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Full text of "La Civiltà cattolica"

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LA 


CIVILTA  CATTOLICA 

ANNO   NONO 


16  Decembre  1857. 


LA 


CIVILTA  CATTOLICA 


ANNO  NONO 


Eeatus  popnlns  cuius  Domic  us 
Dens  eins. 

Ps.  cxtiir,  -18. 


TERZA  SERIE 
VOL.  NONO 


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ROMA 

COI  TIPI  BELLA  CIVILTA'  CATTOLICA 

Via  di  Borgo  Nuovo  al  Vaticauo  81. 

1858. 


/  CompUatori  della  CivilUi  Cattolica  per  gli  articoli  da  essipubbli- 
cati  intendono  godere  il  diritto  di  proprieta  letteraria  giusta  le 
convenzioni  stabilite  /ro'  varii  Stati  <T  Italia.  E  cosi  riputeranno 
frodolente  quelle  ristampe  che  si  facessero  di  detti  articoli  senza 
V  espresso  loro  consenso. 


GLI  ORGANI  BELLA  OPINIONS 


E 


gli  avviene  comunemente  che  i  cultori  passional!  di  un'  opera  o 
disciplina  qualunque,  restringendo  in  essa  ogni  loro  pensiero  ed 
ogni  loro  amore,  si  persuadono  di  leggieri  quella  acchiudere  una 
suprema  ed  universale  rilevanza,  e  per  poco  non  dipendere  da  essa 
tutto  il  bene  del  mondo  presente  e  del  future.  Una  tale  propen- 
sione  ad  esagerare  1'importanza  della  propria  professione  o  del  pro- 
prio  mestiere  non  manca  d'averequalche  cosa  di  comico,  ogni  qual 
volta  cade  nell'esorbitante  e  nell'eccessivo  ;  e  noi  ricordiamo  mae- 
stri di  calligrafia  e  di  ballo  credersi  in  tutta  buona  fede,  che  le  fac- 
cende  della  presente  societa  vanno  a  rompicollo  per  la  sola  ragione, 
che  gli  uomini  non  attendono  abbastanza  a  disciplinare  i  piedi  alia 
danza  o  le  mani  alia  scrittura.  Tuttavolla,  messo  da  banda  il  lato 
ridicolo  di  questa  che  e  forse  la  piu  innocua  delle  umane  propen- 
sioni,  a  noi  pare  che  1'  illudersi  un  cotal  poco  per  questo  rispetto 
non  sia  e  non  faccia  poi  un  gran  male  •,  e  forse  e  provveduto  consi- 
glio  di  madre  natura,  che  chi  deve  ogni  suaforza  ed  ogni  suo  pen- 
siero consumare  intorno  a  cosa  talora  di  piccolissima  importanza, 
trovi  conforto  e  sostegno  nel  riputarla  di  grandissima,  scambiando 
1'essere  quel  dato  uffizio  ottimo  ed  ogni  cosa  per  lui  coll' essere  otti- 
mo  ed  ogni  cosa  in  se  medesimo.  Sappiamo  questo  essere  in  gran 
parte  un  giuoco  di  fantasia-,  ma  sappiamo  altresi  che  non  si  vuol 
essere  troppo  severi  colla  fantasia,  non  essendo  essa  stata  inserita 
per  nulla  hell'  anirno  umano  •,  e  se  ogni  cosa  ci  apparisse  secca- 
mente  alia  pura  ragione  per  quella  che  e  in  se  medesima,  forse  il 


6  GLI  ORGANI  BELLA  OPINIONE 

mondo  se  ne  troverebbe  in  non  piccolo  imbroglio.  Certo,  dovendo 
una  madre  spendere  inestimabili  tesori  di  sollecitudini  e  di  amori 
attorno  al  suo  bambolo,  non  sempre  vezzosissimo,  perche  le  vorre- 
ste  furare  il  dolce  conforto  che  attinge  dalla  innocua  illusione  di 
crederlo  la  piu  cara  cosa  del  mondo,  solo  perche  egli  e  la  piu  cara 
cosa  che  essa  si  abbia  in  questo  mondo  ? 

Pertanto  se  i  giornalisti  fossero  soli  essi  a  pensare  il  loro  uffizio 
essere  il  primo  bisogno  della  moderna  societa  e  1'  unica  panacea  a 
tutti  i  mali  che  1'affliggono;  noi  li  lasceremmo  pensare  alia  loro  ma- 
niera,  senza  volerli  disturbare  da  quella  dolce  loro  illusione,  piu  di 
quello  che  faremmo  per  meccanici  o  musaicisti,  i  quali  delle  loro 
rispettive  professioni  giudicassero  a  quella  guisa.  Ma  i  giornalisti 
nellamedesima  loro  condizione  di  poter  parlare  abitualmente  a  mblti 
ed  anche  a  moltissimi  hanno  il  mezzo  di  poter  dar  voga  a  quella  loro 
esorbitanza-,  e  tra  per  la  facilita,  onde  la  gente  si  lascia  menare  pel 
naso  da  chi  piu  parla  ed  e  ultimo  a  parlare,  e  per  la  malizia  di  chi 
nel  Giornalismo  ha  collocato  il  miglior  suo  nerbo  per  biechi  inten- 
dimenti  o  sospetti ,  e  avvenuto  che  del  Giornalismo  stesso  si  siano 
messi  in  onore  alcuni  concetti  edencomii  sperticatamente  superla- 
tivi.  E  cosi  ci  vengono  dicendo  che  il  Giornalismo  e  la  misura  del 
progresso  civile  di  una  data  contrada,  assicurano  quello  essere  un 
mezzo  efficace  a  disciplinare  le  intelligenze  e  ad  educare  i  popoli,  e 
concludono  in  lui  trovarsi  YOrgano  della  Opinions.  Vede  poi  ognuno 
gran  cosa  che  vorra  essere  quell'  organo,  chi  non  ignori  (e  chi  puo 
ignorarlo  a'  di  nostri  ?)  V  Opinione  essere  la  sola,  la  legittima  reina 
del  mondo.  E  perciocche  questi  organi,  per  suonare  in  tutti  i  regi- 
stri  come  loro  talenta,  hanno  uopo  della  liberta  di  stampa,  e  questa 
nella  censura,  non  foss'allro  che  ecclesiastica,  trova  o  puo  trovare 
un  poderoso  ratten  to,  eccovi  spifferato  il  solenne  epifonema,  quella 
liberta  di  stampa  essere  il  quinto  elemento  d-  ogni  cultura  civile,  e 
per  conseguente  la  censura,  quale  che  ella  siasi,  riuscircosa  al  tut- 
to  violenta,  illiberale  ed  intollerabile. 

Ora  in  tutto  codesto  si  acchiude  un  tal  nugolo  di  falsita  e  di  sofi- 
smi,  che  noi  crediamo  pregio  dell'  opera  il  fermarci  un  tratto  ad 
esaminarli,  per  quanto  sia  materia  da  noi  toccata  gia  da  qualche 


GLI  ORGANI  DELLA  OPINIONS  7 

anno  e  non  di  passata.  Ma  per  farlo  ci  e  uopo  di  eliminare,  come  di- 
cono  i  matematici,  dal  nostro  discorso  alcuni  elementi  estranei  alia 
nostra  materia ,  quantunque  abbiano  sembianza  di  appartenere  a 
lei.  II  che  quando  avrerao  fatto  e  saranno  condotte  le  cose  alia  loro 
ragionevole  dimensione,  ahime!  si  vedra  forse  1'  organo  maestoso 
ristretto  ad  essere  poco  altro  che  un  misero  ottavino,  o  piuttosto 
uno  stridulo  piffero  ed  abbastanza  scordato.  Ne  dal  farlo  ci  vogliamo 
rimanere  per  non  sembrare  irnprovvidl  che  screditiamo  il  nostro 
raestiere:  gia  dicemmo  piu  volte  che  noi  ne  giornalisti  siamo,  ne 
lo  facciamo  per  mestiere ;  e  piu  sotto  toccheremo  del  caso,  in  cui 
anche  quel  mestiere  puo  farsi  con  merito  uguale  a  qualunque  opera 
universal  men te  giovevole,  e  colla  speranza  eziandio  di  divenire  or- 
gano, almeno  sotto  qualche  rispetto.  Nel  restanoi  siamo  cosi  con- 
vintidei  mali  che  ha  recato  e  reca  il  Giornalismo  propriamente  det- 
to;  abbiarno  cosi  poca  fiducia  nei  beni  onde  puo  farsi  origine,  che, 
volendo  pure  noverare  nella  categoria  dei  giornali  la  nostra  opera, 
noi  non  esiteremmo  un  istante  a  smetterla  senza  piu,  a  condizione 
che  tutt' insi  erne  la-smettessero  anche  gli  altri.  Fatevi  certi  che  la 
causa  della  verita,  della  giustizia  e  d'ogni  altra  coltura  umana  e  so- 
ciale  non  vi  potrebbe  che  guadagnare. 

Col  dire  poi  Giornalismo  propriamente  delto  noi  volemmo  seque- 
strare  dal  nostro^  discorso  tutte  quelle.scriUureperiodiche,  lequali 
impropriamente  si  chiamerebbero  giornali,  e  che  non  si  arrogarono 
mai  la  prerogativa  di  essere  Organi  della  Opinione.  E  di  quel  no- 
vero  sono  i  Periodici  strettamente  scientific]', quali  erano  gli  antichi 
Acta  eruditorum,  le  Recensiones  librorum,  le  quali  chiamiamo  oggi 
Riviste,  non  le  prendendo  nel  larghissimo  senso  del  francese  Revue 
o  dell'  inglese  /icvi«o,.che  sotto  quel  titolo  trattano  di  tutto-che 
loro  talenta.  Appartengono  altresi  a  questo  novero  le  Memorie 
delle  Accademie  o  degl  Istiluti  scientifici,  letterarii  od  artistid ,  le 
quali  sogliono  dar  conto  delle  tornate  abituali ,  e  mettere  in  nota 
le  quistioni  che  vi  si  agitarono,  gli  scritti  che  vi  si  lessero,  i  pro- 
blemi  che  vi  si  proposero,  i  punti  che  vi  si  determinarono.  Di 
tutta  questa  varieta  di  lavori  periodici  messi  a  stampa ,  che  mal  si 
direbbero  Giornali,  puo  asserirsi  con  veritache  essi  sono  effetto,  e 


8  GLI  ORGANI  BELLA  OPINIONE 

pero  possono  essere  segno  della  operosita  piu  o  meno  vivace,  onde 
in  un  dato  paese  si  coltivano  le  scienze,  le  lettere  e  la  parte,  diciam 
cosi,  piu  dilicata  e  razionale  delle  arti.  Soprattutto  le  Recensioni  dei 
libri,  quando  siano  bene  alimentate  da  lavori  che  incessantemente 
vengano  alia  luce,  e  dei  quali  quelle  diano  la  esposizione  e  la  critica, 
sono  argomento  manifestissimo  che  ivi  almeno  si  stampa  molto  e  si 
stampano  libri.  Vero  e  che  lo  stamparsi  mollo  non  importa  sempre 
che  si  stampi  molto  di  buono  ;  ed  avviene  il  contrario  ogni  qual- 
volta  a  grande  operosita  intellettuale  si  accoppia  un  uguale  scadi- 
mento  negli  ordini  delle  scienze  razionali,  come  avvenne  soprattut- 
to  nella  Francia  ed  in  parte  ancora  nella  Italia  lungo  la  seconda  me- 
ta  del  passato  secolo.  Ma  ci6  non  toglie  che  quella  maniera  di  stam- 
pa periodica  sia  indizio  di  fervore  operoso  nel  fatto  delle  scienze  e 
delle  lettere,  sia  pure  che  il  far  molto  non  vada  accoppiato  al  far 
bene.  Ne  quelle  Riviste  di  libri  sono  cosa  nuova  del  nostro  secolo. 
Per  quel  tempo  appunto  ricordato  piu  sopra,  come  fecondissimo  di 
scritti  messi  a  luce,  1'  Italia  ebbe  la  sua  Rivista,  condotta  con  isqui- 
sito  discernimento  dall'  eruditissimo  Zaccaria  ,  come  aveala  altresi 
la  Francia  dai  confratelli  di  lui,  i  quali  in  Trevoux  compilavano  il 
Giornale  che  diede  rinomo  a  quell'  oscuro  luoghetto.  Noi  non  sap- 
piamo  se  nel  tempo  presente  una  cosi  fatta  Rivista  potesse  avere 
convenevole  e  sufficiente  alimento  dalla  stampa  contemporanea , 
quando  questa  dovesse  considerarsi  nelle  vere  opere  nuove  e  di 
qualche  polso  ,  ma  possiamo  passarci  di  questa  richiesta  ;  stante 
che,  parlando  noi  di  quei  Giornali  che  si  arrogano  la  qualita  di  es- 
sere Organi  della  Opinione  ,  e  certissimo  che  somiglianti  Periodic! 
dotti  ed  eruditi ,  col  mantenersi  estranei  alia  politica  ed  alle  qui- 
stioni  affini  a  quella,  non  si  attribuirono  quel  vanto  giammai. 

Ben  lo  si  possono  con  qualche  sembianza  di  verita  attribuire  i 
Giornali  dei  paesi  retti  a  Statute  alia  maniera  moderna.  Perciocche, 
essendo  elemento  indispensabile  di  questi  il  vigoreggiarvi  una  lotta 
permanente  di  parti  civili,  e  indispensabile  ugualmente  che  ognuna 
di  esse  abbia  il  suo  organo,  onde  esprimere  i  proprii  sensi,  cora- 
battere  gli  avversi ;  difendere  i  proprii  capi ,  accusare  i  contrarii ; 
recare  in  mezzo  quel  che  farebbe  la  parte  vinta  ,  giustificare  quel 


GLI  ORGANI  BELLA  OPINIONS  9 

che  sta  facendo  la  vincitrice  -,  e  via  discorrendo  pei  varii  uffizii  die 
debbonsi  compiere  rispettivamente  per  ciascuna  parte  dal  proprio 
organo.  E  cosi  vi  debb'  essere  per  lo  meno  il  Giornale  del  Centra 
e  quello  della  destra  e  quello  della  sinistra ;  ed  uno,  che  e  cosa  del 
Ministero  ,  dee  dire  che  tutto  va  bene ,  ed  un  altro  che  tutto  va 
male ,  ed  un  terzo  dee  sostenere  anch'esso  che  tutto  va  male,  ma 
per  una  ragione  che  e  1'  antipodo  di  quella  ,  in  cui  si  fonda  il  se- 
condo,  col  quale  e  in  guerra  bandita.  E  poi  quelle  tre  categoric  si 
sminuzzano  anche  esse  con  varii  digradamenti  e  diverse  sfumature 
per  le  quistioni  secondarie,  salvando  nondimeno  il  principio  capi- 
tale  che  costituisce  rispettivamente  ciascuna  parte  politica  ;  ed  ap- 
pena  e  concesso  mancare  di  organo  a  quella  parte  inerte  della  Ca- 
mera, che  fu  delta  in  Francia,  nei  bollimenti  del  93,  piano  o  ven- 
tre,  e  che,  non  avendo  giudizii  e  tendenze  proprie  ,  e  parata  a  la- 
sciarsi  comperare  o  dominare  da  chi  ha  quattrini  o  potenza  da  sca- 
valcare  nella  concorrenza  i  competitor!. 

Di  cosiffatti  Giornali ,  nol  neghiamo ,  pu6  dirsi  con  verita  che 
essi  sono  organi  ;  ma  non  gia  della  opinione  ,  si  veramente  di  una 
opinione ;  e  secondo  questo  medesimo  riguardo  sono  essi  tutt' altro 
che  indipendenti  od  autonomi,  come  soglion  dire.  Perciocche  se 
rappresentano  una  opinione ,  ci6  avviene ,  perche ,  non  cerchiamo 
se  pensano,  ma  certo  dicono  ne  piu  ne  meno  di  quello  che  pensa 
e  dice  la  parte  civile  cui  rappresentano  j  e  questa  alia  sua  volta 
li  compera  e  li  legge  appunto  perche  sa  di  trovarvi  quello  che 
essa  ha  in  capo  e-le  piace  di  ascoltare  a  solletico  degli  orecchi ,  e 
proprio  coacervant  sibi  magislros  prurientes  auribus.  A  questi  poi, 
benche  si  conceda  che  nelle  cose  secondarie  possano  dipartirsi  un 
cotal  poco  da  quel  comune  sentire  della  propria  parte,  il  certo  e 
che  come  prima  nei  punti  cardinali  se  ne  scostassero,  e  tosto  ces- 
serebbero  di  essere  organo  di  quella  opinione,  ed  o  diventereb- 
bero  di  un'  altra ,  o  resterebbero  di  nessuna.  In  somma  sono  indi- 
pendenti come  T  organo  e  nei  sonare  indipendente  dall'  aria  che  vi 
soffiano  i  mantici ;  e  se  differenza  vi  e,  essa  dimora  in  questa  solo 
che ,  dove  agli  organi  delle  armonie  1'  aria  basta  sempre  per  farli 
sonare,  per  gli  Organi  della  Opinione,  nei  paesi  costituzionali, 


40  GLI  ORGAN!  BELLA  OPIMONE 

raro  e  che  basti  il  fiato  della  parola  o  il  vento  delle  onoranze,  e 
ad  ogni  modo ,  chi  voglia  farli  suonare  a  modo  suo,  &  uopcrche 
si  metta  mano  a  qualche  cosa  piu  consistente  ,  che  non  e  il  liqui- 
do  aere  soffiato  eziandio  dai  mantici  pia  maiuscoli  dell'  organismo 
sociale.  L'avere  dunque  una  societa  parecchi  di  somiglianti  organi 
a  noi  non  apparisce  come  e  perche  debba  prendersi  per  misura 
della  sua  cultura  civile,  salvo  il  case  di  chi  pensasse  gran  felicita  per 
un  popolo  essere  il  suo  trovarsi  scisso  in  parti  contrarie ,  le  quali , 
dovendosi  pure  osteggiare  accanitamente,  e  gran  merce  che  si  con- 
tentino  di  farlo  colle  parole  su  pei  giornali,  senza  venire  ai  pugnali 
plebei  o  alle  cavalleresche  pistole  nelle  contrade.  Certo  nessun  sa- 
no  intelletto  riputera  conducente  alia  causa  della  verita  e  della 
giustizia  il  dare  abilita  ad  ogni  piu  strano  sistema  di  potere  farsi 
largo  colla  parola  stampata  ed  acquistare  proseliti ,  e  combattere 
con  qualunque  arme  gli  avversarii,  tra  i  quali  si  dee  Irovare  ezian- 
dio chi  possiede  e  propugna  quel  solo  sistemu  che,  tra  tanti  contra- 
st!, deve  pure  essere  il  vero.  E  nondimeno  tant'e  I  In  paese  retto  a 
Statute  ogni  partito  deve  avere  il  suo  organo  ,  benche  vituperoso 
e  scellerato  e  sacrilege,  cominciando  dalle  studiate  ipocrisie  di  una 
Opinione,  di  un  Espero  o  di  una  Staffetta  e  via  digradando  giu  giu 
fino  all'abbietto  luridume  di  una  Gazzetta  del  Popolo  e  di  una  Unio- 
ne.  E  pensate  voi  quale  armonia  d'  inferno  vorra  essere  per  un  o- 
reochio  cristiano  il  dissono  e  scomposto  strombettare  di  tanti  or- 
gani, tiitti  a  un  tempo  ed  in  tutti  i  sette  toni  della  scala ! 

A  questo  moltoaustero,  ma  non  men  giusto  giudizio  del  Giorna- 
lismo  nei  paesi  costituzionali  una  sola  eccezione  dee  recarsi-,  ed 
essa  riguarda  i  giornali  cattolici ,  siceome  quelli  che ,  avendo  non 
pure  un'opinione  ferma,  ma  una  verita  inalterabile  a  propugnare, 
possono  benecostituirsene  organo,  soprattutto  quando  yi  sono  con- 
fortati  da  coloro,  cui  lo  Spirito  Santo  pose  a  reggere  la  Chiesa  diDio. 
Essi  nelsolo  Stato  della  nostra  Italia  che  versi  in  quella  condizione, 
possono  bene  attribuirsi  il  vanto  di  rappresentare  la  opinione  ed  il 
sentimento  dell'universale,  almeno  pei  principii  dommatici  e  mo- 
rali  che  sostengono,  ed  alle  inferenze  che  a  quelli  strettamente  si 
atttengono.  N7on  ignoriamo  che  da  qualche  tempo  e  prevaluta,  anche 


GLI  ORGANI  BELLA  OP1WONE  H 

per  quella  parte  della  nostra  Peuisola,  il  mal  vezzo  di  qualifieare  i 
fedeli  alle  credenze  dei  loro  padri  per  partita  cattolico,  e  per  istrazio 
ancora  li  chiamano  la  parte  clericale ;  ma  con  ci6  solo  gli  estranei 
a  quello  si  dichiarano  non  cattolici,  o  per  lo  meno  cattolici  per  for- 
ma da  restare  separati  dal  Clero ,  che  naturalmente  acchiude  i  le- 
gittimi  suoi  capi  che  sorio  i  Vescovi  ed  il  supremo  suo  Gerarca  che 
e  il  romano  Ponlefice.  Or  si  consider!  nuovo  genere  di  Cattolicismo 
che  vorra  essere  quello,  il  quale  professa  esplicitamente  di  non  vo- 
lere  aver  che  dividere  col  Sacerdozio,  coll'  Episcopate  e  collo  stessa 
Vicario  diCristoin  terra,  e  che,  se  pure  si  stringe  d'amista  e  d'in- 
teressi  con  qualche  prete  o  frate,  ci6  e  solo  con  preti  mezzo  inter- 
detti  e  con  frati  piu  che  mezzo  sfratati.  Ad  ogni  modo,  supposto 
che  ad  una  societa  cattolica  sia  incolta  la  grave  sventura  di  vedere 
costituiti  nel  suo  mezzo  varie  parti  politiche  cozzanti  tra  loro  in 
certi  punti,  e  solo  accordantisi  nell'avversione  piu  o  meno  astiosa 
contro  la  Chiesa  di  Cristo;  e  insigne  utilita  e  diciamo  ancora  e  bi- 
sogno  presentissimo  che  sianvi  dei  generosi,  i  quali  traggano  in 
mezzo  a  farsi  scudo  e  difesa  delle  universal!  credenze  con  tanta  im- 
pudenza  rinnegate  e  sohernite.  In  queslo  caso  puo  dirsi  con  verita 
il  Giornalismo  cattolico,  almeno  pei  capiprincipali,  essere  vero  Or- 
gano  della  Opinione,  e  rappresentarla  con  tanto  maggior  diritto, 
quanto  e  piu  evidente  e  sicuro  che  1'  universale  del  popolo  e  since- 
ramente  cattolico,  e  non  pu6  per  questo  essere  considerate  come 
una  fazione  od  una  parte. 

La  quale  condizione,  tutta  speciale  dei  Giornali  cattolici,  ne  ha 
costituita  la  forza  negli  Stati  Sardi  in  quella  lotta  oggirnai  bilustre 
che  cola  si  .e  ingaggiata  tra  la  nazione  sinceramente  fedele  alia 
Chiesa,  e  le  tre  o  quattro  parti  politiche  che  se  ne  disputano  il  do- 
minio.  Essi ,  benche  in  piccolo  numero,  benche  non  confortati  da 
poderose  aderenze,  anzi  fatti  segno  agli  oltraggi  della  stampa  licen- 
ziosa  ed  alle  prepotenze  ufficiali  dei  dominanti,  hanno  potato  mante- 
nersi  generosaaiente  sul  campo  a  combattervi  giusta  guerra  ed  han 
pptuto  coglierneun  frutto  prezioso  nell'esito  insperato  delle  ultime 
elezioni.  Mail  dire, che  trovinsi  valorosi  medici  a  curare  un  morbo 
o  anclie  ad  attenuarne  i  tristi  effetti ,  non  significa  che  sia  bella 


j«>  GLI  ORGANI  DELLA  OPINIONE 

e  desiderevole  cosa  lo  star  malato  5  e  quei  generosi  medesimi  che 
cola  si  adoperano  con  tanto  zelo  alia  difesa  della  verita  oltraggiata 
e  della  giustizia  manomessa  ,  intendono  meglio  di  noi ,  il  loro  mi- 
nistero  appena  essere  altro  che  il  riparare,  per  quella  piccola  parte 
onde  sono  riparabili,  i  danni  che  a  quello  gia  si  tranquillo  e  fiorente 
paese  sta  recando  lo  sbrigliato  imbizzarrire  della  incredulita  e  del 
Yi'zio.  Certo  essi  medesimi  debbono  sentire  a  quanto  mal  partito 
debba  trovarsi  un  popolo,  il  quale  dovette  non  ha  guari  quasi  cantar 
trionfo  per6  solo  che  gli  venne  fatto  d'  introdurre  tra  i  suoi  rap- 
presentanti  poco  piu  di  un  quarto,  dei  quali  si  possa  dire:  questi 
d  credono  come  credo  io.  Guardate  mirabili  effetti  dei  moderni  tro- 
vali !  un  popolo  che  e  tutto  cattolico  crede  di  toccare  il  cielo  col 
dito  quando  pu6  essere  rappresentato  da  una  rappresentanza  nella 
quale  si  trova  a  mala  pena  un  quarto,  cui  con  piena  verita  si  pos- 
sa appiccare  quell' onorevole  aggettivo.  Torniamo  a  dire:  e  gran 
vantaggio  che,  nello  attuarsi  le  piu  pregiudizievoli  teoriche  di  non 
so  che  rigenerazione  sociale,  almeno  si  trovi  per  via  un  ostacolo 
poJeroso,  quale  potra  opporlo  la  minoranza  cattolica,  e  noi  medesi- 
mi, facendo  plauso  a  quel  vantaggio,  ne  volemmo  tribuita  la  lode 
a  quei  valorosi  che  per  mezzo  della  stampa,  soprattutto  periodica, 
lo  avevano  di  lunga  mano  con  tanto  accorgimento  apparecchiato. 
Ma,  come  vede  ognuno,  quella  medesima  utilita  che  pur  si  coglie 
nei  paesi  costituzionali  dal  Giornalismo  cattolico  e  cosa  tutta  ipote- 
tica,  cioe  nella  supposizione  dei  nemici,  a  cui  esso  colle  medesime 
loro  armi  fa  testa.  Togliete  questi,  edessi  si  ritireranno  dall'arena 
del  migliore  lor  grado,  persuasi  che  debbono  essere  la  coltura  intel- 
lettuale  di  un  popolo  misurarsi  con  altro  regolo  e  procurarsi  con 
altri  mezzi,  che  non  sono  brandelli  o  brandoni  di  carta  stampata, 
che  vi  recano  ogni  mattina  colle  novelle  telegrafiche  gli  spilluzzichi 
di  scienza,  le  gocciole  di  letteratura  e  gli  sbuffi  di  poesia. 

Ne  con  questo  vogliamo  negare  che  talora  ai  giornali  anche  quo- 
tidiani  stendano  la  mano  scrittori  di  levatura  piu  che  mediocre.  Si 
sa:  trattaridosi  di  Organi,  come  vi  debbono  essere  parecchi  registri, 
cosi  in  ciascun  registro  debbono  essere  molte  canne  ,  dalle  gravis- 
sime  che  in  ampiezza  pareggiano  ed  in  altezza  soverchiano  un  can- 


GLI  ORGANI  DELLA  OPINIONE  13 

none,  fino  alle  infime  che  quanto  sono  piu  smilze  e  piccine,  e  tanto 
stridono  col  tono  piu  alto.  Ma  lasciando  stare  i  giornali  cattolici, 
dei  quali  gli  scrittori  hanno  per  precipuo  movente  lo  zelo  •,  il  qua- 
le  pu6  confortare  all'  ingrato  e  non  onorevolissimo  ufficio  perso- 
ne  che  in  qualunque  altro  ministero  avrebbono  potuto  far  bella 
pruova,  e  restringiamoci  un  tratto  agli  organi  delle  vere  parti  po- 
litiche.  Quale  che  ne  sia  la  ragione,  e  indubitato  che  in  questi  nes- 
sun  uomo  di  qualche  vera  rinomanza  non  mette  abitualmente  la 
mano,  se  non  fosse  in  qualche  momento  solenne ,  nel  quale  si  cre- 
da  necessaria  una  parola  riverita  nella  consorteria.  Nel  resto,  tran- 
ne  questi  casi ,  nei  tempi  ordinarii ,  eziandio  nei  paesi  retti  a 
Statute ,  dove  pure  il  Giornalismo  e  una  vera  potenza  e  rappre- 
senta  parzialmente  le  varie  opinioni  ,  in  quei  medesimi  paesi ,  di- 
ciamo  ,  esso  e  abbandonato  alle  mezzanita  piu  vulgari ,  che  se  ne 
valgono  o  per  beccarvi  un  meschino  stipendio,  o  per  arrampicarsi 
a  qualche  magro  irapieguccio.  Proprio  cosi !  quasi  vi  vorremmo 
entrar  pagatori,  che  sopra  dieci  giornalisti  voi  ne  trovereste  nove 
e  un  poco  piu,  che  si  bacerebbero  il  gomito ,  se  potessero  cangiare 
il  sublime  uffizio  di  rappresentare  1'  opinione  e  di  educare  il  popo- 
lo  ,  coll'  altro  piu  modesto  di  sporcar  carta  sopra  di  un  dicastero 
con  un  dugento  franchi  al  mese.  II  che  non  dee  far  maraviglia,  chi 
ponga  mente  che  quegli  organi  indipendenti,  nelle  quistioni  capi- 
tali ,  appena  hanno  altro  uffizio  che  di  rappresentare;  e  debbono 
dir  si  quando  i  padroni  dicon  si,  e  dire  no  quando  i  padroni  dicono 
DO,  e  dire  si  e  no  all'ora  stessa  quando  a  quelli  saltasse  il  ghiribizzo 
di  accoppiare  I'affermazione  alia  negazione  nella  materia  medesima 
e  sotto  il  rispetto  medesimo.  Allorche  poi  diciamo  padroni  non  inten- 
diamo  solo  un  Ministero  responsabile,  che  col  favore  o  colla  pecunia 
si  procaccia  quel  necessario  appoggio ;  e  neppure  una  parte  notevole 
della  Camera,  che  volendo  fare  un  po'di  opposizione,  come  dicono,  se 
ne  dee  apparecchiare  lo  strumento  in  un  giornale  ;  ma  fa  da  padro- 
ne in  questo  caso  qualunque  gruppo  della  piu  vituperosa  gente  coi 
piu  matti  e  biechi  intendimenti ,  tanto  solo  che  si  creda  di  potere 
costituire  un  partito.  Ora  voi  vedete  bene  quanta  dipendenza  servi- 
le ci  voglia  o  dalla  passione  o  dalla  pagnotta,  che  sarebbe  cosa  piu 


I  i  GLI  ORGAM  BELLA  OPIMOKE 

scusabile,  per  farsi  organo  indipendente  della  opinione  in  questa  ma- 
niera.  E  si  consideri  strambo  concetto  che  sarebbe  il  guardare  come 
misura  del  progresso  civile  di  un  popolo  e  come  mezzo  ad  ottener- 
lo,  T  incessante  scribaccbiare  di  gente  per  lo  piii  venale,  senza  ri- 
putazione,  senza  nome,  dai  quali  si  vorrebbero  esami  e  certificati 
di  iuona  condotta  per  farli  maestri  dei  fanciulli  nella  scuola,  ed  i 
quali,  senza  nulla  di  tutto  cio,  si  trovano  insediati  in  cattedra  a  far 
da  maestri  a  quella  massa  inerte  di  fanciulloni  che  si  dice  pubblico 
progressivo  ed  illuminato. 

Lasciando  ora  i  paesi  ordinati  a  Statute  e  passando  a  quelli  che 
sono  retti  da  una  .volonta  nel  nome  e  nel  fatto  sovrara,  assistita  da 
coosigli  ed  aiutata  dall'  opera  di  esperti  Mihislri,  che  e  la  condizio- 
ne  di  tutta  1'  Italia,  salvo  un  solo  suo  Stato;  in  cosifiatti  paesi,  dicia- 
rao,  ilGiornalismo  propriamente  detto  vi  dev'essere  di  necessitacon- 
dotto  ad  una  condizione  al  tutto  meschina.  E  come  volete  che  pro- 
speri  quella  istituzione  ordioala  precipuamente  a  rappresentare  le 
varie  parti  civili,  quando  appunto  questo  in  quei  paesi  le  e  disdel- 
to?  Nk  gia  che  quelle  parti  non  abbiano  aderenti  eziandio  caldi  e 
fanatici  5  ma  ad  esse  non  essendo  dato  di  aver  un  organo  pubblico, 
non  ci  pu6:neppure  essere  lo  zelo  di  leggerli,  ne  la  necessitadi  pa- 
garli  e  neppure  la  voglia  di  scriverli.  Quindi  ilGiornalismo,  tran- 
ne  un  solo  caso,  di  cui  diremo  piu  sotto,  o  resta  comunemente  una 
ewrcitazione  letteraria  di  principianti,  che  hanno  1'innocente  gusto 
didiventare  autori  e  di  farsi  leggere  colla  dozzina  di  periodi  ela- 
borati  con  lungo  amore  con; in  una  mano  il  vocabolario  e  coa 
nelV  altra  la  grammatica;  o  e  un  balocco  di  gente  oziosa  5  o  e  un 
mezzo  a  campare  la  vita  molto  piu  macro  che  non  e  nei  paesi  co- 
stftuzionali,  dove  pure  non  &  molto  lauto.  Noi  lodando  chi  cerca 
per  quells  via  onesto  esercizio  al  propno  ingegno  o  innocua  occu- 
paziane  del  proprio  tempo,  non  condannando  chi,  in  mancanza  di 
meglio  ,  se  ne  fa  un  modesto  strumento  di  guadagno  ;  il  solo  che 
vorremmo  e  che  non  se  n'esagerasse  oltre  ogni  termine  di  ragione- 
vole  T  importanza. 

Diteci ,  se  il  ciel  vi  salvi  :  facendo  voi  1'  uffizio  di  giornalista  per 
quei  motivi  che  dicemmo  e  versando  in  quella  condizione,  con  qual 


GLI  ORGANI  DELIA  OPINIONE  15 

-diritto  v' arrogate  il  vanto  di  essere  Organo  della  Opinione,  di-  rap- 
presentare  il  paese  ,  di  timoneggiare  la  navicella  delFumano  inge- 
gno  ,  e  v'attribuite  il  ministero  e  1'onore  di  non  so  che  sacerdozio 
laicale  e  di  una  missione  incivilitrice  e  rigeneratrice  della  umana  fa- 
miglia?  Vi  parrebbe  di  trasognare  a  sen  tire  di  cosi  sperticate  iperbo- 
li;  e  pure  chi  di  noi  non  leha  sentite  e  non  le  ha  lette,  non  pur  nei 
giornali,  che  questo  s'  intenderebbe,  ma  eziandio  in  qualche  Hbro? 
Ma  per  vita  vostra!  dove  mai  siete  iti  col  cervello?  Voi  non -motto 
innanzi  negli  anni ,  forse  con  poco  ingegno  e  con  piu  pochi  studii, 
yi  arrogate  di  farvi  maestro,  quando  appena  potreste  essere  scolaro-, 
e  vi  arrogate  di  farlo  nan  colla  posatezza  di  cbi  medita  prima  e  po- 
sciascrive  un  libro,  ma  colla  foga  di  chi,  giorno  per  giorno,  getta 
alia  peggio  o  alia  meglio  un  po'  di  nero  sul  bianco  per  mandarlo  al 
palio  ,  con  una  sicumera  portentosa  ,  che  poco  si  differenzia  dalla 
impudenza!  e  quinci  sedere  a  scranna  e  parlar  di  totto  e  giudicare 
di  tutto,  e  dandovi  per  Organo  della  Opinione  pronunziare  sentenza 
sul  terzo  e  sul  quarto,  con  un'avventataggine  che  appena  riesce,  e 
neppure  riesce  sempre  a  schivare  an  processo  di  diffamazione  e  di 
calunnia !  Quando  le  oose  fossero  a  questi  termini,  a  voi  parrebbe 
invidiabile  la  sorte  di  quel  popolo,  nel  quale  un  tal  Giornalismo  es- 
sendo  tenuissimo  o  nullo,  vi  sarebbe  per  conseguente  piu  scarsa  la 
messe  di  strambotti  e  di  scand;\li  che ,  anche  senza  il  Giornalismo  , 
suol  essere  nel  mondo  abbastanza  copiosa. 

Diremmo  che  oltre  a  questi  che  scrivono  per  esercizio'  che  sareb- 
be co^a  lodevole,  o  per  onesto  guadagno  che  sarebbe  cosa  innocua, 
quando  non  vi  si  aggiungesse  la  singolare  pretensione  dell'  organo, 
vi  e  un'allra  maniera  di  dettare  scritti  periodici,  la  quale  si  appog- 
gia  sopra  piu  nobile  e  sicuro  fondamento.  -E  quella  e  quando  altri 
vi  si  conduca  per  zelo  della  verita  conculcata,  per  Famore  degl'in- 
telletti  traviati-  e  per  F  onore  e  per  la  difesa  della  cattolica  Chiesa. 
Se  in  tntti  i  paesi  la  Fede  cristiana  ed  il  buon  costume  fossero  so- 
stenuti  e  protetti  almeno  quanto  e  F  interesse  politico  ,  forse  quel- 
Fopera  sarebbe  meno  necessaria.  Ma  sia  per  F  indifferentism  o  pre- 
taluto  in  tutte  le  condizioni  sociali ,  sia  per  la  grande  dottrina  dei 
compensi  e  degli  equilibrii ,  fatto  e  che  in  molti  paesi  di  questo 


16  GLI  ORGANI  DELLA  OPINIONS 

mondo  il  rigoroso  silenzio  imposto  alle  parti  politiche  e  compensate 
con  altrettanta  licenza  lasciata  ai  biechi  dispetti  ed  ai  vieti  pregiu- 
dizii  anticattolici ;  talmente  che  la  sola  parte  civile  che  al  presente 
abbia  rotto  lo  scilinguagnolo  e  la  scredente  e  nimica  della  Chiesa. 
Essa  piu  che  nei  giornali  si  fa  sentire  nei  libri  che  stampa  o  che  ri- 
stampa,  nelle  teoriche  che  mette  in  voga,  nelle  sospizioni  che  soffia 
contro  cui  piu  teme  •,  e  ci6  non  solamente  per  le  cose  strettamente 
religiose,  ma  eziandio  per  quelle  che  si  attengono  alle  quistioni  piu 
gravi  nella  politica  e  nelle  scienze  sociali.  Intanto  certi  statisti  uma- 
nitarii  e  certi  politicoiii  del  nostro  tempo  guardano  con  indifferen- 
za  e  quasi  che  non  dicemmo  con  gusto  ,  che  si  crolli  ogni  cardine 
di  autorita  civile,  purche  ci6  facciasi  con  altrettanto  danno  della  Isti- 
tuzione  religiosa.  Ne  si  accorgono  quei  valentuomini  che  questa,  fi- 
duciosa  nelle  promesse  e  forte  della  potenza  stessa  di  Dio,seguitera 
per  molti  altri  secoli  a  vedersi  passare  attorno  tutti  i  poteri  ter- 
reni,  che  s'  avvisarono  poter  fare  senza  di  lei. 

Ad  ogni  modo  se  quella  e  la  sola  parte  che  abbia  quasi  libera  voce 
in  Italia,  fu  conveniente  e  necessario  che  a  quella  si  opponesse  un 
argine  da  scritti  cattolici,  i  quali,  avendo  pure  alcune  sembianze  di 
Giornalismo,  possono  bene  partecipare  qualche  incomodo  della  for- 
ma, ma  certo  non  ne  partecipano  la  voltabilita,  atteso  il  Vero  incrol- 
labile  che  propugnano,  e  possono  altresi  promettersi  la  coopera- 
zione  di  penne  ben  piii  poderose  di  quelle  che  nei  giornalismo  vul- 
gare  e  scredente  si  vanno  esercitando.  Dato  ad  un  periodico  Catto- 
lico  quel  nobilissimo  scopo,  pu6  bene  avvenire  che  uomini,  non  che 
adulti,  ma  attempati,  si  acconcino  all'  ingrato  uffizio  di  dettare  ar- 
ticoli ,  che  se  non  e  esercizio  di  apostolato  cristiano,  ha  certo  molti 
riscontri  con  quello.  E  ad  onta  di  tutto  ci6  essi  non  ardirebbero  di 
spacciarsi  per  Organi  della  opinione,  salvo  i  casi,  in  cui  pronunzian- 
do  il  pensiero  della  Chiesa,  sanno  che  parlando  a'  Cattolici  pronun- 
ziano  il  pensiero  di  tutti.  In  queste  speciali  condizioni  piuttosto  che 
in  favori  estrinseci  ed  in  protezioni  autorevoli  si  potrebbe  trovar  la 
spiegazione  di  quella  piu  larga  simpatia,  onde  qualche  Giornale  cat- 
tolico  si  vedesse  per  avventura  circondato. 


ANALISI   CRITICA 

DEI  PRIMI  CONCETTI 

DELL'  ECONOMIA  SOCIALE 


§.  H. 

Le  Polenze  motrici  dell'uomo  rispelto  all'  economia. 

SOMMARIO 

' 

1,  Tre  forze  —  2.  Tendenze  di  cgoismo  nel  senso,  —  3.  di  giustizia  uella  ra- 
gione,  —  4.  di  generosita  nella  religione  —  5.  Come  entrino  nella  scienza 
economica,  —  6.  reluttanti  indarno  gli  economisti, —  7.  per  vizio  di  natu- 
ralismo.  —  8.  Se  non  si  ammettono,  1'  assunto  della  scienza  e  impossibile, 
—  9.  e  contraddittorio.  —  10.  E  un'  Utopia  negata  dalfatto  —  11.  Non  ba- 
sta  la  giustizia,  —  12.  come  insegna  la  pratica,  —  13.  e  lo  confessano  gli 
economisti  —  14.  Ragione  fondamentale  di  questa  insufficienza  —  15.  L'eco- 
nomista  non  e  teologo,  ma  accetta  la  religione  — 16.  Proposta  di  una  tripar- 
tizione  della  scienza  —  17.  Chiarezza  che  vi  spargerebbe. 

1.  Non  e  chi  ignori  che  le  forze  motrici  dell'uomo,  appetiti,  pas- 
sioni,  volonta  abbisognano  d'  una  precedente  apprensione,  la  quale 
dallo  stato  puramente  potenziale  traggale  alVatto.  Dall'apprensione 
de'  sensi  e  della  fantasia  si  destano  gli  appetiti  e  le  passioni.  La  ra- 
gione  desta  la  volonta,  ma  con  dueprincipii  diversi  •,  vale  a  dire,  o 
coll'  evidenza  del  vero  Bene,  a  cui  la  volonta  si  affeziona  in  forza 

1  Vedi  volume  precedente  pag.  546  e  segg. 
Serie  III,  vol.  IX.  2  16  Dccmftre  1857* 


18  ANALISI  CRITICA  DEI  PUIMI  CONCETTI 

della  sua  natura  •,  o  coll'evidenza  dell'autorita  che  la  inclina  a  tendere 
verso  un  qualche  bene,  anche  non  evidentemente  ravvisato  per  ne- 
cessario.  La  prima  tendenza  e  naturale  e  spontanea  :  la  seconda  in- 
clude per  Io  piu  un  rgerme  d'idea  religiosa  e  solo  dalla  religione 
ottiene  compiuta  efficacia,  non  essendovi,  fuor  di  Dio ,  sulla  terra 
autorita  che  possa  per  se  imporre  alia  volonta  vincoli  legittimi  e  co- 
stantemente  efficaci  per  indurla  ad  operare  quel  bene,  al  quale  na- 
turalmente  essa  non  tende.  Appetite  dunque  cli  soddisfazione,  ten- 
denza ragionevole  al  bene  evidente,  impulso  religiose  a  perfezione 
soprannaturale  sono  i  tre  motori  principal!  della  volonta,  dotati  ri- 
spettivamente  di  caratteri  assai  diversi  tra  loro. 

2.  L' appetito  di  soddisfazione  nasce  nell' uomo  senziente  ed  e 
per  conseguenza  essenzialmente  individuale  e  soggettivo.  Soggetti- 
vo;perche  il  sentire  e  atto  proprio  interamente  del  soggetto  che 
sente:  individuale  per  conseguenza;   non  essendovi  ragione ,  per 
cui  il  senziente  possa  accomunare  ad  altri  la  propria  sensazione. 
Se  a  me  piace  il  dolce,  a  te  pu6  piacere  Y  amaro ;  se  io  abbisogno 
di  yesti  contro  il  freddo,  tu  puoi  abbisognare  di  pane  contro  la  fa- 
me. 11  sentimento  dunque  del  bisogno  e  la  brama  di  soddisfarlo 
(la  qualexcome  motore  economico  suol  dirsi  e  diremo  ancor  noi  w- 
teresse)  include  essenzialmente  una  tendenza  d'egoismo. 

3.  Ma  se  uscendo  dal  Me  senziente,  io  considero  negli  altri  con 
la  ragione  Y  identita  di  natura  e  1'  universale  dipendenza  dal  Crea- 
tore  ed  Ordinatore  di  essa,  eccomi  trasportato  repente  nelle  regioni 
del!'  obbiettivo  ;  dove  ravvisando  alcune  proporzioni  necessarie  ed 
assolute,  indiperidenti  per  conseguenza  da  gusti  o  sensaziohi  mie 
personal!,  mi  sento  legato  per  1'evidenza  del  vero  ad  assentire  col- 
1'intelligenza,  la  quale  trae  dietro  soavemente  la  volonta  e  la  in- 
cbina  all*  ordine  ,  presentandole  in  questo  il  bene  della  giustizia. 
Giustizia  che,  considerata  genericamente  nell'  identita  della  natura 
umana,  stabilisce  frale  persone  tutte  un  principio  di  naturale  ugua- 
glianza  guarentito  dalla  volonta  del  Creatore.  Secondo  questo  prin- 
cipio io  mi  ragguaglio  ad  ogni  altro  uomo;  e  come  voglio  per  me 
il  mio,  voglio  il  suo  ad  altrui. 


DELL'  EGONOMIA  SOCIALE  19 

4.  Fin  qui  la  mia  ragione  tenea  fiso  lo  sguardo  intorno  a  se  sulla 
terra,  e  nell'uguaglianza  di  gli  abitatori  di  questa,  trovava  laragione 
di  uguaglianza  nelle  loro  attribuzioni :  a  ciascuno  il  frutto  delle 
sue  fatiche,  secondo  1'  assioma  sansimoriistico :  A  chaque  capacite 
selon  ses  oeuvres.  Ma  nun  potrebbe  I'uomo  ergere  piu  alto  lo  sguar- 
do e  mirare  nel  sublime  de'  cieli  il  Padre  di  tutt'  i  mortali  e  nel 
cuor  di  Lui  I'  amore  uguale  verso  tutt'i  figli  ?  Se  questo  egli  miras- 
se,  quando  tratta  d'Economia,  sentirebbe  nel  proprio  cuore  all' u- 
guaglianza  delle  leggi  di  rigorosa  giustizia  sottentrare  gl'impulsi 
di  benevolenza  fraterna:  e  invece  dLcommisurare  a  parita  del  la- 
voro  la  parita  della  mercede,  verrebbe  stimolato  a  proporzionare 
T  ampiezzadei  sussidii  alia  gravita  de'bisogni.  Laonde,  senza  cal- 
colare  piu  che  tanto  T  opera  donde  germina  la  ricchezza  ,  calcole- 
rebbe  le  miserie  che  ella  dee  sollevare.  Disgraziatamente  1'  alzare 
cosi  gli  occhi  al  Padre  cbe  e  nei  cieli  non  e  atto,  cui  sia  proporzio- 
nata  la  sola  natura  ,  comunque  ella  possa  ravvisare  ed  ammirare  la 
sublimita  del  concetto  ,  quando  la  degnazione  misericordiosa  di  Dio 
si  compiace  manifestarglielo.  Di  che,  fuori  del  Cristianesimo,  cote- 
sto  motore  ricordato  appena  da  un  languido  eco  di  tradizione  o  dai 
suggerinaenti  di  una  coscienza  vacillante,  e  poco  meno  che  scono- 
sciuto  alle  menti  e  impraticabile  alle  volonta.  Ma  poiche,  sua  merce, 
noi  siamo  nel  numero  di  coloro^  al  cui  orecchio  suono  propizio  1  an- 
nunzio  di  salute,  trasfondendoci  nel  cuore  una  vita  novella  5  poi- 
che  investighiamo  gli  elementi  operativi  di  produzione  e  distribu- 
zione  della  ricchezza  in  una  societa  cristiana^  in  una  societa  cioe  , 
ov'  e  generalmente  diffusa,  merce  la  fede  e  la  grazia,  cotesta  vita 
novella ;  chi  non  vede  che,  nel  rendere  ragione  dello  stato  economico 
della.societa  e  del  modo  con  cui  un  governante  puo  rettamente  or- 
dinarlo,  dobbiamo  tener  conto  di  questa,  come  delle  altre  due  forze 
raotrici  ? 

5.  Abbiamo  dunque  tre  forze  che  possiamo  dire  produttrici  e  re- 
golatrici  della  ricchezza:  V inter esse  che  pensa  al  Me,  la  giustizia 
che  lo  pareggia  agli  altri,  la  pieta  che  da  agli  altri  una  qualche  pre- 
ferenza.  Ricercare  in  qual  modo  un  governante  possa  ottenere,  con 


20  ANALISI  CRITICA  DEI  PRIMI  CONCETTI 

adoperare  in  varie  proporzioni  coteste  tre  forze  motrici,  Fordinato 
andamento  de'  pubblici  averi,  e,  a  parer  nostro,  1'  assunto  precipuo 
della  Economia  sociale. 

6.  Tale  non  e,  lo  sappiamo,  il  parere  di  molti  economist! ,  come 
u Jimmo  nel  precedente  articolo  dal  Gamier.  Persuasi  com'  essi  sono 
chegl'interessi  individual!  hanno  tendenza  armonica  e  sociale,  poco 
assegnamento  essi  fanno  sulla  fraternita  e  sul  sacrifizio  volontario : 
e  noi  non  sappiamo  biasimarneli ,  finche  si  tratta  della  fraternita  e 
del  sacrifizio  de'  SOCIALISTI.  Le  prove  date  da  costoro  dell'una  e  del- 
1'altro  sono  tali,  che  giustificano  pienamente  la  poca  fiducia  degli 
economist!.  Ne  poteva  essere  altrimenti ,   posto  che  il  Socialismo 
odierno  inchiude  un'  espressa  negazione  del  vero  Cristianesimo  che 
e  solo  nel  Cattolicismo. 

Ma  perch6  il  Socialismo,  plagiando  ipocritamente  il  linguaggio 
cattolico,  pronunzia  de'  vocaboli  che  in  bocca  sua  divengono  sterili 
e  derisorii,  dobbiamo  noi  forse  inferirne  per  conseguenza  che  1'Eco- 
nomia  dee  ricusare  1'  impiego  serio  di  forze  reali  e  feconde?  Strana 
Economia  sarebbe  cotesta  che  rifmtasse  la  moneta  e  le  banconote , 
perche  dai  falsarii  vengono  alterate  e  contraffatte.  Se  V  economista 
di  Francia  non  conosce  o  non  ha  fede  nel  Cattolicismo,  e  naturalis- 
simo  che  non  faccia  assegnamento  alcuno  sulla  fraternita  e  sul  sa- 
crifizio spontaneo,  non  ostante  i  numerosi  e  portentosi  esempii  che 
la  patria  sua  gliene  presenta.  Ma  noi  che  nella  societa  italiana  veg- 
giamo  tutta  la  mote  agitata  da  quello  spirito  nobilissimo  1,  crede- 
remmo  fallire  al  debito  di  buon  filosofo,  se  pretendessimo  spiegare 
i  fenomeni  economici,  strozzando  prima  nella  societa  nostrail  prin- 
cipalissimo  dei  suoi  motori,  quello  che  forma  il  compimento  della 
societa  nell'  ordine  mondiale,  e  che  solo  rende  possibile  1'  effettua- 
zione  compiuta  del  gran  disegno. 

7.  Si,  lettore  gentile,  va  proprio  cosi  questa  bisogna:  e  in  un 
tempo  di  tanta  prevalenza  del  naturalisrno  razionalistico  non  vi  di- 
spiacera  che  invochiamo  sopra  tale  oggetto  istantemente  la  vostra 

1  Mens  agitat  molem  et  magno  se  corpore  miscet.  VIRGILIO. 


DELL'  ECONOMIA  SOCIALE  21 

attenzione.  Gli  uomini  civili,  i  Gristiani  europei,  e  molti  eziandio  di 
coloro  che  si  dicono  e  forse  si  credono  cattolici,  si  sono  lasciati  tal- 
mente  invasare  dal  naturalismo,  talmente  inebbriare  dalla  potenza 
della  civilta,  cbe  sperandone  ogni  gran  cosa,  vorrebbono  sbandirne 
tutte  le  considerazioni  soprannaturali  e  trovare  una  societa  perfetta 
nei  puri  element!  di  natura.  Costoro  ripetono  co!  Gamier  che  1'  in- 
teresse  conduce  alia  giustizia,  che  la  tendenza  degl1  interessi  indi- 
viduali  e  armonica  e  produce  da  se  stessa  un  retto  organamento 
sociale. 

8.  Ora,  dopo  il  poco  che  abbiamo  detto  intorno  allo  scopo  dell  Eco- 
nomia  pubblica,  non  ci  vuole  gran  valentia  di  logica  per  dimostrare 
I'assurdita  di  cotesto  loro  teorema.  Qual  e  secondo  il  gia  detto  lo 
scopo  di  cotesta  scienza?  Stabilire  le  leggi,  mediante  le  quali  I'  ope- 
rare  di  una  societa  produce  e  ripartisce  rettamente  la  ricchezza  in 
modo  che,  salvo  a  ciascuno  il  libero  impiego  di  sue  forze  e  il  frutto 
delle  forze  impiegate,  non  vi  sia  cui  manchi  il  convenevole  sosten- 
tamento.  Cotesto  scopo  include,  non  e  chi  nol  veda,  due  termini, 
che  nel  sistema  dell' interesse  sono  essenzialmente  opposti;  vale  a 
dire,  lavorare  per  interesse  e  lavorare  per  altrui.  Essendo  T inte- 
resse essenzialmente  personale  e  soggettivo,  tende  necessariaraente 
a  lavorare  per  se  solo.  Per  altra  parte,  essendo  la  societa  un  im- 
menso  aggregato  di  personal}  disuguaglianze,  ella  somministra  in 
ogni  ordine  di  potenze  il  contrapposto  della  forza  e  della  debolez- 
za:  contrapposto,  nel  quale  il  piu  debole  non  pu6  sussistere  e  usare 
liberamente  le  forze,  se  non  in  quanto  riceve  in  varie  proporzioni 
un  qualche  aiuto  dal  forte.  Qualunque  sia  il  ramo  in  cui  si  esercita 
cotesta  forza,  il  bisogno  opposlo  si  distende  in  gradi  svariatissimi 
dalla  mediocrita  all'estremo  della  privazione,  e  quando  e  giunto  a 
quest' ultimo  termine,  nulla  o  quasi  nulla  pu6  con  le  proprie  forze ; 
tutto  o  quasi  tutto  deve  aspettare  dalle  altrui:  I'infermo  agoniz- 
zante  bbbisogna  del  sano  e  robusto,  il  mendico  affamato  del  ricco, 
lo  stupido  crelino  dell'assennato  e  via  discorrendo.  Ponete  questo 
estremo  di  debolezza  in  una  societa  ove  I' interesse  sia  il  motore 
universale,  e  diteci  se  e  piu  possibile  una  giusta  proporzione  tra 
le  forze  impiegate,  il  frutto  raccolto,  i  bisogni  sentiti? 


22  ANAL1S1  CR1T1CA  DEI  PR1MI  CONCETTI 

9.  L'  interesse,  siccome  quello  che  nasce  dalla  brama  di  senlire 
yradevolmente ,  esclude  necessariamente  ogni  lavoro  penoso,  sug- 
gerendo  per  conseguenza  a  chi  puo  oLLenerle,  di  adoperare  in  suo 
pro  le  fatiche  altrui :  per  1  opposto  include  la  brama  indefmita  di 
godimenti,  rendendo  impossibile  che  un  ricco  abbia  mai  il  super- 
fluo.  La  tendenza  dunque  degl'  interessi  conduce  inevitabilmen- 
te  in  uiia  societa  i  riccbi  a  volere  in  loro  pro  1' opera  dei  poveri  col 
minimo  dispendio.  Stabilito  universalmente  un  tale  intento  fra  i  po- 
tenti  di  una  societa,  e  facile  il  vedere  se  sia  giammai  sperabile  quella 
equa  ripartizione,  per  cui  il  libero  uso  delle  forze  produce  a  ciascu- 
no  il  congruo  sostentamento.  Efletto  senza  causa  ripugna.  Ora  do- 
ve troverete  voi  una  causa  perche  il  ricco  doni  il  proprio  ad  altrui, 
quando  avete  stabilito  motore  universale  quell'  interesse  che  tende  a 
trarre  T  altrui  verso  di  se  *  ?  Mi  direte  che  T  uomo  sente  gradevol- 
menle  anche  senza  interesse  di  dunaro,  quando  e  ricompensato  dal- 
le lodi,  dalla  gratitudine,  dall'  amore,  dalla  coscienza  d'  aver  fatto 
il  bene :  stimoli  tutti  a  sacrificare  in  pro  d'  altrui  qualche  parte  del 
proprio  (il  che  in  sostanza  e  un  dirci  che  universal  motore  non  e 
1'interesse).  Mi  aggiungerete  che,  se  i  ricchi  non  sacrificheranno  una 
parte,  correranno  pericolo  di  vedersi  involato  il  tutto.  Che  per  con- 
seguenza anche  sotto  1'  universale  influenza  dell'  interesse  la  ric- 
chezza  pu6  venire  ripartita  equamente  o  per  amore  o  per  timore. 


1  Troviamo  nelP  ARHONIA  dei  5  Novembre  1857  un  curioso  catechismo  at- 
tribuito  agli  anglo-americani,  ma  che  crediamo  proprissimo  di  quella  ignohile 
parte  di  qualunque  societa,  che  prende  per  guida  Putilismo.  Eccone  il  con- 
testo : 

—  Che  cosa  e  la  vita  ? 

—  Un  tempo  per  gyadagnar  denari. 
— •  Che  cosa  e  il  denaro  ? 

—  Lo  scopo  della  vita. 

—  Che  cosa  e  I' uomo  ? 

—  I7ho  macchina  per  guadagnar  denari. 
—-Che  cosa  e  la  donna  ? 

—  Una  macchina  per  ispendere  denari  eccetera. 


DELL'  ECONOMIA  SOCIALE  23 

10.  Ma  questa  b  una  di  quelte  risposte;  con  cui  V  immaginazione 
s'  ingegna  di  acquetare  la  ragione  ,  svolazzando  al  fioco  barlume 
delle  possibilita,  invece  di  piantare  saldi  i  passi  nelle  vie  del  mon- 
do  reale.  Ella  ricorda  le  commozioni  filantropiche  di  quarlche  cuor 
romanzesco,  i  timori  momentanei  di  qualche  tumulto  demagogico: 
e  scorgendo  in  cotesti  trepidi  momenti  il  ricco  epicureo  svegliarsi 
dal  sonno,  aprire  la  borsa  e  gittare  qualche  scudo  in  bocca  ad  una 
compassione  teatrale  o  ad  un  Cerbero  latrante,  ella  crede  che  la  so- 
cieta  possa  vivere  continuamente  o  tra  le  sdolcinature  della  filan- 
tropia  o  tra  gli  spaventi  delle  sedizioni.  Ma  ci  vuol  altro  cbe  cote- 
ste  subite  paure  o  mostre  di  tenerezza  peristabilire  on  ordine  socia- 
le!  Questo  dee  risultare  da  quella  ferma  e  costante  risoluzione  della 
Ragione  legislatrice  che,  scevra  da  timore  o  da  affetto,  mira  a  com- 
piere  1'effettuazione  dell'ordine  in  tutta  la  macchina  sociale.  Se  co- 
testa  ragione  medesima,  invece  di  muoversi  per  amore  dell'  ordi 
ne,  6  strascinata  dall'  universal  Hfotore,  T  Interesse;  sapete  che  co- 
sa  sara  il  Governo?  Sara  un'accorta  combinazione  aristocratica,  un 
calcolo  studiato  per  determinare  con  quali  arti  e  fino  a  qual  segno 
la  cospirazione  dei  ricchi,  dei  forti ,  degli  astuti  potra  comprimere 
il  tumultuare  dei  poveri ,  dei  deboli ,  degli  stolidi,  inanimito  dal 
numero  e  guidato  da  qualche  Masaniello  .  Calcolato  accortamente 
il  valore  dell'argine  che  si  vuole  opporre  a  cotesta  moltitudine,1  si 
blandira  parte  di  essa  che  somministra  i  materiali  necessarii  per  co- 
struire  quell' argine,  e  il  rimanente  sara  destinato  al  proletariate , 
alia  carcere,  alia  schiavitu,  al  macello,  ad  essere  insomma  o  iloto  a 
Sparta,  o  paria  tra  i  Bramini,  o  negro  agli  Stati  Uniti,  o  indo  a  Cal- 
cutta, o  irlandese  a  Londra.  I  fatti  sono  notorii  e  dimostrano  piu 
assai  che  la  nostra  tesi  non  chiede:  perocch^  tutte  cotes tespietate 
e  vergognose  oppression! ,  1*  Interesse  le  eserdta  in  societa  ,  ove  i 
principii  di  umantta  ancor  suonano  come  eco  di  tradizione  antica , 
o  come  rimbombo  della  cattolica  armonia,  al  suono  della  quale  il 
sozzo  epicureismo  ancor  sente  un  qualche  rossore  e  corre  con  le 
mani,  se  gli  riesce,  a  coprirsi  lafaccia.  Or  che  sarebbe  una  socie- 
ta, ove coscienza ,  onoratezza,  pieta,  relrgione  e,  per  dir  tutto  in 


24  ANALISI  CR1TIGA  DEI  PRIMI  CONCETTI 

una  parola,  sentimento  cattolico  piu  non  serbasse  una  qualche  in- 
fluenza o  come  legislature  aritico,  o  comerivale  presente? 

E  fatto  storico  e  ragione  filosofica  sono  dunque  concordi  nel  di- 
mostrarci  che  uria  societa  governata  &a\Y universale  motore  Inleres- 
se,  non  puo  senza  contraddizione  sperare  un'equa  ripartizione  degli 
averi  per  modo,  che  ciascuno  sia  libero  nel  lavoro,  sicuro  nel  rac- 
coglierne  il  frutto,  soddisfatto  in  ogni  urgente  bisogno. 

\  \ .  Eppure  questa  equita  di  ripartizione  debb'  essere  F  assunto 
dell'  Economia  sociale  •,  questa  e  cio  che  realmente  si  propongono , 
piu  o  meno  esplicitamente ,  gli  economisti.  Dunque  un'  Economia 
che  presenti  i  fenomeni  della  produzione  e  ripartizione  di  ricchezza 
soltanto  sotto  gl'  impulsi  dell'  interesse,  e  una  scienza  che  si  propo- 
ne un  problema  cui  ella  non  puo  risolvere.  Ne  trovera  mai  la  for- 
za  necessaria  per  giungere  al  risultamento  che  pretende,  se  non  am- 
mette  oltre  F  Interesse,  le  altre  due  potenze  motrici,  giustizia  e  pie- 
ta.  Tulte  e  due,  diciamo ;  giacche  la  stessa  giustizia  rigorosa  ed  e- 
satta  basterebbe  bensi  ad  introdurre  nella  societa  la  riverenza  al  di- 
ritto,  ma  giungerebb'  ella  ad  ottenere  soccorso  al  bisogno?  In  altri 
termini,  colui  che  dice:  «  io  non  rapisco  1'altrui  »  e  egli  disposto 
perci6  a  donare  il  suo  ?  Non  e  chi  non  veda  il  gran  divario  che  an- 
cora  passa  tra  giustizia  e  benevolenza.  Eppure  se  la  societa  non 
giunge  a  dare  anche  a  questa  la  sua  giusta  influenza,  se  non  giunge 
a  dire :  «  diamo  a  chi  di  nulla  ci  ricambia  »  ,  il  problema  economic© 
non  giungera  alia  soluzione. 

12.  E  potete  vederlo  praticamente  in  tutte  le  speciali  applicazioni 
di  cotesto  problema,  le  quali  formano  oggi  il  rovello  degli  economisti, 
come  vSalarii ,  paunerismo  ,  lusso  ,  macchine  ecc.  :  in  ciascuno  de' 
quali  anche  F  elemento  di  giustizia ,  se  vi  s'  introduca  solo  e  nell'  in- 
flessibile  sua  rigidezza  ,  difficilmente  potra  mitigare  le  spietatezze 
dell' interesse  ed  assicurare  alia  natura  la  soddisfazione  di  sue  do- 
mande.  Infatti  manca  egli  alia  giustizia  rigorosa  quell' impresario 
che  accetta  dal  manuale  a  minimo  prezzo  F  opera  giornaliera?  E 
il  ricco  e  egli  strettamente  obbligato  per  giustizia  al  sovveni- 
mento  di  questo  o  di  quel  misero  ?  Se  il  lusso  toglie  il  pane  ai 


DELL'  ECONOMIA  SOCIALE  25 

poveri ,  sapra  la  giustizia  fissare  que'  limit! ,  oltre  i  quali  il  lusso 
e  colpevole?  Se  una  macchina  nuovamente  inventata  gittaallo  scio- 
pero  una  popolazione,  correra  la  giustizia  ad  incendiare  quell'  opi- 
ficio  per  assicurare  all'  artiere  la  sussistenza  ?  In  tutte  coteste  col- 
lision! 1'economista  ravvisa  una  classe  di  danneggiati,  la  compati- 
sce,  ma  non  pu6  far  di  meglio,  e  Tunica  speranza  di  cui  ci  con- 
sola,  e  quella  «  Cotesto  e  male  necessario;  passera  con  danno  dei 
present!  e  lascera  abbondanza  pei  futuri.  »  Or  credete  voi  che  i 
presenti^  cotesti  poveri  presenti  C\\Q  s[.a.n  morendo  di  fame,  non  sie- 
no  compresi  anch'  essi  in  quella  legge  di  equa  ripartizione,  secondo 
la  quale  la  ricchezza  materiale  dee  procacciare  ad  ogni  membro 
della  societa,  mediante  lavoro  corrispondente,  il  congruo  sostenta- 
mento?  A  noi  pare  che  una  rejta  Economia  pubblica  debba  anzi  tut- 
to  assicurare  la  vita  a  chi  gia  vive,  e  non  gia  sacrificare  i  vivi  all'agia- 
tezza  dei  nascituri.  E  se  nei  soli  impulsi  dell'  interesse  ella  non 
trova  una  forza  sufficiente  per  risolvere  il  suo  problema,  ella  dee  ri- 
conoscere  che  parte  essenziale  della  scienza  debbono  dirsi  anche 
gl'  impulsi  superior!  all'  interesse ,  giustizia  e  religione.  Lo  rico- 
nosce ,  autorita  non  sospetta ,  lo  stesso  Blanqui  nell'atto  appunto 
che  sta  vituperando  come  ignorante,  oscurante,  lentigrado,  il  clero 
cattolico.  La  religione  ,  dice ,  e  la  sola  che  possa  ben  risolvere  le 
quistioni  economiche  da  lei  medesima  proposte  :  11  y  a  des  questions 
d'economie  politique  qui  demeureront  insolubles  tant  qu'elle  (la  reli- 
gion) n'  y  mettra  pas  la  main,  ^instruction  populaire,  LA  REPAR- 
TITION EQUITABLE  DES  PROFITS  DU  TRAVAIL,  la  reforme  desprisons,  les 
progres  de  T  agriculture  et  bien  cT  autres  problemes  encore  ecc.  i. 
Vedete  potenza  della  verita !  Un  economista  incredulo  e  socialista 
riconosce  non  esservi,  fuori  della  religione,  una  giusta  soluzione  di 
molti  e  gravissimi  problem!  economic!  5  e  un  economista  cattolico 
pretenderebbe  scrivere  Economia  sociale  senza  dipendenza  dalla  re- 
ligione? Scrivere  Economia,  escludendo  quell' elemento  che  e  neces- 
sario,  a  parer  del  Blanqui,  per  risolverne  le  piu  gravi  quistioni  P 

i.  BLANQUI  Histoire  de  V  Economie  politique,  Parigi  1852,  t.  1,  pag.  152. 


26  ANALISI  CRITICA  DEI  PR1MI  CONCETTI 

Delia  potenza  del  quale  elemento  oh  quanti  ammirabili  esempi* 
potremmo  recare  in  mezzo,  se  la  brevita  d'  un  articolo  eel  permet- 
tesse !  Ma  a  costo  di  fare  strillare  il  tipografo,  vogliam  recare  alme- 
no  quello  attualissimo  che  troviamo  nella  Regeneration  di  Madrid 
(29  OUobre  1857).  non  solo  perche  i  fatti  correnti  allettano  mag- 
giormerite  j  ma  anche  perche  e  la  materia  e  gli  attori  lo  rendono 
poco  meno  che  miracoloso. 

Dei  quattro  punti  che  poc'  anzi  abbiamo  accennati  non  crediamo 
che  ve  ne  abbia  uno  o  piu  fuaesto  all'  equa  ripartizione ,  o  piu  ri- 
troso  ad  ogni  medicina  dei  politici  economisti  che  il  luiso,  piaga 
desolatrice  della  societa  moderna.  Quante  ne  hanno  studiate  gli  e- 
conomisLi  per  medicarla !  Mal'ultima  conclusionee  sempre  quellac. 
e  leggi  suntuarie  nulla  valgoao,  nulla  giovuno. 

Orbene  sapetevoi  la  nuova?  In  Bajona  uno  scelto  numerodi  da- 
me piu  illustri  hanno  formata  un'  associazione  con  1'intenlo.  .  .  .  (let- 
tor  mio,  aprite  tanto  d'occhi  e  fatevi  le  croci)  con  1'intentodi  com- 
battere  il  lusso  negli  abbigliamenti !  Or  dite  su,  lettore  ,  non  e  egli 
cotesto  proprio  un  miracolo  a  cui  non  valse  tutta  la  potenza  roma- 
na?  Noi  non  sappiamo  se  la  societa  otterra  appieno  il  suo  intendi- 
mento,  come-1'  ottenne  in  allro  genere  di  vizio,  in  altra  classe  di 
persone,  in  altri  popoli  la  societa  di  lemperanza ;  la  quale  potrebbe 
confermare  essa  pure  la  nostra  asserzione  \  ma,  riesca  o  no,  il  solo 
mostrarci  nel  sesso  gentile  in  materia  per  lui  si  gelosa  la  risolu- 
zione  di  combattere  il  lusso,  non  prova  egli  quanta  sia  la  forza  del 
sentimento  religioso  in  favore  degl'  interessi  economki?  Ese ,  co- 
me sogliono  coteste  intraprese  in  Francia  ,  la  societa  altecchisse  e 
propaginasse  ^  se,  come  augura  1'  egregio  e  cattolico  giornale  spa- 
gnuolo,  valicando  i  Pirenei  si  trapiantasse  in  Castiglia  5  se  tra  gl'  I- 
taliani ,  imitatori  purtroppo  ,  e  si  pazzi ,  dei  figurini  e  delle  mode 
francesi ,  si  trovassero  imitatrici  savie  delle  dame  di  Bajona^  se  a 
poco  a  poco  crollasse  cotesto  idolo  della  Moda  cheingoia,  come  un 
Moloch  ,  tante  famiglie  de'suoi  adoratori ;  chi  non  vede  1'  immensa 
rivoluzione  economica  che  verrebbe  quietamente  operata  in  tutto  il 
mondo  incivilito?  E  una  causa  capace  di  produrre  effetti  si  estesi , 


DELL'  ECONOMIA  SOCIALE  27 

si  meravigliosi,  si  vantaggiosi,  nell'  ohbietto  della  scienza  economi- 
ca,  si  verra  a  raccontarci  non  far  parte  di  cotesta  scienza?  Sarebbe 
proprio  come  dirci  che  il  maneggio  dell'artiglieria  o  delle  mine  non 
deve  far  parte  di  un  corso  di  arte  militare. 

Lo  vedete,  lettore-,  o  rEconomia  e  una  scienza  incapace  di  ri- 
solvere  il  problema  fondamentale  che  ella  stessa  ha  proposto-,  o  un 
trattato  compiuto  d'Economia  sociale  dee  mettere  tra-le  mani  del 
pubblico  ordinatore ,  oltre  la  forza  dell'  interesse ,  altre  potenze 
capaci  d'  introdurrenella  societa  quell' ordine  che  per  solo  interesse 
riuscirebbe  impossibile.  Ora  quest' ordine  non  pu6  ottenersi  senza  il 
sentimento  di  giustizia  e  d'amore,  il  quale  nella  societa  cristiana  e 
carita.  Dunque  un  buon  trattato  d'  economia  dee  ricorrere  a  cote- 
ste  tre  potenze  motrici  e  additare  al  governante  in  qual  modo  egli 
debba  adoperarle  per  giungere  allo  scopo  di  veder  soddisfatto  ra- 
gionevolmente  ogni  bisogno ,  libero  ogni  braccio,  frutfifero  ogni 
lavoro.  Ci6  non  vuol  dire  che  ella  debba  costituire  il  pubblico  am- 
ministratore  arbitro  della  giustizia  o  capo  della  religione;  come  non 
lo  eostituisce  negoziante  o  artefice,  quando  gU  insegna  qual  partito 
abbia  a  trarre  dalle  tendenze  del  commercio  e  dell' industria.  Vuol 
dire  sol  tan  to  che,  assumendo  come  lemmi  o  comefatti  il  sentimento 
giuridico  e  il  religioso,  la  scienza  dee  considerarne  e  misurarne  le 
influenze  economiche. 

13.  Dall'avere  escluso  questi  elementi'  necessarii  e  nata  1'  impo- 
tenza  degli  economisti  nell'  attenere  le  loro  promesse  ed  appagare 
le  nostre  speranze;  e  (sia  detto  a  lode  di  loro  sincerita)  essi  stessi 
molte  volte  lo  riconoscono,  confessando  che  la  sola  Economia  non 
pu6  sciogliere  il  gran  problema  sociale.  Ci  occorreranno  molti  casi, 
in  cui  dovremo  dagli  economisti  stessi  udire  di  queste  confessioni. 
Per  ora  contentiamoci  di  recarne  due  sole  di  uomini  tali,  che  hanno 
tra  gli  economisti  meritata  autorita  di  maestri  e  seggio  onorevble. 
"II  primo  eil  Rossi  nella  seconda  lezione  del  primo  tomo,  ove  con 
mirabile  candore  e  chiarezza  comincia  dal  confessare  che  1'Economia 
politica  e  una  scienza  sui  generis  1  :  che  si  orcupa  solo  dell'  arric- 

1  Seconds  edizionr,  tomo  1,  pag.  31. 


28  ANAL1SI  CRITICA  DEI  PRIMI  CONCETTI 

chire  e,  considerata  secondo  1'oggetto,  dee  distinguersi  dalla  scien- 
za  della  felicita  e  da  quella  del  perfezionamento  morale.  Yolete 
godere?  Volete  perfezionarvi  ?  In  tal  caso  dovrete  adoperare  dei 
mezzi  molto  superior!  a  quelli  che  v'  insegna  1'  Economia  politica ; 
la  quale  altro  non  e  che  la  scienza  di  acquistar  ricchezze:  Qui 
veut  settlement  acquerir  *.  Voi  vedete  qui  dunque  una  schietta 
confessione  ,  che  coi  mezzi  suggeriti  dall'  Economia  pubblica  non 
si  ottiene  ne  felicita ,  ne  perfezione  morale :  che  anzi  ( lo  confessa 
altrove  1' Autore)  il  bene  morale,  il  bene  politico  esigono  molte  volte 
delle  eccezioni  a  quelle  leggi  che  egli  insegna  di  politica  Economia. 
Ma  se  ella  non  procura  il  bene  della  societa,  perche  ehiamarlapoft- 
tica?  E  se  volete  chiamarla  politica  ,  cioe  conducente  al  beneso- 
ciale  ,  perche  non  somministrarle  que'  mezzi  che  a  tal  uopo  con- 
fessate  necessarii  voi  medesimi?  \o\  annoverate  tra  i  fatti  fonda- 
mentali  di  questa  scienza  gl'  istinti  di  proprieta  ,  1'inclinazione  al- 
1'associazione,  1'antiveggenza  del  risparmio  2  e  simili :  perche  non 
annoverare  eziandio  e  il  sentimento  di  giustizia  ,  senza  cui  1'  asso- 
ciazione  sarebbe  impossible,  e  i  sentimenti  di  pieta  e  di  religione 
che  tanto  influiscono  in  tutto  1'  operare  sociale?  Qualcuno  rispon- 
derebbe  forse  che  cotesti  fatti  appartengono  ad  altre  scienze  :  ma 
cosi  certo  non  risponderebbe  il  Rossi,  il  quale  riconosce  che  anche 
i  precedent  Economia  li  riceve  in  compagnia  di  altre  scienze  3 
ne  per6  cessano  d'  essere  proprii  anche  di  lei.  E  in  vero  ,  se  un 
fatto  e  necessario  per  ispiegare  Tobbietto  della  scienza,  e  chiaro  che 
dee  formarne  parte.  Quello  che  il  Rossi  risponde  e  che,  non  e  an- 
cora  giuntoil  momento  di  riunirein  una  sola  tutte  le  scienze  mo- 
rali  e  politiche  colla  potenza  della  sintesi  4.  Ma  non  e  questo  cio 

1  Ivi  pag.  28. 

2  L' economic  politique  part  essentiellement  de  ces  donnees:  notre  puissance 
sur  les  chases  au  tnoyen  du  travail ,  notre  penchant  a  I'epargne  si  un  interet 
suffisant  nous  y  pousse;  notre  penchant  d  mettre  en  commun  notre  activite  et 
nos  forces;  nos  instincts  de  propriete  et  d'echange.  (L.  c.  pag.  31 ). 

3  Bien  que.  . . .  ces  faits  lui  soient. . . .  communs  avec  d'autres  sciences  (L.  c.) 
•4  Le  moment  est  il  arrive  de  reunirt  par  une  puissante  synthese  toutes  les 

sciences  morales  et  politiques  en  une  seulel , , ,  Nous  en  doutons.  (L,  c.pag.  36). 


DELL'  ECONOMIA  SOCIALE  29 

che  noi  domandiamo:  noi  non  chiediamo  al  presente  1'unitadi  tutte 
le  scienze  moral!  ,  ma  si  il  compimenlo  dell'Economia  politica.  Se 
questa  ricerca  la  natura  ,  le  cause  ,  il  tramutarsi  della  ricchezza , 
appoggiandosi  su  i  fatti  general!  e  costanti  della  natura  umana  * ; 
se  fatti  general!  e  costanti  di  questa  natura  sono  Famore  di  giusti- 
zia,  la  pieta,  la  religione,  non  meno  che  il  risparmio  o  la  socialita; 
se  i  primi  fatti  al  pari  dei  second!  influiscono  alia  produzione  e  al 
girare  della  ricchezza-,  perche  ammettere  i  second!  e  ricusare  i 
primi ,  mentre  riconoscete  voi  medesimo  che  senza  quest!  non  puo 
ottenersi  la  felicita  politico  ,  scopo  essenziale  delle  scienze  socia- 
li?  E  ci6  in  quel  momento  appunto,  in  cui,  come  voi  dite,  tuttala 
societa  e  commossa  per  le  influenze  e  per  gl'incrementi  della  scienza 
economica  2? 

Ma  tant'e!  TEconomia  politica  ha  da  essere  scienza  unicamente 
dell'acquistare  ricchezza :  a  costo  di  non  potere  n6  spiegare  il  trasfe- 
rirsi  d'uno  in  altro  della  ricchezza,  ne  suggerire  i  mezzi  d'un'equa 
ripartizione.  La  confessione  medesima  potete  udirla  da  un  altro  lu- 
minare,  autore  di  molt!  articoli  nel  Dictionnaire  d'Economie  politi- 
que, il  Cherbuliez ;  il  quale  nell'articolo  Pauperisme  riconosce  fran- 
camente  che  in  questa  tremenda  questione  del  pauperismo,  1'Eco- 
nomia  non  ha  suggerimenti,  se  non  negativi  3.  Ella  ricusa  1'inter- 
venimento  dello  Stato,  non  vuolsi  sentire  parlare  d'organizzazione 
del  lavoro  e  d'altre  simili  utopie  :  ma  coteste  negazioni  non  sciol- 
gono  il  prohlema,  solo  c'insegnano  che  ancor  non  e  sciolto  •*. 


1  L'economie  politique  rationelle,  c'est  la  science  qui  recherche  la  nature, 
les  causes  et  le  mouvement  de  la  richesse  en  se  fondant  sur  les  fails  generaux 
et  constants  de  la  nature  humaine  et  du  monde  exterieur  (Rossi  Cours  a' Eco- 
nomic politique.  Deuxieme  lecon  pag.  35 ). 

2  Tout  rend  lemoignage  aujourd'  hui  du  haut  rang  que  la  science  economi- 
que  doit  occuper  dans  I'ordre  des  sciences  sociales  ....  Les  votes  nouvelles  ou  il 
entraine  les  societes  .  .  .  les  souffranees  qu'  il  occasionne.  (L.  c.  Introduction). 

3  L'economie  politique  ne  fournit  guere,  sur  la  question  du  pauperisme,  que 
dcs  enseignements  negatifs  (Pauperisme  pag.  338). 

4  Elles  nous  apprennent  seulement  qu'il  n'est  pas  resoZu  ( Ivi ). 


30  ANALISI  CRITICA  DEI  PRIM!  CONCETTI 

—  Ma  dunque? Dunque  il  rimeclio  d"l  pauperismo  dee 

forse  cercarsi  nelle  influenze  moral!  e  in  un  cotal  modo  speciale  di 
esercitare  la  carita  verso  i  poveri  :  questo  modo  peraltro  non  ap- 
partenendo  alia  scienza  economica,  a  noi  non  tocca  indicarlo. 

A  voi  non  tocca  indicarlo?  Ma  non  insegnate  voi  Economia  poli- 
tical E  questa  scienza  non  ha  ella  per  iscopo  di  studiare  il  tramu- 
tarsi  della  ricchezza  e  le  leggi  per  ripartirla  equamente?  Ora  qual 
cosa  piu  contraria  all'  equita  che  il  condannare  intere  classi  di  po- 
polazione  allo  strazio  costante  dell'oppressione,  della  fame,  dell'ab- 
brutimento?  A  questo  voi  scorgereste  un  rimedio  nella  morale  e 
nella  carita  cattoliea :  ma  per  non  introdurre  cotesti  element!  nella 
scienza  ,  condannate  questa  all'  obbrobrio  dell'incapacita  e  ne  con- 
fessate  voi  stesso  1'impotenza  ! 

Torneremo  forse  altra  volta  sopra  questo  tema  gravissimo :  per  ora 
bastino  queste  due  confession!  a  confermare  la  nostra  asserzione,  es- 
sere  la  scienza  economica  monca  ed  impotente  a  sciogliere  que'pro- 
blemi,  sepretende  mutilar  1'uomo,  sottoponendolo  tutto  al  supremo 
motore  INTERESSE. 

Ma  se  ella  si  vede  impotente  a  sciogliere  que'  problem!  ,  perche 
proporli  ?  Pereh&  assumere  a  suo  c6mpito  1'  equa  ripartizione  della 
riccbezza? 

'  Sebbene ,  Dio  volesse  cbe  fosse  sola  impotenza!  ma  il  peggio  e 
cbe  gli  economisti  dalla  falsita  del  principio  furono  strascinati  a 
poco  a  poco  non  solo  a  trascurare  le  forze  piu  vive  e  vitali  di  giu- 
stizia  e  di  carita  cristiana  ,  ma  a  considerarle  positivamente  come 
nemiche  agl'  incrementi  della  riccbezza  e  del  pubblico  bene.  Se 
pure  non  vogliamo  dire  per  1'opposto  cbe,  essendo  stati  i  primi  cul- 
tori  di  questa  scienza  preoccupati  dab"  avversione  alia  religione  ed 
alia  Chiesa,  la  loro  teofobia  gli  abbia  indotti  a  mut.ilare  pift  presto 
la  loro  scienza  prediletta,  cbe  accettare  ed  introdurvi  quello  che 
vedeano  pur  necessario  per  compierne  il  disegno  ,  quando  era 
mestieri  mutuare  sussidii  dal  Cattolicismo.  Checche  sia  della  vera 
causa  di  tale  mutila/ione,  il  certo  e  che  la  libera  produzione  e  Fequa 
ripartizione  della  ricchezza  richiede  il  concorso  di  coteste  tre  forze  : 


DELL'  ECONOMIA  SOCiALE,  31 

ed  e  tale  1'  evidenza  di  cotesto  vero,  che  udremo  piu  volte  gli  econo- 
mist! medesimi  arrestarsi  a  mezzo  delle  loro  teorie,  riconoscendosi 
incapaci  di  proseguirne  lo  svolgimento  coi  soli  principii  da  loro 
abbracciati :  simili  a  que' materialists,  del  quali  parlava  il  De  Maistre, 
che  all' imbattersi  in  uu  problema,  cui  la  sola  materia  non  pu6 
risolvere  ,  s'iiichinano  con  ipocrita  modestia  confessandosi  igno- 
ranti  per  non  divenire  spiritualist!.  Ma  qual  razza  di  filosotia .  e 
cotesta  che  finge  non  vedere  le  cause  per  non  essere  costretta  ad 
ammetterle? 

Lo  stesso  diremo  ancor  noi  all'Economia.  Se  il  libero  uso  delle 
forze  e  T  equa  ripartizione  della  ricehezza  e  il  tuo  problema  fonda- 
mentale-,  se  per  risolverlo  e  necessario,  oltre  1'interesse,  il  sentiraen- 
to  di  giustizia  e  il  sacrifizio  dell'eroismo  religioso;  perch&  non  in- 
vestigare  anche  la  forza  di  questi  sentimenti  rispetto  alia  produ- 
zione  e  ripartizione  ,  invece  di  arrestarti  nell'  impotenza  dell'  inte- 
resse  ?  Perche  cancellare  per  meta  il  disegno  divino,  e  dirnezzare  la 
natura  umana,  riducendola  a  puro  animale  ? 

14.  A  quesla  misera  mutilazione  ed  impotenza  sara  sempre  ri- 
dotta,ogiii  scienza  umana,  quando  assumera  1'empio  e  stolido  pro- 
ponimento  di  spiegare  la  macchina  senza  ammettere  il  disegno del- 
1'artefice  ,  di  rendere  ragione  delluniverso  negamdo  quel  fine  supre- 
mo, per  cui  esso  dal  Creatore  fu  prodotto.  Questo  Artefice  supremo 
non  diede  alia  natura  umana  quella  perfezione  compiuta  cheavreb- 
be  prodotto  il  suo  riposo  assoluto  sulla  terra,  perche  divisava  som- 
ministrarle  nuove  forze  seprannaturali,  con  le  quali  giungesse  a 
perfezionarsi  in  una  esistenza  ultramondiale.  Se  tale  fu  il  disegno 
del  Creatore,  e  chiaro  che  le  forze  puramente  natural!  (molto  meno 
poi  gli  appetiti  puramente  animaleschi)  mai  non  formeranno  degli 
uomini  una  societa  compiutamente  ordinata.  Ogni  scienza  dunque 
che  non  si  rannodi  con  qualche  suo  anello  al  principio  religioso, 
sara  necessariamente  imperfetta-,  ogni  scienza  che  positivamento 
lo  nieghi  o  lo  impugni  sara  falsa  in  teoria,  funesta  nella  pratica. 

15.  Qual  sara  dunque  il  doveredi  un  economista  cattolico?  Do- 
vra  egli  divenire  teologo  e  condurre  la  societa  con  1'  aseetica?  Non 


32  ANALISI  CRITICA  DEI  PR1MI  CONCETTI 

manchera  certo  chiquesta  opinione  vorra  imputarci:  ma  voi,  letto- 
re  amorevole,  cui  la  teofobia  non  travaglia,  capirete  benissimo  po- 
tersi  scrivere  un'  Economia  che  non  nieghi  la  religione  ,  e  ne  ac- 
cetti  le  istituzioni ,  anche  da  chi  non  e  teologo  $  come  si  pu6  inse- 
gnare  un'  architettura  che  non  nieghi  la  geometria,  anche  da  chi 
non  e  geometra;  come  una  matematica  che  non  nieghi  la  metafisica, 
anche  da  chi  non  e  metafisico.  Gapirete  anzi  che,  se  un  architetto 
insegna  le  vere  leggi  d'architettura,  e  impossibile  che  nieghi  la  ma- 
tematica ;  se  un  matematico  scrive  un  vero  corso  di  geometria ,  e 
impossibile  che  nieghi  la  metafisica :  che  per  conseguenza  e  impos- 
sibile che  una  vera  Economia  discordi  dalla  religione  e  dalla  morale. 
Capirete  che,  siccome  i  principii  supremi  dell'architettura  ricevono 
dalla  matematica  e  dalla  fisica  la  dimostrazione  ,  le  leggi  e  i  prin- 
cipii supremi  di  matematica  la  ricevono,  per  quanto  ne  abbisogna- 
no  ,  dalla  metafisica  ;  cosi  dalla  morale  e  dalla  religione  dovra  ri- 
cevere  i  suoi  1'Economiaed  accettarne  la  dimostrazione  e  le  leggi. 

16.  Qual  sarebbe  dunque,  praticamente  parlando,  la  contestura 
di  un  corso  compiuto  d'Economia  pubblica,  se  i  divisamenti  fin  qui 
spiegati  ricevessero  il  suffragio  dei  dotti  ?  Chiarita  ed  assicurata 
1'  idea  di  ricchezza ,  dovrebbe  prima  considerarsi  come  questa  pro- 
ducasi  e  si  ripartisca  spontaneamente  sotto  gl'impulsi  dell'interesse, 
ed  e  questo  il  compito,  in  cui  generalmente  si  sono  circoscritti  finora 
i  maestri  di  cotesta  scienza.  Questa  prima  parte  presentera  neces- 
sariamente  quegl'inconvenienti  e  quelle  lacune  che  fin  da  principio 
abbiamo  esposti :  ed  a  questi  dovra  cercarsi  il  rimedio  nei  naturali 
impulsi  or  di  giustizia  ,  or  di  benevolenza:  questa  piu  propria  della 
famiglia ,  quella  della  pubblica  societa.  Investigare  adunque  quale 
influenza  eserciti  sulla  produzione  e  sulla  ripartizione  de'beni  Tor- 
dine  pubblico  della  proprieta,  dei  tribunali,  deiramministrazione  •, 
quale  lo  spirito  domestico  nelle  varie  condizioni  della  famiglia ;  con 
quali  istiluzioni  sociali  possano  coteste  influenze  volgersi  a  vantag- 
gio  del  libero  produrre,  del  possedere  tranquillo  e  dell'  equo  ripar- 
tirsi  della  ricchezza  $  ecco  una  seconda  parte,  ove  1'interesse  dell'io 
vien  corretto  dalla  ragione  naturale. 


DELL'  ECONOMIA  SOCIALE  33 

Siccome  nondimeno  anche  in  questo  secondo  stadio  le  voci  del- 
1'interesse  temperato  si,  ma  insieme  sostenuto  dalla  giustizia  natu- 
rale  ,  molto  ancora  lasceranno  a  desiderare  per  1'  equa  ripartizione 
degli  averi  nella  pubblica  societa  ;  cosi  la  sapienza  economica  dovra 
indagare  in  terzo  luogo  qaali  sieno  i  sentimenti  e  le  istituzioni  re- 
ligiose che  potranno  correggere  1'  imperfezione  della  giustizia  e 
1'angustia  degli  affetti  naturali ,  e  in  qual  modo  un  amministratore 
cattolico  possa  dare  a  cotesti  sentimenti  ed  istituzioni  la  pienezza  di 
svolgimenlo  nell'  ordine  civile,  e  la  pratica  efficacia  con  cui  pos- 
sono  perfezionare  e  la  liberta  del  produrre  e  1'equita  nel  ripartire  la 
ricchezza.  E  qui  ognuno  vede  il  vasto  campo  che  si  apre  innanzi  al 
trattatore  di  Economia ,  e  gl'inestimabili  vantaggi  economic!  che  dal 
gratuito ,  spontaneo,  devoto  operare  del  sentimento  religioso  trasse 
in  ogni  tempo,  ma  oggi  trae  specialmente,  la  pubblica  societa!  Se 
non  che  cotesti  vantaggi  niuno  penso  finora,   ch'  io  sappia,  ad  in- 
trodurli  metodicamente  nel  corso  pratico  di  Economia }  e  mold  per 
1'opposto  si  sforzarono  di  sbandeggiarneli  e  screditarli  come  piante 
parassite  ,  in  quella  appunto  che  lo  spirito  cristiano  faceva  in  pro 
della  societa  e  dell'  Economia  prove  meravigliose.  Ridurre  coteste 
prove  aU'evidenza  dei  fatti  e  delle  cifre  statistiche  ,  sarebbe ,  come 
ognun  vede ,  un  lavoro  ugualmente  nuovo  per  la  scienza ,  utile 
per  1'  Economia  ,  onorevole  per  la  religioiie ,  logico  per  la  coeren- 
za  scientifica. 

17.  Cosi  potrebbe  forse  evitarsi  lo  sconcio,  di  che  certi  scrittori 
si  lagnano,allorche  prendono  a  trattare  questa  scienza  sotto  que  tre 
rispetti  consueti  di  produzione,  distribuzione,  consumazione :  i  quali, 
essendo  una  pura  distinzione  logica,  lasciano  continue  incertezze  e 
s  intrecciano  perpetuamente  passando  dall'  un  rispetto  all'  altro.  E 
la  ragione  e  chiara,  essendo  per  lo  piu  la  consumazione  di  un  pro- 
dotto  produzione  di  un  altro  e  ad  un  tempo  ripartizione  d1  un  gua- 
dagno.  Cosi,  per  cagione  d'esempio,  I'agricoltore  che  mangia  il  suo 
pane,  consuma  V  opera  del  fornaio ,  produce  nel  capitale  delle  pro- 
prie  forze  un  aumento,  e  partecipa  alia  sua  quota  nel  frutto  di 
quel  campo  che  egli  fecondd  co'  suoi  sudori.  In  qual  categoria 

Serie  III,  vol.  IX.  3  19  Dccembre  1857. 


34      ANALISI  CRITICA  DEI  PIUM1  CONCETTI  DELL,' ECONOMIA  SOCIALE 

dovra  dunque  collocarsi  il  pane  dell'agricoltore?  Nella  produzioner 
nella  ripartizione  o  nella  consumazione?  E  queste  tre;parti  sono  el- 
leno  veramente  oggetto  dell.'Eeonomia  ?  E  darem  noi  torto  al  Rossi 
che  sopprime  la  terza  o  a  chi  riduce  la  seconda  alia  prima  ?  Come 
vedete,  vi  e  grande  oscillazione  in  tale  partizione  teorica.  Se  all'op- 
posto  si  eonsideri  1  E^onomia  in  ragione  delle  potenze  operatrici,  si 
avra  la  distinzione  ben  chiara  di  cio  die  puo  ottenersidairinteresse 
personale,  di  ci6  che  dalla  giustizia  pubblica  e  dagli  affetti  domesti- 
ci,  di  cio  che  dal  sentimento  religioso  e  dall'eroismo  soprannaturale : 
e  tutti  e  tre  cotesti  motori  riceveranno  diploma  di  cittadinanza  nel- 
le  regioni  degli  economisti,  e  verranno  raccomandati  alle  crescenti 
generazioni  della  studiosa  gioventu  5  e  le  nobili  influenze  di  giusti- 
zia e  religione  non  compariranno  qui  ( come  sogliono  anche  talora 
presso  i  trattatisti  cattolici .)  quasi  moneta  straniera ,  quasi  un  cor- 
rettivo  importune  delle  tendenze  agl' increment!  economic!  della  so- 
cieta ;  ma  qual  mezzo  indispensabile  per  secondare  il  filantropico 
intendimento  di  universaleggiare ,  quanto  e  possibile  nella  realta 
del  mondo  presente,  una  tranquilla  agiatezza,  anche  nelle  infime 
classi.  Gosi  1'  Economia  che  fmora ,  col  mutilare  il  suo  assunto  e 
mentire.i  faj,ti ,  parve  osteggiare  1'ordine  e  i  sentimenti  religiosi , 
restituita  all'  uomo  la  sua  natura  e  ai  fatti  la  loro  pienezza,  trove- 
rebbesi  immedesimata  con  1'uomo  e  ragionevole  e  soprannaturale,  e 
condurrebbe  i  suoi  allievi  a  comprendere  la  grande  verita  asserita 
dal  Montesquieu  ,  che  il  Cattolicismo  ,  destinato  primariamente  al 
supremo  bene  dell'  eternita,  forma  la  base  della  felicita  e  dell'ordi- 
ne  anche  nel  tempo  presente ,  anche  per  rispetto  ai  beni  materiali. 


• 


. 


NEGLI   ANGLIGANI 


Ricorderanno  i  nostri  letlori  come,  faltasi  nel  Regno  Unito  della 
Gran  Bretlagna  una  Colletla  per  gli  orfani  e  per  le  vedove  de*  sol- 
dali  caduti  nella  guerra  orientate,  i  Cattolid  ebbero  ragione  di  ri- 
chiamarsi  che,  nella  distribuzione  dei  sussidii,  i  loro  fratelli  non  ne 
aveano  ricevuti  in  proporzione  alia  parte  che  essi  vi  aveano  contri- 
buita.  Anzi,  oltre  aquesta  ingiusta  parzialitd,  silamentava  ezian- 
dio  che  il  danaro  era  stato  abusato  a  sospingere  all'  Anglicanismo 
gli  orfani  catlolici.  Non  era  dunque  a  prendere  maraviglia  che,  fa- 
cendosi  urf  altra  colletta  pei  danneggiati  dalla  rivolta  dell'  India , 
quei  due  illustri  ornamenti  della  Chiesa  cattolica ,  il  Card.  Wise- 
man Arc.  di  Westminster,  e  Mgr  Cullen  Arc.  di  Dublino,  levassero 
la  wee  per  ammonire  i  Catlolici  <f  Inghilterra  e  d'Irlanda  a  Irovare 
via  piii  sicura  di  soccorrere  i  loro  fratelli  bisognosi.  Si  levd  gran 
rumore  nella  parte  avversa  per  le  lettere  dei  due  illustri  Prelati ;  e 
Lord  St  Leonards  voile,  Ira  gli  altri,  giustificare,  in  una  lunga  let- 
tera,  lacondotta  della  Commissione  distributrice  dei  sussidii,  Noi  non 
vogliamo  giudicare  di  questo  scritto  5  ma  lo  crediamo  una  fortuna 
per  la  cosa  caltolica,  in  quanlo  che  esso  ha  dalo  occasione  alia  gra- 
ve, ragionala  e  sapientissima  replica  fattagli  da  Mgr  Cullen,  e  che 


36  SAGGIO  D'  INTOLLERANZA 

wot  abbiamo  letla  nel  Dublin  Evening  Post  deZ24  Nov.  18o7.  Es- 
sa  ci  e  paruta  tanto  opportuna  alle  condizioni  del  nostro  tempo  che, 
vollalala  quasi  per  intero  nel  nostro  vulgare,  V abbiamo  volula  met- 
tere  solto  gli  occhi  del  noslri  lettori  italiani.  Ed  essi  dal  leggerla  m 
prenderanno  un  Saggio  d'  intolleranza  negli  Anglican!,  e  ne  ca- 
veranno  due  utilissimi  documenti  I.°  La  grande  sventura  ancor  tern- 
porale  che  e  per  una  nazione  il  perdere  I'unila  religiosa;  nella  quale 
ialtura  la  parte  callolica  appcna  pud  promeltersi  altro  che  essere 
schiacciala  e  contrita  sotto  un  giogo  di  ferro,  come  estata  la  genero- 
sa  e  veramente  eroica  Irlanda.  II. °  La  insigne  impudenzaod  igno- 
ranza  dei  nostri  anglomani,  i  quali  ci  vengono  a  proporre  come  mo- 
dello  di  libertd  civile  e  di  tolleranza  religiosa  un  paese,  in  cui  cost 
aperlamenle  ed  impunemente  s'  insidia  alia  fede  cattolica  di  vedove 
ed  orfani  poveri,  deboli  ed  indifesi. 
Ecco  dunque  la  lettera. 


Dublino  21  Novembre  1857. 


SlGNORE 
/ 

Ritornando  teste  dal  Continente ,  dove  alcuni  affari  mi  tratten- 
nero  alquante  settimane,  intesi  che  V.  S.  avea  stimato  necessario  di 
fare  appunti  ad  alcune  asserzioni  di  una  lettera  da  me  indirizzata  a 
Mons.  Yore,  Vicario  Generate  della  diocesi  di  Dublino.  Son  grato  a 
V.  S.  d'aver  in  tal  guisa  cooperate  a  chiamare  I'attenzion  pubblica 
sopra  le  questioni  da  me  brevemente  accennate  in  quella  lettera,  cioc 
sopra  1' educazione  de'figli  dei  soldati  dattolici,  Timpiego  deldanaro 
pubblico  a  far  proseliti,  1'amministrazione  del  Patriotic  Fund  1  e  la 
dotazione  d'istituti  protestanti  fatta  con  esso.  Queste  rilevanti  que- 


1  Cbiamano  Patriotic  od  Indian  Fund  tulto  il  valsente  raccolto  per  sovve- 
nirc  alle  vedove  ed  agli  orfani  dei  soldati  mortS  nella  guerra  di  Crimea  o  nella 
rivolta  delle  Indie, 


NEGLI  ANGLICANI  37 

stioni  ora  son  note  a  tutti,  saran  discusse  con  calore  e  daran  forse 
occasione  a  dir  molte  cose  spiacevoli  e  dure  -,  ma  ci  giova  sperare 
die  il  buon  senso  del  popolo  inglese  e  la  sua  leale  equita  lo  faran- 
no  dichiararsi  in  favore  della  giustizia  e  della  verita,  e  che  nel  fine 
gli  aggravii  onde  noi  ci  querelammo  saranno  riparati. 

Queste  speranze  ci  sono  naturalmente  ispirate  dal  buon  succes- 
so  gia  ottenuto  da  tale  discussione.  Certo  V.  S.  deve  ora  accorgersi 
che  ramministrazione  del  Patriotic  Fund  non  incontro  quella  uni- 
versale  approvazione  che  ella  pensava,  e  che  le  disposizioni  prese 
per  la  dotazione  de'pubblici  istituti  non  piacquero  «  ai  Cristiani  d'o- 
gni  classe  e  d'ogni  nome.  »  La  lettera  de!  duca  di  Norfolk,  uno  dei 
membri  piu  illustri  della  nobilta  inglese,  1' attestato  di  tanti  altri 
gentiluomini  cattolici,  e  la  voce  della  stampa  cattolica  devono  ave- 
re  destato  nella  mente  di  V.  S.  gravi  dubbii  intorno  all'  esattezza. 
de'  giudizii  da  lei  pronunziati. 

Mentre  in  tal  guisa  la  verila,  non  ostante  i  molti  sforzi  fatti  per 
opprimerla,  si  va  chiarendo  a  piena  luce,  io  potrei  per  avventura 
lasciar  correre  le  cose,  ecommettere  al  tempo  e  al  corso  degli  even- 
ti  la  giustificazione  della  mia  lettera.  Nondimeno,  poich^  V.  S.  si  de- 
gn6  di  citarla,  io  temerei  di  parere  poco  rispettoso  o  cortese,  quan- 
do  non  arrecassi  qualche  osservazione  per  chiarirla  o  confermarla, 
Lo  faro  quanto  piu  brevemente  mi  sara  possibile,  e  spero  di  convin- 
cere  V.  S.  che  i  giudizii  da  me  recati  intorno  allepresenti  question! 
erano  giusti,  benche  io  ne  accennassi  appena  le  ragioni,  e  che  so- 
prattutto  buoni  motivi  aveva  io  di  chiamare  ad  esame  1'amministra- 
zione  del  Patriotic  Fund  e  di  querelarmi  che  i  danari  dello  Stato, 
tan  to  in  patria  come  fuori ,  fossero  volti  a  far  proseliti  contro  i). 
Cattolicismo.  Se  in  questa  risposta  mi  accadesse  di  usare  qualche* 
frase  men  conveniente  all'alto  rispetto  dovuto  a  V.  S.,  io  protesto 
fin  d' orach' ella  sarebbe  al  tutto  contro  la  mia  intenzione  ;  e  se per 
inavvertenza  o  preoccupazione  io  cadessi  in  qualche  errore,  mi  of- 
fro  pronto  a  correggerlo,  tosto  che  mi  sara  indicate. 

Jo  desidero  pero,  che  s'intenda  bene  innanzi  tutto.  non  trattar- 
si  qui  d'  esaminare,  se  alle-  vittime  dei  disastri  delle  Indie  si  debba. 


38  SAGGIO  D'  INTOLLERANZA 

dare  soccorso  o  no.  Di  ci6  non  vi  pu6  esser  dubbio  n&  divario  d'o- 
pinioni.  Tutti  dobbiamo  detestare  le  atrocita  commesse  dai  Cipai  e 
bramare  sinceramente  che  le  vittime  siano  assistite. 
,  Egli  e  ben  vero  che  qui  noi  non  possiamo  far  molto,  giacchi  nel- 
le  nostre  citta  e  persino  in  questa  Dublino,  noi  viviamo  in  mezzo 
a  tali  scene  di  miseria  e  d'abbandono  che,  sebbene  molti  le  guar- 
dino  con  indifferenza,  trovano  appena  il  loro  riscontro  eziandio  in 
paesi  desolati  dal  ferro  e  dal  fuoco.  83  V.  S.  visitasse  alcune  del- 
le  vie  e  de'vicoli  rovinati  di  Dublino,  si  sentirebbe  rabbrividire  d'or- 
rore  allo  speltacolo  di  tante  miserie,  frutto  di  lunghe  e  feroci  per- 
secuzioni,  non  meno  che  dell' ultima  carestia  e  dei  modi  tenuti  in- 
felicemente  da  alcuni  proprietari  (landlords)  verso  i  loro  coloni. 
Quindi  i  soccorsi  della  nostra  carita  sono  al  tutto  insufficienti  ai  con- 
tinui  ed  urgentissimi  bisogni. 

Nondimeno  v'e  un  desiderio  universale  di  fare  ogni  sacrifizio  per 
alleviare  i  patimenti  de'nostri  fratelli  nell  India,  e  per  soccorrerli 
anche  della  nostra  poverta-,  il  qual  desiderio  va  perfettamente  d'ac  • 
cordo  coll  a  persuasione  dettata  dalla  carita  e  dalla  religione,  che 
il  d'anaro  dato  per  sollievo  dell'indigenza  non  debba  essere  traviato 
a  propagare  1'errore  o  ad  altro  scopo  indegno.  Noi  non  siamo  sordi 
alle  grida  dei  sofferenti,  ma  la  storia  delpassato  e  i  fatti  che  ogni  di 
abbiamo  sott'occhio,  ci  dimostrano  si  manifestain  molti  la  tenden- 
za  a  frammettersi  nell'educazione  dei  fanciulli  cattolici  per  sedurli 
dalla  religione  de'loro  padri ,  che  il  dovere  oode  siamo  stretti  a  Dio 
e  alia  sua  Santa  Chiesa,  ci  obbliga  ad  essere  non  solo  vigilanti  ma 
gelosi  in  materia  si  capitale,  e  ad  insistere  per  ottenere  ogni  salva- 
guardia  alia  nostra  fede,  virlh  la  cui  perdita  non  pu6  essere  da  niim 
tesoro  terreno  compensata. 

