Skip to main content

Full text of "Archivio storico italiano"

See other formats


ARCHIVIO 

STORICO    ITALIANO 

FONDATO  DA  G.  P.  VIEUSSEUX 

E   CONTINUATO 

A  •  URA  DELLA  H.  DEPUTAZIONE  DI  STORIA  PATRIA 


PER    LE    PROVINCIE 


DELLA  TOSCANA,  DELL'UMBRIA  E  DELLE  MARCHE 


SERIE  TERZA. 


Tomo  XXIV.  -  Anno  1876 


IN  FIRENZE 

PRESSO     G.     P.     VIEUSSEUX 

Cui  tipi  di  M.  Cellini  e  C.  alla  Galileiana 

1876 


DOCUMENTI 

CHE    ILLUSTRANO    LA    MEMORIA 

UNA  MONACA  DEL  SEGOLO  XIII 

Ved.  il  Voi.  precedenti;,  p.  205. 

Avvertimento. 

Era  nostra  intenzione  di  pubblicare  il  riassunto  del  pro- 
cesso ,  che  trovasi  tra  le  pergamene  del  monastero  di  san  Mi- 
chele in  Borgo  nell'Archivio  di  Stato  a  Pisa  :  ma  la  forma 
imperfetta  del  documento,  e  il  non  ritrarsi  da  quello  veruna 
cosa  di  nuovo  che  possa  interessare  la  storia,  ci  hanno  de- 
ciso a  tralasciarlo.  E  tralasciamo  pure  il  lodo  degli  arbitri 
nominati  dalla  Santa  Sede ,  non  tanto-  perchè  se  ne  ha  un 
ampio  estratto  negli  Annali  Camaldolesi  del  Mittarelli ,  quanto 
ancora  per  l' interesse  affatto  secondario  che  ci  presenta ,  li- 
mitandosi a  decidere  sui  diritti  patronali  dei  Conti  Guidi. 

Soltanto  per  la  sua  curiosità  ci  sembra  conveniente  la 
pubblicazione  della  carta  che  segue  : 

L.V  CONTESSA.  GUALDRADA,  PER  IL  CONTE  GUIDOGUERRA  ,  ASSOLVE 
IL  MONASTERO   DI  ROSANO  DAL  PATRONATO  DEI  GUIDI   (1). 

In  Dei  nomine,  amen.  In  presentia  Gianni  Soldanerii,  domini  Bruni 
iudicis  ordinarii ,  Tribaldi  plebani  de  Cerreto  ,  Rainerii  Simonitti , 
Cavalcantis  Daini ,  Aliocti  Vicedomini ,  Uberti  Vianesi ,  Ildebrandini 
Simionis ,  Guidalocti  de  Somaria ,  Rodolfi  de  Farnito  ,  Catalani  filli 
eius ,  Maurini  de  Pisis ,  Adimari  filii  Renieri  Adimari ,  Forensis  fìlii 
Vinciguerre  Donati ,  Bellincionis  filii  Uberti  Bernardi ,  Ughetti  filii 
Aliocti  Vicedomini ,  Renuccini  filii  Uberti  Vianesi ,  Paganelli  Mangia- 
code,  Simionis  filii  Ildebrandini  Simionis,  Guido  Gualze,  et  Bifulci  filii 
Abbatis  del  3uerro.  In  istorum  et  aliorum  plurium  testium  presen- 
tia, domina  Gualdrada  Comitissa,  uxor  Comitis  Guidonis ,  prò  ipso 
Comite,  apprehendens   per  manus   Agnetem   monialem  et  Monacum 

1;  Archivio  di  Stato  di  Firenze  :  pergamena  dèi  monastero  di  san 
Giovanni  evangelista  di  Pratovecchio. 


4  DOCUMENTO  RELATIVO  A  UNA  CAUSA  DI  PATRONATO 

et  Milanensem  conversos ,  duxit  in  claustro  monasterii  de  Rosano , 
volens  ecclesiam  intrare,  et  Agathe  et  aliis  monialibus  ipsius  mona- 
sterii loqui  :  cum  non  posset ,  quia  se  absentaverant  atque  absconde- 
rant ,  et  cum  hostia  ipsius  ecclesie  undique  firmata  inventa  essent , 
eam  et  eos  ip-i  monasterio  restituit ,  in  claustro  ipsius  ecclesie ,  prò 
ipso  Comite  ;  et  ab  omni  vinculo  iuramenti ,  et  obligatione ,  si  qua 
ei  tenebantur  ,  vel  alii  prò  ea  ,  absolvit,  et  domura,  iuxta  ipsum  clau- 
strum  ipsi  monasterio,  prò  Comite,  restituit;  ipsumque  claustrum 
liberum  et  absolutum ,  prò  dicto  Comite ,  ipsi  monasterio  dimisit  : 
publice  petens  in  eiusdem  monasterii  claustro ,  prò  ipso  Comite ,  re- 
stitutionem  secundum  teuorem  sententie,  prò  ipso  negotio  late,  a  do- 
mino Iohanne  priore  Sancti  Fridiani  Lucani  et  Dono  Fiorentine  Ecclesie 
archipresbitero  et  domino  Ildebrando  Pisane  Ecclesie  canonico  ,  fieri. 
Quod  penitus  fuit  ei  negatum  ab  Octaviano  de  Quona  et  aliis  qui 
erari t  in  ipso  claustro  prò  Agliata:  immo  dictus Octavianus  respondit 
et  dixit  quod  dieta  Agnes  et  conversi  non  morarentur  in  ipso  mona- 
sterio, nec  volebat  eos  ibi  invenire. 

Actum  in  claustro  ipsius  monasterii,  anno  millesimo  ducentesimo 
quarto.  Idibus  augusti,  Indictione  VII. 

Signum  4<  manus  diete  Comitisse  que  haec  omnia ,  ut  superius 
leguntur ,  fieri  et  scribi  rogavit. 

Signa  *fa  manuum  supradictorum  testium  ad  hec  omnia  ro- 
gatorum. 

Ego  Infangatus  domini  Enrici  Romanorum  Imperatoris  iudex  or- 
dinarius  ,  predicte  domus,  iuxta  claustrum,  restitutioni  interfui  :  ideo- 
que  me  subscripsi.  Ego  Henricus  domini  Imperatoris  Henrici  iudex  et 
notarius  hec  omnia,  me  presente  acta,  rogatus  scripsi  et  in  publicam 
formam  redegi. 


1  MANOSCRITTI  TORRiGIANI 

DONATI 

AL  R.  ARCHIVIO  CENTRALE  DI  STATO 

DI    FIRENZE 

(Continuazione,  Ved.  toni.  XXIII,  pag.  404.) 

4  settembre.  -  Reverendissimo  Cardinali  Campeggio. 

«  A' dì  27  del  passato  scripsi  a  V.  S.  reverendissima,  et  a' di 
primo  arrivorno  le  sue  de'  18  :  et  con  gran  piacere  N.  S.  ha  inteso 
lo  accordo  di  quel  serenissimo  Re  con  Francia  andare  avanti  :  per- 
chè Sua  Santità,  poi  che  per  divina  gratia  fu  assumpto  al  pontifica- 
to ,  non  ha  auto  maggiore  desiderio  che  vedere  la  Cristianità  in  pace. 
Et  come  per  altre  scripsi,  li  pare  che  la  unione  di  questi  dui  Prin- 
cipi ,  per  la  sapientia  et  potentia  loro  ,  sia  el  fondamento  in  sul 
quale  si  possi  hedificare  la  sancta  expeditione.  Et  però  circa  a  que- 
sto accordo  loro  ,  la  S.  V. ,  col  nome  di  N.  S.  et  con  la  prudentia 
sua,  adiuti  resolvere  se  alcuna  diiticultà  vi  restassi,  ad  ciò  che  tanto 
prima  si  possi  prò  vedere  a  le  cose  del  Turco  ;  le  quali  hanno  bene 
bisogno  di  matura  examina,  come  vi  ha  decto  el  Re.  Ma  horamai 
si  sono  tanto  misurate  et  discusse,  et  il  periculo  è  tanto  vicino,  che 
se  non  si  viene  ad  altro  che  ad  examine  et  pratiche ,  piacci  a 
Dio  che  li  remedi  non  sieno  tardi  :  et  N.  S.  dal  canto  suo  ha  facto 
et  farà  tucto  quello  che  li  sarà  possibile  per  uscire  di  disegni  et  di 
parole  ;  et  tiene  per  certo ,  per  la  bontà  di  quella  Maestà  ,  che  lei 
farà  el  medesimo  Quan'o  al  ritorno  de' Legati  apostolici,  Sua  San- 
tità non  è  per  richiamarli,  se  non  quando  sarà  concluso  qualcosa  di 
bono,  o  veramente  exclusi  ;  et  già  saria  bene  che  li  Principi  resolves- 
sino  sanza  aspectare  l'uno  l'altro  (che  uno  bisogna  che  sia  el  primo, 
et  chi  sarà  il  primo  non  harà  poca  parte  di  merito  a  presso  a  Dio 
et  di  gloria  a  presso  li  nomini),  et  cominciassino  ad  exprimere  quan- 
te lance  ,  cavalli  l  vis  armaturae,  fanti,  artiglierie  et  navili  possa- 
no dare  a  questa  expeditione;  et  così  quanti  danari  possono  contri- 
buire, et  in  che  modo  sono  pei*  trarne  de'  paesi  loro,  oltre  a  quelli 
che  vogliono  dare  de  le  proprie  entrate  ;  et  per  questo  effecto  des- 
sino  auctorità  et  commissione  a'  loro  imbasciatori  di  fermare  li  ca- 
pitoli. Et  Roma ,  come  patria  comune ,  et  dove  è  il  capo  et    pasto- 


6  I    MANOSCRITTI    TORRIGIANI 

re  de' Cristiani,  saria  loco  conveniente  ;  et  dove  per  l'ordinario  sono 
li  oratori  di  tutti  li  Principi,    et   dove    più   presto    si    potria    fare 
conclusione  che  torse  ne  li  altri  lochi ,  che  per  diversi  respecti    non 
si  potranno  torse  così  facilmente  ratinare  insieme  ;    et   perchè  senza 
la  sicurtà  et  quiete  de  le  cose  proprie,  e  Principi  non  si    vorranno 
o  partire  da  casa  o  spogliare  e  regni  de  le  forze  loro ,  è  necessario 
qualche  concordia  universale;  et  la  via  de  le  tregue  quinquennali  è 
parso  la  più  presta,  la  pi  i  facile,  et  forse  per  questo  tempo  la  più 
secura  ;  et  il  Re  Catholico  merita  gran  commendatione  ,    che  è  suto 
el  primo  acceptarle ,  et  Francia  spero  che  le  aceepterà.  Et  cosi  N.  S. 
desiderrebbe  che  facessi  quel  serenissimo  Re  ,  non  già  perdi    a  Sua 
Santità  non  piacci  più  la  lega  che  la  tregua ,   et  più  etiam    la  pace 
che  la  lega ,  quando  si  potessi  condurre  et  di  poi  si  observassi  :  ma 
ne  la  lega  corre  tempo  ,  et  il  tempo  in  questa  impresa  è  il  nv< 
re  thesoro  et  la  maggiore  importanza  che  ci  sia:  perch  >  se   noi  lo 
consumeremo  in  colligarci  insieme ,  el  Turco  lo  spenderà  in  armarsi 
et  in  offenderci.  Et  quando  pure  la  Maestà  del  Re  et  il   reverendis- 
simo Legato  fussino  d'altra  opinione,   et   volessino    attendere  a    la 
lega  universale  (di  che  altre  volte  si  è  scripto) ,  tenghino  per   cosa 
ferma  che  non  riuscirà  loro  farla  perpetua ,    perchè    alcuni    non   si 
contenteranno  che  le  cose  restino  per  sempre    così   come   stanno  dì 
presente  ;  et  se  lo  consentiranno,  vedranno  in  brevissimo  tempo    da 
qualcuno  rompere  ogni  vinculo  et  non    observare  cosa  che    habbino 
promessa.  Et  fra  li  altri ,  parlando   liberamente .    non   crediate  che 
Cesare,  che  ha  fatto  la  tregua  con  Venitiani  per  5  anni ,  vogli  las- 
sare loro  libero  quello  che  possegghono.    Et   se   dicessi  :    lasseremo 
li  Venitiani  di  fori ,  questo  non  è  ad  proposito  ,  se  vogliamo  pensa- 
re a  la  impresa  del  Turco  et  a  la  quiete  de' Cristiani  ;    perdi    loro 
hanno  tanti  Stati  in  Italia  et  fori  di  Italia,  di  importanza,   che  po- 
trieno  fare  più  disordine  exclusi  che  forse  non  si  crede ,  et  interrom- 
pere molti  disegni  publici ,  e  quali ,  quando  saremo  tucti  uniti ,  hare- 
mo  difficulta  ad  poterli  colorire.  Non  è  anchora   da   credere    che  il 
Re  di  Francia  la  vogli  fare  perpetua  per  respecto  de  le  cose  di  Na- 
varra  ;  et  non  mancherà  causa  a  chi  non  la  vorrà  perpetua  di  inter- 
romperla, o  almeno  differirla.  Ma  quando  si  facci  per  5  anni,  non  sarà 
poco  tempo  a  la  sancta  expeditione,  et  ragionevolmente  tucti  ci  do- 
verrieno  concorrere ,  et  per  questo  tempo  etiam  la   doverranno  ob- 
servare. Per  le  quali  cose ,  la  S.  V.  di  novo   facci  opera  col    Re  et 
col  reverendissimo  Legato ,  et  con  queste  ragioni  et  con  quelle  altre 
vi  occorreranno  ,  di  persuaderli  che  ,  se  vogliono  in  effecto  fare  qual- 
cosa ,  piglino  questa  via  di  o  anni,  che  è  più  breve,  più  facile  et  più 
secura  ;  et  quando  fra  loro  et  Francia  volessino  farla  a  vita  o  per- 
petua ,  N.  S.  la  lauderia  molto,  et  non  impedirebbe  il  consenso  de  li 
altri  che  solum  ad  quinqui'/nni'nì  \o\essino  consentirla.    Restaci  el  ca- 


DONATI   AL   R.    ARCHIVIO   DI   FIRENZE  7 

pitulo  de'  Svizeri,  che  non  è  di  poco  momento  et  bisogna  assettarlo 
prudentemente;  et  perchè  altre  volte  ne  ho  scripto,  non  lo  repliche- 
rò altrimenti  Et  perchè,  mentre  che  li  medici  disputano  la  cura  de 
lo  infermo,  qualche  volta  si  spaccia;  N.  S. ,  per  non  mancare  de  lo 
offitio  suo,  mi  ha  commesso  che  io  vi  significhi  come  il  Re  di  Un- 
gheria ha  facto  intendere  a  Sua  -antità,  con  molti  preghi  et  prote- 
xti  da  fare  risentire  un  morto,  che  se  non  e  adiutato,  li  bisogna  fare 
tregua  et  accordo  col  Turco  (1  :  il  che,  quando  seguissi,  saria  con 
gran  vergogna  et  preiuditio  de'Cristia.d,  et  impedirebbe  grandemen- 
te la  impresa  ec.  Et  se  per  disgratia  el  Turco  si  insignorissi  di 
qualche  terra  et  loco  forte  di  quel  paese  ,  non  potendo  questo  Re 
difendersi ,  come  si  dubita  ,  resteremo  in  cattivo  loco:  onde,  per 
insino  che  si  facci  la  impresa  offensiva  o  difensiva,  è  di  somma  ne- 
cessita prestare  qualche  subventione  a  quel  Re:  el  quale,  per  esse- 
re un  putto  ,  et  per  havere  quel  regno  in  disordine  per  le  cose  pas- 
sate ,  non  può  resistere  con  le  forze  sue ,  et  non  saria  gran  cosa 
quella  che  p>  r  hora  li  basteria  ad  conservarsi  ;  ch^  xx  o  xxv  mila 
ducati  che  per  uno  questi  Principi  loadiutassino,  si  andrebbe  mante- 
nendo. Et  però  la  S.  V.  reverendissima,  per  parte  di  N.  S.,  ne  ricerchi 
et  preghi  quella  vaestà  s  che  vogli  subito  per  la  rata  sua  proveder- 
lo :  et  quando  li  paressi  di  mandare  in  Ungheria  uno  homo  suo  che 
vedessi  spendere  questi  danari  et  che  non  si  convertissino  in  altro 
uso,  lo  potria  mandare.  Ma  quel  bene  che  si  ha  ad  fare,  bisogna  che 
sia  presto;  et  se  non  xx  mila,  al  manco  manco  fussino  xvmila.  Sua 
Maestà  ne  ha  spesi  honoratamente  tanti,  che  questa  piccola  cosa  non 
doverria  mancare  ,  essendo  opera  tanto  pia  et  necessaria  Parla- 
tene con  Sua  Maestà  et  col  reverendissimo  Legato  ,  col  consiglio  et 
favore  del  quale  vedete  et  questa  et  tucte  le  altre  faccende  di  expe- 
dire  ad  votum,  et  datecene  qualche  resposta  quanto  prima  sia  pos- 
sibile, perchs  è  materia  che  importa.  Et  con  li  altri  Legati  si  è 
facto  questo  medesimo  offitio  ,  et  se  ne  spera  bona  resolutione  ». 

4  settembre.  -  Reverendissimo  Cardinali  Egidio.  Nomine 
Vicecancellarii. 

«  A'  dì  31  fu  l'ultima  mia  a  V.  S.  reverendissima,  per  la  quale, 
in  fra  le  alti  e  cose ,  li  significai  el  novo  disegno  di  N.  S.  per  la  morte 
de  la  Regina  ec.  Dipoi  si  è  resoluto  di  mandare  costì  messer  Antonio 
Betriano  secretarlo  de  lo  Imbasciatore  ,  perchè  a  bocca  possi  meglio 
exprimere  e  concepti  del  Papa,  et  persuadere   che  compiaccino  Sua 

(-1)  In  margine  :  «  Questo  capitulo  si  è  scripto  al  reverendissimo 
Sancta  Maria  in  Portico  »  ;  cioè  al  Cardinale  Bibbiena ,  eh'  era  Legato 
presso  il  Re  di  Francia. 


8  I   MANOSCRITTI    TORRIGIANI 

Santità  ,  come  da  lui  V.  S.  a  bocca  intenderà ,  che  ha  commissione 
participarli  il  tucto  ;  et  quella  li  presti  fede.  Quello  che  ci  occorre 
di  novo,  è  che  basterebbe  a  Sua  Santità  che  il  Catholico  dessi,  con 
qualche  titulo  honorato  a  la  Excellentia  del  Duca,  qualche  Stato  che 
almeno  ascendesse  a  una  entrata  di  5  mila  ducati  d'oro,  che  è  picco- 
la cosa  a  la  grandeza  del  Re  et  sarebbe  di  singulare  consolatione  a 
N.  s.  —  Havendo  scripto  fin  qui,  questa  s.jra  ho  ricevuto  le  lettere  di 
V.  S.  de'  21  ,  a  le  quali  vorrei  haver  più  tempo  ad  respondere.  A 
N.  S.  è  piaciuto  la  cerimonia  et  opera  havete  factacolRe  Catholico, 
ma  non  li  è  già  molto  satisiàcto  tante  difficultà  che  loro  fanno  de  le 
provisioni  de'  danari  per  la  sancta  expeditione  :  et  haria  desiderato 
che  V.  S.  li  havessi  ricerchi,  poi  che  fanno  decte  difficultà,  che  loro 
havessino  trovato  un  modo  da  far  danari  ;  che  pur  bisogna  che  un 
Principe,  che  vole  concorrere  a  questa  impresa,  facci  intendere  quello 
che  può  o  vole  fare,  et  in  che  modo  la  Republica  Cristiana  si  può 
valere  de  li  regni  et  stati  sui;  che  a  Sua  Santità  non  dà  noia  più 
un  verso  che  un  altro ,  pure  che  si  facci  qualche  conclusione  bona  ; 
né  pensa  haversene  ad  imborsare  un  carlino.  Ma  quello  che  si  è  là- 
cto,  et  che  si  ricorda,  è  per  il  bene  universale.  La  s.  V.  potrà  esor- 
tarli et  pregarli  che  vi  trovino  expediente  ,  perchè  la  cosa  così  su- 
spesa  non  sta  bene....  ». 

4  settembre.  -  Archiepiscopo   Consentine    Nomine  Vice- 
cancellarii. 


«  Noi  scrivemo  al  reverendissimo  Legato  ,  a'  di  ultimo  del  pas- 
sato ,  per  un  corriere  che  veniva  da  Napoli ,  per  la  morte  de  la 
Regina  ;  et  in  genere  li  dicemo  un  pensiero  di  N.  S.  :  riservandoci , 
non  havendo  tempo  per  il  primo  ,  ad  più  particulare  adviso  ;  et 
però  a  V.  S.  non  scrivemo  altrimenti.  El  pensiero  è  questo ,  che 
havendo  il  Catholico  et  Monsignore  di  Cevers  più  volte  facto  inten- 
dere a  N.  S.  el  bono  animo  loro ,  et  parendo  anche  a  Sua  Santità 
havere  operato  per  l'uno  et  per  l'altro ,  talmente  che  il  disegno  do- 
vessi riuscire,  et  che  anchora  la  qualità  de'  tempi  et  le  cose  che 
vanno  a  torno  fussino  per  adiutarlo  ,  inteso  la  morte  de  la  Regina 
che  ha  lassato  molti  Stati  qua  nel  Regno  ,  e  quali  ad  ogni  modo 
crede  che  il  Re  Catholico  sia  per  distribuire  ne'  sui  servitori ,  Sua 
Santità  desiderrebbe  che  quella  Maestà  ne  facessi  parte  a  la  Excel- 
lentia  del  Duca  nostro  ,  dandoli  qualche  Stato  che  almeno  li  rendes- 
si ducati  5  mila  d'oro,  con  un  titolo  honorato;  che  è  piccola  cosa 
a  la  grandeza  de  lo  animo  et  de  la  potentia  di  quel  Re  ;  et  tamen , 
per  vedere  questa  amorevole  demonstratioae,  li  sarebbe  gratissimo, 


DONATI   AL    R.    ARCHIVIO   DI   FIRENZE  9 

et  quella  Maestà  si  obligherebbe  in  perpetuo  Sua  Santità  et  tucta 
la  sua  posterità ,  et  potrebbe  sperare  ogni  di ,  in  mille  occasioni  che 
vengono  ,  di  esserne  largamente  riconosciuto.  Noi  commettemo  al 
reverendissimo  Legato  che  cominciassi  ad  farne  opera  come  da  sé , 
non  dissimulando  però  che  il  Papa  li  havessi  comunicato  questo 
pensiero.  Hora  N.  S.  ne  ha  parlato  qui  con  lo  imbasciatore  ,  et  si 
manda  costi  a  posta ,  per  questo  conto,  messer  Antonio  Betriano  suo 
secretano,  exliibitore  de  la  presente ,  el  quale  non  parrà  che  sia 
spacciato  di  qua  a  questo  line ,  et  etiam  a  bocca  potrà  referire  mol- 
ti particulari  che  saria  impossibile  scrivere ,  et  parlerà  del  tucto 
con  V.  S.  (che  cosi  ha  commissione  dal  Papa),  la  quale  li  presterrà 
fede.  Noi  la  exhortiamo  strectaraente  che  con  lo  ingegno  et  auctori- 
tà  sua  (in  che  Sua  Santità  ha  grandissima  fede)  vogli  usare  ogni 
extrema  dilig3ntia  che  la  cosa  habbi  effecto.  Et  li  fondamenti  princi- 
pali in  che  noi  confidiamo  sono  questi.  Prima  ,  che  il  Re  Catholico 
con  piccola  cosa  si  obliga  N.  S.  in  un  tempo  che,  per  li  accordi  di 
Inghilterra  et  per  qualche  altro  respecto ,  Sua  Altezza  doverria  de- 
siderare et  comperare  una  occasione  di  poter  fare  questa  demon- 
stratione.  L'altro  è  in  Monsignore  di  Cevers  ,  che  havendo  ricevuto 
tante  gratie  et  benetitii  da  N.  S.  (se  ha  ghusto  et  animo  nobile,  come 
noi  tegnamo  per  certo)  doverrà  satisfare  a  Sua  Santità  ;  et  maxime 
che  de  le  cose  ha  lassato  decta  Regina  resta  panno  da  farsi  una 
vesta  dovitiosa ,  et  anchora  a  la  giornata  può  sperare  remunera- 
tone ee,  Adiungesi  a  questi  dui  fondamenti  un'  altra  consideratione, 
che  se  di  costà  fussi  bene  exa minata ,  farebbono  questo  dono  a  la 
Excellentia  del  Duca  motuproprio,  et  maggiore  anchora  che  non  di- 
ciamo ;  et  questo  è  che  ,  tractandosi  hora  del  fare  il  novo  Re  de' Ro- 
mani ,  possono  molto  bene  iudicare  quanto  importi  bavere  el  Papa 
favorabile  ;  che  veramente  Sua  Santità  ha  facto  et  farà  di  novo  l'of- 
fitio  per  il  Re  Catholico  come  per  figliuolo  proprio.  Sa  molto  bene 
che  de  le  bone  opere  sue  circa  a  questa  materia  ne  è  pervenuto  notitia  a 
quella  Maestà.  Et  perchè  li  instrumenti  in  tucte  le  cose  fanno  assai,  et 
si  guadagnano,  come  sapete  che  aoggi  si  constuma;  si  è  dato  commis- 
sione al  prefato  messer  Antonio  secretano  che  prometta,  et  maxime  a 
Monsignore  di  Cevers,  o  ad  altri  se  bisognassi,  fino  alla  somma  di  8  o  di 
x  mila  ducati ,  in  caso  che  il  disegno  sortisca  lo  effecto  suo  :  benché, 
come  è  decto ,  loro  lo  dovessino  fare  sanza  questo  sprone.  Et  per- 
decto  messer  Antonio  non  sappiamo  come  sarà  costi  prestato 
fede  circa  a  questa  promessa  de'danari  ,  vi  commetiiamo  in  nome 
di  N.  S.  che,  parendovi  che  sia  di  bisogno,  V.  S.  in  decto  caso  li 
prometta  lei  a  quelle  persone  ,  in  quel  modo  che  li  parrà  che  sia 
opportuno,  che  di  tucto  vi  si  farà  honore...  ». 


I"  1    MANOSCRITTI    TORRIGIANI 

4  settembre.  -  Archiepiscopo  Consentino.  Nomine  Vicecan- 
cellarii. 

«  ...  N.  S  ha  inteso  Io  adviso  di  Siena,  et  la  S.  V.  per  sé  me- 
desima può  comprendere  con  che  animo  Sua  Santità  può  ascoltare 
di  rimettere  un  fratello  del  Cardinale  Petruccio,  morto,  in  quello 
Stato,  havendo  decto  Cardinale  perpetrato  quello  che  è  noto  a  tucto 
el  mondo,  et  mediante  iustitia  facto  il  fine  che  quella  sa.  Vonsi- 
gnore  mio,  questo  è  un  tasto  che  per  verso  alcuno  non  si  può  toc- 
care a  Sua  Beatitudine,  la  quale  opererà  bene  di  bona  voglia  che  la 
citt\  di  Siena  dia  al  Re  Catholico  quelli  honori  et  quelli  utili  et  com- 
raodi  che  la  dava  a  la  clara  memoria  del  Re  suo  anticessore  ;  et 
Sua  Altezza  non  ha  da  farne  alcuna  difficulià,  perchè  lo  Stato  non  si 
è  tolto  a  la  casa  de'  Petrucci  ,  ma  più  presto  restituito  a  q  iella 
banda  de  la  casa  che  prima  era  solita  haverlo  ,  et  a  chi  per  il 
bene  publico  et  privato  di  Siena  et  per  molle  altre  ragioni  si  con- 
veniva. Né  manco  il  Re  Catholico  si  potrà  fidare  del  reverendissimo 
Cardinale  che  al  presente  è  in  Siena  et  creatura  di  N.  S.,  che  di  Bor- 
ghese suo  inimico  capitale.  Exhortate  et  pregate  dove  fa  di  bisogno, 
che  voglino  bavere  respecto  a  N.  S. ,  che  ne  ha  hauto  et  harà  sem- 
pre a  tucte  le  cose  loro.  Et  quando  paia  a  V.  S.  di  toccarne  un 
motto  a  Monsignore  di  Cevers ,  che  a  Sua  Santità  dispiace  la  parti- 
ta sua  da  canto  del  Re  Catholico  ,  per  quello  si  è  decto  da  qualcu- 
no,  lei  lo  può  fare  a  bocca,  per  parte  di  Sua  Beatitudine;  in  quel 
tempo  et  in  quel  modo  che  li  tornerà  ad  proposito  ». 

4  settembre.  -  Reverendissimo  Sanctae  Mariae  in  Porticu. 
Nomine  Vicecancellarii. 

«  N.  S.  desidera  che  V.  S.  reverendissima  facci  opera  col  Mae- 
stro di  capella  del  Cristianissimo  di  bavere  tre  putti  cantori,  de  la 
età  et  voce  che  la  vedrà  per  un  memoriale  che  sarà  in  questa,  che 
mi  ha  dato  Carpentrasse  Et  quando  bisognasse  parlarne  a  Sua  Mae- 
stà ,  fate  l'offitio  come  et  quando  meglio  vi  parerà ,  pure  in  nome 
di  Sna  Beatitudine  ..    ». 

11  settembre.  -  Reverendissimo  Sanctae  Mariae  in  Porti- 
ci!. Nomine  Vicecancellarii. 

«  A'  di  6,  a  nocte,  comparsono  le  di  V.  S.  reverendissima  de'  29- 
—  In  queste  vostre  lettere  sono  dui  capi  principali,  che  molto  sono 
piaciuti  a  N.  S.  :  l'uno  è  la  ratifìcatione  de  la  tregua  ;  l'altro  è  la 
[•esposta  che  ha  facta  il  Cristianissimo  a  Sua  Santità,  per  lettere  di 


DONATI   AL   R.    ARCHIVIO   DI   FIRENZE  1  I 

mano  propria,  et  a  V.  S.  per  il  Secretano  ec.    Et   se  bene  tucte  le 
vostre  lettere  in  qualunque  tempo  et  'li  qualunque  materia  son  grate 
a  Sua  Beatitudine,  queste  veramente  li  son  sute  grati  ss  i  me  ;  prima 
per  benetìtio  comune  de  la  Republica  Cristiana  quanto  a  la  concordia 
universale,  di  poi  per  la  conservatione  de  la  dignità  et  auctorit     de 
la  Sede  apostolica.  Et  benché  la  ratiflcatione   de   le    tregue  non    sia 
ancor  comparsa,  la  S.  V.,  in  quel  modo  che  li  parrà,  o  a  bocca  o  p  v 
imbasciata  o  per  lettere,  in  nome  di  N.  S. ,    ne  ringratierà   el  Cri- 
stianissimo; et  così  farà  l'ollitio  con  Madama,  tirando  avanti  tucte 
le  altre  provisioni  et  ordini  che  la  S.  V.  può  pensare  che    faccino  a 
questo  proposito  ;  ad  ciò  che  da  tucto  el  mondo  si  intenda ,  che  non 
per  ii  Papa  né  per  il  Cristianissimo    di    lare  così    sancta    et 
necessaria  impresa.  Circa  a  la  cosa  che  quella  Maestà  scrive   a 
Beatitudine ,  con  questa  sarà  un  Breve  responsivo,  come  vedrete  per 
la  copia  et  a  pie  2  versi  di  mano  propria  del  Papa.  La   S.  V.   darà 
ricapito  al  Breve  ,  monstrando  maxime  che  N.  S.  accepta  et  tiene  per 
cosa  certa  le  offerte  et  promesse  del  Re,  et  in  su  le  quali  ha  posato  1" 
animo;  et  confida  potere  in  ogni  evento,  con  la  gratia  di    Dio  con- 
servare la  dignità  et  auctorità  de  la  Sede  apostolica;  et  ne  ha  quel- 
la obligatione  che  merita  una  tanta  promessa   ec.  ,    con  firmando   la 
Maestà  del  Re  et  la  Excellentia  di  Madama  nel  loro  bon    proposito. 
Li  advisi  d'Alamagna  de'  '24  del  passato  monstrano  essere   gran  dif- 
lèrentia  fra  li  Electori  circa  al  precedere,  et  maxime  fra  il  Magunti- 
no  et  il  Duca  di  Saxonia,  di  chi  habbi  di  loro  dui  ad  ricórre  li  voti; 
et  per  questo  conto  erano  stati  parecchi  dì  sanza  fare  faccende.  Pare 
che  la  electione  del  novo  Re  d  ■'  Romani  non  sia   così    calda   per   il 
Catholico  come  era  a  li  dì  passati  :  pure  in  Spagna  vi    hanno  gran- 
dissima speranza.  Tamen  la  pratica  segue,  et  la  ragione  non  vorria 
che  li  Electori  si  voltassin  i  a  un    Principe    sì    grande.    Pure  questi 
nostri  discorsi,  facti  ragionevolmente,  alcuna  volta  falliscono:  et  quan- 
to al  privarsi  Cesare,  in  vita  sua,  di    questo    honore  ,    crediate  vi 
troverebbono  verso,  quando  gli  Klectori  lussino  disposti  ài  Catholico; 
el  quale  confida  forse  per  la  grandezza  sua ,   non   obstante   li   obli- 
gai  et  iuramenti  che  ha  con  la  Sede  apostolica    di    obtenere  la  con- 
lirmatione  dal  Papa  del  Regno  di  Napoli.  Et  questo  è  il    punto    per 
il  quale  vi  si  scripse,  el  dove,  ogni  volta  che  occorressi  ragionarne 
et  che  voi  intendessi  qualche  adviso  a  la  exaltatione  del    Catholico, 
potrete  come  è  decto  confirmare  el  Re  Cristianissimo  n<   la   amore- 
vole et  prudente  sua  deliberatione.  —  N.  S.,  a  li  giorni  passali,  in- 
teso la  morte  de  la  quondam    Regina    di   Napoli    et   come    lassava 
molli  Siati  belli  et  boni,  pensando  che  il  Re  Catholico  lussi  per  di- 
stribuirli Tra  li  sui  servitori,  fece  disegno    di    trarre    qualcosa   per 
Hippolito,  parendoli,  per  le  cose  che  vanno  a  torno,  che  il  Catho- 
lico dovessi  bora  baver  caro  di    gratificare  a    Sua    Santità;    et    ne 


12  I  MANOSCRITTI    TORRIGIANI 

parlò  qui  con  lo  Imbasciatore,  non  nominando  la  Excellentia  del 
Duca  a  cosa  alcuna ,  per  réspecto  di  Francia  ec.  11  Duca  inteso  que- 
sto, mi  pare  che  habbi  dubitato  più  che  non  bisogni  che  il  Cristia- 
nissimo non  l' babbi  per  male,  et  vi  habbi  scripto  che  lo  iustifichia- 
i e  con  Sua  Maestà.  Hora,  non  havendo  N.  S.  nominato  el  Duca  et 
disegnato  piccola  cosa  per  Hippolito ,  che  sapete  in  che  grado  si 
trova,  non  vorrebbe  che  V.  S.  senza  b  sogno  ne  parlassi  al  Cristia- 
nissimo ,  ad  ciò  che  non  se  li  mettesse  ombra  dove  ordinariamente 
non  debbe  essere.  Pure,  quando  V.  S.  ne  sentissi  ragionare,  o  in- 
tendessi che  loro  havessino  notitia  di  questo  disegno ,  potrete  dire  a 
punto  come  la  cosa  è  passata.  Io  mi  scordai  dirvi ,  per  le  ultime 
mie  de*  4  ,  come  la  mattina  di  kalen  di  questo  ,  si  fondò  la  prima 
preta  qui  de  la  chiesa  di  Sancto  Aloysi  ,  che  si  è  dato  principio  ad 
tare  una  cosa  bella  ;  et  io  mi  vi  trovai  con  lo  Imbasciatore  del  Re  a 
questa  cerimonia  che  fu  solenne.  Harò  caro  che  ne  gittiate  qualche 
parola  al  Cristianissimo  et  a  Madama,  perchè  venghi  lor  voglia,  ol- 
tre a  quello  che  hanno  dato  ,  donare  qualche  altra  cosa  a  questa 
fabrica.  El  signore  Francesco  Cibo  haria  caro  che  il  signore  Lorenzo 
suo  figlio  non  tornassi  anchora  di  qua,  come  pare  che  desideri.  Io  li 
scrivo  dui  versi  per  parte  di  N.  S. ,  et  la  lettera  sarà  con  questa. 
V.  S.  anchora  potrà  a  bocca  persuaderlo  ad  fermarsi  un  poco,  ricor- 
dandoli che  habbi  cura  ad  conservare  la  sanità  :  et  a  V.  S.  so  che 
è  superfluo  rachomandarlo ,  ec.  ». 


11  settembre.  -  Staphileo  (1).  Nomine  Vicecancellarii. 

17  settembre.  -  Reverendissimo  Sanctae    Mariae  in  Por- 
tici!. Nomine  Cardinalis  de  Medicis. 


«  ...  Quanto  a  la  impresa  del  Turco,  quelli  Electori  si  sono 
poi  tati  molto  male;  et  dubito  che  non  eschino  de  la  Dieta  senza  lare 
cosa  alcuna  di  bono.  Pure  ,  per  non  torre  lo  animo  a  li  altri ,  non 
è  da  parlarne.  Vedrete  per  le  altre  copie  come  Cesare  accepterà  le 
quinquennali.  La  ratificatione  del  Cristianissimo  non  è  an- 
chora comparsa  N.  S.  la  attende  con  desiderio  ;  et  se  non  fussi 
expedita,  ricercatelo  senza  monstrare  diffidentia.  Sollecitate  la  sub- 
vi-ntinne  di  Ungheria  ec.  ». 


{\)  Giovanni  Stafileo ,  auditore  di  Ruota,  vescovo  di  Sebenico  e  Nun- 
zio presso  il  Re  di  Francia, 


DONATI   AL   R.    ARCHIVIO   DI   FIRENZE  13 

18  settembre.  -  Reverendissimo  Egidio.  Nomine  Vicecan- 
cellarii. 

«  ...  Io  scripsi  a  V.  S.  a'  dì  xn  per  la  causa  di  messer  Ga- 
leazo  Butrigaro  ;  et  di  novo,  per  lo  amore  che  io  li  porto,  li  replico 
el  medesimo  ,  pregandola  che  si  sforzi  quamprimutn  ha  vere  il  placet 
dal  Re  Catholico  per  la  chiesa  di  Brondusio  ,  la  quale  N.  S.  ha  di- 
segnato per  decto  messer  Galeazo.  Ad  ogni  modo  quella  Maestà  ,  se- 
condo ci  havete  scripto,  gliene  ha  concesso.  Ma  Sua  Santità  vorreb- 
be el  placet  expresso  per  questa  chiesa.  Et  quando  Sua  Altezza  non 
volessi  derogare  a  li  altri  et  preferire  decto  messer  Galeazo,  vedete 
di  ottenere  almeno  che  se  ne  contenti;  et  expedite  el  consenso  più 
presto  et  in  miglior  forma  che  si  può,  et  mandatelo  per  il  primo, 
perchè  il  Papa  lo  preferirà  ad  ogni  altro  .  tanto  desidera  riconosce- 
re la  servitù  sua  di  tanti  anni:  et  anchora  il  Re  Catholico,  beven- 
doli facto  la  gratia,  non  credo  habbi  ad  mancare  de  la  solita  sua 
benignità.  N.  S.  usci  fori  un  poco  a  sollazo  hoggi  fa  otto  dì,  et  così 
se  ne  andrà  qua  a  lo  intorno,  secondo  el  consueto.  Et  se  io  sarò  un 
poco  più  tardo  et  più  breve  a  lo  scrivere,  V.  S.  mi  harà  per  excu- 
sato  ...  ». 

22  settembre.  -  Reverendissimo  Campeggio.  Nomine  Car- 
dinalis  de  Medicis.  Ex  Civita  Castellana. 

«  ...  N.  S.  ha  tanto  desiderio  di  compiacere  a  quel  serenissimo 
Re  et  al  reverendissimo  Eboracense ,  per  il  paterno  amore  che  por- 
ta loro ,  per  la  observantia  et  devotione  che  conosce  in  essi  verso 
questa  Sancta  Sede  ,  et  maxime  per  la  certa  relatione  che  ne  fa  V.  S. 
reverendissima  de  le  lor  singulari  et  optime  qualità,  che  Sua  San- 
tità ha  dispiacere  ogni  volta  che  le  sue  deliberationi  non  satisfanno 
a  quella  Maestà  et  a  Sua  Signoria  reverendissima  ;  come  è  advenuto 
nel  mandato  per  la  lega  quinquennale,  del  quale  V.  S.  scrive  che  il 
reverendissimo  Legato  si  è  tenuto  malcontento,  per  essere  limitato  ec. 
Di  che  Sua  Santità  ha  preso  admiratione  et  molestia,  perchè  li  pa- 
reva che  fussi,  quanto  al  tempo,  assai  lunga,  et  più  facile  al  condurla 
et  più  secura  al  conservarla  per  decto  tempo,  per  le  ragioni  che  altre 
volte  si  sono  allegate.  Et  anchora  N.  S.  è  ne  la  medesima  sententia, 
die  alcuni  de'  Principi  nominati,  con  grande  fatica  si  indurranno  ad 
consentirla  perpetua;  et  forse,  se  bene  bora  la  consentissino  per 
qualche  loro  particulare  el  presente  commodità,  che  la  non  sia  per 
durare  molto.  Et  piacessi  a  Dìo  che  tale  lega  lussi  ferma  et  si  ob- 
servassi  come  il  reverendissimo  Eboracense  disegna  ;  che  Sua  Beati- 
tudine non  potrebbe  in  questo  mondo    bavere    la    miglior   nova.    Et 


1  I  I   MANOSCRITTI   TORRIGIANI 

perchè  da  lei  non  manchi  di  dare  bono  exempio  a  li  altri ,  et  per 
declarare  a  quel  serenissimo  Re  et  al  Legato  el  bono  animo  suo  , 
et  perchè  in  facto  Sua  Beatitudine  et  col  core  et  con  li  effecti  è  in 
bona  pace  con  tucti  li  Principi,  et  vorrebbe  che  la  durassi  non  solo 
al  tempo  del  suo  pontificato,  ma  de  li  sui  successori  .  ha  facto  expe- 
dire  un  novo  mandato  ,  per  il  quale  dà  auctorità  a  voi  dui  reve- 
rendissimi Legati  di  farla  perpetua.  Ma  la  S.  V.  adverta  et  noti 
bene,  che  quanto  a  li  5  anni,  Sua  Santità  è  contenta  essere  obligata 
a  la  defensione  et  così  a  la  offensione  contro  a  quelli  che  violassino 
la  lega;  ma  da  5  anni  in  là  non  vule  bavere  altro  obligo  che  di 
perpetua  pace ,  et  di  esser  tenuto  solamente  ad  procurare  come 
patre  universale,  et  exhortare  et  pregare  li  altri  Principi ,  che  fra 
loro  venissino  in  discordia,  ad  unirsi  et  pacificarsi  insieme.  Perchè  , 
potendo  fàcilmente  advenire  che  fra  loro  si  rompessino  et  ad  cia- 
schuno  paressi  bavere  ragione,  come  interviene  che  ne  le  cause  pro- 
prie ogni  homo  si  inganna  ,  et  ricercassino  Sua  Santità  a  la  offen- 
sione ec.  ;  quella  non  vole  mettere  la  Sede  apostolica  in  perpetuo 
travaglio  di  havere  poi  o  con  censure  o  con  arme  ad  mettersi  in 
guerra  et  offendere  qualcuno  di  loro  .  col  negare  o  col  concedere  el 
favore  et  lo  aditi  to  suo  Perchè,  se  si  riguarda  bene  le  cose  passate 
de'  tempi  nostri,  che  sono  bona  misura  di  quelle  che  hanno  ad  ve- 
nire ,  vedremo  che  non  è  breve  termine  una  concordia  di  5  anni , 
né  quanto  a  la  sancta  expeditione .  né  quanto  a  lo  stare  in  pace  ; 
perchè  la  fortuna  ogni  giorno  et  naturalmente  e  governi  de  li  Stati 
producono  varie  cose  che  interrompono  e  pensieri  di  chi  volessi  stare 
quieto ,  etiam  ne  le  persone  mature  et  prudenti.  Et  questo  si  dice 
per  le  obligationi  che  havessino  ad  essere  ne  li  capitoli  perpetui,  di 
offendere  quelli  che  manchassino  ec.  Ma  per  5  anni  N.  S.  è  contento 
obligarsi,  come  è  d.cto,  et  ad  offension  m  et  def'ensionem  contro  chi 
perturbassi  tanto  bene,  per  benefitio  ile  la  Republica  Cristiana; 
havendo  maxime  indicto  le  tregue  quinquennali:  el  perchè  pare  ve- 
risimile, se  li  Principi  non  vorranno  in  tucto  essere  maligni,  che 
habbiuo  ad  observare  le  conventioni  iàcte  per  questo  tempo.  Et  però, 
quantum  ad  qvìnquennium,  adoperate  il  mandato  come  vi  pare  che 
passi  con  dignità  et  securtà  de  la  Sede  apostolica  et  di  Sua  Santità; 
che  penso  e  capitoli  saranno  et  honorevoli  et  bene  examinati  .  pas- 
sando per  le  mani  del  reverendissimo  Legato  el  vostre.  Et  se  pure 
paressi  a  qualcuno  che  mancassi  qualcosa  in  decto  mandato,  pro- 
mettete di  rato  per  il  decto  tempo  de'  5  anni ,  che  Sua  Beatitudine 
i albicherà  tucto  quello  che  harete  promesso.  Et  quanto  ad  tarla  p  r- 
petua,  assettate  el  capitolo  et  le  parole  chiare  et  necte,  in  modo 
che  Sua  Santità  non  sia  tenuta  nò  obligata  ad  altro  che  a  la  pace. 
coni  di  sopra  si  dice.  Et  notate  bene  questo  punto,  che  per  cosa 
del  mondo    non  si  acconci   altrimenti.   Questa  è  la  substantia    de   la 


DONATI   AL    R.    ARCHIVIO    DI    FIRENZE  15 

commissione  che  ini  ha  dato  N.  S.  che  io  vi  scriva  per  sua  parte. 
La  S.  V.,  inteso  ora  lo  animo  suo  et.  le  cause  et,  a  che  fine  si  move. 
saprà  meglio  el  exprimerlo  e\  iustificarto  et  farne  capace  el  reve- 
rendissimo Legato  el  chi  altri  occorressi,  el  venendo  al  capitularsi, 
distenderlo,  che  non  saprei  lodargliene  alcuna  instructii Et  ster- 
zatevi ,  declarando  a  Eboracense  la  sancta  mente  di  N.  S.  et  la  fede 
che  ha  in  Sua  Signoria,  di  lassarlo,  in  ogni  evento  di  questa  pratica, 
ben  contento  et  satisfacto  di  Sua  Beatitudine:  non  uscendo  però  de 
la  commissione  sopradecta ,  di  non  la  obligare  dopo  li  5  anni  se  non 
a  la  pace.  Et  subiungete  che  per  bavere  io  la  cyfra  con  V.  S.  non 
scrivo  altrimenti  a  Sua  Signoria  reverendissima  ;  sapendo  che  saria 
superfluo,  et  che  tucto  li  participerete ,  havendo  ad  passare  ogni 
cosa  per  le  sue  mani....  ». 

23  settembre.  -  Reverendissimo  Campeggio.  Nomine  Vi- 
cecancellarii.  Dat.  Roncilionì. 

«  Io  ho  examinato  la  offerta  di  tinello  amico,  de' 100  mila  ducati, 
el'  mi  pare  che  sia  troppo  lungo  tempo  et  troppo  grande  interesse  ; 
et  altra  volta  me  ne  è  suto  parlato.  E  li  è  vero  che  la  Camera 
apostolica,  al  tempo  de  le  guerre  o  di  qualche  altro  bisogno,  piglia 
danari  ad  interesse,  che  li  costano  più,  ma  sono  per  breve  tempo; 
et  per  bora,  per  la  gratia  di  Dio  ,  non  ci  è  tal  bisogno.  Io  ringratio 
V.  S.  reverendissima  di  havermi  facto  intendere  questa  cosa,  et  lei 
può  dire  a  lo  amico  che  cerchi  tare  il  facto  suo  con  altri.  —  Sua  San- 
tità si  maraviglia  di  tanta  frecta  che  monstra  Eboracense  in  volere 
questo  novo  mandato,  perchè  sa  che  li  altri  non  saranno  così  presti, 
secondo  li  advisi  die  habbiamo  di  Spagna  de' 6  del  presente  ;  che  ri- 
cercando l'oratore  di  Inghilterra  che  el  Catholico  mandassi  el  man- 
dato per  questa  lega,  quella  Maestà  respose  che  volea  prima  vedere 
et  examinare  li  capitoli ,  in  modo  che  non  crediamo  che  ,  quanto  a 
Spagna,  le  cose  sieno  così  presto  in  ordine  come  disegna  Eboracense. 
Lo  Imperatore  anchora,  a  chi  si  è  parlato  di  questa  lega  quinquen- 
nale, ha  resposto  che  vole  si  tracti  a  Roma,  et  che  ne  scriverra  al 
signor  Alberto  ;  et  per  il  primo  spaccio  manderà  la  ratificatione  de 
le  tregue.  El  Cristianissimo  ancora  ha  decto  al  reverendissimo  Le- 
gato, che  tale  lega  è  honorevole  più  che  necessaria,  essendoci  le 
tregue  indicte  da  N.  S..  le  quali  dipoi  Sua  Maestà  scrive  havere  ra- 
tificate ,  et  che  manderà  la  ratiflcatione  a  Sua  Santità.  Et  per  re- 
specto  de  lecose  di  Navarra,  pare  trano  che  Francia  vogli  farequesta 
lega  perpetua  .  lassando  possedere  ad  ognuno  come  possiede  di  pre- 
sente: pure  potria  e  .  por  riavere  Tornai,  consentissi  per 
hora  ad  ogni  cosa ,  et  observassi  poi  quanto  Dio  volessi.  Per  il  che 
N.  S.  non  vole,  da  5  anni  in  là,  havere  ad  entrare  fra  questi  dui  Re, 


16  I    MANOSCRITTI    TORRIGIAM 

né  bavere  altro  obligo  che  di  pace.  —  N.  S.  intende  che  Cesare  lia 
fermo  quattro  Electori  al  voto  suo  per  tare  il  Cattolico  re  de'  Romani 
et  al  figliuolo  del  Marchese  di  Krandiburg  danno  per  donna  madonna 
Catherina  sorella  di  decto  Re  con  300  mila  fiorini  di  dote  ;  et  a  li 
altri,  danari  assai  et  chiese  et  investiture  et  previlegii.  Tenete  n  1 
petto  vostro;  et  vedete  come  il  Re  et  Ebóracease  la  intende,  et  che 
uotitia  ne  banno  ,  et  advisate....  » 

23  settembre.  -  Episcopo  Polensi.  Nomine  Vicecancellarii. 
Dat.  Viterbii. 

«  A  li  giorni  passati  vi  mandamo  el  breve  per  conto  de  la 
beresia  de  la  Valle  di  Bressa;  et  di  poi ,  esaminando  N.  S.  la  ma- 
teria essere  importantissima,  et  che  per  l'ordinario  li  frati  Predi- 
catori di  Sancto  Domenico  banno  spetiale  cura  di  simili  inquisitioni ; 
et  non  volendo  lare  vergogna  a  quello  Ordine  pieno  di  tanti  homini 
docti ,  nò  etiam  che  il  Protectore  o  altri  si  potessi  dolere  ;  ci  ha 
commesso  vi  scriviamo  per  parte  sua  che .  oltre  a  le  diligentie  che 
Sua  Samità  sa  che  V.  S.  userà  in  questa  causa ,  usi  ancora  questa , 
di  non  excludere  in  alcun  modo  decti  Frati  Predicatori  da  qualunque 
acto ,  examina  o  processo  che  lei  tacessi  in  decta  causa.  Et  quando 
bene  paressi  a  V.  S.  di  deputare  altri ,  secondo  le  occurrentie  ,  ad 
conoscere  quello  si  è  facto  o  si  iàrà  per  lo  ad  veni  re ,  cbe  la  non 
manchi  di  admeterli ,  et  deputarvi  etiam  li  decti  Frati  ;  et  cbe  in 
somma  ,  in  qualunque  cosa  làcci ,  non  restino  esclusi  da  decto  of- 
tìtio ,  facce ndo  loro  careze  et  bonore  ec.  ». 

25  settembre.  -  Sanctae  Mariae  in  Porticu.  Nomine  Vi- 
cecancellarii. 

«  Avanti  bieri  scripse  a  V.  S.  reverendissima  messer  Bartolo- 
meo (  1)  ;  et  per  questa  sarò  brevissimo,  per  respecto  d'un  corriere  cbe, 
in  questo  punto,  passa  di  qua  et  non  può  aspectare.  N.  S.  ha  lettere 
d'  Ungheria ,  da  Frate  Nicolò  ,  de'  3  da  Buda ,  et  de'  xui  da  Vienna  : 
et  fra  le  altre  cose,  cbe  non  bo  tempo  ad  scrivere,  dice  d'un  con- 
vento armato  cbe  ha  facto  la  Nobiltà,  et  come  sono  in  sospecto 
grandissimo  cbe  il  Turco  non  vengbi  in  persona  a  quella  volta.  Et 
monstra  che  se  quel  Re  sarà  adiutato  da  li  altri  Principi ,  facilmente 
potrà  nutrire  la  guerra  in  quelli  paesi,  et  assicurare  Italia  et  molti  altri 
lochi,  tanto  cbe  si  possi  fare  le  provisioni  per  la  sancta  expeditione. 
Et  se  il  Turco  si  volta  a  quella    impresa ,   come  noi  dubitiamo ,  et 

(I)  Bartolommeo  Bibbiena  ,   di  cui  sono  quattro    lettere  a  Latino  lu- 
venale  Nunzio  a  Venezia,  nel  primo  volume  «ielle  Lettere  di  Principi. 


DONATI   AL   R.    ARCHIVIO   DI   FIRENZE  17 

a  quella  provincia  non  sia  prestato  adulto ,  è  periculo  grandissimo 
che  non  vadino  in  ruina  o  non  si  accordino.  La  qual  cosa  quanto 
importi,  V.  S.  la  intende  benissimo  per  la  prudentia  sua  ;  et  hora 
con  piccola  cosa  si  può  dare  loro  subsidio  ;  che  se  si  lassa  seguire 
qualche  inconveniente,  non  basteranno  le  grandi.  La  S.  V.  ricordi , 
solliciti  et  rachomandi  che  el  Cristianissimo  facci  qualche  provisione  , 
et  presto.  N.  S.  sta  di  bona  voglia,  et  staremo  anchora  qui  4  o  5 
giorni ,  et  di  poi  a  la  gita  ordinaria  ec.  ». 

30  settembre.  -  Fratri  Nicolao  Scomberg.  Nomine  Vice- 
cancellarii. 

«  ....  Con  questa  vi  mandiamo  25  brevi  expediti  al  Re  di  Un- 
gheria, di  Polonia,  et  a  loro  insieme  con  li  Conventi  et  molti  altri 
che  sono  senza  soprascripta ,  come  vedrete  per  la  notula  et  per  li 
contrasegni ,  secondo  la  memoria  che  havete  mandata ,  et  tucti  cre- 
dentiali  in  voi.  Servitevene  al  bisogno,  secondo  le  occasioni.  Quelle 
due  bolle  che  voi  ricordavi  si  facessino  al  Musco ,  1'  una  di  riceverlo 
ad  gremium  Ecclesiae,  l'altra  di  farlo  Re,  non  è  parso  a  N.  S.,  al 
presente ,  di  mandarle ,  per  esser  cose  di  troppa  importanza  ad 
darle  sponte  et  senza  precedente  merito.  Ma  harete  un  altro  breve 
diritto  a  voi,  che  parla  di  lui,  comunicabile,  col  quale  voi  li  po- 
trete promettere  che ,  portandosi  bene ,  sarà  ricevuto  secondo  che 
in  decto  breve  si  contiene ,  et  honorato  ec.  Et  si  è  facto  piombato 
perchè  sia  di  più  auctorità.  Tamen ,  benché  lo  leggiate  et  mon- 
striate  ,  ritenetelo  sempre  a  presso  di  voi  et  servitevene  al  bisogno  ; 
che  in  facto ,  se  lui  farà  di  quelle  opere  che  voi  scrivete  ,  N.  S.  lo 
esalterà  et  remunererà  largamente.  Et  con  questa  anchora  vi  man- 
diamo la  bolla  del  Concilio  di  Eugenio,  celebrato  in  Firenze,  che  vi 
facci  lume  a  quelle  parti  che  riguardano  li  articuli  et  termini  quanto 
a  la  Fede.  Ma  le  declarationi  de  li  errori,  che  voi  ricercate,  non  vi 
possiamo  mandare,  perchè  si  decte  quella  notula  che  voi  mandasti 
al  reverendissimo  Cardinale  di  Sancto  Xisto ,  che  la  vedesse  ;  et 
Sua  Signoria  reverendissima  la  portò  seco  ;  che  fu  a  punto  in  sul 
partire  suo  di  qua ,  et  promisse  examinarli ,  acconciarli  et  riman- 
darli. Crediamo  harete  parlato  insieme ,  et  da  Sua  Signoria  reve- 
rendissima hauto  informatione  come  sia  da  governarsene.  Non  si 
sono  potute  mandare  prima ,  perciò ,  trovandoci  noi  fori,  et  biso- 
gnando mandare  a  Roma  per  scripture  et  fare  altre  expeditioni , 
era  impossibile  che  lussino  in  ordine  per  Sancto  Michele  ;  ma  sa- 
ranno innanzi  Ognisancti  a  Buda ,  come  ci  advisate.  Li  altri  ricordi 
che  havete  dato  circa  a  li  imbasciatori  della  Nobiltà  di  Ungheria  et 
del  Bano  ,  et  di  molti  altri  particulari ,  N.  S.  li  harà  in  memoria 
et  ne  seguirà  l'ordine  vostro.  A  N.  S.  è  piaciuto  la  bona  relatione 
Arch.,  3.»  Serie,  Tom.  XXJY.  2 


18  1    MANOSCRITTI    TORRIGIANI 

che  haveté  fàcta  del  Bano ,  et  il  bono  eoncepto  che  late  di  Sua  San- 
tità; la  quale,  quando  si  fussi  portata  in  quel  modo  che  Sua  Santità 
desiderava  per  benefìtio  et  pace  di  quella  provincia ,  et  maxime  in 
questi  tempi  tanto  periculosi ,  Sua  Beatitudine  li  barebbe  facto  tal 
demonstratione  di  amore,  che  la  sarebbe  hoggi  in  altro  grado  che 
la  non  è  ;  perchè  sapete  quanto  la  pace  universale  et  la  sancta 
expeditione  li  sieno  fixe  nel  core ,  et  quanta  benignità  sia  per  de- 
monstrare  a  tutti  quelli  signori  che  adiuteranno  questo  suo  sancto 
desiderio  Nondimeno  ,  quando  anchora  el  prelato  Bano  prepongha 
il  bene  publico  a  qualche  suo  particulare  interesse ,  et  si  governi 
come  N.  S.  comincia  ad  credere  per  li  advisi  vostri;  speriamo  che 
Sua  Signoria  si  babbi  ad  tenere  ben  contenta  et  satisfacta  del  Papa. 
Ècci  parso  dirvene  un  motto,  perchè  sappiate  questa  bona  mente  di 
Sua  Beatitudine,  et  possiate  referirla  in  quel  modo  che  vi  parrà  ;  et  noi 
volentieri  et  con  diligentia  semo  per  favorire  et  adiutare  ogni  suo 
disegno  ;  et  ci  offerite  a  Sua  Santità.  Quanto  al  vescovado  che  voi  de- 
siderate, et  non  desiderate  in  persona  vostra,  et  non  vi  è  parso 
acceptarlo  di  presente ,  N.  S.  vi  commenda  di  questo  respecto ,  et 
vole  farvi  la  gratia.  Qua  non  si  è  tàcto  alcuna  expeditione.  né  si  farà 
tinche  da  voi  non  vengha  ad  viso  particulare  di  quello  che  volete  si 
tacci;  ma  scrivete  chiaramente  il  vostro  desiderio,  ad  ciò  che  si 
possi  mettere  in  opera.  Et  perchè  con  voi  non  accade  usare  ceri- 
monie, taceremo  molte  ccmmendationi  che  vi  ha  date  Sua  Santità. 
Seguite  pure  ne  la  solita  fe:le  et  diligentia  di  servire  la  Sede  Apo- 
stolica et  il  Papa  ,  et  le  altre  cose  utili  et  honorevoli  vi  verranno 
dreto.  La  expeditione  di  messer  Georgio  Puschi,  vostro  consultino  . 
si  è  facta,  come  doverrete  essere  advisato.  Con  questa  saranno  dui 
Brevi  diritti  a  voi,  per  conto  del  Musco.  Servitevi  di  quello  che  più 
vi  pare  sia  ad  proposito,  perche  se  ne  mandò  uno  ad  piombare  a 
Roma;  et  Sancti  Quattro  ne  ha  facto  un  altro,  ec.  ». 

3  ottobre.  -  Cardinali  Sancti  Xisti.  Nomine    Vicecancel- 
larii.  Ex  Monte  Flascone. 

«  Quanto  N.  S.  hebbe  piacere  de  le  lettere  di  V.  S.  reverendis- 
sima de  1'  ultimo  del  passato  et  del  primo  et  de'  2  del  presente,  per 
riconoscere  in  quelle  una  certa  effigie  de  la  prudentia  et  fede  vostra 
per  li  amorevoli  et  savi  discorsi  et  advisi  che  in  epse  si  conteneauo. 
tanto  li  è  suto  molesto  intendere  la  poca  cura  et  affectione  che  ha 
demonstro  la  Dieta  a  lo  honore  et  securtà  de  la  Republica  Cristiana. 
non  havendo  facto  né  si  vedendo  anche  segni  di  bavere  ad  fare  al- 
cuna bona  resolutione  per  la  sancta  expeditione ,  come  veramente 
era  non  solo  el  desiderio  et  la  speranza  di  Sua  Santità,  ma  il  debito 
et  1'  ofìàtio  di  tanti  Principi  congregati  insieme.  La  qual  cosa  nocerà 


DONATI   AL   R.    ARCHIVIO    DI   FIRENZE  19 

imprima  a  la  impresa,  mancandovi  quelli  membri  et  quelle  provi- 
sioni principali,  da' quali  si  potea  trarre  reputatione  et  forze;  dipoi 
per  lo  exemplo  de  li  altri  Principi,  che  inteso  in  un  Convento  tanto 
celebre  si  proceda  sì  freddamente  et  con  sì  poca  concordia,  o  non 
crederranno  il  periculo  finché  sarà  quasi  inremediabile ,  visto  a  chi 
e  più  presso  el  loco  et  a  ehi  più  tocca  per  diversi  interessi,  che  non 
lo  stima  ,  non  pio  vede  et  non  se  ne  risente  ,  et  come  a'  Cristiani 
questi  portamenti  ragionevolmente  terranno  lo  animo  et  la  voluntà 
di  prepararsi  a  decta  expeditione ,  così  al  Turco  cresceranno  ardire 
et  apetito  di  dominare  et  di  assaltare  quelli  che  intenderà  essere 
discordi  et  improvisti;  et  in  somma,  ne  resulterà  tanti  mali,  come 
V.  S.  reverendissima  può  discorrere  per  la  prudentia  sua,  che  saria 
superfluo  ad  scriverli.  Et  piacci  a  Dio  non  habbiamo  ad  iudicare  et 
provare  che  questo  nasca  da  li  peccati  nostri.  Ma  per  non  mancare 
insiuo  a  lo  ultimo  punto  di  quello  che  si  può,  et  che  è  posto  in  mano 
di  N.  S. ,  Sua  Santità  desidera  che  non  abandoniate  questa  impresa , 
né  anchora  V.  S.  parta  da  la  Corte  di  Cesare  finché  la  cura  non  sia 
in  tucto  desperata;  exhortando,  instando  et  increpando  come  meglio 
li  occorrerà ,  per  trarre  se  si  può  qualche  fructo  de  le  fatiche  vo- 
stre  ,  secondo  che  altre  volte  vi  si  è  scripto,  perchè  potremo  repli- 
care molte  cose  et  in  fine  diremo  quel  medesimo.  A  N.  S.  è  ben  pia- 
ciuto  che  la  Maestà  Cesarea  babbi  resoluto  di  acceptare  le  tregue,  et 
ta  la  ratilìcatione  che  quella  ha  promessa  di  mandare,  et  ne 
ha  maggiore  desiderio,  essendo  venuto  già  le  ratificationi  del  Catholico 
et  del  Cristianissimo  ;  et  essendo  Cesare  el  primo  di  questi  altri 
Principi  per  dignità  et  auctorità ,  non  vorria  Sua  Beatitudine  che 
lussi  l'uitimo  in  una  opera  tanto  accepta  a  Dio  et  tanto  honorevole 
et  grata  apresso  de  li  homini.  Et  però  la  S.  V. ,  con  la  sua  dexterità 
ricorderà  la  expeditione  in  quel  modo  che  li  parrà  più  ad  proposito. 
Io  credo  che  a  lo  arrivare  di  questa  sarà  comparso  costì  el  nostro 
Frate  Nicholò ,  et  vi  bara  di  bocca  referito  le  cose  di  Ungheria  ;  le 
quali,  secondo  ci  ha  scripto,  sono  in  gran  timore  de  la  venuta  del 
Turco  in  persona ,  con  grande  exercito  a'  danni  loro  ;  et  monstra 
habbino  bisogno  di  subito  remedio  ,  el  quale  da  nessun  loco  può  an- 
dare più  presto  et  più  commodo  che  da  la  Maestà  Cesarea  :  la  quale 
V.  S.  pregherra  per  parte  di  N.  S.  che  non  vogli  guardare  a  le  cose 
passate  di  Ungheria  ,  ma  per  la  bontà  sua  soccorrerla  et  adiutarla  ; 
et  non  solo  farlo  lei ,  ma  procurare  che  la  Dieta  et  li  altri  Signori 
di  Alamagna  lo  faccino  ;  et  così  operare  che  il  Ite  Catholico  concorra 
a  questa  subventione  ,  perchè  N.  S.  ne  lo  ha  facto  ricercare  dal  re- 
ver 'udissimo  Legato,  et  Sua  Altezza  ha  resposto,  che  si  maraviglia 
non  ha  vere  nove  dal  suo  oratore  che  è  appresso  di  Cesare  di  questo 
bisogno  di  Ungheria;  et  che  quando  lo  intenda,  et  li  altri  Principi 
concorralo ,    die  anchora  lei  non  è  per  mancare  di  adunarlo  ec.  Et 


20  I    MANOSCRITTI    TORRIGIANI 

però  la  Maestà  Cesarea  potrà  farne  scrivere  in  Spagna ,  et  favorire 
che  di  là  anchor  venghi  qualche  subsiclio....  ». 


3  ottobre.  -Cardinali  Sancti  Xisti.  Nomine  Vicecancellarii. 

«  N.  S.  ha  inteso ,  per  le  preallegate  vostre,  la  electione  del 
Catholico  in  Regem  Romanorum ,  et  quanti  et  quali  Electori  sono 
concorsi,  et  il  modo  si  è  tenuto  con  loro  per  guadagnarli,  ec.  Sua 
Santità  commenda  la  diligentia  vostra  usata  in  intractenere  quelli 
amici  et  in  ritrarre  et  scrivere  li  advisi  ;  et  li  è  piaciuto  li  offitii 
havete  facti  con  Cesare  et  con  lo  imbasciatore  di  Spagna,  di  demon- 
strarvi  ben  contenti  di  tale  electione,  et  di  havere  etiam  facto  opera 
che  la  sortischi  lo  effecto  desiderato  da  loro.  Pare  a  Sua  Santità  che 
questo  medesimo  si  debbi  fare  per  lo  advenire  con  li  prefati  Cesare 
et  imbasciatore ,  più  largamente  quanto  più  intenderete  decta  ele- 
ctione essere  ferma  et  chiara  ;  usando  quelle  parole  et  termini ,  in 
nome  di  N.  S. ,  che  a  la  prudentia  vostra  occorreranno.  Et  perchè 
V.  S.  intenda  el  tucto,  et  possi  meglio  riscontrare  li  andamenti  loro 
et  farne  honore  et  grado  a  N.  S. ,  vi  adviso  come  lo  oratore  del  Re 
Catholico  si  è  congratulato  col  Papa  per  parte  del  suo  Re  di  questa 
assumptione,  et  li  ha  renduto  infinite  gratie  del  favore  prestato  ec. 
Dipoi  ha  ricerco  da  Sua  Santità  la  absolutione  de  l'iuramento  se  ha  vessi 
mancato  a  quelli  oblighi  che  hanno  con  la  Sede  Apostolica,  et  la  con- 
firmatione  de  la  investitura  del  Regno  di  Napoli.  N.  S.  ha  resposto 
a  lo  imbasciatore  amorevolmente ,  dicendo  essere  lieto  di  questa 
exaltatione  del  Catholico  ,  et  volentieri  haverli  prestato  favore  spe- 
rando che  Sua  Altezza  habbi  ad  essere  bon  tagliuolo  di  Sancta  Chiesa 
et  propagatore  de  lo  Imperio  Cristiano,  et  benefactore  et  protectore 
de  la  casa  sua.  Quanto  a  la  confìrmatione  de  la  investitura  del  Regno, 
la  cosa  essere  gravissima  et  extraordinaria  et  da  pensarla  bene  , 
per  la  observatione  continuata  già  centinara  di  anni  in  contrario  che 
nessuno  Re  di  Napoli  possi  essere  electo  Imperatore.  Nondimeno  , 
per  li  respecti  sopradecti,  et  per  amore  di  Cesare,  Sua  Santità  pen- 
serà per  dimonstrare  el  suo  bono  animo  in  quel  modo  et  con  quelle 
circumstantie  et  conditioni  che  saranno  honeste  et  convenienti ,  non 
dando  né  togliendo  loro  la  speranza.  N.  S.  ha  voluto  che  V.  S.  re- 
verendissima habbi  questo  adviso,  ad  ciò,  in  nome  suo ,  lo  participi 
a  la  Maestà  Cesarea ,  al  reverendissimo  Gurgense  et  a  lo  imbascia- 
tore del  Catholico  ;  discorrendo  poi  come  da  voi  quanto  sia  da  sti- 
mare questa  gratia,  quanto  la  importi,  et  quanto  sarebbono  obligati 
ad  portarsi  bene  et  ad  renderne  merito  prima  a  la  Sede  Apostolica 
et  al  Papa,  di  poi  a  la  Casa  de' Medici ,  se  ricevessino  un  b.nefitio 
di  questa  sorte.  Observate  bene  el  volto  e'  gesti  et  le  parole  loro,  et 


DONATI   AL   R.    ARCHIVIO    DI   FIRENZE  21 

advisate  di  tucto  quello  che  intenderete  et  ritrarrete  circa  a  questa 
materia  ec.  ». 

3  ottobre.  -  Caracciolo.  Nomine  Cardinalis. 


[  Registro  di  lettere   scritte  in  nome  del   Cardinale 
Giulio  de'  Medici,  dal  dì  5  di  Ottobre  al  21  dicembre  1518.] 

Un  quaderno  ,  di  carte  50  ;  autografo. 

Sulla  prima  carta ,  che  del  resto  è  bianca,  come  le  due  ultime 
si  legge:  Registro  incominciato  a  dì  5  di  Oc'obre  1518,    et  finito  a 
dì  21  di  dicembre  1518.  Segue  la  materia  del  precedente. 

5  ottobre.  -  Reverendissimo    Sancte    Marie  in   Porticu. 

Nomine  Vicecancellarii.  Ex  Monte  Flascone  (1). 

6  ottobre.  -  Reverendissimo   Campeggio.    Nomine   Car- 

dinalis de  Medicis. 

«....  A  N.  S.  hanno  dato  grande  dispiacere  quelle  parole  che  vi 
ha  usato  Eboracense ,  di  non  volere  ratificare  le  tregue  quinquennali. 
quod  nolebant  tantum  tribuere  Pape  quod  indiceret  treguas  etc.  Et 
se  tali  parole  non  erano  convenienti  che  le  usassi  alcuno  cristiano , 
molto  manco  dovea  né  usarle  né  pensarle  un  Cardinale ,  et  maxime 
Eboracense,  di  Sua  Santità,  da  la  quale  ha  ricevuto  tanti  honori  et 
tante  utilità  :  et  di  qui  si  può  comprendere  quello  che  la  Sancta  Se- 
de et  il  Papa  possi  confidare  o  sperare  di  lui.  Et  non  sono  cose 
insolite,  come  dice,  che  molti  altri  Papi  hanno  indicto  le  tregue  ; 
et  la  bolla  di  N.  S.  già  non  dice  altrimenti  che,  seguitando  le  ve- 
stigie  de'  sui  anticessori  ec.  ;  et  la  cosa  si  è  facta,  come  sa  V.  S.  re- 
verendissima, con  matura  examina  et  participatione  del  Collegio  , 
de'Principi,  de  li  oratori,  et  di  tucto  el  mondo  ;  et  il  Catholico  le  ha 
ratificate  :  et  se  V.  S.  non  havessi  monstro  la  ratificatione  ,  mon- 
stratela  et  publicatela.  Cesare  et  il  Re  di  Francia  etiam  le  hanno 
ratificate  ;  et  mandato  qui  a  N.  S.  le  expeditioni  :  et  certo  questi 
tre  Principi  non  sono  sì  deboli  né  di  grado  n^  di  potentia  né  di 
qualità  ,  che  habbino  facto  cose  non  convenienti  ;  ma  come  boni 
figliuoli  di  Sancta  Chiesa  et  desiderosi  de  la  salute  de  la  Republica 
Christiana ,  hanno  preposto  el  ben  publico  a  qualche  loro  privato 
interesso.  Et  havendo  el  serenissimo  Re   di    Inghilterra   facto   tante 

(1)  Questa  lettera  si  legge  fra  quelle  di  Principi  ec,  Libro  primo  , 
a  carte  56  t.-58. 


22  I    MANOSCRITTI    TORRKHANl 

opere  gloriose  per  la  Sede  Apostolica  et  per  la  exaltatione  de  la  Fede 
Christiana ,  N.  S.  non  può  credere  che  non  habbi  ad  fare  anche  que- 
sta ;  et  se  non  è  stato  el  primo,  come  Sua  Santità   a^pectava  ,    ha- 
vendo  hora  lo  exemplo  innanzi,  di  tanti  altri .  spera  non  vorrà  man- 
care di  questo  offitio  in  ratificare  decte  tregue ,  le  quali  non  irape 
discono  però  altra  lega  universale  :  né  per   il  meglio  è   da   lassare 
di  fare  el  bene  ;  anchora  che  Cesare ,  per  le  lettere   de'  22  del   pas- 
sato,  habbi  decto  al  reverendissimo  Legato  Sancto  Xisto,  che  Inghil- 
terra non  li  ha  facto  intendere  né  parentado  nA  lega,  et  commenda- 
va più  si  tractassi  a  Roma.  Et  voi   ci  scrivete  che  Eboracense    tie- 
ne le  cose  per  facte,  et  Gigli  ci  diceva   che  li   mandati  del    Papa    a 
pena  sarieno  a  tempo.  N.  S.  ha  resposto  in  Alamagna,    exhortand<> 
decta  lega  universale  ;  et  che  non  li  dà  noia  che    si  concluda    più  a 
Roma  che  altrove  ;  et  che  a  Sua  Santità  basta    che  si   facci  el  bene. 
Hora  se  Cesare  dice  non  sapere  anchora  nulla  de  la   lega ,  né    sap- 
piamo come  costì  se  la  possine    fermare   (pianto  a   Sua   Maestà.  Et 
però  il  Papa  desidera  che  la  S.  V.  di  novo  parli  col  Re  et  con  Ebo- 
racense ,  secondo  che  vi  pare ,  di  questa   benedetta   ratificatione    de 
le  tregue  ;  et  così ,  come  Sua  Beatitudine  si  maraviglia  che  loro  di- 
chino bavere  preparato  ogni  cosa,  et  Cesare   da   l'altro   canto    an- 
chora non  lo  sapere.  È  ben  vero  che  sua  Cesarea  Maestà   ha   scri- 
pto al  Papa  acceptare  la  guerra  contro  a  li  Infldeli,  et  esser  parato 
ad  ogni  concordia  universale.  La  S.  V.,  che  si  trova  in  sul   facto  et 
conosce  li  humori ,  si  governi  con  la   solita   prudentia    sua.    Quanto 
alla  cosa  del  Duca  ,  di  procurare  che  sia  nominato  ec,  seguite  quan- 
to vi  scripsi  ;  et  così  è  la  voluntà  di  N.  S.  A  li  altri  advisi  non  bi- 
sogna respondere  :  et  le  cose  che  havete  ad  tractare ,    sforzatevi  di 
farle  con  più  dignità  et  securtà  di  N.  S.  che  sia    possibile.  N.  S.  vi 
ricorda  el  procurare  qualche  subsidio ,  che  sia   presto    et  vivo,  per 
Ungheria ,  perchè  resta  in    grandissimo   periculo    per   l'andata    del 
Turco  a  quella  volta.  El  Cristianissimo    ha   facto    intendere   volere 
mandarvi   uno   homo  suo  con  20mila  a,  offerendo  anchora  maggior 
cose.  La  Dieta  di  Alamagna  è  resoluta,  et  li   Electori  et  Principi  si 
sono  partiti,  secondo  le  lettere  del  reverendissimo  Legato  de' 22  del 
passato.  Hanno  concluso  per  le  cose  del    Turco  una   provisione   per 
3  anni ,  che  ogni  persona  che  piglia  la  sancta  Comunione  paghi  per 
ciascuno  anno  vi  di  quelle  clalze  (1)   che  sono  un   carlino   iusto  ;   et 
quelli  che  sono  usi  ad  tale  impositione  et  exactione,  dicono  che  questa 
passerà  al  certo  un  milione  di  fiorini  V  anno.  Li  Principi  poi    volun- 
tarii  adscenderanno  a  200  mila  fiorini  P  anno  :  et  così  qualche  altro 
disegno.  Se  non  che  la  cosa    è  un  poco  lunga  ,  che  si    risolvono   di 
publicarlo  a  la  futura  Dieta,  che  sarà  a  marzo.  Non  saria  mala  pro- 
vinone, et  costi  credo  che  sia  bene  tenerla  in   reputatione  per  dare 
(1)  Tedesco,  kreutzer. 


DONATI  AL  R.  ARCHIVIO  DI  FIRENZE  23 

esemplo  a  li  altri.  Dicono  che  hanno  hauto  tucti  li  Electori  a  laele- 
ctione  del  Catholico  per  Re  de'  Romani  ,  excepto  el  Duca  di  Saxonia, 
el  quale  anchora  affermano  che  concorrerà  al  publicarlo  :  crédessi 
che  habbino  messa  questa  dilatione  per  haver  in  ordine  li  danari  et 
le  altre  promesse  facte.  N.  S.  si  maraviglia  che  Eboracense  non  ve 
ne  habbi  decto  cosa  alcuna,  et  più  si  maraviglierebbe  se  costì  non 
lussi  notitia  d'una  cosa  di  tanta  importanza  ec.  >. 

7  ottobre.  -  Cardinali  Sancti  Xisti.  Nomine  Vicecancel- 
larii.  Ex  Monte  Flascone. 

«....  Quanto  a  la  Rosa  (1)  ,  poi  che  Saxonia  si  è  portato  tanto  sal- 
vaticamente  ,  V.  S.  la  ritengha  fin  che  habbi  altra  commissione  ;  ma 
quando  il  prefato  Saxonia  facessi  bono  offitio  ne  la  causa  di  Frate 
Martino,  et  che  l'avessi  el  fine  che  si  conviene,  in  tal  caso  V.  S. 
lime  facci  dare  (2),  che  si  debbe  tenere  nel  presentarla.  Et  in  decta 
causa  di  Frate  Martino ,  V.  S.  se  ne  governi  come  li  pare  ;  et  per 
la  expeditione  che  se  li  mandò ,  quella  potea  tenere  quel  verso  che 
la  radicava  expediente  ;  et  di  qua  fu  iudicato  che  ne  le  cose  notorie 
et  publiche  non  accadessi  altra  solennità  o  citatione...  ». 

7  ottobre.  -  Fratri  Nicolao.  Nomine  Vicecancellarii.  Ex 
Monte  Flascone. 

<..;.  Madama  Aloysa,  prima  genita  del  Cristianissimo,  desponsata 
al  Re  Catholico,  è  morta  ;  et  li  Franzesi ,  secondo  la  capitulatione 
hanno  con  Spagna  ,  sperano  che  madama  Carlotta  ,  seconda  genita, 
succederà  nel  loco  de  .la  defuncta.  La  Excellentia  del  Duca  arrivò 
qui  a'  dì  5,  di  bona  voglia,  et  forse  se  ne  verrà  a  Roma  con  N.  S. 
Madama  sua  consorte  è  gravida  di  3  mesi  o  più.  Dio  ne  sia  laudato  >. 

14  ottobre.  -  Reverendissimo  Sanctae  Mariae  in  Porticu. 
Nomine  Vicecancellarii.  Ex  Tuscanella. 

«  ....  Harete  di  poi,  per  le  preallegate,  inteso  li  altri  advisi 
d'Alamagna,  et  comunicati  ec.  ;  et  il  Re  Cristianissimo  doverrà  essere 
arrivato  et  parlato  con  V.  S  di  quelle  cose  importanti  che  Sua  Mae- 
stà vi  ha  facto  intendere  di  volere  conferire,  et  così  quello  che  li 
sarà  occorso  intorno  a  questa  electione  del  Catholico  :  circa  a  la  qua- 
le ,  se  la  Christianità  fusse  in  altro  termine  che  la  non  è ,  et  preci- 
pue per  respecto  del  Turco ,  Sua  Beatitudine  penserebbe   et  farebbe 

(1)  Intendi ,  la  Rosa  che  il  Papa  benedice  nella  Domenica  Laetare, 
quarta  di  quaresima. 

■jui  manca  col  modo  ,  con  le  cerimonie  ,  o  simili. 


24  I   MANOSCRITTI    TORR1G1AM 

forse  qualche  disegno ,  che  al  presente  ,  per  manco  male  ,  li  pone 
da  parte,  perche  conosce  molto  bene  quanto  importi  a  la  Sede  Apo- 
stolica che  il  Re  Catholico  sia  assumpto  a  questo  grado-  V.  S.  sa 
quanti  mesi  sono  che  bua  Santità  lo  ha  antiveduto  et  datone  adviso, 
et  facto  dal  canto  suo  quello  offitio  che  è  suto  possibile  ;  et  il  Cri- 
stianissimo ,  anchora  che  babbi  monstro  un  sincero  animo  di  vero 
figliuolo  di  Sancta  Chiesa ,  non  ha  mai ,  secondo  ci  è  parso  ,  pre- 
stato integra  fede  a  li  advisi  di  Sua  Santità ,  come  quello  che  ,  se- 
condo la  misura  del  core  suo  ,  che  è  tucta  bontà  et  fedo  ,  indicava 
li  Electori  che  li  haveano  promesso ,  non  occorrere  ec.  ;  et  così  è 
restato  ingannato  de  la  sua  opinione  :  et  etiam  poi  che  è  suto  facto 
la  electione,  pare,  secondo  le  lettere  vostre,  che  molto  tardi  l'hab- 
bino  saputo.  Hora  la  cosa  è  qui ,  et  bisogna  pensare  innanzi  ;  et 
N.  S.  harà  piacere  di  intendere  el  iudicio  del  Cristianissimo.  Quan- 
to ad  volere  hora  interrompere  la  electione  facta  et  stipulata ,  an- 
chora che  non  sia  publicata  ,  Sua  Santità  vede  e  remedi  essere  scarsi 
et  periculosi  ;  con  ciò  sia  che  li  Electori  sieno  tanto  avanti,  che  male 
possono  tornare  indrieto  ;  et  saria  impossibile  che  quella  opera  si 
facessi  hora  per  disturbare,  non  pervenissi  a  notitia  di  Cesare  et  del 
Catholico  :  et  quando  non  si  facessi  effecto  ,  il  Catholico  resterebbe 
nel  grado  suo,  et  noi  ci  saremo  scoperti  sanza  fructo  sui  inimici. 
Et  quando  pure  se  li  desse  qualche  impedimento ,  la  cosa  li  importa 
tanto,  che  ne  potria  nascere  una  guerra  che  dividerebbe  tucti  li  Prin- 
cipi Christiani ,  et  non  se  ne  potria  fare  pace  così  de  facile  :  perchè 
senza  dubio  con  il  Catholico  ne  andrebbe  una  gran  parte ,  et  il  Cri- 
stianissimo per  sé  et  per  li  amici  sui  anchora  saria  potente  ;  et  così 
si  metterebbe  in  una  posta  la  ruina  di  tucta  Christianità.  La  qual 
cosa  quanto  sia  hora  ad  proposito ,  che  habbiamo  el  Turco  poten- 
tissimo ,  victorioso  et  armato  a'  danni  di  Ungheria ,  ogni  homo  lo 
può  intendere  et  iudicare  :  et  N.  S.  per  natura  è  inclinato  a  la  pace, 
per  l'ordinario;  per  questi  accidenti  del  Turco  la  iudica  essere  ne- 
cessaria fra' Christiani,  et  non  può  pensare  a  cosa  alcuna  che  l' babbi 
ad  interrompere  ;  poi  che  Cesare ,  il  Cristianissimo  et  il  Catholico 
hanno  ratificato  le  tregue  publicate  da  Sua  Santità  ;  et  poi  che  an- 
chora lo  accordo  et  il  matrimonio  tra  Francia  et  Inghilterra ,  desi- 
derato da  Sua  Santità,  è  stabilito  et  fermo,  come  ci  advisa  el  reve- 
rendissimo Campeggio  per  lettere  de' 5,  di  che  a  questa  hora  V.  S. 
doverra  havere  inteso  più  particularmente.  Nondimeno  N.  S.  harà 
caro  sapere  la  mente  del  Cristianissimo,  la  quale  V.  S.  si  sforzerà  di 
ritrarre  più  chiara  et  più  particulare  che  si  può.  N.  S.  ha  inteso, 
per  lettere  de  la  Excellentia  del  Duca,  in  che  grado  di  amore  et  di 
observantia  era  lo  animo  del  Re  et  di  Madama  verso  di  Sua  Santità, 
et  per  sé  medesimo  anchora  si  havea  proposto  tanta  unione  et  in- 
tclligentia  quanta  fra  patre  et  figliuolo  si  può    immaginare.   Nondi- 


DONATI   AL   R.   ARCHIVIO   DI   FIRENZE  25 

meno  poi  clic  ha  parlato  col  Duca,  ha  ritraete  molti  particulari  che 
non  si  possono  bene  exprimere  per  lettere;  per  le  quali  li  è  dup- 
plicato  el  gaudio,  la  fede  et  la  aflfectione,  et  Don  potria  restarne 
più  contento.  Et  fra  le  altre,  ha  conosciuto  in  Sua  Excellentia  una  sì 
Adele  et  sviscerata  servitù  verso  quella  Maestà,  che  se  fussi  nato  et 
nutrito  nel  mezo  di  Francia  et  del  più  antiquo  et  fidel  sangue  che 
habbi  quella  Corona ,  non  crede  potessi  esser  più.  Di  che  Sua  Santità 
ha  preso  grandissimo  piacere ,  parendoli  haverlo  non  solamente  ben 
collocato  sotto  la  protectione  del  Cristianissimo  ,  ma  essere  hor  certo 
che  tale  protectione  habbi  ad  essere  perpetua.  È  parso  a  me  Vice- 
cancellario  darvene  notitia,  per  contenteza  di  V.  S.,  et  perchè,  ve- 
nendoli ad  proposito,  lo  possi  fare  intendere  al  Re  et  a  Madama 
come  cosa  certissima  et  decta  senza  cerimonia.  Quanto  a  la  venuta 
de  la  Regina  et  di  Madama,  la  estate  futura,  in  Italia,  N.  S.,  per 
una  nova  non  porria  havere  la  migliore,  et  non  manco  lo  desidera 
che  loro  ;  et  disegna  ,  piacendo  a  Dio  ,  facto  Pasqua  de  la  Resurre- 
xionc  ,  transferirsi  in  Toscana  ,  quando  li  tempi  lo  comportino  ;  et 
piacci  a  Dio  che  sia  stagione  da  poter  fare  simili  viaggi  :  perche 
questa  impresa  del  Turco  contro  a  Ungheria  da  tucti  è  iudicata  im- 
portantissima et  periculosa,  et  tamen  da  nessuno  fino  a  mo'  adiutata. 
Però  V.  S.  solliciti  el  Cristianissimo  di  quel  subsidio  che  li  vole  man- 
dare, ad  ciò  che  sia  in  tempo  che  possi  giovare ,  et  non  trovi  le  co- 
se desperate.  Postscripta.  Habbiamo  ritracto  da  Milano,  che  Monsi- 
gnore de  Lautrec  non  è  più  in  quella  gratia  et  credito  apresso  del 
Re  che  solea,  et  che  Sua  Maestà  li  ha  limitato  da  qualche  tempo  in 
qua  certa  auctoriti  per  molte  sinistre  relationi  che  ha  haute  di  lui; 
et  che  bora  messer  Io.  Iacomo  sarà  per  caricarlo  come  mal  tractato 
et  satisfacto.  La  S.  V.  con  la  dexterità  sua  sottilmente  veglia  di  odo- 
rarne qualcosa  dal  prefato  messer  Io.  Iacomo  et  da  qualcuno  altro  ; 
et  perchè  Lautrec  ha  sempre  monstro  tener  poco  conto  di  N.  S.,  co- 
me quella  sa,  quando  li  paressi  da  intendervi  in  spirito  con  Sua  Si- 
gnoria et  adiutare  pingere  la  pedona  in  modo  che  si  potessi  gua- 
dagnare ,  et  non  perdere,  si  rimette  ne  la  prudentia  vostra.  Cosi 
in  questo  è  da  stare  con  lo  arco  teso  col  signor  Visconte  (1),  el  quale 
si  crede  che  sarà  opposi to  al  Triultio  ;  et  Lautrech,  fuor  de  la  natura 
sua,  lo  ha  carezato  et  presentato  in  questa  sua  partita  da  Milano  per 
haverlo  propitio  ec.  ». 

30  ottobre.  -  Reverendissimo  Sanctae  Mariae  in  Porticu. 
Nomine  Vicecancellarii. 

«  ....  Circa  al  fare  nova  unione  fra  N.  S.,  il  Cristianissimo,  Veni- 
tiani  et  Svizeri  ec,  a  Sua  Santità  piace  ogni  intelligentia  et  colliga- 

(1)  Galeazzo  Visconti  .  di  cui  sono  lettere  fra  i  Documenti  di  Storia 
Italiana  copiati  ec.  da  Giuseppe  Molini;  Firenze,  1836.  Vedi  la  nota 
del  marchese  Gino  Capponi  al  Documento  XLII. 


26  1   MANOSCRITTI   TORRIGIANI 

tione  che  si  potessi  l'are  più  strecta  fra  lei  et  Francia ,  benché  lo 
amore  et  la  fede  sia  reducta  in  loco  dal  canto  di  Sua  Santità,  che 
non  li  pare  si  possi  adcrescere  o  stringere  più  ;  et  li  Venitiani  ama 
come  figliuoli  speciali,  et  per  natura  sua  et  per  le  qualità  loro  ,  et 
per  respecto  anchora  del  Re,  et  sempre  harà  caro  unirsi  et  inten- 
dersi bene  con  epsi.  Sol»m  in  questo  bisogna  che  il  Papa  et  il  Re 
pensino  ,  per  conto  di  Cesare ,  ad  governare  la  cosa  in  modo  che  , 
havendo  lo  obiecto  de  la  pace  universale,  non  si  perdessi  in  un  punto 
quello  che  con  tanto  tempo  et  fatica  si  è  acquistato  de  le  tregue  ra- 
tificate. La  compagnia  de'  Svizeri  in  questa  colligatione  piace  molto 
a  N.  S.,  et  tanto  più  se  le  cose  del  Catholico  andranno  avanti  come 
si  crede  ;  perchè  è  b'ne  che  tanta  sua  potentia,  adiuncto  etiam  il  ti- 
tillo de  lo  Imperio,  non  possi  disporre  de' Svizeri  a  beneplacito  suo; 
e  quali  ,  per  la  inclinatione  naturale  et  per  qualche  obligo  che  hanno 
con  Cesare,  per  l'ordinario  forse  ne  andrebbono  a  quella  volta.  Et 
però  la  S.  V.,  con  la  prudentia  sua,  facci  intendere  al  Cristianissimo 
et  a  Madama  quanto  N.  S.  si  tiene  satisfacto  di  loro ,  et  li  respecti 
che  tengono  Sua  Santità  ,  in  questa  parte ,  del  Catholico  ;  così  di 
quanta  buona  voglia  Sua  Beatitudine  verrà  a  questa  nova  unione, 
aspectando  che  li  sia  facto  intendere  più  particularmente  quello  che 
sia  da  fare.  —  N.  S. ,  quanto  efficacemente  può  ,  vi  rachomanda  el 
signor  lo.  Iacomo,  et  desidera  che  lo  adiutiate  quanto  sia  possibile, 
advertendo  nondimeno  die  il  troppo  favore  vostro  non  li  nocessi  : 
ma  potete  rachomandarlo  per  parte  di  Sua  Santità  fino  ad  un  certo 
termine;  dipoi  monstrare  che  tucto  ricordate  per  benefitio  loro,  per- 
chè li  meriti  del  prefato  Signore  et  de  la  casa  sua  et  de  la  Parte 
guelpha  sono  noti  a  tucto  el  mondo  ;  et  se  ha  mancato  in  qualche 
cosa  del  debito  suo  ,  questo  poi  è  noto  a  pochi ,  et  la  fama  ne'  po- 
puli  et  ne  le  città  dove  sono  le  parti ,  sapete  quanta  forza  babbi  et 
quanto  carico  et  mala  gratia  possi  fare  a  Sua  Maestà,  minando  chi 
ha  facto  loro  tanti  servitii.  Et  certo  N.  S.  si  move  ad  rachoman- 
darlo non  meno  per  conto  del  Cristianissimo  che  del  signor  Io.  Ia- 
como ;  con  ciò  sia  cosa  che  de' ghibellini  non  si  possono  fidare  .  el  li 
amici  vecchi  naturali  (se  bene  fanno  qualche  errore)  non  <s  da  vo- 
lerli perdere  et  minare....  ». 

5  novembre.  -  Episcopo  Polensi.  Nomine  Vicecancellarii. 

■k  Noi  semo  stati  fori  fino  a  sabato  passato,  et  in  viaggio  (quan- 
do non  sono  cose  di  importanza)  si  piglia  securtà  di  scrivere  di  raro. 
Adesso  che  semo  in  Roma,  ci  sforzeremo  di  visitarvi  spesso  et  signi- 
ficarvi de  le  cose  che  occorreranno,  riabbiamo  ricevuto  più  lettere 
\ostre  ,  che  1*  ultime  sono  de'  1'.»  .  21,  23  et  27  del  passato,  con  mol- 
ti et  diversi  advisi  del  Turco,  tucti  di  importanza,  et  maxime  quello, 
se  fussi  vero ,  che  dice  la  venuta  sua  verso  la    Velona.  Altri  advisi 


DONATI   AL   R.   ARCHIVIO   DI   FIRENZE  27 

dubitano  più  da  la  banda  di  Ungheria.  La  S.  V.  non  obmetterà  la  sua 
solita  diligentia  ,  di  fare  borio  offitio  con  quella  illustrissima  Signoria, 
et  di  intendere  et  advisare  circa  a  quella  parte  tucto  quello  che  li 
sarà  possibile,  et  che  li  parrà  degno  de  la  notitia  di  N.  S.;  el  quale, 
come  sapete,  non  ha  pensiero  che  più  li  prema  che  questo  —  Un 
messer  Sebastiano  de  Federichia  da  Traviso ,  quale  leggeva  qui  in 
Studio ,  ha  facto,  a  li  giorni  passati ,  certe  falsità  grandi  a  due  su- 
plicationi,  di  quelle  che  si  sa,  di  contrafare  la  mano  di  N.  S.  et  del 
Datario ,  et  di  rastiare  certi  nomi  ec,  et  se  ne  è  fuggito  ,  et  sta 
occulto  ne  le  terre  de'  Colonnesi.  Potria  esser  che  si  volessi  redurre 
verso  Traviso ,  et  N.  S.  desiderrebbe  haverlo  in  le  mani  La 
S.  V.  ci  pensi  un  poco ,  et  dia  ordine  a  qualche  spia  di  ritrarre 
se  capitassi  in  paese,  et  se  voi  potessi  farli  porre  le  mani  a  dos- 
so ,  perchè  è  clerico  et  havea  benefltii  ;  et  se  di  qua  fussi  di 
bisogno  mandarvi  brevi  o  altra  commissione ,  et  V.  S.  ce  ne 
advisi ,  governando  la  cosa  secretamente.  Et  quando  credessi  che 
la  Signoria  fussi  per  gratificarne  a  N.  S.,  di  lassar  seguire  la  iusti- 
tia ,  che  voi  potessi  farlo  pigliare,  fatene  una  parola*  se  così  voi  indi- 
cate espediente.  La  Dieta  di  Alamagna  si  resolvè ,  et  li  Electori  so 
ne  sono  ritornati  a  casa  loro.  Hanno  in  secreto ,  secondo  li  advisi 
nostri,  facto  nova  electione  del  Re  Catholico  in  Regem  Romanorum, 
ma  secreta,  da  publicarsi  a  la  futura  Dieta  che  sarà  a  marzo  o  a 
aprile  proximo  ;  et  Cesare  et  il  Catholico  hanno  dato  et  promesso 
molte  cose  a  decti  Electori ,  benché  il  Duca  di  Saxonia  non  è  con- 
corso. Questo  ci  è  parso  scrivervi  per  adviso  vostro,  et  perchè  pos- 
siate ritrarre  come  la  Signoria  si  satisfa  o  intende  questa,  electione, 
et  se  sono  in  opinione  che  l'habbi  bavere  effecto....  ». 

9  novembre.  -  Reverendissimo  Sanctae    Mariae  in  Por- 
ticu.  Nomine  Vicecancellarii. 

«  A  dì  30  del  passato  fu  l'ultima  mia  a  la  S.  V.  reverendissi- 
ma. Di  poi  non  ho  sue  lettere.  Questa  è  per  darli  notitia  d' un  caso 
del  quale  N.  S.  ha  preso  dispiacere,  et  è  certo  che  similmente  di- 
spiacerà a  lei.  Circa  x  dì  fa  li  fuorusciti  di  Reggio  vennono  di  nocte 
a  le  possessioni  de'  Zoboli,  vicine  a  la  città  circa  d'  un  miglio,  et  li 
predorono  tucti  e  loro  bestiami  et  robe  che  vi  haveano,  et  le  ridus- 
sono  in  Parmigiana.  Di  poi  passorno  el  Po,  per  venderle  in  Cremo- 
nese et  ne  le  terre  di  Federico  da  Bozoli,  col  quale  hanno  intelligen- 
tia  et  favore.  Li  medesimi ,  et  la  medesima  nocte  ,  erano  stati  a 
Scandiano ,  loco  del  Conte  Io.  Baiardo,  dove  Inibita  Vincentio  Scaiola, 
et  con  un  tractato  che  haveano  drento  ,  furono  messi  ne  la  rocca 
et  condocti  sino  a  la  camera  dove  lui  dormiva  ;  dove  enfiati,  ama- 
zarouo  alcuni  sui  servitori,  et  il  medesimo  liarebbono  facto  a  lui,  se 


28  I   MANOSCRITTI   TORRIGIANI 

non  lussi  stato  presto  ad  gittarsi  da  una  fènestra  assai  alta  ;  et  si 
crede  che  camperà.  Erano  in  numero  circa  a  50  cavalli  ;  et  venendo 
di  nocte  et  di  luoghi  tanto  vicini ,  si  ritrassono  prima  che  si  po- 
tessi intendere  la  venuta  loro.  Et  quando  fanno  coadunatione  sì  pic- 
cole et  in  vicinanza ,  el  Governatore  di  Reggio  non  può  haverne  no- 
titia  né  provedervi,  et  ogni  dì  potranno  ritornare  et  fare  di  questi 
insulti,  se  non  si  remedia  ;  e  quali  passano  con  gran  carico  di  N.  S. 
Sua  Santità  si  credeva  che  a  Federico  bastassi  quel  che  havea  facto 
sino  a  mo';  ma  poi  che  seguita  ne  la  temerità  sua ,  el  Papa  è  in 
animo  di  farne  demonstratione.  et  non  comportare  questa  vergogna. 
Ma  prima  ha  voluto  farlo  intendere  al  Cristianissimo  ,  sì  perchè  Sua 
Maestà  facci  quel  provedimento  che  si  ricerca  circa  a  questi  fuoru- 
sciti, che  in  facto  sieno  levati  da  quelli  confini ,  sì  che  la  sappi  li 
portamenti  di  Federico  ,  et  non  si  maravigli  quando  intendessi  qual- 
che cosa  contro  di  lui.  Io  ho  scripto  questo  anno  molte  volte  a  Mi- 
lano a  Lodovico  Alamanni,  che  parli  a  Monsignore  de  Lautrec,  in  no- 
me di  N.  S.,  per  fare  levare  questi  fuorusciti  da  quelli  confini.  Le 
resposte  et  le  promesse  sono  state  bone,  ma  li  effecti  non  hanno 
conresposto.  Et  quando  non  li  volessino  cacciare  del  dominio  del  Re, 
almeno  li  facessi  stare  tanto  discosto,  che  le  città  et  li  servitori  di 
N.  S.  potessino  stare  securi  in  casa  loro  ;  che  quando  si  reducessino 
di  là  da  Milano ,  non  se  ne  farebbe  parola.  Adiungesi  a  questo  in  - 
conveniente  de'  fuorusciti,  che  li  Malescotti  rebelli  di  N.  S.  si  sta- 
ranno anchor  loro  in  quelli  confini  et  daranno  fastidio  a  Sua  Santità, 
se  il  Cristianissimo  non  vi  provede;  benché  porteranno  seco  tal  bre- 
ve al  collo  di  censure  ec,  che  ordinariamente  doverrieno  essere  scac- 
ciati. Li  delitti  de'  Maliscotti  rebelli  sono  stati  molto  enormi  contro 
lo  stato  de  la  Sede  Apostolica  et  contro  ad  altri  privati.  Et  non  so- 
no molti  giorni  che  Lione  M  discotto  intese  che  un  fratello  et  un  ne- 
pote  del  Governatore  di  Bologna  erano  andati  a  sollazo  a  Veuetia. 
Andò  lor  dreto  con  5  assassini ,  et  nel  mezo  di  Venetia  li  assaltò 
per  amazarli  ;  et  come  piacque  a  Dio,  furono  soccorsi  in  modo  clic 
camporono.  Unde  IsT.  S.  è  forzato,  per  lo  honore  suo  et  per  la  quie- 
te di  Bologna ,  lare  provisione  conveniente.  Et  la  prima  è  significare 
questi  accidenti  al  Cristianissimo  ad  ciò  che  per  la  bontà  sua  prin- 
cipalmente, et  per  lo  amore  che  porta  a  Sua  Santità,  vi  facci  subito 
remedio:  ma  sia  di  sorte,  che  quelli  a  chi  commetterà  intendino  qua- 
le sia  lo  animo  di  Sua  Maestà  verso  de  la  Sede  Apostolica  et  de  la 
Santità  del  Papa.  Se  io  havessi  ad  scrivere  ad  un  altro  che  a  V.  S. 
reverendissima ,  direi  hora  per  parte  di  N.  S.  quello  che  havessi  ad 
dire  al  Re  et  a  Madama.  Ma  V.  S.  è  tanto  prudente  ,  et  conosce 
quanto  queste  cose  importano,  ha  notitia  de' lochi  et  de  le  persone, 
et  saprà  pigliare  la  occasioue  di  parlare  a  quella  Maestà  et  a  Ma- 
dama, et  ricordare  quel  che  sia  el  desiderio  di  N.  S.  et    l'offitio   et 


DONATI   AL   R.   ARCHIVIO   DI   FIRENZE  29 

l'honore  di  decta  Maestà,  che  mi  parria  superfluo  scriverli  altro  ; 
se  non  che,  quanto  prima  può,  ne  parli  et  solleciti  e  remedii  et  le 
expeditioni  che  si  havessino  ad  fare,  et  ne  facci  particular  resposta. 
Et  perchè  V.  S.  sappi  bene  la  mente  del  Papa  et  quello  disegna  di 
fare  contro  a  Federico,  lo  adviso  come  Sua  Santità  è  in  animo,  quan- 
do li  verrà  bene,  di  darli  qualche  castigatura  che  se  ne  habbi  ad  ri- 
sentire un  pezo,  et  mandarvi  qualche  numero  di  cavalli  et  fanti  che 
possino  dimonstrarli  l' errore  suo.  Et  perchè  occorrerà  forse  passare 
con  le  gente  sul  Parmigiano ,  Sua  Santità  non  ha  voluto  fare  niente 
ae  prima  non  participa  questo  suo  disegno  al  Cristianissimo  ;  el  qua- 
le tien  per  certo  che  non  solo  consentirà  et  chiuderà  li  occhi ,  ma 
presterrà  favore  in  una  cosa  tanto  honesta.  V.  S.  ne  parli,  et  veggha 
di  obtenere  ad  ogni  modo  questo  consenso  ,  secretamele ,  ad  ciò  che 
N.  S.  possi  poi  exequirlo  quando  li  verrà  ad  proposito.  Non  voglio 
obmettere  di  dire,  che  noi  dubitiamo  Monsignore  di  Lautrec  presti 
fomento  a  Federico.  V*.  S.  lo  tenghi  in  sé,  per  servirsene  quando 
occorrerà  ec.  >. 

11  novembre.  -  Reverendissimo    Sanctae  Mariae  in  Por- 
ticu.  Nomine  Vicecancellarii. 

<  Circa  le  petitioni  del  Cristianissimo  per  conto  de  le  cose  be- 
nefitiali  de  lo  Stato  di  Milano ,  lo  imbasciatore  Monsignore  San  Malo 
et  messer  Lione  hanno  di  novo  parlato  a  N.  S.,  et  facto  grande  in- 
stantia extraordinaria  per  obtcnerle  ,  et  a  me  hanno  dato  una  lettera 
del  Re  molto  brava ,  la  quale  insieme  con  le  altre  parole  et  termini 
usati  da  li  oratori,  hanno  alterato  assai  N.  S.,  non  solo  per  quello 
che  si  ritrahe  di  presente,  che  lo  perturba  et  preme  insino  a  la  ani- 
ma, et  non  è  mai  per  consentirlo;  ma  per  vedersi  privare  d'una  spe- 
ranza, la  quale  si  havea  proposta,  di  haversi  ad  riposare  in  su  que- 
sto parentado  et  amicitia  di  Francia  :  onde  in  cambio  di  quiete  et 
nono  re ,  sempre  li  pare  trarne  fastidio  et  inquietudine  ,  et  ad  havere 
ad  fare  molte  cose  non  sanza  carico  ,  ma  si  bene  senza  grado  di  chi 
lo  riceve.  Et  veramente  ,  Monsignore  mio  reverendissimo,  questa  è 
gran  cosa ,  che  ogni  dì  el  Papa  fa  gratie  al  Cristianissimo  et  a  li  sui 
amici  et  servitori,  et  ogni  dì  surgono  su  nove  dimande  più  gravi  et  più 
importante  de  le  facte  ;  et  de  le  facte  non  si  tiene  memoria.  De  le  nove 
si  fa  instantia  come  se  mai  si  fussi  obtenuto  altro  ;  et  se  non  si  fanno 
a  p;;nto  secondo  che  e' ricercono,  ogni  cosa  facta  è  perduta.  In  modo 
che  pare  a  N.  S.  che  di  quelle  cose  che  può  fare  e'  sia  richiesto,  et  fa 
tutto  volentieri  ;  de  le  altre  che  non  può  et  non  debbe  consentire  , 
che  lo  voglino  sforzare  ;  et  se  non  hanno  la  gratia  a  lor  modo , 
che  se  la  piglino  di  propria  auctorita,  et  tenghino  quel  conto  de  la 
Sede  Apostolica  et  de  la  auctorita  et  dignità  di  Sua  Santità  come  di 


30  I    MANOSCRITTI   TORRIGIANI 

isa  vana  et  prò  farina.  A  Milano  non  si  tiene  pin  conto  del 
Papa  né  de  la  nota  né  de  le  bolle  né  de' brevi  o  altre  ragioni.  Circa 
lo  spirituale,  pigliono  per  forza  la  tenuta  et  li  l'ructi  de' benefitii 
non  solo  vacanti,  ma  de' vivi  et  di  quelli  che  sono  stati  in  pos-< 
ne  parecchi  anni  :  amazono  quelli  che  vi  portono  citationi  ;  danno 
sententie  come  pare  a  loro,  executoriali,  o  altre  simil  cose  ,  iuridi- 
ehe  et  ordinane  ec.  Di  poi  ricevono  di  gratin  la  facultàdi  potere  no- 
minare, conoscere  et  iudicare  in  benefitialibus  :  il  che  è  tucto  con- 
trario a  le  opere  loro.  Pereh  ',  se  credono  che  il  Pontefice  sia  si- 
gnore de  lo  spirituale  et  a  lui  stia  disponerne  ec,  non  doverrieno 
presummere  di  deliberarne  contro  a  la  volontà  et  honore  suo  se  non 
credono  che  a  Sua  Santità  specti  et  si  appartengha  questo  oiiii io,  che 
bisogna  ricercare  privilegii  et  auetorità  da  Sua  1  eatitudine,  che  non 
pare  altro  che  una  dirisione  di  questa  Corte  et  della  Chiesa  Romana? 
El  principal  lòndamento  di  questa  loro  petitione  consiste  in  su  la 
promessa  che  dicono  el  Papa  lece  loro  in  Bologna  ,  la  quale  non  è 
vera  né  verisimile;  et  dice  Sua  Santità  che  non  lo  promisse  mai  ; 
et  di  poi  che  più  volte  se  ne  è  parlato ,  non  1'  ha  mai  consentito  , 
né  datone  una  minima  speranza.  Fatevi  monstrare  non  so  che  me- 
moriale ,  dove  hanno  questa  cosa  che  dicono  promessa  a  Bologna  . 
et  vedrete  che  ne'  benefitii  di  Francia ,  né  la  gratia  che  fa  il 
Papa ,  exclude  e  vacanti  apud  Sedem.  In  quelli  di  Bertagna  fa  si- 
mile exceptione ,  presuponendo  che  se  ne'  benetìtii  di  Francia  et  di 
Brettagna  ,  che  sono  in  casa  loro ,  et  de'  quali  e  Pontefici ,  anchora 
che  del  tucto  sieno  signori,  non  ne  dispongono  integramente  come 
saria  conveniente  ,  si  fa  questa  exceptione:  molto  più  in  questi  di  Ita- 
lia, et  che  si  può  dire  sieno  in  Corte  ,  si  debbe  fare  et  interpetrare 
a  puro  et  sano  intellecto ,  in  modo  che  de  iure  o  di  equità,  et 
in  qualunque  altra  forma,  si  può  iudicare  quello  scripto  ;  conside- 
rato ancuora  el  loco  ,  il  tempo ,  et  come  fu  facto  per  memoria ,  et 
non  disteso  et  saldo  ec.  come  havea  ad  stare  ,  non  si  potere  inten- 
dere altrimenti,  ir*  da  N.  S.  in  altra  sententia  è  mai  suto  acceptato. 
Et  credo  Y.  S.  si  ricordi  nel  possesso  mio  di  Chiaravalle  ,  che  que- 
sta cosa ,  che  alhora  era  fresca,  venne  in  campo,  et  differì  el  pos- 
sesso qualche  mese;  tamen  N.  S.,  con  tucto  lo  interesse  mio  et  la 
importantia  del  benefitio,  non  volle  mai  consentire,  per  esser  vacato 
apud  Sedem  ,  che  la  nominatione  fussi  del  Re  ;  et  quella  Maestà  per 
la  bontà  sua ,  et  inteso  le  ragioni  che  si  adusseno  ,  fu  contenta  fare 
dare  la  possessione  liberamente  come  era  iusto  et  ragionevole.  La 
Bolla  che  si  decte  al  Cristianissimo  sopra  questa  facultà  non  fu  expe- 
dita  altrimenti ,  et  per  le  mani  di  Tricarico  fu  presentata  a  Sua 
Maestà  ,  et  alhora  ne  rende  infinite  gratie.  et  restò  poi  in  mano  del 
Cancelliero.  Venne  qua  lo  imbaseiatoro  Barma .  per  conto  de  la  pra- 
gmatica et  del  concordato  ,  et  alhora  si  muto  et   vario   molte   cose 


DONATI  AL  R.  ARCHIVIO   DI   FIRENZE  31 

che  si  erano  tractateei  ferme  a  Bologna;  et  non  volle  mai  acceptare 
le  bolle  del  concordato,  né  darli  perfectione,  se  una  obtenne  prima 
molti  particolari  di  assai  minore  importanza  che  questo;  et  nondi- 
meno, benché  di  questo  si  parlassi,  non  ne  fé' instantia,  né  preter- 
messe la  concordia.  Potrei  dir»'  molle  altre  ragioni  in  questa  sen- 
tenza, ma  non  mi  pare  che  sia  Uonore  del  Papa  et  manco  del  Re 
disputare  suina  una  gratia  facta  da  Sua  Santità,  se  in  Mieto  non  è 
piena  come  la  vorrebbe;  anzi  mi  duole,  per  la  servitù  mia  verso 
di  Sua  Maestà,  che  molte  alterationi ,  che  da  qualche  anno  in  qua 
ha  preso  N.  s. .  quasi  tucte  procedino  da  le  gratie  che  Sua  Santità 
ha  facte  al  Cristianissimo  ,  et  da  la  troppa  facilità  di  Sua  Beatitu- 
dine ;  perchè  non, vorrei  havessi  ad  cadere  ne  la  mente  di  N.  S  che, 
volendo  non  havere  fastidio  da'  Franzesi,  lussi  bene  negare  loro  subito 
ludo  (lucilo  che  doraandono ,  perchè  non  si  babbi  poi  ad  disputare 
se  manca  qualcosa  de  le  promesse  sue.  E  li  è  vero  che  li  Re  di  Fran- 
cia molte  volte  sono  stati  benemeriti  de  la  Sede  apostolica  et  hanno 
ricevuti  temporalmente  et  spiritualmente  infiniti  previlegii  et  gratie  ; 
et  papa  Leone  non  debbe  però  al  tempo  suo  havere  ad  pagare  tucti 
questi  debiti;  et  piacesse  a  Dio  che  li  successori  sui  non  habbino  ad 
dannare  che  li  babbi  facto  troppo  :  per  il  che  Sua  Santità  iudica 
manco  male  che  il  Re,  di  sua  propria  auctorità,  facci  quello  che 
ricerca  di  presente,  che  consentire  o  farlo  lei  con  la  aucorità  apo- 
stolica; come  pare  che  Sua  Maestà  minacci  ne  la  lettera  che  mi 
scrive,  la  quale  propria  mando  a  V.  S.  con  questa,  ad  ciò  che  epsa 
la  leggha  et  consideri  bene,  et  veggha  se  N.  S  ha  causa  di  dolersi, 
vedendosi  quodammodo  minacciare  da  quelli  in  chi  ha  collocato  tucta 
la  protectione  de  la  Sede  apostolica  et  de  le  cose  sue  :  et  se  non 
lussi  che  Sua  Santità  non  crede  che  questo  sia  motivo  principale  del 
Re,  staria  anchor  di  peggior  voglia;  ma  lo  attribuisce  al  Cancel- 
liere, che.  vole  mettere  quella  Maestà  a  le  mani  prima  con  Dio,  poi 
con  ^ua  Beatitudine,  lo  me  ne  dolgo  come  servitore  prima  del  Papa 
et  poi  di  Sua  Maestà  ,  et  desidero  che  la  S.  V.  ,  se  mai  fé'  con  dili- 
gentia  alcuno  officio ,  facci  questo  con  la  Maestà  Cristianissima ,  in 
quel  modo  che  li  pare  per  lo  honore  de  la  Sede  apostolica  et  di 
decta  Maestà ,  da  la  quale  N.  S.  non  può  credere  in  fine  babbi  ad 
procedere  altro  che  bene:  et  chiariteli  nondimeno,  che  il  Papa  non 
è  per  concedere  queste  cose  principali  che  domandano....  ». 


CARTEGGIO  DELL'ABATE  FERDINANDO  GALIAN1 

COL 

MARCHESE     TANUCCI 


(Cont.  ,  ved.  Tom.  XXIII,  pag.  242) 


Eccellenza, 

Non  è  ancora  a  mia  notizia,  che  sia  tornato  da  Londra  il  cor- 
riere colà  spedito  colla  nuova  de'  preliminari  segnati.  Per  altro  il 
mare  è  stato  stranamente  tempestoso.  Ma  qui  non  lascia  di  temersi. 
e  non  si  terrà  per  sicura  la  calma  finché  Londra  non  avrà  ratificato. 
Il  principe  Ferdinando,  a  cui  i  marescialli  sono  stati  i  primi  a  dar 
nuova  de' preliminari,  e  domandar  cessazione  di  schioppettate,  ha 
risposto  freddamente  non  aver  ancora  ordini  da'  suoi  principali.  Ha 
frammischiato  anche  nel  discorso  non  so  che  Re  di  Prussia,  quasi  vo- 
lesse far  intendere,  che  anche  il  consenso  di  Federico  fosse  necessa- 
rio a  farlo  cessare.  Certamente  né  il  Federico  ,  né  il  Ferdinando  so- 
no amici  di  Bute  ,  e  il  Prussiano  sopratutto  si  duole  della  freddezza, 
che  Londra  comincia  a  mostrar  per  lui.  Dubbio  non  v'  è  che  Londra 
vorrebbe  tornar  agli  amori  Austriaci.  Sicché  da  tante  combinazioni 
non  so  vedere  come  una  epoca  fmta  armis  abt>ia  a  figliare  una  pa- 
ce ,  che  pace  sia.  Duolmi  assai  che  Àranda  abbia  quasi  evacuato  il 
Portogallo  con  andar  a  prender  quartieri  d' inverno  in  Alcantara. 
Non  so  che  mi  dire.  Dio  ce  la  mandi  buona.  Questo  Bedford  vuole 
intanto  incoraggi  rei ,  e  farci  creder  sicuro  il  consenso,  e  (quel  eh' è 
più)  sincero  l'accordo  con  Londra:  dice  che  egli  avrebbe  già  presen- 
tate le  credenziali  di  Ambasciatore  ,  se  fo*se  stato  possibile  recarle 
seco  come  si  era  pensato  :  dice  che  le  aspetta  a  momenti. 

Leggerà  V.  E  nella  gazzetta  l'avventura  della  fregata  la  Mi- 
nerva perduta  nel  porto  di  Villafranca  ;  non  è  vero  però  che  la  col- 
pa fosse  del  vento.  La  colpa  è  stata  de' marinari,  che  non  hanno 
serrate  le  vele  a  tempo  ed  a  giusta  distanza  da  terra  ;  onde  il  mo- 
to communicato  alla  nave  la  ha  fatta  andar  malgrado  le  àncore  but- 
tate, al  arenarsi  in  terra.  Eccola  (marta  nave  che  in  quest'anno  solo 
si  è  persa  per  ignoranza  di  mance  uvre.  Come  questa  scienza  siasi 
perduta  tra'  Francesi  non  si  capisce. 

Gran  bisbiglio  ritornerà  a  farsi  sull'  affare  dei  Gesuiti  in  que- 
st'  inverno ,  e  senza  dubbio  maggiore  del  fatto  finora.  Orribile  e  scan- 


LETTERE    DELL'ABATE    GALIANI  33 

daloso  è  ciò  che  Roma  ha  fatto  di  metter  sutto  chiavi  l'allocuzione 
in  concistoro  pronunziata.  Questo  è  lo  stesso ,  che  preveder  non  lon- 
tana la  ni;;.  delle  iniquità,  o  delle  disgrazie,  che  possono 
accadere  alla  Francia.  Se  a  questo  buon  Re  qualche  avventura  ac- 
ca I  .  chi  laverà  Roma  dal  sospetto  d'averla  o  tramata  o  almeno 
saputa?  Intanto  qui  non  si  parla  altro,  che  di  attentanti  orribili  dei 
quali  qualche  indizio  sia  sventato.  Avrà  V.  E.  letto  nelle  gazzette  di 
Olanda  qualche  cosa  d'  un  fanatico  arrestato  nel  monastero  di  Verbene 
e  condotto  alla  Bastiglia,  donde  è  venuto  al  Chàtelet.  Il  fatto  è  di- 
sgraziatamente vero,  ma  le  circostanze  non  imprendo  a  dirle  per- 
di' traile  infinite  diverse  dicerie  non  distinguo  il  puro  vero.  Presto 
si  sapranno,  perchè  il  Parlamento  imprende  questo  affare  come  il 
primo,  e  più  essenziale  essendo  legato  all'  orribile  attentato  di  Da- 
miens.  Un  gesuita  è  stato  arso  in  effigie  a  Brest  per  i  tumulti  vo- 
luti ivi  eccitare  Ma  il  fatto  più  importante  di  tutti  è  l'  occorso  agli 
stati  di  Brettagna  (che  non  ho  voluto  mettere  nella  regolare  per 
e  iti  riguardi).  Mentre  questi  Stati  si  tenevano  nello  scorso  mese  a 
Rennes  per  lo  solito  dono  gratuito,  è  comparsa  una  truppa  di  po- 
veri gentiluomini  H fettoni.  Gente  rozza,  e  salvatica  che  parla  l'an- 
tico celtico,  e  beve  sidre.  Questi  con  grida  e  con  minaccie  hanno 
domandata  la  restituzione  in  integrum  de'  Gesuiti.  Hanno  fatta  paura 
ai  magistrati  di  quel  Parlamento.  La  prudenza  di  M.r  d'Aiguillon 
che  presiedeva  agli  Stati  ha  dileguata  la  tempesta ,  ed  ha  fatto  sì , 
che  gli  Stati  si  sciogliessero  senza  che   questo  affare    s'intavolasse. 

Bisogna  da  tuttociò  concludere,  che  i  Gesuiti  son  gente  co'  quali 
quando  si  ha  avuta  la  disgrazia  di  metter  mano  alla  spada,  bisogna 
buttar  il  fodero  in  mare.  Dico  questo  anche  per  noi.  Ho  vista  qui 
la  scrittura  per  l'affare  di  Sora.  Mi  pare  che  si  sia  andato  tanto 
in  li  ,  che  sarebbe  pernizioso  rimetter  la  spada  nella  guaina. 

Mi  basta,  che  qualche  parola  abbia  detta  V.  E.  a  Durefort  a  fa- 
favor  di  Militerai  :  il  dippiù  farò  io. 

A  Militerai  ho  molta  obbligazione ,  e  lo  posso  attestare  per  un 
buono  e  fedel  servitore  di  tutti  i  Borboni. 

Non  penso  più  a  sussidio  Fontaineblau.  Forse  è  anche  giusto,  che 
se  esempio  non  e'  è  ,  esempio  non  s' introduca.  Ma  restar  fallito ,  e 
senza  niente  in  pugno,  questo  V.  E.  non  lo  vorrà.  Un  presidentato 
soprannumerario  che  costa  ?  Due  soldi  non  potendosi  simultanea- 
mente avere,  io  non  arricchirò,  ma  avrò  l'inestimabile  ricchezza 
per  me  d'esser  sicuro  di  poter  servire  il  Re  fino  alla  vecchiaia.  Mi 
è  necessario  entrare  alla  fine  in  uno  di  que' corpi  politici  ,  l'opera 
de' quali  e  grande  ed  utile.  Soldato,  o  prete  ,  o  legale  bisogna  es- 
sere. Tutto  il  di  più  eh'  io  sono  o  potrei  essere  è  lusso  nelle  repub- 
bliche, e  perciò  malsicuro.  Soldato,  son  troppo  piccolo  ,  e  poltrone. 
Prete,  nella  Cristianità  Cattolica  è  servitor  di  Roma,  e  non  della 
Arch.,  3.»  Serie,  Tomo  XXIV.  3 


3i  LETTERE  DELL  ABATE  GALIANI 

sua  patria.  Dunque  non  e'  è  scelta  per  me.  Ho  già  i  sette    Lustri  ri- 
chiesti per  lo  presbiterato. 

Ho  quattro  anni  di  probazione  ,  ma  sopratutto  ho  1'  amore  di 
V.  E.  e  1'  onore  ,  ch^  niun  Presidente  ha  di  godere  ogni  settimana 
la  conversazione  di  V.  E.  e  la  consolazione  di  dirmi  con  infinito  os- 
sequio e  rispetto. 

Parigi,  15  Novembre  176^. 


Eccellenza, 

Il  nuovo  freddo  che  ci  percote ,  mi  rende  così  infermiccio,  e  de- 
bole ,  che  non  fornirò  V  estaglio  della  corrente  settimana.  Salderò  i 
conti  nell'  entrante. 

Ora  soggiungerò  solo ,  che  alle  nuo?e  della  d'  offizio  deve  ag- 
giungersi che  Milord  Sandwich  è  destinato  Ambasciatore  a  Madrid. 
Spagna  pensava  mandare  un  ministro  di  seconda  gerarchia  colà ,  ma 
ora  bisogna  che  mandi  Ambasciatore. 

Quegli  articoli  preliminari  che  si  sono  divulgati  in  Londra  ,  e  che 
le  gazzette  d'Olanda  de' 19  mettono  ,  non  gli  credo  perfettamente 
conformi  al  vero,  benché  in  grandissima  parte  lo  siano.  Ma  resta 
ancora  parte  de' preliminari  anecdota.  Rimane  a  sapere  come  sia<i 
accomodato  ciò  che  ha  di  comune  la  guerra  marittima  coli'  Alema- 
gna.  Rimane  a  sapere  se  i  vascelli  che  erano  nell'  Avana  da  guerra 
saranno  resi.  Infine  qualche  curioso  vorrebbe  saper  anco  se  siasi  par- 
lato d' Italia,  e  quanto. 

Sul  primo  punto  mi  vien  detto  ,  ebe  per  terminare  le  contro- 
versie sulle  piazze  di  Cleves  e  Vesel  etc,  le  quali  l'anno  passato  ser- 
virono di  pretesto  a  Pitt  per  rompere  la  negoziazione  di  Stanley  . 
siasi  questa  volta  convenuto  puramente ,  e  nudamente  ,  che  i  Fran- 
cesi evacueranno  V  Alemagna.  Vuote  che  saranno  quelle  piazze,  re- 
steranno al  primo  occupante.  Vienna  che  è  avvisata  ha  tatto  sfilar 
le  poche  truppe  che  le  restano  in  Fiandra  verso  quella  parte.  Prus- 
sia non  sarà  a  tempo  a  riguernire  le  sue  piazze  sicché  usciti  i  Fran- 
cesi, gli  Austriaci  entreranno ,  se  pure  o  gli  abitanti,  o  la  guarni- 
gione Prussiana  di  Lipstadt  non  facesse  a  chi  più  corre ,  e  entrasse 
prima.  Veramente  questa  maniera  d' accomodo  mi  pare  strana ,  e 
singolare ,  ma  ciò  non  mi  vieta  di  crederla  vera. 

Mi  si  assicura  parimente  che  siasi  convenuto  che  né  Francia  da- 
rà più  sussidio  di  alcuna  sorte  a  Vienna ,  né  Londra  al  Prussiano. 
Vienna  ha  cosi  voluto.  È  quella  Corte  sicura  che  Londra  terrà  la  pa- 
rola :  sì  perchè  Bute  non  ama  a  dare  a  Federico  ,  sì  perdi  è  vede 
Londra  voler  tornare  agli  antichi  amori.  Quindi  ha  preferito  l'  otte- 


LETTERE   DELL'ABATE  GALIANI  35 

ner  che  il  suo  nemico  non  avesse;  il  farsi  dar  sussidio  da  Francia 
e  veder  Federico  ottenerne  altrettanti  dall'Inghilterra,  tanto  più 
che  questi  francesi  sarebbero  stentatamente ,  o  mal  dati  ;  quelli  al 
contrario  sarebbero  pagati  forse  con  anticipazione.  Ciò  non  impedirà 
però ,  che  Francia  non  dia  i  molti  attrassi  (i) ,  che  resta  dovendo  a 
Vienna.  Così  si  manterrà  1'  amicizia. 

Sul  secondo  punto ,  ignoro  se  i  vascelli  da  guerra  saranno  resi 
alla  Spagna.  Forse  questo  punto  non  è  peranche  deciso. 

Ma  il  terzo  (cioè  l' Italia)  è  il  più  curioso  per  me  ,  e  quello  sul 
quale  sto  più  all'oscuro.  Tutti  ne  domandano,  niuno  ne  veggo  istrutto. 
Non  voglio  però  lasciar  di  contare  un  latticello  che  se  bene  frivolis- 
simo, merita  esser  narrato.  Mentre  la  Corte  era  a  Fontainebleau,  le 
dame  sonosi  volute  divertire  con  balli.  Uno  ne  ha  dato  la  contessa 
di  Civerac,  un  altro  Grimaldi  ,  il  terzo  ed  ultimo  la  marescialla  di 
Duras.  In  questo,  le  dame  imaginarono  una  mascherata  ,  o  (come  qui 
dicesi)  q'adril'e.  Una  coppia  era  vestita  alla  Spagnuola,  una  alla  Por- 
toghese, una  alla  Francese,  una  all'  Inglese.  Queste  quattro  coppie  co- 
minciarono una  contradanza  che  imitava  con  varj  intrecci  il  com- 
battimento, e  la  zuffa.  Arrivava  in  questo  mentre  una  dama  vestita 
da  Savojarda ,  che  spartendo  V  appinico  riuniva  tutti  per  la  mano  , 
e  si  chiudeva  il  ballo.  Erasi  voluto  con  ciò  dipingere  la  presente  ne- 
goziazione. Gli  uomini  sensati  e  gravi ,  se  alcuno  ne  resta,  hanno 
bassa to  gli  occhi,  e  taciuto  su  questa  indecente  leggerezza  ;  ma  i 
petit  s-maitres  hanno  trovato  l'invenzione  spiritosissima  e  bellis- 
sima. E  da  notarsi  che  fu  presente  a  questo  ballo  tutta  la  famiglia 
reale.  Deducasi  intanto  da  ciò  unicamente ,  che  la  Francia  si  pregia 
di  prolèssar  altamente  le  obbligazioni  contratte  co'  Sardi  per  aver 
conchiusa  la  presente  negoziazione  per  mezzo  loro.  Chi  crederi  adun- 
que che  il  Re  di  Sardegna  sarà  scordato  ,  e  preterito  ?  Credat  lu- 
dceus  Apella. 

Non  posso  andar  più  in  là  collo  scrivere  questa  sera.  Non  ho 
l' animo  abbastanza  ilare  per  scrivere  de'  Gesuiti  ;  ho  solo  forze  da 
confessarmi 

Di  V.  E. 

Parigi,  22  Novembre  1702. 


Eccellenza, 

Calanti  partì  sabato  4  il  dopo  pranzo. 

Bellissima  era  la  giornata ,  e  le  susseguenti  ancora ,  sicché  spe- 
ro felicissimo  il  viaggio  piccolo  che  gli  resta  a  fare. 

(1)  Attrassi,  parola  del  dialetto  napoletano  che  significa  arretrati. 


30  LETTERE    DELL'ABATE    GALIANI 

Vengo  a  rispondere  alla  riverita  de'  13.  Dio  solo  sa  cosa  sia  av- 
venuto a  quel  piego  de'  18  Ottobre  che  mandai  da  Fontainebleau,  e  che 
non  è  giunto.  Oltre  alle  d'ofiizio  so,  che  Cantillana  nella  confiden- 
ziale scriveva  a  V.  E.  ciò  che  Albertino  ci  avea  fatto  qui  sapere  per 
mezzo  d'  un  corriere  di  Nivemais.  Forse  questo  Albertino  sarà  stato 
cagione  dell'incaglio.  Tra  poco  vedrà  V.  È  dalle  lettere  di  Spagna. 
che  questo  mio  non  e  in  tuito  giudizio  temerario.  Nello  stesso  piego 
era  una  lunga  confidenziale  mia.  Se  non  m'inganno,  ci  era  anche 
qualche  verso  di  cifra.  Ma  nel  totale  siccome  le  mie  non  son  >  mai 
di  rilievo,  così  credo  che  la  perdita  d'  una  non  sia  da  compungersi 
punto.  In  oltre  la  pace  essendo  fatta  perfetta,  e  a  quest'  ora  stam- 
pata in  Londra  nn  da'  ^9  dedo  scorso,  tutto  il  detto,  pensato,  temu- 
to ,  creduto,  sospettato  mi  pare  degno  di  Lete.  Ora  non  mi  pare  che 
convenga  pensar  ad  altro ,  che  a  medicare  que'  malori  interni ,  che 
la  presente  guerra  ha  scoperti.  Bene  fa  Choiseul.  Le  disposizioni  che 
egli  va  prendendo  per  riformar  le  truppe ,  per  mutarne  1'  ossatura 
intiera,  e  metterla  in  un  piede  alemanno  ,  saranno  savie.  Il  degno 
suo  fratello  stainville  lo  ajuterà  con  savi  consigli. 

Anche  il  nostro  gran  Monarca  Cattolico  deve  aver  sentito  molti 
vizi  de' regni  precedenti.  Ci  vogliono  piazze  con  copiosi  magazzini 
sugli  orli  del  Portogallo.  Ci  vogliono  strade  che  aprano  la  comunica- 
zione a  tutte  le  provincie  di  quella  vasta  monarchia.  Ci  vogliono  in- 
fine molte  cose.  Neppur  noi  dobbiamo  dormire ,  e  cosi  piccoli  come 
siamo  ,  convien  far  il  nostro  meglio.  I  mezzi  umani  attirano  gli  ajuti 
divini  con  costante  attrazione  ;  né  e'  è  miglior  mezzo  per  meritar 
la  grazia  divina  che  il  non  presupporla. 

Grimaldi  spedì  avantieri  corriere  in  Ispagna.  Non  so  il  motivo. 
Le  sole  arringhe  de'  lordi  e  de'  comuni  mi  paiono  troppo  poco. 
Nemmeno  credo  che  si  sia  messa  mano  all'  ultimazione  della  pace  , 
per  la  quale  credo  che  si  vorrà  che  ministro  Inglese  sia  a  Madrid , 
e  Spagnuolo  a  Londra.  Ma  si  mandano  talvolta  corrieri  per  cosi  pic- 
cole cose,  che  è  vano  astrologarli. 

Lo  stesso  Grimaldi  mi  ha  detto  aver  inteso  da  non  so  chi  che 
la  nostra  accessione  al  patto  di  famiglia  fosse  già  seguita.  Non  è 
certamente  di  Spagna,  che  ciò  si  scriva,  giacché  in  quest'  ni  dinario 
sono  mancate  qui  (con  maraviglia  comune)  tutte  le  lettere  ('all'Escu- 
rial,  quantunque  da  Madrid  siano  venute.  Comunque  siesi,  io  entrato 
in  materia  con  Grimaldi,  feci  toccargli  con  mano  che  il  patto  di  fa- 
miglia richiedeva  esser  rischiarato ,  e  ritoccato  con  trattati  parti- 
colari di  commercio  ,  che  ciascheduna  delle  nazioni  Borboniche  do- 
vea  distender  separatamente ,  e  relativamente  à'  proprj  particolari 
vantaggi ,  e  situazione.  Altro  deve  senza  dubbio  esser  il  trattato 
Ispano ,  altro  il  Siculo ,  altro  il  Parmense  relativamente  ai  Francesi. 
Grimaldi  conviene  della  verità  di   ciò.  Io    adunque    continuerò   a  di- 


LETTERE  DELL'ABATE  GALIANI  37 

stendere  altri  scartafacci  come  quelli  della  scorsa  settimana  utili  o 
inutili  che  siano.  Già  poco  ho  io  che  far  qui  e  V.  E  ha  gran  pa- 
zienza a  leggere  esercitata  da'  memoriali  de'  Calabri  letti  per  tanti 
e  tanti  anni. 

Fatta  la  pace  avevo  promesso  di  scrivere  a  V.  E.  de'  Gesuiti. 
Libero  datam  fiderà.  Strepitosamente  sono  rientrati  tutti  i  Parlamenti. 
Sono  già  in  luce  i  Comnt  s-renrtus  degli  avvocati  generali  di  Metz  , 
Besansone  ,  Roussiglione,  Tolosa.  Sono  egualmente  forti ,  e  conten- 
gono le  stesse  cose  detti'  dagli  altri.  Perciò  non  gli  mando.  Mando 
sì  bene  un  arresto  di  Brettagna  degno  di  riflessioie.  Per  ben  inten- 
derlo bisogna  ch'io  conti  a  V.  E.  un  curioso  successo  di  colà.  Già 
scrissi,  che  agli  Stati  di  Brettagna  aveano  1  Gesuiti  tentato  di  met- 
ter fuoco  contro  il  Parlamento ,  e  il  tentativo  era  mal  riuscito.  Tor- 
narono all'attacco.  I  Vescovi  ,  alla  testa  dei  quali  era  il  Vescovo  di 
Rennes,  presidente  nato  degli  Stati  di  quella  provincia,  vollero  ar- 
ringare in  favor  de*  Gesuiti ,  e  domandarne  il  richiamo.  Cominciò 
Rennes ,  ma  al  mezzo  del  discorso  si  alzò  un  grido  universale  nel- 
l'assemblea d'un  Vive  le  Roi ,  che  gli  spezzò  la  parola,  e  lo  lasciò 
attonito  e  confuso.  Si  dichiarò  offeso ,  e  uscì  dall'assemblea  seguito 
dagli  altri  Vescovi.  Aiguillon  che  teneva  gli  Stati  a  nome  del  Re  , 
volle  rappattumar  la  cosa.  Perorò,  disse,  che  la  libertà  delle  opi- 
nioni era  sagra,  che  bisogna  ascoltarsi  reciprocamente  con  silenzio, 
ehe  principalmente  i  Vescovi  primo  corpo  degli  Stati  meritavano 
rispetto.  Tutti  tacquero.  Fu  persuaso  ai  Vescovi  di  rientrare.  Ter- 
minò Rennes  il  suo  sermone.  San  Malo  volle  secondarlo  e  parlò  a 
lungo.  Fu  inteso  con  singoiar  silenzio  dalla  gente ,  che  voleva  mo- 
strar d'  aver  profittato  dell'  esortazione  del  duca  d'  Aiguillon.  Ma 
terminato  che  ebbe  il  San  Malo,  unanimemente  l'assemblea  intuonò 
Domine  salvwn  fac  Regem:  e  così  la  storia  finì,  vituperosissima 
per  i  buoni  padri.  In  sequela  di  questa  deliberazione  degli  Stati ,  il 
Parlamento  ha  fatto  l'arresto  che  accludo  a  Vostra  Eccellenza. 

Pieno  d' ossequio ,  e  di  rispetto  infinito  sono,  ec. 
Parigi,  6  Dicembre  1762. 


Eccellenza, 

Fin  da  martedì  scorso  cominciarono  i  congressi  per  lo  trattato 
derìnitivo.  Finora  si  sta  all' ostensione  delle  plenipotenze,  e  alle  di- 
sputabile di  titoli,  alternare,  precedenza  ed  altri  taccolucci  politica 
inseparabili  da  ogni  costruzion  di  trattato.  Ma  siccome  si  ha  buona 
voglia  di  far  la  pace  e  di  farla  presto,  i  mezzi  termini  saran  ben 
presto  trovati.  Sento  che  Portogallo  pretenda  non  so  che  alternare. 


38  LETTERE  DELL'ABATE  GALIANI 

Credo  con  Londra.  Mi  si  dice  che  Londra  avea  detto  sì,  e  poi  si  è 
pentita.  Ma  siccome  la  cosa  mi  è  stata  detta  a  mezza  lingua  ,  così 
non  dico  di  più,  per  paura  di  dir  spropositi. 

L'armonia  qui  tra  Grimaldi,  e  Choiseul  è  grandissima;  tale  è 
tra' principali  essendosi  in  tutto  il  Re  Cattolico  riposato,  e  confidato 
in  questo  Re.  Ottimo  è  questo.  Ma  il  far  pubblicità  di  questo  fra- 
terno amore  de'  due  Re  non  so  che  avanzi.  A  me  pare  bellissima 
quella  società  che  in  Italia  chiamasi  per  proverbio  de'  ladri  di  Pisa. 
Il  giorno  far  a  pugni,  la  notte  esser  insieme.  Meno  s'  adombrerebbe 
1'  Europa  ,  e  meno  tenaci  misure  prenderebbe  contro  i  Borboni ,  se 
gli  credesse  o  disuniti,  o  disunibili  e  l'un  Borbone  renderebbe  così 
miglior  servizio  all'  altro.  Forse  così  sarebbero  temuti  meno,  e  non 
c'è  mai  nessuno  ad  essere  dimenticato  e  non  tenuto.  Ibant  obscurì 
ec.  è  la  maniera  di  far  buon  cammino.  Ma  qui  piace  lo  strepito  eia 
pubblicità,  e  l'ostentazione,  e  il  dar  da  parlar  alle  donne,  ai  petits- 
maitres,  al  volgo,  e  a  q uè' che  Pitagora  condannava  al  silenzio. 

Di  Prussia  non  sappiamo  ancora  che  giudizio  fare.  Londra  ha 
gran  voglia  di  farlo  finire ,  e  ce  n'è  speranza. 

Veniamo  ai  Gesuiti.  Questo  arcivescovo  sempre  imprudente  avea 
nominato  per  predicare  alla  parrocchia  della  citta  di  Versailles  un 
.  ex-gesuita.  È  vietato  loro  di  predicare  se  prima  non  prestano  il 
noto  giuramento  Dunque  quel  buon  parroco  ha  ricusato  di  lasciarlo 
predicare  per  non  farsi  un  affare  col  Parlamento ,  che  lo  avrebbe 
decretato  senza  meno.  S'è  impegnato  l' arcivescovo ,  la  corte,  la  ca- 
bala, anche  il  Delfino  si  è  fatto  agire,  ma  il  buon  parroco  è  stato 
fermo  dicendo  che  la  coscienza  non  gli  permetteva  di  esporsi  a  do- 
ver fuggire  ed  abbandonar  la  sua  gregge  e  per  uscir  d' intrico  ha 
preso  il  partito  di  predicar  egli  stesso  il  quaresimale.  Sicché  ha 
preso  per  ultimo  espediente  ed  estremo  il  far  il  suo  mestiere  ,  e 
il  proprio  dovere.  A  buon  conto  questa  si  riguarda  qui  come  una 
solenne  battaglia  perduta  dai  Gesuiti. 

PS.  Rientro  in  questo  punto  in  casa  da  una  piccola  scorsa  , 
che  soglio  il  Lunedì  sera  fare  per  saper  se  nulla  e'  è  di  nuovo  nella 
città,  e  sono  obbligato  a  correggere  il  precedente  articolo,  giacché 
mi  vien  assicurato ,  che  il  curato  di  Versailles  avendo  esposte  al  Re 
istesso  le  angustie  in  cui  trovavasi.  sia  il  Re  istesso  stato  quello ,  che 
gli  ha  consigliato  di  predicare ,  e  sebbene  il  curato  siasi  cercato  scu  - 
sare  sulla  età  grave ,  ed  inesperienza  ,  tanto  alle  insinuazioni  del 
Re  gli  è  convenuto  cedere.  Ma  importante  assai  più  è  la  novella  che 
ho  raccolta  della  finale  decisione  del  grave  all'are  di  Provenza  sui 
gesuiti.  Ho  già  scritto  a  V.  E.  che  da  quel  parlamento  era  stato 
mandato  qui  il  presidente  di  Galliffet  per  giustificarlo  dalle  atroci 
imputazioni  fattegli  dal  presidente  d'  Eguille.  L' affare  si  e  adunque 
formalmente  trattato  nel  consiglio    di   Stato    del    Re    che    chiamasi 


LETTERE  DELL'  ABATE  GALIANI  39 

dfs dépeches ,  e  che  riguarda  l'amministrazione  interiore.  La  sovra- 
na determinazione  è  sta1  a  di  farsi  sapere  al  parlamento  di  Provenza 
che  il  Re  restava  sincerato  sul  dubbio  amtosi  della  irregolarità  nelle 
procedure  di  quel  parlamento.  Che  le  memorie  date  a  lui  dal  pre- 
sidente d'  Egt'ille  non  aveano  fatta,  nel  suo  animo  alcuna  impres- 
sione. Che  perciò  d  siderava  che  su  questo  non  si  dassero  altri  pns^i, 
che  d"l  resto  era  il  Re  sommamente  contento  e  soddisfatto  della  sa- 
viezza, zelo  ed  ubbidienza  del  suo  parlamento  d' Aiz.  Con  questa 
trionfale  soddisfazione  e  dichiarazione  è  volato  ad  Aix  il  Galliffet,  do- 
ve quel  parlamento  non  tarderà  a  disbrigar  i  buoni  Padri. 

Pare  da  qualche  tempo  in  qua  che  il  Re  mostri  più  apertamente 
la  sua  intenzione.  Motus  in  fine  velocior. 

Pieno  d'ossequio  e  di  rispetto  infinito  sono 
Parigi,  27  Dicembre  1762. 


Eccellenza , 

Avrei  voluto  metter  nella  d'offlzio  le  novelle,  che  sono  il  solo 
oggetto  di  discorsi  politici  della  settimana;  ma  per  la  contrarietà 
delle  voci  e  relazioni  ho  riserbato  questo  punto  alla  confidenziale  , 
che  V.  E.  mi  permette  di  scrivere. 

Dico  adunque  che  la  città  non  parla  d' altro  che  d'  una  sollecita 
marcia  di  cinque  reggimenti,  che  si  mandano  verso  Clèves  sul  Basso 
Reno  Gli  comanda  un  M.r  Denri.  Il  volgo  dice .  che  saranno  sotto 
gli  ordini  del  Principe  Carlo  di  Lorena.  Quindi  ognuno  disputa,  ar- 
gomenta ,  calcola ,  conclude ,  e  non  e'  è  verso  di  saper  nulla  di  pre- 
ciso nemmen  da  certi  ch'io  ho  visti,  e  che  per  la  grandezza  del 
rango  ,  e  degl'impieghi  che  hanno  mi  figuravo  dovessero  saper  qual- 
che cosa.  La  sostanza  di  quel  che  ricavo  di  netto  è  che  milleotto- 
cento uomini  del  corpo  che  era  di  Freytag,  e  che  Federico  ha  pre- 
so al  suo  soldo  si  sono  avvicinati  a  Vesel.  Disputatur  se  abbiano  o 
no  passata  la  linea  di  demarcazione  ;  ma  questo  non  è  di  gran  con- 
seguenza. Ora  i  Francesi  sonosi  imbrogliati.  Loro  intenzione  era  eva- 
cuar le  piazze  del  Basso  Reno  prima  della  fine  dell'  anno,  e  lasciarvi 
entrar  gli  Austriaci ,  che  dovevano  trovarsi  alla  vedetta  sulla  soglia. 
Ma  la  tardissima  Vienna,  benché  avvisata  da  quattro  mesi  non  ha 
ancor  truppa  pronta  ad  entrar  colà.  Certe  poche  compagnie  si  sono 
rammassate  in  Fiandra ,  ma  queste  non  hanno  né  polvere ,  né  can- 
noni. Ora  qui  è  l'intrico.  Tutto  quello  che  è  in  Vesel  di  provvisioni 
da  guerra  appartiene  alia  Francia  ,  ed  è  un  valsente  di  parecchi  mi- 
lioni. Lasciarlo  colà  è  un  volerlo  esporre  ad  esser  domani  preso  dai 
Prussiani,  non  avendo  gli  Austriaci  forze  sufficienti.  Donarlo  agli 
Austriaci  è  contro  al  trattato.  Portarlo  via  è  lo   stesso .  che    obbli- 


iO  LETTERE  DELL'  ABATE  GALIANI 

par  gli  Austriaci  a  non  impegnarsi  a  sostener  quelle  piazze.  Non 
so  come  questa  scena  comica  finirà  Ma  Londra  che  non  vult  mor- 
tem  della  peccatrice  Vienna  ,  sed  ut  convertatur  et  vivat ,  appia- 
nerà forse  le  cose ,  e  forzerà  Prussia  a  far  la  pace. 

Del  resto  sento  ,  che  qui  la  negoziazione  cammini  con  felicità. 
Stanley  non  lo  indovino  affatto.  Sicuramente  affare  lo  tu  menato  qui, 
ma  quale  non  saprei  dirlo  ,  e  sicuramente  bisogna  che  il  segreto  ne 
sia  stranamente  osservato,  altrimenti  ne  sarei  venuto  a  capo. 

Non  vorrei  parlare  di  Gesuiti  per  non  rivangar  idee  triste  ,  e 
ferali.  Vede  bene  V.  E.  dalla  sentenza  di  morte  di  cotesto  disgra- 
ziato abbate  Ringuei  che  la  razza  de'  mostri  non  è  ancor  estinta  qui. 
Un  altro  consimile  affare  d' un  che  veramente  era  gesuita  si  sta  ap- 
purando. Il  processo  si  tli  a  Bar-sur-Leine.  Un  gesuita  Patouillet  pa- 
rimente Piccardo  come  il  Damiens ,  e  che  questo  abate  Ringuet  ha 
chiamato  ed  indiziato  ,  arripuit  fuganti . 

Tutti  i  buoni  Francesi  desiderano,  che  questa  faccenda  de' ge- 
suiti si  sbrighi ,  e  che  escano  essi  da  ogni  speranza  di  rientrar  qui, 
altrimenti  ci  sarà  sempre  da  temere  degli  effetti  stranissimi  e  or- 
ribili d'un  fanatismo  incomprensibile,  che  essi  sanno  ispirare. 

Il  gesuita  Griffet  autore  d'  un  sediziosissimo  libello  intitolato 
Mes  cloutes  dicesi  decretato  di  carcerazione  e  fuggito  in  Lorena.  È 
scandaloso  che  quel  buon  Re  dia  asilo  a  sì  fatta  razza  d'uomini. 
Ma  tale  è  la  possanza  de'  gesuiti.  Non  ne  parliamo  più. 

Vedremo  come  Aubeterre  uscirà  d' intrico  in  Roma.  Egli  per 
altro  cerca  di  restar  ancor  un  anno  qui. 

È  uso  de' signori  Francesi  di  far  tutti  gli  impieghi  restando  nel 
recinto  di  Parigi.  Vescovi,  intendenti,  generalissimi,  ambasciatori, 
e  tutti  infine  gl'incaricati  di  commissioni  restano  qui,  tirano  i 
Soldi,,  e  sul  numero  de'  soldi  contano  gli  anni  di  ciò  che  essi  chia- 
mano servizio. 

Dicesi  M.r  de  Guerchi  destinato   ambasciatore  a    Londra   subito 
che  la  straordinaria  missione  di  Nivernois  sari  finita. 
Parigi,  3  del  1763. 


Eccellenza. 

Mi  ha  detto  Cantillana,  che  V.  E.  gli  parlava  nella  sua  confi- 
denziale di  ciò  ,  che  io  avea  avuto  l' onore  di  scriverle  toccante  ;t 
due  articoli  del  patto  di  famiglia:  e  mi  ha  chiesto  comunicazione  di 
quanto  io  ne  avea  scritto  a  V.  E.  Fortunatamente  di  questa  lettera 
mi  era  restata  copia  (  il  che  non  voglio  lare  delle  altre  mie  che 
scrivo  a  V.  E.  perchè  non  mi  pare  che  esse  lo  meritano). 

Ho  dunque  date  in  carne  e  in  ossa  a  leggere  a  Cantillana  queste 
tali  riflessioni,  e  mi  rimetto  a  ciò  ch'egli  ne  avrà  detto  a  V.  E.    il 


LETTERE   DELL'ABATE   GALIANI  41 

che  io  non  so,  non  avendo  da  quattro  giorni  in  qua  visto  l' amba- 
sciatore se  non  che  alla  sfuggita,  giacch2!  egli  da  una  parte  è  andato 
girando,  e  correndo  a  Versailles ,  e  io  dall'altra  sono  stato  obbligato 
a  guardar  la  camera  e  il  letto  r>er  gli  acuti  dolori  che  qui  chia- 
mano colici,  elio  la  costipazione  prodottami  dall'orribile  freddo  mi 
ha  causati.  Sicché  sulle  materie  di  finanze  e  privilegi  non  dico  più 
altro.  Se  Durefort  la  tormenta  sulla  tariffa  de' panni  inglesi  e  fran- 
cesi .  credo  che  non  potrà  dire,  che  questo  abbia  connessione  veruna 
col  patto  dì  famìglia,  il  quale  non  riguarda  altro  che  i  Borbonisti 
e  non  le  altre  nazioni.  Del  resto  la  grazia  che  eirli  chiede  d'  aumen- 
tarsi le  dopane  agl'Inglesi  sarebbe  una  grazia  facilissima  a  conce- 
dersi se  gì'  Inglesi  non  ne  avessero  ad  andare  in  collera.  Per  noi  non 
ci  sarà  mai  male  che  le  merci  straniere  siano  caricate  di  dazi  foni. 
Se  poi  egli  chiede  che  si  sbassino  le  dogane  ai  Francesi .  dia  altret- 
tanto a  noi  con  far  sbafare  i  dazi  delle  merci  napoletane  in  Fran- 
cia. Se  le  stoffe  napoletane  non  pagassero  altro  che  un  terzo  di  più 
in  Francia,  di  quel  che  le  francesi  pagano  (anche  attualmente)  a  en- 
trar in  Napoli ,  noi  ruineressimo  il  commercio  di  Lione.  Ma  i  Fran- 
cesi vogliono  sempre  tutto  avere  o  per  forza,  o  per  amicizia,  e  mai 
nulla  dare  Essi  si  sono  messi  in  capo  di  distruggere  affatto  il  na- 
scente commercio  delle  Sicilie  ,  e  ridurci  a  tale  che  non  comparisca 
neppur  un  legno  nostro  ne'  porti  di  Provenza.  Non  e'  è  angheria  né 
spezie  alcuna  d'avania  che  non  facciasi  colà  ai  poveri  Napoletani.  Ne 
domandi  V.  E.  al  povero  Hombrados.  Mi  ha  scritto  di  colà  il  Con- 
sole spagnuolo,  che  avea  più  taccoli  e  guai  il  solo  Hombrados.  che 
non  tutti  i  Consoli  esteri  che  son  colà,  presi  insieme.  Tutto  si  fa 
con  dispetto,  tutto  si  prende  per  la  punta,  ninna  agevolezza,  ninna 
attenzione.  Questo  dirà  V.  E  a  Durefort  quando  le  cerca  un  discapito 
del  reale  erario:  una  introduzione  di  generi  esteri,  che  distrugge 
le  nostre  industrie  e  manifitture.  e  porta  via  il  nostro  poco  danaro. 

Ma  veniamo  a  discorso  di  nuove  indifferenti ,  perchA  questo  di- 
scorso che  riguarda  noi  mi  nuoce. 

Non  é  sicuro,  che  Clemente  avrà  Paderbon.  L'Albanino  ha  man- 
cato al  suo  dovere  ,  non  credo  per  piacere  a  Torrigiani ,  ma  a  Vienna 
la  quale  appoggia  il  Colo  mense,  e  non  si  cura  della  famiglia  Sassone. 

Qui   si  è  avuta   rabbia,   che  i  ciroli   di   Baviera,  e  di    Sv< 
siansi   determinati  prima  di  dar   tempo  agli   uffìzi  che  si  volevano 
passare.    Ma   que'  principi  dèli' Imperio  dicono  che  non   c'era  tempo 
da  perdere  ,  e  che  i  Francesi  ne  parlavano  a  bell'agio,   mentre  essi 
si  scottavano  le  dita. 

\vra  V.  E.  visto  nella  Gazzetta  di  Madrid  la  represaglia  fatta 
eontro  la  Gazzetta  di  Parigi .  che  per  grosso  abbaglio  avea  messo 
Londra  innanzi  Madrid  nel  pubblicar  i  preliminari.  Non  so  cosa  se 
ne  sia  detto  qui,  perchè  fin  da  sabato  Grimaldi  andò  a  Versailles,  e 


42  LETTERE    DELL' ABATE    GALIANI 

stante   l'indisposizione  del  Re  non  è  per  anche  tornato.  Dio  voglia  , 
che  questo  piccolo  non  abbia  a  guastar  cose  grandi. 

L'altra  piccola  disputa  tra  Londra  e  Portogallo,  che  voleva  al- 
ternare,  la  sento  Anita  coi  cedere  il  Portogallo  a  questa  pretenzione 
che  non  avea  esempio  che  l'autorizzasse. 

Accludo  a  V.  E.  un  importanti'  e  curioso  Mandement  del  ve- 
scovo ili  Soissons.  Egli  è  solo  ,  che  (inora  in  sententiam  ivit  del 
Parlamento.  Dicono  che  Canossona  lo  imiterà.  Ma  tutti  gli  altri  gri- 
dano, e  gli  riguardano  come  eretici  e  apostati  dall'uniti  della  chie- 
sa. Un  vescovo  di  Lavaur  ha  fatto  un  Mandement  così  pazzo  in  favor 
de'  Gesuiti,  che  poco  ha  mancato  che  non  dicesse  esser  tutte  cristiano 
e  sante  le  proposizioni,  che  s" imputano  ai  moralisti  gesuiti.  Il  Par- 
lamento ha  brugiato  al  solito  questo  Mandement. 

Mando  parimente  a  V.  E.  un  arresto  del  Parlamento  di  Dova 
non  meno  curioso.  Ivi  sono  amici  de'  gesuiti ,  ed  hanno  creduto  ren- 
der loro  servizio,  ma  in  sostanza  hanno  dedotto  in  patrimonio 
l'avere  dei  gesuiti  in  Fiandra.  Lo  hanno  certamente  così  salvato 
dagli  artigli  de'  creditori.  Ma  1'  hanno  conservato  ai  gesuiti  ?  Questo 
non  crederà  chiunque  è  pratico  delle  deduzioni  in  patrimonio ,  e  sa 
che  gli  artigli  dei  Paglietti  sono  anche  più  tenaci  di  quei  del  nemico 
attore. 

Stanley  ripartirà  di  qui  il  dì  21  a  quanto  dice.  Cosa  sia  venuto 
a  fare  è  per  anche  un  mistero  per  me. 

Credo  che  si  sia  convenuto  con  Londra  di  far  prolungar  la  di- 
mora de'  Francesi  a  Vesel  per  non  entrar  in  altri  impicci ,  ma  que- 
sto basterà  a  Vienna  per  svogliarsi  dal  concluder  presto  la  pace. 
Ogni  piccola  lusinga  basta  a  quel  Gabinetto  per  farlo  determinare 
al  temporeggiare  e  alla  lentezza  a  cui  è  naturalmente  portato. 

Credo  aver  scritto  a  V.  E.  che  Puisieux  si  è  ritirato  da  tutti 
i  Consigli,  e  dagli  affari.  Già  non  è  più  sull'almanacco. 

Quel  che  li  miei  compagni  Erculei  domandano  credo  che  sia  un 
equivoco  nato  da  ciò  che  vengo  a  dire  a  V.  E.  Il  conte  di  Caylus 
acquistò  tempo  fa  i  disegni  originali  fatti  da  Pietro  Santi  Bartoli 
delle  pitture  antiche  del  sepolcro  de'  Nasoni  ec.  Questi  disegni  sono 
con  tutti  i  colori  quali  erano  sull'intonaco  antico.  Caylus  amantis- 
simo delle  antichità  p  nsò  a  far  avere  a'  suoi  amici  copie  di  questi 
disegni  coloriti.  Ha  dunque  fatti  incidere  di  nuovo  questi  disegni  (che 
già  il  Santi  Bartoli  egli  stesso  aveva  incisi,  e  che  si  trovano  nella 
calcografia  di  Roma) ,  e  l' incisione  di  Caylus  non  consiste  in  altro 
che  nel  solo  tratto  e  contorno  esteriore.  Ha  poi  fatte  esercitar  certe 
ragazze  d'un  convento  a  metter  i  colori  su  questi  contorni  con  tanta 
diligenza,  che  in  verità  tra  il  disegno  originale  del  Santi  Bartoli,  e 
le  copie,  che  queste  ragazze  ne  fanno  è  quasi  impossibile  distinguere 
le  differenze.   Siccome  il  lavoro  ò  fatto  da  femmine ,   costa   l' opera 


LETTERE   DELL' A  BATIC    GALIANI  43 

assai  meno  che  se  fosse  fatta  da  pittore ,  o  miniatore  di  professione. 
Or  dunque  a  questo  modo  ci  sono  stati  parecchi  curiosi  e  Francesi , 
e  Inglesi,  che  si  sono  fatte  fare  simili  copie  de' detti  disegni  di  Santi 
Bartoli.  Credo  che  il  Duca  di  Noja  ne  portasse  via  anch'  egli  un 
esemplare.  Caylus  domi  l'inciso,  ma  il  colorito  bisogna  pagarlo  a 
queste  monachetto,  e  credo,  che  per  quindici  luigi  si  abbia  tutta 
1'  opera  ,  che  è  di  trenta  o  quaranta  stampe  se  non  erro.  Casochè 
V.  E.  volesse  che  la  biblioteca  del  Re  ne  acquistasse  un  esemplare 
me  ne  dia  gli  ordini,  perchè  Carlus  certamente  si  farà  un  piacere 
di  dare  questi  disegni,  che  non  si  vendono,  ma  sono  da  lui  donali. 
e  poi  si  daranno  a  miniare- 

Ad  imitazione  di  questi  disegni  di  Santi  Bartoli,  avendo  il  me- 
desimo conte  di  Caylus  tatto  disegnare  con  esattezza  il  famoso  Mo- 
saico Prenestino  ,  e  datolo  ad  illustrare  all'abate  Bartelemy,  ha  vo- 
luto oltre  al  rame  ordmario,  che  è  nell'opera,  farne  fare  un  altro 
parimente  co'  soli  tratti  principali  del  contorno  ,  che  poi  ha  fatto 
miniare  co'  colori  stessi ,  che  sono  nell'antico  mosaico  ,  ed  ha  donato 
queste  stampe  così  fatte  a  varii  suoi  amici.  Or  qualche  inesperto 
avendone  viste  più  d'  una,  si  sarà  creduto  che  fosse  posto  per  virtù 
di  stampa  e  non  di  pennello  quel  colorito.  Ecco  quel  che  avrà  data 
origine  alla  credenza  d'  una  nuova  invenzione.  Del  resto  la  stampa 
non  ha  fatta  qui  altra  scoperta  moderna,  che  quella  d'imitar  per- 
fettamente il  lapis  rosso  o  nero.  Antica  è  quella  d' imitar  colla  stampa 
in  legno  i  disegni  d'acquerello  anche  di  tre  colori.  Le  famose  pitture 
de'  trionfi  di  Cesare  di  Andrea  Mantenga  erano  state  così  pubblicate 
cento  anni  fa  quando  si  fece  la  prima  scoperta  di  questa  singolare 
invenzione ,  che  essendosi  poi  obliterata ,  lo  stesso  Caylus  1'  ha  ri- 
mesca in  moda  venti  e  più  anni  fa  quando  egli  stesso  si  divertì  a 
dare  in  luce  i  disegni  di  Raffaello ,  e  d'altri  gran  pittori ,  che  sono 
in  quella  gran  raccolta  di  stampe  che  chiamasi  le  Recveil  de  Crozat. 
Credo  che  tutto  ciò  sia  notissimo  a  V.  E.  Notissimo  le  è  egualmente 
eh'  io  sono  con  infinito  ossequio  e  rispetto  di  V.  E. 
Parigi,  10  gennaio  1763. 


Eccellenza. 

Adesso  sì  che  posso  intuonare  ben  il  cantico  del  vecchio  Simeone. 
La  corrente  settimana  servirà  d'epoca  ai  secoli  avvenire.  Il  trattato 
definitivo  che  sarà  segnato  mercoledì ,  mette  fine  alle  nuove  e  alle 
faccende  grandi  ed  esterne.  Sento  che  il  portoghese  Mello  assumerà 
il  caratterr  di  Ambasciatore  per  sottoscriverlo.  Non  so  come  la  di- 
sputa della  sua  alternativa  siasi  accomodata.  So  che  nò  Francia ,  né 
Londra  hanno  voluto  concederla:  ma  non  so  il  mezzo  termine  qual 
sia.  Poco  mi  resta  ad  aspettare  pei-  uscir  dall' ignoranza. 

Gli  affari  del  Coromaulel  furono  l'oggetto  della  missione  di 
Stanley,   come  poi  si  è  saputo.  Questionavasi  quali   lòssero  i  confini 


44  LETTERE   DELL'ABATE   GALIANI 

di  ciò  che  volevasi  chiamar  golfo  di  Bendale,  e  ciò  che  no.  Era 
questa  disputa  presso  a  poco  simile  a  quella  che  faceva  due  anni  fa 
Piti  sul  confine  del  Canada  e  della  Luisiana,  e  credo  che  in  circa  la 
Francia  abbia  accomodata  questa  come  ha  aggiustato  quella.  Cedere 
è  una  maniera  facile  d'aggiustarsi.  Anche  sulla  quantità  di  truppe 
da  mandarsi  all'isole  Americane-Francesi  si  è  disputato  un  poco, 
e  poi  si  è  venuto  ad  accomodamento.  Insomma  sento  dire,  che  tutto 
è  aggiustato  e  perfetto.  Dio  sia  lodato. 

L'altra  epoca  della  settimana  che  mette  parimente  fine  airli  af- 
fari interni  è  la  voce  del  Re  che  ha  scritto  1' epitafio  sepolcrale. sulla 
tomba  de'  gesuiti.  Siccome  viene  lo  stampato  assai  curioso,  cos'i  non 
diro  altro.  Provenza  ha  sentenziato  definitivamente  nei  giorni  pas- 
sati. Resanzone  ha  cominciato  dal  bruciai'  le  Memorie  del  presidente 
(V  Er/vìlle .  e  in  questo  mese  finirà  la  faccenda  come  anche  Tolosa. 
Gli  altri  due  Grenoble  e  Pau  si  sbrigheranno  ora  con  sollecitudine 
essendo  stati  avvertiti ,  che  il  Re  vuol  uscir  quanto  citius  da  questa 
noja.  11  papa  piangerà  ,  ma  il  poter  far  bene  ai  nipoti  è  una  gran 
consolazione  ai  vecchi  zìi  quando  gli  amano.  Quel  camarlingato  ,  e 
quel  gran  priorato  sono  venuti  a  tempo  per  questo. 

Hanno  voluto  qui  i  Gesuiti  metter  fuoco  ai  Benedettini,  tra' quali 
gli  abati  sono  perpetui  come  il  generale  de'  Gesuiti.  Ma  il  Parla- 
mento ha  sventata  la  mina  con  un  arresto  brugiatorio  del  libercolo, 
che  si  faceva  correre,  e  si  è  impresso  anche  un  discorso  d'un  par- 
lamentario che  contiene  un  elogio  amplissimo  de' Benedettini ,  e  che 
fa  conoscere  patentemente ,  che  il  Parlamento  non  ha  tanta  voglia 
di  distruggere  la  religione,  e  il  Cristianesimo,  quanto  dicono,  ed 
esclamano  i  Gesuiti  in  Roma,  e  in  quegli  altri  paesi  dove  si  ha  an- 
cor la  disgrazia  di  prestar  loro  o  fede,  o  almeno  orecchio. 

Sicché  dunque  ,  novelle  non  aspetti  ora  più  da  me  V.  E  altro 
che  della  càbal  saluti  de  Zos  Reyes. 

D'affari  posso  incirca  dir  lo  stesso.  Ninno  ne  resta  pendente. 
Tutto  ho  finito,  e  tutto  con  felicità  dacché  son  qui  fuorché  due  prese 
marittime.  Si  Peri/ama  dextra  ec.  Ma  in  materie  d'interessi  con 
questi  Francesi  non  e'  è  verso.  I  carcerati  a  Marsiglia,  e  il  preso  abi- 
litato di  Borgogna  hanno  più  felicemente  avuto  quel  fine,  che  V.  E. 
aveva  desiderato.  Sono  io  ora  adunque  in  istato  di  pensare  alla  fine 
a  sloggiar  da  un  paese  che  mi  vuol  morto,  o  cieco.  Temo  più  questo 
che  quello,  sì  perchè  credo  maggior  male  la  cecità,  che  la  morte, 
sì  perchè  da  cinque  o  sei  mesi  in  qua  il  mio  antico  male  d'  occhi  è 
talmente  cresciuto  che  il  timore  divien  serio,  e  pur  troppo  ben  fon- 
dato :  Ma  non  voglio  questa  sera  annoiar  su  ciò  V.  E. 

Parliamo  di  quel  che  più  importa.  11  rammarico  che  ebbi  dal 
sentir  l' eccedente  soddisfazione  data  all'  ambasciatore  Cristianissimo 
perchè  il  suo  guardaportone  volle  impedire  ai  ministri  del  Re  il 
passar  per  le  strade  che  sono  del  Re,  a  fare   l'uffizio  loro  santis- 


LETTERE  DELL* ABATE  GALIANI  15 

simo  di  eseguir  gli  ordini  della  giustizia,  e  travagliar  al  riposo,  e 
sicurezza  connine,  e  dello  stesso  ambasciatore  ini  ò  stato  consolato 
da  ciò  che  due  settimane  sono  V  K.  scrisse,  a  Cantillana  della  car- 
cerazione d'un  guarnamentaro  (1)  che  aveva  ardito  impedir  il  corso 
alla  giustizia  col  mostrare  alio  scrivano  quegli  stessi  gigli  d'oro, 
mio  l'arme  del  nostro  Re.  Non  occorre  eli'  io  dica  a  V.  E.  che 
qui  se  un  ambasciatore  si  sognasse  o  di  dar  patenti  <>  di  bastonar 
sbirri  che  passano  avanti  la  sua  casa,  non  solamente  irriterebbe  il 
ministero ,  ma  sarebbe  tenuto  per  un  pazzo  frenetico  da  tutta  la 
nazione,  e  sarebbe  sibilato,  e  detestato  a  segno,  che  bisognerebbe 
se  ne  l'uggisse  via.  Dio  volesse  che  la  nazione  nostra  fosse  eulta  e  sag- 
gia a  questo  segno  ed  affezionata  alla  sovranità:  ina  la  contagiosa 
vicinanza  di  Roma  fonte  d'ogni  delirio  di  ragione,  ci  ha  guastali. 
lo  son  sicuro  che  ci  sono  in  Napoli  ancora  cento  ,  e  mille  persone  , 
che  non  solo  ammirano  un  ambasciatore  bastonatore  e  patentante  . 
ma  compiangono  que' tempi  in  cui  ogni  baronuzzo  faceva  altrettanto. 
V.  E.  che  ha  guarita  timi  a  parte  di  questo  nostro  male  faccia  levar 
quelle  ridicole  armi  di  sua  Eminenza  ,  o  del  Nunzio  ,  e  tòrse  anche 
del  cappellano  maggiore  che  sporcano  case  e  botteghe.  Io  mi  ricordo 
che  mio  zio  ebbe  pena  grandissima  a  persuadere  al  suo  venditor  di 
calzette  di  non  tener  le  auguste  armi  di  casa  Galiani  sulla  bottega. 
Uh  vituperio!  Non  mi  scorderò  mai,  che  nel  partir  da  Napoli  1'  ul- 
tima casa  che  vidi  al  borgo  di  S.  Antonio  fu  una  dove  sospese  erano 
l'armi  Sersale ,  e  seppi  che  ivi  dimorava  un  chirurgo  il  quale  avea 
per  questo  emblema  voluto  mostrare  al  pubblico  l'insigne  onore 
ch'egli  godeva. di  mettere  il  braghiere  a  Sua  Eminenza.  Se  l'acci- 
dente nuovamente  occorso  servirà  a  purgar  Napoli  da  questo  resto 
di  .Masaniello  e  di  provincia,  e  d'anarchia  baronale  e  pretale,  bene- 
dirò Durefort,  e  le  bastonate  date  agli  sbirri. 

Santissimo  e  F  editto  nuovamente  fatto.  Ma  prego  V.  E.  a  riflet- 
tere, che  se  con  rigore  si  eseguirà  forse  ne  resterà  distrutta  la  no- 
stra marina.  Sarò  lòrse  un  poco  lungo  a  spiegarmi ,  ma  abbia  la 
bontà  V.  E.  di  sentirmi. 

Il  commercio  delle  due  Sicilie  si  fa  tutto  con  rilucile ,  e  legni 
piccoli ,  che  non  hanno  sessanta  tonnellate  di  capacità.  Ogni  feluga 
ha  tra  i  sette,  o  i  dieci  uomini,  e  talvolta  più  d'equipaggio.  Con 
egual  numero  di  gente  gli  Olandesi  etc.  fanno  andar  un  vascello  di  due 
o  trecento  tonnellate,  e  con  sedici  o  diciassette  uomini  va  un  va 
di  cinquecento.  La  grandezza  di  questo  carico  adunque  può  ben  for- 
nire alle  spese  e  nutrimento  della  gente.  Ma  una  fìluchetta  che  può 
mai  portare  (a  meno  che  non  sia  carica  di  diamanti)  che  basti  a 
fornir  a  proporzione  le  spese  all'equipaggio,  e  il  profitto  al  mer- 
cante?   Quel   guadagno   adunque  che  il  commercio  non  dà,   lo  da  il 

(1)  Guarnamentaro  in  dialetto  napoletano  significa  sellaio. 


4C)  LETTERE    DELL'ABATE    GALIANI 

contrabbando.  Se  questo  si  toglie  ,  filughe  non  aneleranno  più  per  lo 
mondo ,  perchè  in  generale  non  può  tornar  conto  a  metter  dieci  uo- 
mini per  portar  quaranta  o  cinquanta  tonnellate  di  roba  ,  mentre 
il  forestiero  con  egual  gente  ce  ne  porta  a  noi  tre  o  quattrocento. 
Bisogna  adunque  privilegiare  il  nostro  commercio.  Bisogna  imitare 
le  nazioni  savie  Inglesi,  Olandesi,  Francesi  etc.  che  o  proibiscono,  o 
mettono  una  imposizione ,  almeno  del  cinque  per  cento  ,  su  tutte  le 
mercanzie  di  qualunque  sorte  ,  che  saranno  portate  nei  nostri  porti 
da  bastimenti  non  nazionali. 

Il  profitto  di  questo  dazio  potrà  poi  servire  ad  alleggerir  quelli 
che  sono  sull'estrazione  di  qualche  genere  nostrale.  11  vino  sarebbe 
il  più  necessario  a  lasciar  estrarre.  Benissimo  più  di  tutto  sarebbe 
abolir  l' arrendamento  dell'acquavite,  e  farne  far  commercio.  Ma 
quidquid  sit  di  ciò ,  sempre  in  generale  è  necessario  far  che  un 
dazio  scoraggisca  gli  stranieri  dal  portar  ne'  nostri  porti  non  solo 
le  merci  loro  ,  ma  talvolta  quelle  del  Regno  nostro  stesso,  o  della 
Sicilia  a  Napoli.  Allora  navigheranno  i  Napoletani  con  navi  grosse 
non  più  a  remi ,  ma  a  vela ,  e  allora  si  potrà  dire,  che  noi  avremo 
un  commercio;  fin  ora  non  abbiamo  altro  che  contrabbando  ,  che  ci 
fa  sussistere.  Una  delle  ragioni,  che  ha  fatto  abbandonare  il  vero 
commercio ,  il  quale  non  può  farsi  con  profitto  altro ,  che  colle  navi 
onerarie  a  vela,  e  ci  ha  fatte  prediligere  le  lìburie  a  remi,  è  stato 
il  timore  de'  Turchi  dei  quali  una  filuca  scampa  assai  meglio ,  che 
una  nave.  Sicché  bisogna  tener  bene  espurgati  i  mari  nostri.  Allora 
vedrà  V.  E.  crescere  le  navi  grosse,  e  cessar  le  filuche.  Ma  finché 
fìluche  vi  saranno ,  vi  sarà  contrabbando  e  nel  Regno  ,  e  negli  Stati 
altrui,  perchè  il  contrabbando  è  consunstanziale  alla  filuca.  La  filuca 
rade  la  terra ,  sbarca  da  per  tutto  ,  scende  la  gente  senza  sospetto 
sempre  a  terra,  finge  a  sua  voglia  sempre  timore  di  Turchi,  e  di 
tempesta.  Non  così  la  tartana,  la  quale  cerca  sempre  l'alto  mare  e 
il  vento,  non  approda  se  non  in  rade,  o  in  porti,  luoghi  frequen- 
tati, e  custoditi  dalle  guardie:  non  dorme  la  gente  a  ttrra,  e  se 
butta  la  lancia  per  mandar  in  terra  tutto  il  mondo  lo  vede.  Non 
dico  di  più  perchè  V.  E.  mi  capirà  meglio,  ch'io  non  so  spiegarmi, 
ma  concludo,  che  bisogna  nettar  i  nostri  mari,  favorir  le  tartane 
più  che  le  filuche,  e  le  nostrali  più  che  le  straniere  con  un'imposi- 
zione, di  cui  non  potranno  gli  stranieri  lagnarsi  perchè  hanno  la  si- 
mile ne"  loro  paesi. 

Scusi  V.  E.  il  tedio,  che  le  do,  e  mi  creda  pieno  d'ossequio  e 
di  rispetto  infinito. 

Parigi,  7  febbraio  1763. 


POMPEO    NERI 


Mi  è  sembrata  sempre  cosa  oltremodo  utile  lo  studiare 
la  vita  di  qaegli  uomini  illustri,  i  quali,  sotto  i  primi  due 
Granduchi  della  Dinastia  Lorenese,  cooperarono  tanto  a  rialza- 
re la  Toscana  dal  decadimento  indicibile  cui  erasi  ridotta  du- 
rante il  Governo  dei  Medici.  Ho  procurato  perciò  di  met- 
tere meglio  in  luce  la  vita  di  un  uomo  che,  mentre  vi  ebbe 
parte  forse  maggiore  di  ogni  altro,  è  stato,  ciò  non  ostante, 
pressoché  dimenticato.  Voglio  parlare  di  Pompeo  Neri. 

Quantx)  è  stato  scritto  circa  di  lui  è  ben  poco.  Lo  Zobi 
ne  parlò  nella  sua  Storia  Civile  e  nel  suo  Manuale 
degli  ordinamenti  economici  vigenti  in  Toscana  ;  però  qua- 
si sempre  incidentemente.  Oltre  le  notizie  che  ne  dettero 
alla  morte  di  lui  le  Novelle  Letterarie  di  Firenze  (nel 
N.°  43  del  1776) ,  notizie  ristampate  dal  Custodi  nella  sua 
Raccolta  degli  Economisti,  si  ha  un  Elogio  che  ne  scrisse  il 
Professor  Angelo  Ridoltì.  Quest'  Elogio,  sia  per  essere  stato 
pubblicato  nei  primi  anni  del  presente  secolo,  e  quindi  scritto 
col  metodo  che  si  usava  allora  nelle  biografie,  cioè  con  molte 
parole  d'ammirazione  e  poco  racconto  di  fatti,  sia  perchè  tratta 
delle  Opere  del  Neri  più  che  della  sua  vita,  la  pone  in  luce 
assai  scarsamente.  Ed  in  fine  il  Pecchio  nella  Storia  del- 
l' Economia  Pubblica  in  Italia  ne  ha  scritto  qualche  cosa, 
ma  di  pochissima  importanza  per  noi ,  poiché ,  ciò  che  egli 
dice,  si  trova  quasi  tutto  ripetuto  nelle  opere  dello  Zobi. 
Del  rimanente  si  può  dire  non  vi  sia  altro ,  poiché  qualche 
notizia  che  se  ne  trova  in  altre  opere  é  cosa  di  minimo  conto. 

Continuano  ad  esser  citate  con  onore  anche  da  insigni 
economisti  stranieri  le  Osservazioni  del  Neri  sul  prezzo  le- 
gale delle  monete;  ma  gli  altri  suoi  scritti,  non  che  la  sua 
vita,  restano  pressoché  ignorati. 

Come  frutto  di  tutte  le  mie  ricerche  avrei  sperato  tro- 
vare un  numero  maggiore  di  documenti;  però  un  complesso 

(*)  Il  presente  studio  è  il  primo  lavoro  d'  un  giovane.  Noi  lo  pub- 
blichiamo di  buon  grado,  parendoci  che  FA.  dia  già  di  se  buone  pro- 
messe. La  Direzione. 


48  POMPEO    NERI 

di  circostanze  poco  propizie  ha  fatto  sì ,  che ,  toltone  ciò  che 
può  aversi  dai  pubblici  Archivii ,  e  sopra  tutti  dall'Archivio 
di  Stato  di  Firenze ,  quasi  nient'altro  si  trovi  presso  quelle 
famiglie ,  le  quali  sarebbe  stato  da  credersi  possedessero  do- 
cumenti relativi  al  Neri,  quelle  cioè  discendenti,  sia  da  un 
fratello  di  Pompeo  (giacché  questi  non  ebbe  moglie),  sia  da 
una  sorella  di  lui.  Presso  quelle  famiglie,  per  quanto  io 
conosca,  non  si  conserva  che  qualche  manoscritto  delle  tante 
opere  del  Neri. 


Capitolo  I. 

Notizie  sulla  famiglia  Neri,  e  in  particolare  sopra  Giovanni  e  Bonaventura.  - 
Nascila  di  Pompeo.  -  Sua  istruzione  nel  Seminario  di  Siena,  -  e  uel- 
l'Universilà  di  Pisa.  -  Vi  è  nominalo  Professore  di  Dirillo  Pubblio. 

La  famiglia  Neri  era  di  Castel  Fiorentino,  ma  aveva 
però  casa  anche  in  Firenze ,  e  precisamente  in   via  Mozza. 

Un  tal  Giovanni  Iacopo  Neri  ebbe  due  tìgli  :  Giovanni,  e 
Giovanni  Bonaventura.  Questi  (nato  il  15  Agosto  1657)  (1) 
fu  il  padre  di  Pompeo. 

Era  Giovanni  un  medico  peritissimo  della  scuola  del 
Redi  (2),  amabile  di  carattere,  saggio,  buono.  A  lui  era 
stata  confidata  la  cura  della  vacillante  salute  di  Ferdinando, 
primogenito  di  Cosimo  III,  principe  dal  quale  i  Toscani 
speravano  la  loro  salvezza.  Morì  Giovanni  in  quell'età  che 
suol  essere  la  metà  della  vita  (3),  impedito  così  dalla  morte 
di  giungere  ancor  più  in  alto  nella  sua  splendida  carriera. 

Giovanni  Bonaventura  invece  nel  1683  (4)  incominciò 
ad  insegnare  Diritto  Civile  nell'Università  di  Pisa.  Ivi  ebbe 

(1)  Questa  data  si  rileva  dal  «  Libro  dell'  Età  dei  Cittadini  di  Vol- 
terra ».  Era  questo  un  Registro  ove  venivano  segnati  i  cittadini  che 
potevano  aspirare  alle  onorificenze  e  alle  cariche  della  Magistratura. 

2  Kosi  Mons.  Giovanni  Fabroni  «  Historia  Academiae  Pisanae  ». 
Pisa  ,  1795.  Voi.  Ili;  pag    300  in  nota. 

(3)  «  In  med  o  fere  aetatis  et  fortunarum  suarum  nursu  extincto* 
Così  si  legge  in  una  epigrafe  che  trovasi  nella  cappella  gentilizia  della 
famiglia  Neri  ;  cappella  che  fa  parte  dulia  Chiesa  di  S.  Giuseppe  in  Firenze. 

(4;  Ho  stabilita  questa  data  in  quell'anno,  quantunque  il  Fabroni. 
Hist.  cit.  ,  dica,  a  pag.  300,  che  Bonaventura  incominciò  ad  insegnare 
nel  1683  ,  ed  a  pag.  683,  che  cominciò  invece  nel  1686 ,  perchè   non  può 


POMPEO   NERI  19 

campo  ili  mostrare  quanto  fosse  dotto,  e  come  sapesse  con- 
giungere alla  dottrina  ogni  più  bella  virtù.  Ciò  che  si  trovava 
in  luì  maggiormente  degno  di  lode  rispetto  alla  materia  che 
insegnava,  era  la  purezza  delle  t'unti  dalle  quali  attingeva  le 
proprie  dottrine.  Non  le  traeva  egli  punto,  come  soleva  la 
maggior  parte  dei  suoi  colleghi,  da  una  «  farragine  di  le- 
ti, e  da  una  accozzaglia  di  opinioni  opposte  fra  loro, 
«  e  molte  volte  contrarie  alla  integrità  dell'antico  diritto, 
«  al  buon  senso  ed  alla  stessa  verità  »  (1),  ma  inalzandosi, 
siccome  fa  il  vero  sapiente,  al  di  sopra  delle  norme  del  se- 
colo ,  le  studiava  nelle  pure  e  antiche  fonti  del  diritto.  E 
.tanta  era  la  fama  che  egli  si  era  procacciata  in  questo  inse- 
gnamento, che  il  celebre  Francesco  Redi  scriveva  ad  un  suo 
amico  essere  egli  «  il  più  bravo  istitutista  di  tutti  »  (2). 

Rimasto  Professore  a  Pisa  fino  al  1689  fu  da  Cosimo  III 
Dominato  Giudice  ordinario  in  Siena,  poi  Auditor  di  Rota 
nella  stessa  città,  e  chiamato  quindi  collo  stesso  grado  nella 
Rota  Fiorentina;  carica  che  sostenne  per  lo  meno  fino 
al  1714  (3)  e  poscia  fu  nominato  Consigliere  del  Granduca 
per  gli  affari  di  Giustizia  e  Grazia:  posto  che  occupò  fino 
al  1737,  tempo  in  cui  morì  Gian-Gastone  (4). 

essere  che  ciò  avvenisse  in  quest'ultimo  anno,  quando   siamo    certi  che 
nel  1685  si  distingueva  già  nell'esercizio  della    cattedra. 

(1  Questo  passo  e  tutte  le  altre  notizie  circa  l'ufficio  di  Professore 
sostenuto  da  Giovanni  Bonaventura,  sono  tratte  da  un  Elogio  che  1'  illu- 
stre Prof.  Giuseppe  Averani  fece,  secondo  il  costume  di  quel  tempo  ,  a 
Pompeo  Neri  allorché  questi  si  laureò  ,  e  del  quale  il  Fabroni  trascrive 
una  parte  a  pag.  300  dell'  Hist.  cit.  V  intiero  Elogio  avrebbe  avuto  un 
interesse  per  questo  lavoro  .  ma  non  ostante  le  mie  ricerche,  non  mi  è 
stato  possibile  trovarlo  ne  nell'Università  di  Pisa,  ne  nell'Archivio  di 
Stato  di  questa  città,  nel  quale  furono  trasportate  tutte  le  carte  di  quel- 
lo Studio.  Ciò  sarà  dipeso  dal  non  esservi  l'uso  di  depositare  i  mano- 
scritti di  simili  Elogi  nell'Archivio  dell'Università. 

(2)  Queste  parole  si  leggono  in  una  delle  lettere  di  Francesco  Redi 
a  Donato  Rossetti ,  pubblicate  in  Pisa  nel  1685. 

(3)  Ciò  si  rileva  dalla  epigrafe  accennata,  nella  quale  è  detto  che  fu 
posta  nel  1714  da  «  Io.  Bonaventura  Nerius  Badia  Florentinae  Rotae 
Auditor  ». 

(4)  Il  solo  Fabroni  a  pag.  300  della  sua  Hist.  ha  scritto  esser  Bona- 
ventura morto  nel  1742.  Nel  libro  d'oro  che  trovasi  nell'Archivio  di  Stato 
in  Firenze  ,  è  detto  invece  che  Bonaventura  mori  il  25  marzo  1752.  La 
data  vera  non    poteva   stabilirsi  che  trovando  la   fede  nei  registri  mor- 

Aroh.,  3."  Serie  ,  Tom.  XXIV.  4 


50  POMPEO    NERI 

In  questa  lunga  carriera  ebbe  Giovanni  Bonaventura 
occasione  di  decidere  molte  e  importantissime  cause,  di  dare 
responsi  sopra  questioni  legali;  e  queste  e  quelli  furono 
pubblicati  per  la  prima  volta  in  Firenze  dal  1769  al  1776. 

Quanto  a  questi  responsi  e  decisioni ,  dice  il  Ridolfi  (1) 
che  erano  al  suo  tempo  conosciute  anche  fuori  d' Italia.  Il 
Fabroni  (2)  nella  sua  Storia,  scritta  sul  finire  del  secolo 
passato,  dice  che  erano  ritenute  di  tanto  peso  da  far  sì  che 
secondo  quelle  si  decidessero  le  liti.  Anche  Giovanni  Lami 
le  elogiò  grandemente  nel  suo  celebre  Giornale  le  Novelle 
Letterarie  ,  tanto  nel  1770  allorché  fu  pubblicato  il  1.°  to- 
mo (3)  quanto  nel  1776  in  cui  si  pubblicò  il  tomo  2.°,  coll'ag- 
gmnta  delle  decisioni  ed  altri  scritti  di  Pompeo  Neri  (4). 
Le  più  importanti  fra  quelle  decisioni  sono  due;  la  prima 
relativa  all'eredità  di  Margherita  Luisa  moglie  di  Cosimo  III; 
la  seconda  rispetto  alla  dote  della  Principessa  Anna  Maria 
figlia  dello  stesso  Granduca.  Tali  due  questioni  avevano  un'  im- 
portanza grandissima,  non  solo  per  le  parti  che  vi  erano  in- 
teressate, ma  anche  per  le  conseguenze  internazionali  che 
ne  derivavano  ;  e  la  loro  decisione  avrebbe  potato  portare 
gravi  dissensioni  fra  la  Toscana  ed  altri  Stati. 

La  moglie  di  Bonaventura  fu  Cammilla,  figlia  di  Ascanio 
Venturi,  patrizia  Senese,  da  lui  sposata  nel  1705.  Intorno 
ad  essa  nulla  posso  dire  se  non  che  morì  verso  il  1752, 
come  accennerò  a  suo  luogo. 

Da  questo  matrimonio  nacque  Pompeo  (5),  il  17  Gen- 
naio 17u6,  in  Firenze,  fu  battezzato  il  dì  19  dello  stesso 
mese  coi  nomi  di  Pompeo,  Antonio,  Filippo,  Maria,  ed  eb- 
be per  compare  il  Principe  Ferdinando,  primogenito  di  Co- 

tuarii  depositati  nell'Archivio    della  Curia  Arcivescovile  di  Firenze ,  ma 
in  quelli  non  mi  è  stato  possibile  trovarla. 

(1)  Il  Prof.  Angelo  Ridolfi  insegnante  letteratura  tedesca  nell'  Uni- 
versità di  Padova,  pubblicò  nel  1817,  come  accennai,  un  Elogio  di 
Pompeo  Neri.  (Tip.  Bettoni). 

(2)  Hist.  cit,  Voi.  III.,  pag.  300. 

(3)  Vedansi  «  Novelle  Letterarie  »,  n.  29.  (Firenze  20  luglio  1:70). 

(4)  «  Novelle  Letterarie  »,  n.  42.  (11  ottobre  1776). 

(5)  Ecco  l'albero  genealogico  della  famiglia  Neri  cominciando  da 
Giovanni  Iacopo  e  andando  fino  alla  sua  estinzione.  E  desunto  in  gran 
parte  dal  libro  d'oro  accennato  di  sopra  ,  giacche,  come  dirò  a  suo  luo- 
go ,  la  famiglia  Neri  fu,  nel  1762,  dichiarata  nobile  Fiorentina. 


POMPEO    NERI 


51 


simo  III  i^l).  Né  questi  per  certo  avrebbe  allora  creduto  che, 
spentosi  ben  presto  in  lui  uno  dei  pochi  membri  della  sua 
casa,  il  quale  dava  speranza  di  divenire  un  principe  saggio, 
sarebbesi  estinta  la  Dinastia  Medicea,  ed  il  suo  figlioccio 
avrebbe  avuta  parte  grandissima  nel  riparare  al  male  fatto 
alla  Toscana  da  quello  sciagurato  Governo. 


Giovanni  Iacopo 


f " 

Giovanni  ©  1714 


r 

Pompeo 
n.  17  Genti.  1706 
>B  15  Sett.  177(1 


Aud.  Giovanni 
n.  11  Maggio  1714 
s.  25  Ott.  1768  a 
Laura  di  Raffaello 
Bertini  Capitano 
®  23  Maggio  1805 


T 

Filippo 
n.  21  Marzo 
1720 


Gio.  Bonaventura  s.  1705 
a  Camilla  Venturi  Senese 


^ 


Francesca  (*)  Piera  Maria  Caterina 
s.  1732  a  Silvio 
di  Pandolfo  Pe- 
trucci  di  Siena 


Ferdinando 
s.  11  Ott  1822  a 
Gaetana  del  Cav. 
Giannozzo  da  Cep- 
pare! lo  ,  rimasto 
vedovo  25  Apri- 
le 1806,  ©  30  Giu- 
gno 1822 

Giovanna  Laura 
n.  24  Marzo  1806 
s  10  Sett  1822  al 
Cav.  Fiero  Maset- 
ti  *2i  Lug.  1827 


(*)  Come  si  vedrà  in  seguito,  si  può  tener  per  certo  che  la  fa- 
miglia Spannocchi  di  Siena  fu  erede  del  patrimonio  di  Pompeo  Neri, 
avendo  questi  (diseredato  il  fratello  Giovanni)  istituito  erede  l'altro  fra- 
tello Filippo,  con  sostituzione,  in  mancanza  di  prole,  della  sorella  Fran- 
cesca. Si  rileverà  pure  come  questa  sorella  di  Pompeo  fosse  maritata  in 
casa  Spannocchi.  Nell'albero  genealogico  trascritto  di  sopra  dicesi  invece 
essersi  i  ssa  maritata  con  Silvio  Petrucci.  Quindi  è  forza  credere  che  ri- 
manesse vedova,  e  sposasse  in  seconde  nozze  uno  Spannocchi. 

(1)  Nei  registri  battesimali  che  sono  nell'Uffizio  dell'Opera  di  Santa 
Maria  del  Fiore  in  Firenze  ,  è  notato  che  il  Principe  Ferdinando,  come 
compare  ili  Pompeo,  si  fece  rappresentare  dal  Cav.  Lorenzo  Marsuppini. 
Fino  ad  ora  l'epoca  della  nascita  di  Pompeo  non  era  stata  precisata  da 
coloro  che  ne  scrissero  ,  indicandola  avvenuta,  chi  nel  1706  e  chi  nel  1707. 
11  Fabroni  nell'  Op.  cit.  dice  ,  (e  non  so  su  qual  fondamento)  che  Pompeo 
nacque  il  14  febbraio  1707. 


52  POMPEO   NERI 

Pompeo  ebbe  la  prima  istruzione  nel  seminario  di  Siena, 
quantunque  in  quel  tempo,  che  ritengo  essere  stato  dal  1715 
al  1722,  la  famiglia  Neri  dimorasse  in  Firenze.  Le  materie 
che  s'insegnavano  allora  in  quell  istituto  venivano  divise  in 
diversi  stadii  portanti  questi  nomi:  primi  elementi,  gram- 
matica, umanità,  rettorica,  filosofia  e  teologia  (1).  Quanto 
egli  profittasse  negli  studii,  lo  prova  il  fatto  che  a  soli  17 
anni,  cioè  nel  1722,  potè  essere  ascritto  fra  gli  studenti  del- 
l'Università di  Pisa. 

Gli  anni  di  studio  erano  cinque,  e  assai  poche  le  ma- 
terie che  vi  s' insegnavano,  giacché  a  quel  tempo  non  s'impa- 
rava nelle  scholae  junstarum  che  il  Diritto  Feudale,  il  Di- 
ritto Civile,  ossia  quello  Romano,  il  Diritto  Canonico  e  quel- 
lo Penale. 

Il  Neri,  dopo  che  ebbe  compiti  4  anni  di  studio,  do- 
mandò al  Granduca,  con  una  sua  supplica  del  Marzo  1720. 
la  grazia  di  potersi  addottorare  un  anno  avanti  il  tempo 
prescritto  ;  e  siccome  tutti  i  Professori  attestavano  aver  egl  i 
le  cognizioni  necessarie,  perciò  di  lì  a  pochi  giorni  gli  ven- 
ne concesso  ciò  che  aveva  domandato  (2). 

Appena  Pompeo  si  fu  laureato  venne  con  motupropri) 
del  6  Novembre  1726  (3)  nominato  Professore  di  Diritto 
Pubblico  a  Pisa.  Ora  certamente  doveva  il  Neri,  come 
studente,  essersi  già  acquistata  una  bella  fama,  se  a  21  an- 
no fu  nominato   Professore   d'una   materia  così  diffìcile   ed 

(1)  II  tempo  durante  il  quale  il  Neri  stette  nel  Seminario  di  Siena, 
credo  sia  stato  dal  1715  al  1722,  essendo  cosa  certa  cho  Pompeo  andò 
all'  Università  a  17  anni,  cioè  nel  1722,  e  presumendo  che  entrasse  in 
Seminario  nell'età  di  circa  9  anni.  Per  quante  ricerche  srentf  quivi  state 
fatte,  non  fu  possibile  trovare  alcunché  relativamente  al  Neri.  Ho  potuto 
semplicemente  avere  la  divisione  sopraccennata  delle  materie  di  studio 
e  quella  dei  respettivi  insegnanti  nel  decennio  1710-1720  Lettore  di 
Teologia,  P.  Lorenzo  Marc' Antonio  Mascambone  Agostiniano  ;  Lettore 
di  Filosofia,  D.  Placido  Caparelli  da  Napoli,  cui  successe  durante  il  de- 
cennio stesso  il  Rev.  Domenico  Valentini,  che  insegnò  pure  Legge  ;  Mae- 
stro di  Rettorica,  Rev.  Ferdinando  Mannotti;  Maestro  d'Umanità,  Rev. 
Venanzio  Brogi;  di  Grammatica  Rev.  Lazzaro  Sani;  dei  primi  elementi  , 
Lorenzo  Rocchi. 

(2)  Ho  rilevati  questi  fatti  dalla  supplica  del  Neri,  e  dalla  relativa 
risposta  che  si  trovano  nell'Archivio  di  Sento  di  Pisa. 

(3)  Questa  data  si  rileva  'lai  motuproprio  di  nomina  trascritto  dal 
Fabroni  nella  sua  Storia. 


POMPEO    NERI  Od 

importante  non  solo,  ma  anche  assai  nuova,  giacché  era  la 
prima  volta  che  si  istituiva  in  Toscana  tale  cattedra,  che 
il  Neri  fu  il  primo,  e,  per  quell'epoca,  l'ultimo  ad  occupare. 
Questa  fatto  ha  un'importanza  grande  non  solo  per  il  Neri 
particolarmente ,  ma  per  la  Toscana,  giacché  non  vi  sarà  chi 
non  si  meravigli  al  vedere,  in  quel  tempo  e  sotto  l'ultimo 
dei  Melici  .  istituirsi  una  cattedra  per  una  materia  allora 
tuti "altro  che  ben  vista  dai  Principi  ,  e  che  soltanto  dopo 
più  di  un  secolo  potè  essere  senza  difficoltà,  ed  anzi  con 
molto  amore,  insegnata  pubblicamente.  Ma  la  meraviglia 
diminuirà  allorché  si  rifletta  che  forse  quella  risoluzione  di 
Gian  Gastone  non  fu  punto  causata  da  id  e  liberali,  e  che 
invece  può  essere  stata  presa  per  volere  egli  che  del  Diritto 
Pubblico  s' insegnassero  specialmente  alcune  dottrine  le  quali 
avessero  potuto  servire  all'appagamento  dei  di  lui  desiderii 
nella  successione  al  trono  di  Toscana  (1). 

L*  insegnamento  di  quella  materia  fu  generalmente  gra- 
dito, se  si  deve  credere  ad  un  contemporaneo  il  quale  scri- 
veva :  «  E  cosa  degna  d'approvazione  l'aver  pensato  a  prov- 
«  vedere  l'Università  di  Pisa  della  cattedra  di  Jure  Pubblico. 
«  e  se  i  giovani  più  premurosi  voglion  sapere  d'onde  poi 
«  derivi  l' Ius  Positivo ,  tali  fonti  conosceranno  derivare  dal- 
«  l' Jus  della  natura  e  delle  genti  ;  studio  assolutamente  ne- 
«  cessario  specialmente  per  quelle  persone  che  si  vogliono 
«  rendere  utili  a  qualche  Governo,  affinchè  arrivino  a  co- 
«  noscére  con  equità  quali  sono  i  diritti  d'un  Principe,  e 
«  quei  d'un  privato  ;  poiché  la  cognizione  di  tal  diritto,  uni- 
«  camente  dall'. Jus  Pubblico,  come  da  suo  principio  ed  ori- 
«  gine  deriva  »  (2). 

Allorché  il  Neri  fu  nominato  Professore,  non  incominciò 
subito  ad  insegnare.,  aven  lo  il  Granduca  lasciato  al  padre 
di  lui  il  decidere   quando   ciò  dovesse    aver   luogo.   Appena 

(1)  Sarebbe  perciò  assai  importante  il  poter  sapere  in  qual  modo 
insegnasse  il  Neri  quella  materia;  ma  è  riuscita  infruttuosa  ogni 
mia  ricerca  nell'Archivio  di  Stato  in  Pisa,  presso  il  quale  sono  le  anti- 
che carte  l'elative  a  quella  Università  ,  e  nulla  hanno  in  proposito  gli 
eredi  del  Neri. 

(2)  Cosi  è  detto  in  un  memoriale  d'  un  tal  Leonardo  Bartolini-Sa- 
Umbeni  che  si  trova  nell'Archivio  di  Stato  in  Pisa. 


54  POMPEO   MERI 

però  furono  dal  Neri  intraprese  le  sue  lezioni  apparve  tosto 
qual  fosse  il  di  lui  inerito  (1). 

Nel  Settembre  1729  (2)  desiderando  il  padre  di  Pompeo 
d'averlo  vicino,  ottenne  da  Gian  Gastone  che  fosse  chiamato 
ad  insegnare  nello  Studio  Fiorentino ,  ciò  che  continuò  a 
fare  per  molti  anni  ,  benché  in  seguito  avesse  al  tempo  me  - 
desimo  diversi  altri  incarichi  (3). 


Capitolo  IL 

Il  Neri  Auditore  dello  Scrittoio  delle  Possessioni  Granducali  in  Firenze,  -  e 
Membro  della  Commissione  per  risolvere  circa  i  diritti  del  porlo  d'armi. 

Il  Neri  rimase  Professore  nello  Studio  Fiorentino  fino 
al  14  Agosto  1735.  Ma  egli  era  destinato  ad  occupare  uf- 
fici ben  più  alti.  Gian  Gastone  lo  tolse  all'  insegnamento  e 
lo  nominò  Auditore  dello  Scrittoio  delle  Reali  Possessioni  (4). 
E  come  in  questa  carica  si  diportasse  ,  lo  mostrano  le 
Decisioni  e  Responsi,  una  gran  parte  dei  quali,  come  ap- 
parisce dall'edizione  che  ne  fu  fatta  dall'Allegrini  in  Firenze 
fra  il  1769  e  il  1776  ,  furono  da  lui  scritti  mentre  occupava 
quel  posto,  ed  a  causa  di  quello.  Anche  per  questi  responsi 
e  decisioni  è  da  ripetersi  ciò  che  ho  osservato  relativamente 
a  quelli  di  Bonaventura  Neri ,  aver  cioè  un'  importanza  in- 
ternazionale ;  ed  il  Lami  nelle  Novelle  Letterarie,  (5)  ne 
fa  elogi  grandissimi. 

In  questo  ufficio  di  Auditore  delle  Possessioni  rimase 
il  Neri  fino  all'estinzione  della  Dinastia   Medicea.    Si   trova 

(1)  Ne  fanno  grandi  elogi  il  Fabroni  nella  Hist.  cit.,  Giovanni  Prez- 
zine!' nel  Lib.  V,  pag  127  della  sua  «  Storia  del  pubblico  Studio  e  delle 
società  scientifiche  e  letterarie  di  Firenze  »,  e  gli  altri  che  scrissero  del 
Neri. 

(2)  Prezziner  ,  luog.  cit. 

(3)  Ciò  si  rileva  tanto  dal  Prezziner,  St.  cit.,  quanto  dal  Fabroni. 
Questi  dice  inoltre  che,  andato  il  Neri  a  Firenze,  fu  aggiunto  alla  di  lui 
cattedra  l'  insegnamento  del  Diritto  Feudale.  Di  questo  fatto  non  ne  fa 
cenno  alcun  altro 

(4)  L'aggiunto  Reali  trovasi  in  tutte  le  leggi  di  quel  tempo  rela- 
tive a  tale  argomento. 

(5)  Nov.  U'tt.   n    42  (11  ottobre  1776). 


POMPEO    NERI  OD 

poi  che ,  dopo  diversi  anni ,  Pompeo  ocoupavasi  ancora  di 
quell'ufficio,  come  membro  di  una  Commissione  istituita  allo 
di  sbrigare  gli  affari  delle  Possessioni  non  ancora  ri- 
soluti. E  quindi  supponibile  che  alla  morte  di  Gian  Gastone, 
avendo  cessato  dal  suo  ufficio,  fosse  dal  nuovo  Governo  in- 
caricato di  finire  la  trattazione  degli  affari  rimanenti ,  e  ciò 
come  membro  della  Commissione  accennata ,  e  della  quale 
parlerò  a  suo  luogo.  Giacché  in  questo  argomento  bisogna 
tener  presente  che  l'avidità  dei  Principi  aveva  introdotta  la 
mostruosa  confusione  fra  beni  del  Sovrano  e  quelli  dello 
Stato.  Ciò  spiega  V  importanza  dell'ufficio  di  Auditore  delle 
Possessioni ,  ed  anche  come  potesse  avvenire  che,  estintasi 
la  dinastia  Medicea,  si  seguitassero  sempre  a  trattare  gli 
affari  relativi  a  quei  possessi,  che,  colle  idee  moderne  ,  po- 
trebbero credersi  particolari  del  Principe ,  ma  che  erano 
dello  Stato.  A  questo  in  gran  parte  ritornarono,  sebbene 
diminuiti  dei  debiti  da  cui  eran  gravati,  non  appena  (mor- 
ii» <>ian  Gastone,  ed  ereditati  dalla  sorella)  furono  da  que- 
sta trasferiti  nel  nuovo  Granduca  Francesco  II  di  casa 
d'Austria. 

Questi  adunque  avrebbe  dovuto  venire  in  Toscana  a 
prender  possesso  del  suo  Stato;  ma  non  lo  potè,  giacché 
aveva  allora  per  conto  di  Carlo  VI ,  padre  di  sua  moglie 
Maria  Teresa,  il  comando  di  un  corpo  d'esercito  contro  i 
Turchi.  Mandò  perciò  come  ministro  plenipotenziario  il 
Principe  Marco  di  Craon,  che  il  12  Luglio  1737,  cioè  tre 
giorni  dopo  la  morte  di  Gian  Gastone,  pubblicò  il  diploma 
•  li  Carlo  VI  portante  l' investitura  del  Gran  Ducato  nel  nuovo 
Principe,  e  ricevè  solennemente  il  giuramento  di  sudditanza 
e  fedeltà  dal  Senato  Fiorentino  ,  il  quale  seguitava  a  sussi- 
stere,  essendosi  sempre  riconosciuto  in  Toscana  un  simu- 
lacro di  costituzione. 

Aveva  il  Craon  un  carattere  dolce  e  buono;  e,  in  circo- 
stanze ordinarie  ,  in  uno  Stato  ormai  ordinato  ,  sarebbe  sta- 
to un  buon  ministro  ;  ma  gli  mancava  quell'attività ,  fer- 
mezza e  attitudine  naturale  che  sarebbe  occorsa  ad  uno  il 
quale ,  come  lui ,  veniva  in  un  paese  che  non  conosceva,  e 
che  si  trovava  in  quelle  orribili  condizioni  che  son  troppo 
note  perchè  abbisogni  1'  esporle.  Erano  tali  da  non  riuscir 
facile  nemmeno  il  sapere  da  qual  parte  incominciarne  il  rior- 


56  POMPEO   NERI 

(linamente  ,  in  specie  por  chi  .  come  ii  Craon,  vi  veniva  ac- 
colto con  diffidenza. 

Questa  però  cominciò  a  diminuire  per  i  primi  atti  della 
sua  amministrazione  i  quali  mostrarono  subito  quanto  il 
nuovo  Governo  differisse  da  quello  Mediceo.  Fu  imposta 
una  colletta  per  pagare  un  antico  debito  ;  e  non  volendo  il 
clero  pagar  la  quota  sulle  rendite  ecclesiastiche,  allegando 
esenzioni  canoniche,  il  Craon  tenne  fermo,  e  la  Corte  Ro- 
mana dovè  poi  dare  il  suo  assenso.  Fu  scacciata  dalla  R  •- 
già  la  vituperevole  turba  che  accerchiava  Gian  Gastone  ;  fu- 
rono proibiti  i  giuochi  d'azzardo  e  dati  altri  saggi  provvedi  - 
menti  nei  quali  però  non  resulta  avere ,  in  modo  alcuno  , 
avuta  parte  il  Neri. 

Non  essendo  ormai  più  osservati  i  regolamenti  che  fin 
da  tempo  remoto  vigevano  in  Toscana  circa  il  porto  d'armi, 
ne  derivavano  gravissimi  danni-  per  la  pubblica  sicurezza. 
Rimesse  perciò  il  governo  in  vigore  le  norme  vigenti  in 
quella  materia ,  modificandole  secondo  i  bisogni  del  tempo . 
colla  legge  del  22  Gennaio  1738.  Ma  se  il  portar  armi 
senza  licenza,  ed  il  porto  di  quelle  proibite,  arreca  gravi 
danni  ,  qualunque  sia  la  classe  di  cittadini  che  commetta 
quest'abuso ,  ne  porta  dei  gravissimi  quando  ciò  avvenga 
sotto  l'egida  del  privilegio,  e  come  insegna  di  una  usur- 
pata autorità.  Questo  era  appunto  il  caso. della  Toscana,  ove 
il  maggior  pericolo  proveniva  dall'uso  che  avevano  i  mi- 
nistri del  S.  Ufficio  di  concedere,  abusivamente  e  dietro  una 
mercede,  il  porto  d'armi  ai  loro  così  detti  famigliari,  istru- 
menti  pericolosissimi  delle  prepotenze  dell'  Inquisizione.  Può 
intendersi  quindi  come  il  S.  Ufficio  menasse  rumore  contro 
quella  legge. 

Il  Governo  creò  allora  una  Commissione  composta  del 
fiscale  Filippo  Luci,  del  Senator  Giulio  Rucellai ,  del  Mar- 
chese Antonio  Niccolini,  e  di  Pompeo  Neri  (che  era  ancora 
Auditore  delle  Possessioni)  ìa  quale  decidesse  circa  ai  pre- 
tesi, diritti  dell' Inquisizione.  Quella  Commissione  confermò 
le  disposizioni  della  legge  del  1738,  il  che  fece  dar  talmente 
nelle  furie  gli  ufficiali  dell'Inquisizione  in  Toscana,  che 
oltre  ad  ogni  genere  di  minacce  giunsero  per  lino  ad  incre- 
dibili enormità.  Non  per  questo  la.  Commissione,  o  il  Go- 
verno si  lasciarono  intimorire  ;   che  anzi  questo  tenue   sem- 


POMPEO    NERI  vi 

pre  fermo  il  divieto  e  lo  riconfermò  con  editto  del  25  Lu- 
glio 1743.  E  neppur  questo  bastò  a  far  completamente  at- 
tuare il  volere  del  governò ,  giacché  ancora  nel  1747  l'Ar- 
civescovo di  Firenze  e  il  Vescovo  di  Fiesole  pretendevano 
che  i  loro    servi    potessero    portare  la  spada  (1). 

Sia  lode  quindi  a  Pompeo  Neri  che ,  come  membro  della 
Commissione,  sostenne  eiticacemente  i  giusti  diritti  che  ave- 
vano, il  Governo  di  essere  obbedito,  e  le  popolazioni  di  esser 
liberate  da  un  continuo  pericolo  alla  loro  sicurezza. 

Capitolo  III 

Arrivo  di  Francesco  II.  -  Relazioni  del  Neri  e  di  Sallustio  Bindini  col  nuovo 
Granduca.  -  Editii  pubblicati  in  questo  tempo.  -  Is'ituzione  della 
Reggenza.  -  li  Neri  ne  vien  nominato  Segretari!).  -  È  pur  nominalo 
Auditore  del  Governo  a  Livorno. 

Erano  ormai  passati  due  anni  dacché  erasi  cambiato  il 
Governo  della  Toscana,  quando  Francesco  II,  avendo  i  suoi 
soldati  presi  i  quartieri  di  inverno ,  decise  visitare  il  nuovo 
suo  Stato;  e  lo  faceva  in  fatti,  arrivando  in  Firenze  il 
19  Gennaio  1739. 

Fra  le  persone  che  per  le  prime  gli  si  avvicinarono 
fu  Pompeo  Neri,  che.  guadagnatosi  ben  presto  l'animo 
del  saggio  Conte  Emanuele  di  Richecourt,  venuto  insie- 
me al  Granduca,  aridavagli  facendo  noti  i  bisogni  della 
Toscana,  e  additando  i  riniedii  più  adatti  a  soddisfarli.  Ma 
il  nostro  Pompeo  non  solo  si  occupava  ad  illuminar  la 
mente  del  Sovrano  ,  ma  procurava  che ,  per  mezzo  suo  , 
lo  facessero  anche  gli  altri.  Era  egli  stretto  da  reverente 
amicizia  col  celebre  Arcidiacono  senese  Sallustio  Bandini  , 
tantoché  si  può  dire  essere  stato  il  discepolo  e  l'applicatore 
delle  dottrine  di  queir  illustre  economista.  Questi  aveva 
scritto  da  qualche  anno  il  suo  Discorso  Economico  ,  nel 
quale  proponeva  i  modi  di  bonificar  la  Maremma  con  un  si- 
stema di  larga  libertà   economica.    Al  quale  scopo   anzi .   fin 

(1)  Ciò  resulta  da  un  rapporto  sulla  seduta  del  Consiglio  'li  Reggen- 
za tenuta  il  13  luglio  1717,  da  me  rinvenuto  nella  filza  di  n.  35  dell'Ar- 
chivio di  Reggenza,  formante  parto  dell'Archivio  di  Stato  di  Firenze. 


58  POMPEO   NERI 

dal  tempo  in  cui  era  vivo  Gian  Gastone ,  si  era  recato  da  lui 
per  cercar  che  si  attuassero  le  sue  idee.  Ma  non  appena  le 
ebbe  esposto  ai  ministri  .  questi  le  chiamarono  soorni  d'una 
mente  desiderosa  di  novità.  Fu  allora  che  e<?li,  incoraereiato 
in  spedai  modo  da  Pompeo  Neri  (X) ,  svolse  in  iscritto  i 
proprii  concetti ,  ma  fanne  poi  nascosta  la  sua  opera  ,  aspet- 
tando tempi  migliori.  E  questi  vennero  infatti  insieme  alla 
nuova  Dinastia.  Allora  il  Bandini ,  per  mezzo  di  Pomneo 
Neri .  venn»3  fatto  conoscere  a  Francesco  IT  ,  cui  presentò  il 
suo  Discorso  Economico.  Frutto  vantaororiosissimo  di  tali  co- 
crnizioni  acquistate  dal  Granduca  durante  la  sua  dimora  in 
Toscana  furono  diversi  editti  pubblicati  in  quel  temno ,  e 
specialmente  quello  relativo  all'  \r'e  ^eUa  Lana,  e  l'altro 
col  quale  si  ordinò  che  vev  12  anni  fosse  libpra  l'esporta- 
zione di  due  terzo  parti  dello  granaglie  della  Maremma. 

Profittò  il  Neri  della  dimora  del  Granduca  in  Toscana 
per  racoomandarsrli  la  Società  Botanica  di  Firenze  ,  sorta 
principalmente  per  opera  del  celebro  naturalista  Pier  Antonio 
Micheli,  della  quale  il  Neri  ora  stato  uno  dei  fondatori  .  e 
che  aveva  dotata  di  regolamenti  scritti  da  lui  medesimo  (2). 
In  fatti  con  motuproprio  del  fi  Luglio  1739  Francesco  II  la 
preso  sotto  la  sua  speciale  protezione. 

Era^i  in  questo  modo  incominciata  l'opera  del  riordina- 
mento della  Toscana,  quando,  avendo  i  Turchi  incominciato 
a  rumorefforiare  di  nuovo  sulle  frontiere  dell'  Impero,  dovè 
Francesco  IT  allontanarsi  dalla  Toscana  per  riprendere  il 
comando  dell'esercito.  Nò  più  ritornò  il  Granduca  .  impedito, 
prima  dalla  sferra  '""ei  7  armi  e  quindi  dall'essere  stato  ,  in 
conseguenza  della  pace  di  Dresda  (1745Ì  .  creato  Imperatore. 
Allorché  il  Granduca  si  decise  a  partire .  istituì  un 
Consiglio  di  Reo-srenza ,  e  ciò  con  editto  del  2fì  Aprile  1730. 
al  quale  sono  unite  le  istruzioni  date  a  quel  Consiglio.  La 
Potenza  era  composta  di  un  Consiglio  superiore  di  gover- 
no ;  v'erano  poi  due  Consigli  subalterni  .  il  primo  per  irli 
affari  di  finanza,  il  secondo  per  quelli   della    guerra.    Eravi 

CI)  A  questo  fatto  accennano  il  conte  Giuseppe  Gorani  Milanese 
nel  suo  Elogio  di  Sallustio  Bandini,  stampato  in  .Siena  nel  1784.  e  il 
Pecchio  a  pag.  70  della  sua  Storia  dell'  Economia  Pubblica  in  Italia. 

(2)  Ciò  si  rileva  dalla  pa<j.  14  delle  notizie  ,  tratte  dalle  «  Novelle 
Letterarie  »  e  ripubblicate  dal  Custodi  nella  sua  Raccolta  degli  Econo- 
misti Italiani,  innanzi  agli  scritti  del  Neri. 


POMPEO   NERI  59 

un  Tonsiglio  supremo  composto  dei  presidenti  dei  Consigli  , 
e  di  tutti  gli  ex-consiglieri  di  Stato,  e  1'  antica  Consulta  , 
alla  quale  spetta,  a  decidere  le  istanze  dirette  al  Sovrano,  si 
per  il  civile  che  per  il  criminale.  Quanto  alle  relazioni 
coli'estero,  ossia  pressoché  tutta  la  parie  politica,  se  la  ri- 
serbò il  Granduca.  Fu  nominato  Presidente  della  Reggenza  il 
Principe  di  Craon;  del  Consig'io  di  Finanza  il  Conte  di  Ri- 
checourt  :  il  Marchese  Rinuccini  dell'altro  della  Guerra. 

In  questa  amministrazione  tu  affidata  al  Neri  la  carica 
di  Segretario  della  Reggenza  per  gli  affari  di  Finanza;  Con- 
siglio al  quale,  come  ho  detto,  presedeva  il  Richecourt. 

Trovasi  che  il  Neri  nell'anno  1739  era  Auditore  del  Go- 
verno a  Livorno.  Quindi,  o  egli  occupò  quel  posto  prima  di 
essere  nominato  Segretario  della  Reggenza,  oppure  non  ne 
fu  che  il  titolare,  come  usavasi  spesso  in  quel  tempo  (1). 


Capitolo  IV. 

Visite  idrauliche  fatte  dui  Neri.  -  Questi  cura  il  riordinamento  dell'Univer- 
sità di  Siena.  -  Membro  di  una  Commissione  per  gli  affari  delle  Reali 
Possessioni.  -  Bisogno  di  un  Codice  Civile.  -  Si  dà  al  Neri  l'incarico 
di  compilarlo  -  Gelosia  del  Conte  di  Richecourt.  -  Il  lavoro  del  Codi- 
ce rimali  sospeso.  -  Altre  opere  alle  qu;ili  il  Neri  attese  in  queslo 
lempo.  -  Si  rilira  precariamente  dalla  vita  pubblica. 

Fra  da  poco  tempo  Segretario  della  Reggenza  quando 
il  L2  aprile  174'»  (2)  insieme  a  Francesco  Pecci ,  al  font'1 
Pecori    e    Tommaso    Perelli    (il    celebre    matematico    mae- 

(1)  Questo  fatto  noti  è  accennato  ria  alcun  biografo  del  Neri  ,  ed  io 
l'ho  rilevato  dal  seguente  titolo  «Iella  filza  eli  n.  fii5  dell'Archivio  'li 
Reggenza  «  Livorno.  Auditor  del  Governo  in  detto  Amministrazione 
(1739.  Ab  Pompeo  Neri  »  In  questa  filza  però  non  si  trova  carta  alcu- 
na che  possa  spargere  un  qualche  lume  su  quest'ufficio  sostenuto  dal 
Neri.  E  neppure  nell'unica  Storia  di  Livorno,  di  tal' epoca,  (quella  del 
Vivoli),  ho  potuto  trovare  alcuna  notizia  circa  questo  fatto,  giacche  non 
arriva  che  (ino  al  1737.  Avverto  qui  che  il  titolo  d'Abate  dato  al  Neri 
credo  dipendesse  da  un  benefizio. 

(2)  Tanto  il  motuproprio  di  Domina,  quanto  le  altre  carte  relative  a 
questa  visita  si  trovano  nelle  filze  151  e  152  dell'Archivio  di  Reggenza 
in  Fireuzo.  La  relazione  però  della  visita  idraulica  trovasi  nell'Uffizio 
dei  Fossi  che  ora  ò  in  gran  parte  presso  l'Archivio  di  Stato  in  Pisa. 


60  POMPEO  NERI 

stro  di  Vittorio  FossombronH  ebbe  il  Neri  l' incarico  di  fare 
una  relazione  sopra  il  Regolamento  dell'ufficio  dei  Fossi  di 
Pisa  ,  ed  una  visita  idraulica  alla  campagna  di  Pisa  e  di 
Livorno  (1). 

II  26  ottobre  1741  fu  incaricato  il  Neri  di  una  visita 
alla  pianura  di  Grosseto,  e  con  motuproprio  dell'  istesso  gior- 
no di  un'altra  alla  Valdichiana  (2). 

Nel  1743  fu  data  al  Neri  la  commissione  di  compiere  le 
operazioni  relative  al  bonificamento  della  campagna  circo- 
stante ai  Bagni  di  S.  Giuliano  (non  lungi  da  Pisa)  ,  e ,  nel 
dargli  tale  incarico,  gli  fu  pure  concesso  di  scegliersi  un 
matematico,  i!  quale  lo  aiutasse  negli  studi  necessari,  e 
Pompeo  scelse  il  Perelli  (3).  Questi  due  illustri  uomini , 
visto  subito  il  male  ove  era  realmente,  proposero  i  lavori 
da  farsi,  frutto  dei  quali  fu  il  ridonare  quasi  per  intero 
la  salubrità  a  quelle  campagne,  e  restituire  all'agricoltura 
tanta  terra  che  prima  non  era  coperta  se  non  da  pianto 
palustri. 

Con  dispaccio  finalmente  del  19  ottobre  1746  ebbe  il  Neri 
l'incarico,  insieme  al  Perelli,  di  fare  una  visita  al  Yaldarno 
inferiore,  per  studiare  il  modo  di  liberare  quei  luoghi  dalle 
inondazioni  dell'  Usciana.  Di  questa  visita  scrisse  egli  una 
Relazione  che  porta  la  data  del  29  gennaio  1748,  pubblicata 
poi  a  Firenze  nel  1774  in  una  Raccolta  di  Opere  che  tratta- 
no del  moto  delle  acque. 

L'  Università  di  Siena  era  in  questo  tempo,  per  una  quan- 
tità di  sfortunate  combinazioni ,  caduta  in  totale  abbandono. 
Fu  allora  che  il  Neri  propose  un  Regolamento  collo  scopo  di 
rialzarne  le  sorti ,  Regolamento  esaminato  in  conseguenza  di 
un  dispaccio  del  Granduca  in  data  2  novembre  1742  (4).  E 
quando  poi  ,  qualche  anno  dopo,  si   trattò  nominarvi  alcuni 

(1)  In  un  rapporto  sulla  seduta  -del  Consiglio  di  Reggenza  del  12 
aprile  1747  e  detto  essere  stato  il  Grandma  pienamente  soddisfatto  del 
modo  col  quale  la  Commissione  esegui  l'  incarico  avuto.  Il  rapporto  ac- 
cennato trovasi  nella  filza  152  dell'Archivio  di  Reggenza. 

(2)  La  notizia  di  questi  due  incarichi  la  ho  desunta  dai  due  motu- 
propri! di  nomina  che  sono  nella  filza  151  dell'Archivio  di  Reggenza. 

(3)  Che  non  gli  fosse  assegnato,  ma  che  lo  scegliesse  egli  stesso,  lo 
afferma  il  Ridolfi,  Lìogio  cit. 

l  Le  carte  relative  a  questa  materia  stanno  fra  quelle  trovate 
nella    Segreteria  particolare  e  depositate  nell'Archivio  di  Stato  di  Firenze. 


POMPEO   NERI  GÌ 

Professori,  adoprò  il  Neri  tutta  la  sua    autorità   affinchè  vi 

sro  «1  istillate  persone  di  vero  merito  il 

Il  4  dicembre  1742  fu  istituita  una  Commissione  per  ri- 
solvere gli  all'ari  d  Ilo  Scrittoio  delle  !'  ni  aon  ancora 
decisi,  e  relativi  al  governo  Mediceo.  Questa  Commissione 
-i  componeva  di  Pompeo  Neri,  del  Senatore  Samminiati  e 
di  Lorenzo  Libia.  Vi  furono  in  tale  occasione  dei  ricorsi  al 
Consiglio  di  Reggenza ,  per  avere  la  detta  Commissione 
esercitate  alcune  incombenze  attenenti  al  governo  Lorenese 
non  ostante  che  dell'esame  delle  medesime  fosse  stato  in- 
caricato il  Tribunale  della  Camera;  ed  aver  così  con  la  que- 
stione derivante  da  questo  conflitto  giurisdizionale  ritarda- 
to il  corso  della  giustizia. 

Il  Consiglio  allora,  con  lettera  del  2  febbraio  1743,  richie- 
se spiegazione  ai  membri  della  Commissione  che  in  quel  tempo 
ormai  era  disciolta  per  aver  compita  l'opera  sua.  Il  Neri 
però,  antivedendo  il  desiderio  del  Consiglio,  aveva  il  30  gen- 
naio dello  stesso  anno  scritto  alla  Reggenza,  come,  doven- 
do a  causa  di  una  grave  oftalmia  con  pericolo  di  cecità  re- 
carsi a  passar  qualche  tempo  a  Pisa,  voleva,  avanti  di  par- 
uro  .  far  noto  alla  Reggenza  aver  la  Commissione  già  reso 
conto  al  Consiglio  di  Reggenza,  ma  che  però  erano  tutti 
pronti  a  renderlo  nuovamente.  Questa  lettera  del  Neri  mostra 
quanta  fosse  la  delicatezza  dell'  illustre  uomo  (2). 

Un  bisogno  assai  stringente  si  faceva  sentire  in  Tosca- 
na; e  questo  era  un  riordinamento  amministrativo  e  giudi- 
ziario, il  quale  togliesse  tutti  i  mali  che  sono  frutto  di  un 
ammasso  di  statuti,  editti,  bandi,  leggi  parziali,  intricate  , 
antichissime.  Vigevano  in  fatti  ancora  quelle  della  repubbli- 
ca fiorentina  (molte  delle  quali  ispirate  agli  odii  di  parte 
d'allora)  o  altre  recenti,  che,  se  anche  erano  maggiormente 
conformi  ai  nuovi  tempi,  accrescevano  però  sempre  più  la 
confusione  per  il  cozzo  che  avveniva  fra  queste  e  quelle 
Basti  il  dire,  scrive  il  Neri  in  un   suo    rapporto    alla    Rei  - 

(1)  Neil' Elogio  di  Guido  Savini  pronunziato  dal  Commendator  Ber- 
linghieri  ed  incluso  nel  voi.  Vili  degli  Atti  dell'Accademia  dei  Fisiocri- 
tici  di  Siena,  si  pai-la  a  pag.  294  di  questo  fatto,  accennando  come  il 
Savini  venisse  chiamato  ad  insegnarvi  le  Istituzioni  Civili. 

(2)  I  fatti  relativi  a  quest'affare  si  rilevano  dalla  lettera  del  Consi- 
glio, e  da  quella  del  Neri  che  si  trovano  nella  filza  748  dell'Archivio  di 
Rescrenza. 


62  POMPEO    NERI 

senza  del  18  agosto  1745  del  quale  parlerò  in  seguito, 
«  che  dall'anno  1415  in  poi,  in  cui  fu  compilato  lo  Statuto 
«  fiorentino  dal  celebre  Giureconsulto  Paolo  de  Castro  ,  non 
«  è  stata  mai  fatta  alcuna  altra  compilazione  metodica  e  ge- 
«  nerale;  ma  che  sempre,  non  ostante  tutte  le  rivoluzioni 
«  che  sono  seguite ,  si  è  proceduto  con  aggiungere ,  secondo 
«  Il  bisogno,  leggi  nuove,  senza  abolire  però  le  vecchie,  le 
«  quali  nelle  cose  non  riformate  si  sono  sempre  lasciate  sussi- 
«  stere  e  tuttavia  sussistono,  talché  in  Firenze  si  possono  dire 
«.  veglianti  tutti  gli  ordini  che  dall'anno  1415  sino  al  pre- 
«  sente  sono  stati  dati  ». 

Aveva  proprie  leggi  Firenze  ed  il  contado,  Pisa  e  Sie- 
na; e  ad  aumentare  la  diversità  del  trattamento  legale  fra  i 
Toscani  .  si  aggiungevano  gli  innumerevoli  privilegi  ì  quali 
non  avevano  fondamento  che  in  antichissimi  diritti  feudali . 
o  consuetudini,  sempre  incerte  e  contestate.  Da  ciò,  arbi- 
trio nel  fòro,  conflitti  fra  le  diverse  giurisdizioni,  lunghis- 
sima la  trattazione  degli  affari ,  fomentata  dai  curiali  per 
cavarne  denari,  dai  ricchi  per  fare  andare  in  dimenticanza 
le  liti,  e  sostenere  i  pretesi  diritti  a  carico  dei  poveri  .  i 
quali,  per  l'enorme  spesa  che  vi  abbisognava,  non  potevano 
difendere  in  giudizio  le  loro  ragioni. 

Tale  era  la  condizione  della  Toscana  non  solo  ,  ma  di 
tutti  gli  Stati  Italiani.  I  governi  più  saggi  avevano  incomin- 
ciato a  scuotersi  dal  lungo  torpore  medievale.  Vittorio 
Amedeo  II  e  Carlo  Emanuele  III  in  Piemonte,  ma  sopra 
tutti  Carlo  III  a  Napoli,  avevano  in  gran  parte  riformata 
la   legislazione  dei  loro  Stati. 

Sorse  perciò  in  niente  a  Francesco  II  la  grandiosa  idea 
di  fonder  le  leggi  della  Toscana  in  un  sol  codice.  Ad  opera 
così  importante  e  difficile,  il  Granduca  scelse  il  nostro 
Pompeo:  e  con  suo  dispaccio  del  5  maglio  1745  fece  nota 
alla  Reggenza  questa  sua  scelta,  incaricandola  di  parteci- 
parla al  Neri  (1).  A  chi  osservi  bene  questo  fatto  appari- 
rà certamente-  abbastanza  grave,  se  si  consideri  come  il 
Granduca,  il  quale  ave  ra  in  Toscana  tante  persone  in  po- 
sto ben  più  elevato  del  Neri  ,  di  maggior  età  ,  e  di   sua  più 


(1)  Il  dispaccio  fu  pubblica to.dallo  Zobi  nella  St.  Civ.,  Voi.  I,  Appen- 
dice, Documento  n.  XIV. 


POMPEO   NERI  63 

antica  conoscenza ,  desse  invece  quest'incarico  al  giovine 
Segretario.  Certo  la  stima  che  Francesco  II  dimostrò  così 
al  Neri  .  e  la  fama  che  questi  godeva  in  Toscana  ,  dovevano 
esser  ben  grandi.  Ma  se  tutto  ciò ,  rispetto  a  noi ,  accresce 
gloria  al  Neri,  dovè,  com'è  naturale,  muovergli  contro  la 
gelosia ,  assai  giusthicabile,  non  solo  degli  emuli,  ma  ancor 
molto  più  quella  dei  Consiglieri  della  Reggenza,  i  quali  ve- 
devano il  loro  dipendente  in  tanta  stima  e  benevolenza  pres- 
so il  Granduca. 

Appena  avuto  l'incarico  col  dispaccio  accennato,  aveva 
il  Consiglio  nella  seduta  del  26  maggio  ordinato  al  Neri  che 
compilasse  un  progetto  circa  la  maniera  con  la  quale  crede- 
va poter  obbedire  agli  ordini  ricevuti,  facendo  in  oltre  palese 
ciò  che  egli  stimava  necessario  per  mettere  in  esecuzione  il  pr<  »- 
getto  stesso  (1).  Fu  allora  che  il  Neri  disse  modestamente  : 
«  Io  desidererei  che  quanto  per  me  resta  facile  l'applaudire  a 
«  un  così  nobile  e  sì  grandioso  progetto,  e  il  conoscere  in 
«  esso  il  paterno  amore  del  nostro  beneflcentissimo  Sovrano 
«  altrettanto  mi  fosse  agevole  il  contribuire  colle  mie  tenui 
«  fatiche  in  qualche  maniera  alla  perfezione  di  quest'opera  , 
«  e  corrispondere  alla  fiducia  che  la  M.  S.  C.  si  è  degnata 
«  di  avere  nella  mia  insufficienza,  la  quale  mi  avrebbe  cer- 
«  tamente  ripieno  di  timori ,  e  spaventato  affatto  dall'  intra- 
«  prendere  una  commissione  così  ardua,  se  la  reverenza  che 
«.  io  debbo  per  gli  ordini  sovrani  mi  avesse  permesso  di 
«  consultar  prima  le  mie  forze,  e  non  mi  avesse  posto  in 
«  dovere  di  gettarmi  a  fare  ciecamente  tutto  il  mio  possibile 
«  per  ubbidirgli ,  e  di  sacrificare  volentieri  tutto  il  tempo  e 
«  tutto  lo  studio  di  cui  io  posso  esser  capace  a  questa  ono- 
«  revole  fatica  »  (2). 

Compilò  allora  il  Neri  un  progetto  in  forma  di  motu- 
proprio col  quale  il  Sovrano  esponeva  ai  Toscani  il  bi- 
sogno che  vi  era  di  un  codice ,  come  si  fosse  determinato 
a  farlo  compilare,  e  come  ne  avesse  incaricato  il  Neri:  e  si 

(1  Lo  prescrizioni  date  al  Neri  si  rilevano  da  un  di  lui  rappor- 
to ,  e  la  data  del  giorno  di  quella  seduta  da  una  lettera  del  Neri  ste-so. 
Il  primo  dei  quali  documenti  si  trova  nella  tilza  n.  29  dell'Archivio  di 
Reggenza,  il  secondo  in  quella  di  ti.  51 . 

(2j  il  Rifluiti,  nell'Elogio  citato,  riporta  queste  parole  del  Neri, 
senza  dire  però  in  quale  precisa  occasione  le  scrivesse. 


64  POMPEO   NERI 

ordinava  in  fine,  che  tutti  gli  Archivi  gli  fossero  aperti  per- 
chè potesse  comodamente  fare  le  necessarie  ricerche  (1). 

L'aver  cambiato  il  progetto  fissato  col  Consiglio  (per  il 
quale  la  commissione  sarebbe  rimasta  segreta)  in  un  motu- 
proprio che  facevala  a  tutti  palese,  e  dava  larghi  poteri  al 
Neri,  fa  nascer  1'  idea  che  egli  possa  a  ciò  essere  stato  spin- 
to da  ambizione.  La  qual  cosa  io  credo  sia  assolutamente 
da  escludersi ,  non  solo  pensando  alla  rara  modestia  del  Neri , 
ma  osservando  anche  che  se  non  si  fosse  fatto  noto  al  pub- 
blico l'incarico  da  lui  avuto,  avrebbero  potuto  gli  uomini 
più  potenti  ai  quali  era  palese,  ed  in  special  modo  il  Riche- 
court, combatterlo  più  facilmente.  In  oltre  con  molta  meno 
opposizione  e  difficoltà  si  sarebbe  preparato  il  progetto  del 
codice,  quando  tut*i  sapessero  esser  quella  la  volontà  del 
Granduca,  giacché,  come  dice  il  Neri  stesso  in  un  suo  rap- 
porto, il  suo  lavoro  aveva  bisogno  «  del  soccorso  degli  altri. 
«  che  non  avrebbe  ottenuto  facilmente  se,  chi  doveva  lavo- 
«  rar  per  lui,  non  avesse  saputo  che  lavorava  per  il  bene 
«  comune  ». 

Il  progetto  di  motuproprio  ,  del  quale  ho  finora  parlato, 
fu  riveduto  dal  Consiglio  di -Reggenza,  eri  i  Consiglieri  vi 
fecero  le  loro  osservazioni  in  scritto.  Il  Senator  Carlo  Ginori 
Consigliere  di  Finanza,  sostenne  le  idee  del  Neri  amicissi- 
mo suo.  Il  Richecourt  invece  combattè  quanto  gli  fu  possi- 
bile il  progetto  di  motuproprio,  dicendolo  prematuro  ed  inu- 
tile. Il  Neri  allora ,  vista  1'  opposizione  che  gli  veni- 
va fatta ,  dichiarò  in  una  sua  relazione  al  Consiglio , 
che  basta-vagli  si  pubblicasse  soltanto  il  dispaccio  del  Gran- 
duca col  quale  gli  dava  1'  incarico  della  compilazione  del 
Codice.  Ma,  allorché  si  trattò  di  discutere  sopra  quella  re- 
lazione ,  il  Richecourt  tornò  ad  attaccare  il  Neri  ,  non 
più  sulla  questione  se  si  dovesse  o  no  pubblicare  il  motu- 
proprio, ma  col  non  volergli  permettere  l'esame  delle  anti- 
che carte  costituenti  la  legislazione  Toscana  .  e  che  doveva- 
no servire  di  fondamento  all'opera  che  il  Neri  aveva  l'inca- 
rico di  compiere  (2). 

(1)  Questo  progetto  di  motuproprio  viene  riportato  dallo    Zobi    nella 
St.  Ci'  .  Voi    I  ,  sotto  il  n.  XV  dell'Appendice  di  Documenti. 

(2)  Le  earte  che  confermano  tutto  ciò,  si    trovano    nelle    lìlze    51    e 
29  dell'Archivio  di  Reggenza. 


POMPEO    NERI  65 

Tutte  le  carte  relative  a  quest'affare  furono  il  14  set- 
tembre  dolio  stesso  unno  1745  spedite  al  Granduca  affinchè 
egli  decidesse.  Il  Ginori  ,  nemico  personale    del    Richecourt, 

allora  unii  al  Granduca  gli  ostacoli  che  si  frappone- 
vano al  Neri  .  perchè  non  eseguisse  il  progetto  (1).  Ma 
Francesco  il.  cedendo  alle  istigazioni  dei  Richecourt,  ordinò 
che  non  si  pubblicasse,  né  il  motuproprio  secondo  il  pro- 
getto .  ne  il  suo  dispari.)  al  Consiglio ,  permettendo  però  al 
Neri  d'esaminare  i  documenti  occorrenti  (2). 

Non  ostante  pero  tale  guerra  che  il  Richecourt  faceva 
al  Nerij  questi  non  aveva  punto  alterate  le  buone  relazioni 
col  suo  superiore,  né  era  diminuito  il  suo  amore  per  il  be- 
nessere dei  proprio  paese.  Propose  egli  in  l'atti  al  Richecourt 
lamico  suo  Angelo  lavanti,  che  si  trovava  allora  in  Roma, 
perché  fosse  concesso  anche  a  lui  il  posto  di  Segretario  del 
Consiglio  di  Finanza.  Ed  il  Richecourt  accettò  la  proposta. 
«  Cosi  la  gloria  di  aver  dato  un  uomo  sì  utile  al  governo 
«  di  Toscana  si  divide  fra  di  essi  »  (3).« 

Quantunque  avesse  Pompeo  trovata  tanta  opposizione,  e 
ben  si  avvedesse  a  quale,  anche  maggiore,  andasse  incontro, 
annunziò  prima  con  una  lettera  (4)  la  sua  commissione 
ai  giusdicenti  della  Toscana ,  e  quindi  scrisse  il  14  mar- 
ti) Cosi  afferma  lo  Zobi  nella  nota  42  pag.  438  del  Voi.  II  della 
Storia  Civile. 

(2)  Ciò  che  mi  persuade  a  scendere  in  questa  opinione,  è  soprat- 
tutto il  vedere  che  il  Cantini,  nella  sua  raccolta  ufficiale  della  Legisla- 
zione Toscana  ,  non  registra  ne  il  dispaccio  né  il  motuproprio:  e  che 
anzi  in  una  sua  illustrazione  alle  istruzioni  date  dal  Neri  ai  ministri 
delle  Cancellerie  ec.  (Tomo  2."j,  p.  231;  dice,  come  avesse  Francesco  II 
immaginato  di  raccogliere  le  leggi  Toscane  in  un  sol  Codice  ,  ed  ag- 
giunge «  ma  non  so  per  qual  circostanza  non  tu  commesso  per  allora 
ad  alcuno  ».  11  che  dimostra  che  il  Cantini  non  conosceva  il  dispaccio 
del  '>  maggio,  e  il  progetto  di  motuproprio.  Ciò  che  non  avrebbe  di  certo 
ignorato  se  quei  documenti  fossjro  stati  pubblicati.  Lo  Zobi  riporta, 
come  ho  accennato,  l'uno  e  l'altro,  ma  nulla  dice  circa  la  loro  pubblica- 
zione. Che  il  Granduca  poi  permettesse  al  Neri  di  esaminare  i  documenti, 
si  rileva  dai  fatti  posteriori. 

(3)  Cosi  scrive  il  Pignotti  nel  suo  bruissimo  Elogio  di  Angiolo 
Tavanti  ,  stampato  per  la  seconda  volta  in  Firenze  dalla  Tip.  di  Mariano 
Cecchi  nel  1846    Questo  Elogio  può    utilmente  esser  letto   da  chi  voglia 

:ere  la  storia  filosofica  di  tutte  le  riforme  compite  sotto  France- 
sco II  e  Le  )poldo  1. 

(4)  lì  nella  filza  n.  29  dell'Archivio  di  Stato  di  Firenze. 

Arch.,  3.a  Serie,  Tomo  XXIV.  ■"> 


66  POMPEO   NERI 

zo  1746  delle  «  Istruzioni  ai  Ministri  delle  Cancellerie,  Ar- 
«  chivii  e  altri  che  sotto  qualunque  titolo  hanno  in  custodia 
«  Scritture  pubbliche,  per  formare  un  Repertorio  di  tutte  le 
«  leggi  che  respettivamente  appresso  di  loro  si  conservano  ; 
«  con  alcune  notizie  sopra  l'esecuzione ,  interpretazione,  os- 
«  servanza,  o  dissuetudine  di  esse  (1)  »,  giacché  il  chieder 
notizia  circa  i  materiali  e  farne  una  nota,  doveva  esser  la 
prima- operazione  del  suo  lavoro. 

