ARCHIVIO
STORICO ITALIANO
FONDATO DA G. P. VIEUSSEUX
E CONTINUATO
A • URA DELLA H. DEPUTAZIONE DI STORIA PATRIA
PER LE PROVINCIE
DELLA TOSCANA, DELL'UMBRIA E DELLE MARCHE
SERIE TERZA.
Tomo XXIV. - Anno 1876
IN FIRENZE
PRESSO G. P. VIEUSSEUX
Cui tipi di M. Cellini e C. alla Galileiana
1876
DOCUMENTI
CHE ILLUSTRANO LA MEMORIA
UNA MONACA DEL SEGOLO XIII
Ved. il Voi. precedenti;, p. 205.
Avvertimento.
Era nostra intenzione di pubblicare il riassunto del pro-
cesso , che trovasi tra le pergamene del monastero di san Mi-
chele in Borgo nell'Archivio di Stato a Pisa : ma la forma
imperfetta del documento, e il non ritrarsi da quello veruna
cosa di nuovo che possa interessare la storia, ci hanno de-
ciso a tralasciarlo. E tralasciamo pure il lodo degli arbitri
nominati dalla Santa Sede , non tanto- perchè se ne ha un
ampio estratto negli Annali Camaldolesi del Mittarelli , quanto
ancora per l' interesse affatto secondario che ci presenta , li-
mitandosi a decidere sui diritti patronali dei Conti Guidi.
Soltanto per la sua curiosità ci sembra conveniente la
pubblicazione della carta che segue :
L.V CONTESSA. GUALDRADA, PER IL CONTE GUIDOGUERRA , ASSOLVE
IL MONASTERO DI ROSANO DAL PATRONATO DEI GUIDI (1).
In Dei nomine, amen. In presentia Gianni Soldanerii, domini Bruni
iudicis ordinarii , Tribaldi plebani de Cerreto , Rainerii Simonitti ,
Cavalcantis Daini , Aliocti Vicedomini , Uberti Vianesi , Ildebrandini
Simionis , Guidalocti de Somaria , Rodolfi de Farnito , Catalani filli
eius , Maurini de Pisis , Adimari filii Renieri Adimari , Forensis fìlii
Vinciguerre Donati , Bellincionis filii Uberti Bernardi , Ughetti filii
Aliocti Vicedomini , Renuccini filii Uberti Vianesi , Paganelli Mangia-
code, Simionis filii Ildebrandini Simionis, Guido Gualze, et Bifulci filii
Abbatis del 3uerro. In istorum et aliorum plurium testium presen-
tia, domina Gualdrada Comitissa, uxor Comitis Guidonis , prò ipso
Comite, apprehendens per manus Agnetem monialem et Monacum
1; Archivio di Stato di Firenze : pergamena dèi monastero di san
Giovanni evangelista di Pratovecchio.
4 DOCUMENTO RELATIVO A UNA CAUSA DI PATRONATO
et Milanensem conversos , duxit in claustro monasterii de Rosano ,
volens ecclesiam intrare, et Agathe et aliis monialibus ipsius mona-
sterii loqui : cum non posset , quia se absentaverant atque absconde-
rant , et cum hostia ipsius ecclesie undique firmata inventa essent ,
eam et eos ip-i monasterio restituit , in claustro ipsius ecclesie , prò
ipso Comite ; et ab omni vinculo iuramenti , et obligatione , si qua
ei tenebantur , vel alii prò ea , absolvit, et domura, iuxta ipsum clau-
strum ipsi monasterio, prò Comite, restituit; ipsumque claustrum
liberum et absolutum , prò dicto Comite , ipsi monasterio dimisit :
publice petens in eiusdem monasterii claustro , prò ipso Comite , re-
stitutionem secundum teuorem sententie, prò ipso negotio late, a do-
mino Iohanne priore Sancti Fridiani Lucani et Dono Fiorentine Ecclesie
archipresbitero et domino Ildebrando Pisane Ecclesie canonico , fieri.
Quod penitus fuit ei negatum ab Octaviano de Quona et aliis qui
erari t in ipso claustro prò Agliata: immo dictus Octavianus respondit
et dixit quod dieta Agnes et conversi non morarentur in ipso mona-
sterio, nec volebat eos ibi invenire.
Actum in claustro ipsius monasterii, anno millesimo ducentesimo
quarto. Idibus augusti, Indictione VII.
Signum 4< manus diete Comitisse que haec omnia , ut superius
leguntur , fieri et scribi rogavit.
Signa *fa manuum supradictorum testium ad hec omnia ro-
gatorum.
Ego Infangatus domini Enrici Romanorum Imperatoris iudex or-
dinarius , predicte domus, iuxta claustrum, restitutioni interfui : ideo-
que me subscripsi. Ego Henricus domini Imperatoris Henrici iudex et
notarius hec omnia, me presente acta, rogatus scripsi et in publicam
formam redegi.
1 MANOSCRITTI TORRiGIANI
DONATI
AL R. ARCHIVIO CENTRALE DI STATO
DI FIRENZE
(Continuazione, Ved. toni. XXIII, pag. 404.)
4 settembre. - Reverendissimo Cardinali Campeggio.
« A' dì 27 del passato scripsi a V. S. reverendissima, et a' di
primo arrivorno le sue de' 18 : et con gran piacere N. S. ha inteso
lo accordo di quel serenissimo Re con Francia andare avanti : per-
chè Sua Santità, poi che per divina gratia fu assumpto al pontifica-
to , non ha auto maggiore desiderio che vedere la Cristianità in pace.
Et come per altre scripsi, li pare che la unione di questi dui Prin-
cipi , per la sapientia et potentia loro , sia el fondamento in sul
quale si possi hedificare la sancta expeditione. Et però circa a que-
sto accordo loro , la S. V. , col nome di N. S. et con la prudentia
sua, adiuti resolvere se alcuna diiticultà vi restassi, ad ciò che tanto
prima si possi prò vedere a le cose del Turco ; le quali hanno bene
bisogno di matura examina, come vi ha decto el Re. Ma horamai
si sono tanto misurate et discusse, et il periculo è tanto vicino, che
se non si viene ad altro che ad examine et pratiche , piacci a
Dio che li remedi non sieno tardi : et N. S. dal canto suo ha facto
et farà tucto quello che li sarà possibile per uscire di disegni et di
parole ; et tiene per certo , per la bontà di quella Maestà , che lei
farà el medesimo Quan'o al ritorno de' Legati apostolici, Sua San-
tità non è per richiamarli, se non quando sarà concluso qualcosa di
bono, o veramente exclusi ; et già saria bene che li Principi resolves-
sino sanza aspectare l'uno l'altro (che uno bisogna che sia el primo,
et chi sarà il primo non harà poca parte di merito a presso a Dio
et di gloria a presso li nomini), et cominciassino ad exprimere quan-
te lance , cavalli l vis armaturae, fanti, artiglierie et navili possa-
no dare a questa expeditione; et così quanti danari possono contri-
buire, et in che modo sono pei* trarne de' paesi loro, oltre a quelli
che vogliono dare de le proprie entrate ; et per questo effecto des-
sino auctorità et commissione a' loro imbasciatori di fermare li ca-
pitoli. Et Roma , come patria comune , et dove è il capo et pasto-
6 I MANOSCRITTI TORRIGIANI
re de' Cristiani, saria loco conveniente ; et dove per l'ordinario sono
li oratori di tutti li Principi, et dove più presto si potria fare
conclusione che torse ne li altri lochi , che per diversi respecti non
si potranno torse così facilmente ratinare insieme ; et perchè senza
la sicurtà et quiete de le cose proprie, e Principi non si vorranno
o partire da casa o spogliare e regni de le forze loro , è necessario
qualche concordia universale; et la via de le tregue quinquennali è
parso la più presta, la pi i facile, et forse per questo tempo la più
secura ; et il Re Catholico merita gran commendatione , che è suto
el primo acceptarle , et Francia spero che le aceepterà. Et cosi N. S.
desiderrebbe che facessi quel serenissimo Re , non già perdi a Sua
Santità non piacci più la lega che la tregua , et più etiam la pace
che la lega , quando si potessi condurre et di poi si observassi : ma
ne la lega corre tempo , et il tempo in questa impresa è il nv<
re thesoro et la maggiore importanza che ci sia: perch > se noi lo
consumeremo in colligarci insieme , el Turco lo spenderà in armarsi
et in offenderci. Et quando pure la Maestà del Re et il reverendis-
simo Legato fussino d'altra opinione, et volessino attendere a la
lega universale (di che altre volte si è scripto) , tenghino per cosa
ferma che non riuscirà loro farla perpetua , perchè alcuni non si
contenteranno che le cose restino per sempre così come stanno dì
presente ; et se lo consentiranno, vedranno in brevissimo tempo da
qualcuno rompere ogni vinculo et non observare cosa che habbino
promessa. Et fra li altri , parlando liberamente . non crediate che
Cesare, che ha fatto la tregua con Venitiani per 5 anni , vogli las-
sare loro libero quello che possegghono. Et se dicessi : lasseremo
li Venitiani di fori , questo non è ad proposito , se vogliamo pensa-
re a la impresa del Turco et a la quiete de' Cristiani ; perdi loro
hanno tanti Stati in Italia et fori di Italia, di importanza, che po-
trieno fare più disordine exclusi che forse non si crede , et interrom-
pere molti disegni publici , e quali , quando saremo tucti uniti , hare-
mo difficulta ad poterli colorire. Non è anchora da credere che il
Re di Francia la vogli fare perpetua per respecto de le cose di Na-
varra ; et non mancherà causa a chi non la vorrà perpetua di inter-
romperla, o almeno differirla. Ma quando si facci per 5 anni, non sarà
poco tempo a la sancta expeditione, et ragionevolmente tucti ci do-
verrieno concorrere , et per questo tempo etiam la doverranno ob-
servare. Per le quali cose , la S. V. di novo facci opera col Re et
col reverendissimo Legato , et con queste ragioni et con quelle altre
vi occorreranno , di persuaderli che , se vogliono in effecto fare qual-
cosa , piglino questa via di o anni, che è più breve, più facile et più
secura ; et quando fra loro et Francia volessino farla a vita o per-
petua , N. S. la lauderia molto, et non impedirebbe il consenso de li
altri che solum ad quinqui'/nni'nì \o\essino consentirla. Restaci el ca-
DONATI AL R. ARCHIVIO DI FIRENZE 7
pitulo de' Svizeri, che non è di poco momento et bisogna assettarlo
prudentemente; et perchè altre volte ne ho scripto, non lo repliche-
rò altrimenti Et perchè, mentre che li medici disputano la cura de
lo infermo, qualche volta si spaccia; N. S. , per non mancare de lo
offitio suo, mi ha commesso che io vi significhi come il Re di Un-
gheria ha facto intendere a Sua -antità, con molti preghi et prote-
xti da fare risentire un morto, che se non e adiutato, li bisogna fare
tregua et accordo col Turco (1 : il che, quando seguissi, saria con
gran vergogna et preiuditio de'Cristia.d, et impedirebbe grandemen-
te la impresa ec. Et se per disgratia el Turco si insignorissi di
qualche terra et loco forte di quel paese , non potendo questo Re
difendersi , come si dubita , resteremo in cattivo loco: onde, per
insino che si facci la impresa offensiva o difensiva, è di somma ne-
cessita prestare qualche subventione a quel Re: el quale, per esse-
re un putto , et per havere quel regno in disordine per le cose pas-
sate , non può resistere con le forze sue , et non saria gran cosa
quella che p> r hora li basteria ad conservarsi ; ch^ xx o xxv mila
ducati che per uno questi Principi loadiutassino, si andrebbe mante-
nendo. Et però la S. V. reverendissima, per parte di N. S., ne ricerchi
et preghi quella vaestà s che vogli subito per la rata sua proveder-
lo : et quando li paressi di mandare in Ungheria uno homo suo che
vedessi spendere questi danari et che non si convertissino in altro
uso, lo potria mandare. Ma quel bene che si ha ad fare, bisogna che
sia presto; et se non xx mila, al manco manco fussino xvmila. Sua
Maestà ne ha spesi honoratamente tanti, che questa piccola cosa non
doverria mancare , essendo opera tanto pia et necessaria Parla-
tene con Sua Maestà et col reverendissimo Legato , col consiglio et
favore del quale vedete et questa et tucte le altre faccende di expe-
dire ad votum, et datecene qualche resposta quanto prima sia pos-
sibile, perchs è materia che importa. Et con li altri Legati si è
facto questo medesimo offitio , et se ne spera bona resolutione ».
4 settembre. - Reverendissimo Cardinali Egidio. Nomine
Vicecancellarii.
« A' dì 31 fu l'ultima mia a V. S. reverendissima, per la quale,
in fra le alti e cose , li significai el novo disegno di N. S. per la morte
de la Regina ec. Dipoi si è resoluto di mandare costì messer Antonio
Betriano secretarlo de lo Imbasciatore , perchè a bocca possi meglio
exprimere e concepti del Papa, et persuadere che compiaccino Sua
(-1) In margine : « Questo capitulo si è scripto al reverendissimo
Sancta Maria in Portico » ; cioè al Cardinale Bibbiena , eh' era Legato
presso il Re di Francia.
8 I MANOSCRITTI TORRIGIANI
Santità , come da lui V. S. a bocca intenderà , che ha commissione
participarli il tucto ; et quella li presti fede. Quello che ci occorre
di novo, è che basterebbe a Sua Santità che il Catholico dessi, con
qualche titulo honorato a la Excellentia del Duca, qualche Stato che
almeno ascendesse a una entrata di 5 mila ducati d'oro, che è picco-
la cosa a la grandeza del Re et sarebbe di singulare consolatione a
N. s. — Havendo scripto fin qui, questa s.jra ho ricevuto le lettere di
V. S. de' 21 , a le quali vorrei haver più tempo ad respondere. A
N. S. è piaciuto la cerimonia et opera havete factacolRe Catholico,
ma non li è già molto satisiàcto tante difficultà che loro fanno de le
provisioni de' danari per la sancta expeditione : et haria desiderato
che V. S. li havessi ricerchi, poi che fanno decte difficultà, che loro
havessino trovato un modo da far danari ; che pur bisogna che un
Principe, che vole concorrere a questa impresa, facci intendere quello
che può o vole fare, et in che modo la Republica Cristiana si può
valere de li regni et stati sui; che a Sua Santità non dà noia più
un verso che un altro , pure che si facci qualche conclusione bona ;
né pensa haversene ad imborsare un carlino. Ma quello che si è là-
cto, et che si ricorda, è per il bene universale. La s. V. potrà esor-
tarli et pregarli che vi trovino expediente , perchè la cosa così su-
spesa non sta bene.... ».
4 settembre. - Archiepiscopo Consentine Nomine Vice-
cancellarii.
« Noi scrivemo al reverendissimo Legato , a' di ultimo del pas-
sato , per un corriere che veniva da Napoli , per la morte de la
Regina ; et in genere li dicemo un pensiero di N. S. : riservandoci ,
non havendo tempo per il primo , ad più particulare adviso ; et
però a V. S. non scrivemo altrimenti. El pensiero è questo , che
havendo il Catholico et Monsignore di Cevers più volte facto inten-
dere a N. S. el bono animo loro , et parendo anche a Sua Santità
havere operato per l'uno et per l'altro , talmente che il disegno do-
vessi riuscire, et che anchora la qualità de' tempi et le cose che
vanno a torno fussino per adiutarlo , inteso la morte de la Regina
che ha lassato molti Stati qua nel Regno , e quali ad ogni modo
crede che il Re Catholico sia per distribuire ne' sui servitori , Sua
Santità desiderrebbe che quella Maestà ne facessi parte a la Excel-
lentia del Duca nostro , dandoli qualche Stato che almeno li rendes-
si ducati 5 mila d'oro, con un titolo honorato; che è piccola cosa
a la grandeza de lo animo et de la potentia di quel Re ; et tamen ,
per vedere questa amorevole demonstratioae, li sarebbe gratissimo,
DONATI AL R. ARCHIVIO DI FIRENZE 9
et quella Maestà si obligherebbe in perpetuo Sua Santità et tucta
la sua posterità , et potrebbe sperare ogni di , in mille occasioni che
vengono , di esserne largamente riconosciuto. Noi commettemo al
reverendissimo Legato che cominciassi ad farne opera come da sé ,
non dissimulando però che il Papa li havessi comunicato questo
pensiero. Hora N. S. ne ha parlato qui con lo imbasciatore , et si
manda costi a posta , per questo conto, messer Antonio Betriano suo
secretano, exliibitore de la presente , el quale non parrà che sia
spacciato di qua a questo line , et etiam a bocca potrà referire mol-
ti particulari che saria impossibile scrivere , et parlerà del tucto
con V. S. (che cosi ha commissione dal Papa), la quale li presterrà
fede. Noi la exhortiamo strectaraente che con lo ingegno et auctori-
tà sua (in che Sua Santità ha grandissima fede) vogli usare ogni
extrema dilig3ntia che la cosa habbi effecto. Et li fondamenti princi-
pali in che noi confidiamo sono questi. Prima , che il Re Catholico
con piccola cosa si obliga N. S. in un tempo che, per li accordi di
Inghilterra et per qualche altro respecto , Sua Altezza doverria de-
siderare et comperare una occasione di poter fare questa demon-
stratione. L'altro è in Monsignore di Cevers , che havendo ricevuto
tante gratie et benetitii da N. S. (se ha ghusto et animo nobile, come
noi tegnamo per certo) doverrà satisfare a Sua Santità ; et maxime
che de le cose ha lassato decta Regina resta panno da farsi una
vesta dovitiosa , et anchora a la giornata può sperare remunera-
tone ee, Adiungesi a questi dui fondamenti un' altra consideratione,
che se di costà fussi bene exa minata , farebbono questo dono a la
Excellentia del Duca motuproprio, et maggiore anchora che non di-
ciamo ; et questo è che , tractandosi hora del fare il novo Re de' Ro-
mani , possono molto bene iudicare quanto importi bavere el Papa
favorabile ; che veramente Sua Santità ha facto et farà di novo l'of-
fitio per il Re Catholico come per figliuolo proprio. Sa molto bene
che de le bone opere sue circa a questa materia ne è pervenuto notitia a
quella Maestà. Et perchè li instrumenti in tucte le cose fanno assai, et
si guadagnano, come sapete che aoggi si constuma; si è dato commis-
sione al prefato messer Antonio secretano che prometta, et maxime a
Monsignore di Cevers, o ad altri se bisognassi, fino alla somma di 8 o di
x mila ducati , in caso che il disegno sortisca lo effecto suo : benché,
come è decto , loro lo dovessino fare sanza questo sprone. Et per-
decto messer Antonio non sappiamo come sarà costi prestato
fede circa a questa promessa de'danari , vi commetiiamo in nome
di N. S. che, parendovi che sia di bisogno, V. S. in decto caso li
prometta lei a quelle persone , in quel modo che li parrà che sia
opportuno, che di tucto vi si farà honore... ».
I" 1 MANOSCRITTI TORRIGIANI
4 settembre. - Archiepiscopo Consentino. Nomine Vicecan-
cellarii.
« ... N. S ha inteso Io adviso di Siena, et la S. V. per sé me-
desima può comprendere con che animo Sua Santità può ascoltare
di rimettere un fratello del Cardinale Petruccio, morto, in quello
Stato, havendo decto Cardinale perpetrato quello che è noto a tucto
el mondo, et mediante iustitia facto il fine che quella sa. Vonsi-
gnore mio, questo è un tasto che per verso alcuno non si può toc-
care a Sua Beatitudine, la quale opererà bene di bona voglia che la
citt\ di Siena dia al Re Catholico quelli honori et quelli utili et com-
raodi che la dava a la clara memoria del Re suo anticessore ; et
Sua Altezza non ha da farne alcuna difficulià, perchè lo Stato non si
è tolto a la casa de' Petrucci , ma più presto restituito a q iella
banda de la casa che prima era solita haverlo , et a chi per il
bene publico et privato di Siena et per molle altre ragioni si con-
veniva. Né manco il Re Catholico si potrà fidare del reverendissimo
Cardinale che al presente è in Siena et creatura di N. S., che di Bor-
ghese suo inimico capitale. Exhortate et pregate dove fa di bisogno,
che voglino bavere respecto a N. S. , che ne ha hauto et harà sem-
pre a tucte le cose loro. Et quando paia a V. S. di toccarne un
motto a Monsignore di Cevers , che a Sua Santità dispiace la parti-
ta sua da canto del Re Catholico , per quello si è decto da qualcu-
no, lei lo può fare a bocca, per parte di Sua Beatitudine; in quel
tempo et in quel modo che li tornerà ad proposito ».
4 settembre. - Reverendissimo Sanctae Mariae in Porticu.
Nomine Vicecancellarii.
« N. S. desidera che V. S. reverendissima facci opera col Mae-
stro di capella del Cristianissimo di bavere tre putti cantori, de la
età et voce che la vedrà per un memoriale che sarà in questa, che
mi ha dato Carpentrasse Et quando bisognasse parlarne a Sua Mae-
stà , fate l'offitio come et quando meglio vi parerà , pure in nome
di Sna Beatitudine .. ».
11 settembre. - Reverendissimo Sanctae Mariae in Porti-
ci!. Nomine Vicecancellarii.
« A' di 6, a nocte, comparsono le di V. S. reverendissima de' 29-
— In queste vostre lettere sono dui capi principali, che molto sono
piaciuti a N. S. : l'uno è la ratifìcatione de la tregua ; l'altro è la
[•esposta che ha facta il Cristianissimo a Sua Santità, per lettere di
DONATI AL R. ARCHIVIO DI FIRENZE 1 I
mano propria, et a V. S. per il Secretano ec. Et se bene tucte le
vostre lettere in qualunque tempo et 'li qualunque materia son grate
a Sua Beatitudine, queste veramente li son sute grati ss i me ; prima
per benetìtio comune de la Republica Cristiana quanto a la concordia
universale, di poi per la conservatione de la dignità et auctorit de
la Sede apostolica. Et benché la ratiflcatione de le tregue non sia
ancor comparsa, la S. V., in quel modo che li parrà, o a bocca o p v
imbasciata o per lettere, in nome di N. S. , ne ringratierà el Cri-
stianissimo; et così farà l'ollitio con Madama, tirando avanti tucte
le altre provisioni et ordini che la S. V. può pensare che faccino a
questo proposito ; ad ciò che da tucto el mondo si intenda , che non
per ii Papa né per il Cristianissimo di lare così sancta et
necessaria impresa. Circa a la cosa che quella Maestà scrive a
Beatitudine , con questa sarà un Breve responsivo, come vedrete per
la copia et a pie 2 versi di mano propria del Papa. La S. V. darà
ricapito al Breve , monstrando maxime che N. S. accepta et tiene per
cosa certa le offerte et promesse del Re, et in su le quali ha posato 1"
animo; et confida potere in ogni evento, con la gratia di Dio con-
servare la dignità et auctorità de la Sede apostolica; et ne ha quel-
la obligatione che merita una tanta promessa ec. , con firmando la
Maestà del Re et la Excellentia di Madama nel loro bon proposito.
Li advisi d'Alamagna de' '24 del passato monstrano essere gran dif-
lèrentia fra li Electori circa al precedere, et maxime fra il Magunti-
no et il Duca di Saxonia, di chi habbi di loro dui ad ricórre li voti;
et per questo conto erano stati parecchi dì sanza fare faccende. Pare
che la electione del novo Re d ■' Romani non sia così calda per il
Catholico come era a li dì passati : pure in Spagna vi hanno gran-
dissima speranza. Tamen la pratica segue, et la ragione non vorria
che li Electori si voltassin i a un Principe sì grande. Pure questi
nostri discorsi, facti ragionevolmente, alcuna volta falliscono: et quan-
to al privarsi Cesare, in vita sua, di questo honore , crediate vi
troverebbono verso, quando gli Klectori lussino disposti ài Catholico;
el quale confida forse per la grandezza sua , non obstante li obli-
gai et iuramenti che ha con la Sede apostolica di obtenere la con-
lirmatione dal Papa del Regno di Napoli. Et questo è il punto per
il quale vi si scripse, el dove, ogni volta che occorressi ragionarne
et che voi intendessi qualche adviso a la exaltatione del Catholico,
potrete come è decto confirmare el Re Cristianissimo n< la amore-
vole et prudente sua deliberatione. — N. S., a li giorni passali, in-
teso la morte de la quondam Regina di Napoli et come lassava
molli Siati belli et boni, pensando che il Re Catholico lussi per di-
stribuirli Tra li sui servitori, fece disegno di trarre qualcosa per
Hippolito, parendoli, per le cose che vanno a torno, che il Catho-
lico dovessi bora baver caro di gratificare a Sua Santità; et ne
12 I MANOSCRITTI TORRIGIANI
parlò qui con lo Imbasciatore, non nominando la Excellentia del
Duca a cosa alcuna , per réspecto di Francia ec. 11 Duca inteso que-
sto, mi pare che habbi dubitato più che non bisogni che il Cristia-
nissimo non l' babbi per male, et vi habbi scripto che lo iustifichia-
i e con Sua Maestà. Hora, non havendo N. S. nominato el Duca et
disegnato piccola cosa per Hippolito , che sapete in che grado si
trova, non vorrebbe che V. S. senza b sogno ne parlassi al Cristia-
nissimo , ad ciò che non se li mettesse ombra dove ordinariamente
non debbe essere. Pure, quando V. S. ne sentissi ragionare, o in-
tendessi che loro havessino notitia di questo disegno , potrete dire a
punto come la cosa è passata. Io mi scordai dirvi , per le ultime
mie de* 4 , come la mattina di kalen di questo , si fondò la prima
preta qui de la chiesa di Sancto Aloysi , che si è dato principio ad
tare una cosa bella ; et io mi vi trovai con lo Imbasciatore del Re a
questa cerimonia che fu solenne. Harò caro che ne gittiate qualche
parola al Cristianissimo et a Madama, perchè venghi lor voglia, ol-
tre a quello che hanno dato , donare qualche altra cosa a questa
fabrica. El signore Francesco Cibo haria caro che il signore Lorenzo
suo figlio non tornassi anchora di qua, come pare che desideri. Io li
scrivo dui versi per parte di N. S. , et la lettera sarà con questa.
V. S. anchora potrà a bocca persuaderlo ad fermarsi un poco, ricor-
dandoli che habbi cura ad conservare la sanità : et a V. S. so che
è superfluo rachomandarlo , ec. ».
11 settembre. - Staphileo (1). Nomine Vicecancellarii.
17 settembre. - Reverendissimo Sanctae Mariae in Por-
tici!. Nomine Cardinalis de Medicis.
« ... Quanto a la impresa del Turco, quelli Electori si sono
poi tati molto male; et dubito che non eschino de la Dieta senza lare
cosa alcuna di bono. Pure , per non torre lo animo a li altri , non
è da parlarne. Vedrete per le altre copie come Cesare accepterà le
quinquennali. La ratificatione del Cristianissimo non è an-
chora comparsa N. S. la attende con desiderio ; et se non fussi
expedita, ricercatelo senza monstrare diffidentia. Sollecitate la sub-
vi-ntinne di Ungheria ec. ».
{\) Giovanni Stafileo , auditore di Ruota, vescovo di Sebenico e Nun-
zio presso il Re di Francia,
DONATI AL R. ARCHIVIO DI FIRENZE 13
18 settembre. - Reverendissimo Egidio. Nomine Vicecan-
cellarii.
« ... Io scripsi a V. S. a' dì xn per la causa di messer Ga-
leazo Butrigaro ; et di novo, per lo amore che io li porto, li replico
el medesimo , pregandola che si sforzi quamprimutn ha vere il placet
dal Re Catholico per la chiesa di Brondusio , la quale N. S. ha di-
segnato per decto messer Galeazo. Ad ogni modo quella Maestà , se-
condo ci havete scripto, gliene ha concesso. Ma Sua Santità vorreb-
be el placet expresso per questa chiesa. Et quando Sua Altezza non
volessi derogare a li altri et preferire decto messer Galeazo, vedete
di ottenere almeno che se ne contenti; et expedite el consenso più
presto et in miglior forma che si può, et mandatelo per il primo,
perchè il Papa lo preferirà ad ogni altro . tanto desidera riconosce-
re la servitù sua di tanti anni: et anchora il Re Catholico, beven-
doli facto la gratia, non credo habbi ad mancare de la solita sua
benignità. N. S. usci fori un poco a sollazo hoggi fa otto dì, et così
se ne andrà qua a lo intorno, secondo el consueto. Et se io sarò un
poco più tardo et più breve a lo scrivere, V. S. mi harà per excu-
sato ... ».
22 settembre. - Reverendissimo Campeggio. Nomine Car-
dinalis de Medicis. Ex Civita Castellana.
« ... N. S. ha tanto desiderio di compiacere a quel serenissimo
Re et al reverendissimo Eboracense , per il paterno amore che por-
ta loro , per la observantia et devotione che conosce in essi verso
questa Sancta Sede , et maxime per la certa relatione che ne fa V. S.
reverendissima de le lor singulari et optime qualità, che Sua San-
tità ha dispiacere ogni volta che le sue deliberationi non satisfanno
a quella Maestà et a Sua Signoria reverendissima ; come è advenuto
nel mandato per la lega quinquennale, del quale V. S. scrive che il
reverendissimo Legato si è tenuto malcontento, per essere limitato ec.
Di che Sua Santità ha preso admiratione et molestia, perchè li pa-
reva che fussi, quanto al tempo, assai lunga, et più facile al condurla
et più secura al conservarla per decto tempo, per le ragioni che altre
volte si sono allegate. Et anchora N. S. è ne la medesima sententia,
die alcuni de' Principi nominati, con grande fatica si indurranno ad
consentirla perpetua; et forse, se bene bora la consentissino per
qualche loro particulare el presente commodità, che la non sia per
durare molto. Et piacessi a Dìo che tale lega lussi ferma et si ob-
servassi come il reverendissimo Eboracense disegna ; che Sua Beati-
tudine non potrebbe in questo mondo bavere la miglior nova. Et
1 I I MANOSCRITTI TORRIGIANI
perchè da lei non manchi di dare bono exempio a li altri , et per
declarare a quel serenissimo Re et al Legato el bono animo suo ,
et perchè in facto Sua Beatitudine et col core et con li effecti è in
bona pace con tucti li Principi, et vorrebbe che la durassi non solo
al tempo del suo pontificato, ma de li sui successori . ha facto expe-
dire un novo mandato , per il quale dà auctorità a voi dui reve-
rendissimi Legati di farla perpetua. Ma la S. V. adverta et noti
bene, che quanto a li 5 anni, Sua Santità è contenta essere obligata
a la defensione et così a la offensione contro a quelli che violassino
la lega; ma da 5 anni in là non vule bavere altro obligo che di
perpetua pace , et di esser tenuto solamente ad procurare come
patre universale, et exhortare et pregare li altri Principi , che fra
loro venissino in discordia, ad unirsi et pacificarsi insieme. Perchè ,
potendo fàcilmente advenire che fra loro si rompessino et ad cia-
schuno paressi bavere ragione, come interviene che ne le cause pro-
prie ogni homo si inganna , et ricercassino Sua Santità a la offen-
sione ec. ; quella non vole mettere la Sede apostolica in perpetuo
travaglio di havere poi o con censure o con arme ad mettersi in
guerra et offendere qualcuno di loro . col negare o col concedere el
favore et lo aditi to suo Perchè, se si riguarda bene le cose passate
de' tempi nostri, che sono bona misura di quelle che hanno ad ve-
nire , vedremo che non è breve termine una concordia di 5 anni ,
né quanto a la sancta expeditione . né quanto a lo stare in pace ;
perchè la fortuna ogni giorno et naturalmente e governi de li Stati
producono varie cose che interrompono e pensieri di chi volessi stare
quieto , etiam ne le persone mature et prudenti. Et questo si dice
per le obligationi che havessino ad essere ne li capitoli perpetui, di
offendere quelli che manchassino ec. Ma per 5 anni N. S. è contento
obligarsi, come è d.cto, et ad offension m et def'ensionem contro chi
perturbassi tanto bene, per benefitio ile la Republica Cristiana;
havendo maxime indicto le tregue quinquennali: el perchè pare ve-
risimile, se li Principi non vorranno in tucto essere maligni, che
habbiuo ad observare le conventioni iàcte per questo tempo. Et però,
quantum ad qvìnquennium, adoperate il mandato come vi pare che
passi con dignità et securtà de la Sede apostolica et di Sua Santità;
che penso e capitoli saranno et honorevoli et bene examinati . pas-
sando per le mani del reverendissimo Legato el vostre. Et se pure
paressi a qualcuno che mancassi qualcosa in decto mandato, pro-
mettete di rato per il decto tempo de' 5 anni , che Sua Beatitudine
i albicherà tucto quello che harete promesso. Et quanto ad tarla p r-
petua, assettate el capitolo et le parole chiare et necte, in modo
che Sua Santità non sia tenuta nò obligata ad altro che a la pace.
coni di sopra si dice. Et notate bene questo punto, che per cosa
del mondo non si acconci altrimenti. Questa è la substantia de la
DONATI AL R. ARCHIVIO DI FIRENZE 15
commissione che ini ha dato N. S. che io vi scriva per sua parte.
La S. V., inteso ora lo animo suo et. le cause et, a che fine si move.
saprà meglio el exprimerlo e\ iustificarto et farne capace el reve-
rendissimo Legato el chi altri occorressi, el venendo al capitularsi,
distenderlo, che non saprei lodargliene alcuna instructii Et ster-
zatevi , declarando a Eboracense la sancta mente di N. S. et la fede
che ha in Sua Signoria, di lassarlo, in ogni evento di questa pratica,
ben contento et satisfacto di Sua Beatitudine: non uscendo però de
la commissione sopradecta , di non la obligare dopo li 5 anni se non
a la pace. Et subiungete che per bavere io la cyfra con V. S. non
scrivo altrimenti a Sua Signoria reverendissima ; sapendo che saria
superfluo, et che tucto li participerete , havendo ad passare ogni
cosa per le sue mani.... ».
23 settembre. - Reverendissimo Campeggio. Nomine Vi-
cecancellarii. Dat. Roncilionì.
« Io ho examinato la offerta di tinello amico, de' 100 mila ducati,
el' mi pare che sia troppo lungo tempo et troppo grande interesse ;
et altra volta me ne è suto parlato. E li è vero che la Camera
apostolica, al tempo de le guerre o di qualche altro bisogno, piglia
danari ad interesse, che li costano più, ma sono per breve tempo;
et per bora, per la gratia di Dio , non ci è tal bisogno. Io ringratio
V. S. reverendissima di havermi facto intendere questa cosa, et lei
può dire a lo amico che cerchi tare il facto suo con altri. — Sua San-
tità si maraviglia di tanta frecta che monstra Eboracense in volere
questo novo mandato, perchè sa che li altri non saranno così presti,
secondo li advisi die habbiamo di Spagna de' 6 del presente ; che ri-
cercando l'oratore di Inghilterra che el Catholico mandassi el man-
dato per questa lega, quella Maestà respose che volea prima vedere
et examinare li capitoli , in modo che non crediamo che , quanto a
Spagna, le cose sieno così presto in ordine come disegna Eboracense.
Lo Imperatore anchora, a chi si è parlato di questa lega quinquen-
nale, ha resposto che vole si tracti a Roma, et che ne scriverra al
signor Alberto ; et per il primo spaccio manderà la ratificatione de
le tregue. El Cristianissimo ancora ha decto al reverendissimo Le-
gato, che tale lega è honorevole più che necessaria, essendoci le
tregue indicte da N. S.. le quali dipoi Sua Maestà scrive havere ra-
tificate , et che manderà la ratiflcatione a Sua Santità. Et per re-
specto de lecose di Navarra, pare trano che Francia vogli farequesta
lega perpetua . lassando possedere ad ognuno come possiede di pre-
sente: pure potria e . por riavere Tornai, consentissi per
hora ad ogni cosa , et observassi poi quanto Dio volessi. Per il che
N. S. non vole, da 5 anni in là, havere ad entrare fra questi dui Re,
16 I MANOSCRITTI TORRIGIAM
né bavere altro obligo che di pace. — N. S. intende che Cesare lia
fermo quattro Electori al voto suo per tare il Cattolico re de' Romani
et al figliuolo del Marchese di Krandiburg danno per donna madonna
Catherina sorella di decto Re con 300 mila fiorini di dote ; et a li
altri, danari assai et chiese et investiture et previlegii. Tenete n 1
petto vostro; et vedete come il Re et Ebóracease la intende, et che
uotitia ne banno , et advisate.... »
23 settembre. - Episcopo Polensi. Nomine Vicecancellarii.
Dat. Viterbii.
« A li giorni passati vi mandamo el breve per conto de la
beresia de la Valle di Bressa; et di poi , esaminando N. S. la ma-
teria essere importantissima, et che per l'ordinario li frati Predi-
catori di Sancto Domenico banno spetiale cura di simili inquisitioni ;
et non volendo lare vergogna a quello Ordine pieno di tanti homini
docti , nò etiam che il Protectore o altri si potessi dolere ; ci ha
commesso vi scriviamo per parte sua che . oltre a le diligentie che
Sua Samità sa che V. S. userà in questa causa , usi ancora questa ,
di non excludere in alcun modo decti Frati Predicatori da qualunque
acto , examina o processo che lei tacessi in decta causa. Et quando
bene paressi a V. S. di deputare altri , secondo le occurrentie , ad
conoscere quello si è facto o si iàrà per lo ad veni re , cbe la non
manchi di admeterli , et deputarvi etiam li decti Frati ; et cbe in
somma , in qualunque cosa làcci , non restino esclusi da decto of-
tìtio , facce ndo loro careze et bonore ec. ».
25 settembre. - Sanctae Mariae in Porticu. Nomine Vi-
cecancellarii.
« Avanti bieri scripse a V. S. reverendissima messer Bartolo-
meo ( 1) ; et per questa sarò brevissimo, per respecto d'un corriere cbe,
in questo punto, passa di qua et non può aspectare. N. S. ha lettere
d' Ungheria , da Frate Nicolò , de' 3 da Buda , et de' xui da Vienna :
et fra le altre cose, cbe non bo tempo ad scrivere, dice d'un con-
vento armato cbe ha facto la Nobiltà, et come sono in sospecto
grandissimo cbe il Turco non vengbi in persona a quella volta. Et
monstra che se quel Re sarà adiutato da li altri Principi , facilmente
potrà nutrire la guerra in quelli paesi, et assicurare Italia et molti altri
lochi, tanto cbe si possi fare le provisioni per la sancta expeditione.
Et se il Turco si volta a quella impresa , come noi dubitiamo , et
(I) Bartolommeo Bibbiena , di cui sono quattro lettere a Latino lu-
venale Nunzio a Venezia, nel primo volume «ielle Lettere di Principi.
DONATI AL R. ARCHIVIO DI FIRENZE 17
a quella provincia non sia prestato adulto , è periculo grandissimo
che non vadino in ruina o non si accordino. La qual cosa quanto
importi, V. S. la intende benissimo per la prudentia sua ; et hora
con piccola cosa si può dare loro subsidio ; che se si lassa seguire
qualche inconveniente, non basteranno le grandi. La S. V. ricordi ,
solliciti et rachomandi che el Cristianissimo facci qualche provisione ,
et presto. N. S. sta di bona voglia, et staremo anchora qui 4 o 5
giorni , et di poi a la gita ordinaria ec. ».
30 settembre. - Fratri Nicolao Scomberg. Nomine Vice-
cancellarii.
« .... Con questa vi mandiamo 25 brevi expediti al Re di Un-
gheria, di Polonia, et a loro insieme con li Conventi et molti altri
che sono senza soprascripta , come vedrete per la notula et per li
contrasegni , secondo la memoria che havete mandata , et tucti cre-
dentiali in voi. Servitevene al bisogno, secondo le occasioni. Quelle
due bolle che voi ricordavi si facessino al Musco , 1' una di riceverlo
ad gremium Ecclesiae, l'altra di farlo Re, non è parso a N. S., al
presente , di mandarle , per esser cose di troppa importanza ad
darle sponte et senza precedente merito. Ma harete un altro breve
diritto a voi, che parla di lui, comunicabile, col quale voi li po-
trete promettere che , portandosi bene , sarà ricevuto secondo che
in decto breve si contiene , et honorato ec. Et si è facto piombato
perchè sia di più auctorità. Tamen , benché lo leggiate et mon-
striate , ritenetelo sempre a presso di voi et servitevene al bisogno ;
che in facto , se lui farà di quelle opere che voi scrivete , N. S. lo
esalterà et remunererà largamente. Et con questa anchora vi man-
diamo la bolla del Concilio di Eugenio, celebrato in Firenze, che vi
facci lume a quelle parti che riguardano li articuli et termini quanto
a la Fede. Ma le declarationi de li errori, che voi ricercate, non vi
possiamo mandare, perchè si decte quella notula che voi mandasti
al reverendissimo Cardinale di Sancto Xisto , che la vedesse ; et
Sua Signoria reverendissima la portò seco ; che fu a punto in sul
partire suo di qua , et promisse examinarli , acconciarli et riman-
darli. Crediamo harete parlato insieme , et da Sua Signoria reve-
rendissima hauto informatione come sia da governarsene. Non si
sono potute mandare prima , perciò , trovandoci noi fori, et biso-
gnando mandare a Roma per scripture et fare altre expeditioni ,
era impossibile che lussino in ordine per Sancto Michele ; ma sa-
ranno innanzi Ognisancti a Buda , come ci advisate. Li altri ricordi
che havete dato circa a li imbasciatori della Nobiltà di Ungheria et
del Bano , et di molti altri particulari , N. S. li harà in memoria
et ne seguirà l'ordine vostro. A N. S. è piaciuto la bona relatione
Arch., 3.» Serie, Tom. XXJY. 2
18 1 MANOSCRITTI TORRIGIANI
che haveté fàcta del Bano , et il bono eoncepto che late di Sua San-
tità; la quale, quando si fussi portata in quel modo che Sua Santità
desiderava per benefìtio et pace di quella provincia , et maxime in
questi tempi tanto periculosi , Sua Beatitudine li barebbe facto tal
demonstratione di amore, che la sarebbe hoggi in altro grado che
la non è ; perchè sapete quanto la pace universale et la sancta
expeditione li sieno fixe nel core , et quanta benignità sia per de-
monstrare a tutti quelli signori che adiuteranno questo suo sancto
desiderio Nondimeno , quando anchora el prelato Bano prepongha
il bene publico a qualche suo particulare interesse , et si governi
come N. S. comincia ad credere per li advisi vostri; speriamo che
Sua Signoria si babbi ad tenere ben contenta et satisfacta del Papa.
Ècci parso dirvene un motto, perchè sappiate questa bona mente di
Sua Beatitudine, et possiate referirla in quel modo che vi parrà ; et noi
volentieri et con diligentia semo per favorire et adiutare ogni suo
disegno ; et ci offerite a Sua Santità. Quanto al vescovado che voi de-
siderate, et non desiderate in persona vostra, et non vi è parso
acceptarlo di presente , N. S. vi commenda di questo respecto , et
vole farvi la gratia. Qua non si è tàcto alcuna expeditione. né si farà
tinche da voi non vengha ad viso particulare di quello che volete si
tacci; ma scrivete chiaramente il vostro desiderio, ad ciò che si
possi mettere in opera. Et perchè con voi non accade usare ceri-
monie, taceremo molte ccmmendationi che vi ha date Sua Santità.
Seguite pure ne la solita fe:le et diligentia di servire la Sede Apo-
stolica et il Papa , et le altre cose utili et honorevoli vi verranno
dreto. La expeditione di messer Georgio Puschi, vostro consultino .
si è facta, come doverrete essere advisato. Con questa saranno dui
Brevi diritti a voi, per conto del Musco. Servitevi di quello che più
vi pare sia ad proposito, perche se ne mandò uno ad piombare a
Roma; et Sancti Quattro ne ha facto un altro, ec. ».
3 ottobre. - Cardinali Sancti Xisti. Nomine Vicecancel-
larii. Ex Monte Flascone.
« Quanto N. S. hebbe piacere de le lettere di V. S. reverendis-
sima de 1' ultimo del passato et del primo et de' 2 del presente, per
riconoscere in quelle una certa effigie de la prudentia et fede vostra
per li amorevoli et savi discorsi et advisi che in epse si conteneauo.
tanto li è suto molesto intendere la poca cura et affectione che ha
demonstro la Dieta a lo honore et securtà de la Republica Cristiana.
non havendo facto né si vedendo anche segni di bavere ad fare al-
cuna bona resolutione per la sancta expeditione , come veramente
era non solo el desiderio et la speranza di Sua Santità, ma il debito
et 1' ofìàtio di tanti Principi congregati insieme. La qual cosa nocerà
DONATI AL R. ARCHIVIO DI FIRENZE 19
imprima a la impresa, mancandovi quelli membri et quelle provi-
sioni principali, da' quali si potea trarre reputatione et forze; dipoi
per lo exemplo de li altri Principi, che inteso in un Convento tanto
celebre si proceda sì freddamente et con sì poca concordia, o non
crederranno il periculo finché sarà quasi inremediabile , visto a chi
e più presso el loco et a ehi più tocca per diversi interessi, che non
lo stima , non pio vede et non se ne risente , et come a' Cristiani
questi portamenti ragionevolmente terranno lo animo et la voluntà
di prepararsi a decta expeditione , così al Turco cresceranno ardire
et apetito di dominare et di assaltare quelli che intenderà essere
discordi et improvisti; et in somma, ne resulterà tanti mali, come
V. S. reverendissima può discorrere per la prudentia sua, che saria
superfluo ad scriverli. Et piacci a Dio non habbiamo ad iudicare et
provare che questo nasca da li peccati nostri. Ma per non mancare
insiuo a lo ultimo punto di quello che si può, et che è posto in mano
di N. S. , Sua Santità desidera che non abandoniate questa impresa ,
né anchora V. S. parta da la Corte di Cesare finché la cura non sia
in tucto desperata; exhortando, instando et increpando come meglio
li occorrerà , per trarre se si può qualche fructo de le fatiche vo-
stre , secondo che altre volte vi si è scripto, perchè potremo repli-
care molte cose et in fine diremo quel medesimo. A N. S. è ben pia-
ciuto che la Maestà Cesarea babbi resoluto di acceptare le tregue, et
ta la ratilìcatione che quella ha promessa di mandare, et ne
ha maggiore desiderio, essendo venuto già le ratificationi del Catholico
et del Cristianissimo ; et essendo Cesare el primo di questi altri
Principi per dignità et auctorità , non vorria Sua Beatitudine che
lussi l'uitimo in una opera tanto accepta a Dio et tanto honorevole
et grata apresso de li homini. Et però la S. V. , con la sua dexterità
ricorderà la expeditione in quel modo che li parrà più ad proposito.
Io credo che a lo arrivare di questa sarà comparso costì el nostro
Frate Nicholò , et vi bara di bocca referito le cose di Ungheria ; le
quali, secondo ci ha scripto, sono in gran timore de la venuta del
Turco in persona , con grande exercito a' danni loro ; et monstra
habbino bisogno di subito remedio , el quale da nessun loco può an-
dare più presto et più commodo che da la Maestà Cesarea : la quale
V. S. pregherra per parte di N. S. che non vogli guardare a le cose
passate di Ungheria , ma per la bontà sua soccorrerla et adiutarla ;
et non solo farlo lei , ma procurare che la Dieta et li altri Signori
di Alamagna lo faccino ; et così operare che il Ite Catholico concorra
a questa subventione , perchè N. S. ne lo ha facto ricercare dal re-
ver 'udissimo Legato, et Sua Altezza ha resposto, che si maraviglia
non ha vere nove dal suo oratore che è appresso di Cesare di questo
bisogno di Ungheria; et che quando lo intenda, et li altri Principi
concorralo , die anchora lei non è per mancare di adunarlo ec. Et
20 I MANOSCRITTI TORRIGIANI
però la Maestà Cesarea potrà farne scrivere in Spagna , et favorire
che di là anchor venghi qualche subsiclio.... ».
3 ottobre. -Cardinali Sancti Xisti. Nomine Vicecancellarii.
« N. S. ha inteso , per le preallegate vostre, la electione del
Catholico in Regem Romanorum , et quanti et quali Electori sono
concorsi, et il modo si è tenuto con loro per guadagnarli, ec. Sua
Santità commenda la diligentia vostra usata in intractenere quelli
amici et in ritrarre et scrivere li advisi ; et li è piaciuto li offitii
havete facti con Cesare et con lo imbasciatore di Spagna, di demon-
strarvi ben contenti di tale electione, et di havere etiam facto opera
che la sortischi lo effecto desiderato da loro. Pare a Sua Santità che
questo medesimo si debbi fare per lo advenire con li prefati Cesare
et imbasciatore , più largamente quanto più intenderete decta ele-
ctione essere ferma et chiara ; usando quelle parole et termini , in
nome di N. S. , che a la prudentia vostra occorreranno. Et perchè
V. S. intenda el tucto, et possi meglio riscontrare li andamenti loro
et farne honore et grado a N. S. , vi adviso come lo oratore del Re
Catholico si è congratulato col Papa per parte del suo Re di questa
assumptione, et li ha renduto infinite gratie del favore prestato ec.
Dipoi ha ricerco da Sua Santità la absolutione de l'iuramento se ha vessi
mancato a quelli oblighi che hanno con la Sede Apostolica, et la con-
firmatione de la investitura del Regno di Napoli. N. S. ha resposto
a lo imbasciatore amorevolmente , dicendo essere lieto di questa
exaltatione del Catholico , et volentieri haverli prestato favore spe-
rando che Sua Altezza habbi ad essere bon tagliuolo di Sancta Chiesa
et propagatore de lo Imperio Cristiano, et benefactore et protectore
de la casa sua. Quanto a la confìrmatione de la investitura del Regno,
la cosa essere gravissima et extraordinaria et da pensarla bene ,
per la observatione continuata già centinara di anni in contrario che
nessuno Re di Napoli possi essere electo Imperatore. Nondimeno ,
per li respecti sopradecti, et per amore di Cesare, Sua Santità pen-
serà per dimonstrare el suo bono animo in quel modo et con quelle
circumstantie et conditioni che saranno honeste et convenienti , non
dando né togliendo loro la speranza. N. S. ha voluto che V. S. re-
verendissima habbi questo adviso, ad ciò, in nome suo , lo participi
a la Maestà Cesarea , al reverendissimo Gurgense et a lo imbascia-
tore del Catholico ; discorrendo poi come da voi quanto sia da sti-
mare questa gratia, quanto la importi, et quanto sarebbono obligati
ad portarsi bene et ad renderne merito prima a la Sede Apostolica
et al Papa, di poi a la Casa de' Medici , se ricevessino un b.nefitio
di questa sorte. Observate bene el volto e' gesti et le parole loro, et
DONATI AL R. ARCHIVIO DI FIRENZE 21
advisate di tucto quello che intenderete et ritrarrete circa a questa
materia ec. ».
3 ottobre. - Caracciolo. Nomine Cardinalis.
[ Registro di lettere scritte in nome del Cardinale
Giulio de' Medici, dal dì 5 di Ottobre al 21 dicembre 1518.]
Un quaderno , di carte 50 ; autografo.
Sulla prima carta , che del resto è bianca, come le due ultime
si legge: Registro incominciato a dì 5 di Oc'obre 1518, et finito a
dì 21 di dicembre 1518. Segue la materia del precedente.
5 ottobre. - Reverendissimo Sancte Marie in Porticu.
Nomine Vicecancellarii. Ex Monte Flascone (1).
6 ottobre. - Reverendissimo Campeggio. Nomine Car-
dinalis de Medicis.
«.... A N. S. hanno dato grande dispiacere quelle parole che vi
ha usato Eboracense , di non volere ratificare le tregue quinquennali.
quod nolebant tantum tribuere Pape quod indiceret treguas etc. Et
se tali parole non erano convenienti che le usassi alcuno cristiano ,
molto manco dovea né usarle né pensarle un Cardinale , et maxime
Eboracense, di Sua Santità, da la quale ha ricevuto tanti honori et
tante utilità : et di qui si può comprendere quello che la Sancta Se-
de et il Papa possi confidare o sperare di lui. Et non sono cose
insolite, come dice, che molti altri Papi hanno indicto le tregue ;
et la bolla di N. S. già non dice altrimenti che, seguitando le ve-
stigie de' sui anticessori ec. ; et la cosa si è facta, come sa V. S. re-
verendissima, con matura examina et participatione del Collegio ,
de'Principi, de li oratori, et di tucto el mondo ; et il Catholico le ha
ratificate : et se V. S. non havessi monstro la ratificatione , mon-
stratela et publicatela. Cesare et il Re di Francia etiam le hanno
ratificate ; et mandato qui a N. S. le expeditioni : et certo questi
tre Principi non sono sì deboli né di grado n^ di potentia né di
qualità , che habbino facto cose non convenienti ; ma come boni
figliuoli di Sancta Chiesa et desiderosi de la salute de la Republica
Christiana , hanno preposto el ben publico a qualche loro privato
interesso. Et havendo el serenissimo Re di Inghilterra facto tante
(1) Questa lettera si legge fra quelle di Principi ec, Libro primo ,
a carte 56 t.-58.
22 I MANOSCRITTI TORRKHANl
opere gloriose per la Sede Apostolica et per la exaltatione de la Fede
Christiana , N. S. non può credere che non habbi ad fare anche que-
sta ; et se non è stato el primo, come Sua Santità a^pectava , ha-
vendo hora lo exemplo innanzi, di tanti altri . spera non vorrà man-
care di questo offitio in ratificare decte tregue , le quali non irape
discono però altra lega universale : né per il meglio è da lassare
di fare el bene ; anchora che Cesare , per le lettere de' 22 del pas-
sato, habbi decto al reverendissimo Legato Sancto Xisto, che Inghil-
terra non li ha facto intendere né parentado nA lega, et commenda-
va più si tractassi a Roma. Et voi ci scrivete che Eboracense tie-
ne le cose per facte, et Gigli ci diceva che li mandati del Papa a
pena sarieno a tempo. N. S. ha resposto in Alamagna, exhortand<>
decta lega universale ; et che non li dà noia che si concluda più a
Roma che altrove ; et che a Sua Santità basta che si facci el bene.
Hora se Cesare dice non sapere anchora nulla de la lega , né sap-
piamo come costì se la possine fermare (pianto a Sua Maestà. Et
però il Papa desidera che la S. V. di novo parli col Re et con Ebo-
racense , secondo che vi pare , di questa benedetta ratificatione de
le tregue ; et così , come Sua Beatitudine si maraviglia che loro di-
chino bavere preparato ogni cosa, et Cesare da l'altro canto an-
chora non lo sapere. È ben vero che sua Cesarea Maestà ha scri-
pto al Papa acceptare la guerra contro a li Infldeli, et esser parato
ad ogni concordia universale. La S. V., che si trova in sul facto et
conosce li humori , si governi con la solita prudentia sua. Quanto
alla cosa del Duca , di procurare che sia nominato ec, seguite quan-
to vi scripsi ; et così è la voluntà di N. S. A li altri advisi non bi-
sogna respondere : et le cose che havete ad tractare , sforzatevi di
farle con più dignità et securtà di N. S. che sia possibile. N. S. vi
ricorda el procurare qualche subsidio , che sia presto et vivo, per
Ungheria , perchè resta in grandissimo periculo per l'andata del
Turco a quella volta. El Cristianissimo ha facto intendere volere
mandarvi uno homo suo con 20mila a, offerendo anchora maggior
cose. La Dieta di Alamagna è resoluta, et li Electori et Principi si
sono partiti, secondo le lettere del reverendissimo Legato de' 22 del
passato. Hanno concluso per le cose del Turco una provisione per
3 anni , che ogni persona che piglia la sancta Comunione paghi per
ciascuno anno vi di quelle clalze (1) che sono un carlino iusto ; et
quelli che sono usi ad tale impositione et exactione, dicono che questa
passerà al certo un milione di fiorini V anno. Li Principi poi volun-
tarii adscenderanno a 200 mila fiorini P anno : et così qualche altro
disegno. Se non che la cosa è un poco lunga , che si risolvono di
publicarlo a la futura Dieta, che sarà a marzo. Non saria mala pro-
vinone, et costi credo che sia bene tenerla in reputatione per dare
(1) Tedesco, kreutzer.
DONATI AL R. ARCHIVIO DI FIRENZE 23
esemplo a li altri. Dicono che hanno hauto tucti li Electori a laele-
ctione del Catholico per Re de' Romani , excepto el Duca di Saxonia,
el quale anchora affermano che concorrerà al publicarlo : crédessi
che habbino messa questa dilatione per haver in ordine li danari et
le altre promesse facte. N. S. si maraviglia che Eboracense non ve
ne habbi decto cosa alcuna, et più si maraviglierebbe se costì non
lussi notitia d'una cosa di tanta importanza ec. >.
7 ottobre. - Cardinali Sancti Xisti. Nomine Vicecancel-
larii. Ex Monte Flascone.
«.... Quanto a la Rosa (1) , poi che Saxonia si è portato tanto sal-
vaticamente , V. S. la ritengha fin che habbi altra commissione ; ma
quando il prefato Saxonia facessi bono offitio ne la causa di Frate
Martino, et che l'avessi el fine che si conviene, in tal caso V. S.
lime facci dare (2), che si debbe tenere nel presentarla. Et in decta
causa di Frate Martino , V. S. se ne governi come li pare ; et per
la expeditione che se li mandò , quella potea tenere quel verso che
la radicava expediente ; et di qua fu iudicato che ne le cose notorie
et publiche non accadessi altra solennità o citatione... ».
7 ottobre. - Fratri Nicolao. Nomine Vicecancellarii. Ex
Monte Flascone.
<..;. Madama Aloysa, prima genita del Cristianissimo, desponsata
al Re Catholico, è morta ; et li Franzesi , secondo la capitulatione
hanno con Spagna , sperano che madama Carlotta , seconda genita,
succederà nel loco de .la defuncta. La Excellentia del Duca arrivò
qui a' dì 5, di bona voglia, et forse se ne verrà a Roma con N. S.
Madama sua consorte è gravida di 3 mesi o più. Dio ne sia laudato >.
14 ottobre. - Reverendissimo Sanctae Mariae in Porticu.
Nomine Vicecancellarii. Ex Tuscanella.
« .... Harete di poi, per le preallegate, inteso li altri advisi
d'Alamagna, et comunicati ec. ; et il Re Cristianissimo doverrà essere
arrivato et parlato con V. S di quelle cose importanti che Sua Mae-
stà vi ha facto intendere di volere conferire, et così quello che li
sarà occorso intorno a questa electione del Catholico : circa a la qua-
le , se la Christianità fusse in altro termine che la non è , et preci-
pue per respecto del Turco , Sua Beatitudine penserebbe et farebbe
(1) Intendi , la Rosa che il Papa benedice nella Domenica Laetare,
quarta di quaresima.
■jui manca col modo , con le cerimonie , o simili.
24 I MANOSCRITTI TORR1G1AM
forse qualche disegno , che al presente , per manco male , li pone
da parte, perche conosce molto bene quanto importi a la Sede Apo-
stolica che il Re Catholico sia assumpto a questo grado- V. S. sa
quanti mesi sono che bua Santità lo ha antiveduto et datone adviso,
et facto dal canto suo quello offitio che è suto possibile ; et il Cri-
stianissimo , anchora che babbi monstro un sincero animo di vero
figliuolo di Sancta Chiesa , non ha mai , secondo ci è parso , pre-
stato integra fede a li advisi di Sua Santità , come quello che , se-
condo la misura del core suo , che è tucta bontà et fedo , indicava
li Electori che li haveano promesso , non occorrere ec. ; et così è
restato ingannato de la sua opinione : et etiam poi che è suto facto
la electione, pare, secondo le lettere vostre, che molto tardi l'hab-
bino saputo. Hora la cosa è qui , et bisogna pensare innanzi ; et
N. S. harà piacere di intendere el iudicio del Cristianissimo. Quan-
to ad volere hora interrompere la electione facta et stipulata , an-
chora che non sia publicata , Sua Santità vede e remedi essere scarsi
et periculosi ; con ciò sia che li Electori sieno tanto avanti, che male
possono tornare indrieto ; et saria impossibile che quella opera si
facessi hora per disturbare, non pervenissi a notitia di Cesare et del
Catholico : et quando non si facessi effecto , il Catholico resterebbe
nel grado suo, et noi ci saremo scoperti sanza fructo sui inimici.
Et quando pure se li desse qualche impedimento , la cosa li importa
tanto, che ne potria nascere una guerra che dividerebbe tucti li Prin-
cipi Christiani , et non se ne potria fare pace così de facile : perchè
senza dubio con il Catholico ne andrebbe una gran parte , et il Cri-
stianissimo per sé et per li amici sui anchora saria potente ; et così
si metterebbe in una posta la ruina di tucta Christianità. La qual
cosa quanto sia hora ad proposito , che habbiamo el Turco poten-
tissimo , victorioso et armato a' danni di Ungheria , ogni homo lo
può intendere et iudicare : et N. S. per natura è inclinato a la pace,
per l'ordinario; per questi accidenti del Turco la iudica essere ne-
cessaria fra' Christiani, et non può pensare a cosa alcuna che l' babbi
ad interrompere ; poi che Cesare , il Cristianissimo et il Catholico
hanno ratificato le tregue publicate da Sua Santità ; et poi che an-
chora lo accordo et il matrimonio tra Francia et Inghilterra , desi-
derato da Sua Santità, è stabilito et fermo, come ci advisa el reve-
rendissimo Campeggio per lettere de' 5, di che a questa hora V. S.
doverra havere inteso più particularmente. Nondimeno N. S. harà
caro sapere la mente del Cristianissimo, la quale V. S. si sforzerà di
ritrarre più chiara et più particulare che si può. N. S. ha inteso,
per lettere de la Excellentia del Duca, in che grado di amore et di
observantia era lo animo del Re et di Madama verso di Sua Santità,
et per sé medesimo anchora si havea proposto tanta unione et in-
tclligentia quanta fra patre et figliuolo si può immaginare. Nondi-
DONATI AL R. ARCHIVIO DI FIRENZE 25
meno poi clic ha parlato col Duca, ha ritraete molti particulari che
non si possono bene exprimere per lettere; per le quali li è dup-
plicato el gaudio, la fede et la aflfectione, et Don potria restarne
più contento. Et fra le altre, ha conosciuto in Sua Excellentia una sì
Adele et sviscerata servitù verso quella Maestà, che se fussi nato et
nutrito nel mezo di Francia et del più antiquo et fidel sangue che
habbi quella Corona , non crede potessi esser più. Di che Sua Santità
ha preso grandissimo piacere , parendoli haverlo non solamente ben
collocato sotto la protectione del Cristianissimo , ma essere hor certo
che tale protectione habbi ad essere perpetua. È parso a me Vice-
cancellario darvene notitia, per contenteza di V. S., et perchè, ve-
nendoli ad proposito, lo possi fare intendere al Re et a Madama
come cosa certissima et decta senza cerimonia. Quanto a la venuta
de la Regina et di Madama, la estate futura, in Italia, N. S., per
una nova non porria havere la migliore, et non manco lo desidera
che loro ; et disegna , piacendo a Dio , facto Pasqua de la Resurre-
xionc , transferirsi in Toscana , quando li tempi lo comportino ; et
piacci a Dio che sia stagione da poter fare simili viaggi : perche
questa impresa del Turco contro a Ungheria da tucti è iudicata im-
portantissima et periculosa, et tamen da nessuno fino a mo' adiutata.
Però V. S. solliciti el Cristianissimo di quel subsidio che li vole man-
dare, ad ciò che sia in tempo che possi giovare , et non trovi le co-
se desperate. Postscripta. Habbiamo ritracto da Milano, che Monsi-
gnore de Lautrec non è più in quella gratia et credito apresso del
Re che solea, et che Sua Maestà li ha limitato da qualche tempo in
qua certa auctoriti per molte sinistre relationi che ha haute di lui;
et che bora messer Io. Iacomo sarà per caricarlo come mal tractato
et satisfacto. La S. V. con la dexterità sua sottilmente veglia di odo-
rarne qualcosa dal prefato messer Io. Iacomo et da qualcuno altro ;
et perchè Lautrec ha sempre monstro tener poco conto di N. S., co-
me quella sa, quando li paressi da intendervi in spirito con Sua Si-
gnoria et adiutare pingere la pedona in modo che si potessi gua-
dagnare , et non perdere, si rimette ne la prudentia vostra. Cosi
in questo è da stare con lo arco teso col signor Visconte (1), el quale
si crede che sarà opposi to al Triultio ; et Lautrech, fuor de la natura
sua, lo ha carezato et presentato in questa sua partita da Milano per
haverlo propitio ec. ».
30 ottobre. - Reverendissimo Sanctae Mariae in Porticu.
Nomine Vicecancellarii.
« .... Circa al fare nova unione fra N. S., il Cristianissimo, Veni-
tiani et Svizeri ec, a Sua Santità piace ogni intelligentia et colliga-
(1) Galeazzo Visconti . di cui sono lettere fra i Documenti di Storia
Italiana copiati ec. da Giuseppe Molini; Firenze, 1836. Vedi la nota
del marchese Gino Capponi al Documento XLII.
26 1 MANOSCRITTI TORRIGIANI
tione che si potessi l'are più strecta fra lei et Francia , benché lo
amore et la fede sia reducta in loco dal canto di Sua Santità, che
non li pare si possi adcrescere o stringere più ; et li Venitiani ama
come figliuoli speciali, et per natura sua et per le qualità loro , et
per respecto anchora del Re, et sempre harà caro unirsi et inten-
dersi bene con epsi. Sol»m in questo bisogna che il Papa et il Re
pensino , per conto di Cesare , ad governare la cosa in modo che ,
havendo lo obiecto de la pace universale, non si perdessi in un punto
quello che con tanto tempo et fatica si è acquistato de le tregue ra-
tificate. La compagnia de' Svizeri in questa colligatione piace molto
a N. S., et tanto più se le cose del Catholico andranno avanti come
si crede ; perchè è b'ne che tanta sua potentia, adiuncto etiam il ti-
tillo de lo Imperio, non possi disporre de' Svizeri a beneplacito suo;
e quali , per la inclinatione naturale et per qualche obligo che hanno
con Cesare, per l'ordinario forse ne andrebbono a quella volta. Et
però la S. V., con la prudentia sua, facci intendere al Cristianissimo
et a Madama quanto N. S. si tiene satisfacto di loro , et li respecti
che tengono Sua Santità , in questa parte , del Catholico ; così di
quanta buona voglia Sua Beatitudine verrà a questa nova unione,
aspectando che li sia facto intendere più particularmente quello che
sia da fare. — N. S. , quanto efficacemente può , vi rachomanda el
signor lo. Iacomo, et desidera che lo adiutiate quanto sia possibile,
advertendo nondimeno die il troppo favore vostro non li nocessi :
ma potete rachomandarlo per parte di Sua Santità fino ad un certo
termine; dipoi monstrare che tucto ricordate per benefitio loro, per-
chè li meriti del prefato Signore et de la casa sua et de la Parte
guelpha sono noti a tucto el mondo ; et se ha mancato in qualche
cosa del debito suo , questo poi è noto a pochi , et la fama ne' po-
puli et ne le città dove sono le parti , sapete quanta forza babbi et
quanto carico et mala gratia possi fare a Sua Maestà, minando chi
ha facto loro tanti servitii. Et certo N. S. si move ad rachoman-
darlo non meno per conto del Cristianissimo che del signor Io. Ia-
como ; con ciò sia cosa che de' ghibellini non si possono fidare . el li
amici vecchi naturali (se bene fanno qualche errore) non <s da vo-
lerli perdere et minare.... ».
5 novembre. - Episcopo Polensi. Nomine Vicecancellarii.
■k Noi semo stati fori fino a sabato passato, et in viaggio (quan-
do non sono cose di importanza) si piglia securtà di scrivere di raro.
Adesso che semo in Roma, ci sforzeremo di visitarvi spesso et signi-
ficarvi de le cose che occorreranno, riabbiamo ricevuto più lettere
\ostre , che 1* ultime sono de' 1'.» . 21, 23 et 27 del passato, con mol-
ti et diversi advisi del Turco, tucti di importanza, et maxime quello,
se fussi vero , che dice la venuta sua verso la Velona. Altri advisi
DONATI AL R. ARCHIVIO DI FIRENZE 27
dubitano più da la banda di Ungheria. La S. V. non obmetterà la sua
solita diligentia , di fare borio offitio con quella illustrissima Signoria,
et di intendere et advisare circa a quella parte tucto quello che li
sarà possibile, et che li parrà degno de la notitia di N. S.; el quale,
come sapete, non ha pensiero che più li prema che questo — Un
messer Sebastiano de Federichia da Traviso , quale leggeva qui in
Studio , ha facto, a li giorni passati , certe falsità grandi a due su-
plicationi, di quelle che si sa, di contrafare la mano di N. S. et del
Datario , et di rastiare certi nomi ec, et se ne è fuggito , et sta
occulto ne le terre de' Colonnesi. Potria esser che si volessi redurre
verso Traviso , et N. S. desiderrebbe haverlo in le mani La
S. V. ci pensi un poco , et dia ordine a qualche spia di ritrarre
se capitassi in paese, et se voi potessi farli porre le mani a dos-
so , perchè è clerico et havea benefltii ; et se di qua fussi di
bisogno mandarvi brevi o altra commissione , et V. S. ce ne
advisi , governando la cosa secretamente. Et quando credessi che
la Signoria fussi per gratificarne a N. S., di lassar seguire la iusti-
tia , che voi potessi farlo pigliare, fatene una parola* se così voi indi-
cate espediente. La Dieta di Alamagna si resolvè , et li Electori so
ne sono ritornati a casa loro. Hanno in secreto , secondo li advisi
nostri, facto nova electione del Re Catholico in Regem Romanorum,
ma secreta, da publicarsi a la futura Dieta che sarà a marzo o a
aprile proximo ; et Cesare et il Catholico hanno dato et promesso
molte cose a decti Electori , benché il Duca di Saxonia non è con-
corso. Questo ci è parso scrivervi per adviso vostro, et perchè pos-
siate ritrarre come la Signoria si satisfa o intende questa, electione,
et se sono in opinione che l'habbi bavere effecto.... ».
9 novembre. - Reverendissimo Sanctae Mariae in Por-
ticu. Nomine Vicecancellarii.
« A dì 30 del passato fu l'ultima mia a la S. V. reverendissi-
ma. Di poi non ho sue lettere. Questa è per darli notitia d' un caso
del quale N. S. ha preso dispiacere, et è certo che similmente di-
spiacerà a lei. Circa x dì fa li fuorusciti di Reggio vennono di nocte
a le possessioni de' Zoboli, vicine a la città circa d' un miglio, et li
predorono tucti e loro bestiami et robe che vi haveano, et le ridus-
sono in Parmigiana. Di poi passorno el Po, per venderle in Cremo-
nese et ne le terre di Federico da Bozoli, col quale hanno intelligen-
tia et favore. Li medesimi , et la medesima nocte , erano stati a
Scandiano , loco del Conte Io. Baiardo, dove Inibita Vincentio Scaiola,
et con un tractato che haveano drento , furono messi ne la rocca
et condocti sino a la camera dove lui dormiva ; dove enfiati, ama-
zarouo alcuni sui servitori, et il medesimo liarebbono facto a lui, se
28 I MANOSCRITTI TORRIGIANI
non lussi stato presto ad gittarsi da una fènestra assai alta ; et si
crede che camperà. Erano in numero circa a 50 cavalli ; et venendo
di nocte et di luoghi tanto vicini , si ritrassono prima che si po-
tessi intendere la venuta loro. Et quando fanno coadunatione sì pic-
cole et in vicinanza , el Governatore di Reggio non può haverne no-
titia né provedervi, et ogni dì potranno ritornare et fare di questi
insulti, se non si remedia ; e quali passano con gran carico di N. S.
Sua Santità si credeva che a Federico bastassi quel che havea facto
sino a mo'; ma poi che seguita ne la temerità sua , el Papa è in
animo di farne demonstratione. et non comportare questa vergogna.
Ma prima ha voluto farlo intendere al Cristianissimo , sì perchè Sua
Maestà facci quel provedimento che si ricerca circa a questi fuoru-
sciti, che in facto sieno levati da quelli confini , sì che la sappi li
portamenti di Federico , et non si maravigli quando intendessi qual-
che cosa contro di lui. Io ho scripto questo anno molte volte a Mi-
lano a Lodovico Alamanni, che parli a Monsignore de Lautrec, in no-
me di N. S., per fare levare questi fuorusciti da quelli confini. Le
resposte et le promesse sono state bone, ma li effecti non hanno
conresposto. Et quando non li volessino cacciare del dominio del Re,
almeno li facessi stare tanto discosto, che le città et li servitori di
N. S. potessino stare securi in casa loro ; che quando si reducessino
di là da Milano , non se ne farebbe parola. Adiungesi a questo in -
conveniente de' fuorusciti, che li Malescotti rebelli di N. S. si sta-
ranno anchor loro in quelli confini et daranno fastidio a Sua Santità,
se il Cristianissimo non vi provede; benché porteranno seco tal bre-
ve al collo di censure ec, che ordinariamente doverrieno essere scac-
ciati. Li delitti de' Maliscotti rebelli sono stati molto enormi contro
lo stato de la Sede Apostolica et contro ad altri privati. Et non so-
no molti giorni che Lione M discotto intese che un fratello et un ne-
pote del Governatore di Bologna erano andati a sollazo a Veuetia.
Andò lor dreto con 5 assassini , et nel mezo di Venetia li assaltò
per amazarli ; et come piacque a Dio, furono soccorsi in modo clic
camporono. Unde IsT. S. è forzato, per lo honore suo et per la quie-
te di Bologna , lare provisione conveniente. Et la prima è significare
questi accidenti al Cristianissimo ad ciò che per la bontà sua prin-
cipalmente, et per lo amore che porta a Sua Santità, vi facci subito
remedio: ma sia di sorte, che quelli a chi commetterà intendino qua-
le sia lo animo di Sua Maestà verso de la Sede Apostolica et de la
Santità del Papa. Se io havessi ad scrivere ad un altro che a V. S.
reverendissima , direi hora per parte di N. S. quello che havessi ad
dire al Re et a Madama. Ma V. S. è tanto prudente , et conosce
quanto queste cose importano, ha notitia de' lochi et de le persone,
et saprà pigliare la occasioue di parlare a quella Maestà et a Ma-
dama, et ricordare quel che sia el desiderio di N. S. et l'offitio et
DONATI AL R. ARCHIVIO DI FIRENZE 29
l'honore di decta Maestà, che mi parria superfluo scriverli altro ;
se non che, quanto prima può, ne parli et solleciti e remedii et le
expeditioni che si havessino ad fare, et ne facci particular resposta.
Et perchè V. S. sappi bene la mente del Papa et quello disegna di
fare contro a Federico, lo adviso come Sua Santità è in animo, quan-
do li verrà bene, di darli qualche castigatura che se ne habbi ad ri-
sentire un pezo, et mandarvi qualche numero di cavalli et fanti che
possino dimonstrarli l' errore suo. Et perchè occorrerà forse passare
con le gente sul Parmigiano , Sua Santità non ha voluto fare niente
ae prima non participa questo suo disegno al Cristianissimo ; el qua-
le tien per certo che non solo consentirà et chiuderà li occhi , ma
presterrà favore in una cosa tanto honesta. V. S. ne parli, et veggha
di obtenere ad ogni modo questo consenso , secretamele , ad ciò che
N. S. possi poi exequirlo quando li verrà ad proposito. Non voglio
obmettere di dire, che noi dubitiamo Monsignore di Lautrec presti
fomento a Federico. V*. S. lo tenghi in sé, per servirsene quando
occorrerà ec. >.
11 novembre. - Reverendissimo Sanctae Mariae in Por-
ticu. Nomine Vicecancellarii.
< Circa le petitioni del Cristianissimo per conto de le cose be-
nefitiali de lo Stato di Milano , lo imbasciatore Monsignore San Malo
et messer Lione hanno di novo parlato a N. S., et facto grande in-
stantia extraordinaria per obtcnerle , et a me hanno dato una lettera
del Re molto brava , la quale insieme con le altre parole et termini
usati da li oratori, hanno alterato assai N. S., non solo per quello
che si ritrahe di presente, che lo perturba et preme insino a la ani-
ma, et non è mai per consentirlo; ma per vedersi privare d'una spe-
ranza, la quale si havea proposta, di haversi ad riposare in su que-
sto parentado et amicitia di Francia : onde in cambio di quiete et
nono re , sempre li pare trarne fastidio et inquietudine , et ad havere
ad fare molte cose non sanza carico , ma si bene senza grado di chi
lo riceve. Et veramente , Monsignore mio reverendissimo, questa è
gran cosa , che ogni dì el Papa fa gratie al Cristianissimo et a li sui
amici et servitori, et ogni dì surgono su nove dimande più gravi et più
importante de le facte ; et de le facte non si tiene memoria. De le nove
si fa instantia come se mai si fussi obtenuto altro ; et se non si fanno
a p;;nto secondo che e' ricercono, ogni cosa facta è perduta. In modo
che pare a N. S. che di quelle cose che può fare e' sia richiesto, et fa
tutto volentieri ; de le altre che non può et non debbe consentire ,
che lo voglino sforzare ; et se non hanno la gratia a lor modo ,
che se la piglino di propria auctorita, et tenghino quel conto de la
Sede Apostolica et de la auctorita et dignità di Sua Santità come di
30 I MANOSCRITTI TORRIGIANI
isa vana et prò farina. A Milano non si tiene pin conto del
Papa né de la nota né de le bolle né de' brevi o altre ragioni. Circa
lo spirituale, pigliono per forza la tenuta et li l'ructi de' benefitii
non solo vacanti, ma de' vivi et di quelli che sono stati in pos-<
ne parecchi anni : amazono quelli che vi portono citationi ; danno
sententie come pare a loro, executoriali, o altre simil cose , iuridi-
ehe et ordinane ec. Di poi ricevono di gratin la facultàdi potere no-
minare, conoscere et iudicare in benefitialibus : il che è tucto con-
trario a le opere loro. Pereh ', se credono che il Pontefice sia si-
gnore de lo spirituale et a lui stia disponerne ec, non doverrieno
presummere di deliberarne contro a la volontà et honore suo se non
credono che a Sua Santità specti et si appartengha questo oiiii io, che
bisogna ricercare privilegii et auetorità da Sua 1 eatitudine, che non
pare altro che una dirisione di questa Corte et della Chiesa Romana?
El principal lòndamento di questa loro petitione consiste in su la
promessa che dicono el Papa lece loro in Bologna , la quale non è
vera né verisimile; et dice Sua Santità che non lo promisse mai ;
et di poi che più volte se ne è parlato , non 1' ha mai consentito ,
né datone una minima speranza. Fatevi monstrare non so che me-
moriale , dove hanno questa cosa che dicono promessa a Bologna .
et vedrete che ne' benefitii di Francia , né la gratia che fa il
Papa , exclude e vacanti apud Sedem. In quelli di Bertagna fa si-
mile exceptione , presuponendo che se ne' benetìtii di Francia et di
Brettagna , che sono in casa loro , et de' quali e Pontefici , anchora
che del tucto sieno signori, non ne dispongono integramente come
saria conveniente , si fa questa exceptione: molto più in questi di Ita-
lia, et che si può dire sieno in Corte , si debbe fare et interpetrare
a puro et sano intellecto , in modo che de iure o di equità, et
in qualunque altra forma, si può iudicare quello scripto ; conside-
rato ancuora el loco , il tempo , et come fu facto per memoria , et
non disteso et saldo ec. come havea ad stare , non si potere inten-
dere altrimenti, ir* da N. S. in altra sententia è mai suto acceptato.
Et credo Y. S. si ricordi nel possesso mio di Chiaravalle , che que-
sta cosa , che alhora era fresca, venne in campo, et differì el pos-
sesso qualche mese; tamen N. S., con tucto lo interesse mio et la
importantia del benefitio, non volle mai consentire, per esser vacato
apud Sedem , che la nominatione fussi del Re ; et quella Maestà per
la bontà sua , et inteso le ragioni che si adusseno , fu contenta fare
dare la possessione liberamente come era iusto et ragionevole. La
Bolla che si decte al Cristianissimo sopra questa facultà non fu expe-
dita altrimenti , et per le mani di Tricarico fu presentata a Sua
Maestà , et alhora ne rende infinite gratie. et restò poi in mano del
Cancelliero. Venne qua lo imbaseiatoro Barma . per conto de la pra-
gmatica et del concordato , et alhora si muto et vario molte cose
DONATI AL R. ARCHIVIO DI FIRENZE 31
che si erano tractateei ferme a Bologna; et non volle mai acceptare
le bolle del concordato, né darli perfectione, se una obtenne prima
molti particolari di assai minore importanza che questo; et nondi-
meno, benché di questo si parlassi, non ne fé' instantia, né preter-
messe la concordia. Potrei dir»' molle altre ragioni in questa sen-
tenza, ma non mi pare che sia Uonore del Papa et manco del Re
disputare suina una gratia facta da Sua Santità, se in Mieto non è
piena come la vorrebbe; anzi mi duole, per la servitù mia verso
di Sua Maestà, che molte alterationi , che da qualche anno in qua
ha preso N. s. . quasi tucte procedino da le gratie che Sua Santità
ha facte al Cristianissimo , et da la troppa facilità di Sua Beatitu-
dine ; perchè non, vorrei havessi ad cadere ne la mente di N. S che,
volendo non havere fastidio da' Franzesi, lussi bene negare loro subito
ludo (lucilo che doraandono , perchè non si babbi poi ad disputare
se manca qualcosa de le promesse sue. E li è vero che li Re di Fran-
cia molte volte sono stati benemeriti de la Sede apostolica et hanno
ricevuti temporalmente et spiritualmente infiniti previlegii et gratie ;
et papa Leone non debbe però al tempo suo havere ad pagare tucti
questi debiti; et piacesse a Dio che li successori sui non habbino ad
dannare che li babbi facto troppo : per il che Sua Santità iudica
manco male che il Re, di sua propria auctorità, facci quello che
ricerca di presente, che consentire o farlo lei con la aucorità apo-
stolica; come pare che Sua Maestà minacci ne la lettera che mi
scrive, la quale propria mando a V. S. con questa, ad ciò che epsa
la leggha et consideri bene, et veggha se N. S ha causa di dolersi,
vedendosi quodammodo minacciare da quelli in chi ha collocato tucta
la protectione de la Sede apostolica et de le cose sue : et se non
lussi che Sua Santità non crede che questo sia motivo principale del
Re, staria anchor di peggior voglia; ma lo attribuisce al Cancel-
liere, che. vole mettere quella Maestà a le mani prima con Dio, poi
con ^ua Beatitudine, lo me ne dolgo come servitore prima del Papa
et poi di Sua Maestà , et desidero che la S. V. , se mai fé' con dili-
gentia alcuno officio , facci questo con la Maestà Cristianissima , in
quel modo che li pare per lo honore de la Sede apostolica et di
decta Maestà , da la quale N. S. non può credere in fine babbi ad
procedere altro che bene: et chiariteli nondimeno, che il Papa non
è per concedere queste cose principali che domandano.... ».
CARTEGGIO DELL'ABATE FERDINANDO GALIAN1
COL
MARCHESE TANUCCI
(Cont. , ved. Tom. XXIII, pag. 242)
Eccellenza,
Non è ancora a mia notizia, che sia tornato da Londra il cor-
riere colà spedito colla nuova de' preliminari segnati. Per altro il
mare è stato stranamente tempestoso. Ma qui non lascia di temersi.
e non si terrà per sicura la calma finché Londra non avrà ratificato.
Il principe Ferdinando, a cui i marescialli sono stati i primi a dar
nuova de' preliminari, e domandar cessazione di schioppettate, ha
risposto freddamente non aver ancora ordini da' suoi principali. Ha
frammischiato anche nel discorso non so che Re di Prussia, quasi vo-
lesse far intendere, che anche il consenso di Federico fosse necessa-
rio a farlo cessare. Certamente né il Federico , né il Ferdinando so-
no amici di Bute , e il Prussiano sopratutto si duole della freddezza,
che Londra comincia a mostrar per lui. Dubbio non v' è che Londra
vorrebbe tornar agli amori Austriaci. Sicché da tante combinazioni
non so vedere come una epoca fmta armis abt>ia a figliare una pa-
ce , che pace sia. Duolmi assai che Àranda abbia quasi evacuato il
Portogallo con andar a prender quartieri d' inverno in Alcantara.
Non so che mi dire. Dio ce la mandi buona. Questo Bedford vuole
intanto incoraggi rei , e farci creder sicuro il consenso, e (quel eh' è
più) sincero l'accordo con Londra: dice che egli avrebbe già presen-
tate le credenziali di Ambasciatore , se fo*se stato possibile recarle
seco come si era pensato : dice che le aspetta a momenti.
Leggerà V. E nella gazzetta l'avventura della fregata la Mi-
nerva perduta nel porto di Villafranca ; non è vero però che la col-
pa fosse del vento. La colpa è stata de' marinari, che non hanno
serrate le vele a tempo ed a giusta distanza da terra ; onde il mo-
to communicato alla nave la ha fatta andar malgrado le àncore but-
tate, al arenarsi in terra. Eccola (marta nave che in quest'anno solo
si è persa per ignoranza di mance uvre. Come questa scienza siasi
perduta tra' Francesi non si capisce.
Gran bisbiglio ritornerà a farsi sull' affare dei Gesuiti in que-
st' inverno , e senza dubbio maggiore del fatto finora. Orribile e scan-
LETTERE DELL'ABATE GALIANI 33
daloso è ciò che Roma ha fatto di metter sutto chiavi l'allocuzione
in concistoro pronunziata. Questo è lo stesso , che preveder non lon-
tana la ni;;. delle iniquità, o delle disgrazie, che possono
accadere alla Francia. Se a questo buon Re qualche avventura ac-
ca I . chi laverà Roma dal sospetto d'averla o tramata o almeno
saputa? Intanto qui non si parla altro, che di attentanti orribili dei
quali qualche indizio sia sventato. Avrà V. E. letto nelle gazzette di
Olanda qualche cosa d' un fanatico arrestato nel monastero di Verbene
e condotto alla Bastiglia, donde è venuto al Chàtelet. Il fatto è di-
sgraziatamente vero, ma le circostanze non imprendo a dirle per-
di' traile infinite diverse dicerie non distinguo il puro vero. Presto
si sapranno, perchè il Parlamento imprende questo affare come il
primo, e più essenziale essendo legato all' orribile attentato di Da-
miens. Un gesuita è stato arso in effigie a Brest per i tumulti vo-
luti ivi eccitare Ma il fatto più importante di tutti è l' occorso agli
stati di Brettagna (che non ho voluto mettere nella regolare per
e iti riguardi). Mentre questi Stati si tenevano nello scorso mese a
Rennes per lo solito dono gratuito, è comparsa una truppa di po-
veri gentiluomini H fettoni. Gente rozza, e salvatica che parla l'an-
tico celtico, e beve sidre. Questi con grida e con minaccie hanno
domandata la restituzione in integrum de' Gesuiti. Hanno fatta paura
ai magistrati di quel Parlamento. La prudenza di M.r d'Aiguillon
che presiedeva agli Stati ha dileguata la tempesta , ed ha fatto sì ,
che gli Stati si sciogliessero senza che questo affare s'intavolasse.
Bisogna da tuttociò concludere, che i Gesuiti son gente co' quali
quando si ha avuta la disgrazia di metter mano alla spada, bisogna
buttar il fodero in mare. Dico questo anche per noi. Ho vista qui
la scrittura per l'affare di Sora. Mi pare che si sia andato tanto
in li , che sarebbe pernizioso rimetter la spada nella guaina.
Mi basta, che qualche parola abbia detta V. E. a Durefort a fa-
favor di Militerai : il dippiù farò io.
A Militerai ho molta obbligazione , e lo posso attestare per un
buono e fedel servitore di tutti i Borboni.
Non penso più a sussidio Fontaineblau. Forse è anche giusto, che
se esempio non e' è , esempio non s' introduca. Ma restar fallito , e
senza niente in pugno, questo V. E. non lo vorrà. Un presidentato
soprannumerario che costa ? Due soldi non potendosi simultanea-
mente avere, io non arricchirò, ma avrò l'inestimabile ricchezza
per me d'esser sicuro di poter servire il Re fino alla vecchiaia. Mi
è necessario entrare alla fine in uno di que' corpi politici , l'opera
de' quali e grande ed utile. Soldato, o prete , o legale bisogna es-
sere. Tutto il di più eh' io sono o potrei essere è lusso nelle repub-
bliche, e perciò malsicuro. Soldato, son troppo piccolo , e poltrone.
Prete, nella Cristianità Cattolica è servitor di Roma, e non della
Arch., 3.» Serie, Tomo XXIV. 3
3i LETTERE DELL ABATE GALIANI
sua patria. Dunque non e' è scelta per me. Ho già i sette Lustri ri-
chiesti per lo presbiterato.
Ho quattro anni di probazione , ma sopratutto ho 1' amore di
V. E. e 1' onore , ch^ niun Presidente ha di godere ogni settimana
la conversazione di V. E. e la consolazione di dirmi con infinito os-
sequio e rispetto.
Parigi, 15 Novembre 176^.
Eccellenza,
Il nuovo freddo che ci percote , mi rende così infermiccio, e de-
bole , che non fornirò V estaglio della corrente settimana. Salderò i
conti nell' entrante.
Ora soggiungerò solo , che alle nuo?e della d' offizio deve ag-
giungersi che Milord Sandwich è destinato Ambasciatore a Madrid.
Spagna pensava mandare un ministro di seconda gerarchia colà , ma
ora bisogna che mandi Ambasciatore.
Quegli articoli preliminari che si sono divulgati in Londra , e che
le gazzette d'Olanda de' 19 mettono , non gli credo perfettamente
conformi al vero, benché in grandissima parte lo siano. Ma resta
ancora parte de' preliminari anecdota. Rimane a sapere come sia<i
accomodato ciò che ha di comune la guerra marittima coli' Alema-
gna. Rimane a sapere se i vascelli che erano nell' Avana da guerra
saranno resi. Infine qualche curioso vorrebbe saper anco se siasi par-
lato d' Italia, e quanto.
Sul primo punto mi vien detto , ebe per terminare le contro-
versie sulle piazze di Cleves e Vesel etc, le quali l'anno passato ser-
virono di pretesto a Pitt per rompere la negoziazione di Stanley .
siasi questa volta convenuto puramente , e nudamente , che i Fran-
cesi evacueranno V Alemagna. Vuote che saranno quelle piazze, re-
steranno al primo occupante. Vienna che è avvisata ha tatto sfilar
le poche truppe che le restano in Fiandra verso quella parte. Prus-
sia non sarà a tempo a riguernire le sue piazze sicché usciti i Fran-
cesi, gli Austriaci entreranno , se pure o gli abitanti, o la guarni-
gione Prussiana di Lipstadt non facesse a chi più corre , e entrasse
prima. Veramente questa maniera d' accomodo mi pare strana , e
singolare , ma ciò non mi vieta di crederla vera.
Mi si assicura parimente che siasi convenuto che né Francia da-
rà più sussidio di alcuna sorte a Vienna , né Londra al Prussiano.
Vienna ha cosi voluto. È quella Corte sicura che Londra terrà la pa-
rola : sì perchè Bute non ama a dare a Federico , sì perdi è vede
Londra voler tornare agli antichi amori. Quindi ha preferito l' otte-
LETTERE DELL'ABATE GALIANI 35
ner che il suo nemico non avesse; il farsi dar sussidio da Francia
e veder Federico ottenerne altrettanti dall'Inghilterra, tanto più
che questi francesi sarebbero stentatamente , o mal dati ; quelli al
contrario sarebbero pagati forse con anticipazione. Ciò non impedirà
però , che Francia non dia i molti attrassi (i) , che resta dovendo a
Vienna. Così si manterrà 1' amicizia.
Sul secondo punto , ignoro se i vascelli da guerra saranno resi
alla Spagna. Forse questo punto non è peranche deciso.
Ma il terzo (cioè l' Italia) è il più curioso per me , e quello sul
quale sto più all'oscuro. Tutti ne domandano, niuno ne veggo istrutto.
Non voglio però lasciar di contare un latticello che se bene frivolis-
simo, merita esser narrato. Mentre la Corte era a Fontainebleau, le
dame sonosi volute divertire con balli. Uno ne ha dato la contessa
di Civerac, un altro Grimaldi , il terzo ed ultimo la marescialla di
Duras. In questo, le dame imaginarono una mascherata , o (come qui
dicesi) q'adril'e. Una coppia era vestita alla Spagnuola, una alla Por-
toghese, una alla Francese, una all' Inglese. Queste quattro coppie co-
minciarono una contradanza che imitava con varj intrecci il com-
battimento, e la zuffa. Arrivava in questo mentre una dama vestita
da Savojarda , che spartendo V appinico riuniva tutti per la mano ,
e si chiudeva il ballo. Erasi voluto con ciò dipingere la presente ne-
goziazione. Gli uomini sensati e gravi , se alcuno ne resta, hanno
bassa to gli occhi, e taciuto su questa indecente leggerezza ; ma i
petit s-maitres hanno trovato l'invenzione spiritosissima e bellis-
sima. E da notarsi che fu presente a questo ballo tutta la famiglia
reale. Deducasi intanto da ciò unicamente , che la Francia si pregia
di prolèssar altamente le obbligazioni contratte co' Sardi per aver
conchiusa la presente negoziazione per mezzo loro. Chi crederi adun-
que che il Re di Sardegna sarà scordato , e preterito ? Credat lu-
dceus Apella.
Non posso andar più in là collo scrivere questa sera. Non ho
l' animo abbastanza ilare per scrivere de' Gesuiti ; ho solo forze da
confessarmi
Di V. E.
Parigi, 22 Novembre 1702.
Eccellenza,
Calanti partì sabato 4 il dopo pranzo.
Bellissima era la giornata , e le susseguenti ancora , sicché spe-
ro felicissimo il viaggio piccolo che gli resta a fare.
(1) Attrassi, parola del dialetto napoletano che significa arretrati.
30 LETTERE DELL'ABATE GALIANI
Vengo a rispondere alla riverita de' 13. Dio solo sa cosa sia av-
venuto a quel piego de' 18 Ottobre che mandai da Fontainebleau, e che
non è giunto. Oltre alle d'ofiizio so, che Cantillana nella confiden-
ziale scriveva a V. E. ciò che Albertino ci avea fatto qui sapere per
mezzo d' un corriere di Nivemais. Forse questo Albertino sarà stato
cagione dell'incaglio. Tra poco vedrà V. È dalle lettere di Spagna.
che questo mio non e in tuito giudizio temerario. Nello stesso piego
era una lunga confidenziale mia. Se non m'inganno, ci era anche
qualche verso di cifra. Ma nel totale siccome le mie non son > mai
di rilievo, così credo che la perdita d' una non sia da compungersi
punto. In oltre la pace essendo fatta perfetta, e a quest' ora stam-
pata in Londra nn da' ^9 dedo scorso, tutto il detto, pensato, temu-
to , creduto, sospettato mi pare degno di Lete. Ora non mi pare che
convenga pensar ad altro , che a medicare que' malori interni , che
la presente guerra ha scoperti. Bene fa Choiseul. Le disposizioni che
egli va prendendo per riformar le truppe , per mutarne 1' ossatura
intiera, e metterla in un piede alemanno , saranno savie. Il degno
suo fratello stainville lo ajuterà con savi consigli.
Anche il nostro gran Monarca Cattolico deve aver sentito molti
vizi de' regni precedenti. Ci vogliono piazze con copiosi magazzini
sugli orli del Portogallo. Ci vogliono strade che aprano la comunica-
zione a tutte le provincie di quella vasta monarchia. Ci vogliono in-
fine molte cose. Neppur noi dobbiamo dormire , e cosi piccoli come
siamo , convien far il nostro meglio. I mezzi umani attirano gli ajuti
divini con costante attrazione ; né e' è miglior mezzo per meritar
la grazia divina che il non presupporla.
Grimaldi spedì avantieri corriere in Ispagna. Non so il motivo.
Le sole arringhe de' lordi e de' comuni mi paiono troppo poco.
Nemmeno credo che si sia messa mano all' ultimazione della pace ,
per la quale credo che si vorrà che ministro Inglese sia a Madrid ,
e Spagnuolo a Londra. Ma si mandano talvolta corrieri per cosi pic-
cole cose, che è vano astrologarli.
Lo stesso Grimaldi mi ha detto aver inteso da non so chi che
la nostra accessione al patto di famiglia fosse già seguita. Non è
certamente di Spagna, che ciò si scriva, giacché in quest' ni dinario
sono mancate qui (con maraviglia comune) tutte le lettere ('all'Escu-
rial, quantunque da Madrid siano venute. Comunque siesi, io entrato
in materia con Grimaldi, feci toccargli con mano che il patto di fa-
miglia richiedeva esser rischiarato , e ritoccato con trattati parti-
colari di commercio , che ciascheduna delle nazioni Borboniche do-
vea distender separatamente , e relativamente à' proprj particolari
vantaggi , e situazione. Altro deve senza dubbio esser il trattato
Ispano , altro il Siculo , altro il Parmense relativamente ai Francesi.
Grimaldi conviene della verità di ciò. Io adunque continuerò a di-
LETTERE DELL'ABATE GALIANI 37
stendere altri scartafacci come quelli della scorsa settimana utili o
inutili che siano. Già poco ho io che far qui e V. E ha gran pa-
zienza a leggere esercitata da' memoriali de' Calabri letti per tanti
e tanti anni.
Fatta la pace avevo promesso di scrivere a V. E. de' Gesuiti.
Libero datam fiderà. Strepitosamente sono rientrati tutti i Parlamenti.
Sono già in luce i Comnt s-renrtus degli avvocati generali di Metz ,
Besansone , Roussiglione, Tolosa. Sono egualmente forti , e conten-
gono le stesse cose detti' dagli altri. Perciò non gli mando. Mando
sì bene un arresto di Brettagna degno di riflessioie. Per ben inten-
derlo bisogna ch'io conti a V. E. un curioso successo di colà. Già
scrissi, che agli Stati di Brettagna aveano 1 Gesuiti tentato di met-
ter fuoco contro il Parlamento , e il tentativo era mal riuscito. Tor-
narono all'attacco. I Vescovi , alla testa dei quali era il Vescovo di
Rennes, presidente nato degli Stati di quella provincia, vollero ar-
ringare in favor de* Gesuiti , e domandarne il richiamo. Cominciò
Rennes , ma al mezzo del discorso si alzò un grido universale nel-
l'assemblea d'un Vive le Roi , che gli spezzò la parola, e lo lasciò
attonito e confuso. Si dichiarò offeso , e uscì dall'assemblea seguito
dagli altri Vescovi. Aiguillon che teneva gli Stati a nome del Re ,
volle rappattumar la cosa. Perorò, disse, che la libertà delle opi-
nioni era sagra, che bisogna ascoltarsi reciprocamente con silenzio,
ehe principalmente i Vescovi primo corpo degli Stati meritavano
rispetto. Tutti tacquero. Fu persuaso ai Vescovi di rientrare. Ter-
minò Rennes il suo sermone. San Malo volle secondarlo e parlò a
lungo. Fu inteso con singoiar silenzio dalla gente , che voleva mo-
strar d' aver profittato dell' esortazione del duca d' Aiguillon. Ma
terminato che ebbe il San Malo, unanimemente l'assemblea intuonò
Domine salvwn fac Regem: e così la storia finì, vituperosissima
per i buoni padri. In sequela di questa deliberazione degli Stati , il
Parlamento ha fatto l'arresto che accludo a Vostra Eccellenza.
Pieno d' ossequio , e di rispetto infinito sono, ec.
Parigi, 6 Dicembre 1762.
Eccellenza,
Fin da martedì scorso cominciarono i congressi per lo trattato
derìnitivo. Finora si sta all' ostensione delle plenipotenze, e alle di-
sputabile di titoli, alternare, precedenza ed altri taccolucci politica
inseparabili da ogni costruzion di trattato. Ma siccome si ha buona
voglia di far la pace e di farla presto, i mezzi termini saran ben
presto trovati. Sento che Portogallo pretenda non so che alternare.
38 LETTERE DELL'ABATE GALIANI
Credo con Londra. Mi si dice che Londra avea detto sì, e poi si è
pentita. Ma siccome la cosa mi è stata detta a mezza lingua , così
non dico di più, per paura di dir spropositi.
L'armonia qui tra Grimaldi, e Choiseul è grandissima; tale è
tra' principali essendosi in tutto il Re Cattolico riposato, e confidato
in questo Re. Ottimo è questo. Ma il far pubblicità di questo fra-
terno amore de' due Re non so che avanzi. A me pare bellissima
quella società che in Italia chiamasi per proverbio de' ladri di Pisa.
Il giorno far a pugni, la notte esser insieme. Meno s' adombrerebbe
1' Europa , e meno tenaci misure prenderebbe contro i Borboni , se
gli credesse o disuniti, o disunibili e l'un Borbone renderebbe così
miglior servizio all' altro. Forse così sarebbero temuti meno, e non
c'è mai nessuno ad essere dimenticato e non tenuto. Ibant obscurì
ec. è la maniera di far buon cammino. Ma qui piace lo strepito eia
pubblicità, e l'ostentazione, e il dar da parlar alle donne, ai petits-
maitres, al volgo, e a q uè' che Pitagora condannava al silenzio.
Di Prussia non sappiamo ancora che giudizio fare. Londra ha
gran voglia di farlo finire , e ce n'è speranza.
Veniamo ai Gesuiti. Questo arcivescovo sempre imprudente avea
nominato per predicare alla parrocchia della citta di Versailles un
. ex-gesuita. È vietato loro di predicare se prima non prestano il
noto giuramento Dunque quel buon parroco ha ricusato di lasciarlo
predicare per non farsi un affare col Parlamento , che lo avrebbe
decretato senza meno. S'è impegnato l' arcivescovo , la corte, la ca-
bala, anche il Delfino si è fatto agire, ma il buon parroco è stato
fermo dicendo che la coscienza non gli permetteva di esporsi a do-
ver fuggire ed abbandonar la sua gregge e per uscir d' intrico ha
preso il partito di predicar egli stesso il quaresimale. Sicché ha
preso per ultimo espediente ed estremo il far il suo mestiere , e
il proprio dovere. A buon conto questa si riguarda qui come una
solenne battaglia perduta dai Gesuiti.
PS. Rientro in questo punto in casa da una piccola scorsa ,
che soglio il Lunedì sera fare per saper se nulla e' è di nuovo nella
città, e sono obbligato a correggere il precedente articolo, giacché
mi vien assicurato , che il curato di Versailles avendo esposte al Re
istesso le angustie in cui trovavasi. sia il Re istesso stato quello , che
gli ha consigliato di predicare , e sebbene il curato siasi cercato scu -
sare sulla età grave , ed inesperienza , tanto alle insinuazioni del
Re gli è convenuto cedere. Ma importante assai più è la novella che
ho raccolta della finale decisione del grave all'are di Provenza sui
gesuiti. Ho già scritto a V. E. che da quel parlamento era stato
mandato qui il presidente di Galliffet per giustificarlo dalle atroci
imputazioni fattegli dal presidente d' Eguille. L' affare si e adunque
formalmente trattato nel consiglio di Stato del Re che chiamasi
LETTERE DELL' ABATE GALIANI 39
dfs dépeches , e che riguarda l'amministrazione interiore. La sovra-
na determinazione è sta1 a di farsi sapere al parlamento di Provenza
che il Re restava sincerato sul dubbio amtosi della irregolarità nelle
procedure di quel parlamento. Che le memorie date a lui dal pre-
sidente d' Egt'ille non aveano fatta, nel suo animo alcuna impres-
sione. Che perciò d siderava che su questo non si dassero altri pns^i,
che d"l resto era il Re sommamente contento e soddisfatto della sa-
viezza, zelo ed ubbidienza del suo parlamento d' Aiz. Con questa
trionfale soddisfazione e dichiarazione è volato ad Aix il Galliffet, do-
ve quel parlamento non tarderà a disbrigar i buoni Padri.
Pare da qualche tempo in qua che il Re mostri più apertamente
la sua intenzione. Motus in fine velocior.
Pieno d'ossequio e di rispetto infinito sono
Parigi, 27 Dicembre 1762.
Eccellenza ,
Avrei voluto metter nella d'offlzio le novelle, che sono il solo
oggetto di discorsi politici della settimana; ma per la contrarietà
delle voci e relazioni ho riserbato questo punto alla confidenziale ,
che V. E. mi permette di scrivere.
Dico adunque che la città non parla d' altro che d' una sollecita
marcia di cinque reggimenti, che si mandano verso Clèves sul Basso
Reno Gli comanda un M.r Denri. Il volgo dice . che saranno sotto
gli ordini del Principe Carlo di Lorena. Quindi ognuno disputa, ar-
gomenta , calcola , conclude , e non e' è verso di saper nulla di pre-
ciso nemmen da certi ch'io ho visti, e che per la grandezza del
rango , e degl'impieghi che hanno mi figuravo dovessero saper qual-
che cosa. La sostanza di quel che ricavo di netto è che milleotto-
cento uomini del corpo che era di Freytag, e che Federico ha pre-
so al suo soldo si sono avvicinati a Vesel. Disputatur se abbiano o
no passata la linea di demarcazione ; ma questo non è di gran con-
seguenza. Ora i Francesi sonosi imbrogliati. Loro intenzione era eva-
cuar le piazze del Basso Reno prima della fine dell' anno, e lasciarvi
entrar gli Austriaci , che dovevano trovarsi alla vedetta sulla soglia.
Ma la tardissima Vienna, benché avvisata da quattro mesi non ha
ancor truppa pronta ad entrar colà. Certe poche compagnie si sono
rammassate in Fiandra , ma queste non hanno né polvere , né can-
noni. Ora qui è l'intrico. Tutto quello che è in Vesel di provvisioni
da guerra appartiene alia Francia , ed è un valsente di parecchi mi-
lioni. Lasciarlo colà è un volerlo esporre ad esser domani preso dai
Prussiani, non avendo gli Austriaci forze sufficienti. Donarlo agli
Austriaci è contro al trattato. Portarlo via è lo stesso . che obbli-
iO LETTERE DELL' ABATE GALIANI
par gli Austriaci a non impegnarsi a sostener quelle piazze. Non
so come questa scena comica finirà Ma Londra che non vult mor-
tem della peccatrice Vienna , sed ut convertatur et vivat , appia-
nerà forse le cose , e forzerà Prussia a far la pace.
Del resto sento , che qui la negoziazione cammini con felicità.
Stanley non lo indovino affatto. Sicuramente affare lo tu menato qui,
ma quale non saprei dirlo , e sicuramente bisogna che il segreto ne
sia stranamente osservato, altrimenti ne sarei venuto a capo.
Non vorrei parlare di Gesuiti per non rivangar idee triste , e
ferali. Vede bene V. E. dalla sentenza di morte di cotesto disgra-
ziato abbate Ringuei che la razza de' mostri non è ancor estinta qui.
Un altro consimile affare d' un che veramente era gesuita si sta ap-
purando. Il processo si tli a Bar-sur-Leine. Un gesuita Patouillet pa-
rimente Piccardo come il Damiens , e che questo abate Ringuet ha
chiamato ed indiziato , arripuit fuganti .
Tutti i buoni Francesi desiderano, che questa faccenda de' ge-
suiti si sbrighi , e che escano essi da ogni speranza di rientrar qui,
altrimenti ci sarà sempre da temere degli effetti stranissimi e or-
ribili d'un fanatismo incomprensibile, che essi sanno ispirare.
Il gesuita Griffet autore d' un sediziosissimo libello intitolato
Mes cloutes dicesi decretato di carcerazione e fuggito in Lorena. È
scandaloso che quel buon Re dia asilo a sì fatta razza d'uomini.
Ma tale è la possanza de' gesuiti. Non ne parliamo più.
Vedremo come Aubeterre uscirà d' intrico in Roma. Egli per
altro cerca di restar ancor un anno qui.
È uso de' signori Francesi di far tutti gli impieghi restando nel
recinto di Parigi. Vescovi, intendenti, generalissimi, ambasciatori,
e tutti infine gl'incaricati di commissioni restano qui, tirano i
Soldi,, e sul numero de' soldi contano gli anni di ciò che essi chia-
mano servizio.
Dicesi M.r de Guerchi destinato ambasciatore a Londra subito
che la straordinaria missione di Nivernois sari finita.
Parigi, 3 del 1763.
Eccellenza.
Mi ha detto Cantillana, che V. E. gli parlava nella sua confi-
denziale di ciò , che io avea avuto l' onore di scriverle toccante ;t
due articoli del patto di famiglia: e mi ha chiesto comunicazione di
quanto io ne avea scritto a V. E. Fortunatamente di questa lettera
mi era restata copia ( il che non voglio lare delle altre mie che
scrivo a V. E. perchè non mi pare che esse lo meritano).
Ho dunque date in carne e in ossa a leggere a Cantillana queste
tali riflessioni, e mi rimetto a ciò ch'egli ne avrà detto a V. E. il
LETTERE DELL'ABATE GALIANI 41
che io non so, non avendo da quattro giorni in qua visto l' amba-
sciatore se non che alla sfuggita, giacch2! egli da una parte è andato
girando, e correndo a Versailles , e io dall'altra sono stato obbligato
a guardar la camera e il letto r>er gli acuti dolori che qui chia-
mano colici, elio la costipazione prodottami dall'orribile freddo mi
ha causati. Sicché sulle materie di finanze e privilegi non dico più
altro. Se Durefort la tormenta sulla tariffa de' panni inglesi e fran-
cesi . credo che non potrà dire, che questo abbia connessione veruna
col patto dì famìglia, il quale non riguarda altro che i Borbonisti
e non le altre nazioni. Del resto la grazia che eirli chiede d' aumen-
tarsi le dopane agl'Inglesi sarebbe una grazia facilissima a conce-
dersi se gì' Inglesi non ne avessero ad andare in collera. Per noi non
ci sarà mai male che le merci straniere siano caricate di dazi foni.
Se poi egli chiede che si sbassino le dogane ai Francesi . dia altret-
tanto a noi con far sbafare i dazi delle merci napoletane in Fran-
cia. Se le stoffe napoletane non pagassero altro che un terzo di più
in Francia, di quel che le francesi pagano (anche attualmente) a en-
trar in Napoli , noi ruineressimo il commercio di Lione. Ma i Fran-
cesi vogliono sempre tutto avere o per forza, o per amicizia, e mai
nulla dare Essi si sono messi in capo di distruggere affatto il na-
scente commercio delle Sicilie , e ridurci a tale che non comparisca
neppur un legno nostro ne' porti di Provenza. Non e' è angheria né
spezie alcuna d'avania che non facciasi colà ai poveri Napoletani. Ne
domandi V. E. al povero Hombrados. Mi ha scritto di colà il Con-
sole spagnuolo, che avea più taccoli e guai il solo Hombrados. che
non tutti i Consoli esteri che son colà, presi insieme. Tutto si fa
con dispetto, tutto si prende per la punta, ninna agevolezza, ninna
attenzione. Questo dirà V. E a Durefort quando le cerca un discapito
del reale erario: una introduzione di generi esteri, che distrugge
le nostre industrie e manifitture. e porta via il nostro poco danaro.
Ma veniamo a discorso di nuove indifferenti , perchA questo di-
scorso che riguarda noi mi nuoce.
Non é sicuro, che Clemente avrà Paderbon. L'Albanino ha man-
cato al suo dovere , non credo per piacere a Torrigiani , ma a Vienna
la quale appoggia il Colo mense, e non si cura della famiglia Sassone.
Qui si è avuta rabbia, che i ciroli di Baviera, e di Sv<
siansi determinati prima di dar tempo agli uffìzi che si volevano
passare. Ma que' principi dèli' Imperio dicono che non c'era tempo
da perdere , e che i Francesi ne parlavano a bell'agio, mentre essi
si scottavano le dita.
\vra V. E. visto nella Gazzetta di Madrid la represaglia fatta
eontro la Gazzetta di Parigi . che per grosso abbaglio avea messo
Londra innanzi Madrid nel pubblicar i preliminari. Non so cosa se
ne sia detto qui, perchè fin da sabato Grimaldi andò a Versailles, e
42 LETTERE DELL' ABATE GALIANI
stante l'indisposizione del Re non è per anche tornato. Dio voglia ,
che questo piccolo non abbia a guastar cose grandi.
L'altra piccola disputa tra Londra e Portogallo, che voleva al-
ternare, la sento Anita coi cedere il Portogallo a questa pretenzione
che non avea esempio che l'autorizzasse.
Accludo a V. E. un importanti' e curioso Mandement del ve-
scovo ili Soissons. Egli è solo , che (inora in sententiam ivit del
Parlamento. Dicono che Canossona lo imiterà. Ma tutti gli altri gri-
dano, e gli riguardano come eretici e apostati dall'uniti della chie-
sa. Un vescovo di Lavaur ha fatto un Mandement così pazzo in favor
de' Gesuiti, che poco ha mancato che non dicesse esser tutte cristiano
e sante le proposizioni, che s" imputano ai moralisti gesuiti. Il Par-
lamento ha brugiato al solito questo Mandement.
Mando parimente a V. E. un arresto del Parlamento di Dova
non meno curioso. Ivi sono amici de' gesuiti , ed hanno creduto ren-
der loro servizio, ma in sostanza hanno dedotto in patrimonio
l'avere dei gesuiti in Fiandra. Lo hanno certamente così salvato
dagli artigli de' creditori. Ma 1' hanno conservato ai gesuiti ? Questo
non crederà chiunque è pratico delle deduzioni in patrimonio , e sa
che gli artigli dei Paglietti sono anche più tenaci di quei del nemico
attore.
Stanley ripartirà di qui il dì 21 a quanto dice. Cosa sia venuto
a fare è per anche un mistero per me.
Credo che si sia convenuto con Londra di far prolungar la di-
mora de' Francesi a Vesel per non entrar in altri impicci , ma que-
sto basterà a Vienna per svogliarsi dal concluder presto la pace.
Ogni piccola lusinga basta a quel Gabinetto per farlo determinare
al temporeggiare e alla lentezza a cui è naturalmente portato.
Credo aver scritto a V. E. che Puisieux si è ritirato da tutti
i Consigli, e dagli affari. Già non è più sull'almanacco.
Quel che li miei compagni Erculei domandano credo che sia un
equivoco nato da ciò che vengo a dire a V. E. Il conte di Caylus
acquistò tempo fa i disegni originali fatti da Pietro Santi Bartoli
delle pitture antiche del sepolcro de' Nasoni ec. Questi disegni sono
con tutti i colori quali erano sull'intonaco antico. Caylus amantis-
simo delle antichità p nsò a far avere a' suoi amici copie di questi
disegni coloriti. Ha dunque fatti incidere di nuovo questi disegni (che
già il Santi Bartoli egli stesso aveva incisi, e che si trovano nella
calcografia di Roma) , e l' incisione di Caylus non consiste in altro
che nel solo tratto e contorno esteriore. Ha poi fatte esercitar certe
ragazze d'un convento a metter i colori su questi contorni con tanta
diligenza, che in verità tra il disegno originale del Santi Bartoli, e
le copie, che queste ragazze ne fanno è quasi impossibile distinguere
le differenze. Siccome il lavoro ò fatto da femmine , costa l' opera
LETTERE DELL' A BATIC GALIANI 43
assai meno che se fosse fatta da pittore , o miniatore di professione.
Or dunque a questo modo ci sono stati parecchi curiosi e Francesi ,
e Inglesi, che si sono fatte fare simili copie de' detti disegni di Santi
Bartoli. Credo che il Duca di Noja ne portasse via anch' egli un
esemplare. Caylus domi l'inciso, ma il colorito bisogna pagarlo a
queste monachetto, e credo, che per quindici luigi si abbia tutta
1' opera , che è di trenta o quaranta stampe se non erro. Casochè
V. E. volesse che la biblioteca del Re ne acquistasse un esemplare
me ne dia gli ordini, perchè Carlus certamente si farà un piacere
di dare questi disegni, che non si vendono, ma sono da lui donali.
e poi si daranno a miniare-
Ad imitazione di questi disegni di Santi Bartoli, avendo il me-
desimo conte di Caylus tatto disegnare con esattezza il famoso Mo-
saico Prenestino , e datolo ad illustrare all'abate Bartelemy, ha vo-
luto oltre al rame ordmario, che è nell'opera, farne fare un altro
parimente co' soli tratti principali del contorno , che poi ha fatto
miniare co' colori stessi , che sono nell'antico mosaico , ed ha donato
queste stampe così fatte a varii suoi amici. Or qualche inesperto
avendone viste più d' una, si sarà creduto che fosse posto per virtù
di stampa e non di pennello quel colorito. Ecco quel che avrà data
origine alla credenza d' una nuova invenzione. Del resto la stampa
non ha fatta qui altra scoperta moderna, che quella d'imitar per-
fettamente il lapis rosso o nero. Antica è quella d' imitar colla stampa
in legno i disegni d'acquerello anche di tre colori. Le famose pitture
de' trionfi di Cesare di Andrea Mantenga erano state così pubblicate
cento anni fa quando si fece la prima scoperta di questa singolare
invenzione , che essendosi poi obliterata , lo stesso Caylus 1' ha ri-
mesca in moda venti e più anni fa quando egli stesso si divertì a
dare in luce i disegni di Raffaello , e d'altri gran pittori , che sono
in quella gran raccolta di stampe che chiamasi le Recveil de Crozat.
Credo che tutto ciò sia notissimo a V. E. Notissimo le è egualmente
eh' io sono con infinito ossequio e rispetto di V. E.
Parigi, 10 gennaio 1763.
Eccellenza.
Adesso sì che posso intuonare ben il cantico del vecchio Simeone.
La corrente settimana servirà d'epoca ai secoli avvenire. Il trattato
definitivo che sarà segnato mercoledì , mette fine alle nuove e alle
faccende grandi ed esterne. Sento che il portoghese Mello assumerà
il caratterr di Ambasciatore per sottoscriverlo. Non so come la di-
sputa della sua alternativa siasi accomodata. So che nò Francia , né
Londra hanno voluto concederla: ma non so il mezzo termine qual
sia. Poco mi resta ad aspettare pei- uscir dall' ignoranza.
Gli affari del Coromaulel furono l'oggetto della missione di
Stanley, come poi si è saputo. Questionavasi quali lòssero i confini
44 LETTERE DELL'ABATE GALIANI
di ciò che volevasi chiamar golfo di Bendale, e ciò che no. Era
questa disputa presso a poco simile a quella che faceva due anni fa
Piti sul confine del Canada e della Luisiana, e credo che in circa la
Francia abbia accomodata questa come ha aggiustato quella. Cedere
è una maniera facile d'aggiustarsi. Anche sulla quantità di truppe
da mandarsi all'isole Americane-Francesi si è disputato un poco,
e poi si è venuto ad accomodamento. Insomma sento dire, che tutto
è aggiustato e perfetto. Dio sia lodato.
L'altra epoca della settimana che mette parimente fine airli af-
fari interni è la voce del Re che ha scritto 1' epitafio sepolcrale. sulla
tomba de' gesuiti. Siccome viene lo stampato assai curioso, cos'i non
diro altro. Provenza ha sentenziato definitivamente nei giorni pas-
sati. Resanzone ha cominciato dal bruciai' le Memorie del presidente
(V Er/vìlle . e in questo mese finirà la faccenda come anche Tolosa.
Gli altri due Grenoble e Pau si sbrigheranno ora con sollecitudine
essendo stati avvertiti , che il Re vuol uscir quanto citius da questa
noja. 11 papa piangerà , ma il poter far bene ai nipoti è una gran
consolazione ai vecchi zìi quando gli amano. Quel camarlingato , e
quel gran priorato sono venuti a tempo per questo.
Hanno voluto qui i Gesuiti metter fuoco ai Benedettini, tra' quali
gli abati sono perpetui come il generale de' Gesuiti. Ma il Parla-
mento ha sventata la mina con un arresto brugiatorio del libercolo,
che si faceva correre, e si è impresso anche un discorso d'un par-
lamentario che contiene un elogio amplissimo de' Benedettini , e che
fa conoscere patentemente , che il Parlamento non ha tanta voglia
di distruggere la religione, e il Cristianesimo, quanto dicono, ed
esclamano i Gesuiti in Roma, e in quegli altri paesi dove si ha an-
cor la disgrazia di prestar loro o fede, o almeno orecchio.
Sicché dunque , novelle non aspetti ora più da me V. E altro
che della càbal saluti de Zos Reyes.
D'affari posso incirca dir lo stesso. Ninno ne resta pendente.
Tutto ho finito, e tutto con felicità dacché son qui fuorché due prese
marittime. Si Peri/ama dextra ec. Ma in materie d'interessi con
questi Francesi non e' è verso. I carcerati a Marsiglia, e il preso abi-
litato di Borgogna hanno più felicemente avuto quel fine, che V. E.
aveva desiderato. Sono io ora adunque in istato di pensare alla fine
a sloggiar da un paese che mi vuol morto, o cieco. Temo più questo
che quello, sì perchè credo maggior male la cecità, che la morte,
sì perchè da cinque o sei mesi in qua il mio antico male d' occhi è
talmente cresciuto che il timore divien serio, e pur troppo ben fon-
dato : Ma non voglio questa sera annoiar su ciò V. E.
Parliamo di quel che più importa. 11 rammarico che ebbi dal
sentir l' eccedente soddisfazione data all' ambasciatore Cristianissimo
perchè il suo guardaportone volle impedire ai ministri del Re il
passar per le strade che sono del Re, a fare l'uffizio loro santis-
LETTERE DELL* ABATE GALIANI 15
simo di eseguir gli ordini della giustizia, e travagliar al riposo, e
sicurezza connine, e dello stesso ambasciatore ini ò stato consolato
da ciò che due settimane sono V K. scrisse, a Cantillana della car-
cerazione d'un guarnamentaro (1) che aveva ardito impedir il corso
alla giustizia col mostrare alio scrivano quegli stessi gigli d'oro,
mio l'arme del nostro Re. Non occorre eli' io dica a V. E. che
qui se un ambasciatore si sognasse o di dar patenti <> di bastonar
sbirri che passano avanti la sua casa, non solamente irriterebbe il
ministero , ma sarebbe tenuto per un pazzo frenetico da tutta la
nazione, e sarebbe sibilato, e detestato a segno, che bisognerebbe
se ne l'uggisse via. Dio volesse che la nazione nostra fosse eulta e sag-
gia a questo segno ed affezionata alla sovranità: ina la contagiosa
vicinanza di Roma fonte d'ogni delirio di ragione, ci ha guastali.
lo son sicuro che ci sono in Napoli ancora cento , e mille persone ,
che non solo ammirano un ambasciatore bastonatore e patentante .
ma compiangono que' tempi in cui ogni baronuzzo faceva altrettanto.
V. E. che ha guarita timi a parte di questo nostro male faccia levar
quelle ridicole armi di sua Eminenza , o del Nunzio , e tòrse anche
del cappellano maggiore che sporcano case e botteghe. Io mi ricordo
che mio zio ebbe pena grandissima a persuadere al suo venditor di
calzette di non tener le auguste armi di casa Galiani sulla bottega.
Uh vituperio! Non mi scorderò mai, che nel partir da Napoli 1' ul-
tima casa che vidi al borgo di S. Antonio fu una dove sospese erano
l'armi Sersale , e seppi che ivi dimorava un chirurgo il quale avea
per questo emblema voluto mostrare al pubblico l'insigne onore
ch'egli godeva. di mettere il braghiere a Sua Eminenza. Se l'acci-
dente nuovamente occorso servirà a purgar Napoli da questo resto
di .Masaniello e di provincia, e d'anarchia baronale e pretale, bene-
dirò Durefort, e le bastonate date agli sbirri.
Santissimo e F editto nuovamente fatto. Ma prego V. E. a riflet-
tere, che se con rigore si eseguirà forse ne resterà distrutta la no-
stra marina. Sarò lòrse un poco lungo a spiegarmi , ma abbia la
bontà V. E. di sentirmi.
Il commercio delle due Sicilie si fa tutto con rilucile , e legni
piccoli , che non hanno sessanta tonnellate di capacità. Ogni feluga
ha tra i sette, o i dieci uomini, e talvolta più d'equipaggio. Con
egual numero di gente gli Olandesi etc. fanno andar un vascello di due
o trecento tonnellate, e con sedici o diciassette uomini va un va
di cinquecento. La grandezza di questo carico adunque può ben for-
nire alle spese e nutrimento della gente. Ma una fìluchetta che può
mai portare (a meno che non sia carica di diamanti) che basti a
fornir a proporzione le spese all'equipaggio, e il profitto al mer-
cante? Quel guadagno adunque che il commercio non dà, lo da il
(1) Guarnamentaro in dialetto napoletano significa sellaio.
4C) LETTERE DELL'ABATE GALIANI
contrabbando. Se questo si toglie , filughe non aneleranno più per lo
mondo , perchè in generale non può tornar conto a metter dieci uo-
mini per portar quaranta o cinquanta tonnellate di roba , mentre
il forestiero con egual gente ce ne porta a noi tre o quattrocento.
Bisogna adunque privilegiare il nostro commercio. Bisogna imitare
le nazioni savie Inglesi, Olandesi, Francesi etc. che o proibiscono, o
mettono una imposizione , almeno del cinque per cento , su tutte le
mercanzie di qualunque sorte , che saranno portate nei nostri porti
da bastimenti non nazionali.
Il profitto di questo dazio potrà poi servire ad alleggerir quelli
che sono sull'estrazione di qualche genere nostrale. 11 vino sarebbe
il più necessario a lasciar estrarre. Benissimo più di tutto sarebbe
abolir l' arrendamento dell'acquavite, e farne far commercio. Ma
quidquid sit di ciò , sempre in generale è necessario far che un
dazio scoraggisca gli stranieri dal portar ne' nostri porti non solo
le merci loro , ma talvolta quelle del Regno nostro stesso, o della
Sicilia a Napoli. Allora navigheranno i Napoletani con navi grosse
non più a remi , ma a vela , e allora si potrà dire, che noi avremo
un commercio; fin ora non abbiamo altro che contrabbando , che ci
fa sussistere. Una delle ragioni, che ha fatto abbandonare il vero
commercio , il quale non può farsi con profitto altro , che colle navi
onerarie a vela, e ci ha fatte prediligere le lìburie a remi, è stato
il timore de' Turchi dei quali una filuca scampa assai meglio , che
una nave. Sicché bisogna tener bene espurgati i mari nostri. Allora
vedrà V. E. crescere le navi grosse, e cessar le filuche. Ma finché
fìluche vi saranno , vi sarà contrabbando e nel Regno , e negli Stati
altrui, perchè il contrabbando è consunstanziale alla filuca. La filuca
rade la terra , sbarca da per tutto , scende la gente senza sospetto
sempre a terra, finge a sua voglia sempre timore di Turchi, e di
tempesta. Non così la tartana, la quale cerca sempre l'alto mare e
il vento, non approda se non in rade, o in porti, luoghi frequen-
tati, e custoditi dalle guardie: non dorme la gente a ttrra, e se
butta la lancia per mandar in terra tutto il mondo lo vede. Non
dico di più perchè V. E. mi capirà meglio, ch'io non so spiegarmi,
ma concludo, che bisogna nettar i nostri mari, favorir le tartane
più che le filuche, e le nostrali più che le straniere con un'imposi-
zione, di cui non potranno gli stranieri lagnarsi perchè hanno la si-
mile ne" loro paesi.
Scusi V. E. il tedio, che le do, e mi creda pieno d'ossequio e
di rispetto infinito.
Parigi, 7 febbraio 1763.
POMPEO NERI
Mi è sembrata sempre cosa oltremodo utile lo studiare
la vita di qaegli uomini illustri, i quali, sotto i primi due
Granduchi della Dinastia Lorenese, cooperarono tanto a rialza-
re la Toscana dal decadimento indicibile cui erasi ridotta du-
rante il Governo dei Medici. Ho procurato perciò di met-
tere meglio in luce la vita di un uomo che, mentre vi ebbe
parte forse maggiore di ogni altro, è stato, ciò non ostante,
pressoché dimenticato. Voglio parlare di Pompeo Neri.
Quantx) è stato scritto circa di lui è ben poco. Lo Zobi
ne parlò nella sua Storia Civile e nel suo Manuale
degli ordinamenti economici vigenti in Toscana ; però qua-
si sempre incidentemente. Oltre le notizie che ne dettero
alla morte di lui le Novelle Letterarie di Firenze (nel
N.° 43 del 1776) , notizie ristampate dal Custodi nella sua
Raccolta degli Economisti, si ha un Elogio che ne scrisse il
Professor Angelo Ridoltì. Quest' Elogio, sia per essere stato
pubblicato nei primi anni del presente secolo, e quindi scritto
col metodo che si usava allora nelle biografie, cioè con molte
parole d'ammirazione e poco racconto di fatti, sia perchè tratta
delle Opere del Neri più che della sua vita, la pone in luce
assai scarsamente. Ed in fine il Pecchio nella Storia del-
l' Economia Pubblica in Italia ne ha scritto qualche cosa,
ma di pochissima importanza per noi , poiché , ciò che egli
dice, si trova quasi tutto ripetuto nelle opere dello Zobi.
Del rimanente si può dire non vi sia altro , poiché qualche
notizia che se ne trova in altre opere é cosa di minimo conto.
Continuano ad esser citate con onore anche da insigni
economisti stranieri le Osservazioni del Neri sul prezzo le-
gale delle monete; ma gli altri suoi scritti, non che la sua
vita, restano pressoché ignorati.
Come frutto di tutte le mie ricerche avrei sperato tro-
vare un numero maggiore di documenti; però un complesso
(*) Il presente studio è il primo lavoro d' un giovane. Noi lo pub-
blichiamo di buon grado, parendoci che FA. dia già di se buone pro-
messe. La Direzione.
48 POMPEO NERI
di circostanze poco propizie ha fatto sì , che , toltone ciò che
può aversi dai pubblici Archivii , e sopra tutti dall'Archivio
di Stato di Firenze , quasi nient'altro si trovi presso quelle
famiglie , le quali sarebbe stato da credersi possedessero do-
cumenti relativi al Neri, quelle cioè discendenti, sia da un
fratello di Pompeo (giacché questi non ebbe moglie), sia da
una sorella di lui. Presso quelle famiglie, per quanto io
conosca, non si conserva che qualche manoscritto delle tante
opere del Neri.
Capitolo I.
Notizie sulla famiglia Neri, e in particolare sopra Giovanni e Bonaventura. -
Nascila di Pompeo. - Sua istruzione nel Seminario di Siena, - e uel-
l'Universilà di Pisa. - Vi è nominalo Professore di Dirillo Pubblio.
La famiglia Neri era di Castel Fiorentino, ma aveva
però casa anche in Firenze , e precisamente in via Mozza.
Un tal Giovanni Iacopo Neri ebbe due tìgli : Giovanni, e
Giovanni Bonaventura. Questi (nato il 15 Agosto 1657) (1)
fu il padre di Pompeo.
Era Giovanni un medico peritissimo della scuola del
Redi (2), amabile di carattere, saggio, buono. A lui era
stata confidata la cura della vacillante salute di Ferdinando,
primogenito di Cosimo III, principe dal quale i Toscani
speravano la loro salvezza. Morì Giovanni in quell'età che
suol essere la metà della vita (3), impedito così dalla morte
di giungere ancor più in alto nella sua splendida carriera.
Giovanni Bonaventura invece nel 1683 (4) incominciò
ad insegnare Diritto Civile nell'Università di Pisa. Ivi ebbe
(1) Questa data si rileva dal « Libro dell' Età dei Cittadini di Vol-
terra ». Era questo un Registro ove venivano segnati i cittadini che
potevano aspirare alle onorificenze e alle cariche della Magistratura.
2 Kosi Mons. Giovanni Fabroni « Historia Academiae Pisanae ».
Pisa , 1795. Voi. Ili; pag 300 in nota.
(3) « In med o fere aetatis et fortunarum suarum nursu extincto*
Così si legge in una epigrafe che trovasi nella cappella gentilizia della
famiglia Neri ; cappella che fa parte dulia Chiesa di S. Giuseppe in Firenze.
(4; Ho stabilita questa data in quell'anno, quantunque il Fabroni.
Hist. cit. , dica, a pag. 300, che Bonaventura incominciò ad insegnare
nel 1683 , ed a pag. 683, che cominciò invece nel 1686 , perchè non può
POMPEO NERI 19
campo ili mostrare quanto fosse dotto, e come sapesse con-
giungere alla dottrina ogni più bella virtù. Ciò che si trovava
in luì maggiormente degno di lode rispetto alla materia che
insegnava, era la purezza delle t'unti dalle quali attingeva le
proprie dottrine. Non le traeva egli punto, come soleva la
maggior parte dei suoi colleghi, da una « farragine di le-
ti, e da una accozzaglia di opinioni opposte fra loro,
« e molte volte contrarie alla integrità dell'antico diritto,
« al buon senso ed alla stessa verità » (1), ma inalzandosi,
siccome fa il vero sapiente, al di sopra delle norme del se-
colo , le studiava nelle pure e antiche fonti del diritto. E
.tanta era la fama che egli si era procacciata in questo inse-
gnamento, che il celebre Francesco Redi scriveva ad un suo
amico essere egli « il più bravo istitutista di tutti » (2).
Rimasto Professore a Pisa fino al 1689 fu da Cosimo III
Dominato Giudice ordinario in Siena, poi Auditor di Rota
nella stessa città, e chiamato quindi collo stesso grado nella
Rota Fiorentina; carica che sostenne per lo meno fino
al 1714 (3) e poscia fu nominato Consigliere del Granduca
per gli affari di Giustizia e Grazia: posto che occupò fino
al 1737, tempo in cui morì Gian-Gastone (4).
essere che ciò avvenisse in quest'ultimo anno, quando siamo certi che
nel 1685 si distingueva già nell'esercizio della cattedra.
(1 Questo passo e tutte le altre notizie circa l'ufficio di Professore
sostenuto da Giovanni Bonaventura, sono tratte da un Elogio che 1' illu-
stre Prof. Giuseppe Averani fece, secondo il costume di quel tempo , a
Pompeo Neri allorché questi si laureò , e del quale il Fabroni trascrive
una parte a pag. 300 dell' Hist. cit. V intiero Elogio avrebbe avuto un
interesse per questo lavoro . ma non ostante le mie ricerche, non mi è
stato possibile trovarlo ne nell'Università di Pisa, ne nell'Archivio di
Stato di questa città, nel quale furono trasportate tutte le carte di quel-
lo Studio. Ciò sarà dipeso dal non esservi l'uso di depositare i mano-
scritti di simili Elogi nell'Archivio dell'Università.
(2) Queste parole si leggono in una delle lettere di Francesco Redi
a Donato Rossetti , pubblicate in Pisa nel 1685.
(3) Ciò si rileva dalla epigrafe accennata, nella quale è detto che fu
posta nel 1714 da « Io. Bonaventura Nerius Badia Florentinae Rotae
Auditor ».
(4) Il solo Fabroni a pag. 300 della sua Hist. ha scritto esser Bona-
ventura morto nel 1742. Nel libro d'oro che trovasi nell'Archivio di Stato
in Firenze , è detto invece che Bonaventura mori il 25 marzo 1752. La
data vera non poteva stabilirsi che trovando la fede nei registri mor-
Aroh., 3." Serie , Tom. XXIV. 4
50 POMPEO NERI
In questa lunga carriera ebbe Giovanni Bonaventura
occasione di decidere molte e importantissime cause, di dare
responsi sopra questioni legali; e queste e quelli furono
pubblicati per la prima volta in Firenze dal 1769 al 1776.
Quanto a questi responsi e decisioni , dice il Ridolfi (1)
che erano al suo tempo conosciute anche fuori d' Italia. Il
Fabroni (2) nella sua Storia, scritta sul finire del secolo
passato, dice che erano ritenute di tanto peso da far sì che
secondo quelle si decidessero le liti. Anche Giovanni Lami
le elogiò grandemente nel suo celebre Giornale le Novelle
Letterarie , tanto nel 1770 allorché fu pubblicato il 1.° to-
mo (3) quanto nel 1776 in cui si pubblicò il tomo 2.°, coll'ag-
gmnta delle decisioni ed altri scritti di Pompeo Neri (4).
Le più importanti fra quelle decisioni sono due; la prima
relativa all'eredità di Margherita Luisa moglie di Cosimo III;
la seconda rispetto alla dote della Principessa Anna Maria
figlia dello stesso Granduca. Tali due questioni avevano un' im-
portanza grandissima, non solo per le parti che vi erano in-
teressate, ma anche per le conseguenze internazionali che
ne derivavano ; e la loro decisione avrebbe potato portare
gravi dissensioni fra la Toscana ed altri Stati.
La moglie di Bonaventura fu Cammilla, figlia di Ascanio
Venturi, patrizia Senese, da lui sposata nel 1705. Intorno
ad essa nulla posso dire se non che morì verso il 1752,
come accennerò a suo luogo.
Da questo matrimonio nacque Pompeo (5), il 17 Gen-
naio 17u6, in Firenze, fu battezzato il dì 19 dello stesso
mese coi nomi di Pompeo, Antonio, Filippo, Maria, ed eb-
be per compare il Principe Ferdinando, primogenito di Co-
tuarii depositati nell'Archivio della Curia Arcivescovile di Firenze , ma
in quelli non mi è stato possibile trovarla.
(1) Il Prof. Angelo Ridolfi insegnante letteratura tedesca nell' Uni-
versità di Padova, pubblicò nel 1817, come accennai, un Elogio di
Pompeo Neri. (Tip. Bettoni).
(2) Hist. cit, Voi. III., pag. 300.
(3) Vedansi « Novelle Letterarie », n. 29. (Firenze 20 luglio 1:70).
(4) « Novelle Letterarie », n. 42. (11 ottobre 1776).
(5) Ecco l'albero genealogico della famiglia Neri cominciando da
Giovanni Iacopo e andando fino alla sua estinzione. E desunto in gran
parte dal libro d'oro accennato di sopra , giacche, come dirò a suo luo-
go , la famiglia Neri fu, nel 1762, dichiarata nobile Fiorentina.
POMPEO NERI
51
simo III i^l). Né questi per certo avrebbe allora creduto che,
spentosi ben presto in lui uno dei pochi membri della sua
casa, il quale dava speranza di divenire un principe saggio,
sarebbesi estinta la Dinastia Medicea, ed il suo figlioccio
avrebbe avuta parte grandissima nel riparare al male fatto
alla Toscana da quello sciagurato Governo.
Giovanni Iacopo
f "
Giovanni © 1714
r
Pompeo
n. 17 Genti. 1706
>B 15 Sett. 177(1
Aud. Giovanni
n. 11 Maggio 1714
s. 25 Ott. 1768 a
Laura di Raffaello
Bertini Capitano
® 23 Maggio 1805
T
Filippo
n. 21 Marzo
1720
Gio. Bonaventura s. 1705
a Camilla Venturi Senese
^
Francesca (*) Piera Maria Caterina
s. 1732 a Silvio
di Pandolfo Pe-
trucci di Siena
Ferdinando
s. 11 Ott 1822 a
Gaetana del Cav.
Giannozzo da Cep-
pare! lo , rimasto
vedovo 25 Apri-
le 1806, © 30 Giu-
gno 1822
Giovanna Laura
n. 24 Marzo 1806
s 10 Sett 1822 al
Cav. Fiero Maset-
ti *2i Lug. 1827
(*) Come si vedrà in seguito, si può tener per certo che la fa-
miglia Spannocchi di Siena fu erede del patrimonio di Pompeo Neri,
avendo questi (diseredato il fratello Giovanni) istituito erede l'altro fra-
tello Filippo, con sostituzione, in mancanza di prole, della sorella Fran-
cesca. Si rileverà pure come questa sorella di Pompeo fosse maritata in
casa Spannocchi. Nell'albero genealogico trascritto di sopra dicesi invece
essersi i ssa maritata con Silvio Petrucci. Quindi è forza credere che ri-
manesse vedova, e sposasse in seconde nozze uno Spannocchi.
(1) Nei registri battesimali che sono nell'Uffizio dell'Opera di Santa
Maria del Fiore in Firenze , è notato che il Principe Ferdinando, come
compare ili Pompeo, si fece rappresentare dal Cav. Lorenzo Marsuppini.
Fino ad ora l'epoca della nascita di Pompeo non era stata precisata da
coloro che ne scrissero , indicandola avvenuta, chi nel 1706 e chi nel 1707.
11 Fabroni nell' Op. cit. dice , (e non so su qual fondamento) che Pompeo
nacque il 14 febbraio 1707.
52 POMPEO NERI
Pompeo ebbe la prima istruzione nel seminario di Siena,
quantunque in quel tempo, che ritengo essere stato dal 1715
al 1722, la famiglia Neri dimorasse in Firenze. Le materie
che s'insegnavano allora in quell istituto venivano divise in
diversi stadii portanti questi nomi: primi elementi, gram-
matica, umanità, rettorica, filosofia e teologia (1). Quanto
egli profittasse negli studii, lo prova il fatto che a soli 17
anni, cioè nel 1722, potè essere ascritto fra gli studenti del-
l'Università di Pisa.
Gli anni di studio erano cinque, e assai poche le ma-
terie che vi s' insegnavano, giacché a quel tempo non s'impa-
rava nelle scholae junstarum che il Diritto Feudale, il Di-
ritto Civile, ossia quello Romano, il Diritto Canonico e quel-
lo Penale.
Il Neri, dopo che ebbe compiti 4 anni di studio, do-
mandò al Granduca, con una sua supplica del Marzo 1720.
la grazia di potersi addottorare un anno avanti il tempo
prescritto ; e siccome tutti i Professori attestavano aver egl i
le cognizioni necessarie, perciò di lì a pochi giorni gli ven-
ne concesso ciò che aveva domandato (2).
Appena Pompeo si fu laureato venne con motupropri)
del 6 Novembre 1726 (3) nominato Professore di Diritto
Pubblico a Pisa. Ora certamente doveva il Neri, come
studente, essersi già acquistata una bella fama, se a 21 an-
no fu nominato Professore d'una materia così diffìcile ed
(1) II tempo durante il quale il Neri stette nel Seminario di Siena,
credo sia stato dal 1715 al 1722, essendo cosa certa cho Pompeo andò
all' Università a 17 anni, cioè nel 1722, e presumendo che entrasse in
Seminario nell'età di circa 9 anni. Per quante ricerche srentf quivi state
fatte, non fu possibile trovare alcunché relativamente al Neri. Ho potuto
semplicemente avere la divisione sopraccennata delle materie di studio
e quella dei respettivi insegnanti nel decennio 1710-1720 Lettore di
Teologia, P. Lorenzo Marc' Antonio Mascambone Agostiniano ; Lettore
di Filosofia, D. Placido Caparelli da Napoli, cui successe durante il de-
cennio stesso il Rev. Domenico Valentini, che insegnò pure Legge ; Mae-
stro di Rettorica, Rev. Ferdinando Mannotti; Maestro d'Umanità, Rev.
Venanzio Brogi; di Grammatica Rev. Lazzaro Sani; dei primi elementi ,
Lorenzo Rocchi.
(2) Ho rilevati questi fatti dalla supplica del Neri, e dalla relativa
risposta che si trovano nell'Archivio di Sento di Pisa.
(3) Questa data si rileva 'lai motuproprio di nomina trascritto dal
Fabroni nella sua Storia.
POMPEO NERI Od
importante non solo, ma anche assai nuova, giacché era la
prima volta che si istituiva in Toscana tale cattedra, che
il Neri fu il primo, e, per quell'epoca, l'ultimo ad occupare.
Questa fatto ha un'importanza grande non solo per il Neri
particolarmente , ma per la Toscana, giacché non vi sarà chi
non si meravigli al vedere, in quel tempo e sotto l'ultimo
dei Melici . istituirsi una cattedra per una materia allora
tuti "altro che ben vista dai Principi , e che soltanto dopo
più di un secolo potè essere senza difficoltà, ed anzi con
molto amore, insegnata pubblicamente. Ma la meraviglia
diminuirà allorché si rifletta che forse quella risoluzione di
Gian Gastone non fu punto causata da id e liberali, e che
invece può essere stata presa per volere egli che del Diritto
Pubblico s' insegnassero specialmente alcune dottrine le quali
avessero potuto servire all'appagamento dei di lui desiderii
nella successione al trono di Toscana (1).
L* insegnamento di quella materia fu generalmente gra-
dito, se si deve credere ad un contemporaneo il quale scri-
veva : « E cosa degna d'approvazione l'aver pensato a prov-
« vedere l'Università di Pisa della cattedra di Jure Pubblico.
« e se i giovani più premurosi voglion sapere d'onde poi
« derivi l' Ius Positivo , tali fonti conosceranno derivare dal-
« l' Jus della natura e delle genti ; studio assolutamente ne-
« cessario specialmente per quelle persone che si vogliono
« rendere utili a qualche Governo, affinchè arrivino a co-
« noscére con equità quali sono i diritti d'un Principe, e
« quei d'un privato ; poiché la cognizione di tal diritto, uni-
« camente dall'. Jus Pubblico, come da suo principio ed ori-
« gine deriva » (2).
Allorché il Neri fu nominato Professore, non incominciò
subito ad insegnare., aven lo il Granduca lasciato al padre
di lui il decidere quando ciò dovesse aver luogo. Appena
(1) Sarebbe perciò assai importante il poter sapere in qual modo
insegnasse il Neri quella materia; ma è riuscita infruttuosa ogni
mia ricerca nell'Archivio di Stato in Pisa, presso il quale sono le anti-
che carte l'elative a quella Università , e nulla hanno in proposito gli
eredi del Neri.
(2) Cosi è detto in un memoriale d' un tal Leonardo Bartolini-Sa-
Umbeni che si trova nell'Archivio di Stato in Pisa.
54 POMPEO MERI
però furono dal Neri intraprese le sue lezioni apparve tosto
qual fosse il di lui inerito (1).
Nel Settembre 1729 (2) desiderando il padre di Pompeo
d'averlo vicino, ottenne da Gian Gastone che fosse chiamato
ad insegnare nello Studio Fiorentino , ciò che continuò a
fare per molti anni , benché in seguito avesse al tempo me -
desimo diversi altri incarichi (3).
Capitolo IL
Il Neri Auditore dello Scrittoio delle Possessioni Granducali in Firenze, - e
Membro della Commissione per risolvere circa i diritti del porlo d'armi.
Il Neri rimase Professore nello Studio Fiorentino fino
al 14 Agosto 1735. Ma egli era destinato ad occupare uf-
fici ben più alti. Gian Gastone lo tolse all' insegnamento e
lo nominò Auditore dello Scrittoio delle Reali Possessioni (4).
E come in questa carica si diportasse , lo mostrano le
Decisioni e Responsi, una gran parte dei quali, come ap-
parisce dall'edizione che ne fu fatta dall'Allegrini in Firenze
fra il 1769 e il 1776 , furono da lui scritti mentre occupava
quel posto, ed a causa di quello. Anche per questi responsi
e decisioni è da ripetersi ciò che ho osservato relativamente
a quelli di Bonaventura Neri , aver cioè un' importanza in-
ternazionale ; ed il Lami nelle Novelle Letterarie, (5) ne
fa elogi grandissimi.
In questo ufficio di Auditore delle Possessioni rimase
il Neri fino all'estinzione della Dinastia Medicea. Si trova
(1) Ne fanno grandi elogi il Fabroni nella Hist. cit., Giovanni Prez-
zine!' nel Lib. V, pag 127 della sua « Storia del pubblico Studio e delle
società scientifiche e letterarie di Firenze », e gli altri che scrissero del
Neri.
(2) Prezziner , luog. cit.
(3) Ciò si rileva tanto dal Prezziner, St. cit., quanto dal Fabroni.
Questi dice inoltre che, andato il Neri a Firenze, fu aggiunto alla di lui
cattedra l' insegnamento del Diritto Feudale. Di questo fatto non ne fa
cenno alcun altro
(4) L'aggiunto Reali trovasi in tutte le leggi di quel tempo rela-
tive a tale argomento.
(5) Nov. U'tt. n 42 (11 ottobre 1776).
POMPEO NERI OD
poi che , dopo diversi anni , Pompeo ocoupavasi ancora di
quell'ufficio, come membro di una Commissione istituita allo
di sbrigare gli affari delle Possessioni non ancora ri-
soluti. E quindi supponibile che alla morte di Gian Gastone,
avendo cessato dal suo ufficio, fosse dal nuovo Governo in-
caricato di finire la trattazione degli affari rimanenti , e ciò
come membro della Commissione accennata , e della quale
parlerò a suo luogo. Giacché in questo argomento bisogna
tener presente che l'avidità dei Principi aveva introdotta la
mostruosa confusione fra beni del Sovrano e quelli dello
Stato. Ciò spiega V importanza dell'ufficio di Auditore delle
Possessioni , ed anche come potesse avvenire che, estintasi
la dinastia Medicea, si seguitassero sempre a trattare gli
affari relativi a quei possessi, che, colle idee moderne , po-
trebbero credersi particolari del Principe , ma che erano
dello Stato. A questo in gran parte ritornarono, sebbene
diminuiti dei debiti da cui eran gravati, non appena (mor-
ii» <>ian Gastone, ed ereditati dalla sorella) furono da que-
sta trasferiti nel nuovo Granduca Francesco II di casa
d'Austria.
Questi adunque avrebbe dovuto venire in Toscana a
prender possesso del suo Stato; ma non lo potè, giacché
aveva allora per conto di Carlo VI , padre di sua moglie
Maria Teresa, il comando di un corpo d'esercito contro i
Turchi. Mandò perciò come ministro plenipotenziario il
Principe Marco di Craon, che il 12 Luglio 1737, cioè tre
giorni dopo la morte di Gian Gastone, pubblicò il diploma
• li Carlo VI portante l' investitura del Gran Ducato nel nuovo
Principe, e ricevè solennemente il giuramento di sudditanza
e fedeltà dal Senato Fiorentino , il quale seguitava a sussi-
stere, essendosi sempre riconosciuto in Toscana un simu-
lacro di costituzione.
Aveva il Craon un carattere dolce e buono; e, in circo-
stanze ordinarie , in uno Stato ormai ordinato , sarebbe sta-
to un buon ministro ; ma gli mancava quell'attività , fer-
mezza e attitudine naturale che sarebbe occorsa ad uno il
quale , come lui , veniva in un paese che non conosceva, e
che si trovava in quelle orribili condizioni che son troppo
note perchè abbisogni 1' esporle. Erano tali da non riuscir
facile nemmeno il sapere da qual parte incominciarne il rior-
56 POMPEO NERI
(linamente , in specie por chi . come ii Craon, vi veniva ac-
colto con diffidenza.
Questa però cominciò a diminuire per i primi atti della
sua amministrazione i quali mostrarono subito quanto il
nuovo Governo differisse da quello Mediceo. Fu imposta
una colletta per pagare un antico debito ; e non volendo il
clero pagar la quota sulle rendite ecclesiastiche, allegando
esenzioni canoniche, il Craon tenne fermo, e la Corte Ro-
mana dovè poi dare il suo assenso. Fu scacciata dalla R •-
già la vituperevole turba che accerchiava Gian Gastone ; fu-
rono proibiti i giuochi d'azzardo e dati altri saggi provvedi -
menti nei quali però non resulta avere , in modo alcuno ,
avuta parte il Neri.
Non essendo ormai più osservati i regolamenti che fin
da tempo remoto vigevano in Toscana circa il porto d'armi,
ne derivavano gravissimi danni- per la pubblica sicurezza.
Rimesse perciò il governo in vigore le norme vigenti in
quella materia , modificandole secondo i bisogni del tempo .
colla legge del 22 Gennaio 1738. Ma se il portar armi
senza licenza, ed il porto di quelle proibite, arreca gravi
danni , qualunque sia la classe di cittadini che commetta
quest'abuso , ne porta dei gravissimi quando ciò avvenga
sotto l'egida del privilegio, e come insegna di una usur-
pata autorità. Questo era appunto il caso. della Toscana, ove
il maggior pericolo proveniva dall'uso che avevano i mi-
nistri del S. Ufficio di concedere, abusivamente e dietro una
mercede, il porto d'armi ai loro così detti famigliari, istru-
menti pericolosissimi delle prepotenze dell' Inquisizione. Può
intendersi quindi come il S. Ufficio menasse rumore contro
quella legge.
Il Governo creò allora una Commissione composta del
fiscale Filippo Luci, del Senator Giulio Rucellai , del Mar-
chese Antonio Niccolini, e di Pompeo Neri (che era ancora
Auditore delle Possessioni) ìa quale decidesse circa ai pre-
tesi, diritti dell' Inquisizione. Quella Commissione confermò
le disposizioni della legge del 1738, il che fece dar talmente
nelle furie gli ufficiali dell'Inquisizione in Toscana, che
oltre ad ogni genere di minacce giunsero per lino ad incre-
dibili enormità. Non per questo la. Commissione, o il Go-
verno si lasciarono intimorire ; che anzi questo tenue sem-
POMPEO NERI vi
pre fermo il divieto e lo riconfermò con editto del 25 Lu-
glio 1743. E neppur questo bastò a far completamente at-
tuare il volere del governò , giacché ancora nel 1747 l'Ar-
civescovo di Firenze e il Vescovo di Fiesole pretendevano
che i loro servi potessero portare la spada (1).
Sia lode quindi a Pompeo Neri che , come membro della
Commissione, sostenne eiticacemente i giusti diritti che ave-
vano, il Governo di essere obbedito, e le popolazioni di esser
liberate da un continuo pericolo alla loro sicurezza.
Capitolo III
Arrivo di Francesco II. - Relazioni del Neri e di Sallustio Bindini col nuovo
Granduca. - Editii pubblicati in questo tempo. - Is'ituzione della
Reggenza. - li Neri ne vien nominato Segretari!). - È pur nominalo
Auditore del Governo a Livorno.
Erano ormai passati due anni dacché erasi cambiato il
Governo della Toscana, quando Francesco II, avendo i suoi
soldati presi i quartieri di inverno , decise visitare il nuovo
suo Stato; e lo faceva in fatti, arrivando in Firenze il
19 Gennaio 1739.
Fra le persone che per le prime gli si avvicinarono
fu Pompeo Neri, che. guadagnatosi ben presto l'animo
del saggio Conte Emanuele di Richecourt, venuto insie-
me al Granduca, aridavagli facendo noti i bisogni della
Toscana, e additando i riniedii più adatti a soddisfarli. Ma
il nostro Pompeo non solo si occupava ad illuminar la
mente del Sovrano , ma procurava che , per mezzo suo ,
lo facessero anche gli altri. Era egli stretto da reverente
amicizia col celebre Arcidiacono senese Sallustio Bandini ,
tantoché si può dire essere stato il discepolo e l'applicatore
delle dottrine di queir illustre economista. Questi aveva
scritto da qualche anno il suo Discorso Economico , nel
quale proponeva i modi di bonificar la Maremma con un si-
stema di larga libertà economica. Al quale scopo anzi . fin
(1) Ciò resulta da un rapporto sulla seduta del Consiglio 'li Reggen-
za tenuta il 13 luglio 1717, da me rinvenuto nella filza di n. 35 dell'Ar-
chivio di Reggenza, formante parto dell'Archivio di Stato di Firenze.
58 POMPEO NERI
dal tempo in cui era vivo Gian Gastone , si era recato da lui
per cercar che si attuassero le sue idee. Ma non appena le
ebbe esposto ai ministri . questi le chiamarono soorni d'una
mente desiderosa di novità. Fu allora che e<?li, incoraereiato
in spedai modo da Pompeo Neri (X) , svolse in iscritto i
proprii concetti , ma fanne poi nascosta la sua opera , aspet-
tando tempi migliori. E questi vennero infatti insieme alla
nuova Dinastia. Allora il Bandini , per mezzo di Pomneo
Neri . venn»3 fatto conoscere a Francesco IT , cui presentò il
suo Discorso Economico. Frutto vantaororiosissimo di tali co-
crnizioni acquistate dal Granduca durante la sua dimora in
Toscana furono diversi editti pubblicati in quel temno , e
specialmente quello relativo all' \r'e ^eUa Lana, e l'altro
col quale si ordinò che vev 12 anni fosse libpra l'esporta-
zione di due terzo parti dello granaglie della Maremma.
Profittò il Neri della dimora del Granduca in Toscana
per racoomandarsrli la Società Botanica di Firenze , sorta
principalmente per opera del celebro naturalista Pier Antonio
Micheli, della quale il Neri ora stato uno dei fondatori . e
che aveva dotata di regolamenti scritti da lui medesimo (2).
In fatti con motuproprio del fi Luglio 1739 Francesco II la
preso sotto la sua speciale protezione.
Era^i in questo modo incominciata l'opera del riordina-
mento della Toscana, quando, avendo i Turchi incominciato
a rumorefforiare di nuovo sulle frontiere dell' Impero, dovè
Francesco IT allontanarsi dalla Toscana per riprendere il
comando dell'esercito. Nò più ritornò il Granduca . impedito,
prima dalla sferra '""ei 7 armi e quindi dall'essere stato , in
conseguenza della pace di Dresda (1745Ì . creato Imperatore.
Allorché il Granduca si decise a partire . istituì un
Consiglio di Reo-srenza , e ciò con editto del 2fì Aprile 1730.
al quale sono unite le istruzioni date a quel Consiglio. La
Potenza era composta di un Consiglio superiore di gover-
no ; v'erano poi due Consigli subalterni . il primo per irli
affari di finanza, il secondo per quelli della guerra. Eravi
CI) A questo fatto accennano il conte Giuseppe Gorani Milanese
nel suo Elogio di Sallustio Bandini, stampato in .Siena nel 1784. e il
Pecchio a pag. 70 della sua Storia dell' Economia Pubblica in Italia.
(2) Ciò si rileva dalla pa<j. 14 delle notizie , tratte dalle « Novelle
Letterarie » e ripubblicate dal Custodi nella sua Raccolta degli Econo-
misti Italiani, innanzi agli scritti del Neri.
POMPEO NERI 59
un Tonsiglio supremo composto dei presidenti dei Consigli ,
e di tutti gli ex-consiglieri di Stato, e 1' antica Consulta ,
alla quale spetta, a decidere le istanze dirette al Sovrano, si
per il civile che per il criminale. Quanto alle relazioni
coli'estero, ossia pressoché tutta la parie politica, se la ri-
serbò il Granduca. Fu nominato Presidente della Reggenza il
Principe di Craon; del Consig'io di Finanza il Conte di Ri-
checourt : il Marchese Rinuccini dell'altro della Guerra.
In questa amministrazione tu affidata al Neri la carica
di Segretario della Reggenza per gli affari di Finanza; Con-
siglio al quale, come ho detto, presedeva il Richecourt.
Trovasi che il Neri nell'anno 1739 era Auditore del Go-
verno a Livorno. Quindi, o egli occupò quel posto prima di
essere nominato Segretario della Reggenza, oppure non ne
fu che il titolare, come usavasi spesso in quel tempo (1).
Capitolo IV.
Visite idrauliche fatte dui Neri. - Questi cura il riordinamento dell'Univer-
sità di Siena. - Membro di una Commissione per gli affari delle Reali
Possessioni. - Bisogno di un Codice Civile. - Si dà al Neri l'incarico
di compilarlo - Gelosia del Conte di Richecourt. - Il lavoro del Codi-
ce rimali sospeso. - Altre opere alle qu;ili il Neri attese in queslo
lempo. - Si rilira precariamente dalla vita pubblica.
Fra da poco tempo Segretario della Reggenza quando
il L2 aprile 174'» (2) insieme a Francesco Pecci , al font'1
Pecori e Tommaso Perelli (il celebre matematico mae-
(1) Questo fatto noti è accennato ria alcun biografo del Neri , ed io
l'ho rilevato dal seguente titolo «Iella filza eli n. fii5 dell'Archivio 'li
Reggenza « Livorno. Auditor del Governo in detto Amministrazione
(1739. Ab Pompeo Neri » In questa filza però non si trova carta alcu-
na che possa spargere un qualche lume su quest'ufficio sostenuto dal
Neri. E neppure nell'unica Storia di Livorno, di tal' epoca, (quella del
Vivoli), ho potuto trovare alcuna notizia circa questo fatto, giacche non
arriva che (ino al 1737. Avverto qui che il titolo d'Abate dato al Neri
credo dipendesse da un benefizio.
(2) Tanto il motuproprio di Domina, quanto le altre carte relative a
questa visita si trovano nelle filze 151 e 152 dell'Archivio di Reggenza
in Fireuzo. La relazione però della visita idraulica trovasi nell'Uffizio
dei Fossi che ora ò in gran parte presso l'Archivio di Stato in Pisa.
60 POMPEO NERI
stro di Vittorio FossombronH ebbe il Neri l' incarico di fare
una relazione sopra il Regolamento dell'ufficio dei Fossi di
Pisa , ed una visita idraulica alla campagna di Pisa e di
Livorno (1).
II 26 ottobre 1741 fu incaricato il Neri di una visita
alla pianura di Grosseto, e con motuproprio dell' istesso gior-
no di un'altra alla Valdichiana (2).
Nel 1743 fu data al Neri la commissione di compiere le
operazioni relative al bonificamento della campagna circo-
stante ai Bagni di S. Giuliano (non lungi da Pisa) , e , nel
dargli tale incarico, gli fu pure concesso di scegliersi un
matematico, i! quale lo aiutasse negli studi necessari, e
Pompeo scelse il Perelli (3). Questi due illustri uomini ,
visto subito il male ove era realmente, proposero i lavori
da farsi, frutto dei quali fu il ridonare quasi per intero
la salubrità a quelle campagne, e restituire all'agricoltura
tanta terra che prima non era coperta se non da pianto
palustri.
Con dispaccio finalmente del 19 ottobre 1746 ebbe il Neri
l'incarico, insieme al Perelli, di fare una visita al Yaldarno
inferiore, per studiare il modo di liberare quei luoghi dalle
inondazioni dell' Usciana. Di questa visita scrisse egli una
Relazione che porta la data del 29 gennaio 1748, pubblicata
poi a Firenze nel 1774 in una Raccolta di Opere che tratta-
no del moto delle acque.
L' Università di Siena era in questo tempo, per una quan-
tità di sfortunate combinazioni , caduta in totale abbandono.
Fu allora che il Neri propose un Regolamento collo scopo di
rialzarne le sorti , Regolamento esaminato in conseguenza di
un dispaccio del Granduca in data 2 novembre 1742 (4). E
quando poi , qualche anno dopo, si trattò nominarvi alcuni
(1) In un rapporto sulla seduta -del Consiglio di Reggenza del 12
aprile 1747 e detto essere stato il Grandma pienamente soddisfatto del
modo col quale la Commissione esegui l' incarico avuto. Il rapporto ac-
cennato trovasi nella filza 152 dell'Archivio di Reggenza.
(2) La notizia di questi due incarichi la ho desunta dai due motu-
propri! di nomina che sono nella filza 151 dell'Archivio di Reggenza.
(3) Che non gli fosse assegnato, ma che lo scegliesse egli stesso, lo
afferma il Ridolfi, Lìogio cit.
l Le carte relative a questa materia stanno fra quelle trovate
nella Segreteria particolare e depositate nell'Archivio di Stato di Firenze.
POMPEO NERI GÌ
Professori, adoprò il Neri tutta la sua autorità affinchè vi
sro «1 istillate persone di vero merito il
Il 4 dicembre 1742 fu istituita una Commissione per ri-
solvere gli all'ari d Ilo Scrittoio delle !' ni aon ancora
decisi, e relativi al governo Mediceo. Questa Commissione
-i componeva di Pompeo Neri, del Senatore Samminiati e
di Lorenzo Libia. Vi furono in tale occasione dei ricorsi al
Consiglio di Reggenza , per avere la detta Commissione
esercitate alcune incombenze attenenti al governo Lorenese
non ostante che dell'esame delle medesime fosse stato in-
caricato il Tribunale della Camera; ed aver così con la que-
stione derivante da questo conflitto giurisdizionale ritarda-
to il corso della giustizia.
Il Consiglio allora, con lettera del 2 febbraio 1743, richie-
se spiegazione ai membri della Commissione che in quel tempo
ormai era disciolta per aver compita l'opera sua. Il Neri
però, antivedendo il desiderio del Consiglio, aveva il 30 gen-
naio dello stesso anno scritto alla Reggenza, come, doven-
do a causa di una grave oftalmia con pericolo di cecità re-
carsi a passar qualche tempo a Pisa, voleva, avanti di par-
uro . far noto alla Reggenza aver la Commissione già reso
conto al Consiglio di Reggenza, ma che però erano tutti
pronti a renderlo nuovamente. Questa lettera del Neri mostra
quanta fosse la delicatezza dell' illustre uomo (2).
Un bisogno assai stringente si faceva sentire in Tosca-
na; e questo era un riordinamento amministrativo e giudi-
ziario, il quale togliesse tutti i mali che sono frutto di un
ammasso di statuti, editti, bandi, leggi parziali, intricate ,
antichissime. Vigevano in fatti ancora quelle della repubbli-
ca fiorentina (molte delle quali ispirate agli odii di parte
d'allora) o altre recenti, che, se anche erano maggiormente
conformi ai nuovi tempi, accrescevano però sempre più la
confusione per il cozzo che avveniva fra queste e quelle
Basti il dire, scrive il Neri in un suo rapporto alla Rei -
(1) Neil' Elogio di Guido Savini pronunziato dal Commendator Ber-
linghieri ed incluso nel voi. Vili degli Atti dell'Accademia dei Fisiocri-
tici di Siena, si pai-la a pag. 294 di questo fatto, accennando come il
Savini venisse chiamato ad insegnarvi le Istituzioni Civili.
(2) I fatti relativi a quest'affare si rilevano dalla lettera del Consi-
glio, e da quella del Neri che si trovano nella filza 748 dell'Archivio di
Rescrenza.
62 POMPEO NERI
senza del 18 agosto 1745 del quale parlerò in seguito,
« che dall'anno 1415 in poi, in cui fu compilato lo Statuto
« fiorentino dal celebre Giureconsulto Paolo de Castro , non
« è stata mai fatta alcuna altra compilazione metodica e ge-
« nerale; ma che sempre, non ostante tutte le rivoluzioni
« che sono seguite , si è proceduto con aggiungere , secondo
« Il bisogno, leggi nuove, senza abolire però le vecchie, le
« quali nelle cose non riformate si sono sempre lasciate sussi-
« stere e tuttavia sussistono, talché in Firenze si possono dire
«. veglianti tutti gli ordini che dall'anno 1415 sino al pre-
« sente sono stati dati ».
Aveva proprie leggi Firenze ed il contado, Pisa e Sie-
na; e ad aumentare la diversità del trattamento legale fra i
Toscani . si aggiungevano gli innumerevoli privilegi ì quali
non avevano fondamento che in antichissimi diritti feudali .
o consuetudini, sempre incerte e contestate. Da ciò, arbi-
trio nel fòro, conflitti fra le diverse giurisdizioni, lunghis-
sima la trattazione degli affari , fomentata dai curiali per
cavarne denari, dai ricchi per fare andare in dimenticanza
le liti, e sostenere i pretesi diritti a carico dei poveri . i
quali, per l'enorme spesa che vi abbisognava, non potevano
difendere in giudizio le loro ragioni.
Tale era la condizione della Toscana non solo , ma di
tutti gli Stati Italiani. I governi più saggi avevano incomin-
ciato a scuotersi dal lungo torpore medievale. Vittorio
Amedeo II e Carlo Emanuele III in Piemonte, ma sopra
tutti Carlo III a Napoli, avevano in gran parte riformata
la legislazione dei loro Stati.
Sorse perciò in niente a Francesco II la grandiosa idea
di fonder le leggi della Toscana in un sol codice. Ad opera
così importante e difficile, il Granduca scelse il nostro
Pompeo: e con suo dispaccio del 5 maglio 1745 fece nota
alla Reggenza questa sua scelta, incaricandola di parteci-
parla al Neri (1). A chi osservi bene questo fatto appari-
rà certamente- abbastanza grave, se si consideri come il
Granduca, il quale ave ra in Toscana tante persone in po-
sto ben più elevato del Neri , di maggior età , e di sua più
(1) Il dispaccio fu pubblica to.dallo Zobi nella St. Civ., Voi. I, Appen-
dice, Documento n. XIV.
POMPEO NERI 63
antica conoscenza , desse invece quest'incarico al giovine
Segretario. Certo la stima che Francesco II dimostrò così
al Neri . e la fama che questi godeva in Toscana , dovevano
esser ben grandi. Ma se tutto ciò , rispetto a noi , accresce
gloria al Neri, dovè, com'è naturale, muovergli contro la
gelosia , assai giusthicabile, non solo degli emuli, ma ancor
molto più quella dei Consiglieri della Reggenza, i quali ve-
devano il loro dipendente in tanta stima e benevolenza pres-
so il Granduca.
Appena avuto l'incarico col dispaccio accennato, aveva
il Consiglio nella seduta del 26 maggio ordinato al Neri che
compilasse un progetto circa la maniera con la quale crede-
va poter obbedire agli ordini ricevuti, facendo in oltre palese
ciò che egli stimava necessario per mettere in esecuzione il pr< »-
getto stesso (1). Fu allora che il Neri disse modestamente :
« Io desidererei che quanto per me resta facile l'applaudire a
« un così nobile e sì grandioso progetto, e il conoscere in
« esso il paterno amore del nostro beneflcentissimo Sovrano
« altrettanto mi fosse agevole il contribuire colle mie tenui
« fatiche in qualche maniera alla perfezione di quest'opera ,
« e corrispondere alla fiducia che la M. S. C. si è degnata
« di avere nella mia insufficienza, la quale mi avrebbe cer-
« tamente ripieno di timori , e spaventato affatto dall' intra-
« prendere una commissione così ardua, se la reverenza che
«. io debbo per gli ordini sovrani mi avesse permesso di
« consultar prima le mie forze, e non mi avesse posto in
« dovere di gettarmi a fare ciecamente tutto il mio possibile
« per ubbidirgli , e di sacrificare volentieri tutto il tempo e
« tutto lo studio di cui io posso esser capace a questa ono-
« revole fatica » (2).
Compilò allora il Neri un progetto in forma di motu-
proprio col quale il Sovrano esponeva ai Toscani il bi-
sogno che vi era di un codice , come si fosse determinato
a farlo compilare, e come ne avesse incaricato il Neri: e si
(1 Lo prescrizioni date al Neri si rilevano da un di lui rappor-
to , e la data del giorno di quella seduta da una lettera del Neri ste-so.
Il primo dei quali documenti si trova nella tilza n. 29 dell'Archivio di
Reggenza, il secondo in quella di ti. 51 .
(2j il Rifluiti, nell'Elogio citato, riporta queste parole del Neri,
senza dire però in quale precisa occasione le scrivesse.
64 POMPEO NERI
ordinava in fine, che tutti gli Archivi gli fossero aperti per-
chè potesse comodamente fare le necessarie ricerche (1).
L'aver cambiato il progetto fissato col Consiglio (per il
quale la commissione sarebbe rimasta segreta) in un motu-
proprio che facevala a tutti palese, e dava larghi poteri al
Neri, fa nascer 1' idea che egli possa a ciò essere stato spin-
to da ambizione. La qual cosa io credo sia assolutamente
da escludersi , non solo pensando alla rara modestia del Neri ,
ma osservando anche che se non si fosse fatto noto al pub-
blico l'incarico da lui avuto, avrebbero potuto gli uomini
più potenti ai quali era palese, ed in special modo il Riche-
court, combatterlo più facilmente. In oltre con molta meno
opposizione e difficoltà si sarebbe preparato il progetto del
codice, quando tut*i sapessero esser quella la volontà del
Granduca, giacché, come dice il Neri stesso in un suo rap-
porto, il suo lavoro aveva bisogno « del soccorso degli altri.
« che non avrebbe ottenuto facilmente se, chi doveva lavo-
« rar per lui, non avesse saputo che lavorava per il bene
« comune ».
Il progetto di motuproprio , del quale ho finora parlato,
fu riveduto dal Consiglio di -Reggenza, eri i Consiglieri vi
fecero le loro osservazioni in scritto. Il Senator Carlo Ginori
Consigliere di Finanza, sostenne le idee del Neri amicissi-
mo suo. Il Richecourt invece combattè quanto gli fu possi-
bile il progetto di motuproprio, dicendolo prematuro ed inu-
tile. Il Neri allora , vista 1' opposizione che gli veni-
va fatta , dichiarò in una sua relazione al Consiglio ,
che basta-vagli si pubblicasse soltanto il dispaccio del Gran-
duca col quale gli dava 1' incarico della compilazione del
Codice. Ma, allorché si trattò di discutere sopra quella re-
lazione , il Richecourt tornò ad attaccare il Neri , non
più sulla questione se si dovesse o no pubblicare il motu-
proprio, ma col non volergli permettere l'esame delle anti-
che carte costituenti la legislazione Toscana . e che doveva-
no servire di fondamento all'opera che il Neri aveva l'inca-
rico di compiere (2).
(1) Questo progetto di motuproprio viene riportato dallo Zobi nella
St. Ci' . Voi I , sotto il n. XV dell'Appendice di Documenti.
(2) Le earte che confermano tutto ciò, si trovano nelle lìlze 51 e
29 dell'Archivio di Reggenza.
POMPEO NERI 65
Tutte le carte relative a quest'affare furono il 14 set-
tembre dolio stesso unno 1745 spedite al Granduca affinchè
egli decidesse. Il Ginori , nemico personale del Richecourt,
allora unii al Granduca gli ostacoli che si frappone-
vano al Neri . perchè non eseguisse il progetto (1). Ma
Francesco il. cedendo alle istigazioni dei Richecourt, ordinò
che non si pubblicasse, né il motuproprio secondo il pro-
getto . ne il suo dispari.) al Consiglio , permettendo però al
Neri d'esaminare i documenti occorrenti (2).
Non ostante pero tale guerra che il Richecourt faceva
al Nerij questi non aveva punto alterate le buone relazioni
col suo superiore, né era diminuito il suo amore per il be-
nessere dei proprio paese. Propose egli in l'atti al Richecourt
lamico suo Angelo lavanti, che si trovava allora in Roma,
perché fosse concesso anche a lui il posto di Segretario del
Consiglio di Finanza. Ed il Richecourt accettò la proposta.
« Cosi la gloria di aver dato un uomo sì utile al governo
« di Toscana si divide fra di essi » (3).«
Quantunque avesse Pompeo trovata tanta opposizione, e
ben si avvedesse a quale, anche maggiore, andasse incontro,
annunziò prima con una lettera (4) la sua commissione
ai giusdicenti della Toscana , e quindi scrisse il 14 mar-
ti) Cosi afferma lo Zobi nella nota 42 pag. 438 del Voi. II della
Storia Civile.
(2) Ciò che mi persuade a scendere in questa opinione, è soprat-
tutto il vedere che il Cantini, nella sua raccolta ufficiale della Legisla-
zione Toscana , non registra ne il dispaccio né il motuproprio: e che
anzi in una sua illustrazione alle istruzioni date dal Neri ai ministri
delle Cancellerie ec. (Tomo 2."j, p. 231; dice, come avesse Francesco II
immaginato di raccogliere le leggi Toscane in un sol Codice , ed ag-
giunge « ma non so per qual circostanza non tu commesso per allora
ad alcuno ». 11 che dimostra che il Cantini non conosceva il dispaccio
del '> maggio, e il progetto di motuproprio. Ciò che non avrebbe di certo
ignorato se quei documenti fossjro stati pubblicati. Lo Zobi riporta,
come ho accennato, l'uno e l'altro, ma nulla dice circa la loro pubblica-
zione. Che il Granduca poi permettesse al Neri di esaminare i documenti,
si rileva dai fatti posteriori.
(3) Cosi scrive il Pignotti nel suo bruissimo Elogio di Angiolo
Tavanti , stampato per la seconda volta in Firenze dalla Tip. di Mariano
Cecchi nel 1846 Questo Elogio può utilmente esser letto da chi voglia
:ere la storia filosofica di tutte le riforme compite sotto France-
sco II e Le )poldo 1.
(4) lì nella filza n. 29 dell'Archivio di Stato di Firenze.
Arch., 3.a Serie, Tomo XXIV. ■">
66 POMPEO NERI
zo 1746 delle « Istruzioni ai Ministri delle Cancellerie, Ar-
« chivii e altri che sotto qualunque titolo hanno in custodia
« Scritture pubbliche, per formare un Repertorio di tutte le
« leggi che respettivamente appresso di loro si conservano ;
« con alcune notizie sopra l'esecuzione , interpretazione, os-
« servanza, o dissuetudine di esse (1) », giacché il chieder
notizia circa i materiali e farne una nota, doveva esser la
prima- operazione del suo lavoro.
Dopo aver esaminate le carte occorrenti , non so se in
Firenze o nei respettivi Archivi , oppure servendosi sem-
plicemente degli spogli fatti dagli impiegati giusta le prece-
denti « Istruzioni » , messe mano il Neri a scrivere il piano
del progetto. Era quello diviso in 6 parti, e due di que-
ste formavano un discorso da leggersi davanti alla Consulta,
quella suprema magistratura cioà che aveva la soprinten-
denza generale all'amministrazione della giustizia civile e
criminale. Il primo discorso lo lesse il 31 maggio 1747, il se-
condo il 22 giugno, ed il terzo il 6 Luglio dell'anno stesso (2).
Tratta la prima parte dell'origine dei diritti civili e delle
persone; la seconda delle cose; la terza delle obbligazioni
che nascono da contratto ; la quarta di quelle che nascono
da delitto ; la quinta dei Giudizi Civili ; la sesta dei Giudizi
Criminali. Tutti coloro che hanno tenuta parola di quei di-
scorsi fanno a gara nell'esaltarli come la più bell'opera
uscita dalla mente del grande giureconsulto (3).
(1) Cantini, Legislazione Toscana, Tomo XXV ,p. 234.
(2) I manoscritti di questi discorsi sono nella filza n. 29 dell'Archi-
vio suddetto.
(3) Vedasi Lami, < Novelle letterarie » del 25 ottobre 1776; Zobi, Sto-
ria Civ., Voi. I, p 263, e Manuale di Economia Toscana, p. 456; Ridolfl,
El. Cit p. 19 ; Fabroni. Hist. Acad. Pis. p. 360. Il Forti nelle Istituzio-
ni Civili, Voi. II, p. 532 così si esprime : « Dai discorsi del Neri per la
« compilazione del Codice) si rileva come questo -ommo giureconsulto
« e filosofo , tutto nutrito di scienza italiana , non intendeva punto di
« far codice come l'avrebbe indicato poi il Beccaria e il Fi'angeri ; ma di
« consultare la esperienza delle passate età , e dalla buona giurispruden-
« za estrarre le nuove leggi. I titoli da lui proposti offrivano l'ordina-
le mento di un Codice completo per la Toscana. Non so se allora sareb-
« be potuto riescire di riempiere tutti quei titoli di disposizioni chiare
« e precise. Dacché pare che alcune massime, che sin d'allora si voleva
« stabilire rispetto al diritto canonico, avessero bisogno ancora di un
« poco di tempo per essere scritte nelle leggi ».
POMPEO NERI 67
Aveva atteso il Neri nell' istesso tempo a compilare una
»e sopra i fidecommessi , giacché il bisogno di una savia
riforma era sentito .urandemente in Toscana, ove quel-
1' istituzione portava ancora le sue tristi conseguenze. A
farle a poco a poco sparire , rallentando i vincoli posti alla
proprietà fondiaria . senza mettersi in una troppo violenta
lotta con tutti coloro che avevano un interesse perchè quel
triste retaggio del medio-evo rimanesse in vita, mirò Pom-
peo Neri colla sua legge pubblicata il 22 giugno 1747 , la
quale perciò fu chiamata <c legge diretta solamente a stabilire
« un regolamento costante ed uniforme in materia di fìdecom-
« messi ». Meno uno , tutti gli altri articoli hanno lo scopo
di restringere l' istituzione dei fidecommessi, o di modificare
e limitare il principio assoluto dell'inalienabilità dei beni, o
finalmente di far sì che la loro istituzione fosse il meno
possibile pregiudicevole all' interesse dei terzi (1). Questa
legge non fece che appianare accortamente la via alla totale
abolizione dei fidecommessi compita da Leopoldo I.