NeH'accostarmi  al  soggetto  principale  della  mia  lettera,  V.  S.  mi 
permetta  di  assicurarla  che  io  pienamente  consento  con  lei,  «  non 
essere  questo  il  tempo  di  aggiungere  pure  una  stilla  al  calice  d'ama- 
rezza  tra  le  diverse  comunioni.  w  Ne  ora,  nb  mai  io  ebbi  ricorso  a 
uno  spediente  si  vile.  Benche  obbligato  talvolta  dal  mio  pastorale  uf- 
ficio  ad  alzare  la  voce  contro  i  falsi  profeti  che  si  accostano  aU'ovile 


NEGLI  ANGLICANI  39 

in  sembianze  di  pecora,  ma  dentro  sono.lupi  rapaci  che  cercano  di- 
vorare  i  teneri  agnelli;  nondimeno  ho  sempre  inculcate  pace,  carita, 
pazienza  e  moderazione.  Questa  e  la  pratica  universal  edei  paslori 
Gattolici  in  ogni  luogo  :  e  noi  possiamo  vantarci  che  nel  Belgio,  in 
Baviera,  in  Francia,  nell' Austria  e  in  altri  paesi,  oveil  clero  catto- 
lico  ha  grande  potenza,  quei  die  da  noi  dissentono  in  religione  sono 
trattati  colla  massima  liberalita;  mentre  in  alcuni  regui  del  Setten- 
trione,  come  nella  Svezia  e  Dariimarca,  dove  il  Protestantesimo  puo 
ogni  cosa,  sono  in  vigore  Qerissime  leggi  penali  contro  il  Cattoli- 
cismo.  Nelle  nostre  cbiese  d'lrlanda,  benche  noi  insegniamo  colla 
Scrittura,  che  v'  e  una  sola  fede  vera  e  una  sola  vera  Chiesa,  nori 
pero  mai  scagliamo  invettive  contro  coloro.che  professano  altra  cre- 
denza,  e  voi  potreste  frequentare  per  anni  ed  anni  le  nostre  cbie- 
se,  senza  udir.mai  dall'aUare  o  dal  puipito  proferito  il  riome  diPro- 
testante  o  di  Dissenziente.  Noi  insegniamo  ai  noslri  fedeli  ad  amare 
tutti,  e  di  questo  amore  universale  fanno  manifesta  prova  le  ammi- 
nistrazioni  degl'istituti  caritatevoli,  come  quei  di  S.  Vincenzo  de' 
Paoli  e  delle  Suore  della  Gompassione  e  della  Carita,  che  soccorro- 
no  i  bisognosi,  senza distinzione  di  credenze  o  di  patria.  Cosi  i  Cat- 
tdlici,l)enche  si  spesso  accusati  di  fanatismo  e  d'  intolleranza,  pra- 
ticano  la  vera  carita  e  tolleranza  cristiana,  aderendo  fermamente 
alle  yerita.e  condannando  gli  errori  dottrinali,  ma  amando  tutti  e 
pregando  per  la  salvazione  di  tutti. 

Purtroppo  ,  Signore ,  io  son  costretto  a  dire  ,  e  il  dico  con  pro- 
fondo  rammarico,  che  una  gran  parte  del  clero  protestante  d'lr- 
landa  non  mostra  il  medesimo  spirito  di  carita.  Essi  non  aggiun- 
gono.stille,  ma  torrenti  al  calice  d'amarezza,  non  solo  tra  le  Chiese, 
ma  tra  vicino  e  vicino,  tra  padrone  e  servo,  tra  proprietario  e  co- 
lono.  £  un  fatto  doloroso,  che  negli  anni  scorsi  essi  hanno  eccitata 
una  \iolentissima  persecuzione  contro  i  poveri  servi  cattolici,  fa- 
cendosi  rei  in  faccia  al  Cielo  d'arere  ridotti  molti  de'  loro  prossimi 
alia  miseria  e  a  morir  di  fame ,  perche  n  jn  volcano  consentire  a 
violare  i  dettami  della  loro  coscienza.  Forse  V.  S.  non  sa  che  le 
chiese  di  questi  ministri  risuonano]  continuamente  di  accuse  fieris- 


40  SAGGIO  D'  INTOLLERANZA 

sime  contro  il  Cattolicismo :  i  temi  de'  loro  sermoni  si  veggono  so- 
vente  affissi  alle  mura  di  questa  citta  e  pubblicati  in  alcuni  giornali; 
ed  in  quelli  i  Cattolici  sono  insultati  come  rei  d'idolatria  e  di  super- 
stizione,  e  incolpati  d'insegnare  che  la  menzogna,  il  furto  e  allri  de- 
litti  siano  cosa  lecita.  Persino  nel  di  assegnato  dalla  giaziosa  Maesla 
della  Regina  alia  pubblica  umiliazionee  preghiera  ,  alcuni  reveren- 
di  dratori  esaurirono  la  loro  eloquenza  a  provare  che  il  Cattoli- 
cismo e  peggiore  del  Paganesimo  e  del  Maomettismo ,  lasciando  in- 
ferire  ai  loro  uditori  che  il  povero  soldato  irlandese,  il  quale  era 
combatte  per  ringhilterranelle  ardenti  sabbie  dell' India,  e  peggio- 
re dei  brutali  Cipai,  contro  i  quali  combatte;  e  invece  d'umiliarsi, 
come  portava  Tinvito,  superbamente  vantaronsi,  come  1'orgoglioso 
Fariseo,  di  non  esserecome  gli  altri  uomini ,  ne  come  quei  milioni 
di  Cattolici.  E  intanto  ,  mentre  non  respirano  che  odio  e  non  bra- 
mano  che  di  opprimere ,  cotesti  predicated  si  tengono  e  si  danno 
per  modelli  di  tolleranza  e  di  liberalita ,  e  condannano  tutti  gli  al- 
tri come  amici  del  dispotismo  e  della  tirannia.  Mi  duole  di  aggiun- 
gere ,  che  il  soldato  protestante  di  Sua  Maesta  dee  frequentare  chie- 
se ,  ove  si  predica  con  si  poca  carita  ,  dove  le  dottrine  de'  Cattolici 
son  rappresentate,  come  peggiori  di  quelle  degl'Indiani  e  de'  Mu- 
sulmani ,  e  dove,  se  non  altro,  gl'insultanti  cartelli,  affissi  in  sulle 
porte  della  chiesa,  sono  fatti  in  modo  da  empir  loro  la  testa  di  pre- 
giudizii. 

Col  predicare  a  questo  modo,  con  queste  nuove  Industrie  di  car- 
telli oltraggiosi,  di  biglietti  e  d' invettive  per  propagare  le  loro 
idee  religiose,  i  nostri  apostoli  moderni  sono  riusciti  ad  istillare 
nelle  menti  di  molti  il  fiele  della  piu  velenosa  avversione  contro  i 
loro  fratelli  cattolici  per  motivo  della  loro  religione  -,  e  io  posso 
dire  con  verita  che  molti  de'  loro  uditori  sono  giunti  a  persuadersi 
che  col  solo  odiare  cordialmente  quello  spettro  che  si  chiama  Pa- 
pismo  essi  hanno  adempiuto  la  legge  e  i  profeti. 

Senza  dubbio ,  i  Protestanti  liberali  e  colti  di  questo  paese ,  e 
fortunatamente  sono  numerosi  e  potenti,  condannano  tutti  ad  una 
voce  quest'  empia  guerra  di  calunnia  e  vitupero,  mo?sa  con  ispie- 


NEGLI  ANGLICANI  41 

tato  furore  contro  I'  antica  religione  dell'  Irlanda-,  ma  egli  e  vero 
altresi  che  molti  1'  approvano  e  la  fomentano.  E  tra  questi ,  mi  e 
grave  il  dirlo  ,  devono  contarsi  alcuni  prelati  anglicani ,  anche  di 
questa  citta,  e  la  grande  confederazione  degli  Orangisti  ( Orange- 
men), I  quali ,  in  questi  ultimi  mesi,  proruppero  a  tai  violenze,  e  si 
lasciarono  dai  predicant!  di  piazza  sospingere  a  tali  enormezze, 
che  il  Lord  Cancelliere  d' Irlanda,  uomo  di  grande  moderazione  e 
mitezza,  credette  necessario  d' interporre  la  sua  autorita  per  ri- 
condurli  al  dovere. 

Ora,  dove  il  fanatismo  e  la  violenza  giungono  a  tal  segno,  dovre- 
mo  noi  meravigliarci  die  si  cerchi  di  stornare  la  carita  dal  suo  ce- 
leste scopo,  per  fame  uno  strumento  di  proselitismo  ?  V.  S. ,  giudi- 
cando  dai  generosi  suoi  sensi ,  crede  che  sarebbe  fellonia  contro 
1'umana  natura  1'  immaginare  pur  possibile  una  si  vile  iniquita  ;  ep- 
pure  ella  sicommette  ogiiidi  e  ve  ne  ha  prove  innegabili.  Si  volga 
uno  sguardo  alle  case  di  lavoro,  alle  prigioni,  agli  spedali,  allescuo- 
le  di  unione  (union  schools)  ,  e  si  vedranno  esempii  di  siffatto  lj*adi- 
mento  nella  stessalnghilterra.  Un'altra  prova  illustre  ce  ne  offre  la 
storiadella  carestia  in  Irlanda.  La  sciagura  in  ogni  sua  forma  di  fa- 
me, d'  infermita,  di  morte  copriva  questo  paese.  Quai  sensi,  se  non 
che  di  pieta  e  di  commiseraziorie,  potevano  mai  entrare  in  cuore 
d'uomo  in  mezzo  a  questa  desolazione  universale?  Eppure  la  storia 
narra  la  triste  novella  che  molti  di  quei  che  chiamansi  ministri  del 
Vangelo  di  pace,  e  molti  altri  sedotti  dalle  loro  parole  od  esempii , 
non  esitarono  di  abusare  di  quel  miserando  stato  per  insullare  ai 
sentimenti  dei  poverelli ,  tentando  di  strappar  loro  la  fede.  Spesse 
volte  si  rieg6  soccorso,  se  non  a  condizione  di  apostatare,  e  il  mo- 
ribondo  dovea  scegliere  tra  la  morte  del  corpo  e  quella  dell'anima. 
Al  tempo  stesso  si  piantarono  scuole  di  proselitismo  e  si  diffusero 
come  una  rete  per  tutto  il  paese-,  e  i  fanciulli  morenti  di  fame  era- 
no  invitati  a  frequentarle  e  a  comprarsi  pane  e  vesti  col  prezzo  della 
loro  apostasia.  In  molti  casi  essi  furono  comperati  da  una  madre 
sventurata,  per  ingrossare  le  file  dei  settarii.  Questo  sistema  iniziato 
in  un  tempo  di  calamita  e  di  tenebre,  benche  andasse  generalmente 


42  SAGGIO  D'  INTOLLERA1SZA 

fallito  nel  suo  preoipuo  oggetto,  ha  nondimeno  cagronato  gran  male, 
spingendo  le  vittime  all'  ipocrisia  e  alia  menzogna.  E  sventurata- 
mente  e  praticato  con  vigore  anche  oggidi  ;  e  ci  duole  che  molti 
Cristiani  dabbene  e  benevoli  in  fngbilterra  siano  tratti  dalle  rela- 
zioni  di  predicant!  interessati  a  contribute  grossissi me  somme  per 
mantenerlo. 

Or  bene,  conoscendo  io  1'indole  e  i  seutimenti  della  setta  ora 
descritta,  non  aveva  io  ragione  di  cercare  da  chi  dovessero  essere 
amministrati  i  danari  che  stavasi  per  raccogliere,  se  da  uomini 
d'onore  e  di  carita,  o  da  tali  che  in  altri  casi  non  aveano  esitato 
di  far  traffico  dell'umana  miseria  ?  Non  avea  io  dritto  di  chiedere, 
senza  incorrere  la  colpa  di  fellonia  contro  1'umana  natura,  qual 
protezione  si  darebbe  ai  poveri  orfani  cattolici ,  delle  cui  anime  si 
cerca  di  fare  un  traffico ,  peggiore  di  quel  degli  sohiavi  ? 

Io  so  che  una  inchiesta  poco  dissimile  parve  spediente  a  un  col- 
lega  di  V.  S.  nell'amministrazione  del  Patriotic  Fund ,  il  sig.  John 
Pakington.  «  Vi  e,  noi  leggiamo  in  una  sua  lettera  al  Times,  nella 
mente  dell' universale  col  desiderio  di  sottoscrivere  misto  un  sos- 
petto,  che  finora  non  sia  per  anco  ben  guarentita  ne  la  responsa- 
bilita  di  chi  dovra  amministrare  il  danaro  ,  ne  i  principii,  le  regole 
o  condizioni  deH'amministrarlo  ».  Ora,  mentre  in  Inghilterra,  dove 
si  precede  general ment'e  con  lealta  ,  ne  mai  si  tenta  offesa  alia  re- 
ligione  della  maggioranza  del  popolo,  regnava  tuttavia  quell'inquie- 
tudine  rispetto  al  Fund,  dovra  egli  parere  strano  che  somiglianti 
dubbii  sorgessero  in  Irlanda,  dove  il  fanatismo  e  I'intolleranza  ban- 
no  stampato  il  suolo  d'indelebili  impronte? 

Ne  tampoco  ,  Signore  ,  poteva  ispirarci  illimitata  fiducia  in  co- 
teste  collette  il  modo,  con  cui  furono  amministrate  quelle  che  si  fe- 
cero  in  soccorso  dei  danneggiati  nella  recente  guerra  di  Russia.  In 
molti  casi  le  somme  raccolte  furono  apertamente  usate  a  fare  pro-- 
seliti.  Una  ragguardevole  signora  ,  che  vive  in  Irlanda  ,  vedova  di 
un  ufficiale,  mi  assi  euro  qual  che  tempo  fa,  che  avendo  fatto  ricorso 
ad  una  delle  societa  istituite  per  soccorrere  i  danneggiati  dellpeser- 
cito,  le  fu  promesso  di  provvederla  perTeducazione  di  due  suoi  figli, 


NEGLI  ANGLICANI  43 

uno  maschio  e  1'altro  femmina,  ma  fu  al  tempo  stesso  avvertita  che 
quest!  dovrebbero  frequentare  il  Servizio  protestante  alia  scuola 
ove  sarebbero  messi.  Credo  che  alcuni  membri  delle  pubbliche 
Commission!  e  i  ibndatori  della  scuola  di  Hampstead  non  si  briga- 
rono  punto  di  nascondere  le  loro  tendenze  a  fare  proseliti. 

Nell'amministrazione  del  Patriotic  Fund  si  ebbe  certamente  mag- 
giore  riguardo  alia  giustizia  e  alia  carita  ;  e  V.  S.  co'  suoi  colleghi 
intrapresero  indubitatamente  quest'opera  di  beneficenza  con  animo 
imparzialissimo.  Ma  che  nell'  eseguirla  siansi  date  occasion!  di  la- 
men  to,  e  che  certe  disposizioni,  attribuite  al  vostro  corpo  o  a!  vo- 
stri  agent! ,  abbiano  giustamente  incontrato  disapprovazione  ,  io 
confido  di  darvene  convincenti  prove.  Tolga  Dio  che  io  accusi  voi 
o  i  vostri  colleghi  di  voler  fare  nulla  di  sleale,  benche  io  non  possa 
non  condannare  alcuni  atti,  dei  quali  cade  sopra  di  voi  1'  imputa- 
zioae.  Probabilmente  ,  tutto  il  male  e  il  difettoso  nella  vostra  am- 
ministrazione  vuole  attribuirsi  allo  spirito  partigiario  degli  agenti 
inferiori,  mentre  tutto  il  bene  che  si  e  fatto  deve  ascriversi  all'azio- 
ne  diretta  dei  Commissarii  stessi. 

Nondimeno,  Signore  ,  in  questo  paese  si  e  universalmente  radi- 
cata  la  persuasione  ,  che  nell'  amrninistrazione  del  Patriotic  Fund 
apparisse  manifesta  la  tendenza  al  proselitismo  -,  che  non  si  fosse 
provveduto  egualmente  all'  educazione  dei  fanciulli  cattolici  e  dei 
protestanti-,  che  il  soprappiu  dei  danari  fosse  stato  dispensato  senza 
niun  riguardo  ai  diritti  dei  Cattolici  e  che  persino  si  fossero  man- 
dati  fanciulli  cattolici  alle  scuole  protestanti.  Anch'  io,  il  confesso, 
partecipai  nel  sentimento  comune  ,  e  vi  fui  indotto  da  alcuni  fatti 
venuti  a  mia  notizia.  In  questa  sentenza  mi  confermarono  le  voci 
udite  di  alcuni  casi  di  proselitismo,  avvenuti  in  Inghilterra  e  in  al- 
tre  parti  dell'Impero.  Non  entrero  per  ora  nell'esame  di  quelle  voci; 
ma  vi  prego  di  prestare  la  vostra  attenzione  a  un  caso  avvenuto 
qui  in  Dublino,  Scelgo  questo  in  preferenza  d'altri;  perche  avendo 
in  mano  le  lettere  original!  delle  persone  che  vi  ebbero  parte ,  la 
sua  prova  non  dipende  da  voci  vaghe  o  da  testimonianze  orali  fa- 
cili  ad  essere  frantese. 


44  SAGGIO  D'  INTOLLERANZA 

Quil'illustre  Prelato,  coi  document!  alia  mano,  entra  ad  esporre  i  par- 
ticolari  del  caso  di  un  sergente,  per  nome  John  Kirley,  morto  in  Crimea. 
Egli  morendo  lasciava  in  Irlanda  tre  figli  e  una  moglie.  Aquesta  il  dolore 
travolse  in  breve  1'intelletto,  sicche  fu  ricoverata  nello  spedale  dei  pazzi. 
I  tre  figli,  cadati  in  mano  ai  Commissarii  del  Patriotic  Fund,  furono  man- 
dati  a  scuole  protestanti;  e  alle  istanze  di  qualche  zelante  ecclesiaslico  che 
reclam6  coutro  si  nefanda  ingiustizia,  fu  dopo  lungo  tempo  risposto,  die 
si  era  fatto,  perche"  non  appariva  che  i  giovani  Kirley  fossero  stali  educati 
nella  Religione  Cattolica  :  ci6  che  per  molti  e  manifesti  argomenti  6  chiarito 
falso.  Dopo  la  minuta  esposizione  di  quel  che  abbiamo  qui  brevementc 
accennato,  1'  egregio  Prelato  prosiegue : 

Ora,  permettetemi ,  Signore,  di  chiedervi :  era  egli  giusto  che 
quest!  poveri  giovani ,  Cattolici  e  figli  di  Cattolici ,  fosse.ro  educati 
da  Protestanti?  Non  vediamo  noi  qui  una  parzialita  manifesta  pel 
Protestantistno,  mentre  ci  si  dice  che  tutte  le  religion!  devono  es- 
sere  ugualmente  protette?  Fingiamo  per  un  istante  che  il  caso  fosse 
inverso,  che  il  morto  Kirley  fosse  Protestante,  che  Protestante  fosse 
la  vedova,  morta  civilmente  perche  impazzita ,  Protestante  il  fra- 
tello  superstite,  che  ad  una  scuola  parrocchiale  protestante  fossero 
stati  educati  i  figli,  sarebbesi  egli  dubitato  un  istante  se  dovessero 
ora  allevarsi  come  Cattolici?  Ma  quando  si  tratta  dei  nostri  diritti , 
si  crede  lealta  usare  altre  misure  ed  altri  pesi.  La  parte  dei  Catto- 
lici e,  come  fu  sempre,  di  soffrire.  Si  aggiunge  anche  1'  infamia  al- 
ia memoria  e  alia  religione  di  un  prode  soldato  cattolicb,  morto 
per  la  patria.  Oh  povero  Kirley  !  se  egli  avesse  antiveduto  il  desti- 
no  de'suoi  figli,  avrebbe  con  profondo  cordoglio  deplorata  la  sven- 
tura,  la  quale  costringevalo  a  lasciarli  alia  balia  ed  alia  discrezione 
di  stranieri. 

Ne  dee  suppore  V.  S.,  che  i  sentimenti  da  me  attribuiti  al  Kirley 
siano  pura  fantasia  o  non  sian  comuni  tra  i  soldati  cattolici  dell'  e- 
sercito.  Ne  abbiamo  evidentissime  prove  anche  nei  campi  militari 
e  negli  spedali  dell'  India.  Un  ragguardevole  ufficiale,  al  servizio 
dell'  Indie  oriental! ,  il  sig.  Tommaso  Staunton  Cahill  Esq.  M.  D., 
interrogate  dalla  Commissione  dei  territorii  indiani ,  se  avesse  co- 
nosciuto  soldati,  stati  feriti  in  campo  o  altrimenli  malati,  dolersi 


NEGLI  ANGLICANI  45 

che  in  caso  di  morte  i  loro  figli  orfani  sarebbero  lasciati  interamen- 
te  in  abbandono,  rispose  e  altesto,  avere  udito  tai  lamentanze  da 
molti  soldali  di  varii  reggimenti,  i  quali  querelavansi  che  mentre  i 
figli  de'  Protestanti  erano  tolti  in  cura  dal  Governo,  i  loro  venisse- 
ro  costrelti  ad  abbandonare  la  fede  dei  padri ,  tenuta  da  essi  per 
1'  unica  vera  ;  e  aggiunse  questo  sentimento  essere  comune  tra  i  sol- 
dati  cattolici,  specialmente  se  in  scrvizio  o  malati  allo  spedale,  ram- 
maricandosi  di  non  avere  un  orfanotrofio  cattolico  ove  collocarli  * . 
A  quest!  sensi ,  e  a  queste  testimonianze  non  accade  aggiungere 
commenti. 

Eccovi  dunque,  Signore,  dinanzi  agli  occbi  una  triste  storia.  Jo 
non  posso  congetturare,  se  il  male  recato  ai  giovani  Kirley  (ed  a  chi 
sa  quanti  altri  a  loro  somiglianti?)  sia  riparabile.  Forse  le  impres- 
sioni  fatte  per  piu  mesi  nelle  loro  tenere  menti  gia  li  hanno  c  am- 
biati  in  nemici  risoluti  della  religione  del  loro  padre  $  perche  so  che 
ai  fanciulli  cattolici,  i  quali  furono  indotti  a  passare  anche  solo  po- 
che  settimane  nelle  scuole  protestanti  di  questa  citta,  s'  insegna  con 
gran  premura  a  odiare  ogrii  cosa  cattolica ,  persino  il  nome  della 
Beata  Vergine  e  il  segno  della  croce  del  suo  Divino  Figliuolo.  Forse 
anche  1'  infelice  lor  madre  approva  ora  il  fatto-,  giacche  non  v'  & 
molto  a  sperare  che  una  povera  donna ,  a  cui  la  poverta ,  il  dolore 
e  la  residenza  in  un  ricovero  di  pazzi  hanno  stravolto  1'  intelletto, 
abbia  coraggio  di  condannare  le  disposizioni  di  un  magistrato,  so- 
lito  ad  essere  riguardato  dalle  persone  del  suo  grado  con  riverenza 
e  timore. 

Ma  checchfe  sia  di  cio,  non  avevo  io,  tenendo  presenti  al  pensie- 
ro  cotesti  fatti,  motivo  di  dubitare  di  qualche  slealta  nell'  uso  del 
Patriotic  Fund,  e  di  mostrare  premura  che  il  danaro  indiano  fosse 
amministrato  con  maggiore  rispetto  agl'  interessi  cattolici  ? 

Qui  1'egregio  Prelate  accenna  un  altro  fatto  simile  a  quel  dei  Kirley, 
recandone  in  fine  i  document!. 

Tanto  basti  intorno  al  pericolo  del  proselitismo.  Mi  permetta  ora 
Y.  S.  di  esaminare  1'allogamento  del  soprappiu  delle  collette  fatte 

1  Sesto  Rapporto  sopra  i  Territorii  Indiani  1833,  pag.  108. 


46  SAGGIO  D*  INTOLLERANZA 

dai  Commissarii.  Le  mie  asserzioni  intorno  a  cio  non  furono,  ne  pos- 
sono  essere  contraddette,  essendo  fondate  sopra  il  Rapporto  stesso 
dei  Commissarii,  inserito  nel  Times  del  9  Giugno  1856.  Secondo  es- 
so,  di  quel  soprappiu  furono  assegnate  1°.  per  la  dotazione  di  una 
scuola  di  300  fanciulle,  figlie  di  soldati  o  marinai ,  180,000  lire 
sterline;  2°.  per  dotare  una  scuola  di  100  fanciulli  della  stessa  con- 
dizione  25,000 ,  le  quali  aggiunte  ad  altri  assegnamenti  anterior! 
sommauo  probabilmente  a  60, 000;  3°.  al  Wellington  College  25,000$ 
4°.  all'  asilo  di  Cambridge  per  vedove  3,000;  5°.  alia  scuola  nava- 
le  di  Newcross  8,000  ;  6°.  alia  scuola  femmiriile  di  Richmond  5,000} 
7°.  alia  scuola  navale  e  militare  di  Plymouth  2,500;  8°.  alia  scuo- 
la somigliante  di  Portsmouth  2,500.  A  queste  somme,  che  ascen- 
dono  a  286  migliaia  di  sterline,  altre  si  debbono  forse  aggiungere, 
secondo  un  cenno  del  Times. 

Una  Memoria  anonima,  pubblicata  qualche  tempo  fa  in  risposta 
alia  mia  lettera  e  attribuita  dalla  stampa  ai  Commissari  Regi,  ci  spie- 
ga  1'  indole  di  alcuni  di  questi  Istituti.  Delle  scuole  navali  e  milita- 
ri  di  Plymouth  e  di  Portsmouth  essa  dice :  «  sono  senza  dubbio  per 
Protestanti.  »  Parlando  di  alcune  altre  dotazioni,  la  stessa  Memoria 
nota:  «  Altre  somme  furono  anche  assegnate  per  comprar  nomine 
in  Istituti  fondati  da  laici  pe'  figli  degli  ufficiali  dell'esercito  e  della 
marina.  Questi,  senza  dubbio,  sono  Protestanti  nel  loro  insegna- 
niento ,  -ma  non  ve  n' ha  altri  di  tal  fatta  per  altre  religioni;  n& 
potevano  i  Commissarii  dotare,  anche  in  parte,  Istituti  che  non  fos- 
sero  specialmente  destinati  a  benefizio  di  quelle  classi.  » 

Le  altre  scuole,  poste  al  numero  1  e  2  sono  quel  che  in  Irlanda 
chiamiamo  Scuole  miste,  le  quali,  quando  sono  amministrate  da 
Protestanti ,  come  saranno  in  Inghilterra,  sono  di  altrettanto,  o  di 
maggiore  perico-lo  che  le  scuole  schiettamente  protestanti,  in  quan- 
to  che  cogli  errori  positivi  insinuano  1'  indifferenza  ad  ogni  religio- 
ne,  cosa  sopra  tutte  funestissima.  La  Memoria  aggiunge  che  le  scuo- 
le teste  dotate  saranno  governate  coi  principii  delle  Union  Schools  in 
Inghilterra.  Ora  qual  e  il  carattere  dell'  insegnamento  in  queste 
scuole?  Un  gentiluomo  conoscentissimo  dell'  Inghilterra  le  descrive 


NEGLI  ANGLICANI  47 

in  due  parole,  dicendo  :  «  Le  Union  Schools  sono  apertamente  scuo- 
le di  proseliti,  e  poco  meno  che  il  profe^sano.  » 

Mentre  si  larghi  assegnamenti  si  sono  fatti  in  Inghilterra  per  do- 
tare  Istituti  protestanti,  s' e  egli  fatto  nulla  per  qualche  Istituto 
cattolioo?  Noi  abbiamo,  tanto  in  Inghilterra  come  in  Irlanda  ,  pa- 
reccbi  eccellenti  orfanotrofii,  soprattutto  per  fanciulle,  pienamente 
In  opera  ;  i  quali  avrebbero  aperto  un  rifugio  sicuro  ai  figli  d^-i  sol- 
dati  cattolici,  se  si  fosse  provveduto  a  soccorrerli.  Mu  i  Commissarii 
non  vi  pensarono,  serbando  i  loro'favori  pei  soli  Protestanti.  Ora 
non  pu6  aspettarsi  che  i  Cattolici  dell'Tmpero  vogliansi  chiamare 
soddisfatti  di  un  procedere,  nel  quale  si  cerca  invano  una  prova  di 
liberta,  di  generosita  o  giustizia,  o  di  proteggimento  alia  nostra  fe- 
de.  Se  tat  cosa  fosse  accaduta  a  Napoli  o  in  Ispagna  ,  si  sarebbe 
gridato  alia  grettezza,  all'  incivilta,al  fanatismo  di  una  politica  in- 
degna  del  nostro  secolo. 

Si  dira  che  le  scuole  dotate  col  danaro  del  Patriotic  Fund  sa- 
ranno  aperte  a  fanciulli  di  qualunque  credenza  ,  e  che  perci6  non 
v'  e  di  che  muovere  querela. 

Ma  ci6  che  significa?  Non  altro,  se  non  ctie  i  fanciulli  cattolici 
saranno  ammessi  a  scuole,  somigl'ianti  alle  Union  Schools  d'lnghil- 
terra,  le  quali  e  noto  essere  apertamente  e  quasi  per  profestione  scuo- 
le di  proselilismo;  dove  i  superior!,  i  maestri,  i  libri,  Tinsegnamen- 
to,  tutto  e  protestante;  dove  la  loro  religione  sara  considerata  co- 
me un  non  so  che  di  umiliante  e  disonorevole,  e  dove  la  loro  fede 
sara  esposta  ad  imminent!  pericoli.  Ora  noi  non  possiamoriguarda- 
re  come  un  favore  I'ammissione  de'  fanciulli  cattolici  in  tali  scuole. 

L'esempio  di  altre  scuole  di  questo  genere  misto,  che  sono  in  vi- 
gore  e  dove  sono  ammessi  ifigli  dei  soldati  cattolici,  come  quella 
del  Duca  di  York  a  Chelsea,  e  la  scuola  Ibernese  presso  Dublino,  ci 
pu6  far  conoscere  che  cosa  debbano  aspettarsi  i  Caltolici,  e  come 
siano  per  essere  trattati  in  quegli  Istituti  dotati  dai  Commissarii,  dei 
quali  V.  S.  pensa  che  dovremmo  essere  content!. 

Nella  scuola  del  Duca  di  York,  vi  sono  da>  15  a  20  fanciulli  cat- 
tolici fra  300  o  400  protestanti.  I  poveretti  sono  lasciati  nella  piena 


48  SAGGIO  D   INTOLLERANZA 

ignoranza  del  loro  catechismo,  e  non  furono  mai  preparati  a  rice- 
vere  i  santi  Sacrament!.  L'accesso  e  chiuso  al  prete  cattolico,  tanto 
die  appena  mai  ne  fu  chiamato  alcuno  ad  amministrare  gli  ultimi 
soccorsi  a  un  fanciullo  moribondo.  II  Protestantesimo  ivi  regna  da 
padrone  e  il  Cattolicismo  e  guardato  con  disprezzo.  Ora,  se  questa 
e  scuola  eccellente  per  Protestanti,  non  e  certo  desiderabile  per 
1'  educazione  de'  Cattolici. 

Altrettanto  dicasi  della  Scuola  Ibernese.  Ella  fu  istituita  princi- 
palmente  pei  figli  dei  soldati  Irlandesi  •,  e  sicoome  la  maggior  part® 
di  quest!  sono  cattolici,  ed  e  cattolico  questo  paese,  cattolica  questa 
citla  di  Dublino,  altri  aspetta  forse  di  trovare  in  questa  scuola  la 
massima  imparzialita,  e  il  dovuto  rispetto  agV  interessi  e  ai  senti- 
menti  cattolici.  Ora  il  fatto  si  e,  che  ivi  il  capo  dei  governanti,  il 
comandantee  tutti  gli  ufficiali,  salvo  forse  un  sergente,  t.utti  i  mae- 
stri, tutti  gli  ammonitori  cosi  detti  di  Chelsea,  e  tutti  gli  altri  am- 
monitori,  eccetto  forse  pochissimi,  sono  Protestanti;  che  nelle  snle 
di  scuole  e  sui  tavolini  si  trovano  Bibbie  e  libri  di  preghiera  pro- 
testanti,  e  questi  sono  sparsr  per  le  altre  parti  della  casa,  di  modo 
che  da  qualunque  parte  si  volga  un  giovane  cattolico  trova  un  in- 
ciampo  e  una  tentazione  alia  sua  fede-,  e  che  i  libri  usati  nell'inse- 
gnamento  letterario,  come  i  Compendii  storici  del  Rev.  sig.  Gleig, 
ministro  protestante,  sono  assai  sospetti  e  contengono  molte  cose 
contrarieairinsegnamento  della  nostra  Chiesa  e  offensive  delle,  no- 
stre  orecchie. 

In  questa  scuola  gli  alunni  cattolici  non  possono  essere  piu  che 
un  terzo  del  numero  totale,  perche,  dicono,  un  solo  terzo  dell'eser- 
cito  e  di  Cattolici.  Regola  che  potrebbe  difendersi,  se  fosse  osservata 
in  tutti  gli  Asili ;  ma  essa  non  si  estende  all'  Inghilterra,  dove,  per 
esempio,  nella  Scuola  del  Duca  di  York,  i  Cattolici  non  sono,  credo, 
un  ventesimo:  e  sesi  prendono  insieme  tutti  gli  Asili  d' Inghilterra 
e  d'  Irlanda,  gli  alunni  cattolici  non  faranno  probabilmente  un  de- 
cimo  della  totalita,  e  i  superior!  o  maestri  cattolici  non  sono  forse 
un  centesimo.  Donde  e  chiaro,  che  se  una  meta  delle  truppe,  o  an- 
co  solo  un  terzo  di  tutto  1'  esercito  e  di  Cattolici,  i  provvedimenti 


NEGLI  ANGLICANI  49 

fatti  pei  loro  orfani  non  sono  adequati,  e  non  rispondono  punto  alia 
propo'  zione  del  loro  numero. 

Qu^sto  limite  posto  al  numero  del  Cattolici  da  ammettersi  nella 
Sruola  Ibernese  e  funesto,  perche  una  vedova  die  domanda  1'  am- 
missione  pel  suo  figlio  e  sente  dirsi  che  il  numero  dei  Cattolici  e 
compito,  e  sovente  tentata  di  farlo  ammettere  per  Protestante,  sa- 
crificando  la  sua  fede  al  mantenimento  temporale-,  e  la  tentazione 
cresce  per  non  esservi  niun  uffiziale  cattolico  che  sovraintenda  al 
registro.  lo  so  di  una  infelice  madre  cheil  fece,  e  venuta  dopo  qual- 
che  tempo  in  caso  di  morte,  ebbe  tanto  spavento  del  conto  che  do- 
vrebbe  dare  a  Dio  di  avere  sacrificata  la  fede  del  suo  figlio,  che  si 
teme  non  fosse  per  morire  disperata.  Ma  essendo,  per  divina  mer- 
ce,  riuscitaaritirare  il  figlio  dalla  scuola  e  aprovvedere  alia  educa- 
zione  di  lui  primadi  morire,  rendette  in  pace  lo  spirito  a  Dio.  Altre 
madri,  e  forse  molte,  vi  sono  qui  in  Irlanda  che  hanno  commesso  pur 
troppo  il  medesimo  delitto,  e  ne  spntono  senza  dubbio  frequentied 
acerbissimi  rimorsi.  Ora  non  dobbiam  noi  condannare  ci6  che  e 
Toccasionedi  tanto  male?  E  se  questo  si  fa  in  Dublino,  in  una  citta 
cattolioa,  in  uno  Stato  cattolico  e  sotto  1'  ombra  del  palazzo  di  un 
Vicere  liberalissimo,  che  dovra  aspettarsi  in  Inghilterra,  negPIsti- 
tuti  dotati  col  Patriotic  Fund,  dove  il  Protestantismo  ha  si  gran 
prevalenza? 

Vengo  ora  all'India  e  alia  colletta,  che  si  sta  facendo  in  pro  delle 
vittime  della  recente  ribellione,  e  da  cui  ha  preso  le  mosse  questa 
mia  lettera.  Siccome  il  danaro  raccolto  dovra  essere  commesso  a 
persone  residenti  cola,  niuno  credera  superfluo  1'  esaminare  quali 
siano  cola  i  sentiment!  che  regnano  nei  governanti  verso  il  Cattoli- 
cismo,  e  se  anche  cola  siasi  mostrata  qualche  inclinazione  ad  abu- 
sare  del  danaro  pubblico  per  sovvertire  la  fede  della  gioventu  cat- 
tolica. 

lo  parler6  solo,  quasi  per  saggio,  dei  pubblici  orfanotrofii  e  delle 
scuole  pei  figli  dei  soldati  dei  varii  reggimenti  stanziati  nell'  India, 
e  delle  controversie  nateintorno  ad  esse-,  e  ci6  primieramente,  per- 
che i  mali  piu  grandi  recati  ai  giovani  cattolici  versano  nell'ammi- 
Serie  III,  vol.  /I.  4  19  Decembre  1857. 


50  SAGGIO  D'  INTOLLERANZA 

nistrazione  di  quest!  Istituti  di  educazione,  e  poi,  perche  le  notizie 
da  noi  raccolte  intorno  alle  scuole  ed  orfanotrofii  militari  dell'India, 
oltreche  illustrano  e  confermano  quanto  abbiam  detto  della  Scuola 
del  Duca  di  York  e  delPIbernese,  e  delle  scuole  miste,  dotate  dal 
Patriotic  Fund,  serviranno  eziandio  a  fare  aprire  gli  occbi  sopra  il 
modo ,  onde  le  scuole  de'  reggimenti  sono  condotte  qui  in  patria. 

Gli  Orfanotrofii  nell' India  furono  fondati  in  parte  colle  collette  dei 
soldati,  tanto  cattolici  come  protestanti,  a  condizione  che  ciascun 
alunno  fosse  educate  nella  religione  de?  suoi  genitori ;  ma  essendo 
stati  commessi  alia  cura  di  Cappellani  protestanti,  essi  perdettero 
in  breve  il  loro  carattere  primitive.  «  Ib  chiamo  questi  Istituti  Pro- 
testanti (dice  Monsig.  Garew,  Arcivescovo  d'Edessa,  eultimamente 
Vicario  Apostolico  di  Calcutta,  in  un  Rapporto  sopra  lo  stato  del 
Cattolicismo,  stampato  nel  1853,  pag.  20),  perche  per  tali  debbono 
aversi,  qualunque  sia  il  loro  nome  ufficiale-,  tenendo  nell'  insegna- 
mento  e  nella  disciplina  un  metodo  apertamente  e  per  confessione 
di  tutti  incompatible  col  Cattolicismo.  » 

II  Rev.  Dott.  Fennelly,  presente  Vicario  Generale  di  Madras, 
conferma  questa  querela  in  un  bell'opuscolo,  pubblicato  quest'anno. 
Ivi  a  pag.  22,  egli  nota:  «  Se  v'  6  gravezza  cbe  i  Cattolici  al  ser- 
vigio  del  Governo  abbiano  piu  vivamente  sentito,  ella  e  questa 
del  trascurare  che  si  fa,  se  non  si  fa  peggio  ancora,  i  loro  orfani 
cattolici.  Da  gran  tempo,  nelle  diverse  Sedi  del  Governo,  furono 
fondati  Asili  per  mantenere  ed  allevare  gli  orfani  de' soldati.  Questi 
Asili,  a^a  cui  fondazione  contribuirono  del  pan'  i  soldati  cattolici  e 
i  proteslanti,  furono  governati  strettamente  alia  protestante,  furono 
aperti  ai  Protestanti,  e,  checche  dica  in  contrario  Lord  Dalhousie, 
furono  chiusi  ai  Cattolici.  Gli  orfani  cattolici  non  vi  si  ammisero,  se 
non  a  patto  di  apostatare  dalla  religione  dei  loro  padri.  » 

A  queste  testimonianze  da  maggior  luce  quella  del  Dott.  Staun- 
ton  Cahill,  ufficiale  della  Compagnia  dell'  Indie  Orientali,  che  ho 
poco  sopra  mentovato.  Nel  ses to  Rapporto  sopra  i  Territorii  Indiani 
egli  attesta  (pag.  106-109),  che  in  quegli  asili  militari  i  regolamen- 
li  e  la  pratica  tendono  manifestamente  al  proselitismo ;  che  gli  am- 


NEGLI  ANGLICANI  51 

ministratori  sono  generalmente  protestanti  •,  che  quest!  considerano 
V  Istituto  come  interamente  protestante,  e  percio  non  hanno  alcun 
rispetto  d'  irapedire  ai  Cattolici  1'  esercizio  della  loro  religione  e  di 
obbligarli  al  culto  protestante ;  da  ultimo  che  gli  orfani  cattolici, 
non  avendo  nell'  India  altro  Asilo  ove  ricoverare,  sono  di  falto  co- 
stretti  a  divenire  protestanti,  e  tali  divengono. 

Ecco  dunque  le  contribuzioni  fatte  in  comune  da  soldati  catto- 
lici e  da  protestanti,  volte  unicamente  in  pro  di  questi  e  a  danno 
dei  primi,  coll'  obbligare  i  loro  orfani  all'apostasia.  So  che  si  afferma 
arditamente,  che  oggi  1'  opinione  pubblica  non  tollererebbe  per  un 
solo  istante  un  tale  abuso  di  confidenza;  eppure  chi  si  levo  agridare 
contro  il  sistema  che  da  tanto  tempo  regna  nell' India,  o  che  si  e 
fatto  per  correggerlo?  L'  avvenuto  altre  volte  potrebbe  ripetcrsi,  e 
come  in  Inghilterra  il  soprappiu  del  Patriotic  Fund  fu  speso  per 
Istituti  protestanti,  cosi  nell1  India  gli  avanzidell'/ndmn  Fund  po- 
trebbero  essere  impiegati,  se  non  si  provvede,  a  do  tare  gl' Istituti 
anticattolici  degli  orfanotrofii  e  degli  Asili. 

Le  scuole  de'  reggimenti  (regimental  schools)  rassomigliano  gran- 
demente  agli  orfanotrofii,  quanto  all' essere  ariticattoliche.  «  Tutto 
il  sistema,  dice  (nel  Rapporto  citato)  Monsig.  Carew,  Arcivescovo 
di  Edessa,  personaggio  della  cui  autorita  nessuno  puo  dubitare, 
tutto  il  sistema,  sopra  cui  queste  scuole  si  fondano  e  si  governano, 
e  di  spirito  e  di  essenza  intieramente  protestante,  e  al  tutto  incom- 
patibile  col  Cattolicismo.  Talora  la  intolleranza  a  lui  propria  vien 
mitigata  dalla  bonta  di  qualcheduno  dei  reggitori,  ma  anche  in 
questi  casi,  che  sono  rari,  la  condizione  degli  alunni  cattolici  rima- 
ne  grandemente  pericolosa  alia  lor  fede,  e  perci6  anche  ai  loro  co- 
stumi.  I  principii,  con  cui  sono  governati,  sono  tratti  dagli  Arlicoli 
della  guerra,  che  furono  fatti  quando  i  soldati  cattolici  non  erano 
ancora  ammessi  come  tali,  e  non  godevano  liberta  religiosa  ;  que- 
sta  parte  dell'  amministrazione  militare  esige  un  cambiamento  ra- 
dicale.  » 

La  presente  condizione  di  queste  scuole  e  piu  ampiamente  espo- 
sta  dal  Rev.  Vicario  Generale  di  Madras  nell'opuscolo  gia  citato. 


52  SAGGIO  D'  INTOLLERANZA, 

A  pag.  24  egli  dice;  «  Coteste  scuole  nelle  varie  stazioni  militari 
sono  in  pratica  ed  in  effetto  chiuse  ai  Cattolici,  1'  educazione  essen- 
dovi  anticattolica  e  protestante  quanto  puo  essere.  Al  sacerdote  cat- 
tolico  e  persino  vietato  il  visitarle.  I  libri  e  i  maestri  son  protestan- 
ti,  ed  essenzialmente  protestante  e  1'  istruzione.  Ne  vale  il  dire  che 
i  regolamenti  permettono  agli  alunni  cattolici  di  non  assistere  alia 
preghiera  e  all'  istruzione  religiosa  protestante,  quando  i  loro  geni- 
tori  ne  dichiarino  per  iscritto  il  loro  volere.  Primieramente,  questa 
stessa  eccezione  e  un  insulto  al  soldato  cattolico  e  una  dichiarazione 
umiliante  della  sua  inferiorita.  Poi,  si  sa  che  nell' India  vi  sono  sera- 
pre  di  quegli  uffiziali  molto  pii,  fatti  sul  modello  di  Exeter  Hall, 
che  sono  protestanti  dichiaratamente  fanatici  e  nemici  di  ogni  cosa 
cattolica:  ora  e  egli  giusto  di  esporre  un  semplice  soldato,  timido 
o  debole  di  mente,  al  pericolo  o  d'  incorrere  1'  avversione  del  suo 
superiore,  fucendo  quella  dichiarazione,  o  di  lasciare  in  manifesto 
rischio  la  fede  de'  suoi  figli,  non  la  facendo?  Ma  quand'anche  la 
facesse  e  i  suoi  figli  non  assistessero  al  culto  protestante,  la  costi- 
tuzione  e  la  praiica  di  queste  scuole  e  cosi  intimamente  protestante, 
che  la  loro  fcde  resterebbe  sempre  in  gran  pericolo.  E  questo  peri- 
colo e  si  manifesto  e  temuto,  che  in  pratica  un  padre  cattolico,  che 
mandu  a  queste  scuole  il  suo  figlio,  non  e  ammesso  ai  Sacramenti. 
« I  soldati  cattolici ,  oltre  parecchi  altri  aggravii  loro  proprii , 
han  dovuto  sostentare  un  orfanotrofio  pei  figli  de'  loro  compagni 
morti ,  e  contribuire  alle  spese  di  scuole  cattoliche  pei  loro  figli. 
Queste  scuole,  che  si  trovario  nelle  principal!  stazioni  di  tutta  Hn- 
dia  e  costano  assai ,  sono  molto  fiorenti,  e  alcune  non  la  cedono  ai 
migliori  Seminarii  d'  Europa,  benche  nelle  piu  s'  insegnino  solo  i 
primi  element!  sia  dell' inglese  come  del  volgare.  Ora  un  recente 
decreto  del  Presidente  del  Consiglio  dell'  India  ,  dato  in  Consiglio  , 
comanda  ai  soldati  cattolici  di  ritirare  i  loro  figli  dalle  scuole  catto- 
liche, dove  riceveano  una  sana  educazione  religiosa  e  un'educazio- 
ne  letteraria  ,  niente  inferiore  almeno  a  qualsiasi  altra  offerta  loro 
altrove,  e  di  mandarli  alle  scuole  delle  guarnigioni  e  de'reggimenti, 
le  quali,  ordinate  come  sono  e  sempre  furono,  non  possono  essQre 


NEGLI  ANGLICANI  53 

riguardate  dai  Cattolici  altrimenti,  che  come  stromenti  di  proseli- 
tismo :  e  cio  sotto  pena  al  padre  di  perdere  il  sussiilio  che  ha  (di 
due  rupie  e  mezzo,  ossia  cinque  scellini  al  mese)  per  ciascuno  dei 
figli,  maggiori  di  4  anni,  che  fosse  assente.  » 

Abbiamo  recato  a  lungo  questo  tratto  dell  Opuscolo  di  Monsig. 
Fennelly  ,  perche  esso  mostra  pienamente  che  aggravio  sian  pel 
€attolici  le  scuole  de'  r^ggimenti,  aggravio,  di  cui  1'  Irlanda  ha  da 
Jagnarsi  non  meno  che  1'  India  ,  ed  al  quale  il  Governo  dovrebbe 
Tolgere  la  sua  attenzione  per  porvi  riparo.  Se  non  vi  si  pone  ,  se 
gli  alunni  cattolici  sono  obbligati  a  usar  libri  protestanti ,  o  se  dai 
soldati  cattolici  si  esige  che  dichiarino  in  iscritto  di  non  volere  che 
i  loro  figli  intervengano  alia  preghiera  protestante,  mentre  dai  sol- 
dati protestanti  non  si  esige  allrettanto  riguardo  al  culto  cattoli- 
co  ,  si  ecciteranno  malcontenti  ed  ire.  Si  trattino  da  uguali  coloro 
che  combattono  le  stesse  battaglie ;  non  fate  tra  loro  distinzioni 
odiose  5  i  soldati  caltolici  sappiano  che  i  loro  figli  saranno  educati 
nella  religione  loro  propria  e  sotto  i  loro  pastori  come  sono  i  Pro- 
testanti, e  saranno  impediti  tutti  i  mali  che  possono  nascere  da  sif- 
fatte  parzialita. 

La  trista  condizione  dei  fanciulli  cattolici  nelle  scuole  de'reggi-' 
menti  ha  dato  per  lungo  tempo  grandi  affanni  e  fastidii  al  Vicario 
Apostolico  e  al  Clero  cattolico  di  Madras.  II  Vescovo  cattolico  , 
dopo  avere  tentato  in  vano  tutte  le  vie  di  accordo  e  di  rimostranza, 
dichiaroche  non  si  riguarderebbe  come  vero  figlio  della  Chiesa  cat- 
tolica  ,  chiunque  mandasse  i  suoi  figli  alle  scuole  de'  reggimenti , 
menire  in  queste  inculcavansi  dottrine  e  usavansi  libri  anticattoli- 
ci.  Con  cio  egli  non  fece  che  adempire  il  suo  ufficio  di  pastore  vi- 
gilante, mostrando  i  pericoli,  a  cui  i  teneri  agnelli  della  greggia  era- 
no  esposti.  Le  sue  istruzioni  furono  promulgate  dai  pulpito  e  spie- 
gate  dai  parrochi  ai  fedeli.  Or  che  avvenne  ?  II  Governatore,  Lord 
Harris ,  invece  di  riparare  i  torti  ond'  era  mossa  querela  ,  e  di  to- 
gliere  quei  libri,  credette  piu  conveniente  al  suo  decoro  di  scrivere 
alle  Autorita  militari  una  lettera,  data  il  30  Maggio  1857,  nella 
quale  a  proposito  della  domanda  fatta  dai  Vescovo  di  togliere  i  libri 


54  SAGGIO  D'  INTOLLERANZA 

anticattolici,  leggiarao:  a  Si  potrebbe  domandare,  se  debbasi  esclu- 
dere  dalla  scuola  anclie  la  Bibbia  ?  giacche  questa  seconda  doman- 
da  non  tardera  a  seguire  la  prima.  No  certamente  :  noi  noa  voglia- 
mo  fare  oltraggio  alia  nostra  coscienza  per  secondare  le  domande 
di  una  genia  di  preti,  die  tuttora  si  sforzano  di  ricondurci  all'  igno- 
ranza  dei  tempi  tenebrosi.  11  farlo  sarebbe ,  cred'io  ,  un  cedere  la 
vittoria  religiosa  e  intellettuale  ottenuta  dalla  Riforma,  per  am- 
mansare  un  sacerdozio  turbolento  che  non  accettera  patti,  e  die, 
stando  ai  suoi  principii,  non  puo  essere  pago,  se  non  quando  giun- 
ga  a  un  assoluto  predominio.  » 

Noi  non  cercheremo  di  defmire  lo  spirito  che  delt6  questa  lette- 
ra,  ma  chiederemo  soltanto:  fu  essa  dettata  da  prudenza  e  politica? 
Era  egli  spediente,  mentre  ferveva  una  vasta  ribellione,  tenere  un 
linguaggio  si  oltraggioso  per  tanti  milioni  di  sudditi  di  Sua  Maesta? 
Era  egli  decenza  insultare  il  sentimento  religioso  di  duecento  mi- 
lioni di  Cattolici  sparsi  per  tutto  il  mondo?  Lascio  il  deciderlo  a 
Y.  S.  lo  diro  solo,  che  mentre  noi  vediamo  nell'  India  persone  col- 
locate ne'  piu  alti  uffici  discendere  a  tai  vituperi  ,  e  ad  un'  acerbita 
di  linguaggio  degna  di  una  loggia  di  Orangisti  anzicbe  di  un'  aula 
da  Consiglio;  non  possiamo  non  sentire  quanto  sia  necessario  vigi- 
lare,  affinche  quello  spirito  d'  intolleranza,  che  si  mostra  in  certi  atti 
di  pubblica  amminisLrazione,  non  si  stenda  anche  alle  opere  di  be- 
neficenza,  e  affinche  le  contribuzioni  caritatevoli  non  sieno  perver- 
tite  ad  usi  di  proselitismo  e  a  danno  della  nostra  fede. 

A  mostrare  poi  quanto  sia  vano  il  tentativo  di  propagare  1'erro- 
re  ,  o  di  opprimere  la  verita  coi  mezzi  teste  indicati ,  ci  sia  lecito 
notar  di  passaggio  che  il  Cattolicismo  nell'India  gode  incontrasta- 
bilmente  gran  predominio  ,  a  dispetto  della  dichiarata  guerra  che 
ivi  soffre,  di  'molti  ostacoli  che  gli  sono  a  fronte  ,  delle  somme  im- 
mense che  si  profondono  pei  varii  missionarii  protestanti  e  degli 
sCorzi  che  si  fanno  per  sedurre  gli  orfani  cattolici.  Mentre  1'  antica 
fede  numera  a  centinaia  di  migliaia  i  suoi  credenti  nell'  India  ,  il 
Protestantismo  non  esce  quasi  dall'  angusta  cerchia  delle  residenze 
Inglesi.  Nessuna  proviucia  indiana,  anzi  neppure  un  villaggio,  ac- 


NEGLI  ANGL1CANI  5S 

cetto  mai  le  forme  del  Protestantismo,  sicche  a  ragione  possa  chia- 
marsi  protestante.  E  il  Protestantismo  ha  si  poca  radice  tra  i  natu- 
ral! dell'India,  che  uno  dei  cap!  Governatori  di  quelle  province,  co- 
noscentissimo  dial  paese  ,  dices!  avere  teste  affermato  in  pien  Par- 
lamento  che  ,  se  gl1  Ingles!  venissero  ora  cacciati  dallHndostan  ,  vi1 
lascerebbero  dopo  se  appena  una  dozzma  di  Protestant.!.  L'inse^- 
gnamento  cola  praticato  tanto  e  lungi  dal  disporre  i  nativi  a  rice- 
vere  il  Cristianesimo ,  che  sembra  aver  prodotto  1'  effetto  del  tutto 
opposto.  II  Reverendo  Dbttor  Carr,  Vescovo  protestante,  interrogate 
dalla  Commissione  parlamentare  intorno  alia  educazione  degl'  In- 
dian! rielle  scuole  del  Governo  ,  rispose  :  Ess!  non  solo  sono  incre- 
dulial Cristianesimo  in  forza  del  loro  sistema,  ma  sono  stati  ezian- 
dio  imbevuti  delle  obbiezioni  degl'  increduli  Europe!  1. 

Dopo  discussi  in  tal  guisa  i  punti  capital!  della  quistione,  1'  illustre  Pre- 
lato  scende  a  giustificare  la  sua  priraa  lettera  da  varie  accuse  minori;  che 
le  erano  state  mosse.  Lasciando  per  brevitale  meno  important!  recheremo 
le  ultimo,  colle  quali  egli  conclude  : 

La  Memoria  dei  commissarii  mi  accusa  d'  aver  dimenticato  la 
marina  coi  suoi  70  mila  uomini  d!  servizio,  i  quali,  salvo  pochissimi, 
sono  tutti  Protestanti  ^  e  le  cui  vedove  perc!6  hanno  diritto  ai  soc- 
corsi  del  Patriotic  Fund:  Ma  1'  Autore  della  Memoria  ha  qui  inte- 
ramente  dimenticato  lo  scopo  del  Patriotic  Fund;  il  quale,  come 
scrive  il  signer  Mugford  in  una  lettera  del  14  Ottobre,  dalla  regia 
Commissione  fu  ristretto  a  favore  delle  vedove  e  degli  orfani  di  co- 
loro  che  perirono  nel  servizio  dell'  ultima  guerra  contro  la  Russia. 
Ora  avventuratamente  i  70  mila  marinari  dei  vascelli  inglesi  non 
perirono  nella  guerra  di  Russia  •,  e  perci6  le  loro  vedove  e  i  figli 
non  possono  avere  quel  diritto  che  la  Memoria  loro  attribuisce.  Non 
vi  furono  grandi  scontri  navali  ne  gran  mortalita  nella  flott'a,  come 
fu  nell'esercito-,  sicche  le  vedove  e  gli  orfani  dei  marinari  dovette- 
ro  «ssere  pochissimi  in  paragone  dei  soldati  di  terra.  Perche  dun- 
que  menar  tanto  grido  di  quei  70  mila  marinari  e  delie  loro  vedove 

.    \  Rapporto  sesto  pag.  137. 


S6  SAGGIO  D'  INTOLLERANZA 

ed  orfani,  e  levare  si  acerbi  rimproveri  contro  di  me  per  non  aver 
parlato  di  diritti  che  non  sono? 

E  qui  si  noti  che  noi  non  conrediamo  punto  che  i  nostri  mari- 
nari  sieno  quasi  tulti  protestanti.  L'  improbabilita  di  un  tal  fatto  e 
mal  difesa  dall  audacia  dell'  affermarlo  •,  e  a  mostrare  quanto  sia 
privo  di  fondamento  ci  bnsta  recare  I'  autorita  di  uno  de'  zii  di 
S.  M.  la  Regina,  il  Duca  di  Clfirence  che  fu  poi  Guglielmo  IV,  il  qua- 
le,  avendo  passati  molti  anni  alia  marina  e  segnalatovisi  in  tutti 
gl'impieghi,  pole  conoscere  il  numero  dei  Cattolici  e  dei  Protestanti 
assai  meglio  che  1'  Autore  anonimo  della  Memoria.  Ecco  le  parole 
diS.  M.  Guglielmo  IV. 

«  Nella  carriera  della  mia  educazione  io  ebbi  a  conoscere  i  Cat- 
tolici e  sarei  il-piu  ingrato  degli  uomini ,  se  dimenticassi  le  acco- 
glienze  che  ne  ebbi.  Io  li  vidiin  differentissime  circostanze,  secon- 
do  che  recavano  i  miei  successivi  impieghi,  ed  hosempre  ammira- 
to  il  carattere,  la  bravura  e  la  franca  giovialita  degl  Irlandt-si.  Se 
ancor  vivesse  il  venerando  Duncan  che  s'  immorta!6  con  le  sue  vit- 
torie  contro  1'  Olanda,  ma  giov6  anche  piu  alia  patria  con  la  fer- 
mezza,  con  cui  tenne  in  dovere  la  sua  flotta  durante  1'  ammutina- 
mento  dei  Nore;  se  ancor  fosse  V  Earl  St.  Vincent,  il  quale  tanta 
s'illustro  nel  blocco  di  Cadice,  oppure  quegli  che  a  lui  fu  soprattut- 
ti  carissimo,  il  gran  Nelson,  T  eroe  delNilo;  se  questi  e  altri  il- 
lustri  uffiziali  potessero  levare  dalla  tomba  le  loro  teste  e  veder 
1'  aurora  di  pace  e  di  felicita  che  or  a  sorge  sopra  1'  Irlanda  ,  se 
potessero  vedere  come  sia  resa  finalmente  giustizia  a  quel  gran 
corpo  cf  uomini  che  combalterono  con  essi  sulle  tolde  dei  loro  va- 
scelli  e  il  cui  valore  diede  loro  la  mtloria ;  quanto  esulterebbero  di 
vedere  esaudite  le  domande  dei  loro  valorosi  commilitoni !  Gran  ri- 
guardo  vuole  aversi  a  quello  che  personaggi  siflatti  direbbero  e  a 
ci6  che  essi  stimerebbono  debito  allanazione  irlandese  1.  » 


1  Discorso  dell'  A.  R.  del  Duca  di  Clarence,  poi  Guglielmo  IV  ,  recitato  al- 
1'occasione  del  presentarsi  dali'A.  R.  del  Duca  di  Sussex  una  petizione  di  Bri- 
stol in  favore  dei  Cattolici  nel  1829. 


NEGLI  ANGLICANI  57 

Vi  ebbe  dunque  per  lo  passato  e  vi  ha  tuttavia  un  gran  nume- 
ro  di  Cattolici  militanti  nella  marina  inglese;  benche  sventurata- 
mente  non  abbiano  i  mezzi  di  farsi  conoscere  per  tali  con  la  pra- 
tica  detla  loro  religione ,  e  possano  appena  mai  sentir  Messa,  o 
adempire  nessun  altro  dei  loro  religiosi  doveri. 

Nel  penultimo  articolo  della  Memoria  mi  si  fa  colpa  d'averein- 
sinuato  che  il  danaro  dei  Cattolici  sia  stato  usato  a  tlotare  scuole 
protestanti,  e  mi  si  risponde  con  piglio  beffardo  «  la  contribuzio- 
ne  degT  Irlandesi  essere  giunta  soltantoaGO  mila  sterline,  il  piu 
delle  quali  senza  dubbio  fu  dato  dai  Protestanti  ,  tali  essendo  la 
massima  parte  dei  ricchi  in  Irlanda  ». 

Se  V.  S.  torna  per  poco  coll'  occhio  sopra  la  mia  lettera  ,  ve- 
dra  che  io  senza  fare  maligne  insinuazioni,  affermai  solo  con  isehiet- 
tezza  e  candore,  i  Cattolici  di  Dublino  avere  contribuito  al  Patriotic 
Fund  secondo  le  loro  forze  e  con  la  generosita  loro  consueta  5  al 
che  ora  debbo  aggiungere  che,  a  mostrare  quanto  io  approvassi 
cordialmente  la  cosa,  la  mia  quota  super6  d'assai  le  mie  forze.  Io 
non  poteva  parlare  piii  schietto  e  piu  sernplice:  ma  v'  e  un'  altra 
questione  che  1'  Autore  della  Memoria  qui  cerca  di  evitare.  Era 
egli  giusto  usare  i  danari  destinati  a  uno  scopo  speciale  approvato 
da  tutti,  usarli  dico,  a  dotare  scuole ,  a  cui  i  Cattolici  non  pote- 
vano  concorrere ,  e  delle  quali  i  loro  figli  non  possorio  giovarsi 
senza  pericolo?  Non  entrero  a  discutere  la  quistione ,  ma  in  un 
documento  pubblico,  che  ho  qui  sott'  occhio,  trovo  pronta  la  ris- 
posta :  «  Non  e  duopo  essere  Cristiano  per  sapere  che  il  racco- 
gliere  danaro  per  uno  scopo  e  1'usarlo  per  un  altro  senza  consen- 
so  espresso  dei  donatori,  e  atto  d' enormissima  infedelta.  » 

Queste  gagliarde  parole  non  sono  mie,  ma  di  un  Prelato  prote- 
stante,  il  reverendo  Dottor  Baggot  di  Newry,  in  una  lettera  del  16 
corrente,  scritta  in  lode  deH'amministrazione  del  Patriotic  Fund. 

V.  S.  sembra  essere  d1  accordo  quanto  alia  sostanza  col  Dottor 
Baggot,  notando  che  «  Egli  e  fellonia  contro  I'umanita  il  supporre 
che  il  Fund  non  sia  lealmente  usato  a  quel  sacro  oggetto,  a  cui  fu 
destinato. »  Ora  applicando  questo  principio  al  Patriotic  Fund,  m'e 


S8  SAGGIO  D'  JNTOLLERANZA 

lecito  ilchiedere:  Fu  esso  destinato  daprincipio,  ovvero  sifece  egli 
almeno  sapere  a  tutti  nell'invitarli  a  conLribuire,  che  una  gran  par- 
te  di  esso  sarebbe  destinalo  adotare  scuole,  in  cui  1'insegnamento 
e  protestante,  o  conforme  a  quello  delle  Union  Schools  e  pericolo- 
sissimo  ai  giovani  cattolici?  Eppure  a  queste  scuole  fu  destinato  un 
quarto  di  milione  di  sterline. 

QueH'allusione  poi  alia  poverta  dei  Cattolici,  e  caduta,  mi  pare, 
assai  male  in  punto.  Essa  richiama  memorie  die  sarebbe  stato  as- 
sai  meglio  non  ridestare.  Se  i  Catlolici  sono  poveri  ,  noi  possianio 
chiedere  con  le  parole  di  un  illustre  poeta  irlandese  (Aubrey  de 
Vere) :  «  Che  li  fece  Iloti  ?  II  patibolo,  la  sferza  e  il.marchto  rovente, 
con  cui  una  stolta  rabbia  fece  guerra  a  una  fervente  fede.  »  L'ini- 
quita  delle  leggi  e  i'  influenza  dell'  Anglicanismo  ban  reso  inevita- 
bile  questa  inferiority  di  ricchezze  che  ci  viene  sovente  rinfacciata. 
Si  usarono  dapprima  grandi  confische,  poi  si  punirono  di  multe 
mensili  i  nostri  Cattolici ,  perche  non  intervenivano  al  culto  prote- 
stante; e  si  cess6  dal  multarli  solamente  quando  fu  loro  tolla  dalle 
mani  ogni  proprieta.  Anche  oggidi  T  Irlanda  cattolica  e  enorme- 
mente  aggravata  per  alimentare  un'  istituzione ,  la  quale  col  suo 
religioso  insegnamento  non  puo  in  niuna  guisa  ripagare  allo  Stato 
o  al  popolo  le  spese  che  costa.  Chi  considera  la  .nostra  patria:at 
lurae  della  sua  storia  passata  e  presente  e  condotto  a  giudicare  che, 
se  in  essa  vive  ancora  un  popolo  cattolico,  qiiesto  deve  trovarsi  in 
uno  stato  di  estrema  poverta.  Ma  invece  di  farci  rimprover.o  di  que- 
sta, non  sarebbe  egli  piuttosto  da  ammirare  la  fedelta  incompa- 
rabile  mantenuta  alia  religione  dei  padri,  senza  che  niuna  violenza 
di  persecuzione  abbia  mai  potuto  vincerla?  E  che  giudizio  dev' egli 
farsi  dello  Stabilimenlo  anglicano  imposto  loro  a  forza?  «  Di  tutte 
le  present!  istituzioni  (dice  un1  illustre  autorita  protestante)  la 
chiesa  anglicana  irlandese  e  la  piu  assurda  ed  impossible  a  di- 
fendersi.  Tal'  e  il  giudizio  dei  presenti ,  tale  sara  dei  .posteri  ,  e 
gli  uomini  stupiranno  che  un  tanto  sconcio  abbia;potuto  durare  si 
a  lungo.  » 


NEGLI  A1VGLICANI  59 

Signore,  se  io  ho  toccato  alcuni  dei  religiosi  aggravii,  sotto  cui 
geme  oppressa  questa  terra ,  non  fu  per  destare  ire  ,  ma  per  chie- 
dere  riparo.  Se  ci  astenessimo  dal  ripetere  i  nostri  diritti  con  la 
tranquilla  dignita  d'uomini  ehe  meritano  d' essere  liberi,  noi  per- 
deremmo  smisuratamente  nella  stima  di  V.  S.  ,  e  al  tempo  stesso 
saremmo  in  colpa  di  avere  indefinitamente  differito  il  consegui- 
mento  di  una  giustizia,  la  quale  gioverebbe  a  tutto  rirnpero,  unen- 
do  tutti  i  suoi  popoli  in  perfetta  uguaglianza  e  nei  vincoli  di  eterna 
amicizia. 

Conchiudero  coll'esporre  a  V.  S.  che  molti  Cattolici  m'hanno 
assicurato  di  essere  pronti  a  contribuire  all1  Indian  Fund,  purche  si 
piglino  mezzi  da  proteggere  i  poveri  figli  dei  soldati  cattolici  con- 
tro  i  pericoli  del  proselitisrno.  Forse  il  destinare  alcuni  nobili  e 
gentiluomini  cattolici ,  come  Membri  delle  Commissioni  centrali  di 
Londra  e  di  Calcutta,  a  fine  di  vigilare  gl'  interessi  di  que'  giovani, 
rimuoverebbe  ogni  sospetto  e  soddisfarebbe  la  pubblica  sollecitu- 
dine.  Ho  1'onore  di  essere  con  profondo  rispetto 

Di  V,  S. 

Servo  Ossequente 
*f"  PAOLO  CULLEN 

I  Giornali  di  Londra,  sotto  la  data  del  10  di  questo  mese,  recano 
una  lettera  diretta  a  Mgr  Cullen,  in  nome  della  Commissione  pel  Pa- 
triotic Fund,  dal  Segretario  di  essa  signor  E.  Gardiner  Fishbourns. 
Egli  si  restringe  a  dire  che  T  illustre  Prelato  non  ha  avuto  informa- 
zioni  abbastanza  esatte,  e  promelte  di  dark  in  un  Rapporto  che  la 
Commissione  stessa  sta  elaborando  per  sottometterlo  a  S.  M.  la  Re- 
gina.  Noi  non  ignoriamo  il  valore  che  vuol  darsi  a  somiglianti  di- 
chiarazioni  generali  ed  ufficiali;  nondimeno  ci  pare  un  vantaggio 
che  si  ammetta  il  principio  e  si  rechi  attenzione  nelT  esame  dei  fatli. 


LA  CONTESSA  MATILDA  DI  CANOSSA 

E 

IOLANDA  DI  GRONINGA 


IL  RITROVAMENTO 

Era  gia  il  di  per  cadere,  e  1'  Eremita,  vedendo  grandemente 
peggiorare  lolanda  (la  quale  pel  calor  della  febbre  smaniava  di  mol- 
to  e  li  sp^ssi  deliqui  riduceanla  in  caso  di  morte)  stavasi  immobile 
al  letto  della  fanciulla,  asciugandole  il  sudor  freddo,  e  pregando  la 
Madre  di  Dio  che  accorresse  in  suo  aiuto.  Poco  stante  udi  la  voce 
di  Ruperto  che  il  chiamava;  perche  venuto  alia  prima  spelonca,  e 
veduto  I'  Abate  Dauferio  giunto  allora,  1'  abbraccio  e  baci6  affet- 
tuosissimamente  bagnandol  di  lagrime. 

—  0  perche  piangi  si  forte,  gli  disse  Dauferio,  e  perche  veggo- 
ti  cosi  triste  e  sparuto?  Tu  suoli ,  sempre  ch'  io  vengo  ,  accoglier- 
mi  con  festa.  £  egli  forse  per  la  sedizione  occorsa  a  Brunn  che  ti 
rammarichi?  Iddio  mi  vi  condusse  a  tempo  di  racchetarla;  e  se  ne 
eccettui  i  due  maliardi  che  furon  bruciati  poco  dopo  levato  il  sole, 
equalche  Vandalo,  che  nella  mischia  rimase  malconcio,  niun  cit- 
tadino  vi  fu  morto. 

—  No,  amico  mio  del  cuore,  teste  non  piango  di  questo  ;  piango 
la  nostra  figliuoletta,  la  quale,  se  Iddio  non  si  muove  a  pieta  del  no- 
stro  dolore,  siamo  in  termine  di  perdere  fra  poco. 

—  fi  ella  caduta  nella  forza  di  Odocaro?  Passando  nella  mia  ve- 
nuta  presso  al  Monistero,  e  per  la  fretta  non  potendovi  en?rare,  mi 


LA  CONTESSA  MATILDA  —  IL  RITROVAHENTO  61 

disse  uno  de'  castaldi,  che  le  monache  furon  tutte  salve,  Dio  gra- 
zia-,  ma  in  molta  confusione,  sia  per  lo  spavento  avuto,  sia  perch& 
non  trovano  una  loro  alunna,  che  in  quel  subbuglio  s'  e  sperduta 
pel  monistero,  e  n'  erano  tutte  in  cerca ;  e  troveranla,  perche  ne  le 
mura,  ne  le  porte  da  via  furon  punto  abbattute  ,  e  pero  la  dee  pur 
essere  in  casa  di  certo. 

—  No,  Dauferio,  la  non  e  in  casa,  ed  e  appunto  la  lolanda,  ch'  io 
trafugai  furtivacnente  per  mezzo  di  Raimondo;  ma  la  poverina  s'ap- 
peno  tanto  del  lungo  assedio  fattole  dal  Marchese  e  dell'  assalto  dei 
Vandali  al  monastero,  che  mi  cadde  svenuta ,  ed  ora  ci  arde  d'  una 
febbre  mortale.  Dio  ti  ci  ha  mandato  per  confessarla.  Hai  tu  con 
esso  te  il  Corpo  del  Signore? 

—  Per  ci6  mi  vedi  senza  il  cappuccio  in  capo.  L'  ho  qui  appeso- 
al  collo  $  di  a  Ruperto  che  vada  nella  tua  cella  per  le  candele  —  Ru- 
perto  ando :  Dauferio  depose  fra  i  doppieri  ardenti  il  SS.  Sacramen- 
to, T  adoro,  e  rizzatosi,  disse :  Ov'  e  1'  inferma? 

Allora  1'Eremitasi  fece  innanzi,  e  preeeduto  d'alquantol' Abate, 
corse  a  lolanda  e  con  viso  lieto  —  Figlia  mia,  le  disse,  fatti  cuore, 
che  Iddio  ti  manda  una  visita,  la  quale  dee  rallegrarti  sommamen- 
te.  Egli  el'Abate  Dauferio,  Vamico  di  Pandolfo  e  tuo  protettore  — 
Ne  ebbe  terminate  di  dire,  che  ecco  1'  Abate  Dauferio  s'  avanza ;  e 
portale  la  mano,  che  lolanda  bacio  con  riverenza,  le  disse  —  lolan- 
da,  il  Signore,  che  t'  ha  campato  da  tante  insidie,  infonderatti  nuo- 
vo  e  pronto  vigore  all  anima  e  al  corpo,  acciocche  tu  possa  cantar 
lungamente  le  sue  laudi,  adoperareil  tempo  alia  sua  gloria,  e  vive- 
re  a  consolazioae  di  tuo  padre. 

lolanda  con  soave  sembiante  gli  rispose  —  Padre  santo ,  il  vole- 
re  di  Dio,  amabile  e  giusto  ,  compiasi  sopra  di  me  :  mi  sento  male 
assai,  ma  se  a  voi  piace  ch'  io  speri,  non  rimovero  la  speranza  dal- 
Tanimo  che  si  sente  morire:  Dio,  e  la  sua  Madre  intemerata  corn- 
piano  il  vostro  presagio. 

L'  Eremita  fattosele  vicino  le  disse :  lolanda,  vuo'  tu  confessarti 
coll' Abate? 

—  Deh  si,  rispose :  oh  che  grazia  e  che  misoricordia  b  ella  mai 
questa  per  me ! 


62  LA  COMESSA  MATILDA 

—  Ma  sappi  che  dopo  la  confessione  tu  avrai  un'  altra  visita,  che 
beata  te  :  il  Signore  del  cielo  e  della  terra  si  degna  entrare  in  cotesti 
sotterranei  e  farli  della  sua  presenza  un  paradiso.  Vedi,  figliuolina 
mia ,  s'  egli  t'  ama  d'  amore  infinite  ?  Se  la  tua  fiducia  in  lui  e  ben 
posta?  s'  egli  e  prontissimo  a  premiare  chi  patisce  per  lui  a  pi&  del- 
la  croce  ? 

—  Dite  davvero,  padre?  II  mio  Signore  tddio  mi  sara  recato  in 
questa  grotta?  lo  il  ricevero  fra  poco  ?  Di  grazia  portatemi,  se  1'  a- 
vete,  un  pannolino  da  mettermi  in  capo :  volete  voi  che  lo  riceva  in 
capegli  alia  presenza  degli  angeli  suoi  ? 

II  vecchio  lacrimando  di  tenerezza  le  arrec6  un  picdol  manto  di 
lana ,  che  altro  non  avea ,  ed  uscito ,  and6  a  prostrarsi  dinanzi  al 
Sacramento,  attendendo  che  la  giovinetta  fornisse  la  sua  confessio- 
ne. Ma  qual  confessione,  Dio  buono !  Quell'  anima  Candida  e  pura 
s'  umiliava  profondamente  e  annichilava  se  stessa  ai  pie  del  mini- 
stro  di  Dio,  chiamandosi  in  colpa  di  mille  reati,  ch'  ella  avea  per 
gravissimi,  e  non  erano  in  se  medesimi,  che  le  ignoranze  dell'uma- 
na  fralezza  e  V  ombra  che  involve  la  mente  pargoletta ,  cui  manca 
talora  la  luce  del  giudizio  pieno  e  il  deliberate  consentimento  del 
cuore.  Quell'  anima  felice  e  benearventurata  godea  continue  il  ba- 
cio  della  giustizia  e  della  pace,  ed  abitava  in  essa  e  in  essa  riposa- 
va  il  divino  Amore  come  in  eletta  stanza  ,  ch'  egli  ornava  d'  inno- 
cenza  e  di  raghezza  celeste. 

Dauferio  entrando  negli  intimi  reeessi  di  quel  cuore  ,  ammiraya 
il  sublime  magistero  della  grazia  preveniente  ,  che  sin  da  bambina 
si  dilettava  in  quella  bell'  anima  e  vi  seminava  i  germi  delle  piu 
nobili  ed  eccelse  virtu ,  che  ogni  di  prendeano  nuovo  incremento  ; 
contemplava  con  istupore  i  voli  di  quella  mente  ,  il  calore  di  que- 
gli  affetti,  la  immensita  di  quei  desiderii ,  la  fedelta  di  quelle  spe- 
ranze,  la  gagliardia  di  quelle  lotte,  la  magnanimita  di  quelle  vitto- 
rie  di  se  medesima ,  e  adorava  i  consigli  di  Dio  ,  e  inteneriva  per 
inestimabile  commovimento  di  dolcezza.  Terminate  la  confessione, 
Dauferio  alzossi  per  uscire  a  prendere  nella  spelonca  la  sacra  Ostia; 
ma  lolanda  voltasi  a  lui  con  un  volto  che  le  raggiava  di  letizia  d'an- 
gelo,  gli  disse  —  Padre,  voi  ora  sapete  quant'  io  sia  pessima  pecca- 


IL  RITROVAMENTO  63 

trice  e  indegna  di  tanta  grazia,  che  si  compiace  di  farmi  il  bcriigno 
Signore :,  ma  poiche  nell'  infinite  amor  suo  vuol  visitarmi,  come  fe- 
ce  al  Pubblieano  ,  aiutatemi,  ve  ne  supplico,  a  snendere  in  terra 
per  mettermi  a  ginocchi  e  inchinarlo  profondamente. 

Dauferio  potendo  appena  proferir  parola  per  la  pieta  di  quella 
domanda  —  No,  figlia  mia,  rispose,  tu  non  ti  reggeresti,  tanta  e 
la  tua  debolezza  e  il  furor  della  febbre:  statti  al  piu  sollevata  al- 
quanto  sul  tuo  giaciglietto,  comeil  paralitico  del  vangelo  dinanzi  a 
Gesu;  confortati  e  spera:  e  quando  I'avrai  chiuso  nell'abitacolodel 
tuo  cuore,  prega  per  noi,  prega  pe'  tuoi  genitori,  i  quali  soffrono 
persecuzione  per  la  giustizia;  prega  per  la  pace  della  Chiesa  accioc- 
che  sia  un  solo  ovile  e  un  sol  pastore  —  Cost  detto  usci  dallagrotta. 

La  verginella  si  compose  a  riverenza,  e  tutta  ristretta  in  se  me- 
desima  s'  umiliava  e  mettea.sospiri  afibcati  d'amore,  e  di  santa  im- 
pazienza  di  vedere,  onorare  e  ricevere  il  suo  Signore.  Ruperto  e 
Raimondo  precedeano  coi  torcetti,  e  Dauferio,  levato  il  Sacramen- 
to, venia  cantando  coll' Eremita  il  salmo  Laudate  Dominum  omnes 
genles,  e  le  voci  chiuse  in  que'  sotterranei  chiostri  si  distendeano  e 
prolungavano  entro  le  cave  profonde  e  mandavano  un  suono  cupo 
e  solenne,  il  quale  parea  gridar  dalle  viscere della  terra  le  glorie  del- 
la  diviaa  presenza  negli  abissi  come  nel  cielo.  lolanda  le  udia  soa- 
vemente  scenderle  al  cuore,  e  attendeacoiranimasospesa  1'ingresso 
di  tanta  maesta  in  si  povero  albergo  5.  ma  come  vide  apparire  1'Ostia, 
rifulse  d'una  luce  viva  in.tutto  il  sembiante,  e  grid6  forte  in  un 
impeto  di  spirito  —  Non  son  degna,  o  Signore,  che  tu  entri  nella 
casa  dell'  anima  mia  —  e  piccbiossi  il  petto,  e  chino  il  capo  quanto 
pote  piu. 

.Dauferio  tenendo  alzata  1'Ostia,  disse  —  Ricevi,  lolanda,  il  Viatico 
del  corpo  del  tuo  Signore.  Egli,  che  degna  di  tanto  questa  buia  ed 
orrida  grotta,  mutandola  colla  sua  presenza  in  un  paradiso  di  luce 
pieno  d'Angioli,  di  Cherubim  e  di  Serafini,  i  quali  seguon  per  tutto 
la  sua  venuta,  quaL  paradiso  non  fara  Egli  in  questo  punto  dell'ani- 
ma  tua,  creata  ad  immagine  del  suo  divino  sembiante  e  pienadei 
carismi  della  sua  Grazia?  Oh  no,  Egli  non  viene  in  te  solo,  ma  seco 
apporta  nuovi  tesori  d'  infinite  valore,  e  t'addoppia  le  superne  dol- 


64  LA  CONTESSA  MATILDA 

cezze,  e  t'accresce  gl'insaziahili  ardori  delle  sue  fiamme,  e  ti  ravva- 
lora  nell'agone  per  farti  giugnerealla  corona —  lolanda  acotsa  a 
quest!  detti  si  spinse  in  un  ratio  d'  amore  a  ricevere  il  suo  Gesu  in 
Sacramento,  e  chinato  il  capo  tutta  s' immerse  nella  contemplazio- 
ne  delie  maraviglie  di  Dio. 

I  due  santi  vecchi  lasciaronla  sola,  e  si  raccolsero  nella  spelonca 
per  favellare  intorno  ai  casi  di  quella  funesta  giornata.  L'  Eremita 
narro  all'  Abate  la  venuta  di  Odocaro  ferito,  e  in  quante  angustie 
allora  tumultuasse  il  suo  spirito  per  timore  che  lolanda  non  s'  ac- 
corgesse  della  presenza  del  Marchese,  e  caduta  in  ispavento,  le  av- 
venissero  nuovi  deliquii ,  dai  quali  sopraffatta  ei  la  trovasse ,  rien- 
trando,  omai  senza  vita.  Poscia  venne  alia  supplica  da  lui  fatta  a 
Odocaro  di  non  imperversare  contra  i  sediziosi,  e  della  promessa 
ch'  ei  fecegli  di  non  incrudelire  sopra  di  quelli,  e  che  non  verrebba 
a  sentenza,  senza  prima  udire  il  consiglio  suo:  il  che  giur6  di  fare 
sopra  la  sua  fede. 

—  Giurotti  per  cio  che  non  ha  —  disse  Dauferio.  Quel  giovane, 
che  disdice  la  fede  pubblica  di  sposare  la  Gilia  di  Moravia,  e  si  getta 
dopo  le  spalle  in  un  colla  fede  1'  onesta  naturale,  pu6  egli  attener 
la  parola  a  veruno?  Odocaro  e  principe  valoroso  e  prode ;  e  liberale, 
e  munifico,  se  vuoi;  ma  e  altresi  d'animo  subito,  avventato  e  crudele: 
la  sua  violenta  passione  traboccollo  in  mille  eccessi,  ricorse  persino 
agli  stregoni ;  ne  bastandogli  tanto  malefizio,  venne  alle  sacrileghe 
violenze,  e  fece  impeto  sul  luogo  sacro,  per  rapire  dalle  braccia 
stesse  della  Regina  del  cielo  quell' angelo  d'innocenza  e  di  candore. 
Or  come  vuoi  tu  presumere  ch'  egli  stia  saldo  e  non  fallisca  alia 
sua  parola?  lo  avviso,  che  mentre  noi  parliamo  i  suoi  sgherri  sono 
gia  in  sull'  orme  degli  ammutinati,  ese  vi  metton  gli  artigli  addos- 
so  ne  faranno  ogni  strazio:  cosi  mi  tengo  certo,  che  s'egli  haodo- 
rato  la  fuga  di  lolanda,  avra  inviato  i  suoi  ladroni  a  tutt'i  varchi 
per  acchiapparla  o  viva  o  morta.  Manfredo,  sta  all'  erta  che  1'aria 
stessa  non  si  avvegga  del  tuo  furto ;  poiche  se  Iddio  ci  lascia  viva  la 
nostra  figliuoletta,  egli  e  da  sottrarla  con  ogni  avvedimento  alle  sue 
ricerche,  altrimenti  noi  e  Pandolfo  1'  abbiamo  perduta  irrevocabil- 
mente.  La  Badessa  sa  ella  che  lolanda  e  in  queste  caverne? 


IL  RITROVAMENTO  65 

—  No,  amico  •,  perocche,  ancora  ch'  ella  sappia  di  cotesto  anti- 
cliissimo  corridore  che  raena  alle  grotte,  non  vi  pose  piu  mente-, 
ma  io  la  mandai  pregando  che  due  ore  prima  della  mezza  notte 
scendesse  tutta  soletta  dietro  1' altare  della  Madonna:   io  aprir6 
1'  usciuolo  pian  piano,  e  presentatomi  a  lei,  richiederolla  di  venire 
con  esso  me  a  vedere  la  sua  lolanda  :  chi  sa  che  la  fanciulla  veg- 
gendo  la  buona  madre  sua ,  per  la  subita  allegrezza  non  migliori 
per  modo,  cbe  noi  la  ricuperiamo  a  Pandolfo  e  all'  amore  di  Teot- 
berga?  Tu,  Abate  mio,  potresti  attenderla,  e  ci  consiglieremo  in- 
sieme  di  trovar  via  sicura  e  pronta  di  trafugarla.  Raimondo,  come 
tu  sai ,  e  quel  fedele  moguntino  che  tu  mettesti  ai  servigi  di  Pan- 
dolfo sino  dai  pnmi  giorni  della  sua  dimora  in  Znaim,  e  Io  servi 
sempre  con  amore,  e  gli  fu  sempre  si  dedito  e  si  leale  che  piu  volte 
cimento  in  brutti  repentagli  la  vita  sua  per  salvarlo.  Questi  vide 
nascere  la  lolanda,  e  se  la  crebbe  sulle  ginocchia,  portandole  quel- 
la  affezioneche  padre,  e  tenendola  incustodia  sinche  fu  condotta  in 
monastero :  qual  migliore  scorta  di  costui  puo  guidarla  sino  a  Bo- 
leslavia,  e  ronsegnarla  ai  suoi  genitori? 

—  Tu  pensi  bene ,  rispose  I  Abate  Dauferio ;  ma  s'  io  debbo 
intrattenermi  qui  si  tardi ,  egli  e  da  mandarne  avviso  al  Priore  di 
Znaim,  aceiocche  non  istiano  in  sollecitudine  di  me  tutta  notte; 
e  poscia  debbo  licenziare  la  mia  brigata ,  ne  vorrei  farla  rientrare 
in  Brunn. 

—  Non  ti  dar  pensiero  di  questo :  far6  guidare  i  tuoi  cavalli 
all'ost.e  dell'albergo  di  mezza  via  ch'e  il  padre  del  nostro  Rataldo, 
ov'  e  buona  stalla  per  le  bestie,  e  buono  stare  ,  massime  a  tavola, 
pe'  tuoi  lancieri  —  Cosi  detto,  chiamo  Anolino,  e  gli  commise  di 
significare  al  caporale  d'  inviar  di  presente  un  messo  al  Monistero, 
e  poscia  di  condurre  Io  stormo  a  Rataldo  per  la  nottata :  prima  del- 
1'  alba  fossero  coi  cavalli  alia  bocca  della  spelonca. 

Anolino  usci  e  trov6  i  lancieri  sparpagliati  parte  a  sedere,  parte 

a  giacere  e  parte  a  cicalare  in  crocchio  -,  parlo  al  caporale,  il  quale 

mise  a  cavallo  il  Terribile,  ingiugnendogli  di  recar  la  nuova  al  mo- 

nislero  che  1'Abate  non  tornava  che  il  domani;  il  Terribile  strinse 

Serielll,  vol.  IX.  5  23  Decembre  '1857. 


66  LA  COKTESSA  MA{E1LDA 

gli  sprorii  a  brigliadoro,  e  via.  Allora.Anolino  disse:  Ehi  camerata,  io 
v'  ho  a  condurre  al  riparo  di  questo  rezzo :  chi  mi  piglia  in  groppa  ?. 

-  II  rezzo  poco  monta  a  chi  e  veslilo  di  hufalo  su  sino  al  collo^ 
disse  1'Orsaccio;  ma  senza  un  buon  pezzo  di  manzo  al  forno,  e  un 
fiasco  di  birra  nel  trippone  si  trema  di  f  red  do  anehe  a!  foco. 

-  A  meraviglia,  soggiunse  Anolino,  e  se  mi  levi  in  groppa  ,  al 
fiasco  aggiugneremo  un  gotto  di  quel  tuo  idiornele  die  ti  i'a  anda- 
re  a  zonzo  si  spesso  il  cervello. 

L'Orsaccio  senza  dire  che  e  stato,  afferra  Anolino  per  la  cintura^ 
e  tiraselo  in  arcione  come  un  fuscello,  tant  era  gagliardo  ! 

—  All'alhergo  di  mezza  via,  grido  Anolino  — A  m<  zza  via,  escla- 
maron  tutti :  vival'oste!  — Viva  il  suo  lardo  e  le  sue  s;t!ri<-ce,  d'sse 
lo  Scannaporco — Viva  la  sua  birra  doppia,  ripiglio  il  Tracanna  :  e 
cosi  allecorniti  aridavano  d'un  trotto  ardito  e  forte  come  se  caricas- 
sero  all'assaltod'un  bastione.  Giunti  chefurono,  nientr'essi  gover- 
navan  le  bestie,  in  cueina  era  un  andare  e  venire,  un  armeggiare 
dell'ostessa  per  apparecchiar  le  tavole,  un  trinciar^  di  cosre  di  ca- 
strone  che  facea  I'oste,  e  uno  schidionarh-  negli  spiedi.  »•  tin  farle 
aggirare  alii  ra^azzi ,  intanto  che.il  canovaio  saliva  e  soendeva  in 
grotta  per  la  birra;  sicche  in  un  attima  la  cena  fu  aminaiinita,  e  i 
lancieri  dell'Abate  seduti  a  tavola  a  macinare  a  due  palmenii. 

Rataldo  era  anch'  egli  tutto  in  faccenda,  el'omrtcciotie  dell'oste 
col  suo  berretto  di  martora  mescea  certi  ciotoloni  di  birra  che  pa- 
rean  le  conche  del  bucato,  e  gridava :  su,  camerata,  irionfate ;  dopo 
le  fazioni  di  JBrunn  e'  si  vuol  rannerbare  il  brae  io. 

—  Noi,  rispose  lo  Scannaporco,  fummo  pa>  ieri  ,  e  non  ci  fu.  da 
trafelare  menando  le  picche  e  dando  scigriguate  :  er.iviimo  soltanto- 
di  scoria  armata  al  noslro  Reverend issi mo,  il  quale  piangea  per- 
che  non  giunse  a  tempo  di  levare  Tarrosto  dallo  schidotie ;  vo'  dire 
di  togliere  alfuoco  i  due  negromanti,  chevi  s'arrosliano  come  due 
fagiani.  Pensateche  carita  fuor  di  luogo  !  L'Abate  nostro  non  avria 
voluLo  che  quei  due  corbacci   d  inferno  fossero  bruciati  :  e  per- 
ch'io  dissi  —  Messere,  egli  v'e  indulgenza  a  rosolare  i  maliardi  — 
mi  si  rivolto  come  un  istrice,  dicendo  :  Non  tocca  alle.  private  per- 


IL  RITROV1MENTO  67 

sone  di  far  giustizia  5  i  furori  del  popolo  sono  stolidi  e  ciechi :  v'  ha 
i  tribunal!  5  s'avviene  ad  essi  per  legge  il  far  giudizio  e  dar  sentenza 
—  lo  misi  il  mento  nella  gorgiera  e  zitto ;  ma  se  il  popolo  avesse 
ghermigliato  la  Swatiza,  oh  vi  dico  io  che,  tutto  a  cavallo,  io  bat- 
teva  1'acciarino,  e  dava  T  esca  accesa  a  chi  portava  le  fascine  per 
carbonarle  quella  sua  pellaccia  gia  abbrostita  dal  sole.  La  brigan- 
tona  ha  rubato ,  di  sono,  una  pulzelletta  alia  Burgandofora  mia  vi- 
cina :  uff !  se  la  pigliavo  ne  facevo  lardelli.  Mi  s'  e  detto  che  la  ver- 
siera  per  fuggire  la  eaccia  s'  e  tramutata  in  civetta  ,  ed  altri  dicono 
che  in  gatta.  II  credereste?  In  quante  gatte  mi  sono  avvenutosta- 
mane  per  le  vie  di  Brunn  tiravo  loro  lanciottate  da  passarle  a  ban- 
da  a  banda,  sperando  infilzarvi  la  Swatiza:  ma  1'aggiugnero  quella 
diayola,  e  se  Vacciuffo,  in  fede  mia  buona,  che  la  non  truffera  piu 
il  prossimo,  e  1' Abate  schiamazzi  pure  a  sua  posta. 

Mentre  lo  Scannaporco ,  gia  altetto  per  aver  vuotato  piu  fiaschi 
di  cervogia,  scoccava  quelle  sue  braverie  a  huon  mercato,  ecco  giu- 
gnere  un  giovinotto  dalle  capanne  tutto  scalmato  ,  e  gridare  :  Fug- 
gi ,  Rataldo ,  che  vengono  al  galoppo  quattro  Vandali  per  metterti 
le  mani  addosso  e  condurti  prigione  a  Brunn,  accusato  d'aver  fe- 
rito  il  Marchese  con  un  dardo  saettatogli  da  lontano. 

— •  Troppo  tardi ,  dissero  con  amara  beffa  i  lancieri  di  Znaim, 
troppo  tardi ,  perocche  i  Vandali  non  troveranno  che  i  rilievi  della 
cena :  sero  venientibus  ossa  dice  sempre  il  padre  Cellerario  com® 
<un  di  noi  e  tardivo  a  venire  a  tavola.  Oste,  ha'  tu  bisogno  di  quat- 
tro starnotti?  Apparecchia  li  spiedi,  che  n' avremo  un  arrosto  si 
grasso  da  porvi  sotto  la  leccarda  —  E  il  dirlo,  e  il  rizzarsi ,  o  im- 
pugnar  1'aste,  e  porsi  la  celata  in  capo,  e  schierarsi  fuori  delFoste- 
ria  ad  attendere  i  farabutti,  fu  un  punto  solo. 

I  Vandali  tardarono  alquanto  a  venire,  perocche  lungo  il  cammi- 
no  arean  preso  ne'  casali  vicini  tre  altri  caporioni  del  tumulto  e 
conduceanseli  legati  innanzi  alia  testa  de'  cavalli :  per  buona  veu- 
tura  il  cielo  eralimpidissimo  e  la  luna  presso  al  suo  colmo-,  laonde 
i  lancieri  videro  useire  del  bosco  i  Vandali  coi  prigioni  che  li  di- 
nanzavano ,  e  pensaron  che  la  luna ,  riflettendo  ne'  lucidi  elmetti  e 
negli  usberghi ,  potea  farli  scorgere  di  lontano,  e  mettere  in  volta 


68  LA  CONTESSA  MATILDA 

il  nemico,  e  pero  altri  ripararono  in  casa,  altri  alle  stalle,  ed  altri 
posersi  in  agguato,  addopandosi  a  certi  alberi  per  coglierli  poi  alle 
spalle.  II  che  renne  lor  fatto  :  mercecche  i  Vandali  venendo  senza 
sospetto,  come  furono  in  sull'aia  dell'  albergo,  tre  scavalcarono ,  e 
il  quarto  stette  a  guardia  dei  prigionieri. 

I  tre,  brandite  le  giannette,  si  fecero  avanti,  ma  non  furono ap- 
pena  entrali,  che  si  videro  otto  lancioni  al  petto,  e  udiron  otto  vo- 
ci  che  gridarono  —  Arme  a  terra,  o  siete  tutti  morti  —  I!  quarto  a 
quel  romore,  visto  la  mala  parata,  volse  il  suo  ronzino  per  fuggire, 
ma  gli  agguati  furongli  addosso  improvviso,  e  gittaronsi  al  freno, 
gridando  —  Ferma,  codardo  —  Egli  non  v'  era  da  contendere,  ne 
da  far  testa,  tanto  il  numero  li  soverchiava;  sicche  i  Vandali,  gitta- 
te  1'arme,  domandaron  quartiere.  Rataldo  corse  ai  prigioni,  li  seiol- 
se,  e  li  condusse  dentro  facendoli  sedere  a  tavola,  e  dicendo  ai  Van- 
dali :  Noi  Gregoriani  non  portiamo  rancore,  e  siamo  presti  a  render 
bene  per  male  :  venite  qua  tutti  quattro,  sedete  e  bevete  un  tratto 
coi  lancieri  dell'abate. 

La  teologia  dell'  ostessa  non  era  cosi  dolce,  e  vedendocoloro  che 
veniano  per  ammanettarle  il  figliuolo  s'  era  tutta  inzolfata ,  e  avea 
gia  messo  le  mani  sui  fianchi  per  venire  alle  tavole  e  rovesciare  una 
ondatadi  vituperi  sopra  i  Vandali ;  ma  il  marito  presala  per  la  ciop- 
pa:  Donna,  disse,  now  fare  schiamazzi ;  Rataldo  sa  come  dee  com- 
portarsi ,  ne  tu  dei  immischiarti  ne'  fatti  degli  uomini  ,  cicalona : 
hai  capito?  va  in  cucina  —  E  1'oste  venuto  a  quelli  buoni  compa- 
gnoni  con  un  prosciutto  e  con  una  gran  damegiana  di  birradoppia 
di  marzo  —  Brigata,  grid6,  allegramente,  qui  v'  e  tetto  per  tutti ; 
el'oste  del  sole  e  amico  del  comune  —  I  lancieri  per  atto  di  caval- 
leria,  empiti  i  bicchieri  ai  Vandali,  e  torcatili  insieme,  rincappella- 
rono  il  lino-,  ma  come  furon  venuti  agli  sgorcioli>  dissero  ai  Van- 
dali  —  Ora  aggiugnete  alle  picche  anco  le  scimitarre  ,  e  cosi,  fatti 
piu  Ifggeri ,  rimontate  a  cavallo,  e  g;urateci  per  le  vostre  barbute, 
che  tornando  a  Brunnnon  darete  noia  agli  uomini  del  contado  — 
Quelli  scherani,  avutala  si  liscia,  giuraroro,  e  andarono  pe' fatti 
loro  chiotti  chiotti  alia  volta  di  Brunn,  avendo  per  miracolo  d'aver 


IL   R1TROVAMENTO  69 

campata  la  pelle,  e  Rataldo  cogli  altri  tre  riparo  secretamente 
quella  notte  medesima  nel  monastero  di  Znaim. 

La  Badessa  Teotberga  avea  passato  la  tempestosa  notte  dell'assal- 
to  in  quelle  angosce  che  ciascuno  pud  immaginare  •  perocch'  ella 
come  superiora  e  madre  sentia  gli  sbigottimenti  e  gli  affrinni  di  tut- 
te  le  suore  e  di  tutte  le  giovinette  affidate  alle  sue  cure :  ma  quan- 
do  seppe  che  i  sacrileghi  e  feroci  assalitori  furono  fulminati  dall'ira 
di  Dio,  ed  eran  tutti  periti  senza  recare  alcun  danno  alle  Vergini 
del  Signore  ;  e  piu  quando  se  le  miro  accolte  nella  sala  del  Capiio- 
lo,  e  vide  le  sue  fanciulle  correrle  incontro,  e  saltarle  al  collo  e  ba- 
ciarla,  e  gridare  ciascuna  —  Madre  son  qui  —  ella  prov6  si  smisu- 
rata  letizia  nell'  anima,  che  non  v'ha  penna  che  la  potesse  dire. 
Tutte  eranle  care,  tutte  stringeasi  al  petto  con  indicibile  godimen- 
to  :  ma  ella  attendeva  lolanda,  e  la  sua  lolanda,  mentre  le  baeiava, 
correa  cercando  coU'occhio  sollecito  e  trepidante  —  E  lolanda  dov'e 
ella  ?  sclam6  non  la  veggendo ,  ov'e  lolanda  ?  —  Tutte  guardarsi 
intorno  attonite  e  stupefatte,  tutte  uscire  in  un  —  Oh  !  ell'era  pure 
in  chiesa  con  noi !  Sara  rimasta  all'altare  della  Madonna. 

In  un  attimo  le  Converse,  che  1'amavano  tanto,  furono  in  cerca 
di  lei  per  tutti  i  lati  del  monastero.  Sinche  la  notte  duro,  sperava- 
si  che  la  si  fosse  rimbucata  a  pregare  in  qualche  afigolo  seoreto , 
che  tanti  ve  n'avea  in  quel  vasto  e  antico  edifizio  :  ma  fatto  giorno, 
e  ricerco  per  tutto  dalle  cantine  al  solaio  e  non  la  trovando,  it  coin- 
pianto  fu  universale.  Niun  dolore  per6  fu  comparabile  a  quello 
della  veneranda  Teotberga  •,  con  ci6  sia  che  a  una  Conversa  fuggi 
detto  per  sciocchezza,  che  dopo  1'  arietare  degli  assalitori,  fatto 
silenzio  e  creduto  da  tutte  che  i  Vandali  fossero  penetrati  per  tru- 
cidarle,  la  lolanda  per  non  cadere  in  mano  di  que'  ribald  i  sara  fug- 
gitaal  buio  sotto  le  cantine  e  cascata  nella  cisterna. 

Com' era  usanza  di  que'tempi  ,  in  che  Tarte  di  coridurre  le  acque 
da  lontane  sorgenti  era  poco  esercitata,  anco  il  Mom'st^ro  di  santa 
Maria  aveva  ne'  bassi  fondi  un  vasto  ambito  ove  racroglieansi  le 
acque  piovane  dalle  gror.de,  dagli  acquitrini,  e  da  fossa  tell  i  dei  ver- 
zieri,  nel  qualeimuri  furono  spalmati  di  mastice  acciocche  non 
facesser  polo  da  disperdere  le  acque,  e  tutto  intorno  erano  purga- 


70  LA  CONTESSA  MATILDA 

toi  di  ghiara  e  stillatoi  di  carbone  da  renderle  purificate,  limpide 
e  chiare.  Egli  formava,  tant'era  grande,  un  pelaghetto  come  i  vi- 
vai  de'giardini,  profondo  di  ben  venti  piedi,  e  tutto  intorno  correa- 
no  orlicci  ammattonati ,  e  dentro  vi  scendevano  quattro  scale  di 
pietra  viva  per  calarvi  a  nettarne  il  fondo  nelia  state  quand'  eran 
le  acque  basse.  Teotberga  udito  il  sospetto  della  Conversa,  cbiamo 
incontanente  il  castaldo  con  quattro  lavoratori  dell'  orto,  e  poste 
tutte  le  Converse  intorno  agli  orli  con  di  molte  fiacrole  accese  in 
mano,  fece  calare  una  rete  la  quale  coi  piombjni  radesse  il  fondo  ; 
e  poscia  dai  quattro  lati  tirata  a  guisa  d'una  tenda  la  fece  sollevare. 
Le  fiaccole,  che  illuminavano  tutto  intorno,  riverberando  sulle 
acque  agitate,  mandavano  lampeggiamenti  lucidissimi  e  spessi  nelle 
volte  e  nelle  pareti,  siccbe  tutto  quel  grande  edifizio  sotterraneo 
s'era  converso  in  un  teatro  di  luce.  Net  sollevarsi  della  rete ,  nel 
gorgogliare  delle  acque  batteva  ogni  cuore,  era  sospeso  ogni  respi- 
ro,  tutti  gli  occbi  erano  volti  ad  un  punto  :  ma  quando  la  rete  co- 
mincio  a  galleggiare,  Teotberga  usci  in  un  —  Mio  Dio  vi  ringrazio ! 
spero  cbe  la  mia  lolanda  sia  viva. 

Nell'  uscire  dai  sotterranei  la  rotaia  si  presenta  alia  Badessa  per 
annunziarle  la  venuta  di  Ruperto  :  Teotberga,  sapendo  ch'egli  era 
uomo  dell'  Eremita,  venne  sollecita  alia  porta  per  intendere  che 
mai  volesse.  Ruperto  le  fece  1'ambasciata  da  parte  di  Manfredo,  che 
due  ore  prima  della  mezzanotte  si  trovasse  sola  e  con  una  lanterna 
all'altare  della  Madonna.  Ella  interrog6  il  messo  in  mille  forme,  ne 
ebue  da  lui  altro  che  tanto.  Speranza  e  timore  combatterono  il 
cuore  di  Teotberga  per  tutto  quello  spazio  di  tempo,  ne  potea  tro- 
var  luogo  ,  se  non  volgendosi  a  Dio  e  scongiurandolo  d'  aver  pieta 
di  lei  e  di  lolanda. 

Come  tutte  le  donne  del  monastero  si  furono  alle  celle  ritirate  a 
dormire,  Teotberga  antivenne  di  gran  lunga  1'ora  convenuta  e  sce- 
sa  in  chiesa  e  prostratasi  dinanzi  all'  immagine  di  Maria,  la  suppli- 
cava  piangendo  che  si  movesse  a  compassione  del  suo  dolore,  ne  la 
patisse  l''animo  di  lasciarla  piu  a  lungo  in  quell'  ambascia  mortale. 
Intanto  spesso  tendeva  1'  orecchio  verso  la  porta  maggiore  della 
.diiesa,  ove  presumea  che  il  Romito  avrebhe  pianamente  picchiato. 


IL   RITROVAMENTO  71 

Ma  qual  fu  il  suo  stupore  ,  mentr'  ella  era  boeconi  prostesa  sopra  i 
gradini  delT  altare  ,  sentirsi  toccar  leggermente  la  spalla  e  udire 
—  Levatevi  Teotberga? —  Rizzossi  subitameute,  e  visto  I'Erermta, 
si  stette  attonita,  ne  disse  altro  che  —  Maria,  aiutatemi  I 

-Non  vi  turbate,  riprese  ilRomito,  ne  crediate  d'avere  una  vi- 
sione :  son  io  in  came  ed  ossa. 

—  E  come  entraste  voi,  ch'  io  tengo  appese  alia  cintola  le  cbiavi 
della  porta  onde  s'  entra  in  chiesa,  e  la  porta  e  cbiusa  a  due  barre? 

— Invece  io  vi  domando  alia  volta  mia:  ov'e  la  lolanda?  Sento  che 
la  non  sia  piu  in  monastero:  chi  ba  rubata  quell' angiola?  e  dove  si 
trova  ella  in  presente  ?  Cosi  la  custodite  ? 

—  Deh,  padre  mio  buono,  non  accrescete  di  grazia  le  agonie  del 
mio  cuore.  La  cercammo  per  tulto  ,  la  cbiamammo  per  tutto :  s'  e 
rovigliata  la  casa  da  cima  a  fondo  e  non  si  trova,  e  tutte  le  porte 
eran  chiuse,  e  niuno  e  uscito  ne  poteva  uscire,  perche  io  aveva  le 
chia\i,  ne  ho  operto  a  Rataldo  stesso  che  venne  ad  annunziarci  il 
macello  degli  assalitori. 

—  E  voi,  Madre,  ove  la  credete  voi  ?  Forse  rubata?  Forse  sparita 
per  miracolo? 

—  Rubata  da  chi  ?  Quando  a  porte  chiuse  niuno  pu6  entrare  ,  e 
la  scalata  all©  finestre  non  ebbe  luogo,  e  la  lolanda  1'  ho  veduta  io, 
io  con  questi  occhi,  e  mi  parlo  qui,  qui  dinanzi  all'altare  della  Ma- 
donna, e  mi  disse  che  pregassi  per  lei,  ,perocche  avvisava  che  1'as- 
sal to  fosse  dato  per  lei  rapire  e  portarla  in  balia  del  Marchese.  Riti- 
rossi,  e  piu  non  si  vide.  Vi  dico  il  vero,  padre  Manfredo,  piu  volte 
mi  baleno  il  pensiero  ,  che  Maria  Vergine  1'  abbia  prodigiosamente 
dileguata  da  noi  e  ricoverata  a  salvamento. 

—  Si,  lolanda  e  a  salvamento,  ma  e  da  pregare  Maria  che  com- 
pia  la  grazia  e  ce  la  conservi.  Venite  con  me.  La  Badessa  a  queste 
parole  spalanco  gli  occhi,  alzo  le  mani  giunte  alia  miracolosa  Im- 
magine,  e  tacea  per  soverchia  plena  d'affetti ,  e  seguiva  il  Romito, 
che  la  condusse  dietro  all' altare.  Giunto  fra  i  due  pilastri  spinse 
1'usciuolo  ,  e  disse :  Madre  ,  non  vi  ricorda  che  quarido  foste  fatta 
badessa,  tra  le  chiavi  secrete  ne  trovaste  una  ch'avea  legato  all'a- 
nello  una  polizza  suggellata,  la  quale  avea  neMa  saprascritta  —  />»- 


72  LA  COMESSA  MATILDA 

aprirsi  sollanlo  dalla  futura  Badessa  ,  e  dentro  era  scritto  ,  come 
fino  dal  tempo  delle  correrie  degli  Ungheri  s'  era  fatto  quel  secreto 
rifugio  per  le  spose  di  Dio,  che  mette  capo  nelle  mie  grotte? 

•  Oh,  disse  Teotb^rga  battendosi  in  capo,  oh  smemoratu  me! 
Yedi?  la  confusione  m'  avea  tolto  il  capo. 

