e  soda 
scienza  della  Croce.  Se  non  che  c'incresce  di  non  poterla  seguire 
di  passo  in  passo  nel  suo  non  breve  arringo;  e  paghi  di  aver 
dato  un  saggio  del  contenuto  nel  suo  prezioso  volume,  aggiun- 
geremo  soltanto  poche  parola  in  lode  del  suo  coraggio  cattolico, 
accompagnato  da  sano  criterio,  onde  giudica  nel  secondo  aminae- 
stramento  un  certo  libro  indegno,  che  di  recente  ha  recato  s\ 
gravissimo  scandalo  in  mezzo  ai  cattolici.  Non  ci  fossero  nel  suo 
libro  che  queste  sole  pagine,  con  cui  una  donna  aggiusta  si  bene 
il  latino  in  bocca  all'autore  del  Vaticano  regio,  esse  bastereb- 
bero,  crediamo  noi,  per  assegnare  alia  Signora  Rossi  anche  un 
posto  fra  i  valenti  apologist!  del  Cattolicismo.  Laonde  in  quello 
che  facciamo  plauso  a  lei  del  bel  lavoro  dato  alia  luce,  ci  ralle- 
griamo  allo  stesso  tempo  coll' Italia,  dove  se  ci  sono  delle  donne 
che  scrivono  per  sedurre  e  corrompere,  ce  ne  ha  pure  che,  come 
le  Signore  Rossi-Boschi,  Albini-Costa  ed  altre  non  poche,  edi- 
ficano,  confortano  e  insegnano  ad  amaro  Dio  e  la  sua  Chiesa. 

Di  questo  libro  sara  fra  breve  messa  in  cominercio  un'altra 
edizione  al  prezzo  di  L.  2,50. 


BIBLIOGRAFIA 


ANGELINl  ANTONIO  D.  G.  D.  G.  —  La  solitudine  e  la  Sapienza  del 
Vangelo  del  P.  Antonio  Angelioi  della  Compagnia  di  Gesu.  Nuova 
edizione,  pagg.  V-160.  Ponia,  lipografia  di  Propaganda,  1884. 


OfTriamo  all' Italia  un  quasi  nuovo 
lavoro  (dacche  6  slato  aumonUito  del 
doppio)  di  questo  cultore  de'  buoni  studii, 
che  pone  il  suo  tempo  in  giovare  per 
questa  via  alia  gioventu  siudiosa.  A  noi 
non  cade  dubbio,  che  chi  torra  a  leggere 
quesla  scritlura,  non  la  pom  di  mano 
se  non  1'abbia  percorsa  sino  alia  fine,  e 
non  senza  suo  vantaggio:  pcrocche  o  sia 
dal  lato  dello  stile,  che  e  sobrio,  casto  e 
di  Imon  sapore  di  lingua,  o  sia  dal  lato 
dell'argomento,  non  tornera  disaggrade- 
vole,  ne  ingrata.  Si  fa  egli  incontro  ad 
nn  vivo  affetto,  che  e  in  ogni  cuore,  di 
raccoglierci  in  noi  stessi,  con  noi  dimo- 
rare  e  con  Dio.  Chi  a  questo  aflelto  non 
ubbidisce  e  lo  lascia  andar  vuoto,  corre 
rischio  di  mandarc  a  male  il  tempo  e  le 
operazioni,  non  indirizzandole  a  meta 
onorata.  All' incontro  il  frulto  prezioso 
che  si  raccoglie  da  chi  seguila  questo, 
quasi  dissi,  ordinamenlo  della  natura,  si 
scorge  chiaro  nolle  opere  dell'umano  in- 
gegno,  condotte  ad  aliissima  perfezione. 

Per  un  altro  capo  ti  approdera  que- 
sto scritlo:  dacche  ti  porra  in  guardia 
da  certe  ree  opinion!,  che  corrono  nel 


torno  ai  religiosi  islituti,  contro  i  quali 
ogni  di  peggio  si  aggravano  calunnie,  con 
danno  aperto  della  verila,  della  giustizia 
c  della  religione.  Esso  al  contrario  tc  li 
presenia,  quali  di  lor  natura  sono,  ordi- 
nal! a  vantaggio  della  civil  comunanza: 
e  cio  col  nerbo  di  argomrnli  tali,  die 
non  possono  non  convinwre  chi  pone  lor 
menle.  Mercecch6  odi  qui  ragionare  i 
Santi  Padri,  che  hanno  fornilo  allo  serit- 
tore  la  materia,  e  lo  svolgimento  di  essa : 
di  guisa  che  dissentire  da  lui  e  il  me- 
dcsiino,  che  opporsi  all'auloriia  di  coloro, 
che  per  antichita,  per  sapienza,  per  dot- 
trina  la  Chiesa  venera  maestri,  e  guide 
fidale  nella  cognizione  dcllc  catlolidie 
vcrita. 

Non  abbiamo  meslieri  di  spendere  piii 
parole  per  raccomandare  questa  preziosa 
opereita,  bastando,  per  lutta  raccoman- 
dazione,  il  nome  stesso  del  suo  ch.  Au- 
tore,  gia  noto  at  cullori  delle  belle  lel- 
tere  e  agli  amatori  della  morale  lilosofia 
cristiana  per  aliri  scritii  suoi,  ne' qualr 
all' imporlanza  e  utilita  del  subbietlo  egli 
seppe  bellamente  accoppiare  i  pregi  dr 
uua  pura  ed  elegante  dizione. 


volgo,  e  sono  largamente  disseminate  in- 

BOLOGNESI  G.  —  I  due  Kostka.  Dramma  in  prosa  di  G.  Bolognesi 
d.  C.  d.  G.  Alatri,  tip.  Fratelli  Strambi,  1884.  Volumetto  in  8,  di 
52  pagine. 


Chi  non  conosce  la  vita  di  quel  caro 
aogioleito  di  Dio,  die  fu  santo  Stanislao 
Kosika,  novizio  delta  Compagnia  di  Gesu, 
tenero  fiore  trapianlalo  da  Dio  in  cielo, 
quando  era  appena  sbocciato  in  sulla 


terra.  Che  dolcezza  non  ispira  quel  piglio 
di  Paradise!  Quanta  riverenza  non  infondc 
quell'angelico  giovinello  sempre  in  lolta 
col  mondo  e  sempre  vittorioso! 

Stanislao  poco  piii  che  iri lustre,  del 


DlBLlOGnAFIA 


• 

di  sveglialo  ingegno,  di  cuore  afletluoso, 
<Ii  nninii)  ardnili\  di  form-  ddieate,  8T- 
vcnenii  P  Ipggindir,  serb6  immacolnlo  il 
fiore  di  sun  innocenxa  e  tempre  viva  la 
fiamma  del  d:\iim  ninorc  in  nn-zzo  n  tuttp 
)«  aeduzioni  ••  i  prricnli  dHI'adolescenza, 
<Hli»  ricchnzp,  delta  nobil'a,  della  bel- 
lezza,  e  d<>%  pnni  pvmpii  ch"  aveva  ognor 
sotto  f\\  occhi  nella  Capiialo,  ove  faceva 
no,  ni-ir  I'nivcrsita  chc  froquentava, 
iiplla  casa  luierana  in  cui  alberpava,  « 
iidl.'  M.x<r  persone  colic  quali  in  Vienna 
convivpva. 

Kcco  T  croe  principalc  del  grazioso 
dramma  in  prosa  teste  us.-ito  alia  luce  dalla 
pin  P  colta  ponna  del  Rev.  P.  Bol"?n"si 
drlla  Compagnia  di  Gesii:  il  quale  con 
<|upsto  suo  pregcTolissimo  lavoro  si  e 
acjuMaio  un  nuovo  tilolo  alia  ricono- 
scpnza  della  cristiana  gioventii,  alia  cui 
It-tic  ,iria  e  religiosa  cducazione  ha  con- 
sacra lo  i  piii  belli  anni  di  sua  vita. 

II  Dramma  poria  por  titolo  i  dun 
KuMka,  perchc  rapprcsentaal  vivo  la  lotla 
tra  la  virtii  c  il  vizio,  Ira  il  giovane  cri- 
sliano  c  il  mondano,  doc  tra  Stanislao  c 
I'aulo,  suo  fralello  di  sangup,  ma  non  di 
coslumi.  L'  uniti  di  azione  vi  6  scrupo- 
losanioiitp  os«prvata ;  dacclir  di  quesla 
lotla,  clipduni  parccchi  anni,  il  ch.  Aatore 
ci  rapprescnta  solamenle  1'  ultimo  alto,  o 
gli  sforzi  supremi  di  Paolo  per  Irascinare 
alle  fesie  del  mondo  il  fratcllo,  c  1'eroica 
resisienza  di  i|upslo,  che  tcrmina  col  la  sua 
!  1 1  mondo  e  col  la  conversione  di 
Pjolo. 

AH' unitS  dpIT  azione  va  accoppiala 
<|in'lla  variola  che  tanto  diletta,  ••  c!i" 
risulta  social montc  dal  conlrasto  de'ca- 
laitn-i  e  delle  scene.  Paolo  e  tutto  dpi 
mondo,  Stanislao  lutto  di  Do,  e  1'Aio 


rlie  li  'in  uom  divi«o  tra  il 

>!o  e  un  violcnto  per- 
seculorc  d-lla  virtii;  Stani^lao  uua  \il- 
tima  pazient'  ••  tutlo 

soppnrta,  dimentica,  e  perdona;  c  1'Aio 
non  frena  i  trasporti  del  primo,  (|iian- 
tiiin|U"  li  dkippnivi ;  e  nulla  f.i  a  favore 
del  sccondo,  benclie  alle  volte  lo  compa- 
tisca  c  lo  ammiri. 

L'  isiesso  contrasio  presso  a  poco  si 
osserva  ne'dup  atnici,  I'un  di  Paolo  e 
1'altro  di  Slanislao,  con  q  UPS  la  (lifTp.rpnza 
perd  chc  ancbc  I'amicodi  Paolo  I-'UKHIP 
conquistato  dalla  virtu  di  Slanislao.  In 
gpnliluomo  amico  della  famiglia  Kostka 
viene  inlrodotto  abilmpnlc  sulla  sccna  per 
supplire  al  difctto  dell'Aio,  die  lascia 
bijtrattare  impunemente  Slanislao;  e  il 
nuovo  personaggio  prcndc  le  difese  del- 
I'  innocente.  II  carattere  eziandio  del  sprvo, 
uomo  affelluoso,  dabb^nc,  c  insicme  fesle- 
vole  concorre  a  far  meglio  risallare  il 
conlrasto  de'caratteri  e  ad  amcnizzare  la 
scena,  la  quale  c  spesso  violcnta  pei 
trasporti  di  Paolo  e  patetica  per  le  sof- 
ferenzc  di  Stanislao. 

Questa  medesima  rarieta  c  queslo  con- 
trasio di  scene  costituiscc  il  prcgio  mag- 
giorc  del  dramma,  e  torna  piii  bpllo  e 
glorioso  il  finale  trionfo  della  virtii.  Tra 
le  scene  patetiche  le  piu  commoventi  ci 
parvero  la  prigionia  di  Slanislao,  la  sua 
fnga  e  la  conversione  di  Paolo. 

Hasti  questo  brevissimo  cenno  a  far 
conoscere  ai  noslri  Iciiori  il  pregio  di 
un'operptta  drammatica,  tntla  acconcia 
ad  invajrhirc  1'  animo  giovinetto  della  ce- 
leste bellezza  delle  virtu  cristiane,  e  che 
ci  auguriamo  di  vedere  rappresentata 
nc'  Convitii,  nc  Seminar!!  e  ne'  Collegi, 
ore  si  pduca  a  virtu  il  cuore  delle  care 
s|toranze  della  religions  c  dplla  patria. 


:,VANESE  SALVATORE  —  Del  sistema  oelb  storia  naturale  se- 
condo  gl'insegnamenli  di  san  Tommaso.  Dissertazione  letta  all' Ac- 
cademia  di  Religion  Cattolica  a  Roma  nella  pnhblica  adunanza  del 
27  aprile  1882  dal  Socio  Sal  va  tore  Calvaoese  del  Clero  di  Napoli. 


588 


BIBLIOGRAFU 


Napoli,  dalla  Rivista  religiosa  La  sciema  e  la  fede  1882.  In  8°  gr. 
XXIV,  69. 


Scbbpne  non  sia  nostro  costume  di 
ricordare  le  dissertazioni  accademiche 
sen/a  grave  ragione,  tultavia  qucsta  ram- 
mrntiamo  a  cagione  della  soda  dottrina 
ch'e  espressa  nella  raedesima.  II  pregio 
principale  e  di  avcre  dimostrato  con 
San  Tommaso  die  la  divorsita  delle  specie 
e  intesa  da  Dio  Creaiorc  nella  prima 

GHITIGNANO  (DA)  P.  ERMENEGILDO  —  Le  ultime  ore  dell'  uorao;  per 
Fra  Ermenegildo  da  Chilignano.  Prato,  per  Ranieri  Guasli  editore- 
libraio,  1884.  ID  16,  di  pagg.  V1II-344.  Prezzo  lire  2,50  franco  di 
posta. 


cn-azione  delle  cose  corporee;  e  che  la 
dottrina  del  Darwin,  la  quale  attribuisce 
quella  diversila  alia  trasformazione  della 
specie  imperfetta  in  ispecie  perfetta,  e  priva 
di  fondamento  ed  assurda.  Facciamo  al 
dotlo  Autore  le  noslre  sincere  congra- 
tulazioni. 


Con  allri  prcgevolissimi  scritti  1'egre- 
gio  Padre  Ermenegildo  eras!  adoperato  a 
promuovere  nei  fedeli  1'amore  alia  pra- 
tica  della  vita  cristiana:  ora  con  queslo 
procura  di  apparecchiarli  ad  una  santa 
morle.  I  mezzi  di  cui  fa  uso  a  questo 
line,  altri  riguardano  il  convincimento 
dell'intelletto  ed  altri  la  persuasione  della 
volonta.  La  vacuila  dei  beni  temporal?,  la 
brevita  della  vita,  Tincertozza  della  morte; 
per  contrario  la  infinila  preziosila  dei 
beni  celesti,  la  speranza  di  una  beata 
eternita,  il  timore  degli  eterni  supplizii 
sono  argomenli  'efficacissimi  per  convin- 
cere  ogni  animo  ragionevole  della  somma 
i in pnr tan/a  di  spregiare  i  beni  caduchi, 
sottrarsi  al  pericolo  dellVterna  danna- 
zione  e  procacciarsi  una  perenne  felicita. 
Egli  conduce  il  suo  lettore  al  letto  del 


varia  condizione  di  chi  ha  regolala  la  sua 
vita  secondo  quelle  savie  norme  sagge- 
rite  dalla  fede,  c  di  chi  ha  tenuto  la 
contraria  via,  facendogli  toccar  con  mano 
le  conseguenze  opposte  dell'  una  e  del- 
1'allra  morte.  Non  e  possibile  che,  chi 
ancora  serbi  scintilla  di  fede,  non  si  senta 
gagliardamente  indotto  a  forti  risoluzioni 
per  disporre  la  sua  viia  in  modo,  che 
abbia  a  conseguire  una  santa  morte. 
Questo  e  un  leggerissimo  schizzo  della 
nuova  bellissima  operetta  del  P.  Erme- 
negildo; ma  il  desiderio  che  abbia  mo 
della  eterna  felicita  dei  nostri  lettori  ci 
muove  a  consigliarne  loro  1'atlenta  let- 
tura,  a  modo  di  meditazione,  e  siamo 
certi  che  essi  ci  sapranno  grado  del  con- 
siglio  pel  frutlo  inestimabile  che  ne  ca- 
veranno. 


moribondo;  e  pone  sotto  i  suoi  occhi  la 

GIOLLI  ALESSANDRO  —  Commentario  pratico  delle  censure  Latae 
Sententiae  oggidi  in  vigore  nella  Chiesa;  per  Alessandro  Ciolli,  sa- 
cerdote  di  Firenze.  Quarta  edizione  notabilmente  accresciuta.  Siena^ 
tipografia  edi trice  all'insegna  di  S.  Bernardino,  1884.  In  16,  di 
pagg.  232.  Prezzo  L.  1,00.  Vendibile  ancora  presso  L.  Manuelli  li- 
braio  in  Firenze. 

DE  MATTEI  PASQUALE  —  Gonsiderazioni  per  celebrare  con  frutto  le 
sei  domeniche  e  la  novena  in  onore  di  san  Luigi  Gonzaga,  del  P.  Pa- 
squale  De  Mallei.  Torino,  cav.  Pietro  Marietti,  lip.  Pontiticia  ed 
Arciv.,  1884.  In  32,  di  pagg.  126.  Prezzo  cenl.  30,  12  copie  L.  3, 
100  copie  L.  25. 


1>I  CARD  •  l.i'h',1  —  Vita  e  culto  di  san  Giuseppe  Sposo  <ii  M.  V.,  per 
I--),  ranonico  della  cattc  In!.-  di  Tivoli.  Tivoli,  lip.  di 
0,  M .,  -lla,  1884.  In  16,  di  pagg.  VIU-306. 

1)1  MAIlTl.Nn  A.M)i;i:v  11  Papato.  La  missiooe  di  Pio  IX  e 
Leone  XIII.  I  vanlaggi  della  Enciclica  ^Eterni  Patris  e  della  Epi- 
i  Sacpenmncro ;  per  monsignor  Andrea  Di  Martino,  Cameriere 
d'onore  di  Sun  Santita  Leone  XIII,  uno  dei  Pellegrini  ;\\  piedi  San- 
tissimi  di  Leone  XIII.  CasteUammcvrc,  tipografia  Siabiaua,  1884. 
In  10,  di  pagg.  762.  Prezzo  Lire  3. 
£  qucsto  il  primu  volume  di  un' opera  tali  nel  presente  volume.  La  missione  del 


di  lunga  lona,  colla  quale  il  ch.  monsi- 
\ndrca  Di  Martino  $i  propone  di 
dimostrarr  pi'  inrsrmabili  Iwnelicii,  di 
online  uon  solo  soprannaturale  ma  anche 
natural*',  chc  la  divina  isiiluzione  del 
Papato  ha  recato  al  mondo,  e  va  sempre 
|iiT|»>tiiando  colla  sua  efficacc  azione,  a 
malj,ri  ado  gli  oslacoli  di  ogni  genere  che 
inconira  per  la  soa  via.  Quanto  e  ampio 
il  soggctto  e  vasta  la  matcria  che  esso 
copiprende,  allreltanlo  e  opportuno  alle 
condizioni  social!  dei  nostri  tempi.  Una 
civilla,  la  quale  di  civilta  non  ha  altro 
che  le  apparenze  esteriori,  sta  ora  com- 
batteodo  a  tulta  possa  il  1'apato,  e  fa 
ogni  sforzo.  per  quanlo  e  da  lei,  di  di- 
struggerlo,  o  se  non  allro  di  menomarne 
il  piii  possibile  le  beneGche  iufluenze:  con 
che  non  riesce  ad  altro  che  sospingere 
sempre  piu  la  societa  verso  la  barbaric. 
Qual  soggetto  dunque  piii  conveoiente  ai 
niMri  tempi  die  prendere  le  difese  del 
1'apato  cunlro  le  insidie  dei  suoi  nemici 
capitanali  dalla  dominanle  Massoneria  che 
e  la  istituzione  opposta  dal  diavolo  alia 
isiiluzione  di  Cristo  ?  E  la  migliore  difesa 
consiste  appunlo  nel  mellere  in  mostra  i 
frulti  preziosissimi  d'ogni  sorta  di  beni 
che  ne  provcnnero  e  ne  provengono  ogni 
di  alia  umana  sociela ;  e  per  contrario  i 
mali  di  ogni  genere  che,  mancala  qurlla, 
ne  sarebbero  la  necessaria  conseguenza.  E 
qoeslo  e  il  proprio  assunto  dell' opera  del 
ill.  Monsignore.  A  dame  un  saggio  ci  ba- 
"•MIMIV  i  cap!  chc  sono  da  lui  tral- 


Papato  —  II  Papato  e  la  civilt<\  - 
II  Papato  e  il  lavoro  —  //  Papato 
e  I'  incivilimento  dtllc  nation*  —  II 
Papato  e  la  donna  —  77  Papato  e  il 
fanciullo  —  //  Papato  ed  il  povero  — 
n  Papato  e  gli  ixtituti  —  //  Papato 
e  le  belle  arti  —  //  Papato  e  la  mo- 
rale —  //  Papato  e  la  famiglia  - 
II  Papato  e  il  consorzio  civile  —  // 
Papato  e  la  liberta  —  II  Papato  e 
la  schiavitu,  —  //  Papato  e  la  libera- 
zione  degli  schiaoi  —  //  Papato  e  la 
vera  liber  tci  di  coscienza  —  //  Papato 
e  la  liberta  d* Italia  —  II  Papato  ed 
i  Re  — .  77  Papato  e  Roma  territo- 
rials —  II  Papato  e  Roma  morale  — 
77  Papato  e  Roma  mondiale. 

A  prender  saggio  da  questo  primo 
volume,  1'egregio'Autoresi  mostra  fornito 
di  tutte  le  qualila  necessarie  per  condurre 
a  termine  un'  opera  di  tanta  mole  e  di 
tanta  importania.  Egli  da  pruova  di  sa- 
nissimi  principii,  di  soda  dottrina,  di  co- 
piosa  ed  opportuna  erudizione,  di  gran 
valore  di  logica  e  di  giustissimo  criterio 
nel  giudicare  dei  fatli  e  delle  cose.  Ab- 
bastanza  correlti  sono  lo  stile  e  la  lingua, 
se  facciasi  eccezione  di  qualche  ncologi- 
smo,  di  qualche  impropriela  nci  vocaboli, 
e  di  qualche  ardire  nelle  figure,  scusabile 
in  un  ingegno  meridionale.  A  buoni  conti, 
tulto  considerate,  6  un'  opera  capace  di 
fare  grandissimo  bene,  e  che  anche  sara 
letta  con  piacere  per  la  varieta  delle  cose 
e  la  copia  dei  falti  slorid.  l'erci«''  la  rac- 


Queno  nuovo  poemcllo  del  chiaris- 
simo  Pietro  Esseiva,  di  ben  640  aurei 
vrrsi,  e  qualificato  dai  giudici  del  concorso 
come  unvero  capo  d' opera  sotto  ogni 
rispetto.  E  noi  ben  volenlieri  ci  adagiamo 
in  questo  giudizio  di  persone  si  compe- 
lenti,  perche  veramente  il  poeta,  in  questo 
suo  ultimo  lavoro,  la  Giuditta,  ci  pare  che 
abbia  adunato  in  grado  eminente  tutti 
quei  pregi,  si  d'  invenzione  e  si  di  elocu- 


590  BIBLIOGRAFIA 

t-.,»mandiamo  assai,  specialmente  alle  class!      -fli  p;i; ••  ii  slampa.  II  ; 

col  IP:  anche  perche  1'Autore  la  metle  in      ad  esempio,  di  qucslo  primo  volume  di 

vcndita  a  minimo  prezzo  che  forse  noppure      quasi  800  pagine  e  di  sole  Lire  3. 

ESSEIVA  PIETRO  —  luditha.  Carmen  Petri  Esseiva  Friburgensis  Hel- 
vetii  praemio  aureo  ornatum  in  certamine  poetico  lacobi  H^nrici 
Hoeufftii  liberalitate  inslituto.  Amstelodami,  apnd  lo.  Mullerum  1884. 
In  8°  di  pagg.  37. 

zione,  che  abbiamo  tante  altre  volte  am- 
mirati  nolle  sue  poesie.  I  sopralodati  giu- 
dici del  concorso  si  dispensano  dal  recare 
saggi  particolari,  perche  dicono  di  non 
sapere  a  quale  brano  dare  la  prefercuza. 
Noi  non  vogliamo  frodare  i  nostri  I'-Hori 
del  piacere  di  gustarne  qualcuno.  Ecco 
come  egli  dcscrive  gli  apparecchi  di  Gio- 
ditta  neir  incamnrnarsi  al  campo  di  Olo- 
ferne : 
Ilia  ubi  per  noctis  divinam  impensius  horas 

Exoravit  opem,  et  discrimen  in  omne  paratam 

Propositi  admonuit  maiuro  Lucifer  ortu, 

Expedil  ornalus  omnes,  melioribus  annis 

Quos  gessit  nondum  rapto  placilura  Manassae, 

Nunc  memor  exstincti  lacrimis  irroral  oborlis. 

Induitur  tunicam  lino  candente  fluontem, 

El  Tyrio  pallam  sumit  bis  murice  linclam: 

Sandalia  excipiunt  leneras  exilia  planlas, 

Sed  minimo  ampla  pedi:  baccata  monilia  collo 

Dependent:  nardo  spiranies  milra  coercel 

Picla  comas,  quam  subnectunt  redimicula  mcnto. 

Aure  nitfint  gemmae :  tereles  armilla  lacerlos 

Alligal,  el  digilis  rutilo  mical  annulus  orbe. 

Talis  eril  facies,  tails  tibi  Edissa,  paralus, 

Fratribus  infensi  flecles  quum  peclora  regis. 

Praeslat  opem  dominae  ornalrix  maturior  aevo, 

Piirvula  qua  posuit  vestigia  prima  magislra, 

Imponitque  manum  cullu  sludiosa  supremam, 

Casligalque  sinus,  formaque  superbit  alumnae. 

Functa  ministeriis  pera,  sic  inssa,  reponil 

Oenophorum  plenumque  ulrem  flavenlis  olivi, 

Duratas  iicos,  panem  iaclisque  coacti 

Gandentes  glebas,  in  quinque  cibaria  luces. 

Cosi  poi  descrive  1'alto  con  cui  la  invitla  eroina  recise  il  capo  di  Oloferne: 

Sola  ubi  cum  solo  mansil  duce  casta  viragt), 
Ultima  cerla  sequi  patriaeque  impendere  vitam, 
Ipsius  appensum  palo  clam  liberal  cnsem, 


iii  hcliiii.ruin  ad  In 
liiu  <  sine  voce  lab' 

M  viri  uppPiiM), —  nee  in  ictiluis  ora  rptorqnrl, — 
Abscidil  iu^iliim:  longe  cruor  emicat  ;iter, 
Expalsus  vcnis:  olli  mors  dim  sopomn 
Continual: 

IMlissima  pni  e  b  SCPIM  (Idle  donne  ebree  penetrate,  dietro  Ic  lraca>  dell'eser- 
cito  Tintitore,  nel  camp  >   \ 

Spectandi  excilao  studio  matrpsque  nurusque 
Approperant,  cultoque  locos  examine  complent. 
Barbara  irxUi  iuvat  digilo  atlrectare  porilo, 
Ft  noii  iain  mctuenda  volunl  contingere  tola, 
ll.irc  a  IT  11  in  frustra  sinuare  laborat,  at  ilia 
Imponit  galeam  capiti  cristasque  comantos, 
Kt  sibi  pro  spcculo  clypei  subridet  in  aero. 

Descrire  poi  nel  seguente  modo  la  pompa  trionfale  di  fiiuditta: 
Inde  triumphalem  ducunt  ad  moenia  pompam 
Tempora  praecinctae  ramo  pacalis  olivae. 
Tars  cilharas  pulsant  vel  tinnula  cymbala  palmis 
In  numerum  feriunt:  velatas  frondibns  hastas 
Pars  agibnt  manibus;  vocali  carmine  cunctac 
To,  luditha,  tuasquo  ferunt  ad  sidcra  laudes, 
Auviliumque  suum  scrvatricemque  salutnnt: 
Arta,  domos  uni,  tempi um,  connuhia,  natos 
Et  quidquid  corde  infixum  debere  fatentur. 

Facciamo  i  no'stri  piu  sinceri  congratulamcnti  coU'egregio  poeta,  e  ci  nspetliamo 
dall'aurea  sua  penna  allri  lavori  di  cgual  merito,  ed  anche  di  maggior  lena. 

FRASCOLLA  DOMENICO  —  Novenario  Mariano,  1'Immacolata;   per 

Domeoico  Frascolla,  canonico   cantore  della  cattedrale  di  Andria. 

Andria,  tip.  editrice  fralelli  Terlizzi,  MDCGCLXXXIV.   In  8,  di 

pagg.  184.  Prezzo  L.  1,50. 
(iALLERANI  ALESSANDRO  —  San  Biagio  Vescovo  e  Marline.  Pane- 

girico  del  P.  Alessandro  Gallerani  d.  G.  d.  G.  Bologna^  tip.  Pontif. 

Mareggiani,  via  VoUurno,  D.  3,  1884.  In  16,  di  pagg.  28.  Prezzo 

cent.  40. 

Ammiriamo  in  qnesto  Panegirico  detto  dimostrazione,  congiunta  con  tutti  quogli 
dal  ch.  P.  Gallerani  in  onore  di  S.  Biagio,  splendor!  dell1  eloqocnza,  die  servono  a 
le  dot!  principal!  clio  si  awengono  a  co-  magniiicare  U  soggetto;  terzo,  il  frutto 
testa  specie  di  sacra  Hoquenza:  primo,  pratico  procurato  negli  uditori,  quanto  a 
Paver  colto  il  caraitcrc  specifico  della  promnovere  non  solo  I'ammiraiionc  dt  1- 
smtiia  di-l  suo  Kroc,  faccndo  in  lui  am-  Peroiche  virtii  del  Santo,  ma  anche  il  de- 
miniv  il  Pastor  vigilante,  il  Taumalurgo,  siderio  di  morilarnn  il  palrodnio  coU'imi- 

irtire  invitto,  che  sono  le  SUP  qua-      tazionc  delle  sue  virto. 
liia  disiintive;  secondo,  la  solidita  della 


.".'.I.*  B1BLIOGRAFIA 

CIOVANNA  rS.)  DI  VALOIS  dell'abate  Hdbrard,  traduzione  di  M.-t- 
rianna  Nistri.  Tip.  di  Mariano  Ricci,  Firense,  1884. 
Del  merito  di  questa  vita  scritta  dal-  questa  santa  fu  fondatrice.  E  si  che  il 
1'egregio  ab.  H6brard,  inolto  han  parlato  libro  meritava  una  traduzione  italiana  di 
le  riviste  franCesi  nelle  loro  bibliografie;  mano  maestra;  e  tale  e  quella  che  l'pj:iv- 
e  le  lodi  che  hanno  attribuito  all'  Antore  gia  e  benefica  Signora  Nistri  ha  dnto  alia 
son  davvero  meritate.  Perocche,  oltre  alia  luce,  con  intendimento  di  consacrarne  i 
lunga  e  prcziosa  Introduzione  sulla  vita  profilli  in  pro  dei  poveri.  L' edizione  si 
religiosa,  tanto  applaudita  da  Monsignor  raccomanda  ancora  per  la  eleganza  dei  t'pi 
Vescovo  di  Agen,  vi  si  discorre  in  quat-  e  della  carta,  e  per  la  tenuita  del  prezzo. 
tordici  capitoli  e  delle  virtu  della  santa  Si  vende  a  lire  2  la  copia  presso  la  Tipo- 
ligliuola  di  Luigi  XI,  e  dell'Ordine  di  cul  grafia  Hicci,  Via  San  Gallo  N.31  in  Firenze. 

GIOVANNINI  ENRICO  —  I  doveri  cristiani  esposti  alia  sludiosa  gio- 
ventii  italiana,  dal  sacerdote  Bolognese  D.  Enrico  Giovannini,  pro- 
fessore  di  teologia  domraatica  ecc.  ecc.  Opera  comraendata  da  Sua 
Santita  Papa  Pio  IX  e  approvala  da  parecchi  Gardinali,  Arcivescovi 
e  Vescovi  e  da  altri  illustri  scrittori,  e  adottata  gia  in  molti  semi- 
narii  e  istituti  di  educazione.  Quinta  edizione,  con  alcune  correzioni 
ed  aggiunte.  Bologna,  tip.  Pontificia  Mareggiani,  1884.  In  16,  di 
pagg.  518.  Prezzo  L.  2,50. 

Pii'i  volte  abbiamo  annunziato  questa      compiere  col  maggior  frutto  possibile  il 
importanlissima  opera  del  ch.  Sac.  Gio-      loro  delicatissimo  minislero.  Quest'  ultima 
vannini,  mettendone   in  mostra  i  pregi      edizione  ha  il  vantaggio  sopra  le  altrc  di 
non  comuni,  ed  additandola  a  tutti  gli      non  pochi  miglioramenti  ed  aggiunte. 
educator!  cristiani  come  oltima  guida  per 

IL  PI  ft  BELLO  DI  TUTTI  I  LIBEI,  ossia  il  Grocifisso.  Terza 
edizione  migliorata  ed  accresciuta;  con  aggiunta  di  orazioni  ed 
esempi.  Torino,  1883,  tip.  e  libr.  San  Giuseppe.  Collegio  Artigianelli, 
Gorso  Palestro,  n.  14.  In  16  pice.,  di  pagg.  48.  Prezzo  cent.  15. 
Ginquanta  copie  L.  6,50;  cento  copie  L.  11,50. 
JANNUCCI  ALFONSO  M.  —  Firmitudo  catholicae  veritatis  de  psycho- 
somatica  Deiparentis  Assumptione,  disquisitio  prior  historico-biblico- 
speculativo-polemica;  necnon  harmonia  catholici  dogmatis  de  pneu- 
matosomatica  Deiparentis  Assumptione;  disquisitio  posterior  critico- 
philosophico-theologico-diplomatica,  Alphonsi  M.  Jannucci  sacrae 
theologiae  doctoris.  Taurini,  ex  typ.  Pontif.  et  Archiep.  eq.  Petri 
Marietti,  1884.  In  8,  di  pagg.  496.  Prezzo  L.  7, 50.  Vendibile  ancora 
presso  L.  Manuelli  libraio  in  Firenze. 

La  divozione  verso  la  gran  Madre  di  qoal  domma  di  Fcde  cattolica  la  immaco- 
Dio,  sempre  viva  nella  Chiesa,  e  in  questi  lata  Concczione  di  Maria  Santissima,  cosi 
tempi  di  maggiori  necessila,  forse  piu  a  maggior  increment©  di  pieta  verso  di  Lei 
sensibile,  ha  ispirato  un  vivo  desiderio  e  come  pegno  di  grazie  piii  copiose  in  pro 
in  molti,  che,  come  sei  luslri  or  sono  fu  della  Chiesa,  sia  dalla  medesima  suprema 
definita  dal  magistero  infallibile  del  Papa  autorila  dichiarata  dogma  catiolico  la  sua 


' 

;mtori,  <li  ;ilnini  i!>-i  <|m'i  :ililtinino 
rniito  nolla  Cirilti'i  f'lttolica, 
r.iil.'.to  qursto  pnnto  dnttrinale, 
ricercando  cd  esponendo  la  tradizione  PC- 
clesiastica  cho  lo  riguarda.  oil  osaminando 

se  abhia  in  se  le  comlizioni  necessarie  per 
essere  definite  di  Kede  cattolica.  A  quest! 
4  tenuto  ad  aggiungersi  ultimamento  il 
cii.  Alfonso  M.  Jammed  coll' opera  annnn- 
ziata.  il  cui  SI-M|III  t'-  appuntodi  ilitnostrare 
la  voriia  doll'Atsunzione  di  Maria  SS.  in 
anima  e  corpo  nel  cielo,  ohiotto  di  co- 
mune  crodenza  tm  i  ratiolici,  hench&  non 
ancora  dofinilo  di  fpde.  Kgli  prova  la  sua 
lesi  con  varie  specie  di  argomenti.-Nella 
prima  serie  di  quMi  o<pono,  storicamente 
e  criticamente  la  tradizione  costanle  di 
questa  credenza  nella  Chiesa  Romana, 
nelle  altre  Chiese  Apostoliclie  ed  in  quelle 
che  no  derivarono  immediatamente,  con- 
forlando  il  suo  discorso  colic  testimo- 
nianzo  dei  I'adri  e  coi  monumenti  delle 
antiche  liturgie.  Non  mono  dimostrative 
a  questo  proposito  sono  le  tradizioni  delle 
Chiesescismaticho,  come  PEtiopica,  1'Abis- 
sina,  1'Armena,  la  Greca,  la  Cofta  :  le 
quali,  tra  le  diverse  credenzo  die  con- 
sei-varono  dopo  la  loro  separeziono  dalla 
Oliiesa  Caltolica,  una  fu  questa,  di  toner 
comn  vcra  1'Assunzione  della  SS.  Ycrp-ino 
e  celebrarne  o^ni  anno  la  festivita.  Un'al- 
Ira  serie  di  arpomenti  e  dedotta  dai  fon- 
damenli  che  porgono  le  divino  Scritture 
si  dHIo  anlico  o  si  del  nuovo  Testamento 
a  dodurne  qucsia  dotlrina.  lina  icrza  snric 
liu.i  I  mi-lite  sono  gli  argomenti  di  ragione 
••a,  per  mezzo  dei  quali,  diigli  altri 
snblimissimi  priviloj;!  conforiti  alia  gran 
Madre  di  Din,  e  dalla  rassomiglianza  di 


la  delta  vi-rila.  popn  la  sua  ilin, 
zii>ne,  il  di.  Auloro  si  fa  a  cercare,  se 
qnesta  comnnp  cn-ilon/a  ahlii.i  i  r«'i|iiNiti 
necessarii  per  essere  definita  siccome 
dogma  di  Tide  cattolica;  e  risolve  la 
questionc  afTermativanioali'. 

II  libra  delFegregio  sacerdote  o  non 
meno  commondevole  per  la  sodezza  della 
doltrina  e  vasiila  della  erudizione,  cho  per 
una  cotale  unzione  di  pieta  la  quale  vj  e 
diffusa  e  sconde  soavemente  noil'  animo  dei 
lettori.  Quanto  al  merito  scientiflco,  noi 
crediamodi  poterafTormaro  gonoricamente, 
cheegli  prova  a  tutto  rigore  la  vorita  della 
credonza  universale  dei  fedcli,  trasmessa 
originariamente  dagli  Apostoli  che  n'l-b- 
bero  divina  rivelazione,  che  cioi  Mari.-i 
fosse  sublimala  in  cielo  in  anima  e  corpo. 
Qualcuno  potrebbe  desiderare  un  mag- 
giore  studio  di  critica  quanlo  a  dimo- 
strare  1'auionticita  di  alcuni  antichi  mo- 
numonti;  come  altresi  una  maggiore 
severita  di  ragionamenlo  ossia  nelle  ap- 
plicazioni  di  alcuni  testi  scritturali,  ossia 
nell'  uso  di  qualche  argomento  toologico. 
Ma  e  da  nolare  che  il  ch.  Antore  non 
ha  roluto  rinunziare  a  quella  mapgior 
copia  di  argomenti  i  quali,  se  non  sempre 
reggono  alia  piii  austera  critica,  possono 
nondimeno  giovarealla  pieta.  La  critica  piii 
severa  ne  trovera  abbasianza  da  conten- 
tarsene  nel  rimanente  delle  pruove,  che 
rispondono  a  tutte  le  sue  ragionevoli  csi- 
gonze.  Lasceremo  poi  alia  Chiosa  il  jriu- 
dicare  se  e  quando  sia  opporluno  proce- 
dere  su  queU'argomento  ad  una  definizione 
dogmatica.  Raccomandiamo  intanto,  spe- 
cialmonte  al  clero,  il  libro  come  ulilissinut 
neU'csercizio  dei  loro  minister!. 


Lei  col  suo  divino  Figliuolo  in  tutto  il 

LOJODICE  COSMA  —  Combattimento  di  tredici  italiani  e  tredici  frao- 
cesi;  pel  P.  Gosraa  Lojodice  Agostiniano,  socio  d.  Pootif.  Accad.  Tib. 
Bologna^  tip.  Pontificia  Mareggiani,  Via  Vollurno,  n.  3,  1884.  In  16, 
di  pagg.  40.  Prczzo  cent.  35,  vendibile  in  Corato  presso  1'autore. 

-•geri  con  interesse  qm-sto  breve      sopra  i  varii  documenti  che  ce  ne  sono 

•ID.   n  I    ipial'  il   di.  1'.  Lojodice      pertenuti  racconta'la  vera  storia  dolla 

Scrie  XII.  vol.  VI.  fate.  81i  33  30  maggio 


D1BLIOGRAFIA. 

UK  inorarida  ili>fiila  della  di  Bnrletta,  che  nota  il  nostro  Autore,  che  al.liia  nn>nlilo 

forni  1'argnnicnio  alFEltore  Ficramosca  alia  storia  ed  alia  i  .ilto,   nou 

di  Massimo  d'Azeglio.  Che  questo  aulore  solo  senza   necessita    ma    piutiosto  con 

ahliia   modificalo  Tavvonimcnto  secondo  danno  del  suo  lavoro,  c  contro  le  leggi 

Ic  esigerue  del  romanzo,  gli  si  pui'>  con-  eslelichc. 
donarc;  ma  e  Iroppo  grave  sconcio,  come 

LOM13ARDO  P.  VINGEJSZO  DEI  PREDICATORI  -  Panegirico  delta 
Sacra  Sindone  detto  nella  Metropolilana  di  Torino  la  quaresiraa 
del  1884.  Torino,  tip.  Salesiana,  1884.  Prezzo  cent.  50  e  franco  di 
posta  cent.  55.  Si  vende  anche  in  Firenze  nell'  ufficio  del  Giorno  in 
Via  S.  Gallo,  n.  31. 

I  tip!   elrgantissimi   elzeviriani  della      per  altro   era    bene   da   aspettarsi   dal 
tipogralia  Salesiana  di  Torino  non  furono      ch.  P.  Lombardo,  riputato  meritamrnte 
mai  per  1'innanzi  impipgali  con   miglior      una  dellc  piii  splendide  glorie  del  per- 
successo,  come  nella  slampa  di  questo      gamo  iialinno.  Quello  poi  che  ci  muove 
stupendo  discorso  recilato  nella  Metropo-      sopraiiutto  a  raccomandare  la  diflusionc 
litana  di  Torino  dall'  illustre  oralore  do-      di  si  bella  orazione  panegirica,  e  il  sapere 
menicano.  In  questo  discorso  tutto  infatti      che  il  profitto  della  sua  vendita  e  dosti- 
e  degno  di  lode:  il  concetto,  il  tossuto,  lo      nato  a  condurre  a  termine  I'edificazione 
svolgimento  c  la  forma;   sicche  non  ci      del  Convento  dell' Ordine  illustre  di  S.  Do- 
pare  di  esagerarne  il  merito  affermando      mcnico,  che  1'  insigne  Oratore  atlende  da 
che  esso  e  uno  dei  migliori  che  sieno      parecchi  anni  a  costruire  in  Acirealc  in 
stati  scritti  da  valentissimi  oratori.  Questo      Sicilia. 

LUCIO  PUBLIC  —  Elucubratio  circa  supremum  veritatis  criteriura  iuxta 
doctrinam  Sancti  Thomae  Aquinatis  Doctoris  Angelici  et  veterum 
Thomistarum  interpretationem  a  Public  Lucio  presbytcro  scholae 
Thornisticae  addictissimo  exarata,  in  obsequium  Encyclicae  Aeterni 
Patris  Sanctissimi  Domini  Nostri  PP.  Leonis  XIII.  Prati,  ex  offl- 
cina  Gontrucci  et  Soc.,  1884.  In  8,  di  pagg.  154.  Prezzo  L.  3. 

II  ch.  Professore  dimostra  con  molta      pieno  la  vera  dotlrina  del  santo  Dottore 
lucidita  eforza  di  argompnti,  che,  sccondo      sopra  tal  quislione.  VI  aggiunge  una  im- 
rinsegnamento  del  Dottore   Angelico,  il      portanle  append  ice  in  cui  e  recala  testual- 
primo  critcrio  di   verita  e  il  cosi  delto      menle  la  dottrina  del  Suarez  intorno  al 
Principio  di  contradizione.  Colla  guida      principio  di  contradizione;  ed  nn'allra  che 
dcllo  stcsso  maestro  e  col  medosimo  vi-      riguarda  1'  obietto,  e  1'  unita   genrrica  e 
gore  di  argoraentazione  confuta  le  oppo-      specifica  delle  scienze,  riportata  dall'  opera 
ste  senlenze.  La  sua   dissertazione   pui      inlitolata :  Novissimus  Cursus  artium 
esserc  non  poco  utile  per  inlendere  ap-      dei  Padri  Carmelitani  Scalzi  di  Alcala. 

MANNI  GIUSEPPE  D.  S.  P.  —  Rime.  Firenze,  Pietro  Chiesi,  libraio- 

editore,  Via  de'  Martelli,  8,  1884.  In  16,  di  pagg.  294.  Prezzo  L.  3,50. 

Le  liriche  del  ch.  P.  Manni  delle  Scuole      1' illustre  Autore  si  e  sludiato,  ed  e  riu- 

Pie  merilann,  a  parer  nostro,  il  vanto  di      scito  in  gran  parte,  a  scliivare  i  piii  gravi 

esser  considerate  fra  le  migliori  poesie      difctli.  11  che  ha  potulo  fare  per  due  no- 

della  scuola  modcrna :  della  quale  pero      bili  qualila  che  ha  compagne  di  un  in- 


]iiMl.\!i:"iit'1 


Li 


pi':' 

prillll    ili    l|l|i^!P    r    I'pwiv    vi  ,(,,    , 

'urlii,  pd  avpiv  il.ii  i  l.i^ici  an- 
ton  apjnvM'  IP  normc  ed  il  gusio  dpi 
IHI'i.  chc  r  riuscilo  a  rilrarre,  nol  piii 
r  iiel  mi^'Iio,  in'l:  "conda 

c,  di  aver  rongiunlo  copli  simlii  lettprarii 
r.iinorc  alia  rplijrioneod  alia  sana  moralp. 
Nnndimpno  noi  a<criviamo  Ic  sue  pocsic 
alia  scuola  moderna,  nmsimampnii'  PIT 
rispptto  alia  forma  de'concPlli  c  al  colo- 
riio  il'llo  stile  che  rvHano  un  ^-iicn1 
divprso  da  qupllo  dci  clas<iu.  Ncl  clie  ha 
saputo  cprtam-nte  contPncN  per  lo  piu 
ontro  limiti  ragionrvoli  :  non  si  ppr<\  clip 
rioscisse  ad  evitare  tuiti  i  difetti  in  tal 


gencrp,  proprii  ili  <;  i- '  i  qotll 

pasran<>  <lnri;  e  sono 

ii  d'l-n'inpio:  1'uso   di   niPtri  dpi 
ttittii  alieni  dall'iudoli'  d--ll.i 
liana;  una  certa  slortura  no'co'trulli;  on 
•••Ti  i-  wile  ir.'iirp,' 

specialnx'iiic  wile  mptafore;  I'  uso  di  non 
necesnrii  neologism!.  LP  quali  osservazioni 
noi  facciamo  non  pa  per  cpnsurarc ;  ma 
soltanlo  pprclii-  il  di.  Aulore  ci  scmlira 
capacc  di  loccare  nplla  poesia  quella  PC- 
cellcnza,  a  cui  a  parer  noslro  non  |>" 
ma!  arrivare,  se  non  si  tenga  lonlano  an- 
rli>-  di  piii  da  lutto  cii'i  die  e  difettoso 
nella  moderna  popsia  non  solo  rispetto  alia 
sostanza,  ma  anche  rispelto  alia  forma. 

MAHTINENGO  FRANCESCO  --  L' igiene  dell'anima.  Lettere  del 
P.  Francesco  Martinengo.  Torino*  1884,  tip.  e  libr.  Sulesiaua.  In  1C, 
di  pagg.  288.  Prezzo  L.  1,40. 

II  I'.  Martinpngo,  molto  chiaro  nel- 
T  Italia  per  i>variatp  opere,  non  meno 
utili  al  solido  vantaggio  dalle  anime  che 
dilettCToli  allo  spirito,  aggiunge  quest' al- 
tra,  il  cui  titolo  stesso  manifesta  1'  otlimo 
frutlo  inteso  da  lui.  K  una  serie  di  let- 
tere  che  finge  esserc  scritte  da  un  par- 
roco di  oampagna  a  an  giovanc,  gia  stalo 
suo  dUcppolo,  il  quale  aveagli  mandalo 
un  suo  opuscolo  sulla  igiene  dci  corpi. 
II  huon  parroco.  il  quale  da  qnello  scritto 
era^i  acoorlo  che  Pantico  suo  allipyo  va- 
cillava  alquanlo  nei  buoni  principii,  si  in- 

MAZZINI  LORENZO  —  La  vera  scuola  delle  giovanette;  ossia  letture 
istruttive  e  dilettevoli  offerte  alle  giovanette  e  specialmente  alle  Figlie 
di  Maria  dal  parroco  Lorenzo  Mazzini.  Bologna,  tip.  Pontif.  Mareg- 
giani,  1884.  In  32,  di  pagg.  192.  Prezzo  cent.  40. 

MIRANDA  LU1GI  —  La  craniotomia  considerata  secondo  la  morale. 
Riflessioni  del  P.  Luigi  Miranda  da  Bisacquino,  Lettore  Cappuccino. 
Palermo,  off.  tip.  di  Camillo  Taraburello  e  C.°,  Vicolo  Lombardo, 
n.  18,  1884.  la  16,  di  pagg.  18. 
Sopra   qupsto   soggelio   mollo   si  e"      brano  anch'  essc   done  p  profon-l 


gfjrna  di  rendergli  il  cambio,  proponpn- 
dogli  i  mezzi  acconci  per  P  igiene  del- 
Panima.  Quest!  mezzi  si  riducono  a  due 
cap!:  cvitare  i  pericoli  dci  morbi  dello 
spirito,  di  cui  sono  cause  la  morale  abie- 
zione  in  cui  vive  la  odicrna  societa;  c 
procacciare  dalla  pratica  dclla  nostra  santa 
Religione  or  le  opportune  medicine  per 
guarirlo  dai  mail  contrail!  ed  ora  i  pre- 
sidii  pflicaci  per  rinvigorirne  le  forzp.  Hac- 
comandiamo  mollo  quesla  operella  dell'il- 
lustre  scritlore,  massimamcnte  ai  giovani. 


scriito  da  non  pochi  dotti  Tpolo?i,  dpi 
quali  aMiiamo  annunziato  gli  opuscoli 
lenia  cniKin1  firaltMMBl6  m-lla  quistione. 
Annunziiuno  nmli*1  Ic  riflessioni  <)P| 
«;li.  1'.  Lu'gi  Miranda  le  quali  ci  sem- 


liamo  solo  die  la  srntcnza  da  lui  soste- 
nuta  conlro  la  craniolomia  pn-vnle  gene- 
ralmpnlc,  per  do  che  conosciamo,  fra  i 
doitori  cattolici. 


B1DLIOGRAFIA 

MOLA  P.  CARLO  —  In  memoria  di  Clementina  De  Riseis.  Napoli, 
tipografia  dell' Accademia  Reale  delle  Scienze,  diretta  da  Michele 
De  Rubertis  1883. 


conobbero.  Essa  fu  una  dells  vittime 
delta  cata.strofe  di  Casamicciola,  e  pare 
die  alcuni  giorni  innanzi  provedcsse  la  sua 
prossima  fine.  Tutto  e  bcllo  nel  discorso 
del  P.  Mola;  mn  quest' ultima  scena  c 
dcllc  piii  pietose  die  si  possano  leggere; 
egli  ha  innalzato  a  quella  innocente  crea- 


turina  il  piu  bel  monumento  che  potesse 
desiderarsi. 


nuova  edizione,  curata  dall'egregio  Com- 
mend. Battaggia  di  Venezia,  come  piii  ele- 
gante e  corretta  della  prima. 


Questa  memoria  della  buona  fanciulla 
Clementina  De  Riseis  e  dal  ch.  P.  Carlo 
Mola  narrata  ai  fratelli  ed  alle  sorelline 
di  lei,  con  uno  stile  cosi  alTettuoso  e 
soave,  da  intenerire  chiunque  la  legga, 
non  che  quei  can  congiunti  deU'estinta. 
La  Clementina  benche  di  soli  nove  anni, 
fu  di  una  rara  pieta,  dilettissima  princi- 
palmente  perci6  ai  suoi  ed  a  quanti  la 
MORELLI  DOTT.  CHERUBINO  —  A  pezzi  e  boccooi.  Veglie  toscane 

del  Dott.  Cherubino  Morelli,  priore  di  S.  Lucia  sul  Prato.  Seconda  ediz. 

Venezia,  tip.  Emiliana  1884.  In  8°  di  pagg.  580.  Prezzo  L.  2,  50. 

Di  questo  lihro  pregevolissimo  non  pag.  719).  Raccomandiamo  ora  questa 
solo  per  la  bonta  della  sostanza,  ma  anche 
per  la  amenila  ed  eleganza  della  forma, 
facemmo  gii  una  Rivista  quando  fu  pub- 
blicato  la  prima  volta  (Vedi  quad.  756, 
MORICONI  F1LIPPO  —  Casamicciola.  Discorso  recitato  nella  Chiesa 

parr,  colleg.  di  Avezzano  il  giorno  XXVIII  agosto  MDCCCLXXXIII 

dal  sacerdote  Filippo  Moriconi.  Albenga,  tip.  vesc.  di  T.  Craviotto 

e  figlio,  1884.  In  16,  di  pagg.  62. 
MORRIONE  LIONARDO  —  Tragedie  dell' aw.  Lionardo  Morrione  da 

Menfi.  Palermo,  tip.  del  G-iornale  di  Sicilia,  1883.  In  16,  di  pagg.  270. 

II  ch.  Autore  di  queste  tragedie  si  superabili  difficolta  che  offre  il  genere 
professa,  senza  rispetti  umani,  seguitatore 
della  classica  scuola,  non  solo  quanto  al 
concetto  generale,  pel  quale  da  essa  si  di- 
versiGca  quella  che  ora  e  denominata  dal 
Verismo,  ma  anche  per  rispetto  alle  leggi 
special!,  proprie  del  genere  tragico.  I  sog- 
getli  pertanto  delle  sue  tragedie  sono  da 
lui  attinti  dalle  fonti  storiche,  ed  hanno 
dalla  storia  nobilta  e  grandezza.  Sopra 
questo  fondamento  egli  lavora  la  favola, 
aggiungendo  colla  invenzione  ci6  che  e 


necessario  per  recarla  a  quel  grado  ideale 
che  e  richiesto  per  1'effetto  tragico:  al 
quale  scopo  coordina  gli  awenimenti  con 
intreccio  abbastanza  semplice  e  naturale, 
conservando  Del  tutto  quella  triplice  unita, 
cioe  di  azione,  di  luogo  ed  in  parte  anche 
di  tempo,  di  cui  erano  tanto  tenaci  gli 
antichi.  Clii  conosce  Ic  somme  e  quasi  in- 


tragico,  non  vorra  domandarci  se  1'  illustre 
Antore  sia  riuscito  a  superarle  tutte.  Yi 
e  certo  a  desiderare  qualche  cosa  di  me- 
glio,  vuoi  dal  lato  dell' intreccio  nel  tutto, 
vuoi  da  quello  della  verosimiglianza  in  al- 
cuni particolari :  e  piii  che  i  discorsi,  qual- 
che volta  prolungati  ollre  il  dovere,  si 
vorrebbe  scorgere  attuosa  1'  azione  del 
p6rsonaggi,  e  maggiore  si  bramerebbe  an- 
cora  1'artifizio  in  quelli  che  si  sogliono 
dire  colpi  di  scena,  specialmente  nella  ca- 
tastrofe.  Anche  nello  stile,  benche  gene- 
ralmente  corretto  e  appropriato  al  genere 
classico,  si  potrebbe  desiderare  in  parecchi 
luoghi  maggiore  accuratezza.  Ma  quest! 
difetti  sono  in  parte  compensati  dai  pregi 
che  vi  risplendono,  tanto  piii  notabili  in 
quanto  si  conformano  ai  grandi  esemplari 
della  classica  letteratura. 


.HIM    \.NV.l-:  UN  A.  — 
.  d.  <i.  i:ir_-ant"  i-l/i'viro  in 
'0,  Tip.  Giachetti,  figlio  e  G 
Ecco  no  altro  caro  volumetto  che  fa 
b«'lla  accompagnatara  alle  Memoric  del- 

Anliuori,  di  cui  in  si  bi> 
tempo  si  sono  sparse  per  I'  Italia  a  mill*- 
a  mill)'  ie  copie.  Giustamente  I'Autore  di 
nrdi  paragona  1'Angelina  No- 
sadini,  volata  in  Paradiso  un  anno  fa, 
ad  una  (i.immaute  rosa  d'amore  celeste; 
che  in  verita  tale  apparisce  a  chi  ne  leggc 
e  il  racconto  delle  virtu  e  gli  estralti  delle 
scritlure  die  largamente  sono  in  queste 
pagineriporiati.  I  gravi  patimenli  ai  quali 
fanciullelia  soggiacque,  senza  saputa  delta 
famiglia  sua  die  1'  adorava,  ne  fecero,  sin 
dalla  tenera  eta,  una  occulta  eroina  di 


,lti  piil.Mirati    (l.i    mi   I ';»'!!••• 
:{;',  «li  pa:?fj.  VI 1  D  rilratlM. 

.  1884.  Prezzo  Una  Lin. 

pazirn/a.  .Noi  vivarnenii?  rarcomandiamo 
I' elegante  libretto  a  tuttiquelli  di"  lianno 
cura  di  formare  jrli  nnimi  ^iovanili  alia 
virtQ  ed  ai  pentili  coslumi.  Gli  esempii  e 
gli  scrilli  di  questa  diciottenne  fanciulla 
avranno  singolare  eflicacia  per  muoverli 
al  bene  ed  elevarli  a  quei  pensieri  ed 
eflelii  soprannaturali,  il  cui  difetto  fa  die 
1'educazione  dei  giorni  noslri  ric- 
sterile  di  buoni  frutli.  II  volumetto  si 
vende  a  bene  di  on'  opera  insigne  di 
carita,  degna  in  lutto  di  onorare  la  me- 
moria  del  beir  angelo  d'amore  divino,  che 
fu  la  giovanetta  Nosadini. 


ORLANDO  GIUSEPPE  —  Ooofrio 

d.  G.  d.  G.  Palermo,  tip.  dello 

Quel  dot  to  scriltore  che  e  il  P.  Giu- 
seppe Orlando  dava  alia  luce,  or  fa  qual- 
che  HIP-',  questo  imporlantissinio  opuscolo 
estratto  AM'Archtvio  Storico  Siciliano, 
anno  VIII,  1883,  col  nobile  e  patriottico 
intendimento  di  richiamaro  alia  memoria 
dei  present!  il  nome  del  celrbre  Onofrio 
Panvioio  che  venuto  da  Roma  in  Sicilia 
col  Cardinale  Farnese  T!  lascio  imporitnro 
riconlo,  come  di  uomo  «  che  non  fu  solo 
il  piu  dotlo  ed  erudito  storico  dei  suoi 
tempi,  ma  un  vcro  prodigio  per  le  mol- 
tissime  opere  composte  nel  breve  period.) 
di  sua  Tita.  >  Di  lui  parla  Scipione  Maflei 
nella  sua  Verona  illustrata,  e,  tessendo 
la  serie  storica  dei  piu  celebri  veronesi, 
lo  considera  come  il  piu  insigne  fra  tutli. 
Ma  v'lia  di  piu:  il  Sigonio,  Giusto  Lipsio, 
lo  Scaligero  e  ilBaronio  slcsso  lo  riguar- 
daoo  come  loro  maestro  e  tero  giganle  tra 

—  Panegirico  di  san  Giuseppe  recitato  nella  sua  Chiesa  in  Palermo  il 
19  marzo  188  i.  Palermo^  lip.  Gamillo  Tamburello  e  G.  Vicolo  Lom- 
bardo,  n.  18.  In  8. 

ijiu'sta    bellissima  orazione  panegirica      venerando  religiose  deH'Ordine  d.-i  Tea- 
die  1'Autore  dedica  a  quel  dottissimo  e      lini,  die  6  il  P.  Paolo  Cullrera,  di  a  co- 


Panvinio  pel  sac.  Giuseppe  Orlando 
Statute.  In  8. 

gli  uoraini  piu  dolti  che  ha  visto  il  mondo. 
A  38  anni  avea  gia  pubblicati  o  scrilti 
quasi  un  centioaio  di  volumi.  II  ch.  P.  Or- 
lando nel  suo  dotto  opuscolo  si  ferma  a 
chiarire  due  punti  important!  dolla  vita 
di  quest' uomo  straordinario,  e  sono:  il 
motive  del  suo  viaggio  in  Sicilia,  e  il  luogo 
ove  avvenne  la  sua  morte.  Quanto  a  que- 
st' ultimo  egli  sostiene  che  fosse  morto  in 
Palermo  e  seppellito  nella  Chiesa  del  suo 
Ordioe,  cioe  in  S.  Agostino;  e  lo  fa  con 
tanla  copia  di  erudizione  e  con  argomenti 
cost  contincenti,  che  ognuno  che  legga  la 
sua  dotia  lucubrazione  e  costrelto  ad  ab- 
bracciare  la  sua  opinione.  Noi  glie  ne 
facciamo  plauso  e  gli  auguriamo  buona 
lena  e  sempre  maggior  forza  nell'ardua 
impresa  d' illustrate  la  storia  della  sua 
cara  palria. 


598 


BlBLtOGIUFIA 


panpgirico  rcciUilo  dal  P.  Orlando  »'•  In 
cnpiosa  e  sempre  opportuna  erudi/ione 
onde  c  dimostrata  la  maravigliosa  clilaia- 
zione  del  culto  del  SantD,  dalle  catacombs 
sino  a  Pio  IX.  Sotto  questo  rispelto  il 
Panegirico  m°rila  sia  raccomandato  a  co- 
loro  che  di  questo  grande  1'atriarca  son 
chiamati  a  rccitarc  le  lodi. 


•  dm  il  1'.  Orlando  e  non  solo  stre- 
noo  polemisla.erudito  storicoe  infaticabile 
scrillore,  ma  anche  valenle  oratorc;  impe- 
rocche 1'orazione  e  condotla  con  bell'  arte 
c  nello  slesso  tempo  svolla  con  singolare 
Intelligenza  del  carattere  di  quel  grande 
Pairiarca  chelanla  e  si  nobilc  paricrbhc 
nrlla  economia  dell'umana  redenzione. 
Ciu  che  rende  poi  ollrernodo  pregevole  il 

PALLOTTINI  SALVATORE  —  Collcctio  omnium  conclusionum  et  re- 
solutionum,  quae  in  causis  propositis  apul  sacra m  Congrogationem 
Gardinalium  S.  Concilii  Tridentini  ioterpretum  prodierunt  ab  eius 
institutione  anno  MDLXIV  ad  annum  MDGGCLX,  distinctis  titulis, 
alphabetico  ordine  per  materias  digesta,  cura  et  studio  Salvatoris 
Pallottini  S.  Theologiae  doctoris  ecc.  ecc.  Eomae,  typis  S.  Congre- 
gationis  de  Propaganda  Fide,  MDCGCLXXXIV.  In  4  p.,  di  pagg.  64. 

PITTO  ANTONIO  —  La  Liguria  Mariana;  ossia  del  culto  e  della  pro- 
tezione  di  Maria  SS.  nella  Liguria.  Gomraentarii  del  Cav.  Antonio 
Pitto  Genovese,  socio  di  parecchie  Accademie.  1  santuarii  di  Geneva. 
Opera  postuma,  pubblicata  dal  Gomm.  Enrico  Lorenzo  Peirano,  Av- 
vocato  Genovese,  preceduta  dalla  biografia  dell'autore.  Genova,  tip. 
delle  Letture  cattoliche,  via  Goito,  dietro  al  Politeama,  1884.  In  16, 
di  pagg.  426.  Prezzo  L.  2. 
II  Cav.  Antonio  Pitlo,  mancato  ai  vivi 

con  dolore  di  tuiii  i  buoni  nol  passato 

ottobre,  vivra  lungamonte  nella  memoria 

dei  Genovesi  per  le  sue  insigni  virlu  di 

specchiatissimo   cattolico,  od  avra   fuma 

non  peritura   nella   storia   letteraria   di 

Genova  per  le  sue  pregevoli  opere,  spe- 

cialmente  intorno  al  culto  di  Maria  San- 

tissima.  A  questo  caro  soggelto  appar- 

ticne  il  prescnte  volume,  dato  alia  luce 

dopo  la  morie  di  lui  dal  ch.  Comm.  Eu- 
rico Lorenzo  Peirano,  il  quale  vi  premise 

un   breve  cenno  biografico  del   defunlo 

amico.  Al  detio  volume  andarono  innanzi 

due   allri  collo  slesso  litolo  di  Liguria 

Mariana;  il  primo  dei  quali  contiene  le 

notizie  dei  santuarii  di  N.  S.   della   Ri- 
viera orientale,  ed  il  secondo  le  storie  di 

quelli  dell' occidental!1.  Questo  terzo  che 


ora  esce  alia  luce  tratta  anzitulio,  sulle 
general!,  del  culto  fiorito  sempre  in  Genova 


verso  la  Sanlissima  Vergine,  e  poscia  di- 
scorrc  dei  santuarii  e  delle  immagini  di 
quella  cilia  avute  in  particolarissima  divo- 
zione  dai  Genovesi.  Alle  quali  memorie 
aggiunge  le  altrc  insigni  testimonianze  di 
divozione  e  di  amore  clie  i  med^imi  le 
diedero  in  ogni  tempo,  ossia  coU'erigere 
pubblici  monument!  improntati  del  suo 
nome,  ossia  col  decretarle  solenni  e  per- 
petue  onorificenze  o  con  ahre  significazioni 
di  filiale  picla.  Finalmente  fa  soguire  un 
elenco  di  liguri  scrittori  Mariani,  ed 
un  saggio  dicronoJogia  Mariano-figure, 
nel  quale  sono  indicati  i  fatti  piu  mcmo* 
rabili  spetlanti  alle  materie  discorse  nel 
libro,  con  altri  parlicolari,  sjiccialmente 
cronologici.  Raccomandiamo  1'  intera  opera 
a  lutii  i  divoti  di  Maria,  i  quali  vi  trove- 
ranno  non  meno  pascolo  alia  loro  pieti 
cli  •  inaleria  di  storica  crudizione. 


M  HAP.I.'H'.irSKPPK  -  Dociimenii  di  vila  ,M 

r.'uliv  I1  Sanii  jiii'i 

illnminali  •>  inassimf  .|.i    san  l-'raiKvsro   di  Silt-s.  (Juarta   f-lizione. 

j7w«,  lip.  Pontif.  Mareggiani,  1883.  In  32,  di  pagg.  2*24.  Prezzo 

40. 

11KNAIU)  GIUSEPPE  —  Catalogue  des  oeuvres  impriraees  de  Claude- 
1  rar,«  iis  Mcnestrier  de  la  Gompagnie  de  Jesus,  par  M.  Joseph  Renar  J, 
bibliophile  Lyonnais.  Ouvrage  postume  public  par  le  P.  Carlos  Som- 
mervo.^el  S.  J.  Slrasbourgeois.  Lyon,  Impriraeric  de  Pitrat  aiijc,  4,  rue 
Gentil,  1883.  In  8,  di  pagg.  150. 

RISI  FHANCESCO  —  Di  un'a  nuova  edizione  delle  opere  di  S.  Cirillo 
Gerosolimitano;  ossia  di  un  errore  gravissimo  falsamente  attribuito 
a  S.  Cirillo.  e  ad  altri  SS.  Pddri  e  Dottori  nella  edizione  Muurina. 
Dissertazione  del  P.  Francesco  Risi  dei  CC.  RR.  MM.  dell' Or- 
dine  di  S.  Camillo.  Roma>  tipografia  Poliglotla  della  S.  C.  di  Prop. 
Fide,  1884.  In  8,  di  pagg.  56. 


Fra  i  rari  pregi  pei  quali  merilamente 
*a  celebrata  la  edizione  dei  SS.  Padri 
delta  dei  Maurini,  il  cb.  Autore  del  pre« 
sente  opuscolo  fa  una  giusta  eccezione : 
ed  e  che  quegli  egregi  editor!  non  si 
mostrano  sempre  accurati,  ne  abbastanza 
buoni  critic!  in  malerie  teologiche,  attri- 
ilcune  voile  ai  Padri  opinion!  che 
non  si  accordano  colla  sana  teologia.  I  no 
di  questi  esempii  lo  ritrova  nell'editore 
delle  opcre  di  san  Cirillo  Gerosolimiiano, 
D.  Agostino  Ton  lie,  il  quale  sostiene  che 
questo  sanlo  Dottore  propugni  una  dot- 
trina  aliena  dalla  comune  dei  Padri  e 
moltoconlinantecoll'eresia  Ariana.  Questn 
e  che  1'appellativo  di  Cristo,  in  quanlo 
non  solo  He  ma  anche  Sacerdote,  con- 
Tenga  al  Verbo  direttamente  e  immedia- 
tamente,  e  non  gia  allTomo-Dio,  cio6  a 
Cristo, second o  la  riatura  umana  suss-h-ni.- 
nella  persona  Mivina.  In  primo  luogo  ejli 
espone  i  test!  del  smlo  Holtore  dai  rpiali 
il  suo  commenlatore  credo  di  ricarare 
co testa  dollrina.  liimostra  poi  come  i 
tesii  soprdllegati  si  porgono  assai  bene 

RODER  GIOVANNI  —  La  verita  callolica  di  fronle  ai  raolerni  errori; 
del  can.  Giovanni  Doll.  RoJer,  Decano  della  diocesi  di  Concordia, 


ad  una  spiegazione  rella  srcondo  la 
dottrina  eattolica,  e  invecc  sono  dt-Loli 
ed  insussistenli  le  ngioni  |x>r  le  quali  si 
Tuolc  ascrivere  a  san  Cirillo  la  conlraria. 
Fiaalniente  confuta  1'asserxione  del  Toutte, 
che  la  scnteoza  da  lui  attribuita  a  san  Ci- 
ril!«)  trovassc  appoggio  negli  altri  Padri 
e  scritlori  ecclesiastici :  mellcndo  in  chiaro 
che  dei  test!  allegati  da  lui.  alcuni  ap- 
partengono  ad  autori  di  fededubbia,  come 
quelli  di  Eusebio,  un  altro  di  Origene  e 
le  due  formule  dei  Vescovi  orienlali  giu- 
dicate  Ariane  da  sanf  Alanasio,  e  dando  la 
yera  e  legittima  interpretazione  di  quelli 
di  sanl'Atanasio  e  di  sani'  llario  e  di  altri 
Padri.  II  lavoro  del  ch.  P.  Francesco  Ri<i 
6  molto  commrndevole  non  solo  per  la 
profondila  della  dotlrina,  ma  anco  per 
1'accuratezza  e  sagac;a  della  critica.  Fac- 
ciamo  anche  nostro  il  suo  volo  che  al 
lavoro  dei  Maurini,  stimabilissimo  per 
tanti  capi,  si  venga  ad  aggiunpere  1'  ul- 
tima ['crlV/ioiie  correggendone  quest!  ed 
altri  simili  difciii  con  una  nuova  e  piii 
edizione. 


600  BIBLIOGJUFIA 

dedicata  ai  Comitati  parrocchiali.  Udine,  tip.  del  Patronato,  1883. 

In  16,  di  pagg.  392.  Prezzo  L.  2. 

Tra  i  molti  libri  di  polemica  e  apo-  perniciosi  che  si  vengono  diffondendo  ossia 

logia  roligiosa,  che  lo  zelo  dei  buoni  cat-  colla  siampa  fra  il  popolo,  ossia  coll'in- 

tolici  sla  opponendo  alia  modcrna  incre-  segnamento    nelle   pubbliche   scuole;   e 

dtilita,   merita    un  posto  ragguardevole  tutti  procura  di  confularc  con  sodezza  di 

questo  del  ch.  Can.  Giovanni  Dolt.  Ro-  dottrina  e  pcrspicuita  di  esposizione. 
der.  Esso  prende  di  mira  gli  errori  piii 

SACRE  CANZONI  SICILIANS  sopra  i  principal!  misteri,  titoli 
e  feste  di  Maria  Vergine  con  brevi  discorsi  dichiarativi  del  sac.  Gio- 
vanni Carallo.  Palermo*  tip.  Pontif.  1884.  In  16. 
11  sac.  Giovanni  Carallo,  che  con  tanto      alle  p'ersone  che  amano  di  gustare  il  bello 
felice  successo  dirige  in  Palermo  la  scuola      stile   delFab.  Meli,  del  quale  il  Carallo 
dei  ciechi,  e  pure  un  bravo  poeta  tutto      ha  sapulo  imitare  la  spontaneita  c  la  na- 
brio,  pieta  ed  affelto,  come  lo  dimostra      turalezza.  II  volume  si  vende  aH'Uflicio 
questo  grazioso  volumeito  di  poesie  in      delle  Letture  Domenicali  in  Palermo, 
vernacolo,  che  noi  tanto  raccomandiamo      Via  Matteo  Bonelli,  vie  dei  Pellegrini. 

SARNELLI  GENNARO  MARIA  —  L'anima  desolata,  confortata  a  patir 
cristianamente,  colla  considerazione  delle  massime  eterne.  Operetta 
istruttiva  ed  illuminativa,.  utilissima  per  le  persone  tribolate  che  at- 
tendono  all'esercizio  della  orazione  ed  al  caramino  della  perfezione, 
del  venerabile  servo  di  Dio  P.  D.  Gennaro  Maria  Sarnelli  della  Gon- 
gregazione  del  SS.  Redentore.  Napoli,  tip.  e  libr.  di  A.  e  S.  Festa, 
san  Biagio  de'Librai,  102, 1884.  In  16,  di  pagg.  356,  Prezzo  cent.  85. 
Copie  12  L.  8. 

SAVARESE  VINGENZO  —  Novena  del  Santo  Natale.  Sermoni  di  Vin- 
cenzo  Savarese  d.  G.  d.  G.  Bologna,  tip.  Pont.  Mareggiani,  Via  Vol- 
turno,  n.  3, 1883.  In  16,  di  pagg.  102.  Prezzo  L.  1. 
1  nove  soggetti  tolti   a  trattare   dal      che  al  volgo  degli  uditori,  colla  soavita 
ch.  P.  Savarese  per  la  novena  del  Santo      degli  affetli  che  il  Verboumanato,nascendo 
Nalale,  sono  i  piii  proprii  ad  illustrare,  in      bambino,  ispira  nelle  anime  pie.  Quest!  di- 
quanto  e  possibile,  il  piii  sublime  misiero      scorsi  del  P.  Savarese  corrispondono  assai 
della  divina  Bonla  e  a  derivarne  frutti      bene  alia  fama  di  valenle  oratore  che  si 
preziosi  di  cristiana  pieta.  Egli  ha  saputo      e  acquistato  colla  sua  predicazione  evan- 
accoppiare  con  bell'  accordo   la   sodezza      gelica. 
della  doltrina,  rendendola  accessibile  an- 

SA VIO  FEDELE  —  Notizie  storiche  sopra  sant'  Evasio  Martire,  primo 
Vescovo  d'Asti  e  Patrono  di  Casal  Monferrato;  raccolte  dal  sac.  Fe- 
dele  Savio,  professore  di  religione  nell'Istituto  sociale.  Torino,  1884, 
tip.  B.  Ganonica  e  figli  eredi  Binelli,  via  Bolero,  n.  8.  In  16  pice., 
di  pagg.  94. 

SOMMERVOGEL  CARLO  -  Vedi  RENARD  GIUSEPPE. 


BIBUOGRim 


/•;  DOCUM/:.\TI  .Ii  storia  ediriuo.  I'nl.l.lic.i/iomi  perio- 

i  l.-mia  di  (looferen/:.'  storico-Kiuri  licln-.  Anno  V 
!i  1,  V,  xt'""'»i"-giugno  1884).  Ttowa,  tipografia  della  pace  <li 
Kilippo  Cuggiani,  i'ia//  1  della  pace,  n.  35,  1884.  In  4°,  di  pagg.  168. 

SUMMI'LA  TlU-:oi.'H;iAEMORALlS,(\\nm  in  Seminario  1 
lino  tcadebat  losephus  D'Annibale  Cathedralis  Basilicae  Realinae 
Canooicus,  Kpiscopus  Carystensis  i.  p.  i.  Ivlitio  secunda  aucia  et 
emendala.  Mediolani,  ex  typ.  S.  losephi,  via  S.  Galoceri,  n.  9,  1881-83. 
Volumi  3,  di  pagg.  :Ut-440-418.  Vendibile  presso  lo  stampatore: 
in  Eoma  nella  libreria  Saraceni,  Universita  n.  13,  e  in  Rieti  (Umbria) 
pivsso  la  Cancelleria  Vescovile.  Prezzo  per  gli  associali  L.  12,50, 
franco  di  posta  nell'interno. 


Iii  quest' opera  la  Civilta  Cattolica 
fece  un' ampin  rivista  nell'anno  1877. 
Serie  X,  Vol.  Ill,  pagtf.  701  e  seg.  e  ne 
conimrndi'i  1'ordim1,  la  precisione,  la  bre- 
vila  c  la  cliiarezza.  Malgrado  il  modes  to 
tilolo  di  Siiiiuiiiila,  non  dobitammo  di  af- 
fermaro,  «1  ora  non  dubitiamo  di  ripctere, 
ch<\  mcdiimte  il  buon  metodo  adoperato 
dall'Autore,  egli  era  riuscito  a  raccogliere 
in  breve  spazio  tulto  il  necessario  ed  il 
convencTolc  per  un  corso  compiuto,  a  cui 
uulla  mancasse  di  cio  che  trovasi  comu- 
nemenle  negli  allri,  e  m'lla  stessa  opera 
di  S.  Alfonso.  Ma  nelle  materie  che 
riguardano  la  Giastizia  c  il  Dritto,  i  con- 
tralti  e  le  disposizioni  di  ultima  volonta 
\l  i  molio  di  pib;  segnatamente  per  la 
parte  cho  rijiuarda  li>  loggi  ora  vigonli 
presso  di  noi  (ravvicinale  alle  leggi  ro- 
manc,  di  cui  sono  un'  emanazionc)  il  Co- 
dice  frances(»,  e  il  Codice  aastriaco  che  in 
poco  nc  difTcriscono.  Ci  protcsiammo  fin 
d'allora,  non  esser  noslra  intenzionc  di 


far  paragon!,  ma  dicemmo  die  tra  i  corsi 
di  Tcologia  Morale  cho  avpano  mprilato 
1'  approvazione  dei  dotli,  nn  posto  del 
piii  onorevoli  era  dovulo  a  quest1  opera. 
Che  so  poi  volesse  tenersi  couto  della 
brevila  ondc  1'Autore  avea  sapulo  com- 
prendere  in  poco  tanta  vastila  di  materia, 
c  Tordine  scientifico  con  cui  1'atea  di- 
sposla  e  trattata,  noi  non  sapremmo, 
conchiudevamo,  qual  altro  Autore  gli 
possa  essere  superiors.  La  favorevole 
accoglienza  che  la  Summula  trovo  prpsso 
i  dotti  e  nella  stampa  cattolica  coufcrmn 
il  nostro  giudizio.  E  lo  sviluppo  piii  lu- 
cido  dato  in  quesla  seconda  edizione  a 
molli  tratiati,  specialmontc  a  quelli  De 
Censuris,  De  Bestitutione  in  gcnere, 
De  Poenilentia,  DC  Simonia;  e  le  a^r- 
giunte  fatte  a  quest!  ed  a  quasi  tutti  ?li 
altri,  e  principalmente  al  traltato  DeMa- 
trimonio,  non  ci  fanno  ora  dubitare  di 
un' accoglieuza  anchc  piii  favorerole. 


TRINGHERA  TEODORO  —  Panegirici  sacri  di  Teodoro  Trinchera, 
teologo  della  cattedrale  di  Osluni.  Vol.  III.  1  santi.  Ostuni,  tip.  Enaio 
di  G.  Tamborrino.  1883.  In  16,  di  pagg.  330. 

MONS.  FEDERICO  MARIA  —  II  B.  Pietro  Canisio  d.  G.  d.  G. 
Panegirico  che  S.  E.  Illma  e  Revma  Monsig.  Federico  Maria  Nob. 
Xiwlli,  Vescovo  di  Treviso,  leggeva  nella  Chiesa  dei  Padri  Gesuiti 
in  \\-nezia,  il  27  aprile  1866.  Treviso,  tipografia  della  scuola  Apo- 
stolica,  1883.  In  8,  di  pagg.  36. 


CBONAC1  COOTEMTOBANEA 


Firenze,  28  maggio  1884. 


1. 

EOMA  (Nostra  corrispondenza).  —  La  non  mai  csistita  n&  perci6  mai  abolila 
Lcpge  o  Disciplina  dell'Arcano.  Origine  vera  di  quest?Usanza  prndonziale.  Calunnie 
cbraichc  coritro  i  Crisliani.  Spropositi  Bonghiani  sopra  la  Redcnzione  pel  Sangue. 