Avvennero in questo tempo dei cambiamenti nella Reg-
genza. 11 Consiglio di Finanza, sul finire del 1747, venne
soppresso, ed in suo luogo fu posto il solo Richecourt, col
titolo di Presidente. Per questo cambiamento non si rileva
che il Neri cessasse dall' ufficio di Segretario, mancando qua-
lunque documento che ne dia cenno. Occupando quel posto ,
potè il Richecourt abbattere il Craon, capo della Reggenza,
ed in breve farlo richiamare a Vienna; per tal modo dive-
nendo egli il primo fra i reggenti.
Mentre accadevano tali fatti , il Neri si occupava di una
legge, pubblicata poi il 29 aprile 1749, che era mossa pres-
soché dai medesimi intendimenti di quella relativa ai fide-
commessi : di diminuire cioè la potenza dei nobili. La legge
del 1749 restringeva assai i diritti feudali, in ispecie in
quanto concernevano i poteri giurisdizionali , e diminuiva
quindi anche i gravissimi mali che ne erano l'effetto, giac-
ché andava ognora crescendo la prepotenza di quei 47 tiran-
nelli che erano in Toscana.
E forse fu in questo tempo che scrisse il Neri un bellis-
simo lavoro da lui, a quanto sembra, destinato alle stampe,
(1) Vedasi il bell'elogio che di questa legge fa il Poggi nel « Saggio
d'un trattato sul sistema livellare Toscano ». Voi. I, pag. 233.
08 POMPEO NERI
circa « l'amministrazione della giustizia nel Granducato >
ed un altro intitolato « Idea del gius patrio » diviso in tre
parti , cioè « gius granducale, gius municipale e gius col-
legiale » (1;.
Si trattò pure in questo tempo, e precisamente nel 1748,
di riformare la nobiltà , riconoscendo soltanto quella barona-
le e municipale, ed escludendone tutta quella turba di famiglie,
alle quali i Medici avevano dato , con loro rescritti, il titolo
di nobile senz'aitra ragione ene per ricompensarle dei ser-
vigli loro prestati, spesso tutt'altro clie onorevoli ed onesti.
11 JNeri scrisse un lungo discorso in proposito, stampato poi
insieme alle Decisioni di Bonaventura JXen (2;, e l'orse
scrisse pure il progetto della prammatica da pubblicarsi in
quella materia, prammatica che, colle aggiunte di Pio Dal
Borgo di Pisa, e specialmente del Rucellai, fu pubblicata il
1 ottobre 1750 , quando il Neri non era più in Toscana (3).
È tacile comprendere quanto quella prammatica piacesse a
tutto il nobilume, il quale ne attribuì la compilazione al
Ricliecourt, che, portato dall'ambizione ad estollersi sugli
altri, ne pagava il fio coll'avere contro di sé una grandissima
antipatia dei Toscani , i quali credevano essere egli l'anima
di tutte le riforme, da loro viste tutt'altro che di buon oc-
chio. E questa antipatia non credo fosse tutta speciale per
il Richecourt, ma bensì comune anche agli altri Lorenesi.
Giacché era accaduto in Toscana quel che avviene spesso
in simili casi, che cioè i Lorenesi i quali , venuti insieme
al Granduca, cercavano rialzare con grande amore e fatica
le sorti dei Toscani, eran tutt'altro che nelle simpatie di
questi.
L'unico modo che avevano i Lorenesi di conservare la
loro preminenza sui Toscani, senza attirarsene di soverchio
l'animosità, era quello di tenersi, come si suol dire, nascosti, e
far comparire piuttosto i Toscani stessi nel compimento delle
mal vedute riforme. Ma il Richecourt invece , lasciando che
(1) I manoscritti di questi due lavori trovansi, inediti e senza data,
nella filza n. 29 bis dell'Archivio di Reggenza.
(2) 11 Lami fa elogio di questo discorso nelle « Novelle Letterarie »
del 25 ottobre 1776, e lo Zobi nella St. Civ., Voi. 1, pag. 305.
(3) I mss. del Neri, del lial Borgo, e del Rucellai , sono nella filza
29 dell'Archivio di Reggenza.
POMPEO Ni' RI 69
l'ambizione vincesse in lui il criterio politico, fece tutto il
contrario; andò a capo della Reggenza, e allontanò da sé
gran parte dei Toscani. In fatti nel 17-1S il Senator Carlo
Ginori , Consigliere di Finanza, fu nominato Governatore di
Livorno , ed il Neri, dietro il desiderio di Maria Teresa, cui
lo aveva raccomandato il Richecourt, andò a Milano per oc-
cuparvi la carica di Presidente dell' ufficio del censimento (1) ,
senza perder però il diritto all'anzianità nell'ufficio che aveva
in Toscana (2). Ecco come il Richecourt riuscì a fare in
modo che fosse allontanato dal suo paese il Neri, quando
maggiore era il bisogno che questi conducesse a termine
l'opera tanto necessaria del codice, opera che poi non fu mai
compita (3).
(Continua) Gaetano Rocchi.
(1) Lo Zobi, tanto nel suo Manuale, quanto nella Storia ed il Ridolfi
neir El. cit narrano il fatto in questo tuorlo li Fabroni invece nella
Hist Accad Pis. dice che « si ritirò nel luoghetto che si chiama Ca-
« stel Fiorentino dal quale traeva origine ». Se ciò è vero, il Neri non si
sarebbe allontanato dall'uffizio che tenova nella Reggenza per essere
stato chiamato a Milano, ma invece, in conseguenza di una sua doman-
d i . qualche tempo avanti che ciò avvenisse , e non già per essere stato
licenziato; criacchè ciò viene escluso da un fatto del quale parlerò in se-
guito. Aijfriunge poi il Fabroni che, mentre Pompeo era a Castel Fioren-
tino, Benedetto XIV. lo interpellò se avrebbe accettato d'andare a Roma,
e che ejrli ricuso l'offerta , non volendo, p^r ambizione, abbandonare la
patria, e seguire un altro genere di vita. Quell'offerta però onora gran-
demente il Neri, giacche nessuno ignora qual uomo fu Papa Lambertini.
(2) Questo fatto pure si rileva da ciò che dirò più innanzi.
(3)11 Cantini nell'illustrazione alle Istruzioni da me accennato
dice: « aveva Francesco II immaginato di raccogliere in un sol codice
« le lepgi Toscane , ma non so per qual circostanza non fu commessa
« per allora ad alcuno, ma, successo al Governo della Toscana il C.ran-
« duca Leopoldo , ne fu data, con Rescritto del 1777 , l'incombenza al
« Consigliere Pompeo Neri , che il medesimo , attese le gravissime
« sue occupazioni, non potè eseguire ». Siccome però il Ned e- a morto
fino dal 15 Settembre 1776, ne consegue che qu Ha data, o fu scritta dal
Cantini pur errore , o è uno sbaglio di stampa dovendo invece dire
« 1767 », nel qual caso soltanto poteva il Cantini soggiungere: « ma suc-
cesso al Governo della Toscana il Granduca Leopoldo, ne fu data... l'incom-
benza ecc. » e non quando avesse egli creduto che fosse stato dato quel-
l' incarico nel 1777 , dodici anni dopo cioè la venuta del nuovo Granduca.
RELAZIONE AUTENTICA
DELLA
FAZIONE OPERATA IN CALABRIA NEL 1815
DA RE GIOACCHINO MURAT
I fatti , che sono per ricordare , furono da me ricavati
principalmente dal minuto racconto pubblicatone nel 1843, in
Parigi, da un testimone oculare, anzi attore nel miserabili'
dramma del Pizzo, per nome Galvani, nativo di Corsica, e
segretario intimo di Murai Io conobbi il Galvani in Parigi,
appunto nell'ora, in eli' ei dava in luce la sua narrazione, e
fui poi così in amicizia con lui, da potere accertare i miei
leggitori della sua sincerità scrupolosa.
Son noti gli avvenimenti, che il trono di Napoli faceva-
no ricuperare a re Ferdinando I , il quale , fuggito in Sici-
lia nel 1806, all'avvicinarsi dell'armi francesi, che precor-
revano re Giuseppe , fratello di Napoleone I, tornava nel 181 5
al possesso delle provincie continentali del Regno , mercè la
vittoria riportata sui campi di Macerata dall'armi austriache
sull'esercito di Gioacchino Murat. Il quale ultimo , cedendo
all'avversa fortuna , e troppo tardi dolendosi di non aver
saputo adescare , allorché n'era tempo , l' Italia, col sollevare
il grido di libertà ed il vessillo dell'unità nazionale sì lun-
gamente aspettati , nella notte dei 19 ai 20 maggio del 1815,
imbarcavasi a Miniscola per l' isola d' Ischia , donde, pochi
dì dopo, veleggiava alla volta di Francia, sbarcando , dopo
non lunga navigazione, nel medesimo luogo, dove, circa due
mesi prima, l' Imperatore Napoleone era piombato improv-
visamente dall' isola d' Elba , col fine di riconquistare lo
scettro rapitogli dalle sconfitte toccate nel 1814. E, giunto
appena in Provenza, Gioacchino scriveva all'imperiale co-
gnato , offerendogli la sua spada nella guerra novella che fini-
re dovea a Waterloo , e nella quale di sì grande aiuto sa-
rebbe certo riuscito il suo maraviglioso valore.,, siccome
SULLA FAZIONE OPERATA IN CALABRIA EC. 71
attestava Napoleone stesso a S. Elena (1) ; ma l'essere stato
abbandonato da re Murat , fra i disastri del 1814 , fece sì
che l' Imperator dei Francesi non accettasse l'offerta. Ed
allora Gioacchino , dolente oltremodo dell' inazione , cui la
fortuna lo condannava, nell'ora appunto in cui un'ultima
lotta, più grave dell'altre tutte fino a quel tempo avvenute,
stava per aver luogo, ritraevasi in una villa sita presso
Tolone , ed apparten mte al generale Lallemand. Nella spe-
ranza che Napoleone, vinta 1' Europa, congiurata di nuoto a
suo danno , avrebbelo posto a capo d'un esercito destinato a
riconquistare l'Italia, Murat imposto avea di convenire nel
Delfinato agli ufflziali francesi, che il governo borbonico
aveva espulsi da Napoli; ma la fatale giornata di Waterloo
toglievalo da ogni illusione , e ben presto , i Borboni essen-
do tornati a Parigi, ed una terribile reazione contro chiun-
que fosse in sospetto di parteggiar per l' impero , scoppiata
per ogni dove , ma segnatamente in Provenza , una taglia
fu posta sul capo di re Gioacchino , né certo sarebb'egli
sfuggito alle insidie tesegli da quello stesso Rivière, cui
avea salvo in Parigi, in occasione della congiura capitanata
• la Cadoudal, se non avesse commesso la propria salute alla
fuga. La quale , per altro, non venne operata senza assai
gravi difficoltà, che anzi il profugo re fu ad un pelo di es-
sere, nel modo stesso che il maresciallo Brune , trucidato dai
realisti, i quali, a guisa di belve, circondavano il nascon-
diglio procacciatogli da un contadino , e da cui a grandissi-
mo stento gli riusciva di recarsi , sotto altro nome , a bordo
del naviglio postale , che in ogni martedì partiva da Tolone
per Corsica. Alcuni fra i suoi più fidi lo accompagnarono
in quel tragitto , ed in ispecie il Galvani , al quale Murat
tenne il seguente linguaggio :
« Je bénis la fortune qui nous amène en Corse. De
€ grands desseins agitent mon coeur et ma pensée. Le
« royaume de Naples sera encore en mon pouvoir. Je re-
« prendrai le tròne qui m' est garanti par l'amour inaltera-
ti ble de mes sujets , ds mes enfants. Oui, les Nap ditains
« invoquent Joichim : ils invoquent leur pére. Ferdinand est
« hai. Je n' ai qu'à paraitre; trente ou quarante officiers
« Corses, que j' emménerai avecmoi, suffiront pour m'aider
(1; Vedi la pag. 207 del 1.° voi. delle Memorie di S. Elena del
Las Cases.
72 SULLA FAZIONE OPERATA IN CALABRIA
« à franchir un premier obstalce , le reste sera l'ouvrage de
« la tendresse et du dévouement. Les instants sont propiees.
« Allons. Je vous choisis dès ce moment pour mon secrétaire ».
Rilevasi dalle infrascritte parole, che piacquemi regi-
strare testualmente, il disegno d'una fazione, intesa a fargli
ricuperare il Regno perduto, essere stato ideato da re Mu-
rat subito dopo la sua partenza di Francia. Noterassi poi il
come ei fosse affatto in inganno, e sulla facilità dell' impre-
sa, e sulle disposizioni degli abitanti del Napoletano, iq
ad onta dell'amore, c'ie molti fra loro portavangli , mal si
poteano risolvere ad aiutare un tentativo di quasi impossi -
bile riuscita, siccome quello che doveva aver luogo mentre
la Santa Alleanza trionfava da un capo all'altro d' Europa, e
alle forze di re Ferdinando aggiungevansi quelle dell'Austria
In sull'alba dei 25 agosto del 1815, sbarcava re Gioac-
chino a Basfia . donde unvea poco stante, a cavallo, col se-
gretario Galvani, per la piccola terra di Vescovato, in cui
veniva ospitato dal general Franceschetti. La dimane trenta
gendarmi, duce un tal Serra, di Genova, si presentavano sul
limitare del borgo, col mandato di sostenere i due viaggia-
tori giunti colà la vigilia; ma così fatto era il favore , con
cui i terrazzani guardarono Gioacchino, non così tosto furo-
no istrutti dell'esser suo , che l'arresto non potette aver
luogo. Né tacerò dell'accorrere a Vescovato di quanti Corsi
avevano militato nell'esercito di Marat, fra i quali ricorderò
segnatamente i generali Ottavi e Gentili, ed il colonnello Na-
tali. Al qual'ultimo teneva dietro buon numero di gente
armata , ben risoluta a fare scudo del proprio petto a Gio-
acchino Murat contro qualunque atto ostile del govern
bonico. Il perchè vani tornarono i tentativi del colonnello
Verrier , comandante in Bastia, in nome di Luigi xvni ,
per impadronirsi di re Murat.
Nella speranza che 1' isola d' Elba fosse ancora occupata
dal presidio francese capitanato dal generale Dalesme, Gio-
acchino scrisse a quest'ultimo, coltine d' indurlo a far causa.
comune con lui , tenendogli . siccome uota il Galvani, il se-
guente linguaggio : « Si nous sommes les maìtres de 1' ile
« d'Elbe, nous pourrons conserver une grande influence eri
« Italie, et disposer de nouveau de toutes les forces du
« royaume de Naples ». Ma questa lettera giungeva a Por-
to Ferraio nel punto in cui il generale Dalesme firmava col
ni RE GIOACCHINO MURAT 73
commissari^ toscano una capii. dazione , in virtù della quale
l'isola d'Elba venia consegnata al Granduca Ferdinando in.
Latore della lettera di Murat al generale Dalesme era
stato un Simone Lambruschini , «li Bastia, il quale dovea
poscia recarsi a Napoli . colle seguenti istruzioni.
Presentatosi in Napoli al general Filangieri, lo istruirà
dell'arrivo in Corsica di re Murat, quindi, accertatosi delle
sue buone disposizioni, gli chiederà fino a che punto ei pos-
sa aiutare 1' impresa d'uno sbarco nel Regno. La stessa di-
manda dovrà esser rivolta ai generali Carrascosa e Colletta.
Il messo chiederà inoli re ragguagli minuti intorno al nuovo
ordinamento dell'esercito napoletano, alle sue guarnigioni,
ai generali che le comandano, ed alle loro tendenze politi-
che. Ei s'informerà pure dei cambiamenti avvenuti nel per-
sonale dei varii ministeri , massime in quello di polizia. Ei
vedrà finalmente i duchi di Gallo e di Campomele, per ave-
re contezza dei Murattiani più noti, e dei mutamenti opera-
tisi in Corte.
Ora ecco un sunto della relazione, che il Lambruschini
faceva del suo viaggio, relazione riuscita inutile affatto, es-
sendo egli giunto a Basta non prima dei 12 ottobre, cioè
quattordici giorni dopo che re Gioacchino avea fatto vela per
le Calabrie.
Dopo avere discorso della sua gita a Porto Ferraio , e
riferito gli ostacoli da lui superati per giungere a Napoli ,
il Lambruschini parlava della sua visita al general Filan-
gieri, il quale, fornitigli i particolari richiestigli, così sul-
l'esercito napoletano, come sull'animo del paese, lo confori i
'ni' Napoli senza il minimo indugio, la polizia potendo
scoprirlo da un'ora all'altra, ma soprattutto a fare l'estre-
mo del poter suo., per distogliere Gioacchino dal suo fatale
proposito Dopo un inutile abboccamento col banchiere Fal-
connet , presso cui Murat credea di aver somme e
voli, delle quali chiedevagli alcuna parte, il Lambruschini
Roma, dove giungeva il dì ò ottobre, e donde
ripartiva il dì 6, non senza aver visitato madama Letizia
ed il cardinal Fesch.
Ed intuit» re Gioacchino, più che mai fermo nei suoi
■do li consigli ed alle preghiere dei suoi più
lìdi, attendo, rande alacrità agli apparecchi della di-
visata fazione. \1 qual' uopo assoldava in Corsica, dugento
74 SULLA FAZIONE OPERATA IN CALABRIA
uomini circa, già soldati la maggior parte, e chiamava
dall' isola d' Elba un Barbara, Maltese , che avea preso stan-
za a Porto Longone , dopo essere stato a' servigi di re Gio-
acchino, quale ufflziale di mare , e insignitone del titolo di
barone. Il Barbara doveva esser preposto al comando della
flottiglia destinata alla spedizione, flottiglia, i cui primi due
legni , comperati segretamente in Bastia, vennero seque-
strati dal governo borbonico, sicché fu forza provvedersene
altrove. Nel quale frattempo i più vivaci conforti a rinun-
ziare all' impresa non mancavano a re Gioacchino , ma in-
darno, che la sua risoluzione , anziché venir meno, attinger
parea nuova forza negli ostacoli stessi che le si opponevano
d'ogni dove. V'aggiungi una relazione, tu tt' altro che veri-
tiera , intorno agli umori delle Provincie napoletane , invia-
tagli da Porto Longone, dal conte Borgia di Roma , già
aiutante generale, e ciamberlano del re francese, relazio-
ne in cui si affermava « re Ferdinando I essere inviso e
« spregiato, ed avere nemici l'esercito e le popolazioni , le
« quali, al primo apparire dell'amato lor re , sarebbonsi le-
« vate a rumore ».
Il Galvani registra le seguenti parole, dettegli da re
Gioacchino alcuni dì prima della partenza per le Calabrie :
« J' ai muri mon pian , et je l'exécuterai seul , si Fon
« refuse de me suivre. J' irai débarquer sur le littoral de
« Pozzuoli. De là je me rendrai au Vomèro , chez le Due de
« Gallo , ou chez le prince de Belvedere, où je rèunirai toutes
« les personnes qui me sont dévouées, et je me reverrai
« maitre du royaume de Naples ».
Senonché , qualche giorno dopo .' allo stesso Galvani te-
neva linguaggio diverso, dicendogli : « J' ai changé le pian
« de notre débarquement Nous irons directement dans le
« golfe de Naples. Ferdinand est maintenant à Portici; nous
« débarquerons à Granatello ; nous nous dirigerons immé-
« diatement vers le palais, nous surprendrons là garde, et
« par un escalier secret que je connais , et qui communique
« dans les appartements de Ferdinand , nous irons nous
« emparer de sa personne ». E qui, il Galvani avendogli
detto : « dans ce cas , votre Majesté se verrait dans la né-
« cessité de tuer Ferdinand » Gioacchino risposegli : « Non:
« je n'exigerais de lui qu' un acte d'abdication, et je le ferais
« immédiatement embarquer pour la Sicile ».
DA RE GIOACCHINO MURAT 75
Dalle quali ultime parole si scorge l'animo generoso di
re Murat , il quale certo non prevedeva ciò che avrebbe
fatto di lui quel medesimo Ferdinando , eh' ei divisava trat-
tare sì umanamente, nel caso in cui gli fosse venuto alle mani.
Se il disegno di sbarcare nei dintorni di Napoli era dei
più sconsigliati, a cagione della presenza nella metropoli
del Reame d'un forte presidio d'Austriaci, arduo, difficile
oltre ogni dire, dovea riuscire un tentativo nelle Calabrie,
dove le orribili crudeltà perpetrate dal generale Manhès ave-
vano reso non poco odioso il nome di re Murat, il qual
pure a quest'ultimo partito si risolvea.
La Corsica era tornata in balìa dei Borboni, ma più in
apparenza , che in modo effettivo , il colonnello Verrier, che
imperava in Bastia, non avendo tai forze, da poter fare
eseguire nell' isola gli ordini che gli venivano da Parigi, ed
i quali non erano certo benigni rispetto a Gioacchino , cui
i Corsi invece guardavano , siccome ho detto, con tal sim-
patia, da rendere assai difficile ogni, tentativo contro la sua
persona ; ma questa non potendo esser difesa senza effusio-
ne di sangue, l'ospite generoso volle ad ogni patto evitarla,
e però, senz' altro indugio , allontanossi da Vescovato, e per
la via di Casinca, Tavagna , Moriani , Campoloro e Coto-
ne, scortato da più di seicento Còrsi armati di tutto, re-
cossi , attraversando la montagna di Bozio , a Campodonico,
poscia a S. Pietro di Venaco e a Vivario . e, da ultimo, a
Bogognano . accolto per ogni dove con entusiasmo dalle po-
polazioni. Da Bogognano Murai spiccò il general France-
schetti ad Ajaccio-, col line di' noleggiar quivi i navigli ne-
cessari] all' impresa.
Durante la brevi- dimora l'atta a Bogognano, re Gioac-
chino dettava al segretario Gài-vani- un manifesto ai popoli
delle due Sicilie, in cui ricordava loro, e i beneflzii del suo
governo, e le male opere dei Borboni, incitandoli
tv il giogo indi »no. Il qual documento, tradotto dal Galvani
in italiano, venne stampato in Ajaccio.
Tre giorni dopo l'arrivo a Bogognano, giungea quivi un
o del general Francese-netti , il quale faceva gran ressa
a re Gioacchino , affinchè si recasse ad Ajaccio. l;i sua pre-
i polendo sol' essa rimòver gli ostacoli'' opposti alla1 spe-
dizione: da chi imperava colà in nome del governo Iran
76 SULLA FAZIONK OPERATA IN CALABRIA
E il dì stesso re Gioacchino movea verso la patria di Na-
poleone I, i cui abitanti facevangli all'accogli nza entusiastica.
Appena giunto in Ajaccio, Murai dettava un decreto in
trentasei articoli , nei primi diciannove del quale trattavasi
del riordinamento politico e amministrativo del Regno. In
altri diciassette si conteneva la distribuzione dei pubblici
ufflzii , e nell'ultimo dicliiaravasi l'amaranto aversi a consi-
derare siccome color nazionale.
Fra le persone, alle quali Murat affidava gì' incarichi
principali, notavansi il general Carrascosa , qual ministri»
della guerra , il generale Colletta e Giustino Fortunato, pre-
posti alla polizia, i'uno quale ministro, l'altro quale pretetto ;
il duca di Carignano veniva, preposto al ministero dell'inter-
no , il general Filangieri al comando della piazza di Napoli ,
il generale d'Ambrosio a quello della divisione militare della
provincia di Salerno , il general de Gennaro a quella degli
Abruzzi, il general Pepe a quella delle Puglie, ed il generale
Oliavi a quella delle Calabrie; senouchè, essendosi l'atto os-
servare a Murat il pericolo, cui il nominare le persone in-
frascritte avrebbele esposte, e però l'impossibilità in cui
trovate sarebbonsidi servir la sua causa, ei restrinse il decreto
alla parte relativa ai nuovi ordinamenti da venire introdotti
nel Regno. Ed ecco in questa giungere ad Ajaccio un uffi-
ziale italiano ai servigi dell'Inghilterra, per nome Macero-
ni, e un Ignazio Carabelli, Corso, spedito da Napoli, dal
ministro Luigi dei Medici, per distogliere Gioacchino da
qualsiasi tentativo sul Regno. Ma,- sì l'uno cbe l'altro, par-
larono vanamente, sì persuaso egli era della facilità dell'im-
presa. Il Maceroni era latore di una lettera di Mettermeli,
in cui questi offeriva a Marat, in nome dell' imperatore
Francesco, un asilo in Austria, a sol patto di non uscirne
senza il suo beneplacito.
Al qual uopo inviavagli un passaporto, col nome di con-
te di Lipona ^anagramma di Napoli) titolo assunto già in
Trieste da Carolina Murat.
Il mandato del Maceroni si riassumeva nelle seguenti
parole , che piacemi riferire testualmente : « M. Maceroni
« est autor isé par les présentes à prevenir le roi Joachim
« que sa Majesté 1' empereur d'Autriche lui accorderà un
- i<ile dans ses Etats, sous les conditions suivantes:
DA RE GIOACCHINO MURAI 7,
« L.° L;j roi prendra un noni de particulier. La reine
« ayant pris « -^lui de comtesse de Lipona , ori le propose
« également au roi.
« 2.° Il sera libre au roi rie choisir une ville de la Bolié-
« me ou de la Eaute Autriche, pour y fixer son séjour.
« S* il voulait so fixer à la campagne, cela ne souffrirait
« pus do difflcultés dans ces mèmes provin
« 3.° Le roi engagera sa parole vis-a-vis de sa Maje
« imperiale el royale, qu' il ne quittera pas les Etats autri-
« chiens sans le consentement exprès de la susdite Majesté,
« et qu' ii vivi-a dans l'attitude d'un particulier de raar'que ,
« soumis aux: lois en vigueur dans le Etats autrichiens.
« En foi de quoi etc. etc.
« Donne a Paris, le l.er septembiv 1815.
« Signé le Prince de Metternich ».
Alle congratulazioni portegli dai suoi fidi , a proposito
dell'offerta dell'Austria, che dovea porlo, e' dicevano, in sal-
vo da ogni persecuzione e da ogni pericolo, Murat risposi-
le seguenti parole :
« Oui, j' irai en Autriche pour étre uri beau jourétran-
« glé au sein de ma famille. J' irai plutòt à Constant-inopie;
« mais ià aussi on me ferait étrangler.... Messieurs , il n' y
<^ a 'pie dans mon royaume où je puisse ètre en sùreté; il
« n'y a que Naples, il faut aller à Naples; d'ailleurs j' ai
« tous mes amis en Italie, et je ne veux pas m' en éloigner ».
Nel giorno stess -nato all'imbarco, Murat scriveva
due lettere al Maceroni, di cui stimo utile trascriver' la
mda.
Ajaccio, vers minuit, le 28 septembre 1815.
« M. Maceroni, envoyé par les puissances alliées auprès
« du roi Joichim.
« Ma première lettre . écrite quelques heurès avant , en
« date de ce mai in , a été dictée par les circonstances: mais
« je dois à moi-mème, a la véritè et à vótre n >ble loyauté
« et bonne foi , de vous mani Tester mes véritables intentions.
« Voici les motifs de cette seconde lettre. J'apprècie la liberto
« au dessus de tout autre bien. La captivité n'a pour moi
« d'autre synonime que la mort. Quel traitement puis-je at-
« tendre de ces puissances, qui m' ont laissé pendant deux
« mois sous le poignard des assassins du Midi ? J' ai sauvé
78 SULLA FAZIONE OPERATA IN CALABRIA
« la vie au marquis de Rivière. Il était conclamile a perir
« sur l'échafaud ; j' obtins sagràce, et il a excité contre moi
« les furies marseillaises , et mis ma tè te à prix !
« Errant dans les bois , cache dans les montagnes , je
« ne dois la vie qu' à la généreuse compassion que mes ma-
« Iheurs ont excitée dans l'àme de trois officiers francais ,
« qui m' ont transporté en Corse au plus grand perii de
« leurs jours. Des hommes méprisables prètendent que j'ai
emporté de Naples de grands trésors ; ces hoimnes igno-
« rent que, lorsque ce royaume me l'ut donne en échange
« «in grandrduché de Berg, que je possédais d'après un traité
« solennel, j'y apportai des richesses immenses , que j'ai
« employées à son avantage, et maintenant je n'ai pas le
« strict nécessaire, ni pour moi ni pour ma famille ! Je
« n'accepterai pas , monsieur , les conditions que vous- étes
« chargé de m'offrir. Je n'y vois qu' une abdication pure et
<v simple, sous la seule condition qu'on me permettra de
« vivre dans un esclavage é temei , et sous l'arbitraire d'un
« gouvernement despotique. Où est ici la modération et la
« justice ? Où sont les égards dus à un monarqiiè malhe-
« reux , reconnu formellement par toute l'Europe, et qui,
« dans un moment difficile, a decide de la campagne de 1814
« en faveur de ces mèmes puissances , qui l'accablent aujour-
« dhui du poids excessif de leurs persécutions ? C'est une
« vérité reconnue en Europe que je ne me suis décide à re-
«/pousser les Autrichiens jusqu' au Pò. que parce qu'à force
« d' intrigues, on était parvenu à me persuader qu' ils s'ap-
« prètaient a'm'attaquer sans 1' intervention de l'Angleterre.
« Je crus nécessaire alors d'avancer mes lignes de dé-
« fense et d'engager dans ma cause les peuples d' Italie. Per-
« sonne mieux que vous et lord Bentinck , no doit ètre per-
« suaJé que le fatai mouvement de retraite du Pò eut poui'
« motif la déclaration de ce general , qui se trouvait dans
oc l'obligation de secourir les Autrichiens , s' ils l'avaient
« demandò.
« Vous connaissez les causes qui ont occasionile la dé-
« sertion dans ma belle armée. Les faux bruits habilement
« répandus de ma mort , ceux du débarquement des Anglais
« à Naples , la conduite du general Pignatelli , la trahison de
« quelques officiers, qui réussìrent avec un art perfide à
DA RE GIOACCHINO MURAI 79
« augmenter le désordre et le découragement , en donnant
« un funeste exemple, en furenl la cause. Il n'existe plus
« dans ce moment un seul individu de. cette armée qui n'ait
« reconnu son erreur. Je pars pour aller les rejoindre, car
« ils brùlent du désir de me voir a leur tète. [la m'ont tous
« conserve leur affection , ainsi que toutes les autres classes
« de mes sujets bien aimés. Je n ai point abdiqué ; j'ai le
« droit de reconquérir ma couronne , si Dieu m'en donne la
« force et les moyens. Mon existence sur le tròne de Naples
« ne pourrait plus ètre un motif de crainte, car on ne pour-
« rait plus me soùpcoriner de correspondre secrétement
« Napoléon, qui est à Sainte Hélène. L!Angleterre et l'Au-
« 1 rirhe pourront, au contraire, retirer de nioi quelques
« aemtages qu'elles espérent envain du souverain qu'eiles
« ont mis à ma place sur le tròne de Naples.
« Je me livre à ces particularités , monsieur , parceque
« c'est à vous que j'écris. Votre condiate à mon égard, vo-
« tre réputation et votre noni vous ont donne des droits à
« ma frachise et à mon estime.
« Lorsqu'on vous remettra cette lettre , j'aurai déjà fait
« bon chemin vers ma destination. Ou je réussirai , ou je
« terminerai mes malheurs avec ma vie. J' ai brave mi. le
« ■ fois la mort en combattami pour ma patrie; na me serait-
« il pas^permis de la braver une fois pour moi-mème ? Je
« frénìis seulement pour la sort de ma famille ! »
« Signé : Joichim Napolèon ».
Il documento infrascritto non avendo bisogno di chiose.,
proseguirò senz'altro la mia narrazione , notando che poco
dopo la mezzanotte dei 28 settembre del 1815, seguiva in
•Ajaccio l'imbarco per le Calabrie, sopra cinque trabacóli e
una feluca, i quali navigli portavano trecent'uomini , sì mi-
litari che marinai, cosi ripartiti :
Tientuno sulla nave comandata da Barbara, inclusosi
r • Gioacchino.
Dugentó soldati , divisi per cinquanta, sugli altri quat-
tro trabacóli , con ventidue uffiziali.
La ciurma di ognuno di questi trabacóli non oltrepas-
sava il numero di cinque , mentre la feluca , comandata da
un tal Cecconi, recava a bordo non meno di ventidue mari-
nai, colle bagaglie e le munizioni.
80 SULLA FAZIONE OPERATA IN CALABRIA
Alcune ore prima dell' imbarco , re Gioacchino firmava
un decreto, col quale facea salire d'un grado gli ufliziali che
dovean seguitarlo, e i non decorati insigniva dell'ordine
delle due Sicilie.
Nella giornata dei 29 settembre una Aera tempesta pose
in grave pericolo la flottiglia, La quale, alle 2 pomeridiane
del giorno 30, approdava alla Tavolara, isoletta deserta;
il piccolo esercito era passato in rassegna, e quaranta
ira le divise comperate in Ajaccio venivano distribuite fra
quelli che ne mancavano.
Nella notte dei 30 settembre al 1.° ottobre, la flotti
facea vela per le Calabrie, ma il giorno 5 (non sappiamo se
per errore, o per tradimento del Barbara) invece di sorgere
lunghesso le coste Calabre, sorgeva a cosi poca distanza da
Napoli, da potersi vedere il Vesuvio.
La prima idea di Marat , siccome ho già detto, era stata
quella di piombare su Napoli, sbarcando a Pozzuoli od al
Granatello; ma, riflettuto, poscia ai pericoli insuperabili d'uno
sull'io tentato in sì gran vicinanza della metropoli, in cui
un forte presidio avea l'esercito austriaco, a suo obiettivo
scelto avea le Calabrie , e però verso queste comandò al
Barbara di volgere senza indugio le prore, ed il vento es-
sendo propizio, il dì sesto d'ottobre si giunse in vista di
Paola; ma in quella che si preparava lo sbarco fra Paola e
S. Lucido , una subitanea bufera cacciava in alto mare i na-
vigli , quattro dei quali furono separati da quello che portava
Murat , e dalla feluca, i quali due legni, per altro, il tempo
essendosi rabbonito, la dimane poteano tornar verso terra.
Ed ecco, lungo la strada, che rasenta la riva del mare,
scorgersi un mulattiere , e un soldato dell'antica guardia
reale di Gioacchino, cbe andavano ad Amantea, ed i quali,
interri. -ali dal maggiore Ottaviani, spedito a terra a tale
uopo, davano risposte incerte o fallaci.
E l'Ottaviani era da poco tornato a bordo, quando un
colpo di cannone tratto \ nia da S. Lucido sulle due navi,
che per tal modo chiamavansi ad obbedienza, il perchè lo
stesso Ottaviani recavasj a terra novellamente con Barbara
e due marinai. Interrogato dalle autorità borboniche intorno
alle persone che trovavansi a bordo, rispose: Francesi in
viaggio per Tunisi , ed esibì la patente, di cui Barbara
s'era munito in Ajaccio : pure , perdurando i sospetti il
DA RE GIOACCHINO MTJRAT 81
maggiore Ottaviani ed uno dei marinai furono trattenuti ; il
che saputosi da Murat, fu questi in procinto di correre a
liberarli ; ma cedendo ben presto ai consigli della prudenza,
comandò di far vela per Amantea, in cui Barbara promette-
vagli la più lieta accoglienza. Fu in quel frattempo che uno
dei quattro navigli dispersi , il quale obbediva al comando
del capitano Courrand , raggiungeva il naviglio del re e la
feluca, ma per poche ore, perocché, nella notte stessa in cui
veleggiavasi verso Amantea , il Courrand disertava, e, non
contento alla propria infamia, traeva seco il capitano Ettore,
cui era affidata una dell'altre navi smarrite e da lui rintrac-
ciata in sull'alba, affermandogli il re aver rinunziato alla
impresa, e fatto vela per Trieste. E Murat, accortosi della
fuga del capitano Courrand, ne fu così afflitto e scorato, che
a Trieste deliberossi d'andar veramente, imponendo al Gal-
vani di gittare in mare i proclami stampati in Corsica. La
quale risoluzione di re Gioacchino molto rallegrò i suoi se-
guaci, che, persuasi, quali erano, dell'impossibilità dell'im-
presa, il maggior nerbo essendo mancato colla disparizione
delle quattro navi , speravano oramai di sottrarlo al fato
estremo, che sì evidentemente lo minacciava : ma come in-
traprendere un tal viaggio sopra sì picciol legno, che ceder
doveva ad ogni più lieve tempesta, massime nel terribie mare
Adriatico , e coi viveri presso che esauriti ? E però venne
riconosciuta la necessità d'approdare dove che fosse, in trac-
cia di provigioni da bocca, e d'un naviglio men disadatto a
sì lunga navigazione. Quindi il partito, riuscito poi sì fatale,
di poggiare sulla più prossima spiaggia, ch'era quella del
Pizzo. Ma qui Barbara sorgeva contro , e col suo diniego
spingea Gioacchino a un intemerata delle più fiere , la quale
udendo i suoi fidi , gli si fecero attorno , giurandogli di se-
guitarlo per ogni dove, sebbene in sì picciol numero, e qua-
lunque fossero i pericoli da affrontarsi. E Murat, profonda-
mente commosso da tali dimostrazioni d'affetto, proruppe in
queste parole : « Non, ce n'est pas le nombre des personnes
« qui peut me rendre mon tròne.... c'est l'amour , c'est la
« fidélité de mes sujets qui me le garantissent. Eh quoi I
« inébranlable au milieu de tant de batailles , la peur me
« surprendrait en ce moment TAllons , mes amis, cette ter-
« re m' inspire confìance ».
Arch., 3.» Serie, Tom. XXIV. 6
82 SULLA FAZIONE OPERATA IN CALABRIA
La nave però movea già verso il Pizzo , allorché il pri-
mo cameriere di re Gioacchino, vedendo quest' ultimo riso-
luto allo sbarco, non si rimaneva dal dirgli : « deh ! Sire ,
« non isbarcate ; che certa è la vostra perdita ! » E nel ve-
dere di nessun frutto riuscire la sua preghiera, aggiungea
presso che con isdegno: « Vostra Maestà non volle mai pre-
« star lede a' servi suoi più fedeli ». Alle quali parole muto
e pensoso rimanea Gioacchino , poi, chiesto se alcuna copia
fosse avanzata del proclama stampato in Ajaccio, n'ebbe una,
fatalmente serbata nel suo portafoglio da uno degli utliziali.
Ho accennato di sopra di questo proclama , documento non
troppo dissimile dagli altri tutti di simil genere, e cosi pur
del decreto relativo al riordinamento del Regno , del quale
dirò solo questo , che il primo articolo era così concepito :
« La Costituzione avrà esecuzione il dì 1.° gennaio del 181G »
e l'ultimo suonava così: « Tutte le società patriottiche del
« Regno son poste sotto la protezione del nostro governo ».
Dalle quali parole ben vede il lettore il come si largheg-
giasse da re Gioacchino, a ingraziarsi quei medesimi liberali,
che il suo governo avea sì crudelmente perseguitati in Cala-
bria e in Abruzzo nel 1813 e nel 1814, e però, quand'anche il
proclama e il decreto in discorso fossero stati sparsi nel
Regno prima del suo giungere quivi, poco o nessuno effetto
avrebber prodotto nell'animo dei cittadini , tanto più che , pel
trattato di Casalanza, stipulato fra l'Austria e i generali di
re Murat, era stata preclusa la via agli usati soprusi del
dispotismo, coll'inibire le persecuzioni politiche, e col man-
tenere nei loro gradi ed uffizii i funzionarli tutti del Re-
gno. Una vera fatalità sospingeva il povero Gioacchino, il
qual pure mostravasi d'umor lieto, in quel fatai giorno
degli 8 ottobre, in cui approdava al Pizzo, cogli uffiziali ,
sottuffiziali e soldati , i cui nomi piacemi qui riferire.
Franceschetti , generale ; Natali maresciallo di campo ;
Galvani, commissario di guerra e segretario del re; Lan-
franchi , capitano ; Biciani , idem ; Pernice , idem ; Pascalini,
tenente ; Moltedo , idem ; Pellegrini , idem ; Franceschi, ser-
gente ; Perelli , idem ; Tortazoli, idem; Spadano, idem; San-
toni , idem ; Casablanca , idem ; Giovannini , idem ; Giulio ,
idem ; Cattaneo , soldato ; Battistini , idem ; Angeli , idem ;
Perelli , idem ; Bastiani , idem ; Varesi , idem ; Lavazzari ,
DA RE GIOACCHINO MURAT 83
idem; Tedeschi, idem; Armami . cameriere del re; Poggi,
idem; Ferrari, cuoco.
Murat era in divisa di panno azzurro, colle spalline da
colonnello , e portava un cappello a tre punte , guarnito di
trine di seta nera; ma nessuna decorazione od insegna gli
splendeva sul petto. Sbarcato appena, ordinava a' suoi came-
rieri di preparare il trasporto delle sue robe dal Pizzo a
Monteleone, ed a Barbara di condurre il naviglio in un seno
poco distante dalla città, onde aspettarlo co' suoi compagni,
nel caso in cui fossero stati respinti dagli abitanti. Ma il Bar-
bara, anziché obbedire a tale comando, facevasi in alto mare.
Prima di raccontare i fatti , che tennero dietro allo
sbarco , fa duopo descrivere brevemente i luoghi che ne fu-
ron teatro.
La piccola città del Pizzo , popolata da quasi ottomila
abitanti, sorge sopra un'altura lontana circa trecento passi
dal mare , lunghesso il quale , e proprio in sul punto in cui
si suole sbarcare, veggonsi parecchi magazzini ed alcune
case. Si ascende al Pizzo per un sentiero , a quel tempo as-
sai ripido, ed o.a men disagevole, il quale mette capo a
una piazza, quindi alla strada che mena a Monteleone , la-
sciando a sinistra, sopra un collicello poco distante dal Piz-
zo , un castello , che signoreggia il paese e la rada.
Ricorrea la domenica , ed erano le 10 antimeridiane ,
quando ebbe luogo lo sbarco, il quale non incontrò ostacolo
alcuno. Gioacchino camminava alla testa della piccola schiera,
e sul suo volto scorgevasi la grande emozione provata nel
ripor piede in una contrada da lui molto amata, e la qual
pure dovea riuscirgli fatale.
A pochi passi dalla spiaggia , ecco un uomo , chiamato
quivi dalla curiosità. Era un utliziale del Demanio , al quale
Murat chiese se il conoscesse, e quegli avendo risposto che
sì, il re gli fé' cenno di seguitarlo, il che assai volentieri
facevasi da colui , mentre i seguaci di Gioacchino gridavano
Lungo tutta la via: Viva il re ! Il qual grido trovò in prin-
cipio alcun'eco fra le poche persone incontrate per via fino
al Pizzo. Giunto il re sulla piazza, trovava colà radunata
gran parte della popolazione, la quale, saputo chi fosse, guar-
dollo fra attonita ed allibita.
Scorto un corpo di guardia, Gioacchino avvicinossi ai
soldati , che, riconosciutolo, festosamente lo accolsero; ma
84 SULLA FAZIONE OPERATA IN CALABRIA
qui ebbero fine le amiche dimostrazioni , che, avendo egli ,
dopo breve sosta, prese le mosse per Monteleone, noi segui-
tarono che alcuni militari , ed un giovane del paese, il quale
a Murat, che, invece di continuar la sua strada, avviavasi
verso un colle , da cui dominavasi il Pizzo , gridava affan-
nosamente : A Mont -leone, sire, a Moni leone ! Ed ecco in
questa una torma di paesani armati, sbucare dalla città, con
alla testa un capitano di gendarmeria, che seppesi poscia
essere il famoso Trentacapilli , già capomassa nella guerra
civile delle Calabrie, dal 1806 ai 1810, ed i cui tre fratelli
erano stati fatti passar per le armi dal generale Manhés ,
siccome fautori del brigantaggio. Pervenuto a un trar d'arco
dagli sbarcati, Trentacapilli si staccava dai suoi, e avanza-
vasi verso Murat, che tosto andavagli incontro , ed alle pa-
role del capitano: favorisca m paese; rispondeva con fiero
piglio : Spella a te l'obbedire al tuo re , seguitandolo a
Monteleone. Al che avendo replicato il Trentacapilli non
riconoscere altro re all' infuori di Ferdinando I, Murat, re-
cata la mano in sullelsa, gridavagli: Non so chi mi tenga
dall' ammazzarti. Al qual'atto , i suoi seguaci stavano per
far uso dell'armi loro , quando Murat , calmatosi a un trat-
to, ne li trattenne, che anzi, in udire l'ufflziale borbonico
dirgli con gran pacatezza: non essere generoso 1' inveire in
tanti contro un sol uomo , lo lasciava andar via ; ma poco
tardò ch'ei s'ebbe a pentire dell'avergli perdonato la vita,
che il Trentacapilli , non così tosto ebbe raggiunto i suoi ,
fece far fuoco sugli sbarcati , e non pago alla prima scarica,
ne comandò una seconda , la quale il Galvani cogliea in un
ginocchio , il che pure non gì' impediva di tener dietro a
Gioacchino nel costui correre a precipizio verso la spiaggia,
né già per la via battuta pocanzi , sì bene per balze e dirupi
sporgenti sulla marina. Giunto quivi a grandissimo stento,
il fuggitivo fé' opera indarno di salvarsi sopra uno schifo ,
che la moltitudine armata, mentr'egli a mala pena strigava -
si d'una rete, in cui s'era impigliato cogli speroni, non indu-
giava a raggiungerlo , e uccisigli il capitano Pernice ed il
sergente Giovannini, lo costringeva ad arrendersi.... Ordirò
io degli oltraggi fatti da quella infame bordaglia al real
prigioniero ed ai suoi compagni ? I quali , presi tutti e stra-
scinati al castello , furon cacciati nel corpo di guardia , è
tenuti quivi dal Trentacapilli sotto la più severa custodia ,
DA RE GIOACCHINO MURAT 85
fino all'arrivo del generale Nunziante, il qual comandava la
divisione militare delle Calabrie.
Mariano d'Ayala , che, nel 1842 , visitava il Pizzo , e
descrivea poscia quella sua gita nella strenna napoletana
del 1843, intitolata L' Li le, dopo avere accennato della
cattura di re Murat, e dell' ignobile modo in cui fu trattato
dal popolazzo, nota le seguenti parole: « Mi fu caro cono-
<c scere molte ospitali famiglie , e fra esse quella di onesto
« e forte marinaio, Pasq lale Greco, morto, ora fa qualche
« anno, senza gloria, senza titoli e senza rimorsi. Al quale
« bastò l'animo d'opporsi all' insultante inferocita popolaglia,
« quando, sopraffatto colà il baldanzoso guerriero, in niun
« conto rispettarne volea la sventura ».
Altro esempio d'animo generoso porse in quella occasio-
ne un Alcalà , fattore in Calabria del duca dell' Infantado.
Codesto brav' uomo, dopo aver biasimato altamente il brutto
procedere della plebaglia del Pizzo, fece ogni maggiore prof-
ferta a re Gioacchino ed ai suoi seguaci, e, fra l'altre cose,
!i forni d'abiti e di camicie, in sì miserabili condizioni eran
caduti i prigioni !...
Due ore dopo , ecco il Trentacapilli , il quale con modi
assai rozzi Murat si fece a richiedere delle carte, e di
quanto altro fosse per aver seco. E Murat gli consegnava
ogni cosa, fra cui il proclama e il decreto da me accennati,
ventidue brillanti , e un assegno di ducati 500,033.
Una gran folla circondava il castello , e sebbene i più
fra gli abitanti del Pizzo gli avessero dato a divedere animo
ostile, Gioacchino, le cui illusioni non erano affatto spente,
lusingavasi d'un moto popolare inteso ad operare la sua
liberazione !
Verso le 6 pomeridiane Trentacapilli comparve di nuovo,
col fine di notare i nomi dei prigionieri , e poco dopo soprav-
veniva il generale Nunziante , che accorrea da Tropea , con
un polso di fanteria. Del quale arrivo Gioacchino fu lieto,
perchè alla guardia della plebaglia del Pizzo sottentrava
quella di truppa disciplinata.
Il generale Nunziante, entrato nel corpo di guardia, in
compagnia di un solo ufflziale, trattennesi brevemente con
re Murat, il quale raccomandavagli di aver cura gelosa, si
dei brillanti, che dell'assegno dei ducati 500,033, unica sua
ricchezza, ei diceva, né già tolta allo Stato, ma frutto dei
86 SULLA FAZIONE OPERATA IN CALABRIA
servigi da lui resi alla Francia. E Nunziante rassicurollo,
affermando, che nulla sarebbesi fatto senza l'assenso di re
Ferdinando, poscia togliea commiato, dicendo: Buona not'e
signor generale, unico titolo da lui datogli allora e poi.
Conferma il Galvani ciò che notava il Colletta del procedere,
non solo umano, ma rispettoso, usato dal generale Nunziante
verso Murat, cui facea trasferire nella stanza migliore del
forte, nella qual giunto appena, il real prigioniero scrivea
quattro lettere, la prima indiritta alla moglie, la seconda a
re Ferdinando, e l'altre dna agli ambasciatori tenuti presso
la corte di Napoli dall'Austria e dall'Inghilterra, con cui
chiedea loro (sì vive erano in lui le illusioni !) di esser
posto sotto la salvaguardia dei gran potentati d'Europa.
Frattanto alcune navi inglesi, capitanate da un Robinson,
gittavano l'ancora nella rada del Pizzo , e Nunziante avendo
presentato il comandante britannico a re Gioacchino, questi
espresseo-li il desiderio di esser trasferito a Tropea, dove ,
ei diceva, sarebbe stato assai più sicuro; ma tale dimanda
non venne accolta. Queste cose avevano luogo il giorno 12
ottobre. Il dì innanzi, avendo Gioacchino chiesto al Nun-
ziante se avesse in animo di sottoporlo ad una corte mar-
ziale, in virtù di un semplice dispaccio inviatogli da Napoli
per via telegrafica , il generale di re Ferdinando risposegli
non esser disposto a obbedire che ad un ordine scritto ; il
che non tolse , che, il giorno dopo, un dispaccio essendogli
pervenuto, in cui se gì' ingiungeva di tradurre Murat innan-
zi ad un consiglio di guerra , ei non eseguisse il comando.
Trovo in un opuscolo pubblicato in Parigi, nel 1835, dal
generale Vaudoncourt , col titolo : Vingl années d'un pro-
serà , le seguenti parole , che utile mi sembra il trascrivere.
« La nouvelle de la capture de Murat étant parvenue
« à Nap'es, les ministres se réunirent en un conseil, au
« quel furent appelés les ambassadeurs étrangers. On y mit
« en delibération le sort qu'on ferait subir au prisonnier.
« L'ambassadeur d'Espagne conclut àlamort: celai de Fran-
« ce eut l'air de se récuser , mais de manière a faire voir
« qu'il partagait l'opinion de son collégue; l'ambassadeur
« d'Autriche reclama le souverain aver le quel son gouverne-
« ment avait traité , et déclara que son cabinet se regar-
« dait cornine obligé par la convention qu'il avait offerte .
« quoique non acceptée ; les ambassadeurs de Prusse et de
DA RE GIOACCHINO MURAT 87
« Russie s'en référérent à l'avis de leur collègue d'Autricbe.
« Alors l'ambassadeur d'Angleterre , sir William A'Court,
« termina la délibération par cette sentence: Tuez-le,je prends
« tout sur moi ».
Ecco il modo stranissimo in cui fu concepito il decreto
dato fuori in Napoli da re Ferdinando I il dì 9 ottobre
del 1815, vale a dire non così tosto il telegrafo l'ebbe istrui-
to dello sbarco al Pizzo di Gioacchino Murai
Art. l.° Il generale Murat sarà tradotto innanzi ad un
tribunale straordinario, i cui componenti saran nominati dal
nostro ministro della guerra.
Art. 2.° Non sarà concesso al condannato che una mez-
z'ora, da potergli permettere di ricevere i conforti della re-
ligione.
Ma a che nominare un consiglio di guerra, se già riso-
luta era la morte del prigioniero , il quale non venia detto
imputato, ma condannato prima della condanna. !...
Il dì 13, i pochi seguaci di re Murat, cui era stato
permesso di visitarlo , furon divisi da lui , e chiusi , tranne
il Galvani, perchè ferito, nella segreta del coccodrillo ,
mentre la commissione destinata, non dirò a giudicare, ma
a condannare Murat , riunivasi nel castello. Ecco i nomi dei
membri di quel tribunale di sangue.
Sedeva, qual presidente , un Fasulo , nativo di Napoli ,
capo di Stato Maggiore , e, degnissimi di stargli ai fianchi,
si vedeano i seguenti : uno Scalfaro, di Monteleone , colon-
nello della legione provinciale della Calabria Ulteriore, un
Litterio Natoli, tenente colonnello di Marina, fatto venire
da Messina in gran fretta, senza fargli sapere il perchè d'una
tal chiamata; Gennaro Lanzetta, tenente colonnello del ge-
nio, Matteo Camilli e Francesco Vengè, capitani d'artiglie-
ria: Francesco Pàolo Mortillaro, tenente d'artiglieria; Fran-
cesco Frojo, tenente nel terzo reggimento estero, relatore,
con accanto Giovanni La Camera, procurator generale alla
Corte criminale di Catanzaro , e Francesco Papavassi .
segretario.
Gli uffiziali infrascritti, tranne il Nateli , il Mortillaro
ed il Frojo, Siciliani, erano stati insigniti dei loro gradi, e
spesso beneficati, da re Murat. Il quale, chiamato al cospetto
della Corte marziale , ricusò di comparirle dinanzi, dicendo:
à quoi boii, si ma inori a été déjà décidee ? Né volle accet-
88 SULLA FAZIONE OPERATA IN CALABRIA
tare la difesa officiosa del capitano Starace, che instante-
mente ne lo pregava.
Il decreto invocato nella ferale sentenza (vedi scherzi
crudeli della fortuna !) era lo stesso , che re Gioacchino
area dato fuori il dì 21 giugno del 1810 contro i proseliti
del Borbone !
Saputa la decisione della Corte marziale , il condannato
chiese di scrivere un" ultima lettera alla consorte , e poscia
di toglier commiato dai suoi seguaci, ma solo la prima di-
manda gli fu concessa ! Il Colletta, nella cui narrazione, per
altro, rinvengonsi molti errori, registra la lettera, cui Gioac-
chino aveva unita una ciocca dei suoi capelli, e la quale,
chi il crederebbe ? non fu mai recata alla vedova !
Il giorno stesso , alle 4 pomeridiane , l'esecuzione ebbe
luogo in sulla spianata del forte. Colui, che le mille volte
la morte aveva affrontata nelle battaglie, coll'animo stesso
imperterrito l'affrontava il dì 13 ottobre del 1815 , stando in
piedi , senza voler esser bendato , e comandando ei medesi-
mo il fuoco con ferma voce.... Il cadavere «dell'ucciso venia
tumulato la sera stessa , senza veruna delle solite pompe ,
nella chiesa parrocchiale del Pizzo, dove giace inonorato
tuttora, non sorgendovi sopra neppure una lapide, la quale
ricordi la vittima dei Borboni, e certo il soldato più valoroso
che abbia mai visto la Francia !
Quattordici giorni dopo, i compagni di Gioacchino Murat
erano imbarcati per l' isola di Ventotene , dove trovavano
gli uffiziali e i soldati, che stavano a bordo delle navi di-
sperse lungo le coste delle Calabrie. Liberati poscia ai 16
gennaio del 1816, erano fatti partir per la Corsica, e quindi
spediti a Marsiglia. Dalla quale ultima città gli uffiziali fu-
rori mandati , quali prigioni, al castello d' If , neh' isole di
Ières, e i soldati incorporati nel battaglione delle Colonie.
Dolorosa fu l' impressione prodotta nei più dall'annunzio
della tragedia del Pizzo , che i più , siccome accennai, ama-
vano Gioacchino Murat , del cui regno dimenticavano le pa-
gine non troppo gloriose di Calabria ed Abruzzo, la licenza
militare tollerata "oltre ogni limite, e il non poco sangue
napoletano fatto spargere per una causa straniera in Ispa-
gna e in Germania , ricordandosi invece del magnanimo
cuore del principe , del come ei sapesse benissimo scegliere
i suoi ministri, e però della giustizia amministrata mira-
DA RE GIOACCHINO MURAT S9
bilmente, della bontà delle nuove leggi, e della finanza sì
fattamente ordinata, che, al partire di re Murat, picciolissi-
mo era il debito dello Stato, ad onta del danaro molto speso
per l'esercito e le opere pubbliche. Quantunque re forestieri)
e assoluto , Gioacchino Murat , lo ripeterò volentieri, erasi
fatto amare dal maggior numero , per il che fu grande e
sincero il compianto della sua tragica fine , di cui fu assai
biasimato il Borbone, e non solo dagli uomini d'animo gene-
roso, ma da chiunque s' intendea di politica, per la ragione
semplicissima , che se a Gioacchino avess' ei perdonato la
vita, la fazione del Pizzo apparsa sarebbe all'universale qual
misera parodia di quella operata a Cannes dall' imperatore
Napoleone. Re Ferdinando I commise lo stesso fallo che
commetter dovea, ventinov'anni dopo, il suo nipote Ferdi-
nando II, il quale, anziché far salvi dall'estremo supplizio i
fratelli Bandiera ed i loro sette consorti, ne approvava la
strage , non prevedendo al certo , che pagata avrebbela un
dì crudelmente il figliuolo , col far luogo alla libertà ed
all'unità nazionale d' Lalia.
Napoli, ai 15 luglio del 1875.
G. Ricciardi.
Chi bramasse più minuti particolari intorno al misero caso del Piz-
zo , ed alla parte che v'ebbe il Nunziante , dovrebbe legger la Vita del
generili Nunziante, dettata dal Sig. Francesco Palermo.
IL CONCILIATORE.
EPISODIO
DEL LIBERALISMO LOMBARDO
(Continua dal T. XXIII, fase. Ili, pag. 469).
XII. Un altro collaboratore del Conciliatore fu Adeodato Ressi
professore di diritto mercantile a Pavia. A Milano abitava in
via della Cervia 343, colla moglie Anna Moscati. Stampò l'Eco-
nomìa della specie umana (1), vero trattato di questa scienza,
cioè del modo con cui una nazione vive , cresce , si riproduce
sovra terreno proprio. Considerando sempre l'uomo come misura
del lavoro e del valore dei beni , discorre la genesi del lavo-
ro, la teoria dei piaceri e dei dolori fisici e morali o d'opinione :
se il denaro faccia ricchezza: dinota le teorie degli economisti
classici, dolendosi non venga valutato abbastanza il nostro Ortez.
Chi tanto esita sul definire la nazionalità , godrà sentire com'egli
caratterizzi per nazione un « aggregato di uomini, che viva, cresca
e moltiplichi sopra un determinato territorio proprio ; che abbia
voglie, abitudini, costumi proprj : che alle voglie soddisfaccia con
beni prodotti da un' industria libera e scambievole ; che tutelato
sia da proprie leggi, la cui inviolabilità sia affidata ad un Go-
verno proprio , e che questo complesso di atti e di esereizj abbia
un'esistenza politica sicura, indipendente, imperturbabile ».
Un suo elogio di Pietro Verri è gonfio e di luoghi comuni.
Poi nel Conciliatore scrisse sulle cambiali e su altri punti d'eco-
nomia.
Aveva manifestato idee liberali , massime in un discorso di
chiusura del suo corso (2) , tanto che i giovani, oltre applaudirgli ,
(1) Già Herenscheuand avea pubblicato Economia politica e morale
della specie umana.
(2) « Qui sia fine alle oneste mie fatiche , e in questo giorno
separiamoci, giovani dilettissimi, da'nostri scambievoli ufficj. Ma chi
sa dirmi se la mia coscienza sia pura ed illibata, o se io debba man-
dare querimonia di rimorso nel silenzio della mia vita privata? Tu sola,
o filosofia , fosti mia scorta e compagna , e tu , porgendomi la mano
ADEOTATO RIESSI E ROMAGNOSI 91
voleano fargli coniare imi medaglia, ma esso li distolse. La Po-
lizia non potea dare su lui che eccellenti informazioni, e come, dopo
amica e strappandomi dal popolare tumulto e dal fervido ondeggiare
delle politiche , dicesti a me parole dolcissime di amore e di confor-
to : Figlio, perchè volti le spalle al mio tempio , corri ad abbracciare
le ombre dei Gracchi e dei Bruti , e speri che sia per sorgere un
Appio , un Marc'Antonio , un Ottaviano ? Mal ti consiglia un ardente
amor di patria; imperciocché colma non è la misura de' mali per la
misera Italia , e vedi che un tristo genio le tiene alla bocca l'amara
tazza , onde a lunghi sorsi discenda nel suo petto infinita sventura.
Vieni dunque, o figlio , a ricoverarti nel pacifico asilo della scienza.
Ivi siede tutta folgorante la verità; casto è il suo culto, e l'ipocrisia
e la mercata lode e le arti cortegiane e l' immonda turba de'vizj
sono fulminate da' suoi sacerdoti. A te pure è conceduto l'onore della
stola, e lbrse non ultimo sederai fra essi ; ma fido al tuo nume, giam-
mai non piegherai la fronte sull'ara del potere , né brucierai incenso
agli idoli del fasto e della fortuna. La fiamma del Genio e il santo
fuoco di Vesta per te sia serbato puro ed incorrotto fra le tempeste
de' mondani spinti e fra i vapori della turpe ignoranza. Trionferai,
mio figlio, e circondato da giovani eletti, finirai il tuo ministero nel»
seno della pace , contando le domestiche glorie e spargendo fiori e
verbene sulla tomba dei saggi e .degli eroi
« Abbandonata la tribuna , e deposte le insegne della magistra-
tura , te sola ascoltai e da te confortato e renduto forte , qui sciolsi
il voto del nuovo ministero e al Dio del loco credetti eterna fede.
Trascorsi per lunga età i campi della meditazione , tra gli stenti e le
liutai la via del sapere, né i miri passi si arrestarono nella
selva degl'incantesimi e degli errori. Intrapresi a svolgere i volumi
del diritto, e poiché la ragione della legge è celeste emanazione, io
la cercai nel seno dell'eterna giustizia. Guidato dal santo amore del
vero , penetrai nel vasto tempio della politica , e in quelle volte si-
lenziose vidi i simulacri dei re nel tripudio delle mense e dei balli,
e vidi pendere mute le sorti delle morte nazioni e denii infranti
imperi. Tu pure, cara immagine della patria tòsti, sempre al mio
fianco, e tu armasti il pensiero di robuste penne, e tu infiammasti
l'anima e il cuore, e tu mi guidasti sul Tebro a meditare gli esempj
degli avi ed a piangere la smarrita virtù latina. Bella come la natura
ti fece, io ti mostrai, o Italia mia, ai popoli fratelli, allineile presi
dalle tue forme leggiadre ti amassero con vicendevole concordia. Im-
perciocché passarono i tempi infausti in cui il Frane., e ri imo e il
92 EPISODIO DEL LIBERALISMO LOMBARDO
quel fatto, avesse moderato le parole: ma l' inquisitore lo volle
arrestato, e gli si trovò il corso di Economia Politica e una massa
di carte, tutte però riguardanti interessi suoi in imprese com-
merciali , nelle quali infelicemente erasi avvolto. In prigione si
ammalò e mori.
Altrettanto premeva all'inquisitore l'arresto di Giandomenico
Romagnosi , affinchè il processo acquistasse gravità dai nomi che
v'erano involti. Più d'uno dei consiglieri credeva estremamente
vaghi gì' indizj a suo carico , riducendosi questi all'avergli un tale
proposto di entrai* carbonaro, ed egli avere non solo ricusato, ma
cercato dissuadere il tentatore. Sapeasi però ch'egli era principale
nelle loggie massoniche sotto il regno d' Italia, e avea pubblicato
il I volume d'un Progetto di Costituzione, del cui secondo volume
avea dato qualche notizia agli scolari, cui insegnava privatamente.
La Commissione di terza istanza, ai 5 di giugno 1821, ordi-
nava che " dovrà la prima istanza dar esecuzione al decretato
arresto senza illegali riguardi, stranieri alla giustizia; con che
Sarmato, troppo avidi e gelosi di tue bellezze, ti lacerarono le porpore
e ti rapirono le gemme , ornamento e decoro di tua pudica virtù ; e
mentre incauta stendevi ad essi le candide braccia , per ricevere il
monile di amore , le ritirasti al seno livide e disonorate da servii
catena. Ma la dolente memoria si perda delle antiche offese , e Dio
propiziatore fermar voglia il patto di genti costumate e gentili.
« Tale fu il tenore del mio insegnamento , e tale fu la morale ,
santa e pura che fermo mi tenne in mezzo a voi , e che seguir voleva
sino all' ultimo respiro. Ma sono fallaci i calcoli delle umane vicende.
« Giunto più che a mezzo il cammin della vita , e negli inclinati
miei giorni e nel più crudo imperversar della fortuna , io abbandono
l'adorato culto della sapienza. Nuovo Entello dopo lunga stagione so-
spendo a queste pareti il cesto votivo, e le corone vi appendo che di
vostra mano mi cingeste. E poiché è negata a me la consolazione di
Socrate di raccomandare il mio spirito a fedeli miei discepoli , io dn
voi mi divido, e vi lascio il bacio dell'amicizia, e voi, dolcissime
cure del cuor mio , onorate il maestro serbando inviolata la memoria
delle sue dottrine e de' suoi consigli , onorate il padre e l'amico spar-
gendo una lagrima di gratitudine e di amore ».
In questa e in tutte l'altre produzioni che rechiamo, voglia calcolarsi
la data di 50 anni fa, e del tempo ove ci si rinfaccia ogni dì che eravamo
morti o addormentati.
ADEOTATO RESSI E ROMAGNOSI 93
non le sarà tolto di usare al vecchio imputato quel più conve-
niente trattamento che all'età e alla sua salute è dovuto , e dalla
legge e dall'umanità comandato ».
Le molte patenti di Franchi muratori che conservava non po-
teano essergli imputate , come anteriori alla sovrana dichiarazione:
dall'esame de' suoi scolari nulla potè cavarsi che lo gravasse ; la
scrittura che stese a propria difesa io l'ho altrove pubblicata,
come pubblicai l'atto pel quale come innocente fu dimesso (1).
1 Nella Vita del Romagnosi fra i Contemporanei, e ne\V Archivio
Storico Lombardo. Gii si faceva colpa d'aver avuto come allievo predi-
letto Gi > Sovera-Lattu-ida di Pontecurone, giovane caldissimo dell' indi-
pendenza, che nella rivoluzione del 1814 avea servito assai a diroccare il
regno d'Italia: poi fu involto nella cospirazione militare del 1815, e avea
preparato un povero sbozzo di costituzione.
Sul suo libro della Costituzione ecco un' informa/ione della Polizia :
L' opera intitolata: Della costituzione di una Monarchia Nazio-
nale Rappesentativa, della quale Vostra Eccellenza si degnò tener-
mi discorso è produzione del Sig. Giovanni Domenico Romagnosi pro-
fessore d'alta Legislazione nelle scuole speciali di questa città.
« Egli dichiarò, nelF unito esame al quale fu assoggettato, di avere
intrapresa tale opera tino dall'anno 1813; e di averla in seguito con-
tinuata con quella calma e con quella tranquillità con cui si scrive
qualunque opera accademica, essendo essa meramente teoretica , e re-
lativa ad un argomento universalmente agitato in tutta l' Europa , ed
aggiunse che viveva certo di non incontrare la censura delle Autorità,
perch - nulla vi si trova che offenda il Sovrano, lo Stato, la religione,
ed i costumi. Egli poi sostiene di non avere di tale opera ordinata ,
né fatta seguire la stampa , e dice che avendone resi ostensibili i fo-
gli manoscritti ad alcuni suoi amici, uno di questi, forse nell'idea di
fargli cosa grata, ne fece eseguire la stampa , e gliene rimise col
mezzo di un lacchino otto o dieci copie , tre o quattro delle quali fu-
rono da esso lui date a prestito e a dono ad alcune persone , rite-
nendone ancora sei , le quali suggellate furono provvisoriamente dalla
Polizia lasciate in custodia al Sig. Romagnosi, con diffidazione di con-
servarle lino ad ulteriore disposizione di questa Direzione generale.
«Invitato a manifestare la persona che, servendosi del suo mano-
scritto, fece seguirne la stampa, protestò di non avere cooperato in
nulla nò per la stampa né per l'introduzione nello Stato di detta
opera , e dichiar » che la sua morale non gli permette di fissare avanti
l'Autorità l'una piucehè l'altra persona che pos<a avere effettuata la
stampa a costo anche di assumere sopra di sé ogni responsabilità ,
94 EPISODIO DEL LIBERALISMO LOMBARDO
Varj suoi articoli contiene il Conciliatore, e specialmente uno
sulla poesia considerata rispetto alle diverse età delle nazioni ,
che comincia: « Sei tu romantico? no. Sei tu classico? no. Che
cosa dunque sei? Sono ilichiastico , cioè adatto alle età ». Certa-
mente fanno poco autorità in letteratura; anzi Ermes Visconti
lo introdusse come interlocutore in un dialogo sulle unità dram-
matiche, con Francesco Lamberti , Vigano coreografo , Paesiello
musicante: e gli dà la parte d'oppositore alle nuove dottrine.
Era inoltre acciaccoso. Le sue relazioni con personaggi in-
fluenti sotto il passato regime erano di semplice amicizia. « La sua
condotta, d'uomo alieno da ogni briga, amante del ritiro e della
quiete, più necessaria stante l'infelicissimo suo stato fisico. Pro-
fessa principj liberali, e sceglierebbe il regime costituzionale, e
tali massime professò sotto il cessato governo, ma del resto fu co-
stantemente parco e prudente nel parlare , leale ed incorrotto
ne'suoi consigli ». Scrisse qualche articolo nel Conciliatore, ma non
sapeasi quale. Fattagli una minuta perquisizione, nelle moltissime
carte non s'eran trovate che pochissime corrispondenze ; « e pro-
fessore e consulente , ben poco tempo doveagli sopravanzare. Ne
per forze fisiche né per audacia o per mente straordinariamente
savia ed eloquente poteva esser di pericolo in momenti di cospi-
razione: e il suo flemmatico carattere tutt'altro indica che ten-
essendo egli d'opinione che si tratta di cosa innocente, sulla quale
non può paventare il rigore della Legge. Egli è d'avviso che la stam-
pa sia seguita in Lugano , e si protesta insciente del numero degli
esemplali sortiti dai torchi , e del modo con cui furono introdotti
nello Stato , ed assicura sull' onor suo di non averne smerciar o al-
cuno, toltone le succennate poche copie che regalo ad alcuni suoi
amici non nominati.
« Egli e nativo Piacentino, e da dieci anni circa venne al servizio
del Regno d' Italia. Distinto per cognizioni nella giurisprudenza, entrò
nel Ministero della Giustizia , ed era consiglière privato del Ministro.
Ebbe in seguilo la cattedra d'alta legislazione, e mostrò in ogni oc-
casione di esser uomo di molti talenti e di molta esperienza. Era
attaccato al passato ordine di cose in quella guisa che lo deve essere
un impiegato fedele ; sentimenti eguali gli sono di guida anche sotto
il Governo Austriaco.
« Apparteneva però alla Loggia Massonica il Grand' Oriente d'Italia.
Milano , li 1 1 Gennaio 1817.
CONFALONIERI 95
denza o possibilità a passi audaci, né ha facilità e chiarezza di
esprimersi » (1).
Ma il Salvotti trovava che le scritture del Romagnosi « rac-
chiudono massime politiche perniciose e antisociali; vi si predica
la ribellione, e vi si manifesta e sviluppa il diritto che hanno i
popoli di ricuperare, colla forza e coll'esterminio eziandio dei so-
vrani, i vantati loro diritti ». Soprattutto fece notare un passo
del suo libro sulla Costituzione d'una monarci i in rappresentativa
ove diceva che « quando la sedizione si estende a tutta la na-
zione, chiamasi insurrezione ; e i pubblicisti osservano che allora
non esiste più il delitto di ribellione (2) ; e la sedizione antece-
dente venendo a far parte deli' insurrezione , e confondendosi con
essa, diventa un atto solo con quella di tutta la nazione. Da ciò
si può giudicare della giustizia o ingiustizia della condanna di
Labedouyère e del maresciallo Ney ».
XIII. E tempo che parliamo di chi figurò tra i primi all'azio-
ne e al martirio , Federico Confalonieri (3).
E nota la parte infelice che egli prese nei tumulti milanesi
del 20 aprile 1814, dove mostrossi medicissimo del governo italo-
franco, sino a impedire le speranze che s'aveano di conservarlo.
A propria difesa pubblicò, fuor di Stato, due opuscoli; del che
disapprovandolo, il Governo lo obbligò a ritirarsi in qualche sua
campagna a scelta. Non era uomo di alto ingegno, neppur di
voglie generose; ma la sua ricchezza e la parte avuta in quei
lutinosi fatti lo faceano considerare come capo parte. « I viaggi
all'estero (come dice Salvotti a proposito di Giorgio Pallavicini)
erano costume di pressoché tutti i distinti giovani di questo paese ».
Fin nel 1817 , monsignor Pacca , governator di Roma , scri-
veva questa lettera Confidenziale :
II Sig. Conte e Contessa Confalonieri , partiti da Milano nel mag-
gio 18 IG diretti per la bassa Italia, passarono per Parma, ove videro
(1) Rapp. del Goheausen 20 luglio 1S21.
(2) Già nel 1775 il celebre articolista Wilkes ovea detto'alla Camera
inglese : « Quando la resistenza è coronata dall'esito non è più una ri-
volta , ina una rivoluzione r>.
(3 I suoi processanti, a piede della sentenza si diedero premura di
notare che il titolo di conte non gli si competeva.
96 EPISODIO DEL LIBERALISMO LOMBARDO
tutti i personaggi di quella Corte ; transitando per Bologna si videro
ivi la più cattiva compagnia , e furono trattati dalla celebre Marti-
netti; passarono indi per Roma per fissarsi per qualche mese in Na-
poli ; 1' equivoca loro condotta in quella capitale sarà ben nota al Go-
verno Austriaco, come ancora sarà ncto il viaggio fatto dal Conte
Federico in Sicilia ed in Pizzo; verso la metà di quaresima questi
due viaggiatori si condussero in Roma , ed immediatamente spiega-
rono la più stretta relazione col Cavaliere Tambroni , che si potè ve-
ramente chiamare il caro compagno indivisibile, il quale d'altronde è
qui legato con tutte le persone equivoche ; dei signori milanesi le più
intrinseche conferenze erano con il Colonello Serbelloni , col Conte Ci-
cogna , il Contino Archinto ed i coniugi Confalonieri. Questi signori
visitavano anche frequentemente il Conte Resta milanese, ma non tanto
per abboccarsi con esso , quanto per vedere e confabulare col noto
Marchese Cortese di Modena, deciso nemico dell'attuale sistema di cose.
I discorsi che si facevano tra tutti gì' individui sopraccennati , e
che erano applauditi non solo , ma anche istigati dal Sig. Cavaliere
Tambroni , non erano diretti che a mostrare quanto era infelice il
presente stato d' Italia , e quanto erano più felici i popoli sotto i pas-
sati governi francesi , e tutti i loro voti non erano diretti che a ve-
der risalire (com' essi dicevano) la gloria nazionale dell' Italia. Questi
discorsi si facevano riservatamente , sebbene in pubblico ancora non
si lasciava di far dei discorsi anche perniciosi , giacché il loro tuono
non era che quello del sarcasmo, e diretto a ridicolizzare lutte le
misure degli attuali governi , e specialmente dell'Austriaco. Fra tutti
i Milanesi però quello che in questo genere di discorsi superava tutù
gli altri nell' imprudenza era il Sig. Colonnello Serbelloni.
In generale tutti i sopraccennati viaggiatori si sono qui dimo-
strati intrinsicamente legati con tutti gl'Inglesi del partito d'opposi-
zione , e tutti hanno , sebbene con qualche riserva , fatte delle visite
ai Membri della famiglia Bonaparte, ed hanno con grandissimo deside-
rio cercato d' incontrarsi con il Sig. Conte Re (agente del Beauharnais) ;
le compagnie che essi vedevano non erano moltissime, giacché, molto
tempo lo passavano tra di loro , e cogl' Inglesi ; nel rimanente anda ■
vano nelle grandi società , ma ivi non si associavano che con persone
note per i loro principi d'indipendenza, e perciò varj di quelli si-
gnori Milanesi hanno fatta la loro corte alla Sig. Marchesa Sagrati.
In generale la loro parola, si puoi dire di passo, è che questa
epoca si deve chiamare quella della schiavitù.
II Conte Confalonieri ha detto nel partire eh' esso tornava a Mi-
lano per bisogno de' suoi interessi, ma che avrebbe fatto il possibile
CONFALONIKRI Mi
di ottenere nuovo passaporto onde poter ululare in paesi, ne' quali
si possa con ragione dire che si viva.
Con il Coni, Resta è partito il Marchese Cortese, il quale era
con vivo desiderio atteso a iMilano dal Marchese Tassoni.
Il Contalunieri vide i centri della civiltà europea: in In-
ghilterra conobbe persi maggi imp )rtanti , frequentò la Casa Hol-
l.i ut! (1), e fu introdotto in quelle loggie massoniche, senza,
(com'egli asserisce) esservi aggregato. Possiamo qui riportare una
lettera, allora a lui diretta da Ugo Foscolo, finora inedita.
Giovedì , ore 3.
Sig. Conte Carissimo ,
Da lunedì in qua stava aspettando e sperando d'ora in ora ch'ella
tornasse — Lascerei le carte qui, se alcune non fossero di tal sorte
da noi i essere fidate in una locanda — Starei qui, se non fossi incal-
zato dal lavoro , e dall'obbligo di terminarlo a mezzo dicembre ; e
l' indugio d un solo giorno mi produrrebbe molto sconcerto d' interesse
e di decoro. — Pero, signor Conte mio , m'affretto a partire ; e spero
ch'ella farà una corsa sino a Celsey — anche per salutare la bella
Lucia , che davvero parla — davvero — spesso di lei. S'ella mi
porterà sei copie del mio Progetto di giornale , mi farà iàvore. —
Così pure non si dimentichi di lasciarmi la noterella delle specie dei
libri che dovrò spedirle di mano in mano che usciranno — e non
foss'altro , mi scriva un addio.
Tutto suo
Ugo Foscolo.
In patria il Confai onieri si occupò assai delle scuole di mu-
tuo insegnamento , come vedemmo ; di fondar qui un bazar (2) e
(1) Holland -house , palazzo nel cuore della Londra moderna, cir-
condato da un gran parco di fresche praterie e di alberi secolari, ove un
tempo abitava Fox, poi dal 1802 al 40 lord Holland, attorno a cui radu-
navasi il partito wigh , ne c'era straniero di qualità che non cercasse
d' esservi presentato.
(2) A proposito del bazar, Cesare Bianchetti da Bologna, il 29 mar-
zo 1820 scriveva al Confalouieri :
Mi congratulo, che il vostro Bazar sia andato col vento in poppa,
come voi vi esprimete, a Vienna; non è dunque meraviglia se questo
vento sia stato contrario al trasporto del battello a vapore ; il quale
però spero che a quest'ora sarà a Venezia. Le nuove di Spagna sono
decise , e me ne congratulo con tutti gli amici non della licenza .
Arch., 3.a Serie , Tomo XXIV. 7
98 EPISODIO DEL LIBERALISMO LOMBARDO
dei miglioramenti all'agricoltura , e ne' Georgofili di Firenze si
lesse una sua relazione sopra quelle scuole e sopra la coltura del
lino. Non veniva a Milano distinto forestiere che non volesse es-
sergli presentato, principalmente quegli inglesi , fra cui Byron ,
Shelley, Landor, pei quali l'Italia era stato un paese fin allora
chiuso dalla politica- e dalla guerra : e Confalonieri teneva este-
sissima corrispondenza, e, ciò eh' è pericolosissimo a un cospi-
ratore , notava tutti i luoghi ove fu e le persone che vide.
Varie lettere gli dirigeva anche il principe di Carignano ,
maestro provetto nell'arte della simulazione , come lo chiama il
Bianchi suo panegirista (1) ; e sole riguardavano le scuole , e
ma cogli amici di quell'ordine di cose che toglie ai sovrani il mezzo
di opprimere e di scorticare i proprj sudditi. E quel p.... di Pezzi il
gazzettiere) cosa dirà sul suo giornale che è tanto screditato da noi in
Bologna '. ove, la Dio mercè, vengono non di contrabbando, ma pubblica-
mente per la posta, la Minerva, il Liberale, e quanti altri giornali si
vogliono. Benedetto questo governo nostro, almen per questa parto !
Addio . caro Federico , sempre colla fiducia che mi avviserete
quando passerete per il Ponte Lago Scuro , che non è né ponte , né
lago , né scuro.
(1) Un confidente austriaco il 2 maggio 1818 scriveva :
« Il Principe di Carignano, che è l'oggetto del vergognoso di-
sprezzo della Regina , è idolatrato in tutto il Piemonte , come è amato
il Duca del Genevese ; e lo è tanto di più perchè accarezza il Prin-
cipe suddetto , e perchè generalmente vuoisi che segretamente abbia
di già abdicato alla Corona a favore del detto Principe, avvenimento
che farebbe esultare la Nazione Piemontese , che ripone nel Giovine
successore al Trono le sue speranze, e per avere un Governo Costi-
tuzionale 9 per ottenere un ampliamento di Stati , che già presagi-
scono, ed attendono dal Medesimo e dalle mosse guerriere e politiche
danno delli Stati vicini.
«Ciò che è certo, che il detto Principe coltiva tutti i militari, ed
è il protettore di quelli che professano i principj liberali. So di più
da persone che lo avvicinano con confidenza . che è egli tanto caldo
nelle opinioni avanzate che spesso i suoi Amici sono con lui in contra-
sto onde frenare la sua effervescenza, quale nel momento facilmente
lo condurrebbe ad imprudenti, e fetali risoluzioni.
« Dal fin qui detto rileverà l'È. V. che, non esistendo la setta delli
A del fi , in luogo di quella evvi il partito che si può dire universale
NPAL0NIER1 99
raccomanda vagli persone in cai diceva avesse fede per le noti-
zie che darebbero ; il lodava del suo adoprarsi pel ben pubblico,
quant'egli pigliasse interesse per la prosperità e la gloria d' Italia,
per la quale esso avrebbe sempre cooperato coi buoni.
La direzione della Polizia il 20 maggio 1820 scriveva al
Governatore di non putir applaudire alla istituzione delle scuo-
le lancastriane , perchè messe in mano di persone pericolose,
quali Porro, Confalonieri , Mompiani, Ugoni, Arrivabene che
hanno una sola tendenza, l'indipendenza d'Italia e la Costitu-
zione, e vagheggiano tuttociò che tende ad esaltare lo spirito
nazionale. Quei metodi poi voglion guidare la gioventù a qual-
cosa di jji" sublime di quello che in fatto può meritare la con-
dizione degli operaj e de' giornalieri. Trovava poi strano che ,
nella preghiera, si deviasse dalla solita orazione domenicale (1).
a favore del d.° Principe, che può produrne conseguenze assai più se-
rie della lega Adelfa se esistesse , giacché i seguaci e li adoratori
infiniti di Carignano sperano e coltivano l'idea che egli sia un Genio
che abbia da condurre la Nazione Piemontese a trionfare di tutti , ed
a portare particolarmente la rigenerazione all'Italia, e si lusingano
che questa epoca non sia tanto lontana , e mediante la sperata solle-
cita morte del Re, e la certa abdicazione del Duca successore al Trono ».
(1) In principio delle scuole si recitava:
« Onnipossente Iddio , principio e fine delle create cose , auspice
supremo della nostra istituzione ; la tua luce benefica illumini la no-
stra mente, e sia frut.o delle nostre operazioni la tua gloria, l'esal-
tazione della santa Chiesa e la prosperità nazionale ».
Dappoi si sostituì quest' inno , che credo di Gio. De Cristoforis.
Fra noi dall'etere Come fra i cantici
Scendi invocato , Dei servi accolto,
O del creato In fiamme sciolto
Padre e signor. Scendesti un dì ,
11 core accendine, Così qui scendine
Desta il pensiero l.Iistico fuoco,
Tu primo vero , Ingombra il loco
Tu eterno amor. Di te così.
Il delegato di Brescia Mazzoleni giustifica pienamente la istituzione
delle scuole alla Lancaster, per il buon esito e per la bontà del Mompiani.
Solo l'orazione parevagli troppo filosofica e sentire di deismo più che di
cattolico ; proclamarsi l'eguaglianza degli uomini. In somma, come tutti i
Governi tirannici l'austriaco avea paura del libero insegnamenti.
100 EPISODIO DEL^LIBERALISMO LOMBARDO
Filippo Ugoni , altro de' promotori delle scuole lancastriane
e che n'aveva fondata una a Pontevico, scriveva al Confalouieri ;
Amico Pregiatissimo ,
Voi l'avete fatta bella per Dio , e non solo a me, ma a' miei ra-
gazzi ed a voi stesso, se ve lo debbo dire. A me, perchè, aspettandovi,
a Pontevico, non vi ho potuto vedere né là, né a Brescia; a' miei ra-
gazzi, che amandovi e stimandovi per quanto gliene ho detto io, de-
sideravano anche di conoscervi personalmente ; ed a voi stesso perchè
vi siete tolto il piacere di vedere una scuola ben condona ; vedete super-
bia ! Alla mia partenza da Pontevico i parenti del giovane Gemo, ve-
nuto a Milano e da me a voi raccomandato , non sapevano per anco
se tosse o no accettato alle lezioni del conservatorio, e m' hanno pre-
gato di volervi scrivere per questo. Io non dubito della vostra pre-
mura per questo bravo giovanetto , e vorrei che mi taceste la grazia
di scrivermene qualche cosa, a quiete della di lui famiglia. Speditemi,
ve ne prego, i cartelloni di massime già stampati (i) , che ne ho gran
bisogno. Per mezzo di Mompiani vi manderò un nuovo sillabario per le
scuole alla Lancaster, stampato dal sig. Raineri di Cremona, che me
ne ha fovorite parecchie copie , ed una espressam nte per voi. Quei
sigg. Cremonesi pare che abbiano poca buona intenzione ; aspettano
tutto dal Governo e non sanno che il Governo vorrebbe pur gloriarsi
di vedere i suoi sudditi fare il bene di propria loro volontà, senza
esservi spinti a forza.
Salutatemi gli amici e valetevi de' miei servigi se alcuno posso
prestarvene.
Brescia, 24 aprile , 1820.
(1) Nella classe IX davansi a leggere agli scolari alcune tabelle di
massime morali ch'erano 19. P. E. Obbedite a l'io, al re, alla legge -
Se Dio è con voi, chi contro ? - Temete le lodi degli stolti. - Il valor
del saggio sta nel saper generosamente reprimere la violenza delle proprie
passioni. — È stoltezza il parlar di ciò che s'ignora, ma è maggior pazzia
il biasimar ciò che non si conosce. Non usare è lo stesso che non avere.
« Il buon cittadino si fa debito di osservar fedelmente la legge Ess
riguarda tutto il mondo come sua patria , nel desiderio di contribuire
alla prosperità generale , e di essere utile a' suoi simili e qualunque sia
la nazione a cui essi appartengono
« Il vero filosofo, cioè il buon cristiano, riguarda il mondo come sua
patria, e il genere umano come sua famiglia » Molte sono della Bibbia.
GONFALONI E RI 101
Ed esso Confatomeli a Cammillo Ugoni:
Carissimo amico ,
Non so se più per il piacere di darvi il buon viaggio o per sod-
disfare al vero impegno che con voi contrassi riguardo al darvi le
ultime nuove correnti , qui in piedi, dalla casa del mio buon De Pre-
me, a cui do gli ultimi dolorosi congedi , vi slancio queste poche li-
nee. Una lettera di Torino annunziava che il 18, quando la Commissione
presentò il rapporto sulla legge per sottoporre a censura i giornali,
la Camera [francese) passò la legge per acclamazione, o meglio io
direi pei- tumulto. 1/ i stesso corrispondente scrive che non dubitasi
che anche le altre leggi passeranno , giacché la pluralità della Camera
è dichiarata a favore. Le notizie di Spagna sono buone; sembra indu-
1 >ir ito che Cadice si è arresa il 1 febbrajo. La truppa è tutta nel buon
partito, e quantunque il nocciolo dell'insorgenza non sia vasto, non vi
hanno però truppe riunite per domarlo. Le lettere di Francia arrivate
questa mattina non sono ancora distribuite; seppi per altro da uno
dei nostri amici che si son prese molte misure forti per prevenire
qualunque movimento popolare in Parigi. I fondi pubblici sono assai
decaduti ; la costernazione ed il fremito è universale : se le leggi pas-
sano , come non ne dubito , aspettiamoci, caro amico", ad una rivolu-
zione in Francia fra tre mesi: essa non può mancare qualora non re-
trocedasi dalle misure ch'ora si prendono.
Ecco il poco che a quest'ora vi posso dire ; accoglietelo per altro
come prova del molto che per ogni occasione bramerei fare in vostro
servizio. Addio, mio ottimo amico : mi duole che avrete delle brighe
in leggermi.
Torino , ad un'ora dopo mezza notte.
Vostro off. amico
F. CONFALONIERI.
PS. Direte a vostro fratello che mi sona male questa sua , che
non gli hanno mandato il pacchetto che aveva ordinato, contenente
varie suppellettili della scuola secondo l'intelligenza, ma che lo rag-
giungerà tosto a Brescia , e più completo.
Ed al Mompiani:
Carissimo amico ,
Milano, li 30 novembre 1821.
Ho ricevuto, alcuni giorni sono, una tua lettera da Leno che mi
produsse l'effetto della manna del deserto ad uomo abbattuto e lasso.
102 EPISODIO DEL LIBERALISMO LOMBARDO
Non è già la mia salute (benché ancor non del tutto ferma) che mi
riduca a questo stato , ma son molte cause morali che agiscono da
lungo tempo sul mio animo, e che, sopite quasi e rese indolenti dalla
dolce quiete e dall'oblio della campagna , sonosi ora più che mai ri-
sacerbate e rincrudite in me, dacché son rientrato in questa cittadi-
nesca fogna. Che vuoi , mio caro amico ? Fra tutti i disinganni delle
umane vicende il più duro ed il più doloroso a sopportarsi egli è
quello delle persone. L' influenza delle cose e delle vicende si risguarda
nella vita come la mano inevitabile del destino, ma i fatti che di-
pendono dalle persone non ponno considerarsi che come 1' immediato
risultato della virtù o della bassezza della umana razza, e tutto ciò che
tende a persuaderci dell' immenso predominio di quest'ultima riesce
sovranamente a prostrare le nostre forze !
Ma se è doloroso questo sentimento , da esso ne emerge almeno
qual farmaco, il più squisito godimento dei preziosi rapporti d'un' in-
contaminata amicizia, i quali tanto più debbono stringersi quanto più
si ha ragione ogni dì più diminuirne e concentrarne il numero. Eccoti
un cenno , fra i tanti di cui pur mi sarebbe dolcissimo il trattenerti,
dello stato dei miei sentimenti in genere , e di quelli che particolar-
mente provo allorché teco mi trattengo.
Ma tu conoscerai per prova quanto , in questi eflondimenti del-
l'animo siamo insofferenti d'ogni limitazione o reticenza: or dunque
come mai godere di questo conforto per lettere , or che le lettere
son manomesse , e le frasi innocenti dell'amicizia ed i voti santi
dell'uomo onesto sono fatti soggetto d'inquisizioni e di criminalità ì
Ti scrivo chiaro e senza metafore questi miei sensi, onde almeno
ne sia l'interpetrazione loro, a chi vedralli probabilmente prima di te,
di ovvia e chiara spiegazione , e senza ulteriori molestie possa la
lettera andare al suo indirizzo.
Dopo ciò, poche righe aggiungerò per dirti che la mia salute è
discreta, quantunque non ancor del tutto confermata nell'antico si
di grazia: che il mio domicilio sarà per quest'inverno fisso a Milano,
qualora l'asprezza del verno, combinata collo stato di mia salute, non
m'imponessero una necessità di cercarmi clima più mite. Che se tu
troverai il modo di effettuare una gita fra noi, vi sarai il ben venuto,
e se non verrai a dividere con noi allegria e divertimenti che non
abbiamo, vi troverai sempre l'antica cordiale amicizia. Che duolmi
finalmente assai che la malattia della tua sig. madre t'abbia tolto di
venire a passare alcuni giorni placidi con noi nelle nostre rive La
riane , che sicuramente àvrebber meglio convenuto allo stato del no-
stro animo chele tristi e nebulose della città.
i ONPALONIERI 103
Mia moglie qui presente ti saluta caramente.
Cogli occasione di mandarmi, tosto che il puoi, la storia dei Qua-
queri , quando mai non fossi disposto a realizzare la promessa di
presto portarmela in persona. Dammi in ogni modo tue nuove o
credimi tutto tuo
Affino amico
F. CONFA.LONIERI.
Già di qui appare l'attenzione che davasi agli scotimenti di
Spagna e di Francia , e a quel contagio di sollevazioni militari,
ov' erasi fatto il maggior delitto, pervertir lo spirito militare, e
convertire i generali in uomini di partito. La rivoluzione di Na-
poli eccitò le speranze di tutta Italia (1) e del Gonfalonieri in
particolare, ma le notizie sconsolavano. Un diplomatico, di sen-
timenti ben più moderati, gli scriveva da Napoli il 7 aprile:
Il y a bien kngtems que j'aurai du repondre à vòtre bonne et
aimable lettre , mori cher Confalonieri , car, malgré mon antipathie
pour ecrire qui va toujour^ croissant : j'aime à taire une excéption en
faveur de ceux, auxquels ,je tiens plus particulierement ; mais je vous
dirai que je ne savais trop comment vous repondre par la poste , et
mème j'ai déchiré deux ou trois lettres, que je n'ai pas cru prudent
d'envoyer. Le Marquis de Medici est venu me dire dans ce moment
qu*il part dans quelques heures, et je n'ai que le tems de vous ecrire
deux mots. Vous savez que je regarde les affaires de l'Europe et celles
de notre monarchie sans passion et par conséquent sans prévention ,
hors un seid point: il n'est peut ètre de mème de vous , cher Con-
falonieri , et il n'est pas éton ant que la raison parie moins fortement
lorsque le sentiment eie ve la voix. Mais, si vous etmoi pouvions nous
convaincre que nous vivons dans un siécle de fait et non de droit ,
qu'il y a de choses qui, pour ètre justes, n'en sont pas moins impos-
sibles , peut ètre pourrions nous jetter un regard plus consolant sur
(I) Quel barone di Stein prussiano, che ebbe si efficace parte nel-
l'acquistar la libertà e l' unità germanica , da Milano scriveva al conte
di Spiegel , nel 1821 :
« Les idées dominantes appartiennent a la politique. Affranehisse-
ment de la domination etrangère , fédération des États italiens , où
unite d'Italie, telles sont les idées qui préoccupent exclusivement les
classes supérieures. Mais comment un problème non résolu depuis la
chùte de 1' Empire Romain peut-il l'etre dans les circonstances actuel-
les ? Pour moi, tout cela n' est que le jeu d'une imagination exaltée ».
104 EPISODIO DEL LIBERALISMO LOMBARDO
la situation des pavs dans lesquels nous sommes né?. Je suis loin de
me dissimuler les defauts du Gouvernement sous le quel nous vivons,
les nombreux abus qui se sont glissés dans differente-; partie de l'ad-
ministration etc. etc. : mais je n'en \rois pas où les personnes et les
propriétés soyent plus respectées , où i'opinion publique soit plus
ménagée , et où l'homme qui respecte les lois , soit moins soumis
aux caprices de l'autorité. Et ce résultat , c'est d'aprés les faits qu'il
faut le juger: car je vous avoue quo, lorsque je suis emprisonné et
condamné sans ètre réguliéremenf jugé, il m'est assez egal que ce
soit par suite de la suspension d'une loi , où d'une exception faite a
une loi. Tant que l'autorité pourra prodiguer de l'or et des honneurs.
elle provoquera ces suspensions et ces excéptions aussisouvent qu'elle
le croira profitable à ses intèrets , et en faits de gouvernement j'ad-
mire la theorie , mais je ne suis rassuré que par l'expérience.
Passant de ces réflexions générales aux obse'rvatidns particuli
je dois vous taire rémarquer que, depuis troisans, nousavons fait pas
de géans vers un ordre de choses, tei que les Nations qui composent
une grande Monarchie peuvent le désirer, et tei que l' Empereiìr Joseph
l'à préparé : or vous m'avouerez que, moins ce passage est violent,
moins il hurte les intèrets individuels, plus il promet une existence so-
lide et durable. I/Angleterre n'a pas de charte constitutionelle , sa
Constitution se compose d'une immensité de lois et de bills modilìés
d'après les temps et les circonstances. Mais me direz vous : où est la
reprèsentation nationale ? Dans les trois quarts de la Monarchie
éléraens en sont conservés dans les Etats : deja on commence à leur
donner plus de latitude, mais il faut achever Feducation d'une
tion avant de la déclarer majeure. Vous aurez vu que dans tous les
Etats de la Confèderation Germanique on etablit des constitutions fon-
dées sur une reprèsentation nationale: l'Autriche doit se mettre au
niveau dans les provinces qu'elle déclarera taire partie de la Confè-
deration. Voyez vous la tendance et les resultata de cette mesure ? Et
croyez vous que cette marche lente et mesurée ne eonduise plus di-
rectement à un but solide, que toutes ces secousses qui ébranlent les
trónes, ruinent les nations, détruisent la confiance qui doit régner
entre les gouvernans et les gouvernés , et amenent pour résultat le
desordre ou le dispotisme? Mais gardons nous d'aller au devant des
événemens , de voulolr en hàter la marche, de l'entraver par nòtre
impatience ou nò! re découragement : je trouve que dans tous les I
les hommes de coeur et d'esprit doivent se mettre en evidence , se
piacer dans les al'aires, occuper les plaees qui leur conviennent dans
la carrière admini strati ve et politique; c'est le -cui moyend'en ecarter
CONPALONIERI 105
les sots et lei? fripens , et je n'excuse pas l'homme qui, ayant des talens
il ìs connaissances , et une ame capable de former et de suivre un
pian de condiate utile a son pays, se soustraii à ce dévoir, où par
des raisons de fortune ou de paresse , où pour manifester son mécon-
tentement de ce qui s'est passe où de ce qui se passe. Nous vivons
d.ins un siede ci un horame peut beaueoup , où la volonté morale
est un des p'us; grands Ievins qui ruinent le monde phisique , el
qui dans des temps ordinaires peut passer pour philosophie où amour
d'une noble indépendance , devienl actuellemei où égoisme.
>uis vous parler ainsi , moa cher Confalonieri , d'autant plus que
je suis loin d'ètre oont-^nt de ma Tour dans ce moment: j'ai tous les
droits de me plaindre et de me croire negligé, car, depuis trois ans
que je sers din* un poste si epinineux et si difficile , je n'ai pas un
s ul agrément, car je ne puis pas compter cornine tei que V Empe-
r> ur ait donneé une des grandes charges de la Gallicie à un des
premiers seigneur de ce pays, et j'ai eu quantità de petits etgrands
désagréraens , dont celui de me ruiner n'est pas le moindre. On m'a
promis une augraentation , on ne me la donne pas , et je n'en parie
plus: on a donne des Ordres à droite et à gauche, je n'en ai pas eu
et je ne m'en plains pas , car je suis convaincu qa'une conduite noble
et mesurée flnit toujours par produire de bons résultats , et je ne
serais pas etonné d'avoir, un de ces quatre matins, le poste de Ber-
lin où Pambassade des Londres ; l'un et l'autre serait tres honorable
et me rapprocherait é^alement du but de ma vie. Voilà , mon cher
Confalonieri, une bien longue lettre : j'espère que vous y trouverez la
preuve de l'amitié et de la confiance que je vous ai vouées , d
vous sentez bien à quel point il serait compromettant pour moi que
eette lettre fòt vue par tout autre que vous et votre femme, que j'as-
s icie dans les sentimens que je porte, et à la quelle vouspouvez com-
muniquer cotte lettre, queje vous prie de bruler ensuite. Adieu mon
cher Confalonieri: avant de quitter 1* Italie, je vous verrai dans tous
les cas , et je vous reitererai de vive voix l'assurance d'une amine
qui ne finirà qu'avec ma vie. L-
Quando scoppiò la tardiva rivoluzione di Piemonte, il Confa-
lonieri tro\ avasi gravemente malato, sicché ebl te \ i i cciate di
sangue. Nati sospetti sul conto di lui, si fece una perquisizione
alla casa sua il 1 luglio 1821, e vi si trovarono, fra il resto, ben
74 Lettere . la cui pubblicazione sarebbe 'li grande interesse pel
106 EPISODIO DEL LIBERALISMO LOMBARDO
carattere dei tempi, ma nessuna che riguardasse direttamente le
trame (1).
(1) A proposito di quella rivoluzione, il conte di Cardenas , allora
gran fautore delle scuole laucasteriane , gli scriveva da Calasca li 27
aprile 1821:
Carissimo Confaìonieri ,
Non vi lio ancora fatto sapere niente di noi , dopo le vergognose
e ridicole e disastrose pedemontane faccende; e provo un certo ros-
sore ora nello scrivervi per la prima volta: sento che la posiziono
topografica fra le Alpi e 'l Ticino del luogo della mia nascita mi pesa
terribilmenie sulle spallo, e fa a me ed a' miei compaesani portar
la faccia per vergogna chi>ia: eppure bisogna bene che io tenti la
mia ventura, e che, tutto tremante di non mia vergogna, vi venga
avanti per veliere se sapete discernere dal Tormento il lolio. Non so
poi se conosciate la nostra vera storia , né so se vi sia alcuno che la
conosca affatto. Ma in due parole degli scolari, (e scolari in ogni ge-
nere) pensarono di dare la libert t chi solamente al Piemonte . e chi
a tutta l'Italia, e ciò col mezzo della costituzione spagnuola che fu
invocata di nome ma di fatti non mai. Essi vennero all' impresa senza
mezzi , senza concerto , senza armi , senza denari , e più di tutto
senza giudizio e senza capo : si associarono sotto il nome di federati.
La più vii feccia della nazione, negozianti falliti, omicidi, spie,
truffatori e galeotti ec. Questi furono i federati che uno stile alla
mano percorsero lo stato a piantare la bandiera di libertà , sul colore
della quale ne pare non si erano ancora accordati. La giunta provvi-
soria nominata non si sa come e da c:;i, fece e disfece atti e decreti;
si investì di una orribile autorità despotica , ne emanò una parte a dei
bascià , sotto il nome di capi politici , demoralizzò le armate , scon-
certò tutto ed al primo scontro scomparsa ricapitombolò nel suo nulla.
Sparvero al suo sparire i confederati, i soldati, i ministri, i capi
politici, tutti, e noi restammo in una anarchia , dalla quale uscimmo
cadendo sotto il giogo del conte La Tour, introduttore degli Austriaci
in Piemonte, e da questa sotto l'assoluto impero del conte Revelli,
quello dell'affare dell'università. Di pochi nomi che figurarono nessu-
no lasciò traccia di sé la quale abbia a vivere negli anni avvenire.
Vilissimi si dimostrarono i militari. S. Marcano fu il primo a gri-
dare si salvi chi può I soli Lisi e La Manta si batterono per qual-
che momento. Lasciarono fama di gente onesia Insaldi, e più di tutti
F integerrimo Santa Rosa , uomo eccellente , buono scrittore ma non
CONPALONIERI 107
Pareva svanito ogni timore di processi per parte dell'Austria,
sicché Confai» mieri scriveva a Foscolo: " Siamo condotti a tale da
chiamar felici gii esuli , e molto più quelli che, se dividevamo il
fatto pei grandi affari. Dubbia suona la fama di Dal Pozzo, e Maren-
tini. .. E ciò per una parte, per l'altra Gislenga e Siravegna ebbero
il dovuto premio (colla loro dimissione) ai giuramenti contradittori.
Gli occhi sono ora rivolti tutti in La Tour, egli fu per qualche mo-
mento l'esecrazione di tutti , ora si guarda con occhio più benigno ;
si pretende, anzi si sa di certo, che egli stretto in Novara, tentava
di farci avere savie ed eque leggi che trattava ad hoc col sovrano,
e coll'imperatore Alessandro; ma che non poteva sottoscriversi allo
stocco (?J delle cittadelle Torinese ed Alessandrina: e che egli fu co-
str tto a chiamare l'aiuto forestiero per risparmiare il sangue , e re-
sistere all'assalto datogli dalle truppe sedicenti costituzionali. La na-
zione non prese mai parte alle vicende , si era presa troppa diver-
gente dal retto sentiero, non si era fatto niente che animasse la con-
iidenza; che lasciasse vedere il Viene del nuovo regime costituzionale
di nome e non di fatti ; vi erano mescolati dei nomi troppo vergo-
gnosi perchè una persona onesta vi si volesse mischiare ; ed avendo
veduta la cosa da vicino si è. anzi stupito dei pochi buoni che vi sono
entrati come parte attiva. Non so se tutti ve ne avranno detto al-
trettanto , se tutti ne avranno parlato, e ne parleranno come, colla
massima confidenza ed amicizia io ne parlo ora a voi ; vi dco ciò
che ne penso , ciò che mi pare lasciando a migliore giudizio il di-
scorrerne più a lungo ed anche più a senno. Ma evito non vi sarà nes-
suno che non dica che sin stata cosa oltremodo infame e vergognosa ,
o che fecero bene tutti quei buoni galantuomini che non vollero avervi
alcuna parte.
Vi pregherò poi di darmi delle notizie della vostra preziosa sa-
li avervi ancora cura benché ristabilito, ili presentare i miei
distintissimi ossequi alla pregiatissima vostra contessina , e di cre-
dermi di vero e verissimo cuore
Vostro affino amico.
I . Vi dirò due sole parole della nostra scuola : essa ^i risentì
molto della scossa dei tir' cambiamenti di maestri e delle vicende po-
litiche : ora si riprende sotto la savi i del sig. Caramora, datoci
■ la Etacheli. Quando venne da noi non sapeva ancora cosa fosse questo
metodo; ora ne ha di già preso lo spirito, ed egli e i ragazzi fanno
sensibili progressi.
108 EPISODIO DEL LIBERALISMO LOMBARDO
danno generale che la perversità di quest'epoca ha serbato a tatti
gli sforzi caati e generosi . sono ben lontani dal dividere la
vergogna di quelli che non seppero veder il bene se non imbe-
cillemente e fanciullescamente ».
Ma le rivelazioni d'altri detenuti e le carte dell' Andryanne au-
mentarono i sospetti sul Confalonieri, onde si ordinò d'arrestarlo-
Egli che dovea restar avvisato dalla prigionia e dalla foga dei
suoi amici, e da caute insinuazioni del maresciallo Bubna, si lasciò
cogliere; si era preparato una via per trafugarsi sui tetti, ma
fu cólto e messo in carcere. Ad altri il raccontare quel processo.
Noi ci limiteremo alla dichiarazione fattane dal Salvotti , eviden-
temente indispettito di non averne cavato rivelazioni importanti,
né di poterlo disonorare in faccia alla nazione e alla posterità
con pretese rivelazioni.
È manifesto che Confalonieri fu il capo di tutta la lombarda co-
spirazione. Ma ciò che maggiormente accresce il suo reato è la im-
pudenza, colla quale, a fronte delle molteplici risultanze che lo smen-
tivano , seppe imperterrito mantenersi in un sistema di fallacia e di
assurdità, per cui il capo di tutta la macchinazione, quello che tra-
scinò nell'abisso della co'.pa Borsieri , Pallavicini , Tonelli, Ducco e
Filippo Ugoni , e quindi tuita la serie dei federati bresciani, sarei -
besi trasformato nel salvator della patria.
N ■ dopo questa sfacciataggine noi certamente meraviglieremo
.se i costituti dello inquisito ridondavano di reticenze e contraddizioni;
se sempre vago ed astratto nei suoi racconti, ravvolgeva in un ver-
i frasario la verità e la menzogna, e se, ben lungi dal presentarci
il quadro completo della cospirazione di cui fu l'anima, e dall' indi-
carci nei suoi più assidui compagni de' complici , voleva invece per-
suaderci che desso si faceva l'oppugnatore del partito rivoluzionario,
e che i suoi amici erano altrettanti testimonj della sua pretesa inno-
cenza. E se Confalonieri esercitava cotanta influenza sui cospiratori
anche ammalato , e se era dal suo letto ch'egli dirigeva le fila della
congiura . noi avremo sempre più motivo di apprezzare quanto pro-
fonda fosse stata la corruzione della sua anima, e quanto vigorosa la
tempra del suo carattere.
Né certamente possiamo immaginarci di aver tutte conosciute le
operazioni criminose di questo inquisito. Qual garanzia di una tal
persuasione possiam noi a tutto ciò che ritrassimo dal suo
labbro non fu che fallacia o raggiro?
CONFALONIERI 109
Poteva forse questo inquisito limitarsi a trarre nella federazione
Pallavicini, Ducco, Touelli, (Jgoni e Borsieri? Qua! sarebbe mai stata
la causa di questa tumultuaria sua scelta? Noi non abbiamo, è vero,
raccolti maggiori fatti a carico di Confalonieri , ma vorrà ciò dire che
non esistevano? Fu per un mero accidente che abbiam conosciuto l'ag-
gregazione del Ducco e argomentata quella di Tonelli, di Ugoni e Cor-
sieri. Prima che la Inquisizione ottenesse questo maggiore sviluppo non
si conosceva die il solo Pallavicini come Federato per opera di Con-
falouieri. Come adunque sarebbesi erroueamente allora supposto che
questo solo lesse stato tratto da Confalonieri nella federazione, cos'i
erroneamente supporrebbesi adesso che niun altro Federato vi abbia
per opera dello inquisito. Vm tale giudizio potrebbesi allora soltanto
l'ormare quando Confalonieri avesse con apparente candore manifestato
tutte le sue colpe , ma tinche, invece di questa ingenuità della quale
molti altri arrestati ci diedero prove non dubbie, le sue deposizioni
ci offerivano continue menzogne e perpetui stravolgimenti del vero, noi
siamo autorizzati a ravvisare nel detenuto C. Confalonieri quel perti-
nace colpevole , cui non ha mai punto il rimorso del suo gravissimo
delitto, e che non ha mai voluto offerire al suo Sovrano in parziale
espiazione almeno della sua colpa il tributo di una sincera manifesta-
zione della verità. (21 febbraio 18*
E fu condannato , come ognun sa ; e non sarà fuori di luogo
il riferire alcuni cenni d'un impiegato sul modo onde fu sentita
a Milano la condanna di lui.
On n'à jamais vu l'opinion publique • aussi unanime, aussi forte-
ment prononcée, qu'elle l'esl dans ce moment.
La nouvelle de la condamnation du C. de Gonfalonieri a fait un
effet qui augment au lieu de diminuer. — Une chose qui nous a para
très remarquable , et qui semble prouver où indiquer au moins la
nature de l'impression que cette nouvelle a fait dans le public c'est,
que depuis le premier moment, on n'eri entend plus parler la ou il y
a du mondi; assemblò, et qu'on ne parie d'autre chose dès qu'on se
croit en sùreté. Tous les partis sont réunis, tous, amis, ennemis, in-
differens tiennent le rnème langage. — La longùeur du procés en
changeant, corame d'ordinaire . la disposition des esprits, a fait
succeder la compassion à l' indifference ; il n'esl dans ce moment per-
sonne qui n'ait pitie du condamné. — Sans nous arrèter aux plaintes ,
aux. exclamations qui n'ont ni fin, ni cesse , tout se reduit a dire que
le crime, quelqu'il soit, et que l'on suppose proavo a l'evidence , n'a
cependant pas cu de consequence, et que. si la disposition du Code
110 EPISODIO DEL LIBERALISMO LOMBARDO
oblige les juges a l'application de la peine , elle fournit une base pour
lai re grace.
On ajoute, que dans un pays) où heurcuseraent rien ne s'était
opere contre le Gòuvernement , ni contre la sùreté publique , il ne
saurait ètre necessaire de donner des exemples, ni d'infliger les pei-
nes , qui peuvent avoir été necessaires a Naples , à Turin , à Ma-
drid etc. En un mot on n'excuse pas le coupable , mais le gibet fait
horreur, et Ja noblesse surtout en est consternée.
Anche un confidente più grossolano scriveva :
Varj sono i discorsi che si tengono relativamente alla sentenza di
morte del Conte Gonfalonieri.
11 basso ceto , artisti, mercanti ed altri non prendono gran parte
a questo all'art', ma tutti dicono che non sembra necessario un simile
supplizio, essendo stato sempre tranquillo il popolo milanese, e tulli
spelano nella clemenza sovrana, peiv he dicono tutti che l'imperatori;
è di buon cuore , e non abbisogna di usare simili rigori , giacché ha
un'armata fedele, e che non sono che alcuni storditi , i quali possano
immaginarsi di esser capaci di tare delle rivoluzioni in questo paese.
Altrove (1) io ho narrato la corsa della contessa e di Gabrio
Casati suo fratello a Vienna , poi a Milano onde ottener fir-
me , che chiedevano la grazia di Federico, e come ne restasse
commosso l'inesorabile Francesco. - Del viaggio di Pellico per
lo Spielberg , questi diede alcune particolarità più o meno ve-
re (2). Ma è tradizione che , quando Confalonieri passava per
Vienna condotto allo Spielberg, il principe di Mettermeli lo ve-
desse e lo esortasse a confessargli il vero sulle trame della Car-
boneria e sulla parte presavi dal principe di Carignano. E
pdsistendo Gonfalonieri sul niego , Mettermeli gli domandò se
ne direbbe di più a un'augusta pe.sona.
(1) Dell'in lipendema Italiana, Voi. Il, pag. 209.
(2) Io ho sempre dubitato di alcune circostanze delle Mie prigioni ,
anche (immettendo i piombi e la Zanze e il Giuliano. Lodavo una volta
a Pellico l'aver , nella tremenda sua mansuetudine, così ben trovato
l' incontro di lui e Tonelli coli' imperatore nel giardino di Schònbrun
mentre tornavano dallo Spielberg , ove il custode li fa ritirarsi da banda
acciocché l'imperatore non sia rattristato dal loro squallido aspetto. Pn-
reami un' invenzione degna de'n iggi ri tragici: ma Pellico mi assicurava
ch'era vero, e di non aver nulla inventato. È gran suo merito però l'avere
scelto le circostanze, e questo basta a porlo a tanta distanza da'jli altri
narratori di que' patimenti ; e a far troppo severo il giudizio di Manzoni
che chiamava quello un libro fortunato.
GONFALONIERI 111
Possiam poco credere a questo racconto, poiché abbiamo una
relazione del governatore di Milano al principe di Mettermeli
ove gli espone quanto il Confalonieri t'osse stato tocco dalla be-
nevolenza usata dall'imperatore a suo padre e sua moglie (?), e
come, coll'aspetto della massima sincerità , al direttore generilo
di Polizia facesse rivelazioni, le quali in tornio consistevano nel
negare d'aver fatto parte di nessuna società segreta, nò saperne
di vendite o di chiede: solo aver partecipato coi Federati pie-
montesi, e cercato acquistarvi proseliti. « Egli osserva che a Bre-
scia il numero ile' Federati era maggiore, perchè molti cred
inevitabile un cambiamento: non voleano compromettersi infatti
col nuovo Governo, onde accettavano senza esitanza la proposta
d'esser Federati, senza ben sapere che cosa s'intendesse fare. Così
nelle strade e nei caffè Ducco parlava a' suoi amici del prossimo
cambiamento di Governo; li invitava a pranzo, poi propi
loro d'esser dei suo partito, e ne otteneva il sì ».
Sappiamo qual fede meritino le relazioni di Polizia; ma ab-
biamo il diario del viaggio , presentato al direttore generale di
Polizia dal commissario Tecini, che dirigeva il trasporto de' con-
dannati allo Spielberg. Eccolo.
Il sottoscritto, onorato dalla confidenza della superiorità della ge-
losa commissione di dirigere la traduzione al forte di Spielberg dei
sei condannati per alto tradimento di Stato, Federico Confalonieri .
Filippo Andryane, Giorgio Palavicini , Gaetano Castillia, Pietro Borsieri
e Francesco Arese, si affretta rassegnare a V. E., l'umilissima sua
relazione sulla condotta tenuta da essi durante il viaggio, e sulla
sensazione prodotta nel pubblico, che osservò il loro passaggio
Nel generale nessuno dei condannati somministrò al direttore del
trasporto occasione di lagnanza alcuna, avendo essi sino dal primo
momento mostrata somma rassegnazione, decente contegno, e tutta
irdinazione a chi ora incombensato di tradurli al luogo della
loro pena.
Seguendo gli ordini ed il proprio sentimento, il referente si lece1
pregio di usare coi condannati le maniere della dolcezza e della p [sua-
sione onde disporli alla rassegnazione ed all'ordine, che, come si disse,
e-si osservarono mai sempre durante tutto il tempo della lunga loro
traduzione ; quindi è che lo scrivente si compiace di dar loro da
questa parte il ben meritato attestato di una ottima condotta.
112 EPISODIO DEL LIBERALISMO LOMBARDO
Nel particolare poi crede egli di non ingannarsi nel riferire alla
E. V. elio il Confaloaieri , sebbene obbediente e rassegnato nell'adat-
tarsi all'ordine della marcia, e sebbene rispettoso verso g,i impiegali
ed i gendarmi, ai quali era affidato, ostentava però un esteriore
molto sostenuto, e quasi altiero in taccia al pubblico ogni qualvolta
vedeva di essere osservato dai curiosi, e conservava sopra i suoi
compagni una cert'aria di superiorità , cui essi corrispondevano con
rispi tiosa dipendenza, cedendo in ogni riscontro a lui la mano, e tra-
scurando ogni proprio comodo o bisogno per procurargli tutti i pos-
sibili agi, e rendergli meno sensibile la sua situazione.
Egli sembrava un nume, attorniato, da tanti devoti adoratori. Sen-
livano essi ogni sua tisica e morale alterazione, né di altro si occu-
pavano che dello stato del Gonfalonieri. Più d'ogni alno poi dipendeva
dai suoi cenni il condannato Andryane, che non esitava di dichiarare
di dovergli indirettamente il dono della vita.
li Gonfalonieri disse di aver a\ uto in Milano sentore della rela-
zione a stampa sul suo conto, desidero di averne un esemplare, che
lo scrivente non credette di accordargli, e disse ch'era stato descritto
al Sovrano con colori alterati al di la del suo demerito, per cui ben
vedeva che il dono iàttogli della vita era stata una singolarissima
grazia , e sosteneva che gli era stato fatto torto coli' averlo ritenuto
complice ed autore della morte del ministro Prina (1), dopoché con
una sua apologia si era in proposito bastantemente giustificato.
Allorquando in Yillacco si dovette risolversi a lasciarlo indietro,
questo condannato non ommise di ringraziare il Commissario superiore
Tecini per l'umanità colla quale era stato trattato , non gli parlò però
giammai né dei suoi delitti , né dei sentimenti che nutriva dopo il
momento della sua condanna. Una sol volta egli disse che si lusingava
col tempo di ottenere una ulteriore grazia, cioè quella della liberta,
e che ciò succedendo, voleva colla moglie ritirarsi in campagna. Egli
desiderava ardentemente di arrivare in Germania, e si mostrava
poco contento dei suoi nazionali, e più di lutti spallava dell'inquisito
tarlo Castillia, stato dimesso a processo aperto, allegando che aveva
latte in processo deposizioni, colle quali aveva cambiato la natura dei
fatti, pregiudicati molti inquisiti, e tentato di nuocere a molti im-
piegati.
fi Quando mori quel marchese Filippo Carlo Ghislieri , al quale volle
attribuirsi tanta parte nella rivoluzione del 20 aprile 1814, nelle sue carte
si trovò una corrispondenza del e col Conte Confalonieri sud' opuscolo
da questo pubblicato.
CONFA LONIERI 113
Il parigino Andryane, civile in sommo grado , anzi quasi galante
con tutti gl'individui del convoglio, diede più volte segni di penti-
mento, attribuiva la sua disgrazia e la sua colpa ai traviamenti della
sua gioventù , che conlessava di aver [lassata tra i vizj del gioco e
la dissolutezza, consumando malamente ad un .suo buon genitore la
ingente somma di chea 300mila franchi. Parve ch'egli calcolasse molto
sulle relazioni di suo padre con varj distinti personaggi, onde col tempo
ottener grazia, aggiungendo che frappoco doveva egli venire a stabi-
lirsi a Brùnn o a Vienna.
Egli non credeva impossibile che Gonfalonieri avesse a conseguire
un giorno la grazia della liberazione, ed in tale caso sperava che il
suo destino non dovesse essere dissimile da quello del surriferito suo
compagno d' infortunio , cui consacrava durante il viaggio ogni sua
cura ed ogni suo pensiero. Il suo contegno verso il pubblico non era
oltraggioso , ma aveva però della sostenutezza ; di quando in quando
si divertiva canzonando il Borsieri che qualificava poeta- Egli era sen-
sibile ad ogni attenzione e la sua riconoscenza giunse a segno, che allo
Spielberg- , e precisamente allorquando aveva ormai potuto penetrare
il trattamento che lo attendeva in casa di forza, inaspettatamente ed
alla presenza del sig. Direttore di Polizia di Brùnn e dell' intendente
di quel locale si lanciò verso il sottoscritto , cui impresse a viva forza
un bacio sulle gote, e colle lagrime agli occhi gli esternò i proprj
ringraziamenti, e quelli dei suoi compagni per le attenzioni ed umanità
loro usati. Quell'uomo non sembra certamente nato pei delitti. Intra-
prendente , sensibile e franco com'egli è , e di molte cognizioni , An-
dryane, con miglior direzione ed in compagnia di gente dabbene, po-
teva riescire uno dei migliori cittadini , e far onore al suo paese.
Pallavicini, concentrato più degli altri in sé stesso e riflessivo,
ostentava studiatamente una certa qual indifferenza nella sua situa-
zione Alla vista però del forte, in cui sapeva dovere scontare la pena
del suo delitto, si turbò forse più degli altri ed impallidì. Parlava
talvolta di grazia che sperava dalla clemenza del Sovrano, esternando
che tutto il suo fallo consisteva nella gita fatta a Torino per invitare
quei rivoltosi a spingere una forza armata nella Lombardia.
Diilicilmente si ravvisa pentimento in chi non conosce l'enormità
del suo delitto , né crede di averne meritata la pena. In tale posizione
ritiene lo scrivente il Pallavicini, la di cui mente ed il di cui cuore
possono per altro essere illuminati , e mossi dalle cure di un erudito
e zelante ministro della santa nostra religione.
Castillia Gaetano, cieco seguace del Pallavicini per cui dimostrava
somma affezione, eia avvilito, e senza i conforti dei suoi compagni
ARCH., 3.» Serie, Tom. XX IV. 8
114 EPISODIO DEL LIBERALISMO LOMBARDO
avrebbe difficilmente sopportate le fatiche del lungo viaggio, giacchi
l'afflizione dell'animo di troppo opprimeva il suo debolissimo fisico.
Era egli in pena del suo futuro destino , e cercava ansiosamente di
aver conforto da tutti quelli coi quali poteva essere in contatto; non
disperava però della grazia, rammentando quella ch'era stata accor-
data a quelli che nel 1816 per simile delitto erano stati condannati a
Mantova.
il condannato Borsieri, distratto dalla poetica sua fantasia, poco
o nulla parlava della sua pena , e si conteneva faceto con tutti , di-
stinguendosi anche con una fòrte avidità di cibarsi. Pareva ch'egli non
dubitasse di veder mitigata la sua condanna.
L'Arese era tra tutti gli altri suoi compagni il più pentito, e ri-
conoscente infinitamente per la clemenza che gli era stata usata nella
sentenza. Egli andava tranquillo incontro al suo castigo, riponendo
nella clemenza sovrana 1' illimitata sua fiducia.
I condannati , com' è naturale , non hanno potuto trovarsi in con-
tatto immediato col pubblico , il quale però si ò mostrato ovunque
estremamente curioso al loro passaggio.
In tutti i luoghi principali che si trascorsero durante la mar-
cia, si ebbe la precauzione di penetrarvi ed uscirvi poco prima
che incominciasse , o subito dopo terminato il giorno ; ad onta di
ciò, al fermarsi delle carrozze i curiosi si affollavano d' intorno alle
medesime , e dalle tronche parole che si sono potute marcare da essi
pronunziate , si rilevò che ad un tempo conoscevano la gravezza del
delitto imputato ai condannati , e la giustizia della prima pronun-
ziata condanna di morte , tessendo poi illimitati elogi alla clemenza
sovrana per l'avvenuta commutazione di pena. Molti poi rimanevano
quasi estatici alla vista dei rei, e con un continuato significante ri-
spettoso silenzio persuadevano , che meditavano profondamente sul
rigore della legge, sulla necessità di un gastigo e sul mirabile modo
con cui S. M. l'augustissimo nostro Sovrano seppe combinare un esem-
pio imponente , con uno straordinario clementissimo atto di giustizia.
(continua) ■ C. CANTÒ.
NB. La lettera di p. 108, del voi. precedente, come facilmente .si com-
prende , non è del Berchet , ma del Borsieri.
Rassegna Bibliografica
La insurrezione Pugliese e la conquisili Normanna nel secolo XI
narrata da GlDSEFPE De-BlasiiS. Napoli, 1873.
I. In tre grossi volumi il eh. autore, espone gli eventi della
insurrezione della Puglia e della conquista normanna dell'Itali:!
meridionale che a quella seguì.
Dieci anni durò la pubblicazione di questo lavoro. E del
lungo lasso di tempo dà piena ragione la singolare diligenza ond'è
dettato. Ivi non pure troviamo latto savio tesoro delle monogra-
fie che questa o quella parte dei due grandi avvenimenti illu-
strarono , ma vediamo ancora largamente discusse e vagliate le
fonti storiche, sia quelle che con l'orma di cronaca trovansi rac-
colte nelle grandi collezioni di storia medioevale, sia quelle che
sono custodite negli archivi, e al valore dell' età da cui emanano
aggiungono quello dell' autorevolezza intrinseca , che è loro pro-
pria. E le fonti più importanti deda seconda specie il eh. autore
riportò infine di ciascun volume ad illustrazione del suo racconto.
Il quale ai detti pregi aggiugne pur quest' altro , tanto più no-
tevole quanto più doventa oggidì peregrino , di una locuzione
propria, semplice e chiara, che grata ne rende oltre che istrut-
tiva la lettura.
Importa pertanto che di tale lavoro sia agevolata la cono-
scenza agli studiosi; e V Archivio , sebbene un po'tardi, adempie
per parte sua al doveroso ufficio.
II. L'autore dà principio al suo racconto descrivendo lo stato
sociale e politico delle provincie del mezzodì d'Italia alla vigilia'
della rivoluzione pugliese. Egli avverte, anzitutto, come l'unità na-
zionale fra Greci e italiani , la quale pareva si fosse consolidata
per l'urto dei popoli germanici, venisse invece via via a discio-
gliersi per dar luogo ad una unità più naturale, quella delle
schiatte e dei confini geografici. Codesto scioglimento fu opera
di più fattori: <; non è dubbio che a promuoverlo contribuissero
i furori teologici degl'imperatori bizantini, la nequizia dei loro
ministri e la vanità generale dei Greci, di estimarsi soli eredi
delle glorie latine. Codesta vanità, nota l'autore, ebbe pei effetto,
1 1() RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
che il nome di Romani, il quale, nelle regioni divenute soggette
ai Longobardi ed ai Franchi, avea contrassegnata la condizione
servile dei vinti , in persona dei Greci si perpetuò come titolo
di dispregio , come appellativo ili una schiatta decaduta e cor-
rotta, e fu non ultima cagione perchè nella penisola si venne
allargando quello d'Italiani (pag. 4).
E prendendo a narrare gli eventi della insurrezione pugliese,
che fu l'effetto politico del segnalato scioglimento , l'auto, e rileva
la somiglianza, che rispetto al suo carattere , la detta rivoluzione
presenta con quella di cui fu teatro la Lombardia. In ambedue
le contrade , ei dice , cominciò dalle ambizioni di alcuni prin-
cipi ; da Guido , dai Berengarii , da Arduino presso le Alpi ; da
Aione , da Landolfo , dai Guaimari, nel mezzodì ; fu continuata
dalle città, centri Milano e Bari; fu rivolta contro i due Imperi,
il Germanico e il Bizantino. Solamente la gloria che rimase in-
tera ai Lombardi , venne tolta in gran parte ai Pugliesi dai Nor-
manni , e questi raccolsero il premio di quella insurrezione e la
mutarono nel fine , fondando una monarchia , quando altrove si
ordinavano i municipali reggimenti (pag. 29).
Tien dietro a questo acuto raffronto un cenno storico su di
Bari, inteso a dimostrare la cagione dell' importanza politica che
quella città acquistò dopo la caduta dell'impero d'occidente e dello
spirito sedizioso che vennero man mano acquistando i suoi abi-
tanti. E fuor di dubbio che la postura geografica della città par-
torisse l'uno e l'altro effetto. E se i traffici contribuivano ad
arricchire il grande emporio di Puglia, l'asilo che vi trovarono le
genti propinque, respinte dalle correrie nemiche, ne rese cresciuta
e varia la popolazione ; da ciò lo spirito turbolento e sedizioso che
apparisce in questa, e che la destina ad essere anima e centro
di una insurrezione regionale. Dopo avere il moto per più
tempo durato in stato latente, nel 1010 proruppe ad aperta in-
surrezione. Ora qui comparisce sulla scena la figura eroica del
barese Melo, che, fattosi capo della rivoluzione della sua patria, ne
raccolse gli onori e le sciagure.
Fu disputato sulla nazionalità dell' eroe pugliese ; e chi lo
disse di sangue greco, chi musulmano, chi longobardo, chi poetò
perfino ch'ei fosse bavarese e per sopraggiunta nipote di Arrigo II.
L'autore nostro risolve la controversia, dimostrando come da
un'epoca remota gli antenati di Melo si mostrassero Baresi. E
perchè egli portava anche il nome d'Ismaele , e questo nome ri-
corda un altro barese , che 55 anni innanzi avea combattuto in
Bari con Adralisto fautore dei Greci , e ne fu spento nel 975 .
ei ne inferisce che i due Lsmaeli sortissero da un comune li-
RASSEGNA BIBLIOGRAFICA 117
gnaggio. Ma il nome di Ismaele accennerebbe pure ad una stirpe
giudaica, lo che non saprebbesi conciliare colla posizione elevata
che quel personaggio teneva nella sua patria, mercè la quale ei
potè iniziare e diligere il gran moto pugliese. Noi avvisiamo che
questa difficoltà possa essere rimossa collo ammettere, che vera-
mente i progenitori di Melo fossero ebrei, ma che egli si fosse con-
vertito alla fede cristiana , mutando il nome primitivo in quello
di Melo , il quale offeriva il doppio vantaggio di comparire sic-
come una sincope del proprio nome, e di cancellare la traccia
del giudaismo, inerente ad esso.
Venendo indi a descrivere il moto, l'autore ne fissa il comba-
ciamento all'anuo 1010, benché dubbia sia la cronologia dei nar-
ratori, e dimostra come gli inizii della ribellione non avvenissero
a Bari, siccome comanemente si crede , sibbene in prossimità del
confine longobardo. Questo primo teatro della ribellione indusse
lo storico Glycas nella credenza, che i Longobardi dessero mano
agli insorti : ma di ciò non essendo tenuta parola da alcuno scrit-
tore contemporaneo, rimane per lo meno assai dubbia la parte-
cipazione dei Longobardi al moto pugliese. Ma comunque di ciò
sia , egli è certo che il moti) , appena nato , si propagò siccome
un baleno per tutta la Puglia ; e bastarono a Melo due successi
d'arme di poco momento perchè i Baresi gli aprissero le porte,
e gli commettessero, come a liberatore, il governo della città.
Vano è poi cercare, osserva l'autore, se l'autorità di Melo si esten-
desse su tutte le città insorte , e si riserbasse la preminenza a
Bari, o si formasse una tacita alleanza: « perchè le vicende di
quella rivoluzione lasciarono appena orma in Trani ed in Ascoli,
e surse e cadde con tanta rapidità di fortuna , che ogni altra
memoria fu cancellata dal furore dei nemici » (pag. 51).
Ma la fortuna non sorrise a lungo all'eroe barese. Il quale,
più che dall'armi dei nemici, oppresso dalle insidie della fazione
dell'arcivescovo Giovanni , che teneva le parti di Bisanzio ; dopo
avere per 40 giorni resistito ai greci assediatori, fuggì segreta-
mente col cognato Datto dalla città , e riparossi a Benevento.
Di là ei tentò unire in lega i principi longobardi ; ma l'impresa
non gli riuscì, che al politico interesse prevalsero su quelli le
consuete insidie.
Ma 1' ausilio raramente cercato presso i principi longobardi
e' lo trovò d'altra parte, dove meno lo avrebbe dovuto sperare.
Glielo porsero il nuovo imperatore Arrigo e il nuovo papa Be-
nedetto : il primo, uscito or ora da aspra guerra in Germania
contro Boleslao di Boemia, e facile trionfatore del rivale Arduino
in Italia ; e il secondo, uscito vittorioso da uno scisma che avi a
118 RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
messo in forse il suo pontificato. Vagliate le memorie oscure e
discordi che concernono la spedizione romana di Arrigo, il nostro
autore mette in sudo i seguenti fatti : che Melo si recò a Roma
e ricevette dal nuovo imperatore la conferma del titolo ducale
colla promessa di aiuti; e che eguale promessa gli fece il pon-
tefice, il quale mise intanto a disposizione degli esuli pugliesi un
suo castello sul Garigliano.
L'autorità conseguita da Melo per la protezione imperiale e lu-
paie gli procurò nuovi e insperati vantaggi ; e 1' esule di Bari
diventa improvvisamente condottiero dei Normanni. La venuta
di questo popolo nelF Italia meridionale forma da secoli tema
di congetture controverse, le quali durano oggi ancora. Il nostro
autore sottopose la grave quistione a nuovo esame ; e se la scar-
sità dei documenti non gli concesse di recare su di essa maggiore
luce , i suoi studi misero però in evidenza due fatti , i quali
erano ritenuti dubbi finora.
L' uno è, che, ove pure si ritenga vero il racconto di Amati i
circa la partecipazione di 40 pellegrini Normanni alla difesa di
Salerno, assediata dai Saraceni; la fortuita presenza di que' pel-
legrini non abbia che fare colla immigrazione de' guerrieri Nor-
manni nella bassa Italia. L'altro fatto è questo , che la data più
verosimile della venuta dei Normanni sia da segnarsi nel decennio
che corse dalla incoronazione imperiale di Arrigo alla sua morte ,
cioè dal 1014 al 1024 ; e che come diverse furono le cagioni che
li fecero emigrare dalla loro patria , così devasi ammettere che
venissero a più riprese, anziché tutti nello stesso tempo. Facen-
dosi quindi a considerare le cause che fecero alterare le scarse
memorie della venuta dei Normanni , ei le ravvisa anzitutto nel
carattere religioso della conquista , la quale avendo abbassato il
predominio della Chiesa Scismatica e dell' Islamismo , si presentò
a molti come un'impresa sacra, voluta da Dio.
Laonde non è maraviglia, nota l'autore, se volendo che gl'inizii,
quasi augurio solenne, rispondessero al fine, l'incerto rumore di
un trionfo sopra i Saraceni venisse raccolto ed innestato ad altri
avvenimenti, onde aggiungere lo splendore di portentose vittorie
ai campioni della fede (pag. 77). Altra cagione di questo fatto
derivò dalla fama strepitosa acquistata dai figliuoli di Tancredi
di Altavilla; imperocché essa travolse in obblio le anteriori im-
prese ed i nomi di altri avventurieri più antichi e meno illustri:
onde avvenne, che gli storici vissuti al tempo «Ielle mutate con-
dizioni, attribuissero a quella famiglia ogni vanto, come se prima
del loro tempo nulla di notevole fosse stato operato dai Norman-
ni nel mezzodì d' Italia.
RASSEGNA BIBLIOGRAFICA 119
Dove le scarse memorie dei primi eventi dei Normanni ser-
baronsi scevre dalle alterazioni recate al esse dagli scorici po-
steriori, fu nella Puglia. Né ciò deve fare meraviglia, dappoiché
que5 popoli ebbero i Normanni compagni nelle loro prime lotte
contro i Greci: onde segui che que' fatti, i quali altrove erano
stati ad arte negletti , là durassero vivi nella mente dei popoli ,
siccome documento di glorie paesane. Ciò dà ragione come av-
\<ui>se che i soli storici pugliesi li rammemorassero: e se qual-
che lume si può recare di mezzo a que' tenebrosi eventi, lo si
debba ai racconti di Guglielmo Appulo e di Rodolfo Glabro. Il
primo scrittore parla anch' egli di pellegrini; ma invece di farli
uni ne a Salerno, li conduce difilato al Gargano, di dove vanno
a scriversi sotto le insegne di Melo. E il secondo, completando
il racconto di Guglielmo , aggi tigne alla schiera de' pellegrini ,
tur altra di fuorusciti politici, condotti da un nobile per nome
Rodolfo ; il quale , caduto in disgrazia del suo sovrano Riccardo II,
emigrò dalla sua patria; e recatosi a Roma, ricevè da papa Be-
nedetto Vili l' incarico di prender parte col principe beneven-
tano alla guerra nazionale contro i bizantini.
Riuniti cosi ai suoi seguaci gli ardimentosi stranieri , l'esule
Barese si presentò alla riscossa nella primavera del 1016. I par-
ticolari di questa nuova guerra, che si chiuse coli' infausta gior-
nata di Canne nel 1019, sono diligentemente descritti dal nostro
autore. Eguale diligenza non troviamo, invece, nella narrazione
dell'altra guerra combattuta indi appresso dall'imperatore Ar-
rigo II contro i Bizantini ; imperocché fra i documenti citati vi
siano omessi gli Annali Quedlinburghesi, i quali contengono par-
ticolari interessanti sull'assedio di Troja , tali da rimuovere ogni
dubbio sul fatto della resa della fortezza agl'imperiali.
Ivi , infatti , è narrato , che l'imperatore « incolas hujusce-
modi aut neci tradidit, aut captos colligere praecepit ». Che se
contrariamente il Glabro racconta, avere l' imperatore , nel? en-
trare nella presa città, pronunziato le parole « Misereor super
turbas, » ciò vuol dire, che a quelle parole, se mai furono dette,
non corrisposero gli atti. E se il rigore sui vinti non fosse stato
veramente esercitato, l'annalista quedlinburghese che è benevolo
ad Arrigo, non glielo avrebbe certamente attribuito. Del resto ,
sia per la attestazione di quell' annalista contemporaneo, sia pel
racconto stesso del Glabro , il fatto della presa di Troja vien
messo fuori d'ogni dubbio. E le contrarie attestazioni di Amato
e della cancelleria bizantina non valgono a smentirlo ; la prima,
perchè è in contraddizione con ciò che il cronista stesso avea af-
fermato innanzi , e la seconda, tanto per l'officina da cui emana,
120 RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
quanto pel tempo in cui fu messa fuori (dopo, cioè, la morte
dell' imperatore Arrigo).
Del resto non ci accadrà spesso di trovare l'autore in difetto.
Anzi e' si rimette tosto, sciogliendo la intricata questione delle
investiture feudali concesse da Arrigo ai Normanni.
TI duce Rodolfo, rappattumatosi col principe Riccardo, era-
sene ritornato in patria. In Italia erano rimaste due schiere di
Normanni; l'una Arrigo costituì sotto la giurisdizióne dei nepoti
del defunto Melo, dandole in possesso alcune castella del contado
di Sora o Cominense. All'altra concesse de' feudi nel principili"
Capuano, e la collocò sotto la protezione del marchese di Spoleto.
Da questo punto nuove tenebre ravvolgono i fatti dei Nor-
manni. Degli uni è narrato, che vennero in lotta cogP indigeni,
a cagione di loro rapacità, e furono vinti e spogliati dei loro
feudi. Degli altri è narrato invece , che passarono agli stipendi i
di Pandolfo IV, spodestato da Arrigo, e lo aiutarono a recupe-
rare il principato di Capua. L'autore crede di poter metter d'ac-
cordo le due tradizioni, ritenendo che fra' mercenari normanni
di Pandolfo vi fossero anche coloro che erano stati cacciati via
dalle popolazioni indigene. Ma comunque di ciò sia, egli è certo,
che dopo la partenza e la morte seguitane dell'imperatore Arrigo,
la politica dei Normanni consistè nel servire coloro che a mag-
o-ior prezzo li compravano, e a mutar parte secondo le occorrenze
ed i premii, procurando astutamente che niun trionfo fosse com-
piuto, e che ninno dei principi si inalzasse sugli altri a segno
che le armi loro divenissero inutili. Di questa politica forni se
prova luminosa la condotta del normanno Rainolfo di Quarrel.
Dopo avere egli combattuto per Pandolfo di Capua, ed averlo
aiutato ad ingrandirsi, nel 1030 dichiarossegli nemico, e si unì
in lega con Sergio IV già duca di Napoli , del quale sposò la
sorella, e ne ebbe col titolo di conte casali e terre nel ducato,
dove si fondò una borgata, e altra più antica ampliò e numi,
dandole, in odio a Capua, il nome di Aversa. Poco appresso, rima-
sto vedovo della sorella di Sergio, rimutò parte; e tornato al-
l'amistà di Pandolfo, sposonne una nepote e gli divenne vassalL -.
Alla potenza proveniente dal mutevole e accorto parteggiare,
valido alimento apprestarono le nuove ini migrazioni di com-
paesani. Fra' quali vanno sguaiati, per la fama gloriosa che con-
seguirono , i tre figliuoli maggiori del cavaliere Tancredi di Al-
tavilla, la cui casata da storici adulatori si volle far discendere da
quella dei ducili di Normandia, ridonisi in Italia verso il 1035,
o per gare domestiche o per riparare con imprese avventurose alla
ijsezza dell'avito patrimonio. E seguendo la politica de'loro
RASSEGNA BIBLIOGRAFICA 121
compagni, mutarono anch'essi parte secondo gli eventi. Dapprima si
messere» agli stipendi] del principe di Capila: poi passarono col
conte Rainolfo a Guaimaro di Salerno e furono partecipi alle co-
stui fortune. Che, mentri' l'imperatore Corrado adottava Guai-
maro per figliuolo ed investivamo di Capua ritolta a Pandolfo ,
conferiva a Rainolfo l'investitura di Aversa con la lancia e il
gonfalone, ed a'suoi compagni affidava alcune castella del mona-
stero Cassinese, perchè lo guardassero come vassalli (maggio 1038),
La lotta di quel tempo ridestatasi in Sicilia fra i Musul-
mani e i Greci, alla quale die occasione una discordia scoppiata.
fra' nuovi reggitori dell'isola, offerse modo ai Normanni di cer-
care in questo paese un nuovo teatro di attività guerresca, e al
principe di Salerno di liberarsi dalla parte turbolenta de' suoi
alleati. Insieme coi Normanni , alla lotta siciliana partecipò
pure una schiera di Lombardi , esulati dalla pianura del Po a
cagione dei dissidii nati fra i grandi vassalli ed i valvassori. Prin-
cipale tra gli esuli lombardi era un milite della famiglia feudale
dell'arcivescovo Ariberto di Milano ner nome Arduino. Ribelle
al suo signore, egli esulò nel mezzodì d' Italia, dove al suo spi-
rito bellicoso apprestavasi campo largo e fecondo. Associatosi
pertanto alla impresa siciliana, egli ebbe, insieme coi Normanni,
parte principalissima alla conquista di Siracusa. E perchè i Greci,
né a lui né a'suoi soci d'oltremonte resero giustizia nella parti-
zione delle spoglie, e'vendicossi della negata giustizia, aggrava-
ta da corporali lesioni , collo associarsi ai Pugliesi novellamente
insorti.
Le cronache di quel tempo narrano che alla nuova insurre-
zione pugliese partecipasse anche il normanno Rainolfo, eccitato
ad associarsi all'impresa dal lombardo Arduino. Ma contro que-
sto racconto il nostro autore osserva, che il rumore di quell'al-
leanza propagatosi quando in tutto era caduto il nome e la po-
tenza dei Longobardi nel mezzodì d'Italia, non è conforme ai
fatti che seguirono. « Rainolfo, die' egli, sottoposto a Guaimaro ,
che allora , o poco appresso, l'investiva anche di Gaeta, non sa-
rebbe entrato in quegli accordi contro i voleri del principe; nò
questi, ignaro dei trattati, avrebbe poi preteso il possesso delle
nuove conquiste. È verosimile che senza dichiararsi ancora in fa-
vore dei ribelli, Guaimaro concedesse licenza, non ai Normanni
vassalli suoi,, ma a quelli tornati in Sicilia, e a quanti altri erano
mercenari, d'accorrere in Puglia, e li spronasse anzi, infingendosi
estraneo all'impresa (pag. 149).
E veramente, se il procedimento della impresa si deva argo-
mentar dagli effetti , non si può dissentire dal giudizio che di
122 RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
quella reca L'autore. Infatti, allorquando per le vittorie degli in-
sorti validamente sostenute dagli alleati, fra le quali è memora-
bile quella riportata da essi ad Orta presso l'Ofanto , ultima im-
presa in che sia memorato Arduino, la Puglia restò quasi inte-
ramente .sgombra dai Greci; della parie di essa occupata dai
Normanni, che avea suo centro in Melfi, il principe Guaimaro
non costituì Rainolfo signore, sì bene Guglielmo d'Altavilla, cui
die il titolo di Conte di Puglia. Il quale onore non sarebbe cer-
tamente toccato a costui, quando Rainolfo avesse partecipato al-
l' impresa.
I rapidi progressi delle normanne conquiste furono poco ap-
presso arrestati da una serie di eventi infausti ai nuovi domina-
tori. E fu vero prodigio se l'eretto dominio non ne fosse travolto
in rovina. Di che 1' autore discerne acutamente la cagione nel
fatto, che la progenie latina disfrancandosi dalla: soggezione an-
tica, non si ordinò nel reggimento dei Municipii : onde, rottala
tradizionale dipendenza dei Greci, l'intervento straniero, e la
forza degli eventi la condussero alla monarchia (pag. 256). Il
primo evento infausto alla normanna signoria fu una serie di
morti , parte naturali e parte violente , onde a breve intervallo
di tempo furono colti i suoi reggitori e sostenitori. Scomparvero
primi Rainolfo e Guglielmo; il primo nel giugno, l'altro sullo
scorcio del 1045. Seguirono loro pochi anni appresso nella tomba,
trattivi da violenta morte , Drogone fratello di Guglielmo e il
principe Guaimaro" , autor principale della potenza dei Normanni.
A queste calamità s'aggiunse la politica ostile di papa Leone IX
contro i dominatori stranieri ; la quale, cominciata a Roma colle
scomuniche , terminò sulle rive del Fortore presso a Civitate
colla disfatta e colla prigionia del papa. L'autore ragguaglia la
vittoria del Fortore con quella che, tredici anni appresso, i Nor-
manni riportarono ad Hastiugs sugli Anglo-Sassoni. L'ima e -l'al-
tra infatti ebbero comuni gli effetti, che furono di stabilire nei
due paesi la dominazione dei vincitori. Però, se eguali ne furono
gli effetti , diversa fu la durata di tempo in che vennero prodotti.
E mentre in Inghilterra, la conquista procede rapida e spedita ,
nella Italia meridionale cammina lenta e laboriosa. Di questa
dissomiglianza, nota l'autore, sono ragioni diverse, ma una senza
dubbio fu la maggiore; la parte, cioè, che e!» »ero i papi nelle
cose italiane.: imperocché 1' impresa di Leone IX, infelice ne'suoi
principii, riprovata dai fautori stessi della Chiesa, quali Romualdo
da Salerno ed Ermanno Contratto, contro la comune previsione,
dovea in ultimo riuscire, per via contraria, a quel medesimo Une
ili grandezza al quale aspirava il romano pontificato (pag. 254j.
RASSEGNA BIBLIOGRAFICA 123
III. Qui si chiude il primo volume dell'opera del De Blasiis.
H secoti' lo >i apre con un dotto esami critico circa gli effetti
immediati della giornata del Fortore.
Come è noto, èopinione ammessa da molti, che papa Leoni I X .
per liberarsi dalla custodia in che era tenuto a Benevento , in-
jse Umfredo fratello dell'ucciso Drogone, «li Puglia, Calabria
e Sicilia, dichiarando quelle terre feudo della romana scile. L'au-
tore impugna siffatta opinione, dimostrando com'essa emani da
racconti <li storici posteriori quali il Malaterra e l'Anonimo Siculo,
mentre nessuno dei contemporanei fa menzione di una papale
■tura concessa da papa Leone IX ai Normanni, e nemmeno
le bolle posteriori la ricordano. Né la cosa poteva essere diver-
samente, « dappoiché il papa non si arrogava ancora apertamente
alcun diritto su quelle provincie , né sarebbe stato opportuno in -
vocarloy quando si imploravano aiuti da Arrigo III e da Costan-
tino ». E conclude la sua disamina, dichiarando, che se una in-
vestitura vi fu, essa riguardò solamente le terre del principato
beneventano (II, 15).
Or qui comparisce sulla scena il famoso Guiscardo , che la
fortuna e L'ingegno destinavano a divenire l'eroe della normanna
conquista. Venuto a morte nel 1 056 Umfredo, benché e' lasciasse
un figliuolo per nome Abagelardo , non a lui, né al fratello mag-
giore Goffredo , sì bene al fntellastro Roberto i grandi conferi-
rono la contea di Puglia. Faceudo suo prò delle turbolenze che
portarono al seggio di ( 'ostantinopoli un usurpatore, il nuovo
conte di Puglia assale i deboli presidii greci , e disfattili a Ta-
ranto, occupa le terre poste sul golfo fino ad Otranto. Passa indi
in Calabria, 'love era già ito il fratello Ruggiero a preparargli
la via , e fa sue Neocastro, Canalda e Maia ; e maggiori successi
avrebbe raccolti, se avesse saputo o potuto contenere l'ardor di
rapina de' suoi soldati.
Ma ciò che Roberto non potè conseguire per via dell'armi,
e' lo ottenne col mezzo di scaltri accorgimenti. - Qui i progressi
della conquista normanna si rannodano colle vicende percorse di
quel tempo dal papato. - Colla morte del papa Stefano IX avvenuta
nel marzo del L058, una politica nuova inaugurossi nella curia ro-
mana , per la quali- i Normanni, che erano stati infin qui aspra-
mente osteggiati, vennero chiamati a parte dei papali interessi. Due
papi contendevansi la tiara ; Benedetto X eletto dalla l'aziono dei
nòbili romani , insofferente tanto dei diritti che l'Impero si ano-
quanto del governo dei pontefici stranieri ; e Niccolò II, eletto
<ol consenso dell'Impero, dietro suggerimento di Ildebrando, al
quale premeva che la rivoluzione chiesastica, già iniziata, non ve-
124 RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
nisse turbata nò da precipitazioni inconsulte né da provocazioni
insensate. E come Ildebrando era stato consigliere della elezione
di Niccolò, così ei suggerì pure la via che lo guidasse alla vit-
toria contro a' suoi nemici. Questa via era l'alleanza coi Normanni.
Se vuoisi prestare ascolto al biografo di Niccolò, la iniziativa del-
l' alleanza sarebbe partita dai Normanni stessi : ma d' onde che
venissero le prime profferte, giustamente osserva l'autore , la co-
munanza degl'interessi render dovea necessario l'accordo. E per
vero, rilevando i Normanni il diritto del loro dominio dalla con-
quista, rispetto ai sudditi ed ai vicini, e'non erano più che usurpa-
tori , contro i quali persistevano sempre le ragioni dei due Im-
peri. Senza investitura niun possesso pareva rivestirsi di quel
carattere di legittimità, che tra le violenti invasioni del medio
evo, è certamente la più strana anomalia che s'incontri nella sto-
ria dei popoli barbari stanziati nelle provincie latine. I Normanni
prima dal principe di Salerno, poi dall' imperatore tedesco, ave-
vano ottenuto la signoria di alcune città; ma allargandosi in danno
delle pretensioni dell'uno e dell'altro, e contro quelle più evidenti
dell' impero greco, era d'uopo cercare altrove la trasmissione di
quel diritto che mutava l'usurpazione in legittimo possesso (11,52).
Non meno gravi erano le cagioni che induce vano papa Nic-
colò ad accordarsi coi Normanni. Anzitutto , v' era da debellare
1' antipapa Benedetto, che erasi trincerato nel castello di Galeria
ed era protetto dalle armi dei nobili romani. Poi v'era da appa-
recchiarsi alla lotta contro l' Impero germanico , provocata dalla
nuova costituzione elettorale dei papi, alla quale doveano far se-
guito altre riforme dirette a tradurre lo stato civile , e quindi
l' Impero, che ne era la espressione più elevata, sotto la simma-
chia della Chiesa papale.
' rli effetti della nuova alleanza non tardarono a manifestarsi.
Il papa Niccolò, debellato colle armi normanne il suo rivale, lo
depose dal pontificato e dal sacerdozio ; e lo relegò nel castello
li -Sant'Agnese, dove chiuse oscuramente la sua vita. D'altra parte,
i Normanni, ripresa la guerra in Puglia, vi occupavano Taranto,
Brindisi e Reggio, scalo quest' ultima all' impresa di Sicilia. In-
fatti, mentre Roberto in Reggio prendeva il titolo di duca di
I '.ilabria, da questa città salpava il fratel suo Ruggiero alla volta
di Sicilia, per imprendere la conquista dell'isola. Ampiamente
svolge l'autore i particolari della lotta siciliana, descrivendone le
agevolezze e i contrasti. I quali ultimi , nel decennio che corsi-
dal L060 al 1070, superarono ili gran lunga Je prime, e furono
ione che la conquista siciliana assai lentamente procèdesse.
Ki, a 'quali contrasti vanno messe in cima le contese scoppiate fra 'due
RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
125
fratelli Normanni Umberto e Ruggiero, per la pretensione del
primo di serbare per sé solo i domimi continentali, de' quali
L'altro voleva ceduta una parte. A ciò devonsi aggiun-
gere le difficoltà surte dal nuovo scisma papali- die seguì alla
morte di Niccolò II, e dagli sforzi estremi dei Greci di ricupe-
rare i dominii italiani nella più gran parte perduti. Ma se que-
ste avversità tolsero alla normanna conquista ili pr cedere spedi-
tamente, non le impedirono però dal consegurre il finale suc-
cesso. E composte le fraterne contese colla cessione a Ruggiero
delle conquiste siciliane, e depresso col normanno ausilio l'anti-
papa Cadolao, nei 1070 la lotta fu ripresa gagliardamente al di
qua e al di là dello stretto; e nell'uno e nell'altro teatro conse.
guì un successo pieno. Il 15 aprile del 1071 il duca Roberto ri-
ceveva in dedizione la città di Bari, dopo un assedio durato tre
anni; e pochi mesi appresso (10 gennaio 1072), Palermo apriva
le porte al fratello di lui Ruggiero.
Più che quattro secoli, nota acutamente l'autore, era durato
il dominio dei seguaci di Maometto nell'isola, ed ora cadeva nel
tempo stesso che i Bizantini erano in tutto espulsi dalla Cala-
bria e dalla Puglia, e le città lombarde, scotendo il giogo feudale.
dei vescovi, infievolivano la dipendenza degT imperatori tedeschi.
Questa diversa mutazione, dissimile nei modi, concorde negli ef-
fetti, che sollevava dalle Alpi alla Sicilia le generazioni indigene
conculcate , non seguì né per impulso né per virtù dei pontefici
e dei Normanni. Fu un rivolgimento spontaneo e fatale, appa-
recchiato dalla corruttela e dalla decadenza delle stirpi signoreg-
gia nti, dal lento e costante risorgimento dei vinti, ne'quali si fe-
condavano i germi della nuova vitalità nazionale. Le oscure vi-
cende della riscossa nascondono gli sforzi di quel volgo senza
nome, che partecipò alla lotta contro i simoniaci, i concubinarii
e le investiture; che insorse in Puglia ed in Calabria, ed aiutò
Roberta e Ruggiero nell'acquisto della Sicilia (II, 167).
I successi dell' impresa siciliana , e particolarmente la con-
quista di Palermo, Ruggiero li dovea ai validi ausilii recatigli dal
fratello Roberto. E' non si oppose pertanto che questi ritenesse
per sé l'alto dominio dell' isola e la diretta signoria di Palermo
e di Messina , e si tenne pago del titolo di gran Conte della Si-
cilia e del dominio delle rimanenti città conquistate o da con-
quistare.
Gli eventi ulteriori della conquista normanna si rannodano
colle vicende attraversate dalla Chiesadopo che il celebre Ildebrando
ebbe assunto col nome di Gregorio VII il supremo reggimento di
essa. L'autore delinea così la politica che il nuovo papa erasi prò-
126 RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
posto di seguire verso i principati dell'Italia meridionale. « Man-
tenere l'Italia del mezzodì divisa in piccole signorie gareggianti;
perpetuare l'emulazione tra il principato di Capua e il ducato di
Puglia ; fra i Longobardi degli Abruzzi, di Benevento e di Salerno
e i .Normanni; costituire arbitra di quelle, gare l'autorità del-
l'Apostolica Sede, con il segreto scopo che proponevasi il papa »
(11, 18U). Ma nello stato attuale delle cose , siffatto scopo non po-
teva essere raggiunto. La potenza dei Normanni era salita troppo
in alto, perche le potessero lare argine i deboli principati lon-
gobardi. Ed in seno ai Normanni la personale autorità del duca
Roberto era divenuta troppo cospicua , perchè la rivalità dei conti
suoi compaesani la potessero efficacemente infrenare. Aggiugni a
questo l'accorgimento straoidinario del duca Roberto, che si tiene
Mula diritta via, di fronte alle insidie di amici sospetti ed agli
attacchi dei .nemici, e destreggiandosi cogli uni, e affrontando a
viso aperto gii altri, va innanzi nelle conquiste e tiene in ri-
spetto i rivali. Ad ottenere siriatto risultainento il pap
poi indirettamente lo coadiuvò coi crearsi nella, lotta suscitata
contro l'impero delle difficoltà, che lo obbligarono a cercare un
app »ggio là dove non avea prima visto che un nemico da com-
battere. Infatti, scrive l'autore, allorché papa Gregorio vide, dopo
il ritorno del re Arrigo in Germania, reduce dalla scena di Ca-
nossa, destarsi più viva agitazione in Italia, ed i legati del re
deposto adoperarsi a rimuovere Matilde dalla sua alleanza, ecci-
tare popoli in Toscana ed in Lombardia, intimare a Magonza
un sinodo, dubitando che anche Roberto non aderisse ai nemici,
volle pacificarsi con lui (II, 254).
E stabilite in Aquino, per mezzo dell'abate Desiderio, le
dell'accordo, esse vennero poco appresso convertite a Ceperano
in un trattato di pace. Per esso il duca Roberto riceveva dal
papa la conferma dell' investitura di Puglia, Calabria e Sici-
lia ; e rispetto a Salerno , Amalfi e al territorio della Marca ili
Fermo , ira gliene conservato temporaneamente il possesso, con-
fidando il papa in Dio e nella bontà del duca « che in pro-
sieguo sarebbesi provveduto secondo che all' onore del beato
Pietro ed alla comune salvezza meglio poteva tornare proficuo ».
(Doc. XI). Circa poi all'affare del censo, l'autore osserva, che
se mai i Normanni si obbligarono ad un censo determinal i
verso la Chiesa Romana, sembra che non prima d'ora si stabi-
lisse. E còme assentiamo con lui rispetto a qu rziom .
così troviamo pur giuste lo ragioni che lo inducono a negar fede
al racconto di Guglielmo Appaio, eòe il papa facesse al duca \'u>-
berto la promessa d' incoronarlo imperatore. Alle quali ragioni
RASSEGNA BIBLIOGRAFICA 127
va aggiunta questa, che tale promessa tanto meno poteva essere
fatta allora, che la lotta fervea ancora fra Enrico e Rodolfo di Svevia,
né potevasi presentire da qua! parte sarebbe rimasta la vittoria-
La lotta che nel giugno del 1080 pendeva incerta, fu pochi
mesi appresso risoluta colla giornata siili' Elster, nella quale l'an-
tirè Rodolfo lasciò la vita. Gli effetti della vittoria di Arrigo si
fecero presto sentire in Italia. E allora il papa potè apprezzare
tutto il vantaggio della pace conclusa innanzi col normanno Ro-
berto. Neil' intervallo corso fra il trattato di Ceperano e l'ita-
lica spedizione del vittorioso Arrigo, il duca Roberto erasi ci-
mentato ad una grave impresa, superiore alle sue forze. Cogliendo
profitto dai disordini che funestavano la reggia di Costantino-
poli, dove un usurpatore per nome Niceforo Botoniato avea
sbalzato di seggio Michele VII; col pretesto di sostenere i diritti
di costui, il duca normanno avea concepito il disegno di trarre
in poter suo il bizantino impero. Ma l'effetto non corrispose al-
l'audace intento. Il primo ostacolo gli provenne da colui stesso
sul cui appoggio avea il duca fatto maggiormente a fidanza.
Era Alessio Comneno duce supremo delle milizie imperiali.
Il quale, ribellatosi all' usurpatore • Niceforo, tenne per sé il seg-
gio tolto a lui, e lo difese strenuamente contro il duca normanno,
chiamando in ausilio contro Roberto le armi veneziane. A que-
ste difficoltà, che sarebbero bastate a rendere fallita l' impresa ,
s'aggiunsero le ribellioni nella bassa Italia superate dal tedesco
re Arrigo. Onde Roberto dovè affrettarsi al ritorno per non per-
dere gli antichi domimi, senza speranza di conquistarne dei nuovi.
Al suo ritorno, la ribellione fu presto domata, e niuno se ne
compiacque più ilei papa , bisognoso che il duca normanno avess
libere le mani per venirgli in soccorso contro Arrigo , che cac-
ciatolo di Roma , vi aveva insediato un antipapa. L'assedio della
gran metropoli della cristianità, gli eccidii che ne seguirono, e
che attirarono sul capo dello sciagurato pontefice tal cumulo di
odii, da obbligarlo ad andarsene in esilio, tutto è descritto dal-
l'autore con bella forma e con rigore di critica. E acuta è la
considerazione ond' egli accompagna il suo racconto ; che se
l'animo di Roberto non fosse staio preoccupato dal folle disegno
di riprendere la guerra contro l'impero bizantino, egli avrebbe
potuto raccogliere tutta Italia sotto al suo dominio. " Ove si con-
sideri la condizione d'Italia sul Unire del secolo XI, dice l'A.,
quando l'ordinamento dei marchesati e (bile grandi contee era
dissoluto, la civile potestà dei vescovi contrastata, e quella del-
l'imperatore caduta in dispregio; quando a questo disfacimento
della supremazia delle schiatte invaditrici non era ancora suben-
128 RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
trato il Comune , e le forze e le voglie divise e discordi confu-
samente cozzavamo, non si può dubitare che l'audacia e l'accortezza
di Ruberto Guiscardo in mezzo a quel rivolgimento politico, so-
ciale e religioso avrebbero ottenuto splendidi trionfi. » (II, 305).
Colla narrazione delle tristi vicende della seconda spedizione
di Roberto in Grecia, nella quale e' lasciò la vita, vittima forse
del contagio che allora infieriva in quelle contrade anziché di
veleno propinatogli dalla moglie Sighelgaeta, come qualche cro-
nista poetò , si chiude il secondo volume deli' opera del De 13 la-
siis. Il terzo comprende il termine della conquista normanna
fino alla morte del re Ruggiero, avvenuta il 26 febbraio del 1154 ;
e noi proponghiamo di tesserne la rivista in altro articolo.
F. Bertolini.
Di tettimi lavori più notabili pubblicati pel quarto Centenario
dalla nascita di Michelangelo Buonarroti.
Ponendo mano a questa breve Rassegna, già da tempo pro-
messa neGì Archivio Storico, delle Opere uscite in occasione del
quarto centenario di Michelangelo Buonarroti, ci giova rammen-
tare anzi tutto il volume delle Poesie del Buonarroti, che il Sig.
Cesare Guasti pubblicava sino dal 1863 coi tipi Le Mounier
in Firenze. Perchè , quantunque per ordine di tempo, questa si
distingua dalle pubblicazioni cui la festa centenaria dette occa-
sione , pure ci sembra che non avremmo potuto oggimai farne a
meno; comecché per essa tanto dell'ingegno e dell'animo ilei
grandissimo artista si ponga in chiaro. Per più modi infatti quel
bellissimo volume sovrasta a tutte le altre edizioni, che s'erano
fatte. di cotali poesie sino a quel tempo : anzi tutto per il numero
de'componimenti sino allora inediti ; in secondo luogo per la ge-
nuina lezione a cui furono restituiti, spogli dell'ammanierate
eleganze onde li aveva vestiti, pubblicandoli per la prima volta ,
la malaccorta pietà del nipote Michelangelo il Giovine; con di-
scapito non pure della storica veracità, ma della schietta bel-
lezza : in terzo luogo per la prefazione veramente stupenda e
per la copia dei commenti storici o letterari!, de' quali non oc-
corre ritessere le lodi a chi sappi i che soda dottrina e che sano
discernimento porta nelle cose sue il Sig. Guasti.
Nel medesimo sesto e co'tipi medesimi de' successori Le
Mounier, secondo l'ordine del Comitato Fiorentino per le feste
del Centenario, e per cura dei Cav. Gaetano Milanesi, furono
pubblicate le Lettere di Michelangelo, coi Ricordi e i Contratti
RASSEGNA BIBLIOGRAFICA 129
artistici, (pag. ix-720 in quarto). Le lettere sono in tutte 495,
distribuite nel modo che segui':
Quarantacinque, dal primo Luglio 1407 al Giugno 1523, a
Lodovico padre suo, datate di Roma, Firenze, Carrara, Bologna ;
derivanti pressoché tutte dal Museo Britannico; e quindi note al-
l'Hartford e al Grimm, ed anzi talune pubblicate e citate da essi.
Quelle da 45 a 123 sono dirette a Buonarroto suo fratello,
dal Marzo 1497 al Settembre 1518, in data di Bologna, Roma,
Seravezza, Pietrasanta e Settignano ; trovate le più, salvo una
diecina ch'erano al Museo Britannico, nell'Archivio Buonarroti,
e perciò ignote sino ad oggi a coloro che scrissero di cose mi-
ci telangiolesche.
A Giovan Simone suo fratello, dall'Aprile 1507 al 1547, le
poche tra il 123 e il 133; trovate tutte nell'Archivio Buonarro-
ti. Due sole, dell'Archivio Buonarroti anco queste, una del 1540
l'altra del 1542, a] fratello Gismondo.
Molte più, a cominciare da'primi mesi del 1540, sono quelle
il Nipote Lionardo: ma perchè l'ultima di queste (che
è li 341.a della raccolta) porta la data di Roma ai 28 Dicembre
l'ui.;. ed il Buonarroti morì il 18 Febbraio del 1564; così il Si-
gnor Milanesi opina che altre ne debbano essere andate smar-
rite, ponendo mente all'affetto di Michelangelo per il Nipote ed
alla frequenza delle sue lettere insino allora. Anco di queste, le
più appartengono all'Archivio Buonarroti; ma le altre, e non po-
che , all' Archivio Britannico, citate quindi, e talune anco pub-
blicate , in parte o per intero, dal Grimm.
Vanno sotto il titolo di lettere a diversi le rimanenti da
341 a 495, tra il Luglio 1496 e il Novembre 1561; colla data di
Iti mia,, Firenze, Seravezza, Carrara. Dopo quelle moltissime con-
servateci dall'Archivio Buonarroti, l'i più si trovarono nella rac-
colta del Mas o Britannico ; talune altre nella Biblioteca Na-
■ Ai Firenze, già pubblicate o citate da varii: pochissime
della Raccolta di B. Dal Pino, del Cav. Palagi, dell'Archivio di
Stato. Ve ne sono talune dirette a'M edici, più assai a Messer Luigi
del Riccio, altre al suo fido Urbino, a Giovanni Fattucci ; due
alla Marchesa di Pescara (444,445); una a Pietro Aretino (421);
Benvenuto Celimi (471) ; quattro al Granduca Cosimo pri-
mo (481, 487, 488, 489) ; e queste ultime, con altre che non ci
è venuto fatto di ricordare, pubblicate già nel Carteggio inedi-
to d'Artisti del Gaye.
Di ciascuna lettera ci fa sapere il Milanesi se la data è
originale di mano del Buonarroti ; o sivvero aggiuntavi di mano
Arch., 3.» Serie, Tom. XXIV. 9
130 RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
d'altri, com'è di molte fra quelle ricevute dal nipote Lionardo,
e segnate da lui o da Buonarroto; od anco, com'è di talune, con-
getturale; oltre a ciò le riaccolte da cai provengono, che sono, co-
me si è potuto vedere, per lo più l'Archivio Buonarroti, o il
Museo Britannico ; e di quelle provenienti dal Museo stesso, o
da altre raccolte minori , i libri o giornali in cui prima di
ora vennero in luce.
Per quel ch'è della grafìa, il Milanesi stesso, nella succinta
Prefazione dichiara i suoi criterii ed intendimenti, dicendo : « Ho
" cercato di tenermi in una via di mezzo tra la pedanteria degli
« uni, i quali vorrebbero con servilità eccessiva veder riprodotti i
« documenti con tutti i nessi, le abbreviature, e le forme orto-
« grafiche ; e la licenza degli altri, che correggono, mutano, ag-
« giungono, e tutto vestono alla moderna. — Io dunque la pri-
« ma cosa ho sciolto tutti i nessi e le abbreviature, levato 1' h
" dove era lettera aspirata, mutato il et nel doppio tt ; stiman-
« do che per questo cambiamento il suono e il significato della
« parola rimanga il medesimo. Certi errori di ortografia, proprii
" di Michelangelo, come Gugnio, Gorgo, page, largì, per Giu-
" gno, Giorgio, paghe, larghi, ho lasciato stare, e lo stesso ho
" latto di alcune parole, scritte secondochè portava la favella
" fiorentina; come scriverrò , librerria e liberrla , ammunlzione
" per scriverò , libreria, munizione ».
Dell'accuratezza con cui furono studiate e copiate le lettere
originali, ci è buona testimonianza il sapere che a questa fatica
concorsero col Milanesi il Cav. Cario Pini, e il Cav. Iacopo Ca-
vallucci per i documenti dell'Archivio Buonarroti, delia Biblio-
teca Nazionale, dell'Archivio Centrale di Stato ; e che per copiare
i Ms. del Museo Britannico, recavasi appositamente a Londra il
Benedettino don Gregorio Palmieri. JMè è da tacere delle note
a pie di pagina, che danno copiose notizie sulle persone a cui
le lettere sono dirette, e sui fatti a'quali in esse si allude.
Di siffatta pubblicazione l'importanza apparirà di leggieri a
chi sappia quanto giovi, al penetrare bene li intendimenti dell'ar-
tista , il conoscere l'uomo, e il ristabilire la cronologia de' lavori.
La quale importanza tanto è maggiore per le lettere del Buo-
narroti ; quanto più trasse egli dalle interne meditazioni la ra-
gione delle opere sue , e quanto più vale egli come dicitore e
scrittore. » Per le lettere infatti di Michelangelo, scrive il Cav.
" Milanesi , tutte più o meno importanti , e talune bellissime e
« piene di sentimento e di forza, dove il pensiero è, più che espres-
« so, scolpito ; e dove, se la passione il commuove egli s'innalza
RASSEGNA BIBLIOGRAFICA 131
•■ tino all'eloquenza ; noi possiamo acquistare dell'animo suo, delle
» qualità del suo cuore e dei suoi sentimenti , assai migliore e
" più intera notizia , che dai passati Biografi non s'abbia ».
Con questa, divide i primi onori un'altra importantissima
pubblicazione.; cioè la Vita di Michelangelo Buonarroti, narrata
coll'ajuto di nuovi documenti da Aurelio Gotti, Direttore delle
Rfl. Gallerie di Firenze (Firenze. Tip. della Gazzetta d' Italia
édit. Settembre 1875. Due volumi in 8.° gr. p. XIII-380 e 295).
Michelangelo Buonarroti il giovine, bisnipote al grandis-
simo artista, autore della Tancia e della Fiera e raffazzonatore ,
al modo ch'è detto sop a, delle poesie del prozio, nella Casa Buo-
narroti, ch'è sull'angolo tra via Ghibellina e via Santa Maria
raccolse con diligenza grande tutto quello che le sue attive ri-
cerche, coadiuvate dalla munificenza del Granduca Cosimo III,
gli concessero rintracciare delle carte e Memorie michelangiole-
sche : oltre a ciò, per mano di artisti valenti, vi fece dipingere
i tatti principalissimi della vita di lui. Ma di questa raccolta
importante, oltre i versi pubblicati dal giovine Buonarroti, poco
o nulla venne poi in luce, per la gelosia colla quale dalla fa-
miglia si sottraevano ad ogni ricerca que' Documenti. Ed anco
dopoché il consigliere Cosimo Buonarroti ebbe , con suo testa-
mento, lasciata alla città di Firenze la Galleria michelangiole-
sca e l'Archivio, le cautele imposte dal testamento erano tali da
rendere quasi impossibile agli studiosi una ordinata ed attenta
disamina di quelle carte. Per lungo tempo adunque i moltissimi
italiani e stranieri, che dalla grandezza delle opere del Buonar-
roti si sentirono mossi a ricercare la via corsa da quell'ardimen-
toso intelletto, non potettero attingere notizie che dalie Vite del
Vasari e del Condivi, insufficienti troppo alla dotta e tenace cu-
riosità del secolo nostro, e dai preziosi ma scarsi documenti del
Museo Britannico : talché molte delle cose , pur bellissime , che
l' Harford e il Grimm ed altri valenti scrissero del Buonarroti ,
hanno più spesso il valore di argute e, come si è visto poi, felici
divinazioni che di una accertata storia del pensiero michelan-
giolesco.
La opportunità che il comm. Gotti aveva, come Direttore
delle Gallerie di Firenze , di esaminare quelle carte commesse
alla sua speciale custodia , gli fece nascere in cuore , coli' avvici-
narsi del quarto centenario dalla nascita del Buonarroti, il desi-
derio di giovare alle discipline artistiche ed alle storiche, con una
pubblicazione che riponesse al luogo loro e nella loro vera luce
que' fatti, che uu esame incompleto dei documenti poteva avere
indotto a falsare comecchessia ; e ne uscirono i due volumi di que-
132 RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
sta Vita, consacrati, l'uno al Racconto, l'altro a fare di ragion
pubblica quelli fra i documenti dell' Archivio michelangiolesco,
che recano più nuova e maggior luce e meglio rendono conto di
quello, in cui si diparte il Signor Gotti dai precedenti Biografi.
Questa Vita, intesa a stabilire con precisione la cronologia
così de'f'atti domestici e civili, come delie opere d'Arte del Buo-
narroti, ed a riferire con esattezza scrupolosa, quali furono al
Buonarroti le cagioni ed occasioni più manifeste del fare, e i
giudizii accertati di lui sulle opere proprie ; questa Vita dico
non si allarga a considerazioni estetiche, ma tanto più si stringe
al racconto quanto più ampia apparisce in sé la materia di questi».
Perciò al solo intento di far conoscere ciò che sepper rilevare dai
« citati documenti, e di mettere per così due alia mano degli
" altri quelle notizie e insieme quelle parole tanto desiderate da
" molti; nel tessere la Vita di Michelangelo, giovandosi del Con-
« divi e del Vasari, e di queste carte », il Signor Gotti ci dice, « che
« ha cercato di farsi quasi familiare dei granae Artista; conten-
" to di raccontare le cose con semplicità, fuori d'ogni artifizio di
" ingegno e d' ogni ab beni mento di fantasia ».
h primo volume, nel quale è compreso il Racconto, si di-
stingue in venti capitoli, che seguono, com'era richiesto dagli in-
tendimenti del libro, l'ordine cronologico. La nanazione, che ha
cura di mantenersi facile e piana, non divaga troppo a riferire
i casi della Storia civile, perchè in un'opera nella quale abbon-
dassero le considerazioni estetiche questi si richiederebbero forse,
a rendere ragione delie interne condizioni dell'animo deh' artista ;
ma in un lavoro di cui sono così determinati i limiti, non ha
luogo se non ciò che più direttamente connettesi colle vicende,
che trabalzarono da Firenze a Roma, da Roma a Bologna, da
Bologna a Venezia l'Artista, ed interruppero bruscamente ed ir-
reparabilmente talune delle maggiori opere sue. Quello peraltro
che il Oh. Autore si proponeva, di farsi cioè familiare di Mi-
chelangelo, pare a noi che gli sia venuto fatto, per quel tanto
almeno che risguarda l'intendimento di questo libro e che può
da esso, così come ha voluto farlo il suo autore, venire in chiaro.
Imperocché per questa sua lunga dimestichezza con Michelangelo
e con molti de' suoi familiari, acquistata nel lungo ed amore-
vole studio delle loro lettere e d'altri siffatti documenti contem-
poranei, lunghi e frequenti brani di questi sono venuti a far parte
del concetto dello scrittore ; e trovando naturalmente nell'opera il
loro luogo , vi rimangono saldamente consunti a tutto il resto.
Di modo, che se il pensiero del leggitore, per la natura del
lavoro, non si leva che assai raramente alle pericolose altezze ,
RASSEGNA BIBLIOGRAFICA 133
per le quali il Buonarroti spaziò; vive per altro, manodot-
fcovi quasi dall'autore, nel mondo quotidiano in cui Miche-
langiolo visse, e conversa dimesticamente con lui e cogli amici
e talvolta auco co'nemici di lui. Alla qual dote , aggiungendosi
quella purgatezza della forma che già conoscevasi nel Sig. Gotti,
si fa gradevole assai la lft fura di questo libro; rispondente così,
anco per questa parte, alle buone tradizioni italiane. E da de-
plorare che un libro elegantemente stampato, siasi poi guasto
con le brutte e meschine incisioni; per quale sventura, non sap-
piamo, essendo stati i disegni preparati da artisti valenti.
L'ornamento di buone incisioni, che manca disgraziatamente
all'originale italiano (stampato del resto signorilmente) lo ha la
traduzione o riduzione inglese di questa parte del libro fatta dal
Sig. Ch. Heath Wilson (Life and Works of Michelangelo Buo-
narroti. London. 7 Murray, pag. XLIII-570).
Il secondo volume, che porta il titolo di Appendice , con-
tiene , come si è detto, i documenti o meno noti o più impor-
tanti , da' quali trasse argomento il Signor Gotti a correggere
quello, che i Biografi di Michelangelo avevano sino ad oggi
asserito sulla fede di tradizioni o di argomentazioni fallaci. B,i-
cordiamo anzi tutto un Albero genealogico della famiglia Buo-
narroti , in due tavole, che da un Bernardo, morto già nel 122S
viene sino ai dì nostri ; con note che ci danno contezza di molti
fra gli annoverati in detto Albero. Seguono le riproduzioni in
Fotolitografia di tre lettere autografe di Michelangelo. Poi vi
sono documenti e lettere che illustrano vari punii della vita di
Michelangelo, e della storia delle opere sue ; e tra qnesti notiamo
tutto ciò che risguarda quel traslocamelo del David dalla gradi-
nata di Palazzo vecchio alla edicola espressamente costrutta alle
Belle arti ; che si agitò sino dall'Ottobre 1851, e fu compiuto sul
finire del Luglio 1873: non che quelli risguardanti la nota fuga
di Michelangelo da Firenze , dalla deliberazione della Balìa che
lo dichiarava ribello , alle lettere corse su questo argomento tra
A. Gotti e F. D. Guerrazzi.
Ornano questo volume anco tre Madrigali di Michelangelo,
posti in musica da maestri -uoi contemporanei ; e sono , quello
che comincia: Come harò donque anitre, musicato da Bartolo-
meo Tromboncino ; e gli altri due Deh dimm' amor ed Io dico
che fra voi , musicati da Giacomo Archadelt: ne curò la pub-
blicazione il compianto Cav. Leto Puliti.