-  Ebbene.  lo  ebbi  spia  dell  assalto,  mandai  Raimondo^  lolan- 
da  era  proprio  ingmocchiata  qui  fra  i  due  pilastri :  Raimondo  aper- 
se,  la  vide,  I  afferro,  le  turo  la  bocca,  la  tiro  dentro,  ricbiuse,  e 
mi  coudusse  la  fanciulla  nella  spelonca:  ma  la  poverina  non  resse 
a  tante  e  si  lunghe  lotte  ,  e  dopo  aver  alquanto  dormito  svegliossi 
con  una  febbre  ardentissima.  che  la  tiene  in  continui  deliqui.  Feci 
chiamare  1'  Abate  Dauferio,  venuto  a  Rrunn  per  sedare  i  moti  po- 
polari  insorti  contro  gli  assalilori  del  vostro  monastero,  e  Dauferio 
venne ,  la  confesso,  e  avendo  portato  seco  a  mia  inchiesta  il  Corpo 
del  Signore,  le  ministro  il  santo  Viatico,  che  tutta,  per  1'  immensa 
leiiziadell'animo,  cela  riebbe;  ma  la  poverina  e  tuttavia  abbattu- 
tissima  della  persona ;  spero  che  la  vostra  presenza  ce  la  rendera 
interamente.  E  cosi  detto  avviossi  pel  sotterraneo. 

Pervenuti  alia  spelonca  ,  1  Eremita  prego  la  Badessa  che  ivi  so- 
stenesse  alquanto,  per  disporre  Tanimo  della  giovinettajl  quale  non 
reggerebbf  a  quella  improvvisa  apparizione  e  potrebbe  per  la  so- 
verchia  esultanza  venir  meno.  Trovo  1'  Abate  Dauferio  presso  al 
letto  dell' inferrna ,  cui  porgeva  i  piu  amorosi  conforti ,  e  lolanda 
alquanto  migliorata,  main  dolce  lotta  coll' Abate  che  voleapersua- 
derle,  non  doversi  per  niun  modo  ritornare  al  monistero  per  non 
esporsi  a  novi  pericoli  dalla  parte  del  Marchese:  credersi  per  ognu- 
no  ch'  ella  sia  dileguata  o  morta :  in  questi  primi  giorni  Odocaro 
fara  occupare  tutti  i  passi  per  coglierla-,  ma  poi  non  abbattendosi 
in  lei,  cessera  la  guardia,  ed  ella  potra  esser  mandala  al  padre. 

Allorche  entr6  1'Eremita  lolanda  gli  si  volse  dicendo:  £  egli  pos- 
sibile ,  padre  mio ,  ch'  io  non  debba  tornare  al  monastero,  come 
vorrebbe  1' Abate  Dauferio?  Chi  sa  in  quali  angustie,  in  quante  la- 
crime,  in  quanta  desolazione  trovasi  la  mia  cara  e  affettuosa  madre 
Teotberga  •,  che  dolore  proveranno  suor  Eriberta  e  suor  Cunegon- 
da$  che  pianto  faranno  le  mie  compagne  ,  e  voi  volete  ,  se  Dio  mi 


IL  RITROVAMENTO  73 

da  grazia  di  guarire ,  ch'  io  mi  diparta  secretamente  ,  e  lasoi  la  di- 
letta  stanza  della  mia  puerizia,  e  le  mie  dolci  suore  e  le  compagne 
mie  amorevoli  e  graziose  seriza  dir  loro  pure  addio?  Int.anto  ere- 
deran  esse  ch'  io  sia  in  man  di  ladroni,  e  non  si  daranno  pace  del 
casi  miei.  No  no,  la  Badessa  Teotberga  ci  morrehbe  di  spasimo,  ch'io 
so  quanto  la  mi  ama. 

—  E  se  alia  Badessa,  soggiunse  il  Romito,  fosse  omai  conto  ogni 
cosa,  e  le  tardasse  mille  anni  di  vederti,  non  credi  tu,  lolanda,  rh'el- 
la  non  ismarrirebbe  punto  di  questo  buio  ,  e  verrebbe  al  tuo  letto 
come  1'  amorosissima  delle  madri? 

—  0  uomini  reverendi,  perch&  destate  in  questa  poverella  desi- 
derii  senza  speranza?  Io  credo,  che  s'io  mi  vedessi  a  lato  la  madre 
dell'anima  mia,  io  mi  sentirei  appieno  ricuperata. 

—  S'egli  e  cosi,  altendi  pur  a  guarire,  disse  Dauferio,  perocche 
tanta  e  la  cura  che  ha  di  te  il  padre  Manfredo,  ch'  io  son  cerlo  la 
ti  fara  vedere  piu  tosto  che  tu  non  credi. 

—  Deh,  Maria  Santissima  mi  consoli  di  tanto!  — esclamo  lolan- 
da,  e  uscito  Dauferio,  venne  alia  Badessa  e  menolla  nella  grotticel- 
la.  Poco  manco,  chela  giovinetta,  al  vedersela  entrare,  non  balzasse 
dal  suo  letticello,  tanta  fu  V  esultanza  del  cuore  suo :  e  Teotberga, 
ch'era  piu  signora  di  se,  lesi  accostd  dolcemente  per  baciarla;  ma 
lolanda  le  gitt6  le  braccia  al  collo,  e  se  la  strinse  con  impeto,  SHT- 
rando  volto  a  volto  senza  poter  proferire  parola.  Stata  alquanto  in 
i[ueiresuberanza  di  gioia,  alzd  il  viso,  e  disse  fiocamente  —  Oh  ma- 
dre mia,  come  siete  voi  venuta  per  cotesti  luoghi  profondi,  in  tanta 
notte,  fra  tanto  orrore  e  per  si  lungo  cammino?  So  che  mi  amate 
piu  che  se  vi  fossi  figliuola  unigenita,  ma  la  sola  carita  di  Dio  pu6 
avervi  dato  lena  e  cuore  a  tanto  disagio,  che  sgomenterebbe  qual 
e  animo  piu  intrepido  esaldo  :  la  infinita  bonta  di  Gesu  ve  ne  rime- 
riti :  voi  mi  date  la  vita,  io  me  la  sento  correr  pel  sangue :  oh  ma- 
dre mia,  v'ho  riveduto  ancora!  V'assicuro  che  se  dovessi  anco  mo- 
rire,  mi  sarebbe  dolce  la  morte  coltami  fra  le  vostre  bracoia. 

—  Calmati,  figlia  mia,  non  ti  affollar  tanto,  che  se'  ancor  fievole, 
e  cotest'  ansra  ti  potrebbe  riaccender  la  febbre :  ti  narrerA  poi  tutto, 
ora  statti  riposata  e  tranquilla. 


74  LA  COrfTESSA  MATILDA 

—  Si,  Madre-,  ma  ditemi  almeno  ss  le  mie  maestre  e  le  mie  so- 
relle  hanno  saputo  de'  casi  miei. 

—  Elle  sono  in  gran  dolore  di  te,e  ti  chiamano  di  continue,  spe- 
rando  pure  che  tu  sia  in  Itiogo  non  lontano,  e  che  tu  le  possa  udi- 
re.  Leonilde,  Isotta,'Gi!da,  Eulice  stettero  di  molte  oresupplicando 
all  altare  della  Madonna  :  Ginevra  la  bionda  e  Ginevra  d' Austerlitz 
desinarono  pane  ed  acqua ;  Giovanna  e  Geltrude  e  Arilgarda  promi- 
sero  se  ti  ritrovano  d'  appendereairimmagine  di  Maria  Tuna  il  suo 
bel  diadema  eh'  ebbe  per  le  feste  di  Natale,  1'  altra  la  sua  cintura 
grandinata  di  rosette  d'  oro,  la  terza  il  suo  braccialetto  a  filograna 
coHa  borchia  di  rubino :  la  Liduina  poi  e  la  Paolisca,  le  quali  tu-sai 
quanto  sono  avventatelle,  vispe  e  impertinentuzze,  ma  che  hanno 
si  bel  cuore  e  candido,  sai  che  fecero?  Oggi  nella  sala  de'  lavori 
susoitarono  una  commozioneuniversale:  imp>jrocche  in  quel  silen- 
zio  levatesi  tutto  a  un  tratto,  e  corse  a  suor  Cunegonda  le  si  git-- 
tarono  in  ginocchiodavanti  piangendoegridando — Noi,  noi  siamo 
la  cagione  di  tanto  disastro,  i  nostri  peccati  ci  tirarono  addosso  lo 
sdegno  della  Madonna  •,  le  promettemmo  tante  volte  d'esser  docili, 
obbedienti  e  divote  enon  le  attenemmo  la  promsssa,  ed  Ellaci  ca- 
stiga  togliendoci  la  nostra  cara  lolanda.  Ma  d'  ora  innanzi  saremo 
buone,  suor  Cunegonda,  diremo  le  orazioni  con  maggior  compo- 
stezza,  non  faremo  ridere  le  compagne  in  Cappella,  saremo  piu  di- 
vote e  riverenti  alia  Messa:  credete  voi,  che  la  Madonna  ci  fara  la 
grazia  di  ritornarci  la  nostra  sorella?  Tntanto  domandiamo  perdono 
a  voi,  cui  demmo  tanti  dispiareri,  e  a  tutte  le  compagne,  alle  quali 
abbiamo  fatto  di  molti  sgarbi  5  e  cosi  detto  baciarono  i  piedi  alia 
Maestra,  e  Puna  dopo  T  altra  yollero  baciarli  anco  alle  compagne, 
le  quali  si  contendeano  perch?  noi  facessero,  ritirando  i  pie  sotto 
lesedie,  e  piangendo,  e  dicendo  —  Basta,  alzatevi  —  Di  guisa  che 
non  v'era  chi  potesse  contenere  le  lacrime.  A  pranzo  poi  tutte  ser- 
barono  il  terzo  piatto,  ch'  era  una  crema  coi  biscottini,  di  cui  sono 
si  ghiotte,  e  lo  portarono  alle  poverette,  dispensandolo  come  un 
fioretto  in  onore  della  Madonna,  e  aggiungendovi  un  po'  di  denaro, 
acciocche  le  povere  pregassero  per  te :  e  questa  sera  prima  della 
cena  scesero  tutte  in  processione  coi  torcetti  accesi  all'  altare  della 


IL  RITROVAMENTO  75 

Madre  di  Dio  perfarle  il  voto  d'offerirle  un  cuore  d'oro  con  entrovi 
il  nome  di  ciascheduna.  Ma  che  ti  dir6  della  nostra  ciec*olina,  di 
suor  Colomba,  che  per  le  doglie  dell'  ossa  e  tutta  rattratta,  e  da 
vent'  anni  e  confitta  in  letto?  Com'ella  seppe  della  tua  disparizione 
ruppe  in  un  gran  pianto,  e  alzate  le  mani  al  cielo,  disse  —  Oh  mio 
signer  Gesu,  volgi  i  tuoi  hegli  occhi  lucenti  alia  tua  poverella  cieca 
e  muovati  pieta  di  lei :  deh  ridonami  la  mia  cara  lolanda,  che  mi 
teneva  ogni  giorno  si  buona  compagnia,  e  m'  imboccava  tanto  gra- 
ziosamente  il  cibo.  Che  n'  hai  fatto,  Signore?  ove  ce  la  dileguasti? 
non  senti  come  tutte  si  struggono  di  tristezza?  Gesu,  oh  si  daccela, 
te  ne  supplico  con  tutta  1'  anima,  ed  io  m'offero  a  sostenere  col  tuo 
divino  aiuto  a  doppio  gli  acerbissimi  dolori  miei  dell'  ossa. 

Qui  la  lolanda  non  pot6  piu  contenersi,  e  abbracciata  di  nuovo  la 
Badessa  •,  grido  soffocata  —  Oh  che  carita !  Oh  suor  Colomba  mia , 
perche  volete  patir  tanto  per  me?  Maria  avvocata  nostra ,  ora  che 
1'avete  esaudita  e  sanno  ch'  io  sono  in  luogo  di  salvamento,  invece 
di  addoppiarle  i  dolori,  toglieteglieli  del  tutto  in  premio  della  ge- 
nerosa  ed  eroica  sua  offerta.  Madre  Badessa,  ringraziate,  vene  sup- 
plico, le  suore  e  le  compagne  di  tantaloro  affezione  per  me;  prego 
Iddio,  che  ne  le  ripaghi  secondo  la  sua  infinita  munificenza. 

Allora  1' Abate  Dauferio  disse  :  lolanda,  ora  chetati  e  ingegnati 
di  dormire ;  la  Badessa  tornera  secretamente  a  vederti  e  stara  teco 
a  lungo ;  questa  notte,  ch'  io  ci  sono,  dobbiamo  ragionare  intorna 
al  modo  piu  sicuro  di  sottrarti  alle  ricerche  del  Marchese,  e  a'nuo- 
vi  assalti  della  sua  violenza.  Prega,  fanciulla  mia;  abbandonati  con 
figliale  fiducia  in  Dio ,  che  con  tanta  benignita  ti  ha  levato  nella 
palma  della.  sua  mano  e  toltoti  agli  agguati  ch'  erano  per  iscoccarti 
addosso.  E  cosi  detto  ,  la  benedi.  Bitiratisi  poscia  nella  spelonca 
discorsero  a  lungo,  e  vennero  tutti  tre  nella  sentenza,  die  quando 
lagiovane  fosse  rinvigorita,  Baimondo  1'  accompagnerebbe  in  Boe- 
mia  al  Santuario  di  Boleslavia,  e  la  consegnerebbe  al  padre  suo. 


RIVISTA 

DELLA 

STAMP  A    ITALIANA 


I. 

Un  dubbio  delT  Indipendente  giornale  di  Torino. 

L"  Indipendente  di  Torino  ,  la  cui  portentosa  influenza  sopra  le 
menti  piemontesi  si  e  dimostrata  nelle  ultime  elezioni,  vedendosi 
ora  senza  partito  che  lo  sostenga,  si  va  raccomandando  e  quasi 
esponendo  al  migliore  offerente.  In  prima  si  e  offerto  al  Ministero : 
ora  poi  nel  N°.  12  dicembre,  non  si  mostra  alieno  dall'  offerirsi  ai 
Cattolici :  g'acche  vedendo  la  parte  chericale  protestarsi  fedele  e  de- 
vota  per  convincimento  e  per  zelo  palrio  alia  monarchia  costituzio- 
nale,  egli  sarebbe  quasi  disposto  a  mettersi  con  esso  lei  in  buona 
armonia,  per  sostenere  e  ridurre  ad  osservanza  di  legge  viva  quel 
benedetto  Statuto  di  re  Carlo  Alberto  che  finora,  specialmente  nel 
primo  articolo,  fu  lettera  morta.  Vivo  sarebbe,  dice,  il  nostro  desi- 
derio  di  veder  sul  campo  della  lotla  costituzionale  quel  partito :  ma 
ci  riesce  grave  assai  il  dubitare  delle  pubbliche  dichiarazioni ,  e  piu 
ancora  il  dovcr  protestare  che  non  sono  sincere. 

Oh  vt- dete  disgrazia !  E  donde  cotesti  dubbii  intorno  a  persone 
cosi  onorate? 

—  La  ragione  e  chiara:  come  mai  e  possibile  che  gli  uomtni,  a 
cui  alludiamo,  sieno  dcliberali  a  promuovere  il  Irionfo  di  nn  ordine 


RIVISTA  BELLA  STAMPA  1TALIANA  77 

di  cose  che  stimano  nella  loro  coscienza  dannevole  al  bene  pubblico 
e  morale  ? 

—  Sard  forse  loro  mente  di  porgere  un  esempio  di  rassegnazione. 

—  Stupido  chi  sel  crede :  questa  rinuncia  i  dericali  non  fanno , 
ne  faranno  mai :  ne  illudono  se  stessi ,  ne  riescono  ad  illudere  allri. 

—  Ma  caro,  signer  INDIPENDENTE ,  accusare  cosi  di  mala  fede 
tanti  onesti  Cattolici  senza  alcun  fondamento,  questo  in  verita.... 

—  Chi  vi  ha  detto  che  manchi  il  fondamento  ?  Se  avesle  polulo 
aggiustar  fede  alle  recenti  conversioni  dell'  Armonia,  baslerebbero  a 
sgannarvi  gli  ultimi  due  quaderni  della  Civilta  Cattolica.  A  fronte 
di  queste  recenli  ed  esplicite  dichiarazioni  dell' organo  pin  aulorevo- 
le  e  diffuso  della  parte  clericale ,  non  si  dird  che  altri  la  calunnii 
quando  affermi  che  la  sua  conversione  non  e,  ne  pud  essere  sincera. 

Cosi  il  citato  INDIPENDENTE.  Or  vedete  disgrazia  della  Civilta  Cat- 
tolica I  Ella  gitta  cosi  due  pomi  di  discordia  proprio  nel  momento 
che  i  partiti  stavano  per  riconciliarsi :  questo  e  davvero  un  aver 
disdetta  al  giuoco.  E  pure  tanta  e  la  nostra  fiducia  in  quel  vivo  de- 
siderio  dell'IisDiPENDiiNTE,  che  ci  faceiamo  arditi  a  pregarlo  di  leg- 
gere  meglio  quei  due  articoli ,  assicurandolo  che  nulla  vi  ti  overa 
di  contrario  alle  schielte  dichiarazioni  di  adesione  plena  ed  assoluta 
al  Governo  rappresentativo.  La  sola  sentenza  che  pu6  trovarsi,  e  che, 
lungi  dal  contrastare,  conferma  le  dichiarazioni  dei  Cattolici  piVmon- 
tesi,  e  non  esser  lecito  il  tentare  sovvertimenti  dell'  ordine  legitlimo 
per  amore  di  utopie  vagheggiate  qual  bene  ideale  della  patria  *. 

1  «  Guai  a  noi  se  fosse  generalmente  ricevuto  il  principio,  essere  lecito,  es- 
sere anzl  onorevole,  generoso,  eroico  1'esporre  tutti  i  concittadini  a  mille  di- 
sordini  e  pericoli  e  stragi,  tosto  che  un  private  siasi  foggiato  nel  suo  cervello 
una  cotal  sua  idea  del  vero  e  sommo  bene  della  patria  (pag.  48 1 ,  482.  vol.  VIII, 
Terza  Serie)  ». 

«  Noi ....  abbiamo  accennato  che  non  parteggiamo  ne  per  1'assoluto,  ne  pel 
rappresentativo,  purche  ci  si  consenta  che,  quando  un  Governo  legittimo  ri- 
verisce  la  legge  suprema  ed  ogni  diritto  che  ne  deriva  fino  all'  ultimo  dei  suoi 
«uggetti,  la  sollevazione  contro  tale  Governo,  col  rapire  ai  sudditi  il  possesso 
di  tutli  i  beni  compresi  nell'ordine  sociale,  e  tutt'altro  che  cristiana  e  santa». 
(pag.  585,  586.  Ibid.) 


78  R I  VISTA 

La  quale  proposizione  applicata  allo  Statute  (che,  dato  legittima- 
mente  da  Carlo  Alberto,  governa  oggi  legittimamenteil  Piemonte) 
obbliga  oggi  i  Cattolici  a  difendere  la  C  ostituzione ,  come  gli  ob- 
bligava  un  tempo  a  difendere  la  monarchia  non  costituzionale. 

Non  istaremo  a  moltiplicare  citazioni  per  corifermare  questo  as- 
sunto,  persuasi  che  quegli  articoli  stanno  in  mano  di  chi  li  vuole,  e 
che  in  Piemonte  si  sa  leggere  e  si  capisce  1'  italiano.  Ma  siccome  il 
dubitare  delle  pubbliche  dichiarazioni  di  chicchessia  riesce  grave  as- 
sai  all'  INDIPENDENTE  •,  ecotesto  dubbio  nasce  in  lui  per  avere  lapar- 
te  chericale  per  otto  anni  continui  predicate  gU  ordini  liberi  come 
pattibastardi  e  ordine  di  cose  dannevolenella  coscienza;  cosici  cre- 
diamo  in  dovere  di  risparmiargli  cotesta  pena  si  grave,  facendogli 
sapere  che  prima  che  egli  venisse  al  mondo  ,  quando  era  vivo 
buon'  anima  del  suo  nonno,  il  RISORGIMENTO,  al  principio  di  que- 
gli otto  anni,  dei  quali  egli  parla,  la  Civilta  Catlolica  sostenea  per 
1'  appunto,  nb  piu ,  ne  meno,  quelle  sckictte  dichiarazioni  di  ade- 
sione  al  Governo  rappresentalivo  ,  da  lui  rivocate  in  dubbio,  come 
troppo  recenti :  e  le  stampava,  indovini  mo  dovePle  stampava  pro- 
prio  e  replicatamente  in  Napoli. 

—  Possibile?  — 

—  Possibilissimo,  se  non  abbiamo  le  traveggole.  Ma  voi,  signo- 
re  INDIPBNDENTE  che  certo  non  le  avete,  potrete  accertarvene  per  voi 
medesimo.  Prendete  in  mano  il  primo  volume  della  Prima  Serie,  e 
troverete  nel  quaderno  pubblicato  ai  25  Maggio  18oO  un  articolet- 
to  intitolato  UN  LIBERALS  CATTOLICO,  tutto  destinato  a  sostenere  le- 
cite  le  recenti  dichiarazioni  di  liberalismo  dei  Cattolici  piemontesi : 
onde  pud  essere  Cattolico  nell"  ordine  politico  chi  riverisce  T  autori- 
ta  perche  viene  da  Dio,  sia  che  V  incarni  nel  governante  mediante 
la  moltitudine,  sia  che  per  immediata  partecipazione  (p.  540).  Di 
che  la  Cirilta  Catlolica  venne  lodata  da  un  suo  lettore,  la  cui  let- 
tera  troverete  nel  secondo  volume  a  pagina  51 . 

Continuate  ora  a  scartabellare  quel  medesimo  tomo  secondo;  tro- 
Yerete  a  pagina  685  e  segg.  una  rivista  sopra  il  RISORGIMENTO,  ove  il 
Conte  Cavour  dichiarava  necessaria  al  bene  della  patria  la  separazio- 


DELLA  STAMPA  ITAL1ANA  79 

ne  della  Chiesa  dallo  Stato  -,  questo  bene  essere  impossibile  fintanto- 
ch£  vi  sara  una  religione  dello  Stato  ;  necessario  sospendere  I'appli- 
caziane  delia  liberta,  percho  il  clero  non  prevalga.  Che  cosa  risponde 
la  Civittd  Catiolira  a  coteste  brame  poco  liberali  del  Conte  Cavour 
•per 'abolire  il  primo  articolo  deilo  Statute  che  egli  avea  giurato? 
Risponde  cbe  I'ARMONIA  avea  data  po<-hi  giorni  prima  una  franca  e 
tatlolica  tlichiarazione  dei  vtrisuoi  sentimenti  riguardo  al  manleni- 
mento  e  alVrtsservanza  dello  Statute  mcdesimo  (pag.  687).  Gapite, 
signore  INDIPENDENTE?  Non  solo  la  Civilta  Cattolica,  ma  F  ARMOTUA 
st^ssa,  in-  peito  e  in  persona, 'quell' ARMENIA  che  voi  dile  convertita 
ieri,  quell' essa ,  sette  anni  fa,  faceva  le  medesime  dichiaraz'oni. 
Sapete  voi  chi  sono  qunlli  che  dichiaravano  tutt'  altro?  Aridate  a 
leggere  quella  nostra  rivista,  e  vedrete  ! . . .  Capirete  da  qual  parte 
sieno  gli  spergiuri  dello  Statute. 

Ma  per  carita,  non  istate  a  parlarne!  sembrerebbe  che  vogliamo 
fare  la  spia.  Leii'gete  piuttoslo  poohe  pagine  dopo  (pag.  696)  e  ve- 
drete che :  la  Chiesa  non  favorisce,  ne  gV  interessi  liberali,  ne  gli  an- 
tiliberali ;  favorisce  solo  la  verita  e  la  giustizia:  nel  che  sta  il  fon- 
damento  delle  recenti  dichiarazioni  dei  Cattolici  piemontesi. 

Passiaoio  ora,  per  non  essere  troppo  lunghi  (che  se  tutto  citare 
volessimo,  saremmo  infiniti)  al  quarto  volume.  Vi  troverete  prima 
un  articolo  tutlo  impiegato  alia  difesa  degli  Ordini  rappresentativi 
contro  coloro  che  li  vogliono  assolutamenle  condannare  (pag.  17), 
nella  rui  conchiusione  si  promette che  le  istituzioni  di  governoiem- 
perato,  vituperate  come  PER  SE  anarchiche  ed  empie,  verranno  resti- 
tuile  allaprimitiva  loro  innocenza;  che  verranno  difesi  i  Principi  che 
le  ripurgano  dalla  colpa  Inter  ana;  che  si  vedrd  la  Chiesa  avversare, 
non  la  t iberta  civile,  ma  solamente  la  malvagita  protestanle ;  che  i 
liberali  caltolici  comprenderanno  quali  sieno  gli  scogli,  ove  potreb- 
be  urtare  e  rompere  lo  Statuto  (cosl  1'  avessero  compreso ;  che  sa- 
rebbe  oggi  piuassicuvato  e  riverito!)  ,  e  finalmente  che  la  Civilta 
Cattolica  non  avversa'il  Governo  piemontese,  e  sostiene  unicamenle 
sotto  qualunque  forma  di  Governo  il  principio  cattolico  (to  mo  IY 
pagg.  32.  33.). 


80  R1VISTA 

Siccome  poiallora,  come  adesso,  il  vivo  desiderio  divfderci  en  {ra- 
re f>ul  campo  coslituzionale  provocava  da  certi  liberali  compianti  e 
dubbiisulla  sincerita  delle  nostredottrine;cosi  soapp6  fuori  un  certo 
costituzionale  ponlifido,  il  quale  non  meno  sincere  e  premuroso  per 
noi  dell1  INDIPPNDENTE,  nella  MISCELLANEA  DI  FIRENZE  ci  rimprover6 
la  nostra  avversione  e  alia  Costituzione  degli  Stati  PontinVii  e  a  tutte 
le  altre  Costituzioni  moderne.  Andate,  signore  INDIPENDENTE,  alia 
pagina  510  e  seguenti  del  quarto  volume  ,  e  troverete  una  lunga 
risposta,  ove  si  protesta  francamente  la  dottrina  contraria,  conclu- 
dendo  che  tin  itomo  onoralo  non  avrebbe  dovuto  impulard  dottrine 
odiose  da  noi  espressamente  ricusate,  senza  leggere  attentamente  al- 
meno  do  che  a  lui  direttamente  abbiamo  scrillo  su  tale  maleria 
(pag.  512.). 

Parlando,  come  ora  faociamo,  coll'  INDIPENDSNTE,  quest.'  ultima 
frase  rion  avra  tutta  la  forza  :  non  gia  perch"  egli  nonsiattomo 
onorato ,  ma  perche  non  abbiamo  scritto  direttammte  per  lui.  Ci6 
nondimeno  ,  poiche  egli  fu  erede  del  RISORGIMEMTO,  e  un  buon 
figliuolo  non  ricusa  le  obbligazioni  paterne ;  non  sara  inoppor- 
tuno  anche  per  lui  1'  avviso  :  e  tanto  basti  per  rincorare  e  consolare 
il  vivo  desiderio  e  le  gravi  dubbiezze  dello  scrvpoloso  INDIPENDENTE. 

Inquanto  poi  alia  lettera  di  un  suo  amfco(?)  che  egli  riporta  nel 
precedente  suo  numero,  appunto  perche  conliene  qualche  dura  pa- 
rola  contro  la  Civiltd  Cattolica;  essa  non  cambiera  ne  lo  stato  deHa 
quistione,  ne  i  sentimenti  di  affettuosa  riverenza  che  sempre  abbia- 
mo professati  pubblicamentc  verso  chi  ci  appella  energumeni,  violenti 
e  grossolani  per  insegnarci  moderazione,  e  servili  perche  non  diamo 
preferenza  ad  alcuna  forma  di  Governo,  ma  tutte  rispettiamo  ed  ob- 
bediamo  le  autorita  legittime  *.  Questa  nostra  imparzialita  non  ci 

1  Nell'alto  che  preparavamo  pel  torchio  quesla  rivista,  abbiamo  avuto  uno 
altro  esempio  dell'immoderata  violenza  di  chi  ci  predica  la  moderazione:  e  ce 

10  ha  dato  il  Num.  49  dello  Spettatore  di  Firenze.  Conciossiache  quivi  un  cer- 
to scrittore  dopo   averci  dichiarati  mat  crcati,  furiosi,  prestigiatori,  di  mala 
fede,  villani,  dementi  e  via  via  sopra  questo  tono  si  modesto;  quasi  che  noi  a- 
vessimo  usate  simili  formole  di  gentilezza,conchiude  ch'egli  non  prost i tuira  mat 

11  nobile  ufllcio  delle  lettere  scendendo  in  tal  fango. 


DELLA  STAMPA.  ITALIANA  81 

sembra  punto  confutata  r\&  dai  vantaggi  de'  Cattolici  nel  Piemonte, 
ne  dalla  ioro  sconfitta  nel  Belgio.  Ed  anche  se  il  Piemonte,  dopo  nove 
anni  di  strazio  ra^cogliesse  dagli  Ordini  rappresentativi  un  anno  di 
pa>  e;  anche  se  il  Belgio  che  dopo  moki  annidilotta  onorataesi  brut- 
tameute  caduto,  riuscisse  a  risorgere  col  lacerosuo  Statute  alia  ma- 
no  ;  che  altro  proverebbero  que'  due  paesi,  se  non  ci6  che  noi  poveri 
servili  andiarno  da  otto  anni  pubblicando  e  sostenendo,  non  essere 
affatto  impossibile  che  un  Governo  rappresentativo  giunga  ad  espel- 
lerequel  veleno,con  che  rassolutaindipendenzaeterodossalo  trasci- 
na  alia  mortePDi  che  avendo  noi  lungamente  ragionato  nel  tomo  XI 
della  primaSerie,  altro  non  possiamo  fare  che  esortare  HNDIPENDENTE 
a  leggtTe  cid  che  abbiamo  detto  principalrnente  del  Piemonte  e  del 
Belgio  alia  pagina  486  e  seg.  Dov  egli  trovera  parole  che  potrebbero 
quasi  sembrare  un  annunzio  di  quello  che  sta  accadendo  e  nel  Pie- 
monte e  nel  Belgio.  Egli  trovera  quivi  che  niun  uomo  di  senno  sa- 
prd  persuadersi  che  sieno  per  durare  quei  Governi,  se  pretendono, 
come  fmora,  rendere  impossibile  nel  Belgio  e  in  Piemonte  una  socie- 
ta  cattolica  voluta  dal  genio  de"  popoli  e  in  Piemonle  anche  dalla 
legge  fondamentale ;  trovera  che  per  correggere  quelle  istituzioni, 
basta  introdurvi  il  principio  di  obbedienza  e  lo  spirito  di  sacrifizio 
(pag.  487):  che  per  introdurli  bisogna  cbe  lo  spirito  cattolico  con 
piena  liberta  si  sviluppi  (  pag.  488 ) :  che  in  Piemonte  il  ristora- 
mento  del  Cattolicismo,  non  solo  e  agevole,  logicamente  pailan.lo, 
ma  e  necessario,  parlando  legalmente,  appena  un  Ministero  voglia 
lealmente  adempiere  loStatuto:  che  il  clero  caldeggera  la  coopera- 
zione  degli  elettori  cattolici  incitandovi  le  coscienze,  senza  tema 
d'essere  accusato  di  tranelli  edi  sedizione:  che  gli  elettori  mireran- 
no,  non  al  trionfo  d'un  partito,  ma  alia  probita  di  un  Deputato  che 
cerchi  unicamente  1'  ordine  e  la  giustizia  ( pag.  489 ).  E  prose- 
guendo  cosi  a  spiegare  in  qual  modo  lo  Slatuto  potrebbe  forrnare 
la  felicita  dei  subulpini,  come  la  formarono  altre  volte  le  tempe- 
rate istituzioni  della  monarchia  sabauda ;  si  conclude  finalmente 
(pag.  592)  che  un  Governo  rappresentativo ,  sotto  le  influenze  cat- 
toliche ,  potra  avverare  coll'aiuto  della  coscienza  cid  che  gli  etero- 
Serie  III,  vol.  IX.  6  23  Deeembre  1857. 


$2  RIVISTA 

dossi  stoltamente  si  ripromettono  dalla  sola  forza  dcirinteresse  :  e 
si  esortano  Deputati,  Senator!  e  Ministri  a  rinsanguinare  di  vitalita 
«attolica  le  loro  istituzioni,  smettendo  la  illiberale  e  ingenerosa 
guerra  contro  la  Chiesa  e  contro  i  concittadini  cattolici. 

Se  questo  sia  un  avversare  lo  Statute  piemontese  ,  se  quelle  pa- 
role siano  contrarie  a  ci6  che  oggi  cola  dichiarano  i  Deputati  cat- 
tolici, ce  lo  dira  altra  volta  1'  LNDIPENDENTE.  Frattanto  :  attenti !  di- 
remo  agli  uomini  onesti  e  leali:  non  vi  lasriate  cogliere  al  laccio. 
I  tratti  fin  qui  citati  dei  primi  anni  della  Civiltd  Catlolica  non  mo- 
strano  soltanto  quanto  malamente  sieno  o  letli  o  capiti,  o  calun- 
niati  gli  scrittori  cattolici  •,  ma  mostrano  insieme  quali  sieno  i  tra- 
nelli  astuti  e  perlidi,  con  cui  si  fa  di  tutto  per  sciridere  la  potente 
unita  della  parte  cattolica  del  Parlamento. 

II. 

5.  Tommaso  d' Aquino  e  il  Rosmini,  Saggio  d" osservazioni  sulle  loro 
dotlrine  ideologiche  per  P.  PAGANINI,  Prof,  di  Filosofia  nell  I.  e 
R.  Universita  toscana  —  Pisa  1857. 

£  un  breve  opuscolo  in  ottavo  ed  ha  per  iscopo  di  dimostrare 
la  convenienza  della  dottrina  ideologica  del  Rosmini  con  quella  di 
S.  Tommaso,  rispondendo  a  quel  nostro  invito  :  Gli  avversarii, 
senza  lante  giravolte  intorno  alle  metafore,  dimoslrino  coi  luoghi , 
in  cui  S.  Tommaso  parla  con  frasi  proprie  e  Iratta  la  materia 
esprofesso,  che  secondo  lui  noi  abbiamo  unidea  innata,  ovvero  che 
il  lume  innato  e  V  ente  ideal*  e  non  I  intdletto  agente  ,  ovvero  che 
Tintelletto  agente  e  appunto  Vente  ideale.  L'Autore  assume  dunque 
1'  impegno  di  soddisfare  a  questa  nostra  richiesta  con  varii  argo- 
menti,  cui  noi  per  maggior  chiarezzariporteremodistintamentecon 
numeri  diversi  apponendo  a  ciascuno  immediatamen  te  la  nostra 
risposta. 

1 .  Da  prima  1'Autore  fa  un'  osservazione  preliminare ;  ed  essa  e 
-che  le  opere  del  Rosmini  sono  piene  di  citazioni  di  S.  Tommaso.  Or 


BELLA  STAMPA  ITALIANA  83 

e  egli  credibile  che  un  uomo  di  tanto  ingegao,  qual  senza  dubbio 
fu  il  Rosmini,  non  abbia  capito  S.  Tommaso? 

Risposta.  Da  che  S.  Tommaso  venne  al  mondo  fmo  quasi  a  que- 
st! nostri  tempi,  le  sue  opere  ban  formato  lo  studio  dei  piu  eletti 
ingegni  del  Cristianesimo.  Tutte  le  Universita  cattoliche  lo  tolsero 
per  maestro,  tutti  i  Dottori  vegliarono  sopra  i  suoi  volumi  o  com- 
mentandoli  ed  esponendoli,  o  almeno  procurando  d  intenderne  la 
dottrina.  Nondimeno  niurio  s'  accorse  mai  che  egli  ponesse  innata 
Tidea  dell'erite,  ma  tutti  anzi  credettero  il  contrario  $  come  puo  ve- 
dersi  presso  tutli  i  commentator!  di  S.  Tommaso  e  presso  tutli  i  teo- 
logi  e  filosofi  scolastici.  Ora  noi  alia  nostra  volta  dimandiamo  :  E  egli 
credibile  che  tanti  ingegni  acutissimi  e  profondissimi,  non  sieno 
riusciti  ad  intendere  il  s.  Dottore?  Massimamente  che  essi  si  conti- 
nuavano  per  non  interrotta  catena  coll' insegnamento  stesso  orale 
di  lui  ?  Non  sembra  dunque  piu  plausibile  il  dire  che  non  1'  abbia 
inteso  un  filosofo  moclerno,  il  quale  non  si  proponeva  per  iscopo  di 
cavare  da  S.  Tommaso  le  dottrine  da  seguire  ,  ma ,  dopo  aver  gia 
concepito  un  sistema  filosofico,  studiavasi,  se  era  possibile,  di  con- 
fortarlo  coirautorita  del  medesimo  ? 

II.  Ma  dove  son  le  prove,  npiglia  il  sig.  Paganini,  che  facdano 
vedere  e  toccar  con  mano  che  il  Rosmini  ablia  usato  male  delle  pa- 
role di  S.  Tommaso  l  ? 

Risp.  Potremmo  dire  che  queste  prove  si  trovano  nei  diversi  ar- 
ticoli  ,  nei  quali  discutemmo  unatale  materia;  i  quali  essendo  riu- 
sciti ,  per  confessione  dello  stesso  sig.  Paganini  2  ?  a  persuader  la 

1  Pag.  5. 

2  <t  lo  so  bene  che  il  Mamiani ,  che  il  De  Grazia  ,  che  i  PP.  Compilatori 
della  Civilta  Cattolica  si  sono  ingegnati  di  farlo  credere,  e  che  massimamente 
gli  ultimi  1'  ban  fatto  credere  davvero  a  uiia  moltitudine  di  menti  quanto  in- 
capaci  a  giudicare  da  se  in  materia  di  filosofia,  altrettanto  pronte  ad  assentire 
ai  giudizii,  quali  che  siano,  di  quel  giornale  »  (Pag.  SJ.  Qui  abbiamo  due  con- 
fessioni :  1'una  ,  non  esser  noi  i  soli  scrittori  che  abbiano  sostenuto  il  dissenso 
tra  la  dottrina  del  Rosmini  e  quella  di  S.  Tommaso;  1'altra  esserne  rimasi  con- 
vinti  una  moltitudine  di  persone.  Questi  son  fatti;  il  dirsi  poi  che  eio  sia  av- 
venuto  per  ignoranza  e  eredulita,  son  parole.  Or  possono  le  parole  prevalere 
ai  fatti  ? 


81  RIVISTA 

cosa  a  non  poclii ,  non  e  credibile  che  1'abbiano  fatto  senza  valide 
prove.  Ma  per  non  allegar  cose  nostre  ,  invitiamo  il  sig.  Paga- 
nini  a  leggere  le  Discussion!  di  filosofia  razionale  del  sig.  Arcidia- 
cono  Buscarini ,  dove  il  dissenso  tra  la  dottrina  dell'  ente  ideale  e 
qtiella  di  S.  Tommaso  e  mostrato  con  evidenza  bastevole  a  chiun- 
que  non  e  d' animo  preoccupato. 

III.  Nella  pag.  6.  1'Autore  viene  al  vero  punto  della  quistione,  cioe 
se  per  S.  Tommaso  I"  idea  dell'essere  sia  il  lume  innato  della  ragio- 
ne  ,  e  comincia  a  dimostrare  che  si  con  quesli  argomenti :  Per  San 
Tommaso  il  lume  deU'intellelto  e  innato  ed  e  distinto  dall'intelletto. 
Dunquee  un'idea.  Or  qual  altra  idease  non  quelladell'ente?  Di  piu, 
per  S.  Tommaso  il  lume  dell'  intelletto  £  supertore  ad  esso;  ed  e 
cosa  oggettiva  non  soggettira. 

Risp.  II  primo  argomento  si  solve  distinguendo  1'  antecedente. 
Per  S.  Tommaso  il  lume  dell'  intelletto  e  innato  ed  e  distinto  dal- 
1'intelletto-,  Distinguo:  e  distinto  dall'intelletto  che  egli  rhiama  pos- 
sibile,  concede;  e  distinto  dall'intelletto  che  egli  chiama  agente,  ne- 
go  *.  Dunque  e  1'  idea  dell  ente,  si  nega;  giacche  per  San  Tom- 
maso T  intelletto  agente  e  una  facolta  dell'  anima  che  astrae  gl'in- 
telligibili  du'fantasmi  sensibili  2. 

Quanto  al  secondo  argomento,  rispondiamo  che  se  s'  intende  per 
intelletto  la  potenza  che  dee  essere  rischiarata  dal  lume  (la  quale 
da  San  Tommaso  e  delta  inlellelio  possibile} ,  1'  intelletlo  agente, 
benche  sia  una  facolta  dell'  animo,  le  e  superiore;  perche  si  para- 
gona  ad  essa  come  principio  attivo  a  principio  passive,  rendendo  ia 
atto  gl'  intelligibili  che  debbono  informarla.  Se  poi  per  intelletto 
s'  intende  lo  stesso  animo  intelletlivo ;  allora  non  c'  e  bisogno  che  ad 
esso  sia  superiore  assolutamente  il  lume  che  lo  rischiara  come  causa 
seconda  ed  instrumental,  qual  e  1' intelletto  agente;  ma  basta  che 

1  Lux,  in  qua  contemplamur  veritatem,  est  intellectus  agens. . .  Lux  autem 
istn,  qua  mens  nostra  intelligit ,  est  intellectus  agens.   Quaestio  de  Spirituali 
creatura  art.  10. 

2  Vedi  il  nostro  articolo  intitolato  Nomenclatura  muderna  d'una  teorica  an- 
tica.  CIYJLTA  CATTOLICA  III  berie,  vol.  VII,  p.ig.  3D1  c  scgg. 


DELLA  STAMPA  ITALIAN  A  85 

gli  sia  superiore  il  lume  die  lo  rischiara  come  causa  prirna  e  prin- 
cipale,  che  e  Dio  infusore  e  direttore  in  noi  dell'  intellelto  agente. 
Imperocche  a  silTatta  causa  principle  piu  propriamente,  che  non  a 
quella  istrumeutale  e  da  altribuirsi  1'  azione  illustrativa  •,  siccome 
appunto  1'azione  illumiriativa  de'  corpi  meglio  si  attribuisce  al  sole 
clie  non  alia  luce  da  lui  diffusa,  e  1'  opera  artificiosa  meglio  si  attri- 
buisce all'  artefice  che  non  allo  strumento  o  all'  arte  ch«  vi  concor- 
rono  :  Hoc  ipso  quod  Daus  in  nobis  lumen  naturale  conservando 
causal  et  ipsum  dirigit  ad  videndum;  manifeslum  est  quod  perceplio 
veritatis  sibi  praedpue  debel  adscribi ,  sicut  uperalio  arlis  magis 
adscribitur  arlifici  quant  arti  1. 

Quanto  al  terzo  argomento  distinguiamo:  il  lume  dev'  essere  ob- 
bietlivonon  subbiettivo,  considerate  terminativamente,  concediamo; 
considerate  formalmente  e  nella  propria  entita,  neghiamo.  II  lume 
in  noi  infuso  da  Dio  e  per  S.  Tommaso  una  facolta  dell'  anima,  e 
per6  nella  propria  entita  ^,  subbieilivo  e  si  moltiplica  secondo  la 
molliplicaziotie  delle  anime  e  degli  uomini :  Lux  autem  ista,  qua 
mem  nostra  intelligit,  est  intelleclu*  agens.  Ergo  inklleclus  agens 
est  aliquid  de  genere  animae,  el  ita  muliiplicalur  per  mulliplicalio- 
nem  animarum  el  hominum  2.  Ma  se  si  considera  lerminalwamen- 
le,  cioe  a  rispetto  del  termine  a  cui  si  riferisce,  e  obbiettivo  ;  per- 
cbe  colla  sua  astrazione  rivela  non  se  medesimo,  ma  1'  essere  stesso 
delle  cose  che  ci  fa  conoscere.  E  la  ragione  si  e,  perche  ogni  cosa  e 
conoscibile  per  gii  stessi  principii,  da  cui  e  costituita  nella  propria 
realita^  e  per6  1' essere  stesso  obbiettivo  e  quello  che  determina  la 
conoscenza  :  lllud  quod  esl  principium  essendi  est  etiam  principium 
cognoscendi  ex  parle  rei  cognitae ,  quia  per  sua  principia  res  co- 
gnosdbilis  est  3.  Vero  e  che  un  tal  essere  nelle  cose  sensibili,  a  cui 
nella  presente  vita  e  voHo  il  nostro  intelletto,  trovasi  astretto  da 
condizioni  individuanti  materiali,  da  cui  vuol  essere  liberato  per 

1  S.  TOMMASO  super  Boethium  De  Trinitate. 

2  Quaestio  De  spirituali  creatuta  art.  10. 

3  Quaestio  De  scientia  Dei  art.  10. 


86  Rl  VISTA 

essere  appreso  mentalmerite.  Ma  cio  non  altro  manifesta,  se  non  la 
necessita  d'  una  virtu  astrattiva,  qual  e  appunto  T  intelletto  agente 
yoiuto  daS.  Tommaso:  Oporlet  igilur  ponere  aliquam  virlutem  ex 
parte  intcllectus,  quae  facial  inlelligibilia  in  actu  per  abslractiomm 
spederum  a  condilionibus  malerialibus.  El  haec  est  necessitas  po- 
nendi  intelleclum  ayentem  1.  L  essere  poi  de  1'oggetto  sotto  una  ta- 
le astrazione  determina  la  conoscenza,  e  cio  puo  esso  fare  beriis- 
simo,  essendo  urf  imitazione  dell' arte  stessa  divina:  Res  txislens 
exira  animam  per  formam  suam  imitalur  artem  divinam,  el  per  eam- 
dem  nata  csl  facere  de  se  veram  apprehensionem  2. 

IV.  II  quarto  argomento  lo  riporteremo  colle  parole  stesse  del- 
1'Autore.  Per  provare  che  secondo  S.  Tommaso  il  lume  del  nostro 
intelletto  e  un'  idea  dice  cosi :  <c  Secondo  S.  Tommaso  1  idea  o  la 
specie  intelligibile  ha  la  relazione  all 'intelletto  nostro  di  cosa  per 
cui  s'intende^  ma  anche  il  lume  dell'intelletto,  secondo  S.  Tomma- 
so, ha  la  relazione  all'  intelletto  di  cosa  per  cui  s'  intende;  Dunque 
secondo  S.  Tommaso  il  lumedeirintelletto  e  pur  esso  una  specie  in- 
telligibile o  un'idea.  Qual  ragionamento  potrebbe  caoiminare  piu 
dritto  3?» 

Risp.  G  perdonera  il  sig.  Professore,  se  con  liberta  faremo  osser- 
vare  che  il  ragionamento  che  egli  crede  il  piu  diritto  di  ogni  altro- 
possibile,  e  per  contrario  assai  storto,  perche  pecca  evidentemente 
contro  le  regole  della  logica.  E  veramente,  ritenendo  la  stessa  for- 
ma si  potrebbe  argomentare  cosi :  Gli  occhi  han  relazione  all'uomo 
di  mezzo  per  vedere;  ma  anche  gli  occhiali  hanno  relazione  all'uo- 
mo di  mezzo  per  vedere;  duncjue  gli  occhiali  sono  occhi.  Che  ve  ne 
pare,  o  lettore,  di  questa  foggia  di  argomentazione?  Nondimeno 
essa  e  identica  a  quella  del  sig.  Paganini.  In  fatti  ponetela  a  fronts 
Tuiiadeiraltra.  II  sig.  Paganini  dice: 

L'ideafta  la  relazione  aU'intelletlo  nostro  di  cosa  per  cui  s'inlende; 


\  Summa  th,  1  p.,  q.  79,  a.  3. 

2  Quaestio  De  Veritate  art.  8. 

3  Pagma  12. 


DELLA  STAMPA  ITALJANA  87 

Maanche  illume  delFintelletto  ha  la  relazione  alVintdletlo  di  co- 
sa  per  cui  sintende ; 

Dunque  11  lume  dell'intelletto  e  idea. 

Noi  diciamo  : 

Gli  occhi  han  la  relazione  alTuomo  di  cosa  per  cui  si  vede; 

Ma  anche  gli  occhiali  han  la  relazione  all'  uomo  di  cosa  per  cui 
si  vede ; 

Dunque  gli  occhiali  sono  occhi. 

Parimenti :  Le  strade  ferrate  'han  relazione  all' uomo  di  mezzo  per 
viaggiare: 

Ma  anche  i  battelli  a  vapore  han  relazione  all'uomo  di  mezzo  per 
viaggiare ; 

Dunque  i  battelli  a  vapore  sono  strade  ferrate. 

E  cosi  molte  altre  belle  cose  si  potrebbero  dimostrare  coHa  stes- 
sa  agevolezza.  Vedete  quanto  giova  trovare  una  buona  forma  di  ar- 
gomentazione !  Non  avea  dunque  ragione  il  sig.  Paganini  di  escla- 
mare :  Qual  ragionamento  potrebbe  camminare  piu  dritto  ? 

Main  che  consiste  il  vizio  logicale  di  questa  forma  diraziocinio? 
Consiste  nel  fare  che  il  mezzo  termine  sia  due  volte  predicate  di 
una  proposizione  affermativa,  e  che  per6  non  si  prenda  mai  in  sen- 
so  universale,  contro  quella  regola  di  logica,  che  gli  antichi  espri- 
mevano  con  questo  verso  : 

Aut  semel  aut  iterum  medius  generaliter  esto. 

Oh  che  quisquilie  da  pedante!  Certo,  son  quisquilie  da  pedante; 
ma  il  dispregiare  tali  quisquilie  fa  poi  che  si  commettano  dei  pa- 
ralogismi  che  ^ccitano  compatimento  l. 

1  Se  ben  si  osserva  i  nostri  avversarii  muovono  ordinariamente  o  da  un 
paralogismo  o  da  una  interpretazione  falsa  di  tesli,  e  poi  corrono  a  vele  gonfie. 
Per  recarne  un  esempio,  il  sig.  Ptiecher  nell'ultimo  articolo  da  lui  insertto  nella 
•Cronaca  reca  dei  passi  di  S.  Tommaso,  nei  quali  ilS.  Dottore  dice  che  1'appeti- 
zione  della  felicita  e  naturale  all'uomo.  11  sig.  Puecher  pr«nde  la  voce  naturals 
per  innata,  e  poi  trionfa  dimostrsndo  che  non  puo  essere  innata  1'appetizione, 
scnza  che  sia  innata  un'idea;  giacche  nil  volitum  quin  praecognitum.  Ottima- 
mente;  ma  per  disgrazia  altro  &  essere  una  cosa  naturale,  cioe  proveniente  dalla 


88  RIYISTA. 

V.  Quella  forma  di  argomentare  teste  descritta  parve  al  Sig.  Pa- 
ganini  un'arme  si  huona,  che  torna  ad  impugnarla  contro  di  noi, 
per  dimostrare  che  rioi  si;imo  costretti  a  ronfondere  il  lume  intel- 
lettuale  colla  fantasia,  disrorrendo  cosi :  «  Se  il  lume  dell'  intelletto 
fosse  il  mezzo  sirumentale  del  conoscere,  come  i  nostri  avversarii 
pretendono,  e  manifesto  i  he  in  ordme  almeno  al  conoscere  il  lume 
intellettuale  non  varrebbe  uulla  piu  della  fantasia  e  del  senso  *.  » 
Ma  ognun  s'accorge  che  qut-sto  raziocinio  e  simile  al  precedente: 
Se  gli  occhi  fossero  il  mezzo  istrumentale  del  vedere  ,  e  manifesto 
che  in  ordine  almeno  al  vedere  gli  occhi  non  varrebbero  nulla  piu 
degli  occhiali ,  giarche  anche  gli  occhiali  son  mezzo  per  vedere. 

VI.  II  sig.  P.iganini  ci  rinfaccia  che  noi  non  abbiamo  avuto  ros- 
sore  (sic)  di  obbiettare  contro  1'  idea  innata  dell'ente  quel  passo  di 
S.  Tommaso  :  Similiter  dicendum  est  de  scientiae  acquisitione,  quod 
praeexislunt  in  nobis  quaedam  scienliarum  semina,  scilicet  primae 
concepliones  intelleclus ,  quae  slatim  lumine  intellectus  ag entis  co- 
gnoscuntur  per  species  a  sensibilibus  abstraclas,  sive  sint  ccmplexa 
ut  dignitates,  sivc  incomplexa  sicut  ratio  entis  et  unius  et  huius- 
tnodi,  quae  statim  intelleclus  apprehendit  2  •  quando  il  Rosmini  ne 
avea  data  la  legiltima  interpretazione  dicendo  che  altro  e  avere  il 
concetto  dell'ente  (ratio  ends),  ed  altro  &  aver  pres^nte  semplice- 
mente  1'ente  senza  piu ;  e  che  il  testo  di  S.  Tommaso  dee  iritendersi 
del  primo  e  non  del  secondo  3. 

natura,  e  altro  &  essere  innata,  cioe  vigorente  in  noi  fin  dal  primo  istante  dcll'e- 
sistenza;  altrimenli  non  pure  1'appetizione  della  felicita,  ma  innumerevoli  nitre 
cose,  le  quali  ci  son  natural!,  dovrebbero  essere  innate-  11  desiderio  della  feli- 
cita4  in  astratto  dicesi  naturale,  perche  non  precede  da  nostra  elezione,  ma  da 
determinazione  di  natura.  Esso  nondimeno  non  si  elice  da  noi  fin  dalla  nostra 
priina  esistenza,  ma  solo  quando  giungiamo  al  concepiuaento  del  bene  aslratto. 

1  Pag.  15. 

2  Quaestio  De  Magistro  art.  1. 

3  L'interpretazione  che  io  propongo  si  e  che,  secondo  una  tale  maniera  di  par- 
lare,  altro  eaveril  concetto  dell'ente  (ratio  entis)  e  altro  e  aver  presente  1'ente 
senza  piu.  Avere  il  concetto  dell'ente  varrebbe  intenderne  la  forza,  cioe  inten- 
dere  com'egli  sia  suscettivo  d'applicazione  e  di  produrre  a  noi  da'  suoi  visceri 


BELLA  STAMP.V  ITALIANA  89 

Risp.  Si ,  non  possiamo  negarlo,  la  nostra  temerita  e  stata  gran- 
de  nel  nori  tenere  alcun  conto  d'una  distinzione  tanto  naturale  e 
tanto  legittima,  che  altro  e  avere  il  concetto  dell'ente,  e  alrro  e  aver 
presente  semplicemente  1'ente  senza  piu;  comeappunto  altro  e  in- 
dossare  un  abito,  e  altro  e  aver  presente  semplicemente  quell'abito, 
sospeso  verbigrazia  a  un  attaccapanni.  Ma,  che  volete?  il  nostro 
sbaglio  e  proceduto  da  questo,  clie  noi  abbiamo  credufo  cbe  per 
1'intelletto  sia  una  cosa  med^sima  aver  presence  1'ente  e  avere  il 
concetto  dell'ente  ,  e  che  sia  parimente  il  medesirno  avere  il  con- 
cetto dell1  ente  e  percepire  la  quiddita  dell'erite  (ratio  entis).  Onde, 
dicendo  cosi  chiaramente  S.  Tommaso  che  la  quiddita  dell'ente  si 
apprende  da  noi  per  ispecie  astratte  da'  sensati ,  abbiamo  creduto 
non  darsi  luogo  ad  arbitrarie  interpretazioni,  che  cio  non  dovesse 
intendersi  dell' idea  dell'ente  in  se  stessa,  ma  bensi  della  sua  ap- 
plicazione ;  massimamente  che  Tapplicazione,  secondo  il  sistema 
dell'ente  ideale,  si  sarebbe  fatta  mediante  un  giudizio,  e  qui  S.  Tom- 
maso parla  dell'  ente  percepito  per  semplice  apprensione :  site  in- 
complexa  sicut  ratio  entis  et  unius  et  huiusmodi.  Ma  il  pegrgio  e  che 
noi  persistiamo  tuttavia  in  questa  opinione,  la  quale  facilmente  ci 
sara  comune  con  quanti  leggono  S.  Tommaso  ,  per  intenderne  la 
verace  dottrina  e  non  gia  per  tirarlo  colle  tanaglie  dov'  esso  non 
pu6  venire. 

VII.  II  sig.  Pagariini  per  aprirsi  la  strada  a  conchiudere  che  ;c  chi 
\uol  filosofare  con  S.  Tommaso  dee  riconoscere  nelV  anima  intellet- 
tiva  un  atto  soslanziale  d1  intendere  ,  e  per  conseguenza  un  primo 
intelligibile  a  lei  unito  naluralmente,  commcia  dal  farci  sapere  ch2, 
secondo  S.  Tommaso,  la  sostanza  delle  creature  consiste  in  un'  ope- 
razione.  «  S.  Tommaso  insegna  che  in  ogni  creatura T  operazione 

diverse  cogaizioni.  Anch'io  dico  che  noi  nori  possiamo  conoscere  laforza,  la  fe- 
condita,  la  virtu  che  ha  1'idea  dell'etite  d'  essere  applicata,  fino  a  tanto  che 
all'occasione  delle  sensazioni  (fantasmi)  di  fatto  non  I'applichiamo ;  allora  quel- 
Tidea  non  ista  piii  solitaria,  scioperata;  diventa  operativa  ;  allora  miriamo  in 
essa  con  attenzione  e  con  intenzione  nova,  e  vi  scorgiamo  la  saa  no/June  o  in- 
tima  essenza.  «  Nuovo  Saggio  Sez.  V.  p.  1.  c.  3.  art.  V. 


90  RIVISTA 

si  distingue  dalla  sostanza  ,  ma  insegna  eziandio  che  la  sosta^za 
pure  e  una  cotale  operazione  prima,  in  cui  si  fonda  ogni  altra  ope- 
razione  di  lei :  Secundum  hoc  unumquodque  natum  est  operari , 
quod  ACTU  talem  naturam  sortilur.  Lo  che  si  accorda  con  cio  che  in 
altro  luogo  dice  deil'esistere  che  lo  difinisce  1'attualitadi  ogni  cosa: 
Esse  enim  est  ACTLALITAS  omnis  rei.  Yi  sono  dunque  due  specie  di 
operazioni  o  di  atti :  un  alto  in  cui  consiste  la  sostanza  di  un  ente, 
per  cui  esso  ha  una  certa  natura  e  un'  attitudine  quindi  a  far  certe 
cose-,  e  un  atto  che  e  un  semplice  accidente  di  quell' essere  1.  » 

Risp.  £  questo  il  perpetuo  equivoco  degli  avversarii,  di  confonde- 
re  1'atto  inteso  per  operazione  coll'atto  inteso  per  perfezione  in  ge- 
nerale,  e  in  quanto  si  oppone  all' essere  in  potenza.  Ma  S.  Tomma- 
so  dic&  in  cento  luoghi  die  soltanto  in  Dio  1'  operare  s'immedesitna 
colla  sostanza:  In  solo  Deo  operatio  est  eius  subsiantia  2.  II  santo 
Dottore  nega  cio  deH'anima  umana  tanlo  per  rispetto  all'operazione, 
quanto  ancora  per  rispetto  alie  potenze  operative:  Potenlia  est  me- 
dium inter  substantiate  et  operationem ;  sed  operatio  differt  a  sub- 
stantia  animae;  ergo  substantia  differt  ab  utroque;  alioqwn  nones&et 
medium,  siesset  idem  cum  exiremo  3.  Esse  inlelligens  vel  esse  sen- 
tiens  actu  non  est  esse  subslantiale  sed.  accidentale  *.  Ma  raolto  piu 
nega  una  tal  medesimezza  a  rispetto  dell'  operazione,  di  quel  che  a 
rispetto  delle  facolta  di  operare.  Talmente  che,  sebbene  egli  siacosi 
riguardoso  in  fuggire  ogni  parola  oltraggiosa  verso  i  contraddittori, 
nondimeno  non  dubitadi  scagliare  il  titolo  d'insano  coatrachi  vo- 
lesse  sostenere  che  nell'aninoa  gli  atti  o  gli  ahiti  costituiseano  la  sua 
essenza :  Quidquid  dicatur  de  potentiis  animae ,  tamen  nuttus  un- 
quam  opinatur,  nisi  insanus ,  quod  habitus  et  actus  animae  sint  ipsa 
eius  essentia  5. 


1  Pag.  22. 

2  Summa  th.  I.  p,  q.  77.  a.  I. 

3  Quaestio  De  Spirituali  crealura  art.  XI. 

4  Qijaestio  De  Anima  art.  Xil. 

5  Quaestio  De  spiritual*  creatura  art.  XI,  ad  I. 


BELLA    STAMPA  1TALIANA  9 1 

""Dirai:  eppureilsig.  Paganini  apporta  del  testi.  Rispondiamo:  quei 
testi  non  provano  nulla.  Imperocche  il  primo  non  dice  altro,  se  non 
che  ogni  cosa  opera  secondo  la  natura  che  attualmente  ha  sortito ;  e 
il  secondo  dice  cheTesistereeattualita,  cioe  perfezione,  di  tutto  ci6 
che  e.  Or  questo  che  ha  da  fare  coll'  identita  ,  che  pretpndesi  ,  tra 
1'operazione  e  la  sostanza  deiranima?  Atto  ,  torniamo  a  ripeterlo  , 
per  S.  Tommaso  non  significa  la  sola  operazione ,  ma  tutto  cio  che 
determina  e  perfeziona  un  soggetto.  II  perche  talvolta  usa  codesta 
voce  a  significare  1' operazione,  tal  altra  1'usa  a  significare  1' essere 
sostanziale  antecedente  ad  ogni  operazione.  A  convincersene  basta, 
se  non  altro ,  consultare  1'  articolo  primo  della  quistione  settante- 
simasettima  nella  prima  parte  della  Somma  teologica  $  dove  nello 
stesso  tempo  che  afferma  1'anima  essere  atto,  anima  secundum  suam 
essentiam  est  actus ;  nega  che  1'  operazione  di  lei  appartenga  all' es- 
sere sostanziale :  operatio  animae  non  est  in  genere  substantiae,  sed 
in  solo  Deo,  cuius  operatio  est  ems  substantia. 

VII  [.  II  Sig.  Paganini  argomenta  cosi :  Per  S.  Tommaso  il  lume 
innato  del  nostro  intelletto  est  simililudo  increatae  veritatis,  eioe 
d' una  idea-,  ora  solo  urf  idea  pud  essere  similitudine  di  tin'  idea; 
dunque  per  S.  Tommaso  il  lume  innato  e  un'  idea  *. 

Risp.  Con  la  medesima  forma  di  argomentare  si  potrebbe  dimo- 
strare  che  S.  Tommaso  e  perfetto  idealista ,  dicendo  cosi:  Per 
S.  Tommaso  tutte  le  cose  create  sono  similitudini  deirincreata  VCFJ- 
ta ;  giacche  egli  dice  espressamente :  Si  loquamur  de  veritate  senm- 
dum  quod  est  in  rebus,  sic  omnes  sunt  verae  una  prima  veritate,  cui 
unutn  quodque.  assimilatur  secundam  suam  entitatem%.  Ma  solo 
un'idea  pu6  essere  similitudine  dell'increata  verita,  cioe  d'  un'idea. 
Dunque  tutte  le  cose  create  sono  altrettante  idee.  Non  e  questo  un 
bel  modod'interpretar  S.  Tommaso?  Senonche,  giusta  il  S.  Dotto- 
re,  acciocche  una  cosa  possa  dirsi  similitudine  dell'increata  verita, 
basta  che  ella  nella  sua  realita  si  conformi  all'  idea  del  divino  intel- 

1  Pag. '28. 

2  Summa  th.  I.  p.  tj.  16.  a.  YI. 


92  RIVISTA 

letto.  sicch£  sia  tale  quale  Dio  la  roncepi  abeterno.  II  lume  poi  dd 
nostro  intelletto  si  dice  oltraccio  similitudine  dell'increata  verita  in 
un  senso  ancora  piu  particolare,  in  quanto  colla  sua  virtu  ci  mena 
alia  conoscenza  delle  cose  conforme  a  quella  del  divino  intelletto, 
benohe  in  modo  limitato  fd  imperfetto.  qual  si  conviene  a  un'in- 
telligenza  c.reata. 

Crediamo  che  i  nostri  lettori  ne  abbiano  ahbastanza  per  inten- 
dere  in  che  guisa  il  sig.  Paganini  dimostra  la  convenienza  della  teo- 
rica  dell  ente  ideale  colla  dottrina  del  S.  Dottore  :  e  per6  non  oc- 
corre  intrattenercene  con  esame  piu  prolungato. 


in. 


Le  rovine  del  mio  Convento.  Storia  contemporanea :  prima  versione 
italiana  dall' originate  spagnuolo  per  A:\TOFILO  FILALETE  — Mi- 
lano  Tipografia  di  Zaccaria  Brasca  1857. 

Questo  racconto  vide  la  luce  nella  sua  lingua  originale  in  Ispa- 
gna  nel  1852;  ed  essendo  stato  letto  da  mold  con  piacere  pieno 
di  utilita,  venne  considerate  come  uno  de' bei  lavori  letterarii  e 
morali  uscito  dai  torchi  spagnuoli  in  questo  periodo  ultimo  di 
tempo.  Quindi  a  poco  fu  voltato  in  lingua  tedesca  e  stampato  dal 
Loning  in  Munst^r,  il  quale  manifesl6  cbe  erane  autore  il  frate  fran- 
cescano  spagnuolo  Emmanuele  da  Galasanzio.  Nel  1856  fu  cono- 
sciuto  in  Francia  per  gli  elogi  scrittinedal  sig.  Villaretnel  n."  703 
dell'  Illustration,  dove  fu  angora  stampata  una  incisione  in  legno 
rappresentante  il  ritratto  del  cletto  frate,  suppostone  autore.  Quin- 
di forse  avvenne  che  tosto  dopo  si  cominciasse  il  racconto  medesi- 
mo  a  vcltare  in  lingua  francese,  ed  oltra  un'edizione  in  due  volu- 
mi  in  sedicesimo,  venne  fatto  cziandio  di  pubblica  ragione  in  quel 
benemerito  periodico  che  e  il  Carrespovdant.  In  quest'  anno  che 
corre  ne  fu  compiuta  una  versione  italiana  dall'originale  spagnuolo, 
e  le  Rovine  del  Mio  Convento  uscirono  alia  pubblica  luce  in  Milano. 
Questa  e  la  storia  del  hbro  raccontata  pei  sommi  capi. 


DELLA  STAMPA  ITALIANA  93 

Che  1'autore  di  questo  racconto  possa  chiamarsi  frate  Emma- 
nuele  da  Calasanzio  non  vi  pu6  esser  dubbio,  quando  chi  racconta 
le  proprie  avventure  in  questo  libro  si  da  precisamente  un  tal  no- 
me.  La  questione  e  se  questo  sia  un  personaggio  reale,  o  un  perso- 
naggio  ideale.  A  crederlo  nome  di  un  vero  frate  francescano,  e  del 
vero  autore  del  libro  non  vi  e  altra  pruova  diretta  e  positiva  salvo 
soltanto  1'att.estazione  del  sig.  Loning,  che  dice  di  averlo  sotto  quel 
nome  conosciuto  in  Barcellona,  quando  appunto  componeva  it  libro 
delle  Rovine.  Poichfc  ne  la  prima  edizione  spagnuola  porta  nome 
dell'  autore,  ne  le  apposite  ricerche  cbe  altri  fece  per  conoscere 
questo  religioso  in  Ispagna  ebbero  felice  riuscimento  ;  ne  finalmen- 
te  vien  detto  per  qua!  modo  siesi  avuto  il  ritratto  impresso  come  il 
proprio  dell'  autore.  Non  si  hanno  dunque  contro  la  testimonianza 
del  Loning  cbe  sole  pruove  negative,  che  non  possono  per  se  essere 
sufficicnti  a  farla  ripudiare.  Nondimeno  senza  quel  I  a  testimonian- 
za difficilmente  si  sarebbe  dallo  scritto  argomentato  il  nome  reale 
dello  scrittore.  Egli  e  vero  che  vi  trasparisce  un'  intima  conoseen- 
zadegli  usi,  e  delle  costituzioni  dell'  Ordine  francescano,  qual  pud 
avere  chi  men6  in  esso  la  vita  per  lungo  tempo:  ma  pure  qua  e 
colav'hanno  degl'iridizii  del  tutto  cont.rarii.  Dallo  scritto  adunque 
dovrebbe  trarsi  o  cbe  1'  autore  non  sia  un  francescano,  o  cbe  se 
tale  era  avesse  voluto  sviare  ogni  ricerca  dei  curiosi  coll'  inserirvi 
di  tali  segni.  Come  adunque  allora  avrebbe  egli  ritenuto  il  proprio 
nome,  e  indicafa  la  patria,  specialmente  quando  dilicata  pruden- 
za  sarebbe  stata  il  farli  sospettare  cangiati ,  affine  di  allontanare 
i  biasimi  dal  capo  di  persone  certe  e  forse  tuttavia  viventi?  Ma  non 
essendoci  permesso  di  dubitare  dell'  esplicita  attestazione  del  Lo- 
ning suo  volgarizzatore  tedesco,  niuno  di  questi  argomenti  conget- 
turali  regge  piu  al  martello,  e  bisogna  piuttostocbe  ciascuno  s'ag- 
giusti  come  vuole  una  spiegazione  alle  indicate  irregolarita.  Noi 
piuttosto  diremo  della  natura  medesima  dello  scritto. 

II  titolo  posto  a  questo  racconto  non  comprende  tutta  la  sna 
estensione,  e  propriamente  non  appartiene  che  alia  terza  delle  tre 
parti  nelle  quali  pu6  esso  dividersi.  Conciossiache  noi  qui  abbiamo 


94  RIVISTA 

descritla  minutamente  la  storia  1.°  delle  deviazioni  2.°  della  con- 
rersione,  e  3.°  delle  persecuzioni  tollerate  da  un  cuore  eminente- 
mente  sensibile,  e  passionate;  e  solo  all'  ultimo  de'  tre  periodi  di 
una  tal  vita  pu6  appropriarsi  quel  titolo.  Pur  tuttavolta  si  possono 
arrecare  due  ragioni  sufficient!  a  difendere  questa  scelta.  Poiche  in 
primo  luogo  potrebbe  dirsi  che  lo  scopo  principalmente  inteso  dal- 
1'autore  di  far  concepire  giusto  ribrezzo  delle  sevizie  adoperate  con- 
tra innocenti  e  mansuetissimi  religiosi,  richiedeva  cbe  fosse  nel  ti- 
tolo indicato  ex  professo.  In  secondo  luogo  pote  ci6  avvenire  per- 
che  la  rovina  appunto  del  proprio  convento  fu  dallo  scrittore  con- 
siderata  come  il  centro  al  quale  le  altre  linee  del  suo  disegno  col- 
limassero,  e  come  il  termine  d'  infinite  traversie  e  patiraenti. 

Ma  se  il  titolo  non  risponde  a  capello  all'  estensione  della  storia 
raccontata,  risponde  alia  pieta  dello  stile,  cbe  nella  sua  semplicita 
e  pieno  di  mestizia  e  di  compassione.  II  soggetto  di  tutto  il  racconto 
e  I'autore  stesso  che  narra,  il  quale  va  colla  favella  propria  del  do- 
lore  rammentando  ad  una  ad  una  le  amarezze  della  sua  vita,  e  in- 
dicandone  le  cagioni  ehe  le  produssero,  e  i  rimedii  che  vi  adopero 
la  Provvidenza  o  a  lenirgliele  o  a  cessarle.  Infortunii  nella  fanciul- 
lezza:  perche  rimaso  orfano  al  primo  sbucciarglisi  dell' eta  verde, 
fu  accolto  da  amorosi  ma  burberi  zii,  nei  quali  ebbe  larghissimi 
provveditori  d'  ogni  suo  materiale  bisogno,  ma  non  guida  tenera  ne 
accorta  al  suo  cammino,  non  conforto  d'  amore  e  di  fiducia  al  suo 
cuore.  Infortunii  nella  gioventu  :  quando  accolta  in  seno  senza 
accorgersene  una  tenera  passione,  e  fomentatala  fino  a  farla  dive- 
nire  violenta,  ebbe  poscia  a  lottare  lungamente  contro  1'inclinazione 
gagliarda  del  cuore,  sostenuto  solo  dal  sentimento  di  gratitudine 
pei  suoi  benefattori,  poiche  quello  della  religione  taceva  ancora  nel 
suo  petto.  Infortunii  nell'eta  piu  virile;  che  tali  furono  i  modi  sin- 
golarissimicoi  quali  Iddio  gli  fe  udir  la  sua  voce  e  il  trasse  a  nuovi 
pensieri  di  pieta  e  di  religione.  La  pace  che  quindi  successe  nel  suo 
spirito  alle  sostenute  tempeste,  fu  presto  turbata  nell'eta  matura  da 
miovi  infortunii,  dai  quali  fu  tutto  d'  un  colpo  circondato,  ma  non 
sopraffatto,  nel  vedersi  rapito  e  distrutto  quel  beato  asilo  che  gli 
«ra  stato  fino  a  quel  di  tranquillissimo  porto  di  salvezza. 


DELLA  STAMBA   IEALIANA  95» 

Lo  svolgimento  di  tutta  questa  tela.e  molto  commendabile  per  la 
semplicita  e  naturalezza  del  casi ,  che  par  conservino  una  jcerta 
naUira  loro  singolare  di  novita,  e  forma  appunto  il  contrapposto  di 
quegli  avviluppati  laberinti  pei  quali  i  piu  dei  moderni  rornanzieri 
amano  d'aggirare  se  e  i  letlori.  Questo  pregio  e  quello  propriamen- 
te,  pel  quale  giudichiamo  che  il  Raccanto  ie  quasi  del  tutto  istorico, 
Forse  c' inganneremo :  ma;  chi  avessei  voluto  coniar  tutta  di  suo 
capo  una  novella ,  non  avrebbe  creduto  d'  acquistar  grande  merito 
fra  i  novellatori ,  o  produrre  gran  diletto  nei  lettori  ideando  un 
corso  di  vicende  tanto  semplice  e  tanto  piano.  Anzi  questo  per  noi 
e  tal  criterio  par  distinguere  un  fatto  avvenuto  da  un  fatto  imma- 
ginato,  una  storia  da  un  romanzo;  che  appunto  dallo  scorgere  qua 
e  cola  delle  circostanze  un  po'  troppo  singolari,  che  nell'ordinario 
corso  degli  eventi  umani  non  si  sogliono  aggruppare  tutte  intorno 
al  medesimo  soggetto ,  giudichiamo  che  al  fondo  per  la  massima 
pante  vero  del  racconto  ,  abbia  1'autore  fatte  delle  aggiunte  di  pro- 
pria  invenzione,  ora  per  piu  diletto,  ora  per  piu  utilita  dei  lettori. 

Ma  cosi  qual  e  questa  narrazione,  chi  si  fa  a  leggerla  vi  scontra 
una  doppia  idea  morale  che  la  rendono  sommamente  importante. 
L'  una  s"  affa  a  tutti  i  tempi  e  conviene  a  tutte  le  persone,  ed  e  1'ef- 
ficacia  della  religione  per  darla  paceal  cuore-,  1'altra  special issima- 
mente  s'  addice  all'eta  nostra,  ed  e  racerbita  delle  pene  fatte  im- 
meritamente  soffrire  ai  claustrali  dal  moderno  liberalismov  La  pri- 
ma  di  queste  due  idee  campeggia  in  tutto.il  libro,  ma  non  per  tutto 
collo  stesso  aspetto.  Dapprima  un  cuore  straziato  da  segreta  e  tem- 
pestosa  passione,  non  trova  niun  refrigerio  ,  perche  non  lo  cerca 
in-Dio :  quella  stessa  passione  vincesi  con  agevolezza,  ricordasi  sen- 
za  puntura,  cangiasi  alia  fine  in'materia  di  consolazione  e  di  gau- 
dio,  quando  il  cuore  isfangatosi .  dalla  melma  tenace  delle  terrene 
afiezioni  ha  provato  le  delizie  proprie  della  divina  carita.  Da  questa 
grande  idea,  forse  la  piu  necessaria  alia  vita  dell'uomo,  e  la  piu 
cara,  si  genera  quell'affetto  che  ogni  lettore  prende  al  racconto ,  e 
quella  soave  soddisfazione  che  ne  produce  la  lettura.  L'altra  idea 
poi  impone  al  libro  1'  impronta  dell'eta  nostra  ed  il  fa  benemerito- 


96  R I  VISTA 

della  cristiana  mansuetudine  oflVsa  cosi  faoilmente  dalle  fazioni  po- 
litiche.  Non  sanno  que'  misen  forsennati,  assediatori  e  devastator! 
di  Chiostri  in  nome  del  progresso,  della  liberta,  e  della  fratellanza, 
non  sanno  le  piaghe  che  aprono  nel  seno  di  tanti  religiosi  che  quivi 
dimorano  all'ombra  del  Santuario;  non  conoscono  i  tremori  e  le 
ambasce  in  che  li  gitta  non  meno  1'espettazione  del  la  propria  mnrte, 
che  la  pieta  delTaltrui  misfutto;  non  veggono  le  lagrime,  non  odo- 
no  i  singhiozzi  del  giovanetti  che  in  quei  chiusi  domicilii  ripararono 
dalle  irisidie  mondane  la  loro  innocenza ,  o  dei  verchi  incanutiti 
dalle  penitenze  e  dalle  fatiche  piu  clip  dalla  eta  }  lagrime  e  singhiozzi 
che  presto  si  cangiano  in  sangue  versato  per  mano  di  tale,  cui  ieri 
benehYavano  e  consolavano.  Se  il  popolo,  naturalmente  generoso 
quando  non  e  sviato  da  seduttori  astuti,  o  imbestialito  da  subito 
accendimento  di  passionc ,  ci6  sapesse  o  vedesse  ,  non  si  rende- 
rebbe  colpevole  di  quelle  orgie  sanguinose  che  da  sessant'  anni  a 
questa  parte  formano  il  vitupero  piu  carratteristico  delle  civili  di- 
scordie  in  Francia,  in  Svizzera,  inSpagna,  enell' Italia.  Or  questo 
libro  appunto  mira  a  tale  scopo  e  vi  e  tanta  verita  nella  drscrizione, 
che  leggerlae  sentirsene  inorridito  e  tutt'uno.  Per  questo  rispetto 
il  libro  e  destinato  a  divenire  veramente  popolare  ;  poiche  tali  setn- 
pre  divengono  quei  libri  che  contengono  un  ammaestramento  mo- 
rale in  particolar  modo  acconcio  a  un  qualche  vero  bisogno  del  po- 
polo. E  tanto  piu  francamente  si  pu6  ci6  pronosticare,  quanto  mag- 
giore  ne  ha  il  merito  una  particolarita  tutto  propria  dello  scrittore. 
anzi  di  quello  spirito  veramente  religioso  del  quale  essendo  intima- 
mente  informato  chi  scrivea,  non  e  meraviglia  che  veggasene  quasi 
dissi  impregnata  ogni  pagina  del  suo  scritto :  vale  a  dire  la  mansue- 
tudine dolce  e  caritatevole  del  vangelo.  Non  vie  una  parola  di  odio  o 
di  vendetta  verso  que'  carneflci  ebbri  di  sangue  umano ;  non  vi  & 
un  risentimento  di  stizza  per  tante  angosce  sofferte;  non  vi  e  una 
Tfialedizione  contro  gl'  insulti  e  le  calunnie.  Non  e  questa  snerva- 
tezza  di  animo,  o  pochezzadi  sentimento,  o  debolezza  di  ragione: 
e  proposito  di  mente  alta  e  di  cuor  giusto.  LTautore  dirige  il  libro 
alle  moltitudini ,  cioe  dire  agl'illusi  ed  agl'ingannati:  non  ai  som- 


DELLA  STAMPA  ITALIANA  97 

movitori  cagione  del  coloro  inganno  e  della  seduzione.  I  primi  sono 
sveriturati  colpevoli  degni  di  compassione,  siccome  furono  i  carne- 
fici  crocifissori  del  Divin  Maestro  pel  quali  esso  dimando  perdono 
all'  Eterno  suo  Genitore  col  mitissimo  nesciunt  quid  faciunl.  I  se- 
condi  sono  quelle  genimina  viperarum  che  col  loro  tossico  avvele- 
nano  le  anime  e  contro  le  quali  proferi  parole  di  cosi  giusto  sdegno 
il  medesimo  Redentore. 

Se  ci  si  cbiede  inline  qual  giudizio  debba  farsi  del  libro  sotto 
1'aspetto  estetico,  noi  diciamo  sembrarci  opera  se  non  del  tutto  per- 
fetta,  certo  almeno  piena  di  bellezze  veramente  originali.  Tali  sono 
in  primo  luogo  le  pietose  descrizioni  degl'  infortunii  sostenuti  dal 
narratore,  e  poche  altre  ven'  ha  che  per  1'evidenza  e  rapidita  su- 
perino  la  narrazione  della  morte  delle  tre  persone  a  lui  piu  care, 
il  padre,  la  sorella  ,  il  direttore  spirituale.  L'arte  poi  adoperata  per 
dipignere  lo  svolgimento  e  la  forza  della  passione,  prima  fonte  d'ogni 
sua  sventura,  appropriandola  all'  indole  riflessiva  e  condizionandola 
alle  circostanze  esterne  del  vivere,  danno  indizio  d'una  conoscenza 
piu  cheordinaria  del  cuore  umano,  e  d'una  non  minore  abilita  d'e- 
sprimere  colle  parole  ogni  piu  piccola  variazione,  ogni  piu  leggero 
movimento  dei  piu  tenui  affetti.  Che  se  alcuno  trorasse  qualche  so- 
verchio  in  questa  dipintura,  se  non  vorra  approvarlo,  lo  scusi  al- 
meno col  riflettere  che  ogni  maestro  ha  sempre  nelle  arti  ecceduto 
in  quei  pregi  ne'  quali  sentivasi  eccellente. 

Possonsi  gli  autori  di  Romanzi  dividere  in  morali,  civili  e  natu- 
rali,  secondoche  in  essi  predomina  o  1'elemento  morale  degli  affetti 
e  delle  passioni  deU'animo,  o  1  elemento  sociale  della  civilta  co'suoi 
usi  e  colle  sue  leggi,  o  1'elemento  materiale  delle  forme  esterne,  sia 
che  derivirio  dalla  nalura,  sia  che  dairartificio  umano.  Secondo  una 
tale  partizione  il  nostro  Autore  dovrebbesi  ascrivere  al  genere  piu 
difficile  che  e  il  morale.  Certamente  anche  quando  descrive  le  este- 
riori  apparenze  delle  cose  naturali,  anche  quando  fa  menzione  de- 
gli usi  domestic!  e  civili,  1' Autore  non  trova  inciampo,  e  il  fa  cosi  a 
bell'agio  e  con  mano  si  franca,  che  vi  scorgi  capacita  non  volgare 
ancora  per  questi  due  versi.  Ma  dove  proprio  esso  si  ferma  e  nell'in- 
Seri9lII,vol  IX.  7  26  Deccmlre  1857. 


98  RIV1STA. 

terno  di  s?>  medesimo  ;  e  tuttoci6  che  di  fuori  lo  eirconda  vien  da 
lui  riferito  ed  ordinato  all'  interiore  svolgimento  dei  pensieri  e  de- 
gli  affetti.  Spirito  molto  riflessivo  ,  nulla  non  accade  nel  mondo 
esterno  che  ei  non  leghi  coll'interiore  operazione  del  proprio  cuore,  e 
nessuna  operazione  interna,  per  pieciola  che  si  voglia,  cade  per  lui 
inosservata.  Sembrati  un  indefesso  notomistache,  rollospecillo  alia 
mano  e  il  microscopio  all'occhio,  vada  di  fihra  in  fibra  e  di  celluzza 
in  celluzza  indagando  il  mistero  della  orgam'zzazione  :  se  non  ehe 
eg!i  non  istudia  il  corpo  ma  lo  spirito,  non  gli  organi  material!  ma 
le  spirituali  facolta.  Forse  questa  minutezza  d'  indagini  irigenerera 
noia  in  qualch-3  class©  di  lettori  non  avvezza  all'  attenta  contem- 
plazione  dei  proprii  atti.  >Tol  disdiciamo  :  ma  non  per  questo  il  li- 
bro  diviene  men  buono-,  e  se  non  rechera  eguale  diletto  a  tutti,  certo 
produrra  miglior  frutto:  poiche  il  conoscere  se  medesimo  giova  piu 
che  il  conoscere  o  gl'  intrighi  d'un  trattato  ,  o  i  giri  anfratti  e  tor- 
tuosi  d'un  fiumicello. 

N6  a  scemare  la  gravita  di  queste  ponderazioni  morali  mancano- 
quegli  ornamenti  dello  stile  ,  che  rendono  gradito  qualsivoglia  an- 
che  piu  severe  argomento.  Noi  non  ne  giudichiamo  che  dallaver- 
sione  coudotta  con  piccola  diligenza,  quantunque  maggior  dell'  u- 
sata  nelle  traduzioni  che  presentemente  si  fanno  in  Italia  di  simili- 
libri,  soliti  a  comparire  fra  noi  con  vesti  cosi  dimesse  e  sozze  da  far 
pieta.  II  traduttore  si  affatica  nella  introduzione  ia  dimostrare  ch'e- 
gli  ha  voltato  nell'italiano  il  testo  originale  spagnuolo.  Potea  lasciare 
quelle  protestazioni ,  poich^  alcune  frasi ,  anzi  alcune  parole  sono 
cosi  prettamente  spagnuole  che  gli  scusano  qualunque  altro  argo- 
mento. Ne  sono  queste  peregrinita  soltanto  che  guastino  lo  stile  del 
traduttore  :  ma  i  gallicism!  attinti  dalTuso  vizioso  degrinfmiti  no- 
stri  scribacchiatori  moderni  non  vi  son  rari  ^  e  il  nerbo  gli  s'illangui- 
disce  per  una  certa  trascuratezza  delle  proprieta  e  delle  grazie  italia- 
ne.  Ma  fra  k  colluvie  di  pessime  versioni  di  cento  e  cento  romanzi 
forestieri  questo  non  solo  e  tollerabile,  ma  quasi  quasi  puo  dirsi 
commendevole  :  perclie  almeno  non  isgrammatica  ne  si  sganghera 
in  madornali  stranezze,  Eppure  anche  da  questa  versione ,  comun- 


BELLA  STAMPA  ITALIANA  99 

que  ella  sia  condotta,  si  argomenta  assai  bene  la  destrezza  nel  rac- 
contare  dello  scrittore  originale.  Poiche  se  1'  eleganza,  la  soavita, 
la  proprieta  e  cotali  altri  pregi  che  dimorano  proprio  nelle  parole 
non  puoi  che  appena  congetturarle  da  una  buona  versione  ;  ben 
puoi  anche  da  una  mediocre  argomentare  la  forza  dei  concetti 
Fordine  delle  idee  ,  1'opportunita  delle  immagini ,  la  gagliardia  del 
sentimerito.  Si  collochino  adunque  le  Rovine  del  mio  Convenlo  fra 
il  novero,  laDio  merce  crescente,  di  quei  racconti,  i  quali  alia  bonta 
dell'  argomento  accoppiano  la  bellezza  della  forma  e  la  leggiadria 
degli  ornamenti.  Se  egli  e  un  male  veramente  lamentevole  dell'  e- 
ta  nostra  questa  voglia  insaziabile  di  leggere  conti ,  novelle  e  ro- 
manzi  •,  dobbiamo  consolarci  che  vi  sieno  ingegni  eletti,  i  quali  ve- 
dendo  1'impossibilita  di  estirpare  dalla  radice  il  male,  si  appigliano 
all'unico  mezzo  che  resti  alia  prudenza  per  impedirne  i  maligni  ef- 
fetti,  che  e  quello  di  scriverne  dei  buoni.  Ora  di  tali  da  cinque  anni 
a  questa  parte  sono  usciti  alia  luce  nelle  diverse  lingue  d'  Europa 
mold  piu  che  in  forse  vent'  anni  avanti :  e  questo,  ossia  segno  ossia 
mezzo  di  migliori  costumi,  e  certo  tal  bene  che  deve  consolare 
grandemente  chi  studia  1«  sorti  piu  probabili  della  societa  per  lo 
ayvenire. 


ANKUNZn  BIBLIOGRAFICI  ITALIANI 


ALCANTARA  (d!)  S.  PIETRO  —  Trattato  dell'  Orazione  e  Meditazione  di  San 
Pietro  d'  Alcantara,  aggiuntivi  alcuni  document!  del  P.  M.  Giovanni  d'A- 
vila.  Torino.  Tip.  De-Agostini.  1857.  Un  piccolo  vol.  in  16°.  dipag.  221. 

ALFIERI  PIETRO  —  Ecce  Saeerdos  Magnus.  Mottetto  da  cantarsi  all'  entra- 
re  il  Vescovo  nel  tempio,  modulato  a  tre  voci  nell'  antico  stile  eccle?ia- 
stico  da  Monsignor  Pietro  Cav.  Alfieri  romano,  Cameriere  di  Sua  Santi- 
ta  PioIX.  Un  foglio  in  4.° 

AMADEO  DI  SOLERO  —  Sul  vivere  comune  perfetto  del  regolari,  Operetta 
utile  a  tutte  le  persone  religiose  di  qualunque  ordine  o  istituto ,  propo- 
sta  e  raccomandata  dal  P.  Amadeo  di  Solero ,  Minore  Osservante ,  non 
pure  ai  Superior!  regolari,  ma  eziandio  ai  Vescovi  ed  altri  che  abbian 
cura  di  Monasteri  o  Convent!.  Perugia ,  Tip.  di  Vincenzo  Bartclli  1857. 
Un  vol.  in  8°.  di  pag.  276. 

Tre  sono  le  parti  di  qiicsta  opera :  la  pri-  lico  d'introdurre  e  cnstodire  la  pcrfctta  vita 

ma  tratta  in   generale  dell' osservanza  rego-  comune,  e  le  altre  osservanze.  Se  1'  Autore 

lare  sia  quanto  all'  obbligo  di  mantenerla  ,  propngna   con   zelo    e    calore   una   opinionc 

sia  quanto  all'  obbligo  di  ritornarvi ;  la  se-  ir.olto  severa,  non  gli  manca  ne  la  dottrina 

conda  tratta  in  particolare  della  Poverta  re-  per  dimostrarla  la  sola  legiltimamente  vera, 

ligiosa,  in  quanto  essa  importa  di  necessita  ne  la  discrezione  per  dirigore  saviamente  chi 

la  vita  comune  j  la  terza  tratta  del  modo  pra-  dee  porla  in  pratica  o  per  se,  o  per  altrui. 

AMYITTI  V.  —  L'  Europa  Cattolica  discorsa  specialmente  in  Giacomo  Bal- 
mes  da  V.  Anivitti.  Orvieto,  presso  Sperandio  Pompei  1857.  Un  vol.  in 
16°.  di  pag.  184. 

ANONIMO  —  Atti  del  Sommo  Pontefice  Pio  IX  felicemente  regnante,  Parte 
seconda  che  comprende  i  Motu-Proprii ,  Chirografi ,  Editti ,  Notificazio- 
ni  ecc.  per  lo  Stato  Pontiticio.  Vol.  1°.  11°.  Roma ,  Tip.  Delle  Belle  Arti. 
1857.  Due  vol.  in  8°.  di  pag.  716,  380. 

—  Cenni  sul  Sacerdote  Giovanni  Mazzucconi  Missionario  Apostolico  nella 
Melanesia,  morto  per  la  fede  il  Settembre  1855,  per  un  Alunno  del  Semi- 
nario  delle  Mission!  Estere  di  Milano.  Milano,  Tip.  e  Libr.  Arcivescovile. 
Ditta  Boniardi-Pogliani  di  C.  Besozzi  1857.  Un  vol.  in  8°.  di  pag.  296. 

I  nostri  lettori  rammenteranno  il  martirio  lazione.   Per  rispondere  all'  uno  e  all'  altro 

di  Giovanni  Mazzucconi,  Missionario  Aposto-  fine,  opera  utile  e  pietosa  sara  il  propagare 

lico  nella  Melanesia  da  noi  a  suo  tempo  an-  quanto  e  possibile  la  lettura  di  qucsti  Cenni 

nnnziato.   Eccone  il  fedele ,  minuto  ed  ani-  nelle  altre  Diocesi  d'ltalia,  imitando  in  cio 

raato  ragguaglio,  scritto  per  onorare  la  me-  1'ardore  di  pareccbie  Diocesi  lombarde,  dove 

moria  del  fortunato  Martire,  e  per  accendere  il  libro   appena  uscito  alia  luce  e  stato  ac- 

nel  cuore  del  C'ero  italiano  una  santa  effla-  colto  con  vero  ze!o  affcttuoso. 

—  Memorie  Modenesi  de'  faustissimi  giorni  II.  III.  IV.  del  Mese  di  Luglio 
dell'  anno  1857.  Modena,  Tip.  dell'  Immacolata  Conceziorie  1857.  Un  fa- 
scicolo  in  8°. 

—  Scelta  di  Laudi  sacre  ad  uso  dei  fedeli  nelle  Chiese,  nelle  Confraternite, 
nelle  Missioni  ecc.  Bastia  dalla  Tip.  Fabiani.  1857.  Un  piccolo  vol.  in  16°. 


ANNUNZII  BIBL10GRAFICI  ITALIANI  iOl 

ARRIGONI  GIULIO  —  Discorso  di  S.  E.  Reverendissima  Monsignorc  Giulio 
Arrigoni  Arcivescovo  di  Lucca,  fatto  il  giorno  12  di  Novembre  1857  nel- 
la  solenne  Riapertura  del  suo  Seminario.  Lucca  dalla  Tip.  di  G.  Giusli 
1857.  Un  oposc.  in  8°. 

—  Manuale  Clericorum  pro  sacris  ordinibus  suscipiendis,  Fr.  lulii  Arrigonii 
Archiepiscopi  lucensis  iussu  editum.  Lucae  ex  tip.  Arcbiep.  Benedini 
Guidotti  1857.  Un  vol.  in  16°.  di  pag.  112. 

Questi  due  opuscoli   quanto   piccoli  nella  scienza  e  della  pieta,  fanno  fede  dello  zelo 

mole   altrcttanto    pieni  di   dottrina  e  di  sa-  speeialissimo  dell'egregio  Arcivescoyo  di  Luc- 

pienza  ecclesiastica,  diretti  in  ispecial  modo  ca  a  mantener  viva   negli  ecclesiastic!  della 

al  Clero,  1'uno  per  fornirgli  un  succoso  ma  sua  diocesi  quella  dottrina  e  quella  pieta  che 

sodo  manuale  ne'  s.uoi  ministeri  e  nella  sua  ne  furono  sempre  il  vanto. 
vita,  1' altro  per  animarlo  all'acquisto  della 

BARBIROLLI  LUIGI  —  Principii  di  Metodica  musicale  coll'  applicazione  del 

Melronomo  di  Luigi  Barbirolli.  Rovigo,  I.  R.  privil.  prem.  Stabilimento 

Minelli  1857.  Un  opusc.  in  8°.  grande  con  tavole  annesse. 
BELLI  SERAFINO  —  Metodo  curativo  per  la  Gotta  proposto,  dopo  molti  anni 

di  osservazioni,  dal  Professor  Serafmo  Belli.  Fano.  Tip.  di  Giovanni  La- 

na  1857.  Un  opuscolo  in  8°. 
BOEZIO  SEVERING  —  Delia  Consolazione  della  Filosofia  di  Severino  Boezia 

volgarizzamento  di  Giovanni  Rocca.  Milano,  Tip.  di  Pietro  Agnelli  1857. 

Tin  vol.  in  8°.  di  pag.  220. 
BOCCHI  FRANC.  ANTONIO  —  Settimo  Programma  del  Ginnasio  Vescovile  di 

Adria.  Anno  scolastico  1856-1857.  Adria,  dalla  prem.  Tip.  Vesc.  di  G. 

Vianello  1857.  Un  opusc.  in  4°. 

La    dissertazione  del  nobile  sig.  Bocclii  e  trattati  nelle  medesime  occasioni  altri  sogget- 

una    splendida    monografia   di   Carlo  Magno  ti  importantissimi ;  cioe,  per  dire  solo  delle 

considerato  come  guerriero,  come  legislatore,  dissertazioni  venute  in  nostra  mano,nel  H854 

come  cristiano,  e  come  ristoratore  delPIm-  della  storia  antica  sotto   1' aspetto  della  Ri- 

pero   e  sotto  tutti  questi  rispctti  segnasi  la  velazione,  nel  4855  della  storia  sotto  1'aspetto 

via  della  Provvidenza  per  dimostrare  i  beni  del  cristianesimo  ,  e  nel  4856   Maometto   e 

che  provcngono  al  mondo  dalla  plena  armo-  1'Islam.  Di  questa  sua  fatica  gli  dcbbono  es- 

nia  del  Papato  e  dell'Impero.  Gia  negli  anni  sere  grati  quanti  amano  di  vedere  gli  studii 

precetlenti  aveva  il  medesimo  profcssore  con  storici  rivolti   a  confermazione   della  nostra 

uguale  ampiezza  di  veJute  e  spirito  cattolico  Fede. 

BONATI  TEODORO  —  Alcuni  scritti  inediti  intorno  alia  Immissione  del  Re- 
no nel  Po  di  Lombardia  del  Cavaliere  Teodoro  Bonati.  Ferrara  ,  presso 
Domenico  Taddei  tipografo-libraio  1857.  Un  opusc.  in  8°.  di  pag.  44. 

BON  BRENZONI  CATER1NA  —  Poesie  di  Calerina  Bon  Brenzoni ,  precedute 
da  una  Biografia  scrilta  dal  Dott.  Angelo  Messedaglia.  Firenze,  Barbera, , 
.  Bianchi  e  Comp.  1857.  vol.  ucico  in  8°.  di  pag.  C,  254. 

Quanto  modesta,  caritatevole,  pia  e  ma-  bustezza  nei  concetti,  di  molta  facilita  nel — 

gnanima  apparjsce  nella  Biografia  la  nobile  \'  armonia  ,  di   molta  dottrina  specialmente 

contessa   Caterina  Bon  Brenzoni3  rapita  alia  •  nella   scienza   astronomica.    Laonde    bene  a 

madre  e  allo  sposo  corre  appena  un  anno  ;  ragione  essa  puo  dirsi  una  gloria  dclle  donne 

altrettanto  le  sue  poesie  la  mostrano   dotata  italiane,    piu  cbe  semplicemcnte  di  Verona; 

di  molta  squisitezza  nel  gusto,  di  molta  ro-  dove  ebbe  la  culla,  il  talamo  e  la  tomba. 


102  ANNUNZII  BIBLIOGRAFICI  ITALIAN! 

CENTURIONE  GIOVAXNI  BATTISTA  -  Grammatica  Elementare  della  lingua 
italiana  ,  ad  uso  della  Prima  Gioventii ,  compilata  da  G.  B.  Centurione 
d.  G.  d.  G.  Roma,  Tip.  Bern.  M6rini  1857.  Un  vol.  in  8°.  di  p.  XVI.  236. 

—  Florilegio  di  Preghiere,  e  di  Considerazioni  cristiane,  ricavato  da  Autori 
antichi  e  moderni  e  dato  in  luce  da  G.  B.  Centurione  d.  C.  d.  G.  Ba- 
stia,  stamperia  Fabiani  1857.  Un  vol.  in  8°.  di  pag.  XVI.  558. 

Questo   Florilegio  contiene  nn  cotnpendio  principal!  verita  della  Fede  ;  quarantotto  no- 

della   dottrina  cristiana  ;  le  preghiere  ordi-  vene  in  apparecchio  alle  principal'!  festc  del- 

narie  a  Dio,  a  Maria  Santissima  ed  ai  Santi ;  1'anno :  ed  una  non  piccola  raccolta  di  landi 

1'  apparecchio  e  ringraziamento   alia  Confes-  sacre  che  possono   cantarsi  dai  Fedeli  nells 

sione  e  Coniunione  ;  1'Uffieio  della  Beata  Ver-  chi^se,  nelle  confratetnite  e  nelle  missioni  ; 

gine  e  dei  Defunti :  una  serie  di  meditazioni  oltrc  a  molte    altre    pratiche   e  regolamenti 

soyra  la  vita  di  Maria  Santissima  per  tutti  i  particolari.  Da  cio  si  scorge  che  il  Florilegio 

giorni  del  mese ;  altrettante  sopra  la  Passione  scusa  pel   Cristiano   molti  libri  e  puo  dirsi 

Gesu  Cristo  e  sopra  il  Sanlissimo  Sacra-  il  suo  raanuale  qnotidiano. 
monto   dell'  altare ;    altre   trentuna   sopra   le 

GHASTEL  —  Del  Valore  della  Ragione  umana ,  ossia  ci6  che  pu6  la  Ragio- 
ne  da  se  sola,  Opera  del  R.  P.  Chastel  d.  G.  d.  G.  Milano,  presso  Car- 
lo Turali  tipografo  editore  1857.  Un  vol.  in  8°.  di  pag.  442. 

Essendo,  per  questa  edizione,  divennta  ita-  dichiarare  la  piu  vitale  questione  moderna,  la 
liana  1' utile  e  dotta  opera  filosofica  del  P.  Civiltd  Cattolica  neragionera  piii  a  lungo  che 
Chaste],  e  riuscendo  essa  opportunissima  a  non  facesse  allorche  fu  pubblicata  in  Pariji. 

CROLLIS  (de)  DOMENIGO  —  Visione  poetica,  in  cui  sono  considerate  le  col- 
pe  e  le  virtu  delle  different!  umane  condizioni,  scritta  da  Domenico  de 
.Grollis  e  dedicata  a  D.  Mario  Massimo  Duca  di  Rignano.  Roma  1857. 
Dallo  StoMlimento  Tipografko  via  del  Gorso  num.  387.  Un  vol.  in  8°« 
di  pag.  XXX,  210,  coll'  aggiunta  di  alcuni  epigrammi  latini  di  pag.  20. 

CROSATTI  STEFANO  —  Lettera  di  Monsignore  Stefano  Crosatti  all'  Illustris- 
simo  e  Reverendissimo  Monsignore  Benedetto  De-Riccabona,  Vescovo  di 
Verona  ecc.  relativa.ai  Monumento  in  pietra  che  fu  eretto  sopra  la  piaz- 
za di  Ghiesanova  1'anno  1855,  in  memoria  della  Dommatica  Definizione 
sull'  Immacolato  Concepimento  di  Maria  Santissima  ,  ornato  ed  abbel- 
lito  con  miove  decorazioni  nel  1857.  Verona,  Tip.  V'icentini  e  Franchi- 
ni  1857.  Un  opusc.  in  4°.  grande. 

DANDOLO  —  Novelle  raccontate  ad  adolescenti  dal  Conte  T.  Dandolo.  Mi- 
lano, presso  Natale  Battezzati  successo  allo  stabilimento  hbrario  Volpa- 
to.  1857.  Un  vol.  in  8°.  di  pag,  310. 

E  una  ristampa,  alia  qnale  il  nobile  e  fe-  S.  Pancrazio    in  Roma   nel    -1849.  Ed   ogni 

condo  Au to  re  ha  premessa  la  prcfazione,  ondo  animo  gentile  ne  paghera  ai  conginnti  super- 

nel  -1856  ne  intitolava  la  prima  edizione  al  stiti,  ed  in  particular  modo  al  fratello  ed  al 

suo  figliuolp  ErricOj  il  quale  col  fratello  Emilio  padre,  quel  tributo  di  affcttuoso  compatimen- 

facevano  allora  ogni  sua  delizia.  Dopo   quo-  to,  a  cui  I'  A.  invita  colle  parole  agginnte  a 

sta  yiene  nellh  presente  edizione,  sotto  il  ti-  quell' Armotazione .  E  quella  pieta  si  fara  tan- 

tolo  di  Annotazione  del  1857,  un  tratto  del  to  maggiore,  chi  ripensi  come  vite  cosi  care, 

libro :  /  Volontarii  ed  i  Bersaglieri  Lorn-  'generosc  e  piene  di  arvenire  dovettero  essere 

bardi ;  nel  qual  tratto  il  primo  dipinge  con  immolate  ad  un  pensiero  ,   del  quale  il  me- 

pietosissimi  e  viyaci  colori  la  morte  del  se-  glio  che  possa  dirsi  e  che  fu  una  splendida 

coirdo  nelle  fazioni  militari  presso  la  porta  illnsione. 


ANNUKZH  BIBLIOGUAFICI  1TALIANI  103 

ESTE  (d')  GIUSEPPE  —  Costume  antico  di  appendere  nei  Templi  le  Tavole 
\otive,  Memoria  postuma  di  Giuseppe  Cav.  d'Este.  Un  opusc.  in  8°. 

Talc  Memoria  sovra  le  Tavole  votive  fu  sij.  Pietro  Sirletti  non  solo  rese  servigio  alia 
scritta  ilal  cavalier  d'Este  con  molta  crudi-  faraa  dell'amico,  ma  eziandio  allo  studio  delle 
/lime:  e  nel  pubblicarla  c!ie  teste  fece  il  antichita. 

F10RETT1  DI  S.  FRANCESCO  —  I  Fioretti  di  S.  Francesco  ,  Testo  di  lingua 
ristampalo,  secondo  la  lezione  adottata  dal  P.  Antonio  Cesari,  con  no- 
te grammaticali  e  filosofiche  del  Prof.  Abate  Francesco  Regonati  aduso 
del  giovanelti.  Milano  Editore  Natale  Battezzati  1857.  Unvol.  in  8°.  di 
pag.  308. 

.Forma  parte  della  raccolta  di  opore  inti-     sobriamento  sparse  pel  libro  indicano  d'or-  ' 
tolata  la  I'.uioi.  A  CATTOLICA  •  le  note  molto     dinario  le  forme  o  le  parole  disusate. 

FRAPPORTI  GIUSEPPE  —  Linee  fondaraentali  di  un  Saggio  d"Introduzione 

alia  Filosofia.  Milano,  presso  Giacomo  Gnocchi  1857.  Unopuscolo  in  8°. 

dipag.  76. 
GABARDI  BROCCHI  OLIVO  —  L'ultimo  dei  Carraresi  Signore  di  Padova,  Leg- 

genda  istorica  in  ottava  rima  di  Olivo  Gabardi  Rrocchi:  Padova  dalla 

Tipografia  Antonelli  1857.  Un  vol.  in  8°.  di  pag.  146- 
GALLICANI  ANGELO  —  Leggenda  di  S  Francesco  d'Assisi ,  Testo  inedito  del 

huon  secolo,  pubblicato  a  cura  del  P.  Angelo  Gallicani  Minorc  Osservante. 

Pistoia  Tip.  Cino  1856.  fasc.  in  8.° dipag.  52. 
GIUSEPPE  CARELLI  —  Prospetto  delle  Opere  de' Porti,  Fari,  e  Lazzaretti  nei 

Reali  dominii  di  qua  dal  Faro  a  lutto  il  1856,  per  Giuseppe  Carelli  Uffiziale 

nel  Ministero  e  Real  Secreteria  di  Stato  dei  lavori  pubblici.  Napoli,  Tip. 

Ai'CordelUno  1857.  Un  opusc.  in  4.° 
GOVI  G1LBERTO  —  Delle  scienze  nella  societa,  Discorso  inaugurale  letto  dal 

Prof.  Gilberto  Govi,  per  la  solenne  Apertura  degli  studii  nell'I.  eR.  Istituto 

Tecnico  Toscano  il  di  16  di  Novembre  del  1857.  Firenze  Tip.  Barbera, 

Bianchi  e  C.  1857.  Fasc,  in  8.° 
GUERN1ERI  ANTONIO  —  Ricordi,  Massime  e  Preghiere  del  Soldato,  pel  M.  R. 

D.  Antonio  Guernieri  Arciprete  della  Diocesi  di  Belluno.  Venezia,  Tip.  di 

Mclchiorre  Fontana  1857.  Fasc.  in  16.° 
HAINE  A.  —  Synopsis  S.  R.  E.  Cardinalium  Congregationum,  auctoreA.  Hai- 

ne,  S.  Theol.  Licent.  Archidioec.  Mechl.  Presb.  Lovanii  ct  Bruxellis.  Typis 

C.  1.  Fonteyn  1857.  Un  vol,  in  8  °di  pag.  XXVI,  170. 

L'Autore  di  qucsto  libro,  dimorando  qual-  a  clii'devc  trattare  negozii  ecclesiastici,  ma 

che  tempo  in  Roma,  raccol&e  i  piu  esatti  rag-  altresi  a  clii  vuol  conoscere  1'  ammirabile  or- 

guagli  che  pote  intorno  alle  sacre  Congrcga-  ganizzazione   di  quegli  aiuti,  per   mezzo  de' 

zionij  e  dispostene  le  notizic  con  semplicis-  quali  il  Pontcfice  governa  la  Chiesa  Universa- 

simo  ordine,  e  con  brevita  tanto  piu  lodevole  le.  Per  queste  ragioni  noi  anniinziaino  il  li- 

quanto  piii  malagevole  in  materia  si  vasta,  bro,  tuttocbe  stampato  in  paese  straniero. 
dettu  fuori  quosta  Sinossi  ulilissima  non  solo 

JANSSENS  I.  H.  —  Hermeneutica  sacra,  scu  Introductio  in omnes  et  siogu- 
loslibros  sacros  veteris  et  novi  foederis,  Auctorel.  H.  Janssens.  Taurini 


104  ANNUNZII  BIBLIOGRAFICI  ITALIANI 

ex  officina  stereotypographica  HyacinthiMarietti,  1858.  Un  vol.  in  8.° 
di  pag.  416. 