Dopo  aver  esaminate  le  carte  occorrenti ,  non  so  se  in 
Firenze  o  nei  respettivi  Archivi ,  oppure  servendosi  sem- 
plicemente degli  spogli  fatti  dagli  impiegati  giusta  le  prece- 
denti «  Istruzioni  »  ,  messe  mano  il  Neri  a  scrivere  il  piano 
del  progetto.  Era  quello  diviso  in  6  parti,  e  due  di  que- 
ste formavano  un  discorso  da  leggersi  davanti  alla  Consulta, 
quella  suprema  magistratura  cioà  che  aveva  la  soprinten- 
denza generale  all'amministrazione  della  giustizia  civile  e 
criminale.  Il  primo  discorso  lo  lesse  il  31  maggio  1747,  il  se- 
condo il  22  giugno,  ed  il  terzo  il  6  Luglio  dell'anno  stesso  (2). 
Tratta  la  prima  parte  dell'origine  dei  diritti  civili  e  delle 
persone;  la  seconda  delle  cose;  la  terza  delle  obbligazioni 
che  nascono  da  contratto  ;  la  quarta  di  quelle  che  nascono 
da  delitto  ;  la  quinta  dei  Giudizi  Civili  ;  la  sesta  dei  Giudizi 
Criminali.  Tutti  coloro  che  hanno  tenuta  parola  di  quei  di- 
scorsi fanno  a  gara  nell'esaltarli  come  la  più  bell'opera 
uscita  dalla  mente  del  grande  giureconsulto  (3). 


(1)  Cantini,  Legislazione  Toscana,  Tomo  XXV  ,p.  234. 

(2)  I  manoscritti  di  questi  discorsi  sono  nella  filza  n.  29  dell'Archi- 
vio suddetto. 

(3)  Vedasi  Lami,  <  Novelle  letterarie  »  del  25  ottobre  1776;  Zobi,  Sto- 
ria Civ.,  Voi.  I,  p  263,  e  Manuale  di  Economia  Toscana,  p.  456;  Ridolfl, 
El.  Cit  p.  19  ;  Fabroni.  Hist.  Acad.  Pis.  p.  360.  Il  Forti  nelle  Istituzio- 
ni Civili,  Voi.  II,  p.  532  così  si  esprime  :  «  Dai  discorsi  del  Neri  per  la 
«  compilazione  del  Codice)  si  rileva  come  questo  -ommo  giureconsulto 
«  e  filosofo  ,  tutto  nutrito  di  scienza  italiana  ,  non  intendeva  punto  di 
«  far  codice  come  l'avrebbe  indicato  poi  il  Beccaria  e  il  Fi'angeri  ;  ma  di 
«  consultare  la  esperienza  delle  passate  età  ,  e  dalla  buona  giurispruden- 
«  za  estrarre  le  nuove  leggi.  I  titoli  da  lui  proposti  offrivano  l'ordina- 
le mento  di  un  Codice  completo  per  la  Toscana.  Non  so  se  allora  sareb- 
«  be  potuto  riescire  di  riempiere  tutti  quei  titoli  di  disposizioni  chiare 
«  e  precise.  Dacché  pare  che  alcune  massime,  che  sin  d'allora  si  voleva 
«  stabilire  rispetto  al  diritto  canonico,  avessero  bisogno  ancora  di  un 
«  poco  di  tempo  per  essere  scritte  nelle  leggi  ». 


POMPEO   NERI  67 

Aveva  atteso  il  Neri  nell'  istesso  tempo  a  compilare  una 
»e  sopra  i  fidecommessi ,  giacché  il  bisogno  di  una  savia 
riforma  era  sentito  .urandemente  in  Toscana,  ove  quel- 
1'  istituzione  portava  ancora  le  sue  tristi  conseguenze.  A 
farle  a  poco  a  poco  sparire  ,  rallentando  i  vincoli  posti  alla 
proprietà  fondiaria  .  senza  mettersi  in  una  troppo  violenta 
lotta  con  tutti  coloro  che  avevano  un  interesse  perchè  quel 
triste  retaggio  del  medio-evo  rimanesse  in  vita,  mirò  Pom- 
peo Neri  colla  sua  legge  pubblicata  il  22  giugno  1747  ,  la 
quale  perciò  fu  chiamata  <c  legge  diretta  solamente  a  stabilire 
«  un  regolamento  costante  ed  uniforme  in  materia  di  fìdecom- 
«  messi  ».  Meno  uno  ,  tutti  gli  altri  articoli  hanno  lo  scopo 
di  restringere  l' istituzione  dei  fidecommessi,  o  di  modificare 
e  limitare  il  principio  assoluto  dell'inalienabilità  dei  beni,  o 
finalmente  di  far  sì  che  la  loro  istituzione  fosse  il  meno 
possibile  pregiudicevole  all'  interesse  dei  terzi  (1).  Questa 
legge  non  fece  che  appianare  accortamente  la  via  alla  totale 
abolizione  dei  fidecommessi  compita  da  Leopoldo  I. 

Avvennero  in  questo  tempo  dei  cambiamenti  nella  Reg- 
genza. 11  Consiglio  di  Finanza,  sul  finire  del  1747,  venne 
soppresso,  ed  in  suo  luogo  fu  posto  il  solo  Richecourt,  col 
titolo  di  Presidente.  Per  questo  cambiamento  non  si  rileva 
che  il  Neri  cessasse  dall'  ufficio  di  Segretario,  mancando  qua- 
lunque documento  che  ne  dia  cenno.  Occupando  quel  posto , 
potè  il  Richecourt  abbattere  il  Craon,  capo  della  Reggenza, 
ed  in  breve  farlo  richiamare  a  Vienna;  per  tal  modo  dive- 
nendo egli  il  primo  fra  i  reggenti. 

Mentre  accadevano  tali  fatti ,  il  Neri  si  occupava  di  una 
legge,  pubblicata  poi  il  29  aprile  1749,  che  era  mossa  pres- 
soché dai  medesimi  intendimenti  di  quella  relativa  ai  fide- 
commessi  :  di  diminuire  cioè  la  potenza  dei  nobili.  La  legge 
del  1749  restringeva  assai  i  diritti  feudali,  in  ispecie  in 
quanto  concernevano  i  poteri  giurisdizionali ,  e  diminuiva 
quindi  anche  i  gravissimi  mali  che  ne  erano  l'effetto,  giac- 
ché andava  ognora  crescendo  la  prepotenza  di  quei  47  tiran- 
nelli  che  erano  in  Toscana. 

E  forse  fu  in  questo  tempo  che  scrisse  il  Neri  un  bellis- 
simo lavoro  da  lui,  a  quanto  sembra,  destinato  alle  stampe, 

(1)  Vedasi  il  bell'elogio  che  di  questa  legge  fa  il  Poggi  nel  «  Saggio 
d'un  trattato  sul  sistema  livellare  Toscano  ».  Voi.  I,  pag.  233. 


08  POMPEO   NERI 

circa  «  l'amministrazione  della  giustizia  nel  Granducato  > 
ed  un  altro  intitolato  «  Idea  del  gius  patrio  »  diviso  in  tre 
parti ,  cioè  «  gius  granducale,  gius  municipale  e  gius  col- 
legiale »  (1;. 

Si  trattò  pure  in  questo  tempo,  e  precisamente  nel  1748, 
di  riformare  la  nobiltà ,  riconoscendo  soltanto  quella  barona- 
le e  municipale,  ed  escludendone  tutta  quella  turba  di  famiglie, 
alle  quali  i  Medici  avevano  dato  ,  con  loro  rescritti,  il  titolo 
di  nobile  senz'aitra  ragione  ene  per  ricompensarle  dei  ser- 
vigli loro  prestati,  spesso  tutt'altro  clie  onorevoli  ed  onesti. 
11  JNeri  scrisse  un  lungo  discorso  in  proposito,  stampato  poi 
insieme  alle  Decisioni  di  Bonaventura  JXen  (2;,  e  l'orse 
scrisse  pure  il  progetto  della  prammatica  da  pubblicarsi  in 
quella  materia,  prammatica  che,  colle  aggiunte  di  Pio  Dal 
Borgo  di  Pisa,  e  specialmente  del  Rucellai,  fu  pubblicata  il 
1  ottobre  1750  ,  quando  il  Neri  non  era  più  in  Toscana  (3). 
È  tacile  comprendere  quanto  quella  prammatica  piacesse  a 
tutto  il  nobilume,  il  quale  ne  attribuì  la  compilazione  al 
Ricliecourt,  che,  portato  dall'ambizione  ad  estollersi  sugli 
altri,  ne  pagava  il  fio  coll'avere  contro  di  sé  una  grandissima 
antipatia  dei  Toscani ,  i  quali  credevano  essere  egli  l'anima 
di  tutte  le  riforme,  da  loro  viste  tutt'altro  che  di  buon  oc- 
chio. E  questa  antipatia  non  credo  fosse  tutta  speciale  per 
il  Richecourt,  ma  bensì  comune  anche  agli  altri  Lorenesi. 
Giacché  era  accaduto  in  Toscana  quel  che  avviene  spesso 
in  simili  casi,  che  cioè  i  Lorenesi  i  quali ,  venuti  insieme 
al  Granduca,  cercavano  rialzare  con  grande  amore  e  fatica 
le  sorti  dei  Toscani,  eran  tutt'altro  che  nelle  simpatie  di 
questi. 

L'unico  modo  che  avevano  i  Lorenesi  di  conservare  la 
loro  preminenza  sui  Toscani,  senza  attirarsene  di  soverchio 
l'animosità,  era  quello  di  tenersi,  come  si  suol  dire,  nascosti,  e 
far  comparire  piuttosto  i  Toscani  stessi  nel  compimento  delle 
mal  vedute  riforme.  Ma  il  Richecourt  invece ,   lasciando  che 

(1)  I  manoscritti  di  questi  due  lavori  trovansi,  inediti  e  senza  data, 
nella  filza  n.  29  bis  dell'Archivio  di  Reggenza. 

(2)  11  Lami  fa  elogio  di  questo  discorso  nelle  «  Novelle  Letterarie  » 
del  25  ottobre  1776,  e  lo  Zobi  nella  St.  Civ.,  Voi.  1,  pag.  305. 

(3)  I  mss.  del  Neri,  del  lial  Borgo,  e  del  Rucellai  ,  sono  nella  filza 
29  dell'Archivio  di  Reggenza. 


POMPEO    Ni' RI  69 

l'ambizione  vincesse  in  lui  il  criterio  politico,  fece  tutto  il 
contrario;  andò  a  capo  della  Reggenza,  e  allontanò  da  sé 
gran  parte  dei  Toscani.  In  fatti  nel  17-1S  il  Senator  Carlo 
Ginori ,  Consigliere  di  Finanza,  fu  nominato  Governatore  di 
Livorno  ,  ed  il  Neri,  dietro  il  desiderio  di  Maria  Teresa,  cui 
lo  aveva  raccomandato  il  Richecourt,  andò  a  Milano  per  oc- 
cuparvi la  carica  di  Presidente  dell' ufficio  del  censimento  (1) , 
senza  perder  però  il  diritto  all'anzianità  nell'ufficio  che  aveva 
in  Toscana  (2).  Ecco  come  il  Richecourt  riuscì  a  fare  in 
modo  che  fosse  allontanato  dal  suo  paese  il  Neri,  quando 
maggiore  era  il  bisogno  che  questi  conducesse  a  termine 
l'opera  tanto  necessaria  del  codice,  opera  che  poi  non  fu  mai 
compita  (3). 

(Continua)  Gaetano  Rocchi. 

(1)  Lo  Zobi,  tanto  nel  suo  Manuale,  quanto  nella  Storia  ed  il  Ridolfi 
neir  El.  cit  narrano  il  fatto  in  questo  tuorlo  li  Fabroni  invece  nella 
Hist  Accad  Pis.  dice  che  «  si  ritirò  nel  luoghetto  che  si  chiama  Ca- 
«  stel  Fiorentino  dal  quale  traeva  origine  ».  Se  ciò  è  vero,  il  Neri  non  si 
sarebbe  allontanato  dall'uffizio  che  tenova  nella  Reggenza  per  essere 
stato  chiamato  a  Milano,  ma  invece,  in  conseguenza  di  una  sua  doman- 
d  i  .  qualche  tempo  avanti  che  ciò  avvenisse  ,  e  non  già  per  essere  stato 
licenziato;  criacchè  ciò  viene  escluso  da  un  fatto  del  quale  parlerò  in  se- 
guito. Aijfriunge  poi  il  Fabroni  che,  mentre  Pompeo  era  a  Castel  Fioren- 
tino, Benedetto  XIV.  lo  interpellò  se  avrebbe  accettato  d'andare  a  Roma, 
e  che  ejrli  ricuso  l'offerta  ,  non  volendo,  p^r  ambizione,  abbandonare  la 
patria,  e  seguire  un  altro  genere  di  vita.  Quell'offerta  però  onora  gran- 
demente il  Neri,  giacche  nessuno  ignora  qual  uomo  fu  Papa  Lambertini. 

(2)  Questo  fatto  pure  si  rileva  da  ciò  che  dirò  più  innanzi. 

(3)11  Cantini  nell'illustrazione  alle  Istruzioni  da  me  accennato 
dice:  «  aveva  Francesco  II  immaginato  di  raccogliere  in  un  sol  codice 
«  le  lepgi  Toscane  ,  ma  non  so  per  qual  circostanza  non  fu  commessa 
«  per  allora  ad  alcuno,  ma,  successo  al  Governo  della  Toscana  il  C.ran- 
«  duca  Leopoldo  ,  ne  fu  data,  con  Rescritto  del  1777  ,  l'incombenza  al 
«  Consigliere  Pompeo  Neri  ,  che  il  medesimo  ,  attese  le  gravissime 
«  sue  occupazioni,  non  potè  eseguire  ».  Siccome  però  il  Ned  e- a  morto 
fino  dal  15  Settembre  1776,  ne  consegue  che  qu  Ha  data,  o  fu  scritta  dal 
Cantini  pur  errore  ,  o  è  uno  sbaglio  di  stampa  dovendo  invece  dire 
«  1767  »,  nel  qual  caso  soltanto  poteva  il  Cantini  soggiungere:  «  ma  suc- 
cesso al  Governo  della  Toscana  il  Granduca  Leopoldo,  ne  fu  data...  l'incom- 
benza ecc.  »  e  non  quando  avesse  egli  creduto  che  fosse  stato  dato  quel- 
l' incarico  nel  1777  ,  dodici  anni  dopo  cioè  la  venuta  del  nuovo  Granduca. 


RELAZIONE  AUTENTICA 

DELLA 

FAZIONE  OPERATA  IN  CALABRIA  NEL  1815 

DA     RE     GIOACCHINO     MURAT 


I  fatti ,  che  sono  per  ricordare  ,  furono  da  me  ricavati 
principalmente  dal  minuto  racconto  pubblicatone  nel  1843,  in 
Parigi,  da  un  testimone  oculare,  anzi  attore  nel  miserabili' 
dramma  del  Pizzo,  per  nome  Galvani,  nativo  di  Corsica,  e 
segretario  intimo  di  Murai  Io  conobbi  il  Galvani  in  Parigi, 
appunto  nell'ora,  in  eli'  ei  dava  in  luce  la  sua  narrazione,  e 
fui  poi  così  in  amicizia  con  lui,  da  potere  accertare  i  miei 
leggitori  della  sua  sincerità  scrupolosa. 

Son  noti  gli  avvenimenti,  che  il  trono  di  Napoli  faceva- 
no ricuperare  a  re  Ferdinando  I ,  il  quale  ,  fuggito  in  Sici- 
lia nel  1806,  all'avvicinarsi  dell'armi  francesi,  che  precor- 
revano re  Giuseppe  ,  fratello  di  Napoleone  I,  tornava  nel  181 5 
al  possesso  delle  provincie  continentali  del  Regno  ,  mercè  la 
vittoria  riportata  sui  campi  di  Macerata  dall'armi  austriache 
sull'esercito  di  Gioacchino  Murat.  Il  quale  ultimo ,  cedendo 
all'avversa  fortuna  ,  e  troppo  tardi  dolendosi  di  non  aver 
saputo  adescare ,  allorché  n'era  tempo  ,  l' Italia,  col  sollevare 
il  grido  di  libertà  ed  il  vessillo  dell'unità  nazionale  sì  lun- 
gamente aspettati  ,  nella  notte  dei  19  ai  20  maggio  del  1815, 
imbarcavasi  a  Miniscola  per  l' isola  d'  Ischia  ,  donde,  pochi 
dì  dopo,  veleggiava  alla  volta  di  Francia,  sbarcando  ,  dopo 
non  lunga  navigazione,  nel  medesimo  luogo,  dove,  circa  due 
mesi  prima,  l' Imperatore  Napoleone  era  piombato  improv- 
visamente dall'  isola  d' Elba ,  col  fine  di  riconquistare  lo 
scettro  rapitogli  dalle  sconfitte  toccate  nel  1814.  E,  giunto 
appena  in  Provenza,  Gioacchino  scriveva  all'imperiale  co- 
gnato ,  offerendogli  la  sua  spada  nella  guerra  novella  che  fini- 
re dovea  a  Waterloo  ,  e  nella  quale  di  sì  grande  aiuto  sa- 
rebbe certo  riuscito    il    suo    maraviglioso    valore.,,   siccome 


SULLA   FAZIONE    OPERATA   IN   CALABRIA   EC.  71 

attestava  Napoleone  stesso  a  S.  Elena  (1)  ;  ma  l'essere  stato 
abbandonato  da  re  Murat ,  fra  i  disastri  del  1814  ,  fece  sì 
che  l' Imperator  dei  Francesi  non  accettasse  l'offerta.  Ed 
allora  Gioacchino ,  dolente  oltremodo  dell'  inazione  ,  cui  la 
fortuna  lo  condannava,  nell'ora  appunto  in  cui  un'ultima 
lotta,  più  grave  dell'altre  tutte  fino  a  quel  tempo  avvenute, 
stava  per  aver  luogo,  ritraevasi  in  una  villa  sita  presso 
Tolone  ,  ed  apparten  mte  al  generale  Lallemand.  Nella  spe- 
ranza che  Napoleone,  vinta  1'  Europa,  congiurata  di  nuoto  a 
suo  danno  ,  avrebbelo  posto  a  capo  d'un  esercito  destinato  a 
riconquistare  l'Italia,  Murat  imposto  avea  di  convenire  nel 
Delfinato  agli  ufflziali  francesi,  che  il  governo  borbonico 
aveva  espulsi  da  Napoli;  ma  la  fatale  giornata  di  Waterloo 
toglievalo  da  ogni  illusione ,  e  ben  presto ,  i  Borboni  essen- 
do tornati  a  Parigi,  ed  una  terribile  reazione  contro  chiun- 
que fosse  in  sospetto  di  parteggiar  per  l' impero ,  scoppiata 
per  ogni  dove ,  ma  segnatamente  in  Provenza  ,  una  taglia 
fu  posta  sul  capo  di  re  Gioacchino ,  né  certo  sarebb'egli 
sfuggito  alle  insidie  tesegli  da  quello  stesso  Rivière,  cui 
avea  salvo  in  Parigi,  in  occasione  della  congiura  capitanata 
•  la  Cadoudal,  se  non  avesse  commesso  la  propria  salute  alla 
fuga.  La  quale ,  per  altro,  non  venne  operata  senza  assai 
gravi  difficoltà,  che  anzi  il  profugo  re  fu  ad  un  pelo  di  es- 
sere, nel  modo  stesso  che  il  maresciallo  Brune ,  trucidato  dai 
realisti,  i  quali,  a  guisa  di  belve,  circondavano  il  nascon- 
diglio procacciatogli  da  un  contadino  ,  e  da  cui  a  grandissi- 
mo stento  gli  riusciva  di  recarsi ,  sotto  altro  nome  ,  a  bordo 
del  naviglio  postale ,  che  in  ogni  martedì  partiva  da  Tolone 
per  Corsica.  Alcuni  fra  i  suoi  più  fidi  lo  accompagnarono 
in  quel  tragitto  ,  ed  in  ispecie  il  Galvani ,  al  quale  Murat 
tenne  il  seguente  linguaggio  : 

«  Je  bénis  la  fortune  qui  nous  amène  en  Corse.  De 
€  grands  desseins  agitent  mon  coeur  et  ma  pensée.  Le 
«  royaume  de  Naples  sera  encore  en  mon  pouvoir.  Je  re- 
«  prendrai  le  tròne  qui  m'  est  garanti  par  l'amour  inaltera- 
ti ble  de  mes  sujets ,  ds  mes  enfants.  Oui,  les  Nap  ditains 
«  invoquent  Joichim  :  ils  invoquent  leur  pére.  Ferdinand  est 
«  hai.  Je  n'  ai  qu'à  paraitre;  trente  ou  quarante  officiers 
«  Corses,  que  j'  emménerai  avecmoi,  suffiront  pour  m'aider 

(1;  Vedi  la  pag.    207    del    1.°   voi.    delle    Memorie   di   S.   Elena  del 
Las  Cases. 


72  SULLA    FAZIONE    OPERATA   IN    CALABRIA 

«  à  franchir  un  premier  obstalce  ,  le  reste  sera  l'ouvrage  de 
«  la  tendresse  et  du  dévouement.  Les  instants  sont  propiees. 
«  Allons.  Je  vous  choisis  dès  ce  moment  pour  mon  secrétaire  ». 

Rilevasi  dalle  infrascritte  parole,  che  piacquemi  regi- 
strare testualmente,  il  disegno  d'una  fazione,  intesa  a  fargli 
ricuperare  il  Regno  perduto,  essere  stato  ideato  da  re  Mu- 
rat  subito  dopo  la  sua  partenza  di  Francia.  Noterassi  poi  il 
come  ei  fosse  affatto  in  inganno,  e  sulla  facilità  dell'  impre- 
sa, e  sulle  disposizioni  degli  abitanti  del  Napoletano,  iq 
ad  onta  dell'amore,  c'ie  molti  fra  loro  portavangli ,  mal  si 
poteano  risolvere  ad  aiutare  un  tentativo  di  quasi  impossi  - 
bile  riuscita,  siccome  quello  che  doveva  aver  luogo  mentre 
la  Santa  Alleanza  trionfava  da  un  capo  all'altro  d'  Europa,  e 
alle  forze  di  re  Ferdinando  aggiungevansi  quelle  dell'Austria 

In  sull'alba  dei  25  agosto  del  1815,  sbarcava  re  Gioac- 
chino a  Basfia  .  donde  unvea  poco  stante,  a  cavallo,  col  se- 
gretario Galvani,  per  la  piccola  terra  di  Vescovato,  in  cui 
veniva  ospitato  dal  general  Franceschetti.  La  dimane  trenta 
gendarmi,  duce  un  tal  Serra,  di  Genova,  si  presentavano  sul 
limitare  del  borgo,  col  mandato  di  sostenere  i  due  viaggia- 
tori giunti  colà  la  vigilia;  ma  così  fatto  era  il  favore  ,  con 
cui  i  terrazzani  guardarono  Gioacchino,  non  così  tosto  furo- 
no istrutti  dell'esser  suo  ,  che  l'arresto  non  potette  aver 
luogo.  Né  tacerò  dell'accorrere  a  Vescovato  di  quanti  Corsi 
avevano  militato  nell'esercito  di  Marat,  fra  i  quali  ricorderò 
segnatamente  i  generali  Ottavi  e  Gentili,  ed  il  colonnello  Na- 
tali. Al  qual'ultimo  teneva  dietro  buon  numero  di  gente 
armata  ,  ben  risoluta  a  fare  scudo  del  proprio  petto  a  Gio- 
acchino Murat  contro  qualunque  atto  ostile  del  govern 
bonico.  Il  perchè  vani  tornarono  i  tentativi  del  colonnello 
Verrier  ,  comandante  in  Bastia,  in  nome  di  Luigi  xvni  , 
per  impadronirsi  di  re  Murat. 

Nella  speranza  che  1'  isola  d'  Elba  fosse  ancora  occupata 
dal  presidio  francese  capitanato  dal  generale  Dalesme,  Gio- 
acchino scrisse  a  quest'ultimo,  coltine  d' indurlo  a  far  causa. 
comune  con  lui  ,  tenendogli .  siccome  uota  il  Galvani,  il  se- 
guente linguaggio  :  «  Si  nous  sommes  les  maìtres  de  1'  ile 
«  d'Elbe,  nous  pourrons  conserver  une  grande  influence  eri 
«  Italie,  et  disposer  de  nouveau  de  toutes  les  forces  du 
«  royaume  de  Naples  ».  Ma  questa  lettera  giungeva  a  Por- 
to Ferraio  nel  punto  in  cui  il  generale  Dalesme  firmava  col 


ni    RE    GIOACCHINO   MURAT  73 

commissari^  toscano  una  capii. dazione  ,  in  virtù  della  quale 
l'isola  d'Elba  venia  consegnata  al  Granduca  Ferdinando  in. 

Latore  della  lettera  di  Murat  al  generale  Dalesme  era 
stato  un  Simone  Lambruschini ,  «li  Bastia,  il  quale  dovea 
poscia  recarsi  a  Napoli  .  colle  seguenti  istruzioni. 

Presentatosi  in  Napoli  al  general  Filangieri,  lo  istruirà 
dell'arrivo  in  Corsica  di  re  Murat,  quindi,  accertatosi  delle 
sue  buone  disposizioni,  gli  chiederà  fino  a  che  punto  ei  pos- 
sa aiutare  1'  impresa  d'uno  sbarco  nel  Regno.  La  stessa  di- 
manda dovrà  esser  rivolta  ai  generali  Carrascosa  e  Colletta. 
Il  messo  chiederà  inoli  re  ragguagli  minuti  intorno  al  nuovo 
ordinamento  dell'esercito  napoletano,  alle  sue  guarnigioni, 
ai  generali  che  le  comandano,  ed  alle  loro  tendenze  politi- 
che. Ei  s'informerà  pure  dei  cambiamenti  avvenuti  nel  per- 
sonale dei  varii  ministeri ,  massime  in  quello  di  polizia.  Ei 
vedrà  finalmente  i  duchi  di  Gallo  e  di  Campomele,  per  ave- 
re contezza  dei  Murattiani  più  noti,  e  dei  mutamenti  opera- 
tisi in  Corte. 

Ora  ecco  un  sunto  della  relazione,  che  il  Lambruschini 
faceva  del  suo  viaggio,  relazione  riuscita  inutile  affatto,  es- 
sendo egli  giunto  a  Basta  non  prima  dei  12  ottobre,  cioè 
quattordici  giorni  dopo  che  re  Gioacchino  avea  fatto  vela  per 
le  Calabrie. 

Dopo  avere  discorso  della  sua  gita  a  Porto  Ferraio  ,  e 
riferito  gli  ostacoli  da  lui  superati  per  giungere  a  Napoli  , 
il  Lambruschini  parlava  della  sua  visita  al  general  Filan- 
gieri, il  quale,  fornitigli  i  particolari  richiestigli,  così  sul- 
l'esercito napoletano,  come  sull'animo  del  paese,  lo  confori  i 
'ni'  Napoli  senza  il  minimo  indugio,  la  polizia  potendo 
scoprirlo  da  un'ora  all'altra,  ma  soprattutto  a  fare  l'estre- 
mo del  poter  suo.,  per  distogliere  Gioacchino  dal  suo  fatale 
proposito  Dopo  un  inutile  abboccamento  col  banchiere  Fal- 
connet ,  presso  cui  Murat  credea  di  aver  somme  e 
voli,  delle  quali  chiedevagli  alcuna  parte,  il  Lambruschini 
Roma,  dove  giungeva  il  dì  ò  ottobre,  e  donde 
ripartiva  il  dì  6,  non  senza  aver  visitato  madama  Letizia 
ed  il    cardinal  Fesch. 

Ed  intuit»  re  Gioacchino,  più  che  mai    fermo    nei   suoi 
■do    li  consigli  ed  alle  preghiere    dei    suoi   più 
lìdi,  attendo,  rande  alacrità  agli  apparecchi    della  di- 

visata fazione.    \1  qual'  uopo  assoldava  in    Corsica,    dugento 


74  SULLA   FAZIONE    OPERATA    IN    CALABRIA 

uomini  circa,  già  soldati  la  maggior  parte,  e  chiamava 
dall'  isola  d'  Elba  un  Barbara,  Maltese  ,  che  avea preso  stan- 
za a  Porto  Longone ,  dopo  essere  stato  a'  servigi  di  re  Gio- 
acchino, quale  ufflziale  di  mare  ,  e  insignitone  del  titolo  di 
barone.  Il  Barbara  doveva  esser  preposto  al  comando  della 
flottiglia  destinata  alla  spedizione,  flottiglia,  i  cui  primi  due 
legni ,  comperati  segretamente  in  Bastia,  vennero  seque- 
strati dal  governo  borbonico,  sicché  fu  forza  provvedersene 
altrove.  Nel  quale  frattempo  i  più  vivaci  conforti  a  rinun- 
ziare all'  impresa  non  mancavano  a  re  Gioacchino  ,  ma  in- 
darno, che  la  sua  risoluzione  ,  anziché  venir  meno,  attinger 
parea  nuova  forza  negli  ostacoli  stessi  che  le  si  opponevano 
d'ogni  dove.  V'aggiungi  una  relazione,  tu tt' altro  che  veri- 
tiera ,  intorno  agli  umori  delle  Provincie  napoletane  ,  invia- 
tagli da  Porto  Longone,  dal  conte  Borgia  di  Roma  ,  già 
aiutante  generale,  e  ciamberlano  del  re  francese,  relazio- 
ne in  cui  si  affermava  «  re  Ferdinando  I  essere  inviso  e 
«  spregiato,  ed  avere  nemici  l'esercito  e  le  popolazioni ,  le 
«  quali,  al  primo  apparire  dell'amato  lor  re ,  sarebbonsi  le- 
«  vate  a  rumore  ». 

Il  Galvani  registra  le  seguenti  parole,  dettegli  da  re 
Gioacchino  alcuni  dì  prima  della  partenza  per  le  Calabrie  : 

«  J'  ai  muri  mon  pian  ,  et  je  l'exécuterai  seul ,  si  Fon 
«  refuse  de  me  suivre.  J'  irai  débarquer  sur  le  littoral  de 
«  Pozzuoli.  De  là  je  me  rendrai  au  Vomèro ,  chez  le  Due  de 
«  Gallo ,  ou  chez  le  prince  de  Belvedere,  où  je  rèunirai  toutes 
«  les  personnes  qui  me  sont  dévouées,  et  je  me  reverrai 
«  maitre  du  royaume  de  Naples  ». 

Senonché  ,  qualche  giorno  dopo  .'  allo  stesso  Galvani  te- 
neva linguaggio  diverso,  dicendogli  :  «  J'  ai  changé  le  pian 
«  de  notre  débarquement  Nous  irons  directement  dans  le 
«  golfe  de  Naples.  Ferdinand  est  maintenant  à  Portici;  nous 
«  débarquerons  à  Granatello  ;  nous  nous  dirigerons  immé- 
«  diatement  vers  le  palais,  nous  surprendrons  là  garde,  et 
«  par  un  escalier  secret  que  je  connais ,  et  qui  communique 
«  dans  les  appartements  de  Ferdinand ,  nous  irons  nous 
«  emparer  de  sa  personne  ».  E  qui,  il  Galvani  avendogli 
detto  :  «  dans  ce  cas  ,  votre  Majesté  se  verrait  dans  la  né- 
«  cessité  de  tuer  Ferdinand  »  Gioacchino  risposegli  :  «  Non: 
«  je  n'exigerais  de  lui  qu'  un  acte  d'abdication,  et  je  le  ferais 
«  immédiatement  embarquer  pour  la  Sicile  ». 


DA    RE    GIOACCHINO   MURAT  75 

Dalle  quali  ultime  parole  si  scorge  l'animo  generoso  di 
re  Murat ,  il  quale  certo  non  prevedeva  ciò  che  avrebbe 
fatto  di  lui  quel  medesimo  Ferdinando ,  eh'  ei  divisava  trat- 
tare sì  umanamente,  nel  caso  in  cui  gli  fosse  venuto  alle  mani. 

Se  il  disegno  di  sbarcare  nei  dintorni  di  Napoli  era  dei 
più  sconsigliati,  a  cagione  della  presenza  nella  metropoli 
del  Reame  d'un  forte  presidio  d'Austriaci,  arduo,  difficile 
oltre  ogni  dire,  dovea  riuscire  un  tentativo  nelle  Calabrie, 
dove  le  orribili  crudeltà  perpetrate  dal  generale  Manhès  ave- 
vano reso  non  poco  odioso  il  nome  di  re  Murat,  il  qual 
pure  a  quest'ultimo  partito  si  risolvea. 

La  Corsica  era  tornata  in  balìa  dei  Borboni,  ma  più  in 
apparenza  ,  che  in  modo  effettivo  ,  il  colonnello  Verrier,  che 
imperava  in  Bastia,  non  avendo  tai  forze,  da  poter  fare 
eseguire  nell'  isola  gli  ordini  che  gli  venivano  da  Parigi,  ed 
i  quali  non  erano  certo  benigni  rispetto  a  Gioacchino ,  cui 
i  Corsi  invece  guardavano ,  siccome  ho  detto,  con  tal  sim- 
patia, da  rendere  assai  difficile  ogni,  tentativo  contro  la  sua 
persona  ;  ma  questa  non  potendo  esser  difesa  senza  effusio- 
ne di  sangue,  l'ospite  generoso  volle  ad  ogni  patto  evitarla, 
e  però,  senz'  altro  indugio ,  allontanossi  da  Vescovato,  e  per 
la  via  di  Casinca,  Tavagna ,  Moriani ,  Campoloro  e  Coto- 
ne,  scortato  da  più  di  seicento  Còrsi  armati  di  tutto,  re- 
cossi ,  attraversando  la  montagna  di  Bozio  ,  a  Campodonico, 
poscia  a  S.  Pietro  di  Venaco  e  a  Vivario  .  e,  da  ultimo,  a 
Bogognano  .  accolto  per  ogni  dove  con  entusiasmo  dalle  po- 
polazioni. Da  Bogognano  Murai  spiccò  il  general  France- 
schetti  ad  Ajaccio-,  col  line  di' noleggiar  quivi  i  navigli  ne- 
cessari] all'  impresa. 

Durante  la  brevi-  dimora  l'atta  a  Bogognano,  re  Gioac- 
chino dettava  al  segretario  Gài-vani-  un  manifesto  ai  popoli 
delle  due  Sicilie,  in  cui  ricordava  loro,  e  i  beneflzii  del  suo 
governo,  e  le  male  opere  dei  Borboni,  incitandoli 
tv  il  giogo  indi  »no.  Il  qual  documento,  tradotto  dal  Galvani 
in  italiano,  venne  stampato  in  Ajaccio. 

Tre  giorni  dopo  l'arrivo  a  Bogognano,  giungea  quivi  un 
o  del  general  Francese-netti ,  il  quale  faceva  gran  ressa 
a  re  Gioacchino  ,  affinchè  si  recasse  ad  Ajaccio.  l;i  sua  pre- 
i  polendo  sol' essa  rimòver  gli  ostacoli'' opposti  alla1  spe- 
dizione: da  chi  imperava  colà  in  nome  del  governo  Iran 


76  SULLA    FAZIONK    OPERATA    IN    CALABRIA 

E  il  dì  stesso  re  Gioacchino  movea  verso  la  patria  di  Na- 
poleone I,  i  cui  abitanti  facevangli  all'accogli  nza  entusiastica. 

Appena  giunto  in  Ajaccio,  Murai  dettava  un  decreto  in 
trentasei  articoli  ,  nei  primi  diciannove  del  quale  trattavasi 
del  riordinamento  politico  e  amministrativo  del  Regno.  In 
altri  diciassette  si  conteneva  la  distribuzione  dei  pubblici 
ufflzii ,  e  nell'ultimo  dicliiaravasi  l'amaranto  aversi  a  consi- 
derare siccome  color  nazionale. 

Fra  le  persone,  alle  quali  Murat  affidava  gì'  incarichi 
principali,  notavansi  il  general  Carrascosa  ,  qual  ministri» 
della  guerra  ,  il  generale  Colletta  e  Giustino  Fortunato,  pre- 
posti alla  polizia,  i'uno  quale  ministro,  l'altro  quale  pretetto  ; 
il  duca  di  Carignano  veniva,  preposto  al  ministero  dell'inter- 
no ,  il  general  Filangieri  al  comando  della  piazza  di  Napoli , 
il  generale  d'Ambrosio  a  quello  della  divisione  militare  della 
provincia  di  Salerno  ,  il  general  de  Gennaro  a  quella  degli 
Abruzzi,  il  general  Pepe  a  quella  delle  Puglie,  ed  il  generale 
Oliavi  a  quella  delle  Calabrie;  senouchè,  essendosi  l'atto  os- 
servare a  Murat  il  pericolo,  cui  il  nominare  le  persone  in- 
frascritte avrebbele  esposte,  e  però  l'impossibilità  in  cui 
trovate  sarebbonsidi  servir  la  sua  causa,  ei  restrinse  il  decreto 
alla  parte  relativa  ai  nuovi  ordinamenti  da  venire  introdotti 
nel  Regno.  Ed  ecco  in  questa  giungere  ad  Ajaccio  un  uffi- 
ziale  italiano  ai  servigi  dell'Inghilterra,  per  nome  Macero- 
ni,  e  un  Ignazio  Carabelli,  Corso,  spedito  da  Napoli,  dal 
ministro  Luigi  dei  Medici,  per  distogliere  Gioacchino  da 
qualsiasi  tentativo  sul  Regno.  Ma,- sì  l'uno  cbe  l'altro,  par- 
larono vanamente,  sì  persuaso  egli  era  della  facilità  dell'im- 
presa. Il  Maceroni  era  latore  di  una  lettera  di  Mettermeli, 
in  cui  questi  offeriva  a  Marat,  in  nome  dell'  imperatore 
Francesco,  un  asilo  in  Austria,  a  sol  patto  di  non  uscirne 
senza  il  suo  beneplacito. 

Al  qual  uopo  inviavagli  un  passaporto,  col  nome  di  con- 
te di  Lipona  ^anagramma  di  Napoli)  titolo  assunto  già  in 
Trieste  da  Carolina  Murat. 

Il  mandato  del  Maceroni  si  riassumeva  nelle  seguenti 
parole ,  che  piacemi  riferire  testualmente  :  «  M.  Maceroni 
«  est  autor isé  par  les  présentes  à  prevenir  le  roi  Joachim 
«  que  sa  Majesté  1'  empereur  d'Autriche  lui  accorderà  un 
-    i<ile  dans  ses  Etats,  sous  les  conditions  suivantes: 


DA    RE    GIOACCHINO   MURAI  7, 

«  L.°  L;j  roi  prendra  un  noni  de  particulier.  La  reine 
«  ayant  pris  « -^lui  de  comtesse  de  Lipona ,  ori  le  propose 
«  également  au  roi. 

«  2.°  Il  sera  libre  au  roi  rie  choisir  une  ville  de  la  Bolié- 
«  me  ou  de  la  Eaute  Autriche,  pour  y  fixer  son  séjour. 
«  S*  il  voulait  so  fixer  à  la  campagne,  cela  ne  souffrirait 
«  pus  do  difflcultés  dans  ces  mèmes  provin 

«  3.°  Le  roi  engagera  sa  parole  vis-a-vis  de  sa  Maje 
«  imperiale  el  royale,  qu'  il  ne  quittera  pas  les  Etats  autri- 
«  chiens  sans  le  consentement  exprès  de  la  susdite  Majesté, 
«  et  qu'  ii  vivi-a  dans  l'attitude  d'un  particulier  de  raar'que  , 
«  soumis  aux:  lois  en  vigueur  dans  le  Etats  autrichiens. 

«  En  foi  de  quoi  etc.  etc. 

«  Donne  a  Paris,  le  l.er  septembiv  1815. 

«  Signé  le  Prince  de  Metternich  ». 

Alle  congratulazioni  portegli  dai  suoi  fidi ,  a  proposito 
dell'offerta  dell'Austria,  che  dovea  porlo,  e' dicevano,  in  sal- 
vo da  ogni  persecuzione  e  da  ogni  pericolo,  Murat  risposi- 
le seguenti  parole  : 

«  Oui,  j'  irai  en  Autriche  pour  étre  uri  beau  jourétran- 
«  glé  au  sein  de  ma  famille.  J'  irai  plutòt  à  Constant-inopie; 
«  mais  ià  aussi  on  me  ferait  étrangler....  Messieurs  ,  il  n'  y 
<^  a  'pie  dans  mon  royaume  où  je  puisse  ètre  en  sùreté;  il 
«  n'y  a  que  Naples,  il  faut  aller  à  Naples;  d'ailleurs  j'  ai 
«  tous  mes  amis  en  Italie,  et  je  ne  veux  pas  m'  en  éloigner  ». 

Nel  giorno  stess  -nato  all'imbarco,  Murat  scriveva 

due  lettere  al  Maceroni,  di  cui    stimo    utile    trascriver'    la 

mda. 

Ajaccio,  vers  minuit,  le  28   septembre  1815. 

«  M.  Maceroni,  envoyé  par  les  puissances  alliées  auprès 
«  du  roi  Joichim. 

«  Ma  première  lettre  .  écrite  quelques  heurès  avant ,  en 
«  date  de  ce  mai  in  ,  a  été  dictée  par  les  circonstances:  mais 
«  je  dois  à  moi-mème,  a  la  véritè  et  à  vótre  n  >ble  loyauté 
«  et  bonne  foi ,  de  vous  mani  Tester  mes  véritables  intentions. 
«  Voici  les  motifs  de  cette  seconde  lettre.  J'apprècie  la  liberto 
«  au  dessus  de  tout  autre  bien.  La  captivité  n'a  pour  moi 
«  d'autre  synonime  que  la  mort.  Quel  traitement  puis-je  at- 
«  tendre  de  ces  puissances,  qui  m' ont  laissé  pendant  deux 
«  mois  sous  le  poignard  des  assassins  du  Midi  ?  J'  ai  sauvé 


78        SULLA  FAZIONE  OPERATA  IN  CALABRIA 

«  la  vie  au  marquis  de  Rivière.  Il  était  conclamile  a  perir 
«  sur  l'échafaud  ;  j'  obtins  sagràce,  et  il  a  excité  contre  moi 
«  les  furies  marseillaises ,  et  mis  ma  tè  te  à  prix  ! 

«  Errant  dans  les  bois  ,  cache  dans  les  montagnes ,  je 
«  ne  dois  la  vie  qu'  à  la  généreuse  compassion  que  mes  ma- 
«  Iheurs  ont  excitée  dans  l'àme  de  trois  officiers  francais  , 
«  qui  m'  ont  transporté  en  Corse  au  plus  grand  perii  de 
«  leurs  jours.  Des  hommes  méprisables  prètendent  que  j'ai 
emporté  de  Naples  de  grands  trésors  ;  ces  hoimnes  igno- 
«  rent  que,  lorsque  ce  royaume  me  l'ut  donne  en  échange 
«  «in  grandrduché  de  Berg,  que  je  possédais  d'après  un  traité 
«  solennel,  j'y  apportai  des  richesses  immenses ,  que  j'ai 
«  employées  à  son  avantage,  et  maintenant  je  n'ai  pas  le 
«  strict  nécessaire,  ni  pour  moi  ni  pour  ma  famille  !  Je 
«  n'accepterai  pas  ,  monsieur  ,  les  conditions  que  vous-  étes 
«  chargé  de  m'offrir.  Je  n'y  vois  qu'  une  abdication  pure  et 
<v  simple,  sous  la  seule  condition  qu'on  me  permettra  de 
«  vivre  dans  un  esclavage  é temei ,  et  sous  l'arbitraire  d'un 
«  gouvernement  despotique.  Où  est  ici  la  modération  et  la 
«  justice  ?  Où  sont  les  égards  dus  à  un  monarqiiè  malhe- 
«  reux ,  reconnu  formellement  par  toute  l'Europe,  et  qui, 
«  dans  un  moment  difficile,  a  decide  de  la  campagne  de  1814 
«  en  faveur  de  ces  mèmes  puissances  ,  qui  l'accablent  aujour- 
«  dhui  du  poids  excessif  de  leurs  persécutions  ?  C'est  une 
«  vérité  reconnue  en  Europe  que  je  ne  me  suis  décide  à  re- 
«/pousser  les  Autrichiens  jusqu'  au  Pò.  que  parce  qu'à  force 
«  d'  intrigues,  on  était  parvenu  à  me  persuader  qu'  ils  s'ap- 
«  prètaient  a'm'attaquer  sans  1'  intervention  de  l'Angleterre. 

«  Je  crus  nécessaire  alors  d'avancer  mes  lignes  de  dé- 
«  fense  et  d'engager  dans  ma  cause  les  peuples  d'  Italie.  Per- 
«  sonne  mieux  que  vous  et  lord  Bentinck  ,  no  doit  ètre  per- 
«  suaJé  que  le  fatai  mouvement  de  retraite  du  Pò  eut  poui' 
«  motif  la  déclaration  de  ce  general ,  qui  se  trouvait  dans 
oc  l'obligation  de  secourir  les  Autrichiens  ,  s'  ils  l'avaient 
«  demandò. 

«  Vous  connaissez  les  causes  qui  ont  occasionile  la  dé- 
«  sertion  dans  ma  belle  armée.  Les  faux  bruits  habilement 
«  répandus  de  ma  mort ,  ceux  du  débarquement  des  Anglais 
«  à  Naples  ,  la  conduite  du  general  Pignatelli ,  la  trahison  de 
«  quelques  officiers,  qui    réussìrent    avec    un  art    perfide  à 


DA    RE   GIOACCHINO   MURAI  79 

«  augmenter  le  désordre  et  le  découragement ,  en  donnant 
«  un  funeste  exemple,  en  furenl  la  cause.  Il  n'existe  plus 
«  dans  ce  moment  un  seul  individu  de.  cette  armée  qui  n'ait 
«  reconnu  son  erreur.  Je  pars  pour  aller  les  rejoindre,  car 
«  ils  brùlent  du  désir  de  me  voir  a  leur  tète.  [la  m'ont  tous 
«  conserve  leur  affection ,  ainsi  que  toutes  les  autres  classes 
«  de  mes  sujets  bien  aimés.  Je  n  ai  point  abdiqué  ;  j'ai  le 
«  droit  de  reconquérir  ma  couronne  ,  si  Dieu  m'en  donne  la 
«  force  et  les  moyens.  Mon  existence  sur  le  tròne  de  Naples 
«  ne  pourrait  plus  ètre  un  motif  de  crainte,  car  on  ne  pour- 
«  rait  plus  me  soùpcoriner  de  correspondre  secrétement 
«  Napoléon,  qui  est  à  Sainte  Hélène.  L!Angleterre  et  l'Au- 
«  1  rirhe  pourront,  au  contraire,  retirer  de  nioi  quelques 
«  aemtages  qu'elles  espérent  envain  du  souverain  qu'eiles 
«  ont  mis  à  ma  place  sur  le  tròne  de  Naples. 

«  Je  me  livre  à  ces  particularités  ,  monsieur  ,  parceque 
«  c'est  à  vous  que  j'écris.  Votre  condiate  à  mon  égard,  vo- 
«  tre  réputation  et  votre  noni  vous  ont  donne  des  droits  à 
«  ma  frachise  et  à  mon  estime. 

«  Lorsqu'on  vous  remettra  cette  lettre  ,  j'aurai  déjà  fait 
«  bon  chemin  vers  ma  destination.  Ou  je  réussirai ,  ou  je 
«  terminerai  mes  malheurs  avec  ma  vie.  J'  ai  brave  mi. le 
« ■  fois  la  mort  en  combattami  pour  ma  patrie;  na  me  serait- 
«  il  pas^permis  de  la  braver  une  fois  pour  moi-mème  ?  Je 
«  frénìis  seulement  pour  la  sort  de  ma  famille  !  » 

«  Signé  :  Joichim  Napolèon  ». 

Il  documento  infrascritto  non  avendo  bisogno  di  chiose., 
proseguirò  senz'altro  la  mia  narrazione ,  notando  che  poco 
dopo  la  mezzanotte  dei  28  settembre  del  1815,  seguiva  in 
•Ajaccio  l'imbarco  per  le  Calabrie,  sopra  cinque  trabacóli  e 
una  feluca,  i  quali  navigli  portavano  trecent'uomini ,  sì  mi- 
litari che  marinai,  cosi  ripartiti  : 

Tientuno  sulla  nave  comandata  da  Barbara,  inclusosi 
r  •  Gioacchino. 

Dugentó  soldati  ,  divisi  per  cinquanta,  sugli  altri  quat- 
tro trabacóli  ,  con  ventidue  uffiziali. 

La  ciurma  di  ognuno  di  questi  trabacóli  non  oltrepas- 
sava il  numero  di  cinque ,  mentre  la  feluca ,  comandata  da 
un  tal  Cecconi,  recava  a  bordo  non  meno  di  ventidue  mari- 
nai, colle  bagaglie  e  le  munizioni. 


80  SULLA    FAZIONE    OPERATA   IN    CALABRIA 

Alcune  ore  prima  dell'  imbarco  ,  re  Gioacchino  firmava 
un  decreto,  col  quale  facea  salire  d'un  grado  gli  ufliziali  che 
dovean  seguitarlo,  e  i  non  decorati  insigniva  dell'ordine 
delle  due  Sicilie. 

Nella  giornata  dei  29  settembre  una  Aera  tempesta  pose 
in  grave  pericolo  la  flottiglia,  La  quale,  alle  2  pomeridiane 
del  giorno  30,  approdava  alla  Tavolara,  isoletta  deserta; 
il  piccolo  esercito  era  passato  in  rassegna,  e  quaranta 
ira  le  divise  comperate  in  Ajaccio  venivano  distribuite  fra 
quelli  che  ne  mancavano. 

Nella  notte  dei  30  settembre  al  1.°  ottobre,  la  flotti 
facea  vela  per  le  Calabrie,  ma  il  giorno  5  (non  sappiamo  se 
per  errore,  o  per  tradimento  del  Barbara)  invece  di  sorgere 
lunghesso  le  coste  Calabre,  sorgeva  a  cosi  poca  distanza  da 
Napoli,  da  potersi  vedere  il  Vesuvio. 

La  prima  idea  di  Marat  ,  siccome  ho  già  detto,  era  stata 
quella  di  piombare  su  Napoli,  sbarcando  a  Pozzuoli  od  al 
Granatello;  ma,  riflettuto,  poscia  ai  pericoli  insuperabili  d'uno 
sull'io  tentato  in  sì  gran  vicinanza  della  metropoli,  in  cui 
un  forte  presidio  avea  l'esercito  austriaco,  a  suo  obiettivo 
scelto  avea  le  Calabrie  ,  e  però  verso  queste  comandò  al 
Barbara  di  volgere  senza  indugio  le  prore,  ed  il  vento  es- 
sendo propizio,  il  dì  sesto  d'ottobre  si  giunse  in  vista  di 
Paola;  ma  in  quella  che  si  preparava  lo  sbarco  fra  Paola  e 
S.  Lucido ,  una  subitanea  bufera  cacciava  in  alto  mare  i  na- 
vigli ,  quattro  dei  quali  furono  separati  da  quello  che  portava 
Murat ,  e  dalla  feluca,  i  quali  due  legni,  per  altro,  il  tempo 
essendosi  rabbonito,  la  dimane  poteano  tornar  verso   terra. 

Ed  ecco,  lungo  la  strada,  che  rasenta  la  riva  del  mare, 
scorgersi  un  mulattiere ,  e  un  soldato  dell'antica  guardia 
reale  di  Gioacchino,  cbe  andavano  ad  Amantea,  ed  i  quali, 
interri. -ali  dal  maggiore  Ottaviani,  spedito  a  terra  a  tale 
uopo,  davano  risposte  incerte  o  fallaci. 

E  l'Ottaviani  era  da  poco  tornato  a  bordo,  quando  un 
colpo  di  cannone  tratto  \  nia  da  S.  Lucido  sulle  due  navi, 
che  per  tal  modo  chiamavansi  ad  obbedienza,  il  perchè  lo 
stesso  Ottaviani  recavasj  a  terra  novellamente  con  Barbara 
e  due  marinai.  Interrogato  dalle  autorità  borboniche  intorno 
alle  persone  che  trovavansi  a  bordo,  rispose:  Francesi  in 
viaggio  per  Tunisi ,  ed  esibì  la  patente,  di  cui  Barbara 
s'era  munito    in    Ajaccio  :    pure  ,  perdurando  i    sospetti    il 


DA    RE   GIOACCHINO   MTJRAT  81 

maggiore  Ottaviani  ed  uno  dei  marinai  furono  trattenuti  ;  il 
che  saputosi  da  Murat,  fu  questi  in    procinto    di    correre  a 
liberarli  ;  ma  cedendo  ben  presto  ai  consigli  della    prudenza, 
comandò  di  far  vela  per  Amantea,  in  cui  Barbara  promette- 
vagli  la  più  lieta  accoglienza.  Fu  in  quel  frattempo  che  uno 
dei  quattro  navigli  dispersi ,  il  quale  obbediva    al    comando 
del  capitano  Courrand ,  raggiungeva  il  naviglio   del   re  e  la 
feluca,  ma  per  poche  ore,  perocché,  nella  notte  stessa  in  cui 
veleggiavasi  verso  Amantea ,  il  Courrand  disertava,  e,  non 
contento  alla  propria  infamia,  traeva  seco  il  capitano  Ettore, 
cui  era  affidata  una  dell'altre  navi  smarrite  e  da  lui  rintrac- 
ciata in  sull'alba,  affermandogli  il    re    aver    rinunziato  alla 
impresa,  e  fatto  vela  per  Trieste.  E  Murat,  accortosi    della 
fuga  del  capitano  Courrand,  ne  fu  così  afflitto  e  scorato,  che 
a  Trieste  deliberossi  d'andar  veramente,  imponendo  al   Gal- 
vani di  gittare  in  mare  i  proclami  stampati  in   Corsica.  La 
quale  risoluzione  di  re  Gioacchino  molto  rallegrò  i  suoi  se- 
guaci, che,  persuasi,  quali  erano,  dell'impossibilità  dell'im- 
presa, il  maggior  nerbo  essendo  mancato  colla    disparizione 
delle  quattro    navi ,    speravano    oramai    di   sottrarlo  al  fato 
estremo,  che  sì  evidentemente  lo  minacciava  :  ma    come   in- 
traprendere un  tal  viaggio  sopra  sì  picciol  legno,  che  ceder 
doveva  ad  ogni  più  lieve  tempesta,  massime  nel  terribie  mare 
Adriatico ,  e  coi  viveri  presso  che    esauriti  ?  E    però  venne 
riconosciuta  la  necessità  d'approdare  dove  che  fosse,  in  trac- 
cia di  provigioni  da  bocca,  e  d'un  naviglio  men  disadatto  a 
sì  lunga  navigazione.  Quindi  il  partito,  riuscito  poi  sì  fatale, 
di  poggiare  sulla  più  prossima    spiaggia,    ch'era    quella    del 
Pizzo.  Ma  qui  Barbara  sorgeva  contro ,  e    col    suo    diniego 
spingea  Gioacchino  a  un  intemerata  delle  più  fiere ,  la  quale 
udendo  i  suoi  fidi ,  gli  si  fecero  attorno ,  giurandogli   di  se- 
guitarlo per  ogni  dove,  sebbene  in  sì  picciol  numero,  e  qua- 
lunque fossero  i  pericoli  da  affrontarsi.  E  Murat,    profonda- 
mente commosso  da  tali  dimostrazioni  d'affetto,  proruppe  in 
queste  parole  :  «  Non,  ce  n'est  pas  le  nombre  des  personnes 
«  qui  peut  me  rendre  mon  tròne....   c'est    l'amour  ,    c'est    la 
«  fidélité  de  mes  sujets    qui  me    le   garantissent.   Eh  quoi  I 
«  inébranlable  au  milieu  de  tant  de    batailles  ,    la    peur    me 
«  surprendrait  en  ce  moment  TAllons ,  mes  amis,  cette  ter- 
«  re  m'  inspire  confìance  ». 

Arch.,  3.»  Serie,  Tom.  XXIV.  6 


82  SULLA   FAZIONE   OPERATA   IN   CALABRIA 

La  nave  però  movea  già  verso  il  Pizzo ,  allorché  il  pri- 
mo cameriere  di  re  Gioacchino,  vedendo  quest'  ultimo  riso- 
luto allo  sbarco,  non  si  rimaneva  dal  dirgli  :  «  deh  !  Sire  , 
«  non  isbarcate  ;  che  certa  è  la  vostra  perdita  !  »  E  nel  ve- 
dere di  nessun  frutto  riuscire  la  sua  preghiera,  aggiungea 
presso  che  con  isdegno:  «  Vostra  Maestà  non  volle  mai  pre- 
«  star  lede  a'  servi  suoi  più  fedeli  ».  Alle  quali  parole  muto 
e  pensoso  rimanea  Gioacchino ,  poi,  chiesto  se  alcuna  copia 
fosse  avanzata  del  proclama  stampato  in  Ajaccio,  n'ebbe  una, 
fatalmente  serbata  nel  suo  portafoglio  da  uno  degli  utliziali. 
Ho  accennato  di  sopra  di  questo  proclama ,  documento  non 
troppo  dissimile  dagli  altri  tutti  di  simil  genere,  e  cosi  pur 
del  decreto  relativo  al  riordinamento  del  Regno  ,  del  quale 
dirò  solo  questo ,  che  il  primo  articolo  era  così  concepito  : 
«  La  Costituzione  avrà  esecuzione  il  dì  1.°  gennaio  del  181G  » 
e  l'ultimo  suonava  così:  «  Tutte  le  società  patriottiche  del 
«  Regno  son  poste  sotto  la  protezione  del  nostro  governo  ». 

Dalle  quali  parole  ben  vede  il  lettore  il  come  si  largheg- 
giasse da  re  Gioacchino,  a  ingraziarsi  quei  medesimi  liberali, 
che  il  suo  governo  avea  sì  crudelmente  perseguitati  in  Cala- 
bria e  in  Abruzzo  nel  1813  e  nel  1814,  e  però,  quand'anche  il 
proclama  e  il  decreto  in  discorso  fossero  stati  sparsi  nel 
Regno  prima  del  suo  giungere  quivi,  poco  o  nessuno  effetto 
avrebber  prodotto  nell'animo  dei  cittadini ,  tanto  più  che ,  pel 
trattato  di  Casalanza,  stipulato  fra  l'Austria  e  i  generali  di 
re  Murat,  era  stata  preclusa  la  via  agli  usati  soprusi  del 
dispotismo,  coll'inibire  le  persecuzioni  politiche,  e  col  man- 
tenere nei  loro  gradi  ed  uffizii  i  funzionarli  tutti  del  Re- 
gno. Una  vera  fatalità  sospingeva  il  povero  Gioacchino,  il 
qual  pure  mostravasi  d'umor  lieto,  in  quel  fatai  giorno 
degli  8  ottobre,  in  cui  approdava  al  Pizzo,  cogli  uffiziali , 
sottuffiziali  e  soldati ,  i  cui  nomi  piacemi  qui  riferire. 

Franceschetti ,  generale  ;  Natali  maresciallo  di  campo  ; 
Galvani,  commissario  di  guerra  e  segretario  del  re;  Lan- 
franchi ,  capitano  ;  Biciani ,  idem  ;  Pernice ,  idem  ;  Pascalini, 
tenente  ;  Moltedo  ,  idem  ;  Pellegrini ,  idem  ;  Franceschi,  ser- 
gente ;  Perelli ,  idem  ;  Tortazoli,  idem;  Spadano,  idem;  San- 
toni ,  idem  ;  Casablanca ,  idem  ;  Giovannini ,  idem  ;  Giulio  , 
idem  ;  Cattaneo ,  soldato  ;  Battistini ,  idem  ;  Angeli ,  idem  ; 
Perelli ,    idem  ;  Bastiani ,  idem  ;   Varesi ,  idem  ;  Lavazzari , 


DA   RE   GIOACCHINO   MURAT  83 

idem;  Tedeschi,  idem;  Armami .    cameriere  del  re;  Poggi, 
idem;  Ferrari,  cuoco. 

Murat  era  in  divisa  di  panno  azzurro,  colle  spalline  da 
colonnello ,  e  portava  un  cappello  a  tre  punte  ,  guarnito  di 
trine  di  seta  nera;  ma  nessuna  decorazione  od  insegna  gli 
splendeva  sul  petto.  Sbarcato  appena,  ordinava  a'  suoi  came- 
rieri di  preparare  il  trasporto  delle  sue  robe  dal  Pizzo  a 
Monteleone,  ed  a  Barbara  di  condurre  il  naviglio  in  un  seno 
poco  distante  dalla  città,  onde  aspettarlo  co' suoi  compagni, 
nel  caso  in  cui  fossero  stati  respinti  dagli  abitanti.  Ma  il  Bar- 
bara, anziché  obbedire  a  tale  comando,  facevasi  in  alto  mare. 

Prima  di  raccontare  i  fatti ,  che  tennero  dietro  allo 
sbarco ,  fa  duopo  descrivere  brevemente  i  luoghi  che  ne  fu- 
ron  teatro. 

La  piccola  città  del  Pizzo  ,  popolata  da  quasi  ottomila 
abitanti,  sorge  sopra  un'altura  lontana  circa  trecento  passi 
dal  mare ,  lunghesso  il  quale ,  e  proprio  in  sul  punto  in  cui 
si  suole  sbarcare,  veggonsi  parecchi  magazzini  ed  alcune 
case.  Si  ascende  al  Pizzo  per  un  sentiero ,  a  quel  tempo  as- 
sai ripido,  ed  o.a  men  disagevole,  il  quale  mette  capo  a 
una  piazza,  quindi  alla  strada  che  mena  a  Monteleone  ,  la- 
sciando a  sinistra,  sopra  un  collicello  poco  distante  dal  Piz- 
zo ,  un  castello  ,  che  signoreggia  il  paese  e  la  rada. 

Ricorrea  la  domenica  ,  ed  erano  le  10  antimeridiane , 
quando  ebbe  luogo  lo  sbarco,  il  quale  non  incontrò  ostacolo 
alcuno.  Gioacchino  camminava  alla  testa  della  piccola  schiera, 
e  sul  suo  volto  scorgevasi  la  grande  emozione  provata  nel 
ripor  piede  in  una  contrada  da  lui  molto  amata,  e  la  qual 
pure  dovea  riuscirgli  fatale. 

A  pochi  passi  dalla  spiaggia ,  ecco  un  uomo ,  chiamato 
quivi  dalla  curiosità.  Era  un  utliziale  del  Demanio  ,  al  quale 
Murat  chiese  se  il  conoscesse,  e  quegli  avendo  risposto  che 
sì,  il  re  gli  fé'  cenno  di  seguitarlo,  il  che  assai  volentieri 
facevasi  da  colui ,  mentre  i  seguaci  di  Gioacchino  gridavano 
Lungo  tutta  la  via:  Viva  il  re  !  Il  qual  grido  trovò  in  prin- 
cipio alcun'eco  fra  le  poche  persone  incontrate  per  via  fino 
al  Pizzo.  Giunto  il  re  sulla  piazza,  trovava  colà  radunata 
gran  parte  della  popolazione,  la  quale,  saputo  chi  fosse,  guar- 
dollo  fra  attonita  ed  allibita. 

Scorto  un  corpo  di  guardia,  Gioacchino  avvicinossi  ai 
soldati ,  che,  riconosciutolo,  festosamente  lo    accolsero;    ma 


84  SULLA   FAZIONE   OPERATA    IN    CALABRIA 

qui  ebbero  fine  le  amiche  dimostrazioni ,  che,  avendo  egli  , 
dopo  breve  sosta,  prese  le  mosse  per  Monteleone,  noi  segui- 
tarono che  alcuni  militari ,  ed  un  giovane  del  paese,  il  quale 
a  Murat,  che,  invece  di  continuar  la  sua  strada,  avviavasi 
verso  un  colle ,  da  cui  dominavasi  il  Pizzo  ,  gridava  affan- 
nosamente :  A  Mont -leone,  sire,  a  Moni  leone  !  Ed  ecco  in 
questa  una  torma  di  paesani  armati,  sbucare  dalla  città,  con 
alla  testa  un  capitano  di  gendarmeria,  che  seppesi  poscia 
essere  il  famoso  Trentacapilli ,  già  capomassa  nella  guerra 
civile  delle  Calabrie,  dal  1806  ai  1810,  ed  i  cui  tre  fratelli 
erano  stati  fatti  passar  per  le  armi  dal  generale  Manhés  , 
siccome  fautori  del  brigantaggio.  Pervenuto  a  un  trar  d'arco 
dagli  sbarcati,  Trentacapilli  si  staccava  dai  suoi,  e  avanza- 
vasi  verso  Murat,  che  tosto  andavagli  incontro  ,  ed  alle  pa- 
role del  capitano:  favorisca  m  paese;  rispondeva  con  fiero 
piglio  :  Spella  a  te  l'obbedire  al  tuo  re ,  seguitandolo  a 
Monteleone.  Al  che  avendo  replicato  il  Trentacapilli  non 
riconoscere  altro  re  all'  infuori  di  Ferdinando  I,  Murat,  re- 
cata la  mano  in  sullelsa,  gridavagli:  Non  so  chi  mi  tenga 
dall' ammazzarti.  Al  qual'atto  ,  i  suoi  seguaci  stavano  per 
far  uso  dell'armi  loro  ,  quando  Murat ,  calmatosi  a  un  trat- 
to, ne  li  trattenne,  che  anzi,  in  udire  l'ufflziale  borbonico 
dirgli  con  gran  pacatezza:  non  essere  generoso  1'  inveire  in 
tanti  contro  un  sol  uomo ,  lo  lasciava  andar  via  ;  ma  poco 
tardò  ch'ei  s'ebbe  a  pentire  dell'avergli  perdonato  la  vita, 
che  il  Trentacapilli ,  non  così  tosto  ebbe  raggiunto  i  suoi , 
fece  far  fuoco  sugli  sbarcati ,  e  non  pago  alla  prima  scarica, 
ne  comandò  una  seconda ,  la  quale  il  Galvani  cogliea  in  un 
ginocchio ,  il  che  pure  non  gì'  impediva  di  tener  dietro  a 
Gioacchino  nel  costui  correre  a  precipizio  verso  la  spiaggia, 
né  già  per  la  via  battuta  pocanzi ,  sì  bene  per  balze  e  dirupi 
sporgenti  sulla  marina.  Giunto  quivi  a  grandissimo  stento, 
il  fuggitivo  fé'  opera  indarno  di  salvarsi  sopra  uno  schifo  , 
che  la  moltitudine  armata,  mentr'egli  a  mala  pena  strigava  - 
si  d'una  rete,  in  cui  s'era  impigliato  cogli  speroni,  non  indu- 
giava a  raggiungerlo  ,  e  uccisigli  il  capitano  Pernice  ed  il 
sergente  Giovannini,  lo  costringeva  ad  arrendersi....  Ordirò 
io  degli  oltraggi  fatti  da  quella  infame  bordaglia  al  real 
prigioniero  ed  ai  suoi  compagni  ?  I  quali ,  presi  tutti  e  stra- 
scinati al  castello ,  furon  cacciati  nel  corpo  di  guardia  ,  è 
tenuti  quivi  dal  Trentacapilli    sotto  la  più  severa   custodia , 


DA   RE   GIOACCHINO   MURAT  85 

fino  all'arrivo  del  generale  Nunziante,  il  qual  comandava  la 
divisione  militare  delle  Calabrie. 

Mariano  d'Ayala ,  che,  nel  1842 ,  visitava  il  Pizzo ,  e 
descrivea  poscia  quella  sua  gita  nella  strenna  napoletana 
del  1843,  intitolata  L' Li  le,  dopo  avere  accennato  della 
cattura  di  re  Murat,  e  dell'  ignobile  modo  in  cui  fu  trattato 
dal  popolazzo,  nota  le  seguenti  parole:  «  Mi  fu  caro  cono- 
<c  scere  molte  ospitali  famiglie  ,  e  fra  esse  quella  di  onesto 
«  e  forte  marinaio,  Pasq  lale  Greco,  morto,  ora  fa  qualche 
«  anno,  senza  gloria,  senza  titoli  e  senza  rimorsi.  Al  quale 
«  bastò  l'animo  d'opporsi  all'  insultante  inferocita  popolaglia, 
«  quando,  sopraffatto  colà  il  baldanzoso  guerriero,  in  niun 
«  conto  rispettarne  volea  la  sventura  ». 

Altro  esempio  d'animo  generoso  porse  in  quella  occasio- 
ne un  Alcalà ,  fattore  in  Calabria  del  duca  dell'  Infantado. 
Codesto  brav'  uomo,  dopo  aver  biasimato  altamente  il  brutto 
procedere  della  plebaglia  del  Pizzo,  fece  ogni  maggiore  prof- 
ferta a  re  Gioacchino  ed  ai  suoi  seguaci,  e,  fra  l'altre  cose, 
!i  forni  d'abiti  e  di  camicie,  in  sì  miserabili  condizioni  eran 
caduti  i  prigioni  !... 

Due  ore  dopo ,  ecco  il  Trentacapilli ,  il  quale  con  modi 
assai  rozzi  Murat  si  fece  a  richiedere  delle  carte,  e  di 
quanto  altro  fosse  per  aver  seco.  E  Murat  gli  consegnava 
ogni  cosa,  fra  cui  il  proclama  e  il  decreto  da  me  accennati, 
ventidue  brillanti ,  e  un  assegno  di  ducati  500,033. 

Una  gran  folla  circondava  il  castello ,  e  sebbene  i  più 
fra  gli  abitanti  del  Pizzo  gli  avessero  dato  a  divedere  animo 
ostile,  Gioacchino,  le  cui  illusioni  non  erano  affatto  spente, 
lusingavasi  d'un  moto  popolare  inteso  ad  operare  la  sua 
liberazione  ! 

Verso  le  6  pomeridiane  Trentacapilli  comparve  di  nuovo, 
col  fine  di  notare  i  nomi  dei  prigionieri ,  e  poco  dopo  soprav- 
veniva il  generale  Nunziante ,  che  accorrea  da  Tropea  ,  con 
un  polso  di  fanteria.  Del  quale  arrivo  Gioacchino  fu  lieto, 
perchè  alla  guardia  della  plebaglia  del  Pizzo  sottentrava 
quella  di  truppa  disciplinata. 

Il  generale  Nunziante,  entrato  nel  corpo  di  guardia,  in 
compagnia  di  un  solo  ufflziale,  trattennesi  brevemente  con 
re  Murat,  il  quale  raccomandavagli  di  aver  cura  gelosa,  si 
dei  brillanti,  che  dell'assegno  dei  ducati  500,033,  unica  sua 
ricchezza,  ei  diceva,  né  già  tolta  allo  Stato,    ma    frutto  dei 


86       SULLA  FAZIONE  OPERATA  IN  CALABRIA 

servigi  da  lui  resi  alla  Francia.  E    Nunziante    rassicurollo, 
affermando,  che  nulla  sarebbesi  fatto  senza    l'assenso    di  re 
Ferdinando,  poscia  togliea  commiato,  dicendo:  Buona  not'e 
signor  generale,  unico  titolo  da    lui    datogli    allora    e    poi. 
Conferma  il  Galvani  ciò  che  notava  il  Colletta  del  procedere, 
non  solo  umano,  ma  rispettoso,  usato  dal  generale  Nunziante 
verso  Murat,  cui  facea  trasferire   nella    stanza    migliore  del 
forte,  nella  qual  giunto  appena,  il   real    prigioniero    scrivea 
quattro  lettere,  la  prima  indiritta  alla  moglie,  la  seconda  a 
re  Ferdinando,  e  l'altre  dna  agli  ambasciatori   tenuti  presso 
la  corte  di  Napoli  dall'Austria    e    dall'Inghilterra,    con    cui 
chiedea  loro    (sì  vive  erano  in    lui  le    illusioni  !)    di    esser 
posto  sotto  la    salvaguardia    dei    gran    potentati    d'Europa. 
Frattanto  alcune  navi  inglesi,    capitanate  da    un    Robinson, 
gittavano  l'ancora  nella  rada  del  Pizzo ,  e  Nunziante  avendo 
presentato  il  comandante  britannico  a  re  Gioacchino,    questi 
espresseo-li  il  desiderio  di  esser  trasferito  a  Tropea,    dove  , 
ei  diceva,  sarebbe  stato  assai  più  sicuro;   ma  tale  dimanda 
non  venne  accolta.  Queste  cose  avevano  luogo    il    giorno  12 
ottobre.  Il  dì  innanzi,  avendo    Gioacchino    chiesto   al    Nun- 
ziante se  avesse  in  animo  di  sottoporlo  ad    una    corte  mar- 
ziale, in  virtù  di  un  semplice  dispaccio  inviatogli  da  Napoli 
per  via  telegrafica  ,  il  generale  di  re  Ferdinando    risposegli 
non  esser  disposto  a  obbedire   che  ad  un   ordine    scritto  ;  il 
che  non  tolse  ,  che,  il  giorno  dopo,  un  dispaccio  essendogli 
pervenuto,  in  cui  se  gì' ingiungeva  di  tradurre  Murat  innan- 
zi ad  un  consiglio  di  guerra  ,  ei  non  eseguisse    il   comando. 
Trovo  in  un  opuscolo  pubblicato  in  Parigi,  nel  1835,  dal 
generale  Vaudoncourt ,  col  titolo  :   Vingl  années    d'un  pro- 
serà ,  le  seguenti  parole ,  che  utile  mi  sembra  il  trascrivere. 
«  La  nouvelle  de  la   capture  de  Murat    étant    parvenue 
«  à  Nap'es,  les  ministres  se    réunirent    en  un    conseil,  au 
«  quel  furent  appelés  les  ambassadeurs  étrangers.  On  y  mit 
«  en  delibération  le  sort  qu'on    ferait    subir  au    prisonnier. 
«  L'ambassadeur  d'Espagne  conclut  àlamort:  celai  de  Fran- 
«  ce  eut  l'air  de  se  récuser ,  mais  de  manière  a    faire    voir 
«  qu'il  partagait  l'opinion   de    son    collégue;    l'ambassadeur 
«  d'Autriche  reclama  le  souverain  aver  le  quel  son  gouverne- 
«  ment  avait  traité ,    et  déclara    que  son    cabinet  se  regar- 
«  dait  cornine  obligé  par  la  convention    qu'il    avait   offerte  . 
«  quoique  non  acceptée  ;  les  ambassadeurs    de    Prusse  et  de 


DA   RE   GIOACCHINO   MURAT  87 

«  Russie  s'en  référérent  à  l'avis  de  leur  collègue  d'Autricbe. 
«  Alors  l'ambassadeur  d'Angleterre ,  sir  William  A'Court, 
«  termina  la  délibération  par  cette  sentence:  Tuez-le,je  prends 
«  tout  sur  moi  ». 

Ecco  il  modo  stranissimo  in  cui  fu  concepito  il  decreto 
dato  fuori  in  Napoli  da  re  Ferdinando  I  il  dì  9  ottobre 
del  1815,  vale  a  dire  non  così  tosto  il  telegrafo  l'ebbe  istrui- 
to dello  sbarco  al  Pizzo  di  Gioacchino  Murai 

Art.  l.°  Il  generale  Murat  sarà  tradotto  innanzi  ad  un 
tribunale  straordinario,  i  cui  componenti  saran  nominati  dal 
nostro  ministro  della  guerra. 

Art.  2.°  Non  sarà  concesso  al  condannato  che  una  mez- 
z'ora, da  potergli  permettere  di  ricevere  i  conforti  della  re- 
ligione. 

Ma  a  che  nominare  un  consiglio  di  guerra,  se  già  riso- 
luta era  la  morte  del  prigioniero ,  il  quale  non  venia  detto 
imputato,  ma  condannato  prima  della  condanna.  !... 

Il  dì  13,  i  pochi  seguaci  di  re  Murat,  cui  era  stato 
permesso  di  visitarlo  ,  furon  divisi  da  lui ,  e  chiusi ,  tranne 
il  Galvani,  perchè  ferito,  nella  segreta  del  coccodrillo  , 
mentre  la  commissione  destinata,  non  dirò  a  giudicare,  ma 
a  condannare  Murat ,  riunivasi  nel  castello.  Ecco  i  nomi  dei 
membri  di  quel  tribunale  di  sangue. 

Sedeva,  qual  presidente ,  un  Fasulo ,  nativo  di  Napoli , 
capo  di  Stato  Maggiore  ,  e,  degnissimi  di  stargli  ai  fianchi, 
si  vedeano  i  seguenti  :  uno  Scalfaro,  di  Monteleone ,  colon- 
nello della  legione  provinciale  della  Calabria  Ulteriore,  un 
Litterio  Natoli,  tenente  colonnello  di  Marina,  fatto  venire 
da  Messina  in  gran  fretta,  senza  fargli  sapere  il  perchè  d'una 
tal  chiamata;  Gennaro  Lanzetta,  tenente  colonnello  del  ge- 
nio, Matteo  Camilli  e  Francesco  Vengè,  capitani  d'artiglie- 
ria: Francesco  Pàolo  Mortillaro,  tenente  d'artiglieria;  Fran- 
cesco Frojo,  tenente  nel  terzo  reggimento  estero,  relatore, 
con  accanto  Giovanni  La  Camera,  procurator  generale  alla 
Corte  criminale  di  Catanzaro ,  e  Francesco  Papavassi  . 
segretario. 

Gli  uffiziali  infrascritti,  tranne  il  Nateli ,  il  Mortillaro 
ed  il  Frojo,  Siciliani,  erano  stati  insigniti  dei  loro  gradi,  e 
spesso  beneficati,  da  re  Murat.  Il  quale,  chiamato  al  cospetto 
della  Corte  marziale  ,  ricusò  di  comparirle  dinanzi,  dicendo: 
à  quoi  boii,  si  ma  inori  a  été  déjà  décidee  ?  Né  volle  accet- 


88  SULLA   FAZIONE    OPERATA    IN   CALABRIA 

tare  la  difesa  officiosa  del   capitano    Starace,    che    instante- 
mente  ne  lo  pregava. 

Il  decreto  invocato  nella  ferale  sentenza  (vedi  scherzi 
crudeli  della  fortuna  !)  era  lo  stesso ,  che  re  Gioacchino 
area  dato  fuori  il  dì  21  giugno  del  1810  contro  i  proseliti 
del  Borbone  ! 

Saputa  la  decisione  della  Corte  marziale ,  il  condannato 
chiese  di  scrivere  un"  ultima  lettera  alla  consorte ,  e  poscia 
di  toglier  commiato  dai  suoi  seguaci,  ma  solo  la  prima  di- 
manda gli  fu  concessa  !  Il  Colletta,  nella  cui  narrazione,  per 
altro,  rinvengonsi  molti  errori,  registra  la  lettera,  cui  Gioac- 
chino aveva  unita  una  ciocca  dei  suoi  capelli,  e  la  quale, 
chi  il   crederebbe  ?   non  fu  mai  recata  alla  vedova  ! 

Il  giorno  stesso ,  alle  4  pomeridiane  ,  l'esecuzione  ebbe 
luogo  in  sulla  spianata  del  forte.  Colui,  che  le  mille  volte 
la  morte  aveva  affrontata  nelle  battaglie,  coll'animo  stesso 
imperterrito  l'affrontava  il  dì  13  ottobre  del  1815 ,  stando  in 
piedi ,  senza  voler  esser  bendato ,  e  comandando  ei  medesi- 
mo il  fuoco  con  ferma  voce....  Il  cadavere  «dell'ucciso  venia 
tumulato  la  sera  stessa ,  senza  veruna  delle  solite  pompe  , 
nella  chiesa  parrocchiale  del  Pizzo,  dove  giace  inonorato 
tuttora,  non  sorgendovi  sopra  neppure  una  lapide,  la  quale 
ricordi  la  vittima  dei  Borboni,  e  certo  il  soldato  più  valoroso 
che  abbia  mai  visto  la  Francia  ! 

Quattordici  giorni  dopo,  i  compagni  di  Gioacchino  Murat 
erano  imbarcati  per  l' isola  di  Ventotene ,  dove  trovavano 
gli  uffiziali  e  i  soldati,  che  stavano  a  bordo  delle  navi  di- 
sperse lungo  le  coste  delle  Calabrie.  Liberati  poscia  ai  16 
gennaio  del  1816,  erano  fatti  partir  per  la  Corsica,  e  quindi 
spediti  a  Marsiglia.  Dalla  quale  ultima  città  gli  uffiziali  fu- 
rori mandati ,  quali  prigioni,  al  castello  d'  If ,  neh'  isole  di 
Ières,  e  i  soldati  incorporati  nel  battaglione  delle  Colonie. 
Dolorosa  fu  l' impressione  prodotta  nei  più  dall'annunzio 
della  tragedia  del  Pizzo ,  che  i  più ,  siccome  accennai,  ama- 
vano Gioacchino  Murat ,  del  cui  regno  dimenticavano  le  pa- 
gine non  troppo  gloriose  di  Calabria  ed  Abruzzo,  la  licenza 
militare  tollerata  "oltre  ogni  limite,  e  il  non  poco  sangue 
napoletano  fatto  spargere  per  una  causa  straniera  in  Ispa- 
gna  e  in  Germania ,  ricordandosi  invece  del  magnanimo 
cuore  del  principe  ,  del  come  ei  sapesse  benissimo  scegliere 
i  suoi  ministri,  e  però  della    giustizia    amministrata    mira- 


DA    RE    GIOACCHINO    MURAT  S9 

bilmente,  della  bontà  delle  nuove  leggi,  e  della  finanza  sì 
fattamente  ordinata,  che,  al  partire  di  re  Murat,  picciolissi- 
mo  era  il  debito  dello  Stato,  ad  onta  del  danaro  molto  speso 
per  l'esercito  e  le  opere  pubbliche.  Quantunque  re  forestieri) 
e  assoluto  ,  Gioacchino  Murat ,  lo  ripeterò  volentieri,  erasi 
fatto  amare  dal  maggior  numero ,  per  il  che  fu  grande  e 
sincero  il  compianto  della  sua  tragica  fine  ,  di  cui  fu  assai 
biasimato  il  Borbone,  e  non  solo  dagli  uomini  d'animo  gene- 
roso, ma  da  chiunque  s' intendea  di  politica,  per  la  ragione 
semplicissima  ,  che  se  a  Gioacchino  avess'  ei  perdonato  la 
vita,  la  fazione  del  Pizzo  apparsa  sarebbe  all'universale  qual 
misera  parodia  di  quella  operata  a  Cannes  dall'  imperatore 
Napoleone.  Re  Ferdinando  I  commise  lo  stesso  fallo  che 
commetter  dovea,  ventinov'anni  dopo,  il  suo  nipote  Ferdi- 
nando II,  il  quale,  anziché  far  salvi  dall'estremo  supplizio  i 
fratelli  Bandiera  ed  i  loro  sette  consorti,  ne  approvava  la 
strage ,  non  prevedendo  al  certo ,  che  pagata  avrebbela  un 
dì  crudelmente  il  figliuolo ,  col  far  luogo  alla  libertà  ed 
all'unità  nazionale  d'  Lalia. 

Napoli,  ai  15  luglio  del  1875. 

G.  Ricciardi. 

Chi  bramasse  più  minuti  particolari  intorno  al  misero  caso  del  Piz- 
zo ,  ed  alla  parte  che  v'ebbe  il  Nunziante  ,  dovrebbe  legger  la  Vita  del 
generili      Nunziante,  dettata  dal  Sig.  Francesco  Palermo. 


IL  CONCILIATORE. 

EPISODIO 

DEL    LIBERALISMO    LOMBARDO 

(Continua  dal  T.  XXIII,  fase.  Ili,  pag.  469). 

XII.  Un  altro  collaboratore  del  Conciliatore  fu  Adeodato  Ressi 
professore  di  diritto  mercantile  a  Pavia.  A  Milano  abitava  in 
via  della  Cervia  343,  colla  moglie  Anna  Moscati.  Stampò  l'Eco- 
nomìa  della  specie  umana  (1),  vero  trattato  di  questa  scienza, 
cioè  del  modo  con  cui  una  nazione  vive ,  cresce ,  si  riproduce 
sovra  terreno  proprio.  Considerando  sempre  l'uomo  come  misura 
del  lavoro  e  del  valore  dei  beni ,  discorre  la  genesi  del  lavo- 
ro, la  teoria  dei  piaceri  e  dei  dolori  fisici  e  morali  o  d'opinione  : 
se  il  denaro  faccia  ricchezza:  dinota  le  teorie  degli  economisti 
classici,  dolendosi  non  venga  valutato  abbastanza  il  nostro  Ortez. 
Chi  tanto  esita  sul  definire  la  nazionalità ,  godrà  sentire  com'egli 
caratterizzi  per  nazione  un  «  aggregato  di  uomini,  che  viva,  cresca 
e  moltiplichi  sopra  un  determinato  territorio  proprio  ;  che  abbia 
voglie,  abitudini,  costumi  proprj  :  che  alle  voglie  soddisfaccia  con 
beni  prodotti  da  un'  industria  libera  e  scambievole  ;  che  tutelato 
sia  da  proprie  leggi,  la  cui  inviolabilità  sia  affidata  ad  un  Go- 
verno proprio ,  e  che  questo  complesso  di  atti  e  di  esereizj  abbia 
un'esistenza  politica  sicura,  indipendente,  imperturbabile  ». 

Un  suo  elogio  di  Pietro  Verri  è  gonfio  e  di  luoghi  comuni. 
Poi  nel  Conciliatore  scrisse  sulle  cambiali  e  su  altri  punti  d'eco- 
nomia. 

Aveva  manifestato  idee  liberali ,  massime  in  un  discorso  di 
chiusura  del  suo  corso  (2) ,  tanto  che  i  giovani,  oltre  applaudirgli , 

(1)  Già  Herenscheuand  avea  pubblicato  Economia  politica  e  morale 
della  specie  umana. 

(2)  «  Qui  sia  fine  alle  oneste  mie  fatiche  ,  e  in  questo  giorno 
separiamoci,  giovani  dilettissimi,  da'nostri  scambievoli  ufficj.  Ma  chi 
sa  dirmi  se  la  mia  coscienza  sia  pura  ed  illibata,  o  se  io  debba  man- 
dare querimonia  di  rimorso  nel  silenzio  della  mia  vita  privata?  Tu  sola, 
o  filosofia ,  fosti  mia  scorta  e  compagna ,  e  tu  ,  porgendomi  la  mano 


ADEOTATO    RIESSI   E   ROMAGNOSI  91 

voleano  fargli  coniare  imi  medaglia,  ma  esso  li  distolse.  La  Po- 
lizia non  potea  dare  su  lui  che  eccellenti  informazioni,  e  come,  dopo 

amica  e  strappandomi  dal  popolare  tumulto  e  dal  fervido  ondeggiare 
delle  politiche  ,  dicesti  a  me  parole  dolcissime  di  amore  e  di  confor- 
to :  Figlio,  perchè  volti  le  spalle  al  mio  tempio ,  corri  ad  abbracciare 
le  ombre  dei  Gracchi  e  dei  Bruti ,  e  speri  che  sia  per  sorgere  un 
Appio  ,  un  Marc'Antonio  ,  un  Ottaviano  ?  Mal  ti  consiglia  un  ardente 
amor  di  patria;  imperciocché  colma  non  è  la  misura  de' mali  per  la 
misera  Italia ,  e  vedi  che  un  tristo  genio  le  tiene  alla  bocca  l'amara 
tazza  ,  onde  a  lunghi  sorsi  discenda  nel  suo  petto  infinita  sventura. 
Vieni  dunque,  o  figlio  ,  a  ricoverarti  nel  pacifico  asilo  della  scienza. 
Ivi  siede  tutta  folgorante  la  verità;  casto  è  il  suo  culto,  e  l'ipocrisia 
e  la  mercata  lode  e  le  arti  cortegiane  e  l' immonda  turba  de'vizj 
sono  fulminate  da'  suoi  sacerdoti.  A  te  pure  è  conceduto  l'onore  della 
stola,  e  lbrse  non  ultimo  sederai  fra  essi  ;  ma  fido  al  tuo  nume,  giam- 
mai non  piegherai  la  fronte  sull'ara  del  potere  ,  né  brucierai  incenso 
agli  idoli  del  fasto  e  della  fortuna.  La  fiamma  del  Genio  e  il  santo 
fuoco  di  Vesta  per  te  sia  serbato  puro  ed  incorrotto  fra  le  tempeste 
de' mondani  spinti  e  fra  i  vapori  della  turpe  ignoranza.  Trionferai, 
mio  figlio,  e  circondato  da  giovani  eletti,  finirai  il  tuo  ministero  nel» 
seno  della  pace ,  contando  le  domestiche  glorie  e  spargendo  fiori  e 
verbene  sulla  tomba  dei  saggi  e  .degli  eroi 

«  Abbandonata  la  tribuna ,  e  deposte  le  insegne  della  magistra- 
tura ,  te  sola  ascoltai  e  da  te  confortato  e  renduto  forte ,  qui  sciolsi 
il  voto  del  nuovo  ministero  e  al  Dio  del  loco  credetti  eterna  fede. 
Trascorsi  per  lunga  età  i  campi  della  meditazione ,  tra  gli  stenti  e  le 
liutai  la  via  del  sapere,  né  i  miri  passi  si  arrestarono  nella 
selva  degl'incantesimi  e  degli  errori.  Intrapresi  a  svolgere  i  volumi 
del  diritto,  e  poiché  la  ragione  della  legge  è  celeste  emanazione,  io 
la  cercai  nel  seno  dell'eterna  giustizia.  Guidato  dal  santo  amore  del 
vero ,  penetrai  nel  vasto  tempio  della  politica  ,  e  in  quelle  volte  si- 
lenziose vidi  i  simulacri  dei  re  nel  tripudio  delle  mense  e  dei  balli, 
e  vidi  pendere  mute  le  sorti  delle  morte  nazioni  e  denii  infranti 
imperi.  Tu  pure,  cara  immagine  della  patria  tòsti,  sempre  al  mio 
fianco,  e  tu  armasti  il  pensiero  di  robuste  penne,  e  tu  infiammasti 
l'anima  e  il  cuore,  e  tu  mi  guidasti  sul  Tebro  a  meditare  gli  esempj 
degli  avi  ed  a  piangere  la  smarrita  virtù  latina.  Bella  come  la  natura 
ti  fece,  io  ti  mostrai,  o  Italia  mia,  ai  popoli  fratelli,  allineile  presi 
dalle  tue  forme  leggiadre  ti  amassero  con  vicendevole  concordia.  Im- 
perciocché passarono   i    tempi    infausti  in  cui  il  Frane.,  e  ri  imo  e  il 


92  EPISODIO    DEL    LIBERALISMO    LOMBARDO 

quel  fatto,  avesse  moderato  le  parole:  ma  l' inquisitore  lo  volle 
arrestato,  e  gli  si  trovò  il  corso  di  Economia  Politica  e  una  massa 
di  carte,  tutte  però  riguardanti  interessi  suoi  in  imprese  com- 
merciali ,  nelle  quali  infelicemente  erasi  avvolto.  In  prigione  si 
ammalò  e  mori. 

Altrettanto  premeva  all'inquisitore  l'arresto  di  Giandomenico 
Romagnosi ,  affinchè  il  processo  acquistasse  gravità  dai  nomi  che 
v'erano  involti.  Più  d'uno  dei  consiglieri  credeva  estremamente 
vaghi  gì'  indizj  a  suo  carico ,  riducendosi  questi  all'avergli  un  tale 
proposto  di  entrai*  carbonaro,  ed  egli  avere  non  solo  ricusato,  ma 
cercato  dissuadere  il  tentatore.  Sapeasi  però  ch'egli  era  principale 
nelle  loggie  massoniche  sotto  il  regno  d' Italia,  e  avea  pubblicato 
il  I  volume  d'un  Progetto  di  Costituzione,  del  cui  secondo  volume 
avea  dato  qualche  notizia  agli  scolari,  cui  insegnava  privatamente. 

La  Commissione  di  terza  istanza,  ai  5  di  giugno  1821,  ordi- 
nava che  "  dovrà  la  prima  istanza  dar  esecuzione  al  decretato 
arresto  senza  illegali   riguardi,  stranieri  alla  giustizia;  con  che 

Sarmato,  troppo  avidi  e  gelosi  di  tue  bellezze,  ti  lacerarono  le  porpore 
e  ti  rapirono  le  gemme ,  ornamento  e  decoro  di  tua  pudica  virtù  ;  e 
mentre  incauta  stendevi  ad  essi  le  candide  braccia ,  per  ricevere  il 
monile  di  amore ,  le  ritirasti  al  seno  livide  e  disonorate  da  servii 
catena.  Ma  la  dolente  memoria  si  perda  delle  antiche  offese ,  e  Dio 
propiziatore  fermar  voglia  il  patto  di  genti  costumate  e  gentili. 

«  Tale  fu  il  tenore  del  mio  insegnamento ,  e  tale  fu  la  morale , 
santa  e  pura  che  fermo  mi  tenne  in  mezzo  a  voi ,  e  che  seguir  voleva 
sino  all'  ultimo  respiro.  Ma  sono  fallaci  i  calcoli  delle  umane  vicende. 

«  Giunto  più  che  a  mezzo  il  cammin  della  vita ,  e  negli  inclinati 
miei  giorni  e  nel  più  crudo  imperversar  della  fortuna ,  io  abbandono 
l'adorato  culto  della  sapienza.  Nuovo  Entello  dopo  lunga  stagione  so- 
spendo a  queste  pareti  il  cesto  votivo,  e  le  corone  vi  appendo  che  di 
vostra  mano  mi  cingeste.  E  poiché  è  negata  a  me  la  consolazione  di 
Socrate  di  raccomandare  il  mio  spirito  a  fedeli  miei  discepoli ,  io  dn 
voi  mi  divido,  e  vi  lascio  il  bacio  dell'amicizia,  e  voi,  dolcissime 
cure  del  cuor  mio ,  onorate  il  maestro  serbando  inviolata  la  memoria 
delle  sue  dottrine  e  de'  suoi  consigli ,  onorate  il  padre  e  l'amico  spar- 
gendo una  lagrima  di  gratitudine  e  di  amore  ». 

In  questa  e  in  tutte  l'altre  produzioni  che  rechiamo,  voglia  calcolarsi 
la  data  di  50  anni  fa,  e  del  tempo  ove  ci  si  rinfaccia  ogni  dì  che  eravamo 
morti  o  addormentati. 


ADEOTATO    RESSI    E   ROMAGNOSI  93 

non  le  sarà  tolto  di  usare  al  vecchio  imputato  quel  più  conve- 
niente trattamento  che  all'età  e  alla  sua  salute  è  dovuto ,  e  dalla 
legge  e  dall'umanità  comandato  ». 

Le  molte  patenti  di  Franchi  muratori  che  conservava  non  po- 
teano  essergli  imputate ,  come  anteriori  alla  sovrana  dichiarazione: 
dall'esame  de'  suoi  scolari  nulla  potè  cavarsi  che  lo  gravasse  ;  la 
scrittura  che  stese  a  propria  difesa  io  l'ho  altrove  pubblicata, 
come  pubblicai  l'atto  pel  quale  come  innocente  fu   dimesso   (1). 

1  Nella  Vita  del  Romagnosi  fra  i  Contemporanei,  e  ne\V  Archivio 
Storico  Lombardo.  Gii  si  faceva  colpa  d'aver  avuto  come  allievo  predi- 
letto Gi  >  Sovera-Lattu-ida  di  Pontecurone,  giovane  caldissimo  dell'  indi- 
pendenza, che  nella  rivoluzione  del  1814  avea  servito  assai  a  diroccare  il 
regno  d'Italia:  poi  fu  involto  nella  cospirazione  militare  del  1815,  e  avea 
preparato  un  povero  sbozzo  di  costituzione. 

Sul  suo  libro  della  Costituzione  ecco  un'  informa/ione  della  Polizia  : 

L'  opera  intitolata:  Della  costituzione  di  una  Monarchia  Nazio- 
nale Rappesentativa,  della  quale  Vostra  Eccellenza  si  degnò  tener- 
mi discorso  è  produzione  del  Sig.  Giovanni  Domenico  Romagnosi  pro- 
fessore d'alta  Legislazione  nelle  scuole  speciali  di  questa  città. 

«  Egli  dichiarò,  nelF  unito  esame  al  quale  fu  assoggettato,  di  avere 
intrapresa  tale  opera  tino  dall'anno  1813;  e  di  averla  in  seguito  con- 
tinuata con  quella  calma  e  con  quella  tranquillità  con  cui  si  scrive 
qualunque  opera  accademica,  essendo  essa  meramente  teoretica ,  e  re- 
lativa ad  un  argomento  universalmente  agitato  in  tutta  l' Europa  ,  ed 
aggiunse  che  viveva  certo  di  non  incontrare  la  censura  delle  Autorità, 
perch  -  nulla  vi  si  trova  che  offenda  il  Sovrano,  lo  Stato,  la  religione, 
ed  i  costumi.  Egli  poi  sostiene  di  non  avere  di  tale  opera  ordinata  , 
né  fatta  seguire  la  stampa ,  e  dice  che  avendone  resi  ostensibili  i  fo- 
gli manoscritti  ad  alcuni  suoi  amici,  uno  di  questi,  forse  nell'idea  di 
fargli  cosa  grata,  ne  fece  eseguire  la  stampa ,  e  gliene  rimise  col 
mezzo  di  un  lacchino  otto  o  dieci  copie ,  tre  o  quattro  delle  quali  fu- 
rono da  esso  lui  date  a  prestito  e  a  dono  ad  alcune  persone ,  rite- 
nendone ancora  sei ,  le  quali  suggellate  furono  provvisoriamente  dalla 
Polizia  lasciate  in  custodia  al  Sig.  Romagnosi,  con  diffidazione  di  con- 
servarle lino  ad    ulteriore  disposizione   di  questa  Direzione    generale. 

«Invitato  a  manifestare  la  persona  che,  servendosi  del  suo  mano- 
scritto, fece  seguirne  la  stampa,  protestò  di  non  avere  cooperato  in 
nulla  nò  per  la  stampa  né  per  l'introduzione  nello  Stato  di  detta 
opera  ,  e  dichiar  »  che  la  sua  morale  non  gli  permette  di  fissare  avanti 
l'Autorità  l'una  piucehè  l'altra  persona  che  pos<a  avere  effettuata  la 
stampa  a   costo  anche  di  assumere  sopra  di   sé  ogni  responsabilità  , 


94  EPISODIO    DEL   LIBERALISMO   LOMBARDO 

Varj  suoi  articoli  contiene  il  Conciliatore,  e  specialmente  uno 
sulla  poesia  considerata  rispetto  alle  diverse  età  delle  nazioni , 
che  comincia:  «  Sei  tu  romantico?  no.  Sei  tu  classico?  no.  Che 
cosa  dunque  sei?  Sono  ilichiastico ,  cioè  adatto  alle  età  ».  Certa- 
mente fanno  poco  autorità  in  letteratura;  anzi  Ermes  Visconti 
lo  introdusse  come  interlocutore  in  un  dialogo  sulle  unità  dram- 
matiche, con  Francesco  Lamberti ,  Vigano  coreografo ,  Paesiello 
musicante:  e  gli  dà  la  parte  d'oppositore  alle  nuove  dottrine. 

Era  inoltre  acciaccoso.  Le  sue  relazioni  con  personaggi  in- 
fluenti sotto  il  passato  regime  erano  di  semplice  amicizia.  «  La  sua 
condotta,  d'uomo  alieno  da  ogni  briga,  amante  del  ritiro  e  della 
quiete,  più  necessaria  stante  l'infelicissimo  suo  stato  fisico.  Pro- 
fessa principj  liberali,  e  sceglierebbe  il  regime  costituzionale,  e 
tali  massime  professò  sotto  il  cessato  governo,  ma  del  resto  fu  co- 
stantemente parco  e  prudente  nel  parlare ,  leale  ed  incorrotto 
ne'suoi  consigli  ».  Scrisse  qualche  articolo  nel  Conciliatore,  ma  non 
sapeasi  quale.  Fattagli  una  minuta  perquisizione,  nelle  moltissime 
carte  non  s'eran  trovate  che  pochissime  corrispondenze  ;  «  e  pro- 
fessore e  consulente ,  ben  poco  tempo  doveagli  sopravanzare.  Ne 
per  forze  fisiche  né  per  audacia  o  per  mente  straordinariamente 
savia  ed  eloquente  poteva  esser  di  pericolo  in  momenti  di  cospi- 
razione: e  il  suo  flemmatico  carattere   tutt'altro  indica  che    ten- 

essendo  egli  d'opinione  che  si  tratta  di  cosa  innocente,  sulla  quale 
non  può  paventare  il  rigore  della  Legge.  Egli  è  d'avviso  che  la  stam- 
pa sia  seguita  in  Lugano ,  e  si  protesta  insciente  del  numero  degli 
esemplali  sortiti  dai  torchi ,  e  del  modo  con  cui  furono  introdotti 
nello  Stato  ,  ed  assicura  sull'  onor  suo  di  non  averne  smerciar  o  al- 
cuno, toltone  le  succennate  poche  copie  che  regalo  ad  alcuni  suoi 
amici  non  nominati. 

«  Egli  e  nativo  Piacentino,  e  da  dieci  anni  circa  venne  al  servizio 
del  Regno  d' Italia.  Distinto  per  cognizioni  nella  giurisprudenza,  entrò 
nel  Ministero  della  Giustizia  ,  ed  era  consiglière  privato  del  Ministro. 
Ebbe  in  seguilo  la  cattedra  d'alta  legislazione,  e  mostrò  in  ogni  oc- 
casione di  esser  uomo  di  molti  talenti  e  di  molta  esperienza.  Era 
attaccato  al  passato  ordine  di  cose  in  quella  guisa  che  lo  deve  essere 
un  impiegato  fedele  ;  sentimenti  eguali  gli  sono  di  guida  anche  sotto 
il  Governo  Austriaco. 

«  Apparteneva  però  alla  Loggia  Massonica  il  Grand' Oriente  d'Italia. 

Milano ,  li  1 1  Gennaio  1817. 


CONFALONIERI  95 

denza  o  possibilità  a  passi    audaci,  né  ha  facilità  e  chiarezza  di 
esprimersi  »  (1). 

Ma  il  Salvotti  trovava  che  le  scritture  del  Romagnosi  «  rac- 
chiudono massime  politiche  perniciose  e  antisociali;  vi  si  predica 
la  ribellione,  e  vi  si  manifesta  e  sviluppa  il  diritto  che  hanno  i 
popoli  di  ricuperare,  colla  forza  e  coll'esterminio  eziandio  dei  so- 
vrani, i  vantati  loro  diritti  ».  Soprattutto  fece  notare  un  passo 
del  suo  libro  sulla  Costituzione  d'una  monarci i in  rappresentativa 
ove  diceva  che  «  quando  la  sedizione  si  estende  a  tutta  la  na- 
zione, chiamasi  insurrezione  ;  e  i  pubblicisti  osservano  che  allora 
non  esiste  più  il  delitto  di  ribellione  (2)  ;  e  la  sedizione  antece- 
dente venendo  a  far  parte  deli'  insurrezione ,  e  confondendosi  con 
essa,  diventa  un  atto  solo  con  quella  di  tutta  la  nazione.  Da  ciò 
si  può  giudicare  della  giustizia  o  ingiustizia  della  condanna  di 
Labedouyère  e  del  maresciallo  Ney  ». 

XIII.  E  tempo  che  parliamo  di  chi  figurò  tra  i  primi  all'azio- 
ne e  al  martirio ,  Federico  Confalonieri  (3). 

E  nota  la  parte  infelice  che  egli  prese  nei  tumulti  milanesi 
del  20  aprile  1814,  dove  mostrossi  medicissimo  del  governo  italo- 
franco,  sino  a  impedire  le  speranze  che  s'aveano  di  conservarlo. 
A  propria  difesa  pubblicò,  fuor  di  Stato,  due  opuscoli;  del  che 
disapprovandolo,  il  Governo  lo  obbligò  a  ritirarsi  in  qualche  sua 
campagna  a  scelta.  Non  era  uomo  di  alto  ingegno,  neppur  di 
voglie  generose;  ma  la  sua  ricchezza  e  la  parte  avuta  in  quei 
lutinosi  fatti  lo  faceano  considerare  come  capo  parte.  «  I  viaggi 
all'estero  (come  dice  Salvotti  a  proposito  di  Giorgio  Pallavicini) 
erano  costume  di  pressoché  tutti  i  distinti  giovani  di  questo  paese  ». 

Fin  nel  1817 ,  monsignor  Pacca ,  governator  di  Roma ,  scri- 
veva questa   lettera    Confidenziale  : 

II  Sig.  Conte  e  Contessa  Confalonieri ,  partiti  da  Milano  nel  mag- 
gio 18 IG  diretti  per  la  bassa  Italia,  passarono  per  Parma,  ove  videro 

(1)  Rapp.  del  Goheausen  20  luglio  1S21. 

(2)  Già  nel  1775  il  celebre  articolista  Wilkes  ovea  detto'alla  Camera 
inglese  :  «  Quando  la  resistenza  è  coronata  dall'esito  non  è  più  una  ri- 
volta ,  ina  una  rivoluzione  r>. 

(3  I  suoi  processanti,  a  piede  della  sentenza  si  diedero  premura  di 
notare  che  il  titolo  di  conte  non  gli  si  competeva. 


96  EPISODIO    DEL   LIBERALISMO   LOMBARDO 

tutti  i  personaggi  di  quella  Corte  ;  transitando  per  Bologna  si  videro 
ivi  la  più  cattiva  compagnia ,  e  furono  trattati  dalla  celebre  Marti- 
netti; passarono  indi  per  Roma  per  fissarsi  per  qualche  mese  in  Na- 
poli ;  1'  equivoca  loro  condotta  in  quella  capitale  sarà  ben  nota  al  Go- 
verno Austriaco,  come  ancora  sarà  ncto  il  viaggio  fatto  dal  Conte 
Federico  in  Sicilia  ed  in  Pizzo;  verso  la  metà  di  quaresima  questi 
due  viaggiatori  si  condussero  in  Roma  ,  ed  immediatamente  spiega- 
rono la  più  stretta  relazione  col  Cavaliere  Tambroni ,  che  si  potè  ve- 
ramente chiamare  il  caro  compagno  indivisibile,  il  quale  d'altronde  è 
qui  legato  con  tutte  le  persone  equivoche  ;  dei  signori  milanesi  le  più 
intrinseche  conferenze  erano  con  il  Colonello  Serbelloni ,  col  Conte  Ci- 
cogna ,  il  Contino  Archinto  ed  i  coniugi  Confalonieri.  Questi  signori 
visitavano  anche  frequentemente  il  Conte  Resta  milanese,  ma  non  tanto 
per  abboccarsi  con  esso  ,  quanto  per  vedere  e  confabulare  col  noto 
Marchese  Cortese  di  Modena,  deciso  nemico  dell'attuale  sistema  di  cose. 

I  discorsi  che  si  facevano  tra  tutti  gì'  individui  sopraccennati ,  e 
che  erano  applauditi  non  solo  ,  ma  anche  istigati  dal  Sig.  Cavaliere 
Tambroni ,  non  erano  diretti  che  a  mostrare  quanto  era  infelice  il 
presente  stato  d'  Italia ,  e  quanto  erano  più  felici  i  popoli  sotto  i  pas- 
sati governi  francesi ,  e  tutti  i  loro  voti  non  erano  diretti  che  a  ve- 
der risalire  (com'  essi  dicevano)  la  gloria  nazionale  dell'  Italia.  Questi 
discorsi  si  facevano  riservatamente ,  sebbene  in  pubblico  ancora  non 
si  lasciava  di  far  dei  discorsi  anche  perniciosi ,  giacché  il  loro  tuono 
non  era  che  quello  del  sarcasmo,  e  diretto  a  ridicolizzare  lutte  le 
misure  degli  attuali  governi ,  e  specialmente  dell'Austriaco.  Fra  tutti 
i  Milanesi  però  quello  che  in  questo  genere  di  discorsi  superava  tutù 
gli  altri  nell'  imprudenza  era  il  Sig.  Colonnello  Serbelloni. 

In  generale  tutti  i  sopraccennati  viaggiatori  si  sono  qui  dimo- 
strati intrinsicamente  legati  con  tutti  gl'Inglesi  del  partito  d'opposi- 
zione ,  e  tutti  hanno  ,  sebbene  con  qualche  riserva ,  fatte  delle  visite 
ai  Membri  della  famiglia  Bonaparte,  ed  hanno  con  grandissimo  deside- 
rio cercato  d' incontrarsi  con  il  Sig.  Conte  Re  (agente  del  Beauharnais)  ; 
le  compagnie  che  essi  vedevano  non  erano  moltissime,  giacché,  molto 
tempo  lo  passavano  tra  di  loro ,  e  cogl'  Inglesi  ;  nel  rimanente  anda  ■ 
vano  nelle  grandi  società ,  ma  ivi  non  si  associavano  che  con  persone 
note  per  i  loro  principi  d'indipendenza,  e  perciò  varj  di  quelli  si- 
gnori Milanesi  hanno   fatta  la  loro  corte  alla   Sig.  Marchesa  Sagrati. 

In  generale  la  loro  parola,  si  puoi  dire  di  passo,  è  che  questa 
epoca  si  deve  chiamare  quella  della  schiavitù. 

II  Conte  Confalonieri  ha  detto  nel  partire  eh'  esso  tornava  a  Mi- 
lano per  bisogno  de' suoi  interessi,  ma  che  avrebbe  fatto  il  possibile 


CONFALONIKRI  Mi 

di  ottenere  nuovo  passaporto   onde  poter  ululare  in   paesi,   ne' quali 
si  possa  con  ragione  dire  che  si  viva. 

Con  il  Coni,  Resta  è  partito  il  Marchese  Cortese,  il  quale  era 
con  vivo  desiderio  atteso  a  iMilano  dal  Marchese  Tassoni. 

Il  Contalunieri  vide  i  centri  della  civiltà  europea:  in  In- 
ghilterra conobbe  persi  maggi  imp  )rtanti ,  frequentò  la  Casa  Hol- 
l.i ut!  (1),  e  fu  introdotto  in  quelle  loggie  massoniche,  senza, 
(com'egli  asserisce)  esservi  aggregato.  Possiamo  qui  riportare  una 
lettera,  allora  a  lui  diretta  da  Ugo  Foscolo,  finora  inedita. 

Giovedì ,  ore  3. 
Sig.  Conte  Carissimo , 

Da  lunedì  in  qua  stava  aspettando  e  sperando  d'ora  in  ora  ch'ella 
tornasse  —  Lascerei  le  carte  qui,  se  alcune  non  fossero  di  tal  sorte 
da  noi i  essere  fidate  in  una  locanda  —  Starei  qui,  se  non  fossi  incal- 
zato dal  lavoro ,  e  dall'obbligo  di  terminarlo  a  mezzo  dicembre  ;  e 
l' indugio  d  un  solo  giorno  mi  produrrebbe  molto  sconcerto  d' interesse 
e  di  decoro.  —  Pero,  signor  Conte  mio  ,  m'affretto  a  partire  ;  e  spero 
ch'ella  farà  una  corsa  sino  a  Celsey  —  anche  per  salutare  la  bella 
Lucia  ,  che  davvero  parla  —  davvero  —  spesso  di  lei.  S'ella  mi 
porterà  sei  copie  del  mio  Progetto  di  giornale ,  mi  farà  iàvore.  — 
Così  pure  non  si  dimentichi  di  lasciarmi  la  noterella  delle  specie  dei 
libri  che  dovrò  spedirle  di  mano  in  mano  che  usciranno  —  e  non 
foss'altro  ,  mi  scriva  un  addio. 

Tutto  suo 
Ugo  Foscolo. 

In  patria  il  Confai onieri  si  occupò  assai  delle  scuole  di  mu- 
tuo insegnamento ,  come  vedemmo  ;  di  fondar  qui  un  bazar  (2)  e 

(1)  Holland -house ,  palazzo  nel  cuore  della  Londra  moderna,  cir- 
condato da  un  gran  parco  di  fresche  praterie  e  di  alberi  secolari,  ove  un 
tempo  abitava  Fox,  poi  dal  1802  al  40  lord  Holland,  attorno  a  cui  radu- 
navasi  il  partito  wigh ,  ne  c'era  straniero  di  qualità  che  non  cercasse 
d'  esservi  presentato. 

(2)  A  proposito  del  bazar,  Cesare  Bianchetti  da  Bologna,  il  29  mar- 
zo 1820  scriveva  al  Confalouieri  : 

Mi  congratulo,  che  il  vostro  Bazar  sia  andato  col  vento  in  poppa, 
come  voi  vi  esprimete,  a  Vienna;  non  è  dunque  meraviglia  se  questo 
vento  sia  stato  contrario  al  trasporto  del  battello  a  vapore  ;  il  quale 
però  spero  che  a  quest'ora  sarà  a  Venezia.  Le  nuove  di  Spagna  sono 
decise ,  e  me  ne  congratulo  con  tutti  gli  amici  non  della  licenza  . 
Arch.,  3.a  Serie  ,  Tomo  XXIV.  7 


98  EPISODIO   DEL   LIBERALISMO   LOMBARDO 

dei  miglioramenti  all'agricoltura ,  e  ne'  Georgofili  di  Firenze  si 
lesse  una  sua  relazione  sopra  quelle  scuole  e  sopra  la  coltura  del 
lino.  Non  veniva  a  Milano  distinto  forestiere  che  non  volesse  es- 
sergli presentato,  principalmente  quegli  inglesi ,  fra  cui  Byron , 
Shelley,  Landor,  pei  quali  l'Italia  era  stato  un  paese  fin  allora 
chiuso  dalla  politica-  e  dalla  guerra  :  e  Confalonieri  teneva  este- 
sissima corrispondenza,  e,  ciò  eh' è  pericolosissimo  a  un  cospi- 
ratore ,  notava  tutti  i  luoghi  ove  fu  e  le  persone  che  vide. 

Varie  lettere  gli  dirigeva  anche  il  principe  di  Carignano , 
maestro  provetto  nell'arte  della  simulazione ,  come  lo  chiama  il 
Bianchi  suo  panegirista  (1)  ;    e   sole    riguardavano  le   scuole ,  e 

ma  cogli  amici  di  quell'ordine  di  cose  che  toglie  ai  sovrani  il  mezzo 
di  opprimere  e  di  scorticare  i  proprj  sudditi.  E  quel  p....  di  Pezzi  il 
gazzettiere)  cosa  dirà  sul  suo  giornale  che  è  tanto  screditato  da  noi  in 
Bologna  '.  ove,  la  Dio  mercè,  vengono  non  di  contrabbando,  ma  pubblica- 
mente per  la  posta,  la  Minerva,  il  Liberale,  e  quanti  altri  giornali  si 
vogliono.  Benedetto  questo  governo  nostro,  almen   per  questa  parto  ! 

Addio  .  caro  Federico ,  sempre  colla  fiducia  che  mi  avviserete 
quando  passerete  per  il  Ponte  Lago  Scuro  ,  che  non  è  né  ponte ,  né 
lago  ,  né  scuro. 

(1)  Un  confidente  austriaco  il  2  maggio  1818  scriveva  : 

«  Il  Principe  di  Carignano,  che  è  l'oggetto  del  vergognoso  di- 
sprezzo della  Regina  ,  è  idolatrato  in  tutto  il  Piemonte  ,  come  è  amato 
il  Duca  del  Genevese  ;  e  lo  è  tanto  di  più  perchè  accarezza  il  Prin- 
cipe suddetto ,  e  perchè  generalmente  vuoisi  che  segretamente  abbia 
di  già  abdicato  alla  Corona  a  favore  del  detto  Principe,  avvenimento 
che  farebbe  esultare  la  Nazione  Piemontese ,  che  ripone  nel  Giovine 
successore  al  Trono  le  sue  speranze,  e  per  avere  un  Governo  Costi- 
tuzionale 9  per  ottenere  un  ampliamento  di  Stati ,  che  già  presagi- 
scono, ed  attendono  dal  Medesimo  e  dalle  mosse  guerriere  e  politiche 
danno  delli  Stati  vicini. 

«Ciò  che  è  certo,  che  il  detto  Principe  coltiva  tutti  i  militari,  ed 
è  il  protettore  di  quelli  che  professano  i  principj  liberali.  So  di  più 
da  persone  che  lo  avvicinano  con  confidenza  .  che  è  egli  tanto  caldo 
nelle  opinioni  avanzate  che  spesso  i  suoi  Amici  sono  con  lui  in  contra- 
sto onde  frenare  la  sua  effervescenza,  quale  nel  momento  facilmente 
lo  condurrebbe  ad  imprudenti,  e  fetali  risoluzioni. 

«  Dal  fin  qui  detto  rileverà  l'È.  V.  che,  non  esistendo  la  setta  delli 
A  del  fi  ,  in  luogo  di  quella  evvi    il  partito  che   si  può  dire  universale 


NPAL0NIER1  99 

raccomanda  vagli  persone  in  cai  diceva  avesse  fede  per  le  noti- 
zie che  darebbero  ;  il  lodava  del  suo  adoprarsi  pel  ben  pubblico, 
quant'egli  pigliasse  interesse  per  la  prosperità  e  la  gloria  d' Italia, 
per  la  quale  esso  avrebbe  sempre  cooperato  coi  buoni. 

La  direzione  della  Polizia  il  20  maggio  1820  scriveva  al 
Governatore  di  non  putir  applaudire  alla  istituzione  delle  scuo- 
le lancastriane ,  perchè  messe  in  mano  di  persone  pericolose, 
quali  Porro,  Confalonieri ,  Mompiani,  Ugoni,  Arrivabene  che 
hanno  una  sola  tendenza,  l'indipendenza  d'Italia  e  la  Costitu- 
zione, e  vagheggiano  tuttociò  che  tende  ad  esaltare  lo  spirito 
nazionale.  Quei  metodi  poi  voglion  guidare  la  gioventù  a  qual- 
cosa di  jji"  sublime  di  quello  che  in  fatto  può  meritare  la  con- 
dizione degli  operaj  e  de'  giornalieri.  Trovava  poi  strano  che , 
nella  preghiera,  si  deviasse  dalla  solita  orazione  domenicale  (1). 

a  favore  del  d.°  Principe,  che  può  produrne  conseguenze  assai  più  se- 
rie della  lega  Adelfa  se  esistesse ,  giacché  i  seguaci  e  li  adoratori 
infiniti  di  Carignano  sperano  e  coltivano  l'idea  che  egli  sia  un  Genio 
che  abbia  da  condurre  la  Nazione  Piemontese  a  trionfare  di  tutti ,  ed 
a  portare  particolarmente  la  rigenerazione  all'Italia,  e  si  lusingano 
che  questa  epoca  non  sia  tanto  lontana  ,  e  mediante  la  sperata  solle- 
cita morte  del  Re,  e  la  certa  abdicazione  del  Duca  successore  al  Trono  ». 
(1)  In  principio  delle  scuole  si  recitava: 

«  Onnipossente  Iddio ,  principio  e  fine  delle  create  cose ,  auspice 
supremo  della  nostra  istituzione  ;  la  tua  luce  benefica  illumini  la  no- 
stra mente,  e  sia  frut.o  delle  nostre  operazioni  la  tua  gloria,  l'esal- 
tazione della  santa  Chiesa  e  la  prosperità  nazionale  ». 

Dappoi  si  sostituì  quest'  inno  ,  che  credo  di  Gio.  De  Cristoforis. 
Fra  noi  dall'etere  Come  fra  i  cantici 

Scendi  invocato  ,  Dei  servi  accolto, 

O  del  creato  In  fiamme  sciolto 

Padre  e  signor.  Scendesti  un  dì , 

11  core  accendine,  Così  qui  scendine 

Desta  il  pensiero  l.Iistico  fuoco, 

Tu  primo  vero  ,  Ingombra  il  loco 

Tu  eterno  amor.  Di  te  così. 

Il  delegato  di  Brescia  Mazzoleni  giustifica  pienamente  la  istituzione 
delle  scuole  alla  Lancaster,  per  il  buon  esito  e  per  la  bontà  del  Mompiani. 
Solo  l'orazione  parevagli  troppo  filosofica  e  sentire  di  deismo  più  che  di 
cattolico  ;  proclamarsi  l'eguaglianza  degli  uomini.  In  somma,  come  tutti  i 
Governi  tirannici  l'austriaco  avea  paura  del  libero  insegnamenti. 


100  EPISODIO    DEL^LIBERALISMO    LOMBARDO 

Filippo  Ugoni ,  altro  de' promotori  delle  scuole  lancastriane 
e  che  n'aveva  fondata  una  a  Pontevico,  scriveva  al  Confalouieri  ; 

Amico  Pregiatissimo  , 

Voi  l'avete  fatta  bella  per  Dio ,  e  non  solo  a  me,  ma  a'  miei  ra- 
gazzi ed  a  voi  stesso,  se  ve  lo  debbo  dire.  A  me,  perchè,  aspettandovi, 
a  Pontevico,  non  vi  ho  potuto  vedere  né  là,  né  a  Brescia;  a'  miei  ra- 
gazzi, che  amandovi  e  stimandovi  per  quanto  gliene  ho  detto  io,  de- 
sideravano anche  di  conoscervi  personalmente  ;  ed  a  voi  stesso  perchè 
vi  siete  tolto  il  piacere  di  vedere  una  scuola  ben  condona  ;  vedete  super- 
bia !  Alla  mia  partenza  da  Pontevico  i  parenti  del  giovane  Gemo,  ve- 
nuto a  Milano  e  da  me  a  voi  raccomandato  ,  non  sapevano  per  anco 
se  tosse  o  no  accettato  alle  lezioni  del  conservatorio,  e  m'  hanno  pre- 
gato di  volervi  scrivere  per  questo.  Io  non  dubito  della  vostra  pre- 
mura per  questo  bravo  giovanetto  ,  e  vorrei  che  mi  taceste  la  grazia 
di  scrivermene  qualche  cosa,  a  quiete  della  di  lui  famiglia.  Speditemi, 
ve  ne  prego,  i  cartelloni  di  massime  già  stampati  (i) ,  che  ne  ho  gran 
bisogno.  Per  mezzo  di  Mompiani  vi  manderò  un  nuovo  sillabario  per  le 
scuole  alla  Lancaster,  stampato  dal  sig.  Raineri  di  Cremona,  che  me 
ne  ha  fovorite  parecchie  copie  ,  ed  una  espressam  nte  per  voi.  Quei 
sigg.  Cremonesi  pare  che  abbiano  poca  buona  intenzione  ;  aspettano 
tutto  dal  Governo  e  non  sanno  che  il  Governo  vorrebbe  pur  gloriarsi 
di  vedere  i  suoi  sudditi  fare  il  bene  di  propria  loro  volontà,  senza 
esservi  spinti  a  forza. 

Salutatemi  gli  amici  e  valetevi  de'  miei  servigi  se  alcuno  posso 
prestarvene. 

Brescia,  24  aprile  ,  1820. 

(1)  Nella  classe  IX  davansi  a  leggere  agli  scolari  alcune  tabelle  di 
massime  morali  ch'erano  19.  P.  E.  Obbedite  a  l'io,  al  re,  alla  legge  - 
Se  Dio  è  con  voi,  chi  contro  ?  -  Temete  le  lodi  degli  stolti.  -  Il  valor 
del  saggio  sta  nel  saper  generosamente  reprimere  la  violenza  delle  proprie 
passioni.  —  È  stoltezza  il  parlar  di  ciò  che  s'ignora,  ma  è  maggior  pazzia 
il  biasimar  ciò  che  non  si  conosce.  Non  usare  è  lo  stesso  che  non  avere. 

«  Il  buon  cittadino  si  fa  debito  di  osservar  fedelmente  la  legge    Ess 
riguarda  tutto  il  mondo  come  sua    patria  ,    nel  desiderio    di    contribuire 
alla  prosperità  generale  ,  e  di  essere  utile   a'  suoi   simili  e  qualunque  sia 
la  nazione  a  cui  essi  appartengono 

«  Il  vero  filosofo,  cioè  il  buon  cristiano,  riguarda  il  mondo  come  sua 
patria,  e  il  genere  umano  come  sua  famiglia  »    Molte  sono  della  Bibbia. 


GONFALONI E RI  101 

Ed  esso  Confatomeli  a  Cammillo  Ugoni: 
Carissimo  amico , 

Non  so  se  più  per  il  piacere  di  darvi  il  buon  viaggio  o  per  sod- 
disfare al  vero  impegno  che  con  voi  contrassi  riguardo  al  darvi  le 
ultime  nuove  correnti ,  qui  in  piedi,  dalla  casa  del  mio  buon  De  Pre- 
me, a  cui  do  gli  ultimi  dolorosi  congedi  ,  vi  slancio  queste  poche  li- 
nee. Una  lettera  di  Torino  annunziava  che  il  18,  quando  la  Commissione 
presentò  il  rapporto  sulla  legge  per  sottoporre  a  censura  i  giornali, 
la  Camera  [francese)  passò  la  legge  per  acclamazione,  o  meglio  io 
direi  pei-  tumulto.  1/  i stesso  corrispondente  scrive  che  non  dubitasi 
che  anche  le  altre  leggi  passeranno ,  giacché  la  pluralità  della  Camera 
è  dichiarata  a  favore.  Le  notizie  di  Spagna  sono  buone;  sembra  indu- 
1  >ir  ito  che  Cadice  si  è  arresa  il  1  febbrajo.  La  truppa  è  tutta  nel  buon 
partito,  e  quantunque  il  nocciolo  dell'insorgenza  non  sia  vasto,  non  vi 
hanno  però  truppe  riunite  per  domarlo.  Le  lettere  di  Francia  arrivate 
questa  mattina  non  sono  ancora  distribuite;  seppi  per  altro  da  uno 
dei  nostri  amici  che  si  son  prese  molte  misure  forti  per  prevenire 
qualunque  movimento  popolare  in  Parigi.  I  fondi  pubblici  sono  assai 
decaduti  ;  la  costernazione  ed  il  fremito  è  universale  :  se  le  leggi  pas- 
sano ,  come  non  ne  dubito  ,  aspettiamoci,  caro  amico",  ad  una  rivolu- 
zione in  Francia  fra  tre  mesi:  essa  non  può  mancare  qualora  non  re- 
trocedasi dalle  misure  ch'ora  si  prendono. 

Ecco  il  poco  che  a  quest'ora  vi  posso  dire  ;  accoglietelo  per  altro 
come  prova  del  molto  che  per  ogni  occasione  bramerei  fare  in  vostro 
servizio.  Addio,  mio  ottimo  amico  :  mi  duole  che  avrete  delle  brighe 
in  leggermi. 

Torino ,  ad  un'ora  dopo  mezza  notte. 

Vostro  off.  amico 

F.   CONFALONIERI. 

PS.  Direte  a  vostro  fratello  che  mi  sona  male  questa  sua ,  che 
non  gli  hanno  mandato  il  pacchetto  che  aveva  ordinato,  contenente 
varie  suppellettili  della  scuola  secondo  l'intelligenza,  ma  che  lo  rag- 
giungerà tosto  a  Brescia ,  e  più  completo. 

Ed  al  Mompiani: 

Carissimo  amico , 

Milano,  li  30  novembre  1821. 

Ho  ricevuto,  alcuni  giorni  sono,  una  tua  lettera  da  Leno  che  mi 
produsse  l'effetto  della  manna  del  deserto  ad  uomo  abbattuto  e  lasso. 


102  EPISODIO   DEL   LIBERALISMO   LOMBARDO 

Non  è  già  la  mia  salute  (benché  ancor  non  del  tutto  ferma)  che  mi 
riduca  a  questo  stato  ,  ma  son  molte  cause  morali  che  agiscono  da 
lungo  tempo  sul  mio  animo,  e  che,  sopite  quasi  e  rese  indolenti  dalla 
dolce  quiete  e  dall'oblio  della  campagna  ,  sonosi  ora  più  che  mai  ri- 
sacerbate  e  rincrudite  in  me,  dacché  son  rientrato  in  questa  cittadi- 
nesca fogna.  Che  vuoi ,  mio  caro  amico  ?  Fra  tutti  i  disinganni  delle 
umane  vicende  il  più  duro  ed  il  più  doloroso  a  sopportarsi  egli  è 
quello  delle  persone.  L' influenza  delle  cose  e  delle  vicende  si  risguarda 
nella  vita  come  la  mano  inevitabile  del  destino,  ma  i  fatti  che  di- 
pendono dalle  persone  non  ponno  considerarsi  che  come  1'  immediato 
risultato  della  virtù  o  della  bassezza  della  umana  razza,  e  tutto  ciò  che 
tende  a  persuaderci  dell'  immenso  predominio  di  quest'ultima  riesce 
sovranamente  a  prostrare  le  nostre  forze  ! 

Ma  se  è  doloroso  questo  sentimento ,  da  esso  ne  emerge  almeno 
qual  farmaco,  il  più  squisito  godimento  dei  preziosi  rapporti  d'un' in- 
contaminata amicizia,  i  quali  tanto  più  debbono  stringersi  quanto  più 
si  ha  ragione  ogni  dì  più  diminuirne  e  concentrarne  il  numero.  Eccoti 
un  cenno  ,  fra  i  tanti  di  cui  pur  mi  sarebbe  dolcissimo  il  trattenerti, 
dello  stato  dei  miei  sentimenti  in  genere ,  e  di  quelli  che  particolar- 
mente provo  allorché  teco  mi  trattengo. 

Ma  tu  conoscerai  per  prova  quanto  ,  in  questi  eflondimenti  del- 
l'animo siamo  insofferenti  d'ogni  limitazione  o  reticenza:  or  dunque 
come  mai  godere  di  questo  conforto  per  lettere  ,  or  che  le  lettere 
son  manomesse ,  e  le  frasi  innocenti  dell'amicizia  ed  i  voti  santi 
dell'uomo  onesto  sono  fatti  soggetto  d'inquisizioni  e  di  criminalità  ì 
Ti  scrivo  chiaro  e  senza  metafore  questi  miei  sensi,  onde  almeno 
ne  sia  l'interpetrazione  loro,  a  chi  vedralli  probabilmente  prima  di  te, 
di  ovvia  e  chiara  spiegazione ,  e  senza  ulteriori  molestie  possa  la 
lettera  andare  al  suo  indirizzo. 

Dopo  ciò,  poche  righe  aggiungerò  per  dirti  che  la  mia  salute  è 
discreta,  quantunque  non  ancor  del  tutto  confermata  nell'antico  si 
di  grazia:  che  il  mio  domicilio  sarà  per  quest'inverno  fisso  a  Milano, 
qualora  l'asprezza  del  verno,  combinata  collo  stato  di  mia  salute,  non 
m'imponessero  una  necessità  di  cercarmi  clima  più  mite.  Che  se  tu 
troverai  il  modo  di  effettuare  una  gita  fra  noi,  vi  sarai  il  ben  venuto, 
e  se  non  verrai  a  dividere  con  noi  allegria  e  divertimenti  che  non 
abbiamo,  vi  troverai  sempre  l'antica  cordiale  amicizia.  Che  duolmi 
finalmente  assai  che  la  malattia  della  tua  sig.  madre  t'abbia  tolto  di 
venire  a  passare  alcuni  giorni  placidi  con  noi  nelle  nostre  rive  La 
riane ,  che  sicuramente  àvrebber  meglio  convenuto  allo  stato  del  no- 
stro animo  chele  tristi  e  nebulose  della  città. 


i  ONPALONIERI  103 

Mia  moglie  qui  presente  ti  saluta  caramente. 

Cogli  occasione  di  mandarmi,  tosto  che  il  puoi,  la  storia  dei  Qua- 
queri ,  quando  mai  non  fossi  disposto  a  realizzare  la  promessa  di 
presto  portarmela  in  persona.  Dammi  in  ogni  modo  tue  nuove  o 
credimi  tutto  tuo 

Affino  amico 

F.   CONFA.LONIERI. 

Già  di  qui  appare  l'attenzione  che  davasi  agli  scotimenti  di 
Spagna  e  di  Francia ,  e  a  quel  contagio  di  sollevazioni  militari, 
ov' erasi  fatto  il  maggior  delitto,  pervertir  lo  spirito  militare,  e 
convertire  i  generali  in  uomini  di  partito.  La  rivoluzione  di  Na- 
poli eccitò  le  speranze  di  tutta  Italia  (1)  e  del  Gonfalonieri  in 
particolare,  ma  le  notizie  sconsolavano.  Un  diplomatico,  di  sen- 
timenti ben  più  moderati,  gli  scriveva  da  Napoli  il  7  aprile: 

Il  y  a  bien  kngtems  que  j'aurai  du  repondre  à  vòtre  bonne  et 
aimable  lettre ,  mori  cher  Confalonieri ,  car,  malgré  mon  antipathie 
pour  ecrire  qui  va  toujour^  croissant  :  j'aime  à  taire  une  excéption  en 
faveur  de  ceux,  auxquels  ,je  tiens  plus  particulierement  ;  mais  je  vous 
dirai  que  je  ne  savais  trop  comment  vous  repondre  par  la  poste  ,  et 
mème  j'ai  déchiré  deux  ou  trois  lettres,  que  je  n'ai  pas  cru  prudent 
d'envoyer.  Le  Marquis  de  Medici  est  venu  me  dire  dans  ce  moment 
qu*il  part  dans  quelques  heures,  et  je  n'ai  que  le  tems  de  vous  ecrire 
deux  mots.  Vous  savez  que  je  regarde  les  affaires  de  l'Europe  et  celles 
de  notre  monarchie  sans  passion  et  par  conséquent  sans  prévention  , 
hors  un  seid  point:  il  n'est  peut  ètre  de  mème  de  vous  ,  cher  Con- 
falonieri ,  et  il  n'est  pas  éton  ant  que  la  raison  parie  moins  fortement 
lorsque  le  sentiment  eie  ve  la  voix.  Mais,  si  vous  etmoi  pouvions  nous 
convaincre  que  nous  vivons  dans  un  siécle  de  fait  et  non  de  droit , 
qu'il  y  a  de  choses  qui,  pour  ètre  justes,  n'en  sont  pas  moins  impos- 
sibles ,  peut  ètre  pourrions  nous  jetter  un  regard  plus  consolant  sur 

(I)  Quel  barone  di  Stein  prussiano,  che  ebbe  si  efficace  parte  nel- 
l'acquistar  la  libertà  e  l'  unità  germanica ,  da  Milano  scriveva  al  conte 
di  Spiegel  ,  nel  1821  : 

«  Les  idées  dominantes  appartiennent  a  la  politique.  Affranehisse- 
ment  de  la  domination  etrangère ,  fédération  des  États  italiens  ,  où 
unite  d'Italie,  telles  sont  les  idées  qui  préoccupent exclusivement  les 
classes  supérieures.  Mais  comment  un  problème  non  résolu  depuis  la 
chùte  de  1'  Empire  Romain  peut-il  l'etre  dans  les  circonstances  actuel- 
les  ?  Pour  moi,  tout  cela  n'  est  que  le  jeu  d'une  imagination  exaltée  ». 


104  EPISODIO   DEL   LIBERALISMO   LOMBARDO 

la  situation  des  pavs  dans  lesquels  nous  sommes  né?.  Je  suis  loin  de 
me  dissimuler  les  defauts  du  Gouvernement  sous  le  quel  nous  vivons, 
les  nombreux  abus  qui  se  sont  glissés  dans  differente-;  partie  de  l'ad- 
ministration  etc.  etc.  :  mais  je  n'en  \rois  pas  où  les  personnes   et   les 
propriétés  soyent  plus   respectées ,   où    i'opinion    publique    soit   plus 
ménagée ,  et  où  l'homme   qui   respecte  les   lois ,  soit   moins  soumis 
aux  caprices  de  l'autorité.  Et  ce  résultat ,  c'est  d'aprés  les  faits  qu'il 
faut  le  juger:  car  je  vous  avoue  quo,  lorsque  je    suis  emprisonné  et 
condamné  sans  ètre   réguliéremenf  jugé,   il  m'est  assez  egal  que  ce 
soit   par  suite  de  la  suspension  d'une  loi  ,  où  d'une  exception  faite  a 
une  loi.  Tant  que  l'autorité  pourra  prodiguer  de  l'or  et  des  honneurs. 
elle  provoquera  ces  suspensions  et  ces  excéptions  aussisouvent  qu'elle 
le  croira  profitable  à   ses  intèrets ,  et  en  faits  de  gouvernement  j'ad- 
mire  la  theorie ,  mais  je  ne  suis   rassuré  que  par  l'expérience. 
Passant  de  ces  réflexions  générales  aux  obse'rvatidns  particuli 
je  dois  vous  taire  rémarquer  que,  depuis  troisans,  nousavons  fait  pas 
de  géans  vers  un  ordre  de  choses,  tei  que  les  Nations  qui  composent 
une  grande  Monarchie  peuvent  le  désirer,  et  tei  que  l' Empereiìr  Joseph 
l'à  préparé  :  or  vous  m'avouerez  que,  moins  ce  passage  est  violent, 
moins  il  hurte  les  intèrets  individuels,  plus  il  promet  une  existence  so- 
lide et  durable.  I/Angleterre  n'a   pas   de  charte   constitutionelle ,  sa 
Constitution  se  compose  d'une  immensité  de  lois  et  de  bills   modilìés 
d'après  les  temps  et  les  circonstances.  Mais  me  direz  vous  :  où  est  la 
reprèsentation  nationale  ?  Dans  les  trois  quarts   de  la   Monarchie 
éléraens  en  sont  conservés  dans  les  Etats  :    deja  on  commence  à  leur 
donner  plus  de  latitude,  mais   il  faut   achever  Feducation  d'une 
tion  avant  de  la  déclarer  majeure.  Vous  aurez  vu  que  dans  tous  les 
Etats  de  la  Confèderation  Germanique  on  etablit  des  constitutions  fon- 
dées  sur  une  reprèsentation    nationale:   l'Autriche  doit  se  mettre  au 
niveau  dans  les  provinces  qu'elle  déclarera  taire  partie  de   la   Confè- 
deration. Voyez  vous  la  tendance  et  les  resultata  de  cette  mesure  ?  Et 
croyez  vous  que  cette  marche  lente  et  mesurée  ne  eonduise  plus  di- 
rectement  à  un  but  solide,  que  toutes  ces  secousses qui  ébranlent  les 
trónes,  ruinent  les  nations,  détruisent  la   confiance   qui   doit    régner 
entre  les  gouvernans  et  les  gouvernés  ,  et  amenent  pour  résultat    le 
desordre  ou  le  dispotisme?  Mais  gardons  nous  d'aller   au  devant  des 
événemens ,  de  voulolr  en  hàter  la  marche,  de  l'entraver   par  nòtre 
impatience  ou  nò!  re  découragement  :  je  trouve  que  dans  tous  les  I 
les  hommes  de  coeur    et   d'esprit   doivent  se  mettre  en  evidence ,  se 
piacer  dans  les  al'aires,  occuper  les  plaees  qui  leur  conviennent  dans 
la  carrière  admini  strati  ve  et  politique;  c'est  le  -cui  moyend'en  ecarter 


CONPALONIERI  105 

les  sots  et  lei?  fripens  ,  et  je  n'excuse  pas  l'homme  qui,  ayant  des  talens 
il  ìs  connaissances ,  et  une  ame  capable  de  former  et  de  suivre  un 
pian  de  condiate  utile  a  son  pays,  se  soustraii  à  ce  dévoir,  où  par 
des  raisons  de  fortune  ou  de  paresse  ,  où  pour  manifester  son  mécon- 
tentement  de  ce  qui  s'est  passe  où  de  ce  qui  se  passe.  Nous  vivons 
d.ins  un  siede  ci  un  horame  peut  beaueoup  ,  où  la  volonté  morale 
est  un  des  p'us;  grands  Ievins  qui  ruinent  le  monde  phisique ,  el 
qui  dans  des  temps  ordinaires  peut  passer  pour  philosophie  où  amour 
d'une  noble  indépendance  ,  devienl  actuellemei  où   égoisme. 

>uis  vous  parler  ainsi ,  moa  cher  Confalonieri ,  d'autant  plus  que 
je  suis  loin  d'ètre  oont-^nt  de  ma  Tour  dans  ce  moment:  j'ai  tous  les 
droits  de  me  plaindre  et  de  me  croire  negligé,  car,  depuis  trois  ans 
que  je  sers  din*  un  poste  si  epinineux  et  si  difficile  ,  je  n'ai  pas  un 
s  ul  agrément,  car  je  ne  puis  pas  compter  cornine  tei  que  V  Empe- 
r>  ur  ait  donneé  une  des  grandes  charges  de  la  Gallicie  à  un  des 
premiers  seigneur  de  ce  pays,  et  j'ai  eu  quantità  de  petits  etgrands 
désagréraens  ,  dont  celui  de  me  ruiner  n'est  pas  le  moindre.  On  m'a 
promis  une  augraentation ,  on  ne  me  la  donne  pas ,  et  je  n'en  parie 
plus:  on  a  donne  des  Ordres  à  droite  et  à  gauche,  je  n'en  ai  pas  eu 
et  je  ne  m'en  plains  pas ,  car  je  suis  convaincu  qa'une  conduite  noble 
et  mesurée  flnit  toujours  par  produire  de  bons  résultats ,  et  je  ne 
serais  pas  etonné  d'avoir,  un  de  ces  quatre  matins,  le  poste  de  Ber- 
lin où  Pambassade  des  Londres  ;  l'un  et  l'autre  serait  tres  honorable 
et  me  rapprocherait  é^alement  du  but  de  ma  vie.  Voilà ,  mon  cher 
Confalonieri,  une  bien  longue  lettre  :  j'espère  que  vous  y  trouverez  la 
preuve  de  l'amitié  et  de  la  confiance  que  je  vous  ai  vouées  ,  d 
vous  sentez  bien  à  quel  point  il  serait  compromettant  pour  moi  que 
eette  lettre  fòt  vue  par  tout  autre  que  vous  et  votre  femme,  que  j'as- 
s  icie  dans  les  sentimens  que  je  porte,  et  à  la  quelle  vouspouvez  com- 
muniquer  cotte  lettre,  queje  vous  prie  de  bruler  ensuite.  Adieu  mon 
cher  Confalonieri:  avant  de  quitter  1*  Italie,  je  vous  verrai  dans  tous 
les  cas ,  et  je  vous  reitererai  de  vive  voix  l'assurance  d'une  amine 
qui  ne  finirà  qu'avec  ma  vie.  L- 

Quando  scoppiò  la  tardiva  rivoluzione  di  Piemonte,  il  Confa- 
lonieri tro\  avasi  gravemente  malato,  sicché  ebl  te  \  i  i  cciate  di 
sangue.  Nati  sospetti  sul  conto  di  lui,  si  fece  una  perquisizione 
alla  casa  sua  il  1  luglio  1821,  e  vi  si  trovarono,  fra  il  resto,  ben 
74  Lettere  .  la  cui  pubblicazione  sarebbe  'li  grande  interesse  pel 


106  EPISODIO   DEL    LIBERALISMO   LOMBARDO 

carattere  dei  tempi,  ma  nessuna  che  riguardasse  direttamente  le 
trame  (1). 

(1)  A  proposito  di  quella  rivoluzione,  il  conte  di  Cardenas  ,  allora 
gran  fautore  delle  scuole  laucasteriane  ,  gli  scriveva  da  Calasca  li  27 
aprile  1821: 

Carissimo  Confaìonieri , 

Non  vi  lio  ancora  fatto  sapere  niente  di  noi ,  dopo  le  vergognose 
e  ridicole  e  disastrose  pedemontane  faccende;  e  provo  un  certo  ros- 
sore ora  nello  scrivervi  per  la  prima  volta:  sento  che  la  posiziono 
topografica  fra  le  Alpi  e  'l  Ticino  del  luogo  della  mia  nascita  mi  pesa 
terribilmenie  sulle  spallo,  e  fa  a  me  ed  a' miei  compaesani  portar 
la  faccia  per  vergogna  chi>ia:  eppure  bisogna  bene  che  io  tenti  la 
mia  ventura,  e  che,  tutto  tremante  di  non  mia  vergogna,  vi  venga 
avanti  per  veliere  se  sapete  discernere  dal  Tormento  il  lolio.  Non  so 
poi  se  conosciate  la  nostra  vera  storia ,  né  so  se  vi  sia  alcuno  che  la 
conosca  affatto.  Ma  in  due  parole  degli  scolari,  (e  scolari  in  ogni  ge- 
nere) pensarono  di  dare  la  libert  t  chi  solamente  al  Piemonte  .  e  chi 
a  tutta  l'Italia,  e  ciò  col  mezzo  della  costituzione  spagnuola  che  fu 
invocata  di  nome  ma  di  fatti  non  mai.  Essi  vennero  all' impresa  senza 
mezzi ,  senza  concerto ,  senza  armi ,  senza  denari ,  e  più  di  tutto 
senza  giudizio  e  senza  capo  :  si  associarono  sotto  il  nome  di  federati. 
La  più  vii  feccia  della  nazione,  negozianti  falliti,  omicidi,  spie, 
truffatori  e  galeotti  ec.  Questi  furono  i  federati  che  uno  stile  alla 
mano  percorsero  lo  stato  a  piantare  la  bandiera  di  libertà  ,  sul  colore 
della  quale  ne  pare  non  si  erano  ancora  accordati.  La  giunta  provvi- 
soria nominata  non  si  sa  come  e  da  c:;i,  fece  e  disfece  atti  e  decreti; 
si  investì  di  una  orribile  autorità  despotica ,  ne  emanò  una  parte  a  dei 
bascià ,  sotto  il  nome  di  capi  politici ,  demoralizzò  le  armate ,  scon- 
certò  tutto  ed  al  primo  scontro  scomparsa  ricapitombolò  nel  suo  nulla. 
Sparvero  al  suo  sparire  i  confederati,  i  soldati,  i  ministri,  i  capi 
politici,  tutti,  e  noi  restammo  in  una  anarchia ,  dalla  quale  uscimmo 
cadendo  sotto  il  giogo  del  conte  La  Tour,  introduttore  degli  Austriaci 
in  Piemonte,  e  da  questa  sotto  l'assoluto  impero  del  conte  Revelli, 
quello  dell'affare  dell'università.  Di  pochi  nomi  che  figurarono  nessu- 
no lasciò  traccia  di  sé  la  quale  abbia  a  vivere  negli  anni  avvenire. 
Vilissimi  si  dimostrarono  i  militari.  S.  Marcano  fu  il  primo  a  gri- 
dare si  salvi  chi  può  I  soli  Lisi  e  La  Manta  si  batterono  per  qual- 
che momento.  Lasciarono  fama  di  gente  onesia  Insaldi,  e  più  di  tutti 
F  integerrimo  Santa  Rosa ,    uomo  eccellente  ,  buono  scrittore  ma  non 


CONPALONIERI  107 

Pareva  svanito  ogni  timore  di  processi  per  parte  dell'Austria, 
sicché  Confai» mieri  scriveva  a  Foscolo:  "  Siamo  condotti  a  tale  da 
chiamar  felici  gii  esuli ,  e  molto  più  quelli  che,  se  dividevamo  il 

fatto  pei  grandi  affari.  Dubbia  suona  la  fama  di  Dal  Pozzo,  e  Maren- 
tini.  ..  E  ciò  per  una  parte,  per  l'altra  Gislenga  e  Siravegna  ebbero 
il  dovuto  premio  (colla  loro  dimissione)  ai  giuramenti  contradittori. 
Gli  occhi  sono  ora  rivolti  tutti  in  La  Tour,  egli  fu  per  qualche  mo- 
mento l'esecrazione  di  tutti ,  ora  si  guarda  con  occhio  più  benigno  ; 
si  pretende,  anzi  si  sa  di  certo,  che  egli  stretto  in  Novara,  tentava 
di  farci  avere  savie  ed  eque  leggi  che  trattava  ad  hoc  col  sovrano, 
e  coll'imperatore  Alessandro;  ma  che  non  poteva  sottoscriversi  allo 
stocco  (?J  delle  cittadelle  Torinese  ed  Alessandrina:  e  che  egli  fu  co- 
str  tto  a  chiamare  l'aiuto  forestiero  per  risparmiare  il  sangue ,  e  re- 
sistere all'assalto  datogli  dalle  truppe  sedicenti  costituzionali.  La  na- 
zione non  prese  mai  parte  alle  vicende  ,  si  era  presa  troppa  diver- 
gente dal  retto  sentiero,  non  si  era  fatto  niente  che  animasse  la  con- 
iidenza;  che  lasciasse  vedere  il  Viene  del  nuovo  regime  costituzionale 
di  nome  e  non  di  fatti  ;  vi  erano  mescolati  dei  nomi  troppo  vergo- 
gnosi perchè  una  persona  onesta  vi  si  volesse  mischiare  ;  ed  avendo 
veduta  la  cosa  da  vicino  si  è.  anzi  stupito  dei  pochi  buoni  che  vi  sono 
entrati  come  parte  attiva.  Non  so  se  tutti  ve  ne  avranno  detto  al- 
trettanto ,  se  tutti  ne  avranno  parlato,  e  ne  parleranno  come,  colla 
massima  confidenza  ed  amicizia  io  ne  parlo  ora  a  voi  ;  vi  dco  ciò 
che  ne  penso  ,  ciò  che  mi  pare  lasciando  a  migliore  giudizio  il  di- 
scorrerne più  a  lungo  ed  anche  più  a  senno.  Ma  evito  non  vi  sarà  nes- 
suno che  non  dica  che  sin  stata  cosa  oltremodo  infame  e  vergognosa , 
o  che  fecero  bene  tutti  quei  buoni  galantuomini  che  non  vollero  avervi 
alcuna  parte. 

Vi  pregherò  poi  di  darmi  delle  notizie  della  vostra  preziosa  sa- 
li avervi  ancora  cura  benché  ristabilito,  ili    presentare  i   miei 
distintissimi  ossequi  alla  pregiatissima  vostra  contessina  ,  e   di    cre- 
dermi  di  vero  e  verissimo  cuore 

Vostro  affino  amico. 

I  .  Vi  dirò  due  sole  parole  della  nostra  scuola  :  essa  ^i  risentì 
molto  della  scossa  dei  tir'  cambiamenti  di  maestri  e  delle  vicende  po- 
litiche :  ora  si  riprende  sotto  la  savi  i  del  sig.  Caramora,  datoci 
■  la  Etacheli.  Quando  venne  da  noi  non  sapeva  ancora  cosa  fosse  questo 
metodo;  ora  ne  ha  di  già  preso  lo  spirito,  ed  egli  e  i  ragazzi  fanno 
sensibili  progressi. 


108  EPISODIO    DEL   LIBERALISMO    LOMBARDO 

danno  generale  che  la  perversità  di  quest'epoca  ha  serbato  a  tatti 
gli  sforzi  caati  e  generosi .  sono  ben  lontani  dal  dividere  la 
vergogna  di  quelli  che  non  seppero  veder  il  bene  se  non  imbe- 
cillemente  e  fanciullescamente   ». 

Ma  le  rivelazioni  d'altri  detenuti  e  le  carte  dell' Andryanne  au- 
mentarono i  sospetti  sul  Confalonieri,  onde  si  ordinò  d'arrestarlo- 
Egli  che  dovea  restar  avvisato  dalla  prigionia  e  dalla  foga  dei 
suoi  amici,  e  da  caute  insinuazioni  del  maresciallo  Bubna,  si  lasciò 
cogliere;  si  era  preparato  una  via  per  trafugarsi  sui  tetti,  ma 
fu  cólto  e  messo  in  carcere.  Ad  altri  il  raccontare  quel  processo. 
Noi  ci  limiteremo  alla  dichiarazione  fattane  dal  Salvotti ,  eviden- 
temente indispettito  di  non  averne  cavato  rivelazioni  importanti, 
né  di  poterlo  disonorare  in  faccia  alla  nazione  e  alla  posterità 
con  pretese  rivelazioni. 

È  manifesto  che  Confalonieri  fu  il  capo  di  tutta  la  lombarda  co- 
spirazione. Ma  ciò  che  maggiormente  accresce  il  suo  reato  è  la  im- 
pudenza, colla  quale,  a  fronte  delle  molteplici  risultanze  che  lo  smen- 
tivano ,  seppe  imperterrito  mantenersi  in  un  sistema  di  fallacia  e  di 
assurdità,  per  cui  il  capo  di  tutta  la  macchinazione,  quello  che  tra- 
scinò nell'abisso  della  co'.pa  Borsieri ,  Pallavicini ,  Tonelli,  Ducco  e 
Filippo  Ugoni ,  e  quindi  tuita  la  serie  dei  federati  bresciani,  sarei - 
besi  trasformato  nel  salvator  della  patria. 

N  ■  dopo  questa  sfacciataggine  noi  certamente  meraviglieremo 
.se  i  costituti  dello  inquisito  ridondavano  di  reticenze  e  contraddizioni; 
se  sempre  vago  ed  astratto  nei  suoi  racconti,  ravvolgeva  in  un  ver- 

i  frasario  la  verità  e  la  menzogna,  e  se,  ben  lungi  dal  presentarci 
il  quadro  completo  della  cospirazione  di  cui  fu  l'anima,  e  dall' indi- 
carci nei  suoi  più  assidui  compagni  de'  complici ,  voleva  invece  per- 
suaderci che  desso  si  faceva  l'oppugnatore  del  partito  rivoluzionario, 
e  che  i  suoi  amici  erano  altrettanti  testimonj  della  sua  pretesa  inno- 
cenza. E  se  Confalonieri  esercitava  cotanta  influenza  sui  cospiratori 
anche  ammalato  ,  e  se  era  dal  suo  letto  ch'egli  dirigeva  le  fila  della 
congiura .  noi  avremo  sempre  più  motivo  di  apprezzare  quanto  pro- 
fonda fosse  stata  la  corruzione  della  sua  anima,  e  quanto  vigorosa  la 
tempra  del  suo  carattere. 

Né  certamente  possiamo  immaginarci  di  aver  tutte  conosciute  le 
operazioni  criminose  di  questo  inquisito.  Qual  garanzia  di  una  tal 
persuasione  possiam   noi   a  tutto  ciò  che  ritrassimo   dal  suo 

labbro  non  fu  che  fallacia  o  raggiro? 


CONFALONIERI  109 

Poteva  forse  questo  inquisito  limitarsi  a  trarre  nella  federazione 
Pallavicini,  Ducco,  Touelli,  (Jgoni  e  Borsieri?  Qua!  sarebbe  mai  stata 
la  causa  di  questa  tumultuaria  sua  scelta?  Noi  non  abbiamo,  è  vero, 
raccolti  maggiori  fatti  a  carico  di  Confalonieri ,  ma  vorrà  ciò  dire  che 
non  esistevano?  Fu  per  un  mero  accidente  che  abbiam  conosciuto  l'ag- 
gregazione del  Ducco  e  argomentata  quella  di  Tonelli,  di  Ugoni  e  Cor- 
sieri. Prima  che  la  Inquisizione  ottenesse  questo  maggiore  sviluppo  non 
si  conosceva  die  il  solo  Pallavicini  come  Federato  per  opera  di  Con- 
falouieri.  Come  adunque  sarebbesi  erroueamente  allora  supposto  che 
questo  solo  lesse  stato  tratto  da  Confalonieri  nella  federazione,  cos'i 
erroneamente  supporrebbesi  adesso  che  niun  altro  Federato  vi  abbia 
per  opera  dello  inquisito.  Vm  tale  giudizio  potrebbesi  allora  soltanto 
l'ormare  quando  Confalonieri  avesse  con  apparente  candore  manifestato 
tutte  le  sue  colpe  ,  ma  tinche,  invece  di  questa  ingenuità  della  quale 
molti  altri  arrestati  ci  diedero  prove  non  dubbie,  le  sue  deposizioni 
ci  offerivano  continue  menzogne  e  perpetui  stravolgimenti  del  vero,  noi 
siamo  autorizzati  a  ravvisare  nel  detenuto  C.  Confalonieri  quel  perti- 
nace colpevole ,  cui  non  ha  mai  punto  il  rimorso  del  suo  gravissimo 
delitto,  e  che  non  ha  mai  voluto  offerire  al  suo  Sovrano  in  parziale 
espiazione  almeno  della  sua  colpa  il  tributo  di  una  sincera  manifesta- 
zione della  verità.  (21  febbraio  18* 

E  fu  condannato  ,  come  ognun  sa  ;  e  non  sarà  fuori  di  luogo 
il  riferire  alcuni  cenni  d'un  impiegato  sul  modo  onde  fu  sentita 
a   Milano  la  condanna  di  lui. 

On  n'à  jamais  vu  l'opinion  publique  •  aussi  unanime,  aussi  forte- 
ment  prononcée,  qu'elle  l'esl  dans  ce  moment. 

La  nouvelle  de  la  condamnation  du  C.  de  Gonfalonieri  a  fait  un 
effet  qui  augment  au  lieu  de  diminuer.  —  Une  chose  qui  nous  a  para 
très  remarquable ,  et  qui  semble  prouver  où  indiquer  au  moins  la 
nature  de  l'impression  que  cette  nouvelle  a  fait  dans  le  public  c'est, 
que  depuis  le  premier  moment,  on  n'eri  entend  plus  parler  la  ou  il  y 
a  du  mondi;  assemblò,  et  qu'on  ne  parie  d'autre  chose  dès  qu'on  se 
croit  en  sùreté.  Tous  les  partis  sont  réunis,  tous,  amis,  ennemis,  in- 
differens  tiennent  le  rnème  langage.  —  La  longùeur  du  procés  en 
changeant,  corame  d'ordinaire .  la  disposition  des  esprits,  a  fait 
succeder  la  compassion  à  l' indifference  ;  il  n'esl  dans  ce  moment  per- 
sonne  qui  n'ait  pitie  du  condamné.  — Sans  nous  arrèter  aux  plaintes , 
aux.  exclamations  qui  n'ont  ni  fin,  ni  cesse ,  tout  se  reduit  a  dire  que 
le  crime,  quelqu'il  soit,  et  que  l'on  suppose  proavo  a  l'evidence , n'a 
cependant  pas  cu  de  consequence,  et  que.    si    la   disposition  du  Code 


110  EPISODIO    DEL    LIBERALISMO   LOMBARDO 

oblige  les  juges  a  l'application  de  la  peine  ,  elle  fournit  une  base  pour 
lai  re  grace. 

On  ajoute,  que  dans  un  pays)  où  heurcuseraent  rien  ne  s'était 
opere  contre  le  Gòuvernement ,  ni  contre  la  sùreté  publique  ,  il  ne 
saurait  ètre  necessaire  de  donner  des  exemples,  ni  d'infliger  les  pei- 
nes  ,  qui  peuvent  avoir  été  necessaires  a  Naples ,  à  Turin ,  à  Ma- 
drid etc.  En  un  mot  on  n'excuse  pas  le  coupable ,  mais  le  gibet  fait 
horreur,  et  Ja  noblesse  surtout  en  est  consternée. 

Anche  un  confidente  più  grossolano  scriveva  : 

Varj  sono  i  discorsi  che  si  tengono  relativamente  alla  sentenza  di 
morte  del  Conte  Gonfalonieri. 

11  basso  ceto  ,  artisti,  mercanti  ed  altri  non  prendono  gran  parte 
a  questo  all'art',  ma  tutti  dicono  che  non  sembra  necessario  un  simile 
supplizio,  essendo  stato  sempre  tranquillo  il  popolo  milanese,  e  tulli 
spelano  nella  clemenza  sovrana,  peiv  he  dicono  tutti  che  l'imperatori; 
è  di  buon  cuore  ,  e  non  abbisogna  di  usare  simili  rigori  ,  giacché  ha 
un'armata  fedele,  e  che  non  sono  che  alcuni  storditi ,  i  quali  possano 
immaginarsi  di  esser  capaci  di  tare  delle  rivoluzioni  in  questo  paese. 

Altrove  (1)  io  ho  narrato  la  corsa  della  contessa  e  di  Gabrio 
Casati  suo  fratello  a  Vienna ,  poi  a  Milano  onde  ottener  fir- 
me ,  che  chiedevano  la  grazia  di  Federico,  e  come  ne  restasse 
commosso  l'inesorabile  Francesco.  -  Del  viaggio  di  Pellico  per 
lo  Spielberg ,  questi  diede  alcune  particolarità  più  o  meno  ve- 
re (2).  Ma  è  tradizione  che ,  quando  Confalonieri  passava  per 
Vienna  condotto  allo  Spielberg,  il  principe  di  Mettermeli  lo  ve- 
desse e  lo  esortasse  a  confessargli  il  vero  sulle  trame  della  Car- 
boneria e  sulla  parte  presavi  dal  principe  di  Carignano.  E 
pdsistendo  Gonfalonieri  sul  niego ,  Mettermeli  gli  domandò  se 
ne  direbbe  di  più  a  un'augusta  pe.sona. 

(1)  Dell'in  lipendema  Italiana,  Voi.  Il,  pag.  209. 

(2)  Io  ho  sempre  dubitato  di  alcune  circostanze  delle  Mie  prigioni  , 
anche  (immettendo  i  piombi  e  la  Zanze  e  il  Giuliano.  Lodavo  una  volta 
a  Pellico  l'aver  ,  nella  tremenda  sua  mansuetudine,  così  ben  trovato 
l' incontro  di  lui  e  Tonelli  coli' imperatore  nel  giardino  di  Schònbrun 
mentre  tornavano  dallo  Spielberg ,  ove  il  custode  li  fa  ritirarsi  da  banda 
acciocché  l'imperatore  non  sia  rattristato  dal  loro  squallido  aspetto.  Pn- 
reami  un' invenzione  degna  de'n  iggi  ri  tragici:  ma  Pellico  mi  assicurava 
ch'era  vero,  e  di  non  aver  nulla  inventato.  È  gran  suo  merito  però  l'avere 
scelto  le  circostanze,  e  questo  basta  a  porlo  a  tanta  distanza  da'jli  altri 
narratori  di  que' patimenti  ;  e  a  far  troppo  severo  il  giudizio  di  Manzoni 
che  chiamava  quello  un  libro  fortunato. 


GONFALONIERI  111 

Possiam  poco  credere  a  questo  racconto,  poiché  abbiamo  una 

relazione  del  governatore  di  Milano  al  principe  di  Mettermeli 
ove  gli  espone  quanto  il  Confalonieri  t'osse  stato  tocco  dalla  be- 
nevolenza usata  dall'imperatore  a  suo  padre  e  sua  moglie  (?),  e 
come,  coll'aspetto  della  massima  sincerità ,  al  direttore  generilo 
di  Polizia  facesse  rivelazioni,  le  quali  in  tornio  consistevano  nel 
negare  d'aver  fatto  parte  di  nessuna  società  segreta,  nò  saperne 
di  vendite  o  di  chiede:  solo  aver  partecipato  coi  Federati  pie- 
montesi, e  cercato  acquistarvi  proseliti.  «  Egli  osserva  che  a  Bre- 
scia il  numero  ile' Federati  era  maggiore,  perchè  molti  cred 
inevitabile  un  cambiamento:  non  voleano  compromettersi  infatti 
col  nuovo  Governo,  onde  accettavano  senza  esitanza  la  proposta 
d'esser  Federati,  senza  ben  sapere  che  cosa  s'intendesse  fare.  Così 
nelle  strade  e  nei  caffè  Ducco  parlava  a'  suoi  amici  del  prossimo 
cambiamento  di  Governo;  li  invitava  a  pranzo,  poi  propi 
loro  d'esser  dei  suo  partito,  e  ne  otteneva  il  sì  ». 

Sappiamo  qual  fede  meritino  le  relazioni  di  Polizia;  ma  ab- 
biamo il  diario  del  viaggio ,  presentato  al  direttore  generale  di 
Polizia  dal  commissario  Tecini,  che  dirigeva  il  trasporto  de'  con- 
dannati allo  Spielberg.  Eccolo. 

Il  sottoscritto,  onorato  dalla  confidenza  della  superiorità  della  ge- 
losa commissione  di  dirigere  la  traduzione  al  forte  di  Spielberg  dei 
sei  condannati  per  alto  tradimento  di  Stato,  Federico  Confalonieri  . 
Filippo  Andryane,  Giorgio  Palavicini ,  Gaetano  Castillia,  Pietro  Borsieri 
e  Francesco  Arese,  si  affretta  rassegnare  a  V.  E.,  l'umilissima  sua 
relazione  sulla  condotta  tenuta  da  essi  durante  il  viaggio,  e  sulla 
sensazione  prodotta  nel  pubblico,  che  osservò  il  loro  passaggio 

Nel  generale  nessuno  dei  condannati  somministrò  al  direttore  del 

trasporto  occasione  di  lagnanza  alcuna,  avendo  essi    sino  dal    primo 

momento  mostrata  somma  rassegnazione,  decente  contegno,    e   tutta 

irdinazione  a  chi  ora  incombensato    di   tradurli    al    luogo  della 

loro  pena. 

Seguendo  gli  ordini  ed  il  proprio  sentimento,  il  referente  si  lece1 
pregio  di  usare  coi  condannati  le  maniere  della  dolcezza  e  della  p  [sua- 
sione onde  disporli  alla  rassegnazione  ed  all'ordine,  che,  come  si  disse, 
e-si  osservarono  mai  sempre  durante  tutto  il  tempo  della  lunga  loro 
traduzione  ;  quindi  è  che  lo  scrivente  si  compiace  di  dar  loro  da 
questa  parte  il  ben  meritato  attestato  di  una  ottima  condotta. 


112  EPISODIO   DEL   LIBERALISMO   LOMBARDO 

Nel  particolare  poi  crede  egli  di  non  ingannarsi  nel  riferire  alla 
E.  V.  elio  il  Confaloaieri ,  sebbene  obbediente  e  rassegnato  nell'adat- 
tarsi  all'ordine  della  marcia,  e  sebbene  rispettoso  verso  g,i  impiegali 
ed  i  gendarmi,  ai  quali  era  affidato,  ostentava  però  un  esteriore 
molto  sostenuto,  e  quasi  altiero  in  taccia  al  pubblico  ogni  qualvolta 
vedeva  di  essere  osservato  dai  curiosi,  e  conservava  sopra  i  suoi 
compagni  una  cert'aria  di  superiorità ,  cui  essi  corrispondevano  con 
rispi  tiosa  dipendenza,  cedendo  in  ogni  riscontro  a  lui  la  mano,  e  tra- 
scurando ogni  proprio  comodo  o  bisogno  per  procurargli  tutti  i  pos- 
sibili agi,  e  rendergli  meno  sensibile  la  sua  situazione. 

Egli  sembrava  un  nume,  attorniato,  da  tanti  devoti  adoratori.  Sen- 
livano  essi  ogni  sua  tisica  e  morale  alterazione,  né  di  altro  si  occu- 
pavano che  dello  stato  del  Gonfalonieri.  Più  d'ogni  alno  poi  dipendeva 
dai  suoi  cenni  il  condannato  Andryane,  che  non  esitava  di  dichiarare 
di  dovergli  indirettamente  il  dono  della  vita. 

li  Gonfalonieri  disse  di  aver  a\  uto  in  Milano  sentore  della  rela- 
zione a  stampa  sul  suo  conto,  desidero  di  averne  un  esemplare,  che 
lo  scrivente  non  credette  di  accordargli,  e  disse  ch'era  stato  descritto 
al  Sovrano  con  colori  alterati  al  di  la  del  suo  demerito,  per  cui  ben 
vedeva  che  il  dono  iàttogli  della  vita  era  stata  una  singolarissima 
grazia  ,  e  sosteneva  che  gli  era  stato  fatto  torto  coli' averlo  ritenuto 
complice  ed  autore  della  morte  del  ministro  Prina  (1),  dopoché  con 
una  sua  apologia  si  era  in  proposito  bastantemente  giustificato. 

Allorquando  in  Yillacco  si  dovette  risolversi  a  lasciarlo  indietro, 
questo  condannato  non  ommise  di  ringraziare  il  Commissario  superiore 
Tecini  per  l'umanità  colla  quale  era  stato  trattato ,  non  gli  parlò  però 
giammai  né  dei  suoi  delitti ,  né  dei  sentimenti  che  nutriva  dopo  il 
momento  della  sua  condanna.  Una  sol  volta  egli  disse  che  si  lusingava 
col  tempo  di  ottenere  una  ulteriore  grazia,  cioè  quella  della  liberta, 
e  che  ciò  succedendo,  voleva  colla  moglie  ritirarsi  in  campagna.  Egli 
desiderava  ardentemente  di  arrivare  in  Germania,  e  si  mostrava 
poco  contento  dei  suoi  nazionali,  e  più  di  lutti  spallava  dell'inquisito 
tarlo  Castillia,  stato  dimesso  a  processo  aperto,  allegando  che  aveva 
latte  in  processo  deposizioni,  colle  quali  aveva  cambiato  la  natura  dei 
fatti,  pregiudicati  molti  inquisiti,  e  tentato  di  nuocere  a  molti  im- 
piegati. 

fi  Quando  mori  quel  marchese  Filippo  Carlo  Ghislieri  ,  al  quale  volle 
attribuirsi  tanta  parte  nella  rivoluzione  del  20  aprile  1814,  nelle  sue  carte 
si  trovò  una  corrispondenza  del  e  col  Conte  Confalonieri  sud' opuscolo 
da  questo  pubblicato. 


CONFA LONIERI  113 

Il  parigino  Andryane,  civile  in  sommo  grado ,  anzi  quasi  galante 
con  tutti  gl'individui  del  convoglio,  diede  più  volte  segni  di  penti- 
mento, attribuiva  la  sua  disgrazia  e  la  sua  colpa  ai  traviamenti  della 
sua  gioventù  ,  che  conlessava  di  aver  [lassata  tra  i  vizj  del  gioco  e 
la  dissolutezza,  consumando  malamente  ad  un  .suo  buon  genitore  la 
ingente  somma  di  chea  300mila  franchi.  Parve  ch'egli  calcolasse  molto 
sulle  relazioni  di  suo  padre  con  varj  distinti  personaggi,  onde  col  tempo 
ottener  grazia,  aggiungendo  che  frappoco  doveva  egli  venire  a  stabi- 
lirsi a  Brùnn  o  a  Vienna. 

Egli  non  credeva  impossibile  che  Gonfalonieri  avesse  a  conseguire 
un  giorno  la  grazia  della  liberazione,  ed  in  tale  caso  sperava  che  il 
suo  destino  non  dovesse  essere  dissimile  da  quello  del  surriferito  suo 
compagno  d' infortunio ,  cui  consacrava  durante  il  viaggio  ogni  sua 
cura  ed  ogni  suo  pensiero.  Il  suo  contegno  verso  il  pubblico  non  era 
oltraggioso ,  ma  aveva  però  della  sostenutezza  ;  di  quando  in  quando 
si  divertiva  canzonando  il  Borsieri  che  qualificava  poeta-  Egli  era  sen- 
sibile  ad  ogni  attenzione  e  la  sua  riconoscenza  giunse  a  segno,  che  allo 
Spielberg- ,  e  precisamente  allorquando  aveva  ormai  potuto  penetrare 
il  trattamento  che  lo  attendeva  in  casa  di  forza,  inaspettatamente  ed 
alla  presenza  del  sig.  Direttore  di  Polizia  di  Brùnn  e  dell'  intendente 
di  quel  locale  si  lanciò  verso  il  sottoscritto  ,  cui  impresse  a  viva  forza 
un  bacio  sulle  gote,  e  colle  lagrime  agli  occhi  gli  esternò  i  proprj 
ringraziamenti,  e  quelli  dei  suoi  compagni  per  le  attenzioni  ed  umanità 
loro  usati.  Quell'uomo  non  sembra  certamente  nato  pei  delitti.  Intra- 
prendente ,  sensibile  e  franco  com'egli  è ,  e  di  molte  cognizioni  ,  An- 
dryane, con  miglior  direzione  ed  in  compagnia  di  gente  dabbene,  po- 
teva riescire  uno  dei  migliori  cittadini ,  e  far  onore  al  suo  paese. 

Pallavicini,  concentrato  più  degli  altri  in  sé  stesso  e  riflessivo, 
ostentava  studiatamente  una  certa  qual  indifferenza  nella  sua  situa- 
zione Alla  vista  però  del  forte,  in  cui  sapeva  dovere  scontare  la  pena 
del  suo  delitto,  si  turbò  forse  più  degli  altri  ed  impallidì.  Parlava 
talvolta  di  grazia  che  sperava  dalla  clemenza  del  Sovrano,  esternando 
che  tutto  il  suo  fallo  consisteva  nella  gita  fatta  a  Torino  per  invitare 
quei  rivoltosi  a  spingere  una  forza  armata  nella  Lombardia. 

Diilicilmente  si  ravvisa  pentimento  in  chi  non  conosce  l'enormità 
del  suo  delitto  ,  né  crede  di  averne  meritata  la  pena.  In  tale  posizione 
ritiene  lo  scrivente  il  Pallavicini,  la  di  cui  mente  ed  il  di  cui  cuore 
possono  per  altro  essere  illuminati ,  e  mossi  dalle  cure  di  un  erudito 
e  zelante  ministro  della  santa  nostra  religione. 

Castillia  Gaetano,  cieco  seguace  del  Pallavicini  per  cui  dimostrava 
somma  affezione,  eia  avvilito,  e  senza  i  conforti    dei  suoi    compagni 
ARCH.,  3.»  Serie,  Tom.  XX IV.  8 


114  EPISODIO    DEL    LIBERALISMO    LOMBARDO 

avrebbe  difficilmente  sopportate  le  fatiche  del  lungo  viaggio,  giacchi 
l'afflizione  dell'animo  di  troppo  opprimeva  il  suo  debolissimo  fisico. 
Era  egli  in  pena  del  suo  futuro  destino  ,  e  cercava  ansiosamente  di 
aver  conforto  da  tutti  quelli  coi  quali  poteva  essere  in  contatto;  non 
disperava  però  della  grazia,  rammentando  quella  ch'era  stata  accor- 
data a  quelli  che  nel  1816  per  simile  delitto  erano  stati  condannati  a 
Mantova. 

il  condannato  Borsieri,  distratto  dalla  poetica  sua  fantasia,  poco 
o  nulla  parlava  della  sua  pena ,  e  si  conteneva  faceto  con  tutti ,  di- 
stinguendosi anche  con  una  fòrte  avidità  di  cibarsi.  Pareva  ch'egli  non 
dubitasse  di  veder  mitigata  la  sua  condanna. 

L'Arese  era  tra  tutti  gli  altri  suoi  compagni  il  più  pentito,  e  ri- 
conoscente infinitamente  per  la  clemenza  che  gli  era  stata  usata  nella 
sentenza.  Egli  andava  tranquillo  incontro  al  suo  castigo,  riponendo 
nella  clemenza  sovrana  1'  illimitata  sua  fiducia. 

I  condannati ,  com'  è  naturale  ,  non  hanno  potuto  trovarsi  in  con- 
tatto immediato  col  pubblico ,  il  quale  però  si  ò  mostrato  ovunque 
estremamente  curioso  al  loro  passaggio. 

In  tutti  i  luoghi  principali  che  si  trascorsero  durante  la  mar- 
cia, si  ebbe  la  precauzione  di  penetrarvi  ed  uscirvi  poco  prima 
che  incominciasse ,  o  subito  dopo  terminato  il  giorno  ;  ad  onta  di 
ciò,  al  fermarsi  delle  carrozze  i  curiosi  si  affollavano  d' intorno  alle 
medesime ,  e  dalle  tronche  parole  che  si  sono  potute  marcare  da  essi 
pronunziate ,  si  rilevò  che  ad  un  tempo  conoscevano  la  gravezza  del 
delitto  imputato  ai  condannati ,  e  la  giustizia  della  prima  pronun- 
ziata condanna  di  morte ,  tessendo  poi  illimitati  elogi  alla  clemenza 
sovrana  per  l'avvenuta  commutazione  di  pena.  Molti  poi  rimanevano 
quasi  estatici  alla  vista  dei  rei,  e  con  un  continuato  significante  ri- 
spettoso silenzio  persuadevano ,  che  meditavano  profondamente  sul 
rigore  della  legge,  sulla  necessità  di  un  gastigo  e  sul  mirabile  modo 
con  cui  S.  M.  l'augustissimo  nostro  Sovrano  seppe  combinare  un  esem- 
pio imponente ,  con  uno  straordinario  clementissimo  atto  di  giustizia. 

(continua)    ■  C.  CANTÒ. 

NB.  La  lettera  di  p.  108,  del  voi.  precedente,  come  facilmente  .si  com- 
prende ,  non  è  del  Berchet ,  ma  del  Borsieri. 


Rassegna  Bibliografica 


La  insurrezione  Pugliese  e  la  conquisili  Normanna  nel  secolo  XI 
narrata  da  GlDSEFPE  De-BlasiiS.  Napoli,  1873. 

I.  In  tre  grossi  volumi  il  eh.  autore,  espone  gli  eventi  della 
insurrezione  della  Puglia  e  della  conquista  normanna  dell'Itali:! 
meridionale  che  a  quella  seguì. 

Dieci  anni  durò  la  pubblicazione  di  questo  lavoro.  E  del 
lungo  lasso  di  tempo  dà  piena  ragione  la  singolare  diligenza  ond'è 
dettato.  Ivi  non  pure  troviamo  latto  savio  tesoro  delle  monogra- 
fie che  questa  o  quella  parte  dei  due  grandi  avvenimenti  illu- 
strarono ,  ma  vediamo  ancora  largamente  discusse  e  vagliate  le 
fonti  storiche,  sia  quelle  che  con  l'orma  di  cronaca  trovansi  rac- 
colte nelle  grandi  collezioni  di  storia  medioevale,  sia  quelle  che 
sono  custodite  negli  archivi,  e  al  valore  dell'  età  da  cui  emanano 
aggiungono  quello  dell'  autorevolezza  intrinseca ,  che  è  loro  pro- 
pria. E  le  fonti  più  importanti  deda  seconda  specie  il  eh.  autore 
riportò  infine  di  ciascun  volume  ad  illustrazione  del  suo  racconto. 
Il  quale  ai  detti  pregi  aggiugne  pur  quest'  altro ,  tanto  più  no- 
tevole quanto  più  doventa  oggidì  peregrino ,  di  una  locuzione 
propria,  semplice  e  chiara,  che  grata  ne  rende  oltre  che  istrut- 
tiva la  lettura. 

Importa  pertanto  che  di  tale  lavoro  sia  agevolata  la  cono- 
scenza agli  studiosi;  e  V Archivio  ,  sebbene  un  po'tardi,  adempie 
per  parte  sua  al  doveroso  ufficio. 

II.  L'autore  dà  principio  al  suo  racconto  descrivendo  lo  stato 
sociale  e  politico  delle  provincie  del  mezzodì  d'Italia  alla  vigilia' 
della  rivoluzione  pugliese.  Egli  avverte,  anzitutto,  come  l'unità  na- 
zionale fra  Greci  e  italiani ,  la  quale  pareva  si  fosse  consolidata 
per  l'urto  dei  popoli  germanici,  venisse  invece  via  via  a  discio- 
gliersi  per  dar  luogo  ad  una  unità  più  naturale,  quella  delle 
schiatte  e  dei  confini  geografici.  Codesto  scioglimento  fu  opera 
di  più  fattori:  <;  non  è  dubbio  che  a  promuoverlo  contribuissero 

i  furori  teologici  degl'imperatori  bizantini,  la  nequizia  dei  loro 
ministri  e  la  vanità  generale  dei  Greci,  di  estimarsi  soli  eredi 
delle  glorie  latine.  Codesta  vanità,  nota  l'autore,  ebbe  pei  effetto, 


1  1()  RASSEGNA    BIBLIOGRAFICA 

che  il  nome  di  Romani,  il  quale,  nelle  regioni  divenute  soggette 
ai  Longobardi  ed  ai  Franchi,  avea  contrassegnata  la  condizione 
servile  dei  vinti ,  in  persona  dei  Greci  si  perpetuò  come  titolo 
di  dispregio ,  come  appellativo  ili  una  schiatta  decaduta  e  cor- 
rotta,  e  fu  non  ultima  cagione  perchè  nella  penisola  si  venne 
allargando  quello  d'Italiani  (pag.  4). 

E  prendendo  a  narrare  gli  eventi  della  insurrezione  pugliese, 
che  fu  l'effetto  politico  del  segnalato  scioglimento ,  l'auto,  e  rileva 
la  somiglianza,  che  rispetto  al  suo  carattere  ,  la  detta  rivoluzione 
presenta  con  quella  di  cui  fu  teatro  la  Lombardia.  In  ambedue 
le  contrade ,  ei  dice ,  cominciò  dalle  ambizioni  di  alcuni  prin- 
cipi ;  da  Guido  ,  dai  Berengarii ,  da  Arduino  presso  le  Alpi  ;  da 
Aione ,  da  Landolfo  ,  dai  Guaimari,  nel  mezzodì  ;  fu  continuata 
dalle  città,  centri  Milano  e  Bari;  fu  rivolta  contro  i  due  Imperi, 
il  Germanico  e  il  Bizantino.  Solamente  la  gloria  che  rimase  in- 
tera ai  Lombardi ,  venne  tolta  in  gran  parte  ai  Pugliesi  dai  Nor- 
manni ,  e  questi  raccolsero  il  premio  di  quella  insurrezione  e  la 
mutarono  nel  fine ,  fondando  una  monarchia ,  quando  altrove  si 
ordinavano  i  municipali  reggimenti  (pag.  29). 

Tien  dietro  a  questo  acuto  raffronto  un  cenno  storico  su  di 
Bari,  inteso  a  dimostrare  la  cagione  dell'  importanza  politica  che 
quella  città  acquistò  dopo  la  caduta  dell'impero  d'occidente  e  dello 
spirito  sedizioso  che  vennero  man  mano  acquistando  i  suoi  abi- 
tanti. E  fuor  di  dubbio  che  la  postura  geografica  della  città  par- 
torisse l'uno  e  l'altro  effetto.  E  se  i  traffici  contribuivano  ad 
arricchire  il  grande  emporio  di  Puglia,  l'asilo  che  vi  trovarono  le 
genti  propinque,  respinte  dalle  correrie  nemiche,  ne  rese  cresciuta 
e  varia  la  popolazione  ;  da  ciò  lo  spirito  turbolento  e  sedizioso  che 
apparisce  in  questa,  e  che  la  destina  ad  essere  anima  e  centro 
di  una  insurrezione  regionale.  Dopo  avere  il  moto  per  più 
tempo  durato  in  stato  latente,  nel  1010  proruppe  ad  aperta  in- 
surrezione. Ora  qui  comparisce  sulla  scena  la  figura  eroica  del 
barese  Melo,  che,  fattosi  capo  della  rivoluzione  della  sua  patria,  ne 
raccolse  gli  onori  e  le  sciagure. 

Fu  disputato  sulla  nazionalità  dell'  eroe  pugliese  ;  e  chi  lo 
disse  di  sangue  greco,  chi  musulmano,  chi  longobardo,  chi  poetò 
perfino  ch'ei  fosse  bavarese  e  per  sopraggiunta  nipote  di  Arrigo  II. 
L'autore  nostro  risolve  la  controversia,  dimostrando  come  da 
un'epoca  remota  gli  antenati  di  Melo  si  mostrassero  Baresi.  E 
perchè  egli  portava  anche  il  nome  d'Ismaele  ,  e  questo  nome  ri- 
corda un  altro  barese ,  che  55  anni  innanzi  avea  combattuto  in 
Bari  con  Adralisto  fautore  dei  Greci ,  e  ne  fu  spento  nel  975  . 
ei  ne  inferisce  che  i  due    Lsmaeli    sortissero    da  un    comune   li- 


RASSEGNA   BIBLIOGRAFICA  117 

gnaggio.  Ma  il  nome  di  Ismaele  accennerebbe  pure  ad  una  stirpe 
giudaica,  lo  che  non  saprebbesi  conciliare  colla  posizione  elevata 
che  quel  personaggio  teneva  nella  sua  patria,  mercè  la  quale  ei 
potè  iniziare  e  diligere  il  gran  moto  pugliese.  Noi  avvisiamo  che 
questa  difficoltà  possa  essere  rimossa  collo  ammettere,  che  vera- 
mente i  progenitori  di  Melo  fossero  ebrei,  ma  che  egli  si  fosse  con- 
vertito alla  fede  cristiana ,  mutando  il  nome  primitivo  in  quello 
di  Melo ,  il  quale  offeriva  il  doppio  vantaggio  di  comparire  sic- 
come una  sincope  del  proprio  nome,  e  di  cancellare  la  traccia 
del  giudaismo,  inerente  ad  esso. 

Venendo  indi  a  descrivere  il  moto,  l'autore  ne  fissa  il  comba- 
ciamento all'anuo  1010,  benché  dubbia  sia  la  cronologia  dei  nar- 
ratori,  e  dimostra  come  gli  inizii  della  ribellione  non  avvenissero 
a  Bari,  siccome  comanemente  si  crede ,  sibbene  in  prossimità  del 
confine  longobardo.  Questo  primo  teatro  della  ribellione  indusse 
lo  storico  Glycas  nella  credenza,  che  i  Longobardi  dessero  mano 
agli  insorti  :  ma  di  ciò  non  essendo  tenuta  parola  da  alcuno  scrit- 
tore contemporaneo,  rimane  per  lo  meno  assai  dubbia  la  parte- 
cipazione dei  Longobardi  al  moto  pugliese.  Ma  comunque  di  ciò 
sia ,  egli  è  certo  che  il  moti) ,  appena  nato ,  si  propagò  siccome 
un  baleno  per  tutta  la  Puglia  ;  e  bastarono  a  Melo  due  successi 
d'arme  di  poco  momento  perchè  i  Baresi  gli  aprissero  le  porte, 
e  gli  commettessero,  come  a  liberatore,  il  governo  della  città. 
Vano  è  poi  cercare,  osserva  l'autore,  se  l'autorità  di  Melo  si  esten- 
desse su  tutte  le  città  insorte ,  e  si  riserbasse  la  preminenza  a 
Bari,  o  si  formasse  una  tacita  alleanza:  «  perchè  le  vicende  di 
quella  rivoluzione  lasciarono  appena  orma  in  Trani  ed  in  Ascoli, 
e  surse  e  cadde  con  tanta  rapidità  di  fortuna  ,  che  ogni  altra 
memoria  fu  cancellata  dal  furore  dei  nemici  »  (pag.  51). 

Ma  la  fortuna  non  sorrise  a  lungo  all'eroe  barese.  Il  quale, 
più  che  dall'armi  dei  nemici,  oppresso  dalle  insidie  della  fazione 
dell'arcivescovo  Giovanni ,  che  teneva  le  parti  di  Bisanzio  ;  dopo 
avere  per  40  giorni  resistito  ai  greci  assediatori,  fuggì  segreta- 
mente col  cognato  Datto  dalla  città  ,  e  riparossi  a  Benevento. 
Di  là  ei  tentò  unire  in  lega  i  principi  longobardi  ;  ma  l'impresa 
non  gli  riuscì,  che  al  politico  interesse  prevalsero  su  quelli  le 
consuete  insidie. 

Ma  1'  ausilio  raramente  cercato  presso  i  principi  longobardi 
e' lo  trovò  d'altra  parte,  dove  meno  lo  avrebbe  dovuto  sperare. 
Glielo  porsero  il  nuovo  imperatore  Arrigo  e  il  nuovo  papa  Be- 
nedetto :  il  primo,  uscito  or  ora  da  aspra  guerra  in  Germania 
contro  Boleslao  di  Boemia,  e  facile  trionfatore  del  rivale  Arduino 
in  Italia  ;  e  il  secondo,  uscito  vittorioso  da  uno  scisma  che  avi  a 


118  RASSEGNA     BIBLIOGRAFICA 

messo  in  forse  il  suo  pontificato.  Vagliate  le  memorie  oscure  e 
discordi  che  concernono  la  spedizione  romana  di  Arrigo,  il  nostro 
autore  mette  in  sudo  i  seguenti  fatti  :  che  Melo  si  recò  a  Roma 
e  ricevette  dal  nuovo  imperatore  la  conferma  del  titolo  ducale 
colla  promessa  di  aiuti;  e  che  eguale  promessa  gli  fece  il  pon- 
tefice, il  quale  mise  intanto  a  disposizione  degli  esuli  pugliesi  un 
suo  castello  sul  Garigliano. 

L'autorità  conseguita  da  Melo  per  la  protezione  imperiale  e  lu- 
paie gli  procurò  nuovi  e  insperati  vantaggi  ;  e  1'  esule  di  Bari 
diventa  improvvisamente  condottiero  dei  Normanni.  La  venuta 
di  questo  popolo  nelF  Italia  meridionale  forma  da  secoli  tema 
di  congetture  controverse,  le  quali  durano  oggi  ancora.  Il  nostro 
autore  sottopose  la  grave  quistione  a  nuovo  esame  ;  e  se  la  scar- 
sità dei  documenti  non  gli  concesse  di  recare  su  di  essa  maggiore 
luce ,  i  suoi  studi  misero  però  in  evidenza  due  fatti ,  i  quali 
erano  ritenuti  dubbi  finora. 

L' uno  è,  che,  ove  pure  si  ritenga  vero  il  racconto  di  Amati  i 
circa  la  partecipazione  di  40  pellegrini  Normanni  alla  difesa  di 
Salerno,  assediata  dai  Saraceni;  la  fortuita  presenza  di  que' pel- 
legrini non  abbia  che  fare  colla  immigrazione  de'  guerrieri  Nor- 
manni nella  bassa  Italia.  L'altro  fatto  è  questo ,  che  la  data  più 
verosimile  della  venuta  dei  Normanni  sia  da  segnarsi  nel  decennio 
che  corse  dalla  incoronazione  imperiale  di  Arrigo  alla  sua  morte , 
cioè  dal  1014  al  1024  ;  e  che  come  diverse  furono  le  cagioni  che 
li  fecero  emigrare  dalla  loro  patria ,  così  devasi  ammettere  che 
venissero  a  più  riprese,  anziché  tutti  nello  stesso  tempo.  Facen- 
dosi quindi  a  considerare  le  cause  che  fecero  alterare  le  scarse 
memorie  della  venuta  dei  Normanni ,  ei  le  ravvisa  anzitutto  nel 
carattere  religioso  della  conquista ,  la  quale  avendo  abbassato  il 
predominio  della  Chiesa  Scismatica  e  dell'  Islamismo  ,  si  presentò 
a  molti  come  un'impresa  sacra,  voluta  da  Dio. 

Laonde  non  è  maraviglia,  nota  l'autore,  se  volendo  che  gl'inizii, 
quasi  augurio  solenne,  rispondessero  al  fine,  l'incerto  rumore  di 
un  trionfo  sopra  i  Saraceni  venisse  raccolto  ed  innestato  ad  altri 
avvenimenti,  onde  aggiungere  lo  splendore  di  portentose  vittorie 
ai  campioni  della  fede  (pag.  77).  Altra  cagione  di  questo  fatto 
derivò  dalla  fama  strepitosa  acquistata  dai  figliuoli  di  Tancredi 
di  Altavilla;  imperocché  essa  travolse  in  obblio  le  anteriori  im- 
prese ed  i  nomi  di  altri  avventurieri  più  antichi  e  meno  illustri: 
onde  avvenne,  che  gli  storici  vissuti  al  tempo  «Ielle  mutate  con- 
dizioni, attribuissero  a  quella  famiglia  ogni  vanto,  come  se  prima 
del  loro  tempo  nulla  di  notevole  fosse  stato  operato  dai  Norman- 
ni nel  mezzodì  d' Italia. 


RASSEGNA   BIBLIOGRAFICA  119 

Dove  le  scarse  memorie  dei  primi  eventi  dei  Normanni  ser- 
baronsi  scevre  dalle  alterazioni  recate  al  esse  dagli  scorici  po- 
steriori, fu  nella  Puglia.  Né  ciò  deve  fare  meraviglia,  dappoiché 
que5  popoli  ebbero  i  Normanni  compagni  nelle  loro  prime  lotte 
contro  i  Greci:  onde  segui  che  que' fatti,  i  quali  altrove  erano 
stati  ad  arte  negletti ,  là  durassero  vivi  nella  mente  dei  popoli , 
siccome  documento  di  glorie  paesane.  Ciò  dà  ragione  come  av- 
\<ui>se  che  i  soli  storici  pugliesi  li  rammemorassero:  e  se  qual- 
che lume  si  può  recare  di  mezzo  a  que'  tenebrosi  eventi,  lo  si 
debba  ai  racconti  di  Guglielmo  Appulo  e  di  Rodolfo  Glabro.  Il 
primo  scrittore  parla  anch' egli  di  pellegrini;  ma  invece  di  farli 
uni  ne  a  Salerno,  li  conduce  difilato  al  Gargano,  di  dove  vanno 
a  scriversi  sotto  le  insegne  di  Melo.  E  il  secondo,  completando 
il  racconto  di  Guglielmo ,  aggi  tigne  alla  schiera  de'  pellegrini , 
tur  altra  di  fuorusciti  politici,  condotti  da  un  nobile  per  nome 
Rodolfo  ;  il  quale ,  caduto  in  disgrazia  del  suo  sovrano  Riccardo  II, 
emigrò  dalla  sua  patria;  e  recatosi  a  Roma,  ricevè  da  papa  Be- 
nedetto Vili  l' incarico  di  prender  parte  col  principe  beneven- 
tano alla  guerra  nazionale  contro  i  bizantini. 

Riuniti  cosi  ai  suoi  seguaci  gli  ardimentosi  stranieri ,  l'esule 
Barese  si  presentò  alla  riscossa  nella  primavera  del  1016.  I  par- 
ticolari di  questa  nuova  guerra,  che  si  chiuse  coli'  infausta  gior- 
nata di  Canne  nel  1019,  sono  diligentemente  descritti  dal  nostro 
autore.  Eguale  diligenza  non  troviamo,  invece,  nella  narrazione 
dell'altra  guerra  combattuta  indi  appresso  dall'imperatore  Ar- 
rigo II  contro  i  Bizantini  ;  imperocché  fra  i  documenti  citati  vi 
siano  omessi  gli  Annali  Quedlinburghesi,  i  quali  contengono  par- 
ticolari interessanti  sull'assedio  di  Troja ,  tali  da  rimuovere  ogni 
dubbio  sul  fatto  della  resa  della  fortezza  agl'imperiali. 

Ivi ,  infatti ,  è  narrato ,  che  l'imperatore  «  incolas  hujusce- 
modi  aut  neci  tradidit,  aut  captos  colligere  praecepit  ».  Che  se 
contrariamente  il  Glabro  racconta,  avere  l' imperatore ,  nel?  en- 
trare nella  presa  città,  pronunziato  le  parole  «  Misereor  super 
turbas,  »  ciò  vuol  dire,  che  a  quelle  parole,  se  mai  furono  dette, 
non  corrisposero  gli  atti.  E  se  il  rigore  sui  vinti  non  fosse  stato 
veramente  esercitato,  l'annalista  quedlinburghese  che  è  benevolo 
ad  Arrigo,  non  glielo  avrebbe  certamente  attribuito.  Del  resto  , 
sia  per  la  attestazione  di  quell'  annalista  contemporaneo,  sia  pel 
racconto  stesso  del  Glabro  ,  il  fatto  della  presa  di  Troja  vien 
messo  fuori  d'ogni  dubbio.  E  le  contrarie  attestazioni  di  Amato 
e  della  cancelleria  bizantina  non  valgono  a  smentirlo  ;  la  prima, 
perchè  è  in  contraddizione  con  ciò  che  il  cronista  stesso  avea  af- 
fermato innanzi ,  e  la  seconda,  tanto  per  l'officina  da  cui  emana, 


120  RASSEGNA   BIBLIOGRAFICA 

quanto  pel  tempo  in  cui  fu  messa  fuori  (dopo,    cioè,   la  morte 
dell'  imperatore  Arrigo). 

Del  resto  non  ci  accadrà  spesso  di  trovare  l'autore  in  difetto. 
Anzi  e' si  rimette  tosto,  sciogliendo  la  intricata  questione  delle 
investiture  feudali  concesse  da  Arrigo  ai  Normanni. 

TI  duce  Rodolfo,  rappattumatosi  col  principe  Riccardo,  era- 
sene  ritornato  in  patria.  In  Italia  erano  rimaste  due  schiere  di 
Normanni;  l'una  Arrigo  costituì  sotto  la  giurisdizióne  dei  nepoti 
del  defunto  Melo,  dandole  in  possesso  alcune  castella  del  contado 
di  Sora  o  Cominense.  All'altra  concesse  de' feudi  nel  principili" 
Capuano,  e  la  collocò  sotto  la  protezione  del  marchese  di  Spoleto. 
Da  questo  punto  nuove  tenebre  ravvolgono  i  fatti  dei  Nor- 
manni. Degli  uni  è  narrato,  che  vennero  in  lotta  cogP indigeni, 
a   cagione  di    loro  rapacità,  e  furono  vinti    e  spogliati  dei   loro 
feudi.  Degli  altri  è  narrato  invece  ,  che  passarono  agli  stipendi  i 
di  Pandolfo  IV,  spodestato  da  Arrigo,  e  lo  aiutarono  a  recupe- 
rare il  principato  di  Capua.  L'autore  crede  di  poter  metter  d'ac- 
cordo le  due  tradizioni,    ritenendo  che  fra' mercenari    normanni 
di  Pandolfo  vi   fossero  anche  coloro  che  erano  stati    cacciati  via 
dalle  popolazioni  indigene.  Ma  comunque  di  ciò  sia,  egli  è  certo, 
che  dopo  la  partenza  e  la  morte  seguitane  dell'imperatore  Arrigo, 
la  politica  dei  Normanni  consistè  nel  servire  coloro  che  a  mag- 
o-ior  prezzo  li  compravano,  e  a  mutar  parte  secondo  le  occorrenze 
ed  i  premii,  procurando  astutamente  che  niun  trionfo  fosse  com- 
piuto, e  che  ninno  dei  principi   si  inalzasse  sugli    altri  a   segno 
che  le  armi  loro  divenissero  inutili.    Di  questa  politica  forni  se 
prova  luminosa  la  condotta  del  normanno  Rainolfo    di  Quarrel. 
Dopo  avere  egli  combattuto  per  Pandolfo    di  Capua,  ed   averlo 
aiutato  ad  ingrandirsi,  nel  1030  dichiarossegli  nemico,  e  si  unì 
in  lega  con    Sergio  IV  già  duca  di  Napoli  ,  del   quale  sposò  la 
sorella,  e  ne  ebbe  col  titolo  di  conte  casali   e  terre  nel  ducato, 
dove  si  fondò  una  borgata,  e  altra  più  antica   ampliò    e  numi, 
dandole,  in  odio  a  Capua,  il  nome  di  Aversa.  Poco  appresso,  rima- 
sto vedovo  della  sorella  di  Sergio,  rimutò  parte;    e  tornato  al- 
l'amistà di  Pandolfo,  sposonne  una  nepote  e  gli  divenne  vassalL  -. 
Alla  potenza  proveniente  dal  mutevole  e  accorto  parteggiare, 
valido  alimento    apprestarono   le   nuove    ini  migrazioni    di   com- 
paesani. Fra' quali  vanno  sguaiati,  per  la  fama  gloriosa  che  con- 
seguirono ,  i  tre  figliuoli  maggiori  del  cavaliere  Tancredi  di  Al- 
tavilla, la  cui  casata  da  storici  adulatori  si  volle  far  discendere  da 
quella  dei  ducili  di  Normandia,  ridonisi  in  Italia  verso  il  1035, 
o  per  gare  domestiche  o  per  riparare  con  imprese  avventurose  alla 
ijsezza  dell'avito  patrimonio.    E  seguendo    la  politica    de'loro 


RASSEGNA   BIBLIOGRAFICA  121 

compagni,  mutarono  anch'essi  parte  secondo  gli  eventi.  Dapprima  si 
messere»  agli  stipendi]  del  principe  di  Capila:  poi  passarono  col 
conte  Rainolfo  a  Guaimaro  di  Salerno  e  furono  partecipi  alle  co- 
stui fortune.  Che,  mentri'  l'imperatore  Corrado  adottava  Guai- 
maro  per  figliuolo  ed  investivamo  di  Capua  ritolta  a  Pandolfo  , 
conferiva  a  Rainolfo  l'investitura  di  Aversa  con  la  lancia  e  il 
gonfalone,  ed  a'suoi  compagni  affidava  alcune  castella  del  mona- 
stero Cassinese,  perchè  lo  guardassero  come  vassalli  (maggio  1038), 

La  lotta  di  quel  tempo  ridestatasi  in  Sicilia  fra  i  Musul- 
mani e  i  Greci,  alla  quale  die  occasione  una  discordia  scoppiata. 
fra' nuovi  reggitori  dell'isola,  offerse  modo  ai  Normanni  di  cer- 
care in  questo  paese  un  nuovo  teatro  di  attività  guerresca,  e  al 
principe  di  Salerno  di  liberarsi  dalla  parte  turbolenta  de'  suoi 
alleati.  Insieme  coi  Normanni ,  alla  lotta  siciliana  partecipò 
pure  una  schiera  di  Lombardi ,  esulati  dalla  pianura  del  Po  a 
cagione  dei  dissidii  nati  fra  i  grandi  vassalli  ed  i  valvassori.  Prin- 
cipale  tra  gli  esuli  lombardi  era  un  milite  della  famiglia  feudale 
dell'arcivescovo  Ariberto  di  Milano  ner  nome  Arduino.  Ribelle 
al  suo  signore,  egli  esulò  nel  mezzodì  d'  Italia,  dove  al  suo  spi- 
rito bellicoso  apprestavasi  campo  largo  e  fecondo.  Associatosi 
pertanto  alla  impresa  siciliana,  egli  ebbe,  insieme  coi  Normanni, 
parte  principalissima  alla  conquista  di  Siracusa.  E  perchè  i  Greci, 
né  a  lui  né  a'suoi  soci  d'oltremonte  resero  giustizia  nella  parti- 
zione delle  spoglie,  e'vendicossi  della  negata  giustizia,  aggrava- 
ta da  corporali  lesioni ,  collo  associarsi  ai  Pugliesi  novellamente 
insorti. 

Le  cronache  di  quel  tempo  narrano  che  alla  nuova  insurre- 
zione pugliese  partecipasse  anche  il  normanno  Rainolfo,  eccitato 
ad  associarsi  all'impresa  dal  lombardo  Arduino.  Ma  contro  que- 
sto racconto  il  nostro  autore  osserva,  che  il  rumore  di  quell'al- 
leanza propagatosi  quando  in  tutto  era  caduto  il  nome  e  la  po- 
tenza dei  Longobardi  nel  mezzodì  d'Italia,  non  è  conforme  ai 
fatti  che  seguirono.  «  Rainolfo,  die' egli,  sottoposto  a  Guaimaro  , 
che  allora ,  o  poco  appresso,  l'investiva  anche  di  Gaeta,  non  sa- 
rebbe entrato  in  quegli  accordi  contro  i  voleri  del  principe;  nò 
questi,  ignaro  dei  trattati,  avrebbe  poi  preteso  il  possesso  delle 
nuove  conquiste.  È  verosimile  che  senza  dichiararsi  ancora  in  fa- 
vore dei  ribelli,  Guaimaro  concedesse  licenza,  non  ai  Normanni 
vassalli  suoi,,  ma  a  quelli  tornati  in  Sicilia,  e  a  quanti  altri  erano 
mercenari,  d'accorrere  in  Puglia,  e  li  spronasse  anzi,  infingendosi 
estraneo  all'impresa  (pag.  149). 

E  veramente,  se  il  procedimento  della  impresa  si  deva  argo- 
mentar dagli  effetti ,   non  si  può  dissentire  dal  giudizio  che    di 


122  RASSEGNA   BIBLIOGRAFICA 

quella  reca  L'autore.  Infatti,  allorquando  per  le  vittorie  degli  in- 
sorti validamente  sostenute  dagli  alleati,  fra  le  quali  è  memora- 
bile quella  riportata  da  essi  ad  Orta  presso  l'Ofanto  ,  ultima  im- 
presa in  che  sia  memorato  Arduino,  la  Puglia  restò  quasi  inte- 
ramente .sgombra  dai  Greci;  della  parie  di  essa  occupata  dai 
Normanni,  che  avea  suo  centro  in  Melfi,  il  principe  Guaimaro 
non  costituì  Rainolfo  signore,  sì  bene  Guglielmo  d'Altavilla,  cui 
die  il  titolo  di  Conte  di  Puglia.  Il  quale  onore  non  sarebbe  cer- 
tamente toccato  a  costui,  quando  Rainolfo  avesse  partecipato  al- 
l' impresa. 

I  rapidi  progressi  delle  normanne  conquiste  furono  poco  ap- 
presso arrestati  da  una  serie  di  eventi  infausti  ai  nuovi  domina- 
tori. E  fu  vero  prodigio  se  l'eretto  dominio  non  ne  fosse  travolto 
in  rovina.  Di  che  1'  autore  discerne  acutamente  la  cagione  nel 
fatto,  che  la  progenie  latina  disfrancandosi  dalla:  soggezione  an- 
tica, non  si  ordinò  nel  reggimento  dei  Municipii  :  onde,  rottala 
tradizionale  dipendenza  dei  Greci,  l'intervento  straniero,  e  la 
forza  degli  eventi  la  condussero  alla  monarchia  (pag.  256).  Il 
primo  evento  infausto  alla  normanna  signoria  fu  una  serie  di 
morti ,  parte  naturali  e  parte  violente ,  onde  a  breve  intervallo 
di  tempo  furono  colti  i  suoi  reggitori  e  sostenitori.  Scomparvero 
primi  Rainolfo  e  Guglielmo;  il  primo  nel  giugno,  l'altro  sullo 
scorcio  del  1045.  Seguirono  loro  pochi  anni  appresso  nella  tomba, 
trattivi  da  violenta  morte ,  Drogone  fratello  di  Guglielmo  e  il 
principe  Guaimaro" ,  autor  principale  della  potenza  dei  Normanni. 
A  queste  calamità  s'aggiunse  la  politica  ostile  di  papa  Leone  IX 
contro  i  dominatori  stranieri  ;  la  quale,  cominciata  a  Roma  colle 
scomuniche ,  terminò  sulle  rive  del  Fortore  presso  a  Civitate 
colla  disfatta  e  colla  prigionia  del  papa.  L'autore  ragguaglia  la 
vittoria  del  Fortore  con  quella  che,  tredici  anni  appresso,  i  Nor- 
manni riportarono  ad  Hastiugs  sugli  Anglo-Sassoni.  L'ima  e -l'al- 
tra infatti  ebbero  comuni  gli  effetti,  che  furono  di  stabilire  nei 
due  paesi  la  dominazione  dei  vincitori.  Però,  se  eguali  ne  furono 
gli  effetti ,  diversa  fu  la  durata  di  tempo  in  che  vennero  prodotti. 
E  mentre  in  Inghilterra,  la  conquista  procede  rapida  e  spedita  , 
nella  Italia  meridionale  cammina  lenta  e  laboriosa.  Di  questa 
dissomiglianza,  nota  l'autore,  sono  ragioni  diverse,  ma  una  senza 
dubbio  fu  la  maggiore;  la  parte,  cioè,  che  e!»  »ero  i  papi  nelle 
cose  italiane.:  imperocché  1'  impresa  di  Leone  IX,  infelice  ne'suoi 
principii,  riprovata  dai  fautori  stessi  della  Chiesa,  quali  Romualdo 
da  Salerno  ed  Ermanno  Contratto,  contro  la  comune  previsione, 
dovea  in  ultimo  riuscire,  per  via  contraria,  a  quel  medesimo  Une 
ili  grandezza  al  quale  aspirava  il  romano  pontificato  (pag.  254j. 


RASSEGNA   BIBLIOGRAFICA  123 

III.  Qui  si  chiude  il  primo  volume  dell'opera  del  De  Blasiis. 
H  secoti' lo  >i  apre  con  un  dotto  esami  critico  circa  gli  effetti 
immediati  della  giornata  del  Fortore. 

Come  è  noto,  èopinione  ammessa  da  molti,  che  papa  Leoni  I  X  . 
per  liberarsi   dalla  custodia  in  che  era  tenuto  a  Benevento  ,  in- 

jse  Umfredo  fratello  dell'ucciso  Drogone,  «li  Puglia,  Calabria 
e  Sicilia,  dichiarando  quelle  terre  feudo  della  romana  scile.  L'au- 
tore impugna  siffatta  opinione,  dimostrando  com'essa  emani  da 
racconti  <li  storici  posteriori  quali  il  Malaterra  e  l'Anonimo  Siculo, 
mentre  nessuno  dei  contemporanei  fa  menzione  di  una  papale 
■tura  concessa  da  papa  Leone  IX  ai  Normanni,  e  nemmeno 
le  bolle  posteriori  la  ricordano.  Né  la  cosa  poteva  essere  diver- 
samente, «  dappoiché  il  papa  non  si  arrogava  ancora  apertamente 
alcun  diritto  su  quelle  provincie ,  né  sarebbe  stato  opportuno  in - 
vocarloy  quando  si  imploravano  aiuti  da  Arrigo  III  e  da  Costan- 
tino ».  E  conclude  la  sua  disamina,  dichiarando,  che  se  una  in- 
vestitura  vi  fu,  essa  riguardò  solamente  le  terre  del  principato 
beneventano  (II,  15). 

Or  qui  comparisce  sulla  scena  il  famoso  Guiscardo ,  che  la 
fortuna  e  L'ingegno  destinavano  a  divenire  l'eroe  della  normanna 
conquista.  Venuto  a  morte  nel  1 056  Umfredo,  benché  e' lasciasse 
un  figliuolo  per  nome  Abagelardo  ,  non  a  lui,  né  al  fratello  mag- 
giore Goffredo ,  sì  bene  al  fntellastro  Roberto  i  grandi  conferi- 
rono la  contea  di  Puglia.  Faceudo  suo  prò  delle  turbolenze  che 
portarono  al  seggio  di  ( 'ostantinopoli  un  usurpatore,  il  nuovo 
conte  di  Puglia  assale  i  deboli  presidii  greci ,  e  disfattili  a  Ta- 
ranto, occupa  le  terre  poste  sul  golfo  fino  ad  Otranto.  Passa  indi 
in  Calabria,  'love  era  già  ito  il  fratello  Ruggiero  a  preparargli 
la  via ,  e  fa  sue  Neocastro,  Canalda  e  Maia  ;  e  maggiori  successi 
avrebbe  raccolti,  se  avesse  saputo  o  potuto  contenere  l'ardor  di 
rapina  de' suoi  soldati. 

Ma  ciò  che  Roberto  non  potè  conseguire  per  via  dell'armi, 
e' lo  ottenne  col  mezzo  di  scaltri  accorgimenti.  -  Qui  i  progressi 
della  conquista  normanna  si  rannodano  colle  vicende  percorse  di 
quel  tempo  dal  papato.  -  Colla  morte  del  papa  Stefano  IX  avvenuta 
nel  marzo  del  L058,  una  politica  nuova  inaugurossi  nella  curia  ro- 
mana ,  per  la  quali-  i  Normanni,  che  erano  stati  infin  qui  aspra- 
mente osteggiati,  vennero  chiamati  a  parte  dei  papali  interessi.  Due 
papi  contendevansi  la  tiara  ;  Benedetto  X  eletto  dalla  l'aziono  dei 
nòbili  romani ,  insofferente  tanto  dei  diritti  che  l'Impero  si  ano- 
quanto  del  governo  dei  pontefici  stranieri  ;  e  Niccolò  II,  eletto 
<ol  consenso  dell'Impero,  dietro  suggerimento  di  Ildebrando,  al 
quale  premeva  che  la  rivoluzione  chiesastica,  già  iniziata,  non  ve- 


124  RASSEGNA    BIBLIOGRAFICA 

nisse  turbata  nò  da  precipitazioni  inconsulte  né  da  provocazioni 
insensate.  E  come  Ildebrando  era  stato  consigliere  della  elezione 
di  Niccolò,  così  ei  suggerì  pure  la  via  che  lo  guidasse  alla  vit- 
toria contro  a' suoi  nemici.  Questa  via  era  l'alleanza  coi  Normanni. 
Se  vuoisi  prestare  ascolto  al  biografo  di  Niccolò,  la  iniziativa  del- 
l' alleanza  sarebbe  partita  dai  Normanni  stessi  :  ma  d' onde  che 
venissero  le  prime  profferte,  giustamente  osserva  l'autore ,  la  co- 
munanza degl'interessi  render  dovea  necessario  l'accordo.  E  per 
vero,  rilevando  i  Normanni  il  diritto  del  loro  dominio  dalla  con- 
quista, rispetto  ai  sudditi  ed  ai  vicini,  e'non  erano  più  che  usurpa- 
tori ,  contro  i  quali  persistevano  sempre  le  ragioni  dei  due  Im- 
peri. Senza  investitura  niun  possesso  pareva  rivestirsi  di  quel 
carattere  di  legittimità,  che  tra  le  violenti  invasioni  del  medio 
evo,  è  certamente  la  più  strana  anomalia  che  s'incontri  nella  sto- 
ria  dei  popoli  barbari  stanziati  nelle  provincie  latine.  I  Normanni 
prima  dal  principe  di  Salerno,  poi  dall'  imperatore  tedesco,  ave- 
vano ottenuto  la  signoria  di  alcune  città;  ma  allargandosi  in  danno 
delle  pretensioni  dell'uno  e  dell'altro,  e  contro  quelle  più  evidenti 
dell'  impero  greco,  era  d'uopo  cercare  altrove  la  trasmissione  di 
quel  diritto  che  mutava  l'usurpazione  in  legittimo  possesso  (11,52). 
Non  meno  gravi  erano  le  cagioni  che  induce  vano  papa  Nic- 
colò ad  accordarsi  coi  Normanni.  Anzitutto ,  v'  era  da  debellare 
1'  antipapa  Benedetto,  che  erasi  trincerato  nel  castello  di  Galeria 
ed  era  protetto  dalle  armi  dei  nobili  romani.  Poi  v'era  da  appa- 
recchiarsi alla  lotta  contro  l' Impero  germanico ,  provocata  dalla 
nuova  costituzione  elettorale  dei  papi,  alla  quale  doveano  far  se- 
guito altre  riforme  dirette  a  tradurre  lo  stato  civile ,  e  quindi 
l' Impero,  che  ne  era  la  espressione  più  elevata,  sotto  la  simma- 
chia  della  Chiesa  papale. 

'  rli  effetti  della  nuova  alleanza  non  tardarono  a  manifestarsi. 
Il  papa  Niccolò,  debellato  colle  armi  normanne  il  suo  rivale,  lo 
depose  dal  pontificato  e  dal  sacerdozio  ;  e  lo  relegò  nel  castello 
li  -Sant'Agnese,  dove  chiuse  oscuramente  la  sua  vita.  D'altra  parte, 
i  Normanni,  ripresa  la  guerra  in  Puglia,  vi  occupavano  Taranto, 
Brindisi  e  Reggio,  scalo  quest'  ultima  all'  impresa  di  Sicilia.  In- 
fatti, mentre  Roberto  in  Reggio  prendeva  il  titolo  di  duca  di 
I  '.ilabria,  da  questa  città  salpava  il  fratel  suo  Ruggiero  alla  volta 
di  Sicilia,  per  imprendere  la  conquista  dell'isola.  Ampiamente 
svolge  l'autore  i  particolari  della  lotta  siciliana,  descrivendone  le 
agevolezze  e  i  contrasti.  I  quali  ultimi ,  nel  decennio  che  corsi- 
dal  L060  al  1070,  superarono  ili  gran  lunga  Je  prime,  e  furono 
ione  che  la  conquista  siciliana  assai  lentamente  procèdesse. 
Ki, a 'quali  contrasti  vanno  messe  in  cima  le  contese  scoppiate  fra 'due 


RASSEGNA    BIBLIOGRAFICA 


125 


fratelli  Normanni  Umberto  e  Ruggiero,  per  la  pretensione  del 
primo  di  serbare  per  sé  solo  i  domimi  continentali,  de' quali 
L'altro  voleva  ceduta  una  parte.  A  ciò  devonsi  aggiun- 

gere le  difficoltà  surte  dal  nuovo  scisma  papali-  die  seguì  alla 
morte  di  Niccolò  II,  e  dagli  sforzi  estremi  dei  Greci  di  ricupe- 
rare i  dominii  italiani  nella  più  gran  parte  perduti.  Ma  se  que- 
ste avversità  tolsero  alla  normanna  conquista  ili  pr  cedere  spedi- 
tamente, non  le  impedirono  però  dal  consegurre  il  finale  suc- 
cesso. E  composte  le  fraterne  contese  colla  cessione  a  Ruggiero 
delle  conquiste  siciliane,  e  depresso  col  normanno  ausilio  l'anti- 
papa Cadolao,  nei  1070  la  lotta  fu  ripresa  gagliardamente  al  di 
qua  e  al  di  là  dello  stretto;  e  nell'uno  e  nell'altro  teatro  conse. 
guì  un  successo  pieno.  Il  15  aprile  del  1071  il  duca  Roberto  ri- 
ceveva in  dedizione  la  città  di  Bari,  dopo  un  assedio  durato  tre 
anni;  e  pochi  mesi  appresso  (10  gennaio  1072),  Palermo  apriva 
le  porte  al  fratello  di  lui  Ruggiero. 

Più  che  quattro  secoli,  nota  acutamente  l'autore,  era  durato 
il  dominio  dei  seguaci  di  Maometto  nell'isola,  ed  ora  cadeva  nel 
tempo  stesso  che  i  Bizantini  erano  in  tutto  espulsi  dalla  Cala- 
bria e  dalla  Puglia,  e  le  città  lombarde,  scotendo  il  giogo  feudale. 
dei  vescovi,  infievolivano  la  dipendenza  degT  imperatori  tedeschi. 
Questa  diversa  mutazione,  dissimile  nei  modi,  concorde  negli  ef- 
fetti, che  sollevava  dalle  Alpi  alla  Sicilia  le  generazioni  indigene 
conculcate ,  non  seguì  né  per  impulso  né  per  virtù  dei  pontefici 
e  dei  Normanni.  Fu  un  rivolgimento  spontaneo  e  fatale,  appa- 
recchiato dalla  corruttela  e  dalla  decadenza  delle  stirpi  signoreg- 
gia nti,  dal  lento  e  costante  risorgimento  dei  vinti,  ne'quali  si  fe- 
condavano i  germi  della  nuova  vitalità  nazionale.  Le  oscure  vi- 
cende della  riscossa  nascondono  gli  sforzi  di  quel  volgo  senza 
nome,  che  partecipò  alla  lotta  contro  i  simoniaci,  i  concubinarii 
e  le  investiture;  che  insorse  in  Puglia  ed  in  Calabria,  ed  aiutò 
Roberta  e  Ruggiero  nell'acquisto  della  Sicilia  (II,  167). 

I  successi  dell'  impresa  siciliana ,  e  particolarmente  la  con- 
quista di  Palermo,  Ruggiero  li  dovea  ai  validi  ausilii  recatigli  dal 
fratello  Roberto.  E' non  si  oppose  pertanto  che  questi  ritenesse 
per  sé  l'alto  dominio  dell'  isola  e  la  diretta  signoria  di  Palermo 
e  di  Messina ,  e  si  tenne  pago  del  titolo  di  gran  Conte  della  Si- 
cilia e  del  dominio  delle  rimanenti  città  conquistate  o  da  con- 
quistare. 

Gli  eventi  ulteriori  della  conquista  normanna  si  rannodano 
colle  vicende  attraversate  dalla  Chiesadopo  che  il  celebre  Ildebrando 
ebbe  assunto  col  nome  di  Gregorio  VII  il  supremo  reggimento  di 
essa.  L'autore  delinea  così  la  politica  che  il  nuovo  papa  erasi  prò- 


126  RASSEGNA   BIBLIOGRAFICA 

posto  di  seguire  verso  i  principati  dell'Italia  meridionale.  «  Man- 
tenere l'Italia  del  mezzodì  divisa  in  piccole  signorie  gareggianti; 
perpetuare  l'emulazione  tra  il  principato  di  Capua  e  il  ducato  di 
Puglia  ;  fra  i  Longobardi  degli  Abruzzi,  di  Benevento  e  di  Salerno 
e  i  .Normanni;  costituire  arbitra  di  quelle,  gare  l'autorità  del- 
l'Apostolica Sede,  con  il  segreto  scopo  che  proponevasi  il  papa  » 
(11,  18U).  Ma  nello  stato  attuale  delle  cose ,  siffatto  scopo  non  po- 
teva essere  raggiunto.  La  potenza  dei  Normanni  era  salita  troppo 
in  alto,  perche  le  potessero  lare  argine  i  deboli  principati  lon- 
gobardi. Ed  in  seno  ai  Normanni  la  personale  autorità  del  duca 
Roberto  era  divenuta  troppo  cospicua ,  perchè  la  rivalità  dei  conti 
suoi  compaesani  la  potessero  efficacemente  infrenare.  Aggiugni  a 
questo  l'accorgimento  straoidinario  del  duca  Roberto,  che  si  tiene 
Mula  diritta  via,  di  fronte  alle  insidie  di  amici  sospetti  ed  agli 
attacchi  dei  .nemici,  e  destreggiandosi  cogli  uni,  e  affrontando  a 
viso  aperto  gii  altri,  va  innanzi  nelle  conquiste  e  tiene  in  ri- 
spetto i  rivali.  Ad  ottenere  siriatto  risultainento  il  pap 
poi  indirettamente  lo  coadiuvò  coi  crearsi  nella,  lotta  suscitata 
contro  l'impero  delle  difficoltà,  che  lo  obbligarono  a  cercare  un 
app  »ggio  là  dove  non  avea  prima  visto  che  un  nemico  da  com- 
battere. Infatti,  scrive  l'autore,  allorché  papa  Gregorio  vide,  dopo 
il  ritorno  del  re  Arrigo  in  Germania,  reduce  dalla  scena  di  Ca- 
nossa, destarsi  più  viva  agitazione  in  Italia,  ed  i  legati  del  re 
deposto  adoperarsi  a  rimuovere  Matilde  dalla  sua  alleanza,  ecci- 
tare popoli  in  Toscana  ed  in  Lombardia,  intimare  a  Magonza 
un  sinodo,  dubitando  che  anche  Roberto  non  aderisse  ai  nemici, 
volle  pacificarsi  con  lui  (II,  254). 

E  stabilite  in  Aquino,  per  mezzo  dell'abate  Desiderio,  le 
dell'accordo,  esse  vennero  poco  appresso  convertite  a  Ceperano 
in  un  trattato  di  pace.  Per  esso  il  duca  Roberto  riceveva  dal 
papa  la  conferma  dell' investitura  di  Puglia,  Calabria  e  Sici- 
lia ;  e  rispetto  a  Salerno  ,  Amalfi  e  al  territorio  della  Marca  ili 
Fermo  ,  ira  gliene  conservato  temporaneamente  il  possesso,  con- 
fidando il  papa  in  Dio  e  nella  bontà  del  duca  «  che  in  pro- 
sieguo sarebbesi  provveduto  secondo  che  all'  onore  del  beato 
Pietro  ed  alla  comune  salvezza  meglio  poteva  tornare  proficuo  ». 
(Doc.  XI).  Circa  poi  all'affare  del  censo,  l'autore  osserva,  che 
se  mai  i  Normanni  si  obbligarono  ad  un  censo  determinal  i 
verso  la  Chiesa  Romana,  sembra  che  non  prima  d'ora  si  stabi- 
lisse. E  còme  assentiamo  con  lui  rispetto  a  qu  rziom  . 
così  troviamo  pur  giuste  lo  ragioni  che  lo  inducono  a  negar  fede 
al  racconto  di  Guglielmo  Appaio,  eòe  il  papa  facesse  al  duca  \'u>- 
berto  la  promessa  d' incoronarlo  imperatore.   Alle   quali    ragioni 


RASSEGNA    BIBLIOGRAFICA  127 

va  aggiunta  questa,  che  tale  promessa  tanto  meno  poteva  essere 
fatta  allora,  che  la  lotta  fervea  ancora  fra  Enrico  e  Rodolfo  di  Svevia, 
né  potevasi  presentire  da  qua!  parte  sarebbe  rimasta  la  vittoria- 
La  lotta  che  nel  giugno  del  1080  pendeva  incerta,  fu  pochi 
mesi  appresso  risoluta  colla  giornata  siili'  Elster,  nella  quale  l'an- 
tirè  Rodolfo  lasciò  la  vita.  Gli  effetti  della  vittoria  di  Arrigo  si 
fecero  presto  sentire  in  Italia.  E  allora  il  papa  potè  apprezzare 
tutto  il  vantaggio  della  pace  conclusa  innanzi  col  normanno  Ro- 
berto. Neil' intervallo  corso  fra  il  trattato  di  Ceperano  e  l'ita- 
lica spedizione  del  vittorioso  Arrigo,  il  duca  Roberto  erasi  ci- 
mentato ad  una  grave  impresa,  superiore  alle  sue  forze.  Cogliendo 
profitto  dai  disordini  che  funestavano  la  reggia  di  Costantino- 
poli, dove  un  usurpatore  per  nome  Niceforo  Botoniato  avea 
sbalzato  di  seggio  Michele  VII;  col  pretesto  di  sostenere  i  diritti 
di  costui,  il  duca  normanno  avea  concepito  il  disegno  di  trarre 
in  poter  suo  il  bizantino  impero.  Ma  l'effetto  non  corrispose  al- 
l'audace intento.  Il  primo  ostacolo  gli  provenne  da  colui  stesso 
sul  cui  appoggio  avea  il  duca  fatto  maggiormente  a  fidanza. 

Era  Alessio  Comneno  duce  supremo  delle  milizie  imperiali. 
Il  quale,  ribellatosi  all' usurpatore  •  Niceforo,  tenne  per  sé  il  seg- 
gio tolto  a  lui,  e  lo  difese  strenuamente  contro  il  duca  normanno, 
chiamando  in  ausilio  contro  Roberto  le  armi  veneziane.  A  que- 
ste difficoltà,  che  sarebbero  bastate  a  rendere  fallita  l' impresa  , 
s'aggiunsero  le  ribellioni  nella  bassa  Italia  superate  dal  tedesco 
re  Arrigo.  Onde  Roberto  dovè  affrettarsi  al  ritorno  per  non  per- 
dere gli  antichi  domimi,  senza  speranza  di  conquistarne  dei  nuovi. 
Al  suo  ritorno,  la  ribellione  fu  presto  domata,  e  niuno  se  ne 
compiacque  più  ilei  papa ,  bisognoso  che  il  duca  normanno  avess 
libere  le  mani  per  venirgli  in  soccorso  contro  Arrigo ,  che  cac- 
ciatolo di  Roma ,  vi  aveva  insediato  un  antipapa.  L'assedio  della 
gran  metropoli  della  cristianità,  gli  eccidii  che  ne  seguirono,  e 
che  attirarono  sul  capo  dello  sciagurato  pontefice  tal  cumulo  di 
odii,  da  obbligarlo  ad  andarsene  in  esilio,  tutto  è  descritto  dal- 
l'autore con  bella  forma  e  con  rigore  di  critica.  E  acuta  è  la 
considerazione  ond'  egli  accompagna  il  suo  racconto  ;  che  se 
l'animo  di  Roberto  non  fosse  staio  preoccupato  dal  folle  disegno 
di  riprendere  la  guerra  contro  l'impero  bizantino,  egli  avrebbe 
potuto  raccogliere  tutta  Italia  sotto  al  suo  dominio.  "  Ove  si  con- 
sideri la  condizione  d'Italia  sul  Unire  del  secolo  XI,  dice  l'A., 
quando  l'ordinamento  dei  marchesati  e  (bile  grandi  contee  era 
dissoluto,  la  civile  potestà  dei  vescovi  contrastata,  e  quella  del- 
l'imperatore  caduta  in  dispregio;  quando  a  questo  disfacimento 
della  supremazia  delle  schiatte  invaditrici  non  era  ancora  suben- 


128  RASSEGNA    BIBLIOGRAFICA 

trato  il  Comune ,  e  le  forze  e  le  voglie  divise  e  discordi  confu- 
samente cozzavamo,  non  si  può  dubitare  che  l'audacia  e  l'accortezza 
di  Ruberto  Guiscardo  in  mezzo  a  quel  rivolgimento  politico,  so- 
ciale e  religioso  avrebbero  ottenuto  splendidi  trionfi.  »  (II,  305). 
Colla  narrazione  delle  tristi  vicende  della  seconda  spedizione 
di  Roberto  in  Grecia,  nella  quale  e' lasciò  la  vita,  vittima  forse 
del  contagio  che  allora  infieriva  in  quelle  contrade  anziché  di 
veleno  propinatogli  dalla  moglie  Sighelgaeta,  come  qualche  cro- 
nista poetò ,  si  chiude  il  secondo  volume  deli'  opera  del  De  13 la- 
siis.  Il  terzo  comprende  il  termine  della  conquista  normanna 
fino  alla  morte  del  re  Ruggiero,  avvenuta  il  26  febbraio  del  1154  ; 
e  noi  proponghiamo  di  tesserne  la  rivista  in  altro  articolo. 

F.  Bertolini. 


Di  tettimi   lavori  più   notabili  pubblicati  pel  quarto    Centenario 
dalla  nascita  di  Michelangelo  Buonarroti. 

Ponendo  mano  a  questa  breve  Rassegna,  già  da  tempo  pro- 
messa neGì Archivio  Storico,  delle  Opere  uscite  in  occasione  del 
quarto  centenario  di  Michelangelo  Buonarroti,  ci  giova  rammen- 
tare anzi  tutto  il  volume  delle  Poesie  del  Buonarroti,  che  il  Sig. 
Cesare  Guasti  pubblicava  sino  dal  1863  coi  tipi  Le  Mounier 
in  Firenze.  Perchè ,  quantunque  per  ordine  di  tempo,  questa  si 
distingua  dalle  pubblicazioni  cui  la  festa  centenaria  dette  occa- 
sione ,  pure  ci  sembra  che  non  avremmo  potuto  oggimai  farne  a 
meno;  comecché  per  essa  tanto  dell'ingegno  e  dell'animo  ilei 
grandissimo  artista  si  ponga  in  chiaro.  Per  più  modi  infatti  quel 
bellissimo  volume  sovrasta  a  tutte  le  altre  edizioni,  che  s'erano 
fatte. di  cotali  poesie  sino  a  quel  tempo  :  anzi  tutto  per  il  numero 
de'componimenti  sino  allora  inediti  ;  in  secondo  luogo  per  la  ge- 
nuina lezione  a  cui  furono  restituiti,  spogli  dell'ammanierate 
eleganze  onde  li  aveva  vestiti,  pubblicandoli  per  la  prima  volta  , 
la  malaccorta  pietà  del  nipote  Michelangelo  il  Giovine;  con  di- 
scapito non  pure  della  storica  veracità,  ma  della  schietta  bel- 
lezza :  in  terzo  luogo  per  la  prefazione  veramente  stupenda  e 
per  la  copia  dei  commenti  storici  o  letterari!,  de' quali  non  oc- 
corre ritessere  le  lodi  a  chi  sappi  i  che  soda  dottrina  e  che  sano 
discernimento  porta  nelle  cose  sue  il  Sig.  Guasti. 

Nel  medesimo  sesto  e  co'tipi  medesimi  de'  successori  Le 
Mounier,  secondo  l'ordine  del  Comitato  Fiorentino  per  le  feste 
del  Centenario,  e  per  cura  dei  Cav.  Gaetano  Milanesi,  furono 
pubblicate  le  Lettere  di  Michelangelo,  coi  Ricordi  e  i  Contratti 


RASSEGNA    BIBLIOGRAFICA  129 

artistici,  (pag.  ix-720  in  quarto).  Le  lettere  sono  in  tutte  495, 
distribuite  nel  modo  che  segui': 

Quarantacinque,  dal  primo  Luglio  1407  al  Giugno  1523,  a 
Lodovico  padre  suo,  datate  di  Roma,  Firenze,  Carrara,  Bologna  ; 
derivanti  pressoché  tutte  dal  Museo  Britannico;  e  quindi  note  al- 
l'Hartford  e  al  Grimm,  ed  anzi  talune  pubblicate  e  citate  da  essi. 

Quelle  da  45  a  123  sono  dirette  a  Buonarroto  suo  fratello, 
dal  Marzo  1497  al  Settembre  1518,  in  data  di  Bologna,  Roma, 
Seravezza,  Pietrasanta  e  Settignano  ;  trovate  le  più,  salvo  una 
diecina  ch'erano  al  Museo  Britannico,  nell'Archivio  Buonarroti, 
e  perciò  ignote  sino  ad  oggi  a  coloro  che  scrissero  di  cose  mi- 
ci telangiolesche. 

A  Giovan  Simone  suo  fratello,  dall'Aprile  1507  al  1547,  le 
poche  tra  il  123  e  il  133;  trovate  tutte  nell'Archivio  Buonarro- 
ti. Due  sole,  dell'Archivio  Buonarroti  anco  queste,  una  del  1540 
l'altra  del  1542,  a]  fratello  Gismondo. 

Molte  più,  a  cominciare  da'primi  mesi  del  1540,  sono  quelle 
il  Nipote  Lionardo:  ma  perchè  l'ultima  di  queste  (che 
è  li  341.a  della  raccolta)  porta  la  data  di  Roma  ai  28  Dicembre 
l'ui.;.  ed  il  Buonarroti  morì  il  18  Febbraio  del  1564;  così  il  Si- 
gnor  Milanesi  opina  che  altre  ne  debbano  essere  andate  smar- 
rite,  ponendo  mente  all'affetto  di  Michelangelo  per  il  Nipote  ed 
alla  frequenza  delle  sue  lettere  insino  allora.  Anco  di  queste,  le 
più  appartengono  all'Archivio  Buonarroti;  ma  le  altre,  e  non  po- 
che ,  all'  Archivio  Britannico,  citate  quindi,  e  talune  anco  pub- 
blicate ,  in  parte  o  per  intero,  dal  Grimm. 

Vanno  sotto  il  titolo  di  lettere  a  diversi  le  rimanenti  da 
341  a  495,  tra  il  Luglio  1496  e  il  Novembre  1561;  colla  data  di 
Iti  mia,,  Firenze,  Seravezza,  Carrara.  Dopo  quelle  moltissime  con- 
servateci dall'Archivio  Buonarroti,  l'i  più  si  trovarono  nella  rac- 
colta del  Mas  o  Britannico  ;  talune  altre  nella  Biblioteca  Na- 
■  Ai  Firenze,  già  pubblicate  o  citate  da  varii:  pochissime 
della  Raccolta  di  B.  Dal  Pino,  del  Cav.  Palagi,  dell'Archivio  di 
Stato.  Ve  ne  sono  talune  dirette  a'M edici,  più  assai  a  Messer  Luigi 
del  Riccio,  altre  al  suo  fido  Urbino,  a  Giovanni  Fattucci  ;  due 
alla  Marchesa  di  Pescara  (444,445);  una  a  Pietro  Aretino  (421); 
Benvenuto  Celimi  (471)  ;  quattro  al  Granduca  Cosimo  pri- 
mo (481,  487,  488,  489)  ;  e  queste  ultime,  con  altre  che  non  ci 
è  venuto  fatto  di  ricordare,  pubblicate  già  nel  Carteggio  inedi- 
to d'Artisti  del  Gaye. 

Di  ciascuna  lettera  ci  fa  sapere  il  Milanesi  se  la  data  è 
originale  di  mano  del  Buonarroti  ;  o  sivvero  aggiuntavi  di  mano 

Arch.,  3.»  Serie,  Tom.  XXIV.  9 


130  RASSEGNA    BIBLIOGRAFICA 

d'altri,  com'è  di  molte  fra  quelle  ricevute  dal  nipote  Lionardo, 
e  segnate  da  lui  o  da  Buonarroto;  od  anco,  com'è  di  talune,  con- 
getturale; oltre  a  ciò  le  riaccolte  da  cai  provengono,  che  sono,  co- 
me si  è  potuto  vedere,  per  lo  più  l'Archivio  Buonarroti,  o  il 
Museo  Britannico  ;  e  di  quelle  provenienti  dal  Museo  stesso,  o 
da  altre  raccolte  minori  ,  i  libri  o  giornali  in  cui  prima  di 
ora  vennero  in  luce. 

Per  quel  ch'è  della  grafìa,  il  Milanesi  stesso,  nella  succinta 
Prefazione  dichiara  i  suoi  criterii  ed  intendimenti,  dicendo  :  «  Ho 
"  cercato  di  tenermi  in  una  via  di  mezzo  tra  la  pedanteria  degli 
«  uni,  i  quali  vorrebbero  con  servilità  eccessiva  veder  riprodotti  i 
«  documenti  con  tutti  i  nessi,  le  abbreviature,  e  le  forme  orto- 
«  grafiche  ;  e  la  licenza  degli  altri,  che  correggono,  mutano,  ag- 
«  giungono,  e  tutto  vestono  alla  moderna.  —  Io  dunque  la  pri- 
«  ma  cosa  ho  sciolto  tutti  i  nessi  e  le  abbreviature,  levato  1'  h 
"  dove  era  lettera  aspirata,  mutato  il  et  nel  doppio  tt  ;  stiman- 
«  do  che  per  questo  cambiamento  il  suono  e  il  significato  della 
«  parola  rimanga  il  medesimo.  Certi  errori  di  ortografia,  proprii 
"  di  Michelangelo,  come  Gugnio,  Gorgo,  page,  largì,  per  Giu- 
"  gno,  Giorgio,  paghe,  larghi,  ho  lasciato  stare,  e  lo  stesso  ho 
"  latto  di  alcune  parole,  scritte  secondochè  portava  la  favella 
"  fiorentina;  come  scriverrò ,  librerria  e  liberrla ,  ammunlzione 
"  per  scriverò ,  libreria,  munizione  ». 

Dell'accuratezza  con  cui  furono  studiate  e  copiate  le  lettere 
originali,  ci  è  buona  testimonianza  il  sapere  che  a  questa  fatica 
concorsero  col  Milanesi  il  Cav.  Cario  Pini,  e  il  Cav.  Iacopo  Ca- 
vallucci per  i  documenti  dell'Archivio  Buonarroti,  delia  Biblio- 
teca Nazionale,  dell'Archivio  Centrale  di  Stato  ;  e  che  per  copiare 
i  Ms.  del  Museo  Britannico,  recavasi  appositamente  a  Londra  il 
Benedettino  don  Gregorio  Palmieri.  JMè  è  da  tacere  delle  note 
a  pie  di  pagina,  che  danno  copiose  notizie  sulle  persone  a  cui 
le  lettere  sono  dirette,  e  sui  fatti  a'quali  in  esse  si  allude. 

Di  siffatta  pubblicazione  l'importanza  apparirà  di  leggieri  a 
chi  sappia  quanto  giovi,  al  penetrare  bene  li  intendimenti  dell'ar- 
tista ,  il  conoscere  l'uomo,  e  il  ristabilire  la  cronologia  de'  lavori. 
La  quale  importanza  tanto  è  maggiore  per  le  lettere  del  Buo- 
narroti ;  quanto  più  trasse  egli  dalle  interne  meditazioni  la  ra- 
gione delle  opere  sue ,  e  quanto  più  vale  egli  come  dicitore  e 
scrittore.  »  Per  le  lettere  infatti  di  Michelangelo,  scrive  il  Cav. 
"  Milanesi ,  tutte  più  o  meno  importanti ,  e  talune  bellissime  e 
«  piene  di  sentimento  e  di  forza,  dove  il  pensiero  è,  più  che  espres- 
«  so,  scolpito  ;  e  dove,  se  la  passione  il  commuove  egli  s'innalza 


RASSEGNA   BIBLIOGRAFICA  131 

•■  tino  all'eloquenza  ;  noi  possiamo  acquistare  dell'animo  suo,  delle 
»  qualità  del  suo  cuore  e  dei  suoi  sentimenti  ,  assai  migliore  e 
"  più  intera  notizia  ,  che  dai  passati  Biografi  non  s'abbia  ». 

Con  questa,  divide  i  primi  onori  un'altra  importantissima 
pubblicazione.;  cioè  la  Vita  di  Michelangelo  Buonarroti,  narrata 
coll'ajuto  di  nuovi  documenti  da  Aurelio  Gotti,  Direttore  delle 
Rfl.  Gallerie  di  Firenze  (Firenze.  Tip.  della  Gazzetta  d'  Italia 
édit.  Settembre  1875.  Due  volumi  in  8.°  gr.  p.  XIII-380  e  295). 

Michelangelo  Buonarroti  il  giovine,  bisnipote  al  grandis- 
simo artista,  autore  della  Tancia  e  della  Fiera  e  raffazzonatore , 
al  modo  ch'è  detto  sop  a,  delle  poesie  del  prozio,  nella  Casa  Buo- 
narroti, ch'è  sull'angolo  tra  via  Ghibellina  e  via  Santa  Maria 
raccolse  con  diligenza  grande  tutto  quello  che  le  sue  attive  ri- 
cerche, coadiuvate  dalla  munificenza  del  Granduca  Cosimo  III, 
gli  concessero  rintracciare  delle  carte  e  Memorie  michelangiole- 
sche :  oltre  a  ciò,  per  mano  di  artisti  valenti,  vi  fece  dipingere 
i  tatti  principalissimi  della  vita  di  lui.  Ma  di  questa  raccolta 
importante,  oltre  i  versi  pubblicati  dal  giovine  Buonarroti,  poco 
o  nulla  venne  poi  in  luce,  per  la  gelosia  colla  quale  dalla  fa- 
miglia si  sottraevano  ad  ogni  ricerca  que'  Documenti.  Ed  anco 
dopoché  il  consigliere  Cosimo  Buonarroti  ebbe  ,  con  suo  testa- 
mento,  lasciata  alla  città  di  Firenze  la  Galleria  michelangiole- 
sca e  l'Archivio,  le  cautele  imposte  dal  testamento  erano  tali  da 
rendere  quasi  impossibile  agli  studiosi  una  ordinata  ed  attenta 
disamina  di  quelle  carte.  Per  lungo  tempo  adunque  i  moltissimi 
italiani  e  stranieri,  che  dalla  grandezza  delle  opere  del  Buonar- 
roti si  sentirono  mossi  a  ricercare  la  via  corsa  da  quell'ardimen- 
toso intelletto,  non  potettero  attingere  notizie  che  dalie  Vite  del 
Vasari  e  del  Condivi,  insufficienti  troppo  alla  dotta  e  tenace  cu- 
riosità del  secolo  nostro,  e  dai  preziosi  ma  scarsi  documenti  del 
Museo  Britannico  :  talché  molte  delle  cose  ,  pur  bellissime ,  che 
l' Harford  e  il  Grimm  ed  altri  valenti  scrissero  del  Buonarroti , 
hanno  più  spesso  il  valore  di  argute  e,  come  si  è  visto  poi,  felici 
divinazioni  che  di  una  accertata  storia  del  pensiero  michelan- 
giolesco. 

La  opportunità  che  il  comm.  Gotti  aveva,  come  Direttore 
delle  Gallerie  di  Firenze ,  di  esaminare  quelle  carte  commesse 
alla  sua  speciale  custodia ,  gli  fece  nascere  in  cuore  ,  coli'  avvici- 
narsi del  quarto  centenario  dalla  nascita  del  Buonarroti,  il  desi- 
derio di  giovare  alle  discipline  artistiche  ed  alle  storiche,  con  una 
pubblicazione  che  riponesse  al  luogo  loro  e  nella  loro  vera  luce 
que' fatti,  che  uu  esame  incompleto  dei  documenti  poteva  avere 
indotto  a  falsare  comecchessia  ;  e  ne  uscirono  i  due  volumi  di  que- 


132  RASSEGNA    BIBLIOGRAFICA 

sta  Vita,  consacrati,  l'uno  al  Racconto,  l'altro  a  fare  di  ragion 
pubblica  quelli  fra  i  documenti  dell'  Archivio  michelangiolesco, 
che  recano  più  nuova  e  maggior  luce  e  meglio  rendono  conto  di 
quello,  in  cui  si  diparte  il  Signor  Gotti  dai  precedenti  Biografi. 