Tra i documenti che risguardano la Fabbrica di San Pietro,
sono anche due tavole : nell'una è il disegno levato dal modello
in legno della cupola; nell'altra lo spaccato del modello stesso.
134 RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
L'opera sì conchiude con un Catalogo delle, opere d' arte e
dei disegni di Michelangelo, che si trovano nelle gallerie pub-
bliche e private d' Italia , Francia , Germania , Spagna , Inghil-
terra e Russia; dal quale Catalogo apparisce come, dopo l'Il
lia, la più ricca di cose michelangiolesche sia 1' Inghilterra ;
mentre la Spagna non ha che a Madrid una tavola della Fla-
gellazione di Cristo ; e la Russia a Pietroburgo la Cariatide ,
della quale era ammirato il gesso alla Mostra michelangiolesca
nel Palazzo delle Bell' Arti.
Frutto di ricerche diligenti e perseveranti , il conte Luigi
Passerini prefetto della Biblioteca Nazionale in Firenze, pubblica
la Bibliografia di Michelangelo Buonarroti, con una notizia sugli
incisori delle opere sue e de' suoi ritratti. (Firenze, Celimi, un
volume in 8.° grande, pag. IX-330). Tralasciando i libri che d<-l
Buonarroti toccano incidentemente, l'Aurore dichiara nella Pre-
fazione " di aver riunito quanti ha potuto trovare scritti relativi
« a Michelangiolo, siano pure i libri antichi o moderni, dotti o
" leggieri, utili o no, serii o risibili ; purché trattino diluì: questo
" infatti, dice egli, è l'officio del bibliografo, restando poi allo sto-
« rico il giudizio e la scelta del buono ». Pure di molte fra le
opere annoverate dà il diligente Bibliografo una sommària,
ma spesso succosa notizia; al modo stesso che nel Catalogo delle in-
cisioni si accennano i pregi di talune fra le più notabili, e quei ca-
ratteri particolari che possono offrirle alla considerazione dell< >
studioso, piuttosto per uno che per un altro riguardo. Quanto
alJe varie edizioni della medesima opera, quelle sole sono ram-
mentate, che portano nuova luce sull'uomo e che perciò resta in-
dispensabile di consultare a chi voglia scrivere di Lui. L'op
è divisa, oltre la prefazione, in due parti; che la prima è la
Bibliografia, ordinata secondo la successione alfabetica dei nomi
degli autori; la seconda è il detto Catalogo degli Incisori, contraddi-
stinti in Incisori di Opere di pittura, Incisori di Opere di scultura,
Incisori di opere d'Architettura, Incisori dei ritratti, e in cia-
scuna di queste categorie ordinati i nomi alfabeticamente.
Con eleganza molta di tipi, il Sig. Giovanni Magli erini ci
dà una sua vita di Michelangelo (Firenze Barbèra, in 4.° p. xili-
303). Il lavoro è diviso in un Avvertimento, ventitré Capitoli
ed un'Appendice. L'animo suo dice egli « aver voluto concen-
» trare specialmente nella vita dell'Artista, e perciò di molte di
« quelle cose che appartengono alla vita domestica del grande ar-
« tista ha taciuto o toccato di volo ... I !on yentidue capi procede
la narrazione dalla nascita di Michelangelo in Caprese sino agli
onori funebri resigli in Roma e in Firenze, ed alla erezione del
RASSEGNA BIBLIOGRAFICA 135
Monumento in Santa Croce. Raccolgonsi nel capitolo ventesimo-
terzo le notizie sull'amore del Buonarroti per Vittoria Colonna,
sulle sue poesie, sul reggimento della sua vita e conclusesi con
un parallelo tra il Buonarroti e l'Alighieri, unici fra gli Italiani
(In' possano, secondo l'autore, star l'uno a paragone dell'altro.
Nell'Appendice si ripubblicano le Poesie di diversi autori, Infine
e. volgari, fatte nella morte di Michel' Agnolo Buonarroti ', rac-
colte per Domenico Tjfi/ati. Tn Fiorenza appresso Bartolommeo
Sermartelli MDTjXIIII. Ancorché non consentiamo in tutti i
giudizii dell'autore, né ci piaccia l'attribuire senza dubbio il me-
rito scultorio di Michelangelo al mestiero del balio suo, scar-
pellino, o il chiamare licenza il porre ch'e'fece le figure delle
Sii lille, nella volta della Sistina ; e quantunque ci paia segno di
gusto non ancora squisito nel giovine autore, il chiamare che
egli fa in meno di due pagine, il Buonarroti, torrente, meteora,
stella, gigante: pure proponiamo questo lavoro che costò, si vede,
studi dimolti, alle meditazioni di coloro che , forniti come il
Signor Magherini di largo censo, impiegano molto diversamente
da lui, i lunghi ozii.
Fra tanta mole di volumi giganti, non teme, nel genere
suo, il confronto, il volumetto intitolato Michelangiolo Buonar-
roti Ricordo al popolo Italiano (Firenze , G. C. Sansoni, pag.
XV-226) con ritratto di Michelangelo ed un itinerario per la
visita delle opere d'arte del Buonarroti in Firenze. L'intendi-
mento del libro è, giusta l'Avvertenza del Sig. Sansoni, parlare
efficacemente del Buonarroti a coloro, e sono i più, cui certi li-
bri eruditi e speciali non fanno al caso ». — Comincia il volu-
me con una bella epigrafe del Sig. Cesare Guasti, e si chiude
con le altre quattro dettate dal medesimo Guasti, ed incise
a' lati di quel monumento, composto del David e delle quattro
statue simboliche de' sepolcri Medicei, fuse in bronzo, che sorge
in mezzo al Piazzale Michelangelo, sul colle di S. Miniato. Segue
un breve cenno del Sig. Milanesi Dei ritratti di Michelangelo. Può
tener luogo di lavori più lunghi, dettata com'è con eletta parsimonia
dal Sig. Luigi Venturi, la Vita di Michelangelo, che va sino alla
pagina 58 di questo volume. La ragione artistica e le vicende prin-
cipali delle due statue più celebrate di Michelangelo il Davide il
Mosè, discorse il Sig. G. E. Saltini con animo imparziale. Poi
l'illustre Duprè, con quella competenza ch'è sua, e sulla scorta
di documenti quasi sino ad oggi ignorati, illustra le figure sim-
boliche dei Sepolcri Medicei in San Lorenzo. La ragione della
terribilità conseguita da Michelangelo, più che in ogni altra
136 RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
opera sua, negli affreschi della Sistina ricerca con ampia ed
acuta critica il Signor Morigeri.
Posciachè al libretto venne meno, per faccende imprevedute,
la collaborazione del professore Cammillo Boito, che doveva trat-
tare di Michelangelo come Architetto eie ite, supplì al difetto il
Saltini, scegliendo ed unendo abilmente insieme passi liberamen-
te tradotti del Quatremère de Quiacy, del Le Tarouilly , del
Grinim, del Capponi e del Cicognara. Un valente ufficiale , che
si cela dietro la sigla R. P. mette in chiaro 1' arte di Miche-
langelo nel costruire, al tempo del celebre assedio, le Fortifica-
zioni di Firenze. Prende dopo di lui nuovamente la parola il
Venturi, per dire delle Rime di Michelangiolo. Indi segue, trac-
ciata dal Sig. C. I. Cavallucci, la Guida alle opere di Miche-
langelo in Firenze e concludesi il volume co'versi del Sig. E.
Frullani: Michelangelo alletto di morte di V. Colonna.
La Vita di Michelangiolo di I. Grimm, meritamente cele-
brata in Italia e fuori, pur da coloro che dell' ordine dato dal
Grimm all'opera sua e di certi suoi giudizi sull'arte e gli artisti
italiani, non erano né sono paghi in tutto, fu recata in italiano, per
questa occasione del Centenario, dal Sig. A. Di Cossilla. Al quale,
per verità, saremmo più grati dell'opera sua, se potesse dirsi per
davvero italiana la veste, data da lui a' concetti del Grimm ; se
quello, che taluni fra questi concetti hanno in sé di mal definito,
non si facesse ancor più vaporoso nell'indeterminato stile del tra-
duttore; e finalmente se i luoghi de'cronisti, degli storici, e dei cri-
tici italiani, che il Grimm nella opera sua riferì tradotti in tedesc
fossero stati dal Sig. Di Cossilla ricercati nel testo originale, an-
ziché ritradotti dal tedesco e così travisati più e più.
I discorsi che, nella solenne tornata delle Accademie riunite
della Crusca e delle Belle Arti, furono profferiti dall' Architetto
De-Fabris, dal Prof. Conti e dallo Scultore Duprè superano di
assai l'ordinario valore delle parlate d'occasione, e vogliono esse-
re qui rammentati. Parlò il Sig. De-Fabris delle benemerenze di
Michelangelo rispetto all'arte, esaminando rapidamente « quan-
« ta fosse, nelle opere Michelangiolesche, l'armonia della forma
« col concetto... quanto attinse egli di eredità dalle speciali con-
« dizioni dell'arte anteriore, quanto ebbe di consonanza o fu di
« giovamento alla contemporanea, e (pianto infine nello svolgi-
" mento dell'arte a lui posteriore esercitò di quella influenza,
" che gli viene da molti rimproverata «>. Parlò il Conti del-
l'anima elei Bvxmarroti, che vissuto in mezzo alle battaglie non
che di due secoli, armati l'un contro l'altro, ma di due epoche,
RASSEGNA BIBLIOGRAFICA 137
il medioevo e la età moderna, •■ fece prevalere in sé, com'uomo
" e coni'' artista, con libera volontà, ciò che di bello, 'li pro-
« mettenti-, di magno, «li cristiano, v'era in - imo e nel-
•• l'età sua, pur mostrando la- tenzone faticosa con quanto in lui
tori >li lui v'era di non bello e di non puro; a cui talvolta
-• par cedere, ma poi all' ultimo le vince con animo indomato ».
Parlando il Duprè del moiri tenuto dal Buonarroti nel lavorare
•mo, '"ili, scultore de' primi d'Italia e d'Eurom, nefece ri-
saltare i pregi '■ i pericoli, e scaldò l'uditorio, fatto quasi spet-
tatore alla lotta, che lo spirto creatore dell'artista combatte
contro la terribile inerzia della materia.
B»3'! e incomincia la Tipografia della .Gazzetta d' Italia una
sua Nuova Raccolta d' Operette piacevoli >■ istruttive inedite o
rarr, eolla pubblicazione (curata dal Sig. Giulio Piccini" e dedica-
ta all'Accademia della Crusca) ridile Esequie del Divino Miche-
langelo Buonarroti celebrate in Firenze dall'Accademia de' Pit-
tori. Scultori ed Architettori; opuscolo che fu stampato da Ia-
copo Giunti , a Firenze , nel 1564 , e nel quale le esequie e
tutte le cose riferentisi ad esse sono minutamente descritte, e
riportatevi molte fra le poesie pubblicate in quella occasione. Le
brevi note, in cui sì dà contezza degli artefici nominati nel li-
bretto, crescono pregio al lavoro.
Come da tutti i paesi civili concorsero in Firenze letterati
ed Artisti ad onorare la memoria del Buonarroti, così la stampa
di tutti i paesi fece eco alla italiana nelle lodi di quel grandis-
simo, procurando che la intelligenza de'suoi capolavori si facesse
più popolare di quel tanto, che l'alta loro significazione concede.
Tra queste pubblicazioni straniere ne pare degna, di nota specia-
le quella della Gazette des Beaux Aris (Tome XIII, 2.e periode).
Il primo articolo è del Signor Charles Blanc, già noto ai cultori
ed amatori delle Arti belle, ed ha per Le Genie de
Michel .{,>'/■* dans le dessein. Al dire del Signor Blanc, Miche-
langelo è fra uli artisti quegli che segna i caratteri per cui l'arte
moderna si contraddistingue dall'arte antica ; cioè la diserzione
de'tini fissi e delle forme convenzionali, per far luogo alla libera
significazione di que'concetti e di que' sentimenti, che più sono
proprii della individua personalità dell' artista : ond' è , secondo
il medesimo Signor Blanc, che in tutti i disegni del Buonarroti
si manifestano precipuamente i due sentimenti che si contende-
vano l'animo suo; la fierezza e il terrore. Delle feste centenarie
la miglior parte sembrò al Blanc, e con ragione forse, la Mostra,
e della Mostra, i disegni; perchè è principalmente come dise-
13S RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
gnatore che Michelangelo sta al disopra di tutti i suoi grandi
contemporanei.
E del Signor Guillaume il secondo articolo della Raccolta;
Michel Ange sculpteur: articolo denso di cose, dove a rapidi
tocchi e sicuri si mostra, come le molteplici tendenze d'una
ricchissima di vita artistica, siano venuti a confondersi ed uni-
ficarsi nell'animo profondo di Michelangelo, che dalla scuola di
Donatello apprende l'uso sapiente dell'anatomia; dag^li anti
la perspicua grandiosità deliri forma; dalla cultura del rinnsi'i-
mento, lo spirito animatore de* miti antichi; da' Tedeschi .suoi
contemporanei , un certo gusto del panneggiare ; e da sé solo
tragge, per virtù d'intensa meditazione, il potere di far servire
questi elementi tutti, in egual modo, alla significazione de'propri
individuali concetti.
Nel suo Michel AngepeintreH Sig. Paolo Mantz, ha tracciata
la istoria e fatto un esame critico della Madonna detta di Man-
chester, della Deposizione appartenuta al Macpherson (ora alla
National Gallery); difeso il tondo ch'è nella Tribuna delli Uffizi i,
a' nudi del quale nega ogni significato simbolico ; detto delle
possibili copie della Leda, e negate al Buonarroti recisamente
le Parche che sono a'Pitti. Dopo di che si studia di determinare
il posto che spetta a Michelangelo, in quella pleiade d'artisti in
cui l'antica pittura finisce e la moderna incomincia; rivendicando
al Vinci la larga parte che questi v' ebbe insieme al Buonarroti,
e la precedenza sua in talune cose, come in quella finita fles-
suosità de' carnati , di cui la Lisa Gioconda di Leonardo ci porge
un esempio tanto cospicuo.
Auguriamo al Sig. Charles Garnier dell' Instituto, Architet-
to dell' Opera a Parigi, il quale scrive il quarto articolo, Mìci ir.
lange architeete, ch'egli trovi al suo vasto e non sappiamo quan-
to bello edificio dell' Opera , giudici , che a lui siano equi .
più ch'egli non sia a Michelangelo. E certo a lui non sarebbe
grato che altri, argomentando dalle parti del suo lavoro, per
avventura meno perfette, gli negasse di sapere persino la gra
matica dell'arte sua ; e per togliersi dinanzi la testimonianza di
opere che sono riconosciute da tutti come bellissime , quali la
cupola, di San Pietro, e il cornicione della villa Farnese, an-
dasse fantasticando che le potrebbero anco essergli state at-
tribuite a torto. Certo, non è nella Architettura che il Buonar-
roti mostrò principalmente la propria eccellenza ; ma, per tacere
ora di quelle lettere in cui mostra d'avere in Vitruvio studiata
teoreticamente la grammatica dell'arte, pensiamo che non doveva
RASSEGNA BIBLIOGRAFICA 139
ito. se contro ad emuli, tanto pratici in
((nell'arte quanto malevoli a lui, ed audaci uell'accusarlo , potè
sì lungamente, appo giudici comp tenti e spassionati, mantener»
la riputazione propria, e la direzione della fabbrica di S. Pie-
tro; non doveva esserne tanto inesperto .se antichi e moderni
ufficiali notarono come un progresso nella, sto i Architet-
tura militare le fortificazioni di San Miniato.
Il Sig. A. Meziéres, dell' Accademia , noto già all' Italia per
pubblicazioni sul Petrarca e su Dante, parla, in questa
Raccolga, di Michelangelo cine poeta: e il Sig. Anatolio di
Montaiglon, professore alla Ecole DesChartes traccia uni Biogra-
fia ed un saggio di Bibliografia Michelangiolesca. Nod è da ta-
cere del merito che hanno le incisioni de' lavori Michelan
sebi onde va adorna questa pubblicazione.
Ci trarrebbe molto più in là delimiti d'una semplice ra
gna bibliografica 1' esaminare partitamente quello che di nuovo
o di meglio determinato reca ciascuno dei lavori sopra citati a!
concetto che sino ad oggi si aveva del Buonarroti. Guard ndo
per altro la cosa nel suo complesso, ne apparisce evidente i!
fruì o cheglistudii per le feste centenarie- arrecarono : niuno dei
fatti più importanti nella vita di Michelangelo lascia oggimai
luogo a dubbiezze gravi; la cronologia delle opere di lui si puv>
dire integrata, e additate le ragionevoli speranze che restano tu1 -
tavia di rintracciare taluna delle opere stesse. Un esame più
minuto de'documenti dissipa in massima parte quell'ombra elio
addensava sul nome di lui la protezione dei Medici e quel suo
momentaneo partirsi dalla città sua, minacciata dalle armi im-
periali. Certo che posta così in questa maggior luce, non appa-
risce netta da ogni macchia la figura dell' artista Grandissimo,
ma l'essere bene addentro conosciuto gli giova, sì come uomo
che come artista ; e questo è proprio dei buoni.
In età in cui l'Italia serbava la sua Fede, più per non dura-
re la fatica del respingerla, che per d -siderio vivo di non oscurare a
sé il lume delle idealità più sacre, a cui s'inalzi lo spirito nostro, il
Buonarroti alla Fede si strinse con tutta la tenacità del poderoso
animo suo, e n'ebbe altissime inspirazioni. In età corrotta, e viven-
do in corrottissime eorti, serbò puro il costume ; onde ebbi
compenso nella vecchiezza, come d'un' aura primaverile , che con-
solò i suoi anni più tardi; e potè, più che sessagenario, amare
una nobilissima donna con verginali fervori. Fra artisti che me-
navano vita più che di principi, seppe serbarsi povero, e il pro-
vento dell'opere sue (non quello della fabbrica di San Pietro ,
per la quale non volle mai niente) destinava al padre, e a' fratelli;
140 RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
quantunque incontentabili e sconoscenti. Quello che alle comodi-
tà del vivere proprio negava, ci è aperto per le sue lettere co-
me si volgesse ad open' 'li carità, tanto più meritoria quanto
più modesta e più illuminata.
Ci piacerebbe ch'egli a'Medici non avesse dovuto nulla e
da loro si fosse tenuto alteramente discosto, e fervente Piagnone,
fosse stato a'tempi dell'assedio tra i più determinati al resistere.
Mi, per severi che si voglia essere, chi leggerà le lettere sue
trova ch'egli, beneficato da'Medici, riprovò apertamente le fero-
cie o da loro o in loro nome commesse, a Prato ed altrove ;
che al soccorso della patria pericolante bramò tornare egli stes-
so, e le fu largo dell'opera non solo, ina ben anco del proprio
peculio. Disamore non era, ma sfiducia; perch'egli era convinto
che gli animi discordi de'suoi concittadini meglio sapevano de-
siderare oramai, che praticare negli ordini civili, la libertà ; ed a
lui forse, come a Clemente VII, tra la dominazione austro-spa-
gnuola e la signorìa di questi Medici, pur i migliori fra i signo-
rotti della penisola, parevano preferibili i Medici ; e con ragione,
secondo noi. Pure neh" animo suo di fiorentino 1' amore della
libertà, anco disilluso come era, non si estinse del tutto mai ;
e vecchio, accarezzato da Cosimo, bramoso che i suoi non aves-
sero dalla novella signorìa a patir nulla, scriveva pure al Re
di Francia che gli avrebbe eretto a proprie* spese una statua di
bronzo, s'egli avesse riposta in libertà la sua patria,
Intendere un artista non si può compiutamente, se non si
sia in lui inteso anco l' uomo, e l'animo, come la mente di
lui non siano bene aperti a chi considera l'opera d'arte. Conoscer
l'uomo tanto più importa, trattandosi di Michelangelo, inquanto
eh' i gli dopo Masaccio, con Leonardo e con Raffaello, fu tra i
principali autori della rivoluzione, per cui l'opera d'arte si fece
significazione, non tanto di un sentimento collettivo, il quale ne-
('•ss.ii'iamente aveva nelle forme alcunché di prefinito e conven-
zionale, quanto dell'individuo sentimento dell'artista, che tutto
impronta di sé, nel concepimento e nelle ragioni supreme della
esecuzione , il proprio lavoro.
Quella volgare opinione, che il Genio sia. uno stato anorma-
le e quasi morboso della intelligenza, non vale a render ragione
di un fatto, che tutto dì si ripete sotto i nostri occhi , e ch'ò
una delle precipue occasioni e cagioni di universale cultura. Da
secoli Omero, Virgilio, Dante, Shakespeare, Bossuet, Fidia, Mi-
chelangelo, Raffaello si studiano, non pure come canoni dell'arte
della parola o del disegno ; ma ben anco nei caratteri che con-
traddistinguono, nella Storia delle Arti, la individualità loro; nel
RASSEGNA BIBLIOGRAFICA Hi
concetto che informò i loro capolavori, nei criteri che guidarono
loro la mano all'eseguire. Ogni commentatore ed illustratore di
merito vi mette qualchecosa di suo; vario, secondo l'età e la
nazione a cui appartiene. Egli è che il Genio, anziché una con-
dizione morbosa, è la manifestazione più normale e più intiera
di quello, che la intelligenza umana può, sia nella comprensione
sintetica che nella penetrazione analitica. Quelle facoltà dello
spirito, che giacciono, per così dire latenti, nel fonilo dell
sua coscienza, quasi organi rudimentali nella compage fisica del
corpo umano, il genio le pone ad atto; non una ad una fatico-
samente, ma tutte insieme con sovrana armonia. Le diverse
Le nazioni diverse considerano il genio diversamente , se-
condo che ravvisano in lui tale o tale altra facoltà, sin allora
inavvertita: più vi si guarda per entro e più cose vi si veggo-
no; a quel modo che l'uomo scrutando sé stesso, tanto più vi
trova di bene e di male, quanto più vi si affisa.
L'i giova adunque sperare che alle Arti del disegno , non
meno che alle altre liberali discipline, saranno nuovo argomento di
progredire gli studii fatti in occasione del Centenario di Miche-
langelo; nuovi fatti della sua vita di cittadino, di cristiano e di
artista son venuti alia luce; nuovi aspetti delle cose già note
richiamano l'attenzione degli studiosi. Ci pare che possa, farsi og-
gimai nuovamente una Vita di Michelangelo che sia la storia del
suo pensiero, dell' influenza esercitata da lui sui suoi contempo-
ranei e direttamente od indirettamente su tutta l'arte avvenire.
G. Falorsi.
Intorno alla vita ed ai lavori di Andalò Di Negro , matematico
ed astronomo genovese del secolo decimoquarto, e d'altri
matematici e cosmografi genovesi, Memoria ili CORNELIO
De SlMONl seguita da un Catalogo dei lavori di Andalò Di
Negro compilato da B. Boncompagni. Roma, Tip. delle
scienze matematiche e fisiche, 1875. - In 4.° , di pag. 66.
L' Archivio Storico Itoli/tuo si è già altre volte occupato di
una dotta pubblicazione onde l'illustre Principe romano D. Bal-
dassarre Boncompagni va da più anni crescendo fama a sé ed
onore all'Italia, dico il Bullettinò di bibliografìa e di storiti
delle scienze matematiche e fisiche ; e lo ha fatto in ispecie al-
lorquando il eel. brato Periodico recava alcuna scrittura attinente
142 RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
a quegli studi de' quali V Archivio avrà sempre il inerito di
essere stato per lunghissimo tempo e unico e strenuo propugna-
tore. Ora di tal novero sono appunto la Memoria e il Catalogo
succitati, estratti dal tomo VIE del detto Bullettino (luglio 1874);
de' quali porgeremo qui un sunto, non senza avvertire che già in-
nanzi di noi ebbero a toccare con lode tre gin liei assai appro-
priati, cioè l'eruditissimo Narducci (1), il eh. prof. Favaro (2)
e gli Opùscoli religiosi, letterari e ninnili di Modena (3).
I. Il Desimoni premessi alcuni accenni sulla antichità della
nobile famiglia Di Negro , so^'iunse di Andalò che si hanno
buoni argomenti per cui " si capisce che egli deve essere nato
non più tardi del 1260 » (pag. 6). Di fatti già s' incontra me-
moria di lui ne'rogiti notarili pel 1274 , donde anche si desume
ch'era figlio di Egidio , stato l'anno avanti Vicario della Repub-
blica oltre Giogo , e nipote del celebre ammiraglio Benedetto
Zaccaria signore dell' isola di Scio. Altre indicazioni di Andalò
ci sovvengono hi documenti del 1287, 1292 e 1304. Dieci anni
appresso , mandato ambasci atore ad Alessio Coirmene impera-
tore di Tiebisonda, " riuscì a comporre colà pace e ammenda
onorevole a favore de' genovesi » (pag. cit.); ma dopo quest'epoca
non apparisce più traccia, di lui nelle nostre carte, da che egli,
tutto occupato ne' viaggi , si rimase quasi sempre lontano dalla
patria. E le cognizioni acquistate ne' viaggi volse in ispecie al
culto delle scienze geografiche ed astronomiche ; benché talvolta
sposasse agli studi severi anche gli ameni e gentili della poesia.
Al quale proposito è da vedere V Elogio di lui, scritto dal iMojon ,
laddove « cita diciannove scrittori che parlarono del nostro An-
dalò come astronomo, poeta e viaggiatore » (pag. 14).
Giovanni Boccaccio, sempre che tratti del Di Negro « 'li-
mentìca il consueto umore satirico ^ (pag. 13) ; e nel libro De
casibus ìllustrium virorùm rammenta con parole affettuose di
essere stato in gioventù allievo di Andalò in Napoli. Si miniente
nella Genealogia degli Dei intitolata ad Ugo IV re di Cipro (che
morì il 10 settembre 1359) fa onorato ricordi) del suo antico
maestro, chiamandolo generosità atque venerabilem senem An-
dato de Nigro Ianuensciii olim in motibus- astrorum doctorem
(1) Nel giornale L'Opinione del 6 ottobre \S~Z>.
(2) Nei Saggi della R. Accademia di scienze, ecc. di Padova pel cor-
rente anno I87(i.
(3) Fascicolo marzo-aprile 1876 , pag. 318-19. - Anche il Giornale
Ligustico (anno 1875, pag. 93-103) contiene una rassegna di si fatti
scritti ; ma di questa non dobbiamo noi dar giudizio.
RASSEGNA BIBLIOGRAFICA 143
meum, cuius quanta fuerit circumspectio , quanta morwn gra-
vitas , quanta syderum notitia, nosti tu rex qptime, libi etiam,
ut aironi ipse, cum a thuc esses ttomae conformitatis studforum
familiarissimus fuit et ut ipse vidisse potuisti, non solum re-
geli* veterum, ut plurimum facvmus, astrorum motus agnovit, sed
cum universum fere peragrasset orbem, sub quocumque ciurlate,
sub quocumque orizonte eosperientia discursuum certior factus ,
visudidicit quo i nos discimus auditu, et ob id, in omnibus illis /idem
jpraestandam crediderim. Circa ea tamen quae ad astra spedare
videntur, non aliter quam Ciceroni circa oratoria,,» , aut Marami
circa poeticam exhibenda censeo, huius insuper plura stani
opuscula astrorum, coetique motus ostendentia, quae quantum
sibi circa talia praeminentiae fuèrit', ostendunt. Uii senem hunc,
sii- ri Dantem Aligeri Flore, itinuni \ poeta ni conspicuum, tanquam
praecipuum aliquando invoco virum, meretur quidem (1). Né que-
sto è l'unico passo delia Genealogia in cui messer Giovanni si
rammenti del maestro ; lo rammenta dei pari in più altri luoghi,
e con istima ed ali; tuo non certo minori (2). Similmente quel che
ne dice nel libro li (e. Vii) conferma che Andalone credeva al-
l'astrologia , sì come il dotto P. Spotorno aveva di già rilevato dal
Commento delio stesso Boccaccio alia Dio ina Commedia (3). Né ,
soggiunge il Desimoni , si può difendere il Di Negro da questa
pecca « colla scusa che astrologia ed astronomia erano allora
tutt'uno » ; perchè alle prove sin qui recate si aggiunge lo scritto
di Andato medesimo , Introductio ad judicia astrologica, che sta
nella A azionale di Parigi. » Piuttosto a scusa di lui si può dire
che era credenza generale dei dotti a que' tempi l'influsso degli
astri sulle vicend.- umane; e che anche i più sani e profondi
pensatori si travagliavano, piuttosto che a negarla, a ristringerla
entro limiti che non offendessero l'umana libertà » (pag. 11).
Toccando alcun poco « della dottrina del famoso astronomo,
qual si potrebbe ritrarre da manoscritti od opere a stampa da
lui lasciate » , accenna il Desimoni alle principali , che gli ac-
cadde vedere nelle sue « sventuratamente troppo rapide scorse
a .Firenze, a Venezia, a Parigi , a Vienna ». Indi prosegue :
" Più che sugli altri scritti ho potuto fare qualche studio del
trattato di Andalò sulla costruzione e sull'uso dell'Astrolabio »;
e conclude che in sì fatto trattato si trova « un'esposizione
compiuta del soggetto secondo il tempo in che fu scritto ». Ve-
(1) Lib. XV, ea]». VI.
(2) Lib. I, cap. VI; lib. II , cap. VII; lib. Vili, cap. II.
(3) Boccaccio , Opere; Firenze, 1724, voi. V, i ag. 316.
144 RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
ro è che la Tavola posta in fine dell'opera, ove sono notati i
nomi delle principali stelle colle loro mediazioni di cielo
clinazioni , lascerebbe « supporre che la cognizione degli
in Andaiò non fosse così esatta, come ne lo lodano i contempora-
nei » ; ma vi hanno buone ragioni per sospettare che essa Ta-
vola , anziché appartenere al Di Negro , sia stata tratta da un
autore arabo (torse Albategnio , sec. IX-X) , « ed inserita
uel manoscritto e nello stampato di Andaiò da qualche scoio- o
studioso, come a quei tempi era costume di fare » (pag. 10-12).
Quanto è degli studi geografici si accorda al Boccaccio', nel
dargliene gran merito , il nostro Battista Fregoso , enco-
rniandolo si come rerum inquisitor : qui... pene totuvn terrarum
orbem yeragravit oh eam.rem solam ut climatum locorumque
orizontes veterani normae ac regulis acquarci : ut omnium ea-
rum /■cri', u facto periculo astronomicae artis peritior certiorque
esset (1). - « Donde si vede, come osserva il eh. Libri (Misi,
des sciences mathém., IL 202); che il Di Negro applicò la ma-
lica alla geografia e alla correzione delle carte relative, a
gran servigio della scienza e della navigazione » vpag. 14). Nò
malgrado l'opinione contraria professata da recenti scrittori, ed
in ispecie dal dottissimo Yule, il Desimoni sa decidersi ad ab-
bandonare " nella sostanza almeno » il giudizio dello Spotorno,
il quale stima che sia da riconoscere nei Di Negro quel " gen-
til'uomo genovese molto amico » di Marco Polo, » che si di-
i di sapere le cose del mondo ,, , di cui parla il llamusio
nella prefazione ai Viaggi di Marco medesimo.
" Dove Andaiò siasi più a lungo fermato durante i suoi
viaggi non sappiamo „ (pag. 8) ; e se il Libri testé citato scris-
se che tenne cattedra a Firenze, probabilmente l'argomentò dal
trovare il Boccaccio fra' suoi discepoli. Or noi sappiamo dal passo
riferito più sopra che il Certaldese ascoltollo in Napoli; e forse
nò accadde nel 1328 in cui, giusta l'ingegnosa supposizione
del eli. Casetti (2), messer Giovanni soggiornò per la prima
volta, in quella città.
De' versi del Di Negro non ci è rimasto alcun saggio;
né si può dire con sicurezza ch'egli anche si travagliasse intorno
allo studio del greco, perchè la traduzione latina che gli venne
attribuita di un preteso libro dettato in (pulì' idioma da un sup-
posto Aniceto patriarca di Costantinopoli, si ha per l'autore-
ti) BAPT. Fulgosius, De dictis factisque meniorabiWniS ; Milano,
1509 , cai-. 258.
(2) Nuova Antologia, 1875, pag. "'-Ji) e segg.
RASSEGNA BIBLIOGRAFICA 145
vole sentenza del Tiraboschi da confinare tra le molte imposture
del notissimo Ciccarelli. Cionondimeno il solo fatto dell'avergliela
attribuita « fa conoscere sempre più quale e quanta fosse l'au-
torità del nostro Di Negro presso i dotti, e in diversi rami del
sapere « (pag. 18). E qui è poi merito dell' illustre Boncompa-
gni l'aver dimostrato (pag. 62-64) su qual fondamento basasse
i' insigne Modenese la propria sentenza nel dannare sì come
apocrifo il libro; la qual cosa né lo Spotorno né altri aveva mai
cercata. Lo scritto di Aniceto contiene un curioso brano dove
si esalta il valore spiegato all'assedio di Tiro da Obizzo nobile
di Lucca , il quale niente meno che Cunradi marchionis Mon-
tis ferrati vicem gerebat , e venuto a singoiar certame con un
tal Zizimo prefetto dell'esercito di Saladino lo avrebbe passato
fuor fuori primo ictu , tamquam alter David alterum Goliam
sternens. Qui dunque riposa tutto il segreto del libro : voleva
con esso il Ciccarelli , secondo il costume delle sue genealogie ,
• saltare il detto Obizzo come stipite della Casa degli Obizzi
ch'erano signori della villa del Cataj nel Modenese.
Ammisero i biografi generalmente che Andalò morisse ver-
so il 1340 ; ma forse è più esatto il dire verso il 1342 , sì co-
me Vtìdesi proposto nel Giornale Ligustico (anno 1875 , pag. 98).
Di lui il Mojon produsse anche il ritratto , che si disse « cavato
da pittura antica » ; ma , bene avverte il Desimoni , « senza
altri particolari da poter giudicare della sua maggiore o minore
autenticità » (pag. 8). Però se da una parte la raccolta degli
Elogi dei Liguri illustri pel Ponthenier , ove appunto si trova,
ncn è tal'opera da dissipare i sospetti ; dall'altra vuoisi consi-
derare che il costarne onde il Di Negro si vede rappresentato
è conforme a quello che ci rivelano i dipinti e le sculture de'se-
coii XIV e XV che presso di noi si conservano. Ora tal fedeltà
nel costume non ss incontra ne' ritratti della citata raccolta no-
1 1 diamente disegnati d' invenzione.
« Del resto non è da credere che Andalò sorgesse fra i
concittadini come pianta gentile , per caso cresciuta in mezzo
alle salvatiche. Va da per sé che i grandi commerci e i molti-
plicati e lunghi viaggi allargano il cerchio delle idee , ed am-
maestrano col confronto perpetuo de'climi e de'costumi , colla
conversazione dei dotti, oppure dei buoni pratici » (pag. 18). In
prova di questa verità non manca il Desimoni di recare esempi
efficaci ed opportuni, pei quali si fa onorata memoria degli al-
tri genovesi che coltivando le scienze fiorirono contemporanei al
Di Negro; ed è di si fatto novero Simone da Cordo, di un
cui volgarizzamento dal greco in latino di un libro di Serapione
Arch., 3." Serie, Tom. XXIV. 10
146 RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
sulle medicine semplici notato come rarissimo dallo Spotorno ,
serbasi una copia a penna nella preziosa collezione del prin-
cipe Boncompagni (1). " Ma ciò che più mi preme raccogliere da
questi esempi (conclude l'autore).... si è l'unione degli studi e
degli studiosi a quel tempo, e il reciproco influsso che fra di sé
esercitavano. Perciocché e l'astronomia e la matematica e la
medicina, e lo studio delle lingue greca, araba e latina si fa-
ceano convergere allo scopo generale della scienza , come si fa-
rebbe di deboli e dispersi raggi per supplire alla scarsità della
luce. D'altra parte la necessità di orali insegnamenti pel caro
dei manoscritti , e l'abitudine della vita dura , e l'operoso costu-
me porgevano ansa a viaggi scentifiei e a stretta famigliarità
tra i dotti lontani : più che non parrebbe a noi , considerati i
pericoli e le difficoltà di quei tempi » (pag. 19).
II. Alla Memoria del eh. De iSimoni fa seguito a mo' di
documento la biografia di Andalò inserta da Bernardino Baldi
nelle sue Vite de' matematici , e desunta da un ms. posseduto
dal Boncompagni; poi viene il « Catalogo de' lavori di Andalò
Di Negro » compilato dal Boncompagni medesimo , che però
dichiara essersi giovato eziandio di alcune indicazioni manda-
tegli dal Desimoni.
Il Catalogo, che abbraccia le pagine 29-66, è fattura di
esemplar diligenza, copiosissimo di note e ricco sommamente di
peregrine cognizioni bibliografiche; si divide in due parti, e nella
prima rassegna i lavori esistenti, nella seconda i lavori citati.
I lavori esistenti, che qui ancora si classificano in stampati
e inediti, sommano a quattordici, dispersi per le varie bibliote-
che pubbliche o private di Roma, Firenze, Venezia, Parigi e
Vienna; e di ciascuno additansi i codici e le carte che li con-
tengono. Primo fra gli stampati è l' Opus preclarissimum astro-
(1) Ved. Narduoci , Catalogo dei manoscritti ora posseduti da D.
Baldassarre Boncompagni ; Roma, 18<i2, pa». 154, num 339. - Un'al-
tra opera dello stesso autore si conserva alla Marciana di Venezia , col
titolo: Simonis Januensis, Sinonyma medicinae. È dedicata mayisti o
Campano, Nicolai p. p. IV cappellano, canonico parisiensi, con una
epistola che comincia: Opusculum iamdudum a vobis postulatum quasi
aliquid utile continens etc. E il testo principia : Optabat Galius dicere
et docere posse res sine nominibus. Ved. Valentinelli , Bibliothecu
manuscripta ad S. Marci Venetiarum , voi. V, pag lo I . L'Odorici, nel-
le Memorie storiche della Na ;ionale Biblioteca dì Parma, cita eziandio
un cod. membr. sec. XI li : Simonis Januensis, Liber medicine, mutilo e
con frequenti note marginali (Atti e Meni, delle RR Deputai, di storia
patria per le prov. modenesi e parmensi , voi. Ili, pag. 427 , num 678).
E noi, per cortese comunicazione dell'attuale Bibliotecario cav. Perreau,
posiamo aggiungere die il detto codice non è altro che un esemplare
dei Sinonyma su ricordati.
RASSEGNA BIBLIOGRAFICA 147
Idìlli impresso nel L475 a Ferrara da maestro Uiovanni Picardo
sotto la correzione di Pietro Buono Avogario; e di sì l'atta edi-
zione appena è che oggidì si conoscano con sicurezza quattro
esemplari. L'un d'essi Iacea parte della Biblioteca JSilva di Ci-
nisello, stata venduta iu Parigi nel febbraio 1869; ed allora
acquistollo appunto il principe Boncompagni; il quale però del-
l'Opus preclarissimum possiede eziandio una copia a penna. L'edi-
zione ferrarese è poi citata o descritta da moltissimi bibliografi;
ma ben si comprende che non tutti l'ebbero a mano, giacché , sì
come rileva il dotto principe, non pochi sono quelli che erronea-
mente registrano la data delia sua impressione. E un'altra avvertenza
di grandissimo peso, dovuta similmente ai Boncompagni, è pur
questa : che la detta edizione non contiene soltanto l' Opus , ma
due altri lavori di Andalò, quali la Pratica astrolabi) e lo
scritto De operationibus scale quadranti* in astrolabio scripte.
I lavori inediti sono undici, cioè: a) Theorica planetarum;
b) De compositione astrolabii ; e) De infusione spermatis ;
d) Theorica distantiarum omnium sperarum et planetarum a terra
et magnitudinum eorum; e) Tractatus sphere ; f) Introductorium
ad iudicia astrologiae ; g) Canones super almanach Profatii ;
li) Liber iudiciorum infirmitatum ; i) Canones modernorum astro-
logo rum de iufirmitatibus ; j) Ratio dioersitatis partus; k) Tra-
ctatus quadrano*. Né vuoisi tacere che ben sette degli scritti
qui recati (lett. b. e. d. h. i. j. k.) non si trovavano, prima che il
fossero dal Boncompagni, indicati in alcuna opera a stampa.
I lavori che si conoscono solamente perchè citati sono i se-
guenti: 1. Viversi tractatus mathematici ; 2. In !Spheram ;
•'>. Astrolabium ; 4. Praxis Arithmeticae ; 5. Canones super Alma-
in quanto tempore Planetae discurrunt zodiacum ; 6. Ca-
nones super Almanac de Propositionibus faciendis ; 7. Tracta-
tus i/c Astrolabio et de Quadrante ; 8. Centiloquium in Astro-
logia ; ',). Tractatus scalae quadrantis seu astrolabii ; 10. Liber
de Quadrantibus ; il. Opuscoli astronomici ; 12. Poesie ; 13. Tra-
mane del libro di Aniceto patriarca. — ■ Or lasciando stare
la nota falsità di questa traduzione, ed anche m^sse da banda
le Poesie di cui già dicemmo non esserci rimasto saggio (ben-
chè per buoni argomenti sembri all' illustre Boncompagni che
alcune fossero dettate dal Di Negro in lingua provenzale), noi
diamo soscrivere a quanto già venne osservato nel Giornale
Ligustico . L875, pag. 100), che cioè « parte di questi scritti
sai probabilmente sono identici ai già conosciuti di lai; sebbene
hi uriti dagli autori con titolo non pienamente conforme. Ma
altri sono scritti certamente diversi, perduti o nascosti finora,
148 RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
e di cui sarebbe forse preziosa la conoscenza. Per esempio la
sua Aritmetica ci fornirebbe come i preliminari della scienza ,
e probabilmente anche usi commerciali , valori e misure sul fare
del Pegolotti e di Luca Pacioli ». Gli opuscoli astronomici sem-
brano poi rammentati dal Boccaccio , laddove nel su riferito
pas o scrive: Huius insuper plura stani opuscula astrorum, eoe-
lique motus ostendentia ec.
Concluderemo pertanto col eh. Narducci che quello del prin-
cipe Boncompagni è veramente « un lavoro completo, destinato ad
arricchire con nuove e certe indicazioni la storia scientifica e let-
teraria italiana. Certamente , a ben pochi arride siffattamente
la sorte da potersi procurare dai vari centri scientifici dell'Eu-
ropa tante e sì minute informazioni , ma è pur vero che è ben
degno di plauso e di riconoscenza chi questi mezzi rivolge ad
accrescere il patrimonio letterario , già cotanto glorioso della
nostra Italia ». L. T. Belgrano.
Le leggi di Progresso per ROMOLO Federici. Roma, 1876.
L' immenso materiale storico adunato dagli eruditi del secolo
scorso, e da quelli del nostro, feconda gii studi delle scienze
sociali, e della filosofia civile, inaugurata in Italia dal Romagno-
si, accennata pria dal Vico, e sviluppata dal Ferrari, dal Catta-
neo, dal Marselli. La filosofia venne scoprendo tra le varietà
infinite dei fatti storici alcune fila continue, concentriche, le fila
della civiltà conducenti alla umanità. E parecchi vasti ingegni
si posero a seguire ed illustrare queste fila. E scrissero storie
parziali di civiltà Guizot e Gabineau nella Francia, Tylor e
Buckle neh1' Inghilterra , Gerebzoff nella Russia , e pure 1' anno
passato Hellwald ad Augusta ordinò l' immensa materia sotto
concetto unico nell' opera Culturgeschichte misto di storia e di
filosofia. Le meditazioni italiane sulla storia generale vennero
riassunte specialmente daDa Scienza della Storia del Marselli
edita a Torino nel 1873, dalla Teoria dei Periodi Politici del
Ferrari comparsa a Milano nel 1874 e continuata e sviluppata
dai di lui studi intorno l' Aritmetica della storia, s:udi ai quali
armonizzano le Leggi di Progresso di Romolo Federici da Roma.
Il Federici, che fu centro alla emigrazione romana , si preparò
i materiali a questo suo libro mediante la Chronologie universelle
de la Civilisation della quale comparve la ttrza edizione a Pa-
rigi nel 1856. Egli piglia a mostrare che i grandi imperi ammi-
rati quali punti luminosi dell' umanità, sono il risultato della
RASSEGNA BIBLIOGRAFICA 149
forza di alcune nazioni soverchiane le vicine che lasciano sulla
terra larghe strisele di porpora. Ma la natura reagisce sempre
contro queste violenze ; ogni popolo tenta di svilupparsi secondo
la natura e l'interasse proprio, e queste grandi agglomerazioni
figlie della forza, si disciolgono a periodi determinati. La cronolo-
gia de' grandi imperi svela al Federici che in ogni secolo segui-
rono tentativi di amalgama per dodici o tredici anni , mentre
la reazione a tali conati si prolunga per ottantasette od ottan-
totto. Ecco, per vie diverse, correlazioni agli studi di G. Ferrari.
Da questa legge il Federici esclude Roma e la Cina, perchè
ambedue non pretesero di rifare i popoli sommessi a loro imma-
gine, non li constrinsero a nuove credenze, a nuovi costumi.
Onde conclude che la mostruosità de' grandi imperi è solo pos-
sibile a condizione di lasciare alle parti amalgamate quella vita
propria , che le tradizioni e gli ingeniti modi di vivere rendono
a ciascuna cara e necessaria. Dove lascia intravedere la fatalità
del trionfo della libertà sulla forza, e l'aspirazione allo sviluppo
indipendente d' ogni gremio umano.
Quindi segue a mostrare come la storia conduca a vedere
la decadenza di quegli Stati che non rispettarono le varietà locali.
Come l'Egitto perdette per sempre la sua libertà per aver per-
duto il segreto della sua forza che risiedeva nella moltiplicità
delle sue iniziative. Come invece la Cina per Confucio, proce-
dendo all' inverso dell' autonomia feudale eretta sulla forza per-
sonale, collocò la società in ordine morale contro il quale la
violenza e l'innovazione sono impotenti. Ammira pure la im-
mensa prosperità delle città fenicie, attinta e mantenuta nella re-
ciproca indipendenza. Come accadde agli Ebrei frazionati in mol-
teplici colonie cingenti con legame misterioso l'Asia e 1' Europa.
La Società , dice 1' A., sembra compiacersi nello spettacolo
della storia della Grecia, prodotto delle singole forze che l'emu-
lazione moltiplicò in quantità ed energia. L'Etruria, segue egli,
era costituita con più regolarità della Grecia, e con maggior
varietà d' impulsi che 1' Egitto e 1' alta Asia. H sistema confede-
rativo vi presiedeva più completo e più stabile che presso le altre
antiche nazioni , e per la prima volta vi si scorgeva l' applica-
zione del regime delle città riunite in corpo di nazione. Essa de-
cadde dopo le guerre di Porsenna, e le sue invasioni sui Galli
e sui Sanniti.
Roma è rappresentata dal Federici costringente i piccoli
Stati limitrofi a collegarsi ad essa serbando le abitudini tradi-
zionali, non per comporre una nazione, ma per costituire una
società sempre aperta a nuovi incrementi di estensione e di
modalità. E le giovò il costume preesistente in Italia, di aggre-
150 RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
garsi popoli senza tema di amalgama e senza perdita del proprio
particolare carattere. Ma quando s'impose l'unità militar»
quelle istituzioni oh' erano state create dalla libertà , e fecondato
dalla varietà , declinarono.
Quelle leggi che riscontrò nelle nazioni antiche, apparisco-
no all' A. pure nelle nazioni moderne. Noi non lo seguiremo in
tutte le ricerche per questi Stati ; accenneremo solo ad alcuni
tratti rispetto all'Italia ed alla Francia , compatta per eccellenza
questa, snodata l'altra. L'Italia gremita di centri d'abitazione,
ricettò le istituzioni militari barbariche come in un alveare a
stanze fìsse e distinte. Ma nella incubazione lenta e distinta che
vi si operò , il leuda germanico succeduto alla curia latina, si tra-
sformò in ente territoriale e giuridico , armato della potestà del
pristino municipio. Qui ogni città si moveva in atmosfera pro-
pria ed ampia, libera di attrarre quanti e quali elementi loro
occorrevano. Nella Francia mena a vedere grandezze meravi-
gliose seguite da catastrofi terribili, per concludere che il popolo
francese, sospinto dalla sua massa, eccede così nella buona che
nella cattiva fortuna, per mancare d' istituzioni nazionali , le quali
pel loro addentellamento , valgano a ritenerla , allora che troppi >
rapida ascenda o precipiti. E se in tali convulsioni non fu consunta,
avvenne perchè rinnovò spesse volte le sorgenti della sua vita.
E riassume questo pn'mo volume , al quale deve tener die-
tro quello additante i resultati pratici dell' esperienza della storia
mostrando come ora il grande lavoro separato della amanita vada
rapidamente fondendosi. « I focolari di attività che ardevano
lentamente, ciascuno per un progresso , ciascuno per un fine,
vanno allargandosi e da tutti i punti dell' orizzonte le punte
delle fiamme si attirano e convergono insieme. Da sì generale
conflagrazione d' idee , d' interessi e di passioni vien prodotta la
confusione, l'anarchia, l'apparente caos, in cui si stima che
ogni regola di giustizia e ogni sentimento del vero sia perduto.
Nondimeno l'unità sociale s'avvalora e completa da qi
cieco fervore. H livello si eleva nelle nazioni d'ogni razza,
eguagliansi le classi, la coscienza umana si afferma ogni gior-
no più nella sua universalità ».
Alla domanda poi quale forma convenga a questo nuovo
mondo morale, risponde rimandando a vedere la genesi dell'atti-
vità ed il languore seguito per gli agglomeramene. E mostrando
come 1' ordine debba consistere nella distribuzione libera delle
forze sociali, e nel godimento comune dei resultati di ciasche-
duna, e come la libertà conduca alla vera e legittima autorità.
A. giudicare adeguatamente questo profondo lavoro attendiamo
il secondo volume. G. Rosa.
SUPPLEMENTO UNDECLMO
ALLE
NOTIZIE BIBLIOGRAFICHE
DEI LAVORI PUBBLICATI IN GERMANIA
SULLA STORIA D'ITALIA
COMPILATE
DA ALFREDO REIMONT
Bonn sul Reno, agosto 1876.
(Vedi Archivio Storico Italiano , Serie III , voi. XIX'
BAUER , H., Hadrian VI. Ehi Lebensbild aus dem Zeitalter dei*
Eeformation. (Adriano "VI. Quadro Ibiog-ra-
fieo elei secolo della. Riforma.) Heidelberg,
1875-, Svo.
Vedi Nat. bibliograf. Suppl. X al nome Hòfler.
Spetta al medesimo argomento :
F. Nippold ( prof, di teologia prot. nell'Università
di Heidelberg): Die Eeformbestrebungen Adriana VI ,
nell' Historisches Taschenbuch , Serie V, voi. V, Lips. 1875,
pag. 181-244, e la memoria del Claessens : Le Pape
Adrien VI, nella Revue catholique (belga) del 1875.
BAUMANX, J. J., Die Staatslehre des h. Thomas von Aquin , des
grò'ssten Theologen und Philosophen der katholischen Kir-
che. Aus seinen Werken zusammengestellt und mit einer
Einleitung versehen. (La dottrina politica di
S. Tommaso d'Aquino, il maggior teo-
logo e filosolo della Chiesa cattolica,
tratta dalle di Ini opere e corredata
d'una introduzione.) Lipsia, 1873-, 8vo.
L'autore è professore di teologia (protestante) nella
Università di Gottinga. — Spetta al medesimo argomento:
Divi Thomab AQUINATIS opera et praecepta quid valeant
152 SCRITTORI TEDESCHI
ad res ecclesiasticas politicas. Commentatio litteraria et
critica. Pars I. Scripsit N. ThòEMES. Berlino, 1875 \ 8vo.
JDÌ S. Tommaso e delle di lui dottrine , con ispecial
riguardo alle controversie del secolo XIX , tratta la me-
moria anonima: Thomas von Aquino, nella Historische
Zeitschrift , voi XXXIII , pag. 342-359 , e l'altra pure
anonima, dal punto di vista cattolico, negli Historisch-
politische Blatter di Monaco , voi. LXXV1I , 1876.
BAUMGARTEN Vedi H. M. E.
BECKER, H., und FORSTER, H. von, Die Cattedrale von Pa-
lermo nach deh genauesten Aufnahmen. (La Catte-
drale di Palermo secondo disegnai esat-
tissimi.) Vienna, 1866, con nove tav. di sesto atlant.)
BENRATH , K. , Bernardino Ochino von Siena. Ein Beitrag zur
Geschichte der Ueformation. ( Bernardino Oclii-
no senese. Saggio per servire alla sto-
ria della RI Forma.) Lipsia, 1875; 8vo.
Vedi G. de Leva, nell'Archivio Veneto, voi. X. L'Au
tore , privati™ docens di teologia prot. nell' Università di
Bonn , raccolse in Italia, ed in ispecie in Toscana , molti
materiali per la storia della riforma prot. nella penisola,
di cui egli sta occupandosi.
BERNHEIM , E., Der Glossator der Gesta Berengarii imperatoris .
Nelle Forscliungen zur teutschen Geschichte , voi. XIV.
(1874) pag. 138-154. Vedi Suppl. X all'art. Dummler.
» Lottar III und das Wormser Concordat. [ Lotario III
imp. e il Concordato di Vormazia, )
Strasburgo , 1874 ; 8vo.
» Das undchte Decret Hadrians I im Zusammenhang mitden
unàchten Decreten Leo's Vili als Documente des Investi-
turstreits. (Il decreto spurio d'Adriano I
in connessione coi decreti spuri di Leo-
ne Vili, quali documenti nella contesa
per le investiture.)
Nelle Forschungen zur teutschen Geschichte, voi. XV.
» Norbert von Prémontré und Magdcburg. (Norberto
albate di Prcmontrc arcivescovo di
Magdeburgo )
SULLE STOMI '■ ITALIANE 153
Nella Historische Zetiachrift, voi. XXXV, pag. 1-16.
La presente memoria sul fondatore dei Premostratensi ,
ordi,„. di cui appena trent'anni passati dopo la morte del
Santo (giugno 1134) sommava «li già ad oltre cento il
numero dei monasteri, «• che più di qualunque altro con-
tribuì a stabilire e fortificare la coltura cristiana nel nord-
ovest della Germania, tocca anche delle questioni riguardo
alle eresie patarene di cui tratta W. Preger (vedi questo
nome ) nella Memoria sui Valdesi.
BEZOLD, Ernst, Geschichta-Tabellen von Italien zunachst ah
Supplement zu Massari , Biografie Cavours. (Tavo-
le della Storia italiana, da servire di
supplemento alla biografia del C. Ga-
voni* del 31.) Lip ia, 187-1-, 8vo.
Dei Ricordi biografici del Conte Camillo Cavour di
Giuseppe Massari (intorno ai quali scrisse 0. Hartwig
nella Literaturzeitung di Jena , 1874, art. 403) esistono
due traduzioni tedesche , una molto libera e raccorciata
di E Bezold , con prefazione di F. v. Hoi/TZENDORFF,
Lipsia, 1874, e un'altra più fedele di E. Buffer, Jena
1874, con copiose note storiche e un'appendice, relazio-
ne sulla morte del Cavour scritta dalla marchesa Giu-
seppina Alfieri.
BEZOLD , F. von , Vedi Schroller.
BIDEBMANX, H. I., Die Italiener im tirolischen Provinzialverban-
de. (Gl'Italiani nell'unione provincia-
le tirolese.) Innsbruck , 1874-, 8vo.
11 presente volume , il quale ebbe origine dalla mo-
zione presentata nella dieta tirolese dei 16 marzo 1874,
all'effetto di costituire una dieta speciale per i distretti
di Trento e di Boveredo , si divide nei seguenti capitoli :
I. Parte etnografica, che tratta dei vari elementi nazio-
nali componenti l'attuale popolazione tirolese di qua e di
là delle Alpi , elementi fra cui anche inoggi predomina il
reto romanzo. IL Questione territoriale. Antico principato
Trentino, colle parti al medesimo annesse (territorio di
Boveredo ec.) , sino alla totale incorporazione del me-
desimo nella contea principesca del Tirolo sotto France-
II imperatore. 111. Partecipazione degli Italiani alle
diete tirolesi, rimontando sino al decimoquinto secolo
154 SCRITTORI TEDESCHI
IV. Contrasti Ira il Tirolo settentrionale e meridionale sotto
il punto di vista politico. V. Considerazioni di gius pubbli-
co. — L'autore è professore di gius pubblico e di statistica
nella Università di Gratz nella Stiria.
BILL, Adolfo, Pa Ir strina.
Articolo biografico-critico sul celeberrimo Giovanni Pier -
luigi, contenuto nella Allgemeine Zeitung 1875, N.° 272-274-
All' istesso argomento spetta Das hohe Lied von Pa
Ustrinà, articolo contenuto neW Allgemeine Ze.itv.nq, 1875
N.° 326 , il quale tratta della composizione della Can-
tica cantìcorum , nel voi. IV dei Mottetti a cinque voci
dell'esimio Giovanni Pierluigi.
Vedi Naumann.
Vedi Bibliografia agli art. Kandler, Winterfeld.
BLUHME , Fr. , Die Gens Langobardorum . Zioeites Heft : Tìire
Sprache. (H,a Gì-. L. Fascicolo IX. I^a loro
lingua.) Bonn, 1874: 8vo.
Intorno al I fase, vedi Notizie bibliografe Suppl. IX
e Arch. Stor. Ital., Serie III, voi. IX, II, 145 seg. : de'
presente II fase, tratta la breve analisi, ivi, Serie TU, v. XXI'
All'argomento del presente lavoro spettano ancora : Pott
Aug. Fed. (prof. nell'Università di Halle), Ueber die ro-
manischen Gesetzen, memoria inserita nella Zeitschrìft fiir
verqleichende Sprachforschnng del prof. Kuhn, voi. XIII,
XIV: Meyer, K., Beitràge zur Kenntniss der langobar-
dischen Sprache, nel giornale : Germania, 1874, fase. II.
Vedi A. Birlinger, nella Historische Zeitschrìft ,
voi. XXXIV,. 1875.
BOEHMER , J. F. , Eegesta Imperli. Vili. Die Eegesten des Kai-
serreichs unter Kaiser Cari IV, 1346-1378 , herausgege-
ben nnd ergànzt von A. Huber. ( T„© F?eg"essta
dell'Impero sotto Carlo IV imperato-
re, pvilbol. e compiute da A.. H.) Innsbruck,
1874-75, fase. I-IV; 4to.
Continuazione delle Rege3ta Imperii , di cui vedi Bi-
bliografia, pag. 19 segg. , 33 segg. — Il Bòhmer con-
dusse l'opera sua sin alla morte di Lodovico il Bavaro ,
1347, lasciando nelle schede sue molte giunte per la sto-
ria di questo imperatore , le quali furono compiute e pub-
blicate da J. Ficker nell' Additamentum tertium , Inns-
bruck , 1865. Ora 1' Huber , professore nell'Università
d' Innsbruck , continua colle Regesta di Carlo IV, ser-
31 1 LE STORIE ITU tANE 155
vendosi delle schede lasciate dall'esimio maestro di sif-
fatti studi , ma facendo lavoro di fatti tutto suo proprio.
Nel medesimo tempo, il Ficker accenna all'intenzione
di metter mano alla rifusione dell'intera opera delle
Regesta , che in primo luogo avrebbe da occuparsi delle
Regesta degli imperatori Sassoni e Salj , e dei primi di
Casa Sveva , il volume del Bohmer che abbraccia questi
tempi (1831), non potendo più servire in Oggi. Il Ficker
propone una numerazione dei volumi, sinora mancante con
incomodo delle citazioni, e che sarebbe la seguente: 1.
Regesta dei Carolingi (vedi Suppl. IX al nome Sickel);
II. Casa di Sassonia ; III. Casa eli Franconia ; IV. Pri-
mi Svevi, cioè Corrado III, Federigo I , Arrigo VI (tutti
questi volumi sono da rifarsi); V. Svevi posteriori dal 119S
al 1254 5 VI. Tempi dell' interregno e Absburghesi ed al-
tri sin alla morte d'Arrigo VII , 1313 ; VII. Lodovico il
Bavaro-, Vili. Carlo IV-, IX. Vinceslao.
11 presente lavoro, seguendo le traccie dell'illustre!
predecessore , ed incorporando alle Regesta documentali
anche le notizie contenute negli scrittori sincroni , riesce
di somma importanza ancora per la storia d' Italia. Il IV
fase, giunge all'anno 1378, in cui morì Carlo IV. Il V
conterrà 1' Introduzione , indici ec.
Vedi , intorno al I fase, Arc.h. Star. Ital. Serie III ,
voi. XXI.
Dell'elezione di Carlo IV tratta: L. Worthmann, Die
Wahl Carte IV zum rom/schen Konige. Breslavia , 1875.
Spetta inoltre alla di lui storia: H. Friedjung, Kaiser
C'ari IV, and sein Ad the il arri geistigen Leben seneir Zeit .
Vienna, 1876.
BRESSLAU, Vedi Hirsch.
BROSCH , Moritz, Der Papst Alexander VI, und seine Tochter
Lucrezia Bornia. (Alessandro "VI pontefice
e Lucrezia Borg'a sua, fijrlia.)
Memoria , a proposito del libro di F. Gregorovius,
nella II istoriseli e Zeitschrift voi. XXXIII. Del medesimo
argomento tratta una memoria contenuta nell' Edinburgh-
Bevieiv, N.n 289. - La storia suddetta di Lucrezia Bor-
gia si è pubblicata in terza edizione, corretta e corre-
data di nuovi documenti, tratti maggiormente dall'Archi-
vio Estense di Modena, ^tuttgarda, 1876. L'autore rende
156 SCRITTORI TEDESCHI
conto della nuova edizione in un articolo inserito nella
Allgemehie Zeitung , 1876, N.° 60.
Vedi Hi&lorisch-politische Blatter , 1876, voi. 77.
Vedi HlLLEBRAND.
BROSIEN, Vedi Konig.
BUCHMANN, J. , Vermischte Aufsàtze. (Scritti vari.) Bres-
lavia , 1874 -, 8vo.
Raccolta , in otto fascicoli , di scritti , dissertazioni,
note ec. d'un teologo protestante , il quale fa prova di
antagonismo spinto all'eccesso contro la Chiesa cattolica.
Fra molte altre cose si tratta del processo di Galileo, di
P. Giovanni XII , della Società di Gesù , dei maneggi
nelle pontificie elezioni, col titolo, che dimostra lo spirito
con cui scrive l'autore, di « Vie torte per giungere alla
infallibilità » , delle cose ecclesiastiche in Toscana nel
Cinquecento secondo il Galluzzi , della contesa di P.
Paolo V colla Repubblica veneta secondo il Sarpi e il
Cappelletti nel volume : I Gesuiti e la Rep. di Ven.,
il quale nel 1873 stampò quali cose inedite carte da molti
lustri pubblicate. Il processo del Caimesecchi è narrate
solo sulle traccie del Galluzzi. Del medesimo trattaro-
no : R. Gibbings, Heport of the trial and martyrdom of
P. C. transcrihed from the originai MS. (nella biblioteca
del T r ini ty- College a Dublino), Dublino 1856 , e G. Man-
zoni , Estratto del processo di P. C. , nella Miscellanea
di Storia italiana voi. X.
Vedi F. H. Reusch nel Thologisches Literaturhlatt,
1874, N. 22.
BUSSON, A., Zur Geschichte Conradins. (Intorno alla storia
di Corradino.)
Articolo nelle Forschungen zur teutschen Geschichte, voi.
XI, intorno ad un docum. presso Huillard Bréholles, 1,
195, creduto riferirsi all'elezione di Federigo II, ma con pro-
babilità maggiore spettante all'epoca di Corradino. Trat-
ta poi ancora delle Notae historicae de Gonradino, stampate
presso Boehmer-Huber Fontes, voi. IV. pag. 126 segg.
CHRISTOFFEL , R., Des Cardinals Gasparo Contarini Leben und
Schriften. ("Vita e soritti del card. GJ-. O.)
Memoria inserita nella Zeitschrift fiir historische
Theologie , 1874 , fase. II , pag. 165-265.
SULLE STORIE ITALIANE 157
COENARO, Li von, Strategiche Betrachtungen iiber den Feldzug
in Italica (1796-1797. ( Oousi<lei*aieiou.i strate-
giche sulla, campagmi <V Italia, del
179(5-97.) Vienna, lòìo; 8vo.
DANTE. Alla letteratura Dantesca spettano le seguenti pubblica-
zioni :
Derichsweiler , Dantis Monarchia II. Gebweiler
1874. Programma scolastico.
Geiger , L. , Petrarca und Dante. Articolo inserito
nella Allgemeine Zeituag , 1875, K.° 92.
Hettinger , Fr. , Kirche und Papst nach Dante.
Articolo inserito nel giornale: Der Katholik , Magonza ,
1875.
» Grundidee und Charalcter der Gottlichen Comòdie.
Lezione pronunciata a Bonn , die. 1875 , inserita nel
giornale : Der Katholik, 1876 , e stampata a parte a
Bonn , 1876 , pag. 76 , 8vo.
Jacob , J. , Die Bedeutung der Fiihrer Dante's in
der Divina Commedia; Virgil , Beatrice, St. Bernhard
in Bezug auf den idealen Zireck des Gedichtes und auf
Grund der geistigen Lebens-Entwicklung des Dichters.
Lipsia , lò7ì -, 8vo.
Schmidt, W. Ueber Dante's Stellung in der Geschi-
chte der Kosmographie. Theil I. Die Schrift De aqua et
terra. Gratz 1876 , Svo. Al medesimo argomento spetta
l'articolo : D. A. e le dottrine cosmologiche del suo tem-
po , nella Allgemeine Zeìtung, 1876, N.° 163.
Dell'edizione della Divina Commedia procurata da
G. A. SCARTAZZINI , il cui 1 voi. si è citato nel Supple-
mento X , è comparso il II voi. contenente il Purgatorio.
Vedi intorno a quest'edizione C. Witte , Allgemeine Zeì-
tung, 1675, N.° 229, e A. Keumont, Litcrarische Rund-
schau, 1676, N.o 4.
La traduzione della D. C. di Carlo Witte venne ri-
stampata a Berlino 1876 , 2 voi. 8vo , con molti cambia-
menti nel testo e col commento grandemente ampliato.
Vedi Allg. Zeìtung 1876 , N.° 255 , dove si tocca an-
cora dell'edizione del Convito procurata da G. B. Giu-
liani e delle Similitudini Dantesche di Luigi Venturi.
11 libro giovanile dell'altissimo poeta venne ripubbli-
cato col titolo: La vita nuova di D. A., ricorretta col-
l'aiuto di testi a penna ed illustrata da Carlo W itte.
Lipsia . 1S76. Precedono al testo ampi Prolegomeni , con
158 SCRITTORI TEDESCHI
elenco dei codici e delle edizioni. Sotto il testo stanno hi
Varietas lectionis e le annotazioni , brevi si ina ricche di
spiegazioni storiche , filosofiche e filologiche. La presente
.stampa è la trigesima seconda. Parlando delle stampe
moderne , di quella del Giuliani , l»6rf , del Pizzo , 166">,
del D'Ancona, ltìT-i , l'editore rammenta la versione in-
glese : The New Life of D. A. , trauslated by Charles
Eliot Norton , Boston , 1867.
Intorno alle composizioni Dantesche di Francesco
Scaramuzza vedi l'articolo di (i. A. Scartazzini , Allge-
meine Zeitung 1876 , >ì.° 2ol.
Dell'erudita opera di D. Comparetti: Virgilio nel me-
dio evo , si è pubblicata una traduzione tedesca di H.
Dutschke , Lipsia ; 1675.
DEB KRIEG IN IT ALIEN 1859 , usw. (La campagna
d'Italia del ISSO.) Vienna, 1874, voi. II , par-
te I ; 8vo con 5 mappe.
Vedi Suppl. X. 11 presente volume di questa opera
pubblicata dalla Commissione storica dello stato maggiore
austriaco contiene gli avvenimenti dei giorni 5-21 giugno
cioè dalla ritirata dopo la battaglia di Magenta sin alla
ripresa dell'offensiva sul Mincio.
DERICHSWEILER v. dante.
DÙMMLER v. Hirsch, Jaffk.
DULLINGER , J. von , Uagedruckte Berichte und Tagebiicher zur
Geschichte der Tridentinischen Concila. (Helazioni
e Diari inediti sulla storia del Conci-
lio Tridentino.) Nordlinga , 1876 , 2 voi. 8vo.
Il contenuto della presente raccolta si è come segue :
Voi. 1.1. Se r ip ANDO, Actionum Trident. Series XIV
hai. Jun. 1515 - prid. Non. Febr. 1516 , pag. 1-38. —
2. Diarium ab anonymo consci' iptum Dee. lòlò , pag. 39-
65. — 3. MASSARELLI, Diarium 23 Febr. 1515 - 1 Febr.
1546, pag. 66-258. — 4. MASSARELLI, De pontificata
lulii III , pag. 25(.)-32lj.
Voi. II. 1. F. Musotti, Sommario del Cono. Trid.
sotto Pio IV, pag. 1-50. — 2. A. SBRVANZIO , Diario
del Conc. sotto Pio IV, pag. 51-63. — 3. Don Ploro
Goxzales le MendorA, Successi del Conc. Trid. 1561 ,
pag. 64-171. — 4. N. PSALMAEI (N. Pseaume vesc. di
Verdun) Diarium 1562 , pag. 172-277.
SULLE STORIE ITALIANE 159
La prefazione del eh. DòLLINGER , pag. i-xxyii ,
contiene un ristretto della letteratura spettante al Tri-
dentino. La sentenza dell'erudito editore riguardo alla
veracità del Sai pi in paragone ili quella del Pallavicino,
non può non rimanere senza seria opposizione. Vedi in-
torno a tale questione Lord ActuN gel giorn. Academy.
Alla storia del Tridentino spetta l'opera seguente :
Ada genuina SS. oecumenici Cvucilii Tridentini ab
Angelo MasSARELLO episc. Thelesino eiusdem Cono, se-
cretarlo conscripta nane primum integre edita ab Aug.
Theiner. Accedunt acta eiusdsm Cane, a card. Gabr
Laleotto archiepiscopo JJunonien. digesta secundis curis
expolitiora. T. I et II. Agram (Zagabria) 1674, 4to.
DL\NZELMAXX , E., Die chronologischen Noten des Eegistriua
Gregorii VII. (Le note oi-oiiolo^ione del
lieg-istro di Gregorio VII.)
Nelle Forscliungen zur teutschen Geschicìite, voi. XV.
EBERT , A. , Geschichte der christlich-lateiniscken literatur voti
ihren An/àngen bis zum Zeiialter Carls des Grossen.
(S=>tox-ia della letteratura latino-cri-
stiana dai suoi i>rimordi sino all'epo-
ca di Carlo 3i.ajjno.) Lipsia, 1874, 8vo.
Opera erudita ed importante , che l'orma il primo
volume d'una storia generale della letteratura latina me-
dievale. 11 periodo abbracciato dal medesimo era stato
trattato di già da J. C. P. Bahr. (prof, a Heidelberg,
morto nel 167.3) nei volumi facenti seguito alla sua feto-
ria della letteratura romana, sui poeti e storici cristiani
di Roma , Carlsruhe , 1636, sulla teologia romano-cristia-
na , 16o7, e sulla letteratura latina dell epoca Carolingia,
18IU •, lavori diligenti e pregevoli, i quali però oggi
non corrispondono più al Insogno. I primordi della lette-
ratura cristiana dell' Occidente trovatisi ancora trattati ,
ma brevemente , nella applaudita opera di W. S. Teuf-
fel , prof, a Tubinga, Geschicìite der r'òmischen Litera-
tur, prima ediz. Lipsia, 166SJ ; terza ib. Iò7ò.
PICKEK , Julius , Forscliungen zur Meichs-und Rechtsgescliicìite
Italiens. (Studi .-sulla stoi ia della eosti-
tuzione imperiale e del diritto in Ata-
lia.) Voi. IV, parte 2. lnnshruck , 1874, 8vo.
Colla presente parte , la quale compie il codice di-
plomatico ( Urkunden zur Reichs-und Mechtsgeschichte Ita-
160 SCRITTORI TEDESCHI
Uens , XXVI e 6u3 pag.-, bvo) , rimane condotta a termine
1' intera opera principiata nel 1868 , di cui si tratta nei
Sappi. IX e X alle presenti notizie. Il Codice diploma-
tico composto di 531 documenti parte editi parte inediti ,
principia da un diploma del 770 , col quale Ildebrando
duca di Spoleto pronuncia una sentenza in favore del
monastero di Farfa , e si chiude con uno del 1474 , con
cui Antonio degli Agli vescovo volterrano valendosi dei
privilegi da Carlo IV imp. alla sua chiesa concessi no-
mina Giovanni Grifo cittadino pisano e i di lui discendenti
conti palatini e lateranensi e conti di Sasso , castello della
diocesi di Volterra ; il primo di tali documenti già pub-
blicato dal Fatteschi e dal Galletti , il secendo inedito
nell'Archivio di Stato Pisano. Nella prefazione l'autore
spiega i motivi che diressero la scelta dei documenti , dei
quali ammise buon numero d'editi o per essere i medesimi
d'importanza storica maggiore e tali da servire di fonda-
mento alle parti relative del suo lavoro , o per trovarsi
pubblicati in opere difficili a ritrovarsi , non meramente
in Germania ma non di rado anche in Italia Copiosi sono
i documenti che ci lasciano vedere dentro nella pratica e
nelle forme di procedura, argomento nuovamente trattato
dall'attuale nestore dei giureconsulti tedeschi , il Beth-
mann-Hollweg , nella continuazione dell' insigne opera sul
processo civile nel suo sviluppo storico , ma solamente per
l'epoca anteriore al rinascimento del diritto romano. Per
ciò che spetta alle cose inedite , l'aut. ha creduto dover
ammettere anche documenti d' importanza minore quando
spettano all'azione degli impiegati o rappresentanti impe-
riali in Italia Sin al Millecento , tali documenti sono di
scarso numero , poi crescono sotto Federigo II. Importava
far conoscere l'organamento centralizzante col quale que-
sto Imperatore cercò di ridurre a confini piuttosto stretti
il feudalismo e le libertà municipali , lavoro durante degli
anni con singolare studio continuato e maggiormente rie-
scito in Toscana , dove nei tempi posteriori , ancora a
malgrado dei forti contrasti e della floridezza ed autono-
mia delle città, rimasero molte e singolari traccie dell'au-
torità imperiale , la quale <i rifece viva sotto Carlo IV
allorquando politicamente era di molto decaduta. I docu-
menti inediti sommano al di là di 100, più della metà
copiati dall' istesso autore, il quale a varie riprese, ul-
timamente ancora nel 1873, visitò l'Italia, e nella pre-
fazione fa il meritato elogio della gentile accoglienza dap-
SULLE STORIE ITALIANE 161
pertutto incontrata , e dei servigi dovunque prestatigli da-
gli impiegati negli Archivi e nelle biblioteche, tra i quali
incontriamo molti nostri conoscenti, inai sempre pronti a
favorire , con dispendio ancora del proprio tempo, gli al-
trui seri lavori.
L'argomento e il modo di trattazione dell'opera del
Ficker sono tali da far comparire, a primo aspetto, varie
delle parti piuttosto come congerie di materiali che non
come lavoro compiuto. Perlopiù però la ricchezza delle
date e la sicurezza della critica sono tali da porre il let-
tore in grado di giungere a dei precisi risultati. 1 copiosi
indici e l'esatta cronologia dei vari fatti , agevolano l'uso
del libro , indispensabile a chi vuol rendersi conto delle
condizioni politiche e legali d' Italia nel medio evo spesso
piene di contradizioni tra l'essenza e la forma.
Vedi Academy, 1875, N.° 178, 179.
FORSTER , Ernst, Geschichte der Italienischen Kunst. (Storia
dell'arte italiana.) Voi. IV. Lipsia, 1875-, 8vo.
Intorno ai voi. 1-1J1 vedi Not. bibliograf. Suppi. IX-X.
11 presente volume presenta la storia dell'arte Umbra
nel Quattrocento e nei primi decenni del Cinquecento
mentre la scuola del Perugino indebolendosi a poco a
poco andava a finire in Tiberio d'Assisi, Francesco Me-
lanzio , Gerino da Pistoia e Domenico Alfani. All' intro-
duzione storica fa seguito : I. L'architettura, colle fabbri-
che d'Assisi , Gubbio , Perugia , Città di Castello , Spo-
leto , Fuligno , Todi , Trevi , Narni , Terni , Urbino, ed
osservazioni sull'architettura decorativa. Occupa il posto
secondo la scultura , che è di minore importanza , poi il
terzo la pittura , la quale occupa la maggior parte del
volume, cioè da pag. 89 a 419. Tra i quattrocentisti più
antichi , Gentile da Fabriano , Ottaviano Nelli, Piero del-
la Francesca , Benedetto Buonfigli , Niccolò da Fuligno
(Alunno; , Fiorenzo di Lorenzo sono trattati più ampia-
mente; tra i posteriori Giovanni Sauti, il Pinturicchio ,
il Signorelli, il Perugino e Raffaello sin all'affresco di
San Severo. Secondo si vede , i confini sono presi nel senso
più largo. 11 presente lavoro riunisce in sé i risultati delle
moderne ricerche, attivissime quanto produttive, negli Ar-
chivi, e quelli di parecchie visite nei luoghi e maggiori e se-
condari fatte dall'autore abile artista ed operoso scrittore.
Della raccolta monumentale dell' istesso autore: Denk-
male Italienischer Malerei vom Ver/ali d'ir Aiitike hi.-:
Arch , 3." Serie , Tomo XXIV. 11
162 SCRITTORI TEDESCHI
zurn sechzehnten Jahrhuudert sono terminati i tre primi
volami che giungono alla giovinezza di Raffaello Sanzio,
ogni volume con 50 tavole a contorno e testo in 4to.
P'ORSTER , Ernst, Zur Wiege Tizians. (Peregrinazione
alln cuna di Tiziano.)
'SeWAllgemeine Zeitung, 1876, N.° 9,27', 28.
» Zur italienischen Kunstgeschichte.
Allgemeine Zeitung 1876 , N.° 209 , 210. Tratta di
Gio. Ant. Licinio detto il Pordenone.
FRENZEL, K., Renaissance und Rococò. Studien. (Studi sul R,i-
nascimento e sul Rococò ) Berlino, 1876*, 8vo.
Contiene un saggio sopra Lorenzo il Magnifico , a cui
diede argomento l'opera dell'estensore di queste notizie.
Tratta del medesimo altro saggio stampato negli Hi-
storisch-poli fische Blfitter di Monaco , voi. 78 , 1876.
FRIEDJUXG Vedi Bohmer.
GASPARY Vedi Twestex.
GEBLER , Cari von , Galileo Galilei und die. romische Curie. Nach
den authentischen Quellen. ( O. G!-. e la Curia ro-
mana , secondo le fonti autentiche. )
Stuttgarda, 1876 ; 8vo.
Volume di 433 pag. , nel quale riassumesi P intera
questione , mercè il confronto di tutti i documenti sin al-
lora (1875) conosciuti, e tenendo conto dei numerosi la-
vori , maggiormente ai nostri dì moltiplicati , dei quali
si dà l'elenco in fine della Prefazione.
Vedi M. Canto r , prof, a Heidelberg , nella Allge-
meine Zeitung , 1876, N.° 93 , 94 , e C. Reichard nel
giornale : Im neuen Reich , 1876 , N.° 16.
Al medesimo argomento spettano gli scritti minori
seguenti :
Gerstexberg , G. , Galileo Galilei. Rendsburg ,
1874 \ 4to. Programma ginnasiale.
Reusch , F. H. Der Galileische Process.
Memoria inserita nella Historische Zeitschrift , volu-
me XXXIV, pag. 221-243, nella quale si espongono in
modo chiaro e semplice i resultati delle numerose ricer-
che , e dispute , degli anni ultimamente decorsi , intorno
alla causa e alla condanna rlel sommo Toscano , ricerche
SULLE STORIE ITALIANE 163
e dispute, cui l'autore, professore di teologia nell'uni-
versità di Bonn , ha tenuto dietro nel Theologisches Li-
teraturblatt di cui esso è l'estensore. Gli scritti dei quali
maggiormente si è servito il eh. Reusch , sono quelli di
H. de l' Epinois nella Revue des questions historiques ,
1867, di D. Bonix nella Revue des sciences ecclésiastiques
1866, di M. Parchappe, Par., 1866, di T. H.Martin,
ib. 1868, di E. Wohewill, Beri. 1870, di S. Gherar-
di , Firenze 1870 , e del lavoro inglese : The pontificai
decrees against the vnotion of the Earth considered in their
hearing oa the theory of advanced Ultramontanism , Lon-
dra 1870.
Vedi Ar. Stor. It. Serie III, voi. XXIII, pag. 165 segg.
GEIGER, L. , Neue Schriften zur Geschichte des Hurnanismus.
(Nuovi scritti intorno alla, storia del-
l'Umanismo.)
Memoria (di 76 pag. ) contenuta nella Historische
Zeilschrift voi. XXXIII. Per ciò che spetta all' Ita-
lia , parla dei moderni lavori intorno a Francesco Pe
trarca di G. Fracassetti , L. Geiger (Lipsia 1874,
vedi Suppl. X alle not. bibliografe, A. Mezières (Pa-
rigi , 1868 ; intorno a Lorenzo Valla di I. Vahlen
(Vienna 1870, vedi Supplemento Vili); intorno a Gio-
viano Pontano di M. Tallarigo (Sanseverino 1871)-, in
torno a Lorenzo de' Medici di A. Reumont.
» Italia/lische Schriften zur Petrarcafeier. (Pnlb'bliea-
zioni italiane pel Centenario Petrar-
chesco.)
ÌHelVAllgemeine Zeitung , 1875, N.n 38, 57, 58.
Alla letteratura Petrarchesca a cui diede luogo il Cen-
tenario , spetta ancora la raccolta di poesie di F. von
Claudio : Zur Petrarca Jubelfeier, Venezia 1874.. Di
scritti in altri paesi pubblicati notiamo : A. H. Simpson,
Petrarch, nel Contemporary Revicw , 1874, luglio, e H.
Blaze de Bury, Laure de Noves et Pétrarque , nella
Revue des deux mondes 1874, 15 luglio.
» Beziehungen zwisehen Teutschland nnd Italien zur Zeit
des Hurnanismus.
Memoria inserita nella Zeitschrift fiir teutsche Cultur-
geschichte , 1875 , fase. II.
164 SCRITTORI TEDESCHI
GERSTENBERG Vedi Gebler.
GEYMbLLER, H. von , Die ursprùnglichen Entwiirfe far St. Pe-
ter in llom von Bramante , llaffael Santi ec. ( X pro-
getti originali pei* San r*ietro eli Ito-
uia di 13 ramante, Fiaflaello Sanzio ed
altri.) Vienna , 1875. Fase. I con 9 incisioni in folio.
11 testo è in lingua tedesca e francese. Del medesimo
autore si aveva di già :
Notizen iiòer dir. Entwiirfe zu St. Peter in Boni. Aus
bis jetzt unbekannten Quellen. Carlsruhe, 1SG8 ; 8vo.
Queste notizie spettano maggiormeute ai disegni ar-
chitettonici conservati nella gran collezione della galleria
degli Uffizj.
Les Estampes attribuées à Bramante aux points de
vue iconograpluque et architectonique par Louis Cou-
RAJOD et Henri/ de Geymuller. Parigi , 1874 -, 8vo con
incisioni. Opuscolo estratto dalla Gazette des Beaux-Arts.
GIESEBRECHT , W. von , Geschichte der teutschen KaLerzeit.
(Storia cieli' Impero Germanico.) Voi. IV
parte 2. Brunsvic , 1871 ; 8vo.
Vedi Supplemento X. Colla presente parte compiesi la
storia del regno di Corrado III , cui seguono le copiose
note sulle fonti storiche ec. per l' intero periodo di Lo-
tario e del primo degli Svevi.
Vedi sul presente volume della grande opera del Gie-
SEBRECHT , E. Berxheim nella .Historisohe Zeitschrift
voi. XXXV.
Vedi Hirsch.
Di G. Waitz si ha l'opuscolo : Teutsche Kaiser von
Cari dem Grossen bis Maximilian. Monaco , 1875 ; 8vo.
Opera ragguardevole spettante alla storia dell'Impe-
ro si è quella di
C. Heffner, Die teutschen Kaiser-und Konigssiegel ,
nebst denen der Kaiserinne/i, Kóniginnen und Beichsver-
weser. (I sigilli degli Imperatori e F?e
con cjnelli delle Imperatrici e regine
e dei Vicari imperi ni i.) Erbipoli 1875, con 162
fotografie in folio. Nell'opera di F. KohlraUSCH : Die
Bildnisse der teutschen Kaiser, Amburgo 1814 , molti ri-
tratti erano desunti dai sigilli.
SULLE STORIE ITALIANE 165
GREGOROVIUS, Ferdinand, Lucerà die Saracenen- Colonie dei-
Hohenstaufen in Apulien. ( Lucerà colonia Sa-
racena <le£»li Svevi nelle 3Pu.g\lie.)
Articolo inserito ne\V Allgemeìne Zeitung, 1874 , nu-
mero 276 , 277.
Manfredonia. Ivi N.° 288, 289.
n Der Erzengel auf dem Garganus. Ivi N.° 311-313.
Benevento. Ivi 1875, N.° 268, 269.
Andria. » N.° 288, 289.
Castel del Monte. Ivi , » N o 327, 328, 330.
« Intorno al libro di Gio. Gozzadini: Le torri gentilizie
di Bologna , ivi , 1875 , N.° 39, 40.
Sulla storia del Tevere. Ivi 1876 N.° 224, 227, 229.
n Taranto , nel giornale : Im neutri Beich , 1876 , N.° 17.
n Das rómische Staatsarchiv , nella Historische Zeilschrift
voi. XXXVI.
Dell'opera del Gregorovius : Storia della Città di
Roma nel medio-evo, si è pubblicato il I voi. della III edi-
zione , rivista e corretta , Stuttgarda 1876.
Vedi Brosch.
GRIMM , Hermann , Fiinfzehn Essays. Neue Folge. (Quinclici
sag'gi. ìNuova raccolta.) Berlino , 1875 ; 8vo.
In questa raccolta spettano alle cose italiane : N.° VI.
Le gallerie fiorentine - a proposito del volume di A.
Gotti -, N.° XII. Ritratti di Raffaello di mano propria ,
di cui si è trattato in queste Notiz. bibliografe Suppl. IX.
» I Sepolcri Medicei in San Lorenzo.
Articolo nella Allgemeine Zeitung 1876 , N.° 177 , in
cui l'autore sostiene l'opinione già emessa nella sua Vita di
Michelangelo, essersi cioè scambiati i.nomi dei mausolei di
Giuliano e di Lorenzo de' Medici , volendo ora far cre-
dere che venissero scambiate le statue dei due duchi al-
lorché regnante Cosimo I si collocarono nelle nicchie. —
Vedi Reumont. — Vedi Gkotiie.
GROTHE , H. , Leonardo da Vinci als Ingenieur und Philosoph.
(L. eia V. qual ingegnere e filosofo.) Ber-
lino, 1874; 4to con 77 incisioni in legno.
Di Lionardo da Vinci trattò anche H. Grimm in ai-
ticelo inserito ne\V Italia dell' Hillebrand , voi. I , con
ispecial riguardo alla breve vita pubblicata da G. Mila-
nesi nell'.4re/j. Stor. Ital. , Serie III , voi. XVI.
166 SCRITTORI TEDESCHI
GRÙNE1SEN Vedi Springer.
GRUNER , L. , Raffael Santi's Deckengemiil.de der Stanza dell'Elio-
doro im Vatican, nach den Zeichnungen Consonis gestochen
von GrUner und Langer. Mia VorwortvonC Ruland.
(Le pitture della volta della, stanza
d'Eliodoro nel IPal. Vaticano di Raf-
faello Sanzio, disegnate da N. Conso-
ni, incise da G. e L., con introduzione
di C. R.) Con 5 incisioni e una tavola cromolitogra-
fica in fol. Dresda , 1876.
H. , F. v. (HELLWALD) Die Campagna Roma und die Garibaldi -
schen Projecte. (La campagna di Roma e i
progetti garibaldini.)
Articolo contenuto néìV Allgemeine Zeitung . 1875 ,
N.° 275. Con ispecial riguardo agli scritti di Quirico Fi-
lopanti , Michele Carcani , Camillo Montagnoli , Ignazio
Villa , Domenico Bolasco , Pietro Balestra , tutti pubbli-
cati a Roma nel 1875, sulla campagna, sul bonifica -
mento e sull' igiene della medesima, e sul Tevere e le
sue inondazioni. Le conclusioni sono punto favorevoli al
u progetto pomposamente annunziato del G. , mancante
di precisione e di severo studio dei particolari ».
» Guerrazzi und die Itistorische Beatrice Cenci.
iteli' Allgemeine Zeitung, 1875, N.° 310. Non si
giunge a capire come l'autore eserciti la critica storica
a proposito di un romanzo.
H. M. F. , Daa Papstthum in aeiner allmdligen Entwicklung bis auf
die Gegenwart. (Il Papato nel suo sviluppo
progressivo sin ai tempi presenti.) Lip-
sia , 1875 ; 8vo.
Scrittura anonima , avversa alla Santa Sede , favore-
vole alle idee dei propugnatori dei diritti del poter tem-
porale in opposizione, colla libertà ecclesiastica.
Baumgarten , M. , Der englische Staat und das ra-
misene Papstthum.
Memoria sulle relazioni tra Inghilterra e Roma ,
Allgemeine Zeitung, 1874, N.° 181-193.
Walther , N. , Die geschichtliche Entwicklung dea
Papstthums und der Hierarchie bia zum Untergange der
Hohei/staufen. (Lo sviluppo storico del pon-
tificato e della g-erarclxia sin alla x'O-
SULLE STORIE ITALIANE 167
vina della Casa Sveva.) Arnstadt, 1874-, ito.
— Programma ginnasiale.
HAFERKORN , M. , Leo X, der Maecenas des chrìstliclien Rom.
(Leone XI il mecenate di Roma cristia-
na.) Dresda, 1873; 8vo. — Programma scolastico.
HAGEN , H., Zu Pietro' s de Ebulo Gedicht De bello Siculo. (Del
poema I3e Ibello Siculo di Pietro di
Ebulo)
Nelle Forschungen zur tettiseli en Geschichte, voi. XV.
II AMMERICH, Fr. , Die heilige Birgitta, die nordische Prophetin
und Ordensstifterin. (S. Brigida , profetessa
e fondatrice d' ordine religioso del
Nord ) Gota , 1872 ; 8vo.
Versione tedesca abbreviata nel testo e nelle note ,
di Aless. Michelsbx , dell'originale danese pubblicato a
Copenaga nel 1863. Il lungo soggiorno in Italia della
Santa morta a Roma nel 1373 , e l'azione da lei e dal-
l'ordine suo esercitata maggiormente nell'Italia centrale,
giustificheranno la menzione nelle presenti notizie fatta
d'un libro che si occupa maggiormente della storia reli-
giosa del Settentrione d' Europa.
HARTWIG , Otto, Quellen und Forschungen zur dllesten Geschichle
der Stadt Florenz. (Monumenti e studi della
storia primitiva della città di Firen-
ze.) Parte I.a Marburgo, la75; 4to.
Contiene : 1.° Le Gesta Florentinorum , del Sanza-
nome ; 2.° Chronica de origine civitatis *, 3.° Memoria sul-
la città dalle origini sin al principio del Millecento ,
epoca con cui cominciano le memorie storiche più antiche.
Vedi A. Reumont : Das dlteste Florenz, neìVAllgemeine
Zeitung , 1875 , N.° 350 , 351 -, A. Busson nel Theologi-
sches Literaturblatt , 187G N.° 2 -, C. Hegel : Ueber die
Anfànge der florentiaischen Geschichtschreibung mit be-
sonderer Bezichuug auf Villani und den falschen Male-
spini , nella Historische Zeitschrift, voi. XXXV, pagi-
ne 32-63 , dotto lavoro in cui si tratta anche del primo
e terzo articolo delle Florentiner Studien di P. Schefpek
Boichorst.
:i Die Anfànge von Florenz. Nel giornale : Preussische Jahr-
bucher voi. XXXVII , 1876.
168 SCRITTORI TEDESCHI
HEFFNER Vedi Giesebreciit.
HEGEL Vedi Hartwig, Sciieffer-Boichorst.
HEIDEMANN Vedi Thomas.
HENKE Vedi Springer.
HES8EL , K., Die altchristlichen Basiliken Roms insbesondert •
Clemente. (Le antiotie basiliche crùstittiie
di Ftoina e segnatamente S. Olemeiite)
Wetzlar, 1873 \ 4to. — Programma ginnasiale.
HETTINGER Vedi Dante-
HEYSE , Paul, Giuseppe Giusti. Sein Lebe.n und seine Dìchtungen.
(G. O. Vita e poesie.) Berlino , 1875 ; 8vo.
Vedi R. Hamerling , Sulle poesie di G. Giusti ,
nella Rivista internazionale , Vienna 1866.
HILLEBRAND, Karl, Italia. Voi. I e II. Lipsia, 1874-75; 8vo.
Nella presente raccolta di scritti vari spettanti a cose
italiane , sono da registrarsi i seguenti :
Voi. I. 0. Hartwig , I Francesi in Sicilia 1674-
1678 ( Storia della sommossa di Messina contro il gover-
no spagnuolo.) — S. Sonnino, La mezzeria toscana. —
H. Griaim , Notizie intorno a Leonardo da Vinci , me-
moria spettante maggiormente alla vita di Leonardo, pub-
blicata da G. Milanesi nell'arci. Stor. Ital., Ser. Ili, voi.
XVI, pag. 222. — A. De Gubernatis , De' Promessi Sposi
e del romanzo storico in Italia. — G. Barzellotti , 11
movimento letterario in Italia dal 1818 in qua. Oltre a
ciò , il volume contiene critiche di varie opere storielle ,
e versioni metriche d'una scelta di poesie di G. Giusti
per P. Heyse. (Vedi questo nome.)
Voi. li. F. Fiorentino , 11 movimento filosofico in
Italia dal 186') in poi. — A. Iìeltmoxt , Il Collegio del
Cambio a Perugia. — L. LUZZATI , Le scuole d'econo-
mia nazionale in Italia e le controversie delle medesime.
R. Pareto , La Campagna di Roma. — W-. Lang, Let-
teratura moderna spettante al Machiavelli. (Tratta degli
scritti e dei giudizi di Fr. de Sanctis, Gius. Guerzoni, L.
Etienne , C. Gioda e della nuova edizione delle opere per
cura di L. Passerini . P. F anfani, G. Milanesi.) — Yorick,
SULLE STORIE ITALIANE 169
Il teatro italiano sin dal 1818. Tra le versioni trovansì
varie di J. Schanz , di poesie di Bernardino Zendrini
e Giosuè Carducci.
HILLEBRAND , Karl, Wàhchea und Teutsches. (Cose ita,-
lmne, francesi e tedesche.) Berlino, 1875; 8vo.
Tra gli articoli per lo più stampati in vari giornali,
raccolti nel presente volume , il quale forma la parte 2."
di: Zeiten, Volkrr und Menschen (Tempi, popoli ed uo-
mini) spettano all' Italia i seguenti : Francesco Petrarca.
(in occasione del Centenario e dell'opera di L. Geiger,
Vedi Not, biblìograf. Suppl., X), Lorenzo de' Medici (a
proposito del libro di A. Reumont , v. ib.) , i Borgia (in
occasione della vita della Lucrezia scritta dal Gregoro
Vius , v. ib.) , Alessandro Manzoni, Fr. D. Guerrazzi,
Niccolò Tommaseo , Nuove poesie di Giosuè Carducci ,
il Fausto di Goethe tradotto da A. Guerrieri Gonzaga.
» Suditalische Zustànde , a proposito di: L. Franchetti,
Condizioni economiche e amministrative delle provincie
napoletane, Allgemeine Zeitung, 1875, N.° 216 , 218,222.
y> Gino Capponi. Necrologia stampata nella Allgemeine Zei-
tung , 1876, N° 40. — Intorno all' illustre autore della Sto-
ria della Repubblica di Firenze scrissero ancora W. Lang
nel giornale: Im neuen Reich , 1876, N.° 12 e O. Har-
twig , recensione della Storia , nella Jenaer Literatur-
Zeitung 1875, X." 28. (Altra recensione nel Literarixches
Cenlralblatt , 1876 N.° 2).
HIRN, J. , Rudolf voti Hahsburg. (Rodolfo d'Absburgo.)
Vienna , -1874; 8vo.
Racconto succinto e popolare , quantunque non senza
ricorrere alle fonti , della vita e del regno del fondatore
della potenza di casa d'Austria , il quale può dirsi anche
ristoratore dell'Impero dopo la rovina della casa Svova.
Le opere del Kopp continuata dal Busson , del Lorenz,
del I'alacky per la storia di Boemia e d'altri , opere
succedute a quella del Lichnoyvsky, hanno esposti rutti
i particolari di quell'epoca. Dei conti d'Absburgo e dei
loro possessi territoriali sin'all'elezione di Rodolfo all' Im-
pero , trattò K Ròpell : Die Grafen von Habsburg,
Halle . 1832. Ina succinta esposizione delle condizioni
delle regioni alemanne che formarono il nucleo della Con-
federazione svizzera, e delle loro relazioni con Casa di
170 SCRITTORI TEDESCHI EC.
Absburgo, trovasi nello scritto di A. Huber (ora profes-
sore a Innsbruck) : Die Waldstàtfe Uri, Schwyz , Unter-
walden bis sur /esteti Begriindung ihrer FAdgenossenschaft.
Innsbruck, 1861. — Il libro dell' Hirn venne pubblicato
in memoria del sesto anno secolare dell' incoronazione di
Rodolfo in Acquisgrana , 24 ottobre 1873.
HIRSCH , S. , Jahrbùchpr des tentschen Reiches unter Heinrich IL
Band III herausgegeben und vollendet von H. Bresslai;.
(Annali dell' Impero Germanico sotto
A.rrig-o II. Voi. Ili pubbl. e condotto
a termine da H. K.) Lipsia, 1875-, 8vo.
I volumi sinora pubblicati di questa vasta collezione
d'Annali dell' Impero Romano Germanico pubblicata dalla
Commissione storica della R. Accademia delle scienze di
Baviera , sono i seguenti , nell'ordine storico cronologico :
H. E. Bonnell , I primordi della schiatta dei Ca-
rolingi.
T. Breysig , Carlo Martello.
H. Hahn , 11 Regno dei Franchi negli anni 741-742.
L. Oelsner , Pipino re.
S. Abel , Carlo Magno. Voi. I. . [Lavoro interrotto
per la morte dell'autore. Vedi Not. Bibliog. Suppl. VIIf.\
B. Simson , Lodovico Pio, voi. I. [Vedi Not. Bi-
bliog. Suppl. X.] voi. II , 1876.
E. Duemmeer, Storia del Regno d'Austrasia. | Vedi
Bibliografia , pag. 311.]
G. Waitz , Arrigo I, Sassone. [Vedi Not. Bibliogr.
Suppl Vili.]
Kòpke, R., e E. Dummler , Ottone I. 1876.
S. Hirsch , Arrigo II. Voi. I, II. [Vedi Bibliogra-
fia , pag. 313.]
E. Steindorpf, Arrigo III, voi. I [Vedi questo nome].
T. Toeche , Arrigo VI. [Vedi Not. Bibliogr, Sup-
pl. VIII.}
E. Winkelmann , Filippo di Svevia e Arrigo di
Brunsvic. [Vedi Not. Bibliogr. Suppl. X.]
(Contìnua)-
VARIETÀ
DOCUMENTO SENESE DEL BURCHIELLO.
Che il Burchiello abbia avuto per qualche tempo dimora in Siena
si rileva da molti dei suoi versi , anco da quelli dai quali l' ingegno
il più sottile si troverebbe seriamente impacciato a cavare un co-
strutto ; oltre di che viene ancora confermato dai suoi biografi e da
quelli che sprecarono ingegno e fatica per spiegare i suoi enimmatici
e capricciosissimi versi. Racconta il Doni (1) che, tiratosi addosso
colla sua satira pungente , lo si legno di un notaio fiorentino , per sot-
trarsi alle persecuzioni della giustizia ed al pericolo della prigione ,
abbandonò Firenze sua patria , e rifugiossi a Siena. Io ritengo però
che più delle ire private , le quali sicuramente non può a meno di es-
sersi procacciato in gran copia col suo carattere linguacciuto e bef-
fardo , lo abbiano costretto ad abbandonare la patria , le vicende po-
litiche e l'ira dello stesso governo di Firenze, contro il quale egli
inveisce sovente col più amaro sarcasmo velato però , com'era suo
stile , da un linguaggio oscuro e metaforico che soltanto chi viveva
allora, e cui era diretto poteva forse arrivare ad intendere \2). Ma
(1) Commento alle rime del Burchiello.
(2) È probabile che egli sia stato uno dei molti che o per comando o per
paura dovettero abbandonare Firenze quando negli anni 1433-1434, cac-
ciati Rinaldo degli Albizi e la sua fazione , Cosimo de' Medici entrò a capo
del governo di questa città. Me lo fa supporre un sonetto molto iracon-
do, da lui scritto in nome dei fuorusciti fiorentini di quell'anno, il qua-
le principia : « Non posso più che l'ira non trabocchi ». In questo so-
netto egli inveisce , senza però nominarlo, contro il detto Cosimo , e
gli fa questa predizione :
« 0 successor di Messer Giorgio Scali
« 0 Simon Mago tu rovinerai
« Per ogni grado, cento, che tu sali ».
A questo risponde con altro sonetto Anselmo buffone della Signoria
di Firenze , dicendogli fra l'altre cose :
« Sicché tu puoi far noto a quei cotali ,
« Per cui tu scrivi , non isperin mai
« Mentre che vivon fra gì' uomini mortali
•< Vedere il fonte ov' io mi battezzai ».
172 DOCUMENTO SENESE DEL BURCHIELLO
nessuno di quelli che hanno scritto di quest'uomo bizzarro fanno pa-
rola delle vicende che egli in Siena incontrò , sebbene il Doni nel suo
commento affermi che vi stette prigione ad istanza di quello stesso
notaio fiorentino da lui offeso , il quale fino a Siena volle persegui-
tarlo. Ma qual fede possa prestarsi a simile attestazione come alle
molte altre di questo pazzo commentatore , giudichino coloro che
hanno avuto l'eroica pazienza di l g^ere quel suo commento , il quale
è cosi arruffato , capriccioso ed oscuro che altri ha appellato spiri-
tosamente non il commento delle rime del Burchiello , ma « il com-
mento del Doni rimato dal Burchiello » (1). Ora alcune di queste vi-
cende ci si fanno palesi per il curioso documento che pubblico e che
ho cavato dal R. Archivio di Statò in Siena dietro la notizia che me
ne fu gentilmente favorita (2).
È questo una petizione in volgare che nel dicembre del 1439 il
nostro Burchiello mandò alla Signoria del comune di Siena per essere
liberato da certe pene pecuniarie , alle quali era stato condannato dal
capitano di Giustizia della città per offese fatte ad alcuni cittadini ,
ed in conseguenza dal carcere dove per quelle condanne si trovava.
Ad onta della sua brevità e dell'argomento tutt'altro che gioviale , si
rivela in questa scrittura un'immagine viva della gaiezza propria di
questo ingegno bizzarro ed essendo l'unica in prosa che fin'ora , a
quanto credo, si conosca di lui, che scrisse sempre in versi, parmi
che anche per questo meriti di essere conosciuta. Nei fatti poi che vi
si raccontano , mentre si scorge il Burchiello sempre linguacciuto ed
accattabrighe, quale si manifesta nelle sue rime scapigliate , troviamo
un aiuto per la illustrazione di alcuni sonetti suoi e di altri a lui in-
dirizzati e per portare un po' di luce sopra un punto oscuro della
sua vita.
È naturale che di queste avventure toccategli in Siena , delle
quali si discorre nel documento, non poteva egli tacere nei suoi vtrsi.
I fatti dettero pur troppo ragione ad Anselmo e torto al Burchiello,
che la Signoria dei Medici cresciuta di potenza , finì per spengere un se.
colo dopo la libertà fiorentina. Avverto che questi sonetti come gli altri
che qui cito e riporto , si trovano tutti in questo libro : Sonetti del
Burchiello , del Bellincioni e d'altri poeti fiorentini alla Burchiellesca.
In Londra, 1757 in 8vo.
(1) Mazzucchelli, Gli scrittori d' Italia Voi. 2 <>, par. IV , p.a 2436.
(2) Chi ritrovò questo documento molti anni sono, fu il Signor Cav.
Gaetano Milanesi. Debbo a lui indirettamente , se oggi , avutane notizia
mi trovo al caso di pubblicarlo, corredandole di poche note illustrative,
riguardanti i fatti in esso raccontati ed alcune particolari disposizioni
delle antiche Leggi senesi.
DOCUMENTO SENESE DEL BURCHIELLO 173
Difatti dei vari sonetti che appare essere stati da lui scritti trovan-
dosi prigione, due senza dubbio si riferiscono a questa sua prigionia
in Siena. Col primo invoca umilmente dalla Signoria della citta la sua
libera/. ion i :
« Magnifici e potenti Signori miei,
« E venerabili ordini clementi ,
« Savi e discreti consiglier prudenti
« Comune e Popol miserere mei.
« Quel pio Signor che impera Cieli e Dei ,
« Abisso , terra , corpi ed elementi
« Dia a voi ed a' vostri discendenti
« Pace co' buoni e vittoria co' rei.
« Vinse in mare il gran Duca italiano
« Conti , Duchi , Signor , Principi e Re ,
« Prigion poi nel suo ricco e bel Milano :
« Nò mai tal rotta a' suoi nemici die
« Cesare , o Alessandro , o l'Affricano ,
« Poi liberi il Magnanimo li fé'.
« Voi preso avete me ;
« A sua comparazion grazia vi chiedo
« Perchè alla vostra e alla sua lede credo » (1).
Più chiaro ancora è il secondo , dove il nostro poeta dice la causa
della sua ingiusta prigionia ed imprecando ai suoi calunniatori, do
manda con meno umiltà e più impazienza di essere liberato. Sebbene
la stizza lo faccia andare un po' fuori del manico , bisogna nondimeno
che per chiarezza dell'argomento io riporti per intiero anche questo :
« Signori , in questa ferrea graticola
« Lo stentar tanto a torto mi rincresce ,
« L'ardente vertù manca e '1 popol cresce ,
« Onde si fan le parti di formicola.
« Bacco già lava i piedi ad ogni agricola
« E 'l condotto ci muffa , e sol si mesce
(1) In questu sonetto egli intende parlare di Filippo Maria Visconti
duca di Milano, il quale , come è noto, pose in libertà Alfonso V d'Ara-
gona re di Napoli , e molti duchi e principi Spagnuoli e Napoletani che
aveva latti prigioni coll'aiuto potente dei Genovesi nella battaglia navale
all'isola di Ponza presso Gaeta (5 agosto 1435); il quale atto di una ge-
rosità inesplicabile in quell'uomo ambizioso, gli costò la perdita di Ge-
nova che gli si ribellò e gli mosse guerra collegata con Firenze e con
Venezia. Giova qui ricordare che i Senesi nelle guerre tra Firenze e
il Duca furono più o meno partigiani di questo e gli prestarono aiuto.
174 DOCUMENTO SENESE DEL BURCHIELLO
« La vena che nutrica il nostro pesce ,
« Che beendone gli esce per l'auricola.
<< Io fui in cento lire condennato
« Per voler insegnar cantar la zolla
« Per madre a un minor fratel di Cristo.
« Poi di dugento bando mi fu dato
« Per una landra da frati criolfa
« Per odio e 'nvidia d'un geloso tristo ,
« Che disse avermi visto
« Con la scala di notte a lei furare
« Due cuffie poste al buio a rasciugare ».
Questo sonetto fece nascere dei dubbi sulla onestà del nostro poeta
e parmi non senza ragione , giacche , sebbene egli asseveri di essere
stato condannato per l'altrui calunnia , qual fede potrebbe prestarsi a
scusa siffatta , quando non solo mancano argomenti in suo appoggio,
ma le testimonianze degli stessi amici di lui starebbero in certo modo
ad escluderla? Infatti, oltre all'accusa di plagio che il Burchiello si
ebbe da Pietro Aretino (1) (dalla quale però i suoi apologisti lo hanno
in molta parte giustificato) si buscò ancora , suo malgrado, quella di
ladro , accusa ben più ignominiosa , per una ragione non foss'altro .
che colui il quale fa sue le idee degli altri , si espone sovente al pe-
ricolo di vedersi scoperta anco con poca fatica, la sua malizia, e tro-
varsi svergognato ; mentre chi fa sua la roba riesce con tanta più
facilità ad eludere l'altrui antiveggenza e buona fede ed a beccarsi,
ingannando , stima pubblica di galantuomo. Di tale accusa dunque si
parla chiaro nel seguente sonetto (che parmi con molta verisimiglianza
debba riferirsi a questa sua prigionia in Siena) scritto con molta iro-
nia ed a lui diretto dal suo amico Antonio Rossello celebre canonista
Aretino e poeta esso pure (2; :
(1) Allacci. Poeti antichi, pag. 16 della prefazione.
(2) Antonio Rossello fu lettore di diritto nello Studio senese verso
il 1430, come afferma il Tiraboschi nella sua storia della Letteratura Ita-
liana ; ma non ho trovato documenti che confermino questa notizia ,
sebbene, come apparirà più avanti, egli abbia avuto, forse per lungo tem-
po, dimora in Siena , dove probabilmente si sarà legato in amicizia col no-
stro poeta. Il Sig. Prof. Moriani nel suo pregevole libro intitolato: No-
tizie sulla Università di Siena; Siena, tip. Sordo-Muti, 1873, alla
pag. 25 dice che ii Rossello insegnò legge nello Studio senese nel 1439 .
ma il fatto è , che sotto il 25 luglio 1439 nelle deliberazioni del Conci-
storo trovasi la condotta del Rossello ad insegnare il gius civile per due
anni nel pubblico Studio col salario annuo di 430 fiorini di quattro Lire
ciascuno , alla condiziono però che non accettasse un tal Filippo da Lue-
DOCUMENTO SENESE DEL BURCHIELLO 175
« Caro Burchiello mio , se il vero ho inteso,
« Parmi che facci compagnia coi topi ;
« Che tutie le prigion convien che scopi ,
« Tanto mal da picchi fusti ripreso.
« Con ben mille ragion io t' ho difeso ,
« Le quai ti mando tutte che le copi ,
« Dicendo sol pietà e' ha' de gì' inopi,
« T ha fatto si al furare il braccio teso.
« Veggo che scusa ornai non ci vai nulla ;
« Convien che tu pur vadi a Pecorile (1);
« Sì che acconciati bene a penitenza,
« E fa come dee fare ogni uom virile
« E render vogli inflno a una frulla
« Quel che togliesti in mala coscienza :
« E non aver temenza ,
« Che se -t'acconci ben d'ogni peccato
« Senza fallo niun sarai salvato ».
Il Rossello se godè ai suoi giorni molta riputazione come uomo
di scienza, non ne god> certo altrettanta per i suoi costumi. Pare
anzi indubitato che il suo amore per il Digesto e per le Decretali an-
dasse di pari passo con quello del quattrino : fu uomo rotto al mon-
do, scettico di opinioni, brigatore di dignità e di onori (2). Contutto-
ciò, e sebbene il Burchiello risponda per le rime alle offese indiriz-
zategli con questo sonetto', è evidente che esso dice molto contro di
lui. Ora pel nostro documento si fa noto che la condanna per furto fu
pronunziata in sua contumacia , la quale circostanza , se aggraverebbe
sempre più i sospetti a suo carico (3) , li alleggerisce però l'altra che
ca, nominato colla stessa deliberazione a quell'ufficio col salario di 350
fiorini di 4 lire ciascuno all'anno , ma a lato della condotta del Rossello
leggesi in margine questa nota: « Revocata hec conducta , quia fuit con-
ductus dominus Philippus cv,m salario ccc floren ». (Archivio di Stato
di Siena, Deliberazioni del Concistoro dei mesi di luglio e agosto 1439 ,
e. 22 , v.° Voi. 86 nuova numerazione).
(\) A Pecorile si giustiziavano i condannati alla forca.
(2) Vedi Tiraboschi, Storia della Lett. hai., T. VI , pag. 615 e seg.
(3) Giova nondimeno osservare , che a quei tempi la procedura nei
giudizi tanto civili che criminali , ma in questi specialmente era così
sbrigativa e sommaria che non garantiva affatto l'interesse delle parti,
sicché doveva essere assai frequente il caso che qualcuno si sentisse
arrivare addosso una sentenza a sua insaputa. La citazione nei giudizi
criminali non si faceva per libello , ma per mezzo di un banditore (per
praeconem). e breve era il termine per comparire in giudizio. Nel giudi-
176 DOCUMENTO SENESE DEL BURCHIELLO
il Consiglio Generale del popolo facendo ragione alla sua domanda lo
liberò dalla pena , cosa che parrebbe strana se egli avesse avuto presso
i Senesi fama dì uomo disonesto; giacché, per quanto potesse esservi
di grossolano e d' incomposto nei costumi di quei tempi , il diritto di
proprietà era nondimeno consacrato dalla coscienza del popolo e le
leggi ne punivano con pene , talora anche esorbitanti , i violatori.
Cilecche peraltro si voglia pensare della onestà di quest' uomo
nissuno potrebbe salvarlo da tante altre accuse dei suoi contempora-
nei . delle quali ci dà egli stesso una prova luminosa in molti dei suoi
versi. Riprenditore acerrimo dei costumi degli altri , ebbe così poca
cura di correggere i suoi , che meritò fama di lenone, di dissipatore
delle sostanze avite, di crapulone, di uomo querulo e accattabrighe.
.Nemico della vita coniugale , detrattore sfacciato del sesso gentile, si
dette però in braccio con sfrenata libidine a quella parte di questo
che più disonora l'umana natura : è anzi da credersi che questi illeciti
amori, dai quali ebbe talvolta onta e vergogna, accrescessero in lui
quell'odio e quel disprezzo. Anche in Siena ebbe le sue amorose av-
venture. Da un sonetto indirizzatogli dal suo amico Rossello (1) si
rileva che presso la fonte di S. Francesco nella strada che conduce
alla porta Ovile egli teneva tresca con una donna di mal aliare, la
quale , oltre a piluccarlo di quei pochi che guadagnava colla sua in-
dustria di barbiere , volle ancora vituperarlo. Pare che fòsse per
questa sua vita disordinata che egli contrasse in Siena quella fiera
malattia , di cui parla in un suo sonetto (2) , la quale lo condusse a
tale prostrazione di forze, che dovei te. per rinfrancarsi, ricorrere alla
cura dei bagni (3) , donde , dice il Rossello in quel suo sonetto , tor-
nossene a Siena
« a pie senza un quattrino
« Pulito e netto più del suo bacino ».
care poi il Magistrato era d'ordinario più inchinevole a condannare che
ad assolvere: in molti casi (e questo del Burchiello ne dà un esempio) la
semplice querela dell'offeso bastava a far condannare il preteso offensore.
(1) Principia cosi :
« Burchiel mio caro ; stu girai al fonte
« Che sta in Ovile ec.
(2) Principia così :
« Son diventato in questa malattia
« Come un graticcio da seccar lasagne ec. »
(3) Il MaNNI (Veglie piacevoli, Tom. l.°) ritiene che egli si recasse
ai bagni di S Filippo. In quello scurrile sonetto che principia :
« Raggiunsi andando al bagno un fra Minore ec.
ci racconta il Burchiello il curioso incontro eh' egli ebbe nel viaggio.
DOCUMENTO SENESE DEL BURCHIELLO 177
Il Burchiello ricorda i Senesi in più luoghi dei suoi sonetti , ma
con parole tutt'altro che benevole. Pare che la sua permanenza in
Siena non valesse ad inspirare in lui sentimenti amichevoli verso quei
cittadini, i quali, se avranno riso di cuore (com'è da figurarsi) a
quelle sue spiritose buffonerie, d'altra parte non dovevano poi vedere
troppo di buon occhio un uomo cos'i bizzarro, maldicente e libertino:
è supponibile anzi , come si può rilevare anco dai fatti narrati nel
nostro documento . che la sua presenza nella città fosse più tollerata
che gradita. In un luogo chiama pazzi i Senesi (1), altrove cervellini
balzani {2) in un altro luogo dice che in Siena fa « troppa ortica p
malva » intendendo forse ironicamente troppa gente cattiva e dap-
poco : altrove li chiama sciocchi e gente da mannaia (3). Né le rispar-
mici al Governo della città . ma in termini così oscuri , che impossi-
bile sarebbe ricavarne senso alcuno. Molti luoghi rammenta della città
e ibi territorio, dal che si rileva che egli ebbe di Siena molta fami-
liarità acquistata per lungo soggiorno (4). Non si ha memoria dove
(1) « Se vuoi far l'arte dell' indovinare
Togli un Senese pazzo ec. »
(2)
« Però che vagheggiando gli Orvietani
« Vien lor nell'ugna tanti patereccioli
« Quanti ha in Siena cervellin balzani.
(3) « Besso quand' andi alla città Sanese
« Saluta per mia parte ciascun Besso
« Clio messi gli avess' io tutti 'n un cesso
« E poi tagliati con un mannarese ».
Nel seguito di questo sonetto pare ricordi la sua prigionia di Siena
Besso , parola dispregiativa, era l'appellativo col quale i Fiorentini sole-
vano chiamare per scherno i Senesi ai tempi del Burchiello. Da questa
parola i nostri antichi eruditi presero motivo di arzigogolare sul nome
primitive e sull'antichità di Siena. V. Cappellini, Origini della Città
di Siena.
(4) Da una lettera del 23 giugno 1443 scritta da Siena da Antonio
Hossello a Giovanni di Cosimo de' Medici, pare di rilevare che il Bur-
chiello tutt ra vi dimorasse , leggendosi in essa questo poscritto : Del
Burchiello farò quanto mi dici et di buona voglia. Archivio Centrale
di Firenze, l arteggio Mediceo avanti il Principato, Alza V), ma
deve esservi rimasto per poco , trovandosi che nel maggio 1445, egli
erasi di già stabilito in Roma , come si rileva da una lettera del 22 mag-
gio 1445 scritta da questa città al detto Giovanni de' Medici da Pietro
Ardinghelli, e da altre di Roberto Malatesti al medesimo, del 27 novem-
bre , senz'anno , ma che il Sig. Cav. Milanesi (dal quale ho avuto noti-
AiiCH., 3.a Serie, Tomo XXIV. 1-
178 DOCUMENTO SENESE DEL BURCHIELLO
egli abitasse, ma parmi si possa ragionevolmente supporre (mettendo
a riscontro alcuni luoghi dei suoi sonetti col nostro documento) che
egli abbia tenuto stanza nella via di Vallerozzì o lì presso , forse
nella prossima contrada di Borgo Franco , che egli rammenta in un
modo particolare in uno dei suoi più oscuri sonetti (1).
Ciò premesso ecco il documento.
(Anno 1439, 4 Dicembre in venerdì).
« Dinanzi ad Voi magnifici et potenti Signori, signori priori gover-
natori del Comune e Capitano di popolo de la ciptà di Siena.
« Il vostro minimo servitore Domenico detto Burchiello barbiere da
Fiorenza habitatore de la vostra magnifica ciptà reveientissimamente
expone che esso Domenico fu condepnato nel vostro Comune per lo
spettabile kavaliere misser Gerardo potestà stato de la vostra ma-
gnifica cipti , in libre sedici di den. senesi e nel terzo più se non pa-
gava fra x dì come appare ad libro di due spade f. 6. Item per lo
detto messer Gerardo fu condepnato in libre cento di den. senesi, e
nel terzo più se non pagava fra x dì, come appare ne la vostra
Biccherna ad libro di due spade ad f. 11. Item fu condepnato per lo
spettabile cavaliere messer Stelano capetano et esecutore de justitia
della ciptà vostra stato , in libre dugento di den. senesi come appare
ad libro de due spade ad f. 23 e nel terzo più se non pagava fra \
dì ; le quali (2) condennagioni esso exponente vuole avere et così sup-
plica a la V. M. S. l'abbi come se qui di parola ad parola russerò
scripte. Prese (3) cagione esso messer Gerardo, M. S., che esso Dome-
nico ebbe certe parole cum Chele barbiere et Valentino suo figliuolo ,
zia di ainbidue) crede del 1445 (Arch. sudd., Cart. Med.av. il Princ. filza V
e VII.) Non riporto queste lettere, che avrebbero interesse pur chi vo-
lesse fare una biografia del Burchiello , per non uscire dall'argomento.
(1) « Frati Agostini , e '1 cuoco e la Badessa
« Di pippiou tronfi fanno gran micidio;
« Fuggesi Borgo Franco pel fastidio
« Che mena la marina al ponte a Tressa ».
Il Manki (Sigilli, T. Vili, p 19) suppone che con questo sonetto il
Burchiello abbia voluto ricordare le feste fatte da' Senesi nel 1415 per
l'acquisto di I iau Castagnaio. Che il sonetto riferiscasi a qualche festa
civile dei Senesi , panni non sia dubbio, ma non a quella cui lo riferisce il
Manin, purché oltre non esservi ragione in questo caso di scrivere in
quel modo enimmatico, è assai da dubitarsi che il Burchiello a quel tem-
po si tro\asse o fosse stato in Siena.
(2) 11 Cod. la qite.
(3) Il Cod. Presa.
DOCUMENTO SENESE DEL BURCHIELLO 179
et Burchiello (1) credendo-se sollazzare cum loro, non forse corretto
come si conveniva, ma secondo le rime ; e Chele arrechatose le decte
parole ad sollazzo gl'à renduio buona pace , come n'appare carta di
pace per mano di ser Forticcio di l'avolo da Montalcino notaro e
ciptadino di Siena (2). Item porche esso Burchiello assaltò Cristofàno
figliuolo de la Vergine Maria (3) e quautunche la condepnagione dica
che assai lo , la verità si è, M. S., che questo fanciullo, che non è di
eia ^4; di xij anni, dicendo queste parole bructe e villane conti a esso :
« Burchiello norentinaccio » , lui el prese per le orecchie così legie-
ramente e tirollile per correttione , che vergognatosi si sarebbe tal
fanciullo averlo adsaliato, e di questo Bartolomeio d'Antonio di S. Be-
nuccio ciptadino vostro , col quale el detto fanciullo stava , gli
perdonò e dissigli che egli aveva iàcto molto bene, perchè egli era
uno capestro. Item el capitano de la justitia prese cagione di venire
alla condennagione de le decte ce libre, perchè inlòrmagione ebbe che
esso Burchiello salse cor una scala ne la casa di magestro Iohanni
Todesscho , la qual cosa , M. S. , esso Burchiello essendo solo e an-
dando per l'acqua a la Fonte Nuova trovò due cuffie da donna tristis-
sime, pe. le quali fu detto che elli entrato era in casa colla schala,
e sallo Dio che questo non fu mai vero se non per modo che per lui
è stato narrato (5) ; come si può comprendare che lui essendo fòre-
(1) 11 Cod. Buzzichiello.
(2) Burchiello era stato incolpato di avere ingiuriato un tal Chele
barbiere perchè « de mense Martii (1438) dum Cheles Nannis barbiton-
« sor de Senis diceret petendo eidem Dominico quod si quid haberet de
«e suo dicti Chelis quod deberet sibi Cheli reddere et apportare , tunc
« dictus Dominicus » con animo ed intenzione di fare ingiuria a detto
Chele, gli disse queste parole: « ea pluries reiterando : ad quisto modo
voi mi fate ladro, et mentitene per la gola voi et chi 7 dicesse : anco
voi siete gaptivo et ladro et non io ». Alle quali parole trovandosi pre-
sente Valentino figlio di Chele « irato animo » disse a Burchiello : « mio
« padre non è ladro né gaptivo come el fai te, et amenavit supra Domi-
« nico pugnum unum manu vacua et tamen euui Domiuicum non per-
« cussit », E tutte queste cose accaddero nella pubblica strada presso la
bottega di Chele situata nel terzo di Camollia popolo di S. Andrea, per
le quali il giudice condannò Burchiello in lire sedici di denari Senesi
« duplicata sibi pena propter negationem » (Archivio di Stato di Siena.
Archivio del Podestà, Condanne dal 7 febbraio 1438 al 20 giugno 1439.)
(3) Cioè figlio dello Spedale di S. Maria , ossia bastardo.
(4) Il cod. che questo è fanciullo e non è di età.
(5) Burchiello chiamato in giudizio perchè « Scienter dolose temere
et appensato animo... » di notte t.mipo « cum quadam scala de ligno
180 DOCUMENTO SENESE DEL|bURCHIELLO
stiere non arebbe ardire di cadere in simili falli , come può discernare
la V. M. S. , a la quale devotissimamente supplica che vi piaccia per
li vostri opportuni consigli provedere et rilormare che le decte con-
depnagioni siano cancellate et comandato a chi i'a ad cassare le possi
cassare et cancellare senza suo preiudicio o danno senza pagare cosa
alcuna ; quantunche la ragione ei consentisca, perchè ad Burcniello era
licito UeleiiUersi con quella medesima offesa gli era lacta di parole e
se tiro l'orecchie al fanciullo gli era licito di leggiere castigationi et quello
della sellala non lece mai : nientedimeno quello gli farete si reputarà
ad grana giugulare de la V. M. S. et gran mercè, et bene sarà cavarlo
di tanta miseria quanto al presente si trova ne le vostre pregioni
per sì piccolo et leve pecchato come comprende che è la V. M. S. ,
la quale Dio l'eliciti et auguiaenti in eterno in più paciheo e tranquillo
stato.
« In pede et a latere diete petitionis erant deliberationes Lofrascripte
scripte mauu ser Iohannis Poccii no tari Gonsistorii hujus tenoris vi-
delieet. Anno Dui. M.cccc xx.wiiij Ind. tertia, die prima dècembris.
Lecta fuit inter Al. D. et capit. Pop. et obteutum quod ponatur ad
ordines Civitatis : solvat debitam gabellam (1).
« ascendit ad fenestram domus habitatiouis magistri Ioannis Teo tonici
« cerdonis positam in T. K. et populi S. Donati .. » e da detta finestra
« furto subtraxit duas cufiias panni lini Vdloris et comtnunis extiniationis
« decem sollidorum » si rese contumace, e perciò il giudice avealo con-
dannato in lire 2UU di denari Senesi « et in restitutione dictarum cutlia-
« rum duplicatarum ». Archivio di Stato di Siena. - Archivio del ( apit
di Giustizia. Condanna dal I luglio 1435 al ^0 giugno 1439;.
(lj Per maggiore intelligenza di questa clausola e delle altre che se-
guono , stimo opportuno di dare alcune notizie intorno agli ordinamenti
in vigore presso la Repubblica Senese , riguardo alle petizioni che pel-
interesse privato si avanzavano al Consiglio del Popolo , nelle quali pare
che, ad onta degli Statuti si procedesse ab antiquo con molta irregola-
rità. Succedendo sovente , che il Consiglio del Popolo trovavasi a deli-
berare quasi per sorpresa sopra a in >lte petizioni > le quali perciò, o per
la non conoscenza precisa dei fatti, o pei raggiri degli interessati veniva
suo malgrado ad approvare, cosi trovasi stabilito in varie provvisioni
che le petizioni « ad consilium ponendo, primo debeant provjderi per
Dominos et ordines secuudum forinam statuì », e quasi che questa cau-
tela non bastasse, trovasi ancora una provvisione del 1370 la quale sta-
bilisce che le dette petizioni « bis in generali Consilio obtineantur, inter-
positis octo diebus inter unum Consilium et aliud » perchè potessero
dirsi approvate. Sembra però che tale provvedimento fosse già caduto in
DOCUMENTO SENESE DEL BURCHIELLO 181
«Anno Dni. M. rccc xxwinj. Ind. tertia, die tertia decemb. lecta
fuit dieta petitio inter M. D. Capit. Pop. Vexilliferos magnos et or-
dines Civit. et obtentum quod ponatur ad Consilium generale prout
jacet.
disuso nel 1439, perchè questa petizione del Burchiello ed altre che a
bella posta ho riscontrato di quell'anno, si trovano approvate una sola
volta dal Consiglio Generale. Siccome poi. a quanto sembra . molte erano
le petizioni che nell' ingresso privato si avanzavano alla Repubblica , così
con un accorgimento da fare invidia ai nostri finanziari di oagi. fu stabi-
lito . che nessuna petizione potesse avanzarsi senza che fosse prima pagata
una tassa o gabella, li quale fu varia secondo i tempi p secondo l'ogget-
to della petizione Così una provvisione del 1370 stabilisce che « non si
« possa fare proposta d'alcuna p titione ne proposta particulare senza
« petitione , se tale ad cui adpartiene tale proposta o petitione non averà
« pagato al Camarlengo del Monte la infrascripta Cabella ciò è , per con-
« dannato in persona lire cinquanta, per condannato in membro lire vin-
ce ticinque , per condannato in pecunia soldi uno per libra di tucta la
« condennagione , non passando però la somma di libre cinquanta. Et
« simile cabella pachino quegli che dimandassero sa'vocondocto peralcu-
« no tempo ne decti Consigli , pena a' magnifici Signori et Capitano di
« populo libre vinticinque per ciascuno se contrafacessero , ecc. » In al-
tre provvisioni la gabella si trova fissata a lire venticinque per la libe-
razione da condanne personali, e di sei denari per lira per le condanne
pecuniarie , non dovendo perj il totale della gabella , per le condanne
pecuniarie oltrepassare quella per le personali. Succedeva però che que-
sti ordini venissero delusi quando una petizione stata rigettata veniva
riproposta, intendendosi da molti 'e senza dubbio saranno stati i più che
la gabella pagata per la prima proposta dovesse valere anche per la se-
conda. Altri poi per esimersi dalla gabella concepivano la petizione in
modo indeterminato , dichiarando di rimettersene all'arbitrio del Conci-
storo Per ovviare a tali inconvenienti od abusi trovasi stabilito che :
« gli Magnifici Signori et Capitano di populo » non possano sotto pena di
venticinque lire per ciascuno « fare proposta di alcuna petitione la qua-
« le si fosse perduta inde ad sei mesi se tale che vuole mandare
« tale petitione non ara pagato di nuovo una simile cabella », e che pa-
rimente non possano presentare petitioni « se prima non è specificato et
« chiarito » o nella domanda ovvero da essi Signori e Capitano di popo-
lo « la quantità et la qualità del rilapso o concessione se li debbi fare »,
<; secondo tale determinazione pagata la relativa gabella. Queste gabelle
si pagavano al Camarlingo del sale, ed avevano una speciale destinazione.
Oltre a questa pare l'ossevi pure un'altra gabella per le petizioni che
doveva pagarsi al Camarlingo del Concistoro e che non poteva essere
182 DOCUMENTO SENESE DEL BURCHIELLO
« Tenor apodisse gabelle solute per dictam petitionem est, videlicet.
« 1439 a' dì quatro de dicembre pagò Domenico detto Burchiello da
Fiorenza lib. dieci sol. undici ad mia entrata f.° i'O. Salvestro de Duc-
cio K.u del sale e monte.
« Facto partito super petitione domini Burchielli , vieta fuit per
clxxv lupinos albos datos prò s?', non obstantibus lxxi Lupinis nigris
datis prò non . primo obtenta derogatione statutorum per clxxviij
lupinos albos datos prò si, non obstantibus lxxviij lupinis nigris da-
tis prò non ».
(Archivio di Stato in Siena, Consiglio della Campana al an. ,
T. 2£5, f.° 87 v.° e 88 v.°).
Fort. Donati.
minore di venti soldi di denari « de quali denari esso Camarlingo sia
« tenuto di spendere in tovaglie et tovagliole et in altre cose necessarie
« per lo palazzo ». (Vedasi per tutte queste notizie il libro del Teso-
retto nel R. Archivio di Stato di Siena).
Notizie
Vai\ie
Gli Archivi di Stato in Prussia.
Dagli Atti de l Parlamento Prussiano , seduta del 18 gennaio 1876,
togliamo i seguenti ragguagli sopra le condizioni degli Archivi di Stato
in Prussia.
Discutendosi il bilancio degli Archivi , il deputato dottor Ròppel
domanda, se la maggior somma attribuita in quest'anno a tale oggetto,
debba intendersi applicata a spese d'archivi o a nuove pubblicazioni ;
deplorando che queste sino ad ora siano state trascurate.
Il dott. Von Sybel , direttore degli Archivi di Stato e commissa-
rio del Govèrno , risponde che dei 4000 talleri assegnati a questo ca-
pitale di bilancio meno della metà si spenderanno per il servizio in-
terno degli Archivi , e il resto saranno adoperati in pubblicazioni
scientifiche. L'oratore s'accorda col deputato Ròppel nell'aftèrmare che
la Prussia in fatto d'Archivi è rimasta molto addietro agli altri paesi
d' Europa. Ricorda con lode le pubblicazioni francesi e le grandi opere
della Francia pei suoi Archivi. Mentre la Collezione dei Documents
povr servir à l'histoire de Franre, è già a 243 volumi , l'amministra-
zione degli Archivi di Prussia non ne ha pubblicati più di 10. Mentre
la Francia ciascun anno ha assegnato al bilancio degli Archivi più di
1,500,000 franchi, aumentando notevolmente questo bilancio « anche
dopo la guerra , anche dopo il pagamento dei miliardi » , in Prussia
la somma destinata agli Archivi non supera i 250,000 marchi. L'oratore
enumera quindi le proposte di pubblicazioni da lui fatte al Governo ,
e ilice con sodisfazione che esse sono state pienamente accettate. A
queste pubblicazioni forniranno materia gli Archivi provinciali di Po-
seri , di Marburg, di Munster, d' Hannover; non che gli Archivi Se-
greti di Stalo di Berlino, dai quali si pubblicheranno i rapporti degli
ambasciatori prussiani a Parigi dui-ante il regno di Luigi XVI , una
raccolta di documenti concernenti le relazioni della Chiesa Cattolica
collo Stato in Prussia durante il secolo XVIII , e una Raccolta di
documenti sulla politica esterna della Prussia negli anni 1813, 1811
e 1815.
Rispetto alla pubblicità degli Archivi (problema risoluto in altri
stati con ampia liberalità) il sig. Von Sybel dichiara che le vecchie
tradizioni dell'amministrazione degli Archivi sono state abbandonate.
184 NOTIZIE VARIE
« Mentre un 10 o 15 anni fa si considerava come primo dovere del-
l'amministrazione degli Archivi di vietare con la piu grande cura i
loro tesori a ogni sguardo profano, il Governo attuale s'è convinto
del principio che gli Archivi si conservano per fornire alla nazione
una fonte inesauribile , dov'essa possa attingere la conoscenza del suo
passato; che la costituzione degli Archivi ha principalmente un fine
scentifico ; e che a tali principi deve rispondere l'ordinamento del
servizio archivistico ».
Insistendo il deputato barone Heeremans sulla necessità d'una più
grande accessibilità negli Archivi prussiani , i quali finora rimangono
« chiusi a tre chiavi », il direttore degli Archivi , non dà alcuna ri-
sposta rispetto agli Archivi Segreti di Berlino: quanto ai provinciali
dice che è stata mantenuta la prescrizione che, per esservi ammessi ,
sia necessaria l'autorità del presidente della provincia o del direttore
degli Archivi di Stato. Dice che i presidenti delle provincie hanno ri-
cevuto , quanto al concedere tali permessi , istruzioni libéralissime :
ma che la formalità del chiedere il permesso sarà sempre condizione
essenziale : « perchè s' intende bene che gli Archivi non possono mai
assumere il carattere di biblioteche pubbliche ».
Società Storiche italiane.
La R. Deputazione di Storia Patria per le Provincie Modenesi e
Parmensi pubblicò il Voi. VOI de' suoi Atti e Memorie da noi an-
nunziato nel precedente fascicolo.
I. Il marchese G. Campori ha messo in luce dieci lettere di Gio.
Batt. Cinzio Giraldi , scritte da Mondovì , alcune al duca di Ferrara ,
altre a Francesco Bdognetti di Bologna, dalle quali si raccolgono in-
formazioni intorno alla vita e alle opere dell'autore . specialmente sul
tempo in cui vennero in luce gli Ecatommiti 'e sulla Storia de' suoi
tempi a cui aveva posto mano , non che sui poema II Costante del Bo-
lognesi , che il Giraldi non aveva scrupolo di mettere innanzi , vo-
gliamo credere per dir cosa troppo graziosa all'autore, alle creazioni
dell'Ariosto. Leggendo la decima di queste lettere, scema in parte la
meraviglia del motteggio del cardinale d' Este.
II. Undici lettere di Aldo Manuzio il Giovine, pubblicate dal ca-
valiere Amadio Ronchini, danno notizie intorno a qualche suo lavoro,
cioè intorno alla vita che scrisse di Cosimo I de' Medici , a una de-
scrizione di tutta l'Italia che egli s'era proposto di fare, e intorno
al pittore Camillo Ballino : mostrano anche queste come i letterati
di quel tempo facevano gran conto della protezione dei gratuli.
NOTIZIE VARIE 185
III. Pregevolissima e ricca di peregrine notizie ricavate dai do-
cumenti è la Memoria dello stesso oav. Monchini intorno alla scultura
in legno nel Parmigiano, scritta per rispondere ai desideri di Miche-
le Caffi. Risale al secolo XII ; e venendo a discorrere dei lavora-
tori di tarsia . parla dei lavori di Cristoforo da Lendinara e del suo
figlio Bernardino; di Francesco da Parma che lavorò ai sedili bellis-
simi del coro di Santa Giustina di Padova; di Luchino Bianchino ; di
Marc'Antonio Zucchi : di Gian Francesco e Pasquale Testi e 'li Marc:
Callegari. Dopo aver detto d'altri artefici del seccato, dà qualche
notizia del celebre teatro Farnese, costruito da artefici in buoni parte
non paesani Parla di Domenico Galli e del violino e del violoncello
da lui costruiti: finalmente di Giovanni Ziiioli morto in disagiata for-
tuna nel 1833 in età di 70 anni, autore delle porte del battistero d
Parma rinnovate sull'antico disegno di Luca Bianchino.
IV. Il conte B. Pallastrelli parla della moneta piacentina di Desi-
derio, segnalata nel 1862, che passo al Museo britannico per il
prezzo di circa duemila lire italiane. Crede l'autore che a Piacen-
za fosse una zecca ; e che ivi fosse battuta questa moneta che è un
tremise.
Studi e Ricerche negli Archivi d'Italia.
Il Publio Record office ha ottenuto il permesso di esaminare nel-
l'Archivio del Vaticano i documenti che concernono la storia dell' In-
ghilterra; e ne ha già fatta una buona e preziosa raccolta.
Il signor Mollard , archivista paleografo , ha avuto dal governo
francese la commissione di ricercare negli Archivi di Torino e di Ge-
nova tutti gli atti e i carteggi che portino luce e incremento alli studi
della Storia di Fi-ancia. Nell'Archivio di San Giorgio di Genova ha
preso nota di parecchie centinaia di documenti che si riferiscono par-
ticolarmente alla storia della Corsica.
L'Archivio di tato di Firenze ha fornito al signor Bertoldo Zel-
ici- copiosi documenti per una memoria intorno a Enrico IV e Maria
de' Medici ; di cui cominciò la lettura all'Accademia delle scienze mo-
rali e politiche di Parigi nell'adunanza del 3 giugno di quest'anno.
Di alcune pubblicazioni storiche presso gli Slavi Meridionali. -
La Revue hisloriqice diretta dai signori Monod e Fagnicz contiene
molte e preziose notizie su tutto (niello che appartiene alli studi sto-
rici. Da un articolo firmato Loris Leger ricaviamo informazioni di
studi e documenti sulle relazioni degl' Italiani colli Slavi. L'autore là
186 NOTIZIE VARIE
un'analisi succinta dei lavori contenuti nei volumi pubblicati dall'Ac-
mia Iugoslava fondata iu Agramper le cure principalmente del
covo Mons. Str.ossma.yer e presieduta dal canonico Raczkì che
insieme è uno de' soci più operosi.
Nelle Memorie si trovano . Tomo I, Documenti inediti per la storia
della Serbia e della Bosnia, pubblicati dal Raczki , in numero di 23,
i più in latino, alcuni in italiano, uno solo nell'antico serbo, rela-
tivi agli avvenimenti de' secoli XII I XV, ricavati massimamente dagli
Archivi di Venezia e di Ragusa, si citano come più notevoli un
d'omaggio del re dì Bosnia d doge di Yen zia (1208): una Lettera
lei re serbo Stefano Uroch III al doge Un iddio (verso il 1339) dio
dà al doge il titolo di Fratérnitas e offre di restituirgli i beni dei Ve-
neziani naufragati nelle coste del suo regno: Lett re in latino e in
italiano della comunità di Ragusa e della regina di Bosnia che richie-
dono a Venezia le reliquie di San Luca Nel T. IV e XVII Memorie
di S. Ljubich sulle relazioni delle repubbliche di Ragusa e di Venezia.
Nel Tom. XV altra di M. Matkovich intorno alle relazioni commer-
ciali di Ragusa con Venezia con molti documenti ricavati dall'archivio
di Ragusa. I lavori del Raczki e Ljubich si dicono preziosissimi per
la storia di Venezia e dell'Adriatico.
Nella collezione di testi antichi (Marine) si trovano: nel Tom. V.
Documenti relativi alla Storia della Croazia e dell'Ungheria ricavali
dagli Archivi di Venezia e di Agram.Nel Tom. VI, Documenti conivi
nenti alla storia di Ragusa e alle sue relazioni colla Bosnia e coi
Turchi nel 14(33 , estratti dai registri del Consiglio dei Pregadi. Un
Instrumentum confinium del 1326 fra il conte di Pisino , il patriarci
d'Aquileia e la Signoria di Venezia. Nel Tom. VII, La notizia ili una
traduzione slava della regola di San Benedetto.
Nei Monumenta spectantia historiam Slavorum meridianalium .
di cui son pubblicati cinque volumi, si trova un gran numero di do-
cumenti per servire alla storia delle relazioni dei Veneziani colli Slavi
meridionali pubblicati da S. Lirnich.
Finalmente il signor Leger fa menzione d'un libro del Raczkt
col titolo Ada coniurationem Bani Petri a Zriw'o et comiUs Fr.
Frangipanis iUustrantìa, a cui hanno somministrato documenti, olii e
gli archivi di Vienna, di Gratz , d'Agram, quelli di Venezia e di
Roma.
Concorsi a premi per lavori d' 'argomento storico.
R R. Istituto Lombardo di Scienze e Lettere ha proposto un
premio di Lire 1200 all'autore di una Memoria su questo argomento t
NOTIZIE VARIE 187
« Come si prosenti , dopo gli ultimi studi , e come si possa risolvere
o far procedere verso la sua risoluzione, il problema dell'unità ita-
lo-greca, cioè il problema della particolare affinità originale, onde
in seno alla famiglia indo -europea vadano più strettamente fra di lo-
ro congiunti gli Elleni e gì' Italioti ». Tempo utile a presentare le
.Memorie lino alle 4 pomeridiane del 28 febbraio 1878.
Miro premio di mille lire, assegnato dal professore nobile Luigi
Cossa , sarà conferito dallo stesso Istituto all'autore della migliore
monografia sul tema seguente: « Esporre la storia delle dottrine eco-
nomiche nella Lombardia durante i secoli XVI, XVII e XVIII, addi-
tandone l'influenza sulla legislazione, e facendo opportuni raffronti
collo svolgimento contemporaneo di quegli studi nelle altre parti
d'Italia ». Il concorso si chiude alle 4 pomeridiane dèi 31 marzo 1877.
L' Accademia Araldico- Genealogica Italiana residente in Pisa
ha aperto il concorso a un premio, che sarà conferito dentro il mese
di febbraio del 1877, per un lavoro sopra gli Emblemi guelfi e ghi-
bellini. Il premio è di una medaglia d'oro. Lo scritto premiato sarà
stampato in 200 esemplari, de' quali cento saranno dati in dono al-
l'autore ; gli altri distribuiti tra i soci più benemeriti.
La Società Storica lombarda conferirà un premio di mille lire,
a cui il signor Cesare Cantù aggiunge un esemplare della sua Storia
degl' Italiani in 16 volumi, all'autore della migliore monografìa sul
duca Francesco I Sforza. I lavori, in italiano o in latino, ed anonimi,
dovranno esser presentati entro il 31 agosto 1877. Il premiato con-
serva la proprietà letteraria , purché pubblichi il lavoro entro un
anno dall'aggiudicazione del premio.
Annunzio Necrolo^ico. La notte del 2 al 3 luglio
mori in Roma di morte improvvisa Giuseppe Ferrari. Era nato a
Milano nel 1812: coltivò con passione gli studi filosofici e storici. Nel
1840 fu professore di filosorta a Strasburgo, dimesso per le sue dot-
trine, e restituito dalla Repubblica nel 1848. Da giovane scrisse la
Mente di G. Domenico Romagnosi e la Mente di Giov. Battista Vino.
Fu collaboratore della Revue des deux-Mondes. Pubblicò poi la Storia
delle Rivoluzioni Italiane, ossia Guelfi, e Ghibellini in lingua francese :
quindi la Filosofìa delle Rivoluzioni, un Corso sugli scrittori politici
italiani, la Mente di Pietro Giannone, la Ragione di Stato, la Teo-
ria dei Periodi politici, e un libro sulla China. Era stato nominato
di recente senatore ; e innanzi fu deputato fino dal 1860.
NECROLOGIA
EMILIA CAMPANA T>I C4VELLI,
Non volgono ancora sei anni, da che l'Archivio Storico Italiano
ragguagliava i lettori di un liliro intitolato: Le derniers, Stuarts
à Saint- Germain en Laye. L' autrice , vigorosa della persona e
fiorente in salute, dava allora a sperare, che la letteratura sto-
rica si sarebbe arricchita per lei di nuovi e pregiati lavori. Di
quella egregia donna non rimane ora, che un desiderio tanto più
sentito, quanto sono più vivi gli esempii delle opere d' ingegno
e di cuore, eh' ella ebbe a lasciare dopo di sé.
La Marchesa Emilia. Campana di Cavetti non era italiana
di origine. I suoi antenati appartenevano alla illustre famiglia,
dei Rowles, non ignoti ne' fasti dell'antica Inghilterra. Ella
stessa nasceva in Londra, volgono appena i cinquant' anni. 1
viaggi con la madre per le città principali di Europa non le
tolsero di attendere con alacrità agli studi delle lingue. Giovi-
netta imparò così bene il latino da dilettarsi poi della lettura
declassici ; e progredì così felicemente nella conoscenza degli
idiomi francese e tedesco e italiano da parlarli non come stra-
niera, ma come indigena. Della sua valentia nella musica e nel dise-
gno fanno larga testimonianza una Marcia militare per la festa
delle cinque giornate di Milano, e una Cena di Lionardo, tra-
punta in grandi dimensioni e segnalata a lungo quale modello
nell'arte del ricamo. Ma più che tutto predilesse gli studi delle
lettere e della storia. Ne fu il primo frutto un libro intitolato
il Manuale ili Santa Elisabetta di Ungheria. E questo una rac-
colta, o antologia giudiziosa e bene ordinata di squarci bellissimi,
tratti dalle opere de' più insigni scrittori di cose ecclesiastiche.
Vi spiccano di preferenza, tra gli antichi, i Padri più segnalali
della Chiesa greca e latina, tra i moderni, ilBossuet, il Fenèlon
e il Bourdaloue. Il volume, tradotto dall'autrice in lingua italiana
e pubblicato in Parigi con leggiadre illustrazioni, venne accolto
con ogni maniera di lodi. La stessa critica, più spigolistra e se-
vera non ebbe per esso, che parole di ammirazione e di plauso.
Peccato, che nò l'autrice, né altri abbia pensato ancora a dif-
fonderlo tra i buoni e tra i dotti !
L'opera per altro, a cui va raccomandata maggiormente la
memoria della celebre Marchesa, è senza dubbio Les derniers
EMILIA CAMPANA DI CATELLI 189
Stuarts à Saint- Germain en Laye. (Uova notare, che il disegno
primo fu inspirato all'autrice dal desiderio di mettere nella sua
vera luce la figura veneranda di Maria Beatrice d'Este dei Du-
chi di Modena, l' unica principessa italiana, che sedesse sul
trono della Gran Brettagna, e illustrasse delle sue virtù la mae-
stà regale. Ma quindici anni di studi e di ricerche e la copia
straordinaria della mèsse, incontrata ne'principali e più segreti
archivii di Europa, dischiusile generosamente da privati, da go-
verni e da monarchi, persuasero ad allargarne più tardi i con-
torni. Alla figura pertanto della Estense si aggruppano intorno,
siccome satelliti a un astro maggiore, le figure più o meno note
di Giacomo secondo, il Pretendente, del Re di Francia, del Pa-
pa, del Doge di Venezia, del Petre e de' ministri delle corti di
Europa. La storia stessa, che secondo il concetto primitivo do-
veva circoscriversi a un individuo, vi piglia più larghe dimensio-
ni, e così da illustrare ampiamente gli avvenimenti, che si al-
ternarono per quasi un mezzo secolo in Inghilterra, in Francia
e in Italia. I documenti, inediti o sconosciuti, raccolti dalla Cam-
pana montano a più che tre mila e sono degni di nota per la
importanza delle rivelazioni sovra punti, intrighi e incidenti non
avvertiti, o mal compresi finora dagli storici. Disposti in ordine
cronologico e intramezzati a quando a quando di particolari con-
siderazioni ora in forma di proemii e di raffronti, e ora di note
e di cenni biografici ndh videro ancora per intero la luce. I pub-
blicati non oltrepassano i mille e cinquecento e costituiscono
due grossi volumi, splendidamente stampati e preceduti da una
dotta ed elegante introduzione in lingua francese, ove la Cam-
l^ana disegna e colorisce a tocchi larghi e magistrali da prima
il grande sfondo della tela storica e poi le figure degli ultimi
Stuardi, ricoverati nel castello di San Germano. L'opera rimane,
com'è chiaro, incompleta ; ma non però così, che la parte pub-
blicata non possa stare da sé. Anche monca, qual'è, offre un trat-
to di storia pieno ed intero. E chi sa poi , che gli altri docu-
menti, così dottamente ordinati e annotati, non abbiano ad usci-
re una volta o l'altra alla luce ì
L'amore agli stuli non circoscisse o rese meno evidente
nella Campana il culto delle; virtù, che si addicono anzi tutto
alla donna. Reduce da'primi viaggi a traverso l'Europa, fermò
stanza in questa nostra Italia, eh' ella prese a diligere d'un af-
fetto particolare e prescelse a seconda sua patria.. A venticinque
anni porse la mano di sposa al Marchese Giampietro Campana
di Cavelli, patrizio romano, archeologo e letterato di bella fama
e discendente della famiglia di quei due valenti nomini, die fu-
190 EMILIA CAMPANA DI CA VELLI
rono Giannantonio e Cesare Campana, celebri entrambi, 1' uno
tra i latinisti del secolo decima quinto, l'altro per le Historie
del Mondo, e i libri della Guerra di Fiandra. Non pochi ri-
cordano ancora quale modello di donna si acquistasse Roma
nella giovine sposa.
Vissuta unicamente all'affetto dello sposo, al bene della
umanità, al culto degli studi, questa donna or non è più. (.'ulta
da una paralisi nervosa, cui non valsero a domare le cure più
intedigenti e più assidue dell' arte, spirava piamente quale era
vissuta, il 13 Aprile del 1876. I suoi avanzi mortali , deposti
temporaneamente nel cimitero suburbano di Firenze, attendono
che la pietà del marito raccolgali in Roma in monumento più
degno. Ma più che per questo se ne perpetuerà la memoria pel-
le opere dell' ingegno e per gli esempii di quelle domestiche, ci-
vili e religiose virtù, che le adornarono costantemente la vita.
Vicenza nell'Agosto dei 1876.
B. MORSOLIE*
ANNUNZI BIBLIOGRAFICI
bibliografia Statutaria e storica italiana compilata da
Luigi Manzoni. Voi. I. Leggi Municipali (Parti; I). - In 8vo di
pag. XXIV-569. - Bologna , G. Romagnoli, 1876.
Allettamento maggiore d'ogni altro sarà all'autore di quest'opera
laboriosa la sperauza della utilità somma per gli studiosi della storia ;
e gli sarà premio la riconoscenza di tutti quelli che dal suo libro
avranno per k loro ricerche indicazioni sicure e risparmio di tempo. Noi
crediamo interpetrare il sentimento di molti facendo plauso al Signor
Manzoni e incoraggiandolo a perseverare con quella foiza di volontà
di cui ha dato pru\a nel mettere assieme il pruno volume. E di quei
lavori che non si fanno nella quiete d'una stanza; esigono fatiche pel-
le quali pochissimi hanno la pazienza, la perseveranza e convien dire
anche i mezzi-, oltreché costringono in angustie 1' ingegno che consa-
pevole di sé potrebbe in altro n.odo cercare soddisfazioni e diletti.
Intendimento del Signor Malizimi è di compiere l'opera sua nella
forma die vogliamo indicare colle sue parole. « In quattro ben distinte
classi o volumi viene spartita -, la 1." suddivisa in due parti contiene
gli statuti, le leggi, le costituzioni, gli ordini, ecc. delle città e pae-
si d' Italia, e quanto s'attiene al diritto municipale, compresi (2.3 parte),
gli statuti de' Collegi, Arti, Mestieri, ecc. con una copiosa appendice,
con molti indici e un elenco delle raccolte statutarie principali di
Italia. - Nella 2.» sono i titoli delle storie civili, ecclesiastiche, lette-
rarie, artistiche di ciascuna città e paese, esclusi gli articoli e i do-
cumenti inseriti in periodici, memorie, ecc. - Nella 3.a sono riportate
le genealogie a stampa delle famiglie come le manoscritte, che con-
servatisi in biblioteche aperte al pubblico. - Nella L" saranno conte-
nute le biografie, stampate a parte, escludendo le necrologie e gli
elogi che trovatisi inseriti in periodici, memorie ec. ».
Questo primo volume contiene !a bibliografia delle leggi muni-
cipali, anche de'più piccoli paesi. Nello scorrerlo si fanno manifeste
le cure poste per ricavare tante notizie. E l'autore fa note le persone
che gli hanno dato agevolezze ed aiuti; che non dovrebbero certa-
mente mainargli anche in seguito, perchè, pare a noi, ogni studioso
farebbe merito a se stesso contribuendo a rendere più compiuta
un' opera di tanta utilità e tanto desiderata.
Bozzetti critici e Discorsi letterari di Giosuè C \rducci.
- In 16. ni pag. 481. - In Livorno, coi tipi di F. Vigo, ed., 1876.
È una raccolta di scritti che già pubblicati separatamente riap-
pariscono ora con aggiunte e correzioni. Dobbiamo noi notare i di-
scorsi sull'Alfieri, sul Monti, sul Giusti: i saggi intorno a Luisa Gra
ce Bartolini e a Goffredo Mameli ; una notizia delle feste celebrate
192 ANNUNZI BIBLIOGRAFICI
a Modena per il centenario del Muratori; un discorso a proposito di
certi giudizi intorno ad Alessandro Manzoni. 11 libro si legge con
diletto e con profitto anche da chi non concorda nelle dottrine profes-
sate dall'autore. La sua prosa è sempre vivacissima : c'è molta eru-
dizione non ammassata per pompa, ma avvivata coli' arte che la co-
munica efficacemente.
Lettere inedite del Foscolo, del Giordani e della Signora di
StaÉl a Vincenzo Monti. - In lo'.0 di pag. 320. - In Livorno,
coi tipi di Fran. Vigo, editore.
Le lettere del Foscolo sono ventinove, delle quali due sole stam-
pate nell'Epistolario, scritte tra il 180 L e il 1812, nel tempo in cui
rimase inalterata l'amicizia tra i due insigni scrittori. Alcune sono
tra le più belle e più eloquenti del Foscolo; tutte mostrano senz i
ambiguità che Ugo amava nel Monti l'animo buono quanto ne ap-
prezzava l'ingegno grande. Novantaciuque sono quelle del Giordani
che tutte, meno una, si stampano per la prima volta. Tra i molti
giudizi che vi si leggono espressi in quella forma elegante e robusta
propria dell' autore non può a meno di fermare la 68, del 1818, incili
dichiara l'opinione sua intorno a Carlo Alberto più esplicitamente
che in quella pubblicata dal Gualterio, e ristampata dal Gussalli.
Dopo aver detto come avesse consigliato il Mai a dedicare al prin-
cipe il suo Eusebio, e come Bartoloinmeo Borghesi era stalo da esso
accolto con onore a Torino, soggiunge: « A me piace che questa
uuica speranza d'Italia cominci sin d'ora a prendere possesso di
ciò che ha di meglio la nostra nazione, e conosca il più prezioso
tesoro de'suoi futuri regni, che sono le menti e i cuori de' valenti
italiani ». Le lettere della Signora di Stael, sono trentasei, le più tra il
1805 e il 1806, due del 1807, una del 15 e 1' ultima del 16. La ce-
lebre donna ebbe per 1' ingegno del Monti un'ammirazione singolare
e gli portò affetto come di sorella; lo provano queste lettere : ma essa
non dissimulava i difettoli che scorgeva nel suo carattere e glie li
nota colla delicatezza propria d' una donna d' ingegno e di squisita
educazione. Sono di lettura molto piacevole per le osservazioni acute
e pei giudizi intorno a molti uomini di quel tempo e alle cose che
vide viaggiando per l'Italia. Hanno curato l'edizione i signori Gio-
vanni e Achille Monti, aiutati dal Cav. Domenico Bianchini che ha
fatto in maggior numero le note utilissime per la storia dei tempi.
Notizie storielle e genealogiche sulla famiglia «lei
Galleaiii di % «*•«< imitila pubblicate per cura del Cav. Gi-
rolamo Rosst. In 16" di pag. 60-55. Lodi, C. Dell'Avo, [875.
La storia della cospicua famiglia Galleani è preceduta da alunni
cenni sulla città di Ventimiglia, compendio di lavoro più ampio pub-
blicato dall'autore medesimo nel 1857. Questi cernii son bastanti, ci
pare, a far conoscere le più importanti vicende di quella ligure città
dalle origini ai tempi nostri ; la quale ebbe una vita propria rasso-
ANNUNZI BIBLIOGRAFICI 193
migliante in gran parte alle altre città italiane, ma con qualche cosa
di speciale. Le condizioni sociali son bene rappresentate. Ed è no-
tevole la sollevazione degli artigiani e dei lavoranti nel 1G25 contro
1 t classe privilegiata. Alle notizie dei vari rami dei Galleani, desunte
in parte, come l'A. dichiara, da un'opera lasciata inedita dal gesuiti!
-tino Galleani sulla città e famiglie di Ventimiglia , tengono
dictr-' con numerazione separata diciotto documenti, fra'quali voglia-
mo notare Decreto di concessioni fatte alla città di Ventimiglia da
(la i sazzo Maria <forza dato da Milano il 5 maggio 1472 ; Lettera di
Lodovico il Moro del 21 febbraio 1495 da Milano, con cui manifesta
il desiderio di gratificare in quel più che è possibile alla città ;
Breve notizia di Ambrogio Galleani protomedico di Clemente Vili ;
Patente di Carlo Emanuele III del 7 ottobre 174G con cui dichiara
di prendere sotto la sua protezione le persone e famiglia di Pasquale
Galleani ; Diploma di Francesco I imperatore del 15 settembre 1761,
con cui fa principe del Sacro Romano Impero Carlo Giacinto Anto-
nio di Gallean ; Lettera di Luigi XV a Pietro Galleani che nomina
Cavaliere di <an Luigi ; Decreto di Carlo Alberto del 24 Agosto 1841
con cui dà il titolo di barone a G. B. Galleani capitano dei reali
Carabinieri.
Memorie storiche dell ti Famiglia Ponte. Per Nozze Ponti-
Greppi. - In 8.o di p. Ili colla Dedica e una tavola genealogi-
ca - Imola, Tip. d'I. Galeati e figlio, 1876.
Diligente lavoro del conte Pietro Desiderio Pasolini. Col-
l'amore che si porta alle cose di famiglia il Signor Pasolini ha
cercato nelle compilazioni erudite e negli archivi le vicende della
famiglia Pouti, a cui Gallarate deve in molta parte la presente pro-
i. a cune istituzioni di beneficenza e alcuni edifizi che l'ador-
nano. Le congetture sulla comune derivazione di varie cospicue
famiglie Da Ponte sono appoggiate a ragioni sottilmente esaminate
ed a fatti molto probabili. Dell'antichità e chiarezza di quella di cui
è parola. l'A. dà le prove coi documenti trovati nell'Archivio di Milano
e nell'Archivio parrocchiale' di Gallarate. Racconta poi brevemente co-
me per industria e operosità la scaduta condizione si rialzasse ad
opulenza con benefizio del paese. Ma su questo punto viene a chi
legge il libretto, dettato con semplicità elegante, il desiderio di no-
tizie più ampie, perchè la vita degli uomini che diffondono i bene-
fizi del lavoro eccita, con ragione, curiosità, ed è fruttuosa d'esempi.
In fine è un sunto di molti documenti citati nel testo -, e per intero
sono stampati due diplomi di Carlo V, il primo del 7 luglio 1542 con
cui conferma agli abitanti di Gallarate i diritti, emolumenti, esenzioni
e immunità per il loro antico mercato -, il 2.° del 16 ottobre 1543 col
quale regola i diritti medesimi in conformità dei loro desideri.
Dobbiamo lodare l'arte tipografica del Galeati d' Imola che ne
ha fatto una edizione veramente signorile.
Arch., 3.a Serie, Tom. XXIV. 13
194 ANNUNZI BIBLIOGRAFICI
Idea per una. Glosofia della storia di Giacinto Fontana.
- In 16. di pag. 392. - Firenze, coi tipi di M. Celimi e C, 1876.
Ci si vede un uomo dotto che ai pensieri meditati dà lucidezza
perchè distinti sono nella sua mente. A noi pare questo un libro de-
gno d'essere esaminato.
Delle istorie d' Erodoto d' Alicarnasso, volgarizzamento
con note di Matteo Ricci. - Tomo secondo - In 8.° di pag. 364
- Roma, Torino, Firenze, Ermanno Loescher, 1876.
Il presente volume contiene i libri quarto, quinto e sesto. Lodam-
mo già l'opera del marchese Ricci quando venne in luce il primo
volume ; dobbiamo ora confermare che il suo lavoro non solo è notevole
per fedeltà e chiarezza, ma anche per le molte e dottissime annota-
zioni che mettono il lettore al giorno delli studi moderni intorno al
grande storico greco.
Francesco Petrarca a Novara e la sua Aringa ai Novaresi
fatta in italiano da Carlo Negkoni. - In 8.° di pag. 62. - In
Novara, Stab. tip. dei fratelli Miglio, 1876.
L' orazione che il Petrarca recitò in presenza di Galeazzo Vi-
sconti ai Novaresi quando questi liberatisi dal dominio del marchese
di Monferrato, tornarono sotto la signoria del Visconti, fu già pubbli-
cata dal Sig. Attilio Hortis con altri scritti inediti del poeta. Il si-
gnor Negroni la ristampa e vi mette accanto una fedele ed elegante
traduzione. Nella breve prefazione in forma di lettera a Carlo Maria
Nay discorre con molto garbo di dicitura e giustezza d*idee, dei fatti
che diedero occasione al Petrarca di recarsi a Novara \ dà un cenno
della pubblicazione dell' opera petrarchesca de viri» illnstribus vilae
incominciata da Luigi Razzolini : e parlando di Albertino da Canno-
bio sostiene, contro la opinione del Signor Fracassetti, che il luogo
di nascita d'Albertino è Gannobio Novarese.
Ei'eroe di Tarragona restituito al suo paese LXV anni dopo
la sua morte. - In 8° di pag. 29. Piacenza, Tip. Solari, 1876.
Il Signor Luciano Scarabelli ha scritto questo opuscolo per
provare che non Bianchini, ma Bianchi era il casato d' un soldato va-
lorosissimo, celebrato nelle storie delle guerre, di Spagna al principio
del nostro secolo; e che fu nativo di Piacenza. Le cose che egli rac-
conta sulla fede di scrittori autorevoli mostrano in quel soldato un
eroe : per ricompensa d' aver solo fatti prigioneri nove spaguuoli ,
quattro o cinque de' quali ufficiali, chiede al generale Suchet di po-
ter essere il primo a piantar la bandiera sulle mura di Terragna ;
e fu. Il Suchet lo rammenta col meritato onore nelle sue Memorie.
Il Signor Scarabelli , che ha speso molta fatica nelle ricerche col
fine di stabilire la verità, raccomanda ai Piacentini che mettano nella
ANNUNZI BIBLIOURAPICI 195
loro città una memoria, la quale conservi nei posteri la fama di Giu-
seppe Bianchi e del suo eroismo. G.
S'alcoftrafiu artistica «li Mootccutsioo. Litografia di Mon-
tecassino. 8IDCCCLXXVI, in Ibi. di pag. 12, con 15 tavole.
Dopo il frontespizio a bellissimi caratteri maiuscoli gotico-corali
in vari colori, sta l'occhio dello stesso carattere, ma molto più pic-
colo ed anche colorato. Segue la stampa di 12 pagine senza numera-
zione, in cui leggesi una Avvertenza intorno al sistema tenuto dal-
l'autore nella compilazione dell'opera, e -quindi un dotto ed erudito
ragionamento sui libri Corali, de' quali tratta questo fascicolo, che è
il primo dell'opera. Le 15 tavole in caratteri bellissimi corali del
secolo XVI, sono tutte eseguite maestrevolmente ed a colori differenti.
La prima tavola ha le Lettere separate, parte a contorno e parte in
nero ; la 2.a le Lettere congiunte, altre con segui di abbreviazione, ed
i segni numerici, il tutto in nero ; la 3.a le Lettere maiuscole sepa-
rate in nero e giallo ; la -l.a simili Lettere con arabeschi ; la 5.a e 6."
simili Lettere con arabeschi ed a vari colori ; la 7.a 8.a9.a l(J.a 11. a e 12.-'
Lettere molto grandi a colori bellissimi con rabeschi ; la 13.a Una sola
e grandissima con rabeschi ed a vari colori, che occupa tutta la
tavola ; la 14. a e 15.a sono di doppia grandezza e contengono una pa-
gina intera di scrittura-, la prima iu rosso e nero con tre capolette-
re a vari colori e eoa rabeschi, e l'altra anche in rosso e nero con
unta di canto corale, con una sola capolettera grande ed a colore
con rabeschi.
L'autore di questo bellissimo e dotto lavoro è il cassinese D.
Oderisio Pisciceli.! Taeggi-
Memorie storico-diplomatiche dell' antica Città e
lineato di .Vinai li cronologicamente ordinate e continuale
sino al secolo XVIII e divise in due volumi per Matteo Camera.
Volume primo. Salerno, Stabilimento tip. nazionale 1876. In 4."
di pag. IV e 682 , oltre l'errata.
Questo primo volume è diviso in 46 capitoli, principiando dalla
origine della città di Amalfi e terminando colla cacciata dal regno
di Napoli dell'infelice Federigo di Aragona. Il capo 44 tratta della
nobiltà Amalfitana, il 45 degli uomini illustri, ed il 46 ed ultimo
racchiude tutte le iscrizioni. Opera molto dotta ed erudita e ricca di
documenti preziosissimi.
I.a lliblioteea del Museo nazionale nella Certosa di
&»n Martino in Itapoli ed i suoi manoscritti esposti e ca-
talogati da Carlo Padiglione. Napoli, stabilimento tip. di F.
Giannini, 1876 in 8.° di p. 908, delle quali XIII e 806 numerate.
Accurato e dotto lavoro bibliografico, preceduto da un discorso
molto erudito, e seguito da un indice assai bene redatto e comodis-
simo per le notizie che riassume. M-R.
196 ANNUNZI BIBLIOGRAFICI
Le antiche lapidi di Rergamo descritte ed illustrate dal
Cav. Can Giovanni Finazzi. - In 8.° gr. di pag. XXX1V-224.
con cinque tavole.
II patriziato milanese secondo nuovi documenti deposti negli
Archivi pubblici e privati di Felioe Calvi. - In 8.° di pag. 520.
- LXVIII. - Milano, presso Andrea Mosconi libraio. - Ed. di 51)0
esemplari.
Feudi e t ornimi di Gabriele Rosa. - In 16.° di pag. 353. -
Brescia, Stef. Malaguzzi ed., Ib76.
Enrico Zanoni. — Pagine di Storia contemporanea del Risorgimento
italiano. - In 16." di pag. 411. - Voi. IV della serie seconda
della Biblioteca per !a educazione del popolo. - Tonno, Unione
tipogr. editrice , 1876.
A. G. Spinelli. — Lettere di Andrea Buonaparte a Lod. Ant,
Muratori. In 8.° di pag. 70. Milano (fuori di commercio).
Alcune lettere inedite di Pietro Metastasio pubblicate da-
gli autografi da Attilio Hortis. Trieste. Di pag. 100.
Alcune |T rose ed iscrizioni di D. Filippo Lanzoni professore
di quinta ginnasiale in patria. - lu 16.° di pag. XXXII - 366. -
Faenza, Ditta tipografica P. Conti , 1876.
L'arie della lana in Ferrara nell'anno 1550. Da un
manoscritto della Biblioteca di Ferrara corredato di documenti
e note dal prof. Giuseppe Ferraro. - In 16. di pag. 84. Fer-
rara, 1876.
Antonio Mancinelli. - Cento al tempo della guerra per la suc-
cessione di Mantova. - Cento, 1876.
Studi storici fatti sopra 81 registri angioini del-
l'Archivio di Muto di Napoli per Camillo Minieri
Riccio. - In 8." di pag. 144. - Napoli , tip. di R. Rinaldi e G.
Sellitto , 1876.
Memorie «Ielle famiglie nobili «Ielle provinole meri-
«lionati d' Italin. raccolte dal conte Berardo Candida Gon-
zaga. - Voi. II in 1. di pag. 240. Napoli.
Notizie storielle «Iella città di Alcamo segui/e dai capi-
toli, gabelle e privilegi della stessa città ora per la prima volta
pubblicati per Vincenzo Di Giovanni. In b.° di pag. 105. - Pa-
lermo, tip. di Michele Amenta, 1676.
Di questi lavori, de' quali non dovevamo indugiar 1' annunzio ,
sarà mostrata la importanza nelle prossime rassegne.
Pubblicazioni Periodiche
L'Archivio Storico Lombardo (Anno III, fase. II)
compie l' interessantissima pubblicazione del Signor Pasquale Del
Giudice sulla vendetta nel diritto longobardo. Esamina piò special-
mente 1' autore in questo fascicolo la legislazione franco-longobardica
con gran copia di erudizione storica e di dottrina giuridica : stabilisce
in prima due essere soli i casi nei quali il diritto franco concede ai
privati il potere supremo di togliere la vita al reo \ 1. " nella sorpresa
in flagrante; 2." nell'impossibilità di ricevere la composizione per
insolvenza del reo e dei parenti ; esamina questi due casi in relazione
col diritto longobardo , notando le diversità ed i punti nei quali le
due legislazioni si accostano. Dipoi l'A. discorre dell' altre due forme
di difesa privata che hanno relazione con la vendetta di sangue; la
giudiziaria ed il pegno privato , del duello non essendo parola
nella legge salica , la quale oltre alla prova della caldaia o dell'acqua
bollente (aeneas, ineus) non riconosce altro giudizio di Dio (1). Carlo
Magno proibì le vendette di sangue , Lodovico il Pio calcò le orme
del padre , Lodovico II nella dieta di Pavia deplora che i potentes
et honorati sive ecclesiastici ordinis sire saecularis commettano a
danno dei deboli delle prepotenze e dei soprusi e cerca di raffrenarli
con divieti ; dopo i Carolingi , Guido e Lamberto fanno delle leggi
repressive alle soperchierie de' grandi , le quali ogni dì più piglia-
vano piede nella nostra penisola. Gli Ottoni , meno Enrico II , che
con legge del 1019 condannava severamente 1' omicidio avvenuto
dopo la promessa di pace fra le parti , non fecero leggi per punire
le vendette private , ma al contrario ne pubblicarono parecchie sul
duello. Infine il Sig. Del Giudice dice che il Muratori notò, senza
approfondirne la causa, che nei secoli decimo ed undecimo più par-
ticolarmente infierì la vendetta di sangue ; cosa , che l'Autore con
robusta e vittoriosa argomentazione , dimostra doversi attribuire al
sistema feudale , che allora occupava tutta la società.
Dopo questo dotto articolo, sotto il titolo : La nunziatura veneta
di Monsignor Cusani troviamo inseriti nel periodico lombardo inte-
(1) Benché la legge salica non ammettesse altre forme di giù lizi di
l)io oltre quelle menzionate di sopra . pure il Duello , come nota anche
il chiarissimo autore, si estese ben presto e diventò quasi un'istituzione
presso i Franchi , cosa che successe in minor proporzione presso i Lon-
gobardi , inquantochè le loro leggi avevano delle disposizioni di diffi-
denza sul duello, leggi che valsero a limitarlo fra noi.
198 PUBBLICAZIONI PERIODICHE
ressantissimi documenti che comprendono gli anni 17oi, 1705 e L7(i<i
e che più specialmente si riferiscono alle operazioni del principe
Eugenio in Italia.
Il Sig. F. C. parla della Ròcca di Soncino feudo dei marchesi
Stampa, l'ultimo dei quali Massimiliano ne faceva dono al Comune.
L'Autore discorre degl'illustri personaggi che abitarono questo
forte castello , il Magno Trivulzio (1-183) , Alfonso duca di Calabria
durante la guerra di Ferrara, Lodovico il Moro il499), illustri veneti
appartenenti alle famiglie Contarini e Bembo , Galeazzo Pallavi-
cino (1509) il contestabile di Borbone, Maria d'Austria imperatrice ,
figlia , moglie e madre di imperatori ed altri molti furono in epoche
diverse, nella rócca di Soncino.
Il Signor G. Mongeri continua la sua pubblicazione di alcune
postille di un anonimo seicentista alla prima edizione delle vite dei più
eccellenti artefici italiani scritte da Giorgio Vasari. Noi non sappiamo
a dire il vero vedere l'utilità di sì fatta pubblicazione : per noi queste
postille non hanno alcun valore storico e si limitano a notizie di
nessun interesse , ed anche quando pretendono di correggere qualche
errore , 1' editore riconosce che quest' errore non esiste nel mano-
scritto del Vasari , ma bensì è di stampa. Per esempio nella vita
di Raffael da Urbino il Vasari dice era stato allogato da Pio II
pontefice , nel Duomo di Siena II postillatore : « Ridi del dabben
uomo -, Pio II fu Papa dal 1458 al 1464 e Raffaello nacque nel 1483,
e lo fa dipingere con Pinturicchio sotto Pio II ! — Vorrà dire
Pio III ». £ l'editore in ultimo afferma: « È un errore di stampa ,
ripetuto tuttavia in alcuue edizioni successive , che i commentatori
dell'edizione Le Monnier rilevano e correggono nei giusti termini ».
Più utili alle ricerche storiche , ora che si tien dietro alle più pie-
cole manifestazioni dello spirito umano , ci sembrano i documenti
pubblicati dal Signor A. Bertolotti su Tommaso Della Porta ed
altri artisti lombardi; e la corrispondenza fra il cardinal Moroni
ed il famoso cardinale Pool arcivescovo di Cantorbery , i quali due
eminenti prelati tendevano ad una riforma della Chiesa in senso
cattolico.
Fra i documenti messi alla luce sotto il titolo Curiosità di Ar-
chivio richiamò specialmente la nostra attenzione uno risguardante
quel Cola Montano maestro di scuola , che spiegando i classici ai
nobili giovani milanesi gli incitava coli' esempio di Bruto a spengere
il tiranno della loro patria , che non era altri che il duca Galeazzo
Maria Sforza Jacobmus de Olzatc (Olgiati) si raccomanda al Duca
PUBBLICAZIONI PERIODICHE 199
che veda modo di far ritornare alla casa paterna un suo figliuolo di
nume Girolamo di 13 anni fuggito con Batista Visconti e Cola Mon--
tano lor maestro. L'Olgiati è impensierito di questa scappata del
fìllio , carica di ogni vituperio il maestro sovvertitore « e certo mi
reputo questo uno infelice et infortunato caso , dubitando chel sia
come una pecorella nelle mani del lupo, e che questo perfidissimo
homo el faza capitare in qualche sinestro caso ». Il povero padre
protesta che suo figlio era e sarebbe stato un fedelissimo servitore
dell'eccellentissimo signor duca, non prevedendo che Girolamo doveva
poi essere tanta parte di quella tremenda congiura resa immortale
dalle stupende pagine di Niccolò Machiavelli.
Nel Bullettino della Consulta Archeologica che è come un'ap-
pendice , anzi parte integrante dell' Archivio storico lombardo , oltre
alcuni articoli del Sig. Caimi sopra una tomba dell' età romana , e
sopra alcune epigrafi recentemente rinvenute, abbiamo un dotto articolo
del Signor Carlo Belgioioso sulle Aquile Romane, articolo che vo-
gliamo brevemente esaminare. Nel 1820 un contadino della signoria
d' Erbach (granducato d'Assia Darmstadt) smovendo alcune pietre
trovò un'aquila di bronzo dorato alta 18 centimetri e del peso di circa
2600 grammi. Questa insegna romana fu offerta al conte di Erbach ,
il quale la ripose nella sua collezione archeologica e si affrettò ad
illustrarla con qualche congettura storica. L'illustratore dà una grande
importanza a questo bronzo , nessun ostacolo gli pone la considera-
zione che Plutarco , Appiano e Cicerone affermino le aquile legio-
narie essere d* oro o d' argento , anzi a dirittura designa la legione
che militò sotto questa insegna , la ventiduesima cioè , che tenne a
lungo presidio nelle contrade renane e vi ebbe diversi incontri col
nemico. 11 Sig. Belgioioso, con molta ragione, a parer nostro, attenua
V entusiasmo per questa scoperta di Erbach , dicendola pur nono-
stante preziosa per gli studj storici , ma barbara per la forma arti-
stica e che rammenta i tempi della decadenza dell'arte romana, e
superata di gran lunga da una simile insegna scoperta recentemente
a Bergamo , la quale nelle sue forme rammenta il secolo aureo
dell'arte. E prima di venire a discorrere di quest'aquila l'autore
stabilisce l' importanza che aveva questo segno presso i Romani in
i pianto che era considerata appunto come insegna e come simbolo. E
qui , pur facendo prova di vasta erudizione , il Sig. Belgioioso non
si sa liberare da certe affermazioni storiche , che ornai la critica ,
e specialmente quella tedesca (che sebbene qualche volta abbia esa-
gerato pure non andò lontano dal vero studiando i primi tempi di
200 PUBBLICAZIONI PERIODICHE
Roma) mise nel campo delle ipotesi (1). Del rimanente severissimo
è l'esame che l'autore fa «lì questa insegna, ed è con molta riser-
vatezza , aiutato ancora da un' iscrizione scoperta nel luogo , nel
quale si rinvenne l'aquila, che viene a stabilire questo simbolo della
potenza romana essere appartenuto alla coorte Betica.
L' Arolirvio Veneto incomincia il fascicolo 22.° colla
pubblicazione di un dotto ed erudito ragionamento del Sig. Tommaso
Luciani sui dialetti dell' Istria, nel quale l'A. illustra con grande ric-
chezza di cognizioni storiche e filologiche un documento di soli 32 anni
posteriore al divino poeta Alighieri, dal titolo Acusa contro ser Nico-
laum Zeno olim comite pole, concludendo che se il parlare degl'Istriani
era un po' aspro, pure doveva ritenersi per italiano.