Un  semplice  annunzio  bastera  per  ora  a  ta  Ermeneutica  sacra  Jell'  Jaussens;  riserban- 
far  conoscere  la  diligente  edizione  che  il  Ma-  doci  a  miglior  tempo  il  diseorrerne  partita- 
rietti  La  eseguita  coi  tipi  stereotipi  della  dot-  mente  le  opinioni  e  i  pregi. 

LEFEBVRE.  F.  T.  M.  —  Des  Etablissements  deCharite  danslavillede  Rome, 
par  F.  T.  M.  Lefebvre,  professeurde  la  faculte  de  medecine  de  1'  Uniyersi- 
t6  Catholiquede  Lou  vain.  Bruxelles  et  Louvain,  Typographic  etLibrairie 
de  C.  I.  Fonteyn  1857.  Un  opusc.  in  12.°  di  pag.  136. 

Fra  i  parecchi  libri,  che  in  quest!  ultimi  riali  e  moral!  di  ciaseuna  istituzione.  L'  in- 
anni  sono  stati  stampati  per  far  conoscere  al  tenzione  del  dotto  Autore  si  fu  di  rispondere 
mondo  gl'Istituti  di  Carita  della  cittii  di  Ro-  alle  calunnie  lanciate  contro  il  Clero  dai  liber- 
ma  ,  merita  una  menzionc  speciale  il  libro  tini  bclgi  intorno  a  questo  particolare :  \'  in- 
del  sig.  Lefebvre,  nel  quale  non  solo  si  espon-  tenzione  nostra  nel  citarlo  fra  questi  annun- 
gono  storieamente  i  fatti  e  le  cifre,  ma  si  dan-  zii  italiani  si  e  di  fare  vieppiii  stimare  ai  no- 
no  confronti  con  altri  paesi,  s'adducono  ra-  stri  concittadini  i  proprii  nostri  tesori. 
gioni  intime,  si  discorrono  i  vantaggi  mate- 

MANZI  FERDINAKDO  —  Vita  del  glorioso  Martire  S.  Pantaleone  Medico,  Pro- 
tettore  della  citta  di  Ravello ;  con  brevi  cenni  sulla  venuta  del  suo  san- 
gue  in  delta  citta,  per  D.  Ferdinando  Manzi,  dottore  in  ambedue  le  leg- 
gi.  ecc.  Roma,  Tip.  di  Anacleto  Sabatini  1857.  Un  vol.  in  8.°  di  pag.  112. 

MASI  EVARISTO—  Pio  IX.  Pontelice  Ottimo  Massimo  in  Ancona  nei  giorni  22, 
23,  24  Maggio  1857.  Relazione  storica  deU'Almanacchista  Piceno  Evaristo 
Masi.  In  Ancona,  dalla  Tip.  Aureli  G.  e  Comp.  1857.  Un  vol.  in  4.°  fre- 
giato  di  4  tavole  litografate. 

MAZZI  G1ACOMO  —  Delle  Perfezioni  di  JSTostro  Signore  Gesu  Cristo,  Libri  tre , 
esposte  con  ogni  chiarezza  e  semplicita  evangelica,  aftiuche  servano  alia 
maggiore  cognizione,  ed  amore  di  Lui,  coH'aggiunta  in  tine  degli  Eser- 
cizii  divoli  molto  utili  specialmente  per  le  visile  del  San tissimo  Sacramen- 
to delPaltare.  Rouia,  Stabilimento  tipog.  di  G.  A.  BertineUi  1857.  Un  vol. 
in  8.°  di  pag.  356,  60. 

I  tre  libri  indicati  nel  titolo  considerano  il  ra  poi,  onde  ciaseuna  parte  e  srolta,  e  tutto 

nostro  Signore  Gesu  Cristo  prima  come  Per-  chiarezza  e   semplicita    congiunta  a  dottrina 

sona   dirina  ,  secondo  come  Creatore ,  terzo  ed  affetto.  Per  la  qual  cosa  noi  auguriamo  ai 

come  Redentore;  e  iu  questi  tre  rispctti  sono  nostri  lettori  che  leggendolo  sentano  trasfon- 

disaminati  gli  attributi  special!,  le  perfezioni  dersi  nelle  aninie  loro  quello  zelo  medesiuio 

e  i  meriti  che  esso  ha  per   cattivare  tutto  il  che  il  detto  al  pio  Autore. 
nostro  intclletto  e  il  nostro  cuore.  La  manie- 

MISLIN  —  1  Luoghi  Santi,  per  Monsignor  Mislin.  Milano,  presso  lo  stabili- 
mento  Librario  Volpato  1856. 

Gia  fin  da  sette  anni  era  uscito  alia  luce  nella  molti  il  pensiero  di  volgcrla  nella  lingua  no- 
lingua  francese  la  descrizione  d' un  viaggio  stra  italiana.  Facciamo  adunque  plausoa  que- 
alla  Terra  Santa,  fatto  dal  dotto  e  sagacissi-  sta  edizione  finalmente  compiutasi,  la  quale 
mo  Monsignor  Mislin  ,  e  al  vederla  cos'i  plena  accresce  quella  raccolta,  intitolata  la  1'AKOLA 
di  nuove  notizie,  cos'i  adattata  ai  bisogni  CATTOLlCi,  di  un  libro  si  pregevole. 
correnti,  e  cosi  amenamcnte  esposta  venne  in 


ANNUNZH  BIBLIOGHAFICI  ITALIANI  \  05 

MOiNTANARI  GIUSEPPE  IGNAZIO  —  L'Arte  di  scriver  lettere,  dedotta  dall'esa- 
me  de'  classic!  scrittori  latini  ed  italiani  per  opera  di  Giuseppe  Ignazio 
Montanari,  ad  uso  delle  scuole  del  Yen.  Seminar io  e  Nohil  Collegio  di 
Osimo.  Sesta  edizione,  nuovamente  riveduta  ed  ampliata  dall'autore.  Par- 
ma, da  Pietro  Fiaccadori  1857.  Un  vol.  in  8.°  di  pag.  292. 

Non   e  cosa  molto  facile  lo  scrivere  bene  quello  del  Montanari,  nome  gia  conosciuto  per 

le  lettere,   e  quindi  tra  le  opere  utili  per  la  pregevoli  lavori,  merita  buona  accoglienza  dai 

gioventii  sono  da  noverare  i  trattati  cbe  so-  giovani  piu  provetti,  ai  quali  la  lingua  tosca- 

pra  cio    danno  precetti.    Ora  fra  i  migliori,  na  e  latina  non    sia  cosa  nuova  e  inusitata. 

N1EL  DESIRE  —  L' Agriculture  physique,  economique,  tecnique  e t  Indus triel- 
le  des  Etats  Sardes,  par  D6sir6  Niel,  pretre  de  la  doctrine  chre"tienne,  di- 
recteur  du  college  de  Saint  Benigno.  Turin,  1856.  Imprimerie  Speirani 
et  Tortone.  Un  vol.  in  8.°  di  pag.  634  e  tavole  annesse. 

Lavoro    di  molta   lena  e  di  ricerche  dili-  riche  e  pratiche  rendono   questo    libro  alta- 

genti  e  questa,  ehe  puo  dirsi  la  storia  dell'agri-  mente  importante  per  tutt'  i  coltivatori  degli 

coltura  degli  Stati  Sardi,  risguardata  sotto  il  Stati  Sardi ;   e  anzi  non  sol  per  essi,  ma  fuo- 

lato  fisico,  economico,  tecnico  e  industrioso.  ri  ancora  giovera  grandemente  sia  per  i  con- 

Sei  parti  distinte  trattano  in  piu  o  mono  ca-  fronti  sia  per  gli  utili  avvisi.  Giovera  di  os- 

pitoli    de'    sei  soggetti  seguenti ;   del  clima,  servare  che  un'  opera  di  tanto  utile  pratico  pel 

dei   terreni,    delle  acque,   degl'  ingrassi,  dei  popolo  e  scritta  da  un  Prete  della  dottrina  ori- 

vegetali  e   degli  animali.  La  dbvizia  ed  esat-  stiana,  da  uno  cioe  di  quell'Ordine  di  cittadini 

tezza,  sia  delle  notizie  sia  delle  istruzioni  teo-  tanto  perseguitato  dai  libertini  del  Piemonte. 

OZANAM  A.  F.  —  La  Civilta  nel  Quinto  Secolo,  Introduzione  ad  una  storia 
della  Civilta  nei  tempi  barbari,  seguita  daun  saggio  intorno  alle  scuole 
d' Italia  dai  V  al  XIII  secolo  per  A.  F.  Ozanam,  Professore  di  letteratura 
straniera  nella  Facolta  delle  lettere  diParigi.  Vol.  1.°  Milano  dallo  Stabi- 
limento  librario  di  Natale  Battezzati,  1857.  Un  vol.  in  8.°  non  ancora 
compiuto. 

Ne    la  purita  della    dottrina    nell'  illustre  Noi  facciam  plauso  a  questa  edizione,  dalla 

Ozanam,  ne  la  sua  conoscenza  delle  antiche  quale  si  apprendera  a  stimar  meglio  1'effica- 

istituzioni  italiane  han  bisogno  del  nostro  te-  cia  del  Cristianesimo  nell' opera  della  civiliz- 

stimonio  per  essere  pregiate  presso  i  lettori.  zazione. 

PACINI  PIETRO  —  Lezioni  morali  pei  Fanciulli  della  Campagna,  Operetta  d'  un 
Maestro  alia  buona,  pubblicata  per  cura  del  dottor  Pietro  Pacini.  Lucca, 
Tip.  Arciv.  Benectini  Guidotti  1857.  Un  vol.  in  16.°  dipag.  VI.  168. 

PARZANESE  PIETRO  PAOLO  —  Canti  del  povero.  Bastia,  Stamperia  Fabiani 
1857.  Un  piccolo  vol.  in  16. "di  pag.  51. 

POSTEL  —  Le  Miracle  de  Saint  Janvier  a  Naples,  etude  critique,  historique, 
th^ologique  et  scientifique,  pr6c6d6e  d'un  examen  general  de  la  question 
des  Miracles;  par  M.  1'Abbe  V.  Postel  du  Diocese  de  Paris,  Auteur  d'une 
Histoire  de>  I'Eglise,  du  Dimanche  sanctifie,  etc,  Membre  de  plusieurs 
Soci6tes  litteraires.  Paris,  Librairie  catholique  de  1.  L.  Paulmier,  Edi- 
teur.  1857.  Un  vol.  in  12.°  di  pag.  VIII,  460. 

Puo  dirsi  appartener  questo  libro  all'  Italia  talia ;   e  pel  trattarne  che  se  ne  fa  con  am- 

non  meno  che  alia  Francia,  perche  tratta   in  piezza  e  dottrina  non  ordinaria  merita  di  ve- 

francese  d'un  miracolo  continuamente ripro-  nir  qui  indicato. 
dotto  in  nna  delle  citta  piu  cospicue  dell'  I- 


106  ANNUNZ1I  BIBLIOGRAFICI  ITALIAISI 

PUCCIANTI  GIUSEPPE  —  Delle  similitudini  dantesche,  e  di  mia  lezione  del 
divino  Poema  dichiarata  barbara  dal  Biagioli,  Letteradel  dott.  Giuseppe 
Puccianti  all'amico  dott.  Amedeo  Panicucci.  Lucca,  Tip.  di/1.  Landi  1857. 
Un  fasc.  in  8.° 

QUATRINI  BERNARDINO  —  Cenni  filosofici  sopra  1'arte  rc-ltorica,  tratti  dalle 
prose  dell'Ab.  Lucio  Rocchi,  per  cura  del  professore  D.  Bernardino  Qua- 
trini.  Perugia,  Tip.  di  Vincenzo  Santucci.  1857.  Un  vol.  in  12.° dip.  64. 

Con  ruetodo  strettamente  sillogistico,  c  stile  toriea  :  e  cos'i  il  libro,  se  non  riesce  ameno 
niolto  stringato  vi  sono  indicate  le  ragioni  di  ne  si  adatta  alia  capacita  di  tutt'i  giovanctti, 
alquanti  precetti  soliti  a  darsi  nell'artc  ret-  e  al  cortn  severe  e  utile  ai  pii'i  provetti. 

ROSMINI-SERBATI  ANTONIO  —  Opere  edite  e<l  inedite  di  Antonio  Rosmini 
Serbati,  prete  roveretano,  Vol.  XXXI,  contenente  1' Epistolario,  opera 
posluma.  Torino,  Tipografia  Paravia  e  Compagni  1857  in  8°.  di  p.  410. 

L' Epistolario  del  ch.  at.  Antonio  Rosmini  so  ,  la  seconda  quelle  che  si  riferiscono  a 
si  ra  pubblicando  per  eura  del  R.  D.  Gio-  subbietti  scientific!  e  letterarii.  D  presente 
vanni  Battista  Pagani,  degno  successore  di  volume  di  pagine  409  e  il  primo  di  quelli 
lui  neJla  carica  di  Preposito  Generate  dell'I-  che  formeranno  la  prima  parte  di  tutta  la 
stituto  della  Garita.  La  copia  della  materia  e  Collezione  ;  e  contiene  lettere  dell'  ill.  Ro- 
la  natura  stessa  degli  svariatissimi  argouienti  smini  dal  \Sto  al  ^36;  nelle  quali  i  let- 
die  in  codestc  lettere  aono  trattati,  persua-  tori  potranno  ravvisare  scolpito  al  naturale 
sero  all'  editore  di  dividere  in  due  parti  la  lo  spirito  proprio  del  non  men  pio  che  dotto 
dirisata  collezione,  sicche  la  prima  contenesse  fondatore  del  bencmerito  Istituto  della  Carita. 
le  lettere  di  argomento  famigliarc  o  religio- 

BOSELLY  DE  LORGUES  —  Cristoforo  Colombo,  Storia  della  sua  vita  e  de' 
suoi  viaggi,  sull' appoggio  di  document!  autentici  raccolti  in  Ispagna  ed 
inltalia,  del  Gonte  Rosselly  de Lorgues  ecc.  volgarizzata  per  cura  delConte 
Tullio  Dandolo.  Seconda  Edizione  Vol.  I.  e  II.  Milano,  presso  Natale  Bat- 
tezzati  succ.  a  Volpato,  1857.  Due  grossi  vol.  in  8.°  di  pag.  496,  480. 

C.i  affrcttiamo  ad  annunziare  per  ora  si-in-  esame  piii  ponderata  quando  ci  sara  permesso 
pliwmerrte  questa  seconda  edizione  d'una  dalle circostanze.  nclle  nostre  consuete  Riviste. 
storia  KI  pregevole,  riserbandoci  a  fame  un 

SCARAMELLI  GIO.  BATTISTA  —  Direttorio  Mistico,  nel  quale  s'insegna  il 
modo  di  condurre  le  anime  per  la  via  della  contemplazione,  indirizzato 
ai  direttori  delle  Anime  dal  P.  Giov.  Battista  Scaramelli  d.  G.  d.  G.  Vo- 
lumi  due  in  8<>.  di  pag.  480,  328. 

SCOTTI  ANGELO  ANTONIO  —  Omelie  ai  Giovani  studenti  per  servir  loro  di 
lezione  spirituale,  e  di  selvetta  a'  loro  Predicated,  di  Angelo  Antonio 
Scotti.  Milano,  presso  Natale  Battezzati  succ.  a  Volpato  1857.  Un  vol. 
in  8».  di  pag.  384. 

SCHULTE  GIOV.  FEDE  RICO  —  Mamiale  del  Diritto  matrimoniale  cattolico, 
secondo  il  Diritto  ecclesiastico  comune  e  il  Diritto  particolare  austria- 
co,  prussiano,  francese,  del  Dottor  Gio.  Federico  Schulte,  Professore  di 
Diritto  canonico  nell'  Uniwrsita  di  Praga.  Un  fasc.  in  8°.  di  pag.  XVI. 
144  formante  la  1".  parte  del  1°.  volume.  Milano  presso  Natale  Battez- 
zati 1857. 


ANNUNZU  BIBLIOGRAFICI  ITALIANI 


107 


SENSI  DOMENICO  —  De  Sepulcris  Tarquiniensium.  Elegia  latina  e  sua  Ver- 
sione  italiana  di  Domenico  Canonico  Sensi,  dedicata  a  Sua  Eccellenza 
Reverendissima  Mousignor  D.  Alessandro  de' Conti  Montani.  Come  to  13 
Ottobre  1857.  Un  fascic.  in  fol. 

STAGNI  ANTONLUIGI  -  LezioDi  di  Sacra  Eloquenza  del  Padre  Antonluigi 
Stagnida  Cento,  Minore  Osservante.  Milano,  aspese  di  Longhi Amonio. 
1857.  Un  vol.  in  8°.  di  pag.  384. 

Fra  i  non  pochi  libri,  diretti  all'insegna-  Catechismo,  Istruzioni  famigliar^Meditazioni, 

mento  della  sacra  Eloquenza,  ve  ne  ha  vc-  Fervorino,  Panegirici,  Mistcri  ed Orazioni  fu- 

ramente  pochissimi  che  riescano  all'intento,  nebri ;  nelle  ultime  otto  discorresi  prima  delle 

senza    ingenerare    sistemi  e   preoccupazioni  proprieta  e  del  difetti  dello  stile  e  poi,  cio  che 

dannevoli.  Tra  questi  pochi  debbon  collocarsi  costituisce  la  fine  del  libro,  della  esposizione 

le   Lezioni  del  P.  Antonluigi   Stagni,  uscite  pubblica  di  qualsivoglia  componimento  sacro. 

teste  alia  luce  in  Milano.    Esse  nelle  prime  Questo  specchio  dimostra  come  il  soggetto  sia 

sei  indicano  la  natura  o  i  sussidii  dell' Elo-  stato   bene    abbracciato:    esso  e  inoltre   di» 

quenza    sacra,  nelle  dodici  seguenti  discorro-  chiarato  con  brevita,  con  chiarezza  e  con  so- 

no  le  varie  parti,   e  i  varii  caratteri  di  una  dezza   di  priucipii  attinti   dull'  esperienza  e 

predica;  in  altre  otto  ristrignesi  il  ragiona-  tlallo  studio, 
meuto  ad  alcune  specie  particolari,  cioe  dire 

THOMAE  (S.)  AQUINAT1S  —  Doctoris  Angelici,  Ordinis  Praedicatorum,  Opera 
omnia  ad  fidem  optimarQm  editionum  accurate  recognita.  Parmae  typis 
Petri  Fiaccadori  1857. 

Gik  altre  volte -abbiamo  fatto  menzione  del-  zioni  del  De  Rubeis  e  gl'Indici  della  Somma  5 

la  splendida  edizione  di  tutte  le  opere  di  San  il  quinto  tomo  ov!  e  la  Somma  Filosoflca^  ed 

Tommaso  intrapresa  dal  benemerito  Fiacca-  infine  la  dissertazione  del  medesimo  De  Ru- 

dori  in  Parma  in  un  bel  sesto  in  4.°,  con  beis;  del  tomo  sesto,  cofltenente  i  Commenti 

caratteri  molto  chiari  e  distribuiti  in    due  al  Libra  delle  Sentense  sono  usciti  i  primi 

colonne  e  con  carta  bella  e  tenace.  Ora  fac-  otto  fasticoli  j  e  del  tomo  ottavo,  nel  quale 

ciam  noto  come  questa  edizione  prosicgue  il  souo  le  Queitioni  disputate  e  i  Quodlibetij 

suo  corso  con  alacrita  sufficientc.  Sonosi  pub-  sono  usciti  alia  luce  i  primi  cinque  fascicoli. 

blicati  i  primi  4  volumi  contcnenti  la  Somma  V  intiera   colleiione   sara  composta  di  circa 

Teologica,  coll'aggiunta  delle  brevi  conchiu-  24  volumi,  ed  ogni  foglio  di  stampa,  cioe  di- 

sioni  tratte  dall'  edizione  del  Nicolai  ed  un  re  ogni    sedici    colonne,    vien  pagato  venti 

supplemento  in  fine  contenentc  le  disserta-  centcsimi  di  franco. 

TRIVELLATO  JOSEPH  —  Carmina  latina  et  italica  losephi  Trivellato,  in  Se- 
minario  patavino  Professoris  emeriti.  Patavii  Typis  Seminarii  1857. 
Un  vol.  in  8°.  di  pag.  8 ,  266. 

Di  queste  eleganti  e  gravi  poesie  ,  uscite     zia,  affiue  di  poteme  con  piu  agio  raggua- 
non  ha  molto  in  luce  pei  tip!  del  Seminario     gliare  i  nostri  lettori. 
patavino,  diamo  ora  seuiplicemente  la  noti- 


GONTEMPORANEA 


Roma  26  Decembre  1857. 


I. 
COSE  ITALIANS. 

STATI  PONTIFICII.  1.  Concistoro  —  2.  Libri  proibiti  —  3.  Nolizie  varie  — 
4.  Un  enimma  dell1  Independance  Beige. 

1.  La  Santita  di  Nostro  Sigaore,  la  mattina  del  21  Dicembre,  ha  tenuto  Con- 
cistoro Segreto,  nel  quale  la  medesima  S.  S.  ha  proposto  la  Ghiesa  Metropoli- 
tana  di  Salerno  per  Mons.  Antonio  Salomone,  promosso  dal  Yescovado  di  Maz- 
zara  in  Sicilia:  la  Ghiesa  Arcivescovile  di  Atene  in  parlibus,  per  Monsig.  Ma- 
riano Falcinelli  Antoniacci,  promosso  dal  Yescovado  diForli:  laChiesa  Catte- 
drale  di  Forl'i  per  Monsignor  Pietro  Paolo  Trucchi ,  della  Congregazione  della 
Missioaedi  S.  Yincenzo  de'Paoli,  traslato  dalVescovado  di  Anagni:  di  Ariano 
per  Monsignor  Concezio  Pasquini,  traslato  dal  Vescovado  diSquillace:  di  Ana- 
gni pel  R.  D.  Glemente  Pagliari:  di  Veroli  pel  R.  D.FortunatoMaurizi:  di  Niz- 
za,  pel  R.  D.  Giovanni  Pietro  Sola:  le  Chiese  Cattedrali  unite  di  Parenso  e  Po- 
la,  nell'Istria,  pel  R.  D.  Giorgio  Dobrillac:  di  Grisio  di  Rito  Greco  imitoin  Croa- 
zia,  pel  R.  D.  Giorgio  Smiciklas:  di  Tarazona  pel  R.  D.  Cosma  a  Marrodan  y 
Rubiu,  di  Placencia  pel  R.  D.  Bernardo  a  Gonde  y  Corral:  di  Siguenza  pel  R. 
D.  Francesco  di  Paola  Benavides  y  isavarrete:  di  AvilapelR.  D.  Ferdinando 
Blanco:  di  Jaca  pel  R.  D.  Pietro  Lnca  Asensio:  di  Yich  pel  R.  D.  Giovanni 
Giuseppe  Gastaner  y  Rivas:  di  Minorca  pel  R.  D.  Matteo  Jaume  y  Garau:  di 
Portorico,  nell'  America  Seltentrionale,  pel  R.  P.  Fr.  Paolo  Benigno  Carrion 
deirOrrliue  de'Minori  Cappuccini:  la  Ghiesa  Vescovile  di  Oropi,  nelle  parti  de- 
gli  infedeli,  pel  R.  D.  Pietro  Francesco  Kregey,  deputato  Suffraganeo  in  Pra- 
ga:  di  Ebron,  nelle  parti  degl'infedeli,  pel  R.  D.  Bernardo  Bogedain  deputa- 
to ausiliare  a  Monsignor  Errico  Forster,  Yescovo  di  Breslavia.  Finalmente  si 
e  fatta  a  Sua  Beatitudine  1'istanza  del  Sacro  Pallio  per  le  Chiese  Metropoli- 
tana  di  Salerno,  ed  Arcivescovile  di  Rodi,  cui  e  unita  la  Cattedrale  di  .Malta, 


CRONACA.  CON1EMPORANEA  109 

alle  quali,  dimesse  da  Monsignor  Public  Maria  do'  Gonti  Sant,  e  succaduto, 
per  Coadiutoria,  Moosignor  Gaetano  Pace  Forno,  gia  Vescovo  di  Ebron. 

2.  Sono  state  reccntemente  poste  all'  Indice  de'  libri  proibiti  le  opere  se- 
gucnti: 

Juicio  doctrinal  sobre  el  decreto  pontiiicio,  en  que  se  declara  articolo  de 
fe  catolica  que  la  gran  Madre  de  Dios  Maria  Santissima  fue  preservada  de 
la  mancha  del  peccado  original,  escrito  por  un  Teologo  de  los  de  cuatro  al 
cuarto.  Deer,  die  10  Decembris  1851. 

Resena  bistorica  de  los  principales  Goncordatos  celebrados  con  Roma  y  bre- 
ves reflexiones  sobre  el  ultimo  habido  entre  Pio  IX.  y  el  Gobierno  de  Boli- 
via por  F.  J.  Mariategni.  Deer.  eod. 

Histoire  sainte  du  nouveau'  testament,  ancienne  romaine  1  et  2,  partie  — 
du  moyen  age  —  torn.  1  et  2  —  de  France  torn.  1  et  2  —  moderne  torn.  1 
et  2  —  racconle"e  aux  enfans,  par  Lame  Fleury,  auteur  de  plusieurs  ouvra- 
ges  d'  education.  Deer.  eod. 

0  Jezusie  Chrystusie  Odkupicielu,  tudziez  o  pierwotnych  Ghrzescianach  i 
ich  domach  modlitsvy,  etc.  —  Latine  vero  —  De  lesu  Ghristo  Redemptore, 
nee  non  de  prhnitivis  Ghristianis  et  eorum  domibus  orationis  ,  tractatus 
sub  respectu  historico  religioso,  paucis  verbis  delineatus  a  Sacerdote  loan- 
ne  Pociej  Mgro  Theol.  Ganonico  Gathedr.  Chelmensis  etc.  Donee  corriga- 
tur.  Deer.  eod. 

Qu'est-ce  que  la  Bible  ?  D'apres  la  nouvelle  Philosophic  Allemande,  par  Her- 
mann Ewerbek.  Paris  1850  Deer.  SS.  Off.  Per.  IV,  2  Decembris  1851 .  -  Quo- 
cumque  idiomate.  - 

3.  La  Santita  diN.  S.  ilgiorno  13  di  Dicembre,  ordin6  sacerdote  Monsig. 
Luciano  Principe  Bonaparte.  Pochi  giorni  prima  la  stessa  Santita  sua  aveva 
ordinato  Arcivescovo  di  Edessa,  in  partibus  infidelium,  Monsignore  Gustavo 
dei  Principi  di  Hohenlohe,  suo  elemosiniere. 

La  sera  del  14  Dicembre  giunse  in  Roma  la  Granduchessa  Elena  di  Rus- 
sia. II  giorno  17  dello  stesso  mese  1'  augusta  viaggiatrice  si  condusse  al  Ya- 
ticano  per  esservi  ricevuta  in  particolare  udienza  dal  S.  Padre. 

11  giorno  21  dello  slesso  mese  giunse  in  Roma  S.  M.  la  Regina  Maria  Gri- 
stina  di  Spagna,  sotto  il  titolo  di  Gontessa  d'  Irumendi. 

Nel  giorno  sacro  all'  Immacolata  Concezione  si  risolse  ad  entrare  nella 
Chiesa  cattolica  il  signer  Giorgio  Lorenzo  Brown  di  Boston  ,  d'anni  43,  pit- 
tore  di  vaglia,  il  quale  poi  fece  la  solennne  abiura  del  protestantesimo  il 
giorno  10  di  Dicembre,  nella  Cappelladi  S.  Luigi  del  Gollegio  Romano. 

II  20  dello  slesso  mese  fu  conferilo  in  Roma  il  Sacramento  del  battesimo 
all'  israelita  Giuseppe  Stoico  di  anni  53,  nato  nella  Servia. 

4.  La  corrispondenza  di  Roma,  riferita  nel  N.°  dei  9  Dicembre  dell'/nde- 
pendance  Beige,  e  destinata  a  far  toccare  con  mano,  anche  ai  piii  incre- 
duli,  clie  quel  giornale  fabbrica  in  Brusselle  alcune  almeno  delle  sue  si 
vantate  corrispondenze.  Infatti  noi  chiediamo  se  sia  possibile  che  uno,  an- 
che forastiere,  il  quale  abitasse  veramente  questa  citta  nel  giorno  in  cui  il 
Giornale  diRoma  pubblic6  un  articoletto  relative  al  Monte  di  Pieta,  potes- 
se  non  intendere  a  die  cosa  alludevano  quelle  parole  che  discorrevano  pure 
di  cosa  nolissima  a  tutti  i  ciltadiui.  Pure  la  comsponluuza  di  Roma  dell'/n- 


ilO  CROXACA 

dependence  annunzia  quell'articoletto  come  un  enimma,  dicendo  « Le  Gior- 
nale  di  Roma  (dei  30  Novembre) public  I'enignie  que  void  ->.  L'enimma  con- 
siste  invece  nella  fama  che  ancor  conservano  presso  alcuni  le  corrispon- 
denze  di  quel  giornale,  specialmente  degli  Stati  italiani. 

STATI  SARDI  (Nostra  Corrispondenza).  \.  Discorso  della  Corona  — 
2.  Slatistica  elettorale  —  3.  Geneva. 

1 .  II  Parlamento  Sardo  venne  aperto  dalla  maesta  del  Re  la  mattina  del  14 
di  Dicembre.  Grande  era  1'espettazione  di  tutti ;  che  gli  uni  temevano,  gli 
altri  speravano  qualche  annunzio  d'un  DUOVO  disegno  di  legge  alto  ad  ag- 
gravare  sempre  piu  le  piaghe  di  questo  paese.  Ma  il  discorso  della  Corona 
non  fu  quale  veniva  prenunziato.  II  Re  cominci6  col  manifestare  la  fiducia 
che  la  nuova  legislatures  adempira  I'alta  sua  missione  con  patriottismo  e 
senno ;  disse  che  le  nostre  relazioui  colle  Potenze  straniere  si  manteiigono 
regolari  e  soddisfacenti ;  che  dura  bensi  1'  interruzione  delle  relazioni  di- 
plomatiche  coll'  Austria ,  ma  che  essa  non  pose  ostacolo  al  corso  normals 
dei  rapporti  civili  e  commerciali  dei  due  paesi;  annunzio  la  conchiusione  di 
nuovi  trattati  colla  Spagna  ,  colla  Danimarca  e  colla  Persia  nell'  interesse 
della  pubblica  giustizia,  della  navigazione  e  del  commercio.  Delle  leggi  che 
dovra  discutere  la  nuova  Camera  alcune  vennero  accennate  in  generale ,  e 
si  raggireranno  sopra  importanti  argomenti  d'interna  amministrazione ; 
altre  in  particolare,  e  sono  due,  1'una  sopra  il  migliore  ordinamento  del  ser- 
vizio  Consolare ,  e  1'altra  per  un  nuovo  imprestito  destinato  a  provvedere 
alle  grandi  opere  iniziate  dalla  Spezia  al  Cenisio  a  difesa  ddlo  Stato,  a 
vantaggio  ed  onore  dellanazione.  II  Diritto,  nel  suoN.°  297  del  15  Dicem- 
bre, compendia  questo  discorso  nelle  seguenti  parole  :  «  Non  vi  ha  nulla  di 
mutato:  non  Vha  che  un  preslito  di  piu !  »  E  siccome  prima  dell'imprestito 
il  discorso  parlava  del  pareggio  de'bilanci,  cosi  il  Diritto  osserva  che :  «  L'af- 
fermazione  del  pareggio  de'bilanci  fa  uno  strano  contrasto  coll' annunzio  di 
un  nuovo  imprestito.  Meglio  e  confessare  le  piaghe  nostre,  e  porvi  efh'cace 
rimedio  con  mano  benevola,  piuttosto  che  dissimularle  per  qualsiasi  ragio- 
ne.  Le  illusioni  non  giovano  ad  alcuno.  » 

2.  La  Camera  gia  tenne  parecchie  tornate  destinate  alia  verificazione  dei 
poteri.  E  qui  sara  bene  che  io  vi  mandi  una  statistica  delle  votazioni  avve- 
nute.  In  Piemonte,  sopra  una  popolazione  di  quasi  cinque  milioni,  abbiamo 
112,527  elettori  inscritti.  Moltiche  avevano  il  diritto  di  farsi  inscrivere  non 
se  ne  diedero  pensiero.  Per6  avendo  i  buoni  giornali  raccomandato  di  pre- 
Talersi  di  questo  diritto,  nel  1857  il  numero  degli  inscritti  aument6  fino  alia 
cifra  suddetta;  mentre  nel  1853  non  era  che  di  soli  90,871.  Ma  in  quest' anno 
non  tutti  gli  inscritli  votarono,  avendo  un  terzo  tralascialo  di  usare  questo 
loro  diritto  e  dovere;  perci6  i  votanti  furono  solamente  70,738,  sopra  112,527 
inscritli.  Si  pub  tenere  per  certo  che  gli  inscritti  non  votanti  sono  conserva- 
lori,  imperocche  i  libertini  non  tralasciano  mai  di  prendere  parte  alle  vo- 
tazioni. Le  elezioni  riuscirono  in  gran  parte  favorevoli  ai  Cattolici,  perche 
di  questi  molti  votarono,  attese  le  vive  raccomandazioni  de'  Vescovi.  Ma  che 
sarebbe  egli  mai  ayvenuto,  se  tutti  i  112  mila  fossero  concorsi  a  depone 


CONTEMPORANEA  111 

il  loro  voto  nell'iirna?  Se  poi  tutti  i  Cattolici,  die  n'avevano  il  diritto,  si  fos- 
sero  fatti  inscrivere  nelle  liste  elettorali,  le  cose  sarebbero  CRrtamente  an- 
date  ottimamente.  Sommano  a  4,095  i  voti  che  andarono  dispcrsi  o  riusci- 
rono  nulli,  e  ci6  prova  che  noi  siamo  ancora  nuovi  in  questo  genera  di 
battaglie. 

3.  Continua  sempre  in  Genova  laquestione  del  Canone  gabellario,  impo- 
sta  enorme,  che  quella  citta  non  pu6  assolutamente  sopportare.  11  Munici- 
pio,  nella  sua  tornata  del  17  di  Dicembre,  fu  eccitato  da  una  Giunta  inca- 
ricata  di  esaminare  la  misera  condizione  dellp  finanze  municipali  «  a  rin- 
novare  ancora  una  volta  gli  energici  suoi  richiami  al  Parlamento  e  al  Go- 
verno,  acci6  sia  trovato  modo  di  sollevare  il  Municipio  da  un  onere,  che  frap- 
pone  ostacolo  insuperabile  al  necessario  pareggiamento  fra  1'attivo  e  il  pas- 
sivo  del  suo  bilancio,  e  induce  un  dissesto  progressive  nella  civica  ammini- 
strazione.  » (Gasz.  di  Genova  N.  296,  17  Decembre).  Mentre  queste  lagnanze 
si  fanno  in  seno  del  Gonsiglio,  i  sequestri  si  avvicendano  in  Genova  contro 
i  venditori  di  vino,  e  i  bastimenti  che  ne  sono  carichi;  del  che  tutti  concor- 
demente  mandano  altissime  lagnanze.  II  Movimento  del  19  Dicembre  N.  349 
scrive  le  seguenti  parole :  «  Genova  non  e  forse  ancora  umiliata  e  sacrifi- 
cata  abbastanza,  perche  debba  anche  togliersi  alia  stessa  il  coramercio  del 
vino? .....  Tutti  sanno  che  la  pazienza  ha  i  suoi  limiti.  Si  cerca  ogni  mozzo 
per  provocare  e  far  si  che  abbiano  a  nascere  disordini.  II  senno  e  il  sau- 
gue  freddo  dei  cittadini  ha  finora  evitato  questi  disordini,  e  sapra  evitarli 
per  1'avvenire.  Ma  sarebbe  forse  nuovo  I'esempio  cheil  sacriticato  divenga 
sacrificatore,  che  la  vittima  divenga  carnefice?  »  Ho  voluto  trascrivervi 
queste  parole  per  darvi  un'  idea  delta  condizione  di  Genova.  fi  per6  a  no- 
tare  che  il  Movi-mento  e  gioraale  opposto  al  Ministero  e  non  catloiico. 

II. 
COSE  STRANIERE. 

SPAGNA  (Ncstracorrispondenza).  \.  Nascita  del  Principe  delle  Asturie  — 
2.  Suo  Battesimo  —  3  Inerzia  e  pericoli  del  Minister©. 

1.  Questa  mia  lettera  deve  naturalmente  cominciare  col  riferire  1'avvem- 
mento  che  oggi  rallegra  la  Spagna,  la  nascita  cioe  di  un  Principe  delle  Astu- 
rie, il  quale  vide  la  luce  alle  dieci  e  un  quarto  della  notte  del  ventotlo  di 
Novembre.  Essendo  noi  avvezzi  all'indifferenza,  onde  nel  nostro  paese  s:ac- 
colgono  d'ordinario  i  casi  politici,  non  pote  non  destare  una  gratisaima 
meraviglia  11  giubilo  sincero,  anzi  ardente,  con  cui  tutto  il  Regno  ha  rice- 
vuto  questo  dono  della  Provvidenza.  Grande  fu  1'allegrezza  manifestataei  in 
tutte  le  classi  del  popolo  al  primo  apparire  de'  segnali  che  annunziavano  il 
nascimento  del  Principe.  Ho  veduto  la  gente  correre  a  drappelli  al  Palazzo 
reale  per  gridar  Viva  alia  Regina ;  nei  tre  giorni  seguenti  ho  veduto  nei  pas- 
seggi ,  nelle  piazze,  nei  circoli ,  nelle  luminarie  in  tutta  la  vita  esteriore  di 
Madrid,  mostre  di  nuova  ed  insolita  gioia.  Nella  fronte  d'ogni  Spagnuolo  era 


CRONACA 

scolpito  un  sentimento  di  speranza  e  di  compiacenza,  perche  la  Provvidenza 
avesse  fmalmente  donate  un  Principe  al  trono  di  S.  Ferdinando :  tulti  sen- 
tivano  la  speranza,  che  divenendo  forte  la  Monarchia  per  la  persona  die  ne 
sara  un  giorno  investita ,  debbano  in  un  punto  solo  estinguersi  i  germi  di 
sconvolgimento  e  le  abitudini  di  rivoltura  che  ci  hanno  trasmesso  in  retag- 
gio  ventiquattro  anni  di  discordie  cittadine. 

Nelle  province  1'allegrezza  e  stataancor  piii  viva  emanifesta.  Del  che,  ol- 
tre  alle  informazioni  che  da  ogni  parte  ce  ne  pervengono,  pu6  essere  testi- 
monio  la  Gaceta,  la  quale,  son  gia  parecchi  giorni,  e  tutta  piena  dei  caldi 
eongratulamenti  inviati  alia  Regina  da  un  numero  intinito  di  persone  parti- 
colari,  e  di  corporazioni  d'ogni  grado  e  qualita.  Se  altri  le  lascia  trascorrere 
senza  considerazipne  alcuna,  chi  ha  buon  senno  dee  attendere  al  loro  nu- 
mero ed  al  concetto  generale  che  le  inforfna.  II  numero  e  tale  che  nessuna 
delle  concessioni  estorte  al  trono  dalla  rivoluzione  ne  ebbe  mai  un  uguale : 
e  tulte  contengono  una  pit  o  meno  esplicita  protestazione  di  caldo  amore 
per  la  Monarchia.  Non  v'e  alcun  dubbio  :  la  rivoluzione  ha  perduto  fra  noi 
molto  terreno  ed  il  paese  intero  ha  colta  quest'occasione  per  darne  una  chia- 
ra  manifestazione. 

2.  La  Regina  non  voile  che  il  suo  augusto  figliuolo  vedesse  il  di  sacro 
all' Immacolata  Goncezione  senza  essere  cristiano,  e  quindi  e  avvenuto  che 
il  battesimo  gli  fosse  amministrato  in  sulln  sera  del  7  prima  di  vespero. 
Questa  solennila  e  stata  veramente  magnifica,  non  solamente  per  la  splen- 
dida  pompa  che  i  nostri  Re  usarono  sempre  in  ogni  atto  del  culto  cattolico, 
ma  eziandio  per  essersi  trovati  in  Madrid  moltissimi  Prelati,  quali  venulivi 
per  esservi  consacrati  Vescovi  e  quali  passandovi  per  trasferirsi  alle  nuove 
loro  sedi.  Quindi  al  fonte  battesimale  scorgevansi,  oltre  a  molti  altri  insigni 
Prelati,il  Patriarca  delle  Indie,  gli  Arcivescovi  di  Cuba, di  Sevilla  edi  Bur- 
gos, i  Vescovi  di  Osma,  di  Guadix,  di  Avila  e  di  Oviedo,  i  quali  facean  co- 
rona al  Primate  di  Toledo  che  amministr6  il  battesimo  al  regio  neonato. 
Ma  ci6  che  crebbe  ancor  piu  la  solennita  fu  la  presenza  del  Nunzio  di  Sua 
Santita,  Monsignor  Barili,  giunto  a  qnesta  Corte  due  giorni  innanzi,  il  quale 
rappresentava  1'  augusta  persona  del  S.  P.  Pio  IX  come  padrino  del  reale  in- 
fante. II  primo  nome  impostogli  fu  di  Alfonso ,  glorioso  nelle  storie  di  no- 
stra  patria,  il  quale  viene  ad  allacciare,  per  cosidire,  Ja  regnante  dinastia 
dei  Borboni  colle  noslre  antiche  dinastie  di  Asluria,  Leone  e  Castiglia.  Se 
Dio,  nella  sua  pieta,  concede  al  nuovo  Principe  di  regnare,  esso  prendera  sut 
trono  il  nome  di  Alfonso  XII.  Dio  gli  conceda  vita  e  prosperita  pel  bene  della 
patria,  e  soprattutto  per  la  esaltazione  della  Religione,  la  quale  fu  cosi  bene 
difesa,  conlro  i  seguitatori  di  Maometto,  dai  suoi  augusti  antecessori. 

3.  In  mezzo  a  queste  feste,  veramente  popoiari,  la  politica  e  rimasa  sopi- 
ta.  Ora  comincia  a  destarsi  novamente;  e  adirvi  il  veronon  si  mostra  mol- 
to favorevole  al  Gabmetlo  Annero-Mon.  Tutti  dicono  che  i  suoi  giorni  sono 
contali  e  tutti  indicano  perfino  le  cagioni  che  ne  decideranno  la  caduta.  11 
certo  e  che  tutte  le  sfoggiate  speranze  concepute  dai  libertini  in  sull'  inse- 
diarsi  di  questo  Ministero,  vanno  cangiandosi  in  fumo,  e  dietro  il  disingan- 
no  seguita  naturalmente  la  opposizione,  che  gia  divien  generale  in  quella 
fazione.  Siccome  per6,  dall'altro  verso,  il  Ministero  non  da  segno  alcuno  di 


COOTEMPORANEA  113 

vita,  o  di  energia,  ne  risulta  che  la  parte  dedicatasi  alia  ristorazione  della 
Monarchia  niegagli  eziandio  il  suo  sostegno.  Ci  troviamo  dunque,  por  dirla 
in  una  parola,  in  una  condizione  politica  assolutamente  passeggera.  Tutte 
le  frazioni  dei  singoli  partiti  presentansi  coll'arme  in  pugno  e  le  artiglierie 
carichc  tino  alia  bocca.  II  segnale  della  battaglia  sara  la  riunione  delle  Cor- 
tes, le  quali  debbono  aprirsi  il  30  Decembre ;  giacche  nun  e  probabile  che 
il  Gabinetto  ottenga  dalla  Regina  la  dissoluzione  delle  Gamere,  come  dicesi 
che  esso  pretenda.  Frattanto  si  andra  serivendo  1' ultimo  capitolo  della  no- 
stra  storia  dottrinaria,  e  vedremo  morirsi  negli  sfinimenti  delPinarmione 
qucsto  Gabinetto,  rappresentante  genuino  della  politica  meticolosa,  indeeisa 
e  perci6  stesso  funesta,  che  caratterizza  appieno  il  sistema  parlamentare 
Ghisottiano.ll  gabinetto  muore,  per  cosi  dire,  di  asfissia,  perche  la  pubbli- 
ca  opinione  gli  rifiuta  qualsivoglia  sorte  di  aria  respirabile.  L'ho  detto  aitre 
volte  e  lo  ripeto  adesso,  (colla  differenza  che  finora  1'ho  detto  come  conget- 
tura  molto  probabile,  ed  ora  lo  ripeto  come  cosa  evidente),  la  Spagna  e 
stanca  delle  farse ;  vnole  un  Governo  che  governi,  un  Re  che  regni,  e  un 
popolo  che  sottratto  alia  tirannia  ipocrita  del  liberalismo,  abbia  e  goda  vera 
Jiberta.  Questa  e  la  verita  pura:  ed  io  non  temo  di  assicnrare  che,  se  gli 
uomini  dabbene  s'  unissero  qni  per  ispiegare  non  piu  che  la  decima  parte 
dell'  energia  adoperatasi  nel  Piemonte,  1'edifizio  liberalesco  crollerebbe  a 
terra  cosi  disfatto  che  non  yi  sarebbe  piu  speranza  di  rialzarlo. 

FRANCIA  1.  Corpo  legislative  —  2.  Gli  organi  dell'  opinione  —  3.  Scomparli- 
menti  e  Province  —  -4.  La  nobilta  finta  — ^  b.  Crisi  e  soccorsi  —  6.  Liberia 
dei  culti  —  7.1  negri  nelle  colonie  francesi  —  8.  1  giornali  inglesi  ed  i  fran- 
cesi  —  9.  Minaccia  di  scisma  —  10.  La  Revue  des  deux  mundes  e  la  lettera- 
tura  italiana. 

1.  Due  soli  dei  deputati  democratic!  eletti  al  Gorpo  legislative,  siccome 
gia  dicemmo  nel  passato  qnaderno,  ricusarono  di  prestare  il  giuramento 
di  fedella  alia  Costituzione  ed  all'  linperatore :  gli  altri  cinque  giurarono. 
Ma  non  si  sa  se  i  due  che  non  giurarono  vorranno  o  potranno  ancora  pre- 
sentarsi  come  candidati  alle  nuove  elezioni.  E  diciamo  presentarsi,  perche 
la  legge  ora  non  permette  piu  in  Francia  che  si  cliano  i  voti  a  candidati 
che  non  abbiano  prima  legalmente  dichiarato  di  accettare  la  candidatura. 
E  quanto  al  potersi  essi  di  nuovo  presefltare,  fmora  e  certo  che  nulla  il  vie- 
ta  loro:  ne  e  probabile  che  si  voglia  vietarlo,  assicurando  alcune  corrispon- 
denze  di  Parigi  che  1'  Imperatore  non  voile  accondiscendere  alia  proposta 
fatta  da  qualche  Ministro  d'impedire  per  1'avvenire  questa,  che  ben  si  pu6 
chiamar  beffa,  non  sappiamo  per6  se  agli  elettori  od  al  Governo.  Forse  egli 
crede,  e  con  ragione ,  che  a  questo  giuoco  di  eleggere  chi  non  vuol  prestar 
giuramento,  e  piu  facile  che  si  stanchino  gli  elettori  ehe  non  il  Governo:  il 
quale,  anche  senza  quei  due  giuramenti,  pu6  molto  bene  seguitare  la  sua 
amministrazione  degli  affari.  Quanto  al  tempo  in  cui  gli  elettori  del  quarJo 
e  del  sesto  circondario  elettorale  di  Parigi  dovranno  rieleggere  i  Joro  rap- 
presentanti,  esso  e  nell' arbitrio  del  Governo,  il  quale  pu6  tardaree  prolun- 

Serielll,  vol.  IX.  8  26  Dectmbre  1857. 


i  I 4  CRONACA 

garlo  fino  a  sei  mesi.  Cinque  sono  inlanio  i  posli  vacant!  al  corpo  legisla- 
tive. Due  per  causa  di  ricusato  giuramsnto:  uno  per  annullata  elezione: 
due  per  volontaria  rinunzia. 

2.  La  Presse,  giornale  democratico  di  Parigi,  ma,  nonostante  la  sua  de- 
mocrazia,  molto  amico  del  Principe  Napoleone,  e  stato,  come  dicemmo  nel 
passato  quaderno,  sospesa  per  due  mesi  per  causa  di  un  articolo  che  si  po- 
te  leggere  riportalonell'Jm/epMirfance  Beige  e  che  certamente  passava  ogni 
misura.  Attese  pero  le  relazioni  di  amicizia  che  passavano  tra  il  giornale  e 
il  detto  Principe,  sono  state  fatte  vivissime  istanze  al  Governo  perche  la  so- 
spensione  fosse  almeno  ridotta  ad  un  solo  mese.  Ma  pare  che  nulla  si  sia 
potuto  ottenere.  Questo  giornale,  che  prima  era  diretto  dal  sig.  Girardin, 
-e  ora,  o  meglio,  dee  ora  essere  direito  dal  sig.  Millaud  ,  barichiere  molto 
ricco  fra  i  recentementi  arricchiti :  il  quale  pago  al  sig.  Girardin  800  mila 
franchi  per  ottenere  la  direzione  del  foglio.  Ma  non  la  pole  Qnora  ottenere 
di  falto:  giacche  il  sig.  Rouy,  gerente  del  giornale,  pretende  di  avere  il  diritto 
<li  scegliere  i  compilatori.  Quindi  sorse  una  lite  la  cui  decisione  provvisoria 
•e  in  favore  del  sig.  Rouy:  e,  benche  si  creda  che  alia  flne  la  vincera  il  sig. 
Millaud,  pure  per  ora  il  suo  competitore  rimase  padrone  del  giornale.  Es- 
sendo  poi  venuto  a  notizia  del  Rouy  che  il  Millaud  voleva  rendere  piu  savia 
la  Presse,  quegli,  per  far  dispetlo  al  suo  successore  presunto,  voile  invece  lan- 
ciarla  in  nuove  e  maggiori  forsennatezze:  ed  acconciatosi  colPeyrat,  scrit- 
tore  che  dicesi  amico  del  Principe  IN'apoleone ,  pubblic6  1'  articolo  che  fu 
causa  della  sospensione.  Dicono  che  la  sola  entrata  degli  annunzii  rendeva 
-alia  Presse  30  mila  fraachi  al  mese.  Ecco  dunque  per  lo  meno  60  mila  fran- 
chi perduli  pel  sig.  Millaud  in  grazia  del  sig.  Rouy.  Tutti  questi  pettego- 
lezzi  uon  sarebbero  degni  di  cronaca  se  non  servissero  a  far  sempre  meglio 
conoscere  a  che  cosa  si  riduca  di  fatto  il  preteso  sacerdozio  della  stampa 
periodica,  che  vuol  essere  organo  e  rappresentante  della  pubblica  opinione. 

La  disgrazia  accaduta  alia  Presse  non  eccit6  poi  grande  dolore  nei  suoi 
confralelli  democratic!.  11  Siede,  I'Estaffette  e  il  Courrier  de  Paris  parvero 
anzi  contentarsene  molto  facilmente :  e  ad  ogni  modo  tutti  e  Ire  fanno  di 
tutto  per  raccogliere  1'eredita  del  morto.  Vero  e  che  il  Courrier,  da  demo- 
cratico che  prima  era,  si  e  ora  fatto  giornale  del  Governo.  Ma  ci6  non  dee 
impedire  gli  associati  democratic!  dal  comperarlo  :  giacche  tutti  gli  antichi 
scrttlori ,  che  prima  erano  coscienze  democratiche  ,  sono  ora,  tranne  uno 
solo  che  si  e  ritirato ,  diventati  coScienze  semiufficiali.  Se  dunque  i  sacer- 
doti  del  pensiero  e  gli  organi  dell'  opinione  mutano  si  facilmente  altare  e 
regislro,  qual  meraviglia  che  gli  adepti  e  gli  uditori  non  abbiano  piii  scru- 
poli  o  migliore  orecchio  che  i  loro  organi  e  sacerdoti  ?  Xe  anco  e  da  tacere, 
per  dare  sempre  miglior  idea  delle  convinzioni  di  tali  giornalisti,  che  il  pro- 
prietario  del  Courrier,  sig.  Prost,  banchiere,  fu  per  un  tempo  in  forse  se 
<lovesse  fare  del  suo  giornale  un  organo  religioso  od  un  organo  democratico. 

3.  Alcune  corrispoudenze  di  Parigi  a  giornali  forastieri  recano  che  il  Go- 
verno francese  volge,  da  lungo  tempo,  in  pensiero  di  mutare  I'ordinameii- 
to  amministrativo  della  Francia ,  surrogando  alia  troppo  minuta  divisione 
4di  scompartimenti  alcune  piii  grand!  circoscrizioni  di  territorio  che,  per  la 


CONTEMPORANEA  11 5 

oro  estensione,  ritrarrebbero  alquanlo  delle  antiche  province.  Aggiungono 
che  questo  disegno  dell'  Imperatore  e  combattuto  da  alcuni  Minis tri,  i  quali 
si  atterriscono  all'  idea  di  mutare  ana  delle  istituzioni  della  rivoluzione 
francese  che  dicono  ormai  passata  negli  usi  e  nelle  tradizioni  del  paese. 
Non  sappiamo  per6  che  1'  istituzione  degli  scompartimenti  abbia  punto 
fatto  dimenticare  ne  i  nomi  ne  gli  usi  della  Provenza,  della  Normandia, 
della  Piccardia,  dell'  Alsazia  e  delle  altre  antiche  division!  storiche  e  natu- 
rali  di  Francia. 

4.  Si  da  pure  come  certo  da  alcuni  corrispondenti  che  il  Governo  fran- 
cese segue  i  suoi  lavori  sopra  le  usurpazioni  del  titolo  di  nobilta  e  special- 
men  te  della  particella  De  preposta  ,  per  vana  ambizione  ,  al  proprio  nome 
da  chi  non  ci  ha  diritto.  Ma  si  dubita  se  si  verra  mai  a  qnalche  pratico  ri- 
sultato ,  giacche  le  usurpazioni  sono  taate  e  da  si  lungo  tempo  tollerate 
che  la  regola  ormai  non  si  sa  dove  trovarla.  E  questa  e  stata  in  realta  la 
conseguenza  delle  prediche  dei  liberali  sopra  1'  uguaglianza  e  la  fratellanza 
universale  :  ottenere  che  tutti  volessero  diventare  nobili ;  e  ci6  specialmen- 
te  in  Francia,  cioe  nel  paese  che  si  crede  da  molti  essere  la  vera  patria  del 
liberalisrno  moderno. 

5.  La  famosa  crisi  americana  segue  ad  empire  di  fallimenti  1'  Europa:  e 
benche  la  Francia  paia  non  essersene  risentita  quanto  altri  paesi,  pure  e 
certo  che  an  che  cola  gli  operai  si  trovano  in  piu  citta  senza  lavoro.  Per  ov- 
viare  ai  pericoli  di  tale  sciopero  e  per  sollevare  i  poveri,  il  Governo  ha  ora 
aperto  un  credito,  presso  il  Ministero  dell' interne,  di  un  milione  di  franchi 
perche  siano  impiegali  in  lavori  utili  ai  comuni,  ed  in  sowenzioni  ai  po- 
Teri.  Avendo  poi  alcuni  giornali  sparse  notizie  di  tumulti  in  Lione  cagionati 
appunto  dalla  miseria  degli  operai ,  il  Governo  ha  smentito  recisamente  tali 
rumori,  dimostrati  del  resto  falsi  dallo  stesso  fatto  continue  della  tranquil- 
lita  che  regna ,  non  ostante  la  vera  poverta  della  classe  degli  operai  si  nu- 
merosi  in  quella  citta. 

6.  Tra  i  molti  mail  che  produce  la  cosi  delta  liberta  di  coscienzanei  pae- 
si cattolici  vi  e  quello  di  rendere  agevole  la  perversione  degli  ignoranti. 
Se  in  un  paese  si  concedesse  la  liberta  del  vendere  medicine ,  anche  i  piu 
liberali  capirebbero  che  ne  verrebbe  per  conseguenza  la  morte  di  molti  ma- 
lati  che  comprerebbero  veleno  dai  ciarlatani  invece  di  medicine  dai  far- 
macisti.  Or  perche  dunque  ei  maravigliano  cotanto  i  liberali  quando  i  cat- 
tolici piangono  la. licenza  che  vie,  per  esempio,  in  Parigidi  aprire,  in  mez- 
zo a  popolazioni  cattoliche,  scuole  prolestanti,  dove  i  giovanetti  cattolici  van- 
no  ad  imparare  piu  errori  contro  la  fede  che  regole  di  grammatica?  Di  que- 
sto si  lagnava  appunto  ora  il  parroco  di  S.  Sulpizio  di  Parigi,  il  quale,  in 
una  sua  lettera  circolare  piena  di  zelo,  eccila  i  fedeli  a  voler  cooperare  alia 
fondazione  specialmente  di  una  piu  ampia  scuola  pei  poveri  operai  cattoli- 
ci, i  quali,  per  mancanza  di  spazio  nelle  scuole  gia  esistenti,  vanno  alia 
scuola  protestante  di  recente  fondata  nella  parrocchia. 

7. 11  Governo  francese  fece,  non  ha  molto,  una  convenzione  con  una  casa 
commerciale,  allo  scopo  di  ottenere  la  libera  emigrazione  di  negri  verso  \& 
colonie  francesi  dell'  Indie  occidental!.  Le  isole  francesi,  non  meno  che  le 
inglesi ,  dopo  1'  emancipazione  degli  schiavi ,  hanno  sempre  sofferta  care- 


116  CRONACA 

stia  di  lavoratori:  il  perche  si  e  pensato  ora  di  altirarne  dall'  AfTrica,  dan- 
do  loro  tulta  la  protezione  ,  il  salario  e  il  resto  che  si  di  ai  liberi  operai , 
colla  facility  di  ritornarsene  nella  loro  patria  sopra  le  navi  dello  Stato , 
quando  sia  passato  un  determinato  numero  d'  anni.  Per  quanto  paia  in- 
nocente  il  disegno,  pure  i  giornali  inglesi  seguono  a  prevederne  pessime 
conseguenze,  come  gia  le  previdero  fin  dal  principio:  ed  ora  piii  che  raai, 
dopo  che  si  fece  di  cio  tema  di  lament!  nel  Parlamento  inglese.  \\Morning 
Post  assicura  che  gia  si  e  cominciato  a  credere  nell'Affrica  che  i  potentati 
europei  vogliono  ricominciare  il  mercato  degli  schiavi.  Donde  poi  dicono 
nascere  le  solite  conseguenze  di  guerre  intestine  al  solo  scopo  di  racco- 
gliere  schiavi  da  vendere  ai  trafticanti.  Aggiunge  quel  giornale  che  egli 
spera  che  presto  si  ahbandonera  quel  disegno,  tanto  piii  che  si  e  gia  veduto 
in  pratica  non  ricavarsene  punto  qnelle  utilita  economiche  che  se  ne  aspetta- 
vano.  AUe  quali  cose  rispondendo  il  Courrier  du  Havre  osserva  in  prima  che 
tutta  questa  compassione  degli  Inglesi  verso  i  Negri  nasce  dal  desiderio  di 
vedere  spopolate  di  lavoranti  le  colonie  francesi.  Gerca  poi  di  dimostrare 
partitamente  1' insussisleuza  delle  accuse  lauciate,  sia  nel  Parlamento  sia 
ne'  giornali  inglesi,  contro  la  convenzione  fatta  dal  Governo  francese. 

8.  In  mezzo  ai  compliment!  che  per  lo  piii  s'  inviano  a  vicenda  i  giornali 
inglesi  e  i  francesi,  gli  uni  lodando  gli  altri  ed  entrambi  glorificandosi  mo- 
destamente  di  appartenere  alia  prima  nazione  del  mondo  (ch6  sopra  questo 
punto  niuno  pub  ceilere  senza  tradire  la  propria  coscienza);  scappano  pero 
fuori  di  quando  in  quando  certe  subite  ire  rivelatrici  di  quell'antipatia  che 
cova  sotto  le  apparenze  di  cordialissiina  amicizia  ed  ammirazione  scambie- 
vole.  Cosi  poco  fa  il  giornale  dei  Debuts,  il  piii  inglese  de'  giornali  stranieri, 
diceva  cortesemente,  a  proposi to  delle  crudelta  inglesi  nell'India:  «  Noi  non 
possiamo  parlare  a  nome  dell'umanita,  ma  parleremo  a  nome  della  poli- 
tica  che  gl'  Inglesi  capiscono  meglio  »  Al  che  rispondeva  non  meno  cortese- 
mente il  Daily-Telegraph:  « I  giornali  francesi  debbono  sapere  che  noi  non 
vogliamo  ricevere  da  loro  lezioni  di  umanita.  Giacche  le  lezioni  di  probita 
date  da  chi  e  sotto  il  colpo  d'  una  sentenza  di  fellonia  non  sono  degne  di  es- 
sere  udite. »  Avendo  poi  il  Palmerston  in  piena  camera  dichiarato  che  :  «  sa- 
rebbe  il  colmo  delt'ingratitudine  1'avere  sentimenti  malevoli  contro  la  Fran- 
cia  che  ha  fatto  quello  che  poteva  per  provare  la  sincerita  di  sua  amici- 
zia verso  1'Inghilterra »;  il  Costitutionnel,  dopo  oitatene  le  parole,  soggiunge : 
«  A'oi  crediamo  tanto  piii  volentieri  alia  sincerita  delle  parole  di  Lord  Pal- 
merslon  quanto  che,  secondo  noi,  un'iutenzione  diversa  non  sarebbe  degna 
dell't'sperienza  e  del  merito  di  si  illustre  uomo  di  Stato  ( dove  1'accorto  lettore 
vedra  che,  a  simililudine  del  Debats,  si  fa  piii  fondamento  sulla  politica  che 
non  sopra  I'urnanita).  Se  pregiu'lizii  iogiusti  e  odiosi  avessero  ispirato  1'opi- 
nione  del  nostro  paese,  le  gravi  difficolta  che  sorsero  ora  di  la  dalla  Mauica, 
nel  tempo  della  ribellione  indiana,  avrebbero  prodotto  1'effetto  di  una  scin- 
tilla sopra  un  barile  di  polvere.  Qual  tentazione  di  profittare  del  tempo  per 
recare  un  colpo  terribile  alia  potenza  di  un'  antica  rivale !  Invece  gli  avve- 
nimenti  dell' India  non  hanno  suggerili  alia  Francia  che  sentimenti  caval- 
kreschi ».  E  conchiude  1'articolo  dicendo:  «  La  Francia  e  abbastanza  forte 
e  gloriosa  :  nc  ha  bisogno  di  essere  gelosa  di  vmma  nazione :  essa  e  poi 


CONTEMPORANEA  117 

anchc  gcnerosa,  ne  gode  de'  trionfi  altrui.  » II  che  e  senza  dul)bio  verissimo. 
Ma  pare  che  ringhilterra  non  ci  creda  troppo:  giacche  i  giornali  recano 
che  si  fanno  ora  conlinui  arraamenli  sopra  tutlele  coste  inglesi,  presidian- 
dole  di  fortezze  e  di  cannoni.  Sopra  il  che  parlando  11  d'Israeli  nella  Camera 
e  ridendo  delle  proteste  di  Lord  Palmerston  sopra  la  sua  piena  fiducia  nella 
Francia,  diceva  die  certamente  tutli  quegli  armamenti  delle  coste  inglesi 
doveano  essere  fatli  per  clifendere  la  patria  contro  un'  invasione  del  Re  di 
Napoli  o  dell'  Imperatore  della  Gina. 

9.  llgiornale  dei  Dibattimentidvl  sette  diDicembre  dichiara,  senza  ambi- 
guita,  ch'egli  e  pronto  a  fare  uno  seisma,  «  a  petto  delquale  tutt'  i  passati 
scismi  sarebbero  un  nulla  »,  se  «  1'autorita  che  parla  a  nome  del  cielo  in 
questa  parte  di  Enropa  (e  perche  noa  anche  nelle  altre  parti?)  e  che  vi  6 
ascoltata  a  questo  titolo  da  milioni  di  anime  (sono  appnnto  200  milioni) 
promulghera  solennemente  che  vi  ha  incompatibility  tra  la  fede  cattolica 
e  la  sola  forma  di  liberta  politica  (il  parlamentarismo)  che  conosca  il  men- 
do  moderno  »  (donde  si  ricava'che,  secondo  il  giornale,  larepnbblica  degli 
Stati  Uniti  o  non  e  forma  di  liberta  o  non  e  del  mondo  moderno).  Ma  poco 
dopo  ci  fa  parimente  sapere  che  la  paura  di  scisma  per  parte  sua  e  una 
pura  illusione,  giacche  conchiude  1'  articolo  dicendo  che  «  quantunque  sia 
meglio  per  la  pace  del  mondo  cattolico  che  1'autorita  taccia  sopra  questa 
questione,  pure  egli  oserebbe  desiderare,  PER  SOLA  CURIOSITA',  che  essa 
parli  e  faccia  conoscere  il  netto  del  suo  pensiero.  »  Dal  che  si  conchiude  che 
lo  scritlore,  come  giornalista,  ha  bensi  curiosita  di  conoscere  i  fatti  ed 
anche ,  se  fosse  possibile ,  i  pensieri  altrui,  ma  che  delle  decisioni  di  Roma 
egli  non  se  ne  cura  se  non  che  soito  il  mero  rispetto  della  curiosita.  Sicco- 
me  poi  gli  scrittori  di  quel  foglio  pretendono,  che  quando  parlano  essi,  parla 
tutta  la  redazione,  cosi  si  \orrebbe  sapere  se  tra  si  illuslri  persone  nou  ci  sia 
proprio  nessuno  che  dei  decreli  della  Chiesa  abbia  maggiore  stima  che 
quella  che  ne  mostra  1'  autore  dell'  articolo.  Ad  ogni  modo  1'  autorita.  da  cui 
egli  chiede,  per  sola  sua  curiosita,  una  dichiarazione  sopra  la  compatibility 
della  fede  colla  liberta  polilica,  1'  ha  gia  data  molte  volte  in  varie  guise, 
1'una  piu  cbiara  dell'altra,  sia  col  Fat  to  sia  col  detto:  e  solo  puo  ignoraria 
chi  in  questa  questione  fa  aperta  profcssione  di  non  curanza,  dicendo  «  noi 
prenderemmo  molto  poca  parte  a  queslo  dibaltimenlo  se  esso  fosse  pura- 
incnte  teologico,  e  se  non  Si  trattasse  che  di  chiarire  un  punto  di  dottrina», 
L'  articolista  dovrebbe  sapere  che  chi  non  si  cura  di  chiarire  i  punti  di 
dottrina  ;  rare  volte  ha  le  idee  chiare  nei  punti  di  fatlo. 

Checosa  pensino  poi  talvolta  della  sola  forma  di  liberta  polilica  gli  stessi 
Inglesi  che  la  godono;  non  sarebbe  bene  il  nasconderlo  alia  curiositascienti- 
fica  dell'  articolista,  il  quule  nella  Rivista  di  Westminster ,  n°.  di  Ottobre 
del  1857  pagina  470  (secondo  cheriporta  il  Constitutionnel  de'  6  Dicembre) 
in  un  articolo  intitolato  «  A  che  cosa  serve  il  Governo  rapppresentativo  » 
pu6,  quanrio  il  voglia,  leggere  le  seguenti  parole  a  proposito  delle  camere 
inglesi :  «  Osservate  1'immensa  sproporzione  che  passa  tra  il  fine  e  i  mezzi: 
dall'im  lato  difficolla  senza  nuraero,  e  dall'altra  ineltitudine  quasi  compiuta 
in  coloro  che  debbono  scioglierle.  Si  sarebbe  tentati  di  credere  che  tutto 
questo  sistema  fu  incastellato  sopra  gli  aforismi  di  qualche  ciarlalano  poli- 


'118  CRONAC4 

tico  ».  Ben  inteso  die  1' autore  dell'arlicolo  conchiude  colla  solita  formola 
di  uso,  dicendo  che  il  Governo  parlamentare  e  il  migliore  di  tutti.  La  Chiesa 
cattolica  per6  non  dice  ne  che  il  sistema  parlameutare  sia  un  ciarlatanismo 
ne  che  sia  il  miglior  governo  di  tutti  (che  1'  accoppiare  in  un  solo  articolo 
tali  contraddizioni  e  privilegio  dei  giornalisti) :  essasi  contenta  di  approvare 
tutte  le  forme  legittime  di  Governo,  e  tra  quelle  anche  la  forma  parlamen- 
tare ;  protestando  per6  sempre  contro  tutti  quelli  che,  o  siano  o  non  siano 
parlamentari ,  non  lasciano  a  lei  libero  1'esercizio  di  sua  divina  autorita, 
esercizio  che  le  compete,  per  diritto  divino,  sotto  tulte  le  forme  possibili  di 
governo. 

10.  La  Revue  desdeux  Mondes  non  conosce  in  Italia  altra  letteratura  che 
quella  del  partito  liberate,  ogni  cui  novella  o  poesia,  benche  ignota  piena- 
mente  a  noi  italiani,  e  annunziata  dal  signer  de  Mazade  nella  Revue  de  la 
Quinzaine,  come  un  avvenimenlo  politico  e  letterario.  E  poi  evidente  che 
essa.  come  tutti  i  parisuoi,  dee  ignorare  compiutamente  1'esistenza  di  qua- 
lunque  libro  italiano  che  non  sia  del  suo  partito  politico.  Vedemmo  per6 
un'eccezione  singolare  a  questa  regola  riguardo  all'Asmo  del  Guerrazzi,  libro 
degno  del  suo  titolo  piii  ancora  che  nou  del  suo  autore:  il  quale  (autore)  ben- 
che liberalissimo  e  perci6  degno  ditulti  gli  elogi  della  ftewte,  e  per6  neln.° 
dei  15  di  Decembre,  molto  severamente  censurato.  Stupimmo  in  sulle  prime 
a  tale  verita  di  giudizio:  ma  lo  slupore  cess6  quando  vedemmo  che  la  Revue 
si  era  accorta  che  il  Guerrazzi  in  quel  suo  libro  non  faceva  alia  Francia 
quei  compliment!  che  ordinariamente  sogliono  farle  i  nostri  liberal!  italia- 
nissimi.  II  che  ci  fece  ricordare  dei  giudizii  parimente  severissimi  dati  del- 
1'Alfleri  da  Jules  Janin  e  daaltri  letterati  francesi  hberali  e  percio  obbliga- 
ti,  per  dovere  del  loro  stato,  a  lodare  la  nostra  letteratura  antireligiosaed 
antimonarchica.  Delle  quali  critiche  i  nostri  giornali  liberah'  italiani  fecero 
le  alte  maraviglie,  senza  riflettere  che  1'Aliieri  aveacomposto  UMisogalloe 
che  percio,  nonostanle  il  suo  liberalismo,  non  potea  essere  lodato  da  libe- 
rali  francesi.  Non  vi  e  dubbio  che,  senza  la  predetta  difficolta,  la  voce  del- 
YAsino  de\  Guerrazzi  sarebbe  stata  considerate  dalla.fleuwe  come  unnuovo 
eco  della  pubblica  opinione  liberale  italiana. 

» 
BELGIO  (Nostra  corrispondenza  )  \.  Programma  della  Destra  —  2.  Programina 

della  Sinistra  —  3.  Circolari  del  Ministero  —  4.   Lettere  dei  Vesc«vi  —  5. 

La  Lolta  —  6.  Forze  del  partito  libertino  —  7.  Ilisul tato  delle  elezioni  —  8. 

Gioia  de'  libertini  e  speranze  de'  Cattolici  —  9.  Apertura  delle  Camere.' 

1.  11  repentino  scioglimento  della  Camera  avendo  tolto  ai  membri  della 
Destra  la  facolta  di  respingere  in  Parlamento  le  indegne  calunnie  che  si  ve- 
nivano  spacciando  da'  loro  avversarii ;  essi  reputarouo  spedieule,  a  tutela 
della  propria  dignita,  d'appellare  al  giudizio  della  nazione.  Perci6  pubblica- 
rono  un  Manifesto  in  cui  si  spiega  la  loro  condotta  rispetto  alia  legge  della 
Carita  che  fu  tolta  da'  liberal!  a  prelesto  di  sommosse  e  di  violenze  inde- 
gnissime;  ed  inoltre  dichiarasi  che  la  maggioranza  cattolica  avea  gia  risolu- 
to,  fin  dal  mese  di  Giugno,  non  solo  di  differire  la  votazione  della  legge,  secon- 
do  il  consiglio  avutone  dal  Re,  ma  si  ancoca  di  ritirarla  affatto  per  dar  proya 


CONTEMPOIUNEA.  119 

della  propria  moderazione  ed  un  pegno  sicuro  di  pace.  «  Impcrocche,  vi  si 
dice,  piti  che  della  disegnata  legge  era  da  tener  conto  della  condidone  del 
paese.  Quanlunque  si  potesse  parteggiare  in  sensi  contrarii  riguardo  alia, 
legge,  doveasi  andar  d'accordo  sopra  lo  stato  delle  cose,  sopra  1'autoriti 
delle  leggi  e  dci  poteri  da  mantenere  o  pinttosto  da  rialzare,  sopra  il  rispet- 
to  verso  Ic  maggioranze  da  ristabiliro,  sopra  il  grande  smacco  del  potere 
legale  e  della  liberta  costituzionale  da  riparare,  sopra  la  coslituzione  da  di- 
fendere,  sopra  la  nostra  rinomanza  di  saviezza  da  sostenere,  sopra  i  pericoli 
da  cessare.  »  Quindi  si  passa  adimostrare  qnanto  fosse  legittima  1'origine 
della  maggioranza,  la  quale  diceasi  non  rappresentare  il  paese  «  mentre 
pure  era  sorta  da  elezioni  regolari  compiutesi  senza  commozioni,  senza  in- 
trighi,  senza  scioglimenti,  senza  violeriza.  Quando  la  calma  regna  negli  spi- 
riti,  1'opinione  conservatrice  grandeggia  e  vigorisce,  perche  vived'ordine 
e  dei  principii  di  ragione.  Per  1'opposto,  quando  I'agitazione  tutto  sommuo- 
ve,  ed  i  popoli  vanno  in  turbolenze,  1'  opposizione  naturalmente  trionfa, 
perche  essa  blandisce  le  passioni  che  sono  la  sua  vita.  »  Cosi  dopo  il  1831 
la  Sinistra  sola  sciolse  per  ben  qnattro  volte  le  Camere,  e  serapre  con  de- 
creto  controsegnato  dal  sig.  Rogier ;  sebbene  «  lo  scioglimento  sia  per  na- 
tura  sua  indirizzato  a  ristabilire  non  a  rornpere  I'cqtiilibrio  fra*  i  poteri,  ed 
un'arme  riservata  alia  mano  Reale  da  adoperarsi  in  pro  di  tutti,  non  un  istru- 
mento  a  servigio  d7  nna  fazione  per  soverchiare  1'altra.  »  I  depntati  della 
Destra  protestano  poi  contro  le  elezioni  che  pur  troppo  si  doveano  fare  in  con- 
dizioni  disuguali,  e  dichiarano  di  non  ritirarsi  dalla  lotta  solo  per  non  ca- 
gionare  scompigli  nazionali;  e  conchiudono  infme  con  queste  parole:  «  La 
nazionalita  Belgica  sta  fondata  sopra  tre  forze  conservatrici,  cioe  le  istitu- 
zioni  rappresentative,  il  cattolicismo  ed  il  monarcato.  Se  1'  una  di  esee  do- 
vesse  venir  meno,  se  la  liberta  del  Belgio  perdesse  quel  carattere  cristiano 
chene  forma  la  base  e  la  salvezza,  1'opera  del  1830  sarebbe  profondamente 
guasta,  ed  il  paese  n'andrebbe-a  precipizio  verso  quegli  scogli  contro  cui 
ruppe  e  naufrag6  la  liberta  political  di  tanti  altri  popoli  ». 

2.  Godesto  programma  avea  destato  tal  rumore  e  in  Belgio  e  fuori,  che  i 
Deputati  della  sinistra  non  poterono  tralasciare  di  rispondervi.  Questo  fece- 
ro  undici  giorni  dopo ,  pubblicando  una  prolissa  ed  ampollosa  declamazio- 
ne ,  in>cui  dopo  recati  in  mezzo  gli  argomenti  a  propria  discolpa  ,  giltano 
tutti  i  torti  sopra  i  loro  avversarii ,  alterando  1'  importanza  delle  sommosse 
che  si  rappresentano  con  giuocherelli  di  cifre,  e  snaturando  i  fatti  oggimai 
conti  a  tutta  Europa.  E  questo  programma  un  guazzabuglio  indigesto  di  tut- 
to  ci6  che  i  giornali  libertini  sopra  ci6  scrissero  da  sei  mesi  in  qua,  ed  in 
€sso  vanno  a  segno  di  ricordare  ai  contadini  che  essi  erano  altra  volta 
servi  attaccati  alia  gleba  de'loro  padroni  e  (dicon  essi)  accomunati  quanto 
a' loro  diritti  col  bestiame  della  stalla!  e  che  in  graziadei  principii  liberal! 
trovansi  oggidi  in  istato  d'  uomini  liberi.  Aggiungono  tuttavolta  d'amare  la 
religione;  di  che  prenderemo  nota,  affinche  piu  tardisi  possa  vedere  come 
i  fatti  rispondano  alle  parole ,  e  come  codesta  genia  sappia  tenere  le  sue 
promesse.  « II  clero  belga  continuera  a  godere  con  tuita  sicurezza  le  lar- 
ghissime  sue  immunita  ,  e  niuno  pensa  a  scemargliene  il  possesso  e  1'uso* 
Nessun  uomo  di  senno  pu6  credere  sinceramente  che  la  Chiesa  fra  noi  sia 


J  20  CRONACA 

minacciata  dclla  piii  lieve  persecuzione.  Qualunque  potcre ,  da  cui  la  rcli- 
gione  avesse  comechcsia  a  temer  danno  ,  sarebbe  agli  ocelli  nostri  uu  po- 
tere  colpevole.  NelFesercizio  della  santa  sua  missione  il  prete  per  noi  e  sa- 
cro. »  Son  belle  parole,  e  sarebbero  da  lodare  se  non  ci  fosse  in  cauda  ve- 
nenum,  con  un  ma  che  dice  molto  in  poco.  « Ma  intendiamo  che  il  clero  si 
tenga  nella  cerchia  del  sno  ufficio.  »  Questa  cerchia  qual  6?  Non  lo  clico- 
no,  e  fanno  bene,  giacche  quella  cerchia  e  molto  limitata  agli  occhi  di  certi 
libertini,  e  forse  non  tarderemo  molto  ad  averne  qualche  saggio. 

Tutta  codesta  cicalata  fu  evidentemente  scrilta  pei  forastieri  e  pei  sem- 
plicioni.  Bisognava  rassicurare  i  Governi  commossi  dei  gravi  fatti  accacluti 
fra  noi  ed  era  d'  uopo  accattare  i  suffragi  degli  uomini  dabbene  e  dediti  a 
religione,  ma  inesperti  od  incauti  che  non  di  rado  si  lasciano  trarre  a  vo- 
tare  in  favore  dei  libertini  o  per  interesse  o  per  inganno.  Perci6  se  ne  spac- 
ciarono  200,000  esemp'.ari  gratis,  in  arnendue  le  lingue,  a  spesa  delle  log- 
ge  massoniche. 

3.  Per  giunta  pochi  giorni  inuanzi  il  Moniteur  avea  pubblicato  una  cir- 
colare  del  Ministero  per  gli  affari  interni  ai  Governatori .  circolare  che  pu6 
definirsi  una  professione  di  fede  tanto  vaga  e  sfumata  che  non  dovesse 
scontentare  alcuna  frazione  della  parte  libertina.  «La  politica  rappresenta- 
ta  dal  Gabinetto,  dice  il  sig.  Rogier,  e  oggimai  conosciuta  clal  Belgio  che  Ja 
vide  in  opera,  e  guardata  nel  suo  aspetto  generate  e  una  politica  tutto  na- 
zionale,  di  cunservazione  e  d'ordine,  che  spinge  il  progresso  ma  senza  sus- 
sulti,  con  fedelta  e  perseveranza ;  una  politica  tutta  intesa  ai  vantaggi  mo- 
rali  e  materiali  de'  popoli ,  che  lascia  all'  iniziativa  de'  privati  ogni  liber  ta, 
servendosene  per  fecondare  tutti  gli  elementi  della  prosperita  pubblica. 
A  questa  poh'tica  venne  or  ora  restituito  il  reggimento  _della  cosa  publica 
ed  affidato  nuovamente  il  carico  di  preservare  una  delle  basi  fondamentali 
dei  Governi  e  delle  societa  moderne,  cioe  1'  integrita  dei  diritti  dello  Stato 
e  1'  indipendenza  del  potere  civile.  »  Aggiunto  poscia  che  « oggimai  egli  e, 
tempo  di  tornare  la  religione  a  quella  pacifica  sfera  in  cui  debba  rinvenire 
il  rispetto  universale  »  conchiude  da  ultimo  cosi :  «  la  nostra  origine  e  per- 
fettamente  regolare  e  coslituzionale.  II  Gabinetlo  sorse  dalla  prerogativa 
Reale  esercitata  in  tutta  la  pienezza  della  sua  liberta.  Noslro  scopo  e  rassi- 
curare le  coscienze  e  gl'  interessi  contro  le  dottrine  intolleranti  e  le  pretese 
d'  altra  eta  e  d'  altri  tempi.  »  Dov'  e  chiara  1'  allusione  ai  discorsi  dei  de- 
putati  cattolici ,  i  quali  non  volevano  che  in  una  Universita  dello  Stato  si 
professasse  un  insegnamento  anticristiauo;  e  si  accenna  pure  a  quegli  or- 
dinamenti  della  legge  sopra  la  Carita,  per  cui  si  ammettevano  fondazioni 
private.  «  Quanto  phi  generale  e  manifesto  sara  1'  appoggio  che  il  Governo 
trovera  negli  elettori ,  tanto  phi  efficacemente  egli  potra  compiere  il  suo 
proposito.  »  Che  vale  quahto  dire  che  essi  saranno  tanto  piii  smoderati  quan- 
to  phi  ne  sara  Iqro  lasciata  balia. 

II  sig.  Rogier,  con  una  tettera  del  26  Xovembre,  intim6  a  tutti  i  Borgoma- 
slri  del  regno ,  che  facessero  afh'ggere  in  modo  permanente  questa  sua  cir- 
colare nei  luoghi  destinati  alle  pubblicazioni  ufiiciali.  In  altra  del  3  Dicem- 
bre  si  Iagn6  di  certi  atti  di  negligenza  o  di  violenza  contro  tale  sua  prescri- 
zione,  e  diede  ordine  che  la  sua  Gircolare  si  dovesse  leggere  in  pieno  consi- 


CONTEMPORANEA  121 

glio  e  seduta  pubblica,  aftinche  gli  Elcttori  non  fossero  ignari  d'  un  docu- 
mento  ufticiale  che,  a  suo  dire,  spiega  chiaramente  le  intenzioni  ed  i  prin- 
cipii  del  Governo.  Per  tal  modo  quesla  epistola  minisleriale  ebbe  lutti  gli 
onori  ed  i  vantaggi  d'  una  pubblicazione  uffic.iale.  Troppo  meno  di  ci6  era- 
si  fat  to  dal  sig.  De  Decker  per  la  letlera  del  Re,  la  quale  era  la  prima  die 
fosse  scritta  da  Sua  Maesta  dopo  26  armi  di  regno,  e  che  conteneva  ammo- 
nizioni  piii  utili  di  quanto  valgono  i  vaporosi  programmi  del  Ministero  che 
a  buon  diritto  debbe  intitolarsi  cklle  sommosse.  Ma  il  sig.  Rogier  che  vuole 
essere  obbedito,  vuole  anche  essere  capito;  e  questo  sta  bene ,  massime 
per  clri  si  tiene  in  con  to  d'  uomo  necessario. 

4.  In  congiunture  tanto  diflicili  i  nostri  Vescovi  giudicarono  ancor  essi 
che  fosse  loro  dovere  di  levar  la  voce  per  segnare  ai  fedeli  la  strada  da  se- 
guire.  Parler6  solo  del  Mandamento  dell' Era.  Cardinale  di  Maiines,  che 
fu  accettato  e  promulgato  ancora  dagli  altri  Yescovi  con  poche  gjuute.  Do- 
po aver  dimostrato  che  la  religione,  senza  avere  per  ufficio  speciale  di  reg- 
gere  gli  affari  temporali ,  non  pu6  tuttavia  rimanersi  indifferente  in  cose 
che  toccano  il  bene  de'  popoli ,  S.  E.  conchiude :  «  e  dovere  d'  ogrii  buon 
cristiano  di  concorrere  alia  felicita  della  sua  patria,  si  che  deve  a  tal  fi- 
ne sacrificare  la  sua  quiete,  sospendere  le  cure  de' suoi  affari  privali, 
esporsi  eziandio  a  qualche  danno  ed  agl'  incommodi  voluti  dal  bene  ge- 
nerale.  Pertanto  quelli  cui  compete  il  diritto  di  votare  sono  obbligati  in 
coscienza  ad  usarlo,  concorrendo  alle  elezioni.  Inoltre  gli  elettori  non  pos- 
sono  dare  il  proprio  suffragio  che  ad  uomini  i  quali  ne  siano  veramente  de- 
gni;  e  da  ultimo,  per  assicurare  buone  scelte,  debbono  convenire  insieme 
ed  intendersela  fra  loro,  immolando  se  occorre  le  particolari  opinioni ,  col 
ricordarsi  che  spesso  la  buona  scelta  dipende  da  un  solo  voto.  »  Sua  Emi- 
nenza  esorta  quindi  il  Clero  ad  essere  circospetto  e  prudente,  a  non  trattar 
politica  dal  pergamo,  a  guardarsi  da  ogni  insinuazione  odiosa ,  a  badare  di 
non  dar  appigli  al  nemico  che  si  studia  di  rapirgli  la  fiducia  dei  fedeli  per 
diffondere  poi  a  suo  bell'  agio  le  piu  false  e  perniciose  dottrine.  Protesta 
contro  gl'intendimenli  d'ambizione  o  di  cupidigia  onde  si  calunnia  il  Clero, 
€  iinisce  prescrivendo  preghiere. 

Questo  parlare,  che  lo  stesso  Giornale  dei  Dibattimenti  (a  cui  non  pu6 
farsi  rimprovero  di  troppo  bizzoco )  giudic6  moderate  ,  savio  e  decoroso , 
lino  a  dire  che  ne  ridondava  onore  al  Vescovo,  questo  parlare  non  Irovo  gra- 
zia  al  cospetto  de'nostri  giornali  libertini.  L'  Independance  s'ingegn6  di  sco- 
prirvi  per  entro  tutte  le  piu  esorbitanti  pretensioni  dell' alto  clero  a  dirigere 
ed  a  dominare  in  nome  della  Ghiesa  la  sfera  degli  interessi  temporali.  Questo 
giornale  spaccia  con  fronte  di  bronzo  ogni  maniera  di  bugie,  di  calunnie , 
di  assurdi  con  tanto  maggiore  audacia  quanto  piu  difficile  torna  a'  suoi 
molti  lettori,  sparsi  per  tutta  Europa,  1'accertare  la  verita  de'  fatli.  II  Gior- 
nale di  Liegi  che  6  stimato  organo  del  sig.  Frere,  os6  scrivere  sopra  i  Man- 
damenti  de'  Vescovi  che  «  con  simulate  parole  di  dolcezza  e  di  abnegazione 
i  nostri  Vescovi  sofiiano  in  cuore  a'  popoli  odio  e  collera,  abusando  cosi  nel 
modopiu  indegno  d'ogni  cosa  santa.  »  E  questo  scrisse  dopo  aver  detlo  nel 
mectesimo  articolo  che  «  il  Belgio  sta  divisoindue  fazioni  le  quali  parteg- 
giano  in  senso  opposlo  sopra  1'ampiezza  de'  poteri  die  voglionsi  lasciare  al 


CRONACA 

Clero,  e  sopra  I'inutilita  de'  convent!  e  delle  fraterie  nel  paese.  A  qucsto 
punto,  dic'egli,  si  riducono  in  sostanza  le  nostre  lotte  politiche.  »  Ond'  6 
chiaro  die  trattasi  di  nulla  meno  die  della  facolla  di  vivere  secondo  i  con- 
sigli  evangelici ,  e  pure  11011  si  vuole  clie  il  Clero  se  ne  mescoli !  Si  dovra 
dunque  far  capitate  deile  protestazioni  melate  della  Sioistra  e  delle  parole 
del  Ministro  sig.  Rogier?  La  vita  raonastica  non  ha  dunque  nulla  die  fare 
con  la  Cliiesa  e  non  soggiace  aU'autorila  spirituale?  11  Congresso  liberate,  a 
yero  dire,  organo  del  parti  to  progressisla,  avea  scritto  «  essere  loro  scopo  di 
non  solo  distruggere  la  politica  del  cattolicismo,  ma  si  annientarne  i  domnii 
siccome  funesti  all' umanila.  »  II  National ,  da  bucn  democratico ,  avea 
detto  che  «  quando  le  dottrine  loro  si  sarebbero  trasfuse  nelle  masse ,  il 
Belgio  sarebbe  dotato  d'  una  Costituzione  couforme  ad  uno  schietto  razio- 
nalismo,  senza  stipendio  al  clero,  senza  conventi,  senza  religiosi,  senza  che 
ipreti  si  mischiassero  nell'  opera  deli'insegnarnento  ecc.  Che  per  togliera 
gli  abusi  del  confessionale  eravi  un  solo  mezzo,  abolire  la  confessione  ecc.  •»• 
Or  bene!  Mentre  i  liberali  accettavano,  senz'altro,  1'aiuto  di  costoro,  pote- 
yano  i  Yescovi  stare  mutoli  in  silenzio?  No:  essihamio  parlato  non  gia  da 
politici ,  ma  da  Capi  spiritual!  epastori  delle  anime.  2\e  avcano  diritto,  ne 
aveano  dovere,  e  non  fallirono  all'ofiicio  loro.  Trista  cosa  e  che  .in  qucsto 
paese,  dov'  e  ammessala  separazione  dello  Stato  e  della  Chiesa,  si  senta  con- 
tinuamente  ogni  maniera  di  persone  a  discutere  quistioni  religiose ;  e  po- 
sciache  uomini  implacabili  nell'odio  loro  slrascinano  la  religione  nel  lezzo 
de'  giornali  settarii  e  nel  fango  delle  strade,  bisogna  pure  scendere  fino  ad 
essi  e  combatterli  senza  posa,  seguane  quel  che  puo  didanni  temporali. 

5.  I  Cattolici  scorati  ed  iaviliti  in  sulle  prime  dali'audacia  incredibile  der 
loro  avversarii  rriont'anli,  ripigliarono  1'animo  e  1'opera,  meno  per  isperanza 
d'una  vittoria  quasi  impossible  nelle  presenti  congiunture,  che  per  prote- 
•stare  col  loro  suffragio  contro  quella  fazione  che  vantavasi  d'  averli  sper- 
duti  ed  annientati.  A  ben  comprendere  quale  riuscisse  la  lotta  e  da  dire  al- 
cuna  cosa  delle  condizioui  in  che  trovavansi  gli  avversarii. 

6.  Da  lunga  pezza  la  siaistra  che  chiedeva  ed  aspettava  lo  scioglimento 
della  Camera,  avea  ricostituite  quelle  associazioni  poliliche  alle  quali  nel  U847 
aveadovuto  il  salire  al  potere.  Codeste  associazioni  hanno  un  presidente,  un 
tesoriere,  oratori,  agenti,  ufQciali  ecc.  Tutto  do  che  riguardalascelta  de'Gan- 
didati  e  il  modo  di  farli  intrudere  ed  acceltare  dagli  elettori,  fu  ventilate  e 
conchiuso  in  codeste  conveuticole,  propagini  dirette  delle  logge  Massoniche. 
Da  queste  ricevendo  la  parola  d'ordine,  agiscono  sopra  tutto  il  Belgio.,  con 
ispaventevole   siomltaueita  ed  eflicacia.  «  II  Grand'  Oriente,  dice  uu  rego- 
lamento  Massonico,  dev'essere  il  centro  dell'  impulso  per  cui  si  muovono 
tutte  le  logge,  le  quali  hanno  per  primo  loro  dovere  1'obbedire  pienamente 
alle  sovrane  sue  determinazioni.  »  A  tale  azione  potente  delle  associazioni 
si  congiunse  quella  del  Ministero,  che  non  s'era  mai  fatta  sentire. ultra  vol- 
ta  in  moJo  cosi  manifesto  e  scandaloso  nel  Belgio.  Sorto  dalla  sommossa,  il 
Ministero  dovea  sorreggersi  colla  violenza,  e  non  rifuggi  dail'usarla  vigoro- 
samenta.  V  ha  de'  Commissarii  di  Circondario  che,  .per  invito  Ministeriale, 
adoperarono  tulta  la  loro  autorita  a  piegare  i  Borgomastri.  Uno  d'essi,  che 
suppliva  a  Charleroy,  loro  ingiunse  in  noine  del  giuramento  prestato  al  Re, 


COMEMPORANEA  123 

€he  dovessero  sostenore  i  candidati  del  Governo,  e  combattere  il  sig.  Des- 
champs.  Un  antico  deputato  di  Termonrle  ,  Direttore  d'  una  polveriera  a 
Wetteren  emembro  della  famiglia  del  Governatore  d'Anversa,  ebbe  ordine 
di  rinunziare  allasua  Candidatura  sotto  pena  di  perdcre  1'impiego:  si  clie 
tre  giorni  prima  delle  elezioni  bisogn6  voltarsi  a  cercare  altro  candidate.  Di 
questi  falti  si  possono  recare  ben  mold,  che  chiariscono  anche  troppo  quan- 
to  bene  si  convenga  al  Ministero  il  sopranome,  con.  cui  e  designate,  della 
sommossa.  Finalmente ,  e  questo  fu  che  volse  a  maggior  danno  d.e'  Cattoli- 
ci,  congiurava  contro  i  conservator!  la  disposizione  momentanea  degli  spi- 
riti.  S'era  tanto  gridato  da'giornalilibertinisopra  la  legge  del  convent!,  del- 
la  risurrezione  della  raanomorta,  delle  decime,  della  restituzione  dei  beni, 
di  testament!  carpiti ,  di  dominazione  clericale  ecc. ,  che  malgrado  le  pro- 
testazioni  dei'Vescovi  e  gli  schiarimenti  dati  da!  giornali  cattolici,  molt! 
illusi  credeano  davvero  che  il  Glero  volesse  tornare  tutti  al  medio  evo,  ri- 
stabilire  una  specie  di  teocrazia,  e  rovesciare  tulto  il  presente  ordine  di 
leggi  ed  istituzioni  del  Belgio.  Per  poco  non  si  credeva  la  patria  condotta  al- 
restremo  de'pericoli:  e  i  dabben  uomini,  al  sentirsi  scongiurare  in  nome  del 
Re,  delle  leggi,  della  Gostituzione,  della  Religione  e  de'loro  medesimi  inte- 
ressi,  a  salvare  la  patria  dal  precipizio,  da  vans!  vinti  e  si  lasciavano  condur- 
re  al  piacere  de'libertini  per  paura  d'una  disaslrosa  rivoluzione. 

Tattavolta  i  Gattolici,  alia  vista  di  codesti  ostacoli  e  forse  appunto  perci6 
messi  in  puntiglio  di  affrontarli,  credettero  necessario  di  fare  da  parte  loro 
il  possibile  onde  unirsi  e  stringersi  insieme  contro  assalto  cosi  formidabile. 
In  certi  luoghi  cio  f u  fatto  troppo  tardi ;  ma  con  tale  ardore  da  lasciare  spe- 
ranza  che  col  tornare  abonaccia  la  cosa  pubblica,  forse  loro  verra  ottenuto 
1'intento.  La  lotta  fu  sostenuta  vigorosamente  anche  nelle  Cilta  in  cui  da 
molti  anni  i  Conservator!  s'erano  sempre  astenuti  dal  parteciparvi.  II  libe- 
ralismo  regnava  senza  rivale  a  Brusselle  che  e  sua  sede,  ed  a  Liegi  che  gli 
tien  luogo  di  fortezza.  Or  bene:  aBruxelles  ed  a  Liegi  i  Gandidati  Gattolici, 
sebbene  non  eletti,  pure  riportarono  buon  numero  di  suffragi;  e  ad  Anver- 
sa,  a  Gand,  a  Bruges  poco  manc6  non  rimanessero  vincitori.  Nelle  altre  cit- 
ta  poi  i  vantaggi  andarono  divisi  fra  le  due  parti. 

7.  Egli  e  vero  per6  che  i  Conservator!,  comes'  aspettavano,  ebbero  una 
vera  sconfltta  materiale,  cioe  pel  numero   de'  loro  eletti.  La  parte  liberale 
«he  non  avea  piu  di  44  suffragi,  ora  ne  conta  69;  per  contrario  la  parte 
Cattolica  che  ne  aveva  64,  ora  6  rimasta  con  39.  Uno  de'  piu  celebri  cam- 
pioni  cattolici,  il  sig.  Deschamps,  fu  vinto  a  Charleroy  dall'ostinata  opposi- 
zione  del  Ministero.  Lo  stesso  ostracismo  fu  pronunziato  ad  Anversa  contro 
il  Barone  Osy,  una  delle  nostre  glorie  nazionali.  Tre  de'  caduti  Ministri,  iL 
sig.  Mercier,  il  sig.  Nothomb,  il  sig.  Dumon  furono  combattuti  accanila- 
mente,  e  soggiacquero.  II  sig.  Delehaye,  antico  presidente  della  Camera,  non 
fu  piii  rieletto. 

8.  I  liberal!  inneggiano  alia  loro  vittoria.  II  Belgio  col  suo  voto  di  ieri  ha 
salvato  la  causa  deH'inciyilimento  ,  dice  il  Giornale  di  Liegi.  Esso  ha  cosi 
meritato  1'  affetto  ed  il  plauso  di  tutta  Europa,  dice  1'  Observateur,  organo 
delle  logge  di  Brusselle.  II  paese  e  salvato,,  dice  il  Giornale  di  Gand,  le  no- 
stre liberta  resteranno  incolumi  e  salde ;  ma  pensiamo  al  domani,  raddop-- 


124  CRONACA 

piamo  gli  sforzi  per  ischiacciare  il  nemico  pubblico.  L'lndependance  poi  salta 
fuori  a  dire  con  tutta  gravita,  che  il  trionfo  e  compinto. 

Senza  dubbio  noi  siamo  vinti ;  ma  da  questo  all'essere  schiacciati  eridolti 
a  niente  corre  gran  tratto.  Imperocche,  secondo  il  calcolo  fatto  dalla  Gaz- 
zetta  diLiegi,  dei  77,000  votanti  che  concorsero  alle  elezioni  del  10  Dicem- 
bre,  la  parte  cattolica  ne  riporl6  piu  di  36,000;  cioe  a  dire  circa  5,000  di 
meno  che  la  parte  libertina,  e  ci6  in  forza  delle  arti  e  delle  congiunlure 
mostratepiiisopra.  Sedata  la  passione,  e  meglio  considerate  le  cose,  la  no- 
stra  parte  ripigliera  il  suo  posto;  purche  tuttavia  vi  si  accinga  con  piii 
efficacia,  e,  dando  maggiore  ampiezza  alia  stampa  cattolica,  si  contrapponga 
arditamente  e  con  perseveranza  al  male  che  si  fa  dagli  organi  audaci  delle 
logge  massoniche. 

Ci6  che  ci  duole  davvero  si  e  che  neppure  le  cose  del  10  Dicembre  siano 
passate  senza  eccessi  e  senza  violeuze.  A  tacere  d'  altri  fatti,  basti  dire  che  a 
Malines,  dove  risiede  S.  E.  il  Cardinale,  i  Cattolici  riuscirono  vincitori.  Per- 
cio  la  notte  appresso,  a  furia  di  sassate,  si  sfondarono  le  invelriate  della  casa 
del  deputato  eletto,  con  accompagnamento  di  grida  e  fischi  ed  ogni  manie- 
ra  di  contumelie. 

9.  II  giorno  15  del  corrente  mese  di  Dicembre  si  apriranno  le  Camere.  Pro- 
babilmente  poco  si  sapra  sopra  le  condizioni  che  il  Ministero  ci  prepara  per 
1'  avvenire.  Ma  qualche  cosa  scopriremo  delle  sue  intenzioni ,  e  bisognera 
pure  che  egli  esca  da  quelle  formole  vaghe  ed  equivoche  in  cui  s'  avvol- 
ge.  Volesse  Iddio  che,  governando  dirittamente,  egli  facesse  dimenticare  il 
vizio  della  sua  origine  e  del  suo  potere.  Volesse  Iddio  che  davvero  prendes- 
se  ad  attuare  il  principio  cosi  pornposamente  proclamato  nel  Manifesto 
della  Sinistra,  cioe  che  la  moderazione  e  1'immutabile  divisa  de'  buoni  Go- 
Yerni.  Ci  basterebbe  quasi  ch'egli  non  mentisse  a  se  stesso,  e  rispettasse  la 
religione  ed  i  suoiministri;  poiche  con  questo  avremmo  il  rimanente. 

QUESTIONI  VARIE  1.  Ducati  danesi  —  2.  Principati  Danubiani  —  3.  Navigazionc 
del  Danubio  —  4.  Giunta  delle  frontiere  russe  e  lurche  —  b.  Mar  Nero  —  6. 
Lord  Redcliffe  e  1'  Istmo  di  Suez  —  7.  La  Turchia  e  1'isola  di  Perim  —  8. 
Una  ragione  per  farsi  turco  trovata  dal  giornale  dei  Debats.  —  9.  Indie  in- 
glesi. 

1.  Benche  la  questione  dei  Ducati  danesi  sia  ora  raccomandata  alia  Diela 
germanica,  non  per  ci6  seguono  meno  ad  occuparsene  le  altre  Potenze  e  spe- 
cialmente  la  Russia.  Quesla,  secondo  che  si  legge  in  una  corrispondenza 
recata  dal  Constitutionnel,  scrisse  teste  al  Governo  danese  che  essa  non  pu6 
piu  rimanere  semplice  spettatrice  deU'affare  dei  Ducati,  il  quale,  col  tempo, 
non  pu6  non  far  nascere  gravi  diflicolta  e  pericoliper  1'turopa.  I  Governi 
tedeschi  fecero  fki'oraprova  di  saviezza  e  di  coriciliazione :  locca  dunque 
ora  alia  Danimarca  di  venire  a  vere  concessioni  di  fatto  verso  i  Ducati.  La 
nota  russa  conchiude  protestando  che  il  Governo  di  Pietroburgo  non  inten- 
de  operare  in  questo  che  per  sentimento  di  giustizia  e  non  per  ricavarne 
qualche  utile  per  se.  La  quale  nota,  dice  il  corrispondente  del  citato  foglio 
francese,  non  reco  punto  piacere  al  Governo  di  Prussia,  benche  paia  secon- 


CONTEMPORANEA  125 

dare  i  suoi  intent!  nell'esito  dell'affare.  E  la  causa  del  dispiacere  precede,  df- 
cono,  dalla  voglia  che  ciascuno  ha  di  essere  1'esclusivo  protettore  de'  Ducati; 
non  tanto  ,  per  proteggere  i  Ducati,  quanto  per  avereil  titolo  e  gli  onoridi 
protettore.  Altri  aggiungono  che  la  Russia  potrebbe  perl'avvenire  proteggere 
invece  la  Danimarca  contro  i  Ducati ,  se  quella  volesse  rinunziare  alle  sue 
idee  di  alleanza  colla  Svezia.  Tutto  ci6  si  dice  ora  in  Berlino ,  secondo  la 
delta  corrispondenza;  dal  che  si  pu6  conchiudere  che  i  Ducati  sono  forse 
nel  caso  di  poter  citare  per  se  il  proverbio  dei  Promessi  Sposi «  Volete  avere 
amici  e  protettori?  Fate  di  non  averne  bisogno  ».  Anche  si  parla  dai  giornali 
tedeschi  di  un  dispaccio  del  Conte  Walewski  indirizzato  ai  rappresentanti  della 
Francia  presso  le  corti  forastiere  sopra  la  stessa  questione  dei  Ducati.  Secon- 
do i  detti  giornali  il  dispaccio  dice:  non  avere  fin  ora  la  Francia  nulla  detto 
ne  operate  di  ufficiale  intorno  a  quest' affare :  riconoscere  lei  il  diritto  della 
Dicta  Germanica :  ma  non  potersi  pure  negare  che  una  questione  che  tocca 
rintegrita  della  Danimarca  pu6  esigere  1'  intervento  degli  altri  potentati. 
Conchiude  col  dichiarare  che  la  Francia  per  ora  tace  la  sua  opinione,  ri- 
serbandosi  di  operare  poi  secondo  che  operera  la  Dieta  Germanica,  lascian- 
do  cosi  intendere  che  essa  non  approvera  una  decisione  che  smembrasse 
la  monarchia  danese. 

2.  II  divano  di  Yalachia,  prima  di  essere  sciolto  dalla  Porta,  (se  pure  e 
vero  lo  scioglimento  dei  divani  annunciato  da  alcuni  giornali )  hapresauna 
curiosa  deliberazione:  stabili  cioe  che  il  suo  voto  in  favore  dell'  unione  colla 
Moldavia  dovea  essere  subordinate  alia  possibility  di  ottenere  un  Principe 
straniero  ereditario.  Se  cio  non  si  pu6  ottenere  la  Valachia  intende  di  far  da 
se.  E  siccome  e  molto  facile  che  il  Principe  straniero  non  si  trovi  o  non  si  ap- 
provi  dal  congresso  di  Parigi,  cosi  si  pu6  credere  fin  d'ora  che  dei  due  divani 
uno  avra,  in  ultima  analisi,  votalo  contro  1'unione.  La  Porla  poi  e  ora  occupata 
nel  preparare  un  disegno  di  costituzione  moldovalacca  dapresentare  all'  ap- 
provazione  del  congresso.  Secondo  le  notizie  che  di  tal  disegno  ci  da  tin 
d'  ora  il  Mercurio  di  Svevia  ,  esso  consiste  nel  proporre  un  Principe  per 
ciascun  principato,  scelto  a  vita,  tra  le  principal!  famiglie  del  paese  e  con- 
fermato  dalla  Porta.  I  due  ospadari  avranno  poi  aggiunto  un  corpo  delibe- 
rante,  la  cui  autorita  non  si  slendera  che  alle  question!  d'  interna  ammini- 
strazione.  La  qualedovendo  essere  comune  ai  due  paesi,  i  corpi  deliberanti 
si  rauneranno  talvolta,  ora  a  Yassy  ed  ora  a  Bucharest,  per  trattare  insieme 
gli  affari. 

Mentre  per6  la  Porta  pensa  al  come  reggere  nell'  avvenire  i  principal, 
non  lascia  di  fare  quello  che  puo  per  tirare  al  suo  parere  i  potentati  che  do- 
vranno,  nel  congresso  di  Parigi,  decidere  la  cosa,  e  perci6  moltiplica  note  e 
lettere  circolari.  Ad  una  delle  quali  rispondendo  il  Principe  Gortschakoff  a 
nome  della  Russia,  sotto  la  data  dei  17  Novembre,  incarica  molto  recisamen- 
te  1'  ambasciatore  russo  in  Gostantinopoli  di  far  sapere  ad  Aali  Pascia  che  la 
Russia  non  intende  di  trattare  tal  questione  colla  Porta  ma  bensi  nel  solo 
congresso.  L' Ambasciatore  non  mancd  di  leggere  il  dispaccio  ricevuto  al 
gran  Visire,  il  quale  dicesi  che  rispondesse  che  quell'  altiero  dispaccio  era 
un  anacronismo  e  che  evidentemente  il  Principe  Gortschakoff  nello  scriver- 
lo  si  era  immaginato  di  vivere  dopo  il  trattato  di  Adrianopoli,  quando  la 


126  CRONACA 

Turchia  era  costretta  a  ricevere  dalla  Russia  la  legge,  e  prima  del  trattato 
diParigi. 