Questa  Vita,  intesa  a  stabilire  con  precisione  la  cronologia 
così  de'f'atti  domestici  e  civili,  come  delie  opere  d'Arte  del  Buo- 
narroti, ed  a  riferire  con  esattezza  scrupolosa,  quali  furono  al 
Buonarroti  le  cagioni  ed  occasioni  più  manifeste  del  fare,  e  i 
giudizii  accertati  di  lui  sulle  opere  proprie  ;  questa  Vita  dico 
non  si  allarga  a  considerazioni  estetiche,  ma  tanto  più  si  stringe 
al  racconto  quanto  più  ampia  apparisce  in  sé  la  materia  di  questi». 
Perciò  al  solo  intento  di  far  conoscere  ciò  che  sepper  rilevare  dai 
«  citati  documenti,  e  di  mettere  per  così  due  alia  mano  degli 
"  altri  quelle  notizie  e  insieme  quelle  parole  tanto  desiderate  da 
"  molti;  nel  tessere  la  Vita  di  Michelangelo,  giovandosi  del  Con- 
«  divi  e  del  Vasari,  e  di  queste  carte  »,  il  Signor  Gotti  ci  dice,  «  che 
«  ha  cercato  di  farsi  quasi  familiare  dei  granae  Artista;  conten- 
"  to  di  raccontare  le  cose  con  semplicità,  fuori  d'ogni  artifizio  di 
"  ingegno  e  d'  ogni  ab  beni  mento  di  fantasia  ». 

h  primo  volume,  nel  quale  è  compreso  il  Racconto,  si  di- 
stingue in  venti  capitoli,  che  seguono,  com'era  richiesto  dagli  in- 
tendimenti del  libro,  l'ordine  cronologico.  La  nanazione,  che  ha 
cura  di  mantenersi  facile  e  piana,  non  divaga  troppo  a  riferire 
i  casi  della  Storia  civile,  perchè  in  un'opera  nella  quale  abbon- 
dassero le  considerazioni  estetiche  questi  si  richiederebbero  forse, 
a  rendere  ragione  delie  interne  condizioni  dell'animo  deh'  artista  ; 
ma  in  un  lavoro  di  cui  sono  così  determinati  i  limiti,  non  ha 
luogo  se  non  ciò  che  più  direttamente  connettesi  colle  vicende, 
che  trabalzarono  da  Firenze  a  Roma,  da  Roma  a  Bologna,  da 
Bologna  a  Venezia  l'Artista,  ed  interruppero  bruscamente  ed  ir- 
reparabilmente talune  delle  maggiori  opere  sue.  Quello  peraltro 
che  il  Oh.  Autore  si  proponeva,  di  farsi  cioè  familiare  di  Mi- 
chelangelo, pare  a  noi  che  gli  sia  venuto  fatto,  per  quel  tanto 
almeno  che  risguarda  l'intendimento  di  questo  libro  e  che  può 
da  esso,  così  come  ha  voluto  farlo  il  suo  autore,  venire  in  chiaro. 
Imperocché  per  questa  sua  lunga  dimestichezza  con  Michelangelo 
e  con  molti  de'  suoi  familiari,  acquistata  nel  lungo  ed  amore- 
vole studio  delle  loro  lettere  e  d'altri  siffatti  documenti  contem- 
poranei, lunghi  e  frequenti  brani  di  questi  sono  venuti  a  far  parte 
del  concetto  dello  scrittore  ;  e  trovando  naturalmente  nell'opera  il 
loro  luogo  ,  vi  rimangono  saldamente  consunti  a  tutto  il  resto. 
Di  modo,  che  se  il  pensiero  del  leggitore,  per  la  natura  del 
lavoro,  non  si  leva  che  assai  raramente  alle   pericolose  altezze  , 


RASSEGNA   BIBLIOGRAFICA  133 

per  le  quali  il  Buonarroti  spaziò;  vive  per  altro,  manodot- 
fcovi  quasi  dall'autore,  nel  mondo  quotidiano  in  cui  Miche- 
langiolo  visse,  e  conversa  dimesticamente  con  lui  e  cogli  amici 
e  talvolta  auco  co'nemici  di  lui.  Alla  qual  dote  ,  aggiungendosi 
quella  purgatezza  della  forma  che  già  conoscevasi  nel  Sig.  Gotti, 
si  fa  gradevole  assai  la  lft fura  di  questo  libro;  rispondente  così, 
anco  per  questa  parte,  alle  buone  tradizioni  italiane.  E  da  de- 
plorare che  un  libro  elegantemente  stampato,  siasi  poi  guasto 
con  le  brutte  e  meschine  incisioni;  per  quale  sventura, non  sap- 
piamo, essendo  stati  i  disegni  preparati  da  artisti  valenti. 

L'ornamento  di  buone  incisioni,  che  manca  disgraziatamente 
all'originale  italiano  (stampato  del  resto  signorilmente)  lo  ha  la 
traduzione  o  riduzione  inglese  di  questa  parte  del  libro  fatta  dal 
Sig.  Ch.  Heath  Wilson  (Life  and  Works  of  Michelangelo  Buo- 
narroti. London.  7  Murray,  pag.  XLIII-570). 

Il  secondo  volume,  che  porta  il  titolo  di  Appendice  ,  con- 
tiene ,  come  si  è  detto,  i  documenti  o  meno  noti  o  più  impor- 
tanti ,  da'  quali  trasse  argomento  il  Signor  Gotti  a  correggere 
quello,  che  i  Biografi  di  Michelangelo  avevano  sino  ad  oggi 
asserito  sulla  fede  di  tradizioni  o  di  argomentazioni  fallaci.  B,i- 
cordiamo  anzi  tutto  un  Albero  genealogico  della  famiglia  Buo- 
narroti ,  in  due  tavole,  che  da  un  Bernardo,  morto  già  nel  122S 
viene  sino  ai  dì  nostri  ;  con  note  che  ci  danno  contezza  di  molti 
fra  gli  annoverati  in  detto  Albero.  Seguono  le  riproduzioni  in 
Fotolitografia  di  tre  lettere  autografe  di  Michelangelo.  Poi  vi 
sono  documenti  e  lettere  che  illustrano  vari  punii  della  vita  di 
Michelangelo,  e  della  storia  delle  opere  sue  ;  e  tra  qnesti  notiamo 
tutto  ciò  che  risguarda  quel  traslocamelo  del  David  dalla  gradi- 
nata di  Palazzo  vecchio  alla  edicola  espressamente  costrutta  alle 
Belle  arti  ;  che  si  agitò  sino  dall'Ottobre  1851,  e  fu  compiuto  sul 
finire  del  Luglio  1873:  non  che  quelli  risguardanti  la  nota  fuga 
di  Michelangelo  da  Firenze  ,  dalla  deliberazione  della  Balìa  che 
lo  dichiarava  ribello ,  alle  lettere  corse  su  questo  argomento  tra 
A.    Gotti  e  F.  D.  Guerrazzi. 

Ornano  questo  volume  anco  tre  Madrigali  di  Michelangelo, 
posti  in  musica  da  maestri  -uoi  contemporanei  ;  e  sono  ,  quello 
che  comincia:  Come  harò  donque  anitre,  musicato  da  Bartolo- 
meo Tromboncino  ;  e  gli  altri  due  Deh  dimm'  amor  ed  Io  dico 
che  fra  voi ,  musicati  da  Giacomo  Archadelt:  ne  curò  la  pub- 
blicazione il  compianto  Cav.  Leto  Puliti. 

Tra  i  documenti  che  risguardano  la  Fabbrica  di  San  Pietro, 
sono  anche  due  tavole  :  nell'una  è  il  disegno  levato  dal  modello 
in  legno  della  cupola;  nell'altra  lo  spaccato    del  modello  stesso. 


134  RASSEGNA   BIBLIOGRAFICA 

L'opera  sì  conchiude  con  un  Catalogo  delle,  opere  d'  arte  e 
dei  disegni  di  Michelangelo,  che  si  trovano  nelle  gallerie  pub- 
bliche e  private  d' Italia ,  Francia ,  Germania  ,  Spagna  ,  Inghil- 
terra e  Russia;  dal  quale  Catalogo  apparisce  come,  dopo  l'Il 
lia,  la  più  ricca  di  cose  michelangiolesche  sia  1'  Inghilterra  ; 
mentre  la  Spagna  non  ha  che  a  Madrid  una  tavola  della  Fla- 
gellazione di  Cristo  ;  e  la  Russia  a  Pietroburgo  la  Cariatide  , 
della  quale  era  ammirato  il  gesso  alla  Mostra  michelangiolesca 
nel  Palazzo  delle  Bell'  Arti. 

Frutto  di  ricerche  diligenti  e  perseveranti ,  il  conte  Luigi 
Passerini  prefetto  della  Biblioteca  Nazionale  in  Firenze,  pubblica 
la  Bibliografia  di  Michelangelo  Buonarroti,  con  una  notizia  sugli 
incisori  delle  opere  sue  e  de'  suoi  ritratti.  (Firenze,  Celimi,  un 
volume  in  8.°  grande,  pag.  IX-330).  Tralasciando  i  libri  che  d<-l 
Buonarroti  toccano  incidentemente,  l'Aurore  dichiara  nella  Pre- 
fazione "  di  aver  riunito  quanti  ha  potuto  trovare  scritti  relativi 
«  a  Michelangiolo,  siano  pure  i  libri  antichi  o  moderni,  dotti  o 
"  leggieri,  utili  o  no,  serii  o  risibili  ;  purché  trattino  diluì:  questo 
"  infatti,  dice  egli,  è  l'officio  del  bibliografo,  restando  poi  allo  sto- 
«  rico  il  giudizio  e  la  scelta  del  buono  ».  Pure  di  molte  fra  le 
opere  annoverate  dà  il  diligente  Bibliografo  una  sommària, 
ma  spesso  succosa  notizia;  al  modo  stesso  che  nel  Catalogo  delle  in- 
cisioni si  accennano  i  pregi  di  talune  fra  le  più  notabili,  e  quei  ca- 
ratteri particolari  che  possono  offrirle  alla  considerazione  dell<  > 
studioso,  piuttosto  per  uno  che  per  un  altro  riguardo.  Quanto 
alJe  varie  edizioni  della  medesima  opera,  quelle  sole  sono  ram- 
mentate, che  portano  nuova  luce  sull'uomo  e  che  perciò  resta  in- 
dispensabile di  consultare  a  chi  voglia  scrivere  di  Lui.  L'op 
è  divisa,  oltre  la  prefazione,  in  due  parti;  che  la  prima  è  la 
Bibliografia,  ordinata  secondo  la  successione  alfabetica  dei  nomi 
degli  autori;  la  seconda  è  il  detto  Catalogo  degli  Incisori,  contraddi- 
stinti in  Incisori  di  Opere  di  pittura,  Incisori  di  Opere  di  scultura, 
Incisori  di  opere  d'Architettura,  Incisori  dei  ritratti,  e  in  cia- 
scuna di  queste  categorie  ordinati  i  nomi  alfabeticamente. 

Con  eleganza  molta  di  tipi,  il  Sig.  Giovanni  Magli  erini  ci 
dà  una  sua  vita  di  Michelangelo  (Firenze  Barbèra,  in  4.°  p.  xili- 
303).  Il  lavoro  è  diviso  in  un  Avvertimento,  ventitré  Capitoli 
ed  un'Appendice.  L'animo  suo  dice  egli  «  aver  voluto  concen- 
»  trare  specialmente  nella  vita  dell'Artista,  e  perciò  di  molte  di 
«  quelle  cose  che  appartengono  alla  vita  domestica  del  grande  ar- 
«  tista  ha  taciuto  o  toccato  di  volo  ...  I  !on  yentidue  capi  procede 
la  narrazione  dalla  nascita  di  Michelangelo  in  Caprese  sino  agli 
onori  funebri  resigli  in  Roma  e  in  Firenze,  ed  alla  erezione  del 


RASSEGNA    BIBLIOGRAFICA  135 

Monumento  in  Santa  Croce.  Raccolgonsi  nel  capitolo  ventesimo- 
terzo  le  notizie  sull'amore  del  Buonarroti  per  Vittoria  Colonna, 
sulle  sue  poesie,  sul  reggimento  della  sua  vita  e  conclusesi  con 
un  parallelo  tra  il  Buonarroti  e  l'Alighieri,  unici  fra  gli  Italiani 
(In'  possano,  secondo  l'autore,  star  l'uno  a  paragone  dell'altro. 
Nell'Appendice  si  ripubblicano  le  Poesie  di  diversi  autori,  Infine 
e.  volgari,  fatte  nella  morte  di  Michel'  Agnolo  Buonarroti ',  rac- 
colte per  Domenico  Tjfi/ati.  Tn  Fiorenza  appresso  Bartolommeo 
Sermartelli  MDTjXIIII.  Ancorché  non  consentiamo  in  tutti  i 
giudizii  dell'autore,  né  ci  piaccia  l'attribuire  senza  dubbio  il  me- 
rito scultorio  di  Michelangelo  al  mestiero  del  balio  suo,  scar- 
pellino,  o  il  chiamare  licenza  il  porre  ch'e'fece  le  figure  delle 
Sii  lille,  nella  volta  della  Sistina  ;  e  quantunque  ci  paia  segno  di 
gusto  non  ancora  squisito  nel  giovine  autore,  il  chiamare  che 
egli  fa  in  meno  di  due  pagine,  il  Buonarroti,  torrente,  meteora, 
stella,  gigante:  pure  proponiamo  questo  lavoro  che  costò,  si  vede, 
studi  dimolti,  alle  meditazioni  di  coloro  che ,  forniti  come  il 
Signor  Magherini  di  largo  censo,  impiegano  molto  diversamente 
da  lui,  i  lunghi  ozii. 

Fra  tanta  mole  di  volumi  giganti,  non  teme,  nel  genere 
suo,  il  confronto,  il  volumetto  intitolato  Michelangiolo  Buonar- 
roti Ricordo  al  popolo  Italiano  (Firenze ,  G.  C.  Sansoni,  pag. 
XV-226)  con  ritratto  di  Michelangelo  ed  un  itinerario  per  la 
visita  delle  opere  d'arte  del  Buonarroti  in  Firenze.  L'intendi- 
mento del  libro  è,  giusta  l'Avvertenza  del  Sig.  Sansoni,  parlare 
efficacemente  del  Buonarroti  a  coloro,  e  sono  i  più,  cui  certi  li- 
bri eruditi  e  speciali  non  fanno  al  caso  ».  —  Comincia  il  volu- 
me con  una  bella  epigrafe  del  Sig.  Cesare  Guasti,  e  si  chiude 
con  le  altre  quattro  dettate  dal  medesimo  Guasti,  ed  incise 
a' lati  di  quel  monumento,  composto  del  David  e  delle  quattro 
statue  simboliche  de'  sepolcri  Medicei,  fuse  in  bronzo,  che  sorge 
in  mezzo  al  Piazzale  Michelangelo,  sul  colle  di  S.  Miniato.  Segue 
un  breve  cenno  del  Sig.  Milanesi  Dei  ritratti  di  Michelangelo.  Può 
tener  luogo  di  lavori  più  lunghi,  dettata  com'è  con  eletta  parsimonia 
dal  Sig.  Luigi  Venturi,  la  Vita  di  Michelangelo,  che  va  sino  alla 
pagina  58  di  questo  volume.  La  ragione  artistica  e  le  vicende  prin- 
cipali delle  due  statue  più  celebrate  di  Michelangelo  il  Davide  il 
Mosè,  discorse  il  Sig.  G.  E.  Saltini  con  animo  imparziale.  Poi 
l'illustre  Duprè,  con  quella  competenza  ch'è  sua,  e  sulla  scorta 
di  documenti  quasi  sino  ad  oggi  ignorati,  illustra  le  figure  sim- 
boliche dei  Sepolcri  Medicei  in  San  Lorenzo.  La  ragione  della 
terribilità  conseguita  da   Michelangelo,   più    che    in    ogni    altra 


136  RASSEGNA    BIBLIOGRAFICA 

opera  sua,  negli  affreschi  della   Sistina    ricerca    con    ampia    ed 
acuta   critica  il  Signor  Morigeri. 

Posciachè  al  libretto  venne  meno,  per  faccende  imprevedute, 
la  collaborazione  del  professore  Cammillo  Boito,  che  doveva  trat- 
tare di  Michelangelo  come  Architetto  eie  ite,  supplì  al  difetto  il 
Saltini,  scegliendo  ed  unendo  abilmente  insieme  passi  liberamen- 
te tradotti  del  Quatremère  de  Quiacy,  del  Le  Tarouilly  ,  del 
Grinim,  del  Capponi  e  del  Cicognara.  Un  valente  ufficiale  ,  che 
si  cela  dietro  la  sigla  R.  P.  mette  in  chiaro  1'  arte  di  Miche- 
langelo nel  costruire,  al  tempo  del  celebre  assedio,  le  Fortifica- 
zioni di  Firenze.  Prende  dopo  di  lui  nuovamente  la  parola  il 
Venturi,  per  dire  delle  Rime  di  Michelangiolo.  Indi  segue,  trac- 
ciata dal  Sig.  C.  I.  Cavallucci,  la  Guida  alle  opere  di  Miche- 
langelo in  Firenze  e  concludesi  il  volume  co'versi  del  Sig.  E. 
Frullani:  Michelangelo  alletto  di  morte  di  V.  Colonna. 

La  Vita  di  Michelangiolo  di  I.  Grimm,  meritamente  cele- 
brata in  Italia  e  fuori,  pur  da  coloro  che  dell'  ordine  dato  dal 
Grimm  all'opera  sua  e  di  certi  suoi  giudizi  sull'arte  e  gli  artisti 
italiani,  non  erano  né  sono  paghi  in  tutto,  fu  recata  in  italiano,  per 
questa  occasione  del  Centenario,  dal  Sig.  A.  Di  Cossilla.  Al  quale, 
per  verità,  saremmo  più  grati  dell'opera  sua,  se  potesse  dirsi  per 
davvero  italiana  la  veste,  data  da  lui  a' concetti  del  Grimm  ;  se 
quello,  che  taluni  fra  questi  concetti  hanno  in  sé  di  mal  definito, 
non  si  facesse  ancor  più  vaporoso  nell'indeterminato  stile  del  tra- 
duttore; e  finalmente  se  i  luoghi  de'cronisti,  degli  storici,  e  dei  cri- 
tici italiani,  che  il  Grimm  nella  opera  sua  riferì  tradotti  in  tedesc 
fossero  stati  dal  Sig.  Di  Cossilla  ricercati  nel  testo  originale,  an- 
ziché ritradotti  dal  tedesco  e  così  travisati  più  e  più. 

I  discorsi  che,  nella  solenne  tornata  delle  Accademie  riunite 
della  Crusca  e  delle  Belle  Arti,  furono  profferiti  dall'  Architetto 
De-Fabris,  dal  Prof.  Conti  e  dallo  Scultore  Duprè  superano  di 
assai  l'ordinario  valore  delle  parlate  d'occasione,  e  vogliono  esse- 
re qui  rammentati.  Parlò  il  Sig.  De-Fabris  delle  benemerenze  di 
Michelangelo  rispetto  all'arte,  esaminando  rapidamente  «  quan- 
«  ta  fosse,  nelle  opere  Michelangiolesche,  l'armonia  della  forma 
«  col  concetto...  quanto  attinse  egli  di  eredità  dalle  speciali  con- 
«  dizioni  dell'arte  anteriore,  quanto  ebbe  di  consonanza  o  fu  di 
«  giovamento  alla  contemporanea,  e  (pianto  infine  nello  svolgi- 
"  mento  dell'arte  a  lui  posteriore  esercitò  di  quella  influenza, 
"  che  gli  viene  da  molti  rimproverata  «>.  Parlò  il  Conti  del- 
l'anima elei  Bvxmarroti,  che  vissuto  in  mezzo  alle  battaglie  non 
che  di  due  secoli,  armati  l'un  contro  l'altro,  ma  di  due  epoche, 


RASSEGNA    BIBLIOGRAFICA  137 

il  medioevo  e  la  età  moderna,  •■  fece  prevalere  in  sé,  com'uomo 
"  e  coni''  artista,  con  libera  volontà,  ciò  che    di    bello,    'li    pro- 

«  mettenti-,  di  magno,  «li  cristiano,  v'era   in   -  imo  e  nel- 

••  l'età  sua,  pur  mostrando  la- tenzone  faticosa  con  quanto  in  lui 
tori  >li  lui  v'era  di  non  bello  e  di  non  puro;  a  cui  talvolta 
-•  par  cedere,  ma  poi  all' ultimo  le  vince  con  animo  indomato  ». 
Parlando  il  Duprè  del  moiri  tenuto  dal  Buonarroti  nel  lavorare 
•mo,  '"ili,  scultore  de' primi  d'Italia  e  d'Eurom,  nefece  ri- 
saltare i  pregi  '■  i  pericoli,  e  scaldò  l'uditorio,  fatto  quasi  spet- 
tatore alla  lotta,  che  lo  spirto  creatore  dell'artista  combatte 
contro  la  terribile  inerzia  della  materia. 

B»3'! e  incomincia  la  Tipografia  della  .Gazzetta  d'  Italia  una 
sua  Nuova  Raccolta  d'  Operette  piacevoli  >■  istruttive  inedite  o 
rarr,  eolla  pubblicazione  (curata  dal  Sig.  Giulio  Piccini" e  dedica- 
ta all'Accademia  della  Crusca)  ridile  Esequie  del  Divino  Miche- 
langelo Buonarroti  celebrate  in  Firenze  dall'Accademia  de'  Pit- 
tori. Scultori  ed  Architettori;  opuscolo  che  fu  stampato  da  Ia- 
copo Giunti  ,  a  Firenze ,  nel  1564  ,  e  nel  quale  le  esequie  e 
tutte  le  cose  riferentisi  ad  esse  sono  minutamente  descritte,  e 
riportatevi  molte  fra  le  poesie  pubblicate  in  quella  occasione.  Le 
brevi  note,  in  cui  sì  dà  contezza  degli  artefici  nominati  nel  li- 
bretto, crescono  pregio  al  lavoro. 

Come  da  tutti  i  paesi  civili  concorsero  in  Firenze  letterati 
ed  Artisti  ad  onorare  la  memoria  del  Buonarroti,  così  la  stampa 
di  tutti  i  paesi  fece  eco  alla  italiana  nelle  lodi  di  quel  grandis- 
simo, procurando  che  la  intelligenza  de'suoi  capolavori  si  facesse 
più  popolare  di  quel  tanto,  che  l'alta  loro  significazione  concede. 
Tra  queste  pubblicazioni  straniere  ne  pare  degna,  di  nota  specia- 
le quella  della  Gazette  des  Beaux  Aris  (Tome  XIII,  2.e  periode). 
Il  primo  articolo  è  del  Signor  Charles  Blanc,  già  noto  ai  cultori 
ed  amatori  delle  Arti  belle,  ed  ha  per  Le    Genie    de 

Michel  .{,>'/■*  dans  le  dessein.  Al  dire  del  Signor  Blanc,  Miche- 
langelo è  fra  uli  artisti  quegli  che  segna  i  caratteri  per  cui  l'arte 
moderna  si  contraddistingue  dall'arte  antica  ;  cioè  la  diserzione 
de'tini  fissi  e  delle  forme  convenzionali,  per  far  luogo  alla  libera 
significazione  di  que'concetti  e  di  que' sentimenti,  che  più  sono 
proprii  della  individua  personalità  dell' artista  :  ond' è  ,  secondo 
il  medesimo  Signor  Blanc,  che  in  tutti  i  disegni  del  Buonarroti 
si  manifestano  precipuamente  i  due  sentimenti  che  si  contende- 
vano l'animo  suo;  la  fierezza  e  il  terrore.  Delle  feste  centenarie 
la  miglior  parte  sembrò  al  Blanc,  e  con  ragione  forse,  la  Mostra, 
e  della  Mostra,  i  disegni;  perchè  è    principalmente    come    dise- 


13S  RASSEGNA    BIBLIOGRAFICA 

gnatore  che  Michelangelo  sta  al  disopra  di  tutti    i    suoi    grandi 
contemporanei. 

E  del  Signor  Guillaume  il  secondo  articolo  della  Raccolta; 
Michel  Ange  sculpteur:  articolo  denso  di  cose,  dove  a  rapidi 
tocchi  e  sicuri  si  mostra,  come  le  molteplici  tendenze  d'una 
ricchissima  di  vita  artistica,  siano  venuti  a  confondersi  ed  uni- 
ficarsi nell'animo  profondo  di  Michelangelo,  che  dalla  scuola  di 
Donatello  apprende  l'uso  sapiente  dell'anatomia;  dag^li  anti 
la  perspicua  grandiosità  deliri  forma;  dalla  cultura  del  rinnsi'i- 
mento,  lo  spirito  animatore  de* miti  antichi;  da' Tedeschi  .suoi 
contemporanei ,  un  certo  gusto  del  panneggiare  ;  e  da  sé  solo 
tragge,  per  virtù  d'intensa  meditazione,  il  potere  di  far  servire 
questi  elementi  tutti,  in  egual  modo,  alla  significazione  de'propri 
individuali  concetti. 

Nel  suo  Michel  AngepeintreH  Sig.  Paolo  Mantz,  ha  tracciata 
la  istoria  e  fatto  un  esame  critico  della  Madonna  detta  di  Man- 
chester, della  Deposizione  appartenuta  al  Macpherson  (ora  alla 
National  Gallery);  difeso  il  tondo  ch'è  nella  Tribuna  delli  Uffizi i, 
a'  nudi  del  quale  nega  ogni  significato  simbolico  ;  detto  delle 
possibili  copie  della  Leda,  e  negate  al  Buonarroti  recisamente 
le  Parche  che  sono  a'Pitti.  Dopo  di  che  si  studia  di  determinare 
il  posto  che  spetta  a  Michelangelo,  in  quella  pleiade  d'artisti  in 
cui  l'antica  pittura  finisce  e  la  moderna  incomincia;  rivendicando 
al  Vinci  la  larga  parte  che  questi  v'  ebbe  insieme  al  Buonarroti, 
e  la  precedenza  sua  in  talune  cose,  come  in  quella  finita  fles- 
suosità de' carnati ,  di  cui  la  Lisa  Gioconda  di  Leonardo  ci  porge 
un  esempio  tanto  cospicuo. 

Auguriamo  al  Sig.  Charles  Garnier  dell'  Instituto,  Architet- 
to dell'  Opera  a  Parigi,  il  quale  scrive  il  quarto  articolo,  Mìci  ir. 
lange  architeete,  ch'egli  trovi  al  suo  vasto  e  non  sappiamo  quan- 
to bello  edificio  dell'  Opera ,  giudici ,  che  a  lui  siano  equi  . 
più  ch'egli  non  sia  a  Michelangelo.  E  certo  a  lui  non  sarebbe 
grato  che  altri,  argomentando  dalle  parti  del  suo  lavoro,  per 
avventura  meno  perfette,  gli  negasse  di  sapere  persino  la  gra 
matica  dell'arte  sua  ;  e  per  togliersi  dinanzi  la  testimonianza  di 
opere  che  sono  riconosciute  da  tutti  come  bellissime  ,  quali  la 
cupola,  di  San  Pietro,  e  il  cornicione  della  villa  Farnese,  an- 
dasse fantasticando  che  le  potrebbero  anco  essergli  state  at- 
tribuite a  torto.  Certo,  non  è  nella  Architettura  che  il  Buonar- 
roti mostrò  principalmente  la  propria  eccellenza  ;  ma,  per  tacere 
ora  di  quelle  lettere  in  cui  mostra  d'avere  in  Vitruvio  studiata 
teoreticamente  la  grammatica  dell'arte,  pensiamo  che  non  doveva 


RASSEGNA     BIBLIOGRAFICA  139 

ito.  se  contro  ad  emuli,  tanto  pratici  in 
((nell'arte  quanto  malevoli  a  lui,  ed  audaci  uell'accusarlo ,  potè 
sì  lungamente,  appo  giudici comp  tenti  e  spassionati,  mantener» 
la  riputazione  propria,  e  la  direzione  della  fabbrica  di  S.  Pie- 
tro;  non  doveva  esserne  tanto  inesperto  .se  antichi  e  moderni 
ufficiali  notarono  come  un  progresso  nella,  sto  i  Architet- 

tura militare  le  fortificazioni  di  San  Miniato. 

Il  Sig.  A.  Meziéres,  dell' Accademia ,  noto  già  all'  Italia  per 
pubblicazioni  sul  Petrarca  e  su  Dante,  parla,  in  questa 
Raccolga,  di  Michelangelo  cine  poeta:  e  il  Sig.  Anatolio  di 
Montaiglon,  professore  alla  Ecole  DesChartes  traccia  uni  Biogra- 
fia ed  un  saggio  di  Bibliografia  Michelangiolesca.  Nod  è  da  ta- 
cere del  merito  che  hanno  le  incisioni  de'  lavori  Michelan 
sebi  onde  va  adorna  questa  pubblicazione. 

Ci  trarrebbe  molto  più  in  là  delimiti  d'una  semplice  ra 
gna  bibliografica  1'  esaminare  partitamente  quello  che  di  nuovo 
o  di  meglio  determinato  reca  ciascuno  dei  lavori  sopra  citati  a! 
concetto  che  sino  ad  oggi  si  aveva  del  Buonarroti.  Guard  ndo 
per  altro  la  cosa  nel  suo  complesso,  ne  apparisce  evidente  i! 
fruì  o  cheglistudii  per  le  feste  centenarie- arrecarono  :  niuno  dei 
fatti  più  importanti  nella  vita  di  Michelangelo  lascia  oggimai 
luogo  a  dubbiezze  gravi;  la  cronologia  delle  opere  di  lui  si  puv> 
dire  integrata,  e  additate  le  ragionevoli  speranze  che  restano  tu1  - 
tavia  di  rintracciare  taluna  delle  opere  stesse.  Un  esame  più 
minuto  de'documenti  dissipa  in  massima  parte  quell'ombra  elio 
addensava  sul  nome  di  lui  la  protezione  dei  Medici  e  quel  suo 
momentaneo  partirsi  dalla  città  sua,  minacciata  dalle  armi  im- 
periali. Certo  che  posta  così  in  questa  maggior  luce,  non  appa- 
risce netta  da  ogni  macchia  la  figura  dell'  artista  Grandissimo, 
ma  l'essere  bene  addentro  conosciuto  gli  giova,  sì  come  uomo 
che  come  artista  ;  e  questo  è  proprio  dei  buoni. 

In  età  in  cui  l'Italia  serbava  la  sua  Fede,  più  per  non  dura- 
re la  fatica  del  respingerla,  che  per  d  -siderio  vivo  di  non  oscurare  a 
sé  il  lume  delle  idealità  più  sacre,  a  cui  s'inalzi  lo  spirito  nostro,  il 
Buonarroti  alla  Fede  si  strinse  con  tutta  la  tenacità  del  poderoso 
animo  suo,  e  n'ebbe  altissime  inspirazioni.  In  età  corrotta,  e  viven- 
do in  corrottissime  eorti,  serbò  puro  il  costume  ;  onde  ebbi 
compenso  nella  vecchiezza,  come  d'un'  aura  primaverile ,  che  con- 
solò i  suoi  anni  più  tardi;  e  potè,  più  che  sessagenario,  amare 
una  nobilissima  donna  con  verginali  fervori.  Fra  artisti  che  me- 
navano  vita  più  che  di  principi,  seppe  serbarsi  povero,  e  il  pro- 
vento dell'opere  sue  (non  quello  della  fabbrica  di  San  Pietro  , 
per  la  quale  non  volle  mai  niente)  destinava  al  padre,  e  a'  fratelli; 


140  RASSEGNA   BIBLIOGRAFICA 

quantunque  incontentabili  e  sconoscenti.  Quello  che  alle  comodi- 
tà del  vivere  proprio  negava,  ci  è  aperto  per  le  sue  lettere  co- 
me si  volgesse  ad  open'  'li  carità,  tanto  più  meritoria  quanto 
più  modesta  e  più  illuminata. 

Ci  piacerebbe  ch'egli  a'Medici  non  avesse  dovuto  nulla  e 
da  loro  si  fosse  tenuto  alteramente  discosto,  e  fervente  Piagnone, 
fosse  stato  a'tempi  dell'assedio  tra  i  più  determinati  al  resistere. 
Mi,  per  severi  che  si  voglia  essere,  chi  leggerà  le  lettere  sue 
trova  ch'egli,  beneficato  da'Medici,  riprovò  apertamente  le  fero- 
cie o  da  loro  o  in  loro  nome  commesse,  a  Prato  ed  altrove  ; 
che  al  soccorso  della  patria  pericolante  bramò  tornare  egli  stes- 
so, e  le  fu  largo  dell'opera  non  solo,  ina  ben  anco  del  proprio 
peculio.  Disamore  non  era,  ma  sfiducia;  perch'egli  era  convinto 
che  gli  animi  discordi  de'suoi  concittadini  meglio  sapevano  de- 
siderare oramai,  che  praticare  negli  ordini  civili,  la  libertà  ;  ed  a 
lui  forse,  come  a  Clemente  VII,  tra  la  dominazione  austro-spa- 
gnuola  e  la  signorìa  di  questi  Medici,  pur  i  migliori  fra  i  signo- 
rotti della  penisola,  parevano  preferibili  i  Medici  ;  e  con  ragione, 
secondo  noi.  Pure  neh"  animo  suo  di  fiorentino  1'  amore  della 
libertà,  anco  disilluso  come  era,  non  si  estinse  del  tutto  mai  ; 
e  vecchio,  accarezzato  da  Cosimo,  bramoso  che  i  suoi  non  aves- 
sero dalla  novella  signorìa  a  patir  nulla,  scriveva  pure  al  Re 
di  Francia  che  gli  avrebbe  eretto  a  proprie*  spese  una  statua  di 
bronzo,  s'egli  avesse  riposta  in  libertà  la  sua  patria, 

Intendere  un  artista  non  si  può  compiutamente,  se  non  si 
sia  in  lui  inteso  anco  l' uomo,  e  l'animo,  come  la  mente  di 
lui  non  siano  bene  aperti  a  chi  considera  l'opera  d'arte.  Conoscer 
l'uomo  tanto  più  importa,  trattandosi  di  Michelangelo,  inquanto 
eh'  i  gli  dopo  Masaccio,  con  Leonardo  e  con  Raffaello,  fu  tra  i 
principali  autori  della  rivoluzione,  per  cui  l'opera  d'arte  si  fece 
significazione,  non  tanto  di  un  sentimento  collettivo,  il  quale  ne- 
('•ss.ii'iamente  aveva  nelle  forme  alcunché  di  prefinito  e  conven- 
zionale, quanto  dell'individuo  sentimento  dell'artista,  che  tutto 
impronta  di  sé,  nel  concepimento  e  nelle  ragioni  supreme  della 
esecuzione  ,  il  proprio  lavoro. 

Quella  volgare  opinione,  che  il  Genio  sia.  uno  stato  anorma- 
le e  quasi  morboso  della  intelligenza,  non  vale  a  render  ragione 
di  un  fatto,  che  tutto  dì  si  ripete  sotto  i  nostri  occhi  ,  e  ch'ò 
una  delle  precipue  occasioni  e  cagioni  di  universale  cultura.  Da 
secoli  Omero,  Virgilio,  Dante,  Shakespeare,  Bossuet,  Fidia,  Mi- 
chelangelo, Raffaello  si  studiano,  non  pure  come  canoni  dell'arte 
della  parola  o  del  disegno  ;  ma  ben  anco  nei  caratteri  che  con- 
traddistinguono, nella  Storia  delle  Arti,  la  individualità  loro;  nel 


RASSEGNA   BIBLIOGRAFICA  Hi 

concetto  che  informò  i  loro  capolavori,  nei  criteri  che  guidarono 
loro  la  mano  all'eseguire.  Ogni  commentatore  ed  illustratore  di 
merito  vi  mette  qualchecosa  di  suo;  vario,  secondo  l'età  e  la 
nazione  a  cui  appartiene.  Egli  è  che  il  Genio,  anziché  una  con- 
dizione morbosa,  è  la  manifestazione  più  normale  e  più  intiera 
di  quello,  che  la  intelligenza  umana  può,  sia  nella  comprensione 
sintetica  che  nella  penetrazione  analitica.  Quelle  facoltà  dello 
spirito,  che  giacciono,  per  così  dire  latenti,  nel  fonilo  dell 
sua  coscienza,  quasi  organi  rudimentali  nella  compage  fisica  del 
corpo  umano,  il  genio  le  pone  ad  atto;  non  una  ad  una  fatico- 
samente, ma  tutte  insieme  con  sovrana  armonia.  Le  diverse 
Le  nazioni  diverse  considerano  il  genio  diversamente  ,  se- 
condo che  ravvisano  in  lui  tale  o  tale  altra  facoltà,  sin  allora 
inavvertita:  più  vi  si  guarda  per  entro  e  più  cose  vi  si  veggo- 
no;  a  quel  modo  che  l'uomo  scrutando  sé  stesso,  tanto  più  vi 
trova  di  bene  e  di  male,  quanto  più  vi  si  affisa. 

L'i  giova  adunque  sperare  che  alle  Arti  del  disegno  ,  non 
meno  che  alle  altre  liberali  discipline,  saranno  nuovo  argomento  di 
progredire  gli  studii  fatti  in  occasione  del  Centenario  di  Miche- 
langelo; nuovi  fatti  della  sua  vita  di  cittadino,  di  cristiano  e  di 
artista  son  venuti  alia  luce;  nuovi  aspetti  delle  cose  già  note 
richiamano  l'attenzione  degli  studiosi.  Ci  pare  che  possa,  farsi  og- 
gimai  nuovamente  una  Vita  di  Michelangelo  che  sia  la  storia  del 
suo  pensiero,  dell'  influenza  esercitata  da  lui  sui  suoi  contempo- 
ranei e  direttamente  od  indirettamente  su  tutta  l'arte  avvenire. 

G.  Falorsi. 


Intorno  alla  vita  ed  ai  lavori  di  Andalò  Di  Negro ,  matematico 
ed  astronomo  genovese  del  secolo  decimoquarto,  e  d'altri 
matematici  e  cosmografi  genovesi,  Memoria  ili  CORNELIO 
De  SlMONl  seguita  da  un  Catalogo  dei  lavori  di  Andalò  Di 
Negro  compilato  da  B.  Boncompagni.  Roma,  Tip.  delle 
scienze    matematiche  e  fisiche,  1875.  -  In  4.° ,  di  pag.  66. 

L' Archivio  Storico  Itoli/tuo  si  è  già  altre  volte  occupato  di 
una  dotta  pubblicazione  onde  l'illustre  Principe  romano  D.  Bal- 
dassarre Boncompagni  va  da  più  anni  crescendo  fama  a  sé  ed 
onore  all'Italia,  dico  il  Bullettinò  di  bibliografìa  e  di  storiti 
delle  scienze  matematiche  e  fisiche  ;  e  lo  ha  fatto  in  ispecie  al- 
lorquando il  eel.  brato  Periodico  recava  alcuna  scrittura  attinente 


142  RASSEGNA   BIBLIOGRAFICA 

a  quegli  studi  de'  quali  V Archivio  avrà  sempre  il  inerito  di 
essere  stato  per  lunghissimo  tempo  e  unico  e  strenuo  propugna- 
tore. Ora  di  tal  novero  sono  appunto  la  Memoria  e  il  Catalogo 
succitati,  estratti  dal  tomo  VIE  del  detto  Bullettino  (luglio  1874); 
de'  quali  porgeremo  qui  un  sunto,  non  senza  avvertire  che  già  in- 
nanzi di  noi  ebbero  a  toccare  con  lode  tre  gin  liei  assai  appro- 
priati, cioè  l'eruditissimo  Narducci  (1),  il  eh.  prof.  Favaro  (2) 
e  gli   Opùscoli  religiosi,  letterari  e  ninnili  di  Modena  (3). 

I.  Il  Desimoni  premessi  alcuni  accenni  sulla  antichità  della 
nobile  famiglia  Di  Negro  ,  so^'iunse  di  Andalò  che  si  hanno 
buoni  argomenti  per  cui  "  si  capisce  che  egli  deve  essere  nato 
non  più  tardi  del  1260  »  (pag.  6).  Di  fatti  già  s'  incontra  me- 
moria di  lui  ne'rogiti  notarili  pel  1274 ,  donde  anche  si  desume 
ch'era  figlio  di  Egidio ,  stato  l'anno  avanti  Vicario  della  Repub- 
blica oltre  Giogo  ,  e  nipote  del  celebre  ammiraglio  Benedetto 
Zaccaria  signore  dell'  isola  di  Scio.  Altre  indicazioni  di  Andalò 
ci  sovvengono  hi  documenti  del  1287,  1292  e  1304.  Dieci  anni 
appresso ,  mandato  ambasci  atore  ad  Alessio  Coirmene  impera- 
tore  di  Tiebisonda,  "  riuscì  a  comporre  colà  pace  e  ammenda 
onorevole  a  favore  de'  genovesi  »  (pag.  cit.);  ma  dopo  quest'epoca 
non  apparisce  più  traccia,  di  lui  nelle  nostre  carte,  da  che  egli, 
tutto  occupato  ne'  viaggi ,  si  rimase  quasi  sempre  lontano  dalla 
patria.  E  le  cognizioni  acquistate  ne'  viaggi  volse  in  ispecie  al 
culto  delle  scienze  geografiche  ed  astronomiche  ;  benché  talvolta 
sposasse  agli  studi  severi  anche  gli  ameni  e  gentili  della  poesia. 
Al  quale  proposito  è  da  vedere  V Elogio  di  lui,  scritto  dal  iMojon , 
laddove  «  cita  diciannove  scrittori  che  parlarono  del  nostro  An- 
dalò come  astronomo,  poeta  e  viaggiatore  »  (pag.  14). 

Giovanni  Boccaccio,  sempre  che  tratti  del  Di  Negro  «  'li- 
mentìca  il  consueto  umore  satirico  ^  (pag.  13)  ;  e  nel  libro  De 
casibus  ìllustrium  virorùm  rammenta  con  parole  affettuose  di 
essere  stato  in  gioventù  allievo  di  Andalò  in  Napoli.  Si  miniente 
nella  Genealogia  degli  Dei  intitolata  ad  Ugo  IV  re  di  Cipro  (che 
morì  il  10  settembre  1359)  fa  onorato  ricordi)  del  suo  antico 
maestro,  chiamandolo  generosità  atque  venerabilem  senem  An- 
dato de   Nigro   Ianuensciii   olim  in    motibus-  astrorum  doctorem 

(1)  Nel  giornale  L'Opinione  del  6  ottobre  \S~Z>. 

(2)  Nei  Saggi  della  R.  Accademia  di  scienze,  ecc.  di  Padova  pel  cor- 
rente anno  I87(i. 

(3)  Fascicolo  marzo-aprile  1876  ,  pag.  318-19.  -  Anche  il  Giornale 
Ligustico  (anno  1875,  pag.  93-103)  contiene  una  rassegna  di  si  fatti 
scritti  ;  ma  di  questa  non  dobbiamo  noi  dar  giudizio. 


RASSEGNA   BIBLIOGRAFICA  143 

meum,  cuius  quanta  fuerit  circumspectio ,  quanta  morwn  gra- 
vitas ,  quanta  syderum  notitia,  nosti  tu  rex  qptime,  libi  etiam, 
ut  aironi  ipse,  cum  a  thuc  esses  ttomae  conformitatis  studforum 
familiarissimus  fuit  et  ut  ipse  vidisse  potuisti,  non  solum  re- 
geli*  veterum,  ut  plurimum  facvmus,  astrorum  motus  agnovit,  sed 
cum  universum  fere  peragrasset  orbem,  sub  quocumque  ciurlate, 
sub  quocumque  orizonte  eosperientia  discursuum  certior  factus  , 
visudidicit  quo  i  nos  discimus  auditu,  et  ob  id,  in  omnibus  illis  /idem 
jpraestandam  crediderim.  Circa  ea  tamen  quae  ad  astra  spedare 
videntur,  non  aliter  quam  Ciceroni  circa  oratoria,,» ,  aut  Marami 
circa  poeticam  exhibenda  censeo,  huius  insuper  plura  stani 
opuscula  astrorum,  coetique  motus  ostendentia,  quae  quantum 
sibi  circa  talia  praeminentiae  fuèrit',  ostendunt.  Uii  senem  hunc, 
sii-  ri  Dantem  Aligeri  Flore,  itinuni \  poeta  ni  conspicuum,  tanquam 
praecipuum  aliquando  invoco  virum,  meretur  quidem (1).  Né  que- 
sto è  l'unico  passo  delia  Genealogia  in  cui  messer  Giovanni  si 
rammenti  del  maestro  ;  lo  rammenta  dei  pari  in  più  altri  luoghi, 
e  con  istima  ed  ali;  tuo  non  certo  minori  (2).  Similmente  quel  che 
ne  dice  nel  libro  li  (e.  Vii)  conferma  che  Andalone  credeva  al- 
l'astrologia ,  sì  come  il  dotto  P.  Spotorno  aveva  di  già  rilevato  dal 
Commento  delio  stesso  Boccaccio  alia  Dio  ina  Commedia  (3).  Né  , 
soggiunge  il  Desimoni ,  si  può  difendere  il  Di  Negro  da  questa 
pecca  «  colla  scusa  che  astrologia  ed  astronomia  erano  allora 
tutt'uno  »  ;  perchè  alle  prove  sin  qui  recate  si  aggiunge  lo  scritto 
di  Andato  medesimo ,  Introductio  ad  judicia  astrologica,  che  sta 
nella  A  azionale  di  Parigi.  »  Piuttosto  a  scusa  di  lui  si  può  dire 
che  era  credenza  generale  dei  dotti  a  que' tempi  l'influsso  degli 
astri  sulle  vicend.-  umane;  e  che  anche  i  più  sani  e  profondi 
pensatori  si  travagliavano,  piuttosto  che  a  negarla,  a  ristringerla 
entro  limiti  che  non  offendessero  l'umana  libertà  »  (pag.  11). 

Toccando  alcun  poco  «  della  dottrina  del  famoso  astronomo, 
qual  si  potrebbe  ritrarre  da  manoscritti  od  opere  a  stampa  da 
lui  lasciate  »  ,  accenna  il  Desimoni  alle  principali ,  che  gli  ac- 
cadde vedere  nelle  sue  «  sventuratamente  troppo  rapide  scorse 
a  .Firenze,  a  Venezia,  a  Parigi ,  a  Vienna  ».  Indi  prosegue  : 
"  Più  che  sugli  altri  scritti  ho  potuto  fare  qualche  studio  del 
trattato  di  Andalò  sulla  costruzione  e  sull'uso  dell'Astrolabio  »; 
e  conclude  che  in  sì  fatto  trattato  si  trova  «  un'esposizione 
compiuta  del  soggetto  secondo  il  tempo  in  che  fu  scritto  ».    Ve- 

(1)  Lib.   XV,  ea]».   VI. 

(2)  Lib.  I,  cap.  VI;  lib.  II  ,  cap.  VII;  lib.  Vili,  cap.   II. 

(3)  Boccaccio  ,  Opere;  Firenze,  1724,  voi.  V,  i  ag.  316. 


144  RASSEGNA   BIBLIOGRAFICA 

ro  è  che  la  Tavola  posta  in  fine  dell'opera,  ove  sono  notati  i 
nomi  delle  principali  stelle  colle  loro  mediazioni  di  cielo 
clinazioni ,  lascerebbe  «  supporre  che  la  cognizione  degli 
in  Andaiò non  fosse  così  esatta,  come  ne  lo  lodano  i  contempora- 
nei »  ;  ma  vi  hanno  buone  ragioni  per  sospettare  che  essa  Ta- 
vola ,  anziché  appartenere  al  Di  Negro ,  sia  stata  tratta  da  un 
autore  arabo  (torse  Albategnio ,  sec.  IX-X) ,  «  ed  inserita 
uel  manoscritto  e  nello  stampato  di  Andaiò  da  qualche  scoio-  o 
studioso,  come  a  quei  tempi  era  costume  di  fare  »  (pag.  10-12). 
Quanto  è  degli  studi  geografici  si  accorda  al  Boccaccio',  nel 
dargliene  gran  merito  ,  il  nostro  Battista  Fregoso ,  enco- 
rniandolo  si  come  rerum  inquisitor  :  qui...  pene  totuvn  terrarum 
orbem  yeragravit  oh  eam.rem  solam  ut  climatum  locorumque 
orizontes  veterani  normae  ac  regulis  acquarci  :  ut  omnium  ea- 
rum  /■cri', u  facto  periculo  astronomicae  artis  peritior  certiorque 
esset  (1).  -  «  Donde  si  vede,  come  osserva  il  eh.  Libri  (Misi, 
des  sciences  mathém.,  IL  202);  che  il  Di  Negro  applicò  la  ma- 
lica alla  geografia  e  alla  correzione  delle  carte  relative,  a 
gran  servigio  della  scienza  e  della  navigazione  »  vpag.  14).  Nò 
malgrado  l'opinione  contraria  professata  da  recenti  scrittori,  ed 
in  ispecie  dal  dottissimo  Yule,  il  Desimoni  sa  decidersi  ad  ab- 
bandonare "  nella  sostanza  almeno  »  il  giudizio  dello  Spotorno, 
il  quale  stima  che  sia  da  riconoscere  nei  Di  Negro  quel  "  gen- 
til'uomo  genovese  molto  amico  »  di  Marco  Polo,  »  che  si  di- 
i  di  sapere  le  cose  del  mondo  ,, ,  di  cui  parla  il  llamusio 
nella  prefazione  ai  Viaggi  di  Marco  medesimo. 

"  Dove  Andaiò  siasi  più  a  lungo  fermato  durante  i  suoi 
viaggi  non  sappiamo  „  (pag.  8)  ;  e  se  il  Libri  testé  citato  scris- 
se che  tenne  cattedra  a  Firenze,  probabilmente  l'argomentò  dal 
trovare  il  Boccaccio  fra' suoi  discepoli.  Or  noi  sappiamo  dal  passo 
riferito  più  sopra  che  il  Certaldese  ascoltollo  in  Napoli;  e  forse 
nò  accadde  nel  1328  in  cui,  giusta  l'ingegnosa  supposizione 
del  eli.  Casetti  (2),  messer  Giovanni  soggiornò  per  la  prima 
volta,  in  quella  città. 

De'  versi  del  Di  Negro  non  ci  è  rimasto  alcun  saggio; 
né  si  può  dire  con  sicurezza  ch'egli  anche  si  travagliasse  intorno 
allo  studio  del  greco,  perchè  la  traduzione  latina  che  gli  venne 
attribuita  di  un  preteso  libro  dettato  in  (pulì' idioma  da  un  sup- 
posto Aniceto  patriarca  di  Costantinopoli,  si  ha  per  l'autore- 
ti) BAPT.  Fulgosius,  De  dictis  factisque  meniorabiWniS  ;  Milano, 
1509  ,  cai-.  258. 

(2)  Nuova  Antologia,  1875,  pag.  "'-Ji)  e  segg. 


RASSEGNA    BIBLIOGRAFICA  145 

vole  sentenza  del  Tiraboschi  da  confinare  tra  le  molte  imposture 
del  notissimo  Ciccarelli.  Cionondimeno  il  solo  fatto  dell'avergliela 
attribuita  «  fa  conoscere  sempre  più  quale  e  quanta  fosse  l'au- 
torità del  nostro  Di  Negro  presso  i  dotti,  e  in  diversi  rami  del 
sapere  «  (pag.  18).  E  qui  è  poi  merito  dell'  illustre  Boncompa- 
gni  l'aver  dimostrato  (pag.  62-64)  su  qual  fondamento  basasse 
i'  insigne  Modenese  la  propria  sentenza  nel  dannare  sì  come 
apocrifo  il  libro;  la  qual  cosa  né  lo  Spotorno  né  altri  aveva  mai 
cercata.  Lo  scritto  di  Aniceto  contiene  un  curioso  brano  dove 
si  esalta  il  valore  spiegato  all'assedio  di  Tiro  da  Obizzo  nobile 
di  Lucca ,  il  quale  niente  meno  che  Cunradi  marchionis  Mon- 
tis ferrati  vicem  gerebat ,  e  venuto  a  singoiar  certame  con  un 
tal  Zizimo  prefetto  dell'esercito  di  Saladino  lo  avrebbe  passato 
fuor  fuori  primo  ictu ,  tamquam  alter  David  alterum  Goliam 
sternens.  Qui  dunque  riposa  tutto  il  segreto  del  libro  :  voleva 
con  esso  il  Ciccarelli ,  secondo  il  costume  delle  sue  genealogie  , 
•  saltare  il  detto  Obizzo  come  stipite  della  Casa  degli  Obizzi 
ch'erano  signori  della  villa  del  Cataj  nel  Modenese. 

Ammisero  i  biografi  generalmente  che  Andalò  morisse  ver- 
so il  1340  ;  ma  forse  è  più  esatto  il  dire  verso  il  1342 ,  sì  co- 
me Vtìdesi  proposto  nel  Giornale  Ligustico  (anno  1875 ,  pag.  98). 
Di  lui  il  Mojon  produsse  anche  il  ritratto ,  che  si  disse  «  cavato 
da  pittura  antica  »  ;  ma ,  bene  avverte  il  Desimoni ,  «  senza 
altri  particolari  da  poter  giudicare  della  sua  maggiore  o  minore 
autenticità  »  (pag.  8).  Però  se  da  una  parte  la  raccolta  degli 
Elogi  dei  Liguri  illustri  pel  Ponthenier ,  ove  appunto  si  trova, 
ncn  è  tal'opera  da  dissipare  i  sospetti  ;  dall'altra  vuoisi  consi- 
derare  che  il  costarne  onde  il  Di  Negro  si  vede  rappresentato 
è  conforme  a  quello  che  ci  rivelano  i  dipinti  e  le  sculture  de'se- 
coii  XIV  e  XV  che  presso  di  noi  si  conservano.  Ora  tal  fedeltà 
nel  costume  non  ss  incontra  ne'  ritratti  della  citata  raccolta  no- 
1 1 diamente  disegnati  d' invenzione. 

«  Del  resto  non  è  da  credere  che  Andalò  sorgesse  fra  i 
concittadini  come  pianta  gentile  ,  per  caso  cresciuta  in  mezzo 
alle  salvatiche.  Va  da  per  sé  che  i  grandi  commerci  e  i  molti- 
plicati e  lunghi  viaggi  allargano  il  cerchio  delle  idee  ,  ed  am- 
maestrano  col  confronto  perpetuo  de'climi  e  de'costumi ,  colla 
conversazione  dei  dotti,  oppure  dei  buoni  pratici  »  (pag.  18).  In 
prova  di  questa  verità  non  manca  il  Desimoni  di  recare  esempi 
efficaci  ed  opportuni,  pei  quali  si  fa  onorata  memoria  degli  al- 
tri genovesi  che  coltivando  le  scienze  fiorirono  contemporanei  al 
Di  Negro;  ed  è  di  si  fatto  novero  Simone  da  Cordo,  di  un 
cui  volgarizzamento  dal  greco  in  latino  di  un  libro  di  Serapione 

Arch.,  3."  Serie,  Tom.  XXIV.  10 


146  RASSEGNA    BIBLIOGRAFICA 

sulle  medicine  semplici  notato  come  rarissimo  dallo  Spotorno , 
serbasi  una  copia  a  penna  nella  preziosa  collezione  del  prin- 
cipe Boncompagni  (1).  "  Ma  ciò  che  più  mi  preme  raccogliere  da 
questi  esempi  (conclude  l'autore)....  si  è  l'unione  degli  studi  e 
degli  studiosi  a  quel  tempo,  e  il  reciproco  influsso  che  fra  di  sé 
esercitavano.  Perciocché  e  l'astronomia  e  la  matematica  e  la 
medicina,  e  lo  studio  delle  lingue  greca,  araba  e  latina  si  fa- 
ceano  convergere  allo  scopo  generale  della  scienza  ,  come  si  fa- 
rebbe di  deboli  e  dispersi  raggi  per  supplire  alla  scarsità  della 
luce.  D'altra  parte  la  necessità  di  orali  insegnamenti  pel  caro 
dei  manoscritti ,  e  l'abitudine  della  vita  dura ,  e  l'operoso  costu- 
me porgevano  ansa  a  viaggi  scentifiei  e  a  stretta  famigliarità 
tra  i  dotti  lontani  :  più  che  non  parrebbe  a  noi ,  considerati  i 
pericoli  e  le  difficoltà  di  quei  tempi  »  (pag.  19). 

II.  Alla  Memoria  del  eh.  De  iSimoni  fa  seguito  a  mo'  di 
documento  la  biografia  di  Andalò  inserta  da  Bernardino  Baldi 
nelle  sue  Vite  de'  matematici ,  e  desunta  da  un  ms.  posseduto 
dal  Boncompagni;  poi  viene  il  «  Catalogo  de'  lavori  di  Andalò 
Di  Negro  »  compilato  dal  Boncompagni  medesimo ,  che  però 
dichiara  essersi  giovato  eziandio  di  alcune  indicazioni  manda- 
tegli dal  Desimoni. 

Il  Catalogo,  che  abbraccia  le  pagine  29-66,  è  fattura  di 
esemplar  diligenza,  copiosissimo  di  note  e  ricco  sommamente  di 
peregrine  cognizioni  bibliografiche;  si  divide  in  due  parti,  e  nella 
prima  rassegna  i  lavori  esistenti,  nella  seconda  i  lavori  citati. 

I  lavori  esistenti,  che  qui  ancora  si  classificano  in  stampati 
e  inediti,  sommano  a  quattordici,  dispersi  per  le  varie  bibliote- 
che pubbliche  o  private  di  Roma,  Firenze,  Venezia,  Parigi  e 
Vienna;  e  di  ciascuno  additansi  i  codici  e  le  carte  che  li  con- 
tengono. Primo  fra  gli  stampati  è  l' Opus  preclarissimum   astro- 

(1)  Ved.  Narduoci  ,  Catalogo  dei  manoscritti  ora  posseduti  da  D. 
Baldassarre  Boncompagni  ;  Roma,  18<i2,  pa».  154,  num  339.  -  Un'al- 
tra opera  dello  stesso  autore  si  conserva  alla  Marciana  di  Venezia  ,  col 
titolo:  Simonis  Januensis,  Sinonyma  medicinae.  È  dedicata  mayisti o 
Campano,  Nicolai  p.  p.  IV  cappellano,  canonico  parisiensi,  con  una 
epistola  che  comincia:  Opusculum  iamdudum  a  vobis  postulatum  quasi 
aliquid  utile  continens  etc.  E  il  testo  principia  :  Optabat  Galius  dicere 
et  docere  posse  res  sine  nominibus.  Ved.  Valentinelli  ,  Bibliothecu 
manuscripta  ad  S.  Marci  Venetiarum  ,  voi.  V,  pag  lo I .  L'Odorici,  nel- 
le Memorie  storiche  della  Na  ;ionale  Biblioteca  dì  Parma,  cita  eziandio 
un  cod.  membr.  sec.  XI li  :  Simonis  Januensis,  Liber  medicine,  mutilo  e 
con  frequenti  note  marginali  (Atti  e  Meni,  delle  RR  Deputai,  di  storia 
patria  per  le  prov.  modenesi  e  parmensi  ,  voi.  Ili,  pag.  427  ,  num  678). 
E  noi,  per  cortese  comunicazione  dell'attuale  Bibliotecario  cav.  Perreau, 
posiamo  aggiungere  die  il  detto  codice  non  è  altro  che  un  esemplare 
dei  Sinonyma  su  ricordati. 


RASSEGNA   BIBLIOGRAFICA  147 

Idìlli  impresso  nel  L475  a  Ferrara  da  maestro  Uiovanni  Picardo 
sotto  la  correzione  di  Pietro  Buono  Avogario;  e  di  sì  l'atta  edi- 
zione appena  è  che  oggidì  si  conoscano  con  sicurezza  quattro 
esemplari.  L'un  d'essi  Iacea  parte  della  Biblioteca  JSilva  di  Ci- 
nisello,  stata  venduta  iu  Parigi  nel  febbraio  1869;  ed  allora 
acquistollo  appunto  il  principe  Boncompagni;  il  quale  però  del- 
l'Opus preclarissimum  possiede  eziandio  una  copia  a  penna.  L'edi- 
zione ferrarese  è  poi  citata  o  descritta  da  moltissimi  bibliografi; 
ma  ben  si  comprende  che  non  tutti  l'ebbero  a  mano,  giacché ,  sì 
come  rileva  il  dotto  principe,  non  pochi  sono  quelli  che  erronea- 
mente registrano  la  data  delia  sua  impressione.  E  un'altra  avvertenza 
di  grandissimo  peso,  dovuta  similmente  ai  Boncompagni,  è  pur 
questa  :  che  la  detta  edizione  non  contiene  soltanto  l' Opus ,  ma 
due  altri  lavori  di  Andalò,  quali  la  Pratica  astrolabi)  e  lo 
scritto  De  operationibus  scale  quadranti*  in  astrolabio  scripte. 

I  lavori  inediti  sono  undici,  cioè:  a)  Theorica  planetarum; 
b)  De  compositione  astrolabii ;  e)  De  infusione  spermatis  ; 
d)  Theorica  distantiarum  omnium  sperarum  et  planetarum  a  terra 
et  magnitudinum  eorum;  e)  Tractatus  sphere  ;  f)  Introductorium 
ad  iudicia  astrologiae  ;  g)  Canones  super  almanach  Profatii  ; 
li)  Liber  iudiciorum  infirmitatum  ;  i)  Canones  modernorum  astro- 
logo rum  de  iufirmitatibus  ;  j)  Ratio  dioersitatis  partus;  k)  Tra- 
ctatus quadrano*.  Né  vuoisi  tacere  che  ben  sette  degli  scritti 
qui  recati  (lett.  b.  e.  d.  h.  i.  j.  k.)  non  si  trovavano,  prima  che  il 
fossero  dal  Boncompagni,  indicati  in  alcuna  opera  a  stampa. 

I  lavori  che  si  conoscono  solamente  perchè  citati  sono  i  se- 
guenti:   1.    Viversi     tractatus     mathematici  ;    2.    In    !Spheram  ; 
•'>.  Astrolabium ;  4. Praxis  Arithmeticae  ;  5.  Canones  super  Alma- 
in  quanto  tempore  Planetae    discurrunt   zodiacum  ;  6.  Ca- 
nones  super  Almanac  de  Propositionibus  faciendis  ;  7.   Tracta- 
tus   i/c    Astrolabio  et  de   Quadrante  ;  8.  Centiloquium  in  Astro- 
logia ;  ',).    Tractatus  scalae  quadrantis  seu  astrolabii  ;   10.  Liber 
de  Quadrantibus  ;  il.  Opuscoli  astronomici  ;  12.  Poesie  ;  13.  Tra- 
mane del  libro  di   Aniceto  patriarca.  — ■  Or    lasciando    stare 
la  nota  falsità  di  questa  traduzione,  ed  anche  m^sse  da   banda 
le  Poesie  di  cui  già  dicemmo  non  esserci  rimasto    saggio  (ben- 
chè  per  buoni  argomenti    sembri  all'    illustre    Boncompagni  che 
alcune  fossero  dettate  dal  Di  Negro  in  lingua    provenzale),  noi 
diamo  soscrivere  a  quanto  già  venne    osservato  nel  Giornale 
Ligustico      .   L875,  pag.  100),  che  cioè  «  parte  di  questi  scritti 
sai  probabilmente  sono  identici  ai  già  conosciuti  di  lai;  sebbene 
hi  uriti  dagli  autori  con  titolo    non    pienamente    conforme.  Ma 
altri  sono  scritti  certamente    diversi,  perduti  o  nascosti    finora, 


148  RASSEGNA    BIBLIOGRAFICA 

e  di  cui  sarebbe  forse  preziosa  la  conoscenza.  Per  esempio  la 
sua  Aritmetica  ci  fornirebbe  come  i  preliminari  della  scienza , 
e  probabilmente  anche  usi  commerciali ,  valori  e  misure  sul  fare 
del  Pegolotti  e  di  Luca  Pacioli  ».  Gli  opuscoli  astronomici  sem- 
brano poi  rammentati  dal  Boccaccio ,  laddove  nel  su  riferito 
pas  o  scrive:  Huius  insuper  plura  stani  opuscula  astrorum,  eoe- 
lique  motus  ostendentia  ec. 

Concluderemo  pertanto  col  eh.  Narducci  che  quello  del  prin- 
cipe Boncompagni  è  veramente  «  un  lavoro  completo,  destinato  ad 
arricchire  con  nuove  e  certe  indicazioni  la  storia  scientifica  e  let- 
teraria italiana.  Certamente ,  a  ben  pochi  arride  siffattamente 
la  sorte  da  potersi  procurare  dai  vari  centri  scientifici  dell'Eu- 
ropa tante  e  sì  minute  informazioni ,  ma  è  pur  vero  che  è  ben 
degno  di  plauso  e  di  riconoscenza  chi  questi  mezzi  rivolge  ad 
accrescere  il  patrimonio  letterario  ,  già  cotanto  glorioso  della 
nostra  Italia  ».  L.  T.  Belgrano. 


Le  leggi  di  Progresso  per  ROMOLO  Federici.  Roma,  1876. 

L' immenso  materiale  storico  adunato  dagli  eruditi  del  secolo 
scorso,  e  da  quelli  del  nostro,  feconda  gii  studi  delle  scienze 
sociali,  e  della  filosofia  civile,  inaugurata  in  Italia  dal  Romagno- 
si,  accennata  pria  dal  Vico,  e  sviluppata  dal  Ferrari,  dal  Catta- 
neo, dal  Marselli.  La  filosofia  venne  scoprendo  tra  le  varietà 
infinite  dei  fatti  storici  alcune  fila  continue,  concentriche,  le  fila 
della  civiltà  conducenti  alla  umanità.  E  parecchi  vasti  ingegni 
si  posero  a  seguire  ed  illustrare  queste  fila.  E  scrissero  storie 
parziali  di  civiltà  Guizot  e  Gabineau  nella  Francia,  Tylor  e 
Buckle  neh1'  Inghilterra ,  Gerebzoff  nella  Russia ,  e  pure  1'  anno 
passato  Hellwald  ad  Augusta  ordinò  l' immensa  materia  sotto 
concetto  unico  nell'  opera  Culturgeschichte  misto  di  storia  e  di 
filosofia.  Le  meditazioni  italiane  sulla  storia  generale  vennero 
riassunte  specialmente  daDa  Scienza  della  Storia  del  Marselli 
edita  a  Torino  nel  1873,  dalla  Teoria  dei  Periodi  Politici  del 
Ferrari  comparsa  a  Milano  nel  1874  e  continuata  e  sviluppata 
dai  di  lui  studi  intorno  l' Aritmetica  della  storia,  s:udi  ai  quali 
armonizzano  le  Leggi  di  Progresso  di  Romolo  Federici  da  Roma. 

Il  Federici,  che  fu  centro  alla  emigrazione  romana ,  si  preparò 
i  materiali  a  questo  suo  libro  mediante  la  Chronologie  universelle 
de  la  Civilisation  della  quale  comparve  la  ttrza  edizione  a  Pa- 
rigi nel  1856.  Egli  piglia  a  mostrare  che  i  grandi  imperi  ammi- 
rati quali  punti  luminosi  dell'  umanità,    sono  il   risultato   della 


RASSEGNA   BIBLIOGRAFICA  149 

forza  di  alcune  nazioni  soverchiane  le  vicine  che  lasciano  sulla 
terra  larghe  strisele  di  porpora.  Ma  la  natura  reagisce  sempre 
contro  queste  violenze  ;  ogni  popolo  tenta  di  svilupparsi  secondo 
la  natura  e  l'interasse  proprio,  e  queste  grandi  agglomerazioni 
figlie  della  forza,  si  disciolgono  a  periodi  determinati.  La  cronolo- 
gia de'  grandi  imperi  svela  al  Federici  che  in  ogni  secolo  segui- 
rono tentativi  di  amalgama  per  dodici  o  tredici  anni ,  mentre 
la  reazione  a  tali  conati  si  prolunga  per  ottantasette  od  ottan- 
totto. Ecco,  per  vie  diverse,  correlazioni  agli  studi  di  G.  Ferrari. 

Da  questa  legge  il  Federici  esclude  Roma  e  la  Cina,  perchè 
ambedue  non  pretesero  di  rifare  i  popoli  sommessi  a  loro  imma- 
gine, non  li  constrinsero  a  nuove  credenze,  a  nuovi  costumi. 
Onde  conclude  che  la  mostruosità  de' grandi  imperi  è  solo  pos- 
sibile a  condizione  di  lasciare  alle  parti  amalgamate  quella  vita 
propria ,  che  le  tradizioni  e  gli  ingeniti  modi  di  vivere  rendono 
a  ciascuna  cara  e  necessaria.  Dove  lascia  intravedere  la  fatalità 
del  trionfo  della  libertà  sulla  forza,  e  l'aspirazione  allo  sviluppo 
indipendente  d'  ogni  gremio  umano. 

Quindi  segue  a  mostrare  come  la  storia  conduca  a  vedere 
la  decadenza  di  quegli  Stati  che  non  rispettarono  le  varietà  locali. 
Come  l'Egitto  perdette  per  sempre  la  sua  libertà  per  aver  per- 
duto il  segreto  della  sua  forza  che  risiedeva  nella  moltiplicità 
delle  sue  iniziative.  Come  invece  la  Cina  per  Confucio,  proce- 
dendo all'  inverso  dell'  autonomia  feudale  eretta  sulla  forza  per- 
sonale, collocò  la  società  in  ordine  morale  contro  il  quale  la 
violenza  e  l'innovazione  sono  impotenti.  Ammira  pure  la  im- 
mensa prosperità  delle  città  fenicie,  attinta  e  mantenuta  nella  re- 
ciproca indipendenza.  Come  accadde  agli  Ebrei  frazionati  in  mol- 
teplici colonie  cingenti  con  legame  misterioso  l'Asia  e  1'  Europa. 

La  Società ,  dice  1'  A.,  sembra  compiacersi  nello  spettacolo 
della  storia  della  Grecia,  prodotto  delle  singole  forze  che  l'emu- 
lazione moltiplicò  in  quantità  ed  energia.  L'Etruria,  segue  egli, 
era  costituita  con  più  regolarità  della  Grecia,  e  con  maggior 
varietà  d' impulsi  che  1'  Egitto  e  1'  alta  Asia.  H  sistema  confede- 
rativo vi  presiedeva  più  completo  e  più  stabile  che  presso  le  altre 
antiche  nazioni ,  e  per  la  prima  volta  vi  si  scorgeva  l' applica- 
zione del  regime  delle  città  riunite  in  corpo  di  nazione.  Essa  de- 
cadde dopo  le  guerre  di  Porsenna,  e  le  sue  invasioni  sui  Galli 
e  sui  Sanniti. 

Roma  è  rappresentata  dal  Federici  costringente  i  piccoli 
Stati  limitrofi  a  collegarsi  ad  essa  serbando  le  abitudini  tradi- 
zionali, non  per  comporre  una  nazione,  ma  per  costituire  una 
società  sempre  aperta  a  nuovi  incrementi  di  estensione  e  di 
modalità.  E  le  giovò  il  costume  preesistente  in  Italia,  di  aggre- 


150  RASSEGNA    BIBLIOGRAFICA 

garsi  popoli  senza  tema  di  amalgama  e  senza  perdita  del  proprio 
particolare    carattere.    Ma   quando    s'impose    l'unità    militar» 
quelle  istituzioni  oh' erano  state  create  dalla  libertà  ,  e  fecondato 
dalla  varietà ,  declinarono. 

Quelle  leggi  che  riscontrò  nelle  nazioni  antiche,  apparisco- 
no all'  A.  pure  nelle  nazioni  moderne.  Noi  non  lo  seguiremo  in 
tutte  le  ricerche  per  questi  Stati  ;  accenneremo  solo  ad  alcuni 
tratti  rispetto  all'Italia  ed  alla  Francia ,  compatta  per  eccellenza 
questa,  snodata  l'altra.  L'Italia  gremita  di  centri  d'abitazione, 
ricettò  le  istituzioni  militari  barbariche  come  in  un  alveare  a 
stanze  fìsse  e  distinte.  Ma  nella  incubazione  lenta  e  distinta  che 
vi  si  operò ,  il  leuda  germanico  succeduto  alla  curia  latina,  si  tra- 
sformò in  ente  territoriale  e  giuridico  ,  armato  della  potestà  del 
pristino  municipio.  Qui  ogni  città  si  moveva  in  atmosfera  pro- 
pria ed  ampia,  libera  di  attrarre  quanti  e  quali  elementi  loro 
occorrevano.  Nella  Francia  mena  a  vedere  grandezze  meravi- 
gliose seguite  da  catastrofi  terribili,  per  concludere  che  il  popolo 
francese,  sospinto  dalla  sua  massa,  eccede  così  nella  buona  che 
nella  cattiva  fortuna,  per  mancare  d' istituzioni  nazionali ,  le  quali 
pel  loro  addentellamento  ,  valgano  a  ritenerla  ,  allora  che  troppi  > 
rapida  ascenda  o  precipiti.  E  se  in  tali  convulsioni  non  fu  consunta, 
avvenne  perchè  rinnovò  spesse  volte  le  sorgenti  della  sua  vita. 

E  riassume  questo  pn'mo  volume ,  al  quale  deve  tener  die- 
tro quello  additante  i  resultati  pratici  dell'  esperienza  della  storia 
mostrando  come  ora  il  grande  lavoro  separato  della  amanita  vada 
rapidamente  fondendosi.  «  I  focolari  di  attività  che  ardevano 
lentamente,  ciascuno  per  un  progresso ,  ciascuno  per  un  fine, 
vanno  allargandosi  e  da  tutti  i  punti  dell'  orizzonte  le  punte 
delle  fiamme  si  attirano  e  convergono  insieme.  Da  sì  generale 
conflagrazione  d' idee ,  d' interessi  e  di  passioni  vien  prodotta  la 
confusione,  l'anarchia,  l'apparente  caos,  in  cui  si  stima  che 
ogni  regola  di  giustizia  e  ogni  sentimento  del  vero  sia  perduto. 
Nondimeno  l'unità  sociale  s'avvalora  e  completa  da  qi 
cieco  fervore.  H  livello  si  eleva  nelle  nazioni  d'ogni  razza, 
eguagliansi  le  classi,  la  coscienza  umana  si  afferma  ogni  gior- 
no più  nella  sua  universalità  ». 

Alla  domanda  poi  quale  forma  convenga  a  questo  nuovo 
mondo  morale,  risponde  rimandando  a  vedere  la  genesi  dell'atti- 
vità ed  il  languore  seguito  per  gli  agglomeramene.  E  mostrando 
come  1'  ordine  debba  consistere  nella  distribuzione  libera  delle 
forze  sociali,  e  nel  godimento  comune  dei  resultati  di  ciasche- 
duna, e  come  la  libertà  conduca  alla  vera  e  legittima  autorità. 
A.  giudicare  adeguatamente  questo  profondo  lavoro  attendiamo 
il  secondo  volume.  G.  Rosa. 


SUPPLEMENTO  UNDECLMO 

ALLE 

NOTIZIE    BIBLIOGRAFICHE 

DEI    LAVORI   PUBBLICATI   IN   GERMANIA 

SULLA    STORIA    D'ITALIA 

COMPILATE 

DA    ALFREDO    REIMONT 


Bonn  sul  Reno,  agosto  1876. 


(Vedi  Archivio  Storico  Italiano  ,  Serie  III ,  voi.  XIX' 


BAUER  ,  H.,  Hadrian  VI.  Ehi  Lebensbild  aus  dem  Zeitalter  dei* 
Eeformation.  (Adriano  "VI.  Quadro  Ibiog-ra- 
fieo  elei  secolo  della.  Riforma.)  Heidelberg, 

1875-,  Svo. 

Vedi  Nat.  bibliograf.  Suppl.  X  al  nome  Hòfler. 

Spetta  al  medesimo  argomento  : 

F.  Nippold  (  prof,  di  teologia  prot.  nell'Università 
di  Heidelberg):  Die  Eeformbestrebungen  Adriana  VI  , 
nell' Historisches  Taschenbuch ,  Serie  V,  voi.  V,  Lips.  1875, 
pag.  181-244,  e  la  memoria  del  Claessens  :  Le  Pape 
Adrien    VI,  nella  Revue  catholique  (belga)  del  1875. 

BAUMANX,  J.  J.,  Die  Staatslehre  des  h.  Thomas  von  Aquin  ,  des 
grò'ssten  Theologen  und  Philosophen  der  katholischen  Kir- 
che.  Aus  seinen  Werken  zusammengestellt  und  mit  einer 
Einleitung  versehen.  (La  dottrina  politica  di 
S.  Tommaso  d'Aquino,  il  maggior  teo- 
logo e  filosolo  della  Chiesa  cattolica, 
tratta  dalle  di  Ini  opere  e  corredata 
d'una  introduzione.)  Lipsia,   1873-,  8vo. 

L'autore  è  professore  di  teologia  (protestante)  nella 
Università  di  Gottinga.  —  Spetta  al  medesimo  argomento: 
Divi  Thomab  AQUINATIS  opera  et  praecepta  quid  valeant 


152  SCRITTORI    TEDESCHI 

ad  res  ecclesiasticas  politicas.  Commentatio  litteraria  et 
critica.  Pars  I.  Scripsit  N.  ThòEMES.  Berlino,  1875  \  8vo. 
JDÌ  S.  Tommaso  e  delle  di  lui  dottrine  ,  con  ispecial 
riguardo  alle  controversie  del  secolo  XIX  ,  tratta  la  me- 
moria anonima:  Thomas  von  Aquino,  nella  Historische 
Zeitschrift  ,  voi  XXXIII ,  pag.  342-359  ,  e  l'altra  pure 
anonima,  dal  punto  di  vista  cattolico,  negli  Historisch- 
politische  Blatter  di  Monaco  ,  voi.  LXXV1I  ,  1876. 

BAUMGARTEN  Vedi  H.  M.  E. 

BECKER,  H.,  und  FORSTER,  H.  von,  Die  Cattedrale  von  Pa- 
lermo nach  deh  genauesten  Aufnahmen.  (La  Catte- 
drale di  Palermo  secondo  disegnai  esat- 
tissimi.) Vienna,  1866,  con  nove  tav.  di  sesto  atlant.) 

BENRATH  ,  K.  ,  Bernardino  Ochino  von  Siena.  Ein  Beitrag  zur 
Geschichte  der  Ueformation.  ( Bernardino  Oclii- 
no  senese.  Saggio  per  servire  alla  sto- 
ria della  RI  Forma.)  Lipsia,  1875;  8vo. 

Vedi  G.  de  Leva,  nell'Archivio  Veneto,  voi.  X.  L'Au 
tore ,  privati™  docens  di  teologia  prot.  nell'  Università  di 
Bonn  ,  raccolse  in  Italia,  ed  in  ispecie  in  Toscana  ,  molti 
materiali  per  la  storia  della  riforma  prot.  nella  penisola, 
di  cui  egli  sta  occupandosi. 

BERNHEIM  ,  E.,  Der  Glossator  der  Gesta  Berengarii  imperatoris . 

Nelle  Forscliungen  zur  teutschen  Geschichte  ,  voi.  XIV. 

(1874)  pag.  138-154.  Vedi  Suppl.    X    all'art.    Dummler. 

»  Lottar  III  und  das  Wormser  Concordat.  [  Lotario  III 
imp.    e    il    Concordato     di    Vormazia,  ) 

Strasburgo ,  1874  ;  8vo. 

»  Das  undchte  Decret  Hadrians  I  im  Zusammenhang  mitden 
unàchten  Decreten  Leo's  Vili  als  Documente  des  Investi- 
turstreits.  (Il  decreto  spurio  d'Adriano  I 
in  connessione  coi  decreti  spuri  di  Leo- 
ne Vili,  quali  documenti  nella  contesa 
per  le  investiture.) 

Nelle  Forschungen  zur  teutschen  Geschichte,  voi.  XV. 

»  Norbert  von  Prémontré  und  Magdcburg.  (Norberto 
albate    di     Prcmontrc     arcivescovo    di 

Magdeburgo  ) 


SULLE   STOMI '■    ITALIANE  153 

Nella  Historische  Zetiachrift,  voi.  XXXV,  pag.  1-16. 
La  presente  memoria  sul  fondatore  dei  Premostratensi  , 
ordi,„.  di  cui  appena  trent'anni  passati  dopo  la  morte  del 
Santo  (giugno  1134)  sommava  «li  già  ad  oltre  cento  il 
numero  dei  monasteri,  «•  che  più  di  qualunque  altro  con- 
tribuì a  stabilire  e  fortificare  la  coltura  cristiana  nel  nord- 
ovest della  Germania,  tocca  anche  delle  questioni  riguardo 
alle  eresie  patarene  di  cui  tratta  W.  Preger  (vedi  questo 
nome  )  nella  Memoria  sui  Valdesi. 

BEZOLD,  Ernst,  Geschichta-Tabellen  von  Italien  zunachst  ah 
Supplement  zu  Massari  ,  Biografie  Cavours.  (Tavo- 
le della  Storia  italiana,  da  servire  di 
supplemento  alla  biografia  del  C.  Ga- 
voni* del  31.)  Lip  ia,  187-1-,  8vo. 

Dei  Ricordi  biografici  del  Conte  Camillo  Cavour  di 
Giuseppe  Massari  (intorno  ai  quali  scrisse  0.  Hartwig 
nella  Literaturzeitung  di  Jena ,  1874,  art.  403)  esistono 
due  traduzioni  tedesche  ,  una  molto  libera  e  raccorciata 
di  E  Bezold  ,  con  prefazione  di  F.  v.  Hoi/TZENDORFF, 
Lipsia,  1874,  e  un'altra  più  fedele  di  E.  Buffer,  Jena 
1874,  con  copiose  note  storiche  e  un'appendice,  relazio- 
ne sulla  morte  del  Cavour  scritta  dalla  marchesa  Giu- 
seppina Alfieri. 

BEZOLD  ,  F.   von  ,  Vedi  Schroller. 

BIDEBMANX,  H.  I.,  Die  Italiener  im  tirolischen  Provinzialverban- 
de.  (Gl'Italiani  nell'unione  provincia- 
le tirolese.)  Innsbruck  ,  1874-,  8vo. 

11  presente  volume  ,  il  quale  ebbe  origine  dalla  mo- 
zione presentata  nella  dieta  tirolese  dei  16  marzo  1874, 
all'effetto  di  costituire  una  dieta  speciale  per  i  distretti 
di  Trento  e  di  Boveredo  ,  si  divide  nei  seguenti  capitoli  : 
I.  Parte  etnografica,  che  tratta  dei  vari  elementi  nazio- 
nali componenti  l'attuale  popolazione  tirolese  di  qua  e  di 
là  delle  Alpi ,  elementi  fra  cui  anche  inoggi  predomina  il 
reto  romanzo.  IL  Questione  territoriale.  Antico  principato 
Trentino,  colle  parti  al  medesimo  annesse  (territorio  di 
Boveredo  ec.) ,  sino  alla  totale  incorporazione  del  me- 
desimo nella  contea  principesca  del  Tirolo  sotto  France- 
II  imperatore.  111.  Partecipazione  degli  Italiani  alle 
diete  tirolesi,    rimontando    sino    al    decimoquinto    secolo 


154  SCRITTORI    TEDESCHI 

IV.  Contrasti  Ira  il  Tirolo  settentrionale  e  meridionale  sotto 
il  punto  di  vista  politico.  V.  Considerazioni  di  gius  pubbli- 
co. —  L'autore  è  professore  di  gius  pubblico  e  di  statistica 
nella  Università  di  Gratz  nella  Stiria. 

BILL,   Adolfo,   Pa  Ir  strina. 

Articolo  biografico-critico  sul  celeberrimo  Giovanni  Pier  - 
luigi,  contenuto  nella  Allgemeine  Zeitung  1875,  N.°  272-274- 

All'  istesso  argomento  spetta  Das  hohe  Lied  von  Pa 
Ustrinà,  articolo  contenuto neW  Allgemeine  Ze.itv.nq,  1875 
N.°  326  ,  il  quale  tratta  della  composizione  della  Can- 
tica cantìcorum  ,  nel  voi.  IV  dei  Mottetti  a  cinque  voci 
dell'esimio  Giovanni  Pierluigi. 

Vedi  Naumann. 

Vedi   Bibliografia  agli   art.  Kandler,  Winterfeld. 

BLUHME ,  Fr.  ,  Die  Gens  Langobardorum .  Zioeites  Heft  :  Tìire 
Sprache.  (H,a  Gì-.  L.  Fascicolo  IX.  I^a  loro 
lingua.)  Bonn,  1874:  8vo. 

Intorno  al  I  fase,  vedi  Notizie  bibliografe  Suppl.  IX 
e  Arch.  Stor.  Ital.,  Serie  III,  voi.  IX,  II,  145  seg.  :  de' 
presente  II  fase,  tratta  la  breve  analisi,  ivi,  Serie  TU,  v.  XXI' 
All'argomento  del  presente  lavoro  spettano  ancora  :  Pott 
Aug.  Fed.  (prof.  nell'Università  di  Halle),  Ueber  die  ro- 
manischen  Gesetzen,  memoria  inserita  nella  Zeitschrìft  fiir 
verqleichende  Sprachforschnng  del  prof.  Kuhn,  voi.  XIII, 
XIV:  Meyer,  K.,  Beitràge  zur  Kenntniss  der  langobar- 
dischen  Sprache,  nel  giornale  :  Germania,  1874,  fase.  II. 
Vedi  A.  Birlinger,  nella  Historische  Zeitschrìft  , 
voi.  XXXIV,.  1875. 

BOEHMER  ,  J.  F. ,  Eegesta  Imperli.  Vili.  Die  Eegesten  des  Kai- 
serreichs  unter  Kaiser  Cari  IV,  1346-1378  ,  herausgege- 
ben  nnd  ergànzt  von  A.  Huber.  (  T„©  F?eg"essta 
dell'Impero  sotto  Carlo  IV  imperato- 
re, pvilbol.  e  compiute  da  A..  H.)  Innsbruck, 
1874-75,  fase.  I-IV;  4to. 

Continuazione  delle  Rege3ta  Imperii ,  di  cui  vedi  Bi- 
bliografia, pag.  19  segg. ,  33  segg.  —  Il  Bòhmer  con- 
dusse l'opera  sua  sin  alla  morte  di  Lodovico  il  Bavaro  , 
1347,  lasciando  nelle  schede  sue  molte  giunte  per  la  sto- 
ria di  questo  imperatore  ,  le  quali  furono  compiute  e  pub- 
blicate da  J.  Ficker  nell' Additamentum  tertium  ,  Inns- 
bruck ,  1865.  Ora  1'  Huber  ,  professore  nell'Università 
d' Innsbruck ,  continua  colle  Regesta  di    Carlo   IV,    ser- 


31  1  LE    STORIE    ITU  tANE  155 

vendosi  delle  schede  lasciate  dall'esimio  maestro  di  sif- 
fatti studi  ,  ma  facendo  lavoro  di  fatti  tutto  suo  proprio. 
Nel  medesimo  tempo,  il  Ficker  accenna  all'intenzione 
di  metter  mano  alla  rifusione  dell'intera  opera  delle 
Regesta  ,  che  in  primo  luogo  avrebbe  da  occuparsi  delle 
Regesta  degli  imperatori  Sassoni  e  Salj  ,  e  dei  primi  di 
Casa  Sveva  ,  il  volume  del  Bohmer  che  abbraccia  questi 
tempi  (1831),  non  potendo  più  servire  in  Oggi.  Il  Ficker 
propone  una  numerazione  dei  volumi,  sinora  mancante  con 
incomodo  delle  citazioni,  e  che  sarebbe  la  seguente:  1. 
Regesta  dei  Carolingi  (vedi  Suppl.  IX  al  nome  Sickel); 
II.  Casa  di  Sassonia  ;  III.  Casa  eli  Franconia  ;  IV.  Pri- 
mi Svevi,  cioè  Corrado  III,  Federigo  I ,  Arrigo  VI  (tutti 
questi  volumi  sono  da  rifarsi);  V.  Svevi  posteriori  dal  119S 
al  1254  5  VI.  Tempi  dell' interregno  e  Absburghesi  ed  al- 
tri sin  alla  morte  d'Arrigo  VII  ,  1313  ;  VII.  Lodovico  il 
Bavaro-,  Vili.  Carlo  IV-,  IX.  Vinceslao. 

11  presente  lavoro,  seguendo  le  traccie  dell'illustre! 
predecessore  ,  ed  incorporando  alle  Regesta  documentali 
anche  le  notizie  contenute  negli  scrittori  sincroni ,  riesce 
di  somma  importanza  ancora  per  la  storia  d'  Italia.  Il  IV 
fase,  giunge  all'anno  1378,  in  cui  morì  Carlo  IV.  Il  V 
conterrà  1'  Introduzione  ,  indici  ec. 

Vedi  ,  intorno  al  I  fase,  Arc.h.  Star.  Ital.  Serie  III  , 
voi.  XXI. 

Dell'elezione  di  Carlo  IV  tratta:  L.  Worthmann,  Die 
Wahl  Carte  IV  zum  rom/schen  Konige.  Breslavia  ,  1875. 
Spetta  inoltre  alla  di  lui  storia:  H.  Friedjung,  Kaiser 
C'ari  IV,  and  sein  Ad  the  il  arri  geistigen  Leben  seneir  Zeit . 
Vienna,   1876. 

BRESSLAU,  Vedi  Hirsch. 

BROSCH  ,  Moritz,  Der  Papst  Alexander  VI,  und  seine  Tochter 
Lucrezia  Bornia.  (Alessandro  "VI  pontefice 
e  Lucrezia  Borg'a  sua,  fijrlia.) 

Memoria  ,  a  proposito  del  libro  di  F.  Gregorovius, 
nella  II  istoriseli  e  Zeitschrift  voi.  XXXIII.  Del  medesimo 
argomento  tratta  una  memoria  contenuta  nell' Edinburgh- 
Bevieiv,  N.n  289.  -  La  storia  suddetta  di  Lucrezia  Bor- 
gia si  è  pubblicata  in  terza  edizione,  corretta  e  corre- 
data di  nuovi  documenti,  tratti  maggiormente  dall'Archi- 
vio Estense  di  Modena,  ^tuttgarda,  1876.  L'autore  rende 


156  SCRITTORI    TEDESCHI 

conto  della  nuova  edizione  in    un    articolo    inserito    nella 
Allgemehie  Zeitung  ,   1876,  N.°  60. 

Vedi    Hi&lorisch-politische    Blatter ,    1876,    voi.    77. 

Vedi   HlLLEBRAND. 

BROSIEN,  Vedi  Konig. 

BUCHMANN,  J.  ,   Vermischte  Aufsàtze.  (Scritti  vari.)  Bres- 

lavia  ,  1874  -,  8vo. 

Raccolta  ,  in  otto  fascicoli  ,  di  scritti ,  dissertazioni, 
note  ec.  d'un  teologo  protestante  ,  il  quale  fa  prova  di 
antagonismo  spinto  all'eccesso  contro  la  Chiesa  cattolica. 
Fra  molte  altre  cose  si  tratta  del  processo  di  Galileo,  di 
P.  Giovanni  XII  ,  della  Società  di  Gesù  ,  dei  maneggi 
nelle  pontificie  elezioni,  col  titolo,  che  dimostra  lo  spirito 
con  cui  scrive  l'autore,  di  «  Vie  torte  per  giungere  alla 
infallibilità  »  ,  delle  cose  ecclesiastiche  in  Toscana  nel 
Cinquecento  secondo  il  Galluzzi  ,  della  contesa  di  P. 
Paolo  V  colla  Repubblica  veneta  secondo  il  Sarpi  e  il 
Cappelletti  nel  volume  :  I  Gesuiti  e  la  Rep.  di  Ven., 
il  quale  nel  1873  stampò  quali  cose  inedite  carte  da  molti 
lustri  pubblicate.  Il  processo  del  Caimesecchi  è  narrate 
solo  sulle  traccie  del  Galluzzi.  Del  medesimo  trattaro- 
no :  R.  Gibbings,  Heport  of  the  trial  and  martyrdom  of 
P.  C.  transcrihed  from  the  originai  MS.  (nella  biblioteca 
del  T r ini ty- College  a  Dublino),  Dublino  1856  ,  e  G.  Man- 
zoni ,  Estratto  del  processo  di  P.  C. ,  nella  Miscellanea 
di  Storia  italiana  voi.  X. 

Vedi  F.  H.  Reusch  nel  Thologisches  Literaturhlatt, 
1874,  N.  22. 

BUSSON,  A.,  Zur  Geschichte  Conradins.  (Intorno  alla  storia 
di  Corradino.) 

Articolo  nelle  Forschungen  zur  teutschen  Geschichte,  voi. 
XI,  intorno  ad  un  docum.  presso  Huillard  Bréholles,  1, 
195,  creduto  riferirsi  all'elezione  di  Federigo  II,  ma  con  pro- 
babilità maggiore  spettante  all'epoca  di  Corradino.  Trat- 
ta poi  ancora  delle  Notae  historicae  de  Gonradino,  stampate 
presso  Boehmer-Huber  Fontes,  voi.  IV.  pag.  126  segg. 

CHRISTOFFEL  ,  R.,  Des  Cardinals  Gasparo  Contarini  Leben  und 
Schriften.  ("Vita  e  soritti  del  card.     GJ-.    O.) 

Memoria  inserita  nella  Zeitschrift  fiir  historische 
Theologie  ,  1874  ,  fase.  II ,  pag.  165-265. 


SULLE    STORIE   ITALIANE  157 

COENARO,  Li  von,  Strategiche  Betrachtungen  iiber  den  Feldzug 
in  Italica  (1796-1797.  (  Oousi<lei*aieiou.i  strate- 
giche    sulla,     campagmi      <V  Italia,     del 

179(5-97.)  Vienna,   lòìo;  8vo. 

DANTE.  Alla  letteratura  Dantesca  spettano  le  seguenti  pubblica- 
zioni : 

Derichsweiler  ,  Dantis  Monarchia  II.  Gebweiler 
1874.  Programma  scolastico. 

Geiger  ,  L.  ,  Petrarca  und  Dante.  Articolo  inserito 
nella  Allgemeine  Zeituag ,  1875,  K.°  92. 

Hettinger  ,  Fr.  ,  Kirche  und  Papst  nach  Dante. 
Articolo  inserito  nel  giornale:  Der  Katholik ,  Magonza  , 
1875. 

»  Grundidee  und  Charalcter  der  Gottlichen  Comòdie. 
Lezione  pronunciata  a  Bonn  ,  die.  1875 ,  inserita  nel 
giornale  :  Der  Katholik,  1876  ,  e  stampata  a  parte  a 
Bonn  ,  1876  ,  pag.  76  ,  8vo. 

Jacob  ,  J.  ,  Die  Bedeutung  der  Fiihrer  Dante's  in 
der  Divina  Commedia;  Virgil ,  Beatrice,  St.  Bernhard 
in  Bezug  auf  den  idealen  Zireck  des  Gedichtes  und  auf 
Grund  der  geistigen  Lebens-Entwicklung  des  Dichters. 
Lipsia  ,  lò7ì  -,  8vo. 

Schmidt,  W.  Ueber  Dante's  Stellung  in  der  Geschi- 
chte  der  Kosmographie.  Theil  I.  Die  Schrift  De  aqua  et 
terra.  Gratz  1876  ,  Svo.  Al  medesimo  argomento  spetta 
l'articolo  :  D.  A.  e  le  dottrine  cosmologiche  del  suo  tem- 
po ,  nella  Allgemeine  Zeìtung,  1876,  N.°  163. 

Dell'edizione  della  Divina  Commedia  procurata  da 
G.  A.  SCARTAZZINI ,  il  cui  1  voi.  si  è  citato  nel  Supple- 
mento X  ,  è  comparso  il  II  voi.  contenente  il  Purgatorio. 
Vedi  intorno  a  quest'edizione  C.  Witte  ,  Allgemeine  Zeì- 
tung, 1675,  N.°  229,  e  A.  Keumont,  Litcrarische  Rund- 
schau, 1676,  N.o  4. 

La  traduzione  della  D.  C.  di  Carlo  Witte  venne  ri- 
stampata a  Berlino  1876  ,  2  voi.  8vo  ,  con  molti  cambia- 
menti nel  testo  e  col  commento  grandemente  ampliato. 
Vedi  Allg.  Zeìtung  1876  ,  N.°  255  ,  dove  si  tocca  an- 
cora dell'edizione  del  Convito  procurata  da  G.  B.  Giu- 
liani  e  delle  Similitudini  Dantesche  di  Luigi   Venturi. 

11  libro  giovanile  dell'altissimo  poeta  venne  ripubbli- 
cato col  titolo:  La  vita  nuova  di  D.  A.,  ricorretta  col- 
l'aiuto  di  testi  a  penna  ed  illustrata  da  Carlo  W  itte. 
Lipsia  .  1S76.  Precedono  al  testo  ampi  Prolegomeni  ,  con 


158  SCRITTORI    TEDESCHI 

elenco  dei  codici  e  delle  edizioni.  Sotto  il  testo  stanno  hi 
Varietas  lectionis  e  le  annotazioni ,  brevi  si  ina  ricche  di 
spiegazioni  storiche  ,  filosofiche  e  filologiche.  La  presente 
.stampa  è  la  trigesima  seconda.  Parlando  delle  stampe 
moderne  ,  di  quella  del  Giuliani  ,  l»6rf  ,  del  Pizzo  ,  166">, 
del  D'Ancona,  ltìT-i  ,  l'editore  rammenta  la  versione  in- 
glese :  The  New  Life  of  D.  A.  ,  trauslated  by  Charles 
Eliot  Norton  ,  Boston  ,  1867. 

Intorno  alle  composizioni  Dantesche  di  Francesco 
Scaramuzza  vedi  l'articolo  di  (i.  A.  Scartazzini  ,  Allge- 
meine  Zeitung  1876  ,  >ì.°  2ol. 

Dell'erudita  opera  di  D.  Comparetti:  Virgilio  nel  me- 
dio evo  ,  si  è  pubblicata  una  traduzione  tedesca  di  H. 
Dutschke  ,  Lipsia  ;  1675. 

DEB  KRIEG  IN  IT ALIEN  1859  ,  usw.  (La  campagna 
d'Italia  del  ISSO.)  Vienna,  1874,  voi.  II ,  par- 
te I  ;  8vo  con  5  mappe. 

Vedi  Suppl.  X.  11  presente  volume  di  questa  opera 
pubblicata  dalla  Commissione  storica  dello  stato  maggiore 
austriaco  contiene  gli  avvenimenti  dei  giorni  5-21  giugno 
cioè  dalla  ritirata  dopo  la  battaglia  di  Magenta  sin  alla 
ripresa  dell'offensiva  sul  Mincio. 

DERICHSWEILER  v.  dante. 

DÙMMLER  v.  Hirsch,  Jaffk. 

DULLINGER  ,  J.  von  ,  Uagedruckte  Berichte  und  Tagebiicher  zur 
Geschichte  der  Tridentinischen  Concila.  (Helazioni 
e  Diari  inediti  sulla  storia  del  Conci- 
lio Tridentino.)  Nordlinga  ,  1876  ,  2  voi.   8vo. 

Il  contenuto  della  presente  raccolta  si  è  come  segue  : 
Voi.  1.1.  Se r ip ANDO,  Actionum  Trident.  Series  XIV 
hai.  Jun.  1515  -  prid.  Non.  Febr.  1516  ,  pag.  1-38.  — 
2.  Diarium  ab  anonymo  consci' iptum  Dee.  lòlò  ,  pag.  39- 
65.  —  3.  MASSARELLI,  Diarium  23  Febr.  1515  -  1  Febr. 
1546,  pag.  66-258.  —  4.  MASSARELLI,  De  pontificata 
lulii  III ,  pag.  25(.)-32lj. 

Voi.  II.  1.  F.  Musotti,  Sommario  del  Cono.  Trid. 
sotto  Pio  IV,  pag.  1-50.  —  2.  A.  SBRVANZIO  ,  Diario 
del  Conc.  sotto  Pio  IV,  pag.  51-63.  —  3.  Don  Ploro 
Goxzales  le  MendorA,  Successi  del  Conc.  Trid.  1561  , 
pag.  64-171.  —  4.  N.  PSALMAEI  (N.  Pseaume  vesc.  di 
Verdun)  Diarium  1562  ,  pag.  172-277. 


SULLE  STORIE  ITALIANE  159 

La  prefazione  del  eh.  DòLLINGER  ,  pag.  i-xxyii  , 
contiene  un  ristretto  della  letteratura  spettante  al  Tri- 
dentino. La  sentenza  dell'erudito  editore  riguardo  alla 
veracità  del  Sai  pi  in  paragone  ili  quella  del  Pallavicino, 
non  può  non  rimanere  senza  seria  opposizione.  Vedi  in- 
torno a  tale  questione  Lord  ActuN  gel  giorn.  Academy. 
Alla  storia  del  Tridentino  spetta  l'opera  seguente  : 
Ada  genuina  SS.  oecumenici  Cvucilii  Tridentini  ab 
Angelo  MasSARELLO  episc.  Thelesino  eiusdem  Cono,  se- 
cretarlo conscripta  nane  primum  integre  edita  ab  Aug. 
Theiner.  Accedunt  acta  eiusdsm  Cane,  a  card.  Gabr 
Laleotto  archiepiscopo  JJunonien.  digesta  secundis  curis 
expolitiora.  T.  I  et  II.  Agram  (Zagabria)  1674,  4to. 

DL\NZELMAXX  ,  E.,  Die  chronologischen  Noten  des  Eegistriua 
Gregorii  VII.  (Le  note  oi-oiiolo^ione  del 
lieg-istro  di  Gregorio   VII.) 

Nelle  Forscliungen  zur  teutschen  Geschicìite,  voi.  XV. 

EBERT  ,  A.  ,  Geschichte  der  christlich-lateiniscken  literatur  voti 
ihren  An/àngen  bis  zum  Zeiialter  Carls  des  Grossen. 
(S=>tox-ia  della  letteratura  latino-cri- 
stiana dai  suoi  i>rimordi  sino  all'epo- 
ca di  Carlo  3i.ajjno.)  Lipsia,  1874,  8vo. 

Opera  erudita  ed  importante  ,  che  l'orma  il  primo 
volume  d'una  storia  generale  della  letteratura  latina  me- 
dievale. 11  periodo  abbracciato  dal  medesimo  era  stato 
trattato  di  già  da  J.  C.  P.  Bahr.  (prof,  a  Heidelberg, 
morto  nel  167.3)  nei  volumi  facenti  seguito  alla  sua  feto- 
ria  della  letteratura  romana,  sui  poeti  e  storici  cristiani 
di  Roma  ,  Carlsruhe  ,  1636,  sulla  teologia  romano-cristia- 
na ,  16o7,  e  sulla  letteratura  latina  dell  epoca  Carolingia, 
18IU  •,  lavori  diligenti  e  pregevoli,  i  quali  però  oggi 
non  corrispondono  più  al  Insogno.  I  primordi  della  lette- 
ratura cristiana  dell'  Occidente  trovatisi  ancora  trattati  , 
ma  brevemente  ,  nella  applaudita  opera  di  W.  S.  Teuf- 
fel  ,  prof,  a  Tubinga,  Geschicìite  der  r'òmischen  Litera- 
tur, prima  ediz.  Lipsia,  166SJ  ;  terza  ib.   Iò7ò. 

PICKEK  ,  Julius ,  Forscliungen  zur  Meichs-und  Rechtsgescliicìite 
Italiens.  (Studi  .-sulla  stoi  ia  della  eosti- 
tuzione  imperiale  e  del  diritto  in  Ata- 
lia.)   Voi.  IV,  parte  2.   lnnshruck  ,    1874,   8vo. 

Colla  presente  parte  ,  la  quale  compie  il  codice  di- 
plomatico (  Urkunden  zur  Reichs-und  Mechtsgeschichte  Ita- 


160  SCRITTORI   TEDESCHI 

Uens  ,  XXVI  e  6u3  pag.-,  bvo) ,  rimane  condotta  a  termine 
1'  intera  opera  principiata  nel   1868  ,  di    cui    si  tratta  nei 
Sappi.  IX  e  X  alle  presenti    notizie.  Il  Codice    diploma- 
tico composto  di  531  documenti  parte  editi  parte  inediti , 
principia  da  un    diploma    del    770 ,  col  quale    Ildebrando 
duca  di  Spoleto  pronuncia    una    sentenza    in    favore   del 
monastero  di  Farfa  ,  e  si  chiude  con   uno    del  1474  ,  con 
cui  Antonio  degli    Agli  vescovo  volterrano    valendosi  dei 
privilegi  da  Carlo  IV  imp.  alla    sua  chiesa    concessi    no- 
mina Giovanni  Grifo  cittadino  pisano  e  i  di  lui  discendenti 
conti  palatini  e  lateranensi  e  conti  di  Sasso  ,  castello  della 
diocesi  di  Volterra  ;  il  primo  di  tali  documenti    già   pub- 
blicato dal  Fatteschi    e    dal    Galletti  ,  il  secendo  inedito 
nell'Archivio  di  Stato    Pisano.  Nella    prefazione   l'autore 
spiega  i  motivi  che  diressero  la  scelta  dei  documenti ,  dei 
quali  ammise  buon  numero  d'editi  o  per  essere  i  medesimi 
d'importanza  storica  maggiore  e  tali  da  servire  di  fonda- 
mento alle  parti  relative  del  suo  lavoro  ,    o   per    trovarsi 
pubblicati  in  opere  difficili    a    ritrovarsi ,  non  meramente 
in  Germania  ma  non  di  rado  anche  in  Italia    Copiosi  sono 
i  documenti  che  ci  lasciano  vedere  dentro  nella  pratica  e 
nelle  forme  di  procedura,  argomento  nuovamente  trattato 
dall'attuale  nestore    dei    giureconsulti    tedeschi  ,  il  Beth- 
mann-Hollweg  ,  nella  continuazione  dell' insigne  opera  sul 
processo  civile  nel  suo  sviluppo  storico  ,  ma  solamente  per 
l'epoca  anteriore  al  rinascimento  del  diritto  romano.   Per 
ciò  che  spetta  alle  cose  inedite  ,  l'aut.  ha   creduto    dover 
ammettere  anche  documenti  d' importanza  minore  quando 
spettano  all'azione  degli  impiegati  o  rappresentanti  impe- 
riali in  Italia    Sin  al  Millecento ,  tali  documenti    sono    di 
scarso  numero  ,  poi  crescono  sotto  Federigo  II.  Importava 
far  conoscere  l'organamento  centralizzante  col  quale  que- 
sto Imperatore  cercò  di  ridurre  a  confini  piuttosto  stretti 
il  feudalismo  e  le  libertà  municipali  ,  lavoro  durante  degli 
anni  con  singolare  studio  continuato  e  maggiormente   rie- 
scito  in  Toscana  ,    dove   nei    tempi  posteriori  ,  ancora    a 
malgrado  dei  forti  contrasti  e  della  floridezza  ed  autono- 
mia delle  città,  rimasero  molte  e  singolari  traccie  dell'au- 
torità imperiale  ,  la  quale    <i    rifece  viva  sotto  Carlo  IV 
allorquando  politicamente  era  di  molto  decaduta.   I  docu- 
menti inediti  sommano  al  di  là  di    100,    più     della    metà 
copiati  dall' istesso  autore,  il  quale  a  varie  riprese,    ul- 
timamente ancora  nel   1873,  visitò  l'Italia,    e  nella    pre- 
fazione fa  il  meritato  elogio  della  gentile  accoglienza  dap- 


SULLE  STORIE  ITALIANE  161 

pertutto  incontrata ,  e  dei  servigi  dovunque  prestatigli  da- 
gli impiegati  negli  Archivi  e  nelle  biblioteche,  tra  i  quali 
incontriamo  molti  nostri  conoscenti,  inai  sempre  pronti  a 
favorire  ,  con  dispendio  ancora  del  proprio  tempo,  gli  al- 
trui seri  lavori. 

L'argomento  e  il  modo  di  trattazione  dell'opera  del 
Ficker  sono  tali  da  far  comparire,  a  primo  aspetto,  varie 
delle  parti  piuttosto  come  congerie  di  materiali  che  non 
come  lavoro  compiuto.  Perlopiù  però  la  ricchezza  delle 
date  e  la  sicurezza  della  critica  sono  tali  da  porre  il  let- 
tore in  grado  di  giungere  a  dei  precisi  risultati.  1  copiosi 
indici  e  l'esatta  cronologia  dei  vari  fatti  ,  agevolano  l'uso 
del  libro  ,  indispensabile  a  chi  vuol  rendersi  conto  delle 
condizioni  politiche  e  legali  d' Italia  nel  medio  evo  spesso 
piene  di  contradizioni  tra  l'essenza  e  la  forma. 

Vedi  Academy,  1875,  N.°  178,  179. 

FORSTER  ,  Ernst,  Geschichte  der  Italienischen  Kunst.  (Storia 
dell'arte  italiana.)  Voi.  IV.  Lipsia,  1875-,  8vo. 
Intorno  ai  voi.  1-1J1  vedi  Not.  bibliograf.  Suppi.  IX-X. 
11  presente  volume  presenta  la  storia  dell'arte  Umbra 
nel  Quattrocento  e  nei  primi  decenni  del  Cinquecento 
mentre  la  scuola  del  Perugino  indebolendosi  a  poco  a 
poco  andava  a  finire  in  Tiberio  d'Assisi,  Francesco  Me- 
lanzio  ,  Gerino  da  Pistoia  e  Domenico  Alfani.  All'  intro- 
duzione storica  fa  seguito  :  I.  L'architettura,  colle  fabbri- 
che d'Assisi ,  Gubbio  ,  Perugia  ,  Città  di  Castello  ,  Spo- 
leto ,  Fuligno  ,  Todi ,  Trevi  ,  Narni  ,  Terni ,  Urbino,  ed 
osservazioni  sull'architettura  decorativa.  Occupa  il  posto 
secondo  la  scultura ,  che  è  di  minore  importanza  ,  poi  il 
terzo  la  pittura  ,  la  quale  occupa  la  maggior  parte  del 
volume,  cioè  da  pag.  89  a  419.  Tra  i  quattrocentisti  più 
antichi  ,  Gentile  da  Fabriano  ,  Ottaviano  Nelli,  Piero  del- 
la Francesca  ,  Benedetto  Buonfigli ,  Niccolò  da  Fuligno 
(Alunno;  ,  Fiorenzo  di  Lorenzo  sono  trattati  più  ampia- 
mente; tra  i  posteriori  Giovanni  Sauti,  il  Pinturicchio  , 
il  Signorelli,  il  Perugino  e  Raffaello  sin  all'affresco  di 
San  Severo.  Secondo  si  vede  ,  i  confini  sono  presi  nel  senso 
più  largo.  11  presente  lavoro  riunisce  in  sé  i  risultati  delle 
moderne  ricerche,  attivissime  quanto  produttive,  negli  Ar- 
chivi, e  quelli  di  parecchie  visite  nei  luoghi  e  maggiori  e  se- 
condari fatte  dall'autore  abile  artista  ed  operoso  scrittore. 
Della  raccolta  monumentale  dell'  istesso  autore:  Denk- 
male  Italienischer  Malerei  vom  Ver/ali  d'ir  Aiitike  hi.-: 
Arch  ,  3."  Serie  ,  Tomo  XXIV.  11 


162  SCRITTORI    TEDESCHI 

zurn  sechzehnten  Jahrhuudert  sono  terminati  i  tre  primi 
volami  che  giungono  alla  giovinezza  di  Raffaello  Sanzio, 
ogni  volume  con  50  tavole  a  contorno  e  testo  in  4to. 

P'ORSTER  ,  Ernst,  Zur  Wiege  Tizians.  (Peregrinazione 
alln   cuna  di  Tiziano.) 

'SeWAllgemeine  Zeitung,  1876,  N.°  9,27',  28. 

»         Zur  italienischen  Kunstgeschichte. 

Allgemeine  Zeitung  1876 ,  N.°  209 ,  210.  Tratta  di 
Gio.  Ant.  Licinio  detto  il  Pordenone. 

FRENZEL,  K.,  Renaissance  und  Rococò.  Studien.  (Studi  sul  R,i- 
nascimento  e  sul  Rococò  )  Berlino,  1876*,  8vo. 

Contiene  un  saggio  sopra  Lorenzo  il  Magnifico ,  a  cui 
diede  argomento  l'opera  dell'estensore  di    queste    notizie. 

Tratta  del  medesimo  altro  saggio  stampato  negli  Hi- 
storisch-poli fische  Blfitter  di  Monaco  ,  voi.  78  ,  1876. 

FRIEDJUXG  Vedi  Bohmer. 

GASPARY  Vedi  Twestex. 

GEBLER  ,  Cari  von  ,  Galileo  Galilei  und  die.  romische  Curie.  Nach 
den  authentischen  Quellen.  (  O.  G!-.  e  la  Curia  ro- 
mana ,     secondo    le    fonti    autentiche.  ) 

Stuttgarda,  1876  ;  8vo. 

Volume  di  433  pag. ,  nel  quale  riassumesi  P  intera 
questione ,  mercè  il  confronto  di  tutti  i  documenti  sin  al- 
lora (1875)  conosciuti,  e  tenendo  conto  dei  numerosi  la- 
vori ,  maggiormente  ai  nostri  dì  moltiplicati ,  dei  quali 
si    dà    l'elenco  in    fine  della  Prefazione. 

Vedi  M.  Canto r  ,  prof,  a  Heidelberg  ,  nella  Allge- 
meine Zeitung  ,  1876,  N.°  93  ,  94  ,  e  C.  Reichard  nel 
giornale  :  Im   neuen  Reich  ,   1876  ,  N.°  16. 

Al  medesimo  argomento  spettano  gli  scritti  minori 
seguenti  : 

Gerstexberg  ,  G.  ,  Galileo  Galilei.  Rendsburg  , 
1874  \  4to.   Programma  ginnasiale. 

Reusch  ,  F.  H.  Der  Galileische  Process. 

Memoria  inserita  nella  Historische  Zeitschrift  ,  volu- 
me XXXIV,  pag.  221-243,  nella  quale  si  espongono  in 
modo  chiaro  e  semplice  i  resultati  delle  numerose  ricer- 
che ,  e  dispute  ,  degli  anni  ultimamente  decorsi  ,  intorno 
alla  causa  e  alla  condanna  rlel  sommo  Toscano ,  ricerche 


SULLE    STORIE   ITALIANE  163 

e  dispute,  cui  l'autore,  professore  di  teologia  nell'uni- 
versità di  Bonn  ,  ha  tenuto  dietro  nel  Theologisches  Li- 
teraturblatt  di  cui  esso  è  l'estensore.  Gli  scritti  dei  quali 
maggiormente  si  è  servito  il  eh.  Reusch  ,  sono  quelli  di 
H.  de  l'  Epinois  nella  Revue  des  questions  historiques  , 
1867,  di  D.  Bonix  nella  Revue  des  sciences  ecclésiastiques 
1866,  di  M.  Parchappe,  Par.,  1866,  di  T.  H.Martin, 
ib.  1868,  di  E.  Wohewill,  Beri.  1870,  di  S.  Gherar- 
di  ,  Firenze  1870  ,  e  del  lavoro  inglese  :  The  pontificai 
decrees  against  the  vnotion  of  the  Earth  considered  in  their 
hearing  oa  the  theory  of  advanced  Ultramontanism ,  Lon- 
dra 1870. 

Vedi  Ar.  Stor.  It.  Serie  III,  voi.  XXIII,  pag.  165  segg. 

GEIGER,  L.  ,  Neue  Schriften  zur  Geschichte  des  Hurnanismus. 
(Nuovi  scritti  intorno  alla,  storia  del- 
l'Umanismo.) 

Memoria  (di  76  pag.  )  contenuta  nella  Historische 
Zeilschrift  voi.  XXXIII.  Per  ciò  che  spetta  all'  Ita- 
lia ,  parla  dei  moderni  lavori  intorno  a  Francesco  Pe 
trarca  di  G.  Fracassetti  ,  L.  Geiger  (Lipsia  1874, 
vedi  Suppl.  X  alle  not.  bibliografe,  A.  Mezières  (Pa- 
rigi ,  1868  ;  intorno  a  Lorenzo  Valla  di  I.  Vahlen 
(Vienna  1870,  vedi  Supplemento  Vili);  intorno  a  Gio- 
viano  Pontano  di  M.  Tallarigo  (Sanseverino  1871)-,  in 
torno  a  Lorenzo  de'  Medici  di  A.  Reumont. 

»  Italia/lische  Schriften  zur  Petrarcafeier.  (Pnlb'bliea- 
zioni  italiane  pel  Centenario  Petrar- 
chesco.) 

ÌHelVAllgemeine  Zeitung ,  1875,  N.n  38,  57,  58. 
Alla  letteratura  Petrarchesca  a  cui  diede  luogo  il  Cen- 
tenario ,  spetta  ancora  la  raccolta  di  poesie  di  F.  von 
Claudio  :  Zur  Petrarca  Jubelfeier,  Venezia  1874..  Di 
scritti  in  altri  paesi  pubblicati  notiamo  :  A.  H.  Simpson, 
Petrarch,  nel  Contemporary  Revicw  ,  1874,  luglio,  e  H. 
Blaze  de  Bury,  Laure  de  Noves  et  Pétrarque ,  nella 
Revue  des  deux  mondes  1874,  15  luglio. 

»  Beziehungen  zwisehen  Teutschland  nnd  Italien  zur  Zeit 
des  Hurnanismus. 

Memoria  inserita  nella  Zeitschrift  fiir  teutsche  Cultur- 
geschichte  ,  1875  ,  fase.  II. 


164  SCRITTORI   TEDESCHI 

GERSTENBERG  Vedi  Gebler. 

GEYMbLLER,  H.  von  ,  Die  ursprùnglichen  Entwiirfe  far  St.  Pe- 
ter in  llom  von  Bramante  ,  llaffael  Santi  ec.  (  X  pro- 
getti originali  pei*  San  r*ietro  eli  Ito- 
uia  di  13  ramante,  Fiaflaello  Sanzio    ed 

altri.)  Vienna  ,   1875.  Fase.  I  con  9  incisioni    in   folio. 

11  testo  è  in  lingua  tedesca  e  francese.  Del  medesimo 
autore  si  aveva  di  già  : 

Notizen  iiòer  dir.  Entwiirfe  zu  St.  Peter  in  Boni.  Aus 
bis  jetzt  unbekannten   Quellen.  Carlsruhe,   1SG8  ;  8vo. 

Queste  notizie  spettano  maggiormeute  ai  disegni  ar- 
chitettonici conservati  nella  gran  collezione  della  galleria 
degli  Uffizj. 

Les  Estampes  attribuées  à  Bramante  aux  points  de 
vue  iconograpluque  et  architectonique  par  Louis  Cou- 
RAJOD  et  Henri/  de  Geymuller.  Parigi ,  1874  -,  8vo  con 
incisioni.  Opuscolo  estratto  dalla  Gazette  des  Beaux-Arts. 


GIESEBRECHT  ,  W.  von  ,  Geschichte  der  teutschen  KaLerzeit. 
(Storia  cieli'  Impero  Germanico.)  Voi.  IV 
parte  2.  Brunsvic  ,  1871  ;  8vo. 

Vedi  Supplemento  X.  Colla  presente  parte  compiesi  la 
storia  del  regno  di  Corrado  III  ,  cui  seguono  le  copiose 
note  sulle  fonti  storiche  ec.  per  l' intero  periodo  di  Lo- 
tario e  del  primo  degli  Svevi. 

Vedi  sul  presente  volume  della  grande  opera  del  Gie- 
SEBRECHT ,  E.  Berxheim  nella  .Historisohe  Zeitschrift 
voi.  XXXV. 

Vedi  Hirsch. 

Di  G.  Waitz  si  ha  l'opuscolo  :  Teutsche  Kaiser  von 
Cari  dem  Grossen  bis  Maximilian.  Monaco  ,    1875  ;    8vo. 

Opera  ragguardevole  spettante  alla  storia  dell'Impe- 
ro si  è  quella  di 

C.  Heffner,  Die  teutschen  Kaiser-und  Konigssiegel , 
nebst  denen  der  Kaiserinne/i,  Kóniginnen  und  Beichsver- 
weser.  (I  sigilli  degli  Imperatori  e  F?e 
con  cjnelli  delle  Imperatrici  e  regine 
e  dei  Vicari  imperi  ni  i.)  Erbipoli  1875,  con  162 
fotografie  in  folio.  Nell'opera  di  F.  KohlraUSCH  :  Die 
Bildnisse  der  teutschen  Kaiser,  Amburgo  1814  ,  molti  ri- 
tratti erano  desunti  dai  sigilli. 


SULLE    STORIE    ITALIANE  165 

GREGOROVIUS,  Ferdinand,  Lucerà  die  Saracenen- Colonie  dei- 
Hohenstaufen  in  Apulien.  (  Lucerà  colonia  Sa- 
racena <le£»li  Svevi  nelle  3Pu.g\lie.) 

Articolo  inserito  ne\V Allgemeìne  Zeitung,    1874  ,    nu- 
mero 276  ,  277. 
Manfredonia.  Ivi  N.°  288,  289. 

n         Der  Erzengel  auf  dem   Garganus.  Ivi  N.°  311-313. 
Benevento.  Ivi  1875,  N.°  268,  269. 
Andria.  »  N.°  288,  289. 

Castel  del  Monte.  Ivi ,  »  N  o  327,  328,  330. 

«         Intorno  al  libro  di  Gio.  Gozzadini:   Le  torri    gentilizie 
di  Bologna  ,  ivi ,  1875  ,  N.°  39,  40. 
Sulla  storia  del  Tevere.  Ivi  1876  N.°  224,  227,  229. 

n         Taranto ,  nel  giornale  :  Im  neutri  Beich  ,   1876  ,  N.°  17. 

n         Das  rómische  Staatsarchiv  ,    nella  Historische  Zeilschrift 
voi.  XXXVI. 

Dell'opera  del  Gregorovius  :    Storia  della   Città  di 
Roma  nel  medio-evo,  si  è  pubblicato  il  I  voi.  della  III  edi- 
zione ,  rivista  e  corretta  ,  Stuttgarda  1876. 
Vedi  Brosch. 

GRIMM  ,  Hermann  ,  Fiinfzehn  Essays.  Neue  Folge.  (Quinclici 
sag'gi.  ìNuova  raccolta.)  Berlino  ,  1875  ;  8vo. 
In  questa  raccolta  spettano  alle  cose  italiane  :  N.°  VI. 
Le  gallerie  fiorentine  -  a  proposito  del  volume  di  A. 
Gotti  -,  N.°  XII.  Ritratti  di  Raffaello  di  mano  propria  , 
di  cui  si  è  trattato  in  queste  Notiz.  bibliografe  Suppl.  IX. 

»         I  Sepolcri  Medicei  in  San  Lorenzo. 

Articolo  nella  Allgemeine  Zeitung  1876  ,  N.°  177  ,  in 
cui  l'autore  sostiene  l'opinione  già  emessa  nella  sua  Vita  di 
Michelangelo,  essersi  cioè  scambiati  i.nomi  dei  mausolei  di 
Giuliano  e  di  Lorenzo  de'  Medici ,  volendo  ora  far  cre- 
dere che  venissero  scambiate  le  statue  dei  due  duchi  al- 
lorché regnante  Cosimo  I  si  collocarono  nelle  nicchie.  — 
Vedi  Reumont.  —  Vedi  Gkotiie. 

GROTHE  ,  H. ,  Leonardo  da  Vinci  als  Ingenieur  und  Philosoph. 
(L.  eia  V.  qual  ingegnere  e  filosofo.)  Ber- 
lino, 1874;  4to  con  77  incisioni  in  legno. 

Di  Lionardo  da  Vinci  trattò  anche  H.  Grimm  in  ai- 
ticelo inserito  ne\V  Italia  dell' Hillebrand  ,  voi.  I  ,  con 
ispecial  riguardo  alla  breve  vita  pubblicata  da  G.  Mila- 
nesi nell'.4re/j.  Stor.  Ital.  ,  Serie  III  ,  voi.  XVI. 


166  SCRITTORI   TEDESCHI 

GRÙNE1SEN  Vedi  Springer. 

GRUNER  ,  L.  ,  Raffael  Santi's  Deckengemiil.de  der  Stanza  dell'Elio- 
doro im  Vatican,  nach  den  Zeichnungen  Consonis  gestochen 
von  GrUner  und  Langer.  Mia  VorwortvonC  Ruland. 
(Le  pitture  della  volta  della,  stanza 
d'Eliodoro  nel  IPal.  Vaticano  di  Raf- 
faello Sanzio,  disegnate  da  N.  Conso- 
ni, incise  da  G.  e  L.,  con  introduzione 
di  C.  R.)  Con  5  incisioni  e  una  tavola  cromolitogra- 
fica in  fol.  Dresda  ,  1876. 

H.  ,  F.  v.  (HELLWALD)  Die  Campagna  Roma  und  die  Garibaldi  - 
schen  Projecte.  (La  campagna  di  Roma  e  i 
progetti  garibaldini.) 

Articolo  contenuto  néìV Allgemeine  Zeitung  .  1875  , 
N.°  275.  Con  ispecial  riguardo  agli  scritti  di  Quirico  Fi- 
lopanti  ,  Michele  Carcani ,  Camillo  Montagnoli  ,  Ignazio 
Villa  ,  Domenico  Bolasco  ,  Pietro  Balestra  ,  tutti  pubbli- 
cati a  Roma  nel  1875,  sulla  campagna,  sul  bonifica  - 
mento  e  sull'  igiene  della  medesima,  e  sul  Tevere  e  le 
sue  inondazioni.  Le  conclusioni  sono  punto  favorevoli  al 
u  progetto  pomposamente  annunziato  del  G.  ,  mancante 
di  precisione  e  di  severo  studio  dei  particolari  ». 

»         Guerrazzi  und  die  Itistorische  Beatrice  Cenci. 

iteli' Allgemeine    Zeitung,    1875,  N.°    310.    Non    si 

giunge  a  capire  come  l'autore  eserciti  la    critica  storica 
a  proposito  di  un  romanzo. 

H.  M.  F.  ,  Daa  Papstthum  in  aeiner  allmdligen  Entwicklung  bis  auf 
die  Gegenwart.  (Il  Papato  nel  suo  sviluppo 
progressivo  sin  ai  tempi  presenti.)  Lip- 
sia ,  1875  ;  8vo. 

Scrittura  anonima  ,  avversa  alla  Santa  Sede  ,  favore- 
vole alle  idee  dei  propugnatori  dei  diritti  del  poter  tem- 
porale in  opposizione,  colla  libertà  ecclesiastica. 

Baumgarten  ,  M.  ,  Der  englische  Staat  und  das  ra- 
misene Papstthum. 

Memoria  sulle  relazioni  tra  Inghilterra  e  Roma  , 
Allgemeine  Zeitung,  1874,  N.°  181-193. 

Walther  ,  N.  ,  Die  geschichtliche  Entwicklung  dea 
Papstthums  und  der  Hierarchie  bia  zum  Untergange  der 
Hohei/staufen.  (Lo  sviluppo  storico  del  pon- 
tificato e  della  g-erarclxia    sin    alla  x'O- 


SULLE   STORIE   ITALIANE  167 

vina  della  Casa  Sveva.)  Arnstadt,  1874-,  ito. 
—  Programma  ginnasiale. 

HAFERKORN ,  M.  ,  Leo  X,  der  Maecenas  des  chrìstliclien  Rom. 
(Leone  XI  il  mecenate  di  Roma  cristia- 
na.) Dresda,  1873;  8vo.  —  Programma  scolastico. 

HAGEN ,  H.,  Zu  Pietro' s  de  Ebulo  Gedicht  De  bello  Siculo.  (Del 
poema    I3e    Ibello    Siculo    di    Pietro   di 

Ebulo) 

Nelle  Forschungen  zur  tettiseli en  Geschichte,  voi.  XV. 

II AMMERICH,  Fr.  ,  Die  heilige  Birgitta,  die  nordische  Prophetin 
und  Ordensstifterin.  (S.  Brigida  ,  profetessa 
e  fondatrice  d' ordine  religioso  del 
Nord  )  Gota  ,  1872  ;  8vo. 

Versione  tedesca  abbreviata  nel  testo  e  nelle  note  , 
di  Aless.  Michelsbx  ,  dell'originale  danese  pubblicato  a 
Copenaga  nel  1863.  Il  lungo  soggiorno  in  Italia  della 
Santa  morta  a  Roma  nel  1373  ,  e  l'azione  da  lei  e  dal- 
l'ordine suo  esercitata  maggiormente  nell'Italia  centrale, 
giustificheranno  la  menzione  nelle  presenti  notizie  fatta 
d'un  libro  che  si  occupa  maggiormente  della  storia  reli- 
giosa del  Settentrione  d'  Europa. 

HARTWIG  ,  Otto,  Quellen  und  Forschungen  zur  dllesten  Geschichle 
der  Stadt  Florenz.  (Monumenti  e  studi  della 
storia  primitiva  della  città  di  Firen- 
ze.) Parte  I.a  Marburgo,  la75;  4to. 

Contiene  :  1.°  Le  Gesta  Florentinorum  ,  del  Sanza- 
nome  ;  2.°  Chronica  de  origine  civitatis  *,  3.°  Memoria  sul- 
la città  dalle  origini  sin  al  principio  del  Millecento  , 
epoca  con  cui  cominciano  le  memorie  storiche  più  antiche. 
Vedi  A.  Reumont  :  Das  dlteste  Florenz,  neìVAllgemeine 
Zeitung  ,  1875  ,  N.°  350  ,  351  -,  A.  Busson  nel  Theologi- 
sches  Literaturblatt ,  187G  N.°  2  -,  C.  Hegel  :  Ueber  die 
Anfànge  der  florentiaischen  Geschichtschreibung  mit  be- 
sonderer  Bezichuug  auf  Villani  und  den  falschen  Male- 
spini ,  nella  Historische  Zeitschrift,  voi.  XXXV,  pagi- 
ne 32-63  ,  dotto  lavoro  in  cui  si  tratta  anche  del  primo 
e  terzo  articolo  delle  Florentiner  Studien  di  P.  Schefpek 
Boichorst. 

:i         Die  Anfànge  von  Florenz.  Nel  giornale  :  Preussische  Jahr- 
bucher  voi.  XXXVII ,  1876. 


168  SCRITTORI    TEDESCHI 

HEFFNER  Vedi  Giesebreciit. 

HEGEL  Vedi  Hartwig,  Sciieffer-Boichorst. 

HEIDEMANN  Vedi  Thomas. 

HENKE  Vedi  Springer. 

HES8EL ,  K.,  Die  altchristlichen  Basiliken  Roms  insbesondert     • 

Clemente.  (Le  antiotie  basiliche   crùstittiie 
di  Ftoina  e  segnatamente  S.  Olemeiite) 

Wetzlar,  1873  \  4to.  —  Programma  ginnasiale. 

HETTINGER  Vedi  Dante- 

HEYSE  ,   Paul,   Giuseppe  Giusti.  Sein  Lebe.n  und  seine  Dìchtungen. 
(G.  O.  Vita  e  poesie.)  Berlino  ,  1875  ;  8vo. 

Vedi  R.  Hamerling  ,  Sulle  poesie  di  G.  Giusti  , 
nella  Rivista  internazionale  ,  Vienna  1866. 

HILLEBRAND,  Karl,  Italia.  Voi.  I  e  II.  Lipsia,  1874-75;   8vo. 
Nella  presente  raccolta  di  scritti  vari  spettanti  a  cose 
italiane  ,  sono  da  registrarsi  i  seguenti  : 

Voi.  I.  0.  Hartwig  ,  I  Francesi  in  Sicilia  1674- 
1678  (  Storia  della  sommossa  di  Messina  contro  il  gover- 
no spagnuolo.)  —  S.  Sonnino,  La  mezzeria  toscana.  — 
H.  Griaim  ,  Notizie  intorno  a  Leonardo  da  Vinci  ,  me- 
moria spettante  maggiormente  alla  vita  di  Leonardo,  pub- 
blicata da  G.  Milanesi  nell'arci.  Stor.  Ital.,  Ser.  Ili,  voi. 
XVI,  pag.  222.  —  A.  De  Gubernatis  ,  De'  Promessi  Sposi 
e  del  romanzo  storico  in  Italia.  —  G.  Barzellotti  ,  11 
movimento  letterario  in  Italia  dal  1818  in  qua.  Oltre  a 
ciò  ,  il  volume  contiene  critiche  di  varie  opere  storielle  , 
e  versioni  metriche  d'una  scelta  di  poesie  di  G.  Giusti 
per  P.  Heyse.  (Vedi  questo  nome.) 

Voi.  li.  F.  Fiorentino  ,  11  movimento  filosofico  in 
Italia  dal  186')  in  poi.  —  A.  Iìeltmoxt  ,  Il  Collegio  del 
Cambio  a  Perugia.  —  L.  LUZZATI  ,  Le  scuole  d'econo- 
mia nazionale  in  Italia  e  le  controversie  delle  medesime. 
R.  Pareto  ,  La  Campagna  di  Roma.  —  W-.  Lang,  Let- 
teratura moderna  spettante  al  Machiavelli.  (Tratta  degli 
scritti  e  dei  giudizi  di  Fr.  de  Sanctis,  Gius.  Guerzoni,  L. 
Etienne  ,  C.  Gioda  e  della  nuova  edizione  delle  opere  per 
cura  di  L.  Passerini .  P.  F anfani,  G.  Milanesi.)  —  Yorick, 


SULLE   STORIE   ITALIANE  169 

Il  teatro  italiano  sin  dal  1818.  Tra  le  versioni  trovansì 
varie  di  J.  Schanz  ,  di  poesie  di  Bernardino  Zendrini 
e  Giosuè  Carducci. 

HILLEBRAND  ,  Karl,  Wàhchea  und  Teutsches.  (Cose  ita,- 
lmne,  francesi  e  tedesche.)  Berlino,  1875;  8vo. 
Tra  gli  articoli  per  lo  più  stampati  in  vari  giornali, 
raccolti  nel  presente  volume  ,  il  quale  forma  la  parte  2." 
di:  Zeiten,  Volkrr  und  Menschen  (Tempi,  popoli  ed  uo- 
mini) spettano  all'  Italia  i  seguenti  :  Francesco  Petrarca. 
(in  occasione  del  Centenario  e  dell'opera  di  L.  Geiger, 
Vedi  Not,  biblìograf.  Suppl.,  X),  Lorenzo  de'  Medici  (a 
proposito  del  libro  di  A.  Reumont  ,  v.  ib.)  ,  i  Borgia  (in 
occasione  della  vita  della  Lucrezia  scritta  dal  Gregoro 
Vius  ,  v.  ib.)  ,  Alessandro  Manzoni,  Fr.  D.  Guerrazzi, 
Niccolò  Tommaseo  ,  Nuove  poesie  di  Giosuè  Carducci  , 
il  Fausto  di  Goethe  tradotto  da  A.   Guerrieri  Gonzaga. 

»  Suditalische  Zustànde ,  a  proposito  di:  L.  Franchetti, 
Condizioni  economiche  e  amministrative  delle  provincie 
napoletane,  Allgemeine  Zeitung,  1875,  N.°  216  ,  218,222. 

y>  Gino  Capponi.  Necrologia  stampata  nella  Allgemeine  Zei- 
tung ,  1876,  N°  40.  —  Intorno  all' illustre  autore  della  Sto- 
ria della  Repubblica  di  Firenze  scrissero  ancora  W.  Lang 
nel  giornale:  Im  neuen  Reich  ,  1876,  N.°  12  e  O.  Har- 
twig  ,  recensione  della  Storia  ,  nella  Jenaer  Literatur- 
Zeitung  1875,  X."  28.  (Altra  recensione  nel  Literarixches 
Cenlralblatt ,   1876  N.°  2). 

HIRN,  J.  ,  Rudolf  voti  Hahsburg.  (Rodolfo  d'Absburgo.) 
Vienna  ,  -1874;  8vo. 

Racconto  succinto  e  popolare  ,  quantunque  non  senza 
ricorrere  alle  fonti  ,  della  vita  e  del  regno  del  fondatore 
della  potenza  di  casa  d'Austria  ,  il  quale  può  dirsi  anche 
ristoratore  dell'Impero  dopo  la  rovina  della  casa  Svova. 
Le  opere  del  Kopp  continuata  dal  Busson  ,  del  Lorenz, 
del  I'alacky  per  la  storia  di  Boemia  e  d'altri  ,  opere 
succedute  a  quella  del  Lichnoyvsky,  hanno  esposti  rutti 
i  particolari  di  quell'epoca.  Dei  conti  d'Absburgo  e  dei 
loro  possessi  territoriali  sin'all'elezione  di  Rodolfo  all' Im- 
pero ,  trattò  K  Ròpell  :  Die  Grafen  von  Habsburg, 
Halle  .  1832.  Ina  succinta  esposizione  delle  condizioni 
delle  regioni  alemanne  che  formarono  il  nucleo  della  Con- 
federazione svizzera,    e    delle    loro  relazioni  con  Casa  di 


170  SCRITTORI   TEDESCHI    EC. 

Absburgo,  trovasi  nello  scritto  di  A.  Huber  (ora  profes- 
sore a  Innsbruck) :  Die  Waldstàtfe  Uri,  Schwyz ,  Unter- 
walden  bis  sur  /esteti  Begriindung  ihrer  FAdgenossenschaft. 
Innsbruck,  1861.  —  Il  libro  dell'  Hirn  venne  pubblicato 
in  memoria  del  sesto  anno  secolare  dell'  incoronazione  di 
Rodolfo  in  Acquisgrana ,  24  ottobre  1873. 

HIRSCH  ,  S.  ,  Jahrbùchpr  des  tentschen  Reiches  unter  Heinrich  IL 
Band  III  herausgegeben  und  vollendet  von  H.  Bresslai;. 
(Annali  dell'  Impero  Germanico  sotto 
A.rrig-o  II.  Voi.  Ili  pubbl.  e  condotto 
a  termine  da  H.  K.)  Lipsia,  1875-,  8vo. 

I  volumi  sinora  pubblicati  di  questa  vasta  collezione 
d'Annali  dell'  Impero  Romano  Germanico  pubblicata  dalla 
Commissione  storica  della  R.  Accademia  delle  scienze  di 
Baviera  ,  sono  i  seguenti  ,  nell'ordine  storico  cronologico  : 

H.  E.  Bonnell  ,  I  primordi  della  schiatta  dei  Ca- 
rolingi. 

T.  Breysig  ,  Carlo  Martello. 

H.  Hahn  ,  11  Regno  dei  Franchi  negli  anni  741-742. 

L.  Oelsner  ,  Pipino  re. 

S.  Abel  ,  Carlo  Magno.  Voi.  I. .  [Lavoro  interrotto 
per  la  morte  dell'autore.  Vedi  Not.  Bibliog.  Suppl.  VIIf.\ 

B.  Simson  ,  Lodovico  Pio,  voi.  I.  [Vedi  Not.  Bi- 
bliog. Suppl.  X.]  voi.  II ,  1876. 

E.  Duemmeer,  Storia  del  Regno  d'Austrasia.  |  Vedi 
Bibliografia  ,  pag.  311.] 

G.  Waitz  ,  Arrigo  I,  Sassone.  [Vedi  Not.  Bibliogr. 
Suppl  Vili.] 

Kòpke,  R.,  e  E.  Dummler  ,  Ottone  I.  1876. 

S.  Hirsch  ,  Arrigo  II.  Voi.  I,  II.  [Vedi  Bibliogra- 
fia ,  pag.  313.] 

E.  Steindorpf,  Arrigo  III,  voi.  I  [Vedi  questo  nome]. 

T.  Toeche  ,  Arrigo  VI.  [Vedi  Not.  Bibliogr,  Sup- 
pl.  VIII.} 

E.  Winkelmann  ,  Filippo  di  Svevia  e  Arrigo  di 
Brunsvic.  [Vedi  Not.  Bibliogr.  Suppl.  X.] 

(Contìnua)- 


VARIETÀ 


DOCUMENTO  SENESE  DEL  BURCHIELLO. 

Che  il  Burchiello  abbia  avuto  per  qualche  tempo  dimora  in  Siena 
si  rileva  da  molti  dei  suoi  versi ,  anco  da  quelli  dai  quali  l' ingegno 
il  più  sottile  si  troverebbe  seriamente  impacciato  a  cavare  un  co- 
strutto ;  oltre  di  che  viene  ancora  confermato  dai  suoi  biografi  e  da 
quelli  che  sprecarono  ingegno  e  fatica  per  spiegare  i  suoi  enimmatici 
e  capricciosissimi  versi.  Racconta  il  Doni  (1)  che,  tiratosi  addosso 
colla  sua  satira  pungente ,  lo  si  legno  di  un  notaio  fiorentino  ,  per  sot- 
trarsi alle  persecuzioni  della  giustizia  ed  al  pericolo  della  prigione , 
abbandonò  Firenze  sua  patria ,  e  rifugiossi  a  Siena.  Io  ritengo  però 
che  più  delle  ire  private ,  le  quali  sicuramente  non  può  a  meno  di  es- 
sersi procacciato  in  gran  copia  col  suo  carattere  linguacciuto  e  bef- 
fardo ,  lo  abbiano  costretto  ad  abbandonare  la  patria ,  le  vicende  po- 
litiche e  l'ira  dello  stesso  governo  di  Firenze,  contro  il  quale  egli 
inveisce  sovente  col  più  amaro  sarcasmo  velato  però ,  com'era  suo 
stile ,  da  un  linguaggio  oscuro  e  metaforico  che  soltanto  chi  viveva 
allora,  e  cui  era  diretto  poteva  forse  arrivare  ad  intendere   \2).   Ma 

(1)  Commento  alle  rime  del  Burchiello. 

(2)  È  probabile  che  egli  sia  stato  uno  dei  molti  che  o  per  comando  o  per 
paura  dovettero  abbandonare  Firenze  quando  negli  anni  1433-1434,  cac- 
ciati Rinaldo  degli  Albizi  e  la  sua  fazione  ,  Cosimo  de'  Medici  entrò  a  capo 
del  governo  di  questa  città.  Me  lo  fa  supporre  un  sonetto  molto  iracon- 
do,  da  lui  scritto  in  nome  dei  fuorusciti  fiorentini  di  quell'anno,  il  qua- 
le principia  :  «  Non  posso  più  che  l'ira  non  trabocchi  ».  In  questo  so- 
netto egli  inveisce  ,  senza  però  nominarlo,  contro  il  detto  Cosimo  ,  e 
gli  fa  questa  predizione  : 

«  0  successor  di  Messer  Giorgio  Scali 
«  0  Simon  Mago  tu  rovinerai 
«  Per  ogni  grado,  cento,  che  tu  sali  ». 
A  questo  risponde  con  altro  sonetto  Anselmo  buffone  della    Signoria 
di  Firenze  ,  dicendogli  fra  l'altre  cose  : 

«  Sicché  tu  puoi  far  noto  a  quei  cotali  , 
«  Per  cui  tu  scrivi ,  non  isperin  mai 
«  Mentre  che  vivon  fra  gì'  uomini  mortali 
•<  Vedere  il  fonte  ov'  io  mi  battezzai  ». 


172  DOCUMENTO    SENESE   DEL   BURCHIELLO 

nessuno  di  quelli  che  hanno  scritto  di  quest'uomo  bizzarro  fanno  pa- 
rola delle  vicende  che  egli  in  Siena  incontrò ,  sebbene  il  Doni  nel  suo 
commento  affermi  che  vi  stette  prigione  ad  istanza  di  quello  stesso 
notaio  fiorentino  da  lui  offeso ,  il  quale  fino  a  Siena  volle  persegui- 
tarlo. Ma  qual  fede  possa  prestarsi  a  simile  attestazione  come  alle 
molte  altre  di  questo  pazzo  commentatore ,  giudichino  coloro  che 
hanno  avuto  l'eroica  pazienza  di  l  g^ere  quel  suo  commento ,  il  quale 
è  cosi  arruffato  ,  capriccioso  ed  oscuro  che  altri  ha  appellato  spiri- 
tosamente non  il  commento  delle  rime  del  Burchiello  ,  ma  «  il  com- 
mento del  Doni  rimato  dal  Burchiello  »  (1).  Ora  alcune  di  queste  vi- 
cende ci  si  fanno  palesi  per  il  curioso  documento  che  pubblico  e  che 
ho  cavato  dal  R.  Archivio  di  Statò  in  Siena  dietro  la  notizia  che  me 
ne  fu  gentilmente  favorita  (2). 

È  questo  una  petizione  in  volgare  che  nel  dicembre  del  1439  il 
nostro  Burchiello  mandò  alla  Signoria  del  comune  di  Siena  per  essere 
liberato  da  certe  pene  pecuniarie ,  alle  quali  era  stato  condannato  dal 
capitano  di  Giustizia  della  città  per  offese  fatte  ad  alcuni  cittadini , 
ed  in  conseguenza  dal  carcere  dove  per  quelle  condanne  si  trovava. 
Ad  onta  della  sua  brevità  e  dell'argomento  tutt'altro  che  gioviale ,  si 
rivela  in  questa  scrittura  un'immagine  viva  della  gaiezza  propria  di 
questo  ingegno  bizzarro  ed  essendo  l'unica  in  prosa  che  fin'ora ,  a 
quanto  credo,  si  conosca  di  lui,  che  scrisse  sempre  in  versi,  parmi 
che  anche  per  questo  meriti  di  essere  conosciuta.  Nei  fatti  poi  che  vi 
si  raccontano  ,  mentre  si  scorge  il  Burchiello  sempre  linguacciuto  ed 
accattabrighe,  quale  si  manifesta  nelle  sue  rime  scapigliate ,  troviamo 
un  aiuto  per  la  illustrazione  di  alcuni  sonetti  suoi  e  di  altri  a  lui  in- 
dirizzati e  per  portare  un  po'  di  luce  sopra  un  punto  oscuro  della 
sua  vita. 

È  naturale  che  di  queste  avventure  toccategli  in  Siena ,  delle 
quali  si  discorre  nel  documento,  non  poteva  egli  tacere  nei  suoi  vtrsi. 

I  fatti  dettero  pur  troppo  ragione  ad  Anselmo  e  torto  al  Burchiello, 
che  la  Signoria  dei  Medici  cresciuta  di  potenza  ,  finì  per  spengere  un  se. 
colo  dopo  la  libertà  fiorentina.  Avverto  che  questi  sonetti  come  gli  altri 
che  qui  cito  e  riporto  ,  si  trovano  tutti  in  questo  libro  :  Sonetti  del 
Burchiello ,  del  Bellincioni  e  d'altri  poeti  fiorentini  alla  Burchiellesca. 
In  Londra,  1757  in  8vo. 

(1)  Mazzucchelli,   Gli  scrittori  d'  Italia  Voi.  2  <>,  par.  IV  ,  p.a  2436. 

(2)  Chi  ritrovò  questo  documento  molti  anni  sono,  fu  il  Signor  Cav. 
Gaetano  Milanesi.  Debbo  a  lui  indirettamente  ,  se  oggi  ,  avutane  notizia 
mi  trovo  al  caso  di  pubblicarlo,  corredandole  di  poche  note  illustrative, 
riguardanti  i  fatti  in  esso  raccontati  ed  alcune  particolari  disposizioni 
delle  antiche  Leggi  senesi. 


DOCUMENTO   SENESE   DEL   BURCHIELLO  173 

Difatti  dei  vari  sonetti  che  appare  essere  stati  da  lui  scritti  trovan- 
dosi prigione,  due  senza  dubbio  si  riferiscono  a  questa  sua  prigionia 
in  Siena.  Col  primo  invoca  umilmente  dalla  Signoria  della  citta  la  sua 

libera/. ion  i  : 

«  Magnifici  e  potenti  Signori  miei, 

«  E  venerabili  ordini  clementi , 

«  Savi  e  discreti  consiglier  prudenti 

«  Comune  e  Popol  miserere  mei. 
«  Quel  pio  Signor  che  impera  Cieli  e  Dei , 

«  Abisso ,  terra  ,  corpi  ed  elementi 

«  Dia  a  voi  ed  a'  vostri  discendenti 

«  Pace  co'  buoni  e  vittoria  co'  rei. 
«  Vinse  in  mare  il  gran  Duca  italiano 

«  Conti ,  Duchi ,  Signor  ,  Principi  e  Re , 

«  Prigion  poi  nel  suo  ricco  e  bel  Milano  : 
«  Nò  mai  tal  rotta  a'  suoi  nemici  die 

«  Cesare ,  o  Alessandro ,  o  l'Affricano  , 

«  Poi  liberi  il  Magnanimo  li  fé'. 

«  Voi  preso  avete  me  ; 
«  A  sua  comparazion  grazia  vi  chiedo 

«  Perchè  alla  vostra  e  alla  sua  lede  credo  »  (1). 

Più  chiaro  ancora  è  il  secondo ,  dove  il  nostro  poeta  dice  la  causa 
della  sua  ingiusta  prigionia  ed  imprecando  ai    suoi  calunniatori,  do 
manda  con  meno  umiltà  e  più  impazienza  di  essere  liberato.  Sebbene 
la  stizza  lo  faccia  andare  un  po'  fuori  del  manico  ,  bisogna  nondimeno 
che  per  chiarezza  dell'argomento  io  riporti  per  intiero  anche  questo  : 

«  Signori ,  in  questa  ferrea  graticola 

«  Lo  stentar  tanto  a  torto  mi  rincresce , 
«  L'ardente  vertù  manca  e  '1  popol  cresce , 
«  Onde  si  fan  le  parti  di  formicola. 

«  Bacco  già  lava  i  piedi  ad  ogni  agricola 
«  E  'l  condotto  ci  muffa ,  e  sol  si  mesce 

(1)  In  questu  sonetto  egli  intende  parlare  di  Filippo  Maria  Visconti 
duca  di  Milano,  il  quale  ,  come  è  noto,  pose  in  libertà  Alfonso  V  d'Ara- 
gona re  di  Napoli  ,  e  molti  duchi  e  principi  Spagnuoli  e  Napoletani  che 
aveva  latti  prigioni  coll'aiuto  potente  dei  Genovesi  nella  battaglia  navale 
all'isola  di  Ponza  presso  Gaeta  (5  agosto  1435);  il  quale  atto  di  una  ge- 
rosità  inesplicabile  in  quell'uomo  ambizioso,  gli  costò  la  perdita  di  Ge- 
nova che  gli  si  ribellò  e  gli  mosse  guerra  collegata  con  Firenze  e  con 
Venezia.  Giova  qui  ricordare  che  i  Senesi  nelle  guerre  tra  Firenze  e 
il  Duca  furono  più  o  meno  partigiani  di  questo  e  gli  prestarono  aiuto. 


174  DOCUMENTO   SENESE   DEL   BURCHIELLO 

«  La  vena  che  nutrica  il  nostro  pesce  , 
«  Che  beendone  gli  esce  per  l'auricola. 

<<  Io  fui  in  cento  lire  condennato 

«  Per  voler  insegnar  cantar  la  zolla 

«  Per  madre  a  un  minor  fratel  di  Cristo. 

«  Poi  di  dugento  bando  mi  fu  dato 
«  Per  una  landra  da  frati  criolfa 
«  Per  odio  e  'nvidia  d'un  geloso  tristo , 

«  Che  disse  avermi  visto 

«  Con  la  scala  di  notte  a  lei  furare 

«  Due  cuffie  poste  al  buio  a  rasciugare  ». 

Questo  sonetto  fece  nascere  dei  dubbi  sulla  onestà  del  nostro  poeta 
e  parmi  non  senza  ragione ,  giacche ,  sebbene  egli  asseveri  di  essere 
stato  condannato  per  l'altrui  calunnia ,  qual  fede  potrebbe  prestarsi  a 
scusa  siffatta ,  quando  non  solo  mancano  argomenti  in  suo  appoggio, 
ma  le  testimonianze  degli  stessi  amici  di  lui  starebbero  in  certo  modo 
ad  escluderla?  Infatti,  oltre  all'accusa  di  plagio  che  il  Burchiello  si 
ebbe  da  Pietro  Aretino  (1)  (dalla  quale  però  i  suoi  apologisti  lo  hanno 
in  molta  parte  giustificato)  si  buscò  ancora ,  suo  malgrado,  quella  di 
ladro  ,  accusa  ben  più  ignominiosa ,  per  una  ragione  non  foss'altro . 
che  colui  il  quale  fa  sue  le  idee  degli  altri  ,  si  espone  sovente  al  pe- 
ricolo di  vedersi  scoperta  anco  con  poca  fatica,  la  sua  malizia,  e  tro- 
varsi svergognato  ;  mentre  chi  fa  sua  la  roba  riesce  con  tanta  più 
facilità  ad  eludere  l'altrui  antiveggenza  e  buona  fede  ed  a  beccarsi, 
ingannando  ,  stima  pubblica  di  galantuomo.  Di  tale  accusa  dunque  si 
parla  chiaro  nel  seguente  sonetto  (che  parmi  con  molta  verisimiglianza 
debba  riferirsi  a  questa  sua  prigionia  in  Siena)  scritto  con  molta  iro- 
nia ed  a  lui  diretto  dal  suo  amico  Antonio  Rossello  celebre  canonista 
Aretino  e  poeta  esso  pure  (2;  : 

(1)  Allacci.  Poeti  antichi,  pag.  16  della  prefazione. 

(2)  Antonio  Rossello  fu  lettore  di  diritto  nello  Studio  senese  verso 
il  1430,  come  afferma  il  Tiraboschi  nella  sua  storia  della  Letteratura  Ita- 
liana ;  ma  non  ho  trovato  documenti  che  confermino  questa  notizia  , 
sebbene,  come  apparirà  più  avanti,  egli  abbia  avuto,  forse  per  lungo  tem- 
po, dimora  in  Siena  ,  dove  probabilmente  si  sarà  legato  in  amicizia  col  no- 
stro poeta.  Il  Sig.  Prof.  Moriani  nel  suo  pregevole  libro  intitolato:  No- 
tizie sulla  Università  di  Siena;  Siena,  tip.  Sordo-Muti,  1873,  alla 
pag.  25  dice  che  ii  Rossello  insegnò  legge  nello  Studio  senese  nel  1439  . 
ma  il  fatto  è  ,  che  sotto  il  25  luglio  1439  nelle  deliberazioni  del  Conci- 
storo trovasi  la  condotta  del  Rossello  ad  insegnare  il  gius  civile  per  due 
anni  nel  pubblico  Studio  col  salario  annuo  di  430  fiorini  di  quattro  Lire 
ciascuno  ,  alla  condiziono  però  che  non  accettasse  un  tal  Filippo  da  Lue- 


DOCUMENTO   SENESE    DEL   BURCHIELLO  175 

«  Caro  Burchiello  mio ,  se  il  vero  ho  inteso, 
«  Parmi  che  facci  compagnia  coi  topi  ; 
«  Che  tutie  le  prigion  convien  che  scopi , 
«  Tanto  mal  da  picchi  fusti  ripreso. 
«  Con  ben  mille  ragion  io  t'  ho  difeso  , 
«  Le  quai  ti  mando  tutte  che  le  copi , 
«  Dicendo  sol  pietà  e'  ha'  de  gì'  inopi, 
«  T  ha  fatto  si  al  furare  il  braccio  teso. 
«  Veggo  che  scusa  ornai  non  ci  vai  nulla  ; 
«  Convien  che  tu  pur  vadi  a  Pecorile  (1); 
«  Sì  che  acconciati  bene  a  penitenza, 
«  E  fa  come  dee  fare  ogni  uom  virile 
«  E  render  vogli  inflno  a  una  frulla 
«  Quel  che  togliesti  in  mala  coscienza  : 

«  E  non  aver  temenza  , 
«  Che  se  -t'acconci  ben  d'ogni  peccato 
«  Senza  fallo  niun  sarai  salvato  ». 
Il  Rossello  se  godè  ai  suoi  giorni  molta  riputazione  come  uomo 
di  scienza,  non  ne  god>  certo  altrettanta  per    i    suoi    costumi.  Pare 
anzi  indubitato  che  il  suo  amore  per  il  Digesto  e  per  le  Decretali  an- 
dasse di  pari  passo  con  quello  del  quattrino  :  fu  uomo  rotto  al  mon- 
do, scettico  di  opinioni,  brigatore  di  dignità  e  di  onori  (2).  Contutto- 
ciò,  e  sebbene  il  Burchiello  risponda  per  le  rime    alle  offese  indiriz- 
zategli con  questo  sonetto',  è  evidente  che  esso   dice  molto  contro  di 
lui.  Ora  pel  nostro  documento  si  fa  noto  che  la  condanna  per  furto  fu 
pronunziata  in  sua  contumacia ,  la  quale  circostanza ,  se  aggraverebbe 
sempre  più  i  sospetti  a  suo  carico  (3) ,  li  alleggerisce  però  l'altra  che 

ca,  nominato  colla  stessa  deliberazione  a  quell'ufficio  col  salario  di  350 
fiorini  di  4  lire  ciascuno  all'anno  ,  ma  a  lato  della  condotta  del  Rossello 
leggesi  in  margine  questa  nota:  «  Revocata  hec  conducta  ,  quia  fuit  con- 
ductus  dominus  Philippus  cv,m  salario  ccc  floren  ».  (Archivio  di  Stato 
di  Siena,  Deliberazioni  del  Concistoro  dei  mesi  di  luglio  e  agosto  1439  , 
e.  22  ,  v.°  Voi.  86  nuova  numerazione). 

(\)  A  Pecorile  si  giustiziavano  i  condannati  alla  forca. 

(2)  Vedi  Tiraboschi,  Storia  della  Lett.  hai.,  T.  VI ,  pag.  615  e  seg. 

(3)  Giova  nondimeno  osservare  ,  che  a  quei  tempi  la  procedura  nei 
giudizi  tanto  civili  che  criminali  ,  ma  in  questi  specialmente  era  così 
sbrigativa  e  sommaria  che  non  garantiva  affatto  l'interesse  delle  parti, 
sicché  doveva  essere  assai  frequente  il  caso  che  qualcuno  si  sentisse 
arrivare  addosso  una  sentenza  a  sua  insaputa.  La  citazione  nei  giudizi 
criminali  non  si  faceva  per  libello  ,  ma  per  mezzo  di  un  banditore  (per 
praeconem).  e  breve  era  il  termine  per  comparire  in  giudizio.  Nel  giudi- 


176  DOCUMENTO   SENESE   DEL   BURCHIELLO 

il  Consiglio  Generale  del  popolo  facendo  ragione  alla  sua  domanda  lo 
liberò  dalla  pena ,  cosa  che  parrebbe  strana  se  egli  avesse  avuto  presso 
i  Senesi  fama  dì  uomo  disonesto;  giacché,  per  quanto  potesse  esservi 
di  grossolano  e  d' incomposto  nei  costumi  di  quei  tempi ,  il  diritto  di 
proprietà  era  nondimeno  consacrato  dalla  coscienza  del  popolo  e  le 
leggi  ne  punivano  con  pene  ,  talora  anche  esorbitanti  ,  i  violatori. 

Cilecche  peraltro  si  voglia  pensare  della  onestà  di  quest'  uomo 
nissuno  potrebbe  salvarlo  da  tante  altre  accuse  dei  suoi  contempora- 
nei .  delle  quali  ci  dà  egli  stesso  una  prova  luminosa  in  molti  dei  suoi 
versi.  Riprenditore  acerrimo  dei  costumi  degli  altri ,  ebbe  così  poca 
cura  di  correggere  i  suoi ,  che  meritò  fama  di  lenone,  di  dissipatore 
delle  sostanze  avite,  di  crapulone,  di  uomo  querulo  e  accattabrighe. 
.Nemico  della  vita  coniugale ,  detrattore  sfacciato  del  sesso  gentile,  si 
dette  però  in  braccio  con  sfrenata  libidine  a  quella  parte  di  questo 
che  più  disonora  l'umana  natura  :  è  anzi  da  credersi  che  questi  illeciti 
amori,  dai  quali  ebbe  talvolta  onta  e  vergogna,  accrescessero  in  lui 
quell'odio  e  quel  disprezzo.  Anche  in  Siena  ebbe  le  sue  amorose  av- 
venture. Da  un  sonetto  indirizzatogli  dal  suo  amico  Rossello  (1)  si 
rileva  che  presso  la  fonte  di  S.  Francesco  nella  strada  che  conduce 
alla  porta  Ovile  egli  teneva  tresca  con  una  donna  di  mal  aliare,  la 
quale ,  oltre  a  piluccarlo  di  quei  pochi  che  guadagnava  colla  sua  in- 
dustria di  barbiere ,  volle  ancora  vituperarlo.  Pare  che  fòsse  per 
questa  sua  vita  disordinata  che  egli  contrasse  in  Siena  quella  fiera 
malattia ,  di  cui  parla  in  un  suo  sonetto  (2) ,  la  quale  lo  condusse  a 
tale  prostrazione  di  forze,  che  dovei  te.  per  rinfrancarsi,  ricorrere  alla 
cura  dei  bagni  (3) ,  donde ,  dice  il  Rossello  in  quel  suo  sonetto ,  tor- 
nossene  a  Siena 

«  a  pie  senza  un  quattrino 

«  Pulito  e  netto  più  del  suo  bacino  ». 

care  poi  il  Magistrato  era  d'ordinario  più  inchinevole  a  condannare  che 
ad  assolvere:  in  molti  casi  (e  questo  del  Burchiello  ne  dà  un  esempio)  la 
semplice  querela  dell'offeso  bastava  a  far  condannare  il  preteso  offensore. 

(1)  Principia  cosi  : 

«  Burchiel  mio  caro  ;  stu  girai  al  fonte 
«  Che  sta  in  Ovile  ec. 

(2)  Principia  così  : 

«  Son  diventato  in  questa  malattia 

«  Come  un  graticcio  da  seccar  lasagne  ec.  » 

(3)  Il  MaNNI  (Veglie  piacevoli,  Tom.  l.°)  ritiene  che  egli  si  recasse 
ai  bagni  di  S   Filippo.  In  quello  scurrile  sonetto  che  principia  : 

«  Raggiunsi  andando  al  bagno  un  fra  Minore  ec. 
ci  racconta  il  Burchiello  il  curioso  incontro  eh'  egli  ebbe  nel  viaggio. 


DOCUMENTO   SENESE    DEL    BURCHIELLO  177 

Il  Burchiello  ricorda  i  Senesi  in  più  luoghi  dei  suoi  sonetti ,  ma 
con  parole  tutt'altro  che  benevole.  Pare  che  la  sua  permanenza  in 
Siena  non  valesse  ad  inspirare  in  lui  sentimenti  amichevoli  verso  quei 
cittadini,  i  quali,  se  avranno  riso  di  cuore  (com'è  da  figurarsi)  a 
quelle  sue  spiritose  buffonerie,  d'altra  parte  non  dovevano  poi  vedere 
troppo  di  buon  occhio  un  uomo  cos'i  bizzarro,  maldicente  e  libertino: 
è  supponibile  anzi ,  come  si  può  rilevare  anco  dai  fatti  narrati  nel 
nostro  documento  .  che  la  sua  presenza  nella  città  fosse  più  tollerata 
che  gradita.  In  un  luogo  chiama  pazzi  i  Senesi  (1),  altrove  cervellini 
balzani  {2)  in  un  altro  luogo  dice  che  in  Siena  fa  «  troppa  ortica  p 
malva  »  intendendo  forse  ironicamente  troppa  gente  cattiva  e  dap- 
poco :  altrove  li  chiama  sciocchi  e  gente  da  mannaia  (3).  Né  le  rispar- 
mici al  Governo  della  città  .  ma  in  termini  così  oscuri  ,  che  impossi- 
bile sarebbe  ricavarne  senso  alcuno.  Molti  luoghi  rammenta  della  città 
e  ibi  territorio,  dal  che  si  rileva  che  egli  ebbe  di  Siena  molta  fami- 
liarità acquistata  per  lungo  soggiorno  (4).  Non  si   ha  memoria  dove 

(1)  «  Se  vuoi  far  l'arte  dell'  indovinare 

Togli  un  Senese  pazzo ec.  » 


(2) 


«  Però  che  vagheggiando  gli  Orvietani 
«  Vien  lor  nell'ugna  tanti  patereccioli 
«  Quanti  ha  in  Siena  cervellin  balzani. 

(3)  «  Besso  quand'  andi  alla  città  Sanese 

«  Saluta  per  mia  parte  ciascun  Besso 
«  Clio  messi  gli  avess'  io  tutti  'n  un  cesso 
«  E  poi  tagliati  con  un  mannarese  ». 
Nel  seguito  di  questo  sonetto  pare  ricordi  la  sua  prigionia  di    Siena 
Besso ,  parola  dispregiativa,  era  l'appellativo  col  quale  i  Fiorentini  sole- 
vano   chiamare  per  scherno  i  Senesi  ai  tempi    del  Burchiello.  Da   questa 
parola  i   nostri  antichi    eruditi  presero  motivo  di  arzigogolare  sul  nome 
primitive  e  sull'antichità  di  Siena.  V.  Cappellini,    Origini   della   Città 
di  Siena. 

(4)  Da  una  lettera  del  23  giugno  1443  scritta  da  Siena  da  Antonio 
Hossello  a  Giovanni  di  Cosimo  de'  Medici,  pare  di  rilevare  che  il  Bur- 
chiello tutt  ra  vi  dimorasse ,  leggendosi  in  essa  questo  poscritto  :  Del 
Burchiello  farò  quanto  mi  dici  et  di  buona  voglia.  Archivio  Centrale 
di  Firenze,  l  arteggio  Mediceo  avanti  il  Principato,  Alza  V),  ma 
deve  esservi  rimasto  per  poco ,  trovandosi  che  nel  maggio  1445,  egli 
erasi  di  già  stabilito  in  Roma  ,  come  si  rileva  da  una  lettera  del  22  mag- 
gio 1445  scritta  da  questa  città  al  detto  Giovanni  de' Medici  da  Pietro 
Ardinghelli,  e  da  altre  di  Roberto  Malatesti  al  medesimo,  del  27  novem- 
bre ,  senz'anno  ,  ma  che  il  Sig.  Cav.  Milanesi  (dal  quale  ho    avuto  noti- 

AiiCH.,  3.a  Serie,  Tomo  XXIV.  1- 


178  DOCUMENTO    SENESE   DEL   BURCHIELLO 

egli  abitasse,  ma  parmi  si  possa  ragionevolmente  supporre  (mettendo 
a  riscontro  alcuni  luoghi  dei  suoi  sonetti  col  nostro  documento)  che 
egli  abbia  tenuto  stanza  nella  via  di  Vallerozzì  o  lì  presso ,  forse 
nella  prossima  contrada  di  Borgo  Franco ,  che  egli  rammenta  in  un 
modo  particolare  in  uno  dei  suoi  più  oscuri  sonetti  (1). 

Ciò  premesso  ecco  il  documento. 

(Anno  1439,  4  Dicembre  in  venerdì). 

«  Dinanzi  ad  Voi  magnifici  et  potenti  Signori,  signori  priori  gover- 
natori del  Comune  e  Capitano  di  popolo  de  la  ciptà  di  Siena. 

«  Il  vostro  minimo  servitore  Domenico  detto  Burchiello  barbiere  da 
Fiorenza  habitatore  de  la  vostra  magnifica  ciptà  reveientissimamente 
expone  che  esso  Domenico  fu  condepnato  nel  vostro  Comune  per  lo 
spettabile  kavaliere  misser  Gerardo  potestà  stato  de  la  vostra  ma- 
gnifica cipti ,  in  libre  sedici  di  den.  senesi  e  nel  terzo  più  se  non  pa- 
gava fra  x  dì  come  appare  ad  libro  di  due  spade  f.  6.  Item  per  lo 
detto  messer  Gerardo  fu  condepnato  in  libre  cento  di  den.  senesi,  e 
nel  terzo  più  se  non  pagava  fra  x  dì,  come  appare  ne  la  vostra 
Biccherna  ad  libro  di  due  spade  ad  f.  11.  Item  fu  condepnato  per  lo 
spettabile  cavaliere  messer  Stelano  capetano  et  esecutore  de  justitia 
della  ciptà  vostra  stato ,  in  libre  dugento  di  den.  senesi  come  appare 
ad  libro  de  due  spade  ad  f.  23  e  nel  terzo  più  se  non  pagava  fra  \ 
dì  ;  le  quali  (2)  condennagioni  esso  exponente  vuole  avere  et  così  sup- 
plica a  la  V.  M.  S.  l'abbi  come  se  qui  di  parola  ad  parola  russerò 
scripte.  Prese  (3)  cagione  esso  messer  Gerardo,  M.  S.,  che  esso  Dome- 
nico ebbe  certe  parole  cum  Chele  barbiere  et  Valentino  suo  figliuolo , 

zia  di  ainbidue)  crede  del  1445  (Arch.  sudd.,  Cart.  Med.av.  il  Princ.  filza  V 
e  VII.)  Non  riporto  queste  lettere,  che  avrebbero  interesse  pur  chi  vo- 
lesse fare  una  biografia  del   Burchiello ,   per    non   uscire    dall'argomento. 

(1)  «  Frati  Agostini ,  e  '1  cuoco  e  la  Badessa 

«  Di  pippiou  tronfi  fanno  gran  micidio; 
«  Fuggesi  Borgo  Franco  pel  fastidio 
«  Che  mena  la  marina  al  ponte  a  Tressa  ». 

Il  Manki  (Sigilli,  T.  Vili,  p  19)  suppone  che  con  questo  sonetto  il 
Burchiello  abbia  voluto  ricordare  le  feste  fatte  da' Senesi  nel  1415  per 
l'acquisto  di  I  iau  Castagnaio.  Che  il  sonetto  riferiscasi  a  qualche  festa 
civile  dei  Senesi ,  panni  non  sia  dubbio,  ma  non  a  quella  cui  lo  riferisce  il 
Manin,  purché  oltre  non  esservi  ragione  in  questo  caso  di  scrivere  in 
quel  modo  enimmatico,  è  assai  da  dubitarsi  che  il  Burchiello  a  quel  tem- 
po si  tro\asse  o  fosse  stato  in  Siena. 

(2)  11  Cod.  la  qite. 

(3)  Il  Cod.  Presa. 


DOCUMENTO   SENESE    DEL   BURCHIELLO  179 

et  Burchiello  (1)  credendo-se  sollazzare  cum  loro,  non  forse  corretto 
come  si  conveniva,  ma  secondo  le  rime  ;  e  Chele  arrechatose  le  decte 
parole  ad  sollazzo  gl'à  renduio  buona  pace  ,  come  n'appare  carta  di 
pace  per  mano  di  ser  Forticcio  di  l'avolo  da  Montalcino  notaro  e 
ciptadino  di  Siena  (2).  Item  porche  esso  Burchiello  assaltò  Cristofàno 
figliuolo  de  la  Vergine  Maria  (3)  e  quautunche  la  condepnagione  dica 
che  assai  lo  ,  la  verità  si  è,  M.  S.,  che  questo  fanciullo,  che  non  è  di 
eia  ^4;  di  xij  anni,  dicendo  queste  parole  bructe  e  villane  conti  a  esso  : 
«  Burchiello  norentinaccio  »  ,  lui  el  prese  per  le  orecchie  così  legie- 
ramente  e  tirollile  per  correttione ,  che  vergognatosi  si  sarebbe  tal 
fanciullo  averlo  adsaliato,  e  di  questo  Bartolomeio  d'Antonio  di  S.  Be- 
nuccio  ciptadino  vostro ,  col  quale  el  detto  fanciullo  stava  ,  gli 
perdonò  e  dissigli  che  egli  aveva  iàcto  molto  bene,  perchè  egli  era 
uno  capestro.  Item  el  capitano  de  la  justitia  prese  cagione  di  venire 
alla  condennagione  de  le  decte  ce  libre,  perchè  inlòrmagione  ebbe  che 
esso  Burchiello  salse  cor  una  scala  ne  la  casa  di  magestro  Iohanni 
Todesscho ,  la  qual  cosa  ,  M.  S. ,  esso  Burchiello  essendo  solo  e  an- 
dando per  l'acqua  a  la  Fonte  Nuova  trovò  due  cuffie  da  donna  tristis- 
sime, pe.  le  quali  fu  detto  che  elli  entrato  era  in  casa  colla  schala, 
e  sallo  Dio  che  questo  non  fu  mai  vero  se  non  per  modo  che  per  lui 
è  stato  narrato  (5)  ;  come  si  può  comprendare  che  lui  essendo   fòre- 

(1)  11  Cod.  Buzzichiello. 

(2)  Burchiello  era  stato  incolpato  di  avere  ingiuriato  un  tal  Chele 
barbiere  perchè  «  de  mense  Martii  (1438)  dum  Cheles  Nannis  barbiton- 
«  sor  de  Senis  diceret  petendo  eidem  Dominico  quod  si  quid  haberet  de 
«e  suo  dicti  Chelis  quod  deberet  sibi  Cheli  reddere  et  apportare  ,  tunc 
«  dictus  Dominicus  »  con  animo  ed  intenzione  di  fare  ingiuria  a  detto 
Chele,  gli  disse  queste  parole:  «  ea  pluries  reiterando  :  ad  quisto  modo 
voi  mi  fate  ladro,  et  mentitene  per  la  gola  voi  et  chi  7  dicesse  :  anco 
voi  siete  gaptivo  et  ladro  et  non  io  ».  Alle  quali  parole  trovandosi  pre- 
sente Valentino  figlio  di  Chele  «  irato  animo  »  disse  a  Burchiello  :  «  mio 
«  padre  non  è  ladro  né  gaptivo  come  el  fai  te,  et  amenavit  supra  Domi- 
«  nico  pugnum  unum  manu  vacua  et  tamen  euui  Domiuicum  non  per- 
«  cussit  »,  E  tutte  queste  cose  accaddero  nella  pubblica  strada  presso  la 
bottega  di  Chele  situata  nel  terzo  di  Camollia  popolo  di  S.  Andrea,  per 
le  quali  il  giudice  condannò  Burchiello  in  lire  sedici  di  denari  Senesi 
«  duplicata  sibi  pena  propter  negationem  »  (Archivio  di  Stato  di  Siena. 
Archivio  del  Podestà,  Condanne    dal  7  febbraio    1438  al  20  giugno    1439.) 

(3)  Cioè  figlio  dello  Spedale  di  S.  Maria ,  ossia  bastardo. 

(4)  Il  cod.  che  questo  è  fanciullo  e  non  è  di  età. 

(5)  Burchiello  chiamato  in  giudizio  perchè  «  Scienter  dolose  temere 
et  appensato  animo...  »  di  notte    t.mipo    «    cum    quadam    scala  de   ligno 


180       DOCUMENTO  SENESE  DEL|bURCHIELLO 

stiere  non  arebbe  ardire  di  cadere  in  simili  falli ,  come  può  discernare 

la  V.  M.  S. ,  a  la  quale  devotissimamente  supplica  che  vi  piaccia  per 
li  vostri  opportuni  consigli  provedere  et  rilormare  che  le  decte  con- 
depnagioni  siano  cancellate  et  comandato  a  chi  i'a  ad  cassare  le  possi 
cassare  et  cancellare  senza  suo  preiudicio  o  danno  senza  pagare  cosa 
alcuna  ;  quantunche  la  ragione  ei  consentisca,  perchè  ad  Burcniello  era 
licito  UeleiiUersi  con  quella  medesima  offesa  gli  era  lacta  di  parole  e 
se  tiro  l'orecchie  al  fanciullo  gli  era  licito  di  leggiere  castigationi  et  quello 
della  sellala  non  lece  mai  :  nientedimeno  quello  gli  farete  si  reputarà 
ad  grana  giugulare  de  la  V.  M.  S.  et  gran  mercè,  et  bene  sarà  cavarlo 
di  tanta  miseria  quanto  al  presente  si  trova  ne  le  vostre  pregioni 
per  sì  piccolo  et  leve  pecchato  come  comprende  che  è  la  V.  M.  S.  , 
la  quale  Dio  l'eliciti  et  auguiaenti  in  eterno  in  più  paciheo  e  tranquillo 
stato. 

«  In  pede  et  a  latere  diete  petitionis  erant  deliberationes  Lofrascripte 
scripte  mauu  ser  Iohannis  Poccii  no  tari  Gonsistorii  hujus  tenoris  vi- 
delieet.  Anno  Dui.  M.cccc  xx.wiiij  Ind.  tertia,  die  prima  dècembris. 
Lecta  fuit  inter  Al.  D.  et  capit.  Pop.  et  obteutum  quod  ponatur  ad 
ordines  Civitatis  :  solvat  debitam  gabellam  (1). 

«  ascendit  ad  fenestram  domus  habitatiouis  magistri  Ioannis  Teo tonici 
«  cerdonis  positam  in  T.  K.  et  populi  S.  Donati  ..  »  e  da  detta  finestra 
«  furto  subtraxit  duas  cufiias  panni  lini  Vdloris  et  comtnunis  extiniationis 
«  decem  sollidorum  »  si  rese  contumace,  e  perciò  il  giudice  avealo  con- 
dannato in  lire  2UU  di  denari  Senesi  «  et  in  restitutione  dictarum  cutlia- 
«  rum  duplicatarum  ».  Archivio  di  Stato  di  Siena.  -  Archivio  del  (  apit 
di  Giustizia.  Condanna  dal   I  luglio   1435  al  ^0  giugno  1439;. 

(lj  Per  maggiore  intelligenza  di  questa  clausola  e  delle  altre  che  se- 
guono ,  stimo  opportuno  di  dare  alcune  notizie  intorno  agli  ordinamenti 
in  vigore  presso  la  Repubblica  Senese  ,  riguardo  alle  petizioni  che  pel- 
interesse  privato  si  avanzavano  al  Consiglio  del  Popolo  ,  nelle  quali  pare 
che,  ad  onta  degli  Statuti  si  procedesse  ab  antiquo  con  molta  irregola- 
rità. Succedendo  sovente  ,  che  il  Consiglio  del  Popolo  trovavasi  a  deli- 
berare quasi  per  sorpresa  sopra  a  in  >lte  petizioni  >  le  quali  perciò,  o  per 
la  non  conoscenza  precisa  dei  fatti,  o  pei  raggiri  degli  interessati  veniva 
suo  malgrado  ad  approvare,  cosi  trovasi  stabilito  in  varie  provvisioni 
che  le  petizioni  «  ad  consilium  ponendo,  primo  debeant  provjderi  per 
Dominos  et  ordines  secuudum  forinam  statuì  »,  e  quasi  che  questa  cau- 
tela non  bastasse,  trovasi  ancora  una  provvisione  del  1370  la  quale  sta- 
bilisce che  le  dette  petizioni  «  bis  in  generali  Consilio  obtineantur,  inter- 
positis  octo  diebus  inter  unum  Consilium  et  aliud  »  perchè  potessero 
dirsi  approvate.  Sembra  però  che  tale  provvedimento  fosse  già  caduto  in 


DOCUMENTO  SENESE  DEL  BURCHIELLO       181 

«Anno  Dni.  M.  rccc  xxwinj.  Ind.  tertia,  die  tertia  decemb.  lecta 
fuit  dieta  petitio  inter  M.  D.  Capit.  Pop.  Vexilliferos  magnos  et  or- 
dines  Civit.  et  obtentum  quod  ponatur  ad  Consilium  generale  prout 
jacet. 

disuso  nel  1439,  perchè  questa  petizione  del  Burchiello  ed  altre  che  a 
bella  posta  ho  riscontrato  di  quell'anno,  si  trovano  approvate  una  sola 
volta  dal  Consiglio  Generale.  Siccome  poi.  a  quanto  sembra  .  molte  erano 
le  petizioni  che  nell'  ingresso  privato  si  avanzavano  alla  Repubblica  ,  così 
con  un  accorgimento  da  fare  invidia  ai  nostri  finanziari  di  oagi.  fu  stabi- 
lito .  che  nessuna  petizione  potesse  avanzarsi  senza  che  fosse  prima  pagata 
una  tassa  o  gabella,  li  quale  fu  varia  secondo  i  tempi  p  secondo  l'ogget- 
to della  petizione  Così  una  provvisione  del  1370  stabilisce  che  «  non  si 
«  possa  fare  proposta  d'alcuna  p  titione  ne  proposta  particulare  senza 
«  petitione  ,  se  tale  ad  cui  adpartiene  tale  proposta  o  petitione  non  averà 
«  pagato  al  Camarlengo  del  Monte  la  infrascripta  Cabella  ciò  è  ,  per  con- 
«  dannato  in  persona  lire  cinquanta,  per  condannato  in  membro  lire  vin- 
ce ticinque  ,  per  condannato  in  pecunia  soldi  uno  per  libra  di  tucta  la 
«  condennagione  ,  non  passando  però  la  somma  di  libre  cinquanta.  Et 
«  simile  cabella  pachino  quegli  che  dimandassero  sa'vocondocto  peralcu- 
«  no  tempo  ne  decti  Consigli ,  pena  a'  magnifici  Signori  et  Capitano  di 
«  populo  libre  vinticinque  per  ciascuno  se  contrafacessero ,  ecc.  »  In  al- 
tre provvisioni  la  gabella  si  trova  fissata  a  lire  venticinque  per  la  libe- 
razione da  condanne  personali,  e  di  sei  denari  per  lira  per  le  condanne 
pecuniarie  ,  non  dovendo  perj  il  totale  della  gabella ,  per  le  condanne 
pecuniarie  oltrepassare  quella  per  le  personali.  Succedeva  però  che  que- 
sti ordini  venissero  delusi  quando  una  petizione  stata  rigettata  veniva 
riproposta,  intendendosi  da  molti  'e  senza  dubbio  saranno  stati  i  più  che 
la  gabella  pagata  per  la  prima  proposta  dovesse  valere  anche  per  la  se- 
conda. Altri  poi  per  esimersi  dalla  gabella  concepivano  la  petizione  in 
modo  indeterminato  ,  dichiarando  di  rimettersene  all'arbitrio  del  Conci- 
storo Per  ovviare  a  tali  inconvenienti  od  abusi  trovasi  stabilito  che  : 
«  gli  Magnifici  Signori  et  Capitano  di  populo  »  non  possano  sotto  pena  di 
venticinque  lire  per  ciascuno  «  fare  proposta  di  alcuna  petitione    la  qua- 

«  le  si  fosse  perduta  inde  ad  sei  mesi se    tale    che    vuole    mandare 

«  tale  petitione  non  ara  pagato  di  nuovo  una  simile  cabella  »,  e  che  pa- 
rimente non  possano  presentare  petitioni  «  se  prima  non  è  specificato  et 
«  chiarito  »  o  nella  domanda  ovvero  da  essi  Signori  e  Capitano  di  popo- 
lo «  la  quantità  et  la  qualità  del  rilapso  o  concessione  se  li  debbi  fare  », 
<;  secondo  tale  determinazione  pagata  la  relativa  gabella.  Queste  gabelle 
si  pagavano  al  Camarlingo  del  sale,  ed  avevano  una  speciale  destinazione. 
Oltre  a  questa  pare  l'ossevi  pure  un'altra  gabella  per  le  petizioni  che 
doveva  pagarsi  al  Camarlingo  del   Concistoro    e    che    non  poteva  essere 


182  DOCUMENTO    SENESE    DEL    BURCHIELLO 

«  Tenor  apodisse  gabelle  solute  per  dictam  petitionem  est,  videlicet. 

«  1439  a'  dì  quatro  de  dicembre  pagò  Domenico  detto  Burchiello  da 
Fiorenza  lib.  dieci  sol.  undici  ad  mia  entrata  f.°  i'O.  Salvestro  de  Duc- 
cio K.u  del  sale  e  monte. 

«  Facto  partito  super  petitione  domini  Burchielli ,  vieta  fuit  per 
clxxv  lupinos  albos  datos  prò  s?',  non  obstantibus  lxxi  Lupinis  nigris 
datis  prò  non .  primo  obtenta  derogatione  statutorum  per  clxxviij 
lupinos  albos  datos  prò  si,  non  obstantibus  lxxviij  lupinis  nigris  da- 
tis prò  non  ». 

(Archivio  di  Stato  in  Siena,  Consiglio  della  Campana  al  an.  , 
T.  2£5,  f.°  87  v.°  e  88  v.°). 

Fort.  Donati. 

minore  di  venti  soldi  di  denari  «  de  quali  denari  esso  Camarlingo  sia 
«  tenuto  di  spendere  in  tovaglie  et  tovagliole  et  in  altre  cose  necessarie 
«  per  lo  palazzo  ».  (Vedasi  per  tutte  queste  notizie  il  libro  del  Teso- 
retto  nel  R.  Archivio  di  Stato  di  Siena). 


Notizie 


Vai\ie 


Gli  Archivi  di  Stato  in  Prussia. 

Dagli  Atti  de l  Parlamento  Prussiano ,  seduta  del  18  gennaio  1876, 
togliamo  i  seguenti  ragguagli  sopra  le  condizioni  degli  Archivi  di  Stato 
in  Prussia. 

Discutendosi  il  bilancio  degli  Archivi ,  il  deputato  dottor  Ròppel 
domanda,  se  la  maggior  somma  attribuita  in  quest'anno  a  tale  oggetto, 
debba  intendersi  applicata  a  spese  d'archivi  o  a  nuove  pubblicazioni  ; 
deplorando  che  queste  sino  ad  ora  siano  state  trascurate. 

Il  dott.  Von  Sybel ,  direttore  degli  Archivi  di  Stato  e  commissa- 
rio del  Govèrno ,  risponde  che  dei  4000  talleri  assegnati  a  questo  ca- 
pitale di  bilancio  meno  della  metà  si  spenderanno  per  il  servizio  in- 
terno degli  Archivi ,  e  il  resto  saranno  adoperati  in  pubblicazioni 
scientifiche.  L'oratore  s'accorda  col  deputato  Ròppel  nell'aftèrmare  che 
la  Prussia  in  fatto  d'Archivi  è  rimasta  molto  addietro  agli  altri  paesi 
d' Europa.  Ricorda  con  lode  le  pubblicazioni  francesi  e  le  grandi  opere 
della  Francia  pei  suoi  Archivi.  Mentre  la  Collezione  dei  Documents 
povr  servir  à  l'histoire  de  Franre,  è  già  a  243  volumi ,  l'amministra- 
zione degli  Archivi  di  Prussia  non  ne  ha  pubblicati  più  di  10.  Mentre 
la  Francia  ciascun  anno  ha  assegnato  al  bilancio  degli  Archivi  più  di 
1,500,000  franchi,  aumentando  notevolmente  questo  bilancio  «  anche 
dopo  la  guerra ,  anche  dopo  il  pagamento  dei  miliardi  » ,  in  Prussia 
la  somma  destinata  agli  Archivi  non  supera  i  250,000  marchi.  L'oratore 
enumera  quindi  le  proposte  di  pubblicazioni  da  lui  fatte  al  Governo  , 
e  ilice  con  sodisfazione  che  esse  sono  state  pienamente  accettate.  A 
queste  pubblicazioni  forniranno  materia  gli  Archivi  provinciali  di  Po- 
seri  ,  di  Marburg,  di  Munster,  d'  Hannover;  non  che  gli  Archivi  Se- 
greti di  Stalo  di  Berlino,  dai  quali  si  pubblicheranno  i  rapporti  degli 
ambasciatori  prussiani  a  Parigi  dui-ante  il  regno  di  Luigi  XVI  ,  una 
raccolta  di  documenti  concernenti  le  relazioni  della  Chiesa  Cattolica 
collo  Stato  in  Prussia  durante  il  secolo  XVIII ,  e  una  Raccolta  di 
documenti  sulla  politica  esterna  della  Prussia  negli  anni  1813,  1811 
e  1815. 

Rispetto  alla  pubblicità  degli  Archivi  (problema  risoluto  in  altri 
stati  con  ampia  liberalità)  il  sig.  Von  Sybel  dichiara  che  le  vecchie 
tradizioni    dell'amministrazione  degli  Archivi  sono  state  abbandonate. 


184  NOTIZIE    VARIE 

«  Mentre  un  10  o  15  anni  fa  si  considerava  come  primo  dovere  del- 
l'amministrazione degli  Archivi  di  vietare  con  la  piu  grande  cura  i 
loro  tesori  a  ogni  sguardo  profano,  il  Governo  attuale  s'è  convinto 
del  principio  che  gli  Archivi  si  conservano  per  fornire  alla  nazione 
una  fonte  inesauribile ,  dov'essa  possa  attingere  la  conoscenza  del  suo 
passato;  che  la  costituzione  degli  Archivi  ha  principalmente  un  fine 
scentifico  ;  e  che  a  tali  principi  deve  rispondere  l'ordinamento  del 
servizio  archivistico  ». 

Insistendo  il  deputato  barone  Heeremans  sulla  necessità  d'una  più 
grande  accessibilità  negli  Archivi  prussiani  ,  i  quali  finora  rimangono 
«  chiusi  a  tre  chiavi  »,  il  direttore  degli  Archivi  ,  non  dà  alcuna  ri- 
sposta rispetto  agli  Archivi  Segreti  di  Berlino:  quanto  ai  provinciali 
dice  che  è  stata  mantenuta  la  prescrizione  che,  per  esservi  ammessi , 
sia  necessaria  l'autorità  del  presidente  della  provincia  o  del  direttore 
degli  Archivi  di  Stato.  Dice  che  i  presidenti  delle  provincie  hanno  ri- 
cevuto ,  quanto  al  concedere  tali  permessi ,  istruzioni  libéralissime  : 
ma  che  la  formalità  del  chiedere  il  permesso  sarà  sempre  condizione 
essenziale  :  «  perchè  s' intende  bene  che  gli  Archivi  non  possono  mai 
assumere  il  carattere  di  biblioteche  pubbliche  ». 

Società  Storiche  italiane. 

La  R.  Deputazione  di  Storia  Patria  per  le  Provincie  Modenesi  e 
Parmensi  pubblicò  il  Voi.  VOI  de'  suoi  Atti  e  Memorie  da  noi  an- 
nunziato nel  precedente  fascicolo. 

I.  Il  marchese  G.  Campori  ha  messo  in  luce  dieci  lettere  di  Gio. 
Batt.  Cinzio  Giraldi ,  scritte  da  Mondovì ,  alcune  al  duca  di  Ferrara , 
altre  a  Francesco  Bdognetti  di  Bologna,  dalle  quali  si  raccolgono  in- 
formazioni intorno  alla  vita  e  alle  opere  dell'autore  .  specialmente  sul 
tempo  in  cui  vennero  in  luce  gli  Ecatommiti  'e  sulla  Storia  de' suoi 
tempi  a  cui  aveva  posto  mano ,  non  che  sui  poema  II  Costante  del  Bo- 
lognesi ,  che  il  Giraldi  non  aveva  scrupolo  di  mettere  innanzi ,  vo- 
gliamo credere  per  dir  cosa  troppo  graziosa  all'autore,  alle  creazioni 
dell'Ariosto.  Leggendo  la  decima  di  queste  lettere,  scema  in  parte  la 
meraviglia  del  motteggio  del  cardinale  d'  Este. 

II.  Undici  lettere  di  Aldo  Manuzio  il  Giovine,  pubblicate  dal  ca- 
valiere Amadio  Ronchini,  danno  notizie  intorno  a  qualche  suo  lavoro, 
cioè  intorno  alla  vita  che  scrisse  di  Cosimo  I  de'  Medici ,  a  una  de- 
scrizione di  tutta  l'Italia  che  egli  s'era  proposto  di  fare,  e  intorno 
al  pittore  Camillo  Ballino  :  mostrano  anche  queste  come  i  letterati 
di  quel  tempo  facevano  gran  conto  della  protezione  dei  gratuli. 


NOTIZIE    VARIE  185 

III.  Pregevolissima  e  ricca  di  peregrine  notizie  ricavate  dai  do- 
cumenti è  la  Memoria  dello  stesso  oav.  Monchini  intorno  alla  scultura 
in  legno  nel  Parmigiano,  scritta  per  rispondere  ai  desideri  di  Miche- 
le Caffi.  Risale  al  secolo  XII  ;  e  venendo  a  discorrere  dei  lavora- 
tori di  tarsia  .  parla  dei  lavori  di  Cristoforo  da  Lendinara  e  del  suo 
figlio  Bernardino;  di  Francesco  da  Parma  che  lavorò  ai  sedili  bellis- 
simi del  coro  di  Santa  Giustina  di  Padova;  di  Luchino  Bianchino  ;  di 
Marc'Antonio  Zucchi  :  di  Gian  Francesco  e  Pasquale  Testi  e  'li  Marc: 
Callegari.  Dopo  aver  detto  d'altri  artefici  del  seccato,  dà  qualche 
notizia  del  celebre  teatro  Farnese,  costruito  da  artefici  in  buoni  parte 
non  paesani  Parla  di  Domenico  Galli  e  del  violino  e  del  violoncello 
da  lui  costruiti:  finalmente  di  Giovanni  Ziiioli  morto  in  disagiata  for- 
tuna nel  1833  in  età  di  70  anni,  autore  delle  porte  del  battistero  d 
Parma  rinnovate  sull'antico  disegno  di  Luca  Bianchino. 

IV.  Il  conte  B.  Pallastrelli  parla  della  moneta  piacentina  di  Desi- 
derio, segnalata  nel  1862,  che  passo  al  Museo  britannico  per  il 
prezzo  di  circa  duemila  lire  italiane.  Crede  l'autore  che  a  Piacen- 
za fosse  una  zecca  ;  e  che  ivi  fosse  battuta  questa  moneta  che  è  un 
tremise. 

Studi  e  Ricerche  negli  Archivi  d'Italia. 

Il  Publio  Record  office  ha  ottenuto  il  permesso  di  esaminare  nel- 
l'Archivio del  Vaticano  i  documenti  che  concernono  la  storia  dell'  In- 
ghilterra; e  ne  ha  già  fatta  una  buona  e  preziosa  raccolta. 

Il  signor  Mollard  ,  archivista  paleografo  ,  ha  avuto  dal  governo 
francese  la  commissione  di  ricercare  negli  Archivi  di  Torino  e  di  Ge- 
nova tutti  gli  atti  e  i  carteggi  che  portino  luce  e  incremento  alli  studi 
della  Storia  di  Fi-ancia.  Nell'Archivio  di  San  Giorgio  di  Genova  ha 
preso  nota  di  parecchie  centinaia  di  documenti  che  si  riferiscono  par- 
ticolarmente  alla  storia  della  Corsica. 

L'Archivio  di  tato  di  Firenze  ha  fornito  al  signor  Bertoldo  Zel- 
ici- copiosi  documenti  per  una  memoria  intorno  a  Enrico  IV  e  Maria 
de'  Medici  ;  di  cui  cominciò  la  lettura  all'Accademia  delle  scienze  mo- 
rali e  politiche    di    Parigi    nell'adunanza  del  3  giugno  di    quest'anno. 

Di  alcune  pubblicazioni  storiche  presso  gli  Slavi  Meridionali.  - 
La  Revue  hisloriqice  diretta  dai  signori  Monod  e  Fagnicz  contiene 
molte  e  preziose  notizie  su  tutto  (niello  che  appartiene  alli  studi  sto- 
rici. Da  un  articolo  firmato  Loris  Leger  ricaviamo  informazioni  di 
studi  e  documenti  sulle  relazioni  degl'  Italiani    colli  Slavi.   L'autore  là 


186  NOTIZIE    VARIE 

un'analisi  succinta  dei  lavori  contenuti  nei  volumi  pubblicati  dall'Ac- 

mia  Iugoslava  fondata  iu  Agramper  le  cure  principalmente  del 
covo  Mons.  Str.ossma.yer  e  presieduta   dal    canonico   Raczkì  che 
insieme  è  uno  de'  soci  più  operosi. 

Nelle  Memorie  si  trovano  .  Tomo  I,  Documenti  inediti  per  la  storia 
della  Serbia  e  della  Bosnia,  pubblicati  dal  Raczki ,  in  numero  di  23, 
i  più  in  latino,  alcuni  in  italiano,  uno  solo  nell'antico  serbo,  rela- 
tivi agli  avvenimenti  de' secoli  XII I  XV,  ricavati  massimamente  dagli 
Archivi  di  Venezia  e  di  Ragusa,  si  citano  come  più  notevoli  un 
d'omaggio  del  re  dì  Bosnia  d  doge  di  Yen  zia  (1208):  una  Lettera 
lei  re  serbo  Stefano  Uroch  III  al  doge  Un  iddio  (verso  il  1339)  dio 
dà  al  doge  il  titolo  di  Fratérnitas  e  offre  di  restituirgli  i  beni  dei  Ve- 
neziani naufragati  nelle  coste  del  suo  regno:  Lett  re  in  latino  e  in 
italiano  della  comunità  di  Ragusa  e  della  regina  di  Bosnia  che  richie- 
dono a  Venezia  le  reliquie  di  San  Luca  Nel  T.  IV  e  XVII  Memorie 
di  S.  Ljubich  sulle  relazioni  delle  repubbliche  di  Ragusa  e  di  Venezia. 
Nel  Tom.  XV  altra  di  M.  Matkovich  intorno  alle  relazioni  commer- 
ciali di  Ragusa  con  Venezia  con  molti  documenti  ricavati  dall'archivio 
di  Ragusa.  I  lavori  del  Raczki  e  Ljubich  si  dicono  preziosissimi  per 
la  storia  di  Venezia  e  dell'Adriatico. 

Nella  collezione  di  testi  antichi  (Marine)  si  trovano:  nel  Tom.  V. 
Documenti  relativi  alla  Storia  della  Croazia  e  dell'Ungheria  ricavali 
dagli  Archivi  di  Venezia  e  di  Agram.Nel  Tom.  VI,  Documenti  conivi 
nenti  alla  storia  di  Ragusa  e  alle  sue  relazioni  colla  Bosnia  e  coi 
Turchi  nel  14(33  ,  estratti  dai  registri  del  Consiglio  dei  Pregadi.  Un 
Instrumentum  confinium  del  1326  fra  il  conte  di  Pisino  ,  il  patriarci 
d'Aquileia  e  la  Signoria  di  Venezia.  Nel  Tom.  VII,  La  notizia  ili  una 
traduzione  slava  della  regola  di  San  Benedetto. 

Nei  Monumenta  spectantia  historiam  Slavorum  meridianalium  . 
di  cui  son  pubblicati  cinque  volumi,  si  trova  un  gran  numero  di  do- 
cumenti per  servire  alla  storia  delle  relazioni  dei  Veneziani  colli  Slavi 
meridionali  pubblicati  da  S.  Lirnich. 

Finalmente  il  signor  Leger  fa  menzione  d'un  libro  del  Raczkt 
col  titolo  Ada  coniurationem  Bani  Petri  a  Zriw'o  et  comiUs  Fr. 
Frangipanis  iUustrantìa,  a  cui  hanno  somministrato  documenti,  olii  e 
gli  archivi  di  Vienna,  di  Gratz  ,  d'Agram,  quelli  di  Venezia  e  di 
Roma. 

Concorsi  a  premi  per  lavori  d' 'argomento  storico. 

R  R.  Istituto  Lombardo  di  Scienze  e  Lettere  ha  proposto  un 
premio  di  Lire  1200  all'autore  di  una  Memoria  su  questo  argomento  t 


NOTIZIE    VARIE  187 

«  Come  si  prosenti ,  dopo  gli  ultimi  studi ,  e  come  si  possa  risolvere 
o  far  procedere  verso  la  sua  risoluzione,  il  problema  dell'unità  ita- 
lo-greca, cioè  il  problema  della  particolare  affinità  originale,  onde 
in  seno  alla  famiglia  indo -europea  vadano  più  strettamente  fra  di  lo- 
ro congiunti  gli  Elleni  e  gì'  Italioti  ».  Tempo  utile  a  presentare  le 
.Memorie    lino  alle    4  pomeridiane  del  28  febbraio  1878. 

Miro  premio  di  mille  lire,  assegnato  dal  professore  nobile  Luigi 
Cossa  ,  sarà  conferito  dallo  stesso  Istituto  all'autore  della  migliore 
monografia  sul  tema  seguente:  «  Esporre  la  storia  delle  dottrine  eco- 
nomiche nella  Lombardia  durante  i  secoli  XVI,  XVII  e  XVIII,  addi- 
tandone l'influenza  sulla  legislazione,  e  facendo  opportuni  raffronti 
collo  svolgimento  contemporaneo  di  quegli  studi  nelle  altre  parti 
d'Italia  ».  Il  concorso  si  chiude  alle  4  pomeridiane  dèi  31  marzo  1877. 

L' Accademia  Araldico- Genealogica  Italiana  residente  in  Pisa 
ha  aperto  il  concorso  a  un  premio,  che  sarà  conferito  dentro  il  mese 
di  febbraio  del  1877,  per  un  lavoro  sopra  gli  Emblemi  guelfi  e  ghi- 
bellini. Il  premio  è  di  una  medaglia  d'oro.  Lo  scritto  premiato  sarà 
stampato  in  200  esemplari,  de' quali  cento  saranno  dati  in  dono  al- 
l'autore ;  gli  altri  distribuiti  tra  i  soci  più  benemeriti. 

La  Società  Storica  lombarda  conferirà  un  premio  di  mille  lire, 
a  cui  il  signor  Cesare  Cantù  aggiunge  un  esemplare  della  sua  Storia 
degl'  Italiani  in  16  volumi,  all'autore  della  migliore  monografìa  sul 
duca  Francesco  I  Sforza.  I  lavori,  in  italiano  o  in  latino,  ed  anonimi, 
dovranno  esser  presentati  entro  il  31  agosto  1877.  Il  premiato  con- 
serva la  proprietà  letteraria ,  purché  pubblichi  il  lavoro  entro  un 
anno  dall'aggiudicazione  del  premio. 

Annunzio  Necrolo^ico.  La  notte  del  2  al  3  luglio 
mori  in  Roma  di  morte  improvvisa  Giuseppe  Ferrari.  Era  nato  a 
Milano  nel  1812:  coltivò  con  passione  gli  studi  filosofici  e  storici.  Nel 
1840  fu  professore  di  filosorta  a  Strasburgo,  dimesso  per  le  sue  dot- 
trine, e  restituito  dalla  Repubblica  nel  1848.  Da  giovane  scrisse  la 
Mente  di  G.  Domenico  Romagnosi  e  la  Mente  di  Giov.  Battista  Vino. 
Fu  collaboratore  della  Revue  des  deux-Mondes.  Pubblicò  poi  la  Storia 
delle  Rivoluzioni  Italiane,  ossia  Guelfi,  e  Ghibellini  in  lingua  francese  : 
quindi  la  Filosofìa  delle  Rivoluzioni,  un  Corso  sugli  scrittori  politici 
italiani,  la  Mente  di  Pietro  Giannone,  la  Ragione  di  Stato,  la  Teo- 
ria dei  Periodi  politici,  e  un  libro  sulla  China.  Era  stato  nominato 
di  recente  senatore  ;  e  innanzi  fu  deputato  fino  dal  1860. 


NECROLOGIA 


EMILIA  CAMPANA  T>I  C4VELLI, 

Non  volgono  ancora  sei  anni,  da  che  l'Archivio  Storico  Italiano 
ragguagliava  i  lettori  di  un  liliro  intitolato:  Le  derniers,  Stuarts 
à  Saint-  Germain  en  Laye.  L' autrice ,  vigorosa  della  persona  e 
fiorente  in  salute,  dava  allora  a  sperare,  che  la  letteratura  sto- 
rica si  sarebbe  arricchita  per  lei  di  nuovi  e  pregiati  lavori.  Di 
quella  egregia  donna  non  rimane  ora,  che  un  desiderio  tanto  più 
sentito,  quanto  sono  più  vivi  gli  esempii  delle  opere  d' ingegno 
e  di  cuore,  eh'  ella  ebbe  a  lasciare  dopo  di  sé. 

La  Marchesa  Emilia.  Campana  di  Cavetti  non  era  italiana 
di  origine.  I  suoi  antenati  appartenevano  alla  illustre  famiglia, 
dei  Rowles,  non  ignoti  ne' fasti  dell'antica  Inghilterra.  Ella 
stessa  nasceva  in  Londra,  volgono  appena  i  cinquant'  anni.  1 
viaggi  con  la  madre  per  le  città  principali  di  Europa  non  le 
tolsero  di  attendere  con  alacrità  agli  studi  delle  lingue.  Giovi- 
netta imparò  così  bene  il  latino  da  dilettarsi  poi  della  lettura 
declassici  ;  e  progredì  così  felicemente  nella  conoscenza  degli 
idiomi  francese  e  tedesco  e  italiano  da  parlarli  non  come  stra- 
niera, ma  come  indigena.  Della  sua  valentia  nella  musica  e  nel  dise- 
gno fanno  larga  testimonianza  una  Marcia  militare  per  la  festa 
delle  cinque  giornate  di  Milano,  e  una  Cena  di  Lionardo,  tra- 
punta in  grandi  dimensioni  e  segnalata  a  lungo  quale  modello 
nell'arte  del  ricamo.  Ma  più  che  tutto  predilesse  gli  studi  delle 
lettere  e  della  storia.  Ne  fu  il  primo  frutto  un  libro  intitolato 
il  Manuale  ili  Santa  Elisabetta  di  Ungheria.  E  questo  una  rac- 
colta, o  antologia  giudiziosa  e  bene  ordinata  di  squarci  bellissimi, 
tratti  dalle  opere  de'  più  insigni  scrittori  di  cose  ecclesiastiche. 
Vi  spiccano  di  preferenza,  tra  gli  antichi,  i  Padri  più  segnalali 
della  Chiesa  greca  e  latina,  tra  i  moderni,  ilBossuet,  il  Fenèlon 
e  il  Bourdaloue.  Il  volume,  tradotto  dall'autrice  in  lingua  italiana 
e  pubblicato  in  Parigi  con  leggiadre  illustrazioni,  venne  accolto 
con  ogni  maniera  di  lodi.  La  stessa  critica,  più  spigolistra  e  se- 
vera non  ebbe  per  esso,  che  parole  di  ammirazione  e  di  plauso. 
Peccato,  che  nò  l'autrice,  né  altri  abbia  pensato  ancora  a  dif- 
fonderlo tra  i  buoni  e  tra  i  dotti  ! 

L'opera  per  altro,  a  cui  va  raccomandata  maggiormente  la 
memoria  della  celebre  Marchesa,  è  senza    dubbio    Les   derniers 


EMILIA    CAMPANA    DI    CATELLI  189 

Stuarts  à  Saint- Germain  en  Laye.  (Uova  notare,  che  il  disegno 
primo  fu  inspirato  all'autrice  dal  desiderio  di  mettere  nella  sua 
vera  luce  la  figura  veneranda  di  Maria  Beatrice  d'Este  dei  Du- 
chi di  Modena,  l' unica  principessa  italiana,  che  sedesse  sul 
trono  della  Gran  Brettagna,  e  illustrasse  delle  sue  virtù  la  mae- 
stà regale.  Ma  quindici  anni  di  studi  e  di  ricerche  e  la  copia 
straordinaria  della  mèsse,  incontrata  ne'principali  e  più  segreti 
archivii  di  Europa,  dischiusile  generosamente  da  privati,  da  go- 
verni e  da  monarchi,  persuasero  ad  allargarne  più  tardi  i  con- 
torni. Alla  figura  pertanto  della  Estense  si  aggruppano  intorno, 
siccome  satelliti  a  un  astro  maggiore,  le  figure  più  o  meno  note 
di  Giacomo  secondo,  il  Pretendente,  del  Re  di  Francia,  del  Pa- 
pa, del  Doge  di  Venezia,  del  Petre  e  de'  ministri  delle  corti  di 
Europa.  La  storia  stessa,  che  secondo  il  concetto  primitivo  do- 
veva circoscriversi  a  un  individuo,  vi  piglia  più  larghe  dimensio- 
ni, e  così  da  illustrare  ampiamente  gli  avvenimenti,  che  si  al- 
ternarono per  quasi  un  mezzo  secolo  in  Inghilterra,  in  Francia 
e  in  Italia.  I  documenti,  inediti  o  sconosciuti,  raccolti  dalla  Cam- 
pana montano  a  più  che  tre  mila  e  sono  degni  di  nota  per  la 
importanza  delle  rivelazioni  sovra  punti,  intrighi  e  incidenti  non 
avvertiti,  o  mal  compresi  finora  dagli  storici.  Disposti  in  ordine 
cronologico  e  intramezzati  a  quando  a  quando  di  particolari  con- 
siderazioni ora  in  forma  di  proemii  e  di  raffronti,  e  ora  di  note 
e  di  cenni  biografici  ndh  videro  ancora  per  intero  la  luce.  I  pub- 
blicati non  oltrepassano  i  mille  e  cinquecento  e  costituiscono 
due  grossi  volumi,  splendidamente  stampati  e  preceduti  da  una 
dotta  ed  elegante  introduzione  in  lingua  francese,  ove  la  Cam- 
l^ana  disegna  e  colorisce  a  tocchi  larghi  e  magistrali  da  prima 
il  grande  sfondo  della  tela  storica  e  poi  le  figure  degli  ultimi 
Stuardi,  ricoverati  nel  castello  di  San  Germano.  L'opera  rimane, 
com'è  chiaro,  incompleta  ;  ma  non  però  così,  che  la  parte  pub- 
blicata non  possa  stare  da  sé.  Anche  monca,  qual'è,  offre  un  trat- 
to di  storia  pieno  ed  intero.  E  chi  sa  poi ,  che  gli  altri  docu- 
menti, così  dottamente  ordinati  e  annotati,  non  abbiano  ad  usci- 
re una  volta  o  l'altra  alla  luce  ì 

L'amore  agli  stuli  non  circoscisse  o  rese  meno  evidente 
nella  Campana  il  culto  delle;  virtù,  che  si  addicono  anzi  tutto 
alla  donna.  Reduce  da'primi  viaggi  a  traverso  l'Europa,  fermò 
stanza  in  questa  nostra  Italia,  eh'  ella  prese  a  diligere  d'un  af- 
fetto particolare  e  prescelse  a  seconda  sua  patria..  A  venticinque 
anni  porse  la  mano  di  sposa  al  Marchese  Giampietro  Campana 
di  Cavelli,  patrizio  romano,  archeologo  e  letterato  di  bella  fama 
e  discendente  della  famiglia  di  quei  due  valenti  nomini,    die  fu- 


190  EMILIA   CAMPANA    DI    CA VELLI 

rono  Giannantonio  e  Cesare  Campana,  celebri  entrambi,  1'  uno 
tra  i  latinisti  del  secolo  decima  quinto,  l'altro  per  le  Historie 
del  Mondo,  e  i  libri  della  Guerra  di  Fiandra.  Non  pochi  ri- 
cordano ancora  quale  modello  di  donna  si  acquistasse  Roma 
nella  giovine  sposa. 

Vissuta  unicamente  all'affetto  dello  sposo,  al  bene  della 
umanità,  al  culto  degli  studi,  questa  donna  or  non  è  più.  (.'ulta 
da  una  paralisi  nervosa,  cui  non  valsero  a  domare  le  cure  più 
intedigenti  e  più  assidue  dell'  arte,  spirava  piamente  quale  era 
vissuta,  il  13  Aprile  del  1876.  I  suoi  avanzi  mortali  ,  deposti 
temporaneamente  nel  cimitero  suburbano  di  Firenze,  attendono 
che  la  pietà  del  marito  raccolgali  in  Roma  in  monumento  più 
degno.  Ma  più  che  per  questo  se  ne  perpetuerà  la  memoria  pel- 
le opere  dell'  ingegno  e  per  gli  esempii  di  quelle  domestiche,  ci- 
vili e  religiose  virtù,  che  le  adornarono  costantemente  la  vita. 

Vicenza  nell'Agosto  dei  1876. 

B.   MORSOLIE* 


ANNUNZI  BIBLIOGRAFICI 


bibliografia  Statutaria  e  storica  italiana  compilata   da 

Luigi  Manzoni.  Voi.  I.  Leggi  Municipali  (Parti;  I).  -  In  8vo  di 

pag.  XXIV-569.  -  Bologna  ,  G.  Romagnoli,  1876. 

Allettamento  maggiore  d'ogni  altro  sarà  all'autore  di  quest'opera 
laboriosa  la  sperauza  della  utilità  somma  per  gli  studiosi  della  storia  ; 
e  gli  sarà  premio  la  riconoscenza  di  tutti  quelli  che  dal  suo  libro 
avranno  per  k  loro  ricerche  indicazioni  sicure  e  risparmio  di  tempo.  Noi 
crediamo  interpetrare  il  sentimento  di  molti  facendo  plauso  al  Signor 
Manzoni  e  incoraggiandolo  a  perseverare  con  quella  foiza  di  volontà 
di  cui  ha  dato  pru\a  nel  mettere  assieme  il  pruno  volume.  E  di  quei 
lavori  che  non  si  fanno  nella  quiete  d'una  stanza;  esigono  fatiche  pel- 
le quali  pochissimi  hanno  la  pazienza,  la  perseveranza  e  convien  dire 
anche  i  mezzi-,  oltreché  costringono  in  angustie  1'  ingegno  che  consa- 
pevole di  sé  potrebbe  in  altro  n.odo  cercare  soddisfazioni  e  diletti. 

Intendimento  del  Signor  Malizimi  è  di  compiere  l'opera  sua  nella 
forma  die  vogliamo  indicare  colle  sue  parole.  «  In  quattro  ben  distinte 
classi  o  volumi  viene  spartita  -,  la  1."  suddivisa  in  due  parti  contiene 
gli  statuti,  le  leggi,  le  costituzioni,  gli  ordini,  ecc.  delle  città  e  pae- 
si d'  Italia,  e  quanto  s'attiene  al  diritto  municipale,  compresi  (2.3  parte), 
gli  statuti  de'  Collegi,  Arti,  Mestieri,  ecc.  con  una  copiosa  appendice, 
con  molti  indici  e  un  elenco  delle  raccolte  statutarie  principali  di 
Italia.  -  Nella  2.»  sono  i  titoli  delle  storie  civili,  ecclesiastiche,  lette- 
rarie, artistiche  di  ciascuna  città  e  paese,  esclusi  gli  articoli  e  i  do- 
cumenti inseriti  in  periodici,  memorie,  ecc.  -  Nella  3.a  sono  riportate 
le  genealogie  a  stampa  delle  famiglie  come  le  manoscritte,  che  con- 
servatisi in  biblioteche  aperte  al  pubblico.  -  Nella  L"  saranno  conte- 
nute le  biografie,  stampate  a  parte,  escludendo  le  necrologie  e  gli 
elogi  che  trovatisi  inseriti  in  periodici,  memorie  ec.  ». 

Questo  primo  volume  contiene  !a  bibliografia  delle  leggi  muni- 
cipali, anche  de'più  piccoli  paesi.  Nello  scorrerlo  si  fanno  manifeste 
le  cure  poste  per  ricavare  tante  notizie.  E  l'autore  fa  note  le  persone 
che  gli  hanno  dato  agevolezze  ed  aiuti;  che  non  dovrebbero  certa- 
mente mainargli  anche  in  seguito,  perchè,  pare  a  noi,  ogni  studioso 
farebbe  merito  a  se  stesso  contribuendo  a  rendere  più  compiuta 
un'  opera  di   tanta  utilità  e  tanto  desiderata. 

Bozzetti  critici  e  Discorsi  letterari  di  Giosuè  C  \rducci. 

-  In   16.  ni  pag.  481.  -  In  Livorno,  coi  tipi  di  F.  Vigo,  ed.,  1876. 

È  una  raccolta  di  scritti  che  già  pubblicati  separatamente  riap- 
pariscono ora  con  aggiunte  e  correzioni.  Dobbiamo  noi   notare  i     di- 
scorsi  sull'Alfieri,   sul   Monti,   sul  Giusti:   i   saggi   intorno  a  Luisa  Gra 
ce  Bartolini   e  a  Goffredo  Mameli  ;  una  notizia  delle    feste    celebrate 


192  ANNUNZI   BIBLIOGRAFICI 

a  Modena  per  il  centenario  del  Muratori;  un  discorso  a  proposito  di 
certi  giudizi  intorno  ad  Alessandro  Manzoni.  11  libro  si  legge  con 
diletto  e  con  profitto  anche  da  chi  non  concorda  nelle  dottrine  profes- 
sate dall'autore.  La  sua  prosa  è  sempre  vivacissima  :  c'è  molta  eru- 
dizione non  ammassata  per  pompa,  ma  avvivata  coli'  arte  che  la  co- 
munica efficacemente. 

Lettere  inedite  del  Foscolo,  del  Giordani  e  della  Signora  di 
StaÉl  a  Vincenzo  Monti.  -  In  lo'.0  di  pag.  320.  -  In  Livorno, 
coi  tipi  di  Fran.  Vigo,  editore. 

Le  lettere  del  Foscolo  sono  ventinove,  delle  quali  due  sole  stam- 
pate nell'Epistolario,  scritte  tra  il  180 L  e  il  1812,  nel  tempo  in  cui 
rimase  inalterata  l'amicizia  tra  i  due  insigni  scrittori.  Alcune  sono 
tra  le  più  belle  e  più  eloquenti  del  Foscolo;  tutte  mostrano  senz  i 
ambiguità  che  Ugo  amava  nel  Monti  l'animo  buono  quanto  ne  ap- 
prezzava l'ingegno  grande.  Novantaciuque  sono  quelle  del  Giordani 
che  tutte,  meno  una,  si  stampano  per  la  prima  volta.  Tra  i  molti 
giudizi  che  vi  si  leggono  espressi  in  quella  forma  elegante  e  robusta 
propria  dell' autore  non  può  a  meno  di  fermare  la  68,  del  1818,  incili 
dichiara  l'opinione  sua  intorno  a  Carlo  Alberto  più  esplicitamente 
che  in  quella  pubblicata  dal  Gualterio,  e  ristampata  dal  Gussalli. 
Dopo  aver  detto  come  avesse  consigliato  il  Mai  a  dedicare  al  prin- 
cipe il  suo  Eusebio,  e  come  Bartoloinmeo  Borghesi  era  stalo  da  esso 
accolto  con  onore  a  Torino,  soggiunge:  «  A  me  piace  che  questa 
uuica  speranza  d'Italia  cominci  sin  d'ora  a  prendere  possesso  di 
ciò  che  ha  di  meglio  la  nostra  nazione,  e  conosca  il  più  prezioso 
tesoro  de'suoi  futuri  regni,  che  sono  le  menti  e  i  cuori  de'  valenti 
italiani  ».  Le  lettere  della  Signora  di  Stael,  sono  trentasei,  le  più  tra  il 
1805  e  il  1806,  due  del  1807,  una  del  15  e  1'  ultima  del  16.  La  ce- 
lebre donna  ebbe  per  1'  ingegno  del  Monti  un'ammirazione  singolare 
e  gli  portò  affetto  come  di  sorella;  lo  provano  queste  lettere  :  ma  essa 
non  dissimulava  i  difettoli  che  scorgeva  nel  suo  carattere  e  glie  li 
nota  colla  delicatezza  propria  d'  una  donna  d'  ingegno  e  di  squisita 
educazione.  Sono  di  lettura  molto  piacevole  per  le  osservazioni  acute 
e  pei  giudizi  intorno  a  molti  uomini  di  quel  tempo  e  alle  cose  che 
vide  viaggiando  per  l'Italia.  Hanno  curato  l'edizione  i  signori  Gio- 
vanni e  Achille  Monti,  aiutati  dal  Cav.  Domenico  Bianchini  che  ha 
fatto  in  maggior  numero  le  note  utilissime  per  la  storia  dei  tempi. 

Notizie  storielle  e  genealogiche   sulla    famiglia    «lei 
Galleaiii  di  %  «*•«<  imitila  pubblicate  per  cura  del  Cav.  Gi- 
rolamo Rosst.  In  16"  di  pag.  60-55.   Lodi,  C.  Dell'Avo,    [875. 
La  storia  della   cospicua  famiglia  Galleani   è  preceduta  da  alunni 
cenni  sulla  città  di  Ventimiglia,   compendio  di   lavoro  più  ampio  pub- 
blicato dall'autore  medesimo  nel  1857.  Questi  cernii  son  bastanti,    ci 
pare,  a  far  conoscere  le  più  importanti  vicende  di  quella  ligure  città 
dalle  origini  ai  tempi  nostri  ;  la  quale  ebbe  una  vita  propria    rasso- 


ANNUNZI   BIBLIOGRAFICI  193 

migliante  in  gran  parte  alle  altre  città  italiane,  ma  con  qualche  cosa 
di  speciale.  Le  condizioni  sociali  son  bene  rappresentate.  Ed  è  no- 
tevole  la  sollevazione  degli  artigiani  e  dei  lavoranti  nel  1G25  contro 
1  t  classe  privilegiata.  Alle  notizie  dei  vari  rami  dei  Galleani,  desunte 
in  parte,  come  l'A.  dichiara,  da  un'opera  lasciata  inedita  dal  gesuiti! 
-tino  Galleani  sulla  città  e  famiglie  di  Ventimiglia  ,  tengono 
dictr-'  con  numerazione  separata  diciotto  documenti,  fra'quali  voglia- 
mo notare  Decreto  di  concessioni  fatte  alla  città  di  Ventimiglia  da 
(la  i  sazzo  Maria  <forza  dato  da  Milano  il  5  maggio  1472  ;  Lettera  di 
Lodovico  il  Moro  del  21  febbraio  1495  da  Milano,  con  cui  manifesta 
il  desiderio  di  gratificare  in  quel  più  che  è  possibile  alla  città  ; 
Breve  notizia  di  Ambrogio  Galleani  protomedico  di  Clemente  Vili  ; 
Patente  di  Carlo  Emanuele  III  del  7  ottobre  174G  con  cui  dichiara 
di  prendere  sotto  la  sua  protezione  le  persone  e  famiglia  di  Pasquale 
Galleani  ;  Diploma  di  Francesco  I  imperatore  del  15  settembre  1761, 
con  cui  fa  principe  del  Sacro  Romano  Impero  Carlo  Giacinto  Anto- 
nio di  Gallean  ;  Lettera  di  Luigi  XV  a  Pietro  Galleani  che  nomina 
Cavaliere  di  <an  Luigi  ;  Decreto  di  Carlo  Alberto  del  24  Agosto  1841 
con  cui  dà  il  titolo  di  barone  a  G.  B.  Galleani  capitano  dei  reali 
Carabinieri. 

Memorie  storiche  dell  ti  Famiglia  Ponte.  Per  Nozze  Ponti- 
Greppi.  -  In  8.o  di  p.  Ili  colla  Dedica  e  una  tavola  genealogi- 
ca   -    Imola,  Tip.  d'I.  Galeati  e  figlio,  1876. 

Diligente  lavoro  del  conte  Pietro  Desiderio  Pasolini.  Col- 
l'amore  che  si  porta  alle  cose  di  famiglia  il  Signor  Pasolini  ha 
cercato  nelle  compilazioni  erudite  e  negli  archivi  le  vicende  della 
famiglia  Pouti,  a  cui  Gallarate  deve  in  molta  parte  la  presente  pro- 
i.  a  cune  istituzioni  di  beneficenza  e  alcuni  edifizi  che  l'ador- 
nano. Le  congetture  sulla  comune  derivazione  di  varie  cospicue 
famiglie  Da  Ponte  sono  appoggiate  a  ragioni  sottilmente  esaminate 
ed  a  fatti  molto  probabili.  Dell'antichità  e  chiarezza  di  quella  di  cui 
è  parola.  l'A.  dà  le  prove  coi  documenti  trovati  nell'Archivio  di  Milano 
e  nell'Archivio  parrocchiale'  di  Gallarate.  Racconta  poi  brevemente  co- 
me per  industria  e  operosità  la  scaduta  condizione  si  rialzasse  ad 
opulenza  con  benefizio  del  paese.  Ma  su  questo  punto  viene  a  chi 
legge  il  libretto,  dettato  con  semplicità  elegante,  il  desiderio  di  no- 
tizie più  ampie,  perchè  la  vita  degli  uomini  che  diffondono  i  bene- 
fizi del  lavoro  eccita,  con  ragione,  curiosità,  ed  è  fruttuosa  d'esempi. 
In  fine  è  un  sunto  di  molti  documenti  citati  nel  testo  -,  e  per  intero 
sono  stampati  due  diplomi  di  Carlo  V,  il  primo  del  7  luglio  1542  con 
cui  conferma  agli  abitanti  di  Gallarate  i  diritti,  emolumenti,  esenzioni 
e  immunità  per  il  loro  antico  mercato  -,  il  2.°  del  16  ottobre  1543  col 
quale  regola  i  diritti  medesimi  in  conformità  dei  loro  desideri. 

Dobbiamo  lodare  l'arte  tipografica  del  Galeati  d'  Imola  che  ne 
ha  fatto  una  edizione  veramente  signorile. 

Arch.,  3.a  Serie,  Tom.  XXIV.  13 


194  ANNUNZI   BIBLIOGRAFICI 

Idea  per  una.  Glosofia  della  storia  di  Giacinto  Fontana. 

-  In  16.  di  pag.  392.  -  Firenze,  coi  tipi  di  M.  Celimi  e  C,  1876. 
Ci  si  vede  un  uomo  dotto  che  ai  pensieri  meditati  dà    lucidezza 

perchè  distinti  sono  nella  sua  mente.  A  noi  pare  questo  un  libro  de- 
gno d'essere  esaminato. 

Delle  istorie  d'  Erodoto  d'  Alicarnasso,  volgarizzamento 
con  note  di  Matteo  Ricci.  -  Tomo  secondo  -  In  8.°  di  pag.  364 

-  Roma,  Torino,  Firenze,  Ermanno  Loescher,  1876. 

Il  presente  volume  contiene  i  libri  quarto,  quinto  e  sesto.  Lodam- 
mo già  l'opera  del  marchese  Ricci  quando  venne  in  luce  il  primo 
volume  ;  dobbiamo  ora  confermare  che  il  suo  lavoro  non  solo  è  notevole 
per  fedeltà  e  chiarezza,  ma  anche  per  le  molte  e  dottissime  annota- 
zioni che  mettono  il  lettore  al  giorno  delli  studi  moderni  intorno  al 
grande  storico  greco. 

Francesco  Petrarca  a  Novara  e  la  sua  Aringa  ai  Novaresi 
fatta  in  italiano  da  Carlo  Negkoni.  -  In  8.°  di  pag.  62.  -  In 
Novara,  Stab.  tip.  dei  fratelli  Miglio,  1876. 

L'  orazione  che  il  Petrarca  recitò  in  presenza  di  Galeazzo  Vi- 
sconti ai  Novaresi  quando  questi  liberatisi  dal  dominio  del  marchese 
di  Monferrato,  tornarono  sotto  la  signoria  del  Visconti,  fu  già  pubbli- 
cata dal  Sig.  Attilio  Hortis  con  altri  scritti  inediti  del  poeta.  Il  si- 
gnor Negroni  la  ristampa  e  vi  mette  accanto  una  fedele  ed  elegante 
traduzione.  Nella  breve  prefazione  in  forma  di  lettera  a  Carlo  Maria 
Nay  discorre  con  molto  garbo  di  dicitura  e  giustezza  d*idee,  dei  fatti 
che  diedero  occasione  al  Petrarca  di  recarsi  a  Novara  \  dà  un  cenno 
della  pubblicazione  dell'  opera  petrarchesca  de  viri»  illnstribus  vilae 
incominciata  da  Luigi  Razzolini  :  e  parlando  di  Albertino  da  Canno- 
bio  sostiene,  contro  la  opinione  del  Signor  Fracassetti,  che  il  luogo 
di  nascita  d'Albertino  è  Gannobio  Novarese. 

Ei'eroe  di  Tarragona  restituito  al  suo  paese  LXV  anni  dopo 
la  sua  morte.  -  In  8°  di  pag.  29.  Piacenza,  Tip.  Solari,  1876. 
Il  Signor  Luciano  Scarabelli  ha  scritto  questo  opuscolo  per 
provare  che  non  Bianchini,  ma  Bianchi  era  il  casato  d'  un  soldato  va- 
lorosissimo, celebrato  nelle  storie  delle  guerre,  di  Spagna  al  principio 
del  nostro  secolo;  e  che  fu  nativo  di  Piacenza.  Le  cose  che  egli  rac- 
conta sulla  fede  di  scrittori  autorevoli  mostrano  in  quel  soldato  un 
eroe  :  per  ricompensa  d' aver  solo  fatti  prigioneri  nove  spaguuoli  , 
quattro  o  cinque  de' quali  ufficiali,  chiede  al  generale  Suchet  di  po- 
ter essere  il  primo  a  piantar  la  bandiera  sulle  mura  di  Terragna  ; 
e  fu.  Il  Suchet  lo  rammenta  col  meritato  onore  nelle  sue  Memorie. 
Il  Signor  Scarabelli ,  che  ha  speso  molta  fatica  nelle  ricerche  col 
fine  di  stabilire  la  verità,  raccomanda  ai  Piacentini  che  mettano  nella 


ANNUNZI   BIBLIOURAPICI  195 

loro  città  una  memoria,  la  quale  conservi  nei  posteri  la  fama  di  Giu- 
seppe Bianchi  e  del  suo  eroismo.  G. 

S'alcoftrafiu  artistica  «li  Mootccutsioo.  Litografia  di  Mon- 
tecassino.  8IDCCCLXXVI,  in  Ibi.  di  pag.  12,  con  15  tavole. 
Dopo  il  frontespizio  a  bellissimi  caratteri  maiuscoli  gotico-corali 
in  vari  colori,  sta  l'occhio  dello  stesso  carattere,  ma  molto  più  pic- 
colo ed  anche  colorato.  Segue  la  stampa  di  12  pagine  senza  numera- 
zione, in  cui  leggesi  una  Avvertenza  intorno  al  sistema  tenuto  dal- 
l'autore  nella  compilazione  dell'opera,  e -quindi  un  dotto  ed  erudito 
ragionamento  sui  libri  Corali,  de'  quali  tratta  questo  fascicolo,  che  è 
il  primo  dell'opera.  Le  15  tavole  in  caratteri  bellissimi  corali  del 
secolo  XVI,  sono  tutte  eseguite  maestrevolmente  ed  a  colori  differenti. 
La  prima  tavola  ha  le  Lettere  separate,  parte  a  contorno  e  parte  in 
nero  ;  la  2.a  le  Lettere  congiunte,  altre  con  segui  di  abbreviazione,  ed 
i  segni  numerici,  il  tutto  in  nero  ;  la  3.a  le  Lettere  maiuscole  sepa- 
rate in  nero  e  giallo  ;  la  -l.a  simili  Lettere  con  arabeschi  ;  la  5.a  e  6." 
simili  Lettere  con  arabeschi  ed  a  vari  colori  ;  la  7.a  8.a9.a  l(J.a  11. a  e  12.-' 
Lettere  molto  grandi  a  colori  bellissimi  con  rabeschi  ;  la  13.a  Una  sola 
e  grandissima  con  rabeschi  ed  a  vari  colori,  che  occupa  tutta  la 
tavola  ;  la  14. a  e  15.a  sono  di  doppia  grandezza  e  contengono  una  pa- 
gina intera  di  scrittura-,  la  prima  iu  rosso  e  nero  con  tre  capolette- 
re  a  vari  colori  e  eoa  rabeschi,  e  l'altra  anche  in  rosso  e  nero  con 
unta  di  canto  corale,  con  una  sola  capolettera  grande  ed  a  colore 
con  rabeschi. 

L'autore  di  questo  bellissimo  e  dotto  lavoro  è  il  cassinese  D. 
Oderisio  Pisciceli.!  Taeggi- 

Memorie  storico-diplomatiche  dell'  antica  Città  e 
lineato  di  .Vinai li  cronologicamente  ordinate  e  continuale 
sino  al  secolo  XVIII  e  divise  in  due  volumi  per  Matteo  Camera. 
Volume  primo.  Salerno,  Stabilimento  tip.  nazionale  1876.  In  4." 
di  pag.  IV  e  682  ,  oltre  l'errata. 

Questo  primo  volume  è  diviso  in  46  capitoli,  principiando  dalla 
origine  della  città  di  Amalfi  e  terminando  colla  cacciata  dal  regno 
di  Napoli  dell'infelice  Federigo  di  Aragona.  Il  capo  44  tratta  della 
nobiltà  Amalfitana,  il  45  degli  uomini  illustri,  ed  il  46  ed  ultimo 
racchiude  tutte  le  iscrizioni.  Opera  molto  dotta  ed  erudita  e  ricca  di 
documenti  preziosissimi. 

I.a  lliblioteea  del  Museo  nazionale  nella  Certosa  di 

&»n  Martino  in  Itapoli  ed  i  suoi  manoscritti  esposti  e  ca- 
talogati da  Carlo  Padiglione.  Napoli,  stabilimento  tip.  di  F. 
Giannini,  1876  in  8.°  di  p.  908,  delle  quali  XIII  e  806  numerate. 
Accurato  e  dotto  lavoro  bibliografico,  preceduto  da  un  discorso 
molto  erudito,  e  seguito  da  un  indice  assai  bene  redatto  e  comodis- 
simo per  le  notizie  che  riassume.  M-R. 


196  ANNUNZI   BIBLIOGRAFICI 

Le  antiche  lapidi  di  Rergamo  descritte  ed  illustrate  dal 
Cav.  Can  Giovanni  Finazzi.  -  In  8.°  gr.  di  pag.  XXX1V-224. 
con  cinque  tavole. 

II  patriziato  milanese  secondo  nuovi  documenti  deposti  negli 
Archivi  pubblici  e  privati  di  Felioe  Calvi.  -  In  8.°  di  pag.  520. 
-  LXVIII.  -  Milano,  presso  Andrea  Mosconi  libraio.  -  Ed.  di  51)0 
esemplari. 

Feudi  e  t  ornimi  di  Gabriele  Rosa.  -  In  16.°  di  pag.  353.  - 
Brescia,  Stef.  Malaguzzi  ed.,  Ib76. 

Enrico  Zanoni.  —  Pagine  di  Storia  contemporanea  del  Risorgimento 
italiano.  -  In  16."  di  pag.  411.  -  Voi.  IV  della  serie  seconda 
della  Biblioteca  per  !a  educazione  del  popolo.  -  Tonno,  Unione 
tipogr.  editrice  ,  1876. 

A.  G.  Spinelli.  —  Lettere  di  Andrea  Buonaparte  a  Lod.  Ant, 
Muratori.  In  8.°  di  pag.   70.  Milano  (fuori   di  commercio). 

Alcune  lettere  inedite  di  Pietro  Metastasio  pubblicate  da- 
gli autografi  da  Attilio  Hortis.  Trieste.  Di  pag.   100. 

Alcune  |T rose  ed  iscrizioni  di  D.  Filippo  Lanzoni  professore 
di  quinta  ginnasiale  in  patria.  -  lu  16.°  di  pag.  XXXII  -  366.  - 
Faenza,  Ditta  tipografica  P.  Conti  ,  1876. 

L'arie  della  lana  in  Ferrara   nell'anno  1550.    Da    un 

manoscritto  della  Biblioteca  di  Ferrara  corredato  di  documenti 
e  note  dal  prof.  Giuseppe  Ferraro.  -  In  16.  di  pag.  84.  Fer- 
rara, 1876. 

Antonio  Mancinelli.  -  Cento  al  tempo  della  guerra  per  la  suc- 
cessione di  Mantova.  -  Cento,  1876. 

Studi  storici  fatti  sopra  81  registri  angioini  del- 
l'Archivio  di  Muto  di  Napoli  per  Camillo  Minieri 
Riccio.  -  In  8."  di  pag.  144.  -  Napoli  ,  tip.  di  R.  Rinaldi  e  G. 
Sellitto  ,  1876. 

Memorie  «Ielle  famiglie  nobili  «Ielle  provinole  meri- 
«lionati  d' Italin.  raccolte  dal  conte  Berardo  Candida  Gon- 
zaga. -  Voi.  II  in   1.   di   pag.  240.   Napoli. 

Notizie  storielle  «Iella  città  di  Alcamo  segui/e  dai   capi- 
toli, gabelle  e  privilegi  della  stessa  città  ora  per  la  prima  volta 
pubblicati  per  Vincenzo  Di  Giovanni.  In  b.°  di  pag.  105.  -  Pa- 
lermo,   tip.    di  Michele  Amenta,  1676. 
Di  questi  lavori,  de'  quali  non   dovevamo    indugiar    1'  annunzio  , 

sarà  mostrata  la  importanza  nelle  prossime  rassegne. 


Pubblicazioni     Periodiche 


L'Archivio  Storico  Lombardo  (Anno  III,  fase.  II) 
compie  l' interessantissima  pubblicazione  del  Signor  Pasquale  Del 
Giudice  sulla  vendetta  nel  diritto  longobardo.  Esamina  piò  special- 
mente 1'  autore  in  questo  fascicolo  la  legislazione  franco-longobardica 
con  gran  copia  di  erudizione  storica  e  di  dottrina  giuridica  :  stabilisce 
in  prima  due  essere  soli  i  casi  nei  quali  il  diritto  franco  concede  ai 
privati  il  potere  supremo  di  togliere  la  vita  al  reo  \  1. "  nella  sorpresa 
in  flagrante;  2."  nell'impossibilità  di  ricevere  la  composizione  per 
insolvenza  del  reo  e  dei  parenti  ;  esamina  questi  due  casi  in  relazione 
col  diritto  longobardo ,  notando  le  diversità  ed  i  punti  nei  quali  le 
due  legislazioni  si  accostano.  Dipoi  l'A.  discorre  dell'  altre  due  forme 
di  difesa  privata  che  hanno  relazione  con  la  vendetta  di  sangue;  la 
giudiziaria  ed  il  pegno  privato  ,  del  duello  non  essendo  parola 
nella  legge  salica  ,  la  quale  oltre  alla  prova  della  caldaia  o  dell'acqua 
bollente  (aeneas,  ineus)  non  riconosce  altro  giudizio  di  Dio  (1).  Carlo 
Magno  proibì  le  vendette  di  sangue  ,  Lodovico  il  Pio  calcò  le  orme 
del  padre  ,  Lodovico  II  nella  dieta  di  Pavia  deplora  che  i  potentes 
et  honorati  sive  ecclesiastici  ordinis  sire  saecularis  commettano  a 
danno  dei  deboli  delle  prepotenze  e  dei  soprusi  e  cerca  di  raffrenarli 
con  divieti  ;  dopo  i  Carolingi ,  Guido  e  Lamberto  fanno  delle  leggi 
repressive  alle  soperchierie  de'  grandi  ,  le  quali  ogni  dì  più  piglia- 
vano piede  nella  nostra  penisola.  Gli  Ottoni  ,  meno  Enrico  II  ,  che 
con  legge  del  1019  condannava  severamente  1'  omicidio  avvenuto 
dopo  la  promessa  di  pace  fra  le  parti  ,  non  fecero  leggi  per  punire 
le  vendette  private  ,  ma  al  contrario  ne  pubblicarono  parecchie  sul 
duello.  Infine  il  Sig.  Del  Giudice  dice  che  il  Muratori  notò,  senza 
approfondirne  la  causa,  che  nei  secoli  decimo  ed  undecimo  più  par- 
ticolarmente infierì  la  vendetta  di  sangue  ;  cosa  ,  che  l'Autore  con 
robusta  e  vittoriosa  argomentazione  ,  dimostra  doversi  attribuire  al 
sistema  feudale  ,  che  allora  occupava  tutta  la  società. 

Dopo  questo  dotto  articolo,  sotto  il  titolo  :  La  nunziatura  veneta 
di  Monsignor  Cusani  troviamo   inseriti    nel    periodico  lombardo  inte- 

(1)  Benché  la  legge  salica  non  ammettesse  altre  forme  di  giù  lizi  di 
l)io  oltre  quelle  menzionate  di  sopra  .  pure  il  Duello  ,  come  nota  anche 
il  chiarissimo  autore,  si  estese  ben  presto  e  diventò  quasi  un'istituzione 
presso  i  Franchi ,  cosa  che  successe  in  minor  proporzione  presso  i  Lon- 
gobardi  ,  inquantochè  le  loro  leggi  avevano  delle  disposizioni  di  diffi- 
denza sul  duello,  leggi  che  valsero  a  limitarlo  fra  noi. 


198  PUBBLICAZIONI    PERIODICHE 

ressantissimi  documenti  che  comprendono  gli  anni  17oi,  1705  e  L7(i<i 
e  che  più  specialmente  si  riferiscono  alle  operazioni  del  principe 
Eugenio  in  Italia. 

Il  Sig.  F.  C.  parla  della  Ròcca  di  Soncino  feudo  dei  marchesi 
Stampa,  l'ultimo  dei  quali  Massimiliano  ne  faceva  dono  al  Comune. 
L'Autore  discorre  degl'illustri  personaggi  che  abitarono  questo 
forte  castello  ,  il  Magno  Trivulzio  (1-183) ,  Alfonso  duca  di  Calabria 
durante  la  guerra  di  Ferrara,  Lodovico  il  Moro  il499),  illustri  veneti 
appartenenti  alle  famiglie  Contarini  e  Bembo  ,  Galeazzo  Pallavi- 
cino (1509)  il  contestabile  di  Borbone,  Maria  d'Austria  imperatrice  , 
figlia  ,  moglie  e  madre  di  imperatori  ed  altri  molti  furono  in  epoche 
diverse,  nella  rócca  di  Soncino. 

Il  Signor  G.  Mongeri  continua  la  sua  pubblicazione  di  alcune 
postille  di  un  anonimo  seicentista  alla  prima  edizione  delle  vite  dei  più 
eccellenti  artefici  italiani  scritte  da  Giorgio  Vasari.  Noi  non  sappiamo 
a  dire  il  vero  vedere  l'utilità  di  sì  fatta  pubblicazione  :  per  noi  queste 
postille  non  hanno  alcun  valore  storico  e  si  limitano  a  notizie  di 
nessun  interesse  ,  ed  anche  quando  pretendono  di  correggere  qualche 
errore  ,  1'  editore  riconosce  che  quest'  errore  non  esiste  nel  mano- 
scritto   del  Vasari  ,  ma  bensì  è  di    stampa.  Per    esempio  nella    vita 

di  Raffael  da  Urbino  il  Vasari  dice era  stato  allogato  da  Pio  II 

pontefice  ,  nel  Duomo  di  Siena II  postillatore  :   «  Ridi   del  dabben 

uomo  -,  Pio  II  fu  Papa  dal  1458  al  1464  e  Raffaello  nacque  nel  1483, 
e  lo  fa  dipingere  con  Pinturicchio  sotto  Pio  II  !  —  Vorrà  dire 
Pio  III  ».  £  l'editore  in  ultimo  afferma:  «  È  un  errore  di  stampa  , 
ripetuto  tuttavia  in  alcuue  edizioni  successive  ,  che  i  commentatori 
dell'edizione  Le  Monnier  rilevano  e  correggono  nei  giusti  termini  ». 
Più  utili  alle  ricerche  storiche  ,  ora  che  si  tien  dietro  alle  più  pie- 
cole  manifestazioni  dello  spirito  umano  ,  ci  sembrano  i  documenti 
pubblicati  dal  Signor  A.  Bertolotti  su  Tommaso  Della  Porta  ed 
altri  artisti  lombardi;  e  la  corrispondenza  fra  il  cardinal  Moroni 
ed  il  famoso  cardinale  Pool  arcivescovo  di  Cantorbery  ,  i  quali  due 
eminenti  prelati  tendevano  ad  una  riforma  della  Chiesa  in  senso 
cattolico. 