11 Sig. Gr. F ANTONI pubblica una memoria su due maestri di musica
veneziani, N. Monferrato e G. I. Brasa; ed il Sig. Tarlo Cipolla
illustra, con una erudizione forse soverchia per il soggetto trattato,
la iscrizione volgare dell'anno 1375 del ponte Navi a Verona. L'Au-
tore discute varie dizioni proposte da altrettanti eruditi veronesi ,
mette in chiaro come la iscrizione lodi lo splendido principato di Can-
signorio succeduto insieme col fratello Paolo Alboino a Cangrande II,
principato lodatissimo per avere mantenuta la pace e per avere satol-
lato il popolo nei tempi di carestia , infine il Sig. Cipolla ne stabilisce
una nuova lezione.
Il Dott. Giuseppe Tassini continuando l'opera del Cico
illustra alcune iscrizioni , che si trovano nel soppresso convento di
S. Maria della Carità in Venezia , iscrizioni che hanno un'importanza
storica , inquantochè alcune di esse si riferiscono al famoso convegno
di Venezia fra Papa Alessandro III e Federigo Barbarossa , e le
altre ad uomini illustri veneziani.
(1) Questa considerazione . che ad alcuno potrà sembrare un po' esa-
gerata ci corse spontanea al pensiero leggendo come Romolo volendo
raccogliere intorno a se i compagni del suo illustre brigantaggio , per
usare le parole dell'autore , strappasse dal suolo uu pugno d' erba, e lo
levasse sopra un palo, affinchè gli sbandati vedessero dove era il loro
duce , ed accorressero a lui. Non neghiamo che nelle prime epoche della
civiltà umana questo non fosse come il principio dell' insegne guerresche ;
e nelle tribù che ancora ai tempi nostri vivono allo stato selvaggio si tro-
vano simili costumanze , ma 1' attribuirlo all' epoca prima di Roma ed a
Romolo che ormai per la storia non è altro che un eroe involto molto
dalla leggenda è ciò che non accettiamo.
PUBBLI* AZIONI PERIODICHE 201
Il barone ALFREDO REUMONT ci dà la fine del viaggio in Italia
del Cav. Arnoldo dì Haiti'. Abbiamo fatto già conoscere ai lettori del-
ituo quella parte cbe risguardava l'Italia centrale, e più parti-
colarmente Roma: ora cercheremo «li compendiare ciò ebe l'arguto
■ino del secolo XV racconta rispetto al suo viaggio dell'alta
Italia; e sebbene questa parte ci sembri menu importante della prima,
pure può avere qualche interesse storico. L' Harff segue nel suo \ ;
la via dell'Adriatico, va «la Fano a Pesaro, da Pesaro a Elimini,
poi a Ravenna, da Ravenna a Chioggia indi a Venezia. 11 viaggia-
tore a dire la verità non si mostra molto colpito di quesfri singola-
rissima città , ebe par che sorga, no\ella Venere , dalle onde marine,
nota invece il grande concorso di negozianti di tutti i paesi sulla
piccola piazza di Kialto a sbrigare i loro affari -, visita la Cbiesa di
San Marco , ne ammira il tesoro , e ci fa un racconto molto confuso
sui famosi quattro cavalli , che sono sulla facciata della metropoli-
tana veneziana , racconto che per la soverchia lunghezza , con mio
dispiacere non posso qui riferire. Poi P Harff visita il palazzo del
Doge , parla erroneamente delle colonnette , fra le quali si impicca-
vano qualche voltai delinquenti, dicendo che fra essi si impiccava il
Doge se commetteva qualche cattiva azione ; discorre rettamente del
governo veneto , e ci descrive la maniera solenne , colla quale il
Doge si mostrava in pubblico. « Lo vidi andare (1) solennemente a
San Marco nell'ordine seguente. Portavansi in primo luogo otto
stendardi dorati, quattro bianchi e quattro scuri , poi un altro sten-
dardo dorato e tutto dipiuto. Seguiva una sedia dorata con cuscino di
drappo il' oro ed il berretto di Doge di cui si estima il valore a cento-
mila ducati, finalmente veniva il Doge splendidamente vestito. Portava
lunga barba bianca e un berretto di seta rossa , di forma singolare
e propria ai Dogi. Lo precedevano un cero bianco acceso sopra un
candeliere argenteo. Precedevano ancora quattordici suonatori , cioè
otto con trombe di argento da cui pendevano drappi tessuti d'oro
coli' arme di S. Marco, e sei pifferi con trombette ornate anch'esse
di drappi preziosi. Dietro al Doge portavasi la spada di lui in fodera
d' oro. Venivano poi gli undici signori ed i nobili , riccamente vestiti .
tutti degnissimi personaggi ». Parla quindi dello sposalizio del Doge
nel giorno dell'Ascensione , dell' arsenale veneto e di molti costumi
veneziani, tantoché per questa parte il racconto dell' Harff diventa
veramente interessante. Da Venezia il nostro viaggiatore per Padova
(dove ammira il convento di Sant'Antonio), Vicenza, Verona, Bre-
scia va a Milano; della quale città parla poco, sebbene gli appaia
(1) Allora era. Doge Agostino Barbarigo.
202 PUBBLICAZIONI PERIODICHE
« grande, bellissima e gaia ». Visita quindi gli stati del Duca di
Savoia , ed a Chivasso osserva come « qui comincia un' altra lingua ,
mezzo francese e mezzo italiana , e un altro modo di vestire sì d'uo-
mini che di donne secondo la foggia francese ».
Fra gli aneddoti storia' e letterari troviamo un'interessante illu-
strazione del Sig. D. Bertoltni di una lapide romana scoperta il
20 Maggio passato in Val di Cadore ; e dopo una copiosa rassegna
bibliografica le pubblicazioni del 22.° fascicolo dell'Archivio Veneto si
chiudono con un programma del Dott. Urbani de Ghéltof , il quale
si propone' di mettere in luce ed illustrare i monumenti numismàtici
del museo Correr , pubblicazione che sarebbe molto utile agli studi
storici , ed alla quale noi applaudiamo con tutte le forze dell' animo.
La PJivistst Unirersalo, mese di Luglio, fase. 165 della
collezione , contiene un articolo di argomento storico del Sig. Attilio
Carli dal titolo: Vespasiano Gonzaga. L'Autore parlando del duca
di Sabbioneta e Trajetto ne avverte in una specie di prefazione che.
egli ha voluto tentare un genere nuovo di scrittura storica , cioè di
intrecciare intorno al suo principale personaggio molti fatti , poiché
ad esso pare « che alle storie d' interesse locale e ristretto possa
convenire un certo modo di trattazione , il quale ammetta soltanto i
fatti veri, ma conceda allo scrittore molto arbitrio nell' aggrupparli
e molta facoltà di illustrarli con altri fatti ed altre notizie ». Noi
ammettiamo in massima 1' idea del Sig. Carli , ed anzi diremo che
non è cosa nuova che un autore trattando di un illustre personaggio ,
oltre i fatti che strettamente gli si riferiscono , per mettere più in
luce le sue virtù o i suoi difetti , narri ancora altri avvenimenti che
non abbiano tanto legame col protagonista del racconto , ma però
per fare questo ci vuole un grande acume, storico , bisogna saperi;
ordinare convenientemente questi fatti; ed il Sig. Carli in questo
suo scritto non sappiamo quanto si sia attenuto a questa massima.
E vero che il nostro giudizio ad alcuno potrà sembrare un po' pre-
coce, poiché il fascicolo di Luglio non ci dà compiuto questo lavoro;
e noi desistiamo da più oltre esaminarlo, ed aspettiamo a riparlarne
quando avremo tutta la monografia sotto gli occhi ; e , se abbiamo
errato nel nostro giudizio , volentieri ci correggeremo.
I documenti intorno a Girolamo Savonarola pubblicati in questo
fascicolo della Rivista risgnardano le relazioni del frate Ferrarese
con Pratesi , ed anche dopo il lavoro ormai conosciutissimo del
l'omm. Villari , ci sembra che gettino nuova luce sul famoso quanto
sventurato priore di San Marco.
PUBBLICAZIONI PERIODICHE
Chiudiamo questa rassegna, segnalando ai nostri lettori uno stu-
dio del Signor Domenico Malfatti che troviamo nella Nuova Anto-
logia (Giugno) su 1: infelice nipote ili Culo Magno Bernardo Re
d'Italia. Carlo Rosselli Del Turco.
Curiosità, e rticerclie «li Storia, suoalpirta pub-
blicate da una Sot ietà di studiosi 'li patrie memorie. Puntata VII.
- Roma, Torino, Firenze. Fratelli Bocca , 1876.
La duchessa Ortensia Mazzarino e la principessa Maria Colonna
sorelle Mancini ed il duca Carlo Emanuele II di Savoia 1672-75. Con-
tinuazione e fine (A. D. Perrero). I castelli della Valle d'Aosta
(Giuseppe GlACOSA). - Il conte Camillo Benso di Cavour , Rimem-
branze di Federigo Sclopis. - Il tesoretto di un bibliofilo piemon-
tese. Num. 5. Studi principeschi (A. M.). - Istruzione del cardinale
Maurizio di Savoia al conte Messerati (V. Promis). - Due anni di
regno (1460-62) di ! odovico duca di Savoia ( F. Saraceno).
I. Le vicende delle due sorelle Mancini , a cui la parentela , le
adereuze , la bellezza, gli amori dettero celebrità nel secolo di Lui-
gi XIV, che furono argomento ai discorsi del mondo elegante d'allora, e
di scritture e di libri poi , vengono illustrate dal signor Perrero con
documenti trovati, crediamo, nell'Archivio di Stato di Torino, per
il tempo iu cui 1' Ortensia dimorò nel castello ducale di Chambery,
la principessa Maria in Torino , ambedue trattate dal duca Carlo
Emanuele II con cortesia che ben si può dire galanteria. Lo scritto
del signor Perrero qualche volta ci sembra diffuso oltre il necessario ;
ma rivela uno studio molto accurato e conoscenza dei tempi e del cuore
umano : si legge cou attraenza , e lascia nella mente vivi i ricordi
per modo da potersi come ricomporre 1' immagine morale delle due
donne, destinate a consumare la vita fra i disinganni di fallite ambiz
e i rimproveri della coscienza per errori effetto, ci pare, più che dell i
violenza della passione, degl'impeti della mobile fantasia. E uno
studio al pari che storico , morale , di quelli che conferiscono alla
cognizione dell'uomo colle modificazioni che portano i tempi alle idee,
al sentimento ; tanto più profittevoli perchè i fatti sono accertati.
II. Vivace e briosa la scrittura del siguor Giacosa , che mette
in curiosità di conoscere i castelli di Fenis e Issogne , nella Valle
d'Aosta, conservanti, secondo egli dice, la flsionomia e il carattere
de' castelli feudali •, e de' quali farà in seguito la descrizione e la storia.
III. Tutto quello che appartiene alla vita del conte di Cavour
non può a meno di destare la curiosità , specialmente se le notizie
vengono da chi ha avuto modo di conoscerlo appieno ed ha l'autorità
204 PUBBLICAZIONI PERIODICI i:
del senatore Sclopis. Il quale discorre, secondo particolari ricordi, della
giovanezza del conte di Cavour e d'alcuni punti de' tempi memorabili
del suo ministero. Non può a meno di colpire il passo d'una lettera
che il 2 ottobre 1832 scriveva alla marchesa Giulia Falletti di Barolo:
u Je vous avouerai, au rlsque de vous faire longtemps rire de moi ,
u qu'il y a eu {un) temps où je ne croyais rie» au dessn de mes for-
ti ces , où j'aurais cru toni naturel de me reveiller un beau matin
u ministre dirigeant du Hoyaume d'Italie •».
IV. Il dotto bibliofilo che del suo nome vuole con modestia met-
ter soltanto le iniziali A.. M., continua la raccolta di preziose notizie,
cominciata e proseguita nei fascicoli precedenti ; e pubblicando alcuni
inventari di libri e alcune partite di conti , ci viene a far sapere quali
studi si facevano da qualcuno de'principi di casa Savoia , quali libri
si leggevano da essi e qual conto si faceva di questi : e principalmente
aggiunge a quelle da altri pubblicate delle notizie sulli studi di Carlo
Emanuele I
V. Il cardinale Maurizio di Savoia avrebbe voluto fare a meuo
degli aiuti di Spagna nella guerra contro la Reggente, che per lui
come per il fratello Tommaso era per 1' indipendenza dello Stato Sa-
baudo dalla Francia. La istruzione al conte Messerati dimostra senno,
cultura non comune, e più che ambizione, affetto al paese.
VI. Se alle buone intenzioni del figliuolo d'Amedeo Vili faces-
sero contrasto difficoltà insuperabili dei tempi o la fiacchezza della
volontà non si può affermare neanche dopo aver letto le pagine del
signor F. Saraceno. Il quale ricercando negli Archivi le testimonianze
autorevoli per confermare o raddirizzare i giudizi severi degli altri
storici , ha trovato materia abbondante per far sapere come a repri-
mere le violenze dei prepotenti , a mantenere la interna sicurezza , a
impedire le ruberie del pubblico denaro e a rendere imparzialmente
retta l'amministrazione della giustizia , il duca Lodovico fece molte e
savie provvidenze. Alle divulgate aggiunge poi notizie peregrine in-
torno alle contese che il duca ebbe col conte Iacopo Valperga di
Aitino, descritte dal Cibrario e dallo Selopis; intorno alla guerra
fatta per conservare al figlio Lodovico la contrastatagli corona di
Cipro-, sulle relazioni con Roma; sui provvedimenti per impedire gli
abusi del fóro ecclesiastico; sul quale proposito prende occasione a
far conoscere un curioso breve di papa Urbano V al conte Amedeo VI.
Parlando delle cose di Cipro riferisce , secondo un autentico docu-
mento , un discorso del cancelliere Antonio di Romaguauo sul conce-
dersi o no dal duca l'aiuto chiesto dalla regina Carlotta ; discorso
pieno di senno e di avvedimenti politici, degno delli statisti che in
PUBBLICAZIONI PERIODICHE 205
quel secolo stesso ebbero miglior campo o più fortuna per esercitare
1' ingegno e raccomandare la memoria delle opere. G.
A.x'ch.ivio Storico per* le I?i*crviiieie Napoleta-
ne, pubblicato a cura della Società ili Storia Patria. — Anno i.
— Napoli, Detken e Rocboll e F. Giannini, 1876.
Fascicolo 1: B. CAPASSO. Le fonti della storia delle Provincie
Napoletane dal 568 al 1500. - Le cronache de li antiqui Hi del
di Napoli di D. Gaspare Fuscolillo. - C. Minieri Riccio.
Memorie della guerra di Sicilia negli anni 1262 , 83 , Hi tratte dai
registri Angioini dell'Archivio di Stato di Napoli. - Scipione Vol-
piceeea. Viaggio del card. d'Aragona. - Parere del Collaterale sui
tumulti avvenuti per la pubblicazione della Storia civile del Giannone.
- Li mi Volpicelea. Maso d' Aquosa e la Gabella dello Scaunaggio
di Molfetta. - La morte di Giovan Vincenzo Starace eletto del po-
polo di Napoli nel Maggio 15&5. -G.de B. L'Università di Napoli
nel 1714. - G. De Petra. Due decreti municipali di Pesto. - Ras-
segna bibliografica. Fascicolo 11: - B. Cai'ASSO. Le fonti della Storia
delle provincie Napoletane dal 568 al 1500. - N. Faraglia. Bilancio
del Reame di Napoli degli anni lò'M e 1592 - C. Minieri Riccio.
Memorie della guerra di Sici.ia negli anni 1282 83-81. - Scipione
Volpicella. Camillo Tutini. - G. De Beasi. s. Relazione della pe-
stilenza accaduta in Napoli nel 1656. - C. Stornaiuolo. Alcune iscri-
zioni inedite di Aquino. - Rassegna bibliografica.
Per varie età della storia delle provincie napoletane ci aggiriamo
leggendo questi due fascicoli -, ne'quali troviamo e notizie peregrine,
e l'espressione di affetti, di passioni, di bisogni, nell'alternate delle si-
gnorie. Ottimamente il signor Bartolommeo ('a passo, uno degli eru-
diti che più onorami i nostri studi, rifa ordinatamente, non a guisa
d'inventario, e colla piena cognizione delle cose di cui discorre, la
storia de' primi scrittori napoletani , le cui cronache son tanta parte
delle grandi collezioni del Muratori e del Pertz , rammentando i dotti
che precederono e aprii-OTio in certo modo la via, que' ciotti che vor-
remmo, per gratitudine, veder meglio tenuti in onore. Dopo aver
parlato in generale del materiale storico che prepararono i monaci
nella solitudine del chiostro , delle diverse pubblicazioni fatte delle
cronache medioevali e delle raccolte di documenti per cui non sono
mancati fino a' nostri giorni pazienti ricercatori , esamina più parti-
colarmente le cronache dell' epoca normanna indicando i codici che
ne esistono e le edizioni che se ne hanno, e dando indicazioni per mi-
gliorare alcune delle edizioni fatte finora.
206 PUBBLICAZIONI PERIODICHE
L'egregio amico nostro Minieri Riccio pubblicando una parte
de 'suoi lunghi e pazienti lavori sui registri angioini , nel modo stesso
che altra parte ne stampa nel periodico nostro, dà preziose notizie
sul; a guerra contro la Sicilia dopo il Vespro, .'lette in rilievo i
molti provvedimenti di Carlo I per gli apparecchi della guerra stes-
sa , continuati per più mesi con accorgimento e costanza dal figliuo-
lo suo mentre tenne la reggenza : dà informazioni dell' assedio di
Messina, delle pratiche per il famoso duello, delle pratiche diplo-
matiche con altri Stati d' Italia per averne aiuti e particolarmente
con Venezia. Fa sapere le somme che agli Angioini prestò il Papa
Martino IV espressamente per la guerra. Vi si vede come fosse
necessario al reggente premunirsi anche contro i nemici interni che
si adoperavano a suscitare, tumulti negli Abruzzi e nelle Calabrie ;
quale sollecitudine egli avesse per 1' amministrizione dello Stato-, di
che son prova il parlamento convocato nel piano di San Martino ,
e le due commissioni nominate per visitare le provincie col fine di
far rispettare dagli uffiziali del governo e dai feudatari le antiche
e le nuove costituzioni. Non sappiamo se per accorgimento politico
o per sentimento di giustizia furono inflitte pene severe ad alcuni
de' quali si dice aver colle ruberie e le vessazioni dato motivo alla
sollevazione dei Siciliani. Tra le persone adoperate nel governo in
maggior numero di quelli del paese si vedono i forestieri \ e ci troviamo
qualcuno d'altre parti d' Italia , specialmente di Firenze.
La compilazione, o trascrizione che sia, del Fuscolillo, messa in
luce dal Capasso , porta , se non fatti nuovi, la conferma di quelli
conosciuti , con qualche variazione notevole particolarmente per il
tempo che corre dal regno di Ferrante d'Aragona, tìuo al 1529.
La relazione del viaggio del cardinal d'Aragona scritta da An-
tonio de Beatis, è curiosa per alcune notizie d'usanze nei paesi visi-
tati , particolarmente in Francia e nei Paesi Bassi ; e può sommini-
strare alli studiosi della bibliografia qualche indizio dei codici rac-
colti a Napoli dagli Aragonesi , dalli Sforza a Milano , portati in
Francia o dai conquistatori o dall' esule Federigo terzo.
Per il tempo del vicereame spaguuolo , documento di molto rilievo
e nuovo è il bilancio del IÒ91 e 92 bene illustrato dal signor Fara-
glia ; che mette in rilievo le condizioni economiche del paese.
Terribile tragedia, con efficace evidenza quasi presentata dinanzi
agli occhi , è la uccisione dell' infelice Giovan Vincenzo Starace ,
Eletto del popolo , su cui la plebe inferocita di Napoli rovesciava
la colpa del caro del pane. Questa scrittura ricavata da un mano-
scritto del secolo XVIII , al pari della Relazione della pestilenza
PUBBLICAZIONI PERIODICHE 207
del 1656, pubblicata dal Signor G. De Blasiis, fanno prova che tra
le miserie della dominazione spagnola non mancò la cultura intellet-
tuale ; che in ambedue le relazioni, torse più nella seconda , e' è
vivezza di stile e di colorito, e' è l'arte che dà movimento ai pen-
sieri , il senno che giudica i t'aiti. Chi descrisse la pestilenza, per la
quale morivano fiu mille persone al giorno, doveva essere un sottile, os-
servatore-, e non gli si può menar buono che non sapesse dove stavan
di casa Tacito e il Machiavelli. Egli seppe e vide tuttociò che avveniva
giorno per giorno per le vie , nei lazzeretti , nella reggia , nei palazzi
e nei tugurii , nei conventi e nelle chiese ; conosceva le passioni clic
agitavano il popolo, i timori dei governanti: riuscì poi colla parola ad
eccitare tanti sentimenti svariati , temperando la terribilità delle scene
con mesto sorriso pei pregiudizi volgari e per le superstizioni messe
a proritto per avidità di guadagno.
Carlo De Lellis ebbe in mente di denigrare la fama di Camillo
Tutini : ma i cenni che scrisse delle azioni del suo avversario , e
che Scipione Volpicella , amoroso ricercatore di ciò che la biblio-
teca nazionale di iNapoli ha di più considerevole , mette in luce ,
lo rappresentano uno di quegli uomini generosi che s' adoperarono a
liberare la pàtria dalla oppressione forestiera. Chi scrive del periodo
succeduto ai tumulti che prendon nome da Masaniello, trova nel breve
scritto del De Lellis qualche fatto meritevole d' esser più conosciuto :
specialmente che il Tutini era riuscito a mettere in considerazione
d'Alessandro VII e in discussione del sacro collegio la possibilità di
profittare della minorità di Carlo II per togliere alla Spagna il
reame e ridurlo sotto la dipendenza diretta della Santa Sede.
11 Giannone , pubblicata la sua storia , ebbe a provare le furie
del fanatismo volgare eccitato dalle prediche di chiesa. 11 governo
non volle o non poteva dar ragione allo scrittore; ma non volle
lasciare impunito il gesuita che dal pulpito sommoveva la plebe.
Per 1' università di Napoli non si misero a effetto le riforme
credute necessarie. La relazione di P. Caravita illustrata da G. De
Blasiis fa conoscere le condizioni in cui quella università si trovava
al principio del secolo passato.
L'Archivio Stanco napoletano non trascura 1' archeologia -, ed
offre agli archeologi due decreti municipali di Pesto pubblicati da
G. De Petra ; e alcune iscrizioni romane d'Aquino con illustrazioni
di Cosimo Stoniamolo. **•
l&cvue de* Questione Ilistrolques. - Onzième année.
3'J livraison 1 Juillet 1876. - Le pian de la Genèae , par le R. i'.
208 PUBBLICAZIONI PERIODICHE
Alpiionse Delattre. - Le Pape Etienne X, par M. Ulysse
Robert. - Nullité du mariage de Henri IV avec Marguerite de Va-
lois , par M. P. Feret. - Les origines de 1' Héresie de Bérenger , par
M. 1' abbé Delarc. - Melanges : Marcia , la Favorite de Commode,
par M. Adolphe de Ceuleneer. - Chabot de Brion , Amirai de
France , Gouverneur de Bourgogne , d'après sa correspondance ine-
dite, par M. Edouard de Barthelkmy. - La Fronde en 1652,
par M. Georges Gandt. - Strasbourg, l'Alsace et le Rhin , par
M.*" La Cottecelo Lacensis , par le R. P. I. Carron. Une nouvelle
collection de documents relatifs à 1' histoire ecclesiastique de la
Grande- Bretagne et de l'Irlande, par M. Gustave Masson. - La
Correspondance des controleurs généraux sous Louis XIV , par M.
J. Salmon. - Courrier anglais, par M. G. Masson. - Courrier belge,
par M. G. Kurth. - Courrier Italien, par M. G. Pitrè. - Courrier du
Nord, par E. Beauvois. - Cronique , par M. M. Sepet. - Revue
des Recueils périodiques. - Bulletin Bibliografique.
Revuc Hi*t«»rique. - Première Année. Tome second, I. Juillet
.Septembre- R. Dareste. Francois Hotinan, d'après sa correspondance
inèdite. - P. Gaeparel. La Fronde en Provence. La guerre du Seme-
stre. - C. Thurot. Etudes critiques sur les Historiens de la première
croisade. Guibert de Nogent. - Variétés. - E. Renan. La guerre
des Juifs sous Adrien. - I. Havet. L' Homo Romanus dans la legis-
lation franque. - M. ThÉvenin. Notice sur un manuscrit carolingien
de l'Ambrosienne. - C. Paoli. Publications relatives au centenaire
de Micbel-Ange. - Melanges. J. Michelet. Fragments inédits sur
les empereurs romains. - Bulletin historique : France par G. Fa-
GNIEZ et C. de la Beroe. Belgique , par P. Frédéricq. - Russie
par G. Loutchisky. - Slaves du Sud, par L. Leger. Orient , par
St. Guyard et Barbier de Meynard. - Comptes-rendus critiques.
Publications périodiques et Sociétés savantes. - Cronique, etc.
1 MANOSCRITTI TORRIGIANI
AL R. ARCHIVIO CENTRALE DI STATO
DI FIRENZE
(Continuazione, Ved. tom. XXIV, pag. 5.)
15 novembre. - Reverendissimo Sanctae Mariae in Porticu.
Nomine Vicecancellarii.
« .... Postscripta. Il Re Catholico ha facto intendere a N. S. come
vedrete per li extracti che vi manda messer Bartolommeo, essere
mal satisfacto di Inghilterra; et come hanno qualche disegno di far
nova intelligentia con Francia , insieme con Sua Santità et con Cesare,
ricercando Sua Beatitudine di parere ec. Quello ha facto l' offitio ,
secondo el consueto suo, a benefitio del Cristianissimo. La S. V. si
sforzi di intendere se questa pratica è apiccata et a che porto si
trova ; et venendo la occasione, si facci grado de le exhortationi et
persuasioni continue che fa N. S. con li Spagnoli, ad ciò che si in-
tendino et stieno bene col Cristianissimo ».
16 novembre. - Reverendissimo Egidio Nomine Vicecan-
cellarii.
« .... V. S. reverendissima vedrà, per li brevi si mandano, come
si ha ad custodire la Decima , che il Papa è ben contento che oltre
a la chiave che terranno la S. V. et li Ordinarli et li Capitoli, el
Catholico anchora ne tengha una chiave; ma non voleinmodo alcu-
no che li danari si possino toccare sanza expressa licentia et com-
missione di Sua Santità, la quale commenda V. S. de li savi et amo-
revoli ricordi et discorsi sui .... ».
16 novembre. - Ludovico Alamanno. Nomine Vicecan-
cellarii.
« Voi harete inteso da messer Francesco Guicciardini et da mes-
ser Goro li inconvenienti che fanno li fuorusciti di Reggio, de' quali
Arch., 3.a Serie, Tom. XXIV. 14
210 I MANOSCRITTI TORRIGIANI
tante volte vi si è scripto che si faccino levare da quelli contini:
et benché habbiate usato diligentia et hauto bone resposte, nondimeno
non è seguito anchora effecto alcuno. Per il che N. S. scrivo Io al-
ligato breve a lo illustrissimo Monsignore, et non solo fa mentione
de' fuorusciti di Reggio, ma anchora de' Maliscotti exuli, che per
respecto di Bologna potrieno dare qualche fastidio. Presenterete decto
breve quanto prima potrete, accompagnandolo con quelle parole che
vi occorreranno , et ci adviserete de la resposta sua et del seguito.... ».
19 novembre. - Reverendissimo Campeggio. Nomine Vice-
cancellarii.
23 novembre. - Episcopo Polensi. Nomine Vicecancellarii.
« .... N. S. ha lecto el processo di quel prete, et veramente li
pare cosa sceleratissima et horrenda. Tamen , confidando de la pru-
denza vostra, rimette a V. S. el far di lui quello che li pare ricerchi
la iustitia, sanza mandarlo qua altrimenti. Di promotione di Cardi-
nali qua non si parla, et N. S. non vi pensa; et però non mi è parso,
per mo', parlare a Sua Santità del figliuolo del magnifico messer
Luca ec. Ma quando venissi la stagione da tractare simil cosa, havemo
caro V. S. ce ne abbi scripto tanto caldamente in sua commendatione,
per possere, al tempo, fare l'opera di boa fratello: la quale faremo,
et più volentieri, per esser note a N. S. le bone qualità di epso mes-
ser Luca.... ».
25 novembre. - Episcopo Polensi. Nomine Vicecancellarii.
28 novembre. - Reverendissimo Sanctae Mariae in Por-
tici!. Nomine Vicecancellarii.
« Io non ho resposto , a' giorni passati , a certe parti principali
de le lettere di V.' S. reverendissima, de'28 et de' 5, circa la inve-
stitura del Catholico et corona di Cesare ec. ; prima per esser ma-
teria gravissima et che merita matura examina, di poi per haver
trovato N. S. con dispiacere et mala satisfactione dei Cristianissimo :
che ogni volta entravo in questi ragionamenti, lo vedevo alterare:
il che sapete quanto è contrario a la natura sua. Et non sendo noi
cacciati dal tempo, iudicavo che fussi bene trovarlo quieto, aspectando
anchora che i Franzesi si ravedessino de' portamenti loro. Apresso ,
questi advisi di Ungheria, come vedrete per li extracti, mi hanno
in modo confuso che io non posso pensare ad altro. Pure, havendo
occasione questa mattina, in su la partita d' un corriere, di doman-
dare a N. S. qualche commissione di scrivere a V. S. reverendissima ,
DONATI AL R. ARCHIVIO DI FIRENZE 211
cominciai ad parlare seco. Sua Santità mi fece un discorso con tanta
aftèctione verso del Cristianissimo, et con tanta sua amaritudine,
eli' i' non vorrei da l' un canto esservi entrato, parendomi haverli
rinnovato le piaghe ; da V altro , non ho hauto per male intendere
hene la mente sua, per potervela scrivere largamente, come farò per
la presente. V. S. ne farà quel ritracto , et lo spenderà col Cristianis-
simo et con Madama et col gran Maestro, secondo che il tempo et
le cose li insegneranno. Nostro Signore, considerando non solo le
cose passate, che sono molte, ma le presenti, dubita forte che il
Cristianissimo ricerchi Sua Santità che si scopra ad impedire la
electione del Catholico , et nieghi a Cesare di mandarli la corona ec,
perchè si làcci l'uno et l'altro inimico; et la rottura si facci di
sorte, che a posta di Sua Beatitudine non si possi riconciliare;
ad ciò che questa Sancta Sede et Sua Santità resti in tucto ad
discretione de' Franzesi. La quale opinione quanto dispiacere por-
gila et quanto importi a ^-ua Beatitudine, a V. S. è più facile
immaginarlo che a me scriverlo; perchè, se in questo tempo el Cri-
stianissimo tiene poco conto del Papa, dal quale pure ha ricevuto
et ad ogni hora opera di ricevere gratie non piccole , et che per
questa electione et coronatione anchora ha da farne stima assai ; che
habbiamo noi ad credere che Sua Maestà facessi, poi che Cesare et il
Catholico li lussino diventati inimici ì Io vi scripsi a' dì 5, circa a le
cose benetìtiali di MUano quello che il Re domandava, et come lo
domandava ; et vi mandai la lettera propria che quella Maestà scrivea
a me, perchè quella che andava a N. S. consigliai lo imbasciatore
die non la presentassi; et vi dissi li portamenti de' Franzesi a Mi-
lano , dove la Chiesa Romana non è altro che una derisione. Le quali
cose, a un bisogno, si porranno in vero : che a me proprio , questa
mattina, in una mia causa de' fìttabili di Chiara valle , è bisognato
esaminare testimoni, cornea Milano non si trovi chi vogli presentare
una citatione, et non sit tutus accessus ec. Hora, quanto questa parte
importi a uno Pontefice, ogni homo se lo intende. La cosa de' sali,
capitulata et approbata da quella Maestà , come la passi et di che
importanza sia , a V. S. non bisogna dirlo ; che secondo lo scrivere
vostro, havendone parlato più volte, dubitate che non se ne habbi
fastidio. Et pure il Re è obligato ad prestare favore che si possi
condurre una certa rata di sale fuor di quello di Cervia ; el quale
essendo condocto in su li confini de lo stato di Milano, basta la vista
a' Genovesi ad vietare a un Papa, coniunctissimo col Re di Francia
loro Signore , che decto sale non vadi più avanti. Li Venitiani , che
a le septimane passate volentieri ci facevono vendita di 4mila mog-
gia (et non si fé' il mercato perchè non si havea bisogno di tanta
somma) , adesso , che hanno inteso questa difficultà, o che da altri
sono suti advertiti, non vogliono concedere di venderne mille. Sono
212 I MANOSCRITTI TORRIGIANI
pure cose strane che ne li capitoli, chiari, si trovi queste difficultà;
et che, dove il Re ha ad prestare iàvore con tucii li vicini, che
non li sono subditi, che lo lassino passare et faccino ogni commo-
dità ec. ; quella Maestà permetta che li vassalli sui impedischino
questo transito, così a la scoperta. IN. S. aiichora è advisato da Ve-
netia, come il Cristianissimo, in questa venuta del Duca di Ferrara
in Francia, ha scripto a quella Signoria, che piglino la protectione
sua, et forse a questa hora l'hanno presa; cosa che è fuor di stagione
et senza alcun proposito , non havendo mai visto che N. S. sia per
offenderlo; anzi in varii ragionamenti che si sono hauti con Sua
Maestà di beneficare el Duca nostro, non si è mai facto mentiòne o
disegno , come lei sa, contro a Ferrara. Ma dove V. S. scrive che
il Duca viene costà da se medesimo, et che loro non sanno la causa
(benché se la possono immaginare;, N. S. intende, et dal Duca proprio
et da altri, che viene chiamato da loro. Hora , ad che fine se lo ab-
bino chiamato, et quello voglino fare de'làcti sui, non ci è noto, né
si può fare comento che sia bono. Intende bene N. S. che il Re lo ha
nominato ne la lega d'Inghilterra per confederato ; sanza partici patione
o mentiòne di Sua Santità. De' fuorusciti di Reggio scripsi ad lungo
a V. S., per le preallegate de' 5, la diligentia che si era usata, tucto
questo anno, con Monsignore de Lautrec, che fussino levati da quelli
confini , et che ma vi era suto remedio ; et lo insulto dishonesto et
vituperoso che a' dì passati haveano làcto , uscendo del Parmigiano
et reducendosi poi, con la preda , con Federico da Bozoli : el quale
non è da credere che facessi spalle a questi ribaldi , se non havessi
qualche cenno da chi desidera tener N. S. in continuo fastidio. Et il
caso de' decti fuorusciti è tanto scelerato et di sì pessimo e.vemplo ,
per haver tagliato a pezi un Prothonotario oftìtiale de la Sede apo-
stolica et governatore di quella città, che, quando non fusai mai per re-
specto del Papa confederato ec. , doverrieno li Franzesi, per conto
de' populi loro, che non imparassino ad mettere le mani ne li loro
governatori, perseguitarli sino in inferno. Et ta inerì, per anchora, non
si è facto demonstratione alcuna; benché Lautrec ha decto che farà.
Per le quali cose et per molte altre, che saria lungo ad scrivere
et a bon fine si tacciono, N. S. è in suspecto ragionevole che il Cri-
stianissimo et li sui ministri lo voglino mettere a le mani con Cesare
et col Catholico, per lassarlo poi in secco, et per haverlo per neces-
sità ad discretione. Et se bene Sua Santità non crede che procedino
immediate dal Cristianissimo , tamen li torna quasi el medesimo , se
Sua Santità le tollera, et intendendole non vi remedia. V. S. sa
quanta làtica si è durata per bavere il placet dal Re perla preposi-
tura del reverendissimo Cardinale .-alviati. Lo effecto che ne sia se-
guito lo vedrete per la copia alligata d'una lettera di Alexandro
del Caccia al prefato Reverendissimo; in modo che si vede che le
DONATI AL R. ARCHIVIO DI FIRENZE 213
cose grandi , mediocre et minime, tucte passano per un verso. Di qui
nasce , Monsignore mio reverendissimo , che N. S. non si resolve ad
fare di molte cose che sarieno ad honore et commodo comune di
questa Sancta Sede et di Francia; benché li Pontefici non hanno mai
guadagnato de la venuta de l' Imperatori a Roma: et Sua Santità non
può posare lo animo né pigliare speranza né fare alcuno disegno,
pubblico o privato, vedendo tanta varietà et inconstantia, et non
procedere seco sinceramente, come saria necessario ad volere conser-
vare la amicitia, et governare li Stati, et la reputatione de l'uno et
de l' altro. Et quando si habbi ad vivere a questo modo , N. S. ha
disegnato mandare di costà la Excellentia del Duca; perchè, havendolo
una volta dedicato et consignato per servitore a quella Maestà, si
stia al servitio suo. Et Sua- Beatitudine resterà di qua malcontenta,
né potrà fare altro che dolersi de la mala sorte sua et de lo bavere
facto mala electione ; et più etiam li dorrà essere tractato a questo
modo da quelli che naturalmente ha sempre amati, et ad instantia
di chi non si è curato perdere tucti questi altri. Ma quando il Cri-
stianissimo, se non per respecto di N. S., almeno per lo amor di Dio
et di sancto Pietro, vogli esser quel figliuolo col Papa che si conviene
al grado et titulo regio, et che ricerca la pia affectione che Sua San-
tità li porta, et li varii vinculi che sono fra loro, et la conditione
de' presenti tempi , maxime per conto del Turco , che vedrete in
che termine si trova l' Ungheria ; troverrà in Sua Beatitudine tanta
correspondentia di amore et di fede quanto iustamente potrà deside-
rare; et le cose si potranno confidentemente comunicare, maturamente
esaminare et unitamente deliberare : di che resulterà grande honore
et benefìtio comune. Hora la S. V. ha inteso la mente di N. S. : quella
si sforzi, con tucto lo ingegno et diligentia sua, di remediare a questi
inconvenienti, parlando col Re liberamente et con Madama et col
Gran Maestro , ma con Madama precipue , ne la quale Sua Santità
ha singolare fede; et di ritrarre in facto quale sia lo animo loro. Et
notate questo punto, che al Papa non basta una bona resposta et
una amorevole lettera, che voi ci manderete , perché di queste se
n' è haute molte da V. S. et da altri ; ma è necessario , ad volerli
redurre in fede, che. si facci qualche demonstratione. Et se alcuno of-
fende N. S., contro la mente di Sua Maestà, che lei , che ha le braccia
lunghe , li gastighi et demonstri con li effecti che li dispiace; et
apresso, che il Re, ne le petitioni sue et ne'go verni de' sui ministri
habbino respecto a lo honore de la Sede apostolica et del Papa ;
perchè quando Sua Santità vedrà che non ne tenghino conto , non
crederru mai che lei li vogli bene, né potere fare alcun fondamento
in questa loro amicitia. Son comparse le lettere di V. S. reverendis
sima, de' 14 et 15, et la copia de la lettera ec. per conto de la
bolla della decima; a le quali per una lettera da parte ci è parso
214 I MANOSCRITTI TORRIGIANI
fare la resposta. Postscripta. Fra li altri advisi che habbiamo di
Ungheria ve ne è uno che monstra, come sono molto mal contenti di
Cesare, di bavere mancato loro di fede, de la electione del futuro
Re de' Romani, che pare ha vessi promesso fare il Re di Ungheria;
et intendiamo che il Cristianissimo è apresso di loro in bona repu-
tatone. N. S. crederrebbe che fussi molto ad proposito, atteso che
il Re di Ungheria è nel numero de li Electori, come Re di Boemia,
che il Cristianissimo , oltre a lo obbligo di bon principe , che è te-
nuto adiutarli in questa calamita et in questo periculo , mandassi
ad ogni modo una subventione di xx mila -i almeno, per spenderli
ne la difesa di quel Regno, perchè non pervengha ne le mani del
Turco. Questo non si ricorda per commetter male, ma perchè Francia
tanto più volentieri soccorra quella provincia, et conservi et accresca
in quelle bande la reputatione sua. Toccateli questa parte in quel
modo che vi pare, perchè tanto più presto si mova ad prestare
questo subsidio. Con questa sarà un breve grato, responsivo, come
recordasti, a Monsignore di San Bianco. Perchè qui non si sa el
nome et cognome, fateli fare la soprascripta, et presentatelo ».
28 novembre. - Cardinali Campeggio. Nomine Vicecancel-
larii.
28 novembre. - Sanctae Mariae in Porticu. Nomine Vice-
canoellarii.
3 dicembre. - Sanctae Mariae in Porticu. Nomine Vice-
cancellarii.
« ... Cesare et il Catholico, con grande instantia, submissione et
offerte, hanno ricerco al Papa che vogli mandare la corona, ad ciò
che Cesare non habbi ad venire a Roma et ad mettersi in su l'arme,
non potendo, disarmato, venire securo et alterare la pace et la
quiete publica, et perdere anchora tanto tempo , per respecto de
la sancta expeditione : adiungendo molte altre ragioni et persuasioni
per movere ec. Sua Santità ha resposto che questa saria cosa nova
et di grandissima importanza, et che penserà et consulterà, non
escludendo né concludendo ec. Hora creda V. S. reverendissima, che a
N. S. non piace la electione del Catholico a lo Imperio, né ad mandare la
corona a Cesare; et oltre a la experientia che havete veduto per li ad-
visi et partici pationi facte col Re Cristianissimo ad bora che Franzesi
non la credevano ec, si può considerare , per molti respecti , che la
non piace et non fa per -^ua Beatitudine. Ma poi che le cose sono
tanto innanzi che, se bene la electione non è publicata, in secreto
DONATI AL R. ARCHIVIO DI FIRENZE 215
è stabilita da poterla publicare a la futura dieta, a marzo proximo,
in Trancordia, nel qual loco , secondo la Bolla aurea et li ordini de
li Electori, si ha ad fare tale cerimonia (il che si tiene per fermo che
sequirà ad ogni modo, et non tanto di Alamagna et di Spagna, ma
di Inghilterra et d' altri lochi si riscontra) ; N. S. ( 1 ) ha molto bene da
pensare et misurare più d'una volta, come si metta ad negare questa
domande et offender queste due Maestà tanto nel vivo, provocando-
seli in perpetuo inimici, sanza sapere al certo dove possi ricorrere per
adiuto, quando da loro fussi sforzato o infestato: avendo, maxime el Ca-
t holico molti modi facili da offendere la Chiesa et Sua Santità, sanza che
se li possi reprobare che da lui vengha tale offesa: perchè la vicinanza
del Regno di Napoli, et la parte grande che hanno in questi baroni di Ro-
ma, et maxime ne li Colonaesi, possono in un punto con piccola cosa mo-
lestare Sua Santità et le terre di Roma: et quando più copertamente an-
chora volessino farlo, non manca travagliare lo stato di Siena, sotto co-
lore et protectione di Borghese, et apiccare il foco in Toscana; et nel
transito di qua con le loro genti fare qualche disordine. La S. V. mi
potria respondere, che il Cristianissimo sarà quello lui che quanto
a le forze è potente ad removere ogni iniuria, et desposto ad farlo
et lo desidera ec, et di già lo ha promesso. A questo 1' ultima mia
lettera potria replicare ad suffitientia: che se N. S. vede li Franzesi
procedere con sì poco respecto de lo honore et dignità di Sua Bea-
titudine in un tempo che essa ha poco bisogno di loro; che coniectura
si può fare che habbino ad essere poi , quando Sua Santità si troverrà
in necessità, et havere offeso tucti questi altri, ad petitione di Francia ?
Non voglio anchor tacere , ad ciò che V. S. non creda che questo
punto si sia passato senza considerarlo, che se N. S., col negare la
corona a Cesare et col non potere Sua Maestà venire per epsa a
Roma, et con qualche altro impedimento, si interrompessi et variassi
questa electione del Catholico; forse quelli Electori potrieno fare
novi pensieri, et volgersi con la fantasia al Cristianissimo , con quelli
mezi che si sono usati per il Catholico, et con maggiori et più po-
tenti anchora, quanto Francia ha più che dare et più che promettere
che Spagna. Et se, oltre a la auctorità et grandeza ordinaria che
si trova ne la Corona di Francia, vi si adiungessi questa altra
extraordinaria de lo Imperio, N. S. conosce molto bene che il Cri-
stianissimo andrebbe in cielo, et in tucto Sua Santità resterebbe a
discretione ec. Nondimeno, con tucte queste considerationi che, come
ho decto non si passano per ignorantia; poi che una volta si è in-
clinato et unito con Sua Maestà, et così si starà constante : et quando
trovassi riscontro, di novo si unirebbe et colligherebbe più strecta-
(1) Il brano che comincia da queste parole sino « a chiarirvi meglio
la ultima mia lettera » venne riferito da Gino Capponi, nella sua. Storia
della Repubblica di Firenze ; Appendice IX del volume II ; edizione in 8.'1
216 I MANOSCRITTI TORRIGIANI
mente, riposandosi in su la fede et iuramento di ?ua Maestà, et
in su una certa ragione naturale, che per exaltarlo et farli bene, non
havessi ad patire et a ricevere danno o vergogna. Et quando di
novo si capitulassi, con honore et commodo de l' uno et de l' altro ,
et si levassi una materia di generare diffidentia et mala contenteza ,
si potrebbe confidare che la capitulatione havessi ad durare et es-
sere observata ; verbigratia , chiarire lo articolo di Milano , che di
queste cose spirituali o simili che domandono non si parlassi , et la
Sede apostolica vi havessi quella auctorità che si conviene ; che li
rebelli non si racceptassino né da le parti né da subditi o feudatarii ec;
che la cosa de' sali si observassi in tucto ; che le cose di Ferrara
si stessino come le stanno; et che il Re si obligassi ad defendere
in facto tucto quello che tiene et possiede hoggi N. S., et non solo
con 500 lance et xn mila ducati el mese, ma con tucto quello che
fussi di bisogno ; et si facessi in tempo et in modo che giovassi (che
sapete, nel subsidio di Urbino come passarono le cose); et che Sua
Santità non sia molestata poi con domande extraordinarie ec. : in tal
caso N. S. participerebbe sempre tucto quello che intendessi da ogni
parte, et non piglierebbe alcuno partito sanza consiglio del Cristia-
nissimo ; et in queste cose di Cesare et del Catholico si governerebbe
come paressi a Sua Maestà; penserebbe di continuo a la exa'tatione
del Re, iudicando che in epsa fussi coniuncta quella della Sede apo-
stolica et de la Casa sua. A N. S. è parso aprirvi tucto el suo se-
creto, et chiarirvi meglio la ultima mia lettera. Participate hor voi
al Re et a Madama, secretissimamente, quanto et come vi parrà;
che non sapendo N. S., a lo arrivare di questa , in che grado si
tro verranno le cose, non ve ne può dare instructione, ma si rimette
a la prudentia vostra: la quale considerrà bene non solo le bone
parole, ma farà iuditio di quello che si possi credere o sperare. Et
respondete per coriere a posta, prima che sia possibile, del ritracto
harete facto , uscendo de' generali et di quanto occorre a V. S. re-
verendissima.... ».
5 dicembre. - Episcopo Polensi. Nomine Vicecancellarii.
« .... N. S. ha inteso che li Mariscotti rebelli hanno refugio et
favore da la Signoria; et che Hanibale, che fece quel delieto in Ve-
rona , in cambio di bandirlo del loro dominio, li danno soldo; et Leone ,
nonostante lo insulto facto a lo Electo di Ravenna, in Venetia, vi
sta publicamente. V. S. ci adverta , perchè lei sa che sorte di nomini
sono, et quanto importi queste cose a la Sede apostolica; et paren-
dovi da farne parola a la Signoria , secondo che intenderete esser
questi advisi, lo rimettiamo a la prudentia vostra. Non mancate
»ià di far opera che decti rebelli non sieno honorati et carezati né
DONATI AL R. ARCHIVIO DI FIRENZE 217
tenuti in loco che possino perturbare la quiete di Bologna. Crediamo
che V. S. sappi el delieto di Hanibale Maliscotti ; che in Verona et
in chiesa si trovò amazare dui di quelli che si erano trovati a la
morte di messer Hercule. El reverendo Episcopo di Caserta molto
strectamente ci ha rachomandato Valerio Paduano , suo servitore, pre-
gandoci lo rachomandiamo a V. S., per conto del Vicariato di Sancto
Pietro di Padua. Quella ci farà cosa gratissima, prò ìustitia , ad pre-
starli favore , per darli et conservarli la possessione , et maxime per
respecto del prefato Caserta, che lo amiamo singularmente ».
10 dicembre. - Reverendissimo Cardinali Egidio. Nomine
Vicecancellarii.
10 dicembre. - Reverendissimo Sanctae Mariae in Por-
ticu. Nomine Vicecancellarii.
« A' dì in, per corriere a posta, scripsi a V. S. reverendissima,
et a li vi arrivorno le sue de' 26 et 28 ; le quali hanno recreato as-
sai N. S., et purgato gran parte de le fantasie sue, per le bone de-
monstrationi et resposte che vi ha facto el Cristianissimo, Madama
et il Gran Maestro, et resta contento di havervi facto questo ultimo
spaccio et apertovi tucto el core suo. La S. V. reverendissima so
ne sarà valuta et factone grado a Sua Santità come di cosa impor-
tantissima et che manifesta el bono animo di Sua Beatitudine. Resta
hora che quella Maestà facci eon effecto , come speriamo , quello che
dice con le parole; perchè non potrà mai demonstrare sì grande ob-
servantia et amore, che non la trovi maggiore dal canto di Sua San-
tità. Et poi che , continuamente , ne le vostre lettere et maxime in
queste ultime, si vede quanto prema al Re questa electione del Ca-
ttolico , et atteso le sue promesse di foco , per la conservatione di
N. S. ; Sua Santità è deliberata porre da parte molti respecti che
non sono di poca importanza , et satisfarli ; et spera anche di poter
fare qualche fructo , pure che le cose si fermino fra loro in modo
che lei possi stare con lo animo quieto, et che ogni dì non habbi ad
essere infestato con nove petitioni ; che, concedendole, vituperi sé et
la Sede apostolica , et non le concedendo, si perderà tucto quello ha
facto sino a mo\ Et di questo bisogna che V. S. reverendissima facci
bene capace il Re : che ogni volta che lo ricercheranno et li faranno
fare cose extraordinarie et aliene da la dignità di Pontefice , o vera-
mente loro non faranno quello che si conviene verso la Sede apostolica,
Sua Beatitudine non si potrà mai persuadere, né etiam li altri lo cre-
deranno , che quella Maestà li porti amore. Così le expeditioni che si
havessino ad fare a la giornata, in favore de'Capitoli facti,come accade
hora ne la cosa de'sali, si faccino con reputatione, et li ministri sì
218 I MANOSCRITTI TORRIGIANI
portino di sorte che si conosca che hanno la bona voluntà del pa-
trone loro. Non voglio obmettere di ricordare a V. S. dui punti , in
caso che si habbi ad venire a più strecta intelligentia col Cristia-
nissimo. L' una, che Modona, sanza quella parte de la Montagna
che tiene hoggi el Duca di Ferrara, è una cosa storpiata , et male
si può valersene , et tenere quella città quieta et secura ; che V.
S. pensi al modo di rihaverla, ma non ne parli adesso, che il
Duca sarà costì: serbiselo in pecto per farne opera quando li parrà
che sia tempo. L'altra, che il Re Catholico, in su la morte, a' dì
passati , de la Regina di Napoli , havea promesso a N. S. dare a
Hippolito nostro uno stato nel Reame di ducati vi mila d'oro: né
si intende, per conto de la electione del Catholico , di investitura o di
mandare la corona a Cesare ; che questo sarebbe poi un altro conto
a parte, di maggiore valuta. Et se il Papa bora si restringerà di
novo con Francia , et darà parole a questi altri , Sua Santità perderà
queste et de l' altre cose. Et però V. S. esamini se , perdendo da un
canto si potessi in qualche modo acquistare da l'altro, sanza torre
però il grado a N. S. Ne la causa de' sali V. S. non allenti un punto
di diligentia , perchè ci va troppo interesse di N. S.. per lo honore
et per lo utile; et se questa cosa non passassi bene, si potria ne
le altre havere poca speranza. N. S. ha hauto e capitoli de la lega
facta in Inghilterra ; et se bene ci è qualcosa che si poteva et doveva
acconciare meglio, tamen Sua Santità, per il desiderio grande che
ha de la pace universale , et per haver molto confortato decta lega
et fare etiam honore al Cristianissimo, che tanto solennemente l'ha
facta, la ratificherà per bolla, ne la forma che vedrete che si man-
derà in Inghilterra et a V. S. Circa le petitioni de le cose spirituali
di Milano , a N. S. è piaciuto che V. S. habbi seguitato el consiglio
di Madama , di non monstrare la mia lettera al Re ; et così lo segui-
terà Sua Santità , di negare a li oratori questa et simil domanda.
Ma pregate Sua Excellentia, ringratiandola prima infinite volte del
facto , che vogli continuare in tanto amorevole et devoto offitio :
subiungendo, che se lei vedessi et udissi le battaglie che questi ora-
tori li danno , et li termini strani che qualche volta sono usati, non
si maraviglieria de la alteratione sua: perchè qualche volta dubita, per
certe cose che vanno a torno , che le non sieno facte ad ciò che Sua
santità intenda per discretione ; ma che confida bene , la Excellentia
di Madama habbi ad essere medicina salutare a tucti questi mali.
Quanto a li fuorusciti , a N. S. è molto piaciuto la resposta et le of-
ferte che vi ha facto il Cristianissimo , et volentieri concorrerà che
li rebelli et forusciti , per caso di stato o per qualche altro delieto
enorme, sieno non solo cacciati ma dati prigioni ; et quelli che sta-
ranno in Bologna , et da Bologna verso Milano , Sua Beatitudine ne
sarà contenta, et anchora in Firenze, se fussi cosa che li meritassi.
DONATI AL R. ARCHIVIO DI FIRENZE 219
Ma Roma, per essere stata sempre libera et patria comune, non
vorria haverne carico. Tamen , quando anchora fussi qualche caso
et persona di grande momento, N. S. stima tanto el bene essere
del Re, che faria demonstratione di amarlo come vero figliuolo. Ma
in questo mezo, V. S. operi che sieno levati et mandati via cosi
quelli di Reggio come e Maliscotti di Bologna. Di Federico da Bazoli
è suto grato lo adviso vostro, che il Cristianissimo habbi hauto per
male li dishonesti sui portamenti 'et non si expectava già altrimenti) ;
et che li paia da admonirlo per questa volta; et che, continuando
di offendere N S.. che non solo sarà molesto a Sua Maestà che sìa
castigato , ma che epsa lo punirà. Sua Santità accepta queste offerto ;
et se per lo advenine decto Federico si porterà male , lei provedrà
a lo honore suo , sanza havere più questo respecto. Ma la S. V.
solliciti che lo admonimento sia di qualità che Federico si absten?a
et proponete la cosa in modo al Re, nel respondere , che li intenda
quanto questa oblatione è suta grata ; et che se altra volta Sua San-
tità sarà offesa, ha preso questa per licentia, di potere valersene
sanza havere più ad farne excusa. De le Decime et Depositario si e
scripto per altre , et mandato le bolle; che per questa non mi ac-
cade replicare nulla di novo. La S. V. harà visto , !per la copia di
certi capitoli che sono venuti di Spagna , che vi ha mandato mes-
ser Bartolommeo , come il Catholico si era pure resoluto ad dare
qualche ordine et disegno per la sancta expeditione. Pare che lo im-
basciatore di Francia residente là , inteso questo , habbi facto rumore.,
dicendo che questi apparati non piaceranno al suo Re , et più presto
ha raffreddo le cose che altrimenti; et dubita che, con questa scusa,
li Spagnoli *non vadino allentando et allungando , dove saria di biso-
gno che facessino el contrario. La S. V. reverendissima potrà signi-
ficare al Re, che N. S. li ha già molti mesi exhortati et riscaldati, et che
a rena il Legato li ha condocti fino a qui, et che Sua Santità approverria
che lo imbasciatore suo là non solo non li sbigottisse ma dessi loro ani-
mo et exhortassi ad procedere avanti ; perchè sono cose che occupano
tanto tempo, che se non si disegnano a bona hora non possono di poi fa-
re lo effecto desiderato. Erami scordato dire a V. S. come N. S. ha
mandato a Genova , per conto de' sali , messer Bonifatio da Valle, già
vostro auditore, bene informato de le ragioni et de la intentione di
Sua Santità; et da Genova si transferirà a Milano, et di poi, biso-
gnando , costà ; perchè la cosa importa tanto, et è sì iusta, che non
si può in alcun modo abandonarla Et il Re ne riceve danno et non
piccolo, di questo disturbo che è dato a N. S., el quale nasce da' mi-
nistri; a chi è facto grandissime offerte da' Genovesi et Venetiani ,
che vorriano levare questa impresa de le mani del Papa. V. S. sol-
liciti le lettere del Re a Genova; et tucte le altre expeditioni et fa-
vori che è possibile havere ec. ».
220 I MANOSCRITTI TORRIGIANI
10 dicembre. - Episcopo Sibinicensi. Nomine Vicecancel-
lai'ii.
11 dicembre. - Episcopo Polensi. Nomine Vicecancellarii.
11 dicembre. - Ludovico Alamanno. Nomine Vicecancellarii.
« .... Rachomandate a Monsignore de Lautrech et di Tarba et
al Presidente le cose bettefltiali , pertinenti a messer Nicolò Ardinghel-
li , facendo loro fede in che concepto et offitio è apresso di N. S.
messer Pietro suo padre ; et come , dal canto di Sua Santità, non
varia permesso che fussi facto alcuna violentia a li loro servitori. Così
le Loro Signorie sieno contente operare con effecto , che non sia facto
torto al prefato messer Nicolò nò a quelli che li danno pensione, onde
lui ha interesse, ma che le cose sieno expedite con iustitia , per la
via ordinaria ; et che quelli che usano falsamente il nome de li reve-
rendissimi Cardinali di Ancona et di Cortona contro a decto messer
Nicolò et sui pensionarii , come appare per lettere di loro Signorie
reverendissime, scripte al Presidente et al Senato, intendino quanto
Monsignore, essendo iustissimo, desidera et vole che li sui servi-
tori et ministri sieno de la medesima sorte. N. S. è certo che queste
cose non sono a notitia di Monsignore. Datela voi, con la dexterità et
prudenti a vostra, secondo che da li agenti de lo Ardinghello sarete
ricerco et informato, ec. ».
11 dicembre. - Cardinali Egidio. Nomine Vicecancellarii.
« .... A N. S. è piaciuto la resolutione che ha factail Re Catho-
lico et il suo Consiglio , per conto de la impresa , et confida che
ogni giorno habbino ad essere più devoti et più caldi , et ad fare
maggiori opere con li effecti che non dicono con le parole. Ma quan-
to a la quarta parte de le entrate ecclesiastiche, non se ne è mai
ragionato, né si conviene tanta somma per fare un principio di di-
fesa; et concedendola al Cattolico, saria- necessario concederla a tucti
li altri Principi- Ma quando la expeditione sarà in facto , et che si
veggha la spesa ricercare quesio subsidio, N. S. non è per mancare
di exporre le facultà et la persona per lo honore di Dio , et per
favore de la impresa ; et alhora Sua Santità concederà e titoli e
gradi, non tanto al Re Cattolico, ma a li possessori sui. Et queste
cose la Sede apostolica le usa concedere non per speranza, ma per
remuneratione de li egregi facti di qualche Principe. È ben dispia-
ciuto a Sua Santità la mala interpretatione che ha facto costì loim-
basciatore di Francia, et non vorria havessi raffreddo li animi di
DONATI AL R. ARCHIVIO DI FIRENZE 221
(lucili signori ; et por questo si è scripto al reverendissimo Legato
Sancta Maria in Portico, che ne parli al Re , ad ciò che non solo lo
oratore suo non perturbi li ordini et disegni facti, ma perchè li favo-
'risca et adiuti. Senio brevi in questa parte de la impresa, non vi man-
dando con questa la expeditione de' brevi. La S. V. reverendissima
in questo mezo facci lei a bocca quello ofììtio che li pare. Circa a
le cose di Palermo , per questa non mi accade dire altro , se, non
che N. S. ci vole dentro lo honore de la Sede apostolica. — A N. S.
piacerebbe la deputatione del Capitano Generale ne la persona de lo
Archiepiscopo, figliuolo de la clara memoria del Re passato, per
molte qualità et conditioni che sono in Sua Signoria. La S. V. adiuti
la materia in quel modo che non facci ombra. Così facci tucto el
contrario quanto la può contro a don Ugo di Moncada, et stia vigi-
lante se si voltassino a lui : benché N. S. non intende et non crede
che sieno mai per deputarlo a quel grado, perchè non se li conviene :
et Sua Santità si tiene molto male satisfacta di lui , perchè si è cer-
tilicata che lui fu quello solo che fece mettere a saccho la città di
Fabriano; et così sempre si è portato male verso la Sede apostolica.
Ma questa ultima parte resti nel pecto vostro ».
20 dicembre. - Reverendissimo Sanctae Mariae in Porticu.
Nomine Vicecancellarii.
« ... Del Duca di Ferrara N. S. accepta la excusa, che inadver-
tentemente lo habbino nominato ne la lega di Inghilterra. Ma V. S.
sappi che in tale nominatione non solo si ha ad exprimere sine preiudì-
cio secondo e capitoli, ma non la può fare sanza saputa di N. S. Et
sia certa che le lettere del Re caldissime furono portate a Venetia
dal signor Enea da Carpi, et lette in Senato. Et non vi fidate in
questo de lo iuibaseiatore Vinitiano. Pure essendo, come ho decto, lo
animo del Cristianissimo sincero et saldo , a queste altre cose si
potrà trovare rimedio. De la coronatione di Cesare N. S. ha inteso
quello che saria el desiderio et il parere del Cristianissimo. V. S.
pensi che N. S., come harete potuto vedere, è in animo, trovando
riscontro, di compiacerlo in tucte le cose possibili, et bisogna re-
solversi presto ; perchè questi Spagnoli conoscono molto bene di
quanto preiudicio sia loro il tardare che fa N. S. ad dare loro reso-
lutione , et cominciono ad non stare a le mosse; et da l'altro canto
onerano di presente cose grandi , et in particulare uno stato nel
Regno di Napoli di xv o xx mila ducati , et che tucto si ghoda el
Duca nostro sanza riconoscere superiore o homaggio: et quando N. S.
neghi loro la gratia, qiusto si perde absolutamente. Apresso, un vi-
cino sì potente che resti offeso et inimico in sempiterno, sapete
quanto importa, et in che continuo travaglio può tenere N. S. La
S. V. examini bene l'ima cosa et l'altra, perchè in verità meritano
222 I MANOSCRITTI^TORRIGIANI
consideratione. Et il consentire la corona a Cesare, ma che si venghi
per epsa qua , non è altro che negarla in tucto : perchè si conosce
molto bene che, con poca gente non saria per venire, et con assai
non può, senza grande spesa et senza metter non tanto Italia ma ■
tucta Christianità in guerra , et perdere in un punto tucto quello che
si lussi acquistato in molti mesi, a benefltiode la expeditione: perchè
si accorgeranno che tucto il male loro procederà in gran parte da
Francia. Et cosi queste due parti divideranno tucti li altri; et quello
che disegna el Cristianissimo per la impresa del Turco si bara forse
adoperare per altro conto, et maxime per difendere N. S. et le cose
sue , che sarà il primo percosso et resterà con periculo non medio-
cre, per essere incerto el fine di simile impresa. Nondimeno, se N.
S. vedrà che il Cristianissimo vengha di bone ghambe a la difesa
sua et a la conrespondentia di amore ec, si penserà di comune pa-
rere di qualche modo et expediente. Ma tucte queste cose è bene
recordarle et discorrerle et misurarle , ad ciò che, venendo il biso-
gno, non si habbi alhora se non ad mettere in executione. La S. V.
reverendissima si restringila prima in sé medesima; dipoi ragioni
fet conferisca col Re, con Madama et col Gran Maestro, et ad visi
distintamente di quello che accade ; et non ci facci più scusa di scri-
vere ad lungo, perchè le lettere vostre quanto più sono copiose più
satisfanno. A la parte de la generosa offerta et deliberatione che ha
facta il Cristianissimo, secondo la vostra de' 6, per la impresa del
Turco, immaginate una extrema letitia di N. S., et una somma com-
mendatione universale di quella Maestà. Hiermattina si lesse la let-
tera vostra in consistoro. Con questa saranno dui brevi, uno al Cri-
stianissimo et uno a Madama. Le minute che con questa vi mando vi
saranno instructione de la mente di N. S., anchorchè a V. S. non
bisogni. Presentateli, se vi pare; che si son facti in su la lettera
vostra , benché dal Re non ci sia adviso ; et adiungete poi a bocca
quello che si ricerca a una tanta grandezza , et vedete di ha vere
in scrìptis tucta questa cosa, per più sua laude et per lo exemplo ec.
Co' le lettere di V. S. reverendissima de' 5, hebbi una del Re di
mano propria, credentiale ne le vostre. Con questa sarà la resposta,
similmente in credentia, de la relatione di V S. Pregola la presenti, rin-
gratiando di tanta Immanità et fede, rachomandando et offerendo et
explicando la ridele servitù mia et li continui offltii che io fo apres-
so di N. S.; et sopra tucto la bona mente di Sua Santità , et quel
tanto più che vi pare sia ad proposito di questa lettera. N. S. ha
concesso, de le petitioui di Milano circa a lo spirituale, tucte quelle
cose che è possibile concedere , per monstrare in ogni caso lo animo
suo verso del Re, ma con intentione che di queste cose non li sia
più parlato. N. S. si è molto contristato de la morte de lo illustre
signore Io. lacomo (1), che lo amava come figliuolo ; et per respecto
(1) Trivulzio.
DONATI AL R. ARCHIVIO DI FIRENZE 223
anchora del Cristianissimo , parendoli habbi facto perdita grande.
Hora poi che a Dio così è piaciuto , che per sua gratia lo habbi ri-
cevuto fra' sui electi, N. S. ricorda amorevolmente che si tacci houore
et careze a tucti li altri di quella casa. E quali, perchè sono molti
et di buone qualità et in ugni professione , et naturalmente amici e
servitori del Cristianissimo , è da tractarli in modo che si intenda
quanto tal morte li sia dispiaciuta, come N. S. in verità tiene per
certo; et pigliare particulare protectione del nepote, et tirare avanti
de li altri che possino et sappino servire il He; et distribuire fra loro
le lance che avea quella bona memoria. Perchè li tempi et le cose
si mutano, come la experientia ci insegna; et quando simili servitori
sono beneficati et hanno repuiatione et credito, la loro servitù è
Adele et fructuosa. Sua Santità ricorda questi particulari , non manco
per amore di Sua Maestà, anchor che sia superfluo, che per affectiono
porti a questi signori Triultii , benché la porti grande ; et che si re-
puterà obligato di tucto el bene che riceveranno. La S. V. per 1' un
conto et per l'altro facci caldamente questo officio, et li rachomandi
al Cristianissimo et a Madama , perchè sarà opera laudabile et gra-
tissima a Sua Santità. Don Hieromino Vich ha parlato a N. S., a li
giorni passati , et discorso seco molte cose , de le medesime che ci
ha scripto V. S., benché ve ne habbi adiuncto qualcuna più: et ci
maravigliamo onde possi haverle traete, et dubitiamo non habbi costi
in Corte qualche pratica secreta , come già per altri tempi ci ha ac-
cennato che vi spendea. Andate observando se potessi ritrovarla, et
advertitene el Re et Madama, perchè anche loro vi pensino, et non
credessino che il defecto venisse di qua. Io mi scordai a' di passati
di scrivere a V. S. reverendissima, che favorissi et rachomandassi
al Cristianissimo Monsignore di San Blassai, el quale desidera, se
venisse la vacanza , lo archiepiscopato di Torsi. Credo che il Reve-
rendissimo de' Salviati scrivessi a decto San Blassai, come N. S. vi
dava commissione di parlarne. Hor V. S. se li tàcci incontro et offe-
risca l'opera sua, monstrando haverne calda commissione, et così
poi lo adiuti et favorisca; salvando il Cardinale Salviati, che non paia
habbi scripto a caso ; et trovando qualche scusa de la tardità de la
lettera. El bargello di Parma ha dato prigione al Guicciardino uno di
quelli Jòrusciti di Reggio; et benché non sia de'principali , a N. S. è
suto grato questa demonstratione : et per questo verso le cose pas-
serebbono bene, ec. ».
21 dicembre. - Reverendissimo Sanctae Mariae in Pprticu.
Nomine Vicecancellarii.
« E' mi pare che il debito mio verso del Papa et di V. S. reve
rendissima ricerchi scrivere un poco più largo che non si contiene-
224 I MANOSCRITTI TORRIGIANI
ne la lettera , la quale ho scripta per ordine di Sua Santità , che
spesso è tanto circumspecta in exprimere la mente sua a' Legati
et a' Nuncii che sono fori, che forse è troppo strecta. Questa delibe-
ratione di negare el mandare la corona a Cesare è di tanta impor-
tanza quanto forse alcuna altra che habbi nauta a la sua vita; et se
Dio non concede gratia che la si pigli bene, potria farlo vivere male
contento, et essere la ruina di Casa nostra. Cosi potria essere occa-
sione di exaltarla, et acquistare qualche stato che, non che a la vita
di un Papa , ma non tornano in mille anni ; et chi non le sa pigliare
al tempo, invano si sforza poi di andare lordreto (1). Io vorrei che V.
S. si vestissi un poco de la persona di N. S., et pensassi subtilmente
in che periculo et fastidio entra Sua Santità, negando a Cesare et
al Cattolico questa gratia. Perchè , benché la negativa paia iustitìcata ,
ogni homo intende che inepsa si contiene, negare absolutamente la
corona a lo Imperatore, et interrompere la electione del Catholico
in Regem Romanorum, per quanto fussi in poter del Papa; per le
difficultà et confusione che si tira dreto lo haver ad venire a Roma
ad incoronarsi , essendo e passi di Lombardia in modo strecti et in
mano di Francia et de' Venetiani., che si può credere che non
potria passare se non per forza et con grandissimo esercito : et
così discorressi quanto 1' uno et 1' altro sieno per tenersene of-
fesi, et per cercare in ogni tempo di vendicarsi, né possino mai
più riconciliarsi o confidare : et apresso, li modi facili che haranno,
per via directa et indirecta, di tenere il Papa in continua anxietà.
V. S. sa come noi siamo apti et preparati a la defensione, di danari,
di gente, di condoctieri, di amici, di servitori; di che natura sieno
li vicini nostri, et le cose di Firenze et di Siena. Con V. S. non biso-
gna simulare o dissimulare , perchè vi sono note come a noi ; et chi
non fussi bene chiaro, quando se ne havessi ad fare la prova, si
chiarirebbe presto. Hor chi si trova in questi termini non può far
meglio che fuggire quanto è possibile lo bavere ad fare paragone.
Facto questo discorso , V. S. pensi anchora , se N. S. entra in questo
laberinto, che remedii, che provisioni si può fare dal canto nostro
et da la banda del Cristianissimo ; el quale, benché sia potente, et pre-
suposto che sia integro et bono (il che io tengo per certo), per essere
discosto da Roma, non può tanto giovare quanto forse possono nocere
li Spagnoli per essere in su le porti ; et non solo contro a la Chiesa ma
contro a' Fiorentini et Sanesi ec. ; a' quali haranno manco respecto che a
la Sede apostolica. Et poi che V. S. bara calculato bene questa ragione ;
se così vi parrà ad proposito, so ne vadi al Re et a Madama, et conferi-
sca et si restringa (parlando sempre come da sé, et in modo che la non
(1) Anche questo periodo , con altri de' susseguenti dispacci, si trova
pubblicalo dal Capponi nella citata Appendice IX.
DONATI Al, U. ARCHIVIO DI FIRENZE 225
oblighi N. S. a cesa alcuna, dove loro si potessiuo apiccare) quello
die si può et debbe fare, nel caso ec, per la salute di Sua Santità et
del Duca, uscendo de le cose generali: et che subsidio potria mandale ;
in quanto tempo ; chi ne Darebbe la cura, et così de le genti come
deli danari; et che securtò ne potria bavere N. S. da starne con lo
animo quieto: perchè N. S. confessa non havere spalle da sopportare
questo peso. L' altra consideratone che io vorrei V. S. havessi, et
poi etiam, come da sé, sanza monstrare haverdi qua commissione,
ne parlassi col Re et' con Madama , ò la perdita manifesta che farà
N. S. de lo stato che il Re Catholico vole dare., di presente, nel
Regno di Napoli, di xv o xxmila ducati, libero, necto et senza
alcuna servitù; el quale esalterebbe la Casa nostra et stabilirebbe
l'altre cose de la Excellentia del Duca. Et se- bene, a' li di passati,
fu da loro promesso uno stato di vimila ducati per Hippolito, fu
avanti che si venisse a questi ineriti, et ordinariamente in su la morte
de la Regina di Napoli. Ma hora sono venuti a questo per il Duca,
per il desiderio et bisogno che hanno di questa gratia. Così negando,
si va da extremo ad extremo: perdesi quello che si acquisterebbe, et quel-
lo che si possiede si inette in compromesso. Desiderrei che V. S., motti
proprio, aprissi bene questa materia al Cristianissimo ; el quale (es-
sendo tanto liberale et glorioso) non doverria ricercare di cosa che
ci facessi un danno sì excessivo et ci mettessi in un periculo tanto
grave, sanza conservatione o rernuneratione. Et benché non sia of-
fltio mio comentare le opere bone del Cristianissimo, pure io subiun-
gerò che credo, questa oblatione che ha facto Sua Maestà, per la
impresa del Turco, oltre al lare il debito, sia stata per mettere
animo a N. S., monstrandosi sì potente et pronpto, ad ciò che Sua
Beatitudine calassi , per suspecto di non poter reggere questa piena ;
et maxime havendo inteso che, a li giorni passati, el Catholico havea
facto uno ordine per la impresa ec, come harete visto per le copie.
E' mi pare che V. S. sia venuto in tanta fede col Cristianissimo et
con Madama, et le ragioni sono tanto vive, et il Re è sì bene di-
sposto, che io non posso credere che V. S. non facci qualche rilevato
colpo, se haremo ad venire a questo passo. Io ho voluto satisfare
a me medesimo, scrivendovi quello che intendo , a punto sahza com-
missione di N. S., perchè con V. S. non posso mai errare. Quella
me ne responda in una lettera separata che venghi in mano mia: et
se io iudicherò che sia bene comunicarla al Papa , lo farò ; altrimenti
resterà apresso di me , et non harò perduto nulla di havere conferito
a V. S. el pensiero mio , essendo noi una cosa medesima ».
Arch., 3.a Serie, Tom. XXIV. 15
IL REGNO DI CULO I ° D'ANGIO
dal 2 Gennaio 1275 al 31 Dicembre 1283
Anno 1275. Indizione III.
Gennaio 9. Casalbolu. - Al principiare di questo mese
di gennaio , .la fortezza del vecchio castello di Lucerà inco-
minciò ad essere abitata da' Francesi venuti di Provenza. I
primi 38 furono Gualtiero ostiario della regina, Angivino e
Stefano Exalard , Pietro Vadovense , Morello de Cepey , Gio-
vanni de Longue, Riccardo Morin , Tommaso Pages , Berto -
lotto Podager, Guglielmo Done, Ruinaldo de Mole, Giletto
ufflziale della salseria del re, Guglielmo de Garritene , Pietro
Olearie , Angevino ufflziale della ferraria del re , Boedetto
ufflziale della stanzionaria del re, Brido Barriler, Giovanni
di Brettagna astor , Guglielmo Boniface, Giovanni de Reyens,
Giacomo Grugnette, Enrico ufflziale della fruttarla del re, Gio-
vanni di Lione , Eustasio ufflziale della ferraria del re , Ugo-
lino cocchiere di quadriga (1) , Giovanni de Brusson, Rossello
de Mole, Guglielmo Mustarol, Martino Borgognone, Giuliano
astator; Morello portator , Rubino conduttore di acqua con
animali da soma (2), Guillotto Boniface, Pietro d'Arras, Nic-
cola Butzer, Giovanni de Corceil, Territo de Verdun e Cozzetto
d'Arras. E re Carlo in questo dì ordina al giustiziero di Ca-
pitanata di somministrare loro tutto quello erasi promesso nello
invito pubblicato; e che nello stesso tempo si faccia da essi pre-
stare il giuramento di fedeltà. Il presente diploma comincia così:
Subscriptis gallicis tam de hospitio nostro quam eira hospi-
liuiìi primi secundi et ultimi gradus qui sunt numero tri-
ginti odo per excelle, diam nostrani de novo ad habitatio-
nem fortelitie veteris castri nostri Lucerle deputatis quo-
rum nomina inferius denotantur. Poi nel 5 di aprile venne
ad abitarvi Bartolommeo de Gaones colla moglie, nel 22 dello
stesso mese Guglielmo de Mauxrespect colla moglie, nel 28
giugno Pietro de Flavecour e Pietro Bruter , nel 6 di agosto
Guglielmo Biver colla moglie , nel 12 dello stesso mese Gi-
(1) Sumularius quadrige. (2) Sumularius aque.
IL RkGNO EC 227
berto de Plerios , Stefano de Mayers , Guglielmo Bubare e
Riccardo di Roano (1).
14 , Napoli. - Re Carlo nomina suoi procuratori speciali
i Maestri Pietro sottodecano di Orleans, Enrico di S. Me-
mio canonico di Champagne , Radulfo di Vemaricio canonico
di S. Clodoaldo presso Parigi, suoi familiari, ed i maestri
Giovanni di Parigi arcidiacono di Soissons , Guarniero arci-
diacono di Parigi , Anselmo di Monteacuto , il milite Giovan-
ni de Blenesco giureconsulto, e Roberto de Brochecour, suoi
avocati, per difendere la sua causa, qiiam cum eoocellenti
et m,agno principe karissìmo domino et nepote nostro do-
mino Philippo Dei gratta Rege Francie illustri super
Pictavìensem Comitatumet terram .Uremie in Curia ipsius
Kegis habemus. E nello stesso tempo dà ad essi ampli po-
teri per chiedere al detto re di Francia il possesso della con-
tea di Poitiers , della terra di Alvernia e di tutta la eredità
del defunto Alfonso conte di Poitiers suo fratello , di cui esso
re Carlo è il solo e più prossimo erede , e quindi in nome
suo prestare il dovuto giuramento al predetto sovrano fran-
cese per quei feudi (2). In questo stesso giorno crea in Balio
di Angiò il milite Giovanni de Blenesco professore di diritto
civile e suo consigliere (3).
19, ivi. - Scrive a tutti i Giustizieri del reame che per
antica consuetudine del regno , gli antichi sovrani di Napoli
e di Sicilia , imponevano una sovvenzione allorché maritava-
no le loro figliuole ; che perciò quando maritò egli Beatrice
sua figlia a Filippo imperadore di Costantinopoli, impose la
sovvenzione predetta, la quale fu ordinato pagarsi cioè dal
Giustizierato di Abruzzo ultra , once di oro 6539 , e tari 21 ,
dal Giustizierato di Abruzzo citra, once 4405 e tari 27, da
quello di Terra di Lavoro e Contado di Molise , once 13481 e
taiì 10, da quello di Principato e Terra Beneventana on-
ce 925G e tari 6 , da quello di Basilicata once 7144 e tari 28,
da quello di Capitanata once 5501 e tari 10, da quello di Ter-
ra di Bari once 9199 e tari 15, da quello di Terra di Otran-
(1) Reg Ang. 1274, B. n. 21, fol. 274 t. ; 275 t. - 282 et. 288, 202, 338.
(2 Reg. Ang. 1274, B. n. 20, fol. 49 et. ~,0 il l ." t. 50 il 2.°
(3) Ivi, fol. 49 t.
228 IL REGNO
to once 5912 e tari 12, da quello di Valle del Orati e Terra
Giordana once 9538 e tari 6 , da quello di Calabria once 4386
e tari 9 , da quello di Sicilia citra , once 12500 , e da quello
di Sicilia ultra once 12500. Quindi chiede che siffatto paga-
mento sia eseguito (1).
20, ivi. - Trasmette al Giustiziero di Terra di Otranto,
copia delle Costituzioni del Regno (2). In questo stesso gior-
no scrive a' Giustizieri di Terra di Lavoro e Contado di Mo-
lise e di Abruzzo, di prestar braccio forte, e tutto ciò che ad
essi chiederà fra Giacomo dell'ordine de' predicatori , il quale
per ordine del pontefice deve percorrere quelle province per
inquirere contro gli eretici (3). Poi nel medesimo giorno ordina
la confìsca di tutti i beni di Tommaso Aimone d'Aquino, quia
ivit in Campaniam in offensionem fìdelium Ecclesie assu-
mendo sibi Capitaniam contra mandatum nostrum ,• ma
poi nel giorno 3 del seguente mese di febbraio gli fa grazia
restituendogli tutto , però avendo il d'Aquino dato per suoi
fideiussori i militi Ruggiero di Sanseverino conte dei Alarsi,
Tommaso d' Eboli, Gualtiero di Colliepetro, Riccardo d'Acqua-
viva, Odorisio di Sangro e Rainaldo d'Avella (4).
28, ivi. - Ordina al Giustiziero di Capitanata di rinve-
nire 300 saraceni che siano buoni ed eletti guerrieri , cioè 200
arcieri e 100 lancieri, che il milite Salem saraceno di Luce-
rà, in qualità di loro capitano, dovrà condurre a Brindisi,
per poi passare alla Vallona (5). Indi conferma nell'uffizio di
preconizzatore della città di Brescia Bellotto Pertosa , e no-
mina capitano della Valle Camonica Ribaldo Lavandario (6).
30, ivi. - Re Carlo avendo saputo che lungo il littorale
della città di Napoli si costruivano delle case e delle botte-
ghe, nel 26 di settembre dell'anno 1274 ordinò al Giustiziero
di Terra di Lavoro d'inquirere, e se ve ne trovasse sul suolo
demaniale in LUore portus maritime cwilatis Neapolis, sen-
za regia licenza, le facesse occupare dal regio fìsco. Di fatti
(1) Reg Ang. 1274, B. n. 19, fol. 54, et.
(2) Reg. Ang. 1274, B. n. 2J, fol. 351-353 t.
(3) Reg. Ang. 1274, B. n. 19, fol. 29.
(4) Reg. Ang. 1274, B. n. 21, fol. 181, 225 (5) Ivi, fui 27C.
(6) Reg. Ang. 1274, D. n. IP. fol 190 t.
DI CARLO i. d'angiò 229
eseguitisi gli ordini regi dal Giustiziero , Giovanni de Ferula
di Napoli , ricorse al re dicendo che domos duas silas eoclra
civilafem eamdem in lilore maris prope Ecclesiam Sancii
Angeli de Arena et prope Ecclesiam Sancte Marie de Car-
mine di sua proprietà non stanno sul suolo demaniale , e ciò
non ostante furono occupate dal regio fisco ; e re Carlo in
questo dì ordina al detto Giustiziero di esaminare l'esposto e
se vero restituisca al detto Ferulo la sua proprietà (1). Nello
stesso giorno il milite Roberto di Laterza ricorre al re di-
cendo che la sua terra di S. Arcangelo in Basilicata per un
fortuito incendio è rimasta in parte distrutta dal fuoco, e quella
parte de' suoi vassalli con le case anno perduto tutto , perciò
chiede la diminuzione delle collette; e re Carlo ne ordina la
inquisizione al Giustiziero di Basilicata per poi provvedere (2).
Febbraio 3, ivi. - Re Carlo scrive al Giustiziero di
Terra di Otranto che provvegga per le paghe e per la pana-
tica delle 15 teride che à fatto armare delle regie teride esi-
stenti nel porto di Brindisi, le quali debbono sollecitamente
trasportare milizie a Durazzo. Ordina quindi che ogni terida
abbia 50 marinai e corrispondenti Corniti e Nocchieri , che in
esse si facciano 360 mangiatoie (3) pe'cavalli degli stipendiari
e de' loro capitani , che vi si debbono imbarcare. Che oltre a
detti stipendiari e cavalli si debbano imbarcare ancora 500
facchini (4) per calare a terra in Durazzo 400 sacchi , 50 bec-
chi (5), le vettovaglie • il vino, il sale ed altre cose neces-
sarie che manda al castello della Vallona. Ed infine ordina
che infallibilmente le dette navi con tutti gli altri legni do-
vranno uscire dal porto di Brindisi il giorno 18 di questo
mese di febbraio , avvertendolo di non esser negligente se
vorrà evitare la pena publicationis omnibus bonis tuis et
persone Ine periculitm (6). Indi scrive al Giustiziero di Ter-
ra di Bari perchè senza perdita di tempo mandi subito 200
saraceni a Brindisi, cioè 100 balestrieri con le balestre e
loro corredo , e 100 lancieri con lance e scudi , i quali nel
oiorno 18 di questo stesso mese debbono imbarcarsi sulla
(1) Ivi fol.27, 31 t. (2) Reg. Ang. 1274, B. n. 21, fol 302.
(3) Presepia. (4) Bastasios. (5) Ireos caprinos.
Q) Reo. Ang 1274, B. n. 21, fol. 330.
230 IL REGNO
flotta con le altre milizie per andare alla Vallona. Quali 200
saraceni saranno comandati dal loro capitano il milite Ric-
cardo saraceno di Lucerà, e l'altro milite saraceno Salem
comanderà altri 300 saraceni, cioè 200 arcieri e 100 lancie-
ri. Ed infine gli ordina di consegnare a quei capitani saraceni
cento rotelle per gli arcieri , e cento lance di frasso ferrate
pe' lancieri (1). In questo stesso giorno ordina al Giustiziero
di Abruzzo ultra di pagare in ciascun mese , dal 1 di questo
febbraio , cento once di oro di peso generale a fra Pietro de
Oratorio monaco cisterciense , ed al giudice Giovanni di Vai-
rano , da lui deputati a sopraintendere alla fabbrica del mona-
stero che fa edificare in memoria della vittoria riportata con-
tro Corradino in partibus Aprutii inter castrum Pontis et
Casale Cappelle (2).
8, ivi. - Matteo Lupo di Civita S. Angelo combattè con
Manfredi fuori Benevento contro re Carlo , e fu morto in
quel conflitto. Dichiarato perciò proditore , i suoi beni furono
confiscati, e ne furono spogliati Sibilia sua moglie e Giaco -
mina sua figliuola. E poiché questa ultima ora si marita con
Caleno de Avillers familiare di Carlo principe di Salerno, il
re nel dare il regio assenso pel matrimonio allo sposo , le
restituisce i beni paterni (3).
13, ivi. - Un fortuito incendio avendo distrutto parte
della terra di Anglona, una parte dei suoi abitanti rimasta
priva di tutto e di tutte le masserizie , non può pagare le
collette , per la qual cosa il vescovo di Anglona ricorre per
questi suoi vassalli a re Carlo , il quale ne commette infor
inazione al Giustiziero di Basilicata (4).
20, ivi. - Re Carlo scrive al Giustiziero di Terra di Ba-
ri che à rilevato dalle sue lettere avere egli , a norma degli
ordini ricevuti, fatto costruire cento rotelle secondo il mo-
dello datogli dal milite Riccardo saraceno di Lucerà , e cento
lance di zappino ferrate , le quali cose tutte tiene in Barletta ;
quindi gli ordina che il tutto consegni al detto milite Riccar-
(1) Ivi, fol 324. (2) Reg. Ang. 1274, B. n 19, fol 53 t.
(3) Reg. Ang. 1274, B. n 21, fol. 274 t. 277
(4) Reg. Ang. 1274, B n. 21, fol 302 t
DI CARLO I. D'ANGIÒ 231
do, il quale dovrà assegnarle ai saraceni arcieri e fanti, che
debbono partire per la Vallona (1).
25, ivi. - Ordina al Giustiziero di Terra di Lavoro di
ricercare maestri di mannara (2), maestri d'ascia (3) e mae-
stri calafati esperti nella costruzione delle navi , per costrui-
re 20 teride , delle quali 12 si faranno da Signorello Griffo di
Napoli , ed otto da Matteo Salvacossa protontino d' Ischia, per
conto di Filippo imperadore di Romania suo genero (4). Indi
sollecita la costruzione di 20 edifizi nuovi nel luogo detto Piz-
zuto per ampliare l'arsenale di Brindisi (5).
Marzo 2, Capita. - Il vicedecano , il rettore ed il con-
vento di Montecassino mandarono uno de' loro fratelli al ca-
stello di S. Stefano , di proprietà di quel monastero , per esi-
gere alcune rendite ed altri diritti ; il quale fu ricevuto in modo
che per campare la vita dovè fuggire. Allora il monastero
ricorse contro i rei , e re Carlo li fece citare ; e lo stesso
praticarono l'arcivescovo di Napoli vicario della badia Cassi -
nese , e B. abate di quel monastero. Resisi contumaci i rei ,
l'arcivescovo di Napoli spedì per punirli i militi Alberto ,
Francesco e Pietro di Manso e Giovanni Matrentino familia-
ri dell'abate predetto , ed allora quasi tutti gli abitanti di
quel castello per timore abbandonarono ' il paese , portando
con sé le loro famiglie e quanto possedevano, ed andarono ad
abitare altrove, lasciando quasi disabitato il castello suddet-
to. A questo il Giustiziero di Terra di Lavoro citò i familiari
dell'abate, per le violenze usate, ma essendosi dall'arcivescovo
di Napoli presentata supplica al re dicendo di differire tale
giudizio, perchè B. abate di Montecassino stava in Romania per
missione della Curia Romana, re Carlo ordina al Giustiziero
predetto di differire quel giudizio al ritorno dell'abate (6).
17, ivi. Re Carlo dal notamento degli otto candidati per
l'uffizio di Podestà di Prato, presceglie Uguccione de' Buon-
delmonti cittadino fiorentino , che dovrà reggere dal 1.° di
aprile prossimo al 30 giugno , e Tribaldo di Zandonato anche
cittadino fiorentino , dal 1.° di luglio al 31 di dicembre (7).
(il Ivi, fol. 325 t (2) Magistros Mannenses.
i") Carpenterie»? rio biscia (4* Ivi, fol. 182. (5) Ivi, fol 355 t.
'6) Ivi, fol. 182 (7) Reg. Ang. 1274, B. n. 19, fol. 493.
23? II, REGNO
Le due province di Abruzzo, che fino al 10 di febbraio di
questo anno, erano divise in due distinti giustizierati s in
quello cioè di Abruzzo citra , e di Abruzzo ultra , trovansi in
questo dì riuniti in un solo giustizierato detto Novns Insti-
tiariatus totius Aprutii (1).
20, ivi. - Re Carlo crea capitano di Pistoia Raone de
Griffo milite napoletano, da reggere dal 1.° di maggio al 31 di
ottobre di questo anno (2).
• 22, ivi. - Crea il milite Gregorio Vicedomini di Piacen-
za suo consigliere in Vicario di Toscana , ed il milite Simone
Curario in Vicario di Grasse (3).
30, ivi. - Re Carlo, non potendo più tollerare le incur-
sioni che spesso facevano i pirati dalmisini nel reame , fece
risoluzione di distruggerli affatto , e di distruggere ancora la
loro terra di Dalmasia , che chiama spelonca di ladroni. Al
quale effetto in questo dì ordina che la flottiglia composta di
galere e di vascelli si debba riunire nel porto di Viesti, da
dove si metterà in rotta per quella impresa , il quarto giorno
dopo la festività della resurrezione del Signore (4).
Aprile 2, ivi. - Re Carlo ordinato avea a' Giustizieri
delle varie Provincie del regno, di avvertire tutti i feudatari
delle respettive giurisdizioni , i quali aveano ricevuto in dono
da lui terre e feudi, di tenersi pronti in perfetto servizio
militare et 'magni/ice per portarsi alla sua presenza il giorno
primo del presente mese di aprile. Ma invece i detti Giusti-
zieri o i loro commissari non avendo bene compreso l' or-
dine regio , chiamarono sotto le armi tutti i baroni , prelati
ed ecclesiastici che possedevano feudi non donati , di che
sdegnato re Carlo con aspri rimproveri , scrive a' Giustizieri
di Terra di Lavoro e Contado di Molise, di Principato e
Terra Beneventana, di Terra d'Otranto, di Capitanata, di
Terra di Bari , di Basilicata , di Valle del Grati e Terra Gior-
dana, di Calabria, di Abruzzo, di Sicilia citra e di Sicilia
ultra, ordinando loro di citare i rispettivi Commissari per
comparire innanzi a' Maestri Razionali della Gran Corte, per
(1) Ivi, fol. 53 et. _ (2) Ivi, fol. 193.
(3) Reg. Ang. J274, B. n 20, fol. 79 et.
(4) Reg. Ang. 1274, B. n. 19. fol. 193 t.
DI CARLO I. d'angiò 233
dar conto di siffatta negligenza nella esecuzione de' suoi ordi-
ni , e giustificare sé la colpa è stata loro o de' Giustizieri (1).
3, ivi. - Scrive al Giustiziere- di Capitanata che i Sara-
ceni di Lucerà passati ad abitare il casale di Stornarla fin
da' tempi di Federico II imperadore , ed altre terre di Capi-
tanata, come pure quei Saraceni di Lucerà che dopo la rico-
struzione di quella città passarono ad abitare Castelluccio di
Sauro, sono ricorsi a lui perchè si facesse adessi contribui-
re nel modo stesso che praticavano a' tempi del predetto
imperadore Federico e della venuta in regno di esso re Car-
lo. E poiché à egli accordato a detti Saraceni quanto anno
chiesto, lo partecipa a lui, onde non li abbia a molestare (2).
9, ivi. - Ordina armarsi alcune galere e taluni vascelli
per andare contro i pirati Dalmisini , le quali navi debbono
mettersi in rotta dal porto di Viesti (3).
10, ivi. - Scrive a tutti i suoi amici di Ungheria e di Schia-
vonia avvertendoli che egli manda in quelle parti Giovanni
preposto di Glogona prò quibusdam nostris negotiis e perciò
raccomanda loro di credere fermamente tutto ciò che il detto
Giovanni ex parte nostra super hiis quod ad honorem et
comodimi Rarissimi filii nostri Illustrìs Regis Hungarie ai-
que nostrum dirà loro , e di adoperarsi onde il tutto sia effi-
cacemente eseguito (4).
16, ivi. - Firma la tregua per cinque anni col Comune
di Asti trattata da' suoi procuratori all'oggetto nominati, che
sono A. vescovo di Sisteron, Guglielmo di Lagonessa Sini-
scalco di Provenza , Roberto de Laveno, Giacomo Cantelmo ,
leardo de Vitrenos vicario di Marsiglia , Giovanni di Muffle-
to , e Triraldo de Fla^vas , suoi consiglieri e familiari , colle
condizioni, che esso Carlo dovrà liberare tutti i prigionieri
della città e del distretto di Asti , che tiene rinchiusi nelle
sue prigioni , dietro il pagamento da ricevere di centomila
libbre di tornesi , nelle quali non dovranno computarsi le
somme pagate a Roberto conte d'Artois suo nipote o ad altri
pe'prigionieri liberati, o per qualunque altro riscatto: e che ad
(1) REG. Ang. 1274, B. n. 21, fol. 189. (2 Ivi, fot. 282
(3) Ivi, fol. 281. (4) Reg- Ang. 1274, B n. 19, fot 102.
234 IL REGNO
esso re Carlo siano restituiti tutti i prigionieri di qualunque
condizione o per qualunque causa fatti in guerra o fuori e tutti
gli ostaggi che tengono per Giovanni di Braida e di altri . e
liberare pure da ogni obbligo i fideiussori di detto Braida (lì.
18, ivi. - Scrive al Siniscalco di Provenza . ripetendogli
gli ordini dati nel 6 di luglio dello scorso anno pe' Genovesi
suoi amici e fedeli , che volendo evitare i danni della guerra
si determinassero venire nei suoi Stati; indi prosegue : Nuno
(n<tem fìclelitati tue precipiendo mandamus quatenus per
totam provinciali et in omnibus locis in quibus poteri?
unde hoc ad Ianuenses notitiam citìus valeat pervenire
puplice banniri facias ut omnes in Civitate. Maritima et di-
strie tu Ianue commorantes qui exinde exire voluerint
libere inde exire valeant cum rebus et familiis eorundeni
et ad terras nostras venire et habitare et mercari ibidem
quos exeuntes et ad terras nostras venientes recipias et
recipi facias sub forma, superius annotata (2).
22, ivi. - Ordina di proseguirsi celeremente la costru-
zione di 17 nuovi edifizi , che si fanno nel luogo detto Piz-
zuto per ampliare l'arsenale di Brindisi; quale costruzione
sia data in appalto a maestro Angelo di Marino alla ragione
di 26 once di oro di peso generale per ciascuno edifizio (3).
27, ivi. - Crea Grimerio de Vicedomini di Piacenza in
Podestà di Siena (4).
Maggio 1, ivi. Scrive a' suoi vicari di Toscana e di
Roma, che il pontefice gli à spedito lettere per ottenere da
lui salvacondotto pe' messi del Paleologo , i quali debbonsi
portare alla Curia Romana. Benché ciò sia contrario alla sua.
mente , pure per fare cosa grata al detto pontefice , à affidata
siffatta missione a Giovanni de Brie , suo valletto e familia-
re, il quale accompagnerà gli ambasciadori greci al papa,
perciò ordina che nessuno ardisca molestarli (5).
2, ivi - Scrive al Giustiziero di Basilicata, di avere egli
mandato ordine al castellano del castello di Acerenza , di con-
segnare all' istante ad esso Giustiziero i prigionieri albanesi
(1) Reg. Ang. 1274, B. n 2', fol 51. (2) Ivi, fol. 79 t.
(3) Reg. Ang. 1274, B. n 21, fol. 3" f
(4) Reg. Ang. 12*4, B. n. 19, fol. 194 t. (5) Ivi, fol. 194.
DI CARLO i. d'angiò 235
che stanno custoditi in quel castello , e perciò gli ordina di
subito e senza remora spedirli tutti sotto sicura scorta al
Giustiziero di Terra di Bari , il quale à l'obbligo di conse-
gnarli al castellano del castello di Brindisi , dove dovranno
essere rinchiusi (1).
10, ivi. Ordina al Giustiziero di Terra di Lavoro, d'inqui-
rere contro quei Cassinosi, i quali ostilmente avendo assalito
il Castello di S. Stefano di proprietà del Monastero di Montecas-
sino, quasi interamente lo distrussero, mettendolo in fiamme (2).
18, Casule Cullano. - Scrive al Giustiziero di Terra di
Lavoro : Pro parie Roberti Trimergule de Neapoli fìdelis
nostri fiiit nostro culmini supplicatimi ut cum olim a no-
stra Curia mandatimi emanarit quod nullus qui non esset
de genere militum cingulum militare, absque nostra spe-
ciali licentia. auderet assumere ac idem RobertuS qui in
subventionibus ceteris et collectis. cum militibus Neapolis
contribuii et cuius pater cordribuer Use mper similiter cum
eisdem ex parte matris de genere militari existat lìcentiam
sibi assumendam militiam. benigne concedere dìgnare-
mur. Nos igitur suis supplicalionibus inclinati fidelità//
tue precipiendo mandamus quatenus si Ubi constiterit pre-
dicium Robertum ex parte matris de genere existere mi-
litari ac ipsum ad presens contribuere. nec non etpatrem
svimi contribuisse semper cum Neapolitanis militibus in
subventionibus et collectis prout superius est expressu/r.
circa eum super assumendo per ipsum predicto cingu/o
militari constilutionem Regni nostri super hiìs editam
serves et facias observari (3).
23, Capita. - Scrive allo stesso Giustiziero che egli vuole
che si eseguano sollecitamente le riparazioni e le ricostru-
zioni al palazzo di Belvedere , posto nella sua giurisdizione ,
il quale fu rovinato da' Napoletani , dagli Aversani e da' Ca-
puani, e che la spesa necessaria è di 340 once di oro, e per-
ai Reg. Ang. 1274, B. n. 21, fol 304 t.
(2) Ivi, fol. 194 t Questi Cassinesi debbono esser quei familiari del-
l'abate, che furono spediti a punire 1" insulto fatto all'esattore del Mona-
stero dagli abitanti di S. Stefano. Vedi qui innanzi al giorno 2 di marzo.
(3) Ivi, fol. 195 t
236 IL REGNO
ciò gli ordina di imporre la tassa per tale somma, alle Uni-
versità di Napoli , di Aversa e di Capua, proporzionami! ili
nel modo stesso fatto per la tassa del maritaggio. E da ulti-
mo gli partecipa che Grazia Fedele e Niccolò Mariano di
Aversa sono destinati a sopraintendere alle spese di siffatta
opera, e Maestro Pietro di Chaulle suo chierico e familiare
è il direttore de' lavori (1).
28, Napoli. - Scrive al re di Francia Filippo suo nipote,
avere egli nominati suoi procuratori speciali maestro Enrico
de Catalano canonico di Champagne, Guido de Mese cittadi-
no di Tonnere, Pietro Trouchevace di Nevers, Fra Odoar-
do suo stanzionario, Rodulfo de Vemarice canonico di S. Clo-
doaldo presso Parigi , il milite Maurizio Mauinuy , ed il mi-
lite Goffredo de Braises baiulo di Angiò , per osservare, ispe-
zionare e prendere conoscenza della Contea di Poitiers , della
terra di Alvernia , della terza parte di Avignone e di tutta
la eredità deL defunto Alfonso conte di Poitiers suo fratello (2).
Giugno 16. Napoli. - Ordina al Giustiziero di Terra
di Bari Officium et proventus Side nostre Brundusii in ter-
ris famosis ìurisdictionis tue per vocem preconìam facias
venate esponi et publice subastari. et siquidem apparue-
rint qui offlcium et proventus eiusdem Side in cabellani
petierint sibi vendi ipsos incontinenti cum litteris tuis con-
tinentibus nomina et cognomina ipsorum et quantitate ni
pecunie quam de proventibus diete Side prò anno uno vel
pluribus dare obeurrat ad Curiam nostrani mittas tractatu-
ros et composituros cum Curia nostra de emptione Side
predicte et exinde scriptum pacti. si inde cum Curia no-
stra composuerint a nostra Curia recepturum (3).
In questo stesso giorno ordina che si armino e si muni-
scano 20 galere , G galeoni e due vacchette , cioè 10 galere e
2 galeoni delle navi che stanno ne' porti di Sicilia , e 30 ga-
lere , 4 galeoni e 2 vacchette di quelle che trovansi ne'porti
di Principato e di Terra di Lavoro. Le quali navi tutte si
dovranno riunire nel porto di Napoli per mettersi in cammi-
no nel giorno di S. Maddalena (22 di luglio) del prossimo
(I) Ivi, fol. 196 197 t. v2) Reg. Ano. 1274, B. n. 20, fol. 51 t. 55.
(3) Reg. Ang 1274 , B. n. 21, fol. 336.
DI CARLO i. d'angiò 237
ni se di luglio. E nel medesimo tempo ordina di armarsi
e munirsi altre otto galere, alcuni galeoni e talune vacchette,
destinate alla custodia delle marine di Principato, di Terra
di Lavoro e di Corneto (1).
21, ivi. - Crea in capitano di Brescia, Raniero de Par-
tiuiis di Pistoia, ed in Vicario della stessa città Filippo de
Asnellis bolognese (2).
25, Monteforte. - Risponde al Giustiziero di Sicilia ultra
di avere ricevuto il notamento da lui inviatogli , de' feudatari
del suo giustizierato , i quali nel marzo di questo anno ebbe-
ro ordine di trovarsi in completo servizio militare per la fine
dello stesso mese , onde poter partire nel seguente aprile (3).
In questo stesso giorno scrive a' Giustizieri di Capitanata e
di Terra di Bari , che stanno per ritornare per la parte di
mare i reLiìjiosi uomini Giovanni preposito Mettoviense e
Martino detto Alamanno suo familiare , da lui mandati in
Ungaria per affari difficili ed urgenti. E perchè que' messi
subito debbono trovarsi alla sua presenza , ordina che faccia-
no trovare tutto l'occorrente in Manfredonia, affinchè i detti
ambasciadori appena giunti in quella città , senza rimanervi
neppure una sola ora , immantinente vengano alla sua pre-
senza. Minaccia infine a quei Giustizieri la pena di 50 once
di oro e 1' ira sua se mai saranno negligenti nella esecuzione
de' suoi ordini (4).
29, ivi. - Ordina al Giustiziero di Capitanata, di fare su-
bito pagare la mercede agli operai per la costruzione delle
case nella fortezza del vecchio castello di Lucerà, e le paghe
a' servienti deputati alla custodia di quel castello. Quale da-
naro prenda dalle somme del prezzo della nuova moneta
battuta in Brindisi, e distribuita nella sua provincia, come
per le altre del regno. Ed infine gli fa conoscere che la nuo-
va moneta distribuita nel suo Giustizierato è di 3G03 libbre
15 soldi e 7 danari, che formano 1201 oncia di oro, 7 tari
e 16 grana , computate alla ragione di un' oncia di oro per
ogni tre libbre di moneta nuova (5).
(1) Reg. Ang. 1274 , B. n. 19, fol. 100.
(2) Ivi, fol. 194 t. (3) Ivi, fol. 108 t.
(4) Reg. Ang. 1274, B. n. 21, fol. 287 t. (ó) Ivi, fol. 288 t.
238 IL REGNO
Luglio 8, ivi. - Fa pagare a Niccola di Galiano di Bar-
letta 300 once di oro in conto di 2300 once, prezzo stabilito
per la costruzione di 20 teride , di 5 galere e di un galeone,
alla ragione di 90 once di oro per ogni terida , e di cento
once per ogni galera (1).
9, ivi. - La piazza del popolo di S. Stefano ad Arco nella
città di Napoli , ricorre a re Carlo perchè esorbitanti si sono
resi i pesi fiscali, a causa che molti del popolo intendendo-
sela con i nobili , e praticando con essi vari modi , venivano
ammessi a contribuire con loro , e perciò più grave rimaneva
il peso a quei del popolo. Per la qual cosa , re Carlo proibi-
sce l'ammissione alle piazze de' nobili , senza suo preventivo
assenso (2).
23, ivi. - Ordina al Giustiziero di Valle del Crati e Ter-
ra Giordana , d'- inquirere e di fare notamento di tutti i nomi
e cognomi di quelli abitanti delle terre vicine e luoghi adia-
centi al regio palazzo di Alizio, i quali distrussero e deva-
starono queir edilizio, affinchè sia riedificato a loro spese (3).
Agosto 2, Lagopesole. - Scrive al Giustiziero di Terra
di Lavoro, al Giustiziero di Principato ed al Vicario di Sici-
lia, che le galere armate in Provenza, le quali con le galere
con i galeoni e le vacchette armate ne' porti di Terra di La-
voro , di Principato e di Sicilia che debbonsi trovare nel porto
della città di Napoli per mettersi in rotta nel giorno 15 di
questo mese , non possono più venire , perchè trovandosi il
pontefice in Provenza, debbono trasportarlo e scortarlo a Roma.
Per la qual cosa ordina loro che senza attendere quelle navi
provenzali, tengano armate le rispettive sopraddette navi
ne' respettivi arsenali, onde mettersi in cammino il giorno là
del prossimo mese di settembre uscendo dal porto di Napoli.
E nello stesso tempo fa loro conoscere quod lanuenses et
ulti indevoti inimici nostri de mense Seplembris consueve-
re cum eorum navibus navigare et vacare circa recolli-
gendas vindemias vinearum et ólivarum propter quod a
galeis no stris ledi poluerint et offendi (4).
(1) Ivi, fol. 336 t. (2) Ivi, fol. 204 t.
(3) REO. Ano. 1274, B. n. 19, fol 79 t.
(4) Reg. Ang. 1274, B. n. 21, fol. 206 t.
Di carlo i. d'angiò 239
8, ivi. - P. Vescovo di Salpi ricorre a re Carlo dicendo'
che Federico II imperadore fece costruire un palazzo per suo
uso presso Salpi , sulle mura e sul territorio della chiesa dei
SS. Cosimo e Damiano , sita nella terra ed in pertinenza di
Salpi , senza aver pagato a quella chiesa l'annua rendita di 30
once di oro, ovvero rivalutala di un cambio equivalente ; chie-
de perciò il dovuto compenso per la chiesa di Salpi. E re
Carlo ordina al Giustiziero di Capitanata di prendere esatto
conto di tutto l'esposto e riferirgliene , per poi provvedersene
come di giustizia (1).
9, ivi. - Ordina restituirsi a'nobili Erardo de Vallery (2),
camerario , ed Imberto de Belloioco contestabile del regno di
Francia , suoi carissimi amici , le 15mila libbre di tornesi
mutuategli (3). In questo stesso giorno nomina suoi procura-
tori il milite Roberto de Lavena, Giovanni de Maffleto,
maestro Pietro de Latira ed il milite Giacomo Cautel-
ino , suoi consiglieri e familiari , per trattare la pace con i
Genovesi , con quei di Asti , e col marchese di Monferrato ;
però le condizioni di detta pace dovranno essere mandate a
lui per esaminarle ed approvarle (4). Indi nomina i suddetti
l)o .Maffleto e de Latira suoi procuratori con poteri illimitati
per trattare e stabilire una federazione tra lui , il duca di
Baviera ed i nipoti di costui (5).
15 ivi. - Pasquale Facciroso cittadino di Brindisi, nel
venire a morte, col suo testamento legò 50 once di oro per la
costruzione di un faro presso il porto di Brindisi, nel luogo
detto Lucaballo , onde evitare i pericoli a' quali andavano
soggette le navi nell'entrare in porto la notte o per altre
circostanze ; e ne affidò la esecuzione al prete Giovanni di- San
Martino , ed a Giovanni di Messina suoi concittadini. Ma in-
cominciata appena, questa torre rimase trascurata, perchè
quei due legatari invertirono in loro uso il danaro ; per la qual
cosa re Carlo ordina al Giustiziero di Terra d'Otranto di su-
(1) Ivi, fol. 292.
(2) Costui è forse quel Vallery insigne capitano che assistè Carlo nel-
la battaglia a Tagliacozzo contro Corradino , e che gli fece eseguire quel-
la manovra, per la quale riportò la vittoria no'campi Salontini.
(3) Reg. Ang. 1274, B. n. 20, fol. 53. (4) Ivi. (5) Ivi.
240 IL REGNO
'bito fare restituire la rimanente somma del legato, e celer-
mente faccia terminare quella torre con regio danaro , perchè
quello del legato non basta. Ordina quindi che la torre si edi-
fichi secondo il disegno da lui stesso fatto quando dimorò in
Brindisi , e poi soggiunge : et quia opus predictum est prò-
fectuosum et utile univer sai iter navigantibus omnibus et
specialiter domibus hospitalis templi et theotonicorum
propter massella eorum transfretantia ultra mare qua ex
causa credimus quod circa opus ipsum fratres ipsarum
domorum magis quam alti sint diligentes. soliiciti et fideles .
Volumus ut requiras perceptorem alicuius ipsarum do-
morum in Brundusio illuni vidilicet quem ad hoc inveneris
promptiorem ut exhibeat libi unum ex fratribus suis quem
repulaverit meliorem ipsumque expensoribus predictis. ad-
iungas ut intersit. sciai, et videat expensas omnes que fieni
in opere supradicto. et acceleret opus ipsum (1).
16, ivi. - Il milite Ruggiero di Sangineto ricorre al re
Carlo , dicendo che nonnulli pirate seu cursales per mari-
tìmam terre sue Bellovidere et aliarum terrarum vicina-
rum sepius discurrentes vassallos ipsius aliisque fidelibus
noslris ipsarum partium gravia dampna inferant et offen-
sas. incidendo arbores fructiferas terrarum ipsarum et se-
getes comburendo , e prendendo quelli che da Sicilia passa-
vano nelle Calabrie, per .la qual cosa chiede il permesso di
armare a sue spese uno o due galeoni per custodire quel lit-
torale ed inseguire i pirati. E re Carlo gli accorda quanto chiede,
fino alla prossima festività di S. Andrea, ordinando che tutto
ciò prenderà a' corsari, sia di esso Sangineto in compenso
delle spese che sopporterà per l'armamento de' galeoni (2).
17, ivi. - Scrive al Giustiziere di Terra d' Otranto : Fi-
delilali tue firmiter et expresse precipimus quatenus rece-
ptis preseniibus armari facìas de quacunque pecunia Cu-
rie nostre que est vel erit eie. aliquem galionem seu vac-
celam Curie nostre et in defectu ipsorum aliquam ganga-
nellam agiterà et mittas cum ea aliquem de familia tua
(1) Reg. Ang. 1274, li. n. 21, fol. 361 t.
^2) Reg. Ang. 1274, B. n. 19, fol. 123.
DI CARLO I. D'ANGIÒ 241
sollecitum et expertum apud Duri achium. Avellonam et
Corphày ad coni m homines terrarum. castrorum et
honorum ipsorum et quod eis in brevi de succursu provi-
debimus oportuno. et quod nova et rumores illarum par-
tium et processus eliam inimicorum scire et indagare stu-
deat. et Ubi referre per te statini celsitudini nostre districte
et fìdeliter referenda (1).
28, ivi. - Scrive al Giustiziere) ed a tutti gli altri uffiziali
della città di Napoli : Cura vir Magni ficus Comes Fian-
dre nsis consanguiaeus noster harissimus (2) per suas paten-
les litleras ordinaverit suum procuratorem et nuntìum
specialem lohannem de Burhundo militem familiarem et
ftdelem nostrum super recipiendis honis omnibus mobilibus
eiusdem comitis que idem in civitate Neapolitana dimisit
cura Comes ipse de Tunisii passagio redict. penes quoscum-
que sint nec non ad disponendum et faciendum de illis
bi prò utilitaie ipsius Comitis melius videbitur
ejspedire. Volumus et fide/itati vestre precipiendo manda-
mus quatenus eidem militi nullam super hoc inferentes
molestiam rei offensam. ad recipiendum Illa a quibuscum-
que personis oportunum impendalis consilium auccilium et
favorem. ita quod fìdes vestra posse ex hoc noti immerito
comendari (3).
30, ivi. - L'abate del monastero di Matina, ricorre a
re Carlo dicendo che taluni laici del Giusti/ierato di Valle
del Grati e Terra Giordana ausu moti temerario et diabo-
lico spiri/ u concitati armata manu cum banderiis explica-
tis ho stili more ad grangiam que dicitur Sanctus Petrus
de Sancto Mauro et Sancto Ysidorisio, di dipendenza del suo
monastero, ceperunt ipsam grangiam violenter combure-
rmi domos ipsius et aliquos de monacis et familia eiusdem
Monasterii Mutine morantibus in eadem grangia occide-
runt et aliquos lelaliler vulnerarunt. Pel qual fatto Giaco-
mo Genisio maestro giurato di S. Mauro li condannò alla
pena di mille once di oro , ed essi armata mano si portarono
(1) Reg. Ang. 1274, B. n. 21, fol. 361 t.
(?) Costui è Guido padre di Roberto che sposò Bianca figliuola di re
Carlo di Angiò. 3) Ivi, fol 208.
Aech., 3.» Serie, Tom. XXIV lo
242 IL REGNO EC.
novellamente alla grancia predetta , dando alle fiamme quel
che rimaneva del fabbricato , e portando via quanto vi era di
vettovaglie e di altro, e lo stesso fecero all'altra grancia
detta del Sagittario , anche dello stesso monastero. Per la
qual cosa re Carlo ordina al Giustiziero di Valle del Crati e
Terra Giordana , di fare citare i rei a comparire innanzi al
vicemaestro Giustiziero del regno ed a' giudici della Gran Cor-
te, dando sicura cauzione, in opposto si arrestino per esser
giudicati. I rei sono : Errico di Rossano figlio di Arterindo
di Rossano e suo fratello , Gualtiero Mezzabarba , Filippo di
Rossano, Francesco e Ruggiero Greco, Lucifero Cosentino,
Michele cognato dell'arcivescovo di Rossano, lodino de Fusa,
Lucifero Gifono, Roberto Carnopolo, Niccola Carnopolo, Leo-
ne Mondo, Alamagno Porcaro di S. Mauro, e Niccola suo
fratello , . Ugolotto Laude , maestro Niccola Scribara , Giovan-
ni Quintono, Roberto Ligio, Venuto suo fratello, Pullino e
Corrado nipoti di Lucifero Cosentino, Niccola Mezzafella , ed
Ettore figliuolo del decano, Ruggiero suo fratello, Papani-
cola, Niccola Grisolento, Giovanni Guzzaro di Corigliano ,
Andrea Maisitano, Andra Zabelone, Ruggiero Quattromani ;
Guldinurana , Giovanni di Starna , il figlio di Mauro Burri ,
Guglielmo Seventano , Goffredo Malono , Niccola Greco , Mi-
chele Lucifero, Pietro Vitale, Mauro Lombardo, Niccola Mus-
suru, Cristoforo di Palma, Basilio Greco, Lucifero di Ammi-
rato, Giovanni suo fratello, Matteo di Nicotera, Giovanni Gre-
co, Demetrio ed Alto Cefalone, Niccola Gigante, Guglielmo di
Taranto, Simone de Florisia, Costantino Bobino, Gualtiero de
Ianoruli, Roberto Graziano di Corigliano, Trutimagistro figlio
di Don Pietro Alessandro fratello dell arcivescovo di Santa
Severina, Michele Pastore di Rossano, Niccola di Cariati di
Longobucco di San Mauro, Giovanni di Bovino .col figliuolo,
Guglielmo Semistino e suo fratello, e Maestro Giovanni fra-
tello del vescovo di Briatico (1).
C. Minieri-Riccio.
(1) Reg. Ang. 4274, B. n. 19, fol. 81 et.
CARTEGGIO DELL'ABATE FERDINANDO GAL1AN1
MARCHESE TANUCCI
(Cout. , ved. Tom. XXIV, pag. 32).
Eccellenza ,
Rispondo alla veneratissima di V. E. de' 29 Gennaio. Non sarà
difficile mandare a V. E. distinta nota de' dazj che pagano in Fran-
cia le mercanzie nostre. La tariffa è impressa qui in un grosso libro.
Dubito solo che non sia abbastanza chiaro per me, ma m'aiuterò,
e co' lumi che riceverò da gente pratica , spero eseguire gli ordini
di V. E. se la salute non mi manca, come in tutto lo scorso inverno
è stato.
È verissimo ciò che V. E. mi dice, che tutto è stato mosso da
me il discorso sugli articoli del patto di famiglia , e le riflessioni,
che Cantillana stima inutili ora, e superflue. Ma prego V. E. a ri-
flettere , che io non sono niente in questo mondo , godo perciò del
solo privilegio che ha il niente non entis nullae sunt proprietates.
Quel ch'iodico, faccio, scrivo, ha da esser dunque sempre niente,
e di niun peso. Cantillana è qualche cosa. Perciò quel eh' egli dicesse
o facesse sarebbe qualche cosa, e questo credo che lo faccia esser
tanto ritenuto quanto io per contrario sono ardito e coraggioso.
L' alternare si è concesso al Portogallo , per quanto ora mi si
assicura. Vado vedendo che si ridurra a legge ed etichetta generale
di tutte le monarchie, che non sono state vere e indipendenti sovra-
nità tinche hanno esistito in Europa questi due imperj cartacei, e
d' opinione , l' Imperatore e il Papa. I dritti , e le pretensioni di co-
storo che erano frantumi dell' antico Impero Romano hanno fatto
questo pasticcio e imbroglio nel dritto pubblico Europeo, che non ò
ancor in tutto finito.
La colica nefritica di Madama Vittoria non la credo pericolosa ben-
ché siano stati assai violenti gli attacchi. Più mi dispiace la continuazione
della emaciazione del delfino. Si sa ora che il suo male procede dal-
l'aver voluto mandar via una impetigine d'umor salso, che qui chiama-
no dartre che gli deturpava il naso , e il viso , con un unguento d'un
segretista, nel quale entrava molto mercurio. La dartre andò via,
244 LETTERE DELL" ABATE GALIANI
ma si dubbita di deposizione andata a farsi negli intestini. Certo e
che d' allora ha avuta una frequente e quasi continua dissenteria a
cui si è unita macie, e giallore. Ma la giovane età, e la dieta lat-
tea lo debbono ristabilire, se l'animo non gli sarà turbato da patemi.
Accludo a V. E. la sentenza del Parlamento di Provenza. Non
so perchè qualche libraro Napoletano non taccia la spesa di stampare
le Costituzioni Gesuitiche secondo l'edizione di Praga lisce lisce, senza
note, senza critiche, senza commentarj. Niuno può lagnarsi di ciò.
Roma istessa deve approvare il libro. iSe la difficoltà nascesse dal
non aver esemplare su cui far 1' edizione , credo, che non mi sarebbe
impossibile averne. Non credo che ci sia linea più retta contro la
cabala e il fanatismo Gesuitico, quanto questa innocentissima opera-
zione. Poi si direbbe loro : loquela tua manifestum te facit.
Non vorrei tornar a funestare 1' animo di V. E. con la novella
o ciarla, che siesi, che è il discorso di tutta la città da alcuni giorni.
Dicesi che all' Isola Bourbon un soldato di quella guarnigione abbia
rivelato stando per morire, d'essere egli il quidam indicato nel pro-
cesso di Damiens, che essendosi risanato sia stato condotto all' Orient,
donde sarà trasportato a Parigi. È contata questa cosa in cento modi
diversi. Dio sa che ci sarà di vero. A me soltanto dispiace il ve-
der il migliore de' Re, e certamente il più amato dal suo popolo,
reso infelice per tutta la sua vita dal più strano e orribile accidente.
Esempio, che deve aprir gli occhi a tutti i Sovrani per cacciar via
gente non solo fanatica per essenza , madie tien scuola di fanatismo,
e che ne dà corsi regolari ai suoi discepoli come altrove si danno
corsi di fisica sperimentale, o di botanica. Veramente nell'occasione
del trasporto della statua del Re dalla officina dello scultore alla
nuova piazza (che si è fatto avantieri) si è avuta occasione di vedere
quanto questo Re è amato dal suo popolo. Moveva a tenerezza, e a
pianto la festa, la gioia, e le acclamazioni che il minuto popolo ha
fatte a questa statua. Gli hanno offerte corone di ulivo , d'alloro e
poco meno che incensatala , e le acclamazioni di Vive le Roi sono
state perpetue. Non ho mai visto cosa simile.
Domani fa il suo ingresso semipubblico l'Inviato Russo Soltice fT.
Cantillana gli ha prestata la muta, che è creduta la più bella tra
quelle degli ambasciatori.
Benché, come ho scritto a V. E., in materia di prese di bastimenti,
non sia facile qui- riuscir con felicità, ciò non ostante non ho voluto
darmi per vinto.
Ho tanto fatto e tempestato per il padre Cacace, ho messo tante
paure agli armatori, che sebbene avessero vinta la lite, ed avreb-
bero anche vinto l'appello, ciò non ostante gli ho ridotti a rimandar
contento in gran parte il buon Napoletano a casa. 11 carico della
nave era per conto di Livornesi, onde non me ne sono meschiato: ed
LETTERE DELL'ABATE GALI ANI 245
i:i nulla ho fatto entrare ne Cantillana, Qè il ministerio. Dio sia lo-
dato. Ora non mi resta più nulla da fare.
Pieno d' ossequio, e d' infinito rispetto sono.
Pari/i, 21 Febbraio 1763.
Eccellenza ,
Una breve ma bellissima lettera è quella diV. E. di questa set-
timana, bella anche per l' amenità che vi traspare, segno di ottima
valitudine. Non parlerò più delle difficoltà degl' Inglesi suscitate nel
corso della negoziazione. Tutto è finito non dirò felicemente , ma
presto, il che non è piccola felicità. Domani o doman l'altro seguirà
il cambio delle ratifiche. Qualcheduno, a cui non presto troppa fede
mi ha detto che Bedford avea voluto che una tal cerimonia si facesse
in Parigi. È vero che il trattato fu segnato qui in casa sua, ma fu
la podagra quella che obbligò gli altri ad andar da lui. Ora egli sta
bene, e sarebbe un eccesso d'alterigia il pretendere che Praslin
vada da lui. Perciò credo ciarla questa che scrivo , e la scrivo uni-
camente perchè mi son fatta legge di scriver tutto.
Il contenuto di questo trattato io non l' ho visto : mi è stato
detto, che la mia curiosità era vana, e frivola, perchè nulla vi è di
diverso o di più de' preliminari , salvochè Dunkerk resta condan-
nato a divenir terra ferma come Ostia, e Ravenna ed altri porti
celebri nelle storie antiche. V. E. avrà copia del trattato da Spagna
prima che da noi.
Catanti ci ha mandato copia degli articoli d' Umbertzbourg con-
cernenti la pace coli' Imperio. Simultaneamente sono giunti impressi
in quelle Gazzette. Non posso peranche appurare se concernente la
elezione di un Re de' Romani e la vacanza del trono di Polonia vi
sia nulla di concluso in questo trattato d' Umbertzbourg. Dubito che
il Prussiano sia voluto obbligare a nulla. Egli ha voluto fare una
pace tale che la posterità non potesse ignorare che niente gli ha
nociuto la guerra. Ha scritto in questi giorni passati il Re di Prus-
sia una giocosa lettera come suole, a questo M. d'Alembert. Sic-
come tutto è rimarchevole in quel Principe, così darò a V. E. il
dettaglio di questa lettera per quanto la memoria me lo può sug-
gerire. Parla in prima di certi versi contro la geometria che avea
precedentemente mandati al d'Alembert e scherza su di ciò. Sie-
gue poi a dirgli : je viens de faire la paix avec les autrichiens à
présent que Vexcommunication qui on avoit lancée cantre moi ni
Fram vous pnurrex venir me voir sans scandale. On dit
icy poter nouvelle que votre Roi a mis les Jésuites et les Autrichiens
246 LETTERE DELL'ABATE GALIANI
hors du Royaume. Pour nous, nous ne chnssons personne. Au
contraire nous rendons a choc/un ses états. Vous apprendrés bien-
tot les fetes magnìfìques qu'on fera à Dresde pour le retour dx Roi
de Pologne. Comme toutes les gazettes en retentiront, je m'en rapporte
a ce qu'elles en diront. Queste sono a un dipresso le frasi che ho
potuto ritenere, e che mi sono parse degne della curiosità di V. E.
Il Guerchi che va a Londra est homo novus. Suo padre uomo di
merito, che giunse col suo valore ad esser tenente generale è il
primo che illustrasse la famiglia Regnier.
Quindi lo sieggìo di Nido di questo paese (che è peggio assai
del nostro) si duole, e tanto più che si vocifera che sarà fatto Duca.
Solari ci ha detto essergli scritto da Roma che Albertini passa a Li-
sbona, Caracciolo a Londra, Michele a Torino. Non sappiamo nulla
di più.
Il Marchese di Castromonte sarà qui tra poco. Ho parlato de'Ge-
suiti nella regolare. La Gazzetta ecclesiastica e gli stampati che mando
dicono il resto. Morì nei passati giorni il vecchio Mesegni. Questo
Parlamento ha fatto venire da un collegio di Gesuiti in Auvergne
un gran quadro che era nel refettorio colà che rappresentava con
diverse allegorie, motti, emblemi e altre strane idee la potenza e
grandezza della compagnia. Poteva servir di appendice all' imago
primi saeculi. U hanno tenuto esposto qualche giorno alla curiosità
del pubblico che sen'è divertito. Ma poi la folla divenendo troppo
grande hanno preso il partito di chiuderlo.
Il Chàtelet Sha condannato una teologia del Gesuita Mazzotta
Capuano impressa, non è gran tempo, in Napoli, e poi in Venezia.
È un Bussembaum o anche peggio. Siccome la cosa ci riguarda in
certo modo, non ho voluto trascurare di mandar a V. E. un esem-
plare di questa senlenza, la quale essendo assai voluminosa, la
mando domani per la messaggiera di Lione a Orsini, e vi accludo
anche un altro esemplare che spero che V. E. vorrà far passare a
Fragianni o in amicizia . o ex officio (che forse sarebbe meglio) ac-
ciocché la camera reale e il delegato della giurisdizione stassero un
poco più avvertiti in avvenire sui revisori e non lasciassero impri-
mere simili mostruosità.
Pieno d'ossequio, e di rispetto infinito sono.
Parigi, 7 Marzo 1763.
Eccellenza ,
Comincio dal rispondere alla veneratissima di V. E. de' 19 scorso
in cui mi fa l'onore di richiedermi del mio parere sulle stampe del
LETTERE DELL'ABATE GALI A NT 247
Gautier e sul suo metodo quaterne; applicabile alle pitture antiche
che possiede il Re. Dirò adunque a V. E. che il metodo del Gautier
non è intieramente un segreto. Si sa che egli stampa in colorito
quasi in quel modo stesso, che si stampano i disegni a chiaro e
giallo scuro. Sono parecchi rami in ognuno de' quali non sta inciso
altro, che quel che si vuole, che sia d'un istesso colore. S'improntano
questi sulla carta l'uno dopo l'altro, e per via di certf puntini . che
sono negli angoli (e che nelle stampe da me trasmessele potrà V.
E. facilmente riconoscerne la marca") si procura di far sì che i rami
coincidano perfettamente. In sustan/.a tutto questo si riduce allo
stampar in nero, e rosso, se non che l'operazione per la varietà
de' colori diviene più moltiplicata, e più diffìcile. Il secreto del Gau-
tier consiste poi nella preparazione degli inchiostri coloriti di cui si
serve, nella maniera d' applicargli sui rami, e di nettarci noi , ed
in altre particolarità simili di dettaglio. Ciò posto vede bene V. E.
che è impossibile per qualunque diligenza si adoperasse , che il filo
del contorno coincida perfettamente qualora si moltiplicheranno assai
i rami per la varietà e numero di colori , che siano nel quadro.
Quindi il tratto del contorno verrà sempre sporco e grossolano.
Quindi è anche che il Gautier per nasconder questa turpitudine ha
preso per base, e campo de' suoi rami la, maniera sfumata , che è
tanto in voga in Alemagna e in Inghilterra. Questa maniera copre
gli difetti del disegno e del contorno , e dà maggior effetto ai colori
facendo il campo quasi nero. Naturale è il comprendere, che nella
anatomie il Gautier dovea riuscire. Imprimis i rami sono della gran-
dezza naturale delle parti del corpo umano che rappresentano. In
oltre i colori si riducono in tutto a quattro, cioè bianco della carta
istessa, nero del primo rame, che fa il fondo, e poi rosso, e color
di carne. Sicché con tre sole planches V una sopra 1' altra si fa il
rame. Trattandosi di ramificazioni di vene, e nervi etc. i piccoli
sbasii non sono conoscibili. Non è così se si tratta di figure istoriate.
Il Gautier nelle poche che ha fatte ha procurato farvi entrar i meno
colori possibili, ma dove si tratterà di copiar quadri già fatti, non
sarà in sua libera scelta di diminuir la moltiplicità di colori. Vi
sarà adunque tale pittura antica , che contenendo otto o dieci colori
avrà bisogno d' esser fatta con otto o dieci planches l'una sull' altra
tirate. Sarà impossibile che non riesca una sudiceria. Mai non coin-
cideranno tutte le dette planches. L'una sporcherà l' impressione del-
l'altra. La carta su cui si tirano non resterà bagnata egualmente in tutto
il tempo dell'operazione , e se si dissecca si ritira, e tutto è perduto
allora. Oltracciò l'opera di queste stampe colorite richiede una cura ,
una diligenza, un tedio incredibile non meno a farle, che a tirarle, e
la spesa è esorbitantemente grande. Concludo adunque che io credo
impossibile colla maniera del Gautier il far le stampe della massima
248 LETTERE DELL'ABATE GALIANI
parte del museo Erculanense. Vero è che quelle che sono a chiaroscuro
o pure di solo color rosso , o bianco in campo nero (che qui direb-
bero en Camajeux) potrebbero imitarsi dal Gautier meno sco
mente, e con meno dispendio. Qualora V. E. me l'ordinerà potrò
tentare costui. So che non sta ora in Parigi ma in Provenza sua
patria. So che è un poco lunatico, quali sogliono essere gli inventori
di cose nuove che stimando la loro invenzione più di quello che il
mondo la prezzi, straniscono della ingiustizia universale.
Dovrebbesi proporre a lui di mettere in rame in colore una
delle dodici figure in campo nero del primo tomo, co'colori de'pan-
neggiamenti, come V. E. me la manderà colorita da Napoli. Certa-
mente questa è l'opera più facile da proporsi a lui. Vedremo che
prezzo domanda. Si può anche arrischiare a fargliela fare, e se riesce
si pattizzerà o che passi al servizio del Re , o che comunichi il suo
metodo. Ma tengo per sicuro che anche in queste figure non conten-
terà gli antiquarj, perchè il pregio delle opere antiche è il disegno,
e non già il colorito, e il disegno non potrà mai venir netto, e puro,
e ricercato ne' lavori del Gautier.
A me pare adunque che la via più semplice e più vecchia sii
la più bella. Voglio dire far incidere le pitture antiche nel semplice
contorno, e poi farle miniare a mano da donne istrutte a ciò, e re-
golate o da paderno, o dal padre Antonio, o dal Morghen. La spesa
sarà infinitamente minore, perchè pochi esemplari si faranno così,
e solo per far insigni donativi : quando anche nel metodo di Gautier
è eguale la spesa o che se ne voglia avrer uno, o mille esemplari.
Oltracciò nelle opere delle belle arti, la mano è la più bella delle
macchine, la più semplice, e la più giusta. Quella differenza enorme
che si vede tra le opere fatte al torno figurato, e le fatte a mano
col burino, sarà anche sempre tra una miniatura dilicatamente fatti
sotto gli occhi di esperto disegnatore e lo stampato. E sia pur
sicura V. E. che la spesa a miniarle col pennello è infinitamente
minore. Credo averla annoiata con tante ciancie vane, ma mi con-
solo che la pace universale ci permetta riempir le lettere di queste
cose, che sono il divertimento de'gran sovrani nell'ozio della pace.
Della salute di Madama Vittoria ho scritto nella regolare : non mi fa
pena il male, ma i medici, che qui sono insigni per mala fede e ne
abbiamo visto un tragico esempio nel Duca di I'orgogna.
11 Delfino non migliora. I nostri vecchi padri avrebbero battezza' o
il suo male per fàscino e in Napoli si direbbero malocchi. È una con-
sunzione senza febre, senza dolore, e senza malattia. Prego il cielo.
che lo mandino ai bagni, e lo facciano viaggiare.
Non ho mandati a V. E. i plairloyers degli avvocati generali di molti
parlamenti contro l'istituto Gesuitico, perchè erano troppo voluminosi.
Questo di Tolosa è il più piccolo, e forse il più >ugoso, perciò l'accludo.
LETTERE dell'abate galiani 249
Osservi con attenzione V. E. l' arrét di Ruano alla p. 13 : ho
marcato un passo, l'ardire del quale ha latto qui gran sensazione.
Non ho più forze se non per dirmi di V. E . pieno d'ossequio.
e d' infinito rispetto.
Parigi, 14 Marzo 1763.
Eccellenza ,
Desidero che si abbia a verificare il prognostico che V. E. fa
nella sua veneratis^ima confidenziale degli 8 Marzo d' una durevole
pace in Germania. Per altro ivi gli animi non sono tornati in pace.
Pace è, perdi ^ non si commettono ostilità; del resto non sento ivi
parlar di riforme di truppe, e di tutte quelle altre cose, che qui
annunziano la voglia d'un lungo e tranquillo riposo. Non so se Nei-
pergh ha detto a V. E. ciò che è passato traila sua Corte e quella
di Berlino in proposito della morte del Margravio di Bairuth. Ricade
quel considerabile stato ne' Brandeburghi Auspach : e di questi non
prevedendosi successione verranno tra poco questi stati ad incorpo-
rarsi col dominio Prussiano. La Corte imperiale ha fatto proporre
a Federico di crearne una secondogenitura e formarne una casa ca-
detta e per fargli vedere che questa proposizione non nasceva da voglia
di non vederlo ingrossato più di quel che non è, ha offerto Vienna
d'impiccolirsi essa collo smembramento di un suo stato Italiano., e
creazione d' una secondogenitura in favore d' un Arciduca. Prussia ha
freddamente risposto che S. M. Imperiale era padrona di far quel
ehe gli pareva, e piaceva de' suoi stati e de' suoi figli, che quamo
a lui, allorché il caso succedesse della estinzione della linea Auspach
vedrebbe e penserebbe quel che gli convenisse di fare. Così è finito
questo discorso, che non impedirà a Vienna di fare quello smembra-
mento di stati Italiani, che è già da un pezzo risoluto ; e di cui credo
che in autunno vedremo l'esecuzione.
Per mezzo di Mr di Eon s'è mandato di qui al conte di Viri a Londra
un ritratto di questo Re arricchito di diamanti di straordinario prezzo
ed una tapezzeria di gobelins. Si stima che il tutto ascenda a cento
quaranta mila lire. Sento che dal Re d' Inghilterra abbia lo stesso
Viri ricevuta una grossa pensione, e che supera l'abbadia data qui
a Salari. Credo che il capitolare di Liegi che sarà Vescovo, sarà un
certo Mr d' Outremont che abbiamo visto qui. Per altro non dispero
ancora per il Principe Clemente. L' aver guadagnato tempo non è
poco, e se Vienna con sincero cuore volesse, le carte si cambiereb-
bero. Ma Vienna vuol viejos ymalnacidos.
Pieno d' ossequio e di rispetto infinito sono.
Parigi. 28 Marzo 1763.
250 LETTERE DELL'ABATE GALIAM
Eccellenza,
Il decreto del Parlamento sull' inoculazione può mettersi a fianco
di quello , che nel secolo passato quest' istesso illustre corpo emanò
contro X emetico, e coli' altro , che stette sul punto di fare in favore
della filosofia peripatetica Ma con questa differenza che allora queste
decisioni nascevano da barbarie, ignoranza, pregiudizj ; ora nascono
da pura malignità. Gran corruzione è nella morale di tutti i ceti di
questo paese. Avidità , frode , cabala hanno occupato tutte le sedi.
Corruttissimo è sopra ttutti il ceto de' medici, a segno, che qui sono
universalmente creduti capaci di ogni misfatto atroce a segno che
Mada: Vittoria non ha voluto, che il rimedio della Stefens si mani-
pulasse in Parigi. Se lo fa venir per corriere da Londra, e se lo tien
chiuso sotto chiave senza permetter ad alcuno de'suoi medici e chi-
rurgi di toccarlo o vederlo neppure. Altrove sono i medici sospet-
tati di omicidio per colpa lata , qui sono sospettati anche di dolo.
Merita d'essere scritta a V. E. una avventura riguardante i
Gesuiti , che fa gran strepito qui. È tornato da Pontichier: un Ge-
suita chiamato il padre Lavaux che era ivi Provinciale , ed in som-
mo credito non solo di capacità, ma anche di santità. È venuto
accompagnato di elogj de' Francesi che sono là ed è stato alloggiato
all'Hotel della compagnia des Indes e particolarmente raccomandato da
persone autorevolissime della corte al Parlam?nto. A riguardo di tali
raccomandazioni e sull' esposizione da lui fatta della somma povertà
in cui diceva trovarsi, il Parlamento gli ha accordato seimila lire di
viatico per andarsi a ritirare tra i suoi parenti a Bordeaux, e una
pensione vitalizia di duecento lire. Per viaggio è morto. Si è andato
subito a mettere il suggello sugli effetti di lui restati nella stanza
che occupava come ho detto, all'Hotel della compagnia: e con infi-
nita meraviglia d'ognuno, invece di trovarvi quattro stracci e un
breviario, vi si sono trovate più di ottocento mila lire tra contanti e
biglietti che finora non sono reclamati da nessuno. È stata questa
un' acqua di maggio pei creditori de' Gesuiti , che cominciavano a di-
sperare di poter essere pagati. Ascendono i debiti de' Gesuiti a più
di nove milioni di lire , ed ò evidente che la maggior parte erano
stati fatti in vista della catastrofe che è loro avvenuta.
Mando a V. E. un' arringa dell'avvocato generale d'Aix , che
per l' eloquenza merita d'esser letta. Montelar è la penna più felice
che sia oggi in Francia. Mi viene in questo-punto detto, che il Par-
lamento di Grenoble ha diffinitivamente statuito su' Gesuiti. Mi si
dice nel tempo stesso che in Roma seriamente si pensi a mettere in
LETTERE DELL'ABATE GALTANI 251
interdetto o la Francia tutta , o almeno i Parlamenti. Non so se la
stoltezza anelerà tanto in là.
Pieno d' ossequio e d'infinito rispetto sono.
Parigi, 13 Giugno 1763.
Eccellwiza ,
Quell'abbate Clement di cui parla una d' uffìzio è un acre gian
senista.. Per famiglia è poca cosa. Non e' à nobiltà tra' giansenisti
ora. Fu a Roma al conclave , e fu ivi preso per una spia de' Gian-
senisti venuto a vedere se la colomba celeste scendeva diritta sul capo
al novello pontefice o se torceva a manca , o a dritta. Ebbe perciò
colà des rtfsagrcments. Me lo dipingono un intrigante : ma siccome
tutto qui si giudica per spirito di partito non so se questo ritratto
sia vero , e non voglio far il peccato di dir male del prossimo.
Ha recato meraviglia a V. S. ebe l'assemblea fosse in casa rli
Solari quel Giorno eli' io rividi il buon Gray. L'assemblea s'introdusse
in Francia non si sa come , da riverenza che si aveva per il vecchis-
simo d'Acùna ambasciatore di Portogallo decano d'o?ni ambasciatore
d'Europa, che oltrepassò i cento anni. Dopo la sua morte piacque
questa introduzione di vedersi i ministri esteri tutti insieme un
giorno della settimana e si stabilì di tenersi per turnum in casa
d'ognuno degli ambasciatori. Il nuovo venuto entra quando il vecchio
finisce Era adunque quella tal domenica in casa di Solari : come do-
menica prossima sarà qui. È ridotta ora ad una breve visita che
si fa all' ambasciatore in casa di cui ò 1* assemblea. Vi si pigliano
eccellenti rinfreschi , e questa è la cosa più seria che vi si faccia.
Del resto si passeggia ne' giardini, che quasi tutti gli ostelli d'am-
basciatori hanno , e si domandano nuove , che per ordinario , chi le
sa non le dice , chi le dice non le sa.
Non mi dispiace che tutta la nostra nobiltà abbia sposata la
giusta causa d'Albertini. È segno di nerbo e di vita in una nazione
quando sa andar unita in collera contro il torto , ed unirsi in
riconoscenza verso i benefizi. Uno de' mali che più giustamente
da' vecchi Francesi si piange di questo paese è il non vedersi
la nazione mossa ad indignazione contro i tanti convinti rei delle
sciagure della passata guerra. Niuno A stato punito coli' obbro-
brio , né premiato colla lode universale. Segno di corruzione e
di sfacelo. Solo mi dispiace che cada la collera sopra Durefort ,
che come privata persona è un amabilissimo e stimabilissimo
signori'. Inoltre i Francesi sono rei solo di frettolosa credulità.
D'altri è stata la malignila e la trama : ed i Napoletani potrebbero
252 LETTERE DELL'ABATE GALIANI
ora placarsi, essendosi visto, che qui si ha vero e sincero penti-
mento del fatto ad Albertini.
Vienna torna a prender il partito di temporeggiare. Non so se
le sarà così utile in pace , come le è stato dannoso nella scorsa
guerra. A lei resta molto da fare e da pretendere. Nuocerà all'elezione
d'un Re de' Romani la morte del Maguntino , principe che colla sa-
viezza avea acquistato maraviglioso credito neh' imperio; ed a cui
deve l'Alemagna l' aver salvata nella passata burrasca la sua qualun-
que siasi buona, o mala costituzione. Non so se gioverà a Vienna il
temporeggiare e allungare lo stabilimento d'un gran Duca : guerre,
morti sopravvengono. Poca è l'attenzione che si usa al Re Cattolico,
dopo un primo sgarbo fatto , e con poco profitto , come s'è visto.
A Torino certamente non nuocciono le dilazioni. Più si tarda a fis-
sar la tranquillità dell' Italia , più quella corte conserva il suo peso.
Mi raccomando alla benigna protezione di V. E., che la vista mi
abbandona a gran pasq. Se ella va cercando vecchi d'età per pre-
miare , mi creda pure canuto, e settuagenario, che non s'ingan-
nerà : se cerca vecchi di senno ha bel tempo ad aspettare con me.
Pieiu d'ossequio , e di rispetto infinito sono.
Parigi, 20 Giugno 1763.
Eccellenza ,
La brevità delle mie l'ho creduta giustificata dalle gazzette d'ogni
paese, e forse anche dalie lettere di molti che hanno l'onore di
scriversi con V. E. Sfido chiunque a mostrarmi ch'io poi ssi allungar
le epistole con cose che valessero la pena d'essersi scritte. V. E.
sa render interessanti e piene le sue anche senza novelle ; io più voi •
le ho meditate, esaminate, volte e rigirate, e sempre la cosa mi
pare una magia, un sortilegio. Quanto a me confesso che se mi
mancano nuove, mi manca tutta l'eloquenza. Questa sera siamo n i
caso. Imprima dirò che gli oculisti da me consultati per lo
degli occhi, mi hanno tutti concordemente esortato a far uso d'un'
acqua ferrata, che scaturisce in Passi (che è il Posilipo di Pi
Vogliono che quest' acqua minerale mi assottiglierà gli umori, mi
farà cento belle cose nel sangue, e in sustanza non diverrò cieco. Io
non ne credo nulla, ma in sustanza la paura mi fa determinare a
seguire il consiglio loro. Comincerò adunque tra giorni, e la pren-
derò per tre settimane, sicché ritarderò 1' andata mia a Compiègne.
Non credo che perciò mancherò a' doveri del mio piccolo uffizio, Solo
potrebbe accadere che se qualche nuova mi giùngesse troppo tardi
V. E. la troverà in questa mia riverente, che forse verrà separata
dal piego , che in Compiègne si chiude dall'ambasciatore.
LETTERE DELL'ABATE GALI A NT 253
Le leste della scorsa settimana , e i" discorsi sull'inoculazione
hanno servito mirabilmente a distogliere il popolo dal discorso
degli editti. Del Ut de luslice si sono quasi dimenticati in tutto. Dopo
cinque anni d esperienza ho visto , che nelle teste francesi gli affari
serj non fanno impressione. Un' rifiuto di sacramenti, una monaca,
un gesuita, un parlamentario, che fosse esiliato, e cento altre
freddure simili fanno assai più strepito , che non cinquanta milioni
di nuovo dazio , o una battaglia perduta. Qui delle bagattelle bisogna
tremare.
Sono quindici giorni che questo ministro di Genova ricevette un
corriere dalla sua Repubblica. Non ne scrissi subito a V. E. perchè
mi Ili impossibile 1' indagarne l'oggetto. Ma poi fiutando e rigiran-
domi ho trovato che è relativo agli affari di Corsica e alle nuove e
più gravi querele che Genova fa contro Torrigiani. V. E. sarà sicu-
ramente meglio informato da cotesto abbate Casali, che non potrò io
tarlo. Ad ogìii modo non laseieru di dire , che mi è parso scorgere
che Genova accasi Roma non solo di soccorsi spirituali intempesti-
vamente dati ai Corsi per mezzo di quel visitatore, ma anche di
soccorsi temporali d' ogni genere , denari , armi , ricetto ai basti-
menti corsari, ed infine tu ito quel che può far sospettare essere
seriamente entrato in testa alia corte di Roma il progetto di veder
un giorno la Corsica ridotta come è oggi Bologna. Questo marchese
Sorba ha avute parecchie lunghe conferenze con questo ministero.
ìSon so se abbia chiesto soccorsi, ma non lo credo, sapendo che i
Genovesi erano scottati degli già altre volte a caro prezzo , e inutil-
mente comprati. Credo che abbia soltanto chiesti forti uffizj in Roma
ma niente so di sicuro. Egli ha purtroppo avuta una dolorosa e tra-
gica nunziatura. Ignoro quali siano le risposte che abbia avute da
questo ministero il detto ->orba, ma siccome non ha peranche rispe-
dito il detto corriere , entro in pensiero , che si sarà tòrse da qui
scritto in Roma a tenore di ciò che egli avrà forse chiesto , e si
aspettino di là le risposte, che quando verranno a lui comunicate,
egli rispedirà il corriere. Ma V. E. da Roma saprà i risultati, ed il
netto di ciò che io ho arguito , e congetturato , prima che non da me.
Bene sarebbe in ogni modo far finire questo taccolo delia Corsi-
ca : alla tranquillità d' Italia nuoce che quel paese non abbia uno stato
fisso, qualunque siesi per essere. Genova e vile con Roma, e vuole
che i suoi amici facciano i bravi. Fa come il capitan Spacca, che
manda sempre il suo lacchè a combattere ; er lui. Roma che sa
che i Genovesi hanno paura de' luoghi di monte, si ride di essi . e
ne perdono di concetto anche i mezzani , che entrano per padrini
nella giostra.
Questo ministro modenese mi ha detto, che l'affare del matri-
monio modenese era totalmente aggiustato , che tutto era convenuto.
254 LETTERE DELL' ABATE GALIANI
e lirmato e che io poteva pur scriverlo. Tutto quel che concorre a
non lasciar paese in Italia in stato di provincia di potenza grande
tutto è bene , ed è fortuna degli Italiani : sicché io godo assai che
Vienna si risolva a stabilir un sovrano ed un semisovrano in Italia.
Solo mi la pena la lentezza di quel gabinetto , che piglia tempo
sempre , e non sempre con profitto.
Savissimo ho sempre creduto il partito preso da V. E. di non
far che la corte si mischi nella gazzetta nostra napoletana , ma sup-
plico V. E. riverentemente e per onor della patria a far avvertire i
compositori di essa sicché non riesca la gazzetta un istrumento da
conservar la barbarie, l'ignoranza eia superstizione ne' popoli. Que-
sta gazzetta è scritta in stile barbaro, e piena di novelle false. Getti
di grazia gli occhi su questo miracolacelo della Cina che è nel foglio di
quest'ordinario. È egli giusto che le menzogne lucrose de' frati s'ac-
creditino per questa via negli animi de' semplici e del volgo ? Quanta
questua faranno i Domenicani per i nuovi cristiani di Focheu (
Pieno d'ossequio e d' infinito rispetto sono ec.
Parigi , 27 giugno 1863.
POMPEO NERI
(Cont., Vedi av., pag. 47)
Capitolo V.
Il Neri vien nominalo Presidente della Commissione per il Censimento a Mi-
lano - Opposizione a quell'opera - II Neri scrive in proposilo una liela-
zione - Gli muore la Madre - Gelosie contro di lui - Si occupa del
riordinamento dei Comuni di Milano - Avversità che lo colpiscono - Viene
sciolta la detta Commissione - L'opera del Censimento è lodala ed imitata
- Opere diverse del Neri.
Soffrivano i Milanesi tutti quei mali che sono frutto delle
imposte repartite arbitrariamente, quando da Maria Teresa fu
il 19 Luglio 1749 creata una Giunta incaricata di compiere il
Censimento generale dello Stato di Milano. Era quella la se-
conda istituita a questo scopo , giacché la prima , formata
nel 1719, quantunque avesse stabiliti i principii secondo i
quali si proponeva condurre a termine l'opera e l'avesse quasi
raggiunto, non lo potè compiutamente a causa deila guerra
del 1733 fra il Piemonte e la Francia. « Ma l'Imperatrice
« Maria Teresa , che voleva il bene generale del Ducato di
« Milano e lo volea fermamente, mandò magistrati integer-
« rimi ed imparziali che la informassero ; ed ascoltate le
« relazioni loro , deliberò che si Unisse il censimento quale
« da Carlo VI era stato intrapreso, e nominò a questo line
« nel mese di 1749 una nuova Giunta, chiamando da Fi-
« renze a presidente Pompeo Neri, che aveva coi propri studi
« e coi servizi prestati in Toscana acquistata già la fama di
« profondo giureconsulto e di prudente uomo di Stato » (1).
La Giunta non si costituì poi che nel Decembre del 1749.
Però, siccome dice il Neri in un suo discorso letto nel 1750,
« il penosissimo passaggio che per lo più in ogni negozio
« s'incontra tra il dire e il fare , restava in quell'occasione
« esasperato da tutte le più scabrose circostanze, perchè si
« trattava di una novità distruttiva di tutte le antiche usanze
(1) In questo modo scriveva il Paleocapa in una sua Relazione sul
Censimento di Milano che trovasi ancora inedita presso i di lui eredi.
256 POMPEO NERI
« del paese in materia d'imposizione, reparto ed esazione dei
« carichi pubblici ». Ciò non ostante il Neri, appena assunto
l'ufficio, si mise subito all'opera, compilando una Relazione
circa lo stato nel quale si trovava il Censimento, stampata
poi nell'anno stesso 1750 (1) , e divisa in tre parti. Nella
prima fa la storia dei metodi che si tenevano allora per ri-
partire le imposte dirette e ne palesa gli inconvenienti.
Nella seconda espone brevemente il sistema immaginato dalla
prinr.t Giunta ed accenna le poche operazioni che questa con-
dusse a termine. Nella terza parte ragiona di ciò che la
Giunta da lui preseduta aveva operato fino ad allora; ma que-
sta parte è assai scarsa, in quanto che egli non ne avrebbe po-
tuto parlare estesamente che raccogliendo gli ordini sovrani,
gli editti e le disposizioni esecutive della Giunta medesima,
li che non potè fare in seguito per il suo richiamo in Toscana.
Il Neri nella detta Relazione si occupa moltissimo nello
spiegare i motivi della guerra che si fece all'opera del cata-
sto: guerra diretta esclusivamente allo scopo di impedirne o ,
trattenerne l'attuazione, e fatta naturalmente da tutt. coloro che
avevano interesse a conservare il disordine nella ripartizione
delle imposte. E questi erano non pochi e potenti; ma il Neri
non si lasciò smuovere, quantunque egli stesso scrivesse in
un suo rapporto d'uffizio : « per pervenire presto e bene alla
« pubblicazione degli estimi bisogna disporre la materia con
« diversi passi; che se non ce li troveremo fatti in tempo,
« la pubblicazione ci resterà ritardata o difficoltata. Per
« questi passi ci vuol risoluzione e costanza di pensare sopra
« uno scopo fisso , e prontezza ; ma siccome alcuni dei miei
« Signori Colleghi son più timidi di me, così trovo che
« quando si tratta non più di discorrere, ma di agire, ogni
« passo diventa un oggetto pieno di difficoltà e di timori ;
icchè si perde molto tempo in discorsi, e s'inclina per lo
« più al partito di non agire o di differirne il pensiero
« E queste deliberazioni , quando debbano contenere qualche
« passo di attività che ci porti avanti l'opera, diventano su-
« bito un negoziato di così lunga discussione, e che mette
< alcuni in tale agitazione di spirito, che io non so come
« potremo andare avanti ».
(1) Della relazione del Neri si ha una seconda edizione fetta a Mi-
lano dalla Tip. Mainaidi nel 1
POMPEO NERI 257
In questo tempo (1752) morì la madre del Neri , e così
questo dolore si aggiunse a quelli che davagli continuamente
il suo ullicio, al quale portava ciò non ostante tanto amore
che , sebbene i suoi interessi lo chiamassero per qualche
tempo in Toscana, egli si dichiarava pronto a non allonta-
narsi da Milano (1).
Qui adunque egli aveva poco favore nel pubblico, e tro-
vava lentezza e paura nei colleghi. In tali condizioni , che
avrebbero latto rallentare l'attività dell'uomo il più costante
ed energico, soffriva in oltre l'animosità di coloro stessi che
avrebbero dovuto incoraggirlo nelle sue fatiche, e che, mossi
invece da quelle invidie che spesso nascono fra gli uomini
di Stato, lo combattevano continuamente accusandolo- di len-
tezza (2) nello stesso modo che dopo di lui fu amareggiato
da un'aspra guerra il Paleocapa, allorché anch'egli, in uilicio
simile a queilo del Neri , seppe eguagliarne il sapere.
il Neri si occupo inoltre del riordinamento dei Comuni
del Ducato di Milano in relazione al nuovo Censo ; e ciò fu
fatto coll'Editto intitolato : « Riforma al governo e ammi-
« nistrazione delle Comunità dello Stato di Milano del dì 30
« Dicembre 17-jó » stampato in quell'anno e Armato dal « Pre-
« si lente e Consiglieri della Real Giunta del Censimento di
« Milano ». Per il qual editto, in diverse lettere viene il Gran
Cancelliere d'Italia, Conte Cristiani, assai lodato dal Conte
Kaunitz-Rittberg (il celebre Ministro dell' Impero) per aver
egli fatto sì che la Giunta lo compilasse. Ma del Neri però ,
quasi che di luì non tosse stato presso che tutto il merito,
non si fa parola.
Pubblicato queir editto, compite 1 operazioni censuarie e
cominciate in gran parte ad attuare , poco rimaneva ancora
da farsi per tutto ciò che riguardava , come si suol dire,
l'impianto del lavoro, e la Giunta non avrebbe dovuto che ter-
(1) Questi fatti si rilevano da una lettera in data 27 Aprile 1752 del
Duca di Sylva Taronca al Conte Cristiani.
(2; Questa animosità aon si rileva specialmente da alcuno dei do-
cumenti relativi a questa materia (e che si trovano tutti nell' archivio
del Censo di Milano), ma resultano esplicitamente da moltissime lettera
del Sylva Tarmica, del Cristiani e degli altri che combattevano bensì il
Neri, ma, com' è facile a intendersi, in maniera che non ne rimanesse una
chiara prova. Risultano pure da lettere dello stesso Neri, che avrò occa-
sione d'accennare.
Arch., 3> Serie, Tom. XXIV. 17
258 POMPEO NERI
minarne l'attuazione. Perciò il Neri scrisse il 7 Maggio 1757
ima lettera al Sylva Taronca -Presidente del Supremo Con-
siglio d'Italia nella quale dice : « la fatica dell'estimo per cui
« fui chiamato è, rispetto a quello che da me dipende, Imita ;
« la commissione non fu. che temporale perchè io non potevo
« pensare a un distacco perpetuo dalla Toscana; le cambiate
« circostanze di quel Paese dopo otto anni di continua dimora
« a Milano senza poterne uscire né meno per una settimana,
« mi richiamano all'assistenza della mia famiglia, e le va-
« canze accadute e prossime a accadere nel Ministero di quel
« Paese (1) mi spronano a far presente alla Maestà dell'Im-
« peratore la mia anzianità in quel servizio » (2).
Aveva il Neri da, poco tempo scritta questa lettera quando
fu annunziato lo scioglimento della Giunta per il 31 Decem-
bre 1757, nominandosi intanto, a quanto pare, e per durare fino
a quel tempo, un Presidente provvisorio della Giunta stessa,
mentre al Neri veniva fatta per mezzo del Sylva Taronca la
promessa d'impiegarlo (non si rileva poi con qual ufficio) nel
commercio delia seta (3). Ma il Neri da molto tempo non
aveva più amica la fortuna, e in fatti poco dopo il Sylva
Taronca si dovè ritirare per essere stato abolito il Supremo
Consiglio d'Italia (del quale, come ho detto, era Presidente)
e riunito alla Cancelleria di Corte. Allora il Neri gli scrisse
una lettera in data 12 Settembre 1757 nella quale dice : « Mi
« permetta V.a Ecc.za uno sfogo a un vivo dispiacere che
« internamente mi rode ; qualcheduno ha penetrato la cle-
« menza che S. M. ha avuto di farmi intendere da V.a Ec-
« cellenza che voleva impiegarmi ; il trovarmi ad un tratto
« a secco senza la minima colpa, serve ai miei emuli per
(1) Si rileva da queste parole che il Neri sapeva o prevedeva i cam-
biamenti del Richecourt e del Ginori , che , come si vedrà , avvennero
nello stesso anno nel quale il Neri scriveva quella lettera, ossia nel 1757.
(2) Come si vede adunque, il Neri , andando a Milano non perdette
il suo diritto di anzianità, e quindi si può escludere, che, se realmente
avanti d'andare a Milano si ritirò a Castel Fiorentino, ciò fosse per es-
sere egli stato destituito.
(3) Quanto al fatto della nomina d' un Presidente provvisorio, lo ri-
levo dal vedere in diverse parti della lettera del Neri al Kaunitz-Ritt-
berg (della quale parlerò fra poco) fatto cenno di un Presidente cui il
Neri dice aver dati schiarimenti sulla materia del Censo. Ho detto a
quanto pare perchè, come ognun vede, potrebbe anche essere che s'in-
tendesse parlare di qualche altro Presidente. Anche il fatto poi della
promessa data al Neri si rileva dalla lettera poco sopra citata.
POMPEO NERI 259
« considerare sopra di me una specie di disgrazia, e deludono
« il mio ritorno, e qualche fatica da me fatta, secondo li di
« Lei comandi. V.a Ecc:za mi può essere garante che non è
« l' interesse che mi faccia parlare ; ma merito io questo ?
« Me ne appello alla religione di V.a Ecc. - Se cosi piace a
« S. M., mi sottometto, dicendo, che sono infelice senza colpa».
Nello stesso tempo scrisse il Neri un'altra lettera al Conte
Kaunitz-Rittberg nella quale, accennando all'accusa di len-
tezza a lui data, dice che « un censo sì difficile, e fertile di
« revisioni e di ricorsi, intimato allo Stato di Milano, com-
« posto di Provincie, delle quali, parte volevano il Censo,
« e parte no , ha trovato degli ostacoli presso que' Rappre-
« sentanti Amministratori del pubblico denaro ; e per questo
« il Censo non ha potuto avanzare che passo passo contro
« tali difficoltà ». Ripete in fine ciò che, circa la sua posi-
zione, avea scritto al Sylva Taronca, implorando la protezio-
ne anche del Kaunitz-Rittberg stesso.
Intanto il 31 Decembre 1757 avrebbe dovuto cessare la
Giunta, ma ciò non potè avvenire « per esser sopravvenuto
« il nuovo Concordato sopra la Colonia » (1).
Terminatosi dalla Giunta stessa anche il lavoro relativo
al detto Concordato fu sciolta il 3 Marzo 1758 e fu creata
una Delegazione governativa interinale (2).
Quello poi che venisse risposto alle lettere del Neri, delle
quali ho parlato poco sopra , non resulta, ma si sa soltanto,
come vedremo , che il Neri venne richiamato durante quel-
l'anno stesso in Toscana come Consigliere di Reggenza.
Aveva il Neri sostenute a Milano grandi fatiche ed
avuti molti dispiaceri, ma fu compensato dalla soddisfazione
(1) Ciò è detto in una lettera senza firma al Kaunitz-Rittberg in
data 31 Decembre 1757, nella quale, colui che scrive giustifica col fatto
citatu l'aver prolungata l'esistenza della Giunta.
(2) Per maggior chiarezza ripeto qui che tutti i documenti citati re-
lativamente al Neri, come Presidente della Giunta per il Censimento, si
trovano a Sfilano, nuli' Archivio del Censo. Se poi le notizie che ho po-
tuto raccogliere circa l'ufficio sostenuto a Milano dal Neri e la guerra che
gli fu fatta sembrassero incomplete e scarse, rammento che non ho po-
tuto ricavarne alcuna da quegli autori che scrissero del Neri , tacendo
essi del tutto su tale argomento : e che secondariamente è ben difficile
il potere, negli Archivii pubblici, trovar documenti dai quali si rilevino
sfoghi d'animosità private. Mi sono perciò limitato a ordinare e accen-
nare le parti più importanti dei documenti che ho rinvenuti.
2J0 POMPEO NERI
di vedere i buoni effetti del suo lavoro. Ed il Pacchio par -
laudo del Censo di Milano scrive : « Questa operazione fu
« condotta, sotto la presidenza, del Neri con una saviezza, im-
« parzialità e sagaci tà che servirà di modello a chi vorrà
« imitarla » (1). L' illustre economista Conte Giovan .Rinaldo
Carli Milanese, scriveva al Neri nei 1771 : « V^oi avete ben
provveduto alla felicità di questo Stato con la più grund'opera
che siasi mai fatta in Europa, cioè col sistema censuano » \2).
Ebbe in oltre l'onore ben grande di ricevere una com-
missione mandatagli dal Redi Francia Luigi XV per do-
mandargli consiglio circa il modo di attuare in quei Regno
un censimento simile a quello di Milano. Ed il Neri compilò
un progetto in proposito (o). Molti governi italiani e stra-
nieri imitarono il sistema censuario immaginato e diretto
dal Neri; e, Ira gli altri, Federigo li di Prussia voile che il
censimento dei suoi Stati t'osse l'atto secondo le norme di
quello lombardo (4).
Scrisse il Neri anche le avvertenze circa i modi di to-
gliere i dubbi e le difficoltà che col tempo nascessero nell'ese-
cuzione del censo (5) ; poi un'opera rimasta inedita sopra le
esenzioni ecclesiastiche relative al censo (G). Scrisse infine
cinque consultazioni, sempre in relazione al censo, fra le
quali una in risposta a cerei lagni dei Lodigiani (7).
Tutti questi lavori che il Neri dovè compiere a causa
del suo ufficio, non erano bastanti per la di lui operosi-
tà. Si occupò egli in fatti d' un' Opera intorno al prezzo
delle monete, che porta la data del 30 Settembre 1751, dalla
quale appare ciò che egli operò per eseguire la commissione
avuta da Maria- Teresa di presedere alle conferenze che si
tennero per stringere un concordato monetario fra lo Stato
di Milano e il Piemonte. L' illustre economista Ferrara,
parlando di quest'opera, che egli loda altamente, rende al
(1) Pecchie», Storta dell" Economia pubblica in Italia, pag. 95.
(2) Queste parole sono trascritte dallo Zobi nel Man. cit., pag. 158.
(3) Fabroni, St. cit , Voi. Ili, pag. 3tìl ; Ridolfl, El. cit., pag. 37. Il Ri-
dolfl dice alla nota n. 40 che una minuta del progetto si trova presso gli
Spannocchi eredi del Neri.
' (4) Pecchio , St. cit , pag. 95.
(5) Dice il Ridolfl alla uota 30 dell' El. che sono andate smarrite
(6) 11 Ridolfl alla nota 30. dell' RI. stesso dice che si trovano presso
gli Spannocchi.
(7) Ridolfl, El. cit., pag. 30.
POMPEO NERI 261
Neri, e in conseguenza alla scienza italiana, il vanto d" aver
nettamente intraveduto poi primo il principio «lei - costo di
riproduzióne -, teoria che soltanto dopo molti anni fu svolta
da scienziati stranieri (1).
Altra sua occupazione consistè nello scrivere una Me-
moria circa la Costituzione delle Manimorto promulgata in
Toscana 1" 11 Febbraio 1751 . Memoria che egli mandò alla
Reggenza. Con quella non combatte la Costituzione nelle sue
massime fondamentali, ma come troppo comprensiva (2).
Se molto dovevasi essere accresciuto nel Neri il sapere
e la pratica negli affari, per tutte le opere nelle quali erasi
esercitato, causa non minore dovè esserne l'amicizia che
strinse con gli uomini più illustri di Milano, e specialmente
col Beccaria (3).
Capitolo VI.
Il Richecourt viene richiamato a Vienna - muore - Anlonio Bolta Adorno
è crealo capo delti Reggenza - Il Neri ritorna in Toscana qua! Consi-
glier di Reggenza - Costituzione delle mani-morie - La famiglia Neri
vici» nominata nobile, fiorentina e volterrana - Il Neri si occupa della
Biblioteca di Siena - Careslia del 1763-64 e provvedimenti presi -
Muore Francesco II - P. Leopoldo è creato Gran Duca di Toscana.
Ho detto che il Neri fu richiamato in Toscana , ma non
ne ho accennata la causa.
Nel 1757 venne il Richecourt , per la guerra fattagli dal
partito a lui nemico capitanato dal Ginori . richiamato a
Vienna. Aveva il Richecourt compresi a fondo i bisogni
economico-politici della Toscana , e cercava sopperirvi con
(1) Per maggiori particolarità circa V opera del Neri e specialmente
sul modo nel quale egli pervenne a scoprire la teoria del costo di ripro-
duzione, vedasi Ferrara a pag 92 dell'Introd. al voi. VI, parte 2.a della
Serie 2.a della Bibliot. dell'Enonomista. Vedansi in oltre Zobi, Man. cit. pag.
158. Ridolfl. El. cit , nota n 53. Pecchio, St. cit., pag 96. Ne parlano p'ire
con molto elogio lo Schwarkopf nei suoi Beitrò'qp zur Geschichte der
Nationalò'konornischen Studien in Ttalien im 17 und 18 Jahrhundert
nach Pietro Custodi's « Scrittori di Economia Politica » Strassburg
1872 p. 16 e 29-30 : così pure il Kantz, nell' opera Die Geschichtliche
Entwickelung der National Okonomie « p.e l.a, p. 267: il Roscher nel-
1' opera « Die Grundlagen der Xationalò'konomie. Stuttgart, 1873.
2; Si trova nella filza 869 dell' Arch. di Reggenza.
(3) Zobi, St. cit . Voi. I, pag. 19".
262 POMPEO NERI
quella attività, intelligenza ed integrità che gli erano proprie;
ma l'orgoglio e l'ambizione furono la sua rovina, perchè si
procurò tanti nemici che ben presto lo vinsero. Addolorati* -
simo il Conte dell'improvviso richiamo, fu colpito da apoples-
sia che in brevissimo tempo lo condusse alla morte (1).
In luogo del Richecourt fu posto il Ginori, il quale cosi
ottenne pienamente il suo scopo. Però egli pure morì per
apoplessia prima ancora d'entrare in ufficio.
Fu allora mandato come capo della Reggenza il Marche-
se Antonio Botta Adorno di Pavia, che, se aveva pochissima
conoscenza delle cose militari , nessuna ne aveva di quelle
civili. Dopo essersi egli , . quale generale dell'esercito au-
striaco condotto nel celebre affare di Genova in modo non
so se più vigliacco o crudele, fu mandato ambasciatore d'Au-
stria a Pietroburgo , e quindi a Bruxelles : ma tanto da Pie-
troburgo che da Bruxelles dovè esser tolto perchè affatto in-
capace. Tale fu l'uomo che, per disgrazia della Toscana, vi
mandò il Gran Duca con suo motuproprio del 21 settembre 1757.
Pervenuto appena il Botta al potere, tanto manifesta appar-
ve la sua incapacità , che bisognò fosse immediatamente chia-
mato il Neri come Consigliere di Reggenza per le Finanze.
Certo non altro che il grande amore che portava il Neri al
benessere della Toscana, avrà potuto far sì che egli accet-
tasse una carica, che, se lo riconduceva in patria, lo espone-
va però a tanti pericoli , a dover aver per superiore un uo-
mo come il Botta Adorno , ed al caso di dover assistere da
vicino alla rovina del suo paese senza poterla impedire. E
questo dolore lo dovè in gran parte sopportare perchè . di
fronte alla ostinatezza ed alla presunzione del Botta , poco
poteva fare il Neri. E perciò che dalla morte del Richecourt
alla cessazione della Reggenza , pochissime furono le cose
ben fatte , e queste non per opera dei Botta.
Giunto il Neri nel 1758 in Toscana si occupi» principal-
mente della importantissima questione delle mani-morte. Fino
dal 1740 aveva egli proposto si limitassero gli acquisti del
(1) Intorno al Richecourt furono scritte cose disparatissirae in bene o
in male a seconda del partito. L' illustre (rio. Alberto De-Soria, Profes-
sore a Pisa, ne scrisse l'Elogio che fu stampato a pai:. 132 e seg. del
Tomo II delle Opere inedite del detto Professore, pubblicate per la prima
volta in Livorno da Tommaso Masi nel 1774. Quell'Elogio ha il merito
di portare un giudizio del tutto imparziale sul Richecourt.
POMPEO NERI 263
clero , e 1' idea era stata accolta dal Richecourt, il quale anzi
avrebbe voluto che si vendesse una porzione dei beni eccle-
siastici per estinguere , col retratto , una parte corrispon-
dente di debito pubblico ; ma il Rucellai si oppose, sostenendo
che si dovesse seguire l' idea del Neri , di non limitare cioè
che gli acquisti, futuri, ed in questo senso comparve la co-
stituzione del dì 11 febbraio 1751.
Questa costituzione però aveva il difetto di essere trop-
po lata , perchè si comprendevano nella limitazione i corpi
morali, istituti pii laicali ec. Spedì perciò il Neri da Mila-
no quella Memoria che a suo luogo accennai. Questa Memo-
ria però non ebbe il desiderato effetto , e la opposizione fatta
dalla Corte di Roma alla costituzione del 1751 fece sì che
questa non si attuasse. Morto il Richecourt , espose il Ru-
cellai gli inconvenienti che ne derivavano , ma per il mo-
mento non potè aver luogo la necessaria riforma dissentendo
il Neri dal Rucellai nelle disposizioni e forme della medesima.
Però in breve essi si posero d'accordo. Vennero allora conce-
dute speciali esenzioni , e furono dal Neri date nel 1762 delle
magnifiche ed accortissime istruzioni, con le quali si cercava
impedire le contravvenzioni alla costituzione, e la tanto deside-
rata riforma non ebbe luogo, come dirò più tardi, che nel 1769.
Nel 1760, a causa di una spesa straordinaria, si dovè
imporre un apposito tributo generale. Gli ecclesiastici sopra
tutti si opposero energicamente , ma in ultimo doverono ce-
dere. Fra questi fu il Vescovo di Pienza , Monsignor Picco-
lomini , per altre cause già in urto col Governo. Il P. Berti
professore di Teologia a Pisa, il Neri ed il Rucellai gli di-
mostrarono con una Memoria come fosse dovere anche degli
ecclesiastici il sopportare le pubbliche gravezze.
In questo tempo e precisamente con decreto de' 9 otto-
bre 1762 la famiglia Neri fu dichiarata nobile fiorentina, e non
so in qual anno, fu pure ammessa alla nobiltà volterrana (1).
(I) La data del decreto col quale la famiglia Neri fu dichiarata nobile
Fiorentina si rileva da una annotazione all'albero genealogico da me ripor-
tato e che si trova nel Libro d'oro, insieme allo stemma dei Neri. Quanto
alla nobiltà Volterrana, risulta dalla filza 24 dei Processi dei nobili Volter-
rani che sono nell" Archivio di Stato di Firenze, che Pompeo Neri e fra-
telli vi furono ascritti in conseguenza dell' ammissione di Giov. Buona-
ventura Neri, con tutti i suoi discendenti, al godimento dei primi onori
di detta città, ammissione concessagli per partito fatto da quel Pubblico
il di 25 Gennaio 1723. Io non so poi se questa onoranza fatta da Volterra
264 POMPEO NERI
Il Neri verso quest'epoca si occupò anche della Biblio-
teca di Siena , e quando nel 1750 il Bandini donò a quella
la propria, fece egli in modo che l'anno dopo potesse servi-
re al pubblico (1).
Tanti benefizi però erano nulla in confronto di quello
che doveva in breve arrecare il Neri alla Toscana.
Fu nel 1763 la stagione così trista che scarsissime fu-
rono le raccolte dei cereali , e non solo in Toscana , ma in
tutta Italia; tanto che nell'anno susseguente si ebbe una
grandissima carestia. Né le leggi annonarie vi provvedevano.
Anche la Toscana aveva in questa materia leggi informate
alle idee allora generalmente accolte, leggi che, ostando ad
ogni libertà di commercio , accrescevano anzi sempre più la
carestia. Il Magistrato della così detta Abbondanza, il solo che
potesse far le provvisioni fuori di Toscana, non aveva le somme
necessarie. Quindi non ostante che la popolazione morisse per
gli stenti e la fame , il Consiglio di Reggenza , eccettuatone
il Neri, rimaneva fermo nel combattere la libertà di commercio.
Ma intanto che si discuteva, la carestia portava orrendi mali.
In tal condì ione erano i Toscani quando il Botta Ador-
no propose d'ordinare una straordinaria imposizione gene-
rale , per darne il retratto al Magistrato dell'Abbondanza ,
affinchè potesse far le provviste. Il Neri, quantunque non so-
stenuto da alcuno, ma solo contro il parere di tutti gli altri
Consiglieri, rimase fermo nella sua opinione; e anzi segre-
tamente scriveva al Gran Duca quanto pazza cosa fosse il
disegno del Botta Adorno , e come con quello si sarebbe au-
mentata, anziché diminuita , la desolazione. Ordinò allora
Francesco II , che le somme per l'Abbondanza fossero invero
tratte dalla cassa dei suoi avanzi privati. I Reggenti tene-
vansi fermi nella loro opinione, ma insistè dall'altro canto il
Neri presso il Gran Duca, per mezzo del conte Vincenzo
Alberti allora Segretario Imperiale a Vienna , tantoché Fran-
a Gio. Bonaventura fosse causata dal voler rendere onore alla fama che
godeva, o dal desiderio di ricompensarlo di qualche special benefizio pro-
curatole.
(4) Cosi lo Zobi, St. Civ. Voi. I, p. 420, Nota N. 24. A questo pro-
posito ho viste 4 lettere del Neri al Randini, e 27 all' Ab. Ciaccheri tutte
relative a quella Biblioteca, e che quivi si trovano. Queste però non dimo-
strano altro che le infinite curo elio il Neri (insieme al Bandini e al Ciac-
cheri) si prendeva per quest'affare, ma non hanno .lcun'altra importanza.
POMPEO NERI 265
cesco II in modo assoluto confermò con altro suo dispaccio
ciò che aveva ordinato.
Allora il governo comprò all'estero una grande quantità
di granaglie ; ma anche queste non potevano aver che l'ef-
fetto di far soltanto diminuire la carestia. Tornò ad insiste-
re allora il Neri affinchè fosse applicata la piena libertà di
commercio; ciò fu fatto con editto del 2 aprile 1764 (1), e
nel giugno si comprava già il grano a prezzo discreto.
Questa è la più splendida prova della verità di quelle
teorie economiche , che formulate in Toscana dal Bandini .
furono con fortezza e costanza propugnate , ed in fine appli-
cate dal Neri a salvare i Toscani da una maggiore rovina:
la prova di quella grande verità che « il commercio vuol
« esser libero come gli uomini che lo fanno » e che questo
principio « è dettata dalla natura e confermato dall'espe-
rienza (2) ».
Avvennero in questo tempo ad Innspruck , e precisa-
mente il 5 agosto 1765, le noz'.e fra l'Arciduca Pietro Leo-
poldo d'Austria e l' infanta Maria Luisa figlia di Carlo III
Re di Spagna. Fissandosi nel 1762 il detto matrimonio , si
stabiliva pur anche che il menzionato Arciduca verrebbe no-
minato Luogotenente del ppdre in Toscana per far poi di
questo uno Stato separato.
Col dare al figlio la Luogotenenza della Toscana, parve
presagisse Francesco II la sua prossima fine. Non erano in
farti passati che 13 giorni da quello delle nozze, quando eoli
cessò improvvisamente di vivere, nella sua età di 57 anni.
Per la morte di lui salì al trono dell' Impero il primo-
genito Giuseppe , ed i novelli sposi partirono per la Toscana.
Capitolo VII.
Leopoldo 1 viene in Toscana. - Suo carattere. - Partenza del Botta Adorno.
- Relazioni del Neri col Gran Duca. - Istituzione dei dicasteri. - Giura -
(1) Circa questi fatti può consultarsi il Fabroni, Provvedimenti An-
nonarii, specialmente nlle pap. 274 e 275.
(2 Cosi scriveva un contemporaneo nel N. 75 della Gazzetta Uni-
versale di Firenze pubblicata il 17 Sett. 1770.
266 POMPEO NERI
mento. - Fronedimenti p>r la Maremma. - IVuova carestia frumenlaria.
- Lavori pubblici. - Epidemia.