Venendo  ora  a  quel  po'di  buono  e  di  vero  che  quasi  microscopico 
briciolino  di  pane  galleggia  sopra  la  gran  broda  data  dal  Bonghi  a  bere 
ai  lettori  della  Nuova  AnMogia  in  quel  suo  articolo:  GU  ebrei  in  Un- 
gheria:  Tisza-Eszlar  1°;  giovera  priraa  di  tutto  citare  qui  il  suo  testo; 
perche  dalle  note  che  vi  andremo  apponendo  si  veda  quanto  della  sua 
mala  scoria  sappia  la  scienza  moderna  anche  inconsapevolmente  raescolare 
ad  ogni  buon  metallo  dell'antica.  «  Nel  leggere  (dice  il  Bonghi)  la  fandonia 
«  germogliata  nella  mente  delle  pettegole  di  Tisza-Eszlar  ed  accolta  con 
«  tanto  e  cosi  caparbio  favore  da  gran  parte  delle  signore  d'Ungheria, 
« io  mi  sono  ricordato  di  un'altra  fandonia  per  1'appunto  simile  (doe 
«  al  tutto  dissimile)  che  non  solo  le  pettegole  ebree,  ma  i  Rholing  ebrei 
«  del  primo  secolo  del  cristianesimo  spandevano  contro  i  cristiani.  »  Nel 
quale  periodo,  di  cui  gi£  notammo  in  una  corrispondenza  precedente  le 
molte  falsita  ed  inesattezze,  non  si  trova  in  verita  allro  di  esatto  se  non 
che  la  ricognizione  e  confessione  dell'essere  state  calunnie  le  accuse  che 
i  pagaai  movevano  contro  i  cristiani  del  primo  secolo:  e  dell'essere  stall 
appuuto  gli  ebrei  quelli  che  spandevano  tra  i  pagani  quelle  calunnie 
contro  i  cristiani.  II  che  soltanto,  appunto  perche  la  sola  parte  vera 
dell'  articolo  Bonghlano,  prese,  come  dicemmo,  a  combattere  il  Gran  Rab- 
bino  di  Mantova.  Ma  prima  di  venire  alle  sue  rabbinerie,  udiamo  ci6 
che  il  Bonghi  soggiunge.  «  Gli  ebrei  dicevano,  come  narra  Minuzio 
«  Felice,  che  i  cristiani  nell'iniziazione  dei  loro  discepoli  procedevano 
«  cos\.  Un  fanciullo  coperto  di  farina,  perche  inganni  gli  incauti  (dove 
«  manifcstamente  si  allude  al  Mistero  della  SS.  Eucaristia)  e  im- 
«  bandito  a  colui  che  dee  essere  imbevuto  della  religione.  Gotesto  fan- 
«  ciullo  e  ucciso  con  ferite  cieche  ed  occulte  dal  discepolo,  che  la  su- 
«  perficie  della  farina  quasi  provoca  a  colpi  innocui.  (Si  ciba  infatti 
*  il  cristiano  del  Corpo  e  del  Sangue  di  Gesu  Cristo  velato  dagli 


iti  del  pane  c  ,-irsto  fannullo,  <>: 

«  lambiscono  il  sangue;  di  questo  si  ripartiscono  le  membra  a  gan 
«  qn-'sla  vittima  slrin^ono  Icg.i:  in  qu«M-»  cu>rii'ii/.a  di  <Mitto  si  o1 
€  gano  ad  un  mutuo  silenzio.  Ci6  Minnzio  Felice  narra  che  si  diet 
«  I  Greci  lo  chiamavano  il  fesiino  di  Tieste.  » 

Dove  per  la  miglior  intelligenza  della  cosa  conviene  toccar  di  p.i 
di  quella  che  corounemente  chiaraario  Lex  o  Disciplina  Arcani;  secondo 
la  <iml.'  i  (Iristiani  dei  primi  secoli  teoevano  segreto  ai  pagani  ed  anche 
iirnimeni,  come  altri  dommi  e  rili,  cosl  specialmente  il  Mistero 
della  SS.  Eucareslia.  Pare  che  il  primo  che  noroin6  per  Pappunlo  Legye 
e  Discipline*  quell'  Uso  dei  primi  secoli  sia  siato  il  dollo  lliblioiecario 
della  Vaticaoa  Emmanuele  Schelslrate  nella  sua  dissertazione  DC  disci- 
plina  arcani  pubblicata  in  Roma  nel  1085  e  riprodolta  poi  in  Padova 
nel  1743.  Dopo  il  quale  ne  scrissero  il  P.  Hermanno  Scholliner  monaco 
Benedettino  nella  sua  Disciplina  arcani  Typis  MonasteriiTergeensis  1756: 
il  Dona  Rerum  Liturgicurum,  specialmente  nclle  note  appostevi  dal 
Sala  neU'edizione  di  Torino  1753,  ed  altri  assai.  Aveva  per6  gia  notato 
I'A/evedo  nella  sua  Disputatio  de  disciplina  arcani,  Roma  1754  che: 
«  questa  disciplina  spesse  volte  la  trovai  raccomandata  dai  Vescovi  di 
«  quel  tempo  secondo  che  piu  o  meno  si  trovavano  dover  temere  dai 
«  gentili.  Ma  non  mi  ricordo  avcrla  mai  trovata  sancita  da  nessun  de- 
«  creto  di  Concilio.  II  che  e  da  coosiderarsi  altentamente:  Quam  disci- 
«  pUnam  tamen,  ut  saepissime  commendatam  legi  ab  Episcopis  illorum 
«c  temporum,  prout  magis  vel  minus  a  getitibus  timebant;  ita  nuUo 
«  conciliari  dccreto  sancitam  uUibi  metnini.  Quod  diligcnter  adnotan- 
«  dum  est.  »  £  perche  ci6  e  da  considerarsi  a  t  ten  la  men  te?  Verisimil- 
inente  perche  quella  che  si  suol  chiamare  Lcggc  e  Disciplina,  non  fu 
mai  propriamente  ne  legge  ne  disciplina,  ma  soltanto  Usanza  dove  piu, 
dove  meno  e  dove  anche  nientc  vigenle,  secondo  che  o  piu  o  meno  od 
anche  niente,  nei  varii  luoghi  e  tempi,  Episcopi,  come  dice  1'Azevedo, 
a  gentibus  timebant.  Fu  sempre  infaiti  e  segue  anche  ora  ad  essere  e 
sempre  sara  in  vigore  la  legge  naturale  dell'  usare  prudcnza.  Special- 
mente poi  quaodo  si  tralta  di  porre,  per  cosl  dire,  in  piazza  le  cose 
sante,  esponendole  al  pericolo  del  ludibrio  e  della  profanazionc  dei  cani 
e  dei  porci.  Al  che  pare  semplicemente  alludere  il  testo  (MATTH.  7):  noUte 
dare  sanctum  canibus;  nequc  mittatis  margaritas  vcstras  ante  porcos. 
II  quale  testo  se,  come  vogliono  alcuni,  fosse  il  fondamento  della  Legge 
e  Disciplina  deWArcano,  bisognerebbe  conchiuderne  che,  come  mai  non 
pote  ne  potra  essere  abolito  questo  precetto  di  Gesii  Cristo,  cosl  mai  non 
sarebbc  potuta  ne  potrebbe  essere  abolita  la  legge  e  la  disciplina  dcll'Ar- 
cano.  Or  come  va  che  alcuni  sosteoitori  di  questa  Legge  e  Disciplina  tro- 
\JUKI  ( li.-  essa  fu  abolita  nel  secolo,  chi  dice  quarto,  chi  quiolo,  cbi  seslo; 
secondo  che  ognuno  pole  argomentare  dai  testi  da  lui  trovati?  Ma  il 


CRONACA 

fatto  e  che  questa  pretesa  legge  e  disciplina,  come  mai  non  fu  intiraata, 
cosl  mai  non  fu  abolita.  Se  pure  non  vogliamo  dire  che  sia  stato  mai 
necessario  1'intimare  e  promulgate  come  nuova  la  legge  naturale  del  non 
dare  sanctum  canibits  nee  proiicere  margaritas  nostras  ante  porcos : 
e,  quello  che  e  peggio,  che  questa  legge  e  disciplina  sia  cominciata  ad 
essere  in  disuso  nel  secolo  terzo  e  sia  stata  poi  abolita  nel  secolo  sesto 
della  Chiesa.  Laddove  invece  vediamo  che,  non  soltanto  nel  secolo  sesto 
ma  nel  decimosettimo  ed  anche  ora  e  sempre  in  avvenire  accaddero  ed 
accadranno  casi  nei  guali  Episcopi  a  gentibus  timentes  dovettero  e  do- 
vranno  seguire  la  cosl  da  alcuni  impropriamente  delta  Legge  e  Disciplina 
deU'Arcano.  Sono  infatti  notissime  le  controversie  sorte  due  secoli  fa  sopra 
i  riti  cinesi  e  malabarici.  E  chi  pu6  con  certezza  asserire  che  anche  nei 
primi  secoli  della  Chiesa  non  abbiano  alcuni  qua  e  cola  od  ecceduto  o 
mancato  nell'applicazione  pratica  di  questa  legge  teorica  deU'usare  pru- 
denza?  E  non  fc  egli  possibilissimo  che,  anche  nei  primi  secoli,  in  alcune 
Chiese  si  sieno  troppo  divulgati  ed  in  allre  troppo  celati  ai  pagani  i 
dommi  e  i  riti  cristiani? 

Per  questo  esiste  in  Roma  I'autorita  centrale  e  suprema  che,  come 
due  secoli  fa,  cosl  nei  precedenti  e  nei  futuri  veglia  alia  retta  applica- 
zione  della  regola  generate  del  non  dare  sanctum  canibus  nee  proiicere 
margaritas  ante  porcos:  senza  che  per  questo  si  debba  dire  che  sia 
mai  stata  o  promulgata  od  abolita  come  legge  e  disciplina  specidle  e 
formale  una  semplice  legge  naturale.  Seguendo  la  quale  regola  generale 
di  usare  prudenza  san  Paolo  predicando  (ACTOR.  XIII)  agli  ebrei  in  An- 
liochia  annunzi6  loro  Gesii  Cristo  crocefisso  vero  Dio  e  vero  Uomo,  ci- 
tando  loro  Mose  ed  i  Profeti.  Ma  predicando  poi  (Act.  XXIII)  agli 
Areopagiti  in  Atene  non  annunzi6  loro  che  il  Dio  ignoto  creatore  del 
cielo  e  della  terra,  citando  loro  1'autorita  di  un  loro  poeta.  Dalla  quale 
semplice  osservazione  del  non  essere  mai  esistita  questa  legge  e  disci- 
plina, tranne  che  nello  stato  di  legge  naturale  edi  prudenza,  ne  scende, 
come  ci  fu  fatto  notare  da  persona  molto  competente,  la  nullita  e  vanita 
delle  difficolla  che  alcuni  muovono  all'  autenticita  delle  opere  di  san  Dio- 
nigi  Areopagita  e  di  altri  santi  Padri  dei  primi  tempi,  i  quali  scrissero 
apertamente  di  ci6  di  cui  altri  loro  contemporanei  non  osarono  scrivere 
si  apertamente.  Donde  alcuni  ipercritici  deducono  che  quelle  opere  in  cui 
si  apertamente  si  viola  la  da  loro  inventata  legge  e  disciplina  dell'  arcane 
non  possono  essere  che  opere  di  secoli  posteriori  nei  quali  quella  loro 
prelesa  legge  gia  era  in  disuso.  Vari6  infatti  sempre  e  sempre  variera, 
Fecondo  la  varieta  delle  teste,  1'applicazione  pratica  della  legge  naturale 
deirusare  prudenza,  secondo  i  varii  tempi,  luoghi  e  bisogni.  Del  che 
lungamente  ed  utilmente  si  potrebbe  discorrere. 

Ma  checche  sia  del  motivo,  il  fatto  per6  e  che,  specialmente  in 
sui  principii  del  cristianesimo,  ogni  anche  piu  volgare  regola  di  sola 


•ORAKEA 

nm:in:i  [  •  DOO  Si  D  'in1,  i»   I 

nei  dommi,  nH  riti  •»  nei  sacramenli  crislhni  poteva  piii  n  n 
Molfiitfni.'nii'  urtare  1'ignoranza  e  i  pregiudizii  dei  pagani  e  d»-i  barbari: 
cioe  del  porci  e  dei  cam  come  dice  il  testa  di  san  Matteo  ed  anzi  di 
;  (Tisto.  Dei  quali  anche  presentemente  sogliono  dire  i  Missionarii 
r!i",  prima  di  farli  cristiani,  bisogna  pensare  a  farli  uomini :  cominciando, 
per  esempio,  coll'insegnar  loro  1'esistenza  di  Dio,  prima  di  predicar  loro 
IS.  Trinita.  Specialissimamente  poi  era  necessario  di  non  esporre  al 
luilibrio  ed  alia  profanazione  dei  pagani  il  Mistero  dell'Eucarestia:  la  cui 
noti/ia  ora  comune  e  appunto  la  ragione  di  tanti  sacrilegii  pressoche 
cotidiani  dei  cani  e  dei  porci  presenti;  siccome  e  noto.  Malgrado  pert) 
tutte  le  precauzioni,  non  fu  possibile  1'impedire  che  anche  di  questo  Mi- 
stero e  Sacramento  non  trapelasse,  ed  in  primo  luogo  tra  gli  ebrei,  qualche 
s-'ntore.  1  quali,  anche  forse  per  mala  intelligenza,  ma  specialmente  per 
mal  volere,  subito  presero  a  spargere  tra  tutte  le  genii,  come  tante  altre, 
cosl  anche  questa  ralnnnia  contro  i  cristiani:  di  pascersi  cioe  della  carne 
e  del  sangue  di  un  fanciullo  innocente.  Al  che  allude  san  Giustino  filosofo 
e  marlire  del  secondo  secolo  della  Ghiesa  (martirizzato  tra  il  161-69)  nei 
Capo  X  del  suo  Didlogo  eon  Trifonc  giudeo.  Dove  discorrendo  in  pre- 
senza  di  Trifone  con  alcuni  altri  ebrei:  «  Avete  altro  (lor  chiese)  di  che 
«  rimproverare  noi  cristiani,  eccetto  che  non  viviamo  secondo  la  Legge, 
«  ne  ci  circoncidiamo,  ne  osserviamo  il  vostro  Sabbato?  Oppure  anche 
«  dei  nostri  costumi  ci  rimproverate?  Forse  che  anche  voi  credete  che 
«  noi  mangiaroo  carne  umana?  »  E  piu  chiaramente  nei  Capo  17:  «  Delle 
« ingiustizie  dei  gentili  contro  Crislo  e  contro  noi  i  piu  colpevoli  siele 
«  voi  (ebrei)  i  quali  foste  gli  aulori  della  loro  pregiudicata  opinione 
«  contro  di  noi.  Giacche  dopo  avere  crocefisso  Gristo,  non  soltanto  non 
«  faceste  penitenz*,  ma  spediste  da  Gerusalemme  per  lutto  il  mondo  (il 
«  che  anche  narra  san  Luca  negli  Atti)  uomini  scelii  che  spargessero 
«  da  per  tut  to  la  notizia  dell'essere  sorta  una  empia  setta  di  Cristiani, 
«  e  di  essa  setta  narrassero  ci6  che  contro  di  noi  infatti  si  dice  da  tutii 
«  coloro  che  non  ci  conoscono...  Voi  procuraste  che  contro  la  sola  vera 
«  luce  si  spargessero  per  tutto  il  mondo  le  calunnie  di  orribili  e  tenebrosi 
«  delilti.  >  E  nei  Capo  108:  «Come  gia  dissi,  voi  mandaste  per  tutto  il 
«  mondo  uomini  scelti  che  predicassero  dovunque  essere  stata  inventata 
«  da  un  certo  Gesii  Galileo  una  certa  empia  ed  illegale  setta.  E  che  egli 
«  aveva  insegnali  quegli  empii,  nefandi  e  detestabili  delitti  che  seguitate 
«  anche  ora  a  spargere  presso  ogni  sorta  di  persone.  »  E  che  fossero 
infaiti  gli  ebrei  ijuelli  che  colic  loro  calunnie  eccitarono  i  gentili  contro 
i  cristiani,  si  rioiva  anche  da  questo,  che  essendo  stato  Nerone  il  primo 
pagano  Imperatore  perseculore  dei  Crisliani,  si  trova  insieme  che  egli  fu 
propenso  agli  ebrei.  II  cbe  narra  lo  stesso  ebreo  Giuseppe  Flavio  alia 
del  Capo  VIII  del  Libro  XXII  dtlle  Anlichitd  Giudaiche  (vol.  1» 


CRONACA 

pag. 'J7."i  d'-H't'di/ione  di  Amsterdam  del  1726)  dicendo  che:  «  perdonb 
«  agli  ebrei...  per  compiacere  alia  sua  moglie  Poppea  donna  rdiyiosa 
«  che  T  aveva  pregnto  in  favore  dex'li  ebrei.  »  E  poco  dopo  alia  pa- 
gina  981:  «  Gessio  Floro  si  condusse  seco  (in  Giudea)  la  moglie  Cleo- 
«  patra,  siccome  quella  che  essendo  arnica  di  Poppea  moglie  di  Nerone 
«  ed  a  lui  simile  uella  malvagita,  gli  aveva  oltenuto  quel  governo.  »  Dai 
quali  testi  del  dotto  ebreo  sappiamo  che  Nerone  soleva  compiacere  (finche 
non  1'  uccise  con  un  calcio)  a  sua  moglie  Poppea,  che  era  probabilmente 
ebrea  essa  medesima  ed  al  certo  favorevole  agli  ebrei.  Donde  e  facile 
il  dedurre  la  sorama  probability  che  per  mezzo  di  Poppea  abbiano  gli 
ebrei  empiuta  la  testa  anche  di  Nerone  di  tutte  quelle  calunnie  conlro 
i  cristiani  per  le  quali  li  perseguittf  poi  s\  crudelmente;  com'e  noto  anche 
dagli  storici  pagani.  Quinci  si  vede  con  quanto  buon  fondamento  storico 
abbia  il  Bonghi  attribuita  agli  ebrei  1'origine  di  quella  calunnia  contro 
i  cristiani.  Poteva  a  dir  vero  citare  san  Giustino  che,  come  vedemmo, 
attribuisce  agli  ebrei  quella  calunnia,  anziche  Minuzio  Felice  che  sol- 
tanto  la  descrive.  Ma  in  sostanza  egli  ha  ragione  attribuendola  agli  ebrei. 
E  percio  in  questo  suo  poco  di  ragionevole  prese  a  cambatterlo,  come 
vedremo,  il  Rabbino  di  Mantova.  la  tutto  il  resto  per6  il  Bonghi  ha 
torto,  come  vedemmo  e  seguiremo  ora  a  vedere  in  quanto  soggiunge  alia 
narrazione  di  Minuzio  Felice. 

Segue  infatti  il  Bonghi  dicendo  che:  «  i  greci  chiamavano  (questa 
«  calunnia  ebraica  contro  i  cristiani)  il  festino  di  Tieste.  Ed  invece 
«  nella  mente  di  alcune  (doe  di  tutte  le)  popolazioni  cristiaue  vive  il 
*  pregiudizio  che  cotesto  lo  facessero  gli  ebrei.  »  II  che  stesso  gia  do- 
vrebbe  insegnare  al  Bonghi  che  avendo,  come  si  sa,  la  menzogna  le 
gambe  corte,  siccome  le  ebbe  cortissime  la  menzogna  ebrea,  cosl  pari- 
mente  cortissime  avrebbe  dovuto  averle  1'accusa  cristiana  se  fosse  stata 
menzognera.  Ma  essa  invece,  secondo  che  lo  stesso  Bonghi  riconosce  e 
confessa,  vive  ancora  dopo  tanti  secoli  ed  anzi  cresce  tra  le  popolazicni 
cristiane.  «  La  calunnia,  segue  il  Bonghi,  ha  tradizioni.  E  nessuna  ne  ha 
«  piii  lunghe  delle  settarie,  e  tra  le  settarie  quella  delle  sette  religiose 
«  e  la  piu  vivace.  Gambia  posto  ma  non  muore.  »  Tutte  parole  senten- 
ziose,  ma  senza  sugo.  Giacche  se  la  calunnia  ha  tradizioni,  molte  piu 
ne  ha  la  veriti.  Ne  e  probabile  o  verosimile  che  quelle  pel  lungo  corso 
di  molti  secoli  prevalgano  contro  queste.  Ed  e  inoltre  storicamente  falso 
che  la  tradizione  ancora  vivente  dell'  uso  ebreo  del  sangue  cristiano  abbia 
camUato  luogo.  Che  anzi  conserv6  sempre  il  suo  luogo;  che  e  special- 
mente  1'Oriente  e  1'Europa  orientale:  donde  insieme  cogli  ebrei  pass6 
anche  neH'occidentale.  Non  sappiarao  poi  con  quale,  non  diciamo  rdigione 
ma  coliura,  possa  il  Bonghi  asserire  in  termini,  che  il  Rabbinismo  ed 
il  Cristianesimo  sono  ambedue  sette,  viventi  di  tradizioni  ugualmente 
settarie:  trascorrendo  cosi  come  crediamo,  colla  penna  oltre  al  suo  pen- 


\EA  G07 

perci6  dicemmo  che  (jui  vi  e,  per  avventura,  nel  Bonghi  man- 
i  di  coltura  piii  forse  che  non  di  religione. 

si  crediamo  che  sia  di  cio  che  segue:  «  Se  non  che  ci  ha  qual- 
«  cosa  di  piii  rilevante.  Nel  rito  atlribuilo  ai  cristiani  'la-rli  ebrei  e  a 

-  .jiifsii  da  quolli  c'e  un  scutimento  coroune.  Ed  e  1'efficacia  del  sangue 

-  nmano  nel  forzare  una  volonti  divina  che  s'immagina  presieda  agli 
«  umani  destini;  e  ancora  le  volonta  umane  che  stringano  patti  tra  di 
« loro  a  tenerli.  II  sangue  dell'uomo,  si  crede,  ha  un  valore  che  oltre- 
«  passa  la  persona  dalla  quale  e  tratto.  E  il  piii  antico  pregiudizio  forse 
«  ed  il  piu  radicate,  il  piu  vecchio  ed  il  piu  indomito.  Donde  e  nato? 
«  II  De  Maistre  ricordo  ne  scrive  a  suo  modo  alcune  belle  e  misteriose 
«  parole  nelle  Serate  di  San  Pietroburgo.  £sso  ha  ramiflcazioni  infinite 
<  nel  diritto  pubblico,  nelle  consuetudini  sacre,  nella  magla.  0  Gambia 
«  per  richiamare  1'amante  non  ebbe  bisogno  di  un  corpo  impubere  di 
«  fanciullo?  Quale  posset  impia  Mollire  Thracum  pectora?  E  della 
«  midolla  asciutta  e  dell'aridu  fegato  di  lui  piantato  in  una  fossa?  La 
«  superstizione  qui,  se  alquanto  diversa,  e  tuit'una:  e  credo  che  qua  e 
«  la  duri  tuttora.  »  Deh!  Quanta  ignoranza  vestita  di  sapienza  e  quanti 
sproposili  vestiti  da  apoftegmi  in  queste  poche  parole  del  Bonghi!  II  quale 
mostra  perfino  d'ignorare  1'esistenza  di  ana  religione,  vera  o  falsa  qui 
non  monta,  la  qualc  si  chiama  la  religione  cristiana.  I  cui  professori 
credono  da  Ada  mo  a  noi  nel  domma  della  Redenzione  per  il  Sangue  del 
Redentore  o  da  venire  o  gia  venuto.  Del  quale  Redentore  seppero  non 
solamente  gli  ebrei  ma  anche  tutti  gli  altri  popoli.  Ma  non  ne  sa  niente 
il  Bonghi!  Ne  perci6  e  maraviglia  che  questa  tradizione  piii  o  meoo 
guasta  e  corrotta,  da  per  tutto  e  sempre  si  sia  mantenuta.  Tra  le  quali 
corruzioni  della  santa  e  vera  tradizione  e  appunto  curiosissima  quella  della 
moderna  sinagoga  rabbinica  corruttrice  dell'antica  Mosaica.  Sapendo 
infatti  benissimo  i  Rabbini  che  la  Redenzione  dee  dal  Redentore  farsi 
col  sangue  suo;  e  sospettando  che  forse  il  Messia  Redentore  gia  sia  ve- 
nuto in  Gesii  Cristo;  e  volendosi  ad  ogni  modo  assicurare  la  Redenzione; 
per  qupsto  solo  usano  cabalisticamente  nella  Circoocisione,  nel  Matrimonio, 
nella  Pasqua,  nella  Peni ten/a  e  nella  morte  loro  il  sangue  cristiano,  se- 
condo  che  altrove  lungamente  dimostrammo.  Or  di  questa  universale 
tradizione  dejl'  cfficacia  del  sangue  sopra  Dio  e  sopra  gli  uomini  (che 
pei  cristiani  e  un  domma  di  fede,  il  quale  il  Bonghi  non  dovrebbe  avere 
gia  si  pienamente  dimenticato)  discorre   appunto  il  De  Maistre.  E  non 
gia,  soltanto,  come  il  Bonghi   alihorraccian  lo  al  solito  dice,  in  alcune 
belle  e  misteriose  parole  nelle  Serate  di  San  Pietroburgo :  ma  in  un 
libretto  a  parte  di  tre  Gapi  e  circa  ottanta  pagine.  Dove,  senz'alcun 
mistero,  parla  chiaramente  del  vero  fondamenlo  e  della  vera  origioe  di 
ci6  che  il  Bonghi  osa,  per  sola  ignoranza,  come  creJiamo,  chiamare  il 
piii  antico  pregiudizio  ed  il  piu  radicato,  il  piu  vecchio  ed  il  piu  in- 


CRONACA 

domito;  che  e,  insomma,  il  domma  della  lleJenzione.  «  Quante  verila 
«  (scrive  infjtti  il  Deraaistre  nel  Capo  3°  di  quel  suo  libretto)  quante 
«  verita  nel  Paganesimo !...  Esso  non  si  e  certame»te  ingannato  credendo 
<  ad  un'idea  si  universale  e  si  fondamentale  come  quella  dei  sacrifizii, 
«  cioe  della  Medenzione  per  mezzo  del  sangue.  »  Ma  il  Bonghi  non  sa 
hiente  di  tutto  questo.  Egli  chiede  ingenuaraente.  «  Donde  e  nato  questo 
«  pregiudizio?  »  E  per  saperlo,  interroga  quella  Strega  di  CaniJia.  Poteva 
invece  interrogare  il  Gatechismo  dei  suoi  bambini.  Giacchfe  siamo  certi 
che  ai  suoi  bambini  il  Bonghi  dee  aver  comprato  il  Catechismo.  Siccome, 
del  resto,  sogliono  fare  moltissimi  dei  Liberi  Peosatori.  I  quali  vogliono 
pensare  liberaraente  per  conto  proprio:  ma  giustamente  amano  che  i  loro 
bambini  pensino  diversamente;  guidati  in  ci6  dal  santo  istinto  dell'amore 
paterno.  Abbandonando  per6,  per  conto  loro,  il  Catechismo,  piu  studiano 
e  piii  spropositano.  Tanto  e  vero  che,  come  gia  dicemmo,  questi  moderni 
Taleti,  che  vanno  cercando  in  cielo  le  stelle  che  non  vi  sono,  cadono  so- 
vente  nel  fosso  che  hanno  dinanzi  agli  occhi. 

Ma  il  comico  sta  nella  conclusione.  «  Quanto,  esclama  il  Bonghi, 
«  quanto  dell'  uomo  vecchio,  vecchissimo,  dell'  uomo  che  noi  c'  immagi- 
«  iiiamo  liuito  da  un  pezzo,  e  vivo  tuttora  e  vegeto!  Hentre  viviamo  sicuri 
«  che  sono  diventati  tutti  diversi  da  se  medesimi;  che  la  luce  della  Ci- 
«  villa  gli  ha  illuminati,  penetrati  e  trasformati  tutti;  a  un  t ratio  ci 
«  accorgiamo  che  la  pasta  e  tuttora  quella.  Laboremusf  Forse  riusci- 
«  remo  ad  alterarla.  Ad  ogni  modo  lo  sforzarvisi  di  molti,  di  sempre 
«  piu,  e  gia  caparra  che  se  il  reale  esiste  e  sta  in  basso,  1'  ideale  si 
«  eleva  e.  lo  trarra  pure  a  se.  »  E  si  vede!  Grazie  al  Laboremus  mas- 
sonico,  altrimenti  ora  detto  anclie  Excelsior  dei  nostri  Taleti  moderni, 
VIdeale  si  va  elevando  cotanto  che  ormai  piii  non  esiste  altro  che  Ve- 
rismo  nella  scienza,  coltura  ed  arte  di  cotesti  nostri  eccelsi  elevatori. 
Verismo:  cioe  positivismo,  materialismo,  pornografismo,  pane  e  circensi; 
danaro  e  piaceri.  Che  se  vi  ha  progresso,  anche  i  liberali  lamentano  che 
esso  principalmente  si  trovi  nelle  cifre  dei  criminosi,  dei  mentecatti  e  dei 
suicidi.  Ecco  V  ideale  che  ora  si  eleva  come  un  gran  pallone,  secondo 
le  statistiche.  Ondeche,  come  la  scimmia  rompeva  lo  specchio  per  la 
rabbia  di  vedervisi  cosi  brutta,  cosi  ora  molti  giornalisti  se  la  pigliano 
colla  statistica:  dicendo  che  non  e  scienza,  come  prima  volevano  che 
fosse  quando  credevano  poterla  far  servire  esclusivamente  ai  loro  usi. 
Lavorate  dunque  o  massoni  e  massoncini.  Lavorate  a  falsare  storia  e 
scienza,  arte  e  letteratura,  morale,  politica  e  costumi.  Lavorate  di  lena: 
per  confessare  poi  col  Bonghi  che :  Tola  node  laborantes  nihil  coepi- 
mus.  «  Mentre  viviamo  sicuri,  dice  il  Bonghi,  che  gli  uomini  sono  di- 
«  ventati  tutti  diversi;  che  la  luce  li  ha  trasforraati:  ecco  ci  accorgiamo 
«  che  la  pasta  e  tuttora  quella.  »  E  lo  stesso  appunto  dice  la  Massonica 
Rassegna  del  10  maggio.  «  Questo  del  clericalismo  e  problema  per  noi, 


NEA  609 

«  6  tin  r  ci  sta  conficcato  dentro,  nel  pin  intimo  nostm. 

non  abbiamo  sin  qui  fatto  nulla.  Si  comprende  die  ci6 
<  c'inijtiieti  e  ci  turbi  (nel  pit)  intimo).  A  vedere  1'autorita  della  Chiesa 
«  ripigliar  vigore,  un  segreto  Lstinto  ci  avverle  che  si  scende,  non  si  sale : 
«  (altro  che  excelsior t);  e  che  i  progressi  da  noi  agognati  potrebbero 
«  sfumare.  »  Qual  maraviglia?  Voi  lavoratc  di  notie:  Tola  nocte  la- 
borantes  come  i  ladri.  Credendo  voi  di  vivere  Delia  luce,  di  spargere  la 
luce,  di  illuminare  il  vostro  prossimo;  siete  invece  ciechi  lavoranti  not- 
turrii.  E  perche  vi  siete  accecati  voi,  come  talpe  ambulanti  in  tenebre, 
perdendo  il  lume  della  fede  e  COD  esso  anche  molto  del  lume  della  ragione 
e  del  senso  comune,  per  questo  credete  che :  «  gli  uoraini  sooo  di ventaii 
« tutti  (come  voi)  diversi  da  sfc  medesimi:  che  la  luce  della  Civilta  gli 
«  ha  illuminati,  penetrali  e  trasformati  tutti.  »  Appunto  come  lo  struzzolo 
del  deserto  che  col  capo  fitto  nella  sabbia,  perche  egli  non  vede  pifi 
nionte,  crede  che  anche  i  cacciatori  non  vedano  le  sue  gonfie  ali  de\Y Excel- 
sior, dell'  Idcale  e  del  Laboremus.  Viene  poi  il  momento  a  un  tratto,  come 
dice  il  Bonghi,  in  cui,  quando  costoro  credono  aver  illuminate  il  mondo, 
lo  trovano,  com'essi  dicono,  cieco:  cioe  illuminato  come  prima.  «  Quanto 
«  dell'uomo  vecchio,  vecchissimo,  dell'uomo  che  noi  (uomini  dotti!)  ci 
« immaginiamo  finito  da  un  pezzo,  6  vivo  tuttora  e  vegeto!  »  E  vivra 
vegeto  per  un  pezzo.  Ed  auguriamo  al  Bonghi  che  ritorni  vegeto ;  ristu- 
diando  il  Catechismo  dei  suoi  bambini.  E  tanto  basti  del  Gristiano.  Nella 
prossima  corrispondenza  parlercmo  dell'ebreo  suo  coniradittore. 


II. 

COSE  ROMANS 

1.  Concistori  dol  24  e  del  25  marzo  —  2.  Protests  dei  cattolici  pel  conculcati  di- 
ritli  di  Propaganda  Fide  —  3.  L' Enciclica  Jlumanum  genus  e  I'Arcitescovo 
di  Palermo  monsignor  Celesia  —  4.  La  Pastorale  di  Monsignor  Arcivescovo  di 
Milano  e  la  Circolare  di  Monsignor  Vescovo  di  Fiosole  —  5.  Bella  lezione  del- 
rimperatore  di  Russia  ai  govern!  cattolici  —  6.  Udienze  pontilicie. 

i.  Perchfe  1'  integrita  storica,  cui  mira  principalmente  la  nostra  Cro- 
naca,  non  ne  scapiti,  ci  aflrettiamo  a  riparare  un'omissione  da  noi  falta 
nei  precedent!  qaaderni,  non  gift  per  negligenza,  ma  benst  per  la  mol- 
tiplicita  e  varieta  delle  materie,  che  avevamo  in  quel  momento  per  le 
mani.  Alludiamo  ai  Concision  che  ebbero  luogo  nel  passato  marzo. 

Nel  giorno  24  di  quel  mese,  la  Santita  di  Nostro  Signore  Papa 
Leone  XIII,  premessa  un'Allocuzione,  da  noi  gia  pubblicata,  creava  Car- 
dinal! ill  S.  U.  Chiesa  dell'ordine  dei  preti  monsignor  Sebastiano  Neto, 

Strit  XII,  vol.  VI,  fate.  815  39  31  maggio  1884 


C,|()  CRONACA 

Patriarca  di  Lisbona,  e  monsignor  Guglielmo  Sanfelice  Arcivescovo  di 
Napoli. 

Fatte  poi  le  rispettive  ozioni  alle  vacant!  Sedi  Suburbicarie,  il  S.  Padre 
si  e  degnato  provvedere  le  Chiese  Gattedrali  unite  di  Ostia  e  Velletri, 
per  1'Emo  cardinale  Carlo  Sacconi,  traslato  da  Porto  e  Santa  Rufma; 
di  Porto  e  Santa  Eufina,  per  1'  Emo  cardinale  Giovanni  Pitra,  traslato 
d,i  Frascati;  di  Albano,  per  1'  Emo  cardinale  Raffaele  Monaco  La  Val- 
letta, Penitenziere  maggiore;  di  Palestrina,  per  1'Emo  cardinale  Luigi 
Oreglia  di  San  Stefano;  di  Sabina,  per  1'  Emo  cardinale  Tomraaso  Maria 
Martinelli;  di  Frascati,  per  1'Emo  cardinale  Edoardo  Howard. 

L'  Emo  cardinale  Lucido  Maria  Parocchi,  Vicario  generale  di  Sua 
Santita,  ha  ottalo  al  titolo  di  Santa  Groce  in  Gerusalemme,  dimesso 
quello  di  San  Sisto. 

L'  Emo  cardinale  Howard,  come  Procuratore  dell'  Emo  cardinal  Ga- 
verot,  Arcivescovo  di  Lione,  con  pontificia  dispensa  perchfc  non  presente 
al  Goncistoro,  dimesso  il  titolo  di  San  Silvestro  in  Capite,  ha  ottato  a 
quello  della  Santissima  Trinita  al  Monte  Pincio. 

Vice-cancellierato  di  S.  E.  C.  e  Sommistato  delle  Lettere  apostoliche, 
per  1'Emo  cardinale  Teodolfo  Mertel,  cui  e  assegnata  in  diaconia  la  Chiesa 
di  San  Lorenzo  in  Damaso,  dimessa  quella  di  Santa  Maria  in  via  Lata. 

Camerlengato  di  S.  E.  Chiesa,  per  1'  Emo  cardinale  Domenico  Con- 
solini,  Diacono  di  Santa  Maria  in  Domnica. 

L'  Emo  cardinale  Lorenzo  Ilarione  Randi  ha  ottato  alia  diaconia  di 
Santa  Maria  in  via  Lata,  ritenendo  in  commenda,  a  beoeplacito  di  Sua 
Saniiti  e  temporaneamente,  quella  di  Santa  Maria  in  Cosmcdin. 

Sua  Santita  provvedeva  in  seguito : 

Chiesa  Metropolitana  di  Tours,  per  monsignor  Guglielmo  Renato 
Meignan,  traslato  dalla  sede  di  Arras. 

Chiesa  Metropolitana  di  Eouen,  per  monsignor  Leone  Thomas 
traslato  dalla  sede  di  La  Rochelle. 

Chiesa  Metropolitana  di  Monreale,  per  monsignor  Domenico  Lancia 
di  Brolo,  traslato  dalla  sede  di  Filadelfia. 

Chiesa  Metropolitana  di  Malines,  per  monsignor  Pietro  Lamberto 
di  Goossens,  traslato  dalla  sede  di  Namur. 

Chiesa  Metropolitana  di  Lanfredonia  coll'  amministrazione  della 
Cattedrale  di  Viesti,  pel  R.  D.  Federico  Piz/a,  Prom.  fisc.  nella  curia 
di  Napoli. 

Chiesa  titolare  Arcivescovile  di  Militene,  pel  R.  D.  Antonio  Mendes 
Bello,  deputato  suffraganeo  del  patriarcato  di  Lisbona. 

Chiesa  Cattedrale  di  Cajazzo,  per  monsignor  Raffaele  Danise,  tras- 
lato dalla  sede  di  Gassano. 

Chiesa  Cattedrale  di  Cassano,  per  moasignor  Antonio  Pistocchi  tras- 
lalo  dalla  Chiesa  titolare  di  Sinopoli. 


I'll 

sa  Cattedrale  di  Bagnorea,  pel  R.  I).  Ercole  Itoffi,  canonico 
di  So//'1. 

Chiesa  Cattedrale  di  Diano  o  Teggiano^  pel  R.  D.  Vincenzo  A<1- 
dessi,  canonico  di  Fondi. 

Chiesa  titolare  di  Samaria,  pel  R.  P.  Alessio  BifToli,  servita,  romano, 
deputaio  coadiutore  con  successions  di  mons.  Vescovo  di  Fossombrone. 

Chiesa  tifolarc  di  Teja,  pel  R.  D.  Stanislao  De  Luca,  di  Ban,  de- 
putato  coadiutore  con  successione  di  monsignor  Vescovo  di  San  Marco 
e  Bisignano. 

Chiesa  titolare  di  Birta,  pel  R.  D.  Pasquale  Jaderosa,  di  Acerra, 
deputato  coadiutore  con  successione  di  monsignor  Vescovo  di  Sant'Agata 
de'  Goti. 

Chiesa  titolare  di  Jasso,  pel  R.  D.  Gaetano  d'Alessandro,  canonico 
di  Palermo,  deputato  ccadiutore  con  successione  di  monsignor  Ruggero 
Blando,  Vescovo  di  Gefalii. 

Chiesa  titolare  di  Berissat  pel  .R.  D.  Gasimiro  Raszkiewicz,  di 
Augustow,  sufTraganeo  di  Varsavia. 

Chiesa  titolare  di  Dw/ma,  pel  R.  D.  Girillo  Ludowidzki,  di  Luceoria, 
sufTraganeo  di  Luceoria  e  Zytomeritz. 

Chiesa  titolare  di  Tespe,  pel  R.  -D.  Antonio  Baranowski,  suffraganeo 
di  Samogizia. 

CJiiesa  titolare  di  Serres,  per  D.  Enrico  De  lega  Kossowski,  suffra- 
ganeo di  Plocko. 

Chiesa  titolare  di  Troia,  pel  R.  D.  Carlo  Pollner  suffraganeo  di 


Chiesa  titolare  di  Cafarnao,  per  D.  Giovanni  Battista  Bertagna, 
canonico  di  Asti,  deputato  nusiliare  dell'  Emo  cardinale  Alimonda  Arci- 
vescovo  di  Torino. 

Chiesa  titolare  di  Ginopoli,  pel  R.  D.  Giacomo  Daddi,  canonico  di 
Palermo,  deputato  ausiliare  di  monsignor  Celesia,  Arciv.  di  Palermo. 

Quindi  1'  Emo  cardinale  Sacconi  ha  falto  la  postulazione  del  pallio 
per  la  Ghiesa  di  Ostia;  e  gli  Emi  cardinal!  eletli  alle  Chiese  suburbicarie 
hanrio  emcsso  il  giuramento  nelle  mani  di  Sua  Santita. 

Dopo  il  Concistoro  il  Santo  Padre  riceveva  i  novelli  Vescovi  e  loro 
imponeva  il  rocchetto. 

Ad  aununciare  poi  all'  Emo  cardinale  Patriarca  di  Lisbona  la  pro- 
mozione  ed  a  recargli  lo  zucchetto  cardinalizio  fu  prescelto  il  si- 
gnor  conte  Camillo  Antonelli,  guardia  nobile  pontiflcia.  Monsignor  Tonti, 
uditore  della  nunziatura  di  Lisbona,  agira  da  allegato  apostolico  per  la 
consegna  della  berretta  cardioaliziM. 

Nel  20  dello  stesso  mese  il  Santo  Padre  tonne  un  doppio  Concistoro; 
uno  pubblico  e  V  allro  segreto. 

Nel  priino,  il  Papa,  dopo  avere  iraposto  il  cappello  cardinalizio  al- 


CRONACA 

1'insigne  novello  porporato  Sanfelice  Arcivescovo  di  Napoli,  sentiva  la 
prima  postulazione  fatta  dall'avvocato  concistoriale  Ralli  per  la  causa  di 
beatificazione  della  venerabile  serva  di  Dio  Gertrude  Salandri  romana. 
Nel  secondo,  dopo  aver  chiuso  la  bocca  al  cardinale  Sanfelice,  Sua  San- 
tita  faceva  le  seguenti  provviste  di  Ghiese. 

Chiesa  Cattedrale  di  Cadice,  per  monsigoor  Vincenzo  Calvo  y  Valero, 
traslato  da  Santander. 

Chiesa  Cattedrale  di  La  Eochelle,  per  raonsigoor  Pietro  Maria  Ste- 
fano  Gustavo  Ardin,  traslato  da  Orano. 

Chiesa  Cattedrale  di  Amiens^  per  monsignor  Giov.  Batt.  Maria  Si- 
mone  Jaquenet,  traslato  da  Gap. 

Chiese  Cattedrali  unite  di  Calahorra  e  Calzada,  per  monsignor  An- 
tonio Maria  Gascajarez  y  Azara,  traslato  da  Dora. 

Chiesa  Cattedrale  di  Angola,  per  monsignor  Antonio  Tommaso  da 
Silva  Leitao  e  Castro,  traslato  da  Licopoli. 

Chiesa  Cattedrale  di  Gap,  pel  R.  D.  Giovanni  Leone  Gouzot,  ca- 
nonico  di  Periguex. 

Chiesa  Cattedrale  di  Orano,  pel  R.  D.  Natale  Vittore  Goussail,  di 
Montauban. 

Chiesa  Cattedrale  di  Santander,  pel  R.  D.  Vincenzo  Giacorao  San- 
chez y  Castro,  di  Leon. 

Chiesa  Cattedrale  di  Oviedo,  pel  R.  Fr.  Raimondo  Martinez  y  Vigil 
de'  Predicatori. 

Chiesa  Cattedrale  di  San  Giacomo  di  Capo  Verde^  pel  R.  Augusto 
de  Barros,  di  Braga. 

Chiesa  Cattedrale  di  Namur,  pel  R.  D.  Eduardo  Giuseppe  Be"lin, 
di  Tournay. 

Chiesa  Cattedrale  di  Cordova,  pel  R.  Fr.  Giovanni  da  Capistrano, 
al  secolo  Tissera  dei  Min.  Osservanti. 

Chiesa  titolare  di  Lero,  pel  R.  D.  Crescenzo  Carillo  y  Ancona  di 
Merida,  deputato  coadiutore  con  futura  successione  del  Vescovo  di  Jucatan 
nel  Messico. 

Chiesa  titolare  di  Dandba,  pel  R.  Fr.  Mariano  Markovic  deputato 
amministratore  apostolico  di  Banjaluca  nella  Bosnia. 

Chiesa  titolare  di  Anastasiopoli,  pel  R.  D.  Carlo  Schwar/,  canonico 
di  Praga,  deputato  ausiliare  dell'Emo  cardinale  Schwarzemberg  Arci- 
vescovo di  Praga. 

Chiesa  titolare  di  Filomelia,  pel  R.  D.  Stefano  Neszveda,  deputato 
ausiliare  di  monsignor  Peitler  Vescovo  di  Vaccia. 

Chiesa  titolare  di  Tabarca,  pel  R.  Fr.  Bernardino  di  Milia,  di  Conza, 
deputato  delegato  apostolico  di  San  Domingo. 

Chiesa  titolare  di  Filadelfia,  pel  R.  D.  Enrico  Read  de  Silva,  eletto 
prelato  di  Monzambico. 


COrCTEMPOIUSEA 

Inoltre  sono  state  pubMicate  le  sequent!  nomine  gia  fatte  per  Breve : 
:  He  ili  Cirra,  per  monsignor  Nicola  .Vla- 

scovo  ririunziatario  di  Luxemburg. 

'-.«?a  titolare  Arcivescovile  di  Salamina,  per  monsignor  Patrizio 
Giovanni  Ryan,  coadiutore  con  futura  successione  dell'Arcivescovo  di 
San  Luigi  negli  Siati  Uniti  d'America. 

('lu'i-sa  {/lol'ire  Arcivescovile  di  Sirace,  per  monsignor  Adarao 
-'ns,  traslnto  da  Tranopoli. 

Chiesa  Metropolitana  di  Sydney,  per  monsignor  Patrizio  Francesco 
M"i;m,  traslato  da  Ossory. 

Chiesa  Metropolitana  di  Nuova  Orleans,  per  monsignor  Francesco 
Saverio  Leray,  traslato  da  Ginopoli. 

Chiesa  iitolare  Arcivescovile  di  Amida,  pel  R.  D.  Beniamino  Ga- 
vicchioni,  delegato  apostolico  nelle  repubbliche  dell'  Equalore,  Bolivia 
e  Peril. 

Chiesa  titolare  Vescovile  di  Joppe,  per  monsignor  Eugenio  O'Gon- 
nell,  Vescovo  rinunziatario  di  Grass- Valley. 

Chiesa  Cattedrale  di  Mobile,  per  monsignor  Domenico  Manucy, 
traslato  da  Dulma. 

Chiesa  Cattedrale  di  Harlem,  pel  R.  D.  Gaspare  Bottmann,  preside 
del  gran  Seminario  di  Harlem. 

Chiesa  Cattedrale  di  Hamilton,  pel  R.  P.  Giacomo  Giuseppe  Car- 
bery,  de'  Predicatori. 

Chiesa  Cattedrale  di  Luxemburg,  pel  R.  D.  Giovanni  Koppes. 

Chiesa  Cattedrale  di  Budtoeis,  pel  R.  D.  Francesco  di  Paola 
de'conli  di  Schonborn. 

Chiesa  Cattedrale  di  BaUarat,  pel  R.  D.  Giacomo  Moore. 

Chiesa  titolare  di  Cissano,  pel  R.  D.  Adriano  Rouger,  vicario  apo- 
stolico del  Kiangsi  meridionale  in  Gina. 

Chiesa  titolare  di  Bodona,  pel  R.  P.  Rodolfo  de  Courmont,  vicario 
apostolico  del  Zanzibar. 

Cliiesa  titolare  di  Colofonia,  pel  R.  P.  Francesco  Saverio  Riehl, 
vicario  apostolico  della  Senegambia. 

Chiesa  titolare  di  Abdera,  pel  R.  P.  Alfonso  de  Voss,  vicario  apo- 
stolico della  Mongolia. 

Chiesa  titolare  di  Fleuteropoli,  pel  R.  P.  Teodoro  Ermanno  Rutses, 
vicario  apostolico  della  Mongolia  orientale. 

Chiesa  titolare  di  Rosalia,  pel  R.  P.  Andrea  Ghinchon,  vicario  apo- 
stolico  di  Kmoy  in  Gina. 

Chiesa  titolare  di  Geroccsarea,  pel  R.  P.  Francesco  Saverio,  Van- 
liamclhcke,  vicario  apostolico  della  Gocincina  orientale. 

Chicsa  titolare  di  Fussula,  pel  R.  P.  Paolo  Maria  Reynaud,  vicario 
apostolico  di  Tche-Kiang  in  Cina. 


CRONACA 

Chiesa  titolare  di  Canea,  pel  R.  D.  Nicola  Donnelly,  caoonico,  de- 
putato  ausiliare  dell'  Emo  cardinale  Mac-Gabe,  Arcivescovo  di  Dublino. 

Quindi  il  Papa  ha  aperto  la  bocca  al  nuovo  cardinale  Sanfelice  po- 
nemlogli  1'anello  ed  assegnandogli  il  titolo  presbiterale  di  San  Clemente. 

Per  ultimo  si  fc  fatta  1'  islanza  al  Santo  Padre  del  sacro  pallio  per 
le  Chiese  metropolitane  di  Tours,  Rouen,  Monreale,  Malines,  Manfredonia, 
Sydney  e  Nuova  Orleans. 

2.  La  tanto  manifesta  violazione  d'ogni  diritto  umano  e  divino,  che 
vien  delta  conversione  dei  beni  di  Propaganda  in  titoli  del  Debito  Pub- 
blico  italiano,  ha  commosso  il  mondo  intero,  perchfc  dopo  la  spoliazione 
dei  dirilti  temporali  del  Papato,  non  se  ne  conosce  altra  che  offenda  in 
singolar  maniera  gli  interessi  della  Chiesa  non  men  che  della  ci villa. 
Questa  universale  commozione  si  e  espressa  in  proteste  cosi  energiche, 
e  allo  stesso  tempo  cosi  eloquenti,  che  i  giornali  rivoluzionarii  d'  Italia 
non  hanno  avuto  il  coraggio  di  replicare;  sicche  han  creduto  portare 
in  pace  le  dure,  ma  nobili  parole,  onde  quelle  proteste  accusano  il  Go- 
verno  italiano  di  conculcatore  degli  inviolabili  diritli  della  religione  e 
dell'umanita,  poiche  gli  interessi  di  questa  istituzione  son  comuni  alia 
religione  non  meno  che  all'  umanita.  Fino  ad  oggi  han  protestato  i  cat-  , 
tolici  belgi,  di  Svizzera,  di  America,  e  di  recente  anche  quelli  di  Francia. 
II  testo  di  sifTatte  proteste  e  stato  gia  pubblicato  dai  giornali  di  quei 
paesi ;  ma  noi  ci  asteniamo  di  riprodurlo  per  non  dare  al  fisco  uo'  inu- 
tile soddisfazione.  Diciamo  solamente,  che  la  protesta  dei  cattolici  fran- 
cesi  e  stata  coperta  da  numerose  firme,  e  presentata  al  Papa.  Non  ven- 
gano  dunque  i  giornali  liberaleschi  a  dirci,  che  le  solenni  Proteste  del 
Papa  sono  state  come  voce  nel  deserto,  e  che  il  silenzio  dei  governi  unito 
all'  indifferenza  delle  nazioni  attesta  la  giustizia  della  sentenza  emanata 
dalla  Cassazione  di  Roma.  II  mondo  ha  protestato  e  continued,  ne  siam 
certi,  a  protestare.  Quanto  ai  governi  e  evidente  che  il  loro  silenzio 
nelle  present!  circostanze  significa,  che  intendono  lasciare  al  Governo 
italiano  tutta  la  responsabilita  dei  suoi  atti  riguardo  alia  Santa  Sede, 
senza  per  altro  dissimulare  i  gravi  pericoli  ai  qtiali  va  incontro  1'  Italia 
per  la  politica  di  aperta  ed  ostinata  ostilita  contro  di  essa.  Se  questa 
politica  di  non  intervento  in  cose  che  riguardano  la  liberta  e  indipen- 
denza  del  Romano  Pontefice,  sia  buona,  saggia,  e  degna  della  missione 
che  hanno  i  governi  di  tutelare  e  difendere  i  diritti  della  giustizia  e 
della  equita  conculcati  dalla  rivoluzione,  lo  dira  a  suo  tempo  la  storia, 
a  noi  basta  di  osservare,  che  questa  politica  appunto  ha  portato  i  tristi 
frutti  che  ora  tutti  deplorano,  e  che  la  conversione  dei  beni  di  Propa- 
ganda e  il  prodromo  di  novelli  attentati  contro  la  Chiesa,  un  passo  di 
piii  nella  via  in  cui  s'e  messa  1' Italia  al  grido  di  sempre:  Avanti!  A 
chiudere  poi  la  bocca  ai  giornali  organi,  quali  piii  e  quali  meno,  della 
massoneria  italiana,  ecco  quel  che  ne  hanno  scritto  i  diarii  stranieri,  e 


CONTEMPOIUNEA  OI-"> 

non  gia  clerical!,  ma  liberal!  ed  arciliberali.  II  Journal  des  Ddbats  dice 
la  spoliation.-  <1i  Propaganda  un  fiero  colpo  per  l;i  Santa  Sede:  «  e  per 
chc  il  Papa  opera  indipendentemente  dall' Italia...  si  viene  a  para- 
li/xan-  il  sun  Imiccio  destro.  » 

La  Eepublique  Francaisc  cosl  ne  giudica :  «  La  sentenza  della  Corte 
di  Cassazione  del  regno  d'  Italia  ha  colpito  arditamente,  bisogna  coove- 
nirne,  qualche  cosa  che  per  la  sua  natura,  per  le  sue  origin!  e  per  la 
sua  destinazione  sembra  sfuggire  ad  ogni  governo  e  giurisdizione,  cioe 
il  governo  del  Papa  come  Capo  della  Chiesa  Cattolica.  » 

L' Independence  beige,  giornale  ostilissimo  alia  Chiesa  scrive:  «  Se 
alcuni  gabinetti  stranieri  non  hanno  voluto  mettere  in  discussione  il 
dirilto  leorico  della  magistralura  italiana  a  pronunziare  il  suo  giudizio 
in  materie  nelle  quali  sono  impegnati  gl'interessi  ecclesiastici,  non  e 
men  vero  che  sotto  una  forma  differente  questi  gabinetti  discutono  i 
giudizii  di  questa  magistratura  suprema,  e  si  mostrano  proclivi  ad  op- 
porre  1'azione  diploma tica  ai  decreti  dei  tribunal!  italiani.  » 

La  Neue  Freie  Presse  di  Vienna,  organo  della  massoneria  austriaca 
e  favorevole  ai  neraici  del  Papa,  riconosce  «  che  i  beni  di  Propaganda 
sono  d'origine  internazionale  ed  hanno  una  destinazione  universale;  ep- 
per6  Don  sa  spiegarsi  i  motivi  che  indussero  il  governo  italiano  air  in- 
cameramento  di  quei  beni.  » 

La  Post  di  Berlino  fa  le  stesse  riflessioni,  e  aggiunge:  «  II  Governo 
italiano  con  questo  fatto  di  Propaganda  ha  dimostrato  non  voler  vivere 
in  pace  col  Papa,  preferendo  una  lotta  nella  quale  non  e  a  dubitare  che 
rimarra  vinto.  » 

I^a  Correspondance  politique,  organo  officioso  del  Governo  austriaco 
dice,  che  «  la  sentenza  contro  la  Propaganda  ha  fatto  una  profonda  im- 
pressione  su  tutlo  il  mondo  civilizzato;  e  nota  che  questo  e  un  grave 
colpo  inllitto  contro  un'  isiituzione  cosl  benefattrice  ed  eminentemente 
civilizzatrice.  » 

11  Dresdner,  organo  officioso  del  Governo  sassone  «  deplora  amara- 
mente  il  sopruso  commesso  contro  uno  dei  pin  antichi  istituti  che  serve 
gl'interessi  della  civilta  cristiana;  e  afferraa,  che  i  beni  di  Propaganda 
appartengonoalla  Chiesa  universale,  e  come  tali  sono  sotto  la  salvaguardia 
non  solo  degli  Stati  cattolici,  ma  ancora  sotto  quella  del  diritto  delle 
genii.  > 

II  Freemderiblatt,  in  un  importante  articolo,  biasima  severamente  la 
condotta  del  Governo  italiano  nell'afTare  di  Propaganda,  ed  esorta  a  ri- 
parare  il  danno  fatto  all' isiituzione,  dichiarando,  che  la  risoluzione  di 
questa  importante  questione  non  pub  dipendere  dal  modo  di  vedere  del 
solo  Governo  italiano. 

II  Times  di  Londra  asserisce  che  la  conversione  e  purnmente  e  sem- 
plicemente  una  confisca,  e  porta  per  esempio  di  do  che  pu6  avvenire 


(110  CROXACA 

del  beni  di  Propaganda,  quello  che  e  avvenuto  di  certe  raense  vesccvili 
che  da  60,000  franchi  di  rendita,  a  forza  di  ritenute,  balzelli  e  tasse, 
sono  state  ridotte  a  18,000. 

El  Commercio,  giornale  di  grande  forraato  che  si  pubblica  in  Li- 
sbona,  mentre  si  professa  seguace  appassionato  delle  doitrine  liberal!, 
chiama  la  sentenza  sui  beni  di  Propaganda  un  sopruso  ed  una  viohnza. 

I  giornali  americani,  greci,  turchi  e  spagnuoli  non  hanno  ancor  »>ssi 
mancato  di  rilevare  lo  scopo  erainentemente  civilizzatore  della  Propa- 
ganda oppressa  dal  governo  ilaliano  e  di  tesserne  1'elogio. 

L'opinione  pubblica,  ha  dunque  inflitto  la  piii  severa  condanna  a 
questa  nuova  soperchieria  consumata  dal  governo  d' Italia  contro  la 
Chiesa:  e  questo  fia  suggel  die  ogni  uomo  sganni! 

3.  Un  bell'esempio  di  coraggio  apostolico  e  di  pastorale  zelo  ha  da  to 
al  mondo  quel  dotto  e  pio  Arcivescovo  di  Palermo,  che  e  Monsignor 
D.  Michelangelo  Gelesia,  ornamento  e  decoro  della  Congregazione  Gas- 
sinese.  Niuno  ignora  le  grandi  e  invitte  prove  di  fermezza,  e  d'incrol- 
labile  attaccamento  alia  Sede  di  Pietro  che  quest' Angiolo  della  Chiesa 
Palermitana  ha  dato  da  quattro  lustri:  perocche  ne  1'esilio,  ne  la  po- 
verta,  ne  i  vituperi  di  una  stampa  invereconda  e  sacrilega,  ne  tutto 
1'odio  della  setta  dominante  poterono  mai  strappargli,  non  diremo  gia 
un  sol  atto  di  debolezza,  ma  nfe  tampoco  una  parola  di  condiscendenza 
verso  quella  rivoluzione,  che  come  furia  uscita  d'abisso  e  venuta  por- 
tando  tra  noi  il  disordine,  il  libertinaggio  e  la  irreligione.  Son  note  le 
sue  ammirabili  lettere  pastorali  con  le  quali  ha  tenuto  sempre  sveglio 
il  sentimento  religioso  della  sua  vastu  diocesi ;  nota  la  riforma  della  di- 
sciplina  e  degli  studii  del  suo  seminario ;  nota  il  lavoro  indefesso  e  pa- 
ziente  con  cui  si  e  adoperato  di  accrescere  il  lustro  del  suo  Gapitolo, 
facendovi  entrare  il  fiore  del  sacerdozio  palermitano,  a  tal  punto  che  in 
poco  d'ora  questo  Gapitolo  ha  dato  parecchi  pastori  alia  Ghiesa  sicula. 
Tutti  ricordaoo  ancora  in  Palermo  il  coraggio  onde  si  Iasci6  vedere 
alia  testa  del  suo  popolo  in  quel  giorno  memorabile  che  fece  fremere 
di  rabbia  i  settarii,  quando  si  voile  dare  pubblica  e  solenne  testimo- 
nianza  di  devozione  a  Maria  nella  ricorrenza  del  centenario  del  Santo 
Rosario.  Ora  Monsignor  Gelesia,  cogliendo  il  destro  della  venerata  En- 
ciclica  del  Sommo  Ponteflce  contro  la  Massoneria,  comprendendo  1'alio 
valore  della  parola  del  Papa  e  il  bisogno  di  far  udire  la  sua  voce  in 
una  citta  dove  la  Massoneria  ha  recato  mali  incalcolabili,  non  solo  pub- 
blic6  su  quell'  argomento  una  stupenda  lettera  pastorale,  ma  interpretando 
i  sovrani  intendimenti  del  Sommo  Pontefice,  a  questa  sua  lettera  ha  fatto 
seguire  alcune  prescrizioni,  le  quali,  se  saranno  bene  attuate,  riusciranno 
a  una  splendida  vittnria  del  Gattolicismo  sulle  logge  massoniche.  Tra  le 
prescrizioni  notiamo  le  principali,  che  si  riducono  a  queste:  1°  Ghe  i 
Parrochi  e  Confessori  veglino  attentamente  sulle  societa  di  Mutuo  Soc- 


G 1 7 

corso,  rese  sospetle  come  trup{n;  d.-lla  1  'nimm.ivsoneria  dopo  ledichiara- 
!••!  Congresso  m.issonico  di  Milano.  2°  Che  il  giorno  8  di  dicembre 
d'ogni  anno,  nolle  chiese  parrocchiali,  sacramental!,  Oratorii,  Coafrateroite 
od  altri  pii  sodalizii,  pria  delta  santa  comuniom:  si  rinnovino  le  promesse 
del  santo  battesiroo  e  la  protesta  di  non  ascriversi  inai  a  socieia  veruna 
che  abbia  lontana  attinenza  colla  Frammassoneria.  3°  Che  nell'  augusta 
cerimonia  della  priraa  comuoione  dei  fanciulli,  iramediataraenle  dopo  la 
nvita  del  Credo  e  la  rimiovazione  delle  promesse  battesimali,  si  faccia 
loro  promettere,  per  quanto  ne  saranno  capaci  rispettivamente  alia  loro 
eta,  di  non  ascriversi  mai  a  societa  veruna  senza  un'  espressa  permissione 
del  Parroco  o  del  proprio  Confessore.  4°  Che  ogni  anno  negli  Esercizii  spi- 
ritual! in  preparazione  del  Precetto  Pasquale,  dal  Padre  dell'islruzione  si 
richiami  1'atleozione  dei  fedeli  sul  contenuto  dell'Eacicl  ica  papale,  met- 
tendoall'aperto  le  insidie  settarie,  e  premunendo  i  fedeli  contro  i  lacci  loro 
tesi  nolle  Societa  di  Mutuo  soccorso  dipendenti  dai  Frammassoni.  5°  Che 
i  Reverendi  Predicated  di  Quaresima,  del  Mese  Mariano,  del  S.  Cuore 
di  r.esii,  e  dell'ottavario  del  Santissimo  Sacramento,  non  tralascino  con 
sermone  speciale  di  premunire  i  fedeli  contro  le  trame  settarie.  6°  Che 
i  fedeli  si  astengano  dalla  lettura  in  generate  dei  giornali  massonici,  e 
in  particolare  delF^l/wco  del  Popdo,  e  del  Giornale  di  Sicilia.  7°  Che 
vengano  ripristinati  git  antichi  Corpi  d'arte,  che  in  Sicilia  lasciarono 
un  indimenticabile  ricordo  della  loro  pieta  e  della  loro  utilita.  8°  Che  i 
Comitati  parrocchiali,  le  Confratrie  d'ogni  nome,  la  Congregazione  delle 
nobili  Dame,  e  dei  Tabernacoli  propaghino  nelle  loro  famiglie  la  lettura 
dell' Enciclica  Humanum  genus. 

4.  Anche  I'illustrissimo  e  Reverendissimo  Mons.  Arcivescovo  di  Mi- 
lano, con  quello  zelo  onde  veglia  ad  arrestare  i  guasti  prodotti  dall'  era- 
pieta,  ha  diraraato  una  stupenda  pastorale  in  cui  esorta  il  clero  e  il 
laicato  cattolico  della  diocesi  milanese  a  combattere  le  funeste  influenze 
della  Fraramassoneria.  II  venerando  Pastore,  dopo  avere  con  forti  parole 
annunziato  il  pericolo  che  minaccia  il  suo  gregge,  fa  appello  alia  religione 
di  quella  citia  che  fu  palria  di  sani'Ambrogio,  di  san  Satiro  e  di  san  Carlo 
Borromeo. 

Nt-  meno  ammirabili  sono  le  parole  con  cui  il  venerando  Vescovo 
di  Fiesole,  operoso  non  meno  che  esperto  nello  sventare  le  insidie  dei 
nemici  del  caltolicismo,  ha  tesle  rivolte  ai  Parroci  della  sua  diocesi  per 
richiamare  la  loro  attenzione  «suU'empia  congiura  onde  gli  apostoli 
dell'  eresia  cercano  di  avvelenare  con  isciagurati  libercoli  i  piccoli  allievi 
a  perdizione  della  loro  anima.  »  In  questi  libercoli,  dice  il  zelanle  Pa- 
store  «  con  la  piii  scaltrita  ipocrisia  e  malizia,  e  quasi  di  soppiatto,  si 

i  d'insinuare  i  principii  e  gli  errori  del  Protestantesimo.  »  Essi  ven- 
gono  onlinariamente  inviati  «  in  gran  numero  di  copie  ai  Maestri  Co- 
iminali,  i  <juuli,  non  conoscendone  la  perversita  gli  dislribuiscono  gra- 


CRONACA 

tuitamente  ai  bambini  che  frequentano  la  loro  scuola;  e  cos\  sen/a 
saperlo  e  volerlo,  tengono  di  mano  agli  Apostoli  dell'Eresia.  >  Per  questo 
inculca  a  tutti  i  Parroci  che  non  indugino  un  istante  ad  avvertire  i 
loro  popolani,  e  specialraente  i  Maestri  e  le  Maestre,  che  quei  libercoli 
contengono  eresie,  che  non  si  possono  distribute,  nfc  leggere,  ne  ritenere 
senza  gravissirao  peccato. 

Lo  zelo  costante  e  indefesso  dell' Episcopate  italiano  e  certamente 
un  argine  potentissimo  contro  gli  adoperamenti  settarii  per  logliere  al- 
1' Italia  il  suo  piii  bel  vanto,  la  fede  cattolica. 

5.  L'esempio  di  un  Pastore  della  Chiesa  e  spettacolo  grande  e  no- 
bile;  ma  ancor  piii  grande  e  nobile  ci  sembra  quello  che  ha  voluto  dare 
ai  governi  cattolici  il  governo  scismatico  della  Russia.  Leggiamo  infatti 
nell'ottimo  diario  fiorentino  il  Giorno  n.  114. 

«  L'Imperatore  Alessandro  III  e  il  suo  governo  si  sono  mostrati  su- 
perior! in  senno  a  tutti  gli  altri  sovrani  e  governi  pel  conto  che  hanno 
fatto  dell'Enciclica  Humanum  genus.  Hanno  accolto  quel  grande  docu- 
mento  con  molli  atli  di  gratitudine,  e  ne  hanno  ringraziato  il  Pontefice 
per  il  possente  appoggio  che  ha  dato  ai  Sovrani  contro  1'  azione  delle  so- 
cieta  segrete.  Non  dovremmo  peraltro  maravigliarcene  pensando  che  an- 
che  T  altra  Enciclica  contro  il  socialismo  ricevette  la  stessa  accoglienza 
dal  governo  russo.  Ma  questa  volta  si  sarebbe  andati  piii  oltre.  La  Ger- 
mania,  e  non  e  stata  smentita,  racconta  che  la  Enciclica  Humanum 
genus  e  stata  letta  per  ordine  deU'imperatore  sulle  cattedre  della  Ghiesa 
russa.  Sarebbe  come  un  riconoscimento  dell1  autorita  papale,  e  come  una 
confessione  che  innanzi  a  quest' autorita  qualunque  altra  deve  inchinarsi. 

«  Questi  fatti  sono  di  un  prezioso  augurio.  Che  la  verita  cominci  a 
splendere  anche  alle  menti  occupate  dall'errore?  Sia  pure  che  1'interesse 
ne  le  abbia  aperta  la  via.  La  Russia  sente  il  pericolo,  e  non  ha  timore 
di  moslrarlo.  Forse  comincia  anche  a  sentire,  che  il  razionalismo  niena 
all'  ateismo,  ed  al  nichilismo.  Se  fosse  cosi  non  sarebbe  lungi  dalla  via 
di  salvezza.  Gia  comincerebbe  1'imperatore  a  comprendere  che  chi  pub 
detronizzarlo  e  1'  ateismo.  Se  questo  fosse  vero,  e  se  con  ci6  entrasse  nel 
convincimento,  che  il  suo  titolo  sociale  non  riposa  che  sul  principio  di 
paternita,  principio  che  emana  dalla  paternita  divina,  tra  non  molto  si 
potrebbe  sperare  in  Russia  una  evoluzione  che  tanto  1'allontanerebbe  dallo 
scisma,  quanto  1'  accosterebbe  alia  fonle  del  vero.  Quel  giorno  sarebbe  il 
principio  in  Russia  di  una  nuova  civilta,  anzi  della  vera  civilta  cristiana.  » 

6.  La  mattina  del  giorno  12  del  passato  mese  Sua  Sanlita  riceveva 
in  particolare  udienza  tutti  i  Provincial!  e  Custodi  delle  varie  Province 
deirOrdine  dei  Minor!  Gappuccini  convenuti  in  Roma  per  la  elezione  del 
nuovo  Generate  e  dei  Definitori  dell'Ordine  suddetto. 

Erano  a  capo  di  questa  numerosa  udienza  i  novelli  eletti,  non  che  i 
loro  colleghi  usciti  di  carica. 


019 

tit;i  rivolgeva  :i  qin-i  Hmi   I'  tolari  un  magniftco  di- 

M)  latino,  di  :  no  encomio  p»-r  I'Dr-lim'  <l'-i  Cappuccini  e  si 

>  di  nol>ili  ed  nlT-'ttuosi  pensieri  da  commuovere  alle  lacrime  parecchi 
di  ijiifi  v.Mi.-randi  Religiosi. 

veva  quiodi  il  novello  Generale  Rnfo  P.  Bernardo  d'Adermat, 
svizzero,  presentatole  dall'ex  generale  Rmo  I1.  Egidio  da  Cortona. 

E  qui  il  ouovo  Presidents  deU'Ordine,  genuflesso  dinanzi  al  irono  Poo- 
tificio,  pronunziava  presso  a  poco  quesle  significanti  e  nobili  parole: 

«  Santo  Padre  io  che  vengo  nomiuato  dai  miei  fratelli  successore  di 
san  Francesco  mi  rammento  delle  parole  che  il  medesimo  Sanio  indiriz- 

i  al  vostro  glorioso  Predecessore  Ooorio  III,  e  come  il  mio  Serafico 
Padre  a  nome  di  tutto  TOrdine  le  ripeto  ai  vosiri  piedi,  o  Padre  Santo: 
«  promitto  obedientiam,  et  reverentiam  Domino  Papae  et  Sanctae  Ro- 
manae  Ecclesiae.  » 

«  Spero  Padre  Santo  che  nella  sfera  concessa  alia  nostra  azione  po- 
tr>  mo  realizzare  il  sogno  che  ebbe  il  sullodato  Pontefice  Onorio  III,  ciofc 
di  vedere  san  Francesco  co'suoi  figli  che  sostenevano  sulle  loro  spalle 
la  Basilica  Laleranense.  »  Ed  il  Papa  che  seguiva  attentamente  le  parole 
del  Rmo  Padre  Generale  rispose  con  queste  altre  importantissime:  «  Quod 
fecistis  omni  tempore  et  nunc  et  semper  facietis.  » 

Impart) ta  che  ebbe  il  Santo  Padre  1'Apostolica  Benedizione  all'illu- 
stre  consesso  ammetteva  ad  uno  ad  uno  tutti  i  componenti  al  bacio  della 
sacra  destra,  e  il  Sommo  Pontefice  con  paterna  benevolenza  non  rispar- 
miava  consigli  chiedendo  notizie  della  provincia  e  di  quanto  altro  poteva 
concernere  la  giurisdizione  di  ognuno. 

Poi  priraa  di  lasciare  la  sala,  volgendosi  novamente  a  quei  buoni 
Padri  diceva  loro:  «  andate  nelle  vostre  Province,  dite  che  il  Papa  vi 
ha  delegate  personalmente  a  concedere  alle  vostre  Religiose  famiglie 
1'Apostolica  Benedizione.  » 

Fra  i  Custodi  delle  Province,  presenti,  era  notato  quello  della  Savoia 
che  ha  84  anni  di  vita  e  64  di  Religione. 

Nel  giorno  15  poi  fra  le  molte  ragguardevoli  persone  che  avevano 
I'onoredi  essere  ammesse  in  udienza  dal  Santo  Padre  si  distinguevano 
il  P.  Abate  dei  Benedellini  Cistercensi,  il  Superiore  dei  Rmi  Canonici 
Lateranensi,  Monsignor  Golfleri,  illustre  poeta,  il  Parroco  del  Cantone 
(i'Argau  in  Basilea,  il  quale  ofTriva  al  Santo  Padre  1'obolo  dei  suoi  par- 
rocchiani,  un  altro  sacerdote  del  Cantone  d'Auterwalden,  il  Priore  del 
convento  di  Engelberg,  il  Retlore  del  Seminario  di  Fabriano,  il  quale 
umiliava  a  Sua  Santita  fobolo  di  quegli  alunni,  e  molli  altri. 

II  Santo  Padre  accoglieva  tutti  gli  astanti  colla  usata  sua  benevo- 
,  nvolgendo  a  ciascuno  parole  di  somma  benignita  e  conforlaudoli 

'Apostolica  Benedizione. 


fu'll  CRONACA 

III. 

COSE  ITALIANE 

\.  Le  Convenzioni  ferroviarie  —  2.  L'inaugurazione  del  monumento  a  Garibaldi  in 
1'avia  —  3.  Dimoslrazioni  universitarie  —  4.  Ribellioni  contro  la  forza  armata  — 
5.  Mala  signoria  e  sintomi  gravi  —  6.  I  funebri  di  G.  Prati  c  del  generate  Ma- 
raldi  —  7.  La  triplice  alleanza  e  la  confcrenza  cgiziana. 

1.  La  nota  dominante  dell'odierna  musica  italiana,  sono  state  appunto 
le  Convenzioni  ferroviarie^  la  cut  discussione,  portata  negli  UlTicii 
della  Camera  bassa,  e  stata  tale  da  far  credere  che  saranno  irrepara- 
bilmente  condaonate.  E  allora  che  fara  il  Depretis?  Si  dimettera  o  si  sot- 
toraettera?  Chi  pu6  indovinarlo?  Quel  camaleonte  politico  sa  benissirao 
che  le  Convenzioni  ferroviarie  per  gli  uni  sono  UD  pretesto  a  farlo  cadere 
di  scanno,  per  gli  altri  invece  una  bella  occasiooe  da  far  carrozzini. 
Ecco  perche  il  campo  liberale  si  e  di  questi  giorni  diviso  in  due  schiere ; 
dall'un  lato  i  fautori  dell'esercizio  private,  dall'altro  i  propugnatori  del- 
1'esercizio  governativo  sostenuto  dallo  Spaventa,  per  cui  ottenere  gli 
amici  del  Ministero  avevano  nel  1876  messo  sossopra  mezzo  il  mondo: 
ma  il  Ministero  presente  propone  di  sostituirvi  1'esercizio  privato  con 
certe  Convenzioni  che  gli  uni  dicono  rovinose,  altri  vantaggiosissime  allo 
Stato.  Gi6  che  e  parso  veramente  strano  in  questa  gara  di  partiti  e,  che 
quelli  i  quali  una  volta  tenevano  per  1'esercizio  governativo,  perche 
allora  era  voluto  dal  Ministero,  ora  vogliono  il  privato;  e  i  difensori 
piu  scalmanati  d' allora  per  1'esercizio  privato,  son  oggi  partigiani  a 
oltranza  dell'esercizio  governativo,  perche  il  Governo  e  di  sentiraento 
contrario.  Gli  avversarii  si  sono  gia  forniti  di  armi  nell'arsenale  degli 
avversarii,  e  gli  uni  promettono  di  combattere  gli  altri  coi  medesimi 
argomenti,  dai  quali  prima  erano  stall  battuti.  E  un  vero  torneo  scan- 
daloso,  pieno  di  incoerenze,  di  pettegolezzi  e  di  vituperii,  nel  quale  la 
rappresentanza  nazionale  coadiuvata  dalla  stampa  sara  per  rompere  le 
sue  lance.  Intanto  se  le  Gonvenzioni  passano,  ci6  che  a  noi  sembra  dif- 
ficile, sara  una  nuova  vittoria  pel  .Depretis;  se  sono  respinte,  il  Vinat- 
tier  di  Stradella  fara  il  capitombolo,  e  la  scena  cambiera.  Che  queste 
Convenzioni  paiano  condannate  ad  essere  respinte,  e  agevole  argoraentarlo 
dalla  tempesta  che  hanno  suscitato  negli  Uffizii  della  Camera,  dove  i 
pochissimi  deputati  favorevoli  le  ban  difese  peritanti  e  vergognosi. 

L'onorevole  Sanguinetti,  scrive  la  Tribuna  del  16  maggio,  dimostr6 
esservi  frode  e  bugia  persino  nel  nome;  imperocche,  in  realta,  trattasi 
non  «  d'un  esercizio  privato,  ma  d'un  esercizio  governativo  fatto  da 
privati.  >  Questi  privati  poi,  banche,  banchieri,  ecc.,  «  non  corrono  pe- 
ricolo  di  perdere  un  centesimo:  hanno  solo  1'alea  di  piu  o  meno  lauti, 


CONTKMPORANEA 

ma  sempre  Inuti,  guadagni.  E  vi  sarebbe  per  lo  Stato  una  perdita  di 
nt '.'  -  II  JepuUito  Lualdi  prese  occasione  dalle  Convenzioni  «  per 
ricordarc  i  risultati  dell' inchiesta  sulle  Meridionali  e  gli  scandali  della 
Regla  del  labaccbi.  »  I/onorevole  Spaventa  infine,  ritenuto  per  1'oppo- 
siiore  piii  corapetente  e  coscienzioso,  disse  che,  siccorae  1'Ingbilterra 
«  cre6  una  Compagnia  ferroviaria  nelle  Indie  per  pelare  gli  Indiani, 
cosl  da  noi  le  due  Compagnie  serviranno  a  pelare  gl' Italian*!  » 

Lo  stesso  ODorevole  Spaventa,  svolgendo  i  suoi  argomenti  dimostr6, 
come  la  Tribuna  riferisce:  «  1°  Che,  costituendo  due  "Regie  per  Teser- 
cizio  delle  vie  ferrate,  si  mette  in  mano  ad  esse  tutto  il  movimento 
economico  del  paese,  perche  sono  concedute  alle  due  Societa  tante  lar- 
ghezze  che,  prezzi,  mercati,  industria,  produzione...  tutto  dipendera  dal 
loro  volere.  2°  Che  le  due  Societa  diventano  due  grandi  banchieri  con 
facolla  di  emettere  obbligazioni,  guarentite  dallo  Stato,  divenute  quindi 
rcgolatrici  assolute  del  credito  dello  Stato.  3*  Che  le  due  Societa  di- 
ventano costruttrici  per  due  miliardi,  che  il  Governo  pagherd;  e  ognuno 
sa  quanto  sieno  costati  altri  cottimi  fatti  con  Banche.  » 

«  Altri  oratori,  soggiugne  nel  suo  numero  del  17  la  Libertd,  favo- 
revole  al  Governo,  hanno  messo  innanzi  accuse  non  meno  gravi,  ed  in 
un  Ufiicio  ha  avuto  luogo  un  diverbio  assai  vivace  fra  due  deputati 
abbastanza  anziani,  per  presumere  in  essi  maggiore  ponderazione.  »  II 
perche  lo  stesso  giornale  e  d'avviso  che  sia  da  prendersi,  senza  indugio 
una  risoluzione  decisiva.  0  le  accuse  sono  fondate  o  sono  infondate:  nel 
primo  caso  la  Camera  deve  balzare  di  seggio  i  ministri;  nel  secondo  il 
Miuistero  deve  sollecitare  un  voto  decisivo,  prima  che  la  Camera  si 
proroghi.  «  Non  e  per  messo,  la  Libertd  soggiugne,  non  e  decoroso  man- 
tenere  il  Governo  nelle  mani  di  uoraini,  contro  i  quali  si  scagliano  le 
piu  severe  accuse. » 

Ne  1'agitazione  si  limita  a  Montecitorio.  In  una  delle  passate  Domeniche 
ebbe  luogo  in  Geneva,  sulle  Convenzioni  ferroviarie,  un  Comizio  popolare, 
annunziato  da  una  circolare  o  manifesto  in  cui  si  legge :  «  L' Associazione 
generate  fra  gli  industrial!,  commercianti  ed  esercenti  di  Genova,  con- 
vinta  essa  pure  che  1'esercizio  ferroviario  debba  avere  per  fine  unico  la 
prosper! la  degli  scambi  e  non  gia  i  grossi  premi  ed  i  subiti  guadagni, 
deliberava  di  convocare  a  Comizio  il  ceto  commerciale  perche,  senza 
preoccupazioni  partigiane,  sanzioni  con  quella  pratica  che  gli  spetta  il 
voto  di  quegli  autorevoli  corpi  prima  che  il  Parlamento  pronunzi  la  sua 
ultima  parola  in  proposito. » 

Entra  finalmente  in  campo  Edoardo  Pantano,  il  quale,  nel  Fascio  della 
Democrazia  del  17  maggio,  in  un  lungo  arlicolo  intitolato  Stalo  e  ban- 
diicri,  cosi  conchiude  minacciando :  «  Cio  che  non  e,  sara ;  le  nazioni 
non  si  governano  lungamente  con  la  menzogna;  non  si  dominano  sempre 
con  1'arbiirio,  ne  sempre  si  corrompono  con  1'oro.  Egli  e  perci6,  che, 


CRONACA. 

dopo  avervi  veduto  gittare  sull'ara  del  raonopolio  i  beni  deroaniali,  i 
beni  ecclesiastic!,  la  liberti  bancaria,  le  liberta  politiche  e  1'  energia 
nazionale,  dinanzi  al  nuovo  colossalc  mercato  delle  ferrovie,  vi  gridiamo: 
Basto;  —  il  popolo  e  slanco  d'essere  derubato,  ad  uno  ad  uno,  dei 
suoi  diritti  e  delle  sue  ricchezze.  E,  dopo  averci  fatti  politicameote 
schiavi  dell' Austria,  vi  comendiamo  il  diritto  di  renderci  economicamente 
ludibrio  di  un  pugno  di  banchieri  pregiudicati. » 

Molto  a  proposito  il  signer  Pantano  ha  qui  ricordato  i  beni  eccle- 
siastici, ne  raeno  a  proposito  1'onorevole  ToscanelH  ha  ehiamato  le  pre- 
senti  Convenziorri  il  piii  tensbroso  dei  contratti.  Ma  non  altrettanto  a 
proposito  il  Pantano  soggiugne  che  deve  bastare:  «  Vi  gridiamo: 
basta !  »  —  Bastera,  si,  ma  non  prima  che  la  logica,  la  quale  non  si 
forma  mai  a  mezza  via,  non  abbia  fatto  tutto  il  suo  cammino. 

2.  II  giorno  11  di  maggio  ebbe  luogo  1'inaugurazione  del  monumento 
al  Garibaldi  a  Pavia.  A  noi  piace  di  riferire  con  le  parole  medesime 
dell'agenzia  Stefani  i  fatti  accaduti  in  quella  circostanza.  AH'inaugura- 
zione  del  monumento  all'  eroe  per  antonomasia,  come  lo  chiamano  i  suoi 
seguaci,  intervennero  il  Sindaco,  la  Giunta,  i  membri  del  Comitato  po- 
polare,  circa  250  rappresentanze  di  Societa  con  bandiere,  i  deputati  Ga- 
ribaldi, Nicotera,  Doda,  Roux,  Parona,  Sprovieri,  Gucchi,  Bovio,  Caval- 
lotti,  Maiocchi,  Mori,  Gavalli;  i  rappresentanti  della  stampa,  iramensa 
popolazione.  Alle  ora  una  si  fece  lo  scopriraento  del  monumento  fra  entu- 
siastiche  acclamazioni,  al  suono  delle  musiche  ed  al  saluto  delle  bandiere. 

II  Gairoli,  presidente  onorario  del  Comitato  promotore  del  monumento, 
salutato  da  vivissime  ovazioni,  recit6,  con  ventosa  eloquenza  il  panegirico 
fa\\Eroe;  di  cui  e  bene  dare  qui  un  breve  cenno.  La  vita  di  Garibaldi, 
diceva  egli  in  sentenza,  fu  un'epopea  senza  riscontro.  Immaginazioni  piii 
fervide  non  seppero  creare  una  personificazione  piu  grande  deU'eroismo 
ispirato  dal  cuore,  guidato  dal  genio,  benedetto  dalla  fortuna.  Militante 
per  la  patria,  la  giustizia,  1'umanita,  sempre  immemore  di  se,  tutto  com- 
preso  nel  suo  ideale,  sereno  nei  sacrifizi,  modesto  nei  trionfi,  sicuro  nelle 
audacie.  Ricordato  il  lutto  mondiale  per  la  morte  di  lui;  Pavia,  egli  sog- 
giungeva,  unita  all' eroe  per  devozione,  ricambiata  la  sua  fiducia,  oggi 
inaugura  il  primo  monumento  italiano  in  suo  onore;  essa  ebbe  la  fortuna 
di  accogliere  Garibaldi  nel  1848,  sua  prima  apparizione  in  Italia;  essa 
afiidogli  il  nucleo  dei  valorosi,  che,  uniti  ai  volontari  raccolti  a  Milano, 
operarono  i  miracoli. 

Ricord6  gli  avvenimenti  del  1849,  le  difese  di  Venezia,  di  Roma;  e 
nel  prestigio  del  nome  di  Garibaldi  prometteva  vittorie  future.  Quindi 
lo  accompagnava  rapidamente  nel  periodo  pieno  di  audaci  cospirazioni  e, 
com' egli  diceva,  di  sacrificii,  e  di  forte  preparazione  sino  al  1859.  Evoc6 
la  memoria  dell'appello  che  il  Garibaldi  voile  che  partisse  da  Pavia  ai 


CONTBMPOKArCEA 


patriotti  lomlardi,  per  maro;  com*'  Pa  via  con- 

f)0  ecc.  ecc. 

;H  -M'.vmi:  «  Ecco  1'uomo  in  cui  compeodiansi 
gli  eroi  celebraii  tlaH'umanita,  »  per  voi,  che  conJusse  al  Gampidoglio,  i 

ii  monunienti  sarebbero  superflui;  ma  diranno  ai  posted  che  quest* 

razione  non  fu  ingrata  e  inviteralli  a  meditare  nella  prostrazione 
del  tempi  e  caraltm. 

Oiicsto  6  un  piccolo  schizzo  del  discorso  panegirico  che  il  Cairoli 
fece  in  quella  circostanza  a  quella  caricatura  di  eroe.  Dopo  di  esso 
ebbe  luogo  il  banchelto  nel  quale  gli  anlesignani  della  garibalderia,  i 
superstiti  delle  ballaglie  combaltute  dalle  camice  rosse  fecero  brindisi 
all1  croc,  all'  Italia  e  agl'  ideali.  Quanto  fosse  piaciuta  al  Governo  quella 
dimostrazione  non  saprera  dire,  certo  fc  che  la  fazione  degl'zVfea/i  si  con- 
dusse  in  modo  da  evilare  ogni  scandalo  e  non  dar  preteslo  all'  uomo  di 
Stradella  di  slringere  i  freni.  Ma  chi  fu  presente  alia  commedia  potfc 
osservare  che  gVideili  fanno  notabili  progressi  in  Italia,  e  che  il  Go- 
verno comincia  a  sentirsi  minacciato  dalla  marea  che  monta,  a  dispetto 
degli  espedienti,  con  cui  si  cerca  di  opporle  una  diga.  Ci  vuol  altro! 