Fra  i  documenti  messi  alla  luce  sotto  il  titolo  Curiosità  di  Ar- 
chivio richiamò  specialmente  la  nostra  attenzione  uno  risguardante 
quel  Cola  Montano  maestro  di  scuola  ,  che  spiegando  i  classici  ai 
nobili  giovani  milanesi  gli  incitava  coli'  esempio  di  Bruto  a  spengere 
il  tiranno  della  loro  patria  ,  che  non  era  altri  che  il  duca  Galeazzo 
Maria  Sforza    Jacobmus  de  Olzatc  (Olgiati)  si  raccomanda  al  Duca 


PUBBLICAZIONI   PERIODICHE  199 

che  veda  modo  di  far  ritornare  alla  casa  paterna  un  suo  figliuolo  di 
nume  Girolamo  di  13  anni  fuggito  con  Batista  Visconti  e  Cola  Mon-- 
tano  lor  maestro.  L'Olgiati  è  impensierito  di  questa  scappata  del 
fìllio  ,  carica  di  ogni  vituperio  il  maestro  sovvertitore  «  e  certo  mi 
reputo  questo  uno  infelice  et  infortunato  caso  ,  dubitando  chel  sia 
come  una  pecorella  nelle  mani  del  lupo,  e  che  questo  perfidissimo 
homo  el  faza  capitare  in  qualche  sinestro  caso  ».  Il  povero  padre 
protesta  che  suo  figlio  era  e  sarebbe  stato  un  fedelissimo  servitore 
dell'eccellentissimo  signor  duca,  non  prevedendo  che  Girolamo  doveva 
poi  essere  tanta  parte  di  quella  tremenda  congiura  resa  immortale 
dalle  stupende  pagine  di  Niccolò  Machiavelli. 

Nel  Bullettino  della  Consulta  Archeologica  che  è  come  un'ap- 
pendice ,  anzi  parte  integrante  dell'  Archivio  storico  lombardo  ,  oltre 
alcuni  articoli  del  Sig.  Caimi  sopra  una  tomba  dell'  età  romana  ,  e 
sopra  alcune  epigrafi  recentemente  rinvenute,  abbiamo  un  dotto  articolo 
del  Signor  Carlo  Belgioioso  sulle  Aquile  Romane,  articolo  che  vo- 
gliamo brevemente  esaminare.  Nel  1820  un  contadino  della  signoria 
d'  Erbach  (granducato  d'Assia  Darmstadt)  smovendo  alcune  pietre 
trovò  un'aquila  di  bronzo  dorato  alta  18  centimetri  e  del  peso  di  circa 
2600  grammi.  Questa  insegna  romana  fu  offerta  al  conte  di  Erbach  , 
il  quale  la  ripose  nella  sua  collezione  archeologica  e  si  affrettò  ad 
illustrarla  con  qualche  congettura  storica.  L'illustratore  dà  una  grande 
importanza  a  questo  bronzo ,  nessun  ostacolo  gli  pone  la  considera- 
zione che  Plutarco  ,  Appiano  e  Cicerone  affermino  le  aquile  legio- 
narie essere  d*  oro  o  d'  argento  ,  anzi  a  dirittura  designa  la  legione 
che  militò  sotto  questa  insegna  ,  la  ventiduesima  cioè  ,  che  tenne  a 
lungo  presidio  nelle  contrade  renane  e  vi  ebbe  diversi  incontri  col 
nemico.  11  Sig.  Belgioioso,  con  molta  ragione,  a  parer  nostro,  attenua 
V  entusiasmo  per  questa  scoperta  di  Erbach  ,  dicendola  pur  nono- 
stante preziosa  per  gli  studj  storici ,  ma  barbara  per  la  forma  arti- 
stica e  che  rammenta  i  tempi  della  decadenza  dell'arte  romana,  e 
superata  di  gran  lunga  da  una  simile  insegna  scoperta  recentemente 
a  Bergamo  ,  la  quale  nelle  sue  forme  rammenta  il  secolo  aureo 
dell'arte.  E  prima  di  venire  a  discorrere  di  quest'aquila  l'autore 
stabilisce  l' importanza  che  aveva  questo  segno  presso  i  Romani  in 
i pianto  che  era  considerata  appunto  come  insegna  e  come  simbolo.  E 
qui ,  pur  facendo  prova  di  vasta  erudizione  ,  il  Sig.  Belgioioso  non 
si  sa  liberare  da  certe  affermazioni  storiche  ,  che  ornai  la  critica  , 
e  specialmente  quella  tedesca  (che  sebbene  qualche  volta  abbia  esa- 
gerato pure  non  andò   lontano    dal    vero    studiando  i  primi  tempi  di 


200  PUBBLICAZIONI    PERIODICHE 

Roma)  mise  nel  campo  delle  ipotesi  (1).  Del  rimanente  severissimo 
è  l'esame  che  l'autore  fa  «lì  questa  insegna,  ed  è  con  molta  riser- 
vatezza ,  aiutato  ancora  da  un'  iscrizione  scoperta  nel  luogo  ,  nel 
quale  si  rinvenne  l'aquila,  che  viene  a  stabilire  questo  simbolo  della 
potenza  romana  essere  appartenuto  alla  coorte  Betica. 

L'  Arolirvio  Veneto  incomincia  il  fascicolo  22.°  colla 
pubblicazione  di  un  dotto  ed  erudito  ragionamento  del  Sig.  Tommaso 
Luciani  sui  dialetti  dell' Istria,  nel  quale  l'A.  illustra  con  grande  ric- 
chezza di  cognizioni  storiche  e  filologiche  un  documento  di  soli  32  anni 
posteriore  al  divino  poeta  Alighieri,  dal  titolo  Acusa  contro  ser  Nico- 
laum  Zeno  olim  comite  pole,  concludendo  che  se  il  parlare  degl'Istriani 
era  un  po' aspro,  pure  doveva  ritenersi  per  italiano. 

11  Sig.  Gr.  F ANTONI  pubblica  una  memoria  su  due  maestri  di  musica 
veneziani,  N.  Monferrato  e  G.  I.  Brasa;  ed  il  Sig.  Tarlo  Cipolla 
illustra,  con  una  erudizione  forse  soverchia  per  il  soggetto  trattato, 
la  iscrizione  volgare  dell'anno  1375  del  ponte  Navi  a  Verona.  L'Au- 
tore discute  varie  dizioni  proposte  da  altrettanti  eruditi  veronesi  , 
mette  in  chiaro  come  la  iscrizione  lodi  lo  splendido  principato  di  Can- 
signorio  succeduto  insieme  col  fratello  Paolo  Alboino  a  Cangrande  II, 
principato  lodatissimo  per  avere  mantenuta  la  pace  e  per  avere  satol- 
lato il  popolo  nei  tempi  di  carestia  ,  infine  il  Sig.  Cipolla  ne  stabilisce 
una  nuova  lezione. 

Il  Dott.  Giuseppe  Tassini  continuando  l'opera  del  Cico 
illustra  alcune  iscrizioni ,  che  si  trovano  nel  soppresso  convento  di 
S.  Maria  della  Carità  in  Venezia  ,  iscrizioni  che  hanno  un'importanza 
storica ,  inquantochè  alcune  di  esse  si  riferiscono  al  famoso  convegno 
di  Venezia  fra  Papa  Alessandro  III  e  Federigo  Barbarossa  ,  e  le 
altre  ad  uomini  illustri  veneziani. 

(1)  Questa  considerazione  .  che  ad  alcuno  potrà  sembrare  un  po'  esa- 
gerata ci  corse  spontanea  al  pensiero  leggendo  come  Romolo  volendo 
raccogliere  intorno  a  se  i  compagni  del  suo  illustre  brigantaggio  ,  per 
usare  le  parole  dell'autore  ,  strappasse  dal  suolo  uu  pugno  d'  erba,  e  lo 
levasse  sopra  un  palo,  affinchè  gli  sbandati  vedessero  dove  era  il  loro 
duce ,  ed  accorressero  a  lui.  Non  neghiamo  che  nelle  prime  epoche  della 
civiltà  umana  questo  non  fosse  come  il  principio  dell'  insegne  guerresche  ; 
e  nelle  tribù  che  ancora  ai  tempi  nostri  vivono  allo  stato  selvaggio  si  tro- 
vano simili  costumanze  ,  ma  1'  attribuirlo  all'  epoca  prima  di  Roma  ed  a 
Romolo  che  ormai  per  la  storia  non  è  altro  che  un  eroe  involto  molto 
dalla  leggenda  è  ciò  che  non  accettiamo. 


PUBBLI*   AZIONI    PERIODICHE  201 

Il  barone  ALFREDO  REUMONT  ci  dà  la  fine  del  viaggio  in  Italia 
del  Cav.  Arnoldo  dì  Haiti'.  Abbiamo  fatto  già  conoscere  ai  lettori  del- 
ituo quella  parte  cbe  risguardava  l'Italia  centrale,  e  più  parti- 
colarmente Roma:  ora  cercheremo  «li  compendiare  ciò  ebe  l'arguto 
■ino  del  secolo  XV  racconta  rispetto  al  suo  viaggio  dell'alta 
Italia;  e  sebbene  questa  parte  ci  sembri  menu  importante  della  prima, 
pure  può  avere  qualche  interesse  storico.  L'  Harff  segue  nel  suo  \ ; 
la  via  dell'Adriatico,  va  «la  Fano  a  Pesaro,  da  Pesaro  a  Elimini, 
poi  a  Ravenna,  da  Ravenna  a  Chioggia  indi  a  Venezia.  11  viaggia- 
tore a  dire  la  verità  non  si  mostra  molto  colpito  di  quesfri  singola- 
rissima città  ,  ebe  par  che  sorga,  no\ella  Venere  ,  dalle  onde  marine, 
nota  invece  il  grande  concorso  di  negozianti  di  tutti  i  paesi  sulla 
piccola  piazza  di  Kialto  a  sbrigare  i  loro  affari  -,  visita  la  Cbiesa  di 
San  Marco ,  ne  ammira  il  tesoro ,  e  ci  fa  un  racconto  molto  confuso 
sui  famosi  quattro  cavalli ,  che  sono  sulla  facciata  della  metropoli- 
tana veneziana  ,  racconto  che  per  la  soverchia  lunghezza  ,  con  mio 
dispiacere  non  posso  qui  riferire.  Poi  P  Harff  visita  il  palazzo  del 
Doge  ,  parla  erroneamente  delle  colonnette  ,  fra  le  quali  si  impicca- 
vano qualche  voltai  delinquenti,  dicendo  che  fra  essi  si  impiccava  il 
Doge  se  commetteva  qualche  cattiva  azione  ;  discorre  rettamente  del 
governo  veneto ,  e  ci  descrive  la  maniera  solenne ,  colla  quale  il 
Doge  si  mostrava  in  pubblico.  «  Lo  vidi  andare  (1)  solennemente  a 
San  Marco  nell'ordine  seguente.  Portavansi  in  primo  luogo  otto 
stendardi  dorati,  quattro  bianchi  e  quattro  scuri ,  poi  un  altro  sten- 
dardo dorato  e  tutto  dipiuto.  Seguiva  una  sedia  dorata  con  cuscino  di 
drappo  il'  oro  ed  il  berretto  di  Doge  di  cui  si  estima  il  valore  a  cento- 
mila ducati,  finalmente  veniva  il  Doge  splendidamente  vestito.  Portava 
lunga  barba  bianca  e  un  berretto  di  seta  rossa  ,  di  forma  singolare 
e  propria  ai  Dogi.  Lo  precedevano  un  cero  bianco  acceso  sopra  un 
candeliere  argenteo.  Precedevano  ancora  quattordici  suonatori  ,  cioè 
otto  con  trombe  di  argento  da  cui  pendevano  drappi  tessuti  d'oro 
coli'  arme  di  S.  Marco,  e  sei  pifferi  con  trombette  ornate  anch'esse 
di  drappi  preziosi.  Dietro  al  Doge  portavasi  la  spada  di  lui  in  fodera 
d'  oro.  Venivano  poi  gli  undici  signori  ed  i  nobili  ,  riccamente  vestiti . 
tutti  degnissimi  personaggi  ».  Parla  quindi  dello  sposalizio  del  Doge 
nel  giorno  dell'Ascensione  ,  dell'  arsenale  veneto  e  di  molti  costumi 
veneziani,  tantoché  per  questa  parte  il  racconto  dell'  Harff  diventa 
veramente  interessante.  Da  Venezia  il  nostro  viaggiatore  per  Padova 
(dove  ammira  il  convento  di  Sant'Antonio),  Vicenza,  Verona,  Bre- 
scia va  a   Milano;  della  quale  città  parla  poco,  sebbene  gli    appaia 

(1)  Allora  era.  Doge  Agostino  Barbarigo. 


202  PUBBLICAZIONI    PERIODICHE 

«  grande,  bellissima  e  gaia  ».  Visita  quindi  gli  stati  del  Duca  di 
Savoia  ,  ed  a  Chivasso  osserva  come  «  qui  comincia  un'  altra  lingua  , 
mezzo  francese  e  mezzo  italiana  ,  e  un  altro  modo  di  vestire  sì  d'uo- 
mini che  di  donne  secondo  la  foggia  francese  ». 

Fra  gli  aneddoti  storia' e  letterari  troviamo  un'interessante  illu- 
strazione del  Sig.  D.  Bertoltni  di  una  lapide  romana  scoperta  il 
20  Maggio  passato  in  Val  di  Cadore  ;  e  dopo  una  copiosa  rassegna 
bibliografica  le  pubblicazioni  del  22.°  fascicolo  dell'Archivio  Veneto  si 
chiudono  con  un  programma  del  Dott.  Urbani  de  Ghéltof  ,  il  quale 
si  propone'  di  mettere  in  luce  ed  illustrare  i  monumenti  numismàtici 
del  museo  Correr  ,  pubblicazione  che  sarebbe  molto  utile  agli  studi 
storici  ,  ed  alla  quale  noi  applaudiamo  con  tutte  le  forze  dell'  animo. 

La  PJivistst  Unirersalo,  mese  di  Luglio,  fase.  165  della 
collezione  ,  contiene  un  articolo  di  argomento  storico  del  Sig.  Attilio 
Carli  dal  titolo:  Vespasiano  Gonzaga.  L'Autore  parlando  del  duca 
di  Sabbioneta  e  Trajetto  ne  avverte  in  una  specie  di  prefazione  che. 
egli  ha  voluto  tentare  un  genere  nuovo  di  scrittura  storica  ,  cioè  di 
intrecciare  intorno  al  suo  principale  personaggio  molti  fatti  ,  poiché 
ad  esso  pare  «  che  alle  storie  d' interesse  locale  e  ristretto  possa 
convenire  un  certo  modo  di  trattazione  ,  il  quale  ammetta  soltanto  i 
fatti  veri,  ma  conceda  allo  scrittore  molto  arbitrio  nell' aggrupparli 
e  molta  facoltà  di  illustrarli  con  altri  fatti  ed  altre  notizie  ».  Noi 
ammettiamo  in  massima  1'  idea  del  Sig.  Carli  ,  ed  anzi  diremo  che 
non  è  cosa  nuova  che  un  autore  trattando  di  un  illustre  personaggio  , 
oltre  i  fatti  che  strettamente  gli  si  riferiscono  ,  per  mettere  più  in 
luce  le  sue  virtù  o  i  suoi  difetti  ,  narri  ancora  altri  avvenimenti  che 
non  abbiano  tanto  legame  col  protagonista  del  racconto  ,  ma  però 
per  fare  questo  ci  vuole  un  grande  acume,  storico  ,  bisogna  saperi; 
ordinare  convenientemente  questi  fatti;  ed  il  Sig.  Carli  in  questo 
suo  scritto  non  sappiamo  quanto  si  sia  attenuto  a  questa  massima. 
E  vero  che  il  nostro  giudizio  ad  alcuno  potrà  sembrare  un  po'  pre- 
coce, poiché  il  fascicolo  di  Luglio  non  ci  dà  compiuto  questo  lavoro; 
e  noi  desistiamo  da  più  oltre  esaminarlo,  ed  aspettiamo  a  riparlarne 
quando  avremo  tutta  la  monografia  sotto  gli  occhi  ;  e  ,  se  abbiamo 
errato  nel  nostro  giudizio  ,  volentieri  ci  correggeremo. 

I  documenti  intorno  a  Girolamo  Savonarola  pubblicati  in  questo 
fascicolo  della  Rivista  risgnardano  le  relazioni  del  frate  Ferrarese 
con  Pratesi  ,  ed  anche  dopo  il  lavoro  ormai  conosciutissimo  del 
l'omm.  Villari ,  ci  sembra  che  gettino  nuova  luce  sul  famoso  quanto 
sventurato  priore  di  San  Marco. 


PUBBLICAZIONI    PERIODICHE 

Chiudiamo  questa  rassegna,  segnalando  ai  nostri  lettori  uno  stu- 
dio del  Signor  Domenico  Malfatti  che  troviamo  nella  Nuova  Anto- 
logia (Giugno)  su  1:  infelice  nipote  ili  Culo  Magno  Bernardo  Re 
d'Italia.  Carlo  Rosselli  Del  Turco. 

Curiosità,  e  rticerclie  «li  Storia,   suoalpirta  pub- 
blicate da  una  Sot  ietà  di  studiosi  'li  patrie  memorie.  Puntata  VII. 
-  Roma,  Torino,  Firenze.  Fratelli  Bocca  ,  1876. 
La  duchessa  Ortensia  Mazzarino  e  la   principessa  Maria  Colonna 
sorelle  Mancini  ed  il  duca  Carlo  Emanuele  II  di  Savoia  1672-75.  Con- 
tinuazione e  fine  (A.  D.  Perrero).    I     castelli   della    Valle  d'Aosta 
(Giuseppe  GlACOSA).  -  Il  conte    Camillo    Benso  di  Cavour  ,  Rimem- 
branze di  Federigo  Sclopis.  -  Il  tesoretto  di  un  bibliofilo    piemon- 
tese. Num.  5.  Studi  principeschi   (A.  M.).  -  Istruzione    del    cardinale 
Maurizio  di  Savoia  al    conte    Messerati  (V.  Promis).  -  Due   anni  di 
regno  (1460-62)  di   !  odovico  duca  di  Savoia  (  F.  Saraceno). 

I.  Le  vicende  delle  due  sorelle  Mancini  ,  a  cui  la  parentela  ,  le 
adereuze ,  la  bellezza,  gli  amori  dettero  celebrità  nel  secolo  di  Lui- 
gi XIV,  che  furono  argomento  ai  discorsi  del  mondo  elegante  d'allora,  e 
di  scritture  e  di  libri  poi  ,  vengono  illustrate  dal  signor  Perrero  con 
documenti  trovati,  crediamo,  nell'Archivio  di  Stato  di  Torino,  per 
il  tempo  iu  cui  1'  Ortensia  dimorò  nel  castello  ducale  di  Chambery, 
la  principessa  Maria  in  Torino ,  ambedue  trattate  dal  duca  Carlo 
Emanuele  II  con  cortesia  che  ben  si  può  dire  galanteria.  Lo  scritto 
del  signor  Perrero  qualche  volta  ci  sembra  diffuso  oltre  il  necessario  ; 
ma  rivela  uno  studio  molto  accurato  e  conoscenza  dei  tempi  e  del  cuore 
umano  :  si  legge  cou  attraenza  ,  e  lascia  nella  mente  vivi  i  ricordi 
per  modo  da  potersi  come  ricomporre  1'  immagine  morale  delle  due 
donne,  destinate  a  consumare  la  vita  fra  i  disinganni  di  fallite  ambiz 
e  i  rimproveri  della  coscienza  per  errori  effetto,  ci  pare,  più  che  dell  i 
violenza  della  passione,  degl'impeti  della  mobile  fantasia.  E  uno 
studio  al  pari  che  storico  ,  morale  ,  di  quelli  che  conferiscono  alla 
cognizione  dell'uomo  colle  modificazioni  che  portano  i  tempi  alle  idee, 
al  sentimento  ;  tanto  più  profittevoli  perchè  i  fatti  sono  accertati. 

II.  Vivace  e  briosa  la  scrittura  del  siguor  Giacosa  ,  che  mette 
in  curiosità  di  conoscere  i  castelli  di  Fenis  e  Issogne  ,  nella  Valle 
d'Aosta,  conservanti,  secondo  egli  dice,  la  flsionomia  e  il  carattere 
de'  castelli  feudali  •,  e  de'  quali  farà  in  seguito  la  descrizione  e  la  storia. 

III.  Tutto  quello  che  appartiene  alla  vita  del  conte  di  Cavour 
non  può  a  meno  di  destare  la  curiosità  ,  specialmente  se  le  notizie 
vengono  da  chi  ha  avuto  modo  di  conoscerlo  appieno  ed  ha  l'autorità 


204  PUBBLICAZIONI   PERIODICI i: 

del  senatore  Sclopis.  Il  quale  discorre,  secondo  particolari  ricordi,  della 
giovanezza  del  conte  di  Cavour  e  d'alcuni  punti  de'  tempi  memorabili 
del  suo  ministero.  Non  può  a  meno  di  colpire  il  passo  d'una  lettera 
che  il  2  ottobre  1832  scriveva  alla  marchesa  Giulia  Falletti  di  Barolo: 
u  Je  vous  avouerai,  au  rlsque  de  vous  faire  longtemps  rire  de  moi , 
u  qu'il  y  a  eu  {un)  temps  où  je  ne  croyais  rie»  au  dessn  de  mes  for- 
ti ces  ,  où  j'aurais  cru  toni  naturel  de  me  reveiller  un  beau  matin 
u  ministre  dirigeant  du   Hoyaume  d'Italie  •». 

IV.  Il  dotto  bibliofilo  che  del  suo  nome  vuole  con  modestia  met- 
ter soltanto  le  iniziali  A..  M.,  continua  la  raccolta  di  preziose  notizie, 
cominciata  e  proseguita  nei  fascicoli  precedenti  ;  e  pubblicando  alcuni 
inventari  di  libri  e  alcune  partite  di  conti  ,  ci  viene  a  far  sapere  quali 
studi  si  facevano  da  qualcuno  de'principi  di  casa  Savoia  ,  quali  libri 
si  leggevano  da  essi  e  qual  conto  si  faceva  di  questi  :  e  principalmente 
aggiunge  a  quelle  da  altri  pubblicate  delle  notizie  sulli  studi  di  Carlo 
Emanuele  I 

V.  Il  cardinale  Maurizio  di  Savoia  avrebbe  voluto  fare  a  meuo 
degli  aiuti  di  Spagna  nella  guerra  contro  la  Reggente,  che  per  lui 
come  per  il  fratello  Tommaso  era  per  1'  indipendenza  dello  Stato  Sa- 
baudo dalla  Francia.  La  istruzione  al  conte  Messerati  dimostra  senno, 
cultura  non  comune,  e  più  che  ambizione,  affetto  al  paese. 

VI.  Se  alle  buone  intenzioni  del  figliuolo  d'Amedeo  Vili  faces- 
sero contrasto  difficoltà  insuperabili  dei  tempi  o  la  fiacchezza  della 
volontà  non  si  può  affermare  neanche  dopo  aver  letto  le  pagine  del 
signor  F.  Saraceno.  Il  quale  ricercando  negli  Archivi  le  testimonianze 
autorevoli  per  confermare  o  raddirizzare  i  giudizi  severi  degli  altri 
storici  ,  ha  trovato  materia  abbondante  per  far  sapere  come  a  repri- 
mere le  violenze  dei  prepotenti  ,  a  mantenere  la  interna  sicurezza  ,  a 
impedire  le  ruberie  del  pubblico  denaro  e  a  rendere  imparzialmente 
retta  l'amministrazione  della  giustizia  ,  il  duca  Lodovico  fece  molte  e 
savie  provvidenze.  Alle  divulgate  aggiunge  poi  notizie  peregrine  in- 
torno alle  contese  che  il  duca  ebbe  col  conte  Iacopo  Valperga  di 
Aitino,  descritte  dal  Cibrario  e  dallo  Selopis;  intorno  alla  guerra 
fatta  per  conservare  al  figlio  Lodovico  la  contrastatagli  corona  di 
Cipro-,  sulle  relazioni  con  Roma;  sui  provvedimenti  per  impedire  gli 
abusi  del  fóro  ecclesiastico;  sul  quale  proposito  prende  occasione  a 
far  conoscere  un  curioso  breve  di  papa  Urbano  V  al  conte  Amedeo  VI. 
Parlando  delle  cose  di  Cipro  riferisce  ,  secondo  un  autentico  docu- 
mento ,  un  discorso  del  cancelliere  Antonio  di  Romaguauo  sul  conce- 
dersi o  no  dal  duca  l'aiuto  chiesto  dalla  regina  Carlotta  ;  discorso 
pieno  di  senno  e  di  avvedimenti  politici,  degno  delli    statisti    che  in 


PUBBLICAZIONI    PERIODICHE  205 

quel  secolo  stesso  ebbero  miglior  campo  o  più  fortuna  per  esercitare 
1'  ingegno  e  raccomandare  la  memoria  delle  opere.  G. 

A.x'ch.ivio  Storico  per*  le  I?i*crviiieie  Napoleta- 
ne, pubblicato  a  cura  della  Società  ili  Storia  Patria.  —  Anno  i. 
—  Napoli,  Detken  e  Rocboll  e  F.  Giannini,   1876. 

Fascicolo  1:  B.  CAPASSO.  Le  fonti  della  storia  delle  Provincie 
Napoletane  dal  568  al  1500.  -  Le  cronache  de  li  antiqui  Hi  del 
di  Napoli  di  D.  Gaspare  Fuscolillo.  -  C.  Minieri  Riccio. 
Memorie  della  guerra  di  Sicilia  negli  anni  1262  ,  83  ,  Hi  tratte  dai 
registri  Angioini  dell'Archivio  di  Stato  di  Napoli.  -  Scipione  Vol- 
piceeea.  Viaggio  del  card.  d'Aragona.  -  Parere  del  Collaterale  sui 
tumulti  avvenuti  per  la  pubblicazione  della  Storia  civile  del  Giannone. 
-  Li  mi  Volpicelea.  Maso  d'  Aquosa  e  la  Gabella  dello  Scaunaggio 
di  Molfetta.  -  La  morte  di  Giovan  Vincenzo  Starace  eletto  del  po- 
polo di  Napoli  nel  Maggio  15&5.  -G.de  B.  L'Università  di  Napoli 
nel  1714.  -  G.  De  Petra.  Due  decreti  municipali  di  Pesto.  -  Ras- 
segna bibliografica.  Fascicolo  11:  -  B.  Cai'ASSO.  Le  fonti  della  Storia 
delle  provincie  Napoletane  dal  568  al  1500.  -  N.  Faraglia.  Bilancio 
del  Reame  di  Napoli  degli  anni  lò'M  e  1592  -  C.  Minieri  Riccio. 
Memorie  della  guerra  di  Sici.ia  negli  anni  1282  83-81.  -  Scipione 
Volpicella.  Camillo  Tutini.  -  G.  De  Beasi. s.  Relazione  della  pe- 
stilenza accaduta  in  Napoli  nel  1656.  -  C.  Stornaiuolo.  Alcune  iscri- 
zioni inedite  di  Aquino.  -  Rassegna  bibliografica. 

Per  varie  età  della  storia  delle  provincie  napoletane  ci  aggiriamo 
leggendo  questi  due  fascicoli -,  ne'quali  troviamo  e  notizie  peregrine, 
e  l'espressione  di  affetti,  di  passioni,  di  bisogni,  nell'alternate  delle  si- 
gnorie. Ottimamente  il  signor  Bartolommeo  ('a passo,  uno  degli  eru- 
diti che  più  onorami  i  nostri  studi,  rifa  ordinatamente,  non  a  guisa 
d'inventario,  e  colla  piena  cognizione  delle  cose  di  cui  discorre,  la 
storia  de'  primi  scrittori  napoletani  ,  le  cui  cronache  son  tanta  parte 
delle  grandi  collezioni  del  Muratori  e  del  Pertz  ,  rammentando  i  dotti 
che  precederono  e  aprii-OTio  in  certo  modo  la  via,  que' ciotti  che  vor- 
remmo, per  gratitudine,  veder  meglio  tenuti  in  onore.  Dopo  aver 
parlato  in  generale  del  materiale  storico  che  prepararono  i  monaci 
nella  solitudine  del  chiostro  ,  delle  diverse  pubblicazioni  fatte  delle 
cronache  medioevali  e  delle  raccolte  di  documenti  per  cui  non  sono 
mancati  fino  a'  nostri  giorni  pazienti  ricercatori  ,  esamina  più  parti- 
colarmente le  cronache  dell'  epoca  normanna  indicando  i  codici  che 
ne  esistono  e  le  edizioni  che  se  ne  hanno,  e  dando  indicazioni  per  mi- 
gliorare alcune  delle  edizioni  fatte  finora. 


206  PUBBLICAZIONI    PERIODICHE 

L'egregio  amico  nostro  Minieri  Riccio  pubblicando  una  parte 
de 'suoi  lunghi  e  pazienti  lavori  sui  registri  angioini  ,  nel  modo  stesso 
che  altra  parte  ne  stampa  nel  periodico  nostro,  dà  preziose  notizie 
sul; a  guerra  contro  la  Sicilia  dopo  il  Vespro,  .'lette  in  rilievo  i 
molti  provvedimenti  di  Carlo  I  per  gli  apparecchi  della  guerra  stes- 
sa ,  continuati  per  più  mesi  con  accorgimento  e  costanza  dal  figliuo- 
lo suo  mentre  tenne  la  reggenza  :  dà  informazioni  dell'  assedio  di 
Messina,  delle  pratiche  per  il  famoso  duello,  delle  pratiche  diplo- 
matiche con  altri  Stati  d'  Italia  per  averne  aiuti  e  particolarmente 
con  Venezia.  Fa  sapere  le  somme  che  agli  Angioini  prestò  il  Papa 
Martino  IV  espressamente  per  la  guerra.  Vi  si  vede  come  fosse 
necessario  al  reggente  premunirsi  anche  contro  i  nemici  interni  che 
si  adoperavano  a  suscitare,  tumulti  negli  Abruzzi  e  nelle  Calabrie  ; 
quale  sollecitudine  egli  avesse  per  1' amministrizione  dello  Stato-,  di 
che  son  prova  il  parlamento  convocato  nel  piano  di  San  Martino  , 
e  le  due  commissioni  nominate  per  visitare  le  provincie  col  fine  di 
far  rispettare  dagli  uffiziali  del  governo  e  dai  feudatari  le  antiche 
e  le  nuove  costituzioni.  Non  sappiamo  se  per  accorgimento  politico 
o  per  sentimento  di  giustizia  furono  inflitte  pene  severe  ad  alcuni 
de'  quali  si  dice  aver  colle  ruberie  e  le  vessazioni  dato  motivo  alla 
sollevazione  dei  Siciliani.  Tra  le  persone  adoperate  nel  governo  in 
maggior  numero  di  quelli  del  paese  si  vedono  i  forestieri  \  e  ci  troviamo 
qualcuno  d'altre    parti  d'  Italia  ,  specialmente  di  Firenze. 

La  compilazione,  o  trascrizione  che  sia,  del  Fuscolillo,  messa  in 
luce  dal  Capasso  ,  porta  ,  se  non  fatti  nuovi,  la  conferma  di  quelli 
conosciuti  ,  con  qualche  variazione  notevole  particolarmente  per  il 
tempo  che  corre  dal  regno  di  Ferrante  d'Aragona,  tìuo  al   1529. 

La  relazione  del  viaggio  del  cardinal  d'Aragona  scritta  da  An- 
tonio de  Beatis,  è  curiosa  per  alcune  notizie  d'usanze  nei  paesi  visi- 
tati ,  particolarmente  in  Francia  e  nei  Paesi  Bassi  ;  e  può  sommini- 
strare alli  studiosi  della  bibliografia  qualche  indizio  dei  codici  rac- 
colti a  Napoli  dagli  Aragonesi ,  dalli  Sforza  a  Milano  ,  portati  in 
Francia  o  dai  conquistatori  o  dall'  esule  Federigo  terzo. 

Per  il  tempo  del  vicereame  spaguuolo ,  documento  di  molto  rilievo 
e  nuovo  è  il  bilancio  del  IÒ91  e  92  bene  illustrato  dal  signor  Fara- 
glia  ;  che  mette  in  rilievo  le  condizioni  economiche  del  paese. 

Terribile  tragedia,  con  efficace  evidenza  quasi  presentata  dinanzi 
agli  occhi ,  è  la  uccisione  dell'  infelice  Giovan  Vincenzo  Starace  , 
Eletto  del  popolo  ,  su  cui  la  plebe  inferocita  di  Napoli  rovesciava 
la  colpa  del  caro  del  pane.  Questa  scrittura  ricavata  da  un  mano- 
scritto del  secolo    XVIII ,  al   pari    della    Relazione   della  pestilenza 


PUBBLICAZIONI   PERIODICHE  207 

del  1656,  pubblicata  dal  Signor  G.  De  Blasiis,  fanno  prova  che  tra 
le  miserie  della  dominazione  spagnola  non  mancò  la  cultura  intellet- 
tuale ;  che  in  ambedue  le  relazioni,  torse  più  nella  seconda  ,  e'  è 
vivezza  di  stile  e  di  colorito,  e'  è  l'arte  che  dà  movimento  ai  pen- 
sieri ,  il  senno  che  giudica  i  t'aiti.  Chi  descrisse  la  pestilenza,  per  la 
quale  morivano  fiu  mille  persone  al  giorno,  doveva  essere  un  sottile,  os- 
servatore-, e  non  gli  si  può  menar  buono  che  non  sapesse  dove  stavan 
di  casa  Tacito  e  il  Machiavelli.  Egli  seppe  e  vide  tuttociò  che  avveniva 
giorno  per  giorno  per  le  vie  ,  nei  lazzeretti  ,  nella  reggia  ,  nei  palazzi 
e  nei  tugurii ,  nei  conventi  e  nelle  chiese  ;  conosceva  le  passioni  clic 
agitavano  il  popolo,  i  timori  dei  governanti:  riuscì  poi  colla  parola  ad 
eccitare  tanti  sentimenti  svariati  ,  temperando  la  terribilità  delle  scene 
con  mesto  sorriso  pei  pregiudizi  volgari  e  per  le  superstizioni  messe 
a  proritto  per  avidità  di  guadagno. 

Carlo  De  Lellis  ebbe  in  mente  di  denigrare  la  fama  di  Camillo 
Tutini  :  ma  i  cenni  che  scrisse  delle  azioni  del  suo  avversario  ,  e 
che  Scipione  Volpicella ,  amoroso  ricercatore  di  ciò  che  la  biblio- 
teca nazionale  di  iNapoli  ha  di  più  considerevole  ,  mette  in  luce  , 
lo  rappresentano  uno  di  quegli  uomini  generosi  che  s'  adoperarono  a 
liberare  la  pàtria  dalla  oppressione  forestiera.  Chi  scrive  del  periodo 
succeduto  ai  tumulti  che  prendon  nome  da  Masaniello,  trova  nel  breve 
scritto  del  De  Lellis  qualche  fatto  meritevole  d'  esser  più  conosciuto  : 
specialmente  che  il  Tutini  era  riuscito  a  mettere  in  considerazione 
d'Alessandro  VII  e  in  discussione  del  sacro  collegio  la  possibilità  di 
profittare  della  minorità  di  Carlo  II  per  togliere  alla  Spagna  il 
reame  e  ridurlo  sotto  la  dipendenza  diretta  della  Santa  Sede. 

11  Giannone  ,  pubblicata  la  sua  storia  ,  ebbe  a  provare  le  furie 
del  fanatismo  volgare  eccitato  dalle  prediche  di  chiesa.  11  governo 
non  volle  o  non  poteva  dar  ragione  allo  scrittore;  ma  non  volle 
lasciare  impunito  il  gesuita  che  dal  pulpito  sommoveva  la  plebe. 

Per  1'  università  di  Napoli  non  si  misero  a  effetto  le  riforme 
credute  necessarie.  La  relazione  di  P.  Caravita  illustrata  da  G.  De 
Blasiis  fa  conoscere  le  condizioni  in  cui  quella  università  si  trovava 
al  principio  del  secolo  passato. 

L'Archivio  Stanco  napoletano  non  trascura  1'  archeologia  -,  ed 
offre  agli  archeologi  due  decreti  municipali  di  Pesto  pubblicati  da 
G.  De  Petra  ;  e  alcune  iscrizioni  romane  d'Aquino  con  illustrazioni 
di  Cosimo  Stoniamolo.  **• 

l&cvue  de*  Questione  Ilistrolques.  -   Onzième    année. 

3'J   livraison  1  Juillet   1876.  -  Le    pian    de  la  Genèae ,  par  le  R.   i'. 


208  PUBBLICAZIONI    PERIODICHE 

Alpiionse  Delattre.  -  Le  Pape  Etienne  X,  par  M.  Ulysse 
Robert.  -  Nullité  du  mariage  de  Henri  IV  avec  Marguerite  de  Va- 
lois  ,  par  M.  P.  Feret.  -  Les  origines  de  1'  Héresie  de  Bérenger  ,  par 
M.  1' abbé  Delarc.  -  Melanges  :  Marcia  ,  la  Favorite  de  Commode, 
par  M.  Adolphe  de  Ceuleneer.  -  Chabot  de  Brion  ,  Amirai  de 
France  ,  Gouverneur  de  Bourgogne  ,  d'après  sa  correspondance  ine- 
dite, par  M.  Edouard  de  Barthelkmy.  -  La  Fronde  en  1652, 
par  M.  Georges  Gandt.  -  Strasbourg,  l'Alsace  et  le  Rhin  ,  par 
M.*"  La  Cottecelo  Lacensis  ,  par  le  R.  P.  I.  Carron.  Une  nouvelle 
collection  de  documents  relatifs  à  1'  histoire  ecclesiastique  de  la 
Grande- Bretagne  et  de  l'Irlande,  par  M.  Gustave  Masson.  -  La 
Correspondance  des  controleurs  généraux  sous  Louis  XIV  ,  par  M. 
J.  Salmon.  -  Courrier  anglais,  par  M.  G.  Masson.  -  Courrier  belge, 
par  M.  G.  Kurth.  -  Courrier  Italien,  par  M.  G.  Pitrè.  -  Courrier  du 
Nord,  par  E.  Beauvois.  -  Cronique  ,  par  M.  M.  Sepet.  -  Revue 
des    Recueils  périodiques.  -  Bulletin  Bibliografique. 

Revuc  Hi*t«»rique.  -  Première  Année.  Tome  second,  I.  Juillet 
.Septembre-  R.  Dareste.  Francois  Hotinan,  d'après  sa  correspondance 
inèdite.  -  P.  Gaeparel.  La  Fronde  en  Provence.  La  guerre  du  Seme- 
stre. -  C.  Thurot.  Etudes  critiques  sur  les  Historiens  de  la  première 
croisade.  Guibert  de  Nogent.  -  Variétés.  -  E.  Renan.  La  guerre 
des  Juifs  sous  Adrien.  -  I.  Havet.  L'  Homo  Romanus  dans  la  legis- 
lation  franque.  -  M.  ThÉvenin.  Notice  sur  un  manuscrit  carolingien 
de  l'Ambrosienne.  -  C.  Paoli.  Publications  relatives  au  centenaire 
de  Micbel-Ange.  -  Melanges.  J.  Michelet.  Fragments  inédits  sur 
les  empereurs  romains.  -  Bulletin  historique  :  France  par  G.  Fa- 
GNIEZ  et  C.  de  la  Beroe.  Belgique  ,  par  P.  Frédéricq.  -  Russie 
par  G.  Loutchisky.  -  Slaves  du  Sud,  par  L.  Leger.  Orient ,  par 
St.  Guyard  et  Barbier  de  Meynard.  -  Comptes-rendus  critiques. 
Publications  périodiques  et  Sociétés  savantes.  -  Cronique,  etc. 


1  MANOSCRITTI  TORRIGIANI 


AL  R.  ARCHIVIO  CENTRALE  DI  STATO 


DI    FIRENZE 


(Continuazione,  Ved.  tom.  XXIV,  pag.  5.) 

15  novembre.  -  Reverendissimo  Sanctae  Mariae  in  Porticu. 

Nomine  Vicecancellarii. 

«  ....  Postscripta.  Il  Re  Catholico  ha  facto  intendere  a  N.  S.  come 
vedrete  per  li  extracti  che  vi  manda  messer  Bartolommeo,  essere 
mal  satisfacto  di  Inghilterra;  et  come  hanno  qualche  disegno  di  far 
nova  intelligentia  con  Francia ,  insieme  con  Sua  Santità  et  con  Cesare, 
ricercando  Sua  Beatitudine  di  parere  ec.  Quello  ha  facto  l' offitio  , 
secondo  el  consueto  suo,  a  benefitio  del  Cristianissimo.  La  S.  V.  si 
sforzi  di  intendere  se  questa  pratica  è  apiccata  et  a  che  porto  si 
trova  ;  et  venendo  la  occasione,  si  facci  grado  de  le  exhortationi  et 
persuasioni  continue  che  fa  N.  S.  con  li  Spagnoli,  ad  ciò  che  si  in- 
tendino  et  stieno  bene  col  Cristianissimo  ». 

16  novembre.  -  Reverendissimo  Egidio  Nomine  Vicecan- 

cellarii. 

«  ....  V.  S.  reverendissima  vedrà,  per  li  brevi  si  mandano,  come 
si  ha  ad  custodire  la  Decima ,  che  il  Papa  è  ben  contento  che  oltre 
a  la  chiave  che  terranno  la  S.  V.  et  li  Ordinarli  et  li  Capitoli,  el 
Catholico  anchora  ne  tengha  una  chiave;  ma  non  voleinmodo  alcu- 
no che  li  danari  si  possino  toccare  sanza  expressa  licentia  et  com- 
missione di  Sua  Santità,  la  quale  commenda  V.  S.  de  li  savi  et  amo- 
revoli ricordi  et  discorsi  sui  ....  ». 

16   novembre.  -    Ludovico   Alamanno.  Nomine   Vicecan- 
cellarii. 

«  Voi  harete  inteso  da  messer  Francesco  Guicciardini  et  da  mes- 
ser Goro  li  inconvenienti  che  fanno  li  fuorusciti  di   Reggio,   de' quali 
Arch.,  3.a  Serie,  Tom.  XXIV.  14 


210  I   MANOSCRITTI    TORRIGIANI 

tante  volte  vi  si  è  scripto  che  si  faccino  levare  da  quelli  contini: 
et  benché  habbiate  usato  diligentia  et  hauto  bone  resposte,  nondimeno 
non  è  seguito  anchora  effecto  alcuno.  Per  il  che  N.  S.  scrivo  Io  al- 
ligato breve  a  lo  illustrissimo  Monsignore,  et  non  solo  fa  mentione 
de' fuorusciti  di  Reggio,  ma  anchora  de' Maliscotti  exuli,  che  per 
respecto  di  Bologna  potrieno  dare  qualche  fastidio.  Presenterete  decto 
breve  quanto  prima  potrete,  accompagnandolo  con  quelle  parole  che 
vi  occorreranno ,  et  ci  adviserete  de  la  resposta  sua  et  del  seguito....  ». 

19  novembre.  -  Reverendissimo  Campeggio.  Nomine  Vice- 
cancellarii. 

23  novembre.  -  Episcopo  Polensi.  Nomine  Vicecancellarii. 

«  ....  N.  S.  ha  lecto  el  processo  di  quel  prete,  et  veramente  li 
pare  cosa  sceleratissima  et  horrenda.  Tamen ,  confidando  de  la  pru- 
denza vostra,  rimette  a  V.  S.  el  far  di  lui  quello  che  li  pare  ricerchi 
la  iustitia,  sanza  mandarlo  qua  altrimenti.  Di  promotione  di  Cardi- 
nali qua  non  si  parla,  et  N.  S.  non  vi  pensa;  et  però  non  mi  è  parso, 
per  mo',  parlare  a  Sua  Santità  del  figliuolo  del  magnifico  messer 
Luca  ec.  Ma  quando  venissi  la  stagione  da  tractare  simil  cosa,  havemo 
caro  V.  S.  ce  ne  abbi  scripto  tanto  caldamente  in  sua  commendatione, 
per  possere,  al  tempo,  fare  l'opera  di  boa  fratello:  la  quale  faremo, 
et  più  volentieri,  per  esser  note  a  N.  S.  le  bone  qualità  di  epso  mes- 
ser Luca....  ». 

25  novembre.  -  Episcopo  Polensi.  Nomine  Vicecancellarii. 

28  novembre.  -  Reverendissimo   Sanctae  Mariae   in  Por- 
tici!. Nomine  Vicecancellarii. 

«  Io  non  ho  resposto  ,  a'  giorni  passati ,  a  certe  parti  principali 
de  le  lettere  di  V.'  S.  reverendissima,  de'28  et  de'  5,  circa  la  inve- 
stitura del  Catholico  et  corona  di  Cesare  ec.  ;  prima  per  esser  ma- 
teria gravissima  et  che  merita  matura  examina,  di  poi  per  haver 
trovato  N.  S.  con  dispiacere  et  mala  satisfactione  dei  Cristianissimo  : 
che  ogni  volta  entravo  in  questi  ragionamenti,  lo  vedevo  alterare: 
il  che  sapete  quanto  è  contrario  a  la  natura  sua.  Et  non  sendo  noi 
cacciati  dal  tempo,  iudicavo  che  fussi  bene  trovarlo  quieto,  aspectando 
anchora  che  i  Franzesi  si  ravedessino  de'  portamenti  loro.  Apresso , 
questi  advisi  di  Ungheria,  come  vedrete  per  li  extracti,  mi  hanno 
in  modo  confuso  che  io  non  posso  pensare  ad  altro.  Pure,  havendo 
occasione  questa  mattina,  in  su  la  partita  d' un  corriere,  di  doman- 
dare a  N.  S.  qualche  commissione  di  scrivere  a  V.  S.  reverendissima  , 


DONATI   AL   R.   ARCHIVIO   DI   FIRENZE  211 

cominciai  ad  parlare  seco.  Sua  Santità  mi  fece  un  discorso  con  tanta 
aftèctione  verso  del  Cristianissimo,  et  con  tanta  sua  amaritudine, 
eli' i'  non  vorrei  da  l' un  canto  esservi  entrato,  parendomi  haverli 
rinnovato  le  piaghe  ;  da  V  altro ,  non  ho  hauto  per  male  intendere 
hene  la  mente  sua,  per  potervela  scrivere  largamente,  come  farò  per 
la  presente.  V.  S.  ne  farà  quel  ritracto  ,  et  lo  spenderà  col  Cristianis- 
simo et  con  Madama  et  col  gran  Maestro,  secondo  che  il  tempo  et 
le  cose  li  insegneranno.  Nostro  Signore,  considerando  non  solo  le 
cose  passate,  che  sono  molte,  ma  le  presenti,  dubita  forte  che  il 
Cristianissimo  ricerchi  Sua  Santità  che  si  scopra  ad  impedire  la 
electione  del  Catholico ,  et  nieghi  a  Cesare  di  mandarli  la  corona  ec, 
perchè  si  làcci  l'uno  et  l'altro  inimico;  et  la  rottura  si  facci  di 
sorte,  che  a  posta  di  Sua  Beatitudine  non  si  possi  riconciliare; 
ad  ciò  che  questa  Sancta  Sede  et  Sua  Santità  resti  in  tucto  ad 
discretione  de'  Franzesi.  La  quale  opinione  quanto  dispiacere  por- 
gila et  quanto  importi  a  ^-ua  Beatitudine,  a  V.  S.  è  più  facile 
immaginarlo  che  a  me  scriverlo;  perchè,  se  in  questo  tempo  el  Cri- 
stianissimo tiene  poco  conto  del  Papa,  dal  quale  pure  ha  ricevuto 
et  ad  ogni  hora  opera  di  ricevere  gratie  non  piccole ,  et  che  per 
questa  electione  et  coronatione  anchora  ha  da  farne  stima  assai  ;  che 
habbiamo  noi  ad  credere  che  Sua  Maestà  facessi,  poi  che  Cesare  et  il 
Catholico  li  lussino  diventati  inimici  ì  Io  vi  scripsi  a'  dì  5,  circa  a  le 
cose  benetìtiali  di  MUano  quello  che  il  Re  domandava,  et  come  lo 
domandava  ;  et  vi  mandai  la  lettera  propria  che  quella  Maestà  scrivea 
a  me,  perchè  quella  che  andava  a  N.  S.  consigliai  lo  imbasciatore 
die  non  la  presentassi;  et  vi  dissi  li  portamenti  de' Franzesi  a  Mi- 
lano ,  dove  la  Chiesa  Romana  non  è  altro  che  una  derisione.  Le  quali 
cose,  a  un  bisogno,  si  porranno  in  vero  :  che  a  me  proprio  ,  questa 
mattina,  in  una  mia  causa  de'  fìttabili  di  Chiara  valle ,  è  bisognato 
esaminare  testimoni,  cornea  Milano  non  si  trovi  chi  vogli  presentare 
una  citatione,  et  non  sit  tutus  accessus  ec.  Hora,  quanto  questa  parte 
importi  a  uno  Pontefice,  ogni  homo  se  lo  intende.  La  cosa  de' sali, 
capitulata  et  approbata  da  quella  Maestà ,  come  la  passi  et  di  che 
importanza  sia ,  a  V.  S.  non  bisogna  dirlo  ;  che  secondo  lo  scrivere 
vostro,  havendone  parlato  più  volte,  dubitate  che  non  se  ne  habbi 
fastidio.  Et  pure  il  Re  è  obligato  ad  prestare  favore  che  si  possi 
condurre  una  certa  rata  di  sale  fuor  di  quello  di  Cervia  ;  el  quale 
essendo  condocto  in  su  li  confini  de  lo  stato  di  Milano,  basta  la  vista 
a' Genovesi  ad  vietare  a  un  Papa,  coniunctissimo  col  Re  di  Francia 
loro  Signore ,  che  decto  sale  non  vadi  più  avanti.  Li  Venitiani ,  che 
a  le  septimane  passate  volentieri  ci  facevono  vendita  di  4mila  mog- 
gia (et  non  si  fé'  il  mercato  perchè  non  si  havea  bisogno  di  tanta 
somma) ,  adesso ,  che  hanno  inteso  questa  difficultà,  o  che  da  altri 
sono  suti  advertiti,  non  vogliono  concedere  di  venderne  mille.  Sono 


212  I   MANOSCRITTI   TORRIGIANI 

pure  cose  strane  che  ne  li  capitoli,  chiari,  si  trovi  queste  difficultà; 
et  che,  dove  il  Re  ha  ad  prestare  iàvore  con  tucii  li  vicini,  che 
non  li  sono  subditi,  che  lo  lassino  passare  et  faccino  ogni  commo- 
dità  ec.  ;  quella  Maestà  permetta  che  li  vassalli  sui  impedischino 
questo  transito,  così  a  la  scoperta.  IN.  S.  aiichora  è  advisato  da  Ve- 
netia,  come  il  Cristianissimo,  in  questa  venuta  del  Duca  di  Ferrara 
in  Francia,  ha  scripto  a  quella  Signoria,  che  piglino  la  protectione 
sua,  et  forse  a  questa  hora  l'hanno  presa;  cosa  che  è  fuor  di  stagione 
et  senza  alcun  proposito ,  non  havendo  mai  visto  che  N.  S.  sia  per 
offenderlo;  anzi  in  varii  ragionamenti  che  si  sono  hauti  con  Sua 
Maestà  di  beneficare  el  Duca  nostro,  non  si  è  mai  facto  mentiòne  o 
disegno  ,  come  lei  sa,  contro  a  Ferrara.  Ma  dove  V.  S.  scrive  che 
il  Duca  viene  costà  da  se  medesimo,  et  che  loro  non  sanno  la  causa 
(benché  se  la  possono  immaginare;,  N.  S.  intende,  et  dal  Duca  proprio 
et  da  altri,  che  viene  chiamato  da  loro.  Hora ,  ad  che  fine  se  lo  ab- 
bino chiamato,  et  quello  voglino  fare  de'làcti  sui,  non  ci  è  noto,  né 
si  può  fare  comento  che  sia  bono.  Intende  bene  N.  S.  che  il  Re  lo  ha 
nominato  ne  la  lega  d'Inghilterra  per  confederato  ;  sanza  partici patione 
o  mentiòne  di  Sua  Santità.  De' fuorusciti  di  Reggio  scripsi  ad  lungo 
a  V.  S.,  per  le  preallegate  de' 5,  la  diligentia  che  si  era  usata,  tucto 
questo  anno,  con  Monsignore  de  Lautrec,  che  fussino  levati  da  quelli 
confini ,  et  che  ma  vi  era  suto  remedio  ;  et  lo  insulto  dishonesto  et 
vituperoso  che  a'  dì  passati  haveano  làcto ,  uscendo  del  Parmigiano 
et  reducendosi  poi,  con  la  preda ,  con  Federico  da  Bozoli  :  el  quale 
non  è  da  credere  che  facessi  spalle  a  questi  ribaldi ,  se  non  havessi 
qualche  cenno  da  chi  desidera  tener  N.  S.  in  continuo  fastidio.  Et  il 
caso  de'  decti  fuorusciti  è  tanto  scelerato  et  di  sì  pessimo  e.vemplo , 
per  haver  tagliato  a  pezi  un  Prothonotario  oftìtiale  de  la  Sede  apo- 
stolica et  governatore  di  quella  città,  che,  quando  non  fusai  mai  per  re- 
specto  del  Papa  confederato  ec. ,  doverrieno  li  Franzesi,  per  conto 
de'  populi  loro,  che  non  imparassino  ad  mettere  le  mani  ne  li  loro 
governatori,  perseguitarli  sino  in  inferno.  Et  ta inerì,  per  anchora,  non 
si  è  facto  demonstratione  alcuna;  benché  Lautrec  ha  decto  che  farà. 
Per  le  quali  cose  et  per  molte  altre,  che  saria  lungo  ad  scrivere 
et  a  bon  fine  si  tacciono,  N.  S.  è  in  suspecto  ragionevole  che  il  Cri- 
stianissimo et  li  sui  ministri  lo  voglino  mettere  a  le  mani  con  Cesare 
et  col  Catholico,  per  lassarlo  poi  in  secco,  et  per  haverlo  per  neces- 
sità ad  discretione.  Et  se  bene  Sua  Santità  non  crede  che  procedino 
immediate  dal  Cristianissimo ,  tamen  li  torna  quasi  el  medesimo ,  se 
Sua  Santità  le  tollera,  et  intendendole  non  vi  remedia.  V.  S.  sa 
quanta  làtica  si  è  durata  per  bavere  il  placet  dal  Re  perla  preposi- 
tura del  reverendissimo  Cardinale  .-alviati.  Lo  effecto  che  ne  sia  se- 
guito lo  vedrete  per  la  copia  alligata  d'una  lettera  di  Alexandro 
del  Caccia  al  prefato  Reverendissimo;  in  modo  che  si  vede   che  le 


DONATI   AL   R.   ARCHIVIO   DI   FIRENZE  213 

cose  grandi ,  mediocre  et  minime,  tucte  passano  per  un  verso.  Di  qui 
nasce ,  Monsignore  mio  reverendissimo ,  che  N.  S.  non  si  resolve  ad 
fare  di  molte  cose  che  sarieno  ad  honore   et  commodo   comune   di 
questa  Sancta  Sede  et  di  Francia;  benché  li  Pontefici  non  hanno  mai 
guadagnato  de  la  venuta  de  l' Imperatori  a  Roma:  et  Sua  Santità  non 
può  posare  lo  animo  né   pigliare    speranza   né  fare  alcuno   disegno, 
pubblico  o  privato,  vedendo   tanta    varietà  et  inconstantia,   et   non 
procedere  seco  sinceramente,  come  saria  necessario  ad  volere  conser- 
vare la  amicitia,  et  governare  li  Stati,  et  la  reputatione  de  l'uno  et 
de  l' altro.  Et  quando  si  habbi  ad  vivere  a  questo  modo  ,  N.    S.    ha 
disegnato  mandare  di  costà  la  Excellentia  del  Duca;  perchè,  havendolo 
una  volta  dedicato  et  consignato  per  servitore   a   quella  Maestà,    si 
stia  al  servitio  suo.  Et  Sua- Beatitudine  resterà  di   qua  malcontenta, 
né  potrà  fare  altro  che  dolersi  de  la  mala  sorte  sua  et  de  lo  bavere 
facto  mala  electione  ;  et  più  etiam  li  dorrà  essere  tractato  a  questo 
modo  da  quelli  che  naturalmente  ha   sempre  amati,  et  ad  instantia 
di  chi  non  si  è  curato  perdere  tucti  questi  altri.  Ma  quando   il  Cri- 
stianissimo, se  non  per  respecto  di  N.  S.,  almeno  per  lo  amor  di  Dio 
et  di  sancto  Pietro,  vogli  esser  quel  figliuolo  col  Papa  che  si  conviene 
al  grado  et  titulo  regio,  et  che  ricerca  la  pia  affectione  che  Sua  San- 
tità li  porta,  et  li  varii  vinculi  che   sono  fra  loro,  et   la  conditione 
de'  presenti  tempi ,  maxime  per   conto    del   Turco ,   che   vedrete    in 
che  termine  si  trova  l' Ungheria  ;  troverrà  in  Sua  Beatitudine   tanta 
correspondentia  di  amore  et  di  fede  quanto  iustamente  potrà  deside- 
rare; et  le  cose  si  potranno  confidentemente  comunicare,  maturamente 
esaminare  et  unitamente  deliberare  :  di  che  resulterà  grande  honore 
et  benefìtio  comune.  Hora  la  S.  V.  ha  inteso  la  mente  di  N.  S.  :  quella 
si  sforzi,  con  tucto  lo  ingegno  et  diligentia  sua,  di  remediare  a  questi 
inconvenienti,  parlando  col  Re   liberamente  et  con   Madama  et   col 
Gran  Maestro ,  ma  con  Madama  precipue ,  ne   la  quale  Sua  Santità 
ha  singolare  fede;  et  di  ritrarre  in  facto  quale  sia  lo  animo  loro.  Et 
notate  questo  punto,  che  al  Papa  non  basta  una  bona    resposta   et 
una  amorevole  lettera,  che  voi  ci  manderete ,   perché   di   queste   se 
n'  è   haute    molte  da  V.  S.  et  da  altri  ;  ma  è  necessario ,  ad   volerli 
redurre  in  fede,  che. si  facci  qualche  demonstratione.   Et  se  alcuno  of- 
fende N.  S.,  contro  la  mente  di  Sua  Maestà,  che  lei ,  che  ha  le  braccia 
lunghe  ,  li    gastighi   et    demonstri  con  li    effecti  che    li  dispiace;  et 
apresso,  che  il  Re,  ne  le  petitioni  sue  et  ne'go verni  de'  sui  ministri 
habbino  respecto  a  lo  honore   de   la    Sede   apostolica  et  del   Papa  ; 
perchè  quando  Sua  Santità  vedrà  che   non   ne   tenghino   conto ,  non 
crederru  mai  che  lei  li  vogli  bene,  né  potere  fare  alcun  fondamento 
in  questa  loro  amicitia.  Son  comparse  le  lettere  di  V.  S.  reverendis 
sima,  de' 14  et  15,  et  la  copia  de   la    lettera  ec.    per    conto  de   la 
bolla  della  decima;  a  le  quali  per  una  lettera  da  parte  ci   è   parso 


214  I    MANOSCRITTI    TORRIGIANI 

fare  la  resposta.  Postscripta.  Fra  li  altri  advisi  che  habbiamo  di 
Ungheria  ve  ne  è  uno  che  monstra,  come  sono  molto  mal  contenti  di 
Cesare,  di  bavere  mancato  loro  di  fede,  de  la  electione  del  futuro 
Re  de' Romani,  che  pare  ha  vessi  promesso  fare  il  Re  di  Ungheria; 
et  intendiamo  che  il  Cristianissimo  è  apresso  di  loro  in  bona  repu- 
tatone. N.  S.  crederrebbe  che  fussi  molto  ad  proposito,  atteso  che 
il  Re  di  Ungheria  è  nel  numero  de  li  Electori,  come  Re  di  Boemia, 
che  il  Cristianissimo ,  oltre  a  lo  obbligo  di  bon  principe ,  che  è  te- 
nuto adiutarli  in  questa  calamita  et  in  questo  periculo ,  mandassi 
ad  ogni  modo  una  subventione  di  xx  mila  -i  almeno,  per  spenderli 
ne  la  difesa  di  quel  Regno,  perchè  non  pervengha  ne  le  mani  del 
Turco.  Questo  non  si  ricorda  per  commetter  male,  ma  perchè  Francia 
tanto  più  volentieri  soccorra  quella  provincia,  et  conservi  et  accresca 
in  quelle  bande  la  reputatione  sua.  Toccateli  questa  parte  in  quel 
modo  che  vi  pare,  perchè  tanto  più  presto  si  mova  ad  prestare 
questo  subsidio.  Con  questa  sarà  un  breve  grato,  responsivo,  come 
recordasti,  a  Monsignore  di  San  Bianco.  Perchè  qui  non  si  sa  el 
nome  et  cognome,  fateli  fare  la  soprascripta,  et  presentatelo  ». 

28  novembre.  -  Cardinali   Campeggio.  Nomine  Vicecancel- 
larii. 

28  novembre.  -  Sanctae  Mariae  in  Porticu.  Nomine  Vice- 
canoellarii. 

3  dicembre.  -  Sanctae  Mariae  in  Porticu.    Nomine    Vice- 
cancellarii. 

«  ...  Cesare  et  il  Catholico,  con  grande  instantia,  submissione  et 
offerte,  hanno  ricerco  al  Papa  che  vogli  mandare  la  corona,  ad  ciò 
che  Cesare  non  habbi  ad  venire  a  Roma  et  ad  mettersi  in  su  l'arme, 
non  potendo,  disarmato,  venire  securo  et  alterare  la  pace  et  la 
quiete  publica,  et  perdere  anchora  tanto  tempo  ,  per  respecto  de 
la  sancta  expeditione  :  adiungendo  molte  altre  ragioni  et  persuasioni 
per  movere  ec.  Sua  Santità  ha  resposto  che  questa  saria  cosa  nova 
et  di  grandissima  importanza,  et  che  penserà  et  consulterà,  non 
escludendo  né  concludendo  ec.  Hora  creda  V.  S.  reverendissima,  che  a 
N.  S.  non  piace  la  electione  del  Catholico  a  lo  Imperio,  né  ad  mandare  la 
corona  a  Cesare;  et  oltre  a  la  experientia  che  havete  veduto  per  li  ad- 
visi et  partici pationi  facte  col  Re  Cristianissimo  ad  bora  che  Franzesi 
non  la  credevano  ec,  si  può  considerare ,  per  molti  respecti ,  che  la 
non  piace  et  non  fa  per  -^ua  Beatitudine.  Ma  poi  che  le  cose  sono 
tanto  innanzi  che,  se  bene  la  electione   non  è    publicata,   in   secreto 


DONATI   AL   R.   ARCHIVIO    DI   FIRENZE  215 

è  stabilita  da  poterla  publicare  a  la  futura  dieta,  a  marzo  proximo, 
in  Trancordia,  nel  qual  loco  ,  secondo  la  Bolla  aurea  et  li  ordini  de 
li  Electori,  si  ha  ad  fare  tale  cerimonia  (il  che  si  tiene  per  fermo  che 
sequirà  ad  ogni  modo,  et  non  tanto  di   Alamagna  et  di  Spagna,  ma 
di  Inghilterra  et  d' altri  lochi  si  riscontra)  ;  N.  S.  (  1  )  ha  molto  bene  da 
pensare  et  misurare  più  d'una  volta,  come  si  metta  ad  negare  questa 
domande  et  offender  queste  due  Maestà  tanto  nel  vivo,  provocando- 
seli in  perpetuo  inimici,  sanza  sapere  al  certo  dove  possi  ricorrere  per 
adiuto,  quando  da  loro  fussi  sforzato  o  infestato:  avendo,  maxime  el  Ca- 
t  holico  molti  modi  facili  da  offendere  la  Chiesa  et  Sua  Santità,  sanza  che 
se  li  possi  reprobare  che  da  lui  vengha  tale  offesa:  perchè  la  vicinanza 
del  Regno  di  Napoli,  et  la  parte  grande  che  hanno  in  questi  baroni  di  Ro- 
ma, et  maxime  ne  li  Colonaesi,  possono  in  un  punto  con  piccola  cosa  mo- 
lestare Sua  Santità  et  le  terre  di  Roma:  et  quando  più  copertamente  an- 
chora  volessino  farlo,  non  manca  travagliare  lo  stato  di  Siena,  sotto  co- 
lore et  protectione  di  Borghese,  et  apiccare  il  foco  in  Toscana;  et  nel 
transito  di  qua  con  le  loro  genti  fare  qualche  disordine.  La  S.  V.  mi 
potria  respondere,  che  il  Cristianissimo  sarà  quello    lui  che  quanto 
a  le  forze  è  potente  ad  removere  ogni  iniuria,  et  desposto  ad  farlo 
et  lo  desidera  ec,  et  di  già  lo  ha  promesso.   A  questo  1'  ultima  mia 
lettera  potria  replicare  ad  suffitientia:  che  se  N.  S.  vede  li  Franzesi 
procedere  con  sì  poco  respecto  de  lo  honore  et  dignità  di   Sua  Bea- 
titudine in  un  tempo  che  essa  ha  poco  bisogno  di  loro;  che  coniectura 
si  può  fare  che  habbino  ad  essere  poi ,  quando  Sua  Santità  si  troverrà 
in  necessità,  et  havere  offeso  tucti  questi  altri,  ad  petitione  di  Francia  ? 
Non  voglio  anchor  tacere ,  ad  ciò   che   V.    S.   non  creda   che  questo 
punto  si  sia  passato  senza  considerarlo,  che  se  N.  S.,  col  negare  la 
corona  a  Cesare  et  col  non  potere  Sua  Maestà   venire  per   epsa   a 
Roma,  et  con  qualche  altro  impedimento,  si  interrompessi  et  variassi 
questa  electione  del   Catholico;    forse  quelli   Electori    potrieno   fare 
novi  pensieri,  et  volgersi  con  la  fantasia  al  Cristianissimo ,  con  quelli 
mezi  che  si  sono  usati  per  il  Catholico, et  con  maggiori  et   più  po- 
tenti anchora,  quanto  Francia  ha  più  che  dare  et  più  che  promettere 
che  Spagna.  Et  se,  oltre  a  la  auctorità  et   grandeza    ordinaria   che 
si    trova  ne    la  Corona  di  Francia,    vi   si   adiungessi   questa   altra 
extraordinaria  de  lo  Imperio,  N.  S.  conosce  molto  bene  che   il   Cri- 
stianissimo andrebbe  in  cielo,  et  in  tucto  Sua   Santità   resterebbe  a 
discretione  ec.  Nondimeno,  con  tucte  queste  considerationi  che,  come 
ho  decto  non  si  passano  per  ignorantia;    poi  che  una  volta  si  è  in- 
clinato et  unito  con  Sua  Maestà,  et  così  si  starà  constante  :  et  quando 
trovassi  riscontro,  di  novo  si  unirebbe  et  colligherebbe  più   strecta- 

(1)  Il  brano  che  comincia  da  queste  parole  sino  «  a  chiarirvi  meglio 
la  ultima  mia  lettera  »  venne  riferito  da  Gino  Capponi,  nella  sua.  Storia 
della  Repubblica  di  Firenze  ;  Appendice  IX  del  volume  II  ;  edizione  in  8.'1 


216  I   MANOSCRITTI   TORRIGIANI 

mente,  riposandosi  in  su  la  fede  et  iuramento  di  ?ua  Maestà,  et 
in  su  una  certa  ragione  naturale,  che  per  exaltarlo  et  farli  bene,  non 
havessi  ad  patire  et  a  ricevere  danno  o  vergogna.  Et  quando  di 
novo  si  capitulassi,  con  honore  et  commodo  de  l' uno  et  de  l' altro , 
et  si  levassi  una  materia  di  generare  diffidentia  et  mala  contenteza , 
si  potrebbe  confidare  che  la  capitulatione  havessi  ad  durare  et  es- 
sere observata  ;  verbigratia ,  chiarire  lo  articolo  di  Milano ,  che  di 
queste  cose  spirituali  o  simili  che  domandono  non  si  parlassi ,  et  la 
Sede  apostolica  vi  havessi  quella  auctorità  che  si  conviene  ;  che  li 
rebelli  non  si  racceptassino  né  da  le  parti  né  da  subditi  o  feudatarii  ec; 
che  la  cosa  de'  sali  si  observassi  in  tucto  ;  che  le  cose  di  Ferrara 
si  stessino  come  le  stanno;  et  che  il  Re  si  obligassi  ad  defendere 
in  facto  tucto  quello  che  tiene  et  possiede  hoggi  N.  S.,  et  non  solo 
con  500  lance  et  xn  mila  ducati  el  mese,  ma  con  tucto  quello  che 
fussi  di  bisogno  ;  et  si  facessi  in  tempo  et  in  modo  che  giovassi  (che 
sapete,  nel  subsidio  di  Urbino  come  passarono  le  cose);  et  che  Sua 
Santità  non  sia  molestata  poi  con  domande  extraordinarie  ec.  :  in  tal 
caso  N.  S.  participerebbe  sempre  tucto  quello  che  intendessi  da  ogni 
parte,  et  non  piglierebbe  alcuno  partito  sanza  consiglio  del  Cristia- 
nissimo ;  et  in  queste  cose  di  Cesare  et  del  Catholico  si  governerebbe 
come  paressi  a  Sua  Maestà;  penserebbe  di  continuo  a  la  exa'tatione 
del  Re,  iudicando  che  in  epsa  fussi  coniuncta  quella  della  Sede  apo- 
stolica et  de  la  Casa  sua.  A  N.  S.  è  parso  aprirvi  tucto  el  suo  se- 
creto, et  chiarirvi  meglio  la  ultima  mia  lettera.  Participate  hor  voi 
al  Re  et  a  Madama,  secretissimamente,  quanto  et  come  vi  parrà; 
che  non  sapendo  N.  S.,  a  lo  arrivare  di  questa ,  in  che  grado  si 
tro verranno  le  cose,  non  ve  ne  può  dare  instructione,  ma  si  rimette 
a  la  prudentia  vostra:  la  quale  considerrà  bene  non  solo  le  bone 
parole,  ma  farà  iuditio  di  quello  che  si  possi  credere  o  sperare.  Et 
respondete  per  coriere  a  posta,  prima  che  sia  possibile,  del  ritracto 
harete  facto ,  uscendo  de'  generali  et  di  quanto  occorre  a  V.  S.  re- 
verendissima.... ». 

5  dicembre.  -  Episcopo  Polensi.   Nomine   Vicecancellarii. 

«  ....  N.  S.  ha  inteso  che  li  Mariscotti  rebelli  hanno  refugio  et 
favore  da  la  Signoria;  et  che  Hanibale,  che  fece  quel  delieto  in  Ve- 
rona ,  in  cambio  di  bandirlo  del  loro  dominio,  li  danno  soldo;  et  Leone , 
nonostante  lo  insulto  facto  a  lo  Electo  di  Ravenna,  in  Venetia,  vi 
sta  publicamente.  V.  S.  ci  adverta ,  perchè  lei  sa  che  sorte  di  nomini 
sono,  et  quanto  importi  queste  cose  a  la  Sede  apostolica;  et  paren- 
dovi da  farne  parola  a  la  Signoria ,  secondo  che  intenderete  esser 
questi  advisi,  lo  rimettiamo  a  la  prudentia  vostra.  Non  mancate 
»ià  di  far  opera  che  decti  rebelli  non  sieno    honorati  et  carezati  né 


DONATI   AL  R.   ARCHIVIO   DI   FIRENZE  217 

tenuti  in  loco  che  possino  perturbare  la  quiete  di  Bologna.  Crediamo 
che  V.  S.  sappi  el  delieto  di  Hanibale  Maliscotti  ;  che  in  Verona  et 
in  chiesa  si  trovò  amazare  dui  di  quelli  che  si  erano  trovati  a  la 
morte  di  messer  Hercule.  El  reverendo  Episcopo  di  Caserta  molto 
strectamente  ci  ha  rachomandato  Valerio  Paduano ,  suo  servitore,  pre- 
gandoci lo  rachomandiamo  a  V.  S.,  per  conto  del  Vicariato  di  Sancto 
Pietro  di  Padua.  Quella  ci  farà  cosa  gratissima,  prò  ìustitia ,  ad  pre- 
starli favore ,  per  darli  et  conservarli  la  possessione ,  et  maxime  per 
respecto  del  prefato  Caserta,  che  lo  amiamo  singularmente  ». 

10  dicembre.  -  Reverendissimo  Cardinali  Egidio.  Nomine 
Vicecancellarii. 

10  dicembre.  -  Reverendissimo   Sanctae  Mariae    in  Por- 
ticu.  Nomine  Vicecancellarii. 

«  A' dì  in,  per  corriere  a  posta,  scripsi  a  V.  S.  reverendissima, 
et  a  li  vi  arrivorno  le  sue  de'  26  et  28  ;  le  quali  hanno  recreato  as- 
sai N.  S.,  et  purgato  gran  parte  de  le  fantasie  sue,  per  le  bone  de- 
monstrationi  et  resposte  che  vi  ha  facto  el  Cristianissimo,  Madama 
et  il  Gran  Maestro,  et  resta  contento  di  havervi  facto  questo  ultimo 
spaccio  et  apertovi  tucto  el  core  suo.  La  S.  V.  reverendissima  so 
ne  sarà  valuta  et  factone  grado  a  Sua  Santità  come  di  cosa  impor- 
tantissima et  che  manifesta  el  bono  animo  di  Sua  Beatitudine.  Resta 
hora  che  quella  Maestà  facci  eon  effecto  ,  come  speriamo ,  quello  che 
dice  con  le  parole;  perchè  non  potrà  mai  demonstrare  sì  grande  ob- 
servantia  et  amore,  che  non  la  trovi  maggiore  dal  canto  di  Sua  San- 
tità. Et  poi  che ,  continuamente ,  ne  le  vostre  lettere  et  maxime  in 
queste  ultime,  si  vede  quanto  prema  al  Re  questa  electione  del  Ca- 
ttolico ,  et  atteso  le  sue  promesse  di  foco ,  per  la  conservatione  di 
N.  S.  ;  Sua  Santità  è  deliberata  porre  da  parte  molti  respecti  che 
non  sono  di  poca  importanza ,  et  satisfarli  ;  et  spera  anche  di  poter 
fare  qualche  fructo  ,  pure  che  le  cose  si  fermino  fra  loro  in  modo 
che  lei  possi  stare  con  lo  animo  quieto,  et  che  ogni  dì  non  habbi  ad 
essere  infestato  con  nove  petitioni  ;  che,  concedendole,  vituperi  sé  et 
la  Sede  apostolica ,  et  non  le  concedendo,  si  perderà  tucto  quello  ha 
facto  sino  a  mo\  Et  di  questo  bisogna  che  V.  S.  reverendissima  facci 
bene  capace  il  Re  :  che  ogni  volta  che  lo  ricercheranno  et  li  faranno 
fare  cose  extraordinarie  et  aliene  da  la  dignità  di  Pontefice ,  o  vera- 
mente loro  non  faranno  quello  che  si  conviene  verso  la  Sede  apostolica, 
Sua  Beatitudine  non  si  potrà  mai  persuadere,  né  etiam  li  altri  lo  cre- 
deranno ,  che  quella  Maestà  li  porti  amore.  Così  le  expeditioni  che  si 
havessino  ad  fare  a  la  giornata,  in  favore  de'Capitoli  facti,come  accade 
hora  ne  la  cosa  de'sali,  si  faccino  con  reputatione,  et  li  ministri  sì 


218  I   MANOSCRITTI   TORRIGIANI 

portino  di  sorte  che  si  conosca  che  hanno  la  bona  voluntà  del  pa- 
trone loro.  Non  voglio  obmettere  di  ricordare  a  V.  S.  dui  punti  ,  in 
caso  che  si   habbi   ad  venire  a  più  strecta  intelligentia    col    Cristia- 
nissimo. L' una,   che  Modona,  sanza    quella   parte   de    la   Montagna 
che  tiene  hoggi  el  Duca  di  Ferrara,  è  una  cosa  storpiata ,  et   male 
si  può  valersene  ,  et   tenere  quella   città    quieta  et  secura  ;  che  V. 
S.   pensi  al   modo  di  rihaverla,    ma  non  ne  parli  adesso,   che  il 
Duca  sarà  costì:  serbiselo  in  pecto  per  farne  opera    quando  li    parrà 
che  sia  tempo.   L'altra,  che  il  Re  Catholico,  in  su  la   morte,  a' dì 
passati ,  de  la  Regina  di  Napoli ,    havea    promesso  a  N.   S.   dare   a 
Hippolito  nostro  uno  stato  nel  Reame  di  ducati  vi   mila  d'oro:    né 
si  intende,  per  conto  de  la  electione  del  Catholico ,  di  investitura  o  di 
mandare  la  corona  a  Cesare  ;  che  questo  sarebbe  poi  un  altro  conto 
a  parte,  di  maggiore  valuta.  Et  se  il   Papa  bora   si   restringerà  di 
novo  con  Francia ,  et  darà  parole  a  questi  altri ,  Sua  Santità  perderà 
queste  et  de  l' altre  cose.  Et  però  V.  S.  esamini  se  ,  perdendo  da  un 
canto  si  potessi  in  qualche  modo  acquistare  da  l'altro,  sanza  torre 
però  il  grado  a  N.  S.  Ne  la  causa  de'  sali  V.  S.  non  allenti  un  punto 
di  diligentia ,  perchè  ci  va  troppo  interesse  di  N.  S..  per  lo  honore 
et  per  lo  utile;  et  se  questa  cosa  non   passassi    bene,  si   potria   ne 
le  altre  havere  poca  speranza.  N.  S.  ha  hauto  e  capitoli  de  la  lega 
facta  in  Inghilterra  ;  et  se  bene  ci  è  qualcosa  che  si  poteva  et  doveva 
acconciare  meglio,  tamen  Sua  Santità,   per  il  desiderio   grande  che 
ha  de  la  pace  universale ,  et  per  haver  molto  confortato   decta  lega 
et  fare   etiam  honore  al  Cristianissimo,  che  tanto  solennemente  l'ha 
facta,  la  ratificherà  per  bolla,  ne  la  forma  che  vedrete  che  si  man- 
derà in  Inghilterra  et  a  V.  S.  Circa  le  petitioni  de  le  cose  spirituali 
di  Milano ,  a  N.  S.  è  piaciuto  che  V.  S.  habbi  seguitato   el  consiglio 
di  Madama ,  di  non  monstrare  la  mia  lettera  al  Re  ;  et  così  lo  segui- 
terà Sua  Santità ,  di  negare  a  li  oratori  questa  et   simil    domanda. 
Ma  pregate  Sua  Excellentia,  ringratiandola  prima   infinite  volte   del 
facto  ,   che  vogli  continuare  in  tanto   amorevole   et    devoto    offitio  : 
subiungendo,  che  se  lei  vedessi  et  udissi  le  battaglie  che  questi  ora- 
tori li  danno ,  et  li  termini  strani  che  qualche  volta  sono  usati,  non 
si  maraviglieria  de  la  alteratione  sua:  perchè  qualche  volta  dubita,  per 
certe  cose  che  vanno  a  torno ,  che  le  non  sieno  facte  ad  ciò  che  Sua 
santità  intenda  per  discretione  ;  ma  che  confida  bene  ,  la  Excellentia 
di  Madama  habbi  ad  essere  medicina    salutare  a  tucti  questi   mali. 
Quanto  a  li  fuorusciti ,  a  N.  S.  è  molto  piaciuto  la  resposta  et  le  of- 
ferte che  vi  ha  facto  il  Cristianissimo ,  et  volentieri    concorrerà  che 
li  rebelli  et  forusciti ,  per  caso  di  stato  o  per   qualche   altro   delieto 
enorme,  sieno  non  solo  cacciati  ma  dati  prigioni  ;  et  quelli  che  sta- 
ranno in  Bologna  ,  et  da  Bologna  verso  Milano ,  Sua  Beatitudine    ne 
sarà  contenta,  et  anchora  in  Firenze,  se  fussi  cosa  che  li  meritassi. 


DONATI   AL   R.    ARCHIVIO   DI   FIRENZE  219 

Ma  Roma,  per  essere  stata  sempre  libera  et  patria  comune,  non 
vorria  haverne  carico.  Tamen  ,  quando  anchora  fussi  qualche  caso 
et  persona  di  grande  momento,  N.  S.  stima  tanto  el  bene  essere 
del  Re,  che  faria  demonstratione  di  amarlo  come  vero  figliuolo.  Ma 
in  questo  mezo,  V.  S.  operi  che  sieno  levati  et  mandati  via  cosi 
quelli  di  Reggio  come  e  Maliscotti  di  Bologna.  Di  Federico  da  Bazoli 
è  suto  grato  lo  adviso  vostro,  che  il  Cristianissimo  habbi  hauto  per 
male  li  dishonesti  sui  portamenti  'et  non  si  expectava  già  altrimenti)  ; 
et  che  li  paia  da  admonirlo  per  questa  volta;  et  che,  continuando 
di  offendere  N  S..  che  non  solo  sarà  molesto  a  Sua  Maestà  che  sìa 
castigato ,  ma  che  epsa  lo  punirà.  Sua  Santità  accepta  queste  offerto  ; 
et  se  per  lo  advenine  decto  Federico  si  porterà  male  ,  lei  provedrà 
a  lo  honore  suo  ,  sanza  havere  più  questo  respecto.  Ma  la  S.  V. 
solliciti  che  lo  admonimento  sia  di  qualità  che  Federico  si  absten?a 
et  proponete  la  cosa  in  modo  al  Re,  nel  respondere  ,  che  li  intenda 
quanto  questa  oblatione  è  suta  grata  ;  et  che  se  altra  volta  Sua  San- 
tità sarà  offesa,  ha  preso  questa  per  licentia,  di  potere  valersene 
sanza  havere  più  ad  farne  excusa.  De  le  Decime  et  Depositario  si  e 
scripto  per  altre ,  et  mandato  le  bolle;  che  per  questa  non  mi  ac- 
cade replicare  nulla  di  novo.  La  S.  V.  harà  visto ,  !per  la  copia  di 
certi  capitoli  che  sono  venuti  di  Spagna ,  che  vi  ha  mandato  mes- 
ser  Bartolommeo  ,  come  il  Catholico  si  era  pure  resoluto  ad  dare 
qualche  ordine  et  disegno  per  la  sancta  expeditione.  Pare  che  lo  im- 
basciatore  di  Francia  residente  là  ,  inteso  questo ,  habbi  facto  rumore., 
dicendo  che  questi  apparati  non  piaceranno  al  suo  Re ,  et  più  presto 
ha  raffreddo  le  cose  che  altrimenti;  et  dubita  che,  con  questa  scusa, 
li  Spagnoli  *non  vadino  allentando  et  allungando ,  dove  saria  di  biso- 
gno che  facessino  el  contrario.  La  S.  V.  reverendissima  potrà  signi- 
ficare al  Re,  che  N.  S.  li  ha  già  molti  mesi  exhortati  et  riscaldati,  et  che 
a  rena  il  Legato  li  ha  condocti  fino  a  qui,  et  che  Sua  Santità  approverria 
che  lo  imbasciatore  suo  là  non  solo  non  li  sbigottisse  ma  dessi  loro  ani- 
mo et  exhortassi  ad  procedere  avanti  ;  perchè  sono  cose  che  occupano 
tanto  tempo,  che  se  non  si  disegnano  a  bona  hora  non  possono  di  poi  fa- 
re lo  effecto  desiderato.  Erami  scordato  dire  a  V.  S.  come  N.  S.  ha 
mandato  a  Genova  ,  per  conto  de'  sali ,  messer  Bonifatio  da  Valle,  già 
vostro  auditore,  bene  informato  de  le  ragioni  et  de  la  intentione  di 
Sua  Santità;  et  da  Genova  si  transferirà  a  Milano,  et  di  poi,  biso- 
gnando ,  costà  ;  perchè  la  cosa  importa  tanto,  et  è  sì  iusta,  che  non 
si  può  in  alcun  modo  abandonarla  Et  il  Re  ne  riceve  danno  et  non 
piccolo,  di  questo  disturbo  che  è  dato  a  N.  S.,  el  quale  nasce  da'  mi- 
nistri; a  chi  è  facto  grandissime  offerte  da' Genovesi  et  Venetiani , 
che  vorriano  levare  questa  impresa  de  le  mani  del  Papa.  V.  S.  sol- 
liciti  le  lettere  del  Re  a  Genova;  et  tucte  le  altre  expeditioni  et  fa- 
vori che  è  possibile  havere  ec.  ». 


220  I   MANOSCRITTI   TORRIGIANI 

10  dicembre.  -  Episcopo  Sibinicensi.  Nomine  Vicecancel- 

lai'ii. 

11  dicembre.  -  Episcopo  Polensi.  Nomine  Vicecancellarii. 

11  dicembre.  -  Ludovico  Alamanno.  Nomine  Vicecancellarii. 

«  ....  Rachomandate  a  Monsignore  de  Lautrech  et  di  Tarba  et 
al  Presidente  le  cose  bettefltiali ,  pertinenti  a  messer  Nicolò  Ardinghel- 
li ,  facendo  loro  fede  in  che  concepto  et  offitio  è  apresso  di  N.  S. 
messer  Pietro  suo  padre  ;  et  come ,  dal  canto  di  Sua  Santità,  non 
varia  permesso  che  fussi  facto  alcuna  violentia  a  li  loro  servitori.  Così 
le  Loro  Signorie  sieno  contente  operare  con  effecto ,  che  non  sia  facto 
torto  al  prefato  messer  Nicolò  nò  a  quelli  che  li  danno  pensione,  onde 
lui  ha  interesse,  ma  che  le  cose  sieno  expedite  con  iustitia ,  per  la 
via  ordinaria  ;  et  che  quelli  che  usano  falsamente  il  nome  de  li  reve- 
rendissimi Cardinali  di  Ancona  et  di  Cortona  contro  a  decto  messer 
Nicolò  et  sui  pensionarii ,  come  appare  per  lettere  di  loro  Signorie 
reverendissime,  scripte  al  Presidente  et  al  Senato,  intendino  quanto 
Monsignore,  essendo  iustissimo,  desidera  et  vole  che  li  sui  servi- 
tori et  ministri  sieno  de  la  medesima  sorte.  N.  S.  è  certo  che  queste 
cose  non  sono  a  notitia  di  Monsignore.  Datela  voi,  con  la  dexterità  et 
prudenti  a  vostra,  secondo  che  da  li  agenti  de  lo  Ardinghello  sarete 
ricerco  et  informato,  ec.  ». 

11  dicembre.  -  Cardinali  Egidio.  Nomine   Vicecancellarii. 

«  ....  A  N.  S.  è  piaciuto  la  resolutione  che  ha  factail  Re  Catho- 
lico  et  il  suo  Consiglio ,  per  conto  de  la  impresa  ,  et  confida  che 
ogni  giorno  habbino  ad  essere  più  devoti  et  più  caldi ,  et  ad  fare 
maggiori  opere  con  li  effecti  che  non  dicono  con  le  parole.  Ma  quan- 
to a  la  quarta  parte  de  le  entrate  ecclesiastiche,  non  se  ne  è  mai 
ragionato,  né  si  conviene  tanta  somma  per  fare  un  principio  di  di- 
fesa; et  concedendola  al  Cattolico,  saria- necessario  concederla  a  tucti 
li  altri  Principi-  Ma  quando  la  expeditione  sarà  in  facto ,  et  che  si 
veggha  la  spesa  ricercare  quesio  subsidio,  N.  S.  non  è  per  mancare 
di  exporre  le  facultà  et  la  persona  per  lo  honore  di  Dio  ,  et  per 
favore  de  la  impresa  ;  et  alhora  Sua  Santità  concederà  e  titoli  e 
gradi,  non  tanto  al  Re  Cattolico,  ma  a  li  possessori  sui.  Et  queste 
cose  la  Sede  apostolica  le  usa  concedere  non  per  speranza,  ma  per 
remuneratione  de  li  egregi  facti  di  qualche  Principe.  È  ben  dispia- 
ciuto a  Sua  Santità  la  mala  interpretatione  che  ha  facto  costì  loim- 
basciatore  di  Francia,  et  non  vorria  havessi  raffreddo   li   animi    di 


DONATI   AL   R.    ARCHIVIO   DI   FIRENZE  221 

(lucili  signori  ;  et  por  questo  si  è  scripto  al  reverendissimo  Legato 
Sancta  Maria  in  Portico,  che  ne  parli  al  Re  ,  ad  ciò  che  non  solo  lo 
oratore  suo  non  perturbi  li  ordini  et  disegni  facti,  ma  perchè  li  favo- 
'risca  et  adiuti.  Senio  brevi  in  questa  parte  de  la  impresa,  non  vi  man- 
dando con  questa  la  expeditione  de'  brevi.  La  S.  V.  reverendissima 
in  questo  mezo  facci  lei  a  bocca  quello  ofììtio  che  li  pare.  Circa  a 
le  cose  di  Palermo ,  per  questa  non  mi  accade  dire  altro ,  se,  non 
che  N.  S.  ci  vole  dentro  lo  honore  de  la  Sede  apostolica.  —  A  N.  S. 
piacerebbe  la  deputatione  del  Capitano  Generale  ne  la  persona  de  lo 
Archiepiscopo,  figliuolo  de  la  clara  memoria  del  Re  passato,  per 
molte  qualità  et  conditioni  che  sono  in  Sua  Signoria.  La  S.  V.  adiuti 
la  materia  in  quel  modo  che  non  facci  ombra.  Così  facci  tucto  el 
contrario  quanto  la  può  contro  a  don  Ugo  di  Moncada,  et  stia  vigi- 
lante se  si  voltassino  a  lui  :  benché  N.  S.  non  intende  et  non  crede 
che  sieno  mai  per  deputarlo  a  quel  grado,  perchè  non  se  li  conviene  : 
et  Sua  Santità  si  tiene  molto  male  satisfacta  di  lui ,  perchè  si  è  cer- 
tilicata  che  lui  fu  quello  solo  che  fece  mettere  a  saccho  la  città  di 
Fabriano;  et  così  sempre  si  è  portato  male  verso  la  Sede  apostolica. 
Ma  questa  ultima  parte  resti  nel  pecto  vostro  ». 

20  dicembre.  -  Reverendissimo  Sanctae  Mariae  in  Porticu. 
Nomine  Vicecancellarii. 

«  ...  Del  Duca  di  Ferrara  N.  S.  accepta  la  excusa,  che inadver- 
tentemente  lo  habbino  nominato  ne  la  lega  di  Inghilterra.  Ma  V.  S. 
sappi  che  in  tale  nominatione  non  solo  si  ha  ad  exprimere  sine  preiudì- 
cio  secondo  e  capitoli,  ma  non  la  può  fare  sanza  saputa  di  N.  S.  Et 
sia  certa  che  le  lettere  del  Re  caldissime  furono  portate  a  Venetia 
dal  signor  Enea  da  Carpi,  et  lette  in  Senato.  Et  non  vi  fidate  in 
questo  de  lo  iuibaseiatore  Vinitiano.  Pure  essendo,  come  ho  decto,  lo 
animo  del  Cristianissimo  sincero  et  saldo ,  a  queste  altre  cose  si 
potrà  trovare  rimedio.  De  la  coronatione  di  Cesare  N.  S.  ha  inteso 
quello  che  saria  el  desiderio  et  il  parere  del  Cristianissimo.  V.  S. 
pensi  che  N.  S.,  come  harete  potuto  vedere,  è  in  animo,  trovando 
riscontro,  di  compiacerlo  in  tucte  le  cose  possibili,  et  bisogna  re- 
solversi presto  ;  perchè  questi  Spagnoli  conoscono  molto  bene  di 
quanto  preiudicio  sia  loro  il  tardare  che  fa  N.  S.  ad  dare  loro  reso- 
lutione ,  et  cominciono  ad  non  stare  a  le  mosse;  et  da  l'altro  canto 
onerano  di  presente  cose  grandi ,  et  in  particulare  uno  stato  nel 
Regno  di  Napoli  di  xv  o  xx  mila  ducati ,  et  che  tucto  si  ghoda  el 
Duca  nostro  sanza  riconoscere  superiore  o  homaggio:  et  quando  N.  S. 
neghi  loro  la  gratia,  qiusto  si  perde  absolutamente.  Apresso,  un  vi- 
cino sì  potente  che  resti  offeso  et  inimico  in  sempiterno,  sapete 
quanto  importa,  et  in  che  continuo  travaglio  può  tenere  N.  S.  La 
S.  V.  examini  bene  l'ima  cosa  et  l'altra,  perchè  in  verità  meritano 


222  I  MANOSCRITTI^TORRIGIANI 

consideratione.  Et  il  consentire  la  corona  a  Cesare,  ma  che  si  venghi 
per  epsa  qua ,  non  è  altro  che  negarla  in  tucto  :  perchè  si  conosce 
molto  bene  che,  con  poca  gente  non  saria  per  venire,  et  con  assai 
non  può,  senza  grande  spesa  et  senza  metter  non  tanto  Italia  ma  ■ 
tucta  Christianità  in  guerra ,  et  perdere  in  un  punto  tucto  quello  che 
si  lussi  acquistato  in  molti  mesi,  a  benefltiode  la  expeditione:  perchè 
si  accorgeranno  che  tucto  il  male  loro  procederà  in  gran  parte  da 
Francia.  Et  cosi  queste  due  parti  divideranno  tucti  li  altri;  et  quello 
che  disegna  el  Cristianissimo  per  la  impresa  del  Turco  si  bara  forse 
adoperare  per  altro  conto,  et  maxime  per  difendere  N.  S.  et  le  cose 
sue ,  che  sarà  il  primo  percosso  et  resterà  con  periculo  non  medio- 
cre, per  essere  incerto  el  fine  di  simile  impresa.  Nondimeno,  se  N. 
S.  vedrà  che  il  Cristianissimo  vengha  di  bone  ghambe  a  la  difesa 
sua  et  a  la  conrespondentia  di  amore  ec,  si  penserà  di  comune  pa- 
rere di  qualche  modo  et  expediente.  Ma  tucte  queste  cose  è  bene 
recordarle  et  discorrerle  et  misurarle ,  ad  ciò  che,  venendo  il  biso- 
gno, non  si  habbi  alhora  se  non  ad  mettere  in  executione.  La  S.  V. 
reverendissima  si  restringila  prima  in  sé  medesima;  dipoi  ragioni 
fet  conferisca  col  Re,  con  Madama  et  col  Gran  Maestro,  et  ad  visi 
distintamente  di  quello  che  accade  ;  et  non  ci  facci  più  scusa  di  scri- 
vere ad  lungo,  perchè  le  lettere  vostre  quanto  più  sono  copiose  più 
satisfanno.  A  la  parte  de  la  generosa  offerta  et  deliberatione  che  ha 
facta  il  Cristianissimo,  secondo  la  vostra  de' 6,  per  la  impresa  del 
Turco,  immaginate  una  extrema  letitia  di  N.  S.,  et  una  somma  com- 
mendatione  universale  di  quella  Maestà.  Hiermattina  si  lesse  la  let- 
tera vostra  in  consistoro.  Con  questa  saranno  dui  brevi,  uno  al  Cri- 
stianissimo et  uno  a  Madama.  Le  minute  che  con  questa  vi  mando  vi 
saranno  instructione  de  la  mente  di  N.  S.,  anchorchè  a  V.  S.  non 
bisogni.  Presentateli,  se  vi  pare;  che  si  son  facti  in  su  la  lettera 
vostra ,  benché  dal  Re  non  ci  sia  adviso  ;  et  adiungete  poi  a  bocca 
quello  che  si  ricerca  a  una  tanta  grandezza ,  et  vedete  di  ha  vere 
in  scrìptis  tucta  questa  cosa,  per  più  sua  laude  et  per  lo  exemplo  ec. 
Co' le  lettere  di  V.  S.  reverendissima  de'  5,  hebbi  una  del  Re  di 
mano  propria,  credentiale  ne  le  vostre.  Con  questa  sarà  la  resposta, 
similmente  in  credentia,  de  la  relatione  di  V  S.  Pregola  la  presenti,  rin- 
gratiando  di  tanta  Immanità  et  fede,  rachomandando  et  offerendo  et 
explicando  la  ridele  servitù  mia  et  li  continui  offltii  che  io  fo  apres- 
so di  N.  S.;  et  sopra  tucto  la  bona  mente  di  Sua  Santità ,  et  quel 
tanto  più  che  vi  pare  sia  ad  proposito  di  questa  lettera.  N.  S.  ha 
concesso,  de  le  petitioui  di  Milano  circa  a  lo  spirituale,  tucte  quelle 
cose  che  è  possibile  concedere ,  per  monstrare  in  ogni  caso  lo  animo 
suo  verso  del  Re,  ma  con  intentione  che  di  queste  cose  non  li  sia 
più  parlato.  N.  S.  si  è  molto  contristato  de  la  morte  de  lo  illustre 
signore  Io.  lacomo  (1),  che  lo  amava  come  figliuolo  ;  et  per  respecto 
(1)  Trivulzio. 


DONATI  AL   R.   ARCHIVIO   DI   FIRENZE  223 

anchora  del  Cristianissimo ,  parendoli  habbi  facto  perdita  grande. 
Hora  poi  che  a  Dio  così  è  piaciuto  ,  che  per  sua  gratia  lo  habbi  ri- 
cevuto fra'  sui  electi,  N.  S.  ricorda  amorevolmente  che  si  tacci  houore 
et  careze  a  tucti  li  altri  di  quella  casa.  E  quali,  perchè  sono  molti 
et  di  buone  qualità  et  in  ugni  professione ,  et  naturalmente  amici  e 
servitori  del  Cristianissimo ,  è  da  tractarli  in  modo  che  si  intenda 
quanto  tal  morte  li  sia  dispiaciuta,  come  N.  S.  in  verità  tiene  per 
certo;  et  pigliare  particulare  protectione  del  nepote,  et  tirare  avanti 
de  li  altri  che  possino  et  sappino  servire  il  He;  et  distribuire  fra  loro 
le  lance  che  avea  quella  bona  memoria.  Perchè  li  tempi  et  le  cose 
si  mutano,  come  la  experientia  ci  insegna;  et  quando  simili  servitori 
sono  beneficati  et  hanno  repuiatione  et  credito,  la  loro  servitù  è 
Adele  et  fructuosa.  Sua  Santità  ricorda  questi  particulari ,  non  manco 
per  amore  di  Sua  Maestà,  anchor  che  sia  superfluo,  che  per  affectiono 
porti  a  questi  signori  Triultii ,  benché  la  porti  grande  ;  et  che  si  re- 
puterà obligato  di  tucto  el  bene  che  riceveranno.  La  S.  V.  per  1'  un 
conto  et  per  l'altro  facci  caldamente  questo  officio,  et  li  rachomandi 
al  Cristianissimo  et  a  Madama  ,  perchè  sarà  opera  laudabile  et  gra- 
tissima  a  Sua  Santità.  Don  Hieromino  Vich  ha  parlato  a  N.  S.,  a  li 
giorni  passati ,  et  discorso  seco  molte  cose ,  de  le  medesime  che  ci 
ha  scripto  V.  S.,  benché  ve  ne  habbi  adiuncto  qualcuna  più:  et  ci 
maravigliamo  onde  possi  haverle  traete,  et  dubitiamo  non  habbi  costi 
in  Corte  qualche  pratica  secreta ,  come  già  per  altri  tempi  ci  ha  ac- 
cennato che  vi  spendea.  Andate  observando  se  potessi  ritrovarla,  et 
advertitene  el  Re  et  Madama,  perchè  anche  loro  vi  pensino,  et  non 
credessino  che  il  defecto  venisse  di  qua.  Io  mi  scordai  a'  di  passati 
di  scrivere  a  V.  S.  reverendissima,  che  favorissi  et  rachomandassi 
al  Cristianissimo  Monsignore  di  San  Blassai,  el  quale  desidera,  se 
venisse  la  vacanza ,  lo  archiepiscopato  di  Torsi.  Credo  che  il  Reve- 
rendissimo de'  Salviati  scrivessi  a  decto  San  Blassai,  come  N.  S.  vi 
dava  commissione  di  parlarne.  Hor  V.  S.  se  li  tàcci  incontro  et  offe- 
risca l'opera  sua,  monstrando  haverne  calda  commissione,  et  così 
poi  lo  adiuti  et  favorisca;  salvando  il  Cardinale  Salviati,  che  non  paia 
habbi  scripto  a  caso  ;  et  trovando  qualche  scusa  de  la  tardità  de  la 
lettera.  El  bargello  di  Parma  ha  dato  prigione  al  Guicciardino  uno  di 
quelli  Jòrusciti  di  Reggio;  et  benché  non  sia  de'principali ,  a  N.  S.  è 
suto  grato  questa  demonstratione  :  et  per  questo  verso  le  cose  pas- 
serebbono  bene,  ec.  ». 

21  dicembre.  -  Reverendissimo  Sanctae  Mariae  in  Pprticu. 
Nomine  Vicecancellarii. 

«  E'  mi  pare  che  il  debito  mio  verso  del  Papa  et  di  V.  S.  reve 
rendissima  ricerchi  scrivere  un  poco  più  largo  che  non   si  contiene- 


224  I   MANOSCRITTI   TORRIGIANI 

ne  la  lettera ,  la  quale  ho  scripta  per  ordine  di  Sua  Santità ,  che 
spesso  è  tanto  circumspecta  in  exprimere  la  mente  sua  a'  Legati 
et  a'  Nuncii  che  sono  fori,  che  forse  è  troppo  strecta.  Questa  delibe- 
ratione  di  negare  el  mandare  la  corona  a  Cesare  è  di  tanta  impor- 
tanza quanto  forse  alcuna  altra  che  habbi  nauta  a  la  sua  vita;  et  se 
Dio  non  concede  gratia  che  la  si  pigli  bene,  potria  farlo  vivere  male 
contento,  et  essere  la  ruina  di  Casa  nostra.  Cosi  potria  essere  occa- 
sione di  exaltarla,  et  acquistare  qualche  stato  che,  non  che  a  la  vita 
di  un  Papa ,  ma  non  tornano  in  mille  anni  ;  et  chi  non  le  sa  pigliare 
al  tempo,  invano  si  sforza  poi  di  andare  lordreto  (1).  Io  vorrei  che  V. 
S.  si  vestissi  un  poco  de  la  persona  di  N.  S.,  et  pensassi  subtilmente 
in  che  periculo  et  fastidio  entra  Sua  Santità,  negando  a  Cesare  et 
al  Cattolico  questa  gratia.  Perchè ,  benché  la  negativa  paia  iustitìcata , 
ogni  homo  intende  che  inepsa  si  contiene,  negare  absolutamente  la 
corona  a  lo  Imperatore,  et  interrompere  la  electione  del  Catholico 
in  Regem  Romanorum,  per  quanto  fussi  in  poter  del  Papa;  per  le 
difficultà  et  confusione  che  si  tira  dreto  lo  haver  ad  venire  a  Roma 
ad  incoronarsi ,  essendo  e  passi  di  Lombardia  in  modo  strecti  et  in 
mano  di  Francia  et  de'  Venetiani.,  che  si  può  credere  che  non 
potria  passare  se  non  per  forza  et  con  grandissimo  esercito  :  et 
così  discorressi  quanto  1'  uno  et  1'  altro  sieno  per  tenersene  of- 
fesi, et  per  cercare  in  ogni  tempo  di  vendicarsi,  né  possino  mai 
più  riconciliarsi  o  confidare  :  et  apresso,  li  modi  facili  che  haranno, 
per  via  directa  et  indirecta,  di  tenere  il  Papa  in  continua  anxietà. 
V.  S.  sa  come  noi  siamo  apti  et  preparati  a  la  defensione,  di  danari, 
di  gente,  di  condoctieri,  di  amici,  di  servitori;  di  che  natura  sieno 
li  vicini  nostri,  et  le  cose  di  Firenze  et  di  Siena.  Con  V.  S.  non  biso- 
gna simulare  o  dissimulare ,  perchè  vi  sono  note  come  a  noi  ;  et  chi 
non  fussi  bene  chiaro,  quando  se  ne  havessi  ad  fare  la  prova,  si 
chiarirebbe  presto.  Hor  chi  si  trova  in  questi  termini  non  può  far 
meglio  che  fuggire  quanto  è  possibile  lo  bavere  ad  fare  paragone. 
Facto  questo  discorso ,  V.  S.  pensi  anchora ,  se  N.  S.  entra  in  questo 
laberinto,  che  remedii,  che  provisioni  si  può  fare  dal  canto  nostro 
et  da  la  banda  del  Cristianissimo  ;  el  quale,  benché  sia  potente,  et  pre- 
suposto  che  sia  integro  et  bono  (il  che  io  tengo  per  certo),  per  essere 
discosto  da  Roma,  non  può  tanto  giovare  quanto  forse  possono  nocere 
li  Spagnoli  per  essere  in  su  le  porti  ;  et  non  solo  contro  a  la  Chiesa  ma 
contro  a' Fiorentini  et  Sanesi  ec.  ;  a'  quali  haranno  manco  respecto  che  a 
la  Sede  apostolica.  Et  poi  che  V.  S.  bara  calculato  bene  questa  ragione  ; 
se  così  vi  parrà  ad  proposito,  so  ne  vadi  al  Re  et  a  Madama,  et  conferi- 
sca et  si  restringa  (parlando  sempre  come  da  sé,  et  in  modo  che  la  non 

(1)  Anche  questo  periodo  ,  con  altri  de'  susseguenti  dispacci,  si  trova 
pubblicalo  dal  Capponi  nella  citata  Appendice  IX. 


DONATI    Al,    U.    ARCHIVIO   DI   FIRENZE  225 

oblighi  N.  S.  a  cesa  alcuna,  dove  loro  si  potessiuo  apiccare)  quello 
die  si  può  et  debbe  fare,  nel  caso  ec,  per  la  salute  di  Sua  Santità  et 
del  Duca,  uscendo  de  le  cose  generali:  et  che  subsidio  potria  mandale  ; 
in  quanto  tempo  ;  chi  ne  Darebbe  la  cura,  et  così  de  le  genti  come 
deli  danari;  et  che  securtò  ne  potria  bavere  N.  S.  da  starne  con  lo 
animo  quieto:  perchè  N.  S.  confessa  non  havere  spalle  da  sopportare 
questo  peso.  L'  altra  consideratone  che  io  vorrei  V.  S.  havessi,  et 
poi  etiam,  come  da  sé,  sanza  monstrare  haverdi  qua  commissione, 
ne  parlassi  col  Re  et'  con  Madama ,  ò  la  perdita  manifesta  che  farà 
N.  S.  de  lo  stato  che  il  Re  Catholico  vole  dare.,  di  presente,  nel 
Regno  di  Napoli,  di  xv  o  xxmila  ducati,  libero,  necto  et  senza 
alcuna  servitù;  el  quale  esalterebbe  la  Casa  nostra  et  stabilirebbe 
l'altre  cose  de  la  Excellentia  del  Duca.  Et  se-  bene,  a'  li  di  passati, 
fu  da  loro  promesso  uno  stato  di  vimila  ducati  per  Hippolito,  fu 
avanti  che  si  venisse  a  questi  ineriti,  et  ordinariamente  in  su  la  morte 
de  la  Regina  di  Napoli.  Ma  hora  sono  venuti  a  questo  per  il  Duca, 
per  il  desiderio  et  bisogno  che  hanno  di  questa  gratia.  Così  negando, 
si  va  da  extremo  ad  extremo:  perdesi  quello  che  si  acquisterebbe,  et  quel- 
lo che  si  possiede  si  inette  in  compromesso.  Desiderrei  che  V.  S.,  motti 
proprio,  aprissi  bene  questa  materia  al  Cristianissimo  ;  el  quale  (es- 
sendo tanto  liberale  et  glorioso)  non  doverria  ricercare  di  cosa  che 
ci  facessi  un  danno  sì  excessivo  et  ci  mettessi  in  un  periculo  tanto 
grave,  sanza  conservatione  o  rernuneratione.  Et  benché  non  sia  of- 
fltio  mio  comentare  le  opere  bone  del  Cristianissimo,  pure  io  subiun- 
gerò  che  credo,  questa  oblatione  che  ha  facto  Sua  Maestà,  per  la 
impresa  del  Turco,  oltre  al  lare  il  debito,  sia  stata  per  mettere 
animo  a  N.  S.,  monstrandosi  sì  potente  et  pronpto,  ad  ciò  che  Sua 
Beatitudine  calassi ,  per  suspecto  di  non  poter  reggere  questa  piena  ; 
et  maxime  havendo  inteso  che,  a  li  giorni  passati,  el  Catholico  havea 
facto  uno  ordine  per  la  impresa  ec,  come  harete  visto  per  le  copie. 
E'  mi  pare  che  V.  S.  sia  venuto  in  tanta  fede  col  Cristianissimo  et 
con  Madama,  et  le  ragioni  sono  tanto  vive,  et  il  Re  è  sì  bene  di- 
sposto, che  io  non  posso  credere  che  V.  S.  non  facci  qualche  rilevato 
colpo,  se  haremo  ad  venire  a  questo  passo.  Io  ho  voluto  satisfare 
a  me  medesimo,  scrivendovi  quello  che  intendo ,  a  punto  sahza  com- 
missione di  N.  S.,  perchè  con  V.  S.  non  posso  mai  errare.  Quella 
me  ne  responda  in  una  lettera  separata  che  venghi  in  mano  mia:  et 
se  io  iudicherò  che  sia  bene  comunicarla  al  Papa  ,  lo  farò  ;  altrimenti 
resterà  apresso  di  me  ,  et  non  harò  perduto  nulla  di  havere  conferito 
a  V.  S.  el  pensiero  mio ,  essendo  noi  una  cosa  medesima  ». 


Arch.,  3.a  Serie,  Tom.  XXIV.  15 


IL  REGNO  DI  CULO  I  °  D'ANGIO 

dal  2  Gennaio  1275  al  31  Dicembre  1283 

Anno  1275.  Indizione  III. 

Gennaio  9.  Casalbolu.  -  Al  principiare  di  questo  mese 
di  gennaio ,  .la  fortezza  del  vecchio  castello  di  Lucerà  inco- 
minciò ad  essere  abitata  da' Francesi  venuti  di  Provenza.  I 
primi  38  furono  Gualtiero  ostiario  della  regina,  Angivino  e 
Stefano  Exalard ,  Pietro  Vadovense ,  Morello  de  Cepey ,  Gio- 
vanni de  Longue,  Riccardo  Morin ,  Tommaso  Pages  ,  Berto - 
lotto  Podager,  Guglielmo  Done,  Ruinaldo  de  Mole,  Giletto 
ufflziale  della  salseria  del  re,  Guglielmo  de  Garritene ,  Pietro 
Olearie ,  Angevino  ufflziale  della  ferraria  del  re ,  Boedetto 
ufflziale  della  stanzionaria  del  re,  Brido  Barriler,  Giovanni 
di  Brettagna  astor ,  Guglielmo  Boniface,  Giovanni  de  Reyens, 
Giacomo  Grugnette,  Enrico  ufflziale  della  fruttarla  del  re,  Gio- 
vanni di  Lione ,  Eustasio  ufflziale  della  ferraria  del  re ,  Ugo- 
lino cocchiere  di  quadriga  (1) ,  Giovanni  de  Brusson,  Rossello 
de  Mole,  Guglielmo  Mustarol,  Martino  Borgognone,  Giuliano 
astator;  Morello  portator ,  Rubino  conduttore  di  acqua  con 
animali  da  soma  (2),  Guillotto  Boniface,  Pietro  d'Arras,  Nic- 
cola  Butzer,  Giovanni  de  Corceil,  Territo  de  Verdun  e  Cozzetto 
d'Arras.  E  re  Carlo  in  questo  dì  ordina  al  giustiziero  di  Ca- 
pitanata di  somministrare  loro  tutto  quello  erasi  promesso  nello 
invito  pubblicato;  e  che  nello  stesso  tempo  si  faccia  da  essi  pre- 
stare il  giuramento  di  fedeltà.  Il  presente  diploma  comincia  così: 
Subscriptis  gallicis  tam  de  hospitio  nostro  quam  eira  hospi- 
liuiìi  primi  secundi  et  ultimi  gradus  qui  sunt  numero  tri- 
ginti  odo  per  excelle, diam  nostrani  de  novo  ad  habitatio- 
nem  fortelitie  veteris  castri  nostri  Lucerle  deputatis  quo- 
rum nomina  inferius  denotantur.  Poi  nel  5  di  aprile  venne 
ad  abitarvi  Bartolommeo  de  Gaones  colla  moglie,  nel  22  dello 
stesso  mese  Guglielmo  de  Mauxrespect  colla  moglie,  nel  28 
giugno  Pietro  de  Flavecour  e  Pietro  Bruter ,  nel  6  di  agosto 
Guglielmo  Biver  colla  moglie ,   nel  12  dello    stesso  mese  Gi- 

(1)  Sumularius  quadrige.  (2)  Sumularius  aque. 


IL   RkGNO  EC  227 

berto  de  Plerios ,  Stefano  de  Mayers  ,  Guglielmo  Bubare  e 
Riccardo  di  Roano  (1). 

14 ,  Napoli.  -  Re  Carlo  nomina  suoi  procuratori  speciali 
i  Maestri  Pietro  sottodecano  di  Orleans,  Enrico  di  S.  Me- 
mio  canonico  di  Champagne ,  Radulfo  di  Vemaricio  canonico 
di  S.  Clodoaldo  presso  Parigi,  suoi  familiari,  ed  i  maestri 
Giovanni  di  Parigi  arcidiacono  di  Soissons ,  Guarniero  arci- 
diacono di  Parigi ,  Anselmo  di  Monteacuto ,  il  milite  Giovan- 
ni de  Blenesco  giureconsulto,  e  Roberto  de  Brochecour,  suoi 
avocati,  per  difendere  la  sua  causa,  qiiam  cum  eoocellenti 
et  m,agno  principe  karissìmo  domino  et  nepote  nostro  do- 
mino Philippo  Dei  gratta  Rege  Francie  illustri  super 
Pictavìensem  Comitatumet  terram  .Uremie  in  Curia ipsius 
Kegis  habemus.  E  nello  stesso  tempo  dà  ad  essi  ampli  po- 
teri per  chiedere  al  detto  re  di  Francia  il  possesso  della  con- 
tea di  Poitiers ,  della  terra  di  Alvernia  e  di  tutta  la  eredità 
del  defunto  Alfonso  conte  di  Poitiers  suo  fratello  ,  di  cui  esso 
re  Carlo  è  il  solo  e  più  prossimo  erede ,  e  quindi  in  nome 
suo  prestare  il  dovuto  giuramento  al  predetto  sovrano  fran- 
cese per  quei  feudi  (2).  In  questo  stesso  giorno  crea  in  Balio 
di  Angiò  il  milite  Giovanni  de  Blenesco  professore  di  diritto 
civile  e  suo  consigliere  (3). 

19,  ivi.  -  Scrive  a  tutti  i  Giustizieri  del  reame  che  per 
antica  consuetudine  del  regno ,  gli  antichi  sovrani  di  Napoli 
e  di  Sicilia  ,  imponevano  una  sovvenzione  allorché  maritava- 
no le  loro  figliuole  ;  che  perciò  quando  maritò  egli  Beatrice 
sua  figlia  a  Filippo  imperadore  di  Costantinopoli,  impose  la 
sovvenzione  predetta,  la  quale  fu  ordinato  pagarsi  cioè  dal 
Giustizierato  di  Abruzzo  ultra ,  once  di  oro  6539 ,  e  tari  21 , 
dal  Giustizierato  di  Abruzzo  citra,  once  4405  e  tari  27,  da 
quello  di  Terra  di  Lavoro  e  Contado  di  Molise ,  once  13481  e 
taiì  10,  da  quello  di  Principato  e  Terra  Beneventana  on- 
ce 925G  e  tari  6 ,  da  quello  di  Basilicata  once  7144  e  tari  28, 
da  quello  di  Capitanata  once  5501  e  tari  10,  da  quello  di  Ter- 
ra di  Bari  once  9199  e  tari  15,  da  quello  di  Terra  di  Otran- 

(1)  Reg   Ang.  1274,  B.  n.  21,  fol.  274  t.  ;  275  t.  -  282  et.  288,  202,  338. 
(2    Reg.  Ang.  1274,  B.  n.  20,  fol.  49  et.  ~,0  il   l ."  t.  50  il  2.° 
(3)  Ivi,  fol.  49  t. 


228  IL    REGNO 

to  once  5912  e  tari  12,  da  quello  di  Valle  del  Orati  e  Terra 
Giordana  once  9538  e  tari  6 ,  da  quello  di  Calabria  once  4386 
e  tari  9 ,  da  quello  di  Sicilia  citra ,  once  12500 ,  e  da  quello 
di  Sicilia  ultra  once  12500.  Quindi  chiede  che  siffatto  paga- 
mento sia  eseguito  (1). 

20,  ivi.  -  Trasmette  al  Giustiziero  di  Terra  di  Otranto, 
copia  delle  Costituzioni  del  Regno  (2).  In  questo  stesso  gior- 
no scrive  a'  Giustizieri  di  Terra  di  Lavoro  e  Contado  di  Mo- 
lise e  di  Abruzzo,  di  prestar  braccio  forte,  e  tutto  ciò  che  ad 
essi  chiederà  fra  Giacomo  dell'ordine  de'  predicatori ,  il  quale 
per  ordine  del  pontefice  deve  percorrere  quelle  province  per 
inquirere  contro  gli  eretici  (3).  Poi  nel  medesimo  giorno  ordina 
la  confìsca  di  tutti  i  beni  di  Tommaso  Aimone  d'Aquino,  quia 
ivit  in  Campaniam  in  offensionem  fìdelium  Ecclesie  assu- 
mendo sibi  Capitaniam  contra  mandatum  nostrum  ,•  ma 
poi  nel  giorno  3  del  seguente  mese  di  febbraio  gli  fa  grazia 
restituendogli  tutto ,  però  avendo  il  d'Aquino  dato  per  suoi 
fideiussori  i  militi  Ruggiero  di  Sanseverino  conte  dei  Alarsi, 
Tommaso  d' Eboli,  Gualtiero  di  Colliepetro,  Riccardo  d'Acqua- 
viva,  Odorisio  di  Sangro  e  Rainaldo  d'Avella  (4). 

28,  ivi.  -  Ordina  al  Giustiziero  di  Capitanata  di  rinve- 
nire 300  saraceni  che  siano  buoni  ed  eletti  guerrieri ,  cioè  200 
arcieri  e  100  lancieri,  che  il  milite  Salem  saraceno  di  Luce- 
rà, in  qualità  di  loro  capitano,  dovrà  condurre  a  Brindisi, 
per  poi  passare  alla  Vallona  (5).  Indi  conferma  nell'uffizio  di 
preconizzatore  della  città  di  Brescia  Bellotto  Pertosa ,  e  no- 
mina capitano  della  Valle  Camonica  Ribaldo   Lavandario  (6). 

30,  ivi.  -  Re  Carlo  avendo  saputo  che  lungo  il  littorale 
della  città  di  Napoli  si  costruivano  delle  case  e  delle  botte- 
ghe, nel  26  di  settembre  dell'anno  1274  ordinò  al  Giustiziero 
di  Terra  di  Lavoro  d'inquirere,  e  se  ve  ne  trovasse  sul  suolo 
demaniale  in  LUore  portus  maritime  cwilatis  Neapolis,  sen- 
za regia  licenza,  le  facesse  occupare  dal  regio  fìsco.  Di    fatti 

(1)  Reg    Ang.   1274,  B.  n.  19,  fol.  54,  et. 

(2)  Reg.  Ang.  1274,  B.  n.  2J,  fol.  351-353  t. 

(3)  Reg.  Ang.  1274,  B.  n.  19,  fol.  29. 

(4)  Reg.  Ang.  1274,  B.  n.  21,    fol.  181,  225  (5)  Ivi,   fui    27C. 
(6)  Reg.  Ang.  1274,  D.  n.   IP.  fol    190  t. 


DI  CARLO  i.  d'angiò  229 

eseguitisi  gli  ordini  regi  dal  Giustiziero ,  Giovanni  de  Ferula 
di  Napoli ,  ricorse  al  re  dicendo  che  domos  duas  silas  eoclra 
civilafem  eamdem  in  lilore  maris  prope  Ecclesiam  Sancii 
Angeli  de  Arena  et  prope  Ecclesiam  Sancte  Marie  de  Car- 
mine di  sua  proprietà  non  stanno  sul  suolo  demaniale ,  e  ciò 
non  ostante  furono  occupate  dal  regio  fisco  ;  e  re  Carlo  in 
questo  dì  ordina  al  detto  Giustiziero  di  esaminare  l'esposto  e 
se  vero  restituisca  al  detto  Ferulo  la  sua  proprietà  (1).  Nello 
stesso  giorno  il  milite  Roberto  di  Laterza  ricorre  al  re  di- 
cendo che  la  sua  terra  di  S.  Arcangelo  in  Basilicata  per  un 
fortuito  incendio  è  rimasta  in  parte  distrutta  dal  fuoco,  e  quella 
parte  de'  suoi  vassalli  con  le  case  anno  perduto  tutto ,  perciò 
chiede  la  diminuzione  delle  collette;  e  re  Carlo  ne  ordina  la 
inquisizione  al  Giustiziero  di  Basilicata  per  poi  provvedere  (2). 
Febbraio  3,  ivi.  -  Re  Carlo  scrive  al  Giustiziero  di 
Terra  di  Otranto  che  provvegga  per  le  paghe  e  per  la  pana- 
tica delle  15  teride  che  à  fatto  armare  delle  regie  teride  esi- 
stenti nel  porto  di  Brindisi,  le  quali  debbono  sollecitamente 
trasportare  milizie  a  Durazzo.  Ordina  quindi  che  ogni  terida 
abbia  50  marinai  e  corrispondenti  Corniti  e  Nocchieri ,  che  in 
esse  si  facciano  360  mangiatoie  (3)  pe'cavalli  degli  stipendiari 
e  de'  loro  capitani ,  che  vi  si  debbono  imbarcare.  Che  oltre  a 
detti  stipendiari  e  cavalli  si  debbano  imbarcare  ancora  500 
facchini  (4)  per  calare  a  terra  in  Durazzo  400  sacchi ,  50  bec- 
chi (5),  le  vettovaglie  •  il  vino,  il  sale  ed  altre  cose  neces- 
sarie che  manda  al  castello  della  Vallona.  Ed  infine  ordina 
che  infallibilmente  le  dette  navi  con  tutti  gli  altri  legni  do- 
vranno uscire  dal  porto  di  Brindisi  il  giorno  18  di  questo 
mese  di  febbraio ,  avvertendolo  di  non  esser  negligente  se 
vorrà  evitare  la  pena  publicationis  omnibus  bonis  tuis  et 
persone  Ine  periculitm  (6).  Indi  scrive  al  Giustiziero  di  Ter- 
ra di  Bari  perchè  senza  perdita  di  tempo  mandi  subito  200 
saraceni  a  Brindisi,  cioè  100  balestrieri  con  le  balestre  e 
loro  corredo ,  e  100  lancieri  con  lance  e  scudi ,  i  quali  nel 
oiorno  18  di  questo  stesso    mese    debbono    imbarcarsi    sulla 

(1)  Ivi  fol.27,  31  t.  (2)  Reg.  Ang.   1274,  B.  n.  21,  fol    302. 

(3)  Presepia.  (4)  Bastasios.  (5)  Ireos  caprinos. 

Q)  Reo.  Ang    1274,  B.  n.  21,  fol.  330. 


230  IL   REGNO 

flotta  con  le  altre  milizie  per  andare  alla  Vallona.  Quali  200 
saraceni  saranno  comandati  dal  loro  capitano  il  milite  Ric- 
cardo saraceno  di  Lucerà,  e  l'altro  milite  saraceno  Salem 
comanderà  altri  300  saraceni,  cioè  200  arcieri  e  100  lancie- 
ri. Ed  infine  gli  ordina  di  consegnare  a  quei  capitani  saraceni 
cento  rotelle  per  gli  arcieri ,  e  cento  lance  di  frasso  ferrate 
pe'  lancieri  (1).  In  questo  stesso  giorno  ordina  al  Giustiziero 
di  Abruzzo  ultra  di  pagare  in  ciascun  mese ,  dal  1  di  questo 
febbraio  ,  cento  once  di  oro  di  peso  generale  a  fra  Pietro  de 
Oratorio  monaco  cisterciense ,  ed  al  giudice  Giovanni  di  Vai- 
rano ,  da  lui  deputati  a  sopraintendere  alla  fabbrica  del  mona- 
stero che  fa  edificare  in  memoria  della  vittoria  riportata  con- 
tro Corradino  in  partibus  Aprutii  inter  castrum  Pontis  et 
Casale  Cappelle  (2). 

8,  ivi.  -  Matteo  Lupo  di  Civita  S.  Angelo  combattè  con 
Manfredi  fuori  Benevento  contro  re  Carlo ,  e  fu  morto  in 
quel  conflitto.  Dichiarato  perciò  proditore ,  i  suoi  beni  furono 
confiscati,  e  ne  furono  spogliati  Sibilia  sua  moglie  e  Giaco  - 
mina  sua  figliuola.  E  poiché  questa  ultima  ora  si  marita  con 
Caleno  de  Avillers  familiare  di  Carlo  principe  di  Salerno,  il 
re  nel  dare  il  regio  assenso  pel  matrimonio  allo  sposo  ,  le 
restituisce  i  beni  paterni  (3). 

13,  ivi.  -  Un  fortuito  incendio  avendo  distrutto  parte 
della  terra  di  Anglona,  una  parte  dei  suoi  abitanti  rimasta 
priva  di  tutto  e  di  tutte  le  masserizie  ,  non  può  pagare  le 
collette ,  per  la  qual  cosa  il  vescovo  di  Anglona  ricorre  per 
questi  suoi  vassalli  a  re  Carlo  ,  il  quale  ne  commette  infor 
inazione  al  Giustiziero  di  Basilicata  (4). 

20,  ivi.  -  Re  Carlo  scrive  al  Giustiziero  di  Terra  di  Ba- 
ri che  à  rilevato  dalle  sue  lettere  avere  egli ,  a  norma  degli 
ordini  ricevuti,  fatto  costruire  cento  rotelle  secondo  il  mo- 
dello datogli  dal  milite  Riccardo  saraceno  di  Lucerà ,  e  cento 
lance  di  zappino  ferrate ,  le  quali  cose  tutte  tiene  in  Barletta  ; 
quindi  gli  ordina  che  il  tutto  consegni  al  detto  milite  Riccar- 

(1)  Ivi,  fol  324.         (2)  Reg.  Ang.  1274,  B.  n  19,  fol  53  t. 

(3)  Reg.  Ang.  1274,  B.  n  21,  fol.  274  t.  277 

(4)  Reg.  Ang.  1274,  B  n.  21,  fol  302  t 


DI   CARLO   I.    D'ANGIÒ  231 

do,  il  quale  dovrà  assegnarle  ai  saraceni  arcieri  e  fanti,  che 
debbono  partire  per  la  Vallona  (1). 

25,  ivi.  -  Ordina  al  Giustiziero  di  Terra  di  Lavoro  di 
ricercare  maestri  di  mannara  (2),  maestri  d'ascia  (3)  e  mae- 
stri calafati  esperti  nella  costruzione  delle  navi ,  per  costrui- 
re 20  teride ,  delle  quali  12  si  faranno  da  Signorello  Griffo  di 
Napoli  ,  ed  otto  da  Matteo  Salvacossa  protontino  d' Ischia,  per 
conto  di  Filippo  imperadore  di  Romania  suo  genero  (4).  Indi 
sollecita  la  costruzione  di  20  edifizi  nuovi  nel  luogo  detto  Piz- 
zuto per  ampliare  l'arsenale  di  Brindisi  (5). 

Marzo  2,  Capita.  -  Il  vicedecano  ,  il  rettore  ed  il  con- 
vento di  Montecassino  mandarono  uno  de'  loro  fratelli  al  ca- 
stello di  S.  Stefano ,  di  proprietà  di  quel  monastero ,  per  esi- 
gere alcune  rendite  ed  altri  diritti  ;  il  quale  fu  ricevuto  in  modo 
che  per  campare  la  vita  dovè  fuggire.  Allora  il  monastero 
ricorse  contro  i  rei ,  e  re  Carlo  li  fece  citare  ;  e  lo  stesso 
praticarono  l'arcivescovo  di  Napoli  vicario  della  badia  Cassi - 
nese ,  e  B.  abate  di  quel  monastero.  Resisi  contumaci  i  rei  , 
l'arcivescovo  di  Napoli  spedì  per  punirli  i  militi  Alberto  , 
Francesco  e  Pietro  di  Manso  e  Giovanni  Matrentino  familia- 
ri dell'abate  predetto ,  ed  allora  quasi  tutti  gli  abitanti  di 
quel  castello  per  timore  abbandonarono  '  il  paese  ,  portando 
con  sé  le  loro  famiglie  e  quanto  possedevano,  ed  andarono  ad 
abitare  altrove,  lasciando  quasi  disabitato  il  castello  suddet- 
to. A  questo  il  Giustiziero  di  Terra  di  Lavoro  citò  i  familiari 
dell'abate,  per  le  violenze  usate,  ma  essendosi  dall'arcivescovo 
di  Napoli  presentata  supplica  al  re  dicendo  di  differire  tale 
giudizio,  perchè  B.  abate  di  Montecassino  stava  in  Romania  per 
missione  della  Curia  Romana,  re  Carlo  ordina  al  Giustiziero 
predetto  di  differire  quel  giudizio  al  ritorno  dell'abate  (6). 

17,  ivi.  Re  Carlo  dal  notamento  degli  otto  candidati  per 
l'uffizio  di  Podestà  di  Prato,  presceglie  Uguccione  de'  Buon- 
delmonti  cittadino  fiorentino ,  che  dovrà  reggere  dal  1.°  di 
aprile  prossimo  al  30  giugno ,  e  Tribaldo  di  Zandonato  anche 
cittadino  fiorentino  ,  dal  1.°  di  luglio  al  31    di    dicembre  (7). 

(il  Ivi,  fol.  325  t  (2)  Magistros  Mannenses. 

i")  Carpenterie»?  rio  biscia         (4*  Ivi,  fol.  182.  (5)  Ivi,  fol   355  t. 

'6)  Ivi,  fol.  182  (7)  Reg.  Ang.  1274,  B.  n.  19,  fol.  493. 


23?  II,   REGNO 

Le  due  province  di  Abruzzo,  che  fino  al  10  di  febbraio  di 
questo  anno,  erano  divise  in  due  distinti  giustizierati s  in 
quello  cioè  di  Abruzzo  citra ,  e  di  Abruzzo  ultra ,  trovansi  in 
questo  dì  riuniti  in  un  solo  giustizierato  detto  Novns  Insti- 
tiariatus  totius  Aprutii  (1). 

20,  ivi.  -  Re  Carlo  crea  capitano  di  Pistoia  Raone  de 
Griffo  milite  napoletano,  da  reggere  dal  1.°  di  maggio  al  31  di 
ottobre  di  questo  anno  (2). 

•  22,  ivi.  -  Crea  il  milite  Gregorio  Vicedomini  di  Piacen- 
za suo  consigliere  in  Vicario  di  Toscana ,  ed  il  milite  Simone 
Curario  in  Vicario  di  Grasse  (3). 

30,  ivi.  -  Re  Carlo,  non  potendo  più  tollerare  le  incur- 
sioni che  spesso  facevano  i  pirati  dalmisini  nel  reame  ,  fece 
risoluzione  di  distruggerli  affatto ,  e  di  distruggere  ancora  la 
loro  terra  di  Dalmasia ,  che  chiama  spelonca  di  ladroni.  Al 
quale  effetto  in  questo  dì  ordina  che  la  flottiglia  composta  di 
galere  e  di  vascelli  si  debba  riunire  nel  porto  di  Viesti,  da 
dove  si  metterà  in  rotta  per  quella  impresa ,  il  quarto  giorno 
dopo  la  festività  della  resurrezione  del  Signore  (4). 

Aprile  2,  ivi.  -  Re  Carlo  ordinato  avea  a'  Giustizieri 
delle  varie  Provincie  del  regno,  di  avvertire  tutti  i  feudatari 
delle  respettive  giurisdizioni ,  i  quali  aveano  ricevuto  in  dono 
da  lui  terre  e  feudi,  di  tenersi  pronti  in  perfetto  servizio 
militare  et  'magni/ice  per  portarsi  alla  sua  presenza  il  giorno 
primo  del  presente  mese  di  aprile.  Ma  invece  i  detti  Giusti- 
zieri o  i  loro  commissari  non  avendo  bene  compreso  l' or- 
dine regio ,  chiamarono  sotto  le  armi  tutti  i  baroni ,  prelati 
ed  ecclesiastici  che  possedevano  feudi  non  donati ,  di  che 
sdegnato  re  Carlo  con  aspri  rimproveri ,  scrive  a'  Giustizieri 
di  Terra  di  Lavoro  e  Contado  di  Molise,  di  Principato  e 
Terra  Beneventana,  di  Terra  d'Otranto,  di  Capitanata,  di 
Terra  di  Bari ,  di  Basilicata ,  di  Valle  del  Grati  e  Terra  Gior- 
dana, di  Calabria,  di  Abruzzo,  di  Sicilia  citra  e  di  Sicilia 
ultra,  ordinando  loro  di  citare  i  rispettivi  Commissari  per 
comparire  innanzi  a'  Maestri  Razionali  della  Gran  Corte,  per 

(1)  Ivi,  fol.  53  et.    _  (2)  Ivi,  fol.  193. 

(3)  Reg.  Ang.  J274,  B.  n    20,  fol.  79  et. 

(4)  Reg.  Ang.  1274,  B.  n.  19.  fol.  193  t. 


DI  CARLO  I.   d'angiò  233 

dar  conto  di  siffatta  negligenza  nella  esecuzione  de'  suoi  ordi- 
ni ,  e  giustificare  sé  la  colpa  è  stata  loro  o  de'  Giustizieri  (1). 
3,  ivi.  -  Scrive  al  Giustiziere-  di  Capitanata  che  i  Sara- 
ceni di  Lucerà  passati  ad  abitare  il  casale  di  Stornarla  fin 
da'  tempi  di  Federico  II  imperadore  ,  ed  altre  terre  di  Capi- 
tanata, come  pure  quei  Saraceni  di  Lucerà  che  dopo  la  rico- 
struzione di  quella  città  passarono  ad  abitare  Castelluccio  di 
Sauro,  sono  ricorsi  a  lui  perchè  si  facesse  adessi  contribui- 
re nel  modo  stesso  che  praticavano  a'  tempi  del  predetto 
imperadore  Federico  e  della  venuta  in  regno  di  esso  re  Car- 
lo. E  poiché  à  egli  accordato  a  detti  Saraceni  quanto  anno 
chiesto,  lo  partecipa  a  lui,  onde  non  li  abbia  a  molestare  (2). 

9,  ivi.  -  Ordina  armarsi  alcune  galere  e  taluni  vascelli 
per  andare  contro  i  pirati  Dalmisini ,  le  quali  navi  debbono 
mettersi  in  rotta  dal  porto  di  Viesti  (3). 

10,  ivi.  -  Scrive  a  tutti  i  suoi  amici  di  Ungheria  e  di  Schia- 
vonia  avvertendoli  che  egli  manda  in  quelle  parti  Giovanni 
preposto  di  Glogona  prò  quibusdam  nostris  negotiis  e  perciò 
raccomanda  loro  di  credere  fermamente  tutto  ciò  che  il  detto 
Giovanni  ex  parte  nostra  super  hiis  quod  ad  honorem  et 
comodimi  Rarissimi  filii  nostri  Illustrìs  Regis  Hungarie  ai- 
que  nostrum  dirà  loro  ,  e  di  adoperarsi  onde  il  tutto  sia  effi- 
cacemente eseguito  (4). 

16,  ivi.  -  Firma  la  tregua  per  cinque  anni  col  Comune 
di  Asti  trattata  da'  suoi  procuratori  all'oggetto  nominati,  che 
sono  A.  vescovo  di  Sisteron,  Guglielmo  di  Lagonessa  Sini- 
scalco di  Provenza ,  Roberto  de  Laveno,  Giacomo  Cantelmo , 
leardo  de  Vitrenos  vicario  di  Marsiglia ,  Giovanni  di  Muffle- 
to ,  e  Triraldo  de  Fla^vas ,  suoi  consiglieri  e  familiari  ,  colle 
condizioni,  che  esso  Carlo  dovrà  liberare  tutti  i  prigionieri 
della  città  e  del  distretto  di  Asti ,  che  tiene  rinchiusi  nelle 
sue  prigioni ,  dietro  il  pagamento  da  ricevere  di  centomila 
libbre  di  tornesi ,  nelle  quali  non  dovranno  computarsi  le 
somme  pagate  a  Roberto  conte  d'Artois  suo  nipote  o  ad  altri 
pe'prigionieri  liberati,  o  per  qualunque  altro  riscatto:  e  che  ad 

(1)  REG.  Ang.  1274,  B.  n.  21,  fol.  189.  (2    Ivi,  fot.  282 

(3)  Ivi,  fol.  281.        (4)  Reg-  Ang.  1274,  B    n.  19,  fot  102. 


234  IL   REGNO 

esso  re  Carlo  siano  restituiti  tutti  i  prigionieri  di  qualunque 
condizione  o  per  qualunque  causa  fatti  in  guerra  o  fuori  e  tutti 
gli  ostaggi  che  tengono  per  Giovanni  di  Braida  e  di  altri .  e 
liberare  pure  da  ogni  obbligo  i  fideiussori  di  detto  Braida  (lì. 

18,  ivi.  -  Scrive  al  Siniscalco  di  Provenza  .  ripetendogli 
gli  ordini  dati  nel  6  di  luglio  dello  scorso  anno  pe' Genovesi 
suoi  amici  e  fedeli  ,  che  volendo  evitare  i  danni  della  guerra 
si  determinassero  venire  nei  suoi  Stati;  indi  prosegue  :  Nuno 
(n<tem  fìclelitati  tue  precipiendo  mandamus  quatenus  per 
totam  provinciali  et  in  omnibus  locis  in  quibus  poteri? 
unde  hoc  ad  Ianuenses  notitiam  citìus  valeat  pervenire 
puplice  banniri  facias  ut  omnes  in  Civitate.  Maritima  et  di- 
strie  tu  Ianue  commorantes  qui  exinde  exire  voluerint 
libere  inde  exire  valeant  cum  rebus  et  familiis  eorundeni 
et  ad  terras  nostras  venire  et  habitare  et  mercari  ibidem 
quos  exeuntes  et  ad  terras  nostras  venientes  recipias  et 
recipi  facias  sub  forma,  superius  annotata  (2). 

22,  ivi.  -  Ordina  di  proseguirsi  celeremente  la  costru- 
zione di  17  nuovi  edifizi ,  che  si  fanno  nel  luogo  detto  Piz- 
zuto per  ampliare  l'arsenale  di  Brindisi;  quale  costruzione 
sia  data  in  appalto  a  maestro  Angelo  di  Marino  alla  ragione 
di  26  once  di  oro  di  peso  generale  per  ciascuno    edifizio  (3). 

27,  ivi.  -  Crea  Grimerio  de  Vicedomini  di  Piacenza  in 
Podestà  di  Siena  (4). 

Maggio  1,  ivi.  Scrive  a'  suoi  vicari  di  Toscana  e  di 
Roma,  che  il  pontefice  gli  à  spedito  lettere  per  ottenere  da 
lui  salvacondotto  pe'  messi  del  Paleologo  ,  i  quali  debbonsi 
portare  alla  Curia  Romana.  Benché  ciò  sia  contrario  alla  sua. 
mente ,  pure  per  fare  cosa  grata  al  detto  pontefice ,  à  affidata 
siffatta  missione  a  Giovanni  de  Brie  ,  suo  valletto  e  familia- 
re, il  quale  accompagnerà  gli  ambasciadori  greci  al  papa, 
perciò  ordina  che  nessuno  ardisca  molestarli  (5). 

2,  ivi  -  Scrive  al  Giustiziero  di  Basilicata,  di  avere  egli 
mandato  ordine  al  castellano  del  castello  di  Acerenza  ,  di  con- 
segnare all'  istante  ad  esso  Giustiziero  i  prigionieri  albanesi 

(1)  Reg.  Ang.  1274,  B.  n   2',  fol    51.  (2)  Ivi,  fol.  79  t. 

(3)  Reg.  Ang.  1274,  B.  n    21,  fol.  3"  f 

(4)  Reg.  Ang.  12*4,  B.  n.  19,  fol.  194  t.  (5)  Ivi,  fol.  194. 


DI  CARLO  i.  d'angiò  235 

che  stanno  custoditi  in  quel  castello ,  e  perciò  gli  ordina  di 
subito  e  senza  remora  spedirli  tutti  sotto  sicura  scorta  al 
Giustiziero  di  Terra  di  Bari ,  il  quale  à  l'obbligo  di  conse- 
gnarli al  castellano  del  castello  di  Brindisi ,  dove  dovranno 
essere  rinchiusi  (1). 

10,  ivi.  Ordina  al  Giustiziero  di  Terra  di  Lavoro,  d'inqui- 
rere  contro  quei  Cassinosi,  i  quali  ostilmente  avendo  assalito 
il  Castello  di  S.  Stefano  di  proprietà  del  Monastero  di  Montecas- 
sino,  quasi  interamente  lo  distrussero,  mettendolo  in  fiamme  (2). 

18,  Casule  Cullano.  -  Scrive  al  Giustiziero  di  Terra  di 
Lavoro  :  Pro  parie  Roberti  Trimergule  de  Neapoli  fìdelis 
nostri  fiiit  nostro  culmini  supplicatimi  ut  cum  olim  a  no- 
stra Curia  mandatimi  emanarit  quod  nullus  qui  non  esset 
de  genere  militum  cingulum  militare,  absque  nostra  spe- 
ciali licentia.  auderet  assumere  ac  idem  RobertuS  qui  in 
subventionibus  ceteris  et  collectis.  cum  militibus  Neapolis 
contribuii  et  cuius  pater  cordribuer Use mper  similiter  cum 
eisdem  ex  parte  matris  de  genere  militari  existat  lìcentiam 
sibi  assumendam  militiam.  benigne  concedere  dìgnare- 
mur.  Nos  igitur  suis  supplicalionibus  inclinati  fidelità// 
tue  precipiendo  mandamus  quatenus  si  Ubi  constiterit  pre- 
dicium  Robertum  ex  parte  matris  de  genere  existere  mi- 
litari ac  ipsum  ad  presens  contribuere.  nec  non  etpatrem 
svimi  contribuisse  semper  cum  Neapolitanis  militibus  in 
subventionibus  et  collectis  prout  superius  est  expressu/r. 
circa  eum  super  assumendo  per  ipsum  predicto  cingu/o 
militari  constilutionem  Regni  nostri  super  hiìs  editam 
serves  et  facias  observari  (3). 

23,  Capita.  -  Scrive  allo  stesso  Giustiziero  che  egli  vuole 
che  si  eseguano  sollecitamente  le  riparazioni  e  le  ricostru- 
zioni al  palazzo  di  Belvedere ,  posto  nella  sua  giurisdizione , 
il  quale  fu  rovinato  da'  Napoletani ,  dagli  Aversani  e  da'  Ca- 
puani, e  che  la  spesa  necessaria  è  di  340  once  di  oro,  e  per- 
ai Reg.  Ang.  1274,  B.  n.  21,  fol    304  t. 

(2)  Ivi,  fol.  194  t  Questi  Cassinesi  debbono  esser  quei  familiari  del- 
l'abate, che  furono  spediti  a  punire  1"  insulto  fatto  all'esattore  del  Mona- 
stero dagli  abitanti  di  S.  Stefano.  Vedi  qui  innanzi  al  giorno  2  di  marzo. 

(3)  Ivi,  fol.  195  t 


236  IL    REGNO 

ciò  gli  ordina  di  imporre  la  tassa  per  tale  somma,  alle  Uni- 
versità di  Napoli  ,  di  Aversa  e  di  Capua,  proporzionami! ili 
nel  modo  stesso  fatto  per  la  tassa  del  maritaggio.  E  da  ulti- 
mo gli  partecipa  che  Grazia  Fedele  e  Niccolò  Mariano  di 
Aversa  sono  destinati  a  sopraintendere  alle  spese  di  siffatta 
opera,  e  Maestro  Pietro  di  Chaulle  suo  chierico  e  familiare 
è  il  direttore  de'  lavori  (1). 

28,  Napoli.  -  Scrive  al  re  di  Francia  Filippo  suo  nipote, 
avere  egli  nominati  suoi  procuratori  speciali  maestro  Enrico 
de  Catalano  canonico  di  Champagne,  Guido  de  Mese  cittadi- 
no di  Tonnere,  Pietro  Trouchevace  di  Nevers,  Fra  Odoar- 
do  suo  stanzionario,  Rodulfo  de  Vemarice  canonico  di  S.  Clo- 
doaldo  presso  Parigi ,  il  milite  Maurizio  Mauinuy ,  ed  il  mi- 
lite Goffredo  de  Braises  baiulo  di  Angiò ,  per  osservare,  ispe- 
zionare e  prendere  conoscenza  della  Contea  di  Poitiers ,  della 
terra  di  Alvernia ,  della  terza  parte  di  Avignone  e  di  tutta 
la  eredità  deL  defunto  Alfonso  conte  di  Poitiers  suo  fratello  (2). 

Giugno  16.  Napoli.  -  Ordina  al  Giustiziero  di  Terra 
di  Bari  Officium  et  proventus  Side  nostre  Brundusii  in  ter- 
ris  famosis  ìurisdictionis  tue  per  vocem  preconìam  facias 
venate  esponi  et  publice  subastari.  et  siquidem  apparue- 
rint  qui  offlcium  et  proventus  eiusdem  Side  in  cabellani 
petierint  sibi  vendi  ipsos  incontinenti  cum  litteris  tuis  con- 
tinentibus  nomina  et  cognomina  ipsorum  et  quantitate ni 
pecunie  quam  de  proventibus  diete  Side  prò  anno  uno  vel 
pluribus  dare  obeurrat  ad  Curiam  nostrani  mittas  tractatu- 
ros  et  composituros  cum  Curia  nostra  de  emptione  Side 
predicte  et  exinde  scriptum  pacti.  si  inde  cum  Curia  no- 
stra composuerint  a  nostra  Curia  recepturum  (3). 

In  questo  stesso  giorno  ordina  che  si  armino  e  si  muni- 
scano 20  galere ,  G  galeoni  e  due  vacchette ,  cioè  10  galere  e 
2  galeoni  delle  navi  che  stanno  ne'  porti  di  Sicilia  ,  e  30  ga- 
lere ,  4  galeoni  e  2  vacchette  di  quelle  che  trovansi  ne'porti 
di  Principato  e  di  Terra  di  Lavoro.  Le  quali  navi  tutte  si 
dovranno  riunire  nel  porto  di  Napoli  per  mettersi  in  cammi- 
no  nel  giorno   di    S.  Maddalena   (22   di   luglio)  del  prossimo 

(I)  Ivi,  fol.  196  197  t.        v2)  Reg.  Ano.   1274,  B.  n.  20,  fol.  51  t.  55. 
(3)  Reg.  Ang   1274  ,  B.  n.  21,  fol.  336. 


DI  CARLO  i.  d'angiò  237 

ni  se  di  luglio.  E  nel  medesimo  tempo  ordina  di  armarsi 
e  munirsi  altre  otto  galere,  alcuni  galeoni  e  talune  vacchette, 
destinate  alla  custodia  delle  marine  di  Principato,  di  Terra 
di  Lavoro  e  di  Corneto  (1). 

21,  ivi.  -  Crea  in  capitano  di  Brescia,  Raniero  de  Par- 
tiuiis  di  Pistoia,  ed  in  Vicario  della  stessa  città  Filippo  de 
Asnellis  bolognese  (2). 

25,  Monteforte.  -  Risponde  al  Giustiziero  di  Sicilia  ultra 
di  avere  ricevuto  il  notamento  da  lui  inviatogli ,  de'  feudatari 
del  suo  giustizierato ,  i  quali  nel  marzo  di  questo  anno  ebbe- 
ro ordine  di  trovarsi  in  completo  servizio  militare  per  la  fine 
dello  stesso  mese ,  onde  poter  partire  nel  seguente  aprile  (3). 
In  questo  stesso  giorno  scrive  a'  Giustizieri  di  Capitanata  e 
di  Terra  di  Bari ,  che  stanno  per  ritornare  per  la  parte  di 
mare  i  reLiìjiosi  uomini  Giovanni  preposito  Mettoviense  e 
Martino  detto  Alamanno  suo  familiare  ,  da  lui  mandati  in 
Ungaria  per  affari  difficili  ed  urgenti.  E  perchè  que'  messi 
subito  debbono  trovarsi  alla  sua  presenza ,  ordina  che  faccia- 
no trovare  tutto  l'occorrente  in  Manfredonia,  affinchè  i  detti 
ambasciadori  appena  giunti  in  quella  città ,  senza  rimanervi 
neppure  una  sola  ora ,  immantinente  vengano  alla  sua  pre- 
senza. Minaccia  infine  a  quei  Giustizieri  la  pena  di  50  once 
di  oro  e  1'  ira  sua  se  mai  saranno  negligenti  nella  esecuzione 
de'  suoi  ordini  (4). 

29,  ivi.  -  Ordina  al  Giustiziero  di  Capitanata,  di  fare  su- 
bito pagare  la  mercede  agli  operai  per  la  costruzione  delle 
case  nella  fortezza  del  vecchio  castello  di  Lucerà,  e  le  paghe 
a'  servienti  deputati  alla  custodia  di  quel  castello.  Quale  da- 
naro prenda  dalle  somme  del  prezzo  della  nuova  moneta 
battuta  in  Brindisi,  e  distribuita  nella  sua  provincia,  come 
per  le  altre  del  regno.  Ed  infine  gli  fa  conoscere  che  la  nuo- 
va moneta  distribuita  nel  suo  Giustizierato  è  di  3G03  libbre 
15  soldi  e  7  danari,  che  formano  1201  oncia  di  oro,  7  tari 
e  16  grana ,  computate  alla  ragione  di  un'  oncia  di  oro  per 
ogni  tre  libbre  di  moneta  nuova  (5). 

(1)  Reg.  Ang.  1274 ,  B.  n.  19,  fol.  100. 

(2)  Ivi,  fol.  194  t.  (3)  Ivi,  fol.  108  t. 

(4)  Reg.  Ang.  1274,  B.  n.  21,  fol.  287  t.        (ó)  Ivi,  fol.  288  t. 


238  IL   REGNO 

Luglio  8,  ivi.  -  Fa  pagare  a  Niccola  di  Galiano  di  Bar- 
letta 300  once  di  oro  in  conto  di  2300  once,  prezzo  stabilito 
per  la  costruzione  di  20  teride ,  di  5  galere  e  di  un  galeone, 
alla  ragione  di  90  once  di  oro  per  ogni  terida  ,  e  di  cento 
once  per  ogni  galera  (1). 

9,  ivi.  -  La  piazza  del  popolo  di  S.  Stefano  ad  Arco  nella 
città  di  Napoli ,  ricorre  a  re  Carlo  perchè  esorbitanti  si  sono 
resi  i  pesi  fiscali,  a  causa  che  molti  del  popolo  intendendo- 
sela con  i  nobili ,  e  praticando  con  essi  vari  modi  ,  venivano 
ammessi  a  contribuire  con  loro ,  e  perciò  più  grave  rimaneva 
il  peso  a  quei  del  popolo.  Per  la  qual  cosa ,  re  Carlo  proibi- 
sce l'ammissione  alle  piazze  de'  nobili ,  senza  suo  preventivo 
assenso  (2). 

23,  ivi.  -  Ordina  al  Giustiziero  di  Valle  del  Crati  e  Ter- 
ra Giordana ,  d'-  inquirere  e  di  fare  notamento  di  tutti  i  nomi 
e  cognomi  di  quelli  abitanti  delle  terre  vicine  e  luoghi  adia- 
centi al  regio  palazzo  di  Alizio,  i  quali  distrussero  e  deva- 
starono queir  edilizio,  affinchè  sia  riedificato  a  loro  spese  (3). 

Agosto  2,  Lagopesole.  -  Scrive  al  Giustiziero  di  Terra 
di  Lavoro,  al  Giustiziero  di  Principato  ed  al  Vicario  di  Sici- 
lia, che  le  galere  armate  in  Provenza,  le  quali  con  le  galere 
con  i  galeoni  e  le  vacchette  armate  ne'  porti  di  Terra  di  La- 
voro ,  di  Principato  e  di  Sicilia  che  debbonsi  trovare  nel  porto 
della  città  di  Napoli  per  mettersi  in  rotta  nel  giorno  15  di 
questo  mese  ,  non  possono  più  venire ,  perchè  trovandosi  il 
pontefice  in  Provenza,  debbono  trasportarlo  e  scortarlo  a  Roma. 
Per  la  qual  cosa  ordina  loro  che  senza  attendere  quelle  navi 
provenzali,  tengano  armate  le  rispettive  sopraddette  navi 
ne'  respettivi  arsenali,  onde  mettersi  in  cammino  il  giorno  là 
del  prossimo  mese  di  settembre  uscendo  dal  porto  di  Napoli. 
E  nello  stesso  tempo  fa  loro  conoscere  quod  lanuenses  et 
ulti  indevoti  inimici  nostri  de  mense  Seplembris  consueve- 
re  cum  eorum  navibus  navigare  et  vacare  circa  recolli- 
gendas  vindemias  vinearum  et  ólivarum  propter  quod  a 
galeis  no  stris  ledi  poluerint  et  offendi  (4). 

(1)  Ivi,  fol.  336  t.  (2)  Ivi,  fol.  204  t. 

(3)  REO.  Ano.  1274,  B.  n.  19,  fol  79  t. 

(4)  Reg.  Ang.  1274,  B.  n.  21,  fol.  206  t. 


Di  carlo  i.  d'angiò  239 

8,  ivi.  -  P.  Vescovo  di  Salpi  ricorre  a  re  Carlo  dicendo' 
che  Federico  II  imperadore  fece  costruire  un  palazzo  per  suo 
uso  presso  Salpi ,  sulle  mura  e  sul  territorio  della  chiesa  dei 
SS.  Cosimo  e  Damiano ,  sita  nella  terra  ed  in  pertinenza  di 
Salpi ,  senza  aver  pagato  a  quella  chiesa  l'annua  rendita  di  30 
once  di  oro,  ovvero  rivalutala  di  un  cambio  equivalente  ;  chie- 
de perciò  il  dovuto  compenso  per  la  chiesa  di  Salpi.  E  re 
Carlo  ordina  al  Giustiziero  di  Capitanata  di  prendere  esatto 
conto  di  tutto  l'esposto  e  riferirgliene ,  per  poi  provvedersene 
come  di  giustizia  (1). 

9,  ivi.  -  Ordina  restituirsi  a'nobili  Erardo  de  Vallery  (2), 
camerario  ,  ed  Imberto  de  Belloioco  contestabile  del  regno  di 
Francia ,  suoi  carissimi  amici ,  le  15mila  libbre  di  tornesi 
mutuategli  (3).  In  questo  stesso  giorno  nomina  suoi  procura- 
tori il  milite  Roberto  de  Lavena,  Giovanni  de  Maffleto, 
maestro  Pietro  de  Latira  ed  il  milite  Giacomo  Cautel- 
ino ,  suoi  consiglieri  e  familiari ,  per  trattare  la  pace  con  i 
Genovesi ,  con  quei  di  Asti ,  e  col  marchese  di  Monferrato  ; 
però  le  condizioni  di  detta  pace  dovranno  essere  mandate  a 
lui  per  esaminarle  ed  approvarle  (4).  Indi  nomina  i  suddetti 
l)o  .Maffleto  e  de  Latira  suoi  procuratori  con  poteri  illimitati 
per  trattare  e  stabilire  una  federazione  tra  lui ,  il  duca  di 
Baviera  ed  i  nipoti  di  costui  (5). 

15  ivi.  -  Pasquale  Facciroso  cittadino  di  Brindisi,  nel 
venire  a  morte,  col  suo  testamento  legò  50  once  di  oro  per  la 
costruzione  di  un  faro  presso  il  porto  di  Brindisi,  nel  luogo 
detto  Lucaballo ,  onde  evitare  i  pericoli  a'  quali  andavano 
soggette  le  navi  nell'entrare  in  porto  la  notte  o  per  altre 
circostanze  ;  e  ne  affidò  la  esecuzione  al  prete  Giovanni  di-  San 
Martino ,  ed  a  Giovanni  di  Messina  suoi  concittadini.  Ma  in- 
cominciata appena,  questa  torre  rimase  trascurata,  perchè 
quei  due  legatari  invertirono  in  loro  uso  il  danaro  ;  per  la  qual 
cosa  re  Carlo  ordina  al  Giustiziero  di  Terra  d'Otranto  di  su- 

(1)  Ivi,  fol.  292. 

(2)  Costui  è  forse  quel  Vallery  insigne  capitano  che  assistè  Carlo  nel- 
la battaglia  a  Tagliacozzo  contro  Corradino  ,  e  che  gli  fece  eseguire  quel- 
la manovra,  per  la  quale  riportò  la  vittoria  no'campi  Salontini. 

(3)  Reg.  Ang.  1274,  B.  n.  20,  fol.  53.  (4)  Ivi.  (5)  Ivi. 


240  IL    REGNO 

'bito  fare  restituire  la  rimanente  somma  del  legato,  e  celer- 
mente faccia  terminare  quella  torre  con  regio  danaro  ,  perchè 
quello  del  legato  non  basta.  Ordina  quindi  che  la  torre  si  edi- 
fichi secondo  il  disegno  da  lui  stesso  fatto  quando  dimorò  in 
Brindisi ,  e  poi  soggiunge  :  et  quia  opus  predictum  est  prò- 
fectuosum  et  utile  univer  sai  iter  navigantibus  omnibus  et 
specialiter  domibus  hospitalis  templi  et  theotonicorum 
propter  massella  eorum  transfretantia  ultra  mare  qua  ex 
causa  credimus  quod  circa  opus  ipsum  fratres  ipsarum 
domorum  magis  quam  alti  sint  diligentes.  soliiciti  et  fideles . 
Volumus  ut  requiras  perceptorem  alicuius  ipsarum  do- 
morum in  Brundusio  illuni  vidilicet  quem  ad  hoc  inveneris 
promptiorem  ut  exhibeat  libi  unum  ex  fratribus  suis  quem 
repulaverit  meliorem  ipsumque  expensoribus  predictis.  ad- 
iungas  ut  intersit.  sciai,  et  videat  expensas  omnes  que  fieni 
in  opere  supradicto.  et  acceleret  opus  ipsum  (1). 

16,  ivi.  -  Il  milite  Ruggiero  di  Sangineto  ricorre  al  re 
Carlo ,  dicendo  che  nonnulli  pirate  seu  cursales  per  mari- 
tìmam  terre  sue  Bellovidere  et  aliarum  terrarum  vicina- 
rum  sepius  discurrentes  vassallos  ipsius  aliisque  fidelibus 
noslris  ipsarum  partium  gravia  dampna  inferant  et  offen- 
sas.  incidendo  arbores  fructiferas  terrarum  ipsarum  et  se- 
getes  comburendo ,  e  prendendo  quelli  che  da  Sicilia  passa- 
vano nelle  Calabrie,  per  .la  qual  cosa  chiede  il  permesso  di 
armare  a  sue  spese  uno  o  due  galeoni  per  custodire  quel  lit- 
torale  ed  inseguire  i  pirati.  E  re  Carlo  gli  accorda  quanto  chiede, 
fino  alla  prossima  festività  di  S.  Andrea,  ordinando  che  tutto 
ciò  prenderà  a' corsari,  sia  di  esso  Sangineto  in  compenso 
delle  spese  che  sopporterà  per  l'armamento  de'  galeoni  (2). 

17,  ivi.  -  Scrive  al  Giustiziere  di  Terra  d'  Otranto  :  Fi- 
delilali  tue  firmiter  et  expresse  precipimus  quatenus  rece- 
ptis  preseniibus  armari  facìas  de  quacunque  pecunia  Cu- 
rie nostre  que  est  vel  erit  eie.  aliquem  galionem  seu  vac- 
celam  Curie  nostre  et  in  defectu  ipsorum  aliquam  ganga- 
nellam  agiterà  et  mittas  cum    ea   aliquem  de   familia    tua 

(1)  Reg.  Ang.  1274,  li.  n.  21,  fol.  361  t. 
^2)  Reg.  Ang.  1274,  B.  n.  19,  fol.  123. 


DI   CARLO   I.   D'ANGIÒ  241 

sollecitum  et  expertum  apud  Duri  achium.  Avellonam  et 
Corphày  ad  coni  m  homines  terrarum.  castrorum  et 

honorum  ipsorum  et  quod  eis  in  brevi  de  succursu  provi- 
debimus  oportuno.  et  quod  nova  et  rumores  illarum  par- 
tium  et  processus  eliam  inimicorum  scire  et  indagare  stu- 
deat.  et  Ubi  referre  per  te  statini  celsitudini  nostre  districte 
et  fìdeliter  referenda  (1). 

28,  ivi.  -  Scrive  al  Giustiziere)  ed  a  tutti  gli  altri  uffiziali 
della  città  di  Napoli  :  Cura  vir  Magni  ficus  Comes  Fian- 
dre nsis  consanguiaeus  noster  harissimus  (2) per  suas  paten- 
les  litleras  ordinaverit  suum  procuratorem  et  nuntìum 
specialem  lohannem  de  Burhundo  militem  familiarem  et 
ftdelem  nostrum  super  recipiendis  honis  omnibus  mobilibus 
eiusdem  comitis  que  idem  in  civitate  Neapolitana  dimisit 
cura  Comes  ipse  de  Tunisii  passagio  redict.  penes  quoscum- 
que  sint  nec  non  ad  disponendum  et  faciendum  de  illis 
bi  prò  utilitaie  ipsius  Comitis  melius  videbitur 
ejspedire.  Volumus  et  fide/itati  vestre  precipiendo  manda- 
mus  quatenus  eidem  militi  nullam  super  hoc  inferentes 
molestiam  rei  offensam.  ad  recipiendum  Illa  a  quibuscum- 
que  personis  oportunum  impendalis  consilium  auccilium  et 
favorem.  ita  quod  fìdes  vestra  posse  ex  hoc  noti  immerito 
comendari  (3). 

30,  ivi.  -  L'abate  del  monastero  di  Matina,  ricorre  a 
re  Carlo  dicendo  che  taluni  laici  del  Giusti/ierato  di  Valle 
del  Grati  e  Terra  Giordana  ausu  moti  temerario  et  diabo- 
lico spiri/ u  concitati  armata  manu  cum  banderiis  explica- 
tis  ho  stili  more  ad  grangiam  que  dicitur  Sanctus  Petrus 
de  Sancto  Mauro  et  Sancto  Ysidorisio,  di  dipendenza  del  suo 
monastero,  ceperunt  ipsam  grangiam  violenter  combure- 
rmi domos  ipsius  et  aliquos  de  monacis  et  familia  eiusdem 
Monasterii  Mutine  morantibus  in  eadem  grangia  occide- 
runt  et  aliquos  lelaliler  vulnerarunt.  Pel  qual  fatto  Giaco- 
mo Genisio  maestro  giurato  di  S.  Mauro  li  condannò  alla 
pena  di  mille  once  di  oro ,  ed  essi  armata  mano  si  portarono 

(1)  Reg.  Ang.  1274,  B.  n.  21,  fol.  361  t. 

(?)  Costui  è  Guido  padre  di  Roberto  che  sposò  Bianca  figliuola  di  re 
Carlo  di  Angiò.  3)  Ivi,  fol    208. 

Aech.,  3.»  Serie,  Tom.  XXIV  lo 


242  IL   REGNO    EC. 

novellamente  alla  grancia  predetta ,  dando  alle  fiamme  quel 
che  rimaneva  del  fabbricato  ,  e  portando  via  quanto  vi  era  di 
vettovaglie  e  di  altro,  e  lo  stesso  fecero  all'altra  grancia 
detta  del  Sagittario ,  anche  dello  stesso  monastero.  Per  la 
qual  cosa  re  Carlo  ordina  al  Giustiziero  di  Valle  del  Crati  e 
Terra  Giordana  ,  di  fare  citare  i  rei  a  comparire  innanzi  al 
vicemaestro  Giustiziero  del  regno  ed  a'  giudici  della  Gran  Cor- 
te, dando  sicura  cauzione,  in  opposto  si  arrestino  per  esser 
giudicati.  I  rei  sono  :  Errico  di  Rossano  figlio  di  Arterindo 
di  Rossano  e  suo  fratello  ,  Gualtiero  Mezzabarba  ,  Filippo  di 
Rossano,  Francesco  e  Ruggiero  Greco,  Lucifero  Cosentino, 
Michele  cognato  dell'arcivescovo  di  Rossano,  lodino  de  Fusa, 
Lucifero  Gifono,  Roberto  Carnopolo,  Niccola  Carnopolo,  Leo- 
ne Mondo,  Alamagno  Porcaro  di  S.  Mauro,  e  Niccola  suo 
fratello  , .  Ugolotto  Laude  ,  maestro  Niccola  Scribara  ,  Giovan- 
ni Quintono,  Roberto  Ligio,  Venuto  suo  fratello,  Pullino  e 
Corrado  nipoti  di  Lucifero  Cosentino,  Niccola  Mezzafella  ,  ed 
Ettore  figliuolo  del  decano,  Ruggiero  suo  fratello,  Papani- 
cola,  Niccola  Grisolento,  Giovanni  Guzzaro  di  Corigliano , 
Andrea  Maisitano,  Andra  Zabelone,  Ruggiero  Quattromani  ; 
Guldinurana ,  Giovanni  di  Starna  ,  il  figlio  di  Mauro  Burri , 
Guglielmo  Seventano ,  Goffredo  Malono ,  Niccola  Greco  ,  Mi- 
chele Lucifero,  Pietro  Vitale,  Mauro  Lombardo,  Niccola  Mus- 
suru,  Cristoforo  di  Palma,  Basilio  Greco,  Lucifero  di  Ammi- 
rato, Giovanni  suo  fratello,  Matteo  di  Nicotera,  Giovanni  Gre- 
co, Demetrio  ed  Alto  Cefalone,  Niccola  Gigante,  Guglielmo  di 
Taranto,  Simone  de  Florisia,  Costantino  Bobino,  Gualtiero  de 
Ianoruli,  Roberto  Graziano  di  Corigliano,  Trutimagistro  figlio 
di  Don  Pietro  Alessandro  fratello  dell  arcivescovo  di  Santa 
Severina,  Michele  Pastore  di  Rossano,  Niccola  di  Cariati  di 
Longobucco  di  San  Mauro,  Giovanni  di  Bovino  .col  figliuolo, 
Guglielmo  Semistino  e  suo  fratello,  e  Maestro  Giovanni  fra- 
tello del  vescovo  di  Briatico  (1). 


C.  Minieri-Riccio. 


(1)  Reg.  Ang.  4274,  B.  n.  19,  fol.  81  et. 


CARTEGGIO  DELL'ABATE  FERDINANDO  GAL1AN1 
MARCHESE     TANUCCI 


(Cout.  ,  ved.  Tom.  XXIV,  pag.  32). 


Eccellenza , 

Rispondo  alla  veneratissima  di  V.  E.  de'  29  Gennaio.  Non  sarà 
difficile  mandare  a  V.  E.  distinta  nota  de'  dazj  che  pagano  in  Fran- 
cia le  mercanzie  nostre.  La  tariffa  è  impressa  qui  in  un  grosso  libro. 
Dubito  solo  che  non  sia  abbastanza  chiaro  per  me,  ma  m'aiuterò, 
e  co'  lumi  che  riceverò  da  gente  pratica ,  spero  eseguire  gli  ordini 
di  V.  E.  se  la  salute  non  mi  manca,  come  in  tutto  lo  scorso  inverno 
è  stato. 

È  verissimo  ciò  che  V.  E.  mi  dice,  che  tutto  è  stato  mosso  da 
me  il  discorso  sugli  articoli  del  patto  di  famiglia  ,  e  le  riflessioni, 
che  Cantillana  stima  inutili  ora,  e  superflue.  Ma  prego  V.  E.  a  ri- 
flettere ,  che  io  non  sono  niente  in  questo  mondo  ,  godo  perciò  del 
solo  privilegio  che  ha  il  niente  non  entis  nullae  sunt  proprietates. 
Quel  ch'iodico,  faccio,  scrivo,  ha  da  esser  dunque  sempre  niente, 
e  di  niun  peso.  Cantillana  è  qualche  cosa.  Perciò  quel  eh' egli  dicesse 
o  facesse  sarebbe  qualche  cosa,  e  questo  credo  che  lo  faccia  esser 
tanto  ritenuto   quanto  io   per  contrario   sono   ardito   e   coraggioso. 

L'  alternare  si  è  concesso  al  Portogallo ,  per  quanto  ora  mi  si 
assicura.  Vado  vedendo  che  si  ridurra  a  legge  ed  etichetta  generale 
di  tutte  le  monarchie,  che  non  sono  state  vere  e  indipendenti  sovra- 
nità tinche  hanno  esistito  in  Europa  questi  due  imperj  cartacei,  e 
d'  opinione  ,  l' Imperatore  e  il  Papa.  I  dritti ,  e  le  pretensioni  di  co- 
storo che  erano  frantumi  dell'  antico  Impero  Romano  hanno  fatto 
questo  pasticcio  e  imbroglio  nel  dritto  pubblico  Europeo,  che  non  ò 
ancor  in  tutto  finito. 

La  colica  nefritica  di  Madama  Vittoria  non  la  credo  pericolosa  ben- 
ché siano  stati  assai  violenti  gli  attacchi.  Più  mi  dispiace  la  continuazione 
della  emaciazione  del  delfino.  Si  sa  ora  che  il  suo  male  procede  dal- 
l'aver  voluto  mandar  via  una  impetigine  d'umor  salso,  che  qui  chiama- 
no dartre  che  gli  deturpava  il  naso ,  e  il  viso ,  con  un  unguento  d'un 
segretista,  nel  quale  entrava  molto  mercurio.  La   dartre  andò   via, 


244  LETTERE    DELL"  ABATE    GALIANI 

ma  si  dubbita  di  deposizione  andata  a  farsi  negli  intestini.  Certo  e 
che  d' allora  ha  avuta  una  frequente  e  quasi  continua  dissenteria  a 
cui  si  è  unita  macie,  e  giallore.  Ma  la  giovane  età,  e  la  dieta  lat- 
tea lo  debbono  ristabilire,  se  l'animo  non  gli  sarà  turbato  da  patemi. 
Accludo  a  V.  E.  la  sentenza  del  Parlamento  di  Provenza.  Non 
so  perchè  qualche  libraro  Napoletano  non  taccia  la  spesa  di  stampare 
le  Costituzioni  Gesuitiche  secondo  l'edizione  di  Praga  lisce  lisce,  senza 
note,  senza  critiche,  senza  commentarj.  Niuno  può  lagnarsi  di  ciò. 
Roma  istessa  deve  approvare  il  libro.  iSe  la  difficoltà  nascesse  dal 
non  aver  esemplare  su  cui  far  1'  edizione ,  credo,  che  non  mi  sarebbe 
impossibile  averne.  Non  credo  che  ci  sia  linea  più  retta  contro  la 
cabala  e  il  fanatismo  Gesuitico,  quanto  questa  innocentissima  opera- 
zione. Poi  si  direbbe  loro  :  loquela  tua  manifestum  te  facit. 

Non  vorrei  tornar  a  funestare  1'  animo  di  V.  E.  con  la  novella 
o  ciarla,  che  siesi,  che  è  il  discorso  di  tutta  la  città  da  alcuni  giorni. 
Dicesi  che  all'  Isola  Bourbon  un  soldato  di  quella  guarnigione  abbia 
rivelato  stando  per  morire,  d'essere  egli  il  quidam  indicato  nel  pro- 
cesso di  Damiens,  che  essendosi  risanato  sia  stato  condotto  all' Orient, 
donde  sarà  trasportato  a  Parigi.  È  contata  questa  cosa  in  cento  modi 
diversi.  Dio  sa  che  ci  sarà  di  vero.  A  me  soltanto  dispiace  il  ve- 
der il  migliore  de' Re,  e  certamente  il  più  amato  dal  suo  popolo, 
reso  infelice  per  tutta  la  sua  vita  dal  più  strano  e  orribile  accidente. 
Esempio,  che  deve  aprir  gli  occhi  a  tutti  i  Sovrani  per  cacciar  via 
gente  non  solo  fanatica  per  essenza ,  madie  tien  scuola  di  fanatismo, 
e  che  ne  dà  corsi  regolari  ai  suoi  discepoli  come  altrove  si  danno 
corsi  di  fisica  sperimentale,  o  di  botanica.  Veramente  nell'occasione 
del  trasporto  della  statua  del  Re  dalla  officina  dello  scultore  alla 
nuova  piazza  (che  si  è  fatto  avantieri)  si  è  avuta  occasione  di  vedere 
quanto  questo  Re  è  amato  dal  suo  popolo.  Moveva  a  tenerezza,  e  a 
pianto  la  festa,  la  gioia,  e  le  acclamazioni  che  il  minuto  popolo  ha 
fatte  a  questa  statua.  Gli  hanno  offerte  corone  di  ulivo ,  d'alloro  e 
poco  meno  che  incensatala  ,  e  le  acclamazioni  di  Vive  le  Roi  sono 
state  perpetue.  Non  ho  mai  visto  cosa  simile. 

Domani  fa  il  suo  ingresso  semipubblico  l'Inviato  Russo  Soltice  fT. 
Cantillana  gli  ha  prestata  la  muta,  che  è  creduta  la  più  bella  tra 
quelle  degli  ambasciatori. 

Benché,  come  ho  scritto  a  V.  E.,  in  materia  di  prese  di  bastimenti, 
non  sia  facile  qui- riuscir  con  felicità,  ciò  non  ostante  non  ho  voluto 
darmi  per  vinto. 

Ho  tanto  fatto  e  tempestato  per  il  padre  Cacace,  ho  messo  tante 
paure  agli  armatori,  che  sebbene  avessero  vinta  la  lite,  ed  avreb- 
bero anche  vinto  l'appello,  ciò  non  ostante  gli  ho  ridotti  a  rimandar 
contento  in  gran  parte  il  buon  Napoletano  a  casa.  11  carico  della 
nave  era  per  conto  di  Livornesi,  onde  non  me  ne  sono  meschiato:  ed 


LETTERE   DELL'ABATE   GALI  ANI  245 

i:i  nulla  ho  fatto  entrare  ne  Cantillana,  Qè  il  ministerio.  Dio  sia   lo- 
dato. Ora  non  mi  resta  più  nulla  da  fare. 

Pieno  d'  ossequio,  e  d' infinito  rispetto  sono. 
Pari/i,  21  Febbraio  1763. 


Eccellenza , 

Una  breve  ma  bellissima  lettera  è  quella  diV.  E.  di  questa  set- 
timana, bella  anche  per  l' amenità  che  vi  traspare,  segno  di  ottima 
valitudine.  Non  parlerò  più  delle  difficoltà  degl'  Inglesi  suscitate  nel 
corso  della  negoziazione.  Tutto  è  finito  non  dirò  felicemente ,  ma 
presto,  il  che  non  è  piccola  felicità.  Domani  o  doman  l'altro  seguirà 
il  cambio  delle  ratifiche.  Qualcheduno,  a  cui  non  presto  troppa  fede 
mi  ha  detto  che  Bedford  avea  voluto  che  una  tal  cerimonia  si  facesse 
in  Parigi.  È  vero  che  il  trattato  fu  segnato  qui  in  casa  sua,  ma  fu 
la  podagra  quella  che  obbligò  gli  altri  ad  andar  da  lui.  Ora  egli  sta 
bene,  e  sarebbe  un  eccesso  d'alterigia  il  pretendere  che  Praslin 
vada  da  lui.  Perciò  credo  ciarla  questa  che  scrivo ,  e  la  scrivo  uni- 
camente perchè  mi  son  fatta  legge  di  scriver  tutto. 

Il  contenuto  di  questo  trattato  io  non  l' ho  visto  :  mi  è  stato 
detto,  che  la  mia  curiosità  era  vana,  e  frivola,  perchè  nulla  vi  è  di 
diverso  o  di  più  de'  preliminari ,  salvochè  Dunkerk  resta  condan- 
nato a  divenir  terra  ferma  come  Ostia,  e  Ravenna  ed  altri  porti 
celebri  nelle  storie  antiche.  V.  E.  avrà  copia  del  trattato  da  Spagna 
prima  che  da  noi. 

Catanti  ci  ha  mandato  copia  degli  articoli  d' Umbertzbourg  con- 
cernenti la  pace  coli'  Imperio.  Simultaneamente  sono  giunti  impressi 
in  quelle  Gazzette.  Non  posso  peranche  appurare  se  concernente  la 
elezione  di  un  Re  de'  Romani  e  la  vacanza  del  trono  di  Polonia  vi 
sia  nulla  di  concluso  in  questo  trattato  d' Umbertzbourg.  Dubito  che 
il  Prussiano  sia  voluto  obbligare  a  nulla.  Egli  ha  voluto  fare  una 
pace  tale  che  la  posterità  non  potesse  ignorare  che  niente  gli  ha 
nociuto  la  guerra.  Ha  scritto  in  questi  giorni  passati  il  Re  di  Prus- 
sia una  giocosa  lettera  come  suole,  a  questo  M.  d'Alembert.  Sic- 
come tutto  è  rimarchevole  in  quel  Principe,  così  darò  a  V.  E.  il 
dettaglio  di  questa  lettera  per  quanto  la  memoria  me  lo  può  sug- 
gerire. Parla  in  prima  di  certi  versi  contro  la  geometria  che  avea 
precedentemente  mandati  al  d'Alembert  e  scherza  su  di  ciò.  Sie- 
gue  poi  a  dirgli  :  je  viens  de  faire  la  paix  avec  les  autrichiens  à 
présent  que  Vexcommunication  qui  on  avoit  lancée  cantre  moi  ni 
Fram  vous  pnurrex  venir  me  voir  sans  scandale.  On  dit 

icy  poter  nouvelle  que  votre  Roi  a  mis  les  Jésuites  et  les  Autrichiens 


246  LETTERE    DELL'ABATE    GALIANI 

hors  du  Royaume.  Pour  nous,  nous  ne  chnssons  personne.  Au 
contraire  nous  rendons  a  choc/un  ses  états.  Vous  apprendrés  bien- 
tot  les  fetes  magnìfìques  qu'on  fera  à  Dresde  pour  le  retour  dx  Roi 
de  Pologne.  Comme  toutes  les  gazettes  en  retentiront,  je  m'en  rapporte 
a  ce  qu'elles  en  diront.  Queste  sono  a  un  dipresso  le  frasi  che  ho 
potuto  ritenere,  e  che  mi  sono  parse  degne  della  curiosità  di  V.  E. 

Il  Guerchi  che  va  a  Londra  est  homo  novus.  Suo  padre  uomo  di 
merito,  che  giunse  col  suo  valore  ad  esser  tenente  generale  è  il 
primo  che  illustrasse  la  famiglia  Regnier. 

Quindi  lo  sieggìo  di  Nido  di  questo  paese  (che  è  peggio  assai 
del  nostro)  si  duole,  e  tanto  più  che  si  vocifera  che  sarà  fatto  Duca. 
Solari  ci  ha  detto  essergli  scritto  da  Roma  che  Albertini  passa  a  Li- 
sbona, Caracciolo  a  Londra,  Michele  a  Torino.  Non  sappiamo  nulla 
di  più. 

Il  Marchese  di  Castromonte  sarà  qui  tra  poco.  Ho  parlato  de'Ge- 
suiti  nella  regolare.  La  Gazzetta  ecclesiastica  e  gli  stampati  che  mando 
dicono  il  resto.  Morì  nei  passati  giorni  il  vecchio  Mesegni.  Questo 
Parlamento  ha  fatto  venire  da  un  collegio  di  Gesuiti  in  Auvergne 
un  gran  quadro  che  era  nel  refettorio  colà  che  rappresentava  con 
diverse  allegorie,  motti,  emblemi  e  altre  strane  idee  la  potenza  e 
grandezza  della  compagnia.  Poteva  servir  di  appendice  all'  imago 
primi  saeculi.  U  hanno  tenuto  esposto  qualche  giorno  alla  curiosità 
del  pubblico  che  sen'è  divertito.  Ma  poi  la  folla  divenendo  troppo 
grande  hanno  preso  il  partito  di  chiuderlo. 

Il  Chàtelet  Sha  condannato  una  teologia  del  Gesuita  Mazzotta 
Capuano  impressa,  non  è  gran  tempo,  in  Napoli,  e  poi  in  Venezia. 
È  un  Bussembaum  o  anche  peggio.  Siccome  la  cosa  ci  riguarda  in 
certo  modo,  non  ho  voluto  trascurare  di  mandar  a  V.  E.  un  esem- 
plare di  questa  senlenza,  la  quale  essendo  assai  voluminosa,  la 
mando  domani  per  la  messaggiera  di  Lione  a  Orsini,  e  vi  accludo 
anche  un  altro  esemplare  che  spero  che  V.  E.  vorrà  far  passare  a 
Fragianni  o  in  amicizia .  o  ex  officio  (che  forse  sarebbe  meglio)  ac- 
ciocché la  camera  reale  e  il  delegato  della  giurisdizione  stassero  un 
poco  più  avvertiti  in  avvenire  sui  revisori  e  non  lasciassero  impri- 
mere simili  mostruosità. 

Pieno  d'ossequio,  e  di  rispetto  infinito  sono. 
Parigi,  7  Marzo  1763. 


Eccellenza , 

Comincio  dal  rispondere  alla  veneratissima  di  V.  E.  de' 19  scorso 
in  cui  mi  fa  l'onore  di  richiedermi  del  mio  parere  sulle  stampe  del 


LETTERE   DELL'ABATE   GALI  A  NT  247 

Gautier  e  sul  suo  metodo  quaterne;  applicabile   alle    pitture    antiche 
che  possiede  il  Re.  Dirò  adunque  a  V.  E.  che  il  metodo  del    Gautier 
non  è  intieramente  un  segreto.  Si   sa   che   egli   stampa   in   colorito 
quasi  in  quel  modo  stesso,    che   si    stampano  i    disegni  a   chiaro   e 
giallo  scuro.  Sono  parecchi  rami  in  ognuno  de' quali    non  sta   inciso 
altro,  che  quel  che  si  vuole,  che  sia  d'un  istesso colore.  S'improntano 
questi  sulla  carta  l'uno  dopo  l'altro,  e  per  via  di  certf  puntini  .  che 
sono  negli  angoli  (e  che  nelle  stampe  da  me    trasmessele    potrà   V. 
E.  facilmente  riconoscerne  la  marca")  si  procura  di  far  sì  che  i  rami 
coincidano  perfettamente.    In  sustan/.a   tutto   questo  si    riduce  allo 
stampar  in  nero,  e  rosso,  se  non  che   l'operazione   per   la    varietà 
de' colori  diviene  più  moltiplicata,  e  più  diffìcile.  Il  secreto  del   Gau- 
tier consiste  poi  nella  preparazione  degli  inchiostri  coloriti  di  cui  si 
serve,  nella  maniera  d' applicargli  sui  rami,  e  di    nettarci  noi ,  ed 
in  altre  particolarità  simili  di  dettaglio.  Ciò  posto  vede  bene   V.  E. 
che  è  impossibile  per  qualunque  diligenza  si  adoperasse  ,  che  il    filo 
del  contorno  coincida  perfettamente  qualora  si  moltiplicheranno  assai 
i  rami  per  la  varietà  e  numero  di    colori ,    che   siano    nel    quadro. 
Quindi  il   tratto  del    contorno   verrà  sempre   sporco   e   grossolano. 
Quindi  è  anche  che  il  Gautier  per  nasconder   questa  turpitudine    ha 
preso  per  base,  e  campo  de'  suoi  rami   la,  maniera  sfumata ,    che    è 
tanto  in  voga  in  Alemagna  e  in  Inghilterra.   Questa  maniera   copre 
gli  difetti  del  disegno  e  del  contorno ,  e  dà  maggior  effetto  ai  colori 
facendo  il  campo  quasi  nero.  Naturale  è  il  comprendere,    che  nella 
anatomie  il  Gautier  dovea  riuscire.  Imprimis  i  rami  sono  della  gran- 
dezza naturale  delle  parti  del   corpo   umano   che  rappresentano.  In 
oltre  i  colori  si  riducono  in  tutto  a  quattro,  cioè  bianco  della  carta 
istessa,  nero  del  primo  rame,  che  fa  il  fondo,  e  poi  rosso,   e   color 
di  carne.  Sicché  con  tre  sole  planches  V  una  sopra    1'  altra    si  fa   il 
rame.  Trattandosi  di  ramificazioni  di   vene,  e   nervi   etc.    i    piccoli 
sbasii  non  sono  conoscibili.  Non  è  così  se  si  tratta  di  figure  istoriate. 
Il  Gautier  nelle  poche  che  ha  fatte  ha  procurato  farvi  entrar  i  meno 
colori  possibili,  ma  dove  si  tratterà  di  copiar  quadri  già  fatti,  non 
sarà  in  sua  libera   scelta  di   diminuir   la  moltiplicità   di   colori.   Vi 
sarà  adunque  tale  pittura  antica ,  che  contenendo  otto  o  dieci  colori 
avrà  bisogno  d'  esser  fatta  con  otto  o  dieci  planches  l'una  sull'  altra 
tirate.  Sarà  impossibile  che  non  riesca  una  sudiceria.  Mai  non   coin- 
cideranno tutte  le  dette  planches.  L'una  sporcherà  l' impressione  del- 
l'altra. La  carta  su  cui  si  tirano  non  resterà  bagnata  egualmente  in  tutto 
il  tempo  dell'operazione ,  e  se  si  dissecca  si  ritira,  e  tutto  è  perduto 
allora.  Oltracciò  l'opera  di  queste  stampe  colorite  richiede  una  cura , 
una  diligenza,  un  tedio  incredibile  non  meno  a  farle,  che  a  tirarle,  e 
la  spesa  è  esorbitantemente  grande.  Concludo   adunque  che  io  credo 
impossibile  colla  maniera  del  Gautier  il  far  le  stampe  della  massima 


248  LETTERE    DELL'ABATE    GALIANI 

parte  del  museo  Erculanense.  Vero  è  che  quelle  che  sono  a  chiaroscuro 
o  pure  di  solo  color  rosso  ,  o  bianco  in  campo  nero  (che  qui  direb- 
bero en  Camajeux)  potrebbero  imitarsi  dal  Gautier  meno  sco 
mente,  e  con  meno  dispendio.  Qualora  V.  E.  me  l'ordinerà  potrò 
tentare  costui.  So  che  non  sta  ora  in  Parigi  ma  in  Provenza  sua 
patria.  So  che  è  un  poco  lunatico,  quali  sogliono  essere  gli  inventori 
di  cose  nuove  che  stimando  la  loro  invenzione  più  di  quello  che  il 
mondo  la  prezzi,  straniscono  della  ingiustizia  universale. 

Dovrebbesi  proporre  a  lui  di  mettere  in  rame  in  colore  una 
delle  dodici  figure  in  campo  nero  del  primo  tomo,  co'colori  de'pan- 
neggiamenti,  come  V.  E.  me  la  manderà  colorita  da  Napoli.  Certa- 
mente questa  è  l'opera  più  facile  da  proporsi  a  lui.  Vedremo  che 
prezzo  domanda.  Si  può  anche  arrischiare  a  fargliela  fare,  e  se  riesce 
si  pattizzerà  o  che  passi  al  servizio  del  Re ,  o  che  comunichi  il  suo 
metodo.  Ma  tengo  per  sicuro  che  anche  in  queste  figure  non  conten- 
terà gli  antiquarj,  perchè  il  pregio  delle  opere  antiche  è  il  disegno, 
e  non  già  il  colorito,  e  il  disegno  non  potrà  mai  venir  netto,  e  puro, 
e  ricercato  ne'  lavori  del  Gautier. 

A  me  pare  adunque  che  la  via  più  semplice  e  più  vecchia  sii 
la  più  bella.  Voglio  dire  far  incidere  le  pitture  antiche  nel  semplice 
contorno,  e  poi  farle  miniare  a  mano  da  donne  istrutte  a  ciò,  e  re- 
golate o  da  paderno,  o  dal  padre  Antonio,  o  dal  Morghen.  La  spesa 
sarà  infinitamente  minore,  perchè  pochi  esemplari  si  faranno  così, 
e  solo  per  far  insigni  donativi  :  quando  anche  nel  metodo  di  Gautier 
è  eguale  la  spesa  o  che  se  ne  voglia  avrer  uno,  o  mille  esemplari. 
Oltracciò  nelle  opere  delle  belle  arti,  la  mano  è  la  più  bella  delle 
macchine,  la  più  semplice,  e  la  più  giusta.  Quella  differenza  enorme 
che  si  vede  tra  le  opere  fatte  al  torno  figurato,  e  le  fatte  a  mano 
col  burino,  sarà  anche  sempre  tra  una  miniatura  dilicatamente  fatti 
sotto  gli  occhi  di  esperto  disegnatore  e  lo  stampato.  E  sia  pur 
sicura  V.  E.  che  la  spesa  a  miniarle  col  pennello  è  infinitamente 
minore.  Credo  averla  annoiata  con  tante  ciancie  vane,  ma  mi  con- 
solo che  la  pace  universale  ci  permetta  riempir  le  lettere  di  queste 
cose,  che  sono  il  divertimento  de'gran  sovrani  nell'ozio  della  pace. 
Della  salute  di  Madama  Vittoria  ho  scritto  nella  regolare  :  non  mi  fa 
pena  il  male,  ma  i  medici,  che  qui  sono  insigni  per  mala  fede  e  ne 
abbiamo  visto  un  tragico  esempio  nel  Duca  di  I'orgogna. 

11  Delfino  non  migliora.  I  nostri  vecchi  padri  avrebbero  battezza' o 
il  suo  male  per  fàscino  e  in  Napoli  si  direbbero  malocchi.  È  una  con- 
sunzione senza  febre,  senza  dolore,  e  senza  malattia.  Prego  il  cielo. 
che  lo  mandino  ai  bagni,  e  lo  facciano  viaggiare. 

Non  ho  mandati  a  V.  E.  i  plairloyers  degli  avvocati  generali  di  molti 
parlamenti  contro  l'istituto  Gesuitico,  perchè  erano  troppo  voluminosi. 
Questo  di  Tolosa  è  il  più  piccolo,  e  forse  il  più  >ugoso,  perciò  l'accludo. 


LETTERE  dell'abate  galiani  249 

Osservi  con  attenzione  V.  E.  l' arrét  di    Ruano  alla    p.    13  :    ho 
marcato  un  passo,    l'ardire  del  quale   ha  latto  qui  gran  sensazione. 

Non  ho  più  forze  se  non  per  dirmi  di  V.  E  .  pieno    d'ossequio. 
e  d' infinito  rispetto. 

Parigi,  14  Marzo  1763. 


Eccellenza , 

Desidero  che  si  abbia  a  verificare  il  prognostico  che  V.  E.  fa 
nella  sua  veneratis^ima  confidenziale  degli  8  Marzo  d'  una  durevole 
pace  in  Germania.  Per  altro  ivi  gli  animi  non  sono  tornati  in  pace. 
Pace  è,  perdi ^  non  si  commettono  ostilità;  del  resto  non  sento  ivi 
parlar  di  riforme  di  truppe,  e  di  tutte  quelle  altre  cose,  che  qui 
annunziano  la  voglia  d'un  lungo  e  tranquillo  riposo.  Non  so  se  Nei- 
pergh  ha  detto  a  V.  E.  ciò  che  è  passato  traila  sua  Corte  e  quella 
di  Berlino  in  proposito  della  morte  del  Margravio  di  Bairuth.  Ricade 
quel  considerabile  stato  ne' Brandeburghi  Auspach  :  e  di  questi  non 
prevedendosi  successione  verranno  tra  poco  questi  stati  ad  incorpo- 
rarsi col  dominio  Prussiano.  La  Corte  imperiale  ha  fatto  proporre 
a  Federico  di  crearne  una  secondogenitura  e  formarne  una  casa  ca- 
detta e  per  fargli  vedere  che  questa  proposizione  non  nasceva  da  voglia 
di  non  vederlo  ingrossato  più  di  quel  che  non  è,  ha  offerto  Vienna 
d'impiccolirsi  essa  collo  smembramento  di  un  suo  stato  Italiano.,  e 
creazione  d'  una  secondogenitura  in  favore  d' un  Arciduca.  Prussia  ha 
freddamente  risposto  che  S.  M.  Imperiale  era  padrona  di  far  quel 
ehe  gli  pareva,  e  piaceva  de' suoi  stati  e  de' suoi  figli,  che  quamo 
a  lui,  allorché  il  caso  succedesse  della  estinzione  della  linea  Auspach 
vedrebbe  e  penserebbe  quel  che  gli  convenisse  di  fare.  Così  è  finito 
questo  discorso,  che  non  impedirà  a  Vienna  di  fare  quello  smembra- 
mento di  stati  Italiani,  che  è  già  da  un  pezzo  risoluto  ;  e  di  cui  credo 
che  in  autunno  vedremo  l'esecuzione. 

Per  mezzo  di  Mr  di  Eon  s'è  mandato  di  qui  al  conte  di  Viri  a  Londra 
un  ritratto  di  questo  Re  arricchito  di  diamanti  di  straordinario  prezzo 
ed  una  tapezzeria  di  gobelins.  Si  stima  che  il  tutto  ascenda  a  cento 
quaranta  mila  lire.  Sento  che  dal  Re  d' Inghilterra  abbia  lo  stesso 
Viri  ricevuta  una  grossa  pensione,  e  che  supera  l'abbadia  data  qui 
a  Salari.  Credo  che  il  capitolare  di  Liegi  che  sarà  Vescovo,  sarà  un 
certo  Mr  d'  Outremont  che  abbiamo  visto  qui.  Per  altro  non  dispero 
ancora  per  il  Principe  Clemente.  L'  aver  guadagnato  tempo  non  è 
poco,  e  se  Vienna  con  sincero  cuore  volesse,  le  carte  si  cambiereb- 
bero.  Ma  Vienna  vuol  viejos  ymalnacidos. 

Pieno  d'  ossequio  e  di  rispetto  infinito  sono. 
Parigi.  28  Marzo  1763. 


250  LETTERE   DELL'ABATE    GALIAM 


Eccellenza, 


Il  decreto  del  Parlamento  sull'  inoculazione  può  mettersi  a  fianco 
di  quello ,  che  nel  secolo  passato  quest'  istesso  illustre  corpo  emanò 
contro  X emetico,  e  coli' altro  ,  che  stette  sul  punto  di  fare  in  favore 
della  filosofia  peripatetica  Ma  con  questa  differenza  che  allora  queste 
decisioni  nascevano  da  barbarie,  ignoranza,  pregiudizj  ;  ora  nascono 
da  pura  malignità.  Gran  corruzione  è  nella  morale  di  tutti  i  ceti  di 
questo  paese.  Avidità  ,  frode ,  cabala  hanno  occupato  tutte  le  sedi. 
Corruttissimo  è  sopra  ttutti  il  ceto  de'  medici,  a  segno,  che  qui  sono 
universalmente  creduti  capaci  di  ogni  misfatto  atroce  a  segno  che 
Mada:  Vittoria  non  ha  voluto,  che  il  rimedio  della  Stefens  si  mani- 
pulasse  in  Parigi.  Se  lo  fa  venir  per  corriere  da  Londra,  e  se  lo  tien 
chiuso  sotto  chiave  senza  permetter  ad  alcuno  de'suoi  medici  e  chi- 
rurgi di  toccarlo  o  vederlo  neppure.  Altrove  sono  i  medici  sospet- 
tati di  omicidio  per  colpa  lata ,  qui  sono  sospettati  anche  di  dolo. 

Merita  d'essere  scritta  a  V.  E.  una  avventura  riguardante  i 
Gesuiti  ,  che  fa  gran  strepito  qui.  È  tornato  da  Pontichier:  un  Ge- 
suita chiamato  il  padre  Lavaux  che  era  ivi  Provinciale ,  ed  in  som- 
mo credito  non  solo  di  capacità,  ma  anche  di  santità.  È  venuto 
accompagnato  di  elogj  de'  Francesi  che  sono  là  ed  è  stato  alloggiato 
all'Hotel  della  compagnia  des  Indes  e  particolarmente  raccomandato  da 
persone  autorevolissime  della  corte  al  Parlam?nto.  A  riguardo  di  tali 
raccomandazioni  e  sull'  esposizione  da  lui  fatta  della  somma  povertà 
in  cui  diceva  trovarsi,  il  Parlamento  gli  ha  accordato  seimila  lire  di 
viatico  per  andarsi  a  ritirare  tra  i  suoi  parenti  a  Bordeaux,  e  una 
pensione  vitalizia  di  duecento  lire.  Per  viaggio  è  morto.  Si  è  andato 
subito  a  mettere  il  suggello  sugli  effetti  di  lui  restati  nella  stanza 
che  occupava  come  ho  detto,  all'Hotel  della  compagnia:  e  con  infi- 
nita meraviglia  d'ognuno,  invece  di  trovarvi  quattro  stracci  e  un 
breviario,  vi  si  sono  trovate  più  di  ottocento  mila  lire  tra  contanti  e 
biglietti  che  finora  non  sono  reclamati  da  nessuno.  È  stata  questa 
un'  acqua  di  maggio  pei  creditori  de'  Gesuiti ,  che  cominciavano  a  di- 
sperare di  poter  essere  pagati.  Ascendono  i  debiti  de' Gesuiti  a  più 
di  nove  milioni  di  lire  ,  ed  ò  evidente  che  la  maggior  parte  erano 
stati  fatti  in  vista  della  catastrofe  che  è  loro  avvenuta. 

Mando  a  V.  E.  un'  arringa  dell'avvocato  generale  d'Aix  ,  che 
per  l' eloquenza  merita  d'esser  letta.  Montelar  è  la  penna  più  felice 
che  sia  oggi  in  Francia.  Mi  viene  in  questo-punto  detto,  che  il  Par- 
lamento di  Grenoble  ha  diffinitivamente  statuito  su'  Gesuiti.  Mi  si 
dice  nel  tempo  stesso  che  in  Roma  seriamente  si  pensi  a  mettere  in 


LETTERE   DELL'ABATE   GALTANI  251 

interdetto  o  la  Francia  tutta ,  o  almeno  i  Parlamenti.  Non  so   se  la 
stoltezza  anelerà  tanto  in  là. 

Pieno  d'  ossequio  e  d'infinito  rispetto  sono. 
Parigi,  13  Giugno  1763. 


Eccellwiza , 

Quell'abbate  Clement  di  cui  parla  una  d'  uffìzio  è  un  acre  gian 
senista..  Per  famiglia  è  poca  cosa.  Non  e'  à  nobiltà  tra' giansenisti 
ora.  Fu  a  Roma  al  conclave ,  e  fu  ivi  preso  per  una  spia  de'  Gian- 
senisti venuto  a  vedere  se  la  colomba  celeste  scendeva  diritta  sul  capo 
al  novello  pontefice  o  se  torceva  a  manca ,  o  a  dritta.  Ebbe  perciò 
colà  des  rtfsagrcments.  Me  lo  dipingono  un  intrigante  :  ma  siccome 
tutto  qui  si  giudica  per  spirito  di  partito  non  so  se  questo  ritratto 
sia  vero ,  e  non  voglio  far  il  peccato    di  dir  male  del  prossimo. 

Ha  recato  meraviglia  a  V.  S.  ebe  l'assemblea  fosse  in  casa  rli 
Solari  quel  Giorno  eli'  io  rividi  il  buon  Gray.  L'assemblea  s'introdusse 
in  Francia  non  si  sa  come ,  da  riverenza  che  si  aveva  per  il  vecchis- 
simo d'Acùna  ambasciatore  di  Portogallo  decano  d'o?ni  ambasciatore 
d'Europa,  che  oltrepassò  i  cento  anni.  Dopo  la  sua  morte  piacque 
questa  introduzione  di  vedersi  i  ministri  esteri  tutti  insieme  un 
giorno  della  settimana  e  si  stabilì  di  tenersi  per  turnum  in  casa 
d'ognuno  degli  ambasciatori.  Il  nuovo  venuto  entra  quando  il  vecchio 
finisce  Era  adunque  quella  tal  domenica  in  casa  di  Solari  :  come  do- 
menica prossima  sarà  qui.  È  ridotta  ora  ad  una  breve  visita  che 
si  fa  all'  ambasciatore  in  casa  di  cui  ò  1*  assemblea.  Vi  si  pigliano 
eccellenti  rinfreschi ,  e  questa  è  la  cosa  più  seria  che  vi  si  faccia. 
Del  resto  si  passeggia  ne'  giardini,  che  quasi  tutti  gli  ostelli  d'am- 
basciatori hanno  ,  e  si  domandano  nuove ,  che  per  ordinario  ,  chi  le 
sa  non  le  dice ,  chi  le  dice  non  le  sa. 

Non  mi  dispiace  che  tutta  la  nostra  nobiltà  abbia  sposata  la 
giusta  causa  d'Albertini.  È  segno  di  nerbo  e  di  vita  in  una  nazione 
quando  sa  andar  unita  in  collera  contro  il  torto ,  ed  unirsi  in 
riconoscenza  verso  i  benefizi.  Uno  de'  mali  che  più  giustamente 
da'  vecchi  Francesi  si  piange  di  questo  paese  è  il  non  vedersi 
la  nazione  mossa  ad  indignazione  contro  i  tanti  convinti  rei  delle 
sciagure  della  passata  guerra.  Niuno  A  stato  punito  coli'  obbro- 
brio ,  né  premiato  colla  lode  universale.  Segno  di  corruzione  e 
di  sfacelo.  Solo  mi  dispiace  che  cada  la  collera  sopra  Durefort , 
che  come  privata  persona  è  un  amabilissimo  e  stimabilissimo 
signori'.  Inoltre  i  Francesi  sono  rei  solo  di  frettolosa  credulità. 
D'altri  è  stata  la  malignila  e  la  trama  :  ed  i  Napoletani  potrebbero 


252  LETTERE    DELL'ABATE   GALIANI 

ora  placarsi,  essendosi  visto,  che  qui  si    ha   vero    e   sincero  penti- 
mento del  fatto  ad  Albertini. 

Vienna  torna  a  prender  il  partito  di  temporeggiare.  Non  so  se 
le  sarà  così  utile  in  pace ,  come  le  è  stato  dannoso  nella  scorsa 
guerra.  A  lei  resta  molto  da  fare  e  da  pretendere.  Nuocerà  all'elezione 
d'un  Re  de'  Romani  la  morte  del  Maguntino ,  principe  che  colla  sa- 
viezza avea  acquistato  maraviglioso  credito  neh'  imperio;  ed  a  cui 
deve  l'Alemagna  l' aver  salvata  nella  passata  burrasca  la  sua  qualun- 
que siasi  buona,  o  mala  costituzione.  Non  so  se  gioverà  a  Vienna  il 
temporeggiare  e  allungare  lo  stabilimento  d'un  gran  Duca  :  guerre, 
morti  sopravvengono.  Poca  è  l'attenzione  che  si  usa  al  Re  Cattolico, 
dopo  un  primo  sgarbo  fatto  ,  e  con  poco  profitto  ,  come  s'è  visto. 
A  Torino  certamente  non  nuocciono  le  dilazioni.  Più  si  tarda  a  fis- 
sar la  tranquillità  dell'  Italia  ,  più  quella  corte  conserva  il  suo  peso. 

Mi  raccomando  alla  benigna  protezione  di  V.  E.,  che  la  vista  mi 
abbandona  a  gran  pasq.  Se  ella  va  cercando  vecchi  d'età  per  pre- 
miare ,  mi  creda  pure  canuto,  e  settuagenario,  che  non  s'ingan- 
nerà :  se  cerca  vecchi  di  senno  ha  bel  tempo   ad    aspettare  con  me. 

Pieiu  d'ossequio  ,  e  di  rispetto  infinito  sono. 
Parigi,  20  Giugno  1763. 


Eccellenza  , 

La  brevità  delle  mie  l'ho  creduta  giustificata  dalle  gazzette  d'ogni 
paese,  e  forse  anche  dalie  lettere  di  molti  che  hanno  l'onore  di 
scriversi  con  V.  E.  Sfido  chiunque  a  mostrarmi  ch'io  poi  ssi  allungar 
le  epistole  con  cose  che  valessero  la  pena  d'essersi  scritte.  V.  E. 
sa  render  interessanti  e  piene  le  sue  anche  senza  novelle  ;  io  più  voi  • 
le  ho  meditate,  esaminate,  volte  e  rigirate,  e  sempre  la  cosa  mi 
pare  una  magia,  un  sortilegio.  Quanto  a  me  confesso  che  se  mi 
mancano  nuove,  mi  manca  tutta  l'eloquenza.  Questa  sera  siamo  n  i 
caso.  Imprima  dirò  che  gli  oculisti  da  me  consultati  per  lo 
degli  occhi,  mi  hanno  tutti  concordemente  esortato  a  far  uso  d'un' 
acqua  ferrata,  che  scaturisce  in  Passi  (che  è  il  Posilipo  di  Pi 
Vogliono  che  quest'  acqua  minerale  mi  assottiglierà  gli  umori,  mi 
farà  cento  belle  cose  nel  sangue,  e  in  sustanza  non  diverrò  cieco.  Io 
non  ne  credo  nulla,  ma  in  sustanza  la  paura  mi  fa  determinare  a 
seguire  il  consiglio  loro.  Comincerò  adunque  tra  giorni,  e  la  pren- 
derò per  tre  settimane,  sicché  ritarderò  1' andata  mia  a  Compiègne. 
Non  credo  che  perciò  mancherò  a'  doveri  del  mio  piccolo  uffizio,  Solo 
potrebbe  accadere  che  se  qualche  nuova  mi  giùngesse  troppo  tardi 
V.  E.  la  troverà  in  questa  mia  riverente,  che  forse  verrà  separata 
dal  piego  ,  che  in  Compiègne  si  chiude   dall'ambasciatore. 


LETTERE  DELL'ABATE  GALI  A  NT  253 

Le  leste  della  scorsa  settimana ,  e  i"  discorsi  sull'inoculazione 
hanno  servito  mirabilmente  a  distogliere  il  popolo  dal  discorso 
degli  editti.  Del  Ut  de  luslice  si  sono  quasi  dimenticati  in  tutto.  Dopo 
cinque  anni  d  esperienza  ho  visto ,  che  nelle  teste  francesi  gli  affari 
serj  non  fanno  impressione.  Un' rifiuto  di  sacramenti,  una  monaca, 
un  gesuita,  un  parlamentario,  che  fosse  esiliato,  e  cento  altre 
freddure  simili  fanno  assai  più  strepito ,  che  non  cinquanta  milioni 
di  nuovo  dazio  ,  o  una  battaglia  perduta.  Qui  delle  bagattelle  bisogna 
tremare. 

Sono  quindici  giorni  che  questo  ministro  di  Genova  ricevette  un 
corriere  dalla  sua  Repubblica.  Non  ne  scrissi  subito  a  V.  E.  perchè 
mi  Ili  impossibile  1'  indagarne  l'oggetto.  Ma  poi  fiutando  e  rigiran- 
domi ho  trovato  che  è  relativo  agli  affari  di  Corsica  e  alle  nuove  e 
più  gravi  querele  che  Genova  fa  contro  Torrigiani.  V.  E.  sarà  sicu- 
ramente meglio  informato  da  cotesto  abbate  Casali,  che  non  potrò  io 
tarlo.  Ad  ogìii  modo  non  laseieru  di  dire ,  che  mi  è  parso  scorgere 
che  Genova  accasi  Roma  non  solo  di  soccorsi  spirituali  intempesti- 
vamente dati  ai  Corsi  per  mezzo  di  quel  visitatore,  ma  anche  di 
soccorsi  temporali  d'  ogni  genere ,  denari ,  armi ,  ricetto  ai  basti- 
menti corsari,  ed  infine  tu  ito  quel  che  può  far  sospettare  essere 
seriamente  entrato  in  testa  alia  corte  di  Roma  il  progetto  di  veder 
un  giorno  la  Corsica  ridotta  come  è  oggi  Bologna.  Questo  marchese 
Sorba  ha  avute  parecchie  lunghe  conferenze  con  questo  ministero. 
ìSon  so  se  abbia  chiesto  soccorsi,  ma  non  lo  credo,  sapendo  che  i 
Genovesi  erano  scottati  degli  già  altre  volte  a  caro  prezzo ,  e  inutil- 
mente comprati.  Credo  che  abbia  soltanto  chiesti  forti  uffizj  in  Roma 
ma  niente  so  di  sicuro.  Egli  ha  purtroppo  avuta  una  dolorosa  e  tra- 
gica nunziatura.  Ignoro  quali  siano  le  risposte  che  abbia  avute  da 
questo  ministero  il  detto  ->orba,  ma  siccome  non  ha  peranche  rispe- 
dito il  detto  corriere ,  entro  in  pensiero  ,  che  si  sarà  tòrse  da  qui 
scritto  in  Roma  a  tenore  di  ciò  che  egli  avrà  forse  chiesto  ,  e  si 
aspettino  di  là  le  risposte,  che  quando  verranno  a  lui  comunicate, 
egli  rispedirà  il  corriere.  Ma  V.  E.  da  Roma  saprà  i  risultati,  ed  il 
netto  di  ciò  che  io  ho  arguito ,  e  congetturato ,  prima  che  non  da  me. 

Bene  sarebbe  in  ogni  modo  far  finire  questo  taccolo  delia  Corsi- 
ca :  alla  tranquillità  d' Italia  nuoce  che  quel  paese  non  abbia  uno  stato 
fisso,  qualunque  siesi  per  essere.  Genova  e  vile  con  Roma,  e  vuole 
che  i  suoi  amici  facciano  i  bravi.  Fa  come  il  capitan  Spacca,  che 
manda  sempre  il  suo  lacchè  a  combattere  ;  er  lui.  Roma  che  sa 
che  i  Genovesi  hanno  paura  de' luoghi  di  monte,  si  ride  di  essi  .  e 
ne  perdono  di  concetto  anche  i  mezzani ,  che  entrano  per  padrini 
nella  giostra. 

Questo  ministro  modenese  mi  ha  detto,  che  l'affare  del  matri- 
monio modenese  era  totalmente  aggiustato  ,  che  tutto  era  convenuto. 


254  LETTERE    DELL' ABATE   GALIANI 

e  lirmato  e  che  io  poteva  pur  scriverlo.  Tutto  quel  che  concorre  a 
non  lasciar  paese  in  Italia  in  stato  di  provincia  di  potenza  grande 
tutto  è  bene ,  ed  è  fortuna  degli  Italiani  :  sicché  io  godo  assai  che 
Vienna  si  risolva  a  stabilir  un  sovrano  ed  un  semisovrano  in  Italia. 
Solo  mi  la  pena  la  lentezza  di  quel  gabinetto  ,  che  piglia  tempo 
sempre ,  e  non  sempre  con  profitto. 

Savissimo  ho  sempre  creduto  il  partito  preso  da  V.  E.  di  non 
far  che  la  corte  si  mischi  nella  gazzetta  nostra  napoletana  ,  ma  sup- 
plico V.  E.  riverentemente  e  per  onor  della  patria  a  far  avvertire  i 
compositori  di  essa  sicché  non  riesca  la  gazzetta  un  istrumento  da 
conservar  la  barbarie,  l'ignoranza  eia  superstizione  ne' popoli.  Que- 
sta gazzetta  è  scritta  in  stile  barbaro,  e  piena  di  novelle  false.  Getti 
di  grazia  gli  occhi  su  questo  miracolacelo  della  Cina  che  è  nel  foglio  di 
quest'ordinario.  È  egli  giusto  che  le  menzogne  lucrose  de'  frati  s'ac- 
creditino per  questa  via  negli  animi  de'  semplici  e  del  volgo  ?  Quanta 
questua  faranno  i  Domenicani  per  i  nuovi  cristiani  di  Focheu  ( 

Pieno  d'ossequio  e  d' infinito  rispetto  sono  ec. 

Parigi ,  27  giugno  1863. 


POMPEO   NERI 

(Cont.,  Vedi  av.,  pag.  47) 

Capitolo  V. 

Il  Neri  vien  nominalo  Presidente  della  Commissione  per  il  Censimento  a  Mi- 
lano -  Opposizione  a  quell'opera  -  II  Neri  scrive  in  proposilo  una  liela- 
zione  -  Gli  muore  la  Madre  -  Gelosie  contro  di  lui  -  Si  occupa  del 
riordinamento  dei  Comuni  di  Milano  -  Avversità  che  lo  colpiscono  -  Viene 
sciolta  la  detta  Commissione  -  L'opera  del  Censimento  è  lodala  ed  imitata 
-  Opere  diverse  del  Neri. 

Soffrivano  i  Milanesi  tutti  quei  mali  che  sono  frutto  delle 
imposte  repartite  arbitrariamente,  quando  da  Maria  Teresa  fu 
il  19  Luglio  1749  creata  una  Giunta  incaricata  di  compiere  il 
Censimento  generale  dello  Stato  di  Milano.  Era  quella  la  se- 
conda istituita  a  questo  scopo ,  giacché  la  prima  ,  formata 
nel  1719,  quantunque  avesse  stabiliti  i  principii  secondo  i 
quali  si  proponeva  condurre  a  termine  l'opera  e  l'avesse  quasi 
raggiunto,  non  lo  potè  compiutamente  a  causa  deila  guerra 
del  1733  fra  il  Piemonte  e  la  Francia.  «  Ma  l'Imperatrice 
«  Maria  Teresa ,  che  voleva  il  bene  generale  del  Ducato  di 
«  Milano  e  lo  volea  fermamente,  mandò  magistrati  integer- 
«  rimi  ed  imparziali  che  la  informassero  ;  ed  ascoltate  le 
«  relazioni  loro ,  deliberò  che  si  Unisse  il  censimento  quale 
«  da  Carlo  VI  era  stato  intrapreso,  e  nominò  a  questo   line 

«  nel  mese  di 1749  una  nuova  Giunta,  chiamando  da  Fi- 

«  renze  a  presidente  Pompeo  Neri,  che  aveva  coi  propri  studi 
«  e  coi  servizi  prestati  in  Toscana  acquistata  già  la  fama  di 
«  profondo  giureconsulto  e  di  prudente  uomo  di  Stato  »  (1). 

La  Giunta  non  si  costituì  poi  che  nel  Decembre  del  1749. 
Però,  siccome  dice  il  Neri  in  un  suo  discorso  letto  nel  1750, 
«  il  penosissimo  passaggio  che  per  lo  più  in  ogni  negozio 
«  s'incontra  tra  il  dire  e  il  fare ,  restava  in  quell'occasione 
«  esasperato  da  tutte  le  più  scabrose  circostanze,  perchè  si 
«  trattava  di  una  novità  distruttiva  di  tutte  le  antiche  usanze 
(1)  In  questo  modo  scriveva  il  Paleocapa  in  una  sua  Relazione  sul 
Censimento  di  Milano  che  trovasi  ancora  inedita  presso  i  di  lui  eredi. 


256  POMPEO   NERI 

«  del  paese  in  materia  d'imposizione,  reparto  ed  esazione  dei 
«  carichi  pubblici  ».  Ciò  non  ostante  il  Neri,  appena  assunto 
l'ufficio,  si  mise  subito  all'opera,  compilando  una  Relazione 
circa  lo  stato  nel  quale  si  trovava  il  Censimento,  stampata 
poi  nell'anno  stesso  1750  (1) ,  e  divisa  in  tre  parti.  Nella 
prima  fa  la  storia  dei  metodi  che  si  tenevano  allora  per  ri- 
partire le  imposte  dirette  e  ne  palesa  gli  inconvenienti. 
Nella  seconda  espone  brevemente  il  sistema  immaginato  dalla 
prinr.t  Giunta  ed  accenna  le  poche  operazioni  che  questa  con- 
dusse a  termine.  Nella  terza  parte  ragiona  di  ciò  che  la 
Giunta  da  lui  preseduta  aveva  operato  fino  ad  allora;  ma  que- 
sta parte  è  assai  scarsa,  in  quanto  che  egli  non  ne  avrebbe  po- 
tuto parlare  estesamente  che  raccogliendo  gli  ordini  sovrani, 
gli  editti  e  le  disposizioni  esecutive  della  Giunta  medesima, 
li  che  non  potè  fare  in  seguito  per  il  suo  richiamo  in  Toscana. 

Il  Neri  nella  detta  Relazione  si  occupa  moltissimo  nello 
spiegare  i  motivi  della  guerra  che  si  fece  all'opera  del  cata- 
sto: guerra  diretta  esclusivamente  allo  scopo  di  impedirne  o  , 
trattenerne  l'attuazione,  e  fatta  naturalmente  da  tutt.  coloro  che 
avevano  interesse  a  conservare  il  disordine  nella  ripartizione 
delle  imposte.  E  questi  erano  non  pochi  e  potenti;  ma  il  Neri 
non  si  lasciò  smuovere,  quantunque  egli  stesso  scrivesse  in 
un  suo  rapporto  d'uffizio  :  «  per  pervenire  presto  e  bene  alla 
«  pubblicazione  degli  estimi  bisogna  disporre  la  materia  con 
«  diversi  passi;  che  se  non  ce  li  troveremo  fatti  in  tempo, 
«  la  pubblicazione  ci  resterà  ritardata  o  difficoltata.  Per 
«  questi  passi  ci  vuol  risoluzione  e  costanza  di  pensare  sopra 
«  uno  scopo  fisso ,  e  prontezza  ;  ma  siccome  alcuni  dei  miei 
«  Signori  Colleghi  son  più  timidi  di  me,  così  trovo  che 
«  quando  si  tratta  non  più  di  discorrere,  ma  di  agire,  ogni 
«  passo   diventa   un   oggetto   pieno  di  difficoltà  e  di  timori  ; 

icchè  si  perde  molto  tempo  in  discorsi,  e  s'inclina  per  lo 

«  più  al  partito  di   non  agire  o  di  differirne  il  pensiero 

«  E  queste  deliberazioni ,  quando  debbano  contenere  qualche 
«  passo  di  attività  che  ci  porti  avanti  l'opera,  diventano  su- 
«  bito  un  negoziato  di  così  lunga  discussione,  e  che  mette 
<  alcuni  in  tale  agitazione  di  spirito,  che  io  non  so  come 
«  potremo  andare  avanti  ». 

(1)  Della  relazione  del  Neri  si  ha  una  seconda  edizione    fetta   a    Mi- 
lano dalla  Tip.  Mainaidi  nel  1 


POMPEO   NERI  257 

In  questo  tempo  (1752)  morì  la  madre  del  Neri ,  e  così 
questo  dolore  si  aggiunse  a  quelli  che  davagli  continuamente 
il  suo  ullicio,  al  quale  portava  ciò  non  ostante  tanto  amore 
che  ,  sebbene  i  suoi  interessi  lo  chiamassero  per  qualche 
tempo  in  Toscana,  egli  si  dichiarava  pronto  a  non  allonta- 
narsi da  Milano  (1). 

Qui  adunque  egli  aveva  poco  favore  nel  pubblico,  e  tro- 
vava lentezza  e  paura  nei  colleghi.  In  tali  condizioni ,  che 
avrebbero  latto  rallentare  l'attività  dell'uomo  il  più  costante 
ed  energico,  soffriva  in  oltre  l'animosità  di  coloro  stessi  che 
avrebbero  dovuto  incoraggirlo  nelle  sue  fatiche,  e  che,  mossi 
invece  da  quelle  invidie  che  spesso  nascono  fra  gli  uomini 
di  Stato,  lo  combattevano  continuamente  accusandolo- di  len- 
tezza (2)  nello  stesso  modo  che  dopo  di  lui  fu  amareggiato 
da  un'aspra  guerra  il  Paleocapa,  allorché  anch'egli,  in  uilicio 
simile  a  queilo  del  Neri ,  seppe  eguagliarne  il  sapere. 

il  Neri  si  occupo  inoltre  del  riordinamento  dei  Comuni 
del  Ducato  di  Milano  in  relazione  al  nuovo  Censo  ;  e  ciò  fu 
fatto  coll'Editto  intitolato  :  «  Riforma  al  governo  e  ammi- 
«  nistrazione  delle  Comunità  dello  Stato  di  Milano  del  dì  30 
«  Dicembre  17-jó  »  stampato  in  quell'anno  e  Armato  dal  «  Pre- 
«  si  lente  e  Consiglieri  della  Real  Giunta  del  Censimento  di 
«  Milano  ».  Per  il  qual  editto,  in  diverse  lettere  viene  il  Gran 
Cancelliere  d'Italia,  Conte  Cristiani,  assai  lodato  dal  Conte 
Kaunitz-Rittberg  (il  celebre  Ministro  dell'  Impero)  per  aver 
egli  fatto  sì  che  la  Giunta  lo  compilasse.  Ma  del  Neri  però , 
quasi  che  di  luì  non  tosse  stato  presso  che  tutto  il  merito, 
non  si  fa  parola. 

Pubblicato  queir  editto,  compite  1  operazioni  censuarie  e 
cominciate  in  gran  parte  ad  attuare ,  poco  rimaneva  ancora 
da  farsi  per  tutto  ciò  che  riguardava ,  come  si  suol  dire, 
l'impianto  del  lavoro,  e  la  Giunta  non  avrebbe  dovuto  che  ter- 

(1)  Questi  fatti  si  rilevano  da  una  lettera  in  data  27  Aprile  1752  del 
Duca  di  Sylva  Taronca  al  Conte  Cristiani. 

(2;  Questa  animosità  aon  si  rileva  specialmente  da  alcuno  dei  do- 
cumenti relativi  a  questa  materia  (e  che  si  trovano  tutti  nell'  archivio 
del  Censo  di  Milano),  ma  resultano  esplicitamente  da  moltissime  lettera 
del  Sylva  Tarmica,  del  Cristiani  e  degli  altri  che  combattevano  bensì  il 
Neri,  ma,  com'  è  facile  a  intendersi,  in  maniera  che  non  ne  rimanesse  una 
chiara  prova.  Risultano  pure  da  lettere  dello  stesso  Neri,  che  avrò  occa- 
sione d'accennare. 

Arch.,  3>  Serie,  Tom.  XXIV.  17 


258  POMPEO    NERI 

minarne  l'attuazione.  Perciò  il  Neri  scrisse  il  7  Maggio  1757 
ima  lettera  al  Sylva  Taronca  -Presidente  del  Supremo  Con- 
siglio d'Italia  nella  quale  dice  :  «  la  fatica  dell'estimo  per  cui 
«  fui  chiamato  è,  rispetto  a  quello  che  da  me  dipende,  Imita  ; 
«  la  commissione  non  fu.  che  temporale  perchè  io  non  potevo 
«  pensare  a  un  distacco  perpetuo  dalla  Toscana;  le  cambiate 
«  circostanze  di  quel  Paese  dopo  otto  anni  di  continua  dimora 
«  a  Milano  senza  poterne  uscire  né  meno  per  una  settimana, 
«  mi  richiamano  all'assistenza  della  mia  famiglia,  e  le  va- 
«  canze  accadute  e  prossime  a  accadere  nel  Ministero  di  quel 
«  Paese  (1)  mi  spronano  a  far  presente  alla  Maestà  dell'Im- 
«  peratore  la  mia  anzianità  in  quel  servizio  »  (2). 

Aveva  il  Neri  da,  poco  tempo  scritta  questa  lettera  quando 
fu  annunziato  lo  scioglimento  della  Giunta  per  il  31  Decem- 
bre  1757,  nominandosi  intanto,  a  quanto  pare,  e  per  durare  fino 
a  quel  tempo,  un  Presidente  provvisorio  della  Giunta  stessa, 
mentre  al  Neri  veniva  fatta  per  mezzo  del  Sylva  Taronca  la 
promessa  d'impiegarlo  (non  si  rileva  poi  con  qual  ufficio)  nel 
commercio  delia  seta  (3).  Ma  il  Neri  da  molto  tempo  non 
aveva  più  amica  la  fortuna,  e  in  fatti  poco  dopo  il  Sylva 
Taronca  si  dovè  ritirare  per  essere  stato  abolito  il  Supremo 
Consiglio  d'Italia  (del  quale,  come  ho  detto,  era  Presidente) 
e  riunito  alla  Cancelleria  di  Corte.  Allora  il  Neri  gli  scrisse 
una  lettera  in  data  12  Settembre  1757  nella  quale  dice  :  «  Mi 
«  permetta  V.a  Ecc.za  uno  sfogo  a  un  vivo  dispiacere  che 
«  internamente  mi  rode  ;  qualcheduno  ha  penetrato  la  cle- 
«  menza  che  S.  M.  ha  avuto  di  farmi  intendere  da  V.a  Ec- 
«  cellenza  che  voleva  impiegarmi  ;  il  trovarmi  ad  un  tratto 
«  a  secco  senza  la  minima  colpa,  serve    ai  miei    emuli   per 

(1)  Si  rileva  da  queste  parole  che  il  Neri  sapeva  o  prevedeva  i  cam- 
biamenti del  Richecourt  e  del  Ginori  ,  che  ,  come  si  vedrà  ,  avvennero 
nello  stesso  anno  nel  quale  il  Neri  scriveva  quella  lettera,  ossia  nel  1757. 

(2)  Come  si  vede  adunque,  il  Neri ,  andando  a  Milano  non  perdette 
il  suo  diritto  di  anzianità,  e  quindi  si  può  escludere,  che,  se  realmente 
avanti  d'andare  a  Milano  si  ritirò  a  Castel  Fiorentino,  ciò  fosse  per  es- 
sere egli  stato  destituito. 

(3)  Quanto  al  fatto  della  nomina  d'  un  Presidente  provvisorio,  lo  ri- 
levo dal  vedere  in  diverse  parti  della  lettera  del  Neri  al  Kaunitz-Ritt- 
berg  (della  quale  parlerò  fra  poco)  fatto  cenno  di  un  Presidente  cui  il 
Neri  dice  aver  dati  schiarimenti  sulla  materia  del  Censo.  Ho  detto  a 
quanto  pare  perchè,  come  ognun  vede,  potrebbe  anche  essere  che  s'in- 
tendesse parlare  di  qualche  altro  Presidente.  Anche  il  fatto  poi  della 
promessa  data  al  Neri  si  rileva  dalla  lettera  poco  sopra  citata. 


POMPEO   NERI  259 

«  considerare  sopra  di  me  una  specie  di  disgrazia,  e  deludono 
«  il  mio  ritorno,  e  qualche  fatica  da  me  fatta,  secondo  li  di 
«  Lei  comandi.  V.a  Ecc:za  mi  può  essere  garante  che  non  è 
«  l' interesse  che  mi  faccia  parlare  ;  ma  merito  io  questo  ? 
«  Me  ne  appello  alla  religione  di  V.a  Ecc.  -  Se  cosi  piace  a 
«  S.  M.,  mi  sottometto,  dicendo,  che  sono  infelice  senza  colpa». 

Nello  stesso  tempo  scrisse  il  Neri  un'altra  lettera  al  Conte 
Kaunitz-Rittberg  nella  quale,  accennando  all'accusa  di  len- 
tezza a  lui  data,  dice  che  «  un  censo  sì  difficile,  e  fertile  di 
«  revisioni  e  di  ricorsi,  intimato  allo  Stato  di  Milano,  com- 
«  posto  di  Provincie,  delle  quali,  parte  volevano  il  Censo, 
«  e  parte  no ,  ha  trovato  degli  ostacoli  presso  que'  Rappre- 
«  sentanti  Amministratori  del  pubblico  denaro  ;  e  per  questo 
«  il  Censo  non  ha  potuto  avanzare  che  passo  passo  contro 
«  tali  difficoltà  ».  Ripete  in  fine  ciò  che,  circa  la  sua  posi- 
zione, avea  scritto  al  Sylva  Taronca,  implorando  la  protezio- 
ne anche  del  Kaunitz-Rittberg  stesso. 

Intanto  il  31  Decembre  1757  avrebbe  dovuto  cessare  la 
Giunta,  ma  ciò  non  potè  avvenire  «  per  esser  sopravvenuto 
«  il  nuovo  Concordato  sopra  la  Colonia  »  (1). 

Terminatosi  dalla  Giunta  stessa  anche  il  lavoro  relativo 
al  detto  Concordato  fu  sciolta  il  3  Marzo  1758  e  fu  creata 
una  Delegazione  governativa  interinale  (2). 

Quello  poi  che  venisse  risposto  alle  lettere  del  Neri,  delle 
quali  ho  parlato  poco  sopra ,  non  resulta,  ma  si  sa  soltanto, 
come  vedremo ,  che  il  Neri  venne  richiamato  durante  quel- 
l'anno stesso  in  Toscana  come  Consigliere  di  Reggenza. 

Aveva  il  Neri  sostenute  a  Milano  grandi  fatiche  ed 
avuti  molti  dispiaceri,  ma  fu  compensato  dalla  soddisfazione 

(1)  Ciò  è  detto  in  una  lettera  senza  firma  al  Kaunitz-Rittberg  in 
data  31  Decembre  1757,  nella  quale,  colui  che  scrive  giustifica  col  fatto 
citatu  l'aver  prolungata  l'esistenza  della  Giunta. 

(2)  Per  maggior  chiarezza  ripeto  qui  che  tutti  i  documenti  citati  re- 
lativamente al  Neri,  come  Presidente  della  Giunta  per  il  Censimento,  si 
trovano  a  Sfilano,  nuli'  Archivio  del  Censo.  Se  poi  le  notizie  che  ho  po- 
tuto raccogliere  circa  l'ufficio  sostenuto  a  Milano  dal  Neri  e  la  guerra  che 
gli  fu  fatta  sembrassero  incomplete  e  scarse,  rammento  che  non  ho  po- 
tuto ricavarne  alcuna  da  quegli  autori  che  scrissero  del  Neri  ,  tacendo 
essi  del  tutto  su  tale  argomento  :  e  che  secondariamente  è  ben  difficile 
il  potere,  negli  Archivii  pubblici,  trovar  documenti  dai  quali  si  rilevino 
sfoghi  d'animosità  private.  Mi  sono  perciò  limitato  a  ordinare  e  accen- 
nare le  parti  più  importanti  dei  documenti  che  ho  rinvenuti. 


2J0  POMPEO    NERI 

di  vedere  i  buoni  effetti  del  suo  lavoro.  Ed  il  Pacchio  par  - 
laudo  del  Censo  di  Milano  scrive  :  «  Questa  operazione  fu 
«  condotta,  sotto  la  presidenza,  del  Neri  con  una  saviezza,  im- 
«  parzialità  e  sagaci  tà  che  servirà  di  modello  a  chi  vorrà 
«  imitarla  »  (1).  L'  illustre  economista  Conte  Giovan  .Rinaldo 
Carli  Milanese,  scriveva  al  Neri  nei  1771  :  «  V^oi  avete  ben 
provveduto  alla  felicità  di  questo  Stato  con  la  più  grund'opera 
che  siasi  mai  fatta  in  Europa,  cioè  col  sistema  censuano  »  \2). 

Ebbe  in  oltre  l'onore  ben  grande  di  ricevere  una  com- 
missione mandatagli  dal  Redi  Francia  Luigi  XV  per  do- 
mandargli consiglio  circa  il  modo  di  attuare  in  quei  Regno 
un  censimento  simile  a  quello  di  Milano.  Ed  il  Neri  compilò 
un  progetto  in  proposito  (o).  Molti  governi  italiani  e  stra- 
nieri imitarono  il  sistema  censuario  immaginato  e  diretto 
dal  Neri;  e,  Ira  gli  altri,  Federigo  li  di  Prussia  voile  che  il 
censimento  dei  suoi  Stati  t'osse  l'atto  secondo  le  norme  di 
quello  lombardo  (4). 

Scrisse  il  Neri  anche  le  avvertenze  circa  i  modi  di  to- 
gliere i  dubbi  e  le  difficoltà  che  col  tempo  nascessero  nell'ese- 
cuzione del  censo  (5)  ;  poi  un'opera  rimasta  inedita  sopra  le 
esenzioni  ecclesiastiche  relative  al  censo  (G).  Scrisse  infine 
cinque  consultazioni,  sempre  in  relazione  al  censo,  fra  le 
quali  una  in  risposta  a  cerei  lagni  dei  Lodigiani  (7). 

Tutti  questi  lavori  che  il  Neri  dovè  compiere  a  causa 
del  suo  ufficio,  non  erano  bastanti  per  la  di  lui  operosi- 
tà. Si  occupò  egli  in  fatti  d' un'  Opera  intorno  al  prezzo 
delle  monete,  che  porta  la  data  del  30  Settembre  1751,  dalla 
quale  appare  ciò  che  egli  operò  per  eseguire  la  commissione 
avuta  da  Maria-  Teresa  di  presedere  alle  conferenze  che  si 
tennero  per  stringere  un  concordato  monetario  fra  lo  Stato 
di  Milano  e  il  Piemonte.  L'  illustre  economista  Ferrara, 
parlando  di  quest'opera,  che  egli  loda  altamente,    rende  al 

(1)  Pecchie»,  Storta  dell" Economia  pubblica  in  Italia,  pag.  95. 

(2)  Queste  parole  sono  trascritte  dallo   Zobi  nel  Man.  cit.,  pag.  158. 

(3)  Fabroni,  St.  cit ,  Voi.  Ili,  pag.  3tìl  ;  Ridolfl,  El.  cit.,  pag.  37.  Il  Ri- 
dolfl dice  alla  nota  n.  40  che  una  minuta  del  progetto  si  trova  presso  gli 
Spannocchi  eredi  del  Neri. 

'  (4)  Pecchio ,  St.  cit ,  pag.  95. 

(5)  Dice  il  Ridolfl  alla  uota  30  dell' El.  che  sono  andate  smarrite 

(6)  11  Ridolfl  alla  nota  30.  dell'  RI.  stesso  dice  che  si  trovano  presso 
gli  Spannocchi. 

(7)  Ridolfl,  El.  cit.,  pag.  30. 


POMPEO   NERI  261 

Neri,  e  in  conseguenza  alla  scienza  italiana,  il  vanto  d"  aver 
nettamente  intraveduto  poi  primo  il  principio  «lei  -  costo  di 
riproduzióne  -,  teoria  che  soltanto  dopo  molti  anni  fu  svolta 
da  scienziati  stranieri  (1). 

Altra  sua  occupazione  consistè  nello  scrivere  una  Me- 
moria circa  la  Costituzione  delle  Manimorto  promulgata  in 
Toscana  1"  11  Febbraio  1751 .  Memoria  che  egli  mandò  alla 
Reggenza.  Con  quella  non  combatte  la  Costituzione  nelle  sue 
massime  fondamentali,  ma  come  troppo   comprensiva  (2). 

Se  molto  dovevasi  essere  accresciuto  nel  Neri  il  sapere 
e  la  pratica  negli  affari,  per  tutte  le  opere  nelle  quali  erasi 
esercitato,  causa  non  minore  dovè  esserne  l'amicizia  che 
strinse  con  gli  uomini  più  illustri  di  Milano,  e  specialmente 
col  Beccaria  (3). 

Capitolo  VI. 

Il  Richecourt  viene  richiamato  a  Vienna  -  muore  -  Anlonio  Bolta  Adorno 
è  crealo  capo  delti  Reggenza  -  Il  Neri  ritorna  in  Toscana  qua!  Consi- 
glier  di  Reggenza  -  Costituzione  delle  mani-morie  -  La  famiglia  Neri 
vici»  nominata  nobile,  fiorentina  e  volterrana  -  Il  Neri  si  occupa  della 
Biblioteca  di  Siena  -  Careslia  del  1763-64  e  provvedimenti  presi  - 
Muore  Francesco  II  -  P.  Leopoldo  è  creato  Gran  Duca  di  Toscana. 

Ho  detto  che  il  Neri  fu  richiamato  in  Toscana ,  ma  non 
ne  ho  accennata  la  causa. 

Nel  1757  venne  il  Richecourt ,  per  la  guerra  fattagli  dal 
partito  a  lui  nemico  capitanato  dal  Ginori  .  richiamato  a 
Vienna.  Aveva  il  Richecourt  compresi  a  fondo  i  bisogni 
economico-politici  della  Toscana ,   e    cercava   sopperirvi  con 

(1)  Per  maggiori  particolarità  circa  V  opera  del  Neri  e  specialmente 
sul  modo  nel  quale  egli  pervenne  a  scoprire  la  teoria  del  costo  di  ripro- 
duzione, vedasi  Ferrara  a  pag  92  dell'Introd.  al  voi.  VI,  parte  2.a  della 
Serie  2.a  della  Bibliot.  dell'Enonomista.  Vedansi  in  oltre  Zobi,  Man.  cit.  pag. 
158.  Ridolfl.  El.  cit  ,  nota  n  53.  Pecchio,  St.  cit.,  pag  96.  Ne  parlano  p'ire 
con  molto  elogio  lo  Schwarkopf  nei  suoi  Beitrò'qp  zur  Geschichte  der 
Nationalò'konornischen  Studien  in  Ttalien  im  17  und  18  Jahrhundert 
nach  Pietro  Custodi's  «  Scrittori  di  Economia  Politica  »  Strassburg 
1872  p.  16  e  29-30  :  così  pure  il  Kantz,  nell'  opera  Die  Geschichtliche 
Entwickelung  der  National  Okonomie  «  p.e  l.a,  p.  267:  il  Roscher  nel- 
1'  opera  «  Die  Grundlagen  der  Xationalò'konomie.  Stuttgart,  1873. 

2;  Si  trova  nella  filza  869  dell' Arch.  di  Reggenza. 

(3)  Zobi,  St.  cit  .  Voi.  I,  pag.  19". 


262  POMPEO    NERI 

quella  attività,  intelligenza  ed  integrità  che  gli  erano  proprie; 
ma  l'orgoglio  e  l'ambizione  furono  la  sua  rovina,  perchè  si 
procurò  tanti  nemici  che  ben  presto  lo  vinsero.  Addolorati* - 
simo  il  Conte  dell'improvviso  richiamo,  fu  colpito  da  apoples- 
sia che  in  brevissimo  tempo  lo  condusse  alla  morte  (1). 

In  luogo  del  Richecourt  fu  posto  il  Ginori,  il  quale  cosi 
ottenne  pienamente  il  suo  scopo.  Però  egli  pure  morì  per 
apoplessia  prima  ancora  d'entrare  in  ufficio. 

Fu  allora  mandato  come  capo  della  Reggenza  il  Marche- 
se Antonio  Botta  Adorno  di  Pavia,  che,  se  aveva  pochissima 
conoscenza  delle  cose  militari  ,  nessuna  ne  aveva  di  quelle 
civili.  Dopo  essersi  egli ,  .  quale  generale  dell'esercito  au- 
striaco condotto  nel  celebre  affare  di  Genova  in  modo  non 
so  se  più  vigliacco  o  crudele,  fu  mandato  ambasciatore  d'Au- 
stria a  Pietroburgo ,  e  quindi  a  Bruxelles  :  ma  tanto  da  Pie- 
troburgo che  da  Bruxelles  dovè  esser  tolto  perchè  affatto  in- 
capace. Tale  fu  l'uomo  che,  per  disgrazia  della  Toscana,  vi 
mandò  il  Gran  Duca  con  suo  motuproprio  del  21  settembre  1757. 

Pervenuto  appena  il  Botta  al  potere,  tanto  manifesta  appar- 
ve la  sua  incapacità ,  che  bisognò  fosse  immediatamente  chia- 
mato il  Neri  come  Consigliere  di  Reggenza  per  le  Finanze. 
Certo  non  altro  che  il  grande  amore  che  portava  il  Neri  al 
benessere  della  Toscana,  avrà  potuto  far  sì  che  egli  accet- 
tasse una  carica,  che,  se  lo  riconduceva  in  patria,  lo  espone- 
va però  a  tanti  pericoli  ,  a  dover  aver  per  superiore  un  uo- 
mo come  il  Botta  Adorno ,  ed  al  caso  di  dover  assistere  da 
vicino  alla  rovina  del  suo  paese  senza  poterla  impedire.  E 
questo  dolore  lo  dovè  in  gran  parte  sopportare  perchè .  di 
fronte  alla  ostinatezza  ed  alla  presunzione  del  Botta  ,  poco 
poteva  fare  il  Neri.  E  perciò  che  dalla  morte  del  Richecourt 
alla  cessazione  della  Reggenza ,  pochissime  furono  le  cose 
ben  fatte ,  e  queste  non  per  opera  dei  Botta. 

Giunto  il  Neri  nel  1758  in  Toscana  si  occupi»  principal- 
mente della  importantissima  questione  delle  mani-morte.  Fino 
dal  1740  aveva  egli  proposto  si   limitassero  gli  acquisti    del 

(1)  Intorno  al  Richecourt  furono  scritte  cose  disparatissirae  in  bene  o 
in  male  a  seconda  del  partito.  L'  illustre  (rio.  Alberto  De-Soria,  Profes- 
sore a  Pisa,  ne  scrisse  l'Elogio  che  fu  stampato  a  pai:.  132  e  seg.  del 
Tomo  II  delle  Opere  inedite  del  detto  Professore,  pubblicate  per  la  prima 
volta  in  Livorno  da  Tommaso  Masi  nel  1774.  Quell'Elogio  ha  il  merito 
di  portare  un  giudizio  del  tutto  imparziale  sul  Richecourt. 


POMPEO   NERI  263 

clero ,  e  1'  idea  era  stata  accolta  dal  Richecourt,  il  quale  anzi 
avrebbe  voluto  che  si  vendesse  una  porzione  dei  beni  eccle- 
siastici per  estinguere  ,  col  retratto  ,  una  parte  corrispon- 
dente di  debito  pubblico  ;  ma  il  Rucellai  si  oppose,  sostenendo 
che  si  dovesse  seguire  l' idea  del  Neri ,  di  non  limitare  cioè 
che  gli  acquisti,  futuri,  ed  in  questo  senso  comparve  la  co- 
stituzione del  dì  11  febbraio  1751. 

Questa  costituzione  però  aveva  il  difetto  di  essere  trop- 
po lata ,  perchè  si  comprendevano  nella  limitazione  i  corpi 
morali,  istituti  pii  laicali  ec.  Spedì  perciò  il  Neri  da  Mila- 
no quella  Memoria  che  a  suo  luogo  accennai.  Questa  Memo- 
ria però  non  ebbe  il  desiderato  effetto ,  e  la  opposizione  fatta 
dalla  Corte  di  Roma  alla  costituzione  del  1751  fece  sì  che 
questa  non  si  attuasse.  Morto  il  Richecourt ,  espose  il  Ru- 
cellai gli  inconvenienti  che  ne  derivavano ,  ma  per  il  mo- 
mento non  potè  aver  luogo  la  necessaria  riforma  dissentendo 
il  Neri  dal  Rucellai  nelle  disposizioni  e  forme  della  medesima. 
Però  in  breve  essi  si  posero  d'accordo.  Vennero  allora  conce- 
dute speciali  esenzioni ,  e  furono  dal  Neri  date  nel  1762  delle 
magnifiche  ed  accortissime  istruzioni,  con  le  quali  si  cercava 
impedire  le  contravvenzioni  alla  costituzione,  e  la  tanto  deside- 
rata riforma  non  ebbe  luogo,  come  dirò  più  tardi,  che  nel  1769. 

Nel  1760,  a  causa  di  una  spesa  straordinaria,  si  dovè 
imporre  un  apposito  tributo  generale.  Gli  ecclesiastici  sopra 
tutti  si  opposero  energicamente  ,  ma  in  ultimo  doverono  ce- 
dere. Fra  questi  fu  il  Vescovo  di  Pienza ,  Monsignor  Picco- 
lomini ,  per  altre  cause  già  in  urto  col  Governo.  Il  P.  Berti 
professore  di  Teologia  a  Pisa,  il  Neri  ed  il  Rucellai  gli  di- 
mostrarono con  una  Memoria  come  fosse  dovere  anche  degli 
ecclesiastici  il  sopportare  le  pubbliche  gravezze. 

In  questo  tempo  e  precisamente  con  decreto  de'  9  otto- 
bre 1762  la  famiglia  Neri  fu  dichiarata  nobile  fiorentina,  e  non 
so  in  qual  anno,  fu  pure  ammessa  alla  nobiltà  volterrana  (1). 