L'Arciduca Pietro Leopoldo , che assunse allora il nome
di Leopoldo I , si trovò a 18 anni già a capo di uno Stato,
e di uno Stato qual' era la Toscana , in cui , se molto erasi
fatto , moltissimo rimaneva da fare. Per questa ragione pen-
sò Maria Teresa di mettergli al fianco un uomo che savia-
mente lo consigliasse e ne temperasse l'ardor giovanile , e a
ciò fu scelto il conte di Thurn che di li a poco morì. E per
lo stesso motivo lasciò in Toscana il Botta Adorno. Né fac-
cia meraviglia che la saggia Maria Teresa scegliesse anche
quest'ultimo al difficile incarico, giacché essa ne aveva stima
grandissima. E disgraziatamente accade sovente che uomini
come il Botta Adorno , con intrighi di Corte, dei quali tanto
spesso sono vittime i principi , e con altri mezzi non meno
disonesti riescono facilmente ad acquistarsi presso i re-
gnanti quella stima che non potrebbero ottenere con i loro
meriti.
Insieme dunque alla sua consorte, accompagnato dal Thurn
è da altri , venne Leopoldo in Toscana , e a Bologna trovò
il Botta Adorno, il quale era venuto ad incontrarlo. Ma il
novello Principe nun era punto ben disposto a suo favore,
avendo avuto notizia di quanto se ne lamentassero i To-
scani, ed anche forse perchè intendeva come sua madre avesse
voluto dargli in lui chi lo guidasse. Ed i giovani, e più spe-
cialmente quelli di talenti pari a P. Leopoldo , hanno in ge-
nerale poca disposizione ad essere guidati.
Predominava in P. Leopoldo il desiderio di riformare
bensì , ma dopo aver visto con i propri occhi, poco fidandosi
di tutti coloro che gli stavano intorno ; e il desiderio pur
anche di aver vicine persone valenti ed oneste per poter
regolarsi , secondo il loro pensare , in quelle cose delle
quali non gli era possibile aver direttamente notizia. Per-
ciò, giunto appena in Firenze (13 settembre 1765), ed udito
quanto il Botta Adorno fosse odiato dai Toscani, si confer-
mò sempre più nella cattiva opinione che aveva di lui, e si
decise a licenziarlo, la qual cosa non effettuò subito per ri-
spetto di sua madre, ma solo il 2 ottobre 1766. In sua vece
fu nominato il conte Orsini di Rosemberj}'.
POMPEO NERI 267
Partito il Botta, si avvicinò agli uomini più savi che
avesse allora la Toscana , molti dei quali avevano fatta
parte della Reggenza. In primo luogo il Neri, poi Giulio Ru-
cellai, Angelo Tavanti e Francesco Gianni; e di questi ascoltò
i consigli , e li accettò molte volte.
Coll'arrivo del Gran Duca era naturalmente cessata la
Reggenza, ed erano stati istituiti quattro ministeri : uno per
gli affari Esteri , che fu dato al Botta Adorno , e quindi al-
l'Orsini di Rosernberg ; uno per la Guerra con a capo l'Al-
berti; un terzo per le Finanze che fu occupato dal Pecci. d
un quarto per gli affari Interni, affidato a Pompeo Neri. Gli
affari Ecclesiastici rimasero al senator Rucellai. Il Neri in
oltre ebbe dal nuovo Gran Duca il posto di segretario del-
l'Archivio di Palazzo.
Tutti i corpi costituzionali e tutti i magistrati prestaro-
no giuramento di fedeltà al Gran Duca , e in quest'occasione
il Neri pronunziò un breve discorso (1).
Le prime cure di P. Leopoldo furono rivolte alla Marem-
ma. Le sue condizioni erano miserevolissime. Basti il dire che
della colonia di circa 1000 persone, mandatavi da Francesco II,
non ne rimanevano in vita che 35, e anche queste inabili al
lavoro. Il territorio Senese aveva ancora leggi Medicee e
speciali, che gli erano dannosissime. P. Leopoldo quindi, pri-
ma d'ogni altra cosa, incominciò dal dividerlo in due parti.
una superiore, l'altra inferiore (Maremma) e riserbò que-
st'ultima alla propria amministrazione, nominando nello stesso
tempo una Deputazione composta di 9 membri , fra i quali il
Neri, che indicasse le disposizioni da adottarsi per il boni-
ficamento di quella provincia. Questa Commissione propose
affidar la direzione del detto bonificamento al Gesuita Leo-
nardo Ximenes.
Fin dal 1745 erasi divisato, per toglier la mal'aria. di
asciugare il padule di Castiglioni, ma nulla si fece, avendo
la Reggenza esposto esser dubbia la riuscita del lavoro, e come
in ogni caso mancasse il denaro. Non ebbero effetto neppure
le proposizioni presentate da una Società rappresentata dal
Neri, la quale nel 1763 offerse di ridurre, a sue spese, col-
tivate e più popolate le Maremme medesime , dietro certe
condizioni e privative. Quelle proposizioni furono scritte dal
(1) E fra i trattati e carte diplomatiche delle Riformagioni.
268 POMPEO NERI
Neri, eri hanno un merito assai grande (lì. Alle proposi-
zioni stesse fece poi egli stesso note, nelle quali ai n. 9, 10,
11 e 12 dà cenno di un progetto di casa di correzione.
Lo Ximenes frattanto concepì il piano in modo che il
bonificamento si ottenesse esclusivamente con lavori idrauli-
ci. Ma, e il Bertolini, Auditor generale dello Stato di Siena,
e- il Neri combatterono quest'idea, stando piuttosto all'opi-
nione del Bandini il quale intendeva doversi ottenere il bo-
nificamento con lavori idraulici bensì , ma ancbe molto con
provvedimenti economici E il tempo ha dato il suo immuta-
bile giudizio nella disputa, giacché al presente, per l'effetto
ottenutosi in una parte della Maremma e dai lavori idrau-
lici ed insieme da un buon sistema di leggi economiche, ognu-
no è persuaso del come fosse giusto il concetto del Bandini
accettato dal Neri.
La libertà di commercio che. propugnata tanto calorosa-
mente dal Neri , aveva nel 17fi3-f>4 salvata la Toscana da una
rovina macrgriore, non era stata applicata che a tempo. Tor-
narono poi in vigore le antiche lecrtri annonarie. Ma ritornò
anche nel 17fifi-fì7 una più tremenda carestia , per salvarsi
dalla quale si dovè in ultimo ricorrere al solito rimedili . e
colle notificazioni del dì 7 aprile e 4 agosto 1766 fu tolto a
tutto il luglio 1767 ogni dazio e jrabella sui generi frumen-
tarii stranieri : furono sospesi i dazi e le tasse regie e co-
mmutative sulla fabbricazione del pane, e tolte le privati-
ve (2). In oltre si contrasse un prestito con alcuni banchieri
Genovesi , per impietrarlo nella compra di granaglie forestie-
re ed in lavori pubblici.
Effetto primo della carestia fu uno straordinario paupe-
rismo. Alcuni proposero doversi , per disfruo-crer quello, proi-
bir la questua . ma le accennate misure valsero abbastanza
per non doversi prendere provvedimenti d'altra specie.
Ed anche questo gran fatto avvenne per opera del Neri,
il quale con un suo voto del 13 settembre 1707 combattè quei
propositi insensati e crudeli , sostenendo invece che ciò che
(1) Si trovano nella filza 250 dell' Areh. di Reggenza , e lo Zobi lo
pubblica nplla St. Cw. Voi. Il, N. 3 dell'Appendice di Doc. « siccome
documento vergato da dotto giurisperito ed economista » e che « possono
essere non destituite affatto d' interesse anche odiernamente ».
v2) In questo senso furono pubblicati, un editto del 15 Sett., e le cir-
colari del 24 Sett. e 26 Marzo 1767.
POMPEO NERI 269
bisognava fare si era il favorire, sempre nei modi più ac-
conci, l'agricoltura, la pesca, il commercio (1). E ben osserva
lo Zobi, cbe « per illustrare un ministro potrebbe per av-
« ventura bastare questo solo scritto in cui la scienza e la
« umanità trionfano dell' ignoranza e della crudeltà ». « Così
« il modo di far cessare la carestia (osserva il Fabroni) es-
« sendo stato affidato al benefico principio di libertà , il gò-
« verno non spese niente ed i prezzi dei grani , com' è noto-
« rio, andarono gradualmente scemando tino dal primo mn-
« mento » (2).
I lavori che dovevano dar pane a tante persone furono su-
bito messi in esecuzione, e fra gli altri fu intrapreso quello
veramente colossale della strada, cosi . detta dell' Abetone ,
che da Pistoia conduce a Modena.
Ma per i tanti patimenti che a cagione della carestia di
cui ho parlato di sopra, e di quella antecedente del 1763-04
dovè soffrir la Toscana, si svilupparono delle febbri petec-
chiali , che fecero glande strage specialmente nel territo-
rio di Siena. Il Neri , il quale come Consiglier di Reggen-
za per gli affari interni aveva anche la soprintendenza alla
salute pubblica , mandò immediatamente a Siena i valenti
medici Targioni Tozzetti e Matteo Storck per dirigere i
provvedimenti sanitari. Siccome poi lo Spedale che aveva
molti beni in terreni, per essere il grano andato a male,- si
trovò in assoluta mancanza di denari, il Neri autorizzò quel-
l'amministrazione a fondere gli argenti della chiesa che gli
è annessa, ad alienare alcuni beni, ed a contrarre quella
quantità di debiti che fosse occorsa (3).
Gaetano Rocchi.
(1) Questo mirabile voto si trova nella filza 46 della Segreteria di
Stato.
(2) Fabroni, Provvedimenti annonarii, pag. 274.
(3) Ciò si rileva dalle filze 673 e 674 dell' Ardi, di Stato di Firenze,
tutte relative a questa materia.
IL CONCILIATORE.
EPISODIO
DEL LIBERALIS3IO LOMBARDO
(Continua dal T. XXIV, fase. IV, pag. 90).
XIV. Fra i collaboratori del Conciliatore , vivamente erasi
adoperato alla cospirazione Giuseppe Pecchie Propagava egli
a Milano la Società dei Federali ; ne tenne adunanza in una
sua villa a San Siro ; allo scoppiar della rivoluzione in Piemonte
v'accorse, ebbe convegni coi caporioni e col principe di Cari-
gnano , della cui cooperazione cercaronsi con sollecitudine le
prove ne' processi d'allora (1).
Il Pecchio, introdotto notturnamente dal colonnello Oolegno a
colloquio col principe di Carignan o, dicea, fra il resto, essersi colà
(1) Il 3 gennaio 1822 Mettermeli scriveva al governatore di Milano
congratulandosi degli arresti fatti e delle prime rivelazioni avute da Ca-
viglia e Pallavicini: e dopo varie istruzioni soggiungeva:
« Si, dans le cours de la procedure, il se présente des dépositions
à la charge de M. le Prince de Carignan , ou d'autres individus pie-
montais marquants par leur rang ou par le ròte qu'ils ont joué dans
la deridere revolution , vous voudrez bien les rassembler avec le
plus grand soin et me Ics tra.smettre exactement , en les accompa-
gnant de vos observations. Vraisemblablement le Ministère de S. M.
sarde reclamerà la comuaication de ces dépositions. S'il s'adresse a
cet effet a vous, ou à M. le Président du tribunal special, vous vous
montrerez constarnment dispose a vous prèter à ses desirs, mais vous
éviterez cependant de lui communiquer aucune pièce quelconque de la
procedure concernant M. le Prince de Carignan, avant de me l'avoir
préalablement soumise , en alleguant que vous avez les ordres les
ples précis de vouer à cet objet une attention sevère , et de rassem-
bler soigneusemert toutes les données qui peuvent interesser la Cour
de Turiti ; que vous vous en occupez avec zéle ; et que , des que vo-
tre travail sera complet , vous vous empresserez de le soumettre a
l'Empereur , attendu que l'intention de S. M. est d'en faire pan di-
rectement au Roi ».
GIUSEPPE PECCHIO E SIGISMONDO TRECHI 271
concertato di divider l'Italia in tre regni. Il settentrionale fino
agli Apennini (sic) sarebbe costituzionale sotto esso principe ;
la parte meridionale comprenderebbe il regno di Napoli, esteso
fino alla Toscana; quest'ultima formerebbe un regno indipen-
dente. Pecchio teneva infallibile la rivoluzione dacché se ne met-
teva a capo il principe che, essendo erede presuntivo della co-
rona , non vorrebbe metterla al repentaglio d'una meu che sicura
sommossa. A ogni modo la rivoluzione dovea dal Piemonte veni-
re in Lombardia , ed arrestarsi al Mincio, o al più all'Adige (1).
Esistono tutte riunite le deposizioni fatte intorno al Carignano da
Gonfalonieri , da Pallavicini , soprattutto da Castiglia. Da quelle
trasparirebbe un' intelligenza di lui col principe ereditario di Na-
poli per farsi capi della rivoluzione e spartirsi fra loro l' Italia.
Nei processi del 1821 figurò un Gio. Ferdinando de Witt
DSrving , dal Piemonte consegnato all'Austria , dopo essere stato
arrestato per istanza del Niebhur ministro prussiano a Roma ,
siccome attivissimo cospiratore, e legame dei Carbonari italiani
con quelli di Germania , ch'egli avea conosciuti studiando a Jena.
A Milano egli faceva un'ampia deposizione al generale Bubna ,
mostrandosi informatissimo del] e trame di tutta Europa, vantan-
dosi di aver servito a tutti quei partiti, ma per tradirli, ed es-
ser riuscito a gettare la zizania tra i migrati. Di questi mostra
basso concetto , massime de' nobili piemontesi , e come fossero
appena da poco aggregati alla Carboneria e quali semplici cu-
gini ; aver essi operato senza brn farsi ragione delle loro speranze,
e sentirsene pentiti. Va fatta gran parte in tutto ciò al deside-
rio che aveva di liberarsi ; ma quel che importa è il suo insistere
nel desiderio di unità , che manifesta vasi e nella Germania e in
(1) Vedasi Della indipendenza italiana, CronisteriaVo\. II, pag. 581.
Secondo i rapporti, colà da me addotti, era stato il Dardaxi ambasciadore di
Spagna a Torino, che avea riscaldato il Pecchio, e con lui indotto il Cari-
gnano a porsi a capo dulia rivoluzione italiana, facendogli sospettare che
si fosse trattato di cambiar l'ordine di successione alla corona di Sarde-
gna, e insinuandogli che il Governo austriaco, timoroso dell* influenza
che poteva avere sulla Penisola il solo principe italiano del quale eransi
fin da tempo concepitele più lusinghiere speranze, non tralasciava mezzi
di sminuirne la considerazione , spargendo sul suo conto le più vili ca-
lunnie.
272 EPISODIO DEL LIBERALISMO LOMBARDO
Italia: in Germania Hardenberg aveva istituito una società se-
greta a questo scopo , surrogandola alla Tugenbund , e ottenendo
denaro all'uopo: ina i liberali tedeschi si accorsero che insomma
non volea farsi che ima grande Prussia. Iu Italia i Carbonari
mirar all'imita , vero scopo di tutte le loro trame. Ora l'Austria
' potrebbe sventarle col farsi ella stessa unitaria , cominciando dal
•prendersi il Piemonte, dove certamente Carlalberto non po-
trebbe mai divenir re.
Il Pecchio quando vide confiscati i suoi beni , dei quali avi a
fatto una vendita che supponeasi finta , pubblicò uno scritto , ove
narrava d'essersi sottratto per paura d'esser fra i ducento che diceasi
voler il Governo deportare come ostaggi : avere chiesto un pas-
saporto, del qual atto or gli facevano colpa i compatrioti, " i
quali facilmente cadono nelle insidie d'un Governo straniero, in-
stancabile nel deturpare il nome di quei cittadini che ambiscono
unica ricompensa della loro condotta la stima e la confidenza dei
veraci italiani. Questo è un atroce dolore, che li accompagna
• nell'esiguo. Avremmo almeno sperato che i nostri compatrioti,
se non potevano difendere i nostri beni dalla mano prepotente
del fisco, avrebbero almeno coperto i nostri nomi dalle treccie
avvelenate della calunnia ».
Erpete irremediabile 1
Uscito di patria, scrisse, molti libri che servivano ad alere fUun-
mam, come ì'Am un distrazione finanziaria del regno d'Italia, i co-
stumi degli Inglesi, la vita di Ugo Foscolo, per la quale vien se-
veramente giudicato dagli ammiratori di questo. Il Sismondi, col-
laboratore del Conciliatore, e che poi confortò i miei primi la-
vo, i come gli aveva ispirati, quando il Pecchio morì scriveva
all' Ugoni : "Il était bien de ces esprits sages qui cherchent
la liberto dans l'équilibre ; qui cherchent des barrières contre
la fureur populaire, aussi bien que contre la tyrannie d'un seul,
ou du petit nombre , et sa manière toujours piquante et nei
faisait impression sur ses concitoyes ?>.
Qual compratore dei beni del Pecchio erasi presentato Si-
gismondo Trechi di Cremona, che carcerato per ciò, ha potuto
uscire illeso. Era un coltissimo signore, dedito a tutti gli eserf
cizj cavallereschi e a quel leggere indefinito che toglie il pen*
Giuseppe pecchio e sigismondo|trechi 273
saie da sé e il cercare da interno impulso le ispirazioni , acqui-
stando quella pigrizia di spirito che satollasi di idee importa-
te , e eh' è più nocevole perchè ha la sembianza di lavoro.
Andando egli a Londra nel 1816, il direttore della Polizia
l'accompagnò di una lettera commendatizia pel principe Este-
razy, colà ambasciadore d'Austria, ma a questo ne dirigeva
una privata, informandolo come « cet individu, avec des qualités
aimables , a été gangréné de l'esprit d' independance, qui anime
beaucoup d'Italiens dans ce moment. Voyageant en Engleterre, me
donne bien à soupeonner qu'il pourrait avoir pour but de se mé-
nager des rélations avec le parti d' opposition , qui ne cesse de
fomenter sourdement les mécontents de ce pays ». Perciò l'av-
vertiva di farlo sorvegliare.
Difatti , sì il Trechi che il Pecchio erano braccheggiati dalla
Polizia sarda. Il conte della Valle, primo uffiziale della R. Se-
greteria di Stato di Torino, informava il Governo lombardo che il
Trechi in Genova usciva dall'albergo de la Ville ogni mattina
alle 10 , e si recava direttamente in Carignano all'abitazione della
duchessa Oxford, per una delle cui fighe esso mostrava partico-
lar premura , e vi restava sino a mezza notte. Pecchio alloggiava
allo stesso albergo ; si conduceva con gran circospezione , e solo
si supponeva parlasse contro il suo Governo. Al Trechi , so-
spettato liberale, si intimò di partire, e non ripetere le sue corse
ne' regii Stati.
La Polizia di Toscana riferiva che più volte andarono colà
Gonfalonieri, Trechi, Pecchio, e frequentavano « soggetti d'opi-
nioni contrarie al Governo », e si sospettò « di criminali progetti
e delittuose corrispondezze coli' estero ». Ne' giorni di arrivo di
corrieri si raddoppiavano lunghe conversazioni , gite in campagna
dove si facevano cene e adunanze fino a notte avanzata con per-
sone di pessima tendenza politica , « quali il marchese Pucci ,
l'avvocato Collini, il conte Bardi, il conte Pietro Mozzi e il suo
segretario Giannelli , Cosimo Martini , Gino Capponi , Ferdinando
Tartini , Ferdinando Redditi , Cosimo Ridolfi , il maggior Testa,
il dott, Leopoldo Martini, ma « non s'è potuto sapere di che si
trattava nelle loro sospette conversazioni ».
Abch., 3.» Serie, Tom. XXIV. 13
274 . EPISODIO DEL LIBERALISMO LOMBARDO
Dal processo il Trechi potè schermirsi abbastanza , e il
22 maggio 1828 il Torresani , nuovo direttore della Polizia ,
così sul conto di lui informava il governatore :
Eccellenza ,
Il Barone Sigismondo Trechi venne arrestato da questa I. R. Di-
rezione generale per requisitoria della cessata Commissione speciale
in Milano il 6 luglio 1822, e non fu dimesso che il 10 ottobre 1823
per espressa disposizione del supremo Senato di Giustizia in Verona,
che prescrisse la provvisoria di lui scarcerazione coll'obbligo di ri-
manere in Milano sotto rigorosa sorveglianza politica. 11 definitivo
giudizio 21 gennaio 1824 portò che si dovesse, pel titolo d'alto tradi-
mento , sospendere il processo per difetto di prove legali a carico del
Trechi medesimo.
Riguardo alle emergenze processuali che indussero una tale sen-
tenza ho l'onore di sottoporre all' Eccellenza Vostra il seguente suc-
cinto estratto che, in occasione della dimissione del Trechi, la devota
Direzione generale ottenne dall' I. R. Commissione speciale.
- Questo individuo si era fatto rimarcare fino dall'anno 1811 come
appassionato favoreggiatore della indipendenza d' Italia , e fu uno dei
deputati di Milano , che all' inglese lord Bentink in Genova presenta-
rono i pretesi voti della nazione per un Governo indipendente (1). Le
sue relazioni con Ugo Foscolo , con Pecchio , con Confalonieri , con
Porro, e i suoi viaggi all'estero e specialmente in Inghilterra raffor-
zarono in lui quei sentimenti politici che alienarono il suo animo dal
nostro Governo. Desso si strinse in particolare amicizia colla famiglia
di lady Oxford , di cui amoreggiava la figlia Jenny, quella stessa cui
il Pecchio dopo la sua fuga dedicò l'opuscolo rivoluzionario intitolato
Trois mois en Portugal. È noto come questa famiglia avesse conti-
nuato anche nel 1822 ad attirare i sospetti del Governo di Francia ,
e come la sua abitazione fosse il convegno dei rifugiati Italiani in Pa-
rigi. Molte lettere perquisite a Trechi fanno ampia testimonianza
della avversione ch'egli nutriva verso il Governo austriaco. Nei mesi
(1) Negli Studi intorno alla storia della Lombardia è scritto a pag. 91:
« I partigiani dell'Austria inviavan la stessa sera del 29 aprile in
segreta missione i conti Luigi Porro, Lamberteghi e Gio. Serbelloni
alla volta del quartier generale di Bellegarde . per eccitarlo a marciar
senza indugio a ristabilir la tranquillità in Milano ». Vedemmo come
così non fosse.
GIUSEPPE PECCIIIO E SIGISMONDO TRECHI 275
che di poco precedettero lo sviluppo della rivolta piemontese Trechi
si collegò più particolarmente con Pecchio. Mentre Confalonieri, dopo
il colloquio importante che ebbe nel novembre 1820 in Vigevano col
piemontese cospiratore Peronne , si recava a Firenze , per essere colà
più alla portata di conoscere le speranze ed i mezzi del predisposto
italico rivolgimento , Trechi e Pecchio si condussero a Genova. La Po-
lizia piemontese ebbe motivo di rimarcare i loro imprudenti discorsi
e il livore onde pareano specialmente animati contro dell'Austria. Da
Genova si recarono a Firenze, e si unirono a Confalonieri. Si osservò
come frequenti erano gli abboccamenti anche in luoghi remoti fra co-
storo e i più distinti liberali di Firenze, e Trechi fu specialmente
rimproverato per il poco riservato contegno che nei suoi discorsi te-
neva in politica. Nel suo ritorno a Milano ebbe in Cremona a farsi
rimarcare come un esagerato zelatore della causa italiana e del siste-
ma costituzionale. In Milano si trattenne circa un mese , e quindi alla
metà di febbraio 1821 si recò a rivedere la famiglia Oxford a Genova
sotto il pretesto di compiere un ufficio di amicizia. Reduce da quella
citta si trattenne sempre a Milano , ed era uno dei più assidui al letto
di Confalonieri. Questi dichiarò che Trechi sapeva ogni cosa, e che
il trovò già dal Pecchio informato di quanto si macchinava. Trechi
si prestò a firmare un simulato contratto di acquisto dei beni di Pec-
chio per sottrarli in tal modo alla temuta confisca, e continuò, anche
dopo compressa la rivolta del Piemonte, ad intrattenere con Pecchio
una segreta corrispondenza , la quale però venne da esso distrutta.
Trechi , confessando la simulazione del contratto di acquisto , negò
ogni sua ingerenza nella cospirazione ed ogni conoscenza di essa, e
tacciò di menzogna quanto in suo riguardo deponeva Confalonieri.
Sommi erano gli indizj che colpivano questo inquisito, ma la sua ne-
gativa costante lo sottrasse da ogni condanna. Se però vi fu motivo
di credere che Trechi fosse iniziato nella cospirazione Lombardo Pie-
montese , e che vi avesse anche con del denaro cooperato, non pare però
che esso vi abbia rappresentato una attivissima parte , imperocché la
leggerezza del suo carattere, e la superficialità del suo ingegno non lo
rendevano atto né a concepire, né ad eseguire vasti e pericolosi disegni....
Il Trechi è assai comodo possidente senza pesi di famiglia , e
la di lui sorella Fulvia maritata contessa Nava vive agiatamente
nella casa maritale, considerata fra le benestanti famiglie di Mi-
lano , né conosco altri titoli personali che rendono meritevole
di speciale appoggio l' istanza di ambedue i ricorrenti , militando
anzi contro il Trechi il manifestato animo costantemente contrario
all'attuale felicissimo sistema anche dopo la sua liberazione. A Vostra
276 EPISODIO DEL LIBERALISMO LOMBARDO
Eccellenza non è ignoto di quali imprudenze ne' suoi discorsi e nei
suoi scritti egli si renda colpevole anche attualmente , e con quale
avidità egli avvicini tutti li forestieri inglesi e francesi che qui giun-
gono e puzzano di liberalismo.
XV. H Trechi , diffuso in tutte le società di Milano , era
familiarissimo di Alessandro Manzoni , al quale somministrava
giornali e novità , e col quale conversava può dirsi ogni sera ; e
spesso ci siamo spassati udendo le argute e sofistiche opposizioni
ch'egli faceva ai sentimenti e politici e religiosi del gran poeta:
il quale a vicenda spassavasi a scioglierle colla potente sua
dialettica.
Il Manzoni negli ultimi anni diresse una bella lettera a que-
sto " amico di quasi mezzo secolo >» per torgli « la trista e quasi
irragionevole certezza che tutto finisca con questa vita », ed esor-
tandolo a cercar nelle credenze cristiane quella serenità che non
poteva avere dallo scetticismo , e imitar lui che « in quaran-
ta anni dacché fu da Dio richiamato , non ha cessato mai un mo-
mento di benedire quella chiamata » (1). La lettera era del
29 luglio 1850 : al 21 agosto il Trechi moriva.
Manzoni, dagli amici di Francia aveva assorbito l'odio contro
Napaleone; e il suo nome è firmato nella lista di quelli che, l'apri-
le 1811, protestarono contro l'invio del Senato per domani lan-
che Beauharnais fosse re d' Italia.
Dappoi si esaltò per Murat, sperando unisse sotto di sé l' Ita-
lia tutta. Ora certamente egli era legato d'amicizia a molti ilei
collaboratori del Conciliatore e cospiratori, e credendo alla ve-
nuta de' Piemontesi , avea preparata un'Ode, che poi tenne ge-
losamente nascosta fino al 1848 ; sfavillante di patriotismo, sebbene
v'appaia quella moderazione che fu il distintivo del suo operare.
Egli allora dimoiava a Parigi, donde il 6 aprile 1820 al
marchese Alessandro Visconti d'Aragona, altro degli implicati
ne' processi d'allora, scriveva questa lettera, affatto inedita:
Carissimo e Pregiatissimo amico ,
Aspettando di giorno in giorno una occasione sicura , ho tardato
finora a rispondere alle due vostre veramente carissime lettere : ìinal-
(1) E questa e le interessanti lettere del Foscolo ho prodotte io ne\Pa-
ralipomeni su Ugo Foscolo, nell'Archivio Storico Lombardo 1876, marzo.
MANZONI 277
mente quando stava per iscrivervi col mezzo della posta , l'occasione
si presenta e ne approfitto per esprimervi la riconoscenza e l'allegrezza
eli' io provo nell'essere da voi assicurato che mi considerate d'ora in
poi come un amico. La vostra indulgenza per me , la mia stima per
voi , e la nostra conformità di sentimenti suppliranno , io spero , a
ciò che l'antica consuetudine accresce all'amicizia , e se il cielo con-
cede il corso ordinario alla nostra vita , questa consuetudine , che ho
così felicemente cominciata, me la renderà più gioconda o meno
penosa.
L' idea del vostro progetto di viaggio, che mi era stata cosi cara
quando voi me la deste la prima volta , ora la vo allontanando dalla
mente ,*e cerco di fermarmi sulle ragioni che mi possano render pro-
babile che siate mutato di parere , giacché pel nostro soggiorno a
Parigi il piacere di rivedervi e di essere con voi è per me allontanato.
Noi abbiamo risoluto di anticipare il nostro ritorno a Milano : la spe-
ranza di un miglioramento nella mia salute era il motivo che aveva
determinato la mia famiglia ad intraprendere il viaggio di Parigi , ed
a farvi qualche soggiorno : ma questa speranza , accresciuta sul prin-
cipio da qualche buon indizio di successo , è ora affatto svanita , e
invece ne abbiamo un poco nell'effetto del secondo viaggio e nell'aria
patria. Ai miei incomodi abituali si aggiunge qui la impossibilità di
occuparmi, cagionata dalle distrazioni inevitabili anche a chi vive so-
litario in Parigi ,e dalla mancanza di comodi: e questo ozio forzato
mi lascia più tempo per sentire più intensamente il mio malessere.
Noi contiamo dunque di ritornare verso la fine di maggio. Oh pos-
siamo trovarvi ad Affo ri !
Ricevete le più vive e sincere congratulazioni di tutti noi pel parto
della gentile e rispettabile vostra signora moglie , e per l'aumento di
una famiglia , che , giova sperare , vi rassomiglierà pel bene di que-
sto cantuccio che abitiamo. Son ben contento che le scuole di mutuo
insegnamento corrispondano alle vostre intenzioni ed alle cure che voi
ed alcuni altri benemeriti nostri concittadini hanno date a questo sta-
bilimento. Certo io ne spero molto bene, e un bene scevro da quegli
inconvenienti che vengono in Francia da una opposizione ostile, in-
sensata e sistematica, e da una reazione non sempre moderata né
sana, che questa opposizione provoca e'simula. Per fare il bene senza
scoraggiamento e senza passione , per resistere agli ostacoli senza
furore e senza malignità , bisognerebbe essere angeli : di questi non
ve ne ha in nessuna parte del nostro pianeta, e se ve ne avesse in
Francia non so come farebbero a non diventare un po' diavoli , quando
si vedrebbero attraversati , insultati e minacciati ad ogni passo.
278 EPISODIO DEL LIBERALISMO LOMBARDO
Quando all'idea di fare il bene si mischia il gusto di far rabbia a
qualcheduno , il bene è guastato , e questa tentazione è forte assai in
un paese dove vi ha degli uomini così nemici del bene e del senso
comune, che farli arrabbiare par proprio una vittoria pel senso comune.
Addio, caro Visconti, il tempo mi manca per trattenermi più a
lungo , ma spero compensarmene presto. Vi prego di scrivermi e di
trovarvi costì. Presentate , vi prego , l'omaggio del mio rispetto alla
vostra signora moglie , gradite i complimenti di mia madre e di mia
moglie , fatemi la grazia di salutare per noi la buona Angiolina , e
credete alla inalterabilità dell'amicizia , colla quale mi protesto
affezionati ssimo amico
Alessandro Manzoni.
H nome di Manzoni non comparve in quei processi, se non
qualche volta annunziando d'essersi trovata presso qualche arre-
stato » ]a riprovevole ode in morte di Napoleone ».
Il 2 gennaio 1821 Borsieri scriveva all' Ugoni :
Non mi dimentico questa volta di far sapere al caro conte
.Maggi che Manzoni è tutto assorto nel comporre una nuova tragedia
intitolata Adelgiso. La seconda parte della Morale Cattolica o non
comparirà mai a questo mondo , o ci vorrà gran tempo prima che
l'autore si ponga a scriverla. Doveva anche dirti nelle altre mie let-
tere che Manzoni è stato gratissimo al dono del conte Magni Fagli
ora questa comunicazione insieme alle mie scuse ed ai miei saluti.
.... Ho saputo che la Revue Encyclopedique porta nell'ultimo
numero un lungo articolo di Sismondi , in commemorazione di De
Brème e del Conciliatore. Puoi immaginarti se leggerei volentieri
questo numero : ma qui non ne è permessa la distribuzione.
Altrove abbiamo detto, e, se la vita ci basti, più lunga-
mente diremo della partecipazione del Manzoni a quel ringiovani-
mento letterario e politico che allora si tentava. Qui serva accen-
nare come alla baruffa romantica egli era intervenuto col sai samosa-
tense, cantando l'ira d'Apollo, e di aver veduto questo Dio (credi,
se il vuoi, volgo profano) dal Baradello minacciare co'suoi strali
Milano perchè v'era uno che insultava agli Dei. li poeta gli pro-
testa per Leucotoe, per Giacinto, per la gentil Coronide, per
Dafne , che un solo è reo , mentre tutti i Milanesi dal Cordusio
e dal Bottonuto gli dirigono voti, e nessuni) sémina senza invo-
car Cerere , nessun tenta impresa senza interrogare la delfica
MANZONI 279
cortina, ed egli, il poeta, si protesta, « o numi santi, umilissi-
mo servo a tutti quanti »: e lo supplica a usar » le misure ener-
giche sol contro l'empio schernitore ». E l'ottiene, e il Dio si
contenta di negar a questo l'onda castalia, il lauro, l'aura di
Pindo, il corridoi- volante; sicché il poeta prorompe:
Santi numi! egli è spacciato!
E come vuoi che senza queste cose
Ei se la cavi? — « Come può » rispose.
Una scuola come quella del Conciliatore ove una plejade
passionata pel bello e pel bene, in pagine ove si risente troppo
l'ardore della battaglia , voleva risvegliare il sentimento di fede
e di patriotismo, guadagnar le sane intelligenze a una causa
sostenuta con ardore e coraggio, doveva apprezzare in Manzoni,
l'arte unita al maraviglioso cristiano che negli Inni produce
un'armonia compita, e ne fa il lavoro di lui più originale e da
nessuno raggiunto.
Che se il Monti lodava Y Urania e Foscolo i versi in mor-
te dell' Imbonati , invano rifiutati dall'autore, nel Conciliato-
re, G. B. De Cristoforis deplorava che gli Inni , usciti già da
molto tempo, rimanessero ignoti all'Italia. « Qual premio ser-
basi oggimai in questa benedetta penisola ai pochi alti intelletti
che, schivi dal contaminarsi delle brutture dell'adulazione, del
vizio dell' imitazione servile , generosamente trattano l'armonica
arte della parola per amore del vero e per brama di diffondere
nobili consigli , ed esempj di giustizia e di carità"? Non oro, non
applauso di popolo , non solenni onorificenze : vediamo all' incontro
la discortese indole degli stessi concittadini sorgere armata d' in-
vida critica , e la fama scemare ai buoni intelletti , e fin anco il
riposo colla maligna opera della calunnia ».
Sempre gli stessi rimproveri e non mai l'emenda.
In uno strano articolo sopra il Manzoni, inserito nella Ri-
vista Europea del novembre 1874, si fa Manzoni non solo conscio
ma cooperatore alle trame del Confalonieri. Tutto quel racconto
è fuori del vero. Verissima è la venerazione ch'egli professò sem-
pre per la moglie del Confalonieri , pel cui sepolcro egli fece l'epi-
taffio, che noi primi pubblicammo durante la dominazione au-
280 EPISODIO DEL LIBERALISMO LOMBARDO
striaca. Quando poi il Confalonieri fu sciolto dal carcere , Man-
zoni gli mandò le Considerations sur le dogme générateur de
la piété cathólique dell'ab. Gerbet , e vi scriveva :
« Che può l'amicizia lontana per mitigare le angoscie del
cuore , le amarezze dell'esigilo , la desolazione d'una perdita ir-
reparabile ? Qualche cosa quando preghi ! che , se sterile è il com-
pianto che nasce nell'uomo e finisce in lui, feconda è la pre-
ghiera che vien da Dio e a Dio ritorna. Milano, 23 aprile 1836 ».
XVI. TI Confalonieri ne' suoi viaggi erasi fermato a Ginevra ,
allora abbellita da Sismondi, De Candolle, Chateauneuf, De Saus-
sure, Dumont, Bonstetten , Prevost , da mad. Necker, dai due
Pictet. Pellegrino Rossi, che, per aver favorito Murat, era dovuto
uscire d' Italia fin dal 1815, aveva cola ottenuto una cattedra ,
e la protezione di quella adunanza d'uomini insigni (1). Egli
scriveva al Confalonieri:
21 novembre 181 9.
Nous avons une societé étrangére assez bnnne. Le Due do Bas-
sano est tré-aimable , la Duchesse est charmante. L' ex femme de
Jerome Ronaparte a un forte joli minois. De Russes , de Polonais , de
Francais , de Suedois , enfin c'est une veritable tour de Babel. L'autre
jour en donnant une lecon, je m'amusais a conter les nations. Il y en
avait huit. Hier au soir dans un salon on ne savait plus ou Fon était
à cause de tous les differents jargons que l'on entendait à droite et à
gauche. Il n'y manquait que de l' italien , parceque j'etais le Seul
del bel paese. D'ailleurs j'etais tant malade, et je le suis encore d'un
coup de froid que j'ai pris. C'est pour cela (parcoqu'enfin je ne veux pas
paraitre meilleur que je ne suis) que je passe une soirée à babiller
avec vous.
Mortogli il fratello maggiore, ne scriveva al Confalonieri :
Mio buon amico ,
Ginevra, 25 dicembre 1819.
La disgrazia è pur troppo vera , ed il colpo è terribile. 0 gran
Dio ! Son dunque destinato a veder perire tutti i miei , anche quelli che
(I) Ergendosi a Carrara una statua a questo illustre carrarese, fu
stampato un elogio di lui . ove , recandosi il giudizio da me pronunziato
sul suo diritto penale , lo qualifica di villania. Né un letterato né una
persona civile confuta a questo modo.
PELLEGRINO ROSSI 281
per l'età e per la salute loro dovevano chiudermi gli occhi, e restarmi
solo io, pianta già troppo sbattuta ! Non ho più con chi risguardare
il presente. Era il solo compagno ed amico della mia infanzia : una
vera amista ci legava. Tutto , tutto svanisce d' intorno a me.
Miei cari , conservatemi la vostra amicizia : ne ho gran bisogno.
Se anche gli amici vivi mi abbandonano, che mi resta? I Ginevrini
sono buoni, e molto per me. Nascondo più che posso il mio dolore per
gratitudine. Meritano questo sforzo, che è pur terribile.
Cedendo ai consigli , mi sono sforzato di riprendere le mie oc-
cupazioni di dovere. Ma le idee non ci sono. Faccio, ma non lavoro.
È una macchina che opera senza aver la coscienza di quel che fa.
La vostra lettera è partita subito. Sgraziatamente il penultimo
corriere del Sempione mancò , a causa di un torrente straripato.
Non l' ho avuta che ieri. Le ho fatto prendere, per più speditezza, la
via di Francia. Sarà più cara a Londra , ma guadagnerà due giorni
in celerità.
Voi sapete quanto io amerei far qualche cosa in servizio vostro,
quindi prevaletevi liberamente. È anzi questo un modo di richiamarmi
alla vita ; di farmi sentire che non sono un peso affatto inutile sulla
terra , se posso servire in alcun che all'amicizia. Addio , miei cari ;
amate sempre il vostro
Rossi.
Mio ottimo amico ,
Ginevra, 29 gennaio 1820.
La vostra lettera è un vivo testimonio della bontà del vostro
cuore. Bisogna arere una bell'anima per sapere spargere tanto bal-
samo sulle ferite dell'amico. Voi l'avete sparso in un cuore ricono-
scente ; in un cuore, ove il vostro nome è scritto dalla mano dell'ami-
cizia la più sincera , e nulla varrebbe a scancellarlo. Io benedirò sem-
pre il giorno che vi condusse a Ginevra , e l'uomo che v' ispirò il
pensiero di conoscermi. Io non tardai a scoprire in voi l'unico degno
di portar questo nome , e quanto più da vicino vi ho esaminato , e
veduto agire, tanto più mi soii raffermato nel mio primo giudizio, e
tanto più vi ho amato.
Ho letto con vera soddisfazione quanto mi avete scritto intorno
al mutuo insegnamento lombardo. Lasciate a me il pensiero del re-
sto. Se fossi libero , vi direi, Sarà fatto dimani. Ma due corsi che
camminano di fronte, l'uno all'Università, l'altro all'Ateneo, mi ca-
ricano di occupazione in modo , che ho bisogno , alla lettera, di ru~
282 EPISODIO DEL LIBERALISMO LOMBARDO
bare i momenti per fare altre cose e per rispondere ai miei amici.
Ma statene certi , che anelerete innanzi alle cose mie.
Ho pur trovato un ritaglio di tempo per leggere il manoscritto.
Eccovi liberamente la mia opinione , per voi. Vi ho trovate di molte
buone, vere ed utili cose. Supponendo che i risultati sieno esatti , di
che non dubito , è un trattato rimarchevole di pubblica economia
pratica. Ma ciò non ostante, deesi stampare? Ecco un'altra que-
stione , al tutto indipendente dal merito intrinseco del lavoro. Sti-
mo impossibile trovare né qui né a Parigi uno stampatore che voglia
incaricarsene , neppure se l'autore volesse darmi il manoscritto. Siate
certo, e ne ho prove positive per qualche altro mio amico, che i
librai francesi son sì ingolfati nelle cose loro e sopratutto nella loro
politica , che son persuasi di non trovare lettori per tutto il resto.
Quindi ricusano persino i manoscritti francesi , e sovra soggetti dilet-
tevoli , a meno che non sieno di un autore già celebre ; allora il no-
me supplisce alla prevenzione, o per meglio dire la fa nascere. Ma per
un manoscritto italiano , per un soggetto sì grave , e relativo a un
paese pel quale (è forza dirlo) nessuno più s'interessa, vi giuro che
non degnerebbero neppure di farlo esaminare. La stamperia di Gine-
vra non serve quasi più nulla. Tutto al più qualche ristampa alla
macchia , di operette aventi una grandissima voga e di un nome
celebre ec. , e cose simili. Sicché che fare ? Converrebbe che l'au-
tore lo facesse stampare a sue spese : oppure , che è più , conver-
rebbe che troA'asse a Parigi un editore responsabile ; altrimenti nissun
libraio lo stamperà. Vi dico tutto questo, ripeto, per esperienza fatta
de' miei amici. Ora regolatevi.
Noi abbondiamo in lettere, perchè crediamo che esse im-
portino ancor più che le Memorie a far conoscere le persone,, que-
ste essendo scritte di proposito deliberato e per mostrarsi al
pubblico, generalmente in busto, anziché in figura intera, men-
tre le lettere sfuggono giorno per giorno dalla mano e dal pen-
siero, né più si ha la facoltà di correggerle.
12 febbraio 1820.
.... Spero che riuscirete nel progetto di stabilire una compagnia
comica, che non sia vagabonda, pezzente e ignorante, come sono in ge-
nerale le compagnie italiane. Al diletto che procaccerete con ciò ai nostri
concittadini riunirete il decoro dell' Italia tutta, poiché allora soltanto
le composizioni drammatiche italiane perverranno a poter gareggiare
collo straniero , e le nostre scene cesseranno infine di far rabbia e
CAPPONI E I TOSCANI 283
pietà. Nato il teatro , nasceranno gli autori. Siano poi romantici o
classici , poco importa, purché sieno buoni. Abbiasi un llacine o uno
Schiller , ma abbiasi qualche cosa. Tous les genres son bons, excepté
l'ennuyeux.
In altra del 26 febbraio 1820, dopo annunziato il suo ma-
trimonio , poscrive :
La celebre Madame Necker, cugina di M. de Staèl , e certamente
una delle più illustri donne viventi , si reca in Italia. Ve la dirigo.
La sua fama ò europea , dopo specialmente il suo scritto su Madam i
de Staèl. Conoscerai una donna rara per l' ingegno, per le profonde e
veramente straordinarie sue cognizioni, e per la sua bell'anima. « Elle
a tout l'esprit qu'on me donne et toutes les vertus qu'on desire » :
dice la Staèl. Merita che v' incarichiate di farle conoscere Milano.
Vien con suo marito, sindaco di Ginevra: buon uomo: un ^ohdtra :
sua moglie ha ingegno che basta non solo per due , ma per dieci.
XVII. Fra le lettere del Confalonieri ne abbiamo una di
Gino Capponi , ove raccomanda vagli il Tartini , uno de' Geor-
gofili , intimo del marchese Ridolfi , impiegato e fautore delle
scuole Lancastriane (1). E gli diceva:
Mio caro amico,
Il signor Tartini che ti presenterà questa lettera, è uno dei so-
stegni delle nostre intraprese liberali toscane, specialmente di tutto
quello che riguarda l'educazione e le scienze economiche, delle quali
e distinto coltivatore. Ha viaggiato in Inghilterra ed in Francia per
acquistare dei lumi, che possano poi impiegarsi pel vantaggio del suo
paese. Dunque deve conoscerti , benché non si fermi che momenti a
Milano , e può servire come ponte di comunicazione fra due attiv -
officine di avanzamento italiano. Presentalo ai Conciliatori, parlagli delle
cose nostre , e invitalo a tenerci informati di tutto quello che si farà
di buono in Toscana. Ti chiedo questo con istanza, come tratto di
benevolenza per me , e per il nostro caro paese. Addio , ti scriverò
un'altra lettera che riceverai forse prima di questa.
In altra lettera del 1.° maggio 1821 il Capponi esortava Con-
falonieri a venir a riconfortare la sua salute a Lucca o aVarra-
(1) Conosciamo uà libro stampato a Pistoia il 1818 Della necessità
d' introdurre nelle seriole primarie toscane il metodo di Bell e Lanca-
ster, Memoria dei signori F. Nesti , L. Serristori , F. Tartini-Salvatici,
e C. Ridolfi, soci di varie accademie.
284 EPISODIO DEL LIBERALISMO LOMBARDO
mista , e non differir troppo il lungo viaggio , che aveano divisato
di fare insieme. Così l'avesse ascoltato !
H Capponi stesso, al 2 novembre 1820 informo va Pellico di
un nuovo giornale eh' egli intendeva cominciare a Firenze, esor-
tandolo a dargli qualcha articolo col nome o senza , e avergliene
promessi Berchet e Borsieri. Il Capponi , negli ultimi suoi gioroi,
da me interrogato in proposito, mi assicurava che in cospirazioni
egli mai non trescò; e che, ad imitazione della Rivista d'Edim-
burgo e della Trimestrale, ideava un giornale, che fu poi recato
ad effetto dal Vieusseux coU' Antologia, aggiungeva :
E vero che nella prima età pensavo ad una storia di Pietro Leo-
poldo , e ho molti documenti su quell'argomento , dei quali vorrei che
altri una volta si servisse : per me non era , che di cose ammini-
strative non seppi mai nulla, e solamente almanaccava sulle eccle-
siastiche e sulle politiche. In questo ho compito qualche scartafaccio
anche del mio.
Un confidente dell'alta Polizia di Milano, che, sotto il pseu-
donimo di Luigi Morandini , dava interessanti notizie intorno alla
Romagna e ai paesi contermini , da Bologna alcuni anni dopo
scriveva:
Nella Toscana , o almeno in Firenze , regna più moderazione e
tolleranza che tranquillità ed ordine. Non che vi siano sedizioni o
sommosse , ma i delitti vi sono atroci ed orribili , le disposizioni go-
vernative non troppo osservate : ed il Governo non pare che ispiri
quel timore in cui è riposta la migliore risorsa per reggere uno Stato.
E se quel Governo, con quel suo principio di liberalità e d' indulgenza
assoluta per i malcontenti, fosse in tutt'altro paese, avrebbe a que-
st'ora sofferto qualche calamità Ma i Toscani sono sempre stati , e
si mantengono nella maggior avversione a tutte le sì vantate riforme
de' novatori : quindi per parte dei sudditi il Governo può riposare
certissimo che non vi ha minimamente da temere in ordine alle cose
politiche. Il piccol numero di geniali del liberalismo viene tenuto a
freno dalla gran maggioranza del partito della legittimità. Se non che
mi è pur sembrato un gravissimo disordine la tanta impunità che in
Firenze si accorda ai liberali rifugiati da altri dominii. E fossero que-
sti almeno grati e devoti alla bontà di quel sovrano; ma essi lo de-
nigrano, dipingendolo come un uomo debole, troppo divoto, schiavo
dei preti e propenso al dispotismo. Le quali cose ho io udite dalla
CAPPONI E I TOSCANI 285
bocca di più d'uno tra quelli che, senza quel Principe e quel Governo,
dovrebbono andare fuori d' Italia per trovare un asilo. E vi osserverò
una specialità di quei liberali , che non ho rilevala nei nostri paesi.
Essi non solo confidano nelle rivoluzioni e nelle guerre , ma cercano
di lare quanto è in loro potere onde ( dicono essi j illuminare il po-
polo , e prepararlo a gustare i benefici effetti di un regime costitu-
zionale-liberale. A questo fine è specialmente diretto il giornale l'An-
tologia, e il Gabinetto Letterario, da cui si pubblica; il tutto diretto
dal sig. Gio. Pietro Vieusseux , ginevrino d'origine e da più anni sta-
bilitesi in Firenze. Quest uomo si è latto il centro del liberalismo e lo
dice apertamente , collo spiegare le ragioni del suo operato . tanto
nella direzione del Gabinetto , quanto nella pubblicazione dell'Anto-
logia. « Io potrei lare (mi diceva egli) diverse imprese letterarie,
pubblicando opere di celebri autori e lucrando assai ; ma io preferisco
di attendere al Giornale e al Gabinetto, che servono alle mie viste ed
allo scopo prefissomi di estendere in Italia le massime liberali ; e a
tutto preferisco la gloria di essere alla testa degli uomini che debbono
diffondere i principii generosi. Ho escluso ormai dal mio giornale
ciò che è di letteratura non applicata alla filosofia e alla politica. Voi
vedrete anche in quest'ultimo fascicolo come si parla del Monti e co-
me delle barbare istituzioni vigenti. ÌSiuna occasione sarà trascurata
onde diffondere nel pubblico il necessario disinganno sugli errori che
. avano il popolo ». (Il fascicolo credo che sia quello di ottobre
che si pubblica ora : ma sentite le più grosse ). « Io so che sono odiato
dai re ; che il principe Meternich mi vorrebbe bandito ; che il duca di
Modena , il gran bargello d'Italia , mi vorrebbe in galera ; che il papa
anela di avermi nelle prigioni dell' Inquisizione , ma l'amore del pub-
blico bene, e la gloria che mi viene dalle mie occupazioni mi fa tra-
scurare ogni pericolo ; e veramente questo è l'unico paese d' Italia
dove conveniva tentare la mia impresa ».
Queste sono parole da me udite con molte altre parole dal signor
Vieusseux , uomo che presso i liberali è della maggior importanza ,
ed è centro del liberalismo di tutta Firenze. Che se di lui vi ho par-
lato a lungo, e parlerovvi ancora, egli è perchè mi è veramente
sembrato che quel signor Vieusseux e quel suo stabilimento siano ciò
che di più importante possa offerirsi in giornata nella città di Firenze.
Oltre le specialità sovra esposte , il sig. Vieusseux tiene una
conversazione il lunedì sera d'ogni settimana, alla quale non sono am-
messe le donne, ancorché fossero letterale. Il suo Gabinetto letterario
è frequentato da chiunque paghi le tariffe prescritte, ed è permesso
a qualsiasi V ingresso. Ivi ritrova il pascolo di una quantità immensa
286 EPISODIO DEL LIBERALISMO LOMBARDO
di fogli periodici, fra i quali i più liberali che esistano; ed oltre ciò,
una copiosa e scelta libreria di opere geografiche , politiche e rivolu-
zionarie , le più recondite e pericolose! Viceversa nella conversazione
.settimanale del signor Vieusseux non sono ammesse che persone da
lui invitate , nulla si paga , e la sala è molto propria , e ben servita
a rinfreschi. Le persone che vi si ammmettono sono per lo più lette-
rati o uomini per qualche titolo distinti. Dico per lo più , perchè fui
invitato anch' io che non sono né letterato né uomo distinto. Tutti
quelli che frequentano quel circolo sono però necessariamente cono-
sciuti per uomini professanti liberalismo. Ivi si parla a crocchi o in
società generale , e le materie sono politiche o letterarie , o di arti o
d'altro, ma sempre applicate alla promozione del liberalismo, e non di
rado mettendosi a rigoroso scrutinio la condotta di principi e loro
ministri.
Io v' intervenni la sera del lunedì 1 dicembre. Mi si disse che in
quella sera l'adunanza era poco numerosa. Nonostante eravamo una
ventina. Fra questi rimarcai due francesi, i signori Saint Aignan e Bu-
gnot ( salvo che abbia bene scritto i cognomi ) liberali fra le famìglie
dei paridi Francia. Il marchese Gino Capponi, il più famoso cavaliere e
liberale della Toscana , il sig. Tommaseo di Sebenico , il signor For-
tis nipote del celebre Sismondi, il sig. Domenico Valeriani letterato,
il professore di Pisa , ora dimesso come insegnante il materialismo ,
dottor medico Uccelli , il sig. Giordani , oltre vari altri che non ebbi
agio di conoscere. Fra questi fuvvi il ministro della chiesa protestante,
perché appunto al Vieusseux cogli altri suoi correligiosi è riuscito di
avere in Firenze una chiesa pel culto protestante ; e fui anzi invitato
ad intervenirvi nella prossima domenica, ma non ebbi l'agio.
Nella prefata conversazione parlossi molto delle novelle politiche;
si lodò la Francia , si biasimò l'Austria , e si vituperò qualche altro
principe. Si promossero discorsi, tendenti a mostrare la necessità di
eccitare in Italia lo spirito di associazione, come il mezzo più atto a
dar vita alle dottrine de' liberali. Per quello che parvemi, tutti gli
astanti si mostrarono di un solo partito e di una sola opinione. La
conversazione rimase sciolta poco prima della mezza notte.
Ho conosciuto in Firenze il marchese Airoldi siciliano, il famoso
presidente del Parlamento di Sicilia. Mi parve persona molto disin-
gannata sulle fazioni politiche. Non ebbi però agio di trattarlo lun-
gamente.
Avrei amato potervi dire di più del march. Capponi, e un più lungo
soggiorno in Firenze me ne dava occasione, ma egli partiva il dì dopo
che gli fui presentato , e sarebbesi trattenuto fuor di Firenze col general
CAPPONI E I TOSCANr 287
Coletta napoletano 10 e Ì2 giorni. Coletta è sempre occupato a scrivere
la storia di Napoli, la quale mi dicono che non potrà essere stampata se
non a Bruxelles, e il Capponi scrive la storia del Granducato di Toscana
sotto Pietro Leopoldo (1); anzi un amico avendo inteso che io avevo
notizie particolari di quel governo , mi pregò a comunicargliele. In-
tatto molte cose ne udii dal senator Gianni , ministro di quel Principe,
uomo famoso nelle materie economiche, del quale io godei in mia
giovinezza una singolare benevolenza
E sempre quei Toscani e il Gabinetto Viensseux furono lo
spauracchio della Polizia : e dopo la rivoluzione del 1830 lo stesso
Luigi Morandini le scriveva:
Se in Siena le nuove politiche di Francia sono ricevute con la
maggior indifferenza , non è il medesimo in Firenze ; dove la gene-
ralità vi ha preso gran parte , e dovunque se ne parla ; ed ho veduto
i caffè affollati di gente ansiosa di leggere i fogli francesi ; dei quali
vi ù colà grande abbondanza. Non vi dico poi nulla del Gabinetto
scientifico letterario del signor Vieusseux , dove si trova qualunque
giornale più interessante possiate desiderare. A questo non vanno le
persone ; ma si affollano. Tuttavolta , se mal non mi appongo , eccet-
tuali alcuni pochissimi fanatici , i Fiorentini non sono in ismania o
in desiderio di rivoluzioni. Ma ciò che colà è fomento a discorsi , a
vociferazioni d'ogni maniera , proviene dallo sfacciato contegno dei
molti malcontenti esteri ivi rifugiati. Non ci vuole meno di una po-
polazione generalmente dedicata al proprio Governo perchè tali esteri
non fossero cagione a gravi disordini. Nelle conversazioni , ne' luoghi
pubblici istessi , si parla della rivoluzioue di Francia , e si lodano i
rivoltosi , e si scherniscono i reali , e s' insulta ad altri principi di
prim'ordine in un modo, che ben fa travedere le loro ree intenzioni.
Centro a questo disordine è il Gabinetto Letterario del ben noto
signor Vieusseux. Ivi si radunano i più famigerati liberali o settarj ,
fra i quali il Montani , il Giordani , il marchese Gino Capponi (di Fi-
renze), un Pirazzoli esule d'Imola, carbonaro conosciuto, un Manuzzi
e un Montalti preti di Romagna , un conte Leopardi (ma questi meno
acceso di ognuno); un Tommaseo, un Fortis, e tanti altri. Non v' ha
duliHoche tra questo club e i liberali di Francia non vi sia corri-
spondenza. Un d'essi ine lo ha positivamente assicurato , aggiungen-
domi che questa corrispondenza è antica , e serve a tenerli informati
e a metterli anche in prevenzione avvertiti delle mosse diverse. La
(1) Vedasi qui sopra.
288 EPISODIO DEL LIBERALISMO LOMBARDO
corrispondenza stessa è pure con la Svizzera, particolarmente con
Ginevra. Finalmente non manca di appoggi per l'Italia, e singolarmente
negli Stati pontifici e in quelli di Napoli. E vi avea parte il più volte
nominatovi ex-generale Coletta di Napoli ; ma ora è egli assai gra-
vemente ammalato. Quello che più è ad essi di fastidio , lo trovano
nelle Corti di Napoli , di .Modena e di Vienna. Dicono pero che il re
di Napoli è malato di guisa che non ne guarirà : che il duca di Mo-
dena dovrà uscire d' Italia , e che la Corte di Vienna cesserà d' influire
sull" Italia tosto che si potrà ottenere di tarla impegnare in una guerra
colla Francia. Né fra tanti vaneggiamenti e tanti odii dimenticano
il principe che generosamente ha loro dato asilo ne' propri Stati .
perchè, sapendolo essi religioso e divoto, unitamente alle principesse,
eglino si fanno debito di pubblicamente deridere il sacerdozio e i riti
e i dogmi stessi della religione , annunziando e protestando che, per
i preti , e tutta la canaglia ecclesiastica l'ultima ora è sonata. Io
sono stato testimonio a simili particolari , e so di più che sono stati
appuntino con più atroci contumelie ostentati in faccia al segretario
del Nunzio , certo prete Rossi che credo genovese. E perchè nulla
manchi alla loro gratitudine verso il real sovrano di Toscana, essi
scherniscono il medesimo , ed eccovi un fatto. Io passeggiavo con un
libéralissimo : incontriamo un uomo , e il mio compagno comincia a
parlare senza ritegno. Si accorge che quegli fa un atto di maraviglia,
ed esso lo accerta che io son persona sicura. Allora quell'a me inco-
gnito comincia ad entrare in particolari che lo tengono tutti i di
occupato, e fra gli altri di un tumulto nato a Dresda fra cattolici e
protestanti , tumulto nel quale diceva esservi state delle percosse ,
e ridendo continua: «Sapete? Si assicura che anche il signor Leopoldi
ha ricevuto qualche sassata ». Restato io solo col mio compagno, seppi
che l' incognito era il dottor Pirazzoli , e che fra loro era convenuto
di chiamare il Gran Duca per ischerno il signor Leopoldo !
Secondo quei liberali, l' Italia non si tosto verrà liberata, quando
non preceda una guerra con l'Austria: doversi però sentire le riso-
luzioni di un tal gabinetto. Nel caso che l'Austria si accordi con le
innovazioni di Franchi , essi credono che convenga disporre l' Italia
stessa ad odiare i preti e la tirannide con i mezzi della stampa :
quindi vi è progetto di spedire alcuni a .Marsiglia o Lione a farvi
-lampare un'opera o giornale periodico, diretto ad illuminare gl'Ita-
liani, pubblicandolo appunto in lingua italiana, e facendolo poi da
accorti emissari distribuire per l'Italia. Conosco chi è disposto di
porvisi alla testa , e a qualche amico nostro fu chiesto di esserne
cooperatore con la penna e col farli circolare. I liberali capaci
CAPPONI H I TOSCANI 289
ili scrivere, che rimarranno fissati in Italia pel detto giornale,
avranno luogo di mandare ai giornalisti italiani fissati in Francia ma-
teriali d'ogni genere per compilarlo. Tutto questo ho inteso da quel
medesimo che certo sarebbe ben capace di dargli nome , essendo uno
dei più accreditati nostri prosatori.
Dall'espostovi di sopra e da altre minutezze che tralascio per non
esservi troppo fastidioso, è chiaro che in Firenze vi è, positivamente un
centro di liberalismo e un centro operoso, autorevole ancora sopra i li-
berali di varie parti d' Italia, in ispecie degli Stati pontifici, del Napoleta-
no ec. Che appresso il Vieusseux esista il punto d'unione non ne dubito:
e parrebbemi ottimo consiglio aver ivi persona di credito, che godendo-
la confidenza di quei malcontenti, fosse prontissimo a saperne le mosse
o i progetti. Ma non sarà facile il ritrovarlo, perchè sono essi fatti
ombrosissimi di tutto e di tutti, ed ogni minima parola che isfugga, ogni
benché minimo sospetto li fa passare quel tale dal numero degli amici
a quel delle spie. Sul qual proposito udii aver essi anche stabilito di
usare la politica di non mostrare a quei tali presi in sospetto . di
crederli infedeli , ma solamente di nasconder loro i segreti, del libe-
ralismo ; perchè ( dicono ) in questo modo quei tali credono di esser
sempre alla nostra confidenza e così non ne vengono di nuovi a sor-
prenderci. Fra quelli che tengono apertamente emissari de' loro nemici
vi fu un certo Cazzaniga che viaggia ed accompagna sempre una cantante
chiamata PEkerlin: ed ora vi è un certo Gaetano Barbieri . autore di
un giornale teatrale in Milano e da alcun tempo venuto a Firenze (1),
benché mi osservasse l'amico che il Barbieri venne prima che giu-
gnessero le notizie dei grandi avvenimenti di Francia.
Quest'è ciò che priuci pai mente ha fermato la mia attenzione nella
mia corsa a Firenze. Stimai ciò bastevole ad avervi servito, né volli,
come suol dirsi , sforzare la carta , sul pericolo di lasciare di me
qualche anche tenue dubbiezza , la quale mi renderebbe inutile per
tutto l'avvenire. Usai anzi di due avvertenze che stimai indispensa-
bili : l'una, di mostrare di quando in quando di non curarmi di no-
tizie politiche , affinchè non nascesse il sospetto che le ricercassi ;
l'altra, che mi facevo molto pregare prima di lasciarmi condurre
dagli altri liberali , scusandomi che non avevo tempo ec. , e così po-
tei dai pochi avere quello che stimai bastevole , senza avventurare
punto della solita confidenza.
(1) Di costui abbiamo belle e fine relazioni , che faceva alla Polizia ,
entrando, come uomo di lettere, in tutte le conversazioni e società.
Arch., 3. a Serie, T. XXIV. 19
290 EPISODIO DEL LIBERALISMO LOMBARDO
Napoleone Murat che vive in Firenze e credo ivi maritato , ha
mandato il dono di 60 luigi accompagnato da una lettera, per i feriti
di Parigi nella rivoluzione.
E poco dopo :
.... Un certo signor Trova, autore di un libro sul Veltro allego-
rico di Dante, mi disse nell'anno scorso di essere occupato di alcune
memorie storiche sul regno di Napoli. 11 Trova è un profugo napole-
tano , che stette del tempo in Bologna , e poi ne partì , recandosi a
Roma , dove credo che si trovi tutt'ora. Pareva che la intenzione di
questo scrittore si fosse di occuparsi soltanto della storia antica di
detto regno. Il medesimo è uomo libéralissimo, e fu alto impiegato ed
uno dei compilatori della Minerva, durante la rivoluzione napoletana.
Ma quello che ha scritto in Firenze la storia di Napoli , e distin-
tamente quella de'nostri tempi, è il signor Coletta, profugo napoletano,
rifugiato in Toscana. Egli ne era occupato ancora del 18^8, allorché io
fui a Firenze. 1 letterati liberali fanno di quest'uomo i più grandi elogi,
chiamandolo d'ingegno maraviglioso, e scrittore uguale a Tacito. Io
lessi qualche suo articolo nell'Antologia , che mi parve non oltrepas-
sasse il mediocre. Bensì credo che al lavoro di quella storia sia con-
corso l'assistenza e l'opera di alcuni distinti letterati , il marchese
Gino Capponi , il conte Giacomo Leopardi , e più di tutti Pietro Gior-
dani , col quale il Coletta passa da solo le ore ed ore quasi giornal-
mente. Il Giordani in fatto parla della storia di Napoli scritta dal
Coletta , come di un miracolo. A quel che intesi, la storia avrebbe
appunto ad essere terminata , ma ignoro se si stampa o dove. Di ciò
vado a fare le opportune ricerche, e sarò poi ad informarveue. Non vi è
dubbio che la storia non sia scritta pienamente nel senso dei liberali.
Il Coletta fu generale nelle truppe di Gioacchino , e credo anche mi-
nistro della guerra. Vive esule dalla patria , e trovatosi in un
circolo a Firenze dov'era il re di Napoli , egli non gli a^ea fatto al-
cun atto di rispetto, e vantavasi di avere sdegnato perfino di salu-
tarlo, indicandolo con termini molto oltraggiosi.
{continua) (J. Cantù.
Rassegna Bibliografica
La insurrezione Pugliese e la conquista Normanna nel seco-
lo XI narrata da GIUSEPPE De-BlaSIIS. Napoli, 1873.
iContiuuaz. e fine. Ved. fase, preced. , p. 115.)
Colla storia delle contese sorte tra i figliuoli del Guiscardo,
Ruggero Borsa e Boemoudo, per la successione nel ducato di
Paglia, apresi il III Volume dell'opera del sig. De Blasiis. I
minuti particolari di codeste contese , terminate nel 1089 colla
mediazione del conte di Sicilia e papa Urbano II , uel 1089 ,
sono narrati dall'Autore con diligenza e largo corredo di dot-
trina. - Ne conseguì la spartizione fra i due fratelli de' dominii
del Guiscardo , per la quale Boemoudo , cedendo a Ruggero i
Buoi diritti sul ducato pugliese , ne ebbe la cessione di terre ,
che unite a quelle da lui prima possedute, costituirono il prin-
cipato di Taranto. Non ostante però l'accresciuto dominio e la
inalzata dignità, l'ambizione del novello principe non fu intera-
mente paga. E l' ardore col quale ei s' accinse a prender parte
alia prima crociata, più che dalla ostentata pietà, ebbe dalla
mal sazia cupidigia il maggiore impulso. Siffatto intendimento
del principe Normanno non era ignoto ad Alessio, tanto più
che viva era in lui la memoria della invasione del Guiscardo:
da ciò il contegno ostile che l' imperatore assunse verso i Cro-
ciati. Allora si fé' palese l' animo col quale Boemoudo era entrato
nell'impresa. « Disbarcato presso Vallona, incitò gii altri capi-
tani a muover guerra all' imperatore ; e respinti i nemici che
volevano vietargli il passo, s'avviò verso la capitale bizantina
per insignorirsene » (pag. 57). Ma i capitani noi seguirono nel-
l'audace impresa; accolsero invece le proposte di pace fatte dal-
l'imperatore, impegnandosi quelli a tenere come vassalli dell'im-
pero i conquisti che avrebbero fatti sopra i Turchi, e questo ad
aiutarli con ogni opportuno soccorso. Boemoudo , nou bastando da
solo a tanta impresa, piegò il capo, e condiscese a riconoscere
l' alta sovranità imperiale. Invece il cugino suo Tancredi (e que-
sto particolare non è accennato dall' A. ) stette saldo nel rifiuto.
La partenza di Boemondo per Terrasanta liberò il duca di
Puglia da un rivale turbolento e pericoloso. Ed egli potè ri*
292 RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
volgere ad esteriori imprese l'attività sua, che la cupidigia di
Boemondo avealo obbligato a usare iu difesa del paterno retaggio.
E la prima impresa cui die mano fu la restituzione di Riccardo II
di Oapua nel possesso del suo principato, conseguita coli' armi e
compensata colla prestazione dell'omaggio del principe rimesso.
Ma ben più cospicui dei progressi ottenuti dal duca furono
quei che alla normanna potenza conseguì il conte Ruggero di
Sicilia, di lui zio. » Né guerra né pace, dice l'Autore, era stata
fra i Normanni dalla morte di suo fratello Roberto, nella quale
ei non avesse avuto parte principalissima. Temuto in Italia,
secondo fondatore e sostegno della grandezza di sua stirpe, resa
illustre da nobili parentadi, fino dalla lontana Ungheria , la fama
del conte Giuliano spinse il re Calomanno a richiederlo della
mano di sua figlia Busilla. Ed ora la gratitudine e la necessità
di serbarsi quel valido appoggio inducevano il papa a raffer-
marne l'autorità concedendogli grandissimi privilegi ». Qui l'Au-
tore accenna alla famosa Bolla del 5 luglio 1097, la cui auten-
ticità vanamente impugnò il cardinale Baronio, che conferiva al
conte Raggerò ed a' suoi legittimi discendenti la potestà di Le-
gato apostolico, « di maniera che ogni atto giurisdizionale inerente
a queil' ufficio potesse compiersi da Ruggero e da' suoi eredi ; e
dove si riunissero generali Concilii in Roma v' andrebbero a
prender parte soltanto quei vescovi che loro meglio piacesse
prescegliere ». Agli argomenti prodotti dal Dupin in difesa del-
l'autenticità di questo singolare privilegio, che ebbe più tardi
nome di Monarchia di Sicilia , l'Autore nostro aggiunge i se-
guenti: Che il cronista Malaterra, dal quale ci fu tramandato
il testo della Bolla, nell'ultimo capitolo della sua storia ne tra-
scrisse quasi letteralmente il contenuto; lo che distrugge il so-
spetto messo avanti dagli avversarli, che la detta Bolla fosse
stata inserita posteriormente. Gli esempi poi che si hanno del-
l' uso fatto da Ruggero del privilegio prima del 1097, ben lungi
dallo infermare l'autenticità della Bolla, per lo contrario la av-
valorano. Che nel documento il papa dichiara aver già a voce
concesso al conte Ruggero il dett ) privilegio , ed ora sanzionarlo
con pubblica scrittura « sicut verbis promisimus ita etiam lite-
rarum auctoritate firmamus » (Doc. I, pag. 439). E per converso,
il non esser rimasta memoria di un censo speciale pagato dai
conti di Sicilia alla Curia romana prima della concessione della
Bolla concorre indirettamente a confermare l'autenticità del do-
cumento.
Quattro anni dopo il conseguimento del privilegio papale,
il conte Ruggero cessò di vivere, e dieci anni appresso il seguì
RASSEGNA RIBL10GRAFICA 293
nella tomba il cugino duca di Paglia. L'Autore piglia occasione
da queste morti per tessere la genesi della ragione giuridica della
dominazione Normanna nella Italia meridionale. « La Signoria
conseguita dai Normanni sugl'indigeni era surta, die' egli, dalle
individuali conquiste, dalle usurpazioni e dagli estendiinenti che
ciascuno col proprio valore avea saputo procurarsi; e quella pre-
minenza concessa volontariamente e per via di elezione ai duchi
di Puglia, non fu tale di sua natura da generare obblighi di un
feudale vassallaggio. Investiture, ricognizioni, servigi stabili non
si determinarono ; ma la ragione dei possessi che i conti tene-
vano come allodii , anziché come feudi conferiti dal prìncipe fu
più tardi contrastata da Roberto Guiscardo. Sebbene questi non
riuscisse a trasmutarne i diritti ed a rendere soggette le contee
con quelle medesime leggi di dipendenza , che altrove erano in
uso , impose ai più indocili avventurieri la sua prepotente vo-
lontà; ed avendoli colle armi depressi, si fece considerare, non
più come il primo tra gli eguali . ma come il supremo signore
delle terre che aveano conquistate. Una incerta memoria rimane
di transazioni ed accordi che stabilirono tra Roberto ed i conti
i termini dei vicendevoli riguardi e dell' ossequio dei minori
vassalli. E similmente l' alta sovranità sull' isola di Sicilia fu ri-
servata quasi condizione del possesso conferito a suo fratello, ed
il titolo ne fu aggiunto a quello di duca di Puglia e di Calabria»,
(pag. 127-28). Ma il figliuolo di Roberto non seppe proseguire
e nemmeno mantenere 1' opera del padre. L'autorità ducale andò
in mano sua via via scadendo, di maniera che, in luogo di ve-
stire il carattere di un vasto principato , la normanna signoria ,
alla morte di lui , assunse quello di un' aggregazione di piccoli
Stati nel fatto indipendenti. E a peggiori termini sarebbe stata
ridotta, se i due Imperi avessero potuto intromettervisi. Ma per
buona ventura di essa signoria , l' impero germanico trovavasi
in quel tempo travagliato da intestine discordie , e il greco avea
troppo da fare contro i Crociati e contro i Mussulmani. Fra i Cro-
ciati il più molesto a Bisanzio fu Boemondo. Valoroso nell'armi,
irrequieto, di smisurati pensieri, prevalse in costui l'indole au-
dace dei primi Normanni ; e se la fortuna non arrise a' suoi
conati , gii preparò , in compenso dei mancati successi , un gran
guiderdone, nella lode degli stessi suoi nemici. Anna Comnena
infatti scrisse di Boemondo, che " nelle doti naturali niuno lo
vinse ». La storia del mezzodì d' Italia durante la Signoria del
nuovo duca di Puglia , Guglielmo , che durò dal 1111 al 1127 ,
si riassume io continue lotte intestine fra i signori Normanni,
alle quali prese parte, schierandosi contro lo zio duca, il sue-
294 RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
cessore del gran conte di Sicilia, anch' ei per nome Ruggero,
che fu solo a profittarne. L'Autore narra estesamente i partico-
lari di quest'interni conflitti, e avvalora con documenti in parte
inediti il diligente suo racconto. L' importanza affatto relativa
de' fatti e la necessità di affrettare il cammino ci obbligano a
trascorrere su codesti particolari. Dicemmo che tutto il profitto
delle lotte intestine fu raccolto dal conte di Sicilia. Infatti, ap-
pena ei riseppe la morte dello zio duca, andò su Salerno, e con
promesse insidiose fatte ai cittadini, la trasse in suo potere.
Egual frutto ebbero le arti usate verso i Salernitani negli altri
luoghi del ducato ; onde senz'armi il siciliano conte diventò duca
di Puglia e l' intera signoria normanna fé' capo ad un solo reg-
gitore. — Questa rivoluzione avvenuta nella situazion politica del
mezzodì d'Italia incrébbe fortemente , al papa Onorio pei danni
che sarebbero potuti conseguirne alla Santa Sede. E perchè il
litigio scoppiato in Germania fra i Guelfi e i Ghibellini dava al
papato un po' di respiro da quella parte , Onorio se ne valse per
abbattere la potenza del nuovo duca di Puglia e i diritti della
Santa Sede sulla meridionale Italia raffermare e ampliare. Ma
male assistito dagli alleati, presto si ritrasse da un'impresa alle
sue forze superiore. E rappattumatosi col duca, gli die sul 5
to, fuor delle mura di Benevento, l' investitura , pago rimanendo
della promessa che Ruggero avrebbe rispettato Gapua e Benevento.
Codesto tentativo di guerra fatto dal papa ebbe un altro e
più grave resultamento. E fu di offerire al duca occasione di
ripudiare le promesse fatte a grandi e a città, per trarre tutti in sua
obbedienza. La partecipazione più o men palese alla papale im-
presa fornì il pretesto ; e come lo scaltro duca mandasse ad ef-
fetto il disegno di eguagliar tutti nella sudditanza a sé , l'Autore
nostro chiaramente il dimostra. « L' unità del ducato e la potenza
eh' egli ambiva , dice l'Autore, erano in una volta minacciate dai
Conti e dalle città, con rara eccezione concordi nel desiderio di
sottrarsi al suo dominio. Ma non appena il papa se ne ritrasse,
rompendosi la lega nel dualismo delle opposte tendenze , il duca
seppe trarne vantaggio per disunire le forze dei nemici. E con
tale accorgimento procede in tale impresa, che prima gì' indigeni,
poi gli stessi Normanni si ridussero alle voglie ambiziose di
Ruggero » (pag. 191). Delle quali voglie fu coronamento l'as-
sunzione del regio nome. Come questa seguisse è controverso.
L'Autore, vagliate le versioni diverse dei cronisti intorno all'av-
venimento, conclude, doversi ripudiare l'opinione che Ruggero
due volte assumesse il regio titolo pubblicamente, la prima, per
consentimento dei granili e de] popolo, la, seconda per conces-
RASSEGNA BIBLIOGRAFICA 295
sione dell'antipapa Anacleto. Ciò solo è vero, soggiunge il signor
De Blasiis, che Ruggero, avendo già in animo di prendere ii
nome di re, per ottenere il favore del clero, richiese del loro
consiglio i Conti e i Vescovi più reputati per potenza e per dot-
trina; e avutolo adesivo, si fé' consacrare in Palermo nel Na-
tale del 1130 dal Cardinale di S. Sabina, nipote di Anacleto, e
cingere della corona da Roberto principe di Capua , acciocché
non comparisse che quella fossegli conferita dal papa (pag. 106).
Fra i titoli ora assunti da Ruggero quello che nei diplomi
comparisce più frequente , è il titolo di re di Sicilia e d' Italia.
L'Autore opina eh' ei prendesse quest' ultimo nome per indicare
quella parte della Calabria che redata avea dal padre. Ma oltre
che il titolo magno non sarebbe stato appropriato ad esprimere
sì modesto dominio, le imprese eh' ei compì dopo l'assunzione
del regio nome, accennano a ben pia alto intendimento. Infatti,
ei ridusse colle armi il ducato d'Amalfi , e si rese tributario
quello di Napoli : e fatta sua anche Capua , cominciava a spie-
gare la grandezza de' suoi disegni , quando sul cammino delle
conquiste possenti nemici lo arrestarono. Erano Pisa e l' impe-
ratore Lotario eccitati contro lui da papa Innocenzo. Prima a
subire gli effetti della intromessa di Pisa nelle faccende del
mezzodì fu la misera Amalfi , che ebbe bruciate le navi , terre
e case devastate, così che più mai si riebbe da tanta rovina.
Del pisano saccheggio, osserva l'Autore, rimase la contrastata
tradizione del rinvenimento delle Pandette (pag. 254). Le quali,
rubate, come più tardisi disse, in Amalfi, si pretese servissero
a risvegliare la memoria e a rinnovare 1' autorità delle romane
leggi in Italia. Che il libro delle Pandette fosse fra le cose ra-
pite da Pisa ad Amalfi , 1' esistenza stessa del libro , che dopo
la sommissione di Pisa nel 1406 a Firenze fu in quest' ultima
città trasportato , dove tuttodì si conserva , lo comprova. Ma
che la scoperta di esso avesse per effetto di risvegliare la me-
moria e di rinnovare l' autorità delle romane leggi in Italia ,
quando ogni altro argomento mancasse a confutare tale asserto,
basterebbe il fatto della Scuola Irneriana , la cui fondazione è di
qualche decennio anteriore al sacco pisano d'Amalfi.
Maggiori danni della invasione de' Pisani , portò al neo-
nato reame quella di Lotario imperatore. E i danni non proven-
nero tanto dall' opera delle milizie imperiali , quanto dal contegno
infedele degl' indigeni. « Quella stirpe irrequieta dei Pugliesi
impotente a lottare contro i dominatori e insofferente sempre di
servitù , agitata dalle nuove speranze , riscuotevasi » (pag. 271). Ma
per buona ventura di Ruggero, quando sull'orlo di irreparabile
296 RASSEGNA BIRLIOrxRAFirA
rovina pareva tratto il suo reame, e i nemici fatti già padroni
di presso che tutta la parte contm<-ntale di esso accingevansi
ad assorbirlo in Sicilia, scoppiò la discordia nel loro campo.
Primi a levarsi furono i Pisani. I quali, sdegnati contro Lotario
perchè senza consultarli pattuita avesse la resa di Salerno coi
cittadini, si ritrassero dall'impresa.
Alla defezione di Pisa seguì ben più grave rottura. Il papa
e l'imperatore, dice il De Blasiis, erano stati concordi nell'opera
della distruzione del reame; ma quando fu compiuta, e venne
il tempo di sostituire alla monarchia un diritto che servisse a
fondamento di quelle mutazioni per legittimarle; quando la po-
litica esistenza dei nuovi Stati ebbe d' uopo d' una sanzione , le
due supreme potestà si trovarono in aperta dissenzione. Inten-
deva il pontefice che si facessero salve e si raffermassero le ra-
gioni che la Chiesa vantava sul ducato di Puglia e sul principato
di Capua, i tributi, il vassallaggio. Lotario poneva innanzi più
che la conquista, i diritti tradizionali dell'imperio, in nome dei
quali egli era stato chiamato » (pag. 280). Con tali sentimenti , è
manifesto che ove Lotario fosse rimasto più a lungo in Italia ,
sarebbe scoppiato tra lui e il papa aspro conflitto. ScongiurolL >
la necessità del ritorno in Germania. E perchè un provvedimento
dovea essere preso a tutela delle fatte conquiste , imperatore e
papa s'accordarono d' investire il conte Rainolfo d'Aliie del du-
cato di Puglia senza pregiudizio dei vantati diritti.
Partito Lotario, s'accese ora la lotta tra il nuovo duco Rai-
nolfo e il re Ruggero. E se nell'armi la sorte non fu a quest' ul-
timo propizia , in altro modo gli arrise , liberandolo per morte
improvvisa dal suo rivale (30 aprile 1139). Da lì a tre mesi il
reame era rifatto: e Innocenzo, che era ridisceso in campo per
contrastare i progressi di Ruggero, fu tratto prigione da lui; e per
riavere la libertà dovè riconoscerlo sovrano di Sicilia , Puglia
e Capua, dandogliene investitura in perpetuo trasmissibile agli
eredi , con minaccia dell' ira divina e di scomunica a chiunque
laico od ecclesiastico , osasse a quella concessione contrastare.
Ricuperato il reame, intese Ruggero a pacificarli» con stabili
ordinamenti. « Le guerre, le frequenti ribellioni, il debole go-
verno dei diritti successori del Guiscardo , l' invasione di Lotario
e l' investitura concessa a Rainolfo, aveano, dice l'Autore, a volta
a volta rinnovata l'anarchia, lasciati cadere in disuso gli obbli-
ghi assunti dai feudatarii, rieccitate le sedizioni e le cupidigie.
Bisognava dunque assicurare la pace con altri mezzi, profittare
dello sgomento e della debolezza dei nemici per impedire che
ad ogni occasione gli untori inquieti e pericolosi si rinnovassero «
RASSEGNA BIBLIOGRAFICA 297
(pag. 313). A tal fine, Ruggero promulgò, alla presenza dei
grandi laici ed ecclesiastici dello Stato convocati in assemblea
ad Ariano, un codice di leggi inteso a stabilire il carati»
della regia potestà secondo i principii del diritto Cesareo.
Il testo delle leggi emanate da Ruggero è oggi noto nella
sua interezza. Ne dobbiamo al Merckel la conoscenza , avendo
egli scoperto il Codice di esse leggi nella Biblioteca Vaticana.
Anche il sig. De Blasiis ha un merito speciale in questa sco-
perta. Ed è di avere chiarito la paternità di esse leggi, dimo-
strando che non altri fuori di Ruggero potevane essere autore.
Infatti nessun altro re normanno fuori di lui potea scrivere nel
prologo d'avere prostrato i nemici e ricomposto il regno in tran-
quillo Stato (sic ergo misericordia nobis Deus pius prostrati s
hostibus pacem reddidit, ecc.).
Sciolta l'assemblea d'Ariano, recossi Ruggero a Napoli dove
stabilì la sorte di questa già fin d'allora cospicua città. Le con-
cesse immunità speciali e licenza di reggersi colle proprie con-
suetudini, e vi costituì per la prima volta una nobiltà feudale
concedendo ai principali cittadini terreni e vassalli.
Dopo la promulgazione delle leggi fatta ad Ariano, Rug-
gero resse lo Stato per altri quattordici anni ; e questo fu il
periodo più splendido del suo regno. Coli' abituale diligenza l'Au-
tore narra diffusamente le imprese di guerra e le conquiste fatte
dal re normanno in Italia, in Grecia e in Africa durante quel
periodo. In Italia, profittando della lite sorta fra i nobili romani
e i papi , occupò la Marsica ; Corni , nell'Arcipelago, e la difese
strenuamente per quattro anni contro il duplice assalto di Ve-
nezia e di Costantinopoli: e nell'Africa, intromettendosi nelle
lotte scoppiate fra i Musulmani , trasse in suo potere il territorio
che si estende dal deserto d'Al-garb a Kairuan ; onde potè far
incidere sulla sua spada, senza mentire, il verso " Apuli' s et
(Jalaber , Siculus mihi servii et Afer ». — L'anno 1151 Ruggero
fé' coronare a Palermo Guglielmo unico de' figli superstiti , e
consacrarlo dall' arcivescovo Ugone, non curanti uè il sovrano,
né il prelato delle proteste di papa Eugenio , di che l' improv-
visa e opportuna morte del re tedesco assicurava l'innocuità.
E come Ruggero non curossi delle papali proteste, così ei non
si commosse pei minacciosi accordi presi da papa Eugenio col
nuovo re tedesco Federico Barbarossa. E fiducioso nella solidità
di sua possanza , mentre in Germania e in Roma cospiravasi con-
tro lui , tra geniali riposi , siccome scrive il cronista Romoaldo , ei
passava il suo tempo , fabbricando in Sicilia chiese e palagi. —
Allorché Ruggirò venne a morte, scrive l'A. , la conquista nor-
298 RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
manna poteva dirsi compiuta e assicurata. E , dettene con bella
sintesi le travagliose vicende, chiude il dotto e diligente rac-
conto, notando come re Ruggero nei pensieri, nelle opere, nella
gloria, si facesse precursore al secondo Federico di Svevia, » il
quale, per singolare destino, dovea nascere sul trono stesso,
dalla stirpe di quei principi tedeschi fino allora combattuti, e
dalla postuma figlia del primo re di Sicilia ».
F. Berto-lini.
San Giuliano, le sue acque termali e x suoi dintorni. Notizie
raccolte da GIOVANNI NlSTRl. — Pag. 720 , in 8vo.
Se uscendo di Pisa per la porta a Lucca prendiamo la via
ombreggiata da platani, che conduce a' bagni di S. Giuliano, ab-
biamo ai lati una pianura coltivata e fertile, attraversata da fossi
in varie direzioni , e di faccia una catena di monti che si stende
per venti chilometri , la cui base ora è coperta di piante come
una selva , ora è nuda come uno scoglio. E tramezzo alle piante
biancheggiano ville signorili , graziose borgate e più in alto tor-
reggiano antichi fortilizi. Quello di Ripafratta da una parte e
quello della Verruca dall'altra sembrano posti a guardia di tutto
il monte e destinati a chiudere un intero sistema di difesa. La
vicinanza di Pisa ci i/ende certi che queste fortificazioni sono
opera sua, e la mente ritorna a que'tempi in cui le piccole repubbli-
che rivaleggiando fra loro insanguinarono ogni palmo di terra
italiana. Chi sa di quante stragi e di quante rapine furono te-
slimoni queste contrade, dove oggi vive tranquillo l'agricoltore e
pascolano sicuri gli armenti ! Chi sa quanti pisani e lucchesi
trovarono quivi, combattendo fra loro, la morte e il sepolcro !
E allora che ogni campo da sementa diveniva sì facilmente
lampo di battaglia, crescevano forse così rigogliose e dapper-
tutto le messi , scorrevano ristrette in regolari confini le acque ì
Esistevano i lussureggianti oli veti e le cave di marini da costru-
zione ? Che cos'erano Ripafratta co' suoi mulini , S. Giuliano
co'suoi bagni , Asciano colle sue fonti , Calci colla sua Certosa,
e Montemagno a cui la Verruca par che voglia nascondere il cielo \
O non piuttosto le acque stagnavano nella pianura e gli abitanti
di poveri casolari battevano le febbri per la malaria e strappavano
a fatica dal terreno rimasto asciutto quel poco che non aveva
impo ili rapir loro il nemico?
Quando poi arrivati a pie del monte vediamo fra gli edi-
fizi moderni e fra gli avanzi medioevali qualche resto di opera
RASSEGNA BIBLIOGRAFICA 290
romana , allora il pensiero spazia più largo , si fa maggiore il
desiderio di sapere che cosa è avvenuto in questi luoghi , dove
tre età sono rappresentate da'monumenti , e vorremmo avere un
esperto che passo passo ce ne facesse la storia.
Ebbene ! a questa legittima curiosità risponde ampiamente
il volarne del prof. Giovanni Nistri. Anzi ci istruisce di tante
cose che non verrebbe nemmen fatto di domandare ; che il ti-
tolo benché diffuso non basta a dare idea di tutto il contenuto
del libro , nel quale troviamo la illustrazione compiuta , sotto
tutti gli aspetti, d'un vasto territorio. L'autore si è, per così
dire, moltiplicato, si è fatto geologo, botanico, zoologo, geografo,
fisico, medico e storico. Spende interi capitoli per dirci colla scorta,
e spesso colle parole de' migliori e più moderni scienziati , non
solo la esterna configurazione del Monte pisano , ma anche la
interna struttura " per aver così più chiaramente spiegata la
qualità minerale delle acque termali che da vari punti ne sca-
turiscono » , compila una nota delle roccie , dei marmi e de'mi-
nerali di esso , per farci intendere " la presenza e la qualità dei
materiali salini che mineralizzano » le acque , enumera le piante
che nascono spontanee e fioriscono e fruttificano su quel monte
per darci ragione non solo della qualità del terreno che- le
alimenta, ma anche delle condizioni atmosferiche in mezzo alle
quali hanno vita; e allo stesso fine mette un elenco delle varie
specie di animali che più o meno vi dimorano ; esamina poi spe-
cialmente la qualità del clima di S. Giuliano desumendola dallo
stato della pianura. E , sempre coli' intento di far meglio cono-
scere i bisogni di questo villaggio , riferisce le proprietà fisiche
e chimiche delle acque analizzate ultimamente dal celebre prof.
Orosi, le proprietà mediche , le malattie per le quali ne è più
particolarmente indicato l'uso , e i modi e le norme per l'am-
ministrazione delle acque medesime.
Ma quello che a noi importa è la parte storica e archeolo-
gica di questo libro , la quale è copiosa , e studiata con grande
amore e compilata colla massima diligenza ; talché chiunque
avesse pre o a trattare lo stesso argomento si può dire che non
avrebbe potuto fare né di più né di meglio. Vi sono de'capituli
il cui titolo solamente richiama l'attenzione dell'erudito , ma eru-
dizione se ne trova sparsa anche dove meno si crederebbe. Nel-
la lista de'marmi , sotto l'articolo Marmo bianco si hanno noti-
zie sulle antichità delle cave di S. Giuliano , possedute nel più
tardo medio evo dai Gualandi, donde si trassero i materiali per
la costruzione del Duomo, del Battistero e del Campanile, e
quelli donati dai Gualandi stessi per fabbricare nel 1253 la chie-
300 RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
sa di S. Caterina e nel 1300 quella di S. Francesco. Quando poi
fa la storia di proposito tien di conto di tutte le particolarità, ima
poche delle quali sono affatto nuove , e le ricollega , dove è op-
portuno , alla storia generale di Pisa. Così dopo averci fornite no-
tizie topografiche del Monte , le quali risalgono al IX secolo , e
detto che fino al secolo XI si chiamò Monte pisano , nota che
nel trecento prese il nome di S. Giuliano dalla antica chiesa po-
sta sulla cima presso Massa Gonghi oggi S. Maria del Giudice,
mentre i pisani mantennero fino al cinquecento la prima deno-
minazione , e da ciò riconosce in questi un attaccamento inestin-
guibile alla libertà della patria e ne' vicini rivali il desiderio di
faine sparire persino il nome , a sfogo di quell'odio che si ma-
nifestò terribilmente nella battaglia della Meloria primo segnale
della decadenza pisana. Sullo spedale di S. Giuliano del Monte
edificato nel 1078 pei poveri pellegrini , perchè non ha sussidio
né di documenti né di avanzi , si aiuta con le congetture, che
sono ragionevoli, e tien conto delle tradizioni che egli stesso ha
raccolto da' più vecchi abitanti di quei luoghi.
Il villaggio de'Bagni di S. Giuliano a pie del Monte lo
crede antico quanto l'uso delle acque termali, le quali sgorgate
dalle fenditure del monte nell'epoca di sommovimento dovettero
essere avvertite ben presto , e delle cave dei marmi che si ve-
devano sulla nuda superficie. Ed è probabile che gli etruschi
stessi profittassero di queste cave , se non errò il Cianelli che
in an muraglione della città di Lucca riconobbe l'opera etnisca
e i marmi del monte. Né invero dovettero trascurarle gli etruschi di
Pisa, città che si crede essere stata più importante di Populonia
(quantunque non ci paia accettabile l'opinione dei cronisti che dicono
fosse estesa sino al monte), e molto meno furono trascurate a tempo
dei romani , sotto i quali divenne stazione delle milizie contro
i feroci liguri , residenza di consoli , proconsoli , e pretori ,
poi municipio e quindi colonia romana con privilegi municipali
ascritta alla tribù Galeria, protetta dalla famiglia dei Giuli , in
seguito coionia militare coll'ambìto nome di colonia Giulia osse-
quente , lodata per la fertilità del terreno , per l'abbondanza
de'marmi e del legname da costruire navi , ricordata per il suo
porto mercantile e militare, e abbellita di templi maestosi, di
terme, circhi, teatri, palazzi ed archi trionfali che resero neces-
sariamente maggiore il lavorio de'marmi.
E se Alarico distrusse nel V secolo queste magnificenze , e
i Normanni nel IX finirono quello che vi poteva essere rimasto,
se Pisa perdette nell'impero il padrone e il protettore, pensò
ben presto, e più presto di altri popoli, a proteggersi da sé,
RASSEGNA BIBLIOGRAFICA 301
ottenne leggi e magistrati propri e , avvezza da lungo tempo
alla navigazione , corse temuta i mari , richiamò a sé il com-
mercio del mediterraneo e, per un tempo, anche del moudo ,
ebbe un porto dove approdavano grandi navi commerciali, che
Donizone appella monstra marina, divenne fino dal secolo XII
più ricca d'ogni altra città e tornò ad aver cura de' suoi
bagni, a servirsi delle sue cave. Anzi , siccome la sua potenza, e
forse anche la sua tracotanza , destò le gelosie di Genova, di
Firenze e di Lucca , essa conobbe e stabilì come punto di
difesa contro Lucca il villaggio di S. Giuliano; e fu proprio in
questo luogo che nel secolo XI avvenne quello scontro fra i due
popoli che fu seme d'odi secolari e di guerre aspre e feroci e
primo esempio di discordia fra le repubbliche italiane. Ed ecco
spiegata la presenza di avanzi di fortificazioni e la menzione che
si fa ne'documenti di torri, di mura e di sergenti a guardia del
Castello.
Quanto alle mura, che 1' A. vuole più antiche di quelle co-
struite nel 1312 , supponendo che in quell' anno non si facesse
che ampliarne il circuito primitivo, non pare che abbia colto
nel segno. Se in documenti anteriori si parla di castello , di muri
e di torrioni , non è per questo che si debba pensare una cinta
che racchiudesse le case. Muri e torri le avevano tutti i castelli
e formavano insieme un fortilizio che non aveva che fare colle
abitazioni private. Così era S. Giuliano innanzi il 1312 ; e le mura
compiute dipoi, le vere moenia, come dice l' iscrizione che ricorda
il l'atto, dovevano non ingrandire il castello ma riparare il vil-
laggio. Allora S. Giuliano , invece di castello col borgo annesso,
divenne anche terra murata. Tutta la difficoltà adunque di
mettere d' accordo fra loro i documenti derivava dal confondere
i castelli colle terre murate , mentre nelle stesse carte pisane
{Provvisioni de' Savi, 1336, maggio 17) le terre murate, castra
et rocche son considerate come tre cose diverse.
Però mentre l' importanza del paese lo rese meglio popo-
lato e abbondante d'alberghi fino dal trecento e forse prima , e re-
sidenza d'ufficiale preposto al governo di questo e d'altri paesi
circonvicini , la sua posizione fra Pisa e Lucca lo fece troppo
spesso soggetto alle scorrerie de'nemici che disturbarono l'uso
delle cave e de'bagni. Fino a che Firenze impadronitasi di Pisa
e fatta crudele dalla paura non ne compio la rovina, Allora Sun
Giuliano ebbe macerie in luogo di case e di fortificazioni, in-
colti i terreni, e abbandonate le sorgenti medicinali, che mesco-
late colle altre acque impudritirono e infettarono l'aria. Dopo
quasi novant'anni di giogo fiorentino i bagni non erano più che
302 RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
lina tradizione, o almeno se ne valeva soltanto l' intima plebe, che
non badava al difetto di comodità e faceva a fidanza colla malaria.
La libertà ricuperata da'Pisani coll'aiuto di Carlo Vili fu
troppo breve e troppo combattuta , perchè avessero tempo e
mente a riparare i bagni. Ma poi anche Firenze cadde ; e Pisa
sperò nei Medici , e gli servì con fedeltà e ne trasse non pochi
vantaggi. E con Pisa risorse a poco a poco anche S. Giuliano.
Per cura di Ferdinando I fu pubblicato uno scritto sulla virtù
sanativa di quelle acque , si regolarono le bagnature , si riedi-
ficarono le abitazioni e altri comodi. C'era almeno la buona vo-
lontà , benché il male fosse sempre maggiore dei rimedi. Le ter-
me non erano scadute come nei 1494 , quando i Consoli del
mare ne fecero un regalo a un canonico fiorentino, sebbene an-
elli' allora valessero sì poco che, parve bene a Cosimo III ven-
de rie per 1200 scudi alla Pia di Casa di .Misericordia e ad essa
affittarle per 65 all'anno. Le quali somme però non concordiamo
coll'autore che corrispondessero a 7000 e a 382 delle nostre lire,
perchè in ragguagli di monete di tempi lontani fra loro non gio-
va il calcolo aritmetico basato sul valore intrinseco del danaro ,
ma su quelio commerciale regolato sul prezzo dei generi di pri-
ma necessità ; sicché ci parrebbe dover portare il prezzo della
vendita sopra le 15000 lire e quello dell'affitto sopra 800.
Era riserbato a' Lorenesi il ricondurre le terme al loro an-
tico splendore. Francesco ordinò un nuovo esame delle acque ,
sollecitò e favorì la Pia Casa perchè costruisse que'grandiosi
palazzi, che sono anc'oggi il più bell'ornamento del villaggio,
provvide questo di buona acqua potabile , vi trasferì la poteste-
ria di Ripafratta e vi pose un Commissario , facendo erigere per
residenza di esso il palazzo pretorio , dove vent'anni dopo veniva
alla luce il ISiiccolini. L'autorità ecclesiastica si unì a queila ci-
vile per rialzare le condizioni del paese, e vi fu costruita una
chiesa che si costituì in parrocchia e che Leopoldo I dichiarò
priorìa ponendola sotto il patronato dell' Ordine equestre di Santo
Stefano. -Nel 1770 ti. Giuliano divenne capoluogo di Comunità
e per le raccomandazioni del nominato granduca , il quale ha
lama ancora verde di sapiente e provvido amministratore , do-
dici corporazioui religiose vi edificarono a proprie spese altret-
tante decentissime abitazioni . avendone il terreno gratis , come
l'ebbero (e ne profittarono) alcuni privati. Così risorsero anche
i bagni; e la Pia Casa volle e potè avvantaggiarli ognora più,
facendo beila di platani e ben riparata dal sole la via da' iiigni
a Pisa , ornando di piazze e passeggi con verdure il paese , e
più tardi curando che vi passasse vicino la via ferrata e vi si
RASSEGNA BIBLIOGRAFICA 303
fabbricasse una comoda stazione. Sotto la prefettura del Torelli
fu creato dietro i bagni un grazioso passeggio e in cima a que-
sto un fabbricato che serve di riposo e donde si gode la vista
della pianura sottostante , della città di Pisa e del mare , e fu
ridotta a giardino la piazza centrale.
La pianura, già ricoperta dalle acque marine e formante
un vastissimo golfo , ricolmata poi e fertilizzata dalle acque
fluviatili, d'una superfice disuguale , alta poco più d'un metro
sul livello del mare e vicina a laghi e paduli , porterebbe un'ai ia
mefitica , se la mano dell'uomo non avesse a poco a poco rego-
lati i corsi delle acque. E l'uomo vi ha pensato per tempo. L'au-
tore fa con buone ragioni risalire agli etruschi il bonificamento
della pianura , la quale sotto i romani era già celebre per l'ab-
bondanza delle sue messi e per la qualità dei suoi grani. A
questo punto egli entra a parlare dell'antico corso del Ser-
chio, dell'Arno, deli'Ozeri e de' vari fossi, e mette insieme una
accuratissima dissertazione d'idrografia pisana , deplora da buon
pisano la caduta della Repubblica e il vergognoso mercato che
ne fece Giovanni Gambacorti , onde venne il mal governo fio-
rentino che riprodusse i danni cagionati dalle invasioni dei bar-
bari , e aggiunge che anche per questo male gravissimo dell' im-
paludamento dei suoi terreni deve Pisa a un Medici , che fu
Lorenzo il Magnifico , il primo pensiero del rimedio colla fon-
dazione dell'Opera delle riparazioni nel contado di Pisa , a un
Medici , che fu Cosimo I, il rimedio efficace coli' istituzione del-
l'ufizio de' Fossi ; per cura del quale e la pianura fu di nuovo
bonificata e il clima di S. Giuliano tornò , com'è ora , e come
l'autore scientificamente dimostra, temperatissimo e salubre.
S' intende che io sfioro e non compendio : e in conseguenza
accenno appena la descrizione delle sorgenti termo-minerali, in-
torno alle quali pure il Nistri raccoglie tutte le notizie che se ne
hanno. L'uso antico di questi bagni lo rileva dai resti di monu-
menti creduti etruschi da taluno , ma che almeno romani sono di
certo , e da iscrizioni romane e medioevali ; tutte cose che egli
illustra largamente e su cui esercita una critica prudentissima e
giusta. Quanto poi siano da tenersi in conto quelle acque , non
apprezzate a dovere dal moderno idrologo James , lo fa vedere
col numero degli scrittori che ne hanno parlato, de'quali dà un
cenno biografico e di ciascuno cita l'opera dove i bagni sono ricor-
dati e illustrati. È una bella nota che comincia con Plinio il na-
turalista e prosegue col Gentili (secolo XIII), Ugolino da Mon-
tecatino (XIV), Savonarola e Bianchelli (XV), Viotti, Fran-
ciosi , Falloppio , Bacci , De Montaigne , Mercuriale , Bacchi-
304 RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
no , Capaccio e Vidi (XVI) , Fiorentini , Zarnbeccari e Re-
gali (XVII) , Mesny , Targiorii-Tozzetti, Cocchi, Bianchi , Bian-
coni, Vacca e Santi (XVIII) e finisce con Barzellotti , Giuli,
Appolloni , Atanasio , Torri e Ghilarducci del secolo presente;
ai quali egli succede per tempo , ma va innanzi per la vastità
e la diligenza del lavoro.
Alle lodi date a questi bagni prestaron fede ' bagnanti ; e
vi convennero non pochi che hanno nome nella storia. Pietro
Gambacorti ci aveva un palazzo , vi andava poi Iacopo D'Ap-
piano , e nei tempi moderni ne profittarono re , principi e
principesse reali , cardinali e letterati d' Italia , di Francia , d' In-
ghilterra , di Danimarca e d' Egitto. Vi fu Vittorio Alfieri ; e
Carlo Alberto vi prendeva # riposo dalla caccia che faceva nei
paduli vicini. L'autore ne ricorda molti e dà notizie di loro.
Alla descrizione e alla storia del paese e de' bagni di San
Giuliano tengon dietro quelle dei contorni. Illustra prima di tut-
ti gli avanzi dell'acquedotto romano in Caldaccoli, non solo col-
l' aiuto di altri scrittori, ma i on quella speciale cognizione che ne
ha preso da sé , esaminando il monumento , facendo scavi e rac-
cogliendo tradizioni , sì che aumenta e corregge le cose dette
innanzi a lui. Son quasi trenta pagine che agii archeologi tor-
neranno gradite.
Molte notizie d'archeologia e di storia medioevale si hanno
poi nel resto. Parla del castello di Rigoli appoggiandosi alla tra-
dizione che ce n'è rimasta, non essendovene segno o memoria.
A me sovviene d'averlo visto ricordato in una provvisione di
circa la metà del trecento , che non potrei citare con precisione,
e tengo per certo che il castello abbia esistito, ma lodo la cir-
cospezione che ha l'autore quando gli mancano prove sicure. La
chiesa di Rigoli si vuole del secolo X , e dentro v'è una pittura
di Turino di Vanni di quel luogo, del secolo XIV. Pia in là si
trovano i ruderi del castello di lanosa già esistente nel secolo XI,
devastato dai lucchesi nel XII , rioccupato da loro nel XIV , di-
roccato da Uguccione della Faggiuola. Vien poi Pugnano dove
nel 1372 fu fermata la pace fra Pisa e Lucca, colla sua chiesa
edificata , come credesi , nel secolo XI , e un campanile isolato
che dovette servire anche da torre, (filivi è la villa Dal Borgo,
famiglia che si onora del suo Flaminio benemerito illustratore
delle patrie antichità. Avanzi notevoli di fortificazioni militari
sono a Ripafratta, gelosa frontiera contro Lucca e porta dello Stato
di Pisa, la cui costruzione primitiva l'autore riporta, contro il pare-
re di altri, al secolo. X almeno , che fu feudo dei Rondoni e
più volte teatro di guerra fra Pisa e Lucca.
RASSEGNA BIBLIOGRAFICA 305
A levante dei Bagni sta Asciano, che aveva un castello an-
che uel secolo X e n'ebbe poi uno nuovo, dove sono le sorgenti
della celebre acqua potabile che un acquedotto di quasi sei chi-
lometri conduce a Pisa. Segue Agnano , dov'erano due mona-
steri, luogo di gradita villeggiatura a Lorenzo il Magnifico , e
pai Calci già forte di più castelli o torri e oggi diviso in varie
parrocchie. Le sue memorie risalgono al secolo XII, la sua chiesa
principale è giudicata del secolo XI e dall'autore anche più antica-
Al di là di Calci è la Certosa « con" aspetto grandioso di una
residenza di famiglia principesca piuttosto che con quello d'un
chiostro di solitari cenobita >» ; e sopra la Certosa Montemagno,
ricordato in documenti del secolo Vili. V'era qualche torre e la
fortezza Bonifacia oggi ridotta a canonica. La sua fama mag-
giore però gii viene dall'aver dato i natali a Pietro Paganelli,
poi monaco camaldoiense sotto il nome di Bernardo, e finalmen-
te papa sotto quello d'Eugenio III ; fama che l'autore rivendica
a questo paese , confutando l'opinione di coloro che la daDno a
Montemagno di Lucca.
Io ho fatto quasi una lista di nomi , ma l'autore ad ogni
nome fa una descrizione minuta e una storia particolare con lun-
ghi richiami , quando gli capita il destro , a quella di Pisa e
sempre con molta erudizione e buon lume di critica.
Chiude questa serie di notizie con quella sulla Verruca , una ru-
pe smisurata, verso la cui base si vedono le sparse rovine dell'ab-
bazia di S. Michele , e sulla cui vetta sorge la fortezza « di
maravigliosa costruzione , della quale si onorerebbero grande-
mente anco i più rinomati architetti ed ingegneri dei nostri tem-
pi ». (filivi era la più antica iscrizione volgare che si conosca ,
quella cioè del 1103 , oggi disgraziatamante perduta , la quale
non segna, come credettero alcuni, l'anno che fu fondata la fortezza,
avendosene ricordi d'un buon secolo prima. Fu lasciata in ab-
bandono quando, come gli altri baluardi , divenne inutile stru-
mento d'una potenza caduta, e deve la sua esistenza attuale
alla solidità soltanto delle sue mura.
In fine del volume è un'appendice di documenti tratti da
diversi archivi e disposti secondo l'ordine col quale sono citati
nel testo e non secondo quello delle date. Io avrei preferito la
disposizione cronologica , che si adatta alle citazioni ed è poi
comoda per chi vuol fare altro uso di documenti. Mi sarebbe
anche piaciuto veder sempre la data in testa al documento , la
quale talora manca , e adoperato un metodo uniforme quanto a
certe iniziali e alla puntazione , ossia aver voluto che tutti i do-
cumenti avessero le maiuscole , la puntazione e la separazione
Arch., 3.* Serie, T. XXIV 20
306 RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
delle parole come porta l'uso moderno. Più d'ogni cosa poi mi
dispiace la mancanza d'un indice copioso di nomi e di materie.
E un peccato che tanta e sì variata erudizione debba essere
spigolata pagina per pagina e forse anche non cercata, perchè
non supposta. Un indice , oltre essere una comodità per gli stu-
diosi, sarebbe divenuto un inventario delle ricchezze del libro.
Abbelliscono il volume stesso alcune tavole nelle quali sono
figurati i palazzi delFOpera de'Bagni , il villaggio di S. Giuliano,
i bagni di levante e la pianta topografica del paese.
Concludiamo dicendo che chiunque vorrà sapere l'ultima pa-
rola sulla storia di Pisa e amerà d'essere istruito compiutamen-
te su quella del Monte e di ciò che in esso è stato e si trova
al presente, non potrà fare a meno del libro del prof. Nistri.
Coloro poi che venendo a respirare nell'inverno le aure quasi
primaverili della città pisana avranno a caro d'interrompere la
monotonia di un soggiorno troppo quieto , o quelli che pro-
fittando de' bagni nell'estate cercheranno una distrazione visi-
tando i contorni del paese , avranno in questo libro una grade-
vole compagnia e una guida intelligente, e chiuderanno le loro
escursioni con la vista d'un incantevole panorama alla Verruca,
donde si scorgono » non solo tutta la estesissima pianura sotto-
posta colle sue strade e straducole , non solo tutti i castelli, le
città e gli altri luoghi vicini, ma ancora i piani e le alture più
lontane della Valdera, della Valdinievole, del Valdarno ancora mol-
ta parte del mare toscano e ligustico con la riviera di Genova
e perfino i lontanissimi monti della Provenza ».
C. Lupi.
Galileo Galilei und die Rómische Curie nach dens authentischen
Quellen von Carl von Gebler. Stuttgart, Cotta 1870. Un vo-
lume in 8vo di pag. ix-433.
Il signor di Gebler intese con questa pubblicazione a riem-
pire una lacuna nella letteratura storica tedesca, la quale al-
l'infuori di alcune monografie, certamente pregevoli come quelle
del Wohlwill (1), e del Reusch (2), non possedeva ancora
(1) ber Inquisitionsprocess des Galileo Galilei. Eine Prùfung seiner
rechtlicken Grundlage nach dea Acten der Ròmischen Inquisition. Ber-
lino 1871.
(2) Der Galilei'sche Process, nella Rivista del Sybel, Ann. 17, 1873
fase III.8 (di cui T Archivio s' è già occupato .
RASSEGNA BIBLIOGRAFICA 307
un' opera di giusta mole intorno al grande eroe della scienza
speri mentale. Pare quasi che i nomi di Copernico e di Ke-
plero abbiano fatto dimenticare colà quello di Galileo Galilei,
il creatore della tisica meccanica. Sarebbe ingiusto il negare ,
che F A. siasi consecrato con caldo entusiasmo al soggetto del-
le sue ricerche in servizio della verità e della scienza , come
per altra parte sarebbe esagerata adulazione F affermare che egli
abbia recato nuova luce intorno a qualche intricata questione
che attiene alla storia dei due memorandi processi di Galileo
Galilei. Dopo la pubblicazione dei documenti originali , fatta in
parte dal Gherardi (1;, dal De l'Epinois (2), e completamente
ora dal Berti, non v' è punto osculo per così dire, che non resti
sufficientemente illustrato. Ci dispiace che F A. non sia stato
in tempo di valersi del lavoro del Berti, dalla lettura del quale
egli avrebbe potuto trarre qualche utile notizia, massime per
ciò che spetta alla tanto dibattuta questione della tortura.
il lavoro del Gebler è diviso in tre parti , delle quali la I*
traila « dei primi tempi del Galdeo, delle sue scoperte e
de' primi conllitti colla Curia Romana » (Pag&- 1-150'). La
Parte II.* (pagg. 150-318) tratta della pubblicazione dell' Opera
« sopra i due Massimi Sistemi » del processo (2.°) e condanna
del Galileo. La LD> (pagg. 319-380) discorre « degli ultimi anni
della vita del Galilei. Segue appresso un'Appendice , divisa in
tre Capi: A) Descrizione e storia del MSS. Vaticano del pro-
cesso ; B) I documenti raccolti e pubblicati del Gherardi;
C) Estratti dei documenti, fatti sulle raccolte del Gherardi e del
De F Epinois. Oltre ai documenti, la fonte principale delle ri-
cerche dell' A. sono le opere stesse di Galileo, pubblicate dal-
l'Alberi (Firenze 1812-1850), sugli autentici manoscritti Palatini.
Questo lavoro del Gebler adunque non è un'opera ori-
ginale, di prima mano, come suoi dirsi; esso non è che un
quadro della vita e dell'epoca di Galileo, abbozzato in parte
secondo la tradizione , e in parte su documenti già noti , e am-
piamente illustrati. E per dir tutto in una parola, ci è sembrato
che questo libro non sia che una amplificazione della dotta e
succosa Memoria del Reusch; amplificazione, che certamente ha
il merito non comune di chiarire più distesamente le particolarità
della vita di Galileo, e di ritrarre a contorni più larghi la risono -
(1) Il Processo di Galileo riveduto sopra documenti di nuova fonte
nella Riv. Europ. Ann. !, voi. III.
(2) Galilée, son procés , sa condamnation d' après des documenta
inédits. Parigi, 1867.
308 RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
mia dell' epoca. Ma quanto a'risultamenti critici, salvo il dubbio
sollevato sulla autenticità della seconda parte della sentenza
26 maggio 1616, l'opera del Gebler non esce dai confini trac-
ciati dal Reusch, anche per ciò che spetta a tutto il complesso
delle relazioni corse Ira Galileo e la Curia Romana. Con ciò
non s' intende di detrarre uulla al merito di questo nuovo
lavoro ; il quale , inspirato come esso appare, ad un sentimento
largo ed elevato di temperenza, e di corretta intuizione delle
condizioni morali e scientifiche dell' epoca, attesterà anche ai più
increduli, che quella di Galileo fu una sventura del tempo,
dovuta in gran parte allo spirito di reazione, che la Curia
Romana, ed il Papa Urbano Vili, opponevano a quel moto spe-
culativo, affatto nuovo, cui le. nuove dottrine, propugnate da
Galileo , sembravano caldeggiare e diffondere. Il Gebler , nulla
esagerando, ma nulla pure tacendo, ha posto in chiara luce la
vera posizione di Galileo rispetto alla scienza, al suo secolo,
alla coltura di esso, alla Curia, all'Ordine de' Gesuiti; ed il
Cap. Ili della Parte IIa (pagg. 187 segg.), malgrado qualche
esagerazione, e un certo fare rettorico, offre interessanti noti-
zie, e una vivace pittura delle condizioni morali di quéll' epoca.
Non potremmo scusare l' A. di una certa con tradizione ,
rispetto al giudizio che egli reca sul Documento 26 Febbraio
1616 (Ms. Vat. Fol. 378 v°-379 r°), una parte del quale il Ge-
bler considera apocrifa , anche contro all' opinione del Reusch
(v. p. 215 fin.), quella parte cioè del Decreto della Congrega-
zione, che concerne il divieto di più insegnare la dottrina del
doppio movimento della terra intorno al sole (nec eam-opinionem-
de caetero quovis triodo teneat , doceat aut defendat verbo et
scriptis). Ora mentre al Cap. IV il Gebler afferma ricisamente
che questo passo del decreto fu aggiunto posteriormente , per
avere un appiglio che servisse ad avviare un' inquisizione con-
tro Galileo, (das ziene Urkunde in der Absicht, Galilei proces-
sualisch behandeln und verurtheilen zu kounen, nachtràglich
entstanden ist) (1), altrove invece, in molti più luoghi, se ne
discorre come di cosa convenuta già fra Galileo e il Santo
Ufficio, e quindi incontestabile (2).
Nel Capo I della Parte IIa (pagg. 159 segg.) 1' A. ci narra
circostanziatamente l' istoria , tanto funesta e insieme gloriosa a
Galileo, della pubblicazione dell' Opera « sopra i due massimi
(1) « Che quel documento sia stato redatto posteriormente, allo scopo
<1' incriminare e condannare il Galileo » (p. 215).
(2) V. la Nota Illustr. N. 2 nel Berti, Processo di Galileo, p. 155.
RASSEGNA BIBLIOGRAFICA 309
sistemi ». L'A., valendosi molto opportunamente delle « Operi' »
pubblicate dall'Alberi, e dei Dispacci del Niccolini, noto am-
basciatore del Gran Duca alla Corte di Roma, ha ricostruita
con molta evidenza quest' epoca tanto importante della vita e
della operosità scientifica di Galileo, e ci istruisce in modo
maestrevole delle vere condizioni, nelle quali surse il grande,
conflitto fra Galileo e la Curia Romana. ■ — L' A. purga Ga-
lileo dall' accusa di aver voluto adombrare nel Simplicius dei
suoi Dialoghi Papa Urbano Vili, la cui fatale prevenzione con-
tro il grande Matematico e astronomo pisano, resterà sempre
un enigma nella storia, come fu cagione dell'accanimento, pel
quale l' infelice non ebbe pace , finché non fu morto. I veri
motivi della persecuzione sono esposti succintamente dall' A. a
pag. 200, il quale non esclude che il sospetto, sorto o fatto
sorgere nel Papa, di essere lui il Simplicius dei Dialoghi, possa
avere aggravato la situazione di Galileo, ma nega recisamente
contro il Biot (Journal des Savants, Luglio-Ottobre 1858), con-
tro allo Chasles (Galileo Galilei, sa vie, son procés ecc. Pa-
rigi 1862), e contro al Martin ( Galilée, les droits de la science,
et la methode des sciences physiques, Paris 1863) e contro altri »
che quello fosse 1' unico movente del famoso processo de) 1633.
In Galileo era lo spirito dell' epoca, lo spirito dell' indagine
scientifica, che volevasi ammortire. In ciò pone l'A. la somma,
complessa è vero, delle cagioni di quel processo; e noi siamo
con lui.
Quanto alla questione tanto dibattuta , se cioè Galileo sia
stato veramente sottoposto alla tortura durante il secondo pro-
cesso , l'A. discute nel Cap. X della parte 2.a (pag. 309 segg.) le
varie opinioni, che furono esposte intorno a questo argomento.
L' A. ha ragione di premunire i lettori contro le molte leggende
e le strane dicerie, messe fuori da troppo evidente odio di parte
e relative alle persecuzioni, e tormenti fatti subire a Galileo.
Crediamo però non esatto quello , che egli viene dicendo intorno
al fatto della tortura, supplizio, che egli nega ricisamente, che
sia stato né minacciato né inflitto di fatto a Galileo. Egli fonda
questo suo giudizio sull' interpretazione, che il Pasqualoni (1)
dà del cosi detto « Examen rigor* >sum » che non sarebbe
necessariamente tutt' uno colla tortura. Noi crediamo che oggi-
mai la controversia rimanga chiarita perfettamente dalle ricer-
che fatte dal Berti, intorno appunto al Processo di Galileo (2).
(1) « Sacro arsenale ec ■» 1639, pag 263-
(2) Ved pagg. CIX segg. dell' Introduz.
310 RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
Egli stabilisce intanto il fatto ; che nel decreto seguito all' in-
terrogatorio (4°) 21 giugno 1633 è detto realmente " et id
nisi se resolvat fateri veritatem devenietur contra ipsum ad
remedia iuris et facti opportuna ». E nella sentenza sta scritto
chiaramente « iudicavimus necesse esse venire ad examen rigo-
rosum tui ». Ora, dice il Berti, dobbiamo conchiudere, che
Galileo secondo la sentenza fu sottoposto al rigoroso esame
(p. CIX). E questo esame rigoroso è senz' altro la tortura, se-
condo la formula del diritto inquisizionale, come rilevasi dal passo
dell' « Arsenale del/' Inquisizione (1) » ivi citato. — Questo in
diritto. Siccome poi nel processo verbale relativo non è regi-
strato dal notaio nulla , che dia segno della tortura fatta subire
di fatto a Galileo , così il Berti conclude , che questo supplizio
gli sia stato condonato- per interposizione del Padre Ma colano
presidente della Commissione, ed amico personale di Galileo.
(Op. e. p. CXIV seg.). Resta adunque, che la tortura fu non pure
minacciata, ma decretata anche per sentenza contro a Galileo,
e che essa non fu applicata per un pietoso riguardo del P. Ma-
colano, che fece uso dei poteri discrezionali, dei quali era rive-
stito per ragione d'ufficio.
Del resto, questa scrittura del signor di Gebler è una novella
prova della grande importanza, che la figura di Galileo tiene
nella Storia; egli Italiani devono saper grado al dotto ed illustre
straniero di avere illustrato con tanta dottrina e con un amore
così evidente del vero uno de' periodi più travagliosi della storia
del nostro inci virulento (2). G. O.
(1) Roma, presso gli Heredi Corbelletti, 1639. p. 131.
(2) In una lettera aperta pubblicata ne\V Antologia (Fase, di Settembre
p. p.), il sig. Di Gebler risponde alla lettera che l'illustre prof. Doni. Berti
gli rivolgeva in appendice al suo volume {Il Processo originale ecc.) — 11
Di Gebler coglie l' occasione per confutare due importanti opinioni soste-
nute dal Berti ; l'una riguarda la falsificazione di una parte del documento
26 febbraio 1616, sulla quale il Di Gebler ora insiste più che mai , contro
il Berti, dichiarando « che la Curia Romana si sia servita di una falsifi-
« cazione del Documento a fine di potere condannare Galileo nell'anno 1633
« con una certa apparenza di giustizia ». — L' altra opinione, messa innan-
zi dal Berti , che tenderebbe a conciliare il fatto , che nella sentenza è
ordinata l'applicazione della tortura, mentre non esiste il protocollo della
eseguita applicazione, è chiamata dal Di Gebler un' arrischiata ipotesi.
Egli insiste sempre sulla sua idea, che la tortura non fu che minacciata.
RASSEGNA BIBLIOGRAFICA 31 ]
Miscellanea di Storia Italiana, edita per cura della R. Deputazio-
ne di Storia patria. Tomo XV. Torino, Bocca, 1876.
Curiosità e Ricerche di Sfuria Subalpina , pubblicate da una So-
cietà di studiosi di patrie memorie. Torino , Bocca , 1876.
L* Archivio Storico fece più d'una volta discorso della Mi-
scellanea di Storia Italiana, che la Deputazione piemontese di
Storia Patria va con lodevole alacrità pubblicando, appendice o
compimento che dir si voglia, dei volumi veramente monumen-
tali dei Monumenta Historiae patriae , raccolta che sarà lungo
onore alla memoria del re Carlo Alberto. Dei grandi in-folio la
Deputazione manderà fuori di corto il XIV e il XV , conte-
nenti gli atti degli Stati Generali degli antichi paesi o patrie del-
la monarchia di Savoja. L' impressione del XIV è già terminata,
e sperasi che di quest' anno sarà condotto a fine il XV. Essi
appagheranno il desiderio impaziente dei cultori degli studi sto-
rici e politici , che da assai tempo li attendono e li sollecitano
coi voti.
Intanto la Miscellanea , procedendo con passo più spedito ,
segna col numero XV il recente suo volume. Comprende un epi-
sodio della storia del Piemonte del barone Manuel di S. Giovan-
ni ; la illustrazione di trentadue sigilli italiani inediti , fatta da
Vincenzo Promis ; le Notizie sulla vita di Cassiano Dal Pozzo ,
scritte da Giacomo Lumbroso, con un centinaio di lettere ine-
dite dirette al valentuomo; alcuni Documenti inediti del regno
(ti Lodovico Duca di Savoja tratti dai protocolli dei segretari
ducali e pubblicati dal conte Filippo Saraceno ; due note del
sacerdote Antonio Bosio sulle Urne sepolcrali di Filippo Vagno-
ne , poeta laureato e senza fama , morto nel 1499 e di Giacomo
di Tornbull , ignoto milite scozzese al servizio di Carlo VIII di
Francia, deceduto a Carmagnola nel 1496. Viene per ultimo
una breve relazione dell'ingresso in Torino nel 1585 della In-
fanta Caterina di Spagna , sposa a Carlo Emanuele I , colle anno-
tazioni di Angelo Angelucci.
Diligenti e pellegrine sono le memorie del sig. Lumbroso
intorno a Cassiano Dal Pozzo , del quale avea scritto di recente
con molta accuratezza Jacopo Bernardi. Non inutili parecchie
lettere dirette a quel prou.otore instancabile delle ricerche archeo-
logiche. Lo stesso dicasi delle carte pubblicate del sig. Saraceno,
e riguardanti il regno del Duca Lodovico, principe che grandi
cose divisava e troppe, niuna conduceva a fine, sicché a mezzo
novembre non giugneva il suo filato di ottobre. Nel dichiarare i
312 RASSEGNA BIRLIOGRAFirA
sigilli Vincenzo Promis adopera di essere continuatore della dotta
dinastia , di cui porta il nome onorato. Di minore rilievo sono
i cenni intorno al Vagnone e al soldato scozzese, di cui nulla si
è saputo. Alla relazione sopra l' ingresso in Torino della Duchessa
Caterina danno rilievo le note, essendo il testo piccola cosa.
L' episodio di storia piemontese narrato dal barone Manuel
tocca dei Valdesi e di quegli altri eretici chiamati Bagnolesi ,
che 1' autore argomenta così nominati dal luogo di Bagnolo nel
territorio di Pinerolo ; discorre pure dei conti di Bagnolo , signo-
ri della terra. Il fatto raccontato è la guerra mossa dal comune
di Vercelli ai conti di Bagnolo , accagionati di avere con feroce
masnada assaliti , predati e fatti prigioni nel 1219 alcuni pelle-
grini vercellesi che andavano per loro divozioni al Santuario della
Madonna del Becetto nella valle di Vraita, allora soggetta in gran
parte ai marchesi di Saluzzo. Il luogo di Bagnolo fu posto a fer-
ro e a fuoco, preso il castello sotto la condotta di Pruine deji
Incoardi , podestà del Comune. L'offesa ai pellegrini è dall'au-
tore giudicata fatta piuttosto per astio religioso che per cupidigia
di bottino. Abbiamo adunque un saggio delle sanguinose lotte di
religione. Il lavoro del dotto barone di Manuel è nutrito di soda
erudizione ; e cresce pregio al XV volume della raccolta torinese.
Ma i Monumenta e la Miscellanea non bastano agli operosi
subalpini. Alla faticosa correzione e stampa dei documenti inte-
gri e senza commenti dei primi volumi ; alle carte di minor mole
e alle disquisizioni della Miscellanea (che di studi particolari ab-
bonda questa talvolta , discostandosi forse alquanto dai primitivi
intendimenti), pensarono alcuni di aggiungere una pubblicazione
quasi periodica , che provvedesse non meramente alla stampa dei
documenti , ma i fatti reconditi divulgasse , aiutandosi delle car-
te inedite e del sorriso delle Muse , il quale alla storia non sem-
pre disdice e che nella patria di Carlo Botta non dee parer dav-
vero un fiore esotico.
Le Curiosità di storia subalpina, le cui dispense V Archivio
annunzia sempre , sono disegnate e colorite da una eletta
schiera di giovani , capitan-ita da un veterano, Nicomede Bian-
chi. Vi scorgi quindi il vigore e il brio dell'età e la ridondanza
che è figlia di ricchezza ; ogni cosa per altro moderata dal senno
che non lascia varcare certi limiti , oltre i quali si sgarra. Pia-
cevoli sono il più dei racconti ; gustosi gli aneddoti , piccanti i
particolari, onde si adornano; insomma lieta e istruttiva let-
tura porgono le sette puntate edite fin qui. Gli scrittori curano
lo stile e non trascurano la lingua , ed io mi persuado facilmen-
te che troveranno copiosi lettori nella provincia che illustrano
RASSEGNA BIBLIOGRAFICA 313
colle loro indagini. Talune volte talune materie lievi si distendo-
no per numero soverchio di pagiue ; innamorato del tema, l' au-
tore non sa dispiccarsene ; e mentre il lettore gli vorrebbe dire
« ora basta » un qualche nuovo riscontro o cenno lo cattiva
e gli tronca la parola a mezzo.
Ai giovani si uniscono i provetti e nell' ultima dispensa il
Conte Federico Sclopis , regalandoci una lettera giovanile e mol-
to notabile di Camillo di Cavour , ci ragiona del grande ministro
con altezza e gravità di giudizi che fanno bene a chi leggendo
pensa. E al cuore fanno bene e le menti turbate rasserenano le
lettere di Silvio Pellico, edite dal sig. Bianchi. Per me le ho
lette e quindi rilette , e ci ritorno ancora. Quando si vive in una
temperie un po' viziata , ristora e rinfranca un'aria pura e sana.
Ma il nominare questi due soli scrittori sarebbe più che in-
generosità , ingiustizia. Io pertanto non dovendo ricopiare l' in-
dice per disteso degli scritti fin qui usciti , e già nell'Archi-
vio mentovati, nominerò gli autori. E sono: Filippo Saraceno,
D. Ferrerò , Vincenzo Promis , E. Ottino , Pietro Vayra , Co-
stantino Rodella, Giuseppe Giacosa e il sig. A. M. il quale
cela forse un nome reso illustre dal padre. Invero la morte ha
esercitato il sovrano suo diritto, e se in Piemonte più non
sono Cesare Balbo , il Cibrario , il Peyron , Lodovico Sauli , Do-
menico e Carlo Promis, Giuseppe Manno e gli altri che furono
decoro delle scienze storiche nella prima metà del secolo , vuoi-
si fermare che non mancheranno eredi e successori: uno avviso
non deficit alter Aureus. Levino l'animo e il vivido ingegno pro-
vino in opere di lena. Molte parti della storia subalpina innan-
zi al secolo XVI sono pressoché intatte ; né allora la vita nazio-
nale stava tutta e sola nella corte di Savoja. Iniziamenti , opero-
sità , glorie , colpe e sventure , spesso educatrici e degne di me-
moria ebbero i Comuni e i Dinasti dei secoli XII, XIII e XIV,
né Chieri fu la sola repubblica , né il conte Verde il solo prin-
cipe cavalleresco. E dovere della generazione novella , non que-
rula e non invida , di correre quei campi poco coltivati. Alcuni
anni or sono in questo Archivio Storico, accennando a quanto i
popoli piemontesi aveano fatto e patito , io diceva :
Fuimus Troes, fidi Ilium et ingens
Gloria Teucrorum
e invitava a ritrarre quel passato. Nello stesso senso ripeto le
parole stesse , ora che l' augurio di già si avvera.
Domenico Caeutti.
SUPPLEMENTO UNDECIMO
ALLE
NOTIZIE BIBLIOGRAFICHE
DEI LAVORI PUBBLICATI IN GERMANIA
SULLA STORIA D'ITALIA
COMPILATE
DA ALFREDO REIMONT
Bonn sul Reno, agosto 1876.
(Vedi Archivio Storico Italiano , Serie III , voi. XIX).
( Ved. avanti, a pag. 151 ).
HUBEE , A. Vedi Boehmer.
HUBEE , Job. , Savonarola.
Memoria (di pig. 72 in 12mo) contenuta nelì'Histo-
risches Taschenòuch , V Serie , voi. V. Lipsia 1875. L'au-
tore è prof, di teologia nell' Università di Monaco , tra i
primari degli oppugnanti al domina vaticano del 1870, in-
torno al quale egli pubblicò un Diario (Tagebuch gefuhrt
wàhrend des Vaticanischen Concils , II. ediz. Nordlinga
1872) e Documenta ad illustrandum Concilium Vaticanum
a. 1870 , ib. 1872 , 2 volumi 8vo.
HUFFEB , Hermann , Ungedruckte Briefe Napoleotis aus den Jah-
ren 17i»-S und 17'J7. ( Ijettere inedite di Na-
poleone degli anni 1 796-1 '797.) Vien-
na , 1873 ; 8vo.
Dall'Archivio per la storia austriaca, voi. XLIX. —
Sono tredici lettere spettanti ai negoziati che ebbero luogo
negli anni suddetti tra il Direttorio della Eepubblica fran-
cese e il governo austriaco , principiando dal novena-
SCRITTORI TEDESCHI 315
bre 1796 , in cui Bonaparte , comandante in capo dell'ar-
mata in Italia col quartier generale a Verona , fece scri-
vere da Alessandro Berthier al maresciallo Alvinzi per
chiedere un salvacondotto pel Clarke incaricato d'una
missione a Vienna (Correspondance de Napoleon , voi. Ili,
pag. 138), e terminando colla dichiarazione emessa da
Bonaparte a Passeriano presso Udine 9 ottobre 1797 , di-
chiarazione colla quale sembravano rotti i negoziati pel
trattato di Campoformio , che pure venne concluso il 17
del medesimo mese. Tali lettere , sinora inedite , e che
conservansi nell'imperiale Archivio a Vienna, spetta-
no dunque al periodo trattato dall'editore nel suo libro:
Diplomatisclie Verliandlungen aus der franzosischev Re-
volution, voi. I, Bonn, 1868, di cui vedi Notizie Biblio-
graf. Suppl. IX. L' introduzione a questi documenti tratta
delle varie raccolte di lettere napoleoniche , cioè di quella
di C. A. Fischer , Lipsia, 1808-1813, dell'altra anoni-
ma ma attribuita al generale Beauvais pubblicata a Pa-
rigi 1819 in 7 volumi , e finalmente della terza stampata
d'ordine del governo imperiale dal 1858 in poi in 28 vo-
lumi , sino alla protesta emessa a bordo del Bellerofonte.
JACOB Vedi Dante.
JAFFE , Philippus , Bibliotheca rerum Germanicarum voi. VI. Mo-
numenta Àlcuiniana a Ph. Jaffeo praeparata edid. W.
Wattenbach et E. Dummler. Berlino, 1873; 8vo.
Vedi Not. Bibliogr. Suppl. IX. Contenuto : Vita Al-
cuìni , Vita Seti Willibrordi , De pontificibus et Sancti*
Ecclesiae Eboracensis Carmen, Epistulae nel numero di 306,
di cui 31 inedite. Delle Epistole, dell'indole loro, del-
l'uso da farne per la storia, dei Codici ec. , tratta am-
piamente Teodoro Sickel, dopo di aver parlato dei la-
vori dell' Jaffé , Wattenbach e Diimmler , in una memo-
ria di 92 pag. 8vo , inserita nei Sitzungsberichte della
sezione storico-filosofica dell' I. Accademia di Vienna .
voi. LXXIX , e pubblicata a parte col titolo :
Alcuimtudien. I. von Dr. Th. Sickel. Vienna, 1875.
Vedi Monumenta.
JAEHNS Vedi Twesten.
JENKNER Vedi Lindner.
316 SCRITTORI TEDESCHI
JUNG , J. , Ueber den. sogenannten Libellus de imperatoria potesta-
tej.it. Urbe Roma. (Intorno al cosiddetto Li-
bellus.)
Nelle Forschungen zur teutschen Geschichte, voi. XIV.
KAUFMANN , Alex. , Die Konigin Polyxene von Sardinien cine
teutsche Fùrstentochter. (Polissena regina di
Sardegna principessa tedesca.)
Memoria inserita nelle Forschungen zur teutschen Ge-
schichte voi. XI, 1871. Tratta di Polissena d'Assia Rheiu-
fels Rotbenburg , sposata nel 1724 all'età di diciott'anni
a Carlo Eminanuele principe poi re di Sardegna , morta
nel 1735. Un suo carteggio, composto di 70 lettere alla
sua zia principessa di Nassau-Usingen , conservasi nel-
l'Archivio dei principi di Lòwenstein a Wertheim sul
Meno. Se ne ricava però poco per la storia del paese cui
essa appartenne nell'ultimo decennio della sua vita. 11
predetto carteggio verrà stampato nella Biblioteca della
Associazione letteraria di Stuttgarda presieduta da A. de
Keller , prof, a Tubinga , di cui v. all'art. Kausler.
KAUSLER , Edward von, und SCHOTT , Theodor, Briefwechsel
zwischen Christoph Herzog von. Wurttemberg, und Petrus
Paulus Vergerius , gcsammclt und herausgegeben. (Car-
teggio tra Cristoforo duca di Wurt-
temberg e Pieti'o Paolo Vergerlo rac-
colto e pulblblicato da Od. de lì. e T. S.)
Stuttgarda (Tubinga), 1875*, 8vo.
Il presente volume di 517 pag. forma il tomo CXXIV
della Biblioteca dell'Associazione letteraria di Stuttgar-
da , e venne preparato dal Kausler , vicedirettore del R.
Archivio di Casa e Stato Wurttembergese , dopo la cui
morte accaduta nell'agosto del 1873 il lavoro venne ulti-
mato dallo Schott , professore e bibliotecario della R. Li-
breria di Stuttgarda, il quale lo corredò di note, d'indi-
ce e di regesto, oltre all'introduzione storico-letteraria,
la quale tratta della vita del Vergerlo e del carteggio che
abbiamo sott'occhio. La vita del vescovo di Capodistria
e nunzio apostolico, unico dei membri dell'alto clero ita-
liano separatosi dalla Chiesa cattolica e morto eterodosso,
essendosi scritta da parecchi (vedi Bibliografia, pag. 25-1
all'art. Sixt , dove è da aggiungere il programma gin
nasiale di N. Schweminski : /'. P. Vergerius und M.
Vcgius, Beitrag zur Geschichte der Pàdagogik , Poscu,
SULLE STORIE ITALIANE 317
1858), l'editore, dopo di aver discorso brevemente della
gioventù e dell'operato del V. qual diplomatico e qual
uomo di chiesa , diftondesi maggiormente sul periodo ,
che comincia dalla di lui secessione avvenuta alla fine
del 15J8 , e termina col 1 ottobre 1564 , giorno della sua
morte accaduta a Tubinga nella Svevia , nell'età di anni
sessantasei. In questa città esso aveva preso domicilio ,
accolto da Cristoforo duca di Wurttcmberg, il cui regno
1550-1563 , memorabile per la Germania meridionale ,
è stato descritto da B. Kugler , Stuttg. , 1SG8-1672, e
dallo Stalin nel quarto volume della Storia Wurttem-
berghese a pag. 477-776. Ma 1' irrequietezza di cui
già in Italia egli aveva date tante prove , lo condusse
ogni dove, in Inghilterra, in Prussia, in Polonia, nella
Svizzera e fin ai confini d' Italia , nelle provincie slave
meridionali , scrivendo e predicando sempre contro il Pa-
pato e la Chiesa cattolica , stampando varie opere, avendo
parte segnalata nella traduzione slava della Bibbia e nella
pubblicazione di molti scritti anticattolici nell' istessa lin-
gua ossia dialetto. Molte accuse sono state dirette contro al
Vergerlo , anche da parte protestante , e veramente la
impressione prodotta dal carteggio surriferito, impressio-
ne favorevole pel duca il quale accolse, e protesse costan-
temente il profugo , non lo è ugualmente per questo ,
garrulo , vanaglorioso , avido sempre di novità , intro-
mettentesi in ogni cosa , poco sicuro e chiedente sempre
denaro. L'editore , protestante ma non punto disposto a
lodare dove non lo merita questo propugnatore italiano
della riforma , di già in occasione della partenza del Ver-
gerio dall' Italia e della di lui secessione nota : « Ragio-
ni estrinseche quanto intrinseche lo mossero a questa ri-
soluzione. L'ambizione sua era ferita , e la mala intelli-
genza colla Curia non si rimediava più. Ma sarebbe in-
giusto il voler negare i motivi interiori che finalmente lo
indussero ».
11 carteggio contiene moltissime notizie d'interesse
per la storia della riforma non solo in Germania ma an-
cora in Francia , in Inghilterra e maggiormente in Polo-
nia, dove il Vergerio trovossi al cospetto dei Sociniani. Dal
medesimo risultano ancora gli sforzi fatti in quegli anni
per far penetrare nuovamente in Italia le opinioni etero-
dosse. Ciò che soprattutto si rende manifesto per queste car-
te, si è l'odio dell'antico vescovo contro il Papato. Volendo
pubblicare nel 1563 , anno precedente alla sua morte , il
318 SCRITTORI TEDESCHI
primo volume^ delle sue opere varie, egli intende dedi-
carlo al duca con una lettera nella quale dice : « Scio me
parum potuisse proficere , parumque ipsum debilitasse pa-
patum. Sed tamen satis pittavi, si saltem nomea dedissem
meum iuter eos , qui volitai piane ext ine tura , itti pesterà
et exeidiam genuinae doctrinae christiauae, ut vere est.
Hoc enim palaia profiteor , in horum numero collocavi at-
que recenscri summa laude digaum existimo , ut pereat
Papa cura suis apostoli* atque adulatoribus. In magais et
voluisse sat est». Alla quale espettorazione il duca risponde :
« Magis expedit , epistolam ad lectorem quam ad me di-
rigere, et quod plus lector fideat et perpeadat , quid tota
Christiana posteritas de ipso papatu seniiat ». L' hrequie-
tezza di sopra notata , ed il voler aver le mani in ogni
cosa , hanno impedito al Vergerio d'acquistare in Ger-
mania quella posizione , cui sarebbe forse potuto giungere,
e pel grado da lui anticamente occupato , e per le rela-
zioni formate sin da quando nel IÒ30 andò come nunzio
pontificio alla dieta d'Augusta , soggiorno assai lungo
durante il quale vide Lutero a Wittenberg. Egli non prese
parte nelle contese , che al tempo suo agitarono il campo
protestante , né in quelle eccentricità , in cui caddero per
lo più gli Italiani esuli. Ma le debolezze dell'uomo nocquero
all'erudito, e l'accanito odio contro Roma aveva troppo
di personale per far dubitare dei suoi motivi e dell'intera
sua fede. In tal modo , egli non ha mai fatto figura , e i
giudizi dei contemporanei rade volte gli sono favorevoli.
Oltre alle lettere stampate nella presente Collezione ,
ne esiste un numero cospicuo di edite quanto inedite. Un
elenco delle opere di P. P. Vergerio venne pubblicato da
E. Weller : Uebersicht der literarischen Thdtigkeit des-
P. P. V. , nel giornale. Serapeum , anno XIX , N.° 18, 19.
La relazione del V. , allora nunzio , sulla guerra del 1534,
per la quale Ulrico duca padre di Cristoforo , riconquistò
lo stato suo , venne stampata dal LiAMMER , Monumenta
vaticana , pag. 1Ó8 seg.
KERN , Theodor von , Qeschichtliche Vortrdge uad Aufsdtze. (Le-
zioni e in.em.orie storioni.) Tubinga, 1876; tìvo.
Questa collezione di scritti minori dell'autore, morto
in fresca età nel 1871 professore di storia nell' Università
di Friburgo in Brisgovia , contiene tra altre parti i se-
guenti articoli : Ottone III imperatore , Corrado II impe-
ratore , la Contessa Matilde.
SULLE STORIE ITALIANE 319
KERNER, Heinrich, Papst Alexander III. (Papa Alessan-
dro III.) Friburgo , 1874 -, 8vo.
Opuscolo, fondato maggiormente sulla grande opera
del ReUTER (vedi Bibliografia) e altre indagini moderne,
faciente parte di una Collana di ritratti storici.
KINKEL , Gottfried , Mosaik tur Kuust geschiehte. (Musaico di
storia dell'arte.) Berlino , 1876 -, 8vo.
Tra le undici memorie componenti questo volume ,
spettano a cose italiane le seguenti : II. Del restauratore
del Toro farnesiano , pag. 29-48. Tratta dei vari artisti
dal cognome Della Porta, e di Gio. Bat. Casignola, senza
proporre una precisa soluzione della questione. III. L'Ar-
rotino fiorentino opera moderna, pag. 57-107. L'autore
attribuisce la statua della Tribuna a Guglielmo Della
Porta con modello del Buonarroti. (Vedi la memoria sul
libro di A. Gotti sulle Gallerie di Firenze , Arch. Suor.
Ital., Serie III, voi. XXIIl^e Allgemeine Zeitung , 1876,
N.° 1). V. Delle tradizioni originate in monumenti d'arte,
pag. 161-243. In questa memoria si discorre tra altro
delle storielle raccontate nelle Mirabilia dei monumenti
romani, p. es. dei colossi di Monte Cavallo , del Marc'Au-
relio ec. IX. Delle prime pitture italiane a decorazione
di mobili domestici , pag. 368-401.
KLEINPAUL, R. , Das Findelhaus von Santo Spirito. (L'Or-
fanotrofio di S. Spirito.)
Articolo sull'ospizio romano contenuto nel giornale :
Teutsche Bldtter , 1874, agosto.
KLUPFEL , K. , Kaiser Maximilian T. ( Massi tn.il iano I
imperatore.) Monaco, 1875 5 8vo.
Scritto popolare.
KOENIG , D. , Kritìsche Erorterungen zu einigen italienischen Quel-
ita der Geschiehte dea Romerzugs Kaiser Heinrich* VII.
( Investig'azioni critiche intorno ad al-
cune tonti italiane della spedizione
romana di Enrico Vili imperatore.)
Gottinga , 1874 ; 8vo.
Di Arrigo VII trattano ancora i seguenti scritti :
Brosien II., Heinrich VII ah GrafvonLuxenburg,
nelle Forschungen zur teutschen Geschichte voi. XV.
.320 SCRITTORI TEDESCHI
Poehlmann , R., Der Eomerzug K. Heinrichs VII ,
und die Politile der Curie , des Ilauses Anjou und der
Welfenliga. (La spedizione romana di A.r-
rig-o VII imperatore, e la politica della
Curia , della Casa Augioiua e della
Lega g'uella.) Norimberga , 1875.
Thomas , B. , Zur Kónigswahl des Grafen Heinrich
von Luxemburg, 1308. [Intorno all'elezione in
re di Germania del conte Arrigo di
Lussemburgo.) Strasburgo, 1875; bvo.
Il medesimo argomento viene trattato nella memoria
di J. Heidemann : Die Kónigswahl Heinrichs von Lu-
xemburg im Jahr 1308 , inserita nelle Forschungen zur
tentschen Geschichte , voi. XI (1871), pag. 40-78.
Alla letteratura storica intorno all'epoca del primo
Lussemburghese , appartiene : Heijjemax^ , J. , Peter von
Aspelt als Kicchenfùrst und Staatsmann. Lipsia, 1876', 8vo.
Pietro d'Aspelt, nato a Treveri , medico di Arrigo
Conte di Lussemburgo e di Rodolfo re di Germania , poi
negli ordini sacri , proposto di Wyssehrad e cancelliere
del regno di Boemia, nel 1296 vescovo di Basilea , nel 130G
arcivescovo elettore di Magonza , ebbe parte principalis-
sima nell'elezione di Arrigo, ed incoronò re di Boemia
Giovanni di lui figlio nel ioli. Nella contestata elezione
del 1311 egli fu tra i primari partigiani di Lodovico il Ba-
varo, ma non vide la fine della contesa, essendo morto
nel 1320 uno dei più potenti principi ecclesiastici dell'im-
pero, che contava allora Baldovino di Lussemburgo fratello
d'Arrigo , elettore di Treveri, e Arrigo conte di Virneburg
elettore di Colonia.
KOPKE Vedi Hirsch.
KRAFFT, P. L. , Episode aus C. CamilWs Cinque Canti eu Tor-
quato's Befreitem Jerusalem. (Episodio dei cinque
Canti di O. Camilli alla Gerusalemme
liberata.) Dueponti, 1874-, 8vo. - Programma ginnasiale.
KRUGER, A., Die Pataria in Mailand. (La Pataria a Mi-
lano.) 2.° Breslavia, 1874 ; 4to. - Programma ginnasiale.
KRUGER K. , Ptolomiius Lticensis Lcben und Werke. (Vita ed
opere di Tolomeo da Lucca.) Gottinga ,
1875 \ Svo.
SULLE STORIE ITALIANE 321
LANG , Wilhelm, Transalpinische Studien. (Studi transal-
pini.) Lipsia, 1875; 2 voi. 12mo.
Gli articoli contenuti in questa raccolta di studi trans-
(o cis-) alpini, di già stampati in vari giornali, sono i
seguenti : Voi I. La tradizione di S. Pietro e del suo
soggiorno a Roma -, Dante ; Savonarola \ Michelangelo
poeta. Volume II. Alessandro Manzoni -, G. La Farina e
l'Unione nazionale italiana-, G-io. Bat. Niccolini ; Cam-
mino Cavour e la Chiesa libera in libero Stato ; Unità
germanica e italiana.
All'argomento del primo di questi saggi spetta : G.
Volkmar , Die vomiscile Papstmythe. Zurigo, 1873.
« Die Papstwahl von 1159 und ihre Folgen. ( L'elezione
pontificia, del X 159 e le sue conse-
guenze.)
Nel giornale : Im neuen Reich , 1873 , N.° 24. Si tratta
dell'elezione contrastata di Alessandro III , di cui scrisse
ampiamente F. Tourtual , Vedi Not. Bibliograf. Sup-
pl. Vili. Intorno al libro di O. Lorenz : Elezione pon-
tificia e potere imperiale ( vedi Not. bibliogr. Suppl. X )
trattò H. Cardauns nel giornale : Literarische Rund-
schau , 1875 , N.° 2.
LANGE , Julius , Pietas-Rilder von Andrea Mantegna. (Rap-
presentazioni della Pietà di .A.. M.)
Memoria inserita nel Christliches Kunstblatt , 1874 ,
N. 11. Tratta d'un quadro a tempera della R. Galleria
di Copenaga , Cristo seduto sopra un sarcofago di porfido
sostenuto da due angeli, in un paese con Gerusalemme in
lontananza, firmato Andreas Mantinia (vedi Crowe-Caval-
caselle Storia della pittura ital. Ediz. ted. voi. V) quadro
il quale si confronta colla Pietà del Museo di Berlino (dai
medesimi scrittori attribuita ora al Bonsignori ora al Vi-
varini), con quella di Brera, e coll'altra celeberrima del
Museo Vaticano, adesso creduta di Gio. Bellini (Crowe-
Cavalcaselle , 1. e. pag. 156) , quale però in tal caso
avrebbe fatta sua la maniera del Padovano.
LANGHANS , V. , Die Fabel von der Einsetzung des Kurfursten-
Collegiums durch Gregor V und Otto III. (La favola
dell' istituzione del Collegio degli elet-
tori per Gregorio V e Ottone III.) Ber-
lino, 1875; 8vo.
Arch., 3.» Serie, Tom. XXIV. 21
322 SCRITTORI TEDESCHI
Vedi Not. Bibliogr. , Suppl. X agli art. Schirrma-
CHER e WlLMANS.
LEHMANN , Paul, Das Pìsaner Coneil von 1511. (Il Concilio
pisano elei 151 1.) Breslavia 1874; 8vo.
Dissertazione accademica intorno al Conciliabolo fran-
cese contro a P. Giulio II.
L1BER CONFRATEBNITATIS B. MAUIAE DE ANIMA Teu-
tonicorum de Urbe quem rerum germanicarum cultoribus
offerunt sacerdotes aedis Teuton. B. M. de An. Urbis in
anni sacri exeuntis memoriam. Vienna , 1875 ; 8vo. (Stam-
pato a Roma nella tipografia di Propaganda.)
11 libro dei pellegrini iscritti nell'ospizio dell'Anima ,
contenente circa 3000 nomi, trovasi riprodotto in questo
nitido volume di xn e 302 pag. , mercè le cure del Rev.
Flir già rettore e dell' Janig di lui successore , coadiu-
vati dai signori Lakecb , Kellner e Mergel , assieme alla
bolla di P. Bonifazio IX , agli antichi e moderni Statuti,
ad un breve di P. Pio IX ec. La riproduzione dei nomi
in molti casi lascia ancora da desiderare , ma considerate
le non piccole difficoltà dell' interpretazione di molti di
essi , il lavoro ha sempre un pregio ed un'utilità da non
porsi in dubbio.
Intorno a Teodorico de Niem , uno dei fondatori del-
l' Ospizio teutonico , vedi Sauerland.
LINDNER , Theodor , Geschichte des teutschen Reiches vom Ende
des vierzehnten Jahrhunderts bis zur Reformation. Erster
Band erste Abtheilung. Geschichte des teutschen Reiches
unter Konig Wenzel. ( Storia dell' impero Ger-
manico dalla fine del XIV secolo sin
alla Riforma. Voi. I, parte I. Stox*ia
dell' Inip. german. sotto re Vinceslao.)
Brunswic , 1875 ; 8vo.
Colla presente prima parte di un'opera il cui con.
cetto è forse anche troppo vasto , si giunge all'anno 1387.
A questo periodo spetta il I volume della collezione im-
portantissima delle carte ufficiali delle diete dell' Impero
Romano-Germanico, col concorso della Commissione sto-
rica della R. Accademica delle scienze di Baviera co-
minciata a pubblicarsi col titolo : Teutsche Reichstagsacten
unter Konig Wenzel, ìicrausgegeben von Julius Weizsacker»
voi. I e II, anni 1376-1397; Monaco, 1868-74; 4to. I ilo-
SULLE STORIE ITALIANE 323
cumenti e le lettere spettanti alle diete anteriori alla pre-
detta epoca del terzo della Casa di Lussemburgo , carte
poco numerose, verranno inseriti nella grande collezione
dei Monumenta Gcrmaniae historica, i quali avranno da
procedere sin alla fine del regno di Carlo IV imperatore.
Tutto ciò che spetta ai tempi posteriori , farà parte della
presente nuova raccolta , il cui terzo volume finirà col re-
gno di Vinceslao , mentre di già si sta lavorando nella
continuazione la quale è per abbracciare i re Roberto e
Sigismondo , e i loro successori. Le introduzioni dei sin-
goli volumi , trattando dell'operato delle diete e della sup-
pellettile letteraria, porgono un quadro storico del tempo,
completato per le epitomi premesse alle carte delle singole
diete. Si aggiunge in ciascun volume l'elenco cronologico
di tutti i documenti , sia che si trovino riprodotti in exten-
so o in forma di regesto , e l' indice alfabetico dei nomi
di persone e di luoghi. Oltre due terzi dei documenti sono
inediti, dimodoché non è da dire quanta luce per questa
pubblicazione , copiosa quanto accurata , viene alla storia
di un periodo della storia dell' Impero , intorno al quale
sinora scarseggiavano i lavori.
La storia dell'elezione di Vinceslao a re dei Romani,
narrata nel I e II cap. della presente opera, è stata trat-
tata dall' istesso autore in una Memoria inserita nelle
Forschungen zur teutschen Geschichle, voi. XIV, e da pa-
recchi. (Vedi Hòfleb nelle Not. Bibliografe Suppl. IX),
nuovamente da H. Jenknbr , Ueber die Wahl Kònig Wen-
zels , Vienna , 1873.
LINDNER , Th. , Ueber einige Quellen zur Papstgeschichte im vier-
zchnten Jahrhundert. (E>i alcune fonti per la
storia pontificia nel XIV secolo.)
Memoria contenuta nelle Forschungen zur teutschen
Geschichte , voi. XII (1872), pag. 233-259. Tratta: 1.°
Della cosiddetta Cronaca di Teodorico di Niem , presso
Eccard Corp. hist. M. aevi I, dall'autore giudicata estra-
nea al segretario pontificio di cui porta il nome , e compo-
sta , probabilmente , da un tedesco , nella seconda metà
del XV secolo (ved. Sauerland) ; 2.° Delle Vitae Pon-
tificum ex editione Bosqueti riprodotte dal Baluzio nel
I voi. delle Vitae Pap. Avenionensium , composte proba-
bilmente da un domenicano francese al principio del quat-
trocento \ 3.° Del Petrus ab Herentals prior Floreffensis ,
cioè di Pietro priore del monastero Cisterciense Floreffe
324 SCRITTORI TEDESCHI
presso Namur, nato 1322 , morto 1390 , la cui cronaca
venne stampata in parte dal Baluzio, 1. e. Un'aggiunta
alla presente memoria , pag. 656-658 , parla di un Wer-
ner ossia Verneron , supposto autore delle vite dei ponte-
fici attribuite a Teodorico , e da alcune altre notizie in-
torno al priore di Floreffe.
LORENZ Vedi Monumenta.
LOSSEN , Max , Die Pest des h. Cari Borromcius. (La peste
al tempo di S. Carlo Borromeo.)
Neil' Historisches Taschenbuch, 1874 (V.a Ser., voi. IV.)
MARCOUR Vedi Riezler.
MARKGRAF, N. , Die.romische Curie in ihrer Ausbildung und
Verfassung bis auf misere Zeit. (La Curia roma-
ne nel svio sviluppo e nella sua costi-
tuzione sin ai nostri tempi.) Breslavia ,
1875 ; 4to. - Programma ginnasiale.
MAYER, M, von , Die Papstwahl Innocenz' XIII. (L'elezione
al pontificato di Innocenzo 5LIII.) Vienna,
1873-, 8vo. - Ved. Arch. Stor. Ital. , Serie III , voi. XX.
MAYR , Iohann , Markward von Anweiler Reichstruchsess und kai-
serlicher Lehnsherr in Italien. ( Marcoraldo d'An-
■weiler gran scudiere dell'impero esi-
gnore feudale imperiale in Italia.) Inns-
bruck , 1876 ; 8vo.
Del medesimo argomento tratta: P. Pkinz , Mark-
ward von Anweiler Truchsess des Reiches , Markgraf von
Ancona. Emden , 1876.
MELTZER , 0., Papst Gregor VII. und die Bischofswahlen, Bei-
trag zur Gescliichte des Verhliltnisses Zwischen Staat und
Kirche. ( P. Gregorio VII , e le elezioni vescovili. Sag-
gio sulla Storia delle relazioni tra Stato e Chiesa.) Lipsia
1876, 8vo.
MEYER , K, , vedi Bluhme.
:- M. , vedi Monumenta .
n Von Knonau , vedi RlEZLER.
SULLE STORIE ITALIANE 325
MONUMENTA GERMANIAE IIISTORICA inde, ab anno diri-
sti 500 tisane ad annuiti 1500 , auspiciis societatis aperien-
dis fontibus rerum Germanicarum medii aevi edidit G. H.
Pertz. Annover , 1863-1874, in fol. Scriptorum , Tom.
XVI1I-XXIII.
Vedi Bibliografia , pag. 175 segg. , dove trovansi re-
gistrati gli armali , le cronache e storie spettanti , o in-
teramente o in parte più o meno cospicua, alle storie italia-
ne , dei voi. I-XVII, e del XVIII per quella porzione che
al tempo della pubblicazione del suddetto volume ( prima-
vera 1863) era stampata , e Noi. Bibl. Sappi. IX. Con-
tinuando ora le notizie intorno alle parti, interamente o più
o meno risguardanti l' Italia , conviene premettere alcune
parole sulle condizioni attuali di questa vasta collezione,
la quale per l'età avanzata del benemerito Pertz (nato a
Hannover 1795) richiedeva nuova direzione. Mediante il con-
corso dei governi germanici , i quali sin da principio con-
tribuirono maggiormente alle ingenti spese della pubbli-
cazione , le tre accademie delle scienze di Berlino , Mo-
naco e Vienna formarono la nuova direzione , composta
dei seguenti membri: E. Dummler, W. Giesebrecht,
C. Hegel, T. Mommsen, Nitzsch, T. Sickel , Stumpf ,
W. Wattenbach , G. Waitz , rimanendone soci V Eu-
ler e il Pertz, soli superstiti dell'antica direzione.
Presidente della nuova è G. Waitz , ora prof. nell'Uni-
versità berlinese. I vari membri sonosi incaricati della
pubblicazione delle distinte sezioni adottate per la colle-
zione , il Mommsen di quella degli autori intermedi al-
l'epoca romana e quella germanica , cominciando dalla
Historia Gothorum di Giordane o Giornande e dalle Epi-
stolae. variae di Cassiodoro , il Waitz delle continuazioni
delle Leges e degli Scriptores , riempiendo primieramente
nella serie di questi la lacuna dei voi. XI1I-XV, i quali
conterranno le aggiunte ai primi dodici volumi , gli scritti
di polemica più importanti dell'epoca della contesa per le
investiture e le vite dei pontefici sin alla fine dell'epoca
sveva. 11 Sickel pubblicherà le Diplomata , il Watten-
bach le Epistolae, il Dummler le Antiquitates , che conter-
ranno vari poemi storici. (Intorno ai particolari vedi l'intro-
duzione del Waitz al nuovo archivio della Società di cui
si fa menzione a pag. 328, e 1' Hartwtg nella Bevue
historique di Monod e Fagniez , voi. I , pagine 276 seg.
Completando ora le notizie sul contenuto degli Scrip-
tores stampate nella Bibliografia e nel Suppl. IX alle pre-
326 SCRITTORI TEDESCHI
senti Notizie, sono da indicarsi prima le porzioni non
ancora rammentate del voi. XVIII , pubbl. nel 1863.
XVI, XVII. Annales Piacentini a. 1012-1317. (403-581).
XVI. Annales Piacentini Guelfi a. 1012-1235.
XVII. Annales Piacentini Gibellini a. 1154-1284.
Musii de Modoetia notae a. 1290-1302.
Mathei Vicecomitis litterae ad Placentinos de obitu Otto-
nis archiepiscopi 1295 et notae arcbiepiscoporum Medio-
lanensium a. 1295-1317.
XVIII. Annales Laudenses auctoribus Ottone et Acerbo Morenis
a. 1153-1168 edente Ph. Jaffé. (582-659). Otto Morena
a. 1153-1 161. - Acerbus Morena a. 1161-1164. - Conti-
nuati© a. 1164-1168.
XIX. (1866). VediNot. bibl. Suppl. IX.
Annalium Italiae pars altera.- A. Italia superior l-\\\ . An-
nales Veronenses. a. 1095-1277. (1-18). - i. Annales breves
a. 1095-1178. - II. Annales S. Trinitatis a. 1117-1223. -
in. Annales Parisii de Cereta a. 1117-1277 - IV. Anna-
les Mantuani a. 1183-1299. (19-31). - v. Rolandini Patavini
Cronica a. 1200-1260. 1262. edente Ph. Jaffé. (32-147). -
vi. Annales sanctae Justinae Patavini a. 1207-1270 edente
Ph. Jaffé. (148-193). -svn. Annales Foroiulienses a.
1252-1331 edente Wilehlmo Arndt. (194-222). - Notae
Passerini a. 1348-1364 ed. W.Arndt. (222).
B. Tuscia. - viti. Annales Fiorentini a. 1110-1173.
(223-224). - ix. Annales Senenses a. 1107-1407 edente J.
F. Bohmer. (225-235). - x. Bernardi Marangonis Anna-
les Pisani a. 1004-1175 ed. C. Pertz. (236-266). - No-
tae Pisanae a. 1128-1148. 1152 ed. C. Pertz. (266).
C. Terra ecclesiae Romanae. - xi. Annales Reatini a.
1054-1377 edente L. C. Bethmann. (267-268). - xn. An-
nales Urbevetani a. 1161-1313. (269-273). xm. Notae Ro-
manae a. 1111-1123. (273). - xiv. Annales Sublacenses a.
1145-1216. (274). - xv. Annales Ceccanenses a. 1217.
(275-302).
D. Rpgnum Siciliae. - xvi. Annales Casinenses a.
1000-1212. (303-320). I. a. 1000-1167. - II. a. 1000-1152. -
Continuatio I a. 1153-1182. - Continuatio II a. 1183-1212. -
Notae Casinenses a. 1349-1362. 1500. - xvn. Ryccardi de
Sancto Germano norarii Chronica. a. 11S9-1243. (321-384).
- Eiusdem epistola ad patres Casinenses in fine vitae
mitìsa. (3S4-386). - xvin. liomoaldi II archiepiscopi Sa-
lernitani Annales a. 893-1178. (387-461). - xix. De pace
veneta relatio a. 1177 ed. W. Arndt. (461-463). - xx. I
SULLE STORIE ITALIANE 327
diurnali di messer Matthco di Giovenazzo edente H. Pabst.
(4G4-493). - xxi. Anuales Siculi 1027-1282. (494-500) -
Pars I a. 1027-1252. - Continuatio a. 1253-1265-1282. -
XIX. Annales Parmenses minores a. 1038-1167. - Annales Fer-
rarieuses a. 1101-1211. - Notae Parmenses a. 1147-1180.
XIX, XX. Annales et notae Parmenses et Ferrarienses ed. Ph. Jaf-
pé. (660-799).
Voi. XX. (1868). Supplementum tomi V. in. Annales Altabenses
maiores a. 708-1073 ed. Giesebrecht et Ab. Oepele
(772-824). Supplementa tomi XII. - v. Anselmi episcopi
Lucensis vitae primariae fragmenta a. 108/ ed. Arndt.
(692-696). - vi. Pandulfi de Sancto Paulo historia Me-
diolanensis a. 1097-1137 scribentibus Bethmann et Jaf-
fé. (17-49). - Cbronica aevi suevici. - vili. Ex Orderici
Vitalis historia ecclesiastica. (50-82). - ix-xin. Ottonis
episcopi Frisingensis opera ed. Rogero Wilmans. (83-
301). - xvi. Historia pontificalis a. 1148-1152 ed. Arndt.
(515-545). - xvin. Reineri monachi sancti Laurentii Leo-
diensis opera historica ed. Akndt. (559-620).
XX. Annales Parmenses maiores a. 1165-1335. - Carmina
triumphalia de Victoria ci vitate I , e segg.
XXI. Annales Cremonenses a. 1096, 1232, ed. Phil. Jaffé
(800-807). - Chronici Cremonensis fragmentum a. 1310-
1317 (807-808).
XXII. Annales Bergomates a. 1207-1241 ed. Ph. Jaffé. (809-810).
XXIII. Annales Brixienses a. 1014-1273 ed. L. Bethmann. (811-
820).
XXI. (1870) Non contiene materia spettante alla storia italiana.
XXII. (1872). i. Gotifredi Viterbiensis opera ed. G. Waitz. (1-338).
- Speculum regium. - Memoria seculorum. - Pantheon. -
Gesta Friderici. - Gesta Heinrici VI. - Continuationes et
additamenta. (339-376). - Iohaunes de Piscina de transfre-
tatione Friderici I. - Continuatio brevis. - Continuatio Ar-
gentinensis. - Continuatio Francogallica. - Continuatio Fu-
niacensis et Eberbacensis. -Catalogus pontificumromanorum
Viterbiensis. - Catalogus pontificum et imp. romauorum
Tiburtinus. - Catalogus pontificum et imperatorum roma-
norum ex Casineusi ut videtur sumptus. - Continuatio Chro-
nici ex Pantheo excerpti. - Catalogi pontificum romau.
continuatio Lauduneusis. - De laude civitatis Laudae. -
Lamentatio Viterbiensis. - Vaticinium Sybillae. - II. Mar-
tini Oppariensis Chronicon pontificum et imperatorum ed.
L. Weiland. (377-475). - Continuatio pontificum Ro-
man. (475-482). - in. Thomae Tusci Gesta imperatorum
328
SCRITTORI TEDESCHI
et pontificum ed. E. Ehrenfeuchter. (483-548). - iv. An-
nales sancti Pantaleonis Coloniensis ed. Herm. Cardauns.
(529-547).
XXIII. (1874). vii. Burchardi et Cuonradi Urspergensiuin Chroni-
con, ed. O. Abel et G. Weiland 1229. (333-383). - Hysto-
ria Friderici imperatoris Magni. (384-385). - Excerptum
ex Gallica historia. (385-390). - xiv. Albrici monachi Trium-
fontium Chronicon ed. P. SCHEFFER Boichorst. 1241.
(631-950).
All'Archivio della Società per la storia antica
della Germania , terminato col X volume , fa seguito
il Neues Archiv der Gesellschaft fior altere teutsche
Geschichtkunde , il cui I fase, del I voi. , Hannover ,
1876 , contiene , oltre alla relazione di G. Waitz sulla
trasformazione di detta società e della direzione cen-
trale dei Monumenta , i seguenti lavori di cui occorre
far menzione nel presente luogo.
0. Holder-Egger, Indagini intorno ad alcune fonti
annalistiche per la storia dei secoli V e VI ; W. Schum ,
Monumenti di diplomatica imperiale trovati negli Archivi
d' Italia; G. Waitz, Di una lettera fittizia d'Aìcuino sul-
l'origine dei Beneventani in un codice parmense , scrittu-
ra dell'epoca dei Normanni, ma composta senza che l'au-
tore abbia conosciuto l'origine e il carattere germanico di
questi; J. Heller, Della cronaca d'Umberto Biancama-
no stampata nel I voi. delle Hlstoriae patriae Monumenta.
Alla storia della vasta collezione spetta l'opuscolo:
M. Meter , Der Freiherr vom Stein und die Monu-
menta Germanìae historica, Berlino , 1875.
Dell'opera di 0. Lorenz sulle, fonti storiche per
l'epoca della rovina degli Svevi e i tempi posteriori
(Vedi Not. Bibl. Suppl. IX) è comparso il I. voi. della
II. edizione , Berlino 1876.
MÙCKE, A., Kaiser Heinrich IV und Heinrich V. (Ajrrigx» V
e Arrigo V imperatori.) Halle, 1875, 8vo.
MUHLBACHER, E., Die streitige Papstwahl des Jahres 1130.
(L'elezione pontifìcia, contestata del-
l'anno 1 130.) Innsbruck. 1876; 8vo.
Elezione, come ognuno sa, d'Innocenzo II dall'una
d'Anacleto II dall'altra parte; argomento spesso trattato,
e per ultimo dal Zoepffel nel voi. sulle pontificie ele-
zioni di cui si tratta nel Suppl X alle Not. bibliogr.
SULLE STORIE ITALIANE 329
XAUMANN , Emil. Dar goldene Zeitalter der Tonkunstin Venedig.
(L'età dell'oro della Musica a Vene-
zia.) Berlino, 1876, 8vo.
» Italienische Tondichter von Palestrina bis auf die Ge-
genwart. ( Compositori italiani dal Pa-
lestrina sia all'età nostra.) Berlino 1876, 8vo.
NEUKIBCH, F. , Das Leben des Petrus Damiani. I. Theil. Bis 1059.
("Vita di Piero Damiani. Parte I sin
all'anno 1 OSO.) Gottinga , 1875 ; 8vo.
NIPPOLD Vedi Bauer.
OKSTERBEICH UND DIE PAPSTWAHL 1740. Eine Sammlung
von Documenten aus den Ms. Acta legationis romanae Io-
sephi episcopi Gurcensis herausgegeben. ( L'Austria
e l'elezione pontificia del l^O. Colle-
zione di documenti desunti dagli atti
Miss, della legazione romana di GJ-iu-
seppe vescovo di GS-urlt.) Monaco, 1875.
L'elezione di cui si tratta , è quella di Benedetto XIV.
PALACKY Vedi Schroller.
PANNENBORG , A., Magister Guntherus und seine Schriften.
(Maestro Guntero e le di lui opere.)
» Noch einmal magister Guntherus. (XJn'altra "volta
di maestro Guntero.)
Memorie contenute nelle Forschungen zur teutschen
Geschichte, voi. XIII, pag. 225-331, voi. XIV, pag. 185-
206. Vedi Suppl. X all'art. Pannenborg. Nella prima
l'autore tenta di dimostrare l'identità dell'autore del Li-
gurinus con maestro Guntero autore della Historia Con-
stantinopolitana e del trattato de oratione, ieiunio et ele-
mosina, forse della Historia peregrinorum , opinione com-
battuta da Gaston Paris nella Bevue critique d'histoire
et de littèrature, luglio 1873 e dal Wattenbach nel Lite-
rarisches Centralhlatt , 1873, N.° 32. (Il Paris erasi pro-
nunziato per l'autenticità del Liguri nus nei Comptes-rendus
dell'Accademia delle iscrizioni, 1871 (Nuova serie, vo-
lume VII), memoria stampata anche a parte ; Parigi 1872.)
Le conclusioni del nostro autore tendono a corroborare
330 SCRITTORI TEDESCHI
l'opinione sua riguardo all'identità dell'origine dei pre-
fati libri, esclusa la Hist. Peregrinorum, e a confermare
l'importanza attribuita alle opere di Guntero, e di storia
in prosa e poesia, e di teologia. La morte di maestro Gun-
tero dovrebbe essere accaduta poco dopo il 1212.
PAPSTWAHL, Die, nach ihrer geschichtlichen Gestaltung und dem
geltenden Rechte. sammt einer Wiirdigung der dem P.
Plus IX. zugeschriebenen Constìtution u Apostolicae sedis
munus » vom 23 mai 1873. (L'elezione pontifi-
cia nel suo sviluppo storico e secondo
il diritto vigente, con un esame del-
la costituzione dei SS maggio 1873.
ce Apostolicae sedis munus » attrilbui-
ta a IMo IX.) Praga, 1874, Svo.
PERLBACH , M. , Zur italienischen Historiographie des 14 Jahr-
hunderts. (Note sulla storiografia italiana
del 14° secolo.)
Nelle Forschungen zur teutschen Geschichte, voi. XII,
pag. 649-655. Intorno al Polistore di Bartolommeo da
Ferrara stampato in parte dal Muratori XXIV, al
Chronicon Estense ib. XV, e alla Historia miscelici Bo-
noniensis, ib. XVIII.
PEYER IM-HOF , F. , Die Basilica des h. Marcus ku Venedig.
Eine baugeschichtliche Stadie. (La basilica di S.
Marco a Venezia. Saggio di storia ar
chitettonica.) Sciaffusa, 1874; 8vo con pianta.
POTT Vedi Bluhme.
POTTHAST, Augustus , Regesta Pontificum romanorum inde ab a.
post Christum natum MCXCVITIad a. MCCCIV. Voi. II ,
Berlino , 1875 -, 4to.
Col presente voi. di 1214 pag. in 4to grande , di bel-
lissima esecuzione tipografica, trovasi condotta a termine
l'opera del cui primo volume si è fatto cenno nel Suppl. X
alle presenti notizie bibliografiche. Opera insigne e quan-
to mai altra utile , a malgrado di non poche mende , in
parte corrette nel corso del lavoro , in parte impossibili
ad evitarsi, e per la vastità dell'argomento per cui si è
voluto consultare la letteratura storica di quasi ogni parte
d'Europa, in parte per rimanere chiuse peranco nell'Air-
SULLE STORIE ITALIANE 331
chivio Vaticano molte fonti di Storia pontificia, mentre
non mancano difetti ed inesattezze , di cui non si sa co-
me abbiano potuto sfuggire all'autore d'altronde dilì-
gente ed avveduto , viemaggiormente essendosi esso fatto
avveduto dai critici , p. es. da E. Winckelmann nelle Got-
tinger gelehrte Anzeigen , di non lievi errori e mancanze,
senza servirsi come si sarebbe voluto di tali indicazioni
nelle Addenda che terminano l'opera. Il presente volume
comprende i regni dei papi da Innocenzo IV a Benedet-
to XI, quindici pontefici di nazione quanto d'indole diver-
sissima , dieci Italiani tra loro dissimili per l'origine e pel-
le opere, quattro Francesi, un Portoghese. Come poi sieno
vari i tempi di cui si tratta , lo dimostrano i soli nomi
dei due con cui si apre e chiudesi il volume, il Papa che
fa crollare la casa Sveva , e colla casa Sveva l' Impero
nell'antico suo significato , e quello che vedesi insultato
e reso impotente da queir istesso potere territoriale e da
quella Casa , cui erasi appoggiato nella lotta coli' Impe-
ro Innocenzo IV e Bonifazio VIII. Fati tremendi, quali
provano che a danno comune si tocca all'esistenza d'una
idea fondamentale, quale il medio evo l'aveva concepita
nell'armonia delle due podestà. Le Addenda et Corrigenda
occupano le pag. 2039-2138 , e spettano maggiormente ai
regni d' Innocenzo III , Gregorio IX , Innocenzo IV, ma
soprattutto a quello di Onorio III , pel quale 1' Ab. P.
Pressutti da fonti romane aveva indicate molte man-
canze , ma quasi tutte per ovvie ragioni involontarie. ( Ved.
la notizia sul Voi. primo). L'opera vien terminata coli' in-
dice delle opere di cui l'A. si è servito per la composi-
zione del libro. Non ostante i difetti, ci congratuliamo col-
l'autore, oggi bibliotecario della Dieta dell' Impero Ger-
manico , e anche coli' editore che hanno condotto a ter-
mine in sì breve tempo (la stampa di 2157 pag. in sesto
grande economica ma nitidissima , difficile per innumere-
voli nomi e cifre, si è ultimata in meno di tre anni ì
un'opera di sì grande utilità a tutto il mondo letterario.
P1ÌEGER , Wilhelm , Beitrage zur Geschtchte der Waldesier im
Mittelalter. ( SajSTgi per servire alla storia
dei "Valdesi nel medio evo.) Monaco, 1875 Ito.
Memoria stampata a parte negli Atti e Memorie della
classe storica della R. Accademia delle scienze di Baviera,
voi. XIII , pag. 179-250. La storia dei Valdesi, nei tempi
moderni da vari sottoposta a nuovo esame critico (vedi
332 SCRITTORI TEDESCHI
Bibliografia agli art. Dieckhoff pag. 46 e Herzog pa-
gine 113 , 114) , trovasi nella presente dissertazione con-
siderata nelle sue origini, sulla fede di nuovi documenti di
un'epoca in cui scarseggiano le fonti sincere, essendosi ri-
conosciute già da parecchi decenni di data relativamente
moderna varie scritture sin'allora credute appartenenti al
13mo-15mo secolo. Del numero di tali documenti ge-
nuini si è un Rescriptum heresiarcharum Lombardie ad
pauperes de Lugduno qui sunt in Alemannia , scritto verso
il 1230 , tra i Codd. lat. della Bibl. di Monaco. Il secondo
documento di cui si serve il nostro autore , è il Tracta-
tus de haeresi pauperum de Lugduno auctore anonymo , di
cui trattarono già il Martene e Durand , I'Echard e
vari altri, e che ora si ha per opera di un Davidde di
Augusta , maestro del celebre predicatore Bertoldo di Ra-
tisbona , morto 1272. Il terzo posto è occupato dal Tra-
ctatus contra errores Valdensìum et de modo inquirendi
contro, eosdem Valdenses del 1395 , con falsa data stam-
pato dal Gretser nella Max. Bibl. vet. patr. , Tom. XXV,
interessante perchè spettante alle condizioni dei Valdesi
in Boemia prima de' moti Hussitici con cui essi ebbero molte
attinenze, intorno alle quali vedi Fr. PalaCKY: Ueber die
Beziehungen unddas Verhàltniss der Waldenser zu denehema-
ligen Secten in Bohtnen Praga, 1869. La presente memoria
va divisa nei seguenti capitoli : 1. I Valdesi nel medio evo
secondo le più recenti indagini; 2. Indipendenza dai Val-
desi della Societas frutrum italicorum o poveri d'Italia;
3. I Valdesi di Valdes ; 4. I poveri d' Italia nelle loro re-
lazioni cogli Arnaldisti , cogli Umiliati e coi Valdes1 -, 5.
1 poveri negli stati austriaci ; 6. I poveri Austriaci e Boe-
mi sin ai tempi di Giovanni Huss. L'anzidetto Rescriptum
heresiarcarum , una nota dei luoghi della diocesi di Pas-
savia dove nel 1250 i poveri d' Italia avevano aderenti ,
una scrittura del 1260 di Passavia sugli abusi ecclesia-
stici, e una relazione del 1398 sui Valdesi d'Austria tro-
vansi stampati in appendice.