3.  In  quella  che  a  Pavia  si  festeggiava  Y  Eroe  delle  camicie  rosse, 
la  gioventu  della  noslra  uuiversita,  innamorala  del  berretto  frigio,  si 
agitava  e  minacciava  di  mettere  sossopra  ogni  cosa,  togliendo  pretesto 
da  ciu,  che  a  Napoli,  a  Padova,  a  Pavia,  a  Torino  alcuni  giovani  cat- 
tolici  aveano  dichiarato  in  faccia  all'  universo  la  loro  fede,  e  proclamato 
che  la  religione  non  6  punto  neraica  della  scienza.  Che  cosa  piii  legittima 
di  questa  dichiarazione,  e  qual  diritto  piii  sacro  di  quello  che  ha  ogni 
uomo  di  poter  dire  liberamente'io  son  cattolico  e  voglio  essere  caitolico  ? 
Eppure  a  Napoli  come  a  Geneva,  ci  6  stato  chi  in  questa  dichiarazione 
di  fode  ha  visto  nientemeno  che  un  attentato  alia  liberta  e  alia  indipen- 
denza  d' Italia.  Questo  han  preteso  sostenere  a  Genova  gli  studenti  di 
quell'Ateneo,  sol  perchfc  alcuni  loro  compagni  aveano  fondala  un'Associa- 
zione  cattolica.  Perocche  non  paghi  di  avere  costituito  un  circolo  dal  nome 
di  Giordano  Bruno,  spedilo  un  telegramma  di  adesione  a  quello  fooda- 
tosi  a  Napoli,  e  costituito  un  comitato  per  la  erezione  di  un  mouumenlo 
al  rivoluzionario  Goffredo  Mameli;  scesero  in  piazza  a  far  chiasso,  e  a 
minacciare  i  redattori  di  un  giornale  cattolico;  sicche,  se  non  fosse  a  tempo 
iotervenuta  la  forza,  chi  sa  a  quali  eccessi  quegli  insensati  ed  intolleranti 
si  sarebbero  abbandonati.  Quello  che  non  sappiamo  coroprendere  ^  che  vi 
ebbero  dei  giornali,  i  quali,  come  il  Giornale  di  Sicilia,  con  una  im- 
pudenza  svergogn  ita,  pigliarono  a  difendere  la  dimoslrazione  degli  uni- 
versitarii  di  Genova,  e  a  condannare  perfino  il  governo  locale  perche, 
consapevole  del  fine  a  cui  mirano  quelle  chiassate  studentesche,  adoper6 
la  forza  per  impedirne  le  conseguenze. 

Intanto  ^  consols nte  il  vedere  come  in  mezzo  all'anarchia  intellet- 


CRONACA 

tuale  e  morale  che  domina  nelle  universita  del  regno,  in  un  gran  nu- 
mero  di  giovani  ben  nati  e  premurosi  del  vero  progresso  negli  studii, 
si  e  andato  risvegliando  un  sentimento,  che  prima  era  assopito,  ed  ora 
hn  pigliato  forza  e  si  e  dilatato  per  guisa,  che  i  giovani  cattolici  del- 
1' universita  di  Torino,  per  compiere  ed  ordinare  1'  unione  di  tutli  gli 
studenti  universitarii  cattolici  han  proraosso  il  disegno  di  un  primo 
congresso  cattolico.  Questa  iniziativa  sara  certo  secondata  da  tutti,  e 
insegnera  ai  dottori  del  materialismo  e  dell'  ateismo,  che  non  e  facile  di 
corrompere  tutta  una  gioventu  Data,  educata  e  cresciuta  in  un  paese, 
dove  la  Provvidenza  divina  pose  la  Cattedra  di  verita,  che  come  faro 
luminoso  caccia  le  tenebre  dell'  errore.  Ecco  il  manifesto  della  gioventii 
cattolica  dell' universita  di  Torino. 

«  GIOVANI   CATTOLICI   DELLE   UNIVERSITA   ITALIANS! 

«  I  comuni  bisogni,  gl'  ideali  stessi  hanno  raccolto  in  brevissimo  tempo 
una  gran  parte  dei  nostri  amici  in  cinque  Associazioni  Universitarie ; 
gli  stessi  bisogni,  i  medesirai  ideali  ci  chiamano  a  Torino  pel  Primo 
Congresso,  che  queste  novelle  Societa  terranno  nel  p.  v.  mese  di  settembre. 

«  Nel  trionfo  dei  nostri  principii  sta  la  salute  dell'  umana  societa ; 
raggiungera  il  massimo  apogeo  la  scienza;  il  suo  fine  santissimo  la 
letteratura;  e  1' unione  salda  di  tutte  le  nostre  forze  e  benedetta  iride, 
che  promette  all' Italia  e  pace  e  tranquillita  e  grandezza. 

«  L'  Esposizione  Nazionale,  felicissimo  avvenimento  di  questi  giorni, 
che  ognuno  di  noi  saluta  con  alto  orgoglio,  ci  offre  una  occasione  op- 
portunissima  di  radunarci  tutti,  e  d'ammirare  nel  campo  dell'artedel- 
1'industria  e  del  lavoro  i  trionfi  della  Patria. 

«  Questo  sentimento  d'ammirazione  svegliera  piii  poiente  in  noi  1'affetto 
di  figli  devotissimi  verso  quella  terra,  che  ci  e  madre  gloriosa,  e  queslo 
affelto  assicurera,  ne  siam  certi,  al  Primo  Congresso  dei  Giovani 
Cattolici  Universitari  ItaHani  la  migliore  riuscita. 

«  I  tempi  hanno  i  loro  particolari  mali,  ai  quali  si  convengono  parti - 
colari  rimedii. 

«  Nei  primi  trecent' anni  noi  Cattolici  si  combatte  coll'eroismo  del 
martirio,  ed  a  Legnano  ed  a  Lepanto  si  pugnb  colla  forza  delle  armi. 

«  Oggi  e  la  ragione  del  pensiero. 

«  Al  pensiero  di  Satana  opponiamo  il  pensiero  di  Gristo ! 
«  AMICI  STUDENTI  ! 

«  Gi  tarda  il  momenlo  d'avervi  con  noi  e  d' abbracciarvi. 

«  Numerosi  e  con  slancio  rispondete  a  questo  fremito  di  vita:  rispon- 
dete  tutti  quanti,  voi,  che  amate  di  vero  amore  la  Religione,  la  Scienza, 
la  Patria. 

«  Torino^  10  maggio  1884. 

«  II  Presiclente  del  Comitato  «  II  Segretario 

«  GIUSEPPE  ZANETTI  DI  BERNARDINO        «  Gonte  ERNESTO  NASELLI-FEO 

«  Studente  in  Legge  «  Studente  in  Legge  » 


CONTEMPORANEA 

NTI.  —  Oltre  la  riilii/.i<  >'zzi  ferroviarii  acr- 

a  coloro,  chr  Torino  per  T  Esposi/.ionc,  tiilti  gli  studenti,  i 

quali  inti'rv.Tranno  al  Congresso,  troveranno  il  convenient^  alloggio,  che 
loro  potra  fornire  il  Comitato  del  raedesimo  dietro  una  minima  contri- 
buzione. 

«  Inoltre  i  membri  di  questa  Associazione  Cattolica  Universilaria  hanno 
gia  dichiarato  di  mettersi  a  disposizione  degli  amici  delle  altre  Univer- 
siia  del  Regno,  cercando  di  procurare  a  tutti  quelle  maggiori  e  possibili 
agevolezze,  che  possono  readere  gradito  e  comoJo  il  soggiorno  a  Torino. 

«  Ouanto  prima  si  pubblichera  uo  programma  dettagliato  ed  un  ap- 
posito  regolamento  del  Congresso. 

«  Torino  10  maggio  1884. 

«  IL  GOMITATO  » 

Ne  men  nobile  e  consolante  e  tomato  a  chiunque  ami  davvero  la 
gioventu,  la  coraggiosa  adesione  che  gli  studenti  cattolici  dell'  Univer- 
sita  di  Pavia  davano  teste  a  quelli  di  Napoli,  volgendo  loro  queste  franche 
e  coraggiose  parole,  che  noi  qui  vogliamo  testualraente  trascrivere,  non 
tanto  a  coramendazione  di  quei  bravi  giovani,  quanto  a  rimprovero  di 
quei  codardi  che  piegano  il  collo  sotto  il  giogo  degradante  dell'  ateismo. 

«  Presidcnie  Associazione  studenti  universitarii  San  Tommaso  Aqui- 
nate  —  Napoli  — 

«  ID  tempi  di  tenebroso  e  caoiico  rivolgimento  del  pensiero,  gli  Studenti 
Ateneo  di  Volta  e  Colombo  applaudiscono  bravi  studenti  napoletani  insti- 
tutori  dell'  associazione  intitolata  dallo  splendido  sole  d'  Italia,  gloria  im- 
mortale  di  scienza  e  virtu,  principe  della  vera  fllosofia,  San  Tommaso 
d'  Aquino.  > 

Ed  ora  per  conchiudere:  Un  tal  atto  e  tanto  piii  commendevole 
quanto  che  viene  da  un  nucleo  di  studenti  di  quella  universita  di  Pavia, 
dove  aveva  avuto  luogo  teste  1'inaugurazione  del  monuraento  a  Garibaldi, 
e  dove  1'  anticlericalismo  dei  Cairoli  regna  sovrano. 

4.  Uno  dei  sintomi  piii  allarmanti  dello  spirito  di  anarchia  dominante 
in  Italia  sono  le  frequent!  ribellioni  contro  la  for/a  arraata  a  tutela  del- 
1'ordine  pubblico.  I  fatti  accaduti  in  questa  ultima  quindicina  ne  sono 
la  prova  piii  palpabile  e  manifesta.  Di  che  menano  lagni  i  giornali  della 
greppia;  ed  hanno  torto,  perche  chi  semina  vento  non  raccoglie  che 


M.u-tedl  13  maggio  sulla  sera  a  Sant'Antonino,  villaggio  di  circa 
l.~>()0  abitanti  vicino  a  Lonate  Pozzolo,  su  quei  di  Abbiategrasso,  la 
popolazione  era  in  tumulto  per  essere  slata  applicata  la  tassa  sul  foca- 
tico.  I  carabinieri  col  brigadiere  di  Ix>nato,  4  in  tutto,  erano  spediti  ad 
acquietare  i  tumultuanti,  ma  questi  si  rivoltarono  contro  i  carabinieri  e 
li  prestro  a  sassale.  La  sassaiuola  aggressiva  contuse  i  4  soldati  con 

Serie  XII.  vol.  VI.  fasc.  815  40  31  maggio  18&1 


CRONACA 

prudenza,  siuche  uno  andato  a  colpire  in  fronte  il  brigadiere  lo  stese 
svenulo  a  terra.  I  tre  compagni  del  ferito  appuniarono  le  carabine  e 

10  fuoco  su  i  sollevati,  uccidendo  due  del  caporioni,  uno  dei  quali 
un  triste  arnese  gia  reo  d'omicidio.  Vi  furono  anche  4  feriti.  Oggi  sono 
sul  luogo  le  autorita  e  due  compagnie  di  soldati. 

Per  questo  1'indomani  il  FanfuUa  scriveva:  «  La  nota  e  malinconica. 
Due  morii  e  tre  feriti.  E  morti  e  feriti  caddero  in  conflitlo  fra  contadini 
e  carabinieri.  E  le  cause  ?  Le  prime  sono  le  solite,  Non  se  ne  pub  piii. 
Le  seconde  sono  la  paura  di  quei  poveri  contadini  d1  essere  costretti  a 
pagare  una  tassa  che,  posta  gia  dal  municipio,  era  stata  sospesa  in  vista 
delle  tristi  annate  agricole.  La  cronaca  italiana  conta  una  tragedia  di 
piii.  Triste  compenso  alia  sterilita  del  teatro  italiano.  lo  non  voglio  eri- 
germi  giudice:  vi  sono  i  tribunal!,  e  basiano.  Solo  farb  un'osservazione 
di  colore  fiscale.  II  cammello  slracarico  si  butta  giii  e  non  si  rialza  in 
piedi  se  il  caramelliere  non  lo  allevia  del  peso  eccessivo.  L'  uomo  si  tien 
ritto,  si  lascia  caricare  sin  che  le  forze  lo  reggono  e  poi...  e  poi  casca 
sotto  il  peso.  Stupite  ora  se  1'uomo,  qualche  volta,  imita  il  camraello.  » 
Ma  dunque  si  stava  bene,  quando  si  stava  peggio? 

Pochi  giorni  innanzi,  un  atto  di  rivolta  piii  aperta  contro  la  forza 
pubblica  era  accaduto  in  Rocca  San  Casciano.  Era  la  domenica  del 
4  maggio  e  una  coraitiva  di  giovanotti  parte  del  luogo,  parte  della  vi- 
cina  Romagna,  con  una  bandiera  vollero  attraversare  la  piazza  di  Rocca 
San  Casciano,  emettendo  grida  sediziese. 

Accorsero  i  carabinieri  ed  intimarono  il  silenzio  alia  turba ;  ma  non 
volendo  i  tumultuanti  desistere,  i  carabinieri  procederono  all'arrestodi 
alcuni  dei  piii  turbolenti.  Poco  dopo  altri  amici  degli  arrestati  tentarono 
di  liberarli,  e  vi  fu  una  colluttazione  abbzstanza  grave,  per  cui  poco 
manco  con  venissero  tolti  dalle  mani  dei  carabinieri,  i  quali  a  prezzo 
quasi  della  loro  vita  poterono  mantener  forza  alia  legge.  Uno  perb  dei 
Reali  Garabinieri  riraase  malconcio,  ed  ora  si  trova  all'ospedale  di 
Modigliana. 

Oltre  gli  arresti  in  flagranti,  nelle  notte  si  precede  ad  altri  arrestati. 
Per  citazione  direttissima  due  degli  arrestati  furono  giudicati  e  condan- 
nati  dalla  Pretura  locale  a  due  mesi  di  carcere,  mentre  per  gli  altri 
arrestati  si  sta  istruendo  il  processo. 

5.  Oltre  alle  ribellioni  contro  la  forza  armata  tutrice  dell'ordine,  e 
da  ricordare  certi  sintomi  cattivi  che  si  sono  a  mano  a  mano  manife- 
stati  in  quest!  ultimi  giorni  e  dei  quali  crediamo  dover  intrattenere  i 
lettori.  E  dapprima  richiamiamo  la  loro  attenzione  sopra  un  programma 
di  rivolta  contro  1'  Italia  legale  proposto  da  un  deputato  di  Montecitorio. 
Questo  programma  il  cui  testo  ha  veduto  la  luce  nel  numero  primo  di  un 
giornale  intitolato:  il  Bollettino  Napoletano,  porta  la  data  del  10  maggio, 
ed  e  scritto  da  Tommaso  Sorrentino  deputato  al  Parlamento  e  presidente 


COXTEJII 

Ml' Associaxione  nationale,  die  ha  la  sua  st-de  in  via  Toledo  n.  ii:i.  II 

-  *5  nostro  diritto  d'insorgere  contro  que- 
nma  Italia,  perch»>  MOD  ts  la  iwsira!  »  Le  ragioni  per  cui  1'onorevole 

••ntino  propone  d'insorgere  sono  fondale  sulla  mala  signoria  che  accora 
Kl'Italiani.  «  Noi  insorgiamo,  cosl  egli,  !•  perche  dopo  '23  anni,  con  mi- 
liardi  sj.rsi  non  aMiiamo  ancora  un  esercito  ed  una  marina,  2*  perche 
non  si  e  saputo  risolvere  la  questione  Ira  Chiesa  e  Stato,  3"  perche  ei 
fu  prnmesso  il  regno  della  giustizia  e  della  moralita,  ed  ora  non  vediamo 
rhe  favorili.smo  e  corruzione,  4°  perche  vediamo  una  larga  piega  al  mal 
fir.-,  e  ci  sgomenla  il  numero  del  delitti  e  dei  delinquenti,  5*  perche  ci 
st-niiamo  oppressi  dal  mnstro  immane  della  burocrazia,  dall'arbitrio  della 
pubblica  autorila,  dal  sisiema  tributario  e  dall'enonni  lasso,  6°  perche 
gli  attuali  ordioamenti  della  pubblica  istruzione  hanno  creaio  una  massa 
'li  spostati,  e  di  mezzi  letierati,  che  chiedono  impieghi  e  non  lavoro; 
7°  perche  il  municipalismo  sempre  crescente  cerca  di  avvantaggiare  una 
parte  d'  Italia  a  danno  delFaltra;  8°  flnalmente  perche  in  25  anni  nessun 
ministero  e  nessun  partiio  ha  saputo  indicare  agl'Italiani  un  ideale  na- 
zionale  e  i  mezzi  di  conseguirlo.  Ecco  le  ragioni  che  persuadano  il  Sor- 
renlino  a  rovesciare  tin  sistema,  che  ha  consumato  e  consuma  uomini 
e  cose  e  a  proclamare  la  rivoluzione  legate,  con  questa  bandiera : 

1°  Separazione  completa  della  politica  dalPamministrazione,  2°  nuova 
divisiooe  territoriale  del  Regno  per  grandi  comuni  e  grandi  province, 
3"  il  Gomune  rinforzato,  4°  il  sistema  tributario  riformato  ecc.  Quesli 
ed  altri  punti,  che  noi  per  brevita  omettiamo,  costituiscono  il  programma 
d'  insurrezione  legate  proposto  dall'onorevole  Sorrentino:  il  quale  ha  un 
merito  ed  un  difelto.  II  merilo  di  avere  descritto  con  coraggio  e  verita 
le  miserande  condizioni  politiche  ed  amministrative  in  cui  versa  1*  Italia 
da  un  quarto  di  secolo.  «  Nel  che  sembraci,  dice  1'  Uniid  Cattolica  nel 
suo  num.  109,  che  il  programma  elaborato  dal  Sorrentino  trovi  un  per- 
fetto  riscontro  nell'interpellanza  svolta  dall'on.  Zini,  innanzi  al  Senato, 
il  2  e  3  del  raese  p.  p.;  essendo,  nell'uno  e  neH'altra,  egualmente  di- 
mostrato,  coll'autorita  di  argomenti  e  fatti  incontestabili,  che  1' Italia 
presente  volge  a  morte.  Siamo  anzi  persuasi  che,  in  tutt'altro  Stato 
d'Europa,  fuori  dell' Italia,  un  Ministero  sul  quale  pesasse  tanta  mole 
d'aggravi,  sarebbe  posto  in  istato  d'accusa.  » 

II  difetto  e  poi  di  essere  di  una  iogenuita  di  cui  e  appena  credibile  che 
possa  essere  capace  un  deputato  del  parlamento  italiano.  «  Ne  siano  prova, 
coniinua  1'egregio  diario  lorinese,  per  tacere  d'altro,  le  ire  colonne  maestre 
sui  cui 'egli  vuole  poggiate  le  relazioni  dello  Stato  colla  Chiesa  e  sono: 

«  1°  Abbandonare  le  regalle  e  quindi  tutii  i  Placet  e  gli  Exequa- 
tur. —  2°  Rilasciare  nelle  mani  degli  Italiani  caltolici  tutto  il  residuale 
patrimonio  ecclesiaslico  e  permettere  che  essi  ramministrino  per  fine 
religioso  senza  alcuna  ingerenza,  ma  sotto  la  sorveglianza  dello  Stato. 


C28  CRONACA 

3°  Fare  rientrare  il  clcro  nel  dritlo  comune  e  considerare  1'Associa- 
zione  cattolica  come  qualunque  altra  Associazione.  —  4°  Osservare  scru- 
polosameote  la  legge  delle  guarentige  se  il  Papa  vorra  fare  allrettanto; 
ma,  se  a  lui  piacera  di  non  accettarla  o  d'  iofrangerla,  sia  lecito  anche 
allo  Stato  di  fare  )o  stesso.  > 

II  rientrare  delta  Chiesa  nel  diritto  comune  e  fuori  di  dubbio  il  meno 
che  si  possa  chiedere  in  suo  favore :  perche  equivarrebbe  a  riconoscerle 
liberta  e  diritti  pari  a  quelli  che  non  si  negano  neppure  ai  socialisii 
della  peggiore  specie.  D' altra  parte,  posta  solto  1'egida  del  diritto  co- 
mune, la  Ghiesa  sarebbe  nell' Italia  cattolica  ci6  che  essa  e  nei  paesi 
protestanti,  scismatici,  musulmani,  idolatri  e  selvaggi. 

Gi6  nondimeno  e  ben  ingenuo  1'  onorevole  Sorrentino  se  crede,  che  il 
Governo  italiano  si  acconci  ad  abbandonare  la  Ghiesa  al  diritto  comune. 
Le  rivoluzioni  non  potendo  reggersi  che  in  forza  della  lirannia  che  eser- 
citano,  sotto  il  nome  di  falsa  liberta,  come  osa  pretendere  1' onorevole 
Sorrentino  che  la  rivoluzione  italiana  rinunzi  a  tormentare  i  Vescovi,  a 
perseguitare  il  clero,  a  far  guerra  al  Papa?  Non  vede  egli  che  un  solo 
briciolo  di  liberta,  sia  pure  microscopico,  che  il  Governo  lasciasse  alia 
Ghiesa,  gli  tornerebbe  in  altrettanto  veleno?  Ghe  cosa  pu6  esservi  di  piii 
odioso  e  di  piu  pauroso  per  un  Governo  liberale  della  liberta? 

E  noti  1' onorevole  Sorrentino  che,  per  la  stessa  ragione  per  cui  alia 
Ghiesa  in  Italia  non  sara  mai  concesso  il  diritto  comune,  non  sara  nep- 
pure preso  nessuno  dei  provvedimenti  che  egli  reclama  in  favore  degli 
Italiani  angariati  ed  oppressi.  Lo  stesso  principio  rivoluzionario,  che  vuole 
da  una  parte  la  Ghiesa  schiava,  vuole  dall'  altra  un'  Italia  scorticata  dal 
«  favoritismo  e  dalla  corruzione  dall' alto  al  basso  e  dal  basso  all'  alto; » 
celebrata  pel  «  triste  primato  della  criminalita  sopra  tutte  le  nazioni 
civili;>  smunta  «  dalla  burocrazia,  che  ne  succhia  1'umoree  ne  intri- 
stisce  la  vita;  »  squattrinata  «  dal  sistema  tributario,  da  tasse  esorbi- 
tanti,  ingiustamente  ripartite  e  vessatoriamente  esatte.  » 

II  perche  1' onorevole  Sorrentino  avrebbe  dato  meglio  nel  segno  e 
meglio  provveduto  a  questa  povera  Italia,  che  vede  agonizzante  e  presso 
a  morte,  se  avesse  formulate  il  suo  programma  sul  niiovo  articolo  teste 
pubblicato  nel  diario  officioso  tedesco  il  Grenzbote  ed  intitolato:  Grande 
politico,  sulla  questione  romana,  dove,  mostrata  1' impossibility  della 
coesistenza  in  Roma  di  due  Sovrani,  si  consiglia  re  Umberto  di  trasfe- 
rire  in  altra  citta  la  capitale  del  Regno. 

6.  11  giorno  11  di  maggio  ebbero  luogo  in  Roma,  dove  moH,  mu- 
nito  dei  conforti  della  religione,  i  funebri  del  poeta  Giovanni  Prati  se- 
natore  del  regno.  Alle  ore  9  ant.  il  lungo  corteo,  passando  per  san  Sil- 
vestro  e  via  della  Mercede,  giunse  alia  parrocchia  di  Sant'  Andrea  delle 
Fratte;  quivi  si  fece  Tassoluzione  del  cadavere,  che  poscia  per  la  Pro- 
paganda, via  Frattina  e  via  Nazionale  fu  portato  al  Gampo  Verano. 


COOTEMPORANEA 

rn.  tn/»',  Ira  1«;  quali  qudle  d* 

I  la  Camera,  (It-lit-  I'mvrrsita,  dell'Istilulo  superiore  ft  mminilc,  il 
conct'rlo  nnniiripalt',  tin  lungo  stuolo  di  amici,  soldati  in  armi,  guardie 
municipali,  ecc.  —  I  cordoni  del  feretro,  che  posava  sopra  il  carro  di 
prima  classe,  erano  tenuti  dal  professore  Occioni,  dal  colonnello  Bara- 
lieri,  rappresentante  di  Trento;  dal  Torlonia,  dal  barone  De  Riseis,  Ru- 
dinl,  Coppino,  Martini,  Costanzo  eTecchio;  sul  carro  stavano  nove  co- 
rone,  tra  cui  uoa  d'alloro  coi  naslri  giallo-az/urri,  omaggio  della  colonia 
trt-iitina.  II  trasporto  fu  religiose,  sebbene  raolii  giornali,  come  \'0pi~ 
nione,  la  Liberia,  il  Popolo  Romano,  nel  dare  la  descrizione  del  cor- 
teggio,  sal  lino  a  pie  pari  il  clero  della  parrocchia  e  i  cappuccini,  che 
incedevano  dopo  un  battaglione  di  fanteria  e  prima  del  concerto  intinicipale. 
E  sistema:  1'accompagnamento  religioso  si  dissimula;  non  potendosi  fare 
che  esso  non  sia  stato,  lo  si  passa  sotto  silenzio,  come  cosa  di  cui  non 
mette  conto  occuparsi;  si  teme  forse  che  torni  faslidioso  il  dire  che  i 
cappuccini  hanno  seppellito  il  senatore?  Oppure  si  cerca  con  istudiate 
relicenze  di  allontanare  sempre  piii  dai  funerali  1'  idea  religiosa,  e  scri- 
stianizzarli,  almeno  nel  concetto  del  pubblico? 

Dopo  le  esequie  a  S.  Andrea,  il  corteggio  usci,  ma  senza  clero,  alia 
volta  di  Campo  Verano.  A  piazza  Termini  per6  si  fece  sosta,  e,  secondo 
1'uso  omai  invalso  pei  funerali  dei  personaggi  polilici,  ebbero  luogo  i 
discorsi  d'addio.  Gome  il  Prati  era  Trentino,  il  Governo  temette  che  qui 
avveuisse  qualche  guaio  irredentista,  ed  aveva  preso  dei  provvedimenti 
all'uopo,  ammonendo  i  radicali  di  stare  a  segno  e  spargendo  a  profu- 
sione  carabinieri  e  guardie  di  questura.  A  Termini  pertanto,  dinanzi  a 
S.  Maria  degli  Angioli,  si  avanz6  il  primo  a  parlare  Michele  Goppino, 
nella  sua  qualita  di  niinistro  dell'  istruzione  pubblica.  Egli  tesse  1'elogio 
delFuomo  illustre,  dimostrando  ch'egli  fu  il  poeta  di  Gasa  Savoia,  colla 
quale  era  venuto  a  Roma.  «  II  Prati,  disse,  udl  il  Gran  Re  pronunciare 
le  celebri  parole:  —  A  Roma  ci  siamo  e  ci  resteremo;  —  e  le  storiche 
parole  furono  anche  per  lui  una  verita;  esse  sono  ora  consacrate  da  due 
tombe:  una  e  al  Pantheon;  1'altra  e  quella  che  ora  si  schiude,  ed  a  cui 
tutti  mandiamo  un  riverente  saluto,  un  addio,  una  lagrima.  »  Si  diedero 
segni  di  approvazione;  ma  troppo  giustamente  alcuni  censurarono  1'evo- 
cazione,  per  lo  meno  strana,  di  quel  ci  resteremo  dinanzi  ad  una  tomba, 
e  1'affermazione,  del  pari  curiosa,  che  le  fatidiche  parole  si  awerarono, 
come  per  chi  le  avea  pronunziate,  cosi  per  chi  le  avea  ascoltate. 

Parl6  di  poi  il  Baratieri,  a  nome  di  Trento;  indi  il  Martinati,  che 
esclama:  «  Un  saluto,  una  lagrima  a  questo  valoroso  Tirteo,  che  portb 
tra  le  genti,  e  spesso  non  senza  grave  pt'ricolo,  la  sua  parola  piena  di 
vigore  e  di  fede:  II  mio  Dio  e  il  mio  EC!  Non  far6  discorsi  perico- 
losi...  Mi  sia  lecito  notare  peri,  come  non  tutii  i  suoi  voli  siano  stati 
esaudili ;  uno  glie  ne  rimase  insoddisfatto  e  forse  il  piii  caro.  Gioi  del- 


CRONACA 

I' indipendenza  delta  patria  ultimamente  afferraata  a  Roma  sul  Campi- 
doglio,  ma  non  senza  ragione  gli  ultirai  suoi  carmi  rivestono  sempre 
quella  tinta  stessa  melanconica,  che  avevano  or  sono  treot'anni.  Eeli  e 
mono  esule  nella  capitale  d'  Italia.  »  Anche  qui  tornava  il  paragone  con 
Vittorio  Emanuele.  —  Ultimo,  il  Torlonia,  ritocca  1'idea  poco  oppor- 
tuna  del  ci  resteremo,  tirata  fuori  dal  Coppino,  e  dice:  «  Roma  fu 
1'aspirazione  pert-fine,  e  dopo  tanti  affanni  raggiunta,  degli  ideali  artistici 
e  patriottici  dell'illustre  di  cui  oggi  piangiamo  la  perdita,  e  qui  diede 
1' ultimo  sospiro;  fato  di  tanti,  che  pure  in  questa  occasione  ci  tornano 
alia  memoria.  » 

Ai  funerali  del  Prati  tennero  dietro  a  poca  distanza  di  tre  giorni 
quello  del  generale  Giacomo  Maraldi,  genovese,  che  comandava  la  di- 
visiooe  di  Roma.  Vi  presero  pane  tre  reggimenti  di  fanteria,  bersaglieri, 
cavalleria,  tre  batterie  di  artiglieria,  genio,  carabioieri,  quasi  tutto  il 
presidio.  II  Maraldi  era  giovane  e  stimato  per  la  sua  dottrina.  Anche 
quest!  funerali  furono  religiosi,  e  1' assoluzione  del  cadavere  si  fece  pure 
a  S.  Andrea  delle  Fratte.  Ne  basta  ancora  di  funerali.  II  Club  alpino 
ha  voluto  fare  la  coramemorazione  funebre  di  Quintino  Sella;  ed  intanto 
gia  i  reduci,  che  si  dicono  indipendenti,  perche  professano  il  radicalismo 
puro,  hanno  diramato  inviti  a  preparare  solenni  funerali  pel  secondo 
anniversario  di  Garibaldi,  ecc. 

7.  II  Diritto,  organo  ufficioso  del  ministro  Stanislao  Mancini,  s'e 
lutto  sbracciato  di  questi  giorni  per  dimostrare  che  la  Germania  spa- 
sima  per  1' Italia,  che  1' Austria  darebbe  un  occhio  per  non  perderne 
1'amicizia,  e  che  tutte  le  mene  irredeniiste  e  fino  le  parole  profferite  in 
Senato  dal  Tecchio  in  occasione  della  morte  di  Giovanni  Prati,  non  al- 
tereranno  mai  e  poi  mai  I'intimita  che  regna  in  questo  momento  tra 
gli  Hoenzolner,  gli  Ansburgo  ed  i  Sabaudi.  Eppure  ci  e  chi  crede  che 
sia  il  rovescio.  A  questo  proposito  ecco  ci6  che  scrive  1'egregio  Os- 
servatore  Romano,  nel  suo  n.  114. 

«  Dicemmo  ieri  come  il  linguaggio  adoperato  dalla  stampa  governa- 
tiva  in  Italia  circa  le  recenti  dichiarazioni  del  principe  di  Bismark  non 
fosse  tale  da  tornare  gradito  a  quest' ultimo,  ne  molto  rassicurante  sulla 
possibility  di  associare  1'ltalia  all'indirizzo  governativo  delle  potenze 
del  Nord. 

«  Ma  se  il  Governo  germanico  avrebbe  motive  da  querelarsi  per  le 
violente  invettive  di  certa  stampa,  quello  di  Austria-Ungheria  ha  avuto 
in  questi  giorni  ben  piii  gravi  motivi  di  malcontento. 

« II  libero  sfogo  lasciato  a  Pavia  alle  piii  accentuate  tendenze  irre- 
dentiste,  ha  ricevuto  un'illustrazione  assai  grave  dalle  parole  del  presi- 
dente  del  Senato,  e  dall'adesione  generica  che  a  queste  parole  ha  fatto 
un  membro  stesso  del  Governo. 

«  Tanto  grave  e  appunto  1'incidente  provocato  da  chi  occupa  un  posto 


NEA 


iglio  si  e  creilnt"  iv.'ilnu'rit''  in 
dove:  M  parle  del  resnconto  tclegrafico  della  com- 

.nrazione  di  1'rati.  ijiit-sto  espediente  peraltro  non  fa  che  cnmplicare 
tu;i/um.',  poiche,  sen/a  impedire  che  la  notizia  di  quelle  parole 
giunga  a  Vienna,  provoca  al  tempo  stesso  le  vive  recriminazioni  della 
slampa  liberate  d1  Italia.  » 

I  (anno  peso  a  queste  osservaziooi  del  nostro  confratello  roroano  le 
notizie  che  vengono  dal  Treoiino  dove,  mentre  a  Roma  si  parlavn  del- 
1'  irredenta,  per  online  del  ministro  della  guerra  austriaco,  il  genio  nii- 
litare  ha  dato  mano  alia  costruziooe  di  due  nuovi  forti,  e  precisamente 
in  prossimita  del  luogo  di  cura  di  Levico.  L'uno  di  essi  sorgera  sopra 
UQ  colic  dieiro  il  nionte  S.  Biagio,  denominate  cnlle  delle  Benne,  1'altro 
di  fronte  a  questo  sul  dosso  di  S.  Valentino,  Comune  di  Tenna.  Inoltre, 
ha  levato  qualchc  ruracre  in  Roma  un  nuovo  articolo  deH'uflicioso 
Zukuntf  di  Berlino  che  dice  non  esistere  alleanza  fra  1'  Italia  e  la  Ger- 
mania,  aggiungendo  che  la  Germania  pu6  fame  senza,  ricordando  sempre 
che  a  Gustoza  e  a  Lissa  corrisposero  la  cessione  del  Yeneto  e  1'occu- 
pazione  di  Roma. 

Quanto  alia  parte  poi  che  e  data  all'  Italia  di  rappresentare  nella 
Conferenza  egiriana,  pare  che  dagli  stessi  giornali  devoti  al  Governn  non 
se  ne  presagisca  niente  di  buono,  perche  la  Francia  e  risoluta  a  far 
onore  al  testamento  politico  di  Leone  Gambetta  ;  parodia  per  altro  del 
grandio.so  disegno  della  Gasa  di  Francia,  di  creare  un  vasto  impero  sulle 
coste  africane.  Ora  questo  disegno  non  pu6  incarnarsi  senza  escluderne 
interaraente  1'  Italia  col  renderle  impossibile  ogni  espansione  ed  ogni  at- 
li\ita  nel  Mediterraneo. 


IV. 

COSE  STRANIERE 

AUSTRIA  (Noitrn  corrispondtnta)  —  1.  Considererole  miglioramcnto  nolle  con- 
dizioni  <li-lla  Chiesa  in  Austria.  Lodevole  contegoo  del  clero,  luttoche  scarso  di 
nomero  e  scarsamente  '•etribuito  —  2.  NUOTO  misfatlo  commesso  in  Vienna  — 
3.  Nolizie  dTnghcria.  La  legge  sui  malrimonii  fra  crisliani  ed  t-lnvi  antiata  in 
fumo.  L'opposizione  moderata  c  il  pariito  conservalore.  La  nuova  Irgge  su'le  arti 
e  mertieri.  L' antisemitismo. 

1.  Quantunque  noi,  come  chiaro  apparisce  da  una  gran  parte  del 
flnqui  detto,  non  militiamo  nolle  file  degli  ammiratori  entusiasli  del  pre- 
sente  Governo,  che  anzi  troviamo  in  esso  non  poco  da  biasimare,  non 
possiamo  pur  tut ta via  astenerci  dal  confessare  che  sotto  1'egida  del  conte 
Taaffe  le  condizioni  della  Ghiesa  in  Austria  sono  notabilmtnte  miglio- 
rate,  e  che  quei  brutali  e  inverecondi  assalti,  cui  essa  era  di  sovente 


CRONACA 

fatta  segno  anco  da  parte  della  stampa  ufficiosa,  sono  ormai  cessati. 
E'sembra  che  in  generate  si  comprenda,  non  essere  opera  prudentc  lo  scal- 
zare  dai  fondamenti  una  religione,  che  insegna  1'obbedienza  all' au  tori  ti 
costituita,  il  rispetto  ai  diritti  del  prossimo,  1'amore  verso  la  patria. 
Alia  Chiesa  e  falta  novamente  abilita  di  esercitare,  almeno  in  parte, 
uella  scnola  quella  influenza,  senza  la  quale  la  crescente  generazione  ca- 
drebbe  inevitabilmente  in  braccio  della  piu  profonda  immoralita.  Vero 
e  cbe,  durante  la  lunga  dominazione  del  liberalisroo,  molto  e  stato  di- 
slrutto,  che  con  gran  lentezza  e  fatica  sara  dato  di  riedificare;  raolto  e 
stato,  per  forza  di  circostanze,  negletto,  alia  cui  dolorosa  mancanza  non 
potra  ripararsi  con  tutta  quella  sollecitudine,  che  sarebbe  desiderabile. 
L'immensa  propagazione  del  capitalismo,  e  la  sete  di  rapidamente  ar- 
ricchire,  che  ne  e  la  inevi labile  conseguenza,  hanno  sempre  piii  assot- 
tigliato  il  numero  dei  giovani  disposti  ad  abbracciare  lo  stato  ecclesia- 
stico;  cosicchfc  il  clero  trovasi  ora  sopraccaricato  di  fatica,  specialmente 
qui  in  Vienna,  dove,  fra  1*  adem pimento  degli  obblighi  inerenti  alia  cura 
d'anime,  gli  scritti  d'ufficio  e  1'insegnamento  religiose  (il  tempo  assorbito 
da  quest' ultimo  ammonta  spesso  a  26  e  anco  a  28  ore  per  settimana, 
laddove  per  un  maestro  secolare  e  assai  se  giunge  a  18),  non  gli  rimane 
quasi  un  momento  per  prendere  il  necessario  riposo  e  perfezionarsi  alcun 
poco  nello  studio.  Oltre  a  ci6,  i  suoi  assegnamenti  sono  cos!  meschini, 
che  in  quei  luoghi,  dove  la  vita  e  piu  cara,  appena  gli  servono  pel 
necessario  sostentamento;  il  che  ben  si  comprende  che  deve  ad  esso 
riuscire  tanto  piu  duro  rimpetto  ai  poveri,  quanto  questi,  com' 6  naturale, 
si  rivolgono,  per  esser  soccorsi,  di  preferenza  al  prete.  A  malgrado  di 
si  misere  condizioni  materiali,  il  clero  si  distingue  per  grande  zelo  nel- 
1'adempimento  de'suoi  doveri,  per  infaticabile  operosita  nell'assistenza 
dei  poveri,  per  sorama  solidita  di  studi;  e  chi  per  poco  ponga  mente  a 
quanto  di  bene  esso  fa,  si  senle  mosso  a  deplorare  che  il  numero  degli 
operai  nella  vigna  del  Signore  non  sia  maggiore  di  quello,  che  e.  Un 
comitato  eletto  nel  seno  della  Camera  dei  deputati  si  occupa  presente- 
mente  nel  discutere,  sulle  basi  di  una  proposta  governativa,  il  rior- 
dinamento  e  1'aumento  delle  congrue,  in  quanto  ci6  sia  conciliabile 
coll'odierna  condizione  delle  finanze  austriache.  Grazie  allo  sperpero  ine- 
scusabile  fattone  sotto  i  passati  Governi,  il  fondo  per  il  culto  trovasi 
adesso  non  solo  esausto,  ma  in  disavanzo;  se  fosse  stato  amministrato 
con  circospezione  e  coscienza,  nulla  ormai  si  opporrebbe  al  miglioramento 
delle  materiali  condizioni  de'nostri  preti. 

De'quali  il  numero  apparisce  piu  specialmente  insufficient?  in  quei 
luoghi,  dove  le  speculazioni  industrial}  esercitate  in  vaste  proporzioni 
hanno  eretta  in  pochi  anni  una  quantita  immensa  di  fabbriche,  attraendo 
con  ci6  una  folia  d' operai,  a' cui  bisogni  spirituali  non  si  e  pensato  me- 
nomamente  a  provvedere.  Prendiamo  per  esempio  quella  contrada  vici- 


COKTEMPOfUJTEA 

<u  !.i  ili  f :  B  rlii1  in  «|iiosti  ultimi  tempi 

i1)  la  |'ii!  i/ione  per  i  ripetuti  attrntati  contro  gli  agenti  ddla 

polizia,  voglio  dire  Flnridsdorf.  nuisi  noi  troviarao  un  ordiriamento  ec- 
••o  accomodato  alia  popola/ione  di  500  anime,  contenuta  un  tempo 
in  quella  borgala,  ordinamento  che  era  allora  piii  che  sufficiente  ;<1- 
Puopo:  unu  piccola  chiesa,  doe,  con  un  parroco  e  due  cappellani.  Ora 
per6  che,  in  grazia  dell'aflluenza  di  tanti  e  tanti  operai  con  le  loro  fa- 
miglie,  la  popolazione  e  ivi  salita  a  quasi  1*2,000  anime,  la  loro  assi- 
st spirituale  diviene,  coll'accennato  ordinamento,  impossible.  Gli 
operai,  die,  essendo  per  lo  piii  gente  di  campagna,  sono  abitualmente 
religiosi  e  bramano  di  adempiere  i  loro  doveri  spirituali,  si  recano  la 
domenica  all'uflicio  divino  nella  chiesa,  ia  quale  6  tanto  angusta  die 
solo  pu6  accoglierne  un  piccol  numero.  Se  fa  buon  tempo,  quelli  ri- 
roasti  fuori  si  fermano  sulla  piazza,  che  guarda  la  chiesa;  ma  quando 
fa  cattivo  tempo,  sono  costretli  tornarsene  a  casa,  perdendo  cos)  Pabi- 
tudine,  e  presto  anche  la  volonta,  di  assistere  agli  ulliei  divini.  Lo  stesso 
dicasi  della  confessione,  la  cui  frequente  pratica  —  specialmente  nei 
dintorni  della  capitale,  che  oflre  all'operaio  tentazioni  d'ogni  genere  - 
sarebbe  assolulamente  necessaria,  ma  che  si  rende  materialmente  im- 
possibile. Segue  da  ci6  che  la  popolazione  operaia  cade  b-n  presto  in 
braccio  all' immoralita,  e  che  lo  spirito  d'anarchia  e  la  smania  di  por 
tine  non  solo  all'insopportabile  oppressione  del  capitalismo  liberate,  ma 
ben  anche  alia  monarchia  e  alle  fondamentali  istituzioni  si  dello  Stato, 
si  della  Chiesa,  vanno  sempre  piii  estesamente  propagandosi.  Piu  rapida 
ancora  procede  sotto  altri  rispetti  la  demoralizzazione;  e  sebbene  in  quel 
luogo  riboccante  di  fabbriche  non  esista  afTatto  la  prostituzionc  orga- 
nizzala,  vi  sono  per6  frequentissime  le  union!  illecite  fra  giovani  d'ambo 
i  sessi  pressochfc  impuberi.  Or,  quale  esser  possa  1'educazione  dei  1'mli 
usciti  da  somiglianti  unioni,  e  quali  uomini  essa  prometta  al  sociale 
consorzio,  fc  agevole  immaginare.  —  Non  e  neramen  raro  incontrare  fra 
la  popolazione  operaia  gente,  che  dalla  prima  confessione  in  poi  non 
ha  ricevuto  verun  Sacramento,  e  che,  mentre  non  hanno  che  legge- 
rissime  nozioni  intorno  al  cristianesimo,  considerano  invece  come  inerenti 
alia  religione  cristiana  un'intinita  di  massime  e  pratiche  superstiziose. 
Causa  di  simile  inconveniente  e  la  soverchia  indulgenza,  con  che,  ne'  luo- 
ghi  dove  sono  buon  numero  di  fabbriche,  si  us6  permettere  ai  ligli  degli 
operai  di  non  intervenire  alia  scuola  per  andare  al  lavoro;  e  ci6  per  un 
riguardo  verso  i  piii  poderosi  fabbricanti,  che  preferivano  valersi  del- 
1'  opera  dei  fanciulli,  meno  costosa  di  quella  degli  adulti  e  delle  donne. 
Trovandosi  in  que'luoghi  cootrariati  dalla  polenza  del  capitale,  i  piii 
dei  genitori  desistevano  dal  rigore,  con  cui  altra  volta  avevano  imposto 
a'propri  figli  Pintervento  alia  scuola. 

1'ero,  anche  ammessa  la  puntualiti  di  questo  intervento,  1'istruzione 


CRONACA 

religiosa  corapartita  nella  scuola  non  pub  riuscire  di  gran  vantaggio  al 
fanciullo,  posciache  i  maestri  liberal!,  spesso  raiscredenti,  si  fanno  un 
pregio  di  mettere  in  ridicolo  gl'insegnamenti  dei  ratechisti,  e  di  scre- 
dilare  in  ogn'  incontro  agli  occhi  del  fanciullo  stesso  la  nostra  religione 
santissima.  Ad  aiuli  religiosi  non  e  neppur  da  pensare :  i  genitori  sono 
troppo  ignorant!  o  tiepidi,  i  maestri  spesso  troppo  maligni  per  darsi  di 
ci6  la  menoma  briga;  quindi  e  che  in  molte  localita  vedonsi  gli  scolari 
osservare  in  chiesa  un  si  fatto  contegno  da  mostrare  il  loro  assoluto 
indifTerentismo. 

Un'altra  circostanza  contribuisce  in  alcuni  luoghi,  e  notantemente  in 
Vienna,  ad  alienare  dalla  Ghiesa  la  gia  credente  popolazione  operaia.  In 
conseguenza  della  smodata  liberta  di  circolazione,  affluiscono  cola  turbe 
di  Slavi,  che  non  intendono  il  tedesco,  e  che  o  non  trovano  nessun  prete, 
che  parli  la  loro  lingua,  o,  se  pur  lo  trovano,  questi  non  la  conosce  a 
suflicienza.  Cosl  accade  appunto  in  Vienna,  dove  in  quelle  parti,  che  sono 
piu  specialmente  abitate  da  operai  Slavi,  trovasi  appena  un  prete,  che 
abbia  una  semplice  tintura  dell1  idioma  slavo,  abbenche  questo  si  senta 
non  di  rado  in  bocca  di  Tedeschi.  A  si  deplorevole  mancanza,  che  costa 
la  perdita  di  tante  e  tante  anime,  potrebbe  agevolmente  ripararsi  colla 
nomina  di  coadiutori  ecclesiastic!  versati  nell' idioma  slavo;  ma  1'odio 
contro  gli  Slavi,  dai  liberal!  studiosamente  alimentato  per  fini  partigiani, 
rende  all'autorita  ecclesiastica,  cui  sta  sommamente  a  cuore  di  non 
porgere  alcun  incentivo  ad  agitazioni,  estremamente  difficile  e  pericoloso 
il  ricorrere  a  siffatto  espediente. 

Che  il  clero  cattolico  sia,  a  preferenza,  chiamato  ad  esercitare  un' in- 
fluenza moralizzatrice  nella  classe  operaia,  si  £  gia  veduto  col  fatto  in 
varii  luoghi  sparsi  di  fabbriche,  dove  non  di  rado,  grazie  alia  perseve- 
rante  operosita  di  un  unico  prete  dotato  di  prudenza  e  di  zelo  pel  bene 
delle  anime,  sono  stati  ricondotti  sul  sentiero  della  virtii  e  del  timore 
di  Dio  molti  e  molti  operai,  che  se  ne  erano  discoslati.  Mi  terr6  pago 
a  nomina  re  la  borgata  di  Warnsdorf  in  Boemia,  sede  di  considerevoli 
fabbriche,  la  cui  popolazione  operaia,  non  sono  che  pochi  anni,  erasi 
data  in  braccio,  parte  del  vecchio-cattolicismo,  parte  dell'  ateismo,  e  che 
ora,  merce  1'assidua  operosita  del  prete  cattolico  Opitz,  offre  nel  suo 
complesso  uno  splendido  esempio  di  pieta,  di  virtu  e  di  domestica  eco- 
nomia.  E  si  noti  che  1' Opitz  non  si  e  contentato  della  semplice  assi- 
stenza  spirituale,  ma  ha  preso,  per  quanto  pole,  interesse  alle  faccende 
domestiche  delle  famiglie  operaie,  ed  avvisato  al  modo  di  loro  procac- 
ciare  oneste  ricreazioni  afline  di  tenerle  lontane  daU'osteria  e  da  altre 
abitudini  anco  piu  viziose.  L'esito  ha  pienamente  corrisposto  agli  sforzi 
di  quel  degno  sacerdote,  ed  6  da  desiderare  che  1' esempio  di  lui  trovi 
molti  e  molti  imitatori. 

E'  non  conviene,  al  certo,  dimenticare  che  il  prete  cattolico,  perche 


NBA 

tan/.iali  •'  ilmvvoli  surct'ssi  in  me//o  alia 

^e  operaia,  ha  Nisogno  di  avere  dinan/.i  a  se  gente  cosliluita  in  tali 
condizioni  material!,  che  presentino  almeno  una  certa  tal  quale  soliditu 
e  indiperulenza.  Imperoccl^,  qual  frutto  raai  produrranno  le  sue  esorta- 
zioni  a  fn-qin'iiiare  1'ufflcio  domenicale,  nell'animo  di  chi  spesso  e  co- 
stivtto  a  lavorare  1'inlera  domenica,  o  per  lo  meno  fioo  a  mezzogiorno 
se  non  vuol  essere  cacciato  via  dalla  fabbrica  e  cosl  rimaner  privo  di 
pane?  Quanto  non  deve  riuscire  diflicila  1'osservanza  del  settirao  coman- 
damento  per  uomini,  che  dal  lavoro  accanito,  dell'intera  settimana  ri- 
traggono  appena  di  che  sfamare  con  soio  pane  se  e  le  loro  famiglie? 
Quanto  difficile  noo  sara  1'obbedienza  a  un  altro  comandamento  per 
certe  operaie,  che  dai  fabbricanti,  da' loro  flgli  o  intendenti  vengono  tra- 
scinate  a  graveraente  peccare,  colla  minaccia  che,  in  caso  di  renitenza, 
perderebbero  il  lavoro,  e  col  lavoro  il  meschino  pane  onde  sostentare 
se  stesse,  e  non  di  rado  persino  le  loro  creature?  —  Ghiunque  per  poco 
conosca  le  condizioni  delle  fabbriche  in  Austria,  sa  che  la  massima 
parte  degli  operai  trovansi  in  si  disperata  situazione,  che  il  prete  con 
dolore  indicibile  conosce  tornar  vano  contro  di  essa  ogni  suo  sforzo.  Uno 
scritto  venuto  teste  alia  luce  in  Vienna  sotto  il  titolo  «  Gondizioni  ma- 
terial! della  classe  operaia  in  Austria  »,  scritto,  che  ha  destato  un  ru- 
more  immenso,  e  che,  essendo  il  risultato  di  accurate  investigazioni 
fatte  da  persone  degne  di  fede,  porta  in  se  1'impronta  della  verita,  di- 
mostra  trovarsi  suppergiii  1'operaio  austriaco  in  tale  uno  stato  di  mi- 
seria,  che  pu6  addirittura  chiamarsi  spaventevole,  ed  e  di  gran  lunga 
peggiore  di  quello  degli  operai  francesi. 

2.  Nel  mentre  che  noi  stavarao  scrivendo  queste  righe,  veniva  per- 
petrato  in  Vienna  slessa  un  altro  misfalto,  che  si  riconnetle  con  1'uc- 
cisione  degli  agenti  di  polizia  in  Floridsdorf,  ma  che,  fortunatamente, 
non  ha  avuto  un  esito  parimente  orribile.  Un  operaio  licenziato,  per  nome 
Kararaerer,  del  quale  la  polizia  era  in  cerca  da  parecchi  giorni,  feri 
con  vari  colpi  di  rivoltella  due  agenti  di  polizia,  che  volevano  arrestarlo; 
perquisite  il  domicilio  di  lui,  vi  si  rinvenne  una  bomba  carica  a  dina- 
mite.  Gostui  proveniv?.  dalla  Svizzera,  donde  pur  proveniva  1'assassino 
del  Bloch.  Ghe  cosa  dunque  intendeva  fare  della  sua  bomba  quello  scia- 
gurato,  qual  &  il  floe  dei  reati  commessi  a  Floridsdorf  e  di  tutii  gli 
altri  fatti,  che  rivelano  un  sistema  di  terrorismo  con  Una  mali/.ia  im- 
maginato?  Cui  prodest?  Agli  operai  anarchici,  forse?  —  Ma  costoro 
vengono,  al  seguito  di  que'  fatti,  espulsi,  gettati  con  le  loro  famiglie 
nella  miseria,  privati  del  loro  torchio  clandestine  e  de'loro  strumenti 
d'agita/ione.  Molto  danno  a  loro  proviene  dal  fatto  proprio;  vanlaggio, 
nessuno.  —  Ai  moderali  democratici  sociali'.'  Ma  questi  veggono,  in  se- 
guito di  (jue'n-ati,  menomata  quella  stessa  civil  liberta,  donde  aspetta- 
vauo  la  loro  salvezza;  veggono  pienamenle  fallito  lo  scopo,  che  si  eran 


CRONACA. 

prefisso.  —  Ai  conservatori  cristiani?  Ma  questi  temono  che  i  provve- 
dimenti  dal  Governo  presi  in  senso  retrograde  non  abbiano  a  far  capo 
all'  assolutismo,  il  quale  finira  col  distruggere  affatto  la  loro  influenza, 
raandare  a  vuoto  i  loro  tentativi  di  sociale  riforma,  e  promuovere  il 
trionfo  del  liberalismo,  al  cui  carro  e  aggiogata  quasi  tutta  la  classe 
dei  funzionari  superior!.  Cui  prodest?  Chi  e  che  racquislerebbe  il  per- 
duto  dominio,  e  con  esso  la  possibilila  di  volgere  novamente  a  proprio 
profitto  i  niezzi  finanziarii  dell'Impero?...  Noi  ci  fondiamo  sopra  faiti, 
che  sono  a  nostra  piena  cognizione,  allorquando  aftermiamo  che  i  recenti 
turaulti  popolari,  lo  scandalo  avvenuto  nella  chiesa  di  Favoriten,  e  qual- 
cos'altro  ancora,  furono  pagali  da  gente,  che  ha  un  particolare  inte- 
resse  a  far  nascere  un  panico  generale  e  a  veder  posti  in  opera  quegli 
energici  mezzi  di  difesa,  che,  secondo  ogni  probabflita,  ne  sarebbero  la 
conseguenza.  Sapienti  sat. 

3.  In  Ungheria  sono  accaduti  in  questi  ultimi  mesi  fatti  non  meno 
important!,  tuttoche  men  tristi,  di  quelli  al  di  qua  della  Leitha.  II  ten- 
tativo  del  presidente  dei  ministri  per  imporre  al  popolo  ungherese  una 
legge  autorizzante  il  matrimonio  fra  cristiani  ed  ebrei,  dalla  Chiesa  cat- 
tolica  espressamente  vietato  e  anco  dagli  ebrei  credenti  condannato,  abortl 
pienaraente,  grazie  alia  fermezza  spiegata  dai  conservatori  nella  Camera 
alta;  ma  v'ha  di  piu:  1'insigne  oltraggio,  che  il  Governo  liberale,  ce- 
dendo  agl'influssi  deH'onnipossente  consorteria  giudaica,  erasi  attentato 
d'  infliggere  al  popolo  cristiano,  eccit6  un  movimento  non  meno  risoluto 
che  esteso  in  tulti  quanti  gli  elementi  conservatori  dell'  Ungheria,  i  quali 
sonosi  gia  raggruppati  in  un  poderoso  partito,  alia  cui  testa  trovansi 
70  membri  della  Camera  alta,  capitanati  dal  conte  Ferdinando  Zichy. 
In  questa  schiera  1' Episcopate  non  ha  che  un  solo  rappresentante,  e 
questi  e  1'altrettanto  facondo  che  zelante  Arcivescovo  Samassor;  ma 
sarebbe  fare  un  gran  torto  a'supremi  Pastori  catlolici  dell' Ungheria 
Tascrivere  il  loro  riservato  contegno  a  tepidezza  di  sentimenti  religiosi. 
Molti,  infatti,  tra  loro  levaronsi  con  assai  risolutezza  a  parlare  nella 
Camera  alta  contro  i  matrimoni  fra  cristiani  ed  ebrei;  e  basteri  qui 
accennare  alle  dissertazioni  oratorie  uscite  in  quella  occasione  dalla  bocca 
del  Primate  d' Ungheria,  Cardinale  Simor,  del  Cardinale  Haynald,  del 
Vescovo  Schleuch,  perche  svanisca  ogni  sospetto  a  questo  riguardo.  II 
riserbo,  altronde,  nei  rapporti  politici,  e  all'Episcopato  ungherese  im- 
poslo  dalla  prudenza  cristiana.  II  Governo  ungherese,  o  piuttosto  i  grossi 
capitalist,  che  gli  stanno  a  tergo,  aspettano  con  febbrile  impazienza  un 
pretesto  plausibile  per  istendere  la  rapace  lor  mano  sulle  considerevoli 
sostanze  temporal!,  onde  gode  tuttora  la  Chiesa  in  Ungheria,  e  far  loro 
prendere  quella  strada  medesima,  che  hanno  gia  presa  i  beni  ecclesia- 
stic! nella  maggior  parte  degli  Stati  europei ;  e  ci6  con  detrimento  gra- 
vissimo  del  culto,  e  piu  assai  de'  poveri,  che  non  potrebbero  chiamarsi 


COYTEMPORAJfEA 

M  fintantocM  i  heni  della  Chirsa  rimanessero  in  mano  del  clero. 

II  pn'sidente  dei  ministri,  signer  Tisz.i,  ha  piii  d' una  volta  lanciala  in 

amento  la  minaccia  eh'  ei  saprebbe  punire  qualsiasi  movimento  cat- 

•<•>,  ponendo  mano  ai  beni  della  Chiesa.  Chiuoque  per6  sa  quanto 
di  bene  fanno  con  le  loro  sostanze  i  Vescovi  ungheresi,  dovra  convenire 
che  bisogna  far  di  tutto  accio  quella  minaccia  ri manga  priva  d'elTetlo. 
La  popolazione  cattolica  dell' Ungheria  conosce,  d'alironde,  benissimo 
che  i  suoi  supremi  Pastori  spiritual!  nulla  hanno  maggiormente  a  cuore 
che  il  suo  benessere;  si  ha  di  ci6  una  prova  nolle  pubbliche  attestazioni 
di  riconoscenza  da  lei  entusiasticamente  tributate  ai  Vescovi  al  loro 
ritorno  dalla  Camera  dopo  il  voto  intorno  alia  legge  dei  malrimoni  misti, 
e  nelle  quali  presero  parte  fln  molti  fra  gli  ebrei  credent!,  che  ai  pari 
dei  cattolici  altamente  riprovano  unioni  cos!  falte. 

II  nuovo  partito  conservatore,  adunque,  conta  numerosi  aderenti  nella 
credente  popolazione  cattolica,  nella  nobilta  imbevuta  di  sentimenti  cri- 
sliani,  e  nel  clero:  solo  nella  Camera  dei  deputali  non  e  per  anco  rap- 
presentato.  Gli  ecclesiastici,  che  in  essa  seggono,  si  accordano  —  ci  duole 
il  doverlo  dire  —  quasi  generalmente  con  quel  partito,  che  si  accosta  ai 
presente  mioistero,  e  il  cui  liberalisrao  e  unicamente  sorpassato  da  quello 
del  partito  d' opposizione,  cosl  detto  d'  indipendtnza,  il  quale,  oltre  a 
una  sconfmata  liberta  sotto  i  rispetti  politics,  religiosi  e  di  nazionale 
economia,  vorrebbe  anche  1'assoluto  svincolamento  dell'Ungheria  dalla 
monarchia  austriaca,  cosicchfc  sola  la  persona  del  Monarca  costituisse 
1'anello  di  congiunzione  fra  ambe  le  parti. 

L'  Opposizione  moderata  nella  Camera  dei  deputati  ungherese  si 
compone  di  uomini  piii  o  meno  animati  da  spirito  conservatore,  ma  che 
oon  hanno  tutti  idee  chiare  in  politica;  talche  in  mezzo  a  loro  accade 
spesso  incontrare  opinioni  le  piii  disparate.  Parimente  assai  diverso  e  il 
loro  modo  di  vedere  in  fatto  di  religione;  ma  anche  i  cristianamente 
pensanti  slimano  di  dovere,  per  ragioni  politiche,  serbare  esternamente 
un  certo  ritegno  in  cosl  fa  tie  materie.  Giova  per6  sperare  che,  non  appena 
siasi  propagate  nel  paese  il  movimento  cristianamente  conservatore,  que- 
sto  ritegno  verri  per  parte  loro  a  cessare.  L' opposizione  moderata  e 
stata  fino  ad  ora  lenuta  per  1'  unico  partito,  che  dopo  1'eventuale  caduta 
del  gabinetto  liberate  Tisza  si  mostrasse  at  to  a  succedergli.  II  piii  co- 
spicuo  fra  i  capi  del  partito,  \\primo  ministro  dell' avvenire,  e  il  conte 
Alberto  Apponyi,  uomo  dotato  di  non  comuni  talenti,  di  estese  cogni- 
zioni  e  d'immensa  forza  di  voloma;  flglio  del  gia  Cancelliere  e  Index 
cvriac  conte  Giorgio  Apponyi,  il  quale  merita  di  esser  appellate  una 

•  colonna  della  Chiesa  cattolica  e  dei  principii  conservator!  in  Un- 
gheria,  e  anco  recentemente,  col  suo  splendido  e  afTascinante  discorso 
pronunziato  nella  Camera  alia  contro  il  matrimonio  fra  cristiani  ed  ebrei, 
coQtribui  potentemente  alia  reiezione  di  quel  riprovevole  disegno  di  legge. 


C38  CRONACA 

Alberto  Apponyi  e  quel  dosso,  dalla  cui  bocca  uscl  in  pieno  Reichstug 
la  celebre  sentenza :  «  Chi  accetla  dalla  societa  piii  di  quello  che  ad  essa 
non  dia,  e  un  ladro  »;  sentenza,  che  fin  d'allora  divent6  la  parola  d'or- 
dine  de' conservator!  cattolici  si  in  Ungheria  come  in  Austria,  e  che 
rammentando  alia  nobilta,  la  quale  pin  d1  una  volta  li  aveva  diraenticati, 
i  doveri  inerenti  alia  sua  privilegiata  posizione  e  a'suoi  vasti  possessi, 
fu  a  lei  un  potente  impulso  a  schierarsi  coraggiosamente  in  difesa  dei  di- 
ritti  della  Chiesa  cattolica  perseguitata  dal  liberalismo  in  Austria,  nonche 
delle  popolazioni  spietatamente  dissanguate  dal  capitalismo  liberate. 

Esistendo  pertanto  raolti  punti  di  contalto  fra  il  partito  conservatore 
e  1'opposizione  moderata,  e  da  prevedere  che  andranno  ambedue  d'ac- 
cordo  su  molte  questioni,  pur  conservando  ciascuno  la  propria  -indipen- 
denza.  Ambedue  si  prefiggono  il  politico  afTorzamento  dei  regni  e  paesi 
riuniti  insieme  sotto  il  nome  d' Ungheria,  senz'allentare  vie  maggiormente 
il  vincolo,  che  li  congiunge  alia  meta  occidentale  della  monarchia,  sic- 
come  vorrebbe,  disconoscendo  affatto  le  condiziooi  vitali  della  sua  patria, 
il  partito  d' indipendenza.  Mentre  poi  il  partito  conservatore  cattolico 
pone  in  cima  al  suo  programma  la  riforma  saddle  giusta  i  princij>ii 
delta  giustizia  cristiana,  lo  stesso  non  fa,  disgraziatamente,  in  quanto 
partito,  l'opposizione>  moderata,  sebbene  alcuni  fra'suoi  membri,  il  conte 
Apponyi  per  esempio,  non  siano  punto  lontani  da  un  simil  modo  di  vedere. 

Lo  spirito  crislianamente  sociale  del  nuovo  partito  conservatore  e 
quello,  che  gli  procaccia  gran  numero  d'aderenti  nella  popolazione;  la 
quale,  precipitata  nel  corso  di  pochi  decenni,  per  dato  e  fatto  del  capi- 
talismo liberate,  dal  piii  florido  benessere  nella  piii  squallida  miseria, 
invoca  ora  a  calde  lacrime  una  legale  riparazione  a  uno  stato  di  cose 
si  misprando,  e  non  pu6  sperarla  che  dallo  Stato  col  mezzo  dei  conser- 
vatori  cattolici.  Ci6,  che  il  dominante  partito  liberate  offre  al  popolo  in 
questo  rapporto,  lo  mostra  chiaramente  la  legge  sulle  arti  e  mestieri, 
che  il  Governo,  dopo  tanti  richiami  degli  esercenti,  ha  presentata  al 
Reichstag.  Invece  di  restringere,  come  si  chiedeva  dagli  aventi  interesse, 
la  libert^  industriale  per  mezzo  di  associazioni  obbligatorie  e  di  atte- 
stati  di  capacM,  il  nuovo  disegno  di  legge,  in  una  parte  de'suoi  para- 
grafi,  impone  diverse  restrizioni  a  quella  liberta,  e  nei  rimanenti  apre 
la  via  e  indica  il  modo  di  eludere  quelle  restrizioni.  Si  voile  cosl,  nel 
tempo  stesso,  mantenere  la  tanto  dai  liberal!  propugnata  Liberia  indu- 
striale (il  violare  la  quale  sarebbe  stato,  per  quanto  si  assicura  nei 
motivi  della  relazione,  un  andar  contro  allo  spirito  del  tempo),  e  appa- 
gare  i  desiderii  degli  esercenti  non  gia  concedendo  loro  cid  die  doman- 
davano,  ma  s\  facendo  una  legge,  in  cui  fosse  scritto  il  nome  della  cosa 
domandata;  nella  credenza  che  gli  aventi  interesse  si  sarebbero  contentuti 
di  tenere  I'apparenza  per  sostanza.  Ma  non  cosi  sono  andate  le  cose: 
chfc  la  nuova  legge  sulle  arti  e  mestieri  ha  suscitata  Tindignazione  si 


Id  partito  coiisfrvalore;  e  il  Governo  unghe- 
,  che  a  questo  e  a  quella  aveva  apprestato  un  similr  tnistullo  con 
juanlo  rivolto  alle  prossime  elezioni,  raggiungera  1'intento  precisa- 
mente  opposlo  a  quello,  che  si  era  prefisso. 

Oltreche  coi  gia  montovati  partiti,  il  Governo  liberate  avra  pur  da 
ii  occasione  delle  nuove  elezioni,  col  partito  dell'antisemi- 
tismo,  intorno  al  quale  io  vi  tratteneva  a  lungo  in  una  delle  precedent! 
mie  corrisponden/.e  sulle  cose  d'Ungheria  e  che  (prescindendo,  ben  inteso, 
da'suoi  riprovevoli  eccessi)  altro,  in  soslan/a,  non  e  che  un'evoluzione  in 
>  conservatore.  Questo  carat tere  presenta  Tantisemilismo  non  pure  in 
Ungheria,  ma  anco  nell'Austria  occidentale,  dove  gli  antist-miti,  in  prin- 
ciple per  la  massima  pane  miscredenti,  vanno  serapre  piu  accostandosi  al 
cristianesimo.  La  stampa  giudaica  schernisce  e  calunnia  la  Chiesa  cat- 
tolica  e  i  suoi  ministri ;  il  cittadino  e  operaio  antisemitico,  che  priraa 
non  ne  voleva  sapere  ne  di  messa  ne  di  predica  ne  di  Sacramenti,  e 
fuggiva  il  prele  come  la  pesle,  frequenta  ora,  in  odio  agli  ebrei,  la  chiesa, 
addimostra  al  prete  cattolico  la  sua  venerazione,  ne  ascolta  di  buon 
grado  gli  avvertimenli,  e  flnisce  col  diventare  un  buon  cristiano  e  aver 
cura  che  i  suoi  figli  vengano  allevati  religiosamente.  Sappiamo  infatti 
di  cittadini,  che  per  lo  innanzi  sberteggiavano  le  pratiche  cristiane,  e  il 
consiglio  di  usare  a  chiesa  respingevano  sdegnpsi,  dicendo  «  non  esser 
eglino  ne  fanciulli  ne  donnicciuole  »;  sappiamo  che,  da  quando  si  son  dati 
all'antisemitismo,  hanno  preso  a  difendere  con  calore  gl'interessi  religiosi, 
e  fino  ofTerte  somme  considerevoli  per  la  costruzione  di  nuove  chiese  e 
per  la  propagazione  del  culto  cattolico.  La  tracotanza,  con  che  il  giu- 
daismo  riformatore  miscredente  e  la  frammassoneria  atea,  sua  fida 
alleata,  perseguitano  la  religione  cristiana,  eccita  anco  nei  piu  tiepidi 
fra  i  cristiani  una  salutare  reazione,  ridesta  nell'animo  loro,  per  un  efTetto 
psicologico  agevole  a  comprendersi,  il  gia  sopito  sentimento  d'amore 
verso  la  religione  loro  santissima;  e  questo  sentimento,  congiunto  a 
considerazioni  politiche  e  di  nazionale  economia,  li  spinge  con  forza 
irresistibile  verso  il  partito  conservatore,  come  ce  ne  offrono  splendido 
esempio  tanto  1'Austria  quanto  T  Ungheria.  Infatti,  anche  il  programma 
politico-sociale  del  partito  antisemitico  nella  Camera  dei  deputati  un- 
gherese  e  notoriaraente  ed  esclusivamente  concepito  in  senso  conservatore. 
Questo  irresistibile  movimenio  verso  il  cristianesimo  e  verso  i  suoi 
principii  di  giustizia  sociale  desta  la  collera  e  1'apprensione  de' fram- 
massoni  e  de'giudei  riformatori,  che  insieme  uniti  formano  il  partito 
liberale.  Sono  essi  oltreraodo  potenti,  siccome  quelli,  che  col  loro  si  sterna 
capitalista  han  fatto  passare  nelle  proprie  tasche  le  sostanze  della  po- 
polazione;  ubbidisce  a1  loro  cenni  la  maggioranza  dei  pubblici  fuozionarii 
s\  superiori  come  inferiori,  e  anco  gran  parte  del  corpo  insegnante,  di 
cui  nessuno  ignora  1' influenza  considerevole  nelle  elezioni.  Arrogi  che 


CRONACA   CONTEMPORANEA 

nella  scelta  de'mezzi  essi  sono,  come  abbiamo  gia  detto,  tutt'altro  che 

scrupolosi Quello,  che  soprattutto  essi  mirano  a  impedire,  e  1'efTet- 

tuazione  della  riforma  sociale  propugnata  dai  conservator!  cattolici,  la 
quale  renderebbe  loro  impossible  il  trarre  piii  a  lungo  un  inonesto 
profitto  dalle  classi  produttrici ;  e  il  ristabilimeoto  nelle  scuole,  e  cost 
nel  cuore  della  crescente  generazioae,  del  cristiaoesimo  da  loro  mortal- 
mente  odiato.  II  fine  stesso,  che  quell'  erapia  setta  ha  gia  conseguito  in 
Francia,  essa  cerca  d'  ottenerlo  anche  fra  noi.  Essa  adopera  una  grande 
finezza  ad  illudere  sulle  sue  vere  intenzioni  una  parte  della  popolazione 
tedesca  dell' Austria,  facendole  credere  che  combatte  a  sostegno  dei  di- 
ritti  della  nazionalita  germanica  nell'Impero;  diritti,  che  (come  ben  sa 
chi  conosce  lo  slato  interno  dell'Austria)  non  sono  menomamente  mi- 
nacciati.  Ove  pertanto  ai  conservatori  riuscisse  persuadere  la  popolazione 
tedesca,  specialmente  in  Boemia,  della  falsita  di  tale  asserzione,  verrebbe 
quella  setta  perversa  a  perdere  un  potente  punto  d'appoggio;  del  che 
molto  si  avvantaggerebbe  la  causa  della  Chiesa  e  del  popolo  cristiano 
nelTAustria. 


N.  B.  Nel  quaderno  813  a  pagina  353  fu  recato  un  testo 
dell'jEsoflfo  XXI,  in  conferma  della  sentenza  di  san  Tommaso 
intorno  al  tempo  dell'  aniinazione  del  feto  umano.  Fa  omesso 
allora  di  avvertire,  che  il  detto  testo,  diverso  in  parte  da  quello 
della  Volgata,  non  fu  tolto  da  questa,  ma  si  dai  Settanta,  che 
fanno  anch'essi  autorita.  Ecco  com'esso  si  legge  nel  greco  ori- 
ginale,  di  cui  e  versione  ii  testo  citato  da  noi: 

say  51  pLa^wytaj  5Jo  avS/3;$  Y.OLI  TUX.IG&PVI  yuyatxa  iy 
xat   s^sX^vj  TO  nzifttov 


eav  s  ecfxovja-pLsvov  y,  &>7£(  (i>xv  (VT'  ^Xj  x-  T-  ' 
Pietro  Lombardo,  nel  libro  II  delle  Sentenze,  Distinz.  31,  alleg6 
allo  stesso  proposito  il  medesimo  testo. 


FE  A  CESARE  nUEL  CHE  I-  DI  CESARE 


I. 

ie  present!  luttuosissime  vicende  della  Santa  Chiesa,  so- 
pramuiodo  degno  di  nota  e  un  fatto  onde,  quasi  da  maligna 
radice,  rampollauo  infmiti  sconforti,  errori,  inganni,  debolezze  e 
persino  vergognose  diserzioni.  II  liberalismo  moderno  poco  o 
nulla  curante  del  principii  su  cui,  coine  sopra  durissima  roccia, 
s'innalza  1'edifizio  divino  del  cattolicismo,  piglia  ad  oppugnarne 
in  tutte  le  guise  certe  conseguenze,  le  quali,  se  le  separate  dai 
principii,  mal  reggono  contro  1'  urto  di  nemici  inveleniti  dalla 
passione  di  parte  e  usi  a  tutti  i  sofismi.  Dovrebbero  per6  gli 
apologisti  della  Chiesa  assorgere  ogni  volta  ai  principii:  e  spesso 
ancora  lo  fanno  con  eroica  pazienza.  Ma  oltreche  questo  modo 
di  difesa  riesce  malagevole,  e  agli  scritton  di  fogli  quotidiani 
anche  impossibile,  in  pratica  che  accade?  In  pratica  gli  avversarii, 
passando  sopra  alia  discussione  de' principii,  ritornano  con  lena 
instaucabile  a  battere  in  breccia  quelle  particolari  conseguenze; 
mentre  a  voce  grossa  infilzano  le  solite  mvettive  contro  preti  e 
clerical  i,  ricantando  senza  fine  che  essi  abusano  della  Religione 
a  scopi  politici,  che  iniinicano  la  civilU  ed  il  progresso  dei  po- 
poli,  che  si  adoperano  con  odio  parricida  a  distruggere  1'unita, 
T  indipendenza,  il  benessere  del  proprio  paese.  Onde  due  deplo- 
revolissime  conseguenze.  Ogni  polemica  seria  ed  efficace  diviene 
con  cotestoro  del  tutto  impossibile;  e  insensibilmente  nell'animo 
di  molti  cattolici,  o  poco  illuminati  o  troppo  fiacchi,  entrano  la 
diffidenza  ed  il  dubbio. 

Questa  strategia  non  e  nuova.  Voltaire  e  gli  enciclopedisti 
del  passato  secolo  la  provarono  gia,  ahi!  troppo  feliceinente, 
nella  guerra  da  essi  ingaggiata  contro  la  rivelazione  e  tutto  For- 
dine  soprannaturale.  Invece  di  farsi  a  ribattere  le  prove  liinpi- 
dissiuie  ed  inconcusse  a  cui  s'appoggia  I'arraonico  e  magnifico 
sisteina  della  Religione,  vedendo  chiaramente  questa  esser  cosa 
impossibile,  sparsero  il  ridicolo  su  certe  credenze,  le  quali,  ben- 

Serie  XII,  rot.  VI.  fate.  816  II  10  giitgno  1&J4 


DAI  ::K   <jn-:L    (.UK    K    Ul    CESARE 

che  punto  nulla  repugnant!  siano  alia  ragion  natnrale,  meglio 
per6  che  in  se  medesime  hanno  la  loro  sfolgorantissima  giu- 
stificazione  nel  conserto  soprannaturale  a  cui  appartengono.  Per 
tal  guisa  furono  gia  in  passato  di  leggieri  travolte  molte  fan- 
tasie;  e  nel  medesimo  modo  si  seguita  anche  oggidi  ad  arreti- 
care  le  menti  poco  disciplinate  di  tanti,  disputando  coi  quali 
bisogna  presto  troncare  ogni  discorso,  perche  torna  irapossibile  il 
richiamarli,  ad  ogni  pie  sospinto,  ai  primi  principii  della  dimo- 
strazione  cattolica  e  perfino  alia  persuasione  capitalissima  e 
fondamentale  dell'  esistenza  di  un  Dio  Creatore. 

Non  altrimenti  accade  nelle  dispute  occorrenti  intorno  ai  diritti 
che  la  Chiesa  ed  il  Pontificate  romano  vantano,  sia  in  generale, 
rispetto  alia  societa  civile  del  secolo  XIX,  sia  anche  in  partico- 
lare,  riguardo  a  questo  od  a  quell' altro  Stato.  E  piu  specialmente 
ci6  avviene.  in  Italia,  a'dl  nostri,  per  quelle  giustizie  di  S.  Pietro, 
dalla  Provvidenza  e  4dai  secoli  date  alia  Santa  Sede,  come  ba- 
luardo  della  sua  indipendenza  e  confiscate  dalla  rivoluzione  col 
pretesto  dell'unita  della  patria.  Per  poco  che  circa  tali  raaterie 
voi  iinpegniate  discorso  colle  persone  educate  nella  scuola  libe- 
rale,  vi  avvedete  della  necessita  di  rivolgere  al  vostro  interlocu- 
tore  questa  domanda,  a  vero  dire,  poco  cortese :  Ma,  di  grazia, 
signor  mio,  come  intende  ella  la  Chiesa  cattolica? 

Pur  essendo  per  il  battesimo  e  1'istituzione  infantile  cattolici, 
hanno  tuttavia  smarrito  persino  il  concetto  rudimentale  della  lor 
Chiesa;  e  mostrano  aperto,  non  che  di  rifmtarne  la  divinita,  ma 
ben  anche  d'ignorare  che  essa  e  una  societa  visibile,  fornita  fin 
dalle  sue  origin!  di  un  complete  organismo,  il  quale  la  rende 
acconcia  a  procurare  da  s6  stessa  il  suo  proprio  fine.  Posta  una 
tale  ignoranza,  qual  meraviglia  che  costoro  non  intendano  poi 
nulla  nella  contesa  che  dappertutto,  ma  piu  specialmente  in 
Italia,  ferve  oggidi  tra  la  societa  ecclesiastica  e  la  societa  ci- 
vile? La  quale  contesa  ha  nn' importanza  molto  piu  universale 
che  non  parrebbe  derivar  dagli  oggetti  intorno  a  cui  ordinaria- 
mente  si  concentra.  Imperocche  realmente  essa  riducesi  al  punto 
capitalissimo  di  sapere,  se  la  Chiesa  cattolica  sia  o  non  sia  un 
vero  Potere;  pubblico,  doe,  sociale,  giuridico,  avente  una  sua 


t-i.  a  cui  la  si>rirt;i  ri 

dlvenir  'a  e 

ID  a. 

II. 

4a  personalita  giuridica  del  Potere  ecclesiastico  6  un  fatto 
che  dura  da  diciannovo  secoli,  e  un  diritto  a  caratturi  d'oro 
scolpito  da  Dio  medesimo  nel  Codice  Evangelico,  e  costitui  mai 
-pre  anche  uno  dei  fondamenti  della  civilta  cristiana.  Ma  le 
societa  ammodernate,  col  loro  modo  di  diportarsi  verso  la  Chiesa, 
mostrano  d'averla  in  non  cale,  e  liberal!  Italian!  di  qualche 
grido  si  adoperano  presentemente  a  scalzarla  in  certi  lor  scritti, 
notevoli  ivrtamente  piu  per  1'audacia  delle  affermazioni,  die  pel 
vigore  degli  argoraenti  e  la  profondita  della  scienza  teologica, 
filosofica  e  canonica. 

In  cid  fare  questi  liberal!  italiani  ravvisano  il  proprio  torna- 
conto,  che  consiste  nel  togliere  alia  necessita  dell'indipendenza 
territorial  e  sovrana  della  Santa  Sede,  sostenuta  principalmente 
fuori  d'  Italia  da  scrittori  gravissimi  anche  liberal!,  proclamata 
senza  posa  dal  Sommo  Pontefice,  dall' Episcopate,  dal  inondo 
cattolico,  il  prirao  e  piu  robusto  suo  fondamento.  E  di  vero,  negate 
alia  Chiesa  cattolica  T  essere  di  societa  visibile,  fornita  dal  Di- 
vino  Istitutore  d'una  propria  azione  realmente  giuridica,  uon 
pur  sulla  coscenza  interiore,  ma  altresl,  in  quanto  al  fine  spi- 
rituale  dell'eterna  salvezza,  sugli  atti  e  le  relazioni  esterne  in- 
dividuali  e  social!  dei  milioni  d'uomini  d'ogni  favella  e  d'ogni 
gente  che  la  compongono:  che  cosa  rlman  piu  da  fare  alia  Chiesa 
cattolica,  e  soprattutto  al  Papa,  il  quale  in  se  stesso,  coine  Vi- 
cario  di  Cristo,  ne  incentra  tutti  i  poteri?  —  Proporre  i  dommi 
rivt-lati,  per  chi  li  vuol  credere;  dare  precetti  di  morale  e  rego- 
lameuti  pratici  di  condotta,  per  chi  li  vuol  accettare;  ordinar 
nelle  Chiese  le  solennita  religiose  e  le  opere  del  culto,  per  chi 
trova  commodo  di  parteciparvi.  —  Or  tutto  questo  domanda  forse 
che  il  Capo  del  Cattolicismo  sia  Sovrano  teinporale  con  proprio 
territorio  e  proprii  sudditi? 

:i6.  II  Papa,  i  Vescovi  continuano  a  far  tutto  ci6  anche 


!>v;  <vKE 

dopo  la  caduta  del  Poter  temporale  per  le  arnii  italiane.  In  che 
I'insediamento  di  un  Governo  laico  e  d'nn  Re  d' Italia  in  Roma 
hanno  irapedito  o  possono  pel  future  impedire  1'esercizio  dell'au- 
torita  spirituale  del  Papa;  se  essa  tutta  quanta  riducesi  a  quella 
superiorita  morale,  direttiva  delle  coscienze  individual!  che  i 
liberal!  sopra  mentovati  si  contentano  di  riconoscerle,  dopo  averle 
negato  ogni  potere  giuridico?  E  come  dunque  dai  cattolici  poli- 
ticanti  pu6  con  tanta  pervicacia  continuare  a  sostenersi,  che  v'  ha 
nesso  necessario  tra  il  Dominio  temporale  del  Papa  e  la  sua 
Sovranita  spirituale?  E  perche  il  Papa  seguita  a  ri empire  il 
mondo  di  querimonie?  Per  un  lerabo  di  porpora  regale,  per  quattro 
palmi  di  terra,  Egli,  che  e  il  Vicario  del  Re  dei  re  e  che  possiede 
le  chiavi  del  Regnode'cieli,  vuol  dunque  contendere  a  quest' Ita- 
lia, di  cui  e  figlio,  il  diritto,  a  niun  popolo  negato,  di  costituirsi 
in  nazione,  e  il  possesso  di  quella  gloriosa  Roma,  che  sola  natu- 
ralmente  e  storicamente  pu6  essere  la  sua  Capitale? 

Quindi  poi  i  liberali  ragionano  cosl:  II  Papa  non  finisce  di 
protestare  che  rivuole  il  suo  civil  Principato,  non  per  ambizione 
di  regno,  ma  soltanto  perche  lo  giudica  necessario  al  libero  eser- 
cizio  della  sua  podesta  spirituale.  E  avrebbe  ragione  se  tale  po- 
desta, come  e  spirituale,  cosl  fosse  veraraente  giuridica.  Una  volta 
perd  inteso  che  essa  non  e  punto  punto  giuridica,  cade  il  fonda- 
mento  delle  querele  del  Papa,  e  cessa  qualsiasi  ragione  di  diffe- 
renza  tra  lui  e  gli  altri  principi  spodestati  d'  Italia.  Egli  non 
appar  piu  che  in  veste  di  pretendente  come  tutti  gli  altri,  e  dei 
pretendenti  gli  e  giuocoforza  subire  le  sorti. 

Per  tutto  ci6  &  manifesto  quanto  il  mostrare  che  la  Chiesa 
cattolica  meritamente  si  da  titolo  e  prerogative  di  vera  podesta 
giuridica  conduca  a  far  retta  ragione,  non  solo  delle  condizioni 
deplorevolissime  di  essa  Chiesa  in  tutto  il  mondo  moderno,  ma 
altresi  del  dissidio  piu  acerbo  esistente  in  Italia  tra  la  Chiesa  e 
lo  Stato  per  causa  del  temporale  Dominio,  di  cui  il  Pontefice  fu 
a  forza  spogliato.  II  perche,  senza  inenoraamente  intralciare  la 
trattazione  intorno  alia  Chiesa,  che  gia  da  parecchio  tempo  segue 
a  pnbblicarsi  nei  nostri  quaderni,  vogliamo  con  piu  d'un  articolo 
sviluppare  in  peculiar  guisa  quel  punto  deila  podesta  giuridica 


CESARE 

dell;:  "Jo  alia  conr. 