(I)  La  data  del  decreto  col  quale  la  famiglia  Neri  fu  dichiarata  nobile 
Fiorentina  si  rileva  da  una  annotazione  all'albero  genealogico  da  me  ripor- 
tato e  che  si  trova  nel  Libro  d'oro,  insieme  allo  stemma  dei  Neri.  Quanto 
alla  nobiltà  Volterrana,  risulta  dalla  filza  24  dei  Processi  dei  nobili  Volter- 
rani che  sono  nell"  Archivio  di  Stato  di  Firenze,  che  Pompeo  Neri  e  fra- 
telli vi  furono  ascritti  in  conseguenza  dell'  ammissione  di  Giov.  Buona- 
ventura  Neri,  con  tutti  i  suoi  discendenti,  al  godimento  dei  primi  onori 
di  detta  città,  ammissione  concessagli  per  partito  fatto  da  quel  Pubblico 
il  di  25  Gennaio  1723.  Io  non  so  poi  se  questa  onoranza  fatta  da  Volterra 


264  POMPEO   NERI 

Il  Neri  verso  quest'epoca  si  occupò  anche  della  Biblio- 
teca di  Siena ,  e  quando  nel  1750  il  Bandini  donò  a  quella 
la  propria,  fece  egli  in  modo  che  l'anno  dopo  potesse  servi- 
re al  pubblico  (1). 

Tanti  benefizi  però  erano  nulla  in  confronto  di  quello 
che  doveva  in  breve  arrecare  il  Neri  alla  Toscana. 

Fu  nel  1763  la  stagione  così  trista  che  scarsissime  fu- 
rono le  raccolte  dei  cereali ,  e  non  solo  in  Toscana ,  ma  in 
tutta  Italia;  tanto  che  nell'anno  susseguente  si  ebbe  una 
grandissima  carestia.  Né  le  leggi  annonarie  vi  provvedevano. 
Anche  la  Toscana  aveva  in  questa  materia  leggi  informate 
alle  idee  allora  generalmente  accolte,  leggi  che,  ostando  ad 
ogni  libertà  di  commercio ,  accrescevano  anzi  sempre  più  la 
carestia.  Il  Magistrato  della  così  detta  Abbondanza,  il  solo  che 
potesse  far  le  provvisioni  fuori  di  Toscana,  non  aveva  le  somme 
necessarie.  Quindi  non  ostante  che  la  popolazione  morisse  per 
gli  stenti  e  la  fame  ,  il  Consiglio  di  Reggenza  ,  eccettuatone 
il  Neri,  rimaneva  fermo  nel  combattere  la  libertà  di  commercio. 
Ma  intanto  che  si  discuteva,  la  carestia  portava  orrendi  mali. 

In  tal  condì  ione  erano  i  Toscani  quando  il  Botta  Ador- 
no propose  d'ordinare  una  straordinaria  imposizione  gene- 
rale ,  per  darne  il  retratto  al  Magistrato  dell'Abbondanza , 
affinchè  potesse  far  le  provviste.  Il  Neri,  quantunque  non  so- 
stenuto da  alcuno,  ma  solo  contro  il  parere  di  tutti  gli  altri 
Consiglieri,  rimase  fermo  nella  sua  opinione;  e  anzi  segre- 
tamente scriveva  al  Gran  Duca  quanto  pazza  cosa  fosse  il 
disegno  del  Botta  Adorno ,  e  come  con  quello  si  sarebbe  au- 
mentata, anziché  diminuita  ,  la  desolazione.  Ordinò  allora 
Francesco  II ,  che  le  somme  per  l'Abbondanza  fossero  invero 
tratte  dalla  cassa  dei  suoi  avanzi  privati.  I  Reggenti  tene- 
vansi  fermi  nella  loro  opinione,  ma  insistè  dall'altro  canto  il 
Neri  presso  il  Gran  Duca,  per  mezzo  del  conte  Vincenzo 
Alberti  allora  Segretario  Imperiale  a  Vienna  ,  tantoché  Fran- 

a  Gio.  Bonaventura  fosse  causata  dal  voler  rendere  onore  alla  fama  che 
godeva,  o  dal  desiderio  di  ricompensarlo  di  qualche  special  benefizio  pro- 
curatole. 

(4)  Cosi  lo  Zobi,  St.  Civ.  Voi.  I,  p.  420,  Nota  N.  24.  A  questo  pro- 
posito ho  viste  4  lettere  del  Neri  al  Randini,  e  27  all'  Ab.  Ciaccheri  tutte 
relative  a  quella  Biblioteca,  e  che  quivi  si  trovano.  Queste  però  non  dimo- 
strano altro  che  le  infinite  curo  elio  il  Neri  (insieme  al  Bandini  e  al  Ciac- 
cheri) si  prendeva  per  quest'affare,  ma  non  hanno  .lcun'altra  importanza. 


POMPEO   NERI  265 

cesco  II  in  modo  assoluto  confermò  con  altro  suo  dispaccio 
ciò  che  aveva  ordinato. 

Allora  il  governo  comprò  all'estero  una  grande  quantità 
di  granaglie  ;  ma  anche  queste  non  potevano  aver  che  l'ef- 
fetto di  far  soltanto  diminuire  la  carestia.  Tornò  ad  insiste- 
re allora  il  Neri  affinchè  fosse  applicata  la  piena  libertà  di 
commercio;  ciò  fu  fatto  con  editto  del  2  aprile  1764  (1),  e 
nel  giugno  si  comprava  già  il  grano   a  prezzo  discreto. 

Questa  è  la  più  splendida  prova  della  verità  di  quelle 
teorie  economiche ,  che  formulate  in  Toscana  dal  Bandini  . 
furono  con  fortezza  e  costanza  propugnate ,  ed  in  fine  appli- 
cate dal  Neri  a  salvare  i  Toscani  da  una  maggiore  rovina: 
la  prova  di  quella  grande  verità  che  «  il  commercio  vuol 
«  esser  libero  come  gli  uomini  che  lo  fanno  »  e  che  questo 
principio  «  è  dettata  dalla  natura  e  confermato  dall'espe- 
rienza (2)  ». 

Avvennero  in  questo  tempo  ad  Innspruck  ,  e  precisa- 
mente il  5  agosto  1765,  le  noz'.e  fra  l'Arciduca  Pietro  Leo- 
poldo d'Austria  e  l' infanta  Maria  Luisa  figlia  di  Carlo  III 
Re  di  Spagna.  Fissandosi  nel  1762  il  detto  matrimonio  ,  si 
stabiliva  pur  anche  che  il  menzionato  Arciduca  verrebbe  no- 
minato Luogotenente  del  ppdre  in  Toscana  per  far  poi  di 
questo  uno  Stato  separato. 

Col  dare  al  figlio  la  Luogotenenza  della  Toscana,  parve 
presagisse  Francesco  II  la  sua  prossima  fine.  Non  erano  in 
farti  passati  che  13  giorni  da  quello  delle  nozze,  quando  eoli 
cessò  improvvisamente  di  vivere,  nella  sua  età  di  57  anni. 

Per  la  morte  di  lui  salì  al  trono  dell'  Impero  il  primo- 
genito Giuseppe  ,  ed  i  novelli  sposi  partirono  per  la  Toscana. 


Capitolo  VII. 

Leopoldo  1  viene  in  Toscana.    -  Suo  carattere.  -  Partenza  del  Botta  Adorno. 
-  Relazioni  del  Neri  col  Gran  Duca.  -  Istituzione  dei  dicasteri.  -  Giura  - 


(1)  Circa  questi  fatti  può  consultarsi  il  Fabroni,  Provvedimenti  An- 
nonarii,  specialmente  nlle  pap.  274  e  275. 

(2  Cosi  scriveva  un  contemporaneo  nel  N.  75  della  Gazzetta  Uni- 
versale di  Firenze  pubblicata  il  17  Sett.  1770. 


266  POMPEO   NERI 

mento.  -  Fronedimenti  p>r  la  Maremma.  -  IVuova  carestia  frumenlaria. 
-  Lavori  pubblici.  -  Epidemia. 


L'Arciduca  Pietro  Leopoldo ,  che  assunse  allora  il  nome 
di  Leopoldo  I ,  si  trovò  a  18  anni  già  a  capo  di  uno  Stato, 
e  di  uno  Stato  qual'  era  la  Toscana ,  in  cui ,  se  molto  erasi 
fatto ,  moltissimo  rimaneva  da  fare.  Per  questa  ragione  pen- 
sò Maria  Teresa  di  mettergli  al  fianco  un  uomo  che  savia- 
mente lo  consigliasse  e  ne  temperasse  l'ardor  giovanile ,  e  a 
ciò  fu  scelto  il  conte  di  Thurn  che  di  li  a  poco  morì.  E  per 
lo  stesso  motivo  lasciò  in  Toscana  il  Botta  Adorno.  Né  fac- 
cia meraviglia  che  la  saggia  Maria  Teresa  scegliesse  anche 
quest'ultimo  al  difficile  incarico,  giacché  essa  ne  aveva  stima 
grandissima.  E  disgraziatamente  accade  sovente  che  uomini 
come  il  Botta  Adorno ,  con  intrighi  di  Corte,  dei  quali  tanto 
spesso  sono  vittime  i  principi ,  e  con  altri  mezzi  non  meno 
disonesti  riescono  facilmente  ad  acquistarsi  presso  i  re- 
gnanti quella  stima  che  non  potrebbero  ottenere  con  i  loro 
meriti. 

Insieme  dunque  alla  sua  consorte,  accompagnato  dal  Thurn 
è  da  altri ,  venne  Leopoldo  in  Toscana ,  e  a  Bologna  trovò 
il  Botta  Adorno,  il  quale  era  venuto  ad  incontrarlo.  Ma  il 
novello  Principe  nun  era  punto  ben  disposto  a  suo  favore, 
avendo  avuto  notizia  di  quanto  se  ne  lamentassero  i  To- 
scani, ed  anche  forse  perchè  intendeva  come  sua  madre  avesse 
voluto  dargli  in  lui  chi  lo  guidasse.  Ed  i  giovani,  e  più  spe- 
cialmente quelli  di  talenti  pari  a  P.  Leopoldo ,  hanno  in  ge- 
nerale poca  disposizione  ad  essere  guidati. 

Predominava  in  P.  Leopoldo  il  desiderio  di  riformare 
bensì ,  ma  dopo  aver  visto  con  i  propri  occhi,  poco  fidandosi 
di  tutti  coloro  che  gli  stavano  intorno  ;  e  il  desiderio  pur 
anche  di  aver  vicine  persone  valenti  ed  oneste  per  poter 
regolarsi ,  secondo  il  loro  pensare  ,  in  quelle  cose  delle 
quali  non  gli  era  possibile  aver  direttamente  notizia.  Per- 
ciò, giunto  appena  in  Firenze  (13  settembre  1765),  ed  udito 
quanto  il  Botta  Adorno  fosse  odiato  dai  Toscani,  si  confer- 
mò sempre  più  nella  cattiva  opinione  che  aveva  di  lui,  e  si 
decise  a  licenziarlo,  la  qual  cosa  non  effettuò  subito  per  ri- 
spetto di  sua  madre,  ma  solo  il  2  ottobre  1766.  In  sua  vece 
fu  nominato  il  conte  Orsini  di  Rosemberj}'. 


POMPEO    NERI  267 

Partito  il  Botta,  si  avvicinò  agli  uomini  più  savi  che 
avesse  allora  la  Toscana ,  molti  dei  quali  avevano  fatta 
parte  della  Reggenza.  In  primo  luogo  il  Neri,  poi  Giulio  Ru- 
cellai,  Angelo  Tavanti  e  Francesco  Gianni;  e  di  questi  ascoltò 
i  consigli ,  e  li  accettò  molte  volte. 

Coll'arrivo  del  Gran  Duca  era  naturalmente  cessata  la 
Reggenza,  ed  erano  stati  istituiti  quattro  ministeri  :  uno  per 
gli  affari  Esteri ,  che  fu  dato  al  Botta  Adorno  ,  e  quindi  al- 
l'Orsini di  Rosernberg  ;  uno  per  la  Guerra  con  a  capo  l'Al- 
berti; un  terzo  per  le  Finanze  che  fu  occupato  dal  Pecci.  d 
un  quarto  per  gli  affari  Interni,  affidato  a  Pompeo  Neri.  Gli 
affari  Ecclesiastici  rimasero  al  senator  Rucellai.  Il  Neri  in 
oltre  ebbe  dal  nuovo  Gran  Duca  il  posto  di  segretario  del- 
l'Archivio di  Palazzo. 

Tutti  i  corpi  costituzionali  e  tutti  i  magistrati  prestaro- 
no giuramento  di  fedeltà  al  Gran  Duca ,  e  in  quest'occasione 
il  Neri  pronunziò  un  breve  discorso  (1). 

Le  prime  cure  di  P.  Leopoldo  furono  rivolte  alla  Marem- 
ma. Le  sue  condizioni  erano  miserevolissime.  Basti  il  dire  che 
della  colonia  di  circa  1000  persone,  mandatavi  da  Francesco  II, 
non  ne  rimanevano  in  vita  che  35,  e  anche  queste  inabili  al 
lavoro.  Il  territorio  Senese  aveva  ancora  leggi  Medicee  e 
speciali,  che  gli  erano  dannosissime.  P.  Leopoldo  quindi,  pri- 
ma d'ogni  altra  cosa,  incominciò  dal  dividerlo  in  due  parti. 
una  superiore,  l'altra  inferiore  (Maremma)  e  riserbò  que- 
st'ultima alla  propria  amministrazione,  nominando  nello  stesso 
tempo  una  Deputazione  composta  di  9  membri ,  fra  i  quali  il 
Neri,  che  indicasse  le  disposizioni  da  adottarsi  per  il  boni- 
ficamento di  quella  provincia.  Questa  Commissione  propose 
affidar  la  direzione  del  detto  bonificamento  al  Gesuita  Leo- 
nardo Ximenes. 

Fin  dal  1745  erasi  divisato,  per  toglier  la  mal'aria.  di 
asciugare  il  padule  di  Castiglioni,  ma  nulla  si  fece,  avendo 
la  Reggenza  esposto  esser  dubbia  la  riuscita  del  lavoro,  e  come 
in  ogni  caso  mancasse  il  denaro.  Non  ebbero  effetto  neppure 
le  proposizioni  presentate  da  una  Società  rappresentata  dal 
Neri,  la  quale  nel  1763  offerse  di  ridurre,  a  sue  spese,  col- 
tivate e  più  popolate  le  Maremme  medesime ,  dietro  certe 
condizioni  e  privative.  Quelle  proposizioni  furono  scritte  dal 

(1)  E  fra  i  trattati  e  carte  diplomatiche  delle  Riformagioni. 


268  POMPEO   NERI 

Neri,  eri  hanno  un  merito  assai  grande  (lì.  Alle  proposi- 
zioni stesse  fece  poi  egli  stesso  note,  nelle  quali  ai  n.  9,  10, 
11  e  12  dà  cenno  di  un  progetto  di  casa  di  correzione. 

Lo  Ximenes  frattanto  concepì  il  piano  in  modo  che  il 
bonificamento  si  ottenesse  esclusivamente  con  lavori  idrauli- 
ci. Ma,  e  il  Bertolini,  Auditor  generale  dello  Stato  di  Siena, 
e- il  Neri  combatterono  quest'idea,  stando  piuttosto  all'opi- 
nione del  Bandini  il  quale  intendeva  doversi  ottenere  il  bo- 
nificamento con  lavori  idraulici  bensì ,  ma  ancbe  molto  con 
provvedimenti  economici  E  il  tempo  ha  dato  il  suo  immuta- 
bile giudizio  nella  disputa,  giacché  al  presente,  per  l'effetto 
ottenutosi  in  una  parte  della  Maremma  e  dai  lavori  idrau- 
lici ed  insieme  da  un  buon  sistema  di  leggi  economiche,  ognu- 
no è  persuaso  del  come  fosse  giusto  il  concetto  del  Bandini 
accettato  dal  Neri. 

La  libertà  di  commercio  che.  propugnata  tanto  calorosa- 
mente dal  Neri ,  aveva  nel  17fi3-f>4  salvata  la  Toscana  da  una 
rovina  macrgriore,  non  era  stata  applicata  che  a  tempo.  Tor- 
narono poi  in  vigore  le  antiche  lecrtri  annonarie.  Ma  ritornò 
anche  nel  17fifi-fì7  una  più  tremenda  carestia ,  per  salvarsi 
dalla  quale  si  dovè  in  ultimo  ricorrere  al  solito  rimedili .  e 
colle  notificazioni  del  dì  7  aprile  e  4  agosto  1766  fu  tolto  a 
tutto  il  luglio  1767  ogni  dazio  e  jrabella  sui  generi  frumen- 
tarii  stranieri  :  furono  sospesi  i  dazi  e  le  tasse  regie  e  co- 
mmutative sulla  fabbricazione  del  pane,  e  tolte  le  privati- 
ve (2).  In  oltre  si  contrasse  un  prestito  con  alcuni  banchieri 
Genovesi ,  per  impietrarlo  nella  compra  di  granaglie  forestie- 
re ed  in  lavori  pubblici. 

Effetto  primo  della  carestia  fu  uno  straordinario  paupe- 
rismo. Alcuni  proposero  doversi  ,  per  disfruo-crer  quello,  proi- 
bir la  questua  .  ma  le  accennate  misure  valsero  abbastanza 
per  non  doversi  prendere  provvedimenti  d'altra  specie. 

Ed  anche  questo  gran  fatto  avvenne  per  opera  del  Neri, 
il  quale  con  un  suo  voto  del  13  settembre  1707  combattè  quei 
propositi  insensati  e  crudeli ,  sostenendo  invece  che   ciò  che 

(1)  Si  trovano  nella  filza  250  dell'  Areh.  di  Reggenza  ,  e  lo  Zobi  lo 
pubblica  nplla  St.  Cw.  Voi.  Il,  N.  3  dell'Appendice  di  Doc.  «  siccome 
documento  vergato  da  dotto  giurisperito  ed  economista  »  e  che  «  possono 
essere  non  destituite  affatto  d'  interesse  anche  odiernamente  ». 

v2)  In  questo  senso  furono  pubblicati,  un  editto  del  15  Sett.,  e  le  cir- 
colari del  24  Sett.  e  26  Marzo  1767. 


POMPEO   NERI  269 

bisognava  fare  si  era  il  favorire,  sempre  nei  modi  più  ac- 
conci, l'agricoltura,  la  pesca,  il  commercio  (1).  E  ben  osserva 
lo  Zobi,  cbe  «  per  illustrare  un  ministro  potrebbe  per  av- 
«  ventura  bastare  questo  solo  scritto  in  cui  la  scienza  e  la 
«  umanità  trionfano  dell'  ignoranza  e  della  crudeltà  ».  «  Così 
«  il  modo  di  far  cessare  la  carestia  (osserva  il  Fabroni)  es- 
«  sendo  stato  affidato  al  benefico  principio  di  libertà  ,  il  gò- 
«  verno  non  spese  niente  ed  i  prezzi  dei  grani ,  com'  è  noto- 
«  rio,  andarono  gradualmente  scemando  tino  dal  primo  mn- 
«  mento  »  (2). 

I  lavori  che  dovevano  dar  pane  a  tante  persone  furono  su- 
bito messi  in  esecuzione,  e  fra  gli  altri  fu  intrapreso  quello 
veramente  colossale  della  strada,  cosi .  detta  dell' Abetone  , 
che  da  Pistoia  conduce  a  Modena. 

Ma  per  i  tanti  patimenti  che  a  cagione  della  carestia  di 
cui  ho  parlato  di  sopra,  e  di  quella  antecedente  del  1763-04 
dovè  soffrir  la  Toscana,  si  svilupparono  delle  febbri  petec- 
chiali ,  che  fecero  glande  strage  specialmente  nel  territo- 
rio di  Siena.  Il  Neri ,  il  quale  come  Consiglier  di  Reggen- 
za per  gli  affari  interni  aveva  anche  la  soprintendenza  alla 
salute  pubblica ,  mandò  immediatamente  a  Siena  i  valenti 
medici  Targioni  Tozzetti  e  Matteo  Storck  per  dirigere  i 
provvedimenti  sanitari.  Siccome  poi  lo  Spedale  che  aveva 
molti  beni  in  terreni,  per  essere  il  grano  andato  a  male,-  si 
trovò  in  assoluta  mancanza  di  denari,  il  Neri  autorizzò  quel- 
l'amministrazione a  fondere  gli  argenti  della  chiesa  che  gli 
è  annessa,  ad  alienare  alcuni  beni,  ed  a  contrarre  quella 
quantità  di  debiti  che  fosse  occorsa  (3). 

Gaetano  Rocchi. 

(1)  Questo  mirabile  voto  si  trova  nella  filza  46    della  Segreteria    di 
Stato. 

(2)  Fabroni,  Provvedimenti  annonarii,  pag.  274. 

(3)  Ciò  si  rileva  dalle  filze  673  e  674  dell'  Ardi,  di  Stato  di  Firenze, 
tutte  relative  a  questa  materia. 


IL  CONCILIATORE. 

EPISODIO 

DEL    LIBERALIS3IO    LOMBARDO 

(Continua  dal  T.  XXIV,  fase.  IV,  pag.  90). 

XIV.  Fra  i  collaboratori  del  Conciliatore ,  vivamente  erasi 
adoperato  alla  cospirazione  Giuseppe  Pecchie  Propagava  egli 
a  Milano  la  Società  dei  Federali  ;  ne  tenne  adunanza  in  una 
sua  villa  a  San  Siro  ;  allo  scoppiar  della  rivoluzione  in  Piemonte 
v'accorse,  ebbe  convegni  coi  caporioni  e  col  principe  di  Cari- 
gnano ,  della  cui  cooperazione  cercaronsi  con  sollecitudine  le 
prove  ne'  processi  d'allora  (1). 

Il  Pecchio,  introdotto  notturnamente  dal  colonnello  Oolegno  a 
colloquio  col  principe  di  Carignan  o,  dicea,  fra  il  resto,  essersi  colà 

(1)  Il  3  gennaio  1822  Mettermeli  scriveva  al  governatore  di  Milano 
congratulandosi  degli  arresti  fatti  e  delle  prime  rivelazioni  avute  da  Ca- 
viglia e  Pallavicini:  e  dopo  varie  istruzioni  soggiungeva: 

«  Si,  dans  le  cours  de  la  procedure,  il  se  présente  des  dépositions 
à  la  charge  de  M.  le  Prince  de  Carignan ,  ou  d'autres  individus  pie- 
montais  marquants  par  leur  rang  ou  par  le  ròte  qu'ils  ont  joué  dans 
la  deridere  revolution ,  vous  voudrez  bien  les  rassembler  avec  le 
plus  grand  soin  et  me  Ics  tra.smettre  exactement ,  en  les  accompa- 
gnant  de  vos  observations.  Vraisemblablement  le  Ministère  de  S.  M. 
sarde  reclamerà  la  comuaication  de  ces  dépositions.  S'il  s'adresse  a 
cet  effet  a  vous,  ou  à  M.  le  Président  du  tribunal  special,  vous  vous 
montrerez  constarnment  dispose  a  vous  prèter  à  ses  desirs,  mais  vous 
éviterez  cependant  de  lui  communiquer  aucune  pièce  quelconque  de  la 
procedure  concernant  M.  le  Prince  de  Carignan,  avant  de  me  l'avoir 
préalablement  soumise  ,  en  alleguant  que  vous  avez  les  ordres  les 
ples  précis  de  vouer  à  cet  objet  une  attention  sevère ,  et  de  rassem- 
bler soigneusemert  toutes  les  données  qui  peuvent  interesser  la  Cour 
de  Turiti  ;  que  vous  vous  en  occupez  avec  zéle  ;  et  que ,  des  que  vo- 
tre  travail  sera  complet ,  vous  vous  empresserez  de  le  soumettre  a 
l'Empereur  ,  attendu  que  l'intention  de  S.  M.  est  d'en  faire  pan  di- 
rectement  au  Roi  ». 


GIUSEPPE   PECCHIO   E   SIGISMONDO   TRECHI  271 

concertato  di  divider  l'Italia  in  tre  regni.  Il  settentrionale  fino 
agli  Apennini  (sic)  sarebbe  costituzionale  sotto  esso  principe  ; 
la  parte  meridionale  comprenderebbe  il  regno  di  Napoli,  esteso 
fino  alla  Toscana;  quest'ultima  formerebbe  un  regno  indipen- 
dente. Pecchio  teneva  infallibile  la  rivoluzione  dacché  se  ne  met- 
teva a  capo  il  principe  che,  essendo  erede  presuntivo  della  co- 
rona ,  non  vorrebbe  metterla  al  repentaglio  d'una  meu  che  sicura 
sommossa.  A  ogni  modo  la  rivoluzione  dovea  dal  Piemonte  veni- 
re in  Lombardia ,  ed  arrestarsi  al  Mincio,  o  al  più  all'Adige  (1). 
Esistono  tutte  riunite  le  deposizioni  fatte  intorno  al  Carignano  da 
Gonfalonieri ,  da  Pallavicini ,  soprattutto  da  Castiglia.  Da  quelle 
trasparirebbe  un'  intelligenza  di  lui  col  principe  ereditario  di  Na- 
poli per  farsi  capi  della  rivoluzione  e  spartirsi  fra  loro  l' Italia. 
Nei  processi  del  1821  figurò  un  Gio.  Ferdinando  de  Witt 
DSrving ,  dal  Piemonte  consegnato  all'Austria ,  dopo  essere  stato 
arrestato  per  istanza  del  Niebhur  ministro  prussiano  a  Roma , 
siccome  attivissimo  cospiratore,  e  legame  dei  Carbonari  italiani 
con  quelli  di  Germania  ,  ch'egli  avea  conosciuti  studiando  a  Jena. 
A  Milano  egli  faceva  un'ampia  deposizione  al  generale  Bubna , 
mostrandosi  informatissimo  del] e  trame  di  tutta  Europa,  vantan- 
dosi di  aver  servito  a  tutti  quei  partiti,  ma  per  tradirli,  ed  es- 
ser riuscito  a  gettare  la  zizania  tra  i  migrati.  Di  questi  mostra 
basso  concetto ,  massime  de'  nobili  piemontesi ,  e  come  fossero 
appena  da  poco  aggregati  alla  Carboneria  e  quali  semplici  cu- 
gini ;  aver  essi  operato  senza  brn  farsi  ragione  delle  loro  speranze, 
e  sentirsene  pentiti.  Va  fatta  gran  parte  in  tutto  ciò  al  deside- 
rio che  aveva  di  liberarsi  ;  ma  quel  che  importa  è  il  suo  insistere 
nel  desiderio  di  unità ,  che  manifesta  vasi  e  nella  Germania  e  in 

(1)  Vedasi  Della  indipendenza  italiana,  CronisteriaVo\.  II,  pag.  581. 
Secondo  i  rapporti,  colà  da  me  addotti,  era  stato  il  Dardaxi  ambasciadore  di 
Spagna  a  Torino,  che  avea  riscaldato  il  Pecchio,  e  con  lui  indotto  il  Cari- 
gnano a  porsi  a  capo  dulia  rivoluzione  italiana,  facendogli  sospettare  che 
si  fosse  trattato  di  cambiar  l'ordine  di  successione  alla  corona  di  Sarde- 
gna,  e  insinuandogli  che  il  Governo  austriaco,  timoroso  dell* influenza 
che  poteva  avere  sulla  Penisola  il  solo  principe  italiano  del  quale  eransi 
fin  da  tempo  concepitele  più  lusinghiere  speranze,  non  tralasciava  mezzi 
di  sminuirne  la  considerazione  ,  spargendo  sul  suo  conto  le  più  vili  ca- 
lunnie. 


272  EPISODIO    DEL    LIBERALISMO    LOMBARDO 

Italia:  in  Germania  Hardenberg  aveva  istituito  una  società  se- 
greta a  questo  scopo  ,  surrogandola  alla  Tugenbund ,  e  ottenendo 
denaro  all'uopo:  ina  i  liberali  tedeschi  si  accorsero  che  insomma 
non  volea  farsi  che  ima  grande  Prussia.  Iu  Italia  i  Carbonari 
mirar  all'imita  ,  vero  scopo  di  tutte  le  loro  trame.  Ora  l'Austria 
'  potrebbe  sventarle  col  farsi  ella  stessa  unitaria ,  cominciando  dal 
•prendersi  il  Piemonte,  dove  certamente  Carlalberto  non  po- 
trebbe mai  divenir  re. 

Il  Pecchio  quando  vide  confiscati  i  suoi  beni ,  dei  quali  avi  a 
fatto  una  vendita  che  supponeasi  finta ,  pubblicò  uno  scritto ,  ove 
narrava  d'essersi  sottratto  per  paura  d'esser  fra  i  ducento  che  diceasi 
voler  il  Governo  deportare  come  ostaggi  :  avere  chiesto  un  pas- 
saporto, del  qual  atto  or  gli  facevano  colpa  i  compatrioti,  "  i 
quali  facilmente  cadono  nelle  insidie  d'un  Governo  straniero,  in- 
stancabile nel  deturpare  il  nome  di  quei  cittadini  che  ambiscono 
unica  ricompensa  della  loro  condotta  la  stima  e  la  confidenza  dei 
veraci  italiani.  Questo  è  un  atroce  dolore,  che  li  accompagna 
•  nell'esiguo.  Avremmo  almeno  sperato  che  i  nostri  compatrioti, 
se  non  potevano  difendere  i  nostri  beni  dalla  mano  prepotente 
del  fisco,  avrebbero  almeno  coperto  i  nostri  nomi  dalle  treccie 
avvelenate  della  calunnia  ». 

Erpete  irremediabile  1 

Uscito  di  patria,  scrisse,  molti  libri  che  servivano  ad  alere  fUun- 
mam,  come  ì'Am un distrazione  finanziaria  del  regno  d'Italia,  i  co- 
stumi degli  Inglesi,  la  vita  di  Ugo  Foscolo,  per  la  quale  vien  se- 
veramente giudicato  dagli  ammiratori  di  questo.  Il  Sismondi,  col- 
laboratore del  Conciliatore,  e  che  poi  confortò  i  miei  primi  la- 
vo, i  come  gli  aveva  ispirati,  quando  il  Pecchio  morì  scriveva 
all'  Ugoni  :  "Il  était  bien  de  ces  esprits  sages  qui  cherchent 
la  liberto  dans  l'équilibre  ;  qui  cherchent  des  barrières  contre 
la  fureur  populaire,  aussi  bien  que  contre  la  tyrannie  d'un  seul, 
ou  du  petit  nombre ,  et  sa  manière  toujours  piquante  et  nei 
faisait  impression  sur  ses  concitoyes  ?>. 

Qual  compratore  dei  beni  del  Pecchio  erasi  presentato  Si- 
gismondo Trechi  di  Cremona,  che  carcerato  per  ciò,  ha  potuto 
uscire  illeso.  Era  un  coltissimo  signore,  dedito  a  tutti  gli  eserf 
cizj  cavallereschi  e  a  quel  leggere  indefinito   che  toglie   il    pen* 


Giuseppe  pecchio  e  sigismondo|trechi  273 

saie  da  sé  e  il  cercare  da  interno  impulso  le  ispirazioni ,  acqui- 
stando quella  pigrizia  di  spirito  che  satollasi  di  idee  importa- 
te ,  e  eh'  è  più  nocevole  perchè  ha  la  sembianza  di  lavoro. 
Andando  egli  a  Londra  nel  1816,  il  direttore  della  Polizia 
l'accompagnò  di  una  lettera  commendatizia  pel  principe  Este- 
razy,  colà  ambasciadore  d'Austria,  ma  a  questo  ne  dirigeva 
una  privata,  informandolo  come  «  cet  individu,  avec  des  qualités 
aimables ,  a  été  gangréné  de  l'esprit  d' independance,  qui  anime 
beaucoup  d'Italiens  dans  ce  moment.  Voyageant  en  Engleterre,  me 
donne  bien  à  soupeonner  qu'il  pourrait  avoir  pour  but  de  se  mé- 
nager  des  rélations  avec  le  parti  d' opposition ,  qui  ne  cesse  de 
fomenter  sourdement  les  mécontents  de  ce  pays  ».  Perciò  l'av- 
vertiva di  farlo  sorvegliare. 

Difatti ,  sì  il  Trechi  che  il  Pecchio  erano  braccheggiati  dalla 
Polizia  sarda.  Il  conte  della  Valle,  primo  uffiziale  della  R.  Se- 
greteria di  Stato  di  Torino,  informava  il  Governo  lombardo  che  il 
Trechi  in  Genova  usciva  dall'albergo  de  la  Ville  ogni  mattina 
alle  10 ,  e  si  recava  direttamente  in  Carignano  all'abitazione  della 
duchessa  Oxford,  per  una  delle  cui  fighe  esso  mostrava  partico- 
lar  premura ,  e  vi  restava  sino  a  mezza  notte.  Pecchio  alloggiava 
allo  stesso  albergo  ;  si  conduceva  con  gran  circospezione  ,  e  solo 
si  supponeva  parlasse  contro  il  suo  Governo.  Al  Trechi  ,  so- 
spettato liberale,  si  intimò  di  partire,  e  non  ripetere  le  sue  corse 
ne'  regii  Stati. 

La  Polizia  di  Toscana  riferiva  che  più  volte  andarono  colà 
Gonfalonieri,  Trechi,  Pecchio,  e  frequentavano  «  soggetti  d'opi- 
nioni contrarie  al  Governo  »,  e  si  sospettò  «  di  criminali  progetti 
e  delittuose  corrispondezze  coli' estero  ».  Ne'  giorni  di  arrivo  di 
corrieri  si  raddoppiavano  lunghe  conversazioni ,  gite  in  campagna 
dove  si  facevano  cene  e  adunanze  fino  a  notte  avanzata  con  per- 
sone di  pessima  tendenza  politica  ,  «  quali  il  marchese  Pucci , 
l'avvocato  Collini,  il  conte  Bardi,  il  conte  Pietro  Mozzi  e  il  suo 
segretario  Giannelli ,  Cosimo  Martini ,  Gino  Capponi ,  Ferdinando 
Tartini ,  Ferdinando  Redditi ,  Cosimo  Ridolfi ,  il  maggior  Testa, 
il  dott,  Leopoldo  Martini,  ma  «  non  s'è  potuto  sapere  di  che  si 
trattava  nelle  loro  sospette  conversazioni  ». 

Abch.,  3.»  Serie,  Tom.  XXIV.  13 


274    .  EPISODIO    DEL   LIBERALISMO   LOMBARDO 

Dal  processo  il  Trechi  potè  schermirsi  abbastanza  ,  e  il 
22  maggio  1828  il  Torresani ,  nuovo  direttore  della  Polizia , 
così  sul  conto  di  lui  informava  il  governatore  : 

Eccellenza , 

Il  Barone  Sigismondo  Trechi  venne  arrestato  da  questa  I.  R.  Di- 
rezione generale  per  requisitoria  della  cessata  Commissione  speciale 
in  Milano  il  6  luglio  1822,  e  non  fu  dimesso  che  il  10  ottobre  1823 
per  espressa  disposizione  del  supremo  Senato  di  Giustizia  in  Verona, 
che  prescrisse  la  provvisoria  di  lui  scarcerazione  coll'obbligo  di  ri- 
manere in  Milano  sotto  rigorosa  sorveglianza  politica.  11  definitivo 
giudizio  21  gennaio  1824  portò  che  si  dovesse,  pel  titolo  d'alto  tradi- 
mento ,  sospendere  il  processo  per  difetto  di  prove  legali  a  carico  del 
Trechi  medesimo. 

Riguardo  alle  emergenze  processuali  che  indussero  una  tale  sen- 
tenza ho  l'onore  di  sottoporre  all'  Eccellenza  Vostra  il  seguente  suc- 
cinto estratto  che,  in  occasione  della  dimissione  del  Trechi,  la  devota 
Direzione  generale  ottenne  dall'  I.  R.  Commissione  speciale. 

-  Questo  individuo  si  era  fatto  rimarcare  fino  dall'anno  1811  come 
appassionato  favoreggiatore  della  indipendenza  d' Italia ,  e  fu  uno  dei 
deputati  di  Milano  ,  che  all'  inglese  lord  Bentink  in  Genova  presenta- 
rono i  pretesi  voti  della  nazione  per  un  Governo  indipendente  (1).  Le 
sue  relazioni  con  Ugo  Foscolo ,  con  Pecchio  ,  con  Confalonieri ,  con 
Porro,  e  i  suoi  viaggi  all'estero  e  specialmente  in  Inghilterra  raffor- 
zarono in  lui  quei  sentimenti  politici  che  alienarono  il  suo  animo  dal 
nostro  Governo.  Desso  si  strinse  in  particolare  amicizia  colla  famiglia 
di  lady  Oxford ,  di  cui  amoreggiava  la  figlia  Jenny,  quella  stessa  cui 
il  Pecchio  dopo  la  sua  fuga  dedicò  l'opuscolo  rivoluzionario  intitolato 
Trois  mois  en  Portugal.  È  noto  come  questa  famiglia  avesse  conti- 
nuato anche  nel  1822  ad  attirare  i  sospetti  del  Governo  di  Francia , 
e  come  la  sua  abitazione  fosse  il  convegno  dei  rifugiati  Italiani  in  Pa- 
rigi. Molte  lettere  perquisite  a  Trechi  fanno  ampia  testimonianza 
della  avversione  ch'egli  nutriva  verso  il  Governo  austriaco.  Nei  mesi 

(1)  Negli  Studi  intorno  alla  storia  della  Lombardia  è  scritto  a  pag.  91: 
«  I  partigiani  dell'Austria  inviavan  la  stessa  sera  del  29  aprile  in 
segreta  missione  i  conti  Luigi  Porro,  Lamberteghi  e  Gio.  Serbelloni 
alla  volta  del  quartier  generale  di  Bellegarde .  per  eccitarlo  a  marciar 
senza  indugio  a  ristabilir  la  tranquillità  in  Milano  ».  Vedemmo  come 
così  non  fosse. 


GIUSEPPE   PECCIIIO   E   SIGISMONDO   TRECHI  275 

che  di  poco  precedettero  lo  sviluppo  della  rivolta  piemontese  Trechi 
si  collegò  più  particolarmente  con  Pecchio.  Mentre  Confalonieri,  dopo 
il  colloquio  importante  che  ebbe  nel  novembre  1820  in  Vigevano  col 
piemontese  cospiratore  Peronne  ,  si  recava  a  Firenze  ,  per  essere  colà 
più  alla  portata  di  conoscere  le  speranze  ed  i  mezzi  del  predisposto 
italico  rivolgimento  ,  Trechi  e  Pecchio  si  condussero  a  Genova.  La  Po- 
lizia piemontese  ebbe  motivo  di  rimarcare  i  loro  imprudenti  discorsi 
e  il  livore  onde  pareano  specialmente  animati  contro  dell'Austria.  Da 
Genova  si  recarono  a  Firenze,  e  si  unirono  a  Confalonieri.  Si  osservò 
come  frequenti  erano  gli  abboccamenti  anche  in  luoghi  remoti  fra  co- 
storo e  i  più  distinti  liberali  di  Firenze,  e  Trechi  fu  specialmente 
rimproverato  per  il  poco  riservato  contegno  che  nei  suoi  discorsi  te- 
neva in  politica.  Nel  suo  ritorno  a  Milano  ebbe  in  Cremona  a  farsi 
rimarcare  come  un  esagerato  zelatore  della  causa  italiana  e  del  siste- 
ma costituzionale.  In  Milano  si  trattenne  circa  un  mese ,  e  quindi  alla 
metà  di  febbraio  1821  si  recò  a  rivedere  la  famiglia  Oxford  a  Genova 
sotto  il  pretesto  di  compiere  un  ufficio  di  amicizia.  Reduce  da  quella 
citta  si  trattenne  sempre  a  Milano  ,  ed  era  uno  dei  più  assidui  al  letto 
di  Confalonieri.  Questi  dichiarò  che  Trechi  sapeva  ogni  cosa,  e  che 
il  trovò  già  dal  Pecchio  informato  di  quanto  si  macchinava.  Trechi 
si  prestò  a  firmare  un  simulato  contratto  di  acquisto  dei  beni  di  Pec- 
chio per  sottrarli  in  tal  modo  alla  temuta  confisca,  e  continuò,  anche 
dopo  compressa  la  rivolta  del  Piemonte,  ad  intrattenere  con  Pecchio 
una  segreta  corrispondenza ,  la  quale  però  venne  da  esso  distrutta. 
Trechi ,  confessando  la  simulazione  del  contratto  di  acquisto  ,  negò 
ogni  sua  ingerenza  nella  cospirazione  ed  ogni  conoscenza  di  essa,  e 
tacciò  di  menzogna  quanto  in  suo  riguardo  deponeva  Confalonieri. 
Sommi  erano  gli  indizj  che  colpivano  questo  inquisito,  ma  la  sua  ne- 
gativa costante  lo  sottrasse  da  ogni  condanna.  Se  però  vi  fu  motivo 
di  credere  che  Trechi  fosse  iniziato  nella  cospirazione  Lombardo  Pie- 
montese ,  e  che  vi  avesse  anche  con  del  denaro  cooperato,  non  pare  però 
che  esso  vi  abbia  rappresentato  una  attivissima  parte  ,  imperocché  la 
leggerezza  del  suo  carattere,  e  la  superficialità  del  suo  ingegno  non  lo 
rendevano  atto  né  a  concepire,  né  ad  eseguire  vasti  e  pericolosi  disegni.... 
Il  Trechi  è  assai  comodo  possidente  senza  pesi  di  famiglia ,  e 
la  di  lui  sorella  Fulvia  maritata  contessa  Nava  vive  agiatamente 
nella  casa  maritale,  considerata  fra  le  benestanti  famiglie  di  Mi- 
lano ,  né  conosco  altri  titoli  personali  che  rendono  meritevole 
di  speciale  appoggio  l' istanza  di  ambedue  i  ricorrenti ,  militando 
anzi  contro  il  Trechi  il  manifestato  animo  costantemente  contrario 
all'attuale  felicissimo  sistema  anche  dopo  la  sua  liberazione.  A  Vostra 


276  EPISODIO   DEL   LIBERALISMO   LOMBARDO 

Eccellenza  non  è  ignoto  di  quali  imprudenze  ne'  suoi  discorsi  e  nei 
suoi  scritti  egli  si  renda  colpevole  anche  attualmente ,  e  con  quale 
avidità  egli  avvicini  tutti  li  forestieri  inglesi  e  francesi  che  qui  giun- 
gono e  puzzano  di  liberalismo. 

XV.  H  Trechi ,  diffuso  in  tutte  le  società  di  Milano ,  era 
familiarissimo  di  Alessandro  Manzoni ,  al  quale  somministrava 
giornali  e  novità ,  e  col  quale  conversava  può  dirsi  ogni  sera  ;  e 
spesso  ci  siamo  spassati  udendo  le  argute  e  sofistiche  opposizioni 
ch'egli  faceva  ai  sentimenti  e  politici  e  religiosi  del  gran  poeta: 
il  quale  a  vicenda  spassavasi  a  scioglierle  colla  potente  sua 
dialettica. 

Il  Manzoni  negli  ultimi  anni  diresse  una  bella  lettera  a  que- 
sto "  amico  di  quasi  mezzo  secolo  >»  per  torgli  «  la  trista  e  quasi 
irragionevole  certezza  che  tutto  finisca  con  questa  vita  »,  ed  esor- 
tandolo a  cercar  nelle  credenze  cristiane  quella  serenità  che  non 
poteva  avere  dallo  scetticismo  ,  e  imitar  lui  che  «  in  quaran- 
ta anni  dacché  fu  da  Dio  richiamato ,  non  ha  cessato  mai  un  mo- 
mento di  benedire  quella  chiamata  »  (1).  La  lettera  era  del 
29  luglio  1850  :  al  21  agosto  il  Trechi  moriva. 

Manzoni,  dagli  amici  di  Francia  aveva  assorbito  l'odio  contro 
Napaleone;  e  il  suo  nome  è  firmato  nella  lista  di  quelli  che,  l'apri- 
le 1811,  protestarono  contro  l'invio  del  Senato  per  domani  lan- 
che Beauharnais  fosse  re  d' Italia. 

Dappoi  si  esaltò  per  Murat,  sperando  unisse  sotto  di  sé  l' Ita- 
lia tutta.  Ora  certamente  egli  era  legato  d'amicizia  a  molti  ilei 
collaboratori  del  Conciliatore  e  cospiratori,  e  credendo  alla  ve- 
nuta de'  Piemontesi ,  avea  preparata  un'Ode,  che  poi  tenne  ge- 
losamente nascosta  fino  al  1848  ;  sfavillante  di  patriotismo,  sebbene 
v'appaia  quella  moderazione  che  fu  il  distintivo  del  suo  operare. 

Egli  allora  dimoiava  a  Parigi,    donde    il  6   aprile    1820  al 
marchese  Alessandro  Visconti  d'Aragona,    altro   degli    implicati 
ne' processi  d'allora,  scriveva  questa  lettera,  affatto  inedita: 
Carissimo  e  Pregiatissimo  amico , 

Aspettando  di  giorno  in  giorno  una  occasione  sicura ,  ho  tardato 
finora  a  rispondere  alle  due  vostre  veramente  carissime  lettere  :  ìinal- 

(1)  E  questa  e  le  interessanti  lettere  del  Foscolo  ho  prodotte  io  ne\Pa- 
ralipomeni  su  Ugo  Foscolo,  nell'Archivio  Storico  Lombardo  1876,  marzo. 


MANZONI  277 

mente  quando  stava  per  iscrivervi  col  mezzo  della  posta  ,  l'occasione 
si  presenta  e  ne  approfitto  per  esprimervi  la  riconoscenza  e  l'allegrezza 
eli'  io  provo  nell'essere  da  voi  assicurato  che  mi  considerate  d'ora  in 
poi  come  un  amico.  La  vostra  indulgenza  per  me  ,  la  mia  stima  per 
voi ,  e  la  nostra  conformità  di  sentimenti  suppliranno ,  io  spero  ,  a 
ciò  che  l'antica  consuetudine  accresce  all'amicizia  ,  e  se  il  cielo  con- 
cede il  corso  ordinario  alla  nostra  vita  ,  questa  consuetudine  ,  che  ho 
così  felicemente  cominciata,  me  la  renderà  più  gioconda  o  meno 
penosa. 

L' idea  del  vostro  progetto  di  viaggio,  che  mi  era  stata  cosi  cara 
quando  voi  me  la  deste  la  prima  volta ,  ora  la  vo  allontanando  dalla 
mente  ,*e  cerco  di  fermarmi  sulle  ragioni  che  mi  possano  render  pro- 
babile che  siate  mutato  di  parere ,  giacché  pel  nostro  soggiorno  a 
Parigi  il  piacere  di  rivedervi  e  di  essere  con  voi  è  per  me  allontanato. 
Noi  abbiamo  risoluto  di  anticipare  il  nostro  ritorno  a  Milano  :  la  spe- 
ranza di  un  miglioramento  nella  mia  salute  era  il  motivo  che  aveva 
determinato  la  mia  famiglia  ad  intraprendere  il  viaggio  di  Parigi ,  ed 
a  farvi  qualche  soggiorno  :  ma  questa  speranza ,  accresciuta  sul  prin- 
cipio da  qualche  buon  indizio  di  successo  ,  è  ora  affatto  svanita ,  e 
invece  ne  abbiamo  un  poco  nell'effetto  del  secondo  viaggio  e  nell'aria 
patria.  Ai  miei  incomodi  abituali  si  aggiunge  qui  la  impossibilità  di 
occuparmi,  cagionata  dalle  distrazioni  inevitabili  anche  a  chi  vive  so- 
litario in  Parigi  ,e  dalla  mancanza  di  comodi:  e  questo  ozio  forzato 
mi  lascia  più  tempo  per  sentire  più  intensamente  il  mio  malessere. 
Noi  contiamo  dunque  di  ritornare  verso  la  fine  di  maggio.  Oh  pos- 
siamo trovarvi  ad  Affo  ri  ! 

Ricevete  le  più  vive  e  sincere  congratulazioni  di  tutti  noi  pel  parto 
della  gentile  e  rispettabile  vostra  signora  moglie ,  e  per  l'aumento  di 
una  famiglia ,  che  ,  giova  sperare ,  vi  rassomiglierà  pel  bene  di  que- 
sto cantuccio  che  abitiamo.  Son  ben  contento  che  le  scuole  di  mutuo 
insegnamento  corrispondano  alle  vostre  intenzioni  ed  alle  cure  che  voi 
ed  alcuni  altri  benemeriti  nostri  concittadini  hanno  date  a  questo  sta- 
bilimento. Certo  io  ne  spero  molto  bene,  e  un  bene  scevro  da  quegli 
inconvenienti  che  vengono  in  Francia  da  una  opposizione  ostile,  in- 
sensata e  sistematica,  e  da  una  reazione  non  sempre  moderata  né 
sana,  che  questa  opposizione  provoca  e'simula.  Per  fare  il  bene  senza 
scoraggiamento  e  senza  passione ,  per  resistere  agli  ostacoli  senza 
furore  e  senza  malignità  ,  bisognerebbe  essere  angeli  :  di  questi  non 
ve  ne  ha  in  nessuna  parte  del  nostro  pianeta,  e  se  ve  ne  avesse  in 
Francia  non  so  come  farebbero  a  non  diventare  un  po' diavoli ,  quando 
si  vedrebbero    attraversati ,   insultati   e    minacciati    ad    ogni   passo. 


278  EPISODIO    DEL    LIBERALISMO    LOMBARDO 

Quando  all'idea  di  fare  il  bene  si  mischia  il  gusto  di  far  rabbia  a 
qualcheduno ,  il  bene  è  guastato ,  e  questa  tentazione  è  forte  assai  in 
un  paese  dove  vi  ha  degli  uomini  così  nemici  del  bene  e  del  senso 
comune,  che  farli  arrabbiare  par  proprio  una  vittoria  pel  senso  comune. 
Addio,  caro  Visconti,  il  tempo  mi  manca  per  trattenermi  più  a 
lungo ,  ma  spero  compensarmene  presto.  Vi  prego  di  scrivermi  e  di 
trovarvi  costì.  Presentate ,  vi  prego ,  l'omaggio  del  mio  rispetto  alla 
vostra  signora  moglie ,  gradite  i  complimenti  di  mia  madre  e  di  mia 
moglie ,  fatemi  la  grazia  di  salutare  per  noi  la  buona  Angiolina ,  e 
credete  alla  inalterabilità  dell'amicizia ,  colla  quale  mi  protesto 

affezionati ssimo  amico 
Alessandro  Manzoni. 

H  nome  di  Manzoni  non  comparve  in  quei  processi,  se  non 
qualche  volta  annunziando  d'essersi  trovata  presso  qualche  arre- 
stato »  ]a  riprovevole  ode  in  morte  di  Napoleone  ». 

Il  2  gennaio  1821  Borsieri  scriveva  all'  Ugoni  : 

Non  mi  dimentico  questa  volta  di  far  sapere  al  caro  conte 
.Maggi  che  Manzoni  è  tutto  assorto  nel  comporre  una  nuova  tragedia 
intitolata  Adelgiso.  La  seconda  parte  della  Morale  Cattolica  o  non 
comparirà  mai  a  questo  mondo ,  o  ci  vorrà  gran  tempo  prima  che 
l'autore  si  ponga  a  scriverla.  Doveva  anche  dirti  nelle  altre  mie  let- 
tere che  Manzoni  è  stato  gratissimo  al  dono  del  conte  Magni  Fagli 
ora  questa  comunicazione  insieme  alle  mie  scuse  ed  ai  miei  saluti. 

....  Ho  saputo  che  la  Revue  Encyclopedique  porta  nell'ultimo 
numero  un  lungo  articolo  di  Sismondi ,  in  commemorazione  di  De 
Brème  e  del  Conciliatore.  Puoi  immaginarti  se  leggerei  volentieri 
questo  numero  :  ma  qui  non  ne  è  permessa  la  distribuzione. 

Altrove  abbiamo  detto,  e,  se  la  vita  ci  basti,  più  lunga- 
mente diremo  della  partecipazione  del  Manzoni  a  quel  ringiovani- 
mento letterario  e  politico  che  allora  si  tentava.  Qui  serva  accen- 
nare come  alla  baruffa  romantica  egli  era  intervenuto  col  sai  samosa- 
tense,  cantando  l'ira  d'Apollo,  e  di  aver  veduto  questo  Dio  (credi, 
se  il  vuoi,  volgo  profano)  dal  Baradello  minacciare  co'suoi  strali 
Milano  perchè  v'era  uno  che  insultava  agli  Dei.  li  poeta  gli  pro- 
testa per  Leucotoe,  per  Giacinto,  per  la  gentil  Coronide,  per 
Dafne ,  che  un  solo  è  reo ,  mentre  tutti  i  Milanesi  dal  Cordusio 
e  dal  Bottonuto  gli  dirigono  voti,  e  nessuni)  sémina  senza  invo- 
car Cerere ,   nessun  tenta   impresa    senza  interrogare  la  delfica 


MANZONI  279 

cortina,  ed  egli,  il  poeta,  si  protesta,  «  o  numi  santi,  umilissi- 
mo servo  a  tutti  quanti  »:  e  lo  supplica  a  usar  »  le  misure  ener- 
giche sol  contro  l'empio  schernitore  ».  E  l'ottiene,  e  il  Dio  si 
contenta  di  negar  a  questo  l'onda  castalia,  il  lauro,  l'aura  di 
Pindo,  il  corridoi-  volante;  sicché  il  poeta  prorompe: 

Santi  numi!  egli  è  spacciato! 

E  come   vuoi  che  senza  queste  cose 

Ei  se  la  cavi?  —  «  Come  può  »  rispose. 

Una  scuola  come  quella  del  Conciliatore  ove  una  plejade 
passionata  pel  bello  e  pel  bene,  in  pagine  ove  si  risente  troppo 
l'ardore  della  battaglia ,  voleva  risvegliare  il  sentimento  di  fede 
e  di  patriotismo,  guadagnar  le  sane  intelligenze  a  una  causa 
sostenuta  con  ardore  e  coraggio,  doveva  apprezzare  in  Manzoni, 
l'arte  unita  al  maraviglioso  cristiano  che  negli  Inni  produce 
un'armonia  compita,  e  ne  fa  il  lavoro  di  lui  più  originale  e  da 
nessuno  raggiunto. 

Che  se  il  Monti  lodava  Y  Urania  e  Foscolo  i  versi  in  mor- 
te dell' Imbonati ,  invano  rifiutati  dall'autore,  nel  Conciliato- 
re, G.  B.  De  Cristoforis  deplorava  che  gli  Inni ,  usciti  già  da 
molto  tempo,  rimanessero  ignoti  all'Italia.  «  Qual  premio  ser- 
basi oggimai  in  questa  benedetta  penisola  ai  pochi  alti  intelletti 
che,  schivi  dal  contaminarsi  delle  brutture  dell'adulazione,  del 
vizio  dell'  imitazione  servile ,  generosamente  trattano  l'armonica 
arte  della  parola  per  amore  del  vero  e  per  brama  di  diffondere 
nobili  consigli ,  ed  esempj  di  giustizia  e  di  carità"?  Non  oro,  non 
applauso  di  popolo ,  non  solenni  onorificenze  :  vediamo  all' incontro 
la  discortese  indole  degli  stessi  concittadini  sorgere  armata  d' in- 
vida critica ,  e  la  fama  scemare  ai  buoni  intelletti ,  e  fin  anco  il 
riposo  colla  maligna  opera  della  calunnia  ». 

Sempre  gli  stessi  rimproveri  e  non  mai  l'emenda. 

In  uno  strano  articolo  sopra  il  Manzoni,  inserito  nella  Ri- 
vista Europea  del  novembre  1874,  si  fa  Manzoni  non  solo  conscio 
ma  cooperatore  alle  trame  del  Confalonieri.  Tutto  quel  racconto 
è  fuori  del  vero.  Verissima  è  la  venerazione  ch'egli  professò  sem- 
pre per  la  moglie  del  Confalonieri ,  pel  cui  sepolcro  egli  fece  l'epi- 
taffio, che  noi  primi  pubblicammo    durante  la  dominazione   au- 


280  EPISODIO    DEL    LIBERALISMO   LOMBARDO 

striaca.  Quando  poi  il  Confalonieri  fu  sciolto  dal  carcere  ,  Man- 
zoni gli  mandò  le  Considerations  sur  le  dogme  générateur  de 
la  piété  cathólique  dell'ab.  Gerbet ,  e  vi  scriveva  : 

«  Che  può  l'amicizia  lontana  per  mitigare  le  angoscie  del 
cuore ,  le  amarezze  dell'esigilo  ,  la  desolazione  d'una  perdita  ir- 
reparabile ?  Qualche  cosa  quando  preghi  !  che  ,  se  sterile  è  il  com- 
pianto che  nasce  nell'uomo  e  finisce  in  lui,  feconda  è  la  pre- 
ghiera che  vien  da  Dio  e  a  Dio  ritorna.  Milano,  23  aprile  1836  ». 

XVI.  TI  Confalonieri  ne'  suoi  viaggi  erasi  fermato  a  Ginevra , 
allora  abbellita  da  Sismondi,  De  Candolle,  Chateauneuf,  De  Saus- 
sure, Dumont,  Bonstetten  ,  Prevost ,  da  mad.  Necker,  dai  due 
Pictet.  Pellegrino  Rossi,  che,  per  aver  favorito  Murat,  era  dovuto 
uscire  d' Italia  fin  dal  1815,  aveva  cola  ottenuto  una  cattedra , 
e  la  protezione  di  quella  adunanza  d'uomini  insigni  (1).  Egli 
scriveva  al  Confalonieri: 

21  novembre  181 9. 

Nous  avons  une  societé  étrangére  assez  bnnne.  Le  Due  do  Bas- 
sano  est  tré-aimable ,  la  Duchesse  est  charmante.  L' ex  femme  de 
Jerome  Ronaparte  a  un  forte  joli  minois.  De  Russes ,  de  Polonais  ,  de 
Francais ,  de  Suedois  ,  enfin  c'est  une  veritable  tour  de  Babel.  L'autre 
jour  en  donnant  une  lecon,  je  m'amusais  a  conter  les  nations.  Il  y  en 
avait  huit.  Hier  au  soir  dans  un  salon  on  ne  savait  plus  ou  Fon  était 
à  cause  de  tous  les  differents  jargons  que  l'on  entendait  à  droite  et  à 
gauche.  Il  n'y  manquait  que  de  l' italien  ,  parceque  j'etais  le  Seul 
del  bel  paese.  D'ailleurs  j'etais  tant  malade,  et  je  le  suis  encore  d'un 
coup  de  froid  que  j'ai  pris.  C'est  pour  cela  (parcoqu'enfin  je  ne  veux  pas 
paraitre  meilleur  que  je  ne  suis)  que  je  passe  une  soirée  à  babiller 
avec  vous. 

Mortogli  il  fratello  maggiore,  ne  scriveva  al  Confalonieri  : 

Mio  buon  amico , 

Ginevra,  25  dicembre  1819. 
La  disgrazia  è  pur  troppo  vera ,  ed  il  colpo  è  terribile.  0    gran 
Dio  !  Son  dunque  destinato  a  veder  perire  tutti  i  miei ,  anche  quelli  che 

(I)  Ergendosi  a  Carrara  una  statua  a  questo  illustre  carrarese,  fu 
stampato  un  elogio  di  lui  .  ove  ,  recandosi  il  giudizio  da  me  pronunziato 
sul  suo  diritto  penale ,  lo  qualifica  di  villania.  Né  un  letterato  né  una 
persona  civile  confuta  a  questo  modo. 


PELLEGRINO   ROSSI  281 

per  l'età  e  per  la  salute  loro  dovevano  chiudermi  gli  occhi,  e  restarmi 
solo  io,  pianta  già  troppo  sbattuta  !  Non  ho  più  con  chi  risguardare 
il  presente.  Era  il  solo  compagno  ed  amico  della  mia  infanzia  :  una 
vera  amista  ci  legava.  Tutto  ,  tutto  svanisce  d' intorno  a  me. 

Miei  cari  ,  conservatemi  la  vostra  amicizia  :  ne  ho  gran  bisogno. 
Se  anche  gli  amici  vivi  mi  abbandonano,  che  mi  resta?  I  Ginevrini 
sono  buoni,  e  molto  per  me.  Nascondo  più  che  posso  il  mio  dolore  per 
gratitudine.  Meritano  questo  sforzo,  che  è  pur  terribile. 

Cedendo  ai  consigli ,  mi  sono  sforzato  di  riprendere  le  mie  oc- 
cupazioni di  dovere.  Ma  le  idee  non  ci  sono.  Faccio,  ma  non  lavoro. 
È  una  macchina  che  opera  senza  aver  la  coscienza  di  quel  che  fa. 

La  vostra  lettera  è  partita  subito.  Sgraziatamente  il  penultimo 
corriere  del  Sempione  mancò ,  a  causa  di  un  torrente  straripato. 
Non  l' ho  avuta  che  ieri.  Le  ho  fatto  prendere,  per  più  speditezza,  la 
via  di  Francia.  Sarà  più  cara  a  Londra ,  ma  guadagnerà  due  giorni 
in  celerità. 

Voi  sapete  quanto  io  amerei  far  qualche  cosa  in  servizio  vostro, 
quindi  prevaletevi  liberamente.  È  anzi  questo  un  modo  di  richiamarmi 
alla  vita  ;  di  farmi  sentire  che  non  sono  un  peso  affatto  inutile  sulla 
terra ,  se  posso  servire  in  alcun  che  all'amicizia.  Addio ,  miei  cari  ; 
amate  sempre  il  vostro 

Rossi. 

Mio  ottimo  amico , 

Ginevra,  29  gennaio  1820. 

La  vostra  lettera  è  un  vivo  testimonio  della  bontà  del  vostro 
cuore.  Bisogna  arere  una  bell'anima  per  sapere  spargere  tanto  bal- 
samo sulle  ferite  dell'amico.  Voi  l'avete  sparso  in  un  cuore  ricono- 
scente ;  in  un  cuore,  ove  il  vostro  nome  è  scritto  dalla  mano  dell'ami- 
cizia la  più  sincera ,  e  nulla  varrebbe  a  scancellarlo.  Io  benedirò  sem- 
pre il  giorno  che  vi  condusse  a  Ginevra  ,  e  l'uomo  che  v'  ispirò  il 
pensiero  di  conoscermi.  Io  non  tardai  a  scoprire  in  voi  l'unico  degno 
di  portar  questo  nome ,  e  quanto  più  da  vicino  vi  ho  esaminato  ,  e 
veduto  agire,  tanto  più  mi  soii  raffermato  nel  mio  primo  giudizio,  e 
tanto  più  vi  ho  amato. 

Ho  letto  con  vera  soddisfazione  quanto  mi  avete  scritto  intorno 
al  mutuo  insegnamento  lombardo.  Lasciate  a  me  il  pensiero  del  re- 
sto. Se  fossi  libero ,  vi  direi,  Sarà  fatto  dimani.  Ma  due  corsi  che 
camminano  di  fronte,  l'uno  all'Università,  l'altro  all'Ateneo,  mi  ca- 
ricano di  occupazione  in  modo ,  che  ho  bisogno ,  alla  lettera,  di  ru~ 


282  EPISODIO   DEL  LIBERALISMO   LOMBARDO 

bare  i  momenti  per  fare  altre  cose  e  per  rispondere   ai   miei   amici. 
Ma  statene  certi ,  che  anelerete  innanzi  alle  cose  mie. 

Ho  pur  trovato  un  ritaglio  di  tempo  per  leggere  il  manoscritto. 
Eccovi  liberamente  la  mia  opinione ,  per  voi.  Vi  ho  trovate  di  molte 
buone,  vere  ed  utili  cose.  Supponendo  che  i  risultati  sieno  esatti ,  di 
che  non  dubito ,  è  un  trattato  rimarchevole  di  pubblica  economia 
pratica.  Ma  ciò  non  ostante,  deesi  stampare?  Ecco  un'altra  que- 
stione ,  al  tutto  indipendente  dal  merito  intrinseco  del  lavoro.  Sti- 
mo impossibile  trovare  né  qui  né  a  Parigi  uno  stampatore  che  voglia 
incaricarsene  ,  neppure  se  l'autore  volesse  darmi  il  manoscritto.  Siate 
certo,  e  ne  ho  prove  positive  per  qualche  altro  mio  amico,  che  i 
librai  francesi  son  sì  ingolfati  nelle  cose  loro  e  sopratutto  nella  loro 
politica  ,  che  son  persuasi  di  non  trovare  lettori  per  tutto  il  resto. 
Quindi  ricusano  persino  i  manoscritti  francesi ,  e  sovra  soggetti  dilet- 
tevoli ,  a  meno  che  non  sieno  di  un  autore  già  celebre  ;  allora  il  no- 
me supplisce  alla  prevenzione,  o  per  meglio  dire  la  fa  nascere.  Ma  per 
un  manoscritto  italiano ,  per  un  soggetto  sì  grave ,  e  relativo  a  un 
paese  pel  quale  (è  forza  dirlo)  nessuno  più  s'interessa,  vi  giuro  che 
non  degnerebbero  neppure  di  farlo  esaminare.  La  stamperia  di  Gine- 
vra non  serve  quasi  più  nulla.  Tutto  al  più  qualche  ristampa  alla 
macchia ,  di  operette  aventi  una  grandissima  voga  e  di  un  nome 
celebre  ec.  ,  e  cose  simili.  Sicché  che  fare  ?  Converrebbe  che  l'au- 
tore lo  facesse  stampare  a  sue  spese  :  oppure  ,  che  è  più  ,  conver- 
rebbe che  troA'asse  a  Parigi  un  editore  responsabile  ;  altrimenti  nissun 
libraio  lo  stamperà.  Vi  dico  tutto  questo,  ripeto,  per  esperienza  fatta 
de'  miei  amici.  Ora  regolatevi. 

Noi  abbondiamo  in  lettere,  perchè  crediamo  che  esse  im- 
portino ancor  più  che  le  Memorie  a  far  conoscere  le  persone,,  que- 
ste essendo  scritte  di  proposito  deliberato  e  per  mostrarsi  al 
pubblico,  generalmente  in  busto,  anziché  in  figura  intera,  men- 
tre le  lettere  sfuggono  giorno  per  giorno  dalla  mano  e  dal  pen- 
siero, né  più  si  ha  la  facoltà  di  correggerle. 

12  febbraio  1820. 
....  Spero  che  riuscirete  nel  progetto  di  stabilire  una  compagnia 
comica,  che  non  sia  vagabonda,  pezzente  e  ignorante,  come  sono  in  ge- 
nerale le  compagnie  italiane.  Al  diletto  che  procaccerete  con  ciò  ai  nostri 
concittadini  riunirete  il  decoro  dell'  Italia  tutta,  poiché  allora  soltanto 
le  composizioni  drammatiche  italiane  perverranno  a  poter  gareggiare 
collo  straniero ,  e  le  nostre    scene  cesseranno   infine  di    far  rabbia  e 


CAPPONI    E    I    TOSCANI  283 

pietà.  Nato  il  teatro ,  nasceranno  gli  autori.  Siano  poi  romantici  o 
classici ,  poco  importa,  purché  sieno  buoni.  Abbiasi  un  llacine  o  uno 
Schiller ,  ma  abbiasi  qualche  cosa.  Tous  les  genres  son  bons,  excepté 
l'ennuyeux. 

In  altra  del  26  febbraio  1820,  dopo  annunziato  il  suo  ma- 
trimonio ,  poscrive  : 

La  celebre  Madame  Necker,  cugina  di  M.  de  Staèl ,  e  certamente 
una  delle  più  illustri  donne  viventi ,  si  reca  in  Italia.  Ve  la  dirigo. 
La  sua  fama  ò  europea ,  dopo  specialmente  il  suo  scritto  su  Madam  i 
de  Staèl.  Conoscerai  una  donna  rara  per  l' ingegno,  per  le  profonde  e 
veramente  straordinarie  sue  cognizioni,  e  per  la  sua  bell'anima.  «  Elle 
a  tout  l'esprit  qu'on  me  donne  et  toutes  les  vertus  qu'on  desire  »  : 
dice  la  Staèl.  Merita  che  v'  incarichiate  di  farle  conoscere  Milano. 
Vien  con  suo  marito,  sindaco  di  Ginevra:  buon  uomo:  un  ^ohdtra  : 
sua  moglie  ha  ingegno  che  basta  non  solo  per  due ,  ma  per  dieci. 

XVII.  Fra  le  lettere  del  Confalonieri    ne    abbiamo  una   di 
Gino  Capponi ,  ove  raccomanda  vagli  il    Tartini ,    uno    de'  Geor- 
gofili ,  intimo  del    marchese    Ridolfi ,    impiegato  e  fautore  delle 
scuole  Lancastriane  (1).  E  gli  diceva: 
Mio  caro  amico, 

Il  signor  Tartini  che  ti  presenterà  questa  lettera,  è  uno  dei  so- 
stegni delle  nostre  intraprese  liberali  toscane,  specialmente  di  tutto 
quello  che  riguarda  l'educazione  e  le  scienze  economiche,  delle  quali 
e  distinto  coltivatore.  Ha  viaggiato  in  Inghilterra  ed  in  Francia  per 
acquistare  dei  lumi,  che  possano  poi  impiegarsi  pel  vantaggio  del  suo 
paese.  Dunque  deve  conoscerti ,  benché  non  si  fermi  che  momenti  a 
Milano  ,  e  può  servire  come  ponte  di  comunicazione  fra  due  attiv  - 
officine  di  avanzamento  italiano.  Presentalo  ai  Conciliatori,  parlagli  delle 
cose  nostre  ,  e  invitalo  a  tenerci  informati  di  tutto  quello  che  si  farà 
di  buono  in  Toscana.  Ti  chiedo  questo  con  istanza,  come  tratto  di 
benevolenza  per  me ,  e  per  il  nostro  caro  paese.  Addio  ,  ti  scriverò 
un'altra  lettera  che  riceverai  forse  prima  di  questa. 

In  altra  lettera  del  1.°  maggio  1821  il  Capponi  esortava  Con- 
falonieri a  venir  a  riconfortare  la  sua  salute  a  Lucca  o  aVarra- 

(1)  Conosciamo  uà  libro  stampato  a  Pistoia  il  1818  Della  necessità 
d' introdurre  nelle  seriole  primarie  toscane  il  metodo  di  Bell  e  Lanca- 
ster,  Memoria  dei  signori  F.  Nesti ,  L.  Serristori  ,  F.  Tartini-Salvatici, 
e  C.  Ridolfi,  soci  di  varie  accademie. 


284  EPISODIO   DEL   LIBERALISMO   LOMBARDO 

mista ,  e  non  differir  troppo  il  lungo  viaggio ,  che  aveano  divisato 
di  fare  insieme.  Così  l'avesse  ascoltato  ! 

H  Capponi  stesso,  al  2  novembre  1820  informo  va  Pellico  di 
un  nuovo  giornale  eh'  egli  intendeva  cominciare  a  Firenze,  esor- 
tandolo a  dargli  qualcha  articolo  col  nome  o  senza ,  e  avergliene 
promessi  Berchet  e  Borsieri.  Il  Capponi ,  negli  ultimi  suoi  gioroi, 
da  me  interrogato  in  proposito,  mi  assicurava  che  in  cospirazioni 
egli  mai  non  trescò;  e  che,  ad  imitazione  della  Rivista  d'Edim- 
burgo e  della  Trimestrale,  ideava  un  giornale,  che  fu  poi  recato 
ad  effetto  dal  Vieusseux  coU' Antologia,  aggiungeva  : 

E  vero  che  nella  prima  età  pensavo  ad  una  storia  di  Pietro  Leo- 
poldo ,  e  ho  molti  documenti  su  quell'argomento  ,  dei  quali  vorrei  che 
altri  una  volta  si  servisse  :  per  me  non  era ,  che  di  cose  ammini- 
strative non  seppi  mai  nulla,  e  solamente  almanaccava  sulle  eccle- 
siastiche e  sulle  politiche.  In  questo  ho  compito  qualche  scartafaccio 
anche  del  mio. 

Un  confidente  dell'alta  Polizia  di  Milano,  che,  sotto  il  pseu- 
donimo di  Luigi  Morandini ,  dava  interessanti  notizie  intorno  alla 
Romagna  e  ai  paesi  contermini ,  da  Bologna  alcuni  anni  dopo 
scriveva: 

Nella  Toscana ,  o  almeno  in  Firenze  ,  regna  più  moderazione  e 
tolleranza  che  tranquillità  ed  ordine.  Non  che  vi  siano  sedizioni  o 
sommosse ,  ma  i  delitti  vi  sono  atroci  ed  orribili ,  le  disposizioni  go- 
vernative non  troppo  osservate  :  ed  il  Governo  non  pare  che  ispiri 
quel  timore  in  cui  è  riposta  la  migliore  risorsa  per  reggere  uno  Stato. 
E  se  quel  Governo,  con  quel  suo  principio  di  liberalità  e  d' indulgenza 
assoluta  per  i  malcontenti,  fosse  in  tutt'altro  paese,  avrebbe  a  que- 
st'ora sofferto  qualche  calamità  Ma  i  Toscani  sono  sempre  stati ,  e 
si  mantengono  nella  maggior  avversione  a  tutte  le  sì  vantate  riforme 
de'  novatori  :  quindi  per  parte  dei  sudditi  il  Governo  può  riposare 
certissimo  che  non  vi  ha  minimamente  da  temere  in  ordine  alle  cose 
politiche.  Il  piccol  numero  di  geniali  del  liberalismo  viene  tenuto  a 
freno  dalla  gran  maggioranza  del  partito  della  legittimità.  Se  non  che 
mi  è  pur  sembrato  un  gravissimo  disordine  la  tanta  impunità  che  in 
Firenze  si  accorda  ai  liberali  rifugiati  da  altri  dominii.  E  fossero  que- 
sti almeno  grati  e  devoti  alla  bontà  di  quel  sovrano;  ma  essi  lo  de- 
nigrano, dipingendolo  come  un  uomo  debole,  troppo  divoto,  schiavo 
dei  preti  e  propenso  al  dispotismo.   Le   quali    cose  ho  io  udite  dalla 


CAPPONI   E    I    TOSCANI  285 

bocca  di  più  d'uno  tra  quelli  che,  senza  quel  Principe  e  quel  Governo, 
dovrebbono  andare  fuori  d' Italia  per  trovare  un  asilo.  E  vi  osserverò 
una  specialità  di  quei  liberali ,  che  non  ho    rilevala   nei  nostri  paesi. 
Essi  non  solo  confidano  nelle  rivoluzioni   e  nelle  guerre  ,  ma  cercano 
di  lare  quanto  è  in  loro  potere  onde  (  dicono   essi  j    illuminare  il  po- 
polo ,  e  prepararlo  a  gustare  i   benefici  effetti  di  un  regime  costitu- 
zionale-liberale.  A  questo  fine  è  specialmente  diretto  il  giornale  l'An- 
tologia, e  il  Gabinetto  Letterario,  da  cui  si  pubblica;  il  tutto  diretto 
dal  sig.  Gio.  Pietro  Vieusseux ,  ginevrino  d'origine  e  da  più  anni  sta- 
bilitesi in  Firenze.  Quest  uomo  si  è  latto  il  centro  del  liberalismo  e  lo 
dice  apertamente ,  collo  spiegare   le   ragioni    del   suo  operato .  tanto 
nella  direzione  del  Gabinetto  ,    quanto    nella  pubblicazione    dell'Anto- 
logia. «  Io  potrei  lare  (mi    diceva  egli)  diverse  imprese  letterarie, 
pubblicando  opere  di  celebri  autori  e  lucrando  assai  ;  ma  io  preferisco 
di  attendere  al  Giornale  e  al  Gabinetto,  che  servono  alle  mie  viste  ed 
allo  scopo  prefissomi  di  estendere  in  Italia  le   massime   liberali  ;  e  a 
tutto  preferisco  la  gloria  di  essere  alla  testa  degli  uomini  che  debbono 
diffondere  i  principii  generosi.  Ho  escluso    ormai   dal   mio    giornale 
ciò  che  è  di  letteratura  non  applicata  alla  filosofia  e  alla  politica.  Voi 
vedrete  anche  in  quest'ultimo  fascicolo  come  si  parla  del  Monti  e  co- 
me delle  barbare  istituzioni  vigenti.    ÌSiuna  occasione  sarà  trascurata 
onde  diffondere  nel  pubblico  il  necessario  disinganno  sugli   errori  che 
. avano  il  popolo  ».    (Il  fascicolo   credo  che  sia  quello  di  ottobre 
che  si  pubblica  ora  :  ma  sentite  le  più  grosse  ).  «  Io  so  che  sono  odiato 
dai  re  ;  che  il  principe  Meternich  mi  vorrebbe  bandito  ;  che  il  duca  di 
Modena ,  il  gran  bargello  d'Italia ,  mi  vorrebbe  in  galera  ;  che  il  papa 
anela  di  avermi  nelle  prigioni  dell'  Inquisizione ,  ma  l'amore  del  pub- 
blico bene,  e  la  gloria  che  mi  viene  dalle  mie  occupazioni  mi  fa  tra- 
scurare ogni  pericolo  ;  e  veramente  questo  è    l'unico   paese    d' Italia 
dove  conveniva  tentare  la  mia  impresa  ». 

Queste  sono  parole  da  me  udite  con  molte  altre  parole  dal  signor 
Vieusseux  ,  uomo  che  presso  i  liberali  è  della  maggior  importanza , 
ed  è  centro  del  liberalismo  di  tutta  Firenze.  Che  se  di  lui  vi  ho  par- 
lato a  lungo,  e  parlerovvi  ancora,  egli  è  perchè  mi  è  veramente 
sembrato  che  quel  signor  Vieusseux  e  quel  suo  stabilimento  siano  ciò 
che  di  più  importante  possa  offerirsi  in  giornata  nella  città  di  Firenze. 
Oltre  le  specialità  sovra  esposte ,  il  sig.  Vieusseux  tiene  una 
conversazione  il  lunedì  sera  d'ogni  settimana,  alla  quale  non  sono  am- 
messe le  donne,  ancorché  fossero  letterale.  Il  suo  Gabinetto  letterario 
è  frequentato  da  chiunque  paghi  le  tariffe  prescritte,  ed  è  permesso 
a  qualsiasi  V  ingresso.  Ivi  ritrova  il  pascolo  di  una  quantità  immensa 


286  EPISODIO   DEL   LIBERALISMO   LOMBARDO 

di  fogli  periodici,  fra  i  quali  i  più  liberali  che  esistano;  ed  oltre  ciò, 
una  copiosa  e  scelta  libreria  di  opere  geografiche  ,  politiche  e  rivolu- 
zionarie ,  le  più  recondite  e  pericolose!  Viceversa  nella  conversazione 
.settimanale  del  signor  Vieusseux  non  sono  ammesse  che  persone  da 
lui  invitate ,  nulla  si  paga ,  e  la  sala  è  molto  propria  ,  e  ben  servita 
a  rinfreschi.  Le  persone  che  vi  si  ammmettono  sono  per  lo  più  lette- 
rati o  uomini  per  qualche  titolo  distinti.  Dico  per  lo  più ,  perchè  fui 
invitato  anch'  io  che  non  sono  né  letterato  né  uomo  distinto.  Tutti 
quelli  che  frequentano  quel  circolo  sono  però  necessariamente  cono- 
sciuti per  uomini  professanti  liberalismo.  Ivi  si  parla  a  crocchi  o  in 
società  generale  ,  e  le  materie  sono  politiche  o  letterarie  ,  o  di  arti  o 
d'altro,  ma  sempre  applicate  alla  promozione  del  liberalismo,  e  non  di 
rado  mettendosi  a  rigoroso  scrutinio  la  condotta  di  principi  e  loro 
ministri. 

Io  v'  intervenni  la  sera  del  lunedì  1  dicembre.  Mi  si  disse  che  in 
quella  sera  l'adunanza  era  poco  numerosa.  Nonostante  eravamo  una 
ventina.  Fra  questi  rimarcai  due  francesi,  i  signori  Saint  Aignan  e  Bu- 
gnot  (  salvo  che  abbia  bene  scritto  i  cognomi  )  liberali  fra  le  famìglie 
dei  paridi  Francia.  Il  marchese  Gino  Capponi,  il  più  famoso  cavaliere  e 
liberale  della  Toscana ,  il  sig.  Tommaseo  di  Sebenico ,  il  signor  For- 
tis  nipote  del  celebre  Sismondi,  il  sig.  Domenico  Valeriani  letterato, 
il  professore  di  Pisa ,  ora  dimesso  come  insegnante  il  materialismo , 
dottor  medico  Uccelli ,  il  sig.  Giordani ,  oltre  vari  altri  che  non  ebbi 
agio  di  conoscere.  Fra  questi  fuvvi  il  ministro  della  chiesa  protestante, 
perché  appunto  al  Vieusseux  cogli  altri  suoi  correligiosi  è  riuscito  di 
avere  in  Firenze  una  chiesa  pel  culto  protestante  ;  e  fui  anzi  invitato 
ad  intervenirvi  nella  prossima  domenica,  ma  non  ebbi  l'agio. 

Nella  prefata  conversazione  parlossi  molto  delle  novelle  politiche; 
si  lodò  la  Francia ,  si  biasimò  l'Austria ,  e  si  vituperò  qualche  altro 
principe.  Si  promossero  discorsi,  tendenti  a  mostrare  la  necessità  di 
eccitare  in  Italia  lo  spirito  di  associazione,  come  il  mezzo  più  atto  a 
dar  vita  alle  dottrine  de' liberali.  Per  quello  che  parvemi,  tutti  gli 
astanti  si  mostrarono  di  un  solo  partito  e  di  una  sola  opinione.  La 
conversazione  rimase  sciolta  poco  prima  della  mezza  notte. 

Ho  conosciuto  in  Firenze  il  marchese  Airoldi  siciliano,  il  famoso 
presidente  del  Parlamento  di  Sicilia.  Mi  parve  persona  molto  disin- 
gannata sulle  fazioni  politiche.  Non  ebbi  però  agio  di  trattarlo  lun- 
gamente. 

Avrei  amato  potervi  dire  di  più  del  march.  Capponi,  e  un  più  lungo 
soggiorno  in  Firenze  me  ne  dava  occasione,  ma  egli  partiva  il  dì  dopo 
che  gli  fui  presentato ,  e  sarebbesi  trattenuto  fuor  di  Firenze  col  general 


CAPPONI    E   I   TOSCANr  287 

Coletta  napoletano  10  e  Ì2  giorni.  Coletta  è  sempre  occupato  a  scrivere 
la  storia  di  Napoli,  la  quale  mi  dicono  che  non  potrà  essere  stampata  se 
non  a  Bruxelles,  e  il  Capponi  scrive  la  storia  del  Granducato  di  Toscana 
sotto  Pietro  Leopoldo  (1);  anzi  un  amico  avendo  inteso  che  io  avevo 
notizie  particolari  di  quel  governo ,  mi  pregò  a  comunicargliele.  In- 
tatto molte  cose  ne  udii  dal  senator  Gianni ,  ministro  di  quel  Principe, 
uomo  famoso  nelle  materie  economiche,  del  quale  io  godei  in  mia 
giovinezza  una  singolare  benevolenza 

E  sempre  quei  Toscani  e  il  Gabinetto  Viensseux  furono  lo 
spauracchio  della  Polizia  :  e  dopo  la  rivoluzione  del  1830  lo  stesso 
Luigi  Morandini  le  scriveva: 

Se  in  Siena  le  nuove  politiche  di  Francia  sono  ricevute  con  la 
maggior  indifferenza ,  non  è  il  medesimo  in  Firenze  ;  dove  la  gene- 
ralità vi  ha  preso  gran  parte ,  e  dovunque  se  ne  parla  ;  ed  ho  veduto 
i  caffè  affollati  di  gente  ansiosa  di  leggere  i  fogli  francesi  ;  dei  quali 
vi  ù  colà  grande  abbondanza.  Non  vi  dico  poi  nulla  del  Gabinetto 
scientifico  letterario  del  signor  Vieusseux ,  dove  si  trova  qualunque 
giornale  più  interessante  possiate  desiderare.  A  questo  non  vanno  le 
persone  ;  ma  si  affollano.  Tuttavolta  ,  se  mal  non  mi  appongo ,  eccet- 
tuali alcuni  pochissimi  fanatici ,  i  Fiorentini  non  sono  in  ismania  o 
in  desiderio  di  rivoluzioni.  Ma  ciò  che  colà  è  fomento  a  discorsi ,  a 
vociferazioni  d'ogni  maniera ,  proviene  dallo  sfacciato  contegno  dei 
molti  malcontenti  esteri  ivi  rifugiati.  Non  ci  vuole  meno  di  una  po- 
polazione generalmente  dedicata  al  proprio  Governo  perchè  tali  esteri 
non  fossero  cagione  a  gravi  disordini.  Nelle  conversazioni ,  ne'  luoghi 
pubblici  istessi ,  si  parla  della  rivoluzioue  di  Francia  ,  e  si  lodano  i 
rivoltosi ,  e  si  scherniscono  i  reali ,  e  s' insulta  ad  altri  principi  di 
prim'ordine  in  un  modo,  che  ben  fa  travedere  le   loro  ree   intenzioni. 

Centro  a  questo  disordine  è  il  Gabinetto  Letterario  del  ben  noto 
signor  Vieusseux.  Ivi  si  radunano  i  più  famigerati  liberali  o  settarj  , 
fra  i  quali  il  Montani ,  il  Giordani ,  il  marchese  Gino  Capponi  (di  Fi- 
renze), un  Pirazzoli  esule  d'Imola,  carbonaro  conosciuto,  un  Manuzzi 
e  un  Montalti  preti  di  Romagna ,  un  conte  Leopardi  (ma  questi  meno 
acceso  di  ognuno);  un  Tommaseo,  un  Fortis,  e  tanti  altri.  Non  v'  ha 
duliHoche  tra  questo  club  e  i  liberali  di  Francia  non  vi  sia  corri- 
spondenza. Un  d'essi  ine  lo  ha  positivamente  assicurato  ,  aggiungen- 
domi che  questa  corrispondenza  è  antica ,  e  serve  a  tenerli  informati 
e  a  metterli  anche  in  prevenzione   avvertiti    delle  mosse  diverse.  La 

(1)  Vedasi  qui  sopra. 


288  EPISODIO   DEL   LIBERALISMO   LOMBARDO 

corrispondenza  stessa  è  pure  con  la  Svizzera,  particolarmente  con 
Ginevra.  Finalmente  non  manca  di  appoggi  per  l'Italia,  e  singolarmente 
negli  Stati  pontifici  e  in  quelli  di  Napoli.  E  vi  avea  parte  il  più  volte 
nominatovi  ex-generale  Coletta  di  Napoli  ;  ma  ora  è  egli  assai  gra- 
vemente ammalato.  Quello  che  più  è  ad  essi  di  fastidio  ,  lo  trovano 
nelle  Corti  di  Napoli ,  di  .Modena  e  di  Vienna.  Dicono  pero  che  il  re 
di  Napoli  è  malato  di  guisa  che  non  ne  guarirà  :  che  il  duca  di  Mo- 
dena dovrà  uscire  d' Italia  ,  e  che  la  Corte  di  Vienna  cesserà  d' influire 
sull"  Italia  tosto  che  si  potrà  ottenere  di  tarla  impegnare  in  una  guerra 
colla  Francia.  Né  fra  tanti  vaneggiamenti  e  tanti  odii  dimenticano 
il  principe  che  generosamente  ha  loro  dato  asilo  ne'  propri  Stati  . 
perchè,  sapendolo  essi  religioso  e  divoto,  unitamente  alle  principesse, 
eglino  si  fanno  debito  di  pubblicamente  deridere  il  sacerdozio  e  i  riti 
e  i  dogmi  stessi  della  religione ,  annunziando  e  protestando  che,  per 
i  preti ,  e  tutta  la  canaglia  ecclesiastica  l'ultima  ora  è  sonata.  Io 
sono  stato  testimonio  a  simili  particolari ,  e  so  di  più  che  sono  stati 
appuntino  con  più  atroci  contumelie  ostentati  in  faccia  al  segretario 
del  Nunzio ,  certo  prete  Rossi  che  credo  genovese.  E  perchè  nulla 
manchi  alla  loro  gratitudine  verso  il  real  sovrano  di  Toscana,  essi 
scherniscono  il  medesimo ,  ed  eccovi  un  fatto.  Io  passeggiavo  con  un 
libéralissimo  :  incontriamo  un  uomo  ,  e  il  mio  compagno  comincia  a 
parlare  senza  ritegno.  Si  accorge  che  quegli  fa  un  atto  di  maraviglia, 
ed  esso  lo  accerta  che  io  son  persona  sicura.  Allora  quell'a  me  inco- 
gnito comincia  ad  entrare  in  particolari  che  lo  tengono  tutti  i  di 
occupato,  e  fra  gli  altri  di  un  tumulto  nato  a  Dresda  fra  cattolici  e 
protestanti  ,  tumulto  nel  quale  diceva  esservi  state  delle  percosse  , 
e  ridendo  continua:  «Sapete?  Si  assicura  che  anche  il  signor  Leopoldi 
ha  ricevuto  qualche  sassata  ».  Restato  io  solo  col  mio  compagno,  seppi 
che  l' incognito  era  il  dottor  Pirazzoli ,  e  che  fra  loro  era  convenuto 
di  chiamare  il  Gran  Duca  per  ischerno  il  signor  Leopoldo  ! 

Secondo  quei  liberali,  l' Italia  non  si  tosto  verrà  liberata,  quando 
non  preceda  una  guerra  con  l'Austria:  doversi  però  sentire  le  riso- 
luzioni di  un  tal  gabinetto.  Nel  caso  che  l'Austria  si  accordi  con  le 
innovazioni  di  Franchi ,  essi  credono  che  convenga  disporre  l' Italia 
stessa  ad  odiare  i  preti  e  la  tirannide  con  i  mezzi  della  stampa  : 
quindi  vi  è  progetto  di  spedire  alcuni  a  .Marsiglia  o  Lione  a  farvi 
-lampare  un'opera  o  giornale  periodico,  diretto  ad  illuminare  gl'Ita- 
liani, pubblicandolo  appunto  in  lingua  italiana,  e  facendolo  poi  da 
accorti  emissari  distribuire  per  l'Italia.  Conosco  chi  è  disposto  di 
porvisi  alla  testa ,  e  a  qualche  amico  nostro  fu  chiesto  di  esserne 
cooperatore  con   la    penna   e    col    farli   circolare.    I    liberali    capaci 


CAPPONI    H    I    TOSCANI  289 

ili  scrivere,  che  rimarranno  fissati  in  Italia  pel  detto  giornale, 
avranno  luogo  di  mandare  ai  giornalisti  italiani  fissati  in  Francia  ma- 
teriali d'ogni  genere  per  compilarlo.  Tutto  questo  ho  inteso  da  quel 
medesimo  che  certo  sarebbe  ben  capace  di  dargli  nome ,  essendo  uno 
dei  più  accreditati  nostri  prosatori. 

Dall'espostovi  di  sopra  e  da  altre  minutezze  che  tralascio  per  non 
esservi  troppo  fastidioso,  è  chiaro  che  in  Firenze  vi  è,  positivamente  un 
centro  di  liberalismo  e  un  centro  operoso,  autorevole  ancora  sopra  i  li- 
berali di  varie  parti  d' Italia,  in  ispecie  degli  Stati  pontifici,  del  Napoleta- 
no ec.  Che  appresso  il  Vieusseux  esista  il  punto  d'unione  non  ne  dubito: 
e  parrebbemi  ottimo  consiglio  aver  ivi  persona  di  credito,  che  godendo- 
la confidenza  di  quei  malcontenti,  fosse  prontissimo  a  saperne  le  mosse 
o  i  progetti.  Ma  non  sarà  facile  il  ritrovarlo,  perchè  sono  essi  fatti 
ombrosissimi  di  tutto  e  di  tutti,  ed  ogni  minima  parola  che  isfugga,  ogni 
benché  minimo  sospetto  li  fa  passare  quel  tale  dal  numero  degli  amici 
a  quel  delle  spie.  Sul  qual  proposito  udii  aver  essi  anche  stabilito  di 
usare  la  politica  di  non  mostrare  a  quei  tali  presi  in  sospetto  .  di 
crederli  infedeli ,  ma  solamente  di  nasconder  loro  i  segreti,  del  libe- 
ralismo ;  perchè  (  dicono  )  in  questo  modo  quei  tali  credono  di  esser 
sempre  alla  nostra  confidenza  e  così  non  ne  vengono  di  nuovi  a  sor- 
prenderci. Fra  quelli  che  tengono  apertamente  emissari  de'  loro  nemici 
vi  fu  un  certo  Cazzaniga  che  viaggia  ed  accompagna  sempre  una  cantante 
chiamata  PEkerlin:  ed  ora  vi  è  un  certo  Gaetano  Barbieri .  autore  di 
un  giornale  teatrale  in  Milano  e  da  alcun  tempo  venuto  a  Firenze  (1), 
benché  mi  osservasse  l'amico  che  il  Barbieri  venne  prima  che  giu- 
gnessero  le  notizie  dei  grandi  avvenimenti  di  Francia. 

Quest'è  ciò  che  priuci  pai  mente  ha  fermato  la  mia  attenzione  nella 
mia  corsa  a  Firenze.  Stimai  ciò  bastevole  ad  avervi  servito,  né  volli, 
come  suol  dirsi ,  sforzare  la  carta ,  sul  pericolo  di  lasciare  di  me 
qualche  anche  tenue  dubbiezza ,  la  quale  mi  renderebbe  inutile  per 
tutto  l'avvenire.  Usai  anzi  di  due  avvertenze  che  stimai  indispensa- 
bili :  l'una,  di  mostrare  di  quando  in  quando  di  non  curarmi  di  no- 
tizie politiche ,  affinchè  non  nascesse  il  sospetto  che  le  ricercassi  ; 
l'altra,  che  mi  facevo  molto  pregare  prima  di  lasciarmi  condurre 
dagli  altri  liberali ,  scusandomi  che  non  avevo  tempo  ec. ,  e  così  po- 
tei dai  pochi  avere  quello  che  stimai  bastevole  ,  senza  avventurare 
punto  della  solita  confidenza. 


(1)  Di  costui  abbiamo  belle  e  fine  relazioni ,   che  faceva   alla  Polizia , 
entrando,  come  uomo  di  lettere,  in  tutte  le  conversazioni  e  società. 

Arch.,  3. a  Serie,  T.  XXIV.  19 


290  EPISODIO   DEL  LIBERALISMO   LOMBARDO 

Napoleone  Murat  che  vive  in  Firenze  e  credo  ivi  maritato  ,  ha 
mandato  il  dono  di  60  luigi  accompagnato  da  una  lettera,  per  i  feriti 
di  Parigi  nella  rivoluzione. 

E  poco  dopo  : 

....  Un  certo  signor  Trova,  autore  di  un  libro  sul  Veltro  allego- 
rico di  Dante,  mi  disse  nell'anno  scorso  di  essere  occupato  di  alcune 
memorie  storiche  sul  regno  di  Napoli.  11  Trova  è  un  profugo  napole- 
tano ,  che  stette  del  tempo  in  Bologna  ,  e  poi  ne  partì ,  recandosi  a 
Roma  ,  dove  credo  che  si  trovi  tutt'ora.  Pareva  che  la  intenzione  di 
questo  scrittore  si  fosse  di  occuparsi  soltanto  della  storia  antica  di 
detto  regno.  Il  medesimo  è  uomo  libéralissimo,  e  fu  alto  impiegato  ed 
uno  dei  compilatori  della  Minerva,  durante  la  rivoluzione  napoletana. 

Ma  quello  che  ha  scritto  in  Firenze  la  storia  di  Napoli ,  e  distin- 
tamente quella  de'nostri  tempi,  è  il  signor  Coletta,  profugo  napoletano, 
rifugiato  in  Toscana.  Egli  ne  era  occupato  ancora  del  18^8,  allorché  io 
fui  a  Firenze.  1  letterati  liberali  fanno  di  quest'uomo  i  più  grandi  elogi, 
chiamandolo  d'ingegno  maraviglioso,  e  scrittore  uguale  a  Tacito.  Io 
lessi  qualche  suo  articolo  nell'Antologia ,  che  mi  parve  non  oltrepas- 
sasse il  mediocre.  Bensì  credo  che  al  lavoro  di  quella  storia  sia  con- 
corso l'assistenza  e  l'opera  di  alcuni  distinti  letterati ,  il  marchese 
Gino  Capponi ,  il  conte  Giacomo  Leopardi ,  e  più  di  tutti  Pietro  Gior- 
dani ,  col  quale  il  Coletta  passa  da  solo  le  ore  ed  ore  quasi  giornal- 
mente. Il  Giordani  in  fatto  parla  della  storia  di  Napoli  scritta  dal 
Coletta ,  come  di  un  miracolo.  A  quel  che  intesi,  la  storia  avrebbe 
appunto  ad  essere  terminata ,  ma  ignoro  se  si  stampa  o  dove.  Di  ciò 
vado  a  fare  le  opportune  ricerche,  e  sarò  poi  ad  informarveue.  Non  vi  è 
dubbio  che  la  storia  non  sia  scritta  pienamente  nel  senso  dei  liberali. 
Il  Coletta  fu  generale  nelle  truppe  di  Gioacchino  ,  e  credo  anche  mi- 
nistro della  guerra.  Vive  esule  dalla  patria  ,  e  trovatosi  in  un 
circolo  a  Firenze  dov'era  il  re  di  Napoli ,  egli  non  gli  a^ea  fatto  al- 
cun atto  di  rispetto,  e  vantavasi  di  avere  sdegnato  perfino  di  salu- 
tarlo, indicandolo  con  termini  molto  oltraggiosi. 

{continua)  (J.  Cantù. 


Rassegna  Bibliografica 


La  insurrezione   Pugliese  e   la  conquista    Normanna    nel   seco- 
lo  XI  narrata  da  GIUSEPPE  De-BlaSIIS.  Napoli,  1873. 

iContiuuaz.  e  fine.  Ved.  fase,  preced.  ,  p.  115.) 


Colla  storia  delle  contese  sorte  tra  i  figliuoli  del  Guiscardo, 
Ruggero  Borsa  e  Boemoudo,  per  la  successione  nel  ducato  di 
Paglia,  apresi  il  III  Volume  dell'opera  del  sig.  De  Blasiis.  I 
minuti  particolari  di  codeste  contese ,  terminate  nel  1089  colla 
mediazione  del  conte  di  Sicilia  e  papa  Urbano  II ,  uel  1089 , 
sono  narrati  dall'Autore  con  diligenza  e  largo  corredo  di  dot- 
trina. -  Ne  conseguì  la  spartizione  fra  i  due  fratelli  de'  dominii 
del  Guiscardo ,  per  la  quale  Boemoudo ,  cedendo  a  Ruggero  i 
Buoi  diritti  sul  ducato  pugliese ,  ne  ebbe  la  cessione  di  terre , 
che  unite  a  quelle  da  lui  prima  possedute,  costituirono  il  prin- 
cipato di  Taranto.  Non  ostante  però  l'accresciuto  dominio  e  la 
inalzata  dignità,  l'ambizione  del  novello  principe  non  fu  intera- 
mente paga.  E  l' ardore  col  quale  ei  s' accinse  a  prender  parte 
alia  prima  crociata,  più  che  dalla  ostentata  pietà,  ebbe  dalla 
mal  sazia  cupidigia  il  maggiore  impulso.  Siffatto  intendimento 
del  principe  Normanno  non  era  ignoto  ad  Alessio,  tanto  più 
che  viva  era  in  lui  la  memoria  della  invasione  del  Guiscardo: 
da  ciò  il  contegno  ostile  che  l' imperatore  assunse  verso  i  Cro- 
ciati. Allora  si  fé'  palese  l' animo  col  quale  Boemoudo  era  entrato 
nell'impresa.  «  Disbarcato  presso  Vallona,  incitò  gii  altri  capi- 
tani a  muover  guerra  all'  imperatore  ;  e  respinti  i  nemici  che 
volevano  vietargli  il  passo,  s'avviò  verso  la  capitale  bizantina 
per  insignorirsene  »  (pag.  57).  Ma  i  capitani  noi  seguirono  nel- 
l'audace impresa;  accolsero  invece  le  proposte  di  pace  fatte  dal- 
l'imperatore, impegnandosi  quelli  a  tenere  come  vassalli  dell'im- 
pero i  conquisti  che  avrebbero  fatti  sopra  i  Turchi,  e  questo  ad 
aiutarli  con  ogni  opportuno  soccorso.  Boemoudo ,  nou  bastando  da 
solo  a  tanta  impresa,  piegò  il  capo,  e  condiscese  a  riconoscere 
l' alta  sovranità  imperiale.  Invece  il  cugino  suo  Tancredi  (e  que- 
sto particolare  non  è  accennato  dall' A.  )    stette  saldo  nel  rifiuto. 

La  partenza  di  Boemondo  per  Terrasanta  liberò  il  duca  di 
Puglia  da  un   rivale    turbolento  e  pericoloso.   Ed    egli   potè  ri* 


292  RASSEGNA    BIBLIOGRAFICA 

volgere  ad  esteriori  imprese  l'attività  sua,  che  la  cupidigia  di 
Boemondo  avealo  obbligato  a  usare  iu  difesa  del  paterno  retaggio. 
E  la  prima  impresa  cui  die  mano  fu  la  restituzione  di  Riccardo  II 
di  Oapua  nel  possesso  del  suo  principato,  conseguita  coli'  armi  e 
compensata  colla  prestazione  dell'omaggio  del  principe  rimesso. 
Ma  ben  più  cospicui  dei  progressi  ottenuti  dal  duca  furono 
quei  che  alla  normanna  potenza  conseguì  il  conte  Ruggero  di 
Sicilia,  di  lui  zio.  »  Né  guerra  né  pace,  dice  l'Autore,  era  stata 
fra  i  Normanni  dalla  morte  di  suo  fratello  Roberto,  nella  quale 
ei  non  avesse  avuto  parte  principalissima.  Temuto  in  Italia, 
secondo  fondatore  e  sostegno  della  grandezza  di  sua  stirpe,  resa 
illustre  da  nobili  parentadi,  fino  dalla  lontana  Ungheria ,  la  fama 
del  conte  Giuliano  spinse  il  re  Calomanno  a  richiederlo  della 
mano  di  sua  figlia  Busilla.  Ed  ora  la  gratitudine  e  la  necessità 
di  serbarsi  quel  valido  appoggio  inducevano  il  papa  a  raffer- 
marne l'autorità  concedendogli  grandissimi  privilegi  ».  Qui  l'Au- 
tore accenna  alla  famosa  Bolla  del  5  luglio  1097,  la  cui  auten- 
ticità vanamente  impugnò  il  cardinale  Baronio,  che  conferiva  al 
conte  Raggerò  ed  a'  suoi  legittimi  discendenti  la  potestà  di  Le- 
gato apostolico,  «  di  maniera  che  ogni  atto  giurisdizionale  inerente 
a  queil'  ufficio  potesse  compiersi  da  Ruggero  e  da'  suoi  eredi  ;  e 
dove  si  riunissero  generali  Concilii  in  Roma  v'  andrebbero  a 
prender  parte  soltanto  quei  vescovi  che  loro  meglio  piacesse 
prescegliere  ».  Agli  argomenti  prodotti  dal  Dupin  in  difesa  del- 
l'autenticità di  questo  singolare  privilegio,  che  ebbe  più  tardi 
nome  di  Monarchia  di  Sicilia ,  l'Autore  nostro  aggiunge  i  se- 
guenti: Che  il  cronista  Malaterra,  dal  quale  ci  fu  tramandato 
il  testo  della  Bolla,  nell'ultimo  capitolo  della  sua  storia  ne  tra- 
scrisse quasi  letteralmente  il  contenuto;  lo  che  distrugge  il  so- 
spetto messo  avanti  dagli  avversarli,  che  la  detta  Bolla  fosse 
stata  inserita  posteriormente.  Gli  esempi  poi  che  si  hanno  del- 
l' uso  fatto  da  Ruggero  del  privilegio  prima  del  1097,  ben  lungi 
dallo  infermare  l'autenticità  della  Bolla,  per  lo  contrario  la  av- 
valorano. Che  nel  documento  il  papa  dichiara  aver  già  a  voce 
concesso  al  conte  Ruggero  il  dett  )  privilegio ,  ed  ora  sanzionarlo 
con  pubblica  scrittura  «  sicut  verbis  promisimus  ita  etiam  lite- 
rarum  auctoritate  firmamus  »  (Doc.  I,  pag.  439).  E  per  converso, 
il  non  esser  rimasta  memoria  di  un  censo  speciale  pagato  dai 
conti  di  Sicilia  alla  Curia  romana  prima  della  concessione  della 
Bolla  concorre  indirettamente  a  confermare  l'autenticità  del  do- 
cumento. 

Quattro  anni  dopo  il  conseguimento  del  privilegio   papale, 
il  conte  Ruggero  cessò  di  vivere,  e  dieci  anni  appresso  il  seguì 


RASSEGNA   RIBL10GRAFICA  293 

nella  tomba  il  cugino  duca  di  Paglia.  L'Autore  piglia  occasione 
da  queste  morti  per  tessere  la  genesi  della  ragione  giuridica  della 
dominazione   Normanna  nella  Italia  meridionale.  «  La  Signoria 

conseguita  dai  Normanni  sugl'indigeni  era  surta,  die' egli,  dalle 
individuali  conquiste,  dalle  usurpazioni  e  dagli  estendiinenti  che 
ciascuno  col  proprio  valore  avea  saputo  procurarsi;  e  quella  pre- 
minenza concessa  volontariamente  e  per  via  di  elezione  ai  duchi 
di  Puglia,  non  fu  tale  di  sua  natura  da  generare  obblighi  di  un 
feudale  vassallaggio.  Investiture,  ricognizioni,  servigi  stabili  non 
si  determinarono  ;  ma  la  ragione  dei  possessi  che  i  conti  tene- 
vano come  allodii ,  anziché  come  feudi  conferiti  dal  prìncipe  fu 
più  tardi  contrastata  da  Roberto  Guiscardo.  Sebbene  questi  non 
riuscisse  a  trasmutarne  i  diritti  ed  a  rendere  soggette  le  contee 
con  quelle  medesime  leggi  di  dipendenza  ,  che  altrove  erano  in 
uso ,  impose  ai  più  indocili  avventurieri  la  sua  prepotente  vo- 
lontà; ed  avendoli  colle  armi  depressi,  si  fece  considerare,  non 
più  come  il  primo  tra  gli  eguali .  ma  come  il  supremo  signore 
delle  terre  che  aveano  conquistate.  Una  incerta  memoria  rimane 
di  transazioni  ed  accordi  che  stabilirono  tra  Roberto  ed  i  conti 
i  termini  dei  vicendevoli  riguardi  e  dell'  ossequio  dei  minori 
vassalli.  E  similmente  l' alta  sovranità  sull'  isola  di  Sicilia  fu  ri- 
servata quasi  condizione  del  possesso  conferito  a  suo  fratello,  ed 
il  titolo  ne  fu  aggiunto  a  quello  di  duca  di  Puglia  e  di  Calabria», 
(pag.  127-28).  Ma  il  figliuolo  di  Roberto  non  seppe  proseguire 
e  nemmeno  mantenere  1'  opera  del  padre.  L'autorità  ducale  andò 
in  mano  sua  via  via  scadendo,  di  maniera  che,  in  luogo  di  ve- 
stire il  carattere  di  un  vasto  principato ,  la  normanna  signoria  , 
alla  morte  di  lui ,  assunse  quello  di  un'  aggregazione  di  piccoli 
Stati  nel  fatto  indipendenti.  E  a  peggiori  termini  sarebbe  stata 
ridotta,  se  i  due  Imperi  avessero  potuto  intromettervisi.  Ma  per 
buona  ventura  di  essa  signoria ,  l' impero  germanico  trovavasi 
in  quel  tempo  travagliato  da  intestine  discordie ,  e  il  greco  avea 
troppo  da  fare  contro  i  Crociati  e  contro  i  Mussulmani.  Fra  i  Cro- 
ciati il  più  molesto  a  Bisanzio  fu  Boemondo.  Valoroso  nell'armi, 
irrequieto,  di  smisurati  pensieri,  prevalse  in  costui  l'indole  au- 
dace dei  primi  Normanni  ;  e  se  la  fortuna  non  arrise  a'  suoi 
conati ,  gii  preparò ,  in  compenso  dei  mancati  successi ,  un  gran 
guiderdone,  nella  lode  degli  stessi  suoi  nemici.  Anna  Comnena 
infatti  scrisse  di  Boemondo,  che  "  nelle  doti  naturali  niuno  lo 
vinse  ».  La  storia  del  mezzodì  d' Italia  durante  la  Signoria  del 
nuovo  duca  di  Puglia ,  Guglielmo ,  che  durò  dal  1111  al  1127 , 
si  riassume  io  continue  lotte  intestine  fra  i  signori  Normanni, 
alle  quali  prese  parte,    schierandosi  contro  lo  zio  duca,    il    sue- 


294  RASSEGNA   BIBLIOGRAFICA 

cessore  del  gran  conte  di  Sicilia,  anch' ei  per  nome  Ruggero, 
che  fu  solo  a  profittarne.  L'Autore  narra  estesamente  i  partico- 
lari di  quest'interni  conflitti,  e  avvalora  con  documenti  in  parte 
inediti  il  diligente  suo  racconto.  L' importanza  affatto  relativa 
de' fatti  e  la  necessità  di  affrettare  il  cammino  ci  obbligano  a 
trascorrere  su  codesti  particolari.  Dicemmo  che  tutto  il  profitto 
delle  lotte  intestine  fu  raccolto  dal  conte  di  Sicilia.  Infatti,  ap- 
pena ei  riseppe  la  morte  dello  zio  duca,  andò  su  Salerno,  e  con 
promesse  insidiose  fatte  ai  cittadini,  la  trasse  in  suo  potere. 
Egual  frutto  ebbero  le  arti  usate  verso  i  Salernitani  negli  altri 
luoghi  del  ducato  ;  onde  senz'armi  il  siciliano  conte  diventò  duca 
di  Puglia  e  l' intera  signoria  normanna  fé'  capo  ad  un  solo  reg- 
gitore. —  Questa  rivoluzione  avvenuta  nella  situazion  politica  del 
mezzodì  d'Italia  incrébbe  fortemente , al  papa  Onorio  pei  danni 
che  sarebbero  potuti  conseguirne  alla  Santa  Sede.  E  perchè  il 
litigio  scoppiato  in  Germania  fra  i  Guelfi  e  i  Ghibellini  dava  al 
papato  un  po'  di  respiro  da  quella  parte ,  Onorio  se  ne  valse  per 
abbattere  la  potenza  del  nuovo  duca  di  Puglia  e  i  diritti  della 
Santa  Sede  sulla  meridionale  Italia  raffermare  e  ampliare.  Ma 
male  assistito  dagli  alleati,  presto  si  ritrasse  da  un'impresa  alle 
sue  forze  superiore.  E  rappattumatosi  col  duca,  gli  die  sul  5 
to,  fuor  delle  mura  di  Benevento,  l' investitura ,  pago  rimanendo 
della  promessa  che  Ruggero  avrebbe  rispettato  Gapua  e  Benevento. 
Codesto  tentativo  di  guerra  fatto  dal  papa  ebbe  un  altro  e 
più  grave  resultamento.  E  fu  di  offerire  al  duca  occasione  di 
ripudiare  le  promesse  fatte  a  grandi  e  a  città,  per  trarre  tutti  in  sua 
obbedienza.  La  partecipazione  più  o  men  palese  alla  papale  im- 
presa fornì  il  pretesto  ;  e  come  lo  scaltro  duca  mandasse  ad  ef- 
fetto il  disegno  di  eguagliar  tutti  nella  sudditanza  a  sé ,  l'Autore 
nostro  chiaramente  il  dimostra.  «  L'  unità  del  ducato  e  la  potenza 
eh'  egli  ambiva  ,  dice  l'Autore,  erano  in  una  volta  minacciate  dai 
Conti  e  dalle  città,  con  rara  eccezione  concordi  nel  desiderio  di 
sottrarsi  al  suo  dominio.  Ma  non  appena  il  papa  se  ne  ritrasse, 
rompendosi  la  lega  nel  dualismo  delle  opposte  tendenze ,  il  duca 
seppe  trarne  vantaggio  per  disunire  le  forze  dei  nemici.  E  con 
tale  accorgimento  procede  in  tale  impresa,  che  prima  gì'  indigeni, 
poi  gli  stessi  Normanni  si  ridussero  alle  voglie  ambiziose  di 
Ruggero  »  (pag.  191).  Delle  quali  voglie  fu  coronamento  l'as- 
sunzione del  regio  nome.  Come  questa  seguisse  è  controverso. 
L'Autore,  vagliate  le  versioni  diverse  dei  cronisti  intorno  all'av- 
venimento, conclude,  doversi  ripudiare  l'opinione  che  Ruggero 
due  volte  assumesse  il  regio  titolo  pubblicamente,  la  prima,  per 
consentimento  dei  granili  e  de]  popolo,    la,  seconda   per   conces- 


RASSEGNA    BIBLIOGRAFICA  295 

sione  dell'antipapa  Anacleto.  Ciò  solo  è  vero,  soggiunge  il  signor 
De  Blasiis,  che  Ruggero,  avendo  già  in  animo  di  prendere  ii 
nome  di  re,  per  ottenere  il  favore  del  clero,  richiese  del  loro 
consiglio  i  Conti  e  i  Vescovi  più  reputati  per  potenza  e  per  dot- 
trina; e  avutolo  adesivo,  si  fé'  consacrare  in  Palermo  nel  Na- 
tale del  1130  dal  Cardinale  di  S.  Sabina,  nipote  di  Anacleto,  e 
cingere  della  corona  da  Roberto  principe  di  Capua  ,  acciocché 
non  comparisse  che  quella  fossegli  conferita  dal  papa  (pag.  106). 

Fra  i  titoli  ora  assunti  da  Ruggero  quello  che  nei  diplomi 
comparisce  più  frequente ,  è  il  titolo  di  re  di  Sicilia  e  d' Italia. 
L'Autore  opina  eh'  ei  prendesse  quest'  ultimo  nome  per  indicare 
quella  parte  della  Calabria  che  redata  avea  dal  padre.  Ma  oltre 
che  il  titolo  magno  non  sarebbe  stato  appropriato  ad  esprimere 
sì  modesto  dominio,  le  imprese  eh' ei  compì  dopo  l'assunzione 
del  regio  nome,  accennano  a  ben  pia  alto  intendimento.  Infatti, 
ei  ridusse  colle  armi  il  ducato  d'Amalfi ,  e  si  rese  tributario 
quello  di  Napoli  :  e  fatta  sua  anche  Capua ,  cominciava  a  spie- 
gare la  grandezza  de'  suoi  disegni ,  quando  sul  cammino  delle 
conquiste  possenti  nemici  lo  arrestarono.  Erano  Pisa  e  l' impe- 
ratore Lotario  eccitati  contro  lui  da  papa  Innocenzo.  Prima  a 
subire  gli  effetti  della  intromessa  di  Pisa  nelle  faccende  del 
mezzodì  fu  la  misera  Amalfi ,  che  ebbe  bruciate  le  navi ,  terre 
e  case  devastate,  così  che  più  mai  si  riebbe  da  tanta  rovina. 
Del  pisano  saccheggio,  osserva  l'Autore,  rimase  la  contrastata 
tradizione  del  rinvenimento  delle  Pandette  (pag.  254).  Le  quali, 
rubate,  come  più  tardisi  disse,  in  Amalfi,  si  pretese  servissero 
a  risvegliare  la  memoria  e  a  rinnovare  1'  autorità  delle  romane 
leggi  in  Italia.  Che  il  libro  delle  Pandette  fosse  fra  le  cose  ra- 
pite da  Pisa  ad  Amalfi ,  1'  esistenza  stessa  del  libro ,  che  dopo 
la  sommissione  di  Pisa  nel  1406  a  Firenze  fu  in  quest'  ultima 
città  trasportato ,  dove  tuttodì  si  conserva ,  lo  comprova.  Ma 
che  la  scoperta  di  esso  avesse  per  effetto  di  risvegliare  la  me- 
moria e  di  rinnovare  l' autorità  delle  romane  leggi  in  Italia , 
quando  ogni  altro  argomento  mancasse  a  confutare  tale  asserto, 
basterebbe  il  fatto  della  Scuola  Irneriana ,  la  cui  fondazione  è  di 
qualche  decennio  anteriore  al  sacco  pisano  d'Amalfi. 

Maggiori  danni  della  invasione  de'  Pisani ,  portò  al  neo- 
nato reame  quella  di  Lotario  imperatore.  E  i  danni  non  proven- 
nero tanto  dall'  opera  delle  milizie  imperiali ,  quanto  dal  contegno 
infedele  degl'  indigeni.  «  Quella  stirpe  irrequieta  dei  Pugliesi 
impotente  a  lottare  contro  i  dominatori  e  insofferente  sempre  di 
servitù ,  agitata  dalle  nuove  speranze ,  riscuotevasi  »  (pag.  271).  Ma 
per  buona  ventura  di  Ruggero,  quando  sull'orlo  di  irreparabile 


296  RASSEGNA    BIRLIOrxRAFirA 

rovina  pareva  tratto  il  suo  reame,  e  i  nemici  fatti  già  padroni 
di  presso  che  tutta  la  parte  contm<-ntale  di  esso  accingevansi 
ad  assorbirlo  in  Sicilia,  scoppiò  la  discordia  nel  loro  campo. 
Primi  a  levarsi  furono  i  Pisani.  I  quali,  sdegnati  contro  Lotario 
perchè  senza  consultarli  pattuita  avesse  la  resa  di  Salerno  coi 
cittadini,  si  ritrassero  dall'impresa. 

Alla  defezione  di  Pisa  seguì  ben  più  grave  rottura.  Il  papa 
e  l'imperatore,  dice  il  De  Blasiis,  erano  stati  concordi  nell'opera 
della  distruzione  del  reame;  ma  quando  fu  compiuta,  e  venne 
il  tempo  di  sostituire  alla  monarchia  un  diritto  che  servisse  a 
fondamento  di  quelle  mutazioni  per  legittimarle;  quando  la  po- 
litica esistenza  dei  nuovi  Stati  ebbe  d'  uopo  d' una  sanzione  ,  le 
due  supreme  potestà  si  trovarono  in  aperta  dissenzione.  Inten- 
deva il  pontefice  che  si  facessero  salve  e  si  raffermassero  le  ra- 
gioni che  la  Chiesa  vantava  sul  ducato  di  Puglia  e  sul  principato 
di  Capua,  i  tributi,  il  vassallaggio.  Lotario  poneva  innanzi  più 
che  la  conquista,  i  diritti  tradizionali  dell'imperio,  in  nome  dei 
quali  egli  era  stato  chiamato  »  (pag.  280).  Con  tali  sentimenti ,  è 
manifesto  che  ove  Lotario  fosse  rimasto  più  a  lungo  in  Italia  , 
sarebbe  scoppiato  tra  lui  e  il  papa  aspro  conflitto.  ScongiurolL  > 
la  necessità  del  ritorno  in  Germania.  E  perchè  un  provvedimento 
dovea  essere  preso  a  tutela  delle  fatte  conquiste ,  imperatore  e 
papa  s'accordarono  d' investire  il  conte  Rainolfo  d'Aliie  del  du- 
cato di  Puglia  senza  pregiudizio  dei  vantati  diritti. 

Partito  Lotario,  s'accese  ora  la  lotta  tra  il  nuovo  duco  Rai- 
nolfo e  il  re  Ruggero.  E  se  nell'armi  la  sorte  non  fu  a  quest'  ul- 
timo propizia ,  in  altro  modo  gli  arrise ,  liberandolo  per  morte 
improvvisa  dal  suo  rivale  (30  aprile  1139).  Da  lì  a  tre  mesi  il 
reame  era  rifatto:  e  Innocenzo,  che  era  ridisceso  in  campo  per 
contrastare  i  progressi  di  Ruggero,  fu  tratto  prigione  da  lui;  e  per 
riavere  la  libertà  dovè  riconoscerlo  sovrano  di  Sicilia ,  Puglia 
e  Capua,  dandogliene  investitura  in  perpetuo  trasmissibile  agli 
eredi ,  con  minaccia  dell'  ira  divina  e  di  scomunica  a  chiunque 
laico  od  ecclesiastico ,  osasse  a  quella  concessione  contrastare. 

Ricuperato  il  reame,  intese  Ruggero  a  pacificarli»  con  stabili 
ordinamenti.  «  Le  guerre,  le  frequenti  ribellioni,  il  debole  go- 
verno dei  diritti  successori  del  Guiscardo ,  l' invasione  di  Lotario 
e  l' investitura  concessa  a  Rainolfo,  aveano,  dice  l'Autore,  a  volta 
a  volta  rinnovata  l'anarchia,  lasciati  cadere  in  disuso  gli  obbli- 
ghi assunti  dai  feudatarii,  rieccitate  le  sedizioni  e  le  cupidigie. 
Bisognava  dunque  assicurare  la  pace  con  altri  mezzi,  profittare 
dello  sgomento  e  della  debolezza  dei  nemici  per  impedire  che 
ad  ogni  occasione  gli  untori  inquieti  e  pericolosi  si  rinnovassero  « 


RASSEGNA    BIBLIOGRAFICA  297 

(pag.  313).    A    tal    fine,    Ruggero  promulgò,    alla  presenza   dei 
grandi  laici  ed  ecclesiastici    dello    Stato   convocati  in  assemblea 
ad   Ariano,    un    codice  di   leggi   inteso  a  stabilire    il  carati» 
della  regia  potestà  secondo  i  principii  del  diritto  Cesareo. 

Il  testo  delle  leggi  emanate  da  Ruggero  è  oggi  noto  nella 
sua  interezza.  Ne  dobbiamo  al  Merckel  la  conoscenza ,  avendo 
egli  scoperto  il  Codice  di  esse  leggi  nella  Biblioteca  Vaticana. 
Anche  il  sig.  De  Blasiis  ha  un  merito  speciale  in  questa  sco- 
perta. Ed  è  di  avere  chiarito  la  paternità  di  esse  leggi,  dimo- 
strando che  non  altri  fuori  di  Ruggero  potevane  essere  autore. 
Infatti  nessun  altro  re  normanno  fuori  di  lui  potea  scrivere  nel 
prologo  d'avere  prostrato  i  nemici  e  ricomposto  il  regno  in  tran- 
quillo Stato  (sic  ergo  misericordia  nobis  Deus  pius  prostrati  s 
hostibus  pacem  reddidit,  ecc.). 

Sciolta  l'assemblea  d'Ariano,  recossi  Ruggero  a  Napoli  dove 
stabilì  la  sorte  di  questa  già  fin  d'allora  cospicua  città.  Le  con- 
cesse immunità  speciali  e  licenza  di  reggersi  colle  proprie  con- 
suetudini, e  vi  costituì  per  la  prima  volta  una  nobiltà  feudale 
concedendo  ai  principali  cittadini  terreni  e  vassalli. 

Dopo  la  promulgazione  delle  leggi  fatta  ad  Ariano,  Rug- 
gero resse  lo  Stato  per  altri  quattordici  anni  ;  e  questo  fu  il 
periodo  più  splendido  del  suo  regno.  Coli' abituale  diligenza  l'Au- 
tore narra  diffusamente  le  imprese  di  guerra  e  le  conquiste  fatte 
dal  re  normanno  in  Italia,  in  Grecia  e  in  Africa  durante  quel 
periodo.  In  Italia,  profittando  della  lite  sorta  fra  i  nobili  romani 
e  i  papi ,  occupò  la  Marsica  ;  Corni ,  nell'Arcipelago,  e  la  difese 
strenuamente  per  quattro  anni  contro  il  duplice  assalto  di  Ve- 
nezia e  di  Costantinopoli:  e  nell'Africa,  intromettendosi  nelle 
lotte  scoppiate  fra  i  Musulmani ,  trasse  in  suo  potere  il  territorio 
che  si  estende  dal  deserto  d'Al-garb  a  Kairuan  ;  onde  potè  far 
incidere  sulla  sua  spada,  senza  mentire,  il  verso  "  Apuli' s  et 
(Jalaber ,  Siculus  mihi  servii  et  Afer  ».  —  L'anno  1151  Ruggero 
fé'  coronare  a  Palermo  Guglielmo  unico  de'  figli  superstiti ,  e 
consacrarlo  dall'  arcivescovo  Ugone,  non  curanti  uè  il  sovrano, 
né  il  prelato  delle  proteste  di  papa  Eugenio ,  di  che  l' improv- 
visa e  opportuna  morte  del  re  tedesco  assicurava  l'innocuità. 
E  come  Ruggero  non  curossi  delle  papali  proteste,  così  ei  non 
si  commosse  pei  minacciosi  accordi  presi  da  papa  Eugenio  col 
nuovo  re  tedesco  Federico  Barbarossa.  E  fiducioso  nella  solidità 
di  sua  possanza ,  mentre  in  Germania  e  in  Roma  cospiravasi  con- 
tro lui ,  tra  geniali  riposi ,  siccome  scrive  il  cronista  Romoaldo  ,  ei 
passava  il  suo  tempo ,  fabbricando  in  Sicilia  chiese  e  palagi.  — 
Allorché  Ruggirò  venne  a  morte,  scrive  l'A. ,  la  conquista  nor- 


298  RASSEGNA    BIBLIOGRAFICA 

manna  poteva  dirsi  compiuta  e  assicurata.  E  ,  dettene  con  bella 
sintesi  le  travagliose  vicende,  chiude  il  dotto  e  diligente  rac- 
conto, notando  come  re  Ruggero  nei  pensieri,  nelle  opere,  nella 
gloria,  si  facesse  precursore  al  secondo  Federico  di  Svevia,  »  il 
quale,  per  singolare  destino,  dovea  nascere  sul  trono  stesso, 
dalla  stirpe  di  quei  principi  tedeschi  fino  allora  combattuti,  e 
dalla  postuma  figlia  del  primo  re  di  Sicilia  ». 

F.  Berto-lini. 


San    Giuliano,  le  sue  acque  termali  e  x  suoi   dintorni.    Notizie 
raccolte  da  GIOVANNI  NlSTRl.  —  Pag.  720 ,  in  8vo. 

Se  uscendo  di  Pisa  per  la  porta  a  Lucca  prendiamo  la  via 
ombreggiata  da  platani,  che  conduce  a'  bagni  di  S.  Giuliano,  ab- 
biamo ai  lati  una  pianura  coltivata  e  fertile,  attraversata  da  fossi 
in  varie  direzioni ,  e  di  faccia  una  catena  di  monti  che  si  stende 
per  venti  chilometri ,  la  cui  base  ora  è  coperta  di  piante  come 
una  selva ,  ora  è  nuda  come  uno  scoglio.  E  tramezzo  alle  piante 
biancheggiano  ville  signorili ,  graziose  borgate  e  più  in  alto  tor- 
reggiano antichi  fortilizi.  Quello  di  Ripafratta  da  una  parte  e 
quello  della  Verruca  dall'altra  sembrano  posti  a  guardia  di  tutto 
il  monte  e  destinati  a  chiudere  un  intero  sistema  di  difesa.  La 
vicinanza  di  Pisa  ci  i/ende  certi  che  queste  fortificazioni  sono 
opera  sua,  e  la  mente  ritorna  a  que'tempi  in  cui  le  piccole  repubbli- 
che rivaleggiando  fra  loro  insanguinarono  ogni  palmo  di  terra 
italiana.  Chi  sa  di  quante  stragi  e  di  quante  rapine  furono  te- 
slimoni  queste  contrade,  dove  oggi  vive  tranquillo  l'agricoltore  e 
pascolano  sicuri  gli  armenti  !  Chi  sa  quanti  pisani  e  lucchesi 
trovarono  quivi,  combattendo  fra  loro,  la  morte  e  il  sepolcro  ! 

E  allora  che  ogni  campo  da  sementa  diveniva  sì  facilmente 
lampo  di  battaglia,  crescevano  forse  così  rigogliose  e  dapper- 
tutto le  messi ,  scorrevano  ristrette  in  regolari  confini  le  acque  ì 
Esistevano  i  lussureggianti  oli  veti  e  le  cave  di  marini  da  costru- 
zione ?  Che  cos'erano  Ripafratta  co'  suoi  mulini ,  S.  Giuliano 
co'suoi  bagni ,  Asciano  colle  sue  fonti ,  Calci  colla  sua  Certosa, 
e  Montemagno  a  cui  la  Verruca  par  che  voglia  nascondere  il  cielo  \ 
O  non  piuttosto  le  acque  stagnavano  nella  pianura  e  gli  abitanti 
di  poveri  casolari  battevano  le  febbri  per  la  malaria  e  strappavano 
a  fatica  dal  terreno  rimasto  asciutto  quel  poco  che  non  aveva 
impo  ili  rapir  loro  il  nemico? 

Quando  poi  arrivati  a  pie  del  monte  vediamo  fra  gli  edi- 
fizi  moderni  e  fra  gli  avanzi  medioevali  qualche   resto  di    opera 


RASSEGNA    BIBLIOGRAFICA  290 

romana  ,  allora  il  pensiero  spazia  più  largo ,  si  fa  maggiore  il 
desiderio  di  sapere  che  cosa  è  avvenuto  in  questi  luoghi ,  dove 
tre  età  sono  rappresentate  da'monumenti ,  e  vorremmo  avere  un 
esperto  che  passo  passo  ce  ne  facesse  la  storia. 

Ebbene  !  a  questa  legittima  curiosità  risponde  ampiamente 
il  volarne  del  prof.  Giovanni  Nistri.  Anzi  ci  istruisce  di  tante 
cose  che  non  verrebbe  nemmen  fatto  di  domandare  ;  che  il  ti- 
tolo benché  diffuso  non  basta  a  dare  idea  di  tutto  il  contenuto 
del  libro ,  nel  quale  troviamo  la  illustrazione  compiuta ,  sotto 
tutti  gli  aspetti,  d'un  vasto  territorio.  L'autore  si  è,  per  così 
dire,  moltiplicato,  si  è  fatto  geologo,  botanico,  zoologo,  geografo, 
fisico,  medico  e  storico.  Spende  interi  capitoli  per  dirci  colla  scorta, 
e  spesso  colle  parole  de' migliori  e  più  moderni  scienziati ,  non 
solo  la  esterna  configurazione  del  Monte  pisano ,  ma  anche  la 
interna  struttura  "  per  aver  così  più  chiaramente  spiegata  la 
qualità  minerale  delle  acque  termali  che  da  vari  punti  ne  sca- 
turiscono »  ,  compila  una  nota  delle  roccie ,  dei  marmi  e  de'mi- 
nerali  di  esso  ,  per  farci  intendere  "  la  presenza  e  la  qualità  dei 
materiali  salini  che  mineralizzano  »  le  acque ,  enumera  le  piante 
che  nascono  spontanee  e  fioriscono  e  fruttificano  su  quel  monte 
per  darci  ragione  non  solo  della  qualità  del  terreno  che-  le 
alimenta,  ma  anche  delle  condizioni  atmosferiche  in  mezzo  alle 
quali  hanno  vita;  e  allo  stesso  fine  mette  un  elenco  delle  varie 
specie  di  animali  che  più  o  meno  vi  dimorano  ;  esamina  poi  spe- 
cialmente la  qualità  del  clima  di  S.  Giuliano  desumendola  dallo 
stato  della  pianura.  E ,  sempre  coli'  intento  di  far  meglio  cono- 
scere i  bisogni  di  questo  villaggio  ,  riferisce  le  proprietà  fisiche 
e  chimiche  delle  acque  analizzate  ultimamente  dal  celebre  prof. 
Orosi,  le  proprietà  mediche ,  le  malattie  per  le  quali  ne  è  più 
particolarmente  indicato  l'uso ,  e  i  modi  e  le  norme  per  l'am- 
ministrazione delle  acque  medesime. 

Ma  quello  che  a  noi  importa  è  la  parte  storica  e  archeolo- 
gica di  questo  libro  ,  la  quale  è  copiosa  ,  e  studiata  con  grande 
amore  e  compilata  colla  massima  diligenza  ;  talché  chiunque 
avesse  pre  o  a  trattare  lo  stesso  argomento  si  può  dire  che  non 
avrebbe  potuto  fare  né  di  più  né  di  meglio.  Vi  sono  de'capituli 
il  cui  titolo  solamente  richiama  l'attenzione  dell'erudito  ,  ma  eru- 
dizione se  ne  trova  sparsa  anche  dove  meno  si  crederebbe.  Nel- 
la lista  de'marmi  ,  sotto  l'articolo  Marmo  bianco  si  hanno  noti- 
zie sulle  antichità  delle  cave  di  S.  Giuliano ,  possedute  nel  più 
tardo  medio  evo  dai  Gualandi,  donde  si  trassero  i  materiali  per 
la  costruzione  del  Duomo,  del  Battistero  e  del  Campanile,  e 
quelli  donati  dai  Gualandi  stessi  per  fabbricare  nel  1253  la  chie- 


300  RASSEGNA   BIBLIOGRAFICA 

sa  di  S.  Caterina  e  nel  1300  quella  di  S.  Francesco.  Quando  poi 
fa  la  storia  di  proposito  tien  di  conto  di  tutte  le  particolarità,  ima 
poche  delle  quali  sono  affatto  nuove  ,  e  le  ricollega ,  dove  è  op- 
portuno ,  alla  storia  generale  di  Pisa.  Così  dopo  averci  fornite  no- 
tizie topografiche  del  Monte  ,  le  quali  risalgono  al  IX  secolo ,  e 
detto  che  fino  al  secolo  XI  si  chiamò  Monte  pisano ,  nota  che 
nel  trecento  prese  il  nome  di  S.  Giuliano  dalla  antica  chiesa  po- 
sta sulla  cima  presso  Massa  Gonghi  oggi  S.  Maria  del  Giudice, 
mentre  i  pisani  mantennero  fino  al  cinquecento  la  prima  deno- 
minazione ,  e  da  ciò  riconosce  in  questi  un  attaccamento  inestin- 
guibile alla  libertà  della  patria  e  ne'  vicini  rivali  il  desiderio  di 
faine  sparire  persino  il  nome ,  a  sfogo  di  quell'odio  che  si  ma- 
nifestò terribilmente  nella  battaglia  della  Meloria  primo  segnale 
della  decadenza  pisana.  Sullo  spedale  di  S.  Giuliano  del  Monte 
edificato  nel  1078  pei  poveri  pellegrini ,  perchè  non  ha  sussidio 
né  di  documenti  né  di  avanzi ,  si  aiuta  con  le  congetture,  che 
sono  ragionevoli,  e  tien  conto  delle  tradizioni  che  egli  stesso  ha 
raccolto  da'  più  vecchi  abitanti  di  quei  luoghi. 

Il  villaggio  de'Bagni  di  S.  Giuliano  a  pie  del  Monte  lo 
crede  antico  quanto  l'uso  delle  acque  termali,  le  quali  sgorgate 
dalle  fenditure  del  monte  nell'epoca  di  sommovimento  dovettero 
essere  avvertite  ben  presto ,  e  delle  cave  dei  marmi  che  si  ve- 
devano sulla  nuda  superficie.  Ed  è  probabile  che  gli  etruschi 
stessi  profittassero  di  queste  cave ,  se  non  errò  il  Cianelli  che 
in  an  muraglione  della  città  di  Lucca  riconobbe  l'opera  etnisca 
e  i  marmi  del  monte.  Né  invero  dovettero  trascurarle  gli  etruschi  di 
Pisa,  città  che  si  crede  essere  stata  più  importante  di  Populonia 
(quantunque  non  ci  paia  accettabile  l'opinione  dei  cronisti  che  dicono 
fosse  estesa  sino  al  monte),  e  molto  meno  furono  trascurate  a  tempo 
dei  romani ,  sotto  i  quali  divenne  stazione  delle  milizie  contro 
i  feroci  liguri  ,  residenza  di  consoli ,  proconsoli ,  e  pretori , 
poi  municipio  e  quindi  colonia  romana  con  privilegi  municipali 
ascritta  alla  tribù  Galeria,  protetta  dalla  famiglia  dei  Giuli ,  in 
seguito  coionia  militare  coll'ambìto  nome  di  colonia  Giulia  osse- 
quente ,  lodata  per  la  fertilità  del  terreno  ,  per  l'abbondanza 
de'marmi  e  del  legname  da  costruire  navi ,  ricordata  per  il  suo 
porto  mercantile  e  militare,  e  abbellita  di  templi  maestosi,  di 
terme,  circhi,  teatri,  palazzi  ed  archi  trionfali  che  resero  neces- 
sariamente maggiore  il  lavorio  de'marmi. 

E  se  Alarico  distrusse  nel  V  secolo  queste  magnificenze  ,  e 
i  Normanni  nel  IX  finirono  quello  che  vi  poteva  essere  rimasto, 
se  Pisa  perdette  nell'impero  il  padrone  e  il  protettore,  pensò 
ben  presto,  e  più  presto    di    altri    popoli,  a  proteggersi    da   sé, 


RASSEGNA    BIBLIOGRAFICA  301 

ottenne  leggi  e  magistrati  propri  e  ,  avvezza  da  lungo  tempo 
alla  navigazione  ,  corse  temuta  i  mari ,  richiamò  a  sé  il  com- 
mercio del  mediterraneo  e,  per  un  tempo,  anche  del  moudo , 
ebbe  un  porto  dove  approdavano  grandi  navi  commerciali,  che 
Donizone  appella  monstra  marina,  divenne  fino  dal  secolo  XII 
più  ricca  d'ogni  altra  città  e  tornò  ad  aver  cura  de'  suoi 
bagni,  a  servirsi  delle  sue  cave.  Anzi ,  siccome  la  sua  potenza,  e 
forse  anche  la  sua  tracotanza ,  destò  le  gelosie  di  Genova,  di 
Firenze  e  di  Lucca  ,  essa  conobbe  e  stabilì  come  punto  di 
difesa  contro  Lucca  il  villaggio  di  S.  Giuliano;  e  fu  proprio  in 
questo  luogo  che  nel  secolo  XI  avvenne  quello  scontro  fra  i  due 
popoli  che  fu  seme  d'odi  secolari  e  di  guerre  aspre  e  feroci  e 
primo  esempio  di  discordia  fra  le  repubbliche  italiane.  Ed  ecco 
spiegata  la  presenza  di  avanzi  di  fortificazioni  e  la  menzione  che 
si  fa  ne'documenti  di  torri,  di  mura  e  di  sergenti  a  guardia  del 
Castello. 

Quanto  alle  mura,  che  1'  A.  vuole  più  antiche  di  quelle  co- 
struite nel  1312 ,  supponendo  che  in  quell'  anno  non  si  facesse 
che  ampliarne  il  circuito  primitivo,  non  pare  che  abbia  colto 
nel  segno.  Se  in  documenti  anteriori  si  parla  di  castello ,  di  muri 
e  di  torrioni ,  non  è  per  questo  che  si  debba  pensare  una  cinta 
che  racchiudesse  le  case.  Muri  e  torri  le  avevano  tutti  i  castelli 
e  formavano  insieme  un  fortilizio  che  non  aveva  che  fare  colle 
abitazioni  private.  Così  era  S.  Giuliano  innanzi  il  1312  ;  e  le  mura 
compiute  dipoi,  le  vere  moenia,  come  dice  l' iscrizione  che  ricorda 
il  l'atto,  dovevano  non  ingrandire  il  castello  ma  riparare  il  vil- 
laggio. Allora  S.  Giuliano  ,  invece  di  castello  col  borgo  annesso, 
divenne  anche  terra  murata.  Tutta  la  difficoltà  adunque  di 
mettere  d'  accordo  fra  loro  i  documenti  derivava  dal  confondere 
i  castelli  colle  terre  murate ,  mentre  nelle  stesse  carte  pisane 
{Provvisioni  de'  Savi,  1336,  maggio  17)  le  terre  murate,  castra 
et  rocche  son  considerate  come  tre  cose  diverse. 

Però  mentre  l' importanza  del  paese  lo  rese  meglio  popo- 
lato e  abbondante  d'alberghi  fino  dal  trecento  e  forse  prima ,  e  re- 
sidenza d'ufficiale  preposto  al  governo  di  questo  e  d'altri  paesi 
circonvicini  ,  la  sua  posizione  fra  Pisa  e  Lucca  lo  fece  troppo 
spesso  soggetto  alle  scorrerie  de'nemici  che  disturbarono  l'uso 
delle  cave  e  de'bagni.  Fino  a  che  Firenze  impadronitasi  di  Pisa 
e  fatta  crudele  dalla  paura  non  ne  compio  la  rovina,  Allora  Sun 
Giuliano  ebbe  macerie  in  luogo  di  case  e  di  fortificazioni,  in- 
colti i  terreni,  e  abbandonate  le  sorgenti  medicinali,  che  mesco- 
late colle  altre  acque  impudritirono  e  infettarono  l'aria.  Dopo 
quasi  novant'anni  di  giogo  fiorentino  i  bagni  non  erano  più  che 


302  RASSEGNA   BIBLIOGRAFICA 

lina  tradizione,  o  almeno  se  ne  valeva  soltanto  l' intima  plebe,  che 
non  badava  al  difetto  di  comodità  e  faceva  a  fidanza  colla  malaria. 

La  libertà  ricuperata  da'Pisani  coll'aiuto  di  Carlo  Vili  fu 
troppo  breve  e  troppo  combattuta ,  perchè  avessero  tempo  e 
mente  a  riparare  i  bagni.  Ma  poi  anche  Firenze  cadde  ;  e  Pisa 
sperò  nei  Medici ,  e  gli  servì  con  fedeltà  e  ne  trasse  non  pochi 
vantaggi.  E  con  Pisa  risorse  a  poco  a  poco  anche  S.  Giuliano. 
Per  cura  di  Ferdinando  I  fu  pubblicato  uno  scritto  sulla  virtù 
sanativa  di  quelle  acque  ,  si  regolarono  le  bagnature  ,  si  riedi- 
ficarono le  abitazioni  e  altri  comodi.  C'era  almeno  la  buona  vo- 
lontà ,  benché  il  male  fosse  sempre  maggiore  dei  rimedi.  Le  ter- 
me non  erano  scadute  come  nei  1494  ,  quando  i  Consoli  del 
mare  ne  fecero  un  regalo  a  un  canonico  fiorentino,  sebbene  an- 
elli' allora  valessero  sì  poco  che,  parve  bene  a  Cosimo  III  ven- 
de rie  per  1200  scudi  alla  Pia  di  Casa  di  .Misericordia  e  ad  essa 
affittarle  per  65  all'anno.  Le  quali  somme  però  non  concordiamo 
coll'autore  che  corrispondessero  a  7000  e  a  382  delle  nostre  lire, 
perchè  in  ragguagli  di  monete  di  tempi  lontani  fra  loro  non  gio- 
va il  calcolo  aritmetico  basato  sul  valore  intrinseco  del  danaro , 
ma  su  quelio  commerciale  regolato  sul  prezzo  dei  generi  di  pri- 
ma necessità  ;  sicché  ci  parrebbe  dover  portare  il  prezzo  della 
vendita  sopra  le  15000  lire  e  quello  dell'affitto  sopra  800. 

Era  riserbato  a'  Lorenesi  il  ricondurre  le  terme  al  loro  an- 
tico splendore.  Francesco  ordinò  un  nuovo  esame  delle  acque  , 
sollecitò  e  favorì  la  Pia  Casa  perchè  costruisse  que'grandiosi 
palazzi,  che  sono  anc'oggi  il  più  bell'ornamento  del  villaggio, 
provvide  questo  di  buona  acqua  potabile  ,  vi  trasferì  la  poteste- 
ria  di  Ripafratta  e  vi  pose  un  Commissario  ,  facendo  erigere  per 
residenza  di  esso  il  palazzo  pretorio ,  dove  vent'anni  dopo  veniva 
alla  luce  il  ISiiccolini.  L'autorità  ecclesiastica  si  unì  a  queila  ci- 
vile per  rialzare  le  condizioni  del  paese,  e  vi  fu  costruita  una 
chiesa  che  si  costituì  in  parrocchia  e  che  Leopoldo  I  dichiarò 
priorìa  ponendola  sotto  il  patronato  dell'  Ordine  equestre  di  Santo 
Stefano.  -Nel  1770  ti.  Giuliano  divenne  capoluogo  di  Comunità 
e  per  le  raccomandazioni  del  nominato  granduca  ,  il  quale  ha 
lama  ancora  verde  di  sapiente  e  provvido  amministratore  ,  do- 
dici corporazioui  religiose  vi  edificarono  a  proprie  spese  altret- 
tante decentissime  abitazioni  .  avendone  il  terreno  gratis  ,  come 
l'ebbero  (e  ne  profittarono)  alcuni  privati.  Così  risorsero  anche 
i  bagni;  e  la  Pia  Casa  volle  e  potè  avvantaggiarli  ognora  più, 
facendo  beila  di  platani  e  ben  riparata  dal  sole  la  via  da'  iiigni 
a  Pisa  ,  ornando  di  piazze  e  passeggi  con  verdure  il  paese  ,  e 
più  tardi  curando  che  vi  passasse    vicino  la   via    ferrata  e  vi  si 


RASSEGNA   BIBLIOGRAFICA  303 

fabbricasse  una  comoda  stazione.  Sotto  la  prefettura  del  Torelli 
fu  creato  dietro  i  bagni  un  grazioso  passeggio  e  in  cima  a  que- 
sto un  fabbricato  che  serve  di  riposo  e  donde  si  gode  la  vista 
della  pianura  sottostante  ,  della  città  di  Pisa  e  del  mare  ,  e  fu 
ridotta  a  giardino  la  piazza  centrale. 

La  pianura,  già  ricoperta  dalle  acque  marine  e  formante 
un  vastissimo  golfo  ,  ricolmata  poi  e  fertilizzata  dalle  acque 
fluviatili,  d'una  superfice  disuguale  ,  alta  poco  più  d'un  metro 
sul  livello  del  mare  e  vicina  a  laghi  e  paduli ,  porterebbe  un'ai  ia 
mefitica  ,  se  la  mano  dell'uomo  non  avesse  a  poco  a  poco  rego- 
lati i  corsi  delle  acque.  E  l'uomo  vi  ha  pensato  per  tempo.  L'au- 
tore fa  con  buone  ragioni  risalire  agli  etruschi  il  bonificamento 
della  pianura  ,  la  quale  sotto  i  romani  era  già  celebre  per  l'ab- 
bondanza delle  sue  messi  e  per  la  qualità  dei  suoi  grani.  A 
questo  punto  egli  entra  a  parlare  dell'antico  corso  del  Ser- 
chio,  dell'Arno,  deli'Ozeri  e  de' vari  fossi,  e  mette  insieme  una 
accuratissima  dissertazione  d'idrografia  pisana  ,  deplora  da  buon 
pisano  la  caduta  della  Repubblica  e  il  vergognoso  mercato  che 
ne  fece  Giovanni  Gambacorti  ,  onde  venne  il  mal  governo  fio- 
rentino che  riprodusse  i  danni  cagionati  dalle  invasioni  dei  bar- 
bari ,  e  aggiunge  che  anche  per  questo  male  gravissimo  dell'  im- 
paludamento dei  suoi  terreni  deve  Pisa  a  un  Medici  ,  che  fu 
Lorenzo  il  Magnifico  ,  il  primo  pensiero  del  rimedio  colla  fon- 
dazione dell'Opera  delle  riparazioni  nel  contado  di  Pisa ,  a  un 
Medici ,  che  fu  Cosimo  I,  il  rimedio  efficace  coli'  istituzione  del- 
l'ufizio  de'  Fossi  ;  per  cura  del  quale  e  la  pianura  fu  di  nuovo 
bonificata  e  il  clima  di  S.  Giuliano  tornò  ,  com'è  ora  ,  e  come 
l'autore  scientificamente  dimostra,  temperatissimo  e  salubre. 

S' intende  che  io  sfioro  e  non  compendio  :  e  in  conseguenza 
accenno  appena  la  descrizione  delle  sorgenti  termo-minerali,  in- 
torno alle  quali  pure  il  Nistri  raccoglie  tutte  le  notizie  che  se  ne 
hanno.  L'uso  antico  di  questi  bagni  lo  rileva  dai  resti  di  monu- 
menti creduti  etruschi  da  taluno ,  ma  che  almeno  romani  sono  di 
certo ,  e  da  iscrizioni  romane  e  medioevali  ;  tutte  cose  che  egli 
illustra  largamente  e  su  cui  esercita  una  critica  prudentissima  e 
giusta.  Quanto  poi  siano  da  tenersi  in  conto  quelle  acque ,  non 
apprezzate  a  dovere  dal  moderno  idrologo  James  ,  lo  fa  vedere 
col  numero  degli  scrittori  che  ne  hanno  parlato,  de'quali  dà  un 
cenno  biografico  e  di  ciascuno  cita  l'opera  dove  i  bagni  sono  ricor- 
dati e  illustrati.  È  una  bella  nota  che  comincia  con  Plinio  il  na- 
turalista e  prosegue  col  Gentili  (secolo  XIII),  Ugolino  da  Mon- 
tecatino  (XIV),  Savonarola  e  Bianchelli  (XV),  Viotti,  Fran- 
ciosi ,   Falloppio  ,  Bacci ,  De  Montaigne  ,    Mercuriale  ,   Bacchi- 


304  RASSEGNA   BIBLIOGRAFICA 

no  ,  Capaccio  e  Vidi  (XVI) ,  Fiorentini  ,  Zarnbeccari  e  Re- 
gali (XVII) ,  Mesny ,  Targiorii-Tozzetti,  Cocchi,  Bianchi ,  Bian- 
coni, Vacca  e  Santi  (XVIII)  e  finisce  con  Barzellotti ,  Giuli, 
Appolloni  ,  Atanasio  ,  Torri  e  Ghilarducci  del  secolo  presente; 
ai  quali  egli  succede  per  tempo  ,  ma  va  innanzi  per  la  vastità 
e  la  diligenza  del  lavoro. 

Alle  lodi  date  a  questi  bagni  prestaron  fede  '  bagnanti  ;  e 
vi  convennero  non  pochi  che  hanno  nome  nella  storia.  Pietro 
Gambacorti  ci  aveva  un  palazzo  ,  vi  andava  poi  Iacopo  D'Ap- 
piano ,  e  nei  tempi  moderni  ne  profittarono  re  ,  principi  e 
principesse  reali ,  cardinali  e  letterati  d'  Italia  ,  di  Francia ,  d' In- 
ghilterra ,  di  Danimarca  e  d' Egitto.  Vi  fu  Vittorio  Alfieri  ;  e 
Carlo  Alberto  vi  prendeva  #  riposo  dalla  caccia  che  faceva  nei 
paduli   vicini.    L'autore  ne  ricorda  molti  e  dà  notizie  di  loro. 

Alla  descrizione  e  alla  storia  del  paese  e  de'  bagni  di  San 
Giuliano  tengon  dietro  quelle  dei  contorni.  Illustra  prima  di  tut- 
ti gli  avanzi  dell'acquedotto  romano  in  Caldaccoli,  non  solo  col- 
l' aiuto  di  altri  scrittori,  ma  i  on  quella  speciale  cognizione  che  ne 
ha  preso  da  sé  ,  esaminando  il  monumento  ,  facendo  scavi  e  rac- 
cogliendo tradizioni ,  sì  che  aumenta  e  corregge  le  cose  dette 
innanzi  a  lui.  Son  quasi  trenta  pagine  che  agii  archeologi  tor- 
neranno gradite. 

Molte  notizie  d'archeologia  e  di  storia  medioevale  si  hanno 
poi  nel  resto.  Parla  del  castello  di  Rigoli  appoggiandosi  alla  tra- 
dizione che  ce  n'è  rimasta,  non  essendovene  segno  o  memoria. 
A  me  sovviene  d'averlo  visto  ricordato  in  una  provvisione  di 
circa  la  metà  del  trecento ,  che  non  potrei  citare  con  precisione, 
e  tengo  per  certo  che  il  castello  abbia  esistito,  ma  lodo  la  cir- 
cospezione che  ha  l'autore  quando  gli  mancano  prove  sicure.  La 
chiesa  di  Rigoli  si  vuole  del  secolo  X ,  e  dentro  v'è  una  pittura 
di  Turino  di  Vanni  di  quel  luogo,  del  secolo  XIV.  Pia  in  là  si 
trovano  i  ruderi  del  castello  di  lanosa  già  esistente  nel  secolo  XI, 
devastato  dai  lucchesi  nel  XII ,  rioccupato  da  loro  nel  XIV ,  di- 
roccato da  Uguccione  della  Faggiuola.  Vien  poi  Pugnano  dove 
nel  1372  fu  fermata  la  pace  fra  Pisa  e  Lucca,  colla  sua  chiesa 
edificata ,  come  credesi  ,  nel  secolo  XI ,  e  un  campanile  isolato 
che  dovette  servire  anche  da  torre,  (filivi  è  la  villa  Dal  Borgo, 
famiglia  che  si  onora  del  suo  Flaminio  benemerito  illustratore 
delle  patrie  antichità.  Avanzi  notevoli  di  fortificazioni  militari 
sono  a  Ripafratta,  gelosa  frontiera  contro  Lucca  e  porta  dello  Stato 
di  Pisa,  la  cui  costruzione  primitiva  l'autore  riporta,  contro  il  pare- 
re di  altri,  al  secolo.  X  almeno  ,  che  fu  feudo  dei  Rondoni  e 
più  volte  teatro  di  guerra  fra  Pisa  e  Lucca. 


RASSEGNA    BIBLIOGRAFICA  305 

A  levante  dei  Bagni  sta  Asciano,  che  aveva  un  castello  an- 
che uel  secolo  X  e  n'ebbe  poi  uno  nuovo,  dove  sono  le  sorgenti 
della  celebre  acqua  potabile  che  un  acquedotto  di  quasi  sei  chi- 
lometri conduce  a  Pisa.  Segue  Agnano ,  dov'erano  due  mona- 
steri, luogo  di  gradita  villeggiatura  a  Lorenzo  il  Magnifico  ,  e 
pai  Calci  già  forte  di  più  castelli  o  torri  e  oggi  diviso  in  varie 
parrocchie.  Le  sue  memorie  risalgono  al  secolo  XII,  la  sua  chiesa 
principale  è  giudicata  del  secolo  XI  e  dall'autore  anche  più  antica- 
Al  di  là  di  Calci  è  la  Certosa  «  con" aspetto  grandioso  di  una 
residenza  di  famiglia  principesca  piuttosto  che  con  quello  d'un 
chiostro  di  solitari  cenobita  >»  ;  e  sopra  la  Certosa  Montemagno, 
ricordato  in  documenti  del  secolo  Vili.  V'era  qualche  torre  e  la 
fortezza  Bonifacia  oggi  ridotta  a  canonica.  La  sua  fama  mag- 
giore però  gii  viene  dall'aver  dato  i  natali  a  Pietro  Paganelli, 
poi  monaco  camaldoiense  sotto  il  nome  di  Bernardo,  e  finalmen- 
te papa  sotto  quello  d'Eugenio  III  ;  fama  che  l'autore  rivendica 
a  questo  paese  ,  confutando  l'opinione  di  coloro  che  la  daDno  a 
Montemagno  di  Lucca. 

Io  ho  fatto  quasi  una  lista  di  nomi ,  ma  l'autore  ad  ogni 
nome  fa  una  descrizione  minuta  e  una  storia  particolare  con  lun- 
ghi richiami  ,  quando  gli  capita  il  destro  ,  a  quella  di  Pisa  e 
sempre  con  molta  erudizione  e  buon  lume  di  critica. 

Chiude  questa  serie  di  notizie  con  quella  sulla  Verruca  ,  una  ru- 
pe smisurata,  verso  la  cui  base  si  vedono  le  sparse  rovine  dell'ab- 
bazia di  S.  Michele ,  e  sulla  cui  vetta  sorge  la  fortezza  «  di 
maravigliosa  costruzione ,  della  quale  si  onorerebbero  grande- 
mente anco  i  più  rinomati  architetti  ed  ingegneri  dei  nostri  tem- 
pi ».  (filivi  era  la  più  antica  iscrizione  volgare  che  si  conosca  , 
quella  cioè  del  1103 ,  oggi  disgraziatamante  perduta  ,  la  quale 
non  segna,  come  credettero  alcuni,  l'anno  che  fu  fondata  la  fortezza, 
avendosene  ricordi  d'un  buon  secolo  prima.  Fu  lasciata  in  ab- 
bandono quando,  come  gli  altri  baluardi  ,  divenne  inutile  stru- 
mento d'una  potenza  caduta,  e  deve  la  sua  esistenza  attuale 
alla  solidità  soltanto  delle  sue  mura. 

In  fine  del  volume  è  un'appendice  di  documenti  tratti  da 
diversi  archivi  e  disposti  secondo  l'ordine  col  quale  sono  citati 
nel  testo  e  non  secondo  quello  delle  date.  Io  avrei  preferito  la 
disposizione  cronologica  ,  che  si  adatta  alle  citazioni  ed  è  poi 
comoda  per  chi  vuol  fare  altro  uso  di  documenti.  Mi  sarebbe 
anche  piaciuto  veder  sempre  la  data  in  testa  al  documento  ,  la 
quale  talora  manca  ,  e  adoperato  un  metodo  uniforme  quanto  a 
certe  iniziali  e  alla  puntazione  ,  ossia  aver  voluto  che  tutti  i  do- 
cumenti avessero  le  maiuscole ,  la    puntazione  e  la    separazione 

Arch.,  3.*  Serie,  T.  XXIV  20 


306  RASSEGNA    BIBLIOGRAFICA 

delle  parole  come  porta  l'uso  moderno.  Più  d'ogni  cosa  poi  mi 
dispiace  la  mancanza  d'un  indice  copioso  di  nomi  e  di  materie. 
E  un  peccato  che  tanta  e  sì  variata  erudizione  debba  essere 
spigolata  pagina  per  pagina  e  forse  anche  non  cercata,  perchè 
non  supposta.  Un  indice  ,  oltre  essere  una  comodità  per  gli  stu- 
diosi, sarebbe  divenuto  un  inventario   delle  ricchezze  del  libro. 

Abbelliscono  il  volume  stesso  alcune  tavole  nelle  quali  sono 
figurati  i  palazzi  delFOpera  de'Bagni ,  il  villaggio  di  S.  Giuliano, 
i  bagni  di  levante  e  la  pianta  topografica  del  paese. 

Concludiamo  dicendo  che  chiunque  vorrà  sapere  l'ultima  pa- 
rola sulla  storia  di  Pisa  e  amerà  d'essere  istruito  compiutamen- 
te su  quella  del  Monte  e  di  ciò  che  in  esso  è  stato  e  si  trova 
al  presente,  non  potrà  fare  a  meno  del  libro  del  prof.  Nistri. 
Coloro  poi  che  venendo  a  respirare  nell'inverno  le  aure  quasi 
primaverili  della  città  pisana  avranno  a  caro  d'interrompere  la 
monotonia  di  un  soggiorno  troppo  quieto ,  o  quelli  che  pro- 
fittando de'  bagni  nell'estate  cercheranno  una  distrazione  visi- 
tando i  contorni  del  paese ,  avranno  in  questo  libro  una  grade- 
vole compagnia  e  una  guida  intelligente,  e  chiuderanno  le  loro 
escursioni  con  la  vista  d'un  incantevole  panorama  alla  Verruca, 
donde  si  scorgono  »  non  solo  tutta  la  estesissima  pianura  sotto- 
posta colle  sue  strade  e  straducole ,  non  solo  tutti  i  castelli,  le 
città  e  gli  altri  luoghi  vicini,  ma  ancora  i  piani  e  le  alture  più 
lontane  della  Valdera,  della  Valdinievole,  del  Valdarno  ancora  mol- 
ta parte  del  mare  toscano  e  ligustico  con  la  riviera  di  Genova 
e  perfino  i  lontanissimi  monti  della  Provenza  ». 

C.  Lupi. 


Galileo  Galilei  und  die  Rómische  Curie  nach  dens  authentischen 
Quellen  von  Carl  von  Gebler.  Stuttgart,  Cotta  1870.  Un  vo- 
lume in  8vo  di  pag.  ix-433. 

Il  signor  di  Gebler  intese  con  questa  pubblicazione  a  riem- 
pire una  lacuna  nella  letteratura  storica  tedesca,  la  quale  al- 
l'infuori  di  alcune  monografie,  certamente  pregevoli  come  quelle 
del    Wohlwill   (1),    e    del    Reusch    (2),    non    possedeva  ancora 

(1)  ber  Inquisitionsprocess  des  Galileo  Galilei.  Eine  Prùfung  seiner 
rechtlicken  Grundlage  nach  dea  Acten  der  Ròmischen  Inquisition.  Ber- 
lino 1871. 

(2)  Der  Galilei'sche  Process,  nella  Rivista  del  Sybel,  Ann.  17,  1873 
fase  III.8  (di  cui  T  Archivio  s'  è  già  occupato  . 


RASSEGNA   BIBLIOGRAFICA  307 

un'  opera  di  giusta  mole  intorno  al  grande  eroe  della  scienza 
speri  mentale.  Pare  quasi  che  i  nomi  di  Copernico  e  di  Ke- 
plero abbiano  fatto  dimenticare  colà  quello  di  Galileo  Galilei, 
il  creatore  della  tisica  meccanica.  Sarebbe  ingiusto  il  negare , 
che  F  A.  siasi  consecrato  con  caldo  entusiasmo  al  soggetto  del- 
le sue  ricerche  in  servizio  della  verità  e  della  scienza  ,  come 
per  altra  parte  sarebbe  esagerata  adulazione  F  affermare  che  egli 
abbia  recato  nuova  luce  intorno  a  qualche  intricata  questione 
che  attiene  alla  storia  dei  due  memorandi  processi  di  Galileo 
Galilei.  Dopo  la  pubblicazione  dei  documenti  originali ,  fatta  in 
parte  dal  Gherardi  (1;,  dal  De  l'Epinois  (2),  e  completamente 
ora  dal  Berti,  non  v'  è  punto  osculo  per  così  dire,  che  non  resti 
sufficientemente  illustrato.  Ci  dispiace  che  F  A.  non  sia  stato 
in  tempo  di  valersi  del  lavoro  del  Berti,  dalla  lettura  del  quale 
egli  avrebbe  potuto  trarre  qualche  utile  notizia,  massime  per 
ciò  che  spetta  alla  tanto  dibattuta  questione  della  tortura. 

il  lavoro  del  Gebler  è  diviso  in  tre  parti ,  delle  quali  la  I* 
traila  «  dei  primi  tempi  del  Galdeo,  delle  sue  scoperte  e 
de'  primi  conllitti  colla  Curia  Romana  »  (Pag&-  1-150').  La 
Parte  II.*  (pagg.  150-318)  tratta  della  pubblicazione  dell'  Opera 
«  sopra  i  due  Massimi  Sistemi  »  del  processo  (2.°)  e  condanna 
del  Galileo.  La  LD>  (pagg.  319-380)  discorre  «  degli  ultimi  anni 
della  vita  del  Galilei.  Segue  appresso  un'Appendice  ,  divisa  in 
tre  Capi:  A)  Descrizione  e  storia  del  MSS.  Vaticano  del  pro- 
cesso ;  B)  I  documenti  raccolti  e  pubblicati  del  Gherardi; 
C)  Estratti  dei  documenti,  fatti  sulle  raccolte  del  Gherardi  e  del 
De  F  Epinois.  Oltre  ai  documenti,  la  fonte  principale  delle  ri- 
cerche dell'  A.  sono  le  opere  stesse  di  Galileo,  pubblicate  dal- 
l'Alberi (Firenze  1812-1850),  sugli  autentici  manoscritti  Palatini. 

Questo  lavoro  del  Gebler  adunque  non  è  un'opera  ori- 
ginale, di  prima  mano,  come  suoi  dirsi;  esso  non  è  che  un 
quadro  della  vita  e  dell'epoca  di  Galileo,  abbozzato  in  parte 
secondo  la  tradizione ,  e  in  parte  su  documenti  già  noti ,  e  am- 
piamente illustrati.  E  per  dir  tutto  in  una  parola,  ci  è  sembrato 
che  questo  libro  non  sia  che  una  amplificazione  della  dotta  e 
succosa  Memoria  del  Reusch;  amplificazione,  che  certamente  ha 
il  merito  non  comune  di  chiarire  più  distesamente  le  particolarità 
della  vita  di  Galileo,  e  di  ritrarre  a  contorni  più  larghi  la  risono  - 

(1)  Il  Processo  di  Galileo  riveduto  sopra  documenti  di  nuova  fonte 
nella  Riv.  Europ.  Ann.  !,  voi.  III. 

(2)  Galilée,  son  procés  ,  sa  condamnation  d' après  des  documenta 
inédits.  Parigi,   1867. 


308  RASSEGNA    BIBLIOGRAFICA 

mia  dell'  epoca.  Ma  quanto  a'risultamenti  critici,  salvo  il  dubbio 
sollevato  sulla  autenticità  della  seconda  parte  della  sentenza 
26  maggio  1616,  l'opera  del  Gebler  non  esce  dai  confini  trac- 
ciati dal  Reusch,  anche  per  ciò  che  spetta  a  tutto  il  complesso 
delle  relazioni  corse  Ira  Galileo  e  la  Curia  Romana.  Con  ciò 
non  s'  intende  di  detrarre  uulla  al  merito  di  questo  nuovo 
lavoro  ;  il  quale ,  inspirato  come  esso  appare,  ad  un  sentimento 
largo  ed  elevato  di  temperenza,  e  di  corretta  intuizione  delle 
condizioni  morali  e  scientifiche  dell'  epoca,  attesterà  anche  ai  più 
increduli,  che  quella  di  Galileo  fu  una  sventura  del  tempo, 
dovuta  in  gran  parte  allo  spirito  di  reazione,  che  la  Curia 
Romana,  ed  il  Papa  Urbano  Vili,  opponevano  a  quel  moto  spe- 
culativo, affatto  nuovo,  cui  le. nuove  dottrine,  propugnate  da 
Galileo ,  sembravano  caldeggiare  e  diffondere.  Il  Gebler ,  nulla 
esagerando,  ma  nulla  pure  tacendo,  ha  posto  in  chiara  luce  la 
vera  posizione  di  Galileo  rispetto  alla  scienza,  al  suo  secolo, 
alla  coltura  di  esso,  alla  Curia,  all'Ordine  de' Gesuiti;  ed  il 
Cap.  Ili  della  Parte  IIa  (pagg.  187  segg.),  malgrado  qualche 
esagerazione,  e  un  certo  fare  rettorico,  offre  interessanti  noti- 
zie, e  una  vivace  pittura  delle  condizioni  morali  di  quéll'  epoca. 

Non  potremmo  scusare  l' A.  di  una  certa  con  tradizione , 
rispetto  al  giudizio  che  egli  reca  sul  Documento  26  Febbraio 
1616  (Ms.  Vat.  Fol.  378  v°-379  r°),  una  parte  del  quale  il  Ge- 
bler considera  apocrifa ,  anche  contro  all'  opinione  del  Reusch 
(v.  p.  215  fin.),  quella  parte  cioè  del  Decreto  della  Congrega- 
zione, che  concerne  il  divieto  di  più  insegnare  la  dottrina  del 
doppio  movimento  della  terra  intorno  al  sole  (nec  eam-opinionem- 
de  caetero  quovis  triodo  teneat ,  doceat  aut  defendat  verbo  et 
scriptis).  Ora  mentre  al  Cap.  IV  il  Gebler  afferma  ricisamente 
che  questo  passo  del  decreto  fu  aggiunto  posteriormente ,  per 
avere  un  appiglio  che  servisse  ad  avviare  un'  inquisizione  con- 
tro Galileo,  (das  ziene  Urkunde  in  der  Absicht,  Galilei  proces- 
sualisch  behandeln  und  verurtheilen  zu  kounen,  nachtràglich 
entstanden  ist)  (1),  altrove  invece,  in  molti  più  luoghi,  se  ne 
discorre  come  di  cosa  convenuta  già  fra  Galileo  e  il  Santo 
Ufficio,  e  quindi  incontestabile  (2). 

Nel  Capo  I  della  Parte  IIa  (pagg.  159  segg.)  1'  A.  ci  narra 
circostanziatamente  l' istoria ,  tanto  funesta  e  insieme  gloriosa  a 
Galileo,  della  pubblicazione    dell'  Opera  «  sopra  i  due   massimi 

(1)  «  Che  quel  documento  sia  stato  redatto  posteriormente,  allo  scopo 
<1'  incriminare  e  condannare  il  Galileo  »  (p.  215). 

(2)  V.  la  Nota  Illustr.  N.  2  nel  Berti,  Processo  di  Galileo,  p.  155. 


RASSEGNA    BIBLIOGRAFICA  309 

sistemi  ».  L'A.,  valendosi  molto  opportunamente  delle  «  Operi'  » 
pubblicate  dall'Alberi,  e  dei  Dispacci  del  Niccolini,  noto  am- 
basciatore del  Gran  Duca  alla  Corte  di  Roma,  ha  ricostruita 
con  molta  evidenza  quest'  epoca  tanto  importante  della  vita  e 
della  operosità  scientifica  di  Galileo,  e  ci  istruisce  in  modo 
maestrevole  delle  vere  condizioni,  nelle  quali  surse  il  grande, 
conflitto  fra  Galileo  e  la  Curia  Romana.  ■ —  L'  A.  purga  Ga- 
lileo dall'  accusa  di  aver  voluto  adombrare  nel  Simplicius  dei 
suoi  Dialoghi  Papa  Urbano  Vili,  la  cui  fatale  prevenzione  con- 
tro il  grande  Matematico  e  astronomo  pisano,  resterà  sempre 
un  enigma  nella  storia,  come  fu  cagione  dell'accanimento,  pel 
quale  l' infelice  non  ebbe  pace ,  finché  non  fu  morto.  I  veri 
motivi  della  persecuzione  sono  esposti  succintamente  dall' A.  a 
pag.  200,  il  quale  non  esclude  che  il  sospetto,  sorto  o  fatto 
sorgere  nel  Papa,  di  essere  lui  il  Simplicius  dei  Dialoghi,  possa 
avere  aggravato  la  situazione  di  Galileo,  ma  nega  recisamente 
contro  il  Biot  (Journal  des  Savants,  Luglio-Ottobre  1858),  con- 
tro allo  Chasles  (Galileo  Galilei,  sa  vie,  son  procés  ecc.  Pa- 
rigi 1862),  e  contro  al  Martin  (  Galilée,  les  droits  de  la  science, 
et  la  methode  des  sciences  physiques,  Paris  1863)  e  contro  altri  » 
che  quello  fosse  1'  unico  movente  del  famoso  processo  de)  1633. 
In  Galileo  era  lo  spirito  dell'  epoca,  lo  spirito  dell'  indagine 
scientifica,  che  volevasi  ammortire.  In  ciò  pone  l'A.  la  somma, 
complessa  è  vero,  delle  cagioni  di  quel  processo;  e  noi  siamo 
con  lui. 

Quanto  alla  questione  tanto  dibattuta ,  se  cioè  Galileo  sia 
stato  veramente  sottoposto  alla  tortura  durante  il  secondo  pro- 
cesso ,  l'A.  discute  nel  Cap.  X  della  parte  2.a  (pag.  309  segg.)  le 
varie  opinioni,  che  furono  esposte  intorno  a  questo  argomento. 
L'  A.  ha  ragione  di  premunire  i  lettori  contro  le  molte  leggende 
e  le  strane  dicerie,  messe  fuori  da  troppo  evidente  odio  di  parte 
e  relative  alle  persecuzioni,  e  tormenti  fatti  subire  a  Galileo. 
Crediamo  però  non  esatto  quello ,  che  egli  viene  dicendo  intorno 
al  fatto  della  tortura,  supplizio,  che  egli  nega  ricisamente,  che 
sia  stato  né  minacciato  né  inflitto  di  fatto  a  Galileo.  Egli  fonda 
questo  suo  giudizio  sull'  interpretazione,  che  il  Pasqualoni  (1) 
dà  del  cosi  detto  «  Examen  rigor* >sum  »  che  non  sarebbe 
necessariamente  tutt'  uno  colla  tortura.  Noi  crediamo  che  oggi- 
mai  la  controversia  rimanga  chiarita  perfettamente  dalle  ricer- 
che fatte  dal  Berti,  intorno  appunto  al  Processo  di   Galileo  (2). 

(1)  «  Sacro  arsenale  ec  ■»  1639,  pag    263- 

(2)  Ved  pagg.  CIX  segg.  dell'  Introduz. 


310  RASSEGNA    BIBLIOGRAFICA 

Egli  stabilisce  intanto  il  fatto  ;  che  nel  decreto  seguito  all'  in- 
terrogatorio (4°)  21  giugno  1633  è  detto  realmente  "  et  id 
nisi  se  resolvat  fateri  veritatem  devenietur  contra  ipsum  ad 
remedia  iuris  et  facti  opportuna  ».  E  nella  sentenza  sta  scritto 
chiaramente  «  iudicavimus  necesse  esse  venire  ad  examen  rigo- 
rosum  tui  ».  Ora,  dice  il  Berti,  dobbiamo  conchiudere,  che 
Galileo  secondo  la  sentenza  fu  sottoposto  al  rigoroso  esame 
(p.  CIX).  E  questo  esame  rigoroso  è  senz'  altro  la  tortura,  se- 
condo la  formula  del  diritto  inquisizionale,  come  rilevasi  dal  passo 
dell'  «  Arsenale  del/'  Inquisizione  (1)  »  ivi  citato.  —  Questo  in 
diritto.  Siccome  poi  nel  processo  verbale  relativo  non  è  regi- 
strato dal  notaio  nulla ,  che  dia  segno  della  tortura  fatta  subire 
di  fatto  a  Galileo ,  così  il  Berti  conclude ,  che  questo  supplizio 
gli  sia  stato  condonato-  per  interposizione  del  Padre  Ma  colano 
presidente  della  Commissione,  ed  amico  personale  di  Galileo. 
(Op.  e.  p.  CXIV  seg.).  Resta  adunque,  che  la  tortura  fu  non  pure 
minacciata,  ma  decretata  anche  per  sentenza  contro  a  Galileo, 
e  che  essa  non  fu  applicata  per  un  pietoso  riguardo  del  P.  Ma- 
colano,  che  fece  uso  dei  poteri  discrezionali,  dei  quali  era  rive- 
stito per  ragione  d'ufficio. 

Del  resto,  questa  scrittura  del  signor  di  Gebler  è  una  novella 
prova  della  grande  importanza,  che  la  figura  di  Galileo  tiene 
nella  Storia;  egli  Italiani  devono  saper  grado  al  dotto  ed  illustre 
straniero  di  avere  illustrato  con  tanta  dottrina  e  con  un  amore 
così  evidente  del  vero  uno  de' periodi  più  travagliosi  della  storia 
del  nostro  inci virulento  (2).  G.  O. 

(1)  Roma,  presso  gli  Heredi  Corbelletti,  1639.  p.  131. 

(2)  In  una  lettera  aperta  pubblicata  ne\V  Antologia  (Fase,  di  Settembre 
p.  p.),  il  sig.  Di  Gebler  risponde  alla  lettera  che  l'illustre  prof.  Doni.  Berti 
gli  rivolgeva  in  appendice  al  suo  volume  {Il  Processo  originale  ecc.)  —  11 
Di  Gebler  coglie  l' occasione  per  confutare  due  importanti  opinioni  soste- 
nute dal  Berti  ;  l'una  riguarda  la  falsificazione  di  una  parte  del  documento 
26  febbraio  1616,  sulla  quale  il  Di  Gebler  ora  insiste  più  che  mai  ,  contro 
il  Berti,  dichiarando  «  che  la  Curia  Romana  si  sia  servita  di  una  falsifi- 
«  cazione  del  Documento  a  fine  di  potere  condannare  Galileo  nell'anno  1633 
«  con  una  certa  apparenza  di  giustizia  ».  —  L' altra  opinione,  messa  innan- 
zi dal  Berti ,  che  tenderebbe  a  conciliare  il  fatto ,  che  nella  sentenza  è 
ordinata  l'applicazione  della  tortura,  mentre  non  esiste  il  protocollo  della 
eseguita  applicazione,  è  chiamata  dal  Di  Gebler  un'  arrischiata  ipotesi. 
Egli  insiste  sempre  sulla  sua  idea,  che  la  tortura  non  fu  che  minacciata. 


RASSEGNA   BIBLIOGRAFICA  31  ] 

Miscellanea  di  Storia  Italiana,  edita  per  cura  della  R.  Deputazio- 
ne di  Storia  patria.  Tomo  XV.    Torino,  Bocca,  1876. 

Curiosità  e  Ricerche  di  Sfuria  Subalpina ,  pubblicate  da  una  So- 
cietà di  studiosi  di  patrie   memorie.    Torino ,    Bocca ,    1876. 

L* Archivio  Storico  fece  più  d'una  volta  discorso  della  Mi- 
scellanea di  Storia  Italiana,  che  la  Deputazione  piemontese  di 
Storia  Patria  va  con  lodevole  alacrità  pubblicando,  appendice  o 
compimento  che  dir  si  voglia,  dei  volumi  veramente  monumen- 
tali dei  Monumenta  Historiae  patriae ,  raccolta  che  sarà  lungo 
onore  alla  memoria  del  re  Carlo  Alberto.  Dei  grandi  in-folio  la 
Deputazione  manderà  fuori  di  corto  il  XIV  e  il  XV  ,  conte- 
nenti gli  atti  degli  Stati  Generali  degli  antichi  paesi  o  patrie  del- 
la monarchia  di  Savoja.  L' impressione  del  XIV  è  già  terminata, 
e  sperasi  che  di  quest'  anno  sarà  condotto  a  fine  il  XV.  Essi 
appagheranno  il  desiderio  impaziente  dei  cultori  degli  studi  sto- 
rici e  politici ,  che  da  assai  tempo  li  attendono  e  li  sollecitano 
coi  voti. 

Intanto  la  Miscellanea ,  procedendo  con  passo  più  spedito , 
segna  col  numero  XV  il  recente  suo  volume.  Comprende  un  epi- 
sodio della  storia  del  Piemonte  del  barone  Manuel  di  S.  Giovan- 
ni ;  la  illustrazione  di  trentadue  sigilli  italiani  inediti ,  fatta  da 
Vincenzo  Promis  ;  le  Notizie  sulla  vita  di  Cassiano  Dal  Pozzo , 
scritte  da  Giacomo  Lumbroso,  con  un  centinaio  di  lettere  ine- 
dite dirette  al  valentuomo;  alcuni  Documenti  inediti  del  regno 
(ti  Lodovico  Duca  di  Savoja  tratti  dai  protocolli  dei  segretari 
ducali  e  pubblicati  dal  conte  Filippo  Saraceno  ;  due  note  del 
sacerdote  Antonio  Bosio  sulle  Urne  sepolcrali  di  Filippo  Vagno- 
ne ,  poeta  laureato  e  senza  fama ,  morto  nel  1499  e  di  Giacomo 
di  Tornbull ,  ignoto  milite  scozzese  al  servizio  di  Carlo  VIII  di 
Francia,  deceduto  a  Carmagnola  nel  1496.  Viene  per  ultimo 
una  breve  relazione  dell'ingresso  in  Torino  nel  1585  della  In- 
fanta Caterina  di  Spagna ,  sposa  a  Carlo  Emanuele  I ,  colle  anno- 
tazioni di  Angelo  Angelucci. 

Diligenti  e  pellegrine  sono  le  memorie  del  sig.  Lumbroso 
intorno  a  Cassiano  Dal  Pozzo ,  del  quale  avea  scritto  di  recente 
con  molta  accuratezza  Jacopo  Bernardi.  Non  inutili  parecchie 
lettere  dirette  a  quel  prou.otore  instancabile  delle  ricerche  archeo- 
logiche. Lo  stesso  dicasi  delle  carte  pubblicate  del  sig.  Saraceno, 
e  riguardanti  il  regno  del  Duca  Lodovico,  principe  che  grandi 
cose  divisava  e  troppe,  niuna  conduceva  a  fine,  sicché  a  mezzo 
novembre  non  giugneva  il   suo  filato  di  ottobre.  Nel  dichiarare  i 


312  RASSEGNA     BIRLIOGRAFirA 

sigilli  Vincenzo  Promis  adopera  di  essere  continuatore  della  dotta 
dinastia  ,  di  cui  porta  il  nome  onorato.  Di  minore  rilievo  sono 
i  cenni  intorno  al  Vagnone  e  al  soldato  scozzese,  di  cui  nulla  si 
è  saputo.  Alla  relazione  sopra  l' ingresso  in  Torino  della  Duchessa 
Caterina  danno  rilievo  le  note,  essendo  il  testo  piccola  cosa. 

L' episodio  di  storia  piemontese  narrato  dal  barone  Manuel 
tocca  dei  Valdesi  e  di  quegli  altri  eretici  chiamati  Bagnolesi , 
che  1'  autore  argomenta  così  nominati  dal  luogo  di  Bagnolo  nel 
territorio  di  Pinerolo  ;  discorre  pure  dei  conti  di  Bagnolo  ,  signo- 
ri della  terra.  Il  fatto  raccontato  è  la  guerra  mossa  dal  comune 
di  Vercelli  ai  conti  di  Bagnolo  ,  accagionati  di  avere  con  feroce 
masnada  assaliti ,  predati  e  fatti  prigioni  nel  1219  alcuni  pelle- 
grini vercellesi  che  andavano  per  loro  divozioni  al  Santuario  della 
Madonna  del  Becetto  nella  valle  di  Vraita,  allora  soggetta  in  gran 
parte  ai  marchesi  di  Saluzzo.  Il  luogo  di  Bagnolo  fu  posto  a  fer- 
ro e  a  fuoco,  preso  il  castello  sotto  la  condotta  di  Pruine  deji 
Incoardi ,  podestà  del  Comune.  L'offesa  ai  pellegrini  è  dall'au- 
tore giudicata  fatta  piuttosto  per  astio  religioso  che  per  cupidigia 
di  bottino.  Abbiamo  adunque  un  saggio  delle  sanguinose  lotte  di 
religione.  Il  lavoro  del  dotto  barone  di  Manuel  è  nutrito  di  soda 
erudizione  ;  e  cresce  pregio  al  XV  volume  della  raccolta  torinese. 
Ma  i  Monumenta  e  la  Miscellanea  non  bastano  agli  operosi 
subalpini.  Alla  faticosa  correzione  e  stampa  dei  documenti  inte- 
gri e  senza  commenti  dei  primi  volumi  ;  alle  carte  di  minor  mole 
e  alle  disquisizioni  della  Miscellanea  (che  di  studi  particolari  ab- 
bonda questa  talvolta ,  discostandosi  forse  alquanto  dai  primitivi 
intendimenti),  pensarono  alcuni  di  aggiungere  una  pubblicazione 
quasi  periodica  ,  che  provvedesse  non  meramente  alla  stampa  dei 
documenti ,  ma  i  fatti  reconditi  divulgasse ,  aiutandosi  delle  car- 
te inedite  e  del  sorriso  delle  Muse  ,  il  quale  alla  storia  non  sem- 
pre disdice  e  che  nella  patria  di  Carlo  Botta  non  dee  parer  dav- 
vero un  fiore  esotico. 

Le  Curiosità  di  storia  subalpina,  le  cui  dispense  V Archivio 
annunzia  sempre ,  sono  disegnate  e  colorite  da  una  eletta 
schiera  di  giovani ,  capitan-ita  da  un  veterano,  Nicomede  Bian- 
chi. Vi  scorgi  quindi  il  vigore  e  il  brio  dell'età  e  la  ridondanza 
che  è  figlia  di  ricchezza  ;  ogni  cosa  per  altro  moderata  dal  senno 
che  non  lascia  varcare  certi  limiti ,  oltre  i  quali  si  sgarra.  Pia- 
cevoli sono  il  più  dei  racconti  ;  gustosi  gli  aneddoti ,  piccanti  i 
particolari,  onde  si  adornano;  insomma  lieta  e  istruttiva  let- 
tura porgono  le  sette  puntate  edite  fin  qui.  Gli  scrittori  curano 
lo  stile  e  non  trascurano  la  lingua  ,  ed  io  mi  persuado  facilmen- 
te che  troveranno    copiosi    lettori  nella    provincia    che  illustrano 


RASSEGNA   BIBLIOGRAFICA  313 

colle  loro  indagini.  Talune  volte  talune  materie  lievi  si  distendo- 
no per  numero  soverchio  di  pagiue  ;  innamorato  del  tema,  l' au- 
tore non  sa  dispiccarsene  ;  e  mentre  il  lettore  gli  vorrebbe  dire 
«  ora  basta  »  un  qualche  nuovo  riscontro  o  cenno  lo  cattiva 
e  gli  tronca  la  parola  a  mezzo. 

Ai  giovani  si  uniscono  i  provetti  e  nell'  ultima  dispensa  il 
Conte  Federico  Sclopis  ,  regalandoci  una  lettera  giovanile  e  mol- 
to notabile  di  Camillo  di  Cavour  ,  ci  ragiona  del  grande  ministro 
con  altezza  e  gravità  di  giudizi  che  fanno  bene  a  chi  leggendo 
pensa.  E  al  cuore  fanno  bene  e  le  menti  turbate  rasserenano  le 
lettere  di  Silvio  Pellico,  edite  dal  sig.  Bianchi.  Per  me  le  ho 
lette  e  quindi  rilette ,  e  ci  ritorno  ancora.  Quando  si  vive  in  una 
temperie  un  po'  viziata ,  ristora  e  rinfranca  un'aria  pura  e  sana. 

Ma  il  nominare  questi  due  soli  scrittori  sarebbe  più  che  in- 
generosità ,  ingiustizia.  Io  pertanto  non  dovendo  ricopiare  l' in- 
dice per  disteso  degli  scritti  fin  qui  usciti  ,  e  già  nell'Archi- 
vio mentovati,  nominerò  gli  autori.  E  sono:  Filippo  Saraceno, 
D.  Ferrerò ,  Vincenzo  Promis ,  E.  Ottino  ,  Pietro  Vayra ,  Co- 
stantino Rodella,  Giuseppe  Giacosa  e  il  sig.  A.  M.  il  quale 
cela  forse  un  nome  reso  illustre  dal  padre.  Invero  la  morte  ha 
esercitato  il  sovrano  suo  diritto,  e  se  in  Piemonte  più  non 
sono  Cesare  Balbo ,  il  Cibrario ,  il  Peyron ,  Lodovico  Sauli ,  Do- 
menico e  Carlo  Promis,  Giuseppe  Manno  e  gli  altri  che  furono 
decoro  delle  scienze  storiche  nella  prima  metà  del  secolo  ,  vuoi- 
si fermare  che  non  mancheranno  eredi  e  successori:  uno  avviso 
non  deficit  alter  Aureus.  Levino  l'animo  e  il  vivido  ingegno  pro- 
vino in  opere  di  lena.  Molte  parti  della  storia  subalpina  innan- 
zi al  secolo  XVI  sono  pressoché  intatte  ;  né  allora  la  vita  nazio- 
nale stava  tutta  e  sola  nella  corte  di  Savoja.  Iniziamenti ,  opero- 
sità ,  glorie  ,  colpe  e  sventure  ,  spesso  educatrici  e  degne  di  me- 
moria ebbero  i  Comuni  e  i  Dinasti  dei  secoli  XII,  XIII  e  XIV, 
né  Chieri  fu  la  sola  repubblica  ,  né  il  conte  Verde  il  solo  prin- 
cipe cavalleresco.  E  dovere  della  generazione  novella ,  non  que- 
rula e  non  invida ,  di  correre  quei  campi  poco  coltivati.  Alcuni 
anni  or  sono  in  questo  Archivio  Storico,  accennando  a  quanto  i 
popoli  piemontesi  aveano  fatto  e  patito ,  io  diceva  : 

Fuimus   Troes,  fidi  Ilium  et  ingens 
Gloria  Teucrorum 

e  invitava  a  ritrarre  quel  passato.  Nello  stesso  senso  ripeto  le 
parole  stesse ,  ora  che  l' augurio  di  già  si  avvera. 

Domenico  Caeutti. 


SUPPLEMENTO  UNDECIMO 

ALLE 

NOTIZIE    BIBLIOGRAFICHE 

DEI    LAVORI   PUBBLICATI   IN   GERMANIA 

SULLA    STORIA    D'ITALIA 

COMPILATE 

DA    ALFREDO   REIMONT 


Bonn  sul  Reno,  agosto  1876. 


(Vedi  Archivio  Storico  Italiano  ,  Serie  III ,  voi.  XIX). 


(  Ved.   avanti,  a  pag.  151  ). 

HUBEE  ,  A.  Vedi  Boehmer. 

HUBEE  ,  Job.  ,  Savonarola. 

Memoria  (di  pig.  72  in  12mo)  contenuta  nelì'Histo- 
risches  Taschenòuch  ,  V  Serie  ,  voi.  V.  Lipsia  1875.  L'au- 
tore è  prof,  di  teologia  nell'  Università  di  Monaco  ,  tra  i 
primari  degli  oppugnanti  al  domina  vaticano  del  1870,  in- 
torno al  quale  egli  pubblicò  un  Diario  (Tagebuch  gefuhrt 
wàhrend  des  Vaticanischen  Concils ,  II.  ediz.  Nordlinga 
1872)  e  Documenta  ad  illustrandum  Concilium  Vaticanum 
a.  1870  ,  ib.   1872  ,  2  volumi  8vo. 

HUFFEB  ,  Hermann  ,  Ungedruckte  Briefe  Napoleotis  aus  den  Jah- 
ren  17i»-S  und  17'J7.  (  Ijettere  inedite  di  Na- 
poleone degli  anni  1  796-1  '797.)  Vien- 
na ,   1873  ;  8vo. 

Dall'Archivio  per  la  storia  austriaca,  voi.  XLIX.  — 
Sono  tredici  lettere  spettanti  ai  negoziati  che  ebbero  luogo 
negli  anni  suddetti  tra  il  Direttorio  della  Eepubblica  fran- 
cese   e    il    governo    austriaco ,  principiando    dal    novena- 


SCRITTORI   TEDESCHI  315 

bre  1796  ,  in  cui  Bonaparte  ,  comandante  in  capo  dell'ar- 
mata in  Italia  col  quartier  generale  a  Verona  ,  fece  scri- 
vere da  Alessandro  Berthier  al  maresciallo  Alvinzi  per 
chiedere  un  salvacondotto  pel  Clarke  incaricato  d'una 
missione  a  Vienna  (Correspondance  de  Napoleon  ,  voi.  Ili, 
pag.  138),  e  terminando  colla  dichiarazione  emessa  da 
Bonaparte  a  Passeriano  presso  Udine  9  ottobre  1797  ,  di- 
chiarazione colla  quale  sembravano  rotti  i  negoziati  pel 
trattato  di  Campoformio  ,  che  pure  venne  concluso  il  17 
del  medesimo  mese.  Tali  lettere  ,  sinora  inedite  ,  e  che 
conservansi  nell'imperiale  Archivio  a  Vienna,  spetta- 
no dunque  al  periodo  trattato  dall'editore  nel  suo  libro: 
Diplomatisclie  Verliandlungen  aus  der  franzosischev  Re- 
volution, voi.  I,  Bonn,  1868,  di  cui  vedi  Notizie  Biblio- 
graf.  Suppl.  IX.  L' introduzione  a  questi  documenti  tratta 
delle  varie  raccolte  di  lettere  napoleoniche  ,  cioè  di  quella 
di  C.  A.  Fischer  ,  Lipsia,  1808-1813,  dell'altra  anoni- 
ma ma  attribuita  al  generale  Beauvais  pubblicata  a  Pa- 
rigi 1819  in  7  volumi  ,  e  finalmente  della  terza  stampata 
d'ordine  del  governo  imperiale  dal  1858  in  poi  in  28  vo- 
lumi ,  sino  alla  protesta  emessa  a  bordo  del  Bellerofonte. 

JACOB  Vedi  Dante. 

JAFFE  ,  Philippus  ,  Bibliotheca  rerum  Germanicarum  voi.  VI.  Mo- 
numenta Àlcuiniana  a  Ph.  Jaffeo  praeparata  edid.  W. 
Wattenbach  et  E.  Dummler.  Berlino,  1873;  8vo. 

Vedi  Not.  Bibliogr.  Suppl.  IX.  Contenuto  :  Vita  Al- 
cuìni ,  Vita  Seti  Willibrordi ,  De  pontificibus  et  Sancti* 
Ecclesiae  Eboracensis  Carmen,  Epistulae  nel  numero  di  306, 
di  cui  31  inedite.  Delle  Epistole,  dell'indole  loro,  del- 
l'uso da  farne  per  la  storia,  dei  Codici  ec. ,  tratta  am- 
piamente Teodoro  Sickel,  dopo  di  aver  parlato  dei  la- 
vori dell'  Jaffé  ,  Wattenbach  e  Diimmler  ,  in  una  memo- 
ria di  92  pag.  8vo ,  inserita  nei  Sitzungsberichte  della 
sezione  storico-filosofica  dell'  I.  Accademia  di  Vienna  . 
voi.  LXXIX  ,  e  pubblicata  a  parte  col  titolo  : 

Alcuimtudien.  I.  von  Dr.  Th.  Sickel.  Vienna,  1875. 

Vedi  Monumenta. 

JAEHNS  Vedi  Twesten. 
JENKNER  Vedi  Lindner. 


316  SCRITTORI   TEDESCHI 

JUNG  ,  J.  ,  Ueber  den.  sogenannten  Libellus  de  imperatoria  potesta- 
tej.it.  Urbe  Roma.  (Intorno  al  cosiddetto  Li- 
bellus.) 

Nelle  Forschungen  zur  teutschen  Geschichte,  voi.  XIV. 

KAUFMANN ,  Alex. ,  Die  Konigin  Polyxene  von  Sardinien  cine 
teutsche  Fùrstentochter.  (Polissena  regina  di 
Sardegna  principessa  tedesca.) 

Memoria  inserita  nelle  Forschungen  zur  teutschen  Ge- 
schichte voi.  XI,  1871.  Tratta  di  Polissena  d'Assia  Rheiu- 
fels  Rotbenburg  ,  sposata  nel  1724  all'età  di  diciott'anni 
a  Carlo  Eminanuele  principe  poi  re  di  Sardegna  ,  morta 
nel  1735.  Un  suo  carteggio,  composto  di  70  lettere  alla 
sua  zia  principessa  di  Nassau-Usingen ,  conservasi  nel- 
l'Archivio dei  principi  di  Lòwenstein  a  Wertheim  sul 
Meno.  Se  ne  ricava  però  poco  per  la  storia  del  paese  cui 
essa  appartenne  nell'ultimo  decennio  della  sua  vita.  11 
predetto  carteggio  verrà  stampato  nella  Biblioteca  della 
Associazione  letteraria  di  Stuttgarda  presieduta  da  A.  de 
Keller  ,  prof,  a  Tubinga  ,  di  cui  v.   all'art.    Kausler. 

KAUSLER  ,  Edward  von,  und  SCHOTT  ,  Theodor,  Briefwechsel 
zwischen  Christoph  Herzog  von.  Wurttemberg,  und  Petrus 
Paulus  Vergerius  ,  gcsammclt  und  herausgegeben.  (Car- 
teggio tra  Cristoforo  duca  di  Wurt- 
temberg e  Pieti'o  Paolo  Vergerlo  rac- 
colto e  pulblblicato  da  Od.  de  lì.  e  T.  S.) 
Stuttgarda  (Tubinga),  1875*,  8vo. 

Il  presente  volume  di  517  pag.  forma  il  tomo  CXXIV 
della  Biblioteca  dell'Associazione  letteraria  di  Stuttgar- 
da ,  e  venne  preparato  dal  Kausler  ,  vicedirettore  del  R. 
Archivio  di  Casa  e  Stato  Wurttembergese  ,  dopo  la  cui 
morte  accaduta  nell'agosto  del  1873  il  lavoro  venne  ulti- 
mato dallo  Schott ,  professore  e  bibliotecario  della  R.  Li- 
breria di  Stuttgarda,  il  quale  lo  corredò  di  note,  d'indi- 
ce e  di  regesto,  oltre  all'introduzione  storico-letteraria, 
la  quale  tratta  della  vita  del  Vergerlo  e  del  carteggio  che 
abbiamo  sott'occhio.  La  vita  del  vescovo  di  Capodistria 
e  nunzio  apostolico,  unico  dei  membri  dell'alto  clero  ita- 
liano separatosi  dalla  Chiesa  cattolica  e  morto  eterodosso, 
essendosi  scritta  da  parecchi  (vedi  Bibliografia,  pag.  25-1 
all'art.  Sixt  ,  dove  è  da  aggiungere  il  programma  gin 
nasiale  di  N.  Schweminski  :  /'.  P.  Vergerius  und  M. 
Vcgius,    Beitrag    zur    Geschichte    der  Pàdagogik ,  Poscu, 


SULLE    STORIE    ITALIANE  317 

1858),  l'editore,  dopo  di  aver  discorso  brevemente  della 
gioventù    e    dell'operato    del  V.  qual  diplomatico  e  qual 
uomo  di  chiesa  ,    diftondesi     maggiormente    sul    periodo  , 
che  comincia  dalla  di    lui    secessione  avvenuta    alla    fine 
del   15J8  ,  e  termina  col   1  ottobre   1564  ,   giorno  della  sua 
morte  accaduta  a  Tubinga  nella  Svevia  ,  nell'età  di  anni 
sessantasei.  In  questa  città    esso    aveva  preso   domicilio  , 
accolto  da  Cristoforo  duca  di  Wurttcmberg,  il  cui   regno 
1550-1563 ,    memorabile     per    la    Germania    meridionale , 
è  stato    descritto    da  B.  Kugler  ,  Stuttg.  ,  1SG8-1672,  e 
dallo    Stalin  nel    quarto  volume    della  Storia    Wurttem- 
berghese    a    pag.    477-776.     Ma    1'  irrequietezza    di     cui 
già  in  Italia  egli  aveva    date    tante    prove ,    lo    condusse 
ogni  dove,  in  Inghilterra,    in  Prussia,  in  Polonia,  nella 
Svizzera  e  fin  ai    confini    d'  Italia  ,  nelle  provincie    slave 
meridionali ,  scrivendo  e  predicando  sempre  contro  il  Pa- 
pato e  la  Chiesa  cattolica  ,  stampando  varie  opere,  avendo 
parte  segnalata  nella  traduzione  slava  della  Bibbia  e  nella 
pubblicazione  di  molti  scritti  anticattolici  nell' istessa  lin- 
gua ossia  dialetto.  Molte  accuse  sono  state  dirette  contro  al 
Vergerlo  ,     anche    da    parte  protestante ,  e  veramente  la 
impressione  prodotta  dal  carteggio  surriferito,  impressio- 
ne favorevole  pel  duca  il  quale  accolse,  e  protesse  costan- 
temente   il    profugo ,  non    lo    è    ugualmente  per   questo  , 
garrulo ,    vanaglorioso ,    avido    sempre    di    novità ,   intro- 
mettentesi  in  ogni  cosa  ,  poco  sicuro  e  chiedente  sempre 
denaro.  L'editore  ,  protestante    ma    non  punto  disposto  a 
lodare  dove  non    lo   merita    questo  propugnatore   italiano 
della  riforma  ,  di  già  in  occasione  della  partenza  del  Ver- 
gerio  dall'  Italia  e  della  di  lui  secessione  nota  :    «  Ragio- 
ni estrinseche  quanto  intrinseche  lo  mossero  a  questa  ri- 
soluzione.   L'ambizione  sua  era  ferita ,  e  la  mala  intelli- 
genza colla  Curia  non   si    rimediava  più.  Ma  sarebbe  in- 
giusto il  voler  negare  i  motivi  interiori  che  finalmente  lo 
indussero  ». 

11  carteggio  contiene  moltissime  notizie  d'interesse 
per  la  storia  della  riforma  non  solo  in  Germania  ma  an- 
cora in  Francia  ,  in  Inghilterra  e  maggiormente  in  Polo- 
nia, dove  il  Vergerio  trovossi  al  cospetto  dei  Sociniani.  Dal 
medesimo  risultano  ancora  gli  sforzi  fatti  in  quegli  anni 
per  far  penetrare  nuovamente  in  Italia  le  opinioni  etero- 
dosse. Ciò  che  soprattutto  si  rende  manifesto  per  queste  car- 
te, si  è  l'odio  dell'antico  vescovo  contro  il  Papato.  Volendo 
pubblicare  nel  1563  ,  anno  precedente  alla  sua  morte  ,    il 


318  SCRITTORI   TEDESCHI 

primo  volume^  delle  sue  opere  varie,  egli  intende  dedi- 
carlo al  duca  con  una  lettera  nella  quale  dice  :  «  Scio  me 
parum  potuisse  proficere  ,  parumque  ipsum  debilitasse  pa- 
patum.  Sed  tamen  satis  pittavi,  si  saltem  nomea  dedissem 
meum  iuter  eos  ,  qui  volitai  piane  ext  ine  tura ,  itti  pesterà 
et  exeidiam  genuinae  doctrinae  christiauae,  ut  vere  est. 
Hoc  enim  palaia  profiteor  ,  in  horum  numero  collocavi  at- 
que  recenscri  summa  laude  digaum  existimo  ,  ut  pereat 
Papa  cura  suis  apostoli*  atque  adulatoribus.  In  magais  et 
voluisse  sat  est».  Alla  quale  espettorazione  il  duca  risponde  : 
«  Magis  expedit ,  epistolam  ad  lectorem  quam  ad  me  di- 
rigere, et  quod  plus  lector  fideat  et  perpeadat ,  quid  tota 
Christiana  posteritas  de  ipso  papatu  seniiat  ».  L' hrequie- 
tezza  di  sopra  notata  ,  ed  il  voler  aver  le  mani  in  ogni 
cosa  ,  hanno  impedito  al  Vergerio  d'acquistare  in  Ger- 
mania quella  posizione ,  cui  sarebbe  forse  potuto  giungere, 
e  pel  grado  da  lui  anticamente  occupato  ,  e  per  le  rela- 
zioni formate  sin  da  quando  nel  IÒ30  andò  come  nunzio 
pontificio  alla  dieta  d'Augusta ,  soggiorno  assai  lungo 
durante  il  quale  vide  Lutero  a  Wittenberg.  Egli  non  prese 
parte  nelle  contese  ,  che  al  tempo  suo  agitarono  il  campo 
protestante  ,  né  in  quelle  eccentricità ,  in  cui  caddero  per 
lo  più  gli  Italiani  esuli.  Ma  le  debolezze  dell'uomo  nocquero 
all'erudito,  e  l'accanito  odio  contro  Roma  aveva  troppo 
di  personale  per  far  dubitare  dei  suoi  motivi  e  dell'intera 
sua  fede.  In  tal  modo ,  egli  non  ha  mai  fatto  figura  ,  e  i 
giudizi  dei  contemporanei  rade  volte  gli  sono  favorevoli. 

Oltre  alle  lettere  stampate  nella  presente  Collezione , 
ne  esiste  un  numero  cospicuo  di  edite  quanto  inedite.  Un 
elenco  delle  opere  di  P.  P.  Vergerio  venne  pubblicato  da 
E.  Weller  :  Uebersicht  der  literarischen  Thdtigkeit  des- 
P.  P.  V.  ,  nel  giornale.  Serapeum  ,  anno  XIX  ,  N.°  18,  19. 
La  relazione  del  V.  ,  allora  nunzio  ,  sulla  guerra  del  1534, 
per  la  quale  Ulrico  duca  padre  di  Cristoforo  ,  riconquistò 
lo  stato  suo  ,  venne  stampata  dal  LiAMMER  ,  Monumenta 
vaticana  ,  pag.   1Ó8  seg. 

KERN  ,  Theodor  von  ,  Qeschichtliche  Vortrdge  uad  Aufsdtze.  (Le- 
zioni e  in.em.orie  storioni.)  Tubinga,  1876;  tìvo. 
Questa  collezione  di  scritti  minori  dell'autore,  morto 
in  fresca  età  nel  1871  professore  di  storia  nell' Università 
di  Friburgo  in  Brisgovia  ,  contiene  tra  altre  parti  i  se- 
guenti articoli  :  Ottone  III  imperatore  ,  Corrado  II  impe- 
ratore ,  la  Contessa  Matilde. 


SULLE   STORIE   ITALIANE  319 

KERNER,  Heinrich,  Papst  Alexander  III.  (Papa  Alessan- 
dro III.)  Friburgo  ,  1874  -,  8vo. 

Opuscolo,  fondato  maggiormente  sulla  grande  opera 
del  ReUTER  (vedi  Bibliografia)  e  altre  indagini  moderne, 
faciente  parte  di  una  Collana  di  ritratti  storici. 

KINKEL  ,  Gottfried  ,  Mosaik  tur  Kuust  geschiehte.  (Musaico  di 
storia  dell'arte.)  Berlino  ,  1876  -,  8vo. 

Tra  le  undici  memorie  componenti  questo  volume  , 
spettano  a  cose  italiane  le  seguenti  :  II.  Del  restauratore 
del  Toro  farnesiano  ,  pag.  29-48.  Tratta  dei  vari  artisti 
dal  cognome  Della  Porta,  e  di  Gio.  Bat.  Casignola,  senza 
proporre  una  precisa  soluzione  della  questione.  III.  L'Ar- 
rotino fiorentino  opera  moderna,  pag.  57-107.  L'autore 
attribuisce  la  statua  della  Tribuna  a  Guglielmo  Della 
Porta  con  modello  del  Buonarroti.  (Vedi  la  memoria  sul 
libro  di  A.  Gotti  sulle  Gallerie  di  Firenze  ,  Arch.  Suor. 
Ital.,  Serie  III,  voi.  XXIIl^e  Allgemeine  Zeitung  ,  1876, 
N.°  1).  V.  Delle  tradizioni  originate  in  monumenti  d'arte, 
pag.  161-243.  In  questa  memoria  si  discorre  tra  altro 
delle  storielle  raccontate  nelle  Mirabilia  dei  monumenti 
romani,  p.  es.  dei  colossi  di  Monte  Cavallo  ,  del  Marc'Au- 
relio  ec.  IX.  Delle  prime  pitture  italiane  a  decorazione 
di  mobili  domestici  ,  pag.  368-401. 

KLEINPAUL,  R.  ,  Das  Findelhaus  von  Santo  Spirito.  (L'Or- 
fanotrofio di  S.  Spirito.) 

Articolo  sull'ospizio  romano  contenuto  nel  giornale  : 
Teutsche  Bldtter  ,  1874,  agosto. 

KLUPFEL  ,    K.  ,    Kaiser    Maximilian    T.   ( Massi tn.il iano  I 
imperatore.)  Monaco,  1875  5  8vo. 
Scritto  popolare. 

KOENIG  ,  D.  ,  Kritìsche  Erorterungen  zu  einigen  italienischen  Quel- 
ita der  Geschiehte  dea  Romerzugs  Kaiser  Heinrich*  VII. 
(  Investig'azioni  critiche  intorno  ad  al- 
cune tonti  italiane  della  spedizione 
romana  di  Enrico  Vili  imperatore.) 
Gottinga  ,  1874  ;  8vo. 

Di  Arrigo  VII  trattano  ancora  i  seguenti  scritti  : 
Brosien  II.,  Heinrich   VII  ah  GrafvonLuxenburg, 
nelle  Forschungen  zur  teutschen  Geschichte  voi.  XV. 


.320  SCRITTORI   TEDESCHI 

Poehlmann  ,  R.,  Der  Eomerzug  K.  Heinrichs  VII , 
und  die  Politile  der  Curie  ,  des  Ilauses  Anjou  und  der 
Welfenliga.  (La  spedizione  romana  di  A.r- 
rig-o  VII  imperatore,  e  la  politica  della 
Curia  ,  della  Casa  Augioiua  e  della 
Lega  g'uella.)  Norimberga  ,   1875. 

Thomas  ,  B.  ,  Zur  Kónigswahl  des  Grafen  Heinrich 
von  Luxemburg,  1308.  [Intorno  all'elezione  in 
re  di  Germania  del  conte  Arrigo  di 
Lussemburgo.)  Strasburgo,  1875;  bvo. 

Il  medesimo  argomento  viene  trattato  nella  memoria 
di  J.  Heidemann  :  Die  Kónigswahl  Heinrichs  von  Lu- 
xemburg im  Jahr  1308 ,  inserita  nelle  Forschungen  zur 
tentschen   Geschichte  ,  voi.  XI  (1871),  pag.  40-78. 

Alla  letteratura  storica  intorno  all'epoca  del  primo 
Lussemburghese  ,  appartiene  :  Heijjemax^  ,  J.  ,  Peter  von 
Aspelt  als  Kicchenfùrst  und  Staatsmann.  Lipsia,  1876',  8vo. 

Pietro  d'Aspelt,  nato  a  Treveri ,  medico  di  Arrigo 
Conte  di  Lussemburgo  e  di  Rodolfo  re  di  Germania  ,  poi 
negli  ordini  sacri ,  proposto  di  Wyssehrad  e  cancelliere 
del  regno  di  Boemia,  nel  1296  vescovo  di  Basilea  ,  nel  130G 
arcivescovo  elettore  di  Magonza  ,  ebbe  parte  principalis- 
sima  nell'elezione  di  Arrigo,  ed  incoronò  re  di  Boemia 
Giovanni  di  lui  figlio  nel  ioli.  Nella  contestata  elezione 
del  1311  egli  fu  tra  i  primari  partigiani  di  Lodovico  il  Ba- 
varo,  ma  non  vide  la  fine  della  contesa,  essendo  morto 
nel  1320  uno  dei  più  potenti  principi  ecclesiastici  dell'im- 
pero, che  contava  allora  Baldovino  di  Lussemburgo  fratello 
d'Arrigo  ,  elettore  di  Treveri,  e  Arrigo  conte  di  Virneburg 
elettore  di  Colonia. 

KOPKE  Vedi  Hirsch. 

KRAFFT,  P.  L.  ,  Episode  aus  C.  CamilWs  Cinque  Canti  eu  Tor- 
quato's  Befreitem  Jerusalem.  (Episodio  dei  cinque 
Canti  di  O.  Camilli  alla  Gerusalemme 
liberata.)  Dueponti,  1874-,  8vo.  -  Programma  ginnasiale. 

KRUGER,  A.,  Die  Pataria  in  Mailand.  (La  Pataria  a  Mi- 
lano.) 2.°  Breslavia,  1874  ;  4to.  -  Programma  ginnasiale. 

KRUGER  K. ,  Ptolomiius  Lticensis  Lcben  und  Werke.  (Vita  ed 
opere  di  Tolomeo  da  Lucca.)  Gottinga  , 
1875  \  Svo. 


SULLE    STORIE   ITALIANE  321 

LANG ,  Wilhelm,   Transalpinische  Studien.  (Studi  transal- 
pini.)  Lipsia,  1875;  2  voi.  12mo. 

Gli  articoli  contenuti  in  questa  raccolta  di  studi  trans- 
(o  cis-)  alpini,  di  già  stampati  in  vari  giornali,  sono  i 
seguenti  :  Voi  I.  La  tradizione  di  S.  Pietro  e  del  suo 
soggiorno  a  Roma  -,  Dante  ;  Savonarola  \  Michelangelo 
poeta.  Volume  II.  Alessandro  Manzoni  -,  G.  La  Farina  e 
l'Unione  nazionale  italiana-,  G-io.  Bat.  Niccolini  ;  Cam- 
mino Cavour  e  la  Chiesa  libera  in  libero  Stato  ;  Unità 
germanica  e  italiana. 

All'argomento  del  primo  di  questi  saggi  spetta  :  G. 
Volkmar  ,  Die  vomiscile  Papstmythe.  Zurigo,  1873. 

«  Die  Papstwahl  von  1159  und  ihre  Folgen.  (  L'elezione 
pontificia,  del  X  159  e  le  sue  conse- 
guenze.) 

Nel  giornale  :  Im  neuen  Reich ,  1873  ,  N.°  24.  Si  tratta 
dell'elezione  contrastata  di  Alessandro  III ,  di  cui  scrisse 
ampiamente  F.  Tourtual  ,  Vedi  Not.  Bibliograf.  Sup- 
pl.  Vili.  Intorno  al  libro  di  O.  Lorenz  :  Elezione  pon- 
tificia e  potere  imperiale  (  vedi  Not.  bibliogr.  Suppl.  X  ) 
trattò  H.  Cardauns  nel  giornale  :  Literarische  Rund- 
schau ,  1875  ,  N.°  2. 

LANGE  ,  Julius  ,  Pietas-Rilder   von  Andrea   Mantegna.    (Rap- 
presentazioni della  Pietà  di  .A..  M.) 

Memoria  inserita  nel  Christliches  Kunstblatt ,  1874  , 
N.  11.  Tratta  d'un  quadro  a  tempera  della  R.  Galleria 
di  Copenaga ,  Cristo  seduto  sopra  un  sarcofago  di  porfido 
sostenuto  da  due  angeli,  in  un  paese  con  Gerusalemme  in 
lontananza,  firmato  Andreas  Mantinia  (vedi  Crowe-Caval- 
caselle  Storia  della  pittura  ital.  Ediz.  ted.  voi.  V)  quadro 
il  quale  si  confronta  colla  Pietà  del  Museo  di  Berlino  (dai 
medesimi  scrittori  attribuita  ora  al  Bonsignori  ora  al  Vi- 
varini),  con  quella  di  Brera,  e  coll'altra  celeberrima  del 
Museo  Vaticano,  adesso  creduta  di  Gio.  Bellini  (Crowe- 
Cavalcaselle  ,  1.  e.  pag.  156)  ,  quale  però  in  tal  caso 
avrebbe  fatta  sua  la  maniera  del  Padovano. 

LANGHANS  ,  V.  ,  Die  Fabel  von  der  Einsetzung  des  Kurfursten- 
Collegiums  durch  Gregor  V  und  Otto  III.  (La  favola 
dell'  istituzione  del  Collegio  degli  elet- 
tori per  Gregorio  V  e  Ottone  III.)  Ber- 
lino, 1875;  8vo. 
Arch.,  3.»  Serie,  Tom.  XXIV.  21 


322  SCRITTORI   TEDESCHI 

Vedi  Not.  Bibliogr. ,  Suppl.    X  agli  art.  Schirrma- 

CHER   e  WlLMANS. 

LEHMANN ,  Paul,  Das  Pìsaner  Coneil  von  1511.  (Il  Concilio 
pisano  elei    151  1.)  Breslavia  1874;  8vo. 

Dissertazione  accademica  intorno  al  Conciliabolo  fran- 
cese contro  a  P.  Giulio  II. 

L1BER  CONFRATEBNITATIS  B.  MAUIAE  DE  ANIMA  Teu- 
tonicorum  de  Urbe  quem  rerum  germanicarum  cultoribus 
offerunt  sacerdotes  aedis  Teuton.  B.  M.  de  An.  Urbis  in 
anni  sacri  exeuntis  memoriam.  Vienna  ,  1875  ;  8vo.  (Stam- 
pato a  Roma  nella  tipografia  di  Propaganda.) 

11  libro  dei  pellegrini  iscritti  nell'ospizio  dell'Anima  , 
contenente  circa  3000  nomi,  trovasi  riprodotto  in  questo 
nitido  volume  di  xn  e  302  pag. ,  mercè  le  cure  del  Rev. 
Flir  già  rettore  e  dell'  Janig  di  lui  successore  ,  coadiu- 
vati dai  signori  Lakecb ,  Kellner  e  Mergel ,  assieme  alla 
bolla  di  P.  Bonifazio  IX  ,  agli  antichi  e  moderni  Statuti, 
ad  un  breve  di  P.  Pio  IX  ec.  La  riproduzione  dei  nomi 
in  molti  casi  lascia  ancora  da  desiderare ,  ma  considerate 
le  non  piccole  difficoltà  dell'  interpretazione  di  molti  di 
essi ,  il  lavoro  ha  sempre  un  pregio  ed  un'utilità  da  non 
porsi  in  dubbio. 

Intorno  a  Teodorico  de  Niem ,  uno  dei  fondatori  del- 
l' Ospizio  teutonico  ,  vedi  Sauerland. 

LINDNER  ,  Theodor  ,  Geschichte  des  teutschen  Reiches  vom  Ende 
des  vierzehnten  Jahrhunderts  bis  zur  Reformation.  Erster 
Band  erste  Abtheilung.  Geschichte  des  teutschen  Reiches 
unter  Konig  Wenzel.  (  Storia  dell'  impero  Ger- 
manico dalla  fine  del  XIV  secolo  sin 
alla  Riforma.  Voi.  I,  parte  I.  Stox*ia 
dell'  Inip.  german.  sotto  re  Vinceslao.) 
Brunswic  ,  1875  ;  8vo. 

Colla  presente  prima  parte  di  un'opera  il  cui  con. 
cetto  è  forse  anche  troppo  vasto  ,  si  giunge  all'anno  1387. 
A  questo  periodo  spetta  il  I  volume  della  collezione  im- 
portantissima delle  carte  ufficiali  delle  diete  dell'  Impero 
Romano-Germanico,  col  concorso  della  Commissione  sto- 
rica della  R.  Accademica  delle  scienze  di  Baviera  co- 
minciata a  pubblicarsi  col  titolo  :  Teutsche  Reichstagsacten 
unter  Konig  Wenzel,  ìicrausgegeben  von  Julius  Weizsacker» 
voi.  I  e  II,  anni  1376-1397;  Monaco,  1868-74;  4to.  I  ilo- 


SULLE    STORIE   ITALIANE  323 

cumenti  e  le  lettere  spettanti  alle  diete  anteriori  alla  pre- 
detta epoca  del  terzo  della  Casa  di  Lussemburgo  ,  carte 
poco  numerose,  verranno  inseriti  nella  grande  collezione 
dei  Monumenta  Gcrmaniae  historica,  i  quali  avranno  da 
procedere  sin  alla  fine  del  regno  di  Carlo  IV  imperatore. 
Tutto  ciò  che  spetta  ai  tempi  posteriori ,  farà  parte  della 
presente  nuova  raccolta ,  il  cui  terzo  volume  finirà  col  re- 
gno di  Vinceslao ,  mentre  di  già  si  sta  lavorando  nella 
continuazione  la  quale  è  per  abbracciare  i  re  Roberto  e 
Sigismondo ,  e  i  loro  successori.  Le  introduzioni  dei  sin- 
goli volumi ,  trattando  dell'operato  delle  diete  e  della  sup- 
pellettile letteraria,  porgono  un  quadro  storico  del  tempo, 
completato  per  le  epitomi  premesse  alle  carte  delle  singole 
diete.  Si  aggiunge  in  ciascun  volume  l'elenco  cronologico 
di  tutti  i  documenti ,  sia  che  si  trovino  riprodotti  in  exten- 
so  o  in  forma  di  regesto ,  e  l' indice  alfabetico  dei  nomi 
di  persone  e  di  luoghi.  Oltre  due  terzi  dei  documenti  sono 
inediti,  dimodoché  non  è  da  dire  quanta  luce  per  questa 
pubblicazione  ,  copiosa  quanto  accurata  ,  viene  alla  storia 
di  un  periodo  della  storia  dell'  Impero  ,  intorno  al  quale 
sinora  scarseggiavano  i  lavori. 

La  storia  dell'elezione  di  Vinceslao  a  re  dei  Romani, 
narrata  nel  I  e  II  cap.  della  presente  opera,  è  stata  trat- 
tata dall'  istesso  autore  in  una  Memoria  inserita  nelle 
Forschungen  zur  teutschen  Geschichle,  voi.  XIV,  e  da  pa- 
recchi. (Vedi  Hòfleb  nelle  Not.  Bibliografe  Suppl.  IX), 
nuovamente  da  H.  Jenknbr  ,  Ueber  die  Wahl  Kònig  Wen- 
zels  ,  Vienna  ,  1873. 

LINDNER  ,  Th.  ,  Ueber  einige  Quellen  zur  Papstgeschichte  im  vier- 
zchnten  Jahrhundert.  (E>i  alcune  fonti  per  la 
storia  pontificia  nel  XIV   secolo.) 

Memoria  contenuta  nelle  Forschungen  zur  teutschen 
Geschichte  ,  voi.  XII  (1872),  pag.  233-259.  Tratta:  1.° 
Della  cosiddetta  Cronaca  di  Teodorico  di  Niem  ,  presso 
Eccard  Corp.  hist.  M.  aevi  I,  dall'autore  giudicata  estra- 
nea al  segretario  pontificio  di  cui  porta  il  nome ,  e  compo- 
sta ,  probabilmente ,  da  un  tedesco ,  nella  seconda  metà 
del  XV  secolo  (ved.  Sauerland)  ;  2.°  Delle  Vitae  Pon- 
tificum  ex  editione  Bosqueti  riprodotte  dal  Baluzio  nel 
I  voi.  delle  Vitae  Pap.  Avenionensium  ,  composte  proba- 
bilmente da  un  domenicano  francese  al  principio  del  quat- 
trocento \  3.°  Del  Petrus  ab  Herentals  prior  Floreffensis , 
cioè  di  Pietro  priore  del  monastero    Cisterciense   Floreffe 


324  SCRITTORI   TEDESCHI 

presso  Namur,  nato  1322  ,  morto  1390 ,  la  cui  cronaca 
venne  stampata  in  parte  dal  Baluzio,  1.  e.  Un'aggiunta 
alla  presente  memoria ,  pag.  656-658 ,  parla  di  un  Wer- 
ner ossia  Verneron ,  supposto  autore  delle  vite  dei  ponte- 
fici attribuite  a  Teodorico  ,  e  da  alcune  altre  notizie  in- 
torno al  priore  di  Floreffe. 

LORENZ  Vedi  Monumenta. 

LOSSEN ,  Max  ,  Die  Pest  des  h.  Cari  Borromcius.  (La  peste 
al  tempo  di  S.  Carlo  Borromeo.) 

Neil' Historisches  Taschenbuch,  1874  (V.a  Ser.,  voi.  IV.) 

MARCOUR  Vedi  Riezler. 

MARKGRAF,  N.  ,  Die.romische  Curie  in  ihrer  Ausbildung  und 
Verfassung  bis  auf  misere  Zeit.  (La  Curia  roma- 
ne nel  svio  sviluppo  e  nella  sua  costi- 
tuzione sin  ai  nostri  tempi.)  Breslavia  , 
1875  ;  4to.  -  Programma  ginnasiale. 

MAYER,  M,  von  ,  Die  Papstwahl  Innocenz'  XIII.  (L'elezione 
al  pontificato  di  Innocenzo  5LIII.)  Vienna, 
1873-,  8vo.  -  Ved.  Arch.  Stor.  Ital. ,  Serie  III  ,  voi.  XX. 

MAYR  ,  Iohann  ,  Markward  von  Anweiler  Reichstruchsess  und  kai- 
serlicher  Lehnsherr  in  Italien.  (  Marcoraldo  d'An- 
■weiler  gran  scudiere  dell'impero  esi- 
gnore  feudale  imperiale  in  Italia.)  Inns- 
bruck  ,  1876  ;  8vo. 

Del  medesimo  argomento  tratta:  P.  Pkinz  ,  Mark- 
ward von  Anweiler  Truchsess  des  Reiches  ,  Markgraf  von 
Ancona.  Emden ,  1876. 

MELTZER  ,  0.,  Papst  Gregor  VII.  und  die  Bischofswahlen,  Bei- 
trag  zur  Gescliichte  des  Verhliltnisses  Zwischen  Staat  und 
Kirche.  (  P.  Gregorio  VII  ,  e  le  elezioni  vescovili.  Sag- 
gio sulla  Storia  delle  relazioni  tra  Stato  e  Chiesa.)  Lipsia 
1876,  8vo. 

MEYER  ,  K, ,  vedi  Bluhme. 
:-         M. ,  vedi  Monumenta  . 
n         Von  Knonau  ,  vedi  RlEZLER. 


SULLE  STORIE  ITALIANE  325 

MONUMENTA  GERMANIAE  IIISTORICA  inde,  ab  anno  diri- 
sti  500  tisane  ad  annuiti  1500 ,  auspiciis  societatis  aperien- 
dis  fontibus  rerum  Germanicarum  medii  aevi  edidit  G.  H. 
Pertz.  Annover  ,  1863-1874,  in  fol.  Scriptorum  ,  Tom. 
XVI1I-XXIII. 

Vedi  Bibliografia  ,  pag.  175  segg. ,  dove  trovansi  re- 
gistrati gli  armali ,  le  cronache  e  storie  spettanti  ,  o  in- 
teramente o  in  parte  più  o  meno  cospicua,  alle  storie  italia- 
ne ,  dei  voi.  I-XVII,  e  del  XVIII  per  quella  porzione  che 
al  tempo  della  pubblicazione  del  suddetto  volume  (  prima- 
vera 1863)  era  stampata  ,  e  Noi.  Bibl.  Sappi.  IX.  Con- 
tinuando ora  le  notizie  intorno  alle  parti,  interamente  o  più 
o  meno  risguardanti  l' Italia  ,  conviene  premettere  alcune 
parole  sulle  condizioni  attuali  di  questa  vasta  collezione, 
la  quale  per  l'età  avanzata  del  benemerito  Pertz  (nato  a 
Hannover  1795)  richiedeva  nuova  direzione.  Mediante  il  con- 
corso dei  governi  germanici  ,  i  quali  sin  da  principio  con- 
tribuirono maggiormente  alle  ingenti  spese  della  pubbli- 
cazione ,  le  tre  accademie  delle  scienze  di  Berlino ,  Mo- 
naco e  Vienna  formarono  la  nuova  direzione  ,  composta 
dei  seguenti  membri:  E.  Dummler,  W.  Giesebrecht, 
C.  Hegel,  T.  Mommsen,  Nitzsch,  T.  Sickel  ,  Stumpf  , 
W.  Wattenbach  ,  G.  Waitz  ,  rimanendone  soci  V  Eu- 
ler  e  il  Pertz,  soli  superstiti  dell'antica  direzione. 
Presidente  della  nuova  è  G.  Waitz  ,  ora  prof.  nell'Uni- 
versità berlinese.  I  vari  membri  sonosi  incaricati  della 
pubblicazione  delle  distinte  sezioni  adottate  per  la  colle- 
zione ,  il  Mommsen  di  quella  degli  autori  intermedi  al- 
l'epoca romana  e  quella  germanica ,  cominciando  dalla 
Historia  Gothorum  di  Giordane  o  Giornande  e  dalle  Epi- 
stolae.  variae  di  Cassiodoro  ,  il  Waitz  delle  continuazioni 
delle  Leges  e  degli  Scriptores  ,  riempiendo  primieramente 
nella  serie  di  questi  la  lacuna  dei  voi.  XI1I-XV,  i  quali 
conterranno  le  aggiunte  ai  primi  dodici  volumi ,  gli  scritti 
di  polemica  più  importanti  dell'epoca  della  contesa  per  le 
investiture  e  le  vite  dei  pontefici  sin  alla  fine  dell'epoca 
sveva.  11  Sickel  pubblicherà  le  Diplomata  ,  il  Watten- 
bach le  Epistolae,  il  Dummler  le  Antiquitates ,  che  conter- 
ranno vari  poemi  storici.  (Intorno  ai  particolari  vedi  l'intro- 
duzione del  Waitz  al  nuovo  archivio  della  Società  di  cui 
si  fa  menzione  a  pag.  328,  e  1'  Hartwtg  nella  Bevue 
historique  di  Monod  e  Fagniez  ,  voi.  I  ,  pagine  276  seg. 
Completando  ora  le  notizie  sul  contenuto  degli  Scrip- 
tores stampate  nella  Bibliografia  e  nel  Suppl.  IX  alle  pre- 


326  SCRITTORI   TEDESCHI 

senti  Notizie,    sono   da    indicarsi   prima   le  porzioni  non 
ancora  rammentate  del   voi.   XVIII ,   pubbl.  nel  1863. 
XVI,  XVII.  Annales  Piacentini  a.  1012-1317.  (403-581). 

XVI.  Annales  Piacentini  Guelfi  a.  1012-1235. 

XVII.  Annales  Piacentini  Gibellini  a.  1154-1284. 
Musii  de  Modoetia  notae  a.  1290-1302. 

Mathei  Vicecomitis  litterae  ad  Placentinos  de  obitu  Otto- 
nis  archiepiscopi  1295  et  notae  arcbiepiscoporum  Medio- 
lanensium  a.  1295-1317. 

XVIII.  Annales  Laudenses  auctoribus  Ottone  et  Acerbo  Morenis 

a.  1153-1168  edente  Ph.  Jaffé.  (582-659).    Otto  Morena 
a.  1153-1 161.  -  Acerbus   Morena    a.   1161-1164.  -  Conti- 
nuati© a.  1164-1168. 
XIX.  (1866).  VediNot.  bibl.  Suppl.  IX. 

Annalium Italiae pars  altera.-  A.  Italia  superior  l-\\\ .  An- 
nales Veronenses.  a.  1095-1277.  (1-18).  -  i.  Annales  breves 
a.  1095-1178.  -  II.  Annales  S.  Trinitatis  a.  1117-1223.  - 
in.  Annales  Parisii  de  Cereta  a.  1117-1277  -  IV.  Anna- 
les Mantuani  a.  1183-1299.  (19-31).  -  v.  Rolandini  Patavini 
Cronica  a.  1200-1260. 1262.  edente  Ph.  Jaffé.  (32-147).  - 
vi.  Annales  sanctae  Justinae  Patavini  a.  1207-1270  edente 
Ph.  Jaffé.  (148-193).  -svn.  Annales  Foroiulienses  a. 
1252-1331  edente  Wilehlmo  Arndt.  (194-222).  -  Notae 
Passerini  a.  1348-1364  ed.  W.Arndt.  (222). 

B.  Tuscia.  -  viti.  Annales  Fiorentini  a.  1110-1173. 
(223-224).  -  ix.  Annales  Senenses  a.  1107-1407  edente  J. 
F.  Bohmer.  (225-235).  -  x.  Bernardi  Marangonis  Anna- 
les Pisani  a.  1004-1175  ed.  C.  Pertz.  (236-266).  -  No- 
tae Pisanae  a.  1128-1148. 1152  ed.  C.  Pertz.  (266). 

C.  Terra  ecclesiae  Romanae.  -  xi.  Annales  Reatini  a. 
1054-1377  edente  L.  C.  Bethmann.  (267-268).  -  xn.  An- 
nales Urbevetani  a.  1161-1313.  (269-273).  xm.  Notae  Ro- 
manae a.  1111-1123.  (273).  -  xiv.  Annales  Sublacenses  a. 
1145-1216.  (274).  -  xv.  Annales  Ceccanenses  a.  1217. 
(275-302). 

D.  Rpgnum  Siciliae.  -  xvi.  Annales  Casinenses  a. 
1000-1212.  (303-320).  I.  a.  1000-1167.  -  II.  a.  1000-1152.  - 
Continuatio  I  a.  1153-1182.  -  Continuatio  II  a.  1183-1212.  - 
Notae  Casinenses  a.  1349-1362. 1500.  -  xvn.  Ryccardi  de 
Sancto  Germano  norarii  Chronica.  a.  11S9-1243.  (321-384). 
-  Eiusdem  epistola  ad  patres  Casinenses  in  fine  vitae 
mitìsa.  (3S4-386).  -  xvin.  liomoaldi  II  archiepiscopi  Sa- 
lernitani Annales  a.  893-1178.  (387-461).  -  xix.  De  pace 
veneta  relatio  a.  1177  ed.  W.  Arndt.  (461-463).   -  xx.  I 


SULLE    STORIE    ITALIANE  327 

diurnali  di  messer  Matthco  di  Giovenazzo  edente  H.  Pabst. 
(4G4-493).  -  xxi.  Anuales  Siculi  1027-1282.  (494-500)  - 
Pars  I  a.  1027-1252.  -  Continuatio  a.  1253-1265-1282.  - 
XIX.  Annales  Parmenses  minores  a.  1038-1167.  -  Annales  Fer- 
rarieuses  a.  1101-1211.  -  Notae  Parmenses  a.  1147-1180. 

XIX,  XX.  Annales  et  notae  Parmenses  et  Ferrarienses  ed.  Ph.  Jaf- 
pé.  (660-799). 

Voi.  XX.  (1868).  Supplementum  tomi  V.  in.  Annales  Altabenses 
maiores  a.  708-1073  ed.  Giesebrecht  et  Ab.  Oepele 
(772-824).  Supplementa  tomi  XII.  -  v.  Anselmi  episcopi 
Lucensis  vitae  primariae  fragmenta  a.  108/  ed.  Arndt. 
(692-696).  -  vi.  Pandulfi  de  Sancto  Paulo  historia  Me- 
diolanensis  a.  1097-1137  scribentibus  Bethmann  et  Jaf- 
fé.  (17-49).  -  Cbronica  aevi  suevici.  -  vili.  Ex  Orderici 
Vitalis  historia  ecclesiastica.  (50-82).  -  ix-xin.  Ottonis 
episcopi  Frisingensis  opera  ed.  Rogero  Wilmans.  (83- 
301).  -  xvi.  Historia  pontificalis  a.  1148-1152  ed.  Arndt. 
(515-545).  -  xvin.  Reineri  monachi  sancti  Laurentii  Leo- 
diensis  opera  historica  ed.  Akndt.  (559-620). 

XX.  Annales  Parmenses  maiores  a.  1165-1335.  -  Carmina 
triumphalia  de  Victoria  ci  vitate  I ,  e  segg. 

XXI.  Annales  Cremonenses  a.  1096,  1232,  ed.  Phil.  Jaffé 
(800-807).  -  Chronici  Cremonensis  fragmentum  a.  1310- 
1317 (807-808). 

XXII.  Annales  Bergomates  a.  1207-1241  ed.  Ph.  Jaffé. (809-810). 
XXIII.  Annales  Brixienses  a.  1014-1273  ed.  L.  Bethmann.  (811- 
820). 

XXI.  (1870)  Non  contiene  materia  spettante  alla  storia  italiana. 

XXII.  (1872).  i.  Gotifredi  Viterbiensis  opera  ed.  G.  Waitz.  (1-338). 
-  Speculum  regium.  -  Memoria  seculorum.  -  Pantheon.  - 
Gesta  Friderici.  -  Gesta  Heinrici  VI.  -  Continuationes  et 
additamenta.  (339-376).  -  Iohaunes  de  Piscina  de  transfre- 
tatione  Friderici  I.  -  Continuatio  brevis.  -  Continuatio  Ar- 
gentinensis.  -  Continuatio  Francogallica.  -  Continuatio  Fu- 
niacensis  et  Eberbacensis.  -Catalogus  pontificumromanorum 
Viterbiensis.  -  Catalogus  pontificum  et  imp.  romauorum 
Tiburtinus.  -  Catalogus  pontificum  et  imperatorum  roma- 
norum  ex  Casineusi  ut  videtur  sumptus.  -  Continuatio  Chro- 
nici ex  Pantheo  excerpti.  -  Catalogi  pontificum  romau. 
continuatio  Lauduneusis.  -  De  laude  civitatis  Laudae.  - 
Lamentatio  Viterbiensis.  -  Vaticinium  Sybillae.  -  II.  Mar- 
tini Oppariensis  Chronicon  pontificum  et  imperatorum  ed. 
L.  Weiland.  (377-475).  -  Continuatio  pontificum  Ro- 
man. (475-482).   -  in.  Thomae   Tusci  Gesta  imperatorum 


328 


SCRITTORI    TEDESCHI 


et  pontificum  ed.  E.  Ehrenfeuchter.  (483-548).  -  iv.  An- 
nales  sancti  Pantaleonis  Coloniensis  ed.  Herm.  Cardauns. 
(529-547). 
XXIII.  (1874).  vii.  Burchardi  et  Cuonradi  Urspergensiuin  Chroni- 
con,  ed.  O.  Abel  et  G.  Weiland  1229.  (333-383).  -  Hysto- 
ria  Friderici  imperatoris  Magni.  (384-385).  -  Excerptum 
ex  Gallica  historia.  (385-390).  -  xiv.  Albrici  monachi  Trium- 
fontium  Chronicon  ed.  P.  SCHEFFER  Boichorst.  1241. 
(631-950). 

All'Archivio  della  Società  per  la  storia  antica 
della  Germania  ,  terminato  col  X  volume ,  fa  seguito 
il  Neues  Archiv  der  Gesellschaft  fior  altere  teutsche 
Geschichtkunde ,  il  cui  I  fase,  del  I  voi. ,  Hannover  , 
1876 ,  contiene  ,  oltre  alla  relazione  di  G.  Waitz  sulla 
trasformazione  di  detta  società  e  della  direzione  cen- 
trale dei  Monumenta  ,  i  seguenti  lavori  di  cui  occorre 
far  menzione  nel  presente  luogo. 

0.  Holder-Egger,  Indagini  intorno  ad  alcune  fonti 
annalistiche  per  la  storia  dei  secoli  V  e  VI  ;  W.  Schum  , 
Monumenti  di  diplomatica  imperiale  trovati  negli  Archivi 
d' Italia;  G.  Waitz,  Di  una  lettera  fittizia  d'Aìcuino  sul- 
l'origine dei  Beneventani  in  un  codice  parmense ,  scrittu- 
ra dell'epoca  dei  Normanni,  ma  composta  senza  che  l'au- 
tore abbia  conosciuto  l'origine  e  il  carattere  germanico  di 
questi;  J.  Heller,  Della  cronaca  d'Umberto  Biancama- 
no  stampata  nel  I  voi.  delle  Hlstoriae  patriae  Monumenta. 
Alla  storia  della  vasta  collezione  spetta  l'opuscolo: 
M.  Meter  ,  Der  Freiherr  vom  Stein  und  die  Monu- 
menta Germanìae  historica,  Berlino  ,  1875. 

Dell'opera  di  0.  Lorenz  sulle,  fonti  storiche  per 
l'epoca  della  rovina  degli  Svevi  e  i  tempi  posteriori 
(Vedi  Not.  Bibl.  Suppl.  IX)  è  comparso  il  I.  voi.  della 
II.  edizione  ,  Berlino  1876. 

MÙCKE,   A.,    Kaiser  Heinrich  IV  und  Heinrich  V.  (Ajrrigx»    V 
e  Arrigo  V  imperatori.)  Halle,  1875,  8vo. 


MUHLBACHER,  E.,  Die  streitige  Papstwahl  des  Jahres  1130. 
(L'elezione  pontifìcia,  contestata  del- 
l'anno  1  130.)  Innsbruck.  1876;  8vo. 

Elezione,  come  ognuno  sa,  d'Innocenzo  II  dall'una 
d'Anacleto  II  dall'altra  parte;  argomento  spesso  trattato, 
e  per  ultimo  dal  Zoepffel  nel  voi.  sulle  pontificie  ele- 
zioni   di  cui  si    tratta    nel  Suppl    X  alle  Not.  bibliogr. 


SULLE   STORIE   ITALIANE  329 

XAUMANN ,  Emil.  Dar  goldene  Zeitalter  der  Tonkunstin  Venedig. 
(L'età  dell'oro  della  Musica  a  Vene- 
zia.) Berlino,  1876,  8vo. 

»  Italienische  Tondichter  von  Palestrina    bis  auf  die    Ge- 

genwart.  (  Compositori  italiani  dal    Pa- 
lestrina sia  all'età  nostra.)  Berlino  1876, 8vo. 

NEUKIBCH,  F.  ,  Das  Leben  des  Petrus  Damiani.  I.  Theil.  Bis  1059. 
("Vita  di  Piero  Damiani.  Parte  I  sin 
all'anno    1  OSO.)  Gottinga  ,  1875  ;  8vo. 

NIPPOLD  Vedi  Bauer. 

OKSTERBEICH  UND  DIE  PAPSTWAHL  1740.  Eine  Sammlung 
von  Documenten  aus  den  Ms.  Acta  legationis  romanae  Io- 
sephi  episcopi  Gurcensis  herausgegeben.  (  L'Austria 
e  l'elezione  pontificia  del  l^O.  Colle- 
zione di  documenti  desunti  dagli  atti 
Miss,  della  legazione  romana  di  GJ-iu- 
seppe  vescovo  di  GS-urlt.)  Monaco,  1875. 

L'elezione  di  cui  si  tratta  ,  è  quella  di  Benedetto  XIV. 

PALACKY  Vedi  Schroller. 

PANNENBORG ,  A.,  Magister  Guntherus  und  seine  Schriften. 
(Maestro  Guntero  e    le   di   lui    opere.) 

»         Noch  einmal  magister  Guntherus.  (XJn'altra  "volta 
di  maestro  Guntero.) 

Memorie  contenute  nelle  Forschungen  zur  teutschen 
Geschichte,  voi.  XIII,  pag.  225-331,  voi.  XIV,  pag.  185- 
206.  Vedi  Suppl.  X  all'art.  Pannenborg.  Nella  prima 
l'autore  tenta  di  dimostrare  l'identità  dell'autore  del  Li- 
gurinus  con  maestro  Guntero  autore  della  Historia  Con- 
stantinopolitana  e  del  trattato  de  oratione,  ieiunio  et  ele- 
mosina, forse  della  Historia  peregrinorum ,  opinione  com- 
battuta da  Gaston  Paris  nella  Bevue  critique  d'histoire 
et  de  littèrature,  luglio  1873  e  dal  Wattenbach  nel  Lite- 
rarisches  Centralhlatt ,  1873,  N.°  32.  (Il  Paris  erasi  pro- 
nunziato per  l'autenticità  del  Liguri  nus  nei  Comptes-rendus 
dell'Accademia  delle  iscrizioni,  1871  (Nuova  serie,  vo- 
lume VII),  memoria  stampata  anche  a  parte  ;  Parigi  1872.) 
Le  conclusioni  del  nostro    autore    tendono    a    corroborare 


330  SCRITTORI    TEDESCHI 

l'opinione  sua  riguardo  all'identità  dell'origine  dei  pre- 
fati libri,  esclusa  la  Hist.  Peregrinorum,  e  a  confermare 
l'importanza  attribuita  alle  opere  di  Guntero,  e  di  storia 
in  prosa  e  poesia,  e  di  teologia.  La  morte  di  maestro  Gun- 
tero dovrebbe  essere  accaduta  poco  dopo  il  1212. 

PAPSTWAHL,  Die,  nach  ihrer  geschichtlichen  Gestaltung  und  dem 
geltenden  Rechte.  sammt  einer  Wiirdigung  der  dem  P. 
Plus  IX.  zugeschriebenen  Constìtution  u  Apostolicae  sedis 
munus  »  vom  23  mai  1873.  (L'elezione  pontifi- 
cia nel  suo  sviluppo  storico  e  secondo 
il  diritto  vigente,  con  un  esame  del- 
la costituzione  dei  SS  maggio  1873. 
ce  Apostolicae  sedis  munus  »  attrilbui- 
ta  a  IMo  IX.)  Praga,  1874,  Svo. 

PERLBACH  ,  M. ,  Zur  italienischen  Historiographie  des  14  Jahr- 
hunderts.  (Note  sulla  storiografia  italiana 
del   14°  secolo.) 

Nelle  Forschungen  zur  teutschen  Geschichte,  voi.  XII, 
pag.  649-655.  Intorno  al  Polistore  di  Bartolommeo  da 
Ferrara  stampato  in  parte  dal  Muratori  XXIV,  al 
Chronicon  Estense  ib.  XV,  e  alla  Historia  miscelici  Bo- 
noniensis,  ib.  XVIII. 

PEYER  IM-HOF  ,  F.  ,  Die  Basilica  des  h.  Marcus  ku  Venedig. 
Eine  baugeschichtliche  Stadie.  (La  basilica  di  S. 
Marco  a  Venezia.  Saggio  di  storia  ar 
chitettonica.)  Sciaffusa,  1874;  8vo  con  pianta. 

POTT  Vedi  Bluhme. 

POTTHAST,  Augustus  ,  Regesta  Pontificum  romanorum  inde  ab  a. 
post  Christum  natum  MCXCVITIad  a.  MCCCIV.  Voi.  II , 
Berlino  ,  1875  -,  4to. 