PRINZ Vedi Mayr.
PliUTZ, H. , Radewins Fortsetzung der Gesta Friderici imperato-
ria des Otto voti Freising , ihre Zusammensetzung und ihr
Werth. (La continuazione delle g'esta
Frid. imp. d'Ottone di Frisi ujja scritta
SULLE STORIE ITALIANE 333
da Radewino, composizione e valore
della medesima.) Danzica , 1873; Svo.
Di Ragewino , detto anche Radevicus e dal nostro
autore con scarso fondamento Radewino , scolaro e notaio
del Frisingense e da lui scelto per continuare l'opera sua
rimasta incompiuta coll'anno 1156, e dal continuatore con-
dotta sin al 1160 (Muratori, Script, r. ital., tom. Vi)
trattò il Wattenbach , Teutschlands Geschichtsquellen ,
1. V, § 4 , assieme al Frisingense. Il Prutz nel suo esame
coscienzioso dimostra , che questo cronista , essendosi ser-
vito di materiali di vario genere , solo nelle parti , in cui
parla da testimone oculare o dietro ai racconti di tali te-
stimoni , merita la fede generalmente accordatagli.
Delle storie del Frisingense tratta :
SoRGENFREY, Zur Charakteristih des Otto von Frei-
sivg als Geschichtschreiber. (Dell'indole di Ot-
tone Frisingense come storico.) Greiz ,
1873 , 4to. - Programma ginnasiale.
Alla storia di Federigo I , a cui è dedicata l'opera
del Prutz rammentata nel Suppl. X, spetta:
JunGFER , H. , Untersuchung der Nachrichten llbcr
Friedrichs I, griechische und normannische Politile bis
zum Wormser Reichstage 31 Miirz 1157. (Esame delle
date intorno alla politica greca e nor -
manna di Federigo I sin alla dieta di
Wormazia, 31 marzo XX5T.) Bonn,
1874 ; 4to. - Dissertazione inaugurale.
Intorno alla notissima tradizione , la quale fa vivere
il Barbarossa nell'interno del monte Kyffhauser nella
Turingia , aspettando la restaurazione della gloria dello
impero , scrissero nuovamente Gr. Voigt , S. Riezler ,
e M. Brocsch nella Historische Zeitschrift , voi. XXVI,
XXXI l e XXXV, i due primi reputando tale tradizione
oriunda d' Italia e spettante veramente a Federigo II , il
terzo dimostrando lo scarso fondamento di siffatta suppo-
sizione , maggiormente fondata sulla cronaca del Salim-
bene , la quale fa menzione di una voce sparsa , non es-
sere cioè morto Federigo II , voce la quale d'altronde
pare abbia trovato poco credito.
Vedi Arch. Stor. Ital., Ili S.«, T. XXIII, pag. 383.
PRUTZ , H., Ravenna.
Memoria contenuta neÀVHìstorisches Taschenbuch, So
rie V, anno IV, Lipsia 1874.
334 SCRITTORI TEDESCHI
REUMONT , Alfred voli , Geschichte Toscana'a seit dem Eade des
florentinùchen Freistaats. I Theil. Die Medici 1530-1737.
(Sstoria, della, Toscana sin dalla fine
della Repulblbliea fiorentina. I." parte.
I Medici.) Gota , 1876 , bvo.
Forma parte della collana di storie degli Stati Eu-
ropei pubblicata dall' Hekkkn (f) , Ukert (j) e Giese-
brecht , per la quale Eurico Leo compose la sua Storia
degli Stati italiani , 1829-32 , la quale si tratta di com-
pletare colle storie dei singoli stati più rilevanti , princi-
piando dai tempi pei quali il Leo non dà se non un bre-
ve sunto , ciò cbe generalmente accade dal 1530 o dalla
metà del Cinquecentto in qua. 11 1 voi. della storia della
Toscana si divide in due libri , 1. Alessandro e Cosimo I;
2. Da Francesco a Gian Gastone de' Medici. Seguono l'albe-
ro genealogico , una cronologia dei fatti e le note letterarie.
Vedi Analisi dell'autore, nelle Gottingische gelehrte
Anzeigen 1876 Num. 4 , e ree. di M. B. (Brosch) nella
Historische Zeìtschri/t voi. XXXVI.
Articoli vari stampati nella Gazzetta d'Augusta.
Carlo d'Arco. Antonio Magrini. Necrologie, 1873,
Num. 55.
Niccolò Tommaseo , 187-1, Num. 132.
Storia artistica dell' Umbria. (Dell'opera di P. La-
SPEYRES sulle fabbriche dell'epoca del Risorgimento.
Vedi Not. Bibliografe Suppl. X, e del giornale di eru-
dizione artistica , voi. II. ) « Num. 135 , 136.
I sepolcri lorenesi in San Lorenzo. « Num. 190.
Cristina di Svezia a Lucca. (A proposito dell'opuscolo
di C. Sardi.) « Num. 205.
Storia artistica italiana. (A proposito degli scritti
d'arte di G. Milanesi e C. Gl'asti e della scrittura
d'artisti di C. Pini , fase. V-X.) « Num. 240.
Studi Petrarcheschi. ( Intorno agli scritti inediti e al
catalogo della bibl. Rossettiana di Trieste di A. Hortis,
con cenni d'altri lavori moderni sul Petrarca). « N. 252.
Francesco Bonaini ». Num. 264, 265.
(Del medesimo tratta W. v. Giesebrecht nei Bui-
lettini nell'Accad. delle scienze di Baviera 1875, voi. I,
pag. 280-285).
La Madonna di S. Sisto. (A proposito di uno scritto
dell'arciprete G. Tononi di Piacenza) 1874, Num. 284.
Della storia dei Passerini e Rilli scritta da Luigi
Passerini « Num. 290.
SULLE STORIE ITALIANE 335
Dell'edizione procurata da E. Nahducci dei « Nu-
ptiali » di Marcantonio Altieri « Num. 358.
Della bibliografia della Lunigiana di Gio. Spohz.v
« Num. 364.
Lodovico Sauli , 1875 « Num. 31.
Intorno alla Storia fiorentina di Gino Capponi. « Nu-
mero 48. (Della seconda edizione tratta l'art, stampato
nel Num. 76 del 1876).
I marchesi e signori di Saluzzo. (A proposito della
storia dei medesimi pubblicata da L. Passerini nella
continuazione delle Famiglie celebri del Litta. « N. 12.">.
Maiano, Vincigliata, Settiguano « Num. 224, 225, 226.
(Se ne pubblicò una traduzione italiana , per cura di
F. Benelli, Firenze 1S76.)
Le famiglie Cavour e Alfieri « Num. 293.
La statua dell'Arrotino agli Uffizi , 1876 « Num. 1.
(Vedi Arch. Star. Hai. Serie III, voi. XXIII, pagi-
ne 145 segg.).
Società e Corte a Firenze sotto Francesco II e Leo-
poldo I di Lorena- Absburgo , « Num. Ili, 112, 128, 129,
130, 179, ISO, 181. [A proposito del libro del D. Doran :
Mann and Manners at the Court of Florence 1740-1786 ,
Londra 1876 , libro composto colle lettere del Cav. Ora-
zio Mann ad Orazio Walpole. Vedi Arch. Star. Hai. Se-
rie III. voi. XXIII pag. 527]
Dell'opera postuma di Carlo Promis Vocaboli latini
d'Architettura « Num. 186.
I Sepolcri Medicei in S. Lorenzo « Num. 216. V. Grimm.
Nelle Gòttingische gelehrte Anzeigcn : Dei dispacci di
Antonio Giustinian pubblicati da P. Villari, 1876 , N.° 27.
REUSCH Vedi Gebler.
RICHTER , J. P. , Drei altchristliehe Basiliken in der romischen
Campagna. (Tre antiche Ibasiliolie cristia-
ne nella, campagna romana,.)
Articoli inseriti nel Christliches Kunstblatt , 1874 , Nu-
meri 10, 11, 12. Trattano della basilica nelle Catacombe
dei SS. Nereo ed Achilleo presso la via Ardeatina (Ved.
G. B. de Rossi Bullettino di Archeologia sacra, 1874,
pag. 5 seg. , e F. H. Krauss Allgemeine Zeitung , 1871,
Num. 137 ) , di quella di S. Stefano sulla via Latina sco-
perta nel 1857 (Ved. Arch. Stor. Hai. N. S. , voi. VII,
P. 1, pag. 176 seg. a proposito della pubblicazione di L.
336 SCRITTORI TEDESCHI
Fortunati) e finalmente dell'altra di Sant'Alessandro si-
tuata al settimo miglio sulla via Nomentana.
Vedi Hessel.
RICHTER, J. P., Michelangelo' s Madonna von Briigge. (La Ma-
donna eli Brug-ia di JM. A..) Memoria , con
incisione in legno , inserita nel medesimo giornale , 1876
Num. 6. Alberto Durerò fa menzione di questo bellissimo
gruppo , attribuito al Buonarroti , nel 1521.
RIEZLER , S. , Die literarischen Widersacher der Pàpste zur Zeit
Ludwig s des Baiers. ( Oli avversari lettera-
ri dei pontefici al tempo di Lodovico
il Bararo.) Lipsia , 1874 -, 8vo.
Il presente volume si compone delle seguenti parti :
Libro I. Uomini ed avvenimenti. 1. Principio della con-
tesa tra P. Giovanni XXII e Lodovico il Bavaro. I primi
frati Minori nella corte del Bavaro. 2. Marsilio di Padova.
3. Spedizione romana di Lodovico. I teoretici nella pra-
tica. Giovanni di Gianduno. 4. I frati Minori e P. Gio-
vanni, Michele da Cesena , Guglielmo da Occam , Bona-
grazia da Bergamo , Ubertino da Casale. 5. Avvenimenti
contrari al Bavaro , il quale tenta di pacificarsi con Gio-
vanni XXII e Benedetto XII. Gli eretici nella corte di
Monaco. 6. Le diete di Rense e Francoforte. Lupoldo di
Bebenburgo. 7. Lodovico e P. Clemente VI. Fine dei
fuggiaschi nella corte imperiale. Libro II. Dottrine e
scritti. 8. La letteratura teoretica intorno a Stato e
Chiesa anteriore all'epoca del Bavaro. Opponenti france-
si : Pietro Dubois e Giovanni da Parigi. 9. Favole intorno
agli imperatori e all' impero. Giordano da Osnabriick e
Engelberto d'Admont. La Monarchia di Dante. Scritti di
Landolfo Colonna. De translatione Imperli di Marsilio da
Padova. 10. Opere di Lupoldo di Bebenburgo. 11. Il De-
fensor pacis. 12. Scrittura supposta di Marsilio della giu-
risdizione imperiale nelle cose matrimoniali. 13. Scritti an-
tipapali di Guglielmo Occam. 14. Scritti perduti di Gio-
vanni Tauler frate predicatore tedesco. 15. Autori papa-
lini. Alvaro Pelaio, Agostino Trionfo, Corrado di Wegen-
berg. 16. Conclusione. Aggiunte: 1. Letteratura teoretica
da S. Tommaso d'Aquino sin allo scisma , 1270-1370. 2. In-
torno a una Cronica Ms. (nota al Wadding e da lui ci-
tata negli Annali dei Minori sotto il titolo di Chronicon
Saxoniae, esistente nel convento de' Francescani di Mo-
SULLE STORIE ITALIANE 337
naco) delle due provincia tedesche dei Minori. 3. Alcuni
documenti risguardanti le trattative di Lodovico il Bavaro
colla Curia.
Spettano all' istesso argomento i seguenti scritti:
Marcour , Ed. , Antheil der Minoriteli ani Kampfe.
zioischen K. Luwig TV von Baiern und P. Johann XXII
bis zum Jahr 1328. (Della partecipazione dei
Frati Minori alla contesa tra Lodovi-
co il Bavaro e F*. Giovanni XLXLII sin
all'anno 1838.) Emmerich , 1874; 8vo.
Vedi Allgemeine Zeitung , Num. 237, 238.
Mever von Knonau , G-. , Teutsche Miuoriten im
Streit zwischen Kaiser und Papst.
Memoria inserita nella Historische Zeitschrift , voi.
XXIX , pag. 241 seg.
(Senza nome d'autore) Ludwig der Baier in seinen
Bezichangen zu P. Iohann XXII , Komotau , 1873.
ROHRICHT , Reinhold , Beitrdge zur Geschichte der Kreuzzùge.
( Saggi sulla storia delle Crociate.) Voi. I
Berlino, 1874 -, 8vo.
Il primo di questi saggi tratta della crociata di Fe-
derigo II imperatore , 1227 , di cui l'autore aveva di già
narrata la storia in un programa ginnasiale , Beri. 1872.
Spetta il secondo alla guerra tra Saladino e i Cristiani ,
1187-1188, aggiungendo l'Epistola episcopi Wilhelmì de
excidio terre Iehrosolimitane da un cod. lipsiense. Si com-
pone il terzo saggio degli estratti fatti da Silvestro de
Saoy dal libro « Zubdet et Haleb » di Kemàl-ed-din.
Del medesimo autore si ha la memoria : Dei pellegri-
naggi in Terra Santa anteriori alle Crociate, nelV Histo-
risches Taschenbuch , Serie V, voi. V. pag. 521-596.
» Die Rùstungen des Abendlandes zum dritten grossen Kreuz-
zùge. (GJ-li armamenti dell' Occidente per
la terza Crociata.)
Tratta della crociata in cui presero parte Federigo
Barbarossa , e i re di Francia e d' Inghilterra. Non si
parla in questa memoria , contenuta nella Historische
Zeitschrift , voi. XXXIV. pag. 1-73, degli armamenti
tedeschi , di cui già trattò il Riezler. Vedi Not. Bi-
bliogr. , Suppl. IX , dove si ha da mettere : Forschungen
zur teutschen Geschichte , voi. X invece di Memorie ec.
Arch., 3.» Serie, Tom. XXIV. 22
338 SCRITTORI TEDESCHI
SAUERLAND , H. V. , Das Lebendes Dietrich voti Nieheim. Nebst
einer Uebersicht ùber dessert Schriften. (La "vita di
Teodorico da Niem con una rivista dei
suoi scritti.) Gottinga , 1875 ; 8vo.
Dissertazione (di pag. 86) divisa nei seguenti capi-
toli : Introduzione. 1. Kascita, patria , discendenza. Teo-
dorico era nato tra il 1338 e il 1348 a Nieheim , piccola città
della diocesi di Paderborna. 2. Soggiorno nella Curia
pontificia sotto Gregorio XI e Urbano VI , 1372-1380.
3. Soggiorno nella Curia sotto Bonifazio IX. Teodorico ve-
scovo di Verden, supposto eletto Cameracense, 1389-1400.
4. Nuova residenza nella Curia sotto Bonifazio IX. Fon-
dazione dell'Ospizio dell'Anima. Trattative, per l'unione
della chiesa sotto Gregorio XII, 1400-1408.5. Teodorico
aderente al concilio pisano e a P. Alessandro V. e Gio-
vanni XXlII. Soggiorno a Costanza. Cltime disposizioni e
morte a Maestricht ( Traiectum ad Mosam) 140D-1418 circa.
6. Carattere di Teodorico. Appendici. 1. Testamento scritto
a Maestricht i5 marzo 1418 , esistente nell'Archivio di
5. Maria dell'Anima. 2. Intorno agli scritti di Teodorico,
con difesa dell'autenticità del Nemus unionis e dei Libri
III de Schiomate contro le accuse d' interpolazione mosse
dallo Schutz, Commentarius crit. de scriptis et scriptori-
bus historicis, Ingolstadt, 1761 , e dall'autore delle note
critiche all'opera del Damberger , Syacltroìiistische Gè-
sehichte der Kirche und des Welt , voi. XV.
Vedi Bibliografia all'art. Rosexkranz. (Di Teodorico
trattò ancora F. Wachter nell'Enciclopedia di Ersch e
Gruber, Sez. I, voi. XXV. — Vedi Historische Zeit-
schrift, voi. XXXV.
n Gregor XII von seiner Wahl bis zum Vertrage von Mar-
seille. ( Gregorio XIX pontefice dalla sua
elezione sin al trattato di Marsiglia.)
Memoria inserita nella Historische Zeitschrift , volu-
me XXXIV, pag. 74-120. Tratta degli avvenimenti suc-
ceduti dal 20 novembre 1406 al 21 aprile 1407, allorquando
dal comitato eletto a Marsiglia dai seguaci dei due pon-
tefici , Gregorio e Benedetto XIII , comitato composto del
cardinale de Thury, del vescovo di Lerida e di Francesco
d'Arancia , fu scelta la città di Savona a luogo di conve-
gno per le trattative della cessione. Una seconda memo-
ria tratterà dei fatti posteriori che condussero all'abban-
dono di P. Gregorio per i Cardinali e al Concilio di Pisa.
SULLE STORIE ITALIANE 339
SCARTAZZINI Vedi Dante.
SCHAUFUSS , L. W. , Zur Beurtheilung der Gemàlde Giorgione's.
(Saggio sulle pitture del Giorgione.)
Dresda, 1874; 4to.
SCHEBEK Vedi Wasielewski.
SCHEFFER-BOICHORST , P. , Die altere Annalisti!: der Pisaner.
(Grli antichi uuu:tli di F*isa.)
Nelle Forschungen zur teutschen Geschichte , voi. XI
(1871). Tratta del Chronicon Pisanum, presso Muratori ,
VI, 107, degli Annali del Marangone , Arch. Stor. Ital.
VI , 2, e degli Annales rerum Pisanorum presso Ughelli ,
Italia sacra, III (Ed. I.)
» Florentiner Studien. (Studi fiorentini.) Lipsia ,
1874 ; 8vo.
Contenuto : 1. La storia dei Malespini dimostrata qual
falsificazione. 2. La Cronaca di Dino Compagni dimo-
strata qual falsificazione. 3. Le Gesta Florentinornm. A.
Anonimi Gesta Florentinornm. B. Sanzanomìs Gesta Flo-
rentinornm.
Vedi Not. Bibl., Suppl. X al nome Scheffer. Il
eh. Cesare Paoli trattò dei vari argomenti degli studi
surriferiti , e insieme delle indagini di Arnoldo Busson
sulle storie Malespiniane (vedi Not. Bibliogr., Suppl. IX)
nel presente Arch. Stor. , voi. XVI, pag. 492 seg.; voi. XX,
pag. 164 seg. ; voi. XXI, pag. 453, seg. - Vedi inoltre
Atti dell' Accademia della Crusca degli anni 1874 e 1875.)
Alla seconda parte degli studi sopraccitati , quella che
impugna l'autenticità della Cronaca di Dino , si oppone
il seguente lavoro :
Hegel , Cari , Die Chronik des Dino Compagni. Ver-
siteli einer Retlung. Lipsia, 1875 (112 pag. 8vo).
A questo tentativo di riabilitazione risponde
Schepfeiì-Boichorst , P. , Die Cronik des Dino
Compagni. Kritik der Hegelschen Schrift : Versuch einer
llettung. Lipsia, 1875 (91 pag., 8vo.)
Vedi intorno agli Studi ec. O. Hartwig , néil'AU-
gemeine Zeitung , 1874, Num. 272, A. Busson nel Theo-
logiaches Literaturblatt , 1875, Num. 9, 1876, Num. 6; P.
Schepfer-Boichorst intorno al volume di P. Fanpani :
Dino Compagni vendicato ec. , nella Jenaer Litcraturzei'
340 SCRITTORI TEDESCHI
tung ,1875; 0. Hartyvig sul lavoro dell' Hegel nel me-
desimo giornale 1875, Num. 32^; T. Wustenfeld su i vari
scritti intorno a siffatta questione , nelle Gottinger ge-
lehì'te Anzeigen, 1875, Num. 49, 50 ; C. Hegel nella Histo-
rische Zeitschrlft. voi. XXX V (Vedi al nome Hartwig).
SCHIKRMACHEE , Fr. W. , Kaiser Friedrich II und die letzten
Hohenstaufen. ( Federigo II imper. e gli ulti-
mi dellaeasaSyeva.) Monaco, 1875, 2 voi., 8vo.
Opera popolare dell'autore di lavori eruditi ed estesi
sul medesimo argomento. Vedi Bibliografia , pag. 241 ,
e Suppl. Vili. — La Storia della casa Sveva dell'illu-
stre Federigo de Raumer , comparve in IV edizione, poco
cambiata dalle due precedenti , Lipsia, 187U-72 , non molto
prima della morte dell'autore, la cui Necrologia leggesi
nel voi. XX della presente serie dell'Archivio Storico.
» Beitrdge zur Geschicìite Kaiser Friedrich II. (!Vot© pei*
servire alla, storia di Federigo II im-
peratore.)
Nelle Forschungen zur teutschen Gesclùchte , voi. XI ,
pag. 319-358. 1. Diplomi di Arrigo VII re (figlio dell'im-
peratore) per la città di Vormazia 1232. 2. Data della
lettera indirizzata da Arrigo VII a P. Gregorio IX in-
torno al giuramento prestato all' imperatore , e ai prin-
cipi. (Platina, lib. prin. eccl. rom. , I , 16.) 3. Guerra
lombarda di Federigo 1236. 4. Federigo in Germania 1242.
SCHMIDT Vedi Dante.
SCHNEIDER , Joachim von Floris und die Apokalyptiher des Mit-
telalters. (GJ-ioaccliino de Floris e gli Apo-
calittici del medio evo.) Dillenburg , 1873-, 4to.
— Programma ginnasiale.
SCHROLLER , Fr. , Die Wahl Sigmund* zom rómisclien Konìge.
(L'elezione di Sigismondo tx re dei
Romani.) Breslavia , 1875 ; 8vo.
Alla storia di Sigismondo, della cui gioventù, ma-
trimonio con Maria d' Ungheria ec. molto si discorre nel-
l'opera del Lindneu (V. questo nome) sui tempi di Vin-
ceslao , spettano vari lavori, dei quali notansi i seguenti :
SULLE STORIK ITALIANI:] 341
F. Palacky, Urkundliche Beitrdge zur Geschìchte
des Hussitenltriegs in den J. 1419-1436. Praga , 1873 ,
2 voi. (Verli Historische Zeitschrìft , voi. XXXI, 1874.)
F. v. Bezold , Zur Geschìchte des Hussitenfhums.
Culturgeschichtliche Studien. Monaco , 1874.
n Kónìg Sigmund und die Reichskriege gegen die
Hussite». Monaco, 1875, fase. I-II (sin al 1428).
Alla storia di questi tempi spetta :
Monumenta conciliorum saeculi xv edidcrunt Caes. Acad.
scient. sodi delegali. Concilium Basileense Script. T. I-II.
Vienna, 1857, 1874; fol.
I due volumi sinora pubblicati dei 4 o 5 che conter-
ranno l'intera collezione delle opere concei'nenti il sinodo
Basileense , si compongono dei seguenti scritti : Joh.
Stoikowitsch di Kagusa (creato cardinale da Felice V.
antipapa , morto verso il 1443) : Initium et progressus Ba-
sìleensis concila • Del medesimo: Tractatus quomodo Bohe-
mi reducti sunt ad unitatem ecclesiae , ed. da Fr. Palacky •,
Petrus de Saaz (membro della legazione boema stata a
Basilea genn.-apr. 1433) : Liber diurnus de gestis Bohe-
morum in Conc. Basileense, ed. da Fr. Palacky ; Aegid.
Oarlier ( proposto di Cambray e mandatario del vescovo
d'Arras) : Liber de le.gationibus Conc. Bus. prò reductione
Bohemorum, ed. da Ern. Birk; Thom. Eberndorfer de
Haselbach (rappresentante al concilio dell'università vien-
nese) : Diarium gestorum per legatos conc. Bas. prò re-
ductione Bohemorum , e Joh. Turonensis (notaio e com-
pagno al concilio del vescovo Filiberto di Coutances) : Re-
gestum actorum in legationibus a S. Conc. Bas. in Boemiam,
sin al 1437, ed. l'uno e l'altro da Ed. Birck.
II II voi. contiene la prima metà della Bistorta ge-
storum generalis synodi Basii, di GIOVANNI DI SEGOVIA
spagnuolo , uno dei membri liberali del concilio , fautore
dell'elezione di Felice V, il quale lo creò cardinale , di-
fensore a Magorsza contro al Cusano della validità della
deposizione di Eugenio IV, dopo la rinunzia dell'antipapa
ritirato in un convento dove occupossi della traduzione del
Corano. ( Vedi Ciaccon. Vitae pouf. II , 941 , dove si fa
menzione della di lui opera). Editore di questa storia è
Ed. Birck.
SCHULTE, J. Fr. von, Die Geschichte der Quellen und der Lite-
ratur des Canonischen Rechts von Gratian bis auf die
342 SCRITTORI TEDESCHI
Gegenwart. (Storia delle fonti e della let-
teratura del G-iu s canonico da Ora-
ziano sin al tempo presente.) Stuttgarda,
1875, voi. I ; 8vo.
Il presente volume procede , dopo l'Introduzione, da
Graziano sino a P. Gregorio IX. Saranno tre volumi.
D'una delle più notevoli sistematiche collezioni di ca-
noni del tempo anteriore a Graziano tratta : Wasser-
SCHLEben , H* , Die irische Canonensammlung , Gies-
sen, 1874 ; 8vo.
Vedi Schulte nel '1 lieolog. Lìteraturblatt, 1874, N. 16.
Spetta alla ricchissima letteratura del diritto canonico :
G. Phillips, Compendium iuris ecclesiastici auctum
atque emendatum ed. F. H. Vering. Edit. III. latinae
versionis. Ratishona, 1875.
SCHULTZE, Fr. , Geschichte der Philosophic der Renaissance. Erster
Band. Georgios Gemistos Plethon und seine re/ormato-
rischen Bestrebunge.n. (Storia della filosofia del
, rinascimento. Parte prima. Giorgio Ge-
misto Pletone e i di lui lavori di rifor-
ma.) Iena , 1874 ; 8vo.
SCHWEMINSKI Vedi Kausler.
SEMPER , H. , Donatello, seine Zeit und Schule. Eine Reihe von
Abhandlungen. (Donatello , il suo tempo e la
sua Scuola. Serie di saggi.) Vienna, 1875; 8vo.
Forma il voi. IX, delle Quellenschriften zur Kunst-
geschichte und Kunsttechnik , pubbl. da R. Eitelberker
von Edelberg. La prima parte di questi saggi venne
pubblicata nei Jahrbiicher fur Kunstwissenschaft di A.
' VON Zahn, vedi Not. bibliograf. X. Si aggiungono: Vita
di Donato scritta dal Vasari , Trattato di Fr. Boccili
sul San Giorgio ec.
Nella medesima serie sono riprodotte le traduzioni di va-
rie opere antiche spettanti alla storia o alla tecnica dell'arte
italiana, il trattato di Benvenuto Cellini sull'orifice-
• ria, la vita di Michelangelo composta dal Condivi (1874,
Vedi Passerini, Bibliografia di M. A. B. pag. 36, 73).—
Si aggiunge la Schedula divcrsarum artìum di Tiieopjii-
lus presbyter , testo e vers. di A. Ilo, e I'Anonymus
Bernensis, testo e vers. di H. Hagen -, 1874.
SULLE STORIE ITALIANE 343
SICKEL vedi Jaffé.
SIMSON Vedi Hirsch.
SPR1NGER, Anton, Michelangelo in Rom, 1508-1512. (M. A-, a
Roma.) Lipsia, 1875 -, 12mo.
Tratta delle relazioni del sommo artefice con P. Giu-
lio II , del monumento di questo e dei lavori nella Sistina,
in parte sulla fede delle lettere pubblicate dal Gaye e dal
Milanesi, di cui in più luogbi va discutendosi la cronologia.
In occasione del Centenario , si è pubblicata una
nuova versione delle Poesie con a fronte il testo originale
di C. Guasti : Sdmmtliche Gedichte Michelangelo 's in
Guasti 's Text mit teutscher Uebersetzung von Sophie Ha-
senclever. Lipsia, 1875. Splendido volume di pagg. 428
in 8vo. gr., con ornamenti a capo d'ogni pagina. La pre-
fazione di M. Jordan , facendo menzione delle traduzioni
anteriori, del Regis , Harhys , Grimm , dimentica le
bellissime del Witte , di cui si è parlato nel Suppl. X
alle notizie bibliografiche.
Del Buonarroti trattano ancora C. Gruneisen in una
Memoria biografica contenuta nel giornale : Christliches
Kunstblatt, 1875, Num. 7 \ I. P. Richter , sulle feste
Michelangiolesche di Firenze, ib. Num. 11 \ W. Henke
nel giornale Teutsche Rundschau , 1875 j Novembre. Di
più l'opere inglesi: Black, Ch. Chr. , Michael Angelo
Buonarroti, sculptor , painter, architect. The story of his
li/e and labours. Londra, 1874-, e C. Heath Wilson,
Life of Michel Angelo, sculptor, painter and architect,
ivi 1876. L'ultima di queste opere segue dappresso quella
di A. Gotti. Intorno a questa , e alla Bibliografia pub-
blicata da L. Passerini trattò A. Reumont, Allgemeine
Zeitung, 1875 \ Num. 255, 302.
Vedi Kinkel , Lang, Richter.
STARE, B. , Winckelmann. Berlino, 1868-, Svo.
Lezione pubblica. L 'autore è professore d'archeolo-
gia a Heidelberga.
Vedi Suppl. X, all'art. Josti.
STEINDORFF , Ernst , Jahrbucher des Teutschen Reichs unter
Heinrich III. (Annali dell'Impero Germa-
nico sotto A.r*rig"o III.) Voi. I. Lipsia, 1874-, 8vo.
Forma parte dei Jahrbucher der Teutschen Geschichle.
(VediSiMSON) Il presente volume abbraccia gli anni 1039-
344 SCRITTORI TEDESCHI
1047, sin alla fine della spedizione romana dell'Imperatore.
Le appendici trattano delle seguenti materie : 1. Saggio
sulla Cancelleria di Arrigo III, e critica dei suoi documenti;
2. Scrittori contemporanei di Storie ; 3. Delle costituzioni
d'Arrigo III , riguardo alla Pax Imperli publica, e della
Lex Baivarica 1044 ; 4. Della spedizione romana, a. Tra-
dizione storica ; b. Scisma tra Benedetto IX e Silvestro III ;
Gregorio VI , non scismatico ; e. Atti supposti di Grego-
rio VI ; d. Delle date presso Rodulfus Glabee Histor.
I. V. e. 8 ; e. Sinodo di Sutri ; f. Patriziato romano di
Arrigo III ; 5. Arrigo III nelle tradizioni e leggende.
Vedi Hirsch.
STOCKBAUER, J. Der . christliche Kirchenbau in den ersten sechs
Jahrhunderten. (L'architettura ecclesiasti-
ca cristiana nei primi sei secoli.) Rati-
sbona, 1874 ; 8vo con cinque tavole.
STOLZEL , Adolf, Die Entwicklung der gelehrten Richterthums in
teutschen Territorien. Einerechtsgeschichtliche Untersuchung
(Lo sviluppo della scienza legale nei
giudici nei territori tedeschi. Esame
storico-legale.) Stuttgarda, 1874-, 2 voi. 8vo.
Il I. libro tratta degli studi legali sin al principio del
Secento, e delle relazioni tra la Germania e le scuole
italiane e francesi; il II dei giusdicenti tedeschi, dell'ap-
pello, della trattazione delle cause per iscritto; il III dei
progressi della scienza legale e della decadenza e fine
dell'antico ordine degli scabini. Il secondo volume con-
tiene i documenti , tra i quali troviamo l'elenco degli stu-
denti tedeschi immatricolati nell'Università di Perugia
dal 1511 al 1666. Per ciò che spetta alle relazioni tra
la Germania e l' Italia, molte aggiunte sarebbero da farsi
alla quantunque diligente opera.
TEIRICH, Valentin, Italienisclie Bronzen ans der Zeit der Re-
naissance. ( Bronzi italiani dell' epoca del
Rinascimento.) Vienna, 1876 ; fol.
Opera magnifica, la quale serve ad illustrazioni della
storia della Scultura in bronzo fin dalla fine del Medio-
evo propriamente detto , con 20 tavole incise all'acqua
forte, 40 incisioni intercalate nel testo, e 9 tavole di così
detti dettagli, che arrivano alla fine del Cinquecento.
Vedi W. Lubke neWAllgemeine Zeitung, 1876, N. 215.
SULLE STORIE ITALIANE 345
THOMAS , Gr. M. , Capitolare dei Visdomini del Fontego dei Tede-
scià in Venezia. Capìtular dea teutschen Hauses in Ve-
nedig zum crsfenmal belcannt gegeben. Berlino , 1874 ; -ito.
Il presente capitolare, cioè la collezione dei decreti
da servire di regola ai rettori del governo Veneto pre-
messi all'amministrazione del fondaco tedesco, principia
dall'anno 1268 e continua sin alla fine del quattrocento,
senza osservare sempre l'ordine cronologico. L'edizione si
è fatta secondo il codice Cicogna, ora del Museo civico
Correr, cui anni fa erasi accinto a pubblicare Cesare
Foucard. Detto codice già fece parte della collezione in
cinque volumi, una volta nell' istesso Fondaco, ora nel-
l'Archivio della Comunità protestante di Venezia, colle-
zione la quale nel suo primo volume ripete il contenuto
del cod. Cicogna, in copia più recente, per giungere sino
al 1753, mentre la casa dei mercanti tedeschi continuò
ad appartenere alla nazione sin al novembre 1806 , in
qual anno le fu tolta dal governo Napoleonico (Attual-
mente R. Intendenza di Finanza.) Anche nell'Archivio
grande di Venezia esiste un « Capitolare dell'officio del
fontegho dei Tedeschi » , il quale principia dall'anno 1329
ossia cap. 103 del cod. Cicogna, giungendo sino al 1797.
Il eh. Thomas si propone di pubblicare in forma di regesto
il contenuto di maggiore importanza di questo MS.
W. Heyd (autore della Storia delle colonie italiane
in Oriente) scrisse intorno alla pubblicazione del Thomas
e alla Storia del fondaco una pregevole memoria : Das
Haus der teutschen Kaufleute in Venedig, nella Histori-
sche Zeitschrift voi. XXXII , pag. 193-220.
V. anche: Zur Geschichte des teutsch-venetianischen
Handels im Mittelalter nelìsi Allgemeine Zeitung 1875, N °12.
T. Elze , Der Fondaco dei Tedeschi in Venedig, nel
giornale : Das Ausìand, 1870.
L. Ennen, Die Stadi Gain und das Kaufhaus der
Teutschen in Venedig, nel giornale per la storia e le anti-
chità delle provincie renano- westfaliche (Monatschrift
' filr rheiitisch-ioestfdlische Geschichtforschung und Alter-
thumskintde), Bonn, 1875, voi. I, pag. 105-138. Tratta
del commercio della città di Colonia con Venezia, e delle
relazioni, non sempre amichevoli, per i contrasti nati ri-
guardo all'uso delle località del fondaco per i negozianti
di Colonia, Aquisgrana ec. Alla pregevole memoria tro-
vatisi aggiunti 18 documenti dall' a. 1107 al 1652
346 SCRITTORI TEDESCHI
THOMAS, G. M., Der Doge Heinrich Dandolo und der Latinerzug
gegen Constantinopel. (A.rrig'0 Dandolo doge ©
la spedizione In tina contro Costanti-
nopoli.)
Articolo contenuto nell' Allgemeine Zeitung , 1875, Nu-
mero 356. Tratta della politica veneziana riguardo all'Orien-
te, specialmente a Costantinopoli e Alessandria, e alla
direzione data alla quarta crociata , promossa da P. In-
nocenzo III, di cui discorre l'opera del Conte di Riant :
Innocent III , Pliilippe de Souabe et Bonifa.ce de Montfer-
rat. Examen des causes qui modifièreni, au détr imeni de
V Empire Gree, le pian primiiif de la quatrième croisade.
Parigi, 1875.
Della storia della Grecia medievale e moderna, che
forma l'argomento della grande opera di Carlo Hopf
(Vedi Arch. Stor. Ital. S. Ili, voi. XV pagg. 113-123.)
tratta il lavoro che ha per titolo : Geschichte Grie-
chenlands seii dem Absterben des antiken Lebens bis zur
Gegenwart von G. Fr. Hertzberg. Voi. I, Gota, 1876; 8vo.
Tal volume , che principia da Arcadio imperatore e
termina colla crociata latina, va diviso in due libri, di
cui il primo arriva alla morte di Basilio Imperatore, com-
prendendo gli anni 395-886*, il secondo da Leone VI Imp.
ad Alessio V Murzuflo , sotto cui accadde la conquista
di Costantinopoli e la fondazione dell'effimero Impero La-
tino e delle signorie latine nella Grecia propriamente
detta. L'opera si raccomanda per soda erudizione, e per
la narrazione ben ordinata e facile, tenendo conto delle
condizioni interne sociali, religiose e letterarie.
Alla Storia della letteratura greca moderna va dedi-
cata l'opera : Geschichte der neugriechischen Lìteratur,
von Dr Rudolf Nicolai. Lipsia, 1876, Svo.Vedi. G. Meyee
nella Allgemeine Zeitung, 1876", Num. 67.
n Necrologia dell'ab. Giuseppe Valentinelli, Allgemeine
Zeitung .1875 , N. 1.
V. Archivio Veneto, voi. Vili.
THOMES Vedi Baumann.
TOUSSAINT, J. P. , Das Leben des h. Bernardin von Siena aus
dem, Franciscanerorden quellenmcissig dargestellt. (La
SULLE STORIE ITALIANI-: 347
vita, di S. Bernardino da Siena dell'or-
dine <li S. Francesco narrata secondo
le fonti.) Ratisbona, 1873; 8vo.
TRENDELENBURG Vedi Twesten.
TWESTEN, Cari, Machiavelli. Berlino, 1869; 8vo.
Lezione pubblica , pronunciata a Berlino. Alla ric-
chissima letteratura sul M. (Vedi Suppl. Vili, agli art.
Christ, Ebeling, Plato; Suppl. Vili, all'art. Frenzel;
Suppl. IX, all'art. Gerbel) spettano ancora la lezione
accademica di A. TrexdelenburG , Machiavell und
Antimachiavell (riguardo all'opera di Federigo II re di
Prussia) nei di lui: Kleine Schriften (Lipsia 1871, voi. I,
pag. 27 segg. ,' Vedi Theologische.s Literaturblatt 1872
Num. 6), A. Gaspary, Die neuesten Kritilcer des Ma-
chiavelli, nel giornale: Irti neuen Reich, 1874; Num. 39,
la memoria: Machiavelli, neWAllgemeine Zeitung, 1875,
N. 25, e M. Jaiins, Machiavelli und der Gedanke der
allgemeinen Wehrpflicht , nella Gazzetta di Colonia, apri-
le 1876.
USENER , Hermann, Italische, Mythen. (Miti italici.) Bonn,
1875 ; 8vo.
Memoria di 48 pagine ristampata a parte dal Museo
renano di filologia N. S. voi. XXX. Tratta delle non molte
traccie e presso gli scrittori romani e ancora negli usi
popolari conservate, delle più antiche italiche tradizioni,
perlopiù perdute col predominare dell'Olimpo greco sulla
mitologia indigena. L'autore s'ingegna di stabilire me-
diante il confronto di cerimonie, feste, usi e costumi an-
cora esistenti nei paesi slavi e germanici, con quelli del-
l'antichità classica e ciò che rimane ancora nei paesi di
nazionalità romanza, la vera e antica significazione e la
correlazione dei medesimi per definire quello che esso
ha per primitivo Italico. In siffatto modo tratta degli usi
nuziali, delle traccie delle Lustrazioni rimaste nell'uso di
seppellire il carnevale e l'anno, e la quaresima, delle
Mamuralia e dèlia festa dell'Anna Perenna , e del dio
Marte qual rappresentante dell'anno nuovo e del vecchio.
Il paragone tra lo. tradizioni dei popoli settentrionali coi
meridionali aggiunge all'interesse destato da questo scritto
non lungo, ma ripieno di varia e squisita dottrina.
348 SCRITTORI TEDESCHI
VOLKMAE Vedi Lang.
WA1TZ , G., Otto's IV erste Versprechnngen an Innocenz III. (Le
prime promesse di Ottone XV a P. In-
nocenzo III.)
Nelle Forsnhungen zur teutschen Geschìchte Voi. XIII,
pag. 502-506. Intorno al documento in data di Neus presso
Dusseldorf sul Reno) 8 giugno 1201 , V. Theiner, Cod.
dipi. dom. temp. I, 44; Ficker Staats-und Rechtsgeschichte
Italiens II , 389.
» Ueber Zeit ìliuI Helmat der sogenannten Constitutio de expe-
ditione romana. (Sull'età e sulla patria della
così detta Constitutio de expeditione
romana.)
Della Storia della Costituzione Germanica (Teutsche
Ver/assungsgeschichte) dell' ili. Waitz sono comparsi i
voi. V-VII della seconda sezione comprendente l'epoca
degli Ottoni.
Ib. voi. XIV, pag. 31-36. Ved. Suppl. X, all'art. Ficker.
WASCHOW , Julius, Herzog Otto von Braunschweig Fiirst von Ta-
re/tt. Ehi Beitrag zar Geschìchte des XIV Jahrhunderts.
(Ottone duca di Brunsvic principe di
Taranto. Saggio per servire alla Sto-
ria del XIV secolo). Breslavia, 1874 \ >jvo.
L'autore aveva già stampato a Glatz , ISTI , una
dissertazione sul medesimo argomento. — Il terzo marito
(25 sett. 1376) dell'infelice Giovanna I di Napoli, Ottone,
nato verso il 1320, era figlio di Arrigo II duca di Brunsvic -
Grubenhagen, detto di Grecia, sposato in seconde nozze
ad Eloisa d' Ibelin, figlia di Filippo Seuesciallo di Geru-
salemme. Ottone aveva sposata in prime nozze Giolanda
figlia di Berengario di Villaragut e vedova di Giacomo II
re di Maiorca. Egli morì dopo il 30 novembre 1398 , so-
pravvivendo dunque oltre sedici anni alla seconda moglie.
Il di lui fratello Baldassarre, canonico Brunsvicense sin
al 1357, sposò nel 1370 Jacobella Caetani figlia d'Ono-
rato conte di Fondi, la quale in un documento dei 25 mag-
gio 1400 si nomina dispotiasa Romanie et comitissi Fun-
dorum. Baldassarre morì dopo il 1381. Un altro fratello,
Filippo, comparisce 1360-13b'3 qual Seuesciallo di Geru-
salemme , avendo sposata dopo il 1359 la vedova di
Ugone IV di Lusignano re di Cipro.
Vedi Voigiel-Coiin, Tavole genealogiche, tav. 84.
SULLE STORIE ITALIANE 349
WASIELEWSKI, J. W. von, Die Violine im siebzehnten Jahrhundert
und die Anfdnge dei- lustrimeli tal-Compositiun. (Il -vio-
lino nel 17mo. secolo e i px-incìpi della
composizione strumentale.) Bonn, 1874-, 8vo.
Del medesimo argomento tratta E. Sciiebek, Der
Geigenbaa in Ilalien und sein teittscher Ursprung. (L'arte
della costruzione del violino in Italia d'origine tedesca.)
Praga, 1874-, 8vo.
Vedi Die Geigenmacher ec. Xot. bibliograf. Suppl. Vili.
WASSERSCIILEBEN Vedi Schulte.
WATTENBACH, W. , Das Schriftwesen im Mittelalter. (La
Scrittura nel medio evo.) Lipsia, 1871 ; se-
conda ediz. accresciuta, 1875 , 8vo.
Libro d'importanza non comune e di ugual dottrina.
L'introduzione, pag. 1-36, tratta della Storia della diplo-
matica dalle sue origini sin al giorno presente, e mag-
giormente di Mabillon e dei Maurini. Segue il I capi-
tolo , materie da scrivere , pietre , metalli , cera , legno ,
papiro, cuoio ec. pag. 37-123. Cap. 11. Sesto dei libri e
dei documenti, pag. 123 169 -, Cap. III. Materiali ed uso
fattone, pag. 170-264-, Cap. IV. Modi di trattare le scrit-
ture, pitture, legature, falsificazioni, pag. 264-350 -, Cap. V.
Le varie classi degli scrittori , monaci e secolari , pa-
gine 350-418 \ Cap. VI. Commercio librario, pag. 418 481 •,
Cap. VII. Biblioteche ed Archivi pag. 481-547. Un indice
copioso termina il bello quanto utile lavoro.
L'istesso autore, prof, già a Heidelberga ora a Ber-
lino, pubblicò delle Lezioni sulla Paleografia latina e
greca, quest'ultime corredate di tavole.
WELLER vedi Kausler.
i
WESSELY, J. E. , Die Gestalten des Todes und des Teufels in der
darstellenden Kunst. (Le figure della morte e
del diavolo nell'arte.) Lipsia, 1876, 12mo. con
incisioni all'acqua forte e in legno.
WICHERT, Th. P. A. , Die Wahl Lothars III, zum teutsehen
Kónige. (L'elezione a Re di GJermania di
Lotario III.)
Memoria contenuta nelle Forschungen zar teutsehen
Geschichte voi. XII , (1872) pag. 55-112. Tratta dell'eie-
350 SCRITTORI TEDESCHI
zione di Lotario di Supplinburgo duca di Sassonia avve-
nuta dopo la morte di Arrigo V, ultimo della casa di Fran-
conia (23 maggio 1125) e contrastata da Federigo di Ho-
benstaufen , secondo duca di Svevia di sua casa. Giorno
dell'elezione , 30 agosto. La prima parte del lavoro con-
tiene la critica delle fonti , Narratio de electione Loiharii,
Mon. Germ. hist. XII, Annales Stadenses ib. XVI, Or-
derici Vitalis hist. eccl. e Chron. Cass. Mon. g. b. VII.
La II parte molto più ampia espone le condizioni politicbe
al tempo dell'elezione , e il nuovo modo in essa seguito.
Vedi Bibliografia all'art. Japfé, e Suppl. X all'art.
GlESEBRECHT. - Vedi BbRNHEIM.
WINCKLER , A. Gregor VII und die J^ormaHree/j. (Papa Gre-
gorio "VII e i Normanni.) Berlino, 1875', 8vo.
Opuscolo facente parte dei Wissenschaftliche Vortrdgc
(Lezioni scientifiche) dei prof. Virchovv e de Holtzen-
dorpf , Num. 234.
Di Gregorio VII in gioventù tratta la memoria di
0. Delarc : Hildebrand jusqu'à son Cardinalati nel gior-
nale : Correspondant, 1874, Num. 2, 3.
WITTE Vedi Dante.
WOLLSCHLAGER, C. S., Die Zeitreihe der Pàpste bis auf die
Gegenwart. (d'ortologia dei pontefici sin
ai giorni nostri.) Eisenach, 1873.
WORTHMANN vedi Boehmer.
ZOPFEL, R. , Bis in welches Jahrhutidert hinauf lassù sich die Ce-
remouie der Papstkrùnung verfolgen ? (Sino a qual
secolo pnò rintracciarsi la cerimonia
della poiitifieia incoronazione *? )
Memoria contenuta nella Zeitschrift fùr Kirchenrecht
dei prof. Dove e Friedberg, Voi. XIII. (Tubinga, 1875.
Vedi intorno alla dotta opera del medesimo autore
sulle elezioni pontificie, all'art. ZoPFEL, Nut. bibliografe
Suppl. X.
ZUR GESCHICHTE der Heidelberger Bibtiotheca palatina. (In-
torno alla Storia della Biblioteca pa-
ladina di Heideloex-gxt.)
Articolo inserito nella Alhjemeine Zeitung , 1876,
Num. 30. 31.
Vedi Bibliografia agli art. Theiner, Wilken , e nel
Suppl. X, all'art. Bahr.
SULLE STORIE ITALIANE
351
INDICE DEI NOMI E DELLE COSE.
Abshurgo , Rodolfo d\ V. Hirn.
Adriano I , pontefice , v. Bern-
heira. — VI, v. Bauer.
Alenino , v- Jaffé , Monumenta.
Alessandro III, pont. v. Kernel',
Lang.
VI, v. Brosch.
Alfieri, famiglia , v. Reumont.
Altieri, Marcantonio, v. id
Annali dell' Impero Romano-Ger-
manico . v. liirsch.
Aquino , San Tommaso d', v. Bau-
mann.
Architettura cristiana antica , v.
Stockbauer.
Arco , Carlo d' , v. Reumont.
Arrigo II, imp. v. Hirsch.
— ///, v. Steindorff.
— IV e V, v. Mùcke.
— VII, v. Kònig.
Arrotino , statua dell' , v Kinkel.
Aspelt Pietro d' , arcivescovo di
Magonza, v. Konig.
Benevento , città, v. Gregorovius.
Berengarii gesta, v. Bernheim.
Bernardino da Siena , San , v.
Toussaint.
Biblioteca Palatina di Heidelberga,
v. Zur Geschichte.
Bologna, torri di, v. Gregorovius-
Bonaini , Francesco , v. Reumont.
Borgia , Lucrezia , v. Brosch , Hil-
lebrand
Bramante , v. Geymùller.
Brigida, Santa, v. Hammerieh.
Bronzi dell'epoca del Rinascimen-
to, v- Tei ri eh.
Buonarroti, Michelangelo, v.
Lang, Reumont, Springer.
Camilli, C, v. Krafft.
Campoformio, trattato di, v. Hùlfer.
Capponi , Gino , v. Hillebrand ,
Reumont.
Carducci , Giosuè, v. Hillebrand.
Curio IV, imperatore., v. Bòhmer.
Carlo Borromeo, San, v. Lossen.
Cavour, Camillo, v. Lana.
— famiglia, v. Reumont.
Cenci , Beatrice . v. F II.
Collegio elettorale germanico, v.
Langhans.
Compagni , Dino , v. Scheffer-Boi-
chorst.
Concilio Basileense , v. Schroller.
— Tridentino , v. Dòllinger.
— (Conciliabolo) Pisano del 1511,
v. Leumann.
Contar/ni, Gaspero , v. Christoffel.
rorradino di Svevia , v. Eusson.
Corrado III, re, v. Kern.
Costituzione della spedizione ro-
mana , v. Waitz
Cristina di Svezia , v. Reumont.
Crociate , storia delle, v. Ròhricht,
Thomas.
Cronache e storie tedesche me-
dioevali , v. Monumenta.
Curia romana , cf. Pontefici.
Bandolo , Arrigo , v. Thomas.
Da -ite , v. .Caute , Lang.
Diritto canonico , Storia del , v.
Schulte.
Donatello , v. Semper.
Eboli , Pietro d' , v. Hagen.
Federigo I imperatore , v. Prutz.
— II imp. v. Schirrmacher.
Firenze , Musei di , v. Grimm
— S. Lorenzo , sepolcri lorenesi ,
v. Reumont.
— Sepolcri Medicei , v. Grimm,
Reumont.
— Società e corte sotto i due pri-
mi granduchi di Lorena-Absbur-
go, v. Reumont.
— Storia primitiva, v. Hartwig,
Scheffer-Boichorst.
Floris, Gioacchino de,v. Schneider.
Galilei , Galileo , v. Gebler.
Giorgione , v. Schaufuss.
Giusti, Giuseppe, v. Heyse.
Giustinian, Autonio, v. Reumont.
Gregorio VII , v. Dùntzelniann ,
Meltzer, Winckler.
— XII , v. Sauerland.
Guerrazzi, V. D., v. F. H., Hil-
lebrand.
Guntherus Ligurinus , v- Pannen-
borg.
352
SCRITTORI TEDESCHI
Hohenstaufen , ultimi della casa
di , v. Schirrmacher.
Imperii Regesta, v. Bòhraer.
Impero Romano-germanico , v.
Giesebrecht.
— Costituzione in Italia, v. Ficker.
In nocenzo XIII pontefice, v.Maver.
Italia , guerra del 1796, v. Cornare
— 1859 , v. Dei* Krieg.
— Movimento filosofico , v. Hille-
brand.
— letterario . v. id
— Provincie napoletane , v. id
— Storia dell' arte , v. Forster.
— Storiografia nel secolo XIV , v.
Perlbach.
— Tavole storiche , v. Bezold.
— Teatro , v. Hillebrand.
Hai/ani^ nell'unione provinciale
Tirolese, v. Bidermann
La Farina , Giuseppe , v. Lang.
Leonardo da Vinci , v. Hillebrand.
Leone X. pontefice, v. Hafercorn.
L'i levatura latina cristiana , v.
Ebert.
Libellus de imperatoria potestate ,
v. Jung
Lodovico il Bavaro , v. Riezler.
Longobardi , lingua dei, v. Bluhme.
Lotario III imperatore , v. Bern-
heim , Wichert.
Lunigiana, Bibliografia della, v.
Reumont.
Machiavelli , Niccolò , v. Hille-
brand . Tu esten.
Magrini , Antonio , v. Reumont.
Maiano . Vincigliata, Scttignano,
v. id.
Mantegna , Andrea . v. Lange.
Manzoni^ Alessandro, v. Hille-
brand , Lang.
Marcovaldo d'Anweiler , v. Mayr.
Marsilio da Padova, cf. Pontefici.
Massimiliano I. imperatore , v.
Klùpfel.
Matilde , Contessa , v Kern.
Medici, Granduchi di casa, v.
Reumont.
— Lorenzo il Magnifico, v. Fren-
zel , Hillebrand.
Messina, sommossa del 1674-1G7S.
v Hillebrand.
Mezzeria toscana , v. id.
Miti italici, v Usener.
Morte, ligure della, e del diavo-
lo , v. Wessely.
Musica e compositori italiani, v.
Naumann.
Napoleone Bonaparte , cf. Campo-
formio.
Norberto , San , v. Beruheim.
Normanni, v. Winckler.
Ochino, Fra Bernardino da Siena,
v. Benrath
Ottone I, imperatore , v. Hirsch.
— Ili , v. Kern.
— IV, e la Santa Sede , v. Waitz.
— di Brunsvick , principe di Ta-
ranto v. Waschow.
— Frisingense , v. Prutz.
Palermo , cattedrale , v. Becker.
Palestrina , Gio. Pierluigi da , v.
Bill, Naumann.
Passerini e Pilli , storia dei , v.
Reumont.
Pataria , v. Krùger.
Perugia , Collegio del Cambio , v.
Hillebrand, Reumont.
Petrarca , Francesco , v. Geiger ,
Hillebrand.
Piero, San Damiani, v. Neukirch.
Pietro Apostolo , San , e il suo
soggiorno a Roma , v. Lang.
Pisa , Annali , v. Scheffer.
Pletone , G. Gemisto , v. Schultze.
Pontefici , elezione ed incoronazio-
ne de', v. Lindner, Muhlbacher,
Oesterreich, PapstwahJ , Zópffel.
— Storia de' , v. H. M. F. , Pott-
hast , Wollschlàger.
— curia romana , v Markgraf.
— avversari letterari al tempo di
Lodovico il Bavaro , v Riezler.
Pordenone , G. A. Licinio , v.
Forster.
Promis, Carlo, v. Reumont.
Puglia , città della ( Lucerà , Man-
fredonia e Monte Gargano, An-
drin e Castel del Monte ) v. Gre-
gorovius.
Radevico , storico, v. Prutz.
Raffaello Sanzio , disegni per la
Basilica Vaticana, v. Geymùllsr.
— ritratti , v. Grimm.
— Sistina Madonna) v. Reumont.
— Stanza dell' I liodoro , v.Gruner.
na, v.' Prutz.
Rìl/i , cf. Passerini.
Rin<:scimento , Storia letteraria
del . v. Geiger.
Rodolfo , cf. Absburgo
Roma, Basiliche antiche, v Hes-
sel , Richter.
— Campagna , v H. F., Hillebrand.
— Chiesa dell'Anima, \. Liber
confraternitatis.
— S Pietro in Vaticano, v. Gey-
muller.
— Spedale di S. Spirito, v. Klein-
paul.
SULLE STORIE ITALIANE
353
Roma nelle sue relazioni cogli Stati
italiani , v Baumann.
Romanzo storico, v. Hillebrand.
Saluz:o, Marchesi e signori di,
v Reumont
Santi , Lodovico , v. id.
Savonarola , v Huber , Lang.
Scaramuzza, v. Dante.
Scienza legale e giudici eruditi,
v. Stòlzel
Scrittura medioevale , v. Watten-
bach.
Stein, I) Barone de, e i Monu-
menta Germaniae historica , v.
Monumenta.
Storia medioevale germanica, v. id.
Teodorico da Nieheim ( Niem )
v Sauerland.
Tiziano Vecellio , v. Forster.
Tolomeo da Lucca , v. Krùger.
Tommmasèo , Niccolò , v. Hille-
brand, Reumont.
Toro Farnese, v Kinkel.
Toscana , storia sotto il governo
Mediceo , cf. Medici-
Umbria , arte nell' , v. Forster ,
Reumont.
Valdesi , storia dei, v. Preger.
Vinceslao , re, v. Lindner.
Venezia, Fondaco de' Tedeschi ,
v. Thomas.
— S. Marco . v. Peyer-Jm-Hof
Vergerlo , Pietro Paolo , v. Kaus-
ler.
Violino , fabbricatori del, v. Wa-
sielewski.
Winchelmann , v. Starck.
Arch., 3> Serie, Tom. XXIV.
23
Notizie Vai\ie
Deputazione veneta di storia patria. — I progressi politici van-
no aumentando il bisogno e l'amore degli studi storici. Onde ovunque
in Italia e fuori desterà vivo interesse V annuncio della fondazio-
ne e dello sviluppo d'una Società veneta per gli studi della storia di
quella regione. Ricchissima di storia intorno a Padova, Verona ed
Aquileia nei tempi antichi, intorno specialmente a Venezia nel medio
evo e sino al secolo nostro. Perchè Roma, Firenze e Venezia sono i
massimi archivi della storia medievale della civiltà cristiana, e Ve-
nezia pei commerci , sino alla scoperta dell'America fu il perno del
mondo, per le libertà italiane sino alla lega di Cambray fu il faro
dei popoli italiani.
Da quando Apostolo Zeno nel 1697 divisò la raccolta di erudizione
storica che fu guidata dal Muratori, la storia veneta venne illustrata
da una folla di dotti, e pei tempi a noi vicini, centinuata da Cicogna,
da Sagredo , da Bianchi, da Orti, da Picana , da Rossi, da Oadorin,
da Lazzari , da Leoni , da Gar , da Romanin , da Rerchet, da Valenti-
nelli, da Barozzi, da Cecchetti, da Toderini, da Fulin , da Stefani e
da altri. Onde poteva parere inutile la fondazione di Società speciale
per gli studi di storia patria. Se non che era desiderato che in tanti
studi eccitanti sempre più la curiosità della repubblica letteraria si
ponesse ordine, armonia e complemento, e che alle fonti di Venezia
si ordinassero quelle delle città che prima le furono madri , indi
ancelle ad alleate. Ed il ministro Scialoia interpretando quel desiderio
il 5 Marzo del 1873 scrisse al Mayr, allora Prefetto di Venezia, che
vedesse modo a tradurre in fatto il pensiero d'una Società veneta per
gli studi di storia patria- Ed il Mayr, consultati Fulin, Stefani, Va-
lentinelli , Toderini , Barozzi , e con quelli ottenute offerte di concorso
di L. 2,000 dal Governo , di 10,000 da Venezia Provincia , di 5,000
da Venezia Municipio, di 5,000 da Padova, di 1,500 da Treviso, oltre
concorsi minori, il 20 Maggio del 1874 vide fondata solennemente in
Venezia la Società con adesioni e rappresentanze di tutte le cittì ve-
nete. Società che il 3 Giugno successivo approvò lo Statuto preparato
dai promotori, e che elesse a sede le sale generosamente offerte nella
Fondazione Quirini Stampal'ia.
Quello Statuto dice: La Deputazione veneta di storia patria si
occupa di tutto ciò che serve ad illustrare la storia della repubblica
di Venezia, e delle singole citta e Provincie che la costituiscono, e che
NOTIZIE VARIE 355
formano parte della regione veneta. La Deputazione elesse a suo Pre-
sidente il Coram. Giovanni Cittadella, a Vice Presidenti De Leva e
Fulin , a Consiglieri Stefani, loppi, Barozzi, Marti nati , Caccianiga,
ed a segretario Berchet. Si compose poi di 35 Soci ordinari, di 15
Soci esteri onorari, di \2 onorari nazionali, di 17 corrispondenti esteri
e di 17 corrispondenti nazionali.
Giambattista Carlo Giuliari da Verona membro della Delegazione
consiglia: che ogni Provincia veneta compili 1° un Regesto cronolo-
gico dei documenti della sua storia , editi ed inediti ; 2° Un Elenco
degli Statuti ; 3° una Bibliografia storica ; 4° una descrizione degli
incunaboli della stampa patria ; 5° la bilioteca degli scrittori patrii ;
6° la raccolta delle inscrizioni; 7° l'elenco delle medaglie, delle mo-
nete , dei sigilli ; 8J l' illustrazione delle gallerie , dei musei , delle
pinacoteche. Ed accennò i molti lavori già fatti ed avviati a Verona
a tali scopi.
Federigo Stefani designò precisamente l' indirizzo che intende pi-
gliare la Deputazione. Raccogliendo e pubblicando Statuti delle
città — Cronache locali — Bibliografia storica. La Deputazione prese
a dare saggio della sua attività pubblicando a Venezia nella pri-
mavera del 1876 il Voi. I in 4° dei tiegesti dei libri Commemori ali
di Venezia. E promise colPopera del Gloria l'edizione del Codice di-
plomatico di Padova , di cui il primo tomo giungente al 1200 deve
comparire pure entro quest'anno. Ed essere prodromo a quello di
Venezia. Intanto che Bertoldi va mettendo in ordine per la stampa
gli Statuti di Verona , e Bailo i ricchissimi trevigiani. Vorrebbe la
Deputazione pubblicare eziandio le Cronache in ordine di tempo e di
luogo, anche le già edite ripulendole, e riscontrandole ed illustrandole
parcamente ove convenga. Sarebbe lietissima di dare gli importantis-
simi Diarii di Marin Sanudo, se gliene bastassero le forze. Che sono
gracili ancora avvegnaché al 1 Maggio del 1876 avesse solo il ci-
vanzo di L. 4518.
Il Presidente nella seduta solenne di inaugurazione, commemorato
Gino Capponi quasi un saluto di Venezia alla fida sorella , Firenze,
riassunse la vita politica ed economica di Venezia , dove 1' unità era
simboleggiata dal Doge; la sovranità riassumevasi nel Maggior Con-
siglio , la politica nel Senato , la giustizia nelle Quarantie, la marina,
la industria 1' agricoltura ed il commercio nei vari ordini di Savii.
Dove erano esclusi i duelli , i giudizi di Dio , i feudi , dove era fre-
nato il Clero. E tentò richiamare Venezia alla attività che la rese
già unica , facendole balenare agli occhi lo specchio di Genova odierna.
G. Rosa.
Una nuova edizione del Vasari. — Questa nuova edizione che
si fa dall'editore G. C. Sansoni è affidata alle cure di Gaetano Mi-
356 NOTIZIE VARIE
lanesi e di Carlo Pini. Crediamo non lontana la pubblicazione del
primo volume. E si può dire fin d' ora che riuscirà opera di gran
pregio da chi sa come il Milanesi, coadiuvato dal Pini, non ha cessato
di raccogliere con amore e costanza fatti e documenti concernenti
alla storia dell'arte italiana.
Epistolario dì F. D. Guerrazzi. — Il tipografo editore livornese
signor Francesco Vigo, che -fa onore all'arte italiana stampando bene
libri buoni , s' è proposto di pubblicare quante più lettere gli sarà
possibile raccogliere di F. D. Guerrazzi, pensando che possano essere
documenti non solo per la vita dell' illustre scrittore, ma anche per
la storia letteraria e politica del nostro secolo. Ne ha affidata la
cura e la direzione al prof. Giosuè Carducci. Siccome il signor Vigo
non è mosso a ciò dall'amore del guadagno , non dubitiamo che al-
l' invito suo risponderanno volentieri quelli che del Guerrazzi possie- «
dono lettere che meritano di esser conosciute.
Archivio Storico Abruzzese. — Sarà una raccolta di scrittori e
di documenti che s'è proposto di mettere in luce il signor Giuseppe
Pistelli professore di Storia nel R. Liceo di Teramo. Egli ha già co-
minciato a dare effetto al suo proponimento colla pubblicazione di un
fascicolo della Storia di Teramo, scritta in forma di dialogo da Muzio
Muzii. Terminata la stampa, noi parleremo di questo libro nel quale,
giudicandolo dalle 132 pagine fino ad ora stampate, si troveranno
molte e curiose notizie da avvantaggiarsene la storia, colle tradizioni,
i giudizi e 1 pregiudizi che pur giova conoscere per avere piena co
gnizione della vita dei popoli italiani.
Una nuova Storia di Firenze. — Il signor G. Monod nella Re-
vue historique annunzia la prossima pubblicazione di una parte della
Storia di Firenze, a cui attende da qualche tempo il signor Perrens.
Avendo egli potuto anticiparne la cognizione, ne dice molto bene , e
crede di far torto all'autore affermando semplicemente che è supe-
riore ai libri di Mme Allart, del Trollope o del Capponi (son parole del
signor Monod). Aggiunge : « il traite pour la première ibis d' un ma-
nière developpée la question si compliquée des origines de la con-
stitution fiorentine sur laquelle Capponi a passe si legérement ».
Quanto al merito grande che si acquisterà còlla nuova opera il si-
gnor Perrens desideriamo , per amor della scienza, che si confermi
1' annunzio. Rispetto al giudizio intorno al Capponi, ci permetta il
signor Monod di dubitare che egli abbia consenzienti tutti quelli che
hanno studiato la Storia della Repubblica di Firenze.
Ricerche negli Archivi Italiani. — Il signor R. Brown ha continuato
il sesto volume del Calendar of State papers preserved in the Ve-
NOTIZIE VARIE 357
netian archives fino all' anno 1 556 ; e ha trasmesso alla Società
storica di Londra parecchie copie di documenti. Il signore J. Stevenson
attende in Roma a cercar documenti per la storia inglese, al Vaticano
e nelle altre biblioteche.
Le opere di B. Borghesi. — La stampa delle opere dell'insigne
erudito italiano, ordinata dall'imperatore Napoleone III e interrotta
per causa delle grandi mutazioni avvenute in Francia, è stata ora
ripresa; e non anderà , crediamo, molto in lungo la pubblicazione
del nono volume.
Scuola francese di Roma. — L'Ab. Duchesne ha mandato una disser-
tazione latina intorno a Macario Magnete, apologista del terzo secolo ;
uno studio sulle origini della leggenda di sant'Alessio e del suo culto sul
monte Aventino ; un catalogo ragionato dei manoscritti greci posse-
duti da Pioli, oggi alla Vaticana, e una copia, tratta da un ms. della
Vallicelliana, delle vite inedite dei papi da Gregorio XI a Pio II. Il
signor Bloch ha mandato un commentario d'alcune iscrizioni romane:
il signor Clédat , lettere inedite di Diana di Poitiers al cardinale Ca-
ra.la nipote di Paolo IV dal 1556 al 1558, una notizia del museo di
scultura del cardinale Du Bellay a Roma nel secolo XVI, e finalmente
un esame comparativo del ms. chigiano del Mistero provenzale di
s. Agnese coll'edizione fattane a Berlino nel 1869 dal signor Bartsch .
Il signor Muntz s'è occupato in raccogliere documenti inediti per
una storia delle arti alla corte dei papi nella seconda metà del Quat-
trocento e nella prima metà del secolo seguente.
NECROLOGIE
GIUSEPPE FERRARI.
E difficile a noi scrivere convenientemente di Giuseppe Fer-
rari, del quale nel passato fascicolo annunziammo la morte ac-
caduta in Roma nel luglio scorso. La via che egli tenne nella
ricerca e nel giudizio dei fatti umani è tanto dalla nostra dif-
forme, i criteri sono così diversi, che temiamo di non essere
giusti apprezzatori del suo ingegno e dei suoi lavori storici. Ciò
nondimeno siccome la storia fu argomento delle sue opere mag-
giori, così ci sembra che per questo solo non potremmo tacere
di lui senza vergogna ; tanto più che egli ebbe per noi da molti
anni schietta benevolenza, e lodò gli intendimenti di questo
Archivio Storico, e ne incoraggiò la prosecuzione. Scriveremo
adunque di lui con riverente affetto , e se le nostre parole
non saranno eco di quelle enfatiche laudazioni che si udirono
sul suo sepolcro, avranno almeno il pregio di quella indipendenza
della quale il Ferrari ci diede in vita bellissimi esempi, riven-
dicandola sempre intiera ed assoluta per sé , ma non negandola
mai a chi dissentiva da lui.
La vita esteriore di Giuseppe Ferrari può compendiarsi in
breve discorso (1). Nato a Milano il 7 di marzo del 1811 da fami-
glia civile ed agiata, fino dai primi studi mostrò svegliatezza d'in-
gegno. Nel Liceo milanese di Sant'Alessandro attese alle lettere,
nel? Università di Pavia alla giurisprudenza, Presto si fece co-
noscere scrittore e pensatore che usciva dalle vie battute, e
nel 1835 pubblicò uno studio sulla mente di G. D. Romagnosi
e le opere scelte di G. B. Vico, con un prodromo che per quanto
scritto in età giovanile, è rimasto sempre Tino dei suoi lavori di
maggior pregio. Ma le condizioni dell' Italia d'allora, mettevano
al suo ingegno pastoie che egli non era fatto per tollerare. Ab-
bandonata volontariamente la patria, andò in Francia nel 1837
(l) Le notizie di fatto sulla vita di Giuseppe Ferrari, abbiamo tratte
da un elogio che ne scrisse con affettuosa ammirazione il suo discepolo
A. Mazzoleni. - Milano, Tip. Sonzogno, luglio 1876.
GIUSEPPE FERRARI 359
a cercare aria più spirabile ; e la Francia divenne sua patria di
adozione.
Vinta per concorso una cattedra di filosofia nel Collegio di
Rochefort, fu sospeso dall' insegnamento per l'audacia della sua
dottrina. Un anno appresso ebbe nomina di professore di filo-
sofia nell'Università di Strasburgo dal ministro V. Cousin, che
nel suo eclettismo comprendeva ogni cosa, ma venne espulso poco
dopo da Villemain che eragli succeduto nel ministero. Egli però
difese arditamente le sue interpretazioni platoniche dalle accuse
della parte oltramontana che se ne valeva per osteggiarlo ; e ciò
valse a dargli nome a Parigi, ove ogni opposizione trova seguito,
ogui perseguitato difensori. La Rc'vue des deux mondes lo ammise
fra i suoi scrittori, ed ivi combattè il nuovo indirizzo dato alle
aspirazioni italiane dal Gioberti e dal Balbo. In quel tempo
pubblicava un libro sulla filosofia della Storia, nel quale è il
germe delia dottrina che svolse poi in altri lavori. Nel 1848
tornò in Italia, ma come le cose si avviavano contro i suoi con-
cetti , riprese la via della Francia. Dopo la rivoluzione di feb-
braio, il ministro Carnot lo restituì alla cattedra di Strasburgo,
e da questa passò a Bourges, dove fu sospeso per aver censurato
pubblicamente la spedizione di Roma. Venuto l' Impero, non volle
più sapere di uffici pubblici, e visse in Francia libero scrittore,
pubblicando la Filosofia della rivoluzione, e la Storia delle rivolu-
zioni d' Italia. Gli avvenimenti del 1859 lo ricondussero in patria,
e sebbene fieramente avverso all'unità sancita dai plebisciti, si
giovò della larghezza delle nuove istituzioni per esplicare libe-
ramente le sue opinioni filosofiche e politiche, dalla tribuna par-
lamentare, dalla cattedra e cogli scritti. Le opere da lui pub-
blicate dopo il 1860, sono l' Ilistoire de la raison d' Etat, la Chine
et V Europe, la Teoria dei periodi 'politici ed alcuni saggi del-
V Aritmetica nella Storia che lasciò compiuta nel manoscritto.
Fu deputato del collegio di Gavirate Luino, e sebbene nella Ca-
mera facesse parte da sé, pure nei voti e nei discorsi consentiva
spesso colla sinistra. Oratore facile, impetuoso, spesso eccentrico,
fu sempre ascoltato con rispetto. Libero insegnante a Torino, a
Milano ed a Roma, attirava molta gioventù con la nuovità dei
concetti e colla ardente parola. Era entrato da pochi mesi in
Senato ove fu accolto con benevolenza e presto seppe cattivarsi
l'animo di tutti, quando mancò a Roma per morte improvvisa
la notte del 2 di luglio. Alla pompa civile del suo trasporto
funebre assisterono uomini d'ogni partito ; ed anche quelli i quali
360 GIUSEPPE FERRARI
non consentivano con lui vollero rendere gli ultimi onori al suo
ingegno ed alla rettitudine della sua vita.
Analizzare le opere di Giuseppe Ferrari, anche distinguendo
in lui il filosofo dal pubblicista, sarebbe fuori dei termini che
intendiamo di dare a questo cenno necrologico. Piuttosto voglia-
mo provarci a determinare la natura della sua mente , per tro-
vare la ragione dei pregi e dei difetti dei suoi scritti , senza
tacere delle nobili qualità del suo animo che davano risalto al-
l'ingegno.
L'educazione intellettuale del Ferrari era stata in tutto
francese. La filosofia del secolo XVIII aveva cancellato in lui
ogni rispetto alle dottrine tradizionali, e l'aveva preparato ad
accogliere tutte le audacie ideali del secolo XIX , che la Fran-
eia si era assunta l'ufficio di volgarizzare per uso e consumo del
rimanente d' Europa. Il dubbio d' Hume lo avea sciolto da ogni
fede , ed egli si era lanciato ignudo nell'oceano del pensiero ,
come nuotatore robusto che spera toccare lidi sconosciuti. Lo
scetticismo che prostra l'animo dei più , aveva rilevato il suo ,
dandogli la forza d'un dogmatismo individuale assoluto e convinto
di se stesso. Fatte le prime grandi negazioni, cominciarono per
lui le affermazioni di una dottrina positiva che abbracciava il
passato il presente e l'avvenire dell'umanità. Quello che distrug-
geva con una mano tentava di riedificarlo coll'altra ; diversissimo
in questo da molti filosofi della scuola critica moderna che vi-
vono sul negativo. E ciò forse nel Ferrari dipendeva dall' aver
sempre mantenuto vivaci gli affetti ed ardente l'immaginativa ;
e quando il cuore batte e la testa bolle, l'uomo non può ras-
segnarsi a quella scettica indifferenza, a quell'egoismo freddo ed
abietto che è l'annientamento delle forze della mente e la
morto d'ogni azione. L'uomo che sente, quando non ha più
fede in nulla , ha bisogno di credere in se stesso , nei concett i
della sua mente e nei sogni della sua fantasia.
Anche nella forma dell'ingegno il Ferrari teneva assai del
francese; né con questo vogliamo dire che mancasse di senti-
mento nazionale e di originalità propria. Egli era italiano
di cuore, ma riconoscendo nella Francia il gran motore del
mondo moderno, si trovava all'unisono con lei, meglio che con al-
tra nazione europea ; ed il suo pensiero assumeva le forme fran-
cesi come più connaturate al suo genio. Da ciò la sua predi-
lezione a scrivere in francese, non perchè ignorasse la propria
lingua e la credesse male atta a significare le idee moderne.
GIUSEPPE FERRARI 361
Del resto al modo stesso che stava in Francia come in casa pro-
pria, così ne padroneggiava la lingua senza piegare l'originalità
sua ad imitazioni servili. Nei suoi libri si può forse trovare qualche
riflesso delle idee e delle forme del Quinet, di Leroux, di Prudhom-
me; ma se egli appartiene a quella pleiade di scrittori, non si può
né confondere , né assomigliare a nessuno di loro. I francesi di
questo secolo vollero elevare a dottrina il fatto della loro rivolu-
zione ; e ne trassero una specie di filosofia rivoluzionaria che dalle
diverse fasi che ebbe in Francia quell'epoca memoranda, deduce
un ciclo fatale, che tutti i popoli debbono percorrere. Il Ferrari
attinse da questo concetto, lo ingrandì, lo svolse, ne fece l'ani-
ma di molti suoi libri.
L' analisi sottile dei fatti principali della storia lo conduce
,i dedurre principii generali che talvolta illuminano un vasto
orizzonte; ma più spesso la teoria è concepita dall' imrnagina-
v.\ ne prima dello studio accurato dei fatti, i quali sono poi
innati a piegarsi al sistema. Nella sua opera sui periodi
storici delle rivoluzioni italiane , la quale manifesta un grande
studio delle storie municipali, si trovano considerazioni verissime
ed originali , concetti di larghissima applicazione ; ma anche qui
vengono spesso interpretazioni forzate , poiché una lunga serie di
fatti deve passare tutta dalla cruna d' un concetto prestabilito.
Il suo metodo di cogliere negli avvenimenti certe analogie meno
avvertite, la sua potenza di generalizzare , di chiudere in una
sintesi ardita un gran numero di particolari storici, e l'imma-
ginativa posta a servizio del ragionamento, lo conducono talvolta
ad alcune divinazioni meravigliose , le quali se anche non sono
sempre logicamente dimostrabili , non repugnano alla ragione
delle cose , e talvolta risolvono un problema storico che altri-
menti sarebbe insolubile. Nei suoi libri attinenti alla storia
egli parte il più delle volte da un principio vero e spesso da
una considerazione di senso comune ; ed è soltanto nello svol-
gere l 'argomento che allargargando , esagerando , quella prima
idea, cercando sempre la simetria del sistema , anche il vero si
altera e prende aspetto di paradosso.
Egli stesso si accorgeva che una scienza storica così scon-
finata e senza postulati , non poteva aver saldo fondamento , e
cercava in un libro di segnare i limiti alla filosofia della storia.
Ma quando si ò negato Dio , dove trovare limiti \ Come infre-
nare F intelligenza con le leggi della dialettica , quando non si
riconosce nulla al disopra dell'uomo che possa avere autorità di
362 GIUSEPPE FERRARI
moderarne la libertà sconfinata ? Non rimangono che le leggi del
mondo fisico , che bisogna necessariamente accettare , e nelle
quali dare di cozzo sarebbe demenza. Nelle opere del nostro
filosofo , questo gran vuoto apparisce manifesto. Le leggi sto-
riche da lui scoperte e dichiarate , non si sa da quale autorità
siano imposte e da che causa universale e permanente derivino.
Egli è costretto a fare del loro complesso una specie di fato ,
di necessità ferrea che lega l'umanità , e la conduce volente o
nolente ad un fine arcanamente prestabilito. E non è solo il
F< nari ad incappare in questi viluppi inestricabili, ma con lui
v'incappa tutta la scuola storica che vuole spiegare l'uomo col-
l'uomo , e determinare il processo dei fatti umani con le medie
delia statistica e coli' aritmetica delle generazioni. Filosofia pre-
suntuosa e difettiva , come era quella delle scuole del medio
evo , che spiegava tutto coli' intervento diretto e continuo di
Dl\ del quale 1' uomo non appariva altro che cieco istrumento.
Le tradizioni universali e costanti dell'umanità per ciò che ri-
guarda i fini ultimi dell'uomo , non si possono disconoscere , nò
si possono considerare come fatti transitori e senza valore scien-
tifico. E ben singolare che il Ferrari il quale non ammette tra-
dizione alcuna nel campo delle dottrine, la riconosca poi au-
torevolissima nel campo dei fatti. Egli mori federalista impe-
nitente, solo perchè nella storia italiana non trovò tradizioni
di unità monarchica.
Il Ferrari lascierà sicuramente un' orma nella storia de]
pensiero italiano di questi tempi, ma non è da credere che
tutti i s;ioi libri vivranno, quando sarà calmata la febbre che ora
ha preso li spinti, per tutto ciò che è nuovo, audace ed op-
posto alle idee del passato. Per chi crede che l'umanità rimbam-
bita si svegli oggi da lungo sonno , ed abbia a gettar via tutta
l'eredità d'idee e di sentimenti che furono vita alle generazioni
che ci precederemo, il Fei rari sarà il rivelatore del nuovo verbo,
il legislatore della storia. Per chi pensa altrimenti , le sue ope-
re saranno studiate come espressione d' una individualità uon
ordinaria, come elementi preziosi della storia del tempo. Così
studiamo anch'oggi i libri di Telesio e del Campanella , i
quali rimangono concezioni ardite dei loro autori , ma non
ebbero né possono avere seguito di scuola.
Manifestiamo assai timidamente questi giudizi , perchè
siamo certi che troveranno contradittori, forse meno cortesi di
quello che non fosse con noi il Ferrari; al quale spesso per
GIUSEPPE FERRARI 363
modo di dubbio , nei familiari colloqui , esponemmo le nostre
obiezioni alle sue dottrine filosofiche, ed egli ci rispondeva sen-
z'irà: — ma si, voi siete in un altro mondo ; in Italia forse
dieci persone mi possono comprendere — e sperava nell' avve-
nire. Or quello che dicemmo a lui vivo , non sapremmo disdire
parlando sul suo sepolcro , sebbene fra noi 1' adulazione ai morti
sia ammessa da una pietà troppo compiacente.
Ma ciò che non è adulazione e che sentiamo il dovere di aggiun-
v ire in omaggio alla verità, è questo, che nel Ferrari l'uomo valeva
anche più del filosofo. Il suo animo era naturalmente buono, ed il
suo cuore aperto a tutti i nobili sentimenti. Arditissimo nelle idee
nelle quali non trovava mai nulla che lo arrestasse, era poi timido
e riguardoso nell'azione. Egli poteva sostenere le teorie più su-
perlative , ma nel fatto non sarebbe stato capace di torcere un
capello al suo mortale nemico. Natura schietta ed aperta , nulla
ebbe mai da dissimulare. Nei suoi libri come nei suoi discorsi
svelò sempre tutto se stesso, aborrente da quelle doppiezze di dot-
trina che fra noi hanno falsato tanti caratteri, e spesso traviato,
nelle questioni più ardue , la pubblica opinione. Fermissimo fino
all' ostinazione nei propri convincimenti , rispettava gli altrui,
specialmente se sostenuti senza secondi fini ; né gli pareva li-
bertà quella che nega agli altri ciò che vuole per sé. Sentiva
la dignità sua e della scienza che professava, e rifuggiva da
quelle polemiche di contumelie , di cui anche i filosofi diedero
deplorabili esempi. Nulla di volgare era mai nei suoi atti e
nelle sue parole; democratico senza lasciare di esser gentiluomo,
filosofo elegante , libero pensatore senza cipiglio , rivoluzionario
senza odio, critico senza fiele. Tutta la sua vita fu un lavoro
continuo di studio e di pensiero , diretto a svolgere quei concetti
che intraveduti con intuito spesso felice da un' intelligenza facile
e colta , erano poi messi in ebollizione in una testa vulcanica •
Questo complesso di buone qualità ad un senso nativo dì schiet-
ta benevolenza , meritarono al Ferrari la riverenza dei seguaci ,
1' affetto degli amici , il rispetto di tutti.
Pomarance, il 29 d'Ottobre 1876.
M. Tabarrini.
ENRICO BINDI.
Tra i nomi delli studiosi, che nei primi tempi dell'Archivio
Storico Italiano offrirono a Giovan Pietro Vieusseux l'aiuto del-
l'opera loro, troviamo, nel 1845, quello dell'ab. Enrico Bindi di
Pistoia ; il quale mandava in quell' anno stesso, da. pubblicarsi
nell'Appendice, tre lettere di Lorenzo il Magnifico con erudite
illustrazioni e con due pagine di prefazione che lo mostrano
bene informato delle azioni di Lorenzo , ma dell'animo di lui
giudice arguto e severo. Poco dopo , pure nel? Appendice , fa-
ceva stampare poche pagine per annunziare la Bibliografìa
Pratese compilata per Un da Prato. Egli , che doveva poi salire
alto nella gerarchia ecclesiastica, teneva allora nel patrio Semi-
uario la scuola di rettorica, successore degno del suo maestro
Giuseppe Silvestri , e coltivava gli studi coli' ardore e gì' in-
tendimenti comuni a una generazione che lascia di sé memo-
rie ed esempi non dimenticabili.
Trovò le lettere del Magnifico nell' Archivio di Santa Maria
del Ceppo di Pistoia, mentre in quello e negli altri archivi
pubblici e privati della città cercava i materiali per una Biografia
Pistoiese , rimasta un disegno per lui voltosi a lavori diversi,
e un desiderio per gli altri che nelle illustrazioni alle rammen-
tate lettere , nel panegirico di Sant' Atto , nelle notizie bio-
grafiche di Michelangiolo Giacomelli e di Benedetto Conversini
vedono quanto fosse entrato addentro nella cognizione della sto-
ria del suo municipio. Tra le sue carte so che si trova ben più
che le traccie delle ricerche eh' egli soleva fare colla pazienza •
dell'erudito e coli' acume del critico: e, se non m'inganna la
memoria , dovrebb' essere tra' suoi libri un esemplare delle Storie
pistoiesi del Salvi con postille sue che accertano o correggono
la narrazione di quello scrittore.
L' Archivio Storico ebbe occasione anche di parlare di lui
quando , è ora appena un anno , egli ripubblicò gli Scritti
sulla letteratura latina , che già aveva stampati coi Com-
menti a Giulio Cesare, a Orazio e alle commedie di Terenzio e
di Plauto ; commenti larghi , esuberanti di dottrina filologica e
storica, con raffronti delle tre letterature greca latina e italiana,
e che soli sarebbero bastati a dargli bella reputazione tra i dotti.
Qui è da ricordarsi principalmente il lavoro sui Commentari
ENPaCO BINDI 365
di Cesare , notabile per l' abbondanza delle illustrazioni storiche
e geografiche, dalle quali prendon più luce i fatti e meglio si
rivela la natura degli uomini che hanno parte nella "storia di
Cesare. E non si contentò di farvi l' opera dell' annotatore ,
riuscitagli bene al suo scopo; volle anche nel discorso pre-
liminare alzarsi a giudicare , oltre lo scrittore dei Commentari,
il capitano e 1' uomo di stato. Ma chi pregia la ricchezza dei
fatti e delle testimonianze , il senso alto di moralità che regola
i giudizi, e la eleganza della elocuzione, non so quanto possa
rimaner sodisfatto dal sentire , dopo tante indagini e discussioni
nuove , ripetute le lodi della romana oligarchia e Cesare giudi-
cato secondo i criteri di chi non vede in lui più che le arti
sottilissime dell'ambizione e la colpa d'avere operato a spen-
gere la libertà.
Questo lavoro su Cesare fu il primo frutto che nel 1844, a
trentadue anni , egli dava delli studi suoi , all'amore dei quali
lo avevano richiamato la potente parola del Silvestri e l'esem-
pio de' condiscepoli , fra' quali erano Atto Vannucci e Giuseppe
Arcangeli. Le lodi che glie ne vennero , massime dal Tomma-
seo , gli furono conforto ed eccitamento. Era il tempo nel quale
gì' ingegni più eletti si adoperavano a moderare il mutamento
che si presentiva nelle condizioni civili della nazione. Il Bindi
andava d'accordo con quelli che intendevano a prepararlo colla
sapiente educazione degl'intelletti e degli animi mantenendo il
culto delle nobili discipline e di tutto ciò che innalza il sentimento
della umana dignità. Ne' primi movimenti partecipò alle speran-
ze, alle gioie e ai dolori comuni, finché gli parve che l'amore alla
patria si accordasse colla coscienza del sacerdote. Ma dopo le
vicende del quarantotto e del quarantanove, cominciò a temere
che il mondo si mettesse per una via pericolosa, e che nel con-
trasto delle dottrine prendessero il disopra quelle che a lui pa-
revano perniciose ai progressi della civiltà. Si fermò nella opinio-
ne che dovere del prete è starsi lontano da tutto ciò che lo
discosta dal suo ministero di pace , e tenersi stretto attorno
all' insegna del pontefice, ma armato di scienza e di virtù. Non
si curò delle voci che si alzavano a biasimarlo; e tutto inteso
all' insegnamento e agli uffici ecclesiastici , accompagnò colli
studi delle lettere prediletti nella più giovane età lo studio pro-
fondo della scienza teologica, principalmente nei Padri della
Chiesa.
3G6 ENRICO BINDI
Gli anni che precederemo il suo innalzamento all'episcopato,
dal 1850 al 1867 furono per lui di grande operosità intellet-
tuale , quelli ne' quali compiè i commenti a Orazio e ai Comici
latini , procurò una bella edizione delle opere di Bernardo Da-
vanzati , preparò ma non pubblicò un lavoro su Gino da Pistoia,
scrisse vari discorsi d'argomento religioso e morale, volgarizzò
le Confessioni di Sant'Agostino.
Di quando in quando, chiamato a dire in qualche chiesa
le lodi di un santo , interrompeva la uniformità del vivere tra
gli scolari, tra i libri, nel coro, fra i sorrisi della natura nei
colli pistoiesi , uniformità lieta per 1' animo suo , non adatta a
dare all' intelletto i criteri per il giudizio dell' età propria. Un
solo viaggio credo che facesse in questo tempo, e fu per vedere
Roma e Napoli: e non so dire se le cose e le persone vedute
adora che la sua mente si piegava ai disgusti e ai timori va-
lessero a confortarlo come pochi anni prima lo aveva rallegrato
il vedere a Milano radunati a congresso gli scenziati italiani.
Il dissentire suo dalle dottrine predominanti derivò da un
modo di contemplare le immagini del vero e del bene : non poteva
aver motivo da avversione ai miglioramenti della società in lui
che la scienza e 1' arte amava in quanto servono a inalzare il sen-
timento e a ingagliardire le forze intellettuali e morali ; in lui che
con grande amore impiegò il più lungo tempo della vita fino dalla
prima gioventù nelle scuole, maestro di grammatica, di umanità
e di rettorica , prefetto del Liceo Forfceguerri di Pistoia , ret-
tore del Seminario di Siena, adoperandosi che gli studi fos-
sero esercizio vigoroso dell' intelletto e della volontà , e i gio-
vani uscissero dalla scuola deliberati a giovare coli' esempio dei
costumi e colle azioni regolate dalla sapienza. Le massime che
ai maestri e alli scolari raccomandava quando nel 1857 assumeva
nel Liceo Forteguerri l'ufficio, che non molto dopo lasciò volon-
tario per sentimento di dignità , restano meditabili da chi vo-
glia davvero 1' ammaestrameuto della gioventù indirizzato a far
grandi civilmente i popoli migliorando l'uomo interiormente.
Al clero diceva e non cessò mai di ripetere : " bisogna che il sa-
cerdote non si lasci troppo fuggii" innanzi il secolo nei progredì
del sapere ». Li civiltà si svolge nella lotta delle opinioni va-
rie; e non può con ragione affermarsi che contrastino agli avan-
zamenti di lei quelli che con retta coscienza oppongono medi-
tazioni a meditazioni , dottrina a dottrina perchè prevalgano le
ENRICO BINDI 367
forme che essi vagheggiano come meglio conducenti al bene de-
gli uomini.
Di quello che fece vescovo di Pistoia dal 1867 al 1871 , e
arcivescovo di Siena poi fino al presente anno , che fu l'ulti-
mo della sua vita, non è qui il luogo di parlare: de' suoi inten-
dimenti rimangono al giudizio degli uomini le prove nelle Let-
tere pastorali. Ma non si deve tacere che nelle sollecitudini pei
due seminari soggetti alla sua autorità , ebbe a solida l'affetto
per gli studi di che offriva in se medesimo l'esempio.
Gli scritti del Bindi, più che le qualità native d'un inge-
gno straordinario , rivelano il lavoro costante di chi innamorato
della verità ne esamina gii aspetti vari , e fissatosi in quello da
cui gli sembra raggiare la luce più pura e meglio vivificante ,
si studia, di attirarvi gli sguardi degli altri. Le sue afferma-
zioni , anche quando appariscono il riflesso di altre menti e l'eco
di altre voci, hanno tutto il valore di una testimonianza auto-
revole, perchè vengono da un intelletto esercitato a scrutare
profondamente le ragioni delle cose. Pensatamente fuggiva que-
gli ardimenti del pensiero che non di rado spingono nella stra-
nezza chi si lascia vincere dalla smania di dir cose nuove a una
generazione che crede di saper tanto. Ma riuscì a procacciarsi
il merito, che i vantati pensatori profondi non hanno, di dare
ai concetti suoi le forme e i colori onde gli scritti hanno effi-
cacia e vita.
Non pose mano a una di quelle opere che lasciano grandi
traccie nella storia della cultura di una nazione : scrisse via via
secondo che gli si presentava l'occasione , studiando sempre e
meditando per poche pagine quanto altri non fanno per un li-
bro. Nei panegirici e negli altri discorsi recitati nelle chiese non
parrà forse che sia la eloquenza ammirata nei più grandi ora-
tori ecclesiastici; ma c'è senza dubbio la cognizione intera del
soggetto ; e' è il senso squisito dell'arte , onde il pensiero si tra-
smette facilmente e con diletto nell'altrui intelligenza. Il discor-
so intorno a Bernardo Davanzati, e quello sulla vita e le opero
di Giuseppe Arcangeli rimangono saggi notevoli di critica let-
teraria; e dico anche imitabili per chi crede bastare a questo
genere di lavori la immagine compiuta dell'ingegno e dell'ani-
mo delli scrittori in relazione coi loro tempi , senza le sotti-
gliezze e le nebulose generalità che oggi danno fama. Rimane
opera di scienza e d' arte il volgarizzamento delle Confessioni
368 ENRICO BINDI
ili Sant' Agostino , lodato per la fedele interpretazione dei sen-
timenti profondi di quel gran libro della letteratura cristiana ,
messo per la bellezza dello stile a paragone coi più pregiati vol-
garizzamenti.
Diranno altri come nella cognizione della lingua nostra
pochissimi scrittori di questo secolo gli stieno a pari ; e come
sia fra quelli che lasciate le forme accademiche e rettoriche ,
hanno saputo coll'uso conveniente del linguaggio vivo dare alla
elocuzione la spigliatezza che rende attraente la lettura; mo-
streranno meglio quale armonia presentò in sé degl' insegnamenti
colla costante rettitudine delle azioni. Per noi era obbligo ri-
cordare l' operoso cultore delli studi, l'antico collaboratore.
A. Gelli.
Indice Bibliografico delli Scritti di E. Bindi.
1 Commentari della guerra gallica e civile di C. Giulio Cesare
con note italiane. — Prato , tipografia Aldina. Cinque edizioni.
Q. Orazio Fiacco, opere purgate per uso delle scuole, riscontra-
te sui migliori testi , e provvedute di note italiane. — Prato , tip.
Aldina. Quattro edizioni.
Le commedie di Terenzio e alcune di Plauto espurgate e anno-
tate per uso delle scuole, con un trattatello sul teatro comico dei La-
tini. — Prato , tip. Aldina. Due edizioni.
Le opere di Bernardo Davanzati ridotte a corretta lezione col-
] aiuto de'manoscritti e delle migliori stampe e annotate. — Firen-
ze , Felice Le Monnier , 1852.
Della vita e delle opere di Giuseppe Arcangeli , Discorso pre-
messo alla edizione delle poesie e prose fatta da Barbèra Bianchi
e C. nel 1857 ; pag. v-cix.
Panegirici e altri Discorsi sacri e morali. - Firenze , per Pie-
tro Ducei , 1861 e 1862. - Sono due volumi in 16mo , che contengo-
no : 11 1, Panegirici di Sant'Atto vescovo di Pistoia, San Vincen-
zo de' Paoli , Santa Caterina de' Ricci , San Francesco di Sales ,
Santa Francesca Frcmiot di Chantal , San Cammillo de Lellis ,
San Giovanni di Dio , San Luigi Gonzaga , San Filippo Neri ,
Antonio il Grande , San Benedetto Abate , Santa Teresa di Ge-
sù , San Sebastiano martire , Cuore di Gesù , Cuore di Maria ,
devozione al Rosario di M. V. , San Bernardino da Siena. —
Il II contiene, oltre a vari discorsi d'argomento ecclesiastico:
ENRICO BINDI 369
Della necessità di preparare gli studi eolla buona educazione-, Di
alcune cagioni che corrompono oggi il criterio ed il gusto •, Prefa-
zione a una ristampa del Volgarizzamento del Sacerdozio di S. Gio.
Grisostomo fatto da monsignor Giacomelli ; Notizia biografica di
monsignor Michelangelo Giacomelli arcivescovo di Calcedonia ; Elo-
gio funebre del Padre Francesco Frediani minore osservante •, Elogio
funebre di mons. Leone Niccolai vescovo di Pistoia e Prato ; Com-
memorazione di donna Elena Carolina Talini -, Notizia biografica di
mons. benedetto Conversali pistoiese , vescovo d' Iesi ; Di un antico
Volgarizzamento toscano della Imitazione di Cristo; Riflessioni so-
pra certi gusti de' nostri tempi -, Notizia biografica di mons. Giovanni
Visconti scrittore del secolo XVII -, Volgarizzamento di un' Orazio-
ne di S. Gio. Grisostomo e di cinque lettere di S. Basilio al grande
Atanasio.
Le Confessioni di Santo Aurelio Agostino volgarizzate. Firenze,
Barbèra. La prima ediz. del 1861 in diamante. — La seconda , ri-
veduta, corretta, e aumentata del volgarizzamento della vita del Santo
scritta da Possidio, in 16mo, del 1869.
Lettere pastorali , raccolte e pubblicate per cura del sacerdote
Leopoldo Bufalini. Un voi. in 16mo di pag. 630. — Modena, tip.
pontificia ed arcivescovile, 1874.
Letteratura latina , Scritti : 1.° Cenni sul teatro comico dei La-
tini ; 2.° La vita di Orazio raccontata da lui stesso ; 3.° Discorso
sulla vita e sulle opere di C. Giulio Cesare. Un voi. in 16mo di pa-
gine xv-471 -, Firenze, G. C. Sansoni, 1875.
ANNUNZI BIBLIOGRAFICI
Memorie storiche della famiglia Rasponl. Lettera dì
Pietro Desiderio Pasolini alla sorella Angelica Easponi
Dalle Teste. — In 8vo gr. di pag. vi-275 } Imola, tip. d'Igna-
zio Galeati e figlio , 1876.
La famiglia Rasponi ha gran parte nella storia di Ravenna-, e alcu-
ni di essa hanno azione nelle vicende generali d' Italia. Non tutte le
opere loro rimangono memorie di cui l'animo abbia a riconfortarsi •, che
alcuni dominati dall'ambizione o vinti dagl'impeti di natura eccessiva-
mente gagliarda in tempi che più eccitano la fierezza degli animi, si re-
sero formidabili agli avversari e talvolta terribili. Qualcuno si onorò col-
l'esercizio nelle armi ; altri coli' ingegno-, tutti si adoperarono, benché
non sempre con lode, a mantenere in alto luogo la stirpe. È una storia
di parecchi secoli , che il Pasolini rifa con lucido ordine, guardan-
do di non lasciarsi padroneggiare dalla smania di dire tutto quello
che sa nelle attenenze colla storia di Ravenna , di Venezia e del
resto d'Italia, regolato dall'amore della verità che non lo trattiene
dall 'esser narratore e giudice severo per chi lo merita. Da docu-
menti , che sa bene cercare e scegliere , da cronache inedite ha ri-
cavato notizie nuove che fanno meglio conoscere le condizioni della
Romagna, specialmente nei secoli XV e XVI , e che confermano i
giudizi che per un tempo se ne traggono dai carteggi del Guicciar-
dini, dei quali si è valso con avvedutezza e con parsimonia. A noi è
caro dar lode , che non è parzialità per il nostro collaboratore , a
un giovane così maturo di studi, che spende così bene il tempo in la-
vori di cui s'avvantaggiano gli studi. La stampa, fatta dal Galeati,
è molto pregevole.
Raimondo llontecuccoli la stia famiglia e i suoi tempi, del
marchese commendatore Cesare Campoiu. — Voi. unico in 8vo
di pag. xix-569 ; Firenze , G. Barbèra editore , 1876.
E un libro degno di considerazione per il contenuto e per la
forma. Uscito in luce di recente in bella edizione del Barbèra , non
abbiamo voluto ritardarne l'annunzio. Ma ne parlerà di proposito uno
de' nostri collaboratori.
Un duca di Amalfi finora sconosciuto, per C. Minieri-Riccio.
— In 8vo di pag. 7 -, Napoli , tip. Rinaldi e Sellitto , 1876.
Tra le carte amalfitane che si conservano nel grande Archivio
di Napoli, l'A. ha trovato una pergamena, dalla quale è provato
come nella serie de' duchi d'Amalfi fra il 984 e il 1102 ha da porti
Sergio figlio d'Adelferio , da altri posto fra i ciuchi di Napoli. Intanto
ANNUNZI BIBLIOGRAFICI 371
l'operoso Soprintendente del detto Archivio dà informazione delle
cure da lui e da' suoi' subalterni poste per mettere in buon ordine le
molte e preziose carte di quel ricco deposito di storici documenti.
Gli artistici ed artefici che lavorarono in Castel Nuovo a
tempo di Alfonso I e Ferrante I di Aragona per C. Minieri-
Riccio. — Tn 8vo di pag. 11 ; Napoli, tip. Rinaldi e Sellitto, 1876.
Del bellissimo arco aragonese , che ora si mette meglio in vista
pei nuovi lavori al Castel nuovo di Napoli, fu creduto architetto da
alcuni Giuliano da Maiano , da altri Pietro di Martino milanese. 11
Minieri Riccio opina , con buon fondamento che il merito s'abbia a
dare al secondo. Di qui prende occasione a pubblicare varie notizie
ricavate dalle Cedole della regia tesoreria di Napoli intorno a scul-
tori, pittori , maestri d'organo, fonditori in bronzo adoperati dai due
primi re aragonesi, notizie che molto giovano alla storia dell'arte. No-
tevole documento è quello comunicatogli dal signor A. Angelucci, una
lettera d'anonimo che a Francesco Gonzaga di Mantova faceva sapere
il 16 aprile 1495 come Carlo Vili vedendosi mancare sotto i piedi il
terreno in Napoli badava a portar via quel più che poteva, e fra le
altre cose le porte di bronzo storiate che al Castelnuovo aveva fatto
fare Ferrante , le quali però rimasero , forse per la precipitosa par-
tenza dei Francesi dal regno.
Serventese storico di Antonio Pucci per la guerra di
Firenze con Pisa 1342. In 24mo di pag. 14. In Livorno , coi tipi di
F. Vigo. Ediz. fuori di commercio di soli centodieci esemplari , per
cura di Alessandro D'Ancona.
Lettere riguardanti lo studio di Pisa a Ser Bartolommeo Dei
notaro degli ufficiali dello studio di Firenze. In 24mo di pag. 13.
Siena, tip. dell'Ancora di G. Bargellini , 1876. Pubbl. di settanta
esemplari fuori di commercio per cura di E. Piccolomini.
Nota dell'Armcggeria fatta da Bartolommeo Benci alla
Manetta degli Strozzi (il 14 febbraio 146J in Firenze). — In 8vo di
pag. 16> Firenze, tip. Galileiana, 1876. Pubbl. da A. Ghepardi.
Le Signorie e le Potenze festeggiasti del Contado
fiorentino, Memoria storica di Iodoco Del Badia, con documenti.
— In 8vo di pag. 31. In Firenze, tip. dell'Arte della stampa, 1876.
Narrazione di una disfida tra Italiani e Spaglinoli
nel 1508 in Siena pubblicata da Venturino da. Pesaro , ora nuo-
vamente stampata da Giuseppe Palmieri Nuti. — In 8vo di pa-
.gine 27. Siena , tip dell'Ancora di G. Bargellini , 1876.
Lettere erudite di Antonio Bertoloni sarzanese. — In
8vo di pag. 39. Lucca , 13. Cauovetti , 1876. Pubbl. da G. Sforza.
372 ANNUNZI BIBLIOGRAFICI
Colla pubblicazione di questi sei opuscoli gli amici del profes-
sor Cesare Paoli hanno voluto festeggiare il recente suo matrimonio,
attenendo tutti alli studi che egli professa. Nel Serventese del Puc-
ci, poeta popolare noto per altre poesie d'argomento storico, sono
espressi con vivezza i sentimenti del popolo fiorentino contro Pisa.
Le lettere riguardanti lo studio di Pisa sono sei, scritte nel 1492
e 1493 da un bidello che informava, per mezzo del notaro , gli uffi-
ciali soprintendenti allo studio di tutto ciò che accadeva tra i pro-
fessori e tra gli scolari, e istruiscono sulla condizione di quello studio
restaurato da Lorenzo il Magnifico. Curiosissimo documento per la
storia dei costumi di Firenze è la nota dell'Armeggeria del Benci ;
che contiene la descrizione di una serenata di genere affatto nuovo
che un giovane fa alla sua innamorata , con uno sfarzo che mostra
la ricchezza di casa Benci ; la quale poteva fare sì grossa spesa in uno
spettacolo che rallegrava tutta la città. La memoria storica del Del
Badia , fatta coi documenti raccolti nell'Archivio di Stato rallegra
colla descrizione delle costumanze che dalla città di Firenze passaro-
no nel contado e si lasciarono vive sotto il governo de' primi gran-
duchi medicei, forse perchè la gente non pensasse alla politica. L'ar-
gomento di cui è svolta una parte, potrebbe dall'autore medesimo
esser trattato più ampiamente e fino dalle origini delle così dette Po-
tenze , perchè si connettono colla storia delle Arti e presentano una
parte e molto curiosa della vita del popolo di Firenze. Nelle ter-
zine in cui è descritta la disfida vinta dagl'Italiani contro gli
Spagnuoli in Siena nel 1508 ce ne sono alcune fatte con bell'ar-
te, in tutte è il sentimento della gloria della nazione •, e sono a no-
tarsi per la storia dello spirito pubblico in Italia. Le lettere del Ber-
toloni erano state pubblicate tutte e cinque qua e là ; ma ci pare che
sia stato bene raccoglierle in un libretto che sarà utile per le noti-
zie intorno a papa Niccolò V, al pittore Domenico Fiasella , alle
opere di Francesco Rapi , al commento del Bolognini sul decreto di
Teodosio II in favore di Bologna : queste e la interpretazione di un
passo di Strabone relativo ai confini della Lunigiana fanno conoscere
che il Bertoloni , valente professore di botanica, era dottissimo nelle
cose della storia , segnatamente della Lunigiana.
Gli Annunzi bibliografici di altri libri e opuscoli in-
viati alla Direzione, e delle pubblicazioni periodiche uscite
in questo bimestre , avranno luogo nel prossimo fascicolo.
IL REGNO DI CARLO I.° D'ANGIO
dal 2 Gennaio 1275 al 31 Dicembre 1283
(Cont. ved. av., pag. 226).
Settembre, 1. - Lagopesole. Re Carlo ordina al Giu-
stiziere di Terra di Lavoro e Contado di Molise che , statini
receptis prcsentibus domimi imam iuxta domum nobilis viri
Lionardi Cancellarti Achaye dilecti af finis consiliarii et
familiaris nostri ac Magne Curie nostre Magistri Ratio-
nalis prope Turrim Sancii Herasmi de Capua prout idem,
Cancellarìus per litleras seu per nuntium Ubi designaverit
ad expensas Curie nostre fieri de novo facias. in qua de
pecunia geaeralis subventionis vel quacunque alia Curie
nostre pecunia que est vel erit penes manus tuas usque
ad tres vel quatuor uncias auri te eoependere volumus ita
quod in adveniu nostro ad partes illas qui erit inproocìmo
modis omnibus sit completa (1).
Quaternus Secretorum et Magistrorum procuralorum
factusper Magìstrum Guillielmum de Faronvilla prepositum
ecclesie Sancii Amati Duacensis Regni Sicilie vicecancel-
larium anno domini M. CC. LXXV mense septembris primo
eiusdem. quarte indictionis. Regnante domino Karolo rege
Sicilie feliciter anno undecimo (2).
3, ivi. - Elegge in Clavario di Piacenza, Martino di Ca-
stello detto Caldaracio , cittadino di Milano , e rimuove da
queir uffizio Niccolò Brocardo (3). Nello stesso giorno scrive
al milite Simone de Argot ed al giudice Giacomo de Archie-
piscopo di Capua, che tra il procuratore del nobile uomo il
Conte di Bolonia, il quale per regia concessione possiede il ca-
st dio di Lauro, e Galaramo de Jury Siniscalco del Regno, che
similmente per concessione regia è Signore del castello di Sarno,
è sorta lite per il Monte Sico, il quale stando nel confine dei
due territori di Lauro e di Sarno, ognuno di quei signori
(1) Reg. Ang. 1275, A. n. 22, fol. 31.
(2) Reg. Ang. 1275, C. n. 24, fol. 1.
(3) Reg. Ang. -1274, B. n. 20, fol. 81, il 2.»
Arch., 3.» Serie, Tom. XXIV. 24
374 IL REGNO
dice di appartenere al proprio territorio. Perciò ordina di
fare le più minute ed esatte indagini fin dal tempo dell' im-
peradore Federico II, per sapere a quale territorio sia
appartenuto quel Monte, e che se risulterà, come asserisce il
detto Siniscalco che il Conte di Acerra ed il vescovo di
Orleans, che prima di lui possedettero Sarno, furono in pos-
sesso del detto Monte, e se lo stesso Siniscalco ne sia stato
possessore finora, ordina che non sia molestato ; riservando
però ogni diritto al Conte di Bolonia da poterlo sperimentare
al suo ritorno da Francia (1).
11, ivi, - Ordina al Giustiziero di Basilicata di far tro-
vare pronti, nella prossima domenica, cento animali da soma
tra muli, ronzini e giumente, prò nostris de Lacupensule ar-
nesìis deferendis et incontinenti Magistris Marescalle no-
stre apud Laeumpensulem assegnare procures (2).
12, ivi. - Scrive allo stesso Giustiziero di tener pronti
ancora altri 42 animali da soma tra muli, mule, ronzini e
giumente, che dovrà consegnare a Mattia di Andria sermenti
in officio rationum Curie nostre prò portandis rationidus
ipsis a Melfia usque Neapolim (3).
Da questo giorno fino a tutto l'anno della quarta indi-
zione re Carlo ammette nella sua real Casa per valletti e
famigliari: Inardo Dalfino , Rubino detto Sage, Giovanni de
Orville , Odino de Plessy, Carlotto de Tipinget, Giovannotto
da Suge, Lamberto ciamberlano del pontefice, Tartarino sta-
zionario del pontefice, Brussonetto nipote del pontefice , Gio-
vanni Roballe, Guglielmo Stacca, Gualtiero de Brocie, Adamo
de Servegny, Gualtiero Piedediargento, Giovanni di Lovania,
Giovanni di Chiara e Rubino da Motte. - Per valletti : Glai-
chino Fiammingo, Filippotto Li Goloys, Perrotto de Guina-
cour , Giovanni de Gres , Pietro de Choumonz consanguineo
di papa Innocenzo, Cristiano de Subtenaye, Giovanni de Loyse
di Belvedere, Tommaso di Firenze. - Nell'uffizio di Forgie della
regina e della real Casa: Guglielmo di Candia. - Per consi-
glieri e famigliari : Maestro Matteo di Lione dottore in legge,
Raimondo Ruffo giureconsulto, Bertrando de Montly. - Per
(1) Reg. Ang. 1275, B. n. 23, fol. 1, t. 4.
(2) Reg. Ang. 1275, A. n. 22, fol, 80, t (3) Ivi
DI CARLO I. d'angiò 375
militi e familiari: Filippo de Modelly, Ugo de Conchis, Gu-
glielmo de Sitoreto fratello di maestro Berengario de Sitoreto
preposito di Marsiglia, consigliere chierico e famigliare del
re.. Ruggero de Arcubus, Raibaldo de Vachieres, Guglielmo
di S. Felice , Simone de Marziaco , Guglielmo de Grollay ,
Ugo de Yilleneuve , Eustachio de Ardecourt , Adenulfo de
Conte, Goffredo de Pollicene, Guglielmo de Sarry signore di
Diano, Gualtiero Broccia, Giovanni Giovine, Giovanni detto
Foynon , ed Ugo de Vicinis. - Nell'uffizio di portarli del re :
Pietro de Inferno, Giovanni de Cormeriaque, Giovanni detto
Magredos , Guglielmo de Gisors, Raolino di Castro, Giletto
de Vallenteny. - Per mezzo valletto: Pietro de Cocciaco. - Per
chierico della cappella del re : Giacomo de Curtoloco. - Per
chierici e consiglieri : Maestro Rainaldo de Villeneuve can-
celliere dell' impero di Romania , Maestro Iterio di Giovanni
professore di diritto civile. - Per chierici consiglieri e famiglia-
ri : Maestro Pietro canonico di Teano sottodiacono del pontefice
e correttore delle sue lettere, Goffredo de Launcelle canonico
di Forcalquier. - Per chierici e famigliari : Maestro Giovanni
de Armentario, Maestro Gerardo medico monaco di S. Benedetto,
Guglielmo de Corbalio e Maestro Giacomo di Brabante. - Per
cappellano e famigliare: Fra Giovanni detto Probo, monaco
di S. Pietro Carnotense in Valle. - Per chierico, medico e fa-
miliare : Gerardo di Castronuovo. - Per chierico, famigliare e
consigliere : Giovanni del Monastero di S. Giovanni professore
di legge. Per valletto e familiare: Giannotto de Brockis. - Per
valletto: Bertoldo de Lilio. - Per milite consigliere e famigliare:
Campanesio Cazio di Padova. Per consigliere: Giacomo arci-
vescovo di Durazzo. Per portarlo e nunzio : Guglielmo Brit-
tonio. Per trombettiere del re: Giannotto di Melfi (1).
13, ivi. - Re Carlo scrive a CiDalia di Gennaro proton-
tino di Napoli di armare due galere e mettersi alla custodia
della marina di Corneto , e che perlustri fino al Monte Ar-
gentario, impadronendosi di tutte le navi nemiche. Poi gli
soggiunge : Inliibeas insuper fìrmiter et districte in Cor-
neto et Civita Veccia hostium predictorum diete maritime
tam Pisanis quam quibuscunque aliis de partibus ipsis et
(1) Ivi, fol. 219. il 2.°-230 t.
370 IL REGNO
diiigenter custodias ut nulla omnino oectualìa de eisdem
partibus per mare aliquatenus extraliantur contro, omnes
extralientes acriter processurus capiendo ipsos cum victua-
libus extrahendis et vassellìs eorum ac offendendo eos modis
omnibus quibus potes ita quod inìiibitio ipso ten&citer
observetur (1).
Nello stesso giorno sotto pena della loro persona e di
tutti i loro beni, ordina a' Maestri procuratori e portolani di
Abruzzo, di Principato e Terra di Lavoro, di Puglia , di Ca-
labria e di Sicilia, di non fare uscire dal regno, sia occulta-
mente, sia palesemente qualsivoglia genere di vettovaglie o
di legumi, senza speciale ordine in iscritto (2).
14, ivi. - Ordina al Maestro portolano di Principato e di
Terra di Lavoro di permettere a Francesco Gattola di Gaeta
ed a Bartolommeo di Ripafratta, mercanti, di liberamente
potere esportare dal regno 4 mila salme di grano per traspor-
tarle e venderle in Soria (3), a Venezia, a Siro, a Tripoli,
ad Acaia, a ladra, a Ragusa, a Spalato, a Dragurio ed a
Scivinico (4).
15, ivi. - Scrive al Secreto di Principato, Terra di La-
voro ed Abbruzzo: Cum domos duas aptas et conveniente^ ,
imam videlicet in viridario nunc exislente ante Castrimi
Capuane de Neapoli. et alteram iuxla turrim Sancii He-
rasmi de Capua in loco apio, et condecente prò recìpiendis
in eis compulis offìcialinm nostrorum quociens Curiam
nostrani in locis ipsis esse contigerit. providebimus con-
slruendas quorum quelibet sii longitudinis cannarum duo-
rum, ampliludinis cannarum trium et mediani, in arabi-
tam murorum et altidudinis cannarum trium intrinsecus
a terra usque ad trabes fìatque in qualibet earum Camera
una: longitudinis cannarum quatuor iuxta longitudinem
predictarum duarum cannarum cimi viminea prò faciendo
cum expedit igne ibidem et sint domus ipse cum Cameris
dare et lucentes cum feneslris in eis convenientibus prò
Inuline grossis virgis ferreis cancellatis et sint etiam do-
ti) Reg. Ang. 1275, B. u. 23, fol. 8 t.
(2) Reg. Ang. ]275, C. n. 24, fol. 33.
(3) Accon. (1) Cioè Sebenico. Ivi.
DI CARLO I. d'angiò 377
mus ipse in tectis sublus imbrices tabulate , ut scripta
dictorum computorum quando reponentur ibi salubriter
ab imbribus et nivibus conser ventar. Quindi gli ordina di
subito 'are eseguire il tutto con consiglio di Niccolò di Capua
notaio della regia Corte , che all' oggetto manda a lui , e dei
maestri e di altre persone all' uopo destinate. E che in adventu
nostro felici qui erit ad partes ipsas in proximo deo duce
complete sint ut recìpiantur in eìs computa supradicta (1).
16, Melfi. - Scrive al Giustiziero di Terra di Lavoro, che
quando egli mandò a custodire nel castello di Aversa Gio-
vanni Balbino, Giovanni Grimano, Canusio Scura, Minsio
Sinubraniano, Demetrio Scura e Zaccaria Scura, ostaggi al-
banesi, ordinò al milite Gualtiero de Floriaco suo predeces-
sore nel giustizierato , di pagare a ciascuno di essi tre tari
di oro , di peso generale al giorno per le spese , ed un' oncia
di oro di peso generale in ogni anno, nel giorno della festi-
vità del Natale del Signore, ad ognuno per le vesti e le calza-
ture. E poiché si è trascurato di pagare tale assegno, ed i detti
ostaggi sono ricorsi a lui , ordina verificarsi ciò, e severo, su-
bito si paghi, ed in avvenire non si ripeta tanta negligenza (2).
Nello stesso giorno crea Eustasio de Davide di Matera
in maestro delle razze di tutta la Calabria in luogo di Gof-
fredo Bouet, che resta esonerato, e gli comunica le istruzioni
del suo uffizio , tra le quali vi è quella del tempo in cui de-
vesi marchiare ogni animale, il quale marchio della regia
Corte è ad florem de Usa (3).
17, Corneto. - Accorda ai frati minori di S. Francesco di
Monopoli di potere edificare in onore del loro fondatore S. Fran-
cesco, una chiesa extra muros predicte civitatis prope por-
1 im que dicitur de Taranto in solo quod est archidiaconi
Monopoli. Gazi Chinardi et protliordini terre predicte (4).
18, Foggia. - Scrive ai Giustizieri di Capitanata, di Terra
di Bari, di Terra di Otranto e di Abruzzo : Volentes non in-
digne procedere contra homines civitatis Dalmisie emulos
noslros ac eìs fertililatem regni nostri totaliter denegare
et ipsos modis omnibus cohercere fldelilati vestre manda-
(1) Ivi, fol. 2. 2) Reg. Ang. 1275, A. n 22, fol 34.
(3)Reg. Ang. 1275, B. n. 23, fol. 11. (4) Ivi, fol. 10 t.
378 IL REGNO
miis quatenus per sìngulas terras famosas et specialiter
per omnes terras et loca maritima iurisdictionis vestre
banniri facialis et puplice inliiberi quod nullus audeat et
presummat sub pena persone et honorum suorum liomines
prediete terre Dalmisie cuiuscunque conditionìs existant
in eorum domiciliis receptare aut recipere et occultare
mercimonia et aliqua bona ìpsorum nec alimenta mini-
strare eisdem. nec aliqua victualia legumina et aliquam
grassam aut alia vietiti hominum oportuna nec equos nec
arma destinare ad lerram predictam et si quis contra pre-
sentem inhihitionem nostrani contrarium forte faceret aut
temptare presumpserit contra personas et bona eorum alte
et basse prò nostro arbitrio voluntatis contra omnes illos
quos culpabiles inveniri contigerit procedemus. Si vero
aliquos liomines predicte terre Dalmisie inveniri contigerit
per terras et loca lurisdictionis vestre ipsos de personis
eorum cum omnibus mercimoniis et bonis eorum quibus-
libet faciatis arr estari signi ficaturus Curie nostre et Ma-
gistris Rationalibus etc. nomina et cognomina e orumdem et
in quibus terris et locis fuerint arrestati et qae mercimonia
et bona eorum arrestata sint et ubi et quando, nec non et
valorem. velpretium earumdem particulariter etdistricte (1).
19, ivi. - Scrive al Giustiziero di Abruzzo : Licet Spo -
letanos qui contra Romanam Ecclesiam calcaneum re-
bellionis erexera.it hactenus per te a tota decreta iV'i
provincia licentiari mandaverimus et banniri. Quia tarnen
sicut Guìllelmus Vicecomes Ducatus Spoletani rector per
suas nobis lilteras intimava. Idem Spoletani saniori diteti
Consilio ad ipsius Ecclesie beneplacita et mandata totaliter
devenerunt. Nos ad eiusdem Recloris instantiam Spoletanos
eosdem a hanno huiusmodi absolvenles fidelitati tue preci-
piendo mandamus quatenus pretexlu alicuius mandati no-
stri. Ubi propterea destinati contra Spoletanos ipsos ali-
quatenus decelero non procederis et in statum pristiniun
revocans quodquod contra eis. occasione huiusmodi atten-
tasiis Spoletanos et omnes de eorum dìstrictv sicut alios
fideles ecclesie ut redire et moravi in regno nostro sìne
(1) Reg. Ang. 1275, A n. 22, fol. 70.
DI CARLO i. d'angiò 379
molestia qualibet patiaris prò ut hactenus consueverunt.
E simili ordini spedisce al Giustiziero di Terra di Lavoro e
Contado di Molise (1).
20, Lucerà. - Scrive al Giustiziero di Capitanata di fare
restituire la propria rata di paga e di panatica a tutti quei
corniti , nocchieri , marinai , soprasalienti ed altre persone
dell' equipaggio delle galere, che stanno all'assedio della terra
di Dalmisia , i quali per due giorni ebbero licenza dal conte
Pietro de Veda comandante delle regie galere, e da Roberto
Minerra protontino di Viesti (2).
22, ivi. - Ordina a Goffredo de Boy Guilliaume di subito
pagare il salario a maestro Giovanni di Lione , a Giovanni
de Tulio falegnami, al fabbricatore Riccardo ed a Giovanni de
Amanto ferraio, i quali stanno lavorando nel castello di Lu-
cerà alle machine da guerra necessarie per quel castello ,
come pure al notaio dell' opera Bernardo, il tutto dietro cer-
tificato rilasciato da Bisanzio de Rustico di Trani e di Tom-
maso di Calogiovanni di Bari amministratori di quella opera (3).
In questo stesso giorno crea in capitano di Pistoia Raone
de Griffo milite napoletano (4). Indi ordina al Giustiziero di
Capitanata di assegnare quanto si è promesso , suoscriptis
gallicis tam de hospitio quam extra hospitium primi se-
cundi et ultimi gradus , i quali si portano ad abitare nella
fortezza del vecchio castello di Lucerà. Essi sono : Gualtiero
ostiario della regina , Perrotto de Girard , Simonetto della
salseria reale, Giovanni de Poitiers, Rainaldo Botomace, Pon-
zetto Cornay, Odino de Saint Denis, Giovanni Piccard, Adamo
de Pontifore, Andrea Coco , Pietro di Villeneuve , Giovanni
de Trigeville, Odino di Provenza, Roberto de Heumont, Pa-
ste Aci , Guglielmo Clerc, Stefano Cenomano, Riccardo della
stazionaria, Giovanni de Curseil, Cezzetto di Arras, Pietro
Flovecour chierico regio, Pietro di Brettagna, Giovanni de
Burson, Gobino e Bartolommeo de Gans, Pietro di S. Eligio
di Nojon, Guglielmo de Pelard, Guglielmo de Tury Ambies .
Michele de Vatmolendin (5).
(1 Ivi, fol. 3. (2) Ivi, fol. 70.
(3) Reg. Ang. 1275, B. n. 23, fol. 18. (4) Ivi, fol. 165 t.
(5) Reg. Ang. 1275, B. n. 23, fol. 19.
380 IL REGNO
23, ivi. - Crea in capitano del regno di Albania e di
Durazzo Guglielmo di Bernardo, rivocando da quell'uffizio
Narjon da Toucy, cui affida altra missione. Ed ordina a Rug-
gero de Sammaro protontino di Trani di condurlo a Durazzo
unitamente alle milizie cristiane e saracene, che mena seco ,
imbarcando tutti in Brindisi sulle due galere e sulla barchetta ,
con le quali egli deve navigare per la Vallona (1).
Nello stesso giorno nomina il milite Filippo de Arville
in maresciallo del regno di Albania e di Durazzo (2). Indi
ordina al Giustiziero di Capitanata ed al milite Riccardo sa-
raceno di Lucerà, di scegliere in Lucerà cento buoni arcieri
saraceni con archi di corno, e spedirli a Durazzo a Guglielmo
di Bernardo capitano di Albania e di Durazzo, assoldandoli
per tre mesi (3).
25, Ariano. - Crea in Capitano de' Saraceni di guarnigione
in Durazzo il milite Abramo saraceno di Lucerà, rivocando da
quel comando il milite Musa anche saraceno di Lucerà (4).
28, Sanseuerino. - Scrive a Roberto Minerro prontontino
di Vieste di aver saputo , che i pirati Dalmisini fanno scor-
rerie nelle acque dell' isola di Tremiti predando le navi che
passano per que' luoghi , e poi si nascondono neh' isola e nelle
adiacenze. Per la qual cosa gli ordina di armare due galere
e subito mettersi alla vela, prendendo tutte le più esatte in-
formazioni dall'abate di queir isola, e da chiunque altro potrà
dargliene sicure; però con segretezza, da non potersi pe-
netrare da' pirati , affinchè egli possa piombar loro sopra e
prenderli (5).
Nello stesso giorno essendo passato a Nocera, ivi nomina
tesoriero di Durazzo maestro Stefano de Salinis suo chierico,
rivocando da queir uffizio Pietro Butin (6).
29, Nocera. - Ordina a Guglielmo di Bernardo capitano
ed a Filippo de Arville maresciallo di Durazzo di portarsi
(1) Ivi. (2) Reg. Ano. 1275, A. n. 22. fol. 71.
(3) Reg Ang. 1275, B. n. 23, fol. 20 t.
(4) Reg. Ang. 1275, A. n- 22, fol. 70 et 74 t 75 t. 79 t. Questi francesi
vennero alcuni il 22 ed il 23 settembre, altri il il, 18 e 30 novembre di
questo anno, ed altri il 14 di giugno del seguente anno 1276.
(5) Ivi , fol. 20. (6) Ivi , fol. 20.
DI CARLO I. D'aNGIÒ 381
all'istante e senza remora a Durazzo con le milizie, perchè
l'esercito del Paleologo è giunto lino alle vigne della città di
Durazzo , e li previene di avere egli già scritto a Narjon de
Toucy di non muoversi da Durazzo fino a quando l' esercito
nemico non si sarà interamente ritirato (1).
30, ivi. - Scrive a Narjon de Toucy capitano di Durazzo:
Recepimus litteras quas de rumoribus illarum partium
Oddoni de Policeno Iustitiario Terre Ydrontì ac greconim
inimicorum nostrorum processibus destinasti, ac ipsarum
intellecto tenore, volumus et excelleniie nostre placet, quod
de partibus illis nequaquam discedas quousque exercitus
Palìologi de partibus Duracini discesserit, et se abìnde
prolong aver it. ita quod te discedente de partibus illis , sì
tuum prescirent recessum in offe?isionem diete terre redire
non possint quamvis per nostras mandaximus litteras ut
veniente Guillelmo Bernardi ad partes ipsas tuo in officio
successore, ad nostrani debeas presentiam te con/erre,
prolongato vero dicto eocercitu ad nostrani %n"esenliam ve-
7iias prout per alias ab excellentia nostra Ubi datur litteras
in mandatis hostes enim si tuum prescirent recessum maio-
rem assumerent malìliam malignando et sic fìdeles nostri
possent ab illis quod absit offendi forlius et gravavi, intel-
leximus etiam per taas litteras Iustitiario transmissas ei-
dem quod per vasa Paliologi quinque Barce ìiominum Dur-
racliii et una de Ydronto. more piratico capita fuerunt. de qua
es non immerito arguendo cum scito per te adventu galearum
Paliologi debueris Barcas et alia vasa fidelium nostrorum
in terram duci facere. ita quod ab hostibus offensionem
non possent aliquam s>0>slìnere et quotiens aliqua inimi-
corum vasa in partibus ipsis apparent. fidelium nostro)
vasa in terram vel locurn lutici duci volumus ut nuttam
per hostes substinere vel recipere voleant nocumentum.
Displicet mullum nobis quod Balium in Castro nostro non
fecisti fieri prout per litteras Ubi mandavimus nam si
factum fuisset. castrili n et terram in luto essent in luto
tuque aliique fìdeles nostri in nullo periculo morarenlw
de quo non es immerito arguendus (2).
(1) Ivi, fol 21. (2) Ivi, fol. 20 t.
382 IL REGNO
Maestro Niccolò dal giorno primo di questo mese fu pro-
fessore di diritto canonico nello Studio napoletano, e lo era
tuttavia nel 26 di settembre del seguente anno 1276 (1).
Ottobre 3. Nocera. - Scrive al Giustiziero di Terra di
Lavoro : Olim Ubi et ceteris aliis Iustitiariis Regni nostri
per nostras mandavimus litteras ut in litteris eorumdem
datam apponerent. ut de die confectionis illa.rum. et in quo
loco facte sunt plenam nolitiam. nostra Serenitas obtinerit.
veruni cum in duabus litteris tuis. datam nequaquam appo-
sueris. /ideatati tue districte precipimus quatenus in sin-
gulis litteris tuis. quotiens nostre Maiestati super aliquo
scrìbis negotio. datam et locum apponas in fine, alioquin
prò qualibet litterarum ipsarum unciam aurì unum prò
pena de tuo proprio exigi faciemus. et nichilomimus uncìas
auri duas. prò pena dictarum litterarum duarum in quibus
data non apposuistis ut superius est expressum. Venerabili
viro Magislro Guillelmo de Faronvilla etc. prò iure Sigilli
te exoluere volumus. ut in penam non incidas similem, set
Ubi in hac parte vexatio prebeat intellectum (2).
8, Napoli. - Fa lettere commendatizie a tutti i suoi fedeli
ed amici per Giacchetto di Bari e Gualtiero de Brebenta pe-
dites nuntios nostros ad Romanam Curiampro quibusdam
nostris negotiis transmittamus (3).
9, ivi, - Scrive al maestro procuratore di Calabria : Licei
mandavimus libi ut casale Labonie situm in iurisdìctione
tua. ad manus nostre Curie revocares eo quod in eodem
casale inventa est mena argentarle, quam in manibus no-
stris reservavimus tamquam ad demanium nostrum spectan-
tem. tamen volumus et mandamus ut casale ipsv.m lordano
de Sanclo Felice dilecto mitili et fvieli nostro qui ìllud ex
concessione nostra tenebat. ve/ procuratori suo eius nomine,
restituas et resignes. et respondeas sibi et responderi facias
de proventibus iuribus et reddilibus ipsius casalis. per te prò
parte nostra perceplis a tempore revocaiionis ipsius usque
ad diem resignationis huiusmodi. reservatis tamen. nobis
(1) Reg. Ang 1268, A n 1, fol. 21.
(2) Reg. Ang. 1275, A, n. 22, fol. 34 t.
(3) Reg. Ang. 1275, B. n. 23, fol. 23.
DI CARLO I. d'angiò 383
omnibus mineriis tam argenti, quam eris. et plumbi que-
cunque sint et fuerint. in eodem casali et pertinenliis suis.
quas volumus per eos qui alias liuiusmodi menerias nostras
procurarli prò parte nostre curie procurari (1).
10, ivi. - Ordina al Secreto di Principato, Terra di La-
voro ed Abruzzo di pacare il soldo di 10 once di oro annue a
maestro Marando di Reggio professore di logica nello Studio
di Napoli per l'anno della quarta indizione (2).
Nello stesso giorno ordina pagarsi tari sei d' oro al giorno
a fra Giacomo dell' Ordine de' Predicatori, Inquisitore delegato
della S. Sede contro gli eretici del regno, dal 1.° di settembre
di questo anno fino al 31 di agosto del venturo anno 1276.
E quindi scrive a tutte le autorità del Giustizierato di Terra
di Lavoro e Contado di Molise, di prestargli braccio forte ed
aiuto per procedere contro coloro che saranno da lui incol-
pati di eresia, ed imprigionarli (3).
11, ivi. - Ordina ai Maestri procuratori di Puglia, di
Principato e Terra di Lavoro, di Calabria, di Abruzzo e di
Sicilia, ed ai custodi de' passi di Abruzzo e di Terra di La-
voro , di non fare uscire dal regno le penne vulturum. an-
serum. aquilarum. et aliarum magnarum avium eo quocl
de pennis ipsis prò operibus nostris que laborarl facimus in
castro nostro Capuane de Neapoli maxima quantità s neces-
saria reputelur et propterea per offìciales nostros iam erni
mandavimus omnes pennas diclarum avium quas invenire
possent ad di cium Caslrum prò prediciis nostris operibus
destinandas. Quindi li ammonisce ad essere diligenti, mi-
nacciando ad essi la pena del pagamento di cento once d' oro
in caso di contravvenzione (4).
12, ivi. - Scrive al Secreto di Principato, Terra di Lavoro
ed Abruzzo: Quia intetteximus quod domus nostre dohane
et fundici Neapolis in mullis indigeni reparari et maxime
in aliquibus partibus in quibus ex fulminis iclu diruto sunt.
ad presens et nìsi reparentur instanler. mercatores cum
corum mercimoniis in eis comode nequirunt commorari. Per
(1) Reg. Ang. 1275, C. n. 24, fol. 34 t. (2) Ivi, fol. 2 t.
3] Reg. Ang 1275, B. n. 23, fol. 25.
(4) Reg. Ang. 1275, C. n. 24, fol. 35.
384 IL REGNO
la qual cosa gli ordina di subito voce preconia facias solle-
pniler suoastaH V appalto di siffatte ricostruzioni da ese-
guirsi sollecitamente (1).
Nello stesso giorno scrive al milite Goffredo de Boy Guil-
laume preposito alle costruzioni del castello di Lucerà, che
avendo egli prescelto Pietro Blondel per fare il fossato a quel
castello, lo riceva e lo faccia lavorare al detto fossato, pa-
gandogli un tari al giorno (2).
13, ivi. - Ordina al Secreto di Principato e Terra di La-
voro ed Abruzzo, di pagare i soldi a maestro Niccolò profes-
sore di dritto canonico , ed a maestro Giovanni Vacca prò -
fessore di dritto civile nello Studio di Napoli per l'anno della
quarta indizione (3). E che paghi pure il soldo per 1' anno
della terza indizione al predetto maestro Niccolò (4).
16, ivi. - Scrive ai portolani della città di Napoli : Cimi
nuntii regis Tunisii. sex familiares ipsorum cum lentoriis
et arnesiis eorura apucl Tunisiuui velini per mare transmi-
ctereJ ordina loro di fare uscire liberamente con qualunque
nave dal porto di Napoli quei familiari dei detti ambascia-
dori tunisini, con tutte le robe che seco loro portano. E nello
stesso tempo ordina pure di permettere lo stesso al milite
Leone saraceno di Lucerà capitano dell' isola di Pantellaria
che con la sua famiglia ed i suoi arnesi uscirà dal porto della
città di Napoli (5).
In questo stesso giorno manda maestro Pietro de Mora
sottodecano d' Orleans, Enrico di S. Memio canonico di Cham-
pagne, e Giovanni de Merolie nella qualità di suoi procura-
tori e nunzi speciali al duca di Borgogna per domandargli
quello che spetta a Margarita sua moglie in quel Ducato
pei diritti che vanta sulla eredità del defunto Ugo duca di
Borgogna suo avo. In q:;el ducato Margarita già possedeva
una terra (6).
Matteo Rufolo, Niccola Frezza, Giovannuccio de Pando,
Tommaso Caziolo, Andrea de Bonito, Niccola Campalom>.
(1) Ivi, fol. 2 t. (2) Reg Ang 1275, B. n. 23, fol. 25.
(3) Cioè dal 1 <> di settembre 1275 al 31 di agosto 1273. Reg. Ang 127T.,
A n. 22, fol. 211 t. (4) Reg. Ang. 1275, C. n. 24, Ibi. 3.
(5} hi, fol. 36 t. (6) Reg. Ang. 1274, B. n. 20, fol. 63.
DI CARLO I. d'angiò 385
Angelo Pironto, Alessandro d'Afflitto, Tommaso Coppola se-
niore, Niccola Acconciaiocco e Sergio Pinto presentano a re
Carlo una obbligazione di debito ad essi fatta nella terra di
Monteforte il 19 di luglio dello scorso anno 1275 da Roberto
conte d'Artois suo nipote, in cui si dice che esso Roberto à
ricevuto dai detti Rufolo e compagni uncias auri mille tare-
norum bone monete per mano di maestro Gilberto de Moreto,
suo chierico e tesoriero , dando in pegno , Coronam imam
auream ornatavi variis lapidibus pretiosis sub sigillo prefati
Magistrì Gilberti promiltenies per slipulationem sollempnem
integraliter predictam pecuniam reslitaere tempore loco et
modo subscriplis , cioè di pagare o far pagare a suo nome
la detta somma apud Trecas in Francia in festo beati An-
dree quod celebralur in mense novembris proxìmo futuro
duomilia libras bonorum turonensium et quingenias ad ra-
tionem videlicet de solidis quinguaginta prò ancia , come
pure tutte le spese che si faranno pel procuratore di essi
mutuanti , il quale dovrà andare in Francia , rimanervi per
qualche tempo e ritornare poi a Napoli col denaro. Assicu-
randoli ancora per omnem periculum casum seu risicum
maris et gentis lalronum vel ignis fortuitum vel exagitatum
o qualunque altra circostanza potesse darsi, essi dovranno
sempre ricevere l' intera somma senza diminuzione veruna.
E re Carlo in questo dì autorizza quei creditori di eleggere
il loro procuratore e di mandarlo nel termine stabilito a ri-
ceversi le 2500 libbre di tornesi (1).
I frati minori , che nella città di Napoli abitavano nel
monastero di S. Maria di Palazzo , prope portimi Neopolis ,
ne furono cacciati da Galeotto de Floriaco Giustiziero di Terra
di Lavoro e Contado di Molise, perchè, quel luogo era di regia
proprietà ; ma poiché quei frati vengono raccomandati a re
Carlo dal Sommo Pontefice, quel sovrano in questo giorno
ordina al successore del Floriaco di farli ritornare ad abitare
in S. Maria di Palazzo (2).
17, ivi. - Ordina a Giovannotto de Pando maestro por-
tolano e procuratore di Principato e di Terra di Lavoro di
non molestare l'abate ed il monastero di S. Gennaro de Foris
(1) Reg. Ang. 1275, B. n. 23, fol. 2G t. (2) Ivi.
386 IL REGNO
di Napoli nel possesso di una terra di sette moggia in loco
qui nominatur massa in parte foris ftubeurn et dicitur ad
aream muratam (1).
Scrive al Giustiziero di Calabria : Exposuit nobis Bella-
dompna uxor Georg li de Zanone de 0 tracio fidelis nostra
quod cum Adelicia et Ocra et Perno, fllia eius cum aucto-
ritate et consensu Nicolai de Amendolia procuratoris et
mundualdi earum obligaveril quondam Aderitine et liere-
dibus suis cui Acletine ipsa Belladona neptis eius de iure
successa quedam bona stabilia et semoventia e.ristentia in
terra Gir-acii et tenimento suo tam videlicet burgensatica
qiiam pìieudalia prò debito septuaginta uncìarum auri in
quibus eidem Aclentine tenebantur certa pena de non ve-
nìendo coatra apponita ver easiem regie Curie siperipsas
vel heredes earum contraventum fuerit persolvenda sicut
in instrumento puplico inde confecto plenius asseritur con-
ti neri, nunc Petrus de Cera nepos et heres predictarum
mulierum contra obligationern ipsam temere veniens cum non
dum ipsi Ade 'ine vel eidem Belledomp/ne ìieredi et successori
ipsìus Acletine. de dicto debito sit ìntegre satisfactum. nec
ipse. Petrus super hoc satisfacere velit eidem, dìctam Bella-
dompnam super possessione honorum ipsorum obligatorum
ri i ultipliciter impedii et molestat. Quare fidelitati tue precipiendo
mandamus quatenus vocatìs partibus si libi constiterit de pre-
missis. contra predictum Petrum ad exactionem diete pene
ad opus Curie nostre procedas. et ipsam Belladompnam non
permitias per eundem Petrum in huiusmodi bonis oblìgatis
contra formam óblìgalionis ipsiu.s indebite molestari quous-
que sibi fuerit de predicto débito plenarie satisfactum (2).
Fa lettere commendatizie a tutte le autorità del regno
per Stefano e Roberto valletti della polleria regia, i quali
debbono comprare per uso della cucina reale galline alla ra-
gione di tre galline per ogni tari di oro , ogni capretto per
12 grani di oro, ed ogni cinque uova per un grano di oro (3).
(1) Reg. Ang. 1275, C a. 24, fol. 36 t.
(2) Reg. Ang. 127:>, A. d. 22, fol. 110.
(3) Reg. Ang. 1270, u u P3, fol. 2^.
DI CARLO i. d'angiò 387
18, ivi. - Comunica le istruzioni ai suoi procuratori , i
quali debbono portarsi in Francia per farsi consegnare da
quel sovrano la Contea di Poitiers e gli altri beni ereditari del
defunto suo fratello Alfonso Conte di Poitiers , e dal Duca
di Borgogna farsi investire dei diritti su quel ducato , spet-
tanti alla regina Margarita sua moglie per la eredità di Ugo
duca di Borgogna suo avo (1).
In questo stesso giorno ordina al Secreto di Principato ,
Terra di Lavoro ed Abruzzo , di pagare il soldo a Maestro
Giovanni di Casamicciola professore di fisica nello Studio di
Napoli per gli anni della 3.a e 4.a indizione (2).
20, ivi. - Scrive al Giustiziero di Abruzzo , che 1' abate
del monastero di Casanuova dell' ordine cisterciense è ricorso
a lui, dicendo che le mandre di pecore di proprietà del detto
monastero , come è costume , calavano da' monti di Abruzzo
per portarsi in Puglia co' rispettivi pastori, quando giunte a
Vasto Aimone, per dove dovevano passare, Andrea de Sily
signore di quella terra ed il suo vicario, volevano esser do-
nati di alcuni castrati, al che negatisi i pastori, il Sily ed il
suo vicario violentemente s' impadronirono di alcuni giumenti,
di molti castrati e di una certa somma di danaro, e poi por-
tatisi alla grancia di S. Maria a Valle, sito presso la stessa
terra di Vasto e di proprietà dello stesso monastero, tolsero
via quanto vi era , ed in fine da una casa col troppeto , che
possiede il detto monastero in Vasto, in cui stavano conser-
vati i remi, la vela ed altri attrezzi per una barca, quali
cose col musto esso abate voleva mandare all'altro monastero
dello stesso ordine nell' isola di Tremiti , tutto fu predato e
tolto via. Per la qual cosa re Carlo ordina di subito verifi-
care i fatti, e se veri si faccia restituire il tutto, e poi si
procorla contro i rei a norma di legge (3).
In questo stesso giorno gli scrive ancora di pagare sei-
cento once di oro a Giovanni Guerra , a Roberto de Minerro
protontiuo di Yiesti , a Felice de Dossia ed a Niccola Tum-
(1) Reo. Ano. 1274, B. n. 20, fol. 64.
(2) Reg. Ang. 1275, A n. 22, fol. 211 t. Reg. Ang. 1275, C. n. 24, fol. 8
(3) Ivi , fol. 4 t Da questo documento si rileva quanto sia antica la
Camorra.
IL REGNO
berrò soci , a compimento di 1800 once di oro prezzo conve-
nuto di 20 teride complete di tutto , onde queste navi siano
subito finite (1).
22, ivi. - Re Carlo scrive : « Quod Magister Hugo de Bi-
suncìo Camerarius Urbis dilectus Clerìcus et familiaris no-
ster de unciis auri octomilibus generalis ponderis regni du-
dum sibi per nosfram Cameram assignatis tradendis pei^
eum Facio Berinionis mercatori de Senis socio Bonaventura
Bernardini et alìorum mercatorum Senensium ac de erendis et
assignandis per eundem mercalorem nostro nomine domino
Summo Pontifici prò censii sibi et Ecclesie Romane debito
annuatim misit et assi g nari fecit in Curia nostra venerabili
viro magislro Guillielmo de Farumvìlle etc. per suum nuntium
quondam scriptum patens ab eodem domino Summo Pontifice
sub bulla sua pendenti de recepitone ipsius pecunie nobis
factum cuius continentia talis erat. Gregorius Episcopus
servus servorum Bei Karisimo in Cnslo /Ilio Karolo Regi
Sicilie illustri salutimi et apostolicam benediclionem. de censii
oclomilium unciarum auri ad pondus Regni Sicilie prò ipso
Regno et Terra Ubi ab Ecclesia Romana concesso a te no-
bis et ipsi Ecclesie annis singulis in festo beati Petri Apo-
stolorum Principis persolvendo per dilectum filium Factum
Berinionis socium Bondventure Bernardini. Nicolai Bonifa-
cii. et Facii Rollandi. Bonsenìoris Pagani. Giletti Bartholo-
mei. Henrici Bandi. Alebrandini Bannaucci. loannis de Bal-
cis. Ptolomei Manentis. Raynerii Iacobi Barmontini. Georgii
Giumelle et Matthei .Ubici civium et mercatorum Senensium.
de Socìetate quondam Bonsenìoris de Senis dictum censum
octomilium unciarum auri ad idem pondus inlegraliter pre-
sentibus dilectis filiis magistro Iohanno de Maffleto et Petro
de Latterà clericis lui et Guillelmo Brunetti de Larderis
militi tuo nomine persolventem prò anno domini m. ce. lxxv,
fatemur nobis et eidem Ecclesie Romane plenarie salis fa-
ctum presentes lilteras ad tuam et tuorum heredum ac edam
pi'cdictorum mercatorum cauielam et futuram rei geste me-
moriam concedentes. Daium Valentie idibus seplembris pon-
tificatus nostri anno quinto. Nos autem ad magistri Hugonis
(I) Ivi, fol. 207.
1)1 CARLO i. d'angió 389
predicti petitionem et tam sui quam predictorum mercatorum
cautelam presentes Maiestalis nostre litteras fieri et sigillo
nostro iussimus communiri (1).
23, ivi. - Ordina al Giustiziere», al Secreto ed a tutte le
altre autorità della provincia di Terra di Lavoro e del Con-
tado di Molise, di non dare la menoma molestia alle suore
del monastero di S. Maria di Donna Regina di Napoli , del-
l' Ordine di S. Chiara , le quali liberamente possano recarsi
in qualunque terra e luogo di quella provincia per fare la que-
stua (2). Ed al Giustiziero di Terra di Bari scrive di fare solle-
citamente proseguire le costruzioni del castello di Barletta (3).
Nello stesso giorno scrive a Giovannuccio da Pando mae-
stro portolano e procuratore di Principato e Terra di Lavoro :
Exposuerunt noUs Bellissima, uxor Bandinì. et Paliella,
uxor Saladini de Neapoli. fideles nostre, quod cum dudum
per pralrem Iacobum ordinis predicalorum Inquìsitorem
heretice pravUalis. dona quondam Sice Cannabarie de Nea-
poli socrus diclarum mulierum. ob crimen hereseos. pupli-
cata. sententialiter fìsco nostro fuerunt applicala, licei in-
tentionis dicti fratris Iacobi , non extiterit quod ea que de
bonis diete Sice etmani, eisdem mulìeribus tempore contracti
matrimonii inler ipsos. et dictos viros earum filios diete Sice
prò earum dotibus obligata. prò parte nostre Curie caperentur
sicut per litteras dicti fratris specìaliter super hoc. tibi di-
rectarum asserunt piene constare, tu tamen quandam domum
ìpsis mulìeribus prò huius modi earum dotibus obligatam.
ad opus Curie nostre cepisli. ipsamque prò parte Curie
nostre procuras. in ipsarum mulierum preiudicium mani-
festum. quare nobis humiliter supplicarunl , ut restituì eis
domum ipsam de benìgnitate regia mandaremus. Ideoqve
fìdelitati tue precipiendo mandamus quatenus causam qua
domum ipsam cepisli et quod idem frater tibi super hoc
scripserit ac totam seriem, huius negotii disiincte et serialim
fìdeliler nobis scribas (4).
(1) Reg Ang. 1275, B. n. 23, fol. 30. (2) Ivi, fol. 30 t.
(3) Reg. Ang. 1275, A. n. 22, fol. 84 t.
(4) Reg. Ang. 1275, C. n. 24, fol. 37.
Arch., 3.» Serie, Tom. XXIV. 25
390 IL REGNO
24, ivi. - Ordina al Secreto di Principato, Terra di La-
voro ed Abruzzo di subito fare menare a termine la costru-
zione incominciata della casa, prò coquina tineUi nostri extra
castrimi Capuane de Neapoli (1).
Nello stesso giorno scrive ai baiuli della città di Napoli
che la università del popolo della stessa città è ricorsa a lui
querelandosi di essere vessata ed oppressa da arbitrarie ed
ingiuste condanne di multe e di gravezze senza che i giudici
della regia Corte all' uopo destinati siano consultati. Per la
qual cosa ordina loro quatenus hominibus eiusdem quos iniu-
sle gr avari nolimus vel offendi mdlam decelero inferatis
molestiam. vel ab aliis permillatis inferri, set in omnibus
cum contra eos proceditis in aliquo insta Iudicwn civitatis
eiusdem consilium prout de iure videbitur ila quod conqueri
decelero nequeant in hac parte (2).
Poi scrive al Secreto di Sicilia che a norma dei Capitoli
dell'Ammiragliato del regno in ogni anno si debbono conse-
gnare nella città di Messina all'Ammiraglio del regno cento
salme di frumento a salma generale, e cento salme di vino
anche a salma generale; e perciò gli ordina di fare conse-
gnare nella città di Messina al messo di Filippo de Toucy
ammiraglio del regno le cento salme di grano ed altrettante
di vino (3).
In questo giorno finalmente crea in Vicario di Roma
Guglielmo de Barry suo consigliere, rimovendo da quell'uf-
fizio Pandolfo di Fasenella, ed in Maresciallo di Roma Gof-
fredo Policene (4).
26, ivi. - Ordina al Secreto di Principato, Terra di La-
voro ed Abruzzo , di pagare il soldo a Giovanni detto di Tra-
ni professore di logica nello Studio di Napoli per l'anno della
quarta indizione (5).
28, ivi. ■ Allo stesso Secreto ordina di pagare il soldo a
maestro Bonafidanza da Todi professore di grammatica, nello
(1) Ivi, fol. 4.
(2) Reg. Ang. 4275, B. n. 23, fol. 31.
(3) Reg. Ang. 4275, C. n. 24, fol. 28.
(4) Reg. Ang. 1275, B, n. 23. fol- 166 t
(5) Cioè dal \ di settembre 1275 al 31 di agosto del 1276. Reg. Ang. 4275,
C. n. 24, fol. 4.
DI CARLO I. DANGIÒ 391
Studio di Napoli, per gli anni della terza e quarta indi-
zione (1).
In questo stesso giorno approva i pagamenti fatti alle
Università ed a tutti quei regnicoli che dovettero versare al
regio tesoro delle somme per le quali furono tassati a titolo
di prestito forzoso , allorché nell'anno 1273 sua figlia Beatri-
ce sposò Filippo de Courtenay , figliuolo primogenito dell'im-
peradore di Costantinopoli Baldoino. In siffatta circostanza la
città di Aversa col suo territorio fu tassata per once dieci
di uro , e tari dieci (2).
Novembre, 4 Napoli. - Re Carlo ordina al maestro
Portolano ed al maestro Procuratore di Principato e Terra
di Lavoro, di permettere a P. Arcivescovo di Amalfi di
estrarre dal porto del Sele cento salme di vettovaglie a sal-
ma generale tra grano, orzo e legumi, che sono delle terre
della Chiesa Amalfitana, e che con barche trasporterà ad
Amalfi. E lo stesso permette a P. Vescovo di Rovello (3).
8, ivi. - Ordina provvigionarsi tutti i castelli del Regno, che
sono posti sul littorale e su'confini del reame, come pure quelli
dell' isola di Sicilia. Perciò ordina che in ogni castello si ri-
ponga nel tesoro il grano ed il miglio proporzionato al nu-
mero delle persone che vi stanno, cioè alla ragione di tre
tomoli di grano, ed uno e mezzo di miglio al mese per cia-
scuno individuo , e tale riserva da farsi per un intero anno.
E che in ogni mese di marzo di ciascuno anno si venda al
maggiore offerente il residuo di questa provvista dal Secreto
della provincia , coll'intervento de' provveditori de'castelli, e
quindi si rinnuoverà la munizione di fresche vettovaglie. Per-
ciò nel Giustizierato di Abruzzo, le provvisioni ed i castelli
sono i seguenti. Il castello di Civitella con 60 servienti à 180
salme di grano, e di miglio 135. Di Ripa di Corno 8 servien-
ti, grano salme 24, miglio 18. Di Introdoco 50 servienti, gra-
no salme 150 , miglio 112 e tomoli 4. Di Rocca Intromonte 6
servienti, grano salme 18, miglio 13 1]2. Di Mareri 30 ser-
vienti, grano salme 90, miglio 66 1]2. Di Macchia 25 servien-
(1) Ivi, fol. 3 Reg. Ang. 1275, A. n.22, fol. 211 t. 212 t.
(2) Reg. Ang. 1268, A. n. 1, fol. 5-6.
(3) Reg. Ang. 1275, C. n. 24, fol. 38, t
392 IL REGNO
ti, grano salme 75 , miglio 50 e tomoli 2. Nel Giustizierato
di Principato e Terra di Lavoro, il castello di Capri servien-
ti 4, grano salme 12, miglio 9. Di Girone, servienti 30, gra-
no salme 90, di miglio 67 1[2. Del Salvatore a Mare ser-
vienti 30, grano salme 90 , miglio 67 li2. Di Capuana di Na-
poli, servienti 10, grano salme 30, miglio 22 Ii2. Di Rocca
Sorella, servienti 30, grano salme 90, miglio 67 li2. Di Roc-
ca d'Arce, servienti 40, grano salme 120, miglio 90. Di Casal
Monticello, servienti 10, grano salme 30, mìglio 22 1{2. Nei
castelli di Puglia , il Castello di Taranto, servienti 15, grano
salme 45, miglio 33 e tomoli 6. Di Brindisi, servienti 20, gra-
no salme 60, miglio 45. Di càstel di Castro servienti 10, gra-
no salme 30, miglio 22 1[2. Di Trani, servienti 20, grano
salme 60, miglio 45. Di Bari servienti 15, grano salme 45,
miglio 33 e tomoli 6. Di Monte S. Angelo, servienti 20, gra-
no salme 60, miglio 45. Di Lucerà servienti 100, grano sal-
me 225, miglio 168. Dei giustizierato di Calabria il castello
di Tropea, servienti 8, grano salme 24, miglio 18. Di S. Aga-
ta, servienti 10, grano salme 30, miglio 22 li2. Di S. Niceto
servienti 10, grano salme 30, miglio 22 li2. Di Cotrone, ser-
vienti 15, grano salme 45, miglio 23 e tomole 6. Di Ro-
seto e Pietra di Roseto, servienti 12, grano salme 36, mi-
glio 27. Di Sicilia citra, il castello di Messina, servienti 50 ,
grano salme 150, miglio 112 1(2. Di Scaletta, servienti 9,
grano salme 27, miglio 20 e tomoli 2. Di Milazzo servien-
ti 20, grano salme 60, miglio 45. Di S. Marco servienti 6,
grano salme 18, miglio 13 li2. Di S. Filadello servienti 12 ,
grano salme 36, miglio 27. Di Siracusa, servienti 12, grano
salme 36, miglio 27. Del palazzo di Siracusa , servienti 4,
grano salme 12, miglio 9. Del castello superiore di Taormi-
na, servienti 12, grano salme 36, miglio 27. Del castello in-
feriore di Taormina, servienti 10, grano salme 30, miglio
22 Ij2. Di Augusta, servienti 6, grano salme 18, miglio 13 1{2.
Di Sicilia ultra, il castello di Cefalù, servienti 38, grano sai -
me 114, miglio 85 1[2. Del palazzo di Palermo, servienti 8,
grano salme 24, miglio 18. Di Castellammare di Palermo, ser-
vienti 13, grano salme 39, miglio 29 e tomoli 2. Di Licata
servienti 18, grano salme 54, miglio 40 e tomoli 4. Di Caronia,
DI CARLO I. d' angiò 393
servienti 12, grano salme 36, miglio 27. Di Monteforte, ser-
vienti 12, grano salme 36, miglio 27. Di Iaci, servienti 6, gra-
no salme 18, miglio 13 1^2 (1).
9, ivi. - Scrive al Giustiziero eli Terra di Bari : Quia
sicul scis et per alias nostras litteras Ubi transmissas edoce-
ri pollasti qualiter cordi nobis est et beneplacito nostre resi-
det voluntatis quod terra Baroli mundatur omni fece omni-
busque stercoribus quibus aer corrumpilur et corruptus
aer contaminai morbo et vatitudine tam cives terre ìpsius
quam allam gentem nostram, gli ordina con minaccia di gra-
vi pene, che statini elargiri facias ad mis urani q cinque pai-
mommi canale quod est in terra Baroli in platea veteri et
incupari adeo quod aqua possit leviter et sine diffìcullate
ad mare discurrere et poslquam predictum canale platee
prediale predico modo feceris elargiri statiias cohoperirì
facere canale predietwn lacconibus bonis et grossis et bone
iuntis per Angelum Sannellam receplorem et expensorem
pecunie que recipitur et expenditurpro mundandis canalibus
diete terre* (2).
11, ivi. - Crea Fulchetto di Figello in Vicario di Grasse ;
e Gregorio Vicedomini di Piacenza, milite e consigliere in
Vicario di Marsiglia (3).
In questo stesso giorno ordina al Vicario di Sicilia ed al
milite Guglielmo Cornuto di armare due galere ed un galeo-
ne, e fornite le une e l'altro di tutto l'occorrente per naviga-
re, le facciano trovare nel porto di Messina, all'arrivo in
quella città de'suoi ambasciadori, che egli manda aire di Tu-
nisi unitamente a"; nunzi Tunisini , a lui spediti, i quali con
le galere proprie rimaste nello stesso porto di Messina, ri-
tornano in patria (4).
13, ivi. - Crea Angelerio de Medelberti in Clavario di
Piacenza (5).
18, ivi. - Re Carlo per premiare la fedeltà de' Marsigliesi
e degli altri Provenzali, accorda loro il privilegio pe' naufra-
gi Reg Ang. 1275, B. n. 23, fol. 35 t.-3(3 t.
(2 Reg. Ani;. 1275, A. n. 22, fol 87 t.
(3) Reg. Ang 1274 , B n. 20, fol. 83 94 t.
(4) Reg. Ang. 1275, B. n 23. fol 37 t. I^;. fol. 137.
394 IL REGNO
gi, esentandoli dalla Costituzione del regno; in forza del quale
privilegio possono essi riprendere dal mare la nave e le raeivi
non ostante passati i tre giorni accordati dalla detta Costituzione;
però dovendosi provare chiaramente che la nave o le merci ad
essi si appartengano. E nello stesso giorno accorda pure ad
essi di tenere nelle città di Messina, di Trapani, di Siracu-
sa e di Palermo, la logia, e perciò ordina al Vicario di Sici-
lia, di permettere a'medesimi di edificarla in luogo compe-
tente ed a richiesta del Vicario di Marsiglia (1).
In questo stesso giorno scrive al Vicario di Sicilia , che
spedisce suoi ambasciadori al re di Tunisi i militi Pietro di
Alamannone e Giovanni di Lentino suoi consiglieri, ed il no-
taio maestro Niccolò Pipitene di Palermo, e Filippo Saladino
di Palermo ut cognoscat aurum et argentum, e Manfredi de
Osula anche palermitano, per servire da interprete. Che perciò
somministri a costoro tutto l'occorrente tanto pel viaggio che
per la dimora in Tunisi ed il ritorno in Sicilia. E di sommini-
strare ancora danaro e mezzi di trasporto al loro ritorno da
Tunisi et animalia oportuna sub iusto loerio curie prò deferen-
dis rebus quas detulerint a Tunisio partibus videlicet Sicilie
ubi eos applicare contigerit usque ad cameram nostrani (2).
Poi scrive al Giustiziero di Terra di Bari: Cimi coaces-
serimus Massiliensibus et aliis Provincialibus fidelibus nostris
et beneplaciti nostri existat quod ipsi Massilienses et. alii
Provinciales logiam habeant in Trano in loco compete ,iii
fidelitati tue precìpiendo mandamus quatenus ad requisitio-
nem nuntii vicari Massilie fìdelis nostri eidem nuntio prò
logia facienda in Trano in loco competenti de solo curie
nostre in quo logiam ipsam fieri faciant auctoritate presen-
tium assignes et facias sine dìffìcultate qualibet assignari (3).
21, ivi. - Ordina al castellano del castello di Caserta, di
tenere bene custodite in quel castello, le persone consegnate-
gli da fra Giacomo dell'ordine de' predicatori inquisitore del
regno contro gli eretici, purché dichiarate colpevoli di eresia
alle quali somministrerà per cibo solo pane ed acqua (4).
(1) Reg. Ano. 1275, B. n. 23, fol. 43, t. (2) Ivi, fol. 43 t.
(3) Reg- Ang. 4275, A n. 22, fol. 89.
(4) Reg. Ang. 1275, B. n. 23, fol. 49.
DI CARLO I. DANGIÒ 395
22, ivi. - Scrive a tutti i segreti del reame e dell' isola
di Sicilia, ed a'Maestri procuratori di Puglia, di Calabria e
di Sicilia che le vedove i cognati ed i consanguinei de' prodi-
tori sub quodam involucro fraudolenter detinent ad censum
vel procurationem vel alias modo quo possunt i beni de' pro-
ditori che ab eadem nostra receperunt et recipiunt Curia in
ipsius nostre curie preivdìcium manifestimi, perciò ordina loro
sotto severi pene di subito incamerare tutti i beni dei proditori,
ed essere diligenti a non farsi ingannare da chicchessia (1).
26, ivi. - Gli abitanti di Altamura ricorrono a re Carlo
dicendo che Federico II imperadore innanzi alla sua deposi-
zione, facendo ad essi abbandonare le proprie case, volle che
ripopolassero la terra disabitata di Altamura , concedendo
loro de' privilegi demaniali, i quali ora venendo ad essi di-
minuiti, chiedono esservi mantenuti. Per la qual cosa re
Carlo ordina ad Orso Rufolo maestro procuratore e portola-
no di Puglia, ed a Tommaso di Tancredi di Foggia, maestro
massaio, di esaminare l'esposto, e rapportare a lui, per prov-
vedere secondo giustizia (2).
Nello stesso giorno scrive al Giustiziero degli scolari
dello Studio di Napoli: Cum Magisler Bemardinus de Tuscia
cìvis Neapolitanus gramatice ariis doctor docere absque sa-
lario paratum se offeral. et nostre intcntionis non fuerit
neque sit prohibere dolere volentes. set quod duo iamen in
arte ipsa in Civitate Neapolis. cum salario nostro docerent
/idei 'itati tue preeipiendo mandamus qualenus eundem Ma-
gislrum Bemardinum in civitate ipsa libere docere permit-
teris nec tu et occasione alterius prohibitionìs que super hoc
per litteras nostras dicitur esse facta impedimenlum vel ob-
sfaculum ingeras nec ingerì ab aliis pattar is (3).
27, ivi. - Ordina pagarsi a Fra Matteo dell'ordine de'Pre-
dicatori, inquisitore destinato dal pontefice contro gli eretici
dell'isola di Sicilia e della provincia di Calabria, sei tari di
oro al giorno dal 1 di settembre di questo anno fino al 31 di
agosto del venturo anno 1276. E scrive a tutte le autorità
della Sicilia e di Calabria di prestargli aiuto e consigli, e di
(1) REG. Ang. 1275, C n. 24. fol. 7. (2) Ivi, fui. 45.
(3) Reg. Ang. 1275, B. n. 23, fol. 49.
396 IL REGNO
imprigionare tutti quelli, che da detto frate saranno dichia-
rati colpevoli di eresia (1),
30, ivi. - Scrive a Maestro Pietro de Angicourt: Quia
exposuit excellentie nostre Goffridus de Bosco Guillelmi
prepositus operibus fortellitie castri Lucerie eie. quod pa-
latium quod fieri mandavimus in fortellitia castri nostri Lu-
cerie est fere completimi, ita quod tua non est ibi propterea
presentici decetero oporluna fidelilati tue precipiendo man-
damus qualenus slatim receplis presentibus ad prese ntiam
nostrani accedas scilurus ea que de servìtiis nostris Ubi
duximus iniungenda que edam Goffridus per suas nobis
litteras intimava quod Matta àirris parve que totaliter est
completa ita quod de turri ipsa non est decetero in aliquo
dubitandum (2).
Nello stesso giorno scrive al Secreto di Principato, Ter-
ra di Lavoro ed Abruzzo quod domus coquine nostre sita
inter castrimi Capuane que reparanda estJ deve essere ri-
fatta da nuovo in tecto archibus voitis et aliis suis partibus;
per la qual cosa ordina di subito e senza remora, fare il tut -
to eseguire (3)
Decembre 2, ivi. - Re Carlo scrive al Secreto di Prin-
cipato, Terra di Lavoro ed Abruzzo, di permettere a Riccar-
do de Credulo pescatore della regia corte di pescare nel lago
Fucino 20mila tinche e di salarle e curarle nella casa all'uo-
po destinata, e di somministrargli ancora la quantità neces-
saria di sale, che si farà dare dal maestro procuratore di
Abruzzo, il quale già à ricevuto gli ordini opportuni (4).
3, ivi. - Fa lettere commendatizie a' suoi amici e fedeli
per Giacomo arcivescovo di Durazzo, che si prepara a por-
tarsi alla propria sede (5). Poi ordina al Giustiziero di Terra
di Bari, di mettere al servizio del detto arcivescovo un buon
vascello per condurlo a Durazzo col suo seguito e sette ca-
valli, che però non siano da guerra, e che tutte le spese del
viaggio siano a carico dell'erario regio (6).
(]) Ivi, fol 53 t. (2) Ivi, fol. 51. (3) Reg. Ang. 1275, C. n. 24, t'ol. 8 t.
(i) Reg. Ang. 1275, C. n. 24, fol 11.
(5) Reg. Ang. 1275, B. n. 23, fol. 59 t.
(6) Reg. Ano. 1275. A n. 22, fol. 101.
DI CARLO I. BANGIO 397
In questo stesso giorno fa salvacondotto a Guido de Cape-
llina, Niccolò de Benigna e Bonaiunta di .Rivalto, ambascia-
dori pisani, i quali dopo avere adempiuto la loro missione
presso re Carlo, fanno ritorno in patria (1).
4. ivi. - Crea Rainaldo Porcelli in vicario di Toscana
rivocandone Gualtiero Apparilo (2), e Roberto de Saint Ser-
leau in maresciallo di Toscana (3).
Nello stesso giorno manda Fra Stefano de Visenice del-
l'ordine cistercense, Giovanni Galardo, ed il milite Riccardo
di Airola, suoi consiglieri e familiari, nella qualità di suoi
nunzi in Toscana prò bono et pacifico slatu Tuscie et Comi-
tatus eiusdem (4).
12, ivi. - Scrive a Leone de Pando di Scala: Quìa im-
mediate post festum nativitatis Domini proxìme futurum ire
proponimus óbviam domino nostro summo pontifici ubi Ca-
meram nostrani subire sumptus maximos oportebit* gli or-
dina perciò di subito mandargli 1255 once di oro del danaro
da lui dovuto per l'appalto che à tenuto della Secrezia di Ca-
labria nell'anno della prima indizione prossima passata (5).
Ordina poi al Secreto di Principato, Terra di Lavoro ed
Abruzzo, di pagare due tari di oro al giorno per sue spese
al milite Niccolò Druget che con sua moglie esso re Carlo à
mandato al castello di Nocera de' Cristiani per aver cura dei
figliuoli di Carlo principe di Salerno, suo primogenito, che
fa dimorare in quel castello. Come pure di pagare i soldi ai
12 servienti che stanno a custodia di quella fortezza (6).
Nello stesso giorno ordina a' baroni ed a' feudatari del
Giustizierato di Terra di Lavoro e contado di Molise, sì re-
gnicoli, che oltramontani, di portarsi in armi e cavalli ed in
perfetto servizio militare alla mostra in S. Germano o in
Aquino il giorno 15 del prossimo gennaio, ed i baroni ed i
feudatari di Abruzzo nello stesso giorno in Solmona o all'Aqui-
la, e quindi tenersi pronti a partire ad ogni suo ordine (7).
18, ivi. - Scrive a tutti i Giustizieri della parte conti-
nentale del Regno, che ognuno di essi faccia ordine a tutti i
(1) Reg. Ang. 1275, B. n. 23, fol. 168. (2) Ivi, fol. 167.
3) Ivi, fol. 168 t. [A Ivi, fol. 167. 5) Ivi, fol. 56
(6) Reg. Ang. 1275, C. u. 24, fol. 11. Reg. Ang. 1275 , A. n. 22,
fol- 212 t. (7) Reg. Ang. 1*75, B. n. 23 fol. 56, t.
398 IL REGNO
baroni e feudatari latini della rispettiva provincia , i quali
posseggono l'annua rendita di 20 once di oro ovvero al diso-
pra, di doversi trovare in completo servizio militare in armi
e cavalli in S. Germano il giorno 16 del prossimo mese di
gennaio 1270 alla sua presenza. Quei baroni e feudatari poi
che avranno l'annua rendita al disotto delle 20 once di oro ,
non dovranno portarsi alla mostra , ma invece dovranno
pagare ognuno 12 once e mezzo di oro. Ed in fine ordina che
infallibilmente il tutto si esegua nel detto giorno 16 di gen-
naio 1276, sotto pena della confisca de' feudi (1).
16, ivi. - Scrive a maestro Ugo de Bisunce Camerario di
Roma che prepari la sua casa, e faccia la provvista di 600
salme di vino latino, di 2mila salme di legna, e di3mila gal-
line; come pure di consegnare a Bartoloinmeo Ferace mae-
stro degli animali della regia cucina, l'orzo necessario per
1200 porci destinati per detta cucina (2). Poi ordina a mae-
stro Pietro de Chaul suo chierico e familiare, ed al milite Li-
guoro Caracciolo di Napoli, di prendere a nolo 80 animali da
soma, tra giumente, ronzini e muli, e consegnarli a Gazzotto
scudiere della regia marescallia, ed a Roberto chierico della
stessa marescallia prò deferendìs arnesiis camere nostre
usque Turrim Capite (3).
Nello stesso giorno ordina ad Orso Rufolo maestro Por-
tolano e procuratore di Puglia, di permettere a Giovanni
Cano Dandolo console veneto residente in Trani di poter fare
uscire dai porti di Manfredonia, di Barletta e di Trani 2mila
salme di grano a salma generale, per mandarle a Venezia,
pagando però il diritto di dogana, cioè 30 once di oro per
ogni cento salme (4).
17, ivi. - Scrive al Giustiziero degli scolari dello Studio
di Napoli : Ex relatione Magistri Olivera et aliorum repe-
litorum in gramatica in Neapotitano commoranfium studio
nuper nostra serenitas iniellexit. quod ipsi propter de/ecttim
Magistrorum conventaiorum quamplurimos scolares in ipso
studio, dovere ceperunt. set tu prò eo quod olim nostras
Ubi litteras Ubi et sco/aribus dicli studii sub certa forma dì-
(1) Reg. Ang. 1275, A. n. 22, fol. 45.
(2) Reg. Ang. 1275, B. n. 23, fol. 170 t.
(3) Ivi, fol. 71. (4) Reg. Ang. 1275, A. n. 22, fol. 219.
DI CARLO i. d'angiò 399
reximus ut tu aliquem nisi a maieslate nostra docendi habe-
ret Ucentiam. decere non permicteres. dictìque scolares
ultra doctorem ordinarium non adirent eundem. predictis
repetitoribus. sub certa pena mandasti, ut docere decelero
alìquatenus non presumane '. Cum igìtur nostre intentionis
nequaquam fuerit huiusmodi repetitoribus. vel Magistris
sine salario docere volenHbus aliquatenus hoc interdicere
vel id in hiis iniungere. per quod posset profectum scola-
rium impediri. set mandare potius. quod duo tantum magi-
stri in gramatica scolarium a nostra curia oblinerint. fìdelì-
tati lue precipiendo mandamus quatenus repelilores huius-
modì quominus libere doceant nullatenus prete du predicta-
rum litterarum impedias vel molestes aut aliquod in hoc eis
obstaculum inierponas. E nel giorno 19 poi, simili ordini
ripete per maestro Guglielmo di Milano detto Lombardo, ri-
petitore in grammatica (1).
20, ivi. - Ordina al Secreto di Principato, Terra di La-
voro ed Abruzzo di pagare per la decima ad Angelo vescovo
di Pozzuoli, 12 once di oro quas in tintoria Judayce Neapo-
lis annis singuHs percipere eie. nec non et decem in porlu
Balanini et Sulfìtarie etc. non obstante mandato nostro Ubi
facto directo de certa quantitate pecunie quolibet trimestri
tempore ad nostrani cameram destinanda et qualìbet alia (2).
23, ivi. - Re Carlo avendo saputo che alcuni scolari to-
scani e pisani, i quali erano venuti' a studiare nello studio di
Napoli, erano molestati dalle autorità locali, ordina a tutte le
autorità governative, di non dare la menoma molestia a
chiunque venisse a studiare nello studio di Napoli, si appar-
tenga a qualunque città, anche nemica (3) , perchè gli sco-
lari dello Studio Napoletano stanno sotto la sua imme-
diata protezione. Che perciò liberamente essi vengano da
pertutto, dimorino in Napoli, e ne partano a loro volontà,
senza la menoma molestia, però quando vorranno fare ritor-
ci) Reg Ang. 1275, B. n. 28, fol. 66 t
(2) Reg. Ang. 1275, C. n. 24, fol. 11 t.
(3) Quanto avanza re Carlo a Federico II imperadore in proteggere le
lettere e gli scienziati ! Federico bandiva rigorosamente i suoi nemici
dallo Studio di Napoli, mentre Carlo gli chiama e li protegge.
400 IL REGNO
no in patria loro, è accordato il termine di quaranta giorni,
dopo del quale cessa per essi la real protezione (1).
25, ivi. - Dovendo portarsi a Roma chiamatovi dal pon-
tefice, re Carlo crea suo capitano e vicario generale nella
parte continentale del regno, fino al suo ritorno, Roberto
Conte d'Artois suo nipote. E nello stesso tempo nomina mae-
stro Guglielmo Boucelle, cappellano del pontefice, all'uffizio de
omnibus litleris patenlibus sigillandis per te apud Robbertum
comitem Atrebotensem Karissimum nepotern nostrum- quem
ad Urbem feliciter accedentes in regno nostro Sicilie a faro
citra generalem vìcarium et capitaneum usque ad felicem
reditum nostrum in Regnum perfecimus sigillo capitanie
quod per te volumus custodirì. faciant duo Registra consimi-
lia quorum unum penes te sigillante remaneat et aliud rema-
neat penes Iuzolinum de Marra eie. in Archivio rationum
servandum prout servatum extitit hactenus tempore alio-
rum capitaneorum et vicareorwn nostrorum nobis feliciter
extra regnum agentibus per nostrani excellentiam statuto-
rum et etiam in nostra curia reservatum. E lo nomina puro
tesoriere presso lo stesso vicario, coll'obbligo di tenere due
registri simili, de' quali uno riterrà per sé, e l'altro mande-
rà a maestro Niccolò Boucelle e Iozzolino della Marra (2).
Nello stesso giorno ordina pagarsi a Matteo di Gragna-
no Cancellerie nostre registratori il soldo mensile di una
oncia e 15 tari di oro di peso generale per ottobre, novem-
bre, ed il presente mese di decembre, e pe' seguenti mesi di
gennaio e febbraio 1276, e che il soldo gli si deve pagare ad
raMonem de unciis auri duobus tarenis septem et granis
derem eiusdem ponderis per mensem iuxta assisim Impera.
prò eo quod apud Urbem cum nostra curia est venturus (3).
26, ivi. - Dà alcuni ordini al castellano del castello del
Salvatore a mare di Napoli, volgarmente detto dell'Uovo, in
cui dimora Karissimam fìliam nostrani principissam (4) J
cum sua familia (5).
1) Reg- Ang. 1275, A. n. 22, fol 108.
(2) Ivi, fol. 72. (3) Reg. Ang. 1275, A. n. 22, fol. 46 t. il 1.°
(4) Cioè Maria di Ungheria moglie di Carlo principe di Salerno figliuo-
lo primogenito del re. (5) Reg. Ang. 1275, B. n. 23, fol 77.
DI CARLO I. D'ANGIÒ 101
Ti, ivi. - Scrive al Giustiziero di Valle del Crati e Terra
Giordana di sorvegliare attentamente al cavamento che si fa
nel suo giustizierato delle miniere di argento , di piombo , di
rame e di ferro (1).
In questo stesso giorno scrive a Simone di Lignì suo
valletto e familiare, ed a Rainaldo Cussano di Cosenza , i
quali aveano intrapreso di cavare le miniere nel giustizie-
rato di Valle del Crati e Terra Giordana : Quia exposui-
stis nóbis presentes in Curia quod de tota mena monta-
nea et Galancia recepta per vos integra por itone curie
nostre ex proventibus et lucro argentar iarum Longibucci et
Lorde, et Aguttaturie eiusdem terre Longibucci à vicesimo
sexto novembris usque per totani mensem Augusti tertie in-
dictionis nuper preterite de qua tota Mena. Montanea et Ga-
lancia preter siibscriptam quantilatem Galancie adhuc resi-
duam apud vos plumbum et argentali cum expensis curie
nostre fecistis extralù percepte et ìiabite sunt argenti marche
centum sexaginla et micie septem et media et plumbi cantarla
tredecim preter alia cantarla plumbi duodecim consumpta in
igne tempore quo huiusmodi argentimi extractum est a
Mena. Montanea et G olanda supradictis et quod recepistis a
Magistro Paulo de Botonto Magistro procuratore curie nostre
in Calabria fldeli nostro de pecunia Curie que erat penes ma-
nus suas de mandato nostro sibi indirecto uncias auri qua-
traginta mutuandas Magistris laboraloribus Argentariarum
Longibucci et ab eis de por tione eorum propria poslmoduni
rependas et predìctas Marchas argenti centum sexaginta et
unrias septem et mediani nostre camere assignetis. assigna-
tis nichilominus per vos eidem camere nostre predictis un-
ciis quatraginta receptis per vos a Magistro procuratore
predici o. Urei de eisdem unciis quatraginta solvei itis prò
expensis per vos /dc/is in extraelione dicti argenti et plumbi
uncias auri odo et tarenos decem et septem et granos duo-
decim propter quod humiliter supplicastis ut ipsas uncias
auri odo tarenos decem et septem et granos duodecim so-
lulis per vos prò expensis factis in extra/tendo argento et
plumbo predicto de pecunia percipienda ex vendiiione pre-
(1) Reg. Ang. 1275, Li. n. 23, fol. 71 t.