!e  Principato  del  IV  ;i  st'inpru  attuale  e 

non  niai  abbastanza  considerato. 

in. 

Come  e  costume  di  quelli  che  sanno  d'aver  torto,  i  liberal! 
rappresentano  la  podesta  giuridica,  voluta  dalla  Chiesa,  per  tut- 
t'altra  cosa  da  quello  che  e.  Ne  fanno  un  inostro  orrendo  di 
despotismo  e  d'ingitistizia,  per  finire  poi  col  domandare  se 
mai  possibile  che  la  civilta  moderna  si  renda  a  tali  esorbitanze 
del  Potere  chiesastico  ? 

A  udirli,  la  Chiesa  pretende  che  gli  Stati  abdichino  la  pro- 
pria  indipendenza,  si  facciano  servi  del  Papa,  dei  Vescovi,  dei 
preti;  per  dir  tutto  con  una  parola  famosa,  che  il  Governo  civile 
si  tramuti  nel  Gouvernement  des  Curfe.  Nulla  per6  piu  calunnioso 
di  tale  pazza  pretensione  che  si  affibbia  al  Cattolicismo!  E  cadesse 
questa  calunnia  soltanto  sotto  la  penna  dei  gazzettieri,  o  fosse  sol- 
tanto  sulla  bocca  dei  mitingai  e  dei  tribuni  della  plebe,  pazienza! 
Ma  la  ripetono  anche  gli  uomini  di  Stato,  e  se  ne  danno  per  con- 
vinti,  come  di  ovvia  e  notissiina  verita,  e  se  ne  valgono  a  tempo 
e  luogo  come  d'arma  offensiva  e  difensiva  contro  il  Cattolicismo. 

Fra  costoro  arditissimo  e  tenacissimo  un  cotale  che,  in  questi 
ultimi  mesi  torn6  piu  fiate  pubblicamente  sul  medesimo  soggetto 
in  fogli  quotidiani,  quali  VOpinione  e  la  Gazzetta  tV  Ft  alia,  ed 
in  quaderni  periodic!  quali  la  Xuova  Antologia,  e  la  Eassegna 
di  scienze  sociali  e  politichc,  trattandolo  in  quest' ultima  special- 
mente  colla  mira  al  Dominio  temporale  del  Papa  e  alia  legge 
delle  garanzie.  Egli  r  S.  E.  il  Senatore  Carlo  Cadorna,  Presi- 
dente  dei  Consiglio  di  Stato.  E  per  due  ragioni  battiamo  lni  di 
preferenza;  quantunque  penna  dottissima  e  della  causa  della 
Chiesa  per  servizi  d'inestimabile  valore  da  lunghi  anni  merite- 
Tolissima,  di  molte  sue  storture,  in  questo  stesso  periodico,  abbia 
gia  fatta  maestrevolmente  piena  ginstizia.  La  prima  ragione  che 
ci  nuiove  a  tale  preferenza,  £  il  considerare  che,  in  opera  di  dritto 
religioso,  gli  amid  sinceri  della  Chiesa  e  del  Papato,  piu  che  il 
opinioni  di  altri  qualsiasi,  debbono  esser  solleciti  di  quelle  d*  un 


DATE   A   CESARE  QL'EL   CHE    K    M    CK<AI\E 

personaggio,  dal  cui  giudizio,  pel  posto  medesimo  che  occupa,  pu6 
non  di  rado  praticamente  dipendere  la  soluzione  di  cause  gravis- 
sime  del  Papato  e  della  Chiesa.  E  1'  altra  ragione  e  la  professione 
per  se  medesima  onorevolissima  di  cattolicisiuo,  con  cui  il  senatore 
accompagna  le  sue  lucubrazioni  di  diritto  pubblico  ecclesiastico. 
Cosl,  ad  esempio,  nel  quaderno  della  Rassegna  di  scienze  sociali 
e  politiche,  coinparso  in  Firenze  il  bel  1°  gennaio  di  quest'anno, 
proponendosi,  secondoche  egli  stesso  s'esprimeya,  tfindicare  in 
poche  parole  i  mostruosi  risultati  delle  pretensioni  del  Vati- 
cano  dal  punto  di  vista  yiuridico,  avvertiva  1'  opportunity  che 
ci6  si  facesse  da  coloro  i  quali  (son  sue  parole)  si  sono  sempre 
ed  apertamente  professati  cattolici,  e  di  quei  cattolici  che  ten- 
f/ono  in  grandissima  venerazione  il  Sommo  Pontefice,  come  loro 
capo  spirituals }  che  vanno  alia  messa  e  che  fanno  la  Pasqna. 
Ebbene,  udiamo  dunque  alcuna  di  queste  preteusioni  che  un 
cattolico  tra  i  rivoluzionarii  potente,  il  quale  tiene  in  grandis- 
sima venerazione  il  Sommo  Pontefice,  va  alia  messa}  e  fa  la 
Pasqua,  non  si  perita  d'attribuire,  con  grande  ponipa  di  sicu- 
rezza  e  di  buona  fede,  al  Vaticano  politico  o  regio,  ossia  in 
sostanza  alia  parte  piu  eletta  della  Chiesa  di  Cristo. 

IV. 

Carlo  Cadorna  s'  introduce  con  un  esordio,  il  quale  e  per  se 
medesimo  un  insulto  al  Yicario  di  Cristo:  «  Di  fronte  all' Italia 
che,  usando  del  diritto  naturale  di  ogni  altro  popolo,  ha  voluto 
costituirsi  in  nazione  libera,  indipendente  ed  una,  e  scegliere  la 
sede  del  proprio  governo,  e  che  a  tal  fine  ha  demolito  sei  dei 
governi  monarchic!  in  cui  era  divisa,  il  pretendente  di  uno  di 
codesti  govenri,  appoggiato  dalla  coorte  clericale-politica,  facen- 
dosi  scudo  della  sua  qualita  di  capo  di  una  religione,  e  parlando  a 
noine  proprio  e  dei  credenti  di  tutto  il  moudo  a  lui  religiosamente 
soggetti,  afferrna,  sostenendo  ii  suo  diritto  di  riacquistare  il  trono 
perduto,  i  seguenti  principii  giuridici,  che  sono  la  base  ed  il  fonda- 
mento  della  sua  pretensione.  >  Tali  principii  giuridici  proclauiati, 
a  detto  suo,  dal  Papa,  in  servigio  del  Pretendente,  sarebbero  sei, 
ne  piu  ne  meno.  In  forza  del  primo,  1'essere  Capo  spirituale  dei 


DATi 

'0  alia  sovranitii  temporale.  Pel 

secondo,  il  Capo  spirituale  del  cattolin  puft  fissare  la  sna  sovra- 
nitii  temperate  do?echessia,  spogliando  la  nazione,  in  cui  egli  s'iin- 
panca  a  far  da  Be,  di  ogni  diritto  alia  propria  liberta,  unita  ed 
indipendenza.  Pel  terzo,  questa  sorte  si  dichiara  toccata  all' Italia, 
e  la  si  obbliga  a  sottostarvi  senza  lagnanze.  Col  quarto  ^/-''ncipiu 
stabilisce  che  tntti  gli  Stati  hanno  il  dovere  di  co- 
stringere  1*  Italia,  se  occorra  anche  coila  violenza,  a  snbire  in 
pace  tanta  iattnra;  avendo  essa,  per  effetto  dei  diritti  spiritual i 
d'-l  Papa,  perduto  ogni  diritto  all'indipendenza  anche  nelle  re- 
lazioni  internazionali.  II  quinto  ed  il  sesto  principio  giuridico 
sono  dal  Cadorna  enunziati  con  queste  testuali  parole: 

*  ">.I1  Pontefice,  per  lasovranita  temporale  che  gli  appartiene 
atitolo  religioso  e  spirituale,  ha  diritto  di  intervenire  in  tutti  gli 
Stati,  raassime  se  sian  cattolici  in  tutto,  od  in  parte,  se  non 
per  istabilirvisi  (come  in  Italia)  nella  qualita  di  re,  almeno  per 
dar  norme  e  comandare  in  tutto  ci6  che  riguarda  il  governo 
dello  Stato,  per  mantenerlo  subordinate  a  s&  medesimo,  ed  in 
quella  sfera  che,  come  capo  dei  cattolici,  creda  opportuna  per 
la  sua  religione  e  pel  buono  e  morale  governo  deilo  Stato,  e 
per  avere  dallo  Stato  medesirao  il  braccio  secolare  e  la  forza,  a 
sostegno  dei  precetti  e  decreti  dell'autorita  spirituale. 

«  C.  II  principio  generatore  di  tutti  gli  altri  ora  indicati  e  che 
tutti  i  popoli  e  tutti  i  governi  hanno  giuridicaraente  il  dovere 
di  riconoscere,  nelle  relazioni  esteriori,  mondane  e  politiche  che 
la  religione  cattolica  e  la  verita  assoluta,  e  che  il  Capo  spiri- 
tuale della  medesima,  come  rappresentante  il  Cristo  padrone 
dell'iini verso,  e  un  sovrano  universale  temporale,  il  quale  so- 
yrasta  a  tutti  i  sovrani  della  terra.  > 

Questo,  continua  1'egregio  senatore,  <  questo  e  il  din'ffo, 
questa  e  la  morale  del  Vaticauo  politico  e  de'suoi  difensori,  nelle 
cose  politiche  che  essi  pongono  sotto  il  raanto  e  sotto  la  dipen- 
denza  religiosa.  » 

E  conchiude  iudignato:  «  Basta  avere  enunciati  cotesti  prin- 
cipii,  perche  se  ne  senta  tutta  la  enorinita;  poichft  essi  sono  la 
piu  manifesta  negazione  dei  principii  del  diritto  naturale  (che 


0-iS  DATE  A  CESARE  QUEL  CHE  £  DI  CESARE 

pure  viene  da  Dio)  applicati  al  diritto  pubblico  interno  ed  in- 
ternazionale  —  della  legge  morale  —  e  delle  stesse  istituzioni 
religiose  cattoliche  che  consacrano  i  diritti  natural!  degli  uomini, 
delle  nazioni  e  dei  governi *.  > 

LV  indegnazione  dell'esimio  senatore  &  giustissiraa.  Quelle  sono 
veramente  enormita  intollerabili.  Ma  egli  ha  il  torto  di  apporle 
al  Vaticano  ed  a  suoi  paladini ;  il  quale  ed  i  quali  le  conoscono 
soltanto  per  averle  lette  nelle  lucubrazioni  cattoliche  dei  proprii 
calunniatori.  E  sorgesse  anche  dal  sepolcro  rAlighieri,  mettiam 
pegno  che  la  fierezza  del  suo  ghibellinismo  non  gi'  impedirebbe 
di  lanciare  terribilissime  terzine,  per  difendere  da  tanta  accusa 
alcuno  almeno  fra  i  guelfi  stessi  de' tempi  suoi. 

V. 

Ma  dunque  non  hanno  mai  i  cattolici  esposte  chiaramente 
le  proprie  idee?  Non  hanno  parlato  mai  i  Pontefici?  Non  si  sono 
in  tal  proposito  mai  fatti  intendere  con  lucidita  e  precisione  gli 
apologisti  della  Chiesa?  Tutto  all'opposto.  La  Chiesa  cattolica 
non  cesso  mai,  per  bocca  de'suoi  Pontefici  e  de'suoi  ministri,  di 
ripetere  alle  genti  la  parola  di  Gesu  Cristo:  Reddite  quae  sunt 
Cegaris  Cesari,  et  quae  sunt  Dei  Deo,  date  a  Cesare  ci6  che 
e  di  Cesare;  date  a  Dio  quel  che  e  di  Dio2.  E  che  cosa  significa 
questa  ispirata  sentenza,  se  non  che  il  governo  temporale  appar- 
tiene  esclusivamente  allo  Stato,  il  governo  spirituale  invece 
esclusivamente  alia  Chiesa?  Che  per6  come  la  Chiesa  6  iiidipen- 
dente  nelle  materie  spirituali,  cosl  alia  sua  volta  lo  Stato  gode 
di  vera  indipendenza  nelle  materie  temporali?  Che  dunque  sono 
i  popoli  obbligati  ugualmente  in  coscienza  ad  ubbidire  allo  Stato 
ed  alia  Chiesa,  al  Governo  civile  ed  ai  Governo  ecclesiastico,  ai 
re  legittimo  ed  al  Papa,  ossia  a  Cesare  ed  a  Dio :  Reddite  quae 
sunt  Cesaris  Cesari,  et  quae  sunt  Dei  Deo  ? 

Tale  infatti  &  la  verace  interpretazione  di  quel  testo  evan- 

1  La  Rassegna  di  Scienze  sociaU  e  politick?.  Anno  I,  Vol.  II,  fa<c.  21,  pel 
1°  pennaio  188i.  «  II  potere  temporale  del  I'apa,  la  legge  dcllc  ^nranzie  c  la  ga- 
ranzia  delle  garanzie.  > 

1  MATTII.  XXII,  '21;  MAIIC.  XII,  17;  Luc.  XX,  25. 


DATE   A   CESARZ   Ofl't.   CHI  VRE 

gelico;  ma  i  cattolici  politic!,  ossia  i  clericali  glie  ne  danno 
un'altra  diversa,  anzi  contrariu,  ,s-Wfc:7'-//W0;  dice  il  Cadorna,  il 
jprn  ile  potere  dello  Stato,  e  costituendo  una  so- 

nella  societa  civile.  Speculativamente  ammettono 
quel  testo,  praticamente  lo  rifiutano.  La  teoria  clericale-politica, 
seguita  il  medesimo  scrittore,  giunge  al  risultato  di  negaro  nella 
applicazione  i  principii  fondamentali  cristiani,  che  essa  medesima 
&  costretta  di  ammettere  teoricamente...  e  di  mettere  il  mondo 
intiero  nelle  mani  degli  uomini  che  governano  la  societa  religiosa 
cattolica,  ed  alia  dipendenza  della  loro  volonta '. 

Ora  sia  dichiarato  pure  ampiamente :  tutto  questo  e  falso.  Si 
consulti  la  storia.  Si  consultino  i  document!  autentici  della  Chiesa 
cattolica.  Mostrano  che  e  teoricamente  e  praticamente  la  Chiesa 
non  diede  mai  a  quel  testo  una  interpretazione  diversa  dalla  per 
noi  addotta.  Quindi  il  grande  Pontefice  Pio  IX  poteva  nella  sua 
lettera  Enciclica  Quartus  supra,  indirizzata  ii  6  gennaio  1873 
agli  Armeni,  affermar  francamente  e  senza  tema  di  venir  smen- 
tito :  «  £  dottrina  propria  della  Chiesa  cattolica,  ricevuta  dalla 
bocca  di  Gesu  Cristo  Figliuolo  di  Dio  e  insegnata  dagli  Apo- 
stoli,  che  bisogna  rendere  a  Cesare  ci6  che  e  di  Cesare,  a  Dio 
quello  che  e  di  Dio.  D'onde  segue  che  1' amministrazione  delle 
cose  civili  appartiene  all'  imperatore,  come  in  proprio,  mentre 
quella  delle  ecclesiastiche  e  intieramente  confidata  ai  sacerdoti.> 
E  il  19  marzo  1870,  lo  stesso  Pontefice,  per  mezzo  del  suo 
Cardinal  Segretario  di  Stato,  fece  scrivere  al  Nunzio  Apostolico 
in  Parigi  che  gli  affari  politici,  per  1'ordine  stabilito  da  Dio  e 
per  1'  insegnamento  stesso  della  Chiesa,  appartengono  al  potere 
teinporale,  senza  dipendenza  veruna  da  altra  autorita.  Nella  ma- 
gnifica  Enciclica  poi  data  il  28  novembre  del  1873,  Pio  IX, 
deplorando  che  dappertutto  il  sacerdozio  cattolico  ed  il  laicato 
credente  sia  calunniosamente  rappresentato  come  ribelle  alia 
legittima  autorita  dello  Stato,  solennemente  ripeteva:  <  Insegna 
la  fede,  la  ragione  dimostra  che  esiste  un  duplice  ordine  di  cose, 
e  che  fa  inestieri  distinguere  sulla  terra  due  podesta;  naturale 
Tuna  che  ha  l'ufficio  di  vegliare  alia  tranquillita  del  consorzio 

1  Nella  Nnova  Antoloyia  del  15  giugno  1882. 


DATE  A  CESAHE  QUEL  CUE  K  DI  CESARE 

umano  ed  alle  secolari  incoinbenze;  1' ultra,  di  cui  1'origiue  6  su- 
periore  alia  natura,  la  quale  governa  la  citta  di  Dio,  cio6  la 
Chiesa  di  (Jesu  Cristo,  ed  6  istituita  da  Dio  per  la  pace  delle 
anime  e  la  loro  eterna  salute.  I  doveri  di  queste  due  podesta 
furono  con  saviezza  regolati  di  guisa  che  sia  dato  a  Dio  ci6  che 
e  di  Dio  e  a  Cesare  ci6  che  6  di  Cesare,  per  Dio...  E  mai  cer- 
tamente  la  Chiesa  non  si  allontan6  da  questo  divino  precetto, 
come  quella  che  anzi  pone  ogni  sforzo  a  ben  penetrare  lo  spirito 
de'  fedeli  dell'  obbligo  di  serbare  inviolabilmente  ubbidienza  a'  lor 
Principi  e  di  rispettare,  coine  e  dovere,  i  diritti  teniporali  di 
questi '.  > 

VI. 

Dopo  cosl  formali  dichiara/ioni  del  Soramo  Pontefice  Pio  IX, 
che  potevano  venire  a  notizia  di  tutti,  perche  stampate  pubblica- 
mente  piu  volte  ed  in  piu  modi  commentate,  che  ad  ogni  modo 
debbono  esser  note  a  chi  prenda  ne'libri  e  ne' periodic!  a  cate- 
chizzare  il  mondo  moderno  sulle  relazioni  correnti  tra  Chiesa  e 
Stato,  noi  ci  troviamo  davvero  impacciati  a  qualificare  come- 
chessia  la  franchezza,  con  cui  il  senatore  Cadorna  sentenzio  nel 
gia  citato  quaderno  della  Rassegna  di  scienze  sociali  e  politic/to 
che:  <  le  pretension!  sull' Italia  non  sono  se  non  una  deile  ap- 
plicazioni  della  sovranita  universale  del  Vaticano,  a  titolo  reli- 
gioso;  >  e  che  «  il  principio  di  cotesta  sovranita  del  Papa  a  titolo 
religioso  conduce  diritto  e  di  necessita  all'esercizio  di  cotesta  so- 
vranita in  tutti  gli  Stati ;  >  e  che  Pio  IX  evoco  «  colle  sue  allo- 
cuzioni  e  col  sillabo  Tonnipotenza  politica  papale  del  medio  evo, 
proclamandola  con  una  ingennita  e  franchezza  ammirabilc  in 
pieno  secolo  XIX.  >  Per  fermo  il  signor  senatore  e  presidente 
del  Consiglio  di  Stato  non  ci  da  qui  troppo  buoii  saggio  della 
sua  perizia,  non  che  nel  giure  cauonico  e  civile,  ma  nel  catechi- 
smo  altresl:  giacch^  confonde  insieme  due  cose  che  anche  i  bam- 
bini sanno  molto  bene  discernere  tra  loro,  la  podesta  spirituale, 
cioe,  e  la  podesta  politica.  0  che  ?  Perchfc  si  sostiene,  conforme  e 

1  Toglinmo  queste  due  cilazioni  dall'  cccel'.ente  opera  del   MOCLAIIT,  iniiiolata 
ilise  e  I'Etat. 


OESAOE   o  CESARE 

'.to  nientemeno  cho  nel  Yangelo,  essere  la  podosta  spiritual-'. 
data  da  Cristo  alia  Chiesa,  nna  podesta  r/iuriilira,  si  viene  per 

-to  a  fare  della  stessa  podesta  spirituale  una  podest&  . 
della  nature  e  dell'ordine  di  qnella  che  esercitano  i  re  nei  loro 
Stati?  Si  viene  per  questo  a  trasformare  in  ordinaria  sovranita 
del  Pontefice  romano,  anche  la  sovranita  straonlinnria  che  i  Papi 
esercitarono  nel  raedio  evo  sngli  ordini  civili,  per  consenso  volon- 
tario  delle  genti  cattoliche  e  necessita  indeprecabile  di  condizioni 
sociali?  Ossia,  per  parlare  col  linguaggio  raolto  inesatto  del  Ca- 
dorna,  si  erige  il  diritto  pubblico  positho  di  gm' tempi  in  di- 
ritt<>  jinMiliro  natural*?  1 

In  verita,  Eccellentissimo  Signor  Cadorna,  voi  celiate.  Come  ci 
potete  voi  persaadere  un  guazzabuglio  siffatto  di  cose  disparatis- 
sime,  e  darcelo  quale  genuino  insegnaraento  del  Vaticano  politico 
o  rt'fffof  mentre  abbiamo  udito  Pio  IX  insegnare  tutto  il  contrario? 

Ecco,  risponde  T Eccellentissimo,  ecco  come.  Voi  cattolici-po- 
litici  innalzate  il  vostro  sistema  di  giure  ecclesiastico  sopra  questi 
due  principii.  II  primo  fondamentale  e  falso  principio  6  che 
«  la  Chiesa  cattolica  e  la  sua  autorita  religiosa,  e,  in  forza  e  pel 
mandato  intrinseco  e  sostanziale  all' autorita  medesima,  un  po- 
tere  giuridico,  epperci6  pubblico  ed  universale  nello  Stato  ed  in 
tutti  gli  Stati,  coi  diritti,  doveri,  e  poteri  che  sono  naturalmente 
e  necessariamente  proprii  del  potere  pubblico  giuridico.  >  Giusta 
il  qual  principio,  che  trasforma  V  autorita  spirituale  e  religiosa 
in  potere  religioso-yiuridico,  anche  <  le  cose  materiali  e  le  loro 
relazioni  giuridiche  diventano  religiose  giuridiche  e  cadono  perci6 
sotto  il  potere  religioso-giuridico  dal  punto  che,  per  fatto  del- 
1'  nomo,  siano  state  poste  al  servizio  del  culto  religiose  o  di  per- 
sone  ecclesiastiche.  >  II  secondo  vostro  principio  fondamentale  & 
che  <  1'autoritA  religiosa  cattolica  (gia  trasformata  in  potere  re- 
ligioso-giuridico) e  superiore  e  prevalente  alia  podesta  giuridica 
dello  Stato,  siccome  quella  che  viene  direttaraento  da  Dio;  epper6, 
nel  caso  di  conflitti,  si  deve  sempre  obbedire  all' autorita  religiosa, 
ed  anche  lo  Stato  vi  si  deve  subordinare.  >  Questi  due  principii 

;,  nol  quaderno  d  'Ha  liasscjni  pel  15  gcnnaio  1884,  la  noia  a  pap. .",!". 


DATE  A  CESARE  QUEL  CHE  K  DI  CESARE 

«  sono  la  sostanza  di  tutto  il  sistema  teocratico  del  diritto  cano- 
nico  e  del  Vaticano ;  poiche  il  primo  fa  del  Papa  un  Re  in  ttitti 
gli  Stati,  ed  ii  secondo  ne  fa  un  Be  superiore  a  tutti  i  re.  >  E 
posto  ci6,  «  il  giungere  alle  piu  assurde  e  rivoitanti  deduzioni 
ed  applicazioni,  non  e  piu  se  non  un  affare  di  logica,  di  ardi- 
mento  e  di  circostanze  di  tempo  e  di  luogo,  che  peruiettano 
1'applicazione  delle  logiche  deduzioni l.  > 

Cosl  il  Cadorna :  dov'  e  patente  che  egli  fa  un  pasticcio  orribile 
con  di  tutto  un  po',  e  mescola  insieme  i  soggetti  cogli  oggetti 
delle  due  podesta,  le  cause  finali  colle  cause  materiali  e  formali, 
le  cose  per  se"  spiritual!  con  quelle  per  se  materiali,  e  le  iniste 
con  le  une  e  con  le  altre.  E  quinci  pu6  vedersi  come  per  cer- 
tuni,  a' tempi  nostri,  1'affibbiare  alia  Chiesa  ed  ai  difensori  di 
lei  dottrine  assurde  non  £  piu  se  non  un  affare  d'audacia, 
sostenuta  all'uopo  da  una  discreta  dose  di  balordaggine.  La 
Chiesa  ed  i  difensori  di  lei  in  tutti  i  tempi,  da  san  Pietro 
fino  a  Pio  IX  ed  a  Leone  XIII,  hanno  sempre  ricantato  a  chia- 
rissime  note  che  quei  che  e  di  Cesare  e  di  Cesare,  e  la  Chiesa 
non  vi  pu6,  non  vi  vuole  pretender  nulla.  Ma  a  furia  di  temerarie 
affermazioni  e  di  puerili  confusioni,  ecco  si  giunge  a  mostrare  la 
luna  nel  pozzo,  cioe  a  dar  ad  intendere  che,  almeno  dal  medio- 
evo  in  poi,  la  Chiesa  cattolica  altro  non  fa  salvo  che  mettere  a 
ruba  il  patrimonio  di  Cesare;  il  quale  Cesare,  se  un  Cadorna  ed  i 
pari  suoi  non  vi  avessero  provveduto  in  tempo  colla  loro  somma 
sapienza  ed  indomabile  energia,  poveretto,  a  quest'  ora  si  trove- 
rebbe  piu  nudo  d'  un  bruco ! 

Vedremo  in  altro  quaderno  la  nessuna  solidita  di  questo  vero 
e  proprio  Castello  in  Ispagna. 

1  Vodi  il  quaderno  del  15  gennaio  della  Eassegna  a  carte  508-510. 


DI ALCDNI DOCDMENTI POCO  NOT1 

DMOenui 

UL1IMSCL  LA  RECEME  EXCICLICA  HUMAM'M  GEMS 

DEL  S.  P.  LEuNE  Mil. 


<tnlica    Sfdes   demintiarit 

Sectam  Massonum    non  minus  este 

<l>"im  Civitati  per- 

•  •    XIII    neir  Knciclira 

Ilinmtmnn  ycnus;  verso  il  princi;>i<> 


Molti  soiio  onnai  i  documenti  o  poco  not!  od  ancbe  del  tutto 
finora  ignoti,  che  varii  benemeriti  scrittori  ed  ancbe  noi  in  queste 
pagine  da  varii  anni,  per  quanto  sapemmo,  andammo  accuinu- 
lando  contro  la  Massoneria  a  dimostrazione  specialmente  del 
danni  enormi  cbe  da  questa  setta  provengono,  come  dice  in  sul 
principio  della  sua  Enciclica  Leone  XIII,  non  nieno  al  Cristia- 
nesimo  che  allo  Stato.  Con  questo  divario  per6:  cbe  laddove  ri- 
spetto  alia  Cbiesa  la  Massoneria  e  come  la  vipera  cbe  niorde  la 
lima:  omne  adsuevit  ferrum  quae  corrodere;  rispetto  allo  Stato 
invece  essa  e  come  il  velenoso  tarlo  cbe  facilmente  rode  un 
legno  vecchio.  Del  che  essendosi  gia,  come  dicemmo,  recati  in 
mezzo  tanti  documenti,  fatti  ed  argomenti,  cbe  il  trarne  fuori  del 
nuovi  inediti  e  veramente  provanti  non  e  la  cosa  piu  agevole  di 
questo  mondo,  almeno  per  noi ;  vi  ha  per6  questo,  non  sappiamo 
ben  dire  se  di  buono  o  di  cattivo,  cioe  la  solita  e  pressoche  ne- 
cessaria  dimenticanza  in  cui  sogliono  dopo  non  lungo  tempo  ca- 
dere  i  lavori  letterarii  inseriti  o  nelle  opere  periodiche  o  nelle 
raccolte  di  documenti,  specialmente  se  molto  voluminose.  Senza 
dire  che  la  piu  parte  di  queste  Raccolte,  siccome  quelle  che  ge- 
neralmente  sono  alquanto  costose,  sogliono  perci6  rimanere  del 
tutto  ignote  ai  piu.  Ondeche  fanno  opera  lode  vole  tutti  coloro 
che  o  citando  od  anche,  per  amore  di  brevita,  non  citando  le 


IH   ALCUNI   DOCUMENTI   POCO    NOTI    ECC. 

fonti  edite  bensl  e  stampate  ma  ci6  nonostante  ignote  od  obliate, 
ridanno  cotidianamente  la  luce  e  la  vita  ad  argomenti,  fatti  e 
document!  morti  ormai  nella  memoria  degli  uoinini  e  percift  ora 
piu  che  mai  utili  e  necessarii  ad  essere  loro  riaccostati  alia 
mente  present!  e  vivaci.  N6  crederemo  perci6  inopportuno  di  ri- 
copiarci  poi  un  poco  talvolta  anche  noi  da  per  noi  stessi  senz'aiuto 
altrui,  non  per  fuggire  nuova  fatica  ma  per  cogliere  auche  noi 
il  frutto  fresco  delle  fatiche  vecchie. 

Or  quanto  alia  guerra  capitale  ed  all'odio  mortale  che  per 
sua  essenza,  natura,  regola  ed  istituto,  non  piu  onnai  segreto  ma 
anzi  pubblico  e  notorio,  muove,  come  ii  Diavolo  a  Cristo,  cosi  la 
Massoneria  ai  Cristianesimo,  qual  bisogno  vi  ha  piu  di  prove 
e  di  document!,  quando  habemiis  confitentem  reum?  E  la  con- 
fessione  fresca  fresca  ce  1' ha  ora  fatta  non  gia  questo  o  quel- 
1'  altro  inassoncino,  o  questa  o  quell'  altra  Loggerella,  o  questo  o 
quell'altro  singolare  individuo  o  scrittore,  la  cui  autorita  i  vecchi 
furbi  e  rnatricolati  Massoni  possano  volpescamente  o  negare  od 
attenuare,  come  sogliono  quando  loro  torna ;  bensl  lo  stesso  Grande 
Oriente  di  Roma  in  corpo  e  in  forma  ufficiale,  con  una  sua  recente 
lettera  circolare  del  12  e  23  novembre  del  teste"  scorso  1883.  La 
quale  e  utile  di  pubblicare,  sia  perch6  non  fu  finora  da  nessuno 
pubblicata,  sia  perch6  essa  e  appunto  una  di  quelle  che  non  sono 
destinate  alia  pubblicita.  II  che  apparisce  dal  seguente  suo  pe- 
riodo:  <  La  rispettabile  Loggia  Universe  compresa  della  gravita 
«  di  simili  fatti  (cioe  del  dominio  del  Cristianesimo  in  Italia} 

<  credette  opportuno  iniziare  una  nuova  lotta  contro  i  coinuni 
€  nemici  nel  campo  da  essi  prescelto  dell'  istruzione  e  della  be- 

<  neficenza.  A  questo  scopo  si  fece  ad  indagare  quale  opera  po- 
«  tesse  recare  i  piu  notevoli  e  pronti  beneficii  nel  mondo  profano 
«  senza  gettare  I'  allarme  nel  partita  avversario  »  :  ciofe  tra  i 
cattolici.  Gettiamo  dunque  1' allarme ;  e  stampiamo  la  Circolare. 
La  quale  6  come  segue: 

«  Or/,  di  Roma,  li  25  Novembre  1883,  E.-.  V.\  (Era  wlyare) 
«  Alle  Loggie  tutte  della  Comunione  Italiana. 
€  Carissimi  Fratelli.\A  Massoneria  vigile  custode  della  patria 

«  (doe  di  sestessaj  e  propugoatrice  indefessa  del  migliorainento 


vn    Por.o 

•  >  ileU'unumiU  f;  jnanore  indiffe- 

;illa  continua  propaganda  oscurantista  del  partito  cleri- 

*  ca  tta  eterna  fra  le  tenebre  o  la  luce,  fra  la  reazione 

i  il  progresso,  fra  I'egoisino  vaticano  e  I'umanesimo,  che 

*  dovea  (m</  ^yrazia  nonfu  ne  potrdj  essere  estinta  per 

<  sempre  colla  caduta  del  dominio  teiuporalo  del  papi,  accenna 
«  oggi  a  farsi  piti  accentuate  e  vivace.  II  clericalismo  non  dorao 
«  dalle  subite  sconfitte,  ma  fatto  ogni  giorno  piti  audace  dalla 
«  tolleranza  se  non  dall'indifferenza  del  liberal!,  tende  sempre 

*  piu  ad  impossessarsi  dell' elemento  giovane  coll' istruzione  e 

<  colla  beneficenza.  Con  questi  mezzi  egli  ammaestra  e  coordina 
«  le  nuove  folangi,  che  dovranno  combattere  le  battaglie  dell'av- 
«  venire  a  vantaggio  della  superstizione,  deli' ignoranza  e  del 

<  privilegio  (doe  deli1  istruzione  e  della  beneficenza).  Tale  opera 

<  di  demolizione  nazionale  si  va  lentamente  ma  incessantemento 
«  diffondendo  (istruendo  e  beneficando)  per  tutta  1'Italia  nostra : 

<  ed  orainai  pu6  dirsi  che  in  tutta  la  penisola  il  clericalismo 
«  domina,  arbitro  della  posizione  sull' istruzione  e  sulle  benefi- 
«  cenze  pubbliche  e  private.  Ma  dove  specialmente  quest'  opera 

<  nefasta  (ft  istruzione  e  di  beneficenza)  approda  con  successo 

<  veramente  allarmante  e  qui  in  Roma,  ove  principalmente  ne- 

<  cessita  che  si  elevi  la  prima  barriera  di  fronte  all'  invadente 

<  clericalismo. 

«  La  Rispettabile  Loggia  Universe,  coinpresa  dalla  gravita 
«  di  simili  fatti  (di  beneficenza  e  d"1  istruzionej  credette  oppor- 
«  tuno  iniziare  una  nuova  lotta  contro  i  comuni  nemici  nel  campo 

<  da  essi  prescelto,  nel  campo  doe  dell' istruzione  e  della  bene- 

<  ficenza.  A  questo  acopo  si  fece  ad  indagare  quale  opera  potesse 

<  recare  i  piu  notevoli  e  pronti  beneficii  nel  mondo  profano, 

<  senza  gettare  Tallarme  nel  partito  avversario.  (Ma  I' alia, 

«  e  bello  e  gettato.)  Dopo  una  lunga  discussione  avviso,  che  di 

i'ia  facile  attuazione  e  di  maggior  vantaggio  potesse  essere  la 

tituzione  in  Roma  di  Ricreatori,  nei  quali  accogliere  i  gio- 

<  vani  ed  indirimrli  nella  via  del  progresso  e  dell'ainore  della 
«  patria,  sottraendoli   nelle   Domeniche  all'  influenza   clericale 
«  (col I' i  'N-tfca,  coi  Tiri  a  segno,  colle  Passeygiate,  etc.). 


DI   ALCUM   DOC01ENTI    POCO    NOTI   ECC. 

«  E  prescelse  una  simile  istitiwione,  non  solo  perch&  attuabile  in 
€  breve  tempo  su  larga  scala  (avessero  almeno  scritto  su  alta 
«  scala.  Ma  larga  scala!  Che  diamine  vorra  essere  una  scala 
«  larga?) ;  ma  anche  perch&  meglio  di  ogni  altra  si  presta  ad 
«  ulteriori  opere  umanitarie  (dob  Massoniche).  Comunicato  il 
«  progetto  alle  altre  (niente)  Rispettabili  Loggie  della  Valle  del 
«  Tevere,  venne  completamente  approvato  e,  costituita  una  So- 
«  cieta  fra  i  singoli  Fratelli,  fu  dato  incarico  ad  una  Commis- 
€  sione  mista  di  tutte  le  Loggie  di  tradurlo  in  atto  nel  minor 
«  tempo  possibile.  Ma  ad  opera  si  vasta,  da  compiersi  in  questa 

<  Roma  di  fronte  al  Vaticano  (costoro,  come  il  diavolo,  tremano 
«  sempre  di  fronte  alt 'acqua  benedetta),  la  Commissione  Ese- 
«  cutiva  credette  necessario  fare  appello  alia  cooperazione  di 
«  tutte  le  Loggie  sorelle.  Ed  a  questo  scopo  fece  domanda  al 

<  Sovrano  Governo  dell'Ordine  perch&  ne  autorizzasse  di  potersi 
«  rivolgere  a  tutti  i  Massoni  d'  Italia  e  delle  Colonie  Italiane. 
«  (Tutto  il  mondo  massonico  fu  chiamato  in  aiuto  perchb  i 
«  massoncini  romani  potessero  fondare  un  Ricreatorio !)  II 
«  Sovrano  Gtoverno  dell'Ordine  con  balaustra  (Lettera)  del  12  cor- 
«  rente  inese,  di  cui  diamo  comunicazione,  plaudendo  concesse  il 
«  Nulla  Osta  (cio&  la  licenza).  Noi  siamo  perfettamente  con- 
«  vinti  che,  non  solo  le  Rispettabili  Loggie  comprese  dalla  ne- 
«  cessita  di  porre  in  Roma  il  primo  argine  al  Clericalismo  vor- 
«  ranno  concorrere  col  loro  contributo  ad  opera  si  altamente 
«  massonica;  ma  che  ancora  i  Fratelli  tutti  vorranno  prendervi 
«  individualmente  parte.  A  questo  scopo  crediamo  opportune 
«  inviarvi  alcune  copie  dello  Statute,  onde  tutti  ne  possano  avere 
«  esatta  conoscenza.  Avvertiamo  cbe  tanto  le  Loggie  quanto  i 
«  Fratelli  possono  concorrere  con  un  contributo  libero  annuo,  o 
«  con  1'acquisto  di  azioni.  Nell'attesa  di  pronto  riscontro  e  nella 
«  piena  fiducia  che  cotesta  Rispettabile  Loggia  ed  i  Fratelli  che 
«  la  compongono  non  mancheranno  all' appello,  vi  inviamo  il 
«  triplice  e  fraterno  saluto.  La  Commissione  Esecutiva.  NB.  Le 
«  adesioni  (doe  i  quattrini)  si  spediscono  al  fratello  Rinaldo 
«  Roseo  e  i  Vaglia  postali  al  fratello  Venturini  tesoriere  della 
«  Rispettabile  Loggia  Universo  alia  nuova  sede  del  Grande 


ECC. 

«  0  Via  Campo  Marzio,  43,  1°  p.,  Roma.  >  Ma  bisognera 

poi  contnillar<'  seriamente  i  conti  di  quest!  Fratelli  Tesorieri; 
unicamente,  s'intende,  per  la  formalita. 
La  quale  Circolare  e  proposta  della  Loggia  particolare  Uni- 

<o  appro v6  e  fece  sua  propria  tutto  il  Grande  Oriente  di  Roma 
con  sua  lettera  ufficiale,  che  6  come  segue.  «  Yalle  del  Tevere, 
«  Or.-,  di  Roma,  XI!  g.\  IX  m.\  A/.  Y.-.  L/.  L.\  000,883  e 
«  dell'E.-.  V.-.  12  Novembre  1883.  Egregio  e  Carissimo  Fra- 
€  teUo  KINALDO  ROSEO.  Roma.  Siamo  lieti  di  parteciparvi  come  il 
«  Governo  dell'Ordine  nella  sua  seduta  ordinaria  del  4  Novembre 
«  corrente  abbia  approvato  ed  altamente  encomiato  (senza  dare 

n  soldo)  il  progetto  Teramente  umanitario  presentato  da  co- 

<  testa  Rispettabile  Loggia  per  la  costituzione  in  Roma  di  an 
«  Ricreatorio  per  i  bambini.  In  seguito  a  questo  favorevole  voto 
«  la  Grande  Maestranza  (non  vi  da  un  soldo,  ma)  vi  autorizza 
«  a  fare  le  pratiche  perch&  la  proposta  generosa  (di  squattri- 
«  nare  il  prossimo)  divenga  una  realta.  Ed  avuto  riguardo  al- 
«  1'importanza  di  un  fatto  (da  farsi)  che  tende  a  togliere  qui 
«  in  Roma,  dove  la  lotta  col  passato  si  manifesta  di  giorno  in 
«  giorno  sempre  piu  seria  e  vivace,  le  nascenti  generazioni  al- 
«  I'  influenza  deleteria  (d'  istruzione  e  di  beneficenza)  del  cleri- 

<  calismo,  vi  concede  di  rivolgere  un  caldo  appello  (per  qualche 

<  soldo:  ma  I' aspetteranno  per  un  pezzo)  alle  Loggie  tutte 

<  della  Coinunione  Italiana,  perche  si  facciano  a  voi  cooperatrici 

<  e  aiutatrici  in  opera  cosi  degna  della  nostra  umanitaria  Insti- 

<  tuzione.  Gradite  o  caro  Fratello  il  nostro  (obolo?  No:  ma  il 
«  nostro)  piu  affettuoso  e  fraterno  saluto.  II  Gran  Segretario 
«  Luigi  Castellazzo  3.-.  II  Gran  Maestro  Giuseppe  Petroni  33.\  > 

Che  cosa  abbiano  conchiuso  questi  inassoncini  coi  loro  Ricrea- 
fnrii  in  Roma  od  altrove  non  lo  sappiamo.  Possiamo  perd  con- 
getturare  che,  nulla  facendosi  in  questo  genere  di  cose  senza 
danari  ed  influenze,  e  difettando  assai  degli  uni  e  dell'  altra  la 
Massoneria  italiana,  i  Ricreatorii  debbono  essere  morti  prima 
che  nati.  Ad  ogni  modo  d'ora  innanzi  tutta  la  Massoneria  ita- 
linna  non  potra  piu  negare  la  verita  della  parola  Pontificia 

Serie  XII.  vol.  VI.  fate.  81'5  42  10  giugtw  1884 


DI   ALCUNI   DOCl'MKNTI    1'OCO    NOTI   ECC. 

quanto  al  vero  scopo,  non  piu  arcano  della  loro  setta,  non  piu 
segreta.  La  quale  noa  cerca  gi&  la  beneficenza  e  /'/V/ 
come  scopo,  ma  coine  mezzo  ipocrita  e  furbesco  per  ottenere  il 
suo  vero  scopo  della  distruzione  impossibile  del  cristianesiino  e 
della  possibilissima  distruzione  degii  Stati  e  dell'  ordine  sociale 
e  civile.  II  che  a  vero  dire  non  ha  piu  bisogno  di  diinostrazione, 
bench6  sempre  ne  sia  utile  la  dichiarazione.  ImperocchS  (dice 
rEnciclica  Pontificia  Humanum  genus):  «  da  fatti  giuridica- 

<  mente  accertati,  da  formali  processi,  da  statuti,  riti,  giornali 

<  inassonici  pubblicati  per  le  stampe,  oltre  alle  non  rare  depo- 
«  sizioni  del  complici  stessi,  essendosi   venuto  a  chiaramente 
«  conoscere  lo  scopo  e  la  natura  della  setta  massonica,  questa 
«c  Apostolica  Sede  alz6  la  voce  e  denunzift  al  uiondo:  la  setta 
«  dei  Massoni  sorta  contro  ogni  diritto  umano  e  divino  ESSEUF: 

<  NOX   MEXO   FUNESTA   AL    CR1STIAXESIMO   CHfi   ALLO   STATO.    >    E    pOCO 

dopo :  «  Da  si  celere  e  tremenda  propagazione  (della  setta  inas- 
«  sonica)  ne  sono  seguiti  A  DANXO  DELLA  CHIESA,  DELLA  poii 
«  CIVILE  E  DELLA  PUBBLiCA  SALUTE  quei  rovinosi  effetti  che  i  no- 
«  stri  antecessori  gran  tempo  innanzi  avevano  preveduto.  lui- 
«  perocch^  siamo  oinai  giunti  a  tale  estremo  di  dover  treuiare 

<  per  le  future  sorti,  non  gia  della  Chiesa  edificata  su  fonda- 

<  mento   non  possibile  ad  abbattersi   da  forza  umana,  ma  DI 
«  QUEGLI  STATI  dove  la  setta  di  cui  parliarao  o  le  aitre  affini 
«  a  quella  e  suoi  ministri  e  satelliti  possono  tutto.  »  Dal  che 
tutto  si  dee  conchiudere  che,  anche  prescindendo  dalla  guerra 
e  dal  danno  che  la  setta  massonica  fa  alia  Chiesa,  alia  reli- 
gione  ed  alia  morale,  il  solo  interesse  dello  Stato  e  della  so- 
cieta  laica  e  civile  esige  imperiosainente  che  si  estermini,  per 
quanto  e  possibile,  questa  societa  segreta,  o  meglio  questa  ma- 
triarca  di  tutte  le  socieU  segrete,  siccome  quella  che  non  e  pro- 
priamente  altro  che  uno  Stato  nello  Stato  ed  una  societa  occulta, 
nemica  ed  avvelenatrice  dello  Stato  e  della  societa  pubblica  e 
comune. 

E  venendo  perci6  ora  a  dimostrare  e  chiarire  con  nuovi  do- 
cumenti  questi  gravi  pericoli  e  danni  che  non  soltanto  la  so- 


ECC. 

tiana  ma  lo  Stato  stesso  e  la  s<-  -ale 

e  ci  uMite  patiscono  da  questo  nascoso  veleao  raas- 

sonieo  siTpi.-ggiante  per  tutte  le  loro  vene,  non  sara  inopportuno 
di  recare  brevemente  alcuoi  fatti  ed  argomenti  di  quosti  special! 
•oil  e  damn  cho  nno  Stato  qualsiasi,  dove  i  massoni  sono 
potenti,  puo  da  loro  sofFrire  in  caso  di  guerra. 

Dove  e  da  preraettere  quello  che  tutti  sanno  in  generale  della 

:e  o  vincolo  che  lega  tutti  i  massoni  a  mutuo  soccorso:  donde 

e  nato  quel  loro  detto,  coinune  del  resto  a  tutte  le  sette  segrete, 

dell  '///  c  Tutti  per  nno.  Ondeche  si  legge  nel  ti- 

tolo  IX,  n.  4  delle  Co&titwrioni  della  societa  dei  Liberi  Mu- 

'/•/  ili-l  17~>0:  in  Cosmopoli,  nella  Stamperia  del  figlio  della 

f»va  a  spese  dei  sitoi  fratelli  (le  quali  sono  delle  piu  antiche 

ed  autentiche  e  furono  nel  1S66  rinvenute  nella  biblioteca  di 

Napoli,  senza  che  altrove  se  ne  sia  mai  trovato  altro  esemplare) 

che :  «  Non  si  manchi  al  dovere  di  aiutarsi  e  soccorrersi  nei  bi- 

«  sogni,  con  preferirsi  sempre  »n  /ra^//o*bisognoso  ed  onesto 

«  a  qualiinque  altro  profano  che  si  trovasse  nolle  stesse  circo- 

«  stanze.  La  storia  della  societa  e  piena  di  esempii  accaduti  ad 

<  un'infiniU  di  fratelli,  i  quali  hanno  potuto  uscire  di  affanno 
«  col  solo  farsi  conoscere  e  spesso  salvare  la  vita  naturale  e 

<  civile  fcioe  sfuggire  anche  alle  pene  meritate)  posta  in  forse 
«  in  alcuni  fatali  incontri.  Bisogna   pertanto  che  ciaschednn 
«  fratello  (anche  se  Hagistrato  o  altro  pubblico  ujficiale)  si 

<  applichi  a  far  sentire,  provare  e  riconoscere  la  benigna  in- 

<  fluenza  della  societa  (anche  a  spese  della  giu*ti:i<i),  come 
«  fecero  tutti  i  buoni  Massoni  dacche  ebbe  principle  la  Franra 
«  Muratoria.  >  E  nel  titolo  X  n.  9.:  «  I  doveri  di  un  Lib'iro 
«  Muratore  sono  sommo  zelo  per  travagliare  quando  e  chiamato; 
«  la  sottomissioue  della  volonta  (obbedienza  ciecaj  a  quella  dei 
«  Fratelli   maggiori;  legame  di   fratorna  e  sincera  amicizia; 
«  regolandosi  in  tutto  col  piu  inviolabile  segreto.  >  E  non  sa- 
rebbe  necessario  questo  /;/•  -,  se  questi  atti  di 

e  di  nmicizia  non  dovessero  essere  anche  talvolta 
colpevoli  e  criminosi.  Chi  c  infatti  che  debba  ragionevolmente 


DI   ALCUM   DOd'MENTI    I'OCO    NOTI    ECC. 

K-iiere  occulti  i  suoi  atti  di  olbedienza  e  specialiuente  dl  ami- 
ia,  se  quest!  sono  lodevoli  ed  innocent!?  Pericoli  dunque  e 
danni  anche  sommi  possono  pervenire  alia  societa  civile  nei  tri- 
bunal!, nei  process!,  nelle  career!,  nella  distribuzione  dei  premii 
o  delle  pene,  delle  cariche  e  degli  impieghi  ed  in  tutto  Taada- 
inento  delle  cose  da  quest' obbli  go  che  hanno  i  Framinassoni  di 
aiutarsi  e  soccorrersi,  preferendo  sempre  il  fratello  ad  un 
qualunque  altro  profano.  II  che,  come  non  vi  ha  chi  nol  veda, 
cosl  fu  anche  da  molt!  e  spesso  gia  dimostrato  e  chiarito.  Ma 
la  cosa  cresce  d'importanza  in  tempo  di  guerra;  essendo  evi- 
dente  che  se  la  inassoneria  di  uno  Stato  ha  interesse  di  tradirlo 
al  suo  neinico,  secondo  I'iinportanza  che  vi  ha,  gli  farii  anche 
correre  uguali  pericoli  di  tradimenti.  E  ne  fu  vittima,  secondo 
autentici  documenti,  non  soltanto  1'  esercito  del  Conde  ossia  dei 
Legitimist!  emigrati  combattenti  nei  secolo  scorso  contro  la  Re- 
pubblica  francese,  la  quale  aveva  i  suoi  massoni  nell'  esercito  e 
nei  governo  prussiano,  ma  poi  lo  stesso  Napoleone  I.  II  che  & 
dimostrato  dal  libro  di  Carlo  Nodier  edito  a  Parigi  nei  1815 
intitolato:  Histoire  des  Societes  secretes  de  I'Armtte  et  de$ 
conspirations  militaires  qui  out  en  pour  object  la  destruction 
du  governement  de  Bonaparte.  Ed  anche  fu  chiarito  dal  Lafon 
nella  sua  Histoire  de  la  conjuration  du  general  Mallet  Pa- 
ris 1814.  Ma  specialmente  la  cosa  6  a  lungo  dimostrata  nei  tre 
Yolumi  clandestinamente  stampati  a  Londra  nei  1815,  ne  ma! 
stati  nei  coininercio  librario,  intitolati  Histoire  des  conspirations 
militaires  formtfes  contre  Napoleon  Bonaparte  depuis  1798 
jusquen  1814:  ou  Chroniqite  secrete  de  France  e  d'ltalie  de- 
puts  la  creation  de  la  republique  Cisalpine  jusqu' a  la  chute  du 
Tiran  Corse:  publiee  par  le  conseil  des  conjures  des  d< 
pays.  La  quale  storia  da  chi  la  possiede  pu6  considerarsi  come 
un  manoscritto  inedito.  Sopra  il  che  anche  pu6  consultarsi  ii 
Vannucci  nei  suoi  cosl  detti  Martiri  all'articolo  Buonarroti 
pisano  e  principalissimo  tra  quei  cospiratori.  II  quale  anche  so- 
leva  benignamente  dire  da  vecchio,  dopo  la  cosi  detta  liistora- 
zione  del  1814,  che  secondo  lui  la  repubblica  francese  aveva 


ito  nel  non  ghigliottinare  qualcho  altro  centinaio  di  mi^liaia 
di  pift  oltro  ^-higliottinati  nel  tempo  del  Terrore.  Ed  il 

Vannucci  pone  costui  tra  i  M>irtiri!  Tanto  varrebbe  porvi  anche 
Erode  in  merito  e  ricoiupensa  del  la  sua  strage  dei  Bambini.  E 
crediamo  in  verita  che  in  quel  martirologio  del  Vannucci  1'escluso 
Erode  vi  starebbe  molto  meglio  che  non  i  nove  decimi  degli 
inclusi. 

Ma  per  tornare  all' argomento,  giova  riferire  ci6  che  non 
soltanto,  come  vedemmo,  in  generale  nei  suoi  Statuti  impone 
ai  suoi  adepti  la  Massoneria  sopra  1'ainto  loro  scambievole  a 
preferenxa  di  qualsiasi  profano,  ma  quello  ancora  che  parecchi 
massoni  pi  ft  o  uieno  ufficialmente  si  sono  lasciati  scappare  di 
bocca  sopra  il  caso  speciale  del  tempo  di  guerra.  E  cosl  per 
esempio  il  Massone  Bouilly,  che  nel  1842  aveva  ottant'anni 
e  doveva  perci6  aver  attinti  i  veri  principii  massonici  dalle 
prime  origini  della  Massoneria  in  Francia  (fu  infatti  Gran  Mae- 
stro e  passava  tra  i  suoi  come  un  oracolo)  in  un  suo  libro 
intitolato  Mes  recapitulations ,  lungamente  e  pi  ft  volte  citato 
nell'anno  IV  (1842)  dei  Globe  Francma$on  Archives  des 
Initiations  etc.  (che  abbiaino  sotto  gli  occhi)  dice  espressamente 
a  pag.  4  che:  <  Bisogna  penetrare  pift  innanzi  e  dimostrare  che 
«  la  forza  dei  nostri  vincoli  fraterni  e  tale  che  essa  lega  tra  loro 

<  anche  quelli  che  per  1'  interesse  della  patria  sono  arinati  gli 

<  uni  contro  gli  altri.  >  E  segue  con  una  filastrocca  di  esempii 
di  soldati  francesi  e  massoni  salvati  da  soldati  inglesi  e  russi 
massoni  e  viceversa,  violando  anche  gli  ordini  contrarii  dei 
general! ;  conchiudendo:  <  Massoni!  Non  distinguete  ne  nazioni 
«  nd  uniformi:  non  vedete  che  fratelli:  e  pensate  ai  vostri  yiu- 
«  ramentl.  >  Notisi  bene.  Non  dice  gia  Pensate  ai  vostri  /////- 
raincnti  militari.  Ma  dice  Pensate  ai  vostri  giuramenti  // 

••id.  Nella  stessa  Rivista  Massonica  il  Globe  a  pag.  446  del 
volume  ed  anno  3°  si  legge  un  discorso  tenutosi  in  una  festa 
solenne  del  Grand' Oriente  di  Francia  da  un  certo  Lefebure 
Grande  Oratore  il  24  giugno  del  1841.  II  quale  disse  espressa- 
mentc  che:  <  Abbianio  veduto  sul  campo  di  battaglia  alcuui  che 


DI   ALCl'M   nOCr.MI'Vn    I'OCO    NOTI    ECC. 

«  snl  punto  di  scannarsi  si  abbracciavano.  Le  leggi  stesse  della 
«  guerra  piegano  sotto  la  potenza  massonica.  Cio  che  non  pos- 
«  sono  ne  i  Be  ne  i  Capitani,  un  solo  segnale  massonico  lo  pu6 
«  fare.  Si  sono  visti  combattenti  gettare  le  armi  e  baciarsi  se- 
<  condo  eke  volevano  i  loro  giuramenti.  >  Qaali  giuramenti  ? 

I  railitari  o  i  massonici?  E  chi  sa  che  certe  defezioni  spagnuole 
e  non  spagnuole  non  si  riducano  in  fine  che  a  baci  massonici? 
Giacche  come  i  soldati,  cosl  gli  ufficiali  e  i  generali  possono  aver 
fatto  il  giuramento  massonico.  Ed  allora  chi  comanda  all'esercito? 

II  Re  o  il  Gran  Maestro?  Non  di  soli  soldati  infatti  ma  di  uffi- 
ciali e  generali  discorrono  in  piu  luoghi  Les  annales  clironoloyi- 
ques  de  la  magonnerie  des  Pays  Bas :  Bruxelles  1814-1828:  \ 
quali  parimente  abbiamo  sotto  gli  occhi.  Siccome  per  esempio 
a  pagina  52  del  vol.  2°:  dove  si  legge  che:  <  Un  ufficiale  belga 
«  nel  mezzo  di  una  carica  di  cavalleria,  trovandosi  di  fronte 
«  un  suo  gia  compagno  di  Loggia,  dimentico  tutto  ed  a  costo 
«  di  passare  per  traditore  lo  salv6.  >  E  poco  dopo  a  pagina  54: 
«  Due  ufficiali  inglesi  comandavano  la  scorta  di  molte  centinaia 
«  di  francesi  prigionieri.  Fattisi  questi  riconoscere  per  massoni, 
«  gli  ufficiali  inglesi,  per  mantenere  la  loro  parola  massonica, 
«  presero  a  difenderli  contro  i  loro  alleati  prussiani  combattendo 
«  anche  contro  di  loro.  La  cosa  (seguono  gli  Annali)  pu6  parere 
«  incredibile:  ma  e  verissinia.  >  Che  cosa  infatti  di  piu  iucredi- 
bile,  militarmente  e  lealmente  parlando,  che  il  combattere  tra 
loro  di  truppe  alleate  per  salvare  i  nemici  perche  massoni?  Xarra 
poi  la  Rivista  massonica  Latomia  a  pag.  189  del  suo  vol.  2°  che: 
«  Trovandosi  di  fronte  presso  Salamanca  i  due  eserciti  francese 
«  e  spagnuolo,  ed  un  battaglione  francese  essendo  in  pericolo 
«  di  essere  distrutto,  il  suo  comandante  Dupuy  fece  il  segno 
«  massonico  e  subito  ii  generale  spagnuolo  fece  cessare  il  fuoco. 
«  Poi  quanti  dei  francesi  furono  ricouosciuti  per  massoni  oltre  la 
«  vita  salva  ebbero  ogni  sorta  di  ottimi  trattamenti.  >  Un  fatto 
anche  piu  grave  narra  lungamente  il  massonico  Globe  a  pag.  483 
del  suo  vol.  3°  come  accaduto  nelle  guerre  di  Spagna  nel  1808. 
Esso  si  riduce  in  breve  a  questo  che,  essendo  stato  colto  e  con- 


dannato  a  inorte  nno  spione  del  generale  spagnuolo  Guesta  (il 
Santa  Croco  capitano  dei  granatieri),  il  qnale  aveva  accettato 
di  guidaro  cioe  sviaro  nn  corpo  di  francesi,  fattosi  conoscero 
per  massone,  un  ullicialo  francese  lo  fece  scappare  di  carcere. 
ra  poi  il  Franc  Marun  a  pag.  68  del  suo  anno  6°  che : 

<  era  prigioniero  di  guerra  all'  isola  Maurice  un  ufficiale  inglese 
«  Owen,  che  fuggl  di  carcere,  uccise  varie  guardie  e  finalmente 

<  fu  ripreso.  Gondannato  a  morte  fu  subito  salvato  e  liberate, 

<  perche  riconosciuto  massono  dal  suo  stesso  giudice  Generale 
*  francese  De  Gaen  massone  anche  lui.  >  Quest!  ed  altri  molti 
simili  futti  (raccolti  gia  a  pag.  242  e  seguenti  del  volume  1°  dei 
gia  altrove  da  noi  citati  documenti  del  Neut  o  da  noi  per  la  piu 
parte  verificati  allo  fonti  originali)  saranno  per  avventura  piu 
o  mono  autentici  in  s6  stessi,  e  forse  anche  in  parte  inventati 
ed  csagerati  per  vantare  ai  massoncini  la  potenza  della  Mas- 
soneria.  Molti  infatti  si  sogliono  vendere  anima  e  corpo  alia  Mas- 
soneria  per  solo  interesse  e  vanita.  Ma  quei  fatti  o  veri  o  falsi 
che  siano,  sono  pure  raccontati  dai  giornali  e  libri  massonici 
sopra  citati  come  opere  generose,  magnanime  e  degne  di  somma 
lode  e,  quello  che  piu  importa,  d'  imitazione.  Cosicche,  o  veri  o 
falsi  che  siano,  la  cosa  torna  sempre  allo  stesso,  cioe  al  somma 
pericolo  che  in  tempo  di  guerra  pu6  venire  ad  un  qualsiasi  Stato 
che  abbia  nel  suo  esercito  dei  massoni  influenti  nella  condotta 
della  guerra  e  persuasi  che  il  loro  giuramento  massonico  prevale 
sul  loro  giuramento  militaro  e  sopra  la  stessa  lealta  uaturale. 
La  quale  per  fermo  non  penuettc  che  in  tempo  di  guerra  si 
trad  i  sea  la  propria  parte  per  favor  ire  la  nemica.  Ma  tutto  £ 
permesso  dai  la  morale  massonica.  Della  quale  e  quel  famoso 
principio  che  il  fine  yiustifica  i  mezzi. 

Autentico  per6  e  certissimo  e  il  seguente  documento  masso- 
nico coinprovante  che,  come  noil' esercito  di  terra  cosi  neH'arinata 
di  maro  tutto  si  pub  temere  da  uno  Stato  nelle  cui  flotte  fiorisca 
la  Massoneria.  Esso  e  citato  dal  gioroale  ufficiale  della  Massoue- 
ria  francese,  il  g&  mentovato  Globe  Franc -iimnm  a  pag.  160  del 
suo  Vol.  4°  (1842)  ed  ultimo.  Ed  e  un  Decreto  del  6  no  f  'un- 


r.f'/i  DI   ALCUM   DOCUMENTI   POCO    NOTI   ECC. 

siglio  del  seguente  tenore:  <  Supremo  Consiglio  del  33/.  ed  ultimo 
«  grado.  Gran  Loggia  centrale  di  Francia:  Eito  scozzese  antico 
«  accettato.  Estratto  delle  deliberazioni  del  Supremo  Consiglio  di 
€  Francia:  seduta  dell' 8°  giorno  della  Luna  Yar;  secondo  mese 

<  dell'anno  della  gran  Luce  5842  (dob,  il  18  aprile  del  184;r). 

<  Articolo  3\  Ogni  Capitano  di  mare  frammassone  e  autorizzato 
«  ad  alzare  in  caso  di  pericolo  una  bandiera  massonica.  Questa 
«  bandiera  dee  essere  quadrata  e  disegnata  in  azzurro  su  fondo 
«  bianco  cosl :  due  mani  alzate  e  serrate  in  segno  di  pericolo 

<  colla  croce  sopra.  Articolo  4.  Questa  bandiera  copre  tutto 
«  1'equipaggio  (doe  massoni  e  non  massoni)  e  chiama  in  soc- 
«  corso  ogni  fratello  che  la  possa  vedere.  Non  accorrere  a  quel 
€  segnale  6  tradire  la  fratellanza  e  1'onore  massonico.  Segnati 
«  il  Conte  di  Chabrillan,  ii  Conte  di  Montehieu,  Allery,  Quiffrey, 
«  Conte  di  Ferniq,  (e  finalmente  il  celebre)  duca  Decazes.  >  II 
qual  decreto,  bench6  non  paia  alludere  che  alia  marina  mercan- 
tile, chi  ben  considera  vedra  che  non  parla  di  fatto  che  della 
marina  da  guerra.  E  ci6  perche  per  la  marina  mercantile  sono 
gi&  impost!  e  noti  a  tutti  i  segnali  di  convenzione  comune 
accettati  e  riconosciuti  da  tutte  le  genti.  Or  questi  segnali  noti 
e  comuni  quando  sono  inalberati  da  una  nave  pericolante  fanno 
correre  in  suo  soccorso  ogni  nave  comandata  da  persona  umana, 
leale  e  rispettante  il  diritto  delle  genti  e  le  leggi  della  carita 
e  dell'onore.  Dunque  Tuna  delle  due.  0  il  Supremo  Consiglio 
massonico  di  Francia  crede  che  i  suoi  capitani  massoni  sono 
gente  di  onore  e  di  carita:  ed   allora  a  che  pro  un  segnale 
particolare?  0  crede  necessario  un  segnale  parti colare:  ed  allora 
egli  non  crede  che  i  suoi  capitani  massoni  siano  gente  di  onore 
e  di  carita  per  altri  che  pei  massoni.  Praticamente  dunque 
questo  segnale  particolare  non  pot&  essere  inventato  che  per 
pericoli  diversi  da  quelli  comuni  della  navigazione  mercantile. 
Non  essendovi  del  resto  varied  di  valore  nei  giuraiuenti  militari 
di  terra  o  di  mare,  ed  essendo  dimostrato  che  per  quelli  di  terra 
il  giuramento  massonico  dee  prevalere  al  militare,  e  ben  chiaro 
che  lo  stesso  dee  in  massoneria  accadere  per  quelli  di  mare. 


DI   ALCUM   DOCUMENTI    PMCO    PiOT! 

E  che  non  sia  vano  no  esagerato  il  timore  che  uno  Stato 
qualsiusi  dee  concepire,  come  in  pace  cosl  specialinente  in  guerra, 
dei  massoni  che  egli  abbia  in  casa,  no  sono  e  debbono  essere 
gia  convintissimi  tutti  i  governi  si  massoni  come  non  massoni. 
I  massoni,  per  propria  loro  esperienza  personale,  ben  conscii  sic- 
come  sono  dei  tradimenti  fatti  e  percifc  sempre  in  timore  che  si 
renda  loro  pan  per  focaccia:  i  non  massoni  per  la  soinigliante 
loro  esperienza  personale  dei  tradimenti  gia  patiti  dalle  sette 
segrete.  E  nota  del  resto  la  resa  di  Malta  nel  1798  ceduta  u 
Napoleone  I  dagli  stessi  cavalicri  di  lei  felloni  e  massoni.  Sono 
note  altre  vittorie  e  rese  piu  recenti.  Ne  e  da  diinenticare  che  la 
sola  vergognosa  sconfitta,  toccata  senza  rimedio  dal  Venturiere 
dei  due  Mondi,  gli  venne  dai  certamente  non  massoni  soldati  del 
Papa.  Ora  chi  la  fa  1'aspetta:  od  almeno  dovrebbe  aspettarla. 
Percifc  non  e  solo  interesse  della  Chiesa  e  degli  Stati  non  mas- 
soni, ma  degli  Stati  stessi  phi  settarii  e  massonici,  T  udire  ed 
il  seguire  la  voce  Paterna  ed  Apostolica  di  Leone  XIII,  che  per 
loro  bene  denunciat  Sectam  Massonum  non  minus  Christiana* 
rei  quam  Civitali  perniciosam.  Giacche  so  gli  Stati  ed  i  Go- 
verni paiono  ormai  sordi  alle  voci  paterne  ed  apostoliche  del 
Vaticano,  essi  dovrebbero  almeno  avere  ormai  gli  orecchi  lunghi 
abbastanza  per  udire  gli  scoppii  dinainitico-  massonici. 


BELLA 

CONTINGENZA  DEL  MONDO 


Fra  gli  argomenti  onde  prendere  una  citto  forte  adoperati  da 
capitani  rinomati  nella  strategia,  &  celebre  quello  di  deviare 
il  corso  del  flume  che  per  ventura  la  tramezza  e  troncare  gli 
acqueiotti  che  le  recano  1'  acqua.  Se  negli  estivi  calori  le  nubi 
le  si  mostrano  avare,  6  giocofom  ch'essa  patteggi  e  spalanchi 
le  porte  all'oste  nemica.  Proprio  cosl  fa  la  Massoneria  contro 
la  Chiesa  ch'  6  la  citta  di  Dio ;  conciossiach^  tra  raezzi  quanto 
possenti  altrettanto  iniqui  ch'  ella  adopera  per  manoraetterla,  6 
potissimo  quello  d'impedire  la  diffusione  della  cattolica  dottrina 
e  della  vera  scienza.  Va  piu  in  la:  avvelena  le  fonti,  cio&  le 
pubbliche  scuole,  dalle  quali  la  gioventu  £  obbligata  di  attingere 
il  sapere.  fi  bea  vero  che  sono  cosl  calpestati  i  diritti  paterni ; 
tradita  1'innocenza  e  la  debolezza  degli  adolescenti;  sacrificata 
la  tendenza  naturale  che  ha  1'aonio  alia  verita;  manomesso  il 
suo  diritto  che  ha  verso  la  socieU  di  non  essere  impedito,  ma 
piil  presto  aiutato  al  conseguimento  del  suo  fine:  ma  tutto  ci6 
che  importa?  Da  che  cotesta  setta  s'impossesso  dei  governi  e 
dell'andainento  della  cosa  pubblica,  una  gran  moltitudine  di 
leggi  scaltrissimamente  coordinate  all'empio  scopo  vagheggiato, 
ha  guarentito  quasi  del  tutto  ai  governi  ed  a'municipii  il  mono- 
polio  del  pubblico  insegnamento,  cotalch^  la  Chiesa  e  i  cristiani 
genitori  non  hanno  virtu  da  impedire  efficacemente  tm  tanto 
danno. 

Dov'e  in  tutta  Italia  una  university  nella  quale  s'insegni 
liberamente  ed  apertamente  la  esistenza  delPunico  vero  e  vivo 
Iddio?  Se  un  pugno  di  giovani  cattolici  conscii  dei  loro  naturali 
diritti  vogliono  incamrninarsi  sull'orme  del  piu  grande-  filosofo 
dell' Italia  e  di  tutto  il  moudo  civile,  vogliamo  dire  san  Tom- 


>,  sono  schurniti,  e  dichiarati,  perci6  solo,  nemici  del  pro- 

•lla  patria. 

Per  questo  noi  seutiamo  ognor  piu  stretto  il  dovere  di  coin- 

buttere  la  setta  nel  cuinpo  scientifico,  e  ad  nna  filosofia  men- 

zognera  e  balorda  opporre  la  luce  dulia  vera  filosofia,  che  la  Dio 

•ci\  e  non  solo  cristiana  ma  eziamlio  italiaua,  come  in  questo 

periodico  1'abbianio  dimostrato.  E  poiche  ora  si  ha  1'audacia  di 

ire  la  contingenza  del  mondo,  per  torci  il  mezzo  termine 

da  noi  adoperato  a  dimostrare  la  esistenza  di  Dio,  intorno    alia 

sima  contingenza  filosofiaino. 

I. 

//  D'Ercole  imiHtr/na  la  contingenza  del  mondo;  ragioni  che 
reca;  accusa  i  teisti  di  non  dimostrarla  e  di  easerc  sempre 
caduti  in  un  circolo  vizioso. 

II  D'Ercole  professore  di  filosofia  nell'Universita  di  Torino, 
per  insinuare  I'ateismo,  impugna  la  contingenza  delle  cose 
mondane.  Xoi  I'abbiamo  toccato  di  Tolo  in  una  rivista,  ma 
abbiamo  fatta  promessa  di  confutare  con  pienezza  maggiore  gli 
errori  di  costui,  quando,  segnendo  il  corso  delle  nostre  trattazioni 
filosofiche,  ci  venisse  in  concio. 

Allorch6  diciamo  che  una  cosa  e  contingente,  Togliamo  inten- 
dere  che  essa  non  ha  della  sua  esisteuza  sufficiente  ragione  in 
s£  medesiina,  e  per6  da  altri  vuol  essere  stata  prodotta.  Per  lo 
che  se  diciamo  che  T  universe  mondo  e  contingente,  vogliaino 
affermare  che  la  ragione  sufficiente  del  suo  essere  e  delle  sin- 
gole  coso  dalle  quali  6  costituito,  non  pu6  ritrovarsi  nel  mede- 
simo.  Onde,  data  la  sua  esisten/a,  e  mestieri  il  confessare  la 
esistenza  della  causa  prima  ch'6  Dio. 

II  D'Ercole  non  si  perita  di  afferraare  che  tale  contingenza 
non  si  puo  riconoscere  n>ll<i  realta.  Ad  esporre  con  alqnanto 
di  chiiire/.za  il  concetto  dell'ateista,  per  cid  che  si  attiene  a  tale 
questione,  ridurreuio  a  questa  forma  la  sua  argomentazione.  Egli 
ragiona  cosl.  Se  T universe  fosse  contingente,  non  sarebbe  neces- 
sario:  quiudi  sarebbe  stato  prodotto  o,  meglio,  creato  da  quel- 


DELLA    CONTINGENZA   DEL    HONDO 

1'essere  necessario,  che  dicesi  Dio.  Ma  ci6  e  assurdo.  Imperocche: 
«  L'ente  creatore  ad  extra  e  in  perfetta  contraddizione  col  con- 
tingente. Se  il  Mondo  contingente,  per  tale  contraddizione,  noil 
pu6  esser  creato  ad  extra  da  Dio,  come  pu6  il  Teismo  conclu- 
dere  legittimamente  dal  contingente  a  Dio,  il  che  significherebbe 
concludere  dal  creato  ad  un  creatore  che  non  1'ha  punto  creato?1  > 
Ma  per  quale  inai  ragione  dovremrao  essere  tratti  ad  ammet- 
tere  questo  carattere  di  contraddizione  tra  il  creatore  e  il  creato? 
Ce  la  da  il  D'Ercole  in  queste  parole:  «  per  la  ragione  che  il 
mondo  come  opera  deli' essere  divino,  6  necessario;  in  virtu  del 
principio  dell' adequatezza  tra  la  causa  e  1'effetto,  s'e  necessaria 
1'una,  non  pu6  essere  contingente  1'altro...2  Un  Dio  che  fa  opera 
contingente  non  e  un  essere  necessario,  assoluto,  ma  un  essere 
relativo  e  contingente  esso  stesso3.  > 

Ed  eccone  altra  ragione.  L' affermazione  che  il  mondo  sia 
creato  dall' essere  necessario  sta  «  in  contraddizione  colle  leggi 
del  pensiere  e  dell'  essere  convalidate  e  conferrnate  razionalmente 
e  sperimentalmente  dal  principio  assiomatico  stato  sempre  vero 
ed  inconfutato,  che  cio6  ex  nikilo  nihil  fit*.  > 

L'ateista  impugna  la  contingenza  deH'universo  eziandio  con 
altra  ragione.  <  Ma  vi  ha  un'  altra  potentissima  ragione  per  cui 
la  proposizione,  il  mondo  &  contingente,  &  falsa,  ed  6  la  man- 
canza  di  dimostrazione  della  inedesima.  Per  sostenere  scientifi- 
camente  la  contingenza  del  mondo  bisogna  dimostrarla.  L'ha 
dimostrata  il  Teismo  questa  contingenza?  Crede  e  sostiene  di 
averlo  fatto :  ma  il  vero  e  che  1'  ha  dimostrata  in  guisa  tale, 
che  equivale  perfettamente  al  non  averla  dimostrata.  L'  ha  dimo- 
strata cioe,  presupponendo  1'esistenza  di  Dio  come  creatore,  come, 
d'  altra  parte  e  viceversa,  ha  dimostrata  F  esistenza  di  Dio  crea- 
tore, presupponendo  la  contingenza  del  mondo ;  e  la  cosa  impor- 
tantissima  per  il  punto  che  stiamo  trattandolo,  e  avvenuta  cosl. 
II  Teismo  ha  accolto  dalle  sacre  carte  siccome  dogma  incon- 
cusso  la  esistenza  di  Dio  creatore,  secondo  ch'e  espresso  nel 
Genesi.  Su  questo  principio  il  Teismo  non  ha  mai  levato  dubbio 
di  sorta,  ma  lo  ha  sempre  accolto  dogmaticamente  siccome  un 

1  II  Teismo,  pag.  292.  —  «  Pag.  295.  —  s  Pag.  297.  —  *  L.  c. 


• 

ila  e  dinmstrata  la  contiuir«'nx:i  del  mondo,  siccome  una 
i  e  seraplice  conseguenza  della  creazione:  di  fatto  una  volta 
il  mondo  e  stato  creato,  cioe  tratto  dal  mil  la,  ed  e  sorto 
per  virtft  di  altro,  esso  e  contingent*).  La  conseguenza  e  giusta, 
ma  e  stata  mai  dimostrata  la  creazione  ?  asserita  si  e  sempre, 
ma  dimostrata  mai.  Dunque  il  mondo  6  stato  detto  contingente 
Tfismo,  perchfc  6  stato  asserito  come  un  prodotto  di  Dio, 
presupposto  creante.  La  contingenza  del  mondo  ft  cosl  la  con- 
segiienza  di  un  presupposto  i)i  dimostrato.  Quando  il  Teismo,  nel 
modo  indicate,  6  stato  in  possesso  della  contingenza  del  mondo, 
che  cosa  ha  fatto?  Ha  fatto  il  cammino  inverso,  cioe  ha  cercato 
di  dimostrare  1'esistenza  di  Dio  per  mezzo  della  contingenza 
del  raondo,  argomentando  come  segue:  Se  il  mondo  e  contin- 
gente, esso  non  pu6  esser  da  se,  e  suppone  un  essere  neces- 
sario,  il  quale  non  pu6  esser  altro  che  Dio,  il  quale  dunque  d. 
Che  cosa  si  e  fatto  in  questo  doppio  inverso  cammino  argomen- 
tativo  e  dimostrativo?  Si  e  partito  dalla  presupposizione  indi- 
mostrata  (accolta  dograaticamente  dalle  sacre  carte)  che  Dio  & 
ed  e  creante :  e  se  ne  e  conclusa  la  contingenza  del  mondo.  Ma 
il  lettore  intende  che  una  conclusione  ottenuta  per  mezzo  di 
una  indimostrata  presupposizione,  rimane  essa  stessa  una  conclu- 
sione iudimostrata.  Indi  si  e"  presa  questa  conclusione  indimo- 
strata e  la  si  e  fatta  servire  a  dimostrare  la  presupposizione 
indimostrata  nel  modo  che  si  6  detto.  E  cosl  due  indimostrati 
sono  stati  detti  entrambi  diraostrati :  T  invlimostrato  Dio  creante 
ha  dimostrato  contingente  il  mondo:  e  1' indimostrata  contin- 
genza del  mondo  ha  dimostrato  esistento  T  indimostrato  Dio 
creante:  ft  stato,  insomnra,  non  altro  che  un  rimando  da  indi- 
mostrato  ad  indiinostrato,  senza  aver  dimostrato  ne  1'uno  ne 
T  altro  !.  »  In  questa  maniera  si  propugna  I'ateismo  da  un  pro- 
fessore  di  una  delle  primarie  universita  d'ltalia,  qual  e  quella 
di  Torino!  Con  vane  e  del  tutto  false  afferraazioni,  con  miseri 
sofisini  indegni  di  un  maestro  dozzinale  viene  tratta  neU'errore 
la  nostra  gioventfi,  e  in  un  punto  ch'e  della  massima  impor- 


Iil'.LLA    CONTI><  !.    MO.MJO 

Uuiza  e  per  I'liomo  individuo  e  per  la  famiglia  e  per  la  societa 
tntta  quanta.  Risponderemo  a  queste  povere  argomentazioni  del 
D'Ercole:  ma  lo  farerao  dopo  avere  alquanto  matnramente  di- 
scussa  la  contingenza  del  mondo;  seguitando  qui  il  metodo  del- 
rAquinate,  il  quale  risponde  alle  difficolta  che  si  propone,  dopo 
avere  esplicata  e  provata  la  tesi. 

II. 

Vano  mezzo  trovato  dagli  ateisti  tra  ilfalso  e  il  vero:  dish'it- 
zione  tra  il  soygettivo,  I' ogyettivo,  il  reale;  la  verita  e 
consonanza  delVordine  oggettivo  col  reale:  stoltezza  ml- 
V  ammettere  il  mezzo  tra  il  vero  e  ilfalso;  hegeliani  sogna- 
tori;  la  verita  non  e~  relativa  ma  assoluta. 

Dilucidiamo  in  sulle  prime  una  dottrina  che  e  di  alto  momento. 
Gli  ateisti  moderni  per  illudere  i  gonzi,  si  danno  1'  aria  di  con- 
ciliatori  delle  sentenze  estreme;  e  nel  fatto  nostro  ti  diranno 
presso  a  poco  cosi.  Vi  sono  alcuni  che  affennano  essere  assolu- 
tamente  falso  che  il  mondo  sia  contingente  e  perci6  sia  creato : 
vi  sono  altri  che  affermano  essere  ci6  assolutainente  vero.  Vo- 
glionsi  evitare  cotesti  due  estremi.  Nell'ordine  soggettivo  ci6  e 
vero,  perche  cosl  porta  lo  svolgiinento  del  pensiero  umano; 
nell'  ordine  reale  ci6  6  falso,  perche  contraddice  alia  ragione  ed 
al  fatto.  Ascoltiaino  il  professore  d'  Ercole  <  La  creazione  &  ella 
vera,  e  ella  falsa?  Qui  ci  troviamo  innanzi  a  due  opinion! 
estreme,  delle  quali,  bisogna  francamente  dirlo,  il  Teismo  stesso 
ne  e  una.  Ali'altro  estremo  sta  ii  Materialismo.  L'opinione  vera 
a  noi  pare  una,  ch'e  il  mezzo  fra  gli  estremi;  il  qual  mezzo, 
secondo  noi,  e  in  perfetta  consonanza  coH'Hegeliauismo  e  col 
Positivismo  ben  inteso.  L'opinione  media,  a  nostro  avviso,  e 
che  il  principio  creative  e  falso  e  razionalmente  insostenibile, 
considerate  nel  suo  principio  teorico;  ma  che,  ad  onta  di  ci6, 
esso  ha  pur  avuta  la  sua  grande  ragione  di  essere.  Se  ha  avuta 
ragion  di  essere,  non  e  possibile  che  sia  assolutamento  falso, 
secondo  Tuna  delle  due  estreme  opinioni,  ma  ha  pur  dovuto 
rappresentare  la  sua  parte  nell'  evoluzione  del  pensiere,  e  cosl 


871 

;inch' esso,  a  modo  su<>,  ulla  vrrita  '.  »   I>i  questa 
mar  I'H.N  f;ire  il  panegirico  dell'Idolatria,  d«-l    M 

'•'1  Bndismo,  di  tutti  afTatto  gli  error!  piu  grossieri  e 
pi  A  rovinosi;  i  qnali  non  si  potranno  dire  falsitti,  perche  / 

•no  In  *n,i  fi'irfe  netf  evoluzione  del  pensiero.  Questo 
discorrere  si  accorda  coll' Hegel,  come  accenna  il  d'Ercole,  e 
coi  razionalisti  ed  idealisti  tedeschi,  nella  immaginazione  del 
quali  pu6  stare  la  verita  soggettiva  disgiunta  dalla  verita  del- 
Tordine  reale. 

Distinguiarao  noi  il  soggettivo,  1'oggettivo,  il  reale.  A  Leibnizio 
yiene  attribuito  lo  strano  sistema  della,  cosl  delta,  annonia  pre- 
stabilita.  In  questo  sistema  I'anima  e  di  tale  natura,  che  tratta 
da  intrinseca  necessita  pensa  e  vnole.  La  evoluzione  del  pen- 
siero non  d  cagionata  dalla  presenza  delle  cose  pensate,  nia  da 
una  ragione  sufficiente  interna,  per  la  quale  dopo  un  pensiero 
debbe  venirne  tin  altro  appresso.  Quefto  6  il  gerraano  sogget- 
tivismo.  Nel  qnale  tntte  le  cose  concepite  rappresentano  la 
'  parte  neW evoluzione  del  pensiero,  senza  che  abbiamo 
una  vera  ragione  che  ci  dia  certezza  dell'accordo  del  nostro 
interno  coll'esterno:  ossia  deH'armonia  dell'ordine  soggettivo 
coll'ordine  reale.  Leibnizio  ricorreva  alia  volonta  di  Dio:  inutile 
ripiego  e  niente  filosofico. 

11  reale  e  Tordine  delle  cose  tal  quale  esiste  in  s&  medesirao 
fuora  dei  nostri  concetti. 

L'oggettivo  e  il  reale  pensato,  cioe  appreso  dalla  mente. 

Consideriamo  uno  specchio,  nel  quale  non  sia  alcuna  ima- 
gine fissa  o  dipinta.  Se  cotesto  specchio  e  scoperto,  a  raano  a 
mano  che  le  cose  gli  passano  innanzi,  imprimonsi,  per  mezzo 
dei  raggi  luminosi,  in  esso  e  formano  cosl  le  loro  imagini.  Tali 
imagini  sono  oggettive  ed  oggettivo  e  Tordine  col  qnale  sono 
formate,  ne  pud  discordare  tale  ordine  oggettivo  dalFordine 
reale,  perchfc  quello  e  un  effetto  e,  direm  cosl,  una  ripetizione 
di  questo ;  ne  proviene  da  una  cagione  intrinseca  allo  specchio 
stesso  ed  indipendente  dalle  cose  reali  specchiate.  Per  lo  che 
dal  vedere  che  noi  facciamo  nello  specchio  un  albero  distinto  da 

1  l1^'.  si-83. 