3.  L'  articolo  15  del  trattato  di  Parigi  vuole  che  le  massime  stabilite  dal 
Congresso  di  Vienna  perregolare  la  navigazione  dei  fiumi  che  toccano  varii 
Stali  e  sancirne  la  liberta  del  commercio,  siano  applicate  al  Danubio  eel  alle 
sue  foci.  Lo  stesso  articolo  aggiunge  che  questa  applicazione  dee  d'  ora  in- 
nanzi  far  parte  del  diritto  pubblico  europeo  e  che  percio  i  polentati  con- 
traenti  la  prendono  sotto  la  loro  guarentigia.  Per  assicurare  poi  1'esecu- 
zione  di  questa  clausula  1'  articolo  16  prescrive  1'  istituzione  di  una  giunta 
europea  composta  dei  delegati  delle  sette  potenze  contraenti.  Questa  giuiita 
era  incaricata  di  stabilire  e  far  eseguire  i  lavori  necessarii  per  agevolare  la 
navigazione  nelle  foci  del  Danubio  e  nelle  parti  del  mare  che  loro  si  appres- 
sano.  Ollre  questa  giunta  di  natura  sua  temporanea,   1'  articolo  17  ne  isti- 
tujsce  un'altra  permanente  composta  dei  delegati  di  tutte  le  potenze  litorali 
del  Danubio,  cioe  dell' Austria,  della  Baviera,  della  Turchia,  del  Wurtem- 
berg,  dei  tre  principati  Danubiani,  Valachia,  Servia  e  Moldavia.  Scopo  di 
questa  giunta  si  e  di  preparare  le  leggi  di  polizia  e  di  navigazione  fluviatile, 
e.di  togliere  tutti  gli  ostacoli  alia  libera  navigazione  del  flume.  La  prima 
giunta  europea  e  temporanea  si  occup6  del  suo  mandate  in  Galatz,  la  se- 
conda  in  Vienna;  ed  avendo  ora  ambedue  compiuta  1'operaloro,  i  giornali 
annunziano  che  il  Gongresso  future  di  Parigi  dee  ora  occuparsi  di  appro- 
varla.  Parecchie  rimoslranze  si  annunziano  contro  i  decreti  delle  giunte  per 
parte  dell' Austria  e  della  Turchia  t,  delle  quali  giudichera  il  Gongresso 
di  Parigi. 

4.  L'  articolo  30  dello  stesso  Traltato  voleva  che ,  rimanendo  nello  slato 
anteriore  alia  guerra  le  frontiere  della  Russia  e  della  Turchia  in  Asia,  una 
giunta  per6  si  occupasse  in  sul  luogo  della  verificazione  e  rettificazione  del- 
le frontiere.  La  giunta  doveaessere  composta  di  due  delegati  della  Russia, 
due  della  Turchia,  uno  della  Francia  ed  uno  dell'  Inghilterra.  I  suoi  lavori 
sono  flniti  solamente  poco  fa,  secondo  che  annunzia  il  Moniteur,  il  quale  ag- 
giunge che  la  giunta  ha  sottoscritto  in  Coslantinopoli,  il  cinque  del  mese  di 
Dicembre,  1'atto  finale  che  pone  in  chiaro  il  risultato  di  sue  osservazioni. 

5.  Era  pure  stato  deciso  dal  trattato  di  Parigi  che  il  mar  Nero  dovesse  es- 
:sere  mare  libero  alia  navigazione  ed  al  commercio  di  tutte  le  nazioni.  Ma 
venutosi  alia  esecuzione,  la  Russia  dichiar6  per  buone  ragioni  chiusi  al  com- 
mercio i  porti  in  sul  lido  della  Gircassia  ed  aperti  al  commercio  solamente 
quelli  di  Anapa,  di  Sukum-Kale  e  di  Redut-Kale.  Del  che  essendosi  lagnate  la 
Francia ,  1'Inghilterra ,  1' Austria  e  la  Turchia ,  pubblicano  ora  i  giornali  una 
nota  russa  in  cui  sono  loro  date  le  risposte  che  non  possono  non  essere  tro- 
vate  soddisfacenti.  Giacche  la  Russia  fa  osservare  che  essa  ha  il  diritto  di 
chiudere  certi  porti  ai  quali,  secondo  che  gia  e  accaduto  piii  volte,  si  acco- 
stano  navigli  carichi  di  armi  destinate  ai  popoli  coi  quali  la  Russia  e  in  guer- 
ra. Si  ammettono  poi  i  legni  commercial!  nei  soli  tre  porti  suddetti  perche 
-cola  solamente  si  trovano  ora  le  necessarie  fabbriche  di  quarantena  e  di 
-dogana. 

6.  Secondo  che  si  scrive  da  Gostantinopoli  al  Constitutionnel,  Lord  Red- 
«cliffe ,  ambasciatore  inglese  presso  la  sublime  Porta ,  ed  uso  cola  a  coman- 


COMEMPORANEA  127 

dare  anzi  che  a  rappresentare  il  suo  Governo ,  dopo  le  ultimo  diflerenze 
avute  coU'ambascialore  diFrancia  per  causa  ddl'annullamonto  delle  prime 
elezioni  del  principal  e  poi  della  mutazione  del  Ministero  larco ,  ha  per- 
duto  molto  della  sua  antica  prcpotcnza.  Siccome  per6  la  sola  sua  presenza 
in  Coslantinopoli  e  un  continue  inciampo  al  regolare  andameoto  delle  cose, 
cosi  fu  ora  invitato  molto  caldamente  dai  suo  Governo  ad  usare  del  conge- 
do  concedutogli ,  ritornando  per  qualche  tempo  almeno  in  Inghilterra.  La 
sua  partenza  e  ora  annunziata  da'giornali,  i  quali  aggiungono  che  forse  egli 
si  rechera  a  Vienna  per  stringere  sempre  meglio  la  sua  allcanza  e  quella- 
della  sua  corte  col  Gabinetlo  austriaco. 

Una  delle  cose  piu  osteggiate  da  Lord  Redcliffe  si  e  1'apertura  deU'istmo 
di  Suez,  alia  qualc  egli  fu  finora  cosi  opposto  che  non  valse  ad  ismuoverlo 
neppure  la  volonta  presso  che  uuiversale  del  mondo  di  vedere  attuata  si 
grande  opera  e  si  commoda  via  di  commercio.  Come  poi  egli  solo  sia  riu- 
scito  ad  opporsi  a'voti  comuni  si  spiega  dai  giornali  coll'  influenza  ed  au- 
torita  che  riusci  ad  esercitare  sopra  il  Sultano  senza  il  cui  consenso  non  e 
possibile  aprire  quella  via.  La  Francia  per6  non  avea,  dicono,  manifestata  li- 
nora  la  sua  volonta  con  nessun  alto  ufliciale.  Ma  ora,  secondo  alcune  cor- 
rispondenze,  il  Governo  francese  presenlo  alia  Porta,  per  mezzo  del  suo  am- 
basciatore  sig.  Thouvenel,  una  nota  in  cui  chiede  formalmente  il  suo  assen- 
so  per  T  apertura  deir  istrno.  Non  si  sa  che  la  Porta  abbia  iinora  risposto 
nulla:  e  per  questo  motive  ,  aggiungono  allri,  Lord  Redclifi'e  si  reca  ora 
in  Inghilterra.  Recenti  dispacci  poi  annunziano  che  il  signer  Lesseps  dee 
fra  breve  chiedere  alia  Turchia  un  firmano  per  oltenere  il  taglio  dell'istmo. 
La  domanda  sara  secondata  dai  rappresentanti  dei  Governi  di  Austria,  Fran- 
cia, Russia  e  Spagna. 

7.  Si  ricorderanno  i  nostri  lettori  della  possessione  presa,  non  ha  molto,  dal- 
la  Gompagnia  delle  Indie  dell'isola  di  Perim  nel  mar  rosso  e  delle  proteste 
della  Turchia  iinora  vane.  Ora  ritornando  i  giornali  sopra  questo  fatto,  nar- 
rano  che  la  Porta  non  intende  abbandonare  il  suo  dirilto,  e  che  essa  e  piu 
disposta  che  mai  a  farlo  valere  con  tulti  i  mezzi  che  ha  nelle  mani.  Essi 
pcr6  si  ridurranno  probabilmente  a  soli  negoziati  ed  a  nuove  proteste. 

8.  E  poiche  siamo  in  sul  discorrere  della  Turchia,  fiuiremo  col  far  sape- 
re  ai  nostri  lettori  come  il  Giornale  dei  Debats,  nel  suo  N.  dei  7  Dicembre. 
in  un  articolo  sottoscritto  dai  sig.  Pellissier  de  Reynaud  ,  dubita  forte  se  sia 
piu  benemerito  dell'  umanita  il  maomeltanismo  o  il  cristianesimo.  Ecco  le 
sue  parole  «  Si  sa  che  la  schiavitii  e  presso  i  Turclu  molto  piu  dolce  che  non 
in  America  ed  in  Russia.  Sarebbe  dunque  un  grande  errore  il  credere  che 
F  islamismo  e.piu  uemieo  della  liberta  civile  dell'  uomo  che  non  il  cri- 
stianesimo. lo  credo  auzi  che  quest'  ultima  religione  e  lungi  dall'  aver  con- 
tribuilo  quanto  si  dice  a  far  sparire  la  schiavitii  da  una  parte  di  questo  mon- 
do ».  Forse  Tun  giorno  o  1'altro  il  giornale  deiDebals  consigliera  laFraneia 
di  rendersi  maomettana ,  per  riconquistare  cosi  la  liberla  civile  che  egli 
ogni  gioruo  vi  piange  perduta. 

9.  Dopo  la  presa  di  Delhi  i  giornali  non  ci  parlano  che  di  Lucknow  la 
quale  merita  tulta  Fattenzione  che  le  si  concede,  considerate  ch'  essa  e  ora 
il  nuovo  centre  della  ribellione  indiaaa,  a  cui  fanno  capo  tutti  i  ribelli  sbaa- 


128  CRONACA  CONTEMPORANEA 

dati.  Lucknow  e  una  citta  plena  di  ribelli  i  quali  assediano  la  fortezza  difesa 
ancora  da  pochi  inglesi,  e  sono  assediati  dai  General!  Havelock  ed  Outram 
assediati  essi  pure  da  altro  esercito  di  ribelli  die  ascendono,  chi  dice  a  50  , 
e  chi  a  70  mila  uomini.  Questa  almeno  e  1'  idea  piu  chiara  che,  in  tanta 
eonfusionc  di  notizie  e  di  dispacci,  si  pu6  dare  delta  posizione  cola  delle 
truppe.  I  General!  Havelock  ed  Outram,  mentre  correvano  all'aiuto  di  Luc- 
kuow,  aveano  per  via  tolto  ai  ribelli  il  forte  di  Allumbagh,  collocandovi  un 
presidio  di  800  inglesi.  Ora  accade  che  tra  Cawnpore  ed  Allumbagh  sono  li- 
bere  le  comunicazioni,  le  quali  pero  sono  dai  ribelli  interrotte  tra  Allumbagh 
e  Luckuow  che  non  sono  distant!  per6  piu  di  tre  miglia.  Donde  nasce  che , 
siccome  gia  accadeva  dintorno  a  Delhi,  cosi  ora  intorno  a  Lucknow,  gli  ingle- 
si sono  tutt'  insieme  assediati  ed  assedianti.  Qual  sia  pero  il  vero  stato  delle 
cose  e  impossibile  saperlo,  giacche  dai  26  di  Settembre,  quando  la  fortezza 
fu  soccorsa,  lino  ad  ora,  non  se  ne  poterono  piu  avere  notizie  certe.  Si  sapeva 
pero  che  gl'  Inglesi  chiiisi  uel  forte  di  Lucknow  poteano  difendersi  lino  ai  10 
di  Novembre.  Cio  posto  s'  intende  perche  da  ogni  lato  accorrano  gli  Inglesi 
yerso  quel  nuovo  centre  dei  ribelli.  Dall'un  lato  il  piccolo  corpo  del  colonello 
Greathed,  dopo  unitosi  a  quello  del  Generate  Grant,  si  avvi6  verso  Ca\vnpore, 
dove  giunse  il  26  Ottobre.  Dall'altro  il  capitauo  generate  Sir  Colin  Campbell, 
partito  di  Calcutta  il  27  Ottobre,  e  pure  arrivato  in  Cawnpore,  dove  fecero 
parimente  capo  parecchi  altri  corpi  staccali:  di  Cawnpore  mosse  Y  esercito 
inglese,  di  circa  10  mila  uomini,  verso  Allumbagh,  coll'intenzione  di  rista- 
bilire  le  comunicazioni  tra  questa  residenza  e  Lucknow. 

Paiono  dunque  le  cose  prepararsi  per  uno  scontro  decisive  sotto  Lucknow 
tra  gli  inglesi  ed  i  ribelli :  il  quale  mentre  si  attende,  vano  sarebbe  il  nar- 
rare  minutamente  certi  speciali  accidenti  di  feriti,  di  morti  e  di  pericolati, 
dei  quali,  in  mancanza  di  altro,  sono  pieni  i  dispacci  indiani.  Cosi  si  dice 
che  furono  feriti  in  Lucknow  il  generate  Outram  ed  il  capitano  Havelock : 
che  lo  stesso  generalissimo  Campbell  corse  grave  pericolo  di  essere  preso  pri- 
gione  da  una  banda  d'  Indiani :  che  un  corpo  di  250  inglesi  fu  sconfitlo  dat 
ribelli  i  quali  ne  uccisero  la  meta,  ed  altrettali  casi  comuni  ad  ogni  paese 
in  armi. 

Mentre  per6  1'  attenzione  speciale  dei  ribelli  e  degl'  inglesi  e  volta  sopra 
Lucknow,  tutta  I'lndjae  plena diagitazione  e  di  tumulti.  11  che  ora  confes- 
sa  anche  il  giornale  dei  Debats,  il  quale  dice,  che  tutte  le  parti  della  presi- 
denza  del  Bengala,  cui  le  truppe  inglesi  non  difendono ,  sono  pienamente 
disordinate  e  corse  da  bande  di  Cipai  disciolti  capitanate  da  indiani  che  re- 
cano  da  per  lulto  il  saccheggio  e  la  devaslazione. 

Lo  slesso  Giornale  si  scaglia  ora  piu  che  per  1'  innanzi  oontro  le  carni- 
ficine  cmdeli  che  tutte  le  corrispondenze  dicono  eseguite  dagli  Inglesi  nel- 
V  India;  e  nel  K°.  dei  6  Dicembre  dice  appunto  cosi  « Si  narra  che  un  ora- 
tore  inglese,  nelcelebre  giorno  dell'' umiliazione  edel  digiuno,  confessasse 
che  fosse  per  il  loro  orgoglio ,  fosse  per  le  loro  invasion! ,  il  certo  si  era 
che  gli  Inglesi  erano  poco  amati  nel  mondo.  Vi  ha  molto  di  vero  in  que- 
sto  detto:  e  certamente  non  sono  le  present!  crudelta  inglesi  nell'  India 
quelle  che  condurranno  il  mondo  a  sentiment!  piu  cordial!  verso  1'  Inghil- 
terra  ». 


DI  TRE  GRADI  DI  YIVENTI 


I. 

Diversita  dei  corpi  viventi  dai  non  vivenli. 

Gli  esseri  natural!  che  compongono  quest'  universe  sensibile,  si 
dividono,  come  in  due  grand!  calegorie,  in  corpi  bruti  o  non  vi- 
venti,  e  in  corpi  viventi.  I  viventi  poi  di  bel  nuovo  si  ripartiscono 
in  due  classi,  in  quella  cioe  delle  piante,  che  esercitano  funzioni 
vegetative,  e  in  quella  degli  animali,  che  oltre  al  vegetare  sono  do- 
tati  della  virtu  di  sentire.  Quindi  sorge  la  gran  divisione  nei  cosi 
detti  tre  regni  della  natura :  il  regno  minerale,  il  regno  vegetale,  il 
regno  animale.  Al  primo  appartiene  il  solo  essere;  al  secondo  1'  es- 
sere  e  la  vita  •,  al  terzo  1'  essere,  la  vita  e  il  senso :  ed  a  capo  di  tutti 
e  tre  questi  regni  sta  1'  uomo,  che  quasi  vertice  di  una  triangolare 
piramide  tutti  e  tre  li  unifica  nella  individuality  della  sua  natura,  e 
merce  della  vita  intellettuale,  di  cui  e  partecipe,  inizia  un  ordine 
assai  piu  sublime,  quello  cioe  degli  spiriti,  coi  quali  rannodando  il 
mondo  corporeo  viene  a  dare  continuita  all'  universo. 

Dovendo  noi  mostrare  come  1'  anima  intellettiva  e  principio  di 
tutta  la  vita  dell'  uomo,  ci  e  forza  analizzare  la  vita  in  se  stessa  e 
cercarne  la  verace  sorgente.  Al  che  ci  spianeremo  la  strada  col 

Serin  111,  vol.  IX.  9  31  Dectmbre  1857. 


-130  DI  TRE  GRADI  DI  VIVENTI 

ricordar  brevemente  i  caratteri  proprii  di  ciascuno  dei  tre  gradi  di 
vita,  notando  le  precipue  differenze  che  distinguono  i  viventi  dai 
corpi  privi  di  vita,  gli  animali  dai  semplici  viventi,  1'  uoino  dai  sem- 
plici  animali. 

E  cominciando  dai  grado  piu  basso  * ,  la  prima  c  piu  ovvia  discre- 
panza,.  che  ci  si  offre,  si  e  che  i  corpi  viventi  sono  organic!,  i  non 
viventi  inorganici.  Imperocche  laddove  la  materia  bruta  non  vi  pre- 
senta  che  una  sostanza  omogenea  nelle  sue  parti,  in  ciascuna  delle 
quali  si  verifica  la  stessa  natura ;  i  vegetali  per  contrario  vi  mostra- 
no  un  composto  di  parti  dissimili  piu  o  meno  artiflziate,  che  colla 
loro  meravigliosa  costruzione  si  prestano  ad  usi  diversi.  Un  mine- 
rale,  sia  verbigrazia  uu  pczzo  di  ferro  o  di  zolfo,  in  tutta  la  sua  mas- 
sa  e  similare;  esso  serba  la  sua  essenza  tanto  nel  tutto  insiemey 
quanto  nella  menoma  delle  suemolecole;  Y  aggregate  delle  medesi- 
me  non  e  condizione  richiesta  ne  alia  sua  esistenza  ne  alia  sua  spe- 
cifica  operazione.  Anzi  neppure  una  figura  partioolare  e  necessaria 
a  siffatti  esseri  •,  potendo  voi  conformarli  in  qualunque  foggia  meglio 
vi  aggrada,  e  fame  a  cagion  d'esempio  un  globo,  un  cubo,  un  cono, 
un  prisma  e  va  dicendo. 

Vero  e  che  i  corpi  generalmente  parlando,  quando  passano  senea 
interruzione  o  turbamento  dailo  stato  liquido  o  fluido  allo  statoso- 
lido,  tendono  a  prendere  figure  regolari  secondo  leggi  di  simmetria 
proprie  di  ciascuna  specie;  e  ci6  mostra  la  mente  del  sommo, Geo- 
raetra  nel  determinar  le  forme  della  natura.  Ma  questa  regolari ta  di 
configurazione,  sotto  cui  le  molecole  de'  corpi  si  raggruppano  cristal- 
lizzandosi,non  muta nel' essenza  ne  Toperare  di  quella  data  sostan- 
za, e  si  avvera  egualmente  coroe  nel  tutto  cosi  nei  piu  minuti  rudi- 
inenti  della  medesima.  E  per  r.ecarne  qualche  esempio,  un  cristallo  di 
oarbonato  di  calce  o  di  protossido  di  manganese  vi  presenta  un  bel 
romboedro,  che  ad  occhio  nudo  crederebbesi  intero.  Ma  se  voi  a 
mirarlo  vi  aiutate  del  microscopic,  voi  lo  scoprirete  composto  d'  in- 

1  Plantae  secundum  ultimam  rcsonantiam  vitae  habent  vivere.  DIONYSIUS 
J)e  divinis  Nominibus  c.  6. 


DI  TRE  GRADI  DI  VIYENTI  131 

numerevoli  pezzetti  dotati  della  stessa  figura,  e  qaesti  parimente 
di  altri  piu  piccoli,  fino  a  non  poterne  discernere  i  primordial!  ele- 
menti.  Che  se  non  tutti  i  cristalli  ofirono  nel  taglio  successive  delle 
loro  laminette  la  stessa  conformazione  di  parti,  sicche  il  nocciolo 
che  in  fine  si  ottiene  mostra  talora  una  forma  assai  diversa  or  piu 
or  meno  composta  dell'intero;  cio  si  vuol  recare  al  modificarsi  che 
fanno  di  mano  in  mano  le  faccette  laterali  pel  soprapponimento  di 
norelli  piani  sui  loro  spigoli  o  sui  loro  angoli  solid! .  Ma  1'  omoge- 
neita  delle  parti  ha  luogo  ancora  qui,  ne  si  scorge  ombra  di  vero 
organismo,  cioe  di  struttura  moltiplice  e  svariata  che  serva  di  stru- 
mento  a  diverse  funzioni. 

All'  opposto  pigliate  un  vegetale,  qual  piu  vi  talenta;  ed  esso  vi 
presentera  sempre  un  tutto  fornito  di  peculiar  costruttura,  la  qua- 
le  non  si  trova  in  ciascuna  delle  sue  discernibili  parti ,  e  rimossa 
la  quale  ne  1'  operare  ne  1'  esistenza  piu  resta  di  quel  vivente.  Ci6 
potrebbe  mostrarsi  fin  nelle  alghe,  nei  funghi,  nei  licheni,  il  cui 
organismo  e  dei  piu  semplici  che  si  trovino  in  natura.  Ma  per  ser- 
yirci  di  esempii  piu  conosciuti,  si  ponga  mente  a  qualsivoglia  pianta 
veduta  in  un  giardino  o  in  una  villa.  Sia  verbigrazia  un  salcio,  un 
larice,  un  pino.  Standoalle  parti  piu  ovvie,  in  codesti  vegetali  ci  ha 
le  radici,  per  le  quali  come  per  altrettante  bocche  essi  attraggono 
dalla  terra  gli  umori  da  convertirsi  in  loro  alimento.  Ci  ha  il  tron- 
co  col  suo  midollo,  col  suo  sistema  legnoso  e  corticale,  co'suoi  di-- 
versi  strati  di  cellule  e  di  fibre ,  coi  vasi  opportune  al  passaggio 
del  succo  nutritive  delle  singole  parti.  Ci  ha  infine  le  foglie  che,  co- 
me i  polmoni  o  le  branchie  o  le  trachee  negli  animali,  servono  alia 
loro  respirazione.  E  cio  diciamo  in  generale  ,  per  non  discendere 
senzabisogno  alia  piu  minuta  descrizione  dei  tanti  organi  che  vi  si 
possono  notare,  dalla  cellula  primitiva  fino  ai  piu  avviluppati  e  arti- 
fiziosi  tessuti  fibrali  e  vascolari.  Ora  si  avrebbe  veramente  quella 
data  pianta,  se  alcuna  di  tali  parti  se  le  levasse?  E  potrebbe  ella 
continuare  ad  eseguir  pienamente  le  funzioni  proprie  della  sua  spe- 
cie e  conservare  la  vita ,  se  una  sola  serie  degli  anzidetti  organi  le 
venisse  strappato? 


132  DI  TRE  GRADI  DI  VIYENTl 

Di  che  apparisce  che  i  viventi  a  differenza  dei  corpi  bruti  presen- 
tano  una  vera  unita  comprensiva  di  parti  eterogenee  e  di  funzioni 
svariate;  ne  la  loro  individuality  si  rivela  integralmente  se  non  nel 
complesso  del  tutto  e  nel  consenso  armonico  di  molte  operazioni 
verso  uno  scopo  comune. 

L'altra  differenzae  che  i  corpi  bruti  vengono  all'esistenza  in  mo- 
do  come  a  dire  fortuito,  senza  intrinseca  derivazione  da  un  prin- 
cipio  a  lor  somigliante;  e  in  egual  modo  cessano  di  esistere  per 
concorso  eventuale  di  cause  del  tutto  esterne.  Essi  non  esigono 
come  condizione  previa  al  loro  essere  un  altro  corpo- della  stessa 
loro  natura  dal  quale  traggano  origins  •,  ma  vengono  prodotti  o  dalla 
combinaziorie  di  corpi  piu  semplici,  o  dall'analisi  di  corpi  piu  com- 
posti.  Ne  ci6  con  periodo  preordinato  e  costante,  ma  per  mere  con- 
giunture  di  cause  avventizie,  che  determinano  1  influenza  delle  for- 
ze  chimiche  della  natura.  Ond' e  che  siflatti  corpi,  considerati  in 
loro  stessi,  hanno  un'esistenza,  diremo  cosi,  immobile  e  senza  alter- 
nativa  di  sorte,  ne  sono  definiti  da  limiti  nelhi  loro  durazione.  Una 
pietra  esempligrazia,  resta  qual  e  da  principio  e  perdura  senza  inter- 
ruzione  o  cangiamento,  finche  da  una  causa  estrinseca  non  venga 
alterata  o  distrutta.  Testimonio  le  rocce  primitive,  che  misurano  i 
loro  anni  con  quelli  stessi  della  creazione;  e  forse  si  manterranno 
nel  loro  stato  fino  alia  consumazione  dei  secoli.  Non  cosi  i  corpi 
viventi.  Essi  hanno  un' origine  preordinata  e  costante,  ne  iniziano 
la  loro  esistenza  se  non  da  un  germe  che  prima  abbia  fatto  parte 
di  un  altro  individuo  a  lor  somigliante  nella  natura.  In  altri  termini 
essi  procedono  per  generazione  da  altri  viventi,  a  cui  Iddio  infuse 
intrinseca  fecondita,  sicche  ciascuno  fosse  capace  di  generare  in  se 
dei  semi  dotati  di  virtu  formativa  di  nuovi  individui  della  stessa  sua 
specie  *.  II  vivente  non  nasce  se  non  per  opera  di  parenti.  Sorto 

\  Et  ait :  germinet  terra  herbam  virentem  et  facientem  semen ,  et  lignum 
pomiferum  faciens  fructum  iuxta  genus  suum,  cuius  semen  in  semetipso  sit  su- 
per terram Et  protulit  terra  herbam  virentem  et  facientem  semen  iuxta 

genus  suum,  lignumque  faciens  fructum  et  habens  unumquodque  semcntem  iuxlct 
speciem  suam.  Genesis  c.  I. 


1)1  TRE  GRADI  DI  VIVENTI  133 

poi  che  sia,  esso  ha  vicissitudini  ordinate  e  periodo  fisso  di  dura- 
zione  •,  dentro  del  quale  dopo  di  essere  proceduto  per  via  in  certa 
guisa  ascendente  invigorendosi  ed  assodandosi  fino  a  giungere  a  sta- 
to  perfetto,  comincia  a  percorrere  una  serie  di  vicende  in  senso  in- 
verse dechinando  passo  passo  ed  invecchiando  fino  a  perdere  ogni 
funzione  di  vita  e  a  risolversi  nei  primitivi  elementi  inorganici. 
Quale  che  la  cagione  sia  di  questo  fenomeno  ,  certo  e  che  il  fatto 
universale  e  costante  dimostra  esser  esso  una  fisica  necessita,  prove- 
niente  dalle  leggi  stesse  intrinseche  dell'  organismo,  il  quale  coll'  e- 
sercizio  stesso  si  logora  e  si  dissesta,  fino  a  renders!  strumento 
inabile  per  le  funzioni  vitali.  La  morte  de'  corpi  viventi  e  conse- 
guenza  inevitabile  della  stessa  vita  vegetativa  *.  Nondimeno  ac- 
ciocche  la  morte  dell'  individuo  non  rechi  la  perdita  dell'intera  spe- 
cie, le  piante  hanno  di  gia  antecedentemente  provveduto  a  tal  di- 
fetto  colla  generazione  d'  innumerevoli  germi ,  atti  a  svolgersi  in 
nuove  piante  della  medesima  natura.  Questa  si  misteriosa  azione, 
che  forma  le  maraviglie  de'  filosofi  naturali,  mostra  nei  viventi  una 
sorta  di  tendenza  a  difendere  il  proprio  essere  ed  a  perpetuarlo,  co- 
me possono,  col  farlo  in  certa  guisa  rivivere  in  altri  individui,  pro- 
dotti  dalla  loro  stessa  sostanza.  La  qual  facolta  non  si  avvera  nei 
corpi  bruti,  perche  non  soggetti  a  vicende  distruttive  provenienti 
dall' intriseca  loro  costituzione.  Ond'essi  manifestano  la  loro  ten- 
denza a  conservarsi  colle  sole  forze  ripulsive  ed  attrattive  ;  in  quanta 
colle  prime  allontanano  da  se  altri  corpi  nocevoli  alia  loro  indivi- 


1  Cuvier  pensa  -che  la  morte  naturale  proceda  da  che  il  vivente  dopo  di  essere 
cresciuto  in  dimensions,  secondo  le  proporzioni  proprie  della  sua  specie,  coinin- 
cia  a  crescere  in  densita  in  moltissime  delle  sue  parti ;  e  questo  accrescimen- 
to  col  procedere  oltre  altera  per  guisa  1'organismo,  che  rende  impossibile  1*  e-- 
sercizio  delle  funzioni  necessarie  a  conservare  la  vita.  Le  corps  vivant  eprou- 
ve  des  changements  graduels,  mais  constants,  pendant  touts  sa  duree.  Jl  crott 
d'abord  en  dimension ,  suivant  des  proportions  et  dans  des  limites  fixees  pour 
chaque  espece  ct  pour  chacune  de  ses  parties;  ensuite  il  augmente  en  densite 
dans  la  plupart  de  ses  parties:  c'est  ce  second  genre  de  changement  qui  parait 
etre  la  cause  de  la  mort  natitrelle.  Le  recne  animal  tome  1  Introduction., 


134  DI  TRE  GRADI  DI  VIVENTI 

dualita,  e  colle  seconde  accumulano  intorno  a  se  nuove  particelle 
ora  simili  ora  diverse,  le  quali  coll'aumento  della  massa  li  difenda- 
no  dalle  ingiurie  di  agenti  contrarii. 

In  terzo  luogo  i  corpi  bruti  non  concorrono  in  veruna  guisa  al- 
1'esplicazione  e  compimento  del  proprio  essere  5  ma  lo  ricevono  be!- 
lo  e  perfetto,  secondo  la  determinazione  che  ne  fanno  le  forzeeste- 
riori  che  sopra  loro  influiscono.  All'  opposto  i  viventi  ricevato  dal 
generante  non  piu  che  un  inizio,  svolgono  poscia  da  se  stessi  il 
proprio  tipo,  organandosi  di  mano  in  mano  e  perfezionandosi  se- 
condo la  loro  specie.  Si  miri  una  pianta  esempigrazia  che  dallo  stato 
di  germe  e  d'  embrione  passa  gradatamente  a  costituirsi  in  robu- 
stoalbero.  Da  prima  essa  non  avea  nel  seme  altra  organizzazione 
che  quella  di  un  semplice  otricello.  in  nulla  differente  dalle  altre 
parti  elementari  dell'  organismo.  Nondimeno  appena  cominciata  a 
germinare  sotto  favorevoli  circostanze  di  umidita  e  di  calore,  ec- 
cola  emettere  spiegatamente  i  suoi  organi  fondamentali  nella  sua 
piumetta,  nelsuo  fusticino,  nella  sua  radichetta.  Procedendo  piu  in- 
nanzi  essa  si  fa  ad  organizzare  il  tronco,  allungando  in  fibre  e  po- 
scia conformando  in  vasi  le  cellule  del  precedente  tessuto  $  e  rag- 
gruppati  di  quelle  fibre  diversi  fascetti  vi  si  forma  il  midollo  co'suoi 
molteplici  raggi  e  la  corteccia  colla  sua  epidermide,  col  suo  paren- 
chima,  col  suo  sistema  vascolare.  Quindi  al  tornare  di  primarera  il 
cambio  formatosi  nella  zona  intermezza  tra  il  sistema  legnoso  e 
corticale  ripiglia  lo  stesso  lavorio,  dando  luogo  cosi  agli  strati  an- 
nuali,  per  cui  la  pianta  s'ingrossa  e  si  consolida,  fino  ad  aprir  le 
sue  gemme,  a  metter  fuora  i  suoi  rami,  a  coprirsi  di  foglie,  di  fiori, 
di  frutta.  E  tutto  cio  per  esercizio  di  virtu  propria,  esplicando  in  se 
stessa  parti  e  funzioni  che  prima  non  esistevano  altrimenti  che  in 
sola  potenza  e  facerido  sorgere  nel  proprio  seno  nuovi  elementi  di 
natura  del  tutto  diversa  e  superiore  all'  azione  delle  forze  brute  di 
cui  si  vale  come  di  strumenti. 

E  di  qui  nasce  un' altra  differenza,  anch'essa  capitalissima,  tra  i 
corpi  vivenii  e  non  viventi.  Imperocche  i  non  viventi,  sebbene  re- 
sistano  in  qualche  modo ,  come  dicemmo ,  agli  agenti  contrarii , 


DI  THE  GRADI  DI  VIVENTI  135 

nondimeno  non  esercibmo  veruna  azione  per  la  quale  sottomettano 
pienarmnte  a  se  stessi  gli  altri  esseri  della  natura,  faceadoli  ser- 
vire  al  proprio  perfezionamento  e  alia  propria  conservazione.  Essi 
sono  connessi  col  rimanenie  del  mondo  per  sole  relazioni  di  ordinc 
generale  ;  servono  piuttosto  agli  altri,  eziandio  con  proprio  dispen- 
dio,  di  quello  che  volgano  a  proprio  incremento  le  forze  della  cir- 
costante  natura.  Se  distruggouo  una  sostanza,  cio  e  solo  per  for- 
marne  un'  altra  da  se  specificamente,  o  almeno  inclividualmente  di- 
versa.  Sicche  codesti  eorpi  presentanoin  loro  stessi  il  solo  concetto 
di  mezzo  e  in  niuna  guisa  quello  di  tine. 

Le  pianteall'opposto  operano  assiduamenle  in  proprio  vantaggio; 
fan  servire  a  loro  pro  rnolie  altre  sostanze  ,  sciogliendole  nei  loro 
dementi  e  incorporandosene  le  particelle  atte  a  nutrirle.  E  benche 
sieno  esse  stesse  ordinate  al  bene  di  esseri  piu  nobili,  offrono  tutta- 
via  nella  propria  individuality  un  centre,  verso  cui  convergano  le 
hiferiori  esistenze.  La  terra  e  1'aria  somministrano   loro  degli  ali- 
menti,  che  esse  decompongono  e  digeriscono  e  convertono  nella  pro- 
ppia  sostanza.  Le  piogge  le  bagnano  porgendo  in  abbondanza  1'umo- 
re  -,  cui  esse  seeondo  la  di  versa  virtu,  di  cui  sono  fregiate,fan  servire 
ad  effetti  diversisaimi.  II  calore  le  fomenta,  ne  ingagliardisce  la  forza, 
ne  i'avorisce  la  dilatazione  dei  pori,  pei  quali  esse  esalano  le  materie 
nocive  od  inutili  alia  loro  esistenza.  La  luce  le  colorisce,  le  svolge, 
ne  regola  la  dire2ione  dei  rami,  i  movimenti  periodici  delle  foglie 
in  sui  picciuoli  o  dei  picciuoli  in  sui  ratnoscelli,  mettendole  in  tai 
guisa  nella  posizione  piu  acconcia  a  compiere  le  funzioni  proprie 
della  loro  vita.  Ora  in  mezzo  al  concorso  di  tante  cause  le  piante 
operano  assiduamente  assoggettandosene  1'  influenza  o  anche  di-- 
struggendoue  1'  essere,  a  fine  di  valersene  per  crescere  ed  assodarsi 
nella  propria  grandezza,  o  per  conservare  gli  acquisti  fatti  e  risto- 
rarsi  delle  perdite  a  cui  soggiacciono,  o  infine  per  perpetuarsi  alme- 
rjo. nella  specie  con  la  produzione  di  nuovi  individui.  Laonde  in 
qwesto,  benche  infimo  grado  di  vita,  si  manifesta  nella  scala  degli 
esseri  un  passo  immenso  al  di  sopra  dei  mineral!;  in  quanto  scor- 
gesi  una  individualita  cbe  inchiude  al  tempo  stesso  una  certa  am- 


136  DI  TRE  GRA.DI  DI  VIVENTI 

piezza ,  per  cui  subordina  a  se  le  inferiori  nature  come  mezzi  a 
scopo  piii  alto.  11  perche  in  esso  riluce  da  questo  lato  un'  orma  piu 
espressa  di  Dio,  il  quale  sussiste  da  se  medesimo ,  ed  e  fine  a  cui  e 
fatta  ogni  cosa  creata. 

Raccogliendo  pertanto  in  pochi  cenni  il  detto  finora  sparsamente, 
i  corpi  viventi  si  distinguono  dai  non  viventi :  I.  Per  la  costituzione 
stessa  materiale,  in  quanto  hanno  parti  diversamente  foggiate,  in 
ordine  a  speciali  funzioni;  e  pero  sono  detti  organici,  dove  i  non 
viventi  per  la  contraria  ragione  son  chiamati  inorganici  }  II.  Per 
1'origine,  in  quanto  i  viventi  procedono  da  cause  costanti  e  preor- 
dinate,  a  cui  son  da  prima  sostanzialmente  congiunti  in  condizione 
di  germe;  i  non  viventi  all'opposto  sono  prodotti  da  accidentale  in- 
tervento  di  cagioni  del  tutto  esterne  ;  e  per6  quelli  a  differenza  di 
questi  diconsi  procedere  per  generazione  intesa  in  senso  proprioj 
III.  Per  lo  srolgimento,  in  quanto  i  virenti  esplicano  da  loro  stessi 
il  proprio  tipo  secondo  la  specie  a  cui  appartengono ;  per  contrario 
i  non  viventi  restano  immoti  di  per  se  nello  stato  che  prima  rice  - 
vettero  ;  e  per6  quelli  si  dicono  crescere  veramente,  laddove  questi 
propriamente  non  crescono,  ma  solo  si  uniscono  con  altra  materia 
per  semplice  apposizione  di  parti;  IV.  Per  la  durazione,  in  quanto 
i  viventi  hanno  un'  esistenza  terminata  ,  chiusa  tra  limiti  connessi 
colla  loro  natura;  i  non  viventi  hanno  un' esistenza  indefinita  e  al 
tutto  determinabile  da  esteriore  principio  ;  V.  Per  la  maniera  di 
conservarsi  ;  giacche  i  viventi  ristorano  le  loro  perdite  per  la  con- 
versione  di  nuovi  alimenti  nella  propria  sostanza,  e  per6  si  rinno- 
vellano  continuamente  senza  perdere  la  propria  individualita  •,  i 
non  viventi  restano  quali  furono  prodolti  da  principio,  finche  o  si 
sciolgono  nei  loro  elementi  se  sono  composti,  o  vanno  a  far  parte 
di  altra  sostanza,  se  sono  semplici  o  capaci  di  ulterior  composizio- 
rie;  VI.  Pel  modo  di  riprodursi,  in  quanto  i  viventi  si  perpetuano 
specificamente  per  virtu  propria  colla  generazione  di  nuovi  indivi- 
dui-,  i  non  viventi  sono  al  tutto  privi  di  simigliante  efficacia,  e  solo 
se  nemoltiplica  1'esistenza  per  mera  produzione  proveniente  da  ca- 
gioni esterne. 


DI  TRE   GRADI   DI  VIVEKTI  1  37 

II. 

Diversitd  degli  animdli  dai  semplici  viventi. 

La  vita  del  vegetale  e  tutta  concentrata  nel  proprio  corpo.  Cre- 
scere,  nutrirsi,  e  produrre  in  se  medesimo  dei  germi ,  abili  a  svol- 
gersi  in  nuovi  individui ;  son  queste  le  operazioni  in  cui  si  assomma 
Fattivita  della  pianta.  Negli  animali  la  vita ,  senza  uscir  dal  subbiet- 
to  ,  in  cui  si  esercita  ,  entra  in  comunicazione  con  altri  esseri ,  in 
virtu  della  sensibilita  e  del  movimento  spontaneo.  Onde  la  vita  ani- 
male  da'fisiologi  moderni  e  appellata  vita  di  relazione  ,  e  per  con- 
trario  vita  di  nutrizione  quella  de'  semplici  vegetali  *.  II  cbe  era 
stato  gia  fatto  da  S.  Tommaso ;  il  quale  segna  sovente  coll'epiteto  di 
nutritivo  il  principio  vitale  delle  piante,  e  trattando  del  divario  tra 
la  vita  vegetale,  animale  e  razionale,  ne  assegna  tra  le  altre  questa 
differenza,  che  1'operazione  vegetativa  si  restringe  al  solo  corpo  del 
yivente,  dove  per  opposite  1'operazione  dell'animale  e  dell'ente  ra- 
gionevole  hanno  un  obbietto  assai  piu  ampio,  stendendosi  quella  del 
primo  a  tutti  i  corpi  sensibili,  e  quella  del  secondo  a  tutto  1'essere 
in  universale :  Obiectum  operations  animae  ( cioe  del  principio  di 
vita  )  in  triplici  ordine  potest  considerari.  Alicuius  enim  potenliae 
animae  obieclum  est  solum  corpus  animae  unilum ;  et  hoc  genus  po- 
tentiarum animae  dicitur  vegetativum.  Non  enim  vegetativa  potentia 
agit  nisi  in  corpus,  cui  anima  unitur.  Est  autem  aliud  genus  poten- 
tiarum  animae,  quod  respicit  adhuc  universalius  obiectum  ,  scilicet 
omne  corpus  sensibile  et  non  solum  corpus  animae  unilum.  Est  au- 
tem aliud  genus  potentiarum  animae  quod  respicit  adhuc  universa- 
lius obiectum ,  scilicet  non  solum  corpus  sensibile  sed  universaliler 
omne  ens.  Ex  quo  patet  quod  ista  duo  secunda  genera  potentiarum 

1  On  appela  celle-ci  vie  de  relation,  et  celle-la  vie  de  nutrition.  Nota  del 
Dottor  CERISE  alle  Ricerche  fisiologiche  del  Bichat,  nota  (IV). 


138  DI  TRE  GRADI  DI  V1VENTI 

animae  habent  operation-em  non  solum  respectu  rei  coniunctae  ,  sed 
etiam  respectu  rei  exlrinsccae  1 . 

Gli  animali  dunque  godono  di  una  doppia  vita  :  1'una,  per  cui 
converlono  nella  propria  sostanza  diyersi  alimenti,  valendosene  non 
solo  a  ristorare  le  perdite  che  vanno  facendo  ,  ma  ancora  a  perfe- 
zionare  il  proprio  corpo  eprodurrein  se  germi  di  nuovi  individuij 
1' altra  per  cui  percepiscono  gli  esseri,  che  esercitano  impressioae 
sensibile  sopra  di  loro,  e  si  determinano  a  locali  movimenli.  Onde 
essi  ebbero  mestieri  di  un  orgauismo  assai  piu  complesso,  in  quanto 
oltre  agli  organi  vegetativi  ci  fa  bisogno  di  due  altri  sistemi,  quello 
del  nervi  per  la  sensazione ,  e  quello  dei  muscoli  pel  raovimento. 
Anzi  eziandio  a  rispetto  dei  sernplici  orgaui  vegetativi  si  dovettero 
nell'aniraale  indurre  rilevanti  variazioni ,  otteso  la  sua  maniera  di- 
yersa  di  esistere.  Non  essendo,  come  le  piante,  fisso  al  suolo  colle 
radici,  esso  venne  dotato  di  pe<  uliari  organi  ed  apparati  per  pren- 
dere  e  triturare  e  serbare  e  digerire  gli  alimenti  acconci  a  nutri- 
carlo.  Noi  ci  aggiriamo  col  nostro  discorso  massimamente  intorno 
agli  animali  di  specie  superior!  ,  nei  quali  la  vita  di  relazione  nel 
grado  sensitive  si  manifesta  pienamente ;  non  essendo  del  nostro 
proposilo  il  soffermarci  in  minute  osservazioni  delta  varie  classi  del 
regno  zoologico.  Per  ci6  dunque  che  spettaalla  vita  nutritiva  di  sif- 
fatti  animali  e  degno  di  considerazione  illungo  lavorio  che  si  fa  de- 
gli  alimenti  per  renderli  gradatamente  abili  ad  essere  assimilati. 
Dopo  le  varie  trasformazioni  che  essi  ricevettero  nello  stomaco 
e  negli  intestini  ,  e  dopo  che  divennero  chimo  e  quindi  chilo,  si 
fanno  strada,  mediante  i  villi  intestinali,  nei  vasi  lattei  e  nelle  ve- 
ne  affin  di  acquistare  la  natura  di  vero  sangue  per  opera  special- 
mente  dell'atto  respiratorio,  circolando  nel  sistema  irrigatore.  Cos! 
elaborato  il  sangue  diventa  materia  prossimamente  nutritivadell  a- 
nimale,  per  la  contenenza  che  ha  di  tutti  gli  elementi  chimici  neces- 
sarii  alia  composizione  delle  parti  sia  solide  sia  liquide  del  medesi- 
mo.  Ond'  esso  ne  percorre  tutt'i  punti  del  corpo,  mediante  i  vasi 

1  Summa  th.  1.  p.  q.  78,  art.  i. 


DI  TRE  GRADI  DI  VIVENTI  139 

del  sistema  arteriale.  Di  che  apparisce  che  le  forze  vegetative  del- 
1'  animale ,  sebbene  genericamente  convengano  con  quelle  del  ve- 
getale ,  nondimerio  specificamente  se  ne  distinguono  j  perche  pro- 
ducono  effetti  piu  varii  ed  elevati ,  a'  quali  I'attivita  della  semplice 
pianta  non  giunge.  Ci6  si  avvera  fin  nella  composizione  chimica 
degli  elementi  primitivi  e  remoti  della  sostanza  organica;  giacch& 
dove  ne'semplici  vegetali  la  comhinazione  di  siffatti  elementi  e  ter- 
naria,  cioe  di  ossigeno,  idrogeno  e  carbonio  ;  negli  animali  e  qua- 
dernaria  aggiungendosi  agli  anzidetti  tre  principii  1'azolo,  il  quale 
nelle  piante  non  entra  se  non  accidentalmente  e  in  quantita  molto 
piccola.  Che  diremo  poi  degli  elementi  piu  prossimi ,  della  forma- 
zion  de'  tessuti ,  delle  membrane,  de'vasi  di  si  diversa  natura,  e 
della  produzione  de'germi  atti  a  svolgersi  in  altrettanti  animali? 

Non  iscrivendo  noi  articoli  di  fisiologia  ,  tralasciamo  di  esporre 
si  il  sistema  uniente  od  areolare,  e  si  quello  dei  vasi-,  essendo  una 
tale  trattazione  fuori  al  tutto  del  nostro  scopo.  Ci  restringiamo  a 
fare  un  piccolo  cenno  del  solo  sistema  nerveo  e  del  muscolare,  es- 
sendo essi  gli  stmmenti  proprii,  1'  uno  della  sensazione  1'  altro  del 
movimento  spontaneo ,  che  sono  i  caratteri  reramente  distintivi 
dell'  animale. 

E  cominciando  dal  sistema  muscolare  ,  esso  risulta  da  un  nume- 
ro  assai  grande  di  psrti  carnose,  rosse  negli  animali  a  sangtie  cal- 
do,  bianche  negli  animali  a  sangue  freddo  ;  la  massa  delle  quali  e 
composta  di  molti  fascetti  di  fibre,  risultanti  ancor  esse  dall'unione 
di  altri  filamenti  piu  tenui ,  paralleli  tra  loro  o  convergent!  al  me- 
desimo  punto ,  secondo  la  diversa  configurazione  del  tutto.  Impe- 
rocche  non  ogni  muscolo  si  rassomiglia  agli  altri  nella  forma  ;  ma 
secando  il  diverso  si  to  che  occupa,  o  il  diverso  uso  a  cui  serve  , 
esso  e  piatto  o  rotondo  o  triangolare  o  cilindrico  ,  o  in  altra  guisa 
conformato.  Generalmente  i  muscoli  nelle  loro  estremita  finisrono 
in  un  tessuto  bianco,  piu  serrato  e  piu  fermo,  il  quale  secondo  le  di- 
verse dimensioni  che  ha,  riceve  il  nome  or  di  aponevrosi  or  di  ten- 
din  e.,Mediaritc  i  tendini  le  fibre  per  lo  piu  s'  inseriscono  nelle  parti 
dure  del  corpo,  le  quali  negli  animali  vertebrati  si  nomano  ossa,  e 


140  DI  TRE  GRADI  DI  VIVENTI 

non  sono  altro  che  tessuto  areolare  assodato  pel  mescolamento  di 
rnolecole  di  calce  e  di  fosforo.  Ma  ci6  che  vuolsi  precipuamente  no- 
tare  nelle  fibre  muscolari  si  e  la  loro  contrattilita,  ossia  facolta  di 
raccorciarsi  sotto  1'  influenza  della  virtu  motrice  propria  dell'  ani- 
male  o  d'una  irritazione  qualunque  in  loro  prodotta.  Per  virtu  di  tal 
contrazione  edel  rilasciamento,  che  ne  conseguita,  i  muscoli  produ- 
cono  il  movimento  locale  delle  singole  membra  e  quindi  di  tutto 
il  corpo,  mediante  il  concorso  delle  parti  dure  ossia  delle  ossa  ope- 
rand a  modo  di  leve.  Onde  puo  dirsi  a  rigor  di  termini  essere  ap- 
punto  le  fibre  gli  organi  proprii  della  locomozione.  Meraviglioso 
e  1'  inlreccio  della  loro  azione  ,  per  cui  nel  produrre  i  singoli  mo- 
vimenti  or  s1  aiutano  ,  or  si  moderano  e  contrabilanciano  scam- 
bievolmente  sicche  ne  sorga  un  sol  risultato ,  ammirabile  bone 
spesso  per  la  sua  intensita  e  grandezza  a  fronte  della  tenuita  e  fi- 
nezza  dei  filetti  onde  i  muscoli  sono  composti.  Ne  siffatta  azione 
pu6  assoggettarsi  a  calcolo  certo ,  pel  variarne  la  forza  non  solo 
secondo  i  varii  individui,  ma  secondo  Teducazione,  1'esercizio  e  lo 
slato  diverse  di  salute  d'  uno  stesso  individuo.  Benche  poi  il  siste- 
ma  muscolare  sia  strumento  della  vita  di  relazione  quanto  ai  moti 
spontanei  dell'  animale  5  nondimeno  esso  si  continua  con  gli  stessi 
organi  vegetativi,  i  quali  si  compongono  in  grandissima  parte  di 
fibre  carnose  per  aver  bisogno  di  contrattilita  all'esercizio  delle  loro 
funzioni,  come  lo  dimostrano  e  il  moto  peristaltico  degli  intestini, 
e  la  sistole  e  la  diastole  delle  arterie  e  del  cuore.  Ma  basti  di  cio; 
diciamo  qualche  cosa  del  sistema  nerveo. 

II  sistema  nerveo  forma  una  gran  rete  che  involge  tutte  le  parti 
del  corpo  animate,  e  il  cui  centro  principale  e  il  cervello ,  con  cui 
tutti  i  nervi  immediatamente  o  mediatamente  son  collegati.  Impe- 
rocche  dal  cervello  come  suo  prolungamento  precede  nel  collo  la 
cosi  delta  midolla  allungata,  e  nel  canale  osseo  del  dorso  la  mi- 
dolla  spinale  j  e  dall'  una  e  dalFaltre  traggono  drigine  i  singoli  nervi 
che  sotto  forma  di  cordoncini  biancastri  metton  capo  negli  organi 
e  si  ramificano  da  per  tutto.  Quantunque  la  materia  de'  nervi  sia 
sempre  la  stessa,  cioe  sostanza  grigia  e  medullare  -,  nondimeno  essi 


DI  TRE  GRAD1  DI  VIVENTI 

differiscono  tra  loro  quanto  alia  conformazione,  al  colore  ealle  altre 
qualita  accidentali ,  secondo  le  diverse  funzioni  a  cui  son  destinati 
e  i  diversi  organi  a  cui  si  riferiscono.  Cosi  verbigrazia  altra  e  la 
struttura  dei  nervi  olfattivi ,  terminanti  nelle  cavita  nasali ,  altra 
quella  dei  nervi  ottici  terminanti  nel  bulbo  degli  occhi ,  ed  altra 
quella  de'  nervi  tattili  che  stendendosi  per  tutto  il  corpo  s'  interna- 
no  colle  loro  estremita  nella  pelle  ed  aprendosi  in  papille  vanno  a 
confondersi  col  tessuto  della  medesima.  Noi  non  cifermeremo  qui 
a  descrivere  in  particolare  il  concorso  che  i  nervi  prestano  alia  sen- 
sazione,  le  condizioni  che  richiedono,  la  parte  che  vi  prendono. 
Ci6  sara  da  noi  investigate  in  una  trattazione  speciale,  nelia  quale 
discorreremo  delle  diverse  facolta  sensitive,  dopo  che  avreino  esau- 
rita  la  presente  quistione  dell  umano  composto.  Qui  ci  basti  il  ri- 
cordare  essere  il  sistema  nerveo  1'  organo,  per  cui  1'  animale  eser- 
cita  le  sue  sensazioni,  le  quali  per  conseguente  vengono  alterate  o 
inipedite,  secondo  le  alterazioni  o  impedirnenti  a  cui  soggiace  esso 
sistema. 

Anzi  non  pure  all1  esercizio  della  sensazione  i  nervi  sono  richie- 
sti,  ma  all'  esecuzione  altresi  del  rnovimento  nei  muscoli  e  delle  di- 
verse funzioni  degli  organi  vegetativi.  Onde  dai  fisiologi  i  nervi  so- 
gliono  dividersi  in  triplice  categoria:  in  sensitivi,  motori  ed  auto- 
matici.  Quest'  ultimi  son  cosi  nominati,  perche  la  loro  azione  non 
dipende  in  niuna  guisa  dalle  percezioni  e  dalla  spontaneita  dell'ani- 
male.  Essi  formano  il  sistema  ganglionare,  detto  ancora  del  gran 
simpatico,  iniziandosi  negli  animali  vertebrati  da  una  doppia  catena 
di  ganglii ,  disposti  lungo  la  colonna  spinale  da  ambi  i  lati  e  riuniti 
tra  loro  per  filetti  della  stessa  natura,  donde  poi  stendono  numerose 
ramificazioni  ai  singoli  organi  della  vita  vegetale.  Nondimeno  essi 
fan  parte  dell'  intero  sistema  nerveo,  al  centro  del  quale  sono  con- 
giunti  per  1' intermezzo  di  altri  nervi.  II  che  dimostra  uno  essere 
1'organismo  dell  animale,  benche  composto  di  organi  svariatissimi, 
secondo  le  diverse  funzioni  a  cui  ciascuno  debbe  servir  di  strumento. 

E  questa  crediamo  essere  la  cagione  per  cui  la  perfezione  d'  a- 
mendue  gli  organismi,  nulritivo  e  sensitive,  nei  varii  gradi  dell' or- 


Dl   TRE   GRADI  DI  VIVENTI 

dine  zoologico  cresce  e  decresce  in  ragione  diretta.  Talmenteche- 
quanto  piu  e  perfetto  1'  animale,  cioe  rneglio  dotato  di  virtu  sensi- 
tiva,  tanto  piu  in  lui  £  delicala  e  squisita  1'  organizzazione  ancora 
della  vita  vegetativa  5  e  viceversa  dove  si  trova  imperfettissima  la 
vita  animale  e  ristretta  ai  suoi  minimi  termini,  si  scorge  la  mede- 
sima  imperfezione  e  tenuita  a  rispetto  altresi  della  vita  di  nutri- 
zione.  Onde  avviene  che  i  limiti  tra  i  due  regni,  vcgetale  ed  ani- 
male, sieno  piu  difficili  a  distinguersi  nell'  infimo  grado  dell'  uno  e 
dell1  altro  e  non  nei  gradi  piu  elevati ;  sicche  a  stento  si  definisc* 
se  gT  infusorii,  dotati  di  solo  sistema  cellulare,  sieno  semplici  vege- 
tali  o  ancora  esseri  senzienti  ;  ma  niuno  dubito  mai  che  il  cedro 
non  fosse  pianta  ma  animale.  Parrebbe  a  prima  giunta  che  la  diffi- 
colta  di  fare  una  simile  distinzione  dovesse  avverarsi  piuttosto  nel- 
le  specie  di  piante  piu  perfette,  come  sarebbero  una  palma,  un  ci- 
presso,  una  vite;  e  non  per  contrario  negli  organismi  di  struttura 
semplicissima  e  rozzissima.  Ma  una  piu  attenta  considerazione  ci 
convince  che  appunto  in  questi  dovea  verificarsi  tale  difficolla;  per- 
che  essendo  uno  V  organismo  del  vivente,  a  qualunque  classe  appar- 
tiene,  1' infimo  nella  scala  degli  esseri  sensitivi  convien  che  abbia 
un'  organizazzione  imperfettissima  eziandio  per  rispetto  alia  vita 
yegetativa^  e  per  contrario  quanto  piu  si  sale  nella  scala  zoologica, 
tanto  piu  gli  organi  delle  due  vite  convien  the  sieno  esplicati  e 
perfetti.  II  che  vale  eziandio  per  I'organismo  che  concerne  alia  lo- 
comozione  ;  la  quale  per  conseguente  e  minima  negl'  infimi  tra  gli 
animali  e  si  riduce  a  semplice  dilatazione  e  ristringimento,  senza 
moto  progressive  da  luogo  a  luogo  ;  siccome  appunto  la  sensibilita 
in  essi  si  limita  al  solo  tatto,  come  sembra  che  sia  nei  polipi,  nelle 
madrepore  ,  nelle  meandrine  ,  e  in  generale  in  tutte  le  specie  di- 
verse di  zoofiti. 

III. 

Divenitd  deUuomo  dai  semplici  animali, 

Questa  ragione,  che  abbiamo  teste  recata  per  rispetto  alia  vita 
sensitiva,  la  quale  nei  suo  infimo  grado  convien  che  si  manifesti  in 


DI  TRE  GRADI  DI  VIVENTI  143 

organismi  imperfetti  eziandio  nell'orrline  della  vita  vegetativa,non 
ha  veruna  applicazione  a  rispetto  della  vita  intellettuale.  Itnperocehe 
intanto  la  vita  sensitiva  cominoia  a  congiungersi  colla  vita  vegetativa 
in  un  organismo  imperfettissimo  da  ambo  i  capi ;  in  quanto  amen- 
due  son  vite  organiche,  cioe  tali  che  si  esercitano  per  mezzo  di  stru- 
menti  corporei.  Atlesocbe,  essendo  uno  il  vivpnte,  e  per  consegoen- 
za  uno  altresi  1'  organismo ;  non  pu6  questo  essere  imperfetto  e  di 
rozza  costruttura  a  riguardo  della  vila  di  nutrizione,  senza  che  ssa 
parimente  a  riguardo  della  vita  di  relazione.  Ma  la  vita  intellettuale, 
come  vedremo  a  suo  luogo  trattando  della  spiritualita  dell' aniina 
urnaria,  e  vita  indipendente  da  ogni  intrinseco  cancorso  di  organ! 
materiali.  Ond1  essa  nel  congiungersi  nel  suo  piu  basso  grado  colla 
vita  sensitiva,  il  che  accade  nell  uomo,  dotato  ad  un  tempo  di  ra- 
gione  e  di  senso,  non  ha  alcuna  necessita  di  richiedere  un  organismo 
imperfetto.  Arizi  ba  per  contrario  necessita  di  richiedere  un  orga- 
nismo perfetto.  Conciossiache  dovendo  siffatta  congiunzione  del  gra- 
do intelli  ttivo  col  grado  sensitive  ridondare  in  vantaggio  della  parte 
piu  nobile;  convien  cbe  le  facolta  sensitive  servano  in  quel  modo 
che  possono  all'  esercizio  della  facolta  intellettiva  ;  e  per6  e  d'  uopo 
che  esse  sieno  il  piu  che  puossi  esplicate  e  perfette.  II  che  non 
accade  dell'unione  del  grado  sensitive  col  vegetale^  perche,  sebbene 
per  tal  congiungimento  la  forza  outritiva  viene,  come  dicemmo  piu. 
sopra,  elevata  a  produrre  non  piu  fibre  legnose  e  foglie  ,  ma  carne, 
nervi  e  va  dicendo;  tuttavia  ci6  non  serve  che  a  formare  chimica- 
mente  1'organo  da  servire  alia  sensazione  ,  ma  non  entra  in  niuna 
guisa  comeaiuto  dell'atto  stesso  del  sentire.  Onde  a  ris.petto  del  gra- 
do vegetale  in  ordine  al  sensitive  non  ha  luogo  queH'assioma :  supre- 
mum  infimi  allingit  infimum  supremi;  percbe  codesto  assioma  vigo- 
reggia  ivi  soltanto,  dove  la  funzione  propria  del  grado  inferiore  deb- 
b'  essere  essa  medesima  strumento  e  materia  dell'  operare  proprio 
del  grado  superiore.  La  qual  cosa  ,  come  dicemmo  ,  non  si  verifica 
nell'unione  di  questi  due  gradi,  rion  essendo  il  vegetare  ne  obbietto 
ne  niinistro  deH'azion  di  sentire.  Tutto  il  contrario  avviene  del  gra- 
do sensitive  a  riguardo  dell'intellettivo  nell'uomo,  giacche  la  materia 


DI  TRE  GRADI  DI  VIVENTI 

della  conoscenza  intellettuale  a  lui  e  porta  dalla  sensazione;  e  la 
fantasia,  suprema  tra  le  facolta  sensitive,  e  quella  che  gli  presenta  i 
fantasmi  da  cui  astraei  suoi  primitivi  concetti.  II  perche  nell'uomo 
il  grado  sensitivo  dovea  essere  perfettissimo,  e  perfettissimo  per  con- 
seguente  1'  organismo  che  ad  esso  risponde. 

Ed  il  fatto  concorda  appieno  colla  ragione  ;  poiche  di  vero  noi 
scorgiamo  nell' organismo  animale  dell'uomo  una  squisitezza  e  per- 
fezione  ,  qual  non  si  trova  in  qualsivoglia  altro  senziente  d'  ordine 
inferiore.  Ci6  procede,  come  dicemmo,  da  che  la  sensibilita  dovea 
in  lui  esser  ministra  ed  ausiliatrice  deirintelletto. 

La  prima  differenza  dunque  dell'  uomo  dal  bruto  possiamo  con- 
siderarla  nello  stesso  organismo,  il  quale  e  in  lui  perfettissimo  tra 
tutte  le  famiglie  e  le  specie  del  regno  animale.  Ne  ci6  solamentfr 
per  quel  che  spetta  alia  bellezza  della  forma,  alia  regolarita  e  sim- 
metria  delle  parti,  alia  posizione  retta  e  verticale  del  corpo;  ma  mol- 
to  piu  per  quel  che  riguarda  le  funzioni  sensitive  e  locomotive.  Im~ 
perocche  il  sistema  si  nerveo  come  muscolare  ha  in  esso  una  som- 
ma  delicatezza  di  tessitura,  e  le  sue  membra  son  meglio  articolate 
per  1'esecuzione  di  qualsivoglia  movimento.  Soprattutto  e  da  notare 
la  peculiare  conformazione  del  cerebro,  che  in  lui  e  proporzionevol- 
mente  piu  voluminoso  che  non  in  qualsivoglia  altro  mammifero,  ed 
ha  gli  anfratti  piu  profondi  e  piu  numerose  le  circumvoluzioni. 

L'altra  differenza  si  e  esser  1'uomo  il  solo  animale  propriamente 
industrioso  ed  artista.  Nei  bruti  noi  osserviamo  varii  effetti  artifi- 
ciosi,  comei  nidi  degli  uccelli,la  tela  dei  ragni,  gli  alveari  delle  pec- 
chie.  Ma  evidentemente  codesti  effetti  non  procedono  che  da  istin-to 
e  determinazion  di  natura,  per  cui  son  posti  quasi  meccanicamente 
senza  disegno  preconcepito  e  conoscenza  di  proporzione  tra  mezzi  e> 
fine.  II  che  apparisce  dalla  costanza  e  perfetta  simiglianza  nell'ope- 
rare  di  tutta  la  specie,  dalla  totale  assenza  di  progresso  e  dall'avve- 
rarsi  in  animali  sovente  i  piu  stupidi  ed  inetti  a  qualunque  alira 
ordinata  azione.  Onde  si  fatti  lavorii  non  dimostrano  arte  nelle  pros- 
sime  loro  cagioni,  ma  bensi  nel  primo  Autore  che  a  queste  comuni- 
c6  1' essere  e  1'  efficacia.  Lo  stesso  non  pu6  dirsi  dell' uomo  5  il  quale 


DI  TRE  GRADI  DI  VIVENTl  145 

si  csercita  in  mille  opere  d'arte  per  propria  invenzione,  e  distribui- 
sce  e  varia  e  perfeziona  il  suo  lavoro  ,  e  scopre  del  continue  nuovi 
usi  ed  applicazioni  delle  forze  della  natura.  II  perch&  egli  solo  tra 
gli  animali  venne  dotato  del  vero  strumento  artistico,  ciofe  delle  ma- 
ni  perfettamente  conformate  per  ogni  prendimento  e  maneggio  di 
cose  si  grandi  come  piccole,  attesa  la  molta  articolazione  delle  di- 
ta,  la  facilita  che  esse  hanno  di  muoversi  separatamente  e  1'opposi- 
zione  che  il  pollice  pu6  fare  alle  altre  quattro.  Al  che  si  aggiunge 
la  delicatezza  del  tatto,  di  cui  son  dotati  i  loro  polpastrelli ,  aiutati 
grandemente  dalla  durezza  delle  unghie  che  presta  loro  un  valido 
appoggio  senza  nuocere  alia  loro  efficacia.  In  virtu  di  quest'organo 
maraviglioso,  che  e  la  mano ,  1'  uomo  diventa  padrone  della  natura 
sensibile  -,  e  benche  naturalmente  sprovveduto  di  armi  offensive  e 
difensive,  egli  si  rende  il  piu  possente  degli  animali,  capace  di  vin- 
cere  ed  atterrare  e  le  immani  balene  e  i  feroci  leoni  e  i  robusti  ele- 
fanti,  e  qualunque  altra  fiera  piu  terribile  e  forte  nuoti  nelle  acque, 
o  abiti  le  selve,  o  voli  per  1'aere. 

In  terzo  luogo  1'uomo  e  il  solo  tra  gli  animali  che  e  dotato  di  fa- 
vella,  ossia  di  linguaggio  articolato.  I  bruti  forniti  di  polmoni  emet- 
tono,  e  vero,  diverse  voci  e  grida  incondite  a  seconda  delle  passion! 
da  cui  sono  agitati  e  dei  bisogni  fisici  che  provano.  Ma  ognun  vede 
siffatti  suoni  non  aver  nulla  che  fare  colla  parola  ,  segno  artifiziale 
ed  arbitrario  delle  idee  e  degli  affetti  dell'  animo  e  destinato  ad 
esprimere  non  le  sole  momentanee  sensazioni  ,  ma  ogni  sorta  di 
concepimento  universale  ed  astratto.  I  suoni  poi  articolati ,  a  cui 
profferire  soglionsi  addestrare  i  pappagalli  ed  altre  sorti  di  uccelli, 
non  sono  propriamente  vocaboli  a  rispetto  di  quegli  animali ;  per- 
che  essi  vengono  pronunciati  meccanicamente  per  abitudine  indotta 
in  quelli,  senza  niuna  intelligenza  del  loro  significato.  Ed  a  propo- 
sito  del  linguaggio  ,  e  graziosa  la  osservazione  dei  naturalist! ,  che 
Torang-utang  e  le  altre  scimie  piu  vicineall'uomo  per  la  conforma- 
zione  della  testa  e  pel  volume  del  cervello,  sono  del  tutto  incapaci 

di  scolpire  vocaboli,  per  aver  la  laringe  forata  in  guisa,  che  1'  aria 
uscendo  dalla  trachea-arteria  rientra  e  si  disperde  in  alcune  interne 

SerieIII.vol.IX.  10  31  Decembre  1857. 


J  16  DI  TRE  GRADI  DI  VIVENTI 

cavita  membranose  1.  II  che  serve  a  rendere  sempre  piu  evidente 
non  essere  la  favella  se  non  privilegio  dell' uomo. 

In  quarto  luogo,  1'  uomo  e  il  solo  animale  in  rigor  di  termini 
socievole ,  non  potendosi  appellar  propriamente  societa  la  convi- 
\rnza  in  comuned'alcuni  animali  gregarii,  come  verbigrazia  le  for- 
miche  ed  i  castori.  II  consorzio  di  questi  e  meramente  istintivo  , 
non  regolato  da  autorita  legislatrice,  ne  intrecoiato  di  relazioni  di- 
verse, ne  procacciato  da  socii  per  volontaria  cooperazione  ad  un 
fine  inteso  comunemente  da  tutli.  Un  tal  consorzio  non  e  cbe  1'om- 
bra  della  societa-,  siccome  ombra  deU'intelletto  pu6  dirsi  il  senso, 
e  ombra  della  volonta  1'  appetito.  Soltanto  I'  uomo  ubbidendo  non 
meno  alle  propensioni  della  sua  natura  che  ai  dettami  del  suo  in- 
telletto  contrae  vincoli  di  verace  convitto  sociale  co'suoi  simili  sotto 
la  direzione  di  un'autorita  governatrice  e  coordinando  i  suoi  sforzi 
all'  asseguirnento  di  uno  scopo  comune. 

Ma  per  non  andar  troppo  in  lungo  col  notare  i  singolari  divarii 
dell'uomo  dal  bruto,  riduciamoci  alia  differenza  radicale  e  primaria 
da  cui  tutti  procedono  e  a  cui  tutti  sono  ordinati,  ed  essa  e  la  ra- 
gione  che  in  lui  folgoreggia  come  segnacolo  del  divin  volto,  e  per 
la  quale  egli  entra  in  societa  cogli  spirit!  puri  ed  e  capace  di  cele- 
brare  la  gloria  del  Criatore.  Quindi  la  definizione  di  animal  ragio- 
nevole  colla  qu;\le  1'uomo  suole  distinguersi,  per  essere  egli  dotato 
d'intelletto  discorsivo,  da  cui  come  seguela  precede  la  volonta  e  il 
libero  arbitrio  e  qualsivoglia  altra  dote ,  per  la  quale  si  diflerenzia 
dagl'  inferiori  viventi.  In  virtu  di  questa  sua  perfezione  la  vita  di 
relazione  dell'  uomo  non  e  circoscritta  ai  soli  corpi  singolari  e  con- 
creti,  come  quella  dei  bruti,  ma  si  spazia  senza  confine  per  1'  im- 
mensa  cerchia  dell' essere  in  quanto  tale.  II  che  non  essendo  possi- 
bile  se  non  per  opera  di  facolta  non  dipendenti  nella  loro  azione  da 
intrinseco  concorso  di  organi  corporali  ;  ne  segue  che  1'  anima 
dell'  uomo  si  trovi  nel  piu  alto  grado,  a  cui  possa  assorgere  un 
principio  vitale  informante  il  corpo,  quale  e  quello  di  una  plena 

1  Camper  a  decouvert  et  bien  decrit  deux  sacs  membraneux  qui  communi- 
quent  avec  let  vcntricules  de  la  glotte  de  cet  animal,  et  qui  assourdissent  sa 
voix.  CUTIER  Le  regne  animal,  Tome  I,  Mamuiif eres. 


DI  TRE  CLASSI  DI  VIVENll  1  47 

superiorita  e  predominio  a  riguardo  della  materia.  E  cosi  S.  Tom- 
raaso  ne  assegn6  la  eccellenza  sopra  le  vite  inferior!  ripetendola 
appunto  da  questo  capo.  «  La  diversita  delle  anime,  ossia  de'  prin- 
cipii  vitali,  egli  dice ,  dee  desuinersi  dal  diverse  modo,  con  cui  la 
loro  operazione  eccede  1'operare  della  natuFa  corporea.  Imperocehe 
tuttu  la  natura  corporea  soggiace  al  principio  vitale  e  vi  si  rap- 
porta  come  raateria  e  struraento.  Or  egli  ci  ha  un'  operazione  vitale, 
la  quale  in  tanlo  eccede  la  natura  corporea,  che  non  ha  bisogno 
di  essa  come  di  organo  per  cui  si  eserciti  ^  e  tale  e  T  operazione 
dell' anima  ragionevole.  Un' altra  operazione  vitale  sta  al  di  sotto 
della  precedente;  ed  e  quella  che  si  esercita  per  organo  corporeo, 
ma  non  per  alcuna  qualita  propria  della  materia.  Tale  e  I'  operare 
dell' anima  sensitiva;  perche  quantunque  1'um.idita,  il  calore  e  le 
altre  qualita  corporee  si  ric-hifda.no  per  1'operazione  del  senso  }  non- 
dimeno  1'azion  del  sentire  non  si  esercita  pel  loro  mezzo,  ma  solo 
esse  sono  richieste  alia  dehita  disposizione  dell'  organo  sensitivo. 
L'  infima  poi  operazione  vitale  e  quella  che  si  esercita  per  organi 
corporali  e  in  virtu  di  qualita  parimente  corporee.  INoridimeno  an- 
che  essa  tiascende  1'  operazione  della  materia  ;  perche  i  movimenti 
di  questa  procedono  da  esterno  principio,  laddove  quella  procede 
da  principio  interno :  il  che  e  comune  a  ttitte  le  operazioni  vitali, 
essendo  proprio  d'  ogni  vivente  il  muovere  se  stessoin  qualche  mo- 
do.  E  tale  e  1'  operazione  del  principio  vegetativo ;  perciocche  la  di- 
gestione  e  le  altre  funzioni  che  ne  conseguitano  si  fanno  instru- 
mentalmente  per  1'azion  del  calorico,  ecc.  *». 

i  Diversae  animae  distinguuntur  secundum  quod  diversimode  operatic  ani- 
mae  super  greditvr  operationem  naturae  corperalis,  Tota  enim  natura  torpor  alis 
subiacet  animae  et  comparatur  ad  iptam  sieut  materia  et  instrumentum.  Est  ergo 
quaedam  operatio  animae ,  quae  in  tantum  excedit  naturam  corpoream ,  quod 
neque  etiam  exercetur  per  organum  corporale :  et  talis  est  operatio  animae  ra- 
tionalis.  Est  autem  alia  aperatio  animae  infra  istam,  quae  quidem  fit  per  or- 
ganum corporale,  non  tamen  per  aliquam  corpoream  qualitatem .  et  talis  est 
optratio  animae  sensibilis.  Quia,  et$i  calidum  et  frigidum,  et  humidum  et  sic~ 
cum,  et  aliae  huiusmodi  qualitates  corporeae  requirantur  ad  operationem  sen- 
au5,  non  tamen  ita  quod  mediante  virtute  talium  qualitatum  operatio  animae 
sensibilis  procedat;  sed  requiruntur  solum  ad  debitam  dispositionem  organi. 


148  DI  TRE  CLASSI  DI  V1VENTI 

Questo  testo  e  degnissimo  di  considerazione.  Esso  distingue  tre 
gradi  di  vita  negli  esseri  composti :  il  vegetativo,  il  sensitive,  il  ra- 
zionale.  Assegna  la  ragion  comune,  per  la  quale  il  vivente  si  diffe- 
renzia  dal  non  vivente,  che  e  1'  avere  in  se  stesso  il  principio  del 
movimento  e  dell'  azione  di  cui  e  subbietto.  II  che  non  convenendo 
alia  natura  corporea  in  quanto  tale,  ne  segue  che  il  principio  di  vita 
eccede  le  forze  comuni  della  materia  e  secondo  il  grado  diverso  di 
tale  eccedenza  debbonsi  distinguere  i  diversi  gradi  di  perfezione 
vilale.  Ora  quei  gradi  son  tre.  Iraperocche  la  vita  vegetativa,  ec- 
cede le  forze  dei  corpi  bruti,  per  la  sola  universale  ragione  di  pro- 
cedere  da  un  principio  interno  al  subbietto  in  cui  essa  si  manifesta, 
ma  senza  riiuna  indipendenza  dalla  materia  o  dalle  sue  qualita ; 
giacche  la  nutrizione  e  gli  altri  atti  con  essa  connessi  si  eseguono 
non  solo  per  organi  corporali,  ma  mediante  le  slesse  forze  chimiche 
e  fisiche  della  natura.  La  vita  sensitiva  sale  piu  alto  ;  perche  essa 
quantunque  richieda  tali  forze  come  disposizioni  degli  organi  cor- 
porali, di  cui  ha  bisogno ;  nondimeno  non  si  esercita  per  mezzo 
delle  medesime.  In  cima  a  tutte  sta  la  vita  razionale  ,  la  quale  ec- 
cede in  massimo  grado  la  natura  corporea ;  perche  n&  si  esercita 
per  mezzo  di  forze  chimiche  e  fisiche,  come  la  vita  vegetale,  ne  ha 
mestieri  di  organi  materiali  come  la  vita  sensitiva.  II  perche  essa 
tocca  il  supremo  grado  di  perfezione  vitale,  ne  pu6  procedere  se 
non  da  un  principio  al  tutto  immateriale  e  indipendente  nella  sua 
sussistenza  dal  corpo. 

Infima  autem  operationum  animae  est,  quae  fit  per  organum  corporeum  et  vir- 
tttte  corporeaequalitatis.  Supergreditur  tamen  operationem  naturae  corporeae, 
quia  motiones  corporum  sunt  ab  exterior  i  principio ;  huimmodi  autem  opera- 
Hones  sunl  a  principio  intrinseco ;  hoc  enim  commune  ett  omnibus  operationi- 
bus  animae.  Omne  enim  animatum  aliquo  modo  movet  seipsum.  Et  talis  ett  ope- 
ratio  animae  vegetabilis:  digestio  enim  et  ea,  quae  consequunlur,  fit  instrumen- 
taliter  per  actionem  calorit,  etc.  Sumina  th.  1,  p.  q.  78,  a>  1. 


LA  CONTESSA  MATILDA  DI  CANOSSA 

E 

IOLANDA  DI  GRONINGA 


IL  CASTELLO  DISFATTO 

Nell'apparire  d'una  bella  mattina  si  videro  sulla  via,  che  di 
Moravia  conduce  in  Boemia  ,  due  poveri  viandanti  sopra  un  ron- 
zone  maghero,  ma  gagliardo,  il  quale  con  una  vecrhia  bardella  e 
un  po'  di  cavezza  logora  e  a  nodi  andava  d'  un  buon  ambio  e  facea 
gran  cammino.  Lo  cavalcava  un  uomo  di  contado  male  inarnese, 
e  seco  avea  in  groppa  un  garzonetto  col  cappuccio  a  gote,  cbe  gli  si 
tenea  stretto  a'  fiancbi  e  mettevagli  spesso  il  viso  fra  le  spalle.  Qui 
e  cola,  parte  innanzi,  parte  dietro  e  dai  lati,  vedeansi  alquanto  dalla 
lunga  da  diciotto  a  vent1  uomini  in  vista  di  cacciatori ,  i  quali  con 
bracchi  e  con  levrieri  alle  lasse ,  parea  cbe  cercasser  la  posta  da 
sguinzagliarli  e  ammetterli  alle  volpi  e  aH'altra  selvaggina.  Chi  li 
avesse  inconlrati  non  avrebbe  posto  mewte  per  nullaai  duevillani, 
riputandoli  gente  che  andava  al  mercato  di  qualche  vicino  casale,  o 
forse  in  attesa  di  caricare  la  cacciagione  di  que' valentuomini. 

Se  non  che  il  piu  attempato  era  il  fedele  Raimondo,  antico  fami- 
glio  di  Pandolfo,  e  il  garzonetto,  ch'aveva  in  groppa,  era  la  bella  e 
travagliata  lolanda,  la  quale  per  fuggire  le  insidie  di  Odocaro,  ap- 
pena  guarita,  fu  dall'Abate  Dauferio  e  dal  Romito  Manfredo,  sotto 
que'  poveri  panni ,  inviata  a  nostra  Signora  di  Boleslavia  per  rag- 


150  LA  CONTESSA  MATILDA 

giugnere  il  padre.  Que'  cacciatori  non  erano  altro  se  non  i  piu  fran- 
chi  soldati  dell'Abate  di  Znaim ,  i  quali  bene  armati  di  spied! ,  di 
giannette  e  zagaglie,  sotto  vista  di  cacciare,  seguiano  per  iscorta  la 
damigella  sin' oltre  le  frontiere  della  Boemia;  alle  quali  pervenuti 
senza  alcun  sinistro  accidente ,  presero  commiato  da  lolanda,  la- 
sciandola  alia  guardia  di  Dio;  ese  ne  tornarono  a  Znaim  colle  buone 

novelle. 

. 
I  due  profughi  presero  albergo  una  sera  in  una  villa,  ove  trova- 

rono  di  gran  gente  alle  stalle,  e  dovettero  per6  alloggiar  malamente 
sopra  certi  covoni  di  paglia  sottu  un  porticale  quasi  al  sereno,  pe- 
rocchi  tutte  le  stanze  eran  prese.  Credea  Raimondo,  che  tanti  fo- 
restieri  si  fossero  accozzati  per  condursi  alia  sacra  di  qualche  chiesa, 
nella  quale,  com' era  costume  di  que'  tempi,  oltre  la  festa  grande  te- 
neasi  eziandio  mercato  di  tutto  il  contorno.  Malevatisi  di  gran  mat- 
tino,  e  partiti  di  conserva  cogli  altri,  pervennero  in  sulla  terza  in 
un  larghissimo  prato  circondato  d  alberi  annosi,  in  mezzo  al  quale 
era  una  gran  quercia  che  spandea  largamente  i  suoi  rami.  A  pie  della 
quercia  vedeasi  un  rialto  di  verdi  zolle  a  scaglioni ,  in  vettaal  quale 
rizzavnsi  una  sedia  coperta  d'  un  finissimo  conopeo  di  drappo  scar- 
lattino,  estratovi  sotto  una  pelle  d'orso.  II  prato  era  alle  sue  prode 
pieno  gremito  d'  infinite  frotte  di  popoli  convenuti  da  tutto  il  reame. 
Poco  stante  ecco  entrare  nel  prato  sei  trombettieri,  i  quali  sovra 
cavalli  bianchi  venivano  sonando ,  e  dietro  a  questi  molte  barbute 
armate  di  picca,  le  quali  giunte  al  rialto  fecero  due  ale  tenendo  Taste 
in  ispalla.  Jntanto  quattro  mazzieri  a.  cavallo  in  mantellette  di  vel- 
luto  amaranto  precedeano  il  Principe,  il  quale  con  elmo  d'oro  lu- 
cente  e  incoronato  venia  chiuso  in  un  usbergo  di  finissimo  argento 
colle  fibbie  ingioiellate  di  diamanti  e  di  rubini;  avea  la  cotta  d'arme 
di  tocca  d  oro  imperlata,  eil  mantello  di  porpora,  affibbiato  sul  pet- 
to.a, un  anello  d  oro  che  uscia  di  bocca  a  una  testa  di  leone.  Egli 
cavalcava  un  destriero  leardo  con  selladi  velluto  cilestro,  e  legrop- 
pe  coverlate  di  sciamito  ,  che  scendea  a  frappe  larghe  sino  ai  gar- 
retti,  e  avea  la  tesliera  d'oro  brunito  con  sopravi  un  pennoncello 
piovente  di  penne  d'airone. 


IL  CASTELLO  DISFATTO 

Questi  era  il  Duca  Uratislao,  create  di  fresco  Re  di  Boemia  dal- 
T  Imperatore  Arrigo  IV  *  ,  il  quale  veniva,  secondo  1'usanza  di  quei 
tempi  a  giudicare  isuoi  vassalli.  Seguianloda  presso  paggiche  por- 
tavano  sopra  bacini  d'oro  la  corona  reale  e  lo  scettro  ,  e  scudieri 
colla  spada,  coll'asta,  coll'azza  e  collo  scudo  ;  indi  i  grandi  baroni 
del  regno  tutti  riceamente  in  arme  sopra  bellissimi  palafreni,  e  cia- 
scuno  avea  suoi  scudifri  e  armieri  cbe  portavano  le  insegne  delle 
marche,  delle  contee  e  delle  baronie,  di  ch'  erano  a  omaggio  del 
Re.  Serravano  il  corteo  i  Vidami  ,  gli  Scabini  e  i  Prevosti,  siccome 
giudici  e  magistrati  delta  Corona,  e  per  ultimo  i  giustizieri  cogli 
strumenti  da  martoriare. 

II  Re  sale  al  trono  5  I'  Arcivescovo  di  Praga  benedice  al  popolo  •, 
gli  Araldi  corrono  di  scbiera  in  schiera  trombando  e  gridando  al- 
to: Chi  ha  lite,  contestazione,  richiamo,  incarico,  accusa,  ecceziow 
o  privihgio  si  presenti  francamente  al  giudizio  del  Re  2.  Tutto  il  po- 
polo gridd  con  sommo  applauso  —  Viva  il  Re  —  e  fu  fatto  silenzio. 
Allora  si  presentarono  al  trono  prima  i  Vescovi  e  gli  Abati,  poscia  i 
Margravi,  i  Conti,  i  Visconti,  i  Castellani,  e  i  Vassalli  minori,  i  quali 
prestarono  al  Re  il  Fio  de'  loro  feudi  ,  e  gli  piegarono  innanzi  le 
bandiere  a  segno  di  vassallaggio.  Cominciando  il  grudizio,  si  fecero 
innanzi  due  grandi  Baroni,  i  quali  piativano  de'confini  d'una  foresta. 
II  Re  aggiudicolli  alia  prova  dell'armi  :  presero  campo  ;  s'investiro- 
no  colle  lance,  rotte  le  quali  e  gittati  i  tronconi,  vennero  alle  spadej 
1'uno  fu  ferito  e  perdette  la  lite:  i  Vidami  ne  rogarono  atto,  e  fatta 
la  rivereriza  al  Re,  i  due  contendenti  sgomberaronoil  campo. 

Fu  accusato  ilCastaldo  d'un'Abbazia  d'aver  ucciso  a  tradimento 
il  creato  d'un  Barone:  neg6  il  fatto  alia  prnsenza  del  Re,  appellando 
al  giudizto  di  Dio  per  la  prova  dell'acqua  bollente.  II  Re  disse  :  Per 
due  Credi.  La  caldaia  era  nel  massimo  gorgoglio  del  bollore-,  il 
Cappellano  del  Re  intono  il  Credo  e  tutto  il  popolo  il  seguiva  ad  alta 
voce-,  1  accusato  immerse  le  mani  nella  caldaia  5  terminate  di 


1  Chron.  PegHW,  Hoifmann. 

2  Vedi  ROBERTSON  Disc.  Prel.  alia  Stor.  di  Carlo  V.  —  CIBRARIO  Econ.  Pol. 
del  M«di  Ev.  -  SISMONDI  Stor.  delle  Rep.  Ital. 


152  LA  CONTESSA  MATILDA 

tare  i  Credi ,  rilevolle  e  alzolle  in  alto  :  la  pelle  era  intatta  ,  che 
avrebbe  dovuto  essere  tutta  incotta  e  scarnata  insino  all'ossa.  I  po- 
poli  levarono  un  grido  di  gioia,  dicendo  a  Dio  —  lustus  es,  Domine, 
et  rectum  indicium  luum  (Ps.  H8). 

Fu  tratto  innanzi  il  Falconiere  d'un  Barone,  il  quale  per  vendet- 
ta avea  cavato  un  occhio  al  suo  nemico.  I  consorti  dell'  offeso  non 
vollero  riscatto  di  pecunia  ;  il  Re  ,  secondo  la  legge  ,  diede  la  sen- 
tenza  del  taglione  :  il  giustiziere  affoc6  un  punteruolo  d'acciaio  ,  e 
ficcatolo  nell'occhio  del  Falconiere,  glielo  brucio.  Un  Saccardo  fu 
accusato  d'  aver  giurato  il  falso  sopra  i  santi  Vangeli  :  il  Re  giudi- 
collo  a  legge :  il  giustiziere  pose  la  mano  del  Saccardo  sul  ceppo,  e 
coll'ascia  gliela  ricise  di  netto:  die  al  moncherino  una  botta  di  fuo- 
co  per  ristagnare  il  sangue  ,  1'  intrise  di  balsamo  e  gliel'  involse  in 
un  panno. 

Era  legge  de'Longobardi  e  anco  de'Teutoni,  che  il  creditore  non 
potesse  spogliare  il  debitore  del  falco  e  della  spada  :  fu  condotto  al 
tribunale  del  Re  un  giudeo  ,  che  n'  avea  spogliato  un  povero  cava- 
liere.  II  Re  condannollo  a  un  grosso  riscatto  ,  piangente  indarno  il 
giudeo  usuriere  ,  che  dovette  snocciolare  di  buon  contanti ,  se  non 
volea  piombare  in  un  fondo  di  torre  a  discrezione  dell'  ofleso.  Tutti 
gridarono  ;  bene  sta  ;  bruciatelo  vivo  ,  che  ha  crocifisso  il  figliuolo 
di  Dio. 

Presentossi  il  canattiere  d'un  Barone  e  accuso  un  villano  d'aver- 
gli  rubato  un  cane  bracco  pezzato  bianco  enero,  e  d'averlo  vendu- 
to  a  un  guardaboschi  il  quale  fu  chiamato  alia  comparigione:  venne 
col  cane.  II  Re  disse  ai  bargelli  —  Si  eseguisca  la  legge  —  Allora  il 
villano  fu  obbligato  di  levarsi  il  cane  in  ispalla  ,  di  girare  tre  volte 
intorno  al  prato,  e  poscia  venuto  nel  mezzo  dovette  alzargli  la  coda 
e  baciarlo.  I  popoli  diedero  in  uno  sgangheratissimo  riso. 

Anco  fu  accusato  e  convinto  un  masnadiere  d'  avere  involato  al 
Margravio  un  falcon  pellegrino  di  gran  prodezza.  II  masnadiero  non 
avea  di  che  pagare  1'  ammenda  ,  e  il  Re  giudicollo  in  due  once  di 
carne  mangiategli  addosso  dal  falcone.  II  cattivello  fu  posto  boc- 
coni  sur  una  panca,  e  messogli  sopra  il  falcone ,  il  quale  gli  ficcd  il 


IL   CASTELLO  DISFATTO  153 

becco  nelle  polpe  ,  e  tanto  vi  bezzico  che  ne  trasse  parecchi  brani , 
sinche  il  giustiziere  gliel  tolse  di  sotto. 

Fu  accusato  e  convinto  un  ribaldo  d'  aver  rubato  un  viandante  : 
costui  avea  meno  un  occhio  ,  onde  fu  condannato  nel  naso  ;  peroc- 
che  era  legge  ,  che  al  ladro  la  prima  volta  si  cavasse  un  occhio  ,  la 
seconda  si  tagliasse  il  naso  ,  la  terza  gli  orecchi  :  il  giustiziere 
preso  il  rasoio  gli  spicc6  ambo  le  narici  insino  al  ceppo. 

II  re  Uratislao  in  quella  mattina  giudico  al  fuoco  due  streghe,  le 
quali  furono  bruciate  di  presente  sulla  catasta  in  mezzo  al  prato^ 
sentenzio  nella  lingua  un  bestemmiatore  ,  che  gli  fu  tagliata  colle 
cisoie  senza  dimoraj  fece  attanagliare  e  poi  bruciare  un  maliardo,  il 
quale  per  fare  una  sua  esecranda  malia ,  avea  svenato  un  bambino. 
Poscia  diede  molte  senlenze  di  liti  civili,  di  testamenti,  di  confini  di 
terre  ,  di  validita  di  contratti ,  e  tanta  era  la  sua  sapienza  e  la  sua 
giustizia,  che  terminato  il  giudizio  tutti  i  popoli  gridarono  :  Viva 
la  giustizia  del  Be  l. 

Di  certo  quei  tempi  erano  crudi  nel  codice  penale  secondo  la  fe- 
rita  di  que'  popoli  rozzi ;  ma  almeno  non  facea  duopo  di  mold  av- 
vocati,  i  quali  per  ispolpare  le  parti  menano  inlungo  le  liti  anni  ed 
anni,  con  cavilli  e  avviluppamenti  che  non  li  stricherebbe  Salomo- 
ne;  e  presentano  liste  interminabili,  colle  quali  si  fanno  largamente 
guiderdonare  dei  congressi,  dei  consulti;  dei  pensieri  notturni,  e  vi 
notano  uno  zecchinose,  incontrandoli  per  la  via,  li  salutate  di- 
cendo  :  Vi  raccomando  il  negozio. 

lolanda  e  Raimondo  per  non  dar  vista  di  loro  s' erano  mescolati 
fra  le  turbe  ,  e  stavano  intenti  al  giudizio  ;  terminato  il  quale  ,  il 
gran  Maliscalco  pieg6  il  ginocchio  al  Re  annunziandogli  la  venuta 
d'  un'  ambasceria  del  Marchese  di  Rrunn.  II  Re  accettolla  a  grande 
onore,  e  fattisi  innanzi  quattro  Baroni  in  ricchissimo  arnese  di  vesti 
e  di  cavalli,  e  fatta  la  riverenza,  esposero  da  parte  del  loro  Signore, 


1  Vedi  per  coteste  leggi  e  statuti  il  codice  di  Luitprando ,  di  Lodovico  Pio , 
di  Corrado  il  salico.  II  Glossario  del  Dufresne,  le  Dissertazioni  del  Muratori,  il 
Risorgimento  d'ltalia  del  Bettinelli  ecc.  ecc.  CIPRARIO.  Econ.  pol,  incd.  evo. 


i54  LA  CONTESSA  MATILDA 

che  essendo  stata  rubata  con  violenza  una  nobile  damigella  dal  Mo- 
nistero  di  Santa  Maria,  il  Marchese  chiedeva  in  grazia  alia  Serenis- 
sima  Corona  di  Boemia  ,  che  il  rapitore  fosse  rieerco :  e  trovato  , 
e  preso  ,  losse  rimandato  sotto  buona  guardia  colla  damigella  al 
Castello  di  Brunn.  11  Re  rispose  laro  :  Che  di  buona  voglia  :  ma 
ne  cbiedeva  i  conlrasegni.  Allora  gli  ambasciatori  dissero  :  Si- 
re ,  la  donzella  e  nei  sedici  anni  ,  alta  e  ben  complessa  della  per- 
sona ,  di  capelli  biondi  come  oro,  copiosi  e  lunghi;  d'occhi  azzurri 
e  sereni-,  di  fronte  spaziosa;  di  carnagione  bianchissiina  ^  di  viso  lun- 
go  e  di  gote  vermiglie. 

La  povera  lolanda,  che  dopo  1'infermita  era  pallida  divenuta,  a 
quelle  parole  s'imporporo  di  guisa,  che  il  volto  era  di  fuoco  ;  tr.e- 
mavanle  le  viscere,  e  pareale  che  tutte  quelle  migliaia  d'occhi  fosse- 
ro  rivolti  a  lei.  Raimondo,  che  se  ne  avvide,  le  disse  all'  orecehio 
—  Fatti  cuore  —  e  mentre  le  turbe  erano  tutte  m  confusione  e 
tramestamento  pel  ritorno,  egli  intruppossi  fra  loro;  e  in  luogo  di 
continuare  il  suo  cammino  per  la  Boemia  alia  volta  di  Bokslavia, 
torse  la  via  per  condursi  alia  ventuna  verso  la.Germania.  Attraver- 
sarono  di  molle  contrade  tedesehe,  sinche.giunsero  a  una  cittaove 
trovarono  fuori  della  porta  una  grande  raunata  di  gente  entro  un 
ampio  steccato  a  guisa  di  quelli  de'tornei.  Smontarono  a  uno  al- 
albecgo,  e  s'appareccliiavano  d'ireanch'essi  avederela  prorade'ca- 
yalieri,  quando  avveoutisi  in  un  uomo  grande  della  .persona  edi 
franco  sembiante,  il  richiesero  della  festa. 

—  In  luogo  di  festa,  rispose  fieramente  1'uomodi  Sassoniar  chia- 
matela  macello  fatto  per  crudel  tirannia  d1  Arrigo,  il  quale  dopo 
aver  mace.Uata.i  Sassoni,  ora  fa  beccberia  degli  altri  vassalli.  Sap- 
piate,  cheavendo  egli  intimata  una  Dieta  di  tutti  i  baroni  deli'im- 
perio,  la  grida  giunse  nell'Qldemburgo  de'Frisoni,  ove  in  Rastedt 
signoreggia  il  conte  Hunone,  ilNestore  de'signori  alemannu,Questi 
essendo  gia  nella  decrepitezza  e  tutto  volto  alle  contemplazioni  di 
Dio,  scusossi  per  la  lunga  eta  del  potersi  rendere  alia  Dieta.  Arri- 
go sdegnonne  acerbo  come  di  fellonia,  e  gli  mand6  imporre  di  pre- 
sentarsi  a  purgare  la  sua  contumacia,  menando  seco  un  campione, 


IL  CASTELLO  DISFATTO  155 

il  quale  fosse  apparecchiato  di  manftenere  il  campo  alia  maniera  di 
Frisia  contro  il  campione  della  parte  regia.  11  venerabile  vecchio 
Hunone  sentendosi  pura  la  coscienza  del  peccato  appostogli,  a  suo 
gran  disagio  si  mise  in  cammino  accompagnato  da  molti  eletti 
guerrieri  e  dal  figliuolo  Federigo,  leggiadro,  generoso  e  prodegio- 
vinetto,  ch'egli  ebbenella  sua  vecchiaia  e  per6  1'ama  di  smisurata 
dilezione. 

L'altro  ieri  il  conte  Hunone  pervenne  alia  reggia,  e  fatta  riveren- 
za  ad  Arrigo,  scusossegli  con  animo  leale  di  quel  suo  rirnanere  a 
casa,  promettendogli  die  non  fu  altrimenti  per  poca  soggezione 
a'suoi  comandamenti,  si  per  esser  egli  annoso  e  pieno  d'acciacchi, 
onde  quella  fatica  arrebbelo  disagiato  e  pericolato  non  poco.  Esser 
egli  venuto  tuttaria  a'suoi  nuovi  ordini  per  dimostraglisi  quel  fede- 
le  vassallo  che  fu  sempre  inverse  all'  avo  suo  Corrado ,  e  ad  Errico 
suo  padre  imperatori:  avergli  condotto  innanzi  ad  omaggio  1'unico 
figliuol  suo  Federigo,  il  quale  non  avea  ancor  tocco  il  veritesimo 
anno,  ma  in  prodezza  d'arme  e  senno  di  cuore  valea,  per  dono  di 
Dio,  sopra  1'eta. 

A  quel  nobile  proferirsi  d' Hunone  gli  Arcivescovi,  i  Ducbi  e  gli 
altri  Baroni  erano  pieni  d'  alta  ammirazionee  guardavano  quel  ve- 
nerando  vegliardo  quasi  con  atto  religioso:  ma  il  fiero  tiranno  mira- 
tol  bieco,  gli  disse  :  lo  t'  ho  per  fellone,  e  non:  ti  lavera  da  cotesta 
maccbia  se  non  il  giudizio  della  spada.  Sara  mantenitore  per  te  del- 
la  sbarra  il  tuo  figliuolo  Federigo,  e  il  campion  mio  sara  un  lione 
africano.  L'  amoroso  padre  a  questa  dura  denunzia  allibi-,  ma  per 
1'intimo  tratto  ch'egli  aveva  con  Dio,  abbandonata  ogni  sua  speran- 
za  nel  divin  beneplacito  ,  rispose  :  Re  Arrigo,  Cristo  fia  giudice1 
fra  me  e  te  dell'innocenza. 

Oggi  adunque,  riprese  il  sassone,  Federigo  combatte  il  fiero  Ho- 
ne-, forestieri,  pregate  pel  nobile  giorinetto;  e  cosi  dicendo  avvios- 
si  agli  steccati.  lolanda  a  quelle  parole  s' intese  tutta  commorer 
dentro  di  pieta  dell'innocente  e  d'  orror  pel  tiranno-,  e  coll'  intimo 
del  cuore  voltasi  al  suo  Angelo  custode,  il  preg6  vivamente  di  sup- 
plicare  1'Angelo  di  Federigo  a  infondergli  fermezza  e  vigore  da  vin- 


LA  CONTESSA  MATILDA 

cere  la  belva  crudele.  Intanto  ella  enlro  con  Raimondo  fra  il  doppio 
palancato  di  queirimmensa  prateria,  la  quale  girava  ben  oltre  a  un 
miglio.  Ai  due  fuochi  dell'elisse  erano  rizzati  due  palchi  a  padiglio- 
ne  riccamente  messi  ad  arazzi  e  a  rica  scale  di  seta  e  di  velluto,  ga- 
late  di  frappe  d'  oro,  e  seminate  per  tutto  di  piastrelli,  di  bombine 
e  di  stellette  d'oro,  che  brillavano  come  gemme.  Nell'uno  de'palchr 
sail,  detestato  da  tutte  le  genii,  il  Re  Arrigo  coi  principi  dell'im- 
pero,  neH'altro  il  venerabile  conle  Hunone,  seguilo  da'suoi  cava- 
lieri.  Egli  era  alquanto  curvo  della  persona  coi  capelli  bianchi  co- 
me neve  cadenli  sulle  spalle  ;  avea  il  vollo  pallido  e  meslo,  1'  alta 
fronle,  per  F  immenso  dolore,  costretta,  e  1'  occbio  per  la  smisurata 
angoscia  dell'  animo  palerno  gli  parea  morlo  in  viso.  I  popoli  al 
primo  vederlo  apparire  in  sulla  loggia  lacrimarono  di  pieta,  e  ma- 
ladiceano  in  cuore  alia  spielalezza  d' Arrigo. 

Gli  araldi  e  i  donzelli  d'arme  corsero  tulto  1'arringo,  e  fallisi  di- 
nanzi  al  trono,  allendeano  il  cenno  reale.  Arrigo  piego  il  capo :  al- 
lora  fu  dalo  nelle  Irombe,  e  alzala  la  gridainlorno  —  Federigo  di 
Rastedt  sostiene  alia  prova  del  Hone  che  il  Contesuo  padre  non  pecco 
di  fellonia  alia  Corona  —  Di  presente  il  giovine  Federigo  si  fece 
innanzi  al  vecchio  padre,  e  piegale  le  ginocchia  il  chiese  della  bene- 
dizione.  II  Conte  soslenuto  da  due  scudieri  levossi  in  piede,  e  grido- 
allo  spiccatamenle  :  lo  giuro  a  Dio,  al  Re,  a  tutti  i  Principi  del- 
1'imperio  ch'io  non  ho  mai  fallilo  la  mia  fede  alia  Corona.  Figlio 
mio,  comballi  franco  per  Vinnocenza  di  tuo  padre:  ti  benedico  in 
nomedi  Dio  Padre,  Figliuolo  e  Spirilo  Santo,  e  prometto  alia  Po- 
tenle  ^7e^gine  Maria,  che  se  tu  esci  vincitore  della  gran  lotta,  io  edi- 
ficher6  ne'  miei  slati  e  giurisdizioni  un  tempio  e  un  monistero  in 
onore  di  Lei.  Cosi  detlo,  il  reverendo  vecchio  ricadde  nella  sua 
sedia  e  ficco  il  mento  in  seno. 

Federigo  scese  co'  suoi  donzelli  nell' arena ,  e  fu  vestito  delle  sue 
armi ;  si  cinse  al  fianco  la  spada,  e  allacciatosi  1'elmo  in  capo,  fece 
ritirare  ognuno  alia  sbarra.  Federigo  era  bello,  grande,  nobile  e 
destro  della  persona ;  e  tulti  al  primo  vederlo  salutaronlo  grazio- 
samente  con  gridi  e  cenni ,  e  le  donzelle,  ch'eran  sulle  logge  e  al 


IL  CASTELLO  D1SFATTO  157 

rialti ,  gittavangli  fiori  spicciolati ,  e  sventolavano  le  cinture  di  velo 
a  gai  colori ,  com'era  1'usanza  di  quell' eta.  A  un  nuovo  suono  di 
trombe  fu  tirato  nell'arena  da  otto  cavalli  superbamente  bardati 
il  gabbione  di  ferro  ,  entro  il  quale  chiudeasi  1'orribile  fiera;  e  di- 
staccati  i  cavalli,  e  il  guardiano  salito  salla  gabbia,  alz6  coll'argano 
la  cateratta,  e  1'aperse.  II  leone  usci,  fece  alcuni  passi,  guardossi 
attorno  maravigliato  di  tanti  popoli ,  e  mise  un  rugghio  spaventoso, 
cbe  altamente  rimbomb6  per  le  logge  e  pei  palcbi ,  e  fece  balzar  il 
cuore  a  tutti  gli  spettatori. 

Federigo  s'era  fatto  un  fantoccio  vestito  di  rosso  vivo,  e  levato- 
selo  in  braccio  e  postasi  in  bocca  la  spada  fra'  denti ,  mosse  tran- 
quillo  e  franco  alia  volta  del  fiero  animale.  II  leone,  come  vide 
avanzarsi  il  giovane  guerriero ,  tutto  arruff6 ,  scosse  orribilmente 
la  giubba,  sferzossi  i  fianchi  colla  coda,  infiamm6  gli  occhi,  in- 
ciocc6  i  denti  per  rabbia ,  salt6  innanzi  alcuni  passi  e  s'arresto : 
ma  come  vide  Federigo  farsi  avanti  con  fermo  passo  e  gagliardo , 
il  leone  guardollo  con  occhi  di  foco,  rasp6  la  terra,  indi  si  raccolse 
e  strinse  sulle  zampe  di  dietro  e  scagliossi  furiosamente  per  inve- 
stirlo.  Federigo  gittogli  innanzi  il  fantoccio,  che  il  leone  addento 
e  morse  ingordo  fremendo  e  agugnando ;  ma  il  giovinetto,  guiz- 
zato  di  traverso,  gli  caccio  la  spada  nel  cuore  e  1'ebbe  trafitto  da 
banda  a  banda. 

Allora  si  alzo  un  grido  di  gioia  da  tutti  gli  astanti  ch'esclamarono 
a  una  voce :  Qui  abitat  in  adiulorio  Altmimi  in  proteclione  Dei  coeli 
commorabitur  (Ps.  90).  II  vecchio  Hunone,  cbe  ratio  in  orazione  a 
Dio  tenea  chrusi  gli  occhi ,  a  quel  grido  gli  aperse ,  e  vista  la  fiera 
belva  palpitante  ai  pie'  di  Federigo :  esclam6  nel  suo  cuore :  Isle 
pauper  damavit ,  et  Dominus  exaudivil  eum,  el  de  omnibus  tribu- 
lalionibus  eius  sahavil  eum  (Ps.33).  In  un  attimo  gli  Araldi  salta- 
rono  nello  steccato ,  circondarono  Federigo ,  e  fra  i  plausi  uni- 
versali  condusserlo  innanzi  ad  Arrigo  •,  il  quale  percosso  alia  gioia 
dellegenti,  pauroso  di  sedizione,  e  stupito  all'  inestimabil  prodezza 
di  Federigo,  abbracciollocon  infinita  esultanza,  cinselo  di  sua  mano 
del  cingolo  di  cavaliere,  misegli  in  dito  un  preziosissimo  anello , 


158  LA  CONTESSA  MATILDA 

donogli  di  molte  terre  nel  paese  di  Soist,  e  franco  in  perpetuo  del 
vassallaggio  la  contea  del  padre  •*. 

Non  e  a  dire  quanto  lolanda  godesso  della  vittoria  di  Federigo,  e 
ne  ringraziasse  Iddio,  ella  ch'era  quasi  nella  condizione  di  quel  gio- 
vane  ,  ed  aveva  anch'essa  per  la  tirannia  d  Arrigo  il  padre  albando 
dell'impero,  profugo  e  in  estremo  sconforto,  e  preg6  la  divina  bon- 
ta  che  soccorresse  aU'innocenza  del  padre  suo  come  avea  magnifi- 
cato  quella  d'Hunone.  Appresso  la  vittoria  di  Federigo  sopra  il  lio- 
ne  tutte  le  genti  si  dipartirono  dagli  steccati,  e  Roimondo,  raccoi- 
tosi  colla  donzella  all  albergo,  le  disse  :  lolanda,  Signora  mia,  Tan- 
data  a  Boleslavia  e  oggimai  fatta  impossible  per  voi  dopo  la  pro- 
messa  del  Re  Uratislao  al  Sire  di  Brunn;  laonde  io  non  veggo  altro 
partito  che  quello  di  condurvi  a  Roma  e  mettervi  sotto  la  prote- 
zione  del  Papa,  ch'  e  il  padre  de'  fedeli ,  la  letizia  degli  ssonsolati 
e  lo  scudo  dei  deboli  che  ricoverano  nelle  sue  braccia. 

lolanda  smarri  al  pensiero  di  si  lungo  viaggio,  e  pi^no  d'  insidie 
e  lacci  dei  nemici  di  santa  Chiesa :  tuttavia  plena  di  fede  in  Dio,  e  di 
confidenza  nel  Papa,  si  mise  intrepida  in  cammino  verso  la  Baviera: 
se  non  che  dopo  alcuni  giorni  cavalcando  lungo  le  rive  del  Danu- 
bio  s'abbatte  in  una  gran  pressa  di  cavalieri,  che  la  fecero  deviare, 
tenendo  a  ritroso  il  corso  del  fiume  per  tragittarsi  a  Passavia.  Que- 
sta  era  la  cavalcata  dei  due  Arcivescovi  di  Praga  e  d'Olmutz.  chia- 
mati  a  Roma  da  Gregorio  a  trattare  la  loro  causa  al  tribunale  su- 
premo della  santa  Sede.  laromiro  di  Praga  era  fratello  del  re  Ura- 
tislao ,  il  quale  pretendeva  supremazia  di  grado  sopra  la  cattedra 
di  Olmutz,  e  il  Vescovo  Giovanni  gliela  contendea  vigorosamente. 
laromiro  gli  mosse  guerra,  il  che  saputo  da  Gregorio  ,  gli  mando 
1'  interdetto,  intimandogli  di  venire  insieme  con  Giovanni  a  dir  sue 
ragioni  alsoglio  Apostolico. 