402 IL REGNO
dictorum cantar iorum phot ibi Iredecim et RóbeUamtm cen-
tum trigìnta trium et sexte parlis allerius ad magnam Ro-
bellam Galaucie. quas dixistis esse residuas apud vos de
tempore supradiclo ut devotio vestra quam liabuistis in as-
signandis integre camere nostre predictis uncis quatraginta
de quibus feceratis expensas huiusmodi ut superius dictum
est vobìs ad incomodum non resultai per vos recipi et reti-
aeri de benignitale regia mandar emus. vobis duxìmus tali-
ter respondendum quod sitotum argentimi perceptum ethabi-
tum prò integra porlione curie nostre ex proventibus et lu-
cro prediclarum argentariarum et Aguttalurie. et pre-
dictas uncias aurì quatraginta integre nostre camere ut
proponìtis assignastis et alia pecunia curie nostre per manus
vestras non futi, nec est de qua faceretis expensas predi-
ctas et expense ipse utiliter et necessarie et iuxta soliti' m
prò extrahendo predicto argento et plumbo facte fuerint et
fines modestie non excedanl et de ipsarum soluzione constet
per ydoneas apodixas expensas huiusmodi ialiler per vos
necessarie et utiliter et iuste et rationabiliter factas. de pe-
cunia proventura de predicta Galano ia et plumbo apud vos
residiiis. de tempore sup>radicto vos volumus retinere exa-
minatione et discussione lumen pie nana super predictis
omnibus vestre rationis tempore reservata ut in nullo pos-
sit in nostra curia circumscribi vel in aliquo defraudari
et quod ex tenore presentami nuttum super predictis omni-
bus preiudicium nostre curie generetur. (T).
28, ivi. - Re Carlo concede in appalto a Martino de Can-
tono di Amalfi omnia iura redditus et proventus que Curia
nostra habet et habere debet in consulatu et frundico Tunisii
curii omnibus iuslitus rationibus et pertiaentiis eorum cum
quibus vendi et concedi consueverunl hactenus precessoribus
suis proul retroactis temporibus usque in presentem a unum .
Quale appalto dopo la pubblica asta fatta bandire per tre gior-
ni nelle città principali della Sicilia, gli si é accordato per un
solo anno, cioè dal primo di febbraio 1276 al 31 gennaio 1277
per la somma di 90 once di oro a peso generale, pagabile in
tre quadrimestri, e dando fideiussori solidali Dionisio del giu-
(1) Reg. Ang. 1275, B. n. 23, fol. 73 t.
DI CARLO I. D'ANGIÒ 403
dice Riccardo di Amalfi e Giacomo de Albito protontino di
Gaeta (1).
In questo stesso giorno ordina eseguirsi le necessarie
riparazioni al castello del Salvatore a mare di Napoli, vol-
garmente detto dell'Uovo (2).
Indi scrive al Giustiziero di Terra di Lavoro, che alcuni
protontini e corniti delle galere, le quali nella prossima pas-
sata indizione fé 'ero parte della flotta spedita contro i geno-
vesi, fraudolentemente non anno restituite le armi nuove ed
utili, che loro furono consegnate per armare le galere; perciò
ordina che subito le faccia depositare nel castello del Salva-
tore a mare, consegnandole a quel castellano Rodulfo de Ycolat.
Le armi sono cioè, per una galera , balestre di legno ad un
piede 13, altre a due piedi 13, balderenos de corto novo cum
subbuculis et omnibus gaarnimentis suis 28 scudi , guarniti
40, casse di quadrelli ad un piede 5, altre a due piedi 3, lan-
ce ferrate 200. Ronconi con le aste e corrispondenti ferri 10.
Iectarolos cum astis et ferrìs eorum 400. Anpulas de igne
Silvestro rei greco duas. Rampiconi due, ciascuno con una ca-
tena di ferro lunga passi quattro con due anelli uno bulticio
et alio non vidticio. Rocchetti con le aste 23. Per altre tre
galere le stesse armi per ognuna di esse. Per la 5.a galera,
Balestre di legno ad un piede 13, a due piedi con le corde 13,
Balderenos prò tewlendis balistis ìpsis 38, casse di quadrelli
ad un piede 5, a due piedi 3. Ronconi con aste e ferri 10. Ram-
piconi due, ciascuno colla catena di ferro lunga quattro passi
e con due anelli. Iectarolos cum astis suis 200. Rocchetti
di ferro 25, lance ferrate 100, e scudi guarniti. E simili armi
per altre due galere. Per 1* S.a galera scudi guarniti 40, Ram-
piconi 2. Ronconi con le aste 10, balestre di legno ad un
piede 15, altre a due piedi con le corde 13. Balderenos de
corto novo per le dette balestre cu>n siibbuculls et ali is guar-
nimenUs suis 28. Casse di quadrelli ad un piede 5, altre a
due piedi 3, lance ferrate 200. Iectarolos cum astis suis 400.
Rocchetti di ferro 25. Per la 9.a galera scudi guarniti 21, e
le altre armi simili alle altre. Per la 10. a galera scudi guar-
niti 40, Rampiconi 2 con la catena di ferro ciascuno di quat-
(1) Ivi fui. 77. (2) Reg. Ang. 1275, À. n. 22, fol. 46 t. il p.°
404 IL REGNO
tro passi lunga e con due anelli uno volticcio e l'altro no.
Ronconi con le aste 10. Balestre di legno con corde ad un
piede 15, ed a due piedi con corde 13, Bandoliere di cuoio
nuovo per caricare le stesse balestre cum subbaculis et aliis
guarnì ni enti s suis 28. Casse di quadrelli ad un piede 5, a due
piedi 3. Lance ferrate 200. Iectarotos con le aste 400. Roc-
chetti di ferro 25. Picconi di ferro 47. Bottiglie di vetro (1)
piene di fuoco Silvestro 40. Canctàbes de ere 10, ciascuno con
catena lunga palmi 2 de canna cum acuto uno desuper com-
pertos. clavatos. fortes et integros. perforalos quemlibet eo-
rum in quatuor partibus, e catrame (2) libbre 100. Per la
11. a galera scudi guarniti 40. Rampiconi due simili ai prece-
denti. Ronconi con le aste 10. Balestre di legno con corda ad
un piede 15, ed a due piedi con corde 13. Bandoliere di cuo-
io nuovo per caricare le balestre stesse 28. Casce di quadrelli
ad un piede 5, a due piedi 3, lance ferrate 200. Iectarotos
con aste 400. Rocchetti di ferro 25. Per la 12.a galera simili
armi, e così pure per la 13.a (3).
In questo medesimo giorno Carlo principe di Salerno e
vicario generale del regno, ordina al Secreto di Principato,
di pagare a Bonafidanza professore di grammatica nello Studio
di Napoli, il salario pe' mesi di giugno, luglio ed agosto del -
la 3.a indizione, cioè di questo stesso anno 1275 (4).
29, ivi. - Re Carlo ordina al maestro giurato ed alla
Università di Calvi, sotto pena di 50 once di oro, che appena
ricevuta la presente lettera omnes malos ac difficiles passus
stratarum in pertinentiis terre vostre tam dira quam ultra
Calvum consistentium per quas nos cum genie nostra sumus
auctore domino feliciter transituri sic faciatis celeriter re-
parari in huiusmodi passibus pontes lìgneos prout neces-
se fuerit fieri /'adendo quod nos cum gente ipsa exinde trans-
ire sine impedimento aliquo valeamus (5).
Nello stesso giorno scrive a' Giustizieri di Terra di La-
voro e Contado di Molise, di Capitanata, di Terra di Bari, di
Terra di Otranto, e di Principato e Terra Beneventana, di
(1) Ampullas vitreas. (2) Quatrami. (3) Ivi fol. 47 t.
(4) Reg. Ang. 1270, C. ri. 9 fol 25.
(5) Reg. Ang. 1275, B. n. 23, fol. 75.
DI CARLO I. DANGIÒ 405
fare pagare la sovvenzione da' suoi vassalli, secondo la con-
suetudine del regno, al nobile uomo Ugo conte di Brenne e
di Lecce, il quale in comitiva nostra se conferì apud Vrbem
cum toto servitio (1).
In questo medesimo giorno Carlo principe di Salerno e Vica-
rio generale del regno, ordina a'conservatori delle vettovaglie
della regia corte, di consegnare al milite Stefano de la Forest
sei salme di frumento e dieci di orzo a salma generale, per uso di
Carlo di Fiandra e della figliuola dell' imperadore di Costanti-
nopoli suoi nipoti, e della loro corte e de' loro cavalli (2).
30, ivi, - Re Carlo scrive al Giustiziero di Abruzzo:
Cura nooilem virum Robberlum Comitem Atrebatensem
carissimum nepotem nostrum ad Vrbem feticem accedentes
in regno nostro Sicilie citra farum usque ad r editimi no-
strum feticem in regnum vicarium et capitaneum genera-
lem duxiraus statuendum fìdelitati tue precipimus quatenus
ea que dictus comes Ubi ex parte celsitudinis nostre sub si-
gillo capitanie de lionore et servitio nostris mandaveril efft-
caciter exequaris et sibi laaquam capitaneo et vicario nostro
generali in ipsis partibus prò nostra curia ordinato devote
ad honorem et fidelitatem nostrani pareas et intendas. E lo
stesso scrive agli altri Giustizieri del regno, a'maestri delle
Zecche di Brindisi e di Messina, al vicario di Sicilia, a' Mae-
stri procuratori e portolani di Principato, Terra di Lavoro
ed Abruzzo, di Puglia, di Calabria e di Sicilia; a' Secreti di
Principato, Terra di Lavoro ed Abruzzo, di Puglia, di Cala-
bria e di Sicilia; ed a' Maestri Massai di Basilicata, di Capi-
tanata, di Calabria e di Sicilia citra (3).
In questo giorno Guglielmo de Farumville preposito di
S. Amato Duacense e vicecancelliere del regno, scrive al Si-
niscalco del regno che a Giovanni de Solery familiare e chi-
rurgo del re e della real casa, con un cavallo, ora re Carlo
gli à assegnato un secondo cavallo, perciò paghi al Solery
itlud quod datis aliis familiaribus predicti domini regis re-
ceptis cimi duóbus equis (4).
(1) Keg. Ang. 1275, A. n. 22, fol. 47.
(2) Reg. Ang. 1270, C. n. 9. fol. 168 t.
(3: Reg. Ang. 1275, A. a. 22, fol. 14 t (4) Ivi fol. 223 t.
Arch., 3.» Serie, Tom. XXIV. 20
406 IL REGNO DI CARLO I. D'ANGIÒ
In questo mese di decembre, re Carlo ordina alcuni pa-
gamenti a favore del milite Niccolò Drucheth aio de' suoi
nipoti, figliuoli del principe di Salerno, i quali dimorano nel
castello di Nocera de' Cristiani (1).
In questo stesso mese di decembre Carlo principe di Sa-
lerno e Vicario Generale del regno comunica al Giustiziero
di Terra di Lavoro e Contado di Molise, gli ordini ricevuti
dal re suo padre, cioè che nel giorno 14 del prossimo mese di
gennaio, tutti i baroni e feudatari oltramontani, provenzali e
del regno, che appartengono al suo Giustizierato, sotto pena
della confisca dei feudi, si debbono trovare in S. Germano o in
Aquino in completo servizio militare, in armi e cavalli (2).
Nel dicembre di questo anno 1275 in Calabria vi erano
i seguenti castelli con regie milizie, cioè: a Reggio con un
contergio, a Calorina con un castellano scudiero e 10 ser-
vienti, a Misiano con un castellano milite e 10 servienti ,
Tropea con un castellano scudiero e 8 servienti, a Monte-
leone con un cortergio, a Nicastro con un castellano mi-
lite e 6 servienti, a S. Agata, con un castellano scudi
e 10 servienti, a Bovalino con un castellano scudiere e 8 ser-
vienti, a S. Giorgio con un castellano scudiere e 10 servien-
ti, a Stilo con un castellano milite e 50 servienti, a S. Niceto
con un castellano scudiero e 10 servienti, a Gerace con un ca-
stellano scudiere e 15 servienti, alla Catona con un contergio. a
Pentedattilo con un castellano scudiere e 4 servienti. Nella valle
del Crati e Terra Giordana cioè : a Cotrone con un castellano
scudiero e 15 servienti, a Roseto ed a Pietra di Roseto con
un castellano scudiero e 12 servienti, a Cosenza con un con-
tergio, di Cassano con un castellano scudiero e 6 servienti.
Ciascuno castellano milite riceveva due tari al giorno :
ciascun castellano scudiere un tari e grana quattro al giorno;
e ciascun contergio tari uno e grana 4 al giorno; ciascun ser-
viente grana 8 al giorno ; e ciascun cappellano secondo la
consuetudine (3).
C. Minieri-Riccio.
(1) Reg. Ang 1270, C. n. 9, fol. 19.
(2) Reg. Ano. -1270, C. n. 9, fol. 38.
(3) Reg. Ang. 1275, B n. 23, fol. 53.
GIUSEPPE II, PIETRO LEOPOLDO
E LA TOSCANA
« Faccia per carità un articolo per noi Toscani sulla
Corrispondenza dei due fratelli Imperatori ».
Tali sono le ultime parole dell'ultima lettera, scrittami il
dì 29 dicembre 1875 da Gino Capponi ; lettera nella quale ,
avendo accennato al trovarsi piuttosto meglio del consueto
dopo queir incomodo nell'estate venutogli nella villa di Var-
ramista , quasi profeticamente soggiungeva : « ma se i mali ,
come fu detto, nel caso mio non sono mai lunghi, così nem-
meno i beni potranno , e a ogni modo ringrazio Dio di quello
che da Lui viene ».
Circostanze non liete , oltre all'acerba perdita del vene-
rando quanto benevolo e sempre desiderato amico , mi hanno
impedito d'adempiere al voto da lui esternato. Prendendo
oggi in mano la penna, non potrei nemmeno, per varie ra-
gioni , tener discorso dei troppi argomenti toccati nel car-
teggio tra Giuseppe II imperatore e Leopoldo granduca,
carteggio che principia dalla morte del padre per terminare
proprio colla vita del maggiore dei due fratelli, mentre gli
gervono di corredo le lettere di Maria Teresa a Giuseppe,
e il carteggio di Leopoldo colla sorella Maria Cristina , moglie
ad Alberto duca di Sassonia Teschen e un tempo governa-
trice dei Paesi bassi Austriaci — documenti preziosissimi
per la storia degli anni 1764-1792 , la cui pubblicazione è
dovuta alla liberalità del Governo Austriaco e alla solerzia
del Cav. de Arneth, capo-direttore del grande Archivio Vien-
nese,, e dei collaboratori suoi (1). Nella presente memoria,
(1) Alfred von Arneth, Maria Theresia unti. Joseph II. Ihre
Correspondenz sammt Briefen Josephs an seinen Bruder Leopold.
3 volumi, Vienna, 1867-1868.
< Joseph II. und Leopold von Toscana. Thr Briefwechsel von 1781
bis 1790. 2 volumi, Vienna, 1872.
408 GIUSEPPE II, PIETRO LEOPOLDO
mi trovo costretto a limitarmi ad una sola parte di questi
carteggi, a quella cioè che, oltre ai princìpi politici di Leo-
poldo , maggiormente spetta all'azione da Giuseppe II eserci-
tata ovvero progettata sulle sorti della Toscana durante il
regno del fratello, e alle di lui intenzioni riguardo a questo
Stato , toccato alla casa Lorenese per convenienze non ita-
liane né anche lorenesi. Inquantochè se i Toscani erano po-
chissimo contenti di passare sotto il dominio di principi esteri,
gli abitanti di Nancy e di Lunéville non erano più di loro
soddisfatti d'un cambiamento, che invece di una dinastia,
colla quale avevano diviso e il bene e il male , dava loro per
padrone un forestiere non mai veduto, il quale per di più
non era se non usufruttuario nell'interesse di vicini prepo-
tenti, con cui durante dei secoli essi avevano combattuto
per la propria indipendenza.
Narra la storia della Toscana, come proprio all'alba del go-
verno di Pietro Leopoldo (lo nomino per questa volta così per-
chè è l' uso in Italia, mentre in Germania, e nella propria fa-
miglia , non gli si è mai dato se non il secondo di tali nomi)
il fratello, qual erede universale del padre, avanzasse pre-
tesa ai denari esistenti nelle regie casse in Toscana, ai ge-
neri dei pubblici magazzini ed ai crediti coi particolari ac-
cesi alla morte di Francesco II, somme complessivamente
calcolate ad oltre dodici milioni di lire. Si sa Leopoldo aver
protestato e pregato invano, mettendo innanzi, oltre i diritti
che al paese , non al principe , spettavano a questi denari ,
le condizioni infelicissime del Granducato e le estreme an-
gustie nelle quali egli trovavasi, ed essersi finalmente veduto
costretto a spedire a Vienna tutto il contante dell'erario,
cioè 3,762,816 lire, di cui, sua vita durante, gli vennero
pagati quattro per. cento d'indennizzo. Così nel II.0 volume
della Storia delio Zobi , dove si riporta ancora l'accordo con-
cluso a Vienna ai 5 Giugno del 1766 tra il Cancelliere prin-
cipe Kaunitz e il conte Francesco Orsini di Rosenberg, il
quale poi venne a Firenze capo del governo invece del Ma-
resciallo Botta Adorno. Abbiamo ora sott'occhio le carte
Adam Wolf, Leopold II. und Marie Christine. Ihr Briefwechsel
1781-1792, voi. unico, Vienna, 1867. ;Del medesimo autore si ha : Mari*
Chtistine Erzherzoin von Oesterreich. 2 volumi, Vienna, 1873.
Adolf Beer, Leopold IL, Franz II. und Catharina. Ihre Correspon-
denz. Voi unico, Lipsia, 1874.
E LA TOSCANA 409
spettanti a questo disgustoso affare, il quale non poco, nò
senza ragione, amareggiò i princìpi di regno del giovine
sovrano, e nel cuore gli lasciò una spina. « Quanto agli af-
fari — sono parole di Giuseppe in una lettera a Leopoldo dei
9 ottobre 17G5, presso Arneth, Maria Theresia I, 141 —
comincerò con dirvi, che la questione riguardo al testamento
è stata decisa nella Conferenza, di cui vi mando il proto-
collo. Vedrete che io sono erede universale. Nell'istesso tempo
accludo una lettera pel Botta. Non ne abbiate paura. Non so
servirmi dei miei diritti dirimpetto ad un fratello e amico,
ma avendo fatto cessione dell'intero mio retaggio alla Mo-
narchia (Austriaca) senza riservarmene nulla , non posso
nemmeno privarla dei vantaggi che le spettano. Dunque i
frutti entrati e non spesi al tempo del defunto Imperatore ,
di pieno diritto appartengono a me e per conseguenza allo
Stato. Avendo dato a questo tutto e senza interesse , non
potrei togliergli un vantaggio non più mio; pure gli reco
un incomodo per amor vostro, caro fratello. Vi propongo di
spedirmi il denaro rimasto nella cassa di riserva {Caisse des
besoins) , ma mentre procuro alla monarchia tale aumento ,
per mezzo d'atto solenne vi farò godere del provento di sif-
fatti capitali vostra vita durante al 4 per cento. Così vi
rendo servigio e non ci perde nessuno eccettuato me, anzi
ci guadagno , soddisfacendo e al mio debito e alla mia incli-
nazione. Ecco ciò che vi propongo. In qualità di co-reggente,
non posso lasciarvi queste somme ; lo Stato ne ha bisogno
troppo urgente. Ma se vi conviene l'accomodamento , presto
servigio e al Granduca e alla mia patria ».
In questa lettera del pari che in tutte le altre, non si
tratta se non dei denari, non già di generi e di crediti ac-
cesi. In un Poscritto d'altra lettera dei 30 dell'istesso mese,
Giuseppe insiste sull'invio accelerato. Ma intanto il Mare-
sciallo faceva delle obiezioni , alle quali Giuseppe rispondeva
ai 7 Novembre. « Per ciò che spetta agli affari, caro fratello,
seguo il metodo vostro, e vi rinvio alla mia lettera al Botta, la
quale credo esser senza replica. Non nego che delle ragioni
di convenienza per la Toscana esigerebbero che questo de-
naro contante rimanesse nel paese, ma la necessità e il mio
diritto incontestabile, uniti al vostro utile personale, fanno
si che io sono deciso a spedire un messo onde prende)' no
consegna e portarlo in natura. Ecco sinceramente ed irrevo-
410 GIUSEPPE II , PIETRO LEOPOLDO
cabilmonte la mia intenzione. Una cosa però di cui devo pre-
garvi ed avvertirvi, si è che non soffriate che un terzo s'im-
mischi nella nostra amicizia. Le parole del Botta e le sue
proposte di mediazione mi hanno molto offeso. > Eppure, si
trattava di un affare, in cui il Maresciallo, quasi tutore del
giovine Granduca (Giuseppe lo chiama una volta « vostro
papà Botta ») e capo del governo, era in pieno diritto « d'im-
mischiarsi » ; affare non particolare né tra « amici », comun-
que ne giudicasse il novello imperatore, ma dello Stato af-
fidato alle cure , buone o no , del vecchio soldato. Ma la cosa
non era finita, e bisogna pur confessare , Giuseppe aver fatto
prova d'un' impetuosa intolleranza che non si potrebbe giu-
stificare. A quella lettera dei 7 novembre, Leopoldo rispose,
dicendogli, che , ove avesse potuto figurarsi l'impressione
fattagli dalla spiegazione dei suoi diritti e delle sue ragioni,
egli sin da principio si sarebbe taciuto , sagrificando volen-
tieri e vantaggi e diritti, e il proprio benessere alla con-
servazione della di lui benevolenza e bontà. « Quanto ad im-
mischiarsi, devo dichiararvi che Botta ha composto il pro-
memoria nella sua qualità di ministro di Toscana, e dietro
alle mie istruzioni, e non mi figuro che possiate volergliene
di aver ubbidito agli ordini del suo padrone. Esso vi ha ub-
bidito in tutto, comunicandomi i vostri comandi e consiglian-
domi di spedirvi subito il denaro ; ma non poteva fare di
più. Come ministro plenipotenziario, non gli spettava di dare
ordini né di disporre d'un soldo della cassa, dovendo aspet-
tare la mia decisione ed autorizzazione. Invece di agir male,
egli si è comportato da uomo onesto ». Poi Leopoldo propose
al fratello un accomodamento. Dichiarando di non voler più
esaminare la questione di diritto , ma di sacrificare il denaro
a comune soddisfazione, affinchè non gli si potesse fare rim-
provero di avere agito contro la casa d'Austria, egli aggiun-
ge che non può pure sacrificare la Toscana, la quale per-
dendo questa somma sarebbe totalmente rovinala, e propone
di far trascrivere il montante della cassa in obbligazioni della
banca Viennese dalla testa sua su quella del fratello , toglien-
dole dal capitale formato con la dote e controdote della Gran-
duchessa, e di non toccare gl'interessi offertigli e quelli do-
vutigli a Vienna affinchè con essi si rinforzasse di nuovo il
detto capitale sino all'attuale montante. Esso (Leopoldo) ci
perderebbe, ma soddisfarebbe ai suoi doveri.
E LA TOSCANA 411
Si dura fatica a capire, come mai tale proposta abbia
potuto destare tanto risentimento nell'Imperatore quanto ne
palesa un suo biglietto dei 26 Novembre a Maria Teresa.
« Oso mandare a V. M. una lettera di Leopoldo con altra di
Botta sugli affari pecuniari. La prima meriterebbe risposta
di fratello maggiore, ove lo stile non mostrasse che essa è
dettata da un altro. Ne trovo molto forti le espressioni e
molto indecente il modo. Le proposte sono inammissibili,
giacché levando la somma dai capitali qui collocati, V. M.
è vero diminuirebbe il debito, ma non riceverebbe denaro
contante, che è di tutta necessità per terminare le nostre
operazioni. Il denaro della cassa Toscana mi appartiene. Tro-
verò il modo meno costoso di farlo giungere qui — questo
non riguarda punto mio fratello ». La savia e buona madre
rispose l'istesso giorno: « Fra due figli vedo nascere discor-
dia, per cosa che non merita d'alterare un'amicizia o un
legame così tenero e sacro. Si tratta del più o del meno, o
della rovina del più debole. Da sei settimane voi siete stato
testimone delle mie inquietudini pur troppo verificate. Il
vostro biglietto scritto nel primo momento dovrebbe farmi
impressione, ove non sapessi che ragione e tenerezza vin-
ceranno quando ci rifletterete un po'più. Un giovine monarca,
un po'gonfio per l'abbondante incenso e per proprio carattere,
oflèndesi per qualunque cosa che gli si fa incontro o gli re-
sista. Devo parlarvi chiaro — non trovo nella lettera di vo-
stro fratello nulla da ferirvi né da muovere vostra collera
mentre nel biglietto vostro trovo molto umorazzo. Questa
sera vi rimanderò le vostre lettere dopo di averle rilette : se
posso avere presso di me Kaunitz, gliene parlerò, non fidan-
domi di me sola. Mi lusingo che la solitudine v'ispirerà mag-
gior longanimità. Nelle circostanze attuali , non c'era biso-
gno di tale aumento di tristezza ».
Le parole della madre pare abbiano prodotta certa im-
pressione; pure Giuseppe non s'arrese , e la di lui risposta
a Leopoldo, prima di spedirla sottomessa a Maria Teresa,
provocò, da parte di questa, delle serie osservazioni.
« Dopo il colloquio della mattina, m'aspettavo una risposta
più amabile e più indulgente, senz'asprezza né umiliazione.
Non correggono gli altri, riserbandosi per se medesimo o
orgoglio o piccolu rancore ». Poi gli fa dei rimproveri sui
modi suoi , e sulla superiorità ora spiegata verso un fratello
412 GIUSEPPE II, PIETRO LEOPOLDO
col quale si era tenuto sempre sul piede d'uguaglianza , e
termina colle parole : « Ecco le riflessioni d'una buona vec-
chia — voi le getterete nel fuoco; ma essa ha creduto dover dirvi
semplicemente la verità ». Ma nell'istesso tempo scrisse al
Conte Francesco di Thurn, allora gran ciamberlano del gio-
vine granduca, dicendogli che a Firenze si era stato nel torto,
che, ancora avendo ragione da lagnarsi, si sarebbe dovuto
scrivere in altro modo sulla riflessione che tutto lo stabili-
mento di Toscana era un atto di generosità dell'imperatore.
Le osservazioni di Maria Teresa mentre non cambiarono
nulla al fondo della questione , la Toscana rimanendo obbli-
gata a pagare, fecero però cambiare modo a Giuseppe dirim-
petto al fratello. « Sin dal primo momento — sono parole
della sua lettera in data dei 5 Dicembre — in cui vi chiesi
i frutti percetti dal defunto Imperatore e il fondo di cassa,
non lo feci se non dopo di essermi consultato con persone
abili ed oneste, le quali mi certificarono del mio pieno diritto.
I dubbi vostri mi fecero consultare altre ; la nostra adorabil
madre, non paga di ciò, col suo senso delicato di giustizia
e mossa viepiù ancora dal desiderio d'obbligarvi , ne con-
sultò da parte sua ; ebbene tutti di comun accordo non ne
fecero né anche questione di gius, ma furon d'avviso che,
oltre la legge , il buon senso e il solo diritto naturale mi ag-
giudicano questo denaro. Il sentimento uniforme di tutti, a
parer mio , caro fratello , dovrebbe convincervi della giustizia
della mia domanda. Posto il fondamento , che cioè questo denaro
è mio così indubitatamente come il ducato che tengo in saccoc-
cia, passo al secondo punto, il quale spero vi proverà la neces-
sità della domanda. Voi sapete quanto le nostre finanze ri -
sentonsi ancora dell'ultima crudele guerra. I nostri paesi non
sono oberati che troppo; senza rovinarli, non ne possiamo
sperare né desiderare maggiori aiuti , i quali bisogna cavare
dai risparmi. Le bagattelle sono pari a un bicchier d'acqua
vuotato in un fiume onde renderlo navigabile ; solo per mezzo
di grandi e buone operazioni , le quali col diminuire la spesa
rialzino il credito, possiamo ristabilire lo Stato, rendendolo
un giorno o l'altro temibile ai nemici. Per questo oggetto,
una certa quantità di numerario è indispensabile, giacché in
mancanza di questa non c'è da cominciare. Ho dato tutto ciò
che era mio, ma non basta. Vorreste voi privarmi della
dolce soddisfazione d'aver soccorso il mio paese con tutto
E LA TOSCANA 413
l'aver mio ~ì Bisogna che io vi dica , che senza il numerario
che io tengo in Toscana , tutti i nostri progetti rovineranno
o saranno immensamente ritardati. Non è possibile che, ri-
pensando bene a ciò che vi espongo, la vostra ragione non
se ne convinca, che il vostro cuore non sia mosso dalla ne-
cessità assoluta ed indispensabile di far venire qui questo dena-
ro per la fine di Febbraio. Vi prego di non farvi fermare da
ragioni di convenienza particolare 1 Guardale al trono e di-
menticate i membri. Sarebbe facile il provare che al Sovrano
della Toscana importa più una salutare e buona operazione
di finanza che stabilisce e solleva la Monarchia Austriaca ,
rendendola capace di proteggerlo, che di rasciugare cento
volte le sue Maremme ».
A Leopoldo altro non rimase a fare che chinare il capo.
Lo fece — rispose il dì 10 Dicembre che avrebbe ubbidito
agli ultimi comandi positivi , e senza molte parole protestò
che desiderava convincere il mondo del suo affetto e del suo
profondo ossequio. La Toscana pagò, giacché era suo il de-
naro e non del patrimonio privato , e Leopoldo ne rimase
addoloratissimo, non essendo mai potuto convincersi né della
giustizia della pretensione , né dell'interesse del suo piccolo
paese a spogliarsi per soccorrere le finanze del grande im-
pero, cui veramente poteva applicarsi il paragone adoperato
da Giuseppe del bicchier d'acqua vuotato nel fiume. Egli non
ha mai fatto mistero di quello che sentiva e pensava di tale
transazione. Nel 1767, essendo seriamente ammalate le due
imperatrici, la moglie di Giuseppe e Maria Teresa, il Mini-
stro inglese Sir Orazio Mann, sin da quasi trentanni pratico
della Toscana, scriveva ad Orazio Walpole delle inquietudini
di Leopoldo. « La perdita della madre sarebbe di fatti grande
per lui , viemaggiormente nelle presenti circostanze. Dopo la
morte del padre, il fratello non tardò di dargli prove, che
da lui non c'era da aspettarsi gran soccorso; riflessione la
quale afflisse il giovine principe molto più della perdita del
denaro che dovette cedere a Giuseppe, e a cui pochi mesi in
poi si vide costretto a supplire per mezzo d'un imprestito
fatto a Genova al quattro per cento » (1). Leopoldo poi, un
quarto di secolo dopo questa penosa transazione, nel Rendi-
li) Dr. Dokan, Mann and manners al the Court of Florence
1740-1786 Founded ori the lettera of Borace Mann to Borace Walpole,
i volumi. Londra, 1876 Voi. II. pag. 183.
414 GIUSEPPE II , PIETRO LEOPOLDO
conto del suo governo , di nuovo ha dichiarato, appartenere
al pubblico e non al principe, questi capitali.
In altra occasione, Giuseppe ebbe maggior ragione, in-
contrando in ciò ancora il sentimento della madre. Non si
sarebbe creduto, che Leopoldo e la consorte, tutt'e due alieni
dal fasto, gai siccome conviene a' giovani , ma semplici nei
loro gusti ed avendo dei modi indicanti non alterigia ma
dimestichezza, qualità propria della famiglia dì Lorena-Ab-
sburgo in luogo dell'antico sussiego spàgnuolo infiltratosi nella
corte imperiale, che essi, dico, da principio avessero s pie-
gato un lusso di cerimonie e di rappresentanza poco conforme
al paese e alle proprie ci reo stanze « Ci ' pio ut ad I isso una
etichetta », scrive il Ministro Inglese, il quale d'altronde fa
elogio della « cortesia tutta Medicea » ei io an vrani,
quasiché non ci fosse differenza tra una corte imperiale e
una granducale. «Ciò accadeva in tempo di carestia e di ne-
cessità pubblica tale da far pensare Leopoldo a mandare alla
zecca gli argenti delle chiese. (Sir Orazio - >j : « pare
che egli non indovini che le armi spirituali riesciranno troppo
forti per lui ».) Non si andrà lontano dal vero supponendo
che il fasto non era secondo il gusto di Leopoldo, sibbene
del Botta, tenacissimo di tali cose, e il quale, al tempo della
Reggenza andando in carrozza con tiro a sei, con davanti
lo stalliere sopra cavallo leardo , trovossi poco contenl
non poter farsi vedere con più di quattro dopo giunti i nuovi
sovrani. Mail lusso non era punto secondo il gusto di Vienna.
« L' economia, così Maria Teresa n Ila sopraccitata lettera al
Conte Thurn, è un'altra questione. Rosenberg ha ordine di
chiedervi il prospetto della vostra Corte. Bisogna essere ser-
viti bene e secondo le convenienze , ma troppa gente non fa
meglio di pochi e buoni. Ne ho veduto qui un saggio che non
mi ha persuasa. È viepiù nécessai io essere informati
tamente di tutto, le circostanze della Toscana non corrispon-
dendo, siccome pare, alle espettative. Né domando a Botta i
medesimi schiarimenti quali chiedo a voi riguardo alla Corte.
Conviene regolar tutto acciocché io possa esser tranquilla per
quel che spetta alla sorte di mio figlio, cui ho creduto rendere
felice purché egli sappia limitarsi invece di correre il rischio
i lanciarsi in sulle prime, giacché al qua esso non può
aspettare soccorso. /Sono palesi le condizioni delia Monarchia;
poi ho da pensare a nove figli oltre di lui ». Anche Giuseppe,
E LA TOSCANA 415
scrivendo al fratello insiste su questo punto, e sulla soddi-
sfazione da dare alle cure della madre. « Datele questa con-
solazione, essa la merita con tutto ciò che ha fatto per voi.
L'economia nella vostra casa e Corte è una cosa importan-
tissima, quale oso raccomandarvi con insistenza. Sin dal prin-
cipio bisogna mettersi bene ; una volta in disordine, l'espe-
rienza prova che è difficile ritrovar la buona via. Di qui
non avete nulla da aspettare; l'erario è talmente oberato ed
ha tante spese stringenti da non poter pensare a mandar
denaro all'estero , né anche a voi, oltre ad essere il vostro
appannaggio sufficiente a farvi vivere decentemente e piace-
volmente purché vi mettiate buon ordine ». I consigli, che
venivano da uno il quale li seguiva nel suo proprio, erano
savi, e Leopoldo non ha mancato di mettere « buon ordine »
in casa e governo ; ma pur troppo tali consigli partivano da
Vienna nell'istesso momento in cui gli si vuotavano le casse.
Leopoldo, non occorre dirlo, sin dal momento in cui met-
teva il piede in Toscana, di diritto era sovrano indipendente.
Di fatti però sin a] 1770 egli rimase sotto una specie di tu-
tela, più della madre che del fratello di sei anni maggiore
di lui, tutela prima dal Maresciallo Botta esercitata, poi
dal conte di Rosenberg , uomo pratico d'affari , moderato
e savio, ma non molto fermo, a prestar fede alle parole di
Giuseppe, il quale nel 1780 dice di lui che « soffia fred
caldo come sapete. » Ma Giuseppe ancora ebbe segnalata
influenza , meno sull'andamento del governo in cui le idee e
le misure Leopoldine qualche volta precedettero alle sue , che
sulle cose di famiglia. Ciò seguiva maggiormente perchè
l'imperatore, due volte sposo, nel 1767 ritrovossi vedovo, sen-
za figli, e deciso a non rimaritarsi, dimodoché la successione
negli Stati ereditari di cui l'Imperatore chiamavasi semplice
amministratore, toccava al Granduca di Toscana. Ne derivava
naturalmente l'interesse maggiore preso da Giuseppe nelle
cose del fratello e dei nepoti, interesse di cui sono ripiene
le di lui lettere. Ne! carattere e nelle vedute dei due fratelli
esistevano molti punti di somiglianza, ma non vi fu mancanza
di differenze essenziali ssime. Giuseppe era più largo, più
caldo, più franco, ma imperioso e confidente di sé; Leopoldo
non punto timido ma più circospetto e lento , meno sincero
col fratello di cui subiva di malavoglia la superiorità, di lui
più liberale quantunque non poco imbevuto anch'esso dell'idea
416 GIUSEPPE II 3 PIETRO LEOPOLDO
di poter imporre agli altri la sua volontà. Nelle cose religiose
ambidue buoni cattolici secondo il modo di sentire e di ve-
dere del tempo, cioè osservanti delle pratiche, credenti con
una mistura di filosofia sintantoché la filosofia non minacciasse
di riescir inopportuna ai regnanti, nelle relazioni tra Chiesa
e Siato propugnatori dell' onnipotenza di questo ; cioè di quella
scuola che non cominciò a veder chiaro sennonché allorquando
trovossi alle prese colla rivoluzione cui aveva contribuito.
Giuseppe veramente amava il fratello, ma lo voleva ubbidiente
e anche consenziente ; Leopoldo piegava davanti all'autorità
del capo della famiglia, cui non osava contradire, ma ciò
guastavagli e l'umore e il carattere. Non osava contradire,
ma in segreto si sfogava, e il timore che ne venisse sentore
al fratello accresceva quell'infelice tendenza al sospetto, sor-
gente di tanti dispiaceri a lui e di tanto male morale al paese.
Egli non contava più di ventidue anni, quando l'imperatore,
scrivendo a Maria Teresa ai 30 di Maggio del 1769, faceva
le seguenti osservazioni: « Mio fratello è molto sospettoso,
e cerca di dissimulare tutte le sue azioni mettendoci una certa
aria di mistero. Credo averlo penetrato abbastanza e posso
assicurare V. M. di non averci scoperto se non un fon-
do eccellente , cognizioni estese ed incredibile applicazio-
ne. Ma egli non è sempre felice nella scelta né dei mezzi
né degli uomini, donde deriva molto nero e cattivo umo-
re. » Cinque anni più tardi, rispondeva (10 Novembre 1774)
alle molte lagnanze di Leopoldo sulla sua salute, e sulla
mala voglia e scontentezza che lo tormentava, dopo di avergli
detto che della salute s'incaricherebbe il buon medico (Lagu-
sius) che stava con lui: « E egli possibile, amico mio, che
a meno che pesi sopra di voi una condanna divina, voi, il
più felice principe della terra colle vostre condizioni e col
carattere vostro analogo ad esse , possiate figurarvi essere
infelice ? Di grazia esaminate un po' paragonando la posizione
vostra con quella di noi altri tutti; guardate alla località della
vostra residenza, prestate fede all'opinione che l'intera Eu-
ropa ha di voi, contemplate la vostra felicità domestica .
moglie e figli, considerate la tranquillità dello stato vostro,
<j la facilità di abbracciare l'insieme degli affari; mettete poi
in linea di conto la perfetta stima e la cordiale amicizia del-
l'intera famiglia vostra e degli amici principiando da Sua
Maestà, la libertà delle vostre azioni, la considerazione e
E LA TOSCANA 417
l'affetto dei sudditi — dove troverete voi in tutto il mondo
uno da starvi a confronto? Siete voi scontento degli uo-
mini con cui avete da fare? Non scrutateli tanto, fissate i
vostri sistemi fermamente, e punite i cortravventori , ma
levatevi quegli spionaggi occulti che nutriscono la vostra
diffidenza dell'intero genere umano. Lasciate piuttosto che vi
s'inganni un po' anziché tormentarvi di continuo ed invano
onde interamente evitarlo. Non siate l'Eraclito delle umane
cattiverie, ridete da Democritico, e continuate il cammino
vostro senza confondervi. Colle cognizioni vostre, colla pia-
cevolezza vostra naturale, vivete , vi prego, in società , non
andate a seppellirvi nel vostro gabinetto, a crearvi malinco-
nia , ovvero a passeggiare solo col baston' in mano ».
Ma l'infelice propensione di Leopoldo non fece se non
aumentare cogli anni, e la storia del suo governo ce ne
dice pur troppo. Siccome è naturale , in fine reagì contro
se stesso. Egli divenne vittima del proprio sistema. Anni
dop o , poco prima della morte di Giuseppe , con cui egli
si sapeva in poca armonia quanto ai princìpi di governo
quantunque mancasse di coraggio di esporglielo , esso si ri-
putava sorvegliato e spiato , come sorvegliava e spiava altri.
Scrivendo alla sorella Maria Cristina sua confidente, si ser-
viva di sugo di limone invece d'inchiostro. « Non oso né
parlare né scrivere, né pensare a spedire un messo nei Paesi-
bassi. Sono talmente circondato ed osservato dai dipendenti di
coloro che stanno con S. M. , da non osare far un passo ,
temendo di far nascere qualche storia ». (Lettera dei 25 Gen-
naio 1790). « Quantunque attorniato e spiato, non mancherò
di spedirvi un uomo di mia fiducia sotto qualche pretesto,
giacché non mi fido dei corrieri napoletani ». Sospettava le
lettere sue essere aperte, e non si serviva finalmente né
anche dell'acido di limone, credendo essersene scoperto il se-
greto. Ecco a che era ridotto, per l'eccesso di una pratica
originata nel desiderio di conoscere e correggere i mali se-
greti, un uomo di qualità rare e di sincera voglia del bene,
nel momento in cui era per toccargli un peso al di là delle sue
forze, se non morali, di certo fisiche, la costituzione sua.
non mai robusta anzi in gioventù debole, trovandosi, più di
quel che si sapeva, esausta e pel continuo lavoro e per i
molti pensieri, e finalmente per un modo di vivere di cui in
418 GIUSEPPE II , PIETRO LEOPOLDO
Toscana, anche all'infuori di maledici libri, non raccontansi
se non troppe storie.
Leopoldo non amava molto l'andare a Vienna , pure v'andò
più volte , e passò un inverno nell'austriaca capitale colla
famiglia. Giuseppe volentieri veniva in Toscana. Nel mese
di marzo del 1769, durante il conclave in cui venne eletto
P. Clemente XIV, i due fratelli trovaronsi a Roma, abitando
in quella Villa Medicea, donde Cosimo III di già aveva fatto
levare molte sculture antiche, e che poi da Leopoldo venne
spogliata, a beneficio di Firenze e degli Uffizi, del maggiore
suo tesoro, del gruppo dei Niobidi. Poi l'imperatore passò a
Firenze. « Nessuno si sarebbe figurato (sono parole del Mi-
nistro inglese) che un cosi gran principe si fosse presentato
in assetto così poco decoroso ». La sua carrozza da viaggio
somigliava a un frugone , ed egli indossava un uniforme mi-
litare semplicissimo senza contrassegni. Il dì 6 maggio nac-
que il secondo figlio del Granduca. L' imperatore disse ai
Fiorentini : questo sarà vostro — il maggiore lo piglio per
me. I Fiorentini non se lo sono fatto dire due volte : il neo-
nato era Ferdinando III. Da Firenze , Giuseppe si recò a
Parma, per far visita al giovine Duca Ferdinando Borbone,
il quale era per divenirgli cognato sposando la sua sorella
Maria Amalia, poi tornò in Toscana e andò a stare al Pog-
gio Imperiale. Ai 28 del detto mese partì per Bologna e
Mantova, d'onde visitò il Milanese. Da Lodi scrisse alla ma-
dre: « E stato da me a pranzo il Duca di Modena (France-
sco III da Este) — confesso a V. M. non aver veduto quasi
mai figura simile. Stivali del secolo scorso, sproni grandi di
rame, uniforme del suo reggimento, il viso coperto di cipria
e di rossetto >.
Prima di venire a Firenze Giuseppe da Roma era stato
a Napoli a vedere la sorella Maria Carolina, nell'anno pre-
cedente andata sposa al Re Ferdinando. Il ritratto che egli fa
del Tanucci , ministro in quel tempo ancora onnipotente, ve-
ramente non ha che fare colle cose di Toscana, delle quali
tratta la presente memoria; pure credo non sarà senza in-
teresse per i lettori. « Tanucci è uomo d'ingegno e istrui-
tissimo, ma arcipedante [pedani fìeffé) e pieno di misere
scaltrezze e di raggiri che egli crede essere colpi di Stato ,
vedendo tutte le minuzie in grande e per ciò troppo occu-
E LA TOSCANA 419
pato nelle medesime, privo di coraggio di piantarle onde oc-
cuparsi sul serio delle cose maggiori. Estremamente geloso
della propria autorità , egli sa farsi giuocare in mano la
distribuzione di tutte le grazie , la collazione di tutte le ca-
riche , anche delle minime. Tiene inoltre la borsa e del Re
e della Regina; per lui il Re vien informato di viva voce
bene o male dei propri affari e delle nuove estere , ed egli si
mantiene e manterrassi di necessità lasciando il Re in una
imperdonabile noncuranza degli affari ed interessi suoi ,
mentre impedisce agli altri ministri di metterlo al corrente
delle cose. Egli rendesi grato al Re mediante i favori accor-
datigli nella collazione delle cariche, di cui il Re proprio
deve pregarlo ; o quando questi desidera fare una spesa, o
vuole affrancarsi in qualche occasione , dietro al desiderio
della Regina , dell'etichetta spagnuola. Perchè il Re possa fare
una cena nel giardino, ci vuole un permesso per iscritto del
Signor Tanucci. Esso si rende più formidabile ancora al
padre (Carlo III) e al figlio mediante il continuo carteggio
colla Spagna. Il padre sente benissimo che avendo pure ce-
duto il Regno al figlio ora d'età, è cosa mostruosa il voler
governare e comandare sin da Madrid per le bagattelle an-
cora. Ma l' affetto che conserva per questo paese e più an-
cora la sua ambizione non permettongli di cambiare. Il Ta-
nucci è l'unico esecutore dei desiderii suoi, dimodoché biso-
gna sostenerlo, giacché senza di lui il Regno di Napoli po-
trebbe sciogliere i lacci e camminar da sé solo. D'altra parte
il Re Ferdinando è di continuo intimorito dal Tanucci , il
quale lo spaventa colla collera del padre , e gli fa scrivere a
questi tutto ciò che egli vuole. Esso Re, di natura timido e
pigro, è incantato d'avere un pretesto di fare ciò che il lume
del proprio intelletto disapprova, e servesi di questo pretesto
del papà ogni qual volta gli conviene; il signor Tanucci poi
lo pianta subito che gli viene l'estro di opporsi a qualunque-
siasi cosa. Avendo levato d'attorno al Re chiunque avrebbe
potuto dargli un savio consiglio, circondandolo d'una schiera
di buffoni senza sugo né onestà, tutti sue creature e lancie
spezzate , egli lo costringe a ricorrere di continuo a lui. In-
fine, Tanucci sa mirabilmente far il suo giuoco tra i due re*
servendosi d'ambidue e rendendosi ad arnbidue necessario e
gradito onde conservare il suo credito, ciò che secondo me
gli riescirà senza fallo intanto che vive il Re di Spagna, e
420 GIUSEPPE II , PIETRO LEOPOLDO
probabilmente ancora dopo la di lui morte. Gli si attribui-
scono delle qualità morali e del disinteresse. Non accetta nulla,
è vero, ma così non fa la moglie. E gran faticatore, giacché,
essendo onnipotente, deve far tutto, ed essendo geloso della
sua autorità, s'incarica d'ogni cosa. Egli è un Tartufo, il
quale, umile all' infuori ed onesto nelle cose che potrebbero
far chiasso e che non importano, è un mascalzone in tutto
il resto , cui non importa né dei due re suoi benefattori , né
del Regno; uomo che mette male il padre col figlio, adulando
ad ambidue, mantenendoli nell'ignoranza che gli serve a lui,
allontanando da loro e verità e gente onesta. Egli non pensa
se non a se stesso approfittando d'ogni mezzo lecito quanto
illecito. Testimone dell'infame educazione data al giovine Re,
avrebbe potuto cambiarla. Ogni giorno potrebbe distoglierlo
dai suoi divertimenti puerili , facendogli poco a poco gustare
il lavoro e l'occupazione; ma ciò non entra nei di lui cal-
coli , e quantunque, allorquando glie ne tenni discorso , fin-
gesse di desiderarlo sommamente, non ebbi fatica di assicu-
rarmi che il misero uomo tremava per la paura che io aprissi
al Re gli occhi ».
Non lusinga il ritratto, ma se il Colletta, parlando del-
l'arrivo della giovine regina, e della poca simpatia tra lei e
il ministrò « potente per la corte di Madrid », ci rappresenta
questi « tardi attristandosi dell'aver prodotta o nutrita la
ignoranza del Re », rimane confermato il giudizio dell'impe-
rator alemanno. L'anno precedente, allorquando Maria Ca-
rolina passò da Firenze , il Ministro inglese ne scrisse nei se-
guenti termini: « Essa è un'amabilissima giovine regina, ma
c'è da temere molto, che la sua somma delicatezza e il suo
gran buon senso le faranno sentire viepiù la mancanza del-
l'una e dell'altro nello sposo; mancanza tale che molti l'at-
tribuiscono a difetto organico che sa di demenza. Ma vengo
assicurato da Lord Stormont, che non procede da altro se
non da mancanza totale d'educazione, e che al dì d'oggi il
Re di anni diciotto è ciò che in Inghilterra molti ragazzi
sono con dieci. Se così è , la scandalosa negligenza potrà
essere supplita dall'eccellente educazione della Regina , i cui
modi perfettissimi uniti alle sensatissime domande e risposte
eccitarono l'ammirazione di tutti ». Quasi ott'anni più tardi,
il Duca Alberto di Sassonia, cognato di Ferdinando, stando
colla famiglia reale a Portici, scrisse intorno al Re e al Mi-
!•: LA TOSCANA 421
nistro presso a poco quel che ne aveva scritto Giuseppe II.
Dopo di aver detto che Ferdinando non mancava punto di
perspicacia e di prontezza nò di buone qualità del cuore,
sog iunge: « I divertimenti in mezzo ai quali egli si è te-
nuto sin da giovane, l'aborrimento instillatogli di qualunque
lavoro e cosa seria, ne hanno impedito lo sviluppo. Che de-
litto imperdonabile di tutti coloro cui ne era affidata l'educa-
zione, delitto non solo perciò che spetta a lui ma ancora ri-
guardo al popolo ! » Del Ministro poi ragiona così : « Ogni
cosa d'importanza passa per le mani del Tanucci. L'aspetto
suo volgare e l'espressione stizzosa lo farebbero prendere
piuttosto per un maestro di scuola che pel moderatore d'un
gran regno. Il carattere corrisponde alla fisonomia. Quest'uomo
poco amabile, mal voluto e poco considerato, ha saputo a
tal punto acquistare il favore di Re Carlo , da farsi credere
in tutto e per tutto, dimodoché padre e figlio non vedono
che cogli occhi del Tanucci. Conoscendo le debolezze del re
attuale, esso gli mostra gli affari sempre dal lato spiace-
vole onde tenerlo lontano, e lo lascia di continuo nel buio,
mentre fa credere a Re Carlo che il figlio è incapace di go-
vernare e che tutto andrebbe in rovina se non ci badasse lui.
Di l'atti esso governa con autorità dispotica, ma la capacità
sua essendo minore dell'ambizione , mi trovo d'accordo con
coloro che biasimano altamente la di lui amministrazione ».
Così veniva giudicato da due principi tedeschi l'uomo , da
cui al Regno derivò del bene e del male non poco; giudizi
sui quali senza dubbio ebbero influenza non scarsa gli av-
versari del prepotente ministro, caduto, contro all'espettativa
di Giuseppe II, molto prima della morte del suo primo pro-
tettore, cioè nel 1777, dopo di avere, secondo l'espressione
del Colletta, governato lo Stato con potestà di principe qua-
rantatre anni.
Ma è tempo ormai di tornare alle cose di Toscana.
Giuseppe ci venne nuovamente nella primavera del 1775
poi l'ultima volta tra il 1783 e 1784, andando a Roma per
restituire la visita a P. Pio VI, e tornando da questo viag-
gio. Della prima di queste corse, poche notizie ci sono rima-
ste; e pare che l'imperatore, siccome aveva desiderato, siisi
quasi interamente dedicato alla famiglia del fratello. « Li
amo tutti, così egli si esprime su i figli di Leopoldo, pure
sento la gran differenza riguardo ai maggiori, i quali sicu-
Arch., 3. a Serie, Tom. XXIV. 27
422 GIUSEPPE II , PIETRO LEOPOLDO
ramente devono e possono raccogliere un giorno i frutti dei
nostri lavori ». Egli amava molto il soggiorno di Toscana.
« Deh 1 che non posso io stare con voi alla Petraia ! e quante
cose avressimo da comunicarci in questa amena solitudine ,
dove veramente si può dire di godere la vita ! » Di segnalata
importanza al contrario fu la seconda di queste visite, in-
quantochè allora si trattò della sorte di quei figli maggiori
del Granduca, cui lo Zio dimostrava tanto interesse; ed in-
sieme della sorte del paese. Abbiamo veduto, che l'impera-
tore considerava come suo il primogenito, Francesco, cui un
giorno era per toccare la successione negli Stati aviti, men-
tre da tutti credevasi che la Toscana fosse per essere di
Ferdinando. Sino da qualche anno, Giuseppe erasi dato gran
pensiero dell'educazione dei nipoti, secondando in ciò le pre-
mure della madre , senza volerne però in sulle prime imporre
al fratello. Nel 1772 Maria Teresa aveva mostrato il deside-
rio di collocare quale Aio dei giovani arciduchi a Firenze il
conte Wilczek, poi inviato a Napoli e successore al Conte
Firmian nel governo della Lombardia ; ma questi desiderava
esserne dispensato (Lettera di Giuseppe a Leopoldo dei 20
luglio) e l'Imperatore non mostrava intenzione d'insistere.
« Iddio e la natura, così egli scriveva al fratello a'23 luglio,
vi hanno dato dei figli ed insieme il talento, l'onestà e il
tempo nesessari ad educarli da voi stesso e sotto i vostri
occhi, dimodoché bisogna lasciarvi fare senza impedimenti.
La vostra coscienza e l'onor vostro sono impegnati nella
loro riescita ; voi a questo riguardo siete delicatissimo , ed
avete viscere di padre — non v'è dunque ogni ragione di
rimettere tutto alla vostra disposizione ì » Solo nell'Ottobre
del 1773 la scelta cadde sul conte Francesco Colloredo. Ma
sotto di lui ci volea un altro per stare in compagnia dei gio-
vani, dei quali il maggiore ormai contava quindici anni.
« Dopo di aver fatte molte riflessioni sulla scelta di un
uflìziale da stare coi vostri figli .così leggiamo in una let-
tera di Giuseppe dei 9 Agosto 1775), non ho trovato ancora
quello che veramente desideravo. L'unico sul quale ho fis-
sato lo sguardo , si è certo Maggiore Manfredini del reggi-
mento Stein, eccellente uflìziale. Egli è, credo, suddito Ve-
neto, ma di Terra ferma. L'ho sentito lodare anche pel suo
modo di pensare, per le sue cognizioni e la voglia di lavo-
rare; è scapolo e di circa quarant'anni. Quanto a me non lo
E LA TOSCANA 423
conoscevo se non in qualità ili bravissimo soldato. Se vera-
mente vi abbisogna qualcuno e se non avete obiezione quanto
alla nazionalità, cercherò di conoscerlo più da \icino e di
studiarlo, giacché in tal caso le precauzioni non sono mai
troppe. Egli parla bene il tedesco e il francese ». In tal
modo comparisce sulla scena un uomo destinato ad aver par-
te segnalata nella Storia Toscana. Le informazioni riescirono
tutte a vantaggio di lui, che, creato Ciainberlano « dopo di
aver fatte le prove », partì per Firenze alla fine di gennaio
del 1770' , senza impegno del Granduca libero di ammetterlo
o di rimandarlo al reggimento. « Quanto a Manfredini, scrive
Giuseppe a di 23 maggio, sono incantato di sentire che ne
rimanete contento ». Gli era riserbato il poter riprendere il
suo posto , con regolare avanzamento nell'armata Austriaca,
e di fatti fu promosso nel 1780 a colonnello , nel 1789 a ge-
neralmaggiore , prese parte alla campagna sul Danubio , e
divenne finalmente Tenente Maresciallo, rimanendo sempre
addetto alla corte di Toscana. Nel 1782, Sir Orazio Mann
scrisse intorno all'educazione dell'Arciduca Francesco, che
prima di poter formare le sue idee , era stato levato dalle
mani delle donne, e consegnato ad uomini di buon senso
senza pedanteria.
Alla fine dell'estate del 1778 Leopoldo e la famiglia re-
caronsi a Vienna, dove passarono l'inverno, non tornando
in Toscana prima del mese di Marzo dell'anno seguente. Nel
settembre, il Granduca erasi portato in Boemia a far visita
ali Imperatore , impegnato nella guerra per la successione
Bavarese, guerra senza fatti, terminata il dì 13 maggio del
177!J colla pace di Teschen, che non levò il rancore dai petti
dei sovrani dei due Stati i quali di già disputavansi il primo
posto in Germania in quei medesimi luoghi , dove ottantaset-
l'anni più tardi la questione venne decisa. (Nel dì 16 set-
tembre 1778 Giuseppe, Leopoldo e Massimiliano , poi Elettore
Ionia, incontraronsi a Sadowa.) Fu l'ultima volta che
Leopoldo vide la madre, morta a dì 29 novembre 1780.
« Mi ritrovo quasi solo al mondo — sono parole di Giuseppe in
una lettera dei 4 dicembre — avendomi tolto la provvidenza
mogli,, tìgli, padre e madre. Deh mi rimanga almeno l'ami-
cizia vostra, ve ne prego sincerissimamente. Voi conoscete
il fondamento della mia sin dall'infanzia; mille prove devono
avervene convinto. Essa sarà l'unico vero sollievo, unito
424 GIUSEPPE II , PIETRO LEOPOLDO
allo studio di adempiere ai doveri della mia posizione, che
mi farà sopportare la vita ».
Secondo quello cui si accennò, Giuseppe II venne l'ultima
volta in Toscana negli anni 1783-1784. Nel mese di gennaio
dell'ottantatrè , egli ricevè l'invito di Pio VI, di recarsi a
Roma, dove poi non andò prima di dicembre. Ai 17 di que-
sto mese giunse a Bologna; poi a Firenze donde col Granduca
si recò a Pisa a vedere la cognata, partendo indi per Roma,
poi per Napoli e tornando a Pisa nel mese di febbraio. In
quest'ultimo soggiorno venne deciso il traslocamene) del pri-
mogenito di Leopoldo a Vienna. Di già nell'estate del 1781.
l'Imperatore ne aveva stabilito il matrimonio colla principessa
Elisabetta, figlia del Duca Federigo Eugenio di Wurttem-
berg bisnonno del Re attualmente regnante, la quale nata
nel 1767, doveva compiere a Vienna , sotto gli occhi di Giu-
seppe, la sua educazione. L'istesso si voleva che accadesse
del futuro sposo. Esiste lunga memoria scritta o dettata dal-
l'imperatore, sulla necessità di tale misura (Points de refle-
xion au snjet de Varchiduc Francois — stampata dall' Au-
neth, Joseph li und Leopold I, 344 segg.) oltre alle lettere
del cui numero ve né una al principe di Kaunitz in data di
Pisa 10 febbraio 1784. Dopo di aver detto che si era conve-
nuto dell'educazione dell'Arciduca a Vienna, ma che Leopoldo
erasi mostrato mal disposto a condurci da sé il figlio, l'Im-
peratore continua : « Finalmente egli si è persuaso che que-
sto conveniva, e che era l'unico mezzo per fare cessare di
un colpo gli sciocchi rumori sparsi e ripetuti in tutta l' Eu-
ropa ». Poi soggiunge: « Per quanto ho potuto conoscere
questo giovane durante le tre settimane passate qui, l'ho tro-
vato non privo d'istruzione, anzi talvolta con certa applica-
zione , d'altronde di giudizio freddo e tardo ma sano. Del re-
sto mostra una strana apatia per tutto ciò che sa di piaceri
e di divertimenti, ed è di poca vivacità di spirito. La sua
salute è buona, anzi piuttosto robusta, quantunque sia di sta-
tura bassa; ma manca di modi e non sa ancora presentarsi.
Nell'insieme credo che egli non acquisterà mai quel che si
chiama grazie di corpo e di spirito, ma non dispero che possa
riescire una testa piuttosto bene organizzata per gli affari,
e soprattutto credo che potrà avere fermezza di carattere.
Sinora egli non ha imparato nò ballo nò scherma né ma-
neggio come si dovrebbe, e in questo paese, col modo con
E LA TOSCANA 425
cui sono messe le cose , non è possibile che i figli di mio
fratello riescano capaci di servire lo Stato in una qualità qua-
lunque, raggrinzandosi l'anima mentre il corpo si snerva col
clima e col modo di vivere... Se pure questo giovane non è
tutto ciò che si desidererebbe, bisogna dar ragione al vec-
chio proverbio che dice, che un Tieni vai meglio di due
Avrai ».
In tempo posteriore, dopo che Francesco ebbe passa-
ti di già due anni a Vienna , lo zio scrisse di lui (28 ago-
sto 1785): « Egli mostra e talento e ingegno, ma punto vivacità
nell'esecuzione, né desiderio d'una cosa o l'altra. Sono sicuro
che , collocato in un Seminario, farebbe gli studi di teologia
come inoggi gli studi di milizia, senza mai più pensare a
questi. Forse coli' età il di lui carattere verrà più deciso,
giacché è ancora ragazzo, e senza nessuna velleità di
giovane per un divertimento qualunque siasi, eccettuato
quello di non far niente, di trastullarsi con acqua, d'inchio-
dare qualche oggetto in camera, di classare in venti, modi
diversi libri e carte e di dar l'imbeccata a un uccellino. Né
la caccia, né l'esercizio del maneggio, né la passeggiata, né
teatro, né musica, né società, l'attraggono di preferenza. Egli
è cresciuto e, senza ingrassare, diviene più robusto e ner-
boruto ». Ecco a diciott'anni , e ritrattato da uno zio amore-
vole, quello a cui in meno di sei anni, in mezzo al più tre-
mendo cataclisma dell'età moderna, era per toccare la prima
dignità secolare del mondo cristiano I Pure bisogna aggiun-
gere, che nell'aprile del 1788, l'Imperatore, che aveva seco
il nipote nella guerra turca, gli dà lode di sangue freddo.
« Il vostro figlio, così scrive dopo un fatto d'armi davanti a
Semlino , era con noi — era lì come lo vedete nel suo gabi-
netto, e il fischio delle palle non gli faceva mutar fiso-
nomia ».
In quel convegno di Pisa del febbraio 1784 si venne a
una conclusione, la quale alla Toscana importava più della
partenza di tal o tale arciduca. Di niente meno ivi si trattò
che dell'incorporazione del Granducato, morto Giuseppe, alla
monarchia Austriaca. Il progetto non è rimasto ignoto nel
paese minacciato di divenir provincia. Il vecchio Ministro in-
glese quasi subito ne scrisse a Walpole: « La Toscana è per
divenire un'appendice all'Austria al pari di Milano e di Brus-
selles ». (Doran, 1. e. II, 410.) Lorenzo Pignotti , amico del
426 GIUSEPPE II j PIETRO LEOPOLDO
Manfredini e pratico della Corte, ne prese nota nei suoi ri-
cordi (Zobi, 1. c. II. 34^), ma quantunque esso avesse conver-
sato con Giuseppe, non c'è da inferirne che l'avesse saputo daini,
di che d'altronde non importa, la cosa essendo indubitata.
Ne abbiamo ora tutte le prove, e dall'Imperatore e dal Gran-
duca. Nei citati Points de réflexion lediamo ciò che segue:
« Avvenendo il caso della cessazione della secondogenitura
Toscana, dal momento in cui la successione nella Monarchia
tocca al Granduca o al suo figlio, bisognerebbe rifarla. Or
credo questo non convenire menomamente, anzi doversi fare
tra noi un atto affin di dichiarare che essa è per cessare , e
che la Toscana in avvenire verrà riunita indissolubilmente
coll'intera Monarchia Austriaca. Molte ragioni, vantaggiose
alla Monarchia quanto alla Toscana , sembrano esigerlo , oltre
quelle di famiglia. Cosa sarebbero, cosa diverrebbero i nume-
rosi figli del Granduca, ove l'Imperatore avesse voluto (sic)
aver successione ? Un governatore come nei Paesi Bassi e a
Milano conviene moltissimo al paese , posizione adattata a
un cadetto cui si potrà ancora dar moglie , ma il quale non
deve fare casa da sé. Il caso della Spagna e dell'Infante di
Parma prova a sufficienza lo scarso interesse ispirato da
una famiglia divisa ; eppure l'Infante è figlio di fratello del
Re ». « La Granduchessa — sono parole dello Zobi , suppongo
dietro a ciò che ne scrisse il Pignotti — che teneramente
amava il secondogenito Ferdinando, pianse a sentire tal ri-
soluzione ; il Granduca se ne mostrò indifferente , prevedendo
che come più giovane e più sano (?) del fratello, avrebbe lui
potuto disporre le cose a sua posta ».
Di già agli 8 di giugno, mentre Leopoldo era in pro-
cinto di partire per Vienna col primogenito, Giuseppe gli spedì
la minuta d'un atto « per dichiarare che dopo la mia morte
la Toscana verrà per sempre riunita colla Monarchia. Se vi
conviene, se ne farà copia e lo firmeremo; se no, indiche-
rete i cambiamenti che desiderate. L'atto è combinato e punto
in contradizione con qualunquesiasi carta o stipulazione an-
teriore , né in ciò che riguarda la famiglia , né per quel che
spetta a potenze estere ». Nell'istesso tempo , in cui l'Impe-
ratore voleva stendere i domìni Austriaci sin al Tevere e a
Radi cofani, non solo sognava ma era attivissimo a preparare
il cambio dei Paesi bassi colla Baviera, cambio di cui sicu-
ramente si può disputare se sarebbe stato vantaggios i alla
E LA TOSCANA 427
Germania o no (punto di controversia, anche appassionata,
tra due scuole storico-politiche) ma in prima fila tutto a van-
taggio dell'Austria , e certo non male combinato. Di ciò che
succede durante il soggiorno del Granduca a Vienna, sen-
tiamo ciò che ne scrive egli stesso, in data dei 7 luglio 1789,
all' Arciduchessa Maria Cristina. « Saranno sette o sei (cin-
que) anni, che Sua Maestà mi fece chiamare, stando a Pisa,
e poi quando condussi Francesco a Vienna, e mi obbligò a
firmare in sua presenza l'atto intorno alla riunione della
Toscana alla Monarchia dopo la mia (sua) morte. Lo feci,
dicendogli che (con o) senza questa carta il sorvivente di noi
due avrebbe fatto ciò che buono gli sembrerebbe ». (Beer,
1. e. 218.) Pare che non si ricordasse di averne fatto cenno
poco prima all'istessa sorella, in lettera dei 4 giugno : « Sa-
prete che il Re e la Regina (di Napoli) desiderano tuttora
dare in sposa la figlia loro maggiore a mio figlio Ferdinando,
purché esso abbia conveniente stabilimento. Tutto dipende da
questo. Saprete ancora che S. M. mi ha fatto firmare, che
alla mia (sua) morte la Toscana verrebbe annessa alla Mo-
narchia. Credo che questo è contrario ai trattati. Ho fir-
mato, giacche quando non sarò più, coloro che resteranno
faranno ciò che gli piacerà ». Il contemplato matrimonio di
fatti ebbe luogo nel 1790 — la sposa fu quella Granduchessa
Luisa, un mostricino, come raccontava Gino Capponi , ma un
angelo di bontà, la quale, stando a Vienna durante l'esiglio
principiato nel 1799, scriveva al Marchese Pier Roberto , pa-
dre di Gino e suo Maggiordomo, quando questi era tornato
a Firenze a pigliar la famiglia , delle letterine piene d'af-
fetto e di semplicità, testimonianze dell'ardente desiderio di
tornare in Toscana che essa non era più per rivedere , e di ri-
trovarsi col popolo, come disse, il migliore della terra, e il
più fedele ed affezionato ai suoi principi.
L'imperatore non contentavasi di aver presso di sé il
maggiore dei nipoti : voleva gli altri ancora, e in primo luogo
Ferdinando. Il Granduca e la moglie erano in mille angustie.
'« Mio figlio Ferdinando (Lettera di Leopoldo dei 5 Dicembre
1780) è adesso di salute molto migliore; ma abbisogna di
molte cure ancora e di un clima dolce, essendo delicato. Gli
studi sono terminati ad eccezione del diritto a cui si è messo.
L'indole sua è buona e dolce, ma non capace di molta ed as-
sidua occupazione, ciò che dipende dalla sua complessione. Di
428 GIUSEPPE li , PIETRO LEOPOLDO
carattere è franco ed aperto. Se mi permettete d'esprimere
il mio sentimento, credo che avrebbe bisogno del clima
d'Italia, e se mai nel corso degli anni egli fosse destinato ad
essere governatore di questo paese, ci fareste grazia lascian-
docelo ». Ma Giuseppe insisteva. « Se credete al vantaggio
risultante dall' inseparabile riunione della Toscana colla Mo-
narchia, Ferdinando forse più di qualunque altro abbisogna
di essere disvezzato (dépaysé) dell'idea, che certo egli ha o
che gli verrà messa in capo, essere cioè destinato a posse-
dere in avvenire la Toscana. Senza di che invece di felicitar-
si di dover esserne governatore, se ne lagnerà ». Un mese
dopo, Leopoldo tornò all'assalto. Non essersi punto confer-
mato Ferdinando nell'idea di aver la Toscana — l'Imperatore
poter darsi pace a questo riguardo. Veramente il Manfredini
aveva avuto istruzioni di parlare in questo senso. Ma egli
pregava di lasciare il figlio alla madre , che ne era teneris-
sima , e cui esso prestava più gradita compagnia, avendo ora
terminati gli studi. Tutto ciò che potè ottenere, fu una di-
lazione, mentre in apparenza Giuseppe se ne rimetteva alla
libera volontà del Granduca, il quale di fatti non era né anche
padrone di disporre dei propri figli. Nel settembre del 1787 ,
il quartiere doveva essere preparato nella Burg (palazzo im •
periale) per Ferdinando , Carlo , Leopoldo , Giuseppe. Il primo
era da fare assieme a Francesco gli studi superiori, eser-
citandosi in lavori propri. In tal modo veramente tutto era
preparato affin di dépàyser Ferdinando e il rimanente della
famiglia . ma la provvidenza ne dispose altrimenti. In quel-
l'anno stesso del 1787 accadde il viaggio di Giuseppe nella
Tauride, poi la rivoluzione dei Paesi bassi, poi la guerra
ottomana che diede il crollo alla salute di Giuseppe , poi le
difficoltà di Ungheria e i mille gravissimi pensieri per gli
affari di Francia ed anche di Germania affari che quasi face-
vano sparire i disgusti per gli scandali nella Corte Napoleta-
na. C'era proprio da pensar poco a quel progetto di disloca-
mento tanto di mal occhio veduto nella propria famiglia.
In quel frattempo , Federigo Manfredini era stato promosso •
alla carica d'Aio in luogo del conte Colloredo, tornato a Vienna
con Francesco, di cui in seguito divenne ministro di Gabi-
netto.
Conviene adesso tornare alquanto indietro, per rilevare
da questi carteggi varie cose che possono servire a far cu-
E LA TOSCANA 429
noscere viemaggiormente un principe, il cui governo , mal-
grado gli errori eie debolezze inseparabili da qualunque cosa
umana , rimarrà sempre memorabile per essere stato quanto
attivo sotto molti rapporti benefico, e a dipingere le condi-
zioni del paese al suo tempo. Al difuori, e maggiormente in
Germania e in Inghilterra, per lo più si crede Leopoldo es-
sere stato molto amato dai sudditi. Chi conosce la storia
della Toscana . sa ciò essere falso. L'opinione favorevole a
Ido è postuma: più dei coevi, i figli e nipoti di essi
sono rimasti persuasi della saviezza di gran parte dell'ope-
rato del « nonno » cessati gli urti giornalieri di lui colle
abitudini e tradizioni. Ma c'era veramente un'incompatibilità
d'indole tra il sovrano e il popolo; in certo modo questo
principe, intento dì e notte a lavorare pel suo paese, gli è rima-
sto straniero. Gli mancava il sentimento italiano. Tale incom-
patibilità era maggiore tra lui eia Capitale perchè la Capitale
rappresentava sempre l'antico genio toscano di cui egli non ca-
piva nulla. Sin dal 1783 Sir Orazio Mann scriveva: « Sua Al-
tezza Reale non ama Firenze né i Fiorentini, dai quali si crede
poco amato. » 1 frequenti e lunghi soggiorni fatti a Pisa non
erano dovuti alla sola mitezza dell'aria. Nelle belle pagine
con cui termina la storia della Repubblica, Gino Capponi
con brevi quanto eloquenti parole riepiloga le cause de1
reciproco amore. Bisogna confessare poi che sotto certi rapporti
la Toscana fece un passo indietro e sotto la Reggenza e sotto
Leopoldo. L'elegante coltura non venuta meno né anche nei
tempi più infelici dei Medici , non si mantenne. Per chi pa-
ragoni la brillante descrizione che, a non far menzione che
d'esteri, Carlo de Brosses nelle sue lettere del 1739 fa della
società fiorentina, con ciò che una ventina dopo ne dicono
il Mann, il Winckelmann ed altri, si manifesta un cambia-
mento evidente in peggio. Il carteggio dei due fratelli ne offre
una prova anch'esso, prova che fa contrasto poco piacevole
col quadro lasciatoci dal presidente del parlamento di Digione.
Giuseppe aveva annunziato al fratello il prossimo arrivo del
Granduca Paolo di Russia colla consorte, pregandolo di far
di tutto per rendere piacevole a questi ospiti il soggiorno
di Firenze, facendogli conoscere delle persone di qualunque
condizione, riputate pel loro spirito o talento, o in vari modi
notabili. Sin da principio, Leopoldo ne rimase piuttosto im-
barazzato— la Corte, in sulle prime troppo splendida, ;ol
430 GIUSEPPE II , PIETRO LEOPOLDO
correre degli anni viepiù spopolossi. Ci contribuì la stretta
economia di Leopoldo assieme alle inclinazioni casalinghe
della Granduchessa tutta madre di famiglia e di famiglia nu-
merosissima — ci contribuì altro ancora. « I nobili, dice Gino
Capponi, furono da lui negletti, e a lui avversi. » Poi, colle con-
dizioni generali di molto cambiate, e coi nuovi sistemi econo-
mici, la ricchezza delle famiglie maggiori, minacciata di già
per le tarde conseguenze del troppo lusso del tempo passato,
era andati scemando. Nel 1739, il De Brosses descrive « l'in-
credibile » splendore della nobiltà fiorentina, e continua
poi: « Letteratura, filosofìa, matematiche, belle arti, tutto
continua ad essere coltivato. Trovo la città ripiena di persone
colte e nel ceto nobile e in quello dei letterati di professione.
Non solo essi sono perfettamente al giorno della letteratura
nazionale, ma anche della francese e dell'inglese. ». Nel 1750
sir Orazio Mann scrive all'amico : « Firenze è moltis-
simo cambiata da quel che era al tempo vostro, e cambia
in peggio di giorno in giorno. La gente diviene più povera e
per conseguenza più scontenta ; non potendo sventare laddove
si dovrebbe il cattivo umore , beccansi tra sé. » E due anni
dopo : « Tutto è divenuto qui tanto servilmente noioso, che
l' istesso Richecourt non può sentire gran piacere a coman-
dare a questa gente. » Anche in questo apparisce il « cat-
tivo umore »: ma sentiamo ciò che nel 1781 e 1782 scrive
l' istesso sovrano della Toscana.
« Voi sapete , che né il paese , né la nobilita sta sopra
un piede molto splendido ». « Vi prevengo , che , quanto a
società , abbiamo da mostrare poco , e quando si tratta di
parlar francese , mi ritrovo viepiù neh' imbarazzo. Tutti ,
bene o male, capiscono il francese, ma non ci sono cinque
signore che lo parlino. L' istesso avviene degli uomini , e
massime i letterati per lo più non ne sanno niente. Tra gli
impiegati ci sono alcune persone istruite, colle quali la Gran-
duchessa (di Russia) si tratterrà, ne sono persuaso, con pia-
cere. Quanto a balli, non c'è possibilità di darne qui co' no-
bili , giacché nessuna signora balla. Per, far valere agli
ospiti del nord tutta la nobiltà senza troppe cerimonie, non
possiamo offrirli da noi se non una specie di conversazione o
accademia di musica, in cui s' invita il primo ceto. Allora si
giuoca in varie stanze, e non c'è formalità. I balli qui non
si danno se non al teatro, e non servono se non a far pas-
E LA TOSCANA 431
gare una serata e a veder il teatro con illuminazione , giacché
aliora la società non è niente scelta. » Pare che contuttoció
le cose non sieno andate male,, giacché dalle lettere dell'Im-
peratore risulta i nobili viaggiatori essere rimasti molto
soddisfatti del loro soggiorno.
Naturalmente, nel carteggio dei due fratelli si cerca con
maggior interesse ciò che può dar lume sulle idee e vedute
loro riguardo alj/s cose religiose, amministrative e politiche.
Non è ricca quanto si sarebbe sperato la messe riguardo ai
particolari, nò in Austria nò in Toscana ;. pure c'è da spigo-
lare non poco. Credo dover limitarmi qui ai giudizi e alle
osservazioni di Leopoldo. Quanto ad affari di chiesa, egli
nell' insieme adotta le vedute del fratello , anzi qualche volta
va al di là di lui. Non v'è deficienza delle solite frasi. « La
religione vi avrà l'obbligo di aver illuminata l'Europa e di
avere purifica+a la vera religione della superstizione e degli
abusi introdottivi, e deplorati da molti i quali mancavano
di coraggio di assaltarli al pari di voi di fronte e nella ra-
dice del male. » (Lettera del 29 nov. 1783.) Leopoldo approva
il procedere di Giuseppe con+ro i conventi di monache,, cre-
dendo che in Toscana ancora moltissime delle abitatrici vo-
lentieri tornerebbero a casa loro; ma riflettendo però che il
numero è troppo grande perchè il governo possa adottare
senza rischio simili misure. Approva il procedere contro le
confraternite , che in Austria gli sembra più facile che non
in .Toscana, dove, così dice, si è generalmente più attaccati
ad esse : attaccamento di cui in séguito pare si dimenti-
casse. Le osservazioni sul viaggio di P. Pio VI , a Vienna
non sono benigne , né da parte di Giuseppe né da quella di
Leopoldo. L'imperatore ne profetizza un partwriunt montes
e se ne lagna come d'una « seccatura », del pari che si lagna
dell'entusiasmo «veramente ridicolo » dei Viennesi, ma so-
prattutto delle donne, pel Pellegrino apostolico. Pure, prima
«li partire da Roma dopo di aver restituita la visita, mostra
chiaramente in che concetto aveva l' autorità del sommo
Gerarca. « Qui mi lusingo d'essere riescifo piuttosto bene,
e mi pare di aver dato il cambio a molte idee false che
erano prevalse sulla mia religione e sul mio modo d'essere. »
Dopo di aver in sulle prime encomiato le riformo Giuseppine
e in Lombardia e in Germania e nei Paesi bassi, all' ingro
pel tempo, non solo all'estero ma in Toscana ancora, Leo-
132 GIUSEPPE II, PIETRO LEOPOLDO
poldo comincia a dubitare della saviezza di misure , che egli
stesso aveva prese nel proprio paese. Nell'estate del 1789 a
mezzo dei disturbi nel Belgio , egli scrive a Maria Cristina
prima vittima dei moti da lei preveduti ma non provocati
(essa dopo le così dette riforme del fratello disse : « ora ab-
biamo due papi ») : « Per ciò che spetta agli affari vostri col
Cardinale (di Frankenberg arcivescovo di Mal ine s primate
del Belgio), non si sarebbe dovuto obbligarlo ad emettere
una dichiarazione, Queste materie sono troppo delicate e e' è
pericolo a toccarci. Secondo me, il gran seminario è' stato
sempre una operazione mal combinata. Bisognava lasciare- ai
vescovi tranquillamente i seminari loro ovvero renderglieli
giacché veramente non gli si può negare il diritto d' insegna-
re e d' istruire secondo la loro coscienza ». (beer 1. e. 219.)
Parole di momento nella bocca di questo principe riformatore !
In apparenza, Leopoldo col fratello era d'accordo nelle
idee di riforme politico — amministrative. Ma qui ancora co-
mincia a trarsi indietro sin dal momento in cui avvedesi dei
risultati spiacevoli — solamente egli non ha il coraggio di dirlo
all' Imperatore, il quale, essendo stato informato di discorsi
del Granduca che disapprovavano le sue misure, gli fece, non
senza ragione, i più acerbi rimproveri di poca sincerità se
non di doppiezza, rimproveri dei quali Leopoldo non troppo
bene si difende, mentre non osava palesargli la vera causa,
il fare imperioso cioè di Giuseppe, intollerante di qualunque-
siasi opposizione, sin anche dei prossimi. Scrivendo a Leopoldo
ai 14 Gennaio 1786 intorno al nuovo sistema d'imposte da
imporsi all' Ungheria, « la mia risoluzione, dice l' Imperatore,
farà un po' di chiasso, ma con tuttociò bisogna che la cosa
riesca, e che una volta per tutte la monarchia non formi che
una provincia uguale in tutte le disposizioni e nei pesi. » Non
passò molto, e l'Ungheria era in ballo ! Leopoldo sfogavasi
colla sorella. Opinava che non fosse savio di voler costrin-
gere colla forza la gente al bene ancora nel caso in cui que -
sta non si volesse persuadere dell'opportunità di nuove istitu-
zioni. « Colla forza non si possono se non respingere i cuori
e gli animi, non già guadagnare le opinioni, e alla lunga non
si riesce a nulla ». Ai primi moti nel Belgio, nel 1787, egli
biasimava il procedere dell' Imperatore, credendo che la sola
restaurazione dell'antica costituzione delle province fosse in
grado di ristabilire la quiete, ed ancora ciò solo in tempo op-
E LA TOSCANA 133
portimo. « Quand' una volta il popolo è padrone, non ascolta
né anche la voce dei rappresentanti suoi ».
I princìpi politici di Leopoldo erano di natura in un punto
essenziale molto diversa da quei del fratello. « Al pari della
maggioranza dei loro contemporanei », cosi l'illustre Ranke
in una delle ultime opere sue {Die teutschen Machie mici
cler Fùrsteribundj II. 172) « i due fratelli erano seguaci di
quel sistema di idee cui si dà nome di liberale. Il liberalismo di
Giuseppe era di natura politico imperialista; quello di Leopoldo
era d' un colore costituzionale, e poteva accomodarsi di forme
rappresentative ». Ciò viene perfettamente confermato, e da
quello che Francesco M. Gianni ci ha tramandato intorno al-
l' idea di Leopoldo « di porre in cima allo Stato un' assemblea
di rappresentanti le varie provincie, i quali dovessero votare
le leggi », progetto il quale a dir il vero in quella forma
non è se non l'embrione d'uno statuto, e dalle lettere da lui
scritte alla sorella, più del fratello confidente degli intimi suoi
pensieri. « E fortunato il paese, il quale possiede degli Stati e
una costituzione cui il popolo è affezionato. In siffatto paese, tra
principe e popolo esistono degli obblighi reciproci, i quali non
possono mutarsi se non di comune consenso ». (Lettera de-
gli 8 Marzo 1789). Egli crede che, laddove non e' è costitu-
zione, bisogna crearne una, anche pel bene del governo. Ma
l' intera sua professione di fede politica è contenuta nella
lunga lettera a Maria Cristina in data di Pisa 25 Gennaio
1790, cioè brevissimo tempo prima della morte di Giuseppe,
lettera di somma importanza per gli affari religiosi di To-
scana, i quali avvicinavansi alla crisi scoppiata tre mesi do-
po, dimodoché conviene riportarne qui, senza comento la
porzione principale secondo la copia che ne prese il Duca
Alberto e che si trova stampata dal Wolf nel precitato car-
teggio a pagg. 80 seg., essendo incompleta e poco esatta la
stampa presso feuillet de Conches nel volume III delle let-
tere di Maria Antonietta.
« Si dice che io sostengo i Giansenisti, il sinodo di Pi-
stoia e il vescovo giansenista {V évéque qui V est) di quella
diocesi, e che ho presso di me a Firenze un residente della
chiesa d'Utrecht. Tutto questo ò interamente falso! Qui non
si sa .osa sia un Giansenista, né di che si tratti in siffatte
materie. L'istruzione pubblica, i seminari- scuole sono libere
nelle mani dei vescovi, senza che il governo s' immischi.
434 GIUSEPPE li, PIETRO LEOPOLDO
Chiamansi Giansenisti i vescovi più zelanti, i quali hanno
vietato al loro clero d' andare a teatri e balli e cose simili.
Giammai il governo non s'occupa d'affari di disciplina eccle-
siastica, sennonché per mezzo dei vescovi e sostenendoli. Il
sinodo di Pistoia altro non contiene fuorché l'adesione alle
proposizioni della Chiesa gallicana, non mai sospettata di
Giansenismo. Io non l'ho approvato mai per ciò che spetta
alle massime, ma ne ho permesso semplicemente 1' esecuzione
quanto alla disciplina, non trovandoci nulla di contrario alle
leggi del paese. La Corte di Roma, la quale da due anni ne
ha principiato l'esame, non ci ha trovato nulla da obiettare. Il
residente Giansenista non è mai esistito, né sarebbe stato
tollerato. Questo non é se non un assurdo.
« Mi si rimprovera una legge sui funerali e un'altra
sulle reliquie. La prima vieta di portare ed esporre i morti
scoperti in chiesa, e prescrive di tenerli sopra terra un dato
tempo prima di seppellirli, e di avere i campisanti fuori dei
luoghi abitati. In questo non e' è da biasimar nulla : tutto il
rimanente è falso. Così è ancora della legge sulle reliquie. Mai
non si è pubblicato editto o altro su tale materia. Tutto è rima-
sto ad arbitrio dei vescovi. Nella città di Prato si è lasciata,
senza toccarci, una cintola della Vergine non autentica, la
quale ha dato luogo ad una sommossa, e solo dietro alle
istanze dei Vescovi si è ordinato, che le chiavi di molte re-
liquie rimaste in mano di magistrati urbani sieno tutte con-
segnate ad essi. A San Lorenzo di Firenze ho costruito una
cappella per esporvi alla venerazione pubblica tutte le reli-
quie anticamente rinchiuse in una stanza del mio palazzo.
Quanto all' inquisizione politica attribuitami, ne appello a
tutto il mondo, ad indigeni ed esteri stati in Toscana, perchè
dichiarino se altrove hanno goduto di maggior libertà civile
che in questo paese. Sarebbe contrario alla mia indole.
« La mia professione di fede è di mantenere la religione
cattolica apostolica romana, di vivere e morire in essa, di
non perseguitare ma di non proteggere né distinguere coloro
i quali non hanno o si danno aria di non avere religione,
di soccorere i vescovi cui spetta la direzione degli affari di
disciplina ecclesiastica.
« Io credo che il sovrano, quantunque ereditario, altro
non è se non il delegato ed impiegato del popolo pel quale
egli è creato; che deve consagrare al popolo tutte le sue
E LA TOSCANA 135
cure e veglie ; che a ogni paese ci vuole una legge fondamen-
tale ossia un contratto tra popolo e principe allin di stabilire
i limiti dell'autorità di questi, che nel caso di lesione di que-
sta legge da parie del 3 >vrano egli col fatto rinunzia al suo
posto che non gli è stato dato se non a questo patto, e che
non e' è più obbligo d' ubbidirgli, che al sovrano spetta il
poter esecutivo, il legislativo al popolo e ai di lui rappresen-
tanti, e che, in qualunque cambiamento della persona del so-
vrano, si possono aggiungere nuove condizioni a quelle che
ne fissano l' autorità. Credo che il sovrano non può frammet-
tersi direttamente nò indirettamente in affari di giustizia
civile o criminale, nò cambiarne le forme, le pene, dare com-
missioni, delegazioni ec.
« Credo che il sovrano deve rendere conto esattamente
ed annualmente dell'erogazione delle rendite pubbliche e della
finanza (1), che egli non ha il diritto d'imporre arbitrariamente
tasse, gabelle o imposizioni qualunque, che il solo popolo ha
questo diritto dopo che il sovrano gli ha esposto i bisogni
dello Stato e che il popolo per mezzo dei rappresentanti suoi
ne ha riconosciuta la legittimità, che le imposte non possono
accordarsi se non come sussidi e per un anno, e che la nazione
non può prorogarle prima che il sovrano abbia reso conto
esatto, circonstanziato e soddisfacente del loro impiego.
« Credo che il Sovrano deve render conto di cambia-
menti di sistema, di nuove disposizioni legali, di pensioni,
gratificazioni ec. ed ottenerne l'approvazione prima di pub-
blicarle; che gli ordini suoi non acquistano forza di legge e
non sono obbligatori che mediante il consenso degli stati;
(1) Nel Marzo del !78l, Giuseppe scrisse al fratello: « Sono impaziente
di sentire ciò che pensate del famoso libro del Necker. È impossibile di
scriver più piacevolmente (avec plus d'agrement) e mi sembra che i principi
sono eccellenti » Leopoldo risponde : « Ho per gloriosa, utile e giusta l'idea
di far rendere conto dal sovrano al pubblico dello stato delle finanze e
della loro amministrazione, le finanze essendo, come tutto il rimanente
del pubblico, e il sovrano non essendone se non amministratore, obbli-
gato dunque a renderne conto, non dovendo disporne se non conforme
alle intenzioni, del suo principale (sic) cioè pel maggior bene ed utile dello
Stato e di tutti gli indivi lui. Di più, secondo il mio giudizio, il Signor
Necker spiega delle massime di finanza e d'economica politica giustissime
ina all' infuori di ciò il libro non mi piace né punto né poco ». E poi
continua a notare la lode di se stesso e la pompa di parole, e il voler
buttar polvere negli occhi, e conclude dicendo, che basterebbe un foglio
con cifre a mostrare come si è condotta un' amministrazione.
43G GIUSEPPE II, PIETRO LEOPOLDO
che la truppa non può essere impiegata se non per la di-
fesa del paese e giammai contro il popolo, che nessuno può
essere posto in arresto ne giudicato che dietro al mandato
dei giudici ordinari e pubblicamente , ma mai in seguito d'or-
dine arbitrario, fosse anche dell'istesso sovrano. In line
credo che il sovrano non deve regnare se non a norma delle
leggi, e che i suoi costituenti sono il popolo; il quale in
nessun tempo ha potuto rinunziare, né privarsi sia in forza
di prescrizione, sia di consenso tacito o forzato, d'un diritto
imprescrittibile e naturale, pel quale esso ha consentito ad
avere un sovrano, cioè a concedere a questo sovrano la pre-
eminenza acciò faccia e procuri la felicità di questo popolo,
non come vuol lui, ma come l'universale lo vuole e l'in-
tende, la felicità degli individui essendo unico scopo delle so-
cietà e dei governi. »
Tale si fu questa professione di fede, nella parte sua
politica in gran parte riprodotta in un memoriale spedito da
Leopoldo ai 17 di Febbraio alla sorella e al Cognato , rifug-
giti allora, per la rivoluzione del Belgio, a Bonn sul Reno
presso il fratello Massimiliano elettore di Colonia; memo-
riale dopo l'assunzione al trono di Leopoldo , con vari cam-
biamenti di dichiarazioni giudicate inopportune , comunicato
agli stati generali di quelle provincie radunati a Brusselles
che lo respinsero. Allorquando Leopoldo scrisse quella let-
tera, Giuseppe II era agli estremi. Durante la guerra Otto-
mana la di lui salute aveva principiato a rovinarsi sul serio.
Di già nell'autunno del 1787 egli nelle lettere a Leopoldo se
ne lagnava ; dieci mesi dopo scriveva : « La mia costituzione
è talmente indebolita che temo non si ristabilirà più ». Nella
seguente primavera si era perduta ogni speranza. La guerra
infelice sul Danubio, la rivoluzione nei Paesi bassi, l'incre-
dibile sconcerto nell'interno, l'opposizione nell'Ungheria mi-
nacciosa di scoppiare in aperta insurrezione, l'incertezza
delle cose di Germania tenute a bada per l'attitudine nemica
della Prussia, — tutto questo non potè non influire sull' infe-
lice Monarca , il quale , sull'orlo del sepolcro vedeva rovinare
dappertutto l'operato di dieci anni di regno. Le sue lettere al
fra elio dipingono chiaramente il suo cordoglio. Nella pre-
visione della prossima sua fine , egli desiderava ardentemente
l'arrivo di Leopoldo. A malgrado di vari contrasti e di certe
differenze d'indole, egli gli voleva sinceramente bene. Le
E LA TOSCANA 137
lettere lo dimostrano. « I nostri cuori, così gli scriveva nel
Luglio del 1785 dopo di averlo avuto seco in una corsa in
Lombardia, sono creati l'uno per l'altro , e non sarò mai
più contento che quando potremo stare insieme. » Leo-
poldo non corrispondeva a questi sentimenti che sin a un
certo punto, giacché oltre ad essere di natura più fredda e
meno espansiva, egli dirimpetto a Giuseppe ritrovavasi sempre
sotto il peso di certa superiorità da lui malamente sopportata.
Nei giorni estremi poi , quando 1' Imperatore dettò a
Leopoldo lettere sopra lettere supplicandolo di venire a Vien-
na, altre ragioni impedirono questi di soddisfare al deside-
rio del moribondo. Giuseppe lo voleva a Correggente, Leo-
poldo non ci si piegava. Non lo diceva al fratello , ma al
solito se ne apriva colla sorella. « Ricevo l'ordine (così leg-
giamo in una lettera a Maria Cristina dei 17 febbraio 1790)
di recarmi subito a Vienna, dove Sua Maestà vuol vedermi.
Mi dicono che S. M. sta malissimo , e potete immaginarvi
che mi si vogliono alcuni giorni per disporre qui tutto, ac-
ciocché famiglia ed affari sieno preparati a qualunquesiasi
emergenza, giacché non credo tornare in cp testo paese. Fi-
guratevi la piacevole posizione in cui mi ritrovo, andare a
Vienna, metter le mani in affari tanto imbrogliati, con quella
gente che c'è, colla malattia e lo stato mentale di S. M. Ma
faccio il sacrifizio, obbedisco e parto domani l'altro, sotto--
mettendomi alla divina volontà e alla provvidenza. » Ma non
partì. « Sua Maestà (Lettera dei 18 febbr.) mi ha fatto chia-
mare, e mi ha scritto colla seguente posta che intende di-
chiararmi correggente, come Essa era stata al tempo della
fu Imperatrice. Vi rammentate dei begli effetti d'allora ,
figuratevi ora ! Vi prevengo dunque essere fermamente riso-
luto di non mischiarmi né direttamente né indirettamente
degli affari di Vienna, né in qualità di reggente né in altro
modo, durante la vita di S. M. Se io ci prendessi parte, al
cospetto del pubblico e delle Corti estere, sembrerei parteci-
pare ai principi e sistemi di S. M. ed approvare- ciò che
si è fatto. Perderei riputazione e fiducia per sempre , e
farei gran male agli affari senza profitto di sorte. ...Non ac-
cetterò d'entrare negli affari. »
Dal Manfredini , tornato da Vienna e giunto a Pisa verso
Natale del 1789, dal Rosenberg che gli scrisse ai 18 di Gen-
naio seguente , dall' Imperatore stesso , Leopoldo era reso
Arch., 3.a Serie, Tom. XXIV. 28
438 GIUSEPPE II , PIETRO LEOPOLDO
consapevole perfettamente dello stato di questi , e sono meno
sincere le sue continue lagnanze di essere rimasto nel buio.
Dopo di avere più volte annunziata la sua partenza, egli si
dice ammalato di reuma e di tosse , arriva da Pisa a Fi-
renze, dove non stando ancora bene è costretto a fermarsi un
altro paio di giorni, scrive a)1 Imperatore a' 21 Febbraio che
sta per partire.
Quattro giorni prima, Giuseppe II aveva terminata la
sua mortai carriera.
L'ultima lettera di Leopoldo alla sorella è in data di Fi-
renze 2 Marzo 1790 (1). Egli partì il giorno dopo e giunse a
Vienna il dì 12. La sua salute era cattiva. Poco prima aveva
parlato dei capelli imbianchiti per i frequenti incomodi, e
gli ultimi giorni a Firenze erano stari tormentati da febbre
reumatica e coliche nervose. A Vienna venne accolto fred-
damente, il popolo era sfiduciato e Leopoldo mezzo straniero.
« La mia salute è mediocre — così nella prima lettera, dei
15 Marzo, a Maria Cristina' — non già il viaggio mi ha fatto
soffrire, ma mi fa soffrire il triste stato e la condizione
della Monarchia e la confusione regnante in tutti i nostri
paesi. Essa è estrema; contuttociò mi lusingo di poter tran-
quillarli a poco a poco e di conservare la pace ».
Questa speranza non fallì, ma le angustie e il lavoro
quasi sovrumano , cui si trovò costretto Leopoldo colla salute
già di molto infiacchita, gli raccorciarono la vita. Coronato
imperatore romano-germanico a Francoforte il dì 9 Ottobre
del 1790, egli arrivò a Firenze il dì 8 Aprile dell'anno se-
guente col figlio Ferdinando nuovo Granduca, ed altri della
famiglia. « Qui, grazie al cielo (Lettera a Maria Cristina ,
senza data , ma del mese d'Aprile) , stiamo tutti bene. I figli
miei divertonsi, e sono contento di loro... Le feste e i molti
forestieri non mi hanno lasciato tempo a far nulla sin qui ».
Poi in altra dei primi di Maggio : « Sto qua disponendo gli
altari. Ho preso un forte raffreddore, ed. essendo ammalati
tutti del mio seguito, non posso andare alle feste di Pisa e
di Livorno. Nell'assenza dei giovani cerco di rimettermi aflìn
di poter ripartire al più presto possibile , giacché nelle at-
tuali circostanze l'aria qui mi è punto favorevole. » E su-
bito dopo:
(1) È dunque incorretta la data del 4 .° Marzo qual giorno della parten-
za presso Zobi , 1. e, II. 509.
E LA TOSCANA 139
« Un viaggio come il mio non si fa per corriere in otto
giorni. Quando si è lavorato come 1' ho fatto io durante tre-
<' <■[ mesi, quando si é vuotato sin in t'ondo il calice dei dis-
piaceri e disinganni d' ogni genere ... ci vuole un paio <l:
mesi onde ristabilire la salute rovinata , cacciare 1' umore
agro e forzatamente compresso, e riprendere nuove forze
onde non soccombere, prima di tornare a quella vita da
galera cui si è condannato ». Altra lettera verso la metà di
maggio : « I miei tigli stanno a Livorno a divertirsi. Ho pas-
sato il tempo di loro assenza a letto, con tosse e mal di gola
e di testa. Comincio ad alzarmi, e aspetto di stare un po'meglio
onde partir subito per Milano ». Finalmente in lettera della
seconda meta di maggio scritta in questa città lombarda ,
dopo di aver lasciato il palazzo della Crocetta : « Abbiamo
avuto qui freddo inaspettato con neve ai monti, ma ora è
passato. Grazie al cielo, è finito il mio esiglio di Firenze,
dove sono rimasto rinchiuso durante tre settimane in càmera
con tosse convulsa, insonne e mortalmente annoiato, perden-
do tempo senza fine. M' arrabbiai, ma non potei muovermi.
-Non ero guarito , ma stando meglio, partii subito , avendo
da far molto in Lombardia ». Leopoldo era partito da Fi-
renze ai 16 di Maggio. L' ultima menzione delle cose
toscane la troviamo in una lettera all' Arciduchessa , in
data di Milano 1 Giugno : « Continuo a stare a Milano, dove
ho un diluvio di affari. La mia salute è buona anziché no a
malgrado del caldo fortissimo. A Firenze, non ho avuto mo-
tivi di trovarmi contento, incomodato sempre di salute, sod-
disfatto poco del Granduca, e molto meno di quei che lo
circondano e di chi c'è rimasto con lui ». Quest'ultimo non può
essere altro se non il Manfredini. Credo non andar errato,
supponendo questo passo di lettera allusivo a quella transa-
zione finanziaria per la quale Ferdinando riconobbesi debi-
tore personale del padre, della somma di scudi 1, 113, 562,
transazione variamente giudicata dagli storici economisti,
<:uuie risulta dalla storia più volte citata dello Zobi , dalle
di lui Memorie economico-politiche pubblicate nel 1860, e dalle
Memorie sul regno di Leopoldo II del Cav. Baldasseroni.
Rimane incontestabile, a parer mio, il fondamento legale
del credito fatto valere dall' Imperatore, credito particolare e
non dello Stato; solamente si può mettere in forse, se questi,
erede ora del patrimonio della casa, non avrebbe usata gè-
440 GIUSEPPE II , PIETRO LEOPOLDO
nerosità maggiore calcolando 1' utile a questa casa venuto
dalla successione allodiale Medicea, e per la somma da lui
stesso al principio del suo regno dovuta cedere all'Austria.
Due circostanze però, oltre la questione legale, possono mili-
tare a favore di Leopoldo : lo scompiglio incredibile nel quale
trovò la Monarchia, e la numerosa famiglia cui aveva da
provvedere.
L' Imperator Leopoldo II dopo brevissimi giorni di ma-
lattia morì il dì 1.° marzo 1792, di anni quarantacinque, uomo
certo singolare, la cui perdita, in quella tremenda crisi eu-
ropea, fu disgrazia per 1' universale. La buona e degna con-
sorte era afflittissima. L'Arciduchessa Maria Cristina dopo la
morte del fratello scrisse alla principessa Eleonora Liechten-
stein, fida amica della famiglia : « Il colpo è troppo violento
pel mio cuore, e mi offende in troppi punti. La debole salute
della veneranda Imperatrice mi fa tremare, i figli orbati mi
fanno compassione, il giovane re (Francesco) ha salute poco
robusta. Tutto questo riempie d'affanno me e mio marito. Col
fratello e padrone abbiamo perduto il vero amico ». L' Im-
peratrice Maria Luisa non sopravvisse più di quindici giorni
al marito, cui voleva sinceramente bene quantunque troppo
spesso egli le avesse dato motivo di lagnarsi di lui.
Alfredo Reumont.
POMPEO NERI
(Continuazione e fine. Vedi av., pag. 253.)
Capitolo Vili.
Il Neri è nominato presidente del Consiglio. - Vieri proclamata la piena liber-
là del commercio frumentaiio. - Manimorte. - Soppressione dell'asilo ec-
clesiastico e delle carceri claustrali. - Libertà dell' industria. - Studii
relativi all' istruzione pubblica. - Riforma Municipale. - Abolizione delle
servitù rurali.
In questo tempo accortosi l'Orsini di Rosenberg di non
esser troppo accetto al Gran Duca, come non lo erano tutti
coloro che tenevano corrispondenza con Maria Teresa la quale
avrebbe desiderato minori innovazioni, chiese la dimis-
sione , che subito gli fu accordata. Si creò allora un Con-
siglio detto di Stato, e con motuproprio del 28 decembre 1770
ne fu data al Neri la presidenza, senza un ministero speciale
Il Conte Tommaso Piccolomini fu fatto ministro degli Affari
Esteri, il Cavaliere Francesco Siminetti dell'Interno, il Conte
Vincenzo Alberti della Guerra, Angelo Tavanti delle Finanze ,
ed il Senator Ferdinando Incontri Consiglier supplente.
Tutte le leggi emanate fino a questo tempo in favore della
libertà di commercio , e che non erano se non temporanee e
parziali, furono il preludio di riforme anche ben più salutari :
la mente di Leopoldo ispirata in questa materia dal Neri ,
voleva un' intiera e fondamentale riforma. Per aver bene
presenti le condizioni e quindi i bisogni della Toscana in
questa materia s'incominciò dal creare con motuproprio del
25 novembre 176Ti una speciale Commissione (uno dei mem-
bri della quale era un Filippo Neri , forse il fratello di Pom-
peo) la quale , compilate le necessarie statistiche , facesse
una relazione in proposito.
Non appena si riseppero i disegni di riforma , da tutte
le parti si gridò contro di quelli. Gli impiegati stessi del
Governo erano gli oppositori più animosi , in modo che, fra
i ministri, solo il Neri ed il Tavanti combattevano perchè
fossero tradotte in legge le sane idee accettate dal Gran Duca.
442 POMPEO NERI '
Non bastavano a convincere gli oppositori i fatti che nella
carestia 1763-64 e in quella del 1767 avevano mostrato tanto
chiaro come la libertà di commercio fosse la salute degli
Stati , e specialmente contro il Neri dirigevano le loro irò,
riguardandolo come persona che per manìa di riforme nulla
curasse il bene pubblico.
Fino l'illustre Gian Rinaldo Carli, l'economista di Mila-
no, che in questa città aveva conosciuto il Neri, gii scrisse
una lettera, in data 2 settembre 1771 , con cui combatteva la
libertà del commercio frumentario . e voleva mantenuti gli
antichi regolamenti (1). .
Precedentemente un tal Cennini Provveditore dell'Abbon-
danza di Siena si era nel 1766 opposto alle ideate riforme ;
al seguito di che P. Leopoldo aveva ordinato che si discutesse
se la intiera libertà del commercio frumentario fosse attua-
bile in Toscana. Aveva il Neri allora, in una memoria (2)
sostenute le sue opinioni, e sarebbe bastato confrontarla con
quella del Carli , affinchè al Neri dovesse darsi piena ragione.
Terminata ogni discussione in proposito , fu con editto del
24 agosto 1775, quattordici anni cioè dopo la morte del Ban-
dini , sancita la libertà assoluta del commercio dei grani.
Consacrato finalmente dalla legge questo grande princi
Leopoldo I pronunciò queste nobili e memorande parole : « l'opera
« sul commercio dei grani è compita; il pubblico ed i posteri
« sappiano a chi renderne pel primo le grazie ; la seri
« del Bandini sia stampata a n -se (3) ». E ciò fu I
Poco avanti questo tempo il Neri, che non perdeva
d'occhio la questione delle maniraorte , vedendo quanti mali
portasse l'essere il clero contemplativo assai ricco , e pove-
rissimo invece quelle operativo, pubblicò il 17 marzo 1760
una ordinanza affinchè il male non progredisse, e in confer-
ei) È nel tomo 14.° della Raccolta degli Economisti Italiani fatta
dal Custodi.
(2) Fu stampata in Appendice ai Prov r edimenti Annonarii del Fabroni.
M) Lo Zobi a pag. 60 del Voi. li della St. Civ. cita tali parole, di-
cendo essere state tramandate dalla tradizione; ma domandatagli spie-
gazione di questo fatto, soppi essergli venuto ira mano un foglio sul quale
il Neri aveva di proprio pugno fatto un appunto presso a poco cosi con-
cepito: « Stamattina il G. Duca, essendo in Consiglio, ha dette le seguenti
parole » Questo fatto, e l'essere stato in quel tempo stampato dalia
Tip. Granducale il Discorso Economico, fanno sì ch.i -i possano crede-
re come realmente dette quelle parole.
POMPEO NERI 443
mità della prammatica (che finalmente , dopo tanta lotta , era
stata pubblicata il 2 marzo dello stesso anno 1709) fece risol-
vere la alienazione enfiteutica dei beni dello Spedale di Bo-
nifacio, quantunque fosse Una manomorta laicale; la quale
operazione poi, con sommo vantaggio dell'agricoltura, fu com-
pita per molti altri istituti.
Nell'anno 1709 fu soppresso l'asilo ecclesiastico , il quale
seguitava ancora a produrre tutti quei mali che ognuno
comprende, \wa il Neri fin dal 1763 pubblicato un suo la-
voro circa tale argomento . e quindi ne attuò i concetti. E
contemporaneamente furono tolte le carceri claustrali.
Il governo di P. Leopoldo si era molto occupato dell'agri-
coltura , in specie per quanto riguardava il commercio fru-
mentario : bisognava ora cercare che rifiorissero 1' industria
e il commercio. Questo in specie era in condizioni disperate
principalmente a cagione dei tegami che gli si mantenevano :
poiché vigevano tuttavia in Toscana gli antichi regolati
dette arti, che se un tempo , per le condizioni di-
verse , avevano fatta salire la Repubblica Fiorentina in gran
ricchezza di traffici, ne erano stati anche la rovina, quando,
mutati i tempi , i Medici non vollero abolirli.
Né l'idea che le Corporazioni e Magistrature delle
Art' , coi loro privilegi e monopoli , fossero necessarie alle
industrie , era ancora abbandonata : che anzi , come suole
avvenire in tali casi, quanto più queste sradevano, tanto più
ognuno si confermava nella propria opinione, dicendo che ciò
era causato dal non essere bastanti i vincoli. Ciò che era
accaduto quando si volle attuare la libertà del commercio
frumentario . accadeva ora per 1' industria manifattrice. Le
condizioni erano identiche, e nello stesso modo procede il
ino. Avendo adunque fin dal 1706 considerato « quanto
« la moltiplicita dei Magistrati delle Arti di Firenze rendeva
« complicato il sistema della spedizione degli affari, e come
« colla quantità delle loro leggi , matricole, tasse ec, ves-
« savano moltissimo le persone delle Arti a loro respetti-
« vamente sottoposte » (1) , si pensò di riunire tutti questi
(J) Ciò si legge in una Relazione circa il modo col quale si procede
alla soppressione delle arti, Relazione che è nella filza 106 dell'Arch. del
Gran Duca Leopoldo. Dalle carte che si trovano nella filza stessa può
vedersi con quanto studio, precauzione, e. relativamente, con quanta ce-
lerità si procedesse negli affari .
444 POMPEO NERI
Magistrati in un tribunale solo per render più semplice e
riformare più agevolmente tale materia. A raggiungere
questo scopo si fecero moltissimi studi in proposito, fra i
quali merita menzione una memoria scritta dal Tavanti per
incarico del Neri , e finalmente furono con diversi editti del
dì 1.° febbraio 1770, aboliti gli antichi Magistrati, e creatone
un solo col nome di Camera di Commercio.
Questa riforma non portò tutti quei vantaggi che se ne
potevano sperare , sopra tutto per essere stata fatta troppo
tardi ; ma però le industrie ed il commercio toscano non ne
risentirono piccolo vantaggio.
Furono in questo tempo , dopo molta lotta, aboliti i Ge-
suiti in Toscana. Importava quindi di provvedere in altro
modo al pubblico insegnamento: Fu allora affidato all'Arci-
vescovo di Pisa Francesco Guidi, a Monsignor Angelo Fa-
broni ed all'Auditore Antonio Mormorai, l'incarico di compi-
lare una proposta per l'ordinamento dell'istruzione in Firenze.
Non fu approvata però dal Neri l'idea di crearvi una specie
di Università, giacché gli sembrava che per l' istruzione se-
condaria bastassero le scuole dei Calasanziani e dei Berna -
biti, e per quella superiore avrebbe voluto ampliare l'Uni-
versità di Pisa. Il Gran Duca fu dell'opinione del Neri, e l'idea
della Commissione non fu accettata.
Per migliorare sempre più le sorti della Toscana, volle
Leopoldo I nelJL774, dare al suo Stato un nuovo ordina-
mento municipale, informato a principii assai liberali, giac-
ché fino a quel tempo i Municipi Toscani erano oppressi da
una quantità di magistrature che furono tutte abolite. Ed
anche in questa materia era ben fortunato Leopoldo I d'aver
presso di sé il Neri , il quale, avendo compita l'opera mede-
sima per lo Stato di Milano , era in grado di dare ottimi
consigli , e d'attuare egregiamente la riforma.
V'erano ancora in Toscana molte servitù rurali , avanzo
Mediceo , affare tanto geloso quanto intricato , a causa degli
interessi dei proprietari. Portavano quelle danno gravissimo
col limitare in modo estremo le proprietà, e coli' imporre ai
contadini pesi arbitrari. Pe*r darne un' idea dirò come sussi-
stesse ancora il diritto nei Comuni alle comandale, vera
istituzione medioevale, e come non si potesse vendemmiare
senza il permesso dell'autorità. Perciò tutte queste servitù
furono abolite con diversi editri, e durante il Ministero del
POMPEO NERI 445
Neri, al quale spetta quindi in gran parte il merito di aver
tolti quelli avanzi feudali.
Capitolo IX.
Raffreddamento del Gran Duca verso il Neri. - A questo si ricorreva come
a un oracolo. - Amicizia che lo stringeva al Pign itti. - Morte del iNeri. -
Suoi titoli, - Commedia e Ditirambo da lui scritti. - Conclusione.
Era giunto il Neri ormai ad una età in cui, per la lunga
esperienza acquistata in una vita sempre occupata nei pub-
blici affari , vedeva le cose con freddezza e maturità di sen-
no. P. Leopoldo invece ancor molto giovane, giacché, quando
il Neri morì, non aveva che 29 anni, era pieno di vita, e,
data mano a riformare , lo faceva con l'ardore adatto alla
sua età. Ma sa ognuno quanto ciò sia pericoloso per il pub-
blico bene, e non farà meraviglia che i vecchi i quali stava-
no attorno al Gran Duca cercassero di rattenerlo.
Cominciò egli adunque a non vederli più di buon occhio.
Già dissi come l' Orsini di Rosenberg , fosse stato per la
stessa causa allontanato dal Governo della Toscana. Col Neri
pur;) si raffreddò assai il Gran Duca, ma non lo volle allon-
tanare , o forse non lo potè , giacché doveva pur riconoscere
in lui meriti tali che avrebbe dovuto, per farlo, mettersi in
opposizione colle opinioni di tutti gli uomini saggi della Toscana.
E che tutti riconoscessero in Pompeo un uomo veramen-
te illustre lo prova il fatto « che la casa di lui al pari di
« quella dei Coruncanii , degli Scevola e dei Paoli , era l'ora -
« colo di tutta la città » (1).
Un' intima amicizia lo legava al Pignotti , allora ancor
giovane, e ne fu assiduo protettore in modo, che pregato
istantemente il Pignotti medesimo a rimanere a Genova
presso il Marchese Viale che curava di una oftalmia, non
accettò , spinto specialmente dal non volere abbandonare la
Toscana ove era in relazione con tanti ragguardevoli uomi-
ni, e godeva della protezione del Neri , come egli stesso si
esprime in una sua lettera dell' 11 gennaio 17G7 diretta alla
propria sorella (2).
(I) RiiJolfi, Et. cit. , pag. 18 e Fabroni, St. cit
(2; Ved. Notizie storiche della vita e delle Opere di Lorenzo Pignotti
premesse alla sua Storia della Toscana. Pisa 1812, pag. 38.
446 POMPEO NERI
Era pure stretto in amicizia con G. M. Ortes , come vi
orano pure i due fratelli di Pompeo , Giovanni e Filip]
Stauco il Neri per tutte le fatiche che aveva sopportato
nella sua lunga e laboriosissima (2) carriera , preso da in-
fiammazione intestinale (3) il « 15 settembre 1776 morì rau-
« nito dei SS. Sacramenti e raccomandazione dell'anima . e
« fu tenuto ai pubblici solenni suffragi nella Chiesa di San-
« ta Margherita de' Ricci , ed indi sepolto nella Chiesa dei
« PP. Minimi di S. Giuseppe nella sua gentilizia sepoltu-
« ra » (4). Ma nò sulla sua tomba, né su quella del padre .
ivi pure sepolto, havvi neppure una pietra la quale rammenti
ai Toscani che ivi giacciono quei due grandi uomini ai quali
debbono tanta riconoscenza.
Il Neri , oltre ad essere Presidente del Consiglio , era
anche, come dissi , Segretario dell'Archivio di Palazzo, e del
Senato di Firenze , ed aveva il titolo di uno dei Reggenti del
Supremo Consiglio d'Italia in Vienna (5 . Gli era stata
in oltre conferita la croce di S. Stefano d' Ungheria , da lui
rarissimamente portata, dicendo, con non comune modestia,
esserne immeritevole (6).
Ma ad onorare un Ministro basterebbe solo il seguente
fatto, che mostra quanto scrupolosa fosse la delicatezza del
Neri. Ho detto a suo luogo come egli avesse consigliata la
(1) A Filippo Neri è diretta la 4.a delle lettere di G. M. Ortes in pro-
posito del suo libro sull' economia nazionale, pubblicate dal Custodi senza
l'indirizzo , ed a Giovanni Neri la "»a : quella in data 12 Luglio 1777, que-
sta del 26 Luglio. Dall' originale si scorge che 1' Ortes, a Firenze, era stato
coi Neri in amichevole consuetudine. Un" altra lettera dell' Ortes a Fi-
lippo Neri, ed un' altra del Neri stesso, vennero pubblicate negli Studii
storici economici, dell'illustre Senator Lampertieo su G. M. Ortes. (Ve-
nezia, Antonelli, l^uó;. Giovanni Neri scrisse una Memoria dei prodotti e
di alcune vedute economiche relative .'dia Val di Chiana pubblicata nelle
Memorie idrauliche sulla Val di Chiana del Fossombroni.
(•2 Che realmente fosse talo, lo dimostrerà anche l'indice bibliogra-
fico delle Opere del Neri, posto in line a questo scritto.
(3) Cosi nelle Novelle Letterarie, N. 43 del 1776.
4) Ciò ò detto nella fede di morte, mediante la quale ho potuto pre-
cisare la data della morte del Neri, giacche , tanto questa come quella
della nascita, erano incerte per le inesatte indicazioni datene da coloro
che scrissero del Neri.
(5) Ciò si rileva da un articolo d'un giornale di Firenze, Le notizie
del Mondo, del 17 Sett. 1776.
Così lo Zobi, St. Civ., Voi. II, pag. 194. Anche il Ridolfi dice al-
trettanto , e cosi pure i Giornali del tempo.
POMPEO NERI 447
vendita libera o livellazione dei beni spettanti agli Stabili-
menti pii laicali. Ora sapendo che ne sarebbe venuto un van-
proibì ai fratelli di farne acquisto affin-
redere che egli avesse consigliata la
dita a questo scopi). Ma il ['roteilo Giovanni, quello che era
Commissario degli Innocenti, credemf stante-
mente la delicatezza di Pomp<
. iore della stima, contradisse ai voleri del fratello. Que-
u talm . che lo diseredo
doni alle quali aveva dovuto atten-
dere Pompeo, non lo avevano però distolto dal coltivare le
lettere, ed egli una volta offeso" da notissimo soggetto stra-
niero di cui era stato il protettore (2) , si divertì a porre
in commedia il c'< li Voltaire , ed a rappresentarvi co-
stui sotto la persona dell'Abate Perigordino.
Compose poi un ditirambo nel quale propose alla poe-
tessa Gorilla Olimpica (3) diversi temi fisici e morali che
offrono la storia dell'uomo e del mondo, per eccitarla a can-
tarne qualcuno. « Le persone dell'arte potrebbero torse de-
« siderarvi uno stile alquanto più poetico che invero non
« poteva essergli familiare per mancanza d'esercizio perchè
« occupato continuamente in affari gravissimi: vi sono però
dici che ben poteva tenere posto distinto anche
« tra i poeti » <
Or qo al rermine di questo mio studio, io non
so se mi l'indicare almeno sommariamente le
(1) ito dallo Zobi alla pag. 194 del Voi. II della
ingiungendo che il Neri volle subito
le lasciò unica erede !" • ncesca mari-
tata i> nocchi. Nel N. 38 però, .
tto aver egli istituito erede universale il suo fratello Filip-
■ la nobil Famiglia Spannocchi: inoltre once 100
vanni : alcune prestazioni mensuali a di-
verse p [dette all' intima sua confidenza do, e tre
di vitt al rimanente della servitù. Ni Ile Novelle Lee
è detto in oltre avere il Neri lasciata una magnifica libreria.
(2) ' prime il Midolli. Mi si fa supporre essere un certo Mai-
ler Loret.
(3) Era questo il nome arcadico di Teresa Morelli nei Fernandez,
poetessa assai lodata in quel tempo.
M) Cosi dice il Ridolli nell'io, cit. I manoscritti tanto della Com-
media quanto del Ditirambo sono presso gli Spannocchi eredi del Neri.
448 POMPEO NERI
opere compiute da un uomo che congiungeva all'onestà la più
scrupolosa del carattere, le due qualità più necessarie al ri-
formatore di uno Stato , un ingegno cioè adatto a veder su-
bito e con sicurezza , i legami delle dottrine astratte colie
loro pratiche applicazioni ; ed un senso squisito dell'oppor-
tunità dei tempi , e della necessità delle cose. D'animo placi-
do e benevolo , egli si mostrò sempre alieno da qualsiasi
violenza ed odio di partiti , senza però venir mai meno a
quella fermezza nelle proprie risoluzioni che in caratteri so-
miglianti è l' indizio più sicuro della bontà dei loro convin-
cimenti. E l' illustre Giovanni Lami che gli era contempo-
raneo scriveva nelle sue Novelle Letterarie. « Egli era di
« carattere dolce ed eguale ; grave ed eloquente nel suo par-
« lare , frequentemente silenzioso, non vendicativo e pruden-
« te economo della vita dividendola nello studio , nell'adem-
« pimento de' propri doveri , e nella geniale conversazione
« degli amici. La sua maniera di scrivere aveva le stesse
« doti delle sue idee, la chiarezza e la nobiltà » (1).
Con tali qualità, nei 50 anni trascorsi nell'insegna-
mento e nei più alti ufficii dello Stato , potè lasciare in
quasi tutti i suoi atti pubblici , l'esempio del come si possa
promuovere nel seno d'una società ogni suo civile progresso,
senza aver bisogno di sconvolgerla tutta quanta da capo a
fondo. In fatti per opera del Neri , le relazioni fra lo Sta-
to e la Chiesa furono in Toscana determina' e con quella pru-
dente avvedutezza, e con quell'ammirabile energia che rese-
ro tanto celebre il Principe il quale sanciva quelle disposi-
zioni legislative che si adattavano così bene alle condizioni
politiche d'allora; per opera di lui le teorie della liber-
tà economica , passando dalle astratte speculazioni della
(1) Nel X. 33 della riassetta Officiale Toscana. 21 Settembre 1TT:<
detto a quest.t proposito « Dolce e pacifico era il di lui carattere, e ciò
« rilevasi dallo stile delle opere sue. robusto e duro si. ma lontano da ogni
« animosità ed invettiva come lo è quello dei male a proposito, e in di lui
« disonore citati da altro elogista, in suo paragone, Maccliiavelli, Giannoni,
c< Sarpi, le produzioni dei quali detestate sono da tutti i savi, e dalla S. Sede
« Apostolica, come ripiene sotto il velo della seduzione di false ed erronee
« proposizioni e manifeste falsità v Questa escandescenza della Gazzetta
Toscana era causata da un cenno biografico del Neri stampato precedente-
mente (il 17 Sett. dello stesso anno) nel N. 75 delle Notizie del Mondo,
nel quale è detto essere stato il Neri stesso « un robusto scrittore emulo
ile'Machiavelli, de' Sarpi, de' Giannoni ».
POMPEO NERI 149
mente d'un filosofo , nei consigli del Governo, poterono
con successo degno veramente d'invidia, essere per la
prima volta attuate; per di lui merito s' incominciarono a
riformare le leggi toscane sulla base d'un più largo criterio
filosofico ; per lui si tolsero abusi e privilegi d'ogni sorta ,
s' idearono e compirono lavori pubblici di massima importan-
za e di pari difficoltà. Non fuvvi miseria o sventura pubblica
alla quale egli non rivolgesse quel suo gran cuore e quella sua
mente sagace.
Certo egli non ebbe né il tempo né la ventura di potere
svolgere tutti i germi fecondi, sui quali , senza essere con
violenza schiantata, doveva rinnovellarsi tutta quanta la
vita dello Stato. Ebbe anzi una sventura ancor maggiore,
quella cioè , che ad altri non fosse concesso di poter com-
piere l'opera da lui così felicemente iniziata. Tredici anni
dopo che egli aveva trovato il suo riposo nel sepolcro, scop-
piava in Francia quel grande rivolgimento sociale, che al
pari delle più tremende tempeste della natura distrusse nelle
sue convulsioni sanguinose le buone e le cattive cose ad un
tempo, senza distinzione alcuna.
In Toscana come in ogni altro Stato d'Italia , rimase
allora spento ogni amore alle riforme temperate e conve-
nienti al grado di civiltà dei popoli. Nessuna meraviglia
quindi che fra tanto tumultuare di desideri indeterminati e
di passioni smodate , gli esempi e le sagge tradizioni di buon
governo lasciateci dal Neri , dal Tanucci e da altri, cadesse-
ro in oblìo presso la maggior parte degli uomini.
Ma ora che l' esperienza ha mostrato ad ognuno che coi
moti violenti non si edifica niente di saldo , né in pubblico ,
né in privato , possano la vita e le opere di quei nostri illu-
stri trapassati formar argomento di studii accurati e diligenti
e possano sopra tutto i governanti , non soltanto a parole,
attuare i loro saggi principii in quanto si confacciano ai
nostri tempi.
Marzo 1875.
Gaetano Rocchi.
Indice cronologico delle Opere del Neri, coli' indicazione
del tempo in cui furono scritte.
Decisiones et Responso, Iuris - pubblicate
insieme a quelle del padre di Pom-
peo (*).
1740. Diario della visita generale della Campa-
gna di Pisa e di Livorno fatta nel 1740
da Pompeo Neri e da altri.
1746. Relazione di S. Ecc. il Sig. Pompeo Neri
e del Sig. D. Tommaso Perelli, sopra
il modo di liberare la campagna del
Valdarno inferiore dalle inondazioni
dell'Usciana.
1747. Tre discorsi relativi alla compilazione
d'un Codice.
1747. Legge circa i fldecommessi.
1748. Discorso sopra lo stato antico e moder-
no della nobiltà di Toscana.
1749. Legge restrittiva i diritti feudali.
1750. Relazione dello stato in cui si trova l'o-
pera del Censimento di Milano nel me-
se di maggio 1750.
1750. Memoria sopra la Costituzione delle Ma-
(circa) nimorte.
1751 . Osservazioni sopra il prezzo legale (Ielle
monete, e la difficoltà di pretìnirlo e
di sostenerlo.
1758 Avvertenze circa i modi di togliere i dub-
(circa) bi e le difficoltà che col tempo i:
insorte nell'esecuzione del* Censo.
175'.). Progetto d'un sistema censuario per la
(circa) Francia.
1759. Delle esenzioni ecclesiastiche in materia
(circa) di Censo.
1762. Istruzioni circa la Costituzione dell! Ma-
nimorte.
1763. Proposizioni tendenti a render coltivate
e popolate le Maremme.
Edite
Firenze 1760-66.
Inedito
(E nell' Archivio di
Stato di Firenze.)
Edita
(Nella Raccolta 0'Au-
tori che trattano del
moto delle acque. Fi-
renze. Cambiagi 1774)
Editi
(Insieme alle Decisio-
ni e Responsi).
Edita
Edito
(Insieme alle Deci
sioni e Responsi.)
Edita
Edita
(Milano. Tip. Duca-
le 1750 e Milano Tip.
Mainardi 18
Inedita
(È nell' Archivio di
Stato di Firenze).
Edita
(Milano Tip. M alate -
sta 1751. Ristampata
dal Custodi nella Rac-
colta degli Economi-
sti Italiani.
Inedite
(Il ms. è smarrito).
Inedito
(Presso gli Spannoc-
chi eredi del N
ii ledi ta
(Presso gli Spannoc-
chi.»
Edite
Edite
(Dallo Zobi nella St.
Civ. della Tose.)
(*! La maggior parte di queste Decisioni e Responsi essendo stati
scritti dal Neri mentre era Auditore dello scrittojo di Gio. Gastone, cioè
avanti il 1737, ho assegnato loro cronologicamente il primo posto. .
POMPEO NERI
•151
1763. Discorso sopra l'Asilo Ecclesiastico.
1766. Discorso pronunziato nell'occasione del
giuramento al Gran Duca Leopoldo I.
1767. Voto col quale si combatte l' idea della
repressione del pauperismo.
1767. Memoria sopra la materia frumentaria.
1771. Prammatica circa la neutralità da osser-
varsi in Livorno nei casi di guerra.
Edito
(Firenze 1763).
Inedito
(È nell' Archivio di
Stato di Firenze.)
Inedito
(Nell'Arch. di Stato
di Firenze.)
Edita
( dal Fabbroni nei
Provvedimenti Anno-
narj e dal Custodi nella
Raccolta degli Ec. Itat.
Inedita
(È nell'Archivio di
Stato di Firenze).
Opere inedite del Xeri delle quali non si conosce il tempo
nel quale furono scritte.
Idea del giù-; patrio distinto in tre
parti, gius granducale, gius municipa-
iale.
Sopra l'Amministrazione della Giusti-
zia nel Gran Ducato di Toscana.
Una Commedia.
Un Ditirambo.
( E nella filza 29' is
dell'Archivio di Stato
di Fire
Idem
(È presso gli Span-
nocchi).
Idem
IL CONCILIATORE.
EPISODIO
DEL LIBERALISMO LOMBARDO
(Continua dal T. XXIV, fase. V, pag. 270.)
XVIII. A Brescia ci conduce, e a lungo ci tratterrà, uno dei
principali collaboratori del Conciliatore , Camillo Ugoni. Il
Monti diceva Brescia abbondante di buoni cultori della bella
letteratura sopra tutte le città del Regno , e in fatto vi fiorivano
i due fratelli Ugoni , gli Zarnbèlli , i Lechi , i Fenaroli , l'archi-
tetto Vantini , il pittore L. Bariletti , G. B. Gigola , il Tosi ,
Angelo Griffoni Santangelo , Girolamo Martinengo traduttore di
Milton , il prete Zamboni , Camillo Brozzoni , il barone Giro-
lamo Monti , ospitale e attivo che morì di 89 anni nel 1872 , i
poeti Bianchi , Bucelleni, Arici, il tragico Scevola, Benedetto del
Bsne traduttore di Columella : Federigo Borgno di Bobbio, sta-
bilito a Brescia, tradusse in latino i Sepolcri di Foscolo (1) : ag-
(1) A tal proposito LTgoni scriveva a Foscolo:
San Benedetto di Mantova, li 13 aprile 1808.
Carissimo umico ,
Ho ricevuto la lettera tua a San Benedetto , ove con infinito piacere
leggo la bellissima traduzione , che Orazio Borgno ha compiuta de' tuoi
Sepolcri; alcuni tratti mi paiono migliori nel suo latino. Te la mande-
rei , so sapessi come. Tu non hai se non da indicarmelo , per averla su-
bito. Faccio qualche osservazione, al tuo poemi. — L'upupa non è, parmi,
animale notturno. — Ulisse aveva egli dei cavalli in Argo? Suo figliuolo
ha ricusato quelli che gli furono offerti in dono , Non est aptus equis
Ithaca locus — Godo , che tu abbia ricevuto il noto denaro , e che alla
fine di maggio sia io per avere il tuo secondo volume del Montecuccoli.
Borgno ti saluta caramente , ed io con lui. Sta sano.
Brescia , 18 dicembre 1809.
Carissimo amico ,
Ma che ? Avete voi obliate tutte le dolci affezioni dell'amicizia ? Bor-
gno ed io non facciamo che scrivervi , ma si grida al deserto. Borgno ha
più ragione d> me di essere in collera con voi. Dopo la traduzione , che
CAMILLO UGON1 E GIOVITA SCALV1NI
giungiamo l'ardito tipografo Nicolò Bettolìi, l'antiquario Gio.
Labus , Stefano Morcelli sommo epigrafista : i berneschi Anelli
autore delle Cronache di Pindo, e Grossi delle Rime piacevo-
li d'un lumi tardo ; G. B. Pagani fortunato dell'amicizia di A.
Manzoni ; Giovita Scalvini che tante cose cominciò , Giuseppe
Nicolini cantore dei cedri e traduttore di Byron.
Camillo Ugoni nato il 1784, fu educato ne'gesuiti a Parma.
Foscolo allora professore a Brescia , ne vide i componimenti
primi, e gli scriveva di non stamparli. « Giovane, libero, agiato,
educato alle lettere , bello di costumi e d' ingegno , voi prodiga-
lizzate questi aurei doni perchè vi manca l'arte di usarne. Ri-
servate il vostro nome a un'opera che lo faccia degnamente co-
noscere. L' Italia abbonda di sonettini , favolette , epigrammi ,
traduzionceUe : tocca forse a voi ad accrescere il numero de«di
autori non ricordati che ne' cataloghi ì Non mirate a premj di
accademie, ma aspirate a lode vera, giusta e perpetua; disde-
gnate la vanità e amate la gloria: sagrificando all'arte ed alla
patria tutte le vostre forze, cercate nei libri non tanto l'orna-
mento dell'ingegno quanto la dignità dell'animo ».
L' Ugoni , come deputato di Brescia , assistette a Parigi al
battesimo del figlio di Napoleone ; a questo dedicò la traduzione
de' Commentari di Cesare,
Di queir infaticabil genio , a cui
Di magnanimi rabbia aperse i fianchi (Arici)
il che gli meritò il titolo di barone.
Le memorie de' sopravviventi e gli scrittori d'allora s'accor-
dano a presentar CamiDo come ricco d' ingegno e di qualità mo-
lla fatto , del vostro Carme , pareva in diritto di avere almeno una vostra
lettera. Confessate che trattate i vostri amici in modo assai strano. Avrei
delle cose a scrivervi sul secondo volume del vostro Montecuccoli , ma
a che prò , se voi non rispondete ? Mi preme più assai che mi facciate sa-
(per mezzo di vostro fratello se mai voi noi possiate o noi vogliate
i -volutamente) se delle parole zappatore , guastatore , marraiolo sianvi
nella nostra lingua sinonimi, se si trovino in Machiavelli, o in alcun
luogo del vostro Montecuccoli. Una scommessa stuzzica la mia curiosità
su questo proposito ; pregovi quindi quanto so a volermi dar risposta.
Intanto vi saluto di cuore e sono
Arch., 3.» Serie , Tom. XXIV. 29
454 EPISODIO DEL LIBERALISMO LOMBARDO
rali, bel tipo di que' patrizi provinciali, che costituivano un
tempo tanta parte della vita italiana.
Grande ammiratore di Foscolo , allo Scalvini allora studente
egli scriveva da Brescia , il 25 marzo 1811 :
.... Dell'Anace di Foscolo che ti dirò io? Ti dirò, che ne aspetto
una tragediona , e che intanto il primo atto e le prime scene del se-
condo mi hanno rapito nel paradiso del bello. Che forza ! che calore
in tutto! come scolpiti que' caratteri ! quanto diversi fra loro! che
scaltra eloquenza in quell'Ulisse, che altera dominazione in Agamen-
none ! che calda amicizia in Teucro , che onestà e imperturbabile
franchezza in Calcante!... Parmi che il sacerdote l'abbia fatto
buono questa volta... ed hai badato che i versi di quest'ultimo
sono di un'armonia che sta bene in una bocca ispirata , i cui detti
sono santi e profetici, e debbono essere venerandi.... Queste sono
finezze dell'arte ! finezze di Foscolo , e forse i caca-tragedie non le
hanno !! Non mi ricordo delle parlate lunghe e importanti , se non
che sono eminentemente belle, ma i brevi tratti sublimi stanno in
mente .
Un Araldo. Ajace re de' Salamini.
Agamennone. Attenda.
Che grande zitto nel teatro allora ! Che brivido farà nascere que-
sto attenda, pronunciato da un attore , che conosce la dignità e la
maestà della scena! (1) Che torrente di fuoco e di bile magnanima
e di forsennatezza guerriera sarà per quell'Ajace. Mio Scalvini , io
vorrei dirlo io questo attenda.
Sai tu , che i pantonofreni m' hanno addossato la parte di Egisto
neh' Oreste di Alfieri. Duolmi a far da tiranno ; ma ci si proveremo ;
non è iòrse il mestier più difficile. Nicolini ha tagliata la testa , e
si è tolta la parte di Oreste.... se non la recita bene!!! né io credo
punto ch'ei possa far bene. Sentiremo. Vantini fa Clitennestra , e bene .
abbastanza. Dossi Elettra... crepa dalle risa... con quella voce da quat-
tro e,... — Gelmetti neh' Agamennone da Egisto — polenta fred-
da e sorda.... Mompiani , Toccagni , Soncini , e gli altri non li ho
ancora sentiti. Giovedì rideremo a posta nostra.... Ma né l'aria pure
sappia nulla di questo ; poiché io mi professo anzi altamente e sono
da vero animatore di questa impresa , e le critiche sul bel principio
non son atte a far nascere un istituto, che potrà un di onorare e di-
lettare questa nostra patria diletta. Io farò tutto per far bene la mia
(1) Si sa che invece eccitò un riso plateale quel re de' Salamini.
CAMILLO UGON1 E GIOVITA SCALVINI 155
parto e perchè tutto riesca.... Ma torniamo ad Ajace.... E quel saluto
cosi omericamente maestoso in bocca di Teucro e diretto all'Atride,
T'onori Giove , o re dei forti ,
dimmi, questo saluto non ti alza egli quattro palmi da terra?
Questa torre del Cesare non anco è coperta, poiché non vogl'io
murare a secco , come fauno i tiranni.... Hai sentito i colpi di canno-
ne? Sono i peti dei tiranni nascenti.... Tanto pericolo eravi che man-
cassero padroni e bastonatori alla pecorona razza degli uomini ! !
Anche Foscolo, quando, accommiatandomi la prima volta da lui, gli
dissi , Vo a veder Milano, risposemi — A guardarlo ». Ma in due dì
guardarlo e osservarlo, e voler veder tutto è impossibile. Ho preso
dunque partito di vederlo solamente.
E ancora da Brescia il 15 del 1812 :
Qui posava l'austero ; e avea sul volto
Il pallor della morte, e la speranza.
Era notte ferma quando udii ripetutamente picchiar forte alla
porta , e ripicchiar subito un'altra volta , e poi mi vidi innanzi Ugo
Foscolo in arnese di fuggiasco. Pareami d'aver qui l'esule vate ghi-
bellino. Ugo al par di lui
lascia dir le genti ,
Sta come torre ferma che non crolla
Giammai la cima per soffiar di venti.
In ogni altro momento mi sarei rallegrato assai in vederlo ; in
quell'occasione e in quell'ora il mio cuore tremava per lui , ma mi
accorgeva ch'egli ama questi contrasti, e li crede atti a rassodare
il carattere d'uomo e a fermentare la sua fama , e credo anch' io che
l' invidia e il livore altrui ci fàccia maggiori di noi stessi ; d'altra
parte mi assicurava ch'egli andava soltanto a Venezia a trovare sua
madre , e che ne sarebbe tornato fra un mese. Fra gli altri subbietti
del conversare di quella notte puoi ben credere , o mio dolce Scalvi-
la , die V Aiace non ebbe l'ultimo luogo. Me ne rese ragione. Le cen-
sure del giornale, assai delle quali non reggevano né agli occhi pure
di chi non avesse veduto la tragedia, caddero tutte. L'argomento
non è guerra d'armi ; è l'usurpazione tirannica di Agamennone, il
quale, siccome lu sempre infenso ad Achille finché visse, perchè lo
invidiava e teme/a la prepotenza del merito di lui, così lo è ad
Ajace , il quale dall'altra parte , re dei Salamini , furibondo pei suoi
dritti calpestati , cerca di difenderli contro il re , e la guerra dell'ar-
mi è un incidente , una continuazione , una conseguenza della lotta
456 EPISODIO DEL LIBERALISMO LOMBARDO
Serissima tra que'due, poiché l'oracolo diceva clic l'armi d'Achille
dovevansi al più prode dell'esercito, e tutto l'esercito proclamava tuie
Ajace , e malgrado ciò , le armi si vorrebbero dare ad Ulisse.
Quanto alla scena di cui mi parli, a me non parve servilmente
imitata da quella d'Alfieri; bensì osservai che il verso d'Achimelech
Ragion dirò , s' ira di re noi vieta ,
e uno di Foscolo, che racchiudeva a un dipresso lo stesso senso, sono
presi da Omero, e ove fosse pure alcuna somiglianza, pensa che in ambe
le scene è un re che parla adirato contro un sacerdote, che, tutelando
il giusto, tutela un avversario; e bada che, in tanta somiglianza di
circostanze, i pensieri essendo pur limitati , non si può a meno che
una certa analogia non si. trovi. Ma altresì che diversa guisa di ve-
stire i propri concetti hanno eglino Alfieri e Foscolo ! Questi mi recitò
gli squarci più splendidi del suo poema. Come l'antecessore è vinto
dal successore nello splendore dello stile e della sentenza ! Fu detto
alterato il carattere di Ulisse. È tratto perfettamente da Omero , da
Ovidio e dagli altri , che il ritrassero. Si diceva di TUO versi il quinto
atto ; è di 450 , un po' lungo e un po' lunga invero tutta la tragedia,
ma parrà breve a chiunque abbia un po' di gusto pel bello, pel fori -,
pel grande.
Qual più felice trovato , per evitare la confusione di una
battaglia sulla scena e la freddezza di un racconto , di quello che
il sacerdote dall'alto d' un colle , in veduta degli spettatori , osservi
i diversi casi di un conflitto , che segue fuor degli occhi degli altri
attori , che trovansi sulla scena , i quali prendono viva parte a tutti
quelli eventi a' quali tien dietro l'occhio , e il pensiero del sacerdote,
che li manifesta. Questo colpo di scena eh' io credo nuovo , doveva
avere ed ebbe difatti effetto magico e teatrale. Ciò non tolse , clic il
Corriere delle Dame , tenendosi forse in debito di rallegrarle anche
alla tragedia , non gettasse nel brago del ridicolo questa scena mede-
sima , dicendo il sacerdote un telegrafo. Ma, mio caro Scalvini ,
quando si vuol ridere ad ogni costo , si va alla commedia ; eppure i
Milanesi volevano ridere e ridere alla tragedia; e risero quanlo Ajace
sclamava — Popoli Salamini ! — poiché essi non conoscono altri Sa-
lamini , oltre quelli dei loro paffuti pizzicagnoli , de' quali pasconsi
più volentieri che non dell'aspre vicende del re dei regi Atride e di
Ajace re dei Salamini. Però non tutti hanno un genio ; e quaranta e
più penne stenografiche copiavano dalla bocca degli attori quanto
potevano della tragedia. Foscolo mi ha accertato che ne cominciava
un'altra immantinenti ; non so se 1' Edipo a Colono o l' Ifigenia.
CAMILLO UGONI E GIOVITA SCALVINI 457
Negli Annali di scienze e lettere leggonsi pure varie memorie di lui,
le quali tutte hanno un intento pericoloso e sublime. L'aquila ha degli
artigli rapacissimi e tenaci , ma pur qualche augellino , ai cui natali
rise l'ardire e la non disgiunta fortuna , scappa talora da quegli un-
ghioni e allora la brigata ride con compiacimento, però che altri si
compiace sempre di vedere sfuggire il debole al forte ; forse perche
più o meno siamo tutti assai deboli !
Altra volta 1' Ugoni allo Scalvini scriveva :
La vita di Machiavello è un libro di filosofia bellissimo. Monti
ignora il greco , il sai ; Foscolo ha scritto sotto al suo ritratto :
Questi è Monti poeta e cavaliero ,
Gran traduttor dei traduttor d'Omero.
Ma e Foscolo pure encomia quella versione , e più gli ultimi volu-
mi che il primo , e se trova a ridire alcuna cosa è sul primo libro,
forse perchè Io tradusse anch' egli , e il conosce meglio degli altri.
Questa traduzione però fa la delizia di tutti i letterati.
Nel 1815 Ugoni fece il viaggio d' Italia col conte Gio. Ar-
O DO
rivabene di Mantova. Vedemmo quanta parte prendesse al Con-
ciliatore, e Monti gli scriveva:
Ho ricevuto questa mattina il secondo volume del nostro Arici,
e ho gittato al diavolo il Vocabolario per darmi subito alla lettura
della Musa Virgiliana. Ne sono rapito. Ma voi che, come suona la
voce . vi siete fatto romantico ( povero Ugoni ! ) , come avete potuto
sostenere che vi si dedichi un libro così contrario ai principi della
romantica epizoozia? Fuori di celia, v'ha chi vi grava di questa ca-
lunnia , ma non vi fo il torto di prestarvi credenza.
Camillo era allora direttore del patrio liceo, carica che il Gover-
no austriaco affidava a persone colte e agiate, ottenendo così, senza
spesa dello Stato, quel che si cerca ora, e non sempre si ottiene,
con ambiti stipendi. Egli cominciò nel 1820 a stampare la con-
tinuazione de' Secoli della letteratura del suo concittadino Cor-
niani , con molta maggiore scienza e critica , e con sentimenti
liberali , per cui il colossale frate Borda , lodato epigrafista ,
scriveva : " Ci sento odor di carbone ». Tanto pareva allora che
ognuno che sentiva liberalmente cospirasse contro l' ordine at-
tuale ! E questo criterio fu molto adoperato dagli inquirenti d'al-
lora, e lo applicarono al nostro Ugoni.
458 EPISODIO DEL LIBERALISMO LOMBARDO
Veramente Brescia era lavorata assai dalle società segrete,
tanto che un grosso carteggio fu riservato dalla Commissione
speciale all'esame e alle condanne di que' cittadini , col titolo di
Processo Bresciano, nel quale , a dir del Salvotti, furono involte
ben 200 persone (1). La giudicatura ordinaria , interpellata sul-
l' Ugoni, attestò che nulla s'avea mai avuto a suo carico : che anzi
egli credeva giovar meglio scrivendo. Giovita Scalvini era stato
arrestato per titolo di turbata tranquillità pubblica, ma rilasciato.
Pure erano tenuti d'occhio come persone colte , come amici
di molti inquisiti (2) , come onorati della confidenza de'concitta-
dini Essi il sapevano, videro arrestarsi alcuni loro amici, subirono
una perquisizione, per cui nella casa dell' Ugoni e dello Scalvini
si colsero moltissime lettere, massime di quello a questo e dei loro
amici. Pur troppo è golosità dell' inedito omoda il pubblicare anche
(1) Al contrario il delegato provinciale Mazzoleni assicurava che lo
spirito generale della popolazione era tutt'altro che avverso al Governo:
« È costume dei liberali e dei radicali, come si scorge in Francia
e in Inghilterra , e si vide in Napoli , in Piemonte , in Ispagna ec.
il dire Noi siamo la nazione , Tutti pensano come noi. Ma il fatto
ha dappertutto provato il contrario , dimostrando quanto sia tran-
quilla e ben disposta la massa degli abitanti d'ogni Stato ».
Pure esso delegato di Brescia nel 1820 avvertiva la presidenza di
Governo che quel vescovo aveva solennizzato il giorno natalizio dell1 impe-
ratore con non sufficiente pompa, e che il Domine salvunt fac regem era
stato cantato a bassa voce.
(2) Fra altri , Luigi Porro gli scriveva :
Carissimo Ugoni ,
« Ho chiesto tue nuove ad Arrivacene , onde sapere ove trovarti,
ed egli non avendone nel momento, sono obbligato a rendermi a Mi-
lano per un affare che mi preme , e verrò a trovarti nel mese pros-
simo — Dammi tue nuove. Ho passato qui tre giorni deliziosi con
questo ottimo amico. Bisogna vivervi insieme per imparare ad ap-
prezzarlo — e che amici lo circondano ! Non vedo l'ora di conoscere
i tuoi , e passare teco dei giorni e ne ho bisogno. Arrivabene ti
manderà un'ode bellissima. Addio — dirai mille cose a tuo fratello,
a Mompiani, a Nicolini , Scalvini ec. — Amami e credimi con la più
viva amicizia » . tuo affino
Porro.
CAMILLO UGONI E GIOVITA SCALVINI 459
le trivialità epistolari, a cui più souo costretti gli uomini più cono-
sciuti, ed è a deplorare la mancanza o di gusto o di delicatezza
che ne mette fuori anche di intime, ove un uomo s'apre, non solo
senza preoccupazioni letterarie , ma senza i riguardi troppo ne-
cessari quando altri intervenga fra il labbro e l'orecchio. Ma chi
onestamente pubblicasse il carteggio dell' Ugoni , che correda il
processo fattogli nel 1821, avrebbe non solo un'altra prova del
suo bel cuore e beli' ingegno, ma un quadro vivo de' sentimenti,
delle usanze , della letteratura d'allora. Forse si modificherebbe
quella or comune diffamazione di tutto il passato per farne olo-
causto al presente , quasi la nostra sia una nazione fanciulla ,
nata il 1859 auspici La Farina e Cavour. Poveri noi se credes-
simo la libertà nata ieri ! Essa ha bisogno di tradizioni , e noi
scriviam questo commento appunto per rimuovere il disprezzo
che troppi gettano su alcuni momenti della nostra storia.
Ci si perdoni questa divagazione , dalla quale ci raccogliamo
per ricordare come di Giovita Scalvini raccogliesse i frammenti
Niccolò Tommaseo con quella bontà, che gli facea trovar me-
riti, anche invisibili ad altri. Di Camillo scrisse largamente il
fratello Filippo, uno de'pochissimi che sopravvivono attori in quelle
vicende , e che nelle congiure trescò molto più di Camillo. Sui
quale , Luigi Filippo diceva a me : « Non comprendo come l'Au-
stria possa perseguitare un uomo quale il barone Ugoni ».
Saputo che, per le scuole lancasteriane, minacciavansi disturbi
a Giovanni Arrivabene, l'Ugoni gli scriveva:
Mio caro amico ,
Brescia , 16 giugno 1820.
Partecipo io pure al tuo dolore e alla tua giustissima indigna-
zione ; ma voglio credere che non ti verrà fetto il torto di che temi ;
e quando fosse in procinto di avverarsi quella minaccia , io ti consiglie-
rei di presentarti tu stesso al viceré , il quale presto dee tornare in
Italia. Odo dai Milanesi che egli favorisce queste scuole, e so che ha
fatto egli stesso un decreto per quella di Milano. E le poche volte che
io mi sono presentato a lui per oggetto di pubblica istruzione , l' ho
sempre trovato sollecito de' suoi progressi : e permettimi di credere
che , dove egli le vedesse e le udisse, non sosterrebbe che il ministro
ti obbligasse a desistere dal bene che fai. Io spero che non giungerai
a quel punto che ho detto di sopra, ma se tu vi giugnessi, ricordati
4P>0 EPISODIO DEL LIBERALISMO LOMBARDO
che devi fare anche questo passo . perchè ad ogni modo sarà sempre
un conforto al tuo cuore eccellente la coscienza di non aver nulla tra-
scurato in prò dei giovinetti , a' quali provvedi una così egregia in-
stituzione. Vedi nell'ultimo num. d'aprile della Biblioteca Universale
le persecuzioni sostenute da Lancaster , e le angustie economiche ,
nelle quali si trovò , e il fermo petto che oppose a tutti questi osta-
coli che dalla sua costanza furono vinti; e confortati col suo esempio
ad imitarlo. Io ti parlo queste cose col maggior calore dell'anima .
perchè ti giuro che non soffrirei meno di te di veder troncata un'ope -
ra dalla quale spero cotanto. Nella mia patria io congiungerò i miei
sforzi a quelli di Mom piani e del fratello , e le scuole non si chiude-
ranno spero. Il Delegato ci sosterrà. Egli ne vede la utilità , e non
le abbandonerà della sua tutela. Probabilmente questo vento che spira
contrario sarà stato soffiato dai maestrucoli e da certi signori della
Metropoli. Il Governatore avrà accolto queste insinuazioni , perchè fu
sempre avverso a questa istituzione , e perchè ci trova forse un le-
game colle cose politiche , il che è una falsa opinione.
Ho ricevuto l'articolo e ringrazio quanto so te e Doria che lo
copiò. Salti (1) parlò con troppa bontà di me. e mi pose al cimento di
meritar quelle lodi : però vado correggendo e ricopiando i miei arti-
coli , e se dovessi badare a questo solo lavoro avrei già pubblicato
il I voi. Ma l'Ateneo mi da altre cure. Presto avrai i Commenti del-
l'ultimo biennio. Addio, caro. Ama sempre il tuo Ugoxi.
Molto aggravio si fece all'Ugoui della sua amicizia col conte
Arrivabene di Mantova, col quale nel 1813 avea fatto il viaggio
d' Italia ; e che era legato alla società milanese , e infervorato
per le scuole di mutuo insegnamento. Denunziato dagli improv-
vidi racconti dei detenuti, l' Arrivabene era stato messo agli ar-
resti, ma si dovette rilasciarlo come innocente.
Tal fu l'opinato della Commissione speciale : la quale , in-
terrogata sul conto di Camillo Ugoni , dovea rispondere che
non apparteneva a società segrete ; avea bensì amicizie in quelle,
mandava e riceveva lettere di senso liberale , ma sarebbe illegale
il perturbarlo. Intanto però, nella perquisizione, gli si colsero
molte lettere, specialmente dell' Arrivabene, il quale gli discor-
reva delle scuole lancastriane e chiamava ingiusto il perseguitar-
le ; lodava un'orazione funebre recitata a Chiari in morte del
Ci) Profugo napoletano , che fece una povera continuazione del Gin-
guenu , e scriveva articoli sui giornali francesi.
CAMILLO UGONI E GIOVITA SCALVICI 401
prevosto Morcelli , nella quale mostravasi quanto il sapere giovi
a render l'uomo e più pio e più morale e più utile alla società ;
e tanto più accetti a Dio essere i più illuminati, "checché ne
dican le nostre Polizie, che l'hanno tanto contro questi illuminati ».
E il 20 tnuo-no 1820 lo eccitava a diffonder il mutuo inse-
gnamento, massime alla campagna, e « trapiantar in questo suolo,
di lutto capace, tante altre istituzioni che onorano le nazioni che
le hanno inventate , e che soccorrendo i poveri , non ne fomen-
tano uè l'ozio, né i vizi, uè l'infingardaggine. A questa bell'ope-
ra ho anche animato la società di Firenze , e finché vivo , per
quanto filosofo, liberale, rivoluzionario, massone possa esser
chiamato , sempre griderò che la nascita e la ricchezza sono una
macchia e un' infamia ove non sieno adoperate al progresso dello
incivilimento e della pubblica prosperità ».
Il 29 settembre 1820 l'Arrivabene da Mantova scriveva
all' Ugoni :
Mio amico ,
Sebbene io non regga al paragone di tanti insigni letterati che
ti scrivono, pure, per la bontà del tuo cuore e per i vincoli di antica
e santa amicizia che a te mi legano e legheranno per 1 intera vita ,
lèrtuamente credo che ti sia caro il ricevere qualche volta mie let-
tere. Dante, nel colmo dell' ira e del dolore, godeva che il nome di Fi-
renze si spandesse per l' Interno ; io ho goduto invece che il tuo h
noto e caro a Firenze e altre città di Toscana. Con Niccolini e Cap-
poni si è parlato molto di te e da entrambi si spera in te un soste-
gno al giornale che stanno preparando. Con esso vorrebbero porre
Italia al livello dell'altre nazioni , ove è abbonito lo spirito di parte
ove i veggenti .fanno una lega veramente sacra , perchè mira non a!
servaggio ma alla felicità , alla libertà degli uomini. 11 primo è
tuo amico di vecchia data , e provasti già quanto sia cara la sua
compagnia, elevato il suo cuore. Quando conoscerai Capponi, la con-
lbrniitic delle opinioni , dei desideri . la generosità dell'animo, tutto
concorrerà a lare che dopo pochi momenti vi trovi molto in-
nanzi nei sentimenti di stima e di amicizia. Vi sono uomini con cui si
rimane amici per tutta la vita , altri con cui la confidenza segue
l'essersi veduti.
Alla prima occasione ti restituirò il Volnev e il Thomas : il mio
ignorare è tanto, che non v'è tempo da perdere, e mi conviene ta-
gliare l'orecchie al presentarsi di ogni forbice.
462 EPISODIO DEL LIBERALISMO LOMBARDO
In questo andare sossopra di mondo non giova smarrirsi , ma
fortificare le oneste amicizie , conservare i moderati e giusti desideri,
ed aspettare che' si avveri la profezia dell'antico arcivescovo di Ma-
lines ; « L'Europe a été tour-à-tour grecque , romaine , barbare,
féodale: l'Europe entière sera constitutionnelle.
Le frasi di queste lettere erano più che sufficienti a promuo-
vere non solo l'attenzione della Polizia, ma la persecuzione del
tribunale. Pertanto Camillo , lo Scalvini e l'Arrivabene presero
accordo , e traversata la vai Camonica poi la Valtellina, passa-
rono nei Grigioni e in Francia (1). Sommo fu il dispetto della
Polizia, cuculiata non solo dai liberali, ma dal Salvotti, del-
l'essersi lasciata sfuggire tre soggetti , di cui la fuga attestava
la reità : e lunghi esami si fecero ai servi , agli ostieri per deter-
minare ogni passo della loro fuga. Si perquisirono le loro case (2) ,
ed essendosi denunziato che le carte dello Scalvini erano nasco-
ste nelle fondamenta dette di San Pietro presso il Castello, loca-
lità paurosamente guardata, vi si fecero indagini, ma vane. Si
(1) Per le camunie rupi e li nevosi
Sentieri della retica montagna
Accelerando i passi dolorosi
Fuggo dall'irata aquila grifagna.
Tu pur , dolce fratel , questi selvosi
Gioghi vedesti , quando le calcagna
Davi ai rapaci artigli sanguinosi
Da'quai campasti, come da lupo agna.
0 terra , ove le prime aure spirai
Dolci di vita ! o Italia , io ti saluto ,
Sebben a me patria non fosti mai.
Io non mi dolgo del destili , ma il merto :
E tu ten duoli e non lo cangi , ed hai
Pur tanti lòrti all'alta impresa aiuti.
C. Ugoni.
(2) Nella perquisizione fatta all'Arrivacene trovaronsi lettere dello
Scalvini da Milano , in cui gli inquisitori notarono queste frasi :
« Domani Mompiani ed io andremo dalla Calderara ; niun tede-
sco , niun ministro , niuna spia. — Monti ha scritto un inno per lo
imperatore ch'è sotto i torchi. Bada bene, è sotto i torchi l'inno non
l'imperatore per nostra sventura. — Si ama tali piante noi che di
null'altro ci nutriamo che di liberalismo ».
CAMILLO UGONI E GIOVITA SCALVINI 463
vigilò attentamente il carteggio domestico di Marianna Del Ben
sorella dell' Ugoni collo zio di lui Francesco.
Al fratello Filippo, mentre stava alla sua villa del Campaz-
zo presso Pontevico, si presentò il commissario Bolza per arre-
starlo, ma egli trovò tempo di montare a cavallo e fuggire. Camil-
lo s'indugiò alcun tempo a Lugano « paese (dice suo fratello) di
natura bellissime ma dalla schiavitù d'un tempo abbrutito, e non
peranco dal libero governo ingentilito ». Da Zurigo, mandò al-
V Antologia di Firenze un articolo ove si cougratulava di questa
città , che « avendo appena lOmila abitanti, contava cento scrittovi
che aveano pubblicato qualche opera (fra cui Gaspare Orelli che
pubblicò in italiano una vita di Dante) ; una biblioteca di 72mila
volumi, dieci società artistiche, letterarie, filantropiche, quattro
istituti di educazione pubblica , vai'ie stamperie ; dove miseria
non c'è, né ricchezza insultante, ma agiatezza con discrete fatiche
acquistata ; dove la mattina vedete comandare una compagnia
di soldati quello stesso che , deposto l'uniforme , presiede al
pranzo dell'albergo di cui è padrone ; dove vedete deputato o giu-
dice o magistrato il mercante che vi ha venduto il panno , o il
banchiere che vi pagò una cambiale ; dove non vi ha né rilassatez-
za, né sospetti, né rigori ; dove il governo è la difesa dei cittadini ».
Più a lungo stette Camillo in Francia, a Parigi o a Saint Leu
Taverey, sempre braccheggiato con una attenzione che pareva su-
perflua alla sua tranquillità (1). L'esilio sempre gì' increbbe ; il
25 gennaio da Parigi scriveva alla contessa Anna Serego di Ve-
rona: « Io non desidero nulla più vivamente che di tornare in
patria per vivere tranquillo in seno ai cari parenti ed amici. La
vostra ultima lettera è venuta ad accrescere ancora questo desi-
derio. Per ora non vi posso dire di più ».
Nel 1833 suo zio chiedeva per lui un salvocondotto , sicché
potesse venire a difendersi a piede libero ; allora il tribunale rias-
(1) Egli stesso mi l'accontava che a Ginevra si trovò a un pranzo dove
sedeva pure uno sconosciuto d'apparenza insignificante, viso pallido,
sguardo spento, aria distratta che l'interrogò sullo stato dei partiti in
Francia. Ugoni gli divisò dei legittimisti, dei repubblicani, de' fourieristi :
e queir incognito gli domandò : « Mae i Bonapartisti ? » Ugoni non esitò
a rispondergli che un tal partito neppure esisteva. Dovette riderne
quello sconosciuto, che era il principe Luigi Bonaparte.
164 EPISODIO DEL LIBERALISMO LOMBARDO
sunse gli atti del processo , e come non fosse trovato partecipe
della congiura, ma tutti ne lo dichiarassero complice, atteso il
suo pensar liberale e il favore al romanticismo e alle scuole lan-
castriane; e per avere assistito alla lettura della famosa ode del
Rossetti Sei pur bella cogli astri sul crine per la rivoluzione di
Napoli : dopo uscito (conchiudeva) non si compromise in verun
modo, e i profughi lo teneano in conto, pei talenti , pel pensare ,
per le tendenze, solo rimproverandogli che cercasse rimpatriare.
E rimpatriò quando Ferdinando I diede l'amnistia.
Giovita Scalvini era maestro in casa Melzi, e legava ami-
cizia col fior dei letterati d'allora. Il buon Mompiani gli scriveva
al 20 marzo 1820:
Amico carissimo ,
Mi duole di sentire dalla vostra di ieri, che siate determinato di ab-
bandonare la casa Melzi, molto più che questa notizia, che mi perviene
inaspettata, mi fa credere che tale misura per parte vostra abbia avuto
origine da una causa disgustosa. Io non potrei venire a Milano che per
la metà del venturo aprile e ciò perchè l'assenza di due mesi mi ha
accumulate molte faccende che non potrò sì presto disimpegnare. Mi è
poi caro il sentire che continui ad esservi gradita l' idea di quel tal
giornale , alla di cui compilazione voi potreste contribuire più degli
altri , per l'abilità vostra e più per le buone inclinazioni che adornano
il vostro cuore. È pur dolce il sentire che anche in questi tempi di
dissipazione si trova chi disprezza la vanità e cerca di essere utile
all'umana famiglia. Questo sentimento in voi è lodabilissimo e sono
sicuro che lo conserverete.
Vostra madre qui sta bene e si è rallegrata al sentire da me che
eravate in buona salute.
Addio il mio caro amico : vi desidera quelle prosperità che me-
ritate il vostro Mompiani.
Allude al Conciliatore, ma lo Scalvini scriveva piuttosto nella
Biblioteca Italiana dove pose articoli sub" Jacopo Ortis del Foscolo
e sulle Grazie del Cesari: e l'Acerbi gli scriveva (13 novem-
bre 1818): « Voi sarete uno scrittore per la immortalità, ma non
per un giornale, che ama e vuole più il presto che il perfetto ».
Abbiamo alla mano mi ampio carteggio collo Scalvini , fra
cui una lettera del 18 settembre 1819 d'un Luigi (Somini?) di
Chiari che dice : « Sotto ruvida scorza quel vero bresciano (Moni-
CAMILLO UGONI E GIOVITA SCALVINI 465
piani) ha un cuore eccellente ed una testa benissimo fatta. Mom-
piani farà onore alla patria, stanne certo. Sai che risposta ha
data al Viceré quando fu a visi lare la sua scuola alla Lancaster ?
Il principe lo domandò dei principali vantaggi dulia sua scuola;
ed egli prontamente: « Così si avvezzano a comandare senza
oro-oglio ed ubbidire senza viltà ». E tu tei sai che Giacinto non
ha ombra di giacobino. Virginio (Soncini?) che me l'ha contata,
mi ha soggiunto che l'Austriaco l'ha capita, e gli ha voltato le
spalle ».
In quel carteggio, che va dal 1806 al 1821 , oltre le lette-
re di famiglia e d'affari, ce n'ha di Vincenzo Monti, del Pa-
gani , del Nicolini , di Gio. Àrrivabene : molte poi di Paride
Zajotti e di Giuseppe Acerbi relative alla cooperazione dello
Scalvini alla Biblioteca Italiana.
Lo Scalvini , uscito di patria , si diede « al mestier di chi
non ha mestiere » insegnando l' italiano : e fremeva :
Abbiamo fallito l' intento della vita e aggiunti i nostri propri
errori agli altrui, per renderla miserabile e inutile. Abbiamo voluto
essere sciolti d'ogni soggezione -, ci' siamo creati una soggezione peg-
giore , perchè abbiamo dovuto domandare asilo allo straniero , e ac-
cettare protezione e soccorso. Abbiamo voluto essere virtuosi ; siamo
rimasti perplessi. Avevamo sortito nobile ingegno e l'abbiamo traf-
ficato come una merce per campare la vita ; abbiamo gridato, anziché
operare, pianto anziché aiutarci. Abbiamo disdegnato le arti della
vita; e quando ci sono bisognate, ci siam trovati stolti e disarmati;
abbiamo superbamente voluto edificarci un mondo più alto del reale;
e siamo precipitati in esso , stanchi , offesi , irati , senza virtù di
rilevarci.
Io aveva casa e beni più che non bisognano al sostegno della
mia vita , contento di poco ; e molti altri erano come me : e abbiamo
dovuto stender la mano. Abbiamo dovuto mendicare. Errammo di-
spersi , ci riscontrammo per caso , e parlando la medesima lingua ,
rammentammo le medesime cose che insieme avevamo conosciute ed
amate in patria , i comuni amici , le comuni abitudini.
Se tu dici — Le mie merci affondarono in mai e; il fuoco arse
le mie case ; la grandine ha deserto i miei campi » tu trovi commi-
serazione. Ma se tu dicessi, —«Io sono sbandito», egli è come se tu
dicessi — Io sono pazzo ». Aggiungi che il falsario , il ladro , l'as-
466 EPISODIO DEL LIBERALISMO LOMBARDO
sassino , il vagabondo prendono il mantello dulia tua sventura , e tu
che sei povero, vai a rischio d'esser creduto un di loro.
Lo Scalvini mostrò più volte mala contentezza dei cospira-
tori e degli insorti d'allora, e parlando de' Piemontesi diceva :
Corse nel campo una confusa voce
Che narrò il nembo della polve avvolta
Sotto a' pie de' cavalli , e i rai dell'armi
In lontananza ; e ratto, come stormo
Di paventosi augei se rigirarsi
Vede il bruno falcon sotto le nubi ,
Come nei colli aperti aride foglie
Dinanzi al vento, si shandaron tutti ,
Tutti. — Tremaron pe'lor dì le madri,
Le sorelle , le spose ; e tutti illesi
Al loro amplesso ritornaro: ai baci
Delle adultere donne , alle profuse
Mense , dove il conviva , a lor le colme
Tazze votando , salutolli prodi.
Pur v' ha talun che i panni apre, e sul petto
Mostra i segni del ferro ; e narra immani
Fatiche d'altri giorni , allor che in armi
Contro al Settentrion corse il Meriggio ,
E curvo sul destrier coli' inclinata
Lancia il Cosacco rapido avventarsi
Sul gel lucente; e . nella notte , accesa
Repente la regal Mosca , dell'armi
Tramutar la fortuna: onde allo scampo
Bisognò più valor che alla conquista (1).
(1) Anche Foscolo compassionò, anziché ammirasse i tentativi li-
berali ; i nostri migrati giudicava o fanatici senza ardire , o metafisici
senza scienza, deliranti dietro all'impossibile. E caratterizzando gl'Italiani,
soggiungeva che « mentre quasi tutti aspiriamo all' indipendenza , co-
spiriamo pur tutti alla schiavitù.. . Questa setta è contenta dell'onore di
bramare a viso aperto V indipendenza , e lascia ad altri il pensiero e i pe-
ricoli d'affrettarla , e , per giunta , si lusinga d' impetrarla quando che sia
dalla commiserazione delle altre nazioni.... Voi siete accaniti in battaglia,
accorti a discernere l'arti della tirannide, concordi a dolervene , e inerti
ogni sempre, e odiosamente diffidenti a sottrarvene : e presumete di non
vivere servi ?...
« Quando il tempo e la violenza dei fatti vi desta , voi vi guardate
'attorno colla sonnolenza dell'ubriachezza, ad esecrar Francesi e Tede-
CAMILLO UGONI E GIOVITA SCALVINI 467
Anche al Confalonieri fu poco benigno , e ne cantava :
E poi che sperse cume ombre di sogno
Andaron l'arme di due campi , e diede
Securtà la vittoria alle vendette ,
Tu , malaccorto , a infellonir tornavi .
A rannodar le lacere tue trame ,
A raccor vie più densa la procella
Sovr'al tuo capo ; e perchè fuor de' tuoi
Si maturava il tuo castigo,...
Ivi cianciando che niun fora ardito
Porti addosso le mani. - E te l' han poste ,
Te vii turba ghermì ; né della casa
Ti valse lo splendore in che fidavi ,
Non la canizie del tuo vecchio padre ,
É non la grazia che su' tuoi congiunti ,
Per la provata fé , piove dal trono.
Circuir gli alti tetti , entro le soglie
Baldi misero il piò ; cercar le interne
Camere, i letti; irriverenti innanzi
Le fiere effigie dei proavi , innanzi
Lo stuol de' servi , nelle pinte assise
Chiusi ed immoti , t'assalir nascoso
Fra le macerie come fiera stanca.
E te , captivo , senza ira né duolo
Vide il vulgo condur, freddo guardando
schi , e missionari di sante alleanze , e ambasciadori che hanno versato
sospetti e scandali a disunire ed infamare 1' Italia ed ogni italiano. Pur ,
da che vi soggiogano senza spandere sangue , hanno merito di prudenti.
Ma se voi non voleste ascoltare , nò credere , ne ridire sospetti e scan-
dali ; e aveste fede gli uni negli altri ; e su non vi accusaste fra voi di es-
sere nati , allattati ed allevati figliuoli di patria lacerata da dissensioni ;
e se non vi doleste che ciascheduno di voi sta apparecchiato a prostituir-
la per oro o per rame alle libidini di tutti gli adulteri ; e se non nomi-
naste oggi l'uno , domani l'altro , a fare Tersiti de' vostri Achilli ; credo
che la prudenza de' vostri oppressori tornerebbe in ridicola furberia , e
l'avrebbero oggimai pagata del loro sangue ; sareste servi , ma non in-
fami né stolti. Se non che voi sciagurati non lasciate ne lascerete mai
che neppure i fatti , i quali fanno ravvedere anche gli stolti , assennino
voi , che pur siete scaltrissimi ed animosi ».
La nostra povera nazione (io l'amo troppo per non osare di chiamarla
così) ha essa perduta l'opportunità di tali rabbuili ì
468 EPISODIO DEL LIBERALISMO LOMBARDO
Or sovra a te, qual tu solei sovr'esso....
Misero , e più non metterai la bella
Veste , che tanti d'amorose donne
Sguardi traea su te, quando lunghesso
Le vie della città, stringendo un vaio
Tuo corridor , letizia diffondevi
A dritta e a manca di gentil saluto.
E dagli occhi splendenti e dalla dolce
Bocca e da tutta la persona il lume
Di tua grande prosapia si spandea.
Chiudiamo più tranquillamente con una lettera che V. Monti
dirigeva allo Scalvini da Sesto di Monza, il 12 Aprile 1821:
Mio caro amico ,
Tutto quel poco che nelle mie postille a Dante vi giova, traetelo
a vostro uso , e liberamente adoperatelo come cosa vostra. Piacemi
poi grandemente il pensiero di ridurre in altrettante lettere la ma-
teria , e farete opera di molta onestà e cortesia dirigendola al nostro
Arrivabene : ch'egli è degno di questo tributo d'onore e di stima. Mano
adunque all' impresa, e a profitto della gioventù studiosa di Dante
mettetela sul buon sentiero ritraendola dal malvagio, in cui studiasi
di aggirarla il Biagioli con quei suoi eccessi perpetui e quando loda e
quando vitupera. Né vi date all'anno del rimandarmelo , contentissimo
che me ne facciate la restituzione quando ritornerete : il che desidero
avvenga subito che avrete pronta una qualche parte del lavoro che
meditate, e a cui per vostro onore vi esorto.
Da tre giorni qui godo in compagnia d' Oriani il ritorno della
primavera, e rifiorisco le forze del corpo e dello spirito. Ma sono
tante le cose, a cui ho le mani , che non regge a tutte T ingegno e
la voglia di lavorare. Ad Ugoni ho mandato risposta a voce per mezzo
di un suo amico. Dio sa se desidero di compiacergli ; ma per le molte
correzioni che a quei versi {della Feroniade) abbisognano, e dimanda-
no tempo e fantasia libera da tutt'altre cure, vi giuro ch'egli mi avrebbe
reso grande servigio se mi avesse sciolto dall'obbligo di mantenergli le
mie promesse : perdi'1 assolutamente in quel tratto della Feroniade io
veggo quel bello che gli manca e che potendo aggiungervelo, mi dorrebbe
non aver avuto tempo di condurre alla debita perfezione. Salutatelo,
e ditegli che preghi le muse di mandarmi un momento felice d'ispi-
razione. State sano ed amate il i-ostro Monti.
{continua) C. CANTÒ.
Rassegna Bibliografica
Studj Bibliografici e biografici svila Storia della Geografia in
Italia, pubblicati per cura della Deputazione Ministeriale
istituita presso la Società Geografica Italiana. Roma, Tip.
Elzeviriana, 1875. - In 4.°
Storia dei viaggiatori italiani nelle Indie Orientali, compilata
da ANGELO De Gubernatis , con estratti d' alcune rela-
zioni di viaggio a stampa ed alcuni documenti inediti. Li-
vorno, coi tipi di Francesco Vigo editore, 1875. - In 8.°
I. Varie e dolorose ragioni ci distolsero dall' occuparci con
la desiderata sollecitudine degli Studj, che la benemerita Socie-
tà Geografica Italiana presieduta dall' illustre comm. Cesare Cor-
renti presentava or fa un anno al Congresso internazionale di
Geografia in Parigi. Chi voglia conoscere la storia di questo
volume , ed anche di quell' altro di Studj sidla geografìa natu-
rale e civile dell' Italia che gli fu dato a compagno (se pur v' è
alcuno che sinora non l'abbia fatto), basterà .ne chiegga alla
Nota Preliminare apposta al primo di essi dal Correnti mede-
simo. Il quale non manca di esporla con quello stile tutto brio
ed efficacia che può dirsi caratteristico dell'Autore, e quella can-
didezza che facilmente si guadagna gli animi colti e gentili. Già
si sa che alle esortazioni della sua « eloquenza apostolica », sì
come felicemente la definisce il eh. De Gubernatis (1), non è
possibile rimanersene inoperosi ; e perciò scemerà alcun poco la
meraviglia ( né diciam punto l' ammirazione ) s' egli ottenne di
mettere insieme nel giro di pochi mesi cotesto bel libro, pel
quale molti avrebbero avuto mestieri di uno assai più lungo
spazio di tempo.
Vagheggiava il Correnti , e vagheggia tuttora , come impre-
sa di utile incontestato e di onor sommo all' Italia , quella « di
raccogliere , come chi dicesse in un' enciclopedia geografica , le
relazioni , le lettere e i commentar) de'nostri vecchi viaggiatori.
Sarebbe la raccolta del Ramusio ringiovanita, ampliata, raffor-
zata con tutti i susìidj della critica , e con tutti i raffronti delle
(1) Storia dei viaggiatori ecc., pag. vi.
Arch., 3." Serie , Tom. XXIV. 30
470 RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
scoperte successive » (p. XIV). Or « a preparare questo risor-
gimento della nostra letteratura geografica nessun' altr' opera
poteva meglio giovare , che una rassegna , completa al possibile
dei documenti , dei codici , delle carte rappresentative e dei libri
che si conservano nelle biblioteche e negli archivi italiani » (p.
cit.). Pose egli perciò a contributo tutti gli stabilimenti scien-
tifici e tutti i cultori degli studi , dai quali potevasi ragionevol-
mente sperare alcun sussidio capace di tornare acconcio all'edi-
lizio; e com' ebbe a dir poscia al Congresso di Palermo (1)
Sì forte fu l'affettuoso grido
che ben oltre a cento furono coloro che il sovvennero di oppor-
tune notizie , giusta quanto dimostra 1' elenco delle « Corrispon-
denze che hanno servito alla compilazione dell' opera » (pag. a - i).
Gli Studj apprestati pel Congresso parigino contengono ap-
punto l' enunciato lavoro di preparazione alla enciclopedia ; e
come sono di lor natura distribuiti in tre capi , così vennero ac-
conciamente ripartendosi fra tre dotti e zelanti membri della
illustre Società costituiti all'uopo in Deputazione Ministeriale ,
cioè il cav. Pietro Amat di San Filippo, il prof. Gustavo Uziel-
li e il cav. Enrico Narducci. E alla Deputazione soccorse il Sig.
Ministro della pubblica istruzione , non solamente » con quanta
larghezza gli consentiva la sua onnipotenza », ma anche meglio
col " lasciar fare » che è « virtù più rara che quella di sorreg-
gere e proteggere » (p. XVI). Né soltanto spiegossi una alacrità
veramente insolita nello adunare i materiali opportuni all' opera,
o nel curarne 1' ordinamento , ma eziandio nello invigilarne e
compierne 1' edizione. Di che , oltre le dichiarazioni che se ne
fanno qua e colà nel corso del libro , rendono testimonianza apertis-
sima le varie specie di numerazione adottate a segnar le pagi-
ne in lettere alfabetiche , in cifre romane ed ara' uche , e più
ancora la epigrafe che leggesi a tergo dell' ultima carta : « Que-
sto volume stampato in Roma nella Tipografi' Elzeviriana. . ..
ebbe principio nel giugno e fine nel luglio 1875 ». Ciò spiega e scusa
anche , a nostro avviso , tante cose ; e innanzi tutto perchè l' invio
delle bozze fatto dalla Deputazione ad alcuno fra gli studiosi dai
quali si aveva caparra di buon aiuto si arrestasse ai primi logli ; e
dà ragione eziandio all'on. Correnti laddove consolandosi perchè
i 1 volume « già mostra qualche parte di novità », riconosce con
(1) Discorso alla terza ed ultima adunanza generale del Congresso ;
nel Bollettino della Società Geografica Italiana, 1375, pag. 613-
RASSEGNA BIBLIOGRAFICA 471
lealtà sommamente laudabile , che tuttavia si dee ritenere « noi
la più che un primo abbozzo » (p. XV). Il che non toglie però
che egli medesimo si compiaccia a buon diritto dell'opera; per
che « 1' edizione riuscì accettissima per F ordine , la distribuzio
ne delle matèrie, e lo splendore tipografico ; e il libro, caso uni
co, ottenne due lettere di distinzione dai giudici parigini » (1)
La dichiarazione dell'illustre Correnti poc'anzi da noi rife-
rita , può, se male non ci apponiamo , riguardarsi come la sintesi
di quei giudizi che intorno al libro di cui parliamo ha ormai
pronunciato concorde una gran parte del giornalismo scientifico;
non senza però che a noi corra debito di segnalare specialmente
sotto questo rispetto la dotta rivista che* ne fece il eh. Bono-i
nel fascicolo della Nuova Antologia pel maggio p. p. Riflettendo
anzi anche noi come i compilatori degli Studj attendano desi-
derosi il soccorso di nuove indicazioni , « sì che possano abbon-
dare le giunte e i supplementi » (pag. 253), ci proveremo a se-
guir F esempio del eh. Direttore del R. Archivio di Lucca ;
lietissimi se in tal guisa ci sarà consentito di giovare alcun poco
alla compilazione di quel volume che 1' on. Correnti ha in cima
de' suoi pensieri, e che « potremo dare all'Italia (egli dice),
quando. . . uscendo dalla tutela del Bilancio , potremo avere liber-
tà di mercato e di raccomandarci al pubblico » (pag. xvi).
Parte Prima. Biografìa dei viaggiatori italiani, e bibliogra-
fia delle loro opere per cura di PlETKO AìlAT DI S. FILIPPO.