DELLA   CONTINGENZA   DEL    MO.Mxi 

nn  cane,  abbiamo  il  diritto  di  affermare,  che  questa  distinzione 
non  c'6  solo  nello  specchio,  ina  e  ancor  nelle  cose,  die  in  esso 
vengono  rappresentate ;  e  dal  vedere  nello  specchio  che  una  cosa 
e  in  moto,  dobbiamo  pure  inferire  che  nella  realta  6  cosl.  Xon 
accade  qui  svolgere  il  processo  deH'umana  conoscenza,  ci  basti 
ricordare  che  secondo  la  vera  filosofia,  la  quale,  perche  vera,  e 
unica,  la  nostra  mente  in  s6  copia,  e  copiando  in  s&  stessa  vede 
le  cose,  le  quali  mediante  i  sensi  e  i  fantasmi  le  hanno  potato 
recare  le  imagini  delle  loro  nature  e  il  conoscimento  della  loro 
esistenza.  La  niente  apprende  non  crea,  e  perci6  1'ordine  men- 
tale  delle  cose  apprese  e  oggettivo  e  non  g&  soggettivo,  come 
che  possa  ella  lavorare  nel  suo  mondo  ideale,  ed  intrecciare  le 
imagini  apprese  in  varie  guise,  costituendole  anche  come  esem- 
plari  della  sua  esterna  artificial  operazione.  E  questa  e  una 
proprieta  dell'  intelletto  in  quanto  tale,  e  non  perch&  6  intelletto 
umano,  e  imperfetto.  Infatti  non  si  pud  dire  nemmeno  del  divino 
intelletto  che  crea  ii  suo  pensiero:  essendo  nel  divino  intelletto 
pensata  la  divina  essenza.  Egli  &  vero  che  nel  medesiino  sonovi 
le  idee  archetipe  di  tutte  le  cose  create,  ma  coteste  idee  altro 
non  sono  che  la  medesima  essenza  divina  pcusata  quale  esem- 
plare  di  enti,  che  in  varii  modi  ristretti  possono  essere  fatti 
partecipi  dell' essere  divino. 

Posto  ci6  6  cosa  puerile  il  dire  essere  necessario  distinguere 
la  verita  soggettiva  dalla  verita  reale,  e  che  la  dottrina  della 
contingenza  del  mondo  e  della  creazione  non  si  pu6  dire  as- 
solutainente  falsa,  perche  ha  verita  soggettiva,  couiech6  non 
abbiala  nell'ordine  reale.  Iinperocche  la  verita  e"  una,  e  questa 
e  la  conformita  della  cosa  considerata  nell'ordine  reale  con  la 
cosa  stessa  considerata  nell'ordine  oggettivo:  il  che  porta  che 
la  cosa  in  sd  sia  proprianiente  la  cosa  peusata.  Qualora  io 
apprendo  la  quiddita  o  la  essenza  del  quadrato,  dell'  ipotenusa, 
e  dei  cateti,  e,  col  lume  della  ragiono  fissandomi  in  essi,  veggo 
che  il  quadrato  dell'  ipotenusa  e  eguale  alia  somma  dei  quadrati 
dei  cateti,  potrd  afferinare  questo  mio  giudicio,  tra  il  quale  e 
tutti  i  quadrati  che  esistono  o  che  sono  possibili  non  ci  potra 
essere  giainmai  discrepanza.  Imperocche  1' essenza  del  quadrato 


A.   DEL   U 

pensata  e  universale  cioe  comune  a  tntti  i  quadrati,  e  cos!  di- 
casi  della  essenza  della  ipotenusa  o  di  quella  dei  cateti.  Laonde 
lla  via  di  mezzo  tra  il  si  e  il  no,  tra  il  vero  e  il  falso  che  ci 
addita  il  D'Ercole  e  che  si  ridurrebbo  alia  sola  verita  soggettiva, 
e*  an  mero  sogno;  e  sognatori  sono  i  soggettivisti  tedeschi  quan- 
tunque  abbiano  nominanza  di  gran  filosofi.  E  pur  qui  in  Italia 
fanno  ridere  certi  professori  hegeliani  i  quali,  quando  stanno 
sul  definire  una  pianta,  un  bruto,  o  1'uomo,  dicono  con  balda 
sicumera:  state  attenti,  ora  creo  il  tulipano;  creo  Vusiynolo, 
creo  V  nomo;  intendendo  di  affermaro,  con  ci6,  che  producono  un 
ente  soggettivo  il  quale  percift  ha  solo  verita  soggettiva  e  non 
reale. 

Ci6  che  monta  e,  che  nel  lavorio  intellettuale  che  facciamo 
sopra  1' ordine  oggettivo,  ci  regoliamo  con  quelle  leggi  necessarie 
ed  infallibili  che  presiedono  alia  nostra  mente  e  che  ci  sono 
conte  per  la  virtu  del  lume  intellettuale,  il  quale  in  realta  e"  una 
creata  imagine  dell' infalli bile  lume  dell'eterna  verita  ch'e  Bio; 
e  che  anco  gli  atei,  purche  non  sieno  scettici,  cioe  pazzi,  debbono 
accettare  come  sicura  e  suprema  norma  dell'iimana  ragione. 

Frutto  di  questa  sincera  dottrina  sia  1'ammettere  che,  in  virtu 
della  anzidetta  consonanza  naturale  che  v'e  tra  1'ordine  og- 
gettivo e  T  ordine  reale,  ci6  che  diciamo  di  quello  lo  dobbiaino 
accertatamente  dire  di  questo:  certi  che  un  angelo  o  Die  stesso 
non  potrebbe  affermare  1*  opposto,  qualora  nell'  intellettuale  no- 
stro  discorso  abbiamo  espresso  le  leggi  che  naturalmente  ci  sono 
note  in  virtu  del  predetto  lume.  Cosi  perchS  nell'  ordine  ogget- 
tivo io  veggo  la  verita  di  questa  proposizione :  non  c'  Z  effetto 
senza  causa  proporzionata:  dir&  che  cosl  la  pensa  Iddio:  ed  an- 
cora,  che  non  e  possibile  che  altramente  accada  nel  fatto,  ciofc 
neir  ordine  reale.  II  medesimo  dicasi  di  tutte  le  proposizioni,  le 
quali  se  veggonsi  vere  nell' ordine  oggettivo,  non  possono  non 
essere  vere  nell' ordine  reale.  La  verita  pertanto  non  e  relativa 
all'uomo  perche  soggettiva,  ina  perche  oggettiva  e  assoluta  e 
universale.  Chi  tiene  il  contrario  degrada  1'umana  dignita  e 
toglie  la  base  della  filosofia,  delle  scienze,  della  convivenza  so- 
ciale. 

XII,  vol.  VI,  fate.  816  43  11  giugno  1884 


674  DELLA   CONTINGKNZA    DEL    MONDO 

III. 

Proposizioni  che  hanno  verita  oggettiva,  analitiche  e  necessa- 
rie;  sintetiche  e  contingent;  le  proposizioni  nelle  f/ua/i 
f essere  si  predica  delle  cose  mondane,  sono  sintetiche  e 
contingenti;  perb  le  cose  stesse  hanno  per  car attere  prop rio 
la  contingenza;  questa  &  inseparable  dal?  essere  finito  o 
limitato;  la  ragione  sufflciente  degli  esseri  limitati  deve 
riporsi  nell'  infinite :  come  neU  intelletto  di  questo  siavi  la 
ragione  sufflciente  del?  essenze  finite,  e  nella  volontd  la 
ragione  sufflciente  dell"1  essere  loro. 

Le  proposizioni  che  hanno  verita  oggettiva  sono  di  due  specie. 
Necessarie  od  analitiche  le  une:  contingenti  o  sintetiche  le  altre. 
Nelle  prime  la  determinazione  del  predicate  viene  dall'  essenza 
del  soggetto :  nelle  seconde  la  determinazione  del  predicate  viene 
dal  di  fuori  del  soggetto.  Per  esempio:  nel  triangolo  i  ire 
angoli  sono  eguali  a  due  retti:  I'anima  intellettiva  e  incor- 
ruttibile:  Dio  e.  ft  chiaro  che  queste  proposizioni  sono  necessarie 
ed  analitiche.  Imperocche  nella  essenza  concepita  del  triangolo 
v'e  la  determinazione  ad  avere  tre  angoli  eguali,  insieme  presi, 
a  due  retti:  di  quality  che  se  ci6  non  fosse,  il  triangolo  non 
sarebbe  triangolo.  Simiimente  la  incorruttibilita  e  intrinseca  alia 
essenza  dell'anima  intellettiva:  nd  sarebbe  tale  se  non  fosse 
incorruttibile.  Cosl  1' essenza  di  Dio  e  identificata  coll' essere  suo. 

Ora  veniamo  alle  proposizioni  della  seconda  specie,  cioe  alle 
contingenti  o  sintetiche.  Eccone  una :  Pietro  e  sapiente.  Qualora 
in  questa  proposizione  si  consider!  il  soggetto  in  senso  com- 
posto  col  predicate,  ossia  Pietro  fornito  della  sapienza,  e  chiaro 
che  la  proposizione  e  analitica,  anzi  e  tautologica :  perocche  e  di 
fatti  eguale  a  questa:  Pietro  con  la  sapienza  e  sapiente:  cioe 
Pietro  sapiente  e  sapiente.  Ma  se  tu  consideri  la  sola  persona 
di  Pietro,  per  certo  nel  suo  solo  concetto  non  e  racchiuso  il  con- 
cetto della  sapienza  e  per  conoscere  che  Pietro  e  sapiente  bi- 
sognera  dedurlo  altronde,  ciofc  dagli  effetti  che  eel  manifestano 
tale,  o  dalle  cagioni  che  tale  T  hanno  costituito.  Per6  la  proposi- 


DELI 

e  e  contingente  e  -  Onde  pu6  esservi  Pietro  senza 

U  sapienza  o  pu6  essere  vera  la  contradittoria :  Pietro  non  e  sa- 
Ma  ripugna  esser  ?era  la  contraddittoria  di  una  dullo 
anzidette  analitiche,  per  esempio  la  somma  dei  ire  angoli  in  un 
trianyolo  &  inferiore  a  due  retti.  Perocche  dicendo  Pietro  non 
sapiente  non  si  afferma  che  Pietro  e  e  non  e  Pietro:  ma  si  affenna 
e  si  nega  che  il  triangolo  sia  triangolo,  dieendo  che  i  tre  angoli 
insieine  presi  non  sono  eguali  a  due  retti. 

Abbiam  ora  quanto  basta  per  trattare  la  questioner  so  le 
cose  mondane  e  il  mondo  stesso  sia  contingents.  Da  ci6  che  teste 
dicevamo,  appare  che  se  la  contingenza  fosse  un  carattere  essen- 
ziale  al  mondo,  ogni  proposizione  nella  quale  s'indicasse  1'esi- 
stenza  di  un  ente  mondano,  od  anche  di  tutto  il  mondo,  dovrebbe 
essere  sintetica.  Cosl  in  queste:  Yuomo  £  esistente;  il  mondo  £ 
esistente,  il  predicate  non  dovrebbe  essere  richiesto  dall' essenza 
del  soggetto,  e  non  dovrebbono  percifc  essere  assurde,  per  cagione 
d' intiraa  contradizione  dei  termini,  le  seguenti:  Cuomo  non  e 
esistente:  il  mondo  non  e  esistente.  Ma  se,  per  contrario  alle 
cose  mondane  e  al  mondo  stesso  non  fosse  essenziale  la  contin- 
gent: dovrebbono  essere  analitiche  le  prime  proposizioni,  e,  per 
inthnseca  contradizione,  assurde  le  seconde  che  ad  esse  si  op- 
pongono. 

Se  non  che  pel  fatto^stesso  consta  che  ogni  sostanza  individua 
composta  non  fu  sempre,  ne  sempre  sara.  Nasce  ogni  uomo  e 
muore:  nasce  e  muoreogni  bruto  ed  ogni  pianta:  ed  ogni  sostanza 
composta  inorganica  ebbe  origine  dalla  composizione  dei  suoi 
elementi  e  in  essa  successivamente  si  decompone  o  si  pu6  de- 
comporre.  Inoltre  se  alia  essenza  dell' uomo,  della  pianta,  del 
bruto,  dell' inorganico  spettasse  Tesistere,  tanti  individui  di  ogni 
specie  contemporaneamente  esisterebbono  quanti  sono  possibili: 
ed  e  ci6  contro  il  fatto.  Adunque  tutte  quelle  proposizioni  nelle 
quali  T  essere  delle  predette  sostanze  individue,  indicato  nel 
predicate  si  attribuisce  alia  loro  essenza  espressa  nel  soggetto, 
sono  proposizioni  siutetiche  o  contingent!.  Laonde  la  contingenza 
e  una  essenziale  proprieta  delle  predette  cose  mondaue. 

La  quale  contingenza  si  manifesta  ancora  dai  limiti  ond'  e 


f,7f'»  DKLLA    CONTIM.K.N7..V    DEL    MONDO 

ristretta  la  perfezione  essenziale  di  ciascuna  cosa.  Quando  una 
porfezione  ha  limiti  non  richiesti  dalla  essenza  della  perfezione 
stessa,  conviene  ritrovare  fuori  della  medesima  la  sufficiente  ra- 
gione  di  tale  limitazione.  Lo  veggiamo  in  tutte  le  cose.  Un  atto 
p.  e.  di  amore  pu6  essere  piil  o  meno  intenso :  perci6  la  ragione 
sufiBciente  della  sua  minore  o  maggiore  intensita,  cio&  della  sua 
limitazione  e  d'  uopo  cercarla  fuori  dell'  atto  stesso  e  ritrovarla 
nella  volonU  che  n'  e  sua  cagione.  Se  veggiamo  un  legno  od 
un  pezzo  di  marmo  tagliati  in  figura  cubica,  affermiamo  dovere 
averci  ragion  sufficiente  di  tale  figura,  la  quale,  ragione  non 
si  potendo  avere  nel  legno  o  nel  marmo,  per  se  indifferent!  ad 
altre  limitazioni,  fuori  d'  essi  e  mestieri  ricercare.  Fuori  del 
sasso  6  la  sufficiente  ragione  onde  esso  stia  in  uno  o  in  un  altro 
luogo;  e  i  colori  potendo  acconciarsi  ad  altre  figure,  se  sono  di- 
sposti  in  una  tela  in  maniera  acconcia  a  rappresentare  un  uorno 
piti  tosto  che  un  leone,  fuori  dei  medesimi  ne  sar&  la  sufficiente 
ragione  e  1'avremo  nel  pittore. 

Adunque  siccome  ogni  cosa  deve  avere  la  sua  sufficiente  ra- 
gione, essendo  principio  metafisico  indubitato  questo:  nihil  est 
sine  ratione  sufficient*;  quando  c'incontriamo  in  un  ente  limi- 
tato,  il  quale  di  tali  limiti  non  ha  in  se  la  ragione  sufficiente, 
questa  sar&  sempre  fuora  di  lui.  Ma  poniamo  che  la  limitazione 
spetti  al  suo  essere  priino.  In  tale  ipotesi  essa  limitazione  dovra 
provenire  da  chi  e  causa  efficiente  deli' essere  suo  medesimo. 

Presupposto  il  quale  discorso  consideriamo  qualunque  essere 
mondano ;  un  minerale,  una  pianta,  un  animale.  Sia  un  minerale 
ristretto  a  quella  specie  che  dicesi  argento.  Cotesta  specie  esprime 
forse  tutta  la  perfezione  del  minerale?  No  davvero!  La  perfe- 
zione del  minerale  qui  nell' argento  e  liinitata:  ci6  a  niuno  puo 
essere  dubbioso,  giacche  oltre  dell'  argento  veggonsi  moltissimi 
altri  minerali  di  varia  specifica  perfezione.  Adunque  i  limiti 
specific!  dell'  argento  entro  i  quali  e  ristretta  la  generica  per- 
fezione del  minerale,  e  inestieri  cercarli  fuori  della  stessa  per- 
fezione generica.  Di  piu:  non  si  potra  dire  senza  cadere  nella 
petizione  di  principio,  che  la  ragione  sufficiente  dei  limiti  onde 
£  ristretto  il  minerale,  sia  1'essenza  dell'argento,  la  quale  esclude 


• 

>ere  p.  e.  dell'oro  e  di  altre  specie  del  minerale.  Imperoi- 
torna  lo  stesso  il  chiedere  qual  e  la  ragione  sufficiente  del  limit! 
ond'6  qui  ristretta  la  perfezione  generica  del  minerale,  e  il  dire 
qual  <•  la  ragione  sufficiente  per  la  quale  questo  minerale  e  deter- 
minate qui  all'essere  di  argento.  Egualmente  mettendoci  a  ricer- 
care  la  ragione  sufficiente  di  ogni  specie  di  vegetante  o  di  ani- 
male,  non  la  ritroveremo  nella  generica  perfezione  di  vegetante 
o  di  animale ;  perch&  questa  pu6  essere  altramente  determinata : 
ne  senza  petizione  di  principio  la  ricercberemo  nella  stessa  per- 
fezione  specifica.  Imperocche"  se  dicessimo  il  vegetante  $  qui  a 
questa  specie  limitato  perchfc  d  rite:  T  animale  6  qui  a  questa 
specie  definite  perch&  6  hone,  tornerebbe  a  dire  che  quella  e 
vite  perche  e  vite;  cbe  questo  e  leone  perchfc  e  leone:  risposta 
tautologica  e  ridevole.  .Fuori  adunque  e  della  specie  e  del  ge- 
nere  vuolsi  ritrovare  la  ragione  sufficiente  della  limitazione.  Se 
non  cbe  ogni  cosa  appartiene  ad  una  specie  e  ad  un  genere.  Dun- 
que  nessuna  cosa  mondana  ha  in  se  la  ragione  sufficiente  del- 
1'esscre  proprio,  cioe  ogni  cosa  e  contingente.  Ma  il  mondo 
e  la  aggregazione  di  tutte  le  cose  mondane,  che  sebbene  ag- 
gregate, conservano  i  loro  essenziali  caratteri,  dunque  il  mondo 
stesso  e  contingente.  Ci6  si  vede  anche  da  questo,  che  ripugnando 
il  numero  infinito,  il  mondo  nel  suo  tutto  6  pur  limitato  e  quindi 
essenzialmente  contingente. 

Di  qua  sorge  un  sublime  concetto  che  a  Dio  ci  solleva.  Tutte 
le  cose  perche  limitate  sono  relative  a  quell' Ente  ch'6  illimi- 
tato  6  perci6  assoluto,  e  le  perfezioni  di  quelle  debbono  essere 
partecipate  da  questo.  Imperocche  ogni  cosa  mondana  di  qua- 
lunque  genere  e  di  qualunque  specie  e  un  atto  imperfetto  e  li- 
mitato, il  quale  perche  tale  non  ha  in  se  la  ragione  sufficiente 
dell' essere  suo.  L'avri  dunque  in  un  altro  atto.  Ma  se  questo 
fosse  pure  imperfetto,  esso  medesimo  avralla  in  altro,  e  poich& 
e  assurdo  un  infinito  procedimento  di  relativi  senza  Tassoluto  che 
sia  la  base  di  tutti,  bisogna  pure  confessare  che  vi  dee  essere 
queH'atto  puro,  infinito,  perfettissimo,  ii  quale,  appunto  perche 
senza  limiti,  non  pu6  avere  da  altro  la  ragione  sufficiente  di  se 
stesso.  Foiche  la  limitazione,  come  diceinmo,  d  inseparabile  da 


DELLA  COMIM;I:Y/V  nr.i. 

ogni  specie  e  da  ogni  genere,  quest' atto  puro  o  quest'  ente  ot- 
tiiuo  non  potrfc  essere  collocato  logicamente  in  veruna  specie 
n&  in  venm  genere,  ed  abbracceril  in  s6  la  perfezione  di  tutte 
le  specie  e  di  tutti  i  generi. 

Tale  perfezione  non  pu6  essere  costituita  per  aggregazione, 
altrimenti  cotesto  ente  sarebbe  la  somma  di  specie  e  di  generi 
che  non  hanno  sufficiente  ragione  dell' essere  loro,  e  per6  esso 
medesirao  mancherebbe  della  sua  ragione  sufficiente.  Laonde  6 
giuocoforza  affermare  che  esso  abbraccia  la  perfezione  di  tutte 
le  cose  in  una  maniera  virtuale  ed  eminente,  non  in  modo 
formale  ed  identico.  Cosl  una  inoneta  d'oro  di  cento  lire  in  s6 
contiene  non  per  aggregazione,  ma  per  valore  e  per  una  tal 
quale  eininenza,  diecimila  centesimi:  cos\,  la  cognizione  intel- 
lettiva  in  s&  contiene  la  sensitiva;  cosi  la  luce  contiene  in  s& 
i  varii  colori. 

Ma  a  chiarire  di  vantaggio  questo  punto  prendiamo  le  mosse 
da  una  sirailitudine.  Ecco  la  statua  di  Alose,  fatta  da  Miche- 
langelo. Questa  imagine  ha  forse  la  ragione  sufficiente  dell'es- 
sere  suo,  nel  marmo  in  cui  &  espressa?  Non  gia,  perch&  il  manno 
poteva  essere  lavorato  altramente.  Ma  pure  perch&  non  pu6  essere 
senza  la  sua  sufficiente  ragione,  l'avr&  altrove.  In  cotesta  ima- 
gine notiamo  due  elementi,  il  primo  e  la  forma  del  Mose";  il 
secondo  6  1'  attuale  esistenza  della  medesima.  Di  entrambi  questi 
elementi  abbiamo  la  ragione  sufficiente  in  Michel  Angelo,  il 
quale  ne  ideo  la  forma  colV  intelletto,  e  con  la  volonta  I'attub, 
cioe~  diedele  qpella  esistenza  che  ha.  Ciascun  ente  (e  lo  abbiamo 
dimostrato  nell'articolo  precedente)  6  un  composto  ontologico  di 
due  principii;  1'uno  &  Fessenza,  1'aitro  6  1' essere;  e  questo 
secondo  principle  suppone  necessariamente  il  primo,  essendo 
assurdo  che  una  cosa  esista  senza  avere  una  determinata  essenza. 
Questa  astratta  dall' essere  reale,  non  potra  avere  altro  essere 
che  1'ideale  e  dovra  avere  fondamento,  come  dicevamo,  nella 
divina  essenza:  la  quale  concepita  dair intelligenza  divina  in 
tutti  i  gradi  di  esemplarita  6  T  idea  archetipa  di  tutte  le  cose. 
II  fondamento  poi  del  secondo  principle  dell' ente  finite,  cio& 
dell'  essere,  ond'  e  attuata  la  sua  essenza,  dovra  ritrovarsi  nella 


DBLI  A.   DEL   HONDO 

tlivina  volonta:  e  coal  nol  necessario  e  nell'assoluto  ha  sua 
ragione  sufficient  1'ente  contingente  e  il  relative,  rispetto  ai 
due  principii  ond'e  coraposto. 

IY. 

tosi  negare  la  contingenza  delle  sostame  mondane 

v,  inrano  si  ncga  la  contingenza  delta  materia  onde 

esse  sono  composte,  sia  che  la  materia  prendasi  in  giusto 

senso,  sia  che  la  si  prenda  in  senso  /also  ed  arbitrario; 

la  materia  non  pud  non  essere  contingente. 

Non  ignoriamo  che  certi  modern!  filosofi  si  studieranno  di 
francarsi  dalla  fatta  dimostrazione  ricorrendo  al  soggetto  di«tutte 
le  cosmiche  mutazioni,  cioe  alia  materia  prima.  Cotesti  ti  diranno 
che  tutti  i  fenomeni  accidental!  sono  contingent!,  anzi  ehe  pure 
sono  contingent!  tutte  le  mondane  sostanze,  e  ti  concederanno 
che  queste  in  se  non  hanno  la  ragiono  sufficiente  dell* essere 
proprio,  appnnto  perche  ebbero  principio  ed  hanno  o  possono 
aver  tcrmine.  Tuttavia  qnesta  ragione  sufficiente  si  pub  ayere 
nella  materia  cosmica  ch'e  il  substratum  o  soggetto  di  tutte  le 
cose,  eterno  e  necessario. 

Siffatta  istanza  d  frutto  di  un  deplorevole  manco  di  scienza 
e  di  logica.  Imperocchti  tale  substratum  che  dices!  materia 
prima  si  puo  prendere  in  due  maniere:  Tuna  giusta  1'altra 
arbitraria  e  falsa:  in  entrambe  il  ricorso  al  medesimo  e  affatto 
inutile.  Di  vero ;  quando  ci  dite  che  tutti  i  fenomeni  accidental! 
hanno  contingent,  e  che  v'o  qnesta  contingenza  eziandio  in 
tutte  le  sostanze  iudividue,  ma  non  vi  e  nella  materia  prima, 
dalla  varia  mntazione  del  la  quale  e  quell!  e  queste  risultano, 
e  mestier!  che  voi  concediate  che  questa  materia  non  e  per  s6 
individua  sostanza;  e  questo  concetto  e  giusto.  Ma  se  non  d 
tssa  un  fenomeno  accidental*?,  e  se  non  e  individua  sostanza, 
se  sola  non  potra  affatto  osistere,  perche  ci6  ch'  esiste  non 
puo  essere  altrimenti  che  sostanza  od  accidente.  E  se  non  puo 
se  esistere,  non  avra  certamonte  in  se  la  ragione  sufficiente 
della  propria  esistenza:  dunque  essa  stessa  sara  contingente. 


680  DELLA  CONTINGENZA   DEL   MONDO 

Ma  dove  si  potra  indicare  la  ragione  sufficients  della  esistenza 
della  medesima?  Non  ci  dite,  di  grazia,  che  la  si  ritroverk  nelle 
sostanze  individue  o  nei  fenomeni  accidental!,  che  dalla  sua 
mutazione  risultano.  Sarebbe  questo  un  circolo  vizioso ;  giacch& 
ci  avete  affermato  che  la  ragione  sufficiente  di  quelle  e  di 
questi  nella  materia  si  ritrova.  Dunque  sari  mestieri  escire  una 
volta  dai  fenomeni  accidentali  e  dalle  individue  sostanze  cosmi- 
che  material!,  e  dal  loro  substratum,  o  dalla  materia  priuia, 
affine  di  rinvenire  la  sufficiente  ragione  dell' essere  loro.  Che  se 
voi  ci  additate  un  ente  estramondano  limitato  quale  prima  ra- 
gione sufficiente,  torneremo  ad  opporvi  la  priiniera  dimostrazione, 
onde  abbiamo  provato  che  un  ente  limitato,  perche  tale,  e  con- 
tingente.  Per6  all' infinite,  il  quale  perd  appunto  6  necessario 
ed  assoluto,  conviene  ricorrere. 

Che  se  poi  il  substratum  o  la  materia  prima  non  si  prenda 
nella  maniera  indicata  ch'e  giusta;  ma  la  si  prenda  in  quella 
che  dicevamo  arbitraria  e  falsa,  e  si  affermi  essere  la  medesima 
una  infinita  moltitudine  di  sostanze  individue  (non  accade  de- 
finirne  qui  la  natura)  dalla  mera  aggregazione  e  dal  movimento 
delle  quali  risultano  le  specie  vane  e  i  varii  generi  delle  so- 
stanze corporee,  1'istanza  e  vana  per  due  ragioni.  La  priuia 
perche  non  e  da  filosofi  il  discorrere  sopra  un  presupposto  falso: 
e  chi  fa  cosi,  altra  risposta  non  merita  avere  che  questa:  nego 
suppositum.  La  seconda  perch6  se  la  materia  prima  fosse  una 
moltitudine  di  sostanze,  ciascuna  di  queste  non  sara  certamente 
nella  sua  essenziaie  perfezione  infinita,  ma  limitata  e  finita. 
In  tale  ipotesi  la  dimostrazione  gia,  fatta  per  le  sostanze,  dalla 
limitazione  delle  quali  abbiamo  tratta  la  loro  contingenza,  vuol 
essere  con  tutta  intera  la  sua  forza  applicata  a  cotesta  materia 
prima.  Laonde  gli  avversarii  col  ricorso  alia  medesima  non  avreb- 
bero  distrutta  la  difficolta,  ma  solo  spostata.  Ora  che  la  contin- 
genza dell'  universo  visibile  e  dimostrata,  permettaci  il  lettore  di 
giudicare  un  p6  le  ragioni  del  Professore  di  filosofia  dell'Univer- 
siU  di  Torino,  che  per  stabilire  1'ateismo  nega  la  contingenza 
delle  cose  mondane. 


DELLA    O  V   DEL   MONDO  681 

V. 

«SY  dimostrano  nulle  le  ragioni  recate  dal  D'Ercole;  stolto  prin- 
ci'i>io  che  V  effetto  debba  essere  eguale  alia  causa;  non  giusto 
ma  assurdo  &  il  dire  che  la  causa  necessaria  debba  produrre 
effetto  necessario  e  non  contingente;  appunto  perche  neces- 
sario  ed  infinite,  Dio  ha  in  se  la  ragione  sufficiente  di  tutti 
gli  effetti  contingent!  e  finiti. 

Nel  sno  discorso  non  troviarao  filo  di  logica :  va  a  vanvera. 
Lo  diciamo  apertaraente  appunto  perch6  il  D'Ercole  sta  in  alto 
posto,  essendo  cosa  invereconda  che  un  professore  di  una  univer- 
sita  cosl  cospicua  qual  e  quella  di  Torino,  si  faccia  maestro  di 
balordaggine  cotanto  snperlativa  qual  6  1'ateismo. 

Come  dicevarao,  ridotta  1'argomentazione  del  D'Ercole  alia  no- 
stra  controversia,  suonerebbe  cosl.  II  mondo  non  6  contingente, 
perch6  se  il  fosse  sarebbe  create  e,  prima  cosa,  se  fosse  creato 
sarebbe  in  contraddizione  con  Dio  creatore.  Ma  perche?  perche" 
1' effetto,  egli  ci  dice,  deve  essere  eguale  alia  causa;  ed  invece, 
come  con  molte  parole  ci  dice  alia  pagina  103  e  seguenti,  le  pro- 
prieta  del  mondo  sono  affatto  diverse  da  quelle  del  supposto 
Iddio  creatore.  Ma,  caro  professore,  dove  mai  ha  ella  appreso  che 
ogni  effetto  deve  agguagliare  la  sua  causa?  La  filosofia  le  insegna 
bensl:  che  ogni  effetto  debba  avere  la  sua  causa;  e  che  questa 
deve  essere  ad  esso  proporzionata:  che  tutta  la  perfezione  dei- 
1' effetto  debbe  contenersi  nella  causa,  in  quanto  questa  e  tale: 
ma  che  1'ente  ch'6  causa  debba  fare  ogni  effetto  eguale  a  s& 
non  lo  dira  nemiueno  un  ciabattino,  il  quale  perfettamente  sa 
che  facendo  una  ciabatta,  fa  un  essere  bene  inferiore  a  s&  stesso. 
Ella  dice  che  e  assurdo  che  1' essere  necessario  produca  un  ef- 
fetto contingente,  e  non  capisce  che  d  assurdo  il  contrario?  Im- 
perocch6  come  non  e  assurdo  che  il  padre  generi  un  figlio,  ma 
e  assurdo  che  il  padre  generi  e  generi  un  non  figlio :  cosl  non  e 
assurdo  che  il  necessario  crei  il  contingente,  ma  6  assurdo  che 
i  il  non  contingente ;  essendo  il  non  contingente  per  necessita 
increato;  ed  essendo  ogni  effetto  essenzialmente  contingente. 

II  nostro  professore  non  ha  posto  mente  al  principio  che  il 


fiS-J  DELLA   CONTlNt.ENZA   DEL   HONDO 

meno  non  pu6  dare  il  piu,  avvegnache  il  piu  possa  dare  il  meno. 
Ma  come  inai,  egli  non  vede  attuato  questo  principio  in  tutte  le 
sue  stesse  operazioni  o  produzioni?  —  Dio  e  perfettissiino,  e  per6 
in  sd  contiene,  nella  inaniera  che  dicevamo,  la  perfezione  di  tutte 
le  creature,  dal  minimo  atomo  allo  spirito  piii  eccelso  che  abbia 
essere.  Laonde  appunto  per  questa  contenenza  di  tutte  le  per- 
fezioni,  egii  pu6  produrre,  sebbene  sia  uno  nella  natura,  molte- 
plici  effetti  e  svariatissimi,  discrepant!  nei  generi  e  nelle  specie 
e  tutti  a  s6  inferiori.  Qualunque  sia  1'effetto  dobbiam  dire  che 
in  Dio  v'e  la  perfezione  del  medesimo,  sebbene  non  sia  ristretta 
in  qiiei  limiti,  nei  quali  in  esso  effetto  si  trova.  Quindi  dobbiarao 
confessare  che  Dio  6  proporzionatissima  causa  di  ogni  qnalsiasi 
ente  finito,  appunto  perchS  finito;  ed  e  cosa  ridevole  e  assurda 
il  pretendere  che  ogni  effetto  debba  non  solo  simigliare  alia  causa, 
ma  adeguarne  la  perfezione  sua  entitativa. 

L'applicazione  poi  che  vorrebbesi  fare  del  foitoexmhilon/hil 
Jit  e,  quanto  mai  si  pu6  dire,  grossiera.  Imperocch6  e  vero  cer- 
tamente  che  1'artefice  umano  non  pud  prendere  un  pezzo  di  niente 
per  lavorarvi  una  statua.  II  niente  non  pu6  esser  un  substratum 
o  soggetto  positivo:  e  1'artefice  creato  non  pu6  essere  di  per  se 
causa  che  di  modificazioni  accidental^  ed  ha  necessariamente 
bisogno  di  un  soggetto  positivo  per  introdurvele.  II  supporre  che 
la  produzione  delle  cose  finite  si  faccia  da  Dio  cosi  ch'egli  prenda 
come  a  soggetto  del  suo  lavoro  il  niente,  non  pu6  farsi  altra- 
mente  che  da  chi  ha  dato  a  pigione  il  proprio  cervello. 

Lasciata  da  banda  tale  spiegazione  del  principio  recato:  e  pren- 
dendolo  nei  germano  suo  senso,  non  capito  dal  nostro  professore, 
diremo  che  non  6  punto  un  principio  vero  ma  anzi  6  assurdo. 
Infatti  sempre  6  vero:  che  quidquid  fit,  ex  niliilo  fit:  ed  & 
falsissimo  che  ex  nihilo  nihil  fit.  Lo  scultore  fa  una  statua, 
che  priraa  non  c'era:  adunque  per  farla  suppone  la  negazione 
della  statua.  II  padre  genera  la  prole  che  non  era  generata: 
la  scrittura  che  fate,  prima  di  farla  non  c'era.  Anzi  involge 
contradizione  ed  6  vero  assurdo  fare  ci6  che  gia  era.  Pu6  farsi 
cosa  simile  ed  anche  eguale  alia  fatta;  ma  fare  la  identica  cosa 
fatta  6  assolutainente  iinpossibile;  coin' 6  impossible  che  il  fatto 
non  sia  fatto  o  che  il  tempo  passato  non  sia  passato.  II  terinine 


DEL! 

1  punto  <li  purtenza  onde  rauove  la  causa  e  appunt •  • 

deU'eflfetto  che  sta  per  produrre,  cioe  il  non  effetto  od 
il  nk-nto.  Adnnque  infallantemente  sempre  vero  e  il  principle: 
7 //  ill- 1  n'nl  jit  ex  n ih  ilo  Jit . 

Ma  tornera  forse  il  d'Ercole  ad  incalzare.  Concedo  die  io 
operando,  nello  mie  operazioni  fo  sempre  cosa  nuova,  la  quale 
per6  prima  non  era:  ma  pur  dovete  concedere  che,  a  farla, 
sempre  dovro  lavorare  intorno  ad  un  soggetto  positivo.  Grazie 
tante!  Lo  abbiamo  gia  detto;  ed  e  pronta  la  ragione.  Concios- 
siache,  come  teste  osservainmo,  siarao  artefici,  e  1'artefice  non  e 
causa  dell'essere  prinio  sostanziale,  ma  del  secondo  accidentale. 
Non  fa  egli  1' essere  primo  del  rnarmo,  bensl  1' essere  secondo 
del  medesimo,  cioe  la  stia  configurazione.  Laonde  di  quella 
guisa  che,  chi  fa  1' essere  secondo,  e  inestieri  che  non  lo  pre- 
supponga  e  dal  niente  dell'essere  secondo  fa  1'essere  secondo; 
cosl  chi  fa  totalmente  1' essere  primo  e  necessario  che  nol  presnp- 
ponga,  cioe  che  dal  niente  di  tutto  1'  essere  primo  faccia  r  essere 
primo:  o  questo  modo  di  operare  e  divino,  perche  superiore  al- 
T  operare  di  tutte  le  cause  seconde.  Ne  deve  sembrare  ci6  cosa 
strana  chi  consider!  che  operari  sequitur  esse.  Se  la  perfezione 
di  Dio  causa  prima  e  infinitamente  superiore  alia  perfezione 
delle  cause  seconde,  anche  Toperazione  di  Dio  deve  essere  infi- 
nitamente piu  efficace  e  possente  della  loro  operazione.  Non  con- 
yiene  misurare  il  valore  di  tutte  le  cause  dalla  sola  propria 
virtu ;  altrimenti  il  ciabattino  stesso  avrebbe  diritto  di  dire,  es- 
sere assurdo  il  fare  opera  migliore  di  quella  ch'egli  fa.  Del  resto 
comeche  al  D'Ercole  non  talenti  questa  virtil,  o  non  se  ne  possa 

lore  capace,  e  giuoco  forza  ch'ei  1'ammetta,  supposta  la  ve- 
rita  della  tesi  dimostrata,  cio^  che  tutto  il  finito  e  contingente: 
se  pure  non  ami  meglio  affermare  che  1'  essere  totale  primo  delle 
cose  Unite  e  un  effetto,  il  quale  incominci6  ad  esistere  senaa  causa 
e  senza  ragione  sufficiente.  Perche  lo  sdrucciolar  negli  errori  6 
come  il  precipitare  in  un  rapido  pendio,  non  ci  recherebbe  me- 
raviglia  che,  costretto  a  disdirsi  del  primo  errore,  precipitasse  in 

4'altro  piuttostoche  riconoscere,  con  mente  docile,  la  verita 
tutta  quanta;  e  si  desse  poscia  a  sostenere  con  alta  fronte  che  pu6 
darsi  effetto  senza  causa  o  razionato  senza  la  sua  sufficiente  ragione. 


(J84  DELLA   COMINGE.N/A    DEL   HONDO 

L'affermare  poi  ch'egli  fa  che  noi  cadiamo  in  un  circolo 
vizioso  e  dalla  gratuitainente  supposta  contingenza  del  inondo 
scendiamo  alia  affermazione  dell'  esistenza  di  Dio :  oppure  dalla 
gratuitamente  supposta  esistenza  di  Dio  deduciatno  la  contin- 
genza  del  uiondo  e  una  vera  calunniosa  iinpertinenza.  Anche  la 
sola  dimostrazione  per  noi  qui  recata  basta  a  giustificare  il 
rimprovero  che  a  lui  moviamo. 

Pu6  darsi  che  il  D'  Ercole  rimanga  offeso  dall'  avergli  dimo- 
strato  con  tanta  chiarezza  il  suo  torto:  uia  crede  egli  di  non 
avere  prima  gravemente  offeso  noi,  gettando  nel  fango  i  gran 
maestri  dell'umano  sapere  che  ammisero  come  base  certissima 
e  verissima  non  gia  in  un  ordine  fantastico  e  soggettivo,  ma 
nell'ordine  oggettivo  e  reale  la  contingenza  del  mondo  e  la 
esistenza  di  Dio?  Non  vengono  forse  insultati  tutti  i  cattolici, 
anzi  tutti  i  credenli  in  un  Dio  personale  ottiino  massimo,  quando 
il  D' Ercole  dice  che  siffatta  credenza  e  opposta  alia  realta  ed 
e  percio  irragionevole?  E  coloro  che  per  anni  assai  hanno,  senza 
alcun  pregiudizio,  profondamente  e  studiate  e  insegnate  le  scienze 
debbono  essere  di  ghiaccio,  quando  sentonsi  tacciare  di  iinbe- 
cilli  nemici  della  vera  scienza,  da  uomini  che  solo  mostrano 
avere  una  tintura  di  sapere  e  un  manco  di  logica  da  recare 
compassione,  e  i  quali  si  lasciano  abbindolare  da  quei  filosoft 
tedeschi  che  in  realta  sono  fantastic!  sognatori?  E  poi  e  poi 
come  potremmo  rimanere  indifferent!  nel  vedere  sospinta  all'atei- 
sino  la  italiana  gioventu,  dagli  stessi  professori  che  sono  pagati 
per  istruirla  nel  vero  dai  suoi  genitori?  A  nome  della  scienza 
viene  gittato  il  guanto  della  disfida  in  faccia  a  filosofi.  cattolici 
chi  pu6  dolersi  che  in  noine  della  scienza  venga  accettato?1 

«  Perchf1  il  lottore  abbia  sotto  gli  occhi  un  saggio  delle  stupidc  provocazioni  mas- 
soniclic,  che  si  fanno  oggidi  contro  ai  cattolici  filosoG,  rechiamo  qui  un  invito  or  ora 
da  noi  ricevuto  che  si  sta  spargendo  per  Roma.  Eccolo  alia  lettera  com'e  stampato 
in  Roma  nella  tlpografia  Mantegazza.  «  APPELLO  AGL1  INTELLIGKXTI.  —  Sola- 
zione  di  tutti  i  problem!  della  1  ilusoiin.  Spiegazione  razionale  di  tutii  i  misteri  della 
Religione.  11  giorno  5  Giugno  allc  ore  8  '/*  pom.  il  professore  YITTOKIO  KM.YNLEI.E 
OLLIVIER,  fara  nella  Sala  Danlc  una  Conferenza  sul  toma  sogurntc:  1°  II  Cloricalismo 
affogato  nella  sua  ignoranza.  2°  Creazione  del  Mondo  per  1'Amore.  >  Tanl'e!  Yuol 
essere  cotesta  una  Conferenza  piii  imporlante  di  quelle  del  Dottore  Dulcamara!  Po- 
c'anzi  non  si  sarebbero  crcdute  possibili  tali  buflbuaie. 


BELLA  DBCADENZA 

DEL    PENSIERO   ITALIANO 


LA  CRITIGA 


Alto  Vannucci  od  ahri  div>rlori  del  Sarituario.  —  Si  pali-sa  sejjuace  della  scuola  di 
Gibbon.  —  II  soo  Martirologio.  —  Panegirico  chc  vi  fa  di  tulli  i  cospiratori.  — 
La  critica  modern*  del  Trezza.  —  fc  ua  impasto  di  cose  incomprensibili.  —  Sue 
b&tfinmie  —  Suo  libro  su  Lucreno  —  Scienza  tedesca  siiionima  di  ateisino.  * 
1,'  luilia  cad  u  la  in  ginocchio  davanli  ai  solisti  ledeschi.  —  La  Critica positivista.  - 
(Jiosuc  Carducd  —  suo  rilrallo  —  suoi  scritli  crilici.  —  L'idroCobo  cantore  e  vale 
da  lupi.  —  II  ilapisardi,  V arcade  cattivo  nogyetto. 

Un  fenomeno,  che  in  apparenza  parra  inesplicabile,  a,  cbe  i 
seguaci  e  propugnatori  di  questa  nuova  critica,  che  noi  chia- 
miaino  ddeteria,  sono  pressoch^  tutti  disertori  del  santuario, 
apostati  e  rinnegati,  i  quali,  per  1'infame  prezzo  d'una  cattedra, 
d'un  posto  di  provceditore  degli  studii  e  cose  siiuili,  vendettero 
la  loro  penna  al  nuo?o  idolo  di  Belial,  la  rivoluzione.  Toccammo 
deU'Emiliani  Giudici,  ora  ci  converra  parlare  d'altri  due  scrit- 
tori,  che,  come  lui,  gittaron  via  la  sottana  e  si  fecero  maestri  di 
menzogna  e  d'  ioiquita. 

II  priino  di  essi  d  il  toscano  Atto  Vannucci,  Senatore  del  regno, 
morto  non  e  gnari  a  Firenze.  La  sua  Storia  d' Italia  non  va  oltre 
1'iinpero  di  Tiberio  e  di  Claudio,  e  chiude  coiravveniinento  del 
Gristianesiino,  del  quale  dice  appena  poche  parole,  e  tali,  che  fanno 
trasparire  in  lui  il  dispetto  di  vedere  ouiai  nata  quella  Religione, 
che  dovea  essere  la  niorte  della  civilta  pagana.  Yannucci  e  dim- 
quo  dulla  scuola  del  Gibbon,  pel  quale  il  Cristianesimo  non  fu 
che  sorgente  di  barbarie  e  cagione  di  decadiuiento  intellettuale. 

Nei  discorsi  che  il  critico  toscano  preiuette  ad  alcuni  clas- 
sic! latini,  nell'edizione  stampata  a  Prato,  sebbene  non  ci  sia 
nulla  da  riuiproverargli  in  quanto  al  concetto  religioso,  v'e  per6 

'  Questa  parle  del  Sommario  cbe  riguarda  Atlo  Vaonocci  e  il  Trezza  fu  regi- 
slraia  per  Ubaglio  Del  Sommario  dell' ariicolo  prrcedente,  quad.  811,  pag.  44. 


I)KM,A   DECADENZA    DEL    PENSIERO  ITALIANO 

molto  da  biasiinare  riguardo  ai  giudizi  che  egli  porta  sugli  scrit- 
tori,  che  ebbero  tanta  parte  nei  rivolgimenti  politic!  della  repub- 
blica  e  dell'lmpero.  Cosl,  per  mo'di  esempio,  impicciolisce  il 
grando  oratore  romano,  perche  avverso  a  L.  Catilina  e  ai  suoi 
compagni  di  congiura;  e  di  Ovidio,  del  licenzioso  poetache  scrisse 
VArte  di  amare,  fa  una  vittima  del  dispotismo  imperiale.  Si  av- 
venta  contro  Orazio,  non  perche  facesse  servire  la  sua  lira  a  stru- 
mento  di  lussuria,  bensi.  perche  canta  le  lodi  di  Augusto  e  di 
Mecenate.  Idolatra  della  repubblica,  che  ei  crede  la  sola  forma 
onesta  e  duratura  di  governo,  dice  male  anche  dei  migliori  giorni 
dell'impero,  ne  sa  comprendere,  o  alineno  finge  di  non  compren- 
dere,  che  cagione  della  romana  corruttela  non  fu  propriamente  la 
politica,  ma  la  religione,  non  1'impero,  ma  il  paganesimo.  Di  che 
parrebbe,  ch'ei  non  creda  ad  una  palingenesi  soeiale  per  opera 
del  Cristianesimo,  e  faccia  derivare  lo  scadimento  dell'  umanita 
unicamente  dalle  istituzioni  politiche. 

Da  ci6  nasce  quel  culto,  che  ei  professa  per  la  forma,  e  1'abor- 
riinento  che  ei  palesa  contro  la  dottrina  che  mette  lo  spirito  al 
disopra  della  materia,  ii  mondo  invisibile  sul  visibile,  i'asso- 
luto  sul  contingente  e  Dio  sopra  1'uomo.  Nella  sua  Storia  della 
Repubblica  fiorentina,  opera  che  ei  scrisse  prima  di  esser  fatto 
Senatore  del  regno,  e  uno  degl' immortali  del  nuovo  Olimpo 
italiano,  e  nel  Martirologio  si  appalesa  uno  dei  piti  caldi  par- 
tigiani  di  quella  rivoluzione,  che,  cominciata  cogli  evviva  a  Pio  IX, 
doveva  finire  colla  pid  perfida  e  sleale  guerra  al  Papato,  alia 
Chiesa  e  al  Cristianesimo.  Non  gli  manca  ne  ingegno,  ne  ero- 
dizione,  e  uno  stile  facile  e  corrente,  comeche  alle  volte  irabrat- 
tato  di  gallicismi,  peccato  che  ha  comune  cogli  scrittori  di  certa 
scuola,  che  1'italianita  fa  consistere  nell' odio  contro  la  Chiesa. 
Per  questo  tu  lo  vedi  narrare  il  medio  evo  coi  dispetti  e  i  pre- 
giudizii  d'un  prete  apostata.,  e  considerare  coine  immensa  di- 
sgrazia  per  1' Italia  la  morte  di  Enrico  VII,  perche  con  lui 
crollarono  le  speranze  de'Ghibellini. 

Piii  scellerata  opera  e,  credo,  il  panegirico  che  ei  fa  di  tutti 
indistintamente  coloro  i  quali  nelle  congiure  e  sui  patiboli  la- 
sciaron  la  vita.  Che  tra  quegli  sciagurati  si  trovasse  qualche 


LA  <  FUTH:A 

anima  generosa  la  quale,  acoecata  da  sconsigliato  amor  di  pa 
prodigasse  il  suo  sangue  o  si  esponosse  ai  rigori  della  giusti/.ia, 
DOD  neghiamo ;  ma  chu  tiitti  i  mascalzoni,  i  quali,  sotto  pretesto 
di  servire  la  patria,  si  arinarono  del  pugnale  degli  assassini,  e 
fecero  correre  tanto  sangue  innocente,  meritassero  1'  aureola  del 
martirio,  e  questa,  lo  ripetiamo,  un' opera  tanto  infame,  quanto 
quella  di  chi  confonde  il  soldato  che  muore  sal  campo  di  bat- 
taglia  in  servigio  della  patria,  col  malfattore  cbe  cade  moschet- 
t&to  dal  carabiniere  sul  luogo,  ove  stava  in  agguato,  per  deru- 
bare  e  trucidare  il  viandante. 

Per  noi  sta  che  il  Vannucci  e  scrittore  che  bland isce  le  pas- 
sioni  contemporanee,  inciela  la  rivoluzione  e  pone  1'  Italia  sopra 
ogni  cosa,  non  escluso  Dio  medesimo  e  le  ragioni  eterne  della 
giustizia  e  del  dritto.  Egli  appartiene  allo  stuolo  di  quegli  scrit- 
tori,  che,  come  il  Rossetti,  il  La-Farina,  il  Eanieri  e  Unt'altri, 
han  proclamato  1'antitesi  fra  il  Papato  e  I'indipendenza  d' Italia, 
tra  la  teologia  e  la  liberta,  fra  il  sacerdozio  e  la  scienza;  quando 
invece  il  Papato  e  quello  che  ha  salvata  la  indipendcnza  d'  Italia, 
ed  il  sacerdozio,  che  ha  conservato  i  tesori  del  sapere,  come  e  la 
teologia,  che  tutela  la  liberta  contro  gli  attentati  del  dispotisino 
e  la  violenza  delle  passioni. 

I  successor!  del  Lemonnier  ci  davano,  or  fa  un  anno,  una  se- 
conda  edizione  del  libro  del  Veronese  Trezza,  professore  di  lette- 
ratura  latina  nell'  istituto  superiore  di  Firenze.  Questo  libro,  che 
all'autore  piacque  intitolare:  Critica  moderna,  e  dedicato  al 
professore  Pasquale  Villari. 

Tutto  il  libro,  a  considerarlo  bene,  e  un  impasto  di  cose  in- 
comprensibili,  espresse  in  un  linguaggio  che  ha  pin  del  francese 
e  del  tedesco,  che  non  dell' italiano.  Se  non  c' inganniamo,  fu 
niente  dell'autore  innalzare  la  critica  letteraria  ai  grado  di 
scienza,  desumendola  dai  principii  troppo  noti  della  filosofia  ale- 
raanna,  e  per  questo  rispetto  il  Trezza  e  riuscito  nel  suo  lavoro 
piil  nebuloso  e  piu  pesante  dei  tedeschi  medesimi.  E  che  noi  non 
esageriamo,  puossi  vedere  da  un  tratto  che  ne  diamo  qui  per 
saggio  ai  lettori.  Parla  1'autore  del  scnso  moderno,  e  senza 
pimto  degnarsi  di  far  sapere  che  cosa  voglia  dire  con  queste 
parole,  e  in  che  senso  si  debbano  pigliare,  dice: 


f)8S  DELLA  DECADENZA  DEL  PENSIERO  ITALIAN') 

«  Ben  so  che  si  parla  ancora  di  un  organismo  del  pensiero, 
che  sta  di  per  se,  governandosi  con  leggi  speciali,  ma  questo 
6  uno  dei  tanti  inganni  metafisici,  che  derivano  da  un  falso  con- 
cetto della  realta  fisiologica.  La  quantita  psicologica  e  un  feno- 
meno,  che  si  misura  e  si  comprende  con  altre  norme  che  quelle 
dei  speculanti.  Quando  si  fara  la  storia  critica  dello  spirito  uuiano, 
e  le  menti  si  saranno  potute  slegare  dagli  abiti  falsi;  vedrassi 
il  danno  incredibile  fatto  al  progresso  da  queste  arroganze  dello 
spirito  suggettivo,  che  durano  ancora,  malgrado  le  repulse  vit- 
toriose  delle  scienze  naturali.  II  senso  moderno,  come  lo  intende 
la  critica,  non  6  quel  che  di  vago,  di  astratto,  di  indeterminate, 
che  siede  nelle  arcane  profondita  dello  spirito,  quasi  sepolto  di 
sotto  il  flnsso  e  il  riflusso  dei  fenomeni  interni,  che  vi  spuntano 
intorno  e  diversamente  lo  imprimono,  immaginato  dalla  raeta- 
fisica  antica  e  restaurato  dalla  moderna;  una  specie  di  nirvano 
psicologico,  se  m'  e  lecito  a  dire,  nel  quale  si  smorzano  e  si  con- 
sumano  le  attivita  individuali  dei  centri  nervosi.  Egli  6  ben  altro: 
y  una  realta  vivente,  la  piu  complessa  e  la  piu  feconda  di  tutte, 
una  realta  che  racchiude  e  compendia  in  s&  medesima  tutto  cio 
che  si  6  fatto  di  saldo  e  di  vero  nel  passato,  e  nella  quale  Yir- 
tuaimente  s'anticipa  1'awenire;  una  realta,  in  cui  cospirarono, 
come  vedremo,  tutte  le  efficienze  storiche  del  tempo,  ma  che  nes- 
suna  forza  potrebbe  omai  debilitare,  n&  abbattere;  una  realta 
che  &  fisiologica  in  parte,  perch6  si  genera  nell' organismo,  ed 
e  compenetrata  intimamente  con  esso ;  ma  che  non  si  forma,  ne 
si  circonscrive  negli  organi.  Essa  crea  un  mondo  pift  alto  che 
1'organico,  e  bench6  uscita  dalla  materia,  la  trascende  e  la  vince.> 

Sfidiamo  il  piu  acuto  pensatore  a  darci  il  bandolo  di  quest' ar- 
ruffata  matassa,  o  a  prendere  il  costrutto  di  questa  magrissima 
prosa.  Sebbene,  a  traverso  il  nebuloso  cicaleccio  e  fosco  tessuto 
di  dance,  onde  il  Trezza  ha  1'arte  d' intenebrare  il  suo  ragio- 
namento,  trasparisce  il  concetto  di  una  fiiosofia  radicata  sul  ma- 
terialismo.  Ne  volete  una  prova?  Leggete  quel  che  1'autore  dice 
in  fine  della  nota,  che  6  a  pagina  12: 

«  La  vita  d  immanente  ed  eterna,  e  si  manifesta  per  gradi 
diversi;  ora  si  iuizia  nel  moto,  ora  si  dilata  nel  senso,  ora  s'in- 


LA  run: 

nalza  o  s'infutura  nel  pcnsiero.  Ma  se  la  sensazione  non  6  tutta 
nel  moto,  come  il  pensiero  non  6  tutto  nella  sensazione,  pure 
v'd  reciproca  insidenza  tra  1'uno  e  1'altro.  > 

Fill  innanzi  dice: 

<  La  spontaneita  dei  centri  nervosi  e  le  yarie  energie  che  ne 
diramano,  son  come  il  fondamenlo  del  sonso  moderno,  e  1'evo- 
luzione  ideale  e  inseparabile  dall'organica.  Una  quantita  di  spi- 
rito  al  di  fnori  dell'organismo,  anteriore  ad  esso  e  generatrice 
di  forme  sensibili,  non  e  che  una  fantasia  filosofica,  a  cui  non 
risponde  nessun  fatto  scientifico ;  se  tu  distruggi  1'organismo  uma- 
no,  certamente  distruggeresti  del  pari  ogni  coscienza  di  pensiero.  > 

Un  errore  porta  all'altro;  e  1'autore  dal  materialismo  sdruc- 
ciola  nel  panteismo  con  una  disinvoltura  ammirabile:  cosl,  per 
esempio:  <  Si  dira  che  quella  falsa  immagine  dell'infinito,  come 
una  cosa  al  di  la  del  tempo,  al  di  la  della  natura,  al  di  la  del 
pensiero,  fu  tolta  via  dalle  menti,  e  ci  apparisce  1'  infinito  vi- 
vente  in  tntti  e  in  tutto;  >  che  «  il  tempo  ci  e  sacro,  perche 
divennto  una  gestazione  dell'ideale  che  si  fa  in  esso  e  per  esso;  > 
che  «  il  moto  e  mezzo  alle  evoluzioni  successive  dell'essere  che 
lo  pervade,  vi  s'incorpora,  vi  s'infutura;  >  che  «  la  scienza  d 
un  essere  in  se  al  di  ftiori  del  tempo  e  del  moto,  ed  e  percid 
che  ha  introdotto  T  ideale  nel  seno  del  reale;  >  che  «  1'uoino 
moderno  si  sente  uno  colla  natura,  e  che  1'unita  dell'uomo  pri- 
mitivo  era  1'effetto  di  quell' immensa  allucinazione  che  gli  to* 
glieva  il  vero  concetto  del  reale.  > 

Insomnia,  nello  scorrere  il  lavoro  del  Trezza,  ci  par  di  leg- 
gere  Spinosa,  Hegel,  Taylor,  Spencer,  Comte,  Buckle,  Darwin, 
dei  quali  1'autore  dice:  <  Certo  tutti  costoro  son  pensatori  ori- 
ginali  e  profondi,  e  pochi  uomini  in  Europa  si  potrebbero  com- 
parare  per  la  vastita  delle  scoperte  biologiche  al  Darwin,  e  per 
la  sintesi  profonda  sulla  vita  cosmica  e  storica  ad  Herbert  Spen- 
cer. Eppnre  tutti,  pitl  o  meno,  si  arrestano  innanzi  ad  una  causa 
sconoscinta,  che  cangiano  in  una  specie  stabile,  al  di  la  della 
quale  non  sia  lecito  di  varcare.  £  un  deismo  latente,  che  si 
ammoglia  con  un  concetto  scientifico  del  mondo,  che  vi  ripugna. 
Fenomeno  strano,  ma  non  raro  nell'  Inghilterra.  In  Germania 

Serb  XII.  vol.  VI.  fate.  816  44  11  giugno  1884 


f/.lll  :.A   DECADENZA    DEL   PENS1ERO   ITAl.l 

c'£  piu  ardimento,  piu  logica,  e,  diciaraolo  aperto,  piu  coraggio 
del  vero.  Si  paragonino  le  caute  reticenze  del  Darwin  colle  ri- 
velazioDi  franche  dell' Haeckel ;  la  velleita  di  conciliar  1'impos- 
sibile,  che  ti  si  palesa  ogni  tanto  nello  Spencer  colla  confessione 
aperta  dello  Strauss.  Si  ya  dicendo,  lo  so,  che  1'  Haeckel  esagera 
il  Darwin,  e  che  la  confessione  dello  Strauss  e  poco  scientifica, 
perche  troppo  si  staoca  dai  vecchi  concetti  del  mondo.  Ma  so 
pure,  che  la  prudenza  politica  non  e  un  giusto  criterio  del  Tero, 
e  che  a  nulla  giova  quello  sgoraentarsi  delle  proprie  scoperte, 
quella  ipocrisia  conservatrice  di  equivoci  dannosi;  so  che  ci  e 
una  probita  intellettuale,  che  si  rifiutft  di  far  concessioni,  che 
le  parrebbero  vili,  al  re  Nomos,  come  lo  chiama  argutaraente  il 
GrOte,  che  fu  il  piu  duro  ostacolo  ai  progress!  scientifici.  > 

Questo  farneticare  dell'  apostata,  sino  a  incielare  la  sfronta- 
taggine  dell'ateo,  &  il  colmo  dell'aberrazione;  e  non  sappiamo 
persuaderci,  come  a  un  tal  uomo  si  sia  affidata  una  catted ra  nel- 
1'Istituto  superiore  di  Firenze ! 

Da  questa  filosofia,  infetta  di  panteismo  germanico,  che  cosa 
poteva  nascere  se  non  una  critica  letteraria  ripiena  d'erronei  prin- 
cipii  fantastici,  arbitrarii?  Lasciamo  da  parte  il  giudizio  che  ei 
porta  sull'  origine  delle  lingue,  e  tutto  quell'  aminasso  di  tede- 
scherie,  che  ei  ci  regala  a  proposito  dell'epoca  omerica,  e  fermia- 
moci  a  rilevare  alcune  delle  maggiori  scempiaggini,  che  si  leg- 
gono  nel  capitolo  sul  Romanticismo. 

€  Lucrezio,  dic'egli,  divin6  il  concetto  della  natura,  come  1'ha 
discoverto  la  scienza  moderna ;  e  vi  si  compenetr6  con  tanto  en- 
tusiasmo,  che  nessuno  fra  gli  antichi  e  fra  i  moderni  nol  pa- 
reggia  che  il  GOthe,  per  la  profondita  del  sentimento  lirico  che 
domina  quel  poema  immenso,  che  ei  componeva  nelle  sacre  notti 
vegliate  allo  spettacolo  inebriante  e  terribile  delle  cose,  che  mi- 
grano  senipre  ad  un  porto  sconosciuto.  > 

Piu  sotto  sbotta  in  queste  parole,  o  in  quest' elogio,  che  in 
bocca  di  un  uomo  gia  prete  e  cristiano  debbono  sembrare  una 
bestemmia : 

<  Nulla  io  conosco  di  piu  originale  e  di  grande  in  tutte  le 
letterature  antiche  e  moderne  se  non  1'intermezzo  lirico  deli'Heine. 


:ICA 

E  ponsare  che  questo  poeta  fu  piu  scettico  del  suo  compaesano 

be  e  pi  A  cinico  dell'inglese  Byron! 
«  La  srunia  inistica,  cioe  cristiana,  fu  una  reazione  contro  le 
eonqnisto  del  pensiero  moderno...  Qnesta  reazione  romantica  si 
fe'  seguace  e,  pur  troppo,  anche  complice  delle  disoneste  restau- 

>ni  del  15,  di  quell' iguominia  di  gioghi  aggravati  sal  collo 
del  popoli,  che  aveano  assaggiato  la  rivolimono  dell' 89.  »  Dove 
non  e  meraviglia  che  il  sofista  si  professi  caldo  partigiano  delle 
faraose  conqniste  della  rivoluzione  francese.  —  A  proposito  della 
scuola  scettica  dice  aperto,  che  questa  fu  meno  rea :  <  Anzi,  se 
ben  si  noli,  quella  fierezza  solitaria  di  spiriti  offesi  per  la  villa 
del  presente  fu  sprone  a  mapnanime  cose  (!).  Certo  e  che  lampi 
di  sdegno  usciti  da  petti  scettici  illmninarono  d'una  luce  ter- 
ribile  la  notte  dolente  della  nostra  servitu  religiosa  e  politica.  > 
Questo  critico  intedescato,  cho  mette  in  cielo  1'Heine  per  la  sua 

dsee,  e  non  si  degna  di  nominare  Dante,  nemmeno  di  sbieco; 
qnesto  critico,  diciamo,  consacra  il  pitt  olezzante  incenso  del  suo 
turibolo,  sapete  per  chi?  pel  suo  conterraneo,  1'Aleardi:  Arcades 
ambo!  <  Di  tutti  i  poeti  recenti  1'unico  fra  gl'italiani,  in  cui  si 
manifesti  il  sentiniento  della  natura,  mi  pare  1'Aleardi.  ft  forse 
questo  T  aspetto  piu  nuovo  della  sua  lirica...  L'Aleardi  ti  da  la 
natnra  come  la  sente  lui ;  vi  si  pu6  trovare  qua  e  la  vibrazioni 
d'altri  poeti,  ma  il  tono  fondamentale  non  e  di  nessuno.  >  Re- 
galiamo  ora  ai  lettori  la  chiusura  del  libro,  siccome  quella  che 
racchiude  il  distillato  di  tutte  le  sciocchezze  del  critico  Veronese: 
«  L'arte  e  infmita,  come  la  natura  e  lo  spirito,  e  spazia  libe- 
ramente  serena  sulle  sominita  benedette  dell'ideale.  Non  por- 
tiamovi  il  fumo  delle  nostre  battaglie,  lasciauiola  stare  in  quella 
sua  sfera  uranica,  donde  si  muove  per  una  via  di  splendori  ar- 
cani,  che  approdano  assai  di  rado  alle  pupille  dell'iiomo.  Doman- 
diamole  che  si  riveli  pia  spesso  fra  noi  ed  illumini  d'  un  raggio 
divino  le  ombre  della  terra  orfana  da  gran  tempo;  che  si  scuota 
da  quella  sonnolenza  vile  che  soffoca  nella  carne  la  scintilla  ce- 
•••  e  ci  raccolga  intorno  al  suo  culto  eterno;  che  cMnnalzi  al 
di  sopra  dei  vecchi  siinboli,  ci  dischiuda  un  po'di  spiraglio  verso 
i  suoi  cieli  vergini,  in  cui  si  ristori  io  spirito  pellegrinante,  e  ri- 


DELLA   DECADKN/A.   DEL    I'E.NSIEIlO   ITALIA M» 

susciti  nei  petti  esatisti  di  questa  generazione  di  scettici  la  virtu 
di  riprodurla  e  di  trasmetterla  nell' avvenire.  > 

G.  Trezza  non  s'e  tenuto  pago  di  applicare  le  dottrine  della 
filosofia  tedesca  alia  letteratura  italiana;  ha  voluto  altresl  fare 
1' apologia  di  Lucrezio,  il  poeta  latino,  che  cant6  il  niaterialismo 
di  Epicuro  nel  libro  De  natura  rerum,  cioe,  delle  cose  che  pos- 
sono  nascere  o  no,  proponendosi  di  sciogliere  gli  animi  dai  vin- 

coli  della  Religione: 

Arctos 

Religione  aniraos  vinclis  exolvere  pergo; 

e  di  aggiogarli  allo  scetticismo !  Fe'dunque  la  poesia  divulgatrice 
d'errori,  e  per  questo  alcuni  gli  riscontrano  tutti  i  meriti,  e 
1'hanno  messo  perfino  al  di  sopra  di  Virgilio,  la  delizia  degli 
uoinini  di  gusto. 

II  Trezza  dedica  il  suo  libro  a  un  suo  amico,  che  ei  chiama 
«  Santa  vittima  del  dubbio;  >  e  si  propone  per  esso  di  far  cono- 
scere  ai  giovani  italiani  quel  Lucrezio,  che  a  detta  di  lui,  <  6  di 
tutti  i  poeti  dell'  antichita  classica  il  piu  vicino  al  mondo  mo- 
derno.  >  E  aggiunge,  che  il  concetto  di  Lucrezio  sulla  Natura  «  6 
quello  che  meglio  si  accorda  colle  scoperte  della  scienza,  e  nel  suo 
poema  v'ha  qualcosa  di  vivo,  che  ancora  ci  si  trasfonde  nell'aniina 
alia  distanza  di  venti  secoli.  Noi  siaino  disposti  meglio  degli  altri 
a  coniprenderlo;  giacche,  lo  stato  psicologico  in  cui  ci  troviaino, 
pur  dopo  tante  rivoluzioni  civili  e  morali,  riproduce  con  altre 
forme  e  con  intendiinenti  piu  vasti  lo  stato  psicologico  di  Lu- 
crezio: in  guisa  che,  interpretando  i  suoi  pensieri,  ci  accade  spesso 
d'interpretare  quanto  v'ha  di  piu  recondito  nella  coscienza  di 
tutti.  > 

L'autore  dice  chiaro,  che  lo  studio  sopra  il  cantore  della  filo- 
sofia epicurea  e  frutto  della  sua  apostasia,  o  meglio,  la  manife- 
stazione  del  suo  ribellarsi  alia  fede.  «  Questo  libro  mi  nacque 
tra  le  forti  agonie  del  pensiero,  quando,  gia  naufragava  una  parte 
di  me  stesso,  mentre  che  T  altra  non  usciva  ancora  dalla  nebbia 
affannosa  del  dubbio.  Nella  tranquillitk  serena  d'una  fede  in- 
conscia,  fra  le  sante  vigilie,  nelle  quali  con  trepidazione  devota 
io  mattinava,  fanciullo  del  cuore,  le  speranze  celesti  non  com- 


LA  cnmcx 

• 
•  poteva  coraprendere  Lucrezio:  il  poema  della  Xntura 

mi  r  i'ii  leva  una  specie  strana,  paurosa,  minaccevole:  parevami 
una  grande  besteinmia  di  scettico,  proferita  tra  le  rovine  di  im 
mondo.  Ma  nei  giorni  maturi  della  ricerca,  quando  alle  soglie  del 
mio  spirito  si  affaccio  come  una  sfinge  il  problema  della  vita: 
in  quell' arcana  opera  dell'uomo,  che  si  conquistava  una  coscienza 
di  sd;  quando  le  illusion!  mistiche,  ond'era  avviato  da  molto 
tempo,  mi  si  disciolsero  tutte,  rimasto  solo,  triste,  sgomento  della 
inia  propria  vittoria,  ed  un'  angoscia  muta  siedevaini  nel  cuore, 
cbe  non  sapevasi  rassegnare  al  suo  fato ;  io  ripresi  il  poema  di 
Lucrezio.  Subito  ini  parve,  che  dai  miei  occhi  fosse  tolto  via  quel 
panno  tenace,  cho  li  velava :  la  belta  sacra  e  terribile  della  Na- 
tura  mi  si  fece  davanti,  un'aura  intima  dell' infinite  mi  scosse, 
e  la  bestemmia  di  prima  si  cangi6  in  un  inno  lirico.  D'  allora, 
ho  benedetto  Lucrezio,  ne  mi  pento  di  averlo  fatto.  » 

Che  ve  ne  pare,  o  lettori,  di  tutta  questa  turgida  e  disa- 
dorna  fraseologia,  con  cui  1'autore  si  dichiara  einpio  ammira- 
tore  del  piti  einpio  tra  i  poeti  del  Lazio? 

Che  ad  argomento  della  sua  critica  il  Trezza  abbia  scelto  il 
poeraa  di  Lucrezio,  nessun  male;  altri  pria  di  lui  ii  fece  e  con 
piu  sano  intendiinento  e  con  miglior  successo.  Fra  i  tanti  cite- 
remo  ii  Yilleuiain.  II  suo  torto  sta  nel  presentare  quel  poema 
come  la  piu  splendida  rnanifestazione  del  genio,  e  1*  autore  come 
uno  «  di  quei  magnanimi,  che  ruppe  con  memorando  ardiinento  i 
gioghi  ceiesti,  che  pesavano  da  tanti  secoli  sulle  coscienze...  uno 
degli  iniziatori  del  inondo  moderno.  > 

Nel  fanatisino  da  cui  egli  e  preso,  non  c'e  paradosso  a  cui 
non  trascorra  con  una  disinvoltura  senza  esempio.  Per  esso  «  il 
concetto  del  mondo,  come  lo  intendeva  Lucrezio,  e  senza  misura 
piu  grande  e  piii  vero  di  quello  che  ne  avesse  S.  Paolo...  ii 
principio  monoteistico  della  creazione  nou  appartiene  alia  scienza, 
perche  non  esce  da  nessuu  fatto  ne  fisico,  ne  storico:  e  un7  igno- 
ranza  coperta  di  mistero,  e  gittata  sulla  ragione,  per  conteuerla 
dentro  ai  confmi  insuperabili  del  domina ;  quindi,  il  concetto  che 
il  Cristiauesimo  s'  era  fatto  del  mondo,  fondandosi  tutto  su  quel 
principio,  allontanava  la  ragione  uiuana  dalla  verita  delle  cose.  > 


r/Ji  H:I.LA  DECADENZA  DEL  PENSIERO  ITALIANO 

—  Non  si  i»ossono  leggere,  senza  freraere  d'orrore,  le  parole,  colle 
quali  egli  chiude  il  capitolo  sulla  Ragione  moderna  del  poema. 
<  Lungamente  soffriinmo,  egli  dice,  per  la  conqnista  di  noi  me- 
desimi,  per  disfarci  di  quei  tenaci  abiti,  in  che  ci  aveva  invi- 
luppati  1'ignoranza  larvata  di  misticismo;  affrontammo  la  rabbia 
ignobile  dei  volghi  sciocchi,  che  assaltano  con  dente  devoto,  e 
mordono  fino  al  sangue  chi  non  si  curva  davanti  alle  loro  men- 
zogne:  vedemmo^  e  pur  troppo  vediamo  ancora,  la  superstizione 
sempre  vivace  pesare  sul  collo  delle  coscienze  schiave,  e  disten- 
dere  le  sue  reti  insidiose  su  tutte  le  vie  della  ragione.  La  ver- 
gogna  di  un  vituperio  si  lungo  ci  fece  tutti  piu  o  meno  ribelli, 
e,  a  somiglianza  di  Lucrezio,  abbiamo  negato  ci6  che  egli  ha 
negato,  affermato  ci6  che  egli  ha  affermato;  non  vogliamo  piCl 
che  ci  resti  nessuna  tirannide  sul  pensiero  e  sulla  coscienza, 
non  vogliamo  comporci  una  specie  di  giustizia  immobile,  che 
congiuri  perpetuamente  contro  i  progress!  della  ragione...  An- 
che  noi  siamo  scettici  come  lui,  ma  nel  nostro  scetticismo,  come 
nel  suo,  si  cova,  quasi  fiamma  intima  che  frughi  le  ceneri,  una 
fede  profonda,  la  fede  nella  Jiberta  dello  spirito.  Cosl,  disvi- 
ticchiati  da  ogni  idea  preconcetta,  ci  accostianio  a  Lucrezio,  e 
divenuti  suoi  discepoli  con  Memmio,  ascoltiamo  i  seven  inse- 
gnamenti  deila  ragione  ispirata  da  un  cuor  di  poeta.  > 

Chi,  nel  leggere  queste  parole,  non  crederebbe  di  sentire  Lu- 
tero,  che  si  ribella  a  noine  della  ragione  alia  Chiesa ;  e  il  Lamen- 
nais,  che  in  nome  di  questa  medesima  ragione,  traviata  dal  suo 
immenso  orgoglio,  si  anna  contro  la  fede?  E  un  orgoglio  senza 
misura  6  appunto  il  fondo  di  questo  libro  del  Trezza,  il  quale, 
come  tutti  i  nuovi  critici  dell'  Italia  presente,  si  e  fatto  baudi- 
tore  di  tutte  le  stramberie,  con  le  quail  la  dotta  Germania  ha  reso 
la  critica  un'  arte  da  ciarlatani.  E  per  questo  la  chiamammo,  con 
vocabolo  tolto  ai  francesi,  critica  deleteria;  avvegnache,  non 
couosciamo  cosa  piu  nociva  ed  esiziale  alia  scienza  e  alia  let- 
teratura  di  questa  mania  di  razionalismo  tedesco,  tanto  invalsa 
tra  noi. 

Assai  ci  siamo  trattenuti  su  questo  critico,  che  avreinmo  forse 
dovuto  lasciare,  come  tant'  altri,  inosservato,  se  il  pensiero  di 


LA 

far  yedere  ai  nostri  lettori  i  danni  incalcolabili,  che  sta  facendo 
all'Italia  la  (edesca,  non  ci  avesse  consigliato  altrimenti. 

Ed  in  vero,  da  questa  sci<  '<'sca  si  d«ve  ripetere  gran 

parte  del  guasti,  chc  oggi  deploriamo  si  negli  ordini  politic! 
come  negli  ordini  intellettuali.  E  per  questo  rispetto  ebbe  ra- 
giono  chi  scrisso,  che  la  Germania  fu  sempre  fatale  air  Italia. 
Pert,  non  erediamo  ci  sia  maggior  male  a  lamentare  di  quello 
che  proviene  dall'uggiosa  influenza,  che  esercita  nelle  nostre 
scuole  come  sui  nostri  scrittori  la  scienza  tedesca. 

L'  Italia,  che  fu  maestra  al  mondo  di  sapere,  caduta  in  gi- 
nocchio  avanti  i  sofisti  tedeschi!  II  gran  progresso  che  abbiamo 
noi  fatto  dopo  la  unificazione! 

L' Italia,  risorta  come  la  Fenice  dalle  sue  ceneri,  dovea  pur 
finalmente  possedere  anch'essa  una  novella  critica  generatrice 
di  un  nuovo  pensiero  italiano,  e  regolatrice  dei  nuovi  destini 
che  in  ordine  alia  letteratara  ed  all'arte  i  tempi  mutati  le  aveano 
riscrbato.  Ed  ecco  nn  bel  giorno  far  la  sua  comparita  tra  noi 
la  critica  positivista,  sorella  della  filosofia,  dell'etica  e  della 
sociologia  dello  stesso  nome.  II  Garducci,  un  pagano  ammoder- 
nato,  direbbe  che  tutte  codeste  sorelle  positiviste  sieno  sbocciate 
dal  cervel  di  Giove,  e  il  Rapisardi,  un  bestemmiatore  infrunito, 
che  sieno  sbucate  da  qualche  bolgia  dell'inferno  dantesco.  Co- 
munque  sia,  e  indubitato  che  la  critica  positivista  s'  e  pure  in- 
sediata  in  Italia,  e  non  ci  &  da  durar  fatica  per  dimostrare, 
che  se  la  critica  rieoluzionaria  e  stata  deleter iat  la  positivista, 
che  ha  natura  pift  selvaggia  e  ria,  meriterebbe  di  essere  ap- 
pellata  barbara,  come  la  poesia  del  Parnaso  elzeviriano  dello 
Zanichelli. 

Capo  della  novella  scnola  critica  6  quel  Giosue  Carducci  da 
Yaldicastello  presso  Pietrasanta  che,  da  cantor  d'  idilii  nella 
Maremma  toscana,  ove  avea  sognato  da  giovinetto  di  primo  pelo, 
la  famosa  legge  agraria  dei  Gracchi,  balz6  tant'alto  da  farsi 
acclamare  dai  suoi  turiferarii,  Chiarini  e  Panzacchi,  //////< •//«?  dei 
poeti  barbari.  Piu  tardi,  amando  di  aggiungere  agli  aliori  poetici, 
la  giornea  filosofica,  atteggiossi  a  critico,  e  tal  critico  a  petto  del 
quale  quanti  critici  lo  precedettero  devono  andare  a  riporsi. 


DELLA   DECADENZA    DEL   PENSIERO   ITALIANO 

Danno  forza  al  suo  criticismo,  la  voce,  che  ha  vibrante  come 
un  campanello  elettrico,  ft  il  Gubernatis  che  scrive  cosl,  il  tem- 
peramento  nervoso,  i  suoi  occhi  luminosi,  che  mandano  scintille 
elettriche,  lo  stomaco  robusto,  e  1'amore  del  vino,  pur  che  buono; 
donde  in  lui  la  smania  di  far  brindisi  e  di  cogliere  tutte  le 
occasion!  di  bere  nove  volte  nove  a  proposito  di  qualunque  cosa. 
Del  suo  valore  come  poeta  diremo  appresso :  per  ora  giudichia- 
molo  come  promotore  e  capo  della  critica  positivista.  Delle  sue 
opere  critiche  ci  stanno  sotto  gli  occhi  due1  volumi  di  Studii 
letterarii,  un  altro  di  Bozzetti  critici  e  letterarii,  il  saggio 
di  un  testo  e  commento  nuovo  alle  Rime  del  Petrarca,  le  sue 
Confession*  e  battaglie  e  finalmente  le  Conversazioni  critiche, 
libro  che  ha  veduto  la  luce  quest' anno  in  Roma  per  opera  della 
Casa  editrice  Sommaruga.  II  distillato  di  questi  suoi  lavori  critici 
d  che  fino  a  lui,  da  parte  la  modestia,  il.pensiero  italiano  avea 
perduto  il  senso  del  vero,  la  coscienza  del  bello,  la  superbia 
dell'  eredita  latina.  II  fato  voile  che  nascesse  al  mondo  un 
novello  GKosue,  il  quale,  dopo  avere  urlato  contro  il  governo, 
contro  la  monarchia,  contro  tutti,  urlasse  pure  contro  chiunque 
in  letteratura,  non  la  pensasse  come  lui.  E  che  cosa  egli  pensasse 
lasciamolo  dire  a  lui  stesso  nel  Preliminare  ai  Pariniana: 
«  fi  egli  permesso  in  Italia,  ai  giorni  che  corrono,  scrivere  di 
«  critica  e  di  letteratura  senza  nascondere  tra  il  verde  e  i  fiori 
«  la  trappola  di  una  tesi?  e  non  per  isfoggio  di  abilita  nei  salti 
«  mortali  dei  paradossi?  e  nemmeno  col  sottinteso  di  rifare  noi 
«  il  mondo  da  capo  e  con  la  esplicita  dichiarazione  che  i  nostri 
«  predecessor!  in  materia  furono  un  branco  di  brave  persone  si, 
«  ma  tutt'  altro  che  critici,  tutt' altro  che  dotti  ed  onesti?  E,  data 
«  la  perinissione,  si  potra  egli  scrivere  critica  italiana  leggibile, 
«  senza  prima,  per  cattivarsi  il  pubblico,  proclamare  che  in  fondo 
«  in  fondo  noi  siamo  tanti  bei  pezzi  d'asini,  che  discorriamo  se- 
«  condo  ci  frulla,  e  che  ci  ingegneremo  di  tenerci  bassini  bassini 
«  e  lisci  lisci,  e  ci  proveremo  anche  a  fare,  secondo  le  nostre  forze, 
«  i  buffoni,  per  divertire  le  signore  e  le  signorine,  maestri  e  giu- 
«  dici  inappellabili  dei  torneo  in  ogni  arte  e  in  ogni  critica?  > 

Dal  tono  ironico  e  beffardo  di  questo  suo  Preliminare  chiaro 


LA   CJUTICA 

si  scorge  che  la  gravita  e  la  serieta  non  sono  lo  doti  del  cri- 
tico  positivista.  Dove  egli  infatti  non  trova  da  censurare  nelle 
cose  e  nelle  persone  che  non  siano  della  sua  scuola,  allora  sberta 
e  deride.  Cos!  fa  dei  manzoniani,  e  in  generate  di  quanti  scri- 
vendo  o  poetando  non  insudiciano  i  loro  scritti  d'  invereconde 
descrizioni,  ne  li  contaminano  di  pazze  besteraraie.  Mena  vanto 
di  appartenere  a  quella  gelida  e  arcigna  generazione  cresciuta 
dopo  il  1849  e  maturata  dopo  il  60,  e  quindi  uomo  che  nulla 
crede  ed  ha  dell*  acredine  net  sangue.  Rimpiange  che  il  Guer- 
razzi,  di  cui  fa  gli  elogi  piu  sperticati,  non  abbia  dipinto  <  in 
«  qualche  suo  romanzo  le  virtd  occulte  e  illaudate,  la  vita  pa- 
«  ziente  e  operosa,  la  fede  e  i  sacrifizii  della  plebe.  »  Colla  piu 
gran  faccia  tosta,  e  mentendo  splendidamente  alia  storia,  asse- 
risce  che  il  Gristianesimo  fu  spinto  «  alia  intolleranza,  alle  per- 
«  secuzioni,  agli  sperperi  delle  arti  antiche,  agli  abbruciamenti 

<  delle  biblioteche,  fra  cui  esultava  lo  spirito  seivaggio  di  Orosio, 
«  il  prete  spagnuolo  che  poi  doveva  insultare  all'eccidio  di 
Roma.  >  Chiama  il  sacerdozio  cattolico  «  im'istituziono  che  fa- 
«  rebbe  vergognare  di  se  le  piu  barbare  tribu  africane  >  ritor- 
cendo  queste  parole  che  fnrono  di  altri  che  scrisse  contro  la 
civilta  pagana.  Non  sa  perdonare  al  Cervantes  di  essere  stato 
buon  cattolico  e  suddito  fedele  al  suo  sovrano:   <  come  nulla 
€  contro  il  cattolicismo,  cosl  nulla  troviamo  nel  Don  Chisdotte 
«  che  suoni  avverso  all'  assolutismo.  Quei  critici  che  vi  frugarono 
«  dentro  qualche  cosa  di  simile  errano  assai  dal  vero.  >  Siamo 
riraasti  colla  bocca  aperta  al  leggere  che  «  ne  Shakspeare  nd 

<  Cervantes,  possono  pretendere  all'  originalita.  »  Di  Pietro  Cal- 
deron  della  Barca  parla  come  si  farebbe  di  un  poeta  da  stra- 
pazzo.  Ne  poteva  essere  altrimenti:  al  cantore  di  Satana  non 
potevano  piacere  le  opere  di  quell' eminente  drammaturgo  cat- 
tolico, che  sopra  gli  altri  della  sua  nobilissima  nazione  com'aquila 
vola.  A  fame  strazio,  e  piu  per  vituperare  i  gesuiti  e  i  dome- 
nicani,  dice  che  in  uno  dei  cori  degli  Atti  sacramentali,  pargli 
«  di  raffigurare  i  gesuiti  fra  i  quali  il  Calderon  era  stato  edu- 
«  cato,  i  bisogni  dell'  esercito  spagnuolo  fra  i  quali  avea  combat- 
«  tuto  la  liberta  di  coscienza  in  Fiandra,  i  doinenicani  inquisitor! 


fi<,)S  DELLA   DECADE.NZA   DEL   PENSIERO   ITALIANO 

€  e  confessori  del  re  e  della  regina,  ai  quali  tutte  le  mattine  il 
«  poeta  baciava  la  mano  nelle  anticamere.  >  E  aggiunge  per  rin- 
carare  la  dose  delle  ingiurie :  «  Un  leppo  di  bruciaticcio,  e  nn 
€  suono  ottuso  e  sordo,  che  non  e  suono,  come  di  ferri  acuti  che 

<  si  affondano  con  moto  regolare  e  monotono  in  tante  masse 
«  carnee,  mi  giunge,  salvo  mi  sia,  al  naso  e  agli  orecchi.  Po- 
«  veri  giudei  di  Castiglia!  nobili  mori  di  Granata!  generosi  e 
«  improvvidi  Incas!  le  allegorie  dell'idalgo  cattolico  don  Pietro 

<  Calderon  della  Barca  non  sono  grottesche  figure  rettoriche 
«  solamente :  voi  lo  sapete.  >  Con  uguale  misura,  e  sempre  per- 
che  cattolico,  tratta  il  celebre  Lope  de  Vega,  e  lo  cuculia  perch& 
€  Urbano  ottavo  mandavagli  il  diploma  di  dottore  in  teologia, 

<  e  il  Grande  Inquisitore  il  brevetto  di  famiglio  del  Sant'Uffizio, 
«  ed  alle  sue  esequie  tre  arcivescovi  cantaron  messa.  > 

Tutto  ci6  non  dee  recar  maraviglia.  II  Carducci  immerso  nel 
razionalisnio  pagano  siao  alle  ciglia  ha  in  uggia  tutto  ci6  che  sa 
di  religione.  Per  questo  inveisce  contro  i  due  fratelli  Schlegel 
Augusto  e  Federico,  e  non  gli  par  vero  di  potere  contro  questi 
due  sommi  critici  tedeschi  confortare  i  suoi  giudizii  con  1'au- 
torita  di  quell' Arrigo  Heine,  che,  come  tutti  sanno,  all'odio 
contro  il  Cristianesimo  congiungeva  il  cinismo  piu  ributtante  e 
piu  sozzo.  Fu  1' Heine  che  delle  Lezioni  di  Letteratura  di  Fe- 
derico Schlegel  scrisse :  <  Costui  esamina  tutte  le  letterature  da 
«  un  punto  di  veduta  alto,  ma  quella  posizione  alta  e  sempre 
«  la  cima  del  campanile  di  una  chiesa  gotica.  E  in  tutto  cid 
«  che  lo  Schlegel  dice  odesi  un  continue  scampanare,  odonsi 
«  qualche  volta  gracchiare  i  corvi  che  volteggiano  intorno  agli 
«  assi  della  vecchia  freccia.  Per  me,  aperto  appena  quel  libro,  mi 

<  sale  al  naso  1'  incenso  della  messa ;  e  ai  migliori  passi  mi  par 

<  vedere  rizzarsi  via  via  delle  lunghe  fila  di  pensieritonsurati.  > 
Questa  maniera  beffarda,  satireggiante  e  pettegola  dello  scet- 

'tico  tedesco  pare  abbia  incontrato  il  gusto  del  Cardncci,  che  in 
un  suo  scritto  sull'Atta  Troll  di  Heine,  che  ei  chiama  <  la  piu 

<  fantastica  e  insieme  la  piu  serenamente  adstofanea  satira  che 
«  egli  mai  scrivesse,  e  che  la  poesia  germanica  vanti  >  si  di- 
chiara  apertamente  suo  ammiratore  idolatra  e  convinto. 