I  due  Prelati  veniano  con  gran  seguito  di  cherici  e  di  cavalieri 
con  quella  magnificenza  che  s'addiceva  alia  loro  nobilta.  ricchezza 
e  dignita,  secondo  1'usanza  di  que'  tempi.  II  Boemo  avea  in  tutto 

4  Vedt  Chron.  Rasted.  SCHIPHOWER  in  Chron.  Oldem. 


m  CASTELL0  DISFAT-TO  Io9 

del  reale  ,  e  il  Moravo,  tuttocbe  won  fosse  di  sangue  regio,  non  te- 
neasi  dameno  in  isplendore  di  laromiro.  Ciascuno  cavalcava  bellis- 
simi  palafreni  riccamente  addobbati  in  gualdrappe  di  sciamito,  in 
selle  gemmate,  con  isproni  d'oro,  e  in  fmissimi  mantelli  di  por- 
pora  e  zibetti  di  gran  vaiore.  Ciascuno  era  addestrato  da  due  pa- 
lafrenieri,  e  aveano  innanzi  la  mula  bianca  colla  croce  inalberata, 
e  dietro  nobili  paggi.  e  valletti  colle  kisegne  de'feudi:  veniano  ap- 
presso  i  cherici  ,  secondo  la  dignita,  sopra  ginnetti  di  bella  guisa 
e  ben  guerniti  ;  dopo  seguiva  la  salmeria  coi  tesori  delle  cappelle 
in  calici  e  turiboli  d'oro,  in  mitre  ornate  di  preziose  gioie,  in  anella, 
e  bottom  da  piviali  ,  e  paramenti  di  broccato  d'oro,  di  veliuto  e  di 
setino  a  vaghi  ricami,  e  trecciere  di  perle,  e  nappe  e  cordon!  do- 
rati  :  per  ultimo  venia  lascorta  de'  soldati  bene  in  arme  e  sopra  ca- 
valli.di  gran  podere  e  da  battaglia  *. 

Raimondo  fra  il  corteggio  del  Prelato  moravo  conobbe  alcuni  suoi 
amici,  perche  non  parendogli  esser  sicuro,  e  dubitando  di  qualche 
sinistro  caso  per  lolanda,  torse  il  cammino  in  fretta,  e  avviossi,.  co- 
me e  detto  diauzi,  contro  il  corso  delDanubio  per  tener  poscia  la  via 
d'  Augusta.  11  suo  avviso  fu  prudente;  ma  chi  puo  antiveder  le  for- 
tune? Quella  risoluiione  torn6  di  gravissimo  danno,  e  d'amarissimo 
pianto  ad  ambedue:  imperocch^  com'ebbero  valico  il  Danubio  a 
Passavia,  mentre  continuavano  la  loro  andata  alia  voltadi  Augusta, 
avvenne  loro  d'attraversare  di  molte  lande  e  foreste  disabitate,  e  fu- 
rono  spesso  a  pericolo  d'  esser  divorati  dai  lupi.  Un  gior.no  che  avean 
corso  un  lungo  tratto  di  paese  diserto  dalla  guerra  pervenriero  alia 
caduta  del  sole  a  un  casamento  mezzo  disfatto  ch'avea  1'aria  d'uri 
nobil  nianiero  baronale,  posto  in  amenissimo  sito  sovra  uapoggetto 
coronato  d'alberi  frondosi  ,  e  di  vive  fontane  annaffiato  ,  le  quali 
doveano  un  di  giocondare  e  fiorire  colle  fresche  e  chiare  acque  un 
ampio  giardino,  in  cui  vedeansi  ancora  leaiuole  scalfiLte,  e  i  mar- 
morei  ornamenti.rotti  e  dispersi  dalle  soldatesche. 


1  PELZEL'S  GESCIHCHTE  der  Bohmer.  pag.  66—  FIORE.NTIWI  pag.  117. 
Greg.  XII. 


160  LA  CONTESSA  MATILDA  • 

Raimondo  entr6  pei  portici  solitarii  e  cadenti,  visit6  le  camere  a 
terrene,  e  trovato  un  gran  tinello  col  focolare,  ivi  pens6  di  passar 
la  notte  con  lolanda;  perche  tolte  le  selle  e  le  briglie  ai  due  ronzi- 
ni,  e  messili  per  UP.  pratello  di  fina  e  folta  erba  ripieno,  il  quale  era 
circondato  di  muro,  egli  rientro  nel  disabitato  palazzo.  Ivi  accese  un 
po'  di  fuoco,  e  trovati  in  una  cameretta  vicina  alcuni  covoni  di  pa- 
glia,  li  stese  in  terra,  si  tolse  dalle  bisacce  la  provvisione,  cenarono 
chetamente,  e  poscia  andarono  a  posare.  Raimondo  non  tardo  mol- 
to  a  dormire,  ma  lolanda  in  quella  solitudine,  in  quelle  stanze  de- 
serte,  in  quelle  tenebre  che  gia  cominciavano  g  diffondersi,  si  send 
presa  d'un  certo  terrore  che  la  tenea  desta  einquieta.  Sinche  duro 
il  fuoco  acceso,  ella  continuava  a  guardarlo,  e  pareale  che  vigilasse 
per  assicurarla;  ma  a  mano  a  mano  spegnendosi,  ella  rimase  in  un. 
buio  pauroso,  e  stringeasi  spesso  la  sua  cara  Madonnina  al  pe,tto, 
raccomandandolesi  con  cuore  affannato.  Finalmente  vinta  dalla 
stanchezza  velo  anch'essa  gli  occhi  a  un  po1  di  sonno. 

Era  gia  notte  alta,  quando  la  giovinetta  si  scosse  d'  un  trasalto, 
e  aprendo  gli  occhi,  le  parve  aver  veduto  come  un  lampo  balenare 
in  un  muro  e  sparire.  Le  corse  il  sangue  al  cuore,  balzo  a  sedere, 
e  parvele  udire  un  romor  sordo  di  lontano :  chiamo  Raimondo  e  gli 
disse  —  Odi  tu?  —  Che  c'  e  egli?  rispose  —  Parmi  sentire  uno 
scalpiccio  lontano,  riprese  lolanda,  e  anco  vidi  lampeggiar  lumesul- 
la  parete  di  fronte  —  Ne  avea  compito  di  dire,  che  ecco  guizzar  nuo- 
va  luce,  e  sparire,  e  ripigliare,  sinche  videro  il  tinello  illuminarsi 
tutto.  I  due  viaggiatori  rimasero  esterrefatti  e  si  tennero  morti,  pe- 
rocche  videro  entrar  quattr'  uomini  con  ceffo  crudele,  e  V  un  d'essi 
grido  — Chi  siete  voi? — Poveri  viaggiatori,  rispose  Raimondo,  che 
ci  tramutiamo  da  Passavia  ad  Augusta  — 

lolanda  (che  coricandosi  s'  avea  tolto  il  cappuccio  e  la  chioma  le 
cadea  per  le  spalle)  avvegnache  fosse  in  abito  di  garzone,  fu  losto 
per  femmina  conosciuta ;  laonde  uno  de'  quattro  presala  per  un 
braccio  la  fe  rizzare,  dicendole  —  Buona  donzella,  vieni  con  noi  — 
lolanda  tremava  a  verga  a  verga,  e  caduta  in  ginocchio  alz6  le 
mani  supplicandolo  di  non  farle  affronto  —  Sta  di  buon  animo. 


IL  CASTELLO  DISFATTO  161 

• 

ripigli6  queU'uomo,  niuno  ti  tocchera  di  peccato ;  ma  noi  abbiamo 
bisogno  dell'  opera  tua  per  una  inferma  che  abbiamo  in  casa.  La- 
sciate  venire  anche  il  mio  compagno,  disse  pur  tremando  la  gio- 
vane;  ma  gli  altri  risposero:  No,  egli  verra  con  noi.  L' infelice 
lolanda  fu  presa  dali'  uomo  per  mano  e  condotta  via,  contendendo- 
si  indarno  Raimondo  che  volea  seguitarla. 

Quell' ostello  dalla  banda  di  levante  calava  sopra  una  rupe  sta- 
gliata,  ch'  avea  le  radici  in  un  torrente,  cotalche  scendendo  ezian- 
dio  di  molte  scale  parea  mettere  ne'  sotterranei,  ma  in  fatto  le  stan- 
ze  avean  aria  e  luce  dal  lato  della  valle.  Entrarono  dapprima  in  uno 
androne  che  riuscia  in  una  gran  camera  a  volta  sostenuta  per  lo 
lungo  da  grossi  pilieri  d'asprone  a  bugna,  intorno  ai  quali  vedeansi 
crogiuoli,  calderuoli,  mestole  e  mestolini  di  ferro,  e  fornacelle  e 
forme  e  staffe  da  serrarle.  Ivi  erano  ancudini,  ancudinette  e  tassi 
con  mazze,  corbole,  martelli  a  bocca  piana,  a  boccatonda,  apenna 
dolce,  a  penna  grossa,  a  penna  lunga,  con  tanaglie,  e  morse  e  ci- 
soie  ne'  ceppi.  Cola  in  mezzo  erano  rizzati  due  gran  strettoi  di  fer- 
ro colle  pile,  i  torselli,  e  i  punzoni  da  stampar  le  monete,  e  vi  si 
travagliavano  intorno  certi  ominacci  mezzo  ignudi,  i  quali  colle  ma- 
novelle  davano  gagliardissimi  tratti  alle  viti  del  torchio,  che  ne  ser- 
ravano  i  pani  sulle  stampe.  Niuno  la  dentro  zittiva;  tutto  faceasi 
a  segni,  e  1'opera  era  concitata  e  piena  d'ardore.  Vedeansi  ammon- 
ticellati  candelieri,  vassoi,  vasi,  corone,  turiboli,  croci,  reliquieri 
tutti  d'  oro  e  d'  argento,  e  rotti  o  tagliati  si  gittavano  a  fondere 
nelle  fornaci  con  varie  leghe  di  stagno  e  d'  ottone.  Insomnia  lolan- 
<!a  s'avvide  con  orrore  ch'ella  era  caduta  in  empie  mani,  e  che  quel- 
lo  era  un  covo  secreto  di  falsi  monetieri. 

L'  uomo,  che  aveala  rapita,  la  condusse  per  una  fuga  di  camere 
ov'  eran  di  molti  strapunti,  sui  quali  vedeansi  colchi  uomini  che 
dormiano  russando,  in  capo  alle  quali  era  una  stanzetta  dipinta  con 
entrovi  un  lumicino.  lolanda  sbigottita  vide  la  in  un  canto  un  gia- 
ciglietto,  e  sopravi  una  giovane  donna  gravemente  inferma.  Fan- 
ciulla,  disse  quel  fiero,  questa  e  mia  moglie,  siati  raccomandata -, 
ella  e  grave,  ed  abbisogna  di  molta  cura;  fa  che  tu  le  sia  sorella-, 

Serie  HI,  vol.  IX.  11  4  Gennaro  1858. 


-162  LA  COMESSA  MATILDA 

• 

edettoquesto,  e  guardata  1' inferma  pietosamente,  gli  calaron  due 
grosse  lacrime  dagli  occhi,  e  usci  seriz'  altro  dire.  lolanda  le  si  ac- 
cost6  e  fattole  attorno  alcuni  vezzi  donneschi,  salutolla,  offeren- 
dosele  graziosamente.  La  giovane  le  sorrise,  e  strettasela  al  petto : 
Oh  ,  disse ,  oggimai  morr6  tranquilla ,  cbe  mi  veggo  in  si  dolci 
mani :  dimmi  ehe  nome  e  il  tuo?  —  lo  mi  chiamo  lolanda,  e  tu? 
—  Ida,  rispose  1'  inferma  —  lolanda  la  governava  con  molto  amore 
e  pel  servigi  da  farle  intorno  dovendo  di  frequente  passare  fra  quei 
falsatori,  tutti  aveanla  in  riverenza:  di  che  essa  ringraziava  Iddio, 
e  gli  si  raccomandava  continue. 

Venuto  il  giorno  lolanda  inginocchiossi  a  pie  del  letto,  e  tratta 
dalla  tasca  di  cuoio,  che  pendeale  a  fianco,  la  statuetta  di  Maria  co- 
mincio  a  recitare  le  sue  orazioni  del  mattino.  Ida  la  stava  contem- 
plando  tacitamente ;  e  la  divozione,  Taffetto,  la  serenita  colla  quale 
pregava  rapiano  V  inferma  a  un'ignota  dolcezza  che  tutta  1'anima 
le  occupava.  La  pieta  che  fioria  su  quel  viso  bello  ed  amabile,  la 
soavita  di  quegli  occhi,  rumiltadi  quella  fronte,  la  compostezza  di 
tutta  la  persona  in  se  ristretta,  lo  spandimento  dello  spirito  cbe 
uscia  caldo  e  innamorato  da  quelle  labbra,  moveano  la  mente  dell-a- 
povera  Ida  a  nuovi  sensi  ch'  ella  non  avea  provato  giammai.  Co- 
rn' ebbe  terminate  di  pregare,  lolanda  rizzossi,  e  fattasi  aH'inferma. 
le  disse  —  Ida  mia,  bacia  1'immagine  della  Madonna  e  confida  in- 
Lei —  Ida  baciolla-,  e  voltasi  a  lolanda  le  disse —  Chi  ecotestabel- 
la  Signora  che  tu  mi  fai  baciare?  £  fors'ella  la  Regina  rostra?  Quan- 
t'  e  benigna  ?  Quanta  maesta  le  spira  dal  sovrano  sembiante !  E  co- 
testo  caro  bambinello  e  il  figliuolo  del  Re?  — 

lolanda  a  quelle  parole  stupi,  e  disse  —  Ida,  non  se'  tu  cristia- 
na?  Non  conosci  la  Madre  di  Dio,  e  il  Redentore  dell'  anime  no- 
stre ,  sceso  di  cielo ,  fatto  bambino ,  e  poscia  morto  di  croce,  Dio 
ed  uomo? 

—  lo,  rispose,  non  conosco  altro  Iddio  che  Odino  figliuolo  del  gi- 
gante  .Borr,  e  fratello  di  Wili  e  di  We  potentissimi  degli  dei,  crea- 
tori  del  cielo  e  della  terra,  fattori  dell'  uomo,  nel  quale  Odino  spir6 
1'anima  e  la  vita  — 


IL  CASTELLO  DISFATTO  163 

lolanda  non  potea  rinvenire  dal  suo  stordimento  udendo  tai  cose; 
e  guardata  1'  inferma  con  occhi  incerti ,  le  disse  —  Ida,  non  se'  tu 
alemanna? 

—  Sono  luitizia,  rispose,  e  tu  sai  che  i  Luitizii  non  sono  cristia- 
ni ;  anzi  sono  in  continua  guerra  coi  Sassoni,  e  coi  Danes!,  che  ado- 
ran  Gristo.  Egli  e  appunto  perche  ho  salvato  un  Cristiario,  ch'  io 
mi  trovo  sbandeggiata  dalle-  mie  native  foreste  e  raminga  con  Duno 
mio  marito.  TQ  dei  sapere  che  nell'  ultima  guerra  de'  miei  Luitizii 
coi  Sassoni,  dopo  infinita  strage  dell'  uno  e  dell1  altro  campo,  cia- 
scuno  ritirossi  co'  suoi  ferili  e  co'  suoi  prigionieri  entro  i  proprii 
confmi.  Fra  i  nostri  prigioni  era.  un  nobile  e  prode  cavaliere ,  fi- 
gliuolo  d'  un  gran  principe  di  Sassonia,  giovine  che  non  avea  tocco 
ancora  i  diciott'  anni,  ma  si  gagliardo  che  niuno  resisteva  alia  sua 
spada,  e  nella  battaglia  uccise  ben  tre  Capi  delle  nostre  tribu.  Es- 
sendogli  stato  morto  il  cavallo,  cosi  a  piedi  si  difendeva  mirabilmen- 
te  ;  ma  circondato  da  una  gran  calca  de'  nostri  dovette  cedere ,  e 
fu  fatto  prigione  e  condotto  alle  nostre  boscaglie. 

Le  tribii ,  cui  quel  nobile  guerriero  aveva  ucciso  i  condottieri , 
gridarono  ammutinate  che  il  fiero  Sassone  si  dovesse  svenare  all'  a- 
ra  di  Odino  per  placare  1'  ombre  dei  nostri  Duci;  e  cosi  fu  conve- 
nuto  di  fare.  Io  sono  figliuola  del  gran  sacerdote  di  Odino,  eil  gio- 
vane  fu  tratto  nella  capanna  di  mio  padre ,  ed  ivi  legato  a  un  cep- 
po  attendea  la  sua  morte.  Essendo  io  figliuola  unica  dimorava  col 
marito  in  casa  mio  padre,  e  per6  mi  fu  dato  a  guardia  il  prigionie- 
ro,  il  quale  nel  suo  grand'  animo  non  mostrava  segno  di  paura,  ne 
punto  si  ramrnaricava  della  sua  sventura.  Fu  mandata  la  grida  per 
tutto  il  vasto  paese  dei  Luitizii,  che  ivi  a  tre  giorni  il  gran  sacerdote 
di  Odino  avrebbe  immolato  al  suo  altare  sotto  la  quercia  il  piu  pro- 
de campione  dei  Sassoni.  Tutti  i  guerrieri  convennero,  e  campeg- 
giarono  sotto  le  tende.  La  notte  del  terzo  di  tutti  gli  uomini  erano 
nel  gran  prato  del  Dio  ,  ragionando  intorno  alia  nuova  guerra  da 
rompere  ai  Sassoni ,  e  faceano  al  lume  delle  tede  di  pino  le  danze 
guerriere  che  precedono  il  sacrifizio. 

Io  era  soletta  al  fuoco,  e  vedea  il  giorane  prigioniero  postosi  gi- 
nocchione  pregare  come  facevi  tu  dianzi,  e  levava  le  mani  al  cielo, 


164  LA  CONTESSA  MATILDA 

e  invocava  spesso  una  Vergine  che  chiamava  anch'  egli  Madre  di 
Dio  ,  la  quale  dovea  per  certo  essere  questa  bella  Signora  che  tu 
baci  con  tanta  riverenza  ed  amore.  lo  mi  sentiva  commover  le  vi- 
scere  a  pieta  e  tenerezza  di  si  hello  e  nobil  garzone  che  alia  nuova 
aurora  doveva  essere  svenato.  Ma  quando  1'  intesi  dire  —  Ema,  so- 
rella  mia  cara,  addio:  deh  quando  saprai  la  mia  morte,  prega  per 
me  —  lo,  che  tanto  piansi  quando  mi  fu  ucciso  1'  unico  mio  fratel- 

10  in  battaglia,  non  potei  piu  rattenere  lelacrime,  e  gli  dissi — Pri- 
gioniero,  hai  tu  una  sorella? —  Si,  mi  rispose,  e  1'  amo  tanto !  — 
Allora  presa  da  una  prepossente  forzadi  compassione  balzai  in  pie- 
di,  troncai  colla  scure  le  ritorte  in  sul  ceppo,  e  gli  dissi —  Va,  fug- 
gi,  nobil  garzone,  e  consola  la  tua  sorella  —  Corsi  alle  stalle,  sel- 
lai  un  cavallo,  e  gli  dissi  —  Gala  il  monte,  guada  il  Reknitz ,  e  tienti 
sempre  in  sulla  tua  diritta  — 11  giorane  si  mise  a  cavallo  efuggi. 
Quattr'  ore  dappoi,  che  giaera  vicina  1'aurora,  udendo  ritornare  i 
guerrieri,  io  feci  vista  di  dormire  presso  il  fuoco  semispento:  entro 
mio  padre  con  Duno,  volsero  gli  occhi  al  ceppo,  e  non  vi  trovando 

11  prigioniero,  mio  padre  corse  a  me  e  scossemi  fieramente,  gridan- 
do  —  Ov'  e  il  Sassone?  — Io  feci  la  stordita,  ed  esclamai  —  Oh!  che 
dite?  —  Dico,  ov'  e  il  prigioniero?  —  La  scure  era  vicina  al  ceppo, 
e  disse  —  Sciocca,  perche  lasciastu  la  scure  si  presso  ?  —  Io  rispo- 
si  —  tagliai  un  p6  di  legna  pel  foco,  e  avendo  sonno,  la  dimenticai 
cola  in  terra. 

II  romore  fu  grande :  guerrieri  salirono  a  cavallo  ,  e  spronaro- 
no  per  la  via  che  conduce  all'  Elba ;  ma  giunti  alia  riviera  del  Rek- 
nitz, la  trovarono  per  subite  piogge  smisuratamente  ingrossata,  e 
dovettero  ritornare.  La  rabbia  deiLuitizii  fu  inestimabile,  e  mi  vo- 
leano  svenar  me  all'ara  di  Odino.  Allora  mio  padre,  disse  —  Sacri- 
ficheremo  un  altro  Sassone ,  e  la  figliuola  mia  avra  bando  di  terra 
e  fuoco  —  Duno  mio  marito  prese  I'oro  e  1'argento  del  suo  bottino 
di  guerra,  e  con  tre  cavalli  ci  dipartimmo.  Duno  s*  abbatte  nel  cam- 
mino  in  cotesti  monetieri,  s'  aggiunse  con  esso  loro,  e  ricoveraro- 
no  in  cotesto  castellazzo  abbandonato ,  ove  fanno  moneta  falsa  di 
marchi  d'  oro  e  d'  argento ,  e  tengon  mano  a  tutti  i  ladroni  del 
contorno. 


IL  CASTELLO  DISFATTO  165 

lolanda,  che  aveva  ascoltato  con  affettuosa  attenzione  i  detti  del- 
F  inferma,  voltasi  a  lei  con  amore  dolcissimo  —  Ida,le  disse,  togli- 
ti  da  questa  religione  di  sangue.  II  tuo  Odino  vuol  vittime  umane 
svenate  a'  suoi  piedi  •,  il  nostro  sommo  Iddio  invece,  perch6  noi  vi- 
viamo  in  eterno,  mise  a  morte  1'  unico  figliuol  suo  Gesu  Cristo,  Dio 
come  il  Padre,  il  quale  scese  in  terra,  assunse  umana  carne,  pati  e 
mori  in  croce  per  redimere  le  anime  nostre.  I  suoi  sacrifizii  sono 
d'  amore;  se  noi  1'  amiamo  con  tutta  1'  anima,  ci  risorgera  da  mor- 
te, e  ci  fara  godere  ne'cieli  eternamente  la  sua  Divinita,  che  ci  ren- 
dera  felici  e  beati  per  sempre. 

Ida  mirava  lolanda  senza  batter  palpebra,  e  poscia  le  disse  —  Col 
tuo  Dio  vedremo  in  cielo  anche  la  tua  bella  Signora?  —  Pensa  che 
si,  ripigli6  lolanda :  Ella  fu  sempre  Vergine,  e  il  figliuolo  di  Dio  in- 
carn6  nel  suo  purissimo  seno.  Quando  Gesu  risorse  da  morte,  e  sa- 
il in  cielo,  vi  voile  anco  la  Madre  sua,  e  ve  lafece  levare  dagli  an- 
gioli  sariti,  e  incoronolla  regina  del  cielo  e  della  terra.  Ida,  tu  sal- 
vasti  quel  giovinetto  cristiano,  e  Maria  vuol  rimeritarti  col  paradi- 
so  di  si  bell'  atto,  e  diverrai  anche  tu  piu  bella  di  tutte  le  reine  del 
mondo. 

—  E  che  si  dee  far  egli  per  giugnere  a  tanto  bene?  —  riehiese  Ida. 
—  Credere  in  Gesu  Cristo,  esser  battezzato,  rispose  lolanda  ed 
osservare  la  sua  legge,  ch'  e  mite  e  soave  pel  conforto  della  sua  gra- 
zia  —  In  quello  entro  Duno,  il  quale  vedendo  la  sua  giovane  sposa 
tanto  serena  e  tranquilla  in  volto,  le  disse  —  Ida  mia  cara,  cotesta 
tua  infermiera  ti  vale  per  un  ristoro  —  Oh,  soggiunse  Ida,  ella  m'ha 
detto  tante  belle  cose!  dirottele  poi  tutte:  seritirai,  Duno,  che  H 
paradise  dei  Cristiani  e  piu  bello  del  nostro  Wahldlla  1  —  II  fier© 
Luitizio  crol!6  il  capo,  e  rispose  freddamente  —  Bene,  bene :  atten- 
di  a  guarire. 

Ma  Ida  era  divorata  da  una  febbre  ardente ,  che  la  venia  consu- 
mando,  e  volgera  con  incredibile  rapid! ta  verso  gli  estremi.  lolan- 
da era  continua  al  suo  capo,  e  tergeale  il  sudore,  e  con  acqua  fre- 
sca  veniala  refrigerando  a  sorso  a  sorso  con  una  carita  cosi  tenera 

• 

1  II  Wahlalla  e  il  luogo  di  deljzie,  il  paradiso  degli  ScandinavL 


166  LA  CONTESSA  MATILDA 

«  carezzevole,  che  Ida  esclamava  —  Quanto  sei  buona,  mia  bella  a- 
mic«,  tu  mi  sei  piu  che  sorella  :  oh  le  cristiane  son  tutte  cosi?  S'  io 
fossi  cristiana  diverrei  cosi  buona  anch'  io?  —  Piu  buona di  me,  ris- 
pose  I1  umile  lolanda  ,  perch6  col  battesimo  1' anima  tua  diverrebbe 
piii  Candida  della  neve ,  piu  limpida  dell'  acqua  pura ,  piu  lucida  e 
fulgerite  del  sole. 

—  Deh  dunque,  riprese  1' inferma ,  battezzami,  e  fammi  bella 
e  buona  come  te. 

—  Io  non  posso  se  tu  non  credi  in  Gesu  Cristo,  figliuolo  di  Dio, 
«  nella  Santissima  Trinita  —  Credo,  rispose  Ida  con  impeto  di  cuo- 
re,  eanco  nella  tua  bella  Signora  Madre  di  Dio.  Su  battezzami,  lo- 
landa, ch'  io  mi  sento  morire. 

Allora  lolanda  rizzatala  alquanto,  e  preso  V  acqua  ,  battezzolla, 
ne  ebbe  appena  finite,  che  Ida  sentissi  1'  anima  piena  di  tanto  gau- 
<lio,  che  le  traboccava  dagli  occhi  e  dal  viso,  e  ripetea  continue  — 
lolanda,  io  mi  sento  giail  paradisoin  seno-,  io  bramo  di  morir  presto 
per  vedere  Gesu  ela  Signora  mia  —  II  contento  la  fece  migliorare-, 
e  Duno  che  la  visitava  spesso  non  saziavasi  di  guardarla,  dicendo  — 
Ida,  tu  sei  piu  bella :  che  t'  ha  ella  fatto  la  tua  infermiera?  essa  non 
&  donna,  ma  cosa  celeste  —  e  Duno  mirava  lolanda  con  riverenza. 

Due  giorni  appresso  Ida  sentiasi  venir  meno :  lolanda  chiamo  Du- 
no che  s'  affrettasse,  e  con  lui  entrarono  altri  compagni,  i  quali  ri- 
masero  commossi  a  veder  la  morente  cosi  chiarae  lieta  di  volto.  Es- 
sa moyea  le  labbra  per  dire  Gesu  e  Maria,  che  poteva  appena  scol- 
pir«;,  ma  aperti  gli  occhi  e  veduto  il  suo  Duno,  chiamollo,  e  alzata 
la  voce,  disse  —  Duno,  fatti:Cristiano:  addio  —  ripete  Gesu,  e  spi- 
r6  placida  come  una  colomba.  GH  uomini  tolsero  il  marito  di  cola, 
e  imposero  a  lolanda  che  la  vegliasse.  II  giorno  vegnente  fecero  una 
^  fossa  nel  pratello  ricinto,  la  seppellirono  ,  e  lolanda  composta  una 
•croce  di  legno,  piantolla  sulla  fossa  ,  e  preg6  a  lungo  quell'  anima 
benedetta,  acciocch^  te  ottenesse  da  Dio  la  grazia  d'  uscire  di  quel 
<carcere  e  arrivar  sana  e  salva  al  sepolcro  degli  Apostoli  a  sciogliere 
il  veto  per  suo  padre. 

Erano  gia  passatiaben  dieci  giorni  che  lolanda ,  confinata  nella 
«eameretta  ovi  Ida  era  morta,  vivea  prigioniera  ed  in  pianto  j  ne  le 


IL  CASTELLO  DISFATTO  167 

valea  il  promettere  che  non  paleserebbe  mai  a  persona  viva  chi  abi- 
tasse  nei  sotterranei  di  quel  castello.  Chiedeva  di  Raimondo,  e  niu- 
no  le  rispondea :  quei  ceffi  la  teneano  in  continue  terrore  il  giorno 
e  la  notte:  pregava  lasua  Madonnina  che  si  mov^sse  a  pieta  di  lei-, 
e  piangeva  e  si  desolava. 

Una  notte  sentenelle  camere  vicine  un  insolito  romore,  e  un  ri- 
dere  e  sghignazzare,  e  parlar  d'  assalti  d'  una  sacristia,  e  di  botti- 
no  d'  oro  e  d'  argento,  e  pareale  udire  anco  una  voce  donnesca,  la 
quale  millantavasi  piu  dell'  altre.  lolanda  stava  in  orecchi  e  trema- 
va.  Dopo  lunga  ora  di  silenzio,  perche  cenavano  ,  udi  nuovamente 
entrar  nelle  camere  contigue  e  una  grossa  voce  che  disse  —  Va  la 
in  fondo  a  coricarti,  che  v'  e  un'  altra  donna —  e  poco  appresso  en- 
tra  una  femmina  d'  alta  persona  col  lume  in  mano,  la  quale  chiuse 
1'  uscio  dietro  a  se  col  catenaccio. 

lolanda  trasali  a  quella  vista,  e  guardata  la  donna,  e  conosciu- 
tala,  si  getta  alle  sue  ginoccliia,  e  dice  sotto  voce  —  Swatiza,  aiu- 
tami  per  amore  di  Dio  —  La  zingana  abbassa  il  lume,  guarda  fiso 
la  donzella  ed  esclama  — lolanda,  come  voi  qui? —  Sedettero  tut- 
te  due  sul  letticello,  e  lolanda  le  narro  piangendo  i  suoi  casi.  Swa- 
tiza pianse,  forse  per  la  prima  volta  in  vita  sua,  tanto  la  strinse  la 
pieta  di  quell'  innocente  verginella$  e  presala  per  mano  e  carezza- 
tala  affettuosamente  —  Benefattrice  mia,  le  disse,  non  temete;  io 
conosco  tutti  gli  aditi  piu  secreti  di  questo  palagio,  e  vi  faro  uscire, 
che  persona  nol  sapra :  qui  sotto  il  vostro  letto  e  un  trabocchello 
con  una  botola  a  ribaltella,  e  soprafu  rammattonato;  ma  i  matto- 
ni  non  hanno  calce  e,  levatone  uno,  tutti  gli  altri  si  rilevano  age- 
voluiente. 

—  Ma  io  vorrei  salvo  anche  Raimondo,  disse  lolanda  —  Io  ver- 
ro  poi  per  esso  ,  s'  egli  e  ancor  vivo  ,  ripiglio  Swatiza  ,  ma  intanto 
egli  non  vi  e  tempo  da  perdere  —  E  posto  da  un  lato  il  letticello, 
e  colla  punta  d'  un  trafiere  alzato  un  mattone,  tutti  gli  altri  furono 
rimossi  chetamente :  indi  alz6  la  ribalta  della  botola,  prese  il  lume., 
e  con  lolanda  avviossi  per  una  scaletta  che  riusciva  sulla  ripa  del 
torrente. 


IL  CONGRESSO  INTERNAZIONALE 

DI  BENEFICENZA 

A   FRANCOFORTE 


L'  uomo,  meraviglioso  composto  di  materia  e  di  spirito,  e  natu- 
ralmente  portato,  per  la  parte  materiale  a  contemplare  ed  ammira- 
re  quanto  ha  di  esteso,  di  macchinoso,  di  strepitoso  il  mondo  ester- 
no  ;  per  la  parte  spirituale  a  penetrarne  con  meraviglia  le  intriga- 
tissime  cause  e  1'  interno  magistero.  Ma  di  queste  due  contempla- 
zioni  or  1'  una  prevale,  or  1'  altra,  secondo  le  varie  tempre  del  sog- 
getto  contemplatore.  La  prima  occupa  fortemente  le  teste  piu  vol- 
gari,  le  quali  nella  stampa  periodica  o  nelle  storie  dei  popoli  corro- 
no  in  traccia  di  avvenimenti  strepitosi,  di  monumenti  colossali,  di 
rivoluzioni,  di  battaglie,  di  grandi  scoperte  meccaniche,  di  vicende 
politiche  o  religiose  d'ogni  maniera.  Agl' intelletti  piu  sublimi  tut- 
t'altro  pascolo  erichiesto:  e  fatti  die  trascorrono  inosservati,  idee 
che  si  propagano  inavvertite  presentano  talora  1'  aspetto  di  avveni- 
menti importantissimi,  donde  germoglieranno  a  suo  tempo  i  destini 
del  mondo.  Di  tal  tempra  era  la  mente  di  quel  Vescovo,  la  cui  Me- 
moria  intorno  alia  propaganda  musulmanain  Africa  e  nelle  Indie 
venne  inserita  nel  Correspondent  dei  10  e  25  Maggio  1851.  II  Ve- 
scovo nelle  sue  missioni  in  que'  paesi ,  osservando  il  fanatismo  tur- 
co  alia  Mecca  e  il  progresso  di  quella  nazione  nella  marineria  di  com- 


IL  CONGRESSO  LMERNAZIONALE  DI  BENEFICENZA  A  FRANCOFORTE    169 

mercio  e  di  guerra  ,  annunziava  i  moyimenti  odierni  dell' India  ed 
altri  che  probabilmente  non  falliranno,  come  questo  non  falli.  Delia 
stessa  tempra  era  la  testa  di  quel  Napier,  le  cui  parole  da  noi  altrove 
citate  *  intorno  ai  pericoli  dell'  Impero  indobritaimo  avrebbero  dato 
ai  pari  suoi  nell'anno,  in  cui  si  pronunziarono,  soggetto  di  maggior 
meditazione,  che  tutt'  i  sovvertirnenti  presenti,  i  quali  richiamano 
oggi  la  curiosita  degli  sfaccendati  e  i  tardi  pentimenti  di  chi  nulla 
previde. 

A  coteste  piu  acute  intelligenze  crediamo  noi  dover  raccomandare 
come  avvenimento  importantissimo,  dopo  tanti  altri  Congressi  in- 
ternazionali,  quello  di  beneficenza  che,  tenuta  1'anno  scorso  a  Bru- 
xelles  la  sua  prima  tornata,  raccolse  quest'  anno  alia  seconda,  nel 
centro  della  Dieta  germanica  dal  14  al  19  dello  scorso  Settembre, 
forse  160  personedi  varie  nazioni  sotto  la  presidenza  del Consigliero 
intimo  di  Reggenza  a  Berlino  signor  Bethman-Hollweg.  Non  gia, 
vedete,  che  possiamo  aspettarcene,  comecerti  filantropi  s'andranno 
forse  immaginando,  o  una  redenzione  del  proletario  o  una  emanci- 
pazione  della  donna,  o  la  santificazione  dei  carcerati  penitenti  o  al- 
tre  simili  beatitudini  tante  volte  promesse  e  ripromesse  indarno  j 
cui  certi  goccioloni  incorreggibili  continuano  a  sperare  dalle  ciarle 
ufficiali,  come  gli  Ebrei  sperano  dalle  nuvole  il  loro  Messia.  Oh!  in 
questo  sensocotesto  Congresso  non  fruttera  ai  poveri  piu  di  quello 
che  al  sapere  italiano  profittassero  i  famosi  Congressi  degli  scienzia- 
ti,  o  alia  pace  universale  le  perorazioni  del  Cobden  e  de'  suoi  com- 
pagni.  In  generate  la  vera  carita,  la  carita  cattolica,  addottrinata 
dal  Redentore  a  non  istrombettare  le  proprie  larghezze ,  rifugge 
da  coteste  clamorose  adunanze :  le  quali  per  conseguenza  servono 
piuttosto  a  chi  ama  fare  parlare  di  se,  sfoggiarein  bei  discorsi,  av- 
venturare  concetti  e  divisamenti  magnifici  e  straordinarii,  trovare 
occasione  d'intrecciare  conoscenze  ed  amicizie  e  banchettare  feste- 
volmente  cogli  uomini  del  bel  mondo$  che  e  la  prossima  e  piu  si- 
cura  conclusione  di  somiglianti  Congressi.  E  Dio  volesse  che  non 

1  Vedi  Civilta  Cattolica  vol.  VIII,  terza  s«rie,  pag.  433. 


170  IL  CONGRESSO  INTERNATIONALE 

vi  fosse  'talvolta  di  peggio  e  non  si  raccogliessero  i  Congressi  di  be- 
neficenza  ,  come  gia  quei  della  scienza  ,  per  preparare  alia  societa 
scompiglio,  desolazione  e  pianto. 

Sotto  T  aspetto  dunque  di  filantropia  noi  poco  speriamo  da  co- 
tali  adunanze;  utilissime  quando  trattisi  d' istituzioni  materiali, 
come  telegrafi,  commerci,  polizie,  medicina  e  simili.  Ma  sapete  voi 
cio  chein  simili  congressi,  e  specialmente  in  questo,  crediamo  rav- 
visare  d'  importante?  Noi  veggiamo  in  esso  tre  elementi  degnissi- 
mi  dell'  attenzione  dei  savii :  e  sono,  i  progress!  della  grande  unio- 
ne  dei  popoli,  attuazione  dell' idea  cattolica;  1'intrusione,  la  tiran- 
nia,  1'iridipendenza  dello  spirito  eterodosso  che  vi  si  dibatte;  1'on- 
nipotenza  meravigliosa  del  Yerbo  eterno,  che  costringe  codesto 
spirito  a  servire  ai  suoi  disegni  e  loro  preparare  il  trionfo. 

E  in  quanto  all'unione,  che  simili  congressi  manifestano  gia  mo- 
ralmente  o  preparata  o  inoltrafa  o  forma ta,  niuno  e  che  non  sap- 
pia  essere  cotesta  un'  idea  essenzidlmente  cattolica,  fondata  sul  va- 
ticinio  del  Redentore:  Fiet  unum  ovile  et  unus  pastor:  e  la  Chie- 
sa, dacche  V  avviv6  il  Paracleto,  lavora  a  tale  impresa  assidua- 
mente ,  con  missionarii ,  con  Vescovi ,  con  Ordini  religiosi ,  con 
giubilei ,  con  crociate  e  pellegrinaggi,  con  Universita  e  congrega- 
zioni  e  con  mille  altri  argomenti  destinati  a  stabilire,  mantenere,  fe- 
condare  quella  cattolica  unita ,  donde  nacque  la  civilta  europea. 
Ma  forse  i  Cattolici  stessi  non  avvertono  sempre  a  quell'  essenzial- 
mente,  a  quella  relazione  intima  e  naturale  che  passa  fra  unita  mo- 
rale del  genere  umano  e  Chiesa  cattolica :  specialmente  dopoche  la 
filantropia  umanitaria,  usurpando  al  crislianesimo  cotesto  concetto, 
1'  ha  trombettato  al  pubblico  come  una  grande  novita.  Arcade  qui, 
come  in  altre  cattoliche  dottrine  che  ,  non  potendo  cancellarsi  del 
tutto  nella  civilta  europea,  anche  dopo  1'introduzione  del  principio 
eterodosso,  la  bellezza  del  concetto  cristiano,  gia  abbracciato  come 
innegabile  ,  quando  TEuropaera  interamente  cattolica;  i  nemici 
della  fede  ne  tolgono  in  prestito  una  tinta  di  vero  per  inorpellarne 
e  rovi  ed  iniquita.  E  come  rubando  alia  fiaccola  della  Chiesa  qual- 
che  isolata  scintilla  di  sue  dottrine  ,  i  volteriani  si  facevano  inven- 


DI  BENEFICENZA  A  FRANCOFORTE  ITf 

tori  e  promulgatori  di  natural  probita  ,  gl'  illuminati  di  religions 
naturale,  i  politic!  costituzionali  di  potere  temperate ,  i  dottrinarii 
eclettici  di  una  pieta  senza  dommi ;  cosi  gli  umanitarii  usurpano  al- 
ia Chiesa  1  la  meravigliosa  idea  della  societa  di  tutti  i  popoli,  sot- 
traendone  per6  quel  fondamento  dell'  unita  di  fede  ,  senza  di  cur 
1'  unita  delle  genti  altro  non  puo  essere  che  il  vecchio  sogno  del- 
1'  impero  universale  o  la  sventura  dell'  universale  schiavitu  sotto> 
un  centralismo  colossale. 

Sia  vecchio  sogno  o  universale  schiavitu ,  voi  vedete ,  lettore , 
qual  tristo  compenso  ci  offrano  gli  umanitarii  in  surrogazione  del- 
Yunico  ovile.  Ma  tristo  e  malaugurato  qual'  e,  esso  vi  mostra  pure 
come  progredisca  nella  societa  incivilita  tacito  ed  inosservato  1'av- 
Yeramento  del  gran  vaticinio.  Cotesto  medesimo  procedere  tacito  e 
inosservato  forma  parte  egli  stesso  dell1  avveramento;  essendo- 
scritto  ,  come  voi  ben  sapete ,  che  il  regno  di  Dio  cresce  come 

1  Cotesti  plagi  di  belle  istituzioni  cattoliche  potrebbero  dare  soggetto  di  un 
lungo  articolo  e  curioso.  Sanno  i  lettori  quante  volte  fa  detto  dai  libertini  stessi 
che  i  vantati  penitenziarii  della  civilta  moderna  sono  semplici  imitazioni  o  rae- 
eonciamenti  di  cio  che  esisteva  in  Roma  fin  dal  1700 :  sanno  gli  sforzi  eroici 
fatti  da  Miss  Nothiugale  per  contraffare  anglicanamente  le  Suore  di  Carita,  e- 
1'  eroico  fiateo  in  cui  quelli  abortirono.  Or  noi  dubitiamo  che  altro  simile  pla- 
gio  sia  quel  Kindergarten  (giardino  di  ragazzi)  che  il  rapporto  del  sig.  Giulio 
Duval  (ne  diremo  frapoco)  ricorda  come  istituzione  tedesca,  appena  conosciu- 
ta  fuori  di  Germania,  e  raccomaudata  alle  madri  di  famiglia  e  alle  autorita 
municipali  dal  Congresso  filantropico.  L'invenzione,  che  si  dice  del  Froebel, 
venne  raccomandata  nel  Congresso  dall'infaticabile  sua  promotrice,  la  baro- 
nessa  di  Marenholtz,  come  ispirata  dall'amor  dei  fanciulli  ed  efficacissima  alia 
lor  buona  educazione.  11  rapporto  non  ispiega  in  che  consista  quella  pratica  : 
ma  il  titolo  ci  fa  dubitare  assai  che  allro  essa  non  sia  in  sostanza  se  non  cio 
che  nelle  scuole  di  Roma  appellasi  appunto  il  Giardino,  usitatissiino  anche  in 
Napoli  e  in  Sicilia  da  tutte  le  scuole  e  le  pie  congregazioni ;  le  quali  in  qualche 
amena  villetta  raccolgono  i  loro  giovanetti  nelle  ore  di  sollievo  per  congiun- 
gervi  1'  allegria  della  brigata  con  la  tutela  dell'  innocenza.  Se  cosi  fossero  i 
giardini  tedeschi,  1'invenzione  risalirebbe  per  Roma  almeno  al  secolo  di  S.  Fi- 
lippo  Neri ,  benche  rivelata  per  la  prima  volta  at  membri  del  Congresso 
80)  nel  1837. 


172  IL  CONGRESSO  INTERNAZIONALE 

sernente  raccomandata  al  terreno  mentre  1'  uora  dorme,  e  non  se 
ne  accorge  *  ;  che  giungera  come  ladro  senza  che  altri  1'  aspet- 
ti  5  che  fermenta  nascosto  in  quella  farina  che  per  lui  si  trasfor- 
ma.  Tutto  ci6  vi  dimostra  come  il  preteso  concetto  umanitario, 
altro  non  e  che  una  scimmiatura  di  quel  Cattolicismo  inventato 
18  secoli  fa  dalla  Sapienza  incarnata  ,  che  agita  e  fermenta  questo 
impasto  ,  in  cui  la  Chiesa  lo  nascose,  e  tende  ad  infondervi  quell'  u- 
nita,  di  che  per  se  stessa  egli  sarebbe  incapace. 

Questa  incapacita  poi  che  comparisce  evidente  e  dai  fatti  passati 
e  dai  presenti  tentativi ,  e  fondata  nella  natura;  nell'essenza  stessa 
delle  cose.  Conciossiache  dovendo  ogni  unita  sociale  risultare  da- 
gli  atti  deiruomo  ;  e  gli  atti  dell'  uomo  da  una  ferma  persuasione 
della  sua  ragione  •,  e  chiaro  che  se  voi  non  trovate  un  mezzo  per 
congiungere  le  intelligenze,  mai  non  riuscirete  aformare  una  vera, 
wmana,durevole  societa.  Ora,  tolto  il  principio  cattolico,  trovate  voi 
piu  nella  societa  incivilita  altro  universale  principio,  a  cui  aderiscano 
spontanee  le  intelligenze?  Ne  avete  in  questo  momento,  dopo  tante 
altre,  la  solenne  risposta  nel  Sinodo,  ossia  commedia,  di  Berlino 
destinata  a  congiungere  in  unica  alleanza  evangelica  le  dissonanze 
del  protestantesimo  2.  E  da  codesto  microscopico  fiasco  potete  ar- 
gomentare  quale  sarebbe  1'  impotenza  di  chi  tentasse  fra  element! 
eterodossi  il  congiungimento  delle  nazioni.  Come  !  un  pugno  di  mi- 
nistri  protestanti  con  unica  Bibbia  alia  mano,  dopo  lo  studio  erme- 
neutico  di  tre  secoli,  vedendosi  ormai  vicini  a  perire,  ne  hanno  di- 
stillato  finalmente  nove  gocciole  di  domma;  e  fanno  di  tutto  per 
sorbire  almeno  queste,  come  ultimo  tentativo  contro  lo  sfacelo  della 
cahcrena  ;  e  le  nove  gocciole  non  possono  trangugiarsi  da  tutti  quei 
pochi  ministri  cointeressati,  che  debbono  sciogliersi  senz'  aver  nulla 
concluso  5  e  voi  vorreste  sperare  di  unire  co'  principii  medesimi 
tutti  i  popoli  della  terra !  Via  via,  lettore  mio  gentile,  bando  a  co- 
testi  sogni.  L'wm'co  ovile  e  idea  di  Dio,  e  solo  Dio  potra  ridurla  in 

1  Semen  germinet  et  increscat  dum  nescit  Hie  MARC.  IV,  27. 

2  Vedi  Civiltd  Cattolica  terza  serie,  vol.  VIII,  pag.  507. 


DI  BENEFICENZA  A  FRANCOFORTE  173 

atto.  Tutti  codesti  racconti  sapete  voi  che  sono  ?  Sono  ,  si  parva  li- 
cet componere  magnis ,  le  mediocrita  architettoniche  di  Firenze  co- 
spiranti  intorno  alia  cupola  di  S.  Flora  per  escluderne  la  mente  in- 
ventrice  del  Brunelleschi. 

Sebbene  n6,  il  paragone  neanche  in  piccolo  non  regge.  Che  in 
fin  dei  conti  la  gelosia  di  quei  di  Firenze  non  giunse  a  demolire  il 
gia  fabbricato  e  sperderne  le  macerie.  Ben  essi  volevano  appro- 
priarsi  il  disegno  e  la  gloria  :  ma  si  contentavano  di  continuare  la 
fabbrica  com' era  iniziata,  e  valersi  di  quelle  pietre  che  erano  gia 
destinate  alPedifizio.  Non  cosi  gli  eterodossi  nella  fabbrica  della  casa 
spirituale :  essi  vogliono  la  societa  universale  del  genere  umano  , 
ma  fuori  del  cristianesimo  e  fabbricata  col  nulla. 

Col  nulla;  sissignori !  proprio  col  nulla:  giacchfc  il  gran  mezzo, 
il  gran  ripiego  da  loro  scoperto  per  congiungere  in  unita  perfetta 
tutti  i  popoli  della  terra,  e  stato  quello  di  eliminare  a  poco  a  poco 
tutti  que'  dommi ,  con  che  la  Sapienza  incarnata  voile  congiungerli , 
ma  che  trovavano  un  contraddittore.  Cosi  furono  esclusi  tutti,  fuor- 
che  quei  nove;  e  poiche  contra  questi  ancora  le  obbiezioni  non 
mancano,  sara  pur  forza  abbandonare  anche  questi  e  fabbricare  1'u- 
nita  d'  intelligenze  senza  dottrine,  col  nulla,  o,  come  suole  dirsi, 
con  la  tolleranza  universale  *. 

Comprendete  voi  pienamente,  lettore,  1'abisso  di  assurdita  di  un 
tale  concetto?  Che  direste  d'una  accademia  di  disegno,  ove  alia 
scuola  notturna  de'  gessi  il  professore  per  ottenere  da  tutti  gli  sco- 
lari  una  medesima  copia,  smorzasse  i  lumi  e  li  lasciasse  all'oscuro 
senza  originale?  che  direste  di  una  sinfonia,  ove  per  ottenere  1'ac- 
cordo  dei  musici,  si  proscrivesse  la  partitura  e  il  maestro  di  cap- 
pella  per  lasciare  liberi  i  suonatori?  Che  direste  di  un  viandante 
che  ignorando  la  direzione  del  suo  viaggio ,  e  ritrovando  dispa- 

1  Infatti  le  dolte  lettere  delPabbate  Guerber  intorno  al  protestantesimo 
d'  Alsazia  lo  mostrano  cola  mollo  piii  discrete  dell'  cvangelismo  prussiano : 
credereste?  Si  contentano  di  legare  alia  loro  comunione  chiunque  ammette  i 
due  dommi  dell' unita  di  Dio  e  imtnortalita  dell'anima.  (Yedi  1'  Univers  dal  17 
al  24  Decembre  1857). 


174  IL  CONGRESSO  INTERNAZIONALE 

reri  fra  coloro,  cui  ne  domanda  ,  si  risolvesse  a  chiudere  gli  occhi 
e  camminare  alia  cieca?  Niuna  societa  umana  potra  mai  spogliarsi 
del  desiderio  del  bene,  dell' amor  dell'ordine,  del  sentimento  di  giu- 
stizia  :  ma  per  ottenerli  e  pur  necessario,  chi  nol  vede  ?  saper  dove 
trovinsi  quelle  belle  cose.  Dire  a  tutto  un  popolo,  dire  alia  molti- 
tudine  di  tutti  i  popoli  «  Accordatevi  di  tendere  unanimi  ad  eflet- 
tuare  il  bene,  1'ordine,  la  giustizia  » -,  e  frattanto  a  tal  uopo  vietare 
universalmente  di  decidere  che  cosa  sia  bene,  ordine  e  giustizia; 
egli  e  proprio  un  volere  che  si  acciechino  per  giungere,  senza  ve- 
derlo,  concordi  al  termine  a  cui  aspirano. 

Or  vedete,  lettore,  se  e  possibile  fuori  del  Cattolicismo  Tunica  so- 
cieta umanitaria  !  Sene  vedete  I'impossibilita,  concederete  insieme 
che  Vunico  on'te,  come  fu  concepito  solo  dal  Redentore ,  cosi  solo 
nella  sua  Chiesa  e  colla  sua  fede  pu6  condursi  ad  effetto.  Di  che 
siegue  ci6  che  in  secondo  luogo  abbiamo  proposto,  che  quando  1'e- 
terodossia  mette  mano  a  tali  faecende,  ella  vi  s'  intrude  come  un 
guastamestieri,  distruggendo  in  parte  il  gia  fabbricato  e  rendendo 
impossibile,  finche  ella  dura  aH'impresa,  il  proseguimento  e  il  com- 
pimento.  Questa  conseguenza,  che  risulta  genericamente  dall'  anzi- 
detto,  riceve  un'applicazione  e  unaconferma  degnissima  dell'atten- 
zione  deijsavii  nel  Congresso  di  Francoforte. 

Codesta  solenne  adunanza  di  filantropi  benefici,  si  propone  il  te- 
ma  piu  nobile  insieme  e  piu  facile  che  per  tali  congressi  potesse 
idearsi.  Quale  idea  piu  nobile  che  unificare  tutti  glisforzi  del  mon- 
do  incivilito  per  asciugare  ogni  lagrima,  confortareogni  travaglio  ? 
Se  vi  ha  un  assunto,  oved^bba  essere  facile  il  congiungere  gli  ani- 
mi,  per  fermo  egli  e  cotesto,  a  cui  tutti  naturalmente  cospirano  gli 
animi  onesti.  Disgraziatamente,  qualunque  esser  possa  il  merito  per- 
sonale  de'concorrenti,  lo  spirito  onde  muove  1'impresa  non  e  il  cat- 
tolico:  e  piuttosto  quello  spirito  umanitarioimmaginato  appuntoper 
contraflare  nell'  irreligione  il  Cattolicismo,  per  ristabilire  una  unita. 
fra  esseri  indipendenti.  «L'  istituzione  del  Congresso,  diceva  nelF  a- 
pertura  il  Presidente  Beth  man  ,  ha  la  sua  ragione  nelle  profonde 
trasformazioni  operate  nella  societa  dai  progressi  dell  incivilimento : 


DI  BENEFICENZA.  A  FKANCOFORTE  175 

il  quale  traendo  da  servitu  a  indipendenza ,  da  corpi  d'  arte  a  li- 
berta  di  lavoro,  sollev6  1'uomo  alia  vera  sua  dignita.  Se  non  che, 
atterrate  le  antiche  istituzioni,  asilo  e  sussidio  delle  moltitudini  •, 
1'individuo  isolato  nella  sua  indipendenza  dovette  soccombere  in 
nuova  lotta;  e  la  societa  vide  nuovi  mali  riprodursi  per  ogni  dove 
sotto  la  triplice  forma  di  miseria,  di  degradamento  fisico  e  morale, 
di  delitti.Ma  la  liberta  che  produsse  il  male,  dee  produrre  il  rime- 
dio:  giacche  chi  e  libero  sta  mallevadore  delle  proprie  azioni.  Ed 
ecco  1'origine  del  nostro  Congresso,  il  quale,  prescindendo  da  tutte 
le  differenze  nazionali,  politiche,  religiose,  intende  contrapporre 
alia  miseria  la  beneficenza,  alle  tenebre  del  degradamento  Teduca- 
zione,  ai  delitti  i  penitenziarii:  santa  alleanza  di  nazioni  ispirata 
dal  pensiero  cristiano,  a  fine  di  preservare  la  societa  europea  dal 
dissolvimento  onde  e  minacciata,  e  sollevarla  all'  altezza  della  sua 
missione  mediatrice  della  civilta  del  mondo  1.  » 

Attraverso  alle  ampollosita  di  queste  frasi,  il  lettore  avra  notato 
da  se  varie  confessioni  importanti.  II  presidente  del  Congresso  rico- 
nosce  (e  questo  gli  fa  onore)  che  il  pensiero  e  suggerito  dal  cristia- 
nesimo.  Ma  disgraziatamente  vuole  che  prescinda  dalle  differenze 
religiose  (il  che  e  un  po'  diificile  a  combinarsi  specialmente  pe'fi- 
lantropi  ebrei).  Riconosce  inoltre  che  1'indipendenza  e  1'anima  del- 
la  societa  moderna  •,  che  questa  indipendenza,  sollevando  1' uomo 
all' altezza  della  sua.  vera  dignita,  gli  partori  miseria,  abbrutimen- 
to,  delitto  (curiosa  dignita,  madre  di  tale  figliuolanza !)  5  che  eotesta 
indipendenza  dignitosa  conduce  a  dissolvimento  la  societa:  che  i 
corpi  d'  arte  erano  asilo  e  sussidio,  e  non  gia  schiavitu  delle  molti- 
tudini. Ma  1'  ingenuita  di  queste  confessioni  non  basta  a  velare  ad 
occhio  medioeremente  perspicace  quella  tinta  d' indifferentismo  re- 
ligioso,  senza  cui  simili  unioni,  e  in  materia  tanto  intimamente  con- 
nessa  con  la  religione,  mai  non  congiungeranno  Cattolici  con  eSe- 
rodossi. 


1  Journal  des  ticoncmistes,  Octobre  18S7  pag.  75  t  76. 


176  IL  CONGRESSO  INTERNAZIONALE 

Infatti  appena  terminata  la  prolusione  e  introdottasi  la  trattazio- 
ne  intorno  alia  beneficenza,  la  sala  si  cangid  in  arena,  in  cui  gli  spi- 
riti  che  avevano  lottato  nel  Belgio  in  favore  o  contro  della  carita 
cattolica,  tornarono  a  cozzare  si  duramente,  che  perlo  meglio  con- 
venne  abbandonare  il  campo  e  tacere  del  problema  (p.  76).  Se  non 
che  cotesto  silenzio  essendo  piu  utile  alia  pace  che  al  sapere,  que- 
sto  chiese  in  grazia  che  una  medaglia  di  200  fiorini  invitasse  a  scio- 
gliere  per  iscritto  quel  problema,  sopra  di  cui  dovevano  tacere  le 
voci.  Manco  male  !  la  lotta  delle  dissertazioni  sara  taciturna  ed  in- 
cruenta. 

Ma  che  vale  prudenza  e  tolleranza  contro  la  natura  delle  cose? 
Sopito  appena  il  primo  dissidio,  ecco  riscaldarsene  un  secondo  pei 
termini,  dice  il  JOURNAL  DES  ECONOMISTES,PIY<  die  swmusati  dal  de- 
putato  di  Algeria,  1'  abate  Landmann,  qualificando  per  immorale  c 
viziosa  1'  educazione  di  non  so  quale  istituto  di  donzelle,  ove  le  gio- 
vani  moresche  vengono  allevate  en  dehors  de  tout  proselytisme  reli- 
gieux  (pag.  78).  Non  avendo  sott'occhio  gli  atti  del  Congresso,  non 
possiamo  porre  in  fermo  alcun  giudizio,  ne  assumere  le  difese  del 
sacerdote  cattolico  con  piena  cognizione  di  causa.  Dal  poco  che  ci 
presenta  il  giornale  economico  ci  sembra  ravvisare  nella  rimostranza 
del  deputato  d' Algeria  un  sincere  rappresentante  dello  zelo  cattoli- 
co. Ma  ad  ogni  modo  potendosi  dare  certi  casi,  in  cui  la  verapru- 
denza  vieta  per  minor  male  il  proselitismo,  prescinderemo  dal  me- 
rito  della  causa ,  e  ricordiamo  il  contrasto  unicamente  perche  si 
vegga  quanto  poca  speranza  aver  si  possa  di  unita  umanitariasotto 
gli  auspicii  della  sola  filantropia. 

Ne  qui  si  arrestano  gli  urti ;  che  al  finir  di  questo  la  quistione 
intorno  ai  limiti  delY  assistenza  pubblica  ridesta  il  dissidio  pocanzi 
sopito  intorno  alia  beneficenza  del  Belgio.  E  le  quistioni  seguenti 
intorno  all'istruzione  universalmente  obbligatoria,  alia  sua  gratui- 
ta,  alia  riforma  penitenziaria  e  simili  dovettero  certamente  muo- 
vere  ugualmente  gli  spiriti.  Poiche  il  relatore ,  dopo  aver  riferito 
le  vive  critiche  apposte  al  Dottor  Varrentrapp  intorno  alia  riforma 
penitenziaria  e  al  sistema  cellulare ,  conclude  col  Ducpetiaux  non 


DI  BENEFICENZA  A  FRANCOFORTE  177 

essersi  inteso  di  deciderne  la  quistione,  ma  solo  di  raccomandarne  10 
studio  (pag.  81).  Quando  le  risoluzioni  sono  cosi  discrete,  sojrgiu- 
gne  il  giornalista,  1'accordarsi  &  facile:  ma  una  sentenza  cost  inde- 
cisa  perde  assai  della  sua  autorita  1  (o  come  noi  diremmo  in  buon 
volgare  ,  non  conclude  niente).  Un  altro  dissidio  degno  di  osser- 
vazione  e  quello  intorno  alia  lingua  che  nella  Capitate  della  confe- 
derazione  germanica  i  Tedeschi  vollero  tedesca.  Se  ne  duole  1'eco- 
nomista  francese,  e  vorrebhe  che  la  cortesia  usata  verso  le  persone 
si  fosse  estesa  anche  alia  lingua  degli  stranieri.  Altrimenti,  dice,  a 
Londra  si  vorra  1'inglese,  a  Milano  1'italiano:  il  che  non  garhera  ai 
Tedeschi.  Supponiamo  che  questi  risponderanno  al  signer  Giulio 
Duval  che,  se  la  cortesia  richiedeva  tale  sacrifizio,  toccava  ai  Fran- 
cesi  darne  1'esempio  1'anno  precedente  a  Bruxelles :  che  1'obbligare 
i  nazionali  o  uditori  a  nulla  intendere,  o  interlocutori  a  stentare 
nelle  adunanze  ,  e  scortesia  verso  i  nazionali  maggiore  dell'  altra 
verso  i  forestieri:  che  questi  quando  viaggiano  inGermania  debbo- 
no  presumersi  capire  almeno  il  tedesco:  ne  vedersi  per  qual  motivo 
il  francese  abbia  a  godere  cotesta  preferenza  o  a  Londra  o  a  Mila- 
no, Queste  ragioni  tuttavia  saranno  probabilmente  sopraffatte  nei 
futuri  Congressi  dalla  prevalenza  dell'idioma  francese,  essendosi  gia 
determinato  che  sia  cotesta  la  lingua  dei  futuri  bullettini  dell'asso- 
ciazione,  e  che  si  cerchi  frattanto  una  seconda  lingua  da  introdursi 
in  tutte  le  scuole  primarie  d'  Europa  a  fine  di  mettere  in  correla- 
zione  tutti  i  popoli  inciviliti.  In  altri  tempi  cotesta  lingua  univer- 
sale  era  un  fatto  compiuto  dal  Cattolicismo  merce  della  lingua  la- 
tina.  Ma  cotesta  anticaglia  e  troppo  cattolica  per  meritare  uno> 
sguardo  da  un  Congresso  fliw&pendenti.  Essa  continuera  a  studiarsi 
da  tutti  i  Cattolici  istruiti :  ma  questi  se  vorranno  avere  accesso  ai 
Congressi ,  invece  di  due  dovranno  studiare  tre  lingue  ,  grazie  allo 
spirito  che  presiede  a  coteste  riunioni.  Bene  inteso  che  per  intro- 
durre  una  lingua  universale  in  tutte  le  scuole  primarie  europee, 
ci  vorra  una  buona  dose  di  leggi, 'd'ispettori,  di  multe,  che  costrin- 

1  Pagina  81. 
Serit  HI,  vol.  IX.  12  4  Gennaro  \  8  58. 


178  IL  CONGRESSO  INTERNAZIONALE 

gano  il  popolo  a  godere  anche  di  questa  liberta  d'  istruzione,  come 
di  tante  altre  liberta  che  vanno  ogni  di  piu  incatenandolo  al  carro 
del  Progresso. 

Ed  eccoci,  come  vede  il  leltore,  condotti  natural mente  a  consi- 
derare  i  natural!  effetti  dell'invasione  eterodossa  nell' unita  cattoli- 
ca  trasformata  in  umanitaria  ,  i  quali  abbiamo  notato  pocanzi  po- 
tersi  compendiare  in  queste  due  parole:  dispotismo  dei  polenti,  schia- 
vitu  dei  deboli. 

Che  tale  debba  essere  indubitatamente  la  condizione  di  societa 
umanitaria  •,  vale  a  dire  di  societa  che  voglia  farsi  universale,  senza 
abbra^ciare  ilCattolicismo,  risulta  evidentemente  dal  suo  carattere 
teste  descritto.  Attesoche,  non  avendo  cotesta  societa  alcuna  posi- 
tiva  unita  nel  pensare  ,  mai  non  potra  condurre  ad  unita  ragione- 
volmente  spontanea,  moltitudini  numerose  e  molto  meno  1'univer- 
salita  delle  genti.  Or  quando  manca  spontaneita  di  azione  derivata 
da  evidenza  di  ragioni,  ruomo  non  puo  essere  condotto,  se  non  con 
una  qualche  maniera  di  forza  (forza  d'interessi,  di  minacce,  di  tor- 
menti  ecc. ).  Dunque  la  societa  umanitaria  o  non  esistera  mai  (  e 
questo  crediamo  probabilissimo),  o  sara  la  schiavitu  del  genere  uma- 
no  sotto  un  despotismo  colossale. 

Se  cotesto  vergognoso  ed  orrendo  spettacolo  dovra  vedersi  ,  sa- 
ra ,  crediamo ,  nel  regno  dell'Anticristo.  Frattanto  peraltro  sicco- 
me  Anticristi  in  miniatura  sono  e  debbono  essere  tutti  gli  avver- 
sarii  della  Chiesa  cattolica  ;  e  naturale  che  lo  spirito  filantropico 
faccia  egli  pure  le  sue  prove  di  tirannia,  ogni  volta  che  tiene  un 
seggio  d'onore  nei  Congressi  europei  per  fonmarela  futura  Societa 
umanitaria.  E  in  questo  ,  di  cui  parliamo  ,  la  tirannica  idea  di  co- 
stringere  per  viadi  convenzione  diplomatica  tutti  i  contadini  e  ar- 
tigiani  d' Europa,  non  che  le  class!  istruite,  ad  imparare  una  lin- 
gua straniera ,  non  e  in  sostanza  se  non  una  speciale  applicazione 
del  principio  d'istruzione  primaria  obbligatoria  abbracciato,  dice  il 
Duval,  senza  che  una  voce  contra'ria  abbia  richiamato  in  favore  o 
del  diritto  dei  parenti  o  della  liberta  assoluta.  Anzi  vi  si  aggiunse 
poco  appresso  eper  le  scuole  primarie  e  per  le  normali  1'msegna- 

' 


DI  BENEFICENZ  A  A  FRANCOFORTE  1 79 

mento  dell'  economia  politica  ,  la  quale  ,  in  caso  d'  insegnamento 
obbligatorio ,  diverrebbe  un  nuovo  carico  pel  povero  popolo,  ollre 
la  lingua  europea  ch'egli  sarebbe  costretto  ad  imparare.  Ed  anche 
cotesto  placito  di  un  professore  veniva  accettato  senza  difficolta  dal 
Congresso  ( pag.  81 ).  Ne  e  maraviglia  ,  giacche  chi  mai  avrebbe 
richiamato,  mentre  un  Congresso  di  letterati  e  scenziati  trinciava  si 
liberalmente  sulla  pelle  de'  contadini  e  degli  artigiani  assenti?  Que- 
sta  franchezza  degli  uomini  di  lettere  a  tormentare  gli  assenti  non 
puo  recare  stupore  quando  si  pensa  che  anche  in  Congressi  diplo- 
matici  si  vituperano  talora  e  si  condannano  inuditi,  non  gid  fabbri 
e  bifolchi ,  ma  personaggi  di  ben  altra  portata.  Laonde  il  notar- 
lo  non  e  per  noi  effetto  di  meraviglia;  e  soltanto  un  argomento  di 
fatto  per  confermare  che  il  dispotismo  e  condizione  essenziale,  co- 
me dell'intera  societa  umanitaria ,  cosi  d'ogni  suo  episodic  o  pre- 
parative. 

Se  a  cotesto  Congresso  fosse  penetrato  il  valente  deputato  spa- 
gnuolo  Conte  Cangua  Arguelles  * ,  buon  Cattolico  com'  egli  e,  a- 
vrebbe  forse  assunto  un  po'  piu  liberalmente  di  tanti  liberali  la  di- 
fesa  della  liberta  de'  bifolchi.  «  Ricordatevi,  avrebb'  egli  detto,  che 
la  legge  civile,  emolto  meno  le  ciarle  ufficiali,  non  hanno  il  di- 
ritto  d'  imporre  ohbligazioni  a  capriccio,  ma  solo  di  esigere  ed  ef- 
fettuare  nel  concreto  quelle  che  vengono  imposte  dalla  naturale 
onesta  •,  alia  quale  una  buona  lezione  di  catechismo  somministra 
tutti  gli  elementi  necessarii  di  vita  civile.  Quando  quest!  sieno 
salvi ,  ben  potra  lodevolmente  un  Congresso  suggerire  rnezzi  di 
persuasione  onde  perfezionare  1'istruzione  del  popolo :  ma  cos-trin- 
gere,  e  talora  con  danno  epericolo,  i  genitori  volgari  a  perdere  1'a- 
iutode'figli  e  ad  arrischiarne  T  innocenza,  mentre  potrebbero  con 
1'  aiuto  del  sacerdote  cattolico  procurare  ad  essi  1'  istruzione  ne- 
nessariaalla  probita  civile-,  questo  e  uno  di  que'dispotismi  che  ven- 
gono n^turalmente  suggeriti,  quando  si  vuole  ottenere  una  violen- 
ta  unita,  seriza.verita  che  persuadano  gl'  intelletti,  senza  affetti 
che  muovano  i  cuori  ». 

1  Vedi  la  Regeneration  del  4  Norembre  i  8S7. 


ISO  IL  CONGRESSO  INTERNAZI0NALE 

Ma  se  cotesto  dispotismo  non  trov6  oppositori,  bea  ne  trovo  po- 
co  appresso  la  proposta  dell'  insegnamento  gratuito.  Oh  qui  pero- 
rava  Cicero  pro  domo  sua-,  giacche  fra  tanti  scieriziati,  pochi,  e£6r- 
se  nessuno  ,  avrebbe  voluto  condannarsi  gratuitamente  alia  mo- 
lestissima  vita  del  pedagogo.  Quando  voi,  disse  taluno,  avete  re- 
sa  obbligatoria  1'  istruzione,  che  occorre  piu  metterla  gratuita? 
II  gratuito  e  un'  esca  potentissima  per  tirare  chi  non  verrebbe. 
Ma  quando  sono  obbligati  (dovea  dire  costretli)  a  venire,  perche 
vestire  coi  color!  dell'elemosina  cid  che  e  una  vendita  di  servigio? 
On  confoit  la  gratuitt ,  Id  ou  T  obligation  n'  exisle  pas :  c'  est  une 
amorce  toute-puissant.  Mais  ou  V  obligation  est  prescrite,  on  ne  de- 
couvre  aucun  motif  suffisant  pour  recourir  a  la  graluite  ,  qui  revet 
d'  une  couleur  d'  aumone  ce  qui  est  au  fond  un  echange  de  servi- 
ces *.  Che  delicatezza  di  sentimento  verso  il  volgo  I  Costringerlo  a 
pagare,  perche  non  si  creda  avvilito  dall'  elemosina  ! 

Questa  perorazione  e  un  vero  capolavoro :  noi ,  dicono  in  so- 
slanza  que' filantropi,  abbiamo  due  mezzi  per  istruire  il  popolo; 
o  allettarlo  spontaneo  con  insegnamento  gratuito  ,  lasciandogli  la 
liberta  nel  benefizio ,  o  costringerlo  con  la  forza  e  a  ricevere  il 
benefizio  e  per  soprappiu  a  pagarlo :  due  liberalita  nel  primo  ca- 
so,  due  tirannie  nel  secondo.  Se  qualcuno  vi  avesse  detto  che  co- 
testa  alternativa  era  proposta  in  un  Gongresso  di  Gattolici,  gia  sa- 
pete  quel  che  avrebbero  scelto;  la  Chiesa  abbondo  sempre  per 
1'  insegnamento  gratuito  e  volontario.  Ma  il  Congresso  era  filantro- 
pico  e  liberate:  dunque  si  studii  per  forza  e  si  paghi. 

Per  le  stesse  ragioni  non  rechera  maraviglia  che  quei  dabben  fi- 
iantropi,  spinti  da  una  cotale  bonta  di  cuore  alia  tutela  delle  Jon- 
ne  e  dei  fanciulli  vessati  ed  oppressi  nelle  officine  dell' industria, 
abbiano  dovuto  ricorrere  ai  soliti  mezzi  di  costringimento  ufficiale 
«ontro  i  loro  oppressori.  Lasezione  del  Congresso  che  avea  studia- 
to  profondamente  Tarduo  problema,  ricorre,  second©  il  solito,  alia 
diplomazia  internazionale,  i  cui  trattati,  dice,  dovr.ebbere  genera- 

i  Pag.  80. 


DI  BENEFICENZA  A  FRANCOFORTE  181 

lizzare  i  beneficii  delle  ri forme  in  favore  degli  artigiani,  ma  senza 
nuocere  agT  inleressi  legittimi  dei  sopraccapi  *.  Cos!  il  signer  Audi- 
ganne  in  nome  della  sezione  :  e  la  costui  domanda  era  cosi  discre- 
ta,  che  lungi  dal  meritare  opposizione,  meriterebbe  quel  nome, 
dato  dal  Duval  ad  altre  sentenze,  d'  inutile  ed  inconcludente.'  Giac- 
che  come  sperare  di  conciliare  Tinteresse  dei  fabbricanti  col  sollie- 
vo  degli  operai?  Ci  lavora  da  parecchi  lustri  il  Parlamento  inglese, 
e  che  cosa  conclude?  Ve  lo  dice  UN'  OCCHIATA  ALL' INGHILTERRA.  Or 
pensate  come  sarebbe  passata  innocentina  e  tacita  la  seiitenza  di 
quel  Congresso  I 

Eppure  ....  eh !  caro  mi6,  qui  non  si  trattava  degl'  interessi  di 
poveri  bifolchi  assenli :  i  sopraccapi  dell'  industria  avevano  voce  in 
capitolo,  e  la  voce  questa  volta  si  fece  sentire.  Get  appel  d  T  interven- 
tion des  gouvernements  n'  a  pas  ete  adopte  sans  une  vive  opposi- 
tion '"*.  II  professore  Arckersdyck  e  il  Conte  Arrivabene  (oh  arri- 
vava  bene  davvero!)  protestavano  energicamente  in  favore  della 
libera  concorrenza,  (la  quale,  come  bene  intendete,  non  pu6  es- 
sere  libera  ne'  sopraccapi  ,  se  libera  non  sia  la  lassa  delle  ore  e 
degli  stipendii  nel  lavoro)  :•  e  le  proteste  ebbero  effetto.  Parecchi 
Membri  restrinsero  la  protezione  ufficiale  alle  donne  e  ai  fanciulU 
che  in  varii  luoghi  gia  la  godono  :  tutti  poi  conclusero  che,  aven- 
do  lo  Stato  pochissima  autorita  sopra  1'  attivita  industre  ,  molto 
meno  possono  averne  le  convenzioni  internazionali :  che  per  cori- 
seguenza  1'assunto  del  Congresso  si  ridurrebbe  a  far  si  che  in  tutti 
i  paesi  d'Europa  corrano  in  tal  materia  le  medesime  leggi,  affinche 
uno  Stato  ,  ov'  esse  fossero  piu  benigne  ,  non  abbia  a  patire  nel 
commercio  per  la  minore  benignita  dei  vicini  3.  Trattenete  il  riso, 
lettore  ,  se  mai  foste  in  compagnia  di  qualche  filantropo ;  che  il  ri- 
derne  sarebbe  scortesia.  Ma  a  noi ,  di  grazia  ,  permettete  almeno 

1  Pag.  78. 

2  Pag.  78. 

3  Afin  que  les  reformes  decompiles  par  I'initiative  de  quelqueEtat,  ne  tour- 
nent  pas  d  son  prejudice  par  la  resistance  des  voisins  moins  soucieux  de  I'inte- 
ret  des  classes  laborieuses  (pag.  79), 


IL  CONGRESSO  INTERNAZIONALE 

che  ridendo  sotto  i  baffi  ,  vi  diciamo  una  parolina  in  un  orecchio. 
Avete  veduto  il  bel  topolino  partorito  dalla  montagna?  Si  trattava 
di  affrancare  tutti  gli  operai  dall'  oppressione  :  s'  incomincia  a  re- 
stringere  la  protezione  a  sole  dorine  e  fanciulli  ;  ma  poiche  questa 
protezione  potrebbe  indurre  disparita  nei  guadagni,  si  cbiede  uni- 
formita  nelle  disposizioni  benigne.  Per  poco  che  coteste  disserta- 
zioni  vadano  oltre  ,  voi  vedete  che  la  protezione  degli  operai  si  ri- 
durra  a  far  si  che  le  leggi  per  essi  benigne  in  certi  paesi,  sieno  ri- 
formate  per  non  nuocere  ai  capitalisti  ed  impresarii  dei  paesi  vici- 
ni.  Oh  davvero  !  ha  ragione  il  Duval :  interpretato  in  tal  guisa  il 
voto  del  Congresso,  gli  &  cosa  innoceritissima  (almeno  pei  ricchi ) : 
Le  vote  du  Congres  nous  semble  a  Yalri  de  tout  blame.  Povera  filan- 
tropia  umanitaria  !  Ella  e  tanto  impotente  a  fare  il  bene ,  che  ad 
ogni  pie  sospinto  s'  inginocchia  ai  Governi,  perch&  ci  costringano 
con  manette  e  carceri  ad  essere  dotti  ,  disinteressati ,  benefici  $  e 
quando  poi  vuole  trarre  una  conclusione  pratica,  balbetta  formole 
inconcludenti  che  finiranno  gittando  il  debole  in  balia  del  forte. 

Ma  ecco  un  altro  colpo  da  maestro  :  si  trattava  di  combattere 
I'ubbriachezza  'degli  operai,  e  il  pastor  protestante  signor  Bottcher 
chiedeva  (  ai  Governi  s'inlende)  un'  anatema  contro  ogrii  bevanda 
tonica  (bois son  forte).  Misericordia  !  sclam6  un  grido  universale. 
Ed  a  ragione,  giacche  finalmente  toglierci  il  vino  donatoci  dal  pa- 
triarca  Noe  ,  gli  e  proprio  un  diseredare  tutto  il  genere  umano. 
S'incominci6  dunque  dal  limi tare  il  senso  dell' invocato  anatema 
ministeriale  -,  vino ,  birra ,  caffe  e  ogni  altra  bevanda  o  naturale  o 
semplicemente  fermtntata  vennero  issofatto  ribenedette,  lasciarida 
soltanto  fra  gli  scomunicati  i  liquori  distillati,  come  acquavite,  gi- 
n«pro  e  simili  3.  Supponiamo  che  1'acqua  distillata  voglia  fare  i  suoi 
richiami :  il  relatore  peraltro  non  racconta  che  per  lei  si  alzasse  una 
voce.  Ma  ben  richiamarono  voci  non  poche  in  favore  dell'acquavite 
e  del  ginepro  :  e  da  buone  avvocatesse  incominciarono  dal  mostra- 

1  Anatheme  reserve  aux  boit$on$  distillee*,  t ell es  qu'  eau-de-vie,  genievre,  et 
autrespareilles,  ce  qui  a  desarme  I'opposition  de  beaueoup  de  membres  (pag.  79). 


DI  BENEFICENZA  A  FRANCOFORTE  183 

re,  che  i  liquori  forti  non  influisrono  sensibilmente  nella  mortalila 
de'  bevitori :  essere  ingiusta  dunque  la  condanna  e  improvvido  1'af- 
fidarne  ai  Govern!  1'esecuzione.  Tanto  piu,  soggiunse  il  Duprat,  che 
fra  i  popoli  del  mezzodi  le  bevande  forti,  specialmente  agli  operai, 
sono  una  stretta  necessita.  Laonde  sapete  voi  di  chi  e  la  colpa  se 
que'  tapinelli  abusano  degli  spirit!  ?  La  colpa  e  dei  Govern!  che  met- 
*tono  dazii  sul  vino.  Di  che  la  vera  soluzione  del  problema  e  pro- 
cacciare  vino  agli  operai :  La  vraic  solution  c1  est .  .  .  .  T  usage  du 
vin  naturel,  mis  a  la  portee  des  populations  laborieuses  * . 

Voi  tornate  a  ridere  ,  lettore,  e  n'  avete  donde :  ed  appunto  per 
questo  abbiamo  trascritto  qua  e  cola  le  parole  francesi ,  per  non 
sembrare  autori  della  farsa  o  della  caricatura.  Vero  rimedio  all  ub- 
briachezza  procurare  del  vino  abuon  mercato!  Oh  capperi!  chi  se 
I'avrebbe  aspettato?  Ma  per  comprenderne  viepiii  il  ridicolo  e  trar- 
ne  argomento  in  favore  del  Cattolicismo,  tornate  prima  col  pensiero 
cola  sulle  pianure  d'  Irlanda  a  mirarvi  quel  povero  Cappuccino ,  a 
pie  di  cui  migliaia  di  operai  del  vecchio  e  nuovo  mondo  giurano 
temperanza.  Un  grosso  saio  indosso,  un  Crocefisso  alia  mano,  una 
parola  evangelica  sul  labbro,  ecco  gli  argomenti  di  temperanza  che 
non  distingue  vino  da  spiriti,  che  non  misura  il  male  dell'  ubbria- 
chezza  dalla  mortalita  de'bevitori,  che  non  chiede  aiuto  a  codici  cri- 
minali,  ne  a  convenzioni  diplomatiche.  A  fronte  di  cotesto  povero 
Cappuccino  mettete  1'  adunanza  clamorosa  nella  magnifica  sala  del 
Roemer,  frai  monumenti  di  tutta  la  grandezza  germanica :  mirate 
que'  dottoroni  che  si  stanno  spremendo  il  cervello  per  isbandeggia- 
re  1'ubbriachezza,  e  concludono  finalmente  implorando  dai  Governi 
1'  abbondanza  del  vino ;  e  dite  se  pu6  darsi  piu  vivo  emblema  e 
piu  calzante  argomento  per  dimostrare  1'  impotenza  filantropica 
della  societa  umanitaria  2  a  compiere  ci6  che,  per  bocca  de' piu 
umili  suoi  ministri,  eseguisce  la  Chiesa. 

1  Pag.  80. 

2  Quando  scrivemmo  questo  articolo  non  credevamo  possibile  argomento 
piii  calzante.  Oggi  peraltro  le  ridicolezze  di  una  nuova  Societa  di  temperanza 
tra  le  donne  Americane  ci  sembrauo  oscurare  le  glorie  degli  Enofili  alemanni. 


184  IL  CONGRESSO  INTERNAZIOJfALE 

Ah!  conclude  qui  il Duval,  se il  Congresso  fosse  stato  nel  mezzodi 
d'Europa,  le  ragioni  delDuprat  avrebbero  vinto.-Ma  gli  uomini  del 
NorddominavanoneH'assemblea  i.  Capite,lettore,  quest' altra  lezio- 
ne?  La  Chiesa  radun6  i  suoi  Vescovi,  or  sono  tre  anni,  per  pubbli- 
care  il  domma  dell'Immacolata  in  numero  di  circa  300;  ed  essi  ve- 
nivano  dall'Australia  e  dalla  Groelandia,  dalla  Cina  e  dall'  Irlanda, 
insomnia  da  tutti  gli  angoli  della  terra.  Udiste  voi  una  sola  voce 
in  cotesta  immensa  assemblea  che  sperasse  altra  decisione  dai  Ve- 
scovi del  Sud,  che  da  quelli  del  Nord?  Parl6  una  voce  augusta  ed 
uno  fu  il  pensare  d'ogni  mente,  Taffettoossequioso  d'ogni  volonta. 
Oh  qui  si  che  io  veggo  1'unico  ovile,  la  reale,  non  che  possibile,  so- 
cieta  umanitaria  !  In  Francoforte,  160  filantropi  si  raccolgono  da 

La  notizia  ne  fu  portata  dal  Courrier  des  Etats-Unis,  secondo  il  quale  nella 
piccola  citta  di  Logan  un  drappello  di  queste  amazzoni,  armate  di  martelli,  di 
asce,  eccetera,  percorrevano  le  vie,  precedute  da  un  lugubre  cartello ,  scrit- 
tovi :  Morte  ai  mercanti  di  perdizione,  dando  la  caccia  a  chiunque  si  ostinava 
nel  vender  vino  e  liquori.  Un  droghiere  che  segretamente  ne  faceva  negozio, 
abbarrata  la  bottega,  si  appiatto  nella  retrobottega :  ma  indarno ,  che  le  apo- 
stolesse  militanti,  alzate  le  scuri  e  sfondata  la  porta  allagarono  il  magazzino 
di  quella  mercanzia  scomunicata,  distruggendo  senza  pieta  barili  e  bottiglie. 

Inanimite  dalla  vittoria  correvano  contro  un  negoziante  di  vini:  ma  qui 
cambiava  la  scena.  II  buon  tedesco  ritto  alia  porta  col  fucile  alia  mano  aspet- 
tava  il  turbine.  La  carica  si  ferma  e  s'  incominciano  le  trattative  per  1'  aboli- 
zione  della  mercanzia  dannata.  Persuadere  ad  un  tedesco  di  buttare  il  vino! 
pensate  se  era  impresa  sperabile!  II  negoziante  stette  fermo  concedendo  alle 
eroine  di  temperanza  di  ritirarsi  con  tutti  gli  onori  della  guerra.  E  gia  partite 
costoro,  il  valent*  uomo  applaudiva  a  se  stesso  del  proprio  coraggio;  quando 
eccoti  tutto  trafelato  ed  ansante  il  suo  garzone:  «  Presto,  presto,  signor  Pa- 
drone, tutte  lebotti  sono  bucate  e  il  vino  scorre  a  torrenti  ».  Le  scaltrite  mae- 
stre  di  temperanza  1'  aveano  burlato;  e  mentre  la  prima  fila  stava  parlamen- 
tando  col  negoziante,  le  ultime  s'  erano  traforate  per  una  porta  secreta  ed  ave- 
vano  fatto  il  salasso. 

Ecco  i  mezzi  di  temperanza  che  stanno  a  disposizione  della  nlantropia ;  o 
propinare  il  vino  ai  bevitori,  perche  non  si  ubbriachino  cogli  spirili ;  o  salas- 
sare-le  botti  perche  si  sperda  il  vino.  Eterodossi  scegliete  quel  che  vi  place: 
noi  altri  Gattolici  ci  atterremo  per  ora  alia  ricelta  del  P.  Matteo. 

1  Pag.  79. 


DI  BENEFICENZA  A  FRANCOFORTE  188 

poche  parti  della  sola  Europa,  concludono  con  sentenze  inconclu- 
denti,  risparmiando  gli  illustri  presenti  e  taglieggiando  la  plebe  Ion- 
tana:  e  tutta  1'armonia  delle  loro  conclusion!  si  riduce  fmalmente 
a  sperare  dalla  filantropia  del  Sud  1'opposto  di  ci6  che  voile  la  pre- 
valente  filantropia  del  Nord.  E  costoro  sperano  la  colleganza  di  tut- 
ti  i  popoli?  Ah!  se  la  vogliono  davvero,  perche  non  la  cercano  in 
quella  societa  che  guidata  dall'  Uomo  Dio  seppe  idearla,  ne  intra- 
prese  1'effettiiazione,  ne  presenta  anche  al  di  d'oggi  sperimenti  me- 
ravigliosi  con  mezzi  da  nulla  ? 

Fuori  di  questa  societa  hen  potranno  farsi  delle  chiacchiere,  ben 
potranno  scriversi  delle  dissertazioni  1  :  ma  conciliarsi  davvero  in 
unita  animi  e  popoli,  e  condurli  praticamente  ad  una  qualche  con- 
clusione  ;  questo ,  assicuratevene,  sara  sempre  cosa  impossibile  per 
due  ragioni  evidentissime  che  compendiano  tutti  i  lavori  deh" assem- 
bler renana.  La  prima  e,  che  mancando  1'autorita  obbligatrice  de- 
gl'  intelletti ,  tutto  ci6  che  vorra  ottenersi  dovra  chiedersi  con  la 
forza  alia  mano  j  forza  che  costringa  la  carita  a  divenire  beneficen- 
za,  il  popolo  a  studiar  lingue  ed  economia,  grimpresarii  a  diminuire 
il  lavoro  e  crescere  i  dispendii ,  gli  operai  a  tenersi  lungi  dalla  bet- 
tola  e  dall'  acquavite.  La  seconda  e  che ,  ripugnando  generalmente 
all'  uomo  ,  fuor  che  ci  abbia  personale  interesse,  -la  tirannia  -,  tutte 
le  proposte  di  violentare  intere  classi  a  non  dovuto  progresso  ,  ca- 
dranno  sempre  per  la  ripugnanza  degli  animi  onesti  a  farsi  com- 
plici  del  dispotismo.  La  sola  unita,  a  cui  finalmente  si  giungera  sara 
quella  del  banchetto  finale,  il  quale  venne  anche  questa  volta,  dice 
il  Duval ,  a  suggellare  la  conformita  filantropica  con  mille  brindisi 
in  mille  lingue.  Oh  qui  si  che  furono  tutti  d'accordo !  Ma  nel  rima- 
nente  .  .  . 

Buon  per  noi  che  dall' alto  veglia  a  difesa  de'popoli  e  tutto  guida 
agli  eterni  suoi  fini  la  Providenza :  e  a  Lei  servono  senza  avveder- 

i  A  Ire  dissertazioni  pose  premii  il  Congresso ,  una  contro  1'  ubbriachezza, 
una  in  favore  dei  buoi  senza  coma,  una  in  favore  della  liberta  della  carita: 
utilissirae  tutte  e  tre  ,  .  .  a  chi  guadagnera  la  medaglia. 


i86  IL  COHGRESSO  13TERNAZIONALE 

sene  tutti  codesti  Congress!  umanitarii,  che  rubata  una  qualche  ve- 
rita alia  Chiesa  ,  come  si  rub6  da  Prometeo  una  scintilla  a!  sole , 
s'  ingegnano  di  dare  unita  e  vita  ai  materiali  meccanismi  del  loro 
automi.  Essi  a  buon  conto  ricordano  perpetuamente  al  genere  urna- 
no  e  1'  unita  di  famiglia,  da  cui  decadde,  e  T  unita  di  destini,  a  cui 
viene  chiamato  nella  Chiesa  cattolica. 

Ma  questo  generale  concetto  ,  non  puo  nel  mondo  reale  effet- 
tuirsi  se  non  si  congiungono  gl'intelletti  e  le  volonta  nelle  dottrine 
e  nei  doveri  del  cristianesimo.  Ed  anche  a  questo  concorrono,  stan- 
za saperlo,  i  Congressi  internazionali,  mutuando  ciascuno  una  qual- 
che verita  isolata  da  quell1  immensa  sintesi  che  la  Chiesa  presenta  } 
e  vi  concorrono  sotto  due  aspetti:  ciofe  1.°  mettendo  inpiena  evi- 
denza  e  la  verita  di  quel  domma  e  la  necessita  di  quella  pratica.  Cosi 
i  Congressi  della  pace  mostrano  la  necessita  di  un  arbiiro  fra  i  po- 
tentati ,  i  Congressi  degli  scienziati  la  necessita  di  un'  autorita  che 
ne  concordi  le  dottrine ,  i  Congressi  di  beneficenza  la  necessita  di 
una  carita  che  accenda  gli  afletti}  e  cosi  degli  altri,  aualizzando  ad 
una  ad  una  e  rendendo  cosi  piu  intelligibili  le  sublimi  dottrine  della 
Chiesa.  2.°  II  secondo  aspetto,  sotto  cui  vi  concorrono,  e  il  dimo- 
strare  la  divinita  del  concetto  con  1'impotenza  degli  sforzi,  co'quali 
s'ingegnano  di  attuarlo;  e  1'affezionare  le  genti  alia  verita  principio 
di  unila  ragionevole  rendendo  odioso  1'errore  con  la  tirannk,  a  cui 
essi  raccomandano  1'esecuzione  delle  loro  invenzioni. 

Continuino  pur  dunque  alavorare  nella  loro  impotenza.  Essi  lavo- 
rano  inconsapevoli  per  la  Chiesa.  Dopoche  colesti  pigmei ,  lavorando 
per  anni  e  per  secoli  saranno  ridotti  a  confessare  che  con  sforzi  im- 
mensi  nulla  conclusero,  la  necessita  riconosciuta  di  que'beni  che  va- 
gheggiarono,  1'inutilita  riconosciuta  di  quegli  sforzi,  con  che  li  pro- 
cacciarono,  la  nausea  di  quella  tiranriide,  con  cui  vennero  promos- 
si,  condurra  finalmente  le  generazioni  seguenti  a  chiedere  1' effet- 
tuazione  da  quell'  architetto  medesimo  che  diede  il  disegno.  E  la 
Chiesa,  ricca  di  quella  verita  che  1'intellingenze  abbracciano  si  cu- 
pide,  ricca  di  quella  carita  che  corre  si  generosa  al  sacrifizio;  tro- 
veranei  materiali  sperimenti>  nelle  osservaaioni,  nei  tentativi  d'ogni 


DI  BENEFICENZA  A  FRANCOFORTE  187 

maniera  di  coloro  che  volevano  usurparle  la  gloria,  i  material!  gia 
preparati  ad  ergere  I'immenso  edifizio.  La  pace  universale  e  lo  sce- 
mamento  degli  eserciti  si  vedranno  possibili  fra  Cattolici  per  la 
spontanea  riverenza  del  Potentati  al  Padre  comune  :  dal  magistero 
universale  verranno  conciliati  nei  punti  fondamentali  del  sapere 
umano  i  dispareri  de'  dotti :  da  una  carita  gerarchicamente  ordi- 
nata  potra  ottenersi  quella  beneficenza  sapiente  che  dara  pane  ai 
mendichi  senza  violentare  i  ricchi :  all'  abbrutimento  della  crapula 
mettera  un'  argine,  invece  della  violenza  della  polizia,  1'associazione 
di  temperanza:  1' universale  insegnamento  sara  dato  gratuitamente 
per  zelo  ed  accettato  universal  men te  ,  perch"  e  congiunto  alia  reli- 
gione  che  niuno  osa  rifiutare.  Tutti  insomnia  i  veri  bisogni  dell'  u- 
manita,  trovano  nella  Chiesa  provvedimenti  di  sussidio  spontaneo  ; 
ed  essi  tanto  saranno  piu  efficaci  per  raccogliere  le  genti  nell'  unico 
ovile,  quanto  piu  evidente  si  sara  mostrata  nei  Congressi  filantro- 
pici  la  necessita  e  1'impotenza  di  provvedervi. 

Ecco,  lettore,  la  conclusione,  a  cui  sembra  invitarci  la  Provvi- 
denza  in  questa  guerra  di  Titani  pigmei  contro  il  Cielo.  Pel  Cristia- 
nesimo,  pel  Cattolicismo,  per  1'  unico  ovile  stanno  essi  lavorando 
inconsapevoli.  Ne  noi  probabilmente,  ne  voi  non  vedremo  compiuto 
il  gran  disegno,  il  gran  trionfo  della  Provvidenza.  Ma  il  ridicolo  to- 
polino  partorito  quotidianamente  da  coteste  montagne  reboanli,  se 
si  confront!  colle  colossali  imprese  che 'la  forza  creatrice  della  Chie- 
sa trae  quotidianamente  dal  nulla,  assicura  le  nostre  congetture  e  ne 
guarentisce  1'  ayveramento  future. 


RIVISTA 

DELLA 

STAMPA   ITALIANA 


I. 

Storia  delle  belle  Arti  in  Italia  di  FERDINANDO  R  ANALLI.  Seconda  edi- 
zione  ampliata  e  migliorata  dalT  Autore  —  Volume  2.°  Firenze, 
Torelli  1856. 

Piu  d'una  volta  ci  accadde  di  far  notare  ai  nostri  lettori  quanto 
importi  al  bene  universale  della  societa  umana,  della  civile,  della 
cristiana  1'  innestare  in  tutta  1'  opera  dell'  istruzione,  in  tutte  le  isti- 
tuzioni  sociali,  in  tutto  1'  andamento  domestico,  in  tutte  le  produ- 
zioni  artistiche  o  letterarie,  in  tutti  gl'insegnamenti  filosofici  o  fisici 
o  morali,  in  tutta  I'erudizione  archeologica  e  storica,  in  somma  in 
tutto  cio  che  pu6  concorrere  a  formare  1'uomo  intellettivo  5 1'innesta- 
re,  diciamo,  1'elemento  religiose  e  sinceramente  e  pienamente  cri- 
stiano.  Questo  che  nel  linguaggio  dei  libertini  (a  cui  fanno  eco  cer- 
ti  semicattolici  pregiudicati  o  ignoranti )  suole  vituperarsi  come 
piccolezza  d'animo  o  idiotaggine  o  vecchiume,  altro  non  k  finalmen- 
te  che  il  risultamento  della  natura  umana  ben  conosciuta,  e  del  con- 
cetto religioso  sinceramente  appreso  e  logicamente  applicato.  Un 
uomo  che  pretende  essere  di  animo  religioso  (vale  a  dire  compre - 
so  di  quella  verita  che,  Dio  creo  1'  uomo  per  unavita  migliore,  che 


RIYISTA  DELIA  STAMPA  ITALIANA  189 

si  uman6  per  essergli  redenzione,  maestro  e  modello  nel  vivere) , 
non  pu6  ricusare  9  cotesto  Dio,  suo  maestro  e  modello,  1'esercitare 
una  perpetua  influenza  in  tutto  il  personale  e  sociale  andamento;. 
se  non  divide  in  due  1'  uomo  spirituale  e  sociale,  o  non  discrede  i 
diritti  di  Gristo  sull'  uomo  cristiano,  o  non  isragiona  negando  prati- 
camente  il  valore  de'  principii  specolativi.  Siete  cristiano  davvero  ? 
Dovete  volere  per  ogni  dove  attuato  il  Cristianesimo.  Siete  indif- 
ferente,  siete  avverso  a  vedere  per  ogni  dove  padroneggiare  T  ispi- 
razione  cristiana?  Dite  francamente  che  la  professione  di  Cristiane- 
simo e  per  voi  una  pura  commedia,  o  al  piii  una  etichetta,  un  oeri- 
moniale  di  urbanita  •,  non  essendo  possibile  essere  convinti  delle 
grandi  'verita  cristiane,  senza  bramare  che  il  convincimento  rostra 
si  trasfonda  e  trionfi  in  altrui. 

Ne  volete  una  prova  di  fatto  ?  L'  avete  dai  libertini  medesimi :  > 
quali ,  mentre  da  un  canto  non  fmano  d'inveire  contro  le  invasioni 
e  ilpredominio  preteso  dai  clerical!,  dall'  altro  non  lasciano  inope^- 
roso  un  ordegno  della  gran  macchina  sociale,  non  intatto  un  rama 
della  gran  pianta,  ove  non  tentino  introdurre  per  elaterio,  per  prin>- 
cipio  vitale  lo  spirito  di  loro  indipendenza,  con  tutti  quei  principii 
e  teorici  e  pratrci  che  logicamente  ne  sgorgano  e  che  vanno  oggidi 
sotto  il  nome  generico  di  Principii  delV  89.  Ed  appunto  per  quests 
e  loro  si  carala  libera  stampa,  si  odiosa  la  censura  ecclesiastica,  si 
importune  il  giornalismo  cattolico,  perche  quanto  la  prima  contri- 
buisce  a  trasfondere  in  ogni  vena  del  corpo  sociale  la  gangrena  del- 
1'errore ;  tanto  la- censura  ecclesiastica  e  nasuta  nel  fiutarla,  tanto  il 
coltello  del  giornalismo  e  pronto  a  reciderla  e  rovente  a  cauteriarla. 
All'opposto  dove  la  censura  ecclesiastica  non  aguzza  il  coltello,  u» 
revisore  laico  non  mira  poicosiperle  sottili,  benche  onesto  e  cri- 
stiano •,  e  purche  sia  salvo  il  Credo,  raro  e  che  senta  al  fmto  quel  ve- 
leno  che  i  libri  astuti  ed  ipocriti  fanno  inghiottire  saporosamente 
sotto  mille  forme  di  manicarelti  e  sorbetti. 

Ed  una  appunto  di  tali  opere  e  \aStoria  delle  Belle  arti  in  Italia?, 
migliorata,  dice  qui  il  frontespizio ,  ed  ampliata  per  FERDINANDS 
RANALLI.  Pittqri,  scultori,  architetti  pocp  dilettandosi  ordinaria- 


190  RI  VISTA 

mente  di  astrattezze  filosofiche,  di  teorie  politiche,  di  nego.ziati  di- 
plomatici,  potrebbono  sfuggire  alia  corruzione  dei  sofismi  etero- 
dossi :  tanto  piu  se  1'  educazione  domeslica  o  T  artistica,  li  ponesse 
in  comunicazione  familiare  con  uomini  di  senno  e  d'esperienza,  ad- 
dottrinati  dalle  calami  l.a  passate  a  detestare  gli  sconvolgimenti  fu- 
turi.  Or  bene :  sorivasi  per  cotesti  giovani  una  storia  delle  belle  arti : 
qual  tema  piu  innocente?  Ma  I'  innocenza  del  tema  non  impedira 
d'introdurvi  quasi  per  incidente  cio  che  nell'iotento  dell'  uomo  6 
necessariamente  primario  e  principale,  il  concetto  o  religiose,  oir- 
religiose.  Una  storia  delle  belle  arti  scritta  con  ispirito  irreligioso  e 
sedjzioso  si  traforera  naturalmente  nella  societa  degli  artisti,  e  il 
Cimabue,  il  Giotto,  TUrbinate,  il  Buonarroti,  invece  di  farsi  -maestri 
di  pennello  o  scalpello ,  diverranno  maestri  di  liberta  ed  uguaglian- 
za,  d'  empietaedi  rivoluzione. 

Se  tale  e  il  libro  del  Ranalli,  vede  il  lettore  presentarglisi  qui  da 
noi  una  doppia  figura  simile  a  quella  descritta  dql  Venosino,  bella 
in  faccia,  ma  mostruosa  nel  resto,  come  orca  marina :  Desinat  in 
piscem  mulier  formosasuperne.  Ne  questo  rechera-maraviglia  aino- 
stri  lettori,  i  quali  forse  non  dimenticarono  aver  noi  lodato  altra  vol- 
ta  qual  letterato  e  retore  il  Ranalli,  mentre  pure  egli  ci  costringeva 
a  biasimarlo  per  gli  errori  filosofici  e  religiosi.  Se  non  che  allora  due 
erano  le  opere,  una  delle  quali  gli  meritava  le  lodi,  un'  altra  i  bia- 
simi.  Questa  volta  all'  opposto  nell'  opera  stessa,  cbe  avrebbe  potuto 
riuscire  giovevole  con  1'  erudizione  artistica  proposta  in  istilegene- 
ralmente  piacevole  e  corretto  1  -,  1'Autore  haintrodotto  tanto  vele- 
no  di  rabbia  anticattolica  e  d'insinuazioni  sediziose,  che  sembra  an- 
dar  cercando  col  lanternino  ogni  buco,  ove  possa,  o  a  proposito  o  a 

i  General  mente  diciamo,  perche  in  certe  parti  la  scorrettezza  e  tale  che 
mostra  un  Omero  dormicchiante,  come  puo  vedcrsi  per  cagion  d'esempio  a  pa- 
gina  370,  ove  Canuto  vegliardo  c«n  una  face  che  tiene  in  mono  un  altro  putto, 
e  tal  f rase,  che  niuno  indovinera  chi  tenga  e  chi  sia  tenuto :  pagina  376.  ^41- 
i'arttifa  now  deve  saziarsi  mat  di  o&servare,  la  frase  apparisce  non  essere  pu- 
re stata  riletta:  pagina  377.  S'insegnerebbe  confusione  nelle  menti  degli  artsflei, 
;'sara  forse  errore  del  tipografo).  E  cosi  parecchie  altre. 


BELLA  STAMPA  ITALIANA  191 

sproposito,  traforarne  qualehe  stilla.  Volendo  dunque   dare  una 
giusta  idea  del  libro,  dobbiamo  presentarlosotto  amendae  gli  aspelti. 

Mainquanto  al  primo  capira  il  lettore  non  potersi  da  noi  entrare 
in  lunghe  e  minute  disquisizioni  artistiche,  quali  sarebbero  richieste 
dalla  natura  dell' opera :  la  quale,  volendo  dare  un'idea  delFarte  nei 
success! vi  suoi  incrementi,  entra  in  quelle  particolarita  di  osservazio- 
ne,  senza  le  quali  non  possono  intendersi  le  diverse  proprieta  delle 
scuole  e  degli  artisti.  Or  queste  particolarita  presuppongono  sempre 
nell'  immaginazione  o  sotto  gli  occhi  del  lettore  quei  capilavoro  che 
si  vanno  esaminando :  supposizione  che  a  noi  non  converrebbe 
ammettere  parlando  alle  migliaia  dei  nostri  lettori  cbe  per  la  mag- 
gior  parte  mai  non  li  videro.  Diremo  per  altro  generalmente  che  nei 
suoi  giudizii  estetici  1'Autore  ci  sembra  fornito  di  quel  senno,  di 
queiracume  esoprattutto  di  quel  sentimentodel  bello,  cbe  formano 
in  materia  d'arte  le  doti  indispensabili  di  chi  giudica  i  lavori  dei 
maestri.  Delia  quale  capacita  TAutore  da  un  bel  saggio  esaminan- 
do i  celebri  dipinti  rafaelleschi  nei  Vaticano  e  nella  Farnesina  :  le 
opere  a  pennello  e  a  scalpello  di  Michelangelo  e  i  capilavoro  dei 
due  grandi  capiscuola  Tiziano  e  Correggio.  E  sebbene  egli  protesti 
sul  finire  del  secondo  volume  (pag .  481  e  seg.)  di  essersi  attenuto 
airautorita  dei  supremi  maestri,  ne  avere  assunto  altro  ufficio  che 
quello  di  semplice  storico  regislrando  solo  quelle  cose  ,  sulle  quali 
il  giudizio  degli  artisti  di  tanti  sccoli  ha  rendula  invariabile  e  in- 
concussa  I'opinione;  non  lasceremo  per  questo  di  tributargli  la  de- 
bita  lode  di  avere  giudiziosamente  ceduto  allautorita,  e  attribuito 
modestamente  a  cui  s'  apparteneva  il  merito  di  que'  giudizii  me- 
desimi. 

Nonmerio  giudizioso  ci  sernbra  il  precetto  inculcato  da  lui  assi- 
duamente,  quasi  corollario  pratico  di  tutta  1'opera,  di  formarsi  con 
lo  studio  immediate  della  natura  anzich^  dei  suoi,  anche  piu  per- 
fetti,  imitatori:  del  qual  precetto  egli  sente  Timportanza  per  modo, 
che  quasi  ci  parrebbe  eccessivo.  Perocche  nei  libro  tredicesimo 
parlando  del  bergamasco  Moroni,  ritrattista  inarrivabile  :  Nei  qua- 
dri  di  sloria  ,  dice  ,  poco  fece  e  poco  valse  il  nostro  Giambattista. 


192  RIVISTA 

Ma  che  rileva?  Chiunqm  giunge  a  ritrarre  le  persone  di  naturdle  , 
come  faceva  il  Moroni,  moslra  di  sapere  contraftare  il  viso  della  na- 
tura nel  piu  eccellente  e  perfetto  modo  possibile ;  che  e  in  fine  la  piii 
portenlosa  e  la  piu  desiderabile  virtu  delT  arle  (pag.  259  vol.  II.). 
Ora,  se  a  noi  e  lecito  dire  il  nostro  parere,  crediamo  che  la  pittura 
abbia  una  virtu  anche  piu  portentosa  e  desiderabile,  allorche  senza 
dismettere  la  viva  imitazione  della  natura,  sa  adoprarla  qual  mez- 
zo d'imprimere  negli  spettatori  idee  ed  affetti  morali,  superiori  d'as- 
sai  alia  semplice  notizia  di  una  fisonomia  ,  fosse  ella  pure  del  pri- 
mo  eroe  del  mondo.  N6  vorra  certo  disdircelo  1'  Autore  ,  il  quale 
mille  volte  insiste  su  questa  utilita  delle  arti  belle  (applicandola  pur- 
troppo  talvolta,  come  vedremo  ,  a  soggetti  tutt'altro  che  onorati). 
Ed  appunto  per  questo,  spiegando  meglio  egli  stesso  il  suo  precetto, 
vuole  che  nell'imitare  la  natura,  si  scelga  il  piu  bel  fiore-,  e  ad  avere 
nella  scelta  qualche  indirizzo,  che  e  pure  necessario  a  scegliere  be- 
ne  ,  egli  vuole  che  1'  artista  formi  il  proprio  sentimento  col  vedere 
quelli  che  innanzi  a  lui  con  egual  sentimento  scelsero  il  bello  natu- 
rale.  E  chi  sard  mai,  domanda,  il  giudice  di  queslo  sentimento?  Sa- 
ra ,  risporide  ,  il  sentimento  di  lutli  gli  uomini ,  confermalo  da  piu 
generazioni :  che  e  pur  cosa  impressa  negl'intelletti  e  nei  cuori  dalla 
medesima  natura.  Onde  si  dira  ottimo  arteftce  quello  ,  la  cui  ma- 
niera  di  vedere  la  natura  e  a  grado  di  piu  uomini  e  di  piu  etadi 
(pag.  377).  Cosi  1' Autore  introduce  ragionevolmente  1'  autorita 
anche  nelle  belle  arti  ,  contrapponendosi  a  quella  scuola  che  pre- 
tenderebbe  abolire  ogni  influenza  del  classicismo  ed  isolare  ogni 
artista  dal  genere  umano  ,  quasi  non  vi  fossero  tradizioni  di  arte  , 
«ome  vi  sono  di  storia,  di  scienza,  d'istituzioni  1. 