Col  presente  voi.  di  1214  pag.  in  4to  grande  ,  di  bel- 
lissima esecuzione  tipografica,  trovasi  condotta  a  termine 
l'opera  del  cui  primo  volume  si  è  fatto  cenno  nel  Suppl.  X 
alle  presenti  notizie  bibliografiche.  Opera  insigne  e  quan- 
to mai  altra  utile  ,  a  malgrado  di  non  poche  mende  ,  in 
parte  corrette  nel  corso  del  lavoro  ,  in  parte  impossibili 
ad  evitarsi,  e  per  la  vastità  dell'argomento  per  cui  si  è 
voluto  consultare  la  letteratura  storica  di  quasi  ogni  parte 
d'Europa,  in  parte  per  rimanere  chiuse  peranco  nell'Air- 


SULLE  STORIE  ITALIANE  331 

chivio  Vaticano  molte  fonti  di  Storia  pontificia,  mentre 
non  mancano  difetti  ed  inesattezze  ,  di  cui  non  si  sa  co- 
me abbiano  potuto  sfuggire  all'autore  d'altronde  dilì- 
gente ed  avveduto  ,  viemaggiormente  essendosi  esso  fatto 
avveduto  dai  critici  ,  p.  es.  da  E.  Winckelmann  nelle  Got- 
tinger  gelehrte  Anzeigen ,  di  non  lievi  errori  e  mancanze, 
senza  servirsi  come  si  sarebbe  voluto  di  tali  indicazioni 
nelle  Addenda  che  terminano  l'opera.  Il  presente  volume 
comprende  i  regni  dei  papi  da  Innocenzo  IV  a  Benedet- 
to XI,  quindici  pontefici  di  nazione  quanto  d'indole  diver- 
sissima ,  dieci  Italiani  tra  loro  dissimili  per  l'origine  e  pel- 
le opere,  quattro  Francesi,  un  Portoghese.  Come  poi  sieno 
vari  i  tempi  di  cui  si  tratta  ,  lo  dimostrano  i  soli  nomi 
dei  due  con  cui  si  apre  e  chiudesi  il  volume,  il  Papa  che 
fa  crollare  la  casa  Sveva  ,  e  colla  casa  Sveva  l' Impero 
nell'antico  suo  significato  ,  e  quello  che  vedesi  insultato 
e  reso  impotente  da  queir  istesso  potere  territoriale  e  da 
quella  Casa  ,  cui  erasi  appoggiato  nella  lotta  coli'  Impe- 
ro Innocenzo  IV  e  Bonifazio  VIII.  Fati  tremendi,  quali 
provano  che  a  danno  comune  si  tocca  all'esistenza  d'una 
idea  fondamentale,  quale  il  medio  evo  l'aveva  concepita 
nell'armonia  delle  due  podestà.  Le  Addenda  et  Corrigenda 
occupano  le  pag.  2039-2138  ,  e  spettano  maggiormente  ai 
regni  d'  Innocenzo  III ,  Gregorio  IX  ,  Innocenzo  IV,  ma 
soprattutto  a  quello  di  Onorio  III ,  pel  quale  1'  Ab.  P. 
Pressutti  da  fonti  romane  aveva  indicate  molte  man- 
canze ,  ma  quasi  tutte  per  ovvie  ragioni  involontarie.  (  Ved. 
la  notizia  sul  Voi.  primo).  L'opera  vien  terminata  coli'  in- 
dice delle  opere  di  cui  l'A.  si  è  servito  per  la  composi- 
zione del  libro.  Non  ostante  i  difetti,  ci  congratuliamo  col- 
l'autore,  oggi  bibliotecario  della  Dieta  dell'  Impero  Ger- 
manico  ,  e  anche  coli'  editore  che  hanno  condotto  a  ter- 
mine in  sì  breve  tempo  (la  stampa  di  2157  pag.  in  sesto 
grande  economica  ma  nitidissima  ,  difficile  per  innumere- 
voli nomi  e  cifre,  si  è  ultimata  in  meno  di  tre  anni  ì 
un'opera  di  sì   grande  utilità  a  tutto  il  mondo  letterario. 

P1ÌEGER  ,  Wilhelm  ,  Beitrage  zur  Geschtchte  der  Waldesier  im 
Mittelalter.  (  SajSTgi  per  servire  alla  storia 
dei  "Valdesi  nel  medio  evo.)  Monaco,  1875  Ito. 
Memoria  stampata  a  parte  negli  Atti  e  Memorie  della 
classe  storica  della  R.  Accademia  delle  scienze  di  Baviera, 
voi.  XIII  ,  pag.  179-250.  La  storia  dei  Valdesi,  nei  tempi 
moderni  da  vari  sottoposta  a  nuovo    esame    critico   (vedi 


332  SCRITTORI    TEDESCHI 

Bibliografia  agli  art.  Dieckhoff  pag.  46  e  Herzog  pa- 
gine 113  ,  114)  ,  trovasi  nella  presente  dissertazione  con- 
siderata nelle  sue  origini,  sulla  fede  di  nuovi  documenti  di 
un'epoca  in  cui  scarseggiano  le  fonti  sincere,  essendosi  ri- 
conosciute già  da  parecchi  decenni  di  data  relativamente 
moderna  varie  scritture  sin'allora  credute  appartenenti  al 
13mo-15mo  secolo.  Del  numero  di  tali  documenti  ge- 
nuini si  è  un  Rescriptum  heresiarcharum  Lombardie  ad 
pauperes  de  Lugduno  qui  sunt  in  Alemannia ,  scritto  verso 
il  1230 ,  tra  i  Codd.  lat.  della  Bibl.  di  Monaco.  Il  secondo 
documento  di  cui  si  serve  il  nostro  autore  ,  è  il  Tracta- 
tus  de  haeresi  pauperum  de  Lugduno  auctore  anonymo ,  di 
cui  trattarono  già  il  Martene  e  Durand  ,  I'Echard  e 
vari  altri,  e  che  ora  si  ha  per  opera  di  un  Davidde  di 
Augusta  ,  maestro  del  celebre  predicatore  Bertoldo  di  Ra- 
tisbona ,  morto  1272.  Il  terzo  posto  è  occupato  dal  Tra- 
ctatus  contra  errores  Valdensìum  et  de  modo  inquirendi 
contro,  eosdem  Valdenses  del  1395  ,  con  falsa  data  stam- 
pato dal  Gretser  nella  Max.  Bibl.  vet.  patr. ,  Tom.  XXV, 
interessante  perchè  spettante  alle  condizioni  dei  Valdesi 
in  Boemia  prima  de' moti  Hussitici  con  cui  essi  ebbero  molte 
attinenze,  intorno  alle  quali  vedi  Fr.  PalaCKY:  Ueber  die 
Beziehungen  unddas  Verhàltniss  der  Waldenser  zu  denehema- 
ligen  Secten  in  Bohtnen  Praga,  1869.  La  presente  memoria 
va  divisa  nei  seguenti  capitoli  :  1.  I  Valdesi  nel  medio  evo 
secondo  le  più  recenti  indagini;  2.  Indipendenza  dai  Val- 
desi della  Societas  frutrum  italicorum  o  poveri  d'Italia; 
3.  I  Valdesi  di  Valdes  ;  4.  I  poveri  d'  Italia  nelle  loro  re- 
lazioni cogli  Arnaldisti  ,  cogli  Umiliati  e  coi  Valdes1  -,  5. 
1  poveri  negli  stati  austriaci  ;  6.  I  poveri  Austriaci  e  Boe- 
mi sin  ai  tempi  di  Giovanni  Huss.  L'anzidetto  Rescriptum 
heresiarcarum  ,  una  nota  dei  luoghi  della  diocesi  di  Pas- 
savia dove  nel  1250  i  poveri  d'  Italia  avevano  aderenti  , 
una  scrittura  del  1260  di  Passavia  sugli  abusi  ecclesia- 
stici, e  una  relazione  del  1398  sui  Valdesi  d'Austria  tro- 
vansi  stampati  in  appendice. 

PRINZ  Vedi  Mayr. 

PliUTZ,  H.  ,  Radewins  Fortsetzung  der  Gesta  Friderici  imperato- 
ria des  Otto  voti  Freising ,  ihre  Zusammensetzung  und  ihr 
Werth.  (La  continuazione  delle  g'esta 
Frid.  imp.  d'Ottone  di  Frisi  ujja  scritta 


SULLE   STORIE   ITALIANE  333 

da  Radewino,  composizione  e  valore 
della  medesima.)  Danzica ,  1873;  Svo. 

Di  Ragewino ,  detto  anche  Radevicus  e  dal  nostro 
autore  con  scarso  fondamento  Radewino  ,  scolaro  e  notaio 
del  Frisingense  e  da  lui  scelto  per  continuare  l'opera  sua 
rimasta  incompiuta  coll'anno  1156,  e  dal  continuatore  con- 
dotta sin  al  1160  (Muratori,  Script,  r.  ital.,  tom.  Vi) 
trattò  il  Wattenbach  ,  Teutschlands  Geschichtsquellen  , 
1.  V,  §  4  ,  assieme  al  Frisingense.  Il  Prutz  nel  suo  esame 
coscienzioso  dimostra  ,  che  questo  cronista  ,  essendosi  ser- 
vito di  materiali  di  vario  genere ,  solo  nelle  parti ,  in  cui 
parla  da  testimone  oculare  o  dietro  ai  racconti  di  tali  te- 
stimoni ,  merita  la  fede  generalmente  accordatagli. 

Delle  storie  del  Frisingense  tratta  : 

SoRGENFREY,  Zur  Charakteristih  des  Otto  von  Frei- 
sivg  als  Geschichtschreiber.  (Dell'indole  di  Ot- 
tone Frisingense    come    storico.)    Greiz  , 

1873  ,  4to.  -  Programma  ginnasiale. 

Alla  storia  di  Federigo  I  ,  a  cui  è  dedicata  l'opera 
del  Prutz  rammentata  nel  Suppl.  X,  spetta: 

JunGFER  ,  H.  ,  Untersuchung  der  Nachrichten  llbcr 
Friedrichs  I,  griechische  und  normannische  Politile  bis 
zum  Wormser  Reichstage  31  Miirz  1157.  (Esame  delle 
date  intorno  alla  politica  greca  e  nor  - 
manna  di  Federigo  I  sin  alla  dieta  di 
Wormazia,     31      marzo     XX5T.)    Bonn, 

1874  ;  4to.  -  Dissertazione  inaugurale. 

Intorno  alla  notissima  tradizione  ,  la  quale  fa  vivere 
il  Barbarossa  nell'interno  del  monte  Kyffhauser  nella 
Turingia ,  aspettando  la  restaurazione  della  gloria  dello 
impero  ,  scrissero  nuovamente  Gr.  Voigt  ,  S.  Riezler  , 
e  M.  Brocsch  nella  Historische  Zeitschrift ,  voi.  XXVI, 
XXXI l  e  XXXV,  i  due  primi  reputando  tale  tradizione 
oriunda  d' Italia  e  spettante  veramente  a  Federigo  II  ,  il 
terzo  dimostrando  lo  scarso  fondamento  di  siffatta  suppo- 
sizione ,  maggiormente  fondata  sulla  cronaca  del  Salim- 
bene ,  la  quale  fa  menzione  di  una  voce  sparsa  ,  non  es- 
sere cioè  morto  Federigo  II  ,  voce  la  quale  d'altronde 
pare  abbia  trovato  poco  credito. 

Vedi  Arch.  Stor.  Ital.,  Ili  S.«,  T.  XXIII,  pag.  383. 

PRUTZ  ,  H.,  Ravenna. 

Memoria  contenuta  neÀVHìstorisches  Taschenbuch,  So 
rie  V,  anno  IV,  Lipsia  1874. 


334  SCRITTORI    TEDESCHI 

REUMONT  ,  Alfred  voli  ,  Geschichte  Toscana'a  seit  dem  Eade  des 
florentinùchen  Freistaats.  I  Theil.  Die  Medici  1530-1737. 
(Sstoria,  della,  Toscana  sin  dalla  fine 
della  Repulblbliea  fiorentina.  I."  parte. 
I  Medici.)  Gota ,  1876  ,  bvo. 

Forma  parte  della  collana  di  storie  degli  Stati  Eu- 
ropei pubblicata  dall' Hekkkn  (f)  ,  Ukert  (j)  e  Giese- 
brecht  ,  per  la  quale  Eurico  Leo  compose  la  sua  Storia 
degli  Stati  italiani ,  1829-32  ,  la  quale  si  tratta  di  com- 
pletare colle  storie  dei  singoli  stati  più  rilevanti  ,  princi- 
piando dai  tempi  pei  quali  il  Leo  non  dà  se  non  un  bre- 
ve sunto  ,  ciò  cbe  generalmente  accade  dal  1530  o  dalla 
metà  del  Cinquecentto  in  qua.  11  1  voi.  della  storia  della 
Toscana  si  divide  in  due  libri ,  1.  Alessandro  e  Cosimo  I; 
2.  Da  Francesco  a  Gian  Gastone  de'  Medici.  Seguono  l'albe- 
ro genealogico  ,  una  cronologia  dei  fatti  e  le  note  letterarie. 
Vedi  Analisi  dell'autore,  nelle  Gottingische  gelehrte 
Anzeigen  1876  Num.  4 ,  e  ree.  di  M.  B.  (Brosch)  nella 
Historische  Zeìtschri/t  voi.  XXXVI. 

Articoli  vari  stampati  nella  Gazzetta  d'Augusta. 

Carlo  d'Arco.  Antonio  Magrini.  Necrologie,  1873, 
Num.  55. 

Niccolò  Tommaseo  ,  187-1,  Num.  132. 

Storia  artistica  dell'  Umbria.  (Dell'opera  di  P.  La- 
SPEYRES  sulle  fabbriche  dell'epoca  del  Risorgimento. 

Vedi  Not.  Bibliografe  Suppl.  X,  e  del  giornale  di  eru- 
dizione artistica  ,  voi.  II. )  «  Num.  135 ,  136. 

I  sepolcri  lorenesi  in  San  Lorenzo.  «  Num.  190. 

Cristina  di  Svezia  a  Lucca.  (A  proposito  dell'opuscolo 
di  C.  Sardi.)  «  Num.  205. 

Storia  artistica  italiana.  (A  proposito  degli  scritti 
d'arte  di  G.  Milanesi  e  C.  Gl'asti  e  della  scrittura 
d'artisti  di  C.  Pini  ,  fase.  V-X.)  «   Num.  240. 

Studi  Petrarcheschi.  (  Intorno  agli  scritti  inediti  e  al 
catalogo  della  bibl.  Rossettiana  di  Trieste  di  A.  Hortis, 
con  cenni  d'altri  lavori  moderni  sul  Petrarca).   «  N.  252. 

Francesco  Bonaini  ».  Num.  264,  265. 

(Del  medesimo  tratta  W.  v.  Giesebrecht  nei  Bui- 
lettini  nell'Accad.  delle  scienze  di  Baviera  1875,  voi.  I, 
pag.  280-285). 

La  Madonna  di  S.  Sisto.  (A  proposito  di  uno  scritto 
dell'arciprete  G.  Tononi  di  Piacenza)  1874,  Num.  284. 

Della  storia  dei  Passerini  e  Rilli  scritta  da  Luigi 
Passerini  «  Num.  290. 


SULLE   STORIE   ITALIANE  335 

Dell'edizione  procurata  da  E.  Nahducci  dei  «  Nu- 
ptiali  »  di  Marcantonio  Altieri  «  Num.  358. 

Della  bibliografia  della  Lunigiana  di  Gio.  Spohz.v 
«  Num.  364. 

Lodovico  Sauli ,  1875  «  Num.  31. 

Intorno  alla  Storia  fiorentina  di  Gino  Capponi.  «  Nu- 
mero 48.  (Della  seconda  edizione  tratta  l'art,  stampato 
nel  Num.  76  del  1876). 

I  marchesi  e  signori  di  Saluzzo.  (A  proposito  della 
storia  dei  medesimi  pubblicata  da  L.  Passerini  nella 
continuazione  delle  Famiglie  celebri  del  Litta.   «  N.  12.">. 

Maiano,  Vincigliata,  Settiguano  «  Num.  224,  225,  226. 

(Se  ne  pubblicò  una  traduzione  italiana  ,  per  cura  di 

F.  Benelli,  Firenze  1S76.) 

Le  famiglie  Cavour  e  Alfieri  «  Num.  293. 

La  statua  dell'Arrotino  agli  Uffizi ,  1876  «  Num.  1. 
(Vedi  Arch.  Star.  Hai.  Serie  III,  voi.  XXIII,  pagi- 
ne 145  segg.). 

Società  e  Corte  a  Firenze  sotto  Francesco  II  e  Leo- 
poldo I  di  Lorena- Absburgo ,  «  Num.  Ili,  112,  128,  129, 
130,  179,  ISO,  181.  [A  proposito  del  libro  del  D.  Doran  : 
Mann  and  Manners  at  the  Court  of  Florence  1740-1786  , 
Londra  1876  ,  libro  composto  colle  lettere  del  Cav.  Ora- 
zio Mann  ad  Orazio  Walpole.  Vedi  Arch.  Star.  Hai.  Se- 
rie III.  voi.  XXIII  pag.  527] 

Dell'opera  postuma  di  Carlo  Promis  Vocaboli  latini 
d'Architettura  «  Num.  186. 

I  Sepolcri  Medicei  in  S.  Lorenzo  «  Num.  216.  V.  Grimm. 

Nelle  Gòttingische  gelehrte  Anzeigcn  :  Dei  dispacci  di 
Antonio  Giustinian  pubblicati  da  P.  Villari,  1876 ,  N.°  27. 

REUSCH  Vedi  Gebler. 

RICHTER  ,  J.  P. ,  Drei  altchristliehe  Basiliken  in  der  romischen 
Campagna.  (Tre  antiche  Ibasiliolie  cristia- 
ne  nella,  campagna  romana,.) 

Articoli  inseriti  nel  Christliches  Kunstblatt ,  1874  ,  Nu- 
meri 10,  11,  12.  Trattano  della  basilica  nelle  Catacombe 
dei  SS.  Nereo  ed  Achilleo  presso  la  via  Ardeatina  (Ved. 

G.  B.  de  Rossi  Bullettino  di  Archeologia  sacra,  1874, 
pag.  5  seg. ,  e  F.  H.  Krauss  Allgemeine  Zeitung ,  1871, 
Num.  137  ) ,  di  quella  di  S.  Stefano  sulla  via  Latina  sco- 
perta nel  1857  (Ved.  Arch.  Stor.  Hai.  N.  S. ,  voi.  VII, 
P.   1,  pag.  176  seg.  a  proposito  della  pubblicazione  di  L. 


336  SCRITTORI   TEDESCHI 

Fortunati)  e  finalmente  dell'altra  di  Sant'Alessandro  si- 
tuata al  settimo  miglio  sulla  via  Nomentana. 
Vedi  Hessel. 

RICHTER,  J.  P.,  Michelangelo' s  Madonna  von  Briigge.  (La  Ma- 
donna eli  Brug-ia  di  JM.  A..)  Memoria ,  con 
incisione  in  legno  ,  inserita  nel  medesimo  giornale  ,  1876 
Num.  6.  Alberto  Durerò  fa  menzione  di  questo  bellissimo 
gruppo  ,   attribuito  al  Buonarroti ,  nel  1521. 

RIEZLER  ,  S.  ,  Die  literarischen  Widersacher  der  Pàpste  zur  Zeit 
Ludwig s  des  Baiers.  (  Oli  avversari  lettera- 
ri dei  pontefici  al  tempo  di  Lodovico 
il    Bararo.)  Lipsia  ,  1874  -,  8vo. 

Il  presente  volume  si  compone  delle  seguenti  parti  : 
Libro  I.  Uomini  ed  avvenimenti.  1.  Principio  della  con- 
tesa tra  P.  Giovanni  XXII  e  Lodovico  il  Bavaro.  I  primi 
frati  Minori  nella  corte  del  Bavaro.  2.  Marsilio  di  Padova. 
3.  Spedizione  romana  di  Lodovico.  I  teoretici  nella  pra- 
tica. Giovanni  di  Gianduno.  4.  I  frati  Minori  e  P.  Gio- 
vanni, Michele  da  Cesena ,  Guglielmo  da  Occam  ,  Bona- 
grazia  da  Bergamo ,  Ubertino  da  Casale.  5.  Avvenimenti 
contrari  al  Bavaro  ,  il  quale  tenta  di  pacificarsi  con  Gio- 
vanni XXII  e  Benedetto  XII.  Gli  eretici  nella  corte  di 
Monaco.  6.  Le  diete  di  Rense  e  Francoforte.  Lupoldo  di 
Bebenburgo.  7.  Lodovico  e  P.  Clemente  VI.  Fine  dei 
fuggiaschi  nella  corte  imperiale.  Libro  II.  Dottrine  e 
scritti.  8.  La  letteratura  teoretica  intorno  a  Stato  e 
Chiesa  anteriore  all'epoca  del  Bavaro.  Opponenti  france- 
si :  Pietro  Dubois  e  Giovanni  da  Parigi.  9.  Favole  intorno 
agli  imperatori  e  all'  impero.  Giordano  da  Osnabriick  e 
Engelberto  d'Admont.  La  Monarchia  di  Dante.  Scritti  di 
Landolfo  Colonna.  De  translatione  Imperli  di  Marsilio  da 
Padova.  10.  Opere  di  Lupoldo  di  Bebenburgo.  11.  Il  De- 
fensor pacis.  12.  Scrittura  supposta  di  Marsilio  della  giu- 
risdizione imperiale  nelle  cose  matrimoniali.  13.  Scritti  an- 
tipapali di  Guglielmo  Occam.  14.  Scritti  perduti  di  Gio- 
vanni Tauler  frate  predicatore  tedesco.  15.  Autori  papa- 
lini. Alvaro  Pelaio,  Agostino  Trionfo,  Corrado  di  Wegen- 
berg.  16.  Conclusione.  Aggiunte:  1.  Letteratura  teoretica 
da  S.  Tommaso  d'Aquino  sin  allo  scisma  ,  1270-1370.  2.  In- 
torno a  una  Cronica  Ms.  (nota  al  Wadding  e  da  lui  ci- 
tata negli  Annali  dei  Minori  sotto  il  titolo  di  Chronicon 
Saxoniae,  esistente  nel  convento  de'  Francescani  di   Mo- 


SULLE   STORIE    ITALIANE  337 

naco)  delle  due  provincia  tedesche  dei  Minori.  3.  Alcuni 
documenti  risguardanti  le  trattative  di  Lodovico  il  Bavaro 
colla  Curia. 

Spettano  all'  istesso  argomento  i  seguenti  scritti: 

Marcour  ,  Ed.  ,  Antheil  der  Minoriteli  ani  Kampfe. 
zioischen  K.  Luwig  TV  von  Baiern  und  P.  Johann  XXII 
bis  zum  Jahr  1328.  (Della  partecipazione  dei 
Frati  Minori  alla  contesa  tra  Lodovi- 
co il  Bavaro  e  F*.  Giovanni  XLXLII  sin 
all'anno    1838.)  Emmerich  ,  1874;  8vo. 

Vedi  Allgemeine  Zeitung  ,  Num.  237,  238. 

Mever  von  Knonau  ,  G-.  ,  Teutsche  Miuoriten  im 
Streit  zwischen  Kaiser  und  Papst. 

Memoria  inserita  nella  Historische  Zeitschrift ,  voi. 
XXIX  ,  pag.  241  seg. 

(Senza  nome  d'autore)  Ludwig  der  Baier  in  seinen 
Bezichangen  zu  P.  Iohann  XXII ,  Komotau  ,  1873. 

ROHRICHT  ,  Reinhold ,  Beitrdge  zur  Geschichte  der  Kreuzzùge. 
( Saggi  sulla  storia  delle  Crociate.)  Voi.  I 
Berlino,  1874  -,  8vo. 

Il  primo  di  questi  saggi  tratta  della  crociata  di  Fe- 
derigo II  imperatore  ,  1227  ,  di  cui  l'autore  aveva  di  già 
narrata  la  storia  in  un  programa  ginnasiale  ,  Beri.  1872. 
Spetta  il  secondo  alla  guerra  tra  Saladino  e  i  Cristiani  , 
1187-1188,  aggiungendo  l'Epistola  episcopi  Wilhelmì  de 
excidio  terre  Iehrosolimitane  da  un  cod.  lipsiense.  Si  com- 
pone il  terzo  saggio  degli  estratti  fatti  da  Silvestro  de 
Saoy  dal  libro  «  Zubdet  et  Haleb  »  di  Kemàl-ed-din. 

Del  medesimo  autore  si  ha  la  memoria  :  Dei  pellegri- 
naggi in  Terra  Santa  anteriori  alle  Crociate,  nelV  Histo- 
risches   Taschenbuch ,  Serie  V,  voi.  V.  pag.  521-596. 

»  Die  Rùstungen  des  Abendlandes  zum  dritten  grossen  Kreuz- 
zùge. (GJ-li  armamenti  dell'  Occidente  per 
la  terza  Crociata.) 

Tratta  della  crociata  in  cui  presero  parte  Federigo 
Barbarossa  ,  e  i  re  di  Francia  e  d' Inghilterra.  Non  si 
parla  in  questa  memoria ,  contenuta  nella  Historische 
Zeitschrift ,  voi.  XXXIV.  pag.  1-73,  degli  armamenti 
tedeschi ,  di  cui  già  trattò  il  Riezler.  Vedi  Not.  Bi- 
bliogr.  ,  Suppl.  IX  ,  dove  si  ha  da  mettere  :  Forschungen 
zur  teutschen  Geschichte  ,  voi.  X  invece  di  Memorie  ec. 
Arch.,  3.»  Serie,  Tom.  XXIV.  22 


338  SCRITTORI   TEDESCHI 

SAUERLAND  ,  H.  V.  ,  Das  Lebendes  Dietrich  voti  Nieheim.  Nebst 
einer  Uebersicht  ùber  dessert  Schriften.  (La  "vita  di 
Teodorico  da  Niem  con  una  rivista  dei 

suoi  scritti.)  Gottinga  ,  1875  ;  8vo. 

Dissertazione  (di  pag.  86)  divisa  nei  seguenti  capi- 
toli :  Introduzione.  1.  Kascita,  patria ,  discendenza.  Teo- 
dorico era  nato  tra  il  1338  e  il  1348  a  Nieheim  ,  piccola  città 
della  diocesi  di  Paderborna.  2.  Soggiorno  nella  Curia 
pontificia   sotto   Gregorio    XI   e    Urbano    VI ,    1372-1380. 

3.  Soggiorno  nella  Curia  sotto  Bonifazio  IX.  Teodorico  ve- 
scovo di  Verden,  supposto  eletto  Cameracense,  1389-1400. 

4.  Nuova  residenza  nella  Curia  sotto  Bonifazio  IX.  Fon- 
dazione dell'Ospizio  dell'Anima.  Trattative,  per  l'unione 
della  chiesa  sotto  Gregorio  XII,  1400-1408.5.  Teodorico 
aderente  al  concilio  pisano  e  a  P.  Alessandro  V.  e  Gio- 
vanni XXlII.  Soggiorno  a  Costanza.  Cltime  disposizioni  e 
morte  a  Maestricht  (  Traiectum  ad  Mosam)  140D-1418  circa. 
6.  Carattere  di  Teodorico.  Appendici.  1.  Testamento  scritto 
a  Maestricht    i5    marzo    1418  ,  esistente  nell'Archivio  di 

5.  Maria  dell'Anima.  2.  Intorno  agli  scritti  di  Teodorico, 
con  difesa  dell'autenticità  del  Nemus  unionis  e  dei  Libri 
III  de  Schiomate  contro  le  accuse  d' interpolazione  mosse 
dallo  Schutz,  Commentarius  crit.  de  scriptis  et  scriptori- 
bus  historicis,  Ingolstadt,  1761  ,  e  dall'autore  delle  note 
critiche  all'opera  del  Damberger  ,  Syacltroìiistische  Gè- 
sehichte  der  Kirche  und  des   Welt ,  voi.  XV. 

Vedi  Bibliografia  all'art.  Rosexkranz.  (Di  Teodorico 
trattò  ancora  F.  Wachter  nell'Enciclopedia  di  Ersch  e 
Gruber,  Sez.  I,  voi.  XXV.  —  Vedi  Historische  Zeit- 
schrift,  voi.  XXXV. 

n  Gregor  XII  von  seiner  Wahl  bis  zum  Vertrage  von  Mar- 
seille.  (  Gregorio  XIX  pontefice  dalla  sua 
elezione    sin    al    trattato  di  Marsiglia.) 

Memoria  inserita  nella  Historische  Zeitschrift ,  volu- 
me XXXIV,  pag.  74-120.  Tratta  degli  avvenimenti  suc- 
ceduti dal  20  novembre  1406  al  21  aprile  1407,  allorquando 
dal  comitato  eletto  a  Marsiglia  dai  seguaci  dei  due  pon- 
tefici ,  Gregorio  e  Benedetto  XIII  ,  comitato  composto  del 
cardinale  de  Thury,  del  vescovo  di  Lerida  e  di  Francesco 
d'Arancia  ,  fu  scelta  la  città  di  Savona  a  luogo  di  conve- 
gno per  le  trattative  della  cessione.  Una  seconda  memo- 
ria tratterà  dei  fatti  posteriori  che  condussero  all'abban- 
dono di  P.  Gregorio  per  i  Cardinali  e  al  Concilio  di  Pisa. 


SULLE    STORIE   ITALIANE  339 

SCARTAZZINI  Vedi  Dante. 

SCHAUFUSS  ,  L.  W.  ,  Zur  Beurtheilung  der  Gemàlde  Giorgione's. 
(Saggio  sulle  pitture    del    Giorgione.) 

Dresda,  1874;  4to. 

SCHEBEK  Vedi  Wasielewski. 

SCHEFFER-BOICHORST  ,   P.  ,  Die  altere  Annalisti!:  der  Pisaner. 
(Grli  antichi  uuu:tli  di  F*isa.) 

Nelle  Forschungen  zur  teutschen  Geschichte ,  voi.  XI 
(1871).  Tratta  del  Chronicon  Pisanum,  presso  Muratori  , 
VI,  107,  degli  Annali  del  Marangone  ,  Arch.  Stor.  Ital. 
VI ,  2,  e  degli  Annales  rerum  Pisanorum  presso  Ughelli  , 
Italia  sacra,  III  (Ed.  I.) 

»         Florentiner    Studien.    (Studi  fiorentini.)    Lipsia  , 

1874  ;  8vo. 

Contenuto  :  1.  La  storia  dei  Malespini  dimostrata  qual 
falsificazione.  2.  La  Cronaca  di  Dino  Compagni  dimo- 
strata qual  falsificazione.  3.  Le  Gesta  Florentinornm.  A. 
Anonimi  Gesta  Florentinornm.  B.  Sanzanomìs  Gesta  Flo- 
rentinornm. 

Vedi  Not.  Bibl.,  Suppl.  X  al  nome  Scheffer.  Il 
eh.  Cesare  Paoli  trattò  dei  vari  argomenti  degli  studi 
surriferiti ,  e  insieme  delle  indagini  di  Arnoldo  Busson 
sulle  storie  Malespiniane  (vedi  Not.  Bibliogr.,  Suppl.  IX) 
nel  presente  Arch.  Stor. ,  voi.  XVI,  pag.  492  seg.;  voi.  XX, 
pag.  164  seg.  ;  voi.  XXI,  pag.  453,  seg.  -  Vedi  inoltre 
Atti  dell'  Accademia  della  Crusca  degli  anni   1874  e  1875.) 

Alla  seconda  parte  degli  studi  sopraccitati ,  quella  che 
impugna  l'autenticità  della  Cronaca  di  Dino  ,  si  oppone 
il  seguente  lavoro  : 

Hegel  ,  Cari ,  Die  Chronik  des  Dino  Compagni.  Ver- 
siteli einer  Retlung.  Lipsia,   1875  (112  pag.  8vo). 

A  questo  tentativo  di  riabilitazione  risponde 

Schepfeiì-Boichorst  ,  P.  ,  Die  Cronik  des  Dino 
Compagni.  Kritik  der  Hegelschen  Schrift  :  Versuch  einer 
llettung.  Lipsia,  1875  (91  pag.,  8vo.) 

Vedi  intorno  agli  Studi  ec.  O.  Hartwig  ,  néil'AU- 
gemeine  Zeitung  ,  1874,  Num.  272,  A.  Busson  nel  Theo- 
logiaches  Literaturblatt ,  1875,  Num.  9,  1876,  Num.  6;  P. 
Schepfer-Boichorst  intorno  al  volume  di  P.  Fanpani  : 
Dino  Compagni  vendicato  ec.  ,  nella  Jenaer  Litcraturzei' 


340  SCRITTORI    TEDESCHI 

tung  ,1875;  0.  Hartyvig  sul  lavoro  dell' Hegel  nel  me- 
desimo giornale  1875,  Num.  32^;  T.  Wustenfeld  su  i  vari 
scritti  intorno  a  siffatta  questione ,  nelle  Gottinger  ge- 
lehì'te  Anzeigen,  1875,  Num.  49,  50  ;  C.  Hegel  nella  Histo- 
rische  Zeitschrlft.  voi.  XXX V   (Vedi  al  nome  Hartwig). 

SCHIKRMACHEE ,  Fr.  W.  ,  Kaiser  Friedrich  II  und  die  letzten 
Hohenstaufen.  (  Federigo  II  imper.  e  gli  ulti- 
mi dellaeasaSyeva.)  Monaco,  1875,  2  voi.,  8vo. 
Opera  popolare  dell'autore  di  lavori  eruditi  ed  estesi 
sul  medesimo  argomento.  Vedi  Bibliografia  ,  pag.  241  , 
e  Suppl.  Vili. —  La  Storia  della  casa  Sveva  dell'illu- 
stre Federigo  de  Raumer  ,  comparve  in  IV  edizione,  poco 
cambiata  dalle  due  precedenti ,  Lipsia,  187U-72  ,  non  molto 
prima  della  morte  dell'autore,  la  cui  Necrologia  leggesi 
nel  voi.  XX  della  presente  serie  dell'Archivio  Storico. 

»  Beitrdge  zur  Geschicìite  Kaiser  Friedrich  II.  (!Vot©  pei* 
servire  alla,  storia  di  Federigo  II  im- 
peratore.) 

Nelle  Forschungen  zur  teutschen  Gesclùchte  ,  voi.  XI , 
pag.  319-358.  1.  Diplomi  di  Arrigo  VII  re  (figlio  dell'im- 
peratore) per  la  città  di  Vormazia  1232.  2.  Data  della 
lettera  indirizzata  da  Arrigo  VII  a  P.  Gregorio  IX  in- 
torno al  giuramento  prestato  all'  imperatore  ,  e  ai  prin- 
cipi. (Platina,  lib.  prin.  eccl.  rom.  ,  I  ,  16.)  3.  Guerra 
lombarda  di  Federigo  1236.  4.  Federigo  in  Germania  1242. 

SCHMIDT  Vedi  Dante. 


SCHNEIDER  ,  Joachim  von  Floris  und  die  Apokalyptiher  des  Mit- 
telalters.  (GJ-ioaccliino  de  Floris  e  gli  Apo- 
calittici del  medio  evo.)  Dillenburg  ,  1873-,  4to. 
—  Programma  ginnasiale. 

SCHROLLER  ,  Fr.  ,  Die  Wahl  Sigmund*  zom  rómisclien  Konìge. 
(L'elezione    di    Sigismondo    tx    re    dei 

Romani.)  Breslavia  ,  1875  ;  8vo. 

Alla  storia  di  Sigismondo,  della  cui  gioventù,  ma- 
trimonio con  Maria  d'  Ungheria  ec.  molto  si  discorre  nel- 
l'opera del  Lindneu  (V.  questo  nome)  sui  tempi  di  Vin- 
ceslao ,  spettano  vari  lavori,  dei  quali  notansi  i  seguenti  : 


SULLE    STORIK    ITALIANI:]  341 

F.  Palacky,  Urkundliche  Beitrdge  zur  Geschìchte 
des  Hussitenltriegs  in  den  J.  1419-1436.  Praga  ,  1873  , 
2  voi.  (Verli  Historische  Zeitschrìft ,  voi.  XXXI,  1874.) 

F.  v.  Bezold  ,  Zur  Geschìchte  des  Hussitenfhums. 
Culturgeschichtliche  Studien.  Monaco  ,  1874. 

n     Kónìg  Sigmund  und  die  Reichskriege    gegen    die 
Hussite».   Monaco,  1875,  fase.  I-II  (sin  al  1428). 

Alla  storia  di  questi  tempi  spetta  : 

Monumenta  conciliorum saeculi xv edidcrunt  Caes.  Acad. 
scient.  sodi  delegali.  Concilium  Basileense  Script.  T.  I-II. 
Vienna,  1857,  1874;  fol. 

I  due  volumi  sinora  pubblicati  dei  4  o  5  che  conter- 
ranno l'intera  collezione  delle  opere  concei'nenti  il  sinodo 
Basileense  ,  si  compongono  dei  seguenti  scritti  :  Joh. 
Stoikowitsch  di  Kagusa  (creato  cardinale  da  Felice  V. 
antipapa  ,  morto  verso  il  1443)  :  Initium  et  progressus  Ba- 
sìleensis  concila  •  Del  medesimo:  Tractatus  quomodo  Bohe- 
mi reducti  sunt  ad  unitatem  ecclesiae ,  ed.  da  Fr.  Palacky  •, 
Petrus  de  Saaz  (membro  della  legazione  boema  stata  a 
Basilea  genn.-apr.  1433)  :  Liber  diurnus  de  gestis  Bohe- 
morum in  Conc.  Basileense,  ed.  da  Fr.  Palacky  ;  Aegid. 
Oarlier  (  proposto  di  Cambray  e  mandatario  del  vescovo 
d'Arras)  :  Liber  de  le.gationibus  Conc.  Bus.  prò  reductione 
Bohemorum,  ed.  da  Ern.  Birk;  Thom.  Eberndorfer  de 
Haselbach  (rappresentante  al  concilio  dell'università  vien- 
nese) :  Diarium  gestorum  per  legatos  conc.  Bas.  prò  re- 
ductione Bohemorum  ,  e  Joh.  Turonensis  (notaio  e  com- 
pagno al  concilio  del  vescovo  Filiberto  di  Coutances)  :  Re- 
gestum  actorum  in  legationibus  a  S.  Conc.  Bas.  in  Boemiam, 
sin  al  1437,  ed.  l'uno  e  l'altro  da  Ed.  Birck. 

II  II  voi.  contiene  la  prima  metà  della  Bistorta  ge- 
storum generalis  synodi  Basii,  di  GIOVANNI  DI  SEGOVIA 
spagnuolo ,  uno  dei  membri  liberali  del  concilio ,  fautore 
dell'elezione  di  Felice  V,  il  quale  lo  creò  cardinale  ,  di- 
fensore a  Magorsza  contro  al  Cusano  della  validità  della 
deposizione  di  Eugenio  IV,  dopo  la  rinunzia  dell'antipapa 
ritirato  in  un  convento  dove  occupossi  della  traduzione  del 
Corano.  (  Vedi  Ciaccon.  Vitae  pouf.  II  ,  941 ,  dove  si  fa 
menzione  della  di  lui  opera).  Editore  di  questa  storia  è 
Ed.  Birck. 


SCHULTE,  J.  Fr.  von,  Die   Geschichte  der  Quellen  und  der    Lite- 
ratur  des    Canonischen    Rechts    von    Gratian  bis    auf  die 


342  SCRITTORI   TEDESCHI 

Gegenwart.  (Storia  delle  fonti  e  della  let- 
teratura del  G-iu s  canonico  da  Ora- 
ziano sin  al  tempo  presente.)  Stuttgarda, 
1875,  voi.  I  ;  8vo. 

Il  presente  volume  procede ,  dopo  l'Introduzione,  da 
Graziano  sino  a  P.  Gregorio  IX.  Saranno  tre  volumi. 

D'una  delle  più  notevoli  sistematiche  collezioni  di  ca- 
noni del  tempo  anteriore  a  Graziano  tratta  :  Wasser- 
SCHLEben  ,  H* ,  Die  irische  Canonensammlung  ,  Gies- 
sen,  1874  ;  8vo. 

Vedi  Schulte  nel  '1  lieolog.  Lìteraturblatt,  1874,  N.  16. 

Spetta  alla  ricchissima  letteratura  del  diritto  canonico  : 

G.  Phillips,  Compendium  iuris  ecclesiastici  auctum 
atque  emendatum  ed.  F.  H.  Vering.  Edit.  III.  latinae 
versionis.  Ratishona,  1875. 

SCHULTZE,  Fr. ,  Geschichte  der  Philosophic  der  Renaissance.  Erster 
Band.    Georgios    Gemistos    Plethon   und   seine  re/ormato- 
rischen  Bestrebunge.n.  (Storia  della  filosofia  del 
,  rinascimento.  Parte  prima.  Giorgio  Ge- 

misto Pletone  e  i  di  lui  lavori  di  rifor- 
ma.) Iena  ,  1874  ;  8vo. 

SCHWEMINSKI  Vedi  Kausler. 

SEMPER  ,  H. ,  Donatello,  seine  Zeit  und  Schule.  Eine  Reihe  von 
Abhandlungen.  (Donatello  ,  il  suo  tempo  e  la 
sua  Scuola.  Serie  di  saggi.)  Vienna,  1875;  8vo. 

Forma  il  voi.  IX,  delle  Quellenschriften  zur  Kunst- 
geschichte  und  Kunsttechnik  ,  pubbl.  da  R.  Eitelberker 
von  Edelberg.  La  prima  parte  di  questi  saggi  venne 
pubblicata  nei  Jahrbiicher  fur  Kunstwissenschaft  di  A. 
'  VON  Zahn,  vedi  Not.  bibliograf.  X.  Si  aggiungono:  Vita 
di  Donato  scritta  dal  Vasari  ,  Trattato  di  Fr.  Boccili 
sul  San  Giorgio  ec. 

Nella  medesima  serie  sono  riprodotte  le  traduzioni  di  va- 
rie opere  antiche  spettanti  alla  storia  o  alla  tecnica  dell'arte 
italiana,  il  trattato  di  Benvenuto  Cellini  sull'orifice- 
•  ria,  la  vita  di  Michelangelo  composta  dal  Condivi  (1874, 

Vedi  Passerini,  Bibliografia  di  M.  A.  B.  pag.  36,  73).— 
Si  aggiunge  la  Schedula  divcrsarum  artìum  di  Tiieopjii- 
lus  presbyter  ,  testo  e  vers.  di  A.  Ilo,  e  I'Anonymus 
Bernensis,  testo  e  vers.  di  H.  Hagen  -,  1874. 


SULLE    STORIE    ITALIANE  343 

SICKEL  vedi  Jaffé. 

SIMSON  Vedi  Hirsch. 

SPR1NGER,  Anton,  Michelangelo  in  Rom,  1508-1512.  (M.  A-,  a 
Roma.)  Lipsia,  1875  -,  12mo. 

Tratta  delle  relazioni  del  sommo  artefice  con  P.  Giu- 
lio II ,  del  monumento  di  questo  e  dei  lavori  nella  Sistina, 
in  parte  sulla  fede  delle  lettere  pubblicate  dal  Gaye  e  dal 
Milanesi,  di  cui  in  più  luogbi  va  discutendosi  la  cronologia. 

In  occasione  del  Centenario ,  si  è  pubblicata  una 
nuova  versione  delle  Poesie  con  a  fronte  il  testo  originale 
di  C.  Guasti  :  Sdmmtliche  Gedichte  Michelangelo 's  in 
Guasti 's  Text  mit  teutscher  Uebersetzung  von  Sophie  Ha- 
senclever.  Lipsia,  1875.  Splendido  volume  di  pagg.  428 
in  8vo.  gr.,  con  ornamenti  a  capo  d'ogni  pagina.  La  pre- 
fazione di  M.  Jordan  ,  facendo  menzione  delle  traduzioni 
anteriori,  del  Regis  ,  Harhys ,  Grimm  ,  dimentica  le 
bellissime  del  Witte  ,  di  cui  si  è  parlato  nel  Suppl.  X 
alle  notizie  bibliografiche. 

Del  Buonarroti  trattano  ancora  C.  Gruneisen  in  una 
Memoria  biografica  contenuta  nel  giornale  :  Christliches 
Kunstblatt,  1875,  Num.  7  \  I.  P.  Richter  ,  sulle  feste 
Michelangiolesche  di  Firenze,  ib.  Num.  11  \  W.  Henke 
nel  giornale  Teutsche  Rundschau ,  1875  j  Novembre.  Di 
più  l'opere  inglesi:  Black,  Ch.  Chr. ,  Michael  Angelo 
Buonarroti,  sculptor ,  painter,  architect.  The  story  of  his 
li/e  and  labours.  Londra,  1874-,  e  C.  Heath  Wilson, 
Life  of  Michel  Angelo,  sculptor,  painter  and  architect, 
ivi  1876.  L'ultima  di  queste  opere  segue  dappresso  quella 
di  A.  Gotti.  Intorno  a  questa  ,  e  alla  Bibliografia  pub- 
blicata da  L.  Passerini  trattò  A.  Reumont,  Allgemeine 
Zeitung,  1875  \  Num.  255,  302. 

Vedi  Kinkel  ,  Lang,  Richter. 
STARE,  B. ,   Winckelmann.  Berlino,  1868-,  Svo. 

Lezione  pubblica.  L 'autore  è  professore  d'archeolo- 
gia a  Heidelberga. 

Vedi  Suppl.  X,  all'art.  Josti. 

STEINDORFF ,    Ernst ,    Jahrbucher   des    Teutschen    Reichs    unter 
Heinrich  III.  (Annali  dell'Impero   Germa- 
nico sotto  A.r*rig"o  III.)  Voi.  I.  Lipsia,  1874-,  8vo. 
Forma  parte  dei  Jahrbucher  der  Teutschen  Geschichle. 
(VediSiMSON)  Il  presente  volume  abbraccia  gli  anni  1039- 


344  SCRITTORI   TEDESCHI 

1047,  sin  alla  fine  della  spedizione  romana  dell'Imperatore. 
Le  appendici  trattano  delle  seguenti  materie  :  1.  Saggio 
sulla  Cancelleria  di  Arrigo  III,  e  critica  dei  suoi  documenti; 
2.  Scrittori  contemporanei  di  Storie  ;  3.  Delle  costituzioni 
d'Arrigo  III  ,  riguardo  alla  Pax  Imperli  publica,  e  della 
Lex  Baivarica  1044  ;  4.  Della  spedizione  romana,  a.  Tra- 
dizione storica  ;  b.  Scisma  tra  Benedetto  IX  e  Silvestro  III  ; 
Gregorio  VI ,  non  scismatico  ;  e.  Atti  supposti  di  Grego- 
rio VI  ;  d.  Delle  date  presso  Rodulfus  Glabee  Histor. 
I.  V.  e.  8  ;  e.  Sinodo  di  Sutri  ;  f.  Patriziato  romano  di 
Arrigo  III  ;  5.  Arrigo  III  nelle  tradizioni  e  leggende. 
Vedi  Hirsch. 

STOCKBAUER,  J.  Der .  christliche  Kirchenbau  in  den  ersten  sechs 
Jahrhunderten.  (L'architettura  ecclesiasti- 
ca cristiana  nei  primi  sei  secoli.)  Rati- 
sbona,  1874  ;  8vo  con  cinque  tavole. 

STOLZEL  ,  Adolf,  Die  Entwicklung  der  gelehrten  Richterthums  in 
teutschen  Territorien.  Einerechtsgeschichtliche  Untersuchung 
(Lo  sviluppo  della  scienza  legale  nei 
giudici  nei  territori  tedeschi.  Esame 
storico-legale.)  Stuttgarda,  1874-,  2  voi.  8vo. 

Il  I.  libro  tratta  degli  studi  legali  sin  al  principio  del 
Secento,  e  delle  relazioni  tra  la  Germania  e  le  scuole 
italiane  e  francesi;  il  II  dei  giusdicenti  tedeschi,  dell'ap- 
pello, della  trattazione  delle  cause  per  iscritto;  il  III  dei 
progressi  della  scienza  legale  e  della  decadenza  e  fine 
dell'antico  ordine  degli  scabini.  Il  secondo  volume  con- 
tiene i  documenti ,  tra  i  quali  troviamo  l'elenco  degli  stu- 
denti tedeschi  immatricolati  nell'Università  di  Perugia 
dal  1511  al  1666.  Per  ciò  che  spetta  alle  relazioni  tra 
la  Germania  e  l' Italia,  molte  aggiunte  sarebbero  da  farsi 
alla  quantunque  diligente  opera. 

TEIRICH,  Valentin,  Italienisclie  Bronzen  ans  der  Zeit  der  Re- 
naissance. (  Bronzi   italiani  dell'  epoca  del 

Rinascimento.)  Vienna,  1876  ;  fol. 

Opera  magnifica,  la  quale  serve  ad  illustrazioni  della 
storia  della  Scultura  in  bronzo  fin  dalla  fine  del  Medio- 
evo propriamente  detto ,  con  20  tavole  incise  all'acqua 
forte,  40  incisioni  intercalate  nel  testo,  e  9  tavole  di  così 
detti  dettagli,  che  arrivano  alla  fine  del  Cinquecento. 

Vedi  W.  Lubke  neWAllgemeine  Zeitung,  1876,  N.  215. 


SULLE    STORIE   ITALIANE  345 

THOMAS  ,  Gr.  M.  ,  Capitolare  dei  Visdomini  del  Fontego  dei  Tede- 
scià  in  Venezia.  Capìtular  dea  teutschen  Hauses  in  Ve- 
nedig  zum  crsfenmal  belcannt  gegeben.  Berlino  ,  1874  ;  -ito. 

Il  presente  capitolare,  cioè  la  collezione  dei  decreti 
da  servire  di  regola  ai  rettori  del  governo  Veneto  pre- 
messi all'amministrazione  del  fondaco  tedesco,  principia 
dall'anno  1268  e  continua  sin  alla  fine  del  quattrocento, 
senza  osservare  sempre  l'ordine  cronologico.  L'edizione  si 
è  fatta  secondo  il  codice  Cicogna,  ora  del  Museo  civico 
Correr,  cui  anni  fa  erasi  accinto  a  pubblicare  Cesare 
Foucard.  Detto  codice  già  fece  parte  della  collezione  in 
cinque  volumi,  una  volta  nell' istesso  Fondaco,  ora  nel- 
l'Archivio della  Comunità  protestante  di  Venezia,  colle- 
zione la  quale  nel  suo  primo  volume  ripete  il  contenuto 
del  cod.  Cicogna,  in  copia  più  recente,  per  giungere  sino 
al  1753,  mentre  la  casa  dei  mercanti  tedeschi  continuò 
ad  appartenere  alla  nazione  sin  al  novembre  1806  ,  in 
qual  anno  le  fu  tolta  dal  governo  Napoleonico  (Attual- 
mente R.  Intendenza  di  Finanza.)  Anche  nell'Archivio 
grande  di  Venezia  esiste  un  «  Capitolare  dell'officio  del 
fontegho  dei  Tedeschi  »  ,  il  quale  principia  dall'anno  1329 
ossia  cap.  103  del  cod.  Cicogna,  giungendo  sino  al  1797. 
Il  eh.  Thomas  si  propone  di  pubblicare  in  forma  di  regesto 
il  contenuto  di  maggiore  importanza  di  questo  MS. 

W.  Heyd  (autore  della  Storia  delle  colonie  italiane 
in  Oriente)  scrisse  intorno  alla  pubblicazione  del  Thomas 
e  alla  Storia  del  fondaco  una  pregevole  memoria  :  Das 
Haus  der  teutschen  Kaufleute  in  Venedig,  nella  Histori- 
sche  Zeitschrift  voi.  XXXII  ,  pag.  193-220. 

V.  anche:  Zur  Geschichte  des  teutsch-venetianischen 
Handels  im  Mittelalter  nelìsi  Allgemeine  Zeitung  1875,  N  °12. 

T.  Elze  ,  Der  Fondaco  dei  Tedeschi  in  Venedig,  nel 
giornale  :  Das  Ausìand,  1870. 

L.  Ennen,  Die  Stadi  Gain  und  das  Kaufhaus  der 
Teutschen  in  Venedig,  nel  giornale  per  la  storia  e  le  anti- 
chità delle  provincie  renano- westfaliche  (Monatschrift 
'  filr  rheiitisch-ioestfdlische  Geschichtforschung  und  Alter- 
thumskintde),  Bonn,  1875,  voi.  I,  pag.  105-138.  Tratta 
del  commercio  della  città  di  Colonia  con  Venezia,  e  delle 
relazioni,  non  sempre  amichevoli,  per  i  contrasti  nati  ri- 
guardo all'uso  delle  località  del  fondaco  per  i  negozianti 
di  Colonia,  Aquisgrana  ec.  Alla  pregevole  memoria  tro- 
vatisi aggiunti  18  documenti  dall' a.   1107  al  1652 


346  SCRITTORI   TEDESCHI 

THOMAS,  G.  M.,  Der  Doge  Heinrich  Dandolo  und  der  Latinerzug 
gegen  Constantinopel.  (A.rrig'0  Dandolo  doge  © 
la  spedizione  In tina  contro  Costanti- 
nopoli.) 

Articolo  contenuto  nell' Allgemeine  Zeitung ,  1875,  Nu- 
mero 356.  Tratta  della  politica  veneziana  riguardo  all'Orien- 
te, specialmente  a  Costantinopoli  e  Alessandria,  e  alla 
direzione  data  alla  quarta  crociata  ,  promossa  da  P.  In- 
nocenzo III,  di  cui  discorre  l'opera  del  Conte  di  Riant  : 
Innocent  III ,  Pliilippe  de  Souabe  et  Bonifa.ce  de  Montfer- 
rat.  Examen  des  causes  qui  modifièreni,  au  détr imeni  de 
V Empire  Gree,  le  pian  primiiif  de  la  quatrième  croisade. 
Parigi,   1875. 

Della  storia  della  Grecia  medievale  e  moderna,  che 
forma  l'argomento  della  grande  opera  di  Carlo  Hopf 
(Vedi  Arch.  Stor.  Ital.  S.  Ili,  voi.  XV  pagg.  113-123.) 
tratta  il  lavoro  che  ha  per  titolo  :  Geschichte  Grie- 
chenlands  seii  dem  Absterben  des  antiken  Lebens  bis  zur 
Gegenwart  von  G.  Fr.  Hertzberg.  Voi.  I,  Gota,  1876;  8vo. 
Tal  volume ,  che  principia  da  Arcadio  imperatore  e 
termina  colla  crociata  latina,  va  diviso  in  due  libri,  di 
cui  il  primo  arriva  alla  morte  di  Basilio  Imperatore,  com- 
prendendo gli  anni  395-886*,  il  secondo  da  Leone  VI  Imp. 
ad  Alessio  V  Murzuflo  ,  sotto  cui  accadde  la  conquista 
di  Costantinopoli  e  la  fondazione  dell'effimero  Impero  La- 
tino e  delle  signorie  latine  nella  Grecia  propriamente 
detta.  L'opera  si  raccomanda  per  soda  erudizione,  e  per 
la  narrazione  ben  ordinata  e  facile,  tenendo  conto  delle 
condizioni  interne  sociali,  religiose  e  letterarie. 

Alla  Storia  della  letteratura  greca  moderna  va  dedi- 
cata l'opera  :  Geschichte  der  neugriechischen  Lìteratur, 
von  Dr  Rudolf  Nicolai.  Lipsia,  1876,  Svo.Vedi.  G.  Meyee 
nella  Allgemeine  Zeitung,   1876",  Num.  67. 

n         Necrologia    dell'ab.    Giuseppe    Valentinelli,    Allgemeine 
Zeitung  .1875  ,  N.  1. 

V.  Archivio    Veneto,  voi.  Vili. 

THOMES  Vedi  Baumann. 


TOUSSAINT,  J.  P.  ,  Das  Leben  des  h.   Bernardin    von    Siena   aus 
dem,    Franciscanerorden    quellenmcissig    dargestellt.    (La 


SULLE   STORIE   ITALIANI-:  347 

vita,  di  S.  Bernardino  da  Siena  dell'or- 
dine <li  S.  Francesco  narrata  secondo 
le  fonti.)  Ratisbona,  1873;  8vo. 

TRENDELENBURG  Vedi  Twesten. 

TWESTEN,  Cari,  Machiavelli.  Berlino,    1869;  8vo. 

Lezione  pubblica ,  pronunciata  a  Berlino.  Alla  ric- 
chissima letteratura  sul  M.  (Vedi  Suppl.  Vili,  agli  art. 
Christ,  Ebeling,  Plato;  Suppl.  Vili,  all'art.  Frenzel; 
Suppl.  IX,  all'art.  Gerbel)  spettano  ancora  la  lezione 
accademica  di  A.  TrexdelenburG  ,  Machiavell  und 
Antimachiavell  (riguardo  all'opera  di  Federigo  II  re  di 
Prussia)  nei  di  lui:  Kleine  Schriften  (Lipsia  1871,  voi.  I, 
pag.  27  segg.  ,'  Vedi  Theologische.s  Literaturblatt  1872 
Num.  6),  A.  Gaspary,  Die  neuesten  Kritilcer  des  Ma- 
chiavelli, nel  giornale:  Irti  neuen  Reich,  1874;  Num.  39, 
la  memoria:  Machiavelli,  neWAllgemeine  Zeitung,  1875, 
N.  25,  e  M.  Jaiins,  Machiavelli  und  der  Gedanke  der 
allgemeinen  Wehrpflicht ,  nella  Gazzetta  di  Colonia,  apri- 
le 1876. 

USENER  ,  Hermann,  Italische,  Mythen.  (Miti  italici.)    Bonn, 
1875  ;  8vo. 

Memoria  di  48  pagine  ristampata  a  parte  dal  Museo 
renano  di  filologia  N.  S.  voi.  XXX.  Tratta  delle  non  molte 
traccie  e  presso  gli  scrittori  romani  e  ancora  negli  usi 
popolari  conservate,  delle  più  antiche  italiche  tradizioni, 
perlopiù  perdute  col  predominare  dell'Olimpo  greco  sulla 
mitologia  indigena.  L'autore  s'ingegna  di  stabilire  me- 
diante il  confronto  di  cerimonie,  feste,  usi  e  costumi  an- 
cora esistenti  nei  paesi  slavi  e  germanici,  con  quelli  del- 
l'antichità classica  e  ciò  che  rimane  ancora  nei  paesi  di 
nazionalità  romanza,  la  vera  e  antica  significazione  e  la 
correlazione  dei  medesimi  per  definire  quello  che  esso 
ha  per  primitivo  Italico.  In  siffatto  modo  tratta  degli  usi 
nuziali,  delle  traccie  delle  Lustrazioni  rimaste  nell'uso  di 
seppellire  il  carnevale  e  l'anno,  e  la  quaresima,  delle 
Mamuralia  e  dèlia  festa  dell'Anna  Perenna  ,  e  del  dio 
Marte  qual  rappresentante  dell'anno  nuovo  e  del  vecchio. 
Il  paragone  tra  lo.  tradizioni  dei  popoli  settentrionali  coi 
meridionali  aggiunge  all'interesse  destato  da  questo  scritto 
non  lungo,  ma  ripieno  di  varia  e  squisita  dottrina. 


348  SCRITTORI   TEDESCHI 

VOLKMAE  Vedi  Lang. 

WA1TZ  ,  G.,  Otto's  IV  erste  Versprechnngen  an  Innocenz  III.  (Le 
prime  promesse  di  Ottone  XV  a  P.  In- 
nocenzo III.) 

Nelle  Forsnhungen  zur  teutschen  Geschìchte  Voi.  XIII, 
pag.  502-506.  Intorno  al  documento  in  data  di  Neus  presso 
Dusseldorf  sul  Reno)  8  giugno  1201  ,  V.  Theiner,  Cod. 
dipi.  dom.  temp.  I,  44;  Ficker  Staats-und  Rechtsgeschichte 
Italiens  II ,  389. 

»  Ueber  Zeit  ìliuI  Helmat  der  sogenannten  Constitutio  de  expe- 
ditione  romana.  (Sull'età  e  sulla  patria  della 
così  detta  Constitutio  de  expeditione 
romana.) 

Della  Storia  della  Costituzione  Germanica  (Teutsche 
Ver/assungsgeschichte)  dell'  ili.  Waitz  sono  comparsi  i 
voi.  V-VII  della  seconda  sezione  comprendente  l'epoca 
degli  Ottoni. 

Ib.  voi.  XIV,  pag.  31-36.  Ved.  Suppl.  X,  all'art.  Ficker. 

WASCHOW  ,  Julius,  Herzog  Otto  von  Braunschweig  Fiirst  von  Ta- 
re/tt.  Ehi  Beitrag  zar  Geschìchte  des  XIV  Jahrhunderts. 
(Ottone  duca  di  Brunsvic  principe  di 
Taranto.  Saggio  per  servire  alla  Sto- 
ria del  XIV  secolo).  Breslavia,  1874 \  >jvo. 

L'autore  aveva  già  stampato  a  Glatz  ,  ISTI  ,  una 
dissertazione  sul  medesimo  argomento.  —  Il  terzo  marito 
(25  sett.  1376)  dell'infelice  Giovanna  I  di  Napoli,  Ottone, 
nato  verso  il  1320,  era  figlio  di  Arrigo  II  duca  di  Brunsvic  - 
Grubenhagen,  detto  di  Grecia,  sposato  in  seconde  nozze 
ad  Eloisa  d' Ibelin,  figlia  di  Filippo  Seuesciallo  di  Geru- 
salemme. Ottone  aveva  sposata  in  prime  nozze  Giolanda 
figlia  di  Berengario  di  Villaragut  e  vedova  di  Giacomo  II 
re  di  Maiorca.  Egli  morì  dopo  il  30  novembre  1398  ,  so- 
pravvivendo dunque  oltre  sedici  anni  alla  seconda  moglie. 
Il  di  lui  fratello  Baldassarre,  canonico  Brunsvicense  sin 
al  1357,  sposò  nel  1370  Jacobella  Caetani  figlia  d'Ono- 
rato conte  di  Fondi,  la  quale  in  un  documento  dei  25  mag- 
gio 1400  si  nomina  dispotiasa  Romanie  et  comitissi  Fun- 
dorum.  Baldassarre  morì  dopo  il  1381.  Un  altro  fratello, 
Filippo,  comparisce  1360-13b'3  qual  Seuesciallo  di  Geru- 
salemme ,  avendo  sposata  dopo  il  1359  la  vedova  di 
Ugone  IV  di  Lusignano  re  di  Cipro. 

Vedi  Voigiel-Coiin,  Tavole  genealogiche,  tav.  84. 


SULLE   STORIE   ITALIANE  349 

WASIELEWSKI,  J.  W.  von,  Die  Violine  im  siebzehnten  Jahrhundert 
und  die  Anfdnge  dei-  lustrimeli  tal-Compositiun.  (Il  -vio- 
lino nel   17mo.  secolo  e  i  px-incìpi  della 

composizione  strumentale.)  Bonn,  1874-,  8vo. 

Del  medesimo  argomento  tratta  E.  Sciiebek,  Der 
Geigenbaa  in  Ilalien  und  sein  teittscher  Ursprung.  (L'arte 
della  costruzione  del  violino  in  Italia  d'origine  tedesca.) 
Praga,  1874-,  8vo. 

Vedi  Die  Geigenmacher  ec.  Xot.  bibliograf.  Suppl.  Vili. 

WASSERSCIILEBEN  Vedi  Schulte. 

WATTENBACH,  W. ,  Das  Schriftwesen  im  Mittelalter.  (La 
Scrittura  nel  medio  evo.)  Lipsia,  1871  ;  se- 
conda ediz.  accresciuta,  1875  ,  8vo. 

Libro  d'importanza  non  comune  e  di  ugual  dottrina. 
L'introduzione,  pag.  1-36,  tratta  della  Storia  della  diplo- 
matica dalle  sue  origini  sin  al  giorno  presente,  e  mag- 
giormente di  Mabillon  e  dei  Maurini.  Segue  il  I  capi- 
tolo ,  materie  da  scrivere  ,  pietre  ,  metalli  ,  cera  ,  legno  , 
papiro,  cuoio  ec.  pag.  37-123.  Cap.  11.  Sesto  dei  libri  e 
dei  documenti,  pag.  123  169 -,  Cap.  III.  Materiali  ed  uso 
fattone,  pag.  170-264-,  Cap.  IV.  Modi  di  trattare  le  scrit- 
ture, pitture,  legature,  falsificazioni,  pag.  264-350  -,  Cap.  V. 
Le  varie  classi  degli  scrittori  ,  monaci  e  secolari ,  pa- 
gine 350-418  \  Cap.  VI.  Commercio  librario,  pag.  418  481  •, 
Cap.  VII.  Biblioteche  ed  Archivi  pag.  481-547.  Un  indice 
copioso  termina  il  bello  quanto  utile  lavoro. 

L'istesso  autore,  prof,  già  a  Heidelberga  ora  a  Ber- 
lino, pubblicò  delle  Lezioni  sulla  Paleografia  latina  e 
greca,  quest'ultime  corredate  di  tavole. 

WELLER  vedi  Kausler. 

i 

WESSELY,  J.  E.  ,  Die  Gestalten  des  Todes  und  des  Teufels  in  der 
darstellenden  Kunst.  (Le  figure  della  morte  e 
del  diavolo  nell'arte.)  Lipsia,  1876,  12mo.  con 
incisioni  all'acqua  forte  e  in  legno. 

WICHERT,  Th.  P.  A.  ,  Die  Wahl  Lothars  III,  zum  teutsehen 
Kónige.  (L'elezione  a  Re  di  GJermania  di 
Lotario  III.) 

Memoria  contenuta  nelle  Forschungen  zar  teutsehen 
Geschichte  voi.  XII  ,  (1872)  pag.  55-112.  Tratta  dell'eie- 


350  SCRITTORI   TEDESCHI 

zione  di  Lotario  di  Supplinburgo  duca  di  Sassonia  avve- 
nuta dopo  la  morte  di  Arrigo  V,  ultimo  della  casa  di  Fran- 
conia  (23  maggio  1125)  e  contrastata  da  Federigo  di  Ho- 
benstaufen  ,  secondo  duca  di  Svevia  di  sua  casa.  Giorno 
dell'elezione  ,  30  agosto.  La  prima  parte  del  lavoro  con- 
tiene la  critica  delle  fonti ,  Narratio  de  electione  Loiharii, 
Mon.  Germ.  hist.  XII,  Annales  Stadenses  ib.  XVI,  Or- 
derici  Vitalis  hist.  eccl.  e  Chron.  Cass.  Mon.  g.  b.  VII. 
La  II  parte  molto  più  ampia  espone  le  condizioni  politicbe 
al  tempo  dell'elezione  ,  e  il  nuovo  modo  in  essa  seguito. 
Vedi  Bibliografia  all'art.  Japfé,   e  Suppl.  X  all'art. 

GlESEBRECHT.   -  Vedi  BbRNHEIM. 

WINCKLER ,  A.  Gregor  VII  und  die  J^ormaHree/j.  (Papa  Gre- 
gorio "VII  e  i  Normanni.)  Berlino,  1875',  8vo. 
Opuscolo  facente  parte  dei   Wissenschaftliche  Vortrdgc 
(Lezioni  scientifiche)  dei  prof.  Virchovv  e  de  Holtzen- 
dorpf  ,  Num.  234. 

Di    Gregorio    VII  in  gioventù    tratta    la    memoria  di 
0.  Delarc  :  Hildebrand  jusqu'à  son  Cardinalati  nel  gior- 
nale :   Correspondant,  1874,  Num.  2,  3. 
WITTE  Vedi  Dante. 

WOLLSCHLAGER,  C.  S.,  Die  Zeitreihe  der  Pàpste  bis  auf  die 
Gegenwart.  (d'ortologia  dei  pontefici  sin 
ai  giorni  nostri.)  Eisenach,  1873. 

WORTHMANN  vedi  Boehmer. 

ZOPFEL,  R.  ,  Bis  in  welches  Jahrhutidert  hinauf  lassù  sich  die  Ce- 
remouie  der  Papstkrùnung  verfolgen  ?  (Sino  a  qual 
secolo  pnò  rintracciarsi  la  cerimonia 
della  poiitifieia  incoronazione  *?  ) 

Memoria  contenuta  nella  Zeitschrift  fùr  Kirchenrecht 
dei  prof.  Dove  e  Friedberg,  Voi.  XIII.  (Tubinga,  1875. 

Vedi  intorno  alla  dotta  opera  del  medesimo  autore 
sulle  elezioni  pontificie,  all'art.  ZoPFEL,  Nut.  bibliografe 
Suppl.  X. 

ZUR  GESCHICHTE  der  Heidelberger  Bibtiotheca  palatina.  (In- 
torno alla  Storia  della  Biblioteca  pa- 
ladina di  Heideloex-gxt.) 

Articolo  inserito  nella  Alhjemeine  Zeitung  ,  1876, 
Num.  30.  31. 

Vedi  Bibliografia  agli  art.  Theiner,  Wilken  ,  e  nel 
Suppl.  X,  all'art.  Bahr. 


SULLE   STORIE   ITALIANE 


351 


INDICE  DEI  NOMI  E  DELLE  COSE. 


Abshurgo  ,  Rodolfo  d\  V.  Hirn. 

Adriano  I ,  pontefice ,  v.  Bern- 
heira.  —  VI,  v.  Bauer. 

Alenino  ,  v-  Jaffé  ,  Monumenta. 

Alessandro  III,  pont.  v.  Kernel', 
Lang. 

VI,  v.  Brosch. 

Alfieri,  famiglia  ,   v.  Reumont. 

Altieri,  Marcantonio,   v.  id 

Annali  dell'  Impero  Romano-Ger- 
manico .  v.  liirsch. 

Aquino  ,  San  Tommaso  d',  v.  Bau- 
mann. 

Architettura  cristiana  antica  ,  v. 
Stockbauer. 

Arco  ,  Carlo  d' ,  v.  Reumont. 

Arrigo  II,  imp.  v.  Hirsch. 

—  ///,  v.  Steindorff. 

—  IV  e   V,  v.  Mùcke. 

—  VII,  v.  Kònig. 

Arrotino  ,  statua  dell'  ,  v   Kinkel. 
Aspelt    Pietro  d' ,  arcivescovo   di 
Magonza,  v.  Konig. 

Benevento  ,  città,  v.  Gregorovius. 

Berengarii  gesta,  v.  Bernheim. 

Bernardino  da  Siena  ,  San ,  v. 
Toussaint. 

Biblioteca  Palatina  di  Heidelberga, 
v.  Zur  Geschichte. 

Bologna,  torri  di,  v.  Gregorovius- 

Bonaini ,  Francesco ,  v.  Reumont. 

Borgia  ,  Lucrezia  ,  v.  Brosch ,  Hil- 
lebrand 

Bramante  ,  v.  Geymùller. 

Brigida,  Santa,  v.  Hammerieh. 

Bronzi  dell'epoca  del  Rinascimen- 
to, v-  Tei  ri  eh. 

Buonarroti,  Michelangelo,  v. 
Lang,  Reumont,  Springer. 

Camilli,  C,  v.  Krafft. 
Campoformio,  trattato  di,  v.  Hùlfer. 
Capponi  ,    Gino  ,     v.     Hillebrand  , 

Reumont. 
Carducci  ,  Giosuè,  v.   Hillebrand. 
Curio  IV,  imperatore.,  v.  Bòhmer. 
Carlo  Borromeo,  San,  v.  Lossen. 
Cavour,  Camillo,  v.  Lana. 

—  famiglia,  v.  Reumont. 
Cenci ,  Beatrice  .  v.  F    II. 
Collegio  elettorale    germanico,  v. 

Langhans. 


Compagni ,  Dino  ,  v.  Scheffer-Boi- 

chorst. 
Concilio  Basileense  ,  v.  Schroller. 

—  Tridentino  ,  v.  Dòllinger. 

—  (Conciliabolo)  Pisano  del  1511, 
v.  Leumann. 

Contar/ni,  Gaspero ,  v.  Christoffel. 

rorradino  di   Svevia  ,  v.  Eusson. 

Corrado  III,  re,  v.  Kern. 

Costituzione  della  spedizione  ro- 
mana ,  v.  Waitz 

Cristina  di  Svezia ,  v.  Reumont. 

Crociate  ,  storia  delle,  v.  Ròhricht, 
Thomas. 

Cronache  e  storie  tedesche  me- 
dioevali ,  v.  Monumenta. 

Curia  romana  ,  cf.  Pontefici. 


Bandolo  ,  Arrigo  ,  v.  Thomas. 

Da -ite  ,  v.  .Caute  ,  Lang. 

Diritto   canonico  ,   Storia  del ,  v. 

Schulte. 
Donatello ,  v.  Semper. 

Eboli  ,  Pietro  d' ,  v.  Hagen. 

Federigo  I  imperatore  ,  v.  Prutz. 

—  II  imp.  v.  Schirrmacher. 
Firenze  ,  Musei  di ,  v.  Grimm 

—  S.  Lorenzo  ,  sepolcri  lorenesi , 
v.  Reumont. 

—  Sepolcri  Medicei  ,  v.  Grimm, 
Reumont. 

—  Società  e  corte  sotto  i  due  pri- 
mi granduchi  di  Lorena-Absbur- 
go,  v.  Reumont. 

—  Storia  primitiva,  v.  Hartwig, 
Scheffer-Boichorst. 

Floris,  Gioacchino  de,v.  Schneider. 

Galilei ,  Galileo ,  v.  Gebler. 
Giorgione  ,  v.  Schaufuss. 
Giusti,  Giuseppe,  v.  Heyse. 
Giustinian,  Autonio,  v.  Reumont. 
Gregorio     VII ,  v.    Dùntzelniann  , 
Meltzer,  Winckler. 

—  XII ,  v.  Sauerland. 
Guerrazzi,  V.  D.,  v.  F.  H.,  Hil- 
lebrand. 

Guntherus  Ligurinus  ,  v-  Pannen- 
borg. 


352 


SCRITTORI   TEDESCHI 


Hohenstaufen ,  ultimi  della  casa 
di  ,  v.  Schirrmacher. 

Imperii  Regesta,  v.  Bòhraer. 
Impero      Romano-germanico  ,    v. 
Giesebrecht. 

—  Costituzione  in  Italia,  v.  Ficker. 
In  nocenzo  XIII  pontefice, v.Maver. 
Italia  ,  guerra  del  1796,  v.  Cornare 

—  1859 ,  v.  Dei*  Krieg. 

—  Movimento  filosofico ,  v.  Hille- 
brand. 

—  letterario  .  v.  id 

—  Provincie  napoletane ,  v.  id 

—  Storia  dell'  arte ,  v.  Forster. 

—  Storiografia  nel  secolo  XIV ,  v. 
Perlbach. 

—  Tavole  storiche ,  v.  Bezold. 

—  Teatro ,  v.  Hillebrand. 
Hai/ani^  nell'unione    provinciale 

Tirolese,  v.  Bidermann 

La  Farina  ,  Giuseppe  ,  v.  Lang. 
Leonardo  da  Vinci ,  v.  Hillebrand. 
Leone  X.  pontefice,  v.  Hafercorn. 
L'i  levatura    latina    cristiana ,    v. 

Ebert. 
Libellus  de  imperatoria  potestate , 

v.  Jung 
Lodovico  il   Bavaro ,  v.  Riezler. 
Longobardi ,  lingua  dei,  v.  Bluhme. 
Lotario  III  imperatore  ,  v.  Bern- 

heim ,  Wichert. 
Lunigiana,  Bibliografia  della,  v. 

Reumont. 

Machiavelli ,  Niccolò ,  v.  Hille- 
brand .  Tu  esten. 

Magrini ,  Antonio  ,    v.   Reumont. 

Maiano  .  Vincigliata,  Scttignano, 
v.  id. 

Mantegna  ,  Andrea  .  v.  Lange. 

Manzoni^  Alessandro,  v.  Hille- 
brand ,  Lang. 

Marcovaldo  d'Anweiler ,  v.  Mayr. 

Marsilio  da  Padova,  cf.  Pontefici. 

Massimiliano  I.  imperatore  ,  v. 
Klùpfel. 

Matilde  ,  Contessa ,  v  Kern. 

Medici,  Granduchi  di  casa,  v. 
Reumont. 

—  Lorenzo  il  Magnifico,  v.  Fren- 
zel ,  Hillebrand. 

Messina,  sommossa  del  1674-1G7S. 
v    Hillebrand. 

Mezzeria  toscana  ,  v.  id. 

Miti  italici,  v    Usener. 

Morte,  ligure  della,  e  del  diavo- 
lo ,  v.  Wessely. 

Musica  e  compositori  italiani,  v. 
Naumann. 

Napoleone  Bonaparte  ,  cf.  Campo- 
formio. 


Norberto  ,  San  ,  v.  Beruheim. 
Normanni,  v.  Winckler. 

Ochino,  Fra  Bernardino  da  Siena, 

v.  Benrath 
Ottone  I,  imperatore  ,  v.  Hirsch. 

—  Ili ,  v.  Kern. 

—  IV,  e  la  Santa  Sede  ,  v.  Waitz. 

—  di  Brunsvick ,  principe  di  Ta- 
ranto v.  Waschow. 

—  Frisingense ,  v.  Prutz. 

Palermo  ,  cattedrale ,  v.  Becker. 

Palestrina ,  Gio.  Pierluigi  da  ,  v. 
Bill,  Naumann. 

Passerini  e  Pilli  ,  storia  dei  ,  v. 
Reumont. 

Pataria  ,  v.  Krùger. 

Perugia  ,  Collegio  del  Cambio ,  v. 
Hillebrand,  Reumont. 

Petrarca  ,  Francesco  ,  v.  Geiger  , 
Hillebrand. 

Piero,  San  Damiani,  v.  Neukirch. 

Pietro  Apostolo  ,  San ,  e  il  suo 
soggiorno  a  Roma  ,  v.  Lang. 

Pisa ,  Annali ,  v.  Scheffer. 

Pletone  ,  G.  Gemisto  ,  v.  Schultze. 

Pontefici ,  elezione  ed  incoronazio- 
ne de',  v.  Lindner,  Muhlbacher, 
Oesterreich,  PapstwahJ ,  Zópffel. 

—  Storia  de' ,  v.  H.  M.  F.  ,  Pott- 
hast ,  Wollschlàger. 

—  curia  romana  ,  v   Markgraf. 

—  avversari  letterari  al  tempo  di 
Lodovico  il  Bavaro  ,  v   Riezler. 

Pordenone  ,  G.  A.  Licinio  ,  v. 
Forster. 

Promis,  Carlo,  v.  Reumont. 

Puglia  ,  città  della  (  Lucerà  ,  Man- 
fredonia e  Monte  Gargano,  An- 
drin  e  Castel  del  Monte  )  v.  Gre- 
gorovius. 

Radevico ,  storico,  v.  Prutz. 
Raffaello    Sanzio  ,  disegni  per  la 
Basilica  Vaticana,  v.  Geymùllsr. 

—  ritratti ,  v.  Grimm. 

—  Sistina    Madonna)  v.  Reumont. 

—  Stanza  dell'  I  liodoro  ,  v.Gruner. 

na,  v.'  Prutz. 
Rìl/i ,  cf.  Passerini. 
Rin<:scimento ,    Storia    letteraria 

del  .  v.  Geiger. 
Rodolfo  ,  cf.  Absburgo 
Roma,  Basiliche  antiche,  v   Hes- 

sel  ,  Richter. 

—  Campagna  ,  v   H.  F.,  Hillebrand. 

—  Chiesa  dell'Anima,  \.  Liber 
confraternitatis. 

—  S  Pietro  in  Vaticano,  v.  Gey- 
muller. 

—  Spedale  di  S.  Spirito,  v.  Klein- 
paul. 


SULLE   STORIE    ITALIANE 


353 


Roma  nelle  sue  relazioni  cogli  Stati 

italiani ,  v    Baumann. 
Romanzo    storico,  v.  Hillebrand. 

Saluz:o,  Marchesi  e  signori  di, 
v   Reumont 

Santi  ,  Lodovico  ,  v.  id. 

Savonarola  ,  v   Huber  ,  Lang. 

Scaramuzza,  v.  Dante. 

Scienza  legale  e  giudici  eruditi, 
v.  Stòlzel 

Scrittura  medioevale  ,  v.  Watten- 
bach. 

Stein,  I)  Barone  de,  e  i  Monu- 
menta Germaniae  historica ,  v. 
Monumenta. 

Storia  medioevale  germanica,  v.  id. 

Teodorico    da    Nieheim    (  Niem  ) 

v   Sauerland. 
Tiziano  Vecellio ,  v.  Forster. 


Tolomeo  da  Lucca ,  v.  Krùger. 

Tommmasèo  ,  Niccolò  ,  v.  Hille- 
brand, Reumont. 

Toro  Farnese,  v    Kinkel. 

Toscana  ,  storia  sotto  il  governo 
Mediceo  ,  cf.  Medici- 

Umbria  ,  arte  nell' ,  v.  Forster , 
Reumont. 

Valdesi ,  storia  dei,  v.  Preger. 
Vinceslao ,  re,  v.  Lindner. 
Venezia,    Fondaco   de' Tedeschi , 

v.  Thomas. 
—    S.    Marco .    v.    Peyer-Jm-Hof 
Vergerlo  ,  Pietro  Paolo  ,  v.  Kaus- 

ler. 
Violino ,  fabbricatori  del,   v.  Wa- 

sielewski. 

Winchelmann  ,  v.  Starck. 


Arch.,  3>  Serie,  Tom.  XXIV. 


23 


Notizie    Vai\ie 


Deputazione  veneta  di  storia  patria.  —  I  progressi  politici  van- 
no aumentando  il  bisogno  e  l'amore  degli  studi  storici.  Onde  ovunque 
in  Italia  e  fuori  desterà  vivo  interesse  V  annuncio  della  fondazio- 
ne e  dello  sviluppo  d'una  Società  veneta  per  gli  studi  della  storia  di 
quella  regione.  Ricchissima  di  storia  intorno  a  Padova,  Verona  ed 
Aquileia  nei  tempi  antichi,  intorno  specialmente  a  Venezia  nel  medio 
evo  e  sino  al  secolo  nostro.  Perchè  Roma,  Firenze  e  Venezia  sono  i 
massimi  archivi  della  storia  medievale  della  civiltà  cristiana,  e  Ve- 
nezia pei  commerci ,  sino  alla  scoperta  dell'America  fu  il  perno  del 
mondo,  per  le  libertà  italiane  sino  alla  lega  di  Cambray  fu  il  faro 
dei  popoli  italiani. 

Da  quando  Apostolo  Zeno  nel  1697  divisò  la  raccolta  di  erudizione 
storica  che  fu  guidata  dal  Muratori,  la  storia  veneta  venne  illustrata 
da  una  folla  di  dotti,  e  pei  tempi  a  noi  vicini,  centinuata  da  Cicogna, 
da  Sagredo ,  da  Bianchi,  da  Orti,  da  Picana ,  da  Rossi,  da  Oadorin, 
da  Lazzari ,  da  Leoni ,  da  Gar  ,  da  Romanin  ,  da  Rerchet,  da  Valenti- 
nelli,  da  Barozzi,  da  Cecchetti,  da  Toderini,  da  Fulin  ,  da  Stefani  e 
da  altri.  Onde  poteva  parere  inutile  la  fondazione  di  Società  speciale 
per  gli  studi  di  storia  patria.  Se  non  che  era  desiderato  che  in  tanti 
studi  eccitanti  sempre  più  la  curiosità  della  repubblica  letteraria  si 
ponesse  ordine,  armonia  e  complemento,  e  che  alle  fonti  di  Venezia 
si  ordinassero  quelle  delle  città  che  prima  le  furono  madri ,  indi 
ancelle  ad  alleate.  Ed  il  ministro  Scialoia  interpretando  quel  desiderio 
il  5  Marzo  del  1873  scrisse  al  Mayr,  allora  Prefetto  di  Venezia,  che 
vedesse  modo  a  tradurre  in  fatto  il  pensiero  d'una  Società  veneta  per 
gli  studi  di  storia  patria-  Ed  il  Mayr,  consultati  Fulin,  Stefani,  Va- 
lentinelli ,  Toderini ,  Barozzi ,  e  con  quelli  ottenute  offerte  di  concorso 
di  L.  2,000  dal  Governo ,  di  10,000  da  Venezia  Provincia ,  di  5,000 
da  Venezia  Municipio,  di  5,000  da  Padova,  di  1,500  da  Treviso,  oltre 
concorsi  minori,  il  20  Maggio  del  1874  vide  fondata  solennemente  in 
Venezia  la  Società  con  adesioni  e  rappresentanze  di  tutte  le  cittì  ve- 
nete. Società  che  il  3  Giugno  successivo  approvò  lo  Statuto  preparato 
dai  promotori,  e  che  elesse  a  sede  le  sale  generosamente  offerte  nella 
Fondazione  Quirini  Stampal'ia. 

Quello  Statuto  dice:  La  Deputazione  veneta  di  storia  patria  si 
occupa  di  tutto  ciò  che  serve  ad  illustrare  la  storia  della  repubblica 
di  Venezia,  e  delle  singole  citta  e  Provincie  che  la  costituiscono,  e  che 


NOTIZIE   VARIE  355 

formano  parte  della  regione  veneta.  La  Deputazione  elesse  a  suo  Pre- 
sidente il  Coram.  Giovanni  Cittadella,  a  Vice  Presidenti  De  Leva  e 
Fulin  ,  a  Consiglieri  Stefani,  loppi,  Barozzi,  Marti  nati  ,  Caccianiga, 
ed  a  segretario  Berchet.  Si  compose  poi  di  35  Soci  ordinari,  di  15 
Soci  esteri  onorari,  di  \2  onorari  nazionali,  di  17  corrispondenti  esteri 
e  di  17  corrispondenti  nazionali. 

Giambattista  Carlo  Giuliari  da  Verona  membro  della  Delegazione 
consiglia:  che  ogni  Provincia  veneta  compili  1°  un  Regesto  cronolo- 
gico dei  documenti  della  sua  storia ,  editi  ed  inediti  ;  2°  Un  Elenco 
degli  Statuti  ;  3°  una  Bibliografia  storica  ;  4°  una  descrizione  degli 
incunaboli  della  stampa  patria  ;  5°  la  bilioteca  degli  scrittori  patrii  ; 
6°  la  raccolta  delle  inscrizioni;  7°  l'elenco  delle  medaglie,  delle  mo- 
nete ,  dei  sigilli  ;  8J  l' illustrazione  delle  gallerie ,  dei  musei ,  delle 
pinacoteche.  Ed  accennò  i  molti  lavori  già  fatti  ed  avviati  a  Verona 
a  tali  scopi. 

Federigo  Stefani  designò  precisamente  l' indirizzo  che  intende  pi- 
gliare la  Deputazione.  Raccogliendo  e  pubblicando  Statuti  delle 
città  —  Cronache  locali  —  Bibliografia  storica.  La  Deputazione  prese 
a  dare  saggio  della  sua  attività  pubblicando  a  Venezia  nella  pri- 
mavera del  1876  il  Voi.  I  in  4°  dei  tiegesti  dei  libri  Commemori  ali 
di  Venezia.  E  promise  colPopera  del  Gloria  l'edizione  del  Codice  di- 
plomatico di  Padova ,  di  cui  il  primo  tomo  giungente  al  1200  deve 
comparire  pure  entro  quest'anno.  Ed  essere  prodromo  a  quello  di 
Venezia.  Intanto  che  Bertoldi  va  mettendo  in  ordine  per  la  stampa 
gli  Statuti  di  Verona ,  e  Bailo  i  ricchissimi  trevigiani.  Vorrebbe  la 
Deputazione  pubblicare  eziandio  le  Cronache  in  ordine  di  tempo  e  di 
luogo,  anche  le  già  edite  ripulendole,  e  riscontrandole  ed  illustrandole 
parcamente  ove  convenga.  Sarebbe  lietissima  di  dare  gli  importantis- 
simi Diarii  di  Marin  Sanudo,  se  gliene  bastassero  le  forze.  Che  sono 
gracili  ancora  avvegnaché  al  1  Maggio  del  1876  avesse  solo  il  ci- 
vanzo  di  L.  4518. 

Il  Presidente  nella  seduta  solenne  di  inaugurazione,  commemorato 
Gino  Capponi  quasi  un  saluto  di  Venezia  alla  fida  sorella  ,  Firenze, 
riassunse  la  vita  politica  ed  economica  di  Venezia ,  dove  1'  unità  era 
simboleggiata  dal  Doge;  la  sovranità  riassumevasi  nel  Maggior  Con- 
siglio ,  la  politica  nel  Senato ,  la  giustizia  nelle  Quarantie,  la  marina, 
la  industria  1'  agricoltura  ed  il  commercio  nei  vari  ordini  di  Savii. 
Dove  erano  esclusi  i  duelli  ,  i  giudizi  di  Dio ,  i  feudi  ,  dove  era  fre- 
nato il  Clero.  E  tentò  richiamare  Venezia  alla  attività  che  la  rese 
già  unica  ,  facendole  balenare  agli  occhi  lo  specchio  di  Genova  odierna. 

G.  Rosa. 

Una  nuova  edizione  del  Vasari.  —  Questa  nuova  edizione  che 
si  fa  dall'editore  G.  C.  Sansoni   è  affidata  alle  cure  di  Gaetano  Mi- 


356  NOTIZIE   VARIE 

lanesi  e  di  Carlo  Pini.  Crediamo  non  lontana  la  pubblicazione  del 
primo  volume.  E  si  può  dire  fin  d'  ora  che  riuscirà  opera  di  gran 
pregio  da  chi  sa  come  il  Milanesi,  coadiuvato  dal  Pini,  non  ha  cessato 
di  raccogliere  con  amore  e  costanza  fatti  e  documenti  concernenti 
alla  storia  dell'arte  italiana. 

Epistolario  dì  F.  D.  Guerrazzi.  —  Il  tipografo  editore  livornese 
signor  Francesco  Vigo,  che  -fa  onore  all'arte  italiana  stampando  bene 
libri  buoni ,  s'  è  proposto  di  pubblicare  quante  più  lettere  gli  sarà 
possibile  raccogliere  di  F.  D.  Guerrazzi,  pensando  che  possano  essere 
documenti  non  solo  per  la  vita  dell'  illustre  scrittore,  ma  anche  per 
la  storia  letteraria  e  politica  del  nostro  secolo.  Ne  ha  affidata  la 
cura  e  la  direzione  al  prof.  Giosuè  Carducci.  Siccome  il  signor  Vigo 
non  è  mosso  a  ciò  dall'amore  del  guadagno ,  non  dubitiamo  che  al- 
l' invito  suo  risponderanno  volentieri  quelli  che  del  Guerrazzi  possie-  « 
dono  lettere  che  meritano  di  esser  conosciute. 

Archivio  Storico  Abruzzese.  —  Sarà  una  raccolta  di  scrittori  e 
di  documenti  che  s'è  proposto  di  mettere  in  luce  il  signor  Giuseppe 
Pistelli  professore  di  Storia  nel  R.  Liceo  di  Teramo.  Egli  ha  già  co- 
minciato a  dare  effetto  al  suo  proponimento  colla  pubblicazione  di  un 
fascicolo  della  Storia  di  Teramo,  scritta  in  forma  di  dialogo  da  Muzio 
Muzii.  Terminata  la  stampa,  noi  parleremo  di  questo  libro  nel  quale, 
giudicandolo  dalle  132  pagine  fino  ad  ora  stampate,  si  troveranno 
molte  e  curiose  notizie  da  avvantaggiarsene  la  storia,  colle  tradizioni, 
i  giudizi  e  1  pregiudizi  che  pur  giova  conoscere  per  avere  piena  co 
gnizione  della  vita  dei  popoli  italiani. 

Una  nuova  Storia  di  Firenze.  —  Il  signor  G.  Monod  nella  Re- 
vue  historique  annunzia  la  prossima  pubblicazione  di  una  parte  della 
Storia  di  Firenze,  a  cui  attende  da  qualche  tempo  il  signor  Perrens. 
Avendo  egli  potuto  anticiparne  la  cognizione,  ne  dice  molto  bene ,  e 
crede  di  far  torto  all'autore  affermando  semplicemente  che  è  supe- 
riore ai  libri  di  Mme  Allart,  del  Trollope  o  del  Capponi  (son  parole  del 
signor  Monod).  Aggiunge  :  «  il  traite  pour  la  première  ibis  d'  un  ma- 
nière developpée  la  question  si  compliquée  des  origines  de  la  con- 
stitution  fiorentine  sur  laquelle  Capponi  a  passe  si  legérement  ». 
Quanto  al  merito  grande  che  si  acquisterà  còlla  nuova  opera  il  si- 
gnor Perrens  desideriamo  ,  per  amor  della  scienza,  che  si  confermi 
1'  annunzio.  Rispetto  al  giudizio  intorno  al  Capponi,  ci  permetta  il 
signor  Monod  di  dubitare  che  egli  abbia  consenzienti  tutti  quelli  che 
hanno  studiato  la  Storia  della  Repubblica  di  Firenze. 

Ricerche  negli  Archivi  Italiani.  —  Il  signor  R.  Brown  ha  continuato 
il  sesto  volume  del  Calendar  of  State  papers  preserved  in  the  Ve- 


NOTIZIE    VARIE  357 

netian  archives  fino  all'  anno  1 556  ;  e  ha  trasmesso  alla  Società 
storica  di  Londra  parecchie  copie  di  documenti.  Il  signore  J.  Stevenson 
attende  in  Roma  a  cercar  documenti  per  la  storia  inglese,  al  Vaticano 
e  nelle  altre  biblioteche. 

Le  opere  di  B.  Borghesi.  —  La  stampa  delle  opere  dell'insigne 
erudito  italiano,  ordinata  dall'imperatore  Napoleone  III  e  interrotta 
per  causa  delle  grandi  mutazioni  avvenute  in  Francia,  è  stata  ora 
ripresa;  e  non  anderà  ,  crediamo,  molto  in  lungo  la  pubblicazione 
del  nono  volume. 

Scuola  francese  di  Roma.  — L'Ab.  Duchesne  ha  mandato  una  disser- 
tazione latina  intorno  a  Macario  Magnete,  apologista  del  terzo  secolo  ; 
uno  studio  sulle  origini  della  leggenda  di  sant'Alessio  e  del  suo  culto  sul 
monte  Aventino  ;  un  catalogo  ragionato  dei  manoscritti  greci  posse- 
duti da  Pioli,  oggi  alla  Vaticana,  e  una  copia,  tratta  da  un  ms.  della 
Vallicelliana,  delle  vite  inedite  dei  papi  da  Gregorio  XI  a  Pio  II.  Il 
signor  Bloch  ha  mandato  un  commentario  d'alcune  iscrizioni  romane: 
il  signor  Clédat ,  lettere  inedite  di  Diana  di  Poitiers  al  cardinale  Ca- 
ra.la  nipote  di  Paolo  IV  dal  1556  al  1558,  una  notizia  del  museo  di 
scultura  del  cardinale  Du  Bellay  a  Roma  nel  secolo  XVI,  e  finalmente 
un  esame  comparativo  del  ms.  chigiano  del  Mistero  provenzale  di 
s.  Agnese  coll'edizione  fattane  a  Berlino  nel  1869  dal  signor  Bartsch . 
Il  signor  Muntz  s'è  occupato  in  raccogliere  documenti  inediti  per 
una  storia  delle  arti  alla  corte  dei  papi  nella  seconda  metà  del  Quat- 
trocento e  nella  prima  metà  del  secolo  seguente. 


NECROLOGIE 


GIUSEPPE     FERRARI. 

E  difficile  a  noi  scrivere  convenientemente  di  Giuseppe  Fer- 
rari, del  quale  nel  passato  fascicolo  annunziammo  la  morte  ac- 
caduta in  Roma  nel  luglio  scorso.  La  via  che  egli  tenne  nella 
ricerca  e  nel  giudizio  dei  fatti  umani  è  tanto  dalla  nostra  dif- 
forme, i  criteri  sono  così  diversi,  che  temiamo  di  non  essere 
giusti  apprezzatori  del  suo  ingegno  e  dei  suoi  lavori  storici.  Ciò 
nondimeno  siccome  la  storia  fu  argomento  delle  sue  opere  mag- 
giori, così  ci  sembra  che  per  questo  solo  non  potremmo  tacere 
di  lui  senza  vergogna  ;  tanto  più  che  egli  ebbe  per  noi  da  molti 
anni  schietta  benevolenza,  e  lodò  gli  intendimenti  di  questo 
Archivio  Storico,  e  ne  incoraggiò  la  prosecuzione.  Scriveremo 
adunque  di  lui  con  riverente  affetto ,  e  se  le  nostre  parole 
non  saranno  eco  di  quelle  enfatiche  laudazioni  che  si  udirono 
sul  suo  sepolcro,  avranno  almeno  il  pregio  di  quella  indipendenza 
della  quale  il  Ferrari  ci  diede  in  vita  bellissimi  esempi,  riven- 
dicandola sempre  intiera  ed  assoluta  per  sé ,  ma  non  negandola 
mai  a  chi  dissentiva  da  lui. 

La  vita  esteriore  di  Giuseppe  Ferrari  può  compendiarsi  in 
breve  discorso  (1).  Nato  a  Milano  il  7  di  marzo  del  1811  da  fami- 
glia civile  ed  agiata,  fino  dai  primi  studi  mostrò  svegliatezza  d'in- 
gegno. Nel  Liceo  milanese  di  Sant'Alessandro  attese  alle  lettere, 
nel?  Università  di  Pavia  alla  giurisprudenza,  Presto  si  fece  co- 
noscere scrittore  e  pensatore  che  usciva  dalle  vie  battute,  e 
nel  1835  pubblicò  uno  studio  sulla  mente  di  G.  D.  Romagnosi 
e  le  opere  scelte  di  G.  B.  Vico,  con  un  prodromo  che  per  quanto 
scritto  in  età  giovanile,  è  rimasto  sempre  Tino  dei  suoi  lavori  di 
maggior  pregio.  Ma  le  condizioni  dell'  Italia  d'allora,  mettevano 
al  suo  ingegno  pastoie  che  egli  non  era  fatto  per  tollerare.  Ab- 
bandonata volontariamente  la  patria,  andò  in  Francia  nel  1837 

(l)  Le  notizie  di  fatto  sulla  vita  di  Giuseppe  Ferrari,  abbiamo  tratte 
da  un  elogio  che  ne  scrisse  con  affettuosa  ammirazione  il  suo  discepolo 
A.  Mazzoleni.  -  Milano,  Tip.  Sonzogno,  luglio  1876. 


GIUSEPPE   FERRARI  359 

a  cercare  aria  più  spirabile  ;  e  la  Francia  divenne  sua  patria  di 
adozione. 

Vinta  per  concorso  una  cattedra  di  filosofia  nel  Collegio  di 
Rochefort,  fu  sospeso  dall'  insegnamento  per  l'audacia  della  sua 
dottrina.  Un  anno  appresso  ebbe  nomina  di  professore  di  filo- 
sofia nell'Università  di  Strasburgo  dal  ministro  V.  Cousin,  che 
nel  suo  eclettismo  comprendeva  ogni  cosa,  ma  venne  espulso  poco 
dopo  da  Villemain  che  eragli  succeduto  nel  ministero.  Egli  però 
difese  arditamente  le  sue  interpretazioni  platoniche  dalle  accuse 
della  parte  oltramontana  che  se  ne  valeva  per  osteggiarlo  ;  e  ciò 
valse  a  dargli  nome  a  Parigi,  ove  ogni  opposizione  trova  seguito, 
ogui  perseguitato  difensori.  La  Rc'vue  des  deux  mondes  lo  ammise 
fra  i  suoi  scrittori,  ed  ivi  combattè  il  nuovo  indirizzo  dato  alle 
aspirazioni  italiane  dal  Gioberti  e  dal  Balbo.  In  quel  tempo 
pubblicava  un  libro  sulla  filosofia  della  Storia,  nel  quale  è  il 
germe  delia  dottrina  che  svolse  poi  in  altri  lavori.  Nel  1848 
tornò  in  Italia,  ma  come  le  cose  si  avviavano  contro  i  suoi  con- 
cetti ,  riprese  la  via  della  Francia.  Dopo  la  rivoluzione  di  feb- 
braio, il  ministro  Carnot  lo  restituì  alla  cattedra  di  Strasburgo, 
e  da  questa  passò  a  Bourges,  dove  fu  sospeso  per  aver  censurato 
pubblicamente  la  spedizione  di  Roma.  Venuto  l' Impero,  non  volle 
più  sapere  di  uffici  pubblici,  e  visse  in  Francia  libero  scrittore, 
pubblicando  la  Filosofia  della  rivoluzione,  e  la  Storia  delle  rivolu- 
zioni d' Italia.  Gli  avvenimenti  del  1859  lo  ricondussero  in  patria, 
e  sebbene  fieramente  avverso  all'unità  sancita  dai  plebisciti,  si 
giovò  della  larghezza  delle  nuove  istituzioni  per  esplicare  libe- 
ramente le  sue  opinioni  filosofiche  e  politiche,  dalla  tribuna  par- 
lamentare, dalla  cattedra  e  cogli  scritti.  Le  opere  da  lui  pub- 
blicate dopo  il  1860,  sono  l' Ilistoire  de  la  raison  d'  Etat,  la  Chine 
et  V  Europe,  la  Teoria  dei  periodi  'politici  ed  alcuni  saggi  del- 
V Aritmetica  nella  Storia  che  lasciò  compiuta  nel  manoscritto. 
Fu  deputato  del  collegio  di  Gavirate  Luino,  e  sebbene  nella  Ca- 
mera facesse  parte  da  sé,  pure  nei  voti  e  nei  discorsi  consentiva 
spesso  colla  sinistra.  Oratore  facile,  impetuoso,  spesso  eccentrico, 
fu  sempre  ascoltato  con  rispetto.  Libero  insegnante  a  Torino,  a 
Milano  ed  a  Roma,  attirava  molta  gioventù  con  la  nuovità  dei 
concetti  e  colla  ardente  parola.  Era  entrato  da  pochi  mesi  in 
Senato  ove  fu  accolto  con  benevolenza  e  presto  seppe  cattivarsi 
l'animo  di  tutti,  quando  mancò  a  Roma  per  morte  improvvisa 
la  notte  del  2  di  luglio.  Alla  pompa  civile  del  suo  trasporto 
funebre  assisterono  uomini  d'ogni  partito  ;  ed  anche  quelli  i  quali 


360  GIUSEPPE    FERRARI 

non  consentivano  con  lui  vollero  rendere  gli  ultimi  onori  al  suo 
ingegno  ed  alla  rettitudine  della  sua  vita. 

Analizzare  le  opere  di  Giuseppe  Ferrari,  anche  distinguendo 
in  lui  il  filosofo  dal  pubblicista,  sarebbe  fuori  dei  termini  che 
intendiamo  di  dare  a  questo  cenno  necrologico.  Piuttosto  voglia- 
mo provarci  a  determinare  la  natura  della  sua  mente ,  per  tro- 
vare la  ragione  dei  pregi  e  dei  difetti  dei  suoi  scritti ,  senza 
tacere  delle  nobili  qualità  del  suo  animo  che  davano  risalto  al- 
l'ingegno. 

L'educazione  intellettuale  del  Ferrari  era  stata  in  tutto 
francese.  La  filosofia  del  secolo  XVIII  aveva  cancellato  in  lui 
ogni  rispetto  alle  dottrine  tradizionali,  e  l'aveva  preparato  ad 
accogliere  tutte  le  audacie  ideali  del  secolo  XIX ,  che  la  Fran- 
eia  si  era  assunta  l'ufficio  di  volgarizzare  per  uso  e  consumo  del 
rimanente  d'  Europa.  Il  dubbio  d'  Hume  lo  avea  sciolto  da  ogni 
fede ,  ed  egli  si  era  lanciato  ignudo  nell'oceano  del  pensiero  , 
come  nuotatore  robusto  che  spera  toccare  lidi  sconosciuti.  Lo 
scetticismo  che  prostra  l'animo  dei  più ,  aveva  rilevato  il  suo , 
dandogli  la  forza  d'un  dogmatismo  individuale  assoluto  e  convinto 
di  se  stesso.  Fatte  le  prime  grandi  negazioni,  cominciarono  per 
lui  le  affermazioni  di  una  dottrina  positiva  che  abbracciava  il 
passato  il  presente  e  l'avvenire  dell'umanità.  Quello  che  distrug- 
geva con  una  mano  tentava  di  riedificarlo  coll'altra  ;  diversissimo 
in  questo  da  molti  filosofi  della  scuola  critica  moderna  che  vi- 
vono sul  negativo.  E  ciò  forse  nel  Ferrari  dipendeva  dall'  aver 
sempre  mantenuto  vivaci  gli  affetti  ed  ardente  l'immaginativa  ; 
e  quando  il  cuore  batte  e  la  testa  bolle,  l'uomo  non  può  ras- 
segnarsi a  quella  scettica  indifferenza,  a  quell'egoismo  freddo  ed 
abietto  che  è  l'annientamento  delle  forze  della  mente  e  la 
morto  d'ogni  azione.  L'uomo  che  sente,  quando  non  ha  più 
fede  in  nulla ,  ha  bisogno  di  credere  in  se  stesso ,  nei  concett  i 
della  sua  mente  e  nei  sogni  della  sua  fantasia. 

Anche  nella  forma  dell'ingegno  il  Ferrari  teneva  assai  del 
francese;  né  con  questo  vogliamo  dire  che  mancasse  di  senti- 
mento nazionale  e  di  originalità  propria.  Egli  era  italiano 
di  cuore,  ma  riconoscendo  nella  Francia  il  gran  motore  del 
mondo  moderno,  si  trovava  all'unisono  con  lei,  meglio  che  con  al- 
tra nazione  europea  ;  ed  il  suo  pensiero  assumeva  le  forme  fran- 
cesi come  più  connaturate  al  suo  genio.  Da  ciò  la  sua  predi- 
lezione a  scrivere  in  francese,  non  perchè  ignorasse  la  propria 
lingua  e  la  credesse  male  atta   a   significare   le  idee  moderne. 


GIUSEPPE   FERRARI  361 

Del  resto  al  modo  stesso  che  stava  in  Francia  come  in  casa  pro- 
pria, così  ne  padroneggiava  la  lingua  senza  piegare  l'originalità 
sua  ad  imitazioni  servili.  Nei  suoi  libri  si  può  forse  trovare  qualche 
riflesso  delle  idee  e  delle  forme  del  Quinet,  di  Leroux,  di  Prudhom- 
me;  ma  se  egli  appartiene  a  quella  pleiade  di  scrittori,  non  si  può 
né  confondere  ,  né  assomigliare  a  nessuno  di  loro.  I  francesi  di 
questo  secolo  vollero  elevare  a  dottrina  il  fatto  della  loro  rivolu- 
zione ;  e  ne  trassero  una  specie  di  filosofia  rivoluzionaria  che  dalle 
diverse  fasi  che  ebbe  in  Francia  quell'epoca  memoranda,  deduce 
un  ciclo  fatale,  che  tutti  i  popoli  debbono  percorrere.  Il  Ferrari 
attinse  da  questo  concetto,  lo  ingrandì,  lo  svolse,  ne  fece  l'ani- 
ma di  molti  suoi  libri. 

L' analisi  sottile  dei  fatti  principali  della  storia  lo  conduce 
,i  dedurre  principii  generali  che  talvolta  illuminano  un  vasto 
orizzonte;  ma  più  spesso  la  teoria  è  concepita  dall' imrnagina- 
v.\  ne  prima  dello  studio  accurato    dei    fatti,  i  quali    sono    poi 

innati  a  piegarsi  al  sistema.  Nella  sua  opera  sui  periodi 
storici  delle  rivoluzioni  italiane ,  la  quale  manifesta  un  grande 
studio  delle  storie  municipali,  si  trovano  considerazioni  verissime 
ed  originali ,  concetti  di  larghissima  applicazione  ;  ma  anche  qui 
vengono  spesso  interpretazioni  forzate ,  poiché  una  lunga  serie  di 
fatti  deve  passare  tutta  dalla  cruna  d'  un  concetto  prestabilito. 
Il  suo  metodo  di  cogliere  negli  avvenimenti  certe  analogie  meno 
avvertite,  la  sua  potenza  di  generalizzare  ,  di  chiudere  in  una 
sintesi  ardita  un  gran  numero  di  particolari  storici,  e  l'imma- 
ginativa posta  a  servizio  del  ragionamento,  lo  conducono  talvolta 
ad  alcune  divinazioni  meravigliose  ,  le  quali  se  anche  non  sono 
sempre  logicamente  dimostrabili  ,  non  repugnano  alla  ragione 
delle  cose  ,  e  talvolta  risolvono  un  problema  storico  che  altri- 
menti sarebbe  insolubile.  Nei  suoi  libri  attinenti  alla  storia 
egli  parte  il  più  delle  volte  da  un  principio  vero  e  spesso  da 
una  considerazione  di  senso  comune  ;  ed  è  soltanto  nello  svol- 
gere l 'argomento  che  allargargando ,  esagerando ,  quella  prima 
idea,  cercando  sempre  la  simetria  del  sistema ,  anche  il  vero  si 
altera  e  prende  aspetto  di  paradosso. 

Egli  stesso  si  accorgeva  che  una  scienza  storica  così  scon- 
finata e  senza  postulati ,  non  poteva  aver  saldo  fondamento ,  e 
cercava  in  un  libro  di  segnare  i  limiti  alla  filosofia  della  storia. 
Ma  quando  si  ò  negato  Dio ,  dove  trovare  limiti  \  Come  infre- 
nare F  intelligenza  con  le  leggi  della  dialettica ,  quando  non  si 
riconosce  nulla  al  disopra  dell'uomo  che  possa  avere  autorità  di 


362  GIUSEPPE   FERRARI 

moderarne  la  libertà  sconfinata  ?  Non  rimangono  che  le  leggi  del 
mondo  fisico ,  che  bisogna  necessariamente  accettare ,  e  nelle 
quali  dare  di  cozzo  sarebbe  demenza.  Nelle  opere  del  nostro 
filosofo ,  questo  gran  vuoto  apparisce  manifesto.  Le  leggi  sto- 
riche da  lui  scoperte  e  dichiarate ,  non  si  sa  da  quale  autorità 
siano  imposte  e  da  che  causa  universale  e  permanente  derivino. 
Egli  è  costretto  a  fare  del  loro  complesso  una  specie  di  fato , 
di  necessità  ferrea  che  lega  l'umanità ,  e  la  conduce  volente  o 
nolente  ad  un  fine  arcanamente  prestabilito.  E  non  è  solo  il 
F<  nari  ad  incappare  in  questi  viluppi  inestricabili,  ma  con  lui 
v'incappa  tutta  la  scuola  storica  che  vuole  spiegare  l'uomo  col- 
l'uomo  ,  e  determinare  il  processo  dei  fatti  umani  con  le  medie 
delia  statistica  e  coli'  aritmetica  delle  generazioni.  Filosofia  pre- 
suntuosa e  difettiva ,  come  era  quella  delle  scuole  del  medio 
evo  ,  che  spiegava  tutto  coli'  intervento  diretto  e  continuo  di 
Dl\  del  quale  1'  uomo  non  appariva  altro  che  cieco  istrumento. 
Le  tradizioni  universali  e  costanti  dell'umanità  per  ciò  che  ri- 
guarda i  fini  ultimi  dell'uomo ,  non  si  possono  disconoscere ,  nò 
si  possono  considerare  come  fatti  transitori  e  senza  valore  scien- 
tifico. E  ben  singolare  che  il  Ferrari  il  quale  non  ammette  tra- 
dizione alcuna  nel  campo  delle  dottrine,  la  riconosca  poi  au- 
torevolissima nel  campo  dei  fatti.  Egli  mori  federalista  impe- 
nitente, solo  perchè  nella  storia  italiana  non  trovò  tradizioni 
di  unità  monarchica. 

Il  Ferrari  lascierà  sicuramente  un'  orma  nella  storia  de] 
pensiero  italiano  di  questi  tempi,  ma  non  è  da  credere  che 
tutti  i  s;ioi  libri  vivranno,  quando  sarà  calmata  la  febbre  che  ora 
ha  preso  li  spinti,  per  tutto  ciò  che  è  nuovo,  audace  ed  op- 
posto alle  idee  del  passato.  Per  chi  crede  che  l'umanità  rimbam- 
bita si  svegli  oggi  da  lungo  sonno ,  ed  abbia  a  gettar  via  tutta 
l'eredità  d'idee  e  di  sentimenti  che  furono  vita  alle  generazioni 
che  ci  precederemo,  il  Fei  rari  sarà  il  rivelatore  del  nuovo  verbo, 
il  legislatore  della  storia.  Per  chi  pensa  altrimenti  ,  le  sue  ope- 
re saranno  studiate  come  espressione  d'  una  individualità  uon 
ordinaria,  come  elementi  preziosi  della  storia  del  tempo.  Così 
studiamo  anch'oggi  i  libri  di  Telesio  e  del  Campanella  ,  i 
quali  rimangono  concezioni  ardite  dei  loro  autori ,  ma  non 
ebbero  né  possono  avere  seguito  di  scuola. 

Manifestiamo  assai  timidamente  questi  giudizi  ,  perchè 
siamo  certi  che  troveranno  contradittori,  forse  meno  cortesi  di 
quello  che  non  fosse  con  noi   il  Ferrari;   al  quale    spesso    per 


GIUSEPPE    FERRARI  363 

modo  di  dubbio ,  nei  familiari  colloqui ,  esponemmo  le  nostre 
obiezioni  alle  sue  dottrine  filosofiche,  ed  egli  ci  rispondeva  sen- 
z'irà: —  ma  si,  voi  siete  in  un  altro  mondo  ;  in  Italia  forse 
dieci  persone  mi  possono  comprendere  —  e  sperava  nell'  avve- 
nire. Or  quello  che  dicemmo  a  lui  vivo ,  non  sapremmo  disdire 
parlando  sul  suo  sepolcro ,  sebbene  fra  noi  1'  adulazione  ai  morti 
sia  ammessa  da  una  pietà  troppo  compiacente. 

Ma  ciò  che  non  è  adulazione  e  che  sentiamo  il  dovere  di  aggiun- 
v  ire  in  omaggio  alla  verità,  è  questo,  che  nel  Ferrari  l'uomo  valeva 
anche  più  del  filosofo.  Il  suo  animo  era  naturalmente  buono,  ed  il 
suo  cuore  aperto  a  tutti  i  nobili  sentimenti.  Arditissimo  nelle  idee 
nelle  quali  non  trovava  mai  nulla  che  lo  arrestasse,  era  poi  timido 
e  riguardoso  nell'azione.  Egli  poteva  sostenere  le  teorie  più  su- 
perlative ,  ma  nel  fatto  non  sarebbe  stato  capace  di  torcere  un 
capello  al  suo  mortale  nemico.  Natura  schietta  ed  aperta ,  nulla 
ebbe  mai  da  dissimulare.  Nei  suoi  libri  come  nei  suoi  discorsi 
svelò  sempre  tutto  se  stesso,  aborrente  da  quelle  doppiezze  di  dot- 
trina che  fra  noi  hanno  falsato  tanti  caratteri,  e  spesso  traviato, 
nelle  questioni  più  ardue ,  la  pubblica  opinione.  Fermissimo  fino 
all'  ostinazione  nei  propri  convincimenti ,  rispettava  gli  altrui, 
specialmente  se  sostenuti  senza  secondi  fini  ;  né  gli  pareva  li- 
bertà quella  che  nega  agli  altri  ciò  che  vuole  per  sé.  Sentiva 
la  dignità  sua  e  della  scienza  che  professava,  e  rifuggiva  da 
quelle  polemiche  di  contumelie ,  di  cui  anche  i  filosofi  diedero 
deplorabili  esempi.  Nulla  di  volgare  era  mai  nei  suoi  atti  e 
nelle  sue  parole;  democratico  senza  lasciare  di  esser  gentiluomo, 
filosofo  elegante ,  libero  pensatore  senza  cipiglio ,  rivoluzionario 
senza  odio,  critico  senza  fiele.  Tutta  la  sua  vita  fu  un  lavoro 
continuo  di  studio  e  di  pensiero ,  diretto  a  svolgere  quei  concetti 
che  intraveduti  con  intuito  spesso  felice  da  un'  intelligenza  facile 
e  colta ,  erano  poi  messi  in  ebollizione  in  una  testa  vulcanica  • 
Questo  complesso  di  buone  qualità  ad  un  senso  nativo  dì  schiet- 
ta benevolenza ,  meritarono  al  Ferrari  la  riverenza  dei  seguaci , 
1'  affetto  degli  amici ,  il  rispetto  di  tutti. 

Pomarance,  il  29  d'Ottobre  1876. 

M.  Tabarrini. 


ENRICO  BINDI. 

Tra  i  nomi  delli  studiosi,  che  nei  primi  tempi  dell'Archivio 
Storico  Italiano  offrirono  a  Giovan  Pietro  Vieusseux  l'aiuto  del- 
l'opera loro,  troviamo,  nel  1845,  quello  dell'ab.  Enrico  Bindi  di 
Pistoia  ;  il  quale  mandava  in  quell'  anno  stesso,  da.  pubblicarsi 
nell'Appendice,  tre  lettere  di  Lorenzo  il  Magnifico  con  erudite 
illustrazioni  e  con  due  pagine  di  prefazione  che  lo  mostrano 
bene  informato  delle  azioni  di  Lorenzo ,  ma  dell'animo  di  lui 
giudice  arguto  e  severo.  Poco  dopo  ,  pure  nel?  Appendice ,  fa- 
ceva stampare  poche  pagine  per  annunziare  la  Bibliografìa 
Pratese  compilata  per  Un  da  Prato.  Egli ,  che  doveva  poi  salire 
alto  nella  gerarchia  ecclesiastica,  teneva  allora  nel  patrio  Semi- 
uario  la  scuola  di  rettorica,  successore  degno  del  suo  maestro 
Giuseppe  Silvestri ,  e  coltivava  gli  studi  coli'  ardore  e  gì'  in- 
tendimenti comuni  a  una  generazione  che  lascia  di  sé  memo- 
rie ed  esempi  non  dimenticabili. 

Trovò  le  lettere  del  Magnifico  nell'  Archivio  di  Santa  Maria 
del  Ceppo  di  Pistoia,  mentre  in  quello  e  negli  altri  archivi 
pubblici  e  privati  della  città  cercava  i  materiali  per  una  Biografia 
Pistoiese ,  rimasta  un  disegno  per  lui  voltosi  a  lavori  diversi, 
e  un  desiderio  per  gli  altri  che  nelle  illustrazioni  alle  rammen- 
tate lettere ,  nel  panegirico  di  Sant'  Atto  ,  nelle  notizie  bio- 
grafiche di  Michelangiolo  Giacomelli  e  di  Benedetto  Conversini 
vedono  quanto  fosse  entrato  addentro  nella  cognizione  della  sto- 
ria del  suo  municipio.  Tra  le  sue  carte  so  che  si  trova  ben  più 
che  le  traccie  delle  ricerche  eh'  egli  soleva  fare  colla  pazienza  • 
dell'erudito  e  coli' acume  del  critico:  e,  se  non  m'inganna  la 
memoria ,  dovrebb'  essere  tra'  suoi  libri  un  esemplare  delle  Storie 
pistoiesi  del  Salvi  con  postille  sue  che  accertano  o  correggono 
la  narrazione  di  quello  scrittore. 

L'  Archivio  Storico  ebbe  occasione  anche  di  parlare  di  lui 
quando ,  è  ora  appena  un  anno ,  egli  ripubblicò  gli  Scritti 
sulla  letteratura  latina  ,  che  già  aveva  stampati  coi  Com- 
menti a  Giulio  Cesare,  a  Orazio  e  alle  commedie  di  Terenzio  e 
di  Plauto  ;  commenti  larghi ,  esuberanti  di  dottrina  filologica  e 
storica,  con  raffronti  delle  tre  letterature  greca  latina  e  italiana, 
e  che  soli  sarebbero  bastati  a  dargli  bella  reputazione  tra  i  dotti. 
Qui  è  da  ricordarsi  principalmente   il   lavoro   sui   Commentari 


ENPaCO  BINDI  365 

di  Cesare ,  notabile  per  l' abbondanza  delle  illustrazioni  storiche 
e  geografiche,  dalle  quali  prendon  più  luce  i  fatti  e  meglio  si 
rivela  la  natura  degli  uomini  che  hanno  parte  nella  "storia  di 
Cesare.  E  non  si  contentò  di  farvi  l' opera  dell'  annotatore , 
riuscitagli  bene  al  suo  scopo;  volle  anche  nel  discorso  pre- 
liminare alzarsi  a  giudicare ,  oltre  lo  scrittore  dei  Commentari, 
il  capitano  e  1'  uomo  di  stato.  Ma  chi  pregia  la  ricchezza  dei 
fatti  e  delle  testimonianze ,  il  senso  alto  di  moralità  che  regola 
i  giudizi,  e  la  eleganza  della  elocuzione,  non  so  quanto  possa 
rimaner  sodisfatto  dal  sentire ,  dopo  tante  indagini  e  discussioni 
nuove ,  ripetute  le  lodi  della  romana  oligarchia  e  Cesare  giudi- 
cato secondo  i  criteri  di  chi  non  vede  in  lui  più  che  le  arti 
sottilissime  dell'ambizione  e  la  colpa  d'avere  operato  a  spen- 
gere  la  libertà. 

Questo  lavoro  su  Cesare  fu  il  primo  frutto  che  nel  1844,  a 
trentadue  anni ,  egli  dava  delli  studi  suoi ,  all'amore  dei  quali 
lo  avevano  richiamato  la  potente  parola  del  Silvestri  e  l'esem- 
pio de'  condiscepoli ,  fra'  quali  erano  Atto  Vannucci  e  Giuseppe 
Arcangeli.  Le  lodi  che  glie  ne  vennero ,  massime  dal  Tomma- 
seo ,  gli  furono  conforto  ed  eccitamento.  Era  il  tempo  nel  quale 
gì'  ingegni  più  eletti  si  adoperavano  a  moderare  il  mutamento 
che  si  presentiva  nelle  condizioni  civili  della  nazione.  Il  Bindi 
andava  d'accordo  con  quelli  che  intendevano  a  prepararlo  colla 
sapiente  educazione  degl'intelletti  e  degli  animi  mantenendo  il 
culto  delle  nobili  discipline  e  di  tutto  ciò  che  innalza  il  sentimento 
della  umana  dignità.  Ne'  primi  movimenti  partecipò  alle  speran- 
ze, alle  gioie  e  ai  dolori  comuni,  finché  gli  parve  che  l'amore  alla 
patria  si  accordasse  colla  coscienza  del  sacerdote.  Ma  dopo  le 
vicende  del  quarantotto  e  del  quarantanove,  cominciò  a  temere 
che  il  mondo  si  mettesse  per  una  via  pericolosa,  e  che  nel  con- 
trasto delle  dottrine  prendessero  il  disopra  quelle  che  a  lui  pa- 
revano perniciose  ai  progressi  della  civiltà.  Si  fermò  nella  opinio- 
ne che  dovere  del  prete  è  starsi  lontano  da  tutto  ciò  che  lo 
discosta  dal  suo  ministero  di  pace ,  e  tenersi  stretto  attorno 
all'  insegna  del  pontefice,  ma  armato  di  scienza  e  di  virtù.  Non 
si  curò  delle  voci  che  si  alzavano  a  biasimarlo;  e  tutto  inteso 
all'  insegnamento  e  agli  uffici  ecclesiastici ,  accompagnò  colli 
studi  delle  lettere  prediletti  nella  più  giovane  età  lo  studio  pro- 
fondo della  scienza  teologica,  principalmente  nei  Padri  della 
Chiesa. 


3G6  ENRICO    BINDI 

Gli  anni  che  precederemo  il  suo  innalzamento  all'episcopato, 
dal  1850  al  1867  furono  per  lui  di  grande  operosità  intellet- 
tuale ,  quelli  ne'  quali  compiè  i  commenti  a  Orazio  e  ai  Comici 
latini ,  procurò  una  bella  edizione  delle  opere  di  Bernardo  Da- 
vanzati ,  preparò  ma  non  pubblicò  un  lavoro  su  Gino  da  Pistoia, 
scrisse  vari  discorsi  d'argomento  religioso  e  morale,  volgarizzò 
le  Confessioni  di  Sant'Agostino. 

Di  quando  in  quando,  chiamato  a  dire  in  qualche  chiesa 
le  lodi  di  un  santo ,  interrompeva  la  uniformità  del  vivere  tra 
gli  scolari,  tra  i  libri,  nel  coro,  fra  i  sorrisi  della  natura  nei 
colli  pistoiesi ,  uniformità  lieta  per  1'  animo  suo  ,  non  adatta  a 
dare  all'  intelletto  i  criteri  per  il  giudizio  dell'  età  propria.  Un 
solo  viaggio  credo  che  facesse  in  questo  tempo,  e  fu  per  vedere 
Roma  e  Napoli:  e  non  so  dire  se  le  cose  e  le  persone  vedute 
adora  che  la  sua  mente  si  piegava  ai  disgusti  e  ai  timori  va- 
lessero a  confortarlo  come  pochi  anni  prima  lo  aveva  rallegrato 
il  vedere  a  Milano  radunati  a  congresso  gli  scenziati  italiani. 
Il  dissentire  suo  dalle  dottrine  predominanti  derivò  da  un 
modo  di  contemplare  le  immagini  del  vero  e  del  bene  :  non  poteva 
aver  motivo  da  avversione  ai  miglioramenti  della  società  in  lui 
che  la  scienza  e  1'  arte  amava  in  quanto  servono  a  inalzare  il  sen- 
timento e  a  ingagliardire  le  forze  intellettuali  e  morali  ;  in  lui  che 
con  grande  amore  impiegò  il  più  lungo  tempo  della  vita  fino  dalla 
prima  gioventù  nelle  scuole,  maestro  di  grammatica,  di  umanità 
e  di  rettorica ,  prefetto  del  Liceo  Forfceguerri  di  Pistoia ,  ret- 
tore del  Seminario  di  Siena,  adoperandosi  che  gli  studi  fos- 
sero esercizio  vigoroso  dell'  intelletto  e  della  volontà ,  e  i  gio- 
vani uscissero  dalla  scuola  deliberati  a  giovare  coli'  esempio  dei 
costumi  e  colle  azioni  regolate  dalla  sapienza.  Le  massime  che 
ai  maestri  e  alli  scolari  raccomandava  quando  nel  1857  assumeva 
nel  Liceo  Forteguerri  l'ufficio,  che  non  molto  dopo  lasciò  volon- 
tario per  sentimento  di  dignità ,  restano  meditabili  da  chi  vo- 
glia davvero  1'  ammaestrameuto  della  gioventù  indirizzato  a  far 
grandi  civilmente  i  popoli  migliorando  l'uomo  interiormente. 
Al  clero  diceva  e  non  cessò  mai  di  ripetere  :  "  bisogna  che  il  sa- 
cerdote non  si  lasci  troppo  fuggii"  innanzi  il  secolo  nei  progredì 
del  sapere  ».  Li  civiltà  si  svolge  nella  lotta  delle  opinioni  va- 
rie; e  non  può  con  ragione  affermarsi  che  contrastino  agli  avan- 
zamenti di  lei  quelli  che  con  retta  coscienza  oppongono  medi- 
tazioni a  meditazioni ,  dottrina  a  dottrina  perchè  prevalgano   le 


ENRICO   BINDI  367 

forme  che  essi  vagheggiano  come  meglio  conducenti  al  bene  de- 
gli uomini. 

Di  quello  che  fece  vescovo  di  Pistoia  dal  1867  al  1871 ,  e 
arcivescovo  di  Siena  poi  fino  al  presente  anno ,  che  fu  l'ulti- 
mo della  sua  vita,  non  è  qui  il  luogo  di  parlare:  de' suoi  inten- 
dimenti rimangono  al  giudizio  degli  uomini  le  prove  nelle  Let- 
tere pastorali.  Ma  non  si  deve  tacere  che  nelle  sollecitudini  pei 
due  seminari  soggetti  alla  sua  autorità  ,  ebbe  a  solida  l'affetto 
per  gli  studi  di  che  offriva  in  se  medesimo  l'esempio. 

Gli  scritti  del  Bindi,  più  che  le  qualità  native  d'un  inge- 
gno straordinario ,  rivelano  il  lavoro  costante  di  chi  innamorato 
della  verità  ne  esamina  gii  aspetti  vari ,  e  fissatosi  in  quello  da 
cui  gli  sembra  raggiare  la  luce  più  pura  e  meglio  vivificante , 
si  studia,  di  attirarvi  gli  sguardi  degli  altri.  Le  sue  afferma- 
zioni ,  anche  quando  appariscono  il  riflesso  di  altre  menti  e  l'eco 
di  altre  voci,  hanno  tutto  il  valore  di  una  testimonianza  auto- 
revole, perchè  vengono  da  un  intelletto  esercitato  a  scrutare 
profondamente  le  ragioni  delle  cose.  Pensatamente  fuggiva  que- 
gli ardimenti  del  pensiero  che  non  di  rado  spingono  nella  stra- 
nezza chi  si  lascia  vincere  dalla  smania  di  dir  cose  nuove  a  una 
generazione  che  crede  di  saper  tanto.  Ma  riuscì  a  procacciarsi 
il  merito,  che  i  vantati  pensatori  profondi  non  hanno,  di  dare 
ai  concetti  suoi  le  forme  e  i  colori  onde  gli  scritti  hanno  effi- 
cacia e  vita. 

Non  pose  mano  a  una  di  quelle  opere  che  lasciano  grandi 
traccie  nella  storia  della  cultura  di  una  nazione  :  scrisse  via  via 
secondo  che  gli  si  presentava  l'occasione ,  studiando  sempre  e 
meditando  per  poche  pagine  quanto  altri  non  fanno  per  un  li- 
bro. Nei  panegirici  e  negli  altri  discorsi  recitati  nelle  chiese  non 
parrà  forse  che  sia  la  eloquenza  ammirata  nei  più  grandi  ora- 
tori ecclesiastici;  ma  c'è  senza  dubbio  la  cognizione  intera  del 
soggetto  ;  e'  è  il  senso  squisito  dell'arte ,  onde  il  pensiero  si  tra- 
smette facilmente  e  con  diletto  nell'altrui  intelligenza.  Il  discor- 
so intorno  a  Bernardo  Davanzati,  e  quello  sulla  vita  e  le  opero 
di  Giuseppe  Arcangeli  rimangono  saggi  notevoli  di  critica  let- 
teraria; e  dico  anche  imitabili  per  chi  crede  bastare  a  questo 
genere  di  lavori  la  immagine  compiuta  dell'ingegno  e  dell'ani- 
mo delli  scrittori  in  relazione  coi  loro  tempi  ,  senza  le  sotti- 
gliezze e  le  nebulose  generalità  che  oggi  danno  fama.  Rimane 
opera  di  scienza  e  d'  arte   il  volgarizzamento    delle    Confessioni 


368  ENRICO   BINDI 

ili  Sant'  Agostino ,  lodato  per  la  fedele  interpretazione  dei  sen- 
timenti profondi  di  quel  gran  libro  della  letteratura  cristiana  , 
messo  per  la  bellezza  dello  stile  a  paragone  coi  più  pregiati  vol- 
garizzamenti. 

Diranno  altri  come  nella  cognizione  della  lingua  nostra 
pochissimi  scrittori  di  questo  secolo  gli  stieno  a  pari  ;  e  come 
sia  fra  quelli  che  lasciate  le  forme  accademiche  e  rettoriche , 
hanno  saputo  coll'uso  conveniente  del  linguaggio  vivo  dare  alla 
elocuzione  la  spigliatezza  che  rende  attraente  la  lettura;  mo- 
streranno meglio  quale  armonia  presentò  in  sé  degl'  insegnamenti 
colla  costante  rettitudine  delle  azioni.  Per  noi  era  obbligo  ri- 
cordare l' operoso  cultore  delli  studi,  l'antico  collaboratore. 

A.  Gelli. 


Indice  Bibliografico  delli  Scritti  di  E.  Bindi. 

1  Commentari  della  guerra  gallica  e  civile  di  C.  Giulio  Cesare 
con  note  italiane.  —  Prato  ,  tipografia  Aldina.  Cinque  edizioni. 

Q.  Orazio  Fiacco,  opere  purgate  per  uso  delle  scuole,  riscontra- 
te sui  migliori  testi ,  e  provvedute  di  note  italiane.  —  Prato  ,  tip. 
Aldina.  Quattro  edizioni. 

Le  commedie  di  Terenzio  e  alcune  di  Plauto  espurgate  e  anno- 
tate per  uso  delle  scuole,  con  un  trattatello  sul  teatro  comico  dei  La- 
tini. —  Prato  ,  tip.  Aldina.  Due  edizioni. 

Le  opere  di  Bernardo  Davanzati  ridotte  a  corretta  lezione  col- 
]  aiuto  de'manoscritti  e  delle  migliori  stampe  e  annotate.  —  Firen- 
ze ,  Felice  Le  Monnier  ,  1852. 

Della  vita  e  delle  opere  di  Giuseppe  Arcangeli ,  Discorso  pre- 
messo alla  edizione  delle  poesie  e  prose  fatta  da  Barbèra  Bianchi 
e  C.  nel  1857  ;  pag.  v-cix. 

Panegirici  e  altri  Discorsi  sacri  e  morali.  -  Firenze  ,  per  Pie- 
tro Ducei ,  1861  e  1862.  -  Sono  due  volumi  in  16mo  ,  che  contengo- 
no :  11  1,  Panegirici  di  Sant'Atto  vescovo  di  Pistoia,  San  Vincen- 
zo de'  Paoli ,  Santa  Caterina  de'  Ricci ,  San  Francesco  di  Sales  , 
Santa  Francesca  Frcmiot  di  Chantal  ,  San  Cammillo  de  Lellis , 
San  Giovanni  di  Dio ,  San  Luigi  Gonzaga ,  San  Filippo  Neri  , 
Antonio  il  Grande ,  San  Benedetto  Abate ,  Santa  Teresa  di  Ge- 
sù ,  San  Sebastiano  martire ,  Cuore  di  Gesù ,  Cuore  di  Maria , 
devozione  al  Rosario  di  M.  V.  ,  San  Bernardino  da  Siena.  — 
Il    II    contiene,    oltre    a    vari    discorsi    d'argomento    ecclesiastico: 


ENRICO  BINDI  369 

Della  necessità  di  preparare  gli  studi  eolla  buona  educazione-,  Di 
alcune  cagioni  che  corrompono  oggi  il  criterio  ed  il  gusto  •,  Prefa- 
zione a  una  ristampa  del  Volgarizzamento  del  Sacerdozio  di  S.  Gio. 
Grisostomo  fatto  da  monsignor  Giacomelli  ;  Notizia  biografica  di 
monsignor  Michelangelo  Giacomelli  arcivescovo  di  Calcedonia  ;  Elo- 
gio funebre  del  Padre  Francesco  Frediani  minore  osservante  •,  Elogio 
funebre  di  mons.  Leone  Niccolai  vescovo  di  Pistoia  e  Prato  ;  Com- 
memorazione di  donna  Elena  Carolina  Talini  -,  Notizia  biografica  di 
mons.  benedetto  Conversali  pistoiese  ,  vescovo  d' Iesi  ;  Di  un  antico 
Volgarizzamento  toscano  della  Imitazione  di  Cristo;  Riflessioni  so- 
pra certi  gusti  de'  nostri  tempi  -,  Notizia  biografica  di  mons.  Giovanni 
Visconti  scrittore  del  secolo  XVII  -,  Volgarizzamento  di  un'  Orazio- 
ne di  S.  Gio.  Grisostomo  e  di  cinque  lettere  di  S.  Basilio  al  grande 
Atanasio. 

Le  Confessioni  di  Santo  Aurelio  Agostino  volgarizzate.  Firenze, 
Barbèra.  La  prima  ediz.  del  1861  in  diamante.  —  La  seconda  ,  ri- 
veduta, corretta,  e  aumentata  del  volgarizzamento  della  vita  del  Santo 
scritta  da  Possidio,  in  16mo,  del  1869. 

Lettere  pastorali  ,  raccolte  e  pubblicate  per  cura  del  sacerdote 
Leopoldo  Bufalini.  Un  voi.  in  16mo  di  pag.  630.  —  Modena,  tip. 
pontificia  ed  arcivescovile,  1874. 

Letteratura  latina  ,  Scritti  :  1.°  Cenni  sul  teatro  comico  dei  La- 
tini ;  2.°  La  vita  di  Orazio  raccontata  da  lui  stesso  ;  3.°  Discorso 
sulla  vita  e  sulle  opere  di  C.  Giulio  Cesare.  Un  voi.  in  16mo  di  pa- 
gine xv-471 -,  Firenze,  G.  C.  Sansoni,  1875. 


ANNUNZI  BIBLIOGRAFICI 


Memorie  storiche  della  famiglia  Rasponl.  Lettera  dì 
Pietro  Desiderio  Pasolini  alla  sorella  Angelica  Easponi 
Dalle  Teste.  —  In  8vo  gr.  di  pag.  vi-275 }  Imola,  tip.  d'Igna- 
zio Galeati  e  figlio  ,  1876. 

La  famiglia  Rasponi  ha  gran  parte  nella  storia  di  Ravenna-,  e  alcu- 
ni di  essa  hanno  azione  nelle  vicende  generali  d' Italia.  Non  tutte  le 
opere  loro  rimangono  memorie  di  cui  l'animo  abbia  a  riconfortarsi  •,  che 
alcuni  dominati  dall'ambizione  o  vinti  dagl'impeti  di  natura  eccessiva- 
mente gagliarda  in  tempi  che  più  eccitano  la  fierezza  degli  animi,  si  re- 
sero formidabili  agli  avversari  e  talvolta  terribili.  Qualcuno  si  onorò  col- 
l'esercizio  nelle  armi  ;  altri  coli'  ingegno-,  tutti  si  adoperarono,  benché 
non  sempre  con  lode,  a  mantenere  in  alto  luogo  la  stirpe.  È  una  storia 
di  parecchi  secoli ,  che  il  Pasolini  rifa  con  lucido  ordine,  guardan- 
do di  non  lasciarsi  padroneggiare  dalla  smania  di  dire  tutto  quello 
che  sa  nelle  attenenze  colla  storia  di  Ravenna  ,  di  Venezia  e  del 
resto  d'Italia,  regolato  dall'amore  della  verità  che  non  lo  trattiene 
dall  'esser  narratore  e  giudice  severo  per  chi  lo  merita.  Da  docu- 
menti ,  che  sa  bene  cercare  e  scegliere ,  da  cronache  inedite  ha  ri- 
cavato notizie  nuove  che  fanno  meglio  conoscere  le  condizioni  della 
Romagna,  specialmente  nei  secoli  XV  e  XVI ,  e  che  confermano  i 
giudizi  che  per  un  tempo  se  ne  traggono  dai  carteggi  del  Guicciar- 
dini, dei  quali  si  è  valso  con  avvedutezza  e  con  parsimonia.  A  noi  è 
caro  dar  lode  ,  che  non  è  parzialità  per  il  nostro  collaboratore  ,  a 
un  giovane  così  maturo  di  studi,  che  spende  così  bene  il  tempo  in  la- 
vori di  cui  s'avvantaggiano  gli  studi.  La  stampa,  fatta  dal  Galeati, 
è  molto  pregevole. 

Raimondo  llontecuccoli  la  stia  famiglia  e  i  suoi  tempi,  del 
marchese  commendatore  Cesare  Campoiu.  —   Voi.  unico  in  8vo 
di  pag.  xix-569  ;  Firenze  ,  G.  Barbèra  editore  ,   1876. 
E  un  libro  degno    di    considerazione  per    il    contenuto    e    per  la 

forma.  Uscito  in  luce  di  recente  in  bella  edizione   del  Barbèra  ,   non 

abbiamo  voluto  ritardarne  l'annunzio.  Ma  ne  parlerà  di  proposito  uno 

de'  nostri  collaboratori. 

Un  duca    di  Amalfi  finora  sconosciuto,  per  C.   Minieri-Riccio. 

—  In  8vo  di  pag.  7  -,  Napoli  ,  tip.  Rinaldi   e  Sellitto  ,  1876. 

Tra  le  carte  amalfitane  che  si  conservano  nel  grande  Archivio 
di  Napoli,  l'A.  ha  trovato  una  pergamena,  dalla  quale  è  provato 
come  nella  serie  de'  duchi  d'Amalfi  fra  il  984  e  il  1102  ha  da  porti 
Sergio  figlio  d'Adelferio ,  da  altri  posto  fra  i  ciuchi  di  Napoli.  Intanto 


ANNUNZI   BIBLIOGRAFICI  371 

l'operoso  Soprintendente  del  detto  Archivio  dà  informazione  delle 
cure  da  lui  e  da'  suoi' subalterni  poste  per  mettere  in  buon  ordine  le 
molte    e    preziose    carte  di  quel  ricco  deposito  di   storici    documenti. 

Gli  artistici  ed  artefici  che  lavorarono  in  Castel  Nuovo  a 
tempo  di  Alfonso  I  e  Ferrante  I  di  Aragona  per  C.  Minieri- 
Riccio.  —  Tn  8vo  di  pag.  11  ;  Napoli,  tip.  Rinaldi  e  Sellitto,  1876. 
Del  bellissimo  arco  aragonese  ,  che  ora  si  mette  meglio  in  vista 
pei  nuovi  lavori  al  Castel  nuovo  di  Napoli,  fu  creduto  architetto  da 
alcuni  Giuliano  da  Maiano  ,  da  altri  Pietro  di  Martino  milanese.  11 
Minieri  Riccio  opina  ,  con  buon  fondamento  che  il  merito  s'abbia  a 
dare  al  secondo.  Di  qui  prende  occasione  a  pubblicare  varie  notizie 
ricavate  dalle  Cedole  della  regia  tesoreria  di  Napoli  intorno  a  scul- 
tori, pittori ,  maestri  d'organo,  fonditori  in  bronzo  adoperati  dai  due 
primi  re  aragonesi,  notizie  che  molto  giovano  alla  storia  dell'arte.  No- 
tevole documento  è  quello  comunicatogli  dal  signor  A.  Angelucci,  una 
lettera  d'anonimo  che  a  Francesco  Gonzaga  di  Mantova  faceva  sapere 
il  16  aprile  1495  come  Carlo  Vili  vedendosi  mancare  sotto  i  piedi  il 
terreno  in  Napoli  badava  a  portar  via  quel  più  che  poteva,  e  fra  le 
altre  cose  le  porte  di  bronzo  storiate  che  al  Castelnuovo  aveva  fatto 
fare  Ferrante  ,  le  quali  però  rimasero  ,  forse  per  la  precipitosa  par- 
tenza dei  Francesi  dal  regno. 

Serventese  storico  di  Antonio  Pucci  per  la  guerra  di 
Firenze  con  Pisa  1342.  In  24mo  di  pag.  14.  In  Livorno  ,  coi  tipi  di 
F.  Vigo.  Ediz.  fuori  di  commercio  di  soli  centodieci  esemplari ,  per 
cura  di  Alessandro  D'Ancona. 

Lettere  riguardanti  lo  studio  di  Pisa  a  Ser  Bartolommeo  Dei 
notaro  degli  ufficiali  dello  studio  di  Firenze.  In  24mo  di  pag.  13. 
Siena,  tip.  dell'Ancora  di  G.  Bargellini ,  1876.  Pubbl.  di  settanta 
esemplari  fuori  di  commercio  per  cura  di  E.   Piccolomini. 

Nota  dell'Armcggeria  fatta  da  Bartolommeo  Benci  alla 
Manetta  degli  Strozzi  (il  14  febbraio  146J  in  Firenze).  —  In  8vo  di 
pag.  16>    Firenze,    tip.  Galileiana,  1876.  Pubbl.  da  A.   Ghepardi. 

Le  Signorie  e  le  Potenze  festeggiasti  del  Contado 
fiorentino,  Memoria  storica  di  Iodoco  Del  Badia,  con  documenti. 
—  In  8vo  di  pag.  31.  In  Firenze,  tip.  dell'Arte  della  stampa,  1876. 

Narrazione  di  una  disfida  tra  Italiani  e  Spaglinoli 
nel  1508  in  Siena  pubblicata  da  Venturino  da.  Pesaro  ,  ora  nuo- 
vamente stampata  da  Giuseppe  Palmieri  Nuti.  —  In  8vo  di  pa- 
.gine  27.  Siena  ,  tip    dell'Ancora  di  G.  Bargellini ,  1876. 

Lettere  erudite  di  Antonio  Bertoloni  sarzanese.  —  In 
8vo  di  pag.  39.    Lucca  ,  13.  Cauovetti ,  1876.  Pubbl.  da  G.  Sforza. 


372  ANNUNZI    BIBLIOGRAFICI 

Colla  pubblicazione  di  questi  sei  opuscoli  gli  amici  del  profes- 
sor Cesare  Paoli  hanno  voluto  festeggiare  il  recente  suo  matrimonio, 
attenendo  tutti  alli  studi  che  egli  professa.  Nel  Serventese  del  Puc- 
ci,  poeta  popolare  noto  per  altre  poesie  d'argomento  storico,  sono 
espressi  con  vivezza  i  sentimenti  del  popolo  fiorentino  contro  Pisa. 
Le  lettere  riguardanti  lo  studio  di  Pisa  sono  sei,  scritte  nel  1492 
e  1493  da  un  bidello  che  informava,  per  mezzo  del  notaro  ,  gli  uffi- 
ciali soprintendenti  allo  studio  di  tutto  ciò  che  accadeva  tra  i  pro- 
fessori e  tra  gli  scolari,  e  istruiscono  sulla  condizione  di  quello  studio 
restaurato  da  Lorenzo  il  Magnifico.  Curiosissimo  documento  per  la 
storia  dei  costumi  di  Firenze  è  la  nota  dell'Armeggeria  del  Benci  ; 
che  contiene  la  descrizione  di  una  serenata  di  genere  affatto  nuovo 
che  un  giovane  fa  alla  sua  innamorata ,  con  uno  sfarzo  che  mostra 
la  ricchezza  di  casa  Benci  ;  la  quale  poteva  fare  sì  grossa  spesa  in  uno 
spettacolo  che  rallegrava  tutta  la  città.  La  memoria  storica  del  Del 
Badia  ,  fatta  coi  documenti  raccolti  nell'Archivio  di  Stato  rallegra 
colla  descrizione  delle  costumanze  che  dalla  città  di  Firenze  passaro- 
no nel  contado  e  si  lasciarono  vive  sotto  il  governo  de'  primi  gran- 
duchi  medicei,  forse  perchè  la  gente  non  pensasse  alla  politica.  L'ar- 
gomento di  cui  è  svolta  una  parte,  potrebbe  dall'autore  medesimo 
esser  trattato  più  ampiamente  e  fino  dalle  origini  delle  così  dette  Po- 
tenze ,  perchè  si  connettono  colla  storia  delle  Arti  e  presentano  una 
parte  e  molto  curiosa  della  vita  del  popolo  di  Firenze.  Nelle  ter- 
zine in  cui  è  descritta  la  disfida  vinta  dagl'Italiani  contro  gli 
Spagnuoli  in  Siena  nel  1508  ce  ne  sono  alcune  fatte  con  bell'ar- 
te, in  tutte  è  il  sentimento  della  gloria  della  nazione  •,  e  sono  a  no- 
tarsi per  la  storia  dello  spirito  pubblico  in  Italia.  Le  lettere  del  Ber- 
toloni  erano  state  pubblicate  tutte  e  cinque  qua  e  là  ;  ma  ci  pare  che 
sia  stato  bene  raccoglierle  in  un  libretto  che  sarà  utile  per  le  noti- 
zie intorno  a  papa  Niccolò  V,  al  pittore  Domenico  Fiasella  ,  alle 
opere  di  Francesco  Rapi  ,  al  commento  del  Bolognini  sul  decreto  di 
Teodosio  II  in  favore  di  Bologna  :  queste  e  la  interpretazione  di  un 
passo  di  Strabone  relativo  ai  confini  della  Lunigiana  fanno  conoscere 
che  il  Bertoloni  ,  valente  professore  di  botanica,  era  dottissimo  nelle 
cose  della  storia  ,  segnatamente  della  Lunigiana. 


Gli  Annunzi  bibliografici  di  altri  libri  e  opuscoli  in- 
viati alla  Direzione,  e  delle  pubblicazioni  periodiche  uscite 
in  questo  bimestre ,  avranno  luogo  nel  prossimo  fascicolo. 


IL  REGNO  DI  CARLO  I.°  D'ANGIO 

dal  2  Gennaio  1275  al  31  Dicembre  1283 

(Cont.  ved.  av.,  pag.  226). 

Settembre,  1.  -  Lagopesole.  Re  Carlo  ordina  al  Giu- 
stiziere di  Terra  di  Lavoro  e  Contado  di  Molise  che ,  statini 
receptis  prcsentibus  domimi  imam  iuxta  domum  nobilis  viri 
Lionardi  Cancellarti  Achaye  dilecti  af finis  consiliarii  et 
familiaris  nostri  ac  Magne  Curie  nostre  Magistri  Ratio- 
nalis  prope  Turrim  Sancii  Herasmi  de  Capua  prout  idem, 
Cancellarìus  per  litleras  seu  per  nuntium  Ubi  designaverit 
ad  expensas  Curie  nostre  fieri  de  novo  facias.  in  qua  de 
pecunia  geaeralis  subventionis  vel  quacunque  alia  Curie 
nostre  pecunia  que  est  vel  erit  penes  manus  tuas  usque 
ad  tres  vel  quatuor  uncias  auri  te  eoependere  volumus  ita 
quod  in  adveniu  nostro  ad  partes  illas  qui  erit  inproocìmo 
modis  omnibus  sit  completa  (1). 

Quaternus  Secretorum  et  Magistrorum  procuralorum 
factusper  Magìstrum  Guillielmum  de  Faronvilla  prepositum 
ecclesie  Sancii  Amati  Duacensis  Regni  Sicilie  vicecancel- 
larium  anno  domini  M.  CC.  LXXV  mense  septembris  primo 
eiusdem.  quarte  indictionis.  Regnante  domino  Karolo  rege 
Sicilie  feliciter  anno  undecimo  (2). 

3,  ivi.  -  Elegge  in  Clavario  di  Piacenza,  Martino  di  Ca- 
stello detto  Caldaracio ,  cittadino  di  Milano ,  e  rimuove  da 
queir  uffizio  Niccolò  Brocardo  (3).  Nello  stesso  giorno  scrive 
al  milite  Simone  de  Argot  ed  al  giudice  Giacomo  de  Archie- 
piscopo di  Capua,  che  tra  il  procuratore  del  nobile  uomo  il 
Conte  di  Bolonia,  il  quale  per  regia  concessione  possiede  il  ca- 
st dio  di  Lauro,  e  Galaramo  de  Jury  Siniscalco  del  Regno,  che 
similmente  per  concessione  regia  è  Signore  del  castello  di  Sarno, 
è  sorta  lite  per  il  Monte  Sico,  il  quale  stando  nel  confine  dei 
due  territori  di  Lauro  e  di   Sarno,   ognuno   di   quei   signori 

(1)  Reg.  Ang.  1275,  A.  n.  22,  fol.  31. 

(2)  Reg.  Ang.  1275,  C.  n.  24,  fol.  1. 

(3)  Reg.  Ang.  -1274,  B.  n.  20,  fol.  81,  il  2.» 

Arch.,  3.»  Serie,  Tom.  XXIV.  24 


374  IL   REGNO 

dice  di  appartenere  al  proprio  territorio.  Perciò  ordina  di 
fare  le  più  minute  ed  esatte  indagini  fin  dal  tempo  dell'  im- 
peradore  Federico  II,  per  sapere  a  quale  territorio  sia 
appartenuto  quel  Monte,  e  che  se  risulterà,  come  asserisce  il 
detto  Siniscalco  che  il  Conte  di  Acerra  ed  il  vescovo  di 
Orleans,  che  prima  di  lui  possedettero  Sarno,  furono  in  pos- 
sesso del  detto  Monte,  e  se  lo  stesso  Siniscalco  ne  sia  stato 
possessore  finora,  ordina  che  non  sia  molestato  ;  riservando 
però  ogni  diritto  al  Conte  di  Bolonia  da  poterlo  sperimentare 
al  suo  ritorno  da  Francia  (1). 

11,  ivi,  -  Ordina  al  Giustiziero  di  Basilicata  di  far  tro- 
vare pronti,  nella  prossima  domenica,  cento  animali  da  soma 
tra  muli,  ronzini  e  giumente,  prò  nostris  de  Lacupensule  ar- 
nesìis  deferendis  et  incontinenti  Magistris  Marescalle  no- 
stre apud  Laeumpensulem  assegnare  procures  (2). 

12,  ivi.  -  Scrive  allo  stesso  Giustiziero  di  tener  pronti 
ancora  altri  42  animali  da  soma  tra  muli,  mule,  ronzini  e 
giumente,  che  dovrà  consegnare  a  Mattia  di  Andria  sermenti 
in  officio  rationum  Curie  nostre  prò  portandis  rationidus 
ipsis  a  Melfia  usque  Neapolim  (3). 

Da  questo  giorno  fino  a  tutto  l'anno  della  quarta  indi- 
zione re  Carlo  ammette  nella  sua  real  Casa  per  valletti  e 
famigliari:  Inardo  Dalfino ,  Rubino  detto  Sage,  Giovanni  de 
Orville ,  Odino  de  Plessy,  Carlotto  de  Tipinget,  Giovannotto 
da  Suge,  Lamberto  ciamberlano  del  pontefice,  Tartarino  sta- 
zionario del  pontefice,  Brussonetto  nipote  del  pontefice ,  Gio- 
vanni Roballe,  Guglielmo  Stacca,  Gualtiero  de  Brocie,  Adamo 
de  Servegny,  Gualtiero  Piedediargento,  Giovanni  di  Lovania, 
Giovanni  di  Chiara  e  Rubino  da  Motte.  -  Per  valletti  :  Glai- 
chino  Fiammingo,  Filippotto  Li  Goloys,  Perrotto  de  Guina- 
cour ,  Giovanni  de  Gres ,  Pietro  de  Choumonz  consanguineo 
di  papa  Innocenzo,  Cristiano  de  Subtenaye,  Giovanni  de  Loyse 
di  Belvedere,  Tommaso  di  Firenze.  -  Nell'uffizio  di  Forgie  della 
regina  e  della  real  Casa:  Guglielmo  di  Candia.  -  Per  consi- 
glieri e  famigliari  :  Maestro  Matteo  di  Lione  dottore  in  legge, 
Raimondo  Ruffo   giureconsulto,  Bertrando  de  Montly.  -  Per 

(1)  Reg.  Ang.  1275,  B.  n.  23,  fol.  1,  t.  4. 

(2)  Reg.  Ang.  1275,  A.  n.  22,  fol,  80,  t  (3)  Ivi 


DI  CARLO  I.  d'angiò  375 

militi  e  familiari:  Filippo  de  Modelly,  Ugo  de  Conchis,  Gu- 
glielmo de  Sitoreto  fratello  di  maestro  Berengario  de  Sitoreto 
preposito  di  Marsiglia,  consigliere  chierico  e  famigliare  del 
re..  Ruggero  de  Arcubus,  Raibaldo  de  Vachieres,  Guglielmo 
di  S.  Felice ,  Simone  de  Marziaco ,  Guglielmo  de  Grollay , 
Ugo  de  Yilleneuve ,  Eustachio  de  Ardecourt ,  Adenulfo  de 
Conte,  Goffredo  de  Pollicene,  Guglielmo  de  Sarry  signore  di 
Diano,  Gualtiero  Broccia,  Giovanni  Giovine,  Giovanni  detto 
Foynon ,  ed  Ugo  de  Vicinis.  -  Nell'uffizio  di  portarli  del  re  : 
Pietro  de  Inferno,  Giovanni  de  Cormeriaque,  Giovanni  detto 
Magredos ,  Guglielmo  de  Gisors,  Raolino  di  Castro,  Giletto 
de  Vallenteny.  -  Per  mezzo  valletto:  Pietro  de  Cocciaco.  -  Per 
chierico  della  cappella  del  re  :  Giacomo  de  Curtoloco.  -  Per 
chierici  e  consiglieri  :  Maestro  Rainaldo  de  Villeneuve  can- 
celliere dell'  impero  di  Romania ,  Maestro  Iterio  di  Giovanni 
professore  di  diritto  civile.  -  Per  chierici  consiglieri  e  famiglia- 
ri :  Maestro  Pietro  canonico  di  Teano  sottodiacono  del  pontefice 
e  correttore  delle  sue  lettere,  Goffredo  de  Launcelle  canonico 
di  Forcalquier.  -  Per  chierici  e  famigliari  :  Maestro  Giovanni 
de  Armentario,  Maestro  Gerardo  medico  monaco  di  S.  Benedetto, 
Guglielmo  de  Corbalio  e  Maestro  Giacomo  di  Brabante.  -  Per 
cappellano  e  famigliare:  Fra  Giovanni  detto  Probo,  monaco 
di  S.  Pietro  Carnotense  in  Valle.  -  Per  chierico,  medico  e  fa- 
miliare :  Gerardo  di  Castronuovo.  -  Per  chierico,  famigliare  e 
consigliere  :  Giovanni  del  Monastero  di  S.  Giovanni  professore 
di  legge.  Per  valletto  e  familiare:  Giannotto  de  Brockis.  -  Per 
valletto:  Bertoldo  de  Lilio.  -  Per  milite  consigliere  e  famigliare: 
Campanesio  Cazio  di  Padova.  Per  consigliere:  Giacomo  arci- 
vescovo di  Durazzo.  Per  portarlo  e  nunzio  :  Guglielmo  Brit- 
tonio.  Per  trombettiere  del  re:  Giannotto  di  Melfi  (1). 

13,  ivi.  -  Re  Carlo  scrive  a  CiDalia  di  Gennaro  proton- 
tino  di  Napoli  di  armare  due  galere  e  mettersi  alla  custodia 
della  marina  di  Corneto ,  e  che  perlustri  fino  al  Monte  Ar- 
gentario, impadronendosi  di  tutte  le  navi  nemiche.  Poi  gli 
soggiunge  :  Inliibeas  insuper  fìrmiter  et  districte  in  Cor- 
neto et  Civita  Veccia  hostium  predictorum  diete  maritime 
tam  Pisanis  quam  quibuscunque  aliis  de  partibus  ipsis   et 

(1)  Ivi,  fol.  219.  il  2.°-230  t. 


370  IL   REGNO 

diiigenter  custodias  ut  nulla  omnino  oectualìa  de  eisdem 
partibus  per  mare  aliquatenus  extraliantur  contro,  omnes 
extralientes  acriter  processurus  capiendo  ipsos  cum  victua- 
libus  extrahendis  et  vassellìs  eorum  ac  offendendo  eos  modis 
omnibus  quibus  potes  ita  quod  inìiibitio  ipso  ten&citer 
observetur  (1). 

Nello  stesso  giorno  sotto  pena  della  loro  persona  e  di 
tutti  i  loro  beni,  ordina  a'  Maestri  procuratori  e  portolani  di 
Abruzzo,  di  Principato  e  Terra  di  Lavoro,  di  Puglia  ,  di  Ca- 
labria e  di  Sicilia,  di  non  fare  uscire  dal  regno,  sia  occulta- 
mente, sia  palesemente  qualsivoglia  genere  di  vettovaglie  o 
di  legumi,  senza  speciale  ordine  in  iscritto  (2). 

14,  ivi.  -  Ordina  al  Maestro  portolano  di  Principato  e  di 
Terra  di  Lavoro  di  permettere  a  Francesco  Gattola  di  Gaeta 
ed  a  Bartolommeo  di  Ripafratta,  mercanti,  di  liberamente 
potere  esportare  dal  regno  4  mila  salme  di  grano  per  traspor- 
tarle e  venderle  in  Soria  (3),  a  Venezia,  a  Siro,  a  Tripoli, 
ad  Acaia,  a  ladra,  a  Ragusa,  a  Spalato,  a  Dragurio  ed  a 
Scivinico  (4). 

15,  ivi.  -  Scrive  al  Secreto  di  Principato,  Terra  di  La- 
voro ed  Abbruzzo:  Cum  domos  duas  aptas  et  conveniente^ , 
imam  videlicet  in  viridario  nunc  exislente  ante  Castrimi 
Capuane  de  Neapoli.  et  alteram  iuxla  turrim  Sancii  He- 
rasmi  de  Capua  in  loco  apio,  et  condecente  prò  recìpiendis 
in  eis  compulis  offìcialinm  nostrorum  quociens  Curiam 
nostrani  in  locis  ipsis  esse  contigerit.  providebimus  con- 
slruendas  quorum  quelibet  sii  longitudinis  cannarum  duo- 
rum,  ampliludinis  cannarum  trium  et  mediani,  in  arabi- 
tam  murorum  et  altidudinis  cannarum  trium  intrinsecus 
a  terra  usque  ad  trabes  fìatque  in  qualibet  earum  Camera 
una:  longitudinis  cannarum  quatuor  iuxta  longitudinem 
predictarum  duarum  cannarum  cimi  viminea  prò  faciendo 
cum  expedit  igne  ibidem  et  sint  domus  ipse  cum  Cameris 
dare  et  lucentes  cum  feneslris  in  eis  convenientibus  prò 
Inuline  grossis  virgis  ferreis  cancellatis  et  sint  etiam  do- 
ti) Reg.  Ang.  1275,  B.  u.  23,  fol.  8  t. 

(2)  Reg.  Ang.  ]275,  C.  n.  24,  fol.  33. 

(3)  Accon.  (1)  Cioè  Sebenico.  Ivi. 


DI  CARLO  I.   d'angiò  377 

mus  ipse  in  tectis  sublus  imbrices  tabulate ,  ut  scripta 
dictorum  computorum  quando  reponentur  ibi  salubriter 
ab  imbribus  et  nivibus  conser ventar.  Quindi  gli  ordina  di 
subito  'are  eseguire  il  tutto  con  consiglio  di  Niccolò  di  Capua 
notaio  della  regia  Corte ,  che  all'  oggetto  manda  a  lui ,  e  dei 
maestri  e  di  altre  persone  all'  uopo  destinate.  E  che  in  adventu 
nostro  felici  qui  erit  ad  partes  ipsas  in  proximo  deo  duce 
complete  sint  ut  recìpiantur  in  eìs  computa  supradicta  (1). 

16,  Melfi.  -  Scrive  al  Giustiziero  di  Terra  di  Lavoro,  che 
quando  egli  mandò  a  custodire  nel  castello  di  Aversa  Gio- 
vanni Balbino,  Giovanni  Grimano,  Canusio  Scura,  Minsio 
Sinubraniano,  Demetrio  Scura  e  Zaccaria  Scura,  ostaggi  al- 
banesi, ordinò  al  milite  Gualtiero  de  Floriaco  suo  predeces- 
sore nel  giustizierato ,  di  pagare  a  ciascuno  di  essi  tre  tari 
di  oro ,  di  peso  generale  al  giorno  per  le  spese ,  ed  un'  oncia 
di  oro  di  peso  generale  in  ogni  anno,  nel  giorno  della  festi- 
vità del  Natale  del  Signore,  ad  ognuno  per  le  vesti  e  le  calza- 
ture. E  poiché  si  è  trascurato  di  pagare  tale  assegno,  ed  i  detti 
ostaggi  sono  ricorsi  a  lui ,  ordina  verificarsi  ciò,  e  severo,  su- 
bito si  paghi,  ed  in  avvenire  non  si  ripeta  tanta  negligenza  (2). 

Nello  stesso  giorno  crea  Eustasio  de  Davide  di  Matera 
in  maestro  delle  razze  di  tutta  la  Calabria  in  luogo  di  Gof- 
fredo Bouet,  che  resta  esonerato,  e  gli  comunica  le  istruzioni 
del  suo  uffizio ,  tra  le  quali  vi  è  quella  del  tempo  in  cui  de- 
vesi  marchiare  ogni  animale,  il  quale  marchio  della  regia 
Corte  è  ad  florem  de  Usa  (3). 

17,  Corneto.  -  Accorda  ai  frati  minori  di  S.  Francesco  di 
Monopoli  di  potere  edificare  in  onore  del  loro  fondatore  S.  Fran- 
cesco, una  chiesa  extra  muros  predicte  civitatis  prope  por- 
1  im  que  dicitur  de  Taranto  in  solo  quod  est  archidiaconi 
Monopoli.  Gazi  Chinardi  et  protliordini  terre  predicte  (4). 

18,  Foggia.  -  Scrive  ai  Giustizieri  di  Capitanata,  di  Terra 
di  Bari,  di  Terra  di  Otranto  e  di  Abruzzo  :  Volentes  non  in- 
digne  procedere  contra  homines  civitatis  Dalmisie  emulos 
noslros  ac  eìs  fertililatem  regni  nostri  totaliter  denegare 
et  ipsos  modis  omnibus  cohercere  fldelilati  vestre  manda- 

(1)  Ivi,  fol.  2.  2)  Reg.  Ang.  1275,  A.  n   22,  fol    34. 

(3)Reg.  Ang.  1275,  B.  n.  23,  fol.   11.  (4)  Ivi,  fol.  10  t. 


378  IL   REGNO 

miis  quatenus  per  sìngulas  terras  famosas  et  specialiter 
per  omnes  terras  et  loca  maritima  iurisdictionis  vestre 
banniri  facialis  et  puplice  inliiberi  quod  nullus  audeat  et 
presummat  sub  pena  persone  et  honorum  suorum  liomines 
prediete  terre  Dalmisie  cuiuscunque  conditionìs  existant 
in  eorum  domiciliis  receptare  aut  recipere  et  occultare 
mercimonia  et  aliqua  bona  ìpsorum  nec  alimenta  mini- 
strare eisdem.  nec  aliqua  victualia  legumina  et  aliquam 
grassam  aut  alia  vietiti  hominum  oportuna  nec  equos  nec 
arma  destinare  ad  lerram  predictam  et  si  quis  contra  pre- 
sentem  inhihitionem  nostrani  contrarium  forte  faceret  aut 
temptare  presumpserit  contra  personas  et  bona  eorum  alte 
et  basse  prò  nostro  arbitrio  voluntatis  contra  omnes  illos 
quos  culpabiles  inveniri  contigerit  procedemus.  Si  vero 
aliquos  liomines  predicte  terre  Dalmisie  inveniri  contigerit 
per  terras  et  loca  lurisdictionis  vestre  ipsos  de  personis 
eorum  cum  omnibus  mercimoniis  et  bonis  eorum  quibus- 
libet  faciatis  arr estari  signi ficaturus  Curie  nostre  et  Ma- 
gistris  Rationalibus  etc.  nomina  et  cognomina  e orumdem  et 
in  quibus  terris  et  locis  fuerint  arrestati  et  qae  mercimonia 
et  bona  eorum  arrestata  sint  et  ubi  et  quando,  nec  non  et 
valorem.  velpretium  earumdem  particulariter  etdistricte  (1). 
19,  ivi.  -  Scrive  al  Giustiziero  di  Abruzzo  :  Licet  Spo  - 
letanos  qui  contra  Romanam  Ecclesiam  calcaneum  re- 
bellionis  erexera.it  hactenus  per  te  a  tota  decreta  iV'i 
provincia  licentiari  mandaverimus  et  banniri.  Quia  tarnen 
sicut  Guìllelmus  Vicecomes  Ducatus  Spoletani  rector  per 
suas  nobis  lilteras  intimava.  Idem  Spoletani  saniori  diteti 
Consilio  ad  ipsius  Ecclesie  beneplacita  et  mandata  totaliter 
devenerunt.  Nos  ad  eiusdem  Recloris  instantiam  Spoletanos 
eosdem  a  hanno  huiusmodi  absolvenles  fidelitati  tue  preci- 
piendo  mandamus  quatenus  pretexlu  alicuius  mandati  no- 
stri. Ubi  propterea  destinati  contra  Spoletanos  ipsos  ali- 
quatenus  decelero  non  procederis  et  in  statum  pristiniun 
revocans  quodquod  contra  eis.  occasione  huiusmodi  atten- 
tasiis  Spoletanos  et  omnes  de  eorum  dìstrictv  sicut  alios 
fideles  ecclesie  ut  redire  et  moravi  in  regno  nostro   sìne 

(1)  Reg.  Ang.  1275,  A   n.  22,  fol.  70. 


DI  CARLO  i.  d'angiò  379 

molestia  qualibet  patiaris  prò  ut  hactenus  consueverunt. 
E  simili  ordini  spedisce  al  Giustiziero  di  Terra  di  Lavoro  e 
Contado  di  Molise  (1). 

20,  Lucerà.  -  Scrive  al  Giustiziero  di  Capitanata  di  fare 
restituire  la  propria  rata  di  paga  e  di  panatica  a  tutti  quei 
corniti ,  nocchieri ,  marinai ,  soprasalienti  ed  altre  persone 
dell'  equipaggio  delle  galere,  che  stanno  all'assedio  della  terra 
di  Dalmisia ,  i  quali  per  due  giorni  ebbero  licenza  dal  conte 
Pietro  de  Veda  comandante  delle  regie  galere,  e  da  Roberto 
Minerra  protontino  di  Viesti  (2). 

22,  ivi.  -  Ordina  a  Goffredo  de  Boy  Guilliaume  di  subito 
pagare  il  salario  a  maestro  Giovanni  di  Lione ,  a  Giovanni 
de  Tulio  falegnami,  al  fabbricatore  Riccardo  ed  a  Giovanni  de 
Amanto  ferraio,  i  quali  stanno  lavorando  nel  castello  di  Lu- 
cerà alle  machine  da  guerra  necessarie  per  quel  castello , 
come  pure  al  notaio  dell'  opera  Bernardo,  il  tutto  dietro  cer- 
tificato rilasciato  da  Bisanzio  de  Rustico  di  Trani  e  di  Tom- 
maso di  Calogiovanni  di  Bari  amministratori  di  quella  opera  (3). 

In  questo  stesso  giorno  crea  in  capitano  di  Pistoia  Raone 
de  Griffo  milite  napoletano  (4).  Indi  ordina  al  Giustiziero  di 
Capitanata  di  assegnare  quanto  si  è  promesso ,  suoscriptis 
gallicis  tam  de  hospitio  quam  extra  hospitium  primi  se- 
cundi  et  ultimi  gradus ,  i  quali  si  portano  ad  abitare  nella 
fortezza  del  vecchio  castello  di  Lucerà.  Essi  sono  :  Gualtiero 
ostiario  della  regina ,  Perrotto  de  Girard ,  Simonetto  della 
salseria  reale,  Giovanni  de  Poitiers,  Rainaldo  Botomace,  Pon- 
zetto  Cornay,  Odino  de  Saint  Denis,  Giovanni  Piccard,  Adamo 
de  Pontifore,  Andrea  Coco ,  Pietro  di  Villeneuve ,  Giovanni 
de  Trigeville,  Odino  di  Provenza,  Roberto  de  Heumont,  Pa- 
ste Aci ,  Guglielmo  Clerc,  Stefano  Cenomano,  Riccardo  della 
stazionaria,  Giovanni  de  Curseil,  Cezzetto  di  Arras,  Pietro 
Flovecour  chierico  regio,  Pietro  di  Brettagna,  Giovanni  de 
Burson,  Gobino  e  Bartolommeo  de  Gans,  Pietro  di  S.  Eligio 
di  Nojon,  Guglielmo  de  Pelard,  Guglielmo  de  Tury  Ambies . 
Michele  de  Vatmolendin  (5). 

(1    Ivi,  fol.  3.  (2)  Ivi,  fol.  70. 

(3)  Reg.  Ang.  1275,  B.  n.  23,  fol.  18.  (4)  Ivi,  fol.  165  t. 

(5)  Reg.  Ang.  1275,  B.  n.  23,  fol.  19. 


380  IL   REGNO 

23,  ivi.  -  Crea  in  capitano  del  regno  di  Albania  e  di 
Durazzo  Guglielmo  di  Bernardo,  rivocando  da  quell'uffizio 
Narjon  da  Toucy,  cui  affida  altra  missione.  Ed  ordina  a  Rug- 
gero de  Sammaro  protontino  di  Trani  di  condurlo  a  Durazzo 
unitamente  alle  milizie  cristiane  e  saracene,  che  mena  seco , 
imbarcando  tutti  in  Brindisi  sulle  due  galere  e  sulla  barchetta , 
con  le  quali  egli  deve  navigare  per  la  Vallona  (1). 

Nello  stesso  giorno  nomina  il  milite  Filippo  de  Arville 
in  maresciallo  del  regno  di  Albania  e  di  Durazzo  (2).  Indi 
ordina  al  Giustiziero  di  Capitanata  ed  al  milite  Riccardo  sa- 
raceno di  Lucerà,  di  scegliere  in  Lucerà  cento  buoni  arcieri 
saraceni  con  archi  di  corno,  e  spedirli  a  Durazzo  a  Guglielmo 
di  Bernardo  capitano  di  Albania  e  di  Durazzo,  assoldandoli 
per  tre  mesi  (3). 

25,  Ariano.  -  Crea  in  Capitano  de' Saraceni  di  guarnigione 
in  Durazzo  il  milite  Abramo  saraceno  di  Lucerà,  rivocando  da 
quel  comando  il  milite   Musa  anche   saraceno  di  Lucerà  (4). 

28,  Sanseuerino.  -  Scrive  a  Roberto  Minerro  prontontino 
di  Vieste  di  aver  saputo  ,  che  i  pirati  Dalmisini  fanno  scor- 
rerie nelle  acque  dell'  isola  di  Tremiti  predando  le  navi  che 
passano  per  que'  luoghi ,  e  poi  si  nascondono  neh'  isola  e  nelle 
adiacenze.  Per  la  qual  cosa  gli  ordina  di  armare  due  galere 
e  subito  mettersi  alla  vela,  prendendo  tutte  le  più  esatte  in- 
formazioni dall'abate  di  queir  isola,  e  da  chiunque  altro  potrà 
dargliene  sicure;  però  con  segretezza,  da  non  potersi  pe- 
netrare da'  pirati ,  affinchè  egli  possa  piombar  loro  sopra  e 
prenderli  (5). 

Nello  stesso  giorno  essendo  passato  a  Nocera,  ivi  nomina 
tesoriero  di  Durazzo  maestro  Stefano  de  Salinis  suo  chierico, 
rivocando  da  queir  uffizio  Pietro  Butin  (6). 

29,  Nocera.  -  Ordina  a  Guglielmo  di  Bernardo  capitano 
ed  a  Filippo  de  Arville  maresciallo   di   Durazzo  di  portarsi 

(1)  Ivi.        (2)  Reg.  Ano.  1275,  A.  n.  22.  fol.  71. 

(3)  Reg    Ang.  1275,  B.  n.  23,  fol.  20  t. 

(4)  Reg.  Ang.  1275,  A.  n-  22,  fol.  70  et  74  t  75  t.  79  t.  Questi  francesi 
vennero  alcuni  il  22  ed  il  23  settembre,  altri  il  il,  18  e  30  novembre  di 
questo  anno,  ed  altri  il  14  di  giugno  del  seguente  anno  1276. 

(5)  Ivi ,  fol.  20.  (6)  Ivi ,  fol.  20. 


DI   CARLO    I.   D'aNGIÒ  381 

all'istante  e  senza  remora  a  Durazzo  con  le  milizie,  perchè 
l'esercito  del  Paleologo  è  giunto  lino  alle  vigne  della  città  di 
Durazzo ,  e  li  previene  di  avere  egli  già  scritto  a  Narjon  de 
Toucy  di  non  muoversi  da  Durazzo  fino  a  quando  l' esercito 
nemico  non  si  sarà  interamente  ritirato  (1). 

30,  ivi.  -  Scrive  a  Narjon  de  Toucy  capitano  di  Durazzo: 
Recepimus  litteras  quas  de  rumoribus  illarum  partium 
Oddoni  de  Policeno  Iustitiario  Terre  Ydrontì  ac  greconim 
inimicorum  nostrorum  processibus  destinasti,  ac  ipsarum 
intellecto  tenore,  volumus  et  excelleniie  nostre  placet,  quod 
de  partibus  illis  nequaquam  discedas  quousque  exercitus 
Palìologi  de  partibus  Duracini  discesserit,  et  se  abìnde 
prolong  aver  it.  ita  quod  te  discedente  de  partibus  illis ,  sì 
tuum  prescirent  recessum  in  offe?isionem  diete  terre  redire 
non  possint  quamvis  per  nostras  mandaximus  litteras  ut 
veniente  Guillelmo  Bernardi  ad  partes  ipsas  tuo  in  officio 
successore,  ad  nostrani  debeas  presentiam  te  con/erre, 
prolongato  vero  dicto  eocercitu  ad  nostrani  %n"esenliam  ve- 
7iias  prout  per  alias  ab  excellentia  nostra  Ubi  datur  litteras 
in  mandatis  hostes  enim  si  tuum  prescirent  recessum  maio- 
rem  assumerent  malìliam  malignando  et  sic  fìdeles  nostri 
possent  ab  illis  quod  absit  offendi  forlius  et  gravavi,  intel- 
leximus  etiam  per  taas  litteras  Iustitiario  transmissas  ei- 
dem quod  per  vasa  Paliologi  quinque  Barce  ìiominum  Dur- 
racliii  et  una  de  Ydronto.  more  piratico  capita  fuerunt.  de  qua 
es  non  immerito  arguendo  cum  scito  per  te  adventu  galearum 
Paliologi  debueris  Barcas  et  alia  vasa  fidelium  nostrorum 
in  terram  duci  facere.  ita  quod  ab  hostibus  offensionem 
non  possent  aliquam  s>0>slìnere  et  quotiens  aliqua  inimi- 
corum vasa  in  partibus  ipsis  apparent.  fidelium  nostro) 
vasa  in  terram  vel  locurn  lutici  duci  volumus  ut  nuttam 
per  hostes  substinere  vel  recipere  voleant  nocumentum. 
Displicet  mullum  nobis  quod  Balium  in  Castro  nostro  non 
fecisti  fieri  prout  per  litteras  Ubi  mandavimus  nam  si 
factum  fuisset.  castrili  n  et  terram  in  luto  essent  in  luto 
tuque  aliique  fìdeles  nostri  in  nullo  periculo  morarenlw 
de  quo  non  es  immerito  arguendus  (2). 

(1)  Ivi,  fol    21.  (2)  Ivi,  fol.  20  t. 


382  IL    REGNO 

Maestro  Niccolò  dal  giorno  primo  di  questo  mese  fu  pro- 
fessore di  diritto  canonico  nello  Studio  napoletano,  e  lo  era 
tuttavia  nel  26  di  settembre  del  seguente  anno  1276  (1). 

Ottobre  3.  Nocera.  -  Scrive  al  Giustiziero  di  Terra  di 
Lavoro  :  Olim  Ubi  et  ceteris  aliis  Iustitiariis  Regni  nostri 
per  nostras  mandavimus  litteras  ut  in  litteris  eorumdem 
datam  apponerent.  ut  de  die  confectionis  illa.rum.  et  in  quo 
loco  facte  sunt  plenam  nolitiam.  nostra  Serenitas  obtinerit. 
veruni  cum  in  duabus  litteris  tuis.  datam  nequaquam  appo- 
sueris.  /ideatati  tue  districte  precipimus  quatenus  in  sin- 
gulis  litteris  tuis.  quotiens  nostre  Maiestati  super  aliquo 
scrìbis  negotio.  datam  et  locum  apponas  in  fine,  alioquin 
prò  qualibet  litterarum  ipsarum  unciam  aurì  unum  prò 
pena  de  tuo  proprio  exigi  faciemus.  et  nichilomimus  uncìas 
auri  duas.  prò  pena  dictarum  litterarum  duarum  in  quibus 
data  non  apposuistis  ut  superius  est  expressum.  Venerabili 
viro  Magislro  Guillelmo  de  Faronvilla  etc.  prò  iure  Sigilli 
te  exoluere  volumus.  ut  in  penam  non  incidas  similem,  set 
Ubi  in  hac  parte  vexatio  prebeat  intellectum  (2). 

8,  Napoli.  -  Fa  lettere  commendatizie  a  tutti  i  suoi  fedeli 
ed  amici  per  Giacchetto  di  Bari  e  Gualtiero  de  Brebenta  pe- 
dites  nuntios  nostros  ad  Romanam  Curiampro  quibusdam 
nostris  negotiis  transmittamus  (3). 

9,  ivi,  -  Scrive  al  maestro  procuratore  di  Calabria  :  Licei 
mandavimus  libi  ut  casale  Labonie  situm  in  iurisdìctione 
tua.  ad  manus  nostre  Curie  revocares  eo  quod  in  eodem 
casale  inventa  est  mena  argentarle,  quam  in  manibus  no- 
stris reservavimus  tamquam  ad  demanium  nostrum  spectan- 
tem.  tamen  volumus  et  mandamus  ut  casale  ipsv.m  lordano 
de  Sanclo  Felice  dilecto  mitili  et  fvieli  nostro  qui  ìllud  ex 
concessione  nostra  tenebat.  ve/  procuratori  suo  eius  nomine, 
restituas  et  resignes.  et  respondeas  sibi  et  responderi  facias 
de  proventibus  iuribus  et  reddilibus  ipsius  casalis.  per  te  prò 
parte  nostra  perceplis  a  tempore  revocaiionis  ipsius  usque 
ad  diem  resignationis   huiusmodi.  reservatis   tamen.   nobis 

(1)  Reg.  Ang    1268,  A  n    1,  fol.  21. 

(2)  Reg.  Ang.  1275,  A,  n.  22,  fol.  34  t. 

(3)  Reg.  Ang.  1275,  B.  n.  23,  fol.  23. 


DI  CARLO  I.  d'angiò  383 

omnibus  mineriis  tam  argenti,  quam  eris.  et  plumbi  que- 
cunque  sint  et  fuerint.  in  eodem  casali  et  pertinenliis  suis. 
quas  volumus  per  eos  qui  alias  liuiusmodi  menerias  nostras 
procurarli  prò  parte  nostre  curie  procurari  (1). 

10,  ivi.  -  Ordina  al  Secreto  di  Principato,  Terra  di  La- 
voro ed  Abruzzo  di  pacare  il  soldo  di  10  once  di  oro  annue  a 
maestro  Marando  di  Reggio  professore  di  logica  nello  Studio 
di  Napoli  per  l'anno  della  quarta  indizione  (2). 

Nello  stesso  giorno  ordina  pagarsi  tari  sei  d' oro  al  giorno 
a  fra  Giacomo  dell'  Ordine  de'  Predicatori,  Inquisitore  delegato 
della  S.  Sede  contro  gli  eretici  del  regno,  dal  1.°  di  settembre 
di  questo  anno  fino  al  31  di  agosto  del  venturo  anno  1276. 
E  quindi  scrive  a  tutte  le  autorità  del  Giustizierato  di  Terra 
di  Lavoro  e  Contado  di  Molise,  di  prestargli  braccio  forte  ed 
aiuto  per  procedere  contro  coloro  che  saranno  da  lui  incol- 
pati di  eresia,  ed  imprigionarli  (3). 

11,  ivi.  -  Ordina  ai  Maestri  procuratori  di  Puglia,  di 
Principato  e  Terra  di  Lavoro,  di  Calabria,  di  Abruzzo  e  di 
Sicilia,  ed  ai  custodi  de' passi  di  Abruzzo  e  di  Terra  di  La- 
voro ,  di  non  fare  uscire  dal  regno  le  penne  vulturum.  an- 
serum.  aquilarum.  et  aliarum  magnarum  avium  eo  quocl 
de  pennis  ipsis  prò  operibus  nostris  que  laborarl  facimus  in 
castro  nostro  Capuane  de  Neapoli  maxima  quantità s  neces- 
saria reputelur  et  propterea  per  offìciales  nostros  iam  erni 
mandavimus  omnes  pennas  diclarum  avium  quas  invenire 
possent  ad  di  cium  Caslrum  prò  prediciis  nostris  operibus 
destinandas.  Quindi  li  ammonisce  ad  essere  diligenti,  mi- 
nacciando ad  essi  la  pena  del  pagamento  di  cento  once  d'  oro 
in  caso  di  contravvenzione  (4). 

12,  ivi.  -  Scrive  al  Secreto  di  Principato,  Terra  di  Lavoro 
ed  Abruzzo:  Quia  intetteximus  quod  domus  nostre  dohane 
et  fundici  Neapolis  in  mullis  indigeni  reparari  et  maxime 
in  aliquibus  partibus  in  quibus  ex  fulminis  iclu  diruto  sunt. 
ad  presens  et  nìsi  reparentur  instanler.  mercatores  cum 
corum  mercimoniis  in  eis  comode  nequirunt  commorari.  Per 

(1)  Reg.  Ang.   1275,  C.  n.  24,  fol.  34  t.  (2)  Ivi,  fol.  2  t. 

3]  Reg.  Ang    1275,  B.  n.  23,  fol.  25. 
(4)  Reg.  Ang.  1275,  C.  n.  24,  fol.  35. 


384  IL   REGNO 

la  qual  cosa  gli  ordina  di  subito  voce  preconia  facias  solle- 
pniler  suoastaH  V  appalto  di  siffatte  ricostruzioni  da  ese- 
guirsi sollecitamente  (1). 

Nello  stesso  giorno  scrive  al  milite  Goffredo  de  Boy  Guil- 
laume preposito  alle  costruzioni  del  castello  di  Lucerà,  che 
avendo  egli  prescelto  Pietro  Blondel  per  fare  il  fossato  a  quel 
castello,  lo  riceva  e  lo  faccia  lavorare  al  detto  fossato,  pa- 
gandogli un  tari  al  giorno  (2). 

13,  ivi.  -  Ordina  al  Secreto  di  Principato  e  Terra  di  La- 
voro ed  Abruzzo,  di  pagare  i  soldi  a  maestro  Niccolò  profes- 
sore di  dritto  canonico ,  ed  a  maestro  Giovanni  Vacca  prò  - 
fessore  di  dritto  civile  nello  Studio  di  Napoli  per  l'anno  della 
quarta  indizione  (3).  E  che  paghi  pure  il  soldo  per  1'  anno 
della  terza  indizione  al  predetto  maestro  Niccolò  (4). 

16,  ivi.  -  Scrive  ai  portolani  della  città  di  Napoli  :  Cimi 
nuntii  regis  Tunisii.  sex  familiares  ipsorum  cum  lentoriis 
et  arnesiis  eorura  apucl  Tunisiuui  velini  per  mare  transmi- 
ctereJ  ordina  loro  di  fare  uscire  liberamente  con  qualunque 
nave  dal  porto  di  Napoli  quei  familiari  dei  detti  ambascia- 
dori  tunisini,  con  tutte  le  robe  che  seco  loro  portano.  E  nello 
stesso  tempo  ordina  pure  di  permettere  lo  stesso  al  milite 
Leone  saraceno  di  Lucerà  capitano  dell'  isola  di  Pantellaria 
che  con  la  sua  famiglia  ed  i  suoi  arnesi  uscirà  dal  porto  della 
città  di  Napoli  (5). 

In  questo  stesso  giorno  manda  maestro  Pietro  de  Mora 
sottodecano  d'  Orleans,  Enrico  di  S.  Memio  canonico  di  Cham- 
pagne, e  Giovanni  de  Merolie  nella  qualità  di  suoi  procura- 
tori e  nunzi  speciali  al  duca  di  Borgogna  per  domandargli 
quello  che  spetta  a  Margarita  sua  moglie  in  quel  Ducato 
pei  diritti  che  vanta  sulla  eredità  del  defunto  Ugo  duca  di 
Borgogna  suo  avo.  In  q:;el  ducato  Margarita  già  possedeva 
una  terra  (6). 

Matteo  Rufolo,  Niccola  Frezza,  Giovannuccio  de  Pando, 
Tommaso   Caziolo,  Andrea    de  Bonito,   Niccola    Campalom>. 

(1)  Ivi,  fol.  2  t.  (2)  Reg    Ang    1275,  B.  n.  23,  fol.  25. 

(3)  Cioè  dal  1  <>  di  settembre  1275  al  31  di  agosto  1273.  Reg.  Ang    127T., 
A    n.  22,  fol.  211  t.  (4)  Reg.  Ang.  1275,  C.  n.  24,  Ibi.  3. 

(5}  hi,  fol.  36  t.  (6)  Reg.  Ang.  1274,  B.  n.  20,  fol.  63. 


DI  CARLO  I.   d'angiò  385 

Angelo  Pironto,  Alessandro  d'Afflitto,  Tommaso  Coppola  se- 
niore, Niccola  Acconciaiocco  e  Sergio  Pinto  presentano  a  re 
Carlo  una  obbligazione  di  debito  ad  essi  fatta  nella  terra  di 
Monteforte  il  19  di  luglio  dello  scorso  anno  1275  da  Roberto 
conte  d'Artois  suo  nipote,  in  cui  si  dice  che  esso  Roberto  à 
ricevuto  dai  detti  Rufolo  e  compagni  uncias  auri  mille  tare- 
norum  bone  monete  per  mano  di  maestro  Gilberto  de  Moreto, 
suo  chierico  e  tesoriero ,  dando  in  pegno ,  Coronam  imam 
auream  ornatavi  variis  lapidibus  pretiosis  sub  sigillo  prefati 
Magistrì  Gilberti  promiltenies  per  slipulationem  sollempnem 
integraliter  predictam  pecuniam  reslitaere  tempore  loco  et 
modo  subscriplis ,  cioè  di  pagare  o  far  pagare  a  suo  nome 
la  detta  somma  apud  Trecas  in  Francia  in  festo  beati  An- 
dree  quod  celebralur  in  mense  novembris  proxìmo  futuro 
duomilia  libras  bonorum  turonensium  et  quingenias  ad  ra- 
tionem  videlicet  de  solidis  quinguaginta  prò  ancia ,  come 
pure  tutte  le  spese  che  si  faranno  pel  procuratore  di  essi 
mutuanti ,  il  quale  dovrà  andare  in  Francia ,  rimanervi  per 
qualche  tempo  e  ritornare  poi  a  Napoli  col  denaro.  Assicu- 
randoli ancora  per  omnem  periculum  casum  seu  risicum 
maris  et  gentis  lalronum  vel  ignis  fortuitum  vel  exagitatum 
o  qualunque  altra  circostanza  potesse  darsi,  essi  dovranno 
sempre  ricevere  l' intera  somma  senza  diminuzione  veruna. 
E  re  Carlo  in  questo  dì  autorizza  quei  creditori  di  eleggere 
il  loro  procuratore  e  di  mandarlo  nel  termine  stabilito  a  ri- 
ceversi le  2500  libbre  di  tornesi  (1). 

I  frati  minori ,  che  nella  città  di  Napoli  abitavano  nel 
monastero  di  S.  Maria  di  Palazzo ,  prope  portimi  Neopolis , 
ne  furono  cacciati  da  Galeotto  de  Floriaco  Giustiziero  di  Terra 
di  Lavoro  e  Contado  di  Molise,  perchè, quel  luogo  era  di  regia 
proprietà  ;  ma  poiché  quei  frati  vengono  raccomandati  a  re 
Carlo  dal  Sommo  Pontefice,  quel  sovrano  in  questo  giorno 
ordina  al  successore  del  Floriaco  di  farli  ritornare  ad  abitare 
in  S.  Maria  di  Palazzo  (2). 

17,  ivi.  -  Ordina  a  Giovannotto  de  Pando  maestro  por- 
tolano e  procuratore  di  Principato  e  di  Terra  di  Lavoro  di 
non  molestare  l'abate  ed  il  monastero  di  S.  Gennaro  de  Foris 

(1)  Reg.  Ang.  1275,  B.  n.  23,  fol.  2G  t.  (2)  Ivi. 


386  IL    REGNO 

di  Napoli  nel  possesso  di  una  terra  di  sette  moggia  in  loco 
qui  nominatur  massa  in  parte  foris  ftubeurn  et  dicitur  ad 
aream  muratam  (1). 

Scrive  al  Giustiziero  di  Calabria  :  Exposuit  nobis  Bella- 
dompna  uxor  Georg  li  de  Zanone  de  0 tracio  fidelis  nostra 
quod  cum  Adelicia  et  Ocra  et  Perno,  fllia  eius  cum  aucto- 
ritate  et  consensu  Nicolai  de  Amendolia  procuratoris  et 
mundualdi  earum  obligaveril  quondam  Aderitine  et  liere- 
dibus  suis  cui  Acletine  ipsa  Belladona  neptis  eius  de  iure 
successa  quedam  bona  stabilia  et  semoventia  e.ristentia  in 
terra  Gir-acii  et  tenimento  suo  tam  videlicet  burgensatica 
qiiam  pìieudalia  prò  debito  septuaginta  uncìarum  auri  in 
quibus  eidem  Aclentine  tenebantur  certa  pena  de  non  ve- 
nìendo  coatra  apponita  ver  easiem  regie  Curie  siperipsas 
vel  heredes  earum  contraventum  fuerit  persolvenda  sicut 
in  instrumento  puplico  inde  confecto  plenius  asseritur  con- 
ti neri,  nunc  Petrus  de  Cera  nepos  et  heres  predictarum 
mulierum  contra  obligationern  ipsam  temere  veniens  cum  non 
dum  ipsi  Ade 'ine  vel  eidem  Belledomp/ne  ìieredi  et  successori 
ipsìus  Acletine.  de  dicto  debito  sit  ìntegre  satisfactum.  nec 
ipse.  Petrus  super  hoc  satisfacere  velit  eidem,  dìctam  Bella- 
dompnam  super  possessione  honorum  ipsorum  obligatorum 
ri i  ultipliciter  impedii  et  molestat.  Quare  fidelitati  tue  precipiendo 
mandamus  quatenus  vocatìs  partibus  si  libi  constiterit  de  pre- 
missis.  contra  predictum  Petrum  ad  exactionem  diete  pene 
ad  opus  Curie  nostre  procedas.  et  ipsam  Belladompnam  non 
permitias  per  eundem  Petrum  in  huiusmodi  bonis  oblìgatis 
contra  formam  óblìgalionis  ipsiu.s  indebite  molestari  quous- 
que  sibi  fuerit  de  predicto  débito  plenarie  satisfactum  (2). 

Fa  lettere  commendatizie  a  tutte  le  autorità  del  regno 
per  Stefano  e  Roberto  valletti  della  polleria  regia,  i  quali 
debbono  comprare  per  uso  della  cucina  reale  galline  alla  ra- 
gione di  tre  galline  per  ogni  tari  di  oro ,  ogni  capretto  per 
12  grani  di  oro,  ed  ogni  cinque  uova  per  un  grano  di  oro  (3). 


(1)  Reg.  Ang.  1275,  C  a.  24,  fol.  36  t. 

(2)  Reg.  Ang.  127:>,  A.  d.  22,  fol.  110. 

(3)  Reg.  Ang.  1270,  u   u   P3,  fol.  2^. 


DI  CARLO  i.   d'angiò  387 

18,  ivi.  -  Comunica  le  istruzioni  ai  suoi  procuratori ,  i 
quali  debbono  portarsi  in  Francia  per  farsi  consegnare  da 
quel  sovrano  la  Contea  di  Poitiers  e  gli  altri  beni  ereditari  del 
defunto  suo  fratello  Alfonso  Conte  di  Poitiers ,  e  dal  Duca 
di  Borgogna  farsi  investire  dei  diritti  su  quel  ducato  ,  spet- 
tanti alla  regina  Margarita  sua  moglie  per  la  eredità  di  Ugo 
duca  di  Borgogna  suo  avo  (1). 

In  questo  stesso  giorno  ordina  al  Secreto  di  Principato , 
Terra  di  Lavoro  ed  Abruzzo ,  di  pagare  il  soldo  a  Maestro 
Giovanni  di  Casamicciola  professore  di  fisica  nello  Studio  di 
Napoli  per  gli  anni  della  3.a  e  4.a  indizione  (2). 

20,  ivi.  -  Scrive  al  Giustiziero  di  Abruzzo ,  che  1'  abate 
del  monastero  di  Casanuova  dell'  ordine  cisterciense  è  ricorso 
a  lui,  dicendo  che  le  mandre  di  pecore  di  proprietà  del  detto 
monastero ,  come  è  costume ,  calavano  da'  monti  di  Abruzzo 
per  portarsi  in  Puglia  co' rispettivi  pastori,  quando  giunte  a 
Vasto  Aimone,  per  dove  dovevano  passare,  Andrea  de  Sily 
signore  di  quella  terra  ed  il  suo  vicario,  volevano  esser  do- 
nati di  alcuni  castrati,  al  che  negatisi  i  pastori,  il  Sily  ed  il 
suo  vicario  violentemente  s' impadronirono  di  alcuni  giumenti, 
di  molti  castrati  e  di  una  certa  somma  di  danaro,  e  poi  por- 
tatisi alla  grancia  di  S.  Maria  a  Valle,  sito  presso  la  stessa 
terra  di  Vasto  e  di  proprietà  dello  stesso  monastero,  tolsero 
via  quanto  vi  era ,  ed  in  fine  da  una  casa  col  troppeto ,  che 
possiede  il  detto  monastero  in  Vasto,  in  cui  stavano  conser- 
vati i  remi,  la  vela  ed  altri  attrezzi  per  una  barca,  quali 
cose  col  musto  esso  abate  voleva  mandare  all'altro  monastero 
dello  stesso  ordine  nell'  isola  di  Tremiti ,  tutto  fu  predato  e 
tolto  via.  Per  la  qual  cosa  re  Carlo  ordina  di  subito  verifi- 
care i  fatti,  e  se  veri  si  faccia  restituire  il  tutto,  e  poi  si 
procorla  contro  i  rei  a  norma  di  legge  (3). 

In  questo  stesso  giorno  gli  scrive  ancora  di  pagare  sei- 
cento once  di  oro  a  Giovanni  Guerra ,  a  Roberto  de  Minerro 
protontiuo  di  Yiesti ,  a  Felice  de  Dossia  ed  a   Niccola  Tum- 

(1)  Reo.  Ano.  1274,  B.  n.  20,  fol.  64. 

(2)  Reg.  Ang.  1275,  A  n.  22,  fol.  211  t.  Reg.  Ang.  1275,  C.  n.  24,  fol.  8 

(3)  Ivi ,    fol.  4  t  Da  questo    documento  si  rileva  quanto  sia  antica  la 
Camorra. 


IL    REGNO 

berrò  soci ,  a  compimento  di  1800  once  di  oro  prezzo  conve- 
nuto di  20  teride  complete  di  tutto ,  onde  queste  navi  siano 
subito  finite  (1). 

22,  ivi.  -  Re  Carlo  scrive  :  «  Quod  Magister  Hugo  de  Bi- 
suncìo  Camerarius  Urbis  dilectus  Clerìcus  et  familiaris  no- 
ster  de  unciis  auri  octomilibus  generalis  ponderis  regni  du- 
dum  sibi  per  nosfram  Cameram  assignatis  tradendis  pei^ 
eum  Facio  Berinionis  mercatori  de  Senis  socio  Bonaventura 
Bernardini  et  alìorum  mercatorum  Senensium  ac  de  erendis  et 
assignandis  per  eundem  mercalorem  nostro  nomine  domino 
Summo  Pontifici  prò  censii  sibi  et  Ecclesie  Romane  debito 
annuatim  misit  et  assi g nari  fecit  in  Curia  nostra  venerabili 
viro  magislro  Guillielmo  de  Farumvìlle  etc.  per  suum  nuntium 
quondam  scriptum  patens  ab  eodem  domino  Summo  Pontifice 
sub  bulla  sua  pendenti  de  recepitone  ipsius  pecunie  nobis 
factum  cuius  continentia  talis  erat.  Gregorius  Episcopus 
servus  servorum  Bei  Karisimo  in  Cnslo  /Ilio  Karolo  Regi 
Sicilie  illustri  salutimi  et  apostolicam  benediclionem.  de  censii 
oclomilium  unciarum  auri  ad  pondus  Regni  Sicilie  prò  ipso 
Regno  et  Terra  Ubi  ab  Ecclesia  Romana  concesso  a  te  no- 
bis et  ipsi  Ecclesie  annis  singulis  in  festo  beati  Petri  Apo- 
stolorum  Principis  persolvendo  per  dilectum  filium  Factum 
Berinionis  socium  Bondventure  Bernardini.  Nicolai  Bonifa- 
cii.  et  Facii  Rollandi.  Bonsenìoris  Pagani.  Giletti  Bartholo- 
mei.  Henrici  Bandi.  Alebrandini  Bannaucci.  loannis  de  Bal- 
cis.  Ptolomei  Manentis.  Raynerii  Iacobi  Barmontini.  Georgii 
Giumelle  et  Matthei  .Ubici  civium  et  mercatorum  Senensium. 
de  Socìetate  quondam  Bonsenìoris  de  Senis  dictum  censum 
octomilium  unciarum  auri  ad  idem  pondus  inlegraliter  pre- 
sentibus  dilectis  filiis  magistro  Iohanno  de  Maffleto  et  Petro 
de  Latterà  clericis  lui  et  Guillelmo  Brunetti  de  Larderis 
militi  tuo  nomine  persolventem  prò  anno  domini  m.  ce.  lxxv, 
fatemur  nobis  et  eidem  Ecclesie  Romane  plenarie  salis fa- 
ctum presentes  lilteras  ad  tuam  et  tuorum  heredum  ac  edam 
pi'cdictorum  mercatorum  cauielam  et  futuram  rei  geste  me- 
moriam  concedentes.  Daium  Valentie  idibus  seplembris  pon- 
tificatus  nostri  anno  quinto.  Nos  autem  ad  magistri  Hugonis 

(I)  Ivi,  fol.  207. 


1)1   CARLO  i.   d'angió  389 

predicti  petitionem  et  tam  sui  quam  predictorum  mercatorum 
cautelam  presentes  Maiestalis  nostre  litteras  fieri  et  sigillo 
nostro  iussimus  communiri  (1). 

23,  ivi.  -  Ordina  al  Giustiziere»,  al  Secreto  ed  a  tutte  le 
altre  autorità  della  provincia  di  Terra  di  Lavoro  e  del  Con- 
tado di  Molise,  di  non  dare  la  menoma  molestia  alle  suore 
del  monastero  di  S.  Maria  di  Donna  Regina  di  Napoli ,  del- 
l' Ordine  di  S.  Chiara ,  le  quali  liberamente  possano  recarsi 
in  qualunque  terra  e  luogo  di  quella  provincia  per  fare  la  que- 
stua (2).  Ed  al  Giustiziero  di  Terra  di  Bari  scrive  di  fare  solle- 
citamente proseguire  le  costruzioni  del  castello  di  Barletta  (3). 

Nello  stesso  giorno  scrive  a  Giovannuccio  da  Pando  mae- 
stro portolano  e  procuratore  di  Principato  e  Terra  di  Lavoro  : 
Exposuerunt  noUs  Bellissima,  uxor  Bandinì.  et  Paliella, 
uxor  Saladini  de  Neapoli.  fideles  nostre,  quod  cum  dudum 
per  pralrem  Iacobum  ordinis  predicalorum  Inquìsitorem 
heretice  pravUalis.  dona  quondam  Sice  Cannabarie  de  Nea- 
poli socrus  diclarum  mulierum.  ob  crimen  hereseos.  pupli- 
cata.  sententialiter  fìsco  nostro  fuerunt  applicala,  licei  in- 
tentionis  dicti  fratris  Iacobi ,  non  extiterit  quod  ea  que  de 
bonis  diete  Sice  etmani,  eisdem  mulìeribus  tempore  contracti 
matrimonii  inler  ipsos.  et  dictos  viros  earum  filios  diete  Sice 
prò  earum  dotibus  obligata.  prò  parte  nostre  Curie  caperentur 
sicut  per  litteras  dicti  fratris  specìaliter  super  hoc.  tibi  di- 
rectarum  asserunt  piene  constare,  tu  tamen  quandam  domum 
ìpsis  mulìeribus  prò  huius  modi  earum  dotibus  obligatam. 
ad  opus  Curie  nostre  cepisli.  ipsamque  prò  parte  Curie 
nostre  procuras.  in  ipsarum  mulierum  preiudicium  mani- 
festum.  quare  nobis  humiliter  supplicarunl ,  ut  restituì  eis 
domum  ipsam  de  benìgnitate  regia  mandaremus.  Ideoqve 
fìdelitati  tue  precipiendo  mandamus  quatenus  causam  qua 
domum  ipsam  cepisli  et  quod  idem  frater  tibi  super  hoc 
scripserit  ac  totam  seriem,  huius  negotii  disiincte  et  serialim 
fìdeliler  nobis  scribas  (4). 

(1)  Reg    Ang.  1275,  B.  n.  23,  fol.  30.  (2)  Ivi,  fol.  30  t. 

(3)  Reg.  Ang.  1275,  A.  n.  22,  fol.  84  t. 

(4)  Reg.  Ang.  1275,  C.  n.  24,  fol.  37. 

Arch.,  3.»    Serie,  Tom.  XXIV.  25 


390  IL   REGNO 

24,  ivi.  -  Ordina  al  Secreto  di  Principato,  Terra  di  La- 
voro ed  Abruzzo  di  subito  fare  menare  a  termine  la  costru- 
zione incominciata  della  casa,  prò  coquina  tineUi  nostri  extra 
castrimi  Capuane  de  Neapoli  (1). 

Nello  stesso  giorno  scrive  ai  baiuli  della  città  di  Napoli 
che  la  università  del  popolo  della  stessa  città  è  ricorsa  a  lui 
querelandosi  di  essere  vessata  ed  oppressa  da  arbitrarie  ed 
ingiuste  condanne  di  multe  e  di  gravezze  senza  che  i  giudici 
della  regia  Corte  all'  uopo  destinati  siano  consultati.  Per  la 
qual  cosa  ordina  loro  quatenus  hominibus  eiusdem  quos  iniu- 
sle  gr avari  nolimus  vel  offendi  mdlam  decelero  inferatis 
molestiam.  vel  ab  aliis  permillatis  inferri,  set  in  omnibus 
cum  contra  eos  proceditis  in  aliquo  insta  Iudicwn  civitatis 
eiusdem  consilium  prout  de  iure  videbitur  ila  quod  conqueri 
decelero  nequeant  in  hac  parte  (2). 

Poi  scrive  al  Secreto  di  Sicilia  che  a  norma  dei  Capitoli 
dell'Ammiragliato  del  regno  in  ogni  anno  si  debbono  conse- 
gnare nella  città  di  Messina  all'Ammiraglio  del  regno  cento 
salme  di  frumento  a  salma  generale,  e  cento  salme  di  vino 
anche  a  salma  generale;  e  perciò  gli  ordina  di  fare  conse- 
gnare nella  città  di  Messina  al  messo  di  Filippo  de  Toucy 
ammiraglio  del  regno  le  cento  salme  di  grano  ed  altrettante 
di  vino  (3). 

In  questo  giorno  finalmente  crea  in  Vicario  di  Roma 
Guglielmo  de  Barry  suo  consigliere,  rimovendo  da  quell'uf- 
fizio Pandolfo  di  Fasenella,  ed  in  Maresciallo  di  Roma  Gof- 
fredo Policene  (4). 

26,  ivi.  -  Ordina  al  Secreto  di  Principato,  Terra  di  La- 
voro ed  Abruzzo ,  di  pagare  il  soldo  a  Giovanni  detto  di  Tra- 
ni  professore  di  logica  nello  Studio  di  Napoli  per  l'anno  della 
quarta  indizione  (5). 

28,  ivi.  ■  Allo  stesso  Secreto  ordina  di  pagare  il  soldo  a 
maestro   Bonafidanza  da  Todi  professore  di  grammatica,  nello 

(1)  Ivi,  fol.  4. 

(2)  Reg.  Ang.  4275,  B.  n.  23,  fol.  31. 

(3)  Reg.  Ang.  4275,  C.  n.  24,  fol.  28. 

(4)  Reg.  Ang.  1275,  B,  n.  23.  fol-  166  t 

(5)  Cioè  dal  \  di  settembre  1275  al  31  di  agosto  del  1276.  Reg.  Ang.  4275, 
C.  n.  24,  fol.  4. 


DI    CARLO   I.    DANGIÒ  391 

Studio  di    Napoli,   per   gli  anni   della   terza  e   quarta  indi- 
zione (1). 

In  questo  stesso  giorno  approva  i  pagamenti  fatti  alle 
Università  ed  a  tutti  quei  regnicoli  che  dovettero  versare  al 
regio  tesoro  delle  somme  per  le  quali  furono  tassati  a  titolo 
di  prestito  forzoso ,  allorché  nell'anno  1273  sua  figlia  Beatri- 
ce sposò  Filippo  de  Courtenay  ,  figliuolo  primogenito  dell'im- 
peradore  di  Costantinopoli  Baldoino.  In  siffatta  circostanza  la 
città  di  Aversa  col  suo  territorio  fu  tassata  per  once  dieci 
di  uro ,  e  tari  dieci  (2). 

Novembre,  4  Napoli.  -  Re  Carlo  ordina  al  maestro 
Portolano  ed  al  maestro  Procuratore  di  Principato  e  Terra 
di  Lavoro,  di  permettere  a  P.  Arcivescovo  di  Amalfi  di 
estrarre  dal  porto  del  Sele  cento  salme  di  vettovaglie  a  sal- 
ma generale  tra  grano,  orzo  e  legumi,  che  sono  delle  terre 
della  Chiesa  Amalfitana,  e  che  con  barche  trasporterà  ad 
Amalfi.  E  lo  stesso  permette  a  P.  Vescovo  di  Rovello  (3). 

8,  ivi.  -  Ordina  provvigionarsi  tutti  i  castelli  del  Regno,  che 
sono  posti  sul  littorale  e  su'confini  del  reame,  come  pure  quelli 
dell'  isola  di  Sicilia.  Perciò  ordina  che  in  ogni  castello  si  ri- 
ponga nel  tesoro  il  grano  ed  il  miglio  proporzionato  al  nu- 
mero delle  persone  che  vi  stanno,  cioè  alla  ragione  di  tre 
tomoli  di  grano,  ed  uno  e  mezzo  di  miglio  al  mese  per  cia- 
scuno individuo ,  e  tale  riserva  da  farsi  per  un  intero  anno. 
E  che  in  ogni  mese  di  marzo  di  ciascuno  anno  si  venda  al 
maggiore  offerente  il  residuo  di  questa  provvista  dal  Secreto 
della  provincia ,  coll'intervento  de'  provveditori  de'castelli,  e 
quindi  si  rinnuoverà  la  munizione  di  fresche  vettovaglie.  Per- 
ciò nel  Giustizierato  di  Abruzzo,  le  provvisioni  ed  i  castelli 
sono  i  seguenti.  Il  castello  di  Civitella  con  60  servienti  à  180 
salme  di  grano,  e  di  miglio  135.  Di  Ripa  di  Corno  8  servien- 
ti, grano  salme  24,  miglio  18.  Di  Introdoco  50  servienti,  gra- 
no salme  150 ,  miglio  112  e  tomoli  4.  Di  Rocca  Intromonte  6 
servienti,  grano  salme  18,  miglio  13  1]2.  Di  Mareri  30  ser- 
vienti, grano  salme  90,  miglio  66  1]2.  Di  Macchia  25  servien- 

(1)  Ivi,  fol.  3    Reg.  Ang.  1275,  A.  n.22,  fol.  211  t.  212  t. 

(2)  Reg.  Ang.  1268,  A.  n.  1,  fol.  5-6. 

(3)  Reg.  Ang.  1275,  C.  n.  24,  fol.  38,  t 


392  IL    REGNO 

ti,  grano  salme  75 ,  miglio  50  e  tomoli  2.  Nel  Giustizierato 
di  Principato  e  Terra  di  Lavoro,  il  castello  di  Capri  servien- 
ti 4,  grano  salme  12,  miglio  9.  Di  Girone,  servienti  30,  gra- 
no salme  90,  di  miglio  67  1[2.  Del  Salvatore  a  Mare  ser- 
vienti 30,  grano  salme  90 ,  miglio  67  li2.  Di  Capuana  di  Na- 
poli, servienti  10,  grano  salme  30,  miglio  22  Ii2.  Di  Rocca 
Sorella,  servienti  30,  grano  salme  90,  miglio  67  li2.  Di  Roc- 
ca d'Arce,  servienti  40,  grano  salme  120,  miglio  90.  Di  Casal 
Monticello,  servienti  10,  grano  salme  30,  mìglio  22  1{2.  Nei 
castelli  di  Puglia ,  il  Castello  di  Taranto,  servienti  15,  grano 
salme  45,  miglio  33  e  tomoli  6.  Di  Brindisi,  servienti  20,  gra- 
no salme  60,  miglio  45.  Di  càstel  di  Castro  servienti  10,  gra- 
no salme  30,  miglio  22  1[2.  Di  Trani,  servienti  20,  grano 
salme  60,  miglio  45.  Di  Bari  servienti  15,  grano  salme  45, 
miglio  33  e  tomoli  6.  Di  Monte  S.  Angelo,  servienti  20,  gra- 
no salme  60,  miglio  45.  Di  Lucerà  servienti  100,  grano  sal- 
me 225,  miglio  168.  Dei  giustizierato  di  Calabria  il  castello 
di  Tropea,  servienti  8,  grano  salme  24,  miglio  18.  Di  S.  Aga- 
ta, servienti  10,  grano  salme  30,  miglio  22  li2.  Di  S.  Niceto 
servienti  10,  grano  salme  30,  miglio  22  li2.  Di  Cotrone,  ser- 
vienti 15,  grano  salme  45,  miglio  23  e  tomole  6.  Di  Ro- 
seto e  Pietra  di  Roseto,  servienti  12,  grano  salme  36,  mi- 
glio 27.  Di  Sicilia  citra,  il  castello  di  Messina,  servienti  50  , 
grano  salme  150,  miglio  112  1(2.  Di  Scaletta,  servienti  9, 
grano  salme  27,  miglio  20  e  tomoli  2.  Di  Milazzo  servien- 
ti 20,  grano  salme  60,  miglio  45.  Di  S.  Marco  servienti  6, 
grano  salme  18,  miglio  13  li2.  Di  S.  Filadello  servienti  12  , 
grano  salme  36,  miglio  27.  Di  Siracusa,  servienti  12,  grano 
salme  36,  miglio  27.  Del  palazzo  di  Siracusa  ,  servienti  4, 
grano  salme  12,  miglio  9.  Del  castello  superiore  di  Taormi- 
na, servienti  12,  grano  salme  36,  miglio  27.  Del  castello  in- 
feriore di  Taormina,  servienti  10,  grano  salme  30,  miglio 
22  Ij2.  Di  Augusta,  servienti  6,  grano  salme  18,  miglio  13  1{2. 
Di  Sicilia  ultra,  il  castello  di  Cefalù,  servienti  38,  grano  sai  - 
me  114,  miglio  85  1[2.  Del  palazzo  di  Palermo,  servienti  8, 
grano  salme  24,  miglio  18.  Di  Castellammare  di  Palermo,  ser- 
vienti 13,  grano  salme  39,  miglio  29  e  tomoli  2.  Di  Licata 
servienti  18,  grano  salme  54,  miglio  40  e  tomoli  4.  Di  Caronia, 


DI  CARLO  I.   d'  angiò  393 

servienti  12,  grano  salme  36,  miglio  27.  Di  Monteforte,  ser- 
vienti 12,  grano  salme  36,  miglio  27.  Di  Iaci,  servienti  6,  gra- 
no  salme  18,  miglio  13  1^2  (1). 

9,  ivi.  -  Scrive  al  Giustiziero  eli  Terra  di  Bari  :  Quia 
sicul  scis  et  per  alias  nostras  litteras  Ubi  transmissas  edoce- 
ri  pollasti  qualiter  cordi  nobis  est  et  beneplacito  nostre  resi- 
det  voluntatis  quod  terra  Baroli  mundatur  omni  fece  omni- 
busque  stercoribus  quibus  aer  corrumpilur  et  corruptus 
aer  contaminai  morbo  et  vatitudine  tam  cives  terre  ìpsius 
quam  allam  gentem  nostram,  gli  ordina  con  minaccia  di  gra- 
vi  pene,  che  statini  elargiri  facias  ad  mis  urani  q  cinque  pai- 
mommi  canale  quod  est  in  terra  Baroli  in  platea  veteri  et 
incupari  adeo  quod  aqua  possit  leviter  et  sine  diffìcullate 
ad  mare  discurrere  et  poslquam  predictum  canale  platee 
prediale  predico  modo  feceris  elargiri  statiias  cohoperirì 
facere  canale  predietwn  lacconibus  bonis  et  grossis  et  bone 
iuntis  per  Angelum  Sannellam  receplorem  et  expensorem 
pecunie  que  recipitur  et  expenditurpro  mundandis  canalibus 
diete  terre*  (2). 

11,  ivi.  -  Crea  Fulchetto  di  Figello  in  Vicario  di  Grasse  ; 
e  Gregorio  Vicedomini  di  Piacenza,  milite  e  consigliere  in 
Vicario  di  Marsiglia  (3). 

In  questo  stesso  giorno  ordina  al  Vicario  di  Sicilia  ed  al 
milite  Guglielmo  Cornuto  di  armare  due  galere  ed  un  galeo- 
ne, e  fornite  le  une  e  l'altro  di  tutto  l'occorrente  per  naviga- 
re, le  facciano  trovare  nel  porto  di  Messina,  all'arrivo  in 
quella  città  de'suoi  ambasciadori,  che  egli  manda  aire  di  Tu- 
nisi unitamente  a"; nunzi  Tunisini ,  a  lui  spediti,  i  quali  con 
le  galere  proprie  rimaste  nello  stesso  porto  di  Messina,  ri- 
tornano in  patria  (4). 

13,  ivi.  -  Crea  Angelerio  de  Medelberti  in  Clavario  di 
Piacenza  (5). 

18,  ivi.  -  Re  Carlo  per  premiare  la  fedeltà  de'  Marsigliesi 
e  degli  altri  Provenzali,  accorda  loro  il  privilegio  pe'  naufra- 
gi Reg    Ang.  1275,  B.  n.  23,  fol.  35  t.-3(3  t. 
(2    Reg.  Ani;.  1275,  A.  n.  22,  fol    87  t. 

(3)  Reg.  Ang    1274  ,  B    n.  20,  fol.  83  94  t. 

(4)  Reg.  Ang.  1275,  B.  n    23.  fol    37  t.  I^;.  fol.  137. 


394  IL   REGNO 

gi,  esentandoli  dalla  Costituzione  del  regno;  in  forza  del  quale 
privilegio  possono  essi  riprendere  dal  mare  la  nave  e  le  raeivi 
non  ostante  passati  i  tre  giorni  accordati  dalla  detta  Costituzione; 
però  dovendosi  provare  chiaramente  che  la  nave  o  le  merci  ad 
essi  si  appartengano.  E  nello  stesso  giorno  accorda  pure  ad 
essi  di  tenere  nelle  città  di  Messina,  di  Trapani,  di  Siracu- 
sa e  di  Palermo,  la  logia,  e  perciò  ordina  al  Vicario  di  Sici- 
lia, di  permettere  a'medesimi  di  edificarla  in  luogo  compe- 
tente ed  a  richiesta  del  Vicario  di  Marsiglia  (1). 

In  questo  stesso  giorno  scrive  al  Vicario  di  Sicilia  ,  che 
spedisce  suoi  ambasciadori  al  re  di  Tunisi  i  militi  Pietro  di 
Alamannone  e  Giovanni  di  Lentino  suoi  consiglieri,  ed  il  no- 
taio maestro  Niccolò  Pipitene  di  Palermo,  e  Filippo  Saladino 
di  Palermo  ut  cognoscat  aurum  et  argentum,  e  Manfredi  de 
Osula  anche  palermitano,  per  servire  da  interprete.  Che  perciò 
somministri  a  costoro  tutto  l'occorrente  tanto  pel  viaggio  che 
per  la  dimora  in  Tunisi  ed  il  ritorno  in  Sicilia.  E  di  sommini- 
strare ancora  danaro  e  mezzi  di  trasporto  al  loro  ritorno  da 
Tunisi  et  animalia  oportuna  sub  iusto  loerio  curie  prò  deferen- 
dis  rebus  quas  detulerint  a  Tunisio  partibus  videlicet  Sicilie 
ubi  eos  applicare  contigerit  usque  ad  cameram  nostrani  (2). 

Poi  scrive  al  Giustiziero  di  Terra  di  Bari:  Cimi  coaces- 
serimus  Massiliensibus  et  aliis  Provincialibus  fidelibus  nostris 
et  beneplaciti  nostri  existat  quod  ipsi  Massilienses  et.  alii 
Provinciales  logiam  habeant  in  Trano  in  loco  compete  ,iii 
fidelitati  tue  precìpiendo  mandamus  quatenus  ad  requisitio- 
nem  nuntii  vicari  Massilie  fìdelis  nostri  eidem  nuntio  prò 
logia  facienda  in  Trano  in  loco  competenti  de  solo  curie 
nostre  in  quo  logiam  ipsam  fieri  faciant  auctoritate  presen- 
tium  assignes  et  facias  sine  dìffìcultate  qualibet  assignari  (3). 

21,  ivi.  -  Ordina  al  castellano  del  castello  di  Caserta,  di 
tenere  bene  custodite  in  quel  castello,  le  persone  consegnate- 
gli da  fra  Giacomo  dell'ordine  de' predicatori  inquisitore  del 
regno  contro  gli  eretici,  purché  dichiarate  colpevoli  di  eresia 
alle  quali  somministrerà  per  cibo  solo  pane  ed  acqua  (4). 

(1)  Reg.  Ano.  1275,  B.  n.  23,  fol.  43,  t.  (2)  Ivi,  fol.  43  t. 

(3)  Reg-  Ang.  4275,  A    n.  22,  fol.  89. 

(4)  Reg.  Ang.  1275,  B.  n.  23,  fol.  49. 


DI   CARLO    I.    DANGIÒ  395 

22,  ivi.  -  Scrive  a  tutti  i  segreti  del  reame  e  dell'  isola 
di  Sicilia,  ed  a'Maestri  procuratori  di  Puglia,  di  Calabria  e 
di  Sicilia  che  le  vedove  i  cognati  ed  i  consanguinei  de'  prodi- 
tori sub  quodam  involucro  fraudolenter  detinent  ad  censum 
vel  procurationem  vel  alias  modo  quo  possunt  i  beni  de'  pro- 
ditori che  ab  eadem  nostra  receperunt  et  recipiunt  Curia  in 
ipsius  nostre  curie  preivdìcium  manifestimi,  perciò  ordina  loro 
sotto  severi  pene  di  subito  incamerare  tutti  i  beni  dei  proditori, 
ed  essere  diligenti  a  non  farsi   ingannare  da  chicchessia  (1). 

26,  ivi.  -  Gli  abitanti  di  Altamura  ricorrono  a  re  Carlo 
dicendo  che  Federico  II  imperadore  innanzi  alla  sua  deposi- 
zione, facendo  ad  essi  abbandonare  le  proprie  case,  volle  che 
ripopolassero  la  terra  disabitata  di  Altamura ,  concedendo 
loro  de'  privilegi  demaniali,  i  quali  ora  venendo  ad  essi  di- 
minuiti, chiedono  esservi  mantenuti.  Per  la  qual  cosa  re 
Carlo  ordina  ad  Orso  Rufolo  maestro  procuratore  e  portola- 
no di  Puglia,  ed  a  Tommaso  di  Tancredi  di  Foggia,  maestro 
massaio,  di  esaminare  l'esposto,  e  rapportare  a  lui,  per  prov- 
vedere secondo  giustizia  (2). 

Nello  stesso  giorno  scrive  al  Giustiziero  degli  scolari 
dello  Studio  di  Napoli:  Cum  Magisler  Bemardinus  de  Tuscia 
cìvis  Neapolitanus  gramatice  ariis  doctor  docere  absque  sa- 
lario paratum  se  offeral.  et  nostre  intcntionis  non  fuerit 
neque  sit  prohibere  dolere  volentes.  set  quod  duo  iamen  in 
arte  ipsa  in  Civitate  Neapolis.  cum  salario  nostro  docerent 
/idei 'itati  tue  preeipiendo  mandamus  qualenus  eundem  Ma- 
gislrum  Bemardinum  in  civitate  ipsa  libere  docere  permit- 
teris  nec  tu  et  occasione  alterius  prohibitionìs  que  super  hoc 
per  litteras  nostras  dicitur  esse  facta  impedimenlum  vel  ob- 
sfaculum  ingeras  nec  ingerì  ab  aliis  pattar is  (3). 

27,  ivi.  -  Ordina  pagarsi  a  Fra  Matteo  dell'ordine  de'Pre- 
dicatori,  inquisitore  destinato  dal  pontefice  contro  gli  eretici 
dell'isola  di  Sicilia  e  della  provincia  di  Calabria,  sei  tari  di 
oro  al  giorno  dal  1  di  settembre  di  questo  anno  fino  al  31  di 
agosto  del  venturo  anno  1276.  E  scrive  a  tutte  le  autorità 
della  Sicilia  e  di  Calabria  di  prestargli  aiuto  e  consigli,  e  di 

(1)  REG.  Ang.  1275,  C  n.  24.  fol.  7.  (2)  Ivi,  fui.  45. 

(3)  Reg.  Ang.  1275,  B.  n.  23,  fol.  49. 


396  IL    REGNO 

imprigionare  tutti  quelli,  che  da  detto  frate  saranno    dichia- 
rati colpevoli  di  eresia  (1), 

30,  ivi.  -  Scrive  a  Maestro  Pietro  de  Angicourt:  Quia 
exposuit  excellentie  nostre  Goffridus  de  Bosco  Guillelmi 
prepositus  operibus  fortellitie  castri  Lucerie  eie.  quod  pa- 
latium  quod  fieri  mandavimus  in  fortellitia  castri  nostri  Lu- 
cerie est  fere  completimi,  ita  quod  tua  non  est  ibi  propterea 
presentici  decetero  oporluna  fidelilati  tue  precipiendo  man- 
damus  qualenus  slatim  receplis  presentibus  ad  prese ntiam 
nostrani  accedas  scilurus  ea  que  de  servìtiis  nostris  Ubi 
duximus  iniungenda  que  edam  Goffridus  per  suas  nobis 
litteras  intimava  quod  Matta  àirris  parve  que  totaliter  est 
completa  ita  quod  de  turri  ipsa  non  est  decetero  in  aliquo 
dubitandum  (2). 

Nello  stesso  giorno  scrive  al  Secreto  di  Principato,  Ter- 
ra di  Lavoro  ed  Abruzzo  quod  domus  coquine  nostre  sita 
inter  castrimi  Capuane  que  reparanda  estJ  deve  essere  ri- 
fatta da  nuovo  in  tecto  archibus  voitis  et  aliis  suis  partibus; 
per  la  qual  cosa  ordina  di  subito  e  senza  remora,  fare  il  tut  - 
to  eseguire  (3) 

Decembre  2,  ivi.  -  Re  Carlo  scrive  al  Secreto  di  Prin- 
cipato, Terra  di  Lavoro  ed  Abruzzo,  di  permettere  a  Riccar- 
do de  Credulo  pescatore  della  regia  corte  di  pescare  nel  lago 
Fucino  20mila  tinche  e  di  salarle  e  curarle  nella  casa  all'uo- 
po destinata,  e  di  somministrargli  ancora  la  quantità  neces- 
saria di  sale,  che  si  farà  dare  dal  maestro  procuratore  di 
Abruzzo,  il  quale  già  à  ricevuto  gli  ordini  opportuni  (4). 

3,  ivi.  -  Fa  lettere  commendatizie  a'  suoi  amici  e  fedeli 
per  Giacomo  arcivescovo  di  Durazzo,  che  si  prepara  a  por- 
tarsi alla  propria  sede  (5).  Poi  ordina  al  Giustiziero  di  Terra 
di  Bari,  di  mettere  al  servizio  del  detto  arcivescovo  un  buon 
vascello  per  condurlo  a  Durazzo  col  suo  seguito  e  sette  ca- 
valli, che  però  non  siano  da  guerra,  e  che  tutte  le  spese  del 
viaggio  siano  a  carico  dell'erario  regio  (6). 

(])   Ivi,  fol  53  t.  (2)  Ivi,  fol.  51.  (3)  Reg.  Ang.  1275,  C.  n.  24,  t'ol.  8  t. 
(i)   Reg.  Ang.  1275,  C.  n.  24,  fol  11. 

(5)  Reg.  Ang.  1275,  B.  n.  23,  fol.  59  t. 

(6)  Reg.  Ano.  1275.  A  n.  22,  fol.  101. 


DI    CARLO   I.    BANGIO  397 

In  questo  stesso  giorno  fa  salvacondotto  a  Guido  de  Cape- 
llina, Niccolò  de  Benigna  e  Bonaiunta  di  .Rivalto,  ambascia- 
dori  pisani,  i  quali  dopo  avere  adempiuto  la  loro  missione 
presso  re  Carlo,  fanno  ritorno  in  patria  (1). 

4.  ivi.  -  Crea  Rainaldo  Porcelli  in  vicario  di  Toscana 
rivocandone  Gualtiero  Apparilo  (2),  e  Roberto  de  Saint  Ser- 
leau  in  maresciallo  di  Toscana  (3). 

Nello  stesso  giorno  manda  Fra  Stefano  de  Visenice  del- 
l'ordine cistercense,  Giovanni  Galardo,  ed  il  milite  Riccardo 
di  Airola,  suoi  consiglieri  e  familiari,  nella  qualità  di  suoi 
nunzi  in  Toscana  prò  bono  et  pacifico  slatu  Tuscie  et  Comi- 
tatus  eiusdem  (4). 

12,  ivi.  -  Scrive  a  Leone  de  Pando  di  Scala:  Quìa  im- 
mediate post  festum  nativitatis  Domini  proxìme  futurum  ire 
proponimus  óbviam  domino  nostro  summo  pontifici  ubi  Ca- 
meram  nostrani  subire  sumptus  maximos  oportebit*  gli  or- 
dina perciò  di  subito  mandargli  1255  once  di  oro  del  danaro 
da  lui  dovuto  per  l'appalto  che  à  tenuto  della  Secrezia  di  Ca- 
labria nell'anno  della  prima  indizione  prossima  passata  (5). 
Ordina  poi  al  Secreto  di  Principato,  Terra  di  Lavoro  ed 
Abruzzo,  di  pagare  due  tari  di  oro  al  giorno  per  sue  spese 
al  milite  Niccolò  Druget  che  con  sua  moglie  esso  re  Carlo  à 
mandato  al  castello  di  Nocera  de'  Cristiani  per  aver  cura  dei 
figliuoli  di  Carlo  principe  di  Salerno,  suo  primogenito,  che 
fa  dimorare  in  quel  castello.  Come  pure  di  pagare  i  soldi  ai 
12  servienti  che  stanno  a  custodia  di  quella  fortezza  (6). 

Nello  stesso  giorno  ordina  a'  baroni  ed  a'  feudatari  del 
Giustizierato  di  Terra  di  Lavoro  e  contado  di  Molise,  sì  re- 
gnicoli, che  oltramontani,  di  portarsi  in  armi  e  cavalli  ed  in 
perfetto  servizio  militare  alla  mostra  in  S.  Germano  o  in 
Aquino  il  giorno  15  del  prossimo  gennaio,  ed  i  baroni  ed  i 
feudatari  di  Abruzzo  nello  stesso  giorno  in  Solmona  o  all'Aqui- 
la, e  quindi  tenersi  pronti  a  partire  ad  ogni  suo  ordine  (7). 

18,  ivi.  -  Scrive  a  tutti  i  Giustizieri  della  parte  conti- 
nentale del  Regno,  che  ognuno  di  essi  faccia  ordine  a  tutti  i 

(1)  Reg.  Ang.  1275,  B.  n.  23,  fol.  168.        (2)  Ivi,  fol.  167. 
3)  Ivi,  fol.  168  t.    [A    Ivi,  fol.  167.         5)  Ivi,  fol.  56 

(6)  Reg.  Ang.  1275,  C.  u.  24,  fol.  11.  Reg.  Ang.  1275  ,  A.  n.  22, 

fol-  212  t.  (7)  Reg.  Ang.  1*75,  B.   n.  23  fol.  56,  t. 


398  IL    REGNO 

baroni  e  feudatari  latini  della  rispettiva  provincia  ,  i  quali 
posseggono  l'annua  rendita  di  20  once  di  oro  ovvero  al  diso- 
pra, di  doversi  trovare  in  completo  servizio  militare  in  armi 
e  cavalli  in  S.  Germano  il  giorno  16  del  prossimo  mese  di 
gennaio  1270  alla  sua  presenza.  Quei  baroni  e  feudatari  poi 
che  avranno  l'annua  rendita  al  disotto  delle  20  once  di  oro  , 
non  dovranno  portarsi  alla  mostra ,  ma  invece  dovranno 
pagare  ognuno  12  once  e  mezzo  di  oro.  Ed  in  fine  ordina  che 
infallibilmente  il  tutto  si  esegua  nel  detto  giorno  16  di  gen- 
naio 1276,  sotto  pena  della  confisca  de'  feudi  (1). 

16,  ivi.  -  Scrive  a  maestro  Ugo  de  Bisunce  Camerario  di 
Roma  che  prepari  la  sua  casa,  e  faccia  la  provvista  di  600 
salme  di  vino  latino,  di  2mila  salme  di  legna,  e  di3mila  gal- 
line; come  pure  di  consegnare  a  Bartoloinmeo  Ferace  mae- 
stro degli  animali  della  regia  cucina,  l'orzo  necessario  per 
1200  porci  destinati  per  detta  cucina  (2).  Poi  ordina  a  mae- 
stro Pietro  de  Chaul  suo  chierico  e  familiare,  ed  al  milite  Li- 
guoro  Caracciolo  di  Napoli,  di  prendere  a  nolo  80  animali  da 
soma,  tra  giumente,  ronzini  e  muli,  e  consegnarli  a  Gazzotto 
scudiere  della  regia  marescallia,  ed  a  Roberto  chierico  della 
stessa  marescallia  prò  deferendìs  arnesiis  camere  nostre 
usque  Turrim  Capite  (3). 

Nello  stesso  giorno  ordina  ad  Orso  Rufolo  maestro  Por- 
tolano e  procuratore  di  Puglia,  di  permettere  a  Giovanni 
Cano  Dandolo  console  veneto  residente  in  Trani  di  poter  fare 
uscire  dai  porti  di  Manfredonia,  di  Barletta  e  di  Trani  2mila 
salme  di  grano  a  salma  generale,  per  mandarle  a  Venezia, 
pagando  però  il  diritto  di  dogana,  cioè  30  once  di  oro  per 
ogni  cento  salme  (4). 

17,  ivi.  -  Scrive  al  Giustiziero  degli  scolari  dello  Studio 
di  Napoli  :  Ex  relatione  Magistri  Olivera  et  aliorum  repe- 
litorum  in  gramatica  in  Neapotitano  commoranfium  studio 
nuper  nostra  serenitas  iniellexit.  quod  ipsi  propter  de/ecttim 
Magistrorum  conventaiorum  quamplurimos  scolares  in  ipso 
studio,  dovere  ceperunt.  set  tu  prò  eo  quod  olim  nostras 
Ubi  litteras  Ubi  et  sco/aribus  dicli  studii  sub  certa  forma  dì- 

(1)  Reg.  Ang.  1275,  A.  n.  22,  fol.  45. 

(2)  Reg.  Ang.  1275,  B.  n.  23,  fol.  170  t. 

(3)  Ivi,  fol.  71.     (4)  Reg.  Ang.  1275,  A.  n.  22,  fol.  219. 


DI  CARLO  i.  d'angiò  399 

reximus  ut  tu  aliquem  nisi  a  maieslate  nostra  docendi  habe- 
ret  Ucentiam.  decere  non  permicteres.  dictìque  scolares 
ultra  doctorem  ordinarium  non  adirent  eundem.  predictis 
repetitoribus.  sub  certa  pena  mandasti,  ut  docere  decelero 
alìquatenus  non  presumane '.  Cum  igìtur  nostre  intentionis 
nequaquam  fuerit  huiusmodi  repetitoribus.  vel  Magistris 
sine  salario  docere  volenHbus  aliquatenus  hoc  interdicere 
vel  id  in  hiis  iniungere.  per  quod  posset  profectum  scola- 
rium  impediri.  set  mandare  potius.  quod  duo  tantum  magi- 
stri  in  gramatica  scolarium  a  nostra  curia  oblinerint.  fìdelì- 
tati  lue  precipiendo  mandamus  quatenus  repelilores  huius- 
modì  quominus  libere  doceant  nullatenus  prete  du  predicta- 
rum  litterarum  impedias  vel  molestes  aut  aliquod  in  hoc  eis 
obstaculum  inierponas.  E  nel  giorno  19  poi,  simili  ordini 
ripete  per  maestro  Guglielmo  di  Milano  detto  Lombardo,  ri- 
petitore in  grammatica  (1). 

20,  ivi.  -  Ordina  al  Secreto  di  Principato,  Terra  di  La- 
voro ed  Abruzzo  di  pagare  per  la  decima  ad  Angelo  vescovo 
di  Pozzuoli,  12  once  di  oro  quas  in  tintoria  Judayce  Neapo- 
lis  annis  singuHs  percipere  eie.  nec  non  et  decem  in  porlu 
Balanini  et  Sulfìtarie  etc.  non  obstante  mandato  nostro  Ubi 
facto  directo  de  certa  quantitate  pecunie  quolibet  trimestri 
tempore  ad  nostrani  cameram  destinanda  et  qualìbet  alia  (2). 
23,  ivi.  -  Re  Carlo  avendo  saputo  che  alcuni  scolari  to- 
scani e  pisani,  i  quali  erano  venuti'  a  studiare  nello  studio  di 
Napoli,  erano  molestati  dalle  autorità  locali,  ordina  a  tutte  le 
autorità  governative,  di  non  dare  la  menoma  molestia  a 
chiunque  venisse  a  studiare  nello  studio  di  Napoli,  si  appar- 
tenga a  qualunque  città,  anche  nemica  (3) ,  perchè  gli  sco- 
lari dello  Studio  Napoletano  stanno  sotto  la  sua  imme- 
diata protezione.  Che  perciò  liberamente  essi  vengano  da 
pertutto,  dimorino  in  Napoli,  e  ne  partano  a  loro  volontà, 
senza  la  menoma  molestia,  però  quando  vorranno  fare  ritor- 
ci) Reg   Ang.  1275,  B.  n.  28,  fol.  66  t 

(2)  Reg.  Ang.  1275,   C.  n.  24,  fol.  11  t. 

(3)  Quanto  avanza  re  Carlo  a  Federico  II  imperadore  in  proteggere  le 
lettere  e  gli  scienziati  !  Federico  bandiva  rigorosamente  i  suoi  nemici 
dallo  Studio  di  Napoli,  mentre  Carlo  gli  chiama  e  li  protegge. 


400  IL    REGNO 

no  in  patria  loro,  è  accordato  il  termine  di   quaranta  giorni, 
dopo  del  quale  cessa  per  essi  la  real  protezione  (1). 

25,  ivi.  -  Dovendo  portarsi  a  Roma  chiamatovi  dal  pon- 
tefice, re  Carlo  crea  suo  capitano  e  vicario  generale  nella 
parte  continentale  del  regno,  fino  al  suo  ritorno,  Roberto 
Conte  d'Artois  suo  nipote.  E  nello  stesso  tempo  nomina  mae- 
stro Guglielmo  Boucelle,  cappellano  del  pontefice,  all'uffizio  de 
omnibus  litleris  patenlibus  sigillandis  per  te  apud  Robbertum 
comitem  Atrebotensem  Karissimum  nepotern  nostrum-  quem 
ad  Urbem  feliciter  accedentes  in  regno  nostro  Sicilie  a  faro 
citra  generalem  vìcarium  et  capitaneum  usque  ad  felicem 
reditum  nostrum  in  Regnum  perfecimus  sigillo  capitanie 
quod  per  te  volumus  custodirì.  faciant  duo  Registra  consimi- 
lia  quorum  unum  penes  te  sigillante  remaneat  et  aliud  rema- 
neat  penes  Iuzolinum  de  Marra  eie.  in  Archivio  rationum 
servandum  prout  servatum  extitit  hactenus  tempore  alio- 
rum  capitaneorum  et  vicareorwn  nostrorum  nobis  feliciter 
extra  regnum  agentibus  per  nostrani  excellentiam  statuto- 
rum  et  etiam  in  nostra  curia  reservatum.  E  lo  nomina  puro 
tesoriere  presso  lo  stesso  vicario,  coll'obbligo  di  tenere  due 
registri  simili,  de'  quali  uno  riterrà  per  sé,  e  l'altro  mande- 
rà a  maestro  Niccolò  Boucelle  e  Iozzolino  della  Marra  (2). 

Nello  stesso  giorno  ordina  pagarsi  a  Matteo  di  Gragna- 
no  Cancellerie  nostre  registratori  il  soldo  mensile  di  una 
oncia  e  15  tari  di  oro  di  peso  generale  per  ottobre,  novem- 
bre, ed  il  presente  mese  di  decembre,  e  pe'  seguenti  mesi  di 
gennaio  e  febbraio  1276,  e  che  il  soldo  gli  si  deve  pagare  ad 
raMonem  de  unciis  auri  duobus  tarenis  septem  et  granis 
derem  eiusdem  ponderis  per  mensem  iuxta  assisim  Impera. 
prò  eo  quod  apud  Urbem  cum  nostra  curia  est  venturus  (3). 

26,  ivi.  -  Dà  alcuni  ordini  al  castellano  del  castello  del 
Salvatore  a  mare  di  Napoli,  volgarmente  detto  dell'Uovo,  in 
cui  dimora  Karissimam  fìliam  nostrani  principissam  (4)  J 
cum  sua  familia  (5). 

1)  Reg-  Ang.  1275,  A.  n.  22,  fol    108. 

(2)  Ivi,  fol.  72.  (3)  Reg.  Ang.  1275,  A.  n.  22,  fol.  46  t.  il  1.° 

(4)  Cioè  Maria  di  Ungheria  moglie  di  Carlo  principe  di  Salerno  figliuo- 
lo primogenito  del  re.  (5)  Reg.  Ang.  1275,  B.  n.  23,  fol  77. 


DI    CARLO    I.    D'ANGIÒ  101 

Ti,  ivi.  -  Scrive  al  Giustiziero  di  Valle  del  Crati  e  Terra 
Giordana  di  sorvegliare  attentamente  al  cavamento  che  si  fa 
nel  suo  giustizierato  delle  miniere  di  argento ,  di  piombo ,  di 
rame  e  di  ferro  (1). 

In  questo  stesso  giorno  scrive  a  Simone  di  Lignì  suo 
valletto  e  familiare,  ed  a  Rainaldo  Cussano  di  Cosenza ,  i 
quali  aveano  intrapreso  di  cavare  le  miniere  nel  giustizie- 
rato  di  Valle  del  Crati  e  Terra  Giordana  :  Quia  exposui- 
stis  nóbis  presentes  in  Curia  quod  de  tota  mena  monta- 
nea  et  Galancia  recepta  per  vos  integra  por  itone  curie 
nostre  ex  proventibus  et  lucro  argentar iarum  Longibucci  et 
Lorde,  et  Aguttaturie  eiusdem  terre  Longibucci  à  vicesimo 
sexto  novembris  usque  per  totani  mensem  Augusti  tertie  in- 
dictionis  nuper  preterite  de  qua  tota  Mena.  Montanea  et  Ga- 
lancia  preter  siibscriptam  quantilatem  Galancie  adhuc  resi- 
duam  apud  vos  plumbum  et  argentali  cum  expensis  curie 
nostre  fecistis  extralù  percepte  et  ìiabite  sunt  argenti  marche 
centum  sexaginla  et  micie  septem  et  media  et  plumbi  cantarla 
tredecim  preter  alia  cantarla  plumbi  duodecim  consumpta  in 
igne  tempore  quo  huiusmodi  argentimi  extractum  est  a 
Mena.  Montanea  et  G olanda  supradictis  et  quod  recepistis  a 
Magistro  Paulo  de  Botonto  Magistro  procuratore  curie  nostre 
in  Calabria  fldeli  nostro  de  pecunia  Curie  que  erat  penes  ma- 
nus  suas  de  mandato  nostro  sibi  indirecto  uncias  auri  qua- 
traginta  mutuandas  Magistris  laboraloribus  Argentariarum 
Longibucci  et  ab  eis  de  por tione  eorum  propria  poslmoduni 
rependas  et  predìctas  Marchas  argenti  centum  sexaginta  et 
unrias  septem  et  mediani  nostre  camere  assignetis.  assigna- 
tis  nichilominus  per  vos  eidem  camere  nostre  predictis  un- 
ciis  quatraginta  receptis  per  vos  a  Magistro  procuratore 
predici o.  Urei  de  eisdem  unciis  quatraginta  solvei  itis  prò 
expensis  per  vos  /dc/is  in  extraelione  dicti  argenti  et  plumbi 
uncias  auri  odo  et  tarenos  decem  et  septem  et  granos  duo- 
decim propter  quod  humiliter  supplicastis  ut  ipsas  uncias 
auri  odo  tarenos  decem  et  septem  et  granos  duodecim  so- 
lulis  per  vos  prò  expensis  factis  in  extra/tendo  argento  et 
plumbo  predicto  de  pecunia  percipienda  ex  vendiiione   pre- 

(1)  Reg.   Ang.  1275,  Li.  n.  23,  fol.  71  t. 