LA 

Del  risorgimento  delta  tatt«-  me  per  opera  del  Parini 

:i?a  r.ille  lenti  della  sua  stramba  critica,  scrivcndo  di  lui: 

<  Come  tutti  i  nostri  poeti  del  secolo  decimottavo,  anche  il 
«  Parini  move  dall' Arcadia:  anzi  si  potrebbe  fin  dire,  che  in 
«  Arcadia  almeno  il  tacco  del  pi6  sinistro  ce  1'ebbe  sempre  >; 

<  e  coiuinciando  dalle  poesie  che  dice  <  un  po'stentate,  ruvide 
«  ed  aspre  >  a  finire  all' iminortale  suo  carme  il  Giorno,  gli 
pare  che  il  posto  dagl'Italiani  accordato  al  vate  di  Gorgonzola, 
sia  un  posto  usurpato.  Se  il  Parini  gli  6  tanto  antipatico,  pen- 
sate  sino  a  qual  punto  gli  riescano  uggiosi  e  intollerabili  il 
Manzoni  e  i  manzoniani?  S'oda  come  parli  di  quella  stupenda 
strofa  del  Cinque  Maggio: 

Bella,  immortal,  bcnefica 

Fede  ai  trionfi  avvezza, 

Scrivi  ancor  questo,  allegrati  ecc. 

«  Mettetevi  un  po'  la  inano  al  cuore,  e  ditemi  in  verita  buona: 

<  Avete  mai  sentita  o  veduta  roba  cosl  barocca  come  questa?  La 
«  scultura  allegorica  del  secolo  passato  fu  mai  piu  brutta  di 

<  questa  roba  qui?  Non  vedete  voi  la  Fede  col  suo  sciugamani 

<  affazzolettato  sul  viso,  col  suo  zamberlucco,  impacciata  a  met- 

<  tere  da  parte  il  suo  crocione  ed  il  calice,  per  iscrivere,  non  si 

<  sa  con  che  o  su  che,  a  dettatura  di  Alessandro  Manzoni?  che 

<  tende  il  dito,  e  intona 

..  ..Allegrati  ecc. 

«  con  quel  bell'indovinello  che  seguita.  A  un  certo  punto  la  Fede 
«  smette  di  scrivero,  e  con  la  penna  ritta  in  mano  e  con  quel 

<  suo  viso  attonito  volgendosi  a  mezza  persona,  dice  —  Don  All- 

<  sander ,  n&  meno  io  che  sono  la  Fede  non  ci  capisco  mil  la.  > 
Da  questo  apprendano  i  nostri  lettori  in  qual  lurido  ed  empio 
inchiostro  sia  intinta  la  penna  di  questo  critico  infernale,  che 
versa  a  piene  mani  il  ridicolo  sul  poeta  che  di  nuineri  divini 
vestl  i  misted  piu  reconditi  di  nostra  fede.  II  fondo  adunque 
della  critica  carducciana  &  il  disprezzo  e  ii  dileggio  di  quanto 
nella  nostra  poesia  non  suoni  bestemmia  o  lascivia.  E  per  questo 


700  DELLA   DECADE.XZA    DEL    PE.NSIERO   ITALIA  NO  -  LA    CRITICA 

il  Tabarrini  nella  Vita  di  Gino  Capponi  scriveva:  «  Qtiando, 
«  dopo  il  1850,  sorse  in  Toscana  ima  scuola,  la  quale  procla- 
«  mando  il  ritorno  aU'ellenismo  delle  forme  non  nascondeva  i 
«  fini  anticristiani,  il  Capponi  vide  subito  il  principio  di  una 
«  letteratura  empia  e  beffarda,  che  avrebbe  fatto  tabula  rasa 
<  d'ogni  credenza  e  sovvertita  la  morale.  > 

E  tal  6  il  frutto  che  stiamo  raccogliendo  dai  libri  stampati 
dal  Carducci  e  dai  suoi  amici  ed  imitatori.  Sulle  onne  di  lui 
infatti  corsero  il  Chiarini,  il  Panzacchi,  lo  Stecchetti  e  il  Ra- 
pisardi.  Quest' ultimo  pero  intollerante  di  giogo,  come  sono  ge- 
neralmente  gli  uomini  nati  sotto  il  cielo  di  Sicilia,  non  pago 
di  avergli  applicato,  quel  che  il  Carducci  avea  scritto  del  Mazzini, 
chiamandolo  €  Sultano  della  liberta  »,  finl  un  giorno  per  ribel- 
larglisi  e  mostrargli  i  pugni.  Non  1'avesse  raai  fatto!  L'iper- 
critico  toscano  chiam6  a  raccolta  i  suoi  gregarii  e  tutti  di  con- 
certo sentenziarono  che  il  Rapisardi  era  un  ciuco  e  nulla  piu.  £ 
da  leggere  nella  Eapisardiana  qual  torrente  d'  ingiurie  villane, 
ma  meritate,  si  sieno  gittate  in  faccia  i  due  cantori  del  principe 
delle  tenebre.  In  verita  al  mondo  non  furono  mai  visti  due  bo- 
toli  addentarsi  tra  loro  con  tanta  rabbia  come  questi  due  mes- 
seri  che  pur  dovrebbero  dare  esempio  di  concordia  e  di  gentilezza 
ai  loro  allievi,  essendo  entrambi  professori  1'uno  a  Bologna  e 
1'altro  a  Catania. 

Chi  ha  ragione  dei  due?  Nessuno  crediamo  noi ;  perche  tan  to 
L'idrofobo  cantore  e  vate  da  lupi,  cio&  il  Carducci,  quanto  L' ar- 
cade cattivo  soggetto,  cio6  il  Rapisardi,  peccano  di  superlativa 
superbia  congiunta  ad  un'  invidia  immensa,  entrambi  credendosi 
secondi  a  Dante,  entrambi  riputandosi  meritevoli  di  sedergli  a 
canto,  fi  dunque  evidente  che  siamo  per  opera  di  costoro  tornati 
ai  giorni  dell'Aretino,  non  trovando  per  verit^,  un  uomo  a  cui  so- 
migliare  questi  due  Corifei  della  critica  positivista  e  della  poesia 
blasfema  e  pornografica. 


I,\  CONTESSA  ]\Ti:il\A/lnXAIJ-: 


XIII. 

SI   PARTE   PER   MILAXO 

II  sospetticcio  della  contessa  Aldegonda,  che  Silvia  si  fosse 
lasciata  svenire  per  artificjo  onde  differire  la  partenza,  si  di- 
A  da  se,  per  la  manifesta  ragion  delle  cose.  Parve  al  tutto 
impossibile  che  una  bambina  fingesse  a  quel  raodo:  gli  occhi 
eran  chinsi,  il  colore  di  cadavere,  il  respiro  debole,  il  polso  ral- 
lentato  e  fiacco.  II  cavaliere  e  suo  figlio,  dopo  accompagnata  la 
povera  svennta  alia  camera,  1'  avevano  lasciata  alle  mani  del  conte 
padre,  e  delle  donne  che  la  governavano  affettuosaraente:  ed  essi 
passeggiavano  in  su  e  in  gift  pel  salotto,  agitati  da  vivissima 
ansieta.  Avevano,  prima  cosa,  spacciato  un  messo  ad  un  dottor 
medico,  il  quale  per  fortuna  villeggiava  a  non  molta  distanza. 
E  intanto  che  Taspettavano  impazienti,  facevano  gli  almanacchi 
sopra  le  probabili  cause  dell'accidente,  e  chiedevano  ad  ogni 
momenta  novella  dello  sperato  miglioramento.  Ma  era  nulla. 

Quando  a  un  tratto  ecco  la  cameriera  vien  giu  saltando  gli 
scalini  a  quattro  a  quattro,  e  gridando:  —  Alkermes!  ci  vuole 
dell'alkermes  per  la  signorina. 

—  Comincia  a  riaversi?  dimand6  Amedeo  in  quella  che  cor- 
reva  ad  un  armadio  a  muro. 

—  Un  pochino,  rispose  la  donna:  ha  aperto  gli  occhi... 

—  Riparla? 

-  Qualche  mezza  parola. 

Amedeo  intanto  scorreva  coll'occhio  le  polizze  delle  boccette 
(erano  i  liquori  che  si  usava  mescere  all'ora  del  caffe),  vi  did  una 
rovigliata  qua  e  la;  e  poi :  —  Peccato!  ve  n'era,  mi  ricordo,  non 


LA    COMESSA   INTF.RNAZIONALE 

ve  n'e  riraaso  respice...  Ci  e  pero  ogni  ben  di  Dio,  prendete  qua, 
Teresa.  Volete  roba  forte?  centerba,  cognac,  rumme,  certosa...  c'e 
di  tutto. 

—  Che  che?  non  fanno. 

—  Liquori  da  dama?  scegliete  voi:  perfetto  amore?  elisir  coca? 
il  nostro  hortus  glor  di  Moncalieri  che  risuscita  i  morti?  ma- 
raschino di  Zara?  fate  ben  fratelli?...  No  no,  ecco  quello  che  fa 
per  voi:  una  cucchiaiata  di  questo  rosolio  di  uienta:  e  dolce  e 
forte,  riapre  il  respiro  e  da  la  vita. 

Teresa  spiava  coll'occhio  i  cartellini,  lusingandosi  di  scoprire 
un  alkermes;  delusa  e  scontenta  prese  il  rosolio,  con  una  spal- 
lucciata  dicendo:  —  Non  e  quello  che  dimanda  lei. 

—  Chi  lei?  Silvia? 

—  La  signoriua,  si,  chiedeva  1' alkermes.  — 

Amedeo  non  dimandft  altro:  si  calca  il  cappello  in  capo,  ab- 
branca  il  suo  mirabile  velocipede,  e  giu  per  la  redola  saltelloni ; 
arrivato  alia  strada  maestra,  balza  in  sella,  e  via  via  volando 
come  un  vento,  a  Moncalieri.  Un'ora  e  dieci  ininuti  dopo  tornava 
con  due  boccette  di  alkermes.  Ma  che?  in  giardino  si  vede  ve- 
nire incontro  la  Silvia  ariosa  e  tranquilla,  con  tutte  le  sue  rose 
in  volto,  con  passo  agile  e  franco,  come  quando  scodinzolava  pel 
giardino  dietro  le  farfalle.  —  0  che  miracolo?  gridd  da  lungi. 

—  Grazie,  grazie,  signor  Amedeo,  gli  risposero  Silvia  e  la 
contessa. 

Alle  voci  delle  donne  uscirono  fuori  il  conte  Delia  Pineta,  e 
il  dottore  che  era  sul  tornarsene  a  casa.  Vennero  la  Severina,  e 
la  signora  Cateriaa.  E  tutti  a  gara  colmarono  di  ringraziamenti 
il  giovane:  lo  imburravano  di  lodi,  lo  levavano  a  cielo  come  un 
eroe,  perche  con  si  speditivo  consiglio  fosse  ito  a  provvedere  il 
farmaco,  ora  superfluo,  desiderato  da  Silvia.  Amedeo  invece, 
senza  confondersi,  rispondeva:  —  Le  grazie  e  i  mirallegro  li 
dobbiamo  al  dottore  qui,  che  1'ha  ricuperata  subito...  0  come 
e  stato? 

—  Malucci  da  canarini,  disse  il  medico.  Forse  la  frescura  della 
cantina...  una  digestione  difficile  e  lenta...Un  nonnulla  basta  tal- 
volta  alle  bambine.  Quando  arrivai,  il  polso  era  gia  a  Gl  o  62, 


XIII.    SI    I'AIITK    1'KI;    MM.  7l  >'} 

la  fronte  appena  calda,  allc  mani  tornava  la  traspirazione,  di 
febbre  punto  punt". 

—  lo  temevo,  aggiunse  la  contessa,  qualche  debolezza  al  cuore. 
-  \ulla  di  nulla,  state  tranquilly  contessa.  Sicuro,  da  prin- 

cipio  le  pulsazioni  del  cuore  saranno  sembrate  tin  po'  depresse. 
Ma  io  1'ho  ascoltata  poi  lungamente  e  con  ogni  diligenza:  sistole 
e  diastole  di  ritmo  corretto,  tempuscoli  regolari,  suono,  o  come 
diciaino  noi  franciosaraente,  timbro  chiaro  e  sonoro,  in  una  parola 
un  cuore  giovane  e  libero,  un  cuore  d'angelo. 

—  Gia  lo  sapevo  da  me  cotesto,  disse  Amedeo  equivocando 
ad  arte :  quello  che  Don  si  capisce  6  come  un  cuor  di  angelo  ci 
abbia  spaventati  tanto!  Basta,  d  stato  nulla,  meglio  cost. 

II  medico  si  accommiato,  ma  prima  raccomando  alia  Silvia 
di  fare  esercizio,  e  tenersi  un  po'leggiera  alia  cena,  e  magari 
aiutare  la  digestione  con  un  calicetto  di  rosolio  prima  di  andare 
a  letto,  purchd  fosse  spiritoso  e  aromatico  e  non  troppo  dolce. 

—  Una  sorsata  d'alkermes,  per  esempio,  suggerl  Amedeo. 

—  SI,  si,  o  qualcosa  simile,  liquori  da  bambini. 

—  Lodato  Lldio !  a  qualcosellina  servira  qnesto  benedetto  al- 
kermes  che  m'ha  fatto  correr  tanto.  —  E  cavandosi  dalla  tasca 
da  petto  le  boccette,  —  Contessa,  disse,  se  voi  ve  ne  contentate, 
ne  offro  una  boccetta  per  una  alle  vostre  fanciulle. 

La  contessa  Aldegonda  non  seppo,  non  pote  disdirsi,  e  assentl 
con  un  sorriso :  -  -  Anzi,  anzi,  troppa  grazia. 

Severina  accettft  con  garbo,  e  nulla  piu.  Silvia  a  questo  re- 
galo  sarebbe  rinvenuta  da  ogni  piu  mortale  svenimento,  sarebbe 
risorta  dal  sepolcro,  avrebbe  desiderato  an  deliquio  ogni  mattina. 
Stapp6,  e  bevve  un  gocciolo  a  garganella,  coram  populo ;  il  che 
fece  ridere  la  brigata. 

—  Ma  e  poi  roba  buona  e  sicura  ?  dimando  al  figliuolo  la  si- 
gnora  Caterina. 

—  K  roba  della  chiavetta,  rispose  Amedeo :  1'  avrei  io  offerta 
alle  signorine,  se  non  ne  fossi  piu  che  certo? 

—  Dove  Thai  presa? 

—  Mistero! 

-Che  mistero  d'Egitto?  Tavrai  presa  da  un  confetturiere. 


704  LA.   CONTESSA   INTERNAZIONALE 

—  Da  nessun  confetturiere. 

—  Dal  liquorista  dunque. 

—  Da  nessun  liquorista. 

—  Dove  dunque  T  hai  comperata  ? 

—  Non  T  ho  comperata... 

—  E  ti  &  piovuta  dal  cielo  ? 

—  Gia. 

—  Chiassone,  se  rinascessi !  Vuol  dire  che  1'  hai  presa  dal 
nostro  farmacista  di  Moncalieri... 

—  Veramente  neppure  dal  farmacista,  ma  a  Moncalieri,  si. 
Volevo  filare  a  Torino... 

—  £  la  via  dell'orto!  Priina  che  tu  arrivassi  la  e  tornassi, 
veniva  notte,  e  la  signorina  aveva  tempo  ad  aspettare. 

—  Appunto  cotesto  mi  disse  tra  via  1'  angiolino.  Passavo  11 
sotto  Moncalieri  come  un  fulmine,  quando  mi  ricordai  che  Tin- 
fermiere  del  collegio  ne  aveva  e  del  buono.  Corsi  su  col  inio  ve- 
locipede in  ispalla,  e  quel  brav'uomo  mi  spalancd  i  suoi  tesori, 
chiedi  e  domanda.  —  Tutto  quel  che  vuole  e  quel  che  c'e,  di- 
ceva.  —  Non  gliene  restavano  che  due  boccette,  e  due  me  ne  diede. 

—  Ricordati,  Silvia,  interruppe  la  contessa,  fa'  di  rammeutar- 
melo  quando  saremo  a  Milano :  bisogna  che  noi  inandiamo  a  quel 
religioso  una  cassetta  del  nostro  fernet  branca:  non  dobbiamo  es- 
sere  sconoscenti. 

-  Fate  il  piacer  vostro,  contessa,  osserv6  Amedeo ;  non  vo' 
contrastare  il  buon  cuore.  Ma  io  vi  assicuro,  che  non  occorre 
altro  ringraziamento.  In  collegio  io  sono  di  casa  quanto  la  gra- 
nata,  e  quelFinfermiere  £  una  mia  conoscenza  vecchia.  Mi  avrebbe 
messo  in  corpo  1'  armadio  con  tutti  i  barattoli,  non  che  due  boc- 
cettine,  quando  gli  dissi  che  era  per  una  nostra  villeggiante,  ca- 
duta  in  deliquio.  Mi  profferse  etere,  sal  volatile  inglese,  ammo- 
niaca,  una  mezza  farmacia. 

—  E  tutta  cotesta  roba  Thai  tu  presa?  gli  dornand6  la  madre. 

—  E  come ! 

—  Dove  la  tieni? 

—  I/ ho  qui,  rispose  Amedeo  picchiando  la  tasca  da  petto. 


xiu.  si  PAKTI:  ri:i:  >in  "'>:, 

—  K  bi'in-,  muitiU  per  benino  iu  una  scatola,  coi  cartellini: 
servira  loro  in  viaggio,  se  mai... 

—  0  via,  non  ci  e  pericolo,  disse  Silvia. 

—  Spero  anch'  io :  ma  una  previdenza  di  pit!  non  guasta,  e 
un  bottoncino  di  soccorso  pu6  venire  in  taglio  quando  meno  si 
crederebbe.  Tanti  vi  sono,  che  lo  portano  sempre  seco.  Un  odo- 
raccio,  un  rimescolo,  una  nausea,  possono  capitare  a  tntti :  e  loro 
souo  delicate. 

—  SI,  si,  prendiamo  sempre  le  precauzioni :  non  ci  si  perde 
nulla,  incalz6  il  conte. 

—  Massimo  poi  trattandosi  di  medicine  come  queste,  aggiunse 
Amedeo,  che  fanno  1' opera  loro  da  vicino  e  da  lontano,  pel  pas- 
sato,  presente  e  futuro.  Quella  piccola  bua  della  signorina,  non 
ardl  manco  aspettare  la  potenza  delle  tre  o  quattro  medicine  che 
tenevo  io  in  batteria.  Se  non  altro,  serviranno  come  rimedii  pro- 
filattici.  Con  tale  guardia  al  fianco  la  signorina  pu6  andar  franca, 
che  non  fara  piu  di  queste  celie. 

—  Speriamolo,  ripetd  la  signora  Caterina. 

•  E  in  cio  dire,  cinse  col  braccio  la  bambina  che  le  era  da 
fianco,  e  le  appicco  un  baciozzo  sulla  guancia,  che  parve  uscirle 
dairanima.  Sembro  1'atto  si  gentile  e  cordiale,  che  ognuno  si 
disse  in  cuore:  —  0  la  buona  mamma!  — 

XIV. 

DIETRO  LE  Ul'IXTE  GLI  1FFARI  SERII 

L'  ora  si  avanzava,  e  le  signore  Delia  Pineta  si  ritirarono  ad 
ultimare  gli  appresti  della  partenza.  Tutto  era  quieto,  tranne 
che  la  contessa,  senza  fame  parola  ad  altri,  si  mangiava  1'aniraa 
e  il  cuore,  ripensando  alia  cortesia  dimostrata  da  Amedeo  in- 
verso  Silvia,  cortesia  che  da  lei  stessa  aveva  cavato,  come  colle 
tanaglie,  approvazione  e  lode.  Ma  guai,  inesorabili  guai,  se  ella 
avesse  penetrate  le  trattative  correnti  tra  il  conte  suo  inarito  e  i 
signori  Boasso!  In  quell' ultima  sera,  appunto  mentre  essa  colle 

Serie  XII.  tol.  VI.  fate.  816  4:.  13  giugno  1884 


LA   CONTESSA   INTERNAZIONALE 

fancinlle  e  colla  cameriera  attendeva  a  far  riporre  i  cenci  e  le 
trine  usati  ia  giornata,  e  serrare  le  valige,  ed  era  coll'  anirao  gi£ 
ttitto  rivolto  alia  sospirata  Milano;  il  conte  nella  stanza  attigua, 
dato  tanto  di  paletto  all'uscio,  stava  strotto  a  colloquio  col  ca- 
valiere  Boasso  e  con  Amedeo :  e  vi  tenevano  un  vero  congresso 
diploraatico.  II  povero  conte  credeva  di  trarre  diciotto  con  tre 
dadi,  se  giungesse  ad  awiare  qualche  preliminare,  di  sollecito 
collocaraento  per  la  sua  cara  Silvia;  e  pero  aveva  provocato  uno 
scambio  di  mste,  com'esso  esprimevasi,  col  suo  ospite;  e  al 
tutto  bramava  non  si  partire  di  coU  senza  avere  posto  in  sodo 
qualche  punto  sostanziale.  Aveva  confessato  chiaro  al  cavaliere, 
che  ne  lo  richiese,  come  il  partito  gli  piacesse  eccezionalmente: 
ma  sarebbegli  piaciuto  altresl  che  Amedeo,  o  almeno  il  padre 
Helfuturo,  con  una  franca  parola  aprisse  Tanimo  suo.  —  Ve- 
diamo,  ripeteva  esso,  vediaino  di  concretare  qualcosa. 

—  Di  me,  rispose  il  cavaliere,  sapete  ormai  il  fondo  delPanima. 
Ye  Tho  detto  e  ridetto,  1'idea  della  vostra  Silviuccia  mi  va.  Ma 
non  1'ho  a  sposar  io,  sibbene  mio  figlio  qui.  Gli  ho  detto  il 
mio  avviso,  e  poi...  Senti,  Amedeo  (si  rivolse  a  lui),  tocca  a  te 
dipanar  questa  matassa:  parla  tu  pro  domo  tua...  Ma  prima, 
conte  (si  rivolse  al  conte  di  nuovo),  levatemi  un  sospetto.  Vo- 
stra nioglie... 

—  Mia  moglie,  interruppe  il  conte  Della  Pineta,  inia  moglie 
non  ci  ha  che  vedere.  Ho  le  mie  ragioni  serie,  gravi,  peren- 
torie:  lei  non  ci  deve  metter  bocca.  0  si  arrendera  colle  buone, 
o  io  userd  dell'  autoriU  paterna,  nella  forma  che  mi  consente  il 
codice  nel  caso  di  dissenso. 

—  Non  mi  pare  una  bella  cosa,  osserv6  il  cavaliere. 

—  Non  e  bella,  no,  ne  convengo:  ma  e  necessaria.  Io  mi 
sento  stretto  in  coscienza  di  padre  di  famiglia,  di  provvedere 
alia  mia  Silvia  e  al  suo  vero  bene  avvenire.  Come  1'ho  posta 
in  educazione  senz' ascoltare  mia  moglie,  cosi  intendo,  se  oc- 
corre,  collocarla  con  chi  credo  nieglio.  Quando  siate  contento  voi, 
amico,  e  vostra  moglie,  contenta  Silvia  (gia,  non  ne  dubito),  e 
vostro  figlio,  io  tengo  la  cosa  per  segnata  e  benedetta. 

Amedeo  intanto  si  veniva  acconciando  le  parole  in  bocca ;  e 


quundo  il  padre  gli  acceond  che  toccava  a  lui  csporre  le  sue 
.  disse  senza  esitazione:  -  .so  se  1'ho  anche  soverchia- 
mente  diiuostrato,  ma  sulle  niie  aspirazioni  non  pu6  cadere  dubbio. 
Babbo  le  sa :  sono  le  sue  stesse.  E  poiche  voi,  conte,  le  acco- 
gliete  con  piu  favore,  cho  non  merito,  io  solo  posso  aggiugnere 
che'  esse  sono  sincere,  ed  anche  forme. 

II  conte  brill6  di  viva  gioia,  che  non  pot5  celare. 

Ainedeo  si  continu6 :  —  Ci  ho  pensato  prima,  e  maturamente. 

—  Allora  non  %ci  e  altra  difficolta,  interruppe  il  conte.  La 
questione  di  massima  rimane  T\ao\Vi\&favorevolinente. 

—  La  questione  di  massima,  si,  ripiglift  sorridendo  Amedeo : 
restano  solo  a  dibattere  i  capitoli. 

—  I  capitoli  matrimoniali  ? 

—  Oib&,  conte:  questi  so  che  correranno,  in  ogni  caso,  lim- 
pidi  e  convenienti.  So  ancora,  che  qualcosa  se  n'e  discorso  tra 
Toi  e  babbo,  e  al  bisogno  quello  che  avete  detto  si  fernia  in 
carta,  e  buona  notte.  Per  capitoli  matrimoniali  io  intendeva  i 
modi  e  il  tempo  di  venire  all'  ergo.  II  fatto  6  che  prima  di  due 
anni  vi  sono  difficolta  gravi.  Sono  lunghi  due  anni !  Se  il  signor 
conte  mi  permette... 

—  SI,  si,  tutto,  parliamoci  chiaro,  da  galantuomini. 

—  Io  ho  anche  da  terminare  la  mia  legge... 

—  Si  capisce. 

—  E  fino  alia  laurea  non  posso  impacciarmi  di  nozze  o  non 
nozze... 

-  Che  dubbio? 

—  Io  studio  di  proposito.  Fard  poi  pratica?  patrocinero?  Dio 
Io  sa... 

—  Questione  riservata,  disse  ridendo  il  conte  diplomatic©. 

—  Ad  ogni  modo,  vorrei  addottorarmi  in  legge,  e  non  in 
ciucaggine. 

—  Troppo  giusto! 

—  Or  bene,  due  anni  mi  sono  necessarii,  non  se  ne  pu6  le- 
vare  un  giorno. 

—  Xe  convengo  pienamente.  Non  e  un  punto  che  guasti :  anzi 
Ta  a  capello.  Per  Silvia  un  paio  d'anni  e  quello  che  ci  vuole, 


LA    CONTESSA    1>TK RNAZIO.NALE 

giusto  giusto.  Ha  messo  persona  a  quel  modo,  ma  6  sempre 
bambina. 

—  Lodato  Iddio,  disse  Amedeo,  c'intendiamo  in  ogni  cosa. 
Voi,  caro  signer  conte,  ci  mettete  anche  troppo  di  condiscen- 
denza,  ve  ne  ringrazio. 

—  Non  condiscendo  oltre  al  merito  vostro,  ripiglift  il  conte. 
Mi  avete  ispirato  tale  fiducia  di  voi,  che  non  vi  preferirei  tin 
grande  di  Spagna  o  un  principe  romano. 

—  Bonta  vostra,  conte. 

—  Ma  veniamo  al  sodo ;  rientr6  qui  il  cavaliere  Boasso. 

—  Cioe? 

—  II  sodo  per  me  sarebbe  stabilire  qualcosa  con  impromesse, 
in  cui  intervenissero  tutte  e  due  le  parti  piu  interessate. 

Ci6  disse  ii  padre  di  Amedeo,  perch&  da  onorato  padrefami- 
glia  vagheggiava  1'idea  di  fermare  un  poco  la  mente  e  il  cuore 
del  figliuolo,  si  che  i  due  anni  non  venissero,  come  talvolta 
accade,  a  voltarlo :  e  bramava  inoltre  scandagliare  anche  intorno 
a  questo  particolare  1'animo  del  conte.  Amedeo,  che  anche  a 
questo  aveva  pensato,  e  chiesto  1'avviso  della  sua  ottima  ed 
amorevole  madre,  entro  francamente  nel  discorso,  dicendo : 
—  Quanto  alle  iinpromesse,  io  esporrei  un  mio  pensiero,  se  il 
signor  conte... 

—  Dite,  dite  liberamente:  siam  qui  per  intenderci. 

—  Io  osservo,  che  le  cose  lunghe  diventano  serpi,  e  non 
parrebbemi  delicato  da  parte  mia,  ii  tenere  legata  con   patti 
scritti  e  giuridici  quella  vostra  gentilissima  pispoletta,  per  due 
lunghi  anni  di  aspettativa... 

—  Puh,  non  ci  vedrei  po'poi  il  diavolo,  disse  il  conte. 

—  Perdonate,  conte,  vi  apro  tutto  1'  animo  mio.  Le  parole 
oggi  scambiate  tra  voi  e  inio  padre  e  me,  mi  legano  quanto 
si  pu6  vincolare  un  uomo  di  onore  e  di  coscienza. 

—  ft  vero,  disse  ii  conte. 

—  ft  vero,  conferm6  pure  il  cavaliere  Boasso. 

—  Or  bene,  io  penserei  di  non  vi  aggiungere  altro  legame, 
per  ora.  L'annoprossimo  poi,  alle  vacanze  d'autunno,  mettereino, 
d'ainore  e  d'accordo,  un  po'di  nero  sul  bianco,  in  presenza  del 


Mil   SERH 

parroco.  Tn  anno  di  vita  di  fulanzati  e  gia  lunghetto,  osserva 
mia  HIT' 

—  Non  rai  displace,  disse  il  conte. 

—  Non  displace  neanche  a  me ;  ripete  il  padre  di  Amedeo, 
che  col  figlio  aveva  bensl  parlato  d'improraesse,  ma  senza  fissare 
il  tempo. 

—  Tuttavia,  ripigli6  Amedeo,  se  a  voi,  signor  conte,  piacesse 
aver  qualcosa  di  scritto... 

—  No,  caro  Araedeo,  non.  pretendo  altro  che  la  parola  vostra, 
data  in  presenza  del  mio  piu  vero  amico,  che  6  il  cavaliere 
qui.  lo  la  valuta  quanto  una  nota  di  un  ministro  di  stato,  e 
qnalcosa  meglio.  Ormai  vi  conosco  abbastanza:  siete  figlio  del 
vostro  padre. 

—  Ad  ogni  modo,  per  vostra  maggior  quiete,  ecco  qua  una 
letterina  (e  la  cavo  dai  portafogli),  che  vi  ricordera  e  confermera 
gli  accordi  presi. 

II  conte  la  scorse  brevemente.  In  questa  Amedeo  esponeva, 
senza  smancerie,  1'  affetto  suo  per  la  signorina  Silvia,  e  chiedeva 
al  conte  piena  sicurta  di  poterlo  a  lei  manifestare,'  recandosi 
alcuna  volta  a  riverirla  in  famiglia  a  Milano. 

—  Ala  che?  ma  che?  proruppe  il  conte  in  terminando  la 
lettura:  cotesto  6  gia  inteso,  cammina  pe'suoi  piedi.  Non  vi 
avevo  forse  gia  invitato,  tutto  di  mio,  1'  altro  giorno  ?  Ora  non 
solo  v'invito,  ma  vi  prego  di  farvi  vedere:  phi  spesso  sara,  e 
pi  ft  cara  ci  giugnera  la  vostra  visita. 

In  queste  parole  rizzossi,  aperse  un  batten te  dell'uscio  della 
camera  attigua,  dove  la  contessa  e  le  fanciulle  terminavano  gli 
ultimi  assetti  di  partenza,  e  chiamfr  la  Silvia.  Richiuso  dili- 
gentemente  1'uscio,  le  disse  in  presenza  dei  signori  Boasso: 
—  Ecco  qua,  figlia  mia,  il  signor  Amedeo  ti  promette  di  venirti 
a  vedere  a  Milano:  sei  contenta? 

Silvia  intese  a  volo  che  non  si  trattava  di  una  semplice  cor- 
tesia,  ma  d'una  offerta  d'amore.  Si  fece  di  bragia,  poi  pallidis- 
siina,  un  suJoretto  minuto  le  granl  la  fronte,  chin6  il  volto,  e 
riuscl  ansando  a  compitare:  —  Si,  babbo...  sono  contenta...  gra- 


71(1  LA   CONTESSA   INTERNAZIONALE 

zie,  signer  Amedeo.  —  Ma  quel  trascolorare,  quell'  affannare, 
quegli  occhi  bassi,  piu  dissero  che  le  sue  parole. 

Amedeo  e  il  padre  si  accommiatarono  colle  usate  gentilezze 
al  conte  e  alia  fanciulla,  intendendo  benissimo  che  un  padre 
doveva  pure  avere  qualcosa  da  ragionare  colla  figliuola,  dopo  un 
tale  annunzio.  —  A  bel  rivederci  a  Milano,  disse  Amedeo. 

—  Ma  prima  ci  vediamo  dimani,  rispose  Silvia  tornata  un 
poco  padrona  di  se.  Verrete  alia  stazione? 

—  Che  dubbio?  o  questa  volta,  o  non  mai.  — 


IDEE  PATERNE 

Si  trattenne  il  conte  colla  figliuola  forse  una  mezz'ora.  Le 
diede  a  leggere  la  letterina  di  Amedeo.  Silvia  bevendo  a  stilla 
a  stilla  quelle  desiate  parole,  d'essere  piu  in  terra  che  in  cielo 
non  sentiva.  Ritornolla  un  poco  dall'ideale  al  reale  il  padre,  col 
farle  notare  che  quelle  parole  non  contenevano  una  forinale 
promessa,  si  bene  una  dichiarazione  affettuosa,  alia  quale  le 
promesse  terrebbero  dietro  1'  anno  prossimo,  quando  lei  si  fosse 
mostrata  meritevole  di  uno  sposo,  piu  degno  del  quale  non  tro- 
verebbe  in  tutta  Italia.  —  Intendi  bene  le  cose  pel  loro  verso; 
ti  dico  che  Amedeo  e  un  partito  degno,  avendoci  lungamente 
pensato  prima.  L'unico  difetto  che  gli  si  possa  apporre  e  che 
non  ha  titoli... 

—  Che  m'importa? 

—  No,  no  :  qualcosa  dovrebbe  importarti.  Se  si  potesse  avere 
insieme  fortuna  e  titoli  e  le  qualita  personali  di  Amedeo,  io 
sarei  il  primo  a  sconsigliarti  di  attendere  a  questa  offerta.  La 
parita  di  nascita  non  e  da  dispregiare;  anzi  e  da  cercare,  e  da 
volere,  il  possibile,  per  cento  ragioni.  £  cosa  che  si  radica  nella 
religione,  nella  politica,  nel  buon  senso  della  civilta...  Basta,  non 
ne  parliaino,  sarebbe  troppo  lungo.  Ma  qui  il  valore  della  per- 
sona che  ti  offre  la  mano  e  tale  e  tanto,  ch'io  mancherei  al 
mio  dovere,  se  ripugnassi  alia  tua  felicita,  per  quel  solo  ri- 
guardo.  E  poi  ci  ho  tanti  altri  motivi... 


—  v  to  piacere,  babbo,  se  mi  chiariste  un  po'lo  idee  sui 
motivi  che  avete. 

II  ronte  non  credeva  di  dover  dire  alia  bambina,  come  fosse 
urgente  di  rollocarla,  per  non  lasciarla  forse  al  capriccio  di  sua 
madre,  capacissima  di  accasarla  Dio  sa  come;  ne  pure  voile  ac- 
cennarle  un  suo  secreto  disegno,  di  adoprarsi  cioe,  perch6  il  titolo 
nobile  dei  Delia  Pineta  si  trasferisse,  a  suo  tempo,  in  Amedeo. 
Per6  rispose:  —  Ti  basti,  che  dei  motivi  ne  ho:  sai,  che  ti  voglio 
bene,  e  se  mi  risolvo  di  acconimodarti  con  un  signore  borghese, 
gli  e  unicamente  perch&  il  partito  ha  cento  vantaggi,  piu  impor- 
tanti  che  un  titolo.  Gia,  lo  vedi  da  te  stessa,  a  questi  lumi  di 
luna,  la  nobilta  non  e  quasi  piu  altro  che  un  privilegio  nomi- 
nate. Da  il  diritto  di  aggiugnere  al  proprio  nome  un  titolo,  ono- 
rifico  in  qnanto  rammenta  i  nieriti  e  la  grandem  storica  della 
famiglia.  E  questo  stesso  nella  odierna  societa  civile  e  assai  meno 
pregiato  che  in  addietro.  fi  passato  quel  tempo  che  per  portare 
gli  spallini  di  semplice  luogotenente  bisognava  provare  la  no- 
bilta. Guarda,  le  cariche  piu  rilevanti  dello  stato  son  venute  a 
mano  di  chi  le  vuole  e  di  chi  non  le  vuole.  Nel  parlamento  e 
nel  senate,  accanto  agli  uomini  onorevoli,  si  accommoda  robuccia 
di  basso  affare,  ambiziosi  venuti  su  dal  nulla,  portati  dalle  sette;  e 
si  accompagnano  a  tali,  che  sebben  nati  cavalieri,  non  li  vorrei  per 
mozzi  di  stalla;  in  tutti  i  posti  piu  lucrosi  braveggiano  galeotti  e 
squassaforche ;  ne  abbiam  veduti  con  tanto  di  portafoglio  di  stato 
sotto  il  braccio,  che  meritavano  portare  il  remo  o  il  capestro  a 
gala.  Non  ci  6  rimasto  altro  che  la  diplomazia,  che  abbia  con- 
servato  uu  po'di  decoro  aristocratico.  E  cid  solo  per  forza  delle 
cose :  appunto  perche  alle  corti  estere  non  verrebbe  accolto  con 
favore  un  villan  rifatto,  quand'anche  s' intitolasse  generale  di 
armata.  So  a  Firenze  potessero  passarsi  dei  signori  titolati,  non 
se  lo  farebbero  dire  due  volte.  Gli  hanno  in  quel  servizio.  Lo 
so  io.  Se  io  avessi  voluto  indossare  qualche  altra  livrea,  oltre 
quella  del  re,  avrei  avuto  la  nomina  di  ambasciatore  cinque  anni 
fa,  nel  fiore  delle  mie  forze.  Del  resto,  tira  al  quattrino,  e  la 
massima  che  suona  da  un  capo  all' altro  d' Italia,  cominciando  dal 
1'urlamento  di  Firenze:  e  un  vangelo  nuovo,  un  domma  falso; 


LA   CONTESSA   INTEnNAZIO.NALE 

ma  e  quello  che  piu  ha  voga.  lo  te  lo  rammento  solo,  perch6  tu 
non  creda  che  1'andare  sposa  un  giorno  di  un  borghese,  ti  abbia 
a  sceinare  estiinazione  nel  mondo. 

—  Non  temete,  babbo,  io  stimo  Amedeo  perche  5  il  piti  bel 
giovane  che  si  possa  vedere  con  due  occhi,  e  il  piu  buono...  fi 
buono  come  un  angelo!  Con  lui  sard  felice  abbastanza. 

—  Appunto  appunto!  Ha  tutti  i  pregi  del  vero  nobile.  Nobilta 
vien  da  virtu,  diceva  un  proverbio  antico,  ora  un  po'  raesso  nel 
dimenticatoio.  Quello  che  e  certo  si  e,  che  accompagnata  con 
Amedeo  Boasso,  sarai  la  piu  felice  e  avventurata  sposa  di  To- 
rino. Forse  tua  madre,  quando  sapni  ci6  che  si  passa  tra  te  ed 
Amedeo,  fara  ii  niffolo.  Ma  io,  che  so  come  va  il  mondo,  ti  assi- 
curo  che  colla  fortuna  dei  Boasso,  ogni  piu  aristocratico  salone  si 
aprirebbe  dinanzi  a  te.  Specchiati  nella  signora  Gaterina.  Se  ella 
volesse  andare  a  corte  in  Firenze,  le  si  spalancherebbero  cento 
porte,  non  una.  Yi  si  ricevono  di  tali  che  non  arrivano  al  tacco 
delle  sue  scarpe.  Essa  invece,  senz'  ambire  onori  di  cui  non  sa 
che  farsi,  se  ne  sta  a  se,  signora  e  principessa  in  casa  sua;  per 
tutto  ove  si  presenta  e  la  ben  venuta,  e  non  6  chi  non  si  creda 
onorato  di  accoglierla  con  rispetto;  qui  in  campagna  le  dame 
villeggianti  la  invitano  alle  loro  feste,  e  gl'  inviti  suoi  accettano 
a  man  baciata.  Quando  tu  unissi  insieme  la  roba  nostra  e  quella 
dei  Boasso,  avresti  stato  e  condizione  di  gran  signora  quanto  ogni 
gentildonna  titolata. 

-  Perchfc  dunque  mamma  avrebbe  da  tenere  il  broncio? 

—  Perche,  perche...  Yedi,  tua  madre  con  tutte  le  sue  preten- 
sioni  di  gran  dama  (bada,  mi  pesa  di  doverti  aprire  un  po'gli 
occhi :  ma  6  necessario  per  tua  norma)  tra  le  brigate  6  un  gin- 
gillo  da  teatro;  i  lecconi  che  1'assediano  sono  poeti,  letterati, 
mestatori,  e  sopra  tutto  politicanti  che  di  politica  non  capiscono 
un'acca,  e  accarezzano  la  sua  vanita  persuadendola  che  anche  lei 
e  un  Metternich  in  gonnella.  £  la  vera  via  di  farsi  ridere  alia 
gente  seria.  Che  le  serve  il  bel  nome  di  nascita,  e  il  niente  men 
bello,  che  le  ho  dato  io?  Che  le  6  giovato  il  posto  elevato  che 
io  tenevo  sino  a  ieri  nella  societa?  e  la  fortuna  nostra,  che  e 
pur  qualche  cosa?  Le  signore  a  inodo  le  fanno  un  saluto  in  pas- 


sando,  e  si-iiivano  la  sua  conversazione.  Abbi  adunque  giudi/io, 

ch£  t'importa.  Con  tua  inadre  non  e  necessario  che  tu  purli  di 

to  priiuo  passo  che  io  ho  fatto  per  tuo  bene.  A  suo  tempo 

se  ue  discorrera.  Io  ho  il  diritto  e  I'obbligo  di  provvedere  alia 

tu:i  f<  licita.  Non  mamma,  tienlo  a  mente,  io,  io  solo  m'incarico  di 

condurro  questa  faccenda  a  buon  porto,  se  tu  non  la  guasti  per 

Al  bisogno,  sono  uotiio  di  condurti  qua  sola  sola,  a  fare  le 

impromesso  dove  hai  fatto  la  priina  conoscenza  di  Amedeo.  — 

Silvia,  che  tutto  in  una  volta  si  sentl  piovere  addosso  si  so- 
leune  sermone  non  seppe  11  per  li  che  dire.  Era  confusa.  Insieme 
colla  vista  serena  dell'  assicurato  amore  di  Amedeo,  per  la  prima 
volta  le  si  apriva  Torizzonte  vario,  incerto,  buio  del  inondo  reale. 
Sentiva  la  sua  mente  andare  a  processione.  Finora  le  era  parso 
naturale,  che  lei,  sebbene  nata  contessina  Delia  Pineta,  amasse 
Amedeo,  un  gran  signore,  ancorche  non  titolato.  Ed  ora  comin- 
ciava  a  capire  che  nel  inondo  la  cosa  non  correva  tanto  liscia, 
quanto  ella  s'immaginava.  Fin  qui  erasi  lusingata  che  sua  madre 
dovesse  riputare  una  bella  fortuna  il  partito  offertosi  di  accasarla. 
Ed  ora  le  era  forza  di  prevedere  noie  e  contrast!  dalla  saa  mamma. 
Non  aveva  gran  concetto  della  sua  madre,  quanto  a  religiosita: 
ma  il  suo  padre  squarciava  ora  un  velo,  che  rendevale  sospetta 
la  madre  in  troppe  altre  cose.  Parevale,  un  nembo  si  addensasse 
sul  suo  capo.  Ma  tra  le  nubi  accavallate  splendeva  pur  sempre 
la  luce  della  speranza,  nell' amore  nobile-e  puro,  che  il  padre  suo 
benediceva.  Stata  un  tratto  sopra  pensiero  e  assorta  nel  la  tem- 
pesta  di  queste  inaspettate  rivelazioni,  si  riscosse,  bacid  la  mano 
a  babbo  (cosa  insolita),  molto  affettuosamente ;  e  scapp6  via  sal- 
tellando,  per  non  farsi  scorgere  alia  mamma.  Ella  non  si  brigava 
di  titoli,  ineno  ancora  di  quattrini:  era  semplicemente  innamo- 
rata,  come  una  farfalla  di  maggio. 

Alia  dimane  ogni  cosa  procedette  ordinata,  e  coi  fiocchi  e  le 
frange  di  complimenti,  che  richiedeva  una  partenza  di  ospiti 
amati,  e  lungamente  onorati  in  una  famiglia  signoriie.  Natural- 
mente  la  signora  Boasso  aveva  preveduto  tutti  e  singoli  i  piu 
minnti  particolari  per  1'agiato  viaggiare  della  brigatella  mila- 
nese.  Amedeo  poi  vi  aveva  aggiunto  di  suo  il  panierino,  ch'egli 


7  It  LA   CONTESSA   I.YTERNAZIONALE  -  XV.    IDEE   PATERNE 

diceva  delle  medicine.  In  verit&  le  famose  medicine  erano  il  meno. 
Egli  vi  colloco  in  bell'ordine  una  serqua  di  boccette  di  alkermes, 
e  tra  gli  altri  confetti,  bei  cartocci  di  pasticche  all' alkermes,  di 
marzapani  all' alkermes,  di  marenghe  all' alkermes,  che  diedero 
poi  il  mal  nervoso  alia  contessa,  quando  ella  se  ne  accorse.  Ma 
nelle  abbracciate  di  addio  nulla  turbo  il  sereno.  Solo  la  signora  Ca- 
terina  si  avvide,  che  la  povera  Severina  aveva  i  lucciconi  agli  occhi, 
e  nel  baciarla,  essa  pure  le  bagnft  il  volto  di  lacrime  affettuose. 
Silvia,  piil  che  ad  altro,  attendeva  ad  assicurarsi  che  Amedeo 
fosse  di  compagnia.  —  Viene?  Non  viene?  —  era  il  suo  palpito. 
Amedeo,  com'ebbe  poste  in  vettura  le  signore,  sail  a  cassetta,  e 
disse:  —  Signore,  io  le  ho  condotte  qua  da  Torino,  mi  lascino 
fare  il  dovere  mio  di  ricondurle  1&  dove  le  ho  prese :  si  contentano  ? 

—  Anzi !  rispose  subito  Silvia  giubilante. 

La  contessa  invece  balbetto  un  semplice  Grazie;  che  le  restd 
mezzo  appiccicato  alle  labbra.  Ella  sarebbesi  chiamata  soddisfatta 
pienamente  delle  attenzioni  e  buone  grazie,  onde  tutti  la  colma- 
vano  nella  sua  partenza,  se  1'affetto  di  Amedeo  per  Silvia,  onnai 
troppo  palese  per  1'avventura  di  ieri,  non  le  avesse  piagato  il 
cuore  d'insanabile  ferita.  Dio  sa  quali  scene  sarebbero  seguite, 
se  ella  avesse  potato  indovinare  le  intelligenze  corse  tra  i  signori 
Boasso  e  il  suo  marito.  Fu  anche  buona  fortuna,  che  essa  non 
intendesse  le  ultime  parole  furtive  di  Silvia  ed  Amedeo,  neli'nscire 
dalla  sala  di  aspetto:  —  Dunque  vi  aspetto  alia  Bella  Brianzola! 

—  Non  dubitate :  appena  posso,  corro,  volo...  Vi  accompagno 
e  resto  con  voi  a  Milano,  colla  mente  e  col  cuore.  — 


RIVISTA  BELLA  STAMPA  ITALIANA 


I. 

Dl    AM  TNI    LAYORI   PUBBLICATI  IN  ITALIA   SULLA    SciEXZA   DELLE   RELI- 

i  o  CHE  AD  RSSA  si  RiFERiscoxo  —  I.  La  Scienza  delle  reli- 
gioni.  Discorso  per  la  inauijiirn:iune  degli  stndii  letto 
il  16  novembre  188'2  nella  R.  Universita  di  Napoli  dal 
Prof.  MICHELE  KEBBAKER. 

Gli  studii  intorno  alia  cosl  delta  scienza  della  religione  e  delle 
religion!  sono  di  fresca  data,  e  si  pud  fin  d'  ora  prevedere  che 
fra  qualche  anno  1'ardore  onde  furono  intrapresi  e  che  gia  co- 
mincia  a  rattepidire,  sara  del  tutto  spento.  Interverra  a  cotesti 
studii  quello  che  e  intervenuto  a  quelli  affini  di  Mitologia  com- 
parata  che  tennero  il  campo  ftno  a  che  non  vi  entr6  lo  spirito 
di  sisteraa  che  li  fece  cadere  nel  comune  discredito;  tanto  1'ar- 
bitrio,  1' esclusivismo  e  1'assurdo  vi  avevano  confuso  e  travolto 
ogni  idea  di  buon  senso  e  oltraggiato  la  storia.  Quelli  nacquero 
ammalati,  perche  fu  loro  data  per  causa  la  malattia  del  lingnag- 
gio,  questi  nascono  morti  perche  si  vuol  dar  loro  per  mad  re  1'ipo- 
tesi  antistorica  e  antiscientifica  dell'evoluzione.  Max  MQller  fu 
come  il  padre  degli  uni  cosl  il  promotore  e  propagatore  degli 
altri,  ma  padre  infelice  ed  apostolo  non  fortunate.  II  razionalismo 
e  il  panteismo  tedesco  in  filosofia,  1'esegesi  tedesca  della  Bibbia, 
lo  scetticismo,  1'orrore  del  soprannaturale  e  massimamente  il  di- 
fetto  assoluto  della  dialettica  o  arte  di  ragionare  che  diventa 
ogni  dl  pid  una  malattia  comune,  sono  le  vere  cause  delle  nuove 
teoriche  sulla  religione  e  le  religioni. 

In  Italia  gli  scrittori  di  siffatte  materie  sono  pochi  di  nu- 
niero  e  di  merito  disuguali,  benche,  e  ci  duole  il  dirlo,  sieno 
tutti  owero  fedeli  seguaci,  ovvero  copiatori  servili  di  autori  stra- 
nieri.  La  disuguaglianza  poi  sta  in  ci6,  che  alcuni  hanno  vero 
merito  e  non  comune  in  altri  studii  onde  son  degni  di  rispetto 
e  di  stiuia;  laddove  altri  non  possono  pretendere  d'essere  tenuti 
se  non  so  quali  mediocrita  in  tutto,  un  servum  W-MS,  che  bela 


71  f,  RIVISTA 

fra  noi  con  piu  o  manco  di  bestial  talento,  gli  ainmaestramenti 
deH'altro  servum  pecus  francese  che  li  ricevette  anch'esso  dagli 
archimandriti  tedeschi.  II  piu  diligente  discepolo  e  indefesso  ru- 
bacchiatore  de'Maestri  alemanni  fu  ed  6  in  Francia  E.  Renan, 
cui  fanno  corona  E.  Havet,  il  Soury,  Em.  Burnouf,  G.  Darmesteter, 
M.  Vernes,  A.  K6ville  e  parecchi  altri.  Ora  se  noi  avvisiamo 
essere  una  granda  umiliazione  per  la  Francia  T  aver  per  maestri 
nella  critica  storica  e  nella  scienza  delle  religioni  i  filosofi  ed 
esegeti  tedeschi  che  salvo  un  certo  apparato  filologico,  nel  resto 
sono  fra  loro  discordi  e  fondano  sistemi  avventati,  bizzarri  e  con- 
trarii  affatto  al  senso  comune;  molto  piu  biasimevoli  riputiamo 
quegli  Italiani  che  diinentichi  del  primato  glorioso  della  nostra 
scuola  filosofica  e  del  nostro  sommo  Maestro  Tommaso  d' Aquino, 
vanno  a  mendicar  non  la  verita,  si  bene  gli  errori  e  le  teoriche 
piil  stupide  dal  Teutono  nebuloso  e  dal  leggero  Francese.  0  che 
la  Francia  ha  proprio  bisogno  di  andar  a  scuola  da'Tedeschi,  ov- 
vero  Tltalia  da  quella  o  da  questi?  No  certamente,  perch6  dot- 
tissimi  filosofi,  esegeti,  filologi  e  critici  non  mancano  n5  in  Fran- 
cia, n&  in  Italia ;  ma  si  preferisce  la  merce  straniera  perche4  se 
non  solletica  anzi  mortifica  1'amor  proprio,  serve  .jiondiineno  alle 
passioni,  allo  spirito  d' indipendenza  dalla  fede  cristiana,  alia 
ribellione  da  ogni  autorita  divina  ed  uinana.  Imperocche  ii  ra- 
zionalismo,  il  panteismo  e  1'esegesi  tedesca  sono  i  natural!  e 
schietti  rampolli  del  libero  esame  e  del  protestantesimo. 

Ma  poiche  di  razionalisti  della  scuola  gallo-tedesca  fu  gia  di- 
scorso  a  lungo  in  questo  periodico,  non  sara  senza  qualche  pro 
il  ricordare  gli  scritti  di  alcuni  nostri  Italiani  che  piu  o  meno, 
in  tutto  o  in  parte  seguono  i  dettami  de' maestri  forastieri.  E 
qui  tocchereino  primamente  d'un  certo  Discorso  letto  in  Napoli 
per  la  inaugurazione  degli  studii  il  16  novembre  1SS2  dal 
Prof.  Michele  Kerbaker  che  s'intitola  La  Scienza  delle  religioni. 
II  Discorso  e  di  ben  45  pagine  fitte  e  noi  lo  ricordiarno  pel 
primo,  appunto  perche  non  e  un'opera  o  libro  propriamente  detto. 
Stiina  grandissima  merita  il  Kerbaker  come  dotto  professore  di 
sanscrito,  nessuna  come  filosofo  e  scrittore  di  scienza  delle  re- 
ligioni. Iinperocch&  tutta  la  filosofia  del  Kerbaker  si  riduce  al- 
r applicazione  d'un  sistenia  che  non  ha  nulla  di  storico  e  di  po- 


!.LA    STAMPA    ITALIA  717 

sitivo,  iK'H'ovo'.,  10  ciod  alle  religion!,  le  qnali,  secondo 

lui,  si  sarebbero  formate  «  per  via  di  lente  e  graduate  trasfor- 
mazioni  p.  13.  »  Ora  se  la  teorica  della  evoluzioao  non  ha  saldo 
fondamento,  anche  la  scien/a  delle  religion!  che  il  Kcrbakor  fa 

ndere  da  quella,  convien  che  rovini.  Un'  tiltro  supposto  1 
del  ch.  Autore  6  la  competent  che  concede  alia  ftlologia  in  que- 
sta  inateria.  E  una  vera  illusione  de'novelli  incrednli  quella  di 
Tolere  con  1'aiuto  della  sola  h'lologia  spiegar  le  origini  delle  re- 
li^ioui,  mentre  che  neppur  con  1'aiuto  d'altre  discipline  vi  si  e 
potato  finora  giungere  a  conclusion!  accettabili l.  La  critica  sto- 
rica  poi  invocata  dal  ch.  Autore  non  vale  meglio  della  filologia. 
Ignora  egli  dunquo  la  definizione  che  della  critica  storica  diede 
quel  parabolano  di  E.  Renan  ?  petites  sciences  eonjecturalet  </ni 
se  dtfont  satis  cesse  apres  s'etrefaites  (Rev.  des  Deux-Mondes, 
1")  de*c.  1881).  Della  letteratura  concernente  la  religione  giu- 
daica,  egizia  ed  eranica  il  ch.  Autore  ha  poca  conoscenza  e  non 
e  in  pari  co'nuovi  studii  e  i  piu  dotti  e  celebrati  lavori  venuti 
in  luce  su  queste  quistioni.  Vi  parla  infatti  come  di  cosa  am- 
messa  che  il  monoteismo  giudaico  fu  attinto  dalle  dottrine  egizie, 
il  che  e  riputato  falso  anche  da  un  Maurizio  Yernes,  vale  a  dire 
dal  pid  fedele  ed  umile  discepolo  de'  razionalisti  tedeschi,  spe- 
cie del  Reuss  (V.  Rev.  de  Vhist.  des  relig.  Compte-Rend.  t.  II, 
p.  233).  Afferma  altresl  che  il  Gindaismo  avrebbe  preso  dal- 
TEran  1'idea  della  redenzione  e  della  palingenesi  futura,  il  che 
fara  ridere  il  De  Harlez  e  lo  Spiegel,  i  quali  hanno  dimostrato 
che  se  V  e  stato  da  prendere  in  prestito,  i  Persiani  non  pqssono 
essere  i  creditori,  si  bene  i  debitori.  Anche  di  ci6  fu  discorso  in 
questo  Periodico2.  La  pretensione  del  Kerbaker  di  esciudere  a 
priori  il  soprannaturale,  e  di  tutto  spiegare  con  1'  evoluzione,  e 
veramente  irragionevole  e  puerile;  perciocche  n6  T evoluzione,  an- 
che concessa,  e  atta  a  dar  sufficiente  spiegazione  di  certi  fatti 
che  pur  sono  attestati  dalla  storia,  ne  il  filosofo  deve  arrogarsi 
il  diritto  di  voler  che  le  cose  sieno  avvenute  secondo  ch'egli 

1   V.  Esamt  critico  dfl  sistema  filoJoy^co  e  Jinyuisttco  applicato  alia  mito- 
Jogia  e  alia  ncienza  dtttc  rcliyioni  |»f!  |.  I'mto,  Ti|»o- 

liiacli.-iti  l-iglio  o  C.  1884. 
1  Op.  cit. 


713  IUVISTA 

pensa  e  che  desidera.  0  che  Dio  creatore  dell'uomo  dovrebbe  im- 
parar  dal  signer  Kerbaker,  il  come  e  il  quando  possa  e  voglia 
entrare  in  coinunicazione  con  la  sua  creatura  e  rivelargli  ci6  che 
a  lui  piaccia?  lacopo  Grimm  e  Max  Mailer  si  fanno  compatire 
quando  asseriscono  che  la  rivelazione  e  impossibile  da  parte  di 
Dio,  perche  dovrebbe  per  parlare  all'uoino  aver  un  corpo,  e  il 
suo  linguaggio  sarebbe  per  la  sua  sublimita  non  inteso  daU'uomo. 
Nwnquid  qui  finxit  aurem,  non  andiet?  Cotesti  non  sono  ar- 
gomenti  da  filosofi,  non  da  filologi,  ma  semplicemente  da  pasto- 
relli  arcadici.  fi  cosa  veramente  strana  che  quella  comunicazione 
di  Dio  con  gli  uomini,  la  quale  da'  due  illustri  filologi  sopradetti 
Tien  negata  come  impossibile,  i  Giaini  Svetambara  con  formate 
parole  gliela  attribuiscono.  Cosl  leggesi  in  effetto  nella  prefa- 
zione  del  Qintamani.  I  Giaini  considerano  Arha  (in  un  mano- 
scritto  tamulico  posseduto  dal  de  Milloue",  e  scritto  Ara,  ma  pare 
anche  al  Leumann  doversi  scrivere  Arha)  quale  lor  Dio  supremo 
e  lui  adorano.  II  nome  popolare  di  questo  Dio  &  Ginan  donde 
il  nome  de'Giaini  deriva.  Egli  ha  1,008  nomi  sacri.  La  sua  po- 
tenza  e  tanto  grande  che  i  Tre-Mondi  lo  adorano  e  gli  rendono 
il  loro  culto.  EgU  conosce  tutto  ci6  che  ha  vita  e  ci6  che  non 
e  se  non  materia  inanimata,  il  passato  e  1'awenire,  la  natura 
de'  mondi  e  gli  spazii  vuoti  de'  mondi.  Egli  rivela  la  conoscenza 
del  diritto  cammino  a  tutti  gli  esseri  viventi  per  il  mezzo  di 
comunicazione  (con  lui)  che  loro  e  proprio,  senza  ch'  egli  abbia 
bisogno  dello  (passare  per  1'  intermedio  di)  aiuto  dello  spirito, 
delta  parola  e  del  corpo,  cio&  a  dire  (nota  il  traduttore,  il  ch.  De 
Milloue")  ch'egli  si  fa  comprendere  per  una  riyelazione  interna  *. 
Un  altro  errore  mille  volte  confutato  e  che  sempre  si  legge 
ripetuto  come  un  domma  nei  libri  de'moderni  increduli  6  pure 
ainmesso  dal  ch.  Kerbaker  nel  suo  Discorso.  «  E  poiche,  egli  dice, 
la  cognizione  tradizionale,  o  diciamo  rivelata,  non  puft  comporre 
seco  stessa  i  pronunziati  della  cultura  scientifica,  essendo  impos- 
sibile che  un  gruppo  di  rivelazioni  anteriori,  gia  costituito  in  uno 
schema,  riceva  in  s6  stesso  i  risultati  delle  nuove  rivelazioni  spe- 
rimentali,  non  rimane  altra  via  per  regolare  il  detto  conflitto  che 
aggiudicare  alia  cultura  stessa,  come  materia  di  sua  competenza, 

1  Essai  sur  la  religion  des  Jains,  MUSEON,  t  III,  avril  1884,  p.  201. 


-TAMPA    II  71'.) 

la  dottrina  religiosa ;  si  v.-ruuit-nt'-  die  quella  influisca  conti- 
n;i;i!ii.-nto  su  questa,  in  guisa  tale  da  trasformarla  a  grado  a  grado 
•cos  tar  la,  per  quanto  sia  possibile,  alia  comprensione  sr 
•;i  o  razionale  delle  universe  cose  (p.  35).  »  Saremino  vaghi 
di  risapere  dal  ch.  Autore  qnale  sia  cotesta  eultura  scientifica 
che  non  pu6  comporsi  coo  la  dottrina  rivelata,  e  se  ci6  avvenga 
perche  la  eultura  scientifica  possegga  sola  la  verita,  e  la  cogni- 
zione  tradizionale  o  rivelata  non  contenga  la  verita  ma  1'errore. 
Se  il  ch.  Autore  per  eultura  scientifica  intende  la  conoscenza 
della  filosofia,  della  fisica,  dell'  astronomia,  delle  matematiche, 
delta  geologia,  della  chimica,  della  storia  e  simiglianti  disci- 
pline, chiara  cosa  d  che  tutte  coteste  scienze  non  pure  non  sono 
incompossibili  con  la  dottrina  rivelata,  ma  furono  e  sono  tuttavia 
coltivate,  promosse  e  fatte  progredire  per  opera  massimamente 
di  coloro  che  ammisero  e  ammettono  la  dottrina  rivelata.  Basta 
conoscere  un  po'la  storia  di  coteste  scienze  dal  secolo  XV  in  fino 
al  nostro,  perche  se  n'  abbia  piena  ed  evidente  certezza.  Se  poi 
il  ch.  Autore  intende  per  culttira  scientifica  e  per  «  risultati  delle 
nuove  rivelazioni  sperimentali  »  i  sistemi  e  le  ipotesi  del  tras- 
formismo  darwiniano  o  dell'  evoluzione,  come  pare  che  intenda, 
concediamo  anche  noi  che  la  dottrina  rivelata  non  possa  comporsi 
con  coteste  nuove  rivelazioni  sperimentali;  ma  la  col  pa  non  e 
della  dottrina  rivelata,  si  bene  del  sistema  trasformista  che  non 
e  scienza  ma  una  ipotesi  contraria  all' esperienza  e  all'osserva- 
zione,  un  sistema  condannato  dal  fiore  degli  scienziati  crcdenti  e 
non  credenti,  dal  de  Qnatrefages,  dal  Wyville  Tomson,  dal  Lyell, 
dal  Wright,  dallo  stesso  Huxley,  dal  Mivart,  dall'Agassiz,  dal 
Bianconi,  dal  Venturoli,  dal  Virchow,  dal  de  Valroger,  dal  Flou- 
rens,  dal  Milne-Edwards,  dal  Davaine,  dal  Chauffard,  dal  Gratiolet, 
dal  de  Claubry,  dal  Dumas,  dal  Becharap,  dal  MSgnin,  dall'Ehren- 
berg,  dallo  Stein,  dallo  Schwann,dal  Matteucci,  dal  Balard,dal  Pa- 
steur, dal  Balbiani,  dal  Coste,  dal  Berthelot,  dallo  Schtttzenberger, 
dal  Raulin,  dal  Mayer,  dal  Donne',  dal  Lechartier,  dal  Tyndall, 
dal  Du  Boys-Reymond.  Tutti  i  citati  autori  combattono  chi  Tuno 
e  chi  1'altro  de'principii  fondamentali  del  Darwinismo,  la  tras- 
formazione  delle  specie  e  1'  heterogenia  o  generazione  spontanea 
che  sono  le  colonne  su  cui  poggia  tutto  1'  edifizio  architettato 


RIV1STA 

dal  Darwin  e  perfezionato  anzi  rovinato  dall'Hacckel.  Fra  gl'Ita- 
liani  seguaci  del  Darwin,  dell'Haeckel  e  delle  teoriche  loro  ma- 
terialiste,  ricordiarao  a  disonore  d'  Italia,  un  Mantegazza,  un  Ca- 
nestrini,  un  Maggi,  un  Morselli  e  lasciamo  nell'obblio  tutti  gli 
altri  scolaretti  copiatori.  Crediamo  che  il  Kerbaker  sia  versato 
in  questo  genere  di  cultura  scientifica,  e  non  ignori  perci6  le 
falsificazioni  a  cui  si  ricorse  dallo  Haeckel  per  puntellare  il 
sisteina  dell'evoluzione.  Esse,  come  le  superbe  scoperte  del  Batluj- 
bins  Haeckelii  e  dell'  Eozoon  canadense  destarono  fra  gli  scien- 
ziati  1'inestinguibile  riso  omerico.  Nel  Congresso  de' naturalist! 
tedeschi  tenuto  in  Hamburgo  nel  1876,  il  prof.  Moebius  di  Kiel 
in  mezzo  alia  profonda  meraviglia  de'suoi  dotti  uditori  fece  ap- 
parire  il  Bathybius  dell'Haeckel  in  un  bicchiere  pieno  d'acqua 
marina  aggiuntovi  una  certa  quantita  d'alcool.  Gli  esperimenti 
posteriori  conferrnarono  le  asserzioni  del  Moebius.  Le  falsifica- 
zioni dell'Haeckel  ripetute  a  chiusi  occhi  dal  Maggi,  furono 
scoperte  dall'  His  \  dal  Balfour 2  e  dal  p.  Jiirgens 3. 

Dopo  le  quali  cose  il  Kerbaker  si  persuadera  certamente  che 
la  cultura  scientifica  e  le  nuove  rivelazioni  sperimentali  ci  co- 
mandano  di  rispettare  le  dottrine  rivelate,  e  di  non  rispettare 
quelle  che  egli  vorrebbe  farci  credere  la  scienza  in  persona.  Un 
jizio  radicato  ^  diciamo  pure  vergognoso  de'nuovi  increduli  che 
vogliono  passare  per  iscienziati,  e  1'ignorare  o  il  fingere  d'igno- 
rare  le  opere  di  coloro  che  li  confutano.  Essi  fanno  i  sordi,  fanno 
i  ciechi,  ma  noi,  la  Dio  merce;,  non  siamo  ne"  sordi  ne  ciechi. 
Leggiamo,  citiamo  e  combattiamo  lealmente  gli  scritti  de'nostri 
avversarii.  Chianiateci  oscurantisti,  paolotti,  ignoranti,  come  vo- 
lete;  senza  cultura  scientifica,  nemici  del  progresso;  come  vi 
piace,  ma  il  fatto  e  questo  che  noi  conosciamo  per  filo  e  per 
segno  quel  che  scrivete,  e  perche  scrivete  senza  scienza,  siamo 

1  His,  Unsere  Korperform  u.  das  physiologische  Problem  ihrer  Entstehung. 
Leipzig,  1875,  pp.  168-171. 

*  BALFOUU,  DevelopemeHt  of  Elasmolranch  Fishes,  Journal  of  Anat.  a. 
Physiol  1876,  p.  521. 

3  JURGENS,  nel  periodico  WissenscJwft  und  Glaube  e  nelle  Stimmen  aus  Maria- 
Laach.  V.  Civilta  CattoJica.  La  cellula  e  la  vita.  Ser.  XII.  Vol.  V,  1(J  gennaio  1884. 
!/•>  balossade  anche  nel  Hcgno  dei  Protisti.  L'  Haeckel  convinto  solennemente  di  falso 

suoi  disegni  a  stampa,  pp.  142-154. 


'•A   ITALIA 

ti  11  darvi  delle  importune,  delle  lezioni  spesso 

rognose  per  voi  che  sputate  tondo  credendo  di  mangiar  il 

cavolo  co'ciechi.  Eh  via!  un  po'pifl  di  modestia  non  Ti  fara  del 

male,  e  vi  faii  del  bene  assai  un  po'pift  di  rispetto  per  gli 

'i/.i;iti  che  credono. 

II  Discorso  del  prof.  Kerbaker  fa  da  noi  letto  ben  sette  volte 
per  poterne  cavare  un  costrutto,  tanta  e  1'oscurita,  il  disordine 
e  Tarruffio  d'idee,  di  similitudini  anatomiche  e  fisiologiche,  di 
aneddoti,  di  fnghe  dalla  materia  e  di  argomentazioni  allucinanti. 
La  conclusione  per  noi  e  questa;  che  il  ch.  Autore,  se  vuole 
scrivere,  ci  dia  del  suo,  ciofc  de'lavori  filologici  o  delle  traduzioni 
poeticho  dal  sanscrito  e  gli  saremo  oltremodo  grati.  Ma  per  amor 
del  cielo,  non  si  arrischi  di  penetrar  le  sacre  tenebre  e  miste- 
riose  delle  origin!  della  religione  con  la  guida  mezza  cieca  e 
distratta  della  fiiologia,  o  con  la  cieca  affatto  di  tutti  e  due  gli 
occhi,  deU'evoluzione  e  della  tedesca  filosofia.  In  altri  fascicoli 
esamineremo  piu  alia  distesa  i  lavori  del  prof.  Carlo  Puini,  del 
prof.  David  Castelli  e  del  prof.  Gaetano  Trezza. 

II. 

A ve  Maria  sive  Maria  ab  Angela  variis  linguis  salutata  cui 
omnia  a  se  collecta  scriptaque  D.  D.  D.  P.  A.  PFISTER  S.  I. 
Chang-hai  1882.  autogr.  Miss.  Catnol.  un  volume  in  8  grande 
di  340  pagine. 

Tale  e  il  titolo  di  una  collezione  tanto  modesta  nella  sua 
apparenza  di  pubblicazione  litografica,  quanto  pregevole  pel  suo 
contenuto  che  e  la  salutazione  angelica  in  340  tra  lingue  e 
dialetti  di  ogni  parte  del  mondo.  Sono  note  da  lungo  tempo  le 
varie  edizioni  poliglotte  dell'orazione  domenicale,  e  per  tacere 
delle  piti  antiche  in  minor  numero  di  lingue  accenneremo  a 
quella  del  P.  Lorenzo  Hervas  della  C.  di  G.  dottissimo  filologo 
che  la  stamp6  in  Cesena  nel  1781,  in  300  e  pi&  lingue,  seguita 
da  quella  di  Giovanni  Cristoforo  Adelung  la  cui  opera  comin- 
ciata  a  pubblicare  nel  180C  ne  contiene  fino  a  500  versioni, 
mentre  Marcel  a  Parigi  e  Bodoni  a  Parma  altre  edizioni  ne  pub- 
blicarono  con  rara  eleganza  di  tipi,  benche  in  nuraero  minore  di 

XII,  r,>l.  VI,  fuse.  81»3  46  13  giugno  1884 


RIMSTA 

lingue,~finch£  poi  furono  tntti  superati  daH'Auer  che  a  Vienna 
nel  1847  pubblico  il  Pater  noster  in  815  lingue  e  dialetti  con 
grande  lusso  tipografico  e  con  non  meno  di  108  alfabeti  di  lin- 
gue straniere.  E  raerita  pure  gran  lode  la  raccolta  pubblicata  in 
Eoma  nel  1870  dalla  tipografia  poliglotta  di  Propaganda  Fide, 
la  qnalo  bench&  non  offra  1'orazione  domenicale  che  in  250  lingue, 
pure  e"  impressa  con  grande  varieta  ed  eleganza  di  caratteri  e  quel 
che  e  piu^.vantaggiandosi  in  ci6  sulle  precedenti,  ordinata  colla 
distinzione  scientifica  di  famiglie  e  di  rami  da  riuscire  piu  vantag- 
giosa  e  gradita  ai  cultori  delle  lingue  e  della  filologia  comparata. 

Un  lavoro  somigliante,  per  quanto  noi  sappiamo,  non  erasi 
ancora  intrapreso  almeno  in  una  certa  ampiezza,  per  la  salutazione 
angelica,  e  certo  se  1'orazione  piu  sublime  che  possa  proferire 
11  labbro  umano,  perche  insegnata  dallo  stesso  Uomo  Dio,  &  piu 
d'ogni  altra  degna  di  essere  presentata  in  tutte  le  forme  in  cui 
si  recita  per  tutta  la  terra  ov'egli  e  adorato,  non  meritera 
eziandio  un  tal  onore  quella  in  cui  si  saluta  e  s'  invoca  Colei  che 
mentre  coll'aniina  sua  magnificava  il  Signore,  vaticinava  pure 
con  profetico  spirito  che  tutte  le  genti  Lei  diran  beata?  E  il 
divulgare  T  angelico  saluto  nelle  varie  favelle  del  mondo  non  e 
forse  un  dimostrare  avverata  una  tale  profezia  e  rendere  cosi 
alia  Celeste  Donna  un  nuoro  omaggio?  Ed  appunto  il  pensiero 
di  tributare  gloria  a  Maria  fu  quello  che  spinse  il  pio  e  dotto 
missionario  a  compilare  e  pubblicare  quella  raccolta  che  a  lui 
deve  avere  costato  grandissima  fatica  pel  radunare  che  ha  fatto 
si  svariati  elementi,  giacche  come  sopra  accennammo  1'Ave  e 
ripetuta  in  non  meno  di  340  lingue,  di  cui  piu  di  50  sono 
scritte  in  alfabeti  stranieri ;  tutte  poi  scritte  di  sua  rnano,  ci6 
che  accresce  di  gran  lunga  la  difficolta  ed  il  merito  del  lavoro. 

fi  cosa  ben  naturale  che  una  tale  pubblicazione  non  sia  affatto 
scevra  d'errori,  non  potendo  1'Autore  certamente  conoscere  tutte 
quelle  lingue  e  dovendo  per  la  piu  parte  di  esse  fidarsi  delle 
comunicazioni  che  da  altri  gli  vennero  fatte:  ma  egli  stesso 
modestamente  il  confessa  nella  bellissima  prefazione  in  forma 
d'  avviso  che  precede  la  raccolta.  Ed  in  essa  previene  pure 
Tosservazione  che  nasce  spontanea  nel  percorrere  il  volume, 
che  non  tutte  le  lingue  siano  ordinate  e  classificate  secondo  le 


I.LA    STAMPA   ITALIA 

ma  cho  spc-rialm-nte  verso  la  fine 

di'ir..;.,-r;i  vuliino  fr;iinmisto  le  lingue  slave,  germaniche,  elle- 
nirh«»,  italii'he  audio  con  alcune  semitiche.  E  la  ragione  si  e  che 
-Mi  giunte  quest-1  in  sull'iiltimo  quando  era  gia  compiuta 
in  parte  1'opera,  non  pote  piu  collocarle  a  suo  laogo,  come  avrebbe 
desiderate ;  e  per  ovviare,  almeno  in  parte,  a  quest' inconvenient©, 
oinise  interaroente  i  numeri  della  paginazione,  a  fin  che  ciascnno 
avesse  poi  la  facolta  di  collocarle  ovo  meglio  credesse. 

Ma  questo  difetto  verra  piu  ampiamente  riparato  in  altra 
edizione  che  propone  1'Autore  e  che  vorrebbe  riuscisse  piu  per- 
fVtta,  piu  numerosa  in  lingue  e  piu  splendida  di  apparato  tipo- 
grafico,  sempre  affine  di  rendere  raiglior  omaggio  alia  Gran 

;;ine.  Anzi  egli,  non  confessandosi  da  tanto,  vorrebbe  lasciare 
ad  altri  quest' intrapresa  pago  di  averne  additata  la  via,  ma 
noi  facciamo  voti  che  continuando  e  perfezionando  il  suo  lavoro 
abbia  egli  stesso  ad  intessere  questa  nuova  e  piu  brill  ante  co- 
rona sul  capo  di  Maria,  ed  appagare  cosl  i  voti  dei  cultori  delle 
iingue  straniere  e  della  scienza  del  linguaggio  che  con  vera 
gioia  salutarono  gia  questa  prima  pubblicazione  utilissima  ai 
loro  studii.  I  buoni  cattolici  godranno  pure  che  inentre  da  questa 
che  si  dice  scienza  del  linguaggio  benchd  quasi  ancora  barabina, 
taluni  dei  miscredenti  vogliono  di  gia  trarre  armi  contro  la 
divinita  ed  antichita  della  vera  religione,  come  avemmo  ancora 
recentemente  a  deplorare  ne'nostri  quaderni,  questa  stessa  scienza 
abbia  invece  a  progredire  ed  awantaggiarsi  raerc&  una  pubbli- 
cazione si  eminentemente  religiosa  qual  d  quella  di  cui  parliamo. 
E  per  esprimere  ancora  un  desiderio  che  ci  venne  percorrendo 

-te  versioni,  non  sarebbe  anche  ottima  cosa,  a  vantaggio  spe- 
cialmente  dei  poliglotti  che  chiamer6  d'  ordine  inferiore,  il  vedere 
sottoposto  a  tutti  i  caratteri  di  alfabeto  straniero  i  suoni  cor- 
rispondenti  in  carattere  latino,  come  gia  1'Autore  ebbe  la  cor- 

;i  di  farci  in  parte  per  gli  alfabeti  cirilliani,  glagolitici, 
r  Itici,  indostani,  siriaci  ed  arabi?  Mentre  dunque  angnriamo  al 

mte  Missionario  di  cogliere  ampia  niesse  de'suoi  lavori  nel 
propagare  la  fede  di  Cristo  in  quelle  lontane  regioni,  ci  ralle- 
griamo  con  lui  di  quanto  ha  fatto  e  speriamo  vorra  ancor  fare 
per  la  scienza  che  e  pur  dono  ed  emanazione  divina. 


0  i  lUVISTA 


III. 

Lezioni  elementari  di  Fisica  per  MODS.  GIUSEPPE  RUBBLNI  Pro- 
fessore  di  fisica  nel  Collegia  di  Propaganda:  est  ratio  dal 
periodico.  LA  SCIEN/A  ITALIANA.  Volume  II,  Parte  I,  Ottica. 
Bologna  tip.  Arcivescovile  1884.  Un  grosso  fascicolo  in  8° 
grande  di  pagg.  232  con  figure  intercalate  nel  testo,  lire  3. 

Qiiando  facemmo  la  rivista  del  I  volume  di  questa  egregia 
opera  accennammo  all'aita  sua  rilevanza,  specialmente  a'  nostri 
giorni,  inentre  voglionsi  accordare  le  scienze  esperiuientali  con 
gl'immutabili  e  certissimi  principii  della  filosofia  razionale.  II 
fascicolo  di  cui  parliamo  e  un  compiuto  trattato  di  Ottica.  Trat- 
tasi  pertanto  maestrevolmente  della  luce,  deile  sue  cause,  dei 
suoi  effetti,  delle  sue  proprieta;  all'uopo  applicando  all'arti 
ed  alia  pratica  le  belie  teoriche  esposte.  Erudizione  vasta,  ag- 
giustatezza  di  metodo,  chiarezza  di  discorso,  dimostrazioni  valide, 
solidit^,  di  principii,  e  fermezza  di  dottrina  opposta  alia  volta- 
bilita  delle  insussistenti  opinion!  di  inolti  moderni,  fanno  dav- 
vero  bella  ed  utilissima  1'  opera  del  Rubbini. 

Egli  si  attiene  alia  sentenza  che  la  luce  e  qualita.  .Sebbene 
parecchi  a  questa  parola  facciano  il  niffolo,  tuttavia  sono  coteste 
puerili  apprensioni  che  non  hanno  fondamento.  Dividendosi  1'ente 
in  sostanza  ed  accidente;  n&  vi  essendo  uom  dotto  che  piu  si 
arrischi  a  dire  che  la  luce  sia  sostanza,  e  giuoco  forza  dire 
ch'essa  e  un  accidente;  e  bene  studiata  la  natura  della  luce  e 
chiarito  ch'essa  non  pu6  essere  che  qualita.  N6  per  questo  si 
nega  che  la  luce  sia  associata  al  moto,  ma  altra  cosa  e  dire 
che  la  essenza  della  luce  e  moto,  altra  che  nella  luce  o  col  la 
luce  v'e  moto.  II  Rubbini  ti  fa  osservare  che  moto  c'e,  e  che 
i  fatti  conduconci  ad  affermare  che  e  ondulatorio. 

Se  non  che  dalla  profonda  cognizione  ch'egli  ha  dei  fenomeni 
luminosi  e  tratto  a  due  conclusioni.  La  prima  e,  che  dentro  ai 
limiti  della  nostra  atmosfera  le  ondulazioni  avvengono  in  tutti 
i  corpi  diafani,  per  lo  che  non  ha  fermezza  1'ipotesi  che  1'unico 
soggetto  della  luce  sia  1'etere  d'inesplorata  natura.  Alia  quale 


•  <  \   STA1 

dottrina  del  Rnbbini  solo  nuel li  si  oppongono  che  ancora  non  si 
sono  dati  a  studiare  la  f/mintitu  od  estensione  reale  dei  corpi, 
ne  hanno  sulle  bilance  della  ragione  (non  parliamo  di  quelle  dells 
i  in  magi  nazione  un  po'troppo  adoperate)  ponderati  quolli  argo- 
menti  cbe  diinostrano  doversi  ammettere  non  solo  una  variabilita 
apparente  nei  voluini  dei  corpi,  la  quale  avviene  per  minore  e 
inaggiore  distanza  degli  atomi  in  fra  loro,  ma  eziandio  una 
variabilita  reale  che  allora  ha  luogo  quando  la  stessa  sostanza 
nella  sua  quantita  piu  o  meno  realmente  si  dilata.  Ammessa  la 
variabilita  dei  voiunii  reali  il  ch.  professore  non  trova  difficolta 
per  ammettere  cbe  le  ondulazioni  luminose  possano  aver  luogo 
in  tutti  i  corpi  diafani. 