II  che  abbiamo  voluto  notare  affinche  si  vegga,  come  quei  mede- 
simi  libertini ,  ai  quali  o  inganno  di  sofismi  o  ambizione  d'  aggra- 
duirsi  le  moltitudini  o  mania  di  scuotere  ogni  giogo  fa  sprezzare 
quasi  schiavitu  contro  natura  e  vilta  di  animo  corrotto  1'inchinarsi 
ai  migliori  e  piu  sapienti  nel  governo  della  vita  sociale  5  quando 

i  Vedi  pagina  111 ,  volume  I  e  pagina  296. 


DELLA  STAMPA   ITALIANA  193 

poi  trattasi  di  dare  buono  indirizzo  agli  studii  di  arti  e  di  lettere , 
piu  non  veggono  ne  villa  ne  schiavitu  nell'  obbligare  la  ragione  a 
dipendere  ,  e  trovano  anzi  nella  natura  T  evidente  principio  di  tale 
legittima  dipendenza. 

Ma  tornando  all'indirizzo  pratico,  suggerito  dall'Autore  ai  cultori 
del  disegno ,  non  vogliamo  omettere  una  osservazione  che  confer- 
mera  viemeglio,essere  sapientissimo  consiglio  il  congiungere  in  tale 
guisa  I'imitazione  del  naturale  e  lo  studio  di  quegli  autori  che  me- 
glio  Timitarono.  Conciossiache  non  essendo  1'uomo,  secondo  i  retti 
insegnamenti  della  sana  filosofia  ,  ne  una  pura  intelligenza ,  ne  un 
semplice  animale  ;  e  dovendo  congiungere  in  unica  operazione  le 
sensitive  facolta  con  le  iritellettive  5  dagli  oggetti  sensibili  dee  rice- 
vere  la  materia  dei  suoi  concetti,  ma  in  questi  dee  ravvisare  le  for- 
me immateriali.  Se  tale  e  Tuomo  in  ogni  sua  operazione  mentale, 
vede  ognuno  che  anche  il  concetto  estetico  dovra  risultare  per  lui 
da  due  elementi  ;  vale  a  dire  dalla  contemplazione  della  natura  , 
nella  quale  il  divino  Fattore  stampo  1'impronta  della  eterna  sua  idea 
archetipa,  e  da  una  facoHa  atta  a  concepire  cotesta  idea,  liberandola 
dalle  grossezze  della  materia  ed  universaleggiandola  in  modo,  che 
serva  poscia  di  generate  misura ,  con  la  quale  si  paragonino  i  par- 
ticolari  individui  di  quella  medesima  specie.  Se  questa  dottrina,  (la 
quale  con  le  sentenze  del  Dottore  d'  Aquino  fu  piu  yoke  illustrata 
dalla  Civiltd  Cattolica}  interpreta  veramente  Toscuro  enigma  della 
natura  umana,  essa  dottrina  applicata  all'ordine  pratico  ci  dara  que' 
documenti  che  vengono  dalRanalli  perpetuamente  inculcati.  Da  un 
canto  «  Abbiate,  dira,  perpetuamente  presente  1'originale  stampato 
nella  natura,  giacche  questa  e  la  sola  che  indubitatamente  vi  rappre- 
sental'idea  divinadiquellebellezzeche  trasportare  volete  nella  tela 
o  sul  marmo.  Ma  poiche  1'idea  stampata  nella  materia  concreta,  dalla 
grossezza  di  questa  contrae  limitazioni  ed  imperfezioni  non  proprie 
di  quella  forma  celestiale  che  dovete  ritrarne  j  studiate  nei  grandi 
autori  che  seppero  astrarnela  piu  limpida,  affinche  dal  loro  esempio 
impariate  a  svincolare  il  bello  dalle  imperfezioni  della  materia  ». 
Cosi  I'imitazione  della  natura  non  dara  nelle  trivialita  del  Fiammin- 

Scrie  //',  vol  IX  13"  7  Gtnnaro  18S8. 


194  Rl  VISTA 

go,  e  1'idealita  della  copia  non  dimentichera  di  rassomigliarsi  alTo- 
riginale  proposto  dal  Creatore.  Si  scansera  il  materialis-mo  degli 
empiric!  e  il  manierato  degl'idealisti  nella  pittura  ,  come  nella  filo- 
sofia  temperata  1'Angelo  delle  Scuole  seppe  evitare  le  brutture  del 
sensismo  e  le  follie  delTidealismo,  collegando  nell'unica  azione  uma- 
na  Tintuizione  della  natura  sensibile  con  1'universalita  del  concetto 
ast ratio. 

Le  quali  osservazioni  abbiamo  voluto  fare,  non  solo  per  confer- 
ma  del  metodo  artistico  suggerito  dal  Ranalli ,  ma  eziandio  perche 
il  lettore  comprenda  viemeglio  la  verita  di  ci6  che  piu  volte  affer- 
mammo,  strettissimo  legame  congiungere  la  filosofiacoll'arti  e  colle 
scienze :  giovare  dunque  la  rettitudine  del  filosofare  a  promuovere 
gV  incrementi  di  queste  $  e  per  I'opposto  un  filosofare  monco  o  er- 
roneo  indurre  il  pervertimento  non  solo  delle  altre  scienze,  ma  an- 
che  delle  arti  belle,  le  quali  altro  essernon  possono  che  una  giusta 
rappresentazione  del  divirio  archetipo  di  bellezza  stampato  nelle 
creature. 

Fin  qui  abbiamo  dato  un'  occbiata  al  letterato  artista.  Ma  questir 
abbiam  detto  al  principio,  ebbe,  non  sappiamo  se  la  sventura  o  la 
colpa  di  cadere  miseramente  nel  servaggio  della  ribellione  etero- 
dossa,  nemica  egualmcnte  e  al  giogo  della  religione  e  alia  civile  au- 
torita.  Quindi  il  doppio  spirito,  chetutta  ne  infetta  la  storia,  eche 
afierra,  anzi  cerca  ogni  occasione  per  impostemarla  e  corromperla. 

E  in  quanto  ad  irreligione  essa  trasparisce  ogni  qual  volta  si  ofi're 
1'  opportunita  di  straziare  il  Cattolicismo  e  i  suoi  Pontefici:  di  che 
se  avessimo  da  recare  tutti  gli  esempii  piu  o  meno  mascherati,  non 
fmiretnmo  si  presto :  vedremmo  il  culto  dei  Santi  e  delle  Reliquie 
trasformarsi  in  idolatria  (pag.  28  volume  I.°):  lo  zelo  di  demo- 
lire  gl'idoli,  in  vendetta  delle  persecuzioni  sofferte:  Tesecrazione 
dell'empieta  d'adorarli  in  fanatismo  superstizioso  (pag.  27  vol.  I.°): 
il  clero  romano  una  razza  spuria  di  stranieri  e  di  plebei  (pag.  24) : 
S.  Gregorio  YH  simoneggiare  dannando  i  simoniaci  (pag.  4-5).  E 
qui  la  smania  di  andar  buscando  ragioni  di  biasimo  e  tale  che  i  vi- 
tuperii  ti  scappano  fuori  ove  meno  te  li  aspetti ,  e  dove  il  fatto  non 


DELLA  STAMPA  ITALIANA  195 

parla,  s' investiga  la  possibilita.  Ondeche  parlando  delle  stanze  di 
Torre  Borgia  «  Di  quante  abbomirievoli  sozzure,  esclama,  saranno 
state  spettatrici  (pag.  264) !  »  Raccontando  le  stranezze  di  Pier 
di  Cosimo,  dice  che  egli  aveva  soprallutto  a  noia  quatlro  cose  che  in- 
vero  sono  importunissime,  il  piangere  del  fanciulli,  il  tossire  degli 
uomini ,  il  suonare  delle  campane  e  il  cantare  del  frali  ( pag.  220  ). 
Le  guerre  religiose  vengono  date  per  testimoni  di  un  secolo  rott 
ad  ogni  nefandezza  (quel  di  Leone  X),  quasi  i  secoli  anteriori  non 
avessero  veduto  anche  piu  acerbe  le  guerre  religiose  ,  benche  non 
rotti  a  nefandezza  (volume  II. °  pagina  7  libro  X).  Se  con  le  pro- 
speritd  del  pontificate  crescono  monisteri ,  temph ',  altari,  offerle , 
immagini ,  ornamenti,  gli  e  per  affezionare  il  rozzo  e  corrotto  po- 
polo  :  onde  la  religione  mitissima  del  verace  Evangelio  di  Cristo 
si  allontanava  dai  cuori,  e  la  superstizione  fanatica  e  crudele  piu 
salde  radici  vi  mettea  (pag.  31  volume  I.°).  I  quali  vituperii  se  ven- 
gono scagliati  in  generale  contro  il  pontificate,  pensate  poi  qua- 
li dovremo  sentirne  trattandosi  dell'  epocbe  piu  hgrimevoli  della 
barbaric  !  Questi  secoli  luttuosi  vengono  dipinti  dall'Autore  coi  co- 
lori  soliti  ad  adoprarsi  da  tutti  gli  eretici,  quasi  nulla  piu  rimanesse 
dello  spirito  di  Cristo  nella  Cbiesa  da  lui  fondata.  «  Non  altro,  dice, 
«  che  ricchezze,  piaceri ,  ambizioni ,  crudelta,  supe-rbie,  ornamenti 
«  cercarono  gli  ecclesiastici :  e  tanto  piu  era  osceno  racquisto  che 
«  essi  facevano  dei  beni  temporali,  quanto  che  trafficando  empiat- 
«  mente  le  cose  sarite  il  facerano  (pag.  37  volume  I.°).  »  Nel  qual 
traffico  gli  aiutavano  i  Principi ,  t  quali  acciecali  dal  fumo  della  su- 
perstizione fanatica  credevano  cancellare  ogni  maggiore  misfatto  col 

donare  a  monasterii  e  chiese simonia  impudcntissima.  (Ivi) 

Nel  che  voi  vedete  la  consueta  arte  di  confondere  dotlrine  e  fatti , 
discreditando  da  un  canto  col  nome  di  simonia  ogni  donazione  a 
chiese  e  monasterii,  e  cancellando  dalla  Scrittura  Sacra  quel  pre- 
cetto  profetico :  Peccata  lua  eleemosynis  redime.  Dall'  altro  canto 
si  fa  credere  che ,  secondo  la  dottrina  della  Chiesa  ,  possa  vera-- 
mente  comprarsi  la  remissione  dei  peccati  senza  preconcepirne  la 
detestazione. 


496  RIVISTA 

Quest' arversione  a  clero,  a  reliquie,  a  Pontefici  sembra  ottenere 
qualche  triegua  allora  soltanto,  quando  gli  si  presenta  occasione 
<T  insinuare  altri  errori.  Cosi,  per  esempio,  ottiene  perdono  il  clero 
veneto  perche,  al  dire  dell'  Autore,  (  cui  certamente  non  consenti- 
ranno  i  Veneti  cattolici )  fin  dal  principio  fu  clero  proprio  e  civil- 
mente  unilo  con  lo  Stato. 

AH'avversione  del  Ranalli  per  tutto  ci6  che  e  inspirato  dal  Catto- 
licismo  corrisponde  ,  come  ragion  vuole,  ammirazione  ed  amore 
per  tutto  ci6  che  sa  di  pagania;  fuor  della  quale  1'Autore  doman- 
da  :  dove  trovare  esempii  person ificabili  di  sapienza  (pag.  361  )? 
Sapienza  ,  la  quale  si  perpetuava  fra  di  loro  da  quella  mirabile  edu- 
cazione  pubblica  che  fin\  con  le  repubbliche  di  Grecia  e  di  Roma 
(pag.  218  vol.  11.°).  Ecco  dunque,  secondo  il  Ranalli,  dove  dovreb- 
be  cercarsi  oggidi  il  vero  modello  di  educazione  mirabile. 

Volete  ora  una  mirabile  istruzione  intorno  alia  creazione  e  al  mi~ 
stero  della  vita  umana?  Certi  dabben  uomini  come  il  Cuvier,  Helic 
De  Baumont,  il  Wiseman  e  simili  testoline,  credono  orrnai  unica 
geogonia  ammissibile  quella  del  Testo  mosaico.  Ma  il  Ranalli  sapete 
donde  spererebbe  notizie  di  somma  imporlanza  rispetto  ai  principii 
della  creazione?  Da  Zoroastro,  da  quel  sapienle  antichissimo,  i  cui 
libri  ci  furono  nascosli.,  perche  rimanessimo  al  buio  di  lanle  cose  ri- 
sguardanti  il  mistero  doloroso  della  nostra  vita  (pag.  366).  Poveri 
cristiani!  Non  hanno  altro  che  la  rivelazione  divina  per  compren- 
dere  il  mistero  della  vita.  Ah  se  leggessero  Zoroastro,  quante  belle 
coseci  troverebbero !  Lo  credano  al  Ranalli  che  mai  non  le  lesse. 
Grande  spietatezza  e  barbaric  fu  quella  di  atterrare  il  paganesimo. 
onde  Graziano,  Yalentiniano,  Teodosio  vengono  straziati  per  la  fe- 
roce  edostinata  inimicizia  ad  ogni  immagine  di  paganesimo.  E  per 
1'opposto  aCostantino  si  perdona  1'avere  abbracciato  il  cristianesimo 
piii  per  necessita  pubblica,  dice  TAutore,  che  per  inlima  persuasio- 
ne;  in  quanto  consercb,  ristoro  ed  abbelll  i  lempli  degli  Dii,  e  im- 
prontb  le  medaglie  imperials  de  simboli  del  gentilesimo.  Forse  Giu- 
liano  avrebbe  avuto  ingegno  e  voglie  per  rialzare  I'abbaltuta  maesla 
di  Roma.  Egli  adoperb  in  guisa  che  Vonore  delle  divinila  pagano 


BELLA  STAMPA  1TALIANA  197 

e  con  esso  la  gloria  delle  arti  antiche  rifiorisse  (pag.  25  volume  I.°). 
Ma  il  momentaneo  ritorno  del  culto  pagano  servl  ad  accendere  nuove 
discordie,  piuttoslochc  a  ridestare  Roma  da  quelT  avvilimenlo  (Ivi). 
Vede  il  lettore  che  nell' apostasia  di  Giuliano  non  si  biasima  ne  il 
fatto  di  quell'empio,  ne  la  speranzadi  risuscitare  gli  Dii  e  conessi 
la  gloria  romana,  ma  solo  il  non  avore  sortito  1'intento. 

Ora  se  cosi  si  parla  in  favore  di  coteste  stupidita  idolatriche,  po- 
tete  credere  che  molto  piu  pagane  saranno  le  idee  dell'  Autore  , 
quando  trattasi  di  morale  :  nella  quale  veramente  non  sembre- 
rebbe  possibile  nell'  Italia  nostra  e  ai  nostri  tempi  una  si  sver- 
gognata  professione  d'  immoralita.  Chi  crederebbe  p.  e.  che  una 
penna  cristiana  abbia  scritto  quegli  elogi  di  Raflaello  ,  la  cui  vita 
ognuno  sa  (  e  lo  confessa  1'  Autore  medesimo  a  pag.  29  ) ,  come 
fosse  sfrenata  a  licenziosi  eccessi  fino  a  condursene  prematuramen- 

te  alia  tomba?  Or  bene  lasua  inclinazione  al  diletlo  della  carne 

non  impedt,  al  dir  dell'Autore,  che+il  suo  costume  fosse  esempio  delle 
piu  amabili  e  rare  virtu  (pag.  30).  E  poco  appresso:  Se  la  na- 
tura  inlese  mai  a  formare  un  uomo  in  ogni  parte  perfetto,  Raffaello 
fu  certamente  quel  desso ;  vero  angelo  (  che  angelo  / )  mandato  dal 
cielo  a  vestire  per  pochi  anni  la  misera  nostra  carne,  per  innamorar- 
ci  di  quella  suprema  bellezza,  di  cui  ecc.  (pag.  32). 

Ma  se  in  tutto  la  virtu  pagana  riscuote  il  tributo  dei  suoi  elogi , 
ella  giunge  all'  apoteosi  quando  s'  innalza  a  fierezze  politiche.  Laon- 
de  le  pitture  del  Beccafumi  in  Siena  formano  un  oggetto  di  estasi 
atto  a  rinfocolare  ogni  istante  il  popolo  senese  nel  disperato  desi- 
derio  di  conservare  la  boccheggiante  libertd  della  patria.  E  ancor  oggi 
chi,  entrandovi  ,  rimarrebbe  freddo  spetlatore  di  si  virtuose  glorie  f 
Chi  non  sentirebbe  che  T  arte  qui  non  vaneggia  in  superstizioni : 
non  ride  in  oscenita:  non  si  compiace  in  adulazioni :  non  imbal- 

danzisce  in  delilti?  Artcfici,  io  vi  supplico a  tener  cura,  il  piii 

che  potete,  della  qualita  de'suggetti,  se  volete  che  I 'opera  voslra  deb- 
ba  dirsi  civile^e  liberale  (  pag.  173).  Domandera  il  lettore.  quali 
sitno  cotesti  suggelti  degni  di  tanti  encomii  ?  e  rispondiamo  con 
1' Autore ,  essere  1'  amicizia  di  Marco  Lepido  e  Fulvio  Fiacco  j  poi 


198  RIVISTA 

Codro  Ateniese,  che  con  la  propria  inorte  da  ai  suoi  la  vittoria  ;  poi 
Postumio  Tiburzio  dittatore,  che  con  la  morte  del  figlio  sancisce  I'ob- 
bedienza  militare  ;  poi  Spurio  Cassio  decapitato  e  Marco  Manlio 
precipitate  e  Spurio  Melio  ucciso,  tutti  e  tre  comesospetti  di  ago- 
gnata  tirannide  :  accanto  ai  quali  per  ordine  di  P.  Muzio  tribuno 
tulti  sono  arsi  i  loro  complici  (un  vero  auto  da- fe  e  una  virtuosa 
gloria,  specialmente  quando  siede  giudice  un  tribuno,  invece  d'un 
inquisitore).  E  fmalmente  Zaleuco  Principe  che  per  non  violare  le 
leggi  fa  cavare  un  occhio  a  se  ed  uno  al  figliuolo  (pag.  173): 
esempio  curioso  di  giustizia  ed  osservanza  delle  leggi  che  farebbe 
ridere  ogni  cristiano  assennato  ,  ma  che  fa  trasecolare  quando  la 
scempiaggine  e  d'un  pagano. 

Che  piu?  Le  turpitudini  stesse  e  le  atrocita  dei  Gesari  ottengono 
un  elogio  dall'  Autore,  paragonate  all'  infausta  monarchia  di  Car- 
lo V,  spellacolo  senza  fine  lagrimevole.  Giacche  se  sotto  i  Cesari  pa- 
gani  ogni  liberta  eraspenta,  ogm  ordine  distrutto,  vana  V  autorita 
delle  leggi;  pure  a  sostenere  la  dignild  e  fierezza  di  quel  popolo  va- 

levano  le  conquisle el'  estremo  della  servitii  non  videro  quei 

tempi,  dacche  non  mancava  un  fcrro  e  una  mano  per  ammazzare 
il  tiranno  (pag.  8,  9  vol.  I.°). 

Cosi  T Autore  :  di  cui,  noi  siamo  certi,  il  lettore  andra  seco  stes- 
so  dubitando  qual  sia  piu  mostruosa  enormita,  o  il  paragonare  la 
fetida  societa  romana  sotto  i  Cesari  colla  societa  cristiana  sotto  Carlo 
V,  o  il  dare  la  preferenza  alia  prima  per  Tesecrabile  ragione  che  la 
fierezza  del  popolo  nutrivasi  con  le  conquiste,  e  che  non  le  mancava 
un  ferro  ad  ammazzare  il  tiranno.  E  queste  cose  si  stampano  nella 
mitissima  Toscana  nel  1856!  Comprendera  facilmente  il  lettore  che  a 
tal  cervello  poco  andra  a  sangue  il  Cristianesimo,  non  solo  perche  la 
prima  istituzione  di  Cristo  tien  piu  dalla  forma  delle  monarchie ;  ma 
ancora  perche  le  massime  di  umilta,  di  pazienza  e  di  rassegnazione 
tirano  gli  uomini  alia  quiete  e  alia  soggezione  (pag.  125  vol.  I°.)  In- 
segna  fApostolo :  NON  BONIS  TANTUM  ET  MODESTIS,  VERUM  ETIAM  DISCO- 
LIS  REVEHENTER  suBDiTOS  ESSE  (Si  vcde  che  1'A.  non  lesse  1' epistola 
che  cita).  Al  qual  precelto  non  cost  facilmente  s'  assoggetterebbe  il 


BELLA  STAMPA   ITALIA3XA  199 

genio  veemente  delle  repubbliche:  nel  cui  seno  sogliono  accendersi 
certe  passioni,  che  la  religione  del  Crocefisso  raccomanda  di  tenere  di 
briglia  (Ivi).  Non  sappiamo  come  T  Autore  riuscira  ad  acconciare 
quest'  ultima  osservazione  con  la  storia  e  coi  fatti  anche  present! , 
i  quali  dopo  avere  dato  alia  Sede  romana  in  tempi  calamitosissimi 
per  sosteguo  lo  zelo  cattolico  delle  repubbliche  si  devote  or  di  Pi- 
sa, or  di  Genova ;  dopo  avere  infiammati  con  la  severita  cristiana 
gli  ultimi  aneliti  della  repubb  lica  fiorentina;  ci  presentano  oggi 
ancora,  ultimo  avanzo  vivente  di  vere  repubbliche  democratiche , 
quei  cantoni  cattolici,  il  cui  gravissimo  torto  al  cospetto  della  ti- 
rannia  liberalesca  fu  appunto  il  non  sapere  dismettere  ne  il  Catto- 
licismo  ne  1'  antica  loro  democrazia.  Che  i  libertini  avversino  la  re- 
sistenza  opposta  alia  loro  tirannia  ,  1'  intendiamo  e  dobbiamo  ras- 
segnarci.  Ma  che  il  Cattolicismo ,  da  cui  viene  combattuta ,  dicasi 
avverso  alle  democrazie  che  egli  difende,  questo  in  verita  non  pud 
comprendersi  se  non  si  suppone  o  una  profonda  ignoranza  della 
storia  o  un'  audacia  incomprensibile  di  menzogna. 

Per  iscusare  il  nostro  Autore  da  cotesto  doppio  vitupero  ,  sup- 
porremo  una  distrazione,  un'  inavvertenza  a  questi  fatti  storici  5  la 
quale,  combinata  con  la  passione  di  liberta  malintesa  che  deforma 
questa  opera  da  capo  a  fondo,  lo  fa  traboccare  di  tratto  in  tratto  in 
simili  enorniita  sperticate.  Le  quali  crediamo  permettersi  da  Dio 
negli  scrittori  eterodossi  per  una  pietosissimaprovvidenza,  affiriche 
eon  la  stessa  loro  immanita  pongano  in  guardia  i  lettori  dabbene 
contro  quel  veleno  piu  sottile  che  trasuda  in  ogni  pagina ;  e  che 
assorbito,  per  cosi  sp  iegarci,  da  tutti  i  pori,  come  i  miasmi  paludo- 
si  da  chi  vive  in  maremma,  potrebbe  condurre  a  morte  un  lettore 
men  cauto.  A  cui  il  poco  che  abbiam  detto  fara  comprendere  quan- 
lo  male  puo  produrre  quest'  opera  nei  giovani,  allettati  forse  dalle 
dottrine  artistiche  ad  inghiottirselo  •,  e  quanto  importa  allontanare 
un  tal  pascolo  dai  candidi  animi  della  gioventu.  Cosi  si  trovasse  un 
editore  discrete  e  zelante  che,  ripurgando  la  storia  da  tutti  cotesti 
veleni  parassiti  e  da  qualche  sbaglio  innocente,  la  ridonasse  alia 
luce,  intera  in  tutte  le  sue  parti,  togliendone  quel  soprosso  che 


200  R1VISTA 

riuoce  ugualmente  e  alia  verita  storica  e  all'  utilita  dell'  insegna- 
mento ;  e  correggendo  quegli  sbagli  di  minor  conto  che  in  lavoro 
si  lungo  sono  condonabili  a  chi  parla  di  cose  mirate  solo  con  gli 
occhi  altrui  * !  Frattanto  mentre  aspettiamo  una  tale  correzione 
non  mancano,  a  chi  bramasse  conoscere  la  storia  delle  arti,  autori 
iricorrotti  benche  men  recenti,  il  Vasari  ,  il  Winchelmann ,  il  Baldi- 
nucci  e  specialmente  il  Lanzi ,  la  cui  storia  della  pittura  e  lodata 
piu  volte  anche  dal  nostro  Autore. 

IL 

La  Strega  di  Monte  Melton,  Traduzione  ddlTlnglesc  —  Milano  Edi- 
tori  Volpato  e  Compagno  1856  un  Vol.  in  8°  di  320  pagine. 

II  desiderio  di  porgere  alpopolo,  avido  di  piacevoli  letture,  un  li- 
bro  che  dilettasse  ed  ammaestrasse  ad  un  tempo,  ha  fatto  scrivere 
questo  Romanzo,  il  quale  forma  il  numero  quinto  della  tanto  rino- 
mata  BIBLIOTECA  CATTOLICA  POPOLARE  che  si  pubblica  in  Inghilterra. 
Ecertamente  quel  pio  desiderio  e  riuscito  per  gran  parte  allo  scopo. 
Quanto  al  diletto  esso  non  precede  ,  e  vero  ,  da  prolungate  e  sma- 
niose  sospensioni  ;  non  da  passioni  o  da  malvagita  straordinaria- 
mente  gagliarde  ;  e  per6  appunto  fuori  natura  ed  inumane ;  non 
da  seducenti  o  lubriche  descrizioni  che  pongano  il  fascino  nei  sen- 
si  e  1'ebrezza  nel  cuore.  Gia  s'intende:  chi  proponevasi  il  bene  mo- 
rale del  lettore  dovea  rifiutare  questi  sozzi  e  slravolti  elementi  di 
diletto  immaginoso,  e  restringersi  a  quei  piu  semplici  i  quali  non 
turbano  la  serenita  della  fantasia,  o  la  quiete  del  cuore.  Quindi 
sospensioni  brevi  e  tranquille,  passioni  calde  si  maverosimili,  ro- 
vesci  inaspettati  ma  non  disperati,  intreccio  ma  non  imbroglio  nella 

1  Tali  sono  per  esempio  la  Fontana  ch'egli  mette  in  piazza  della  Minerva: 
il  fontanone  del  Gianicolo  dirimpetto  a  Strada  Giulia:  la  noia  che  da  a  chi  ami 
il  bucno  e  il  bello  la  deforme  Porta  dd  Po  in  Torino  ( demolita  ormai  da  50 
anni):  la  facciata  ivi  di  S.  Filippo  tutta  imboscala  di  colonne  e  di  pilastri,  e  si- 
mili  altre  novita  le  quali  mostrano  cssersi  1'Autore  fidato  un  po'troppo  delle 
descrizioni  altrui. 


BELLA  STAMPA  1TALIANA 

favola,  costumi  veri,  ordinarii,  quali  gli  abbiamo  ogni  di  sott'  oc- 
chio  e  fra  le  mani.  Chi  nello  scrivere  romanzi  abbandona  questa  via, 
poniamo  pure  cbesi  proponga  virtuoso  intendimento,  pericola  sem- 
pre  di  trasportare  la  fantasia,  la  mente  ed  il  cuore  dei  lettori  in- 
cauti  in  un  mondo  fittizio,  infastidendolo  stranamente  del  reale. 
Nella  Strega  di.Monte  Mellon  per  lo  contrario  il  lettore  trovasi  nel- 
la  societa,  alia  quale  esso  realmente  appartiene-,  e  circondato  di  per- 
sone  coi  vizii  e  colle  virtu  che  sogliono  accompagnarsi  ai  piu  dei 
mortali ;  assiste  a  scene  che  mille  volte  ebbe  innanzi,  senza  che  sa- 
pesse  intenderle  5  e  mira  di  quelle  catastrofi  che  sono  1'  ordinario 
riuscimento  delle  vicende  umane.  Ma  perche  non  vogliamo  che  ci 
si  creda  alia  parola,  ccco  ridotto  in  miniatura  il  quadro  tratteggia- 
to  edipinto  dall'autore  in  piu  vastatela. 

Una  Ghita,  vezzosa  ma  superba  foresotta,  era  la  fidanzata  del  piu 
onesto,  piu  leggiadro,  piu  valoroso  giovane  del  contado  di  Somer- 
ton.  In  quella  che  doveva  giurarglisi  moglie,  allettatada  un.  segre- 
to  dispetto  dell'umile  sua  condizione  di  villanzuola,  e  sedotta  dalle 
insidie  d'una  sorella  dal  cuor^  guasto  e  dai  costumi  leggeri,  vuolsi 
far  predire  la  sorte  da  una  scellerata  vecchia,  che  ha  fama  d'indovi- 
na  e  di  Strega.  La  sorte  dettale  dalla  Strega  ne  seconda  1'orgoglio, 
promettendole  sposo  di  gran  lignaggio,  il  cui  nome  incominci  e 
finisca  con  un  E.  La  misera  fanciulla  sel  crede,  sciogliesi  d'ogni 
vincolo  col  suo  promesso,  ed  aspetta  la  sorte.  La  strega  e  sul  pun- 
to  di  avviar  la  faccenda  5  non  per  amor  che  porti  alia  Ghita,  ma 
per  desiderio  di  dar  quella  fraschetta  per  donna  ad  un  nobile  gio- 
vanetto  della  famiglia  dei  Vane,  e  cosi  vendicarsi  dell'  essere  stata 
discacciata  dalla  sua  capanna  paterna  da  sir  Edmondo  Yane,  il  ba- 
ronetto  dimorantenel  castello  di  Broughton,  al  quale  increscerebbe 
quel  matrimonio  quanto  la  durissima  delle  sventure. 

Uomo  orgoglioso  soleva  questi  tratlare  con  uguale  durezza  i  fi- 
gliuoli,  i  famigliari,  i  servitori:  non  soffriva  che  intorno  a  lui  fosse 
alcuna  cosa  non  regolata  dal  suo  volere:  avea  il  cuore  chiuso  ad  ogni 
pieta  verso  qualsivoglia  persona ;  e  il  grandeggiar  che  facea  nelle 
spese  a  scapito  del  suo  patrimonio  era  1'  effetto  del  non  giudicar 


202  RI  VISTA 

cosa  alcuna  sufficients  alia  propria  dignita,  piuttostoche  amore  d'agi 
o  liberalita  generosa.  Quindi  i  suoi  figliuoli  erano  stati  allevati  fra 
due  estremi  opposti ;  paurosa  suggezione  al  genitor  loro,  e  plena 
soddisfazione  d'ogni  gusto  che  potesse  affarsi  con  quella  suggezione. 
L'effetto  di  tal  sistema  d'allevamento  fu  fatale  ad  Eugenio,  1'unico 
figliuolo  maschio  ed  erede  del  baronetto,  il  giovanetjo  preso  di  mi- 
ra  dalla  maligna  vegliarda.  Egli  avea  1'animo  chiuso  ad  ogni  con- 
fidenza  verso  il  proprio  genitore,  e  al  tempo  medesimo  era  fiero, 
orgoglioso,  indipendente  al  par!  del  padre.  Viaggiando  nelle  Spa- 
gne  erasi,  senza  saputa  d'alcuno  disua  famiglia,  ammogliato  agio- 
vinetta  di  umile  condizione,  e  ritornato  in  casa  non  si  ardiva  di  pa- 
lesarlo  al  padre.  Lottava  fra  il  timore  ed  ildovere,  fra  1'amicizia  e 
1'orgoglio,  fra  le  ansie  di  marito  amantissimo  e  di  timido  figliuolo, 
fra  i  suggerimenti  della  passione  e  i  dettami  della  fede.  Per  buona 
ventura  aveva  egli  a  confident!  ed  amici  due  persone  di  rarissime 
qualita  di  mente  e  di  cuore:  il  parroco  cattolico  del  vicino  villaggio 
e  un  Geraldo  Ponyers  giovane  dell' eta  sua,  ma  di  costumi  e  senti- 
nienti  opposti. 

Questi  era  figliuolo  d'un  ricco  proprietario  di  terre,  venuto  a, 
grandi  ricchezze  da  pochi  anni,  senza  cbe  la  nuova  fortuna  aves- 
re  guaste  le  virtu  deH'avventurosa  famiglia.  Semplicita  grande  nel- 
le maniere,  sincerita  nel  tratto,  misericordia  verso  i  poveri,  affabili- 
ta  verso  gl'  inferiori ,  schietta  allegrezza  nel  conversare :  aveano  i 
Ponyers  quanto  occorreva  per  divenire  oggetto  d'amore  e  di  stima 
presso  qualunque  persona  li  conosoesse.  Un  uomo  solo  li  detestava 
a  cagione  precisamente  di  quelle  buone  qualita:  e  questi  era  il  Ba- 
ronetto. La  loro  ricchezza  oscurava  la  propria  e,  quel  cbe  piu  lo  ro- 
dea,  essi  erano  divenuti  padroni  d'una  parte  dei  suoi  fondi,  venduti 
persopperire  agli  sciala^quamenti.  La. loro  semplicitaera  piu  amata 
del  proprio  lusso:  la  loro  carita  generosa  conquistava  piu  clienti  che 
la  pompa  e  la  vanita  sfoggiata  delle  sue  feste.  In  una  parola :  la  vir- 
tu dei  Ponyers  valeva  molto  pm  nella  stima  degli  uomini ,  che  non 
la  nobilta  e  la  liberalita  dei  Vane.  Sir  Edmondo  adunque  astia- 
va  in  occulto  la  buona  famiglia  :  in  palese  lasciava  credere  che  ri 


BELLA  STAMPA  ITALIANA  203 

fosse  tanta  buona  armonia  con  essa  ,  che  si  potesse  fino  pensare 
a  un  parentado.  Geraldo  infatti  aspirava  alia  mano  d'  Annetta  fi- 
gliuola  di  sir  Edmondo  ;  e  questi  avea  secondate  quelle  speranze 
col  permetterle,  purche  solo  fosse  dopo  due  anni  libero  di  dare  o  ne- 
gare  1'assenso,  volendo  in  questo  mezzo  scorgere  se  potesse  trovare 
per  la  sua  figliuola  miglior  partito.  La  virtu  di  Geraldo  e  il  prossi- 
mo  vincolo  lo  aveano  reso  caro  ad  Eugenio  ,  il  quale  colla  stessa 
confidenza  gli  avea  svelate  le  pene  interne  come  avea  fatto  col  par- 
roco,  ch'era  ad  un  tempo  il  suo  consigliere  e  direttore. 

Ma  i  consigli  dell'  uno  e  dell'  altro  riuscirorio  a  nulla.  Quando  il 
padre,  sospettando  alcun  mistero  nel  torbido  ed  inquieto  contegno 
del  figliuolo,  gl'impose  severamente  che  glie  ne  aprisse  in  sul  fatto 
la  cagione-,  Eugenio  in  cambio  di  confidargli  il  gran  segreto  fuggi  di 
casa  col  disegno  di  tostamente  imbarcarsi  sovra  T  Isabella  e  trasfe- 
rirsi  nella  Spagna  a  casa  la  sua  consorte.  11  pensiero  del  giovane 
fu  conosciuto  da'suoi;  e  quindi,  poiche  si  seppe  che  \" Isabella  avea 
rotto  in  mare  senza  che  alcunodegli  imbarcatise  nesalvasse,  egli  fu 
pianto  per  morto  dalla  propria  famiglia.  Ma  invece  Eugenio,  disceso 
dall'  Isabella  qualche  ora  prima  del  naufragio  ,  erasi  salvato  real- 
mente  per  singolare  protezione  del  Cielo,  e  viveva  nascoso  in  un'o- 
scura  casicciuoladi  Somerton,  divenuto  troppo  presto  vedovo  a  un 
tempo  stesso  e  padre  di  un  leggiadro  fanciullino.  Una  persona  sol- 
tanto  1'avea  conosciuto  ed  era  la  Strega  di  Monte  Melton.  Essa  era 
pervenuta  a  porglisi  in  casa  per  serva,  e  ad  aggiugnersi  per  compa- 
gnia  in  qualita  di  governante  del  bambino*  la  Ghita  sovradetta.  Suo 
intendimento  era  di  cercare  ogni  modo  perche  la  Ghita  divenisse  spo- 
sa  di  Eugetiio  ;  e  cosi  il  nuovo  dispetto  che  ne  verrebbe  nella  fami- 
glia dei  Vane  la  vendicherebbe  della  ricevuta  offesa.  Rivel6  alia 
Ghita  1'essere  vero  del  loro  giovine  padrone-,  le  persuase  che  que- 
sti  nutrisse  disegno  sovra  di  lei ;  le  fece  vedere  in  cio  compiuta 
1'antica  predizionee  la  condusse  a  tale  che  la  poveretta  avea  per- 
duto  ogni  pace  del  cuore  e  non  sognava  altro  che  la  futura  gran- 
dezza  del  suo  baronaggio.  Erano  i  conti  senza  1'oste.  Eugenio,  col- 
pito  dalla  sventura,  non  avea  piu  pensieri  di  mondo,  e  concentrando 


204  RIVISTA 

tutto  raffetto  suo  nel  piccioletto  Francesco,  divisava  i  modi  di  ria- 
micarsi  colla  famiglia  e  riconquistar  la  graziadel  genitore.  La  Ghi- 
ta  comiricio  ad  accorgersi  che  Eugenio  non  badava  a  lei  e  ne  fa  ol- 
tremodo  rammaricata :  udito  che  il  padrone  cercava  un  ritratto  di 
donna  involatogli  (quello  della  moglie  sua  gia  morta) ,  comincio  a 
sentire  i  pungoli  della  gelosia.  Ricorse  alia  strega,  e  n'  ebbe  delle 
cartelline  di  polvere  da  somministrare  giorno  per  giorno  ad  Euge- 
nio quasi  fossero  filtri. 

Intanto  Eugenio,  per  cominciar  le  praticbe  colla  sua  famiglia,  avea 
di  soppiatto  invitato  la  sorella  Annetta  a  venir  da  lui.  La  Gbita  in 
veggendola  1'  ebbe  per  la  sua  rivale,  ed  usci  in  modi  strani  e  vio- 
lent! di  guisa  cbe  Eugenio  si  vide  costretto  alicenziarla  di  casa.  La 
desolata  giovane  credendo  di  fare  1' ultimo  sforzo  nel  cuore  del  pa- 
drone, mischio  nel  the  tutta  la  polvere  avuta  dalla  Strega,  e  si  po- 
se tranquillamente  ad  aspettarne  il  risultamento.  Essa  era  un  sot- 
tile  veleno,  col  quale  la  mala  vecchia,  visto  che  il  primo  suo  disegno 
s'andava  sperdendo  in  aria,  voleva  sopraggravare  la  sua  vendetta. 
Eugenio  ne  fu  condotto  a  un  tratto  a  morte,  la  quale  ebbe  soave 
e  santa  fra  le  braccia  della  sua  sorella,  fra  i  conforti  della  religione, 
col  pentimento  nel  cuore,  colle  parole  di  perdono  sulla  bocca  e  i 
nomi  di  Gesu  e  di  Maria  mescolati  sulle  labbra  coll'ultimo  sospiro. 

Mentre  egli  cosi  moriva,  fu  porta  al  padre  suo  Edmondo  la  let- 
tera,  colla  quale  Eugenio  avea  fatto  partecipe  alia  sorella  il  suo  na- 
scondiglio  di  Somerton.  Mille  affetti  diversi  invasero  il  cuore  del 
dolentissimo  padre :  ira,  vergogna,  orgoglio,  amore  5  prevalendo  1'a- 
more  monta  precipitosamente  a  cavallo  e  s'  avvia  difilato  alia  casa  di 
Eugenio.  Per  abbreviar  cammino  prende  una  solitaria  e  scoscesa 
scorciatoia  ;  e  in  essa  s'abbatte  in  uno  dei  figliuoli  della  strega,  uo- 
mini  scellerati  al  pari  della  madre  e  rotti  ad  ogni  iniquita.  Nell'atto 
che  questi  stende  la  mano  alia  briglia,  il  cavallo  s'  impenna,  si  scuo- 
te,  e  gitta  di  sella  Edmondo  ;  il  quale  cadendo  da  del  capo  su  i  sassi  e 
resta  come  morto  in  terra.  Accorre  al  romore  1'altro  ligliuolo  della 
strega :  s'impadroniscono  del  cavallo,  nienano  quel  corpo,  che  cre- 
dettero  cadavero,  entro  la  capanna  della  madre,  e  per  sottrarsi  ad 


DELLA  STAMPA  ITALIANA 

ogni  castigo  dannosi  alia  fuga,  incendiando  la  capanna  medesima. 
In  quella chela  vecchia  tenta  di  rientrarvi  per  prendere  ungruzzo- 
letto  d'  oro  tolto  dalle  tasche  del  Baronetto  e  costa  nel  fuggire  di- 
menticato,  cade  soffocata  dal  fumo  e  vi  muore  bruciata  viva.  Intanto 
Geraldo  passando  ivi  vicino  accorre  giusto  in  tempo  da  liberare  dalla 
morte  imminente  il  mal  capitato  Edmondo,  e  vi  riesce  coll'esporre  se 
medesimo  a  grave  pericolo  della  vita.  Edmondo  e  salvo  la  merce  di 
quel  Geraldo  da  lui  tanto  abborrito  ;  questo  fatto  basta  a  mutarlo 
del  tutto  di  sentimenti  e  di  affetto  verso  la  famiglia  Ponyers:  la  per- 
dita  del  figliuolo  ne  doma  I'  orgoglio  e  la  vanita ,  e  la  disgrazia  en- 
trando  in  quella  famiglia  vi  port6  la  pace,  1'amore,  la  confidenza. 

Primo  segno  di  tal  cambiamento  fu  la  parte  presa  da  Edmondo 
nella  salvezza  della  poveraGhita.  La  quale  era  stata  condannata  al- 
ia morte  dal  tribunale,  perche  militavano  contro  di  lei  tutte  le  ap- 
parenze  della  reita;  ed  ella  aveale  rese  piu  salde  colla  menzogna. 
Per  celare  le  strane  speranze  concepite,  e  gli  strani  mezzi  adopera- 
ti,  ella  che  non  era  scellerata  ma  solo  ciecamente  afiascinata  dall'or- 
goglio,  avea  sostenuto  che  quella  polvere  era  stata  da  lei  credufa 
polvere  di  soda,  e  aveala  mescolata  coll'acqua  del  the,  che  sentia  del- 
1'asprigno.  Geraldo  ed  una  Teresa  Vivian ,  intimamente  legata  alia 
famiglia  dei  Ponyers,  riuscirono  a  strappare  il  netto  dalla  bocca  del- 
la  misera  ed  ingannata  fanciulla,  a  trovarne  le  prove  esterne  e  i  te- 
stimonii,  a  fame  annullare  la  primitiva  sentenza,  e  ridonarle  la  vi- 
ta e  la  liberta.  Bisognava  nondimeno  torla  dal  luogo  ove  erasi  ac- 
quistata  troppo  trista  celebrita.  II  convertito  Edmondo  assunse  tal 
opera  pietosa  sovra  di  se,  e  con  molta  generosita  provvide  del  suo 
ad  ogni  bisogno  della  fanciulla. 

E  questa  tutta  la  tela  del  romanzo ,  e  quantunque  ristretta  in  si 
breve  spazio,  appare  nondimeno  come  essa  e  acconcissima  a  ingeri- 
re  i  piu  gravi  ammaestramenti  morali  che  convengano  allo  stato 
presente  della  societa.  La  Ghita  attinge  quella  scontentezza  del  pro- 
prio  stato  dalla  vanita  appresa  in  una  botlega  di  crestaia,  ove  pass6 
i  primi  anni  5  e  la,  dove  essa  sperava  toccare  il  piu  alto  grado  della 
felicita,  quivi  trov6  vergogna ,  rimorso  e  poco  manco  che  morte. 


206  RIVISTA 

Eugenio  dai  vizii  dell'  educazione  trasse  i  vizii  del  cuore ,  e  la  sua 
poca  affezione,  o  docilita  e  confidenza  verso  il  padre,  gli  chiama- 
rono  sul  capo  gastighi  cosi  severi.  Edmondo  duro  verso  i  poveri 
ebbe  tanto  a  soffrire  da  una  malLrattata  vecchiarella,  che  piu  danno 
non  avrebbe  potato  fargli  qual  si  fosse  piu  elevato  gentiluomo  da 
lui  offeso :  e  la  sua  soverchiamente  rigida  severita  verso  i  figliuoli 
gli  fece  provare  queila  medesima  punizione  che  Y  orgoglio  gli  pre- 
sentava  come  insoffribile ,  un  figliuolo  cioe  che  operando  di  suo 
capo  distrugge  i  piu  cari  disegni ,  e  gli  onori  piu  ambiti  dal  geni- 
tor  suo.  Finalmente  Geraldo  nella  schietta  pratica  di  tutti  i  dove- 
ri  cristiani  trova  queila  felicita  che  Fuomo  puo  toccare  in  terra,  la 
pare  cioe  ,  1'  abbondanza,  la  stima  e  1'  amore  di  tutti ,  anche  de- 
gl'  invidi  e  degli  orgogliosi.  Oltre  a  questi  insegnamenti  di  alto  ri- 
lievo  molti  altri  ne  porge  il  nostro  racconto.  Attingendo  la  norma 
del  bene  e  del  male  dalla  luce  della  fede  cattolica  ,  voi  vi  trovate 
dipinte  tutte  quelle  care  virtu  che  provmgono  dall'  osservanza  dei 
precetti  evangelic),  e  tutti  quegli  error!  e  quei  vizii  che  seco  ne  ad- 
duce la  dimenticanza.  II  perdono  delle  ingiurie  anche  piu  gravi  e 
dannose,  la  rassegnazione  ai  divini  voleri,  1'  umilta  nei  sentiment! 
e  nelle  opere,  la  compassione  verso  gli  sventurati,  tuttoch&  maligni 
di  cuore  e  perversi  di  costume;  la  carita  indefessa  che  va  in  trac- 
cia  dei  bisogni  da  provvedere  e  dei  mali  da  rimediare,  la  difliden- 
za  di  se  medesirno  che  fa  schivare  il  pericolo,  la  confidpnza  in  Dio 
che  ci  rende  forti  ed  operosi :  queste  e  molte  altre  virtu ,  che  do- 
vrebbero  intessere  la  vita  del  cristiano ,  trovano  esempio  ed  inco- 
raggiamento  in  questo  libro.  Per  lo  contrario  vi  sono  in  tutta  la 
loro  nerezza  dipinti  e  severamente  biasimati  i  vizii  che  infestano 
pur  troppo  la  nostra  vita:  la  smodata  vanita  femminile  eziandio  nel- 
le persone  di  piu  umile  slato ,  lo  spirito  infernale  di  vendetta  che 
non  conosce  modo  n^  confine,  1'orgoglio  di  certi  nobili  che  li  ren- 
de detestabili  ed  odiosi,  la  vana  credulita  regnante  nel  popolo  ver- 
so grindovini  e  i  sortieri,  infine  1'oblio  di  qupsti  precetti  evange- 
lici,  i  quali  ci  danno  le  norme  del  bene  e  del  male  e  le  sicure  guaran- 
tigie  della  vera  nostra  felicita.  Certamente  da  questo  che  abbiam 


BELLA  STAMPA  ITALIAN  A  207 

/- 

detto  apparisce  che  1'  utilita  morale  propostasi  dallo  scritlore  vien 
conseguita  nel  fatto ;  poiche  i  precetti  attuati  in  un  ameno  racconto 
non  son  mai  perduti  pel  lettori.  Quindi  6  nata  la  lieta  accoglienza 
fatta  a  questo  libro  nell'Inghil terra,  sovrattutto  dai  giornali  catto- 
lici :  quindi  la  celerita  colla  quale  e  stato  tradotto  in  varie  lingue,  e 
quindi  altresi  il  raccomandarlo  die  noi  facciarno  a  chiunque,  dilet- 
tandosi  d  immaginoseletture,  vi  cerca  almenol'innocuita  delle  mas- 
sime,  e  il  vantaggio  degli  esempii. 

Con  ci6  nondimeno  noi  non  intendiamo  di  giudicare  questo  libro 
un  lavoro  perfntto  sotto  il  mero  aspetto  letterario.  Altra  cosa  e  che 
esso  sia  un  racconto  veramente  ameno  e  veramente  morale:  altra 
che  sia  un  capo  lavoro  di  arte.  Anzi  sotto  questo  riguardo  molto 
manca  all' opera  originale,  e  molto  piu  alia  versione.  Nella  prima 
in  fatto  T  azione  non  essendo  una  sola ,  ne  le  varie  altre  introdot- 
tevi  e  da  noi  intralasciate  nel  compendio  collimando  necessaria- 
mente  al  medesimo  scopo  ;  1'  attenzione  del  lettore  e  distratta  ,  e 
1'affezione  sparpagliata.  Di  piu  i  caratteri  dei  varii  personaggi  non 
hanno  quella  notevole  opposizione  necessaria  a  farli  risaltare  vie 
meglio  col  trovarsi  I'  un  1'  altro  accanto.  Qaalche  circostanza  del- 
V  avvenim^fito  non  e  abbastanza  preparata  ,  e  qual  'he  altra  non  e 
collocata  al  posto  suo,  generandosene  cosi  qualche  parziale  invero- 
simiglianza.  In  questo  genere  di  scritture  non  devesi  e  vero  biasi- 
mare  il  frequente  dialogo:  naa  nella  Strega  di  Monte  Melton  questa 
frequenza  ci  par  soverchia,  e  leggendo  avremmo  desiderato  di  rom- 
pere  qualche  indugio  nelT  ascoltare,  per  assistere  piia  presto  allo 
svolgimento  dei  fatti.  Questi  nei  dell'  originale  sono  poi  cresciuti 
nella  versione  da  uno  sconcio  che  riputiamo  gravissimo.  LVarte  di 
rendere  veramente  gradito  un  racconto  e  per  una  b.uona  meta  po- 
sta  nello  stile.  Proprieta,  sveltezza  ,  grazia,  nobilita  richiedesi  per 
cattivarsi  narrando  1'  attenzione  del  lettore.  Tutto  ci6  e  scomparso 
nel!a  versione,  e  in  quella  vece  la  scorrettezza ,  I'improprieta  e  la 
ruvidezza  della  lingua  ci  ban  piu  d'una  volta  fatto  rompere  per  fa- 
stidio  e  rossore  la  lettura  ,  la  quale  per  altri  riguardi  non  legger- 
mente  ci  dilettava. 


208  RIVISTA 

HI. 

Delia  Musica  Religiosa  e  delle  Questions  inercnti,  Discorso  di  GIRO- 
LAMO  ALESSANDRO  BIAGGI.  Milano,  Francesco  Lucca  1857. 

Mille  grazie  a  voi,  valoroso  maestro  Biaggi !  che  certamente , 
benche  questo  titolo  di  maestro  non  ve  1'assumiate  nel  fronlespi- 
zio,  non  e  possibile  non  attribuirvelo,  quando  si  legge  la  bella  ope- 
retta da  voi  pubblicata  ;  grazie  a  voi,  diciamo,  non  gia  soltantopel 
servigio  reso  al  pubblico  colle  dotte  e  tecniche  osservazioni  intorno 
alia  musica  sacra  ,  ma  anche  per  avere  rincuorato  1'animo  nostro 
scoraggito,  tornandoci  all'antica  famigliarita  con  le  Muse  del  canto. 

Non  capira  forse  il  lettore  donde  tale  gratitudine  in  noi  verso 
persona  da  noi  non  vista  ne  conosciuta.  Ora  eccone  in  poche  parole 
1'origine.  Nello  scorrere,  come  vuole  il  tristo  nostro  mestiere ,  le 
colonne  del  Dcbats,  c'  imbattemmo  piu  volte  a  leggere  lunghe  dis- 
sertazioni  del  D'  Ortigue  intorno  alia  musica  sacra  ,  ove  trattavasi 
dell'essenziale  differenza  tra  la  musica  moderna  e  il  canto  fermo; 
musiche ,  dicevasi ,  talmente  fra  loro  diverse,  che  costituiscono  due 
sistemi  affatto  stranieri  fra  loro :  cotalche  stranamente  illuso  sareb- 
be  chi  si  desse  a  credere  potere  un  orecchio  medesimo  acconciarsi 
alle  due  tonalita  *.  A  leggere  tali  frasi,  dalle  quali  non  sapevamo 
trarre  verun  costrutto,  noi  che  pure  in  altri  tempi  credemmo  quasi 
impazzire  all' incantesimo  delle  note  musical:,  ci  trovammo  tutti 
raumiliati  •,  e  andavamo  mesti  mesti  fra  noi  dicendo :  «  Proprio  noa 
abbiamo  mai  capito  un'  acca  di  musica.  Avevamo  sempre  creduto 
che  non  corresse  tra  il  canto  fermo  e  la  musica  ordinaria  altra  difie- 
renza  fuorch^  dello  stile,  dei  caratteri  e  della  base  diatonica^  ed 

1  Troviamo  idee  consimili  citate  dal  nostro  Autore  a  pie  della  pagina  26. 
Par  cela  mime  que  les  deux  tonalites  dont  nous  parlons  sont  incompatible!,  el- 
lea  ne  sauraient  reellement  coexister  ensemble  ,  I'  organisation  humaine  etant 
une,  et  ne  pom-ant  $ubir  a  la  fois  deux  lots  tonales  opposees.  (  Dictionnaire 
Preface  XIX  ;. 


BELLA  STAMPA  1TALIANA  209 

ora  ci  sentiamo  dire  che  il  nostro  orecchio  o  non  capiva  il  canto 
fermo  o  frantendeva  la  musical  Eppure  si  dell  uno  che  delFaUra 
avevamo  saggiato  qualche  centellino  e  sotto  valenti  maestri ,  ran- 
nodandole  anche  talvolta  fra  di  loro,  come  necessariamente  accade 
a  chi  accompRgna  sull'organo  i  canti  liturgici  della  chiesa.  Or  come 
mai  tale  accoppiamento  perfino  sulla  tastiera  fra  due  tonalita  non 
consociabili  neppure  nell' orecchio  ?  Converra  dire  che  abbiamo  so- 
gnato  tutta  la  vita:  lo  asseriscono  i  barbassori  di  Francia.  » 

Tale  era  la  prostrazione  dell'animo  nostro  in  facciaal  tripode  de- 
gli  oracoli  gallicani ,  quando  a  sgagliardire  il  soverchio  di  riostra 
riverenza  ci  si  present6  1'operetta  del  Biaggi ,  la  quale  pareva  dirci 

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in  un  orecchio :  «  Fa  cuore,  fa  cuore  :  le  due  tonalita  sono  un  so- 
gno :  e  qual  meraviglia  che  tu  non  le  intenda,  se  non  le  intendono 
que'  medesimi  checredono  averle  inventate?  » 

Pensate,  lettore,  se  prendemmo  fiato  a  queste  voci :  fummo  come 
chi  credeva  perduta  perfalsi  sospetti  laconfidenzad'un  amico,es'ac- 
corge  di  possederla  inviolata  e  sincera  in  tutta  la  sua  intimita.  Leg- 
gemmo  dunque  (e  potete  credere  con  quale  avidita  !)  il  libretto:  e 
come  ci  avea  rincuorati  1'assunto,  cosici  assicurd  pienamente  1'evi- 
denza  della  dimostrazione  ben  condotta  per  dodici  capitoli  e  chiaris- 
simamente  compendiata  nella  conclusione :  il  tutto  con  uno  stile,  e 
talora  anche  con  una  vivaeita  di  elocuzione  che  mostrano  nel  Biaggi 
non  che  un  maestro  ,  anche  un  letterato  ,  sebbene  non  vi  manchi 
talvolta  qualehe  scorrettezza  nella  frase  e  neologismo  soverchio  nei 
termini  e  nell'ortografia,  piccoli  nei  che  nulla  tolgono  al  merito 
tecnico  delP  opera. 

Esposto  nel  proemio  il  tema  del  suo  Discorso,  e  nel  primo  capi- 
tolo  le  idee  fondamentali  delle  arti  in  genere  e  della  musica  in  par- 
ticolare,  I'A.  passa  a  mostrare  la  stranezza  e  le  contraddizioni  del  si- 
stema  di  due  tonalita,  combattendo  specialmente  il  signer  Fetis  che 
se  ne  vanta  inventore,  e  il  signor  D1  Ortigue  che,  specialmente  nel 
Dizionario  Musicale,  se  ne  e  fatto  caldo  promotore.  E  incomincian- 
do  nel  capo  secondo  dalle  ragioni  filosofiche :  «  Voi ,  dice ,  preten - 
dete  provare  le  due  tonalita  col  derivarle  dalla  diversita  di  clima,  di 
Serie  III,  vol.  IX.  14  7  Gennaro  1858. 


210  RIVISTA 

razza  ,  di  lingua ,  di  accento  nei  varii  popoli  ,  chiamando  in  testi- 
monianza  col  Villotean  la  musica  perfmo  degli  Egizii  e  le  due  o  tre 
che  affermate  avere  gli  Srozzesi ,  e  le  cantilene  dei  mercivendoli  e 
del  trecconi  cbe  bandiscono  le  loro  mercanzie  per  le  vie  e  per  le 
piazze.  Or  non  vedete  che  in  tale  guisa  ogni  popolo  dovrebbe  ave- 
re almeno  una  musica  (giacche  due  o  tre  ne  date  ai  soli  Scozzesi) 
clie  putirebbe  di  barbaro  agli  altri  tutti?  Eppure  T  Inghilterra  ,  la 
Scozia,  I'Irlanda,  la  Danimarca  ,  la  Polonia.  I' Algeria  cantano  (e 
con  quale  diletto!)  la  nostra  musica  (pag.  23).  Or  ve'  strano  niodo 
di  argomentare  dei  due  maestri  francesi !  Prometteano  dimostrarci 
due  tonalita  ,  e  ne  troviamo  almeno  tante ,  quanti  sono  i  popoli : 
dovevauo  mostrarle  inconsociabili,  ele  vediamo  correre  senza  passa- 
porto  per  tutte  le  genti.  E  la  tedesea,  da  Bach  a  Mayerbeer,  passeg- 
gia  per  la  Francia,  la  francese,  da  Gretry  a  Auber,  per  la  Germania 
(pag.  26) :  1'italiana  poi  a  quale  popolo  mai  fra  gl'inciviliti  e  rimasta 
straniera?  Voi  dite  che  1'  uomo  trae  da  se  stesso  le  leggi  dei  rap- 
porli  fra  i  suoni:  determinata  la  formola  tonale  ne  subisce  tutte  le 
applicazioni:  esauritequeste,  ricorre  per  bisogno  di  nuoveemozioni 
a  nuove  tonalita  ». 

Di  che  conseguirebbe  che  ogni  tanti  secoli  dovrebbero  nasoere 
tonalita  novelle  ,  come  nacque  ,  al  dire  dei  due  maestri  franzesi , 
nell' Arianna  del  Monteverde  la  tonalita  moderna;  e  che  I'uomo  sa- 
rebbe  padrone  di  trarre  da  se  medesimo  fra  due  secoli  un'armonia 
consonante,  la  quale  sentita  oggi  giudicherebbesi  dall'orecchio  no- 
stro  dissonante. 

Non  seguiremo  1' Autore  nelle  citazioni ,  con  cui  egli  mette  in 
contraddizione  fra  di  loro  i  due  musicblogi  francesi,  mostranxlo  come 
da  un  canto  la  musica  antica  che  dovrebbe  essere,  secondo  essi,  uni- 
camente  religiosa,  cant6  sull'arpa  de'  menestrelli  amori  ed  oscenita: 
dall'altro  la  moderna  innamoro  il  cielo  con  le  Messe  di  Mozart  e  collo 
Stabat  di  Pergolesi.  Non  basta:  cotesto  canto  fermo  cosi  alieno  dalle 
espressioni  mondane,  sapele  voi  donde  lo  traggono?  Lo  fanno  deri~ 
vare  dall' antica  musica  greca  (pag.  31):  e  tal  si  cita  che  sa  dirvi  la 
melodia  dell'inno  Lauda  5to»{composto  da  S.  Tommaso  d'Aquino) 

-.'•'"'.    ;-'j.tm^  T          .  .     .       j,'*l  ./">    •»).. 


DELLA  STAMPA  ITALIANA  2il 

essere  quella  stessa  che  veste  la  prima  strofa  dell  a  prima  pitica  di 
Pindaro  (ivi).  Strana  scoperta  in  verita,  mentre  dopo  tanto  studiare 
che  si  e  fatto  rispetto  all'antica  musica  greca,  siamo  tuttavia  in  un 
6wo  poco  meno  che  perfetto.(pag.  32)  ;  eintanto  mentre  ignorasi  cha 
cosa  fosse  la  musica  greca ,  costui  sa  dirci  la  somiglianza  tra  il 
Lauda  Sion  e  1'ode  di  Pindaro  !  Ma  fosse  pur  vera  la  somiglianza, 
qual  sarebbe  1'iriferenza?  Sarebbe  cbe  la  musica  essenzialmente  reli- 
giosa  e  una  copia  perfettissima  di  una  musica  essenzialmente  paga- 
na.  Si  puo  dare  stranezza  maggiore?  Bastino  questi  pochi  cenni 
della  prova  filosofica,  con  che  si  combattono  dall'A.  le  due  tonalita. 

Passa  nel  capo  terzo  alia  prova  tecnica  dedotta  principalmente 
dall'esclusione  presso  gli  antichi  della  quarta  maggiore,  ribenedetta 
con  molte  altre  dissonanze,  dopo  il  Monteverde,  nella  musica  moder- 
na.  Non  ci  diffonderemo  nello  svolgere  questo  argomento  tecnolo- 
gico  che  alia  piu  parte  dei  nostri  lettori,  poco  famigliarizzati  col  tri- 
lono  e  con  la  settima  maggiore  o  minore,  riuscirebbe  forse  noioso. 
Osserveremo  soltanto  con  1'A.  cbe  1' intervallo  di  quarta  maggiore 
tanto  e  lungi  dall' essere  escluso  interamente  presso  gli  antichi,  che 
in  una  sola  Messa  del  Palestrina  se  ne  citano  esempii  non  pochi ;  e 
i  Fiamminghi,  citati  dallo  stesso  D'Ortigue,  continuamente  vi  tor- 
nano,  benche  compositori  severissimi  (pag.  54).  Talcbe  il  povero 
D'Orligue  dopo  il  Fetis  si  riduce  finalmente  a  dire  che  la  dissonanza 
non  si  ammette  presso  gli  antichi  senza  preparazione,  ossia ,  come 
dicono  i  due  francesi,  solo  per  prolungazione  (pag.  57).  Ma-in  tale 
caso,  sussume  il  Biaggi ,  con  quale  fronte  asserite  voi  che  non  si 
us6  prima  di  .Monteverde  quella  profana  dissonanza? 

I  capitoli  quarto,  quinto  e  sesto  prosieguono  a  ribadire  la  nullita 
della  teoria  del  Fetis,  mostrando  altre  contraddizioni  e  di  lui  mede- 
simo  e  del  D'Ortigue;  i  quali  dopo  averci  data  la  tonalita  gregoriana 
quale  unico  tipo  di  ir\usica  religiosa,  concludono  col  dircela  lirai- 
tata  ,  imperfetta  e  intollerabilmente  monotona  (pag.  79);  anzi  di- 
strutta  interamente;  giacche  ormai  inveee  del  tono  autentico  e  del 
plagale  del  primo,  secondo,  terzo  ecc.,  anche  il  canto  fermosi  e  ri- 
dotto  ai  modi  maggiore  e  minore  (pa</.71,85).  Se  in  tal  guisa  la 


212  BIVISTA 

tonalita  gregoriana  eagonizzante,  non  dovremo  stupire  che  il  Mini- 
stro  di  pubblica  istruzione  abbia  creduto  necessario  di  farle  la  rac- 
comandazione  dell'anima  in  una  circolare  ai  Vescovi  del  2  Agosto 
1853,  ove  raccomartda  ai  supremi  pastori  che  ne  abbiano  gran  cura, 
come  quella,  a  cui  il  canto  fermo  va  debitore  del  suo  carattere  gra- 
ve e  religiose  (po</.84). 

Rimosso  il  pronunziato  Felis,  rimosse  le  dotlrine  e  le  teorie  che  vi 
si  rannodano,  che  resta?  Rcsta  la  musica  come  Than  sempre  intesa 
quanti  furono  i  filosofida  Mose  a  di  nostri;  e  come  V  inlese  sempre, 
e  I'intende  tuttavia  lo schielto  e  nativo  buon  senso  di  tutliipopoli  del- 
la  terra.  Resta  la  musica  UNA  come  la  poesia,  come  I'architettura,  co- 
me la  piltura,  come  la  scullura ;  e,  come  quest  arti,  alia  anch'essa, 
secondo  la  natura  dei  suoi  mezzi,  a  varie  forme,  a  varie  espressioni, 
ed  a  varii  atteggiamenti.  Resla  la  musica  sempre  musica;  doe  si  to- 
glie  di  mezzo  T enigma  di  averla  a  intendere  esistita  chi  sa  per  quanti 
sccoli,  senza  ritmo ;  che  viene  a  dire,  una  pittura  senza  disegno,  e  una 
architellura  senza  simmetria  e  senza  proporzioni.  Ci  resta  la  sua  slo- 
ria,  chiara  e  netta;  tale  che  se  non  pud  sempre  appagare  la  curiositd 
dei  nomi  propri  e  delle  date  (particolari,  che  il  buio  del  medio  evo 
nasconde  spesso  in  ogni  maniera  di  discipline),  tale,  cheappagapero 
sempre  le  ragioni  della  critica  ,  in  quanlo  risponde  a  capello  e  alia 
s.'oria  delle  altre  arli,  e  alle  condizioni  inlellettuali  de  tempi  (pag.  88). 
Sono  queste  le  parole,  con  cui  dall' A.  s'incomincia  nel  capo  settimo 
un  cenno  storico  intorno  alia  musica  ,  nel  quale  egli  mostra  come 
dovesse  nascere  alia  culla  del  Cristianesimo  una  musica  cristiana , 
il  cui  primo  svolgimento  produsse  il  canto  fermo,  sotto  gli  auspicii 
principalmente  del  Santo  Arcivescovo  Ambrogio  e  del  Pontefice 
San  Gregorio  (pag.  91  95),  arricchito  sotto  il  Pontefice  5.  Vitalia- 
no  (secolo  VII)  di  quella  maniera  di  musica  a  piu  voci  che  venne  del- 
ta diafonia,  poi  organo,  poi  discanto,  poi  contrappunto.  Cosi  pro- 
segui  1'  arte  oscillando,  come  sempre  accade,  fra  corruzioni  e  cor- 
rezioni,  finche  giunse  fra  le  pedantesche  pastoie  de'Fiamminghiad 
esscre  uno  sforzo  meccanico  di  note  materialmente  combinate,  nel 


DELL  A  STAMPA  ITALIAN  A  213 

eui  in'reecio  stentato  andava  perduto  ogni  volo  di  fantasia,  ogni 
sapore  d'intendimento  e  di  affetto.  In  tale  scadimento  della  musica 
eccoti  il  Palestrina  invitato  da  S.  Carlo  Borromeo  a  comporre  le 
cose  musicali  della  Chiesa  nei  termini  prescritti  dal  Concilio  di  Tren- 
to,  abbandonare  gli  artificii  del  conlrappunlo ,  e  profondere  quel  te- 
soro  di  vergini  aspirazioni,  in  cut  da  ogni  nola  esala  purissimo  il 
scnlimcnlo  religioso  (pag  1(M).  Esamina  qui  1'A.  brevemente  il  ca- 
ratlere  di  questo  gran  musicografo,  lo  paragona  con  quello  del 
Monteverde,  e  mostra  in  tal  guisa  anche  storicamente  1'  unita  e  il 
successive  svolgimento  dell'  arte  sempre  una,  sia  nella  chiesa,  sia 
siil  teatro.  Nel  capo  ottavo  stabilisce  la  distinzione  della  musica  sa- 
cra in  musica  artistica  e  liturgica :  questa  opportunissima  ad  ab- 
bracdare  i  credenli  sparsi  su  lulti  i  punti  del  globo  con  una  medesi- 
rna  parola  e  con  un  medesimo  suono  e  per  conseguenza  quotidiana, 
semplice,  facile,  inalterabile  (pag.  121):  la  musica  artistica  all'op- 
peslo  destinata  a  nobilitare  le  solennita  piu  cospicue  ,  fomentando 
cosi  i  progressi  dell' arte  secondo  lo  spirito  del  Crislianesimo  chee  re- 
ligione  insieme  e  civiltd  (pag.  127) :  (diremmo  piu  volentieri  seil  ch. 
A.  ce  lo  permette,  che,  essendo  religione ,  e  anima  insieme  della 
civilta  *.). 

Assicurato  in  tale  guisa  alia  Chiesa  il  possesso  e  la  padronanza 
dell'Arte  ,  la  determinazione  della  musica  sacra  si  riduce  ad  una 
pura  quistiovie  di  stile:  quistione  che  dall' Autore  viene  risoluta  in  un 
modo  del  tutto  inaspettato,  il  quale  ai  nostri  lettori  cattolici  riuscira 
carissimo,  incastonando,  per  cosi  dire,  una  nuova  gemma  in  quel 
diadema,  per  cui  la  Chiesa  va  ripigliando  oggidi,  in  tutti  gli  ordini 

I  E  stata  talaiente  profanatadal  Gioberti  e  da'suoi  compile!  la  religione  cri- 
stlana  rklucendola  ad  essere  un  puro  strumento  di  civilta  politica,  che  nessu- 
na  cautcla  dee  sembrare  soverchia  per  isradicare  cotesto  errore  dalla  mente 
de'pusilli.  Non  vi  ha  arte  o  industria  o  forma  qualunque  dell'umaua  conviven- 
za  che  non  abbisogni  di  morale  e  di  religione  per  suo  sostentamento.  Ma  con- 
fondere  per  questo  la  religione  e  la  morale  coi  vapori  e  con  le  filande,  e  ritn- 
proverare  alia  Chiesa  che  i  suoi  Vescovi  non  si  facciano  impresari!,  e  tal  niisto 
d'empieta  e  di  scempiezza,  che  non  sai  seabbia  a  detestarsi  o  a  deridersi. 


214  Rl  VISTA 

delle  scienze  e  lettere,  delle  arti  liberal!,  delle  Industrie  economi- 
che,  degli  indirizzi  politici,  quel  primato  supremo  che  le  si  addice 
come  a  liglia  del  cielo. 

Si  cerca  qual'e  lo  stile  sacro:  ma  perche?  Perche  oggidi  il  teatro 
ha  invasato  tutte  le  musiche  e  tutti  gli  orecchi  :  1'  arte  si  e  fatta 
schiava  delle  passioni  popolari ,  e  gli  applausi  plateali  hanno  dato 
una  vergognosa  sanzione  a  cotesto  servaggio.  Or  sappiate  ,  dice  in 
sentenza  negli  ultimi  tre  capi  1'A.,  sappiate  che  eotesta  associazione 
innaturale  e  violenta  della  musica  e  del  dramma  e  un  connubio  il- 
legittimo  ed  infecondo.  Ripuguando  al  dramma  di  essere  cantato  r 
e  alia  musica  di  essere  recitata ,  la  musica  tende  a  svigorire  1*  elo- 
cuzione  del  dramma  :  la  poesia  all'  opposto,  per  dare  energia  alia 
deelamazione,  rinnega  e  immisensce  tutto  1'artiQcio  e  il  sentimento 
musicale.  Ed  ecco  perche  tutti  i  grandi  maestri,  stanchi  alfine  di 
stentare  nell'inceppamento  delle  pastoie  drammatiche,  si  gittano  fi- 
nalmente  nella  lirica  liberta  della -musica  sacra  ,  vero  campo  aper- 
tissimo  agli  slanci  della  fantasia  (pag.  190).  La  musica  dunque  lungi 
dal  chiedere  ,  come  oggi  fa ,  ai  teatri  la  perfezione  e  gli  abbelli- 
menti  delle  sacre  armonie,  dovrebbe  anzi  chiedere  alia  chiesa  e  alle 
sue  sacre  armonie  un  rimedio  alia  scarnificazione  del  canto  e  al  ma- 
rasmo  di  che  e  minacdata  dalla  ragione  drammatica.  II  melodram- 
ma  andra  sempre  piu  rovinando  ,  se  la  musica  religiosa  non  verra 
riposta  in  seggio  (pag.  204). 

Tale  e  in  sostanza  la  conclusione  del  capo  duodecimo,  a  cui  tiene 
dietro  il  riassunto  che  in  poche  parole  mette  in  chiaro  tutto  il  con- 
cetto del  libro.  Dal  quale,  volendo  pur  trarre  una  conseguenza  an- 
che  pratica,  1'A.  inferisce  quale  debba  essere  1'edurazione  ed  istru- 
zione  musicale ,  in  cui  per  mancanza  di  metodo  si  profondono  te- 
sori  e,  raccolgonsi  miserie. 

Dal  breve  prospetto  che  abbiamo  dato  delle  dottrine  professate 
dal  Biaggi  vedranno  i  filarmonici  nostri  lettori  quanto  essere  deb- 
ba il  giovamento  che  potranno  ritrarne,  specialmente  nella  qui- 
stione  oggidi  universalmente  agitata  della  musica  che  convienealla 
chiesa.  Dal  canto  nostro  ci  crediamo  onorati  per  la  notabile  con- 


DELLA  STAMPA  ITALIANA 

cordia  che  ravvisiamo  tra  le  doitrine  dell'  A.  e  quelle  da  noi  altra- 
volta  spiegate  in  tale  materia.  Non  e  pero  che  in  certi  punti  non 
abbiamo  trovato  il  giudizio  dell'A.  alquanto  severe.  Riprovare  p.  e. 
1'accordo  dell'armonia  col  canto  fermo,  al  quale  1'armonia  e,  a  pa- 
rerere  dell'  A,  cosi  straniera  ,  come  i  minuti  e  leccati  bassirilievi 
d'oggidi  strillerebbero  sullemoli  gigantescbe  delle  mura  ciclopiehe 
o  pelasgiche  (pag.  192);  ci  sembra  proposizione  difficile  a  conci- 
liarsi  con  la  teoria  e  con  la  storia  e  con  le  idee  stesse  dell'Autore  1. 
Se,  a  parere  di  lui,  la  quistione  della  musica  sacra  e  ridotta  a  pura 
quistione  di  stile,  non  veggiarno  perche  non  abbia  a  trovarsi  un'ar- 
monia  di  stile  grave  e  maestoso  analogo  a  quell.o  delle  melodic  gre- 
goriane.  Se  1'armonia  e  un  prodotto  della  natura  acustica  non  meno 
che  la  melodia,  la  filosofia  sembra  richiedere  che  Tuna  all'  altra  si 
accoppii  n'aturalmente  ,  acconciandosi  ai  graduali  incrementi  del 
pensiero-esletieo.  E  questo  che  dalla  filosofia  s'insegna,  viene  con- 
fermato  dalla  storia  per  bocca  dell'A.  medesimo  :  secondo  il  quale 
corsi  appena  50  anni  da  S.  Gregorio,  gia  S.  Vitaliano  approvava 
(ed  era  per  conseguenza  inventataj  la  diafonia  nel  canto  fermo.  In- 
tendiamo  benissimo  esservi  una  ragione  pratica  che  potra  forse  im- 
pedire  cotesta  associazione,  ed  e  la  difficolta  di  trovare  universal- 
mente  nel  clero  e,  nei  paesi  meno  colti,  anche  fra  laici,  la  perizia 
nccessaria.  Ma  coteste  difficolta  di  esecuzione  non  debbono  entra- 
re  nella  quistione  artistica. 

Un' altra  severita,  cui  non  vorremmo  consentire  di  leggieri,  e 
quell'impedimento  dirimente  che  vorrebbe  scindere  con  eterno  di- 
vorzio  le  due  parti  costitutive  del  melodramma.  Che  i  tanti  capila- 
vori  usciti  da  tale  cannubio  abbiano  ad  essere  mostri  condannati 
dalla  natura  (pag.  162) ;  la  ci  sembra  sentenza  troppo  amara  ad  in- 

1  II  ch.  Mons  Alfieri,  nell'atto  appunto  ch'cra  sotto  i  torchi  questa  Eivitta, 
ci  fece  conoscere  due  dotti  articoli  da  lui  pubblicati  in  lode  del  Biaggi,  uno 
nell'Eptacordo  di  Roma,  1'altro  nell' Armonia  di  Firenze:  nel  quale  ultimo  os- 
serva  che  il  dotto  P.  Martini.  .  .  non  pubblico  il  TR\TTATO  FONDAMENTALE  DI 
CONTRAPPCNTO  sul  detto  canto ,  se  non  per  addimostrare  appunto  comportarsi 
in  esso  V  armonia. 


2J6  R1VISTA 

ghiottirsi  per  un  filarmonico.  Invece  di  fulminare  cosi  lo  spietalo 
divorzio  fra  il  dramrna  e  la  musica  per  riverenza  ai  critici  fiiosofi, 
non  potrebbe  egli  dirsi  che  la  pretesa  critica  filosofica  e  in  verita  una 
critica  senza  cervello  ,  una  filosofia  cbe  dimentica  1'  assunto  pro- 
prio  delle  arti  imitatrici?  Certamente  la  scoltura  imiterebbe  con 
maggiore  perfezione  la  natura,  se  alle  forme  del  marmo  aggiunges- 
se  le  tinte  della  tavolozza  :  eppure  il  buon  gusto  riprova  le  statue 
dipinte.  Un  giardino  inglese  imiterebbe  piu  davvero  i  burroni  al- 
pestri,  se  non  orlasse  i  suoi  viali  di  dittamo  e  di  spiganardo  :  eppu- 
re quel  misto  di  fin  to  selvaggio  e  di  vero  domestico  ha  un  incah- 
tesimo  inarrivabile.  E  perche?  Percbe  nel  primo  caso  1'arte  dello 
scultore  si  mostra  imitando  il  vero  col  marmo,  nel  secondo  la  va- 
lentia  del  giardiniere  raffigurando  le  Alpi  nel  giardino.  Insomma 
1'arte  che  imita  la  natura  non  dee  contraflarla :  il  piu  bello  de'  suoi 
pregi  sta  appunto  nel  non  oltrepassare  in  quella  imitazione  la  na- 
tura dei  mezzi,  de'quali,  come  sua  proprieta,  ella  dispone. 

Per  questa  stessa  ragione  chi  assiste  al  Mose  e  al  Guglielmo  Tell 
non  va  a  ricercare  propriamente  il  vero  Mose,  cui  niuno  figurera 
mai  cosi  al  vivo  come  la  lettura  del  Pentateuco  ,  ne  il  vero  Tell  , 
ruvido  montanaro  ,  non  poeta  ,  ne  cantante  ;  ma  cerca  il  ritratto 
fantastico  di  que'due  personaggi,  e  lo  vuole  colorito  prima  dali'in- 
cantesimo  del  verso  ,  poi  da  quello  dell'  armonia  :  la  quale  essendo 
poi  la  piu  soave  ,  la  piu  incantatrice  delle  arti ,  prende  sul  teatro  , 
ove  e  scopo  il  diletto  ,  le  ragioni  di  ultimo  fine  ,  ed  incatena  per 
conseguenza  al  suo  servaggio  I'architettura,  la  poesia,  la  pittura, 
destinate  a  seryirle  in  qualita  di  mezzi.  Ammessa  questa  subordi- 
nazione  di  mezzi  al  fine,  la  forma  del  rnelodramma  non  ci  sembra 
radicalmente  einsanabilmente  viziata  dal  dualismo,se  non  in  quan- 
to  o  il  poeta  non  sa  acconciarsi  ad  una  funzione  secondaria,  o  il  fi- 
losofo  non  sa  comprendere  il  vero  concetto  dell'imitazione  artisti - 
ca,  o  spettatori  ignoranti  e  distratti  nulla  curano  1'  intero  concetto 
artistico  dell'  opera  e  vanno  al  teatro  solo  per  farsi  grattare  gli  orec- 
chi  da  qualche  pezzo  piu  brillante,  piu  concertato,  piu  soave  per 
passare  il  rimanente  del  tempo  fra  rinfreschi  e  cicaleggi. 


BELLA  STAMPA  ITALIANA  217 

Ci  vergogniamo,  a  dirvero,  della  parte  che  abbiamo  qui  assunta 
difendendo  la  verita  artistica  del  melodramma  5  ma  purtroppo  essa 
ci  sembra  evidente  piu  assai  che  non  vorremmo:  e  cosi  ci  fosse  da- 
to  di  crederlo  e  mostrarlo  un  parto  ibrido  e  stravagante !  che  un 
tale  mostro  non  arrebbe  per  fermo  quella  costanza  seduttrice  che 
lo  rencle  per  mille  titoli  si  pernicioso  alia  morale  e  si  funesto  alia 
societa.  Bene  inteso  che  ,  nel  difendere  il  melodramma  ,  parliamo 
di  quello  che  servi  in  altri  tempi  a  mettere  in  bella  mostra  il  genio 
del  Paisiello,  del  Cimarosa  ecc.,  e  non  di  quello  che  oggi  stordisce 
coi  frastuoni  la  platea  e  scanna  cogli  urli  i  miseri  cantanti. 

Come  in  queste  due  sentenze,  cosi  ci  faremmo  lecito  proporre  le 
nostre  difficolta  all'  egregio  Autore  in  alcani  altri  punti  seconda- 
rii,  se  queste  discussioni  potessero  convenire  all'intento  del  nostro 
Periodico:  difficolta  diciamo,  enon  obbiezioni,  perche  parliamo  co- 
me scolari  a  maestro  ,  non  come  censori  a  censurato.  Ma  qualun- 
que  fossero  le  nostre  difficolta,  nulla  torrebbero  alia  verita  sustan- 
ziale  delFopera  e  al  merito  che  ha  1'A.  di  avere  smagato  1'incante- 
simo,  per  cui  parecchi  ebbero  a  credere  buonamente  che  possa 
1'uomo  cangiarsi  1'orecchio  e  fabbricarsi  le  tonalita:  quasi  non  fos- 
sero 1'orecchie  e  le  note  musicali  create  in  relative  proporzioni  da 
quella  mano  medesima  che  imbrillant6  1'iride  dei  sette  suoi  colori, 
e  proporziono  i  sapori  e  gli  odori  e  le  rispondenti  loro  potenze  a 
que'  fini  igienici,  di  cui  sono  ministre. 


1.  Nuovi  usi  dell"  acqua  del  Pagliari —  2.  Nuova  pila  del  Palagi  —  3.  Disegno- 
di  un  tunnel  sottoraarino  tra  la  Francia  e  1'  Ingbilterra  —  4.  Belle  sperienze 
del  Tyndall  intorno  alle  fiamme  sonore. 

i  Abbiamo  altre  volte  fatto  parola  delfacqua  emostatica  ritrova- 
ta  dal  sig.  Pagliari,  farmacista  Romano,  e  della  sua  utilita.  Al  pre- 
sente  abbiamo  la  soddisfazione  di  accennare  a'nostrilettori  un'altra 
utilissima  applicazione  di  quest'  acqua.  Tutti  sarino  qual  terribile 
male  sia  la  cancrena,  e  quanto  difficile  1'indicare  ad  essa  un  rimedio 
cfficace.  In  Firenze  nell'inverno  del  1833-54  e  di  nuovo  nel  1855, 
mentre  ivi  imperversava  il  colera,  si  ebbe  uu'epidemia  di  cancrene 
nelle  puerpere.  II  prof.  Pellizzari  penso  all'  acqua  Pagliari,  nella 
quale  trovava  e  1'azione  stittica  ela  balsamica;  e  attaquella  ad  im- 
pedire  1'ingresso  del  pus  nel  torrente  della  circolazione,  perche  coa- 
gula  1'  albumina  del  siero  del  pus ,  e  corruga  i  vasellini  venosi  ed  i 
tessuti  organici,  facilitando  cosi  la  caduta  dell'escara  cancrenosa: 
1'azione  balsamica  opera  favorevolmente,  non  tanto  nella  parte  in- 
ferma,  quanto  in  tutto  il  corpo.  Fatte  le  prove,  Tesito  fu  favorevole 
quanto  poteva  bramarsi,  pronto  ed  efficace-,  ne  men  yantaggiosi  ri- 
sultati  ottennero  i  prof.  Vannoni  e  Balocchi,  e  n'e  fatta  menzione 
nel  Traltato  di  Ostelricia  del  dott.  Balocchi  (2.*  ediz.  Fir.  1856  pag. 
808,  817).  In  seguito  di  queste  osservazioni,  fatte  ancora  da  altri 
professori  dell'arte  salutare,  ed  estese  eziandio  a  cancrene  prodotte 
da  altre  cagioni,  il  dott.  Enrico  Albanese  (che  ha  osservato  una  parte 


SCIENZE  NATURALI  219 

di  questi  fatti)  conchiude  «  che  1'acqua  Pagliari  e  indicata  e  riesce 
«  efficace:  1.*  Nelle  cancrene  di  spedale :  2.°  Negli  antraci  ma- 
tt ligni  o  nelle  infiammazioni  cosi  dette  cancrenose  :  3.*  In  quelle 
«  prodolte  dal  deoubito  :  4.°  in  quelle  prodotte  da  infiltramento 
«  urinoso  :  5.°  Finalmente  nelle  piaghe  di  cattivo  aspetto  e  nelle 
«  ulceri  depascenti. 

Queste  utili  ed  important!  notizie,  le  quali  almeno  duplicano  il 
pregio  delle  belle  invenzioni  del  nostro  valente  farmacista,  si  tro- 
vano  alquanto  piu  stesamente  esposte  in  una  memoria  del  dott.  Al- 
banese  (Sull'uso  delY  ucqua  Pagliariin  alcune  cancrene  ecc.)  inseri- 
ta  nella  Gazzetta  Medico,  italiana,  Firenze  8  Settembre  1857. 

2.  Studiando  i  fenomcni  delle  correnti  elettriche,  prodotte  da  la  - 
Stre  di  un  medesimo  metallo  o  di  metalli  different!,  immerse  in  ac- 
que  stagnant!  o  correnti,  o  anche  solo  ficcate  sotterra,  il  sig.  Ales- 
sandro  Palagi  di  Bologna  osserv6  che  1'  intensita  e  la  direzione  di 
quelle  correnti  variano  irregolarmente  non  pure  col  variare  dei  luo- 
ghi  d'  immersione,  ma  eziandio  nel  medesimo  luogo  col  solo  scor- 
rere  del  tempo.  A  cessare  questa  irregolarita  e  variazione  continua, 
le  quali  impedivangli  di  trarre  da  tal  nuova  fonte  di  elettricismo 
niun  costrutto  di  utili ta  pratica,  immagind  che  gioverebbe,  atteso  le 
proprieta  elettriche  del  carbone  da  lui  gia  altra  volta  comunicate 
all'Accademia  di  Bologna,  di  sostituire  ad  una  delle  lastre  metalliche 
un  pezzo  di  carbone  coke.  Venuto  infatti  all'  esperienza,  la  trov6 
pienamente  rispondere  al  suo  intento.  La  nuova  pila  da  lui  adope- 
rata  componevasi  di  una  piastra  di  zinco  lunga  23  centimetri,  larga 
47  e  spessa  2,  immersa  in  un  pozzo,  e  d'un  rocchio  di  coke  pesante 
3  chilogrammi,  immerso  in  un  secondo  pozzo,  lontano  20  metri  dal 
primo.  Un  fil  di  rame,  di  170  metri  di  lunghezza,  congiungeva  i  due 
element!  della  pila,  e  un  galvanometro  misurava  1' intensita  e  la  dire- 
zione della  corrente  da  essi  prodotta.  Ora  tutti  i  saggi  fatti  a  diverse 
ore  e  per  piu  giorni  continui  nel  Maggio  1857,  e  confermati  poi  da 
tutte  le  sperienze  seguenti,  diedero  sempre  la  medesi ma  corrente, 
diretta  nel  filo  metallico  dal  carbone  allo  zinco  e  di  una  intensita 
invariable,  salro  che,  nel  primo  immergere  del  carbone  e  dello 


220  SCIENZE  NATURALI 

zinco  nei  pozzi,  ella  era  un  po'  piia  forte  e  non  pigliava  il  suo  tu- 
nore  costante  se  non  dopo  qualche  tempo. 

Ottenuto  in  tal  guisa  una  corrente  costanle,  1'Autore  studio  le 
vie  di  aumentarne  1'intensita,  e  dopo  varii  tentativi,  trovo  die  la  via 
piu  effieace  si  e  di  sospendere  al  primo  carbone,  per  un  fil  di  ranie, 
un  secondo  carbone,  e  a  questo  un  terzo  e  cosi  via  via  in  mode  da 
fame  una  catena,  facendo  altrettanto  dalla  parte  del  zinco.  Ecco  in 
brevi  formole  le  principali  leggi,  che  in  questo  bello  e  rilevante 
studio  gli  vennero  trovate.  1."  Un  pezzo  di  carbone  o  di  zinco  di 
certa  grandezza  non  accresce  che  di  poco  1'intensita  della  corrente 
prodotta  da  un  pezzo  piu  piccolo.  2.°  Quest'intensita  crescecol  nu- 
mero  dei  carboni  uniti  T  uno  all'  altro  con  fil  di  rame  a  modo  di  ca- 
tena; cresce  parimente  col  numero  de'  zincbi  uniti  allo  stesso  modo. 
3.°  I  framrnenti  di  un  pezzo  di  carbone  incatenati  coi  fili  di  rarnt? 
danno  un'intensita  maggiore  che  quella  del  medesimo  pezzo  intie- 
ro;  ne  cid  deriva  dall'aumento  della  superficie,  perche,  coprendo  di 
cera  lacca  le  nuove  facce  dei  framrnenti,  non  si  altera  1'  efletto.  4.° 
Se  i  pezzi  di  zinco  toccano  la  terra,  la  corrente  cessa  del  tutto  o  st 
fa  debolissima  cangiando  direzione-,  laddove  i  pezzi  di  carbone  pos- 
sono  toccar  terra,  senza  che  la  corrente  ne  sia  punto  alterata,  anzi 
ella  tende  in  tal  caso  piuttosto  a  crescere.  Tuttavia  se  un  dei  fili  che 
incatenano  i  carboni  tocca  il  suolo,  I'  interisita  pigliera  quel  grada 
che  avrebbe  se  la  catena  terminasse  in  quel  filo,  cioe  se  i  carboni 
seguenti  non  esistessero.  5.°  La  corrente  e  tanto  piu  forte,  quanta 
maggiore  e  la  distanza  tra  i  singoli  pezzi  di  c&rbone  o  di  zinco  in- 
catenati. 6.°  Se  le  lastre  di  zinco  si  toccano  fra  loro,  la  corrente 
cessa  affatto  ;  ma  se  si  toccano  fra  loro  i  pezzi  di  carbone,  la  cor- 
rente patisce  solo  uno  scemamento  notabile,  restando  pero  sempre 
assai  piu  forte,  che  nel  caso,  in  cui  i  carboni  formassero  tutti  un  sol 
pezzo.  7.°  La  corrente  e  piu  intensa,  quando  lo  zinco  e  amalgamate. 
8.°  La  catena  dei  carboni  e  quella  delle  lastre  di  zinco  possono  es- 
sere  immerse  dentro  un  medesimo  pozzo,  o  in  pozzi  diversi  piu  o 
men  lontani,  o  dentro  a  fiumi,  o  eziandio  in  vasi  d'  acqua  pura, 
isolati  dalla  terra ;  e  in  ogni  caso  possono  essere  poste  sia  vertical- 
mente,  sia  orizzontalmente  sostenendole  per  mezzo  di  galleggiantL 


SCIENZE  NATURALI  221 

II  sig.  Palagi  ha  cercato  di  rendere  utile  questa  sua  nuova  e  sem- 
plicissima  pila,applicandola  alia  galvanoplastica,  ai  pendoli  ed  oro- 
logi  elettrici,  e  specialmente  ai  telegrafi,  e  sembra  che  i  suoi  ten- 
tativi  abbiano  avuto  buon  esito.  Ma  ad  ogni  modo  le  sue  ricercbe 
ed  esperienze  sono  di  gran  pregio  per  la  scienza  elettrica,  e  grande- 
mente  onorano  1'  illustre  Autore. 

3.  Abbiam  sott'  occhio  an  bel  volume,  pubblicato  recentemente 
a  Parigi ,  ove  si  contengono  gli  studii  di  un  gigantesco  e  arditissi- 
mo  disegno,  qual  e  quello  di  aprire  nello  Stretto  di  Calais,  tra  la 
Francia  e  1'  Inghilterra  una  via  di  ferro  sottomarina  l.  Benche  esso 
a  prima  fronte  sembri  poco  menoche  impossibilee  cbimerico,  pure 
in  esaminandolo  piu  dappresso,  il  lettore  vede  scemare  le  difficoJta  e 
apparirne  a  poco  a  poco,  se  non  agevole,  certamente  possibile,  anzi 
non  improbabile  il  riuscimento.  Tal  e  il  giudizio  che  ne  fu  fatto  in 
Francia  da  uomini  di  Stato  e  di  scienza  autorevolissimi;  anzi  il  dise- 
gno del  sig.  Thom&  deGaraond  fu  accolto  dal  Governo  con  tal  rispetto 
e  favore,  che  per  ordine  dell'Jmperatore,  il  Ministro  de'  lavori  pub- 
blici  raduno  un  Consiglio  speciale  di  periti  ad  esaminarlo,  e  questi, 
oltre  gli  elogi  dali  all'  Autore,  giudicarono  utile  che  lo  Stato  desti- 
nasse  500,000  franchi  per  verificare  e  compire  gli  studii  prelimi- 
nari,  e  che  si  ricercasse  per  essi  la  cooperazione  del  Governo  Ingle- 
se.  Da  questi  inizii  non  e  temerario  lo  sperare  che  forsQ  fra  pochi 
anni  se  ne  vegga  risolutamente  cominciata  1'esecuzione;  ma  ad  ogni 
modo  crediamo  che  ai  nostri  lettori  piacera  1'  averne  fin  d'  ora  un 
breve  ed  esatto  ragguaglio. 

Premettiamo  col  Gamond,  che  1'  idea  di  congiungere  per  una  via 
sotterranea  V  Inghilterra  al  Continente  non  k  punto  nuova ,  ma  fu 
gia  messa  piu  d'  una  volta  in  campo.  II  primo  a  proporla  fu  il  sig. 
Mathieu ,  ingegnere  delle  mine,  che  nel  1802  presento  al  Primo 

i  Etude  pour  V  avant  projet  d'un  Tunnel  sous-marin  entre  I'  Angleterre 
et  la  France,  reliant  sans  rompre  charge  les  chemins  de  fer  de  ces  deux  pays 
par  la  ligne  de  Grinez  a  Eastware,  avec  la  carte  du  trace  projete  et  le  profil  du 
tunnel  traversant  le  diagramme  geologique  du  massif  submerge,  par  M.  A. 
Thome  de  Gamond.  Paris,  Victor  Dalmont  editeur  1857. 

:,  • 


222  SCIENZE  NATURALI 

Console  un  modello  di  galleria  sotterranea  a  due  volte  sovrappo- 
ste,  formata  di  due  rami,  i  quali  parLendo  da  un  apice  culminante 
posto  nel  centro  dello  Stretto,  scenderebbero  1'uno  verso  Francia, 
1'altro  verso  Inghilterra,  e  quivi  risalirebbero  ciasouno  per  un'  erta 
convenevole  all'  aria  aperta.  Napoleone  mostro  gradire  1'  ardito  di- 
segno  ;  ma  le  lunghe  guerre,  succedute  alia  breve  pace  d'  Amiens 
tra  la  Francia  e  la  Gran  Brettagna,  ne  fecero  svanire  ogni  pen- 
siero.  Ai  nostri  di  che  la  pace  e  1'  amista  tra  le  due  nazioni  par  che 
yada  pigliando  sempre  maggiore  fermozza ,  altri  e  divisati  disegni 
furono  arrecati  al  medesimo  scopo.  II  Dott.  Payerne  propose  di  live.l- 
lare  nel  fondo  stesso  del  mare  una  linea  di  rocce  e  scogliere,  e  so- 
vra  queste  fabbricare  in  mezzo  alle  acque  una  via  cbiusa  a  volta. 
I  sigg.  Franchot  e  Tessie  idearono  di  posare  sul  fondo  marino  un 
gran  tubo  di  ferro  fuso,  dentro  il  quale  corressc  la  via.  II  sig. 
Favre  immagino  un  tunnel  sottomarino,  simile  in  sostanza  a  que- 
sto  del  Gamond,  ma  con  altro  disegno  di  costruzione.  E  per  ta- 
cer  d'  altri,  lo  stesso  sig.  Gamond  prima  di  risolversi  al  suo  tun- 
nel, avea  studiato  altre  vie,  cioe  1°  quella  d'  un  ponte  tubulare  di 
ferro,  alzato  sopra  le  acque  dello  stretto  e  composto  di  400  pilieri 
e  di  400archi,  aventi  ciascuno  40  metri  di  apertura ;  2°  quella  d'  un 
istmo  fattizio  che  legasse  geograficamente  la  riva  inglese  alia  fran- 
cese,  lasciando  solo  per  la  navigazione  tre  grandi  canali  adoppio. 
Ma  le  enormissime  spese  che  costerebbe  il  ponte,  giacche  valu- 
tando  a  10  milioni  di  franchi  ciascun  pilastro  col  suo  arco,  non 
esigerebbe  meno  di  4000  milioni ;  ele  gravissime  difficolta  estrin- 
seche  attraversatesi  all'  istmo,  1'  hanno  indotto  a  lasciare  questi  due 
disegni  e  ad  attenersi  al  tunnel  sottomarino.  Qui  giova  aggiunge- 
re,  che  il  sig.  Villiers  Sankey,  nella  proposta  che  ha  fatta  teste  al 
Gorerno  Inglese  di  una  ferrovia  continua  daLondra  a  Calcutta, 
per  valicare  lo  Stretto  di  Calais  presenta  tre  vie,  cioe  un  tunnel 
sottomarino,  o  un  viadotto  di  nuova  forma  che  a  guisa  di  ponte 
attraversi  il  canale,  orvero  un  gran  tubo  di  ferro  calato  nel  letto 
del  mare,  dentro  cui  corra  la  strada  ferrata;  e  pare  che  delle  tre 
egli  preferisca  quest'  ultima.  Ma  veniamo  allibro  di  Gamond  e-al 
suo  tunnel 


SCIENZE  NATURALI  223 

II  suo  Elude  ha  tre  parti  principal!,  cbe  sono  Les  Milieux,  ossia 
i  terreni  a  traverso  i  quali    il  tunnel  dovrebbe  aprirsi :  Le  Trace, 
cioe  la  pianta  della  via  tenuta  di\\  tunnel;  e  Le  Percernenl  ebe  con- 
tiene  tutte  le  operedelTesecuzione.  Quanto  alia  prima  parte,  dire- 
mo  solo  che  i  lunghi  studii  fatti  dall'  Autore  intorno  alia  natura  e 
al  giacimento  dei  terreni,  fino  a  gran  profondita,  sia  nelle  due  costie- 
re  francese  ed  inglese,  sia  nel  fonJo  sottomarino  e  nei  due  bancbi 
di  Varne  e  di  Colbart  sorgenti  in  mezzo  allo  stretto,  per  mezzo  di 
numerosissimi  scandagli  a  piombo  ed  a  lancia  ,  e  d'induzioni  geo- 
logicbe,  gli  ban  fatto  conoscere  che  questi  terreni  si  continuano  dal- 
la  Francia  all'Inghilterra  sottessoil  mare  con  le  medesime  stralifi- 
cazioni  pochissimo  inclinate  all' orizzonte,  e  che  si  compongono 
parte  di  calcari  oolitici  e  parte  di  crete  argillose,  sicche  tanto  per 
la  materia  quanto  per  la  disposizione  riescono  grandemente  agevoli 
e  sicuri  a  scavarsi. 

Venendo  al  Trace,  la  via  del  tunnel  sotto  mare  seguira  la  linea  che 
corre  dal  capo  Grinez,  il  quale  si  avanza  tra  Calais  e  Boulogne,  alia 
punta  Eastware  posta  tra  Folkstone  e  Douvres.  In  questo  tragitto 
csso  passera  per  I'estremita  orientale  del  banco  di  Varne,  sopra  il 
quale  si  ergeraun'  isola,  chiamata  Bioile  de  Varne,  che  sara  lasta- 
zione  centrale  e  marittima  del  tunnel.  La  linea  del  tunnel  sara  una 
curva,  leggermente  concava,  il  cui  pendio  non  giungeramai  ai  cin- 
que millesimi,  e  percio  rimarra  molto  inferiore  di  quel  che  vedesi 
in  parecchie  strade  ferrate:  la  sua  lunghezza  sara  di  33  chilometri. 
Dall'una  parte  e  dall'altra  vi  si  entreraper  due  gallerie  sotterranee, 
inclinate  fino  ai  sette  millesimi-,  la  galleria  inglese  dalla  stazione  di 
Eastware  percorrera  5500  metri  fino  a  Douvres,  e  la  francese  dal- 
la stazione  di  Grinez  8800  metri  fino  a  Marquise,  dove  uscendo  a 
cielo  aperto  si  congiungera  qu  inci  alia  via  di  Calais  e quindi  all'  al- 
tra  di  Boulogne. 

La  forma  del  tunnel  sara  cilindrica,  a  volta  massiccia  di  pietra, 
con  9  metri  di  diametro.  Sotto  il  piano  della  doppia  via  di  ferro 
correra  un  condotto  per  lo  scolo  delle  acque  che  potessero  trapela- 
re  nel  tunnel.  Benche  diqueste  acque  non  v'e,  secondo  il  Gamond, 


224  SCIENZE  NATURALI 

a  temere  gran  fatto,  sia  dalla  parte  di  terra,  specialmente  di  Fran  - 
cia,  sia  dalla  parte  di  mare,  atteso  la  natura  e  la  stratificazione 
pressoche  orizzontale  dei  terreni,  e  la  profondita  a  cui  il  tunnel  si 
Irova  sotto  il  letto  del  mare,  la  quale,  dove  e  minima,  non  e  meno 
di  22  metri. 

Le  due  stazioni  alle  frontiere  di  Grinez  e  di  Eastware,  e  la  centrale 
di  Varne,  godranno  dal  fondo  stesso  del  tunnel  il  cielo  aperto,  per 
mezzo  di  un  vasto  pozzo  o  torrione  a  sezione  elittica  cbe  sorgendo 
dal  tunnel  sbocchera  diritto  sopra  il  mare,  e  dara  ai  viaggiatori  e 
alle  merci  libero  e  immediate  accesso  dal  tunnel  al  mare  per  via  di 
am  pie  e  dolci  scale  a  spira  scavate  nei  fianchi  stessi  del  torrione.  II 
piu  vasto  e  importante  di  questi  torrioni  sara  quel  di  Varna,  la  cui 
base  elittica  nel  piano  del  tunnel,  che  ivi  e  a  92  metri  sotto  il  livel- 
lo  del  mare,  avra  200  metri  di  lungbezza  e  100  di  larghezza,  e  la 
cui  cima  fara  capo  nel  mezzo  della  Stella  di  Varna,  cioe  dell'  isola 
da  costruirsi  sopra  il  banco  di  questo  nome.  A  quest'isola  infatti  si 
dara  la  forma  di  stella  romboidale  con  17  ettari  di  superficie ;  i 
quattro  raggi  diagonal!  di  questa  stella,  sporgentisi  a  sprone  in 
mezzo  al  mare,  apriranno  ai  quattro  lati  dell'orizzonte  altrettanti 
seni  cbe  serviranno  di  scala  marittima  ai  viaggiatori  e  alle  merci; 
oltre  a  un  vasto  porto  interne,  avente  7  ettari  di  superficie,  desti- 
nato  al  ricovero  delle  navi  che  in  quel  centro  di  un  passo  frequen- 
tatissimo,  qual  e  quello  della  Manica,  vorranno  far  sosta. 

Oltre  a  queste  disposizioni  fatte  per  agevolare  e  ingrandire  il 
commercio  e  la  frequenza  del  tunnel,  il  Gamond  ha  provveduto  an- 
che  al  lato  politico  e  allagelosia  delle  due  nazioni  divise  dallo  stret- 
to,  ciascuna  delle  quali  potrebbe  in  caso  di  guerra  temere  dall'altra 
per  la  via  del  tunnel  un'  invasione  repentina.  A  questo  pericolo  egli 
hasempre  pronto  il  riparo,  inondando  ad  un  tratto  coll'acqua  del 
mare  tutto  il  canale  del  tunnel  e  rompendo  in  tal  guisa  tra  le  due 
terre  ogni  comunicazione  sottomarina.  Quest'inondazione  pu6  farsi 
per  mezzo  di  grandi  cateratte  a  valvola,  disposte  dentro  camere 
soiterranee  alle  due  frontiere  di  Grinez  e  di  Eastware  •,  e  il  Monar- 
ca  inglese  o  francese  potrebbe  per  via  d'ingegni  elettrici  da  Londra 


SCIKNZE  NATURALI  225 

o  da  Parigi  aprire  a  suo  talento  quelle  valvole  e  scatenare  le  acque 
con  nulla  piu  che  muovere  un  dito.  Una  massa  di  75,000  metri 
cubi  di  acqua  basterebbe  a  inondare  in  un'ora  fmo  alia  volta  tutto 
il  vano  del  tunnel  nella  sua  parte  piu  bassa-,  ne  si  potrebbe  di  nuo- 
vo  evacuare,  se  non  in  72  ore  e  colconcorso  dei  due  Stati. 

Tal  e  1'idea  disegnata  dal  Gamond  pel  suo  tunnel.  Quanto  al  mo- 
do  poi  di  eseguirla ,  egli  mirando  soprattutto  alia  prestezza,  che 
suol  essere  oggidi  condizione  desideratissima  di  ogni  impresa,  ha 
pensato  un  ordine  di  lavori  che  permettesse  d'  intrapreridere  1'  o- 
pera  da  molte  parti  a  un  tempo  stesso,  e  che  alia  massima  celerita 
congiungesse  tutta  la  sicurezza  e  solidita  richiesta.  Primo  lavoro 
sarebbe  dunque  la  costruzione  di  13  isolotti  conici,  che  si  forme- 
rebbero  versando  in  mare  rocchi  e  scogliere  di  pietra  miste  con 
argilla,  e  che  verrebbero  a  dividere  lo  stretto  in  14  stretti  miriori. 
Poi  nel  massiccio  di  ciascun  isolotto  si  scaverebbe  un  pozzo  da  mi- 
natore  fmo  alia  profondita  necessaria  per  giungere  al  piano  del 
tunnel.  Finalmente  dal  fondo  di  ciascun  pozzo  s'  intraprenderebbe 
nelle  due  opposte  direzioni  lo  scavamento  e  con  esso  a  mano  a  ma- 
no  la  costruzione  della  via ;  di  modo  che  ciascuna  banda  di  scava- 
tori  non  avrebbe  che  il  lavoro  di  circa  1500  metri.  Con  questa  sud- 
divisione  e  simultaneita  di  lavori  stima  il  Gamond  che  a  dar  com- 
piuta  tutta  1' opera  basterebbero  sei  anni ;  il  primo  dei  quali  spen- 
derebbesi  nella  costruzione  degl'isolotti  e  nell'  aprimento  dei  pozzi, 
il  secondo  nello  scavamento  di  cinque  sezioni  minori  del  tunnel , 
che  egli  chiama  sezioni  direttrici,  perche  debbono  servire  a  regolare 
ed  assicurare  1'  allineamento  di  tutto  1'asse  della  via;  e  gli  altri 
quattro  nello  scavare  le  nove  sezioni  maggiori,  rimanenti  a  com- 
pirlo.  Ad  accelerare  poilo  scavamento  sara  di  grande  utile  la  mac- 
china  del  Bartleet,  cioe  il  trapano  a  percussione  rotante,  mosso  dal 
vapore,  che  gia  nelle  ferrovie  di  Savoia  e  presentemente  nel  traforo 
del  Moncenisio  sta  facendo  si  buone  prove,  e  che  nei  sotterranei 
dello  stretto  di  Calais  riuscirebbe  tanto  meglio,  quanto  ivi  i  terreni 
son  piu  dolci  a  rompere  che  non  i  graniti  delle  A!pi.  Compiuta  che 
sia  tutta  1' opera,  gl'  isolotti  artificial  ,  divenuti  ormai  inutili ,  si 
Serit  III,  vol.  IX.  15  9  Gennaro  1838. 