402  IL    REGNO 

dictorum  cantar iorum  phot  ibi  Iredecim  et  RóbeUamtm  cen- 
tum  trigìnta  trium  et  sexte  parlis  allerius  ad  magnam  Ro- 
bellam  Galaucie.  quas  dixistis  esse  residuas   apud  vos  de 
tempore  supradiclo  ut  devotio  vestra  quam  liabuistis  in  as- 
signandis  integre  camere  nostre  predictis  uncis  quatraginta 
de  quibus  feceratis  expensas  huiusmodi  ut  superius   dictum 
est  vobìs  ad  incomodum  non  resultai  per  vos  recipi  et  reti- 
aeri  de  benignitale  regia  mandar emus.  vobis  duxìmus   tali- 
ter  respondendum  quod  sitotum  argentimi  perceptum  ethabi- 
tum  prò  integra  porlione  curie  nostre  ex  proventibus  et  lu- 
cro prediclarum    argentariarum    et    Aguttalurie.    et  pre- 
dictas  uncias  aurì  quatraginta  integre   nostre   camere   ut 
proponìtis  assignastis  et  alia  pecunia  curie  nostre  per  manus 
vestras  non  futi,  nec  est  de  qua  faceretis  expensas  predi- 
ctas  et  expense  ipse  utiliter  et  necessarie  et  iuxta  soliti' m 
prò  extrahendo  predicto  argento  et  plumbo  facte  fuerint  et 
fines  modestie  non  excedanl  et  de  ipsarum  soluzione  constet 
per  ydoneas  apodixas  expensas  huiusmodi   ialiler  per  vos 
necessarie  et  utiliter  et  iuste  et  rationabiliter  factas.  de  pe- 
cunia proventura  de  predicta  Galano ia  et  plumbo  apud  vos 
residiiis.  de  tempore  sup>radicto  vos  volumus  retinere  exa- 
minatione  et   discussione   lumen  pie  nana    super  predictis 
omnibus  vestre  rationis  tempore  reservata  ut  in  nullo  pos- 
sit  in  nostra  curia  circumscribi  vel  in    aliquo    defraudari 
et  quod  ex  tenore  presentami  nuttum  super  predictis  omni- 
bus preiudicium  nostre  curie  generetur.  (T). 

28,  ivi.  -  Re  Carlo  concede  in  appalto  a  Martino  de  Can- 
tono  di  Amalfi  omnia  iura  redditus  et  proventus  que  Curia 
nostra  habet  et  habere  debet  in  consulatu  et  frundico  Tunisii 
curii  omnibus  iuslitus  rationibus  et  pertiaentiis  eorum  cum 
quibus  vendi  et  concedi  consueverunl  hactenus  precessoribus 
suis  proul  retroactis  temporibus  usque  in  presentem  a  unum . 
Quale  appalto  dopo  la  pubblica  asta  fatta  bandire  per  tre  gior- 
ni nelle  città  principali  della  Sicilia,  gli  si  é  accordato  per  un 
solo  anno,  cioè  dal  primo  di  febbraio  1276  al  31  gennaio  1277 
per  la  somma  di  90  once  di  oro  a  peso  generale,  pagabile  in 
tre  quadrimestri,  e  dando  fideiussori  solidali  Dionisio  del  giu- 

(1)  Reg.  Ang.  1275,  B.  n.  23,  fol.  73  t. 


DI    CARLO   I.    D'ANGIÒ  403 

dice  Riccardo  di  Amalfi  e  Giacomo  de  Albito  protontino  di 
Gaeta  (1). 

In  questo  stesso  giorno  ordina  eseguirsi  le  necessarie 
riparazioni  al  castello  del  Salvatore  a  mare  di  Napoli,  vol- 
garmente detto  dell'Uovo  (2). 

Indi  scrive  al  Giustiziero  di  Terra  di  Lavoro,  che  alcuni 
protontini  e  corniti  delle  galere,  le  quali  nella  prossima  pas- 
sata indizione  fé 'ero  parte  della  flotta  spedita  contro  i  geno- 
vesi, fraudolentemente  non  anno  restituite  le  armi  nuove  ed 
utili,  che  loro  furono  consegnate  per  armare  le  galere;  perciò 
ordina  che  subito  le  faccia  depositare  nel  castello  del  Salva- 
tore a  mare,  consegnandole  a  quel  castellano  Rodulfo  de  Ycolat. 
Le  armi  sono  cioè,  per  una  galera ,  balestre  di  legno  ad  un 
piede  13,  altre  a  due  piedi  13,  balderenos  de  corto  novo  cum 
subbuculis  et  omnibus  gaarnimentis  suis  28  scudi ,  guarniti 
40,  casse  di  quadrelli  ad  un  piede  5,  altre  a  due  piedi  3,  lan- 
ce ferrate  200.  Ronconi  con  le  aste  e  corrispondenti  ferri  10. 
Iectarolos  cum  astis  et  ferrìs  eorum  400.  Anpulas  de  igne 
Silvestro  rei  greco  duas.  Rampiconi  due,  ciascuno  con  una  ca- 
tena di  ferro  lunga  passi  quattro  con  due  anelli  uno  bulticio 
et  alio  non  vidticio.  Rocchetti  con  le  aste  23.  Per  altre  tre 
galere  le  stesse  armi  per  ognuna  di  esse.  Per  la  5.a  galera, 
Balestre  di  legno  ad  un  piede  13,  a  due  piedi  con  le  corde  13, 
Balderenos  prò  tewlendis  balistis  ìpsis  38,  casse  di  quadrelli 
ad  un  piede  5,  a  due  piedi  3.  Ronconi  con  aste  e  ferri  10.  Ram- 
piconi due,  ciascuno  colla  catena  di  ferro  lunga  quattro  passi 
e  con  due  anelli.  Iectarolos  cum  astis  suis  200.  Rocchetti 
di  ferro  25,  lance  ferrate  100,  e  scudi  guarniti.  E  simili  armi 
per  altre  due  galere.  Per  1*  S.a  galera  scudi  guarniti  40,  Ram- 
piconi 2.  Ronconi  con  le  aste  10,  balestre  di  legno  ad  un 
piede  15,  altre  a  due  piedi  con  le  corde  13.  Balderenos  de 
corto  novo  per  le  dette  balestre  cu>n  siibbuculls  et  ali is  guar- 
nimenUs  suis  28.  Casse  di  quadrelli  ad  un  piede  5,  altre  a 
due  piedi  3,  lance  ferrate  200.  Iectarolos  cum  astis  suis  400. 
Rocchetti  di  ferro  25.  Per  la  9.a  galera  scudi  guarniti  21,  e 
le  altre  armi  simili  alle  altre.  Per  la  10. a  galera  scudi  guar- 
niti 40,  Rampiconi  2  con  la  catena  di  ferro  ciascuno  di  quat- 

(1)  Ivi  fui.  77.  (2)  Reg.  Ang.  1275,  À.  n.  22,  fol.  46  t.  il  p.° 


404  IL   REGNO 

tro  passi  lunga  e  con  due  anelli  uno  volticcio  e  l'altro  no. 
Ronconi  con  le  aste  10.  Balestre  di  legno  con  corde  ad  un 
piede  15,  ed  a  due  piedi  con  corde  13,  Bandoliere  di  cuoio 
nuovo  per  caricare  le  stesse  balestre  cum  subbaculis  et  aliis 
guarnì  ni  enti  s  suis  28.  Casse  di  quadrelli  ad  un  piede  5,  a  due 
piedi  3.  Lance  ferrate  200.  Iectarotos  con  le  aste  400.  Roc- 
chetti di  ferro  25.  Picconi  di  ferro  47.  Bottiglie  di  vetro  (1) 
piene  di  fuoco  Silvestro  40.  Canctàbes  de  ere  10,  ciascuno  con 
catena  lunga  palmi  2  de  canna  cum  acuto  uno  desuper  com- 
pertos.  clavatos.  fortes  et  integros.  perforalos  quemlibet  eo- 
rum  in  quatuor  partibus,  e  catrame  (2)  libbre  100.  Per  la 
11. a  galera  scudi  guarniti  40.  Rampiconi  due  simili  ai  prece- 
denti. Ronconi  con  le  aste  10.  Balestre  di  legno  con  corda  ad 
un  piede  15,  ed  a  due  piedi  con  corde  13.  Bandoliere  di  cuo- 
io nuovo  per  caricare  le  balestre  stesse  28.  Casce  di  quadrelli 
ad  un  piede  5,  a  due  piedi  3,  lance  ferrate  200.  Iectarotos 
con  aste  400.  Rocchetti  di  ferro  25.  Per  la  12.a  galera  simili 
armi,  e  così  pure  per  la  13.a  (3). 

In  questo  medesimo  giorno  Carlo  principe  di  Salerno  e 
vicario  generale  del  regno,  ordina  al  Secreto  di  Principato, 
di  pagare  a  Bonafidanza  professore  di  grammatica  nello  Studio 
di  Napoli,  il  salario  pe'  mesi  di  giugno,  luglio  ed  agosto  del  - 
la  3.a  indizione,  cioè  di  questo  stesso  anno  1275  (4). 

29,  ivi.  -  Re  Carlo  ordina  al  maestro  giurato  ed  alla 
Università  di  Calvi,  sotto  pena  di  50  once  di  oro,  che  appena 
ricevuta  la  presente  lettera  omnes  malos  ac  difficiles  passus 
stratarum  in  pertinentiis  terre  vostre  tam  dira  quam  ultra 
Calvum  consistentium  per  quas  nos  cum  genie  nostra  sumus 
auctore  domino  feliciter  transituri  sic  faciatis  celeriter  re- 
parari  in  huiusmodi  passibus  pontes  lìgneos  prout  neces- 
se  fuerit  fieri  /'adendo  quod  nos  cum  gente  ipsa  exinde  trans- 
ire  sine  impedimento  aliquo  valeamus  (5). 

Nello  stesso  giorno  scrive  a'  Giustizieri  di  Terra  di  La- 
voro e  Contado  di  Molise,  di  Capitanata,  di  Terra  di  Bari,  di 
Terra  di  Otranto,  e  di  Principato  e    Terra    Beneventana,    di 

(1)  Ampullas  vitreas.  (2)  Quatrami.  (3)  Ivi  fol.  47  t. 

(4)  Reg.  Ang.  1270,  C.  ri.  9  fol   25. 

(5)  Reg.  Ang.  1275,  B.  n.  23,  fol.  75. 


DI    CARLO    I.    DANGIÒ  405 

fare  pagare  la  sovvenzione  da'  suoi  vassalli,  secondo  la  con- 
suetudine del  regno,  al  nobile  uomo  Ugo  conte  di  Brenne  e 
di  Lecce,  il  quale  in  comitiva  nostra  se  conferì  apud  Vrbem 
cum  toto  servitio  (1). 

In  questo  medesimo  giorno  Carlo  principe  di  Salerno  e  Vica- 
rio generale  del  regno,  ordina  a'conservatori  delle  vettovaglie 
della  regia  corte,  di  consegnare  al  milite  Stefano  de  la  Forest 
sei  salme  di  frumento  e  dieci  di  orzo  a  salma  generale,  per  uso  di 
Carlo  di  Fiandra  e  della  figliuola  dell' imperadore  di  Costanti- 
nopoli suoi  nipoti,  e  della  loro  corte  e  de'  loro  cavalli  (2). 

30,  ivi,  -  Re  Carlo  scrive  al  Giustiziero  di  Abruzzo: 
Cura  nooilem  virum  Robberlum  Comitem  Atrebatensem 
carissimum  nepotem  nostrum  ad  Vrbem  feticem  accedentes 
in  regno  nostro  Sicilie  citra  farum  usque  ad  r editimi  no- 
strum feticem  in  regnum  vicarium  et  capitaneum  genera- 
lem  duxiraus  statuendum  fìdelitati  tue  precipimus  quatenus 
ea  que  dictus  comes  Ubi  ex  parte  celsitudinis  nostre  sub  si- 
gillo capitanie  de  lionore  et  servitio  nostris  mandaveril  efft- 
caciter  exequaris  et  sibi  laaquam  capitaneo  et  vicario  nostro 
generali  in  ipsis  partibus  prò  nostra  curia  ordinato  devote 
ad  honorem  et  fidelitatem  nostrani  pareas  et  intendas.  E  lo 
stesso  scrive  agli  altri  Giustizieri  del  regno,  a'maestri  delle 
Zecche  di  Brindisi  e  di  Messina,  al  vicario  di  Sicilia,  a'  Mae- 
stri procuratori  e  portolani  di  Principato,  Terra  di  Lavoro 
ed  Abruzzo,  di  Puglia,  di  Calabria  e  di  Sicilia;  a'  Secreti  di 
Principato,  Terra  di  Lavoro  ed  Abruzzo,  di  Puglia,  di  Cala- 
bria e  di  Sicilia;  ed  a'  Maestri  Massai  di  Basilicata,  di  Capi- 
tanata, di  Calabria  e  di  Sicilia  citra  (3). 

In  questo  giorno  Guglielmo  de  Farumville  preposito  di 
S.  Amato  Duacense  e  vicecancelliere  del  regno,  scrive  al  Si- 
niscalco del  regno  che  a  Giovanni  de  Solery  familiare  e  chi- 
rurgo del  re  e  della  real  casa,  con  un  cavallo,  ora  re  Carlo 
gli  à  assegnato  un  secondo  cavallo,  perciò  paghi  al  Solery 
itlud  quod  datis  aliis  familiaribus  predicti  domini  regis  re- 
ceptis  cimi  duóbus  equis  (4). 

(1)  Keg.  Ang.  1275,  A.  n.  22,  fol.  47. 

(2)  Reg.  Ang.  1270,  C.  n.  9.  fol.  168  t. 

(3:  Reg.  Ang.  1275,  A.  a.  22,  fol.  14  t  (4)  Ivi  fol.  223  t. 

Arch.,  3.»  Serie,  Tom.  XXIV.  20 


406  IL   REGNO    DI   CARLO    I.    D'ANGIÒ 

In  questo  mese  di  decembre,  re  Carlo  ordina  alcuni  pa- 
gamenti a  favore  del  milite  Niccolò  Drucheth  aio  de'  suoi 
nipoti,  figliuoli  del  principe  di  Salerno,  i  quali  dimorano  nel 
castello  di  Nocera  de'  Cristiani  (1). 

In  questo  stesso  mese  di  decembre  Carlo  principe  di  Sa- 
lerno e  Vicario  Generale  del  regno  comunica  al  Giustiziero 
di  Terra  di  Lavoro  e  Contado  di  Molise,  gli  ordini  ricevuti 
dal  re  suo  padre,  cioè  che  nel  giorno  14  del  prossimo  mese  di 
gennaio,  tutti  i  baroni  e  feudatari  oltramontani,  provenzali  e 
del  regno,  che  appartengono  al  suo  Giustizierato,  sotto  pena 
della  confisca  dei  feudi,  si  debbono  trovare  in  S.  Germano  o  in 
Aquino  in  completo   servizio   militare,    in  armi  e  cavalli  (2). 

Nel  dicembre  di  questo  anno  1275  in  Calabria  vi  erano 
i  seguenti  castelli  con  regie  milizie,  cioè:  a  Reggio  con  un 
contergio,  a  Calorina  con  un  castellano  scudiero  e  10  ser- 
vienti, a  Misiano  con  un  castellano  milite  e  10  servienti  , 
Tropea  con  un  castellano  scudiero  e  8  servienti,  a  Monte- 
leone  con  un  cortergio,  a  Nicastro  con  un  castellano  mi- 
lite e  6  servienti,  a  S.  Agata,  con  un  castellano  scudi 
e  10  servienti,  a  Bovalino  con  un  castellano  scudiere  e  8  ser- 
vienti, a  S.  Giorgio  con  un  castellano  scudiere  e  10  servien- 
ti, a  Stilo  con  un  castellano  milite  e  50  servienti,  a  S.  Niceto 
con  un  castellano  scudiero  e  10  servienti,  a  Gerace  con  un  ca- 
stellano scudiere  e  15  servienti,  alla  Catona  con  un  contergio.  a 
Pentedattilo  con  un  castellano  scudiere  e  4  servienti.  Nella  valle 
del  Crati  e  Terra  Giordana  cioè  :  a  Cotrone  con  un  castellano 
scudiero  e  15  servienti,  a  Roseto  ed  a  Pietra  di  Roseto  con 
un  castellano  scudiero  e  12  servienti,  a  Cosenza  con  un  con- 
tergio, di  Cassano  con  un  castellano  scudiero  e  6  servienti. 

Ciascuno  castellano  milite  riceveva  due  tari  al  giorno  : 
ciascun  castellano  scudiere  un  tari  e  grana  quattro  al  giorno; 
e  ciascun  contergio  tari  uno  e  grana  4  al  giorno;  ciascun  ser- 
viente grana  8  al  giorno  ;  e  ciascun  cappellano  secondo  la 
consuetudine  (3). 


C.  Minieri-Riccio. 


(1)  Reg.  Ang    1270,  C.  n.  9,  fol.  19. 

(2)  Reg.  Ano.  -1270,  C.  n.  9,  fol.  38. 

(3)  Reg.  Ang.  1275,  B  n.  23,  fol.  53. 


GIUSEPPE  II,  PIETRO  LEOPOLDO 
E  LA  TOSCANA 


«  Faccia  per  carità  un  articolo  per  noi  Toscani  sulla 
Corrispondenza  dei  due  fratelli  Imperatori  ». 

Tali  sono  le  ultime  parole  dell'ultima  lettera,  scrittami  il 
dì  29  dicembre  1875  da  Gino  Capponi  ;  lettera  nella  quale , 
avendo  accennato  al  trovarsi  piuttosto  meglio  del  consueto 
dopo  queir  incomodo  nell'estate  venutogli  nella  villa  di  Var- 
ramista ,  quasi  profeticamente  soggiungeva  :  «  ma  se  i  mali , 
come  fu  detto,  nel  caso  mio  non  sono  mai  lunghi,  così  nem- 
meno i  beni  potranno ,  e  a  ogni  modo  ringrazio  Dio  di  quello 
che  da  Lui  viene  ». 

Circostanze  non  liete ,  oltre  all'acerba  perdita  del  vene- 
rando quanto  benevolo  e  sempre  desiderato  amico ,  mi  hanno 
impedito  d'adempiere  al  voto  da  lui  esternato.  Prendendo 
oggi  in  mano  la  penna,  non  potrei  nemmeno,  per  varie  ra- 
gioni ,  tener  discorso  dei  troppi  argomenti  toccati  nel  car- 
teggio tra  Giuseppe  II  imperatore  e  Leopoldo  granduca, 
carteggio  che  principia  dalla  morte  del  padre  per  terminare 
proprio  colla  vita  del  maggiore  dei  due  fratelli,  mentre  gli 
gervono  di  corredo  le  lettere  di  Maria  Teresa  a  Giuseppe, 
e  il  carteggio  di  Leopoldo  colla  sorella  Maria  Cristina ,  moglie 
ad  Alberto  duca  di  Sassonia  Teschen  e  un  tempo  governa- 
trice  dei  Paesi  bassi  Austriaci  —  documenti  preziosissimi 
per  la  storia  degli  anni  1764-1792 ,  la  cui  pubblicazione  è 
dovuta  alla  liberalità  del  Governo  Austriaco  e  alla  solerzia 
del  Cav.  de  Arneth,  capo-direttore  del  grande  Archivio  Vien- 
nese,, e   dei  collaboratori  suoi  (1).  Nella  presente  memoria, 

(1)  Alfred  von  Arneth,  Maria  Theresia  unti.  Joseph  II.  Ihre 
Correspondenz  sammt  Briefen  Josephs  an  seinen  Bruder  Leopold. 
3  volumi,  Vienna,  1867-1868. 

<  Joseph  II.  und  Leopold  von  Toscana.  Thr  Briefwechsel  von  1781 
bis  1790.  2  volumi,  Vienna,  1872. 


408  GIUSEPPE    II,    PIETRO   LEOPOLDO 

mi  trovo  costretto  a  limitarmi  ad  una  sola  parte  di  questi 
carteggi,  a  quella  cioè  che,  oltre  ai  princìpi  politici  di  Leo- 
poldo ,  maggiormente  spetta  all'azione  da  Giuseppe  II  eserci- 
tata ovvero  progettata  sulle  sorti  della  Toscana  durante  il 
regno  del  fratello,  e  alle  di  lui  intenzioni  riguardo  a  questo 
Stato ,  toccato  alla  casa  Lorenese  per  convenienze  non  ita- 
liane né  anche  lorenesi.  Inquantochè  se  i  Toscani  erano  po- 
chissimo contenti  di  passare  sotto  il  dominio  di  principi  esteri, 
gli  abitanti  di  Nancy  e  di  Lunéville  non  erano  più  di  loro 
soddisfatti  d'un  cambiamento,  che  invece  di  una  dinastia, 
colla  quale  avevano  diviso  e  il  bene  e  il  male ,  dava  loro  per 
padrone  un  forestiere  non  mai  veduto,  il  quale  per  di  più 
non  era  se  non  usufruttuario  nell'interesse  di  vicini  prepo- 
tenti, con  cui  durante  dei  secoli  essi  avevano  combattuto 
per  la  propria  indipendenza. 

Narra  la  storia  della  Toscana,  come  proprio  all'alba  del  go- 
verno di  Pietro  Leopoldo  (lo  nomino  per  questa  volta  così  per- 
chè è  l' uso  in  Italia,  mentre  in  Germania,  e  nella  propria  fa- 
miglia ,  non  gli  si  è  mai  dato  se  non  il  secondo  di  tali  nomi) 
il  fratello,  qual  erede  universale  del  padre,  avanzasse  pre- 
tesa ai  denari  esistenti  nelle  regie  casse  in  Toscana,  ai  ge- 
neri dei  pubblici  magazzini  ed  ai  crediti  coi  particolari  ac- 
cesi alla  morte  di  Francesco  II,  somme  complessivamente 
calcolate  ad  oltre  dodici  milioni  di  lire.  Si  sa  Leopoldo  aver 
protestato  e  pregato  invano,  mettendo  innanzi,  oltre  i  diritti 
che  al  paese ,  non  al  principe ,  spettavano  a  questi  denari , 
le  condizioni  infelicissime  del  Granducato  e  le  estreme  an- 
gustie nelle  quali  egli  trovavasi,  ed  essersi  finalmente  veduto 
costretto  a  spedire  a  Vienna  tutto  il  contante  dell'erario, 
cioè  3,762,816  lire,  di  cui,  sua  vita  durante,  gli  vennero 
pagati  quattro  per.  cento  d'indennizzo.  Così  nel  II.0  volume 
della  Storia  delio  Zobi ,  dove  si  riporta  ancora  l'accordo  con- 
cluso a  Vienna  ai  5  Giugno  del  1766  tra  il  Cancelliere  prin- 
cipe Kaunitz  e  il  conte  Francesco  Orsini  di  Rosenberg,  il 
quale  poi  venne  a  Firenze  capo  del  governo  invece  del  Ma- 
resciallo  Botta   Adorno.   Abbiamo   ora   sott'occhio   le   carte 

Adam  Wolf,  Leopold  II.  und  Marie  Christine.  Ihr  Briefwechsel 
1781-1792,  voi.  unico,  Vienna,  1867.  ;Del  medesimo  autore  si  ha  :  Mari* 
Chtistine  Erzherzoin  von  Oesterreich.  2  volumi,  Vienna,  1873. 

Adolf  Beer,  Leopold  IL,  Franz  II.  und  Catharina.  Ihre  Correspon- 
denz.  Voi    unico,  Lipsia,  1874. 


E   LA    TOSCANA  409 

spettanti  a  questo  disgustoso  affare,  il  quale  non  poco,  nò 
senza  ragione,  amareggiò  i  princìpi  di  regno  del  giovine 
sovrano,  e  nel  cuore  gli  lasciò  una  spina.  «  Quanto  agli  af- 
fari —  sono  parole  di  Giuseppe  in  una  lettera  a  Leopoldo  dei 
9  ottobre  17G5,  presso  Arneth,  Maria  Theresia  I,  141  — 
comincerò  con  dirvi,  che  la  questione  riguardo  al  testamento 
è  stata  decisa  nella  Conferenza,  di  cui  vi  mando  il  proto- 
collo. Vedrete  che  io  sono  erede  universale.  Nell'istesso  tempo 
accludo  una  lettera  pel  Botta.  Non  ne  abbiate  paura.  Non  so 
servirmi  dei  miei  diritti  dirimpetto  ad  un  fratello  e  amico, 
ma  avendo  fatto  cessione  dell'intero  mio  retaggio  alla  Mo- 
narchia (Austriaca)  senza  riservarmene  nulla ,  non  posso 
nemmeno  privarla  dei  vantaggi  che  le  spettano.  Dunque  i 
frutti  entrati  e  non  spesi  al  tempo  del  defunto  Imperatore , 
di  pieno  diritto  appartengono  a  me  e  per  conseguenza  allo 
Stato.  Avendo  dato  a  questo  tutto  e  senza  interesse  ,  non 
potrei  togliergli  un  vantaggio  non  più  mio;  pure  gli  reco 
un  incomodo  per  amor  vostro,  caro  fratello.  Vi  propongo  di 
spedirmi  il  denaro  rimasto  nella  cassa  di  riserva  {Caisse  des 
besoins) ,  ma  mentre  procuro  alla  monarchia  tale  aumento , 
per  mezzo  d'atto  solenne  vi  farò  godere  del  provento  di  sif- 
fatti capitali  vostra  vita  durante  al  4  per  cento.  Così  vi 
rendo  servigio  e  non  ci  perde  nessuno  eccettuato  me,  anzi 
ci  guadagno ,  soddisfacendo  e  al  mio  debito  e  alla  mia  incli- 
nazione. Ecco  ciò  che  vi  propongo.  In  qualità  di  co-reggente, 
non  posso  lasciarvi  queste  somme  ;  lo  Stato  ne  ha  bisogno 
troppo  urgente.  Ma  se  vi  conviene  l'accomodamento ,  presto 
servigio  e  al  Granduca  e  alla  mia  patria  ». 

In  questa  lettera  del  pari  che  in  tutte  le  altre,  non  si 
tratta  se  non  dei  denari,  non  già  di  generi  e  di  crediti  ac- 
cesi. In  un  Poscritto  d'altra  lettera  dei  30  dell'istesso  mese, 
Giuseppe  insiste  sull'invio  accelerato.  Ma  intanto  il  Mare- 
sciallo faceva  delle  obiezioni  ,  alle  quali  Giuseppe  rispondeva 
ai  7  Novembre.  «  Per  ciò  che  spetta  agli  affari,  caro  fratello, 
seguo  il  metodo  vostro,  e  vi  rinvio  alla  mia  lettera  al  Botta,  la 
quale  credo  esser  senza  replica.  Non  nego  che  delle  ragioni 
di  convenienza  per  la  Toscana  esigerebbero  che  questo  de- 
naro contante  rimanesse  nel  paese,  ma  la  necessità  e  il  mio 
diritto  incontestabile,  uniti  al  vostro  utile  personale,  fanno 
si  che  io  sono  deciso  a  spedire  un  messo  onde  prende)' no 
consegna   e  portarlo  in  natura.  Ecco  sinceramente  ed  irrevo- 


410  GIUSEPPE   II  ,    PIETRO   LEOPOLDO 

cabilmonte  la  mia  intenzione.  Una  cosa  però  di  cui  devo  pre- 
garvi ed  avvertirvi,  si  è  che  non  soffriate  che  un  terzo  s'im- 
mischi nella  nostra  amicizia.  Le  parole   del   Botta  e   le   sue 
proposte   di  mediazione  mi  hanno  molto  offeso.  >  Eppure,  si 
trattava  di  un  affare,  in  cui  il  Maresciallo,  quasi  tutore  del 
giovine  Granduca  (Giuseppe  lo  chiama   una    volta   «  vostro 
papà  Botta  »)  e  capo  del  governo,  era  in  pieno  diritto  «  d'im- 
mischiarsi »  ;  affare  non  particolare  né  tra  «  amici  »,  comun- 
que  ne  giudicasse  il  novello  imperatore,  ma  dello  Stato  af- 
fidato alle  cure  ,  buone  o  no ,  del  vecchio  soldato.  Ma  la  cosa 
non  era  finita,  e  bisogna  pur  confessare ,  Giuseppe  aver  fatto 
prova  d'un'  impetuosa  intolleranza  che  non  si   potrebbe  giu- 
stificare. A  quella  lettera  dei  7  novembre,  Leopoldo  rispose, 
dicendogli,   che ,  ove   avesse   potuto    figurarsi   l'impressione 
fattagli  dalla  spiegazione  dei  suoi  diritti  e  delle  sue  ragioni, 
egli  sin   da  principio  si  sarebbe  taciuto ,  sagrificando  volen- 
tieri e  vantaggi  e  diritti,   e   il   proprio  benessere    alla  con- 
servazione della  di  lui  benevolenza  e  bontà.  «  Quanto  ad  im- 
mischiarsi, devo  dichiararvi  che  Botta  ha  composto  il  pro- 
memoria nella  sua  qualità  di  ministro  di   Toscana,  e  dietro 
alle  mie  istruzioni,  e  non  mi  figuro  che  possiate  volergliene 
di  aver  ubbidito  agli  ordini  del  suo  padrone.  Esso  vi  ha  ub- 
bidito in  tutto,  comunicandomi  i  vostri  comandi  e  consiglian- 
domi  di   spedirvi  subito  il  denaro  ;  ma  non  poteva   fare  di 
più.  Come  ministro  plenipotenziario,  non  gli  spettava  di  dare 
ordini  né  di  disporre  d'un  soldo  della  cassa,  dovendo  aspet- 
tare la  mia  decisione  ed  autorizzazione.  Invece  di  agir  male, 
egli  si  è  comportato  da  uomo  onesto  ».  Poi  Leopoldo  propose 
al  fratello  un  accomodamento.  Dichiarando  di  non  voler   più 
esaminare  la  questione  di  diritto ,  ma  di  sacrificare  il  denaro 
a  comune  soddisfazione,  affinchè  non  gli  si  potesse  fare  rim- 
provero di  avere  agito  contro  la  casa  d'Austria,  egli  aggiun- 
ge che  non  può  pure   sacrificare  la  Toscana,  la  quale  per- 
dendo questa  somma  sarebbe  totalmente  rovinala,  e  propone 
di  far  trascrivere  il  montante  della  cassa  in  obbligazioni  della 
banca   Viennese  dalla  testa  sua  su  quella  del  fratello ,  toglien- 
dole dal  capitale  formato  con  la  dote  e  controdote  della  Gran- 
duchessa, e  di  non  toccare  gl'interessi  offertigli  e  quelli  do- 
vutigli a  Vienna  affinchè  con  essi  si  rinforzasse  di  nuovo  il 
detto  capitale  sino  all'attuale   montante.   Esso  (Leopoldo)  ci 
perderebbe,  ma  soddisfarebbe  ai  suoi  doveri. 


E   LA   TOSCANA  411 

Si  dura  fatica  a  capire,   come  mai   tale  proposta  abbia 
potuto  destare  tanto  risentimento  nell'Imperatore   quanto  ne 
palesa   un    suo  biglietto  dei  26  Novembre  a  Maria    Teresa. 
«  Oso  mandare  a  V.  M.  una  lettera   di  Leopoldo  con  altra  di 
Botta  sugli  affari  pecuniari.   La  prima  meriterebbe  risposta 
di  fratello  maggiore,  ove  lo  stile  non  mostrasse  che  essa  è 
dettata  da  un  altro.  Ne   trovo  molto   forti    le   espressioni  e 
molto    indecente    il    modo.  Le  proposte  sono    inammissibili, 
giacché  levando  la  somma  dai  capitali  qui    collocati,    V.  M. 
è  vero  diminuirebbe    il  debito,    ma  non   riceverebbe   denaro 
contante,  che  è  di  tutta  necessità  per    terminare   le    nostre 
operazioni.  Il  denaro  della  cassa  Toscana  mi  appartiene.  Tro- 
verò il  modo  meno  costoso  di  farlo  giungere  qui  —  questo 
non  riguarda  punto  mio  fratello  ».  La  savia  e  buona  madre 
rispose  l'istesso  giorno:  «  Fra  due  figli  vedo  nascere  discor- 
dia,  per  cosa  che  non   merita  d'alterare  un'amicizia   o  un 
legame  così  tenero  e  sacro.  Si  tratta   del  più  o  del  meno,  o 
della  rovina  del  più  debole.  Da   sei  settimane  voi  siete  stato 
testimone    delle   mie   inquietudini   pur   troppo   verificate.   Il 
vostro  biglietto  scritto  nel    primo  momento   dovrebbe    farmi 
impressione,  ove  non  sapessi  che  ragione   e   tenerezza  vin- 
ceranno quando  ci  rifletterete  un  po'più.  Un  giovine  monarca, 
un  po'gonfio  per  l'abbondante  incenso  e  per  proprio  carattere, 
oflèndesi  per  qualunque  cosa  che  gli  si  fa  incontro  o  gli  re- 
sista. Devo  parlarvi  chiaro  — non  trovo  nella  lettera  di  vo- 
stro fratello  nulla  da  ferirvi  né  da   muovere   vostra  collera 
mentre  nel  biglietto  vostro   trovo   molto   umorazzo.    Questa 
sera  vi  rimanderò  le  vostre  lettere  dopo  di  averle  rilette  :  se 
posso  avere  presso  di  me  Kaunitz,  gliene  parlerò,  non  fidan- 
domi di  me  sola.  Mi  lusingo  che  la  solitudine  v'ispirerà  mag- 
gior longanimità.  Nelle  circostanze  attuali ,   non   c'era  biso- 
gno di  tale  aumento  di  tristezza  ». 

Le  parole  della  madre  pare  abbiano  prodotta  certa  im- 
pressione; pure  Giuseppe  non  s'arrese  ,  e  la  di  lui  risposta 
a  Leopoldo,  prima  di  spedirla  sottomessa  a  Maria  Teresa, 
provocò,  da  parte  di  questa,  delle  serie  osservazioni. 

«  Dopo  il  colloquio  della  mattina,  m'aspettavo  una  risposta 
più  amabile  e  più  indulgente,  senz'asprezza  né  umiliazione. 
Non  correggono  gli  altri,  riserbandosi  per  se  medesimo  o 
orgoglio  o  piccolu  rancore  ».  Poi  gli  fa  dei  rimproveri  sui 
modi  suoi ,  e  sulla  superiorità  ora  spiegata  verso  un  fratello 


412  GIUSEPPE   II,    PIETRO   LEOPOLDO 

col  quale  si  era  tenuto   sempre   sul  piede   d'uguaglianza ,  e 
termina  colle  parole  :  «  Ecco  le  riflessioni   d'una  buona  vec- 
chia — voi  le  getterete  nel  fuoco;  ma  essa  ha  creduto  dover  dirvi 
semplicemente  la  verità  ».  Ma  nell'istesso   tempo    scrisse  al 
Conte  Francesco  di  Thurn,  allora  gran  ciamberlano  del  gio- 
vine granduca,  dicendogli  che  a  Firenze  si  era  stato  nel  torto, 
che,  ancora  avendo  ragione  da  lagnarsi,   si  sarebbe   dovuto 
scrivere  in  altro  modo  sulla  riflessione  che  tutto  lo  stabili- 
mento di  Toscana  era  un  atto  di  generosità  dell'imperatore. 
Le   osservazioni    di   Maria   Teresa    mentre  non  cambiarono 
nulla  al  fondo  della  questione ,  la  Toscana  rimanendo  obbli- 
gata a  pagare,  fecero  però  cambiare  modo  a  Giuseppe  dirim- 
petto  al  fratello.  «  Sin  dal   primo   momento  — sono  parole 
della  sua  lettera  in  data  dei  5  Dicembre  —  in   cui  vi  chiesi 
i   frutti  percetti  dal  defunto  Imperatore  e  il  fondo  di  cassa, 
non  lo  feci  se  non  dopo   di  essermi  consultato  con  persone 
abili  ed  oneste,  le  quali  mi  certificarono  del  mio  pieno  diritto. 
I  dubbi  vostri  mi  fecero  consultare  altre  ;  la  nostra  adorabil 
madre,  non  paga  di  ciò,  col  suo  senso  delicato  di   giustizia 
e   mossa   viepiù  ancora  dal  desiderio   d'obbligarvi ,  ne  con- 
sultò da  parte  sua  ;  ebbene  tutti   di   comun   accordo  non  ne 
fecero  né  anche  questione   di  gius,  ma   furon   d'avviso  che, 
oltre  la  legge ,  il  buon  senso  e  il  solo  diritto  naturale  mi  ag- 
giudicano questo  denaro.   Il  sentimento  uniforme  di  tutti,  a 
parer  mio ,  caro  fratello ,  dovrebbe  convincervi  della  giustizia 
della  mia  domanda.  Posto  il  fondamento ,  che  cioè  questo  denaro 
è  mio  così  indubitatamente  come  il  ducato  che  tengo  in  saccoc- 
cia, passo  al  secondo  punto,  il  quale  spero  vi  proverà  la  neces- 
sità della  domanda.  Voi  sapete  quanto  le   nostre   finanze   ri  - 
sentonsi  ancora  dell'ultima  crudele  guerra.  I  nostri  paesi  non 
sono  oberati  che  troppo;  senza  rovinarli,  non   ne   possiamo 
sperare  né  desiderare  maggiori  aiuti ,  i  quali  bisogna  cavare 
dai  risparmi.  Le  bagattelle  sono  pari  a  un  bicchier    d'acqua 
vuotato  in  un  fiume  onde  renderlo  navigabile  ;  solo  per  mezzo 
di  grandi  e  buone  operazioni ,  le  quali  col  diminuire  la  spesa 
rialzino  il  credito,  possiamo  ristabilire  lo  Stato,  rendendolo 
un  giorno  o  l'altro  temibile  ai  nemici.   Per   questo  oggetto, 
una  certa  quantità  di  numerario  è  indispensabile,  giacché  in 
mancanza  di  questa  non  c'è  da  cominciare.  Ho  dato  tutto  ciò 
che  era  mio,   ma   non   basta.   Vorreste  voi  privarmi  della 
dolce  soddisfazione  d'aver   soccorso   il    mio  paese  con    tutto 


E   LA    TOSCANA  413 

l'aver  mio  ~ì  Bisogna  che  io  vi  dica ,  che  senza  il  numerario 
che  io  tengo  in  Toscana ,  tutti  i  nostri  progetti  rovineranno 
o  saranno  immensamente  ritardati.  Non  è  possibile  che,  ri- 
pensando bene  a  ciò  che  vi  espongo,  la  vostra  ragione  non 
se  ne  convinca,  che  il  vostro  cuore  non  sia  mosso  dalla  ne- 
cessità assoluta  ed  indispensabile  di  far  venire  qui  questo  dena- 
ro per  la  fine  di  Febbraio.  Vi  prego  di  non  farvi  fermare  da 
ragioni  di  convenienza  particolare  1  Guardale  al  trono  e  di- 
menticate i  membri.  Sarebbe  facile  il  provare  che  al  Sovrano 
della  Toscana  importa  più  una  salutare  e  buona  operazione 
di  finanza  che  stabilisce  e  solleva  la  Monarchia  Austriaca , 
rendendola  capace  di  proteggerlo,  che  di  rasciugare  cento 
volte  le  sue  Maremme  ». 

A  Leopoldo  altro  non  rimase  a  fare  che  chinare  il  capo. 
Lo  fece  —  rispose  il  dì  10  Dicembre  che  avrebbe  ubbidito 
agli  ultimi  comandi  positivi ,  e  senza  molte  parole  protestò 
che  desiderava  convincere  il  mondo  del  suo  affetto  e  del  suo 
profondo  ossequio.  La  Toscana  pagò,  giacché  era  suo  il  de- 
naro e  non  del  patrimonio  privato ,  e  Leopoldo  ne  rimase 
addoloratissimo,  non  essendo  mai  potuto  convincersi  né  della 
giustizia  della  pretensione ,  né  dell'interesse  del  suo  piccolo 
paese  a  spogliarsi  per  soccorrere  le  finanze  del  grande  im- 
pero, cui  veramente  poteva  applicarsi  il  paragone  adoperato 
da  Giuseppe  del  bicchier  d'acqua  vuotato  nel  fiume.  Egli  non 
ha  mai  fatto  mistero  di  quello  che  sentiva  e  pensava  di  tale 
transazione.  Nel  1767,  essendo  seriamente  ammalate  le  due 
imperatrici,  la  moglie  di  Giuseppe  e  Maria  Teresa,  il  Mini- 
stro inglese  Sir  Orazio  Mann,  sin  da  quasi  trentanni  pratico 
della  Toscana,  scriveva  ad  Orazio  Walpole  delle  inquietudini 
di  Leopoldo.  «  La  perdita  della  madre  sarebbe  di  fatti  grande 
per  lui ,  viemaggiormente  nelle  presenti  circostanze.  Dopo  la 
morte  del  padre,  il  fratello  non  tardò  di  dargli  prove,  che 
da  lui  non  c'era  da  aspettarsi  gran  soccorso;  riflessione  la 
quale  afflisse  il  giovine  principe  molto  più  della  perdita  del 
denaro  che  dovette  cedere  a  Giuseppe,  e  a  cui  pochi  mesi  in 
poi  si  vide  costretto  a  supplire  per  mezzo  d'un  imprestito 
fatto  a  Genova  al  quattro  per  cento  »  (1).  Leopoldo  poi,  un 
quarto  di  secolo  dopo  questa  penosa  transazione,  nel  Rendi- 
li) Dr.  Dokan,  Mann  and  manners  al  the  Court  of  Florence 
1740-1786  Founded  ori  the  lettera  of  Borace  Mann  to  Borace  Walpole, 
i  volumi.  Londra,  1876   Voi.  II.  pag.  183. 


414  GIUSEPPE    II  ,    PIETRO   LEOPOLDO 

conto  del  suo  governo ,   di  nuovo  ha  dichiarato,  appartenere 
al  pubblico  e  non  al  principe,  questi  capitali. 

In  altra  occasione,  Giuseppe  ebbe  maggior  ragione,  in- 
contrando in  ciò  ancora  il  sentimento  della  madre.  Non  si 
sarebbe  creduto,  che  Leopoldo  e  la  consorte,  tutt'e  due  alieni 
dal  fasto,  gai  siccome  conviene  a' giovani ,  ma  semplici  nei 
loro  gusti  ed  avendo  dei  modi  indicanti  non  alterigia  ma 
dimestichezza,  qualità  propria  della  famiglia  dì  Lorena-Ab- 
sburgo  in  luogo  dell'antico  sussiego  spàgnuolo  infiltratosi  nella 
corte  imperiale,  che  essi,  dico,  da  principio  avessero  s pie- 
gato un  lusso  di  cerimonie  e  di  rappresentanza  poco  conforme 
al  paese  e  alle  proprie  ci  reo  stanze  «  Ci  '  pio  ut  ad  I  isso  una 
etichetta  »,  scrive  il  Ministro  Inglese,  il  quale  d'altronde  fa 
elogio  della  «  cortesia  tutta  Medicea  »  ei  io  an  vrani, 
quasiché  non  ci  fosse  differenza  tra  una  corte  imperiale  e 
una  granducale.  «Ciò  accadeva  in  tempo  di  carestia  e  di  ne- 
cessità pubblica  tale  da  far  pensare  Leopoldo  a  mandare  alla 
zecca  gli  argenti  delle  chiese.  (Sir  Orazio  -  >j  :  «  pare 

che  egli  non  indovini  che  le  armi  spirituali  riesciranno  troppo 
forti  per  lui  ».)  Non  si  andrà  lontano  dal  vero  supponendo 
che  il  fasto  non  era  secondo  il  gusto  di  Leopoldo,  sibbene 
del  Botta,  tenacissimo  di  tali  cose,  e  il  quale,  al  tempo  della 
Reggenza  andando  in  carrozza  con  tiro  a  sei,  con  davanti 
lo  stalliere  sopra  cavallo  leardo ,  trovossi  poco  contenl 
non  poter  farsi  vedere  con  più  di  quattro  dopo  giunti  i  nuovi 
sovrani.  Mail  lusso  non  era  punto  secondo  il  gusto  di  Vienna. 
«  L' economia,  così  Maria  Teresa  n  Ila  sopraccitata  lettera  al 
Conte  Thurn,  è  un'altra  questione.  Rosenberg  ha  ordine  di 
chiedervi  il  prospetto  della  vostra  Corte.  Bisogna  essere  ser- 
viti bene  e  secondo  le  convenienze ,  ma  troppa  gente  non  fa 
meglio  di  pochi  e  buoni.  Ne  ho  veduto  qui  un  saggio  che  non 
mi  ha  persuasa.  È  viepiù  nécessai  io  essere  informati 
tamente  di  tutto,  le  circostanze  della  Toscana  non  corrispon- 
dendo, siccome  pare,  alle  espettative.  Né  domando  a  Botta  i 
medesimi  schiarimenti  quali  chiedo  a  voi  riguardo  alla  Corte. 
Conviene  regolar  tutto  acciocché  io  possa  esser  tranquilla  per 
quel  che  spetta  alla  sorte  di  mio  figlio,  cui  ho  creduto  rendere 
felice  purché  egli  sappia  limitarsi  invece  di  correre  il  rischio 
i  lanciarsi  in  sulle  prime,  giacché  al  qua  esso  non  può 
aspettare  soccorso. /Sono  palesi  le  condizioni  delia  Monarchia; 
poi  ho  da  pensare  a  nove  figli  oltre  di  lui  ».  Anche  Giuseppe, 


E    LA    TOSCANA  415 

scrivendo  al  fratello  insiste  su  questo  punto,  e  sulla  soddi- 
sfazione da  dare  alle  cure  della  madre.  «  Datele  questa  con- 
solazione, essa  la  merita  con  tutto  ciò  che  ha  fatto  per  voi. 
L'economia  nella  vostra  casa  e  Corte  è  una  cosa  importan- 
tissima, quale  oso  raccomandarvi  con  insistenza.  Sin  dal  prin- 
cipio bisogna  mettersi  bene  ;  una  volta  in  disordine,  l'espe- 
rienza prova  che  è  difficile  ritrovar  la  buona  via.  Di  qui 
non  avete  nulla  da  aspettare;  l'erario  è  talmente  oberato  ed 
ha  tante  spese  stringenti  da  non  poter  pensare  a  mandar 
denaro  all'estero ,  né  anche  a  voi,  oltre  ad  essere  il  vostro 
appannaggio  sufficiente  a  farvi  vivere  decentemente  e  piace- 
volmente purché  vi  mettiate  buon  ordine  ».  I  consigli,  che 
venivano  da  uno  il  quale  li  seguiva  nel  suo  proprio,  erano 
savi,  e  Leopoldo  non  ha  mancato  di  mettere  «  buon  ordine  » 
in  casa  e  governo  ;  ma  pur  troppo  tali  consigli  partivano  da 
Vienna  nell'istesso  momento  in  cui  gli  si  vuotavano  le  casse. 
Leopoldo,  non  occorre  dirlo,  sin  dal  momento  in  cui  met- 
teva il  piede  in  Toscana,  di  diritto  era  sovrano  indipendente. 
Di  fatti  però  sin  a]  1770  egli  rimase  sotto  una  specie  di  tu- 
tela, più  della  madre  che  del  fratello  di  sei  anni  maggiore 
di  lui,  tutela  prima  dal  Maresciallo  Botta  esercitata,  poi 
dal  conte  di  Rosenberg ,  uomo  pratico  d'affari ,  moderato 
e  savio,  ma  non  molto  fermo,  a  prestar  fede  alle  parole  di 
Giuseppe,  il  quale  nel  1780  dice  di  lui  che  «  soffia  fred 
caldo  come  sapete.  »  Ma  Giuseppe  ancora  ebbe  segnalata 
influenza ,  meno  sull'andamento  del  governo  in  cui  le  idee  e 
le  misure  Leopoldine  qualche  volta  precedettero  alle  sue ,  che 
sulle  cose  di  famiglia.  Ciò  seguiva  maggiormente  perchè 
l'imperatore,  due  volte  sposo,  nel  1767  ritrovossi  vedovo,  sen- 
za figli,  e  deciso  a  non  rimaritarsi,  dimodoché  la  successione 
negli  Stati  ereditari  di  cui  l'Imperatore  chiamavasi  semplice 
amministratore,  toccava  al  Granduca  di  Toscana.  Ne  derivava 
naturalmente  l'interesse  maggiore  preso  da  Giuseppe  nelle 
cose  del  fratello  e  dei  nepoti,  interesse  di  cui  sono  ripiene 
le  di  lui  lettere.  Ne!  carattere  e  nelle  vedute  dei  due  fratelli 
esistevano  molti  punti  di  somiglianza,  ma  non  vi  fu  mancanza 
di  differenze  essenziali ssime.  Giuseppe  era  più  largo,  più 
caldo,  più  franco,  ma  imperioso  e  confidente  di  sé;  Leopoldo 
non  punto  timido  ma  più  circospetto  e  lento  ,  meno  sincero 
col  fratello  di  cui  subiva  di  malavoglia  la  superiorità,  di  lui 
più  liberale  quantunque  non  poco  imbevuto  anch'esso  dell'idea 


416  GIUSEPPE   II  3    PIETRO   LEOPOLDO 

di  poter  imporre  agli  altri  la  sua  volontà.  Nelle  cose  religiose 
ambidue  buoni  cattolici  secondo  il  modo  di  sentire  e  di  ve- 
dere del  tempo,  cioè  osservanti  delle  pratiche,  credenti  con 
una  mistura  di  filosofia  sintantoché  la  filosofia  non  minacciasse 
di  riescir  inopportuna  ai  regnanti,  nelle  relazioni  tra  Chiesa 
e  Siato  propugnatori  dell'  onnipotenza  di  questo  ;  cioè  di  quella 
scuola  che  non  cominciò  a  veder  chiaro  sennonché  allorquando 
trovossi  alle  prese  colla  rivoluzione  cui  aveva  contribuito. 
Giuseppe  veramente  amava  il  fratello,  ma  lo  voleva  ubbidiente 
e  anche  consenziente  ;  Leopoldo  piegava  davanti  all'autorità 
del  capo  della  famiglia,  cui  non  osava  contradire,  ma  ciò 
guastavagli  e  l'umore  e  il  carattere.  Non  osava  contradire, 
ma  in  segreto  si  sfogava,  e  il  timore  che  ne  venisse  sentore 
al  fratello  accresceva  quell'infelice  tendenza  al  sospetto,  sor- 
gente di  tanti  dispiaceri  a  lui  e  di  tanto  male  morale  al  paese. 
Egli  non  contava  più  di  ventidue  anni,  quando  l'imperatore, 
scrivendo  a  Maria  Teresa  ai  30  di  Maggio  del  1769,  faceva 
le  seguenti  osservazioni:  «  Mio  fratello  è  molto  sospettoso, 
e  cerca  di  dissimulare  tutte  le  sue  azioni  mettendoci  una  certa 
aria  di  mistero.  Credo  averlo  penetrato  abbastanza  e  posso 
assicurare  V.  M.  di  non  averci  scoperto  se  non  un  fon- 
do eccellente ,  cognizioni  estese  ed  incredibile  applicazio- 
ne. Ma  egli  non  è  sempre  felice  nella  scelta  né  dei  mezzi 
né  degli  uomini,  donde  deriva  molto  nero  e  cattivo  umo- 
re. »  Cinque  anni  più  tardi,  rispondeva  (10  Novembre  1774) 
alle  molte  lagnanze  di  Leopoldo  sulla  sua  salute,  e  sulla 
mala  voglia  e  scontentezza  che  lo  tormentava,  dopo  di  avergli 
detto  che  della  salute  s'incaricherebbe  il  buon  medico  (Lagu- 
sius)  che  stava  con  lui:  «  E  egli  possibile,  amico  mio,  che 
a  meno  che  pesi  sopra  di  voi  una  condanna  divina,  voi,  il 
più  felice  principe  della  terra  colle  vostre  condizioni  e  col 
carattere  vostro  analogo  ad  esse  ,  possiate  figurarvi  essere 
infelice  ?  Di  grazia  esaminate  un  po' paragonando  la  posizione 
vostra  con  quella  di  noi  altri  tutti;  guardate  alla  località  della 
vostra  residenza,  prestate  fede  all'opinione  che  l'intera  Eu- 
ropa ha  di  voi,  contemplate  la  vostra  felicità  domestica . 
moglie  e  figli,  considerate  la  tranquillità  dello  stato  vostro, 
<j  la  facilità  di  abbracciare  l'insieme  degli  affari;  mettete  poi 
in  linea  di  conto  la  perfetta  stima  e  la  cordiale  amicizia  del- 
l'intera famiglia  vostra  e  degli  amici  principiando  da  Sua 
Maestà,  la  libertà  delle  vostre    azioni,   la    considerazione  e 


E    LA    TOSCANA  417 

l'affetto  dei  sudditi  —  dove  troverete  voi  in  tutto  il  mondo 
uno  da  starvi  a  confronto?  Siete  voi  scontento  degli  uo- 
mini con  cui  avete  da  fare?  Non  scrutateli  tanto,  fissate  i 
vostri  sistemi  fermamente,  e  punite  i  cortravventori ,  ma 
levatevi  quegli  spionaggi  occulti  che  nutriscono  la  vostra 
diffidenza  dell'intero  genere  umano.  Lasciate  piuttosto  che  vi 
s'inganni  un  po'  anziché  tormentarvi  di  continuo  ed  invano 
onde  interamente  evitarlo.  Non  siate  l'Eraclito  delle  umane 
cattiverie,  ridete  da  Democritico,  e  continuate  il  cammino 
vostro  senza  confondervi.  Colle  cognizioni  vostre,  colla  pia- 
cevolezza vostra  naturale,  vivete ,  vi  prego,  in  società ,  non 
andate  a  seppellirvi  nel  vostro  gabinetto,  a  crearvi  malinco- 
nia ,  ovvero  a  passeggiare  solo  col  baston'  in  mano  ». 

Ma  l'infelice  propensione  di  Leopoldo  non  fece  se  non 
aumentare  cogli  anni,  e  la  storia  del  suo  governo  ce  ne 
dice  pur  troppo.  Siccome  è  naturale ,  in  fine  reagì  contro 
se  stesso.  Egli  divenne  vittima  del  proprio  sistema.  Anni 
dop  o ,  poco  prima  della  morte  di  Giuseppe ,  con  cui  egli 
si  sapeva  in  poca  armonia  quanto  ai  princìpi  di  governo 
quantunque  mancasse  di  coraggio  di  esporglielo ,  esso  si  ri- 
putava sorvegliato  e  spiato ,  come  sorvegliava  e  spiava  altri. 
Scrivendo  alla  sorella  Maria  Cristina  sua  confidente,  si  ser- 
viva di  sugo  di  limone  invece  d'inchiostro.  «  Non  oso  né 
parlare  né  scrivere,  né  pensare  a  spedire  un  messo  nei  Paesi- 
bassi.  Sono  talmente  circondato  ed  osservato  dai  dipendenti  di 
coloro  che  stanno  con  S.  M. ,  da  non  osare  far  un  passo , 
temendo  di  far  nascere  qualche  storia  ».  (Lettera  dei  25  Gen- 
naio 1790).  «  Quantunque  attorniato  e  spiato,  non  mancherò 
di  spedirvi  un  uomo  di  mia  fiducia  sotto  qualche  pretesto, 
giacché  non  mi  fido  dei  corrieri  napoletani  ».  Sospettava  le 
lettere  sue  essere  aperte,  e  non  si  serviva  finalmente  né 
anche  dell'acido  di  limone,  credendo  essersene  scoperto  il  se- 
greto. Ecco  a  che  era  ridotto,  per  l'eccesso  di  una  pratica 
originata  nel  desiderio  di  conoscere  e  correggere  i  mali  se- 
greti, un  uomo  di  qualità  rare  e  di  sincera  voglia  del  bene, 
nel  momento  in  cui  era  per  toccargli  un  peso  al  di  là  delle  sue 
forze,  se  non  morali,  di  certo  fisiche,  la  costituzione  sua. 
non  mai  robusta  anzi  in  gioventù  debole,  trovandosi,  più  di 
quel  che  si  sapeva,  esausta  e  pel  continuo  lavoro  e  per  i 
molti  pensieri,  e  finalmente  per  un  modo  di  vivere  di  cui  in 


418  GIUSEPPE   II  ,    PIETRO   LEOPOLDO 

Toscana,  anche  all'infuori  di  maledici  libri,  non  raccontansi 
se  non  troppe  storie. 

Leopoldo  non  amava  molto  l'andare  a  Vienna ,  pure  v'andò 
più  volte ,  e  passò  un  inverno  nell'austriaca  capitale  colla 
famiglia.  Giuseppe  volentieri  veniva  in  Toscana.  Nel  mese 
di  marzo  del  1769,  durante  il  conclave  in  cui  venne  eletto 
P.  Clemente  XIV,  i  due  fratelli  trovaronsi  a  Roma,  abitando 
in  quella  Villa  Medicea,  donde  Cosimo  III  di  già  aveva  fatto 
levare  molte  sculture  antiche,  e  che  poi  da  Leopoldo  venne 
spogliata,  a  beneficio  di  Firenze  e  degli  Uffizi,  del  maggiore 
suo  tesoro,  del  gruppo  dei  Niobidi.  Poi  l'imperatore  passò  a 
Firenze.  «  Nessuno  si  sarebbe  figurato  (sono  parole  del  Mi- 
nistro inglese)  che  un  cosi  gran  principe  si  fosse  presentato 
in  assetto  così  poco  decoroso  ».  La  sua  carrozza  da  viaggio 
somigliava  a  un  frugone ,  ed  egli  indossava  un  uniforme  mi- 
litare semplicissimo  senza  contrassegni.  Il  dì  6  maggio  nac- 
que il  secondo  figlio  del  Granduca.  L' imperatore  disse  ai 
Fiorentini  :  questo  sarà  vostro  —  il  maggiore  lo  piglio  per 
me.  I  Fiorentini  non  se  lo  sono  fatto  dire  due  volte  :  il  neo- 
nato era  Ferdinando  III.  Da  Firenze ,  Giuseppe  si  recò  a 
Parma,  per  far  visita  al  giovine  Duca  Ferdinando  Borbone, 
il  quale  era  per  divenirgli  cognato  sposando  la  sua  sorella 
Maria  Amalia,  poi  tornò  in  Toscana  e  andò  a  stare  al  Pog- 
gio Imperiale.  Ai  28  del  detto  mese  partì  per  Bologna  e 
Mantova,  d'onde  visitò  il  Milanese.  Da  Lodi  scrisse  alla  ma- 
dre: «  E  stato  da  me  a  pranzo  il  Duca  di  Modena  (France- 
sco III  da  Este)  —  confesso  a  V.  M.  non  aver  veduto  quasi 
mai  figura  simile.  Stivali  del  secolo  scorso,  sproni  grandi  di 
rame,  uniforme  del  suo  reggimento,  il  viso  coperto  di  cipria 
e  di  rossetto  >. 

Prima  di  venire  a  Firenze  Giuseppe  da  Roma  era  stato 
a  Napoli  a  vedere  la  sorella  Maria  Carolina,  nell'anno  pre- 
cedente andata  sposa  al  Re  Ferdinando.  Il  ritratto  che  egli  fa 
del  Tanucci ,  ministro  in  quel  tempo  ancora  onnipotente,  ve- 
ramente non  ha  che  fare  colle  cose  di  Toscana,  delle  quali 
tratta  la  presente  memoria;  pure  credo  non  sarà  senza  in- 
teresse per  i  lettori.  «  Tanucci  è  uomo  d'ingegno  e  istrui- 
tissimo, ma  arcipedante  [pedani  fìeffé)  e  pieno  di  misere 
scaltrezze  e  di  raggiri  che  egli  crede  essere  colpi  di  Stato , 
vedendo  tutte  le  minuzie  in  grande  e  per   ciò   troppo  occu- 


E   LA    TOSCANA  419 

pato  nelle  medesime,  privo  di  coraggio  di  piantarle  onde  oc- 
cuparsi sul  serio  delle  cose  maggiori.  Estremamente  geloso 
della  propria  autorità ,  egli  sa  farsi  giuocare  in  mano  la 
distribuzione  di  tutte  le  grazie ,  la  collazione  di  tutte  le  ca- 
riche ,  anche  delle  minime.  Tiene  inoltre  la  borsa  e  del  Re 
e  della  Regina;  per  lui  il  Re  vien  informato  di  viva  voce 
bene  o  male  dei  propri  affari  e  delle  nuove  estere ,  ed  egli  si 
mantiene  e  manterrassi  di  necessità  lasciando  il  Re  in  una 
imperdonabile  noncuranza  degli  affari  ed  interessi  suoi  , 
mentre  impedisce  agli  altri  ministri  di  metterlo  al  corrente 
delle  cose.  Egli  rendesi  grato  al  Re  mediante  i  favori  accor- 
datigli nella  collazione  delle  cariche,  di  cui  il  Re  proprio 
deve  pregarlo  ;  o  quando  questi  desidera  fare  una  spesa,  o 
vuole  affrancarsi  in  qualche  occasione ,  dietro  al  desiderio 
della  Regina ,  dell'etichetta  spagnuola.  Perchè  il  Re  possa  fare 
una  cena  nel  giardino,  ci  vuole  un  permesso  per  iscritto  del 
Signor  Tanucci.  Esso  si  rende  più  formidabile  ancora  al 
padre  (Carlo  III)  e  al  figlio  mediante  il  continuo  carteggio 
colla  Spagna.  Il  padre  sente  benissimo  che  avendo  pure  ce- 
duto il  Regno  al  figlio  ora  d'età,  è  cosa  mostruosa  il  voler 
governare  e  comandare  sin  da  Madrid  per  le  bagattelle  an- 
cora. Ma  l'  affetto  che  conserva  per  questo  paese  e  più  an- 
cora la  sua  ambizione  non  permettongli  di  cambiare.  Il  Ta- 
nucci è  l'unico  esecutore  dei  desiderii  suoi,  dimodoché  biso- 
gna sostenerlo,  giacché  senza  di  lui  il  Regno  di  Napoli  po- 
trebbe sciogliere  i  lacci  e  camminar  da  sé  solo.  D'altra  parte 
il  Re  Ferdinando  è  di  continuo  intimorito  dal  Tanucci ,  il 
quale  lo  spaventa  colla  collera  del  padre ,  e  gli  fa  scrivere  a 
questi  tutto  ciò  che  egli  vuole.  Esso  Re,  di  natura  timido  e 
pigro,  è  incantato  d'avere  un  pretesto  di  fare  ciò  che  il  lume 
del  proprio  intelletto  disapprova,  e  servesi  di  questo  pretesto 
del  papà  ogni  qual  volta  gli  conviene;  il  signor  Tanucci  poi 
lo  pianta  subito  che  gli  viene  l'estro  di  opporsi  a  qualunque- 
siasi  cosa.  Avendo  levato  d'attorno  al  Re  chiunque  avrebbe 
potuto  dargli  un  savio  consiglio,  circondandolo  d'una  schiera 
di  buffoni  senza  sugo  né  onestà,  tutti  sue  creature  e  lancie 
spezzate ,  egli  lo  costringe  a  ricorrere  di  continuo  a  lui.  In- 
fine, Tanucci  sa  mirabilmente  far  il  suo  giuoco  tra  i  due  re* 
servendosi  d'ambidue  e  rendendosi  ad  arnbidue  necessario  e 
gradito  onde  conservare  il  suo  credito,  ciò  che  secondo  me 
gli  riescirà  senza  fallo  intanto  che  vive  il  Re  di  Spagna,    e 


420  GIUSEPPE   II  ,    PIETRO    LEOPOLDO 

probabilmente  ancora  dopo  la  di  lui  morte.  Gli  si  attribui- 
scono delle  qualità  morali  e  del  disinteresse.  Non  accetta  nulla, 
è  vero,  ma  così  non  fa  la  moglie.  E  gran  faticatore,  giacché, 
essendo  onnipotente,  deve  far  tutto,  ed  essendo  geloso  della 
sua  autorità,  s'incarica  d'ogni  cosa.  Egli  è  un  Tartufo,  il 
quale,  umile  all' infuori  ed  onesto  nelle  cose  che  potrebbero 
far  chiasso  e  che  non  importano,  è  un  mascalzone  in  tutto 
il  resto ,  cui  non  importa  né  dei  due  re  suoi  benefattori ,  né 
del  Regno;  uomo  che  mette  male  il  padre  col  figlio,  adulando 
ad  ambidue,  mantenendoli  nell'ignoranza  che  gli  serve  a  lui, 
allontanando  da  loro  e  verità  e  gente  onesta.  Egli  non  pensa 
se  non  a  se  stesso  approfittando  d'ogni  mezzo  lecito  quanto 
illecito.  Testimone  dell'infame  educazione  data  al  giovine  Re, 
avrebbe  potuto  cambiarla.  Ogni  giorno  potrebbe  distoglierlo 
dai  suoi  divertimenti  puerili ,  facendogli  poco  a  poco  gustare 
il  lavoro  e  l'occupazione;  ma  ciò  non  entra  nei  di  lui  cal- 
coli ,  e  quantunque,  allorquando  glie  ne  tenni  discorso ,  fin- 
gesse di  desiderarlo  sommamente,  non  ebbi  fatica  di  assicu- 
rarmi che  il  misero  uomo  tremava  per  la  paura  che  io  aprissi 
al  Re  gli  occhi  ». 

Non  lusinga  il  ritratto,  ma  se  il  Colletta,  parlando  del- 
l'arrivo della  giovine  regina,  e  della  poca  simpatia  tra  lei  e 
il  ministrò  «  potente  per  la  corte  di  Madrid  »,  ci  rappresenta 
questi  «  tardi  attristandosi  dell'aver  prodotta  o  nutrita  la 
ignoranza  del  Re  »,  rimane  confermato  il  giudizio  dell'impe- 
rator  alemanno.  L'anno  precedente,  allorquando  Maria  Ca- 
rolina passò  da  Firenze ,  il  Ministro  inglese  ne  scrisse  nei  se- 
guenti termini:  «  Essa  è  un'amabilissima  giovine  regina,  ma 
c'è  da  temere  molto,  che  la  sua  somma  delicatezza  e  il  suo 
gran  buon  senso  le  faranno  sentire  viepiù  la  mancanza  del- 
l'una e  dell'altro  nello  sposo;  mancanza  tale  che  molti  l'at- 
tribuiscono a  difetto  organico  che  sa  di  demenza.  Ma  vengo 
assicurato  da  Lord  Stormont,  che  non  procede  da  altro  se 
non  da  mancanza  totale  d'educazione,  e  che  al  dì  d'oggi  il 
Re  di  anni  diciotto  è  ciò  che  in  Inghilterra  molti  ragazzi 
sono  con  dieci.  Se  così  è ,  la  scandalosa  negligenza  potrà 
essere  supplita  dall'eccellente  educazione  della  Regina ,  i  cui 
modi  perfettissimi  uniti  alle  sensatissime  domande  e  risposte 
eccitarono  l'ammirazione  di  tutti  ».  Quasi  ott'anni  più  tardi, 
il  Duca  Alberto  di  Sassonia,  cognato  di  Ferdinando,  stando 
colla  famiglia  reale  a  Portici,  scrisse  intorno  al  Re  e  al  Mi- 


!•:    LA    TOSCANA  421 

nistro  presso  a  poco  quel  che  ne  aveva  scritto  Giuseppe  II. 
Dopo  di  aver  detto  che  Ferdinando  non  mancava  punto  di 
perspicacia  e  di  prontezza  nò  di  buone  qualità  del  cuore, 
sog  iunge:  «  I  divertimenti  in  mezzo  ai  quali  egli  si  è  te- 
nuto sin  da  giovane,  l'aborrimento  instillatogli  di  qualunque 
lavoro  e  cosa  seria,  ne  hanno  impedito  lo  sviluppo.  Che  de- 
litto imperdonabile  di  tutti  coloro  cui  ne  era  affidata  l'educa- 
zione, delitto  non  solo  perciò  che  spetta  a  lui  ma  ancora  ri- 
guardo al  popolo  !  »  Del  Ministro  poi  ragiona  così  :  «  Ogni 
cosa  d'importanza  passa  per  le  mani  del  Tanucci.  L'aspetto 
suo  volgare  e  l'espressione  stizzosa  lo  farebbero  prendere 
piuttosto  per  un  maestro  di  scuola  che  pel  moderatore  d'un 
gran  regno.  Il  carattere  corrisponde  alla  fisonomia.  Quest'uomo 
poco  amabile,  mal  voluto  e  poco  considerato,  ha  saputo  a 
tal  punto  acquistare  il  favore  di  Re  Carlo ,  da  farsi  credere 
in  tutto  e  per  tutto,  dimodoché  padre  e  figlio  non  vedono 
che  cogli  occhi  del  Tanucci.  Conoscendo  le  debolezze  del  re 
attuale,  esso  gli  mostra  gli  affari  sempre  dal  lato  spiace- 
vole onde  tenerlo  lontano,  e  lo  lascia  di  continuo  nel  buio, 
mentre  fa  credere  a  Re  Carlo  che  il  figlio  è  incapace  di  go- 
vernare e  che  tutto  andrebbe  in  rovina  se  non  ci  badasse  lui. 
Di  l'atti  esso  governa  con  autorità  dispotica,  ma  la  capacità 
sua  essendo  minore  dell'ambizione ,  mi  trovo  d'accordo  con 
coloro  che  biasimano  altamente  la  di  lui  amministrazione  ». 
Così  veniva  giudicato  da  due  principi  tedeschi  l'uomo ,  da 
cui  al  Regno  derivò  del  bene  e  del  male  non  poco;  giudizi 
sui  quali  senza  dubbio  ebbero  influenza  non  scarsa  gli  av- 
versari del  prepotente  ministro,  caduto,  contro  all'espettativa 
di  Giuseppe  II,  molto  prima  della  morte  del  suo  primo  pro- 
tettore, cioè  nel  1777,  dopo  di  avere,  secondo  l'espressione 
del  Colletta,  governato  lo  Stato  con  potestà  di  principe  qua- 
rantatre anni. 

Ma  è  tempo  ormai  di  tornare  alle  cose  di  Toscana. 
Giuseppe  ci  venne  nuovamente  nella  primavera  del  1775 
poi  l'ultima  volta  tra  il  1783  e  1784,  andando  a  Roma  per 
restituire  la  visita  a  P.  Pio  VI,  e  tornando  da  questo  viag- 
gio. Della  prima  di  queste  corse,  poche  notizie  ci  sono  rima- 
ste; e  pare  che  l'imperatore,  siccome  aveva  desiderato,  siisi 
quasi  interamente  dedicato  alla  famiglia  del  fratello.  «  Li 
amo  tutti,  così  egli  si  esprime  su  i  figli  di  Leopoldo,  pure 
sento  la  gran  differenza  riguardo  ai  maggiori,  i  quali   sicu- 

Arch.,  3. a  Serie,  Tom.  XXIV.  27 


422  GIUSEPPE   II  ,   PIETRO   LEOPOLDO 

ramente  devono  e  possono  raccogliere  un  giorno  i  frutti  dei 
nostri  lavori  ».  Egli  amava  molto  il  soggiorno  di  Toscana. 
«  Deh  1  che  non  posso  io  stare  con  voi  alla  Petraia  !  e  quante 
cose  avressimo  da  comunicarci  in  questa  amena  solitudine , 
dove  veramente  si  può  dire  di  godere  la  vita  !  »  Di  segnalata 
importanza  al  contrario  fu  la  seconda  di  queste  visite,  in- 
quantochè  allora  si  trattò  della  sorte  di  quei  figli  maggiori 
del  Granduca,  cui  lo  Zio  dimostrava  tanto  interesse;  ed  in- 
sieme della  sorte  del  paese.  Abbiamo  veduto,  che  l'impera- 
tore considerava  come  suo  il  primogenito,  Francesco,  cui  un 
giorno  era  per  toccare  la  successione  negli  Stati  aviti,  men- 
tre da  tutti  credevasi  che  la  Toscana  fosse  per  essere  di 
Ferdinando.  Sino  da  qualche  anno,  Giuseppe  erasi  dato  gran 
pensiero  dell'educazione  dei  nipoti,  secondando  in  ciò  le  pre- 
mure della  madre ,  senza  volerne  però  in  sulle  prime  imporre 
al  fratello.  Nel  1772  Maria  Teresa  aveva  mostrato  il  deside- 
rio di  collocare  quale  Aio  dei  giovani  arciduchi  a  Firenze  il 
conte  Wilczek,  poi  inviato  a  Napoli  e  successore  al  Conte 
Firmian  nel  governo  della  Lombardia  ;  ma  questi  desiderava 
esserne  dispensato  (Lettera  di  Giuseppe  a  Leopoldo  dei  20 
luglio)  e  l'Imperatore  non  mostrava  intenzione  d'insistere. 
«  Iddio  e  la  natura,  così  egli  scriveva  al  fratello  a'23  luglio, 
vi  hanno  dato  dei  figli  ed  insieme  il  talento,  l'onestà  e  il 
tempo  nesessari  ad  educarli  da  voi  stesso  e  sotto  i  vostri 
occhi,  dimodoché  bisogna  lasciarvi  fare  senza  impedimenti. 
La  vostra  coscienza  e  l'onor  vostro  sono  impegnati  nella 
loro  riescita  ;  voi  a  questo  riguardo  siete  delicatissimo ,  ed 
avete  viscere  di  padre  —  non  v'è  dunque  ogni  ragione  di 
rimettere  tutto  alla  vostra  disposizione  ì  »  Solo  nell'Ottobre 
del  1773  la  scelta  cadde  sul  conte  Francesco  Colloredo.  Ma 
sotto  di  lui  ci  volea  un  altro  per  stare  in  compagnia  dei  gio- 
vani, dei  quali  il  maggiore  ormai  contava  quindici  anni. 

«  Dopo  di  aver  fatte  molte  riflessioni  sulla  scelta  di  un 
uflìziale  da  stare  coi  vostri  figli  .così  leggiamo  in  una  let- 
tera di  Giuseppe  dei  9  Agosto  1775),  non  ho  trovato  ancora 
quello  che  veramente  desideravo.  L'unico  sul  quale  ho  fis- 
sato lo  sguardo ,  si  è  certo  Maggiore  Manfredini  del  reggi- 
mento Stein,  eccellente  uflìziale.  Egli  è,  credo,  suddito  Ve- 
neto, ma  di  Terra  ferma.  L'ho  sentito  lodare  anche  pel  suo 
modo  di  pensare,  per  le  sue  cognizioni  e  la  voglia  di  lavo- 
rare; è  scapolo  e  di  circa  quarant'anni.  Quanto  a  me  non  lo 


E    LA    TOSCANA  423 

conoscevo  se  non  in  qualità  ili  bravissimo  soldato.  Se  vera- 
mente vi  abbisogna  qualcuno  e  se  non  avete  obiezione  quanto 
alla  nazionalità,  cercherò  di  conoscerlo  più  da  \icino  e  di 
studiarlo,  giacché  in  tal  caso  le  precauzioni  non  sono  mai 
troppe.  Egli  parla  bene  il  tedesco  e  il  francese  ».  In  tal 
modo  comparisce  sulla  scena  un  uomo  destinato  ad  aver  par- 
te segnalata  nella  Storia  Toscana.  Le  informazioni  riescirono 
tutte  a  vantaggio  di  lui,  che,  creato  Ciainberlano  «  dopo  di 
aver  fatte  le  prove  »,  partì  per  Firenze  alla  fine  di  gennaio 
del  1770' ,  senza  impegno  del  Granduca  libero  di  ammetterlo 
o  di  rimandarlo  al  reggimento.  «  Quanto  a  Manfredini,  scrive 
Giuseppe  a  di  23  maggio,  sono  incantato  di  sentire  che  ne 
rimanete  contento  ».  Gli  era  riserbato  il  poter  riprendere  il 
suo  posto ,  con  regolare  avanzamento  nell'armata  Austriaca, 
e  di  fatti  fu  promosso  nel  1780  a  colonnello ,  nel  1789  a  ge- 
neralmaggiore ,  prese  parte  alla  campagna  sul  Danubio ,  e 
divenne  finalmente  Tenente  Maresciallo,  rimanendo  sempre 
addetto  alla  corte  di  Toscana.  Nel  1782,  Sir  Orazio  Mann 
scrisse  intorno  all'educazione  dell'Arciduca  Francesco,  che 
prima  di  poter  formare  le  sue  idee ,  era  stato  levato  dalle 
mani  delle  donne,  e  consegnato  ad  uomini  di  buon  senso 
senza  pedanteria. 

Alla  fine  dell'estate  del  1778  Leopoldo  e  la  famiglia  re- 
caronsi  a  Vienna,  dove  passarono  l'inverno,  non  tornando 
in  Toscana  prima  del  mese  di  Marzo  dell'anno  seguente.  Nel 
settembre,  il  Granduca  erasi  portato  in  Boemia  a  far  visita 
ali  Imperatore ,  impegnato  nella  guerra  per  la  successione 
Bavarese,  guerra  senza  fatti,  terminata  il  dì  13  maggio  del 
177!J  colla  pace  di  Teschen,  che  non  levò  il  rancore  dai  petti 
dei  sovrani  dei  due  Stati  i  quali  di  già  disputavansi  il  primo 
posto  in  Germania  in  quei  medesimi  luoghi ,  dove  ottantaset- 
l'anni  più  tardi  la  questione  venne  decisa.  (Nel  dì  16  set- 
tembre 1778  Giuseppe,  Leopoldo  e  Massimiliano  ,  poi  Elettore 
Ionia,  incontraronsi  a  Sadowa.)  Fu  l'ultima  volta  che 
Leopoldo  vide  la  madre,  morta  a  dì  29  novembre  1780. 
«  Mi  ritrovo  quasi  solo  al  mondo  —  sono  parole  di  Giuseppe  in 
una  lettera  dei  4  dicembre  —  avendomi  tolto  la  provvidenza 
mogli,,  tìgli,  padre  e  madre.  Deh  mi  rimanga  almeno  l'ami- 
cizia vostra,  ve  ne  prego  sincerissimamente.  Voi  conoscete 
il  fondamento  della  mia  sin  dall'infanzia;  mille  prove  devono 
avervene  convinto.   Essa  sarà   l'unico    vero    sollievo,   unito 


424  GIUSEPPE    II  ,    PIETRO   LEOPOLDO 

allo  studio  di  adempiere  ai  doveri   della  mia  posizione,   che 
mi  farà  sopportare  la  vita  ». 

Secondo  quello  cui  si  accennò,  Giuseppe  II  venne  l'ultima 
volta  in  Toscana  negli  anni  1783-1784.  Nel  mese  di  gennaio 
dell'ottantatrè ,  egli  ricevè  l'invito  di  Pio  VI,  di  recarsi  a 
Roma,  dove  poi  non  andò  prima  di  dicembre.  Ai  17  di  que- 
sto mese  giunse  a  Bologna;  poi  a  Firenze  donde  col  Granduca 
si  recò  a  Pisa  a  vedere  la  cognata,  partendo  indi  per  Roma, 
poi  per  Napoli  e  tornando  a  Pisa  nel  mese  di  febbraio.  In 
quest'ultimo  soggiorno  venne  deciso  il  traslocamene)  del  pri- 
mogenito di  Leopoldo  a  Vienna.  Di  già  nell'estate  del  1781. 
l'Imperatore  ne  aveva  stabilito  il  matrimonio  colla  principessa 
Elisabetta,  figlia  del  Duca  Federigo  Eugenio  di  Wurttem- 
berg  bisnonno  del  Re  attualmente  regnante,  la  quale  nata 
nel  1767,  doveva  compiere  a  Vienna ,  sotto  gli  occhi  di  Giu- 
seppe, la  sua  educazione.  L'istesso  si  voleva  che  accadesse 
del  futuro  sposo.  Esiste  lunga  memoria  scritta  o  dettata  dal- 
l'imperatore, sulla  necessità  di  tale  misura  (Points  de  refle- 
xion  au  snjet  de  Varchiduc  Francois  —  stampata  dall' Au- 
neth,  Joseph  li  und  Leopold  I,  344  segg.)  oltre  alle  lettere 
del  cui  numero  ve  né  una  al  principe  di  Kaunitz  in  data  di 
Pisa  10  febbraio  1784.  Dopo  di  aver  detto  che  si  era  conve- 
nuto dell'educazione  dell'Arciduca  a  Vienna,  ma  che  Leopoldo 
erasi  mostrato  mal  disposto  a  condurci  da  sé  il  figlio,  l'Im- 
peratore continua  :  «  Finalmente  egli  si  è  persuaso  che  que- 
sto conveniva,  e  che  era  l'unico  mezzo  per  fare  cessare  di 
un  colpo  gli  sciocchi  rumori  sparsi  e  ripetuti  in  tutta  l' Eu- 
ropa ».  Poi  soggiunge:  «  Per  quanto  ho  potuto  conoscere 
questo  giovane  durante  le  tre  settimane  passate  qui,  l'ho  tro- 
vato non  privo  d'istruzione,  anzi  talvolta  con  certa  applica- 
zione ,  d'altronde  di  giudizio  freddo  e  tardo  ma  sano.  Del  re- 
sto mostra  una  strana  apatia  per  tutto  ciò  che  sa  di  piaceri 
e  di  divertimenti,  ed  è  di  poca  vivacità  di  spirito.  La  sua 
salute  è  buona,  anzi  piuttosto  robusta,  quantunque  sia  di  sta- 
tura bassa;  ma  manca  di  modi  e  non  sa  ancora  presentarsi. 
Nell'insieme  credo  che  egli  non  acquisterà  mai  quel  che  si 
chiama  grazie  di  corpo  e  di  spirito,  ma  non  dispero  che  possa 
riescire  una  testa  piuttosto  bene  organizzata  per  gli  affari, 
e  soprattutto  credo  che  potrà  avere  fermezza  di  carattere. 
Sinora  egli  non  ha  imparato  nò  ballo  nò  scherma  né  ma- 
neggio come   si  dovrebbe,  e  in  questo  paese,  col  modo  con 


E   LA   TOSCANA  425 

cui  sono  messe  le  cose ,  non  è  possibile  che  i  figli  di  mio 
fratello  riescano  capaci  di  servire  lo  Stato  in  una  qualità  qua- 
lunque, raggrinzandosi  l'anima  mentre  il  corpo  si  snerva  col 
clima  e  col  modo  di  vivere...  Se  pure  questo  giovane  non  è 
tutto  ciò  che  si  desidererebbe,  bisogna  dar  ragione  al  vec- 
chio proverbio  che  dice,  che  un  Tieni  vai  meglio  di  due 
Avrai  ». 

In  tempo  posteriore,  dopo  che  Francesco  ebbe  passa- 
ti di  già  due  anni  a  Vienna ,  lo  zio  scrisse  di  lui  (28  ago- 
sto 1785):  «  Egli  mostra  e  talento  e  ingegno,  ma  punto  vivacità 
nell'esecuzione,  né  desiderio  d'una  cosa  o  l'altra.  Sono  sicuro 
che ,  collocato  in  un  Seminario,  farebbe  gli  studi  di  teologia 
come  inoggi  gli  studi  di  milizia,  senza  mai  più  pensare  a 
questi.  Forse  coli' età  il  di  lui  carattere  verrà  più  deciso, 
giacché  è  ancora  ragazzo,  e  senza  nessuna  velleità  di 
giovane  per  un  divertimento  qualunque  siasi,  eccettuato 
quello  di  non  far  niente,  di  trastullarsi  con  acqua,  d'inchio- 
dare qualche  oggetto  in  camera,  di  classare  in  venti,  modi 
diversi  libri  e  carte  e  di  dar  l'imbeccata  a  un  uccellino.  Né 
la  caccia,  né  l'esercizio  del  maneggio,  né  la  passeggiata,  né 
teatro,  né  musica,  né  società,  l'attraggono  di  preferenza.  Egli 
è  cresciuto  e,  senza  ingrassare,  diviene  più  robusto  e  ner- 
boruto ».  Ecco  a  diciott'anni ,  e  ritrattato  da  uno  zio  amore- 
vole, quello  a  cui  in  meno  di  sei  anni,  in  mezzo  al  più  tre- 
mendo cataclisma  dell'età  moderna,  era  per  toccare  la  prima 
dignità  secolare  del  mondo  cristiano  I  Pure  bisogna  aggiun- 
gere, che  nell'aprile  del  1788,  l'Imperatore,  che  aveva  seco 
il  nipote  nella  guerra  turca,  gli  dà  lode  di  sangue  freddo. 
«  Il  vostro  figlio,  così  scrive  dopo  un  fatto  d'armi  davanti  a 
Semlino ,  era  con  noi  —  era  lì  come  lo  vedete  nel  suo  gabi- 
netto, e  il  fischio  delle  palle  non  gli  faceva  mutar  fiso- 
nomia   ». 

In  quel  convegno  di  Pisa  del  febbraio  1784  si  venne  a 
una  conclusione,  la  quale  alla  Toscana  importava  più  della 
partenza  di  tal  o  tale  arciduca.  Di  niente  meno  ivi  si  trattò 
che  dell'incorporazione  del  Granducato,  morto  Giuseppe,  alla 
monarchia  Austriaca.  Il  progetto  non  è  rimasto  ignoto  nel 
paese  minacciato  di  divenir  provincia.  Il  vecchio  Ministro  in- 
glese quasi  subito  ne  scrisse  a  Walpole:  «  La  Toscana  è  per 
divenire  un'appendice  all'Austria  al  pari  di  Milano  e  di  Brus- 
selles  ».  (Doran,  1.  e.  II,  410.)  Lorenzo  Pignotti ,   amico  del 


426  GIUSEPPE    II  j    PIETRO   LEOPOLDO 

Manfredini  e  pratico  della  Corte,  ne  prese  nota  nei  suoi  ri- 
cordi (Zobi,  1.  c.  II.  34^),  ma  quantunque  esso  avesse  conver- 
sato con  Giuseppe,  non  c'è  da  inferirne  che  l'avesse  saputo  daini, 
di  che  d'altronde  non  importa,  la  cosa  essendo  indubitata. 
Ne  abbiamo  ora  tutte  le  prove,  e  dall'Imperatore  e  dal  Gran- 
duca. Nei  citati  Points  de  réflexion  lediamo  ciò  che  segue: 
«  Avvenendo  il  caso  della  cessazione  della  secondogenitura 
Toscana,  dal  momento  in  cui  la  successione  nella  Monarchia 
tocca  al  Granduca  o  al  suo  figlio,  bisognerebbe  rifarla.  Or 
credo  questo  non  convenire  menomamente,  anzi  doversi  fare 
tra  noi  un  atto  affin  di  dichiarare  che  essa  è  per  cessare ,  e 
che  la  Toscana  in  avvenire  verrà  riunita  indissolubilmente 
coll'intera  Monarchia  Austriaca.  Molte  ragioni,  vantaggiose 
alla  Monarchia  quanto  alla  Toscana ,  sembrano  esigerlo  ,  oltre 
quelle  di  famiglia.  Cosa  sarebbero,  cosa  diverrebbero  i  nume- 
rosi figli  del  Granduca,  ove  l'Imperatore  avesse  voluto  (sic) 
aver  successione  ?  Un  governatore  come  nei  Paesi  Bassi  e  a 
Milano  conviene  moltissimo  al  paese ,  posizione  adattata  a 
un  cadetto  cui  si  potrà  ancora  dar  moglie ,  ma  il  quale  non 
deve  fare  casa  da  sé.  Il  caso  della  Spagna  e  dell'Infante  di 
Parma  prova  a  sufficienza  lo  scarso  interesse  ispirato  da 
una  famiglia  divisa  ;  eppure  l'Infante  è  figlio  di  fratello  del 
Re  ».  «  La  Granduchessa  —  sono  parole  dello  Zobi  ,  suppongo 
dietro  a  ciò  che  ne  scrisse  il  Pignotti  —  che  teneramente 
amava  il  secondogenito  Ferdinando,  pianse  a  sentire  tal  ri- 
soluzione ;  il  Granduca  se  ne  mostrò  indifferente ,  prevedendo 
che  come  più  giovane  e  più  sano  (?)  del  fratello,  avrebbe  lui 
potuto  disporre  le  cose  a  sua  posta  ». 

Di  già  agli  8  di  giugno,  mentre  Leopoldo  era  in  pro- 
cinto di  partire  per  Vienna  col  primogenito,  Giuseppe  gli  spedì 
la  minuta  d'un  atto  «  per  dichiarare  che  dopo  la  mia  morte 
la  Toscana  verrà  per  sempre  riunita  colla  Monarchia.  Se  vi 
conviene,  se  ne  farà  copia  e  lo  firmeremo;  se  no,  indiche- 
rete i  cambiamenti  che  desiderate.  L'atto  è  combinato  e  punto 
in  contradizione  con  qualunquesiasi  carta  o  stipulazione  an- 
teriore ,  né  in  ciò  che  riguarda  la  famiglia ,  né  per  quel  che 
spetta  a  potenze  estere  ».  Nell'istesso  tempo ,  in  cui  l'Impe- 
ratore voleva  stendere  i  domìni  Austriaci  sin  al  Tevere  e  a 
Radi  cofani,  non  solo  sognava  ma  era  attivissimo  a  preparare 
il  cambio  dei  Paesi  bassi  colla  Baviera,  cambio  di  cui  sicu- 
ramente si  può  disputare  se  sarebbe  stato   vantaggios  i   alla 


E   LA   TOSCANA  427 

Germania  o  no  (punto  di  controversia,  anche  appassionata, 
tra  due  scuole  storico-politiche)  ma  in  prima  fila  tutto  a  van- 
taggio  dell'Austria ,  e  certo  non  male  combinato.  Di  ciò  che 
succede  durante  il  soggiorno  del  Granduca  a  Vienna,  sen- 
tiamo ciò  che  ne  scrive  egli  stesso,  in  data  dei  7  luglio  1789, 
all' Arciduchessa  Maria  Cristina.  «  Saranno  sette  o  sei  (cin- 
que) anni,  che  Sua  Maestà  mi  fece  chiamare,  stando  a  Pisa, 
e  poi  quando  condussi  Francesco  a  Vienna,  e  mi  obbligò  a 
firmare  in  sua  presenza  l'atto  intorno  alla  riunione  della 
Toscana  alla  Monarchia  dopo  la  mia  (sua)  morte.  Lo  feci, 
dicendogli  che  (con  o)  senza  questa  carta  il  sorvivente  di  noi 
due  avrebbe  fatto  ciò  che  buono  gli  sembrerebbe  ».  (Beer, 
1.  e.  218.)  Pare  che  non  si  ricordasse  di  averne  fatto  cenno 
poco  prima  all'istessa  sorella,  in  lettera  dei  4  giugno  :  «  Sa- 
prete che  il  Re  e  la  Regina  (di  Napoli)  desiderano  tuttora 
dare  in  sposa  la  figlia  loro  maggiore  a  mio  figlio  Ferdinando, 
purché  esso  abbia  conveniente  stabilimento.  Tutto  dipende  da 
questo.  Saprete  ancora  che  S.  M.  mi  ha  fatto  firmare,  che 
alla  mia  (sua)  morte  la  Toscana  verrebbe  annessa  alla  Mo- 
narchia. Credo  che  questo  è  contrario  ai  trattati.  Ho  fir- 
mato, giacche  quando  non  sarò  più,  coloro  che  resteranno 
faranno  ciò  che  gli  piacerà  ».  Il  contemplato  matrimonio  di 
fatti  ebbe  luogo  nel  1790  —  la  sposa  fu  quella  Granduchessa 
Luisa,  un  mostricino,  come  raccontava  Gino  Capponi ,  ma  un 
angelo  di  bontà,  la  quale,  stando  a  Vienna  durante  l'esiglio 
principiato  nel  1799,  scriveva  al  Marchese  Pier  Roberto ,  pa- 
dre di  Gino  e  suo  Maggiordomo,  quando  questi  era  tornato 
a  Firenze  a  pigliar  la  famiglia ,  delle  letterine  piene  d'af- 
fetto e  di  semplicità,  testimonianze  dell'ardente  desiderio  di 
tornare  in  Toscana  che  essa  non  era  più  per  rivedere ,  e  di  ri- 
trovarsi col  popolo,  come  disse,  il  migliore  della  terra,  e  il 
più  fedele  ed  affezionato  ai  suoi  principi. 

L'imperatore  non  contentavasi  di  aver  presso  di  sé  il 
maggiore  dei  nipoti  :  voleva  gli  altri  ancora,  e  in  primo  luogo 
Ferdinando.  Il  Granduca  e  la  moglie  erano  in  mille  angustie. 
'«  Mio  figlio  Ferdinando  (Lettera  di  Leopoldo  dei  5  Dicembre 
1780)  è  adesso  di  salute  molto  migliore;  ma  abbisogna  di 
molte  cure  ancora  e  di  un  clima  dolce,  essendo  delicato.  Gli 
studi  sono  terminati  ad  eccezione  del  diritto  a  cui  si  è  messo. 
L'indole  sua  è  buona  e  dolce,  ma  non  capace  di  molta  ed  as- 
sidua occupazione,  ciò  che  dipende  dalla  sua  complessione.  Di 


428  GIUSEPPE    li  ,    PIETRO    LEOPOLDO 

carattere  è  franco  ed  aperto.  Se  mi  permettete  d'esprimere 
il  mio  sentimento,  credo  che  avrebbe  bisogno  del  clima 
d'Italia,  e  se  mai  nel  corso  degli  anni  egli  fosse  destinato  ad 
essere  governatore  di  questo  paese,  ci  fareste  grazia  lascian- 
docelo ».  Ma  Giuseppe  insisteva.  «  Se  credete  al  vantaggio 
risultante  dall'  inseparabile  riunione  della  Toscana  colla  Mo- 
narchia, Ferdinando  forse  più  di  qualunque  altro  abbisogna 
di  essere  disvezzato  (dépaysé)  dell'idea,  che  certo  egli  ha  o 
che  gli  verrà  messa  in  capo,  essere  cioè  destinato  a  posse- 
dere in  avvenire  la  Toscana.  Senza  di  che  invece  di  felicitar- 
si di  dover  esserne  governatore,  se  ne  lagnerà  ».  Un  mese 
dopo,  Leopoldo  tornò  all'assalto.  Non  essersi  punto  confer- 
mato Ferdinando  nell'idea  di  aver  la  Toscana  —  l'Imperatore 
poter  darsi  pace  a  questo  riguardo.  Veramente  il  Manfredini 
aveva  avuto  istruzioni  di  parlare  in  questo  senso.  Ma  egli 
pregava  di  lasciare  il  figlio  alla  madre  ,  che  ne  era  teneris- 
sima ,  e  cui  esso  prestava  più  gradita  compagnia,  avendo  ora 
terminati  gli  studi.  Tutto  ciò  che  potè  ottenere,  fu  una  di- 
lazione, mentre  in  apparenza  Giuseppe  se  ne  rimetteva  alla 
libera  volontà  del  Granduca,  il  quale  di  fatti  non  era  né  anche 
padrone  di  disporre  dei  propri  figli.  Nel  settembre  del  1787 , 
il  quartiere  doveva  essere  preparato  nella  Burg  (palazzo  im  • 
periale)  per  Ferdinando ,  Carlo ,  Leopoldo ,  Giuseppe.  Il  primo 
era  da  fare  assieme  a  Francesco  gli  studi  superiori,  eser- 
citandosi in  lavori  propri.  In  tal  modo  veramente  tutto  era 
preparato  affin  di  dépàyser  Ferdinando  e  il  rimanente  della 
famiglia .  ma  la  provvidenza  ne  dispose  altrimenti.  In  quel- 
l'anno stesso  del  1787  accadde  il  viaggio  di  Giuseppe  nella 
Tauride,  poi  la  rivoluzione  dei  Paesi  bassi,  poi  la  guerra 
ottomana  che  diede  il  crollo  alla  salute  di  Giuseppe ,  poi  le 
difficoltà  di  Ungheria  e  i  mille  gravissimi  pensieri  per  gli 
affari  di  Francia  ed  anche  di  Germania  affari  che  quasi  face- 
vano sparire  i  disgusti  per  gli  scandali  nella  Corte  Napoleta- 
na. C'era  proprio  da  pensar  poco  a  quel  progetto  di  disloca- 
mento tanto  di  mal  occhio  veduto  nella  propria  famiglia. 
In  quel  frattempo  ,  Federigo  Manfredini  era  stato  promosso  • 
alla  carica  d'Aio  in  luogo  del  conte  Colloredo,  tornato  a  Vienna 
con  Francesco,  di  cui  in  seguito  divenne  ministro  di  Gabi- 
netto. 

Conviene  adesso  tornare  alquanto  indietro,   per  rilevare 
da  questi  carteggi  varie  cose   che  possono  servire  a  far  cu- 


E    LA    TOSCANA  429 

noscere  viemaggiormente  un  principe,  il  cui  governo ,  mal- 
grado gli  errori  eie  debolezze  inseparabili  da  qualunque  cosa 
umana ,  rimarrà  sempre  memorabile  per  essere  stato  quanto 
attivo  sotto  molti  rapporti  benefico,  e  a  dipingere  le  condi- 
zioni del  paese  al  suo  tempo.  Al  difuori,  e  maggiormente  in 
Germania  e  in  Inghilterra,  per  lo  più  si  crede  Leopoldo  es- 
sere stato  molto  amato  dai  sudditi.  Chi  conosce  la  storia 
della  Toscana  .  sa  ciò  essere  falso.  L'opinione  favorevole  a 
Ido  è  postuma:  più  dei  coevi,  i  figli  e  nipoti  di  essi 
sono  rimasti  persuasi  della  saviezza  di  gran  parte  dell'ope- 
rato del  «  nonno  »  cessati  gli  urti  giornalieri  di  lui  colle 
abitudini  e  tradizioni.  Ma  c'era  veramente  un'incompatibilità 
d'indole  tra  il  sovrano  e  il  popolo;  in  certo  modo  questo 
principe,  intento  dì  e  notte  a  lavorare  pel  suo  paese,  gli  è  rima- 
sto straniero.  Gli  mancava  il  sentimento  italiano.  Tale  incom- 
patibilità era  maggiore  tra  lui  eia  Capitale  perchè  la  Capitale 
rappresentava  sempre  l'antico  genio  toscano  di  cui  egli  non  ca- 
piva nulla.  Sin  dal  1783  Sir  Orazio  Mann  scriveva:  «  Sua  Al- 
tezza Reale  non  ama  Firenze  né  i  Fiorentini,  dai  quali  si  crede 
poco  amato.  »  1  frequenti  e  lunghi  soggiorni  fatti  a  Pisa  non 
erano  dovuti  alla  sola  mitezza  dell'aria.  Nelle  belle  pagine 
con  cui  termina  la  storia  della  Repubblica,  Gino  Capponi 
con  brevi  quanto  eloquenti  parole  riepiloga  le  cause  de1 
reciproco  amore.  Bisogna  confessare  poi  che  sotto  certi  rapporti 
la  Toscana  fece  un  passo  indietro  e  sotto  la  Reggenza  e  sotto 
Leopoldo.  L'elegante  coltura  non  venuta  meno  né  anche  nei 
tempi  più  infelici  dei  Medici ,  non  si  mantenne.  Per  chi  pa- 
ragoni la  brillante  descrizione  che,  a  non  far  menzione  che 
d'esteri,  Carlo  de  Brosses  nelle  sue  lettere  del  1739  fa  della 
società  fiorentina,  con  ciò  che  una  ventina  dopo  ne  dicono 
il  Mann,  il  Winckelmann  ed  altri,  si  manifesta  un  cambia- 
mento evidente  in  peggio.  Il  carteggio  dei  due  fratelli  ne  offre 
una  prova  anch'esso,  prova  che  fa  contrasto  poco  piacevole 
col  quadro  lasciatoci  dal  presidente  del  parlamento  di  Digione. 
Giuseppe  aveva  annunziato  al  fratello  il  prossimo  arrivo  del 
Granduca  Paolo  di  Russia  colla  consorte,  pregandolo  di  far 
di  tutto  per  rendere  piacevole  a  questi  ospiti  il  soggiorno 
di  Firenze,  facendogli  conoscere  delle  persone  di  qualunque 
condizione,  riputate  pel  loro  spirito  o  talento,  o  in  vari  modi 
notabili.  Sin  da  principio,  Leopoldo  ne  rimase  piuttosto  im- 
barazzato—  la  Corte,  in  sulle   prime   troppo   splendida,    ;ol 


430  GIUSEPPE    II  ,    PIETRO   LEOPOLDO 

correre  degli  anni  viepiù  spopolossi.  Ci  contribuì  la  stretta 
economia  di  Leopoldo  assieme  alle  inclinazioni  casalinghe 
della  Granduchessa  tutta  madre  di  famiglia  e  di  famiglia  nu- 
merosissima —  ci  contribuì  altro  ancora.  «  I  nobili,  dice  Gino 
Capponi,  furono  da  lui  negletti,  e  a  lui  avversi.  »  Poi,  colle  con- 
dizioni generali  di  molto  cambiate,  e  coi  nuovi  sistemi  econo- 
mici, la  ricchezza  delle  famiglie  maggiori,  minacciata  di  già 
per  le  tarde  conseguenze  del  troppo  lusso  del  tempo  passato, 
era  andati  scemando.  Nel  1739,  il  De  Brosses  descrive  «  l'in- 
credibile »  splendore  della  nobiltà  fiorentina,  e  continua 
poi:  «  Letteratura,  filosofìa,  matematiche,  belle  arti,  tutto 
continua  ad  essere  coltivato.  Trovo  la  città  ripiena  di  persone 
colte  e  nel  ceto  nobile  e  in  quello  dei  letterati  di  professione. 
Non  solo  essi  sono  perfettamente  al  giorno  della  letteratura 
nazionale,  ma  anche  della  francese  e  dell'inglese.  ».  Nel  1750 
sir  Orazio  Mann  scrive  all'amico  :  «  Firenze  è  moltis- 
simo cambiata  da  quel  che  era  al  tempo  vostro,  e  cambia 
in  peggio  di  giorno  in  giorno.  La  gente  diviene  più  povera  e 
per  conseguenza  più  scontenta  ;  non  potendo  sventare  laddove 
si  dovrebbe  il  cattivo  umore  ,  beccansi  tra  sé.  »  E  due  anni 
dopo  :  «  Tutto  è  divenuto  qui  tanto  servilmente  noioso,  che 
l' istesso  Richecourt  non  può  sentire  gran  piacere  a  coman- 
dare a  questa  gente.  »  Anche  in  questo  apparisce  il  «  cat- 
tivo umore  »:  ma  sentiamo  ciò  che  nel  1781  e  1782  scrive 
l' istesso  sovrano  della  Toscana. 

«  Voi  sapete ,  che  né  il  paese ,  né  la  nobilita  sta  sopra 
un  piede  molto  splendido  ».  «  Vi  prevengo ,  che ,  quanto  a 
società ,  abbiamo  da  mostrare  poco ,  e  quando  si  tratta  di 
parlar  francese ,  mi  ritrovo  viepiù  neh'  imbarazzo.  Tutti , 
bene  o  male,  capiscono  il  francese,  ma  non  ci  sono  cinque 
signore  che  lo  parlino.  L' istesso  avviene  degli  uomini ,  e 
massime  i  letterati  per  lo  più  non  ne  sanno  niente.  Tra  gli 
impiegati  ci  sono  alcune  persone  istruite,  colle  quali  la  Gran- 
duchessa (di  Russia)  si  tratterrà,  ne  sono  persuaso,  con  pia- 
cere. Quanto  a  balli,  non  c'è  possibilità  di  darne  qui  co' no- 
bili ,  giacché  nessuna  signora  balla.  Per, far  valere  agli 
ospiti  del  nord  tutta  la  nobiltà  senza  troppe  cerimonie,  non 
possiamo  offrirli  da  noi  se  non  una  specie  di  conversazione  o 
accademia  di  musica,  in  cui  s'  invita  il  primo  ceto.  Allora  si 
giuoca  in  varie  stanze,  e  non  c'è  formalità.  I  balli  qui  non 
si  danno   se  non  al  teatro,  e  non  servono  se  non  a  far  pas- 


E    LA    TOSCANA  431 

gare  una  serata  e  a  veder  il  teatro  con  illuminazione ,  giacché 
aliora  la  società  non  è  niente  scelta.  »  Pare  che  contuttoció 
le  cose  non  sieno  andate  male,,  giacché  dalle  lettere  dell'Im- 
peratore risulta  i  nobili  viaggiatori  essere  rimasti  molto 
soddisfatti  del  loro  soggiorno. 

Naturalmente,  nel  carteggio  dei  due  fratelli  si  cerca  con 
maggior  interesse  ciò  che  può  dar  lume  sulle  idee  e  vedute 
loro  riguardo  alj/s  cose  religiose,  amministrative  e  politiche. 
Non  è  ricca  quanto  si  sarebbe  sperato  la  messe  riguardo  ai 
particolari,  nò  in  Austria  nò  in  Toscana ;.  pure  c'è  da  spigo- 
lare non  poco.  Credo  dover  limitarmi  qui  ai  giudizi  e  alle 
osservazioni  di  Leopoldo.  Quanto  ad  affari  di  chiesa,  egli 
nell'  insieme  adotta  le  vedute  del  fratello  ,  anzi  qualche  volta 
va  al  di  là  di  lui.  Non  v'è  deficienza  delle  solite  frasi.  «  La 
religione  vi  avrà  l'obbligo  di  aver  illuminata  l'Europa  e  di 
avere  purifica+a  la  vera  religione  della  superstizione  e  degli 
abusi  introdottivi,  e  deplorati  da  molti  i  quali  mancavano 
di  coraggio  di  assaltarli  al  pari  di  voi  di  fronte  e  nella  ra- 
dice del  male.  »  (Lettera  del  29  nov.  1783.)  Leopoldo  approva 
il  procedere  di  Giuseppe  con+ro  i  conventi  di  monache,,  cre- 
dendo che  in  Toscana  ancora  moltissime  delle  abitatrici  vo- 
lentieri tornerebbero  a  casa  loro;  ma  riflettendo  però  che  il 
numero  è  troppo  grande  perchè  il  governo  possa  adottare 
senza  rischio  simili  misure.  Approva  il  procedere  contro  le 
confraternite ,  che  in  Austria  gli  sembra  più  facile  che  non 
in  .Toscana,  dove,  così  dice,  si  è  generalmente  più  attaccati 
ad  esse  :  attaccamento  di  cui  in  séguito  pare  si  dimenti- 
casse. Le  osservazioni  sul  viaggio  di  P.  Pio  VI ,  a  Vienna 
non  sono  benigne ,  né  da  parte  di  Giuseppe  né  da  quella  di 
Leopoldo.  L'imperatore  ne  profetizza  un  partwriunt  montes 
e  se  ne  lagna  come  d'una  «  seccatura  »,  del  pari  che  si  lagna 
dell'entusiasmo  «veramente  ridicolo  »  dei  Viennesi,  ma  so- 
prattutto delle  donne,  pel  Pellegrino  apostolico.  Pure,  prima 
«li  partire  da  Roma  dopo  di  aver  restituita  la  visita,  mostra 
chiaramente  in  che  concetto  aveva  l' autorità  del  sommo 
Gerarca.  «  Qui  mi  lusingo  d'essere  riescifo  piuttosto  bene, 
e  mi  pare  di  aver  dato  il  cambio  a  molte  idee  false  che 
erano  prevalse  sulla  mia  religione  e  sul  mio  modo  d'essere.  » 
Dopo  di  aver  in  sulle  prime  encomiato  le  riformo  Giuseppine 
e  in  Lombardia  e  in  Germania  e  nei  Paesi  bassi,  all'  ingro 
pel  tempo,   non  solo  all'estero  ma  in  Toscana  ancora,  Leo- 


132  GIUSEPPE   II,    PIETRO   LEOPOLDO 

poldo  comincia  a  dubitare  della  saviezza  di  misure ,  che  egli 
stesso  aveva  prese  nel  proprio  paese.  Nell'estate  del  1789  a 
mezzo  dei  disturbi  nel  Belgio ,  egli  scrive  a  Maria  Cristina 
prima  vittima  dei  moti  da  lei  preveduti  ma  non  provocati 
(essa  dopo  le  così  dette  riforme  del  fratello  disse  :  «  ora  ab- 
biamo due  papi  »)  :  «  Per  ciò  che  spetta  agli  affari  vostri  col 
Cardinale  (di  Frankenberg  arcivescovo  di  Mal  ine  s  primate 
del  Belgio),  non  si  sarebbe  dovuto  obbligarlo  ad  emettere 
una  dichiarazione,  Queste  materie  sono  troppo  delicate  e  e' è 
pericolo  a  toccarci.  Secondo  me,  il  gran  seminario  è' stato 
sempre  una  operazione  mal  combinata.  Bisognava  lasciare-  ai 
vescovi  tranquillamente  i  seminari  loro  ovvero  renderglieli 
giacché  veramente  non  gli  si  può  negare  il  diritto  d' insegna- 
re e  d' istruire  secondo  la  loro  coscienza  ».  (beer  1.  e.  219.) 
Parole  di  momento  nella  bocca  di  questo  principe  riformatore  ! 
In  apparenza,  Leopoldo  col  fratello  era  d'accordo  nelle 
idee  di  riforme  politico  —  amministrative.  Ma  qui  ancora  co- 
mincia a  trarsi  indietro  sin  dal  momento  in  cui  avvedesi  dei 
risultati  spiacevoli  —  solamente  egli  non  ha  il  coraggio  di  dirlo 
all'  Imperatore,  il  quale,  essendo  stato  informato  di  discorsi 
del  Granduca  che  disapprovavano  le  sue  misure,  gli  fece,  non 
senza  ragione,  i  più  acerbi  rimproveri  di  poca  sincerità  se 
non  di  doppiezza,  rimproveri  dei  quali  Leopoldo  non  troppo 
bene  si  difende,  mentre  non  osava  palesargli  la  vera  causa, 
il  fare  imperioso  cioè  di  Giuseppe,  intollerante  di  qualunque- 
siasi  opposizione,  sin  anche  dei  prossimi.  Scrivendo  a  Leopoldo 
ai  14  Gennaio  1786  intorno  al  nuovo  sistema  d'imposte  da 
imporsi  all'  Ungheria,  «  la  mia  risoluzione,  dice  l' Imperatore, 
farà  un  po'  di  chiasso,  ma  con  tuttociò  bisogna  che  la  cosa 
riesca,  e  che  una  volta  per  tutte  la  monarchia  non  formi  che 
una  provincia  uguale  in  tutte  le  disposizioni  e  nei  pesi.  »  Non 
passò  molto,  e  l'Ungheria  era  in  ballo  !  Leopoldo  sfogavasi 
colla  sorella.  Opinava  che  non  fosse  savio  di  voler  costrin- 
gere colla  forza  la  gente  al  bene  ancora  nel  caso  in  cui  que  - 
sta  non  si  volesse  persuadere  dell'opportunità  di  nuove  istitu- 
zioni. «  Colla  forza  non  si  possono  se  non  respingere  i  cuori 
e  gli  animi,  non  già  guadagnare  le  opinioni,  e  alla  lunga  non 
si  riesce  a  nulla  ».  Ai  primi  moti  nel  Belgio,  nel  1787,  egli 
biasimava  il  procedere  dell'  Imperatore,  credendo  che  la  sola 
restaurazione  dell'antica  costituzione  delle  province  fosse  in 
grado  di  ristabilire  la  quiete,  ed  ancora  ciò  solo  in  tempo  op- 


E    LA    TOSCANA  133 

portimo.  «  Quand'  una  volta  il  popolo  è  padrone,  non  ascolta 
né  anche  la  voce  dei  rappresentanti  suoi  ». 

I  princìpi  politici  di  Leopoldo  erano  di  natura  in  un  punto 
essenziale  molto  diversa  da  quei  del  fratello.  «  Al  pari  della 
maggioranza  dei  loro  contemporanei  »,  cosi  l'illustre  Ranke 
in  una  delle  ultime  opere  sue  {Die  teutschen  Machie  mici 
cler  Fùrsteribundj  II.  172)  «  i  due  fratelli  erano  seguaci  di 
quel  sistema  di  idee  cui  si  dà  nome  di  liberale.  Il  liberalismo  di 
Giuseppe  era  di  natura  politico  imperialista;  quello  di  Leopoldo 
era  d'  un  colore  costituzionale,  e  poteva  accomodarsi  di  forme 
rappresentative  ».  Ciò  viene  perfettamente  confermato,  e  da 
quello  che  Francesco  M.  Gianni  ci  ha  tramandato  intorno  al- 
l' idea  di  Leopoldo  «  di  porre  in  cima  allo  Stato  un'  assemblea 
di  rappresentanti  le  varie  provincie,  i  quali  dovessero  votare 
le  leggi  »,  progetto  il  quale  a  dir  il  vero  in  quella  forma 
non  è  se  non  l'embrione  d'uno  statuto,  e  dalle  lettere  da  lui 
scritte  alla  sorella,  più  del  fratello  confidente  degli  intimi  suoi 
pensieri.  «  E  fortunato  il  paese,  il  quale  possiede  degli  Stati  e 
una  costituzione  cui  il  popolo  è  affezionato.  In  siffatto  paese,  tra 
principe  e  popolo  esistono  degli  obblighi  reciproci,  i  quali  non 
possono  mutarsi  se  non  di  comune  consenso  ».  (Lettera  de- 
gli 8  Marzo  1789).  Egli  crede  che,  laddove  non  e'  è  costitu- 
zione, bisogna  crearne  una,  anche  pel  bene  del  governo.  Ma 
l' intera  sua  professione  di  fede  politica  è  contenuta  nella 
lunga  lettera  a  Maria  Cristina  in  data  di  Pisa  25  Gennaio 
1790,  cioè  brevissimo  tempo  prima  della  morte  di  Giuseppe, 
lettera  di  somma  importanza  per  gli  affari  religiosi  di  To- 
scana, i  quali  avvicinavansi  alla  crisi  scoppiata  tre  mesi  do- 
po, dimodoché  conviene  riportarne  qui,  senza  comento  la 
porzione  principale  secondo  la  copia  che  ne  prese  il  Duca 
Alberto  e  che  si  trova  stampata  dal  Wolf  nel  precitato  car- 
teggio a  pagg.  80  seg.,  essendo  incompleta  e  poco  esatta  la 
stampa  presso  feuillet  de  Conches  nel  volume  III  delle  let- 
tere di  Maria  Antonietta. 

«  Si  dice  che  io  sostengo  i  Giansenisti,  il  sinodo  di  Pi- 
stoia e  il  vescovo  giansenista  {V  évéque  qui  V  est)  di  quella 
diocesi,  e  che  ho  presso  di  me  a  Firenze  un  residente  della 
chiesa  d'Utrecht.  Tutto  questo  ò  interamente  falso!  Qui  non 
si  sa  .osa  sia  un  Giansenista,  né  di  che  si  tratti  in  siffatte 
materie.  L'istruzione  pubblica,  i  seminari- scuole  sono  libere 
nelle  mani  dei  vescovi,    senza   che    il    governo   s' immischi. 


434  GIUSEPPE    li,    PIETRO    LEOPOLDO 

Chiamansi  Giansenisti  i  vescovi  più  zelanti,  i  quali  hanno 
vietato  al  loro  clero  d'  andare  a  teatri  e  balli  e  cose  simili. 
Giammai  il  governo  non  s'occupa  d'affari  di  disciplina  eccle- 
siastica, sennonché  per  mezzo  dei  vescovi  e  sostenendoli.  Il 
sinodo  di  Pistoia  altro  non  contiene  fuorché  l'adesione  alle 
proposizioni  della  Chiesa  gallicana,  non  mai  sospettata  di 
Giansenismo.  Io  non  l'ho  approvato  mai  per  ciò  che  spetta 
alle  massime,  ma  ne  ho  permesso  semplicemente  1'  esecuzione 
quanto  alla  disciplina,  non  trovandoci  nulla  di  contrario  alle 
leggi  del  paese.  La  Corte  di  Roma,  la  quale  da  due  anni  ne 
ha  principiato  l'esame,  non  ci  ha  trovato  nulla  da  obiettare.  Il 
residente  Giansenista  non  è  mai  esistito,  né  sarebbe  stato 
tollerato.  Questo  non  é  se  non  un  assurdo. 

«  Mi  si  rimprovera  una  legge  sui  funerali  e  un'altra 
sulle  reliquie.  La  prima  vieta  di  portare  ed  esporre  i  morti 
scoperti  in  chiesa,  e  prescrive  di  tenerli  sopra  terra  un  dato 
tempo  prima  di  seppellirli,  e  di  avere  i  campisanti  fuori  dei 
luoghi  abitati.  In  questo  non  e'  è  da  biasimar  nulla  :  tutto  il 
rimanente  è  falso.  Così  è  ancora  della  legge  sulle  reliquie.  Mai 
non  si  è  pubblicato  editto  o  altro  su  tale  materia.  Tutto  è  rima- 
sto ad  arbitrio  dei  vescovi.  Nella  città  di  Prato  si  è  lasciata, 
senza  toccarci,  una  cintola  della  Vergine  non  autentica,  la 
quale  ha  dato  luogo  ad  una  sommossa,  e  solo  dietro  alle 
istanze  dei  Vescovi  si  è  ordinato,  che  le  chiavi  di  molte  re- 
liquie rimaste  in  mano  di  magistrati  urbani  sieno  tutte  con- 
segnate ad  essi.  A  San  Lorenzo  di  Firenze  ho  costruito  una 
cappella  per  esporvi  alla  venerazione  pubblica  tutte  le  reli- 
quie anticamente  rinchiuse  in  una  stanza  del  mio  palazzo. 
Quanto  all'  inquisizione  politica  attribuitami,  ne  appello  a 
tutto  il  mondo,  ad  indigeni  ed  esteri  stati  in  Toscana,  perchè 
dichiarino  se  altrove  hanno  goduto  di  maggior  libertà  civile 
che  in  questo  paese.  Sarebbe  contrario  alla  mia  indole. 

«  La  mia  professione  di  fede  è  di  mantenere  la  religione 
cattolica  apostolica  romana,  di  vivere  e  morire  in  essa,  di 
non  perseguitare  ma  di  non  proteggere  né  distinguere  coloro 
i  quali  non  hanno  o  si  danno  aria  di  non  avere  religione, 
di  soccorere  i  vescovi  cui  spetta  la  direzione  degli  affari  di 
disciplina  ecclesiastica. 

«  Io  credo  che  il  sovrano,  quantunque  ereditario,  altro 
non  è  se  non  il  delegato  ed  impiegato  del  popolo  pel  quale 
egli    è   creato;  che  deve  consagrare  al   popolo   tutte  le  sue 


E    LA    TOSCANA  135 

cure  e  veglie  ;  che  a  ogni  paese  ci  vuole  una  legge  fondamen- 
tale ossia  un  contratto  tra  popolo  e  principe  allin  di  stabilire 
i  limiti  dell'autorità  di  questi,  che  nel  caso  di  lesione  di  que- 
sta legge  da  parie  del  3  >vrano  egli  col  fatto  rinunzia  al  suo 
posto  che  non  gli  è  stato  dato  se  non  a  questo  patto,  e  che 
non  e'  è  più  obbligo  d'  ubbidirgli,  che  al  sovrano  spetta  il 
poter  esecutivo,  il  legislativo  al  popolo  e  ai  di  lui  rappresen- 
tanti, e  che,  in  qualunque  cambiamento  della  persona  del  so- 
vrano, si  possono  aggiungere  nuove  condizioni  a  quelle  che 
ne  fissano  l' autorità.  Credo  che  il  sovrano  non  può  frammet- 
tersi direttamente  nò  indirettamente  in  affari  di  giustizia 
civile  o  criminale,  nò  cambiarne  le  forme,  le  pene,  dare  com- 
missioni, delegazioni  ec. 

«  Credo  che  il  sovrano  deve  rendere  conto  esattamente 
ed  annualmente  dell'erogazione  delle  rendite  pubbliche  e  della 
finanza  (1),  che  egli  non  ha  il  diritto  d'imporre  arbitrariamente 
tasse,  gabelle  o  imposizioni  qualunque,  che  il  solo  popolo  ha 
questo  diritto  dopo  che  il  sovrano  gli  ha  esposto  i  bisogni 
dello  Stato  e  che  il  popolo  per  mezzo  dei  rappresentanti  suoi 
ne  ha  riconosciuta  la  legittimità,  che  le  imposte  non  possono 
accordarsi  se  non  come  sussidi  e  per  un  anno,  e  che  la  nazione 
non  può  prorogarle  prima  che  il  sovrano  abbia  reso  conto 
esatto,  circonstanziato  e  soddisfacente  del  loro  impiego. 

«  Credo  che  il  Sovrano  deve  render  conto  di  cambia- 
menti di  sistema,  di  nuove  disposizioni  legali,  di  pensioni, 
gratificazioni  ec.  ed  ottenerne  l'approvazione  prima  di  pub- 
blicarle; che  gli  ordini  suoi  non  acquistano  forza  di  legge  e 
non  sono  obbligatori  che  mediante  il   consenso  degli   stati; 

(1)  Nel  Marzo  del  !78l,  Giuseppe  scrisse  al  fratello:  «  Sono  impaziente 
di  sentire  ciò  che  pensate  del  famoso  libro  del  Necker.  È  impossibile  di 
scriver  più  piacevolmente  (avec  plus  d'agrement)  e  mi  sembra  che  i  principi 
sono  eccellenti  »  Leopoldo  risponde  :  «  Ho  per  gloriosa,  utile  e  giusta  l'idea 
di  far  rendere  conto  dal  sovrano  al  pubblico  dello  stato  delle  finanze  e 
della  loro  amministrazione,  le  finanze  essendo,  come  tutto  il  rimanente 
del  pubblico,  e  il  sovrano  non  essendone  se  non  amministratore,  obbli- 
gato dunque  a  renderne  conto,  non  dovendo  disporne  se  non  conforme 
alle  intenzioni,  del  suo  principale  (sic)  cioè  pel  maggior  bene  ed  utile  dello 
Stato  e  di  tutti  gli  indivi  lui.  Di  più,  secondo  il  mio  giudizio,  il  Signor 
Necker  spiega  delle  massime  di  finanza  e  d'economica  politica  giustissime 
ina  all'  infuori  di  ciò  il  libro  non  mi  piace  né  punto  né  poco  ».  E  poi 
continua  a  notare  la  lode  di  se  stesso  e  la  pompa  di  parole,  e  il  voler 
buttar  polvere  negli  occhi,  e  conclude  dicendo,  che  basterebbe  un  foglio 
con  cifre  a  mostrare  come  si  è  condotta  un'  amministrazione. 


43G  GIUSEPPE    II,    PIETRO    LEOPOLDO 

che  la  truppa  non  può  essere  impiegata  se  non  per  la  di- 
fesa del  paese  e  giammai  contro  il  popolo,  che  nessuno  può 
essere  posto  in  arresto  ne  giudicato  che  dietro  al  mandato 
dei  giudici  ordinari  e  pubblicamente ,  ma  mai  in  seguito  d'or- 
dine arbitrario,  fosse  anche  dell'istesso  sovrano.  In  line 
credo  che  il  sovrano  non  deve  regnare  se  non  a  norma  delle 
leggi,  e  che  i  suoi  costituenti  sono  il  popolo;  il  quale  in 
nessun  tempo  ha  potuto  rinunziare,  né  privarsi  sia  in  forza 
di  prescrizione,  sia  di  consenso  tacito  o  forzato,  d'un  diritto 
imprescrittibile  e  naturale,  pel  quale  esso  ha  consentito  ad 
avere  un  sovrano,  cioè  a  concedere  a  questo  sovrano  la  pre- 
eminenza acciò  faccia  e  procuri  la  felicità  di  questo  popolo, 
non  come  vuol  lui,  ma  come  l'universale  lo  vuole  e  l'in- 
tende, la  felicità  degli  individui  essendo  unico  scopo  delle  so- 
cietà e  dei  governi.  » 

Tale  si  fu  questa  professione  di  fede,  nella  parte  sua 
politica  in  gran  parte  riprodotta  in  un  memoriale  spedito  da 
Leopoldo  ai  17  di  Febbraio  alla  sorella  e  al  Cognato  ,  rifug- 
giti allora,  per  la  rivoluzione  del  Belgio,  a  Bonn  sul  Reno 
presso  il  fratello  Massimiliano  elettore  di  Colonia;  memo- 
riale dopo  l'assunzione  al  trono  di  Leopoldo ,  con  vari  cam- 
biamenti di  dichiarazioni  giudicate  inopportune ,  comunicato 
agli  stati  generali  di  quelle  provincie  radunati  a  Brusselles 
che  lo  respinsero.  Allorquando  Leopoldo  scrisse  quella  let- 
tera, Giuseppe  II  era  agli  estremi.  Durante  la  guerra  Otto- 
mana la  di  lui  salute  aveva  principiato  a  rovinarsi  sul  serio. 
Di  già  nell'autunno  del  1787  egli  nelle  lettere  a  Leopoldo  se 
ne  lagnava  ;  dieci  mesi  dopo  scriveva  :  «  La  mia  costituzione 
è  talmente  indebolita  che  temo  non  si  ristabilirà  più  ».  Nella 
seguente  primavera  si  era  perduta  ogni  speranza.  La  guerra 
infelice  sul  Danubio,  la  rivoluzione  nei  Paesi  bassi,  l'incre- 
dibile sconcerto  nell'interno,  l'opposizione  nell'Ungheria  mi- 
nacciosa di  scoppiare  in  aperta  insurrezione,  l'incertezza 
delle  cose  di  Germania  tenute  a  bada  per  l'attitudine  nemica 
della  Prussia, —  tutto  questo  non  potè  non  influire  sull'  infe- 
lice Monarca ,  il  quale ,  sull'orlo  del  sepolcro  vedeva  rovinare 
dappertutto  l'operato  di  dieci  anni  di  regno.  Le  sue  lettere  al 
fra  elio  dipingono  chiaramente  il  suo  cordoglio.  Nella  pre- 
visione della  prossima  sua  fine ,  egli  desiderava  ardentemente 
l'arrivo  di  Leopoldo.  A  malgrado  di  vari  contrasti  e  di  certe 
differenze  d'indole,    egli    gli  voleva   sinceramente   bene.    Le 


E    LA    TOSCANA  137 

lettere  lo  dimostrano.  «  I  nostri  cuori,  così  gli  scriveva  nel 
Luglio  del  1785  dopo  di  averlo  avuto  seco  in  una  corsa  in 
Lombardia,  sono  creati  l'uno  per  l'altro ,  e  non  sarò  mai 
più  contento  che  quando  potremo  stare  insieme.  »  Leo- 
poldo non  corrispondeva  a  questi  sentimenti  che  sin  a  un 
certo  punto,  giacché  oltre  ad  essere  di  natura  più  fredda  e 
meno  espansiva,  egli  dirimpetto  a  Giuseppe  ritrovavasi  sempre 
sotto  il  peso  di  certa  superiorità  da  lui  malamente  sopportata. 

Nei  giorni  estremi  poi ,  quando  1'  Imperatore  dettò  a 
Leopoldo  lettere  sopra  lettere  supplicandolo  di  venire  a  Vien- 
na, altre  ragioni  impedirono  questi  di  soddisfare  al  deside- 
rio del  moribondo.  Giuseppe  lo  voleva  a  Correggente,  Leo- 
poldo non  ci  si  piegava.  Non  lo  diceva  al  fratello ,  ma  al 
solito  se  ne  apriva  colla  sorella.  «  Ricevo  l'ordine  (così  leg- 
giamo in  una  lettera  a  Maria  Cristina  dei  17  febbraio  1790) 
di  recarmi  subito  a  Vienna,  dove  Sua  Maestà  vuol  vedermi. 
Mi  dicono  che  S.  M.  sta  malissimo  ,  e  potete  immaginarvi 
che  mi  si  vogliono  alcuni  giorni  per  disporre  qui  tutto,  ac- 
ciocché famiglia  ed  affari  sieno  preparati  a  qualunquesiasi 
emergenza,  giacché  non  credo  tornare  in  cp testo  paese.  Fi- 
guratevi la  piacevole  posizione  in  cui  mi  ritrovo,  andare  a 
Vienna,  metter  le  mani  in  affari  tanto  imbrogliati,  con  quella 
gente  che  c'è,  colla  malattia  e  lo  stato  mentale  di  S.  M.  Ma 
faccio  il  sacrifizio,  obbedisco  e  parto  domani  l'altro,  sotto-- 
mettendomi  alla  divina  volontà  e  alla  provvidenza.  »  Ma  non 
partì.  «  Sua  Maestà  (Lettera  dei  18  febbr.)  mi  ha  fatto  chia- 
mare, e  mi  ha  scritto  colla  seguente  posta  che  intende  di- 
chiararmi correggente,  come  Essa  era  stata  al  tempo  della 
fu  Imperatrice.  Vi  rammentate  dei  begli  effetti  d'allora , 
figuratevi  ora  !  Vi  prevengo  dunque  essere  fermamente  riso- 
luto di  non  mischiarmi  né  direttamente  né  indirettamente 
degli  affari  di  Vienna,  né  in  qualità  di  reggente  né  in  altro 
modo,  durante  la  vita  di  S.  M.  Se  io  ci  prendessi  parte,  al 
cospetto  del  pubblico  e  delle  Corti  estere,  sembrerei  parteci- 
pare ai  principi  e  sistemi  di  S.  M.  ed  approvare-  ciò  che 
si  è  fatto.  Perderei  riputazione  e  fiducia  per  sempre ,  e 
farei  gran  male  agli  affari  senza  profitto  di  sorte. ...Non  ac- 
cetterò d'entrare  negli  affari.  » 

Dal  Manfredini ,  tornato  da  Vienna  e  giunto  a  Pisa  verso 
Natale  del  1789,  dal  Rosenberg  che  gli  scrisse  ai  18  di  Gen- 
naio seguente ,  dall'  Imperatore    stesso ,    Leopoldo    era    reso 

Arch.,  3.a  Serie,  Tom.  XXIV.  28 


438  GIUSEPPE    II  ,    PIETRO   LEOPOLDO 

consapevole  perfettamente  dello  stato  di  questi ,  e  sono  meno 
sincere  le  sue  continue  lagnanze  di  essere  rimasto  nel  buio. 
Dopo  di  avere  più  volte  annunziata  la  sua  partenza,  egli  si 
dice  ammalato  di  reuma  e  di  tosse ,  arriva  da  Pisa  a  Fi- 
renze, dove  non  stando  ancora  bene  è  costretto  a  fermarsi  un 
altro  paio  di  giorni,  scrive  a)1  Imperatore  a'  21  Febbraio  che 
sta  per  partire. 

Quattro  giorni  prima,  Giuseppe  II  aveva  terminata  la 
sua  mortai  carriera. 

L'ultima  lettera  di  Leopoldo  alla  sorella  è  in  data  di  Fi- 
renze 2  Marzo  1790  (1).  Egli  partì  il  giorno  dopo  e  giunse  a 
Vienna  il  dì  12.  La  sua  salute  era  cattiva.  Poco  prima  aveva 
parlato  dei  capelli  imbianchiti  per  i  frequenti  incomodi,  e 
gli  ultimi  giorni  a  Firenze  erano  stari  tormentati  da  febbre 
reumatica  e  coliche  nervose.  A  Vienna  venne  accolto  fred- 
damente, il  popolo  era  sfiduciato  e  Leopoldo  mezzo  straniero. 
«  La  mia  salute  è  mediocre  —  così  nella  prima  lettera,  dei 
15  Marzo,  a  Maria  Cristina' — non  già  il  viaggio  mi  ha  fatto 
soffrire,  ma  mi  fa  soffrire  il  triste  stato  e  la  condizione 
della  Monarchia  e  la  confusione  regnante  in  tutti  i  nostri 
paesi.  Essa  è  estrema;  contuttociò  mi  lusingo  di  poter  tran- 
quillarli a  poco  a  poco  e  di  conservare  la  pace  ». 

Questa  speranza  non  fallì,  ma  le  angustie  e  il  lavoro 
quasi  sovrumano ,  cui  si  trovò  costretto  Leopoldo  colla  salute 
già  di  molto  infiacchita,  gli  raccorciarono  la  vita.  Coronato 
imperatore  romano-germanico  a  Francoforte  il  dì  9  Ottobre 
del  1790,  egli  arrivò  a  Firenze  il  dì  8  Aprile  dell'anno  se- 
guente col  figlio  Ferdinando  nuovo  Granduca,  ed  altri  della 
famiglia.  «  Qui,  grazie  al  cielo  (Lettera  a  Maria  Cristina  , 
senza  data ,  ma  del  mese  d'Aprile) ,  stiamo  tutti  bene.  I  figli 
miei  divertonsi,  e  sono  contento  di  loro...  Le  feste  e  i  molti 
forestieri  non  mi  hanno  lasciato  tempo  a  far  nulla  sin  qui  ». 
Poi  in  altra  dei  primi  di  Maggio  :  «  Sto  qua  disponendo  gli 
altari.  Ho  preso  un  forte  raffreddore,  ed. essendo  ammalati 
tutti  del  mio  seguito,  non  posso  andare  alle  feste  di  Pisa  e 
di  Livorno.  Nell'assenza  dei  giovani  cerco  di  rimettermi  aflìn 
di  poter  ripartire  al  più  presto  possibile ,  giacché  nelle  at- 
tuali circostanze  l'aria  qui  mi  è  punto  favorevole.  »  E  su- 
bito dopo: 

(1)  È  dunque  incorretta  la  data  del  4 .°  Marzo  qual  giorno  della  parten- 
za presso  Zobi  ,  1.  e,  II.  509. 


E    LA    TOSCANA  139 

«  Un  viaggio  come  il  mio  non  si  fa  per  corriere  in  otto 
giorni.  Quando  si  è  lavorato  come  1'  ho  fatto  io  durante  tre- 
<'  <■[  mesi,  quando  si  é  vuotato  sin  in  t'ondo  il  calice  dei  dis- 
piaceri e  disinganni  d'  ogni  genere  ...    ci  vuole    un  paio    <l: 
mesi  onde  ristabilire  la   salute   rovinata ,    cacciare    1'  umore 
agro  e  forzatamente  compresso,    e    riprendere    nuove    forze 
onde  non  soccombere,  prima    di   tornare    a    quella  vita   da 
galera  cui  si  è  condannato  ».  Altra  lettera  verso  la  metà  di 
maggio  :  «  I  miei  tigli  stanno  a  Livorno  a  divertirsi.  Ho  pas- 
sato il  tempo  di  loro  assenza  a  letto,  con  tosse  e  mal  di  gola 
e  di  testa.  Comincio  ad  alzarmi,  e  aspetto  di  stare  un  po'meglio 
onde  partir  subito  per  Milano  ».  Finalmente  in  lettera  della 
seconda  meta  di  maggio  scritta   in    questa   città    lombarda  , 
dopo  di  aver  lasciato  il  palazzo  della    Crocetta  :    «    Abbiamo 
avuto  qui  freddo  inaspettato  con  neve  ai   monti,    ma   ora   è 
passato.  Grazie  al  cielo,  è  finito  il  mio    esiglio    di    Firenze, 
dove  sono  rimasto  rinchiuso  durante  tre  settimane  in  càmera 
con  tosse  convulsa,  insonne  e  mortalmente  annoiato,  perden- 
do tempo  senza  fine.  M'  arrabbiai,  ma  non  potei   muovermi. 
-Non  ero  guarito  ,    ma  stando  meglio,  partii    subito  ,  avendo 
da  far  molto  in    Lombardia   ».  Leopoldo  era  partito  da  Fi- 
renze  ai    16    di    Maggio.     L'  ultima    menzione     delle   cose 
toscane   la    troviamo  in  una    lettera    all'  Arciduchessa ,    in 
data  di  Milano  1  Giugno  :  «  Continuo  a  stare  a  Milano,  dove 
ho  un  diluvio  di  affari.  La  mia  salute  è  buona  anziché  no  a 
malgrado  del  caldo  fortissimo.  A  Firenze,  non  ho  avuto  mo- 
tivi di  trovarmi  contento,  incomodato  sempre  di  salute,  sod- 
disfatto  poco  del  Granduca,  e  molto  meno   di    quei    che    lo 
circondano  e  di  chi  c'è  rimasto  con  lui  ».  Quest'ultimo  non  può 
essere  altro  se  non  il    Manfredini.    Credo  non  andar  errato, 
supponendo  questo  passo  di  lettera  allusivo  a  quella  transa- 
zione finanziaria  per  la  quale  Ferdinando  riconobbesi   debi- 
tore personale  del  padre,  della  somma  di  scudi  1,  113,    562, 
transazione  variamente    giudicata    dagli    storici    economisti, 
<:uuie  risulta  dalla  storia  più  volte   citata    dello  Zobi  ,    dalle 
di  lui  Memorie  economico-politiche  pubblicate  nel  1860,  e  dalle 
Memorie   sul    regno    di    Leopoldo  II  del  Cav.   Baldasseroni. 
Rimane  incontestabile,  a  parer    mio,    il    fondamento    legale 
del  credito  fatto  valere  dall'  Imperatore,  credito  particolare  e 
non  dello  Stato;  solamente  si  può  mettere  in  forse,  se  questi, 
erede  ora  del  patrimonio  della  casa,  non  avrebbe  usata    gè- 


440  GIUSEPPE   II  ,    PIETRO  LEOPOLDO 

nerosità  maggiore  calcolando  1'  utile  a  questa  casa  venuto 
dalla  successione  allodiale  Medicea,  e  per  la  somma  da  lui 
stesso  al  principio  del  suo  regno  dovuta  cedere  all'Austria. 
Due  circostanze  però,  oltre  la  questione  legale,  possono  mili- 
tare a  favore  di  Leopoldo  :  lo  scompiglio  incredibile  nel  quale 
trovò  la  Monarchia,  e  la  numerosa  famiglia  cui  aveva  da 
provvedere. 

L' Imperator  Leopoldo  II  dopo  brevissimi  giorni  di  ma- 
lattia morì  il  dì  1.°  marzo  1792,  di  anni  quarantacinque,  uomo 
certo  singolare,  la  cui  perdita,  in  quella  tremenda  crisi  eu- 
ropea, fu  disgrazia  per  1'  universale.  La  buona  e  degna  con- 
sorte era  afflittissima.  L'Arciduchessa  Maria  Cristina  dopo  la 
morte  del  fratello  scrisse  alla  principessa  Eleonora  Liechten- 
stein, fida  amica  della  famiglia  :  «  Il  colpo  è  troppo  violento 
pel  mio  cuore,  e  mi  offende  in  troppi  punti.  La  debole  salute 
della  veneranda  Imperatrice  mi  fa  tremare,  i  figli  orbati  mi 
fanno  compassione,  il  giovane  re  (Francesco)  ha  salute  poco 
robusta.  Tutto  questo  riempie  d'affanno  me  e  mio  marito.  Col 
fratello  e  padrone  abbiamo  perduto  il  vero  amico  ».  L'  Im- 
peratrice Maria  Luisa  non  sopravvisse  più  di  quindici  giorni 
al  marito,  cui  voleva  sinceramente  bene  quantunque  troppo 
spesso  egli  le  avesse  dato  motivo  di  lagnarsi  di  lui. 

Alfredo  Reumont. 


POMPEO    NERI 


(Continuazione  e  fine.  Vedi  av.,  pag.  253.) 

Capitolo  Vili. 

Il  Neri  è  nominato  presidente  del  Consiglio.  -  Vieri  proclamata  la  piena  liber- 
là  del  commercio  frumentaiio.  -  Manimorte.  -  Soppressione  dell'asilo  ec- 
clesiastico e  delle  carceri  claustrali.  -  Libertà  dell' industria.  -  Studii 
relativi  all'  istruzione  pubblica.  -  Riforma  Municipale.  -  Abolizione  delle 
servitù  rurali. 

In  questo  tempo  accortosi  l'Orsini  di  Rosenberg  di  non 
esser  troppo  accetto  al  Gran  Duca,  come  non  lo  erano  tutti 
coloro  che  tenevano  corrispondenza  con  Maria  Teresa  la  quale 
avrebbe  desiderato  minori  innovazioni,  chiese  la  dimis- 
sione ,  che  subito  gli  fu  accordata.  Si  creò  allora  un  Con- 
siglio detto  di  Stato,  e  con  motuproprio  del  28  decembre  1770 
ne  fu  data  al  Neri  la  presidenza,  senza  un  ministero  speciale 
Il  Conte  Tommaso  Piccolomini  fu  fatto  ministro  degli  Affari 
Esteri,  il  Cavaliere  Francesco  Siminetti  dell'Interno,  il  Conte 
Vincenzo  Alberti  della  Guerra,  Angelo  Tavanti  delle  Finanze , 
ed  il  Senator  Ferdinando  Incontri  Consiglier  supplente. 

Tutte  le  leggi  emanate  fino  a  questo  tempo  in  favore  della 
libertà  di  commercio ,  e  che  non  erano  se  non  temporanee  e 
parziali,  furono  il  preludio  di  riforme  anche  ben  più  salutari  : 
la  mente  di  Leopoldo  ispirata  in  questa  materia  dal  Neri  , 
voleva  un'  intiera  e  fondamentale  riforma.  Per  aver  bene 
presenti  le  condizioni  e  quindi  i  bisogni  della  Toscana  in 
questa  materia  s'incominciò  dal  creare  con  motuproprio  del 
25  novembre  176Ti  una  speciale  Commissione  (uno  dei  mem- 
bri della  quale  era  un  Filippo  Neri ,  forse  il  fratello  di  Pom- 
peo) la  quale  ,  compilate  le  necessarie  statistiche ,  facesse 
una  relazione  in  proposito. 

Non  appena  si  riseppero  i  disegni  di  riforma ,  da  tutte 
le  parti  si  gridò  contro  di  quelli.  Gli  impiegati  stessi  del 
Governo  erano  gli  oppositori  più  animosi ,  in  modo  che,  fra 
i  ministri,  solo  il  Neri  ed  il  Tavanti  combattevano  perchè 
fossero  tradotte  in  legge  le  sane  idee  accettate  dal  Gran  Duca. 


442  POMPEO   NERI ' 

Non  bastavano  a  convincere  gli  oppositori  i  fatti  che  nella 
carestia  1763-64  e  in  quella  del  1767  avevano  mostrato  tanto 
chiaro  come  la  libertà  di  commercio  fosse  la  salute  degli 
Stati ,  e  specialmente  contro  il  Neri  dirigevano  le  loro  irò, 
riguardandolo  come  persona  che  per  manìa  di  riforme  nulla 
curasse  il  bene  pubblico. 

Fino  l'illustre  Gian  Rinaldo  Carli,  l'economista  di  Mila- 
no, che  in  questa  città  aveva  conosciuto  il  Neri,  gii  scrisse 
una  lettera,  in  data  2  settembre  1771 ,  con  cui  combatteva  la 
libertà  del  commercio  frumentario .  e  voleva  mantenuti  gli 
antichi  regolamenti  (1).  . 

Precedentemente  un  tal  Cennini  Provveditore  dell'Abbon- 
danza di  Siena  si  era  nel  1766  opposto  alle  ideate  riforme  ; 
al  seguito  di  che  P.  Leopoldo  aveva  ordinato  che  si  discutesse 
se  la  intiera  libertà  del  commercio  frumentario  fosse  attua- 
bile in  Toscana.  Aveva  il  Neri  allora,  in  una  memoria  (2) 
sostenute  le  sue  opinioni,  e  sarebbe  bastato  confrontarla  con 
quella  del  Carli ,  affinchè  al  Neri  dovesse  darsi  piena  ragione. 
Terminata  ogni  discussione  in  proposito ,  fu  con  editto  del 
24  agosto  1775,  quattordici  anni  cioè  dopo  la  morte  del  Ban- 
dini ,  sancita  la  libertà  assoluta  del  commercio  dei  grani. 

Consacrato  finalmente  dalla  legge  questo  grande  princi 
Leopoldo  I  pronunciò  queste  nobili  e  memorande  parole  :  «  l'opera 
«  sul  commercio  dei  grani  è  compita;  il  pubblico  ed  i  posteri 
«  sappiano  a  chi  renderne  pel  primo  le  grazie  ;  la  seri 
«  del  Bandini  sia  stampata  a  n  -se  (3)  ».  E  ciò  fu  I 

Poco  avanti  questo  tempo  il  Neri,  che  non  perdeva 
d'occhio  la  questione  delle  maniraorte  ,  vedendo  quanti  mali 
portasse  l'essere  il  clero  contemplativo  assai  ricco  ,  e  pove- 
rissimo invece  quelle  operativo,  pubblicò  il  17  marzo  1760 
una  ordinanza  affinchè  il  male  non  progredisse,  e  in  confer- 
ei) È  nel  tomo  14.°  della  Raccolta  degli  Economisti  Italiani  fatta 
dal  Custodi. 

(2)  Fu  stampata  in  Appendice  ai  Prov  r edimenti  Annonarii  del  Fabroni. 

M)  Lo  Zobi  a  pag.  60  del  Voi.  li  della  St.  Civ.  cita  tali  parole,  di- 
cendo essere  state  tramandate  dalla  tradizione;  ma  domandatagli  spie- 
gazione di  questo  fatto,  soppi  essergli  venuto  ira  mano  un  foglio  sul  quale 
il  Neri  aveva  di  proprio  pugno  fatto  un  appunto  presso  a  poco  cosi  con- 
cepito: «  Stamattina  il  G.  Duca,  essendo  in  Consiglio,  ha  dette  le  seguenti 

parole »  Questo  fatto,  e  l'essere  stato  in  quel  tempo  stampato   dalia 

Tip.  Granducale  il  Discorso  Economico,  fanno  sì  ch.i  -i  possano  crede- 
re come  realmente  dette  quelle  parole. 


POMPEO   NERI  443 

mità  della  prammatica  (che  finalmente ,  dopo  tanta  lotta  ,  era 
stata  pubblicata  il  2  marzo  dello  stesso  anno  1709)  fece  risol- 
vere la  alienazione  enfiteutica  dei  beni  dello  Spedale  di  Bo- 
nifacio, quantunque  fosse  Una  manomorta  laicale;  la  quale 
operazione  poi,  con  sommo  vantaggio  dell'agricoltura,  fu  com- 
pita per  molti  altri  istituti. 

Nell'anno  1709  fu  soppresso  l'asilo  ecclesiastico ,  il  quale 
seguitava  ancora  a  produrre  tutti  quei  mali  che  ognuno 
comprende,  \wa  il  Neri  fin  dal  1763  pubblicato  un  suo  la- 
voro circa  tale  argomento  .  e  quindi  ne  attuò  i  concetti.  E 
contemporaneamente  furono  tolte  le  carceri  claustrali. 

Il  governo  di  P.  Leopoldo  si  era  molto  occupato  dell'agri- 
coltura ,  in  specie  per  quanto  riguardava  il  commercio  fru- 
mentario  :  bisognava  ora  cercare  che  rifiorissero  1'  industria 
e  il  commercio.  Questo  in  specie  era  in  condizioni  disperate 
principalmente  a  cagione  dei  tegami  che  gli  si  mantenevano  : 
poiché  vigevano  tuttavia  in  Toscana  gli  antichi  regolati 

dette  arti,  che  se  un  tempo ,  per  le  condizioni  di- 
verse ,  avevano  fatta  salire  la  Repubblica  Fiorentina  in  gran 
ricchezza  di  traffici,  ne  erano  stati  anche  la  rovina,  quando, 
mutati  i  tempi ,  i  Medici  non  vollero  abolirli. 

Né  l'idea  che  le  Corporazioni  e  Magistrature  delle 
Art'  ,  coi  loro  privilegi  e  monopoli  ,  fossero  necessarie  alle 
industrie ,  era  ancora  abbandonata  :  che  anzi ,  come  suole 
avvenire  in  tali  casi,  quanto  più  queste  sradevano,  tanto  più 
ognuno  si  confermava  nella  propria  opinione,  dicendo  che  ciò 
era  causato  dal  non  essere  bastanti  i  vincoli.  Ciò  che  era 
accaduto  quando  si  volle  attuare  la  libertà  del  commercio 
frumentario .  accadeva  ora  per  1'  industria  manifattrice.  Le 
condizioni    erano    identiche,   e  nello  stesso  modo  procede  il 

ino.  Avendo  adunque  fin  dal  1706  considerato  «  quanto 
«  la  moltiplicita  dei  Magistrati  delle  Arti  di  Firenze  rendeva 
«  complicato  il  sistema  della  spedizione  degli  affari,  e  come 
«  colla  quantità  delle  loro  leggi  ,  matricole,  tasse  ec,  ves- 
«  savano  moltissimo  le  persone  delle  Arti  a  loro  respetti- 
«  vamente  sottoposte  »   (1) ,  si  pensò  di  riunire  tutti  questi 

(J)  Ciò  si  legge  in  una  Relazione  circa  il  modo  col  quale  si  procede 
alla  soppressione  delle  arti,  Relazione  che  è  nella  filza  106  dell'Arch.  del 
Gran  Duca  Leopoldo.  Dalle  carte  che  si  trovano  nella  filza  stessa  può 
vedersi  con  quanto  studio,  precauzione,  e.  relativamente,  con  quanta  ce- 
lerità si  procedesse  negli  affari . 


444  POMPEO    NERI 

Magistrati  in  un  tribunale  solo  per  render  più  semplice  e 
riformare  più  agevolmente  tale  materia.  A  raggiungere 
questo  scopo  si  fecero  moltissimi  studi  in  proposito,  fra  i 
quali  merita  menzione  una  memoria  scritta  dal  Tavanti  per 
incarico  del  Neri ,  e  finalmente  furono  con  diversi  editti  del 
dì  1.°  febbraio  1770,  aboliti  gli  antichi  Magistrati,  e  creatone 
un  solo  col  nome  di  Camera  di  Commercio. 

Questa  riforma  non  portò  tutti  quei  vantaggi  che  se  ne 
potevano  sperare ,  sopra  tutto  per  essere  stata  fatta  troppo 
tardi  ;  ma  però  le  industrie  ed  il  commercio  toscano  non  ne 
risentirono  piccolo  vantaggio. 

Furono  in  questo  tempo ,  dopo  molta  lotta,  aboliti  i  Ge- 
suiti in  Toscana.  Importava  quindi  di  provvedere  in  altro 
modo  al  pubblico  insegnamento:  Fu  allora  affidato  all'Arci- 
vescovo di  Pisa  Francesco  Guidi,  a  Monsignor  Angelo  Fa- 
broni  ed  all'Auditore  Antonio  Mormorai,  l'incarico  di  compi- 
lare una  proposta  per  l'ordinamento  dell'istruzione  in  Firenze. 
Non  fu  approvata  però  dal  Neri  l'idea  di  crearvi  una  specie 
di  Università,  giacché  gli  sembrava  che  per  l' istruzione  se- 
condaria bastassero  le  scuole  dei  Calasanziani  e  dei  Berna - 
biti,  e  per  quella  superiore  avrebbe  voluto  ampliare  l'Uni- 
versità di  Pisa.  Il  Gran  Duca  fu  dell'opinione  del  Neri,  e  l'idea 
della  Commissione  non  fu  accettata. 

Per  migliorare  sempre  più  le  sorti  della  Toscana,  volle 
Leopoldo  I  nelJL774,  dare  al  suo  Stato  un  nuovo  ordina- 
mento municipale,  informato  a  principii  assai  liberali,  giac- 
ché fino  a  quel  tempo  i  Municipi  Toscani  erano  oppressi  da 
una  quantità  di  magistrature  che  furono  tutte  abolite.  Ed 
anche  in  questa  materia  era  ben  fortunato  Leopoldo  I  d'aver 
presso  di  sé  il  Neri  ,  il  quale,  avendo  compita  l'opera  mede- 
sima per  lo  Stato  di  Milano ,  era  in  grado  di  dare  ottimi 
consigli  ,  e  d'attuare  egregiamente  la  riforma. 

V'erano  ancora  in  Toscana  molte  servitù  rurali  ,  avanzo 
Mediceo ,  affare  tanto  geloso  quanto  intricato ,  a  causa  degli 
interessi  dei  proprietari.  Portavano  quelle  danno  gravissimo 
col  limitare  in  modo  estremo  le  proprietà,  e  coli'  imporre  ai 
contadini  pesi  arbitrari.  Pe*r  darne  un'  idea  dirò  come  sussi- 
stesse ancora  il  diritto  nei  Comuni  alle  comandale,  vera 
istituzione  medioevale,  e  come  non  si  potesse  vendemmiare 
senza  il  permesso  dell'autorità.  Perciò  tutte  queste  servitù 
furono  abolite  con  diversi  editri,  e  durante   il   Ministero  del 


POMPEO   NERI  445 

Neri,  al  quale  spetta  quindi    in  gran  parte  il  merito  di  aver 
tolti  quelli  avanzi  feudali. 

Capitolo  IX. 

Raffreddamento  del  Gran  Duca  verso  il  Neri.  -  A  questo  si  ricorreva  come 
a  un  oracolo.  -  Amicizia  che  lo  stringeva  al  Pign  itti.  -  Morte  del  iNeri.  - 
Suoi  titoli,  -  Commedia  e  Ditirambo  da  lui  scritti.  -  Conclusione. 

Era  giunto  il  Neri  ormai  ad  una  età  in  cui,  per  la  lunga 
esperienza  acquistata  in  una  vita  sempre  occupata  nei  pub- 
blici affari ,  vedeva  le  cose  con  freddezza  e  maturità  di  sen- 
no. P.  Leopoldo  invece  ancor  molto  giovane,  giacché,  quando 
il  Neri  morì,  non  aveva  che  29  anni,  era  pieno  di  vita,  e, 
data  mano  a  riformare ,  lo  faceva  con  l'ardore  adatto  alla 
sua  età.  Ma  sa  ognuno  quanto  ciò  sia  pericoloso  per  il  pub- 
blico bene,  e  non  farà  meraviglia  che  i  vecchi  i  quali  stava- 
no attorno  al  Gran  Duca  cercassero  di  rattenerlo. 

Cominciò  egli  adunque  a  non  vederli  più  di  buon  occhio. 
Già  dissi  come  l' Orsini  di  Rosenberg ,  fosse  stato  per  la 
stessa  causa  allontanato  dal  Governo  della  Toscana.  Col  Neri 
pur;)  si  raffreddò  assai  il  Gran  Duca,  ma  non  lo  volle  allon- 
tanare ,  o  forse  non  lo  potè  ,  giacché  doveva  pur  riconoscere 
in  lui  meriti  tali  che  avrebbe  dovuto,  per  farlo,  mettersi  in 
opposizione  colle  opinioni  di  tutti  gli  uomini  saggi  della  Toscana. 

E  che  tutti  riconoscessero  in  Pompeo  un  uomo  veramen- 
te illustre  lo  prova  il  fatto  «  che  la  casa  di  lui  al  pari  di 
«  quella  dei  Coruncanii  ,  degli  Scevola  e  dei  Paoli ,  era  l'ora - 
«  colo  di  tutta  la  città  »  (1). 

Un'  intima  amicizia  lo  legava  al  Pignotti ,  allora  ancor 
giovane,  e  ne  fu  assiduo  protettore  in  modo,  che  pregato 
istantemente  il  Pignotti  medesimo  a  rimanere  a  Genova 
presso  il  Marchese  Viale  che  curava  di  una  oftalmia,  non 
accettò  ,  spinto  specialmente  dal  non  volere  abbandonare  la 
Toscana  ove  era  in  relazione  con  tanti  ragguardevoli  uomi- 
ni, e  godeva  della  protezione  del  Neri  ,  come  egli  stesso  si 
esprime  in  una  sua  lettera  dell' 11  gennaio  17G7  diretta  alla 
propria  sorella  (2). 

(I)  RiiJolfi,  Et.  cit. ,  pag.  18  e  Fabroni,  St.  cit 

(2;  Ved.  Notizie  storiche  della  vita  e  delle  Opere  di  Lorenzo  Pignotti 
premesse  alla  sua  Storia  della  Toscana.  Pisa   1812,  pag.  38. 


446  POMPEO   NERI 

Era  pure  stretto  in  amicizia  con  G.  M.  Ortes  ,  come  vi 
orano  pure  i  due  fratelli  di  Pompeo ,  Giovanni  e  Filip] 

Stauco  il  Neri  per  tutte  le  fatiche  che  aveva  sopportato 
nella  sua  lunga  e  laboriosissima  (2)  carriera ,  preso  da  in- 
fiammazione intestinale  (3)  il  «  15  settembre  1776  morì  rau- 
«  nito  dei  SS.  Sacramenti  e  raccomandazione  dell'anima  .  e 
«  fu  tenuto  ai  pubblici  solenni  suffragi  nella  Chiesa  di  San- 
«  ta  Margherita  de'  Ricci ,  ed  indi  sepolto  nella  Chiesa  dei 
«  PP.  Minimi  di  S.  Giuseppe  nella  sua  gentilizia  sepoltu- 
«  ra  »  (4).  Ma  nò  sulla  sua  tomba,  né  su  quella  del  padre  . 
ivi  pure  sepolto,  havvi  neppure  una  pietra  la  quale  rammenti 
ai  Toscani  che  ivi  giacciono  quei  due  grandi  uomini  ai  quali 
debbono  tanta  riconoscenza. 

Il  Neri ,  oltre  ad  essere  Presidente  del  Consiglio  ,  era 
anche,  come  dissi ,  Segretario  dell'Archivio  di  Palazzo,  e  del 
Senato  di  Firenze ,  ed  aveva  il  titolo  di  uno  dei  Reggenti  del 
Supremo  Consiglio  d'Italia  in  Vienna  (5  .  Gli  era  stata 
in  oltre  conferita  la  croce  di  S.  Stefano  d'  Ungheria ,  da  lui 
rarissimamente  portata,  dicendo,  con  non  comune  modestia, 
esserne  immeritevole  (6). 

Ma  ad  onorare  un  Ministro  basterebbe  solo  il  seguente 
fatto,  che  mostra  quanto  scrupolosa  fosse  la  delicatezza  del 
Neri.  Ho  detto  a  suo  luogo  come  egli    avesse   consigliata  la 

(1)  A  Filippo  Neri  è  diretta  la  4.a  delle  lettere  di  G.  M.  Ortes  in  pro- 
posito del  suo  libro  sull' economia  nazionale,  pubblicate  dal  Custodi  senza 
l'indirizzo  ,  ed  a  Giovanni  Neri  la  "»a  :  quella  in  data  12  Luglio  1777,  que- 
sta del  26  Luglio.  Dall'  originale  si  scorge  che  1'  Ortes,  a  Firenze,  era  stato 
coi  Neri  in  amichevole  consuetudine.  Un"  altra  lettera  dell'  Ortes  a  Fi- 
lippo Neri,  ed  un'  altra  del  Neri  stesso,  vennero  pubblicate  negli  Studii 
storici  economici,  dell'illustre  Senator  Lampertieo  su  G.  M.  Ortes.  (Ve- 
nezia, Antonelli,  l^uó;.  Giovanni  Neri  scrisse  una  Memoria  dei  prodotti  e 
di  alcune  vedute  economiche  relative  .'dia  Val  di  Chiana  pubblicata  nelle 
Memorie  idrauliche  sulla  Val  di  Chiana  del  Fossombroni. 

(•2  Che  realmente  fosse  talo,  lo  dimostrerà  anche  l'indice  bibliogra- 
fico delle  Opere  del  Neri,  posto  in  line  a  questo  scritto. 

(3)  Cosi  nelle  Novelle  Letterarie,  N.  43  del  1776. 

4)  Ciò  ò  detto  nella  fede  di  morte,  mediante  la  quale  ho  potuto  pre- 
cisare la  data  della  morte  del  Neri,  giacche  ,  tanto  questa  come  quella 
della  nascita,  erano  incerte  per  le  inesatte  indicazioni  datene  da  coloro 
che  scrissero  del  Neri. 

(5)  Ciò  si  rileva  da  un  articolo  d'un  giornale  di  Firenze,  Le  notizie 
del  Mondo,  del  17  Sett.  1776. 

Così  lo  Zobi,  St.  Civ.,  Voi.  II,  pag.  194.  Anche  il  Ridolfi  dice  al- 
trettanto ,  e  cosi  pure  i  Giornali  del  tempo. 


POMPEO   NERI  447 

vendita  libera  o  livellazione  dei  beni  spettanti  agli  Stabili- 
menti pii  laicali.  Ora  sapendo  che  ne  sarebbe  venuto  un  van- 
proibì  ai  fratelli  di  farne  acquisto  affin- 
redere  che  egli  avesse  consigliata  la 
dita  a  questo  scopi).  Ma  il  ['roteilo  Giovanni,  quello  che  era 
Commissario  degli  Innocenti,  credemf  stante- 

mente  la  delicatezza  di  Pomp< 

.  iore  della  stima,  contradisse  ai  voleri  del  fratello.  Que- 
u  talm  .  che  lo  diseredo 

doni  alle  quali  aveva  dovuto  atten- 
dere Pompeo,  non  lo  avevano  però  distolto  dal  coltivare  le 
lettere,  ed  egli  una  volta  offeso" da  notissimo  soggetto  stra- 
niero di  cui  era  stato  il  protettore  (2) ,  si  divertì  a  porre 
in  commedia  il  c'<  li  Voltaire ,  ed  a  rappresentarvi  co- 

stui sotto  la  persona  dell'Abate  Perigordino. 

Compose  poi  un  ditirambo  nel  quale  propose  alla  poe- 
tessa  Gorilla  Olimpica  (3)  diversi  temi  fisici  e  morali  che 
offrono  la  storia  dell'uomo  e  del  mondo,  per  eccitarla  a  can- 
tarne qualcuno.  «  Le  persone  dell'arte  potrebbero  torse  de- 
«  siderarvi  uno  stile  alquanto  più  poetico  che  invero  non 
«  poteva  essergli  familiare  per  mancanza  d'esercizio  perchè 
«  occupato  continuamente  in  affari  gravissimi:  vi  sono  però 
dici  che  ben  poteva  tenere  posto  distinto  anche 
«  tra  i  poeti  »  < 

Or  qo  al  rermine  di  questo  mio    studio,    io  non 

so  se  mi  l'indicare   almeno    sommariamente    le 

(1)  ito  dallo  Zobi   alla   pag.  194  del  Voi.    II  della 

ingiungendo  che  il  Neri  volle  subito 
le  lasciò  unica  erede  !"  •  ncesca  mari- 

tata i>  nocchi.   Nel  N.  38  però,  . 

tto  aver  egli  istituito  erede  universale  il    suo    fratello  Filip- 
■  la  nobil  Famiglia  Spannocchi:  inoltre  once  100 
vanni  :    alcune  prestazioni  mensuali  a  di- 
verse p  [dette  all' intima  sua  confidenza  do,    e    tre 
di  vitt                    al  rimanente   della  servitù.   Ni  Ile    Novelle  Lee 
è  detto  in    oltre  avere  il  Neri  lasciata  una  magnifica  libreria. 

(2)  '  prime  il  Midolli.  Mi  si  fa  supporre  essere  un  certo  Mai- 
ler Loret. 

(3)  Era  questo  il  nome    arcadico    di  Teresa    Morelli   nei   Fernandez, 
poetessa  assai  lodata  in  quel  tempo. 

M)  Cosi    dice  il  Ridolli    nell'io,    cit.   I  manoscritti  tanto  della  Com- 
media quanto  del  Ditirambo  sono  presso  gli  Spannocchi  eredi  del  Neri. 


448  POMPEO   NERI 

opere  compiute  da  un  uomo  che  congiungeva  all'onestà  la  più 
scrupolosa  del  carattere,  le  due  qualità  più  necessarie  al  ri- 
formatore di  uno  Stato ,  un  ingegno  cioè  adatto  a  veder  su- 
bito e  con  sicurezza  ,  i  legami  delle  dottrine  astratte  colie 
loro  pratiche  applicazioni  ;  ed  un  senso  squisito  dell'oppor- 
tunità dei  tempi ,  e  della  necessità  delle  cose.  D'animo  placi- 
do e  benevolo  ,  egli  si  mostrò  sempre  alieno  da  qualsiasi 
violenza  ed  odio  di  partiti ,  senza  però  venir  mai  meno  a 
quella  fermezza  nelle  proprie  risoluzioni  che  in  caratteri  so- 
miglianti è  l' indizio  più  sicuro  della  bontà  dei  loro  convin- 
cimenti. E  l' illustre  Giovanni  Lami  che  gli  era  contempo- 
raneo scriveva  nelle  sue  Novelle  Letterarie.  «  Egli  era  di 
«  carattere  dolce  ed  eguale  ;  grave  ed  eloquente  nel  suo  par- 
«  lare ,  frequentemente  silenzioso,  non  vendicativo  e  pruden- 
«  te  economo  della  vita  dividendola  nello  studio ,  nell'adem- 
«  pimento  de'  propri  doveri ,  e  nella  geniale  conversazione 
«  degli  amici.  La  sua  maniera  di  scrivere  aveva  le  stesse 
«  doti  delle  sue  idee,  la  chiarezza  e  la  nobiltà  »  (1). 

Con  tali  qualità,  nei  50  anni  trascorsi  nell'insegna- 
mento e  nei  più  alti  ufficii  dello  Stato ,  potè  lasciare  in 
quasi  tutti  i  suoi  atti  pubblici ,  l'esempio  del  come  si  possa 
promuovere  nel  seno  d'una  società  ogni  suo  civile  progresso, 
senza  aver  bisogno  di  sconvolgerla  tutta  quanta  da  capo  a 
fondo.  In  fatti  per  opera  del  Neri ,  le  relazioni  fra  lo  Sta- 
to e  la  Chiesa  furono  in  Toscana  determina' e  con  quella  pru- 
dente avvedutezza,  e  con  quell'ammirabile  energia  che  rese- 
ro tanto  celebre  il  Principe  il  quale  sanciva  quelle  disposi- 
zioni legislative  che  si  adattavano  così  bene  alle  condizioni 
politiche  d'allora;  per  opera  di  lui  le  teorie  della  liber- 
tà   economica ,    passando    dalle    astratte    speculazioni    della 

(1)  Nel  X.  33  della  riassetta  Officiale  Toscana.  21  Settembre  1TT:< 
detto  a  quest.t  proposito  «  Dolce  e  pacifico  era  il  di  lui  carattere,  e  ciò 
«  rilevasi  dallo  stile  delle  opere  sue.  robusto  e  duro  si.  ma  lontano  da  ogni 
«  animosità  ed  invettiva  come  lo  è  quello  dei  male  a  proposito,  e  in  di  lui 
«  disonore  citati  da  altro  elogista,  in  suo  paragone,  Maccliiavelli,  Giannoni, 
c<  Sarpi,  le  produzioni  dei  quali  detestate  sono  da  tutti  i  savi,  e  dalla  S.  Sede 
«  Apostolica,  come  ripiene  sotto  il  velo  della  seduzione  di  false  ed  erronee 
«  proposizioni  e  manifeste  falsità  v  Questa  escandescenza  della  Gazzetta 
Toscana  era  causata  da  un  cenno  biografico  del  Neri  stampato  precedente- 
mente (il  17  Sett.  dello  stesso  anno)  nel  N.  75  delle  Notizie  del  Mondo, 
nel  quale  è  detto  essere  stato  il  Neri  stesso  «  un  robusto  scrittore  emulo 
ile'Machiavelli,  de' Sarpi,  de'  Giannoni  ». 


POMPEO    NERI  149 

mente  d'un  filosofo ,  nei  consigli  del  Governo,  poterono 
con  successo  degno  veramente  d'invidia,  essere  per  la 
prima  volta  attuate;  per  di  lui  merito  s'  incominciarono  a 
riformare  le  leggi  toscane  sulla  base  d'un  più  largo  criterio 
filosofico  ;  per  lui  si  tolsero  abusi  e  privilegi  d'ogni  sorta , 
s'  idearono  e  compirono  lavori  pubblici  di  massima  importan- 
za e  di  pari  difficoltà.  Non  fuvvi  miseria  o  sventura  pubblica 
alla  quale  egli  non  rivolgesse  quel  suo  gran  cuore  e  quella  sua 
mente  sagace. 

Certo  egli  non  ebbe  né  il  tempo  né  la  ventura  di  potere 
svolgere  tutti  i  germi  fecondi,  sui  quali  ,  senza  essere  con 
violenza  schiantata,  doveva  rinnovellarsi  tutta  quanta  la 
vita  dello  Stato.  Ebbe  anzi  una  sventura  ancor  maggiore, 
quella  cioè ,  che  ad  altri  non  fosse  concesso  di  poter  com- 
piere l'opera  da  lui  così  felicemente  iniziata.  Tredici  anni 
dopo  che  egli  aveva  trovato  il  suo  riposo  nel  sepolcro,  scop- 
piava in  Francia  quel  grande  rivolgimento  sociale,  che  al 
pari  delle  più  tremende  tempeste  della  natura  distrusse  nelle 
sue  convulsioni  sanguinose  le  buone  e  le  cattive  cose  ad  un 
tempo,  senza  distinzione  alcuna. 

In  Toscana  come  in  ogni  altro  Stato  d'Italia  ,  rimase 
allora  spento  ogni  amore  alle  riforme  temperate  e  conve- 
nienti al  grado  di  civiltà  dei  popoli.  Nessuna  meraviglia 
quindi  che  fra  tanto  tumultuare  di  desideri  indeterminati  e 
di  passioni  smodate ,  gli  esempi  e  le  sagge  tradizioni  di  buon 
governo  lasciateci  dal  Neri ,  dal  Tanucci  e  da  altri,  cadesse- 
ro in  oblìo  presso  la  maggior  parte  degli  uomini. 

Ma  ora  che  l' esperienza  ha  mostrato  ad  ognuno  che  coi 
moti  violenti  non  si  edifica  niente  di  saldo ,  né  in  pubblico  , 
né  in  privato ,  possano  la  vita  e  le  opere  di  quei  nostri  illu- 
stri trapassati  formar  argomento  di  studii  accurati  e  diligenti 
e  possano  sopra  tutto  i  governanti ,  non  soltanto  a  parole, 
attuare  i  loro  saggi  principii  in  quanto  si  confacciano  ai 
nostri  tempi. 

Marzo  1875. 

Gaetano  Rocchi. 


Indice  cronologico  delle  Opere  del  Neri,  coli'  indicazione 
del  tempo  in  cui  furono  scritte. 


Decisiones  et  Responso,  Iuris  -  pubblicate 
insieme  a  quelle  del  padre  di  Pom- 
peo (*). 
1740.  Diario  della  visita  generale  della  Campa- 
gna di  Pisa  e  di  Livorno  fatta  nel  1740 
da  Pompeo  Neri  e  da  altri. 

1746.  Relazione  di  S.  Ecc.  il  Sig.  Pompeo  Neri 

e  del  Sig.  D.  Tommaso  Perelli,  sopra 
il  modo  di  liberare  la  campagna  del 
Valdarno  inferiore  dalle  inondazioni 
dell'Usciana. 

1747.  Tre  discorsi    relativi    alla  compilazione 

d'un  Codice. 

1747.  Legge  circa  i  fldecommessi. 

1748.  Discorso  sopra  lo  stato  antico  e  moder- 

no della  nobiltà  di  Toscana. 

1749.  Legge  restrittiva  i  diritti  feudali. 

1750.  Relazione  dello  stato  in  cui  si  trova  l'o- 

pera del  Censimento  di  Milano  nel  me- 
se di  maggio  1750. 

1750.  Memoria  sopra  la  Costituzione  delle  Ma- 
(circa)  nimorte. 

1751 .  Osservazioni  sopra  il  prezzo  legale  (Ielle 

monete,  e  la  difficoltà  di  pretìnirlo  e 
di  sostenerlo. 


1758  Avvertenze  circa  i  modi  di  togliere  i  dub- 
(circa)  bi  e  le  difficoltà  che  col  tempo  i: 
insorte  nell'esecuzione  del*  Censo. 
175'.).  Progetto  d'un  sistema  censuario  per  la 
(circa)  Francia. 

1759.  Delle  esenzioni  ecclesiastiche  in  materia 
(circa)  di  Censo. 

1762.  Istruzioni  circa  la  Costituzione  dell!  Ma- 

nimorte. 

1763.  Proposizioni  tendenti  a  render  coltivate 
e  popolate  le  Maremme. 


Edite 
Firenze  1760-66. 

Inedito 

(E    nell'  Archivio    di 

Stato  di  Firenze.) 

Edita 
(Nella  Raccolta  0'Au- 
tori  che   trattano  del 
moto  delle  acque.  Fi- 
renze. Cambiagi  1774) 

Editi 
(Insieme  alle  Decisio- 
ni e  Responsi). 
Edita 
Edito 
(Insieme    alle    Deci 
sioni  e  Responsi.) 
Edita 
Edita 
(Milano.    Tip.  Duca- 
le 1750  e  Milano  Tip. 
Mainardi  18 

Inedita 
(È   nell'  Archivio    di 
Stato  di  Firenze). 

Edita 
(Milano  Tip.  M  alate  - 
sta  1751.  Ristampata 
dal  Custodi  nella  Rac- 
colta degli  Economi- 
sti Italiani. 

Inedite 
(Il  ms.  è  smarrito). 

Inedito 
(Presso  gli  Spannoc- 
chi eredi  del  N 

ii  ledi  ta 
(Presso  gli  Spannoc- 
chi.» 
Edite 

Edite 
(Dallo  Zobi  nella  St. 
Civ.  della  Tose.) 


(*!  La  maggior  parte  di  queste  Decisioni  e  Responsi  essendo  stati 
scritti  dal  Neri  mentre  era  Auditore  dello  scrittojo  di  Gio.  Gastone,  cioè 
avanti  il  1737,  ho  assegnato  loro  cronologicamente  il  primo  posto.  . 


POMPEO    NERI 


•151 


1763.  Discorso  sopra  l'Asilo  Ecclesiastico. 

1766.  Discorso   pronunziato    nell'occasione  del 

giuramento  al  Gran  Duca   Leopoldo  I. 

1767.  Voto  col  quale  si  combatte  l' idea   della 

repressione  del  pauperismo. 

1767.  Memoria  sopra  la  materia  frumentaria. 


1771.  Prammatica  circa  la  neutralità  da  osser- 
varsi in  Livorno  nei  casi  di  guerra. 


Edito 
(Firenze  1763). 

Inedito 
(È    nell'  Archivio    di 
Stato  di  Firenze.) 
Inedito 
(Nell'Arch.    di    Stato 
di  Firenze.) 
Edita 
(  dal    Fabbroni      nei 
Provvedimenti   Anno- 
narj  e  dal  Custodi  nella 
Raccolta  degli  Ec.  Itat. 
Inedita 
(È   nell'Archivio    di 
Stato  di  Firenze). 


Opere  inedite  del  Xeri  delle  quali  non  si  conosce  il  tempo 
nel  quale  furono  scritte. 


Idea  del    giù-;    patrio    distinto  in    tre 
parti,  gius  granducale,  gius  municipa- 

iale. 
Sopra  l'Amministrazione   della   Giusti- 
zia nel  Gran  Ducato  di  Toscana. 
Una  Commedia. 

Un  Ditirambo. 


(  E  nella  filza  29' is 
dell'Archivio  di  Stato 
di  Fire 

Idem 

(È  presso  gli   Span- 
nocchi). 
Idem 


IL  CONCILIATORE. 

EPISODIO 

DEL    LIBERALISMO    LOMBARDO 

(Continua  dal  T.  XXIV,  fase.  V,  pag.  270.) 

XVIII.  A  Brescia  ci  conduce,  e  a  lungo  ci  tratterrà,  uno  dei 
principali  collaboratori  del  Conciliatore ,  Camillo  Ugoni.  Il 
Monti  diceva  Brescia  abbondante  di  buoni  cultori  della  bella 
letteratura  sopra  tutte  le  città  del  Regno ,  e  in  fatto  vi  fiorivano 
i  due  fratelli  Ugoni ,  gli  Zarnbèlli ,  i  Lechi ,  i  Fenaroli ,  l'archi- 
tetto Vantini ,  il  pittore  L.  Bariletti ,  G.  B.  Gigola ,  il  Tosi , 
Angelo  Griffoni  Santangelo ,  Girolamo  Martinengo  traduttore  di 
Milton  ,  il  prete  Zamboni ,  Camillo  Brozzoni ,  il  barone  Giro- 
lamo Monti ,  ospitale  e  attivo  che  morì  di  89  anni  nel  1872 ,  i 
poeti  Bianchi ,  Bucelleni,  Arici,  il  tragico  Scevola,  Benedetto  del 
Bsne  traduttore  di  Columella  :  Federigo  Borgno  di  Bobbio,  sta- 
bilito a  Brescia,  tradusse  in  latino  i  Sepolcri  di  Foscolo  (1)  :  ag- 

(1)  A  tal  proposito  LTgoni  scriveva  a  Foscolo: 

San  Benedetto  di  Mantova,  li  13  aprile  1808. 

Carissimo  umico , 

Ho  ricevuto  la  lettera  tua  a  San  Benedetto  ,  ove  con  infinito  piacere 
leggo  la  bellissima  traduzione  ,  che  Orazio  Borgno  ha  compiuta  de'  tuoi 
Sepolcri;  alcuni  tratti  mi  paiono  migliori  nel  suo  latino.  Te  la  mande- 
rei ,  so  sapessi  come.  Tu  non  hai  se  non  da  indicarmelo  ,  per  averla  su- 
bito. Faccio  qualche  osservazione, al  tuo  poemi.  —  L'upupa  non  è,  parmi, 
animale  notturno.  —  Ulisse  aveva  egli  dei  cavalli  in  Argo?  Suo  figliuolo 
ha  ricusato  quelli  che  gli  furono  offerti  in  dono  ,  Non  est  aptus  equis 
Ithaca  locus  —  Godo  ,  che  tu  abbia  ricevuto  il  noto  denaro  ,  e  che  alla 
fine  di  maggio  sia  io  per  avere  il  tuo  secondo  volume  del  Montecuccoli. 
Borgno  ti  saluta  caramente  ,  ed  io  con  lui.  Sta  sano. 

Brescia ,  18  dicembre  1809. 
Carissimo  amico , 

Ma  che  ?  Avete  voi  obliate  tutte  le  dolci  affezioni  dell'amicizia  ?  Bor- 
gno ed  io  non  facciamo  che  scrivervi  ,  ma  si  grida  al  deserto.  Borgno  ha 
più  ragione  d>  me  di  essere  in  collera  con  voi.   Dopo  la  traduzione ,   che 


CAMILLO    UGON1    E   GIOVITA   SCALV1NI 

giungiamo  l'ardito  tipografo  Nicolò  Bettolìi,  l'antiquario  Gio. 
Labus ,  Stefano  Morcelli  sommo  epigrafista  :  i  berneschi  Anelli 
autore  delle  Cronache  di  Pindo,  e  Grossi  delle  Rime  piacevo- 
li d'un  lumi  tardo  ;  G.  B.  Pagani  fortunato  dell'amicizia  di  A. 
Manzoni  ;  Giovita  Scalvini  che  tante  cose  cominciò ,  Giuseppe 
Nicolini  cantore  dei  cedri  e  traduttore  di  Byron. 

Camillo  Ugoni  nato  il  1784,  fu  educato  ne'gesuiti  a  Parma. 
Foscolo  allora  professore  a  Brescia ,  ne  vide  i  componimenti 
primi,  e  gli  scriveva  di  non  stamparli.  «  Giovane,  libero,  agiato, 
educato  alle  lettere ,  bello  di  costumi  e  d' ingegno ,  voi  prodiga- 
lizzate questi  aurei  doni  perchè  vi  manca  l'arte  di  usarne.  Ri- 
servate il  vostro  nome  a  un'opera  che  lo  faccia  degnamente  co- 
noscere. L'  Italia  abbonda  di  sonettini ,  favolette ,  epigrammi , 
traduzionceUe  :  tocca  forse  a  voi  ad  accrescere  il  numero  de«di 
autori  non  ricordati  che  ne'  cataloghi  ì  Non  mirate  a  premj  di 
accademie,  ma  aspirate  a  lode  vera,  giusta  e  perpetua;  disde- 
gnate la  vanità  e  amate  la  gloria:  sagrificando  all'arte  ed  alla 
patria  tutte  le  vostre  forze,  cercate  nei  libri  non  tanto  l'orna- 
mento dell'ingegno  quanto  la  dignità  dell'animo  ». 

L' Ugoni ,  come  deputato  di  Brescia  ,  assistette  a  Parigi  al 
battesimo  del  figlio  di  Napoleone  ;  a  questo  dedicò  la  traduzione 
de' Commentari  di  Cesare, 

Di  queir  infaticabil  genio  ,  a  cui 

Di  magnanimi  rabbia  aperse  i  fianchi  (Arici) 

il  che  gli  meritò  il  titolo  di  barone. 

Le  memorie  de'  sopravviventi  e  gli  scrittori  d'allora  s'accor- 
dano a  presentar  CamiDo  come  ricco  d' ingegno  e  di  qualità  mo- 


lla fatto  ,  del  vostro  Carme  ,  pareva  in  diritto  di  avere  almeno  una  vostra 
lettera.  Confessate  che  trattate  i  vostri  amici  in  modo  assai  strano.  Avrei 
delle  cose  a  scrivervi  sul  secondo  volume  del  vostro  Montecuccoli ,  ma 
a  che  prò  ,  se  voi  non  rispondete  ?  Mi  preme  più  assai  che  mi  facciate  sa- 
(per  mezzo  di  vostro  fratello  se  mai  voi  noi  possiate  o  noi  vogliate 
i -volutamente)  se  delle  parole  zappatore  ,  guastatore  ,  marraiolo  sianvi 
nella  nostra  lingua  sinonimi,  se  si  trovino  in  Machiavelli,  o  in  alcun 
luogo  del  vostro  Montecuccoli.  Una  scommessa  stuzzica  la  mia  curiosità 
su  questo  proposito  ;  pregovi  quindi  quanto  so  a  volermi  dar  risposta. 
Intanto  vi  saluto  di  cuore  e  sono 

Arch.,  3.»  Serie  ,  Tom.  XXIV.  29 


454  EPISODIO    DEL   LIBERALISMO    LOMBARDO 

rali,    bel  tipo   di   que' patrizi  provinciali,    che    costituivano    un 
tempo  tanta  parte  della  vita  italiana. 

Grande  ammiratore  di  Foscolo  ,  allo  Scalvini  allora  studente 
egli  scriveva  da  Brescia ,  il  25  marzo  1811  : 

....  Dell'Anace  di  Foscolo  che  ti  dirò  io?  Ti  dirò,  che  ne  aspetto 
una  tragediona ,  e  che  intanto  il  primo  atto  e  le  prime  scene  del  se- 
condo mi  hanno  rapito  nel  paradiso  del  bello.  Che  forza  !  che  calore 
in  tutto!  come  scolpiti  que' caratteri  !  quanto  diversi  fra  loro!  che 
scaltra  eloquenza  in  quell'Ulisse,  che  altera  dominazione  in  Agamen- 
none !  che  calda  amicizia  in  Teucro ,  che  onestà  e  imperturbabile 
franchezza  in  Calcante!...  Parmi  che  il  sacerdote  l'abbia  fatto 
buono  questa  volta...  ed  hai  badato  che  i  versi  di  quest'ultimo 
sono  di  un'armonia  che  sta  bene  in  una  bocca  ispirata ,  i  cui  detti 
sono  santi  e  profetici,  e  debbono  essere  venerandi....  Queste  sono 
finezze  dell'arte  !  finezze  di  Foscolo ,  e  forse  i  caca-tragedie  non  le 
hanno  !!  Non  mi  ricordo  delle  parlate  lunghe  e  importanti ,  se  non 
che  sono  eminentemente  belle,  ma  i  brevi  tratti  sublimi  stanno  in 
mente . 

Un  Araldo.  Ajace  re  de'  Salamini. 
Agamennone.  Attenda. 

Che  grande  zitto  nel  teatro  allora  !  Che  brivido  farà  nascere  que- 
sto attenda,  pronunciato  da  un  attore  ,  che  conosce  la  dignità  e  la 
maestà  della  scena!  (1)  Che  torrente  di  fuoco  e  di  bile  magnanima 
e  di  forsennatezza  guerriera  sarà  per  quell'Ajace.  Mio  Scalvini ,  io 
vorrei  dirlo  io  questo  attenda. 

Sai  tu  ,  che  i  pantonofreni  m'  hanno  addossato  la  parte  di  Egisto 
neh'  Oreste  di  Alfieri.  Duolmi  a  far  da  tiranno  ;  ma  ci  si  proveremo  ; 
non  è  iòrse  il  mestier  più  difficile.  Nicolini  ha  tagliata  la  testa ,  e 
si  è  tolta  la  parte  di  Oreste....  se  non  la  recita  bene!!!  né  io  credo 
punto  ch'ei  possa  far  bene.  Sentiremo.  Vantini  fa  Clitennestra ,  e  bene . 
abbastanza.  Dossi  Elettra...  crepa  dalle  risa...  con  quella  voce  da  quat- 
tro e,...  —  Gelmetti  neh'  Agamennone  da  Egisto  —  polenta  fred- 
da e  sorda....  Mompiani  ,  Toccagni  ,  Soncini ,  e  gli  altri  non  li  ho 
ancora  sentiti.  Giovedì  rideremo  a  posta  nostra....  Ma  né  l'aria  pure 
sappia  nulla  di  questo  ;  poiché  io  mi  professo  anzi  altamente  e  sono 
da  vero  animatore  di  questa  impresa  ,  e  le  critiche  sul  bel  principio 
non  son  atte  a  far  nascere  un  istituto,  che  potrà  un  di  onorare  e  di- 
lettare questa  nostra  patria  diletta.  Io  farò  tutto  per  far  bene  la  mia 

(1)  Si  sa  che  invece  eccitò  un  riso  plateale  quel  re  de' Salamini. 


CAMILLO    UGON1    E    GIOVITA    SCALVINI  155 

parto  e  perchè  tutto  riesca....  Ma  torniamo  ad  Ajace....  E  quel  saluto 
cosi  omericamente  maestoso  in  bocca  di  Teucro  e    diretto  all'Atride, 

T'onori  Giove ,  o  re  dei  forti , 

dimmi,  questo  saluto  non  ti  alza  egli  quattro  palmi  da  terra? 

Questa  torre  del  Cesare  non  anco  è  coperta,  poiché  non  vogl'io 
murare  a  secco  ,  come  fauno  i  tiranni....  Hai  sentito  i  colpi  di  canno- 
ne? Sono  i  peti  dei  tiranni  nascenti....  Tanto  pericolo  eravi  che  man- 
cassero padroni  e  bastonatori  alla  pecorona  razza  degli  uomini  !  ! 
Anche  Foscolo,  quando,  accommiatandomi  la  prima  volta  da  lui,  gli 
dissi  ,  Vo  a  veder  Milano,  risposemi  —  A  guardarlo  ».  Ma  in  due  dì 
guardarlo  e  osservarlo,  e  voler  veder  tutto  è  impossibile.  Ho  preso 
dunque  partito  di  vederlo  solamente. 

E  ancora  da  Brescia  il  15  del  1812  : 

Qui  posava  l'austero  ;  e  avea  sul  volto 
Il  pallor  della  morte,  e  la  speranza. 

Era  notte  ferma  quando  udii  ripetutamente  picchiar  forte  alla 
porta ,  e  ripicchiar  subito  un'altra  volta ,  e  poi  mi  vidi  innanzi  Ugo 
Foscolo  in  arnese  di  fuggiasco.  Pareami  d'aver  qui  l'esule  vate  ghi- 
bellino. Ugo  al  par  di  lui 

lascia  dir  le  genti , 
Sta  come  torre  ferma  che  non  crolla 
Giammai  la  cima  per  soffiar  di  venti. 

In  ogni  altro  momento  mi  sarei  rallegrato  assai  in  vederlo  ;  in 
quell'occasione  e  in  quell'ora  il  mio  cuore  tremava  per  lui  ,  ma  mi 
accorgeva  ch'egli  ama  questi  contrasti,  e  li  crede  atti  a  rassodare 
il  carattere  d'uomo  e  a  fermentare  la  sua  fama ,  e  credo  anch'  io  che 
l' invidia  e  il  livore  altrui  ci  fàccia  maggiori  di  noi  stessi  ;  d'altra 
parte  mi  assicurava  ch'egli  andava  soltanto  a  Venezia  a  trovare  sua 
madre ,  e  che  ne  sarebbe  tornato  fra  un  mese.  Fra  gli  altri  subbietti 
del  conversare  di  quella  notte  puoi  ben  credere ,  o  mio  dolce  Scalvi- 
la ,  die  V Aiace  non  ebbe  l'ultimo  luogo.  Me  ne  rese  ragione.  Le  cen- 
sure del  giornale,  assai  delle  quali  non  reggevano  né  agli  occhi  pure 
di  chi  non  avesse  veduto  la  tragedia,  caddero  tutte.  L'argomento 
non  è  guerra  d'armi  ;  è  l'usurpazione  tirannica  di  Agamennone,  il 
quale,  siccome  lu  sempre  infenso  ad  Achille  finché  visse,  perchè  lo 
invidiava  e  teme/a  la  prepotenza  del  merito  di  lui,  così  lo  è  ad 
Ajace  ,  il  quale  dall'altra  parte ,  re  dei  Salamini ,  furibondo  pei  suoi 
dritti  calpestati ,  cerca  di  difenderli  contro  il  re ,  e  la  guerra  dell'ar- 
mi è  un  incidente  ,    una    continuazione ,    una  conseguenza  della  lotta 


456  EPISODIO   DEL    LIBERALISMO    LOMBARDO 

Serissima  tra  que'due,  poiché  l'oracolo  diceva  clic  l'armi  d'Achille 
dovevansi  al  più  prode  dell'esercito,  e  tutto  l'esercito  proclamava  tuie 
Ajace ,  e  malgrado  ciò ,  le  armi  si  vorrebbero  dare  ad  Ulisse. 

Quanto  alla  scena   di  cui  mi    parli,  a  me  non  parve  servilmente 
imitata  da  quella  d'Alfieri;  bensì  osservai  che  il  verso  d'Achimelech 

Ragion  dirò ,  s' ira  di  re  noi  vieta , 

e  uno  di  Foscolo,  che  racchiudeva  a  un  dipresso  lo  stesso  senso,  sono 
presi  da  Omero,  e  ove  fosse  pure  alcuna  somiglianza,  pensa  che  in  ambe 
le  scene  è  un  re  che  parla  adirato  contro  un  sacerdote,  che,  tutelando 
il  giusto,  tutela  un  avversario;  e  bada  che,  in  tanta  somiglianza  di 
circostanze,  i  pensieri  essendo  pur  limitati ,  non  si  può  a  meno  che 
una  certa  analogia  non  si.  trovi.  Ma  altresì  che  diversa  guisa  di  ve- 
stire i  propri  concetti  hanno  eglino  Alfieri  e  Foscolo  !  Questi  mi  recitò 
gli  squarci  più  splendidi  del  suo  poema.  Come  l'antecessore  è  vinto 
dal  successore  nello  splendore  dello  stile  e  della  sentenza  !  Fu  detto 
alterato  il  carattere  di  Ulisse.  È  tratto  perfettamente  da  Omero  ,  da 
Ovidio  e  dagli  altri ,  che  il  ritrassero.  Si  diceva  di  TUO  versi  il  quinto 
atto  ;  è  di  450 ,  un  po'  lungo  e  un  po'  lunga  invero  tutta  la  tragedia, 
ma  parrà  breve  a  chiunque  abbia  un  po'  di  gusto  pel  bello,  pel  fori  -, 
pel  grande. 

Qual  più  felice  trovato  ,  per  evitare  la  confusione  di  una 
battaglia  sulla  scena  e  la  freddezza  di  un  racconto ,  di  quello  che 
il  sacerdote  dall'alto  d'  un  colle  ,  in  veduta  degli  spettatori ,  osservi 
i  diversi  casi  di  un  conflitto  ,  che  segue  fuor  degli  occhi  degli  altri 
attori ,  che  trovansi  sulla  scena ,  i  quali  prendono  viva  parte  a  tutti 
quelli  eventi  a'  quali  tien  dietro  l'occhio  ,  e  il  pensiero  del  sacerdote, 
che  li  manifesta.  Questo  colpo  di  scena  eh'  io  credo  nuovo ,  doveva 
avere  ed  ebbe  difatti  effetto  magico  e  teatrale.  Ciò  non  tolse ,  clic  il 
Corriere  delle  Dame ,  tenendosi  forse  in  debito  di  rallegrarle  anche 
alla  tragedia ,  non  gettasse  nel  brago  del  ridicolo  questa  scena  mede- 
sima ,  dicendo  il  sacerdote  un  telegrafo.  Ma,  mio  caro  Scalvini , 
quando  si  vuol  ridere  ad  ogni  costo ,  si  va  alla  commedia  ;  eppure  i 
Milanesi  volevano  ridere  e  ridere  alla  tragedia;  e  risero  quanlo  Ajace 
sclamava  —  Popoli  Salamini  !  —  poiché  essi  non  conoscono  altri  Sa- 
lamini ,  oltre  quelli  dei  loro  paffuti  pizzicagnoli ,  de'  quali  pasconsi 
più  volentieri  che  non  dell'aspre  vicende  del  re  dei  regi  Atride  e  di 
Ajace  re  dei  Salamini.  Però  non  tutti  hanno  un  genio  ;  e  quaranta  e 
più  penne  stenografiche  copiavano  dalla  bocca  degli  attori  quanto 
potevano  della  tragedia.  Foscolo  mi  ha  accertato  che  ne  cominciava 
un'altra  immantinenti  ;  non  so  se  1'  Edipo  a  Colono  o  l' Ifigenia. 


CAMILLO   UGONI   E   GIOVITA   SCALVINI  457 

Negli  Annali  di  scienze  e  lettere  leggonsi  pure  varie  memorie  di  lui, 
le  quali  tutte  hanno  un  intento  pericoloso  e  sublime.  L'aquila  ha  degli 
artigli  rapacissimi  e  tenaci ,  ma  pur  qualche  augellino ,  ai  cui  natali 
rise  l'ardire  e  la  non  disgiunta  fortuna ,  scappa  talora  da  quegli  un- 
ghioni e  allora  la  brigata  ride  con  compiacimento,  però  che  altri  si 
compiace  sempre  di  vedere  sfuggire  il  debole  al  forte  ;  forse  perche 
più  o  meno  siamo  tutti  assai  deboli  ! 

Altra  volta  1'  Ugoni  allo  Scalvini  scriveva  : 
La  vita  di  Machiavello   è  un  libro  di   filosofia    bellissimo.    Monti 
ignora  il  greco  ,  il  sai  ;  Foscolo  ha  scritto  sotto  al  suo  ritratto  : 
Questi  è  Monti  poeta  e  cavaliero , 
Gran  traduttor  dei  traduttor  d'Omero. 
Ma  e  Foscolo  pure  encomia  quella  versione ,   e   più    gli  ultimi   volu- 
mi che  il  primo  ,  e  se  trova  a  ridire  alcuna  cosa  è  sul  primo  libro, 
forse  perchè  Io   tradusse  anch'  egli ,    e  il  conosce  meglio  degli    altri. 
Questa  traduzione  però  fa  la  delizia  di  tutti  i  letterati. 

Nel  1815  Ugoni  fece  il  viaggio  d' Italia  col  conte  Gio.  Ar- 

O  DO 

rivabene  di  Mantova.  Vedemmo  quanta  parte  prendesse  al  Con- 
ciliatore, e  Monti  gli  scriveva: 

Ho  ricevuto  questa  mattina  il  secondo  volume  del  nostro  Arici, 
e  ho  gittato  al  diavolo  il  Vocabolario  per  darmi  subito  alla  lettura 
della  Musa  Virgiliana.  Ne  sono  rapito.  Ma  voi  che,  come  suona  la 
voce  .  vi  siete  fatto  romantico  (  povero  Ugoni  !  ) ,  come  avete  potuto 
sostenere  che  vi  si  dedichi  un  libro  così  contrario  ai  principi  della 
romantica  epizoozia?  Fuori  di  celia,  v'ha  chi  vi  grava  di  questa  ca- 
lunnia ,  ma  non  vi  fo  il  torto  di  prestarvi  credenza. 

Camillo  era  allora  direttore  del  patrio  liceo,  carica  che  il  Gover- 
no austriaco  affidava  a  persone  colte  e  agiate,  ottenendo  così,  senza 
spesa  dello  Stato,  quel  che  si  cerca  ora,  e  non  sempre  si  ottiene, 
con  ambiti  stipendi.  Egli  cominciò  nel  1820  a  stampare  la  con- 
tinuazione de' Secoli  della  letteratura  del  suo  concittadino  Cor- 
niani ,  con  molta  maggiore  scienza  e  critica ,  e  con  sentimenti 
liberali ,  per  cui  il  colossale  frate  Borda ,  lodato  epigrafista , 
scriveva  :  "  Ci  sento  odor  di  carbone  ».  Tanto  pareva  allora  che 
ognuno  che  sentiva  liberalmente  cospirasse  contro  l' ordine  at- 
tuale !  E  questo  criterio  fu  molto  adoperato  dagli  inquirenti  d'al- 
lora, e  lo  applicarono  al  nostro  Ugoni. 


458  EPISODIO    DEL    LIBERALISMO    LOMBARDO 

Veramente  Brescia  era  lavorata  assai  dalle  società  segrete, 
tanto  che  un  grosso  carteggio  fu  riservato  dalla  Commissione 
speciale  all'esame  e  alle  condanne  di  que'  cittadini ,  col  titolo  di 
Processo  Bresciano,  nel  quale ,  a  dir  del  Salvotti,  furono  involte 
ben  200  persone  (1).  La  giudicatura  ordinaria ,  interpellata  sul- 
l' Ugoni,  attestò  che  nulla  s'avea  mai  avuto  a  suo  carico  :  che  anzi 
egli  credeva  giovar  meglio  scrivendo.  Giovita  Scalvini  era  stato 
arrestato  per  titolo  di  turbata  tranquillità  pubblica,  ma  rilasciato. 

Pure  erano  tenuti  d'occhio  come  persone  colte ,  come  amici 
di  molti  inquisiti  (2) ,  come  onorati  della  confidenza  de'concitta- 
dini  Essi  il  sapevano,  videro  arrestarsi  alcuni  loro  amici,  subirono 
una  perquisizione,  per  cui  nella  casa  dell'  Ugoni  e  dello  Scalvini 
si  colsero  moltissime  lettere,  massime  di  quello  a  questo  e  dei  loro 
amici.  Pur  troppo  è  golosità  dell' inedito  omoda  il  pubblicare  anche 

(1)  Al  contrario  il  delegato  provinciale  Mazzoleni  assicurava  che  lo 
spirito  generale  della  popolazione  era  tutt'altro  che  avverso  al  Governo: 

«  È  costume  dei  liberali  e  dei  radicali,  come  si  scorge  in  Francia 
e  in  Inghilterra ,  e  si  vide  in  Napoli ,  in  Piemonte ,  in  Ispagna  ec. 
il  dire  Noi  siamo  la  nazione ,  Tutti  pensano  come  noi.  Ma  il  fatto 
ha  dappertutto  provato  il  contrario  ,  dimostrando  quanto  sia  tran- 
quilla e  ben  disposta  la  massa  degli  abitanti  d'ogni  Stato  ». 

Pure  esso  delegato  di  Brescia  nel  1820  avvertiva  la  presidenza  di 
Governo  che  quel  vescovo  aveva  solennizzato  il  giorno  natalizio  dell1  impe- 
ratore con  non  sufficiente  pompa,  e  che  il  Domine  salvunt  fac  regem  era 
stato  cantato  a  bassa  voce. 

(2)  Fra  altri ,  Luigi  Porro  gli  scriveva  : 

Carissimo  Ugoni , 

«  Ho  chiesto  tue  nuove  ad  Arrivacene  ,  onde  sapere  ove  trovarti, 
ed  egli  non  avendone  nel  momento,  sono  obbligato  a  rendermi  a  Mi- 
lano per  un  affare  che  mi  preme ,  e  verrò  a  trovarti  nel  mese  pros- 
simo —  Dammi  tue  nuove.  Ho  passato  qui  tre  giorni  deliziosi  con 
questo  ottimo  amico.  Bisogna  vivervi  insieme  per  imparare  ad  ap- 
prezzarlo —  e  che  amici  lo  circondano  !  Non  vedo  l'ora  di  conoscere 
i  tuoi ,  e  passare  teco  dei  giorni  e  ne  ho  bisogno.  Arrivabene  ti 
manderà  un'ode  bellissima.  Addio  —  dirai  mille  cose  a  tuo  fratello, 
a  Mompiani,  a  Nicolini ,  Scalvini  ec.  —  Amami  e  credimi  con  la  più 
viva  amicizia  » .  tuo  affino 

Porro. 


CAMILLO  UGONI   E   GIOVITA   SCALVINI  459 

le  trivialità  epistolari,  a  cui  più  souo  costretti  gli  uomini  più  cono- 
sciuti, ed  è  a  deplorare  la  mancanza  o  di  gusto  o  di  delicatezza 
che  ne  mette  fuori  anche  di  intime,  ove  un  uomo  s'apre,  non  solo 
senza  preoccupazioni  letterarie ,  ma  senza  i  riguardi  troppo  ne- 
cessari quando  altri  intervenga  fra  il  labbro  e  l'orecchio.  Ma  chi 
onestamente  pubblicasse  il  carteggio  dell'  Ugoni ,  che  correda  il 
processo  fattogli  nel  1821,  avrebbe  non  solo  un'altra  prova  del 
suo  bel  cuore  e  beli'  ingegno,  ma  un  quadro  vivo  de'  sentimenti, 
delle  usanze ,  della  letteratura  d'allora.  Forse  si  modificherebbe 
quella  or  comune  diffamazione  di  tutto  il  passato  per  farne  olo- 
causto al  presente ,  quasi  la  nostra  sia  una  nazione  fanciulla , 
nata  il  1859  auspici  La  Farina  e  Cavour.  Poveri  noi  se  credes- 
simo la  libertà  nata  ieri  !  Essa  ha  bisogno  di  tradizioni ,  e  noi 
scriviam  questo  commento  appunto  per  rimuovere  il  disprezzo 
che  troppi  gettano  su  alcuni  momenti  della  nostra  storia. 

Ci  si  perdoni  questa  divagazione ,  dalla  quale  ci  raccogliamo 
per  ricordare  come  di  Giovita  Scalvini  raccogliesse  i  frammenti 
Niccolò  Tommaseo  con  quella  bontà,  che  gli  facea  trovar  me- 
riti, anche  invisibili  ad  altri.  Di  Camillo  scrisse  largamente  il 
fratello  Filippo,  uno  de'pochissimi  che  sopravvivono  attori  in  quelle 
vicende ,  e  che  nelle  congiure  trescò  molto  più  di  Camillo.  Sui 
quale ,  Luigi  Filippo  diceva  a  me  :  «  Non  comprendo  come  l'Au- 
stria possa  perseguitare  un  uomo  quale  il  barone  Ugoni  ». 

Saputo  che,  per  le  scuole  lancasteriane,  minacciavansi  disturbi 
a  Giovanni  Arrivabene,  l'Ugoni  gli  scriveva: 

Mio  caro  amico , 

Brescia  ,  16  giugno  1820. 

Partecipo  io  pure  al  tuo  dolore  e  alla  tua  giustissima  indigna- 
zione ;  ma  voglio  credere  che  non  ti  verrà  fetto  il  torto  di  che  temi  ; 
e  quando  fosse  in  procinto  di  avverarsi  quella  minaccia ,  io  ti  consiglie- 
rei di  presentarti  tu  stesso  al  viceré ,  il  quale  presto  dee  tornare  in 
Italia.  Odo  dai  Milanesi  che  egli  favorisce  queste  scuole,  e  so  che  ha 
fatto  egli  stesso  un  decreto  per  quella  di  Milano.  E  le  poche  volte  che 
io  mi  sono  presentato  a  lui  per  oggetto  di  pubblica  istruzione  ,  l' ho 
sempre  trovato  sollecito  de'  suoi  progressi  :  e  permettimi  di  credere 
che ,  dove  egli  le  vedesse  e  le  udisse,  non  sosterrebbe  che  il  ministro 
ti  obbligasse  a  desistere  dal  bene  che  fai.  Io  spero  che  non  giungerai 
a  quel  punto  che  ho  detto  di  sopra,  ma  se  tu  vi  giugnessi,  ricordati 


4P>0  EPISODIO    DEL    LIBERALISMO    LOMBARDO 

che  devi  fare  anche  questo  passo  .  perchè  ad  ogni  modo  sarà  sempre 
un  conforto  al  tuo  cuore  eccellente  la  coscienza  di  non  aver  nulla  tra- 
scurato in  prò  dei  giovinetti ,  a'  quali  provvedi  una  così  egregia  in- 
stituzione.  Vedi  nell'ultimo  num.  d'aprile  della  Biblioteca  Universale 
le  persecuzioni  sostenute  da  Lancaster  ,  e  le  angustie  economiche  , 
nelle  quali  si  trovò ,  e  il  fermo  petto  che  oppose  a  tutti  questi  osta- 
coli che  dalla  sua  costanza  furono  vinti;  e  confortati  col  suo  esempio 
ad  imitarlo.  Io  ti  parlo  queste  cose  col  maggior  calore  dell'anima  . 
perchè  ti  giuro  che  non  soffrirei  meno  di  te  di  veder  troncata  un'ope  - 
ra  dalla  quale  spero  cotanto.  Nella  mia  patria  io  congiungerò  i  miei 
sforzi  a  quelli  di  Mom piani  e  del  fratello  ,  e  le  scuole  non  si  chiude- 
ranno spero.  Il  Delegato  ci  sosterrà.  Egli  ne  vede  la  utilità  ,  e  non 
le  abbandonerà  della  sua  tutela.  Probabilmente  questo  vento  che  spira 
contrario  sarà  stato  soffiato  dai  maestrucoli  e  da  certi  signori  della 
Metropoli.  Il  Governatore  avrà  accolto  queste  insinuazioni ,  perchè  fu 
sempre  avverso  a  questa  istituzione  ,  e  perchè  ci  trova  forse  un  le- 
game colle  cose  politiche ,  il  che  è  una  falsa  opinione. 

Ho  ricevuto  l'articolo  e  ringrazio  quanto  so  te  e  Doria  che  lo 
copiò.  Salti  (1)  parlò  con  troppa  bontà  di  me.  e  mi  pose  al  cimento  di 
meritar  quelle  lodi  :  però  vado  correggendo  e  ricopiando  i  miei  arti- 
coli ,  e  se  dovessi  badare  a  questo  solo  lavoro  avrei  già  pubblicato 
il  I  voi.  Ma  l'Ateneo  mi  da  altre  cure.  Presto  avrai  i  Commenti  del- 
l'ultimo biennio.  Addio,  caro.  Ama  sempre  il  tuo  Ugoxi. 

Molto  aggravio  si  fece  all'Ugoui  della  sua  amicizia  col  conte 
Arrivabene  di  Mantova,  col  quale  nel  1813  avea  fatto  il  viaggio 
d' Italia  ;  e  che  era  legato  alla  società  milanese ,  e  infervorato 
per  le  scuole  di  mutuo  insegnamento.  Denunziato  dagli  improv- 
vidi racconti  dei  detenuti,  l' Arrivabene  era  stato  messo  agli  ar- 
resti, ma  si  dovette  rilasciarlo  come  innocente. 

Tal  fu  l'opinato  della  Commissione  speciale  :  la  quale ,  in- 
terrogata sul  conto  di  Camillo  Ugoni ,  dovea  rispondere  che 
non  apparteneva  a  società  segrete  ;  avea  bensì  amicizie  in  quelle, 
mandava  e  riceveva  lettere  di  senso  liberale ,  ma  sarebbe  illegale 
il  perturbarlo.  Intanto  però,  nella  perquisizione,  gli  si  colsero 
molte  lettere,  specialmente  dell' Arrivabene,  il  quale  gli  discor- 
reva delle  scuole  lancastriane  e  chiamava  ingiusto  il  perseguitar- 
le ;  lodava  un'orazione  funebre  recitata  a    Chiari    in    morte   del 

Ci)  Profugo  napoletano  ,  che  fece  una  povera  continuazione  del  Gin- 
guenu  ,  e  scriveva  articoli  sui  giornali  francesi. 


CAMILLO   UGONI    E   GIOVITA   SCALVICI  401 

prevosto  Morcelli ,  nella  quale  mostravasi  quanto  il  sapere  giovi 
a  render  l'uomo  e  più  pio  e  più  morale  e  più  utile  alla  società  ; 
e  tanto  più  accetti  a  Dio  essere  i  più  illuminati,  "checché  ne 
dican  le  nostre  Polizie,  che  l'hanno  tanto  contro  questi  illuminati  ». 
E  il  20  tnuo-no  1820  lo  eccitava  a  diffonder  il  mutuo  inse- 
gnamento,  massime  alla  campagna,  e  «  trapiantar  in  questo  suolo, 
di  lutto  capace,  tante  altre  istituzioni  che  onorano  le  nazioni  che 
le  hanno  inventate ,  e  che  soccorrendo  i  poveri ,  non  ne  fomen- 
tano uè  l'ozio,  né  i  vizi,  uè  l'infingardaggine.  A  questa  bell'ope- 
ra ho  anche  animato  la  società  di  Firenze  ,  e  finché  vivo ,  per 
quanto  filosofo,  liberale,  rivoluzionario,  massone  possa  esser 
chiamato ,  sempre  griderò  che  la  nascita  e  la  ricchezza  sono  una 
macchia  e  un'  infamia  ove  non  sieno  adoperate  al  progresso  dello 
incivilimento  e  della  pubblica  prosperità  ». 

Il  29  settembre  1820  l'Arrivabene  da  Mantova  scriveva 
all'  Ugoni  : 

Mio  amico , 

Sebbene  io  non  regga  al  paragone  di  tanti  insigni  letterati  che 
ti  scrivono,  pure,  per  la  bontà  del  tuo  cuore  e  per  i  vincoli  di  antica 
e  santa  amicizia  che  a  te  mi  legano  e  legheranno  per  1  intera  vita  , 
lèrtuamente  credo  che  ti  sia  caro  il  ricevere  qualche  volta  mie  let- 
tere. Dante,  nel  colmo  dell'  ira  e  del  dolore,  godeva  che  il  nome  di  Fi- 
renze si  spandesse  per  l' Interno  ;  io  ho  goduto  invece  che  il  tuo  h 
noto  e  caro  a  Firenze  e  altre  città  di  Toscana.  Con  Niccolini  e  Cap- 
poni si  è  parlato  molto  di  te  e  da  entrambi  si  spera  in  te  un  soste- 
gno al  giornale  che  stanno  preparando.  Con  esso  vorrebbero  porre 
Italia  al  livello  dell'altre  nazioni ,  ove  è  abbonito  lo  spirito  di  parte 
ove  i  veggenti  .fanno  una  lega  veramente  sacra  ,  perchè  mira  non  a! 
servaggio  ma  alla  felicità ,  alla  libertà  degli  uomini.  11  primo  è 
tuo  amico  di  vecchia  data  ,  e  provasti  già  quanto  sia  cara  la  sua 
compagnia,  elevato  il  suo  cuore.  Quando  conoscerai  Capponi,  la  con- 
lbrniitic  delle  opinioni  ,  dei  desideri  .  la  generosità  dell'animo,  tutto 
concorrerà  a  lare  che  dopo  pochi  momenti  vi  trovi  molto  in- 

nanzi nei  sentimenti  di  stima  e  di  amicizia.  Vi  sono  uomini  con  cui  si 
rimane  amici  per  tutta  la  vita ,  altri  con  cui  la  confidenza  segue 
l'essersi  veduti. 

Alla  prima  occasione  ti  restituirò  il  Volnev  e  il  Thomas  :  il  mio 
ignorare  è  tanto,  che  non  v'è  tempo  da  perdere,  e  mi  conviene  ta- 
gliare l'orecchie  al  presentarsi  di  ogni  forbice. 


462  EPISODIO    DEL   LIBERALISMO   LOMBARDO 

In  questo  andare  sossopra  di  mondo  non  giova  smarrirsi ,  ma 
fortificare  le  oneste  amicizie  ,  conservare  i  moderati  e  giusti  desideri, 
ed  aspettare  che'  si  avveri  la  profezia  dell'antico  arcivescovo  di  Ma- 
lines  ;  «  L'Europe  a  été  tour-à-tour  grecque  ,  romaine ,  barbare, 
féodale:  l'Europe  entière  sera  constitutionnelle. 

Le  frasi  di  queste  lettere  erano  più  che  sufficienti  a  promuo- 
vere non  solo  l'attenzione  della  Polizia,  ma  la  persecuzione  del 
tribunale.  Pertanto  Camillo ,  lo  Scalvini  e  l'Arrivabene  presero 
accordo ,  e  traversata  la  vai  Camonica  poi  la  Valtellina,  passa- 
rono nei  Grigioni  e  in  Francia  (1).  Sommo  fu  il  dispetto  della 
Polizia,  cuculiata  non  solo  dai  liberali,  ma  dal  Salvotti,  del- 
l'essersi lasciata  sfuggire  tre  soggetti ,  di  cui  la  fuga  attestava 
la  reità  :  e  lunghi  esami  si  fecero  ai  servi ,  agli  ostieri  per  deter- 
minare ogni  passo  della  loro  fuga.  Si  perquisirono  le  loro  case  (2) , 
ed  essendosi  denunziato  che  le  carte  dello  Scalvini  erano  nasco- 
ste nelle  fondamenta  dette  di  San  Pietro  presso  il  Castello,  loca- 
lità paurosamente  guardata,  vi  si  fecero  indagini,    ma  vane.  Si 

(1)  Per  le  camunie  rupi  e  li  nevosi 

Sentieri  della  retica  montagna 

Accelerando  i  passi  dolorosi 

Fuggo  dall'irata  aquila  grifagna. 
Tu  pur ,  dolce  fratel ,  questi  selvosi 

Gioghi  vedesti  ,  quando  le  calcagna 

Davi  ai  rapaci  artigli  sanguinosi 

Da'quai  campasti,  come  da  lupo  agna. 
0  terra ,  ove  le  prime  aure  spirai 

Dolci  di  vita  !  o  Italia ,  io  ti  saluto  , 

Sebben  a  me  patria  non  fosti  mai. 
Io  non  mi  dolgo  del  destili ,  ma  il  merto  : 

E  tu  ten  duoli  e  non  lo  cangi ,  ed  hai 

Pur  tanti  lòrti  all'alta  impresa  aiuti. 

C.  Ugoni. 

(2)  Nella  perquisizione  fatta  all'Arrivacene  trovaronsi  lettere  dello 
Scalvini  da  Milano  ,  in  cui  gli  inquisitori  notarono  queste  frasi  : 

«  Domani  Mompiani  ed  io  andremo  dalla  Calderara  ;  niun  tede- 
sco ,  niun  ministro ,  niuna  spia.  —  Monti  ha  scritto  un  inno  per  lo 
imperatore  ch'è  sotto  i  torchi.  Bada  bene,  è  sotto  i  torchi  l'inno  non 
l'imperatore  per  nostra  sventura.  —  Si  ama  tali  piante  noi  che  di 
null'altro  ci  nutriamo  che  di  liberalismo  ». 


CAMILLO  UGONI   E   GIOVITA   SCALVINI  463 

vigilò  attentamente  il  carteggio  domestico  di  Marianna  Del  Ben 
sorella  dell'  Ugoni  collo  zio  di  lui    Francesco. 

Al  fratello  Filippo,  mentre  stava  alla  sua  villa  del  Campaz- 
zo  presso  Pontevico,  si  presentò  il  commissario  Bolza  per  arre- 
starlo, ma  egli  trovò  tempo  di  montare  a  cavallo  e  fuggire.  Camil- 
lo s'indugiò  alcun  tempo  a  Lugano  «  paese  (dice  suo  fratello)  di 
natura  bellissime  ma  dalla  schiavitù  d'un  tempo  abbrutito,  e  non 
peranco  dal  libero  governo  ingentilito  ».  Da  Zurigo,  mandò  al- 
V Antologia  di  Firenze  un  articolo  ove  si  cougratulava  di  questa 
città ,  che  «  avendo  appena  lOmila  abitanti,  contava  cento  scrittovi 
che  aveano  pubblicato  qualche  opera  (fra  cui  Gaspare  Orelli  che 
pubblicò  in  italiano  una  vita  di  Dante)  ;  una  biblioteca  di  72mila 
volumi,  dieci  società  artistiche,  letterarie,  filantropiche,  quattro 
istituti  di  educazione  pubblica ,  vai'ie  stamperie  ;  dove  miseria 
non  c'è,  né  ricchezza  insultante,  ma  agiatezza  con  discrete  fatiche 
acquistata  ;  dove  la  mattina  vedete  comandare  una  compagnia 
di  soldati  quello  stesso  che ,  deposto  l'uniforme ,  presiede  al 
pranzo  dell'albergo  di  cui  è  padrone  ;  dove  vedete  deputato  o  giu- 
dice o  magistrato  il  mercante  che  vi  ha  venduto  il  panno ,  o  il 
banchiere  che  vi  pagò  una  cambiale  ;  dove  non  vi  ha  né  rilassatez- 
za, né  sospetti,  né  rigori  ;  dove  il  governo  è  la  difesa  dei  cittadini  ». 

Più  a  lungo  stette  Camillo  in  Francia,  a  Parigi  o  a  Saint  Leu 
Taverey,  sempre  braccheggiato  con  una  attenzione  che  pareva  su- 
perflua alla  sua  tranquillità  (1).  L'esilio  sempre  gì'  increbbe  ;  il 
25  gennaio  da  Parigi  scriveva  alla  contessa  Anna  Serego  di  Ve- 
rona: «  Io  non  desidero  nulla  più  vivamente  che  di  tornare  in 
patria  per  vivere  tranquillo  in  seno  ai  cari  parenti  ed  amici.  La 
vostra  ultima  lettera  è  venuta  ad  accrescere  ancora  questo  desi- 
derio. Per  ora  non  vi  posso  dire  di  più  ». 

Nel  1833  suo  zio  chiedeva  per  lui  un  salvocondotto ,  sicché 
potesse  venire  a  difendersi  a  piede  libero  ;  allora  il  tribunale  rias- 

(1)  Egli  stesso  mi  l'accontava  che  a  Ginevra  si  trovò  a  un  pranzo  dove 
sedeva  pure  uno  sconosciuto  d'apparenza  insignificante,  viso  pallido, 
sguardo  spento,  aria  distratta  che  l'interrogò  sullo  stato  dei  partiti  in 
Francia.  Ugoni  gli  divisò  dei  legittimisti,  dei  repubblicani,  de'  fourieristi  : 
e  queir  incognito  gli  domandò  :  «  Mae  i  Bonapartisti  ?  »  Ugoni  non  esitò 
a  rispondergli  che  un  tal  partito  neppure  esisteva.  Dovette  riderne 
quello  sconosciuto,  che  era  il  principe  Luigi  Bonaparte. 


164  EPISODIO   DEL   LIBERALISMO   LOMBARDO 

sunse  gli  atti  del  processo ,  e  come  non  fosse  trovato  partecipe 
della  congiura,  ma  tutti  ne  lo  dichiarassero  complice,  atteso  il 
suo  pensar  liberale  e  il  favore  al  romanticismo  e  alle  scuole  lan- 
castriane;  e  per  avere  assistito  alla  lettura  della  famosa  ode  del 
Rossetti  Sei  pur  bella  cogli  astri  sul  crine  per  la  rivoluzione  di 
Napoli  :  dopo  uscito  (conchiudeva)  non  si  compromise  in  verun 
modo,  e  i  profughi  lo  teneano  in  conto,  pei  talenti ,  pel  pensare  , 
per  le  tendenze,  solo  rimproverandogli  che  cercasse  rimpatriare. 

E  rimpatriò  quando  Ferdinando  I  diede  l'amnistia. 

Giovita  Scalvini  era  maestro  in  casa  Melzi,  e  legava  ami- 
cizia col  fior  dei  letterati  d'allora.  Il  buon  Mompiani  gli  scriveva 
al  20  marzo  1820: 

Amico  carissimo , 

Mi  duole  di  sentire  dalla  vostra  di  ieri,  che  siate  determinato  di  ab- 
bandonare la  casa  Melzi,  molto  più  che  questa  notizia,  che  mi  perviene 
inaspettata,  mi  fa  credere  che  tale  misura  per  parte  vostra  abbia  avuto 
origine  da  una  causa  disgustosa.  Io  non  potrei  venire  a  Milano  che  per 
la  metà  del  venturo  aprile  e  ciò  perchè  l'assenza  di  due  mesi  mi  ha 
accumulate  molte  faccende  che  non  potrò  sì  presto  disimpegnare.  Mi  è 
poi  caro  il  sentire  che  continui  ad  esservi  gradita  l' idea  di  quel  tal 
giornale ,  alla  di  cui  compilazione  voi  potreste  contribuire  più  degli 
altri ,  per  l'abilità  vostra  e  più  per  le  buone  inclinazioni  che  adornano 
il  vostro  cuore.  È  pur  dolce  il  sentire  che  anche  in  questi  tempi  di 
dissipazione  si  trova  chi  disprezza  la  vanità  e  cerca  di  essere  utile 
all'umana  famiglia.  Questo  sentimento  in  voi  è  lodabilissimo  e  sono 
sicuro  che  lo  conserverete. 

Vostra  madre  qui  sta  bene  e  si  è  rallegrata  al  sentire  da  me  che 
eravate  in  buona  salute. 

Addio  il  mio  caro  amico  :  vi  desidera  quelle  prosperità  che  me- 
ritate il  vostro  Mompiani. 

Allude  al  Conciliatore,  ma  lo  Scalvini  scriveva  piuttosto  nella 
Biblioteca  Italiana  dove  pose  articoli  sub"  Jacopo  Ortis  del  Foscolo 
e  sulle  Grazie  del  Cesari:  e  l'Acerbi  gli  scriveva  (13  novem- 
bre 1818):  «  Voi  sarete  uno  scrittore  per  la  immortalità,  ma  non 
per  un  giornale,  che  ama  e  vuole  più  il  presto  che  il  perfetto  ». 

Abbiamo  alla  mano  mi  ampio  carteggio  collo  Scalvini  ,  fra 
cui  una  lettera  del  18  settembre  1819  d'un  Luigi  (Somini?)  di 
Chiari  che  dice  :  «  Sotto  ruvida  scorza  quel  vero  bresciano  (Moni- 


CAMILLO   UGONI    E   GIOVITA    SCALVINI  465 

piani)  ha  un  cuore  eccellente  ed  una  testa  benissimo  fatta.  Mom- 
piani  farà  onore  alla  patria,  stanne  certo.  Sai  che  risposta  ha 
data  al  Viceré  quando  fu  a  visi  lare  la  sua  scuola  alla  Lancaster  ? 
Il  principe  lo  domandò  dei  principali  vantaggi  dulia  sua  scuola; 
ed  egli  prontamente:  «  Così  si  avvezzano  a  comandare  senza 
oro-oglio  ed  ubbidire  senza  viltà  ».  E  tu  tei  sai  che  Giacinto  non 
ha  ombra  di  giacobino.  Virginio  (Soncini?)  che  me  l'ha  contata, 
mi  ha  soggiunto  che  l'Austriaco  l'ha  capita,  e  gli  ha  voltato  le 
spalle  ». 

In  quel  carteggio,  che  va  dal  1806  al  1821  ,  oltre  le  lette- 
re di  famiglia  e  d'affari,  ce  n'ha  di  Vincenzo  Monti,  del  Pa- 
gani ,  del  Nicolini ,  di  Gio.  Àrrivabene  :  molte  poi  di  Paride 
Zajotti  e  di  Giuseppe  Acerbi  relative  alla  cooperazione  dello 
Scalvini  alla  Biblioteca  Italiana. 

Lo  Scalvini ,  uscito  di  patria ,  si  diede  «  al  mestier  di  chi 
non  ha  mestiere  »  insegnando  l' italiano  :  e  fremeva  : 


Abbiamo  fallito  l' intento  della  vita  e  aggiunti  i  nostri  propri 
errori  agli  altrui,  per  renderla  miserabile  e  inutile.  Abbiamo  voluto 
essere  sciolti  d'ogni  soggezione  -,  ci'  siamo  creati  una  soggezione  peg- 
giore ,  perchè  abbiamo  dovuto  domandare  asilo  allo  straniero  ,  e  ac- 
cettare protezione  e  soccorso.  Abbiamo  voluto  essere  virtuosi  ;  siamo 
rimasti  perplessi.  Avevamo  sortito  nobile  ingegno  e  l'abbiamo  traf- 
ficato come  una  merce  per  campare  la  vita  ;  abbiamo  gridato,  anziché 
operare,  pianto  anziché  aiutarci.  Abbiamo  disdegnato  le  arti  della 
vita;  e  quando  ci  sono  bisognate,  ci  siam  trovati  stolti  e  disarmati; 
abbiamo  superbamente  voluto  edificarci  un  mondo  più  alto  del  reale; 
e  siamo  precipitati  in  esso  ,  stanchi ,  offesi ,  irati ,  senza  virtù  di 
rilevarci. 

Io  aveva  casa  e  beni  più  che  non  bisognano  al  sostegno  della 
mia  vita  ,  contento  di  poco  ;  e  molti  altri  erano  come  me  :  e  abbiamo 
dovuto  stender  la  mano.  Abbiamo  dovuto  mendicare.  Errammo  di- 
spersi ,  ci  riscontrammo  per  caso ,  e  parlando  la  medesima  lingua  , 
rammentammo  le  medesime  cose  che  insieme  avevamo  conosciute  ed 
amate  in  patria ,  i  comuni  amici ,  le  comuni  abitudini. 

Se  tu  dici  —  Le  mie  merci  affondarono  in  mai  e;  il  fuoco  arse 
le  mie  case  ;  la  grandine  ha  deserto  i  miei  campi  »  tu  trovi  commi- 
serazione. Ma  se  tu  dicessi,  —«Io  sono  sbandito»,  egli  è  come  se  tu 
dicessi  —   Io  sono  pazzo  ».  Aggiungi  che  il  falsario  ,  il   ladro  ,    l'as- 


466  EPISODIO    DEL   LIBERALISMO    LOMBARDO 

sassino ,  il  vagabondo    prendono  il  mantello  dulia  tua  sventura ,  e  tu 
che  sei  povero,  vai  a  rischio  d'esser  creduto  un  di  loro. 

Lo  Scalvini  mostrò  più  volte  mala  contentezza  dei  cospira- 
tori e  degli  insorti  d'allora,  e  parlando  de'  Piemontesi  diceva  : 

Corse  nel  campo  una  confusa  voce 

Che  narrò  il  nembo  della  polve  avvolta 
Sotto  a'  pie  de'  cavalli ,  e  i  rai  dell'armi 
In  lontananza  ;  e  ratto,  come  stormo 
Di  paventosi  augei  se  rigirarsi 
Vede  il  bruno  falcon  sotto  le  nubi , 
Come  nei  colli  aperti  aride  foglie 
Dinanzi  al  vento,  si  shandaron  tutti , 
Tutti.  —  Tremaron  pe'lor  dì  le  madri, 
Le  sorelle  ,  le  spose  ;  e  tutti  illesi 
Al  loro  amplesso  ritornaro:  ai  baci 
Delle  adultere  donne ,  alle  profuse 
Mense ,  dove  il  conviva ,  a  lor  le  colme 
Tazze  votando ,  salutolli  prodi. 

Pur  v'  ha  talun  che  i  panni  apre,  e  sul  petto 
Mostra  i  segni  del  ferro  ;  e  narra  immani 
Fatiche  d'altri  giorni ,  allor  che  in  armi 
Contro  al  Settentrion  corse  il  Meriggio , 
E  curvo  sul  destrier  coli'  inclinata 
Lancia  il  Cosacco  rapido  avventarsi 
Sul  gel  lucente;  e  .  nella  notte  ,  accesa 
Repente  la  regal  Mosca  ,  dell'armi 
Tramutar  la  fortuna:  onde  allo  scampo 
Bisognò  più  valor  che  alla  conquista  (1). 

(1)  Anche  Foscolo  compassionò,  anziché  ammirasse  i  tentativi  li- 
berali ;  i  nostri  migrati  giudicava  o  fanatici  senza  ardire  ,  o  metafisici 
senza  scienza,  deliranti  dietro  all'impossibile.  E  caratterizzando  gl'Italiani, 
soggiungeva  che  «  mentre  quasi  tutti  aspiriamo  all'  indipendenza  ,  co- 
spiriamo pur  tutti  alla  schiavitù..  .  Questa  setta  è  contenta  dell'onore  di 
bramare  a  viso  aperto  V  indipendenza ,  e  lascia  ad  altri  il  pensiero  e  i  pe- 
ricoli d'affrettarla  ,  e  ,  per  giunta  ,  si  lusinga  d'  impetrarla  quando  che  sia 
dalla  commiserazione  delle  altre  nazioni....  Voi  siete  accaniti  in  battaglia, 
accorti  a  discernere  l'arti  della  tirannide,  concordi  a  dolervene  ,  e  inerti 
ogni  sempre,  e  odiosamente  diffidenti  a  sottrarvene  :  e  presumete  di  non 
vivere  servi  ?... 

«  Quando  il  tempo  e    la  violenza  dei  fatti  vi  desta  ,    voi  vi  guardate 
'attorno  colla  sonnolenza  dell'ubriachezza,  ad  esecrar  Francesi  e  Tede- 


CAMILLO    UGONI    E    GIOVITA    SCALVINI  467 

Anche  al  Confalonieri  fu  poco  benigno ,  e  ne  cantava  : 

E  poi  che  sperse  cume  ombre  di  sogno 
Andaron  l'arme  di  due  campi ,  e  diede 
Securtà  la  vittoria  alle  vendette , 
Tu ,  malaccorto  ,  a  infellonir  tornavi . 
A  rannodar  le  lacere  tue  trame , 
A  raccor  vie  più  densa  la  procella 
Sovr'al  tuo  capo  ;  e  perchè  fuor  de'  tuoi 
Si  maturava  il  tuo  castigo,... 
Ivi  cianciando  che  niun  fora  ardito 
Porti  addosso  le  mani.  -  E  te  l' han  poste  , 
Te  vii  turba  ghermì  ;  né  della  casa 
Ti  valse  lo  splendore  in  che  fidavi , 
Non  la  canizie  del  tuo  vecchio  padre , 
É  non  la  grazia  che  su'  tuoi  congiunti , 
Per  la  provata  fé ,  piove  dal  trono. 
Circuir  gli  alti  tetti ,  entro  le  soglie 
Baldi  misero  il  piò  ;  cercar  le  interne 
Camere,  i  letti;  irriverenti  innanzi 
Le  fiere  effigie  dei  proavi ,  innanzi 
Lo  stuol  de'  servi ,  nelle  pinte  assise 
Chiusi  ed  immoti ,  t'assalir  nascoso 
Fra  le  macerie  come  fiera  stanca. 
E  te  ,  captivo ,  senza  ira  né  duolo 
Vide  il  vulgo  condur,  freddo  guardando 

schi ,  e  missionari  di  sante  alleanze  ,  e  ambasciadori  che  hanno  versato 
sospetti  e  scandali  a  disunire  ed  infamare  1'  Italia  ed  ogni  italiano.  Pur  , 
da  che  vi  soggiogano  senza  spandere  sangue  ,  hanno  merito  di  prudenti. 
Ma  se  voi  non  voleste  ascoltare  ,  nò  credere  ,  ne  ridire  sospetti  e  scan- 
dali ;  e  aveste  fede  gli  uni  negli  altri  ;  e  su  non  vi  accusaste  fra  voi  di  es- 
sere nati ,  allattati  ed  allevati  figliuoli  di  patria  lacerata  da  dissensioni  ; 
e  se  non  vi  doleste  che  ciascheduno  di  voi  sta  apparecchiato  a  prostituir- 
la per  oro  o  per  rame  alle  libidini  di  tutti  gli  adulteri  ;  e  se  non  nomi- 
naste oggi  l'uno  ,  domani  l'altro  ,  a  fare  Tersiti  de'  vostri  Achilli  ;  credo 
che  la  prudenza  de'  vostri  oppressori  tornerebbe  in  ridicola  furberia ,  e 
l'avrebbero  oggimai  pagata  del  loro  sangue  ;  sareste  servi ,  ma  non  in- 
fami né  stolti.  Se  non  che  voi  sciagurati  non  lasciate  ne  lascerete  mai 
che  neppure  i  fatti ,  i  quali  fanno  ravvedere  anche  gli  stolti ,  assennino 
voi  ,  che  pur  siete  scaltrissimi  ed  animosi  ». 

La  nostra  povera  nazione  (io  l'amo  troppo  per  non  osare  di  chiamarla 
così)  ha  essa  perduta  l'opportunità  di  tali  rabbuili  ì 


468  EPISODIO    DEL    LIBERALISMO    LOMBARDO 

Or  sovra  a  te,  qual  tu  solei  sovr'esso.... 

Misero  ,  e  più  non  metterai  la  bella 
Veste ,  che  tanti  d'amorose  donne 
Sguardi  traea  su  te,  quando  lunghesso 
Le  vie  della  città,  stringendo  un  vaio 
Tuo  corridor  ,  letizia  diffondevi 
A  dritta  e  a  manca  di  gentil  saluto. 
E  dagli  occhi  splendenti  e  dalla  dolce 
Bocca  e  da  tutta  la  persona  il  lume 
Di  tua  grande  prosapia  si  spandea. 

Chiudiamo  più  tranquillamente  con  una  lettera  che  V.  Monti 
dirigeva  allo  Scalvini  da  Sesto  di  Monza,  il  12  Aprile  1821: 

Mio  caro  amico  , 

Tutto  quel  poco  che  nelle  mie  postille  a  Dante  vi  giova,  traetelo 
a  vostro  uso ,  e  liberamente  adoperatelo  come  cosa  vostra.  Piacemi 
poi  grandemente  il  pensiero  di  ridurre  in  altrettante  lettere  la  ma- 
teria ,  e  farete  opera  di  molta  onestà  e  cortesia  dirigendola  al  nostro 
Arrivabene  :  ch'egli  è  degno  di  questo  tributo  d'onore  e  di  stima.  Mano 
adunque  all'  impresa,  e  a  profitto  della  gioventù  studiosa  di  Dante 
mettetela  sul  buon  sentiero  ritraendola  dal  malvagio,  in  cui  studiasi 
di  aggirarla  il  Biagioli  con  quei  suoi  eccessi  perpetui  e  quando  loda  e 
quando  vitupera.  Né  vi  date  all'anno  del  rimandarmelo ,  contentissimo 
che  me  ne  facciate  la  restituzione  quando  ritornerete  :  il  che  desidero 
avvenga  subito  che  avrete  pronta  una  qualche  parte  del  lavoro  che 
meditate,  e  a  cui  per  vostro  onore  vi  esorto. 

Da  tre  giorni  qui  godo  in  compagnia  d'  Oriani  il  ritorno  della 
primavera,  e  rifiorisco  le  forze  del  corpo  e  dello  spirito.  Ma  sono 
tante  le  cose,  a  cui  ho  le  mani ,  che  non  regge  a  tutte  T  ingegno  e 
la  voglia  di  lavorare.  Ad  Ugoni  ho  mandato  risposta  a  voce  per  mezzo 
di  un  suo  amico.  Dio  sa  se  desidero  di  compiacergli  ;  ma  per  le  molte 
correzioni  che  a  quei  versi  {della  Feroniade)  abbisognano,  e  dimanda- 
no tempo  e  fantasia  libera  da  tutt'altre  cure,  vi  giuro  ch'egli  mi  avrebbe 
reso  grande  servigio  se  mi  avesse  sciolto  dall'obbligo  di  mantenergli  le 
mie  promesse  :  perdi'1  assolutamente  in  quel  tratto  della  Feroniade  io 
veggo  quel  bello  che  gli  manca  e  che  potendo  aggiungervelo,  mi  dorrebbe 
non  aver  avuto  tempo  di  condurre  alla  debita  perfezione.  Salutatelo, 
e  ditegli  che  preghi  le  muse  di  mandarmi  un  momento  felice  d'ispi- 
razione. State  sano  ed  amate  il  i-ostro  Monti. 

{continua)  C.  CANTÒ. 


Rassegna  Bibliografica 


Studj  Bibliografici  e  biografici  svila  Storia  della  Geografia  in 
Italia,  pubblicati  per  cura  della  Deputazione  Ministeriale 
istituita  presso  la  Società  Geografica  Italiana.  Roma,  Tip. 
Elzeviriana,  1875.  -  In  4.° 

Storia  dei  viaggiatori  italiani  nelle  Indie  Orientali,  compilata 
da  ANGELO  De  Gubernatis  ,  con  estratti  d'  alcune  rela- 
zioni di  viaggio  a  stampa  ed  alcuni  documenti  inediti.  Li- 
vorno, coi  tipi  di  Francesco  Vigo  editore,  1875.  -  In  8.° 

I.  Varie  e  dolorose  ragioni  ci  distolsero  dall'  occuparci  con 
la  desiderata  sollecitudine  degli  Studj,  che  la  benemerita  Socie- 
tà Geografica  Italiana  presieduta  dall'  illustre  comm.  Cesare  Cor- 
renti presentava  or  fa  un  anno  al  Congresso  internazionale  di 
Geografia  in  Parigi.  Chi  voglia  conoscere  la  storia  di  questo 
volume ,  ed  anche  di  quell'  altro  di  Studj  sidla  geografìa  natu- 
rale e  civile  dell'  Italia  che  gli  fu  dato  a  compagno  (se  pur  v'  è 
alcuno  che  sinora  non  l'abbia  fatto),  basterà  .ne  chiegga  alla 
Nota  Preliminare  apposta  al  primo  di  essi  dal  Correnti  mede- 
simo. Il  quale  non  manca  di  esporla  con  quello  stile  tutto  brio 
ed  efficacia  che  può  dirsi  caratteristico  dell'Autore,  e  quella  can- 
didezza che  facilmente  si  guadagna  gli  animi  colti  e  gentili.  Già 
si  sa  che  alle  esortazioni  della  sua  «  eloquenza  apostolica  »,  sì 
come  felicemente  la  definisce  il  eh.  De  Gubernatis  (1),  non  è 
possibile  rimanersene  inoperosi  ;  e  perciò  scemerà  alcun  poco  la 
meraviglia  (  né  diciam  punto  l' ammirazione  )  s'  egli  ottenne  di 
mettere  insieme  nel  giro  di  pochi  mesi  cotesto  bel  libro,  pel 
quale  molti  avrebbero  avuto  mestieri  di  uno  assai  più  lungo 
spazio  di  tempo. 

Vagheggiava  il  Correnti  ,  e  vagheggia  tuttora  ,  come  impre- 
sa di  utile  incontestato  e  di  onor  sommo  all'  Italia ,  quella  «  di 
raccogliere ,  come  chi  dicesse  in  un'  enciclopedia  geografica ,  le 
relazioni ,  le  lettere  e  i  commentar)  de'nostri  vecchi  viaggiatori. 
Sarebbe  la  raccolta  del  Ramusio  ringiovanita,  ampliata,  raffor- 
zata con  tutti  i  susìidj  della  critica ,  e  con  tutti  i  raffronti  delle 

(1)  Storia  dei  viaggiatori  ecc.,  pag.  vi. 
Arch.,  3."  Serie  ,  Tom.  XXIV.  30 


470  RASSEGNA   BIBLIOGRAFICA 

scoperte  successive  »  (p.  XIV).  Or  «  a  preparare  questo  risor- 
gimento della  nostra  letteratura  geografica  nessun'  altr'  opera 
poteva  meglio  giovare ,  che  una  rassegna ,  completa  al  possibile 
dei  documenti ,  dei  codici  ,  delle  carte  rappresentative  e  dei  libri 
che  si  conservano  nelle  biblioteche  e  negli  archivi  italiani  »  (p. 
cit.).  Pose  egli  perciò  a  contributo  tutti  gli  stabilimenti  scien- 
tifici e  tutti  i  cultori  degli  studi ,  dai  quali  potevasi  ragionevol- 
mente sperare  alcun  sussidio  capace  di  tornare  acconcio  all'edi- 
lizio; e  com'  ebbe  a  dir  poscia  al  Congresso  di  Palermo  (1) 

Sì  forte  fu  l'affettuoso  grido 

che  ben  oltre  a  cento  furono  coloro  che  il  sovvennero  di  oppor- 
tune notizie ,  giusta  quanto  dimostra  1'  elenco  delle  «  Corrispon- 
denze che  hanno  servito  alla  compilazione  dell'  opera  »  (pag.  a  -  i). 
Gli  Studj  apprestati  pel  Congresso  parigino  contengono  ap- 
punto l' enunciato  lavoro  di  preparazione  alla  enciclopedia  ;  e 
come  sono  di  lor  natura  distribuiti  in  tre  capi ,  così  vennero  ac- 
conciamente ripartendosi  fra  tre  dotti  e  zelanti  membri  della 
illustre  Società  costituiti  all'uopo  in  Deputazione  Ministeriale  , 
cioè  il  cav.  Pietro  Amat  di  San  Filippo,  il  prof.  Gustavo  Uziel- 
li  e  il  cav.  Enrico  Narducci.  E  alla  Deputazione  soccorse  il  Sig. 
Ministro  della  pubblica  istruzione ,  non  solamente  »  con  quanta 
larghezza  gli  consentiva  la  sua  onnipotenza  »,  ma  anche  meglio 
col  "  lasciar  fare  »  che  è  «  virtù  più  rara  che  quella  di  sorreg- 
gere e  proteggere  »  (p.  XVI).  Né  soltanto  spiegossi  una  alacrità 
veramente  insolita  nello  adunare  i  materiali  opportuni  all'  opera, 
o  nel  curarne  1'  ordinamento ,  ma  eziandio  nello  invigilarne  e 
compierne  1'  edizione.  Di  che ,  oltre  le  dichiarazioni  che  se  ne 
fanno  qua  e  colà  nel  corso  del  libro ,  rendono  testimonianza  apertis- 
sima le  varie  specie  di  numerazione  adottate  a  segnar  le  pagi- 
ne in  lettere  alfabetiche ,  in  cifre  romane  ed  ara'  uche ,  e  più 
ancora  la  epigrafe  che  leggesi  a  tergo  dell'  ultima  carta  :  «  Que- 
sto volume  stampato  in  Roma  nella  Tipografi'  Elzeviriana. . .. 
ebbe  principio  nel  giugno  e  fine  nel  luglio  1875  ».  Ciò  spiega  e  scusa 
anche  ,  a  nostro  avviso ,  tante  cose  ;  e  innanzi  tutto  perchè  l' invio 
delle  bozze  fatto  dalla  Deputazione  ad  alcuno  fra  gli  studiosi  dai 
quali  si  aveva  caparra  di  buon  aiuto  si  arrestasse  ai  primi  logli  ;  e 
dà  ragione  eziandio  all'on.  Correnti  laddove  consolandosi  perchè 
i  1  volume  «  già  mostra  qualche  parte  di  novità  »,  riconosce  con 


(1)  Discorso  alla  terza  ed  ultima  adunanza    generale  del   Congresso  ; 
nel  Bollettino  della  Società  Geografica  Italiana,  1375,  pag.  613- 


RASSEGNA     BIBLIOGRAFICA  471 

lealtà  sommamente  laudabile  ,  che  tuttavia  si  dee  ritenere  «  noi 
la  più  che  un  primo  abbozzo  »  (p.  XV).  Il  che  non  toglie  però 
che  egli  medesimo  si  compiaccia  a  buon  diritto  dell'opera;  per 
che  «  1'  edizione  riuscì  accettissima  per  F  ordine ,  la  distribuzio 
ne  delle  matèrie,  e  lo  splendore  tipografico  ;  e  il  libro,  caso  uni 
co,  ottenne  due  lettere  di  distinzione  dai  giudici  parigini  »  (1) 
La  dichiarazione  dell'illustre  Correnti  poc'anzi  da  noi  rife- 
rita ,  può,  se  male  non  ci  apponiamo ,  riguardarsi  come  la  sintesi 
di  quei  giudizi  che  intorno  al  libro  di  cui  parliamo  ha  ormai 
pronunciato  concorde  una  gran  parte  del  giornalismo  scientifico; 
non  senza  però  che  a  noi  corra  debito  di  segnalare  specialmente 
sotto  questo  rispetto  la  dotta  rivista  che* ne  fece  il  eh.  Bono-i 
nel  fascicolo  della  Nuova  Antologia  pel  maggio  p.  p.  Riflettendo 
anzi  anche  noi  come  i  compilatori  degli  Studj  attendano  desi- 
derosi il  soccorso  di  nuove  indicazioni ,  «  sì  che  possano  abbon- 
dare le  giunte  e  i  supplementi  »  (pag.  253),  ci  proveremo  a  se- 
guir F  esempio  del  eh.  Direttore  del  R.  Archivio  di  Lucca  ; 
lietissimi  se  in  tal  guisa  ci  sarà  consentito  di  giovare  alcun  poco 
alla  compilazione  di  quel  volume  che  1'  on.  Correnti  ha  in  cima 
de' suoi  pensieri,  e  che  «  potremo  dare  all'Italia  (egli  dice), 
quando. . .  uscendo  dalla  tutela  del  Bilancio  ,  potremo  avere  liber- 
tà di  mercato  e  di  raccomandarci  al  pubblico  »  (pag.  xvi). 