Il eh. Autore così spiega nella Introduzione il suo concetto:
« Il presente lavoro ha... lo scopo di ricordare tutti i viaggia-
tori italiani il cui nome è pervenuto fino a noi , qualunque sia
V indole e V importanza del viaggio, abbiano o no lasciata rela-
zione del medesimo, e comunque questa corra per le stampe,
giaccia inedita o sia andata smarrita » (p. 3 - 4). E segue av-
vertendo che, per la ristrettezza dello spazio concedutogli, le no-
tizie biografiche furono * dettate con una concisione che potreb-
be dirsi epigrafica », ove si eccettuino « i viaggiatori principi »
pei quali tuttavia è detto " sempre assai meno di quello che
l'importanza dei viaggi domandava » (p; 4). Alla quale avver-
tenza fa perciò riscontro quest' altra del Correnti : « Facile il
vedere che i viaggiatori sono piuttosto ricordati che storiati »
(p. XV). Or lasciando in disparte la poca felicità della definizio-
ne de' viaggiatori già rilevata dal Bongi , vuoisi notare che il
(1) Correnti , Discorso alla Società Geografica , nel Bollettino di
febbraio 1876 , pag. 60.
472 RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
lavoro del eh. Amat ritiene tuttora per grandissima parte le
mende già apposte dal De Gubernatis e dallo Zambrini (1) alla
Bibliografìa dei viaggiatori italiani da lui compilata nel 1873 e
pubblicata 1' anno appresso ; di guisa che oggi ancora nota il
Bougi sì come evidente « che è mancato il tempo di tare il ri-
scontro anche dei più usuali repertorj e di libri , che non avreb-
bero certamente soddisfatto allo scopo , ma sarebbero riusciti di
soccorso opportuno alla memoria.... Bisogna credere di più che
nel corso della stampa sia accaduto qualche caso fortuito, come
lo smarrimento di un certo numero di schede , perchè dall' Elen-
co delle corrispondenze.... si ricava che furono mandate notizie
sopra taluni viaggiatori , che poi nel libro non appariscono »
[Nuova Ant., p. 170). Non possiamo però assentire col eh. Bon-
gi là ove scrive che della Bibliografia medesima « non si è te-
nuto nessun conto »\ perchè se è vero che negli Siudj. essa non
venne « neppur mentovata per incidenza », sta il fatto che in
generale gli accenni bibliografici quivi inserti sono una ripeti-
zione di quelli del 1873. V ha poi questo di strano veramente ,
che la Bibliografìa, comecché « assai sommaria ed imperfetta. . .
pure ha nomi e notizie che qui sarebbe stato necessario di ripe-
tere » (loc. cit.).
Fra le memorie de' viaggiatori non possono certo mancare
quelle de' frati missionari ; anzi 1' Amat dee ricorrere agli annali
degli ordini religiosi , per « conchiudere che le origini dei primi
viaggi italiani possono collocarsi molto tempo innanzi di Plano
Carpini e di Marco Polo » (p. 3). Noi portiamo pertanto opi-
nione che uno studio accurato delle cronache e dei documenti
delle nostre repubbliche marinare avrebbe offerta 1' opportunità
di racimolare anche i nomi di taluni viaggiatori precedenti alla
istituzione de' francescani e domenicani ; per esempio quello del
patrizio Pantaleone capo della colonia amalfitana in Costantino-
poli , dove ospitò in una sua casa il principe salernitano Gisol-
fo (1062 - 66); e meglio ancora gli altri dell' arcivescovo Alfano
di Salerno e del vescovo Bernardo di Preneste che accompagna-
rono il detto principe e visitarono indi la Palestina (2). Ma " in-
dagini anteriori al dugento non pare che sieno state tentate »
[Nuova Ant., p. 171). Ad ogni modo poi confessiamo che non
siam molto proclivi ad accogliere quanto registra il eh. Amat sotto
il 1221 riferendosi al Waddingo, circa « l' arrivo a Ceuta, dall'interno
(1) Rivista Europea, 1874, pag. 371; Propugnatore, voi. VII , par I,
pag 301.
(2) Heyd, Le colonie commerciali degli Italiani in Oriente, I. 6.
RASSEGNA BIBLIOGRAFICA 473
dell' Africa , di Ugo prete genovese con due frati minori » (p. 3).
L'annalista francescano narrando i casi de' martiri di Ceuta, e
detto come negli otto dì precedenti al martirio venissero soste-
nuti in carcere , soggiunge che in medio tribulationum recorda-
ti simt fratrum Christianorum, ad quos frequentes litteras de-
derunt inscriptas Domino Hvgoni, maj ori Sacerdoti Genuensiwn, et
duobus fratribus, quibus unuseratde Ordine Minorum, alter vero
Ordinis Praedieatorum, qui venerant illis diebus de interioribii a
partibus Saracenorum (1). Ora a noi sembra che le parole qui
venerant sieno da riferire ai due frati soltanto , perchè in verità
dureremmo fatica a tradurre quel major Sacerdos de' Genovesi
in altra guisa che non per l' Arcivescovo di Genova, il quale niun
documento ci addita che si fosse perigliato nei paesi dell'Africa.
Sappiamo invece che esule dalla propria Diocesi per contese col
suo Capitolo e colla potestà civile, dimorava allora presso il Pon-
tefice ; ma tornò l'anno dopo alla sua Chiesa, avendo quelle dif-
ferenze sortito un equo componimento. Vero è che il detto
arcivescovo chiamavasi propriamente Ottone ; ma niuno vorrà
negare esser molto più facile , per la cattiva lezione di un qual-
che codice, lo scambio di Hotoni in Hugoni , che non l' impresa
di ni! lungo e disastroso viaggio. Si domanderà perchè que' marti-
ri, che pur non erano genovesi, avrebbero scritto all'arcivescovo
Ottone ? Forse una qualche nave genovese era prossima a salpa-
re dai lidi affricani per Genova , ed essi contavano su tale oppor-
tunità per mandare in Europa le novelle di loro morte. Inoltre
non è da omettere che i mercanti genovesi residenti a Ceuta
erano stati fra' più solleciti ad accogliere ed onorare quei corag-
giosi confessori della fede di Cristo; e poiché ebbero suggellata
questa fede con la morte , le loro ossa non erano state altronde
che in vico Genuensium tumulatae (2). Ma dacché siamo a toc-
care di religiosi , ricorderemo qui piuttosto il nome del beato
Lanfranchino Fieschi domenicano , il quale andò pellegrinando a
Gerusalemme ed ivi terminò i suoi giorni , sì come narra , con
più altri , il Bzovio all' anno 1237. Ben meritava poi di essere
tenuta in singoiar conto l'avvertenza del eh. Zambrini circa i
_gi di Marco Polo , i quali « ebbero cinque edizioni nel seco-
lo XV » e in totale ne contano cinquantotto (Propugnatore , VII. I.
300). Nel volume degli Studj il eh. Amat riprodusse in vece alla
lettera l' articolo che ne avea scritto nella Bibliografia , solo tenen-
dosi pago d' aggiungervi un cenno dell'edizione torinese del 1872.
(1) Waddingus, Annales Ordinis Minorum. a. 1221, § XXXVII.
(2 Id., a. 1221, § XLI.
474 RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
Mal sapremmo inoltre indovinare perchè 1' Amat non abbia
pur fatta menzione dei fratelli Vivaldi , i quali nel 1291 passa-
rono con due galere lo Stretto col disegno di girare l'Africa
ed arrivare alle Indie. E questo uno dei più noti fatti, se bene
non formi numero tra quelli eh' ebbero esito felice ; e forse il
silenzio devesi ascrivere a mera dimenticanza , giacché un artico-
lo del Bollettino della Società Geografica (1876, p. 153), che ha
tutta P aria di essere scritto dal eh. Amat , parlando dei dotti
studii del sig. Gravier (1), esce in queste espressioni : » Il Gravier
ci parla di Lancelotto Maloisel , la cui spedizione , secondo il Pe-
trarca , avrebbe avuto luogo nel 1275 , e del quale non si do-
vrebbe tacere negli studii sui viaggiatori italiani , come di chi
era , per affetti , e per lunga dimora , genovese. Narra la spedi-
zione dei fratelli Vivaldi nel 1290 (sic), rivendicata dai nostri
dotti genovesi, della quale altresì si tace negli studii tra noi
pubblicati pel Congresso ». Bene è vero che fino a pochi anni
addietro si era dato per compagno a costoro Tedisio D' Oria ,
il cui merito verso la spedizione si limita (né intendiamo dire
che sia poco) ad aver concorso nell' armamento delle galere; ma
poscia che ormai è notissimo e provato per documenti eh' eg]i
era in Genova dopo la loro partenza (2), così vuoisi per questa par-
te riformare P affermazione del eh. De Gubernatis laddove ram-
menta « il glorioso ma infelice tentativo de' tre genovesi Tedisio
Doria e fratelli Ugolino e Vadino Vivaldi » (3). Generalmente
telli Vivaldi si trovano appellati Ugolino e Guido, e il no-
li Vadino , a proposito della citata spedizione , s' incontra
per la prima volta nel così detto Itinerario di Antoniotto Usodi-
ch. Desimoni non manca di avvertire essere stato » ri-
conosciuto per un atto notarile, che viveva a que' tempi un Vivaldi
di nome Vadino ». Perciò (soggiunge), o quest'ultimo partì coi due
fratelli Ugolino e Guido : oppure la confusione de' nomi, bench è
fatta in una tarda leggenda , dee di necessità avere la sua ori-
gine in una sbadataggine di fonte contemporanea » (Giornale
Ligustico, 1874, p. 267). Ora noi staremmo piuttosto per quest'ul-
tima supposizione , e crederemmo che l'equivoco si debba pre-
cisamente derivare dalla men retta lezione degli antichi docu-
menti genovesi : ivi il nome di Guido si trova assai frequente-
(1) Dècouverte de VAmerique par les Normands au X siede;
Rouen, 1874. Intorno alla quale opera vedasi anche il Giornale Ligusti-
co, 1875, pag. 314 e segg.
(2) Ved. Archivio Storico Italiano, serie III, voi. II, par. II, pag. 125
e segg.; Giornale Ligustico, 1874, pag. 2ò6.
(3) De Gubkrnatis, Storia dei viaggiatori italiani ecc , pag. i.
RASSEGNA BIBLIOGRAFICA 47
mente scritto Wìdo od anche Wuido; e perciò il suo diminutivo
può avere assunta la forma di Widino o 1 Vv idino, ed essere sta-
to trasmutato con lieve modificazione in Wadino.
Le parole riferite poc'anzi dal Bollettino ci danno poi la
chiave deD' enigma che era per noi il non veder rammentato
negli Studj il Malocello. Secondo il Bollettino, egli non è geno-
vese che « per affetti e per lunga dimora >». Eppure sono già
scorsi molti anni da che l'illustre e rimpianto D' Avezac, avver-
tendo come la forma del cognome di Lanzarotto si trovi fran-
cizzata in Maloisel nella Cronaca di Bethencourt (1), rivendica-
va a Genova questo scopritore (2). A proposito del quale, per
citare soltanto il più recente fra quei che ne scrissero , veggansi
le notizie che di lui e del casato dei Malocelli porge il lodato
Desimoni , e si esamini l'opinione che egli affaccia con ottimi
•menti per ritardare sino al 1300 circa la spedizione del no-
stro navigatore alle Canarie. « La famiglia Marocello, aggiunge
il lodato scrittore , è tra le più nobili ed antiche di Genova ; il
cognome si mostra già nel 1099 : la fregiano undici consolati tra
il 1114 e il 1240 , un Podestà de' Comuni di Lucca e Bologna ,
due Vescovi , la consignoria di Varazze e d' altri feudi , amba-
sciate ed uffici pubblici : le case del loro Albergo davano il no-
me ad una strada nel Quartiere o Compagna di san Lorenzo
(Giorn. Lic/ust., 1874, p. 231).
Incomprensibile dura invece per noi la ragione che ha esclu-
so dall' elenco dei viaggiatori quell' Andalò Di Negro, di cui scris-
se il Boccaccio che visitò universum pene orbem, e visu didicit
l nos discimus auditu (3). Di lui ci diedero testé le notizie
e descrissero le opere numerose il citato Desimoni e l' illustre
D. Baldassare Boncompagni ; ma già i contemporanei aveano
celebrato quel nostro sì come versatissimo nella astronomia e
geografia ; mentre poi Bernardino Baldi attribuì a' suoi viaggi
(ed ebbe il Libri a confermarlo) lo scopo importantissimo ài
fare delle osservazioni astronomiche onde correggere le antiche
carte geografiche , rendendosi così da lui eminenti servigi alla
geografia insieme ed alla navigazione (4).
Anche Marin Sanuto Torsello è passato in silenzio dal
eh. Amat ; ma in parte ripararono al difetto i colleghi di lui
(1) Conqueste des Canaries, cap. XXIII.
(2) [)' Avezac, Dècouvertes faites au moyen-dge dans VOcean Atlan-
ti que ; Paris 1845, pag 47 e segg
(3) Genealogia Deorum, lib. XV, cap. VI.
(4) Favaro, Intorno ad uno scritto su Andalò Di Negro; nei Saggi
della B. Accademia di scienze ecc. di Padova pel 1876.
476 RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
Uzielli e Narducci, che gli diedero invece luogo onorato (Studj ,
pagine 328 , 415 , 429 , 462 , 464 ). Né manco sarebbesi dovuto
lasciare nelP oblio frate Filippo Busserio da Savona, caro a'pon-
tefici Clemente V e Giovarmi XXII, che fu in Egitto al pari
del Sanuto , e come il Sanuto scrisse pure un libro sul riacqui-
sto della Palestina, cui pose titolo di Speculum Terme Sanctae.
Questo libro si deplora come perduto; ma sarebbe da esaminare
se per avventura potesse mai essere quel Liher Terme Sanctae
onde si conserva un esemplare in codice membranaceo del seco-
lo XIV nella Nazionale di Napoli {Studj, p. 45).
De' viaggi di Oderico da Pordenone gli Studj registrano
otto codici ed altrettante edizioni (p. 34-35). E fra' primi de-
v* essere certamente di molta importanza quello della Riccardiana
di Firenze , se si consideri che il De Gubernatis desunse ap-
punto da questo codice la descrizione degli usi nuziali nelle
Indie , mentre nel testo datone dal Ramusio « non se ne tocca
neppure » (1). Però di un altro codice , che è del secolo XV, e
serbasi in Genova nella raccolta Ansaldo , e vedesi ripetutamen-
te indicato negli Atti della Società Ligure di Storia Patria, si
tace affatto. Quanto è poi delle edizioni , si avverta col Zambri-
ni che quella del 1513 comparsa a Pesaro pel Soncino non può
in modo assoluto riguardarsi come la prima, benché l'esemplare
che ne ha la Nazionale di Parma sia , per dirla col Bongi , un
« singolarissimo cimelio » da "tener sotto chiave » (Nuova Arti.,
p. 171). Una parte della versione antica de' viaggi era infatti
stata di già stampata in Venezia dai Sessa nel 1496, congiun-
.^nte al Milione di Marco Polo (Pi ire, VII. I. 300).
Né devesi pretermettere che il volgarizzamento italiano de' viag-
gi medesimi venne pubblicato eziandio nell' opera del dot io co-
lonnello Yule, Codiai/ and the way thither (Londra in 2 volumi ,
1866); dove è pur da vedere il testo della Peregrinatio in Orien-
tem di Giovanni de' Marignoli , di cui il eh. Amat ricorda sem-
plicemente l' edizione di Praga del 1768 e la versione tedesca
pubblicata in Parigi dal Meinert nel 1820 (p. 39).
Lo stesso codice Ansaldo contiene eziandio il Liber Insù-
larum Arcipelagi di Cristoforo Buondelmonti , rammentato del
pari negli Atti, ed anche nel Giornale Ligustico (a. 1875, p. 69).
Né ci sembra di poco momento, da che fa numero tra gli esempla-
ri che sono corredati delle figure delle isole : » delineate un po' gros-
solanamente nelle prospettive , ma di minuta esattezza nei con-
torni , golfi , scogli ecc. ». Oltreché nei nomi propri de' luoghi
(I) De Gubernatis, Op. cit., pag. 353.
RASSEGNA BIBLIOGRAFICA 477
sembrerebbe di assai castigata lezione ; mentre i parecchi venuti
amano del De Sinner, che nel 1824 se ne fece editore, sono
per testimonianza di lui in gran parte scorretti (1). E né manco
vuoisi tralasciar di avvertire come del Liber si conosca eziandio
una traduzione greca, della quale il Dethier addita un esem-
plare nella Imperiai Biblioteca di Costantinopoli (2). Similmente
alle fonti delle notizie biografiche, che concernono il celebre Ci-
riaco d'Ancona, sarà utile aggiungere la seguente Memoria del
medesimo Dethier: Augustéon, ou la statue colossale et equestre
de oronze de Justinien le Grand, restaurée d'après une peintu-
re inedite de Nimphirius, Uree d'un manuscrit.... fatte vers 1418
ou 1426, sous la direction de Cyriaque Pizzicotti d'Ancona (3).
Di Antoniotto Usodimare [Studj, p. 50) potrebbe aggiun-
gersi che la sua nota lettera del 1455 venne corretta in più luo-
ghi importanti dal eh. Desimoni (Giorn. Lig., 1874, p. 267 e
270); né sarebbesi dovuto tacere del suo contemporaneo Antonio
da Noli. Vero è che il Santarem ed il Major ne fecero una per-
sona sola coli' Usodimare , ma l' errore perdonabile negli stranie-
ri non può incontrare facile accoglimento presso gli italiani ; e
d' altra parte il Desimoni ha mostrato » che 1' identità dei due
Antonii è oggimai condannata senza appello per la comparsa di
nuovi documenti ». Basti infatti che mentre l' Usodimare era
già morto nel 1462, il Noli visse fino al 1497 {Giorn. Lig.,
1874, p. 275).
Della Cronaca di Benedetto Dei è utile il conoscere che,
oltre al più noto esemplare serbato alla Nazionale di Firenze,
esiste un codice nella R. Biblioteca di Monaco; ed è anche bel-
lo vederne negli Studj (p. 70) prodotto un saggio. Ma non
doveva ignorarsi che parecchi e lunghi brani della stessa Cro-
naca erano pure stati pubblicati dal Pagnini, Della decima ecc.,
voi. II, p. 235-80.
Quanto è poi di Cristoforo Colombo e di Amerigo Vespuc-
ci , non esitiamo ad affermare che tutta la bibliografia vorrebbe
essere rifatta , istituendo all' uopo accurate ricerche nelle pubbli-
cazioni dei dotti march. Girolamo d' Adda , Major , Carter Brown,
Lenox, Harrisse e Varnhagen. Di tal forma, per esempio , si san ìb-
be evitalo di attribuire all'epistola D? insulis inventis pel Co-
lombo una edizione di Granata del 1493 ; la quale ormai n
più ammessa da alcuno. Né la indicazione Grana tae , si legge
(1) Atti, IV. pag. clx.
(2) ld., X, 290
(3) Veri, il periodico di Costantinopoli L'Univers ; fascicoli del mar-
zo 1875 e seguenti.
478 RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
punto in quella stampa , come parrebbero avvertirlo gli S
( pag. 97 ) ; né per tale la riconosce l' Harrisse , benché sembri
lasciarlo credere la citazione che vedesi fatta della sua BibUo-
tìteca Americana Vetustissima.
Né manco vorremmo accedere così di subito alla proposizione
del eh. Amat, laddove scrive: « Pare accertato che Giovanni Ca-
botto. . . nascesse in un paese della riviera di Genova , e forse a
Castiglione nella prima metà del secolo XV » (Studj, p. 100).
Così veramente sospettò l' illustre d' Avezac , trovando ricordato
in un documento sincrono del R. Archivio di Milano un barbero de
Castione genovese sì come compagno di viaggio del nostro Gio-
vanni , il quale aveagli donato un' isola eh' era però ancora da
scoprire; « e entrambi (soggiunge il documento) si reputano
Conti, né Monsignor Almirante s' estima manco che Principe »
( Giorn. Lig., 1874, p. 312 . Ma questo i fermo un troppo
debole indizio; e il Desimoni aveva di già notato: « In quanto
al cognome ed alla patria dei Caboto, io mi rivolgerei piuttosto
alla sorella di Genova, a Savona, già illustre per arditi naviga-
tori. In questa città trovo due cognomi, uno dei quali poco dis-
simile, l'altro quasi eguale a quello che io cerco; cioè la fami-
glia patrizia dei Gavotte, chiara per uomini di lettere e tuttora
fiorente, e la famiglia popolare, ora forse estinta, dei Cabuto.
Del primo di que' cognomi io ho sotto gli occhi più documenti
che parlano di patroni di mare e delle loro navi nel secolo XV ».
(Giorn. cit., pag. 315).' Ma alcune notizie più importanti e vicine
ai tempi onde si discorre, sono fornite da vari atti notarili savo-
nesi , ne' quali si rammentano Giacomo Cabutto fonditore d' ar-
tiglieria nel 1478 , e Bernardo e Sebastiano Cabutto fonditori
anch' essi verso il 1528. Finalmente un Sebastianus Cabutus Hen-
rici de loco Sancii Benedirti Vallis Berbì occorre ancora in un
rogito del 1563. Or conclude il Desimoni : « Questo nome di
Sebastiani'* ripetuto per un secolo, non pare egli che dia ansa a
rannodarvi i Cabotto d' Inghilterra ? E la trasformazione del co-
gnome Cabutus in Gabutus non pare egli che porga un barlu-
me, per cui , come non è cosa insolita , i due cognomi a poco
a poco abbiano assunto una consistenza diversa di famiglia, ma
abbiano forse comune l'origine? » (Giorn. cit., pag. 316).
E qui rifacendoci ancora una volta all' articolo ripetutamen-
te citato del Bollettino della Società Geografica , divideremo col
suo eh. Autore il desiderio « che anche in Italia le ricerche di
coloro che più si occuparono dell'epoca Colombiana e precolom-
biana si ravvivino»; quantunque non ci sembri che debba porgerne
« loro occasione la pubblicazione d'un codice inedito sui viaggi
RASSEGNA BIBLIOGRAFICA 470
del Colombo fatta per cura del prof. Giuseppe Ferraro » (p. 151).
Il Ferraro, parlando di questo codice con lodevole modestia ,
dichiarava per buone ragioni di non avere la piena certézza che
si trattasse di opera assolutamente inedita ; ed è un fatto che i
varii libri e le lettere onde si compone contano ben molte edi-
zioni , ed anche qualche versione , a cominciare dalla stampa di
Venezia per Albertino Vercellese da Lisona del 1504. Sola ec-
cettuiamo la lettera di Girolamo Vianello ; la quale ad ogni modo
une semplicemente pubblicata in estratto dall' Humboldt, sì
come anche ammette il Ferraro, ma fu edita nella sua integrità,
col corredo di critiche osservazioni , dal Varnhageo in Vienna
nel 1869 (1).
De' Viaggi del Barthema (p. 117-24) sarebbe stato oppor-
tuno ricordare la traduzione inglese che fu negli scorsi anni pub-
blicata dall' Hakhiyt Society; edalle fonti che concernono Leone
Pancaldo (p. 145) tornerà utile aggiunger memoria dello scrittore
che ne trattò più di proposito: diciamo l'avvocato savonese Giam-
battista Belloro che stampò 1' Elogio di Leone nel giornale lette-
rario di Genova , 1' E spero del 1842 ; il quale fu poi riprodotto
da Luigi Grillo nel Giornale degli Studiosi (a. 1869, num. 50).
Avremmo anche sperata dalla diligenza del eh. Amat alcu-
na notizia del genovese Cassiano Camilli , morto in patria nel
contagio del 1528 , « uno de' pochissimi viaggiatori che unisse-
ro somma dottrina a lunghe peregrinazioni >< sì come nota il P.
tuo (2). Di lui porgono co
se, poi cardinale, che udì ne la per ivendone a
Vincenzo Borlasca, piangeva Fincredibil danno che risentito
ne avrebbero i dotti. — Accedit pra <mnum i
ex làboribus eius le perditi s doctos omnes facturos esse
non dubito. Animum i ecerat ad Cosmographiae
omnes illustrandas , et cum diligentiss forum omnium
situs, ot eorum quae io tiquis cognita fuerunt , et quae
inventa sunt, nobis se descripturum speraref , praecipue tamen
quo nunc unusquisque locus appelletur , omni studio vestigarat.
Qua in re jam tantum profecerat, ut non portus modo, promon-
toria, sinus, insulas, fluvios , monte s , urbesque celeberrimi no-
minis, sed infima quaeque oppida ita memoriler, ut propria,,'
nomen , tenere videretur. (h<ae omnino nobis minus dolenda
putarem, si spes aliqua esse/ ipiempiam pari dottrina et diligen-
ti) II. codice sta nella Comunale f)i Ferrara, ed è pubblicato nella
dispensa CXLIV della Scelta di curiosità letterarie. Se ne vegga una
dotta recensione del eh. Desimoni nel Giornale Ligustico 1876, p. 328-86.
(2 Storia Letteraria della Liguria, IV, 169.
480 RA SSEGNA BIBLIGRAFICA
tia id ipsum praestiturum esse. Sed quis nani obsecro erit , qui
cum exquisita illius disciplina conjunctam habeat locorum cogni-
tionem, non auditu et lectione tantum, sed pedibus ocvlisque
ceptam? Navigarat enhn, ut scis, ad Tanaim , ad Phasidrtn-
Peragrarat ferme regiones omnis Asiae, Aegyptum Africamque
lustrarat. Taceo de Hispania , Britannia , Gallici, Germania ,
quas sic habebat cognitas ut digitos unguesque suos (1). — Da
un'altra lettera del Cortese impariamo che questi aveva di già
esaminato ii lavoro del Cannili ; le cui fatiche però andarono
all' intutto smarrite.
Al nome del veneziano Luigi Roncinotto o Alvise de Zuan-
ne (che gli Studj, p. 150 e 156, dividono a torto in due perso-
ne , benché il Viaggio di Colocut registrato sotto entrambi po-
tesse svegliare alcun sospetto di loro identità ) sarebbe stato
forse atto di giustizia 1' accoppiare Andrea Colombo che in
quella spedizione gli fu compagno , e che il Roncinotto medesi-
mo ricorda scrivendo così : " L' anno 1532 ritrovandomi con le
galee di Fiandra , (io) Roncinoto desideroso di ritornare in Co-
locut, rimasi in Lisbona città del re di Portogallo, e acconciato-
mi con un messer Andrea Colombo , nipote di quel tanto ono-
rato e animoso capitano Cristoforo Colombo...; alli 17 di marzo,
1' anno soprascritto si partimmo da Lisbona per Colocut con una
caravella del detto Colombo » (2). Né fra i molti anonimi che pur
si registrano, sappiamo bene indovinare il motivo per cui , venne
taciuto di quel trattato di Cosmografi universale (cod. cartaceo
sec. XVI, nitidissimo, di fogli 193), intitolato a Cosimo I gran-
duca di Toscana, e descritto sì come esistente alla Laurenziana
nel Catalogo del Bandini che appunto citasi tra le fonti (p. 478).
L'autore, che il dotto bibliografo per alcuni non dispregevoli cri-
teri stima poter credere genovese , racconta di essere stato al
Cairo nel 1560 ; e di avere inoltre visitate parecchie terre ed
isole , nel cui novero è quella di Borneo (3).
Certamente di secondaria importanza . ma tuttavia utili a
ricordarsi, ci sembrano anche le Osservazioni di Francesco Belli
nel viaggio da lui " fatto coll'eccellentissimo signor Giorgio Gior-
gi:... ambasciatore (di Venezia) à gli Stati d' Olanda e di là in
Francia ?» (Venezia, 1632); i Viaggi Orientali del P. Filippo
della SS. Trinità, che descrivono l'Asia minore, la Persia e le
Indie (Roma, 1666) ; le Memorie de' viaggi per l'Europa Chri-
(1) De Gubernatis, Storia dei viaggiatori ecc., pag. 23.
(2) Gregorii Cortesii... Scrip/a etc. ; Padova, 1774 ; par. II, p 137
(3) Bandini, Bibliotheca Leopoldina- Laurentiana etc. , 111. 349 e
segg.; Spotorno, Stor. cit, IV, 173.
RASSEGNA BIBLIOGRAFICA 4SI
stiana dell'ab. G. B. Pacichelli ( Napoli, 1685 ) ; e il libretto che
contiene Brevissime notizie, o relazione divari viaggi, fatiche ec.
nell'Imperio della Cina del frate minorità Carlo Orazii da Ca-
storano ( Livorno, 1759). L'Universitaria genovese, nella copio-
sissima raccolta delle lettere indiritte al P. Angelico Aprosio ,
ne ha pure alcune del Pacichelli ; il quale in altra di esse, da-
tata da Parma il 25 ottobre del 1678 , comunicava all' illustre
Agostiniano i suoi cenui biografici. ■ — ■ " Sono nato in Roma
(così scriveva) 37 anni addietro, di antica e nobile discendenza
da Pistoia.... Studiai ed ottenni la laurea legale nel Collegio di
Pisa in età di 14 anni, e quindi fui dottorato nella Sagra Teo-
logia e in medicina in Roma dove applicai alle lettere greche
ed hebree, dandone saggio in diverse Accademie e libri divul-
gati. Applicai per qualche tempo alla Corte in servigio di Cle-
mente IX, il quale prevenuto dalla morte non puotè effettuare
il disegno di collocarmi in maggior posto. Quindi viaggiai,... tro-
vandomi anche à gli assedi di Mastricht col Re Christianissimo
e sotto Bonna col Montecuccoli e l'Oranges. L'Indice de' miei
libri, che sono circa a 20, sta impresso dopo il frontespitio del
mio Commentario De jure hospitalitatis ».
Giudicando il eh. Amat che pe' viaggiatori del nostro secolo
" migliore e più sicuro partito » sia quello di " non uscir dai
libri » ( p. 253 ) , che è quanto dire da un catalogo delle loro
pubblicazioni , noi non potremmo avere alcuna ragione di dolerci
vedendo confinato il nome di un benemerito della civiltà, quale
fu il P. Giovanni Stella, fondatore di una colonia tra i Bogos ,
in una noticina che succede alla indicazione di un bel volume
dell' Issel ( p. 271). Ma avvertiremo che questa sua « rassegna
della nostra milizia geografica » (pag. 253), appunto come l'egre-
gio Autore l' ha presentito, è risultata scarsa e manchevole. Cosi,
per recare alcun esempio, diremo che vi si desiderano e il nome
di Girolamo Orti, che nel 1819 stampo in Verona le sue Lettere
d'wn recente viaggio in Francia, Inghilterra, Scozia, Olanda ed
una parte della Germania ; e quello di Gio. Antonio Baratta, il
quale nel 1825 era sul naviglio sardo che tuonò contro a Tripoli,
e " di ritorno a Genova focene a re Carlo Felice tanto mera-
vigliosa relazione che, cosa insolita pe' tempi e pel Sovrano, ven-
ne fregiato a ventitré anni della croce di grazia dell'Ordine Mau-
riziano » (1). Del Baratta dovrebbero citarsi : 1.° Costantinopoli
nel 1831, ossia notizie esatte e recentissime intorno a questa ca-
(1) A. M. (Antonio Manno) , II Tesorelto di un Bibliofilo piemonte-
se; nelle Curiosità e Ricerche di Storia Subalpina, voi. I, pag. 735.
4S2 RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
-pitale, ed agli usi e costumi de' suoi abitanti (Genova, 1831);
2.° Costantinopoli effigiata (Torino, 1840); 3.° Il Bosforo, pa-
norama delle maravigliose vedute del Canale di Costantinopoli ,
preceduto da un' accurata descrizione dello Stretto dei Darda-
nelli e del Mar di Marmora ( Torino, 1841 e 1850 ) ; 4.° Cenno
sul P. Filippo Grosso missionario ( Torino, s. a. ).
Né pretendiamo già che sia un grave danno se la Biblio-
grafia non ha cenno della Relazione storica dello stato civile,
scienze ed arti, che fiorivano ti a gV Indiani prima del tempo di
Alessandro, composta dal sacerdote N.... Manfredi , già missio-
nario apostolico nel Malabar ( Cremona , 1825) ; ma piuttosto
riflettiamo col Bongi come " uno storico de' viaggi italiani che
intendesse di fare astrazione dai frati missionari , tenterebbe
addirittura un'opera impossibile » {Nuova Antologia , p. 172 ).
Or a questo proposito Genova sempre parca, come per tutto al-
trove, di racconti, ha tuttavia gloriosi argomenti che meritereb-
bero 1' onore di una storia ; e sarebbe pure un'ottima cosa che
tutti gli Ordini religiosi zelassero la continuazione di quei loro
annali che uomini insigni aveano cominciato. Né è piccol fatto
il sapere che alcuni per verità provvedono all' importante biso-
gna ; né scarsa è la lode onde va rimeritato il eh. P. Marcellino
da Civezza per la Storia Universale delle Missioni Francescane
da lui impresa fino dal 1857, e della quale ora appresta con in-
defessa opera la prosecuzione. Nel frattempo (1867-73) venne
anche pubblicata la Storia delle missioni dei Cappuccini del
P. Rocco da Cesinale. I frati di san Francesco hanno tuttavia
la custodia de' Luoghi Santi ; i Domenicani serbarono fino a' dì
nostri le cure parrocchiali a Costantinopoli , neh" Arcipelago e
nella Siria , i Carmelitani nel? India , ecc.; e quant' è de' missio-
nari! propriamente detti , offrono eziandio copiose indicazioni pei
nostri tempi i ior cataloghi compilati da Giuseppe Ortalda. Nel
Buiìettino delia Società Geografica di Parigi (novembre 1858,
e giugno 1862) si leggono alcune comunicazioni di monsignor
Guglielmo Massaia , al quale non devesi tacere come il conte
Cavour affidasse nel 1857 l' impresa di aprire col Negus d'Abis-
sinia i negoziati che spianarono la via al trattato d'amicizia e
di commercio fra quel regno e l' Italia ; ed oggi ancora i tele-
grammi e le lettere che provengono dall' intrepido Antinori con-
tengono particolari onorevoli pel vescovo Massaia. Così egual-
mente non si può disconoscere come i fortunati scopritori ingle-
si Speke e Grant conseguissero da' missionari italiani un effica-
cissimo appoggio e concorso nella ricerca delle sorgenti del Nilo.
RASSEGNA BIBLIOGRAFICA 483
Parte Seconda. — Mappamondi. < 'arte Nautiche e Portolani
del medio evo e dei secoli delle grandi scoperte marittime, co-
struiti da. italiani o trovati nelle Biblioteche d' Italia. Studi di
Gustavo Uzielli.
Riconosciamo anzitutto che il eh. Autore di sì fatti Studi
era per ogni ragione acconcio al difficile compito ; e che ottima
fu quindi la scelta fatta dalla Società Geografica della sua per-
sona. La qual verità ben si pare manifesta dalla dotta Introdu-
zione, dove egli ragiona del progressivo svolgimento delle scien-
ze geografiche , e più specialmente di quanto s' appartiene alla
bussola, all' astrolabio . ai portolani , alle carte , ed al loro uso
ed importanza. Se non che il dotto Paoli, di ciò scrivendo nella
Revue Historique (I, 552), e pur lodando l'egregio Autore, espo-
ne l' avviso che questi abbia per avventura trattato troppo fuga-
cemente quella parte che è di così vivo interesse e concerne al
metodo seguito dagli antichi maestri nella costruzione delle carte
nautiche ; perchè , egli dice , ove si eccettuino le assai notevoli
indicazioni fornite circa il sistema di proiezione o di rappresen-
tazione delle superficie , nulla è ivi accennato rispetto alla orien-
tazione di esse carte , al sistema di rappresentazione e distinzione
de' venti, alla nomenclatura, alle leggende: tutte cose che im-
porta studiare , sì come quelle che giustificano la opinione espres-
sa dal Lelewel {Géogr. di' moyen age, I. lxxij) e confermata
dal Desimoni (Giorn. Lig., 1875, p. 276), che i cartografi eb-
bero tutti un metodo uniforme , adottato in ogni paese e man-
tenutosi pel corso di più secoli. Risponde però il eh. Uzielli
(Revue /.. II. 324) rimandando il Paoli ad un lungo passo del
Peschel da lui prodotto nell' latro /.azione (p. 312 e segg.), pel
quale si viene segnalando 1' uso di denotare la diversità dei
venti col mezzo dei colori ; e lascia intendere come gli sembri
di avere eziandio toccato abbastanza della loro rappresentazione
sulle carte , e della parte che aveva la bussola nella costruzione
di queste ultime (Introduz., p. 293). Quanto è dell1 'orientazione,
considera essere stata allora quella stessa che oggidì tuttavia è
adottata , e perciò non aver creduto necessario di occuparsene.
rono i dotti fino a questi ultimi tempi ; ma il
rimpianto D'Avezac, nell'ultimo de' suoi scritti , espresse un di-
verso parere; ed ormai si può dubitare per più esempi che l'an-
tica .sentenza patisca almeno frequenti eccezioni (L). Finalmente
(1) D'Avezac, Apercu historique sur la rose de vents , nel lìolletti-
n<> della Sorteti Geografica Italiana, 1874, pag. 377-416,- Desimoni, Os-
serva; <>,i. . sopra alcune proprietà delle carte nautiche , nel Gior-
nale Ligustico, 1875, pag. 283 e segg.
484 RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
quanto alle nomenclature ed alle leggei loro identità non
è così grande come il Paoli la stima. E rispetto alle leggende
ci terreni fermi all' avviso del eh. Desimoni , il quale ravvisa in
queste , come che misti alle favole, dei « dati preziosi per la
storia della navigazione , e pei nomi dei re tartari che domina-
rono nell' età di mezzo ; perchè anco le favole , credute a quei
tempi , giovano a darci una idea del modo di pensare dei nostri
maggiori ; e perchè infine sono talora miti , o scorza che rac-
chiude profonde tradizioni » (1). Il eh. Uzielli pertanto , racco-
gliendo e confrontando sì fatte leggende, avrebbe reso un im-
portante servigio alla erudizione geografica. Né vi è da credere
che egli non debba, quando che sia, ripigliare il lavoro e rifare
quel catalogo de' portolani e delle carte , che ora, per dirla col-
l' illustre Correnti , è riuscito " un catalogo asciutto , a cui man-
ca il rincalzo dei commenti e delle illustrazioni. E a questo pro-
posito (così prosegue l' infaticabile Presidente della Società Geo-
grafica) abbiamo stretto dovere di avvertire .... che i commenti
vi sono , e dotti , e laboriosi ; i quali basterebbero a un altro
volume » (Stitdj, p. XVI). Speriamo dunque che in questi com-
menti le leggende non sieno dimenticate.
Abbiam detto rifare , ma ad essere più esatti dovevamo
semplicemente parlar di fare; avendo il prof. Uzielli stampata
questa franca dichiarazione che ci par bene riprodurre nel suo
testo : " M. Uzielli ... ne peut accepter la responsabilité de ce
catalogue qui est 1' oeuvre de nombreux collaborateurs dont il
n' a fait que reunir les notes, et qu' il n' a pas signé de son nom.
L' introduction seule est son oeuvre personnelle » {Revue Histo-
riqite, II, 324). E ciò d' altro lato è in piena armonia colla
Nota Preliminare del comm. Correnti, laddove questi attribuen-
do a ciascuno la rispettiva parte di lavoro, così scrive : « Nella
frettoiosità di studi e di fatiche che ci resero possibile mettere
insieme questo volume .... io ho dovuto . . . ammirare la pa-
zienza e la santa ostinazione di molti giovani , che sopportarono
la tirannia del tempo scarso e la mia » (p. XVl). Egli è adun-
que a questi compilatori, ai quali per tante ragioni vuoisi confer-
mare la lode dispensata dal Correnti , che. noi ci faremo lecito
proporre alcune osservazioni, le quali però non intendiam p^to
che sieno intese a menomare 1' entità dell' opera. Riconoscia-
mo anzi anche noi che « solamente valendosi di un' occasio-
ne straordinaria era possibile fare un primo elenco che spingesse
i dotti delle varie città d'Italia ad esplorare i tesori nascosti
negli Archivi e nelle Biblioteche pubbliche e private del nostro
(1) Atti della Società Ligure ecc., voi. Ili, pag. CVI1I.
RASSEGNA BIBLIOGRAFICA 485
» (p. 322;. Una sola cosa uou ci pare ammissibile, ed è
questa : che trattandosi della semplice compilazione di un cata-
logo anziché di un lavoro critico , si dovessero proprio indicare
le carte sotto tutte le date che esse portano, quando pure sì fat-
te date potessero essere false (Rev. HisL, II. 324); perchè anco
ad un elenco dee presiedere la critica , ed ogni lavoro (sia pur
contenuto nelle proporzioni le più modeste) dee mirar sempre
a sgomberare la via dagli errori anziché concorrere a per-
petuarli.
Rispetto alle carte di Marino Sanuto (num. 9) già nella di-
spersa collezione dell' ab. Canonici , potrebbe la Società Geogra-
fica facilmente accertare se esistano ancora ; mentre apprendiamo
che la Deputazione Ministeriale era stata avvertita in tempo
dal nostro dotto amico avv. Desimoni , che esse trovansi pro-
babilmente nella Biblioteca di Oxford ( Giorn. Lig., 1876, p. 344).
Di Francesco Pizigani si enuncia un Portolano del 1373
all' Ambrosiana ( num. 19 ) , di nove carte membranacee delle
dimensioni di 0. 25x0. 15 ; e 1' accenno descrittivo che se ne
soo-oiiiiwe — " Bacino del Mediterraneo e coste dell' Atlan-
tico da Salle in Africa fino alla Danimarca » — è tolto
dalla Storia del commercio ecc. del eh. Canale ( pag. 444 ) , il
quale a sua volta con altre particolarità lo desunse dal Zurla
{Di Marco Polo ecc., IL 326-27). Se non che il Portolano onde
questi discorre già era stato posseduto dalla Biblioteca di san
Michele di Murano « per opera del benemerito P. Ab. D. For-
tunato Mandelli , che assai l'accrebbe singolarmente rapporto
a' Codici , a segno che se le politiche vicende... non avessero di-
stratto cotal preziosa suppellettile , di leggieri si avrebbe potuto
formar colla ragionata loro indicazione un altro volume simile a
quello abbastanza rinomato del Mittarelli, intitolato Bibliotheca
Codiami etc. ». E ciò consuona ad una lettera che il 26 marzo
1807 Jacopo Morelli scriveva al Pezzana, non senza farne certi
che di tale tempo il Portolano esisteva tuttavia nella citata Bi-
blioteca, dove era segnato col num. 1502 fra i manoscritti ; né
manca di aggiungere che « non trovasi registrato nell' Indice a
stampa di essi, perchè fu acquistato posteriormente » (1).
Parrà a molti ovvio il concludere che il Portolano Murane-
se sia quello stesso che gli Studj notano all' Ambrosiana ; ma vi
hanno alcune circostanze che non ce ne rendono pienamente si-
(1) Ved. Pezzana, L'antichità del Mappamondo de' Pizigani ecc-;
Parma, 1807, pag. H-42. Lo stesso opuscolo, voltato in francese; Geno-
va, 4808, pag. 46.
Arch., 3.» Serie, Tom. XXIV. 31
486 RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
curi. Difatti mentre l' atlante di Murano , a testimonianza del
Morelli e del Zurla, recava la data dell' S giugno e constava di
nove carte, quello dell' Ambrosiana , ripetutamente veduto dal
eh. Desimoni, alla cui diligenza e cortesia ci dichiariamo obbligati
di questi ragguagli, reca invece la data del 9 e consta di otto
carte solamente. Cionondimeno la espressione di essa data, Vili
di Zugno in cambio di Villi, potrebbe riguardarsi come un er-
rore di lezione , facile a commettersi per causa dell' ultima uni-
tà sbiadita ; e quello di una carta potrebbe eziandio spiegarsi
immaginando che siasi calcolata per una tavola qualche figura
astronomica, tanto più che nulla vi è da opporre sul numero
delle sette carte alle quali si limita la parte essenzialmente geo-
grafica. Ma una ragione più stringente, che ci rende propensi a
considerare la probabile diversità de' codici, è invece questa: che
nei dorsi bianchi dell' atlante dell' Ambrosiana è delineato un
altro Portolano, meno antico per fermo di quello del Pizigani ,
ma non così recente però da non meritare che il Morelli ed il
Zurla ne dicessero almanco una parola. Ora se essi ne hanno
taciuto , ciò vuol dire che quel secondo atlante non era punto
nel codice muranese ; e la diversità poi dei due monumenti si
spiega anche benissimo colla usanza di que' secoli , ne' quali i
cartografi lavoravano contemporaneamente più carte. Così , per
esempio , anche i portolani di Pietro Visconti , oggi serbati in
Venezia ed in Vienna , sono dello stesso anno 1318 ; ma mentre
l' uno si compone di otto tavole , l' altro ne ha dieci. E vero che
l'esemplare di Vienna si pretende da taluni che sia una sem-
plice imitazione ; ma la questione non è sinora ben definita.
Della carta di Bartolomeo Pareto non doveva al certo più
ripetersi la data del 1485 (num. 79), che procede da un errore
occorso nella stampa di un primo catalogo negli Atti della So-
cietà Ligure (IV. CCXLII); perchè il lodato Desimoni si era affret-
tato a correggerlo, segnando giustamente quel lavoro al 1455
(Giorn. Lig. , 1875, p. 51) sotto cui ebbe del pari a riportarlo
l' Elenco (num. 52). Né è esatta la qualificazione di Mappamon-
do applicata ad un lavoro anonimo del 1472, che fa parte di
un codice dell' Universitaria di Genova (car. 23-64); mentre in
sostanza non è che un trattatello cosmografico , privo affatto di
disegni ; il quale discorre degli elementi e delle tre parti del
mondo colle favole ed etimologie allora consuete. E vero bensì
che il titolo può assai facilmente indurre a scambiarlo con una
carta ; giacché in principio vi si legge : Incipit mapa-mundus
septi formi spiritu in trina forma illustratus; ed in fine: Expli-
cit Mapa mundi. Deo gratin*.
RASSEGNA BIBLIOGRAFICA 187
Già notò il eh. Paoli {Reo. Hùt. , I. 552) come una sola
carta di Grazioso Benincarfa «sisteute nelT Archivio di iStato fio-
rentino siasi registrata in cinque luoghi e sotto altrettanti anni
diversi fnum. 23, 33, 42, 58, 167); mentre il Desimoni aveva
dimostrato abbastanza che essa appartiene al 1461 (Giorn. Lig.,
1875, p. 50). Ma qui 1' Uzielli ribatte che sotto il numero 33
se ne era ìd parte ammessa l' identità {Rev. Hist., IL 324). Riu-
scirà perciò meno scusabile l'altra confusione, per cui una sola
carta di Battista da Genova si incontra notata al 1514 e 1522 (nu-
mero 160, 165). Il Desimoni nel suo recente Catalogo avea messo
in aperto come quest' ultima , che si addita nell' Ambrosiana di
Milano, sia invece fattura di Visconte Maggiolo {Giorn. Lig.,
1875, p. 55). E poi anche una sola carta quella di Girolamo
Costo (e non Giovanni) che si conserva presso la Società Ligure,
e si registra sotto il 1526 (?) e 1527 ( num. 170, 173 ) ; oltreché
lo stesso Desimoni nell' ultimo Elenco da lui pubblicato , ne
ritardò per buoni argomenti la data fino alla seconda metà del
secolo XVI (Giorn. Lig., 1875, p. 63). Similmente deve essere
proceduta da un mero equivoco la registrazione di un'altra « Car-
ta marittima » del detto Costo, che si dà come esistente in Ge-
nova presso 1' Ufficio Idrografico della R. Marina ( num. 176 ) ;
giacché per testimonianza del eh. cav. Magnaghi , meritamente
preposto alla direzione dell'Ufficio medesimo, noi siamo in grado
di affermare che niuna carta vi si conserva che sia anteriore al
secolo presente.
Onoratissimo luogo avrebbe inoltre dovuto sortire in questo
volume un Mappamondo che il signor Voodward, regio bibliotecario
a Windsor, scopriva or fanno più di due lustri in un fascio di
carte autografe di Leonardo da Vinci, e che poco stante veniva il-
lustrato con apposita memoria dal dottissimo Major (1). E vero
che l' illustre march. Girolamo d' Adda « con argomenti strin-
gentissimi » (così ben li giudica il eh. Govi) dimostrò poi che
il detto Mappamondo non può ritenersi di mano del sommo
Leonardo; ma ad ogni modo rimane sempre da considerare e co-
me un' opera che gli appartenne e come un monumento impor-
tai^ issimo , giacché appunto in esso trovasi per la prima volta
iscritto sul nuovo continente il nome di America (2). Del resto ,
(1) Memoir on a Mappemonde by Leonardo da Vinci ecc. ; Lon-
dra, 1865.
(2) O'Adda, Leonardo da Vinci e la Cosmografia ; estr. dal giornale
La Perseveranza, 1870; Id. , Leonardo da Vinci e la sua libreria, pag. 34;
Govi, Leonardo letterato e scienziato , nel Saggio delle opere di Leo-
nardo da Vinci; Milano, Ricordi, 1872, pag 12.
488 RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
osserva il lodato Govi , anche senza volerlo autore di un plani-
sfero, delle cognizioni geografiche del Vinci rimangono segni ba-
stevoli ; i quali , secondo a noi pare , avrebbero meritato anch'es-
si alcun cenno in quel volume di Studj ove il suo nome vana-
mente si cerca. Difatti il famoso Codice atlantico dell' Ambro-
siana « contiene alcuni saggi di projezioni piane della superfi-
cie terrestre ; lo schizzo di una piccola carta d' Europa , colle
sue divisioni politiche , frequenti rappresentazioni di quelle parti
dei territorii nei quali Leonardo proponeva costruzioni di canali
o di conche ; un abbozzo della regione compresa fra il mar Rosso,
il Mediterraneo e lo Stretto di Gibilterra, e un altro d' una por-
zione dell'Asia minore » (1). Similmente nell' Elenco apprestai')
dalla benemerita Società non avrebbe dovuto mancare il bel-
l'atlante di nove carte che si custodisce nella Capitolare di Verona
e porta questa iscrizione : Jacobus Scottus Genouesis locò levan-
ti me fecit: eivitate ueteri ano domini 1.5.9.2. Non era già pas-
sato inavvertito sì fatto Atlante al diligentissimo Harrisse ; il
quale ne dà un cenno nella Bibliotheca Americana Vetustissima
(Introd., p. XXl), e ne trae anzi argomento per confermare che i
genovesi del secolo XVI erano valentissimi idrografi.
Sarà anche opportuno avvertire che il Portolano anonimo del
detto secolo, che sta alla Vallicelliana (num. 271), ebbe una dotta
illustrazione dal eh. P. Giuseppe Lais, pubblicata negli Affi a ■■'-
l'Accademia Pontificia de' Nuovi Lincei (anno XXVIII , 1874-75,
pag. 506-13) ; e che di Francesco Monno , di cui sulla fede del
Desimoni vengono segnalate due carte (num. 317, 324), esiste
anche all' Universitaria di Genova un trattato dell'Arte della
vera navegatione compilato nel 1633 e corredato di tavole {Giorni.
Lig. , 1575, p. 66).
E per fine, raccomanderemo alla benemerita Società Geo-
grafica che voglia istituire alcune ricerche in Ancona, allo scopo
di riconoscere se (come sembra probabile) appartengano ad una
stessa famiglia quei cartografi che nell' Elenco s' incontrano ram-
mentati sotto i nomi di Freduzio Ottomano , Ugo Maria Fre-
ducci ed Angelo Eufreduzzo (num. 87, 183, 187, 204-5).
Chi poi si facesse a confrontare 1' Introduzione coli' Elenco
troverebbe da avvertire che mentre nella prima (p. 305 e segg.)
sono stabilite con molta esattezza le distinzioni tra i portolani e
le carte nautiche, nel secondo invece vi ha, a dirla col P,;oli ,
nell' impiego di sì fatti nomi una deplorevole confusione. Né in
tutto giusta ci sembra la scusa affacciata da quest' ultimo , lad-
dove osserva che tal confusione s' incontra eziandio ne' libri eli
(1) Govi , loc. cit.
RASSEGNA BIBLIOGRAFICA 489
scienza e ne' più autorevoli scrittori, fra' quali rassegna il Desi-
moni (Reo. Hist., I. 553); conciossiachè questi aveva chiaramen-
te notate le differenze , e stabilito che nel suo Elenco » il nome
di Atlante indica la riunione di due o più carte o tavole ; il
nome di Portolano indica una descrizione di coste marittime
senza il corredo delle tavole ; il nome di Planisfero dinota ima
carta cosmografica, comprendente tutto il mondo abitabile come
era concepito dall'autore di essa » (Giorn. Lig., 1875, pag 43).
Ben vogliamo augurare col Paoli medesimo, che questa nomen-
clatura scientifica sia d' ora innanzi adottata generalmente nel
linguaggio geografico.
Parte Terza. — Opere Geografiche esistenti nelle principal
Biblioteche Governative dell'Italia, per cura di ENRICO Narducci
Modestamente il eh. bibliografo definisce il suo erudito la
v m i « una compilazione bibliografica tratta dalle comunicazioni
che la Società Geografica ricevette dai vari Direttori delle Bi
blioteche del Regno »> (p. 393). I manoscritti , divisati per ordi
ne alfabetico , sono in numero di 259; le edizioni doveano fimi
tarsi ai due primi secoli della stampa , " siccome quelle che per
F antichità loro vanno sopra le altre per rarità ed importanza »
(p. 394); e di certo F opera non avrebbe mancato di riuscire di
grandissima utilità , massime se si consideri che era questa la
prima volta in cui doveaDo comparire riunite tante e sì svaria-
te indicazioni. Ma anche qui la tirannia del giorno fisso impedì
la effettuazione del bel concetto , per modo che appena rasse-
gnate le stampe di due lettere di Colombo, ei fu costretto ad
ini erompere la descrizione pur dichiarando che riserbavasi di
adempiere in altra opportunità alla sua promessa. Fidando adun-
que nella ben nota operosità del valentissimo prof. Narducci, noi
affrettiamo col desiderio il compimento del suo lavoro, tanto più
che F Italia ha tuttavia una scarsa messe di opere bibliografiche
condotte con maturità di critica , e delle quali pur s' aiuta gran-
demente ogni ramo di studi. Speriamo che egli avrà allora il
tempo necessario per riscontrare ed appurare ogni indicazione ,
nò si terrà pago a quelle relazioni ad verbum che si raramente
ponno xiuscire precise. Il che diciamo specialmente rispetto a
quell' « esemplare di due edizioni del 1493 » della epistola di
Colombo a Raffaele Sanchez, che si additano come esistenti nel-
la preziosa collezione dell' illustre march. Girolamo d' Adda in
Milano ; mentre a noi consta come le cose non sieno propria-
mente in que' termini che dal Narducci si riferiscono.
Del resto e per questa e per ogni altra parte onde si com-
pone l' importante volume di Studj, sarà proprio utilissima una
490 RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
nuova e più pensata edizione ; donde la Società Geografica ac-
quisterà (ne abbiam fede) sempre maggiori titoli di vera bene-
merenza. Allora potranno eziandio cansarsi altri inconvenienti ,
e fra essi quello che gii Indici , anziché dagli autori delle me-
morie , sieno fatti da terze persone, le quali qui mostrano di es-
sere incorse in errori non saprem dire se più frequenti o più
gravi , ma che « battono, più spesso che altrove, nei nomi e nel-
le date degli anni » {Nuova Antologia, p. 178). Così, per esem-
pio, del nome di Alberto di S. Stefano riuscì un " Abate di
S. Stefano »; il cognome di Girolamo Costo moltiplicossi in Cos-
so, Costa e Casta; il Museo Cospiano divenne Cespiano; del
cartografo Zeardo si fece un Leardo ; il notissimo Pegolotti mo-
dificossi in Pegoletti, il Damele in Daniele ; del capitano Levan-
te si fece un Levante , ed il cognome di Benedetto Dei venne
confinato a far la parte d' articolo , scrivendosi Dei Benedetti , ecc.
Solleciti adunque la egregia Società il compimento dell' impresa,
sì come è reclamato dalla, importanza degli argomenti e dall'ono-
re nazionale. Esponendo con pienezza gli ultimi risultati delle
cognizioni che si attengono alla storia dei nostri cartografi e
de' nostri viaggiatori , accrescerà il dritto che giustamente può
vantare sin d' ora alla gratitudine di tutti i cultori degli studi ;
ed al motto AERE Perennius che sì appropriatamente volle
impresso sul suo volume potrà con tutta ragione aggiungere an-
che quest' altro : EXCELSIOR !
II. Di rinfianco agli studi della lodata Società (così l' on.
Correnti diceva al Congresso di Palermo) « il valente orienta-
lista prof. De Gubernatis , maturando un frutto che già da molti
anni aveva mostrato un primo accenno di fiori (1), vi aggiunse
una Storia dei viaggiatori italiani in India, la quale riuscì co-
me un saggio di quello che potrebbero essere i capitoli dell' in-
tera Storia geografica , quando la fortuna volesse accompagnarla
al suo finimento » (2). Ma anche il De Gubernatis fu un tal
po' vittima della ristrettezza del tempo ; benché toccando delle
« lacune od inesattezze » che si possono incontrare nel suo libro,
giustamente confidi che varrà in parte a scusarle il pensare
« che fosse meglio il dissodare un terreno quasi affatto incolto ,
piuttosto che lasciarlo abbandonato del tutto » (p. vii). E per
vero basterà solo una rapida scorsa, per convincersi come il dotto
libro valga già di per sé un buon supplemento alla Biografìa
(1) Una prima Memoria del eh. De Gubernatis sui viaggiatori nel-
T India comparve a stampa nel 1866, per lodevole disposizione dell' illustre
Domenico Berti allora ministro della pubblica istruzione.
(2) Bollettino della Società Geografica, a. 1875, pag. 615.
RASSEGNA BIBLIOGRAFICA 491
dei viaggiatori, trovandosi in esso citati non pochi nomi che in
questa si desiderano.
Il primo capitolo contiene la serie de' nostri viaggiatori ; e
tosto ci offre 1' opportunità di entrare in alcune considerazioni
rispetto al frate. Bartolomeo Capani (p. 4), cui la dignità attri-
buitagli di arcivescovo di Pechino poggia semplicemente su di
un equivoco , a cagione del quale nella lettura od interpretazio-
ne dei documenti il nome della Cembalo medioevale , rispon-
dente alla odierna Balaclava nella penisola di Crimea , venne
scambiato con quello di Cambalu come allora appunto si chia-
mava la capitale dell' Impero Cinese. Né vogliam dire che l'equi-
voco sia da imputare al eh. Professore; anzi deriva da antico, e
già s' incontra negli Annali dei Minoriti del Waddingo , donde
P accolsero poscia il Baldelli - Boni e il lodato P. Marcellino da
Civezza (1). E né manco si limita al solo Capani o Capponi
(come più rettamente da alcuni si scrive), ma si estende anche
ad altri ; e perciò cresce 1' utilità di recare un qualche lume nel-
la importante questione.
Abbiamo per documenti che nel 1370 il papa Urbano V avendo
trasferito 1' arcivescovo Cosma dalla Chiesa di Cambalu a Serai
sul Volga, nominò Guglielmo da Prato a succedergli in quella
sede (2). None però noto se questi pervenisse mai alla sua Dio-
cesi ; né si hanno positive notizie per accertare che altri sieno
stati eletti anche posteriormente al governo arcivescovile di
Cambalu. Ora siccome proprio in quel tempo (1370) la dinastia
degli Yuen, ossia de' Mongoli discendenti da Gingiz-Kan, venne
sostituita da quella dei Ming ; e siccome questa, inaugurando una
nuova politica, studiossi di troncare ogni comunicazione coi cri-
stiani, così è naturalissimo il pensare che le missioni cattoliche
in quell' Impero sieno appunto nelT epoca medesima venute ces-
sando. La stessa traslazione di Cosma a Serai, capitale della di-
nastia tartaro -mongola discendente da Gingiz e regnante nel
Kipciak, lascia anzi supporre che ivi il detto arcivescovo si riti-
se per godere della protezione di quegli Imperatori i quali
serbarono sempre buoni rapporti cogli stranieri, e specialmente
(1) Waddingus, Annales Oriinis Minorum, tom. X, a. 1448, nu-
mero XXI, e Reg. Pontif. num. Ili ; tom. XII, a. 1456 , num. ccxxvi,
tom. XIII, a. 1462, nuca. LXXH. - Baldelli Boni, II Milione, I, ixivm ;
Da Civezza , Storia Universale delle missioni francescane^ V, 192, ed
altrove.
(2) Intorno a questa e ad altre particolarità relative ai presunti arci-
vescovi di Cambalu, si veggano: Kunstmann. Die Missionen in Indien
und China in XIV Ja/ir7i,Munchen 1856 ; Heyd, Die Colonien der Romi-
schen Kirche in der Tartarenlanden in xm-xiv Jahrh. Gotha 1858.
492 RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
co' genovesi che adoprarono spesso in cospicue ambascerie (1). >
Nel qual caso 1' assunzione di Guglielmo da Prato alla dignità
metropolitica di Cambalu, potrebbe solamente riguardarsi come
una riprova della pratica costante seguita dai Pontefici nel
mantenere le nomine episcopali alle sedi anche perdute. Che se
il Baldelli-Boni e il Da Civezza, studiandosi di prolungare fino
alla metà del secolo XV la serie degli arcivescovi di Cambalu,
v'inserirono inomi del Caponi, di Giovanni Pelletz e di Alessandro
di Caffa, basterà a farci almen dubitare della legittimità di lai
titolo 1' avvertenza che il primo ed il terzo di quei prelati ven-
gono, negli atti autentici, designati coli' appellativo di episcopi e
non mai altrimenti.
Che poi il Caponi fosse vescovo di Cembalo in Crimea è fatto
palese pel Cartolario della Masseria di Caffa del 1458, laddove
a' 29 novembre si nota ; Reverendus dominus Bartholomeus Capo-
nus Dei grafia Episcopus Cimbalensis in hoc Cartidario salarialus
ad aspe.ros CC in mense, incipiendo die X septembris 1458 etc. (2) ;
donde anche risulta come l'Uffizio delle Compere di S. Giorgio
allora signore della Crimea, a menomare la povertà delle Diocesi
costituite nella penisola taurina, le venisse soccorrendo collo stan-
ziamento ne'suoi bilanci di una provvigione annuale. Né questo
è il solo documento che dia sicura contezza del vescovo su citato.
Già il Cartolario del 1455 (fol. 30) lo rammenta sotto il 25 di
marzo con questa annotazione : Reverendus dominus Bartholomeus
(1) Sulle ambascierie sostenute da Buscatilo de' Ghizolfi pel re Ar-
goum al Papa nel 1289 e pel re Cazan verso il 1303 alle Corti del Ponte-
fice, di Francia e d'Inghilterra, come pure intorno a più altre legazioni
lori di genovesi alle Potenze occidentali, da parte degli Imperatori
;. vedansi gli Atti della Società Ligure di Storia Patria, voi IV,
pag. ccxxvn e segg., e voi V, pag. 188. — Ricorda il eh. Heyd che verso
il -1338 il Gran Kan spedì al Papa in Avignone una ambasceria della quale
era capo un franco ( occidentale ) di nome Andrea. Gli inviati giunsero
nella detta città correndo la Pasqua dell'anno su mentovato; ed il P<;:it~-
tefice rispose al Gran Ivan mandandogli a sua volta una legazione. Gio-
vanni Marignoli, che di questa faceva parte, cosi lasciò scritto : Reces-
simus de Avenione mense decembris , pervenimus Neapolim in prin-
cipio quadragesimae et ibi usque ad pascha, quod fuit in fine Marcii,
expectavimus navi giura Januensium vewurum cum nunciis Tartaro-
rum quos misit Kaam de Cambalec maxima civitate ad Papam ( Pere-
grini tio.in Orientcm,m Dobner, Monum. histor Boemiae II. S4; Heyd,
Die Colonien etc. , pag. 299; Kunstmann , Die Missionen etc. , p. 244).
— Riunendo per tal guisa i due racconti, parrebbe doversene inferire che
il fnnico Andrea non fosse altri che un genovese; e da ciò si dedurrebbe
una riprova dell'intermezzo continuato dei cittadini di Genova nelle am-
bascerie de' Tartari alla Corte papale.
(2) Archivio di San Giorgio: Cartolario citato, fol. 285.
RASSEGNA BIBLIOGRAFICA 493
de Caponis episcopus et locumtenens in Caffa reverendi dcnnini
Episcopi Caffensis. Cionondimeno più importante al caso nostro
riesce la nota del 1458, siccome quella che per tale anno dichia-
rando il Caponi tuttora in vita e nel possesso della propria sede,
ben mostra 1' erroneità di quanto registra il Waddingo sotto il
1456 : Ad Archiepiscopatum Cambaliensem in Tarlarla (assum-
ptus est) frater Johannes Pelletz sacrae Theologiae professor ,pei
óbitum Bernardi, Kalendis Martii. Abbiamo di già avvertito che
il titolo arcivescovile non ha il conforto dei documenti ; né l' ag-
giunto in Tartaria, che pur si legge nel passo dello stesso anna-
lista al 1448, laddove riferisce la nomina del Caponi, s' incontra
punto nella bolla che reca siffatta elezione. Ciò posto, non monta
per noi l'occuparci delle altre circostanze enunciate dallo stesso
Waddingo, né tampoco del vescovo Bernardo gratuitamente asse-
gnato alla Chiesa di Cembalo ; ma piuttosto vuoisi considerare
che al passo testé riferito succedono altre parole, le quali ci mo-
verebbero a cercare la vera sede del Pelletz, meglio che altrove ,
in alcuna delle chiese di Germania qui forse inesattamente de-
nominata. Difatti si soggiunge eh' ei venne assegnato per suffra-
ganeo all' eletto di Breslavia : Datus est suffraganeus pridie Idus
(martii) Jacobo de Rosembergk electo Vratislaviensi.
Per un errore somigliante il Le Quien assegnò invece alla
Chiesa di Cembalo fra Michele di Reutelem, destinato per bolla
del 9 aprile 1462 regimini Ecclesiae Simbaliensis e quivi stesso
dichiarato successore immediato di un vescovo Giovanni (1). Se
non che «più altri autori il fanno invece preposto al governo di
una Ecclesia, Cunabulensis in Graecia, la quale per altro lo stesso
Le Quien protesta essere a lui prorsus ignota (2).
Or sia di ciò comunque si voglia, certo è nondimeno che il
Caponi visse ancora alcuni anni dopo il 1458, mentre, come c'in-
segna lo stesso Waddingo con manifesta contraddizione a quanto
aveva di già. notato sotto il 1456, papa Pio II soltanto nelle
caleude di dicembre del 1462 nominò a succedergh il frate Ales-
sandro da Caffa : Pius Pontifex... Cambalù liepiscopali
(Ecclesiae) in Tartaria fratrem Alexandrum de Ca
Bartholomaei Caponis de Pera Kalendis Decembris (praefecit),
quem commendatum voluit Protectoribus Officii Compararum San-
cii Georg. ". Perette il Pa a volesse race1 ;1 frate Ales-
sandro ai Protettori di San Giorgio, si capisce benissimo trat-
tandosi di un vescovo la cui Diocesi era posta nel loro dominio ;
ma si capirebbe poco o punto qualor di un arcive-
(1) ' remond, Buttar. Ord Praed., Ili
Le Quien, Oriens <^hrist., III. 1109.
494 RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
scovo della lontana Pechino. Né la raccomandazione si rimase
priva di effetto, perchè già nel Cartolario delle spese di quell'Ufficio
pel seguente anno 1463 (1) si trova notato per la somma di
venti ducati frater Alexander de Caffo, ordinis minorum electus
Episcopus Cimbalensis, prò eocpediendis bullls ut valeat profici-
scere Ca/fam. Oltre ciò, il eh. Canale aveva di già trovato nei regi-
stri della Masseria di Caffa sotto il 4 luglio 1465 e 7 febbraio 1469,
menzionato il detto vescovo fra i provvisionati di Cembalo (2) ;
il che è quanto dire che i Protettori delle Compere continuarono
eziandio al successore di Bartolommeo Caponi 1' assegnamento
onde questi era stato da loro provveduto. Del resto , anche un' altra
circostanza avrebbe dovuto concorrere ad avvalorare il dubbio
che Alessandro non fosse punto arcivescovo di Pechino. Nel 1475,
allorquando la città di Caffa e 1' intera Penisola caddero in potere
de' Turchi, egli si trovava colà, e rimase prigioniero di que' barbari ;
scampato dalle loro mani cinque anni più tardi, se ne venne in
Italia dove morì nel 1483 (3).
(1) Archivio di San Giorgio.
(2) Canale, Della Crimea, \. 304
(3) Baldelli Boni, loc. cit. ; Da Civezza, Op. cit. , V. 326 - Il eh.
P. Marcellino, nel suo ammirabile zelo di glorificare l'Ordine Serafico al
quale appartiene e di cui è onore, fa anche in altri lunghi della sua lodata
Storia viaggiare i proprii correligiosi fino alle regioni cinesi ; e così trat-
tando d'una missione affidata a fra Nicolò da Tivoli, capnellano pontificio,
per bolla del 26 gennaio 1429, scrive che papa Martino V avealo nomi-
nato ricoglitore generale de' proventi spettanti alla Santa Sede « nelle
città e diocesi di Caffa, Chio, Metilene, Pechino, Salmastra e Pera presso
Costantinopoli » (IV. 482). Però la bolla prodotta dal Waddingo (tom. X.
Reg. Pontif. , num. CCXXIV) dice propriamente così : Nos hinusmodi tuae
probitati et virtuti plurimum in Domino confidentes,tein Caffen.Chien.
Metellinen. Sollagen. Cimbalien. et Samastrien. civitatibus et diocesibus
ac in terra Per ae , Constantinopob'tan. dioecesis, Nuntium Apostoli-
cum... ac generalem receptorem... constituimus. Neppur qui dunque si
tratta di Pechino, ma della solita Cembalo ; sì come prima di noi opinò
U eh. Kustmann (Die Kentniss Indiens in XV Jahrh ; Mùnken 1863); e
quel Sollagen. deve interpretarsi per Soldaia, e il Samastrien. per Sama-
stro, città e consolati anch'essi nella Penisola Taurica e sulla costa del-
l'Asia minore. Dal che è facile rilevare come 1' incarico pel quale Marti-
no V si era commesso in Nicolò da Tivoli doveva propriamente eserci-
tarsi nelle signorie genovesi d'oltre mare ; giacche a non dire di Pera,
notissima loro colonia, anche le isole «li Metetlino e di Scio possedute
dai Gattilusii e da' Giustiniani riconoscevano sempre^'alto dominio della
madre patria.
Altrove lo stesso Da Civezza annotando un passo del testo latino di
Oderico da Pordenone, desunto dal codice della R. Biblioteca di Mo-
naco, laddove Oderico narra di sé ab hac recedens (cioè dalla città di
'.est ... veni ad quamdam r.ivitatem nomine Ooprum, scrive : « Cum ,
o Comesciah a mezzodì d' Ispahan » (III. 743). Mala città di Cum
RASSEGNA UIBLIOGRAFICA 495
La perdita delle colonie e le scoperte di nuove navigazioni
furono appunto, come ognun sa, le cagioni precipue per le quali
andò rapidamente scadendo la potenza commerciale e marittima
degli italiani , o diciamo più giusto delle repubbliche di Firenze,
Venezia e Genova ; ed è perciò assai naturale che queste avvisassero
ai modi di sottrarre a'portoghesi il privilegio de'ricchi traffici che
erano la conseguenza di quelle scoperte medesime. Così » Firenze
mandava con proprie galere i Marchionni mercatanti (come pare)
di Sesto Fiorentino, per armarle possibilmente alla navigazione
delle Indie, e frattanto aver di prima mano le merci che i por-
toghesi imbarcavano da Goa, da Calicut e da Coccino ; Venezia
spediva come esploratore a Lisbona tal Lunardo (Leonardo) di
Uà da Masser, la relazione del quale pubblicava Giovanni Scopoli
nell' Archivio Storico Italiano » (De GUBERNATIS, p. 12). A lor
trovasi invece 64 leghe a norde di Ispahan , e perciò quella onde il Ca-
vezza intende parlare è l'altra di Cumisc o Comescià, 15 leghe a sud-
sud-est di Ispahan medesima. Il MS. Ansaldo, già da noi ripetutamente
citato, leggendo Cumuz laddove il codice di Monaco legge Coprum , ci
dà appunto certezza che qui trattasi di Cumisce.
Un'altra confusione è pur fatta dal eh. Storico , a proposito di una
bolla di Martino V, diretta nel 1422 a frate Ambrogio de' Scipioni da
Cascia nell' Umbria , eletto ad un vescovato ch'egli traduce per quello d
« Comeseiach nell' Ispahan » IV. 479). Qui dunqiv Ispahan non sarebbe
più una semplice città, comecché capitale dell' Irak-Agemi ; ma sembre-
rebbe nome di un regno od almanco di una provincia. La bolla però di
elezione ci fa sapere che la Chiesa cui era preposto il de' Scipioni era la
Cumuchensis circa montes Capios sub dominio Tartarorum ; e colla
guida di questa bolla, rettamente aveva scritto il "NYaddingo: Creavi
hoc anno Martinus.... Episcopum Cumuchensem in Tartaria, prope
montes Caspios , fratrem Ambrosium Sipionis de Cassia ( tom. X ,
§ XIX, p. 65; Reg. Pontif. num. LXXIX). Di che si capisce come il ve-
scovato in questione non fosse punto nella Persia; e la città Cumuchenso
risponda all' odierna Cumiche o Cumuchi nel Daghestan settentrionale ,
fra i fiumi Coissu e Terek. Ci confermeranno poi anche meglio in que^a
verità un altro documento pontificio ed un nuovo passo del "Waddingo;
il quale ricordate le fatiche apostoliche sostenute dai Minoriti in monti-
bus Caspiis et per multas Tartariae partes, racconta come interno al
1401 gli infedeli insorgessero contro a'eristiani facendone grandissima stra-
ge O^currit (cosi prosegui), deducta classe in mare Bacha (il Mar Ca-
spio), Antonius Reccana | forse Reccagno ) Januensis , et quamvis }'• -
liciter primo pugnare rit, statim lucro, et mercibus ecehendis totus in-
... recessit, rr.Uctis fidelibus absque ull-> pra sidio. Deinde con-
tra hos movere,... consilb1 •,, ìnienmt afir/uo
re.... Conductor*-m huiusmodi sonietatis instituit Pontif*
Antonium Saipen. Minoritam. Nella bolla poi di costituzione del detto
frate, quei luoghi sono così enunciati : Civitute^ Chomeoh .... Tharcu ,
etc. ,• cioè la ridetta Cumiche e i! distretto di Terek o Terki , i quali ad
ogni buon fine si ripete che sono posti in Tari (Wad-
DINGUS tom. IX. § 111, pag. 24 fi- 47 ).
496 RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
volta i genovesi, usi in ogni tempo a fidar più nella iniziativa
privata che ad attendere il lento impulso del Governo, seguivano
da presso la prima spedizione di Giovanni da Empoli, partita da
Lisbona sotto il comando di Francesco d' Albuquerque il 6 aprile
del 1503, sì come ce ne fa fede una lettera d^l cremonese Gian
Francesco Affaitato, scritta di Lisbona il 14 settembre dell' anno
su mentovato, laddove è detto che ivi aspettavasi una nave ge-
novese di 1400 botti destinata ad aver parte in una nuova ed
imminente spedizione (D. Inoltre un passo degli Annali d'Augu-
sta registra sotto il 1505 : Caeterwn novo vere praesentis anni
adiunxerunt armatae regis Portugalliae classi mercatores àliguot
Augustburgenses, Norimbergenses, Fiorentini et Genuenses prò-
priis expensis tria navigia, quae sexagies xies mii ■ aureis,
quos ■ lucatos vocant, in communem sortem adornato Calecutim ne-
terent aromataque et gemmas cum aliis felicis Aràbiae ditisque
Indiae mercibus asportar ent (2). Nò qui si aro le opere
de'nostri, perchè la relazione del citato Lunardo afferma che una
nave di mercanti genovesi partecipò egualmente alla spedizione
di Tristano da Cunha partita da Lisbona il 6 aprile 1506 (3); bensì
fu soltanto dopo di questi fatti che il Governo della Repubblica
si fece vivo, e considerando iactatos esse sennones Inter plurimos
cives de mittendis navibus in Indiani, ad pi per aliaque aramata inde
sumenda sicut hactenus per Regem Portugallie factitatum est ,
deputava il 18 giugno 1506 quattro cittadini perchè studiassero e
riferissero quid censuerint... esse faciendwn(4t). Male Commissioni
abortivano allora , non meno che in oggi , novantanove volte su
cento ; e forse al Governo che tratto dalla irresistibile corrente
aveva emanata quella larva di decreto, tanto per fare anch'esso
qualche cosa, importava eziandio che il negozio non pigliasse un
serio andamento. Però diss' io a torto Governo della Repubblica,
mentre dovea dire Governo di Francia; conciossiachè per Genova
correva allora uno de' tanti periodi di sudditanza più o meno
condizionata verso di quei monarchi; e 1' anno appresso i tumulti
di Paolo da Novi non fecero che ribadirne la servitù. Ad ogni
modo poi la Francia doveva necessariamente essere poco sollecita
(1) Siffatta lettera sta nel tomo V dei Diarii Sanudo al R. Archivio
di Venezia-, dove se ne legge pure un'altra di Cassano Di Negro a suo fra-
tello Girolamo, ambasciatore genovese in [spagna, per comunicargli pa-
recchie novelle di molta importanza rispetto al comiuvrcio dei portoghesi
ueir India. Reca la data del 29 agosto 1503.
(2) Vedi Mencken, Script, rer. german ., I. 1736.
(3 De Gcbernatis, pag. 16 a 82; Archivio Sporico Italiano, Serie I,
Appendice, voi. 11, pag 21.
4) Atti Iella Società Ligure ecc., V. 298: De Gcbernatis, pag. 12.
RASSEGNA BIBLIOGRAFICA 497
eli favorire presso gli stranieri lo sviluppo delle nuove navigazioni,
ben sapendo che un dì o 1' altro avrebbe potuto incontrare nei
genovesi degli emuli avveduti e potenti sulla contrastata via delle
indie. Perciò essi, non potendo altro, seguitarono quelle navigazioni,
col desiderio, ed accolsero con ardore le notizie che ragguagliavano
dell' esito di que' traffici. Anche i Diarii di Girolamo Priuli notano
ai 9 di luglio del lóOb' alcune lettere che pervenute di Genova
a Venezia, davano conto dell' arrivo in Lisbona di quattro caravelle
dall' Indie, e segnalavano il carico e le novelle che aveano di
colà recate ^1). « Se l' Italia fosse stata una libera e forte fin dai
tempi di Marco Polo (cosi il' De Gubernatis conclude il suo primo
capitolo), non si può, senza dubbio, argomentare ch'essa avrebbe
tatto ali' India sole visite innocenti...; ma, poiché, insomma, le
nostre sventure politiche c'impedirono di penetrare armati nell'In-
dia, dobbiamo compiacerci nelle figure simpatiche dei nostri cari
viaggiatori, intrepiui cercatori di ventura, sia che li muovesse
verso la sacra terra de' brahamani una lodevole curiosità, sia che
vi andassero come missionarii liberatori, a portarvi la parola di
Cristo » ( p. 80 ).
Al detto capitolo tengono poi dietro due Supplementi, nell'uno
de' quali si ragiona de' Viaggiatori italiani nella Cina che visi-
tarono l' India, attingendosene specialmente le notizie alla giù
citata opera dell' Yule, Cathay and the way thither, che i nostri
amici e noi abbiamo desiderato sinora vanamente di poter consul-
tare in alcuna delle pubbliche Biblioteche di Genova. ^Nell'altro il eh.
De Gubernatis ci fa l'onore di riprodurre un nostro scritto intorno
la Compagnia Genovese nelle Indie e Tommaso Skynner (2). Circa
la qua! società non manca d' interesse quanto aggiunge il eh. Celesia
nelle sue comunicazioni al De Gubernatis medesimo, levandolo
dalla lettera con cui Gio. Francesco Maria Borzone dedicava al
senatore Bernardo D'Amico il suo Trattato della declinazione del
sole e delle stelle, pubblicato in Genova pei tipi di Benedetto
Guasco. Di qui ritraggiamo infatti che tutti i genovesi i quali nel
1648 sulle due navi San Gio. Battista e San Bernardo viaggiarono
per que'mari (ed era fra essi appunto il Borzone), « ad onta delle
varietà del clima , dell' influenze della linea Equinottiale, e
de' patimenti di longhissimo viaggio, sono andati e ritornati tutti
salvi, quando che gli Olandesi loro compagni avezzi a sì longhe
peregrinationi, e nati fra le procelle del mare la maggior parte
perirono ». Sembra eziandio che la navigazione sopra detta sia
stata molto contrariata dall' Olanda ; perchè « altrove il Borzone
(1) Foscarini, Della Letteratura veneziana; Padova, 1752; pag. 432.
(2) Giornale Ligustico, 1875, pag. 121-36.
198 RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
ricorda gli impedimenti che pose a quella navigazione la ragiona
di stato » (Db Gubernatis, p. 47).
Nel capitolo secondo si espongono le notìzie geografiche
dell' India presso i nostri viaggiatori ; cui fanno seguito a mo' di
documenti varii brani delle relazioni de'viaggi di Oderico da Por-
denone, Giovanni de' Marignoli, Niccolò di Conti, del Chronicon
Boemorum, e cinque lettere di Filippo Sassetti desunte dalle
edite da Ettore Marcucci. Alle quali è da aggiungerne una sesta
che il De Gubernatis cavò dall'Archivio di Stato fiorentino , e con
alcuni atti del pari inediti stampò in altra parte del suo volume,
(p. 361-98). Succedono quindi altri passi de' viaggi di Pietro
della Valle, del P. Vincenzo Maria di Santa Caterina da Siena,
di Gio. Francesco Gemelli Careri, e alquante lettere di Lazzaro
Papi ; porgendosi di tal forma una concatenazione di scelte noti-
zie, le quali spiccandosi dalla prima metà del secolo XIV giun-
gono allo scorcio del XVIII.
Nel capitolo terzo vengonsi raggruppando le notizie storielle
dell' India presso i nostri viaggiatori, le quali però d' uopo è
confessare che « sono poverissime di documenti storici » (p. 285) ;
e nel quarto si raccolgono quelle de' 'commerci italiani con l'India
come del pari s' incontrano presso i nostri viaggiatori. Non oltre-
passano per la miglior parte il secolo XVI; ma pel maggior nu-
mero concernono a'tempi nei quali « i Portoghesi tolsero all' India
ed usurparono per sé stessi e per sé soli il diritto di navigare
per quei mari ; di maniera che ogni altro naviglio non portoghese
(onde genovesi, veneziani e fiorentini ne muovean lamento) se-
questravano, finché furono sequestrati i Portoghesi stessi dai cor-
sari Maomettani, dagli Inglesi, dai Francesi e dagli Olandesi ». Ma
prima d'allora »< la navigazione era in generale libera e sicura » ;
e » non un porto, salvo il caso speciale di guerra, era chiuso al
commercio di qualunque parte venissero le navi ». Di più « aveanvi
minori aggravii all' importazione e all'esportazione che in Europa
non usassero, malgrado certi dazii regii che si dovevano pagare
quasi in ogni reame » (p. 299 e 300). Riflettiamo per ultimo che
" a giudicare dal racconto de' loro viaggi, tutti da Marco Polo
al Sassetti i nostri Italiani che negoziarono nelle Indie si con-
dussero lealmente, e illustrarono con 1' opera il precetto del buon
mercante che ci reca, nell' esordire del suo trattato sulla pratica
della mercatura Francesco Balducci Pegolotti » (p. 317).
Nel capitolo quinto si considera la lingua sanscrita secondo
i nostri viaggiatori ; avvertendosi però come anche intorno a
questo argomento sieno scarse le cognizioni che se ne attingono;
e notandosi tuttavia come « singolarissima cosa che quello de'nostri
RASSEGNA BIBLIOGRAFICA 199
viaggiatori il quale vide meno l' India (cioè Antonio Pigafetta) ab-
bi;1 i 1 essere ancora quello che nella sua relazione reca forse mag-
gior numero di parole indiane » (p. 322).
Nel sesto finalmente si rassegnano gli usi indiani descritti
dai nostri viaggiatori ; e di tal guisa s' intesse un utile comple-
mento di quelle notizie » che sulla vita pubblica e privata ci
danno le leggi, i cerimoniali, e i gr' ihyasùtra Indiani » (p. 337).
Veggiamo per tal modo « quali fossero le abitazioni e gli abiti
degli Indiani , quale il vitto e la educazione loro , quali i loro
usi nuziali, religiosi e funebri » (p. 338). Usi del resto , che lo
stesso De Gubernatis aveva prima d'ora tolti a subbietto di
studi e confronti speciali (1).
Nella conclusione dell' opera il eh. Autore esprime un voto
che noi ripeteremo, tanto ci par degno d' essere ascoltato ed è
questo: che la lettura del suo libro « invogli.... qualche altro
italiano a ricercar 1' India per discoprirvi quello che vi passò
fino ad ora inosservato. — L' India (così prosegue) custodisce
pur sempre molti segreti storici ed etnologici. . . Gli Inglesi stu-
diano 1' India per ogni verso, non solleciti soltanto di esaurirne
le mine gemmifere e metallifere, ma ancora di cavarne ogni mina
scientifica : io vorrei dunque che prima di vederle esaurite per
opera degli Inglesi, alcuno studioso dei nostri si persuadesse che
come primi furono gli Italiani a ritrovar 1' India , sarebbe ono-
revole che fosse un italiano quello che avesse un giorno a dire
6ulT India 1' ultima parola » (p. 360).
Genova, Agosto 1876 L. T. Belgeano.
// giudizio e la condanna di Corradino. Osservazioni critiche
e storich e di Giuseppe Del GIUDICE con note e documenti.
Napoli, 1876, pag. 151.
Dopo la bella monografia sopra Don Arrigo di Castiglia, il
quale insieme a Galvano Lancia , fu uno dei principali promotori
della riscossa tentata in Italia dai Ghibellini , al calare di Cor-
radino , il Commendatore Del Giudice torna ad illustrare quel-
1' epoca memoranda , mettendo in chiaro una controversia sto-
rica relativa all' ultima scena di sangue che chiuse in Italia
il dramma terribile degli Svevi. Per quanto noi Italiani non
possiamo partecipare al sentimento col quale gli storici alemanni
riguardano anch' oggi questo fatto , e portare il lutto con essi,
(1) Veti De Gubernatis. Storia comparata degli usi nuziali in
Italia e presso gli altri popoli indo-europei. Milano, 1669. Storia po-
polare degli usi funebri indo-europei. Milano , 1873.
500 RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
dopo sei secoli, dell' uccisione dell' ultimo rampollo di Casa Sveva,
perchè per noi tanto l' infelice Corradino quanto il feroce Carlo
d' Anjou erano stranieri , e la signoria dell' uno sarebbe riuscita
amara come quella dell'altro , cionondimeno la grande importanza
di quel momento storico, la pietà di quel giovane infelice , erede
d'un gran nome, ed il rispetto per le eterne ragioni della
giustizia, ci persuadono a studiare tutti i particolari di quel
luttuoso avvenimento.
La questione che il Del Giudice esamina col sussidio di docu-
menti in parte desunti dal Codice diplomatico angioino già da
lui pubblicato , ed in parte nuovamente prodotti , è questa : la
uccisione di Corradino fu preceduta da formale processo e da
regolare condanna, proferita in Curia o in Parlamento, o piuttosto
lo sventurato discendente d' imperatori e di re , venne mandato
al patibolo sulla piazza del Mercato di Napoli , come volgare
predone e manifesto invasore del Reame'?
I Cronisti e gli Storici che il diligente autore prende in
esame , o tacciono delle forme del giudizio , o non danno lume
sufficiente. Saba Malaspina narra che re Carlo convocò i Sindaci
delle città di Terra di Lavoro e del Principato, perchè decides-
sero quel che fosse da fare dei prigionieri di Astura. Bartolommeo
da Neocastro riferisce che il Re convocò i Primati della città
e dei luoghi circonvicini per assistere alla uccisioue di Corradino,
già condannato a morte da un consiglio di giuristi. Riccobaldo da
Ferrara parla anch' egli di questo consiglio di giureconsulti che
decise la morte dell'infelice Svevo. Primo il Collenuccio parla
d' un generale consiglio di tutti i Sindaci delle principali città
del Reame, convocato da Carlo; ed aggiunge che niuno dei
Baroni e dei Gentiluomini francesi volle assentire alla morte
di Corradino. Gli storici posteriori hanno accettato sottosopra
questa lezione , con qualche variante più o meno notabile , in-
trodotta senza acume di critica e senza autorità di documenti. E
accanto alla storia nacque la leggenda ; la quale narrò del guanto
gettato da Corradino dall' alto del patibolo in mezzo alla folla
accorsa al truce spettacolo e raccolto da Giovanni da Procida,
e del Carnefice ucciso da un Barone Francese appena ebbe
spiccato dal busto il capo biondo dello Svevo , perchè non potesse
vantarsi di avere sparso sangue di re.
II Del Giudice esamina con rara diligenza le testimonianze
degli scrittori , le raffronta coi documenti e colle dottrine giu-
ridiche del tempo , e ne trae conclusioni se non assolutamente
certe , almeno molto vicine a quella certezza storica che può
si di fatti cosi remoti.
RASSEGNA BIBLIOGRAFICA 501
Risulta dalle sue indagini , che la morte di Oorradino non
tu preceduta da nessuna forma solenne di processo ; che uè
Parlamento , né Curia generale fu convocata da Re Carlo in
quella occasione ed in altre gravi contingenze del Reame, prima
della rivolta di Sicilia ; che il voto dei giureconsulti che erano
allora nel consiglio del Re assai verosimilmente fu chiesto , e
forse in Roma, dove Carlo condusse trionfante i prigionieri di
Astura , e dove esercitava autorità civile, per essere stato nuo-
vamente investito del Senatorato; che a Roma infatti comincia-
rono le sue vendette colla morte di Galvano Lancia e del figlio
di lui Galeotto ; che i consiglieri o meglio approvatori della morte
già deliberata di Corradino , doverono essere Guido da Suzzara ,
Roberto di Bari e Roberto di Lavena, i quali godevano di gran
credito in corte e della piena fiducia del Re ; che se furono
chiamati ad esser soltanto testimoni del supplizio i maggiorenti
di Terra di Lavoro e del Principato , ciò fu fatto non per forma
di giudizio o di approvazione della condanna , ma per incute-
re terrore con quella morte ai popoli delle due provincie , i
quali appunto più degli altri si erano mostrati aperti fautori
dello Svevo; che a Corradino vennero applicate le Costituzioni
di Federigo II, le quali ingiungevano doversi porre a morte i
predoni ed invasori del regno notori e manifesti , senza alcuna
formalità di inquisizione ; é che perciò né processo fu istituito ,
né condanna vera e propria fu pronunziata contro Corradino , il
quale tradito dai Frangipane e consegnato all' Ammiraglio Ro-
berto di Lavena, che una tempesta aveva casualmente gettato
sulle spiagge romane, venne mandato a morte per feroce volontà
di Re Carlo e col tacito assenso di Papa Clemente.
Queste principali conclusioni dal commentario del Del Giu-
dice , non solo sono dedotte dai fatti e dalle autorità con logica
stringente ed acuta, ma benanche difese dalle obiezioni che
potrebbero trarsi dalle cose scritte in diverso senso sopra questo
argomento dall' Hartwig, dal Saint-Priest e dal Schirmacher. Ed
anche questa è notabile indipendenza dell' Autore , oggi che molti
giudizi degli storici Alemanni son tenuti in Italia come vange-
lo, e non si ammettono contradizioni.
Quando si pensa ai lavori storici sulle carte angioine che
videro la luce in Napoli in questi ultimi tempi , per cura del
Del Giudice , del Minieri Riccio e del Capasso , non si può a
meno di non desiderare che di là ci venga pure una storia
compiuta del dominio della Casa d'Anjou nel reame, e della sua
azione sul resto d' Italia. Il periodo storico degli Svevi è ormai a
sufficienza illustrato ; non così l'Angioino, che fu pure di capitale
Arch.. 3.a Serie, T. XXIV. 32
502 RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
importanza per l'Italia del secolo XIII. Ed infatti con la venuta di
Carlo d' Anjou la parte Guelfa si trasforma, e queste* trasforma-
zione turba lo svolgimento della libertà dei Comuni , e conduce
quella confusione di partiti politici che produce sempre l'anarchia
degli Stati. L' estinzione della Casa Sveva indebolisce l' Impero,
e fa della parte ghibellina un semenzaio di piccole tirannidi e di
resistenze locali , le quali eccitano la parte popolare a consumarsi
nei suoi eccessi. Chi sperava ancora ned' Impero come fondamento
d' ordine nazionale , dopo le calate impotenti di Arrigo di Lus-
semburgo e di Lodovico il Bavaro , dovè persuadersi che andava
dietro ad un'ombra. Il Papato liberato dalla soggezione impe-
riale, cadde mancipio prima degli Angioini suoi creati, e poi dei
Re di Francia che se lo portarono ad Avignone. E 1' Italia né
imperiale, né regia, né guelfa, si disfece in se stessa, abusan-
do della libertà , e non apparecchiandosi a saperla difendere
quando più tardi fu assalita dalle forze preponderanti degli Stati
costituiti.
Da queste brevi considerazioni che ci suggerisce il bel lavoro
del Del Giudice , è facile di rilevare l' importanza grandissima e
le relazioni moltiplici che ha la storia della dominazione Angioina
con quella dei Comuni guelfi della media Italia ; la quale non può
spiegare le trasformazioni che avvennero nelle costituzioni sta-
tutarie e nei partiti popolari in questo periodo, senza avere
una chiara idea dell' azione che esercitava anche fuori del reame
questa nuova potenza straniera annidatasi nel mezzogiorno della
penisola, coli' apparenza di favorire la parte nazionale e di eman-
cipare il Papa dalla soggezione imperiale. Azione che fu gran-
dissima sotto Carlo I , il quale Senatore di Roma , dominava la
Curia, e coi suoi Vicari i Comuni guelfi; ma che non cessò
neppure sotto i suoi deboli successori , e risorse sotto il Re Ro-
berto , toccando 1' epoca del rinascimento. Gli scrittori napoletani
di cose storiche hanno dunque un argomento bellissimo da svol-
gere, di cui venne ormai raccolto quasi tutto il materiale ; e noi
conoscendo il loro valore ed i saggi già dati , nutriamo speranza
di vedere presto messa insieme e narrata la intiera storia della do-
minazione angioina , che l' Italia aspetta , che gli studiosi de-
siderano, e che non ci può esser data se non da coloro che hanno,
a così dire , sotto la mano i documenti per farla , e dimostra-
rono di saperli interpretare ed ordinare con critico acume, come
ne ha dato saggio il Del Giudice nel libro che abbiamo preso
ad argomento di questa breve recensione.
M. TababRINI.
Notizie Vai\ie
Società storiche italiane.
Regia Deputazione di storia Patria per le Provincie di Roma-
gna. — I lavori di questa Società, de'quali il ff. di Segretario conte Ce-
sare Albicini ha dato relazione ne' bollettini stampati nella Gazzetta
dell' Emilia, contribuiscono, ci pare, agl'incrementi delli studi sto-
rici. Il presidente conte Gozzadini lesse in quattro adunanze le sue
dotte osservazióni intorno agli oggetti etruschi trovati negli scavi
presso la porta Sant' Isaia, che dal nome del proprietario del terreno
in cui sono fatti saranno d'ora innanzi dagli archeologi notati col nome
di Scavi Arnoaldi ; non limitandosi alla descrizione degli oggetti me-
desimi , ma ricavandone osservazioni e congetture sulle antichità
etnische e paragoni con quello che per altri scavi e studi è nel do-
minio della scienza.
Il medesimo presidente, nell'annunziare il dono alla Deputazione
fatto dal professore Bartolommeo Cecche.tti di documenti veneti con-
cernenti alla storia di Bologna , ne rilevava l' importanza pei fatti a
cui si riferiscono o poco noti o del tutto nuovi , segnatamente le
lotte intestine, le contese di Bologna con Azzo da Este, la legazione
a Bologna del cardinale Napoleone Orsini mandato da Clemente V a
metter pace fra le parti dei Lambertazzi e de'Geremei.
Le considerazioni del conte Nerio Malvezzi de' Medici intorno
agli antichi Statuti della Compagnia dei Fabbri e sullo Statuto del-
l'Arte dei barbieri del 1556 appartengono alla storia delle condi-
zioni sociali della città di Bologna in tempi diversi, e schiariscono i
punti meno avvertiti finora nella storia di alcuni popoli italiani,
de' quali più elle la vita interna si conoscono le vicende che allettano
la fantasia.
Di due lavori che saranno o sono già alle stampe ebbero le pri •
mizie i soci della Deputazione ; l'uno del signor Carlo Ma.la.gola in-
torno ad Antonio Urceo ; l' altro del signor Ernesto Masi intorno a
Renata d' Este. Il signor Malagola lèsse la parte che risguarda la di-
mora di Copernico in Bologna, e le discipline a cui attese in quello
Studio, rettificando, colla scorta dei documenti , alcune date e get-
tando cosi luce nuova sulla vita del grande scienziato. La storia delle
vicende di Renata di Valois , celebre per la parte che ebbe nel mo-
vimento delle dottrine religiose nel secolo XVI in Italia, viene in al-
cuni punti chiarita per le ricerche del signor Masi e per le conside-
razioni a cui è stato indotto da alcuni documenti.
501 NOTIZIE VARIE
Lo Storie municipali di Faenza e di Bagnacavallo hanno avuto
illustrazioni da due memorie, una di don Marcello Valgimigli sui
vescovi faentini del secolo XIII Teodorico di Frascone , Ubaldo e Or-
lando o Rolando: la seconda del canonico cav. Luigi Balduzzi intorno
ad una tessera militare Estense-Bagnacavallese ritrovata fra le ma-
cerie di un' antica casetta. Da questa prese occasione 1" Autore per
accennare i principali avvenimenti della natale città e l'avvicendarsi
delle signorie del papa di Giovanni Acuto dei Manfredi e dogli
Estensi tino a che insieme con Ferrara non cadde in potestà della
Chiesa.
Alla storia dell'arte appartengono le memorie dei rammentati cano-
nico Balduzzi e don Marcello Valgimigli, e dei signori Enrico Bottri-
gari e Gaetano Gaspari. Il Balduzzi illustrò i dipinti murali della
Pieve di Bagnacavallo liberati dall'intonaco, e appartenenti al tempo in
cui l'arte del dipingere risorgeva per opera di Giotto, fra il 1313 e
il 1334, forse lavoro di Giuliano da Rimini. Il Valgimigli diede no-
tizie della vita e dei lavori del pittore Tommaso Missiroli detto il
Villano nato in Faenza circa l'anno 1635, che protetto dal vescovo di
Faenza studiò l' arte a Bologna e diede prova del suo valore in
quadri originali e in copie che si conservano in Faenza e in altre
città della Romagna. Il signor Bottrigari compiè la esposizione delle
sue ricerche intorno alla storia della cattedrale bolognese , intessen-
do a quella alcuni men noti avvenimenti della città. Il signor Gaspari,
continuando la lettura delle Memorie da lui raccolte sulla storia
dell'arte musicale in Bologna, diede notizie di Pompilio Pisanelli
vissuto nella seconda metà del secolo XVI e di Romolo Nabli , dello
stesso secolo, protetto dal cardinale d'Aragona Inico Davalos. Il Nabli,
alla musica attendendo più che di proposito per passatempo , riuscì
non pertanto a procacciarsi colle sue composizioni molto merito.
Regia Deputazione di Storia Patria per le Provincie Modenesi
e Parmensi. — È pubblicato il fascicolo 5° del Voi. VIII de'suoi Atti
e Memorie. Il marchese Giuseppe Campori vi ha stampato tre me-
morie, concernenti una alla storia della Pittura, le altre due alla
storia delle Lettere. Alcuni documenti gli hanno dato il modo di ret-
tificare e ampliare il racconto del Vasari intorno al pittore Pelle-
grino da Udine comunemente detto da San Daniele . specialmente
per ciò che appartiene alla decenne dimora di lui in Ferrara , ai
lavori che vi fece, e alle utilità che seppe con destrezza ricavare
per sé e per la sua famiglia dalla considerazione che i suoi meriti gli
procacciarono nella corte degli Estensi. Una lettera dà notizia dolio
condizioni del Friuli sconvolto nel 1512 dalle guerre. — Del padre
della celebre Olimpia Morato, Fidino l'c'legrino . il cui cognome è
accertato che fu Moretto , fa conoscere la vita occupata negli studi
NOTIZIE VARIE 505
e nella professione di maestro di lettere; e stampa due lettere con
pochi distici latini che lo mostrano se non latinista elegante, nutrito
di buoni studi. — Curioso per la vita di Alessandro Tassoni è il
processo a cui l'autore della Secchia Rapita diede materia in Bologna
quando era studente in quella università per una vendetta che volle
prendersi contro il pittore Sebastiano di Citta di Castello che lo ave-
va contrariato nel desiderio d'allontanare dal suo vicinato una tes-
sitrice da cui gli venivano pel rumore del telaio disturbi a'suoi studi.
La presunzione di Nanni di Baccio Bigio . il cui casato non è più
dubbio fu Lippi, scultore e architetto non privo di merito, che volle
stare a competenza nell'architettura con Michelangiolo, è nota. Ora
il cav. Amadio Roxchixi stampa e illustra alcuni documenti nuovi che
rivelano su lui latti non bene chiariti o sconosciuti. In una lettera al
duca Ottavio Farnese l'artista medesimo fa sapere d'aver guadagnato
due mila scudi nel restauro del ponte che poi, secondo la previsione
di Michelangiolo , rovinò; e dice d'avere inventato una macchina da
assedio. Da una lettera del card. San Vitale s'ha la certezza che
Nanni diresse i lavori della Ruflna celebre e deliziosa villa di Pao-
lo III; e da un'altra di Bar;. Bussotto sappiamo che Pio V lo adoperò
per dirigere le fortificazioni di Civitavecchia. Altre due lettere di Ant.
Contugi e di Pietro Bandini raccomandano al cardinale Farnese il
figlio di esso Nanni, Annibale, che in tuttedue è chiamato Lippi,
perchè lo prenda per successore al Vignola.
Il cav. Luigi Lodi discorre della corporazione modenese dei Ma-
rangoni , e delle mutazioni introdotte nello statuto dalla compila-
zione fatta al tempo del duca Borso fino alle ultime modificazioni nel
secolo passato.
Con quanto accorgimento la Repubblica fiorentina venisse in pos-
sesso di Fivizzano dopo la morte del marchese Spinetta Malaspina,
e come in questo fosse bene servita dal suo commissario Bartolom-
meo Pucci , che riuscì ad ottenere la dedizione dai cittadini stessi,
lo fa ben noto il dottore Achille Neri con una erudita memoria e
con cinque documenti ricavati dall'Archivio di Stato di Firenze.
Regia Deputazione di Storia Patria per le Provincie di Tosca-
na. Marche e Umbria. — Con decreto reale dell' 8 di ottobre fu no-
minato Presidente di questa Società . in luogo del compianto mar-
chese Gino Capponi , il senatore Marco Tabarrini , che nella vota-
zione fatta dai Soci per la terna aveva raccolto maggior numero di voti.
NECROLOGIE
LUIGI SETTEMBRINI.
Il 4 di novembre di quest'anno mori a Napoli il sena-
tore Luigi Settembrini, a cui le sventure patite con forte
animo, l'eletto ingegno e libri pregiati danno un luogo ono-
rato nella storia italiana del secolo presente. Nato in Napoli
nel 1810, a ventitré anni ebbe per concorso la cattedra
di eloquenza nel Liceo di Catanzaro. Nel 1837 fu car-
cerato per F accusa di appartenere alla Giovine Italia .
e giudicato innocente, dopo tre anni e mezzo di patimenti
riebbe la libertà, e dovette provvedere a se e alla famiglia
con lezioni private.
Quando si preparavano i movimenti politici che
fecero capo alle mutazioni del 1848, scrisse un libretto
di poche pagine, rimasto celebre, col titolo Protesta del
popolo delle Due Sicilie , che fu una fiera e dignitosa
condanna del governo borbonico. Sotto il regime costi-
tuzionale tenne per breve tempo l'ufficio di Direttore del
Ministero della Pubblica Istruzione; e lasciatolo dopo il
famoso 15 maggio, nobilmente rifiutò, benché poverissimo,
una pensione di quaranta ducati al mese, che il ministro
Bozzelli gli aveva fatto decretare dal Re , dicendo che la
coscienza non gli consentiva d'accettare dallo Stato quello
a cui nessun servigio gli dava diritto. Nel giugno 1849
fu chiuso in carcere, involto nel celebre processo in cui
figurava principalmente Carlo Poerio; e condannato alla
pena capitale, questa gli fu commutata nell'ergastolo, dove
rimase fino al 1858. Conforto alle tribolazioni gli furono
la coscienza e gli studi ; e potè in mezzo agli orrori dello
ergastolo di Santo Stefano compiere il volgarizzamento
dei Dialoghi di Luciano, che pubblicò poi in Firenze. Le
mutazioni del 1859 lo trovarono in Piemonte dove s'era
ridotto l'anno innanzi contro la volontà di Ferdinando II
LUIGI SETTEMBRINI 507
che lui cogli altri condannati politici aveva l'anno in-
nanzi fatto imbarcare per l'America. Ritornò in Napoli
nel 1860 : e in quella università gli fu data la cattedra
di letteratura italiana che tenne fino al termine della
vita. Delle sue lezioni compose un libro in tre volumi, del
quale si sono fatte due edizioni.
Queste lezioni, che contengono la storia della Let-
teratura italiana fino ai nostri tempi, hanno dato oc-
casione a giudizi diversi. I fatti sono raccolti con dili-
genza e studiati profondamente; la narrazione è vivace at-
traente ; non è ripetizione di cose divulgate ; ma ci si
sente l'autore signoreggiato da idee ed affetti che lo
conducono a giudicare le età delle civiltà italiana e gli
scrittori in modo da lasciar campo alle dispute e alle
contradizioni. E un libro che si legge da cima a fondo,
perchè c'è Y arte che avviva il pensiero , lucidezza di
espressione, semplicità con purezza di ornamenti, calore
di sentimento : se non che spesso siamo costretti a soffer-
marci e a riflettere come il concetto e il giudizio rispon-
dano al vero, e se le affermazioni, piuttosto che da una
certezza acquistata coli' esame delle testimonianze sieno
dedotte da un modo proprio di considerare i fatti : in di-
versi punti, specialmente negli accenni e nel racconto di
avvenimenti politici, pare che la critica, liberamente eser-
citata nelle idee, non sia stata sorretta sempre dalla pa-
zienza nelle ricerche erudite. A ogni modo, tutti dovranno
dire che è un libro d'un galantuomo , che in mezzo a
tante peripezie si mantenne costante nell'amore di tutto
ciò che innanzi alla coscienza propria e nella stima degli
onesti inalza la umana dignità.
PIETRO AMEDEO FOUCQUES DE VAGNONVILLE.
Nella sala di studio dell' Archivio fiorentino gli stu-
diosi incontrarono per molti anni assiduo un signore
508 P. CQUES DE VAGNOXVILLE
francese, a cui l'aspetto dignitosamente gioiale e la compi-
tezza delle maniere conciliavano rispetto e benevolenza li
signore P.Amt.deo Foucques de Vagnoxville, natoaDouai
il 27 ottobre 1807 di famiglia ragguardevo'e e doviziosa, era
venuto in Firenze col proposito di raccoglier notizie per una
biografia del celebre suo concittadino Gian Bologna. L'Ar-
chivio di Stato principalmente gli forniva materia abbon-
dante, per le sue ricerche ; e in queste trovava il diverti
mento che altri della sua condizione cercano nell'abuso
delle ricchezze. Dalle filze medicee dagli ultimi tempi di
Cosimo I alla morte di Ferdinando I ricavò in gran nu-
mero documenti e notizie spettanti non solo alla vita di
Gian Bologna, ma anche alla storia delle arti , alla
storia politica e de'costumi, da poter facilmente com-
porne una monografia, che avrebbe riempito una lacuna
nella storia dell'arte. Non e' è noto se avesse dato forma
ai tanti materiali raccolti: sappiamo che tutte le carte
insieme colla ricca biblioteca ha lasciato per testamento
alla sua natale città. Per la lunga dimora pose amore a
Firenze come se vi fosse nato : vi costruì un bel palazzo,
di cui l'architettura mostra il suo gusto artistico, gl'in-
terni ornamenti meglio che le ricercatezze di chi vuol
godere la vita nel lusso, il sentimento di ciò che alletta
lo spirito. Tra le altre cose ci aveva una bella collezione
di monumenti etruschi : e questi per sua disposizione te-
stamentaria sono rimasti alla città di Firenze. Morì il
16 di novembre quasi all'improvviso, compianto da molti
che conobbero e sperimentarono la sua beneficenza, de-
gno di essere ricordato da chi tiene in onore una vita
utilmente operosa e la nobiltà del carattere.
ANNUNZI BIBLIOGRAFICI
JDie Jesuiten C^yrniiasien in Oesterreielx von
Dr. Johann Kelle Professor an der Universitat Prag. Miin-
chen, 187U (I Ginnasi de'Gesuiti in Austria, pel Dott. Giovanni
Kelle, professore all'Università di Praga. Monaco, 1876.)
Questo nuovo lavoro del signor prof. Kelle è la risposta, che
egli dà ad una scrittura, che il P. Rupertus Ebner S. I. pubbli-
cava nel 1875, a confutazione di un altro libro, dai.) fuori dallo
prof. Kelle l'anno 1873, col titolo « I Ginnnasi dei Gesuiti in
Austria, dal principio del passato secolo, sino a' giorni nostri ».
È un genere di polemica, che risponde a capello alle condizioni^
nelle quali versa la Monarchia austriaca, e che ci attesta della li-
bertà grande, che ivi regna, succeduta al dispotismo, che regnò fino
a pochi anni addietro. È un professore universitario, che ora dalla
Biblioteca palatina di Vienna trae in luce per la prima volta una
lunga serie di documenti, coli' intendimento di chiarire tutto quanto
il sistema educatico, tenuto dall'Ordine. I documenti sono la più
parte lettere (inedite e manoscritte), indirizzate da' generali dell'Or-
dine a' Provinciali, e da questi a' Rettori, e tutte relative V metodi e
a'sistemi d'istruzione e di educazione, tenuti da'PP. della Compagnia
Questi documenti sono in gran parte raggruppati, descritti, e chia-
riti dal prof. Kelle in un'Appendice a questo Volume (pagg. 237 e
segg.j Le fonti principali sono le « Epistolae PP. generalium adhor-
tatoriae quaa communes toti societati ab illis scribuntur nec typis
evulgantur a. 1604-1737 ». - « Liber epistolarum ecc ». « Responsa
generalium ecc ». u Ordinationes maioris momenti ecc. ». « Visita-
tiones collegii a generali approbatse ecc. » (Bibl. Pai. di Vienna ,
Nr. 11956; 12029; 11951; 12025; 12404; 11953-, 13620; 12027.)
L importanza di questo lavoro (del quale il voi. precedente non è
che una parte) sta, non è chi non veda, nelle particolari condizioni
della lotta, olir' si Combatte orinai dovunque in Europa ; e il signor
prof. Kelle ha saputo raggruppare in bene ordinato sistema tutti gli
clementi di questa come dire Storia arcana dell' Ordine , con
larghezza di criteri, e, avuto riguardo all'indole polemica del libro,
non senza temperanza di giudizio e di parola. Ma non solamente
in ordine alla storia e passata e contemporanea è meritevole di
nota questo libro , ma e in riguardo anche alle grandi questioni , che
attengono a tutto intero l'assetto morale delle scuole, degli studi ,
delle dottrine ,. de' metodi , che oggi più che mai vengono a com-
petizione nel campo dei pubblici insegnamenti. E tutta un' enciclo-
510 ANNUNZI BIBLIOGRAFICI
pedia del sapere ordinata secondo certo prefinito indirizzo, che qui
in questo libro ci appare raccolto e chiarito con severe norme peda-
gogiche L'A. si propone di continuare coli' istesso sistema a parlare
delle Università; e questa pure sarà opera di non lieve conto , e di
grande interesse.
Non potendo venire a particolarità più minute intorno all'opera
del signor Kelle , ci restringiamo a dire che la forma e il conte-
nuto di essa porgono un esempio del modo , col quale si possa con-
venientemente condurre una polemica intorno ad argomenti, ai qual1
per la natura loro , non è mai estranea la passione. G. 0.
Byzantinische Studien von Ferdinand Hirsch; Lei-
pzig , 1876.
Questo volume (pag. X-427) contiene una serie di ricerche cri-
tiche intorno ad alcuni scritti di Storia Bizantina, fatte collo scopo
di sottoporre ad una revisione più accurata le indicazioni cronolo-
giche di quella storia. L' autore deplora che poca attenzione sia
stata finora rivolta a' cronisti bizantini , i quali invece abbisognano
di tanto maggiore studio , perchè la più parte di essi non sono con-
temporanei ai fatti , che narrano, ma espongono cose raccolte o com-
pendiate sopra memorie più antiche. Il poco studio, posto a questi
scrittori , fu cagione , che anche in opere recentissime , come in
quelle ad esempio del Lebeau e dello Schlosser, appariscano confuse
ed apprezzate nella stessa misura scritture bizantine, diversissime
di tempo e d'origine, con grave scapito della sincerità dell'indagine.
L'autore fu portato ad occuparsi di questi studi da una serie di
ricerche da lui avviate intorno alla storia dell' Italia Meridionale ,
ne' secoli IX e X, così intimamente collegata con quella dell'impero
bizantino. Le indagini . fatte dall' autore intorno al Continuatore di
Teofane, la cui storia è il fondamento per le ricerche sul secolo IX,
e per la prima metà del secolo X, lo trassero allo studio delle cro-
nache di Georgio (Amartolo) e di Genesio , che sono le vere fonti
originali per le cose attinenti a quelle epoche : e così gli venne
fatro di apprestare un apparato ed un' analisi critica di tutte le
cronache anteriori e posteriori , nelle quali trovasi raccolta tutta
quanta l'istoria di quei due secoli. 11 libro contiene sei sezioni, ed
un Indice storico, copioso. - I titoli delle sezioni sono i seguenti :
l.a La Cronaca del Monaco Georgio (Amartolo) , e dei conti-
nuatori di essa; 2* Leo grammaticus , Theodosios Melitenos, Iulios
Poìydeuces, loci; 3.a Genesio; 4.a II Continuatore di Teofane ; 5/ Sy-
meon magi iter ; 6.* Giovanni Scylizes (Scylizza), Georgio Cedreno ,
Iohanncs Zonaras, Ephraim Michael Glycas, Coatantinos Manasses.
Per provare la relazione, in che stauno fra loro i vari cronisti,
l'autore ha inserito nell'opera molti brani, stampati di fronte rimo
ANNUNZI BIBLIOGRAFICI 511
dell'altro, in modo, che facile riuscisse il riscontro, ed ovvia la di-
mostrazione della priorità e originalità del racconto. La descrizione
dei Codici è fatta con cura , ed è tenuto conto delle varianti con
rigida esattezza. Inoltre è esposto in compeudi abbastanza estesi , e
sempre chiari , il conteuuto di ogni cronaca, appurata la cronologia,
vagliato il racconto. Nelle annotazioni a pie di pagina è raccolto
tutto il materiale critico, attinente al lavoro, la qual parte diligen-
tissima del libro dell' Hirsch è completata dall' Indice, molto utile
alla ricerca. I tre Capi più notevoli ci sembrano quelli sulla Cro-
naca dell'Amartelo , sul Continuatore di Teofane , e sulla Cronaca
di Giovanni Zonara. E il merito principale sta uell' accurata inda-
gine sulla vita, sull'epoca, sugli scritti, sulla condizione dei Mano-
scritti ee. , relativamente a ciascuno scrittore o compendiatore.
Raccomandiamo all'attenzione degli studiosi quest'opera del
signor Hirsch, che per originalità e serietà di ricerca è degna di
ogni considerazione. Ci piacque poi singolarmente il conoscere, che
P autore si occupa di cose nostre , e d'un periodo storico dei più in-
tricati , quale è appunto quello della signoria bizantina in Italia.
Veda però 1' egregio autore di non trascurare la Marciana di Vene-
zia, eh' è il vero fondaco per questi studi.
G. 0.
Notizie stor-ielie della città di Alcamo, seguite
dai Capitoli, Gabelle e privilegi della stenaa città. Palermo, tip.
di M. Amenta , 1876.
Il Professore Di Giovanni in questa sua pubblicazione, pur met-
tendo in luce molte cose della città di Alcamo, che sino ad ora erano
rimaste sepolte negli Archivi, non ha voluto lasciare di dire qualche
cosa di quella vetustissima regione che fu già degli Elimi nella Si-
cilia occidentale, e stabilire alcun che di sicuro nella questione del-
l'origine del nome Alcamo. Tutti gli eruditi avevano affermato che
P Alcamo presente posto alle falde del monte Bonifato. ripetesse la
sua origine da quello atterrato sopra il monte, ed il nome di Alcamo
pro\enisse dal trace Alcamo dei Trojani o da un Adelkamo musul-
mano. Il Di Giovanni invece con argomenti stringenti e vittoriosi ci
dimostra che l'Alcamo presente esisteva nel tempo stesso che l'altra
città posta sul monte la quale non si appellò Alcamo ma Longaro
prima e poi Bonifato; e che l'itimoloaria di esso nome (a prescindere
da quella punto verosimile della pianta colocynthis o frutto del loto)
debba piuttosto ripetersi dalla voce araba Albania, terra dei bagni
alludente alle acque Segestane che sono vicine al territorio alcamese.
Carlo Rosselli Del Turco.
512 ANNUNZI BIBLIOGRAFICI
lieitràg'e zur TJrliuiiclenlelire , von. dr. Julius
Ficker. — Parte 1 , 8.°, pag. 364.
Ci limitiamo per ora ad annunziare questa nuova pubblicazione
d 11' illustre Ficker, che porta, veramente , come dice .il titolo, un
prezioso contributo alla scienza dei documenti nel medio evo, in
specie per quanto spetta ai documenti imperiali , e al modo di da-
tarli •, e ai criteri che se ne possono ricavare per is tabi li re la storia
dell'itinerario degl'imperatori e re. Uno dei nostri collaboratori ha
preso a studiare questo libro, promettendo di comunicarcene, a studio
compiuto , una larga recensione critica. P.
Relazione elei Piemonte del Segretario francese Sainte
Croix, con annotazioni di Antonio Manno. - In 8.° di pag. xxiv-
424. - Stamperia Reale di Torino di G B. Paravia e Comp., 1S76-
Non è sconosciuta questa curiosa relazione delle cose del Piemon-
te sotto i regni di Carlo Emanuele III e Vittorio Amedeo III: l'edi-
tore stesso dice come se ne son valsi per le opere loro Cesare Saluz-
zo, il Cibrario e il Carutti. Ma ciò che questi autori accennano pia-
ce ora leggere per disteso. E la utilità della lettura viene accresciuta
dalle molte ed erudite illustrazioni dell'egregio signor Antonio Man-
no , continua'ore delle glorie patern^ ; il quale , lo confessa , s è la-
sciato vincere dal sentimento naturale in chi è ricco e non avaro di
cognizioni , di far partecipi gli studiosi delle molte notizie l'accolte
attinenti con più o meno stretta relazione alle cose di cui discorre
il segretario dell'ambasciata francese.
Il suocero e la moglie di Cristoforo Colom-
bo, Memoria Storico-critica del conte Bernardo Pallastuel-
Ll. — Seconda ediz. riformata ed accresciuta. — In 8vo di pa-
gine 104. Con una tavola genealogica. — Piacenza, tip. di A.
Del Maino , 1876.
L'autore ha ripreso in mano la memoria pubblicata nel 1871 tra
gli Atti e Memorie della R. Deputazione di Storia Patria dell' Emi-
lia •, e per nuove indagini l'ha, si può dire, rifatta. Dimostra i Pe-
restrello, da cui usciva la moglie di Cristoforo Colombo, derivati dai
Pallastrelli di Piacenza , de' quali con documenti e testimonianze
autorevoli tesse brevemente la storia con imparzialità di giudizi. Da
fatti esaminati con criteri ebe ci sembrano giusti, deduce che capo-
stipite dei Perestrello è Filippo Pallastrelli. Ricercando poi quale dei
Perestrello che ebber nome Bartolommeo fosse il suocero di Colom-
bo , prende in esame con acutezza di critica le diverse opinioni an-
tiche e moderne, e sostiene la sua che da Bartolommoo I, che fondò
la colonia di Porto-Santo e di quest'isola ebbe nel 1428 la signoria e
ANNUNZI BIBLIOGRAFICI 513
il possesso . e da Isabella Muniz Beconda moglie nacqui' Filippa spo-
sata dopo la morte del padre a Colombo: fa vedere il detto Pere-
strello esperto navigatore e tanto valente nella scienza nautica ,
che lo scopritore dell'America potè dalle carte e dalli studi da esso
lasciati prender lumi per la sua impresa. È questo uno scritto
che racchiude molta dottrina, e che sebbene si avvolga per necessità
delle cose in minutezze, non istanca né infastidisce il lettore -, il
quale è costretto a tener ben fissa la mente per non perdere il filo
dei sottili ragionamenti.
Prose scelte di Pietro Giordani proposte come libro di let-
tura alle scuole, liceali da G. Chiarini. — In Livorno , coi tipi
di Frane. Vigo, editore, 1876.
Tra le cose che il sig. Chiarini ha scelto giudiziosamente ci
sembra , per 1' uso de' giovani , notiamo la bella traduzione della sol-
levazione delli Straccioni dagli Annali lucchesi del Beverini, eie prose,
forse le più eloquenti del Giordani . sulla sua carcerazione , e la
causa dei Ragazzi di Piacenza. È un volume che. ognuno tien volen-
tieri sul tavolino, anche possedendo la raccolta delli scritti fattane
dal Gussalli.
Opere storielle inedite sulla città eli Palermo
ed altre città Siciliauie pubblicate sui manoscritti
della Biblioteca Comunale, precedute da prefazioni e, corredate
di note per cura di Gioacchino Di Marzo. Voi. VI. — Pa-
lermo, Luigi Pedone Lauriel , editore, 1876. — Voi. XXIV
della Biblioteca storica e letteraria di Sicilia pubbl. dallo stesso
Gioacchino di Marzo.
Questo volume di pag. XVH— 366 contiene la Descrizione della
Sicilia di Giulio {Antonio) Filoteo degli Omedei erudito siciliano
del secolo XVI. Faceva parte di una storia generale dell'isola che
non fu compiuta ; e per quanto dice l'ab. Di Marzo, non è gran
danno la mancanza dei libri in cui erano descritte le vicende poli-
tiche, perchè non avrebbero avuto la importanza di questa parte che
ora viene in luce : nella quale si trovano raccolte le notizie e le
opinioni degli antichi scrittori con più le osservazioni dell'autore ;
il quale, visitate palmo a palmo le contrade dell'isola natale, ne
mostra le condizioni nella metà del secolo XVI con accenni alla
storia di ciascuna città. Nonostante lo stile un po' pesante, il libro
attiri la curiosità e ci sembra molto istruttivo; perchè fornisce ma-
teriali utili alla storia al pari degli altri volumi di questa colle-
zione che fa tanto onore agli editori.
Bibliografia trapanese >'irti ed illustrata con
cenni biografico-cr>/>'i- ari documenti dal P. Fortunato
514 ANNUNZI BIBLIOGRAFICI
Mondello, lettore agostiniano scalzo ed assistente bibliotecario
alla Fardelliana di Trapani. — In 8vo -, Palermo, tip. del Gior-
nale di Sicilia , 1870.
Finora ne sono pubblicate 400 pagine della Parte prima, in cui
sono registrate le opere, gli opuscoli e i manoscritti di autori tra-
panesi. Nella seconda Parte sarà discorso dei libri, opuscoli e ma-
noscritti cbe riguardano Trapani. E un catalogo ragionato con mol-
tissime notizie, cbe in qualche punto possono parere soverchie, le
più utilissime pei bibliografi non solo , ma anche per la storia let-
teraria e civile.
Descrizione delle pitture a fresco eseguite in
una. cappella della cattedrale di Prato dal
cav. Alessandro Franchi pratese, di Cesare Guasti. - In 8vo di
p. 21. - In Prato, R Guasti editore-libraio, 1876.
Degne d'esser vedute e ammirate, possiamo crederlo sulla parola
del signor Guasti, sono le pitture del cav. Franchi, per i concetti e
per la esecuzione. E anche l'illustratore ha fatto un bel lavoro d'ar-
te; ed è riuscito colla parola a metterci come dinanzi agli occhi
quello che stupendamente ha figurato col pennello il pittore.
Histoire des Romains depuis les temps hs plus reculés
jusqu'à la fin du regne des Antonins par Victor Duruy. —
Tome cinquième. In 8vo di pag. 526. 1876.
Con questo volume ba termine la bella opera del signor Duruy.
Soggetto di esso è l'Impero e la società romana nei due primi secoli
della vostra era. È diviso in sei capitoli , ne' quali si tratta : la fa-
miglia, la città, le provincie, il governo e l'amministrazione, i co-
stumi , le idee. Termina con due memorie per appendice , una su
gli Humiliores e gli Honestories ; l'altra sui Tribuni militum a populo.
Bonazzi Francesco. — Statati ed altri provvedi-
menti intorno all'antico governo munici-
pale della città di Bari. Napoli, tip. de' Classici Ita-
liani , 1876 ; in 8vo di p. xxiv-55.
L\ Mantia Vito. — Nnova frusta letteraria. Su V ope-
ra di Alberto Del Vecchio La legislazione di Federico TI illu-
strata , tessuta di plagi a musaico. E su' giudizi della Società
di Mutuo incensamento. Analisi critica. Palermo, 1876. Stabili-
mento tip. Virzì. In 8vo di p. xx-28
Riccio Giovanni. — Storia e topografia antica del-
la "Lucania Parte Seconda. Napoli , tip. di R. Rinaldi e
G. Sellitto, 1876. In 8vo, di p. 128.
ANNUNZI BIBLIOGRAFICI 515
Volpicella Scipione. — Studi eli Letteratura, Storia,
ed Arti. Napoli, Stabil. tip. de' Classici Italiani, 1876-, in
8vo di p. 536.
Contiene questo volume : Delle poesie e della vita di Angelo di
Costanzo - Di due manoscritti , di Angelo di Costanzo e di Tiberio
Carata - Di Filonico Alicarnasseo . biografo napoletano del seco-
lo XVI - Vita di Luigi Tansillo - Della vita e delle opere di Fran-
cesco Capecelatro - La Madonna di Atella - Di una oscura iscrizione
nella corte di S. Domenico Maggiore di Napoli - D' un sepolcro an-
gioino in S. Chiara di Napoli - La crociera della chiesa de' Santi
Severino e Sosio di Napoli - Il palazzo Donu'Anna a Posilipo -
L'ospedale di S Maria del Popolo degl' Incurabili nel secolo XVI -
Delle antichità di Amalfi e dintorni investigazioni - Gita I , Amo-
retto, 3. Giorgio a Creniauo, 8. Sebastiano, Massa di Somma, Pol-
leua, Trocchia. - Gita II, Ischia, Bagni, Casamicciola, Lano . Fo-
rio. - Gita III. Colonnetta del duomo di Nola - Le danzatrici; gruppo
in marmo di Leopoldo Borbone, conte di Siracusa - Versi - Del-
l'Arte Poetica di Q. Orazio Fiacco, versione- Marziale nel secolo XIX.
De Simone Luigi Giuseppe. — Archivio di documenti
intorno la storia della Terra d'Otranto.
Lecce, tip. Campanella, 1876; in 8vo di p. v-32.
Dalla p. 1-10 Instruttione ai Vicari Foranei della diocesi di
Nardo per formar processo in cause criminali.
Dalla p. 11-18. Dacia seri Capitula Civitatis Lidi.
Dalla p. 19-21 Antonii Galatei, De villae incendio. Epistola ad
Chrysostomum. In questa il Galateo dopo avere enunciati i danni
ricevuti da' Turchi nella occupazione di Otranto , poi da' cavalieri
greci detti Straticoti ed infine da' Francesi , narra la sventura so-
pravvenutagli, cioè di essergli stata incendiata la sua villa Tripu-
teana, da lui coltivata con tanta cura e spesa , e che formava la
maggior parte della sua proprietà.
Dalla p. 22-25. Antonimi Galateus medicus Eleazaro Cae^arau-
yuslae commoranti. In questa lamenta lo strazio che si fa della in-
felice Italia da' re di Spagna e di Francia, dal papa Alessandro VI
e dai Veneti e da' popoli transalpini.
De Ste;:lich Cesare. — Opere Ibiolioorrafiche. Gli
scrittori Abruzzesi dai più remoti sino a oggi. Napoli , tip. di
R. Rinaldi e G. Sellitto, 1876; in 8vo di p. 16. È il primo fase.
Dalbono Carlo Tito. — Commissioni» per la conser-
vazione dei Monumenti municipali. Relazione
del Segretario. Lavori eseguiti nel primo anno lts75 Napoli ,
Stab. tip. del cav. Francesco Giannini . 1876; in 4to di p. 11.
Pubblicazioni Periodiche
L' Arehì-vio Veneto, (Tomo XII, parte I), apre la sua
pubblicazione con la Storia di Venezia dalla sua fondazione all'an-
no 1084 d> AuGi'STO Fa. GproRER. Il signor Gfròrer svolse quest' ar-
gomento nelle lezioni che tenne all' Università di Friburgo -, ed il
dottore G- B. Weiss professore di Storia universale nell1 Università
di Gratz ec. , le pubblicò sotto il titolo di Memorie bizantine in due
volumi. 11 primo di questi contiene appunto la Storia di Venezia
dalla sua fondazione sino all' anno 1084, del qual lavoro in questo
fascicolo s" incomincia a mettere in luce la versione ' italiana. Inte-
ressantissima per ogni lato è la Storia di Venezia: di questa Repub-
blica, che sottraendosi a tutte quelle influenze, che subirono le altre
città italiane, svolse la sua vita storica inalzandosi da umili principii
alla più grande potenza ; e poi dopo lungo volgere di anni de-
cadde velocemente. In Venezia infatti non allignarono mai i germi
del sangue germanico, che insieme a quelli del sangue latino furono
uno dei fattori principali della storia medioevale negli altri Stati
italiani , giacché tutte quelle lotte intestine , che si tradussero coi
nomi di Guelfi e Ghibellini, Bianchi e Neri, Capuleti e Montecchi ec. ,
non derivarono da altro che dalla presenza nella stessa città di discen-
denti di due razze ben distinte, della razza germanica cioè, da cui
derivavano i nobili, e della razza latina da cui traevano origine i po-
poli delle terre, italiane. Venezia non ebbe mai invasioni germani-
che, ed è noto come essa per la prima volta si componesse di ita-
liani che fuggivano dinanzi alle orde barbariche , e specialmente
dinanzi a quelle di Attila Flagellum Dei. Adunque lo studio dei
primordi di una repubblica, che svolse la sua storia così differente-
mente dalle altre è opera pregevolissima-, e noi ringraziamo di cuore
la direzione dell'Archivio Veneto per aver voluto mettere in luce le
lezioni del Gfròrer. Il volere esaminare paratamente le idee me-:se
fuori dall'egregio professore dell'Università di Friburgo ci porte-
rebbe molto lontani dallo scopo nostro ; e del rimanente trovando
noi nello scritto del Gfròrer molte coso discutibili , non ci parrebbe
convenienza in un lavoro di tanta mole portare un giudizio, quando
ancora tutta l'opera non ci sta dinanzi agli occhi; e per ora ci
contenteremo di dare il titolo dei capitoli che troviamo in questo
fascicolo AelV Archivio Veneto. Il primo rapitolo parla dei primordii
di Venezia; il secondo, dei Longobardi e B dei Patriarchi
di Aquileia e di Grado: il terzo, di Venezia continentale e maritti-
ma : e dello sviluppo politico delle lagune.
PUBBLICAZIONI PERIODICHE 517
Il signor Angelo Zalla ci dà una interessante memoria sopra
la città di Opitergium , la moderna Oderzo nella Marca Trevigia-
na , chiamata appunto Opitergium dagli scrittori antichi latini ,
Epiterpon da Strabone, Obederzum , Ubitergium dai barbari cronisti
del Medio Evo. L'autore con una sana, critica aggirandosi nel buio
delle tradizioni popolari , studiando i monumenti rimasti , tenta di
ricostruire la storia di quest' importante regione della Marca Trevi-
giana; e di dimostrare quale fosse l'area dell'antica Opitergio , ar-
gomento rilevantissimo e di difficile dimostrazione quando si con-
sideri che questa città fu cinque volte distrutta ed altrettante rie-
dificata.
Il bibliotecario Giambattista Carlo Giuliari pubblica la conti-
nuazione dei suoi studi sulla Biblioteca capitolare di Verona: ed il
signor Vincenzo Padovan illustra la mimmografia veneziana, dandoci
un' importante serie alfabetica dei dogi che si conoscono aver bat-
tuta moneta. Il dottor Tassini pubblica alcuni documenti relativi
alla aoppressa Confraternita di S. Maria della Carità; e quell'uomo
benemerito delle discipline storiche che è il signor R. Fulin illustra
cinque testamenti di pittori ignoti del secolo XIV esistenti nell'Ar-
chivio notarile in Venezia. Il Fulin con questa pubblicazione acqui-
stò nuove benemerenze presso i cultori delle discipline storiche ,
perchè ben cinque nomi di pittori ignoti del secolo XIV si aggiun-
sero alla storia dell'arte. Così Angelo Tedaldo di S. Casciano t1324),
Bartolommeo di S. Stefano di Murano (1325) (1) , Niccolò pittore
di Santi (1365), Marino Longo di S. Lio (S. Leone) (1370), e Niccolò
da Zara (1374) si aggiungono ai tanti nomi che illustrarono la storia
della pittura veneta. Né questi soli nomi colla pubblicazione del
Fulin si aggiunsero alla storia dell'arte, che Angelo Tedaldo ricorda
i propri figli Pietro e Gioacchino pittori anch'essi; Niccolò dice
pittore di Santi anche il figliuolo Lorenzo, « e, se la grammatica non
c'inganna, dice l'editore, come del resto si può temere, Cipriano
il padre di Niccolò da Zara aveva trattato la stessa arte del figlio ».
Inoltre anche tra gli esecutori testamentari di Bartolommeo di
Murano noi troviamo nominati Zanino Sclavolino pittore di S. Gio.
in Bragora ; e fra quelli di Niccolò da Zara abbiamo uno scolare
suo, Pasqualino. E finalmente fra i testimoni di Angelo Tedaldo è
Niccolò pittore; fra quelli di Bartolommeo di Murano è Giovanni
Niccola fiolarius ; e fra quelli di Niccolò da Zara sono due fratelli
intagliatori , Andrea e Giovanni da San Luca. Certamente i nomi
rivelati colla pubblicazione del signor Fulin non appartengono ad
uomini che occuparono un alto posto nella storia dell'arte; ma an
(1) Di questo pittore non si può dire che sia del tutto ignoto, poiché
già ne parlò il Cicogna nelle sue Iscrizioni veneziane
Arch., 3.' Serie, Tom. XXIV. 33
518 PUBBLICAZIONI PERIODICHE
eh' essi hanno la loro importanza storica, ed è opera pregevolissima
il notarli , giacché ora lo storico tien dietro alle più piccole mani-
festazioni del genio umano, le studia con ardore, e le nota negli
eterni volumi, che narrano gli avvenimenti delle umane generazioni.
Dopo un'abbondante rassegna bibliografica , il Periodico , che
ora esaminiamo, ci presenta un saggio di drammaturgia veneziana ,
tratto da un ingente numero di schede raccolte dal continuatore
della Drammaturgia dell'Allacci.
Il signor Antonio Ceruti continua la pubblicazione dei suoi Ap-
punti di bibliografia storica veneta contenuti nei manoscritti dell'Am-
brosiana , trattando in questo fascicolo dei cultori di scienze e di
lettere. Fra i documenti messi innanzi dal Ceruti è deguo di nota
uno che si riferisce ad Aldo Manuzio il giovane, che non è altro se
non una relazione al duca di Sora Giacomo Iìoncompagni della qua-
lità del giovane scozzese Giovanni Chrichton. Aldo fa un elogio
sperticato del giovane scozzese-, dice che egli ha disputato di filo-
sofia e di teologia con i primi letterati della città con stupore di
molti , ma nello stesso tempo , e qui si vede 1' uomo del secolo (1) ,
dice che egli « ha perfettissima cognitione della cabala , et di me-
moria tale, che non sa che cosa sia il dimenticarsi, et ogni oratione
udita da lui, recita a parola per parola ». Un altro documento in-
titolato : il Sogno del Bigolini sopra le scarpe di Aldo Manuzio ,
conferma contro lo Zeno, quanto dissero i suoi contemporanei, ch'egli
aveva cioè piedi grandi , testa grossa , barba ispida , uu' apparenza
disaggradevole e negletta. « Ma certo che chi piglia il pie del
nutio ( citiamo questo passo per dare un' idea al lettore di queste
chiacchiere snlla roba altrui, come questo sogno del Bigolini sia scritto
in modo festevole ed in bella lingua), se tutte le altre sue parti
rispondessero alla pedestre misura, riuscirebbe un Anteo od un Po-
lifemo, e pur egli è di mediocre statura. Trovo che questa stupenda
misura gli apporta quattro pregiudizii e quattro vantaggi. Il primo
pregiudizio è che avendo messer Aldo lettere e proprie ed ereditarie
di purissima finezza, come si sa, non ostante questo, il volgo igno-
rante per quei traditori pie lo chiama pedante. Il secondo è che '1
pie e la scarpa gli è così vorace ed ingordo , che gli tien sempre
mangiato una parte del ferrarolo , ed è causa anche d' un poco di
scisma della sottana, che gli sta in scappar via. Il terzo, che s' egli
commettesse qualche maleficio notturno, e s'argomentasse il reo dal-
l'impressione dell'orme, avrebbe contro di lui un indicio indubita-
bile alla tortura , per essere la sua zappata singolare. Il quarto è ,
che avendo una scarpa che finisce in luna quintadecima , stroppia
la borsa quando le fa, e '1 pie ancora a portarla, perchè colla polve
(1) Si noti che questa relazione è del 10 ottobre 1581.
PUBBLICAZIONI PERIODICHE 519
pesano otto libbre , col fango dodici , col mosaico o incrostatura dei
tacconi quattordici >.
L'Archivio Storico Lombardo contiene uno scritto
di F. 1 eluso sopra Fra Sabba da Castiglione gentiluomo milanese
vissuto circa quel periodo di tempo che corre dal 1500 al 1554.
Quindi abbiamo il compimento della pubblicazione dei documenti
riguardanti la nunziatura veneta di monsignor Agostino Cusani nel
triennio 1704, 1705, 1706. 11 signor Carlo E. Visconti mette in
luce venti documenti sulV ordini dell' esercito ducale sforzesco ; docu-
menti , che si seguono in modo cronologico dal 28 novembre 1472 al
12 marzo 1475, in forma di presuntivi, pareri, memoriali, e che
gettano molta luce sulla costituzione dell'esercito e dell' armata,
sulla potenza dei condottieri sforzeschi, sulle paghe dei soldati, sui
modi di stare in campo e di guerreggiare non solo, ma ben anco
nella strategia. Né minore è 1' importanza della pubblicazione del
Visconti se ne consideri il lato politico , poiché il duca Galeazzo
Maria Sforza aveva segnato il 25 aprile 1468, per opera del ponte-
fice , pace perpetua coi Veneziani ; ma il duca intrigava col cardi-
nale di San Sisto promettendogli di fargli ottenere la tiara , cin-
gendo esso la corona d' Italia ; né poteva credere che i Veneziani se
ne stessero inoperosi spettatori di questo nuovo rimestamento della
politica italiana fatta tutta in loro danno, ed ecco la ragione perchè
soltanto quattro anni dopo della conclusa pace , Galeazzo si appa-
recchiava a sostenere coi Veneziani una terribile guerra , che per
la fortuna d' Italia non ebbe altrimenti effetto.
Nella parte delle Varietà di questo fascicolo noi troviamo la de-
scrizione del Martirologio di Adone e del necrologio cremonese, co-
dice esistente nell' Archivio capitolare di Cremona ; ed il signor G.
G. Trivulzio pubblica una curiosa Nota manoscritta e sincrona,
esistente in un codice miscellaneo della sua Biblioteca , nota che
riguarda alcune gioie impegnate da Lodovico Maria Sforza per sov-
venire alle spese della guerra e del proprio riscatto. Né meno inte-
ressante è la nota dei creditori della duchessa Bianca Maria Sforza
edita dal signor Michele Caffi , come i documenti pubblicati dal me-
desimo sul Castello di Pavia.
La Revue desi deux monde» (15 novembre 1876)
contiene fra gli altri, un articolo di argomento storico del sig. Carlo
de Mazade col titolo : Le comte de Cavour, étude de politique na-
tionale et par lamen taire. Questo scritto è il seguito di altre me-
morie, sullo stesso argomento comparse ne J del 15 mar-
zo , 15 aprile, 1° giugno, 15 luglio, 15 setteml. mente
anno. L' autore in questo suo lavoro fa un coscienzioó;aouno esame
52J PUBBLICAZIONI PERIODICHE
dei lavori di Giuseppe Massari (1) , di quello del signor W. de la
Rive (2) e di Nicomede Bianchi (3) ; ed alle considerazioni già fatte
dai nominati autori , ne aggiunge altre di suo fondate su documenti
in parte tuttora inediti. Il De Mazade nel fascicolo di novembre ci
dà un capitolo stupendo del suo lavoro , nel quale parla di Cavour
e l'unità d' Italia , di Napoli e di Roma. La splendida epopea della
conquista del regno di Napoli fatta dal general Garibaldi è descritta
dall' egregio patriotta francese con una prosa meravigliosa •, la pru-
dente politica del Cavour assalito da continue proteste per parte
delle corti europee, che s' impensierivano degli straordinari progressi
della rivoluzione italiana , è messa in una viva luce. 11 signor De
Mazade per il suo grande amore all' Italia , in questo suo lavoro mo-
stra di conoscere a fondo le più splendide figure del nostro risorgi-
mento politico , e porta sopra di esse un giudizio sicuro.
La Rivista, Universale (mese di ottobre) contiene
uno scritto del Pro/. Luigi Vitali sopra la seconda caduta di Papa
Liberio. L'Autore esamina con lungo e dotto ragionamento la ca-
gione di questa seconda caduta •, che già prima papa Liberio aveva
errato firmando una delle forinole di Sirmio e separandosi dalla co-
munione di Sant'Atanasio, caduta la quale consistè nell' essersi
egli lasciato ingannare dall' ipocrisia dei Macedoni e ricevuti questi
eretici nella comunione della Santa Sede senza esigere la ritratta-
zione degli errori, che già avevano promulgato sullo Spirito Santo.
E nel fascicolo di novembre dello stesso periodico è inserita la con-
tinuazione dello scritto del signor Attilio Carli su Vespasiano Gon-
zaga , lavoro , nel quale sebbene si trovino quelle mende, alle quali
già accennammo in un'antecedente rivista .della stampa periodica ,
pure mostra nello scrittore nn grande acume storico •, cosa che dee
recar meraviglia , quando si sappia che l'Autore della memoria so-
pra il Gonzaga è distratto da questo genere di studi dai gravi do-
veri dell'alto suo ufficio, perchè sotto il pseudonimo di Attilio Carli
si nasconde la persona dell' egregio prefetto di Macerata.
Carlo Rosselli Del Turco.
(1) II conte di Cavour, ricordi biografici. — TI. Discorsi parlamen-
tari del conte Cammillo di Cavour, raccolti e pubblicati per ordine
della Camera dei Deputati.
(2) Le comte de Cavour, recits et souvenirs.
(3) Bianchi N., Istoria documentata della Diplomazia europea in
Italia.
PUBBLICAZIONI PERIODICHE 521
Archivio Storico per le Province Napoletane — Anno pri-
mo, fascicolo 111.
I. Il signor Bahtolommeo Capasso ha continuato la sua dotta ras-
segna delle Fonti della Storia delle Provincie napoletane dal 568
al 1500. Nella parte contenuta in questo fascicolo discorre delle fonti
per l' epoca sveva , rilevando il merito del breve Chronicum siculum,
degli Annalea siculi , del Breve Chronicum. che egli chiama Laure-
tanum; della Cronaca di Riccardo da San Germano , delle Storie di
Niccolò Jamsilla e Saba Malaspina , dell' Adhortatio di Pietro de
Pretio. Parlando delle fonti diplomatiche, ed accennato come in Ger-
mania si prepara una raccolta quanto più è possibile compiuta delle
lettere di Pier della Vigna, dice come rimanga ora ad illustrare le
lettere che appartengono a Niccola della Rocca ed agli altri succe-
duti a Pier della Vigna. Nota come dovrebbe farsi una nuova edi-
zione critica delle Constitutiones regni Siciliae promulgate da Fede-
rigo II. E data la debita lode ai due eruditi Luigi Volpicella e
Niccola Alianelii per le loro pubblicazioni concernenti alle consue-
tudini e agli statuti municipali che appartengono al periodo storico
di cui ha ora trattato, mostra quanto giovino alla piena cognizione
di quella età le consuetudini baresi e gli statuti beneventani, che pur
meriterebbero le cure della nuova Società storica.
II. Seguita il Bilancio del Reame di Napoli degli anni 1591
e 1592 illustrato dal signor N. Faraglia , sul quale dobbiamo con-
fermare il giudizio che già facemmo, essere documento notevolissimo
per la storia del vice-reame. .
III. Ricco di dottrina storica e filologica con acute e nuore os-
servazioni , esposte con vivacità, è lo studio del signor G, Raoioppi
sulle origini storiche investigate nei nomi geografici della Basilicata.
Sono tutte accettabili le opinioni dell' autore che alla storia della
Basilicata ha consacrato i suoi studi , come lo attestano gli scritti
comparsi col troppo modesto nome di Homunculus ? Non vogliamo
negare né affermare : certo è che danno da pensare.
IV. Il signor C. Minieri Riccio dà la fine delle memorie della
guerra di Sicilia degli anni 1282, 83 e 84 ricavate dai Registri An-
gioini. La parte contenuta nel presente fascicolo fu già stampata in un
opuscolo da sé, pochi anni addietro ; ed ora ricomparisce con qualche
aggiunta e correzione. Le notizie vanno dal principio d' aprile fino
a tutto l'anno 1284 : appartengono per due mesi al governo del prin-
cipe di Salerno, che continuò a fare apparecchi per ricondurrò al-
l'obbedienza la Sicilia. Il 5 giugno il principe vinto dall' ardore
giovanile restò prigioniero nella battaglia del golfo di Napoli: e re
Carlo, ritornato allora, riprendeva la direzione dello Stato, e subito
522 BBLICAZIONI PERIODICHE
della sua sventura al Papa con una lettera che l'Autore
orta per intero. Da queste pagine vediamo ancora come l'odio contro
1 Francesi non era soltanto nei Siciliani; perchè subito dopo la scon-
fitta dell'armata angioina il popolo di Napoli diede addosso ai Fran-
cesi e saccheggiò le loro case ; e quei di Sorrento si mossero pure.
L'Angioino aveva con sé la parte guelfa d' Italia : alcuni paesi di
Toscana gli mandavano soccorsi d' uomini, e i guelfi di Firenze an-
che di danaro: il papa gli concedeva di levar danari dalle chiese:
e in quel tempo egli era in buona relazione col Comune di Pisa
perchè potev gli aiuti di galere per vendicare la sconfitta
patita. Oltre a tutte queste s' ha notizia pure d' invasioni degli Al-
mogavari.
V. Dalle Cronache di Gaspare Fuscolillo il signor Capasso
ha Irato quello che gli è parso « di maggiore importanza per la
cognizione delle vicende municipali della città di Sessa e dei costumi
di quel tempo «. Le notizie ranno dall'agosto 1526 al settembre 1548. Ma
non si limitano a Sessa-, toccano pure alcuni punti della storia gene-
rale. Quanto il cronista racconta dei tumulti napoletani nel 1547 Del-
l' Inquisizione, non è conforme ai racconti di altri che furono testimo-
ni dei fatti ; ma piace il vedere in quale forma a Sessa ne pervenisse
la fama ; e rincresce che appunto in quel tratto sia una lacuna di
due carte. Di cose particolari notiamo ciò che spetta agli ordini
municipali rimasti sotto il dominio della Spagna -, i lasciti per fon-
dare scuole e per mettere un medico condotto, il costume di rap-
presentare Misteri con gran pompa : né manca la pia leggenda
di apparizioni soprannaturali e di miracoli che il canonico rac-
conta con fede. La forma semplice e schietta del vernacolo natio
rende piacevole la lettura di queste pagine
VI. Uua iscrizione greca scoperta 1' anno scorso nella chiesa di
S. Giovanni Maggiore in Napoli induce il signor Antonio Sogliano
ad avvalorare le congetture di altri eruditi contrarie alla opinione
che quella chiesa fosse l' antico tempio edificato dall' imperatore
Adriano in onore di Antonio. G.
Historiselie Zeitsclxriflt , heransgegeben von Heinrich
von Sybel (Ann. XVIII , fase. IV; Monaco, 1876.
I. La dottrina della .sovranità popolare nel Medio Evo, di F-
DE Bezold. - II. Turenne e Reinoldo de Rosen, di Enrico Ul-
MANN. - III. Ricordi degli ultimi tempi delV imperatrice Elisa-
Letta di Russia, di Arnoldo Schaefer. - IV. Il Memoriale di
Knesebeck, di Mass. LehmAnn. - V. Bullettino bibliografico. -
VI. Appendice, che contiene l'indice ragionato delle opere storiche,
pubblicata in Germania e di fuori, estratto dalla Bibliotheca
^PUBBLICAZIONI PERIODICHE b23
Historica del Muldener (dal luglio al dicembre 1875, annata 23.*,
fase. II).
La Memoria del Bezold « sulla dottrina della sovranità popolare
nel Medio Evo, pag. 313-367 » contiene uno studio accurato, e molto
temperato nella forma, intorno alla grande questione, che attiene alle
relazioni fra i due poteri, laico ed ecclesiastico ; e tende a dimostrare
le varie mutazioni, alle quali soggiacque il concetto della sovranità
popolare, deferita ad un capo elettivo ne' periodi più importanti del-
l'epoca di mezzo. L'autore è inteso a mostrare, come per l' una
parte le tradizioni dèi « diritto imperiale » fondato sopra relazioni
di scambievoli accordi fra il popolo e il sovrano , derivanti da' con-
cetti inspirati al sentimento dell'antichità classica, non mai spenti
del tutto , e le speculazioni filosofiche dall' altra parte influissero a
modificare e a variare 1' aspetto di quella dottrina. Siccome poi la
lotta fra il Papato e l' Impero , iniziata da papa Gregorio VII, e il
Cristianesimo in generale, dovevano necessariamente conferire a va-
riare quelle relazioni fra il popolo e l' eletto suo , chiamato a rap-
presentarne l'alta sovranità sul mondo : così è ovvio l' intendere come
la trattazione storica di siffatta materia si risolva di necessità in
una iudagine intorno appunto alle grandi lotte fra il Papato e 1* Im-
pero , che quella sovranità si vengono disputando via via nel corso
dei tempi.
Il lavoro del Bezold è diviso nei capi seguenti :
1.° Inizi di quella dottrina, manifestatisi dapprima nelle lotte
politico ecclesiastiche dei Salii e degli Staufen.
2.° La sovranità popolare nella dottrina politica degli scola-
stici , dal XII al XIV secolo.
3.° Svolgimento e influsso reale di questa dottrina nei secoli
XIV e XV.
4.° Nuovo aspetto di quella dottrina nell' epoca di transizione
dal Medio Evo al Rinascimento. — Primi sintomi d' un indirizzo re-
pubblicano.
L' autore dice , che Dante fu 1' ultimo grande sostenitore del
concetto imperiale antico, associandosi al giudizio, che intorno al
libro de monarchia, pronunciava un illustre scrittore inglese, il
Bryce, che ha qualificata quell'opera come « un epitafìo » (1).
Il capitolo più interessante di questa Memoria del Bezold ci è
parso 1' ultimo , dove si discorre del Rinascimento , e delle vicende ,
subite dal concetto della dottrina, attinente alla sovranità popolare ,
nella mente dei pensatori nostrali, del Poggio massime, e del Ma-
chiavelli, il cui ideale , secondo l'autore, era veramente repubblicano
(1] The holy Roman empire, cap. 15 extrem.
524 PUBBLICAZIONI PERIODICHE
e popolare (1) -, ma come quest' ultimo non ne credeva degna 1' età
sua corrotta , così si sarebbe fatto maestro di dottrine d' assoluto
imperio, il solo atto a recar salute.
La scrittura dello Schaefer: « Ricordi degli ultimi tempi del-
l' imperatrice Elisabetta di Russia » contiene una Relazione , scritta
dal conte Mercy-Argentau , ambasciatore austriaco alla Corte im-
periale di Russia, all'epoca appunto di quella Imperatrice, datata
11 novembre 1761 , e pubblicata ora per la prima volta dall'Archi-
vio di Stato di Vienna. Quella Relazione, dettata da un uomo d' in-
gegno acuto , porge dei particolari assai notevoli intorno alla vita
intima della Corte di Russia, e alla storia dell' epoca, e alle condi-
zioni generali politiche dell' impero.
Il Memoriale del Knescbeck , colonnello prussiano , all' epoca
delle guerre Napoleoniche, contiene un preteso progetto per la cam-
pagna di Russia del 1812, che il Knesebeck avrebbe presentato al-
l' imperatore Alessando, consigliando la famosa ritirata. Ora dell'au-
tenticità di questo Memoriale, impegnata già recentemente da Mass.
Duncker , negli ann. di Pruss. 37, 34 e seg. , discorre appunto lo
Schaefer, nello stesso del Duncker. Questa scrittura rivela fatti, e
porge ragguagli molto interessanti.
Nel Bullettino bibliografico è notevole un articolo del KirchbofF
(Alfredo) sopra una nuova opera di etnografia , piìbblicata dal Pe-
schel (Oscar) in Lipsia (1874) -, come pure l'articolo, segnato L. di S.
sull'ultima scrittura dello Schliemann , relativa alle antichità e to-
pografia di Troja. 11 resto della copiosissima Rassegna bibliogafica,
risguarda importanti monografie di storia tedesca , le quali ci mo-
strano con quale operosità febbrile si spingano innanzi gli studi
storici in quella nazione. G. 0.
Revue Historique dirigée par G. Monod et G. Fa-
gniez. Première anuée. Tome seconde, 2, Octobre - Decembre 1876.
F. T. Perrens. Saint Pierre martyr et 1' hérésie des Patarins à
Florence. - R. Dareste. Francois Hotman, d'après sa corréspondence
inedite (fin) - P. Gaffarel. La Fronde en Provence. La Guerre du
Semestre (fin). - Variétés. Fustel De Coulanges De l'inégalité du
wergeld dans les lois franques. - Cb. Paillard. Détournement d'un
subside envoyé par Philippe II a Chaterine de Médicis. - H. Rey-
nald. Giebert Kuypert. - Mélange*. Lettres inédites du Cardinal
Georges d'Armagnac, publiées par I. Loutchisky et Ph. Tamizey
de Larroque. - Bulletin historique: France par G. Monod, - Angle-
terre, par S. R. Gardiner. - Pays-Bag, par J. A. Wìjnne et G.
(I) Raffi. Discorsi, I, 58 «non senza ragiona si r«»oraiglia la roce
d' un | lineila «li Die e*. »
PUBBLICAZIONI PERIODICHE 525
W. Wkeedb. Comptes-rendus critiques. - Correspondence. - Lettre
de M. J. Havet. -
Revue cles Questiona Historiques, Onzième
année 40c livraison, 1" octobre 1876. - I. Le Patriarche Abraham
et les Déeouvertes modernes, par M. J. Vigouroux. - II. Le Pape
Innoceut XI et la Revolution anglaise de 1688, par M. Charles
Gerin. - III. L'Hymnographie de l'Église Grecque, par M. Henry
Stevenson. - IV. Mólanges - Le Mot de Bailly allant a l'Échafaud,
par M. Louis Audiat. - Un épisode iuconnu de la vie de Male-
bianche, d'après une lettre inèdite de l'abbé de Rancò, par M. Jules
Doinel. - Les dernières années de Voltaire, par M. Georges
Gandy. - Une nouvelle histoire de Russie , par le R. P. Pierling.
Les erreurs et mensonges historiques de M. Charles Barthélemy,
par M. G. B. Lelièvre. - La diplomatie et la guerre Franco-Alle-
mande, 1870-1871 , par M. G. Baguenault de Puciiesse. - V.
Courrier anglais , par M.' G. MaSSon. - VI. Courrier russe , pal-
le R. P. Martinov. - VII. Courrier italien, par G. Pitrè. - Vili.
Cronique, par M. M. Sepet. - IX. Revue des Recueils périodiques:
M. Fr de Fontaine. Bonifaz Maier. - X. Bulletin bibliographiquc.
TAVOLA ALFABETICA
DELLE
PERSONE, DEI LUOGHI E DELLE COSE
nominale nel Tomo XXIV
della Terza Serie <le'.I'.trclii« io Sporico Stuliuno
NB. Il numero arabico indica la pagina.
Albicini Cesare : 503.
Alcamo. Memorie storiche di essa, di V.
Di Giovanni; Ann. bibl.; 196; 511.
A. M. Di un suo scritto intitolato Studi
principeschi; 204.
Amalfi. Memorie storiche dell'antica cit-
tà e ducato, di Matteo Camera; Ann.
bibl ; 195. Di un duca finora scono-
sciuto,, per C. Minieri Riccio ; Ann.
bibl ; 370.
Angiò (d') Carlo I II suo regno nell'an-
no 1275, per C Minieri Riccio; 226-242;
373-406.
ona (di) Cardinale; 206.
Archivio Storico Abruzzese; 359.
Archivio Storico Lombardo; 197; 519.
Archivio Storico per le Piovincie Napo-
letane; 205; 521
Archivio Veneto; 200; 516.
Arneth Alfredo ; 407.
BagnacaraVo. - V. Balduzzi Luigi.
Balduzzi Luigi. Di due suoi scritti in-
torno a cose di Bagnacavallo ; 504.
Bari ; 514.
Basilicata. - V. Bacioppi G.
Bel gioioso Carlo. Di un suo scritto sulle
aquile romane; 199.
Ufi irano Luigi Tommaso. - V. Di Ne-
gro Andalò; Italia.
Benso di Cavour Cammillo. Di uno scrit-
to intorno a lui, di F. Sclopis ; e di
un curioso documento che lo concer-
ne; 203.
Bergamo. Le antiche lapidi; 496.
Bettolini D.; 202.
— Francesco. -V. De Blasiis Giuseppe.
Bertóloni Antonio : 371.
Bezold (de) F. Di un suo scritto sulla
dottrina d Ila sovranità popolare nel
Medio-Evo; 523.
Bindi Enrico. Necrologia scritta da A-
Gelli; 364-369.
Bonazzi Francesco; 514.
Boncompagni Baldassarre. - V. Di Ne-
nia.
Borghesi Bartolommeo. Annunzio della
pubblicazione delle sue opere; 357.
Bott figari Enrico. Di un suo scritto
sulla cattedrale di Bologna ; 504.
Buonarroti Michelangelo. Di taluni la-
vori pubblicati pel quarto centenario
la nascita di lui ; 128-141. Le sue
lettere, i Ricordi, e i Contratti ar-
tistici, pubblicati da G. Milanesi; 128.
Burchiello. Documento Senese concer-
nente ala sua vita, pubblicato e illu-
strato da Fortunato Donati: 171-182.
Calvi Felice; 196.
Camera Matteo. - V. Amalfi.
Campana di Cavelli Emilia. Necrologia
scritta da B Morsolin; 188-190
Campeggi cardinale. Lettere a lui; 5.
Campori Cesare. - V. Montecuccoli Rai-
mondo.
— Giuseppe. 184 ; 504.
Cand'da Gonzaga Berardo. 196.
Cantù Cesare. Il Conciliatore, episodio
TAVOLA ALFABETICA KC.
527
del liberalismo lombardo: Memorie
Storiche; 90-114 270-290; 452-468.
Capasso Bartolommeo. Di un suo scrit-
sulle fonti della Storia delle Pro-
vincie napoletane; 205; 521.
Capponi Gino; 283.
Carducci Giosuè Bozzetti critici e di-
scorsi letterari: Ann. bibl.; 191.
Carli Attilio Di un suo scritto intitola-
to Vespasiano Gonzaga; 202: 520
/ Domenico. - V. Miscellanea.
Ariti uio ; 521.
Chiarini Giuseppe. - V. Giordani
Cipolla Carlo. Di una sua illustrazione
di un'iscrizione del ponte Navi a Ve-
rona; 200.
Colombo Cristoforo. Il suocero e la mo-
lie di lui. Memoria di B Pallastrelli;
. q. bibl. ; 512.
.ia Maria; 303.
Conciliatore (II). - V. Cantù Cesare.
Gonfalonieri Federico; 95.
Copernico ; 503.
Corradinò di Svevia. - V. Del Giudice
- ;ppe.
\sita e Ili cerche di Storia S
a; 203; 311.
Cusani Monsignore. La sua Nunziatura
leta; 197.
Dal Bono Carlo Tito; 515.
D'Ancona Alessandro; 371.
De Beatis Antonio; 206.
De Blasiis Giuseppe. La insurrezione
Pugliese e la conquista Normanna nel
secolu XI; Rassegna bibliografica di
F. Bertolino 115-128; 291-
— V. Napoli.
De Gubernat's Angiolo. - V. Italia
Del Badia Iodoco. 371.
De Lellis Carlo; 207.
Dei Giudee Giuseppe II giudizio e la
condanna di Corradinò : Rassegna bibl.
Tabarrini ; 499-502.
Del Giudice Pasquale Di un suo scritto
sulla vendetta nel diritto longobardo;
De Simone Luigi Giuseppe ; 515.
De Steri idi Cesure ; 515.
ioni Cornelio. - V
D Giovanni Vincenzo: 196; V. Ale
Di Marzo Gioacchino. - V. Sicilia.
Di Negro Andalo. Intorno alla vita e ai
ori di lui, Memoria di C. De Simo-
ni, .seguita da un catalogo compilato
da B. Boncorapagni; Rassegna biblio-
graflea di L. T Belgrano; 141-148.
Donali Fortunato. - V. Burchiello.
■ y Victor; 514.
Erodoto. Volgarizzamento delle sue Sto-
rie, di Matteo Ricci; Ann. bibl.; 194.
Este (d') Renata ; 503.
Fai orsi Guido. Rassegna di taluni lavo-
ri pubb'icati pel quarto centenario
dalla nasata di Michelangiolo Buo-
narroti; 1 28-141.
Fantoni G.; 200.
glia N. Della pubblicazione da lui
fatta di un bilancio del Reame di Na-
poli del 1591 e 92; 206 ; 521
Federici Romolo. Di un suo libro
tolato Le leggi di progresso, Rasse-
gna bibliografica di G. Rosa; 148-150.
Ferrara. L'arte della lana nel 4500; Ann.
bibl.; 196.
Ferrari Giuseppe. Notizia della sua iner-
te; 187 Necrologia scritta da M. Ta-
barrini; 358-363.
Ferravo Giuseppe: 196.
Fick r Julius. Beitrage zur Urkuudeu-
léhre ; an. bibl. 512.
Finazzi Giovanni; 196.
Firenze. Annunzio di una nuova Storia
scritta dal signor Perrens ; 35ii
un'armeggeria nel secolo XV ; 371.
Delle Signorie e potenze festeggiatiti
del contado; ivi.
Fivizzano. - V. Neri Achille.
Fontana Giacinto; '91.
Foscolo Ugo. LetteraaF. Coiifaloniori; 97.
Della pubblio. alcune sue let-
tere; Ann. bibl.: 192.
Franchi Alessandro. V. Guasti.
Rinaldo ; 517.
Fuscolillo Gaspare. Di una sua cronaca;
206; 522.
G. Annunzi bibliografici; 191-195.
ini di Ventimiglia. Notizie sto-iche
e genealogiche, pubblicate da Girola-
mo Rossi; Ann. bibl.; 192.
ai Ab. Ferdinando. Lettere al mar-
che.-.: ì-254
Galilei Galileo li
da Carlo di Gebler, Rassegna biblio-
grafica di G. U.; 3OG-310.
Gasp' QO. Di un suo scritto sul-
l'arte musicale in Bologna 504.
Gebler (di) Carlo. - V. Galilei
528
TAVOLA ALFABETICA EC.
Gelli Agenore. - V. Bindi Enrico.
Geografìa. - V. Italia.
Gesuiti. De' loro ginnasi in Austria ; 509.
Gfrorer Augusto. - V. Venezia.
Gherardi Alessandro; 371.
Giocosa Giuseppe. Di un suo scritto su
due castelli della Valle d'Aosta; 303
Giordani Pietro. Della pubblicazione di
alcune sue lettere ; Ann bibl. 192.
Prose scelte da G. Chiarini. Ann.; bibl;
513.
C.iraldi Giov. Batt. Cinzio; 184.
Giullari G. B. Carlo ; 517.
Giuseppe 11. - V. Toscana.
G. 0. Annunzi bibliogratìci; 509 V. Ga-
lilei.
Gonzaga Vespasiano - V. Carli Attilio.
Gotti Aurelio. Della vita da lui scritta
di Michelangiolo Buonarroti; 131.
Gozzadini conte Giovanni. ))i due sue
memorie su cose etrusche, e su docu-
menti bolognesi ; 503.
Guasti Cesare. Descrizione delle pitture
a fresco eseguite in Prato da Alessan-
dro Franchi ; An. bibl ; 514. V. Torri-
giani.
Guerrazzi F. Domenico. Annunzio della
pubblicazione del suo epistolario; 356
Harff (di) Arnoldo. Della relazione del
suo viaggio in Italia, pubblicata da
A. Reumont; 201.
Hirsch Ferdinando. De' suoi studi bizan-
tini; Ann.; bibl di G. O.; 510.
Historische Zeitschrift; 522.
Hortis Attilio: 196.
Italia. Ricerche ne'suoi Archivi; 185; 356.
Supplemento undecimo alle notizie
bibliografiche dei lavori pubblicati in
Germania sulla sua storia, compilate
da A. Reumont; 151-170; 314-353. Bi-
bliografia Statutaria e storica, compi-
lata da L. Manzoni; Ann. bibl.; 191. Stu-
di bibliografici e biografici sulla storia
della Geografia in Italia, pubblicati per
cura della Deputazione ministeriale; e
Storia dei viaggiatori italiani nelle In-
die Orientali, compilati da Angelo de
Gubernatis; Rassegna bibliografica di
L T. Belgrano; 4b9-499.
Kelle Giovanni I Ginnasi de'Gesuiti in
Austria; Ann. bibl. di G. O : 509
La Mant/'a Vito; 514.
Lanzoni Filippo; 196.
Lippi. - V. Nanni di Baccio Bigio.
Lodi Luigi; 505.
Lombardia. Premi proposti dal R. Isti-
tuto di scienze e lettere , e dalla So-
cietà Storica; 186 e 187. Episodio del
liberalismo ; V. Cantù.
Lucania antica; 514.
Luciani Tommaso. Di un suo scritto sui
. dialetti dell'Istria; 200.
Lupi Clemente - V. San Giuliano.
Magherini Giovanni. Della vita di M.
A. Buonarroti da lui scritta; 134.
Malagola Carlo. Di un suo scritto intor-
no a Copernico; 503.
Malfatti Domenico ; 203.
Malvezzi de' Medici Nerio. Di due sue
memorie sugli statuti de' Fabbri e dei
Barbieri in Bologna ; 503.
Mancinelli Antonio; 196.
Manno Antonio. - V. Piemonte.
Manuzio Aldo il Giovane; 184.
Manzoni Alessandro; 276.
— Luigi. - V. Italia.
Masi Ernesto. Di un suo scritto intorno
a Renata d' Este; 503.
Mazzarino Ortensia; 303.
Medici (de') Giulio cardinale. Lettere
scritte in suo nome; 5-31; 209-225.
Metastasio Pietro : 196.
Milanesi Gaetano. - V. Buonarroti.
Minieri Riccio Camillo. Della pubblica-
zione delle Memorie della guerra di
Sicilia anni 1282-84 ; 206 ; 521.
V. Amalfi; Angiò (d') Carlo I; Napoli.
Miscellanea di Storia Italiana edita per
cura della R. Deputazione di Storia
Patria ; Rassegna bibliografica di D.
Carutti; 311-313.
Modena. Notizie della R. Deputazione di
Storia Patria ; 184 ; 504.
Mondello Fortunato. - V. Trapani.
Mongeri G- Delle pubblicazioni da lui
fatte di postille di un anonimo alle
vite di G. Vasari; 198.
Montano Cola. Della pubblicazione di un
documento che lo riguarda ; 198.
Montecuccoli Raimondo. Annunzio di un
libro di C. Campori intorno a lui; 370.
Monti Vincenzo. Della pubblicazione di
alcune sue lettere ; Ann. bibl. ; 192.
Lettera a Ginvita S -alvini ; 468.
Montecassino. Paleografia artistica; Ann.
bibl.; 195.
TAVOLA ALFABETICA EC.
529
Morato Fulvio Pellegrino; 504.
Morsolin Bernardo. - V. Campana di
Caveìli Emilia.
Murat Gioacchino. Relazione autentica
della fazione operata da lui in Cala-
bria nel 1855, di G. Ricciardi ; 70-89
Nanni di Baccio Bigio : 505.
Napoli. La biblioteca del Museo nazionale
nella Certosa di San Martino, per C.
Padiglione, Ann. Libi. 195. Di una re-
lazione della pestilenza del 1056, pub-
blicata da G. De Blasiis; 206. Della sua
università nel 1714; 205. Degli artisti
che lavoravano in Castel Nuovo , per
C. Minieri Riccio ; 371.
Nrgroni Carlo. - V. Petrarca.
Neri Achille. Di un suo scritto intorno
a Fivizzano ; 505.
— Pompeo. Saggio storico intorno a
lui scritto da G Rocchi; 47-69 : 255-
269; 441-451.
Nistri Giovanni. - V. San Giuliano.
Normanni. La conquista dell' Italia me-
ridionale ; 115-128; 291-298.
Omodei (degli) Giulio Fileteo
cilia.
V Si
Padiglione Carlo; 195.
Pallastrelli Bernardo; 185. - V. Colom-
bo Cristoforo.
Palmieri Nuti Giuseppe; 371.
Parma. Notizie della R. Deputazione di
Storia Patria; 184; 504.
Pasolini Pietro Desiderio. - V. Ponti ;
Rasponi.
Passerini Luigi. Della Bibliografia di
Michelangelo Buonarroti da lui pub-
blicata; 134.
Pecchio Giuseppe; 270.
Peluso F ; 519.
Perrens. - V. Firenze.
Perrero D. Di un suo scritto intorno a
Ortensia Mazzarino e a Maria Colonna
sorelle Mancini: 203.
Petrarca Francesco. Della sua dimoia a
Novara, e d'una sua arringa tradotta
da C. Negroni ; Ann. bibl.; 194.
Piccolomini Enea; 371.
Piemonte. Relazione del Sainte-Croix con
annotazioni di Antonio Manno ; Ann.
bibl. ; 512.
Pietro Leopoldo. - V. Toscana.
Pisa. Premio proposto dall' Accademia
Araldico-Genealogica; 187. Di alcune
lettere risguardanti lo Studio; 371.
Pisrirelli Tacggi Odorisio; 195.
Pistelli Giuseppe; 356.
Ponti famiglia. Notizie storiche compilate
da P. D. Pasolini: Ann. bibl.; 193,
Prussia. Notizia de'suoi Archivi; 183.
Pucci Antonio. Di un suo serventese;371.
Puglia. La insurrezione nel secolo XI;
115-128; 291-298.
Racio'ppi G. Di un suo scritto sulle origini
dei nomi geografici della Basilicata )
521.
Rasponi. Memorie della famiglia scritte
da P. D. Pasolini; Ann. bibl. 370.
Reumont - V. Harff (di) Arnoldo: Italia :
Toscana ; 525.
Ressi Adeodato; 90.
Revue des deux mondes ; 519.
Reme des Questions historiques ; 207 :
525.
— historique ; 208 ; 524.
Ricci Matteo. - V. Erodoto.
Rice/ardi Giuseppe. - V. Murai.
Riccio Giovanni; 514.
Rivista Universale ; 202 ; 520.
Rocchi Gaetano. - V. Neri Pompeo.
Roma. Notizie della scuola francese: 357.
Romagna. Deputazione di Storia Patria.-
503.
Romagnosi G. Domenico; 90.
Ronchini Amadio ; 184, 185. Di un suo
scritto su Nanni di Baecio Bigio : 505.
Rosa Gabriele; 196. V. Federici Romolo;
Venezia.
Rossano. Monastero di Assoluto dal pa-
tronato dei conti Guidi, Documento, 3.
Rossi Girolamo - V. Galeani.
— Pellegrino; 280.
Rosselli del Turco Carlo ; Rassegne di
alcune pubblicazioni periodiche ; 197-
203; 516-520.
Sainte-Croix. - V. Piemonte.
San Daniele (da) Pellegrino ; 504.
San Giuliano. Le sue acque termali o i
suoi dintorni , di Giovanni Nistri ;
Rassegna bibliografica di C. Lupi :
298-306.
Saraceno F
Savoia (di)
- V. Savoia (di) Lodovico.
cardinale Maurizio. Di un
documento che lo riguarda; 204
duca Lodovico. Di uno scritto intorno
a lui di F. S.raceno; 204.
530
TAVOLA ALFABETICA EC.
Scalcini Giovita ; 452.
Scarabi'l/i Luciano. L'eroe di Tarragoi ".
restituitii al suo paese; An . bibl ; 19
SclopiS Fed rigo - V. Benso ci Ca\
Settembrini Luigi. Sua Necrologia; 506
Sforza Giovanni; 271.
Sicilia. Descrizione di essa nel seco-
lo X\ II di Giulio Fi oteo degli Om
pubbl. da G. Di Mar/o A n. bibl.; 513.
Slavi Meridionali. Pubulicazior1 storiche
presso di loro; 185.
Spinelli A. G.; 196.
Sogliano Antonio; 522.
Soncino. i ella sua ròcca; 198
&tael, signora di. Deiìa pubblicazione di
alcune sue lettere ; Ann bibl.; 192.
Starace Giovan Vincenzo, nella ucci ione
di lui ; 206.
Tabarrini Marco. -V Del Giudee Giu-
seppe; Ferrari Giusepj . Pre-
sidente della Deputazione di S
Patria di Toscana ec:
Tanucci Bernardo. < u lui del-
l'imperatore Giuseppe II; 41tì. - V. Ga-
llai
Tassini Giuseppe. Di una sua illustrazio-
ne di iscrizioni .00.
Tassoni Alessandro. Di una sua avven-
tura a Bologna; 505.
Torrigiani. I Manoscritti donati al R.
Archivio di Stato «li Fi
pubblicato da C. Guasti; 5-3* ; 209-225.
Toscana Notizie sui tempi de'granduchi
lorenesi Ferdinando l'I e Leopoldo II;
204. Giuseppe li, Pietro Leopoldo e
la Toscana, Memoria di A. Reuiu
407-440.
Trapani. Bibliografia composta da! P.
Fortunato Mondello; Ann. bibl.; 513.
Trechi Sigismondo; 270.
Trivulzio G. G 519
Tutini Cammillo. 207.
Ugoni Cammillo; 452.
Urbani de Gheltof; 202.
Vagnonville {de) Foucques. Si
logia; 507.
Va gli M ire Ilo Di due suoi se
intorno a pittori e vescovi i
504.
Vasari Giorgio; 198. Annunzio ■•' una
nuova ed
Venezia. Deputazioi
Notizia di G. Roìi'; 54. D llasui
ria
Veni
giolo Buonarroti da lui scritta; 1
Venturi.no da Pesaro; 371.
Viaggiato ì V, l'alia
seusa Giov Pi ) ; 284.
Visct
Volpicella Lui, |
— Scipione ; 205; 515.
Zalla Angelo ; 547.
Zanoni Enrico; 19d.
INDICE
Documenti illustrati.
Documenti che illustrano la memoria « Una Monaca del
Secolo XFII » Pag. 3
I Manoscritti Torrigiani clonati al R. Archivio Centrale di
Stato di Firenze (Cesare Guasti) » 5
209.
II Regno di Carlo I d'Angiò dal 2 Gennaio 1275 al 31 Di-
cembre 1283 (C. Minieri-Riccio) » 226
373.
Carteggio dell'Abate Ferdinando Galiani col marchese Ta-
duccì (Augusto Bazzoni) » 32
213.
Memorie Originali.
Pompeo Neri (Gaetano Rocchi) » 47
255, 441.
Relazione autentica sulla Fazione operata in Calabria nel
1815 da Re Gioacchino Murat (G. Ricciardi) » 70
Giuseppe I!, Pietro Leopoldo, e la Toscana (A. Reumont). » 407
Il Conciliatore. Episodiodel Liberalismo lombardo (C. Cantù). » (.nj
210 , 452.
Rassegna BiTbliog-rafica.
La Insurrezione Pugliese e la conquista Normanna nel se-
colo XI narrata da Giuseppe De Blasiis (F. Bertolini). » 115
291.
Di taluni lavori più notabili pubblicati pel quarto Cente-
nario dalla nascita di Michelangelo Buonarroti (G. Fa-
lorsi ) » log
Intorno alla vita ed ai lavori di Andalò Di Negro , mate-
matico ed astronomo genovese del secolo XIV, e d'al-
tri matematici e cosmografi genovesi. Memoria di
C. De bimani seguita da un catalogo dei lavori di
Anelala di Negro compilato da B. Boncompagni (L.
T. Belgrano) » i4i
Le leggi di Progresso per Romolo Federici (G. Rosa). . . » 148
Supplemento Undecimo alle Notizie Bibliografiche dei la-
532 INDICE
vori pubblicati in Germania sulla Storia d' Italia com-
pilate da A. Reumont paa 151
314.
San Giuliano , le sue acque termali e i suoi dintorni. No-
tizie raccolte da Giovanni Nistri (C. Iati) » 298
Galileo Galilei und die Ròmische Curie nach dens authen-
tischen. Quellen von Cari von Gebler (G. 0.) » 306
Miscellanea di Storia Italiana , edita per cura della R. De-
putazione di Storia patria. Curiosità e Ricerche di Sto-
ria Subalpina , pubblicate da una Società di studiosi
di patrie memorie (D. Carutti) . » 311
Studj Bibliografici e biografici sulla Storia della Geografia
in Italia , pubblicati per cura della Deputazione Mini-
steriale istituita presso la Società Geografica Italiana.
Storia dei Viaggiatori italiani nelle Indie Orientali, com-
pilata da Angelo De Gubernatis, con estratti* d'alcune
relazioni di viaggio a stampa ed alcuni documenti ine-
diti (L. T. Belgra.no) » 469
Il giudizio e la condanna di Corradino. Osservazioni criti-
che e storiche di Giuseppe Del Giudice con note e do-
cumenti (M. Tabarrini) » 499
Varietà.
Documento Senese del Burchiello (Fort. Donati) » ITI
Necrologie.
Emilia Campana di Cavelli (B. Morsolin) » 188
Giuseppe Ferrari (M. Tabarrini) . » » 358
Enrico Bindi (A. Gelli) » 364
Luigi Settembrini . » 506
Pietro Amedeo Foucques De Vagnonville » 507
Notizie Varie » 183
354, 503.
Annunzi BiTbliografiei. » 191
370, 509.
Pubblicazioni Periodiche » 197
516.
Tavola alfabetica dulie persone, dei luoghi e delle cose . . » 526
DG
401
A7
ser.3
t.24
Archivio storico italiano
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