La  seconda  conclusione  ch'egli  propugna  e,  che  il  moto  on- 
dulatorio  non  6  soltanto  un  moto  locale  di  un  atoino  o  di  un 
punto  fisico  di  un  corpo,  che  da  un  luogo  passa  ad  un  altro, 
ma  tale  che  possa  dirsi  eziandio  fisico-chimico.  Imperocch6  ab- 
biamo  non  solo  effetti  meccanici,  ma  anche  fisici  e  chiraici  che 
scaturisono  dalle  ondulazioni  luminose. 

Alcuni  che  reggonsi  con  la  sola  autorita,  avranno  difficolta 
di  accettare  coteste  affermazioni.  Tuttavia  dovrebbono  riflettere 
che  quel  grande  maestro  delle  cose  fisiche,  il  quale  a'dl  nostri 
illustr6  singolarissimamente  la  scienza,  diciamo  Tyndall,  affer- 
mava  che  la  sentenza  la  quale  ammetteva  essere  la  luce  un 
l>uro  movimento  non  era  ferma,  e  che  tuttora  rimaneva  ignota 
la  sua  vera  essenza  o  natura.  Adunque  per  farla  nota  e  me- 
stieri  andare  piu  addentro  nella  questione,  che  non  abbiano 
fatto  i  passati  scienziati:  e  se  la  logica  ci  trascina  ad  ammet- 
tere opinioni  diverse  dalle  passate,  pazienza !  Ivi  la  ragione  e 
il  fatto  debbono  vincere  contro  1' autorita.  II  Lang  stesso,  c<m- 
siderando  accuratamente  i  fenomeni  di  ordine  fisico  e  chimico, 
non  pote  ritenersi  dal  dire  che  il  moto  solo  non  basta:  ci  vuol 
ultra  cosa. 

Non  e"  chi  non  sappia  che  Tanalisi  spettrale  ha  recato  ai 
dl  nostri  dei  bellissimi  e  rilevantissiuii  risultati.  Intorno  ad 
essa  si  diffonde  il  Bubbini  con  grande  diligenza  e  pienezza.  E 
per6  egli  ne  trae  quelle  logiche  illazioni  cho  altri  non  sospetto 


726  RIVISTA 

nemmeno;  cio&  che  appunto  dalle  belle  esperienze  dell'analisi 

spettrale  veniva  confermata  la  verita  del  sistema  aristotelico 

della  sostanziale  mutazione  del  corpi,  della  loro  continuita,  onde 

appare  che  non  sieno  tutti  aggregati  di  atomi  distant!  tra  loro; 

e  finalmente  in  raaniera  speciale  della  vera  indole  della  sintesi 

chimica. 

Gia  si  sa  che  1'analisi  spettrale  ha  creata  Topinione  che 
nel  sole  accadano  delle  combustion!  e  che  ci  sieno  in  esso  pa- 
recchi  dei  corpi  terrestri :  donde  il  deridere  que'vetusti  fisici 
(diciamo  fisici  perch&  non  c'entra  qui  la  filosofia  metafisica)  i 
quali  dissero  incorruttibile  il  sole.  Assennatamente  osserva  il 
Eubbini  che  san  Tommaso  non  diede  quella  opinione  come  certa 
dottrina  e  che  non  senza  manco  assoluto  di  logica  e  di  buon 
senso  da  cotesta  discrepanza  tra  vetusti  e  raoderni  intorno  al 
sole,  si  inferirebbe  essere  falsi  i  principii  generali  della  filosofia 
naturale  professati  dall'Aquinate. 

L'illustre  professore  fin  dalle  prime  mosse  aveva  in  quest'opera 
combattuto  quell'  atomismo  meccanico  che  insegna  la  differenza 
di  tutti  i  fenomeni  e  la  diversita  delle  sostanze  provenire  so- 
lamente  dalla  varia  posizione,  numero  e  moto  di  atomi,  tutti 
per  essenza  eguali  tra  loro:  cotalche  un  numero  n  di  atomi, 
senza  che  veruno  d'essi  subisca  un'intima  niutazione,  per  va- 
riata  posizione  e  moto,  ora  sia  una  sostanza  ora  un'altra.  Co- 
testo  sistema  oggiinai  non  si  pu6  puntellare  che  sull'autorita  di 
quelli  che  sono  poco  saldi  id  logica,  e  viene  generalmente  abban- 
donato.  In  questo  Trattato  ancora  il  Rubbini  ti  dimostra  ch'& 
tempo  di  mutar  linguaggio;  n&  alia  interrogazione  che  si  fa: 
qual  e  1'intima  cagione  di  questo  o  di  quel  fatto?  pu6  con  venire 
la  risposta  che  cela  vera  ignoranza:  cioe:  ch'e  un  particolare 
movimento  moleculare,  ovvero  ch'e  un  cangiamento  speciale 
della  forma  di  movimento  od  altrettali  risposte.  E  gia  prima 
del  Rubbini  Ugo  Schiff  chiedeva  agli  scienziati  nella  fisica 
e  nella  chimica,  risposte  piu  concludenti  delle  solite  a  darsi, 
le  quali  in  realta  nulla  dicevano.  Ma  se  lo  Schiff  avesse  stu- 
diata  profondamente  la  fisica-razionale,  fondata  sopra  i  principii 
deH'Aquinate,  avrebbe  toccato  con  mano  che  la  chiave  della 
scienza  avevala  data  Aristotele  colla  vera  dottrina  della  materia 


e  del  la  forma  sostanziale,  la  quale  dottrina  0"  una  necess*/ 
iila/i-m.)  d.'lla  sostanziale  muta  i  corpi.  La  ragione  per 

cui  qnesta  dottrina  non  6  ammessa  da  alcuni  &  perche  non 
la  si  conosce  o  perch&  non  la  si  voile  conoscere,  o  perchd  la 
si  studid  in  quelli  autori  che  1'hanno  bistrattata,  con  zelo  fal- 
lace;  o,  in  vero  studio,  1'hanuo  espressa  con  fattezzo  non  sue 
proprie. 

Qnelli  cho  Thanno,  senza  passione,  meditata  1'hanno  pregiata, 
e  se  non  1'ammisero  come  fondameuto  della  scien/i  naturale, 
fu  talvolta  per  uinano  riguardo  dal  quale  anco  i  dotti  non  si 
sanno  ben  dilacciare.  Ma'i  pregiudizii  si  diradano  a  poco  a 
poco  e  la  luce  della  verita  spicca  sempre  piu  beila.  Per6  quei 
scienziati,  che  si  possono  dire  veramente  non  copiatori  o  storici, 
ma  pensatori,  o  confessano  che  la  chimica  sintesi  6  inesplicabile 
o  sostengono  che  v'e  in  essa  non  solo  avvicinamento  e  nioto 
atomico,  ma  cangiamento  d'  intimo  principio  di  azione.  Cioe  pro- 
pugnano  la  verita  della  mutazione  sostanziale.  Auimessa  questa 
e  mestieri  pur  confessare  che  priuia  e  dopo  la  mutazione  v'e 
la  stessa  materia,  e  le  generiche  proprieta,  ma  si  6  cangiato 
quel  principio  di  attivita  che  specifica  il  corpo:  cio^  ch'e  rimasta 
la  materia  ed  e  mutata  la  forma  sostanziale.  Chi  non  vuole 
accettare  questo  principio  trattera  le  scienze  fisiche  in  modo 
puramente  esperimentale ;  ma  qualora  voglia  trattarle  in  modo 
scientifico  dara  frequentemente  in  errori  e  in  sentenze  inconci- 
liabili  cui  fatti. 

Adunque  vuolsi  lodare  assaissimo  Mons.  Rubbini  cho  sulla 
base  dei  solidissimi  principii  della  fisica  rationale  dell'Angelico 
dottore  ha  composto  il  suo  Corso  di  ftsica:  e  dobbiamo  congra- 
tularci  coll'Istituto  di  Propaganda  Fide  che  per  la  volonta  dei 
S.  P.  Leone  XIII  ristoratore  delle  scienze  fu  eletto  a  professore 
della  fisica  stessa.  II  Corso  poi  noi  lo  racconiandiamo  con  solle- 
citudine  non  solo  ai  professori  di  fisica  ma  ancora  a  quelli  che 
si  dilettano  di  questo  studio  e  in  modo  peculiare  agli  scolari. 
Studiandolo  seriainente  ritroveranno  queU'appagamento  che  nello 
studio  di  limit  i  altri  non  potranno  forse  ottenere. 


CRONACA  OOOTEMPORAMEi 


Firenee,  28  maggio  1884. 


I. 

COSE  EOMANE 

\.  Udienza  del  Santo  Patlre  —  2.  Gli  archivii  Vatican!  e  il  Clero  I'ngherese  —  3.  Ailc- 
sioni  dell'  Episcopato  italiano  all'  Enciclica  Humanum  genus  —  4.  Un  nuovo 
decreto  episcopate  dell'Arcivcscovo  di  Palermo  —  5.  Nobili  proteste  del  mondo 
Crisiiano  conlro  la  sentenza  della  Cassazione  di  Roma,  riguardantc  i  beni  di  Pro- 
paganda —  6.  La  condanna  del  Vaticano  Regio. 

1.  L'Augusto  Prigioniero  del  Vaticano,  in  tanto  abbandono  di  coloro 
che  avrebbero  non  solo  il  dovere  ma  1'  interesse  di  frangere  le  calene  che 
gli  ha  poste  la  rivoluzione,  ha  il  conforto  di  veder  di  continuo  ai  suoi 
piedi  visitatori  d'ogni  ceto,  d'ogni  eta  e  d'ogni  lingua.  Di  che  i  suoi 
carcerieri  fremono  rabbiosamente  e  s'arrovellano;  ma  non  potendo  finora 
impedirlo,  si  consolano,  pensando  che  a  Roma  ci  sono,  e  ci  resteranno. 

II  giorno  24  dello  scorso  maggio,  il  Santo  Padre  riceveva  un  ma- 
gnifico  mazzo  di  fiori  in  conchiglie  e  scagle  di  pesci  che  gli  era  offerto 
daU'Illffio  e  Rmo  Monsignor  Arcivescovo  di  Rouen. 

Questo  stupcndo  lavoro,  simbolico,  del  Rev.  Abate  D.  Alfredo  Blan- 
chard,  della  Diocesi  de  la  Rochelle,  merit6  il  sovrano  gradimento  del 
Santo  Padre,  il  quale  incoraggi6  e  benedisse  le  opere  artistiche  di  questo 
€cclesiastico,  gia  premiate  in  tutte  le  esposizioni  nazionali  ed  interna- 
zionali  di  Francia. 

Sua  Santita  poi,  a  contrassegno  delfa  sua  speciale  benevolenza,  fara 
pervenire  al  Rev.  Abate  Blanchard  una  medaglia  d'  oro  avente  la  vene- 
rata  sua  efligie,  insieme  ad  una  lettera  sovrana  onde  perpetuare  la  me- 
moria  >di  quesli  lavori  offerti  piii  volte  alia  Corte  pontificia. 

Le  rose,  i  gigli,  i  fiori  silvestri,  quei  di  sambuco  specialmente,  sem- 
brano  veri.  Sui  rarai  poi  si  posano  e  par  che  svolazzino  svariati  augel- 
letli  del  Brasile  dai  piu  vivi  colori,  egregiamente  imbalsamati.  Una  co- 
rona di  spine  intrecciata  ad  un  oastro  di  raso  bianco,  su  cui  e  scritta 
la  dedica  a  Sua  Sanlita  Leone  XIII,  simboleggia  i  dolori  onde  e  afllitto 
il  cuore  del  Vicario  di  Gesii  Cristo.  11  mazzo  di  fiori  e  contenuto  da 
un  ricco  vaso  di  bellissimo  effetto. 


0  giorno  Sua  Sanliia  ric*'vpv:i  in  privata  u«li»Mi/:i  l'il!i; 

^iino   monsignor  Ivloanlo    M.-y,    vescovo   titolare  di 

••-,  ausiliaiv  di  Birmingham.  —  II  giorno  precedente  il  Santo  Padre 
MI  particolare  udienza  1'illustre  e  beoemerito  brasiliano  monsi- 
gnor I'inio  !>>•  i  :;tiiipos,  il  quale  aveva  1'onore  di  presentare  a  Sua  Santita, 
me  ad  un  buon  numero  di  pregevolissime  opore  scientifiche  e  let- 
terarie,  la  irailu/ione  in  lingua  portoghese,  da  lui  corapiuta,  della  priraa 
cantica  della  Divina  Commedia.  11  Sommo  Pontefice  iritrattenne  lunga- 
mriite  in  afTabile  conversazione  il  dotto  e  ragguardevole  Prelato,  mani- 
festamlogli  il  suo  sovrano  gradimeoto  e  la  sua  speciale  benevolenza.  - 
Cosl  V  Osservatore  Romano. 

11  d\  vegnente  23  riceveva  in  privata  udienza  Monsignor  Arcivescovo 
di  Malines.  II  30  molti  fedeli  avevano  la  consolazione  di  essere  aramcssi 
in  udienza  dal  S.  Padre,  il  quale  avea  per  ognuno  di  essi  parole  come 
sa  dirle  il  cuore  di  un  Pontefice.  In  quel  medesimo  ricevimento  il  Rev.  Sa- 
cerdote  D.  Giovanni  Fernandez  di  Napoli  aveva  1'onore  di  umiliare  al 
S.  Padre  un  pregevolissimo  suo  lavoro  a  penna,  consistente  in  un  gran 
quadro  che  rappresenta  il  trionfo  della  religione.  Questo  nobile  soggetto 
fe  attorniato  dai  tredici  stemmi  dei  Sommi  Pontefici  che  presero  il  norae 
di  Leone.  L'  idea  e  la  esecuzione  di  questo  lavoro  a  penna  e.  vcramente 
sorprendente.  Una  ricca  cornice  racchiude  questo  saggio  singolare  di 
disegno  e  di  calligralia. 

Era  stata  poi  accordata  una  particolare  udienza  alia  reverenda  madre 
Mary  Prancis-Clare,  irlandese,  la  quale  implorava  da  Sua  Saniita  una 
speciale  benedizione  pel  novello  istituto  delle  Suore  della  Pace,  di  San  (iiu- 
seppe,  fondato  dalla  medesima  nella  diocesi  di  Nottingham  (Inghilterra), 
avente  lo  scopo  importantissimo  di  ammaestrare  le  giovinette  nel  servizio 
domestico,  di  addestrarle  in  quel  mestiere  al  quale  si  sentono  maggior- 
mente  inclinale,  e  fornire  un  alloggio  a  quelle  che  lavorano  nelle  fab- 
briche  lontane  dalla  casa  paterna,  e  finalmente  quello  di  favorire  la 
diffusione  della  stampa  cattolica.  La  benemerita  religiosa  6  autrice  di 
parecchie  pregevoli  ed  interessanti  opere,  fra  cui  la  vita  di  rio  IX  e 
quella  di  san  Patrizio,  apostolo  dell'Irlanda,  ed  ambedue  queste  pubbli- 
cazioni,  scritte  in  inglese  e  tradotte  in  francese,  aveva  quest' oggi  1'onore 
di  umiliare  al  Saoto  Padre,  dal  quale  erano  gradite  con  ispeciale  bene- 
volenza. Nello  stesso  giorno  erano  ammessi  all'onore  di  una  particolare 
udienza  ancbc  i  RR.  Fratelli  Lemann  di  Lione. 

II  giorno  3  di  questo  mese,  oltre  a  Monsignor  Mac-Mabon  vescovo 
di  Harlsford,  negli  Stati  Uniti,  era  ricevuto  in  privata  udienza  Monsi- 
gnor Krasinski,  Vescovo  tilolare  di  Esebon.  L'illustre  e  venerando  Pre- 
lato era  accompagnato  da  varii  aluoni  del  Collegio  Polacco.  La  sera  poi 
del  •'*  il  Santo  Padre  riceveva  in  udienza  di  congedo  Monsig.  Doutreloux, 
ovo  di  Liegi  ed  uno  dei  piu  strenui  campioni  della  Cbiesa  belga. 


CRONACA 

Nel  giorno  7  era  pure  presentala  al  Santo  Padre  nella  Sala  del  Gonci- 
storo  la  benemerita  primaria  Associazione  romana  delle  Adorairici  , 
petue  e  dei  soccorsi  alle  chiese  povere;  la  quale  offriva  alia  Santita  Sua, 
come  ncgli  anni  scorsi,  una  ricca  copia  di  paramenti  e  vasi  sacri. 

Due  giorni  appresso  il  Santo  Padre  aderendo  benignamente  alia  di- 
manda  di  monsignor  Gamillo  Santori,  arcivescovo  di  Seleucia,  uditore 
della  stessa  Santita  Sua,  si  compiaceva  di  ricevere  in  udienza  una  rap- 
presentanza  delle  suddeite  Scuole,  insieraeai  RR.  Sacerdnti  che  con  tanto 
zelo  e  carita  mettono  1' opera  loro  nelia  direzione,  istruzione  e  cultura 
spirituale,  ed  ai  signori  maestri  laici  che  con  rara  abnegazione  attendono 
al  bene  morale  e  civile  di  quei  figli  del  popolo  che  le  frequentano. 

Appena  il  Santo  Padre,  accompagnato  dalla  sua  nobile  Anticamera, 
faceva  ingresso  nella  Sala  del  Goncistoro,  venne  salutato  dal  mottetto 
del  Palestrina :  Tu  es  Petrus,  cantato  egregiamente  da  quegli  alunni. 

Dipoi  il  Santo  Padre,  rispondendo  ad  un  afTettuoso  indirizzo  di  Mon- 
signor Presidente,  rivolgeva  a  tutto  il  corpo  dirigente  ed  insegnante  ed 
a  quella  numerosa  ed  delta  schiera  di  giovanetti  parole  veramente  pa- 
terne  e  mirabilmente  adatte  alia  circostanza. 

Benedetti  fmalmpnte  tutli  i  presenti,  il  Santo  Padre  si  degnava  di 
ammettere  al  trono  primieramente  i  Sacerdoti  ed  i  Maestri  secolari, 
quindi  quei  giovanetti,  porgendo  a  baciare  a  tutti  la  sacra  Sua  destra 
ed  avendo  per  ciascuno  parole  di  encomio  ed  incoraggiamento. 

Ne  qui  vogliamo  che  passi  inosservato  un  fatto  che  dimoslra  come 
1'ossequio  e  1'amore  verso  il  regnante  Ponteflce,  non  ha  fatto  dimenti- 
care  quello  che  i  cattolici  professano  ancora  verso  la  mcmoria  dell'im- 
mortale  suo  Predecessore.  Infatti  nella  mattina  del  29  passato  maggio, 
scrive  Tegregio  Moniteur  de  Rome,  una  deputazione  della  colonia  sviz- 
zera  si  rec6  a  S.  Lorenzo  sulla  via  Tiburtina  per  deporre  solennemente 
nella  cripta  del  sepolcro  di  Pio  IX,  in  nome  del  Piusverein  svizzero, 
una  corona,  attestato  dell'affetto  della  Svizzera  cattolica  verso  la  S.  Sede. 
Essa  e  in  tiori  arlificiali,  bellissimo  lavoro  eseguito  dal  negoziante  ro- 
mano  Paoletti,  che  vi  Iavor6,  si  puo  dire,  con  amore.  La  ricca  corona 
venne  deposta,  a  nome  del  Piusverein,  dal  comra.  G.  B.  Schmidt, 
tenente-colonnello  della  guardia  svizzera.  Fra  gli  altri  illustri  rappresen- 
tanti  della  colonia  svizzera  si  notavano  mons.  Suter,  cappellano  della 
guardia  d'onore  di  Sua  Santita;  il  conte  Luigi  De  Courten,  colonnello 
oomandante  la  guardia;  1' abate  Koell,  vicario  di  San  Gallo;  il  signor  Ro- 
sen, pittore;  parecchie  religiose  delPIstituto  delle  Suore  della  Groce 
d'Ingenbohl  nel  Gantone  di  Schwitz.  La  noessa  venne  celebrata  sull'al- 
tare  della  cripta  dall' abate  Zardetti,  gia  canonico  di  San  Gallo,  ora  pro- 
fessore  di  teologia  nel  Seminario.  arcivescovile  di  Milwankee  in  America. 
Dopo  la  celebrazione  della  messa,  1'abate  Zardetti  pronunzi6  un  bellis- 
simo discorso  sui  dolori  e  sulle  glorie,  sui  palimenti  e  le  gioie  del  Pon- 


1(0  di  l'i<>  IX,  e  fu  as.-nltalo  con  religiosa  alh-nzione  dalla  divota 
•nembli 

I  i.i  tulto  ci6e  facile  inferire  chc  i  cattolici  di  tutto  il  mondo  riguar- 

ipre  Roma  non  gia  come  la  Capitale  di  un  regno,  ma  come  la 
di  qm-lla  Oattedra  infallible,   U'sicde  il  successor  del  maggior 
ro. 

8,  La  voce  del  Sommo  Pontefice  Leone  XIII,  cost  1'egregio  Osservatore 
Romano,  che  apriva  agli  sludiosi  ed  alle  ricerche  del  dotti  gli  archivii 
mi,  ebbe  un'eco  sollecita  oella  nobile  oazione  ungherese. 

II  Glero  ungherese,  in  ogni  tempo  insigne  cultore  delle  scienze  e 
delld  lettere,  siim6  in  quegli  archivii  poter  raccogliere  messe  cospicua 
di  notizie  e  di  docuraenli  per  la  sua  storia  patria.  Ma   occorrevano  a 
tal  scopo  uomini  e  denaro.  Questo  fu  ben  presto  raccolto  merce  una 
spontanea   sottoscrizione  dei   Prelati,  dei  Gapitoli,  dei  superiori   degli 

ni  religiosi,  ed  in  breve  una  vistosa  soinraa  di  200  raila  lire  fu 
prontu  per  poire  mano  air  opera. 

Quanto  alle  persone  che  dovevano  collaborare  a  questo  grande  lavoro, 
fu  creata  espressamente  una  Commissione  con  a  capo  I'lllmo  e  Rmo 
Monsig.  Arnoldo  Ipolyi  vescovo  di  Neosolio,  personaggio  insigne  per 
dottrina  e  Presidente  della  Societa  di  Storia  e  di  Archeologia  e  del- 
1'Accaderaia  delle  Scienze. 

A  dirigere  le  ricerche  nell'Archivio  Vaticano  fu  designate  il  R.  Ga- 
glielrao  Frakrioi,  abbate  canonico  di  Varadino,  segretario  generate  del- 
1'Accaderoia  delle  Scienze,  al  quale  venne  in  aiuto  1' opera  di  altri  dotti 
e  il  favore  delle  persone  addette  all'Arcbivio. 

Fruito  di  queste  ricerche  furono  due  volumi  di  storia  ungherese 
venuti  ultimamente  in  luce  sotto  il  titolo  generate  di  Monumenta  Va- 
ticana,  Eegni  Hungarian  historian  illustrantia.  Uno  di  essi  contiene 
gli  Atti  delta  legazionedel  Cardinal  Gentili  (1307-1311)  da  Glemente  V 
spedito  in  Ungheria  al  tempo  in  cui,  estinta  la  stirpe  Arpadiana,  suc- 
cesse  al  trono  la  casa  d'Angi6:  1'altro  »  dispacci  del  Cardinal  Cam- 
pcggio  e  del  Barone  Burgio  al  tempo  della  famosa  strage  di  Mohacs, 
avvenuta  net  1526. 

Questi  due  volumi  vennero  dai  due  Rmi  Abati  e  Canonici  Guglielmo 
Fraknoi  e  Adalberto  Giuseppe  Tarkanyi  umiliali  ai  piedi  del  Santo  Padre 
con  indirizzo  che  i  nostri  lettori,  se  ne  saranno  vaghi,  potranno  leggere 
nell'  Osxrrvatore  Romano. 

Terminato  il  discorso,  il  Santo  Padre  fattosi  ad  esaininare  i  due  volumi 
oir.Ttigli,  si  degn6  dirigere  parole  d*  incoraggiamento  e  d'eocomio  ai  due 
cgregi  c  i  presenti,  non  che  alPillustre  prelate  che  e  a  capo 

ddla  coi  ,  Monsignor  Ipolyi,  e  a  tutli  coloro  che  col  lavoro  o 

col  (ienaro  cooperarono  e  cooperano  a  questa  grandiosa  pubblicazione. 

Si  coojpiacque  altresi  la  medesima  Saotita  Sua  di  ammirare  la  bella 


CRONACA 

carta  su  cui  1' opera  viene  stampata,  nella  quale  sono  impresse  dall'un 
lato  del  foglio  la  Tiara  Pontificia  e  le  Chiavi,  e  dall'altro  la  corona  e 
lo  sterama  del  regno  di  Ungheria. 

Dopo  di  che,  data  ai  RR.  Fraknoi  e  Tarkanyi  1'Apostolica  Benedi- 
zione,  conged6  i  due  egregi  ecclesiastici,  i  quali,  tornando  alia  loro  bella 
Ungheria,  portano  con  se  la  memoria  indelebile  della  paterna  bonta  del 
Padre  comune  dei  Fedeli. 

3.  Stupende  e  in  tutlo  degne  dell'  Episcopate  Gattolico  sorio  le  pro- 
teste  di  adesione  alia  sapientissima  Enciclica  Eumanwn  genus,  che  a 
mano  a  mano  giungono  al  Saalo  Padre  dalle  diocesi  d'  Italia.  Ecco  in  quai 
termini  si  esprimevano  teste  i  Vescovi  del  Piemonte,  della  Venezia,  della 
Lombardia  e  della  Liguria: 

«  Beatissimo  Padre, 

«Corre  gia  raolto  tempo  che  1' Episcopate  cattolico  divide  con  Voi 
le  amarezze  e  i  travagli,  che  Vi  si  danno  nella  diuturna  ed  aspra  guerra 
mossa  dalla  setta  dei  Massoni  alia  Ghiesa  di  Gesii  Cristo.  Era  intanto 
conforto  all' Episcopate  il  conoscere  e  il  vedere  che  quei  travagli  e  quelle 
amarezze,  anziche  scuotere  la  Vostra  costanza  ed  abbattere  il  Vostro 
animo,  Vi  ringagliardivano  sino  al  piii  bello  eroismo  de'Santi;  onde  noi, 
partecipi  dei  Vostri  dolori  e  della  Vostra  fortezza,  sentivamo  di  poter 
ripetere  ciascuno  la  parola  di  Paolo  Apostolo :  Cum  infirmor,  tune  pa- 
tens sum. 

«  Ma  ora  il  nostro  conforto  e  cresciuto,  e  cresciuta  la  nostra  forza, 
dacche  Voi,  Padre  Beatissimo,  ricalcando  le  orme  dei  Vostri  gloriosi 
Predecessori,  avete,  con  la  recente  Enciclica  Humanum  genus,  levata 
la  voce  autorevole  a  rivelare  le  aumentate  tristizie  della  setta  ed  a  met- 
tere  nuovamente  in  luce  ci6  che  con  nuove  finte  e  noove  lustre  di  bene 
pretendevasi  di  mantenere  cclato  e  di  rendere  pubblicamente  accettevole: 
e  tale  questa  fortissima  e  sapientissima  Eociclica,  che,  discoprendo  e  dan- 
nando  nolle  sue  ullime  depravazioni  la  Massoneria,  la  deve  scemare  di 
molto  effetto.  Nemico  pienamente  scoperto,  condannato  dalla  santita  e 
dairammirabile  perspicacia  di  Leone  XIII,  e  nemico  vinto.  E  Voi  solo 
potete  vincere  di  questo  modo:  Voi  solo,  alzandovi  dalla  Cattedra  apo- 
stolica  e  chiamando  a  tenersi  in  guardia  tutti  i  popoli,  potete  giungere 
la,  dove  non  arrivano  separatamente  gli  sforzi  nostri;  a  Voi  solo,  nella 
cui  parola  ci  e  caro  di  presentire  il  suono  della  vittoria  di  Cristo,  e 
riserbato  di  ripeterci:  ConfidUe^  ego  vici  mundum. 

«  Vi  ringraziamo.  E  cosl  nella  presente  guerra,  che  non  movemmo 
i  primi  noi,  ma  si  accettammo,  e  tuttavia  sosteniamo  contro  alia  setta; 
noi,  principal!  ministri  nella  causa  di  Gesu  Gristo,  troviamo  impossible 
che  le  liete  speranze  in  petto  ci  si  spengano  quando  abbiamo  Voi  a 
supremo  duce,  Beatissimo  Padre.  Anzi,  ponendo  in  opera  i  rimedi  che 


:  ^uariro  I  ma- 

lalti  tui  »•  dclle   n;:7.ioni,  noi,  aspiran<lo  alia  | 

i-ando  ;ill;i  liberta  dei  flgliuoli  di  Dio,  al  trionfo  della  beala  Se<l 

i  gli  spiritual!  t-rni  ed  anche  i  migliori  dei  temporali  pro- 
oiin  :ii  pnj»oli,  srntiamo  di  potervi  rivolgere,  a  modo  di  augurio, 
•  Into  roniMfnti',  clu-  e  pure  il  saluto  e  il  plauso  del  nostro  spi- 
ritual k'n-vw:  Siate  benedetto,  o  Padn1  Sanio;  Voi  avete  parlato,  ed  al 
mentc  e  ordinato  di  p!  «!i  avversari  del  nome  cristiano 

o  provvidamente  scossi,  i  molti  di  loro  si  convertono,  gli  onesti  e 
i  credenti  sono  salvati. 

«  Implorando  la  bencdizione  aposlolica  c'  inchiniamo  al  bacio  del  sa- 
cro  piede  e  ci  pmtfstiamo, 
«  Di  Vostra  Beatitudiue. 

Umflissimit  devotissimi ,  ossequentissimi  fiyli 

f  Gaetano,  Cardinale  Arcivescovo  di  Torino  —  t  Andrea,  Vescovo 
di  Cuneo  —  t  Giuseppe  Maria,  Vescovo  di  Acqui  —  t  Alfonso,  Vescovo 
di  Saluzzo  —  f  Emiliano,  Vescovo  di  Fossano  —  t  Giuseppe  Augusto, 
Vescovo  di  Aosta  —  t  Placido,  Vescovo  di  Mondovl  —  -J-  Edoardo  Giu- 

>',  Vescovo  di  Susa  —  t  Davide,  Vescovo  d1  Ivrea  —  t  Fr.  C.  Lo- 
renzo, Vescovo  di  Alba  —  t  Giuseppe  Ronco,  Vescovo  di  Asti  —  f  Fi- 
ll ppo,  Vescovo  di  Pinerolo  —  t  G.  B.,  Vescovo  titolare  di  Cafarnao, 
Aus.  di  Torino  —  f  Domenico,  Card.  Patriarca  di  Venezia  —  t  Luigi 
Cardinal  di  Canossa,  Vescovo  di  Verona  —  t  Andrea,  Arcivescovo  di 
Udine  —  t  Antonio,  Vescovo  di  Vicenza  —  t  Giovanni  Battista,  Vescovo 
di  Helluuo  e  Feltre  —  t  Corradino,  Vescovo  di  Ceneda  —  t  Antonio, 
Vescovo  di  Adria  —  t  Fr.  Lodovico,  Vescovo  di  Chioggia  —  t  Giuseppe, 

•ovo  di  Treviso  —  f  Giuseppe,  Vescovo  di  Padova  —  t  Fr.  Dome- 
nico Pio  de'  Predicatori,  Vescovo  di  Concordia  —  t  Sigisraondo,  Vescovo 
di  Oropa,  coadiutore  di  Ceneda  —  f  Luigi,  Arcivescovo  di  Milano  — 

••iro,  Vescovo  di  Como  —  t  Francesco,  Vescovo  di  Crema  —  t  Gere- 
mia,  Vcscovo  di  Cremona  —  t  Domenico,  Vescovo  di  Lodi  —  t  Camillo, 

ovo  di  Bergamo  —  T  Giaconuo,  Vescovo  di  Brescia  —  t  Giovanni 
Maria,  Vescovo  di  Mantova  —  t  Agostino,  Vescovo  di  Pavia  —  t  An- 
gelo,  Vescovo  tit.  di  Patara,  coadiut.  di  Lodi  —  f  Salvatore,  Arcive- 
scovo di  Genova  —  t  Vincenzo,  Vescovo  di  Tortona  —  t  Tommaso,  Ve- 
scovo di  \Vntimitflia  —  t  Giuseppe,  Vescovo  di  Savona  e  Noli  - 
t  Filippo,  Vescovo  di  Albenga  —  t  Giovanni  Baltista,  Vescovo  di 
Bobbio  —  f  Fr.  Giacinto  dei  Pred.,  Vescovo  di  Luni,  Sarzana  e  Bru- 
gnato  —  t  Celestino,  Arcivescovo  di  Vercelli  —  t  Pietro  Maria,  Vescovo 

isal  Monferrato  —  t  Pielro  Giuseppe,  Vescovo  di  Vigevano  —  t  Pie- 
tro (iioonri  !o,  \Vsrovo  di  Alfs^aii  Iria  —  t  Basilio,  Vescovo  di  Biella  — 
t  Stauislao,  Vescovo  di  Novara. 


CRONACA 

4.  11  1°  del  passato  mese,  giorno  della  Pentecoste,  rillustrissimo  e 
Reverendissimo  Monsig.  Gelesia  Arcivescovo  di  Palermo  dava  alia  luce 
una  nuova  e  piu  stupenda  pastorale,  con  la  quale  dichiarava  in  istato 
di  perraanente  missione  la  sua  vasta  Archidiocesi.  «  Giusta  i  desiderii 
del  S.  Padre,  dice  nella  sua  raagnifica  Pastorale  il  zelantissimo  1'as 
che  vuole  consacrato  un  anno  in  modo  speciale  a  spargere  sui  popoli  le 
divine  misericordie,  dichiariamo  per  quel  tempo  in  istato  di  permanente 
missione  tutta  la  Nostra  Archidiocesi: 

«  A  tal  fine  decretiamo  quanto  segue: 

«  Art.  1.  Le  suddette  missioni  nel  corso  dell' anno  dovranno  aver  luogo 
in  tutte  le  chiese  parrocchiali,  nonche  in  tutte  le  chiese  delle  confra- 
ternite,  dei  sodalizii  spiritual  di  qualunque  nome,  nelle  cappelle  del 
nostri  istituti  di  educazionc,  e  in  modo  speciale  nelle  chiese  delle  campagne. 

«  Art.  2.  Segnaliamo  come  tempi  piii  propizi,  nei  quali  possibilmente 
avranno  luogo  le  suddette  missioni,  i  seguenti,  cioe:  Mesc  di  giugno, 
Quindicina  dell'Assunta,  Ottava  della  Nativita,  Novena  dei  Santissimo 
Rosario,  Ottava  dei  Defunli,  Novena  ed  Ottava  dell' Iramacolata,  Novena 
di  Natale,  Ottava  dell'Epifania  e  1'intero  mese  di  maggio;  ben  inteso  per6 
che  non  intendiamb  che  vadano  compresi  in  queste  missioni  straordinarie 
i  soliti  esercizi  di  ogni  anno  in  preparazione  al  Preceito  Pasquale,  che 
raccomandiamo  d'  altronde  di  farsi  con  piii  fervore  ed  in  piu  gran  numero. 

«  Art.  3.  L'  annunzio  di  queste  missioni  straordinarie  dovra  precedere 
in  ogni  chiesa  almeno  di  15  giorni;  e,  dove  possibilmeute  sara  permesso 
dalle  circostanze  di  luogo,  si  fara  una  processione  di  penitenza  col  canto 
delle  Litanie  Lauretane,  affinche  i  detti  esercizi,  come  Gi  fa  sapere  il 
Santo  Padre  per  organo  della  Congregazione  del  S.  Offizio,  si  facciano 
missionum  in  morem.  E  perche  venga  eccitato  nei  popoli  alia  Nostra 
cura  commessi  1'entusiasmo  della  Fede,  e  Nostro  desiderio  che  durante 
il  tempo  degli  esercizi  ogni  giorno,  dopo  la  benedizione  del  SS.  in  fine 
della  seconda  predica,  si  canti  dai  fedeli  1'Inno  della  Groce  reso  popo- 
lare  in  molti  luoghi  di  Sicilia  per  le  missioni,  che  da  qui  sono  partite 
e  che  e  tanto  adatto  a  destare  tale  entusiasmo  nei  fedeli.  A  questo  fine 
i  Rffii  Parrochi  si  potranno  rivolgere  alia  Tipografia  Poniificia  diretta 
da' PP.  della  Congregazione  di  S.  Francesco  di  Sales,  da  cui  potranno 
ritirare  1'inno  suddetto  stampato  colle  note  musicali. 

«  Art.  4.  A  chiamare  impertanto  gli  aiuti  del  cielo  per  tutto  questo 
tempo  di  misericordia,  nella  Santa  Messa,  dopo  la  colletta  Pro  Papa 
si  aggiunga  quella  Pro  remissione  peccatorum.  » 

b.  Le  proteste  del  mondo  cristiano  contro  la  sentenza  della  Cassazione 
romana  in  danno  dell'  Istituto  di  Propaganda  Fide  fioccano  da  ogni 
parte.  Di  che  e  oltremodo  scontenlo  il  Governo  italiano  e  la  diplomazia 
dell'onorevole  Slanislao  Mancini;  giacche  non  si  potea  infliggere  una  piu 
solenne  smentita  alle  assicurazioni  che  questo  Ministro  avea  dato  in  pieuo 


;  tavore,  cho  lo,  rin  onto  del 

mo  Pnntrtiiv,  i]ii:into  doll'Isiituto  mniosimo  erano  rimaste  come  \ 
no!  .l.'s-Tin.   I)if;itti,  oltiv  alii1  pr«i|. •>,],>,  .lirlij.-m/:  .sure 

:ii  maiiiora  pul>!>lic;Uo  n»-i  jnornali  ilollo  I!;Y»TM'  lingue  e  nazioni,  ci 
nrao  le  proteste  di  luito  1'Episcopaio  cattolico.  Ha  protestato  1'Epi- 
scoj  ^e  con  una  stupenda  lettera  a!  Minislro  Gladston;  ban  pro- 

.•ovi  di  Spagna  ;  quello  di  Albania,  il  i'atrinira  latino  di 
i^alomme;  il  quale  ha  ripetuto  le  medesime  proteste  al  Console  di 
1'nmria.  I  la  protestato  il  Prefelto  Apostolico  di  Tripoli  di  Barberia,  il 
Patriarca  di  Cilicia  e  tutti  i  V'escovi  Orieotali,  il  Vicario  Apostolico 
d'Egitto  e  d'Arabia,  il  Vescovo  di  Tae"n,  quello  di  Si-Germain  de  Hi- 
monski.  Protestavano  pure  1'Episcopato  Irlandese  e  il  Seminario  delle 
Missioni  straniere  in  Parigi,  1' Episcopato  Svizzero  e  il  Francese,  1'Arci- 
>vo  di  Bucarest  e  il  Vescovo  di  Nicopoli,  1'Arcivescovo  di  Durazzo 
e  il  Prefetto  Apostolico  di  Macedonia,  1'Archi- Abate  della  Gongregazione 
Benedettina-Gassinese  e  1' Abate  di  Monserrato.  Delle  proteste  venute 
dair  America  gia  parlaramo  nel  precedente  quaderno,  dove  fu  ancora  ac- 
cennato  dei  richiami  del  Governo  degli  Stali-Uniti;  richiami,  che  obbli- 
garono  il  Mancini  a  dichiarare  non  soggetli  alia  conversions  i  beni  slabili 
del  Gollegio  Americano  del  Nord,  sebbene  sia  un  annesso  della  Propa- 
ganda. Queste  coraggiose  e  ferme  rimostranze  prov»no,  dice  1'egregio 
Osservatore  Romano  che  le  ha  raccolte  dai  varii  giornali  di  tutto  il 
mondo  e  dal  quale  le  abbiarao  tolte  «  la  piena  unione  dei  Pastori  e  la 
«  solidarieta  di  essi  e  dei  cattolici  dell' universe  col  loro  Capo.  »  E  questo 
spettacolo  e  tanto  piii  maraviglioso,  ed  imponente,  aggiunge  lo  stesso 
periodico,  se  si  guardi  «  la  diversita  delle  regioni  e  dei  popoli  dai  quali 
«  precede:  sicchfe  pu6  dirsi  non  vi  sia  terra,  dalla  quale  non  siasi  levata 
«  una  voce  di  richiamo  in  favore  della  oppressa  debolezza  della  Ghiesa, 
«  e  di  riprovazione  della  prepotenza  dei  suoi  nemici.  » 

6.  Lo  scaodaloso  libro  del  Gurci,  contro  del  quale  s'era  gia  levato 
un  grido  unanime  di  riprovazione  nel  clero  italiano,  ^  stato  messo  al- 
Ylndice,  e  condannato  e  proscritto,  dalla  Sacra  Gongregazione  con  de- 
creto  del  9  maggio  trascorso;  che  ha  messo  come  il  suggello  a  quella 
specie  di  plebiscite  contro  il  temerario  attentato  di  quel  libro.  II  detto 
decreto  ha  preceduto  di  qualche  giorno  la  pubblicazione  del  Vatieano 
Eegio  smascherato  da  un  Padre  della  Compagnia  di  Gesn.  £  questo 
un  lavoro  splendido  tanto  per  la  forma  che  per  la  sostanza,  in  cui  il 
chiarissimo  Autore,  che  per  modestia  ha  voluto  celare  il  suo  nome,  mette 
come  suol  dirsi  con  le  spalle  al  muro  queiruomo;  il  quale  postosi  sulla 
via  sdrucciolevole  della  ribellione  alia  Chiesa  e  circendato  da  falsi  con- 
siglieri  ed  amici,  o  debba  ricredersi,  rimettendosi  sul  diritto  sentiero,  ov- 
,  che  Dio  nol  permetta,  finire  con  romperla  con  quella  Cattedra  infal- 
,  fuori  della  quale  non  6  che  confusione,  vergognaed  apost 


CRONACA 
II. 

COSE  STEANIERE 

!  I1ANCIA  —  \.  L' inaugurazione  del  monurnento  a  Gambetta  —  i>.  II  pro?ramma 
di  Ferry  a  Pdrigueux  —  3.  L'apertura  dei  Consigli  provincial!  e  1'elezioni  co- 
munali  —  4.  II  supplizio  dfill' assassino  Campi  o  la  falsa  democrazia  —  5.  I  ne- 
goziali  per  la  Conferenza  egiziana  —  6.  La  pace  tra  la   Francia  e  la  Cina  - 
7.  Le  scuole  cattoliche  in  Parigi  —  8.  Le  feste  religiose  di  Rennes. 

1.  Converra  rifarci  UD  po'indietro  sulle  cose  di  Fraocia  per  soddisfare 
alia  legittima  curiosita  di  quei  nostri  associali  che  aspettano  il  racconto 
degli  avvenimenti  piii  important!  daila  nostra  cronaca.  Di  che  andiamo 
lieti  come  di  una  testimoniaoza  di  stima  che  essi  ci  porgono ;  e  per 
quanto  6  in  noi  ci  adopereremo  di  non  venir  meno  al  nostro  compito,  ne 
in  ci6  che  riguarda  la  esattezza,  ne  in  ci6  che  spetta  alia  integrita,  nel 
riferire  i  fatti  accaduti,  s'iniende  sempre  di  quelli  che  meritano  di  es- 
sere  ricordati. 

II  partito  che  ora  e  alia  testa  degli  aflari  in  Francia,  ciofc  quello  del- 
V  Opportunism*))  ha  voluto  rendere  una  solenne  testimonianza  di  grati- 
tudine  a  Leone  Gambetta,  che  ne  fu  il  fondatore,  coll' innalzargli  un  mo- 
numento  in  Gahors,  sua  patria.  Giulio  Ferry,  presidente  dei  ministri  si 
recava  cola  per  assistere  all1  inaugurazione  del  monumento.  Gl'incidenti 
politici  che  ebbero  luogo  in  quella  circostanza  meritano  di  essere  rac- 
contati.  Innanzi  tutto  s'era  detto,  che  il  Governo  avrebbe  colto  quella  oc- 
casione  per  fare  delle  dichiarazioni  importanli:  quindi  grande  1'aspetta- 
zione,  e  grande  altresl  il  concorso  di  coloro  che  erano  vaghi  di  udire 
quelle  dichiarazioni.  Se  non  che,  1'aspettativa  dei  curiosi  rimase  intera- 
mente  delusa,  perche  lo  stesso  Ferry,  quegli  da  cui  si  potea  sperare  di 
vederla  appagata,  si  tenne  nel  suo  discorso  al  protagonista  della  festa, 
come  dire  al  panegirico  di  Leone  Gambetta,  panegirico  un  po'caldo  ed 
entusiasta,  se  si  pensa  a  quel  che  erano  quesli  due  uomini  avanti  il 
1°  gennaio  1883.  Ma  questa  e  omai  la  moda:  i  liberal],  vivi  divoransi  a 
vicenda,  morti  prodigansi  lodi  e  rimpianti.  In  Italia  s'e  veduto  ultima- 
mente  col  Sella,  in  Francia  col  Gambetta.  Dicono  che  il  fenomeno  e  con- 
fortante:  sara!  ma  chi  pu6  negare  che  questa  non  sia  un'ipocrisia  sver- 
gognata  del  moderno  liberalismo?  D'altra  parte  costa  tanto  poco  dire 
del  bene  di  un  avversario  sparito  dalla  scena  di  questo  mondo,  e  che 
ha  cessato  di  essere  incomodo!  Quanto  alia  statua  dell' ere?,  per  quel 
poco  che  ci  e  stato  permesso  di  giudicarne  da  una  fotografia,  ci  pare 
che  1' opera  nel  suo  complesso  6  mediocre.  II  Gambetta  e  avvollo  in  ampia 
pelliccia,  sta  ritto,  con  una  mano  appoggiata  ad  un  cannone,  coir  altra 
dislesa  in  atto  di  additare  qualche  cosa.  A  chi?  A  due  soldati,  uno  di 


na,  1'nltro  dei  mobili.  II  priino  si  jT.-pari  a  far  fuocn,  il  secondo  e 
ft-rit'i.  «•  si  s!ni/:i  i]j  rialzarsi  per  riprendere  forse  il  combattimento.  Ma 

ilua  del  liamli-lta  ha  il  im-nto  di  I'NS.TC  somigliantisshia  all' origi- 
nate. Nru.  no  per6  che  lo  scullorc  M  \  stato  I.ni.-  ispirato  a  rap- 
roe  borghese  e  1'avvocato  di  Cabors  avvollo  iu  una  pel- 
;a,  perche  rammentiamo  che  quell' arnese  fe'molto  parlare  nel  1871 
e  in  seguito,  e  diede  occasione  a  molle  pungentissime  satire.  Bell1  eroismo 
infalti,  quello  di  mandare  al  macello  tanta  povera  geote,  digiuna,  lacera, 
scalza  nel  cuore  dell'inverno,  di  un  inverno  dei  piii  rigidi,  starvlosene  av« 
volto  in  una  pelliccia  di  gran  valore,  ben  riparato  in  un  salotto,  dinanzi 
al  camino  acceso,  bevendo  liquori  riscaldanti,  fumando  sigari  di  Avana, 
facendo  galloria  fra  giovani  spensierati  e  donne  galanti!  Abbiamo  volulo 
ricordar  qfiesto,  perche  i  pcsteri  sappiano  a  quali  eroi  s'  innalzavano  mo- 
numenti  in  questa  nostra  eta  guasta  e  degenere? 

2. 11  discorso  politico  peri,  il  grande  discorso  da  tutti  aspettato,  come 
una  rivelazione,  il  Ferry  se  1'avea  riserbato  per  Perigueux,  dove  si  rec6 
il  di  seguente  in  occasione  di  un  tronco  di  ferrovia  che  si  doveva  inaugu- 
rare.  Di  fatto  a  IVrigueux  il  Presidente  del  Consiglio  si  e  sbottonalo  ma 
per  conchiuder  nulla.  Chi  legga  infatti  quel  discorso  non  durera  fatica 
a  capire  che  il  Ferry,  piii  che  a  dichiarare,  inlese  a  mistificare.  Per  la 
qual  cosa  si  pu6  dire  che  a  Cahors  si  sia  consacrato  tutto  ed  esclusi- 
vamente  al  Gambetta,  e  non  abbia  parlato  che  di  lui,  dei  suoi  raeriti,  del 
suo  patriottismo,  delle  sue  virtu,  del  suo  ingegno,  del  suo  eroismo,  delle 
sue  lotle,  del  suo  passato  e  un  po'  ancora  del  suo  avvenire  cosi  improv- 
visamenle  interrotto  dalla  falce  di  morte.  Fu  notata  la  prudenza  con  la 
quale  il  Ferry,  parlando  del  Gambetta,  dinanzi  alia  stalua  del  Gambetta, 
abbia  saputo  evitare  lo  scoglio  della  rivincita.  I  prirai  ad  osservare 
questo  riserho  sono  stati  i  giornali  tedeschi ;  i  quali  non  si  sono  stancati 
dal  prodigargliene  encomii  sopra  encomii.  «  Buon  segno!  essi  dicono,  vuol 
«  dire  che  la  Francia  comincia  a  capire,  che  per  la  repubblica  non  vi 
«  ha  che  un  mezzo  solo  di  acquistarsi  simpalia  in  Europa ;  e  questo 
«  mezzo  e  appunto  la  rinunzia  alle  rivendicazioni  territoriali,  e  il  conside- 
«  rare  come  definiiivi  i  risultati  degli  avvenimenti  del  1870-71.  Un  passo 
«  ancora  e  la  Germania  sara  lieta  di  sti-ridere  la  mano  (!)  ad  una  repub- 
«  blica  che,  a  falti  e  non  a  parole,  avra  saputo  dimostrarsi  veramente 
«  conservatrice.  E  il  miglior  modo  di  mostrarsi  tale  e  per  essa  quello 
«  di  non  nudrire  progetti  di  rivincita  e  di  rappresaglia.  A  queslo  patto 
«  essa  sara  liberissima  di  riconquistar  gloria,  potenza  e  ricchezza  in  qua- 
«  lunque  altra  pane  della  terra.  11  mondo  intero  e  aperto  aH'opero^tx 
«  della  Francia,  e  il  mondo  e  assai  piu  vasto  dell'Alsazia-Lorena.  Do- 
«  vunque  credera  di  portare  la  sua  bandiera  civilizzatrice,  la  Germania 
«  Taccompagnera  coi  suoi  voli  e  COD  le  sue  simpatie.  » 

ipo  il  discorso  di  Perigueux  ci  fu  calma  perfelta.  Non  si  fece, 

&tri*  XJI.  vol.  VI.  fate.  Tlo  14  y ivy, to  1884 


CRONACA 

si  puo  dire,  che  discutere  appena  sul  motto  sfuggito  a  Ferry,  che  « la 
Repubblica  attuale  sara  quella  del  contadini  »,  e  sul  fatto  di  avere  il  mu- 
nicipio  di  Gahors  tolto  dal  pubblico  square^  per  collocarvi  la  statua  del 
Gambetta,  quelle  del  Mural  e  del  Bessieres.  Dopo  questa  momentanea 
tregua  per6  la  politica  ricorainci&  a  destarsi  per  la  riapertura  del  Gon- 
sigli  proviociali,  e  per  1'avvicinarsi  delle  elezioni  municipal),  che  ebbero 
luogo  il  4  del  mesc  p.  p. 

L'apertura  dei  Gonsigli  generali  si  e  fatta,  fuori  d'ogni  aspettativa, 
assai  tranquillamente  e  con  modeste  allocuzioni.  Si  pu6  dire  infatti  che 
nulla  di  singolare  e  di  straordinario  vi  sia  stato  da  mentovare.  La  piu 
pane  di  essi  hanno  limitato  le  loro  occupaziciii  ai  semplici  alTari  locali, 
studiandosi  massimamente  di  venire  in  soccorso  dell'  agricoltura.  Sintomi 
di  proteziomsmo  si  sono  rivelati  nei  dipartimenti  della  Somm^de\  Doubs 
e  faWAisne.  Questi  Consigli  ban  richiesto  la  soppressione  delle  tarifTe 
generali  delle  dogane,  ed  espressi  i  voti  in  favore  di  una  perequazione 
d'imposte  sulla  fondiaria.  Quanto  ai  tentativi  fatti  dai  partigiani  della 
revisione  per  istrappare  voti  alia  soppressione  del  Senato,  o  di  un  rim- 
pasto  integrate  della  Gostituzione  del  1875,  non  ban  trovato  seguaci  che 
in  alcuni  dipartimenti. 

In  tutta  la  Francia  e  segnatamente  a  Parigi  ferveva  intanto  la  febbre, 
piu  artificiale  che  naturale,  per  le  elezioni  municipali  che  doveano  aver 
luogo  la  domenica  del  4  p.  p.  II  Governo,  per  1'organo  del  suo  Presidente 
signor  Ferry,  avea  bandito  senza  tergiversazioni  e  senza  ambagi  le  can- 
didature official!.  La  lotta  avea  preso  un  carattare  essenzialmente  poli- 
tico ;  e  ammantata  d'ipocrisia  la  politica  gambettiana,  rivoluzionaria  quanto 
il  radicalismo  e  non  meno  pericolosa  del  radicalismo,  non  risparmi6  ne 
ad  arti  ne  a  mezzi  per  trionfare.  Le  mura  di  Parigi  erano  tappezzate  di 
colori  infiniti:  2000  denunziavano  2000  professioni  di  fede.  La  Repub- 
blica e  come  il  Protestantesimo :  Quot  capita  tot  sententiae.  I  conser- 
vatori  si  accentrarono  in  un  principio;  ma  la  loro  voce  and&  perduta  nel 
deserto.  In  Francia  1'anarchia  intellettuale  giunge  al  suo  parosismo,  e 
qualunque  sforzo  dei  buoni  non  riesce  che  a  una  delusione  di  piu. 

Le  elezioni  municipali  doveano  aver  luogo  in  queste  condizioni : 
16,870  Gomuni  con  500  abitanti,  e  meno  ancora,  doveano  eleggere  ciascuno 
10  consiglieri  municipali,  in  complesso  168,700  consiglieri;  14,615  comuni 
con  1,500  abitanti  doveano  eleggerne  ciascuno  12,  in  complesso  175,380; 
3751  comuni  da  1501  a  2000  abitanti,  16  consiglieri  ciascuno,  in  tutto 
41,016;  880  comuni  da  2501  a  3500  abitanti,  21  consiglieri,  in  tutto  17,300; 
738  comuni  da  3501  a  10,000  abitanti,  21  consiglieri,  totale  17,434. 
176  comuni,  da  10,000  a  30,000  abitanti,  27,  totale  4752;  9  comuni 
da  10,001  a  40,000  abitanti,  30  consiglieri,  in  tutto  270;  9  comuni  da 
40,001  a  50,000  abitanti,  33  consiglieri  ciascuno,  totale  297;  8  comuni 
da  50,001  abitanti  a  60,000  ciascuno,  34  consiglieri,  sommati  tutti  27-2 ; 


'    l-'irnlmnii.'  I'arigi  dovea  Heggere  80  COnsiglieri.   1 
che  i  i-nmuni  di  1'r.incia  doveano  eleggere  un  totale  di 

•l:t-n  municipal!.  Oueste  sono  le  cifre  dei  consiglieri  muoicipali  da 
eleg  itno  il  risultnto.  II  risuliato  fu  quello  che  era  stato  previsto. 

11  Governo  ha  perduto  terreno,  i  radical!  I'  han  guadagnato.  Questo  smacco 
dell'opportunismo  negate  sulle  prime  dai  fogli  ufliciali,  oggiraai  e  inue- 
gabile,  e  tutti  lo  riconoscono;  i  voti  sono  conlati,  classiflcati,  contraddi- 

i  colla  rispettiva  marca;  convien  dunque  arrendersi  all'evidenza;  la 
Rivoluzione  ha  fatto  un'altro  passo  avanti.  A  Parigi,  la  maggioranza  del 
Consiglio  Municipale  £  riuscita  ancora  pid  roi-sa  della  precedente.  A  Lilla, 
e  Tours,  a  Lion,  a  Rennes  e  in  altre  graodi  cilia  sono  pure  stati  eletti 
i  radical!,  ed  hanno  ottenuto  una  maggioranza  di  voti  cosi  forte  da  ri- 
manerne  schiacciati  i  loro  rival!.  In  conclusione  si  pu6  dire,  che,  come 
soilo  la  prima  rivoluzione,  la  Pianura  si  trova  a  fronte  della  Montagna^ 
e  prevede  che  tra  breve  non  resteranno  in  campo  che  due  soli  avver- 
sarii:  il  socialismo  e  il  cattolicismo.  «  La  lotta  si  delinea  e  si  circoscrive 
«  tra  il  vecchio  e  il  nuovo  mondo,  scrivea  Giulio  Yalles,  un  avanzo  di 
«  Numea.  Da  una  parte  i  canoni  della  Chiesa,  dall'  altra  i  cannoni  di 
«  Montmatre.  11  Re  e  la  Comune.  Una  bandiera  bianca  ed  una  bandiera 
«  rossa.  Si  sa  con  chi  si  ha  ora  da  fare,  e  non  siamo  di  fronte  per  tra- 
«  dirci,  ma  per  ammazzarci.  »  Conjugate  questa  citazione  in  tempo  fu- 
luro,  e  sara  vera  in  tulto.  Difatti  i  cattolici,  tutlo  alFopposto  degli  op- 
portunist!, hanno  mantenute  le  loro  posizioni;  anzi  hanno  guadagnato  in 
alcuni  luoghi.  Tuttavia,  le  vittorie  dei  cattolici,  nello  scrutinio  del  4  mag- 
gio,  si  possono  chiamare  casi  fortunati,  e  sarebbe  esagerazione  il  dire 
che  si  sia  determinate  un  movimento  controrivoluzionario.  La  verita  e 
questa,  che  ci  sono  stati  alcuni  sintomi  di  risveglio,  dei  lampi  di  sdegno 
contro  la  tirannia  dell'empieta,  cbe  provano  come  la  vecchia  Francia 
non  e.  morta,  ma  che  soffre  e  si  contorce  nelle  strette  sataniche. 

4.  11  telegrafo  ha  di  questi  giorni  annunziato  che  (inalraente  avea 
avuto  luogo  a  Parigi  1'esecuzione  capitale  di  quel  volgare  e  feroce  as- 
sassino  chiamato  Campi.  Che  questo  sia  il  suo  vero  nome,  e  che  il  suo 
delitto  celi  qualche  misterioso  dramma,  non  s'e,  potuto  scoprire.  L'av- 
vocato  della  difesa  tent6  6  vero  di  dare  un  carattere  misterioso  al  san- 
guinoso  dramma,  ma  non  vi  riusci,  perchfe  a  lutti  parve  un  ingegnoso 
ripiego  del  difensore  per  sottrarlo  aH'infamia  del  palibolo.  Una  cosa  per6 
e  certa  che  il  Campi  fece  inorridire  non  pure  la  Francia,  ma  il  mondo 
intero  togliendo  la  vita  a  due  poveri  vecchi  per  derubarli.  Giustizia 
adunque  fc  stata  fatta  e  pronta;  e  di  questo  e  da  rendere  lode  al  Go- 
verno e  alia  magistratura  francese,  la  quale,  ben  altrimenti  da  quello 
che  in  simili  casi  si  fa  in  Italia,  ha  fatto  succedere  senza  lungo  indu- 
giare  al  delitto  la  pena.  Quello  peru  che  non  sappiamo  lodare  e  1'onore 


7'jD  CRONACA 

che  s'e  voluto  dare  all' assassino  di  due  poveri  vecchi,  sorpreso  in  fla- 
grante  reato,  facendo  parlare  perfino  il  telegrafo,  forse  perche  lo  scelle- 
rato  avea  avuto  la  forza  irresistible  di  scegliersi  a  difensore  un  avvo- 
cato  depuiato  dell'estrema  sinistra  intransigenle,  siguor  Laguerre,  il 
quale  si  era  presentato  al  Presidente  della  Repubblica  per  chiedere  la 
grazia  del  suo  cliente,  sotto  il  pretesto  che  il  Cam  pi  non  era  da  consi- 
derarsi  come  un  voJgare  malfattore,  perche  flngeva  persino  il  nome,  per 
poter  fare  1' assassino  senza  pwe  a  cimento  1'onore  della  famiglia  e  di 
un  fratello  militare.  Proprio  cosl!  Secondo  il  socialista  e  intransigente 
Laguerre  e  dunque  una  circostanza  attenuante  per  un  assassino  il  simu- 
lare  il  proprio  cognome,  1'appartenere  a  famiglia  altamente  rispettabile 
e  uccidere  e  compiere  misteriose  vendette!  Non  ricordiamo  peggiore  ol- 
traggio  di  questo  ai  principii  della  democrazia.  Con  la  teoria  del  signor 
Laguerre  nessun  principe,  duca,  marchese,  conte,  barone,  banchiere,  ne- 
goziante,  avvocato,  dottore  ecc.  ecc.  dovrebb'essere  giustiziato  per  qua- 
lunque  piii  feroce  assassino  e  quantunque  colto  inflagrante^  purche  sappia 
ben  mentire  o  (ingere  di  mentire  il  cognome  e  darsi  1'aria  misleriosa  di 
rampollo  di  gente  rispetlabile?  La  forca  dev'essere  solo  pel  povero! 
Caricature  inqualificabili!  Rifiutando  dunque  al  Campi  la  commutazione 
della  pena,  il  Presidente  Grevy  ha  dato  al  Laguerre  e  a  chi  pensa  come 
lui,  tanto  in  Francia  che  in  Italia,  una  lezione  non  solo  di  buon  senso 
e  di  giustizia,  ma  di  democrazia:  la  legge  e  uguale  per  tutli! 

5.  Jn  mezzo  alle  gare  dei  partiti,  onde  e  oggidl  piu  che  altra  volta 
mai  scissa  la  Francia,  e  venuta  a  svegliarsi  di  nuovo  la  questione  egi- 
ziana.  L'Inghilterra  ha  invitato  la  Francia,  come  fosse  la  piii  interessata, 
non  che  le  altre  maggiori  potenze,  ad  una  Conferenza  per  dare  assetto 
alle  cose  egiziane  divenute  oggi  tanto  piu  gravi,  quanto  sono  state  piu 
umilianti  le  disdette  patite  dal  Mahdi.  La  Francia,  dopo  un  momento  di 
esitazione,  ha  rotto  gl'indugi  ed  aderito  alia  proposta  dell'Inghilterra.  NOD 
e  facile  prevedere  che  cosa  sara  per  nascere  da  questa  conferenza.  Per 
adesso  quel  che  si  vede  e,  che  gli  animi  dei  due  paesi  si  scaldano  ogni  dl 
piu.  In  verita,  se  si  dovesse  argomentarne  dal  tono  assunto  dalla  stampa 
dei  due  potenti  vicini,  si  dovrebbe  credere  che  siamo  alia  vigilia  di  qualche 
grossa  contesa;  ma  riflettendoci  sopra  ci  e  motivo  di  dubitarne,  perche 
tanto  la  Francia  quanto  1'Inghilterra,  prima  di  far  parlare  la  polvere  ci 
penseranno  due  volte.  La  prima  sa  perfettamente  che  I'lnghilterra  e  de- 
cisa  ad  affrontare  qualunque  peggiore  eventualita,  anziche  fare  buon  viso 
alle  domande  francesi;  la  Inghilterra,  alia  sua  volta,  e  persuasa  che  se 
la  Francia  fa  la  voce  grossa  a  proposito  dell'Egilto,  all'atto  pratico  noa 
si  farebbe  troppo  pregare,  per  accontentarsi  di  una  qualsiasi  altra  con- 
cessione,  d'  un  qualsiasi  altro  compenso.  Pertanto  I'lnghilterra  lascia  gri- 
dare,  riserbandosi  di  tirar  fuori  al  momento  opportune  lo  zuccherino  de- 
stinato  a  far  tacere  la  rivale. 


\EA 

;ornita  da  <|ii« !  n?a  a  cui 

di  !  ;  invitato  i  liniKii  -I:  i'-Tlino,  collo  scope 

di  n-golarv  la  (juistione  fin;in/iari;i  -to  almenn  c  il  n, 

apparent  '  dubita  in  Kuropa  che  la  quistione  finanziar 

>o,  inevitabilmente,  quella  piii  grossa  d'ordine  politico. 

T.iluno  ritifne  che  1'Inghilterra,  riconosceodo  la  gravita  straordinaria 
degl'imbarazzi  in  cui  1' insurrezione  Sudanese  1'ha  posta,  e  sentendosi 
lc  hraccia  legate  dai  formal!  impegni  liberamente  contratti  con  1'Kuropa, 
i  immaginato  lo  stratagemma  di  convocare  una  conferenza  inlenia- 
zionale  col  pretesto  delle  finanze  del  vicereame,  nelFunico  intento  di  farsi 
dare  dall'Kuropa  il  mandate  di  agire  in  Egitto  come  le  pare  e  piace:  non 
gia  annettendoselo,  o  proclamandovi  il  suo  protettorato,  ma  trattandolo 
addirittura  come  proprieta  sua,  e  ci6  fino  a  quando  non  sara  riuscita  a 
domare  la  rivolta  del  Sudan,  e  ad  assicurare  a  quel  disgraziato  paese  un 
ordine  di  cose  regolare. 

In  Francia,  1'  opinione  pubblica  ha  accolto  malissimo  la  notizia  della 
conferenza.  Perche,  dicono,  mescolare  gli  altri  Governi  in  una  faccenda 
che  avrebbe  potuto  benissimo  essere  studiata  e  risoluta  dai  principal! 
interessati  soltanto?  Non  teme  1'Inghilterra  di  riaprire,  senza  volerlo, 
1'inlera  quistione  orientate? 

Checche  ne  pensino  e  dicano  i  signori  francesi,  la  conferenza  e  slata 
domandata  e,  fra  un  mese,  forse,  sari  anche  riunita  a  Londra.  Assiste- 
remo  dunque  ancora  una  volta  alia  commedia  del  concerto  curopeo  di 
cosi  esilarante  memoria. 

Che  cosa  potra  venirne  fuori?  Ben  audace  sarebbe  chi  volesse  fare 
pronostici.  Ma  due  cose  possono  fin  da  ora  affermarsi  con  certezza ;  cioe 
che  questo  mese  di  tempo  sara  messo  a  profitto  da  tutte  le  cancellerie 
per  preparare  la  rappresentazione;  e  che  quando  la  conferenza  sara  riunita, 
essa  non  fara  che  sanzionare  tutto  ci6  che  sara  stato  combinato  dietro 
le  quinte  dagli  arlisti  principal!  della  compagnia. 

6.  La  politica  francese  al  Toochino  ha  riportato  un  successo  compiuto. 
K  ufTicialmente  confermato  infatti  che  un  trattato  franco-Chinese  fu  fir- 
mato  a  Tien-Tsin  fra  il  capitano  Fournier  e  Li-Hung-Chang,  previa  1'ap- 
provazione  dei  rispettivi  Governi.  Le  trattative  furono  di  brevissima  du- 
rata,  giacche:  avendo  la  Francia  rinunciatoa  percepire  qualsiasi  indennita 
di  guerra,  si  giunse  assai  facilmente  ad  un  accordo. 

Come  corrispettivo  per6  di  questa  concessione,  la  Francia  ha  ottenuto 
il  riconoscimento,  da  pane  della  China,  del  suo  protettorato  sull'Annam 
e  sul  Tonchino.  I  limiti  del  Tonchino  verranno  fissati  alle  frontiere  na- 
turali:  le  province  di  Yunnan,  di  Quang-Si  e  di  Canton,  saranno  aperte 
esclasivamente  al  commercio  francese;  la  China  stipulera  subito  colla 
.t'ia  un  trattato  di  commercio,  riservando  a  questa  vantaggi  partico- 
lari  e  ritirando  immediatamente  le  sue  truppe  dai  Tonchino. 


CRONACA 

.jii»'sto  e  solo  trionfo  della  politica  francese,  ma  della  causa  della 
civilta  e  dolla  religione,  che  vanno  inseparabili. 

La  strada  del  Fiume  Rosso  sta  per  diventare  una  delle  arierie  di 
penetrazione  delle  piu  important!  fra  1'Occidente  e  le  province  del  Cenlro 
dell'  impero  di  Mezzo.  Ora  tocca  alia  Francia  saper  prnfittare  di  si  pri- 
vilegiata  condizione  che  1'e  fatta,  non  lasciando  passare  in  mani  di 
estranei  il  coraraercio,  che  dovra  necessariamente  seguire  una  via,  che  le 
appartiene  interamente  e  per  mezzo  della  quale  le  province  centrali  della 
Gina  riceveranno  in  cambio  dei  loro  prodotti  le  merci  europee,  le  quali 
vi  troveranno  uno  spaccio  assicurato. 

II  consenso  della  China  ad  aprirle  le  sue  frontiere  meridional!  vale 
piu,  vale  meglio  per  essa  che  il  pagamento  di  una'  indennita  di  guerra. 
La  Fraocia  non  e  andata  nel  Tonchino  per  sotlrarre  alia  Gina  alcuni 
milioni.  Sarebbe  stato  deplorevole  che,  per  una  questione  di  denaro,  si 
fosse  ritardato  un  accomodamento  cosl  utile  con  la  China.  Ora  e  da  pen- 
sare  ad  organizzare  il  Tonchino  da  Loa-Kai,  Cao-Bang  e  Lang-Son  al 
mare.  Non  6  c6mpito  gran  fatto  difficile.  Amministrando  con  benevolenza 
e  con  fermezza  le  popolazioni,  abituate  alle  vessazioni  dei  mandarini,  i 
francesi  potranno  stabilire  cola  un  ordine  di  cose  nuovo,  che  migliorando 
la  sorte  degl'  indigeni,  assicurera  il  loro  dominio.  Ci6  e  affare  di  tempo. 

Pel  momento  il  solo  fatto  che  la  pace  sia  firmata  con  la  Gina  per- 
mettera  al  Governo  francese  di  ridurre  in  una  forte  proporzione  le  forze 
militari  e  le  relative  spese  nell'estremo  Oriente,  rendendo  meno  grave 
1'occupazione  del  Tonchino. 

Quanto  alia  religione  e  indubitato  che  all'ombra  della  vittoriosa  ban- 
diera  francese  potra  non  solo  continuare  in  quell' estremo  Oriente,  ma 
estendere  viemaggiormenle  la  sua  influenza  e  compiervi  1'  opera  sua  in- 
civil  i  trice.  Di  questo  ci  e  pegno  la  condotta  tenuta  dal  Governo  francese 
nella  Tunisia,  dove  non  appena  ebbe  assodato  il  suo  dominio,  e  tosto  nulla 
meglio  si  ebbe  a  cuore,  che  di  fornire  aH'Eminentissimo  Lavigerie,  vero 
Apostolo  dell* Africa  settentrionale,  i  mezzi  pecuniarii  per  provvedere  ai 
bisogni  religiosi  di  quella  nuova  conquista. 

7.  Monsignor  Freppel,  nella  seduta  parlamentare  del  19  febbraio, 
pose  sotto  gli  occhi  della  Camera  un  quadro  della  popolazione  scolastica 
degli  stabilimenti  congregazionisti,  prima  e  dopo  la  laicizzazione.  Da 
questo  quadro  comparativo  risultava  che  le  scuole  cattoliche  avevano 
guadagnato  3077  discepoli.  Provocato  da  un'interpellanza  del  signor  De- 
labrousse,  il  direttore  dell' insegnamento  signor  Carriot  ha  preteso  di 
negare  1'  esattezza  delle  cifre.  Ma  la  sua  passione  1'  ha  consigliato  troppo 
male,  e  si  6  procacciato  una  risposta  dal  signor  Cochin,  dalla  quale  noi 
rileviamo,  non  che  lo  slancio  generoso  dei  cattolici  francesi,  ma  i  con- 
tinui  e  grandi  progressi  dell' insegnamento  cattolico  in  Francia  e  segna- 
tamente  a  Parigi.  L'  amministrazione  infatti  (cosi  diceva  in  sentenza) 


\EA 

>ne  per  I'insegnamento,  d'un  !>il.mcio  di  W  milinni;  la  ritt;i  ha  di- 

!i ;  hi  citiA  ha  impiegati;  «»s^:i  ha  nlificii;  ha  a  su;«  disjtosizione  tulti 

vare  i  suoi  student!  ••  1  ;mrhe  di  acquistarne.  Per  con- 

irario,  d.il   lato  dell'  insegnnraento  catlolico,  non  si  aveva  nicnt'altro  per 

arrivare  aJ  un  risultato,  che  la  carita,  che  la  geoerosila  pubblica,  che 

1)  iiii/i.itiva  privata. 

Non  ne.  1'appoggio  dell'Amministrazione,  che  sa  beoe  usare 

una  pressioae  sui  genitori  per  attirarc  a  se.  i  fanciulli,  ne.  bilancio,  ne 
impiegati.  Non  si  aveva  nulla,  e  si  son  costruite  126  scuole  in  tre  anni. 
La  conchiusione  da  dedurre  da  tutto  ci6  salta  agli  occhi.  Seoza  pressioni 
olliriali,  senza  mezzi  ammiuistrativi,  senza  il  hilancio  di  cui  dispone  il 
Governo,  Parigi  ha  riedificato  126  scuole  cattoliche;  i  fanciulli  di  Parigi 
vi  accorrono  in  folia.  La  popolazione  parigina,  insomma,  approva  ed  in- 
coraggia  1' insegnamento  dei  congregazionisti  e  biasiraa  la  loro  soppres- 
sione.  11  siguor  Delabrousse  avrebbe  fatto  meglio  a  dire  quante  scuole 
sono  stale  costruite  dai  liberi  pensatori  col  loro  proprio  danaro. 

8.  La  citta  di  Rennes  e  stata  testimone  di  magnifiche  feste  religiose, 
in  occasione  della  consacrazione  della  caltedrale  e  dell1  ioaugurazione  del 
monumento  eretlo  alia  memoria  del  cardinal  Brossay-Saint-Marc.  II  Nun- 
zio  Apostolico  aveva  risposto  all'appello  di  monsignor  Place,  arcivescovo 
di  Rennes,  e  vi  si  e  recato  accorapagnato  dall'  abate  Vico,  segretario 
della  Nunziatura. 

Gli  arcivescovi  e  vescovi  di  Reims,  Besanzone,  Vannes,  le  Mans, 
Quimper,  Nantes,  Lu(;on,  Hieropolis,  Seez,  St-Brieuc  accrescevano  colla 
iGro  presenza  lo  splendore  della  festa. 

Lunedl,  5  maggio,  le  campane  della  Metropolitana  e  delle  sette  par- 
rocchie  della  citta  annunciavano  1'arrivo  di  Monsignor  di  Reode.  L'in- 
domani  6  maggio,  per  un  movimento  spontaneo  e  generate  di  rispetto 
e  di  fede  le  case  si  coprirono  di  ghirlande  e  d'orifiamme  coi  colori 
della  Santissima  Vergine  e  con  quelli  del  Sommo  Pontefice.  I  Brettoni 
erano  superbi  di  ricevere  nella  loro  capitate  il  rappresentante  di  Leone  XIII. 
La  porta  d'entrata  e  tutta  la  facciata  dell'Arcivescovato  erano  magni- 
flcamenle  addobbate. 

Alle  ore  8,  Monsig.  Nunzio  e  i  vescovi,  preceduti  da  un  clero  nu- 
merosissimo,  accorso  da  tutti  i  punti  della  diocesi  e  delle  diocesi  vicine, 
s'avviarono  verso  la  Metropolitana;  davanti  a  quelle  torri  circolari  i  do- 
dici  vescovi  s1  arrestarono  e  cominciarono  le  aspersioni  prescritle  dalla 
Liturgia.  Tosto  si  prosegul  alPinterno  il  compimento  dei  sacri  riti.  Le 
colonne  erano  decorate  di  fasci  di  stendardi  carichi  di  scudi  cogli  stemmi 
del  Santo  Padre  e  con  quelli  di  Monsignor  Nunzio.  Al  ritorno  della 
Processione  delle  Reliquie,  che  erano  state  deposte  nella  chiesa  del  Santo 
Siilv.iton',  una  folia  cnmpatta  invase  la  caltedrale,  il  cui  vasto  recinlo, 
fosse  anche  stato  dieci  volte  maggiore,  sarebbe  stato  angusto.  Ciascuno 


7 ', ;  CRONACA 

amrairava  la  ricchezza  di  quegli  ornati,  marmi  e  oro,  di  quelle  pitture 
nelle  pareti,  in  cui  si  svolge  la  lunga  serie  del  Santi  di  Brettagna,  ri- 
stauro  veramente  grandiose,  corainciato  dal  Cardinale  Saint-Marc  e  ter- 
minato,  non  ostante  diflicolta  di  ogni  specie,  per  le  cure  del  suo  degno 
successore,  Monsig.  Place,  1'illustre  ed  eminente  Metropolitano  attuale 
della  Brettagna. 

S.  E.  il  Nunzio  celebr6  la  messa  pontificale  ed  impart!  la  benedizione 
pa  pale. 

Sotto  la  volta  di  questo  tempio  riposa  il  primo  arcivescovo  di  Rennes. 

Nel  braccio  destro  di  esso  si  eleva  la  statua  del  Cardinale  Saint-Marc, 
dovuta  all'abile  scalpello  del  reputato  scultore  di  Rennes,  Valentin,  e 
che  fu  solenneinente  inaugurata  la  sera  di  questa  grande  giornata. 

La  ceremonia  dell'inaugurazione  e  stata  una  delle  piu  grandiose 
pompe  religiose,  che  si  sia  mai  vista  in  questo  scorcio  di  secolo  in 
Francia.  Essa  cominci6  alle  3  e  mezzo  con  una  processione  partita  dalla 
Chiesa  di  Nostra  Signora,  vicino  all'  arciveseovado.  Non  sarebbe  possibile 
calcolare  la  cifra  della  moltitudine  che  si  accalcava  nelle  strade  lungo  il 
passaggio  del  corteggio:  essa  era  immensa;  e  la  gente  venuta  dalle  cam- 
pagne  si  frammischiava  alia  popolazione  della  citta. 

A  tutti  i  piani  delle  case,  le  finestre  ed  i  balconi  erano  gremiti  di 
spettatori.  E  ci6  che  e  veramente  ammirabile,  ci6  che  onora  altamente 
il  popolo  francese  e  lo  mostra  sempre  degno  della  sua  antica  rinomanza, 
fu  1'ordine  perfetto,  senza  alcun  intervento  della  forza  pubblica,  la  quale 
non  ebbe  motive  di  eomparire.  E  quale  atteggiamento !  quale  espressione 
di  rispetto  e  qual  raggio  di  gioia  sui  volti  e  negli  sguardi!  Gome  tutte 
le  fronti  scoperte  s'  inchinavano  solto  la  mano  benedicente  dei  Prelati 
commossi  da  una  si  pia  manifestazione! 

La  processione  fece  una  sosta  sul  vasto  cantiere  della  futura  chiesa 
di  sanl'Aubin  e  di  N.  S.  de  Bonne-Nouvelle,  tutto  adorno  di  bandiere  e 
di  trofei,  e  dopo  un  commovente  discorso  di  Monsignor  Arcivescovo  di 
Rennesj  Sua  Eccellenza  Monsignor  di  Rende  benedisse  la  prima  pietra. 

Un' imagine  miracolosa  di  Maria,  oggetto  da  secoli  della  venerazione 
e  della  fiducia  pubblica,  e  salvata  dalle  ruine  rivoluzionarie,  era  con- 
servata  preziosamente  nell' antica  chiesa  di  sant'Aubin,  collo  splendido 
voto  in  argento  che  rappresenta  la  citta  di  Rennes.  L'immagine  venerata 
venne  trasferita  nella  Nuova  Basilica. 

Alia  Melropolitana  dopo  1'entrata  della  Processione,  la  statua  del 
Card.  Saint-Marc  e  stata  scoperta  in  presenza  dei  Vescovi  schicrati  in 
semicircolo  nella  cappella  del  monumento,  al  canto  falYEcce  sacerdos 
tnagnus,  e  in  mezzo  alia  commozione  generale. 

La  viva,  simpatica  ed  imponente  figura  dell' eminente  principe  della 
Chiesa  rivive  in  questa  bella  opera,  come  nell' eloquente  panegirico  pro- 
nunciato  da  Monsignor  Becel,  Vescovo  di  Vannes. 


Alln  .!:»   '1-H'l    M' tl  :,  COn- 

IIIKI  tlt'llc  iH-iiin1  «!i   :  ."ia    'k'lla 

ima  folia,  fra  le  medesime  dimo- 
ii'sime  testimonialize  di  gioia,  di  rispetto  e  di  fede, 
sirada  dt-ll'Arcivescox 

alto  ddla  loggia,  mcravigliosamente  decorate  di  fiori,  di  ver  lure 
e  di  drappi,  della  chiesa  di  Nolre-Dame,  S.  E.  etulti  i  Venerabili  Pre- 
lati  lianno  date  insieme  e  solennemente  una  suprema  benedizione  alia 
folia  che  si  pigiava  com  pa  it  a  dalla  mairie  alia  piazza  di  Santa  Melania 
e  in  lutte  le  strade  circostanii. 

:,»to  allora  uno  spettacolo  che  non  possiamo  paragonare  che  a 
quello  della  Piazza  di  S.  Pietro,  in  allri  tempi,  nei  grandi  giorni  della 
Benedizione  Papale,  e  quando  la  rivoluzione  non  era  ancor  padrooa  di 
Roma. 

Noo  e  troppa  audacia  adunque  il  pensare,  che  per  quanti  assalti  si 
muovano  contro  la  fede  di  questo  popolo,  essa  restera  forma  come  il 
granito  del  suolo  che  lo  accoglie.  I  Bretoni  non  hanno  fatto  che  affer- 
mare  di  nuovo  la  loro  tradizionale  devozione  alia  Chiesa,  e  allo  stesso 
tempo  il  loro  filiale  e  inalterabile  affetto  alia  sacra  persona  del  suo  au- 
gusto  Capo  Leone  XIII. 

III. 

'  'SSI A  (Nostra  corrispondenza  ritardata)  —  1. 11  natalizio  dell'  Imperatore  — 
2.  La  Francia,  la  Turchia  e  la  federazionc  monarchica  —  3.  Dissidio  con  gli  Stall 
Uiiili  —  4.  II  Heichstag  e  la  legge  contro  i  socialist!  —  5.  Rccrudesccnza  del 
Kulturkampf,  e  parziale  ritiro  del  principe  Kisrnark  —  6.  Propaganda  protcstante 

in  Riviera. 

1.  II  22  di  marzo  I'imperatore  Guglielmo  compieva  I1  anno  suo  87. 
Questa  volta  le  dimostrazioni  di  circostanza  furono  anche  piu  numerose 
e  piii  grandi  che  negli  anni  passati;  ma,  come  sempre,  quel  giorno  di 
festa  nazionale  non  fu  contraddistinto  da  verun  alto  di  grazia  general- 
mente  estesa.  Ed  e  naturale;  imperocche,  se  si  accordasse  una  condo- 
nazione  di  pena  a  qualche  categoria  di  condannati  politici,  e1  hisognerebbe 
bene  far  lo  stesso  a  riguardo  dei  molti  preti  e  laici  cattolici  coodannati 
in  forza  delle  leggi  di  maggio;  il  che  non  entra  nei  calcoli  del  Cancel- 
liere.  Di  tal  guisa  il  KulturJcampf  impedisce  un  monarca  potente  e  ve- 

10,  di  ctii  son  noli  i  sentimenti  di  benevolenza  e  di  bonta,  di  usare 

della  piu  bella  fra  le  prerogative  inerenti  aU'eccelso  suo  grado,  cioe  della 

ila  letlera  pubblica  indirizzata  al  Cancelliere,  1' Imperatore, 

iiR'iiiif  ringrazia  tutli  delle  offertegli  dimostrazioni  d' affetto  e  di  fedelta, 

fa  notare  come  tali  dimoslrazioni  lo  confermino  nella  felice  persuasione 


CRONACA 

che  « la  nazione  intera,  senza  distinzione  di  partiti  religiosi  e  politici,  e 
solidamente  unita  nella  fedella  all'Imperatore  e  all'Impero.  »  Niuna  cosa, 
raeglio  delle  parole  imperiali,  potrebbe  smentire  le  accuse  di  mancanza 
di  patriottismo,  che  gli  organ!  ufficiosi  e  anche  goveroativi  cercano  di 
rovesciare  addosso  ai  cattolici. 