Parte  Prima.  Biografìa  dei  viaggiatori  italiani,  e  bibliogra- 
fia delle  loro  opere  per  cura  di  PlETKO  AìlAT   DI    S.    FILIPPO. 

Il  eh.  Autore  così  spiega  nella  Introduzione  il  suo  concetto: 
«  Il  presente  lavoro  ha...  lo  scopo  di  ricordare  tutti  i  viaggia- 
tori italiani  il  cui  nome  è  pervenuto  fino  a  noi ,  qualunque  sia 
V  indole  e  V  importanza  del  viaggio,  abbiano  o  no  lasciata  rela- 
zione del  medesimo,  e  comunque  questa  corra  per  le  stampe, 
giaccia  inedita  o  sia  andata  smarrita  »  (p.  3  -  4).  E  segue  av- 
vertendo che,  per  la  ristrettezza  dello  spazio  concedutogli,  le  no- 
tizie biografiche  furono  *  dettate  con  una  concisione  che  potreb- 
be dirsi  epigrafica  »,  ove  si  eccettuino  «  i  viaggiatori  principi  » 
pei  quali  tuttavia  è  detto  "  sempre  assai  meno  di  quello  che 
l'importanza  dei  viaggi  domandava  »  (p;  4).  Alla  quale  avver- 
tenza fa  perciò  riscontro  quest'  altra  del  Correnti  :  «  Facile  il 
vedere  che  i  viaggiatori  sono  piuttosto  ricordati  che  storiati  » 
(p.  XV).  Or  lasciando  in  disparte  la  poca  felicità  della  definizio- 
ne de'  viaggiatori   già   rilevata  dal    Bongi ,   vuoisi  notare    che  il 

(1)  Correnti  ,  Discorso   alla  Società  Geografica ,  nel    Bollettino  di 
febbraio    1876  ,  pag.  60. 


472  RASSEGNA   BIBLIOGRAFICA 

lavoro  del  eh.  Amat  ritiene  tuttora  per  grandissima  parte  le 
mende  già  apposte  dal  De  Gubernatis  e  dallo  Zambrini  (1)  alla 
Bibliografìa  dei  viaggiatori  italiani  da  lui  compilata  nel  1873  e 
pubblicata  1'  anno  appresso  ;  di  guisa  che  oggi  ancora  nota  il 
Bougi  sì  come  evidente  «  che  è  mancato  il  tempo  di  tare  il  ri- 
scontro anche  dei  più  usuali  repertorj  e  di  libri ,  che  non  avreb- 
bero certamente  soddisfatto  allo  scopo  ,  ma  sarebbero  riusciti  di 
soccorso  opportuno  alla  memoria....  Bisogna  credere  di  più  che 
nel  corso  della  stampa  sia  accaduto  qualche  caso  fortuito,  come 
lo  smarrimento  di  un  certo  numero  di  schede  ,  perchè  dall'  Elen- 
co delle  corrispondenze....  si  ricava  che  furono  mandate  notizie 
sopra  taluni  viaggiatori ,  che  poi  nel  libro  non  appariscono  » 
[Nuova  Ant.,  p.  170).  Non  possiamo  però  assentire  col  eh.  Bon- 
gi  là  ove  scrive  che  della  Bibliografia  medesima  «  non  si  è  te- 
nuto nessun  conto  »\  perchè  se  è  vero  che  negli  Siudj.  essa  non 
venne  «  neppur  mentovata  per  incidenza  »,  sta  il  fatto  che  in 
generale  gli  accenni  bibliografici  quivi  inserti  sono  una  ripeti- 
zione di  quelli  del  1873.  V  ha  poi  questo  di  strano  veramente , 
che  la  Bibliografìa,  comecché  «  assai  sommaria  ed  imperfetta. . . 
pure  ha  nomi  e  notizie  che  qui  sarebbe  stato  necessario  di  ripe- 
tere »  (loc.  cit.). 

Fra  le  memorie  de'  viaggiatori  non  possono  certo  mancare 
quelle  de'  frati  missionari  ;  anzi  1'  Amat  dee  ricorrere  agli  annali 
degli  ordini  religiosi ,  per  «  conchiudere  che  le  origini  dei  primi 
viaggi  italiani  possono  collocarsi  molto  tempo  innanzi  di  Plano 
Carpini  e  di  Marco  Polo  »  (p.  3).  Noi  portiamo  pertanto  opi- 
nione che  uno  studio  accurato  delle  cronache  e  dei  documenti 
delle  nostre  repubbliche  marinare  avrebbe  offerta  1'  opportunità 
di  racimolare  anche  i  nomi  di  taluni  viaggiatori  precedenti  alla 
istituzione  de'  francescani  e  domenicani  ;  per  esempio  quello  del 
patrizio  Pantaleone  capo  della  colonia  amalfitana  in  Costantino- 
poli ,  dove  ospitò  in  una  sua  casa  il  principe  salernitano  Gisol- 
fo  (1062  -  66);  e  meglio  ancora  gli  altri  dell'  arcivescovo  Alfano 
di  Salerno  e  del  vescovo  Bernardo  di  Preneste  che  accompagna- 
rono il  detto  principe  e  visitarono  indi  la  Palestina  (2).  Ma  "  in- 
dagini anteriori  al  dugento  non  pare  che  sieno  state  tentate  » 
[Nuova  Ant.,  p.  171).  Ad  ogni  modo  poi  confessiamo  che  non 
siam  molto  proclivi  ad  accogliere  quanto  registra  il  eh.  Amat  sotto 
il  1221  riferendosi  al  Waddingo,  circa  «  l' arrivo  a  Ceuta,  dall'interno 


(1)  Rivista  Europea,  1874,  pag.  371;  Propugnatore,  voi.  VII ,  par    I, 
pag   301. 

(2)  Heyd,  Le  colonie  commerciali  degli  Italiani  in  Oriente,  I.  6. 


RASSEGNA   BIBLIOGRAFICA  473 

dell'  Africa  ,  di  Ugo  prete  genovese  con  due  frati  minori  »  (p.  3). 
L'annalista  francescano  narrando  i  casi  de'  martiri  di  Ceuta,  e 
detto  come  negli  otto  dì  precedenti  al  martirio  venissero  soste- 
nuti in  carcere  ,  soggiunge  che  in  medio  tribulationum  recorda- 
ti simt  fratrum  Christianorum,  ad  quos  frequentes  litteras  de- 
derunt  inscriptas  Domino  Hvgoni,  maj ori  Sacerdoti  Genuensiwn,  et 
duobus  fratribus,  quibus  unuseratde  Ordine  Minorum,  alter  vero 
Ordinis  Praedieatorum,  qui  venerant  illis  diebus  de  interioribii  a 
partibus  Saracenorum  (1).  Ora  a  noi  sembra  che  le  parole  qui 
venerant  sieno  da  riferire  ai  due  frati  soltanto ,  perchè  in  verità 
dureremmo  fatica  a  tradurre  quel  major  Sacerdos  de'  Genovesi 
in  altra  guisa  che  non  per  l' Arcivescovo  di  Genova,  il  quale  niun 
documento  ci  addita  che  si  fosse  perigliato  nei  paesi  dell'Africa. 
Sappiamo  invece  che  esule  dalla  propria  Diocesi  per  contese  col 
suo  Capitolo  e  colla  potestà  civile,  dimorava  allora  presso  il  Pon- 
tefice ;  ma  tornò  l'anno  dopo  alla  sua  Chiesa,  avendo  quelle  dif- 
ferenze sortito  un  equo  componimento.  Vero  è  che  il  detto 
arcivescovo  chiamavasi  propriamente  Ottone  ;  ma  niuno  vorrà 
negare  esser  molto  più  facile ,  per  la  cattiva  lezione  di  un  qual- 
che codice,  lo  scambio  di  Hotoni  in  Hugoni ,  che  non  l' impresa 
di  ni!  lungo  e  disastroso  viaggio.  Si  domanderà  perchè  que'  marti- 
ri,  che  pur  non  erano  genovesi,  avrebbero  scritto  all'arcivescovo 
Ottone  ?  Forse  una  qualche  nave  genovese  era  prossima  a  salpa- 
re dai  lidi  affricani  per  Genova  ,  ed  essi  contavano  su  tale  oppor- 
tunità per  mandare  in  Europa  le  novelle  di  loro  morte.  Inoltre 
non  è  da  omettere  che  i  mercanti  genovesi  residenti  a  Ceuta 
erano  stati  fra'  più  solleciti  ad  accogliere  ed  onorare  quei  corag- 
giosi confessori  della  fede  di  Cristo;  e  poiché  ebbero  suggellata 
questa  fede  con  la  morte ,  le  loro  ossa  non  erano  state  altronde 
che  in  vico  Genuensium  tumulatae  (2).  Ma  dacché  siamo  a  toc- 
care di  religiosi ,  ricorderemo  qui  piuttosto  il  nome  del  beato 
Lanfranchino  Fieschi  domenicano ,  il  quale  andò  pellegrinando  a 
Gerusalemme  ed  ivi  terminò  i  suoi  giorni ,  sì  come  narra  ,  con 
più  altri ,  il  Bzovio  all'  anno  1237.  Ben  meritava  poi  di  essere 
tenuta  in  singoiar  conto  l'avvertenza  del  eh.  Zambrini  circa  i 
_gi  di  Marco  Polo  ,  i  quali  «  ebbero  cinque  edizioni  nel  seco- 
lo XV  »  e  in  totale  ne  contano  cinquantotto  (Propugnatore  ,  VII.  I. 
300).  Nel  volume  degli  Studj  il  eh.  Amat  riprodusse  in  vece  alla 
lettera  l' articolo  che  ne  avea  scritto  nella  Bibliografia ,  solo  tenen- 
dosi pago  d' aggiungervi  un  cenno  dell'edizione  torinese  del  1872. 

(1)  Waddingus,  Annales  Ordinis  Minorum.  a.  1221,  §  XXXVII. 
(2    Id.,  a.  1221,  §  XLI. 


474  RASSEGNA    BIBLIOGRAFICA 

Mal  sapremmo  inoltre  indovinare  perchè  1'  Amat  non  abbia 
pur  fatta  menzione  dei  fratelli  Vivaldi ,  i  quali  nel  1291  passa- 
rono con  due  galere  lo  Stretto  col  disegno  di  girare  l'Africa 
ed  arrivare  alle  Indie.  E  questo  uno  dei  più  noti  fatti,  se  bene 
non  formi  numero  tra  quelli  eh'  ebbero  esito  felice  ;  e  forse  il 
silenzio  devesi  ascrivere  a  mera  dimenticanza ,  giacché  un  artico- 
lo  del  Bollettino  della  Società  Geografica  (1876,  p.  153),  che  ha 
tutta  P  aria  di  essere  scritto  dal  eh.  Amat ,  parlando  dei  dotti 
studii  del  sig.  Gravier  (1),  esce  in  queste  espressioni  :  »  Il  Gravier 
ci  parla  di  Lancelotto  Maloisel ,  la  cui  spedizione  ,  secondo  il  Pe- 
trarca ,  avrebbe  avuto  luogo  nel  1275  ,  e  del  quale  non  si  do- 
vrebbe tacere  negli  studii  sui  viaggiatori  italiani  ,  come  di  chi 
era  ,  per  affetti  ,  e  per  lunga  dimora  ,  genovese.  Narra  la  spedi- 
zione dei  fratelli  Vivaldi  nel  1290  (sic),  rivendicata  dai  nostri 
dotti  genovesi,  della  quale  altresì  si  tace  negli  studii  tra  noi 
pubblicati  pel  Congresso  ».  Bene  è  vero  che  fino  a  pochi  anni 
addietro  si  era  dato  per  compagno  a  costoro  Tedisio  D'  Oria  , 
il  cui  merito  verso  la  spedizione  si  limita  (né  intendiamo  dire 
che  sia  poco)  ad  aver  concorso  nell'  armamento  delle  galere;  ma 
poscia  che  ormai  è  notissimo  e  provato  per  documenti  eh'  eg]i 
era  in  Genova  dopo  la  loro  partenza  (2),  così  vuoisi  per  questa  par- 
te riformare  P  affermazione  del  eh.  De  Gubernatis  laddove  ram- 
menta «  il  glorioso  ma  infelice  tentativo  de'  tre  genovesi  Tedisio 
Doria  e  fratelli  Ugolino  e  Vadino  Vivaldi  »  (3).  Generalmente 
telli  Vivaldi  si  trovano  appellati  Ugolino  e  Guido,  e  il  no- 
li Vadino ,  a  proposito  della  citata  spedizione ,  s'  incontra 
per  la  prima  volta  nel  così  detto  Itinerario  di  Antoniotto  Usodi- 
ch.  Desimoni  non  manca  di  avvertire  essere  stato  »  ri- 
conosciuto per  un  atto  notarile,  che  viveva  a  que'  tempi  un  Vivaldi 
di  nome  Vadino  ».  Perciò  (soggiunge),  o  quest'ultimo  partì  coi  due 
fratelli  Ugolino  e  Guido  :  oppure  la  confusione  de'  nomi,  bench è 
fatta  in  una  tarda  leggenda  ,  dee  di  necessità  avere  la  sua  ori- 
gine in  una  sbadataggine  di  fonte  contemporanea  »  (Giornale 
Ligustico,  1874,  p.  267).  Ora  noi  staremmo  piuttosto  per  quest'ul- 
tima supposizione  ,  e  crederemmo  che  l'equivoco  si  debba  pre- 
cisamente derivare  dalla  men  retta  lezione  degli  antichi  docu- 
menti genovesi  :  ivi  il  nome  di  Guido   si    trova  assai  frequente- 

(1)  Dècouverte  de  VAmerique  par  les  Normands  au  X  siede; 
Rouen,  1874.  Intorno  alla  quale  opera  vedasi  anche  il  Giornale  Ligusti- 
co, 1875,  pag.  314  e  segg. 

(2)  Ved.  Archivio  Storico  Italiano,  serie  III,  voi.  II,  par.  II,  pag.  125 
e  segg.;  Giornale  Ligustico,  1874,  pag.  2ò6. 

(3)  De  Gubkrnatis,  Storia  dei  viaggiatori  italiani  ecc  ,  pag.  i. 


RASSEGNA    BIBLIOGRAFICA  47 

mente  scritto  Wìdo  od  anche  Wuido;  e  perciò  il  suo  diminutivo 
può  avere  assunta  la  forma  di  Widino  o  1  Vv  idino,  ed  essere  sta- 
to trasmutato  con  lieve  modificazione  in   Wadino. 

Le  parole  riferite  poc'anzi  dal  Bollettino  ci  danno  poi  la 
chiave  deD'  enigma  che  era  per  noi  il  non  veder  rammentato 
negli  Studj  il  Malocello.  Secondo  il  Bollettino,  egli  non  è  geno- 
vese che  «  per  affetti  e  per  lunga  dimora  >».  Eppure  sono  già 
scorsi  molti  anni  da  che  l'illustre  e  rimpianto  D'  Avezac,  avver- 
tendo come  la  forma  del  cognome  di  Lanzarotto  si  trovi  fran- 
cizzata  in  Maloisel  nella  Cronaca  di  Bethencourt  (1),  rivendica- 
va a  Genova  questo  scopritore  (2).  A  proposito  del  quale,  per 
citare  soltanto  il  più  recente  fra  quei  che  ne  scrissero ,  veggansi 
le  notizie  che  di  lui  e  del  casato  dei  Malocelli  porge  il  lodato 
Desimoni ,  e  si  esamini   l'opinione  che  egli    affaccia    con  ottimi 

•menti  per  ritardare  sino  al  1300  circa  la  spedizione  del  no- 
stro navigatore  alle  Canarie.  «  La  famiglia  Marocello,  aggiunge 
il  lodato  scrittore ,  è  tra  le  più  nobili  ed  antiche  di  Genova  ;  il 
cognome  si  mostra  già  nel  1099  :  la  fregiano  undici  consolati  tra 
il  1114  e  il  1240 ,  un  Podestà  de'  Comuni  di  Lucca  e  Bologna , 
due  Vescovi ,  la  consignoria  di  Varazze  e  d'  altri  feudi ,  amba- 
sciate ed  uffici  pubblici  :  le  case  del  loro  Albergo  davano  il  no- 
me ad  una  strada  nel  Quartiere  o  Compagna  di  san  Lorenzo 
(Giorn.  Lic/ust.,  1874,  p.  231). 

Incomprensibile  dura  invece  per  noi  la  ragione  che  ha  esclu- 
so dall'  elenco  dei  viaggiatori  quell'  Andalò  Di  Negro,  di  cui  scris- 
se il  Boccaccio  che  visitò  universum  pene  orbem,  e  visu  didicit 

l  nos  discimus  auditu  (3).  Di  lui  ci  diedero  testé  le  notizie 
e  descrissero  le  opere  numerose  il  citato  Desimoni  e  l' illustre 
D.  Baldassare  Boncompagni  ;  ma  già  i  contemporanei  aveano 
celebrato  quel  nostro  sì  come  versatissimo  nella  astronomia  e 
geografia  ;  mentre  poi  Bernardino  Baldi  attribuì  a'  suoi  viaggi 
(ed  ebbe  il  Libri  a  confermarlo)  lo  scopo  importantissimo  ài 
fare  delle  osservazioni  astronomiche  onde  correggere  le  antiche 
carte  geografiche  ,  rendendosi  così  da  lui  eminenti  servigi  alla 
geografia  insieme  ed  alla  navigazione  (4). 

Anche  Marin  Sanuto  Torsello  è  passato  in  silenzio  dal 
eh.  Amat  ;  ma  in   parte   ripararono   al    difetto  i  colleghi   di  lui 

(1)  Conqueste  des  Canaries,  cap.  XXIII. 

(2)  [)'  Avezac,  Dècouvertes  faites  au  moyen-dge  dans  VOcean  Atlan- 
ti que  ;  Paris  1845,  pag    47  e  segg 

(3)  Genealogia  Deorum,  lib.  XV,  cap.  VI. 

(4)  Favaro,  Intorno  ad  uno  scritto  su  Andalò  Di  Negro;  nei  Saggi 
della  B.  Accademia  di  scienze  ecc.  di  Padova  pel  1876. 


476  RASSEGNA     BIBLIOGRAFICA 

Uzielli  e  Narducci,  che  gli  diedero  invece  luogo  onorato  (Studj  , 
pagine  328 ,  415  ,  429 ,  462 ,  464  ).  Né  manco  sarebbesi  dovuto 
lasciare  nelP  oblio  frate  Filippo  Busserio  da  Savona,  caro  a'pon- 
tefici  Clemente  V  e  Giovarmi  XXII,  che  fu  in  Egitto  al  pari 
del  Sanuto ,  e  come  il  Sanuto  scrisse  pure  un  libro  sul  riacqui- 
sto della  Palestina,  cui  pose  titolo  di  Speculum  Terme  Sanctae. 
Questo  libro  si  deplora  come  perduto;  ma  sarebbe  da  esaminare 
se  per  avventura  potesse  mai  essere  quel  Liher  Terme  Sanctae 
onde  si  conserva  un  esemplare  in  codice  membranaceo  del  seco- 
lo XIV  nella  Nazionale  di  Napoli  {Studj,  p.  45). 

De'  viaggi  di  Oderico  da  Pordenone  gli  Studj  registrano 
otto  codici  ed  altrettante  edizioni  (p.  34-35).  E  fra'  primi  de- 
v*  essere  certamente  di  molta  importanza  quello  della  Riccardiana 
di  Firenze ,  se  si  consideri  che  il  De  Gubernatis  desunse  ap- 
punto da  questo  codice  la  descrizione  degli  usi  nuziali  nelle 
Indie  ,  mentre  nel  testo  datone  dal  Ramusio  «  non  se  ne  tocca 
neppure  »  (1).  Però  di  un  altro  codice ,  che  è  del  secolo  XV,  e 
serbasi  in  Genova  nella  raccolta  Ansaldo ,  e  vedesi  ripetutamen- 
te indicato  negli  Atti  della  Società  Ligure  di  Storia  Patria,  si 
tace  affatto.  Quanto  è  poi  delle  edizioni ,  si  avverta  col  Zambri- 
ni  che  quella  del  1513  comparsa  a  Pesaro  pel  Soncino  non  può 
in  modo  assoluto  riguardarsi  come  la  prima,  benché  l'esemplare 
che  ne  ha  la  Nazionale  di  Parma  sia  ,  per  dirla  col  Bongi ,  un 
«  singolarissimo  cimelio  »  da  "tener  sotto  chiave  »  (Nuova Arti., 
p.  171).  Una  parte  della  versione  antica  de'  viaggi  era  infatti 
stata  di  già  stampata  in   Venezia    dai  Sessa  nel  1496,  congiun- 

.^nte  al  Milione  di  Marco  Polo  (Pi  ire,  VII.  I.  300). 

Né  devesi  pretermettere  che  il  volgarizzamento  italiano  de' viag- 
gi medesimi  venne  pubblicato  eziandio  nell'  opera  del  dot  io  co- 
lonnello Yule,  Codiai/  and  the  way  thither  (Londra  in  2  volumi , 
1866);  dove  è  pur  da  vedere  il  testo  della  Peregrinatio  in  Orien- 
tem  di  Giovanni  de'  Marignoli ,  di  cui  il  eh.  Amat  ricorda  sem- 
plicemente l' edizione  di  Praga  del  1768  e  la  versione  tedesca 
pubblicata  in  Parigi  dal  Meinert  nel  1820  (p.  39). 

Lo  stesso  codice  Ansaldo  contiene  eziandio  il  Liber  Insù- 
larum  Arcipelagi  di  Cristoforo  Buondelmonti  ,  rammentato  del 
pari  negli  Atti,  ed  anche  nel  Giornale  Ligustico  (a.  1875,  p.  69). 
Né  ci  sembra  di  poco  momento,  da  che  fa  numero  tra  gli  esempla- 
ri che  sono  corredati  delle  figure  delle  isole  :  »  delineate  un  po' gros- 
solanamente nelle  prospettive  ,  ma  di  minuta  esattezza  nei  con- 
torni ,  golfi ,    scogli   ecc.    ».   Oltreché  nei  nomi  propri  de'  luoghi 

(I)  De  Gubernatis,  Op.  cit.,  pag.  353. 


RASSEGNA   BIBLIOGRAFICA  477 

sembrerebbe  di  assai  castigata  lezione  ;  mentre  i  parecchi  venuti 
amano  del  De  Sinner,  che  nel  1824  se  ne  fece  editore,  sono 
per  testimonianza  di  lui  in  gran  parte  scorretti  (1).  E  né  manco 
vuoisi  tralasciar  di  avvertire  come  del  Liber  si  conosca  eziandio 
una  traduzione  greca,  della  quale  il  Dethier  addita  un  esem- 
plare nella  Imperiai  Biblioteca  di  Costantinopoli  (2).  Similmente 
alle  fonti  delle  notizie  biografiche,  che  concernono  il  celebre  Ci- 
riaco d'Ancona,  sarà  utile  aggiungere  la  seguente  Memoria  del 
medesimo  Dethier:  Augustéon,  ou  la  statue  colossale  et  equestre 
de  oronze  de  Justinien  le  Grand,  restaurée  d'après  une  peintu- 
re  inedite  de  Nimphirius,  Uree  d'un manuscrit....  fatte  vers  1418 
ou  1426,  sous  la  direction  de  Cyriaque  Pizzicotti  d'Ancona  (3). 

Di  Antoniotto  Usodimare  [Studj,  p.  50)  potrebbe  aggiun- 
gersi che  la  sua  nota  lettera  del  1455  venne  corretta  in  più  luo- 
ghi importanti  dal  eh.  Desimoni  (Giorn.  Lig.,  1874,  p.  267  e 
270);  né  sarebbesi  dovuto  tacere  del  suo  contemporaneo  Antonio 
da  Noli.  Vero  è  che  il  Santarem  ed  il  Major  ne  fecero  una  per- 
sona sola  coli'  Usodimare  ,  ma  l' errore  perdonabile  negli  stranie- 
ri non  può  incontrare  facile  accoglimento  presso  gli  italiani  ;  e 
d'  altra  parte  il  Desimoni  ha  mostrato  »  che  1'  identità  dei  due 
Antonii  è  oggimai  condannata  senza  appello  per  la  comparsa  di 
nuovi  documenti  ».  Basti  infatti  che  mentre  l' Usodimare  era 
già  morto  nel  1462,  il  Noli  visse  fino  al  1497  {Giorn.  Lig., 
1874,  p.  275). 

Della  Cronaca  di  Benedetto  Dei  è  utile  il  conoscere  che, 
oltre  al  più  noto  esemplare  serbato  alla  Nazionale  di  Firenze, 
esiste  un  codice  nella  R.  Biblioteca  di  Monaco;  ed  è  anche  bel- 
lo vederne  negli  Studj  (p.  70)  prodotto  un  saggio.  Ma  non 
doveva  ignorarsi  che  parecchi  e  lunghi  brani  della  stessa  Cro- 
naca erano  pure  stati  pubblicati  dal  Pagnini,  Della  decima  ecc., 
voi.  II,  p.  235-80. 

Quanto  è  poi  di  Cristoforo  Colombo  e  di  Amerigo  Vespuc- 
ci  ,  non  esitiamo  ad  affermare  che  tutta  la  bibliografia  vorrebbe 
essere  rifatta  ,  istituendo  all'  uopo  accurate  ricerche  nelle  pubbli- 
cazioni dei  dotti  march.  Girolamo d' Adda ,  Major  ,  Carter  Brown, 
Lenox,  Harrisse  e  Varnhagen.  Di  tal  forma,  per  esempio  ,  si  san  ìb- 
be  evitalo  di  attribuire  all'epistola  D?  insulis  inventis  pel  Co- 
lombo una  edizione  di  Granata  del  1493  ;  la  quale  ormai  n 
più  ammessa  da  alcuno.  Né  la   indicazione   Grana  tae  ,   si    legge 

(1)  Atti,  IV.  pag.  clx. 

(2)  ld.,  X,  290 

(3)  Veri,  il  periodico  di  Costantinopoli  L'Univers  ;  fascicoli  del   mar- 
zo 1875  e  seguenti. 


478  RASSEGNA   BIBLIOGRAFICA 

punto  in  quella  stampa  ,  come   parrebbero   avvertirlo   gli    S 
(  pag.  97  )  ;  né  per  tale  la  riconosce  l' Harrisse  ,    benché    sembri 
lasciarlo   credere  la  citazione    che  vedesi  fatta  della  sua   BibUo- 
tìteca  Americana   Vetustissima. 

Né  manco  vorremmo  accedere  così  di  subito  alla  proposizione 
del  eh.  Amat,  laddove  scrive:  «  Pare  accertato  che  Giovanni  Ca- 
botto. . .  nascesse  in  un  paese  della  riviera  di  Genova ,  e  forse  a 
Castiglione  nella  prima  metà  del  secolo  XV  »  (Studj,  p.  100). 
Così  veramente  sospettò  l' illustre  d'  Avezac  ,  trovando  ricordato 
in  un  documento  sincrono  del  R.  Archivio  di  Milano  un  barbero  de 
Castione  genovese  sì  come  compagno  di  viaggio  del  nostro  Gio- 
vanni ,  il  quale  aveagli  donato  un'  isola  eh'  era  però  ancora  da 
scoprire;  «  e  entrambi  (soggiunge  il  documento)  si  reputano 
Conti,  né  Monsignor  Almirante  s'  estima  manco  che  Principe  » 
(  Giorn.  Lig.,  1874,  p.  312  .  Ma  questo  i  fermo  un  troppo 

debole  indizio;  e  il  Desimoni  aveva  di  già  notato:  «  In  quanto 
al  cognome  ed  alla  patria  dei  Caboto,  io  mi  rivolgerei  piuttosto 
alla  sorella  di  Genova,  a  Savona,  già  illustre  per  arditi  naviga- 
tori. In  questa  città  trovo  due  cognomi,  uno  dei  quali  poco  dis- 
simile, l'altro  quasi  eguale  a  quello  che  io  cerco;  cioè  la  fami- 
glia patrizia  dei  Gavotte,  chiara  per  uomini  di  lettere  e  tuttora 
fiorente,  e  la  famiglia  popolare,  ora  forse  estinta,  dei  Cabuto. 
Del  primo  di  que' cognomi  io  ho  sotto  gli  occhi  più  documenti 
che  parlano  di  patroni  di  mare  e  delle  loro  navi  nel  secolo  XV  ». 
(Giorn.  cit.,  pag. 315).' Ma  alcune  notizie  più  importanti  e  vicine 
ai  tempi  onde  si  discorre,  sono  fornite  da  vari  atti  notarili  savo- 
nesi ,  ne'  quali  si  rammentano  Giacomo  Cabutto  fonditore  d'  ar- 
tiglieria nel  1478 ,  e  Bernardo  e  Sebastiano  Cabutto  fonditori 
anch'  essi  verso  il  1528.  Finalmente  un  Sebastianus  Cabutus  Hen- 
rici  de  loco  Sancii  Benedirti  Vallis  Berbì  occorre  ancora  in  un 
rogito  del  1563.  Or  conclude  il  Desimoni  :  «  Questo  nome  di 
Sebastiani'*  ripetuto  per  un  secolo,  non  pare  egli  che  dia  ansa  a 
rannodarvi  i  Cabotto  d'  Inghilterra  ?  E  la  trasformazione  del  co- 
gnome Cabutus  in  Gabutus  non  pare  egli  che  porga  un  barlu- 
me, per  cui ,  come  non  è  cosa  insolita ,  i  due  cognomi  a  poco 
a  poco  abbiano  assunto  una  consistenza  diversa  di  famiglia,  ma 
abbiano  forse  comune  l'origine?  »  (Giorn.  cit.,  pag.  316). 

E  qui  rifacendoci  ancora  una  volta  all'  articolo  ripetutamen- 
te citato  del  Bollettino  della  Società  Geografica ,  divideremo  col 
suo  eh.  Autore  il  desiderio  «  che  anche  in  Italia  le  ricerche  di 
coloro  che  più  si  occuparono  dell'epoca  Colombiana  e  precolom- 
biana si  ravvivino»;  quantunque  non  ci  sembri  che  debba  porgerne 
«  loro  occasione  la  pubblicazione  d'un  codice   inedito  sui  viaggi 


RASSEGNA    BIBLIOGRAFICA  470 

del  Colombo  fatta  per  cura  del  prof.  Giuseppe  Ferraro  »  (p.  151). 
Il  Ferraro,  parlando  di  questo  codice  con  lodevole  modestia , 
dichiarava  per  buone  ragioni  di  non  avere  la  piena  certézza  che 
si  trattasse  di  opera  assolutamente  inedita  ;  ed  è  un  fatto  che  i 
varii  libri  e  le  lettere  onde  si  compone  contano  ben  molte  edi- 
zioni ,  ed  anche  qualche  versione  ,  a  cominciare  dalla  stampa  di 
Venezia  per  Albertino  Vercellese  da  Lisona  del  1504.  Sola  ec- 
cettuiamo la  lettera  di  Girolamo  Vianello  ;  la  quale  ad  ogni  modo 
une  semplicemente  pubblicata  in  estratto  dall'  Humboldt,  sì 
come  anche  ammette  il  Ferraro,  ma  fu  edita  nella  sua  integrità, 
col  corredo  di  critiche  osservazioni ,  dal  Varnhageo  in  Vienna 
nel  1869  (1). 

De'  Viaggi  del  Barthema  (p.  117-24)  sarebbe  stato  oppor- 
tuno ricordare  la  traduzione  inglese  che  fu  negli  scorsi  anni  pub- 
blicata dall'  Hakhiyt  Society;  edalle  fonti  che  concernono  Leone 
Pancaldo  (p.  145)  tornerà  utile  aggiunger  memoria  dello  scrittore 
che  ne  trattò  più  di  proposito:  diciamo  l'avvocato  savonese  Giam- 
battista Belloro  che  stampò  1'  Elogio  di  Leone  nel  giornale  lette- 
rario di  Genova ,  1'  E  spero  del  1842  ;  il  quale  fu  poi  riprodotto 
da  Luigi  Grillo  nel  Giornale  degli  Studiosi  (a.  1869,  num.  50). 
Avremmo  anche  sperata  dalla  diligenza  del  eh.  Amat  alcu- 
na notizia  del  genovese  Cassiano  Camilli ,  morto  in  patria  nel 
contagio  del  1528 ,  «  uno  de'  pochissimi  viaggiatori  che  unisse- 
ro somma  dottrina  a  lunghe  peregrinazioni  ><  sì  come  nota  il  P. 
tuo  (2).  Di  lui    porgono  co 

se,  poi  cardinale,  che  udì    ne  la    per  ivendone  a 

Vincenzo    Borlasca,    piangeva    Fincredibil    danno    che    risentito 
ne  avrebbero  i  dotti.  —  Accedit  pra  <mnum    i 

ex  làboribus    eius    le  perditi  s    doctos   omnes  facturos   esse 
non    dubito.    Animum  i  ecerat  ad    Cosmographiae 

omnes    illustrandas  ,    et    cum    diligentiss  forum    omnium 

situs,  ot  eorum  quae  io  tiquis  cognita  fuerunt ,  et  quae 
inventa  sunt,  nobis  se  descripturum  speraref  ,  praecipue  tamen 
quo  nunc  unusquisque  locus  appelletur ,  omni  studio  vestigarat. 
Qua  in  re  jam  tantum  profecerat,  ut  non  portus  modo,  promon- 
toria,  sinus,  insulas,  fluvios ,  monte s ,  urbesque  celeberrimi  no- 
minis,  sed  infima  quaeque  oppida  ita  memoriler,  ut  propria,,' 
nomen ,  tenere  videretur.  (h<ae  omnino  nobis  minus  dolenda 
putarem,  si  spes  aliqua  esse/  ipiempiam  pari  dottrina  et  diligen- 
ti) II. codice  sta  nella  Comunale  f)i  Ferrara,  ed  è  pubblicato  nella 
dispensa  CXLIV  della  Scelta  di  curiosità  letterarie.  Se  ne  vegga  una 
dotta  recensione  del  eh.  Desimoni  nel  Giornale  Ligustico  1876,  p.  328-86. 
(2    Storia  Letteraria  della  Liguria,  IV,  169. 


480  RA  SSEGNA    BIBLIGRAFICA 

tia  id  ipsum  praestiturum  esse.  Sed  quis  nani  obsecro  erit ,  qui 
cum  exquisita  illius  disciplina  conjunctam  habeat  locorum  cogni- 
tionem,  non  auditu  et  lectione  tantum,  sed  pedibus  ocvlisque 
ceptam?  Navigarat  enhn,  ut  scis,  ad  Tanaim  ,  ad  Phasidrtn- 
Peragrarat  ferme  regiones  omnis  Asiae,  Aegyptum  Africamque 
lustrarat.  Taceo  de  Hispania  ,  Britannia  ,  Gallici,  Germania  , 
quas  sic  habebat  cognitas  ut  digitos  unguesque  suos  (1).  —  Da 
un'altra  lettera  del  Cortese  impariamo  che  questi  aveva  di  già 
esaminato  ii  lavoro  del  Cannili  ;  le  cui  fatiche  però  andarono 
all'  intutto  smarrite. 

Al  nome  del  veneziano  Luigi  Roncinotto  o  Alvise  de  Zuan- 
ne (che  gli  Studj,  p.  150  e  156,  dividono  a  torto  in  due  perso- 
ne ,  benché  il  Viaggio  di  Colocut  registrato  sotto  entrambi  po- 
tesse svegliare  alcun  sospetto  di  loro  identità  )  sarebbe  stato 
forse  atto  di  giustizia  1'  accoppiare  Andrea  Colombo  che  in 
quella  spedizione  gli  fu  compagno  ,  e  che  il  Roncinotto  medesi- 
mo ricorda  scrivendo  così  :  "  L'  anno  1532  ritrovandomi  con  le 
galee  di  Fiandra ,  (io)  Roncinoto  desideroso  di  ritornare  in  Co- 
locut, rimasi  in  Lisbona  città  del  re  di  Portogallo,  e  acconciato- 
mi con  un  messer  Andrea  Colombo ,  nipote  di  quel  tanto  ono- 
rato e  animoso  capitano  Cristoforo  Colombo...;  alli  17  di  marzo, 
1'  anno  soprascritto  si  partimmo  da  Lisbona  per  Colocut  con  una 
caravella  del  detto  Colombo  »  (2).  Né  fra  i  molti  anonimi  che  pur 
si  registrano,  sappiamo  bene  indovinare  il  motivo  per  cui ,  venne 
taciuto  di  quel  trattato  di  Cosmografi  universale  (cod.  cartaceo 
sec.  XVI,  nitidissimo,  di  fogli  193),  intitolato  a  Cosimo  I  gran- 
duca di  Toscana,  e  descritto  sì  come  esistente  alla  Laurenziana 
nel  Catalogo  del  Bandini  che  appunto  citasi  tra  le  fonti  (p.  478). 
L'autore,  che  il  dotto  bibliografo  per  alcuni  non  dispregevoli  cri- 
teri stima  poter  credere  genovese ,  racconta  di  essere  stato  al 
Cairo  nel  1560  ;  e  di  avere  inoltre  visitate  parecchie  terre  ed 
isole ,  nel  cui  novero  è  quella  di  Borneo  (3). 

Certamente  di  secondaria  importanza  .  ma  tuttavia  utili  a 
ricordarsi,  ci  sembrano  anche  le  Osservazioni  di  Francesco  Belli 
nel  viaggio  da  lui  "  fatto  coll'eccellentissimo  signor  Giorgio  Gior- 
gi:... ambasciatore  (di  Venezia)  à  gli  Stati  d'  Olanda  e  di  là  in 
Francia  ?»  (Venezia,  1632);  i  Viaggi  Orientali  del  P.  Filippo 
della  SS.  Trinità,  che  descrivono  l'Asia  minore,  la  Persia  e  le 
Indie  (Roma,  1666)  ;  le  Memorie  de' viaggi  per  l'Europa  Chri- 

(1)  De  Gubernatis,  Storia  dei  viaggiatori  ecc.,  pag.  23. 

(2)  Gregorii  Cortesii...  Scrip/a  etc.  ;  Padova,  1774  ;  par.  II,  p     137 

(3)  Bandini,    Bibliotheca    Leopoldina- Laurentiana  etc.  ,    111.    349  e 
segg.;  Spotorno,  Stor.  cit,  IV,  173. 


RASSEGNA    BIBLIOGRAFICA  4SI 

stiana  dell'ab.  G.  B.  Pacichelli  (  Napoli,  1685  )  ;  e  il  libretto  che 
contiene  Brevissime  notizie,  o relazione  divari  viaggi,  fatiche  ec. 
nell'Imperio  della  Cina  del  frate  minorità  Carlo  Orazii  da  Ca- 
storano  (  Livorno,  1759).  L'Universitaria  genovese,  nella  copio- 
sissima raccolta  delle  lettere  indiritte  al  P.  Angelico  Aprosio , 
ne  ha  pure  alcune  del  Pacichelli  ;  il  quale  in  altra  di  esse,  da- 
tata da  Parma  il  25  ottobre  del  1678 ,  comunicava  all'  illustre 
Agostiniano  i  suoi  cenui  biografici.  ■ — ■  "  Sono  nato  in  Roma 
(così  scriveva)  37  anni  addietro,  di  antica  e  nobile  discendenza 
da  Pistoia....  Studiai  ed  ottenni  la  laurea  legale  nel  Collegio  di 
Pisa  in  età  di  14  anni,  e  quindi  fui  dottorato  nella  Sagra  Teo- 
logia e  in  medicina  in  Roma  dove  applicai  alle  lettere  greche 
ed  hebree,  dandone  saggio  in  diverse  Accademie  e  libri  divul- 
gati. Applicai  per  qualche  tempo  alla  Corte  in  servigio  di  Cle- 
mente IX,  il  quale  prevenuto  dalla  morte  non  puotè  effettuare 
il  disegno  di  collocarmi  in  maggior  posto.  Quindi  viaggiai,...  tro- 
vandomi anche  à  gli  assedi  di  Mastricht  col  Re  Christianissimo 
e  sotto  Bonna  col  Montecuccoli  e  l'Oranges.  L'Indice  de' miei 
libri,  che  sono  circa  a  20,  sta  impresso  dopo  il  frontespitio  del 
mio  Commentario  De  jure  hospitalitatis  ». 

Giudicando  il  eh.  Amat  che  pe'  viaggiatori  del  nostro  secolo 
"  migliore  e  più  sicuro  partito  »  sia  quello  di  "  non  uscir  dai 
libri  »  (  p.  253  ) ,  che  è  quanto  dire  da  un  catalogo  delle  loro 
pubblicazioni ,  noi  non  potremmo  avere  alcuna  ragione  di  dolerci 
vedendo  confinato  il  nome  di  un  benemerito  della  civiltà,  quale 
fu  il  P.  Giovanni  Stella,  fondatore  di  una  colonia  tra  i  Bogos , 
in  una  noticina  che  succede  alla  indicazione  di  un  bel  volume 
dell' Issel  (  p.  271).  Ma  avvertiremo  che  questa  sua  «  rassegna 
della  nostra  milizia  geografica  »  (pag.  253),  appunto  come  l'egre- 
gio Autore  l' ha  presentito,  è  risultata  scarsa  e  manchevole.  Cosi, 
per  recare  alcun  esempio,  diremo  che  vi  si  desiderano  e  il  nome 
di  Girolamo  Orti,  che  nel  1819  stampo  in  Verona  le  sue  Lettere 
d'wn  recente  viaggio  in  Francia,  Inghilterra,  Scozia,  Olanda  ed 
una  parte  della  Germania  ;  e  quello  di  Gio.  Antonio  Baratta,  il 
quale  nel  1825  era  sul  naviglio  sardo  che  tuonò  contro  a  Tripoli, 
e  "  di  ritorno  a  Genova  focene  a  re  Carlo  Felice  tanto  mera- 
vigliosa relazione  che,  cosa  insolita  pe' tempi  e  pel  Sovrano,  ven- 
ne fregiato  a  ventitré  anni  della  croce  di  grazia  dell'Ordine  Mau- 
riziano  »  (1).  Del  Baratta  dovrebbero  citarsi  :  1.°  Costantinopoli 
nel  1831,  ossia  notizie  esatte  e  recentissime  intorno  a  questa  ca- 

(1)  A.  M.  (Antonio  Manno) ,  II  Tesorelto  di  un  Bibliofilo  piemonte- 
se; nelle   Curiosità  e  Ricerche  di  Storia  Subalpina,  voi.  I,  pag.  735. 


4S2  RASSEGNA   BIBLIOGRAFICA 

-pitale,  ed  agli  usi  e  costumi  de' suoi  abitanti  (Genova,  1831); 
2.°  Costantinopoli  effigiata  (Torino,  1840);  3.°  Il  Bosforo,  pa- 
norama delle  maravigliose  vedute  del  Canale  di  Costantinopoli , 
preceduto  da  un'  accurata  descrizione  dello  Stretto  dei  Darda- 
nelli e  del  Mar  di  Marmora  (  Torino,  1841  e  1850  )  ;  4.°  Cenno 
sul  P.  Filippo  Grosso  missionario  (  Torino,  s.  a.  ). 

Né  pretendiamo  già  che  sia  un  grave  danno  se  la  Biblio- 
grafia non  ha  cenno  della  Relazione  storica  dello  stato  civile, 
scienze  ed  arti,  che  fiorivano  ti  a  gV Indiani  prima  del  tempo  di 
Alessandro,  composta  dal  sacerdote  N....  Manfredi ,  già  missio- 
nario apostolico  nel  Malabar  (  Cremona ,  1825)  ;  ma  piuttosto 
riflettiamo  col  Bongi  come  "  uno  storico  de' viaggi  italiani  che 
intendesse  di  fare  astrazione  dai  frati  missionari  ,  tenterebbe 
addirittura  un'opera  impossibile  »  {Nuova  Antologia  ,  p.  172  ). 
Or  a  questo  proposito  Genova  sempre  parca,  come  per  tutto  al- 
trove, di  racconti,  ha  tuttavia  gloriosi  argomenti  che  meritereb- 
bero 1'  onore  di  una  storia  ;  e  sarebbe  pure  un'ottima  cosa  che 
tutti  gli  Ordini  religiosi  zelassero  la  continuazione  di  quei  loro 
annali  che  uomini  insigni  aveano  cominciato.  Né  è  piccol  fatto 
il  sapere  che  alcuni  per  verità  provvedono  all'  importante  biso- 
gna ;  né  scarsa  è  la  lode  onde  va  rimeritato  il  eh.  P.  Marcellino 
da  Civezza  per  la  Storia  Universale  delle  Missioni  Francescane 
da  lui  impresa  fino  dal  1857,  e  della  quale  ora  appresta  con  in- 
defessa opera  la  prosecuzione.  Nel  frattempo  (1867-73)  venne 
anche  pubblicata  la  Storia  delle  missioni  dei  Cappuccini  del 
P.  Rocco  da  Cesinale.  I  frati  di  san  Francesco  hanno  tuttavia 
la  custodia  de'  Luoghi  Santi  ;  i  Domenicani  serbarono  fino  a'  dì 
nostri  le  cure  parrocchiali  a  Costantinopoli  ,  neh"  Arcipelago  e 
nella  Siria  ,  i  Carmelitani  nel?  India ,  ecc.;  e  quant'  è  de'  missio- 
nari! propriamente  detti  ,  offrono  eziandio  copiose  indicazioni  pei 
nostri  tempi  i  ior  cataloghi  compilati  da  Giuseppe  Ortalda.  Nel 
Buiìettino  delia  Società  Geografica  di  Parigi  (novembre  1858, 
e  giugno  1862)  si  leggono  alcune  comunicazioni  di  monsignor 
Guglielmo  Massaia  ,  al  quale  non  devesi  tacere  come  il  conte 
Cavour  affidasse  nel  1857  l' impresa  di  aprire  col  Negus  d'Abis- 
sinia  i  negoziati  che  spianarono  la  via  al  trattato  d'amicizia  e 
di  commercio  fra  quel  regno  e  l' Italia  ;  ed  oggi  ancora  i  tele- 
grammi e  le  lettere  che  provengono  dall'  intrepido  Antinori  con- 
tengono particolari  onorevoli  pel  vescovo  Massaia.  Così  egual- 
mente non  si  può  disconoscere  come  i  fortunati  scopritori  ingle- 
si Speke  e  Grant  conseguissero  da'  missionari  italiani  un  effica- 
cissimo appoggio  e  concorso  nella  ricerca  delle  sorgenti  del  Nilo. 


RASSEGNA   BIBLIOGRAFICA  483 

Parte  Seconda.  —  Mappamondi.  <  'arte  Nautiche  e  Portolani 
del  medio  evo  e  dei  secoli  delle  grandi  scoperte  marittime,  co- 
struiti da.  italiani  o  trovati  nelle  Biblioteche  d'  Italia.  Studi  di 
Gustavo  Uzielli. 

Riconosciamo   anzitutto  che  il  eh.  Autore  di  sì   fatti  Studi 
era  per  ogni  ragione  acconcio  al  difficile  compito  ;  e  che  ottima 
fu  quindi  la  scelta  fatta  dalla  Società  Geografica  della  sua  per- 
sona. La  qual  verità  ben  si  pare  manifesta  dalla  dotta  Introdu- 
zione, dove  egli  ragiona  del  progressivo  svolgimento  delle  scien- 
ze geografiche ,    e  più    specialmente  di   quanto  s' appartiene  alla 
bussola,  all'  astrolabio  .  ai  portolani ,  alle  carte  ,  ed  al    loro  uso 
ed  importanza.  Se  non  che  il  dotto  Paoli,  di  ciò  scrivendo  nella 
Revue  Historique  (I,  552),  e  pur  lodando  l'egregio  Autore,  espo- 
ne l' avviso  che  questi  abbia  per  avventura  trattato  troppo  fuga- 
cemente quella  parte  che  è  di  così   vivo  interesse  e  concerne  al 
metodo  seguito  dagli  antichi  maestri  nella  costruzione  delle  carte 
nautiche  ;  perchè  ,    egli  dice  ,  ove  si  eccettuino  le  assai  notevoli 
indicazioni  fornite  circa  il  sistema  di  proiezione  o  di  rappresen- 
tazione delle  superficie ,  nulla  è  ivi  accennato  rispetto  alla  orien- 
tazione di  esse  carte ,  al  sistema  di  rappresentazione  e  distinzione 
de' venti,  alla  nomenclatura,  alle  leggende:    tutte  cose  che  im- 
porta studiare  ,  sì  come  quelle  che  giustificano  la  opinione  espres- 
sa dal  Lelewel    {Géogr.  di'    moyen    age,  I.    lxxij)  e  confermata 
dal  Desimoni  (Giorn.  Lig.,  1875,  p.  276),  che  i  cartografi    eb- 
bero tutti  un  metodo    uniforme  ,  adottato  in  ogni  paese  e  man- 
tenutosi pel  corso  di    più    secoli.    Risponde    però  il    eh.   Uzielli 
(Revue     /..  II.  324)  rimandando  il  Paoli  ad  un  lungo  passo  del 
Peschel  da  lui    prodotto  nell'  latro  /.azione    (p.  312  e  segg.),  pel 
quale    si    viene    segnalando  1'  uso  di    denotare  la   diversità   dei 
venti  col  mezzo  dei  colori  ;  e  lascia    intendere    come  gli  sembri 
di  avere  eziandio  toccato  abbastanza  della  loro  rappresentazione 
sulle  carte ,  e  della  parte  che  aveva  la  bussola  nella  costruzione 
di  queste  ultime  (Introduz.,  p.  293).  Quanto  è  dell1 'orientazione, 
considera  essere  stata   allora  quella  stessa  che  oggidì  tuttavia  è 
adottata ,  e  perciò  non    aver   creduto  necessario  di  occuparsene. 
rono  i  dotti  fino  a  questi  ultimi  tempi  ;  ma  il 
rimpianto  D'Avezac,  nell'ultimo  de'  suoi  scritti ,   espresse  un  di- 
verso parere;  ed  ormai  si  può  dubitare  per  più  esempi  che  l'an- 
tica .sentenza  patisca  almeno  frequenti  eccezioni  (L).  Finalmente 

(1)  D'Avezac,  Apercu  historique  sur  la  rose  de  vents  ,  nel  lìolletti- 
n<>  della  Sorteti  Geografica  Italiana,  1874,  pag.  377-416,-  Desimoni,  Os- 
serva; <>,i.  .  sopra  alcune  proprietà  delle  carte  nautiche  ,  nel  Gior- 
nale Ligustico,  1875,  pag.  283  e  segg. 


484  RASSEGNA    BIBLIOGRAFICA 

quanto  alle  nomenclature  ed  alle  leggei  loro  identità  non 

è  così  grande  come  il  Paoli  la  stima.  E  rispetto  alle  leggende 
ci  terreni  fermi  all'  avviso  del  eh.  Desimoni  ,  il  quale  ravvisa  in 
queste ,  come  che  misti  alle  favole,  dei  «  dati  preziosi  per  la 
storia  della  navigazione  ,  e  pei  nomi  dei  re  tartari  che  domina- 
rono nell'  età  di  mezzo  ;  perchè  anco  le  favole  ,  credute  a  quei 
tempi  ,  giovano  a  darci  una  idea  del  modo  di  pensare  dei  nostri 
maggiori  ;  e  perchè  infine  sono  talora  miti ,  o  scorza  che  rac- 
chiude profonde  tradizioni  »  (1).  Il  eh.  Uzielli  pertanto ,  racco- 
gliendo e  confrontando  sì  fatte  leggende,  avrebbe  reso  un  im- 
portante servigio  alla  erudizione  geografica.  Né  vi  è  da  credere 
che  egli  non  debba,  quando  che  sia,  ripigliare  il  lavoro  e  rifare 
quel  catalogo  de' portolani  e  delle  carte  ,  che  ora,  per  dirla  col- 
l' illustre  Correnti ,  è  riuscito  "  un  catalogo  asciutto  ,  a  cui  man- 
ca il  rincalzo  dei  commenti  e  delle  illustrazioni.  E  a  questo  pro- 
posito (così  prosegue  l' infaticabile  Presidente  della  Società  Geo- 
grafica) abbiamo  stretto  dovere  di  avvertire  ....  che  i  commenti 
vi  sono ,  e  dotti ,  e  laboriosi  ;  i  quali  basterebbero  a  un  altro 
volume  »  (Stitdj,  p.  XVI).  Speriamo  dunque  che  in  questi  com- 
menti le  leggende  non  sieno  dimenticate. 

Abbiam  detto  rifare  ,  ma  ad  essere  più  esatti  dovevamo 
semplicemente  parlar  di  fare;  avendo  il  prof.  Uzielli  stampata 
questa  franca  dichiarazione  che  ci  par  bene  riprodurre  nel  suo 
testo  :  "  M.  Uzielli  ...  ne  peut  accepter  la  responsabilité  de  ce 
catalogue  qui  est  1'  oeuvre  de  nombreux  collaborateurs  dont  il 
n'  a  fait  que  reunir  les  notes,  et  qu'  il  n'  a  pas  signé  de  son  nom. 
L'  introduction  seule  est  son  oeuvre  personnelle  »  {Revue  Histo- 
riqite,  II,  324).  E  ciò  d' altro  lato  è  in  piena  armonia  colla 
Nota  Preliminare  del  comm.  Correnti,  laddove  questi  attribuen- 
do a  ciascuno  la  rispettiva  parte  di  lavoro,  così  scrive  :  «  Nella 
frettoiosità  di  studi  e  di  fatiche  che  ci  resero  possibile  mettere 
insieme  questo  volume  ....  io  ho  dovuto  .  .  .  ammirare  la  pa- 
zienza e  la  santa  ostinazione  di  molti  giovani ,  che  sopportarono 
la  tirannia  del  tempo  scarso  e  la  mia  »  (p.  XVl).  Egli  è  adun- 
que a  questi  compilatori,  ai  quali  per  tante  ragioni  vuoisi  confer- 
mare la  lode  dispensata  dal  Correnti ,  che.  noi  ci  faremo  lecito 
proporre  alcune  osservazioni,  le  quali  però  non  intendiam  p^to 
che  sieno  intese  a  menomare  1'  entità  dell'  opera.  Riconoscia- 
mo anzi  anche  noi  che  «  solamente  valendosi  di  un'  occasio- 
ne straordinaria  era  possibile  fare  un  primo  elenco  che  spingesse 
i  dotti  delle  varie  città  d'Italia  ad  esplorare  i  tesori  nascosti 
negli  Archivi  e  nelle  Biblioteche  pubbliche  e  private  del  nostro 

(1)  Atti  della  Società  Ligure  ecc.,  voi.  Ili,  pag.  CVI1I. 


RASSEGNA    BIBLIOGRAFICA  485 

»  (p.  322;.  Una  sola  cosa  uou  ci  pare  ammissibile,  ed  è 
questa  :  che  trattandosi  della  semplice  compilazione  di  un  cata- 
logo anziché  di  un  lavoro  critico  ,  si  dovessero  proprio  indicare 
le  carte  sotto  tutte  le  date  che  esse  portano,  quando  pure  sì  fat- 
te date  potessero  essere  false  (Rev.  HisL,  II.  324);  perchè  anco 
ad  un  elenco  dee  presiedere  la  critica ,  ed  ogni  lavoro  (sia  pur 
contenuto  nelle  proporzioni  le  più  modeste)  dee  mirar  sempre 
a  sgomberare  la  via  dagli  errori  anziché  concorrere  a  per- 
petuarli. 

Rispetto  alle  carte  di  Marino  Sanuto  (num.  9)  già  nella  di- 
spersa collezione  dell'  ab.  Canonici ,  potrebbe  la  Società  Geogra- 
fica facilmente  accertare  se  esistano  ancora  ;  mentre  apprendiamo 
che  la  Deputazione  Ministeriale  era  stata  avvertita  in  tempo 
dal  nostro  dotto  amico  avv.  Desimoni ,  che  esse  trovansi  pro- 
babilmente nella  Biblioteca  di  Oxford  (  Giorn.  Lig.,  1876,  p.  344). 
Di  Francesco  Pizigani  si  enuncia  un  Portolano  del  1373 
all'  Ambrosiana  (  num.  19  ) ,  di  nove  carte  membranacee  delle 
dimensioni  di  0.  25x0.  15  ;  e  1'  accenno  descrittivo  che  se  ne 
soo-oiiiiwe  —  "  Bacino  del  Mediterraneo  e  coste  dell'  Atlan- 
tico  da  Salle  in  Africa  fino  alla  Danimarca  »  —  è  tolto 
dalla  Storia  del  commercio  ecc.  del  eh.  Canale  (  pag.  444  ) ,  il 
quale  a  sua  volta  con  altre  particolarità  lo  desunse  dal  Zurla 
{Di  Marco  Polo  ecc.,  IL  326-27).  Se  non  che  il  Portolano  onde 
questi  discorre  già  era  stato  posseduto  dalla  Biblioteca  di  san 
Michele  di  Murano  «  per  opera  del  benemerito  P.  Ab.  D.  For- 
tunato Mandelli ,  che  assai  l'accrebbe  singolarmente  rapporto 
a'  Codici ,  a  segno  che  se  le  politiche  vicende...  non  avessero  di- 
stratto cotal  preziosa  suppellettile ,  di  leggieri  si  avrebbe  potuto 
formar  colla  ragionata  loro  indicazione  un  altro  volume  simile  a 
quello  abbastanza  rinomato  del  Mittarelli,  intitolato  Bibliotheca 
Codiami  etc.  ».  E  ciò  consuona  ad  una  lettera  che  il  26  marzo 
1807  Jacopo  Morelli  scriveva  al  Pezzana,  non  senza  farne  certi 
che  di  tale  tempo  il  Portolano  esisteva  tuttavia  nella  citata  Bi- 
blioteca, dove  era  segnato  col  num.  1502  fra  i  manoscritti  ;  né 
manca  di  aggiungere  che  «  non  trovasi  registrato  nell'  Indice  a 
stampa  di  essi,  perchè  fu  acquistato  posteriormente  »  (1). 

Parrà  a  molti  ovvio  il  concludere  che  il  Portolano  Murane- 
se  sia  quello  stesso  che  gli  Studj  notano  all'  Ambrosiana  ;  ma  vi 
hanno  alcune  circostanze  che  non  ce  ne  rendono  pienamente  si- 

(1)  Ved.  Pezzana,  L'antichità  del  Mappamondo  de'  Pizigani  ecc-; 
Parma,  1807,  pag.  H-42.  Lo  stesso  opuscolo,  voltato  in  francese;  Geno- 
va, 4808,  pag.  46. 

Arch.,  3.»  Serie,  Tom.  XXIV.  31 


486  RASSEGNA    BIBLIOGRAFICA 

curi.  Difatti  mentre  l' atlante  di  Murano ,  a  testimonianza  del 
Morelli  e  del  Zurla,  recava  la  data  dell'  S  giugno  e  constava  di 
nove  carte,  quello  dell'  Ambrosiana  ,  ripetutamente  veduto  dal 
eh.  Desimoni,  alla  cui  diligenza  e  cortesia  ci  dichiariamo  obbligati 
di  questi  ragguagli,  reca  invece  la  data  del  9  e  consta  di  otto 
carte  solamente.  Cionondimeno  la  espressione  di  essa  data,  Vili 
di  Zugno  in  cambio  di  Villi,  potrebbe  riguardarsi  come  un  er- 
rore di  lezione ,  facile  a  commettersi  per  causa  dell'  ultima  uni- 
tà sbiadita  ;  e  quello  di  una  carta  potrebbe  eziandio  spiegarsi 
immaginando  che  siasi  calcolata  per  una  tavola  qualche  figura 
astronomica,  tanto  più  che  nulla  vi  è  da  opporre  sul  numero 
delle  sette  carte  alle  quali  si  limita  la  parte  essenzialmente  geo- 
grafica. Ma  una  ragione  più  stringente,  che  ci  rende  propensi  a 
considerare  la  probabile  diversità  de'  codici,  è  invece  questa:  che 
nei  dorsi  bianchi  dell'  atlante  dell'  Ambrosiana  è  delineato  un 
altro  Portolano,  meno  antico  per  fermo  di  quello  del  Pizigani , 
ma  non  così  recente  però  da  non  meritare  che  il  Morelli  ed  il 
Zurla  ne  dicessero  almanco  una  parola.  Ora  se  essi  ne  hanno 
taciuto ,  ciò  vuol  dire  che  quel  secondo  atlante  non  era  punto 
nel  codice  muranese  ;  e  la  diversità  poi  dei  due  monumenti  si 
spiega  anche  benissimo  colla  usanza  di  que'  secoli ,  ne'  quali  i 
cartografi  lavoravano  contemporaneamente  più  carte.  Così ,  per 
esempio ,  anche  i  portolani  di  Pietro  Visconti ,  oggi  serbati  in 
Venezia  ed  in  Vienna ,  sono  dello  stesso  anno  1318  ;  ma  mentre 
l' uno  si  compone  di  otto  tavole ,  l' altro  ne  ha  dieci.  E  vero  che 
l'esemplare  di  Vienna  si  pretende  da  taluni  che  sia  una  sem- 
plice imitazione  ;  ma  la  questione  non  è  sinora  ben  definita. 

Della  carta  di  Bartolomeo  Pareto  non  doveva  al  certo  più 
ripetersi  la  data  del  1485  (num.  79),  che  procede  da  un  errore 
occorso  nella  stampa  di  un  primo  catalogo  negli  Atti  della  So- 
cietà Ligure  (IV.  CCXLII);  perchè  il  lodato  Desimoni  si  era  affret- 
tato a  correggerlo,  segnando  giustamente  quel  lavoro  al  1455 
(Giorn.  Lig. ,  1875,  p.  51)  sotto  cui  ebbe  del  pari  a  riportarlo 
l' Elenco  (num.  52).  Né  è  esatta  la  qualificazione  di  Mappamon- 
do applicata  ad  un  lavoro  anonimo  del  1472,  che  fa  parte  di 
un  codice  dell'  Universitaria  di  Genova  (car.  23-64);  mentre  in 
sostanza  non  è  che  un  trattatello  cosmografico  ,  privo  affatto  di 
disegni  ;  il  quale  discorre  degli  elementi  e  delle  tre  parti  del 
mondo  colle  favole  ed  etimologie  allora  consuete.  E  vero  bensì 
che  il  titolo  può  assai  facilmente  indurre  a  scambiarlo  con  una 
carta  ;  giacché  in  principio  vi  si  legge  :  Incipit  mapa-mundus 
septi formi  spiritu  in  trina  forma  illustratus;  ed  in  fine:  Expli- 
cit  Mapa  mundi.  Deo  gratin*. 


RASSEGNA  BIBLIOGRAFICA  187 

Già  notò  il  eh.  Paoli  {Reo.  Hùt. ,  I.  552)  come  una  sola 
carta  di  Grazioso  Benincarfa  «sisteute  nelT  Archivio  di  iStato  fio- 
rentino siasi  registrata  in  cinque  luoghi  e  sotto  altrettanti  anni 
diversi  fnum.  23,  33,  42,  58,  167);  mentre  il  Desimoni  aveva 
dimostrato  abbastanza  che  essa  appartiene  al  1461  (Giorn.  Lig., 
1875,  p.  50).  Ma  qui  1' Uzielli  ribatte  che  sotto  il  numero  33 
se  ne  era  ìd  parte  ammessa  l' identità  {Rev.  Hist.,  IL  324).  Riu- 
scirà perciò  meno  scusabile  l'altra  confusione,  per  cui  una  sola 
carta  di  Battista  da  Genova  si  incontra  notata  al  1514  e  1522  (nu- 
mero 160,  165).  Il  Desimoni  nel  suo  recente  Catalogo  avea  messo 
in  aperto  come  quest'  ultima ,  che  si  addita  nell'  Ambrosiana  di 
Milano,  sia  invece  fattura  di  Visconte  Maggiolo  {Giorn.  Lig., 
1875,  p.  55).  E  poi  anche  una  sola  carta  quella  di  Girolamo 
Costo  (e  non  Giovanni)  che  si  conserva  presso  la  Società  Ligure, 
e  si  registra  sotto  il  1526  (?)  e  1527  (  num.  170,  173  )  ;  oltreché 
lo  stesso  Desimoni  nell'  ultimo  Elenco  da  lui  pubblicato ,  ne 
ritardò  per  buoni  argomenti  la  data  fino  alla  seconda  metà  del 
secolo  XVI  (Giorn.  Lig.,  1875,  p.  63).  Similmente  deve  essere 
proceduta  da  un  mero  equivoco  la  registrazione  di  un'altra  «  Car- 
ta marittima  »  del  detto  Costo,  che  si  dà  come  esistente  in  Ge- 
nova presso  1'  Ufficio  Idrografico  della  R.  Marina  (  num.  176  )  ; 
giacché  per  testimonianza  del  eh.  cav.  Magnaghi ,  meritamente 
preposto  alla  direzione  dell'Ufficio  medesimo,  noi  siamo  in  grado 
di  affermare  che  niuna  carta  vi  si  conserva  che  sia  anteriore  al 
secolo  presente. 

Onoratissimo  luogo  avrebbe  inoltre  dovuto  sortire  in  questo 
volume  un  Mappamondo  che  il  signor  Voodward,  regio  bibliotecario 
a  Windsor,  scopriva  or  fanno  più  di  due  lustri  in  un  fascio  di 
carte  autografe  di  Leonardo  da  Vinci,  e  che  poco  stante  veniva  il- 
lustrato con  apposita  memoria  dal  dottissimo  Major  (1).  E  vero 
che  l' illustre  march.  Girolamo  d'  Adda  «  con  argomenti  strin- 
gentissimi  »  (così  ben  li  giudica  il  eh.  Govi)  dimostrò  poi  che 
il  detto  Mappamondo  non  può  ritenersi  di  mano  del  sommo 
Leonardo;  ma  ad  ogni  modo  rimane  sempre  da  considerare  e  co- 
me un'  opera  che  gli  appartenne  e  come  un  monumento  impor- 
tai^ issimo  ,  giacché  appunto  in  esso  trovasi  per  la  prima  volta 
iscritto  sul  nuovo  continente  il  nome  di  America  (2).  Del  resto  , 

(1)  Memoir  on  a  Mappemonde  by  Leonardo  da  Vinci  ecc.  ;  Lon- 
dra, 1865. 

(2)  O'Adda,  Leonardo  da  Vinci  e  la  Cosmografia  ;  estr.  dal  giornale 
La  Perseveranza,  1870;  Id.  ,  Leonardo  da  Vinci  e  la  sua  libreria,  pag.  34; 
Govi,  Leonardo  letterato  e  scienziato  ,  nel  Saggio  delle  opere  di  Leo- 
nardo da  Vinci;  Milano,  Ricordi,  1872,  pag    12. 


488  RASSEGNA    BIBLIOGRAFICA 

osserva  il  lodato  Govi ,  anche  senza  volerlo  autore  di  un    plani- 
sfero, delle  cognizioni  geografiche  del  Vinci  rimangono  segni  ba- 
stevoli  ;   i  quali ,  secondo  a  noi  pare  ,  avrebbero  meritato  anch'es- 
si alcun  cenno  in  quel   volume  di  Studj  ove  il  suo  nome  vana- 
mente si  cerca.   Difatti  il  famoso   Codice  atlantico  dell'  Ambro- 
siana «  contiene  alcuni  saggi   di  projezioni    piane   della  superfi- 
cie terrestre  ;  lo   schizzo   di   una  piccola    carta  d' Europa ,  colle 
sue  divisioni  politiche  ,  frequenti   rappresentazioni  di  quelle  parti 
dei  territorii  nei  quali  Leonardo  proponeva  costruzioni  di  canali 
o  di  conche  ;  un  abbozzo  della  regione  compresa  fra  il  mar  Rosso, 
il  Mediterraneo  e  lo  Stretto  di  Gibilterra,  e  un  altro  d'  una  por- 
zione dell'Asia  minore  »  (1).  Similmente  nell'  Elenco  apprestai') 
dalla  benemerita    Società    non   avrebbe  dovuto  mancare  il    bel- 
l'atlante di  nove  carte  che  si  custodisce  nella  Capitolare  di  Verona 
e  porta  questa  iscrizione  :  Jacobus  Scottus  Genouesis  locò  levan- 
ti me  fecit:  eivitate  ueteri  ano   domini  1.5.9.2.  Non  era  già  pas- 
sato inavvertito  sì  fatto    Atlante    al    diligentissimo  Harrisse  ;  il 
quale  ne  dà  un  cenno  nella  Bibliotheca  Americana    Vetustissima 
(Introd.,  p.  XXl),  e  ne  trae  anzi  argomento  per  confermare  che  i 
genovesi  del  secolo  XVI  erano  valentissimi  idrografi. 

Sarà  anche  opportuno  avvertire  che  il  Portolano  anonimo  del 
detto  secolo,  che  sta  alla  Vallicelliana  (num.  271),  ebbe  una  dotta 
illustrazione  dal  eh.  P.  Giuseppe  Lais,  pubblicata  negli  Affi  a  ■■'- 
l'Accademia  Pontificia  de' Nuovi  Lincei  (anno  XXVIII ,  1874-75, 
pag.  506-13)  ;  e  che  di  Francesco  Monno ,  di  cui  sulla  fede  del 
Desimoni  vengono  segnalate  due  carte  (num.  317,  324),  esiste 
anche  all'  Universitaria  di  Genova  un  trattato  dell'Arte  della 
vera  navegatione  compilato  nel  1633  e  corredato  di  tavole  {Giorni. 
Lig. ,  1575,  p.  66). 

E  per  fine,  raccomanderemo  alla  benemerita  Società  Geo- 
grafica che  voglia  istituire  alcune  ricerche  in  Ancona,  allo  scopo 
di  riconoscere  se  (come  sembra  probabile)  appartengano  ad  una 
stessa  famiglia  quei  cartografi  che  nell'  Elenco  s' incontrano  ram- 
mentati sotto  i  nomi  di  Freduzio  Ottomano ,  Ugo  Maria  Fre- 
ducci  ed  Angelo  Eufreduzzo  (num.  87,  183,  187,  204-5). 

Chi  poi  si  facesse  a  confrontare  1'  Introduzione  coli'  Elenco 
troverebbe  da  avvertire  che  mentre  nella  prima  (p.  305  e  segg.) 
sono  stabilite  con  molta  esattezza  le  distinzioni  tra  i  portolani  e 
le  carte  nautiche,  nel  secondo  invece  vi  ha,  a  dirla  col  P,;oli , 
nell'  impiego  di  sì  fatti  nomi  una  deplorevole  confusione.  Né  in 
tutto  giusta  ci  sembra  la  scusa  affacciata  da  quest'  ultimo ,  lad- 
dove osserva  che  tal  confusione  s'  incontra  eziandio  ne'  libri  eli 
(1)  Govi ,  loc.  cit. 


RASSEGNA    BIBLIOGRAFICA  489 

scienza  e  ne'  più  autorevoli  scrittori,  fra'  quali  rassegna  il  Desi- 
moni  (Reo.  Hist.,  I.  553);  conciossiachè  questi  aveva  chiaramen- 
te notate  le  differenze ,  e  stabilito  che  nel  suo  Elenco  »  il  nome 
di  Atlante  indica  la  riunione  di  due  o  più  carte  o  tavole  ;  il 
nome  di  Portolano  indica  una  descrizione  di  coste  marittime 
senza  il  corredo  delle  tavole  ;  il  nome  di  Planisfero  dinota  ima 
carta  cosmografica,  comprendente  tutto  il  mondo  abitabile  come 
era  concepito  dall'autore  di  essa  »  (Giorn.  Lig.,  1875,  pag  43). 
Ben  vogliamo  augurare  col  Paoli  medesimo,  che  questa  nomen- 
clatura scientifica  sia  d' ora  innanzi  adottata  generalmente  nel 
linguaggio  geografico. 

Parte  Terza.  —  Opere   Geografiche  esistenti  nelle  principal 
Biblioteche  Governative  dell'Italia,  per  cura  di  ENRICO  Narducci 

Modestamente  il  eh.  bibliografo  definisce  il  suo  erudito  la 
v  m  i  «  una  compilazione  bibliografica  tratta  dalle  comunicazioni 
che  la  Società  Geografica  ricevette  dai  vari  Direttori  delle  Bi 
blioteche  del  Regno  »>  (p.  393).  I  manoscritti ,  divisati  per  ordi 
ne  alfabetico ,  sono  in  numero  di  259;  le  edizioni  doveano  fimi 
tarsi  ai  due  primi  secoli  della  stampa ,  "  siccome  quelle  che  per 
F  antichità  loro  vanno  sopra  le  altre  per  rarità  ed  importanza  » 
(p.  394);  e  di  certo  F  opera  non  avrebbe  mancato  di  riuscire  di 
grandissima  utilità ,  massime  se  si  consideri  che  era  questa  la 
prima  volta  in  cui  doveaDo  comparire  riunite  tante  e  sì  svaria- 
te indicazioni.  Ma  anche  qui  la  tirannia  del  giorno  fisso  impedì 
la  effettuazione  del  bel  concetto ,  per  modo  che  appena  rasse- 
gnate le  stampe  di  due  lettere  di  Colombo,  ei  fu  costretto  ad 
ini  erompere  la  descrizione  pur  dichiarando  che  riserbavasi  di 
adempiere  in  altra  opportunità  alla  sua  promessa.  Fidando  adun- 
que nella  ben  nota  operosità  del  valentissimo  prof.  Narducci,  noi 
affrettiamo  col  desiderio  il  compimento  del  suo  lavoro,  tanto  più 
che  F  Italia  ha  tuttavia  una  scarsa  messe  di  opere  bibliografiche 
condotte  con  maturità  di  critica ,  e  delle  quali  pur  s'  aiuta  gran- 
demente ogni  ramo  di  studi.  Speriamo  che  egli  avrà  allora  il 
tempo  necessario  per  riscontrare  ed  appurare  ogni  indicazione  , 
nò  si  terrà  pago  a  quelle  relazioni  ad  verbum  che  si  raramente 
ponno  xiuscire  precise.  Il  che  diciamo  specialmente  rispetto  a 
quell'  «  esemplare  di  due  edizioni  del  1493  »  della  epistola  di 
Colombo  a  Raffaele  Sanchez,  che  si  additano  come  esistenti  nel- 
la preziosa  collezione  dell'  illustre  march.  Girolamo  d' Adda  in 
Milano  ;  mentre  a  noi  consta  come  le  cose  non  sieno  propria- 
mente in  que'  termini  che  dal  Narducci  si  riferiscono. 

Del  resto  e  per  questa  e  per  ogni  altra  parte  onde  si  com- 
pone l' importante  volume  di  Studj,  sarà  proprio  utilissima  una 


490  RASSEGNA    BIBLIOGRAFICA 

nuova  e  più  pensata  edizione  ;  donde  la  Società  Geografica  ac- 
quisterà (ne  abbiam  fede)  sempre  maggiori  titoli  di  vera  bene- 
merenza. Allora  potranno  eziandio  cansarsi  altri  inconvenienti , 
e  fra  essi  quello  che  gii  Indici ,  anziché  dagli  autori  delle  me- 
morie ,  sieno  fatti  da  terze  persone,  le  quali  qui  mostrano  di  es- 
sere incorse  in  errori  non  saprem  dire  se  più  frequenti  o  più 
gravi ,  ma  che  «  battono,  più  spesso  che  altrove,  nei  nomi  e  nel- 
le date  degli  anni  »  {Nuova  Antologia,  p.  178).  Così,  per  esem- 
pio, del  nome  di  Alberto  di  S.  Stefano  riuscì  un  "  Abate  di 
S.  Stefano  »;  il  cognome  di  Girolamo  Costo  moltiplicossi  in  Cos- 
so, Costa  e  Casta;  il  Museo  Cospiano  divenne  Cespiano;  del 
cartografo  Zeardo  si  fece  un  Leardo  ;  il  notissimo  Pegolotti  mo- 
dificossi  in  Pegoletti,  il  Damele  in  Daniele  ;  del  capitano  Levan- 
te si  fece  un  Levante  ,  ed  il  cognome  di  Benedetto  Dei  venne 
confinato  a  far  la  parte  d' articolo  ,  scrivendosi  Dei  Benedetti ,  ecc. 
Solleciti  adunque  la  egregia  Società  il  compimento  dell'  impresa, 
sì  come  è  reclamato  dalla,  importanza  degli  argomenti  e  dall'ono- 
re nazionale.  Esponendo  con  pienezza  gli  ultimi  risultati  delle 
cognizioni  che  si  attengono  alla  storia  dei  nostri  cartografi  e 
de'  nostri  viaggiatori ,  accrescerà  il  dritto  che  giustamente  può 
vantare  sin  d' ora  alla  gratitudine  di  tutti  i  cultori  degli  studi  ; 
ed  al  motto  AERE  Perennius  che  sì  appropriatamente  volle 
impresso  sul  suo  volume  potrà  con  tutta  ragione  aggiungere  an- 
che quest'  altro  :  EXCELSIOR  ! 

II.  Di  rinfianco  agli  studi  della  lodata  Società  (così  l' on. 
Correnti  diceva  al  Congresso  di  Palermo)  «  il  valente  orienta- 
lista prof.  De  Gubernatis ,  maturando  un  frutto  che  già  da  molti 
anni  aveva  mostrato  un  primo  accenno  di  fiori  (1),  vi  aggiunse 
una  Storia  dei  viaggiatori  italiani  in  India,  la  quale  riuscì  co- 
me un  saggio  di  quello  che  potrebbero  essere  i  capitoli  dell'  in- 
tera Storia  geografica  ,  quando  la  fortuna  volesse  accompagnarla 
al  suo  finimento  »  (2).  Ma  anche  il  De  Gubernatis  fu  un  tal 
po'  vittima  della  ristrettezza  del  tempo  ;  benché  toccando  delle 
«  lacune  od  inesattezze  »  che  si  possono  incontrare  nel  suo  libro, 
giustamente  confidi  che  varrà  in  parte  a  scusarle  il  pensare 
«  che  fosse  meglio  il  dissodare  un  terreno  quasi  affatto  incolto , 
piuttosto  che  lasciarlo  abbandonato  del  tutto  »  (p.  vii).  E  per 
vero  basterà  solo  una  rapida  scorsa,  per  convincersi  come  il  dotto 
libro  valga  già  di  per  sé  un    buon    supplemento    alla    Biografìa 

(1)  Una  prima  Memoria  del  eh.  De  Gubernatis  sui  viaggiatori  nel- 
T  India  comparve  a  stampa  nel  1866,  per  lodevole  disposizione  dell'  illustre 
Domenico  Berti  allora  ministro  della  pubblica  istruzione. 

(2)  Bollettino  della  Società  Geografica,  a.  1875,  pag.  615. 


RASSEGNA    BIBLIOGRAFICA  491 

dei  viaggiatori,  trovandosi  in  esso  citati  non  pochi  nomi  che  in 
questa  si  desiderano. 

Il  primo  capitolo  contiene  la  serie  de'  nostri  viaggiatori  ;  e 
tosto  ci  offre  1'  opportunità  di  entrare  in  alcune  considerazioni 
rispetto  al  frate. Bartolomeo  Capani  (p.  4),  cui  la  dignità  attri- 
buitagli di  arcivescovo  di  Pechino  poggia  semplicemente  su  di 
un  equivoco ,  a  cagione  del  quale  nella  lettura  od  interpretazio- 
ne dei  documenti  il  nome  della  Cembalo  medioevale  ,  rispon- 
dente alla  odierna  Balaclava  nella  penisola  di  Crimea ,  venne 
scambiato  con  quello  di  Cambalu  come  allora  appunto  si  chia- 
mava la  capitale  dell'  Impero  Cinese.  Né  vogliam  dire  che  l'equi- 
voco sia  da  imputare  al  eh.  Professore;  anzi  deriva  da  antico,  e 
già  s' incontra  negli  Annali  dei  Minoriti  del  Waddingo ,  donde 
P  accolsero  poscia  il  Baldelli  -  Boni  e  il  lodato  P.  Marcellino  da 
Civezza  (1).  E  né  manco  si  limita  al  solo  Capani  o  Capponi 
(come  più  rettamente  da  alcuni  si  scrive),  ma  si  estende  anche 
ad  altri  ;  e  perciò  cresce  1'  utilità  di  recare  un  qualche  lume  nel- 
la importante  questione. 

Abbiamo  per  documenti  che  nel  1370  il  papa  Urbano  V  avendo 
trasferito  1'  arcivescovo  Cosma  dalla  Chiesa  di  Cambalu  a  Serai 
sul  Volga,  nominò  Guglielmo  da  Prato  a  succedergli  in  quella 
sede  (2).  None  però  noto  se  questi  pervenisse  mai  alla  sua  Dio- 
cesi ;  né  si  hanno  positive  notizie  per  accertare  che  altri  sieno 
stati  eletti  anche  posteriormente  al  governo  arcivescovile  di 
Cambalu.  Ora  siccome  proprio  in  quel  tempo  (1370)  la  dinastia 
degli  Yuen,  ossia  de'  Mongoli  discendenti  da  Gingiz-Kan,  venne 
sostituita  da  quella  dei  Ming  ;  e  siccome  questa,  inaugurando  una 
nuova  politica,  studiossi  di  troncare  ogni  comunicazione  coi  cri- 
stiani, così  è  naturalissimo  il  pensare  che  le  missioni  cattoliche 
in  quell'  Impero  sieno  appunto  nelT  epoca  medesima  venute  ces- 
sando. La  stessa  traslazione  di  Cosma  a  Serai,  capitale  della  di- 
nastia tartaro -mongola  discendente  da  Gingiz  e  regnante  nel 
Kipciak,  lascia  anzi  supporre  che  ivi  il  detto  arcivescovo  si  riti- 
se  per  godere  della  protezione  di  quegli  Imperatori  i  quali 
serbarono  sempre  buoni  rapporti  cogli  stranieri,  e    specialmente 

(1)  Waddingus,  Annales  Oriinis  Minorum,  tom.  X,  a.  1448,  nu- 
mero XXI,  e  Reg.  Pontif.  num.  Ili  ;  tom.  XII,  a.  1456 ,  num.  ccxxvi, 
tom.  XIII,  a.  1462,  nuca.  LXXH.  -  Baldelli  Boni,  II  Milione,  I,  ixivm  ; 
Da  Civezza  ,  Storia  Universale  delle  missioni  francescane^  V,  192,  ed 
altrove. 

(2)  Intorno  a  questa  e  ad  altre  particolarità  relative  ai  presunti  arci- 
vescovi di  Cambalu,  si  veggano:  Kunstmann.  Die  Missionen  in  Indien 
und  China  in  XIV  Ja/ir7i,Munchen  1856  ;  Heyd,  Die  Colonien  der  Romi- 
schen  Kirche  in  der  Tartarenlanden  in  xm-xiv  Jahrh.  Gotha  1858. 


492  RASSEGNA    BIBLIOGRAFICA 

co'  genovesi  che  adoprarono  spesso  in  cospicue  ambascerie  (1).  > 
Nel  qual  caso  1'  assunzione  di  Guglielmo  da  Prato  alla  dignità 
metropolitica  di  Cambalu,  potrebbe  solamente  riguardarsi  come 
una  riprova  della  pratica  costante  seguita  dai  Pontefici  nel 
mantenere  le  nomine  episcopali  alle  sedi  anche  perdute.  Che  se 
il  Baldelli-Boni  e  il  Da  Civezza,  studiandosi  di  prolungare  fino 
alla  metà  del  secolo  XV  la  serie  degli  arcivescovi  di  Cambalu, 
v'inserirono  inomi  del  Caponi,  di  Giovanni  Pelletz  e  di  Alessandro 
di  Caffa,  basterà  a  farci  almen  dubitare  della  legittimità  di  lai 
titolo  1'  avvertenza  che  il  primo  ed  il  terzo  di  quei  prelati  ven- 
gono, negli  atti  autentici,  designati  coli'  appellativo  di  episcopi  e 
non  mai  altrimenti. 

Che  poi  il  Caponi  fosse  vescovo  di  Cembalo  in  Crimea  è  fatto 
palese  pel  Cartolario  della  Masseria  di  Caffa  del  1458,  laddove 
a'  29  novembre  si  nota  ;  Reverendus  dominus  Bartholomeus  Capo- 
nus  Dei  grafia  Episcopus  Cimbalensis  in  hoc  Cartidario  salarialus 
ad  aspe.ros  CC  in  mense,  incipiendo  die  X  septembris  1458  etc.  (2)  ; 
donde  anche  risulta  come  l'Uffizio  delle  Compere  di  S.  Giorgio 
allora  signore  della  Crimea,  a  menomare  la  povertà  delle  Diocesi 
costituite  nella  penisola  taurina,  le  venisse  soccorrendo  collo  stan- 
ziamento ne'suoi  bilanci  di  una  provvigione  annuale.  Né  questo 
è  il  solo  documento  che  dia  sicura  contezza  del  vescovo  su  citato. 
Già  il  Cartolario  del  1455  (fol.  30)  lo  rammenta  sotto  il  25  di 
marzo  con  questa  annotazione  :  Reverendus  dominus  Bartholomeus 

(1)  Sulle  ambascierie  sostenute  da  Buscatilo  de'  Ghizolfi  pel  re  Ar- 
goum  al  Papa  nel  1289  e  pel  re  Cazan  verso  il  1303  alle  Corti  del  Ponte- 
fice, di  Francia  e  d'Inghilterra,  come  pure  intorno  a  più   altre  legazioni 

lori  di  genovesi  alle  Potenze  occidentali,  da  parte  degli  Imperatori 
;.  vedansi  gli  Atti  della  Società  Ligure  di  Storia  Patria,  voi  IV, 
pag.  ccxxvn  e  segg.,  e  voi  V,  pag.  188.  —  Ricorda  il  eh.  Heyd  che  verso 
il  -1338  il  Gran  Kan  spedì  al  Papa  in  Avignone  una  ambasceria  della  quale 
era  capo  un  franco  (  occidentale  )  di  nome  Andrea.  Gli  inviati  giunsero 
nella  detta  città  correndo  la  Pasqua  dell'anno  su  mentovato;  ed  il  P<;:it~- 
tefice  rispose  al  Gran  Ivan  mandandogli  a  sua  volta  una  legazione.  Gio- 
vanni Marignoli,  che  di  questa  faceva  parte,  cosi  lasciò  scritto  :  Reces- 
simus  de  Avenione  mense  decembris  ,  pervenimus  Neapolim  in  prin- 
cipio quadragesimae  et  ibi  usque  ad  pascha,  quod  fuit  in  fine  Marcii, 
expectavimus  navi  giura  Januensium  vewurum  cum  nunciis  Tartaro- 
rum  quos  misit  Kaam  de  Cambalec  maxima  civitate  ad  Papam  (  Pere- 
grini tio.in  Orientcm,m  Dobner,  Monum.  histor  Boemiae  II.  S4;  Heyd, 
Die  Colonien  etc.  ,  pag.  299;  Kunstmann  ,  Die  Missionen  etc.  ,  p.  244). 
—  Riunendo  per  tal  guisa  i  due  racconti,  parrebbe  doversene  inferire  che 
il  fnnico  Andrea  non  fosse  altri  che  un  genovese;  e  da  ciò  si  dedurrebbe 
una  riprova  dell'intermezzo  continuato  dei  cittadini  di  Genova  nelle  am- 
bascerie de' Tartari  alla  Corte  papale. 

(2)  Archivio  di  San  Giorgio:  Cartolario  citato,  fol.  285. 


RASSEGNA   BIBLIOGRAFICA  493 

de  Caponis  episcopus  et  locumtenens  in  Caffa  reverendi  dcnnini 
Episcopi  Caffensis.  Cionondimeno  più  importante  al  caso  nostro 
riesce  la  nota  del  1458,  siccome  quella  che  per  tale  anno  dichia- 
rando il  Caponi  tuttora  in  vita  e  nel  possesso  della  propria  sede, 
ben  mostra  1'  erroneità  di  quanto  registra  il  Waddingo  sotto  il 
1456  :  Ad  Archiepiscopatum  Cambaliensem  in  Tarlarla  (assum- 
ptus  est)  frater  Johannes  Pelletz  sacrae  Theologiae  professor ,pei 
óbitum  Bernardi,  Kalendis  Martii.  Abbiamo  di  già  avvertito  che 
il  titolo  arcivescovile  non  ha  il  conforto  dei  documenti  ;  né  l'  ag- 
giunto in  Tartaria,  che  pur  si  legge  nel  passo  dello  stesso  anna- 
lista al  1448,  laddove  riferisce  la  nomina  del  Caponi,  s' incontra 
punto  nella  bolla  che  reca  siffatta  elezione.  Ciò  posto,  non  monta 
per  noi  l'occuparci  delle  altre  circostanze  enunciate  dallo  stesso 
Waddingo,  né  tampoco  del  vescovo  Bernardo  gratuitamente  asse- 
gnato alla  Chiesa  di  Cembalo  ;  ma  piuttosto  vuoisi  considerare 
che  al  passo  testé  riferito  succedono  altre  parole,  le  quali  ci  mo- 
verebbero a  cercare  la  vera  sede  del  Pelletz,  meglio  che  altrove  , 
in  alcuna  delle  chiese  di  Germania  qui  forse  inesattamente  de- 
nominata. Difatti  si  soggiunge  eh'  ei  venne  assegnato  per  suffra- 
ganeo  all'  eletto  di  Breslavia  :  Datus  est  suffraganeus  pridie  Idus 
(martii)  Jacobo  de  Rosembergk  electo  Vratislaviensi. 

Per  un  errore  somigliante  il  Le  Quien  assegnò  invece  alla 
Chiesa  di  Cembalo  fra  Michele  di  Reutelem,  destinato  per  bolla 
del  9  aprile  1462  regimini  Ecclesiae  Simbaliensis  e  quivi  stesso 
dichiarato  successore  immediato  di  un  vescovo  Giovanni  (1).  Se 
non  che  «più  altri  autori  il  fanno  invece  preposto  al  governo  di 
una  Ecclesia,  Cunabulensis  in  Graecia,  la  quale  per  altro  lo  stesso 
Le  Quien  protesta  essere  a  lui  prorsus  ignota  (2). 

Or  sia  di  ciò  comunque  si  voglia,  certo  è  nondimeno  che  il 
Caponi  visse  ancora  alcuni  anni  dopo  il  1458,  mentre,  come  c'in- 
segna lo  stesso  Waddingo  con  manifesta  contraddizione  a  quanto 
aveva  di  già.  notato  sotto  il  1456,  papa  Pio  II  soltanto  nelle 
caleude  di  dicembre  del  1462  nominò  a  succedergh  il  frate  Ales- 
sandro da  Caffa  :  Pius  Pontifex...  Cambalù  liepiscopali 
(Ecclesiae)  in  Tartaria  fratrem  Alexandrum  de  Ca 
Bartholomaei  Caponis  de  Pera  Kalendis  Decembris  (praefecit), 
quem  commendatum  voluit  Protectoribus  Officii  Compararum  San- 
cii Georg. ".  Perette  il  Pa  a  volesse  race1  ;1  frate  Ales- 
sandro ai  Protettori  di  San  Giorgio,  si  capisce  benissimo  trat- 
tandosi di  un  vescovo  la  cui  Diocesi  era  posta  nel  loro  dominio  ; 
ma  si  capirebbe  poco  o  punto  qualor                          di  un  arcive- 

(1)  '  remond,  Buttar.   Ord    Praed.,  Ili 
Le  Quien,   Oriens  <^hrist.,  III.  1109. 


494  RASSEGNA   BIBLIOGRAFICA 

scovo  della  lontana  Pechino.  Né  la  raccomandazione  si  rimase 
priva  di  effetto,  perchè  già  nel  Cartolario  delle  spese  di  quell'Ufficio 
pel  seguente  anno  1463  (1)  si  trova  notato  per  la  somma  di 
venti  ducati  frater  Alexander  de  Caffo,  ordinis  minorum  electus 
Episcopus  Cimbalensis,  prò  eocpediendis  bullls  ut  valeat  profici- 
scere  Ca/fam.  Oltre  ciò,  il  eh.  Canale  aveva  di  già  trovato  nei  regi- 
stri della  Masseria  di  Caffa  sotto  il  4  luglio  1465  e  7  febbraio  1469, 
menzionato  il  detto  vescovo  fra  i  provvisionati  di  Cembalo  (2)  ; 
il  che  è  quanto  dire  che  i  Protettori  delle  Compere  continuarono 
eziandio  al  successore  di  Bartolommeo  Caponi  1'  assegnamento 
onde  questi  era  stato  da  loro  provveduto.  Del  resto ,  anche  un' altra 
circostanza  avrebbe  dovuto  concorrere  ad  avvalorare  il  dubbio 
che  Alessandro  non  fosse  punto  arcivescovo  di  Pechino.  Nel  1475, 
allorquando  la  città  di  Caffa  e  1'  intera  Penisola  caddero  in  potere 
de'  Turchi,  egli  si  trovava  colà,  e  rimase  prigioniero  di  que'  barbari  ; 
scampato  dalle  loro  mani  cinque  anni  più  tardi,  se  ne  venne  in 
Italia  dove  morì  nel  1483  (3). 

(1)  Archivio  di  San  Giorgio. 

(2)  Canale,  Della  Crimea,  \.  304 

(3)  Baldelli  Boni,  loc.  cit.  ;  Da  Civezza,  Op.  cit. ,  V.  326  -  Il  eh. 
P.  Marcellino,  nel  suo  ammirabile  zelo  di  glorificare  l'Ordine  Serafico  al 
quale  appartiene  e  di  cui  è  onore,  fa  anche  in  altri  lunghi  della  sua  lodata 
Storia  viaggiare  i  proprii  correligiosi  fino  alle  regioni  cinesi  ;  e  così  trat- 
tando d'una  missione  affidata  a  fra  Nicolò  da  Tivoli,  capnellano  pontificio, 
per  bolla  del  26  gennaio  1429,  scrive  che  papa  Martino  V  avealo  nomi- 
nato ricoglitore  generale  de'  proventi  spettanti  alla  Santa  Sede  «  nelle 
città  e  diocesi  di  Caffa,  Chio,  Metilene,  Pechino,  Salmastra  e  Pera  presso 
Costantinopoli  »  (IV.  482).  Però  la  bolla  prodotta  dal  Waddingo  (tom.  X. 
Reg.  Pontif. ,  num.  CCXXIV)  dice  propriamente  così  :  Nos  hinusmodi  tuae 
probitati  et  virtuti  plurimum  in  Domino  confidentes,tein  Caffen.Chien. 
Metellinen.  Sollagen.  Cimbalien.  et  Samastrien.  civitatibus  et  diocesibus 
ac  in  terra  Per ae ,  Constantinopob'tan.  dioecesis,  Nuntium  Apostoli- 
cum...  ac  generalem  receptorem...  constituimus.   Neppur  qui    dunque  si 

tratta  di  Pechino,  ma  della  solita  Cembalo  ;  sì  come  prima  di  noi  opinò 
U  eh.  Kustmann  (Die  Kentniss  Indiens  in  XV  Jahrh  ;  Mùnken  1863);  e 
quel  Sollagen.  deve  interpretarsi  per  Soldaia,  e  il  Samastrien.  per  Sama- 
stro,  città  e  consolati  anch'essi  nella  Penisola  Taurica  e  sulla  costa  del- 
l'Asia minore.  Dal  che  è  facile  rilevare  come  1'  incarico  pel  quale  Marti- 
no V  si  era  commesso  in  Nicolò  da  Tivoli  doveva  propriamente  eserci- 
tarsi nelle  signorie  genovesi  d'oltre  mare  ;  giacche  a  non  dire  di  Pera, 
notissima  loro  colonia,  anche  le  isole  «li  Metetlino  e  di  Scio  possedute 
dai  Gattilusii  e  da' Giustiniani  riconoscevano  sempre^'alto  dominio  della 
madre  patria. 

Altrove  lo  stesso  Da  Civezza  annotando  un  passo  del  testo  latino  di 
Oderico  da  Pordenone,  desunto  dal  codice  della  R.  Biblioteca  di  Mo- 
naco, laddove  Oderico  narra  di  sé  ab  hac  recedens  (cioè  dalla  città  di 
'.est  ...  veni  ad  quamdam  r.ivitatem  nomine  Ooprum,  scrive  :  «  Cum  , 
o  Comesciah    a    mezzodì  d' Ispahan    »    (III.    743).    Mala    città    di    Cum 


RASSEGNA    UIBLIOGRAFICA  495 

La  perdita  delle  colonie  e  le  scoperte  di  nuove  navigazioni 
furono  appunto,  come  ognun  sa,  le  cagioni  precipue  per  le  quali 
andò  rapidamente  scadendo  la  potenza  commerciale  e  marittima 
degli  italiani ,  o  diciamo  più  giusto  delle  repubbliche  di  Firenze, 
Venezia  e  Genova  ;  ed  è  perciò  assai  naturale  che  queste  avvisassero 
ai  modi  di  sottrarre  a'portoghesi  il  privilegio  de'ricchi  traffici  che 
erano  la  conseguenza  di  quelle  scoperte  medesime.  Così  »  Firenze 
mandava  con  proprie  galere  i  Marchionni  mercatanti  (come  pare) 
di  Sesto  Fiorentino,  per  armarle  possibilmente  alla  navigazione 
delle  Indie,  e  frattanto  aver  di  prima  mano  le  merci  che  i  por- 
toghesi imbarcavano  da  Goa,  da  Calicut  e  da  Coccino  ;  Venezia 
spediva  come  esploratore  a  Lisbona  tal  Lunardo  (Leonardo)  di 
Uà  da  Masser,  la  relazione  del  quale  pubblicava  Giovanni  Scopoli 
nell'  Archivio  Storico  Italiano  »  (De  GUBERNATIS,  p.  12).  A  lor 

trovasi  invece  64  leghe  a  norde  di  Ispahan ,  e  perciò  quella  onde  il  Ca- 
vezza intende  parlare  è  l'altra  di  Cumisc  o  Comescià,  15  leghe  a  sud- 
sud-est  di  Ispahan  medesima.  Il  MS.  Ansaldo,  già  da  noi  ripetutamente 
citato,  leggendo  Cumuz  laddove  il  codice  di  Monaco  legge  Coprum ,  ci 
dà  appunto  certezza  che  qui  trattasi  di  Cumisce. 

Un'altra  confusione  è  pur  fatta  dal  eh.  Storico  ,  a  proposito  di  una 
bolla  di  Martino  V,  diretta  nel  1422  a  frate  Ambrogio  de'  Scipioni  da 
Cascia  nell'  Umbria ,  eletto  ad  un  vescovato  ch'egli  traduce  per  quello  d 
«  Comeseiach  nell' Ispahan  »  IV.  479).  Qui  dunqiv  Ispahan  non  sarebbe 
più  una  semplice  città,  comecché  capitale  dell' Irak-Agemi  ;  ma  sembre- 
rebbe nome  di  un  regno  od  almanco  di  una  provincia.  La  bolla  però  di 
elezione  ci  fa  sapere  che  la  Chiesa  cui  era  preposto  il  de'  Scipioni  era  la 
Cumuchensis  circa  montes  Capios  sub  dominio  Tartarorum  ;  e  colla 
guida  di  questa  bolla,  rettamente  aveva  scritto  il  "NYaddingo:  Creavi 
hoc  anno  Martinus....  Episcopum  Cumuchensem  in  Tartaria,  prope 
montes  Caspios  ,  fratrem  Ambrosium  Sipionis  de  Cassia  (  tom.  X  , 
§  XIX,  p.  65;  Reg.  Pontif.  num.  LXXIX).  Di  che  si  capisce  come  il  ve- 
scovato in  questione  non  fosse  punto  nella  Persia;  e  la  città  Cumuchenso 
risponda  all'  odierna  Cumiche  o  Cumuchi  nel  Daghestan  settentrionale  , 
fra  i  fiumi  Coissu  e  Terek.  Ci  confermeranno  poi  anche  meglio  in  que^a 
verità  un  altro  documento  pontificio  ed  un  nuovo  passo  del  "Waddingo; 
il  quale  ricordate  le  fatiche  apostoliche  sostenute  dai  Minoriti  in  monti- 
bus  Caspiis  et  per  multas  Tartariae  partes,  racconta  come  interno  al 
1401  gli  infedeli  insorgessero  contro  a'eristiani  facendone  grandissima  stra- 
ge O^currit  (cosi  prosegui),  deducta  classe  in  mare  Bacha  (il  Mar  Ca- 
spio), Antonius  Reccana  |  forse  Reccagno  )  Januensis ,  et  quamvis  }'• - 
liciter  primo  pugnare rit,  statim  lucro,  et  mercibus  ecehendis  totus  in- 
...  recessit,  rr.Uctis  fidelibus  absque  ull->  pra  sidio.  Deinde  con- 
tra  hos  movere,...  consilb1  •,,  ìnienmt  afir/uo 
re....  Conductor*-m  huiusmodi  sonietatis  instituit  Pontif* 
Antonium  Saipen.  Minoritam.  Nella  bolla  poi  di  costituzione  del  detto 
frate,  quei  luoghi  sono  così  enunciati  :  Civitute^  Chomeoh  ....  Tharcu , 
etc.  ,•  cioè  la  ridetta  Cumiche  e  i!  distretto  di  Terek  o  Terki  ,  i  quali  ad 
ogni  buon  fine  si  ripete  che  sono  posti  in  Tari  (Wad- 

DINGUS    tom.  IX.   §  111,  pag.  24 fi- 47  ). 


496  RASSEGNA   BIBLIOGRAFICA 

volta  i  genovesi,  usi  in  ogni  tempo  a  fidar  più  nella  iniziativa 
privata  che  ad  attendere  il  lento  impulso  del  Governo,  seguivano 
da  presso  la  prima  spedizione  di  Giovanni  da  Empoli,  partita  da 
Lisbona  sotto  il  comando  di  Francesco  d'  Albuquerque  il  6  aprile 
del  1503,  sì  come  ce  ne  fa  fede  una  lettera  d^l  cremonese  Gian 
Francesco  Affaitato,  scritta  di  Lisbona  il  14  settembre  dell'  anno 
su  mentovato,  laddove  è  detto  che  ivi  aspettavasi  una  nave  ge- 
novese di  1400  botti  destinata  ad  aver  parte  in  una  nuova  ed 
imminente  spedizione  (D.  Inoltre  un  passo  degli  Annali  d'Augu- 
sta registra  sotto  il  1505  :  Caeterwn  novo  vere  praesentis  anni 
adiunxerunt  armatae  regis  Portugalliae  classi  mercatores  àliguot 
Augustburgenses,  Norimbergenses,  Fiorentini  et  Genuenses  prò- 
priis  expensis  tria  navigia,  quae  sexagies  xies  mii  ■  aureis, 
quos  ■  lucatos  vocant,  in  communem  sortem  adornato  Calecutim  ne- 
terent  aromataque  et  gemmas  cum  aliis  felicis  Aràbiae  ditisque 
Indiae  mercibus  asportar ent  (2).  Nò  qui    si  aro    le    opere 

de'nostri,  perchè  la  relazione  del  citato  Lunardo  afferma  che  una 
nave  di  mercanti  genovesi  partecipò  egualmente  alla  spedizione 
di  Tristano  da  Cunha  partita  da  Lisbona  il  6  aprile  1506  (3);  bensì 
fu  soltanto  dopo  di  questi  fatti  che  il  Governo  della  Repubblica 
si  fece  vivo,  e  considerando  iactatos  esse  sennones  Inter  plurimos 
cives  de  mittendis  navibus  in  Indiani,  ad  pi  per  aliaque  aramata  inde 
sumenda  sicut  hactenus  per  Regem  Portugallie  factitatum  est , 
deputava  il  18  giugno  1506  quattro  cittadini  perchè  studiassero  e 
riferissero  quid censuerint...  esse  faciendwn(4t).  Male  Commissioni 
abortivano  allora ,  non  meno  che  in  oggi ,  novantanove  volte  su 
cento  ;  e  forse  al  Governo  che  tratto  dalla  irresistibile  corrente 
aveva  emanata  quella  larva  di  decreto,  tanto  per  fare  anch'esso 
qualche  cosa,  importava  eziandio  che  il  negozio  non  pigliasse  un 
serio  andamento.  Però  diss'  io  a  torto  Governo  della  Repubblica, 
mentre  dovea  dire  Governo  di  Francia;  conciossiachè  per  Genova 
correva  allora  uno  de'  tanti  periodi  di  sudditanza  più  o  meno 
condizionata  verso  di  quei  monarchi;  e  1'  anno  appresso  i  tumulti 
di  Paolo  da  Novi  non  fecero  che  ribadirne  la  servitù.  Ad  ogni 
modo  poi  la  Francia  doveva  necessariamente  essere  poco  sollecita 

(1)  Siffatta  lettera  sta  nel  tomo  V  dei  Diarii  Sanudo  al  R.  Archivio 
di  Venezia-,  dove  se  ne  legge  pure  un'altra  di  Cassano  Di  Negro  a  suo  fra- 
tello Girolamo,  ambasciatore  genovese  in  [spagna,  per  comunicargli  pa- 
recchie novelle  di  molta  importanza  rispetto  al  comiuvrcio  dei  portoghesi 
ueir  India.  Reca  la  data  del  29  agosto  1503. 

(2)  Vedi  Mencken,  Script,  rer.  german .,  I.  1736. 

(3  De  Gcbernatis,  pag.  16  a  82;  Archivio  Sporico  Italiano,  Serie  I, 
Appendice,  voi.  11,  pag    21. 

4)  Atti   Iella  Società  Ligure  ecc.,  V.  298:  De  Gcbernatis,  pag.  12. 


RASSEGNA    BIBLIOGRAFICA  497 

eli  favorire  presso  gli  stranieri  lo  sviluppo  delle  nuove  navigazioni, 
ben  sapendo  che  un  dì  o  1'  altro  avrebbe  potuto  incontrare  nei 
genovesi  degli  emuli  avveduti  e  potenti  sulla  contrastata  via  delle 
indie.  Perciò  essi,  non  potendo  altro,  seguitarono  quelle  navigazioni, 
col  desiderio,  ed  accolsero  con  ardore  le  notizie  che  ragguagliavano 
dell'  esito  di  que'  traffici.  Anche  i  Diarii  di  Girolamo  Priuli  notano 
ai  9  di  luglio  del  lóOb'  alcune  lettere  che  pervenute  di  Genova 
a  Venezia,  davano  conto  dell'  arrivo  in  Lisbona  di  quattro  caravelle 
dall'  Indie,  e  segnalavano  il  carico  e  le  novelle  che  aveano  di 
colà  recate  ^1).  «  Se  l' Italia  fosse  stata  una  libera  e  forte  fin  dai 
tempi  di  Marco  Polo  (cosi  il'  De  Gubernatis  conclude  il  suo  primo 
capitolo),  non  si  può,  senza  dubbio,  argomentare  ch'essa  avrebbe 
tatto  ali'  India  sole  visite  innocenti...;  ma,  poiché,  insomma,  le 
nostre  sventure  politiche  c'impedirono  di  penetrare  armati  nell'In- 
dia, dobbiamo  compiacerci  nelle  figure  simpatiche  dei  nostri  cari 
viaggiatori,  intrepiui  cercatori  di  ventura,  sia  che  li  muovesse 
verso  la  sacra  terra  de'  brahamani  una  lodevole  curiosità,  sia  che 
vi  andassero  come  missionarii  liberatori,  a  portarvi  la  parola  di 
Cristo  »  (  p.  80  ). 

Al  detto  capitolo  tengono  poi  dietro  due  Supplementi,  nell'uno 
de'  quali  si  ragiona  de'  Viaggiatori  italiani  nella  Cina  che  visi- 
tarono l'  India,  attingendosene  specialmente  le  notizie  alla  giù 
citata  opera  dell'  Yule,  Cathay  and  the  way  thither,  che  i  nostri 
amici  e  noi  abbiamo  desiderato  sinora  vanamente  di  poter  consul- 
tare in  alcuna  delle  pubbliche  Biblioteche  di  Genova.  ^Nell'altro  il  eh. 
De  Gubernatis  ci  fa  l'onore  di  riprodurre  un  nostro  scritto  intorno 
la  Compagnia  Genovese  nelle  Indie  e  Tommaso  Skynner  (2).  Circa 
la  qua!  società  non  manca  d' interesse  quanto  aggiunge  il  eh.  Celesia 
nelle  sue  comunicazioni  al  De  Gubernatis  medesimo,  levandolo 
dalla  lettera  con  cui  Gio.  Francesco  Maria  Borzone  dedicava  al 
senatore  Bernardo  D'Amico  il  suo  Trattato  della  declinazione  del 
sole  e  delle  stelle,  pubblicato  in  Genova  pei  tipi  di  Benedetto 
Guasco.  Di  qui  ritraggiamo  infatti  che  tutti  i  genovesi  i  quali  nel 
1648  sulle  due  navi  San  Gio.  Battista  e  San  Bernardo  viaggiarono 
per  que'mari  (ed  era  fra  essi  appunto  il  Borzone),  «  ad  onta  delle 
varietà  del  clima ,  dell'  influenze  della  linea  Equinottiale,  e 
de'  patimenti  di  longhissimo  viaggio,  sono  andati  e  ritornati  tutti 
salvi,  quando  che  gli  Olandesi  loro  compagni  avezzi  a  sì  longhe 
peregrinationi,  e  nati  fra  le  procelle  del  mare  la  maggior  parte 
perirono  ».  Sembra  eziandio  che  la  navigazione  sopra  detta  sia 
stata  molto  contrariata  dall'  Olanda  ;  perchè  «  altrove  il  Borzone 

(1)  Foscarini,  Della  Letteratura  veneziana;  Padova,  1752;  pag.  432. 

(2)  Giornale  Ligustico,  1875,  pag.  121-36. 


198  RASSEGNA   BIBLIOGRAFICA 

ricorda  gli  impedimenti  che  pose  a  quella  navigazione  la  ragiona 
di  stato  »  (Db  Gubernatis,  p.  47). 

Nel  capitolo  secondo  si  espongono  le  notìzie  geografiche 
dell'  India  presso  i  nostri  viaggiatori  ;  cui  fanno  seguito  a  mo'  di 
documenti  varii  brani  delle  relazioni  de'viaggi  di  Oderico  da  Por- 
denone, Giovanni  de'  Marignoli,  Niccolò  di  Conti,  del  Chronicon 
Boemorum,  e  cinque  lettere  di  Filippo  Sassetti  desunte  dalle 
edite  da  Ettore  Marcucci.  Alle  quali  è  da  aggiungerne  una  sesta 
che  il  De  Gubernatis  cavò  dall'Archivio  di  Stato  fiorentino  ,  e  con 
alcuni  atti  del  pari  inediti  stampò  in  altra  parte  del  suo  volume, 
(p.  361-98).  Succedono  quindi  altri  passi  de'  viaggi  di  Pietro 
della  Valle,  del  P.  Vincenzo  Maria  di  Santa  Caterina  da  Siena, 
di  Gio.  Francesco  Gemelli  Careri,  e  alquante  lettere  di  Lazzaro 
Papi  ;  porgendosi  di  tal  forma  una  concatenazione  di  scelte  noti- 
zie, le  quali  spiccandosi  dalla  prima  metà  del  secolo  XIV  giun- 
gono allo  scorcio  del  XVIII. 

Nel  capitolo  terzo  vengonsi  raggruppando  le  notizie  storielle 
dell'  India  presso  i  nostri  viaggiatori,  le  quali  però  d'  uopo  è 
confessare  che  «  sono  poverissime  di  documenti  storici  »  (p.  285)  ; 
e  nel  quarto  si  raccolgono  quelle  de' 'commerci  italiani  con  l'India 
come  del  pari  s'  incontrano  presso  i  nostri  viaggiatori.  Non  oltre- 
passano per  la  miglior  parte  il  secolo  XVI;  ma  pel  maggior  nu- 
mero concernono  a'tempi  nei  quali  «  i  Portoghesi  tolsero  all'  India 
ed  usurparono  per  sé  stessi  e  per  sé  soli  il  diritto  di  navigare 
per  quei  mari  ;  di  maniera  che  ogni  altro  naviglio  non  portoghese 
(onde  genovesi,  veneziani  e  fiorentini  ne  muovean  lamento)  se- 
questravano, finché  furono  sequestrati  i  Portoghesi  stessi  dai  cor- 
sari Maomettani,  dagli  Inglesi,  dai  Francesi  e  dagli  Olandesi  ».  Ma 
prima  d'allora  »<  la  navigazione  era  in  generale  libera  e  sicura  »  ; 
e  »  non  un  porto,  salvo  il  caso  speciale  di  guerra,  era  chiuso  al 
commercio  di  qualunque  parte  venissero  le  navi  ».  Di  più  «  aveanvi 
minori  aggravii  all'  importazione  e  all'esportazione  che  in  Europa 
non  usassero,  malgrado  certi  dazii  regii  che  si  dovevano  pagare 
quasi  in  ogni  reame  »  (p.  299  e  300).  Riflettiamo  per  ultimo  che 
"  a  giudicare  dal  racconto  de' loro  viaggi,  tutti  da  Marco  Polo 
al  Sassetti  i  nostri  Italiani  che  negoziarono  nelle  Indie  si  con- 
dussero lealmente,  e  illustrarono  con  1'  opera  il  precetto  del  buon 
mercante  che  ci  reca,  nell'  esordire  del  suo  trattato  sulla  pratica 
della  mercatura  Francesco  Balducci  Pegolotti  »  (p.  317). 

Nel  capitolo  quinto  si  considera  la  lingua  sanscrita  secondo 
i  nostri  viaggiatori  ;  avvertendosi  però  come  anche  intorno  a 
questo  argomento  sieno  scarse  le  cognizioni  che  se  ne  attingono; 
e  notandosi  tuttavia  come  «  singolarissima  cosa  che  quello  de'nostri 


RASSEGNA    BIBLIOGRAFICA  199 

viaggiatori  il  quale  vide  meno  l' India  (cioè  Antonio  Pigafetta)  ab- 
bi;1 i  1  essere  ancora  quello  che  nella  sua  relazione  reca  forse  mag- 
gior numero  di  parole  indiane  »  (p.  322). 

Nel  sesto  finalmente  si  rassegnano  gli  usi  indiani  descritti 
dai  nostri  viaggiatori  ;  e  di  tal  guisa  s'  intesse  un  utile  comple- 
mento di  quelle  notizie  »  che  sulla  vita  pubblica  e  privata  ci 
danno  le  leggi,  i  cerimoniali,  e  i  gr' ihyasùtra  Indiani  »  (p.  337). 
Veggiamo  per  tal  modo  «  quali  fossero  le  abitazioni  e  gli  abiti 
degli  Indiani ,  quale  il  vitto  e  la  educazione  loro ,  quali  i  loro 
usi  nuziali,  religiosi  e  funebri  »  (p.  338).  Usi  del  resto ,  che  lo 
stesso  De  Gubernatis  aveva  prima  d'ora  tolti  a  subbietto  di 
studi  e  confronti  speciali  (1). 

Nella  conclusione  dell'  opera  il  eh.  Autore  esprime  un  voto 
che  noi  ripeteremo,  tanto  ci  par  degno  d'  essere  ascoltato  ed  è 
questo:  che  la  lettura  del  suo  libro  «  invogli....  qualche  altro 
italiano  a  ricercar  1'  India  per  discoprirvi  quello  che  vi  passò 
fino  ad  ora  inosservato.  —  L'  India  (così  prosegue)  custodisce 
pur  sempre  molti  segreti  storici  ed  etnologici. . .  Gli  Inglesi  stu- 
diano 1'  India  per  ogni  verso,  non  solleciti  soltanto  di  esaurirne 
le  mine  gemmifere  e  metallifere,  ma  ancora  di  cavarne  ogni  mina 
scientifica  :  io  vorrei  dunque  che  prima  di  vederle  esaurite  per 
opera  degli  Inglesi,  alcuno  studioso  dei  nostri  si  persuadesse  che 
come  primi  furono  gli  Italiani  a  ritrovar  1'  India ,  sarebbe  ono- 
revole che  fosse  un  italiano  quello  che  avesse  un  giorno  a  dire 
6ulT  India  1'  ultima  parola  »  (p.  360). 

Genova,  Agosto  1876  L.  T.  Belgeano. 


//  giudizio  e  la  condanna  di  Corradino.  Osservazioni  critiche 
e  storich  e  di  Giuseppe  Del  GIUDICE  con  note  e  documenti. 
Napoli,  1876,  pag.  151. 

Dopo  la  bella  monografia  sopra  Don  Arrigo  di  Castiglia,  il 
quale  insieme  a  Galvano  Lancia ,  fu  uno  dei  principali  promotori 
della  riscossa  tentata  in  Italia  dai  Ghibellini ,  al  calare  di  Cor- 
radino ,  il  Commendatore  Del  Giudice  torna  ad  illustrare  quel- 
1'  epoca  memoranda ,  mettendo  in  chiaro  una  controversia  sto- 
rica relativa  all'  ultima  scena  di  sangue  che  chiuse  in  Italia 
il  dramma  terribile  degli  Svevi.  Per  quanto  noi  Italiani  non 
possiamo  partecipare  al  sentimento  col  quale  gli  storici  alemanni 
riguardano  anch'  oggi    questo  fatto  ,  e  portare  il  lutto  con    essi, 

(1)  Veti  De  Gubernatis.  Storia  comparata  degli  usi  nuziali  in 
Italia  e  presso  gli  altri  popoli  indo-europei.  Milano,  1669.  Storia  po- 
polare degli  usi  funebri  indo-europei.  Milano  ,  1873. 


500  RASSEGNA   BIBLIOGRAFICA 

dopo  sei  secoli,  dell'  uccisione  dell'  ultimo  rampollo  di  Casa  Sveva, 
perchè  per  noi  tanto  l' infelice  Corradino  quanto  il  feroce  Carlo 
d'  Anjou  erano  stranieri ,  e  la  signoria  dell'  uno  sarebbe  riuscita 
amara  come  quella  dell'altro  ,  cionondimeno  la  grande  importanza 
di  quel  momento  storico,  la  pietà  di  quel  giovane  infelice ,  erede 
d'un  gran  nome,  ed  il  rispetto  per  le  eterne  ragioni  della 
giustizia,  ci  persuadono  a  studiare  tutti  i  particolari  di  quel 
luttuoso  avvenimento. 

La  questione  che  il  Del  Giudice  esamina  col  sussidio  di  docu- 
menti in  parte  desunti  dal  Codice  diplomatico  angioino  già  da 
lui  pubblicato  ,  ed  in  parte  nuovamente  prodotti ,  è  questa  :  la 
uccisione  di  Corradino  fu  preceduta  da  formale  processo  e  da 
regolare  condanna,  proferita  in  Curia  o  in  Parlamento,  o  piuttosto 
lo  sventurato  discendente  d' imperatori  e  di  re ,  venne  mandato 
al  patibolo  sulla  piazza  del  Mercato  di  Napoli ,  come  volgare 
predone  e  manifesto  invasore  del  Reame'? 

I  Cronisti  e  gli  Storici  che  il  diligente  autore  prende  in 
esame ,  o  tacciono  delle  forme  del  giudizio ,  o  non  danno  lume 
sufficiente.  Saba  Malaspina  narra  che  re  Carlo  convocò  i  Sindaci 
delle  città  di  Terra  di  Lavoro  e  del  Principato,  perchè  decides- 
sero quel  che  fosse  da  fare  dei  prigionieri  di  Astura.  Bartolommeo 
da  Neocastro  riferisce  che  il  Re  convocò  i  Primati  della  città 
e  dei  luoghi  circonvicini  per  assistere  alla  uccisioue  di  Corradino, 
già  condannato  a  morte  da  un  consiglio  di  giuristi.  Riccobaldo  da 
Ferrara  parla  anch'  egli  di  questo  consiglio  di  giureconsulti  che 
decise  la  morte  dell'infelice  Svevo.  Primo  il  Collenuccio  parla 
d'  un  generale  consiglio  di  tutti  i  Sindaci  delle  principali  città 
del  Reame,  convocato  da  Carlo;  ed  aggiunge  che  niuno  dei 
Baroni  e  dei  Gentiluomini  francesi  volle  assentire  alla  morte 
di  Corradino.  Gli  storici  posteriori  hanno  accettato  sottosopra 
questa  lezione ,  con  qualche  variante  più  o  meno  notabile ,  in- 
trodotta senza  acume  di  critica  e  senza  autorità  di  documenti.  E 
accanto  alla  storia  nacque  la  leggenda  ;  la  quale  narrò  del  guanto 
gettato  da  Corradino  dall'  alto  del  patibolo  in  mezzo  alla  folla 
accorsa  al  truce  spettacolo  e  raccolto  da  Giovanni  da  Procida, 
e  del  Carnefice  ucciso  da  un  Barone  Francese  appena  ebbe 
spiccato  dal  busto  il  capo  biondo  dello  Svevo  ,  perchè  non  potesse 
vantarsi  di  avere  sparso  sangue  di  re. 

II  Del  Giudice  esamina  con  rara  diligenza  le  testimonianze 
degli  scrittori ,  le  raffronta  coi  documenti  e  colle  dottrine  giu- 
ridiche del  tempo ,  e  ne  trae  conclusioni  se  non  assolutamente 
certe ,  almeno   molto  vicine  a  quella    certezza   storica   che    può 

si  di  fatti  cosi  remoti. 


RASSEGNA   BIBLIOGRAFICA  501 

Risulta  dalle  sue  indagini ,  che  la  morte  di  Oorradino  non 
tu  preceduta  da  nessuna  forma  solenne  di  processo  ;  che  uè 
Parlamento ,  né  Curia  generale  fu  convocata  da  Re  Carlo  in 
quella  occasione  ed  in  altre  gravi  contingenze  del  Reame,  prima 
della  rivolta  di  Sicilia  ;  che  il  voto  dei  giureconsulti  che  erano 
allora  nel  consiglio  del  Re  assai  verosimilmente  fu  chiesto ,  e 
forse  in  Roma,  dove  Carlo  condusse  trionfante  i  prigionieri  di 
Astura ,  e  dove  esercitava  autorità  civile,  per  essere  stato  nuo- 
vamente investito  del  Senatorato;  che  a  Roma  infatti  comincia- 
rono le  sue  vendette  colla  morte  di  Galvano  Lancia  e  del  figlio 
di  lui  Galeotto  ;  che  i  consiglieri  o  meglio  approvatori  della  morte 
già  deliberata  di  Corradino ,  doverono  essere  Guido  da  Suzzara  , 
Roberto  di  Bari  e  Roberto  di  Lavena,  i  quali  godevano  di  gran 
credito  in  corte  e  della  piena  fiducia  del  Re  ;  che  se  furono 
chiamati  ad  esser  soltanto  testimoni  del  supplizio  i  maggiorenti 
di  Terra  di  Lavoro  e  del  Principato  ,  ciò  fu  fatto  non  per  forma 
di  giudizio  o  di  approvazione  della  condanna ,  ma  per  incute- 
re terrore  con  quella  morte  ai  popoli  delle  due  provincie ,  i 
quali  appunto  più  degli  altri  si  erano  mostrati  aperti  fautori 
dello  Svevo;  che  a  Corradino  vennero  applicate  le  Costituzioni 
di  Federigo  II,  le  quali  ingiungevano  doversi  porre  a  morte  i 
predoni  ed  invasori  del  regno  notori  e  manifesti ,  senza  alcuna 
formalità  di  inquisizione  ;  é  che  perciò  né  processo  fu  istituito , 
né  condanna  vera  e  propria  fu  pronunziata  contro  Corradino ,  il 
quale  tradito  dai  Frangipane  e  consegnato  all'  Ammiraglio  Ro- 
berto di  Lavena,  che  una  tempesta  aveva  casualmente  gettato 
sulle  spiagge  romane,  venne  mandato  a  morte  per  feroce  volontà 
di  Re  Carlo  e  col  tacito  assenso  di  Papa  Clemente. 

Queste  principali  conclusioni  dal  commentario  del  Del  Giu- 
dice ,  non  solo  sono  dedotte  dai  fatti  e  dalle  autorità  con  logica 
stringente  ed  acuta,  ma  benanche  difese  dalle  obiezioni  che 
potrebbero  trarsi  dalle  cose  scritte  in  diverso  senso  sopra  questo 
argomento  dall'  Hartwig,  dal  Saint-Priest  e  dal  Schirmacher.  Ed 
anche  questa  è  notabile  indipendenza  dell'  Autore ,  oggi  che  molti 
giudizi  degli  storici  Alemanni  son  tenuti  in  Italia  come  vange- 
lo, e  non  si  ammettono  contradizioni. 

Quando  si  pensa  ai  lavori  storici  sulle  carte  angioine  che 
videro  la  luce  in  Napoli  in  questi  ultimi  tempi ,  per  cura  del 
Del  Giudice  ,  del  Minieri  Riccio  e  del  Capasso ,  non  si  può  a 
meno  di  non  desiderare  che  di  là  ci  venga  pure  una  storia 
compiuta  del  dominio  della  Casa  d'Anjou  nel  reame,  e  della  sua 
azione  sul  resto  d' Italia.  Il  periodo  storico  degli  Svevi  è  ormai  a 
sufficienza  illustrato  ;  non  così  l'Angioino,  che  fu  pure  di  capitale 

Arch..  3.a  Serie,  T.  XXIV.  32 


502  RASSEGNA   BIBLIOGRAFICA 

importanza  per  l'Italia  del  secolo  XIII.  Ed  infatti  con  la  venuta  di 
Carlo  d'  Anjou  la  parte  Guelfa  si  trasforma,  e  queste*  trasforma- 
zione turba  lo  svolgimento  della  libertà  dei  Comuni ,  e  conduce 
quella  confusione  di  partiti  politici  che  produce  sempre  l'anarchia 
degli  Stati.  L' estinzione  della  Casa  Sveva  indebolisce  l' Impero, 
e  fa  della  parte  ghibellina  un  semenzaio  di  piccole  tirannidi  e  di 
resistenze  locali ,  le  quali  eccitano  la  parte  popolare  a  consumarsi 
nei  suoi  eccessi.  Chi  sperava  ancora  ned'  Impero  come  fondamento 
d' ordine  nazionale ,  dopo  le  calate  impotenti  di  Arrigo  di  Lus- 
semburgo e  di  Lodovico  il  Bavaro ,  dovè  persuadersi  che  andava 
dietro  ad  un'ombra.  Il  Papato  liberato  dalla  soggezione  impe- 
riale, cadde  mancipio  prima  degli  Angioini  suoi  creati,  e  poi  dei 
Re  di  Francia  che  se  lo  portarono  ad  Avignone.  E  1'  Italia  né 
imperiale,  né  regia,  né  guelfa,  si  disfece  in  se  stessa,  abusan- 
do della  libertà  ,  e  non  apparecchiandosi  a  saperla  difendere 
quando  più  tardi  fu  assalita  dalle  forze  preponderanti  degli  Stati 
costituiti. 

Da  queste  brevi  considerazioni  che  ci  suggerisce  il  bel  lavoro 
del  Del  Giudice ,  è  facile  di  rilevare  l' importanza  grandissima  e 
le  relazioni  moltiplici  che  ha  la  storia  della  dominazione  Angioina 
con  quella  dei  Comuni  guelfi  della  media  Italia  ;  la  quale  non  può 
spiegare  le  trasformazioni  che  avvennero  nelle  costituzioni  sta- 
tutarie e  nei  partiti  popolari  in  questo  periodo,  senza  avere 
una  chiara  idea  dell'  azione  che  esercitava  anche  fuori  del  reame 
questa  nuova  potenza  straniera  annidatasi  nel  mezzogiorno  della 
penisola,  coli'  apparenza  di  favorire  la  parte  nazionale  e  di  eman- 
cipare il  Papa  dalla  soggezione  imperiale.  Azione  che  fu  gran- 
dissima sotto  Carlo  I ,  il  quale  Senatore  di  Roma ,  dominava  la 
Curia,  e  coi  suoi  Vicari  i  Comuni  guelfi;  ma  che  non  cessò 
neppure  sotto  i  suoi  deboli  successori ,  e  risorse  sotto  il  Re  Ro- 
berto ,  toccando  1'  epoca  del  rinascimento.  Gli  scrittori  napoletani 
di  cose  storiche  hanno  dunque  un  argomento  bellissimo  da  svol- 
gere, di  cui  venne  ormai  raccolto  quasi  tutto  il  materiale  ;  e  noi 
conoscendo  il  loro  valore  ed  i  saggi  già  dati ,  nutriamo  speranza 
di  vedere  presto  messa  insieme  e  narrata  la  intiera  storia  della  do- 
minazione angioina  ,  che  l' Italia  aspetta ,  che  gli  studiosi  de- 
siderano, e  che  non  ci  può  esser  data  se  non  da  coloro  che  hanno, 
a  così  dire ,  sotto  la  mano  i  documenti  per  farla  ,  e  dimostra- 
rono di  saperli  interpretare  ed  ordinare  con  critico  acume,  come 
ne  ha  dato  saggio  il  Del  Giudice  nel  libro  che  abbiamo  preso 
ad  argomento  di  questa  breve  recensione. 

M.  TababRINI. 


Notizie    Vai\ie 


Società  storiche  italiane. 

Regia  Deputazione  di  storia  Patria  per  le  Provincie  di  Roma- 
gna. —  I  lavori  di  questa  Società,  de'quali  il  ff.  di  Segretario  conte  Ce- 
sare Albicini  ha  dato  relazione  ne'  bollettini  stampati  nella  Gazzetta 
dell'  Emilia,  contribuiscono,  ci  pare,  agl'incrementi  delli  studi  sto- 
rici. Il  presidente  conte  Gozzadini  lesse  in  quattro  adunanze  le  sue 
dotte  osservazióni  intorno  agli  oggetti  etruschi  trovati  negli  scavi 
presso  la  porta  Sant'  Isaia,  che  dal  nome  del  proprietario  del  terreno 
in  cui  sono  fatti  saranno  d'ora  innanzi  dagli  archeologi  notati  col  nome 
di  Scavi  Arnoaldi  ;  non  limitandosi  alla  descrizione  degli  oggetti  me- 
desimi ,  ma  ricavandone  osservazioni  e  congetture  sulle  antichità 
etnische  e  paragoni  con  quello  che  per  altri  scavi  e  studi  è  nel  do- 
minio della  scienza. 

Il  medesimo  presidente,  nell'annunziare  il  dono  alla  Deputazione 
fatto  dal  professore  Bartolommeo  Cecche.tti  di  documenti  veneti  con- 
cernenti alla  storia  di  Bologna ,  ne  rilevava  l' importanza  pei  fatti  a 
cui  si  riferiscono  o  poco  noti  o  del  tutto  nuovi ,  segnatamente  le 
lotte  intestine,  le  contese  di  Bologna  con  Azzo  da  Este,  la  legazione 
a  Bologna  del  cardinale  Napoleone  Orsini  mandato  da  Clemente  V  a 
metter  pace  fra  le  parti  dei  Lambertazzi  e  de'Geremei. 

Le  considerazioni  del  conte  Nerio  Malvezzi  de'  Medici  intorno 
agli  antichi  Statuti  della  Compagnia  dei  Fabbri  e  sullo  Statuto  del- 
l'Arte  dei  barbieri  del  1556  appartengono  alla  storia  delle  condi- 
zioni sociali  della  città  di  Bologna  in  tempi  diversi,  e  schiariscono  i 
punti  meno  avvertiti  finora  nella  storia  di  alcuni  popoli  italiani, 
de'  quali  più  elle  la  vita  interna  si  conoscono  le  vicende  che  allettano 
la  fantasia. 

Di  due  lavori  che  saranno  o  sono  già  alle  stampe  ebbero  le  pri  • 
mizie  i  soci  della  Deputazione  ;  l'uno  del  signor  Carlo  Ma.la.gola  in- 
torno ad  Antonio  Urceo  ;  l' altro  del  signor  Ernesto  Masi  intorno  a 
Renata  d' Este.  Il  signor  Malagola  lèsse  la  parte  che  risguarda  la  di- 
mora di  Copernico  in  Bologna,  e  le  discipline  a  cui  attese  in  quello 
Studio,  rettificando,  colla  scorta  dei  documenti ,  alcune  date  e  get- 
tando cosi  luce  nuova  sulla  vita  del  grande  scienziato.  La  storia  delle 
vicende  di  Renata  di  Valois ,  celebre  per  la  parte  che  ebbe  nel  mo- 
vimento delle  dottrine  religiose  nel  secolo  XVI  in  Italia,  viene  in  al- 
cuni  punti  chiarita  per  le  ricerche  del  signor  Masi  e  per  le  conside- 
razioni a  cui  è  stato  indotto  da  alcuni  documenti. 


501  NOTIZIE    VARIE 

Lo  Storie  municipali  di  Faenza  e  di  Bagnacavallo  hanno  avuto 
illustrazioni  da  due  memorie,  una  di  don  Marcello  Valgimigli  sui 
vescovi  faentini  del  secolo  XIII  Teodorico  di  Frascone ,  Ubaldo  e  Or- 
lando o  Rolando:  la  seconda  del  canonico  cav.  Luigi  Balduzzi  intorno 
ad  una  tessera  militare  Estense-Bagnacavallese  ritrovata  fra  le  ma- 
cerie di  un'  antica  casetta.  Da  questa  prese  occasione  1"  Autore  per 
accennare  i  principali  avvenimenti  della  natale  città  e  l'avvicendarsi 
delle  signorie  del  papa  di  Giovanni  Acuto  dei  Manfredi  e  dogli 
Estensi  tino  a  che  insieme  con  Ferrara  non  cadde  in  potestà  della 
Chiesa. 

Alla  storia  dell'arte  appartengono  le  memorie  dei  rammentati  cano- 
nico Balduzzi  e  don  Marcello  Valgimigli,  e  dei  signori  Enrico  Bottri- 
gari  e  Gaetano  Gaspari.  Il  Balduzzi  illustrò  i  dipinti  murali  della 
Pieve  di  Bagnacavallo  liberati  dall'intonaco,  e  appartenenti  al  tempo  in 
cui  l'arte  del  dipingere  risorgeva  per  opera  di  Giotto,  fra  il  1313  e 
il  1334,  forse  lavoro  di  Giuliano  da  Rimini.  Il  Valgimigli  diede  no- 
tizie della  vita  e  dei  lavori  del  pittore  Tommaso  Missiroli  detto  il 
Villano  nato  in  Faenza  circa  l'anno  1635,  che  protetto  dal  vescovo  di 
Faenza  studiò  l' arte  a  Bologna  e  diede  prova  del  suo  valore  in 
quadri  originali  e  in  copie  che  si  conservano  in  Faenza  e  in  altre 
città  della  Romagna.  Il  signor  Bottrigari  compiè  la  esposizione  delle 
sue  ricerche  intorno  alla  storia  della  cattedrale  bolognese ,  intessen- 
do a  quella  alcuni  men  noti  avvenimenti  della  città.  Il  signor  Gaspari, 
continuando  la  lettura  delle  Memorie  da  lui  raccolte  sulla  storia 
dell'arte  musicale  in  Bologna,  diede  notizie  di  Pompilio  Pisanelli 
vissuto  nella  seconda  metà  del  secolo  XVI  e  di  Romolo  Nabli ,  dello 
stesso  secolo,  protetto  dal  cardinale  d'Aragona  Inico  Davalos.  Il  Nabli, 
alla  musica  attendendo  più  che  di  proposito  per  passatempo ,  riuscì 
non  pertanto  a  procacciarsi  colle  sue  composizioni  molto  merito. 

Regia  Deputazione  di  Storia  Patria  per  le  Provincie  Modenesi 
e  Parmensi.  —  È  pubblicato  il  fascicolo  5°  del  Voi.  VIII  de'suoi  Atti 
e  Memorie.  Il  marchese  Giuseppe  Campori  vi  ha  stampato  tre  me- 
morie, concernenti  una  alla  storia  della  Pittura,  le  altre  due  alla 
storia  delle  Lettere.  Alcuni  documenti  gli  hanno  dato  il  modo  di  ret- 
tificare e  ampliare  il  racconto  del  Vasari  intorno  al  pittore  Pelle- 
grino da  Udine  comunemente  detto  da  San  Daniele  .  specialmente 
per  ciò  che  appartiene  alla  decenne  dimora  di  lui  in  Ferrara ,  ai 
lavori  che  vi  fece,  e  alle  utilità  che  seppe  con  destrezza  ricavare 
per  sé  e  per  la  sua  famiglia  dalla  considerazione  che  i  suoi  meriti  gli 
procacciarono  nella  corte  degli  Estensi.  Una  lettera  dà  notizia  dolio 
condizioni  del  Friuli  sconvolto  nel  1512  dalle  guerre.  —  Del  padre 
della  celebre  Olimpia  Morato,  Fidino  l'c'legrino  .  il  cui  cognome  è 
accertato  che  fu  Moretto  ,  fa  conoscere  la  vita  occupata   negli    studi 


NOTIZIE    VARIE  505 

e  nella  professione  di  maestro  di  lettere;  e  stampa  due  lettere  con 
pochi  distici  latini  che  lo  mostrano  se  non  latinista  elegante,  nutrito 
di  buoni  studi.  —  Curioso  per  la  vita  di  Alessandro  Tassoni  è  il 
processo  a  cui  l'autore  della  Secchia  Rapita  diede  materia  in  Bologna 
quando  era  studente  in  quella  università  per  una  vendetta  che  volle 
prendersi  contro  il  pittore  Sebastiano  di  Citta  di  Castello  che  lo  ave- 
va contrariato  nel  desiderio  d'allontanare  dal  suo  vicinato  una  tes- 
sitrice da  cui  gli  venivano  pel  rumore  del  telaio  disturbi  a'suoi  studi. 

La  presunzione  di  Nanni  di  Baccio  Bigio .  il  cui  casato  non  è  più 
dubbio  fu  Lippi,  scultore  e  architetto  non  privo  di  merito,  che  volle 
stare  a  competenza  nell'architettura  con  Michelangiolo,  è  nota.  Ora 
il  cav.  Amadio  Roxchixi  stampa  e  illustra  alcuni  documenti  nuovi  che 
rivelano  su  lui  latti  non  bene  chiariti  o  sconosciuti.  In  una  lettera  al 
duca  Ottavio  Farnese  l'artista  medesimo  fa  sapere  d'aver  guadagnato 
due  mila  scudi  nel  restauro  del  ponte  che  poi,  secondo  la  previsione 
di  Michelangiolo  ,  rovinò;  e  dice  d'avere  inventato  una  macchina  da 
assedio.  Da  una  lettera  del  card.  San  Vitale  s'ha  la  certezza  che 
Nanni  diresse  i  lavori  della  Ruflna  celebre  e  deliziosa  villa  di  Pao- 
lo III;  e  da  un'altra  di  Bar;.  Bussotto  sappiamo  che  Pio  V  lo  adoperò 
per  dirigere  le  fortificazioni  di  Civitavecchia.  Altre  due  lettere  di  Ant. 
Contugi  e  di  Pietro  Bandini  raccomandano  al  cardinale  Farnese  il 
figlio  di  esso  Nanni,  Annibale,  che  in  tuttedue  è  chiamato  Lippi, 
perchè  lo  prenda  per  successore  al  Vignola. 

Il  cav.  Luigi  Lodi  discorre  della  corporazione  modenese  dei  Ma- 
rangoni ,  e  delle  mutazioni  introdotte  nello  statuto  dalla  compila- 
zione fatta  al  tempo  del  duca  Borso  fino  alle  ultime  modificazioni  nel 
secolo  passato. 

Con  quanto  accorgimento  la  Repubblica  fiorentina  venisse  in  pos- 
sesso di  Fivizzano  dopo  la  morte  del  marchese  Spinetta  Malaspina, 
e  come  in  questo  fosse  bene  servita  dal  suo  commissario  Bartolom- 
meo  Pucci ,  che  riuscì  ad  ottenere  la  dedizione  dai  cittadini  stessi, 
lo  fa  ben  noto  il  dottore  Achille  Neri  con  una  erudita  memoria  e 
con  cinque  documenti  ricavati  dall'Archivio  di  Stato  di  Firenze. 

Regia  Deputazione  di  Storia  Patria  per  le  Provincie  di  Tosca- 
na. Marche  e  Umbria.  —  Con  decreto  reale  dell'  8  di  ottobre  fu  no- 
minato Presidente  di  questa  Società  .  in  luogo  del  compianto  mar- 
chese Gino  Capponi ,  il  senatore  Marco  Tabarrini  ,  che  nella  vota- 
zione fatta  dai  Soci  per  la  terna  aveva  raccolto  maggior  numero  di  voti. 


NECROLOGIE 


LUIGI  SETTEMBRINI. 

Il  4  di  novembre  di  quest'anno  mori  a  Napoli  il  sena- 
tore Luigi  Settembrini,  a  cui  le  sventure  patite  con  forte 
animo,  l'eletto  ingegno  e  libri  pregiati  danno  un  luogo  ono- 
rato nella  storia  italiana  del  secolo  presente.  Nato  in  Napoli 
nel  1810,  a  ventitré  anni  ebbe  per  concorso  la  cattedra 
di  eloquenza  nel  Liceo  di  Catanzaro.  Nel  1837  fu  car- 
cerato per  F  accusa  di  appartenere  alla  Giovine  Italia . 
e  giudicato  innocente,  dopo  tre  anni  e  mezzo  di  patimenti 
riebbe  la  libertà,  e  dovette  provvedere  a  se  e  alla  famiglia 
con  lezioni  private. 

Quando  si  preparavano  i  movimenti  politici  che 
fecero  capo  alle  mutazioni  del  1848,  scrisse  un  libretto 
di  poche  pagine,  rimasto  celebre,  col  titolo  Protesta  del 
popolo  delle  Due  Sicilie ,  che  fu  una  fiera  e  dignitosa 
condanna  del  governo  borbonico.  Sotto  il  regime  costi- 
tuzionale tenne  per  breve  tempo  l'ufficio  di  Direttore  del 
Ministero  della  Pubblica  Istruzione;  e  lasciatolo  dopo  il 
famoso  15  maggio,  nobilmente  rifiutò,  benché  poverissimo, 
una  pensione  di  quaranta  ducati  al  mese,  che  il  ministro 
Bozzelli  gli  aveva  fatto  decretare  dal  Re ,  dicendo  che  la 
coscienza  non  gli  consentiva  d'accettare  dallo  Stato  quello 
a  cui  nessun  servigio  gli  dava  diritto.  Nel  giugno  1849 
fu  chiuso  in  carcere,  involto  nel  celebre  processo  in  cui 
figurava  principalmente  Carlo  Poerio;  e  condannato  alla 
pena  capitale,  questa  gli  fu  commutata  nell'ergastolo,  dove 
rimase  fino  al  1858.  Conforto  alle  tribolazioni  gli  furono 
la  coscienza  e  gli  studi  ;  e  potè  in  mezzo  agli  orrori  dello 
ergastolo  di  Santo  Stefano  compiere  il  volgarizzamento 
dei  Dialoghi  di  Luciano,  che  pubblicò  poi  in  Firenze.  Le 
mutazioni  del  1859  lo  trovarono  in  Piemonte  dove  s'era 
ridotto  l'anno  innanzi  contro  la  volontà  di  Ferdinando  II 


LUIGI   SETTEMBRINI  507 

che  lui  cogli  altri  condannati  politici  aveva  l'anno  in- 
nanzi fatto  imbarcare  per  l'America.  Ritornò  in  Napoli 
nel  1860  :  e  in  quella  università  gli  fu  data  la  cattedra 
di  letteratura  italiana  che  tenne  fino  al  termine  della 
vita.  Delle  sue  lezioni  compose  un  libro  in  tre  volumi,  del 
quale  si  sono  fatte  due  edizioni. 

Queste  lezioni,  che  contengono  la  storia  della  Let- 
teratura italiana  fino  ai  nostri  tempi,  hanno  dato  oc- 
casione a  giudizi  diversi.  I  fatti  sono  raccolti  con  dili- 
genza e  studiati  profondamente;  la  narrazione  è  vivace  at- 
traente ;  non  è  ripetizione  di  cose  divulgate  ;  ma  ci  si 
sente  l'autore  signoreggiato  da  idee  ed  affetti  che  lo 
conducono  a  giudicare  le  età  delle  civiltà  italiana  e  gli 
scrittori  in  modo  da  lasciar  campo  alle  dispute  e  alle 
contradizioni.  E  un  libro  che  si  legge  da  cima  a  fondo, 
perchè  c'è  Y  arte  che  avviva  il  pensiero  ,  lucidezza  di 
espressione,  semplicità  con  purezza  di  ornamenti,  calore 
di  sentimento  :  se  non  che  spesso  siamo  costretti  a  soffer- 
marci e  a  riflettere  come  il  concetto  e  il  giudizio  rispon- 
dano al  vero,  e  se  le  affermazioni,  piuttosto  che  da  una 
certezza  acquistata  coli'  esame  delle  testimonianze  sieno 
dedotte  da  un  modo  proprio  di  considerare  i  fatti  :  in  di- 
versi punti,  specialmente  negli  accenni  e  nel  racconto  di 
avvenimenti  politici,  pare  che  la  critica,  liberamente  eser- 
citata nelle  idee,  non  sia  stata  sorretta  sempre  dalla  pa- 
zienza nelle  ricerche  erudite.  A  ogni  modo,  tutti  dovranno 
dire  che  è  un  libro  d'un  galantuomo  ,  che  in  mezzo  a 
tante  peripezie  si  mantenne  costante  nell'amore  di  tutto 
ciò  che  innanzi  alla  coscienza  propria  e  nella  stima  degli 
onesti  inalza  la  umana  dignità. 


PIETRO  AMEDEO  FOUCQUES  DE  VAGNONVILLE. 

Nella  sala  di  studio  dell'  Archivio  fiorentino  gli  stu- 
diosi incontrarono  per  molti   anni    assiduo   un    signore 


508  P.  CQUES    DE    VAGNOXVILLE 

francese,  a  cui  l'aspetto  dignitosamente  gioiale  e  la  compi- 
tezza delle  maniere  conciliavano  rispetto  e  benevolenza  li 
signore  P.Amt.deo  Foucques  de  Vagnoxville,  natoaDouai 
il  27  ottobre  1807 di  famiglia  ragguardevo'e  e  doviziosa,  era 
venuto  in  Firenze  col  proposito  di  raccoglier  notizie  per  una 
biografia  del  celebre  suo  concittadino  Gian  Bologna.  L'Ar- 
chivio di  Stato  principalmente  gli  forniva  materia  abbon- 
dante, per  le  sue  ricerche  ;  e  in  queste  trovava  il  diverti 
mento  che  altri  della  sua  condizione  cercano  nell'abuso 
delle  ricchezze.  Dalle  filze  medicee  dagli  ultimi  tempi  di 
Cosimo  I  alla  morte  di  Ferdinando  I  ricavò  in  gran  nu- 
mero documenti  e  notizie  spettanti  non  solo  alla  vita  di 
Gian  Bologna,    ma    anche    alla    storia    delle    arti ,    alla 
storia  politica  e  de'costumi,    da  poter    facilmente  com- 
porne  una  monografia,  che  avrebbe  riempito  una  lacuna 
nella  storia  dell'arte.  Non  e'  è  noto  se  avesse  dato  forma 
ai  tanti  materiali  raccolti:  sappiamo  che  tutte   le    carte 
insieme  colla  ricca  biblioteca  ha  lasciato  per  testamento 
alla  sua  natale  città.  Per  la  lunga  dimora  pose  amore  a 
Firenze  come  se  vi  fosse  nato  :  vi  costruì  un  bel  palazzo, 
di  cui  l'architettura  mostra  il  suo  gusto  artistico,  gl'in- 
terni ornamenti  meglio    che  le    ricercatezze  di  chi  vuol 
godere  la  vita  nel  lusso,  il  sentimento  di  ciò  che  alletta 
lo  spirito.  Tra  le  altre  cose  ci  aveva  una  bella  collezione 
di  monumenti  etruschi  :  e  questi  per  sua  disposizione  te- 
stamentaria sono    rimasti  alla   città    di  Firenze.  Morì   il 
16  di  novembre  quasi  all'improvviso,  compianto  da  molti 
che  conobbero  e  sperimentarono  la  sua  beneficenza,  de- 
gno di  essere  ricordato  da  chi  tiene  in   onore  una  vita 
utilmente  operosa  e  la  nobiltà  del  carattere. 


ANNUNZI  BIBLIOGRAFICI 


JDie  Jesuiten    C^yrniiasien   in    Oesterreielx    von 

Dr.  Johann  Kelle  Professor  an  der  Universitat  Prag.  Miin- 
chen,  187U  (I  Ginnasi  de'Gesuiti  in  Austria,  pel  Dott.  Giovanni 
Kelle,  professore  all'Università  di  Praga.  Monaco,  1876.) 

Questo  nuovo  lavoro  del  signor    prof.    Kelle    è  la    risposta,    che 
egli  dà  ad  una  scrittura,  che  il    P.    Rupertus   Ebner    S.    I.    pubbli- 
cava nel   1875,  a  confutazione    di    un    altro   libro,    dai.)    fuori    dallo 
prof.  Kelle  l'anno  1873,  col  titolo  «  I  Ginnnasi  dei  Gesuiti  in 
Austria,  dal  principio  del  passato  secolo,  sino  a' giorni  nostri  ». 

È  un  genere  di  polemica,  che   risponde  a   capello  alle  condizioni^ 
nelle  quali  versa  la  Monarchia  austriaca,  e  che  ci  attesta   della    li- 
bertà grande,  che  ivi  regna,  succeduta  al  dispotismo,  che  regnò  fino 
a  pochi  anni  addietro.  È  un  professore  universitario,    che  ora   dalla 
Biblioteca  palatina  di  Vienna  trae  in  luce  per    la   prima    volta  una 
lunga  serie  di  documenti,  coli' intendimento  di  chiarire    tutto  quanto 
il  sistema  educatico,  tenuto    dall'Ordine.    I   documenti    sono    la    più 
parte  lettere  (inedite  e  manoscritte),  indirizzate  da'  generali  dell'Or- 
dine a' Provinciali,  e  da    questi  a' Rettori,  e  tutte  relative  V  metodi  e 
a'sistemi  d'istruzione  e  di  educazione,  tenuti  da'PP.  della  Compagnia 
Questi  documenti  sono  in  gran  parte    raggruppati,   descritti,   e  chia- 
riti dal  prof.  Kelle  in    un'Appendice  a  questo  Volume  (pagg.  237  e 
segg.j  Le  fonti  principali  sono  le  «  Epistolae  PP.  generalium  adhor- 
tatoriae  quaa  communes  toti    societati    ab  illis    scribuntur   nec    typis 
evulgantur    a.   1604-1737  ».  -  «  Liber  epistolarum  ecc  ».   «  Responsa 
generalium  ecc  ».  u  Ordinationes  maioris  momenti    ecc.  ».    «  Visita- 
tiones  collegii  a  generali  approbatse  ecc.  »  (Bibl.    Pai.    di    Vienna  , 
Nr.   11956;  12029;    11951;    12025;    12404;    11953-,    13620;     12027.) 
L   importanza  di  questo  lavoro  (del  quale  il    voi.    precedente  non    è 
che  una  parte)  sta,  non  è   chi  non  veda,   nelle  particolari   condizioni 
della  lotta,   olir'  si   Combatte  orinai  dovunque  in  Europa  ;  e  il  signor 
prof.  Kelle  ha  saputo  raggruppare  in  bene  ordinato  sistema  tutti  gli 
clementi  di  questa  come  dire  Storia   arcana  dell'  Ordine  ,  con 
larghezza  di  criteri,  e,  avuto  riguardo  all'indole  polemica  del  libro, 
non  senza  temperanza    di    giudizio  e   di    parola.    Ma  non    solamente 
in  ordine  alla  storia     e    passata    e    contemporanea    è    meritevole   di 
nota  questo  libro  ,   ma  e  in  riguardo  anche  alle  grandi   questioni  ,  che 
attengono  a  tutto  intero  l'assetto  morale  delle  scuole,   degli  studi  , 
delle  dottrine  ,. de'  metodi  ,  che  oggi  più  che  mai    vengono   a    com- 
petizione nel  campo  dei  pubblici  insegnamenti.  E    tutta    un'  enciclo- 


510  ANNUNZI   BIBLIOGRAFICI 

pedia  del  sapere  ordinata  secondo  certo  prefinito  indirizzo,  che  qui 
in  questo  libro  ci  appare  raccolto  e  chiarito  con  severe  norme  peda- 
gogiche L'A.  si  propone  di  continuare  coli'  istesso  sistema  a  parlare 
delle  Università;  e  questa  pure  sarà  opera  di  non  lieve  conto  ,  e  di 
grande  interesse. 

Non  potendo  venire  a  particolarità  più  minute  intorno  all'opera 
del  signor  Kelle ,  ci  restringiamo  a  dire  che  la  forma  e  il  conte- 
nuto di  essa  porgono  un  esempio  del  modo  ,  col  quale  si  possa  con- 
venientemente condurre  una  polemica  intorno  ad  argomenti,  ai  qual1 
per  la  natura  loro  ,  non  è  mai  estranea  la  passione.  G.  0. 

Byzantinische    Studien  von  Ferdinand  Hirsch;   Lei- 
pzig ,    1876. 

Questo  volume  (pag.  X-427)  contiene  una  serie  di  ricerche  cri- 
tiche intorno  ad  alcuni  scritti  di  Storia  Bizantina,  fatte  collo  scopo 
di  sottoporre  ad  una  revisione  più  accurata  le  indicazioni  cronolo- 
giche di  quella  storia.  L' autore  deplora  che  poca  attenzione  sia 
stata  finora  rivolta  a' cronisti  bizantini  ,  i  quali  invece  abbisognano 
di  tanto  maggiore  studio ,  perchè  la  più  parte  di  essi  non  sono  con- 
temporanei ai  fatti ,  che  narrano,  ma  espongono  cose  raccolte  o  com- 
pendiate sopra  memorie  più  antiche.  Il  poco  studio,  posto  a  questi 
scrittori  ,  fu  cagione  ,  che  anche  in  opere  recentissime  ,  come  in 
quelle  ad  esempio  del  Lebeau  e  dello  Schlosser,  appariscano  confuse 
ed  apprezzate  nella  stessa  misura  scritture  bizantine,  diversissime 
di  tempo  e  d'origine,  con  grave  scapito  della  sincerità  dell'indagine. 

L'autore  fu  portato  ad  occuparsi  di  questi  studi  da  una  serie  di 
ricerche  da  lui  avviate  intorno  alla  storia  dell'  Italia  Meridionale  , 
ne' secoli  IX  e  X,  così  intimamente  collegata  con  quella  dell'impero 
bizantino.  Le  indagini  .  fatte  dall'  autore  intorno  al  Continuatore  di 
Teofane,  la  cui  storia  è  il  fondamento  per  le  ricerche  sul  secolo  IX, 
e  per  la  prima  metà  del  secolo  X,  lo  trassero  allo  studio  delle  cro- 
nache di  Georgio  (Amartolo)  e  di  Genesio ,  che  sono  le  vere  fonti 
originali  per  le  cose  attinenti  a  quelle  epoche  :  e  così  gli  venne 
fatro  di  apprestare  un  apparato  ed  un'  analisi  critica  di  tutte  le 
cronache  anteriori  e  posteriori  ,  nelle  quali  trovasi  raccolta  tutta 
quanta  l'istoria  di  quei  due  secoli.  11  libro  contiene  sei  sezioni,  ed 
un  Indice  storico,  copioso.  -  I  titoli  delle  sezioni  sono  i  seguenti  : 

l.a  La  Cronaca  del  Monaco  Georgio  (Amartolo)  ,  e  dei  conti- 
nuatori  di  essa;  2*  Leo  grammaticus  ,  Theodosios  Melitenos,  Iulios 
Poìydeuces,  loci;  3.a  Genesio;  4.a  II  Continuatore  di  Teofane  ;  5/  Sy- 
meon  magi  iter  ;  6.*  Giovanni  Scylizes  (Scylizza),  Georgio  Cedreno  , 
Iohanncs  Zonaras,  Ephraim     Michael  Glycas,  Coatantinos  Manasses. 

Per  provare  la  relazione,  in  che  stauno  fra  loro  i  vari  cronisti, 
l'autore  ha  inserito  nell'opera  molti  brani,  stampati  di  fronte  rimo 


ANNUNZI   BIBLIOGRAFICI  511 

dell'altro,  in  modo,  che  facile  riuscisse  il  riscontro,  ed  ovvia  la  di- 
mostrazione della  priorità  e  originalità  del  racconto.  La  descrizione 
dei  Codici  è  fatta  con  cura ,  ed  è  tenuto  conto  delle  varianti  con 
rigida  esattezza.  Inoltre  è  esposto  in  compeudi  abbastanza  estesi ,  e 
sempre  chiari ,  il  conteuuto  di  ogni  cronaca,  appurata  la  cronologia, 
vagliato  il  racconto.  Nelle  annotazioni  a  pie  di  pagina  è  raccolto 
tutto  il  materiale  critico,  attinente  al  lavoro,  la  qual  parte  diligen- 
tissima  del  libro  dell' Hirsch  è  completata  dall'  Indice,  molto  utile 
alla  ricerca.  I  tre  Capi  più  notevoli  ci  sembrano  quelli  sulla  Cro- 
naca dell'Amartelo  ,  sul  Continuatore  di  Teofane  ,  e  sulla  Cronaca 
di  Giovanni  Zonara.  E  il  merito  principale  sta  uell'  accurata  inda- 
gine sulla  vita,  sull'epoca,  sugli  scritti,  sulla  condizione  dei  Mano- 
scritti ee.  ,  relativamente  a  ciascuno  scrittore  o  compendiatore. 

Raccomandiamo  all'attenzione  degli  studiosi  quest'opera  del 
signor  Hirsch,  che  per  originalità  e  serietà  di  ricerca  è  degna  di 
ogni  considerazione.  Ci  piacque  poi  singolarmente  il  conoscere,  che 
P  autore  si  occupa  di  cose  nostre  ,  e  d'un  periodo  storico  dei  più  in- 
tricati ,  quale  è  appunto  quello  della  signoria  bizantina  in  Italia. 
Veda  però  1'  egregio  autore  di  non  trascurare  la  Marciana  di  Vene- 
zia, eh' è  il  vero  fondaco  per  questi  studi. 

G.  0. 

Notizie  stor-ielie  della  città   di    Alcamo,    seguite 

dai  Capitoli,   Gabelle  e  privilegi  della  stenaa  città.  Palermo,  tip. 
di  M.  Amenta  ,  1876. 

Il  Professore  Di  Giovanni  in  questa  sua  pubblicazione,  pur  met- 
tendo in  luce  molte  cose  della  città  di  Alcamo,  che  sino  ad  ora  erano 
rimaste  sepolte  negli  Archivi,  non  ha  voluto  lasciare  di  dire  qualche 
cosa  di  quella  vetustissima  regione  che  fu  già  degli  Elimi  nella  Si- 
cilia occidentale,  e  stabilire  alcun  che  di  sicuro  nella  questione  del- 
l'origine del  nome  Alcamo.  Tutti  gli  eruditi  avevano  affermato  che 
P  Alcamo  presente  posto  alle  falde  del  monte  Bonifato.  ripetesse  la 
sua  origine  da  quello  atterrato  sopra  il  monte,  ed  il  nome  di  Alcamo 
pro\enisse  dal  trace  Alcamo  dei  Trojani  o  da  un  Adelkamo  musul- 
mano. Il  Di  Giovanni  invece  con  argomenti  stringenti  e  vittoriosi  ci 
dimostra  che  l'Alcamo  presente  esisteva  nel  tempo  stesso  che  l'altra 
città  posta  sul  monte  la  quale  non  si  appellò  Alcamo  ma  Longaro 
prima  e  poi  Bonifato;  e  che  l'itimoloaria  di  esso  nome  (a  prescindere 
da  quella  punto  verosimile  della  pianta  colocynthis  o  frutto  del  loto) 
debba  piuttosto  ripetersi  dalla  voce  araba  Albania,  terra  dei  bagni 
alludente  alle  acque  Segestane  che  sono  vicine  al  territorio  alcamese. 

Carlo  Rosselli  Del  Turco. 


512  ANNUNZI   BIBLIOGRAFICI 

lieitràg'e    zur    TJrliuiiclenlelire ,    von.     dr.     Julius 

Ficker.  —  Parte  1 ,  8.°,  pag.  364. 

Ci  limitiamo  per  ora  ad  annunziare  questa  nuova  pubblicazione 
d  11'  illustre  Ficker,  che  porta,  veramente  ,  come  dice  .il  titolo,  un 
prezioso  contributo  alla  scienza  dei  documenti  nel  medio  evo,  in 
specie  per  quanto  spetta  ai  documenti  imperiali ,  e  al  modo  di  da- 
tarli •,  e  ai  criteri  che  se  ne  possono  ricavare  per  is  tabi  li  re  la  storia 
dell'itinerario  degl'imperatori  e  re.  Uno  dei  nostri  collaboratori  ha 
preso  a  studiare  questo  libro,  promettendo  di  comunicarcene,  a  studio 
compiuto  ,  una  larga  recensione  critica.  P. 

Relazione  elei  Piemonte  del  Segretario  francese  Sainte 
Croix,  con  annotazioni  di  Antonio  Manno.  -  In  8.°  di  pag.  xxiv- 
424.  -  Stamperia  Reale  di  Torino  di  G    B.  Paravia  e  Comp.,  1S76- 

Non  è  sconosciuta  questa  curiosa  relazione  delle  cose  del  Piemon- 
te sotto  i  regni  di  Carlo  Emanuele  III  e  Vittorio  Amedeo  III:  l'edi- 
tore stesso  dice  come  se  ne  son  valsi  per  le  opere  loro  Cesare  Saluz- 
zo,  il  Cibrario  e  il  Carutti.  Ma  ciò  che  questi  autori  accennano  pia- 
ce ora  leggere  per  disteso.  E  la  utilità  della  lettura  viene  accresciuta 
dalle  molte  ed  erudite  illustrazioni  dell'egregio  signor  Antonio  Man- 
no ,  continua'ore  delle  glorie  patern^  ;  il  quale  ,  lo  confessa  ,  s  è  la- 
sciato vincere  dal  sentimento  naturale  in  chi  è  ricco  e  non  avaro  di 
cognizioni  ,  di  far  partecipi  gli  studiosi  delle  molte  notizie  l'accolte 
attinenti  con  più  o  meno  stretta  relazione  alle  cose  di  cui  discorre 
il  segretario  dell'ambasciata  francese. 

Il  suocero  e  la  moglie  di  Cristoforo  Colom- 
bo, Memoria  Storico-critica  del  conte  Bernardo  Pallastuel- 
Ll.  —  Seconda  ediz.  riformata  ed  accresciuta.  —  In  8vo  di  pa- 
gine 104.  Con  una  tavola  genealogica.  —  Piacenza,  tip.  di  A. 
Del  Maino  ,  1876. 

L'autore  ha  ripreso  in  mano  la  memoria  pubblicata  nel  1871  tra 
gli  Atti  e  Memorie  della  R.  Deputazione  di  Storia  Patria  dell'  Emi- 
lia •,  e  per  nuove  indagini  l'ha,  si  può  dire,  rifatta.  Dimostra  i  Pe- 
restrello,  da  cui  usciva  la  moglie  di  Cristoforo  Colombo,  derivati  dai 
Pallastrelli  di  Piacenza ,  de'  quali  con  documenti  e  testimonianze 
autorevoli  tesse  brevemente  la  storia  con  imparzialità  di  giudizi.  Da 
fatti  esaminati  con  criteri  ebe  ci  sembrano  giusti,  deduce  che  capo- 
stipite dei  Perestrello  è  Filippo  Pallastrelli.  Ricercando  poi  quale  dei 
Perestrello  che  ebber  nome  Bartolommeo  fosse  il  suocero  di  Colom- 
bo ,  prende  in  esame  con  acutezza  di  critica  le  diverse  opinioni  an- 
tiche e  moderne,  e  sostiene  la  sua  che  da  Bartolommoo  I,  che  fondò 
la  colonia  di   Porto-Santo  e  di  quest'isola  ebbe  nel  1428  la  signoria  e 


ANNUNZI    BIBLIOGRAFICI  513 

il  possesso  .  e  da  Isabella  Muniz  Beconda  moglie  nacqui'  Filippa  spo- 
sata dopo  la  morte  del  padre  a  Colombo:  fa  vedere  il  detto  Pere- 
strello  esperto  navigatore  e  tanto  valente  nella  scienza  nautica  , 
che  lo  scopritore  dell'America  potè  dalle  carte  e  dalli  studi  da  esso 
lasciati  prender  lumi  per  la  sua  impresa.  È  questo  uno  scritto 
che  racchiude  molta  dottrina,  e  che  sebbene  si  avvolga  per  necessità 
delle  cose  in  minutezze,  non  istanca  né  infastidisce  il  lettore -,  il 
quale  è  costretto  a  tener  ben  fissa  la  mente  per  non  perdere  il  filo 
dei  sottili  ragionamenti. 

Prose  scelte  di  Pietro  Giordani  proposte  come  libro  di  let- 
tura alle  scuole,  liceali  da  G.  Chiarini.  —  In  Livorno  ,  coi  tipi 
di  Frane.  Vigo,  editore,  1876. 

Tra  le  cose  che  il  sig.  Chiarini  ha  scelto  giudiziosamente  ci 
sembra  ,  per  1'  uso  de'  giovani  ,  notiamo  la  bella  traduzione  della  sol- 
levazione delli  Straccioni  dagli  Annali  lucchesi  del  Beverini,  eie  prose, 
forse  le  più  eloquenti  del  Giordani  .  sulla  sua  carcerazione  ,  e  la 
causa  dei  Ragazzi  di  Piacenza.  È  un  volume  che. ognuno  tien  volen- 
tieri sul  tavolino,  anche  possedendo  la  raccolta  delli  scritti  fattane 
dal  Gussalli. 

Opere  storielle  inedite  sulla  città  eli  Palermo 
ed  altre  città  Siciliauie  pubblicate  sui  manoscritti 
della  Biblioteca  Comunale,  precedute  da  prefazioni  e,  corredate 
di  note  per  cura  di  Gioacchino  Di  Marzo.  Voi.  VI.  —  Pa- 
lermo, Luigi  Pedone  Lauriel ,  editore,  1876.  —  Voi.  XXIV 
della  Biblioteca  storica  e  letteraria  di  Sicilia  pubbl.  dallo  stesso 
Gioacchino  di  Marzo. 

Questo  volume  di  pag.  XVH—  366  contiene  la  Descrizione  della 
Sicilia  di  Giulio  {Antonio)  Filoteo  degli  Omedei  erudito  siciliano 
del  secolo  XVI.  Faceva  parte  di  una  storia  generale  dell'isola  che 
non  fu  compiuta  ;  e  per  quanto  dice  l'ab.  Di  Marzo,  non  è  gran 
danno  la  mancanza  dei  libri  in  cui  erano  descritte  le  vicende  poli- 
tiche, perchè  non  avrebbero  avuto  la  importanza  di  questa  parte  che 
ora  viene  in  luce  :  nella  quale  si  trovano  raccolte  le  notizie  e  le 
opinioni  degli  antichi  scrittori  con  più  le  osservazioni  dell'autore  ; 
il  quale,  visitate  palmo  a  palmo  le  contrade  dell'isola  natale,  ne 
mostra  le  condizioni  nella  metà  del  secolo  XVI  con  accenni  alla 
storia  di  ciascuna  città.  Nonostante  lo  stile  un  po'  pesante,  il  libro 
attiri  la  curiosità  e  ci  sembra  molto  istruttivo;  perchè  fornisce  ma- 
teriali utili  alla  storia  al  pari  degli  altri  volumi  di  questa  colle- 
zione che  fa  tanto  onore  agli  editori. 

Bibliografia  trapanese  >'irti ed  illustrata  con 

cenni  biografico-cr>/>'i-  ari  documenti  dal  P.  Fortunato 


514  ANNUNZI   BIBLIOGRAFICI 

Mondello,  lettore  agostiniano  scalzo  ed  assistente  bibliotecario 
alla  Fardelliana  di  Trapani.  —  In  8vo -,  Palermo,  tip.  del  Gior- 
nale di  Sicilia  ,  1870. 

Finora  ne  sono  pubblicate  400  pagine  della  Parte  prima,  in  cui 
sono  registrate  le  opere,  gli  opuscoli  e  i  manoscritti  di  autori  tra- 
panesi. Nella  seconda  Parte  sarà  discorso  dei  libri,  opuscoli  e  ma- 
noscritti cbe  riguardano  Trapani.  E  un  catalogo  ragionato  con  mol- 
tissime notizie,  cbe  in  qualche  punto  possono  parere  soverchie,  le 
più  utilissime  pei  bibliografi  non  solo  ,  ma  anche  per  la  storia  let- 
teraria e  civile. 

Descrizione  delle  pitture  a  fresco  eseguite  in 
una.  cappella  della  cattedrale  di    Prato   dal 

cav.  Alessandro  Franchi  pratese,  di  Cesare  Guasti.  -  In  8vo  di 
p.  21.  -  In  Prato,  R    Guasti  editore-libraio,   1876. 

Degne  d'esser  vedute  e  ammirate,  possiamo  crederlo  sulla  parola 
del  signor  Guasti,  sono  le  pitture  del  cav.  Franchi,  per  i  concetti  e 
per  la  esecuzione.  E  anche  l'illustratore  ha  fatto  un  bel  lavoro  d'ar- 
te; ed  è  riuscito  colla  parola  a  metterci  come  dinanzi  agli  occhi 
quello  che  stupendamente  ha  figurato  col  pennello    il  pittore. 

Histoire  des  Romains  depuis  les  temps  hs  plus  reculés 
jusqu'à  la  fin  du  regne  des  Antonins  par  Victor  Duruy.  — 
Tome  cinquième.  In  8vo  di  pag.  526.    1876. 

Con  questo  volume  ba  termine  la  bella  opera  del  signor  Duruy. 
Soggetto  di  esso  è  l'Impero  e  la  società  romana  nei  due  primi  secoli 
della  vostra  era.  È  diviso  in  sei  capitoli  ,  ne'  quali  si  tratta  :  la  fa- 
miglia,  la  città,  le  provincie,  il  governo  e  l'amministrazione,  i  co- 
stumi ,  le  idee.  Termina  con  due  memorie  per  appendice ,  una  su 
gli  Humiliores  e  gli  Honestories  ;  l'altra  sui  Tribuni  militum  a  populo. 

Bonazzi  Francesco.  —  Statati  ed  altri  provvedi- 
menti intorno  all'antico  governo  munici- 
pale della  città  di  Bari.  Napoli,  tip.  de' Classici  Ita- 
liani ,  1876  ;  in  8vo  di  p.  xxiv-55. 

L\  Mantia  Vito.  — Nnova  frusta  letteraria.  Su  V ope- 
ra di  Alberto  Del  Vecchio  La  legislazione  di  Federico  TI  illu- 
strata ,  tessuta  di  plagi  a  musaico.  E  su'  giudizi  della  Società 
di  Mutuo  incensamento.  Analisi  critica.  Palermo,  1876.  Stabili- 
mento tip.  Virzì.    In  8vo  di  p.  xx-28 

Riccio  Giovanni.  —  Storia  e  topografia  antica  del- 
la "Lucania  Parte  Seconda.  Napoli  ,  tip.  di  R.  Rinaldi  e 
G.  Sellitto,  1876.  In  8vo,  di  p.    128. 


ANNUNZI    BIBLIOGRAFICI  515 

Volpicella  Scipione.  —  Studi  eli  Letteratura,  Storia, 
ed  Arti.  Napoli,  Stabil.  tip.  de' Classici  Italiani,  1876-,  in 
8vo  di  p.  536. 

Contiene  questo  volume  :  Delle  poesie  e  della  vita  di  Angelo  di 
Costanzo  -  Di  due  manoscritti  ,  di  Angelo  di  Costanzo  e  di  Tiberio 
Carata  -  Di  Filonico  Alicarnasseo  .  biografo  napoletano  del  seco- 
lo XVI  -  Vita  di  Luigi  Tansillo  -  Della  vita  e  delle  opere  di  Fran- 
cesco Capecelatro  -  La  Madonna  di  Atella  -  Di  una  oscura  iscrizione 
nella  corte  di  S.  Domenico  Maggiore  di  Napoli  -  D'  un  sepolcro  an- 
gioino in  S.  Chiara  di  Napoli  -  La  crociera  della  chiesa  de'  Santi 
Severino  e  Sosio  di  Napoli  -  Il  palazzo  Donu'Anna  a  Posilipo  - 
L'ospedale  di  S  Maria  del  Popolo  degl'  Incurabili  nel  secolo  XVI  - 
Delle  antichità  di  Amalfi  e  dintorni  investigazioni  -  Gita  I  ,  Amo- 
retto, 3.  Giorgio  a  Creniauo,  8.  Sebastiano,  Massa  di  Somma,  Pol- 
leua,  Trocchia.  -  Gita  II,  Ischia,  Bagni,  Casamicciola,  Lano .  Fo- 
rio.  -  Gita  III.  Colonnetta  del  duomo  di  Nola  -  Le  danzatrici;  gruppo 
in  marmo  di  Leopoldo  Borbone,  conte  di  Siracusa  -  Versi  -  Del- 
l'Arte Poetica  di  Q.  Orazio  Fiacco,  versione-  Marziale  nel  secolo  XIX. 

De  Simone  Luigi  Giuseppe.  —  Archivio  di  documenti 
intorno    la   storia   della    Terra    d'Otranto. 

Lecce,  tip.  Campanella,  1876;  in  8vo  di  p.  v-32. 

Dalla  p.  1-10  Instruttione  ai  Vicari  Foranei  della  diocesi  di 
Nardo  per  formar  processo  in  cause  criminali. 

Dalla  p.  11-18.   Dacia  seri   Capitula  Civitatis  Lidi. 

Dalla  p.  19-21  Antonii  Galatei,  De  villae  incendio.  Epistola  ad 
Chrysostomum.  In  questa  il  Galateo  dopo  avere  enunciati  i  danni 
ricevuti  da'  Turchi  nella  occupazione  di  Otranto  ,  poi  da'  cavalieri 
greci  detti  Straticoti  ed  infine  da'  Francesi ,  narra  la  sventura  so- 
pravvenutagli, cioè  di  essergli  stata  incendiata  la  sua  villa  Tripu- 
teana,  da  lui  coltivata  con  tanta  cura  e  spesa  ,  e  che  formava  la 
maggior  parte  della  sua  proprietà. 

Dalla  p.  22-25.  Antonimi  Galateus  medicus  Eleazaro  Cae^arau- 
yuslae  commoranti.  In  questa  lamenta  lo  strazio  che  si  fa  della  in- 
felice Italia  da' re  di  Spagna  e  di  Francia,  dal  papa  Alessandro  VI 
e  dai  Veneti  e  da'  popoli  transalpini. 

De    Ste;:lich    Cesare.    —   Opere    Ibiolioorrafiche.    Gli 

scrittori  Abruzzesi  dai   più    remoti    sino  a  oggi.    Napoli  ,  tip.  di 
R.  Rinaldi  e  G.  Sellitto,  1876;  in  8vo  di  p.  16.  È  il  primo  fase. 

Dalbono  Carlo  Tito.  —  Commissioni»  per  la  conser- 
vazione dei  Monumenti  municipali.  Relazione 
del  Segretario.  Lavori  eseguiti  nel  primo  anno  lts75  Napoli  , 
Stab.    tip.   del  cav.  Francesco  Giannini  .  1876;  in  4to  di    p.   11. 


Pubblicazioni    Periodiche 


L'  Arehì-vio  Veneto,  (Tomo  XII,  parte  I),  apre  la  sua 
pubblicazione  con  la  Storia  di  Venezia  dalla  sua  fondazione  all'an- 
no 1084  d>  AuGi'STO  Fa.  GproRER.  Il  signor  Gfròrer  svolse  quest'  ar- 
gomento nelle  lezioni  che  tenne  all'  Università  di  Friburgo  -,  ed  il 
dottore  G-  B.  Weiss  professore  di  Storia  universale  nell1  Università 
di  Gratz  ec.  ,  le  pubblicò  sotto  il  titolo  di  Memorie  bizantine  in  due 
volumi.  11  primo  di  questi  contiene  appunto  la  Storia  di  Venezia 
dalla  sua  fondazione  sino  all'  anno  1084,  del  qual  lavoro  in  questo 
fascicolo  s"  incomincia  a  mettere  in  luce  la  versione  '  italiana.  Inte- 
ressantissima per  ogni  lato  è  la  Storia  di  Venezia:  di  questa  Repub- 
blica, che  sottraendosi  a  tutte  quelle  influenze,  che  subirono  le  altre 
città  italiane,  svolse  la  sua  vita  storica  inalzandosi  da  umili  principii 
alla  più  grande  potenza  ;  e  poi  dopo  lungo  volgere  di  anni  de- 
cadde velocemente.  In  Venezia  infatti  non  allignarono  mai  i  germi 
del  sangue  germanico,  che  insieme  a  quelli  del  sangue  latino  furono 
uno  dei  fattori  principali  della  storia  medioevale  negli  altri  Stati 
italiani  ,  giacché  tutte  quelle  lotte  intestine  ,  che  si  tradussero  coi 
nomi  di  Guelfi  e  Ghibellini,  Bianchi  e  Neri,  Capuleti  e  Montecchi  ec.  , 
non  derivarono  da  altro  che  dalla  presenza  nella  stessa  città  di  discen- 
denti di  due  razze  ben  distinte,  della  razza  germanica  cioè,  da  cui 
derivavano  i  nobili,  e  della  razza  latina  da  cui  traevano  origine  i  po- 
poli delle  terre,  italiane.  Venezia  non  ebbe  mai  invasioni  germani- 
che, ed  è  noto  come  essa  per  la  prima  volta  si  componesse  di  ita- 
liani che  fuggivano  dinanzi  alle  orde  barbariche ,  e  specialmente 
dinanzi  a  quelle  di  Attila  Flagellum  Dei.  Adunque  lo  studio  dei 
primordi  di  una  repubblica,  che  svolse  la  sua  storia  così  differente- 
mente dalle  altre  è  opera  pregevolissima-,  e  noi  ringraziamo  di  cuore 
la  direzione  dell'Archivio  Veneto  per  aver  voluto  mettere  in  luce  le 
lezioni  del  Gfròrer.  Il  volere  esaminare  paratamente  le  idee  me-:se 
fuori  dall'egregio  professore  dell'Università  di  Friburgo  ci  porte- 
rebbe molto  lontani  dallo  scopo  nostro  ;  e  del  rimanente  trovando 
noi  nello  scritto  del  Gfròrer  molte  coso  discutibili  ,  non  ci  parrebbe 
convenienza  in  un  lavoro  di  tanta  mole  portare  un  giudizio,  quando 
ancora  tutta  l'opera  non  ci  sta  dinanzi  agli  occhi;  e  per  ora  ci 
contenteremo  di  dare  il  titolo  dei  capitoli  che  troviamo  in  questo 
fascicolo  AelV  Archivio  Veneto.  Il  primo  rapitolo  parla  dei  primordii 
di    Venezia;    il  secondo,  dei   Longobardi  e  B  dei    Patriarchi 

di  Aquileia  e  di   Grado:  il  terzo,  di    Venezia  continentale  e  maritti- 
ma :  e  dello  sviluppo  politico  delle  lagune. 


PUBBLICAZIONI    PERIODICHE  517 

Il  signor  Angelo  Zalla  ci  dà  una  interessante  memoria  sopra 
la  città  di  Opitergium  ,  la  moderna  Oderzo  nella  Marca  Trevigia- 
na ,  chiamata  appunto  Opitergium  dagli  scrittori  antichi  latini  , 
Epiterpon  da  Strabone,  Obederzum ,  Ubitergium  dai  barbari  cronisti 
del  Medio  Evo.  L'autore  con  una  sana,  critica  aggirandosi  nel  buio 
delle  tradizioni  popolari  ,  studiando  i  monumenti  rimasti ,  tenta  di 
ricostruire  la  storia  di  quest'  importante  regione  della  Marca  Trevi- 
giana; e  di  dimostrare  quale  fosse  l'area  dell'antica  Opitergio  ,  ar- 
gomento rilevantissimo  e  di  difficile  dimostrazione  quando  si  con- 
sideri che  questa  città  fu  cinque  volte  distrutta  ed  altrettante  rie- 
dificata. 

Il  bibliotecario  Giambattista  Carlo  Giuliari  pubblica  la  conti- 
nuazione dei  suoi  studi  sulla  Biblioteca  capitolare  di  Verona:  ed  il 
signor  Vincenzo  Padovan  illustra  la  mimmografia  veneziana,  dandoci 
un'  importante  serie  alfabetica  dei  dogi  che  si  conoscono  aver  bat- 
tuta moneta.  Il  dottor  Tassini  pubblica  alcuni  documenti  relativi 
alla  aoppressa  Confraternita  di  S.  Maria  della  Carità;  e  quell'uomo 
benemerito  delle  discipline  storiche  che  è  il  signor  R.  Fulin  illustra 
cinque  testamenti  di  pittori  ignoti  del  secolo  XIV  esistenti  nell'Ar- 
chivio notarile  in  Venezia.  Il  Fulin  con  questa  pubblicazione  acqui- 
stò nuove  benemerenze  presso  i  cultori  delle  discipline  storiche , 
perchè  ben  cinque  nomi  di  pittori  ignoti  del  secolo  XIV  si  aggiun- 
sero alla  storia  dell'arte.  Così  Angelo  Tedaldo  di  S.  Casciano  t1324), 
Bartolommeo  di  S.  Stefano  di  Murano  (1325)  (1) ,  Niccolò  pittore 
di  Santi  (1365),  Marino  Longo  di  S.  Lio  (S.  Leone)  (1370),  e  Niccolò 
da  Zara  (1374)  si  aggiungono  ai  tanti  nomi  che  illustrarono  la  storia 
della  pittura  veneta.  Né  questi  soli  nomi  colla  pubblicazione  del 
Fulin  si  aggiunsero  alla  storia  dell'arte,  che  Angelo  Tedaldo  ricorda 
i  propri  figli  Pietro  e  Gioacchino  pittori  anch'essi;  Niccolò  dice 
pittore  di  Santi  anche  il  figliuolo  Lorenzo,  «  e,  se  la  grammatica  non 
c'inganna,  dice  l'editore,  come  del  resto  si  può  temere,  Cipriano 
il  padre  di  Niccolò  da  Zara  aveva  trattato  la  stessa  arte  del  figlio  ». 
Inoltre  anche  tra  gli  esecutori  testamentari  di  Bartolommeo  di 
Murano  noi  troviamo  nominati  Zanino  Sclavolino  pittore  di  S.  Gio. 
in  Bragora  ;  e  fra  quelli  di  Niccolò  da  Zara  abbiamo  uno  scolare 
suo,  Pasqualino.  E  finalmente  fra  i  testimoni  di  Angelo  Tedaldo  è 
Niccolò  pittore;  fra  quelli  di  Bartolommeo  di  Murano  è  Giovanni 
Niccola  fiolarius  ;  e  fra  quelli  di  Niccolò  da  Zara  sono  due  fratelli 
intagliatori  ,  Andrea  e  Giovanni  da  San  Luca.  Certamente  i  nomi 
rivelati  colla  pubblicazione  del  signor  Fulin  non  appartengono  ad 
uomini  che  occuparono  un  alto  posto  nella  storia    dell'arte;  ma  an 

(1)  Di  questo  pittore  non  si  può  dire  che  sia  del  tutto  ignoto,  poiché 
già  ne  parlò  il  Cicogna  nelle  sue  Iscrizioni  veneziane 

Arch.,  3.'  Serie,  Tom.  XXIV.  33 


518  PUBBLICAZIONI   PERIODICHE 

eh'  essi  hanno  la  loro  importanza  storica,  ed  è  opera  pregevolissima 
il  notarli ,  giacché  ora  lo  storico  tien  dietro  alle  più  piccole  mani- 
festazioni del  genio  umano,  le  studia  con  ardore,  e  le  nota  negli 
eterni  volumi,  che  narrano  gli  avvenimenti  delle  umane  generazioni. 

Dopo  un'abbondante  rassegna  bibliografica  ,  il  Periodico  ,  che 
ora  esaminiamo,  ci  presenta  un  saggio  di  drammaturgia  veneziana  , 
tratto  da  un  ingente  numero  di  schede  raccolte  dal  continuatore 
della  Drammaturgia  dell'Allacci. 

Il  signor  Antonio  Ceruti  continua  la  pubblicazione  dei  suoi  Ap- 
punti di  bibliografia  storica  veneta  contenuti  nei  manoscritti  dell'Am- 
brosiana ,  trattando  in  questo  fascicolo  dei  cultori  di  scienze  e  di 
lettere.  Fra  i  documenti  messi  innanzi  dal  Ceruti  è  deguo  di  nota 
uno  che  si  riferisce  ad  Aldo  Manuzio  il  giovane,  che  non  è  altro  se 
non  una  relazione  al  duca  di  Sora  Giacomo  Iìoncompagni  della  qua- 
lità del  giovane  scozzese  Giovanni  Chrichton.  Aldo  fa  un  elogio 
sperticato  del  giovane  scozzese-,  dice  che  egli  ha  disputato  di  filo- 
sofia e  di  teologia  con  i  primi  letterati  della  città  con  stupore  di 
molti ,  ma  nello  stesso  tempo ,  e  qui  si  vede  1'  uomo  del  secolo  (1)  , 
dice  che  egli  «  ha  perfettissima  cognitione  della  cabala ,  et  di  me- 
moria tale,  che  non  sa  che  cosa  sia  il  dimenticarsi,  et  ogni  oratione 
udita  da  lui,  recita  a  parola  per  parola  ».  Un  altro  documento  in- 
titolato :  il  Sogno  del  Bigolini  sopra  le  scarpe  di  Aldo  Manuzio  , 
conferma  contro  lo  Zeno,  quanto  dissero  i  suoi  contemporanei,  ch'egli 
aveva  cioè  piedi  grandi ,  testa  grossa  ,  barba  ispida  ,  uu'  apparenza 
disaggradevole  e  negletta.  «  Ma  certo  che  chi  piglia  il  pie  del 
nutio  (  citiamo  questo  passo  per  dare  un'  idea  al  lettore  di  queste 
chiacchiere  snlla  roba  altrui,  come  questo  sogno  del  Bigolini  sia  scritto 
in  modo  festevole  ed  in  bella  lingua),  se  tutte  le  altre  sue  parti 
rispondessero  alla  pedestre  misura,  riuscirebbe  un  Anteo  od  un  Po- 
lifemo,  e  pur  egli  è  di  mediocre  statura.  Trovo  che  questa  stupenda 
misura  gli  apporta  quattro  pregiudizii  e  quattro  vantaggi.  Il  primo 
pregiudizio  è  che  avendo  messer  Aldo  lettere  e  proprie  ed  ereditarie 
di  purissima  finezza,  come  si  sa,  non  ostante  questo,  il  volgo  igno- 
rante per  quei  traditori  pie  lo  chiama  pedante.  Il  secondo  è  che  '1 
pie  e  la  scarpa  gli  è  così  vorace  ed  ingordo  ,  che  gli  tien  sempre 
mangiato  una  parte  del  ferrarolo  ,  ed  è  causa  anche  d'  un  poco  di 
scisma  della  sottana,  che  gli  sta  in  scappar  via.  Il  terzo,  che  s'  egli 
commettesse  qualche  maleficio  notturno,  e  s'argomentasse  il  reo  dal- 
l'impressione  dell'orme,  avrebbe  contro  di  lui  un  indicio  indubita- 
bile alla  tortura ,  per  essere  la  sua  zappata  singolare.  Il  quarto  è  , 
che  avendo  una  scarpa  che  finisce  in  luna  quintadecima  ,  stroppia 
la  borsa  quando  le  fa,  e  '1  pie  ancora  a  portarla,  perchè  colla  polve 

(1)  Si  noti  che  questa  relazione  è  del  10  ottobre  1581. 


PUBBLICAZIONI   PERIODICHE  519 

pesano  otto  libbre ,  col  fango  dodici ,  col  mosaico  o  incrostatura  dei 
tacconi  quattordici  >. 

L'Archivio  Storico  Lombardo  contiene  uno  scritto 
di  F.  1  eluso  sopra  Fra  Sabba  da  Castiglione  gentiluomo  milanese 
vissuto  circa  quel  periodo  di  tempo  che  corre  dal  1500  al  1554. 
Quindi  abbiamo  il  compimento  della  pubblicazione  dei  documenti 
riguardanti  la  nunziatura  veneta  di  monsignor  Agostino  Cusani  nel 
triennio  1704,  1705,  1706.  11  signor  Carlo  E.  Visconti  mette  in 
luce  venti  documenti  sulV  ordini  dell'  esercito  ducale  sforzesco  ;  docu- 
menti ,  che  si  seguono  in  modo  cronologico  dal  28  novembre  1472  al 
12  marzo  1475,  in  forma  di  presuntivi,  pareri,  memoriali,  e  che 
gettano  molta  luce  sulla  costituzione  dell'esercito  e  dell'  armata, 
sulla  potenza  dei  condottieri  sforzeschi,  sulle  paghe  dei  soldati,  sui 
modi  di  stare  in  campo  e  di  guerreggiare  non  solo,  ma  ben  anco 
nella  strategia.  Né  minore  è  1'  importanza  della  pubblicazione  del 
Visconti  se  ne  consideri  il  lato  politico  ,  poiché  il  duca  Galeazzo 
Maria  Sforza  aveva  segnato  il  25  aprile  1468,  per  opera  del  ponte- 
fice ,  pace  perpetua  coi  Veneziani  ;  ma  il  duca  intrigava  col  cardi- 
nale di  San  Sisto  promettendogli  di  fargli  ottenere  la  tiara ,  cin- 
gendo esso  la  corona  d' Italia  ;  né  poteva  credere  che  i  Veneziani  se 
ne  stessero  inoperosi  spettatori  di  questo  nuovo  rimestamento  della 
politica  italiana  fatta  tutta  in  loro  danno,  ed  ecco  la  ragione  perchè 
soltanto  quattro  anni  dopo  della  conclusa  pace  ,  Galeazzo  si  appa- 
recchiava a  sostenere  coi  Veneziani  una  terribile  guerra  ,  che  per 
la  fortuna  d' Italia  non  ebbe  altrimenti  effetto. 

Nella  parte  delle  Varietà  di  questo  fascicolo  noi  troviamo  la  de- 
scrizione del  Martirologio  di  Adone  e  del  necrologio  cremonese,  co- 
dice esistente  nell'  Archivio  capitolare  di  Cremona  ;  ed  il  signor  G. 
G.  Trivulzio  pubblica  una  curiosa  Nota  manoscritta  e  sincrona, 
esistente  in  un  codice  miscellaneo  della  sua  Biblioteca  ,  nota  che 
riguarda  alcune  gioie  impegnate  da  Lodovico  Maria  Sforza  per  sov- 
venire alle  spese  della  guerra  e  del  proprio  riscatto.  Né  meno  inte- 
ressante è  la  nota  dei  creditori  della  duchessa  Bianca  Maria  Sforza 
edita  dal  signor  Michele  Caffi  ,  come  i  documenti  pubblicati  dal  me- 
desimo sul  Castello  di  Pavia. 

La  Revue  desi  deux  monde»  (15  novembre  1876) 
contiene  fra  gli  altri,  un  articolo  di  argomento  storico  del  sig.  Carlo 
de  Mazade  col  titolo  :  Le  comte  de  Cavour,  étude  de  politique  na- 
tionale  et  par lamen taire.  Questo  scritto  è  il  seguito  di  altre  me- 
morie, sullo  stesso  argomento  comparse  ne  J  del  15  mar- 
zo ,  15  aprile,  1°  giugno,  15  luglio,  15  setteml.  mente 
anno.  L'  autore  in  questo  suo  lavoro  fa  un   coscienzioó;aouno    esame 


52J  PUBBLICAZIONI    PERIODICHE 

dei  lavori  di  Giuseppe  Massari  (1) ,  di  quello  del  signor  W.  de  la 
Rive  (2)  e  di  Nicomede  Bianchi  (3)  ;  ed  alle  considerazioni  già  fatte 
dai  nominati  autori ,  ne  aggiunge  altre  di  suo  fondate  su  documenti 
in  parte  tuttora  inediti.  Il  De  Mazade  nel  fascicolo  di  novembre  ci 
dà  un  capitolo  stupendo  del  suo  lavoro  ,  nel  quale  parla  di  Cavour 
e  l'unità  d' Italia  ,  di  Napoli  e  di  Roma.  La  splendida  epopea  della 
conquista  del  regno  di  Napoli  fatta  dal  general  Garibaldi  è  descritta 
dall'  egregio  patriotta  francese  con  una  prosa  meravigliosa  •,  la  pru- 
dente politica  del  Cavour  assalito  da  continue  proteste  per  parte 
delle  corti  europee,  che  s'  impensierivano  degli  straordinari  progressi 
della  rivoluzione  italiana  ,  è  messa  in  una  viva  luce.  11  signor  De 
Mazade  per  il  suo  grande  amore  all'  Italia ,  in  questo  suo  lavoro  mo- 
stra di  conoscere  a  fondo  le  più  splendide  figure  del  nostro  risorgi- 
mento politico  ,  e  porta  sopra  di  esse  un  giudizio  sicuro. 

La  Rivista,  Universale  (mese  di  ottobre)  contiene 
uno  scritto  del  Pro/.  Luigi  Vitali  sopra  la  seconda  caduta  di  Papa 
Liberio.  L'Autore  esamina  con  lungo  e  dotto  ragionamento  la  ca- 
gione di  questa  seconda  caduta  •,  che  già  prima  papa  Liberio  aveva 
errato  firmando  una  delle  forinole  di  Sirmio  e  separandosi  dalla  co- 
munione di  Sant'Atanasio,  caduta  la  quale  consistè  nell' essersi 
egli  lasciato  ingannare  dall'  ipocrisia  dei  Macedoni  e  ricevuti  questi 
eretici  nella  comunione  della  Santa  Sede  senza  esigere  la  ritratta- 
zione degli  errori,  che  già  avevano  promulgato  sullo  Spirito  Santo. 
E  nel  fascicolo  di  novembre  dello  stesso  periodico  è  inserita  la  con- 
tinuazione dello  scritto  del  signor  Attilio  Carli  su  Vespasiano  Gon- 
zaga ,  lavoro ,  nel  quale  sebbene  si  trovino  quelle  mende,  alle  quali 
già  accennammo  in  un'antecedente  rivista  .della  stampa  periodica  , 
pure  mostra  nello  scrittore  nn  grande  acume  storico  •,  cosa  che  dee 
recar  meraviglia  ,  quando  si  sappia  che  l'Autore  della  memoria  so- 
pra il  Gonzaga  è  distratto  da  questo  genere  di  studi  dai  gravi  do- 
veri dell'alto  suo  ufficio,  perchè  sotto  il  pseudonimo  di  Attilio  Carli 
si  nasconde  la  persona  dell'  egregio  prefetto  di  Macerata. 

Carlo  Rosselli  Del  Turco. 


(1)  II  conte  di  Cavour,  ricordi  biografici.  —  TI.  Discorsi  parlamen- 
tari del  conte  Cammillo  di  Cavour,  raccolti  e  pubblicati  per  ordine 
della  Camera  dei  Deputati. 

(2)  Le  comte  de  Cavour,  recits  et  souvenirs. 

(3)  Bianchi  N.,  Istoria  documentata  della  Diplomazia  europea  in 
Italia. 


PUBBLICAZIONI    PERIODICHE  521 

Archivio  Storico  per  le    Province  Napoletane  —  Anno  pri- 
mo, fascicolo  111. 

I.  Il  signor  Bahtolommeo  Capasso  ha  continuato  la  sua  dotta  ras- 
segna delle  Fonti  della  Storia  delle  Provincie  napoletane  dal  568 
al  1500.  Nella  parte  contenuta  in  questo  fascicolo  discorre  delle  fonti 
per  l' epoca  sveva ,  rilevando  il  merito  del  breve  Chronicum  siculum, 
degli  Annalea  siculi ,  del  Breve  Chronicum.  che  egli  chiama  Laure- 
tanum;  della  Cronaca  di  Riccardo  da  San  Germano  ,  delle  Storie  di 
Niccolò  Jamsilla  e  Saba  Malaspina ,  dell'  Adhortatio  di  Pietro  de 
Pretio.  Parlando  delle  fonti  diplomatiche,  ed  accennato  come  in  Ger- 
mania si  prepara  una  raccolta  quanto  più  è  possibile  compiuta  delle 
lettere  di  Pier  della  Vigna,  dice  come  rimanga  ora  ad  illustrare  le 
lettere  che  appartengono  a  Niccola  della  Rocca  ed  agli  altri  succe- 
duti a  Pier  della  Vigna.  Nota  come  dovrebbe  farsi  una  nuova  edi- 
zione critica  delle  Constitutiones  regni  Siciliae  promulgate  da  Fede- 
rigo II.  E  data  la  debita  lode  ai  due  eruditi  Luigi  Volpicella  e 
Niccola  Alianelii  per  le  loro  pubblicazioni  concernenti  alle  consue- 
tudini e  agli  statuti  municipali  che  appartengono  al  periodo  storico 
di  cui  ha  ora  trattato,  mostra  quanto  giovino  alla  piena  cognizione 
di  quella  età  le  consuetudini  baresi  e  gli  statuti  beneventani,  che  pur 
meriterebbero  le  cure  della  nuova  Società  storica. 

II.  Seguita  il  Bilancio  del  Reame  di  Napoli  degli  anni  1591 
e  1592  illustrato  dal  signor  N.  Faraglia  ,  sul  quale  dobbiamo  con- 
fermare il  giudizio  che  già  facemmo,  essere  documento  notevolissimo 
per  la  storia  del  vice-reame.    . 

III.  Ricco  di  dottrina  storica  e  filologica  con  acute  e  nuore  os- 
servazioni ,  esposte  con  vivacità,  è  lo  studio  del  signor  G,  Raoioppi 
sulle  origini  storiche  investigate  nei  nomi  geografici  della  Basilicata. 
Sono  tutte  accettabili  le  opinioni  dell'  autore  che  alla  storia  della 
Basilicata  ha  consacrato  i  suoi  studi  ,  come  lo  attestano  gli  scritti 
comparsi  col  troppo  modesto  nome  di  Homunculus  ?  Non  vogliamo 
negare  né  affermare  :  certo  è  che  danno  da  pensare. 

IV.  Il  signor  C.  Minieri  Riccio  dà  la  fine  delle  memorie  della 
guerra  di  Sicilia  degli  anni  1282,  83  e  84  ricavate  dai  Registri  An- 
gioini. La  parte  contenuta  nel  presente  fascicolo  fu  già  stampata  in  un 
opuscolo  da  sé,  pochi  anni  addietro  ;  ed  ora  ricomparisce  con  qualche 
aggiunta  e  correzione.  Le  notizie  vanno  dal  principio  d'  aprile  fino 
a  tutto  l'anno  1284  :  appartengono  per  due  mesi  al  governo  del  prin- 
cipe di  Salerno,  che  continuò  a  fare  apparecchi  per  ricondurrò  al- 
l'obbedienza la  Sicilia.  Il  5  giugno  il  principe  vinto  dall'  ardore 
giovanile  restò  prigioniero  nella  battaglia  del  golfo  di  Napoli:  e  re 
Carlo,  ritornato  allora,  riprendeva  la  direzione  dello  Stato,  e  subito 


522  BBLICAZIONI    PERIODICHE 

della  sua  sventura  al  Papa  con  una  lettera  che  l'Autore 
orta  per  intero.  Da  queste  pagine  vediamo  ancora  come  l'odio  contro 
1  Francesi  non  era  soltanto  nei  Siciliani;  perchè  subito  dopo  la  scon- 
fitta dell'armata  angioina  il  popolo  di  Napoli  diede  addosso  ai  Fran- 
cesi e  saccheggiò  le  loro  case  ;  e  quei  di  Sorrento  si  mossero  pure. 
L'Angioino  aveva  con  sé  la  parte  guelfa  d'  Italia  :  alcuni  paesi  di 
Toscana  gli  mandavano  soccorsi  d'  uomini,  e  i  guelfi  di  Firenze  an- 
che di  danaro:  il  papa  gli  concedeva  di  levar  danari  dalle  chiese: 
e  in  quel  tempo  egli  era  in  buona  relazione  col  Comune  di  Pisa 
perchè  potev  gli  aiuti  di  galere    per   vendicare    la    sconfitta 

patita.  Oltre  a  tutte  queste  s'  ha  notizia  pure  d'  invasioni    degli  Al- 
mogavari. 

V.  Dalle  Cronache  di  Gaspare  Fuscolillo  il  signor  Capasso 
ha  Irato  quello  che  gli  è  parso  «  di  maggiore  importanza  per  la 
cognizione  delle  vicende  municipali  della  città  di  Sessa  e  dei  costumi 
di  quel  tempo  «.  Le  notizie  ranno  dall'agosto  1526  al  settembre  1548.  Ma 
non  si  limitano  a  Sessa-,  toccano  pure  alcuni  punti  della  storia  gene- 
rale. Quanto  il  cronista  racconta  dei  tumulti  napoletani  nel  1547  Del- 
l' Inquisizione,  non  è  conforme  ai  racconti  di  altri  che  furono  testimo- 
ni dei  fatti  ;  ma  piace  il  vedere  in  quale  forma  a  Sessa  ne  pervenisse 
la  fama  ;  e  rincresce  che  appunto  in  quel  tratto  sia  una  lacuna  di 
due  carte.  Di  cose  particolari  notiamo  ciò  che  spetta  agli  ordini 
municipali  rimasti  sotto  il  dominio  della  Spagna  -,  i  lasciti  per  fon- 
dare scuole  e  per  mettere  un  medico  condotto,  il  costume  di  rap- 
presentare Misteri  con  gran  pompa  :  né  manca  la  pia  leggenda 
di  apparizioni  soprannaturali  e  di  miracoli  che  il  canonico  rac- 
conta con  fede.  La  forma  semplice  e  schietta  del  vernacolo  natio 
rende  piacevole   la  lettura  di  queste  pagine 

VI.  Uua  iscrizione  greca  scoperta  1'  anno  scorso  nella  chiesa  di 
S.  Giovanni  Maggiore  in  Napoli  induce  il  signor  Antonio  Sogliano 
ad  avvalorare  le  congetture  di  altri  eruditi  contrarie  alla  opinione 
che  quella  chiesa  fosse  l' antico  tempio  edificato  dall'  imperatore 
Adriano  in  onore  di  Antonio.  G. 


Historiselie    Zeitsclxriflt ,   heransgegeben   von   Heinrich 
von  Sybel  (Ann.  XVIII ,  fase.  IV;  Monaco,  1876. 

I.  La  dottrina  della  .sovranità  popolare  nel  Medio  Evo,  di  F- 
DE  Bezold.  -  II.  Turenne  e  Reinoldo  de  Rosen,  di  Enrico  Ul- 
MANN.  -  III.  Ricordi  degli  ultimi  tempi  delV  imperatrice  Elisa- 
Letta  di  Russia,  di  Arnoldo  Schaefer.  -  IV.  Il  Memoriale  di 
Knesebeck,  di  Mass.  LehmAnn.  -  V.  Bullettino  bibliografico.  - 
VI.  Appendice,  che  contiene  l'indice  ragionato  delle  opere  storiche, 
pubblicata    in   Germania   e   di    fuori,    estratto    dalla  Bibliotheca 


^PUBBLICAZIONI   PERIODICHE  b23 

Historica  del  Muldener  (dal  luglio  al  dicembre  1875,  annata  23.*, 
fase.  II). 

La  Memoria  del  Bezold  «  sulla  dottrina  della  sovranità  popolare 
nel  Medio  Evo,  pag.  313-367  »  contiene  uno  studio  accurato,  e  molto 
temperato  nella  forma,  intorno  alla  grande  questione,  che  attiene  alle 
relazioni  fra  i  due  poteri,  laico  ed  ecclesiastico  ;  e  tende  a  dimostrare 
le  varie  mutazioni,  alle  quali  soggiacque  il  concetto  della  sovranità 
popolare,  deferita  ad  un  capo  elettivo  ne' periodi  più  importanti  del- 
l'epoca di  mezzo.  L'autore  è  inteso  a  mostrare,  come  per  l' una 
parte  le  tradizioni  dèi  «  diritto  imperiale  »  fondato  sopra  relazioni 
di  scambievoli  accordi  fra  il  popolo  e  il  sovrano  ,  derivanti  da'  con- 
cetti inspirati  al  sentimento  dell'antichità  classica,  non  mai  spenti 
del  tutto ,  e  le  speculazioni  filosofiche  dall'  altra  parte  influissero  a 
modificare  e  a  variare  1'  aspetto  di  quella  dottrina.  Siccome  poi  la 
lotta  fra  il  Papato  e  l' Impero  ,  iniziata  da  papa  Gregorio  VII,  e  il 
Cristianesimo  in  generale,  dovevano  necessariamente  conferire  a  va- 
riare quelle  relazioni  fra  il  popolo  e  l'  eletto  suo  ,  chiamato  a  rap- 
presentarne l'alta  sovranità  sul  mondo  :  così  è  ovvio  l' intendere  come 
la  trattazione  storica  di  siffatta  materia  si  risolva  di  necessità  in 
una  iudagine  intorno  appunto  alle  grandi  lotte  fra  il  Papato  e  1*  Im- 
pero ,  che  quella  sovranità  si  vengono  disputando  via  via  nel  corso 
dei  tempi. 

Il  lavoro  del  Bezold  è  diviso  nei  capi  seguenti  : 

1.°  Inizi  di  quella  dottrina,  manifestatisi  dapprima  nelle  lotte 
politico  ecclesiastiche  dei  Salii  e  degli  Staufen. 

2.°  La  sovranità  popolare  nella  dottrina  politica  degli  scola- 
stici ,  dal  XII  al  XIV  secolo. 

3.°  Svolgimento  e  influsso  reale  di  questa  dottrina  nei  secoli 
XIV  e  XV. 

4.°  Nuovo  aspetto  di  quella  dottrina  nell'  epoca  di  transizione 
dal  Medio  Evo  al  Rinascimento.  —  Primi  sintomi  d'  un  indirizzo  re- 
pubblicano. 

L' autore  dice ,  che  Dante  fu  1'  ultimo  grande  sostenitore  del 
concetto  imperiale  antico,  associandosi  al  giudizio,  che  intorno  al 
libro  de  monarchia,  pronunciava  un  illustre  scrittore  inglese,  il 
Bryce,  che  ha  qualificata  quell'opera  come  «  un  epitafìo  »  (1). 

Il  capitolo  più  interessante  di  questa  Memoria  del  Bezold  ci  è 
parso  1'  ultimo ,  dove  si  discorre  del  Rinascimento ,  e  delle  vicende , 
subite  dal  concetto  della  dottrina,  attinente  alla  sovranità  popolare  , 
nella  mente  dei  pensatori  nostrali,  del  Poggio  massime,  e  del  Ma- 
chiavelli, il  cui  ideale  ,  secondo  l'autore,  era  veramente  repubblicano 

(1]  The  holy  Roman  empire,  cap.  15  extrem. 


524  PUBBLICAZIONI    PERIODICHE 

e  popolare  (1)  -,  ma  come  quest'  ultimo  non  ne  credeva  degna  1'  età 
sua  corrotta  ,  così  si  sarebbe  fatto  maestro  di  dottrine  d'  assoluto 
imperio,  il  solo  atto  a  recar  salute. 

La  scrittura  dello  Schaefer:  «  Ricordi  degli  ultimi  tempi  del- 
l' imperatrice  Elisabetta  di  Russia  »  contiene  una  Relazione  ,  scritta 
dal  conte  Mercy-Argentau  ,  ambasciatore  austriaco  alla  Corte  im- 
periale di  Russia,  all'epoca  appunto  di  quella  Imperatrice,  datata 
11  novembre  1761  ,  e  pubblicata  ora  per  la  prima  volta  dall'Archi- 
vio di  Stato  di  Vienna.  Quella  Relazione,  dettata  da  un  uomo  d' in- 
gegno acuto  ,  porge  dei  particolari  assai  notevoli  intorno  alla  vita 
intima  della  Corte  di  Russia,  e  alla  storia  dell'  epoca,  e  alle  condi- 
zioni generali  politiche  dell'  impero. 

Il  Memoriale  del  Knescbeck ,  colonnello  prussiano ,  all'  epoca 
delle  guerre  Napoleoniche,  contiene  un  preteso  progetto  per  la  cam- 
pagna di  Russia  del  1812,  che  il  Knesebeck  avrebbe  presentato  al- 
l' imperatore  Alessando,  consigliando  la  famosa  ritirata.  Ora  dell'au- 
tenticità di  questo  Memoriale,  impegnata  già  recentemente  da  Mass. 
Duncker ,  negli  ann.  di  Pruss.  37,  34  e  seg.  ,  discorre  appunto  lo 
Schaefer,  nello  stesso  del  Duncker.  Questa  scrittura  rivela  fatti,  e 
porge  ragguagli  molto  interessanti. 

Nel  Bullettino  bibliografico  è  notevole  un  articolo  del  KirchbofF 
(Alfredo)  sopra  una  nuova  opera  di  etnografia  ,  piìbblicata  dal  Pe- 
schel  (Oscar)  in  Lipsia  (1874)  -,  come  pure  l'articolo,  segnato  L.  di  S. 
sull'ultima  scrittura  dello  Schliemann  ,  relativa  alle  antichità  e  to- 
pografia di  Troja.  11  resto  della  copiosissima  Rassegna  bibliogafica, 
risguarda  importanti  monografie  di  storia  tedesca  ,  le  quali  ci  mo- 
strano con  quale  operosità  febbrile  si  spingano  innanzi  gli  studi 
storici  in  quella  nazione.  G.  0. 

Revue  Historique  dirigée  par  G.  Monod  et  G.  Fa- 
gniez.  Première  anuée.  Tome  seconde,  2,  Octobre  -  Decembre  1876. 
F.  T.  Perrens.  Saint  Pierre  martyr  et  1'  hérésie  des  Patarins  à 
Florence.  -  R.  Dareste.  Francois  Hotman,  d'après  sa  corréspondence 
inedite  (fin)  -  P.  Gaffarel.  La  Fronde  en  Provence.  La  Guerre  du 
Semestre  (fin).  -  Variétés.  Fustel  De  Coulanges  De  l'inégalité  du 
wergeld  dans  les  lois  franques.  -  Cb.  Paillard.  Détournement  d'un 
subside  envoyé  par  Philippe  II  a  Chaterine  de  Médicis.  -  H.  Rey- 
nald.  Giebert  Kuypert.  -  Mélange*.  Lettres  inédites  du  Cardinal 
Georges  d'Armagnac,  publiées  par  I.  Loutchisky  et  Ph.  Tamizey 
de  Larroque.  -  Bulletin  historique:  France  par  G.  Monod,  -  Angle- 
terre,   par    S.  R.     Gardiner.  -  Pays-Bag,  par  J.  A.    Wìjnne  et   G. 

(I)  Raffi.  Discorsi,  I,  58  «non  senza  ragiona  si  r«»oraiglia  la  roce 
d'  un  |  lineila  «li  Die  e*.  » 


PUBBLICAZIONI   PERIODICHE  525 

W.   Wkeedb.  Comptes-rendus  critiques.  -  Correspondence.  -  Lettre 
de  M.  J.  Havet.  - 

Revue  cles  Questiona  Historiques,  Onzième 
année  40c  livraison,  1"  octobre  1876.  -  I.  Le  Patriarche  Abraham 
et  les  Déeouvertes  modernes,  par  M.  J.  Vigouroux.  -  II.  Le  Pape 
Innoceut  XI  et  la  Revolution  anglaise  de  1688,  par  M.  Charles 
Gerin.  -  III.  L'Hymnographie  de  l'Église  Grecque,  par  M.  Henry 
Stevenson.  -  IV.  Mólanges  -  Le  Mot  de  Bailly  allant  a  l'Échafaud, 
par  M.  Louis  Audiat.  -  Un  épisode  iuconnu  de  la  vie  de  Male- 
bianche,  d'après  une  lettre  inèdite  de  l'abbé  de  Rancò,  par  M.  Jules 
Doinel.  -  Les  dernières  années  de  Voltaire,  par  M.  Georges 
Gandy.  -  Une  nouvelle  histoire  de  Russie  ,  par  le  R.  P.  Pierling. 
Les  erreurs  et  mensonges  historiques  de  M.  Charles  Barthélemy, 
par  M.  G.  B.  Lelièvre.  -  La  diplomatie  et  la  guerre  Franco-Alle- 
mande, 1870-1871  ,  par  M.  G.  Baguenault  de  Puciiesse.  -  V. 
Courrier  anglais  ,  par  M.'  G.  MaSSon.  -  VI.  Courrier  russe  ,  pal- 
le R.  P.  Martinov.  -  VII.  Courrier  italien,  par  G.  Pitrè.  -  Vili. 
Cronique,  par  M.  M.  Sepet.  -  IX.  Revue  des  Recueils  périodiques: 
M.  Fr    de  Fontaine.  Bonifaz  Maier.  -  X.  Bulletin  bibliographiquc. 


TAVOLA  ALFABETICA 

DELLE 

PERSONE,  DEI  LUOGHI  E  DELLE  COSE 
nominale  nel  Tomo  XXIV 

della  Terza  Serie  <le'.I'.trclii« io  Sporico  Stuliuno 

NB.  Il  numero  arabico  indica  la  pagina. 


Albicini  Cesare  :  503. 

Alcamo.  Memorie  storiche  di  essa,  di  V. 
Di  Giovanni;  Ann.  bibl.;  196;  511. 

A.  M.  Di  un  suo  scritto  intitolato  Studi 
principeschi;  204. 

Amalfi.  Memorie  storiche  dell'antica  cit- 
tà e  ducato,  di  Matteo  Camera;  Ann. 
bibl  ;  195.  Di  un  duca  finora  scono- 
sciuto,, per  C.  Minieri  Riccio  ;  Ann. 
bibl  ;  370. 

Angiò  (d')  Carlo  I    II  suo  regno  nell'an- 
no 1275,  per  C  Minieri  Riccio;  226-242; 
373-406. 
ona  (di)  Cardinale;  206. 

Archivio  Storico  Abruzzese;  359. 

Archivio  Storico  Lombardo;  197;  519. 

Archivio  Storico  per  le  Piovincie  Napo- 
letane; 205;  521 

Archivio  Veneto;  200;  516. 

Arneth  Alfredo  ;  407. 

BagnacaraVo.  -  V.  Balduzzi  Luigi. 

Balduzzi  Luigi.  Di  due  suoi  scritti  in- 
torno a  cose  di  Bagnacavallo  ;  504. 

Bari  ;  514. 

Basilicata.  -  V.  Bacioppi  G. 

Bel  gioioso  Carlo.  Di  un  suo  scritto  sulle 
aquile  romane;  199. 

Ufi  irano  Luigi  Tommaso.  -  V.  Di  Ne- 
gro Andalò;  Italia. 

Benso  di  Cavour  Cammillo.  Di  uno  scrit- 
to intorno  a  lui,  di  F.  Sclopis  ;  e  di 
un  curioso  documento  che  lo  concer- 
ne; 203. 

Bergamo.  Le  antiche  lapidi;  496. 


Bettolini  D.;  202. 

—  Francesco.  -V.  De  Blasiis  Giuseppe. 

Bertóloni  Antonio  :  371. 

Bezold  (de)  F.  Di  un  suo  scritto  sulla 
dottrina  d  Ila  sovranità  popolare  nel 
Medio-Evo;  523. 

Bindi  Enrico.  Necrologia  scritta  da  A- 
Gelli;  364-369. 

Bonazzi  Francesco;  514. 

Boncompagni  Baldassarre.  -  V.  Di  Ne- 
nia. 

Borghesi  Bartolommeo.  Annunzio  della 
pubblicazione  delle  sue  opere;  357. 

Bott figari  Enrico.  Di  un  suo  scritto 
sulla  cattedrale  di  Bologna  ;  504. 

Buonarroti  Michelangelo.  Di  taluni  la- 
vori pubblicati  pel  quarto  centenario 
la  nascita  di  lui  ;  128-141.  Le  sue 
lettere,  i  Ricordi,  e  i  Contratti  ar- 
tistici, pubblicati  da  G.  Milanesi;  128. 

Burchiello.  Documento  Senese  concer- 
nente ala  sua  vita,  pubblicato  e  illu- 
strato da  Fortunato  Donati:  171-182. 


Calvi  Felice;  196. 

Camera  Matteo.  -  V.  Amalfi. 

Campana  di  Cavelli  Emilia.  Necrologia 
scritta  da  B    Morsolin;  188-190 

Campeggi   cardinale.  Lettere  a  lui;  5. 

Campori  Cesare.  -  V.  Montecuccoli  Rai- 
mondo. 

—  Giuseppe.  184  ;  504. 

Cand'da  Gonzaga  Berardo.  196. 

Cantù  Cesare.   Il   Conciliatore,   episodio 


TAVOLA   ALFABETICA    KC. 


527 


del   liberalismo    lombardo:     Memorie 
Storiche;  90-114    270-290;  452-468. 
Capasso  Bartolommeo.  Di  un  suo  scrit- 
sulle  fonti  della   Storia    delle  Pro- 
vincie napoletane;  205;  521. 
Capponi  Gino;  283. 

Carducci  Giosuè     Bozzetti    critici    e  di- 
scorsi letterari:  Ann.  bibl.;  191. 
Carli  Attilio    Di  un  suo  scritto  intitola- 
to Vespasiano  Gonzaga;  202:  520 
/  Domenico.  -  V.  Miscellanea. 
Ariti  uio  ;  521. 
Chiarini  Giuseppe.  -  V.  Giordani 
Cipolla  Carlo.  Di    una   sua    illustrazione 
di  un'iscrizione  del  ponte  Navi  a  Ve- 
rona; 200. 
Colombo  Cristoforo.  Il  suocero  e  la  mo- 
lie  di  lui.  Memoria  di  B   Pallastrelli; 
.    q.  bibl.  ;  512. 
.ia  Maria;  303. 
Conciliatore  (II).  -  V.  Cantù  Cesare. 
Gonfalonieri  Federico;  95. 
Copernico  ;  503. 

Corradinò  di  Svevia.  -  V.  Del    Giudice 
-  ;ppe. 
\sita  e  Ili  cerche  di  Storia    S 
a;  203;  311. 
Cusani  Monsignore.  La  sua   Nunziatura 
leta;  197. 


Dal  Bono  Carlo  Tito;  515. 

D'Ancona  Alessandro;  371. 

De  Beatis  Antonio;  206. 

De  Blasiis    Giuseppe.    La    insurrezione 

Pugliese  e  la  conquista  Normanna  nel 

secolu  XI;  Rassegna    bibliografica    di 

F.  Bertolino  115-128;  291- 
—  V.  Napoli. 

De  Gubernat's  Angiolo.  -  V.  Italia 
Del  Badia  Iodoco.  371. 
De  Lellis  Carlo;  207. 
Dei  Giudee    Giuseppe    II  giudizio  e    la 

condanna  di  Corradinò  :  Rassegna  bibl. 
Tabarrini  ;  499-502. 
Del  Giudice  Pasquale   Di  un  suo  scritto 

sulla  vendetta  nel  diritto  longobardo; 

De  Simone  Luigi  Giuseppe  ;  515. 
De  Steri  idi  Cesure  ;  515. 
ioni   Cornelio.    -  V 
D     Giovanni  Vincenzo:  196;  V.  Ale 
Di  Marzo  Gioacchino.   -  V.   Sicilia. 
Di  Negro  Andalo.  Intorno  alla  vita  e  ai 
ori  di  lui,  Memoria  di  C.  De  Simo- 
ni,  .seguita  da  un  catalogo  compilato 


da  B.  Boncorapagni;  Rassegna  biblio- 
graflea  di  L.  T    Belgrano;    141-148. 
Donali  Fortunato.  -  V.  Burchiello. 
■  y  Victor;  514. 

Erodoto.  Volgarizzamento  delle  sue  Sto- 
rie, di  Matteo  Ricci;  Ann.  bibl.;  194. 
Este  (d')  Renata  ;  503. 

Fai  orsi  Guido.  Rassegna  di  taluni  lavo- 
ri pubb'icati  pel  quarto  centenario 
dalla  nasata  di  Michelangiolo  Buo- 
narroti; 1 28-141. 

Fantoni  G.;  200. 

glia  N.  Della  pubblicazione  da  lui 
fatta  di  un  bilancio  del  Reame  di  Na- 
poli del  1591  e  92;  206  ;  521 

Federici  Romolo.  Di  un  suo    libro 

tolato  Le  leggi  di    progresso,  Rasse- 
gna bibliografica  di  G.  Rosa;  148-150. 

Ferrara.  L'arte  della  lana  nel  4500;  Ann. 
bibl.;  196. 

Ferrari  Giuseppe.  Notizia  della  sua  iner- 
te; 187  Necrologia  scritta  da  M.  Ta- 
barrini; 358-363. 

Ferravo  Giuseppe:  196. 

Fick  r  Julius.  Beitrage  zur  Urkuudeu- 
léhre  ;  an.  bibl.    512. 

Finazzi  Giovanni;  196. 

Firenze.  Annunzio  di  una  nuova  Storia 
scritta   dal    signor    Perrens  ;  35ii 
un'armeggeria   nel    secolo    XV  ;   371. 
Delle  Signorie  e  potenze   festeggiatiti 
del  contado;  ivi. 

Fivizzano.  -  V.  Neri  Achille. 

Fontana  Giacinto;  '91. 

Foscolo  Ugo.  LetteraaF.  Coiifaloniori;  97. 
Della  pubblio.  alcune  sue  let- 

tere; Ann.  bibl.:  192. 

Franchi    Alessandro.    V.    Guasti. 
Rinaldo  ;  517. 

Fuscolillo  Gaspare.  Di  una  sua  cronaca; 
206;  522. 

G.  Annunzi  bibliografici;  191-195. 

ini  di  Ventimiglia.  Notizie  sto-iche 
e  genealogiche,  pubblicate  da  Girola- 
mo Rossi;  Ann.  bibl.;  192. 

ai  Ab.  Ferdinando.  Lettere  al  mar- 
che.-.: ì-254 

Galilei  Galileo  li 

da  Carlo  di  Gebler,    Rassegna    biblio- 
grafica di  G.  U.;  3OG-310. 

Gasp'  QO.   Di   un  suo  scritto  sul- 

l'arte musicale  in  Bologna     504. 

Gebler  (di)  Carlo.  -  V.  Galilei 


528 


TAVOLA    ALFABETICA    EC. 


Gelli  Agenore.  -  V.  Bindi  Enrico. 

Geografìa.  -  V.  Italia. 

Gesuiti.  De'  loro  ginnasi  in  Austria  ;  509. 

Gfrorer  Augusto.  -  V.  Venezia. 

Gherardi  Alessandro;  371. 

Giocosa  Giuseppe.  Di  un  suo  scritto  su 
due  castelli  della  Valle  d'Aosta;  303 

Giordani  Pietro.  Della  pubblicazione  di 
alcune  sue  lettere  ;  Ann  bibl.  192. 
Prose  scelte  da  G.  Chiarini.  Ann.;  bibl; 
513. 

C.iraldi  Giov.  Batt.  Cinzio;  184. 

Giullari  G.  B.  Carlo  ;  517. 

Giuseppe  11.  -  V.  Toscana. 

G.  0.  Annunzi  bibliogratìci;  509  V.  Ga- 
lilei. 

Gonzaga  Vespasiano  -  V.  Carli  Attilio. 

Gotti  Aurelio.  Della  vita  da  lui  scritta 
di  Michelangiolo  Buonarroti;  131. 

Gozzadini  conte  Giovanni.  ))i  due  sue 
memorie  su  cose  etrusche,  e  su  docu- 
menti bolognesi  ;  503. 

Guasti  Cesare.  Descrizione  delle  pitture 
a  fresco  eseguite  in  Prato  da  Alessan- 
dro Franchi  ;  An.  bibl  ;  514.  V.  Torri- 
giani. 

Guerrazzi  F.  Domenico.  Annunzio  della 
pubblicazione  del  suo  epistolario;  356 


Harff  (di)  Arnoldo.  Della  relazione  del 
suo  viaggio  in  Italia,  pubblicata  da 
A.  Reumont;  201. 

Hirsch  Ferdinando.  De'  suoi  studi  bizan- 
tini; Ann.;  bibl  di  G.  O.;  510. 

Historische  Zeitschrift;  522. 

Hortis  Attilio:  196. 


Italia.  Ricerche  ne'suoi  Archivi;  185;  356. 
Supplemento  undecimo  alle  notizie 
bibliografiche  dei  lavori  pubblicati  in 
Germania  sulla  sua  storia,  compilate 
da  A.  Reumont;  151-170;  314-353.  Bi- 
bliografia Statutaria  e  storica,  compi- 
lata da  L.  Manzoni;  Ann.  bibl.;  191.  Stu- 
di bibliografici  e  biografici  sulla  storia 
della  Geografia  in  Italia,  pubblicati  per 
cura  della  Deputazione  ministeriale;  e 
Storia  dei  viaggiatori  italiani  nelle  In- 
die Orientali,  compilati  da  Angelo  de 
Gubernatis;  Rassegna  bibliografica  di 
L    T.  Belgrano;  4b9-499. 

Kelle  Giovanni  I  Ginnasi  de'Gesuiti  in 
Austria;  Ann.  bibl.  di  G.  O  :  509 


La  Mant/'a  Vito;  514. 

Lanzoni  Filippo;  196. 

Lippi.  -  V.  Nanni  di  Baccio  Bigio. 

Lodi  Luigi;  505. 

Lombardia.  Premi  proposti  dal  R.  Isti- 
tuto di  scienze  e  lettere  ,  e  dalla  So- 
cietà Storica;  186  e  187.  Episodio  del 
liberalismo  ;  V.  Cantù. 

Lucania  antica;  514. 

Luciani  Tommaso.  Di  un  suo  scritto  sui 
.  dialetti  dell'Istria;  200. 

Lupi  Clemente  -  V.  San  Giuliano. 

Magherini  Giovanni.    Della    vita    di    M. 

A.  Buonarroti  da  lui  scritta;  134. 
Malagola  Carlo.  Di  un  suo  scritto  intor- 
no a  Copernico;  503. 
Malfatti  Domenico  ;  203. 
Malvezzi  de'  Medici   Nerio.   Di  due  sue 

memorie  sugli  statuti  de'  Fabbri  e  dei 

Barbieri  in  Bologna  ;  503. 
Mancinelli  Antonio;  196. 
Manno  Antonio.  -  V.  Piemonte. 
Manuzio  Aldo  il  Giovane;  184. 
Manzoni  Alessandro;  276. 
—  Luigi.  -  V.  Italia. 
Masi  Ernesto.  Di  un  suo  scritto  intorno 

a  Renata  d'  Este;  503. 
Mazzarino  Ortensia;  303. 
Medici    (de')   Giulio    cardinale.    Lettere 

scritte  in  suo  nome;  5-31;  209-225. 
Metastasio  Pietro  :  196. 
Milanesi  Gaetano.  -  V.  Buonarroti. 
Minieri  Riccio  Camillo.  Della  pubblica- 
zione delle  Memorie  della   guerra    di 

Sicilia  anni  1282-84  ;  206  ;  521. 

V.  Amalfi;  Angiò  (d')  Carlo  I;  Napoli. 
Miscellanea  di  Storia  Italiana   edita  per 

cura    della  R.  Deputazione   di    Storia 

Patria  ;  Rassegna  bibliografica   di    D. 

Carutti;  311-313. 
Modena.  Notizie  della  R.  Deputazione  di 

Storia  Patria  ;  184  ;  504. 
Mondello  Fortunato.  -  V.   Trapani. 
Mongeri    G-    Delle   pubblicazioni  da  lui 

fatte  di  postille   di   un   anonimo  alle 

vite  di  G.  Vasari;  198. 
Montano  Cola.  Della  pubblicazione  di  un 

documento  che  lo  riguarda  ;  198. 
Montecuccoli  Raimondo.  Annunzio  di  un 

libro  di  C.  Campori  intorno  a  lui;  370. 
Monti  Vincenzo.    Della    pubblicazione  di 

alcune  sue   lettere  ;    Ann.    bibl.  ;   192. 

Lettera  a  Ginvita  S -alvini  ;  468. 
Montecassino.  Paleografia  artistica;  Ann. 

bibl.;  195. 


TAVOLA    ALFABETICA    EC. 


529 


Morato  Fulvio  Pellegrino;  504. 

Morsolin  Bernardo.  -  V.  Campana  di 
Caveìli  Emilia. 

Murat  Gioacchino.  Relazione  autentica 
della  fazione  operata  da  lui  in  Cala- 
bria nel  1855,  di  G.    Ricciardi  ;  70-89 

Nanni  di  Baccio  Bigio  :  505. 

Napoli.  La  biblioteca  del  Museo  nazionale 
nella  Certosa  di  San  Martino,  per  C. 
Padiglione,  Ann.  Libi.  195.  Di  una  re- 
lazione della  pestilenza  del  1056,  pub- 
blicata da  G.  De  Blasiis;  206.  Della  sua 
università  nel  1714;  205.  Degli  artisti 
che  lavoravano  in  Castel  Nuovo  ,  per 
C.  Minieri  Riccio  ;  371. 

Nrgroni  Carlo.  -  V.  Petrarca. 

Neri  Achille.  Di  un  suo  scritto  intorno 
a  Fivizzano  ;  505. 

—  Pompeo.  Saggio  storico  intorno  a 
lui  scritto  da  G  Rocchi;  47-69  :  255- 
269;  441-451. 

Nistri  Giovanni.  -  V.  San  Giuliano. 

Normanni.  La  conquista  dell'  Italia  me- 
ridionale ;  115-128;  291-298. 


Omodei  (degli)   Giulio  Fileteo 
cilia. 


V    Si 


Padiglione  Carlo;  195. 

Pallastrelli  Bernardo;  185.  -  V.  Colom- 
bo Cristoforo. 

Palmieri  Nuti  Giuseppe;  371. 

Parma.  Notizie  della  R.  Deputazione  di 
Storia  Patria;  184;  504. 

Pasolini  Pietro  Desiderio.  -  V.  Ponti  ; 
Rasponi. 

Passerini  Luigi.  Della  Bibliografia  di 
Michelangelo  Buonarroti  da  lui  pub- 
blicata; 134. 

Pecchio  Giuseppe;  270. 

Peluso  F  ;  519. 

Perrens.  -  V.  Firenze. 

Perrero  D.  Di  un  suo  scritto  intorno  a 
Ortensia  Mazzarino  e  a  Maria  Colonna 
sorelle  Mancini:  203. 

Petrarca  Francesco.  Della  sua  dimoia  a 
Novara,  e  d'una  sua  arringa  tradotta 
da  C.  Negroni  ;  Ann.  bibl.;  194. 

Piccolomini  Enea;  371. 

Piemonte.  Relazione  del  Sainte-Croix  con 
annotazioni  di  Antonio  Manno  ;  Ann. 
bibl.  ;  512. 

Pietro  Leopoldo.  -  V.    Toscana. 

Pisa.   Premio   proposto  dall'  Accademia 


Araldico-Genealogica;  187.    Di    alcune 

lettere  risguardanti  lo  Studio;  371. 
Pisrirelli  Tacggi  Odorisio;   195. 
Pistelli  Giuseppe;  356. 
Ponti  famiglia.  Notizie  storiche  compilate 

da  P.  D.  Pasolini:  Ann.  bibl.;  193, 
Prussia.  Notizia  de'suoi  Archivi;  183. 
Pucci  Antonio.  Di  un  suo  serventese;371. 
Puglia.  La  insurrezione   nel    secolo  XI; 

115-128;  291-298. 

Racio'ppi  G.  Di  un  suo  scritto  sulle  origini 

dei  nomi  geografici   della    Basilicata  ) 

521. 
Rasponi.  Memorie  della  famiglia   scritte 

da  P.  D.  Pasolini;  Ann.  bibl.  370. 
Reumont  -  V.  Harff  (di)  Arnoldo:  Italia  : 

Toscana  ;  525. 
Ressi  Adeodato;  90. 
Revue  des  deux  mondes  ;  519. 
Reme  des  Questions  historiques  ;  207  : 

525. 

—  historique  ;  208  ;  524. 
Ricci  Matteo.  -  V.  Erodoto. 
Rice/ardi   Giuseppe.  -  V.  Murai. 
Riccio  Giovanni;  514. 

Rivista  Universale  ;  202  ;  520. 

Rocchi  Gaetano.  -  V.  Neri  Pompeo. 

Roma.  Notizie  della  scuola  francese:  357. 

Romagna.  Deputazione  di  Storia  Patria.- 
503. 

Romagnosi  G.   Domenico;   90. 

Ronchini  Amadio  ;  184,  185.  Di  un  suo 
scritto  su  Nanni  di  Baecio  Bigio  :  505. 

Rosa  Gabriele;  196.  V.  Federici  Romolo; 
Venezia. 

Rossano.  Monastero  di  Assoluto  dal  pa- 
tronato dei  conti  Guidi,  Documento,  3. 

Rossi  Girolamo    -  V.  Galeani. 

—  Pellegrino;  280. 

Rosselli  del  Turco  Carlo  ;  Rassegne  di 
alcune  pubblicazioni  periodiche  ;  197- 
203;  516-520. 


Sainte-Croix.  -  V.  Piemonte. 

San  Daniele  (da)  Pellegrino  ;  504. 

San  Giuliano.  Le  sue  acque  termali  o  i 

suoi    dintorni  ,    di     Giovanni    Nistri  ; 

Rassegna   bibliografica    di    C.    Lupi  : 

298-306. 

Saraceno  F 

Savoia    (di) 


-  V.  Savoia  (di)  Lodovico. 

cardinale  Maurizio.    Di    un 
documento  che  lo  riguarda;  204 
duca  Lodovico.  Di  uno  scritto  intorno 
a  lui  di  F.  S.raceno;  204. 


530 


TAVOLA   ALFABETICA   EC. 


Scalcini  Giovita  ;  452. 

Scarabi'l/i  Luciano.  L'eroe  di  Tarragoi  ". 
restituitii  al  suo  paese;  An   .  bibl  ;  19 

SclopiS  Fed  rigo    -  V.  Benso  ci    Ca\ 

Settembrini  Luigi.  Sua  Necrologia;  506 

Sforza  Giovanni;   271. 

Sicilia.    Descrizione    di   essa    nel    seco- 
lo X\  II  di  Giulio  Fi  oteo  degli  Om 
pubbl.  da  G.  Di  Mar/o   A   n.  bibl.;  513. 

Slavi  Meridionali.  Pubulicazior1  storiche 
presso  di  loro;  185. 

Spinelli  A.  G.;  196. 

Sogliano  Antonio;  522. 

Soncino.  i  ella  sua  ròcca;  198 

&tael,  signora  di.  Deiìa  pubblicazione  di 
alcune  sue  lettere  ;  Ann    bibl.;  192. 

Starace  Giovan  Vincenzo,  nella  ucci  ione 
di  lui  ;  206. 

Tabarrini  Marco. -V   Del  Giudee  Giu- 
seppe; Ferrari  Giusepj        .  Pre- 
sidente  della    Deputazione    di     S 
Patria  di  Toscana   ec: 

Tanucci  Bernardo.  <  u  lui  del- 

l'imperatore Giuseppe  II;  41tì.  -  V.  Ga- 
llai 

Tassini  Giuseppe.  Di  una  sua  illustrazio- 
ne di  iscrizioni  .00. 

Tassoni  Alessandro.   Di  una  sua  avven- 
tura a  Bologna;  505. 

Torrigiani.    I  Manoscritti  donati    al   R. 
Archivio  di  Stato  «li  Fi 
pubblicato  da  C.  Guasti;  5-3* ;  209-225. 

Toscana  Notizie  sui  tempi  de'granduchi 


lorenesi  Ferdinando  l'I  e  Leopoldo  II; 

204.  Giuseppe  li,    Pietro   Leopoldo  e 

la  Toscana,  Memoria  di  A.  Reuiu 

407-440. 
Trapani.  Bibliografia    composta   da!    P. 

Fortunato  Mondello;  Ann.  bibl.;  513. 
Trechi  Sigismondo;  270. 
Trivulzio  G.  G     519 
Tutini  Cammillo.  207. 

Ugoni  Cammillo;  452. 
Urbani  de  Gheltof;  202. 

Vagnonville  {de)    Foucques.  Si 

logia;  507. 
Va  gli  M  ire  Ilo    Di  due  suoi  se 

intorno  a  pittori  e  vescovi  i 

504. 
Vasari  Giorgio;    198.    Annunzio    ■•'   una 

nuova  ed 
Venezia.    Deputazioi 

Notizia  di  G.  Roìi';    54.  D  llasui 

ria 
Veni 

giolo  Buonarroti  da  lui  scritta;   1 
Venturi.no  da  Pesaro;  371. 
Viaggiato  ì        V,  l'alia 

seusa  Giov    Pi      )  ;  284. 
Visct 

Volpicella  Lui,     | 
—  Scipione  ;  205;  515. 

Zalla  Angelo  ;  547. 

Zanoni  Enrico;  19d. 


INDICE 


Documenti  illustrati. 

Documenti  che  illustrano  la  memoria   «  Una  Monaca  del 

Secolo  XFII  » Pag.       3 

I  Manoscritti  Torrigiani  clonati  al  R.  Archivio  Centrale  di 

Stato  di  Firenze  (Cesare   Guasti) »  5 

209. 

II  Regno  di  Carlo  I  d'Angiò  dal  2  Gennaio  1275  al  31  Di- 

cembre 1283  (C.  Minieri-Riccio) »        226 

373. 
Carteggio  dell'Abate  Ferdinando  Galiani  col  marchese  Ta- 

duccì  (Augusto  Bazzoni) »  32 

213. 

Memorie  Originali. 

Pompeo  Neri  (Gaetano  Rocchi) »          47 

255,  441. 
Relazione  autentica  sulla  Fazione  operata  in  Calabria  nel 

1815  da  Re  Gioacchino  Murat  (G.  Ricciardi) »         70 

Giuseppe  I!,  Pietro  Leopoldo,  e  la  Toscana  (A.  Reumont).      »        407 
Il  Conciliatore.  Episodiodel  Liberalismo  lombardo (C.  Cantù).      »         (.nj 

210  ,  452. 

Rassegna  BiTbliog-rafica. 

La  Insurrezione  Pugliese  e  la  conquista  Normanna  nel  se- 
colo XI  narrata  da  Giuseppe  De  Blasiis  (F.  Bertolini).      »        115 
291. 

Di  taluni  lavori  più  notabili  pubblicati  pel  quarto  Cente- 
nario dalla  nascita  di  Michelangelo  Buonarroti  (G.  Fa- 
lorsi  ) »        log 

Intorno  alla  vita  ed  ai  lavori  di  Andalò  Di  Negro  ,  mate- 
matico ed  astronomo  genovese  del  secolo  XIV,  e  d'al- 
tri matematici  e  cosmografi  genovesi.  Memoria  di 
C.  De  bimani  seguita  da  un  catalogo  dei  lavori  di 
Anelala  di  Negro  compilato  da  B.  Boncompagni  (L. 
T.  Belgrano) »        i4i 

Le  leggi  di  Progresso  per  Romolo  Federici  (G.  Rosa).  .  .      »        148 

Supplemento  Undecimo  alle  Notizie  Bibliografiche   dei  la- 


532  INDICE 

vori  pubblicati  in  Germania  sulla  Storia  d' Italia  com- 
pilate da  A.  Reumont paa     151 

314. 

San  Giuliano ,  le  sue  acque  termali  e  i  suoi  dintorni.  No- 
tizie raccolte  da  Giovanni  Nistri  (C.  Iati) »        298 

Galileo  Galilei  und  die  Ròmische  Curie  nach  dens  authen- 

tischen.  Quellen  von  Cari  von  Gebler  (G.  0.) »        306 

Miscellanea  di  Storia  Italiana  ,  edita  per  cura  della  R.  De- 
putazione di  Storia  patria.  Curiosità  e  Ricerche  di  Sto- 
ria Subalpina ,  pubblicate  da  una  Società  di  studiosi 
di  patrie  memorie  (D.  Carutti) .      »        311 

Studj  Bibliografici  e  biografici  sulla  Storia  della  Geografia 
in  Italia ,  pubblicati  per  cura  della  Deputazione  Mini- 
steriale istituita  presso  la  Società  Geografica  Italiana. 
Storia  dei  Viaggiatori  italiani  nelle  Indie  Orientali,  com- 
pilata da  Angelo  De  Gubernatis,  con  estratti* d'alcune 
relazioni  di  viaggio  a  stampa  ed  alcuni  documenti  ine- 
diti (L.  T.  Belgra.no) »        469 

Il  giudizio  e  la  condanna  di  Corradino.  Osservazioni  criti- 
che e  storiche  di  Giuseppe  Del  Giudice  con  note  e  do- 
cumenti (M.  Tabarrini) »        499 

Varietà. 

Documento  Senese  del  Burchiello  (Fort.  Donati) »        ITI 

Necrologie. 

Emilia  Campana  di  Cavelli  (B.  Morsolin) »  188 

Giuseppe  Ferrari  (M.  Tabarrini)  .  » »  358 

Enrico  Bindi  (A.  Gelli) »  364 

Luigi  Settembrini .  »  506 

Pietro  Amedeo  Foucques  De  Vagnonville »  507 

Notizie  Varie »        183 

354,  503. 

Annunzi  BiTbliografiei. »        191 

370,  509. 

Pubblicazioni  Periodiche »        197 

516. 
Tavola  alfabetica  dulie  persone,  dei  luoghi  e  delle  cose .  .      »        526 


DG 

401 

A7 

ser.3 

t.24 


Archivio  storico  italiano 


PLEASE  DO  NOT  REMOVE 
CARDS  OR  SLIPS  FROM  THIS  POCKET 


UNIVERSITY  OF  TORONTO  LIBRARY