2.  Fra  gl'inQumerevoli  donativi  arrivati  al  palazzo  imperiale  in  occa- 
sione  del  2*2  marzo,  trovavasi  ancora  un  prezioso  servito  di  porcellana 
proveniente  dalla  Fraocia.  Era  stato  fatto  credere  che  autore  di  si  straor- 
dinaria  spedizione  fosse  il  signor  di  Bleichrveder:  ma  il  banchiere  ordi- 
nario  del  Gancelliere  ha  formalmente  smenlita  siffatta  asserzione.  Serabra 
invece  che  1'omaggio  amichevole,  di  cui  si  tratta,  sia  parti  to  da  un 
personaggio  altolocuto  in  Fruncia.  Cosl  essendo,  non  potrebbe  non  rav- 
visarsi  in  quell'  omaggio  un  fatto  politico  d'una  certa  importanza,  in 
quanto  starebbe  a  indicare  un  ravvicinamento  tra  Berlino  e  Parigi.  I 
Francesi  hanno  finalmente  compreso  che  1'accordo  con  1'Inghilterra  era 
un  contralto  illusorio.  Infatti,  nel  mentre  che  non  si  rifinisce  di  vantare 
un  simile  accordo,  1'Inghilterra  ne  trae  per  se  tutli  i  profitti,  fra'quali 
priucipalissimo  fc  quello  di  combattere  la  Francia  dappertutto.  A  Tunisi> 
in  Egitto,  al  Congo,  al  Madagascar,  al  Tonkino  e  al  trove,  voi  trovate 
1'Inghilterra,  che,  per  mezzo  di  agenti  d'ogni  fatta,  cerca  di  attraver- 
sare  le  imprese  della  Francia;  essa  e  una  rivale,  che  non  indietreggia 
dinanzi  a  mezzo  veruno  di  combattimento.  D'altra  parte,  egli  e  un  falto 
incontrastabile  che  la  Germania  non  cessa,  da  parecchi  anni,  di  favorire 
1'estensione  coloniale  della  Francia.  Pu6  esservi  in  ci6  una  mira  d'in- 
teresse;  la  cosa  sembra,  anzi,  non  ammetter  dubbio;  ma  intanto  la  Francia 
se  ne  avvantaggia.  Gli  organ!  ufliciosi  della  Cancelleria  hanno  gia  fatto, 
a  piii  riprese,  mosse  amichevoli  verso  la  Francia.  Fra  gli  altri,  la 
Creuzzeitung  manifestava  in  quest!  ullimi  giorni  la  speranza  che  la 
Francia,  avuto  riguardo  alia  sua  situazione  dirimpetto  all'Inghilterra, 
non  raeno  che  a'proprii  interessi  in  Oriente,  finirebbe  coll' accostarsi  al- 
1'alleanza  austro-germanica,  a  somiglianza  di  tutti  gli  altri  Stati,  cui 
preme  di  guarentirsi  contro  le  usurpazioni  dell'Inghilterra.  In  Parigi  non 
si  6  tardato  di  dare  il  giusto  valore  a  queste  ragioni;  ond'e  che  si  cerca 
di  assumere  un  atteggiamento  amichevole  verso  la  delta  alleanza,  sopra 
tutto  dacchfc  la  Russia  vi  ha  parimente  acceduto.  La  Francia  pu6  lanto 
piii  di  buon  grado  accostarsi  alle  potenze  del  nord,  quanto  la  Russia, 
1'  Austria  e  la  Germania  trovansi  necessariamente  spinte  a  combattere 
1' Inghil terra  in  Oriente  e  nell'Asia. 

1  nostri  fogll  ufficiosi  smentiscono  formalmente  T  asserzione  che,  in 
grazia  della  sua  buona  intelligenza  con  Berlino  e  Vienna,  possa  la  Russia 
riprendere  il  suo  lavorio  di  propaganda  e  disgregazione  in  Turchia  e  fra 
gli  Slavi  dell'  Austria.  Danno  ess!  per  certo  che  il  signor  di  Giers  non 
potrebb'esser  giammai  il  continuatore  della  politica  del  principe  Gorl- 


la  mente  simili  f.i  >i  ac- 

corgerebte  !  .1  carico  delta   llusshi,  <li  mancare  degli  alleati 

necessarii  per  cosi  fatta  politica.  La  Turchia,  dunque,  non  ha  nulla  da 
••re  dalle  present!  congiunture;  e  di  ci6  si  deve  aver  la  cerlczza  a 
!:mtinopoli.  (iiova  sporare  che  gli  ufllciosi  siano  questa  volta  nd  vero; 
imprrncvhe  non  v'ha  il  minimo  dubbio  che  1'inleresse  si  della  (icrmania, 
e  si  delPAustria,  esige  imperiosamente  d'impedire  qualunque  estensione 
della  Russia  a  spese  della  Turchia.  Si  crede  esser  questa  pure  la  po- 
litica del  principe  Biswark,  al  quale  si  attribuiscono  le  seguenti  parole 
indirizzate  a  un  diploraatico  francese:  «  La  Germanin,  1' Austria  e  la 
Francia  debbono,  ad  esclusiooe  di  ciiiunque  altro,  dividers!  1'ioflueoza 
politica  nella  penisola  dei  Balkani  e  Delia  Turchia  asiatica.  » 

3.  Li  Prussia  e  la  Germania  erano  sempre  state  in  eccellenti  termini 
con  gli  Stati  Uniti,  e  non  si  sarebbe  giammai  creduto  che  potess' essere 
altrimenti;  imperocche  non  esiste,  per  cosl  dire,  alcuna  questione,  in  cui 
possano  trovarsi  in  conflitto  gl'interessi  dei  due  paesi.  Quindi  e  che  sola 
una  questione  di  persone  ha  dato  origine  al  preseote  dissidio.  La  Camera 
dei  Rappresentanti  a  Washington  aveva  votato  un  indirizzo  al  Reichstag 
germanico  in  occasione  della  morte  del  deputato  Lasker,  ivi  qualificato 
come  campione  delle  pubbliche  liberta  e  del  progresso.  II  principe  Can- 
celliere  si  rifiut6  di  trasmettere  al  Reichstag  il  detto  indirizzo,  e  lo  re- 
spinse  al  signor  Sargent,  ministro  degli  Stati  Uniti  a  Berlino.  Nella  sua 
lettera  d'accompagnamento  il  principe  Bismark  n Hernia va  non  potere 
accettare  le  qualificazioni  attribuite  al  signor  Lasker  dalla  Camera  degli 
Stati  Uniti,  e  al  tempo  stesso  i  giornali  di  lui  caricavano  d'ingiurie  il 
signor  Sargent.  Questo  modo  di  procedere  ha  destato  non  poco  malumore 
a  Washington,  e  il  signor  Sargent  ha  gia  ricevuto  la  sua  nomina  al  posto 
di  Pietroburgo.  II  signor  Sargent  per6,  che  non  si  cura  altrimenti  della 
camera  diplomatica,  rifiuta,  e  presceglie  di  tornare  in  America.  Sembra 
che  a  Washington  non  si  avra  tanta  fretta  a  dargli  un  successore;  pe- 
rocche,  a  dir  la  verita,  gli  American!  sono  assai  malcontent!  del  Cancel- 
Here  da  che  questi,  tornando  a  una  politica  protezionista,  fece  assogget- 
tare  al  dazio  d'entrata  certe  mere!  di  provenienza  americana,  e  vielare 
perflrio,  sotto  pretesto  di  trichina,  IMmportazione  da  quelle  parti  della 
came  suina  salata. 

4.  11  discorso  della  Corona,  pronunziato  il  6  marzo  in  occasione  del- 
1'apertura  del  Reichstag,  esprirae  la  speranza  che  la  r  i  forma  sociale,  inau- 
gurata  dalla  legge  d'  assicurazione  contro  le  malattie,  venga  continuata 
median te  la  fissazione  d'una  legge  di  guarentigia  conlro  gli  accidenti 
manuali.  Annunzia  inollre  un  disegno  di  riforma  della  legge  intorno  alle 
societa  per  a/ioni,  non  meno  che  qualche  altro  disegoo  di  legge.  II  di- 

>o  e  soprattutto,  quanto  ma!  categorico  nelle  sue  affermazioni  pacifiche, 
.  I  orate  dalle  relazioni  d'amicizia  con  Austria,  Russia,  Spagnaed  Italia; 


748  CIIONACA 

e  mctte  in  rilievo  che  il  carattere  pacifico  dclla  politica  tcdesca  e  oggidt 
riconosciuto  dappertutto. 

II  discorso  per6  non  dice  verbo  del  prolungamento  della  legge  contro 
i  socialisti,  che  e,  per  cosl  dire,  il  piatto  di  consistenza  della  presente 
sessione.  Questa  legge  era  stata  nel  1878,  in  conseguenza  dell'attentato 
Nobiling  contro  1'Imperalore,  votata  per  tre  soli  anni,  e  poi  rinnovata  per 
altri  tre  anni,  che  dovrebbero  a  spirare  il  settembre  prossimo.  Adesso  il 
Cancelliere  doraanda  sia  novamente  prolungata  per  due  anni.  I  giornali 
ufliciosi,  com'e  loro  stile,  cercano  di  esercitare  una  pressione  esorbiumte 
sui  deputati,  e  non  si  peritano  nerameno  di  fare  intervenire  nella  que- 
stione  la  persona  stessa  dell'  Imperatore.  II  22  di  marzo,  rispondendo  alle 
felicitazioni  presentatele  dall'uflicio  presidenziale  della  Camera,  S.  M.  di- 
chiarava,  a  quanto  si  afferma,  che,  avendo  sparso  il  sangue  per  quella 
legge,  trovava  diretta  personalraente  contro  di  se  1'opposizione  alia  legge 
medesima ;  che,  essendo  il  Monarca  costituito  in  posizione  tale  da  poter 
tutto  osservare,  egli  era  meglio  di  chiunque  altro  in  grado  di  giudicarne; 
e  che,  siccome  col  prolungamento  della  legge  s'intendeva  di  evitare  una 
strada,  la  quale  avrebbe  direttamente  condotto  alia  caduta  della  Monar- 
chia,  cosi  la  nuova  coalizione  del  Reichstag  appariva  gravida  di  pericoli. 

Si  tratterebbe  adunque,  come  ognun  vede,  di  una  vera  e  propria  intima- 
zione  rivolta  direitamente  dall'Imperatore  al  Reichstag.  Del  rimanente, 
nella  seduta  del  15  marzo,  il  principe  Bismark  non  ristette  esso  pure  dal 
mettere  innanzi  la  persona  del  Sovrano.  Egli  infatti,  accuso  i  partiti  di  dar 
opera  alia  distruzione  deU'edifizio  pabblico,  sorretto  dall' esercito  e  dalla 
politica  dell' Imperatore.  Da  un  altra  parte,  il  Cancelliere  aflerrab  non  es- 
sere  la  Chiesa  cattolica  una  tutela  efficace  contro  1'anarchia  e  il  socia- 
lismo;  e  a  sostegno  della  sua  asserzione  cit6  la  Francia,  la  Spagna  con 
la  sua  Mano  nera,  1'Irlanda,  1' Italia  e  1' Austria,  naturalmente  senza 
ricordarsi  che  in  tutti  quei  paesi  i  Governi  pongono,  specialmente  da 
circa  un  secolo,  ogn'impegno  a  combatteree  restringere  la  Chiesa  cat- 
tolica, e  fino  a  perseguitarla.  A  sentire  il  Cancelliere,  i  paesi  protestanti 
sono  anche  meglio  tutelati  sotto  questo  rapporto ;  gli  Stati  Uniti  d'Ame- 
rica  costituiscono,  secondo  lui,  un  vero  ideale;  laddove  le  Repubbliche 
cattoliche  deU'Araerica  meridionale  presentano  uno  speltacolo  de'  piu 
trisli.  II  Bismark  fmiva  col  domandare  la  votazione  ipso  facto  del 
prolungamento;  ma  dietro  proposta  del  signer  Windhorst,  il  Reichstag 
rinvi6  1'afTare  a  una  Coramissione. 

La  situazione  nel  Reichstag  e  tale,  che  i  106  voti  del  centro  deci- 
deranno  essi  soli  della  sorte  di  tulti  quanti  i  disegni  di  legge '.  I  pro- 

1  Qucllo  che  il  nostro  egregio  corrispondente  dice  qui  e  dfri  anche  in  appresso 
si  fonda  sopra  un'  ipotesi  che  poi  non  s'  e  verilicata.  Infatti  il  prolungamento  delle 
Ip^'i  cccezionali  contro  i  socialisti,  fu  approvalo  nel  Ileichstag  pure  col  concorso  di 
parecchi  membri  del  Centro. 


ti.  col  loro  riunirsi  uj  j'.-trtito  lilu-rale  germanico 
r<trtei}t  ban  costituilo  (jnella  pericol<  one, 

omit-  I'li:  !•  iii  il'-l  llfi.-hNt.u'  ione 

rod.  !);»  un'altra  parle,  i  nazionali-libt-rali  contano 
.i)ti,  le  due  frazioni  conservalrici  ne  contano  in  tutte  112;  cosicche 
i  un  totale  di  circa  100  voli  assicuraii  al  Goven.o  pel  prolunga- 
menlo  della  legge.  Quanto  ai  18  Polacchi  e  ai  15  rapprestMiianti  del- 
1'Alsazia-Loreni,  cssi  ilaran  volo  col  centro.  Vero  e  che  una  parle  degli 
antichi  secessionist*  faran  causa  comune  coi  ministerial!;  ma  quesli  con 
Iuttoci6,  ooo  arriveraono  a  rneitere  insieme  200  voti.  L'occasiooe  sembra 
agli  ullit-iosi  propizia  per  tentare  novamente  di  far  oascere  una  scissura 
nd  centre  i  cui  membri  veratnente  monarchic!  sooo  da  essi  invitati  a 
dar  prova  d'  indipeodeoza  di  sentimenti  e  di  principii.  Certo  so  1'Impe- 
ratore  ba  realmeote  pronunziate  le  parole,  che  gli  si  attribuisconn,  non 
sarebbe  impossibile  che  tale  o  tal  allro  membro  si  astenesse  dal  -dar 
veto  cootro  il  prolungamento:  lino  a  questo  momento  per6,  il  centro  si 
maotien  fcrmo  nel  respingerlo,  al  fine  di  por  termine  a  una  legge  di 
eccezione  e  d'  arbitrio.  Ci6,  del  resto,  non  toglie,  a  quanto  afferma  il 
signer  Windhorst,  che  il  centro  stesso  sia  disposto  a  cooperare  all'  at- 
tuazione  di  provvedimenti  generali,  conciliabili  col  diritto  comune,  per 
mettere  la  societa  al  sicuro  da  criminosi  tentativi  e  da  dottrine  teodeoti 
a  pricipitarla  inevitabilmente  nell'abisso. 

Le  popolazioni  cattoliche  si  pronunziaoo  in  modo  energico  contro  la 
legge  dei  socialist!;  e  ci6  e  facile  a  spiegarsi.  SofTrendo  orribilmente  esse 
medesirae  sotto  il  peso  di  leggi  d'  ecceziooe,  non  si  curano  aflatto  di 
veder  sottoposti  gli  altri  a  identico  trattaraentn.  Quindi  e  che,  ad  ecce- 
zione del  Westfaclische  Merkur  di  Mimster,  tutti  gli  organi  cattolici 
dichiaransi  assolutameote  contrarii  al  prolungamento.  La  Gcrmania, 
pubblicandosi  nella  sede  stessa  del  Governo  ed  essendo  considerata  come 
1'organo  ufficiale  del  centro,  nou  pu6  lasciare  (In  da  ora  travedere  in 
che  senso  sara  quest'  ultimo  per  dar  voto;  essa  si  contenta  soltanto  di 
discutere  le  cause  e  gli  efletti  della  legge  contro  i  socialisti.  11  rigetto 
di  questa  e  reso,  del  resto,  dal  Governo  stesso  assai  facile.  I/esposizione 
di  moiivi,  da  cui  la  domanda  di  prolungamento  e  accompagnata,  pone 

10  sodo  che  la  legge  non  ha  menomamente  impedito  il  socialismo  dal 
guadagnar  terreno  e  soprattutlo  dal  manteoere  le  sue  posizioni.  II  pic- 
colo stato  d1  assedio  stabilito  in  Amburgo  ha  egli  forse  impedito  ai  so- 
cialisti di  guadagnare  un  mandate  al  Reichstag?  E  perche  allora  armare 

11  Sovrano  d' un  potere  arbitrario?  Da  un'altra  parte,  la  Norddeutsche 
Allf/emeine  Zcitung  tratta  con  disprezzo  di  pieces  d  sensation  1'En- 
ciclica  di  I,eone  XI II  e  gli  altri  atti  de'  Papi  ultramontani  contro  le 
dottrine  socialiste.  Al  pari  di  ogni  buoo  foglio  uflicioso,  essa  non  trova 

.ice  cbe  la  forza  muscolare  del  gendarme,  e  scrive  arlicoli  interi  a 


CKONACA 

provare  che  la  Chiesa  fa  lega  egualmente  con  la  Rivoluzione  che  coa 
la  monarchia  assoluta.  I  ministri,  sopraltutto  il  signer  von  Putkamer, 
preposto  all'  interno,  parlano  e  operano  in  guisa  da  far  credere  che  agli 
occhi  del  Governo,  la  Chiesa  e  per  lo  meno  egualmente  pericolosa  die 
il  socialismo.  In  questa  condizione  di  cose,  1'  approvazione  della  legge 
contro  i  socialisti  potrebbe  essere  interprelata  come  una  sanzione  indi- 
retla  delle  leggi  di  maggio.  Queste  furono  messe  in  alto  col  concorso 
dei  progressisti,  oggi  aborriti  dal  Cancelliere;  ed  ora  egli  vuole  ottenere 
il  prolungamento  della  legge  contro  i  socialisti  coll'aiuto  dei  cattolici.  II 
sistema  del  Cancelliere  consiste,  in  sostanza,  nel  valersi  a  vicenda  del- 
1'opera  dei  different!  partiti  per  dar  fuori  leggi  d'eccezione  contro  tutti. 
Procedendo  di  questo  passo,  e  una  volta  che  il  potere  si  trovasse  ar- 
mato  di  leggi  d'eccezione  contro  tutti  coloro,  che  non  gli  vanno  a  genio, 
nulla  piii  rimarrebbe  dei  diritti  competenti  ai  singoli  cittadini.  A  che 
gioverebbe,  del  resto,  il  perseguitare  i  socialisti,  quando  le  dottrine  loro 
sono  insegnate  dalle  cattedre  ufficiali,  e  fino  imposte  a  parecchi  stu- 
denti,  che  non  ne  vorrebbero  sapcre? 

5.  Nella  seduia  della  seconda  Camera  prussiana,  il  Governo  si  op- 
pose a  che  fosse  presa  in  considerazione  la  proposta  del  sig.  Windhorst 
tendente  a  ottenere  1'abolizione  della  legge  di  sequestro  sui  beni  e  suite 
rendite  della  Chiesa  cattolica.  Obbedendo  alia  consegna  ministeriale,  i 
conservatori  si  rifiutarono  a  sostenere  il  centro  in  cosi  fatta  questione; 
talche  la  proposta  fu  respinta,  e  i  conservatori  dieder  ?oto  contro  il 
centro.  Tutto  porta  a  credere  che  il  Governo  cerchi  per  tal  modo  di  far 
nascere  una  rottura  definitiva  fra  due  partiti  fatti  apposta  per  inten- 
dersi,  e  soprattutto  adatti  a  costituire  una  solida  maggioranza  per  le 
riforme  sociali  ed  economiche.  11  17  raarzo  il  signor  Windhorst  insieme 
col  centro  deponeva  un'altra  proposta  per  conseguire  la  riforma  della 
legislazione  del  Kulturkampf  appoggiandosi  sulla  risoluzione  stata  ap- 
provata  il  26  aprile  1883,  grazie  all'  unione  del  centro  e  dei  conserva- 
tori: Voglia  il  Governo,  appena  i  negoziati  con  la  Santa  Sede  ne  in- 
dicheranno  1'opportunita,  sottoporre  al  Landtag  un  disegno  di  revisione 
delle  vigenti  leggi  politico  ecclesiastiche.  II  Governo,  intanto,  conside- 
rera  se  non  sia  urgente  di  sopprimere  fino  da  questo  momento  le  leggi 
che  puniscono  i  preii  per  esercizio  di  funzioni  sacerdotali.  »  Questa  ri- 
soluzione, tuttoche  approvata  a  forte  maggioranza,  non  fu  dal  Governo 
presa  in  considerazione;  di  qui  la  necessita  della  presente  proposta,  la 
quale  per6  non  verra  discussa  che  dopo  le  vacanze  pasquali. 

La  discussione  del  5  di  marzo  produsse  qualche  impressione  in  al- 
tissime  regioni,  grazie  ad  un  fatto  ricordato  dai  signor  Majunke.  Allor- 
quando  fervevano,  nel  1840,  le  famose  divergence  coll'Arcivescovo  di 
Colonia,  il  signor  Thiers,  che  era  in  quel  tempo  ministro  in  Francia, 
avea  tentato  di  suscitare  una  guerra,  istigando  i  cattolici  del  Reno  a 


conlro  la  rruisia;  ma  i  rattoliri  n 

B    il    iv    IV  Icrigo   (luglielmo  III,   n»-l   ricevere  alrun 

:o  dopo  il  Cardinal*'  ('n-ivsi'l,  gli  espivss*-  h  sua   snvi  lisfa- 

zione  per  quest*  atto  di  fedelta  de' suoi  su  !  liti  rattolici. 

ire  il  Governo  si  ricusava  ad  abolire  la  legge  sul  sequestro  to- 

>;i  da  11  a  qualche  giorno  il  sequestro  nell'arcidiocesi  di  Colonia.  <>ra, 

mo  la  k-gge  autorizzanle  la  revoca  temporaria  del  sequestro  spit 
col  31  marzo,  il  signer  Ga/dzewski  interpell6  il  ministero  intorno  ad 
analogo  provvedimento  per  1'arcidiocesi  di  ('m.-sna-Posnania,  unica  dio- 
ce*i,  il  cui  clero  soggiace  tuttnra  alle  conseguenze  del  sequestro.  II 31  di 
marzo  il  ministro  dei  culii,  signor  Von  Gossler,  rispose  che  il  Governo 
non  aveva  1*  intenzione  di  togliere  il  sequestro  in  quella  diocesi,  ne  si 
dava  la  minima  briga  di  assegnare  di  ci6  la  ragione.  A  si  arrogante 
rifiuto  diede  il  signor  Windhorst  la  risposta,  che  si  meritava.  Se  il  Go- 
verno, egli  disse,  non  ha  riguardi  per  noi,  neppur  noi  ne  avremo  per 
il  (loverno.  I  cattolici  rimarranno,  si,  sul  terreno  della  legalita,  ma  use- 
ranno  di  tuiti  quei  mezzi,  che  sono  in  loro  potere. 

Perci6  la  Germania,  giusiamente  osservava  che  il  signor  von  Gossler 
fece  il  roiglior  programma  che  i  cattolici  potessero  mai  desiderare  per 
le  future  elezioni.  Essi  ora  sanno  che  il  Governo  e  loro  piii  ostile  di  prima, 
e  che  la  bonaccia  e  passata;  quindi  non  si  starauno  dall'usare  delle  loro 
forze.  Gli  e  fuor  di  dubbio,  e  se  ne  ha  piena  conferma  nel  linguaggio  degli 
organi  ufficiosi,  che  il  Governo  ricomincia  i  suoi  rigori  verso  i  cattolici 
per  guadagnarsi  le  buone  grazie  dei  nazionali  liberal),  de'  quali  fara  di 
tutto  per  ottenere  la  ricompensa. 

Inquesti  ultimi  giorni  era  corsa  voce  che  il  principe  Bismarck  stava  per 
dimettersi  dalla  presidenza  del  Consiglio  dei  ministri  e  dal  portafoglio  del 
commercio  della  Prussia,  ritenendo  unicamente  la  qualita  di  Cancelliere  del- 
1'Impero.  Si  allegavano  come  motivo  di  questa  sua  determinazione  le  diver- 
genze  di  lui  coi  signori  Gossler  e  Putkamer  a  proposito  del  Kulturkampf 
su  di  che  il  Cancelliere  voleva  sottrarsi  a  ogni  responsabilita.  Per6 
1'aiteggiamento  assunto  dal  ininisiero  il  31  di  marzo  non  porge  alcun 
indizio  di  un  cosi  fatto  dissenso.  Nessun  ministro  avrebbe  parlato  come 
par!6  il  signor  Gossler,  se  non  si  fosse  trovato  d'accordo  col  Cancelliere. 
V.  noto  che  Del  1873  il  principe  avea  rinunziato  alia  presidenza  del 
Consiglio  in  favore  del  conte  di  Roon;  ma  ci6  non  gl'impedi  di  rimaner 
tuttavia  lo  spiritns  rector  del  ministero. 

1'ur  troppo  sembra  probabile  che  il  Kulturkampf  stia  per  ricomin- 
ciare.  11  ministro  dei  culti,  signor  von  Gossler,  fa  tutti  i  suoi  sforzi  per 
mostrarsi  degno  successore  del  signor  Falk,  d'infausta  ricordanza.  Egli 
ha  riciisato  la  dispensa  dagli  esami  a  tutti  quei  preti,  che  fccero  i  loro 
studii  a  Inspruch  ed  a  Roma;  cosicchfc  nell'arcidiocesi  di  Gnesna-Po- 
snania,  di  circa  100  preli  ordinati  posteriormente  alia  promulgazione 


CRONACA 

delle  leggi  di  maggio,  40  appena  hanno  ottenuto  la  dispensa.  Si  aggiunga 
che  fra  '  irrocchie,  che  conta  la  diocesi,  177  sono  prive  di  tito- 

lare.  In  sola  una  parrocchia  vacante,  186  persone  morirono  senza  sacra- 
monti  a  motivo  dell'  internamento  del  parroco  viciniore.  Fra  i  preti,  cui 
e  stata  negata  la  dispensa,  parecchi  se  ne  trovano,  i  quali  sono  stati 
coslretti  a  prestare  il  servizio  mllilare  d'  un  anno,  e  vi  hanno  conseguito 
il  brevetto  d'ufliziale  della  riserva.  Nell'arcidiocpsi  di  Colonia  3!)  preti 
si  videro  ricusata  la  dispensa,  raentre  282  1'  hanno  otienuta.  Lo  stesso 
si  dica  delle  altre  diocesi,  dove  a  un  buon  numero  di  preti  e  stata  pa- 
rimente  negata  la  dispensa  degli.  esami.  Segue  da  ci6  che  ai  patiraenti 
dei  cattolici  non  e  arrecato  che  un  meschinissimo  sollievo;  poiche  i 
preti  ammessi  sono  in  numero  di  gran  lunga  insufficiente  al  bisogno. 
Oltre  a  cio,  non  potendo  esser  nominal!  a  un  benefizio  qualsiasi  essi  non 
percepiscono,  a  malgrado  della  revoca  del  sequestro,  veruna  indennita 
dalle  casse  pubbliche;  ond'e  che  incombe  ai  cattolici  il  provvedere  alle 
loro  necessita. 

Questi  preti  ausiliari  non  sono  neppure  immuni  dal  pericolo  di  ul- 
terior! vessazioni.  In  ogni  parte  della  Prussia,  i  giornali  fanno  fede  della 
rigorosa  sorvoglianza,  cui  vengono  assoggettati  da  parte  della  autorita. 
I  borgomastri  sono  incaricati  di  prender  nota  di  qualunque  funzione  da 
essi  compiuta,  di  qualunqae  ufficio  da  essi  celebrato.  Si  vuole  cosl  averein 
mano  i  documenti  giustificativi,  pel  caso  di  dover  loro  intentare  un  pro- 
cesso.  Ai  termini  della  legge,  le  funzioni  d'  un  prete  ausiliare  non  sono 
esenti  da  penalita,  se  non  nel  caso,  in  cui  egli,  mediante  un  soggiorno 
prolungato  e  1'  amministrazione  regolare  d'  una  parrocchia,  non  metta  in 
campo  la  pretensione  di  esserne  il  parroco  regolarmente  insediato.  I  cat- 
tolici sono  dunque  minacciati  di  rimanere  da  un  momento  all'altro  privi 
di  bel  nuovo  de'servigi  de'loro  preti. 

6.  Nella  seduta  del  18  marzo  della  seconda  Camera  di  Baviera,  il 
ministro  della  guerra  si  trov6  costretto  a  confessare  che  la  Scuola  mi- 
litare  e  un  vero  istituto  di  propaganda  protestante.  Di  13  uffiziali  pro- 
fessori,  7  sono  pretestanti  e  a  protestanti  e  aflidato  1'insegnamento  della 
storia.  E  quella  che  s'insegna  non  e  gia  la  storia  di  Baviera,  ma  la 
storia  di  Germania  in  senso  protestante,  che  e  quanto  dire  tendente  a 
negare  il  passato  cattolico,  e  fino  i  diritti  del  Gattolicismo  e  degli  Stati 
caitolici.  Vero  e  bensl  che,  grazie  al  favore  onde  godono  i  protestanti 
in  quel  regno  per  ire  quarti  cattolico,  fra  182  alunni  ve  ne  hanno  82  pro- 
testanti. 


IV. 

::    I/I  n- 

ndescenia  .-uziono  — 

ttanli. 

1.  Le  relazioni  estcre  coritirmano  a  fornire  alia  slampa  tanto  maggior 
ria  di  ilJNCiissinnc,  quanto  piu  incomplete  sono  le  informazioni  da 
essa  attintt'  su  tale  proposito.  11  principe  Bismark  stesso  e  disceso  nel- 
1,1  •!'•!!. i  starapa  col  mandare,  di  sua  propria  mano,  una  smentita 
alia  '  ii  ivl.itivamente  a  una  notizia  <li  lloinn.  11  x'l  di  marzo, 

giorno  antecedente  a  quello  di  nascita  dell'Iraperatore,  —  cosi  alTerma  il 
corrispondente,  per  il  solilo  bene  informato,  di  quel  giornale  —  il  signor  De- 
pretis  si  recava  presso  il  signor  de  Keudell,  ambasciatore  di  Gerraania, 
per  dolersi  secolui  dei  rigori  spiegati  a  Trieste  contro  gl'  Irredcntisti, 
non  che  della  condotta  del  Nunzio  apostolico  a  Vienna,  accusato  dal  mi- 
nistro  d'agitazioni  contro  1*  Italia*  e  per  pregarlo  inoltre  a  dedurre  tali 
f.iiti  a  cognizione  del  principe  Bismark.  II  Cancelliere  asserisce  che  il 
signor  Deprelis  non  ebbe  nell' accennato  giorno  alcun  colloquio  col  si- 
gnor Keudell,  e  non  pole  quindi  formulare  le  doglianze,  che  gli  vengono 
atlribuite.  II  corrispondente,  alia  sua  volta,  mantiene  le  sue  asserzioni, 
aggiungendo  che  persone  addette  all*  arabasciata  germanica  si  fecer  carico 
di  propalare  quella  notizia,  che  fu  poi  raccolta  da  lui  e  da  altri  corri- 
spondenti.  Del  resto,  e  cosa  probabilissima  che,  in  occasione  del  giorno 
nutalizio  dell'lmperatore,  il  signor  Depretis  facesse  una  visita  all'amba- 
sciata,  dove  si  dava  una  festa.  Anche  1'organo  ufficiale  del  ministro  di 
re  Dmberto  pubblicava  una  smentita  analoga.  Contuttoci6,  egli  e  possi- 
bilissimo  che  il  signor  Depretis  abbia  presentato  siflfatte  riraostranze  al 
signor  de  Keudell,  dacche  non  pu6  presentarle  all'ambasciatore  d'Austria. 
II  governo  di  re  Umberto  e  costretto  a  trattare  coll'  Irredcntisti,  mentre 
I*  Austria  e  costretta  a  difendersi  contro  gli  assassini  e  i  cospiratori. 
L'Oberdank  e  consort!  di  lui,  celebrati  in  Italia  come  eroi  e  come  mar- 
tiri,  non  sono  in  Austria  che  delinquenti  corauni.  Molti  vi  hanno,  a  dir 
vero,  i  quali  trovano  che  1' Austria  e  tolleranie  assai  piii  del  dovere,  e 
che  non  spiega  abbastanza  rigore  contro  le  mene  degl'  Irredentisti.  Ar- 
rogi,  che  questi,  dal  canto  loro,  non  si  prendono  la  minima  soggezione. 
0  che  non  hanno  avuto  1'audacia  di  far  chiedere  da' loro  alliliati  al 
Landtag  del  Tirolo  la  soppressione  delle  scuole  ledesche  in  Bolzano  —  scuole 
fondate  per  iniziativa  di  particolari,  e  che  noverano  incirca  500  alunni,  — 
sotto  pretesto  del  coslituir  esse  un'oflesa  alia  nazionalita  italiana?  Dove 
irovare  in  Kuropa  un  governo  tanto  indolente  da  lollerare  una  somigliante 
aggressione  da  parte  di  gente,  che,  rinnegaudo  il  loro  governo  legittimo, 

mno  complici  dello  straniero? 

.    VI.  fa*  . 


CRONACA 

La  smentita  del  principe  Bismark  e,  come  giustamente  osserva  la 
Germania,  una  prova  manifesta  dell'imporlanza,  che  il  Cancelliere  an- 
nette  a  prevenire  ogni  sospetto,  a  dissipare  ogni  nube,  che  potessero  al- 
terare  le  buone  relazioni  coll' Austria;  essa  dimostra  fino  aH'evide:)x.a  che 
al  principe  Bismark  preme  piii  assai  di  star  d'accordo  con  1' Austria  che 
coo  1'  Italia. 

Da  un  pezzo  in  qua,  il  Governo,  la  stampa,  le  autorita  e  gli  uftiziali 
russi  gareggiano  in  dimostrazioni  d'amicizia  verso  la  Germania;  ed  e  un 
falto  che  la  Russia  va  debitrice  a  queste  amichevoli  disposizioni  di  aver 
potuto  annettersi  Merv  senz'essere  inquietata  da  nessuno.  Per  ci6  che 
concerne  1'  Inghilterra,  essa  fara  bene  di  considerate  tale  anoessione  meno 
come  una  minaccia  che  come  un  avvertimento;  perocche,  se  essa  con- 
tinuasse  ad  attraversare  la  politica  austro-germanica  in  Turchia  e  ad  in- 
traprendere  annessioni,  o  scoperte  o  velate,  in  Affrica,  potrebbe  darsi  il 
caso  che  le  si  sguinzagliasse  addosso  la  Russia  nelle  Indie.  Anche  nella 
questione  egiziana  1' Inghilterra  sara  costretta  a  tener  conto  dei  diritii 
e  degl'interessi  delle  altre  potenze;  a  questo  patto  soltanto,  potra  sperarsi 
che  la  Conferenza  da  essa  proposta  sia  coronata  da  successo.  E  cosa 
ormai  fuor  di  dubbio  che,  nella  questione  egiziana,  la  Germania  si  met- 
tera  dal  lato  della  Francia  piuttosto  che  da  quello  dell' Inghilterra. 

2.  L'opinione  pubblica  si  commosse  grandemente  all'annunzio  dei 
divisamenti,  del  principe  di  Bismark  di  rassegnare  la  presidenza  del 
Consiglio  dei  ministri  e  i  portafogli  del  commercio  e  delle  finanze,  non 
che  di  ripristinare  il  Consiglio  di  Stato;  ma  ora  non  si  ode  piii  parlare 
di  questo  mezzo  ritiro,  e  il  ripristinamento  del  Gonsiglio  di  Stato  (Staats- 
rath)  incontra  difficolta  pratiche  nella  sua  esecuzione.  Questo  Gonsiglio 
di  Stato,  la  cui  esistenza  risale  all'  anno  1817,  non  e  stato  mai  disciolto 
virtualmente ;  ma  dal  1848  in  poi,  non  e  stato  piu  convocato.  Esso  consta, 
per  diritto,  dei  principi  maggiorenni  della  famiglia  regnante,  dei  ministri, 
dei  marescialli,  dei  presidenti  de' tribunal!  superiori,  dei  president!  delle 
province,  come  pure  di  altri  funzinnari  superiori  e  di  personaggi  rag- 
guardevoli  designati  dal  Sovrano.  Ne  facevano  parte  anche  1'  Arcivescovo 
di  Golonia  e  il  principe  Vescovo  di  Breslavia.  Sembra  essere  stata  in- 
tenzione  del  Cancelliere  di  servirsi  dello  Staatsrath  come  di  contrappeso 
al  Landtag  (Parlamento  della  Prussia). 

La  gran  questione  del  giorno  e  la  proroga  della  legge  contro  i  so- 
cialisti.  La  Commissione  del  Reichstag  ha  approvato,  con  13  voti  contro  7, 
le  modificazioni  proposte  dal  signor  Windhorst,  e  tendenti  a  ricondurre 
le  cose  entro  i  confini  del  diritto  comune.  L'  illustre  capo  del  centro  pro- 
pose di  sopprimere  il  divieto  delle  riunioni  socialiste,  perche,  alia  fin  dei 
conti,  siffalte  riunioni  saranno  sempre  sorvegliate  dalla  polizia  come  tutte 
le  altre  riunioni  politiche.  Al  di  d'oggi  i  socialisti  tengono  riunioni  se- 
grete  assai  piii  pericolose,  esercitandosi  per  tal  modo  a  lavorare  nelfombra 


e  a  '  ;nare  il  {• 

ie  circoscrilia  a  Ucrlino,  (|innlum]ue  si 

^  ma  del- 

rimjM'ratniv.  iri  rMchiosi  oalro  eerti  liioiti  FespulfiOM  -toi  so- 

rialMi,  «•  gli  espulsi  hanno  il  diritto  di  ricorrerc  all'autorita  supfpiore. 
e  la  fabbricazione  di  materie  esplodenti  e  pericolo.se  saraa 
soggetli  a  una  legislazione  preventiva.  Non  v'ha  chi  non  ricouosca  che 
tali  modifirazioni  stabiliscono  una  transizione  pel  ritorno  al  diritto  co- 
mune,  ritorno  che  dev'essere  n«-i  M.-M  K-rii  di  ogni  Governo  serio.  Ma  in 
seno  della  Commissione  il  miuislro  dell' interno,  signor  von  Putkamcr,  si 
e  mostrato  irremovibile,  e  ha  dichiaraio  non  potere  il  Governo  accettare 
la  piii  lieve  mo  lificazione  della  legge,  essendo  la  proroga  di  due  anni  il 
minimum,  a  cui  possa  consentire.  Quesia  durezza  di  contegno  deve  lanto 
jtiii  maravigli  ire,  quanlo  1'esposizioae  di  motivi  presentata  dalla  Cancel- 
leria  confessa  senz'ambagi  che  1'azione  della  legge  manca  d' efficacia.  II 
socialismo  va  propagandosi  a  dispetto  di  essa  legge,  e  i  socialist!  ottcn- 
gono  successi  eleltorali  raaggiori  che  per  il  passato.  Ollre  a  ci6,  il  mal- 
contenlo  della  popolazione  operaia  cresce  ogni  giorno  piii  a  causa  degli 
atti  arbilrari,  che  la  legge  contro  i  socialist!  permette  di  esercitare  a  suo 
riguardo.  Tutti,  del  resto,  sono  d'accordo  nel  riconoscere  che  la  legge 
sles.sa  6  impotente  a  prevenire  gli  attentati  contro  il  Sovrano. 

Ben  diversi  per6  sono  i  calcoli  del  Governo.  Esso  intende  di  sciogliere 
il  Reichstag,  perche  spera  che  le  nuove  elezioni  debbano  fruttargli  una 

lievole  maggioranza,  composta  di  conservatori  e  di  nazionali-liberali, 
a  cui  si  propone  di  prestare  il  suo  appoggio.  A  quest'  effetto,  gli  organ! 
ufliciosi  hanno  aperto  una  campagna  in  favore  dei  nazionali-liberali.  II 
centro  e  piii  che  mai  fatto  segno  all'antipatia  del  Governo;  esso  ha  dei 
principii,  da'quali  non  si  diparte,  e  non  si  lascia  maneggiare  come  fanno 
i  liberal!.  Per  ci6  appunto  il  Governo,  piuttosto  che  mettersi  d'accordo 
col  centro,  tenta  di  nuovo  annientarlo,  o  almeno  assottigliarlo  con  nuove 
elezioni;  per  c!6  appunto  la  persecuzione  va  crescendo  di  violenza.  Egli 
e  fuor  di  dubbio  che  il  Governo  e  raalissimo  informato  rispetto  alle  dis- 
posizioni  del  popolo;  tutti  in  generate  dilTidano  di  lui.  Segue  da  ci6  che 
i  n  izionali-liherali  perdono  piii  terreno  di  quello  che  non  ne  guadagnino, 
e  che  il  popolo  si  pronunzia  in  favore  dei  progressist!,  francamenle  ostili 
al  Governo.  Arrogi  che  la  persecuzione  conlro  i  cattolici  parlorisce  lut- 
t'altro  efTetto  da  quello  di  convertirli  al  ministerialismo:  ond'6  che  il 
Governo  perde  interamente  il  suo  tempo  e  le  sue  fatiche,  e  le  session! 
{M: '.-in  ••man  riescono  Tuna  piii  sterile  dell'altra. 

3.  I  giornali  han  fatto  supporre  che  1'Enciclica  del  S.  Padre  contro 
la  frammassoneria  abbia  destato  un'impressiooe  spiacevole  nella  Corte 
imperiale,  lo  che  rendera  piii  difticili  i  negoziali  tra  lierlino  e  Roma.  II 

•  e  che  la  frammassoneria  e,  per  cos)  dire,  di  regia  istituzione  in 


CRONACA 

Prussia.  Federigo  II,  mentr'era  tuttavia  principe  ereditario,  si  fece  rice- 
vere  in  una  loggia  a  Brunswick,  e,  giunto  che  fu  al  potere,  fece  orga- 
nizzare  ne'suoi  Stati  la  frammassoneria  e  istituire  un  Grande  Oriente  a 
Berlino,  dove  se  ne  sono  posteriorraente  stabiliti  allri  due.  Anche  iu-1- 
1'esercito  egli  introdusse  la  frammassoneria;  male  per6  glie  ne  incolse. 
Uno  dei  generali  frammassoni,  il  Wallrabe,  lo  tradiva;  e  non  ci  voile 
che  una  circostanza  tutta  fortuita  per  impedire  a  costui  di  dare  in  niano 
agli  Austriaci  la  piazza  importante  di  Neisse.  Peggio  ancora  avvenne 
sotto  Federigo-Guglielmo  III,  padre  del  regnante  Imperatore.  Nel  1806, 
i  generali  frammassoni  si  diportarono  con  una  codardia  sen/'esempio, 
che  coperse  d'ignominia  1'esercito  prussiano:  le  foriezze  meglio  difese 
vennero  da  essi  cedute  alia  prima  inlimazione  delle  truppe  di  Napoleone  I 
—  capo,  come  tutti  sanno,  della  frammassoneria  —  e  senza  neppure  sea- 
ricare  un  fucile.  Guarnigioni  forti  di  15  a  20,000  uomini  furono  per  tal 
modo  date  in  balia  d'un  pugno  di  nemici.  Non  meno  vigliacchi  mostra- 
ronsi  i  funzionari  civili,  che  non  misero  tempo  in  mezzo  a  passare  ai 
servigi  del  nemico.  Ad  onta  di  si  disastrosa  esperienza,  il  Re,  che  pur 
non  apparteneva  alia  setta,  ne  conferm6  i  privilegi,  e  fece  ricevere  nella 
loggia  il  suo  secondo  figlio,  presentemente  Imperatore,  designandolo  qual 
protettore  a  tutte  le  loggie  della  Prussia.  L' Imperatore  da  gran  pezza 
non  frequenta  piii  le  loggie,  ma  il  Principe  imperiale  —  si  noti  bene  che 
io  non  fo  che  ripetere  le  asserzioni  de'giornali  ufficiosi  —  assiste  a  tutte 
le  feste  massoniche.  Piu  volte  e  avvenuto  di  leggere  dei  discorsi  pronun- 
ziati  da  lui  nelle  riunioni  della  setta,  i  quali  non  sono  punto  favorevoli 
alle  istituzioni  religiose.  Nella  sua  vita  pubblica  per6,  il  Principe  impe- 
riale manifesta  principii  assai  piu  benevoli. 

Alcuni  anni  or  sono,  persona  bene  informata  mi  assicurava  esservi 
in  Berlino  5,000  frammassoni.  In  tutta  la  Germania,  il  loro  numero  deve 
oltrepassare  i  10,000.  In  Baviera,  la  legge  esige  da  ogni  funzionario  ci- 
vile o  militare  1' affermazione,  mediante  giuramento,  di  non  appartenere 
a  veruna  societa  segreta,  ne  alia  loggia  massonica;  ma  da  gran  tempo 
questa  legge  non  e  piu  osservata,  e  i  frammassoni  dominano  nell'  ammi- 
nistrazione  e  nell'esercito  bavaresi.  Esistono  inoltre  in  Germania  parecchi 
giornali  massonici.  I  membri  della  setta  affettano  presso  di  noi  una  certa 
moderazione,  e  molti  di  loro  sono  gente  in  nessun  conto  pericolosa  o 
malvagia;  vero  e  che  sono  soltanto  iniziati  nei  gradi  inferiori.  Ma  da  una 
trentina  d'anni  in  qua  si  e  costituita  un' associazione  (Deuischer  Frei- 
maurerbund}  di  frammassoni  radicali  ed  atei,  che  riunisce  tutti  gli  ele- 
menti  rivoluzionari  delle  loggie.  Tutti  coloro  che  in  questi  ultimi  tempi 
si  sono  fatti  specialmente  notare  pel  loro  odio  contro  la  Chiesa,  appar- 
tengono  alia  loggia.  A  Berlino,  per6,  e  nel  rimanente  della  Prussia  si 
cerca  tuttavia  di  conservare,  almeno  esteriormente,  a  cosi  fatta  istitu- 
zione  un  carattere  conservatore  e  fin  anco  cristiano.  Quindi  e  che  non 


CONTEMPORAKEA 

vono  gli  ebivi,  i  i|:iali,  per  f.irsi  ammei1 

irgo  e  n-  Siati  in-i  •  'ori  apparlengono 

M-lla  qu  ile  1'elemeoto  ortod< 
lalo  in  r-'u.il  proporzione  deU'eleraento  ra/ionalista  .  v' lianno 

alcuai  pasiori,  i  quali  sono  insigniti  del  grado  di  dignilari  delle 
logc 

un  gran  numero  di  persone,  la  loggia  non  e  che  un  mezzo  di 
far  cammino,  un' associazione  mutua  di  successo  e  d'avanxamento.  Quindi 
e  che,  in  molti  paesi  te  k'schi,  e  assolutamenie  impossible  il  giungere 
a  un  posto  elevato  senza  il  soccorso  della  loggia.  I^e  cose  proredono 
egualmente  nell'industria  e  nel  commercio.  Non  v'ha  che  1'esercito,  che 

i  presso  a  poco  immune  da  siffatta  influenza,  perche  ravanzamento 
degli  ufTi/iali  procede  in  modo  strettamente  rigoroso.  L' insegnamento  e 
dominalo  dalla  loggia,  e  una  gran  parte  delle  molteplici  societal  e  corpo- 
razioni,  onde  la  Germania  ribocca,  sono  dinette  da  frammassoni  e  formano 
alin'ttante  succursali  della  loggia.  In  generate,  il  protestantesimo  fornisce 
alia  setta  un  maggior  numero  d'adepti  che  non  il  cattolicismo.  In  Ba- 
viera,  le  citta  protestanti  di  Bayreuth  e  di  Norimberga  sono  il  centro 
della  loggia,  che  contribuisce  in  gran  parte  ad  assicurare  ai  protestanti 
una  preponderanza  ofiensiva  in  quel  paese,  un  tempo  cost  devoto  alia 
Chiesa.  Appartenendo  i  piii  dei  giudici  e  dei  funzionari  alia  setta  mas- 
sonica,  certe  assoluzioni  e  certe  ingiustizie  scandalose  non  debbono  recare 
veruna  sorpresa.  II  fatto  piii  strepitoso,  e  che  avrebbe  dovuto  aprir  gli 
occhi  a  chi  di  ragione,  fu  1'inchiesta  giudiciaria  contro  il  regicida  No- 
biling.  Frattanto  che  il  pubblico  ministero  faceva  il  diavolo  a  quattro 
per  porre  in  sodo  1'afliliazione  di  costui  al  cattolicismo,  passava  assolu- 
tamente  sotto  silenzio  I'afQliazione  sua  reale,  realissima  alia  loggia.  Ma 
v'ha  anco  di  peggio.  II  giudice  d'istruzione,  il  pubblico  ministero  e  i  me- 
dici  legali  aflermarono  al  cospetto  dell'  Europa  che  il  Nobiling  non  era 
mai  tomato  in  se  durante  le  tre  settimane,  ch'ei  visse  dopo  il  suo  ten- 
t;<tivo  di  suicidio.  Ora,  nulla  prova  roaggiormente  la  potenza  della  setta, 
che  il  fatto  del  non  avere  alcun  organo  pubblico  contestato  le  asserzioni 
dei  legist),  e  domandato  che  col  ministero  d'una  commissione  indipen- 
dente  si  determinasse  in  modo  serio  e  preciso  lo  stato  mentale  del  No- 
biling. Certo  e  che  la  frammassoneria  aveva  interesse  a  non  Tar  parlare 
il  Nobiling;  di  qui  1'  audace  aiTermazione  de'suoi  adepti  che  dopo  1' a  l- 
tentato  egli  non  aveva  piii  ricuperati  i  suoi  sensi.  Se  il  Nobiling  fosse 

>  commesso  al  giudizio  di  magistrati  e  di  medici  coscienziosi,  1'im- 
peratore  Guglielmo  e  suo  figlio  avrebbero  avuto  occasione  di  rimaner 
circa  il  valore  dell'amicizia  e  dell'affezione,  di  che  i  frammas- 
soni menano  cosi  gran  vanto  a  loro  riguardo.  Se  il  Cancelliere  —  che 
pure  non  e  frammassone  —  volesse  prendersi  la  pena  di  esaminare  le 
intime  relazioni  esistenti  fra  i  suoi  nemici  —  progressisti,  democratici  e 


CRONACA 

socialist!  —  e  la  loggia ;  egli  al  certo  nelle  sue  lotte  politiche  poster 
lc  sue  bath-rle  meglio  assai  di  quel  che  non  faccia  oggidl. 

4.  1^  persecuzione  ha  ripreso  il  suo  carattere  acuto.  II  minislro  dei 
culti  usa  di  tutto  il  rigore  possibile  a  riguardo  dei  preti  rirhiamati 
dall'esilio.  Fra  questi,  1225  hanno  ottenuto  la  dispensa;  a  178  e  stata 
definitivamente  rifiutata,  perche  non  hanno  studiato  pel  corso  di  tre 
anni  in  una  universita  tedesca,  che  e  quanto  dire  perche  hanno  studiato 
a  Roma,  a  Inspruck,  a  Lovanio;  per  39  non  e  stata  ancor  presa  veruna 
decisione;  e  cosl  anche  per  altri  130  colpiti  di  pene  di  bando  in  forza 
delle  leggi  di  maggio.  Secondo  ogni  probability  alia  maggior  parte  di 
questi  preti  verra  negata  1'ammissione.  Mentre,  dopo  aver  collocate 
i  1225  dispensati,  riraangono  sempre  piii  di  500  parrocchie  prive  di 
titolari;  il  Governo  veramente  non  fa  mostra  di  grande  spirito  di  con- 
ciliazione  allontanando  un  tal  nuinero  di  preti  dalle  rispettive  lor  diocesi. 
II  modo,  ond'  esso  si  vale  delle  facolla  conferitegli  dalla  legge  sulle  di- 
spense e  dalla  concessione  del  Santo  Padre,  non  puo  che  aumentare  a 
dismisura  la  diffidenza  e  il  raalcontento  dei  cattolici. 

Le  autorita  infieriscono  con  accaniraento  e  dovunque  la  legge  loro 
lo  permette,  qualunque  sia  1'occasione  che  loro  se  ne  offre.  A  Koldrab 
(diocesi  di  Posen)  il  vicario  Kruszka  era  stalo  arrestato  dai  gendarmi 
e  messo  io  carcere  per  rimanervi  260  giorni.  Rientrato,  in  grazia  di 
una  dispensa,  egli  domanda  e  ottiene  una  dilazione  a  pagare  Tararaenda 
di  2,600  marchi  (equivalente  di  260  giorni  di  carcere)  incorsa  priraa 
dell' espulsione.  Ma  nel  menlre  ch'ei  prepara  i  suoi  parrocchiani  alia 
confessione  pasquale,  si  vede  arrestato  e  condotto  via  dalla  forza  pubblica 
come  un  malfattore. 

A  Saarlouis  il  signor  Schneider,  mandate  come  prete  ausiliare  nella 
parrocchia  vacante  di  Niedaltdorf,  e  slato  multato  in  340  marchi.  Molte 
altre  condanne  di  questo  genere  sarebbero  da  segnalarsi,  che  per  amore 
di  brevita  omettiamo.  Ci  contenteremo  di  dire  che  la  parrocchia  di  Kosten 
ha  pagato,  da  che  regna  il  Kid-turkampf,  39,000  marchi  d'  ammenda, 
e  che  i  membri  di  essa  han  sofferto  10  anni  di  carcere,  perche  piace 
al  Governo  di  mantenervi  on  prete  inlruso.  A  Posen  poi,  il  ministro  dei 
culti  ha  minacciato  di  sopprimere  un  asilo,  che  accoglie  200  fanciulli, 
se  da  qui  a  qualche  mese  quell' istituto  non  venga  tolto  alle  Sucre  di 
carita! 

1  giornali  si  sono  molto  occupati  della  rinunzia  di  Sua  Eminenza  il 
Cardinale  Ledochowski  al  suo  arcivescovato  di  Gnesna  e  Posnania. 
Erasi  dato  a  quest'atto  Taspetto  d'  un  sacrifizio  tendente  a  ottenere,  in 
compenso,  alcuna  concessione  dal  nostro  Governo.  Fino  ad  ora  per6  nes- 
suna  risoluzione  e  intervenuta  a  questo  riguardo.  Se  pure  il  Cardinale  ha 
realmente  offerto  di  rinunziare  alia  sua  sede,  par  certo  che  il  Sommo  Pcn- 
tefice  non  abbia  a  ci6  consent! to. 


CONTEMPONA.NEA 

II  luncili  dopo  Pasqua,  a  Coloni.-t,  un'  ass»'mM«ja   composla  di   ollre 
•'iinnm-ntf  .1,'lla   loro    assolula   dcvo/ione  a 

monsignor  Mddu'rs,  arcivescnvo  di  <|iirlla  ritta,  da  essi  ••M-lusivamenle 
ricoDosciuto  come  legiltimo  loro  pastore  a  dispetlo  della  legge,  che  lo 
ha  colpito.  In  quella  occasions  1'  assembled  rinnovava  .la  protesta  dei 
cattolici  contro  le  leggi  di  maggio,  e,  nel  rivcndicare  i  dirilti  di  essi, 
esprimeva  al  tempo  stesso  la  sua  iotera  flducia  nel  centro,  cui  invitava 
a  persistere  nella  lotta,  assicurandolo  del  concorso  di  tutti  i  cattolici. 
t'uhimi  sono  inoltre  esortati  a  rimaner  fermi  e  lottare,  lino  a  che 
oon  vengano  reintegraii  nei  diritti  guarentiti  dai  trattati  e  solennemente 
riconosciuti  dai  Sovrani  di  Prussia.  Analoghe  riunioni  sono  state  susse- 
guentemeote  tenute  a  Krefeld  e  a  Barmen,  e  altre  ne  saranno  lenute  in 
progresso  di  tempo. 

In  esecuzione  d'  un  ordine  partito  da  Berlino,  e  stato  soltoposto  a 
sequestra  il  manifesto  dato  fuori  dai  Comitato  per  1'  assemblea  di  Co- 
Ionia,  e  i  sottoscrittori  di  esso  sono  incriminati  «  per  avere  afTerraato 
fatli  non  veri  contro  il  Uoverno,  col  fine  di  esporlo  al  pubblico  disprezzo. 
Avremo  cos)  una  causa  celebre:  un  processo  di  tendenza  in  prospetliva. 

5.  In  quest'  anno  due  Yescovi  di  Germania,  mons.  von  der  Marwitz 
di  Kulm  e  monsignor  Raess  di  Strasburgo  han  compiuto  il  loro  90°  anno. 
Si  degni  Iddio  prolungare  ancora  la  preziosa  loro  esistenza,  acci6  possano 
vedere  ristabilita  la  pace  religiosa. 

II  duca  Paolo,  fratello  al  Granduca  regnante  di  Mecklemburgo-Schwerin 
nel  contrarre  matrimonio  colla  principessa  Maria  di  Windischgraetz, 
aveva  promesso  di  far  allevare  nel  cattolicismo  tutti  i  suoi  flgli.  Ad 
onta  di  ci6,  nato  che  fu  il  primo  di  essi,  il  Granduca  lo  fece  battezzare 
per  forza  dai  suo  predicatore  di  corte.  La  giovine  coppia  allora  abban- 
don6  il  granJucato,  e  il  secondo  figlio,  che  vide  la  luce  in  Algeri,  fu 
battezzato  dall'arcivescovo  di  quella  citta.  In  seguito  il  duca  si  6  stabi- 
lito  in  Austria,  paese  natale  di  sua  moglie,  e  ha  rinunziato  a'suoi  diritti 
di  successione  nel  Mecklemburgo.  Ha  dovuto  aliresl  dimettersi  dai  suo 
grado  nell'esmito  prussiano,  perche,  in  virtu  d*  una  regia  ordinanza  ri- 
chiamata  in  vigore  dall'Imperatore  regnante,  ogni  ufDziale  protestante, 
che  nel  disposarsi  a  una  cattolica  si  obblighi  ad  allevare  i  suoi  figli 
oel  cattolicismo,  deve  ricevere  il  suo  congedo.  Si  dice  che  il  duca  Paolo 
mediti  di  prender  servizio  in  Austria,  e  sia  in  procinto  di  rienirare  in 
grembo  alia  Chiesa.  Si  dice  aliresl  che  un  uffiziale  del  103°  reggimento 
d'infanteria  (sassone)  a  Bautzen  siasi  convertito  al  Cattolicismo,  e  che 
due  altri  ufliziali  dello  stesso  reggimento  si  dispongano  a  seguire  1'esem- 
pio  di  lui. 

II  Senato  regnante  delta  citta  libera  e  anseatica  di  Brema  ha  ordinato  la 
soppressione  della  scuola  caltolica  superiore  di  quella  citta,  perche,  sono 
sue  parole,  «  i  cattolici  non  han  dirilto  a  una  simile  scuola.  »  La  verita 


CKO.VACA   CONTEMPOFUNEA 

6  che  si  questa,  come  le  scuole  primarie,  sono  mantenute  dai  cattolici,  i 
quali  sono,  per  giunta,  obbligati  a  coothbuire  al  mantenimeDto  delle 
scuole  protestanti,  di  cui  il  raunicipio  si  e  addossato  il  carico. 

C>.  Avendo  parecchi  sinodi  solennemente  protestato  contro  le  dottrine, 
assolutamente  anticristiane,  affermate  dal  signor  Benda,  professore  di  teo- 
logia  protestaote  a  Bonn  nella  sua  apoteosi  di  Lutero,  i  razionalisti,  si 
sono  levati  in  difesa  di  lui,  e  in  un  indirizzo  lanciato  al  pubblico  re- 
spingono  vigorosamente,  in  nome  della  liberta  di  doltrina,  le  proteste  e 
le  accuse  degli  ortodossi.  Non  e  cbi  non  ravvisi  in  questo  fatto  la  ma- 
uifestazione  di  tirio  scisma,  che  esiste  gia  da  lungo  tempo  in  stato  latente. 

II  partito  di  conciliazione,  che  si  sforza  di  tenersi  a  eguale  distanza 
dai  credenli  e  dagl'increduli,  ha  tenuto  la  sua  riunione  annuale  (evan- 
gdischer  Vereinstag)  a  Berlino.  Nella  seduta  del  18  aprile,  1'assemblea 
applaudiva  freneticamente  alle  deduzioni  dei  Proposto  (titolo  conservato 
dai  tempi  cattolici)  von  der  Goltz,  sonanti  come  segue :  «  L'  unione  tra 
Chiesa  e  Stato  e  una  guarentigia  della  verita  evangelica  e  della  liberta 
protestante;  e  inoltre  un  bene  per  la  Ghiesa  perche  le  assicura  1'unione 
colla  civilla  e  co*  suoi  progressi.  »  Anche  il  professore  Beyschlag  ri- 
scosse  molti  applausi,  quando  afferm6:  «Per  noi,  la  Ghiesa  6  pure  Una 
istituzione  dello  Stato.  »  Ci6  si  comprende  facilmente.  Senza  lo  Stato, 
quei  signori  non  sarebbero  nulla;  i  loro  fcdeli  non  darebbero  loro  1'asse- 
gnamento  d'  un  centesimo,  laddove  lo  Stato  li  retribuisce  splendida- 
mente.  L'  unione  collo  Stato,  afferma  il  signor  von  der  Goltz,  e  una  gua- 
rentigia contro  il  dominio  popolare  nella  Ghiesa.  Non  ci  vuole,  invero, 
gran  fatica  a  persuaders!  come  quei  signori  ripongano  ben  poca  flducia 
nel  loro  popolo  protestante. 

11  concistoro  supremo  dell'antico  regno  di  Annover  ha  compilato  un 
regolamento  degli  uffici  divini  assai  curioso  nel  suo  genere.  L'ufiicio 
deve  cominciare  dall'Introito  e  da  un  cantico,  dopo  il  quale  il  pastore 
canta  insieme  con  gli  assistenti  il  Kyrie,  e  cosl  il  Gloria.  Seguono  poi 
la  salutazione  e  la  colletta.  Un  nuovo  cantico  precede  1' Epistola  e  il 
Vangelo,  susseguito  alia  sua  volta,  dal  Credo  e  dal  Sermone.  Vengono 
quindi  una  certa  quantita  di  preghiere  e  di  cantici,  la  questua  e  in  ultimo 
la  benedizione.  I  giornali  biasimano  questo  regolamento,  perche  lo  trovano 
troppo  cattolico. 

11  Gonsiglio  parrocchiale  luterano  di  Elberfeld  pubblica  il  seguente 
avviso:  «  Come  per  il  passato,  il  giorno  della  Confermazione  (prima 
com  unione)  gli  anziani  faranno  una  questua  per  la  fantesca  del  pastore  e 
pel  poveri.  La  questua  per6  a  vantaggio  del  pastore  non  avra  luogo.  I  par- 
rocchiani  che  intendono  far  qualche  offerta  al  signor  pastore  sono  pregati 
a  presentargliela  direttamente.  > 


INDICE 


La  recentr  sentenza  conlro  la  Propaganda.   Pag.  r> 

Del  presente  stato  degli  studii  linguistici  ...»  28 

•// •  416 

la  dccadenza  del  pensicro  italiano  —  La  cn- 

tica »  44 

/•/  in »  685 

La  contessa  Internationale »  58 

I.  Si  va  in  villa »  ivi 

II.  Destri,  sinistri  c  centre  tutti  in  una  car- 

rozzata »  63 

III.  Vera  vanita  c  vera  cortesia »  181 

IV.  Prime  scintille »  189 

V.  I  babbi  provvidi  e  le  buonc  mamme.  »  327 

VI.  Soperga  e  Torino »  335 

Nota.    Le    Chiuse,    e   Alle    porte   d'  Italia   del 

De  Amicis »  346 

MI.     Amore  e  musoneria »  451 

VIII.  Sconfitta  dalle  monache »  456 

IX.  La  monaca  di  Cracovia »  460 

X.  t'arfallc  e  farfallini »  552 

XL     Fiori  simpatici »  557 

XII.  Giusto  alia  viiiilia  della  partenza   .  .  .  • 

XIII.  Si  parte  per  Milano »  701 

XIV.  Dirtro  le  quinte  gli  alTari  serii   .  .  .  .  »  705 

XV.  Idee  patcrnc »  710 


1  >  I)  I  C  E 

Sanctissimi  Domini  Nostri  Leonis  divina  provi- 

dentia  Papae  XIII.  Allocutio Pag.  129 

L'avvenire  della  plebe » 

Idem »  5I3 

Delia  coslruttura  della  Chiesa  quanta  alia  forma 

di  reggimento »  148 

//  nuovo  cilindro  di  Nabonid »   163 

Sanctissimi  Domini  Nostri  Leonis  divina  provi- 

dentia  P&pae  XIII.  Epistola  encyclica  .  .  »  257 
Di  un'alleanza  monarchica  in  Europa  .  .  .  .  »  292 
Del  composto  ontologico  e  della  reale  distinzione 

tra  I'essenza  e  I'  essere  che  v'e  in  ogni  crea- 

tura »  305 

La  ma&soneria,  ecco  il  nemico:  doe  VEncliclica 

Humanum  Genus »  385 

Di  alcuni  documenti  poco  noti  dimostranti  do  che 

della  setta  massonica  deftnisce  la  recente  En- 

ciclica  Humanum  Genus  del  S. P.  Leone  XIII. »  406 

Idem »  653 

Delia  potesta  della  Chiesa »  435 

Mirabili  effetti  dell' Endclica  papale  Humanum 

Genus  contro  la  Massoneria »  525 

Della  potesta  magistrate,  nella  Chiesa »  536 

Date  a  Cesare  quel  che  e  di  Cesare »  641 

Delia  contingenza  del  mondo »666 


RIVISTE  DELLA  STAMPA  ITALIANA 


DelV  Origine  deW  Uomo  secondo  il  Trasformismo.  Esame 
scientifico,  jilosofico  teologico  di  Pietro  Caterini  S.  I.  Pag1.  "«3 

La  morale  civile  nelle  scuole  popolari  del  regno  d* Italia,  dt 
Niccol6  Guastella,  segretario  comunale,  insegnante  nelle 
scuole  elementari  del  municipio  di  Palermo »  76 


IN  Dl 

neli«  popolart .  >-ntc  per  la  r. 

•;/»<?,  sopra  tutti  gh  evangeli  domenicali  deir  anno,  eon 
altre  omelie  per  le  tolennita,  principals  e  discorsi  di  occa- 
sione.  Opera  del  £  .Iro  Bossi  Parroco  di  JBor- 

sano Pag.     81 

-o  del   Sistema  filologico  e  linguistico,  applicato 
alia  Mitologia  e  alia  Scienza  delle  Reltgioni,  pel  P.   Ce- 

A.  De  Cara  d.  C.  d.  G »   199 

'«  e  Re,  ossia  le  teoriche  di  Conciliazione  politicO'religiosa 

per  Gaetano  Zocchi  S.  I »  207 

//  Teismo  filosofico  Cristiano...  per  Pasquale  d'Ercole  Pro- 
fessore  ordinario  di  filosofia  neW  Universita  di  Torino. 
Parte  priraa:  Le  contraddizioni  e  le  infondate  diinostra- 

tioni  del  Teismo »  212 

Jstru:ioni  catechistichc  di  monsignor  Pietro  professore  Ta- 
riuo  Dottore  in  Teologia,  Filosofia  e  Metodo,  Canonico 
Preposto  della  Cattedrale  di  Biella  e  Cameriere  Segreto 

di  S.  S. .347 

Theologia  Moralis,  Aitctore  Augustino  Lehmkuhl  Societatis 

lesu  Sacerdote »  350 

inonarc.hia  democratica  proposta  da  un  italiano.  ...»  467 
Pensiero  Jilosofico  net  suoi  rtpporti  colla  civilta  e  mora- 
lita  italiana  nelVepoca  moderna  per  D.  Claudio  Poggi.  »  475 

un  alto  studio  di  Teologia  comparata.  —  Discorso  recitato 
al  VI  Congresso  cattolico  di  Napoli  da  Monsignor  Dome- 

nico  Marinangeli    Vescovo  di  Foggia »  570 

JEsagerazione  o  verita**  Eco  della  quaresima  1884  .      .  .  »  575 
Trionji  e  sconfitte  —   Opere  teatrali  del  P.   Biagio   Maria 

La  Leta  d.  C.  d.  G.  —   Vol.  I  e  II. »  581 

Conforto  neiresiglio,  alle  donne  cattoliche  d1  Italia  per  Anna 

Rossi-Boschi »  583 

Di  alcuni  lavori  pubblicati  in  Italia  sulla  Sciema  delle  re- 
ligioni  o  che  ad  essa  si  riferiscono.  —  1°  La  Scienza  delle 
religioni.  Discorso  per  la  inaugurazione  degli  studii  letto 
il  16  notembre  4882  nella  R.  Universita  di  Napoli  dal 

Prof.  Michele  Kerbaker »  715 

Are  ^faria,  five  Maria  ab  Angelo  tar  Us  linguis  salutata,  cui 
omnia  a  se  collecta  scriptaque  D.  D.  D.  P.  A.  Pfister  S.  I.  »  721 
ioni  elementari  di  Fisica  per  MODS.  Giuseppe   Rubbiui 


IN  D  1C  I 

Pro fes sore  di  fisica  nel  Collegio  di  Propaganda:  cstratlo 
dal  periodico:  La  Scienza  Italiana.  Volume  77,  Parte  I, 
Ottica • Pag. 

BlBLIOORAFIA » 

Idem        ' 

Idem        » 


CRONACHE  CONTEMPORANEE 


Dal  7  al  27  marzo  1884. 

I.  COSE  ROMANE  —  1.   Udienza  del  Santo  Padre  —  2.  II 
novelh  Vice-Cancdliere  di  Santa  Chiesa  —  3.  La  circolare  deUa 
Sacra  Congregazione  di  Propaganda »  98 

II.  COSE  ITALIANS  —  1.  Presente  condizione  in  Italia  - 
2.  Altri  guai:  il  fosso  ricoperto  con  frasclie  e  1o  scandaJo  dei 
Prefetti  Corte,  Casalis  — ^.L'affare  Guaslalla,  il  mister o  di 
Corneto  —  4.  Manifesti  sovversivi,  il  verdetto  dei  giurati  di 
Milano  —  5.  La  criminalita  nelh  Eomagne  —  6.  Dimissione 

del  Farini  —  1.  Morte  di  Quintino  SeUa »  102 

III.  COSE  STRAN1ERE  —  Ffancia  —  1.  Dissesto  economico 
delta  Francia  —  2.  Clemenceau  a  Londra  e  pericoli  di  una 
crisi  ministeriale  —  3.  Statistica  delle  bettole  —  4.  7  bonapartisti 
si  agitano ;  e  il  loro  appello  al  popolo  —  5.  II  principe  Orloff  a 
Berlino  —  6.  J  conforti  immaginarii  della  Repubblica  —  7.  Velo 
misterioso  sul  Tonkino  —  8.  7  religiosi  cacciati  dalla  Francia 

e  la  carita  cattolica »  107 

IV.  INGHILTERRA  (Nostra  corrispondenza)  —  1.  Voto  di  sft- 
ducia  della  Camera  de'Lordi  contro  il  minisf.ro  Gladstone.  Grave 
cimento,  cui  e  stata  posta   I'  esistenza  di  questo   anclie   nella 
Camera  dei  Comuni  —  2.  La  qmstione  egiziana,  e  sue  deplore- 
voU  conseguenze  —  3.  Imminenti  proposte  govemative  per  I'estciv- 
sione  della  francliigia  delle  contee  e  per  tw  nuovo  ripartimcnto 
di  Seggi  —  4.  Progressive  miglioramento  nelle  condizioni  del- 
l'  Irlanda.  La  nuova   universita  di  Dublino  —  5.  II  Collegia 
gesuitico  di  Stonyhurst  —  6.  Probabilita  die  nella  prcsente  ses- 
sione  del  Parlamento  venga  novamcnte  discussa    la  qucstione 
dell' insegnamento  elementare — l.Ancora  del  signor  Bradlaugli— 
8.  Nomina  di  una  Commissione  per  trovar  il  modo  di  recar 
sollievo  alle  tristi  condizioni  de'poveri  in  Londra  ed  altrovc  - 


INI 

'.i    /'•  nza 

'rnrii  <ilfn  f>- 

ffrrra  --  1 1). 

tentt  'ie  di  due  scritti  cattolici.  Mission*  e  Quarantore 

in  Manchester  <  nit  rove  —  11.  Elczione  del  nuovo  Presidente 

i  Camera  dei  Coniuni  —  1  muta  sulla    ' 

l':ur.   1  H 

V.  PRUSSIA  (N  '  •  1.  La  ripristinaz< 

buone  intelligent  <i,  e  contraccolpo  risen: 

in  Austria  —  2.  Spogliazione  delta  Propaganda.  Protest  a  del 

)t%o  di  Brcslaria  —  3.  Piato  con  gli  Stud  I'niti  —  4.  Jl/ 
tenimcnto  in  vigore  dellc  leggi  di  maggio;  fatti  di  persecuzione  — 
5.  /''rutti  del  centenario  di  Lutero.  Notizie  di  Svezia »  121 

Dal  2S  niarzo  al  10  aprile. 

I.  H<»M A  Nostra  corrispondenza)  —  II  Mortara  grande  rob- 
bino  di  Muntova  e  Ruggiero  Bonghi  aUe  prcse.  Errori  dettebreo 
e  del  cristiano  a  proposito  del  misfatto  di  Tisza-Eszlar  ...»  223 

II  COSE  ROMANi;  —  1.  Udienssa  del  Santo  Padre—  2.  La 

parlenna  del  Papa  da  Roma  —  3.  L' Allocuzione  del  Santo  Padre: 

/ti,  frenu'ti  e  ingiurie  dei  suoi  nemici  —  4.  Leone  XIII  e 

lo  Seid  di  Persia  —  5.   Un   uomo   die  comincia  a  diventare 

ridicolo , »  231 

III.  COSE  1TALIANE  —  1.  La  Crisi  —  2.  Atteggiamento  dei 
partiti  in  Montecitorio  —  3.  L!  elezione  del  Presidente  —  4.  Vod 

di  f'i'orf »  235 

IV.  COSE  STRAN1EHE  --  Russia  (Nostra  corrispondenza)  - 
I.  f  \ilma  apparente,  non  reale,  all'interno  —  2.  II  viaggio  del 
signor  de  Giers,  e  I'accordo  fra  i  ire  Imperi  —  3.  Stato  pre- 
sente  dell' esercito  russo  —  4.  Dedizione  di  Hero.  Vere  ragioni 
di  til  fatto,  consideratot  a  torlo,  dalla  stampa  russa  come  un 
trionfo  del  In  diplomazia  imperiale.  Eventual  i  conseguenze  di  un 
confjlitto  fra  Russia  e  Inghilterra  —  5.  Propensione  del  Governo 
verso  i  cattolici  del  TitrJcestan.  Suoi  sforsi  per  sostituire   nel 

cattolico   il  russo  all'idioma  polacco  —  6.  /  ire  grandi 

<>lithi   csistenti  in  Russia,  ad  uno   de'quali,  dot  al 

dicne  il  ministro  degli  esteri  signor  de  Giers.  Ri- 

'ti  del   viagyio   di  quest' ultimo  a  Berlino  ed  a  Vienna  — 

7.  <  one »  *J3(.) 

V.  SVI/.XK!  i  a  corrispondenza)  —  1.  Guerra  mossadal 

Itasilea  contro  le  Scuole  cattoliche  —  2.  Tentative 
no  per   i  re  nei  cantoni  la  Scuola  laica  — 


1  N  D  I  C  E 

3.  Conlinnn-ionc  del  ncgoziati  con  la  Santa  Sede  per 

tuire.  la  diocesl  di  Basilea  —  4.  Vivissima  opposizione  popolare 
contra  quattro  leggi  ultimamente  promulgate  <l>iU<-  Camere  fe- 
derali  —  5.  Spirito  malizioso  di  qiiella  fra  dette  leggi,  die  con- 
ferisce  al  Consiglio  federate  il  diritto  di  giudicare  del  carattere 
politico  di  certi  reati  —  6.  Risultato  dell'  elezioni  per  la  Costi- 
tuente  nel  cantone  d'Argovia  --  7.  Contegno,  sotto  tutti  i  rap- 
porfi  edificante,  del  cantone  cattolico  di  Friburgo  —  8.  Ricorso 
dei  cattolici  di  Basilea  presso  il  Consiglio  federate  ....  Pag.  x'-M 

Dairil  al  24  aprile. 

I.  COSE  ROMANE  —  1.  II  Santo  Padre  e  la  sua  nobile  fa- 
miglia  sccolare  —  2.  Carita  fiorita  del  Santo  Padre  —  3.  / 
profanatori  a  Roma  del  Venerdl  Santo  —  4.  Bell'esempio   di 
Principi  cattolici  —  5.  La  partenza  del  Papa  da   Roma  — 
6.  GU  allarmi  del  Diritto  —  7.  77  Santo  Padre  e  la  solennita 

di  Pasqua  —  8.  L'Enciclica  del  Papa  contro  la  Massoneria.  »  364 

II.  COSE   ITALIANE  —  1.   Pace  senza  dignita  —  2.  Con- 
tinuano  gV  imbarazzi  per  I'affare  di  Propaganda  —  3.  H  nttovo 
Presidente  della  Camera  bassa  e  le  ire  dei  Pentarchi  —  4.  La 
strage  di  Pizzofalcone  e  la  rivolta  di  Gavardo  —  5.  Riapertura 
della  Camera  —  6.  Le  confessioni  di  Q.  Sella > 

III.  COSE  STRANIERE  —  Austria  (Nostra  corrispondenza)  - 

1.  II  piccoU  stato  d'assedio  in  Vienna  e  nei  dintorni  —  2.  Con- 
dizioni  di  partito  degli  operai  austriaci  —  3.  Urgente  necessita 

di  una  riforma  sociale,  riconosciuta  dallo  stesso  Governo.  .  ,  »  379 

Dal  25  aprile  all' 8  maggio. 

I.  ROMA  (Nostra  corrispondenza)  —  1.  Delia  vera  origine  e 
natura  dell'Antisemitismo.  La  scienza  moderna.  Equivoci .  del 
Bonghi.  Massonismo  ebraico  ed  Ebraismo  massonico »  479 

II.  COSE  ROMANE  —  l.'L'eco  dell' Enciclica  Humanura  genus  — 

2.  II  Santo  Padre  nello  Studio  dei  Mosaici  Vaticani  —  3.  Pa- 
role dell' Ambasciatore  spagnuolo  al  Santo  Padre,  e  risposta  del 
Papa  —  4.  Vdienze  del  Santo  Padre  —  5.  La  lapide  di  Loreto. »  488 

III.  COSE  ITALIANE  —  1.  La  esposizione  di  Torino  —  I.Le 
convene ioni  ferroviarie  —  3.  Condissioni  dei  Comuni  italiani  - 

4.  Le  agitazioni  pentarchiche  e  i  fasti  dell'  irredcntismo  —  5.  J/a- 
rasmo  e  disgusto  —  6.  Le  ultime  elezioni  —  7.  Le  feste   di 
Pompei,  V  inaugurazione  del  Canale  Villoresi,  e  della   Societa 
Universitaria  Cattolica  in  Napoli  —  8.  Jreduci  al  Gianicolo  - 
9.  Movimento  commerciale  e  statisticJic  —  10.  Morte  avvenuta 

in  CJiieri  del  P.  Francesco  Pellico  d.  C.  d.  G »  494 


IV  • 

1.  M 

>rerno  a  causa   dcrjli   af]'<i 

f/ucnee  della  malattia  del  signer  Gladstone  —  '2.  II  nuovo 
bill  di  franchigia.  Sortc  proba' 

di  ri forma  del  Governo  muni'  Londra.  Probabilild  che 

esso  sia  per  incontrare  viva  oppositions  —  4.  La  question*  dtgli 

>;ji  de'poveri  in  Londra  ed  altrnre  —  .">.  Lntto  <l>ll« 
glia  reale  -          \roti0ie  cattolicte.  Progressi  deUa  nuova  » 
versify    irl'in'lw.  M  >rte  del   benemcrito   catioliw   sco: 
gnor  Monteith  di  Car  stairs 1'ag.. 

Dal  !»  al  2S  maggio 

I.  ROMA  (Nostra  corrisponden/.a}  —  1.  Li  non  mai  csistita  ne~ 
percio  mai  abolit<i  Disfiplinn  deH'Arcano.  Oriyine  vera 

nest'  Usansa  prudenzidle.  Calunnie  ebraiche  contro  i  Crir 
•>ti.  Spropositi  Bonghiani  sopra  7a  Redenzione  pel  Sangue.  »  602 

II.  COSE  R(  )MANi;  —  1.  Concision  del  24  e  del  25  marzo  — 

2.  Protesta  dei  cattolici  pei  conculcati  diritti  di  Propaganda  Fide  — 

3.  L'Enciclica   Humanum   genus   e  V  Arcivescovo  di    Palermo 
monsiynor  Ceksia  —  4.  La  Pastorale  di  Monsignor  Arcivescovo 
di  Milnno  e  la  Circolare  di  Monsignor  Vescovo  di  Fiesole  — 

ll<i  lezione  delV  Imperatore.  di  Russia  ai  governi  cattolici  — 
6.  Udienee  pontificie »  609 

III.  COSE   ITALIANS  —  1.    Le  convention!  ferroviarie  — 
2.  L'  inauguraeione  del  monumento  a  Garibaldi  in  Pavia  — 

'imoslrazioni  universitarie  —  4.  Ribellioni  contro  la  forza 
armata  —  .">.  Mala  signoria  e  sintomi  gravi  —  6.  /  funebri  di 
G.  Prati  e  del  generate  Maraldi  —  7.  La  triplice  alleanza  e  la 
conferenza  egieiana »  620 

IV.  COSE  STRANIERE  —  Austria  (Nostra  corrispoudenza)  — 
1.  Considercvole  miglioramento  nelle  condizioni  della  Chiesa  in 
Austria.  Lodevole  conteyno  del  clero,  tuttochc  scarso  di  numero 
e  scarsamente   retribuito  —  2.   Nuovo   misfatto   commesso  in 
Vienna  —  M.  Notizie  d'  Ungheria.  La  legge  sui  matrinionii  fra 
cr is  Hani  ed  ebrei  andata  in  fumo.  L' opposizione  moderata  e  il 
part  I  to  eonscrvatore.  La  nuova  legge  sulle  arti  e  mestieri.  L'an- 

aitismo »  631 

Dal  29  maggio  all1 11  giugno 

I.  COSE  ROMAM-:  -  1.  Udieme  del  Santo  Padre  -  2.  Gli 
archivii   Vaticani  e  il  Clero  Ungherese  —  3.  Adesioni  dell'  J 
scopato  italiano  all'  Enciclica  Ilunianura  genus  —  4.  Un  nuovo 


I  N  1)  1  C  K 

dccrcto  episcopate  dell' Arcivescovo  <li  Palermo  —  5.  Nobili  pro- 
teste  del  month  f'ristiano  contro  la  sentenza  dclla  Cassazione 
di  Jiowft,  riguardante  i  beni  di  Propaganda  —  6.  La  cotidanna 
del  Vaticario  Regio Pa 

II.  COSE  STRANIERE  —  Francia  —  1.  L' inaugurazione  del 
monumento  a  Gambetta  —  2.  II  programma  di  Ferry  a  Pe'ri- 
yueux  —  3.  L'apertura  dei  Const  (jli  provincial  i  e  I' elezioni  co- 
munali  —  4.  77  supplisio  dell'  assassino  Campi  e  la  falsa  demo- 
craeia  —  5.  /  negoziati  per  la  Conferenza  egiziana  —  6.  La 
pace  tra  la  Francia  e  la  Cina  —  7.  Le  scuole  cattoliclie  in 
Parigi  —  8.  Le  feste  religiose  di  Rennes »  735 

III.  PRUSSIA  (Nostra  corrispondenza  ritardata)  —  \.  II  natalizio 
dell' Imperatore  —  2.  La  Francia,  la  Turchia  e  la  federazione 
monarchica  —  3.  Dissidio  con  gli  Stati  Uniti  —  4.  //  Reichstag 
e  la  legge  contro  i  socialists  —  5.  Recrudescenza  del  Kulturkampf, 
e  parziale  ritiro  del  principe  Bismark  —  6.  Propaganda  prote- 
stante  in  Baviera »  745 

IV.  PRUSSIA  (Altra  nostra  corrispondenza)—  1.  Le  relazioni 
con  Austria,  Russia  e  Italia  —  2.  Legge  contro  i  sociah'sti,  e  dis- 
soluzione  del  Reiclistag  —  3.  L'Enciclica  papale  sulla  frammas- 
soneria  —  4.  Rccrudescenza  detta  persecuzione  —  5.  Notizie  di- 
verse —  6.  Affari  protestanti »  753 


EKRATA  CORRIGE 

i'asr.  269  lin.    7  dolendum delendum 

279  »       8  imperium  in  quo  sint impcrium  in  quo  sit 

281  »      1-4  spactarunt spociarunt 

289  >     1C  fraudolenlas fi-audulentas 

353  >     30  ncl  testo  Biblico nel  testo  Biblico  de'  Sottanta 

483  »     \  8  Omerica Omarica 

570  >       8  ci  siamo  riserbati ci  siamo  riserbato 


CON   APPROVAZIONE   DELL'  AUTOIUTA    ECCLESIASTICA 


BX  804  .C58  SMC 

La  Civi Itaa  cattol ica 
AIP-2273  (awab) 


Does  Not  Circulate 


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