$26  SC1ENZE  NATURALI 

distruggerebbero  tutti  o  la  piu  parte,  facendone  saltare  colle  mine 
le  cime,  e  sgonibrandone  lo  stretto. 

La  spesa  totale  dell'intrapresa  non  passerebbe,  secondo  i  pro- 
babili  calcoli  dell'Autore,  la  somma  di  170  milioni  di  franchi;  e  i 
frutti  ch'  ella  renderebbe,  atteso  la  frequenza  grandissima  cbe  il 
tunnel  senza  dubbio  acquisterebbe,  rimborserebbero  in  poco  tem- 
po lespese  colla  giuntadi  gran  guadagno  a  chiunque  neintrapren- 
desse  1'esecuzione. 

Questa  e  ne'  principal!  suoi  tratti  I'  opera  gigantesca  cbe  il  sig.. 
Thome  de  Gamond  propone  e  spiega  ampiamente  nel  suo  libro.  Se 
ella  sia  mai  per  avere  effetto,  non  sappiamo-,  ma  quando  pure  do- 
resse  rimanersi  nel  suo  stato  di  semplice  idea,  merita  d'  essere  co- 
nosciuta;  e  il  libro  cbe  1'espone  sara  sempre  un  monumento  pre- 
gevole  in  tal  genere  di  studii. 

4.  Tra  i  fenomeni  acustici  singolare  e  quel  cbe  producesi  dalla 
combustione  dell'idrogeno  o  di  altri  gaz  dentro  a  tubi  di  vetro,  e 
cbe  suol  ripetersi  nei  pubblici  sperimenti  di  fisica.  II  suono  musica- 
le  che  la  fiamma  desta  nel  tubo  fu  attribuito  dal  De  la  Rive  alia 
condensazione  ed  espansione  alternativa  del  vapore  acqueo  che  si 
genera  nella  combustione  dell'  idrogeno.  Ma  questa  spiegazioue, 
benche  con  assai  ingegno  difesa  dal  suo  Autore,  non  pole  reggere 
alle  nuove  sperienze  del  Faraday,  il  quale ,  mostrando  che  i  suoni 
producevansi  eziandio  quando  i  tubi  erano  circondati  da  un'  atmo- 
sfera  riscaldata  sopra  a  100°  C. ,  e  quando  in  vece  dell'idrogeno  bru- 
ciavasi  Tossido  di  carbonic,  rese  impossible  1'  attribuirli  al  vapore 
acqueo.  Egli  li  ascrive  piuttosto  ad  una  serie  di  piccole  e  rapidis- 
sime  esplosioni ,  cagionate  dalla  combinazione  periodica  dell'  ossi- 
geno  dell'aria  con  1'idrogeno.  A  questa  spiegazione,  che  sembra  la 
rera,  aderisce  anche  il  Tyndall,  e  cospirano  a  confermarla  tutte  le 
sperienze  da  lui  recentemente  intraprese.  Esse  trovansi  riferite  nel 
Philosophical  Magazine  dello  scorso  Luglio,  e  per  la  loro  novita  e 
importanza  noi  vogliamo  qui  riportarle,  riducendole  per  amore  di 
breyita  e  d'ordine  ad  alcuni  capi  precipui. 


SCIENZE   NATURAL!  227 

1 ,°  L'  elevazione  della  nota  musicale  prodotta  dalla  fiamma  nel 
tnbo  dipende  non  solo  dalla  lunghezza  del  tubo,  secondo  la  legge 
del  Chladni  1,  ma  anche  dalla  dimensione  della  fiamma. 

Infatti,  collocando  uu  tubo  di  25  pollici  di  lunghezza  sopra  un 
getto  d' idrogeno  acceso,  il  Tyndall  ottenne  ilsuono  fondamentale 
del  tubo;  indi  ponendo  sulla  stessa  fiamma  un  tubo  di  pollici  12  iy2 
non  ebbe  niun  suono  :  ma  appena  ebbe  rimpiccolita  quanto  pote  la 
fiamma  ,  il  secondo  tubo  diede  una  nota  cbiara  e  melodiosa  ch'  era 
Tottava  della  nota  fondamentale  del  primo  tubo,  e  questo,  collocato 
di  nuovo  sulla  fiamma  cosi  rappiccinita,  non  diede  piii  la  nota  fon- 
damentale ma  la  sua  ottava,  cioe  la  stessissima  nota  del  tubo  piu 
corto.  Per  simile  guisa.  con  un  tubo  lungo  6  piedi  e  9  pollici,  ma  fa- 
eendo  variare  le  dimensioni  della  fiamma  e  la  profondita  del  sito  di 
questa  dentroil  tubo,  1'Autore  ebbe  una  serie  di  suoni  nel  rapporto 
dei  numeri  1,  2,  3,  4,  5.  Quindi  pare  che,  sebbene  la  rapidita,  con 
oui  si  succedono  le  esplosioni  da  cui  nasce  il  suono,  dipende  dalla 
lungbezza  del  tubo  ,  pure  vi  concorre  eziandio  la  grandezza  della 
fiamma,  e  questa  dev'esser  tale  che  le  esplosioni  si  succedano  all'uni- 
sono  delle  vibrazioni  sia  della  nota  fondamentale,  sia  dei  suoni  a  lei 
armonici. 

2.°  Se,  nel  tempo  che  la  fiamma  suona  dentro  il  tubo,  si  ripete 
con  la  voce  a  un  dipresso  la  stessa  nota,  la  fiamma  prende  un  mo- 
vimento  vivo  di  oscillazione  che  pu6  aumentarsi  fmo  ad  estinguerla. 

Questo  fenomeno,  gia  descritto  dal  SchefFgotsch  in  uno  degli  ulti- 
mi  numeri  degli  Annali  di  Poggendorff,  si  ottiene  ogni  qual  voltasi 
faccia  uscire  il.  gaz  sotto  una  sufficiente  pressione  da  un  foro  picco- 
lissimo.  II  Tyndall  nelle  sue  prime  sperienze  siservi  a  tal  fined'un 
becco  d'ottone  lungo  10  1./2  pollici  e  avente  un  orifizio  del  dia- 
metro  di  1/20  di  pollice.  Lo  stesso  effetto  si  ottiene  adoperando 
in  luogo  della  voce  uno  slrumento  musico,  per  esempio  la  sirena, 
o  il  corista. 

\  11  Chladni  mostro  che  L  suoni  prodotti  dalla  fiamma  nel  tubo  sono  gli  stessi 
che  isuoni  fondamentali  di  una  canna  aperta,  avente  la  medesima  lunghezza 
del  tubo. 


228  SCIENZE  NATURALI 

3°.  Le  oscillazioni  teste  riferite  non  sono  clie  la  manifestazione 
otticadei  batlimenti che  si  producono,  quando  le  due  note,  quella 
della  fiamma  e  quella  della  voce  o  della  sirena,  sono  prossime  al- 
1'  unisono. 

Ci6  e  dimostralo  dalle  seguenti  sperienze  del  Tyndall.  A  due  a 
tre  piedi  di  lontananza  dalla  fiarnma  sonora  egli  colloco  una  sirena, 
ed  elevandone  gradatamente  la  nota,  vide  che  quando  il  suono  del- 
la  fiamma  e  quel  della  sirena  si  avvicinavano  all'  unisono,  la  fiam- 
ma guizzava  elevandosi  ed  abbassandosi  alternativamente  nel  tu  • 
bo^amisura  che  1' unisono  diveniva  piu  perfetto,  1' oscillazionc 
si  facea  piu  lenta-,  cess6ad  un  tratto  quando  1'unisono  fu  perfetto; 
trapassato  questo  punto  e  reso  piu  acuto  il  suono  della  sirena,  la 
fiamma  riprese  ad  oscillare  con  una  celerita  tanto  maggiore,  quanto- 
piu  elevavasi  quel  suono,  fino  a  tanto  che  la  somma  rapidita  rese 
le  oscillazioni  impercettibili  all'  occhio.  Anche  il  corista  serve  otti- 
mamente  a  questa  dimostrazione.  Infatti ,  aggravando  la  nota  del 
corista  in  modo  che  si  allontani  un  poco  dall'  unisono  della  fiamma, 
si  trovano  le  oscillazioni  di  questa  in  perfetto  accordo  coi  battirnen- 
ti  •,  e  inodificando  il  suono  del  corista  in  guisa  che  si  varii  il  nume- 
ro  dei  battimenti,  si  vede  al  tempo  stesso  variare  anche  il  numero 
delle  oscillazioni  della  fiamma.  L'effetto  riesce  ancora  piu  sensibile 
se  si  ponga  il  corista  sopra  una  cassa  di  rinforzo ,  perthe  allora  si 
possono  far  vedere  le  oscillazioni  della  fiamma  e  sentire  al  tempa 
stesso  i  battimenti  a  piu  centinaia  di  astanti. 

4°.  Una  fiamma ,  che  arda  ma  senza  suono  nel  tubo,  diventa  su- 
bito  sonora,  se  le  si  da  colla  voce  o  con  altro  strumento  la  nota 
del  tubo. 

Questo  curioso  fenomeno  venne  trovato  al  Tyndall  con  sua  gran 
sorpresa,  nel  variare  e  ripetere  le  sperienze  precedent!.  Per  meglia 
assicurarsene,  arrest6  il  suono  del  tubo  ponendo  sull'  estremita  di 
questo  le  dita,  e  torn6  ad  invitare  colla  voce  la  fiamma :  e  questa. 
sempre  rispose  pronta  all  invito.  Lo  stesso  gli  riusci  sostituendo 
alia  voce  la  sirena ;  giacche  elevando  gradatamente  il  sucno  di  qje- 
sta ,  tosto  che  esso  raggiunse  la  nota  propria  del  tubo ,  entro  cui 


SCIENZE  NATURALI  229 

ardeva  muta  la  fiamma,  questa  comincio  ad  allungarsi  ed  a  guizzare 
sonando  ,  e  prosegui  indefinitamente  il  suo  suono,  anche  dopo  che 
la  sirena  si  fu  ammutolita.  Questa  sperienza  ha  veramente  del  poe- 
tico,  e  ti  richiama  subito  al  pensiero  le  fiamme  parlanti  dell  otta- 
va  bolgia  di  Dante,  dentro  alle  quali  eran  gli  spirti  ,  e  la  viva  pit- 
tura  ch'egli  ne  fa  del  crollarsi  mormorando  e  del  guizzare  la  cima 
qua  e  Id  menando  Come  fosse  la  lingua  che  parlasse ;  (Inferno,  Can- 
to XXVI.  XXVII.)  Come  alia  voce  e  alia  sirena,  la  fiamma  risponde 
parimenti  al  corista,  e  di  muta  si  fa  vocale  tosto  che  questo  le  si  av- 
vicini,  rendendo  la  nota  del  tubo.  Anzi  pu6  farsi  la  seguente  spe- 
rienza: disporre  una  fila  di  tubi  capaci  di  produrrele  diverse  note 
della  gamma  ,  sovra  altrettante  fiammelle  di  gaz ,  ma  in  modo  che 
non  suonino  •,  quindi  con  uno  strumento  abbastanza  sonoro,  posto 
alia  distanza  di  20  o  30  metri,  eseguire  una  gamma:  ad  ogni  nota 
di  questa  si  udra  tosto  cominciare  il  suono  nel  tubo  rispondente, 
ele  fiammelle,  divenute  una  dopo  1'altra  sonore,  proseguiranno  da 
se  sole  il  loro  magico  concento. 

Nota  il  Tyndall,  che  sebbene  queste  sperienze  riescano  con  tubi 
di  varie  lunghezze,  sono  nondimeno  piu  facili  quando  la  lunghezza 
e  di  11  o  12  pollici,  perche  nei  tubi  piu  lunghi  e  piu  difficile  impedire 
al  suono  di  prodursi  spontaneamente,senza  che  aspetti  1'eccitamento 
esterno  della  voce  o  della  sirena  o  del  corista.  Giova  inoltre  avere 
riguardo  al  diverse  grado  di  profondita,  che  tiene  la  fiamma  den- 
tro il  tubo :  giacche  in  un  dato  tubo  la  fiamma  deve  adeiitrarsi  fino 
a  una  certa  profondita  per  dare  il  suono  col  massimo  d'intensita-, 
a  una  profondita  un  po'  minore  il  suono  e  meno  intenso,  e  a  un 
certo  punto  il  suono  cessa  del  tutto.  Ora  nelle  vicinanze  di  questo 
punto,  la  fiamma  di  muta  diviene  facilmente  sonora,  se  si  eccita 
colla  voce  o  altrimenti  •,  ma  con  questo  divario,  che  se  il  punto  e 
troppo  vicino,  il  suono  cessa  quasi  subito,  mentre  che  a  qualche 
distanza,  il  suono  destato  una  volta  dura  costante.  Anzi,  con  una 
fiamma  posta  in  modo  che  non  fosse  troppo  sensibile  agli  eccita- 
menti  esterni,  il  Tyndall  e  riuscito  ad  ottenere  1'  effetto  contraria 
del  sopra  descritto,  cioe  a  far  cessare  per  mezzo  della  voce  o  del 


230  SCIENZE   NATURALI 

corista  il  suono  del  tubo;  e  per  ultimo  la  fiamma  era  divenuta  si 
docile  al  suo  comando ,  ch'  egli  poteva  a  suo  talento  farla  suonare 
o  tacere. 

5.°  La  luce  di  una  fiamma  che  suona,  benche  all'occhio  nudo 
appaia  continua,  e  in  realta  intermittente,  e  le  intermittenze  corri- 
spondono  alle  vibrazioni  sonore,  ossia  alle  esplosioni  produttrici 
del  suono. 

La  gran  rapidita,  con  cui  si  succedono  le  vibrazioni,  non  permette 
all'occhio  nudo  di  seorgereil  cangiamento  cbe  a  ciascuna  vibrazio- 
ne  accade  nell'iritensita  della  luce ;  ma  questo  pu6  rendersi  sensibi- 
le,  facendo  passare  rapidamente  su  diverse  parti  della  retina  F  im- 
magine  della  fiamma.  Ci6  si  ottiene  in  varii  modi,  de'  quali  il  piu 
adatto  eil  seguente.  Pongasi  una  lente  di  33  centimetri  di  foco  di- 
nanzi  a  una  fiamma  d'idrogeno  carbonato  avente  circa  un  pollice 
d'  altezza;  a  6  o  8  piedi  lontano  dalla  fiamma  sospendasi  un  largo 
diaframma  di  carta-,  dopo  la  lente  si  disponga  uno  specchietto,  il 
quale,  ricevendo  la  luce  cbe  traverse  la  lente,  la  rifletta  sul  campo 
del  diaframma ;  e  la  lente  si  collocbi  a  tal  punto  cbe  T  immagine 
della  fiamma  cada  rovesciata  e  ben  netta  su  quel  campo.  Movendo 

10  specchio,  quest'  immagine  muta  luogo,  e  se  il  moto  e  rapido,  el- 
la  apparisce,  atteso  la  persistenza  delle  impressioni  visive  nella  re- 
tina, come  una  fascia  luminosa  continua.  Diciam  continua,  quando 
la  fiamma  non  suona-,  ma  tosto  che  ,  adattatole  convenientemente 

11  tubo  (questo  era  nella  sperienza  del  Tyndall  di  6  piedi  e  9  polli- 
ci),  ella  comincia  a  suonare,  1'  immagine  cambia  forma  sul  diafram- 
ma ,  e  invece  d'  una  fascia  di  luce  continua  si  risolve  in  una  serie 
<T  immagini  distinte  ,  la  cui  mutua  distanza  varia  col  movimento 
dello  speccbio  -,  sicche  dando  a  questo  un  moto  conveniente  ,  elle 
formano  una  catena  belli ssi ma  a  vedere.  Questa  sperienza,  che  pu6 
farsi  anche  dinanzi  a  unnumeroso  teatro  di  spettatori,  mostra  chia- 
rissimo  all'  occhio,  in  quegli  intervalli  oscuri  delle  immagini,  le  in- 
termittenze di  luce  cbe  ad  ogni  vibrazione  succedono  nella  fiamma 
sonora,  perl'  alternato  contrarsi  e  dilatarsi  ch'ella  fa  ad  ogni  esplo- 
sione.  II  qual  fatto  prima  del  Tyndall  gia  fu  indicato  dal  Wheatstone 
nelle  Philosophical  Transactions  del  1834. 


SC1ENZE  NATUIULI  231 

Allo  specchio  della  sperienza  precedente  pu6  sostituirsi  un  pris- 
ma  triangolare,  alle  cui  tre  facce  siano  adattati  tre  speech! ,  sospen- 
dendolo  per  un  filo  verticale.  Torcendo  il  filo,  il  prismasi  mette  in 
rotazione  e  le  sue  tre  facce  ricevendo  1'  una  dopo  1'  altra  dalla  lente 
la  luce  della  fiamma  ,  ne  proiettano  1'  immagine  sul  diaframma.  Al 
principle  del  moto,  le  immagini  sono  separate  da  brevi  intervalli  ^ 
poi  questi  si  fanno  tanto  maggiori  quanto  piu  cresce  la  velocita  della 
rotazione:  quando  questa  ha  valicato  il  suo  maximum,  le  immagini 
ritornano  ad  avvicinarsi,  e  pigliano  alfine  1'aspetto  di  una  efferve- 
scenza  luminosa:  e  questi  fenomeni  si  ripetono  collo  stesso  ordine, 
quando  la  torsione,  operando  sopra  il  filo  in  senso  contrario,  ripro- 
duce  in  direzione  opposta  la  medesima  serie  di  movimenti. 

Gl'intervalli  delle  immagini  ora  descritte  ,  per  quanto  il  Tyndali 
pote  ritrarre  dalle  sue  osservazioni,  sono  occupati  in  parte  da  luce 
azzurra,  a  cui  sembra  tener  dietro  uno  spazio  perfettamente  oscu- 
ro:  sicche  la  fiamma  sembra  estinguersi  e  riaceendersi  ad  ogni 
tratto.  Ciascuna  poi  di  queste  fasi  parve  all' Autore  coincidere  esat- 
tamente  colle  vibrazioni  sonore  j  ma  a  ben  fermare  questopunto,  gli 
bisognano  piu  accurati  studii. 

Diciamo  per  ultimo  di  un'  altra  sperienza,  clie  il  Tyndali  chiama 
elegantissima  fra  quante  mai  ne  vide,  e  che  eomprendendo  insieme- 
quasi  tutte  le  precedenti,  pu6  ben  far  loro  da  corona.  Introducasi  en- 
tro  un  tubo  una  fiamma  in  tali  condizioni  che  non  suoni,  ma  possa 
essere  dalla  voce  eccitata  al  suono  ;  e  si  faccia  rotare  lo  specchio  in 
modo  che  1'  immagine  dia  sul  diaframma  una  fascia  di  luce  con- 
tinua.  Se  allora  si  fa  suonare  la  fiamma,  dandole  con  la  voce  la  no- 
ta  del  tubo,  si  vedeimmantineate  quella  fascia  risolversi  in  una  ca- 
tena o  corona  di  perle  luminose,  che  brillano  distinte  sopra  un 
campo  azzurroscuro,  fino  a  tanto  che  dura  il  suonare  della  fiamma 
eil  rotare  dello  specchio.  Lo  stesso  effetto  si  ottiene,  collocando 
sopra  il  tubo  o  sopra  una  cassa  di  rinforzo  un  corista,  capace  a  pn>- 
durre  dei  battimenti  col  suono  della  fiamma. 

E  tanto  basti  delle  fiamme  sonore,  i  cui  vaghi  fenomeni  sono  un 
nuovo  esempio  della  graziosa  e  sapiente  armonia  che  regna  nelle  leg- 
gi  della  natura. 


CRONACA 

CONTEMPORANEA 


Roma  9  Gennaio  18S8. 

I. 

COSE  ITALIANS. 
STATI  PONTIFICII.  1.  Dono  del  S.  Padre.  —  2.  Opere  pubbliche —  3.  Notizie  varie. 

1.  La  Santita  di  N.  S.  volendo,  nella  sua  pieta  e  muniGcenza,  dimostrare 
la  speciale  sua  divozione  verso  1'  insigne  reliquia  della  Culla  di  N.  S.  Gesii 
Cristo,  che  si  conserva  nella  patriarcale  basilica  di  S.  Maria  Maggiore , 
invi6  teste  al  Gapilolo  sei  grandi  Angeli  col  candeliere,  tutti  in  legno  dorato 
di  fmissimo  lavoro,  ed  un  assai  ricco  tappeto,  destinati  gli  uni  e  1'altro  ad  or- 
nare  e  ad  arricchire  vieppiu  1'altare  papale,  dove  lainsigne  reliquia  suole 
tenersi  esposta  per  tutto  il  giorno  del  S.  Natale.  I  candelieri  sono  dello  stile 
del  cinquecenlo,  modellati  egregiamente  dallo  scultore  Pietro  Galli  romano, 
e  dorati  con  nuovo  metodo  di  grand'  effetto  di  ricchezza  da  Pasquale  Fio- 
rentini  di  Imola,  largamente  sowenuto  ed  incoraggiato  nei  suoi  lavori  dal 
S.  Padre.  II  tappeto  poi  6  un  tessuto  felpato  a  Qori  e  rabeschi  di  palmi  qua- 
drati  seicentosettantasei  •  lavoro  del  sig.  Verduro  Berge,  di  Tournai,  e  do- 
nato  al  S.  Padre  dal  Sig.  Conte  Bartolomeo  du  Mortier,  membro  della  Camera 
clei  RappresentantidelBelgio;  personaggio  specchiatissiroo  per  avita  pieta 
e  degno  di  ricordo,  anche  per  i  servigi  che,  in  un  col  suo  padre,  rese  a  Papa 
Pio  VII  ed  ai  Cardinal!  esiliati  allora  in  Fraocia. 

2.  Dalla  TipograGa  della  Rev.  Camera  Apostolica  e  uscito  alia  luce  il  Rag- 
guaglio  delle  cose  operate  nel  Ministero  del  G'omwercio,  Belle  Arti,  In- 
dustria  ed  Agricollura ,  durante  I'  anno  1856 ,  e  pe'  Lavori  pubblici  nel- 
I'anno  1855.  Perche  i  nostri  lettori  sieno  informati  dell'  andamento  della  cosa 
pubblica  nel  Governo  degli  Stati  Pontificii ,  noi  faremo  di  questo  documen- 
to  ufficiale  una  breve,  ma  sufficiente  analisi. 

Nella  sezione  delle  Strade  nazionall  iroviamo  segnata  la  sommadi  scu- 
di  222,263  spesa  nell'  anno  1855  per  la  conservazione  ordinaria  e  per  le 


CRONACA  CONTEMPORANEA  233 

nuove  opere  di  miglioramento  fatte  nelle  slrade  nazionali  dello  Stato.  Nulla 
diciamo  delle  concessioni  e  delle  relative  convenzioni  delle  Ferrovie  fattesi 
nel  1855  e  56,  e  registrate  nei  loro  atli  autentici  in  queslo  Ragguaglio,  poi- 
che  son  cose  ormai  a  tutti  note. 

Nella  sezione  del  Telegrafi  elettrici  e  notato  che  nel  1856  i  dispacci 
corsi  stille  linee  telegrafiche  pontificie  ammontarono  a  22,383  fruttanti  al- 
1'Erario  un  utile  netto  di  piii  di  18,000  scudi ;  le  quali  due  cifre  dimostra- 
no  un  grande  aumento  sopra  1'  anno  precedente.  Al  quale  aumento  giov6 
1'essersi  nel  Settembre  di  quell'anno  congiunte  le  linee  pontificie  colle  linee 
austriache,  poslo  nel  Giagoo  un  nuovo  uffizio  pubblico  in  Pesaro ,  e  co- 
minciate  nuove  diramazioni  da  Foligno  a  Perugia  per  la  Toscana  e  da  Roma 
a  Civitavecchia. 

Nella  sezione  de'  Lavori  Idraulici  e  segnata  la  somma  totale  di  scudi 
293,891  spesinel  corso  dell'anno  1855  per  la  conservazione  dell' arginatura 
dei  Fiumi  e  dei  Canali  navigabili ,  e  per  la  ristorazione  e  il  manlenimento 
dei  Porti  dello  Slato. 

Dalla  sezione  della  Marina  mercantile ,  Industria  e  Manifatture,  dove 
i  prospetti  sono  copiosi  e  minuti,  possiamo  dedurre  le  conseguenze  seguen- 
ti.  In  primo  luogo  si  osserva  che  la  Marina  commerciale  continua  il  suo 
progredire  a  detriment©  della  pesca,  trovandosi  nell'anno  1856  dedicati  al 
commercio  287  marinari  di  piii  che  1'  anno  precedente,  ed  aumenlatosi  il 
tonnellaggio  del  naviglio  commerciale  di  1195: 73  tonnellate.  Le  navi  che  nel 
1856  servirono  pel  commercio  ascesero  a  288  colla  portata  di  22,387:  67 
tonnellate  e  con  4,917  uomini  d' equipaggio.  Le  navi  da  pesca  erano  362 
capaci  di  6,439:  95  tonnellate  e  con  2850  marinari.  In  secondo  luogo  il 
movimento  marittimo  nei  porti  pontificii  durante  1'  anno  1856  e  stalo  mag- 
giore  che  1'anno  innanzi  con  una  proporzione  inaspettata  ;  poicheTaumento 
sopra  gli  anni  precedent!  e  stato  di  1299  navigli ,  di  15,068  uomini  d'  e- 
quipaggioedi  135,982  tonnellate.  Ilnumero  assoluto  poi  dei  navigli  entrati 
monta  a  7,637  con  equipaggio  di  77,851,  e  tonnellate  596,988,  e  quello  de- 
gli  usciti  e  di  7,626,  con  equipaggio  di  77,784  ,  e  tonnellate  596,624.  In 
terzo  luogo  anche  nelle  manifatture  viene  indicato  con  cifre  comparative 
un  graduale  avanzamento;  notandosi  il  grande  perfezionamento  avutosi 
nella  tessitura  dei  panni  lani  sopraffini ,  merce  dei  premii  d'  incoraggia- 
mento ;  nel  lavorio  delle  sete  notasi  il  numero  grande  di  nuove  bigattiere 
aggiuntesi  quest'  anno,  e  di  nuovi  lilatoi  a  vapore  che  si  costrussero ;  e 
fmalmente  viene  notato  un  bel  numero  di  nuove  Industrie  cominciatesi, 
di  nuove  invenzioni,  e  d'introduzioni  di  nuovi  metodi  per  le  arti;  ciascuna 
delle  quali  ebbe  dal  Governo  o  premio  o  dichiarazione  di  proprieta. 

La  sezione  dell' Agricoltum,  Annonaria  e  Grascia  indica  le  cure  spese  dal 
Governo  per  moltiplicare  e  rianimare  nello  Stato  le  Accademie  e  gli  Istituti 
agrarii,  e  premiare  altresi  gli  Istituti  fondati  dai  privati;  vedesi  ancora  il  con- 
siderevole  frutto  del  premio  promesso  ad  ogninuova  piantagione  d'alberi, 
essendo,  dal  1850  al  1856,  stata  ammessa  al  premio  la  rilevante  cifra  di 
1,136,085  alberi  nuovamente  piantati,  mezzo  efficacissimo  a  rimboscare  le 
macchie.  Finalmente  i  prospetti  indicanti  il  raccoltO  ed  il  consume  dei 


234  CRONACA 

cereali  dimostrano  che,  nella  stagione  del  1856-57,  le  province  settentrionali 
dello  Stato  supplirono  col  loro  sopravanzo  alia  scarsita  ben  rilevante  delle 
meridional!. 

Segue  la  relazione  intorno  al  prosciugamento  delle  Valli  ferraresi  coll'a- 
iuto  delle  macchine  idrofore  a  vapore.  Essa  dimostra  che,  avcndo  la  pro- 
vincia  di  Ferrara  la  superficie  di  %6,290  pertiche  censuarie  ,  tutta  terreni 
sommersi,  paludosi,  salsiginosi  e  stagnati,  per  essere  o  soltoposli  al  livello 
del  mare  o  circondati  dalle  alte  dighe  dei  tinmi ,  che  impediscono  il  colo 
delle  acque;  potrebbe  essa  riacquistarsi  tutta  all'agricoltura,  facendo  racco- 
gliere  le  acque  in  certi  punti  prossimi  ai  fiumi  e  quinci  sollevandole  colle 
macchine  a  vapore  idrofore  per  rovesciarle  nel  letto  dei  tiumi.  Quando 
tutta  quella  superlicie  sara  cosi  rasciugata,  il  menomo  prodotto  che  pos- 
sa  dare  in  granone,  nel  corso  d'un  anno,  sorpassa  i  tre  milioni  e  mezzo  di 
scudi,  mentre  la  spesa  totale  per  tal  fine  non  giugnera  ad  un  miiione.  Que- 
sl'opera  e  gia  cominciata,  e  si  prosegmri  con  alacrita  uguale  al  vantaggio 
che  se  ne  spera.  Alia  fine  di  questa  relazione  leggesi  il  Capitolato  pel  pro- 
sciugamento degli  stagni  di  Ostia  fatto  nel  Gennaio  del  1857. 

Nella  sezione  delle  Belle  Arti,  Statistiche,  Pesi,  e  Misure,  notansi  i  molti 
scavi ,  i  molti  ristoramenti  di  antichi  monument! ,  le  cure  poste  a  conser- 
Tare  i  capilavori  delle  arti  belle,  il  nuovo  monumento  innalzato  al  Ta?so , 
le  chiese  ristorate  ed  adornate  a  pubbliche  spese.  E  note  vole  il  numero  de- 
gli  oggetti  di  Belle  Arti  antiche  e  moderne  estratti  dallo  Stato:  la  stima  fatta 
dagli Assessori,  sempre  inferiore  di  molto  al  vero  prezzo  pagato  dai  comprato- 
ri,  fa  montare  a  phi  di  13,500  scudi  gli  oggetti  antichi  ed  a  pid  di  277,000  gli 
oggetti  moderni.  Finalmente  chiudesi  il  Ragguaglio  con  alquanti  cenni  in- 
torno al  monumento  erettosi  in  Roma  in  onore  dell'  Immacolata  Goncezione. 

3.  II  giorno  24  del  Dicembre  passato,  la  Regina  Maria  Cristina  di  Spagna  si 
condusse  al  Vaticano  per  ossequiare  la  SantiUi  di  ^.  S.,  il  quale  il  3  di  Gen- 
naio si  rec6  al  palazzo  di  Spagna  per  restituire  la  visita  a  S.  M.  11  Santo 
Padre  si  rec6  poi  a  piedi  al  vicino  Collegio  Urbano  di  PropagandaTide,  dove, 
oegli  appartamenti  del  Cardinale  Prefetto,  ammise  al  bacio  del  piede  gli 
aihmni  del  Collegio  e  gli  addetti  alia  Congregazione  di  Propaganda. 

II  giorno  3di  Gennaio  il  Gardinale  Vicario  di  S.  S.  confer!,  nella  chiesa 
del  Bambioo  Gesu,  i  Sacramenti  del  Battesimo  e  poi  quelli  della  Cresima  e 
dell'  Eucaristia  alia  giovane  ebrea  Anconitana,  Emilia  Azizi  di  anni  18. 

STATI  SARDI  (Nostra  corrispondenza).  \ .  Disegni  dei  libertini  dopo  le  elezioni  — 
2.  Le  elezioni  della  Sinistra  e  della  Destra  —  3.  Le  inchiesle  —  4.  Dilazioai 
irragionevoli  —  5.  Le  opere  del  Ministero  nelle  elezioni  — 6.  L'opera  del 
clero.  Offese  al  Clero  dette  dai  deput.  Cavour,  Brofferio,  Hobecchi,  Mamia- 
ni  —  7.  Difesa  del  Clero  dei  deput.  Di  Camburzano ,  Solaro  della  Margarita, 
Cais,  Sotgiu,  Della  Motta,  Potiziglione  —  8.  Conclusione,  eordine  del  giorno 
della  Camera. 

1.  Pareva  a  molti  che  il  Piemonte  dovesse  fmalmente  fare  un'  eccezione 
alia  regola  generate :  ma  ora  pare  purtroppo  che  anche  tra  noi  si  debba  ve- 
rificare  che  i  libertini  vogliono  ad  ogni  costo  comandare  a  bacchetta.  Se 


CONTEMPORANEA  235 

possono  accalappiare  il  popolo  ed  averlo  dalla  loro  parle,  bene;  se  no,  fan- 
no  senza  il  popolo,  ed  anche  contro  il  popolo.  Permettetemi  di  raccontarvi 
i  fatti  alquanto  diffusamenle;  il  che  servira  a  darvi  un'  idea  della  presente 
condizione  politica  del  Piemonte. 

Appena  la  parte  libertina  conobbe  le  nuove  elezioni  degli  Stati  Sardi,  ne 
fu  rabbiosamente  sorpresa,  come  di  cosa  che  non  attendeva,  e  che  rovina 
tutti  i  suoi  disegni.  Ma  lo  stordimento  cess6  ben  tosto  per  dar  luogo  alia 
piii  viva  sollecitudine,  affine  di  neutralizzare  questa  solenne  manifestazione 
popolare.  Due  mezzi  si  presentarono  ai  libertini  finora  nostri  padroni :  1'u- 
no  era  quello  di  sciogliere  la  nuova  Camera,  1'altro  di  assottigliare  a  poco  a 
poco,  e  con  tutti  i  mezzi,  le  file  dei  deputati  conservator!.  Siccome  il  primo 
mezzo  era  troppo  violento,  ed  esponeva  i  libertini  ad  un  gravissimo  rischio; 
cosi  essi  appigliaronsi  al  secondo,  che  pare  voglia  loro  riuscire  a  meraviglia. 
Gominciarono  pertanto  a  mandare  voce  a  tutti  i  deputati  nemici  in  qua- 
lunque  modo  dei  Clericali ,  affinche  convenissero  alle  prime  tornate  della 
Camera;  e  la  GazzMa  del  Popolo  per  un  quindici  giorni  stamp6  a  lettere 
di  scatola  un  simile  ammonimento.  11  quale  venne  seguito,  si  che  nessuno 
dei  deputati  anticlerical!  manc6;  laddove  parecchi  de'  conservatori  per  non 
so  quale  impedimento,  non  comparvero. 

2.  Allora  s'attese  a  fare  a'  conservatori  un  bel  tiro.  Siccome  questi  par- 
lavano  sempre  di  conciliazione,  di  moderazione,  di  tolleranza,  cosi  cercossi 
di  trarre  protitto,  in  vantaggio  della  parte  libertina,  di  siffatti  sentimenti. 
Gli  atti  elettorali  furono  distribuiti  con  evidente  malizia,  dando  ad  esaminare 
pei  primi  quelli  de'  democratici ,  e  ritenendo  per  ultimi  quelli  de'  conser- 
vatori. Perci6  le  prime  verificazioni  dei  poteri  andarono  di  galoppo,  e  in 
una  tornata  furono  appro vate  perfino  66  elezioni.  I  libertini  non  movevano 
osservazione  di  sorta  trattandosi  de'loro  amici;  i  buoni  tolleravano,  e  cosi 
in  silenzio  si  approvava.  Aftinche  non  comparisse  troppo  chiaro  lo  stra- 
tagemma,  di  tratto  in  tratto  intercalavasi  qualche  elezione  de' conservatori, 
che  fosse  tanto  regolare  da  non  poter  comportare  il  benche  menomo  ap- 
punto.  Cosi  vennero  convalidate  le  quattro  elezioni  del  Conte  Solaro  della 
Margarita,  quella  di  Mondovi  che  elesse  il  prof.  Vallauri  ,  quella  del  Mar- 
chese  Negrotto  avvenuta  a  Novi. 

Quando  poi  i  libertini  sentironsi  forti  e  fuori  di  pericolo,  allora  vennero 
in  campo  le  elezioni  de'  conservatori ,  e  apparve  chiaro  lo  scopo  di  volerli 
ad  uno  ad  uno  escludere  dalla  Camera,  prevalendosi  di  una  Jeggiera  mag- 
gioranza  che  avea  la  siuistra  nelle  rotazioni.  II  regolamento  della  nostra 
Camera  dice  cosi:  «  Tutti  i  membri  eletti  pigliaao  parte  sia  alia  veriticazione 
dei  poteri,  che  alle  votazioni  delFiotera  assemblea;  per  quest' effetto  nessu- 
no potendo  esserne  escluso  inQno  a  tanto  che  1' Assemblea  non  abbia  deli- 
berate che  la  sua  elezione  e  sospesa  od  annullata. » Dunque,  dissero  i  sinistri, 
sospendiamo,  per  mezzo  d'inchieste,  quante  piii  elezioni  de' conservatori 
possiamo ,  e  saranno  tanti  voti ,  che  non  combatteranno  per  ora  le  nostra 
idee. 

3.  Detto  fatto,  vennero  in  discussione  le  due  elezioni  dei  Collegi  di  Staglie- 
no,  e  di  Castelnovo  d'Asti,  che  aveano  eletto  due  conservatori.  Nel  verbale, 


236  CRONACA 

come  dicono,  delle  elezioni  era  stato  ommesso  il  numero  de'voti  conseguiti 
dagli  eletti,  numero  che  per6  conoscevasi  con  una  facilissima  soltrazione. 
Gotale  ommissione  si  addusse  come  motivo  di  annullamento ,  o  almeno 
d'inchicsta.  E  qui  vi  prego  di  notare  due  cose  importantissime.  L'una  e 
che  s'  era  gia  passato  sopra  tale  irregolarita  approvando  due  elezioni  della 
sinistra,  quelle  cioe  dei  deputati  Avondo  e  Pistone;  1'altra  che  i  Collegi  di 
Castelnovo  d'Asti  e  di  Staglieno  s'erano  conformati,  nello  stcndere  il  pro- 
cesso  verb  ale  dell'elezione,  alle  istruzioni  minisleriali,  ossia  alle  Avuertenze 
unite  al  modulo  dei  verbali.  «Abbiamo  due  precedenti  a  questo  riguardo, 
dicea  il  deputato  Bixio;  e  di  piu  non  venne  alcuna  protesta  relativamente  a 
queste  operazioni.  Mi  pare  impossible  annullare  ora  ci6  che  abbiamo  ap- 
pro vato  in  questa  medesima  tornata.  »  Le  elezioni  non  furono  annullate, 
ma  per6  fu  decretata  un'inchiesta;  ii  che  tolse  subito  ai  conservatori  due 
voti.  In  questa  circostanza  il  GonteGrotti,  deputato  di  Quart,  fe  udire  giuste 
e  solenni  lagnanze:  «Nella  verificazione  di  130  elezioni  in  circa  che  venne- 
ro  sottoposte  alia  Camera ,  e  che  appartengono  per  tre  quarti  a  deputati 
d'un'opinione  diversa  da  quelli  che  seggono  alia  destra,  i  miei  amici  poli- 
tic-i  ed  io  abbiamo  moslrato  in  queste  veriticazioni  una  lealta  ed  una  mo- 

derazione  che  avrei  voluto  vedere  apprezzata Si  e  con  gran  dispiacere 

che  io  veggo  invece  negli  uffizii  della  Camera  alcune  elezioni,  i  cui  verbali 
sono  perfettamente  in  regola,  e  quelle  medesime  gia  approvate,  ritirate  e 
combattute  per  mezzo  di  proteste  fomentate  dallo  spirito  di  parte ,  e  che 
arrivano  un  mese  dopo  1'elezione. »  (  Atti  uff.  della  Camera  pag.  48  N.°  13) 
4.  Ora  viene  il  bello.  II  23  di  Dicembre  erano  state  deliberate  due  in- 
chieste  sopra  le  elezioni  de'  due  deputati  conservatori.  La  Camera  area 
stabilito  di  sospendere,  per  alcuni  giorni,  le  sue  tornate,  in  occasione  delle 
feste  natalizie.  II  deputato  Genina  sorse  e  disse :  « Siccome  si  sono  gia  vo- 
tate  due  inchieste,  bisognerebbe  pure  deliberare  in  qual  modo  si  debbano 
fare.  Adesso  ci  saranno  alcuni  giorni  di  vacanza.  Se  si  determinasse  il  modo 
di  fare  le  inchieste,  si  potrebbero  subito  dare  le  disposizioni  opportune  per- 
che  queste  inchieste  venissero  messe  in  pratica.  Io  comprendo  benissimo, 
che  per  accertare  alcuni  fatti  sieno  necessarie  delle  inchieste ;  ma  io  non 
comprendo  come  queste  si  debbano  differire  per  lungo  tempo,  lasciando  cosi 
sospesi  gli  individui,  che  vi  sono  sottoposti,  suU'esito  della  loro  posizione  ». 
(Alt.  uff.  N.°  13,  pag.  50)  Valerio,  Cadorna,  Pescatore  ecc.  saltarono  agli  occhi 
del  sig.  Genina  dicendo  che  la  deliberazione  era  precoce,  la  proposta  prema- 
tura,  e  che  si  doveva  attendere  piu  tardi  a  fare  le  inchieste.  Molte  buone 
ragioni  addussero  il  Conte  della  Motla,  e  il  Dep.  Bixio.  Quest'ultimo  osser- 
vava  che  le  inchieste  cadono  tutte  sui  deputati  conservatori,  che  la  delica- 
tezza  voleva  almeno  che  si  facessero  presto,  e  a  mano  a  mano  che  sorgono 
le  questioni ;  ma  fu  un  predicare  al  vento.  11  deputato  Cadorna  propose  , 
che  la  Camera  rimandasse  la  determinazione  del  modo,  con  cui  si  pro- 
cedera  alle  inchieste,  al  tempo  che  sara  compiuta  la  verificazione,  dei  po- 
teri.  Fu  messa  a'  voti  la  proposta ;  il  Conte  Costa  di  Beauregard  domand6  la 
votazione  per  appello  nominale,  e  82  deputati  ebbero  il  coraggio  di  appro- 
yarla,  avendo  59  risposto  di  no. 


CONTEMPORANEA. 


237 


5.  Di  poi  vennero  in  campo  le  elezioni  che  si  pretendono  viziate  per 
pressione  morale.  Yi  sorio  due  generi  di  protestc  negli  atti  eleltorali.  Alcune 
accusano  di  pressione  morale  ii  Governo,  altre  di  pressione  moroZeiChie- 
rici.  Vi  dar6  un  esempio  della  prima,  nell'elezione  del  Gollegio  di  Monforte. 
Una  prolesta,  pubblicata  negli  Alti  ufliciali  delta  Camera  N.  15,  pag.  56  rac- 
conta  che  il  giudice  del  mandamento  di  Morra,  il  18  di  Novembre,  «  si  reco 
a  casa  del  signer  Arciprete  di  Morra ,  e  non  trovatolo  perch6  era  gia  nella 
aala  elettorale  onde  sostenervi  1'  ufficio  di  scrutatore  conferitogli  nell'  adu- 
nanza  del  15 ,  incaric6  il  seniore  de'  Vice  Gurati  in  modo  da  poter  essere 
seutito  da  varii  testimonii,  di  difh'darlo  che,  se  compariva  a  dare  il  voto,  lo 
avrebbe  fatto  arrestare;  che  egual  commissione  voleva  fosse  fatta  al  no- 
taio  Genesio,  ed  al  geometra  Ravinale  Giuseppe,  i  quali  pure  sarebbero  stati 
tradotti  in  Alba  se  si  presentavano  a  votare.  »  Inoltre  la  stessa  protesta 
dice  «  che  al  ballottaggio  del  18  tutti  i  carabinieri  della  stazione  si  trova- 
rono  a  custodire  1'  interno  del  palazzo  (senza  averne  avuto  un  molivo  al 
mondo)  dove  si  teneva  1'adunanza  e  le  vicinanze  del  medesimo,  quali  ap- 
postati  alia  porta  aperta  della  sala  elettorale,  quali  alia  porta  grande  del 
cortile...  insomma  carabinieri,  servienti,  uscieri,  lulto  fu  posto  in  guardia.  » 
Al  quale  proposito  osservava  il  dep.  Tornielli :  «  Parmi  che  siavi  stato  altro 
che  intimidazione.  Abbiamo  carabiaieri  da  uria  parte,  il  giudice  dall'  altra, 
il  quale  si  fu  ad  mtimare  ad  alcuni  di  asteuersi  dal  rotare,  e  giunge  per- 
lino  a  dire :  mi  rincrescerebbe  di  dover  mandare  in  prigione  quel  povero 
vecchio.  E  questo  perche?  Perche  quel  vecchio  voleva  andare  a  deporre  il 
suo  voto.  Se  questo  non  sia  intiraidire  tutta  una  popolazione,  io  vi  chieggo 
che  cosa  sara?  »  Ora  credereste  voi  che  1'  elezione  dal  Gollegio  di  Monforte 
sia  stata  annullata,  od  almeno  sospesa  e  ordinata  un'inchiesta?  Tutt' altro; 
1'  elezione  venne  approvata,  perche  trattavasi  di  un  sinistro,  e  il  Gonte  di  Ga- 
vour  perorb  per  la  sua  approvazione. 

6.  Ma  venne  di  poi  la  volta  delle  elezioni  che  si  dicono  fatte  sotto  la  pres- 
sione morale  del  Glero,  Ghiamansi  pressione  morale  le  pastorali  che  scris- 
sero  i  Vescovi ,  i  consigli  che  diedero  i  parrochi ,  gli  articoli  che  pubblica- 
rono  i  giornali  religiosi  e  cose  siraili.  Questa  questione  insorse  traltandosi 
dell' elezione  fatta  dal  Collegio  di  Strambino  del  Marchese  Birago,  Direttore 
deH'.4rmo/ua,  e  la  Camera  vi  spese  intorno  ben  due  tornate ,  quella  del  30 
e  del  31  di  Dicem'bre.,  Questa  questione  fu  di  molta  importanza,  perche  mo- 
str6  gl'intendimenti  del  Ministero,  e  la  sua  amicizia  cogli  uomini  della  dema- 
gogia.  11  Conte  di  Gavour  par!6  lungamente  nella  tornata  del  30  di  Dicembre, 
e  le  sue  parole  furono  affatto  ostili,  non  solo  al  Glero  degli  Stati  Sardi,  ma  a 
tutto  il  Clero  catlolico.  Rimprover6  al  Glero  elvetico  i  conati  possenli  per  ri- 
svegliare  I'ombra  del  Sonderbund:  al  Glero  francese  gli  sforzi  continui  per 
abbattere  le  antiche  liberta  gallicane :  al  Glero  belga  di  lottare  con  gran- 
dissima  energia  per  ristabilire  in  tutta  la  sua  pienezza  la  mano  morta 
clericale;  e  al  Glero  Gattolico  d'Inghilterra  e  d'Irlanda  di  scendert  nei  comi- 
zii  elettorali per  impedireil  regolare  sviluppo  dell'istruzione  e  della  civilta. 
11  Gonte  di  Gavour  ha  dichiarato  suo  dovere  di  contrastare  il  Clero  con  lutta 
la  sua  forza,  quando  vuol  combattere  «  per  far  tornare  indiolro  le  societa, 


238  CRONACA 

per  impedire  il  regolare  e  normale  sviluppo  della  civilta  moderaa. »  ( att* 
uff.  N.°  18pag.  69.)  Le  quali  parole  furono  come  1'intonazione  data  al  par- 
tito,  e  tutti  i  piu  sfrenati  demagoghi  trassero  fuori,  e  fecero  eco  al  Conte  di 
Cavour,  dicendo  al  Clero  un  mondo  di  villanie.  Incominci6  Brofferio,  e  rim- 
prover6  il  Ministro  di  non  aver  messo  in  prigione  i  Yescovi: « lo  dico  aper- 
tamente,  cosi  egli,  che  invece  di  lasciar  passare  impunite  quelle  ribellanti 
pastorali  ( le  pastorali  innocentissime  pubblicate  prima  delle  elezioni )  e 
di  starsene  in  beata  calma  aspettandone  le  conseguenze,  che  tulti  abbiamo 
vedute  ,  dovevano  i  Ministri ,  poiche  esse  attaccavano  le  leggi  dello  Stato  , 
denunciarle  al  Csco  e  tradurre  i  Vescovi  sugli  scranni  de'competenti  tribu- 
nali. »  Dopo  il  Brofferio  par!6  il  Robecchi,  un  exparroco,  un  prete  che  veste 
da  secolare,  e  le  sue  parole  furono  un'  inveUiva  continua  e  sguaiata  contro 
il  Clero,  contro  una  distinta  classe  di  Cittadini  che  egli  piu  d'ogni  altro 
avrebbe  dovuto  difendere  o  rispettare,  come  bellamente  awertiva  il  Conte 
Cais.  Assali  finalmente  non  solo  il  nostro  clero ,  ma  il  nostro  popolo  il  de- 
putato  Mamiani  che  chiam6  la  nostra  plebe  ignorante,  eccitando  vivissimi 
rumori  in  tutta  la  Camera. 

7.  Viceversa  sorsero  in  difesa  del  Clero  offeso  e  calunniato  valenti  ora~ 
tori  cattolici,  e  prima  il  valoroso  Conte  di  Camburzano  che  colla  sua  elo- 
quente  e  coraggiosa  parola  ottenne  pure  gli  applausi  delle  gallerie.  Parl6 
di  poi  il  Gonte  Solaro  della  Margarita  dichiarando,  che,  nelle  passate  elezio- 
ni, il  Clero  avea  ben  meritato  della  patria ,  e  rivelando  la  ragione  finale 
di  tutle  queste  ire,  di  tutte  queste  inchieste,  che  erano  d'  intiinorire  il  Cle- 
ro, e  ridurlo,  se  fosse  possibile,  ad  assistere  colle  mani  alia  cintolaalle  lot- 
te  elettorali,  in  cui  si  decidono  le  sorti  della  religione  e  della  patria.  Parld 
il  dotto  Canonico  Sotgiu  ,  rimbeccando  coloro  che ,  accusando  i  Chierici  di 
eombattere  lo  Statute,  essi  stessi  ne  distruggevano  il  primo  articolo  combat- 
tendo  il  Clero ,  e  manifestando  il  desiderio  di  vedere  stabilita  in  Piemonte 
la  liberta  dei  culti.  Parlo  il  Conte  della  Motta  insegnando  la  storia  al  Ma- 
miani, Professore  della  Glosofia  della  storia,  il  quale  avea  poco  prima  affer- 
mato  che  i  Romani  Pontefici  non  protestarono  contro  le  leggi  Leopoldine. 
Parl6  il  Conle  Costa  di  Beauregard ,  ed  espose  alia  Camera  che  il  risultato 
delle  elezioni  non  si  dee  gia  alle  mene  del  clero,  sibbene  alia  politica  sconsi- 
gliata  e  rovinosa  del  Conte  di  Gavour.  Parl6  il  Conte  Cais  e,  con  un  argomen- 
to  ad  hominem,  fe  vedere  che  mentre  rimproveravasi  al  Clero  la  pressione 
morale,  con  questi  discorsiecon  queste  inchieste  cercavasi  diinfluiremo- 
ralmente  sugli  elciiori,  e  far  loro  paura  per  T  avvenire.  Parlo  il  Conte  Pon- 
aiglione ,  e  die  lettura  alia  Camera  di  alcuni  curiosi  documenti ,  da  cui 
risultava  che  il  Ministero ,  e  non  il  Clero ,  avea  cercato  di  violentare  le 
elezioni  con  minacce  e  con  promesse.  Lesse  ad  esempio  la  lettera  di  un 
giudice  che  termina  colle  seguenti  parole:  «Dica  agli  elettori  che  se  vo- 
gliono  essere  alleviati  dalle  imposte,  e  dal  coucorso  alle  spese  della  stra- 
da  consortile,  diano  il  voto  a  Cassinis  (Candidate  del  Governo)  che  pu6 
aiutarli  presso  il  Governo,  e  non  al  Gonte  d'  Aglie  che  ne  e  nemico.  L'  af- 
fare  e  grave ;  coraggio  e  risoluzione  » . 


CONTEMPORANEA  239 

8.  Intanto  quale  fu  la  conclusione  di  lutta  questa  battaglia?  Voi  vi  ai- 
tendeteche  sia  stato  deliberate  di  procedere  ad  inchieste,  per  verificare  se  vi 
ebbero  elezioni  viziate  per  pressione  morale  tanto  da  parte  del  Governo , 
quanto  da  parte  di  privati  cittadini.  Cosi  avea  ragionevolmente  proposto  il 
deputato  Ricci,  ma  egli  non  venne  ascoltato.  Si  approv6  invece  il  segucn- 
te  Online  del  giorno  proposto  dal  deput.  Cadorna :  «  La  Camera  riconosce 
che  I'  uso  dei  mezzi  spiritual}  per  parte  del  clero,  onde  influire  sulle  ele- 
zioni, costituisce  una  violenza  morale,  che  nelle  singole  elezioni  pu6  dar 
luogo  all'  inchiesta.  »  E  1'  inchiesta  venne  poi  stabilita  still'  elezione  di 
Strambino.  Dal  fin  qui  detto  raccogliesi  che  il  Ministero  e  sempre  ostile 
alia  Chiesa;  e  che  vuol  fare  in  Piemonte  colle  inchieste  ci6  che  nelBelgib 
i  libertini  fecero  colle  sassaiuol^. 

REGNO  DI  NAPOLI.  Terremoto. 

Una  terribile  calamita,  cioe  una  scossa  gagliardissima  di  terremoto,  ha 
colpito  il  Regno  di  Napoli,  e  gi&  a  quest' ora  nessuno  dei  nostri  lettori  ha 
ignorato  la  gravita  di  tanta  sventura  od  ha  negato  la  sua  compassione  ai 
colpiti  da  essa.  Nondimeno  noi  ne  compendieremo  qui  le  principali  circo- 
stanze  che  finora  si'sono  potute  conoscere:  poiche  le  piii  minute  ed  esatte 
particolarita  non  sonosi  ancora  raccolte  nei  luoghi  medesimi  del  disastro,  do- 
ve le  autori^i  d'ogni  ordine  hanno  dovuto  occuparsi  con  ogni  sforzo  di  cele- 
rita  e  di  provvidenze  a  sovvenire  i  desolati  superstiti ,  auziche  a  contare  i 
morti;  ead  accorrere  a  tuttele  necessita  urgentissime  sopravvenute  ,  piut- 
tosto  che  ad  indagarne  e  descriverne  le  cagioni. 

II  centro  dal  quale  sembra  che  siasi  diramato  lo  scuotimento  delle  lerre 
=pu6  collocarsi  nelle  due  province  attigue,  il  Principato  Citeriore  e  la  Basili- 
cata ,  e  propriamente  nell'  estrema  parte  di  ciascuna  d'  essa ,  dove  1'  una 
confina  coll'altra;  poiche  quivi  I'intensita  della  scossa  ha  toccato  il  suo 
massimo  grado  ed  ha  prodotto  i  piu  terribili  effetti.  Ma  quello  scuotimento 
non  s'e  ristretto  soltanto  a  queste  due  province.  Esso  e  stato  senlito  daper- 
tutto  con  gravi  danni.  Conducendo  coll' immaginazione  da  quel  gruppo  de- 
gli  Appennini,  che  ha  il  nome  di  Monte  della  Maddalena,  tre  linee,  Tuna 
yerso  il  mar  Tirreno  nel  golfo  di  Gaeta,  1'altra  verso  1' Adriatico  nel  golfo 
di  Manfredonia  e  la  terza  verso  il  mar  lonio  nel  golfo  di  Taranto;  queste 
tre  linee  segnano  tin  presso  a  poco  tre  diverse  diramazioni  di  quell'a  scossa. 
Secondo  che  in  queste  tre  direzioni  trovansi  le  province  del  Regno :  cost  esse 
piu  o  meno  ban  provato  il  terrore  e  lo  scuotimento  e  in  parte  ancora  i  danni. 
Ttella  linea  che  corre  all' Adriatico  sembra  che,  verso  il  suo  estremo,  Canosa 
abbia  piu  d'  ogni  altra  sofferto,  avendo  avuto  molti  editicii  abbattuti  e  mollis- 
simi  lesi  e  danneggiati,  oltre  parecchi  uomini  feriti  e  cinque  morti.  Meno  di 
Canosa,  ma  pure  in  modo  abbastanza  forte,  sono  state  scosse  e  danneggiate 
le  citta  di  Trani,  di  Gioia,  di  Altamura,  di  Gravina,  di  Noci,  di  Spinazzola, 
di  S.  Erasmo.  Nella  direzione  del  mare  lonio  la  citta  estrema  che  piu  delle 
altre  circonvicine  fu  offesa  si  e  Taranto.  Nell' ultima  linea  sporgente  al  mar 
Tirreno  sembra  che  il  danno  sia  stato  piu  esteso  e  piu  intenso.  La  capitale 


240  CRONACA 

del  Regno  non  ebbe  fortunatamente  altro  danno  rilevanle,  dal  terrore  in 
fuori  che  grandemente  occup6  i  cittaclini  nel  tempo  del  terremoto.  Ma  la 
citta  di  Salerno  fu  profondamente  scossa  come  la  capitale,  ed  ebbe  di  piu 
molti  guasti  nelle  case,  ed  alcuni  editicii  abbattuti.  In  quesla  generale  ras- 
segna  abbiam  trasandato  molti  punti  intermedii,  e  molti  ragguagli  di  danni 
special!  per  amore  di  brevita. 

Dalle  diramazioni  volgiamoci  al  centro  medesimo,  ove  il  disastro  fu,  sen- 
za  paragone  alcuno  colle  altre  parti  del  Regno,  terribile  e  pauroso.  All'oriente 
del  Monte  della  Maddalena  le  citta  eivillagggidistrutticompiutamente  sono 
molti,  e  in  quasi  tutti  grandissima  e  stata  la  strage  di  vile  umane  fatta  dalle 
rovine:  Marsiconuovo,  Viggiano,  Laurenzana,  Montemurro,  Pietrapertosa, 
Arianello  non  esistono  piu  ,  salvo  alcuni  pochi  edifizii  mezzo  screpolati :  i 
morti  non  sono  ancora  numerati  e  solo  si  sa  che  pochissimi  salvarono  in 
esse  la  vita  e  fra  questi  molti  riportarono  contusioni  e  ferite  non  leggere. 
Le  due  citta  di  Viggiano  ,  e  di  Laurenzana  debbono  la  loro  distruzione  in 
qualche  partealtresi  aU'incenrlio,  il  quale  come  suole  avvenire  in  simili  casi 
fu  cagionalo  dal  terremoto  stesso.  Le  citta  vicine  alle  precedent!  e  piu 
fortunate,  perche  una  qualche  parte  di  loro  rimase  salva  e  la  piu  gran  parte 
degli  abitanti  fu  sottratta  alia  morte ,  sono  Calvello,  Anzi,  Abriola,  Aliano, 
e,  la  piii  lontana  dal  centro  anzidetto,  Ferrandina.  Dall'altra  spalla  delmonte, 
che  e  la  volta  aH'occideote,  gli  effetti  della  scossa  non  sono  stati  meno  terribi- 
li.  Brienza,  Tito  e  Polla  possono  dirsi  adeguate  del  tutto  al  suolo,  sovrattutto 
Polla,  la  quale  e  veramente  quella  che  piauge  il  numero  maggiore  dei  morti 
sotto  le  rovine.  Al  seltentrione  e  a  non  grande  distanza  del  Monte  della  Madda- 
lena  trovasi  Potenza,  la  capilale  della  Basilicata,  nella  quale  nessun  fabricate 
e  rimaso  illeso ,  anzi  i  piii  di  loro  son  divenuti  inutili  a  qualsivoglia  uso  : 
ma  fu  gran  ventura  che  i  morti  si  ristringessero  soltanto  a  una  venlina. 
Prima  di  giugnere  a  Potenza  per  chi  partesi  dal  Monie  della  Maddalena  avvi 
Vignola,  e  questa  fu  per  due  terzi  distrutta.  Le  altre  citta  e  borgate  circo- 
stanti  in  questa  direzione  sentirono  gagliardissima  la  scossa ,  ma  ebbero 
non  uguali  i  danni.  Dal  canto  meridionale  del  Monte  la  distruzione  e  stata 
piii  grave,  edi  villaggi  di  Tramutola,  Saponara  e  Sarconinon  esistono  piu, 
e  procedendo  nella  stessa  direzione  si  giugne  a  Maratea,  quasi  sul  mare, 
anch'  essa  demolita  dalla  scossa  insieme  con  varie  altre  borgate  circon- 
ricine. 

Tale  si  e  pei  sommi  capi  la  descrizione  dei  luoghi  disirutti,  o  gravemente 
danneggiati  dal  terremoto  nel  punto  della  sua  massima  intensila.  II  numero 
dei  morti  non  pu6  definirsi  con  esattezza,  poiche  non  ancora  hanno  potuto 
dissepellirsi  tutli  dalle  rovine  i  cadaveri.  Solo  si  sa  che  esso  e  grandissimo,  ne 
la  fama,  che  li  fa,  giugaere  a  ollre  quindici  mila,  pu6  dirsi  esagerata.  Oltre 
i  morti  grande  e  stato  altresi  il  numero  dei  feriti  o  sottrattisi  da  se  mede- 
simi  all'eccidio  o  cavati  di  sotto  alle  rovine.  Lo  stato  dei  superstiti  tutto  che 
illesi  non  e  meno  deplorabile  ;  poiche  si  trovarono  in  paese  di  rigida  tempe- 
ratura  senza  letto,  senza  vesti,  senza  letto  e  senza  provvigioni  di  vettova- 
glie .  Ma  dall'una  parte  la  carita  cristiana  delle  vicine  citta,  e  dall'altra  la 
provvidenza  attuosa  del  Governo  ha  recato  pronli  e  validissimi  aiuti  a  tanta. 


CONTEMPORANEA  241 

sventura.  Mirabile  e  stata  1'alacrita  colla  quale  la  pieta  del  Re  ha  data  le  tlis- 
posizioni  piu  opportune  ed  urgent! ,  e  lo  zelo  degli  ufiiciali  pubblici  che  le  ha. 
eseguite.  Per  salvar  la  vita  del  feriti  e  degli  infermi  sono  stati  spediti  nei 
siti,  dove  il  bisogno  le  richiedeva,  in  grandissima  diligenza  grand!  provvisto^ 
di  medicine ,  di  bende,  di  pezzuole;  medici,  infermieri,  religiosi  ospedalieri,. 
ofiiziali  di  salute ,  capiguardie  sanitarie  son  corsi  per  regio  comandamertto 
a  porgere  la  loro  opera  caritatevole.  Per  ricovero  e  per  difesa  dal  f  red  do- 
sonosi  con  somma  rapidita  costrutte  baracche  di  legno  e  tende  di  tela;  e 
perche  ci6  si  eseguisse  senza  dimora,  sonosi  inviate  cola  quante  tende  mi- 
litari  occorrevano,  quanto  legname  erapreparato  nei  regii  arsenali,  quanta, 
tela  e  stata  trovata  nei  magazzini  di  Napoli;  e  per  servire  alia  costruzione- 
repentina  di  si  gran  numero  di  ricoveri,  sono  stati  sulle  vaporiere  regie 
trasportati  dove  occorrevano  gli  arteflci  medesimi  degli  arsenali.  Di  pan- 
ni,  di  camice,  di  coltri,  di  pagliericci  dalle  citta  vicine  e  dalla  capitale 
sopratutto  tanta  quantita  e  partita  sopra  train!  e  battelli,  quanta  col  mez- 
zo dei  telegraQ  elettrici  ne  hanno  chiesta  le  Autorita  di  ciascuna  citta  o  vii- 
laggio  bisognoso.  Dicasi  altrettanto  dei  viveri  di  piu  urgente  neoessita: 
anzi  per  porgere  un  refrigerio  a  tanti  sventurati,  furono  eziandio  inviati  dei. 
cibi  delicati,  quali  la  distanza  acconsentisse  che  si  trasportassero.  Per  sol- 
lecitare  il  piii  che  fosse  possibile  gli  scavi  delle  macerie  accumulates!  e  sot- 
trarne  a  tempo  chi  fosse  ancor  vivo ,  ed  impedire  il  putrefarsi  dei  cada- 
veri  col  pericolo  di  cattive  infezioni,  sono  stati  raccolti  in  quel  sito  quanti 
soldati  zappatori,  e  pionieri  si  potesse,  inviativi  ingegneri  dei  Ponti  e  Stra- 
de ,  uffiziali  del  Genio  e  artefici  di  marina.  Finalmente  perche  nulla  po- 
tesse fare  ostacolo  alia  celerita  di  tali  provvedimenti,  si  6  fatta  facolta  a  tutti 
i  capi  di  Municipio,  di  Distretti ,  e  di  Province  di  valersi  del  danaro  pubbli- 
co  a  qualunque  uso  deslinato  senza  nessuna  restrizione-  Oltre  a  ci6  il  R& 
medesimo  ha  offerto  una  somma  di  parecchie  migliaia  di  clucali  dalla  saa 
cassa  particolare,  e  questo  esempio  e  stato  seguitato  dalla  regale  sua  Con- 
sorte,  e  dai  suoi  figliuoli.  11  resto  della  popolazione  concorre,  dietro  una  si. 
nobile  spinta,  a  porgere  larghi  sussidii ;  poich&  gl'impiegati  civili,  e  tutti  i 
militari  dell'esercito  rilasciano  la  paga  intera  d'un  giorno  di  loro  servigio; 
e  gli  altri  cittadini  offrono  ciascuno  secondo  suo  stato,  somme  non  tenui  di 
denaro  in  una  generate  colletta.  Tale  efficace  e  benevola  sollecitudine,  se-, 
non  compensa  ai-miseri  le  perdite  tollerate,  liconforta  almeno  nella  loro  de- 
solazione  e  apre  loro  il  cuore  a  qualche  speranza. 

Non  rimane,  a  compiere  questa  relazione,  senonch6  d'indicare  alcune  cir- 
costanze  osservale  nei  tremuoto,  le  quali  possono  valere  a  studiarne  1'indole  e 
la  cagione,  seppure  queste  circostanze  varranno  granfatlo  a  togliere  le  in- 
certezze  che  circondano  questo  tremenclo  fenomeno.  II  tremuoto  fu  sentita. 
nella  notte  del  16  al  17  Decembre;  e  prima  di  quella  nolte  non  fu  osser- 
vato  da  persona  indizio  veruno  che  ne  facesse  nascere  il  sospetto,  salvoche> 
in  uri  luogo  solo,  e  questo  fu  il  villaggio  di  Salandra.  Quivi  il  Sindaco  FJ- 
ferisce  che  un  mese  circa  innanzi,  alia  distanza  di  due  miglia  dall'  abilata,. 
vedevasi  uscire,  nolle  sole  ore  mattutine,  una  specie  di  gaz,  che  spandeva  un 
calore  abbastanza  sensibile.  Qualche  di  innanzi  al  tremuoto  da  un  allro 
Serie  III,  vol.  IX.  16  9  Gennaro  185&. 


242  CRONAC-V 

fosso.  distante  picciolo  tratto  dal  primo,  esa!6  nelle  ore  medosime  lo  stesso 
gaz.  La  esalazione  continu6  fmo  al  giorno  22  dello  stesso  mese,  cio£  dire 
sette  giorni  dopo  il  treinuoto.  Questa  esalazione,  dopo  il  fatto,  ne  fa  giudica- 
to  un  segno  capace  a  prevenire  un  osservatore  esperto:  ma  prima  del  fatto 
chi  aveala  nolata  non  vi  pose  mente  piu  che  tanto. 

Intorno  allo  scuotimento  stesso  avvennto  nella  citta  di  Potenza  (ch6  di 
quivi  solamente  abbiam  veduta  una  descrizione  piu  particolareggiata)  si  co- 
nosce  soltanto  chele  due  scosse  di  quella  notte  funosta  furono  di  egnal  du- 
rata,  e  che  la  prima  fu  preceduta  ed  accompagnata  da  rombo  spaventoso 
mentre  il  Cielo  era  sereno  e  1'  aria  tranquilla.  Dopo  un  presso  a  tre  minuti 
segui  la  seconda,  la  quale  alle  ondulazioni  ed  ai  suasulti,  molto  piu  violent! 
della  prima,  aggiunse  movimenti  vorticosi  e  di  sbalzo:  le  mura  andavano 
sossopra,  le  suppellettili  piu  pesanti  venivano  smosse  dal  loro  sito  e  ttirbi- 
nate  in  giro,  le  masserizie  piu  leggere,  come  le  stoviglie  e  i  cristalli,  erano 
gittati  a  gran  distanza.  Cosi  in  uua  sola  citta  si  videro  unite  le  forme  di- 
verse di  scuotimenti  avveratesi  finora  in  molti  tremuoti,  eccetto  solo  lo  spac- 
carsi  in  larghi  fendimenti  del  terreno.  II  che  se  non  si  avver&  di  Potenza  , 
in  piu  di  un  altro  sito  fu  dolorosamente  osservato. 

II. 
COSE  STRAXIERE. 

SYJZZERA  (Nostra  corrispondenza )  i.  Nuova  assemblea  —  2.  Vessazioni  liber- 
tine -  3.  Guadagni  del  Caltolicismo'—  4.  DiflScolta  nella  Diocesi  di  Basilea 
—  5.  Collegio  catlolico  —  G.Commercio  —  7.  Notizie  letterarie. 

1 .  L'assemblea  nazionale ,  rinnovata  nel  mese  di  Ottobre  per  mezzo  delle 
elezioni  generali,  ha  ora,  in  sul  cominciare  del  Dicembre,  riaperte  in  Berna  le 
sue  sedute  legislative.  Le  elezioni  non  riuscirono  per  nulla  favorevoli  al  par- 
tito  de'  conservatori ;  i  quali,  sopra  100  deputati ,  non  hanno  che  da  25  a  35 
voci.  La  parte  liberale  (che  presso  di  noi  significa  il  partito  ostile  alia  Chiesa 
cattolica)  pu6  quindi  disporre  d'unagrande  maggioranza ,  che  eseguira  mol- 
to servilmente  tutti  gli  ordini  de'  capi  iniziati  alle  tendenze  dei  cosi  detti 
«  amici  del  progresso  ».  La  prima  operazione  della  nuova  assemblea  nazio- 
nale fu  di  conferire  gli  onori  della  presidenza  al  sig.  Keller  d'Argovia,  al 
cui  nome  sono  congiunti  i  piii  infelici  ricordi  della  Svizzera  cattolica ;  per- 
ciocche  egli  equell'uomo  stesso  che  propose  nel  1841  di  sopprimere  i  con- 
venti  argovini,  enel  1847  di  scacciare  i  Gesuiti.  Questa  elezione  parla  da  se 
ed  annunzia  ai  Cattolici  ci6  che  debbano  aspettarsi  per  parte  di  coloro  che 
hanno  il  mandate  di  decidere  della  sorte  della  Gonfederazione  elvetica  negli 
anni  1858,  1859e  1860. 

2.  Dacch6  i  frammassoni  del  Belgio  hanno  incominciato  la  guerra  contro 
i  clericali ,  anche  noi  nella  Svizzera  notiamo  un  crescere  d'  ire  e  di  ves- 
sazioni  contro  la  Chiesa,  ilchericato  e  quanti  sono  devoti  alia  santa  Sede, 
i  quali  qui  sono  designati  col  nome  di  oltramontani.  Cosi ,  per  non  citare 


CONTEMPORANEA  243 

che  alcuni  esempi,  1'auturiti  civile  del  Canlone  d'Argovia  ha  iiivitato  i  cu- 
rati  cattolici  ad  astenersi  dalla  Societa  della  santa  Infanzia  di  Gesii,  la  quale 
ha  per  iscopo  di  salvare  i  fanciulli  pagani  della  Cina  ecc.;  ed  ha  loro  vietato 
di  celebrare  il  mese  di  Maria  nel  prossimo  Maggio :  il  Governo  del  Ticino  ha 
soppresso  il  convento  delle  suore  Agostiniane :  il  Governo  di  Lucerna  ha  proi- 
bito  ai  Comum  di  confidare  gli  ospizi  e  gli  orfanotrofi  alle  Suore  della  Ca- 
rita, ,  ee  prima  non  siasi  dimandata  ed  ottenuta  una  speciale  licenza  del  Go- 
verno, il  quale  si  riserba  il  diritto  di  poter  poi  rivocare,  quando  crede,  la  fa- 
eolla  conceduta.  Lo  stesso  Governo  di  Lucerna  hanegato  al  convento  d' Es- 
chenbac  di  aprire  il  noviziato.  Questi  fatti  del  Governo  bastano  a  provare 
che  lo  spirito  d' aggressione  contro  laGhiesa  va  crescendo,  ed  e  in  perfetto 
accordo  col  linguaggio  de'  giornali  liberali ,  la  cui  ingiuriosa  audacia  ogni 
giorno  piu  s'aumenta.  Cosi,  per  esempio,  il  Bund  (giornale  semiofficiale  del 
Governo  centrale,  che  si  pubblica  a  Berna )  declama  in  favore  d'un  Cattoli- 
cismo  « senza  Papato  » :  lo  Schweitzerbote  ( giornale  scritto  dal  Presidente  del 
Gonsiglio  di  Stato  d'Aarau  )  prenunzia  alia  S.  Sede,  che  gli  uomini  colti  fra 
Cattolici  presto  si  separeranno  da  lei;  ed  altri  giornali  fanno  quanto  pos- 
sono  per  eccitare  1'odio  de'  protestanti  contro  i  cattolici.  Quest' attitudine  osti- 
le  della  stampa  merita  tan  to  piu  attenzione  nella  Svizzera,  quanto  che  fra  noi 
quasi  tutti  i  giornali  sono  scrilti  dai  magistral!  piu  influenti,  e  ci6  che  essi 
annunciano,  i  Governi  per  lo  piu  1'eseguiscono. 

3.  Non  ostante  pert  queste  cattive  disposizioni  generali ,  1'  accordo  e  la 
quiete  negli  affari  religiosi  in  alcuni  Gantoni  va  alcun  poco  guadagnando. 
Monsignor  Bovieri,  incaricato  d'  affari  della  S.  SedeT  avendo  visitato  il  Val- 
lese,  la.sua  presenza  produsse  nel  Canlone  ottimi  effetti.  11  clero,  il  gover- 
no  ed  il  popolo  hanno  ricevuto  il  Rappresentante  del  Papa  col  piu  rispet- 
toso  entusiasmo ;  e  dopo  i  trattati  e  le  pratiche  necessarie ,  il  Gonsiglio  di 
Stato  del  Vallese  ha  oflicialinente  annunciate  ch'  egli  ha  risoluto  di  rivoca- 
re i  decreti  ed  i  principii  anticattolici  del  1848  ,  e  di  conchiudere  un  Gon- 
cordato  con  la  S.  Sede. 

Anche  a  Friburgo  il  Governo  ha  rivocato  i  decreti  e  le  leggi  del  1848  osti- 
li  alia  Chiesa;  diede  agli  istituti  religiosi  la  facolta  di  acceltare  novizi  e  d? 
amministrare  le  loro  proprieta;  surrog6  nel  collegio  dotti  ed  ortodossi  sa- 
cerdoti  ai  professori  liberali  ed  increduli :  in  line  enlr6  in  trattati  col  Ve- 
scovo,  per  rimediare  ai  mali  che  i  nemici  della  Chiesa  hanno  cagionato  a 
questo  infelice  e  coraggioso  popolo  di  Friburgo,  durante  i  dieci  anni  di  per- 
secuzioni  dal  1847  al  1857. 

A  Claris  poi  il  Governo  protestante  ha  finalrnente  ceduto  alle  istanze  del 
Yescovo  di  Coira,  si  che  ora  non  esige  piu  il  giuramenlo  dei  curati  catto- 
lici, ne  il  placet  sopra  gli  affari  della  Chiesa,  e  riconosce  il  diritto  nel  Vesco- 
vo  di  Coira  di  regolare  i  Cattolici  del  Cantone  di  Glaris.  Noi  notiamo  con  pia- 
cere  .codesti  miglioramenti  in  alcuni  Gantoni,  e  saremmo  assai  lieti  se  spes- 
so  ci  fosse  dato  di  annunziare  simili  consolanti  notizie. 

4.  Nella  Diocesi  di  Basilea  sembrano  imminent!  gravi  difficolta.  Nel  Con- 
cordato  del  1828  i  sette  Governi,  dei  quali  si  compone  questa  diocesi,  si  ob- 
bligarono  di  somministrare  al  Vescovo  il  bisognevole  per  aprire  e  sosteuere 


CRONACA 

>.m  Seminario  (casa,  rendite,  professor!  ecc.);  ma  nel  corso  di  30  anni  i 
Yescovi  non  hanno  potuto  mai  otlenere  1'esecuzione  di  questo  articolo.  Ora 
diiialmente,  dopo  ripetute  istanze  del  Vescovo,  i  Governi  sono  venuti  nel  pen- 
;siero  di  fondare  un  Seminario ,  il  quale  pcr6  abbia  piii  del  civile  che  del- 
i'ecclesiastico,  riserbando  a  se  il  diritto  d'ispezione,  anche  sopra  la  disci- 
jvlina  interna  ecc.  II  che  ha  tanto  piu  grande  difiicolta  quanta  che  la  mag- 
•gioranza  de'  sette  Governi  e  protestante.  La  Gazzelta  ecclesiastica  Svizze- 
^•a  annunzia  che  T  alfare  del  Seminario  e  ora  rimesso  a  Roma,  e  che  il 
Vescovo  di  Basilea  non  risolvera  nulla  prima  di  aver  ricevuto  le  istruzioni 
'.lalla  Santa  Sede,  la  quale  pel  Concordato  del  1828,  e  specialmente  interes- 
••sata  a  questo  affare.  E  certamente  poco  probabile  che  i  Governi  radical! 
d"  Argovia ,  di  Lucerna  ecc.  vengano  facilrnente  ad  accordo  colle  autorita 
tecclesiastiche ;  cosicche  si  scorgono  in  questo  affare  i  germi  d'una  compli- 
•cuzione  assai  seria  ,  la  quale  nelle  sue  conseguenze  potra  anche  mettere  in 
forte  imbarazzo  i  cattolici  di  Basilea. 

5.  II  Collegio  libero,  che  i  Gattolici  sono  riusciti  a  fondare  a  Schwitz,  prospe- 
•ra  molto  bene.  L'anno  scolastico  vi  si  apri  nel  mese  di  Ottobre  con  200  al- 
lievi;  i  professori  sono  sacerdoti  che  vivono  in  comune  nell'  antico  convitto 
dei  Gesuiti.  Ke  ha  la  direzione  il  R.  P.  Teodosio  dell'Ordine  de'PP.  Cappuc- 
iciai,  il  quale  sta  ora  facendo  una  questua  in  tutti  i  Gantoni  per  ingrandire 
il  Gollegio.  Giacche  vi  si  vorrebbe  aggiungere  un  secondo  convitto  per  gli 
ailievi  poveri,  che  hanno  la  vocazione  al  sacerdozio.  Si  spera  di  poter  cosi 
sopperire  alia  mancanza  del  clero  secolare  e  regolare,  che  sempre  piu  si  fa 
seniire  nella  Svizzera. 

6.  Gli  animi  sono  molto  occupati  per  le  strade  di  ferro  e  per  gli  affari 
commerciali.  Qualtro  compagnie  costruiscono  linee,  delle  quali  la  maggior 
parte  e  gia  tracciata.  II  provento  per6  non  corrisponde  alle  speranze  che  i 
dati  statistici  ed  i  pomposi  programmi  avevano  fatto  sorgere;  giacche  nia- 
na  delie  linee  svizzere  rende  il  cinque  per  cento.  Cibnonostante  si  spera  un 
miglior  avvenire  nella  fusione  delle  principal!  compagnie.  Ma  gia  si  parla  di 
miove  linee,  le  quali  desteranno  nuovi  concorrenti.  Gli  speculatori  stranieri, 
e  specialmente  i  finanzieri  di  Parigi  si  sono  gittati  sulle  ferrovie  della  Sviz- 
aerae  si  fanno  tra  loro  una  gran  concorrenza- II  Governo  federate  e  assai  fa- 
cile a  dar  concession!,  perche  gl'intraprenditori  guareritiscono  1'esecuzione 
de'loro  progetti  con  una  buona  cauzione.  In  lal  modo  la  Svizzera  avra  ben- 
si  molte  ferrovie  senza  spendere  il  proprio  denaro;  ma  esse  si  troveranno 
nelle  man!  di  stranieri,  i  quali  certamente  aspirano  a  guadagnare  per  se 
itnziche  a  soddisfare  ai  bisogni  del  paese. 

Onanto  aU'industria  ci  ha  pure  gran  movimento  nella  Svizzera.  Quasi  in 
tuUi  i  Gantoni  si  orgauizzano  banche  di  credito  mobiliare  ed  immobiliare, 
associazioni  industrial!  ec:  ec:  Ora  v'ha  qualcheristagno,  perche  1'industria 
svizzera  e  assai  fortemente  impegnata  in  America,  avendo  essa  molto  sof- 
ferto  per  la  crisi  transatlantica,  nella  quale  dicesi  che  il  commercio  svizze- 
xero  abbia  perduto  10  milioni.  I  cantoni  caltolici  sono  piuttosto  agricoli 
-die  non  industrial!,  e  soffrono  per  cio  assai  meno  nelle  perlurbazioni  com- 
mercial!. 


CONTEMPORANEA  245 

7.  In  quest'  autunno  sono  uscite  alia  luce  in  Isvizzera  due  opere,  molto 
commendevoli  per  i  loro  priucipii  cattolici  e  per  1'  opportunita  delle  mate- 
rie  che  tratlano:  I'una  el'istoria  ecclesiastica  della  Svizzera  ordinata  abio- 
grafie  intitolata:  Gli  Eroi  e  le  Eroine  della  fede  e  della  carita  cristiana  nella, 
Svizzera,  per  il  Conte  TEODORO  DI  SCHERER.  Questi  e  il  primo  Cattolico  che 
presc  a  pubblicare  1'istoria  della  Ghiesa  svizzera.  Egli  si  e  giovato  di  molti 
document!  autentici,  coi  quali  illustra  specialmente  I'epoca  della  riforma  del 
XVI  secolo  rappresentandola  in  un  modo  affatto  opposto  a  quello  che  fino 
ad  ora  fecero  gli  s'critlori  protestanti.  La  seconda  opera  e  un  romanzo  sto- 
rico  de'nostri  giorni  intitolato:  La  Vocazione,  in  cui,  sotto  la  forma  dilette- 
re  piacevoli,  si  espongono  le  persecuzioni  sopportate  dai  Caltolici  nella  Sviz- 
zera nel  tempo  del  Sonderbund.L'autore  ha  voluto  conservare  1'anonirno;  ma 
si  sa  che  egli  e  un  sacerdote  del  Gantone  di  Lucerna  noto  per  altri  scritti 
di  simil  genere.  La  letteratura  cattolica  verso  la  fine  del  57  ha  toccato  una 
grave  perdita  per  causa  d'un  incendio  che  ha  consumato  in  Sciaffusail  gran 
rnagazzino  del  signor  Hurter,  figlio  del  celebre  istorico,  ed  uno  dei  princi- 
pa'li  librai  editori  cattolici  della  Svizzera  e  dell'  Allemagna.  11  magazzino 
per  buoua  sorte  era  assicurato  per  80,000  fr:  il  che  diminuisce  il  dannodel 
proprietario,  ma  non  gia  quello  della  scienza  cattolica,  che  ha  perduto,  per 
eagione  di  qiiesl'incendio,  una  quanlita  di  opere  utilissime. 

'Fra  le  produzioni  della  stampa  malvagia,  che  e  sempre  assai  feconda 
presso  di  noi,  dobbiamo  notare  uno  scritto  annunziato  dall'apostata  Ammann 
di  triste  rnemoria.  Questo  exreligioso,  ora  caldo  protestante,  s'  occupa  in 
Ginevra  di  manifestazioni  de.gli  spiriti,  facendo  girar  tavole  e  parlare  spi- 
riti;  ed  ora  sta  pubblicando  un  Vangelo,  rivelato  a  lui  in  Ginevra.  Cos!  1'in- 
credulita  e  la  superslizioiie  si  danno  la  mano.  Per  buona  ventura  i  catto- 
lici non  meno  che  i  protestanti  conoscono  assai  bene  la  vita  e  le  opere  di 
Francesco  Ammann,  e  perci6  non  e  facile  che  si  lascino  ingannare  piii  ollre 
da  un  tale  sciagurato. 

INGIULTERKA  (Nostra  corrispondenza).  i.  Apertura  del  Parlamento  —  2.  La  crisi 
commerciale  e  la  Banca  d'  Inghilterra  —  3.  11  giornale  Illustrated  News  e  le 
i'este  di  Natale —  4.  L'antico  pagano  e  1'inglese  protestante  —  5.  II  Messaggio 
del  Presidenle  degli  Stall  Uniti  — 6  11  Governo  anglo  indiano.  —  7.  (Giunta 
dei  Compilatori]  11  Leviatan  —  8.  Miseria  del  popolo. 

1.  11  3  diDicembre  la  Regina  apri  il  Parlamento  con  un  discorso  in  cui 
parlo  della  sospensione  delia  legge  del  1844,  dalla  quale  e  regolata  1'emis- 
sione  dei  biglietti  della  banca  d' Inghilterra,  della  crisi  commerciale,  della 
ribellione  nelle  Indie  e  della  riforma  da  farsi  nelle  leggi  eiettorali.  La  radu- 
nanza  del  Parlamento  prima  del  Natale  fn  cagionata  dalla  dispensa  data  dal 
Governo  alia  Banca,  per  cui  questa  pote  oltrapassare  i  limiti  di  14  milioni  di 
sterline  impost!  dalla  legge  dei  Peel  del  1844  alia  quantita  di  biglietti  da  emet- 
tersi  dalla  Banca  sopra  la  sicurta  di  ipoteche ,  pegni  di  fondi  pubblici ,  di 
eontratli,  od  obbligazioni.  Questa  fu  dunque  la  principale  materia  che  si  dis- 
cusse  nella  breve  sessione.  E  rimarra  incerlo  fino  al  mcse  di  Febbraio  quali 


246  CRONACA 

provvedimenli  proporra  il  Gabinetto  per  riformare  il  governo  nelle  Indie 
orientali.  Sicrede  per6  che  il  Ministero  vorra  proporre  al  Parlamento  1'abo- 
lizione  del  doppio  governo  delle  Indie,  cioe  del  sistema,  per  cui  il  Governo- 
e  diviso  fra  la  Gompagnia  delle  Indie  ed  il  Ministero,  Dices!  che  vi  sia  nel 
gabinetto  molta  diversita  di  opinioni  a  questo  riguardo.  E  principalmente 
si  nota  che,  fra  tutte  le  persone  che  in  queste  contingenze  hanno  resi  al 
paese  servigi  importantissimi,  e  si  sono  segnalate  nell'Impero  indianoper 
prudenza,  valore  ed  altre  qualita,  nno  solo,  cioe  il  Generale  Haveloch,  e  al 
servigio  della  Corona.  Gli  altri  tutti  sono  uomini  educati  ed  allevati  dalla 
Compagnia  e  nel  servigio  della  medesima.  Si  rammenta  inoltre  il  famosa 
detto  di  Canning,  che  le  Indie,  sotto  il  regime  della  Compagnia,  sono  state 
una  terra  fertile  di  eroi.  Si  domanda  poi  quali  sieno  gli  error!  della  Compa- 
gnia, ai  quali  non  abbiano  partecipato  i  Ministri  in  Inghillerra,  e  special- 
mente  i  presidenti  del  Board  of  Control.  Dall'altro  lato  il  governo  doppio 
(double  government)  e  soggelto  a  varii  gravi  inconvenient!.  Si  aspetta  dun- 
que  con  ansieta  lo  scioglimento  di  questo  importante  problema  della  scienza 
governativa,  il  quale  sara  sottomesso  al  Parlamento,  quando  questo  si  radune- 
ra  dopo  le  vacanze  di  Natale. 

Aella  tornata  della  sera  del  3  Decembre  Lord  Palmerston,  interpellato  so- 
pra  ci6  dal  Disraeli,  ricus6  di  comunicare  le  inlenzioni  del  Gabinetto  sopra 
il  governo  delle  Indie  e  la  riforma  delle  leggi  elettorali.  Quest' ultima  que- 
stione  non  attira  ora  molto  1'attenzione  del  paese,  ed  e  promossa  principal- 
meute  dall'  ambizione  inquieta  di  Lord  John  Russell,  il  quale  si  trova  mal 
volentieri  fuori  del  Ministero.  La  Nazione  crede  (  a  ragione  o  a  torto  poco 
monta)  di  essere  in  sostanza  bene  rappresentata  nella  Camera  dei  Comunir 
benche  vi  sieno  alcuni  difetti  nel  sistema  eletlorale.  II  Ministero  poi  si  cre- 
de obbligato  di  proporre  una  nuova  riforma  parlamentare  per  sostenere  it 
suo  credito  di  Governo  liberale. 

Nella  tornata  del  7  Lord  Shaftesbury  propose  nella  Camera  dei  Lord  un 
bill  inteso  a  permettere  ai  ministri  anglicani  di  predicare  e  di  fare  preghiere 
pubbliche  in  luoghi  non  consacrati  e  senza  il  consenso  del  parroco,  purche; 
lo  permetta  il  Vescovo.  Per  intendere  il  perche  di  questa  proposizione  con- 
viene  sapere  cheilclero  anglicano  trova  molta  difficolta,  se  non  anzi  piut- 
tosto  una  vera  impossibility,  di  attirare  il  popolo  e  gli  operai  nelle  sue  chie- 
se.  II  perche  Lord  Shaftesbury,  con  alcuni  altri  del  partito  calvinista,  delta 
Low  Church,  pensarono  di  prender  in  affitto  la  gran  sala,  delta  Exeter  Hall, 
usata  ordinariamente  per  radunanze  pubbliche  e  per  concert! ,  e  di  tenere 
cola  arringhe  e  preghiere  ogni  domenica.  La  novita  della  cosa  fece  si  che 
ogni  domenica  era  gran  folia  in  questa  sala  di  Exeter.  Del  che  trionfa- 
rono  quei  signori,  vanlandosi  di  aver  finalmente  trovato  il  modo  di  eserci- 
tare  1'influenza  dell'Anglicanismo  sopra  il  popolo.  11  nuovo  pseudo  Vescovo 
di  Londra,  il  dottore  Taite,  approvb  ogni  cosa.  La  domenica  dunque  un  Ve- 
scovo, ovvero  qualche  celebre  oratore,  predicava  in  quella  sala,  dove  accor- 
revano  pure  varii  membri  delle  due  Camere  del  Parlamento  per  maggior- 
mente  attirare  la  folia.  Nacque  per6  il  dubbio  se  realmente  quelle  radunanze 
fossero  composte  in  gran  parte  di  popolo ,  e  si  disse  che  esse  erano  quasi 


CONTEMPORANEA  24-7 

interamente  composte  di  boltegai  e  di  altre  persone  di  classe  superiore,  le 
quali  lasciavano  le  chiese  per  assistere  a  quelle  nuove  funzioni  venute  alia 
moda.  Di  questo  abbandonamento  delle  Chiese  si  Iagn6  il  pastore  anglicano, 
€  finalmente  proibi  formalmente  1'uffizio  di  Exeter  Hall.  II  D*ttor  Taite  fece 
rimostranze,  raa  il  parroco  stette  fermo  e  persiste  nella  sua  proibizione  fon- 
data  sulle  vigenti  leggi.  Di  che  Lord  Shaftesbury  propose  al  Parlamento  di 
togliere  questo  divieto.  II  suo  discorso  fu  notevole.  Disse  die  il  popolo  ri- 
guarda  i  pastori  anglicani  come  signori  ben  vestili  e  meglio  pagati  e  non 
come  pastori,  e  che  vi  e  troppa  separazione  di  classi  nei  tempii  anglicani.  Egli 
dichiar6  che  mollinonvogliono  assolutamente  entrarenei  tempii  anglicani, 
dove  essi  si  trovano  Irattati  in  modo  nmiliante,  e  che  vi  e  una  distanza  ec- 
cessiva  fra  il  popolo  ed  il  Clero.  Parl6  poi  energicamente  dello  stato  d'igno- 
ranza  crassa  in  materia  di  religione,  in  cui  versano  le  classi  inferiori  del 
popolo,  e  dell' impossibility  di  rimediarvi  per  mezzo  del  Clero  anglicano.il 
Yescovo  anglicano  di  Londra  rispose  che  egli  non  approvava  la  proibizione 
fatta  dal  Parroco,  ma  che  vi  e  a  questo  proposito  una  diversita  di  opinione 
fra  i  Yescovi  anglicani.  Proponeva  che  si  stabilissero,  dopo  questo  Natale,  pre- 
diche  nelle  navate  delle  due  Catledrali  di  Londra,  le  quali  rimangono  vuote 
ed  inutili.  Intanto  i  Protestanti  dissidenti  dal  culto  anglicano  si  sono  impos- 
sessati  di  Exeter  Hall,  e  vi  predicano  ogni  domenica.  II  pseudo  Yescovo  di 
Londra  fece  una  visita  a  Spitalfields,  uno  dei  luoghi  piu  poveri  di  Londra,  e 
fece  una  predica  al  popolo,  il  quale  trasse  in  folia  ad  ascoltarlo.  Egli  vuol 
rivaleggiare  collo  Spurgeon,  accorgendosi  che  la  guisa  angficana  di  predi- 
caree  troppo  fredda.  Mala  vera  forza delPAnglicanismo  consiste nel danaro 
€  nel  potere  politico. 

2.  II  Parlamento  approv6  pienamente  la  facolta  data  dal  Goverao  alia 
Banca  d'Inghil terra  di  eccedere  i  limiti  tissati  dalle  leggi  del  1844,  quanturi- 
<jue  alcuni  economist!  dicessero  che  sarebbe  stato  meglio  di  mantenere  il  ri- 
gore  della  legge.  L'atto  d'indennizzazione  decretato  dal  Parlamento  dichiara 
validi  i  biglietti  emessi  dalla  Banca  oltre  il  limite  di  14  millioni,  e  sospen- 
de  il  limite  della  legge  del  18  14,  fino  a  28  giorni  dopo  la  prossima  convo- 
cazione  del  Parlamento.  II  medesimo  atto  dichiara  per6  che,  se  in  quello 
spazio  di  tempo  gli  sconti  della  Banca  saranno  meno  del  1.0  per  cento,  sara 
di  nuovo  in  pieno  vigore  la  legge  del  1844.  Alcuni  biasimano  questo  pror- 
Tedimento,  il  qtiale  per6  sembra  a  me  molto  savio.  Conciossiacche  quando 
diminuira  il  prezzo  degli  sconti,  diminuira  pure  1'entrata  dell'oro  di  fuori;  nel 
qual  caso  dee  la  Banca  diminuire  i  biglietti  che  sono  in  giro,  per  ristabilire 
1'equilibrio  del  sistema  e  per  cessare  lo  stato  straordinario,  in  cui  si  trova  al 
presente.  II  difficile  sara  1'assorbimento  della  quantita  straordinaria  de'bi- 
glietti.  Questo  avra  luogo  per  mezzo  della  parte  commerciale  della  Banca. 
L'entrata  dell'oro  di  fuori  aumentera  la  quantita  di  oro  nei  sotterranei  della 
Banca,  nel  dicastero  della  Carta  moneta;  e  quest'oro  sara  in  parte  cambiato 
contro  i  biglietti  trasferiti  dall'altra  parte  delPAmministrazione  della  Banca, 
quella  cioe  che  fa  il  negozio  di  Banchiere;  e  quei  biglietti  saranno  cancel- 
lati  di  mano  in  mano-  Ma  1'operazione  richiedera  qualche  tempo. 

La  Camera  dei  Comnni  ha  nominata  di  nuovo  la  Commissione  incaricata 
diesaminare  le  leggi  regolatrici  dellaBanca  e  della  moneta  del  Regno;  que- 


48  CRONACA 

sta  Commissione  deve  anche  indagare  le  cause  della  crisi  commerciale.  11 
risultatodei  suoi  lavori  sara  importante,  ma  non  e  difficile  di  prevederlo. 
Le  persone  piii  intendenti  giudicano  che  le  recenti  disgrazie  commercial! 
non  hannonu^la  che  fare  colla  legislazione  inglese.  Anzi  la  legge  del  1844 
impedi  maggiori  guai,  mantenendo  intatta  la  convertibilita  del  biglielto  in 
oro.  Se  quella  legge  fosse  stata  in  vigore  negli  Stati  Uniti,  non  avremmo 
forse  veduta  larovina  di  tante  famiglie  e  la  perdita  di  tanto  capitale  Gli 
economist!  americani  non  ricouobbero ,  disgaziatamente,  che  il  danaro 
non  e  semplicemente  una  mercanzia,  ma  e  un  istrumento  di  cambio;  sic- 
come  spiega  benissimo  Uipiano  (L.  i.  ff~.de  Contract. Empt.).  Percio  essi 
applicarono  al  danaro  il  principio  della  liberta  del  commercio,  e  ne  na- 
cque  uno  spirito  sfrenato  di  speculazione  fondato  sopra  un  credito  eccessivo, 
assurdo  ed  anzi  fraudoleuto.  Giimse ,  siccome  dovea  giungere  infallibil- 
mente,  il  momento  della  rovina.  Liverpool  e  Glasgow  ne  risentirooo  gli  ef- 
fetti,  i  quali  si  comunicarono  in  tutto  il  regno.  Nel  medesimo  tempo  una 
gran  somma  in  metallo  dovette  andare  nelle  Indie,  ed  il  metallo  nella  Ban- 
ca  d' Inghilterra  ha  diminuito  notabilmente,  essendo  il  cambio  col  di  fuori 
contrario  all'  Inghilterra.  Queste  circostanze  produssero  uno  spavento  nel 
commercio.  Diminuito  il  credito,  aument6  necessariamente  il  bisogno  di 
danaro.  La  Banca  dovette  aumentare  il  prezzo  degli  sconti,  e  non  pole  ba- 
stare  ai  bisogni  del  commercio  senza  eccedere  i  limiti  imposti  dalla  legge 
del  1844.  Ma  le  medesime  disgrazie  accaddero  in  Amburgo,  dove  uon  esiste  la 
carta  moneta,  e  dove  tutto  il  danaro  e  in  melallo.  Difatti  il  giro  non  puo  im- 
pedire  le  crisi  commercial!,  le  quali  sono  arenamenli  straordinarii  proJotti 
da  varie  circostanze. 

3.  Esiste  in  Londra  un  giornale,  che  si  stampa  ogni  sabato,  chiamato  The 
illustrated  news ,  ossia:  Lenotizie  illustrate.  Questo  giornale  e  molto  popo- 
lare,  perche  scrive  conformemente  alle  idee  comuni  secondo  le  circostanze 
dei  tempi.  Per  queste  feste  di  Natale  egli  pubblic6  un  numero  verarnente 
insigne,  non  tanto  per  la  varieta  dei  disegni,  quanto  perche  ci  fa  capire  Fidea 
popolare  protestante  della  santa  festa  del  Natale.  Nel  frootespizio  vi  e  rap- 
presentata  la  personificazione  del  Natale.  Or  qual  e  questa?  Qual  idea  del 
Natale  e  possibile  d'immaginare  piu  consolante  e  piii  gloriosa  di  quella  del- 
la  Santissima  Vergine  Madre  col  suo  divin  fanciullo?  Ma  no.  11  Nalale  6 
rappresentato  dal  giornale  protestante  nella  forma  di  una  gran  testa  di 
Satiro  ubbriaco,  che  si  sta  godendo  i  fumi  di  un  gran  vaso  di  punch  in- 
fiammato.  Intorno  gli  stanno  le  piante  emblematiche  del  culto  druidico. 
Gli  altri  disegni  rappresenlano  i  comforts  inglesi,  il  roast  beef,  il  plum  pud- 
ding, e  le  gozzoviglie  solite  in  questa  stagione.  Non  vi  si  vede  ne  noslro 
Signore,  ne  la  Madonna,  ne  alcuna  idea  di  Cristianesimo. 

4.  Difatti  lo  spirito  del  Protestantesimo  e  lo  spirito  materiale  che  riguarda 
sempre  la  Religione,  siccome  cosa  secondaria.  Lo  spirito  della  religione  di 
un  protestante  inglese  e  quasi  quello  del  paganesimo  romano.  Lo  spirita 
d'ambedue  e  superbo,  governato  dall'  idea  di  grandezza  materiale  e  di  po- 
tere,  ma  soprattutto  dalla  nazionalita.  L'anlico  Pagano  detestava  il  Cristia- 
nesimo come  religione  forestiera,  1'Inglese  fa  al  Catlolico  il  medesirao  rim- 
provero.  II  Romano  vantava  la  sua  religione  siccome  eminentemente  patria  e 


CONTEMPORANEA  249 

collegata  colla  sua  grandezza  e  letteratura,  e  cosi  fa  1'Inglese.  Quegli  rifiu- 
tava  di  abbandonare  la  religione  di  Cicerone,  di  Virgilio  e  di  Orazio,  per  ab- 
bracciare  quella  del  Pescatore  Pietro ;  quest!  si  vanta  di  conservare  la  reli- 
gione di  Shakespeare,  di  Milton,  di  Pitt  e  di  Canning.  II  Romano  diceva  al 
Cristiano,  come  1'  Ebreo  disse  a  Nostro  Signore :  Non  es  amicus  Caesarls: 
ed  altrettanto  dice  1'Inglese  al  Cattolico.  Agli  occhi  del  Romano  1'Imperatore 
era  il  Pontefice  Massimo  :  il  Sovrano  Protestante  Inglese  e  Capo  della  Chiesa 
Nazionale.  II  Romano  vantava  la  sua  religione  siccome  quella  sotlo  la  cui 
influenza  Roma  si  era  innalzata  ad  una  ricchezza,  ad  un  potere  e  ad  un  do- 
minio  prodigiosi.  Cosi  1'  Inglese  attribuisce  al  Protestantismo  la  ricchezza 
smisurata  eel  il  vastissimo  Impero  deU'Inghilterra  e  ne  deduce  la  prova  della 
verita  dello  stesso  Protestantismo,  e  dei  meriti  religiosi  della  nazione.  Cosi, 
secondo  la  Teologia  inglese  ,  il  ricco  Epulone  avrebbe  dovuto  esser  tras- 
portato  nel  seno  di  Abramo  ed  il  povero  Lazzaro  meritava  di  cadere  nel- 
1'Inferno.  II  pagano  disprezzava  la  semplicita  dei  Santi ;  1'  Inglese  disprezza 
le  opere  dei  Santi  Padri.  E  se  ha  qualche  rispettu  a  S.  Paolo  si  e  perche  (co- 
me ho  udito  piu  volte  io  stesso  dire  fra  i  protestanti)  egli  era  un  gentleman 
ed  un  cittadino  romano.  Finalmente  1'antico  Romano  tollerava  tutti  i  culti 
e  tutti  gli  Dei,  eccetto  che  la  sola  vera  religione  cattolica  ed  il  solo  vero  Dio 
Salvatore  Nostro.  Cosi  in  Inghilterra  e  altamente  professata  1'eguaglianza  di 
tutti  i  culti ,  la  quale  esiste  veramente ,  eccetto  che  per  la  Religione  cat- 
tolica. 

5.  II  solito  Messaggio  del  Presidente  degli  Stati  Uniti  ha  un  interesse  par- 
ticolare  in  Inghilterra  ed  influira  sopra  la  decisione  del  Parlamento  nell  af- 
fare  della  Banca  e  della  moneta.  II  Presidente  Buchanan  vi  sostiene  valida- 
mente  i  principii  della  legge  inglese  del  1844.  Parlando  delle  recenti  disgra- 
zie  egli  dice :  «  e  evidente  che  le  noslre  disgrazie  nacquero  dal  nostro  si- 
stema  vizioso  e  stravagante  di  Carta  Moneta  e  del  Gredito  delle  Banche,  il 
quale  eccit6  il  popolo  ad  intraprendere  speculazioni  troppo  ardite  ed  assur- 
de,  ed  a  giocare  sui  fondi  pubblici. »  Egli  si  lagna  del  potere  illimitato  che 
hanno  le  Banche  di  mettere  in  giro  carta  moneta,  fondata  solamente  sul  Cre- 
dito,  e  condanna  giustamente  1'  applicazione  del  principio  della  liberta  del 
Commercio  al  sistema  della  moneta. 

6.  II  Ministero  ha  fatto  conoscere  alia  Compagnia  delle  Indie  le  sue  in- 
tenzioni  riguardanti  il  nuovo  sistema  di  governo  indiano  che  sara  propo- 
sto  al  Parlamento.  La  cosa  rimane  per  ora  un  segreto,  ma  si  sa  in  generale 
che  il  Governo  proporra  1'abolizione  del  famoso  governo  doppio  (double  go- 
vernment) il  quale  divide  il  governo  fra  due  Corpi,  cioe  la  Compagnia  ed  il 
Board  of  Control,  il  quale  consiste  in  pratica  in  un  Ministro  del  gabinetto 
con  un  segretario.  Forse  si  formera  un  Consiglio  presieduto  da  un  Segre- 
tario  di  Stato.  Ci  vuole  tutto  il  coraggio  di  un  Palmerston  per  intraprendere 
un  tal  cambiamento. 

-7.  (Giunta  dei  compilatori) .  Come  dei  passi  che  fa  verso  il  suo  sciogli- 
mento  la  questione  Danese  e  la  Danubiana,  cosi  di  quelli  che  fa  verso  il  Tamigi 
il  Leviatan  ci  tengono  ora  i  giornali  informati  tutti  i  giorni  diligentemente,  ed 
anche  talvolta  per  mezzo  di  dispacci  telegrafici.  II  Leviatan  c  il  piu  grande 
arnese  che  la  mano  dell'uomo  abbia  linora  fabbricalo  coli'intenzionediget- 


250  CRONACA 

tarlo  in  mare  e  navigarvi  sopra.  Intenzione  che  perora  non  si  eadempiutaT 
perche  tutte  le  macchine,  postevi  atlorno  per  vararlo,  non  valsero  fmora  a 
smuovere,  se  non  che  pochissimo,  un  si  grande  colosso.  Esso  ha  680  piedi 
da  poppa  a  prora,  e  60  dalla  chiglia  al  ponte ;  e  largo  83  piedi ;  portera  se- 
co  18  mila  tonnellate  di  carbone,  \  mila  passeggieri,  ovvero  10  mila  sol- 
dati  ad  un  bisogno  :  dee  camminare  con  una  macchina  ad  elice  e  due 
altre  ordinarie,  alimentate  dal  vapore  di  dieci  caldaie  e  dal  fuoco  di  cen- 
to fornelli.  Oltre  a  ci6  avra  sette  alberia  vele.  Ilpiroscafo  e  tutto  di  ferro, 
ha  400  uomini  di  equipaggio,  un  gazometro  per  illuminare  il  legno,  ed 
una  tipografia  per  la  pubblicazione  regolare  di  un  giornale  che  rallegrera 
gli  ozii  dei  viaggiatori.  I  piii  grandi  vascelli  fmora  costruili  sono  nani  al 
suo  paragone;  e  dicono  che  il  Wellington,  orgoglio  delta  flotta  inglese , 
pu6  ricoverarsi  come  una  barchetta  sotto  le  mura  di  questo  nuo\o  mostra 
marino. 

Ma  a  quale  scopo  una  nave  si  colossale  ?  Se  si  tratta  solamente  di  fab- 
bricare  una  nave  gigante,  non  ci  vuole  grande  ingegno  a  capire  che,  chi 
avesse  due  milioni  di  piu  che  i  quindici  che  cost6  il  Leviatan,  potrebbe 
averne  una  piu  grande  ancora.  Ma  con  qual  pro?  Prima  di  tutto  si  pre- 
vede  che  esso  col  pescare  che  fa  tanti  piedi  di  acqua,  non  potra  entrare  nel- 
la  maggior  parte  dei  porti.  La  sua  lunghezza  parimente,  impedendogli 
di  girare  inlorno  a  se  stesso  in  uno  spazio  minore  di  settecento  piedi  di 
lunghezza  di  acqua  profonda ,  V  impedira  pure  di  entrare  nei  fiumi  se 
pure  non  vuole  poi  rimanervi  iuchiodato.  Ed  in  fatti  ora  che  si  tratta  di 
vararlo,  si  tenta  di  farlo  scivolare  di  fianco ,  giacche  il  Tamigi  dall'  una 
air  altra  riva  non  ha,  sopra  spazio  sufliciente ,  una  bastevole  profondita  di 
acqua  da  sostenere  la  lunghezza  di  tale  vascello.  A  che  fine  dunque  un 
si  grande  colosso,  se  poi  ne  i  porti  ne  i  fiumi  lo  possono  albergare?  Que- 
ste  ed  altre  considerazioni,  alle  quali  il  fatto  dari  poi  il  loro  giusto  valore, 
fanno  ora  molti  giornali  contro  la  Compagnia  che  ha  voluto  fare  questa 
nuova  speculazione  commerciale ;  e  specialmente  notano  che  la  velocita 
maggiore  del  legno  sara  probabilmenle  controbilanciata  dalla  maggiore 
perdita  di  tempo  nello  sbarcare  lungi  dal  porto  e  sopra  barche  le  merci  ed 
i  passeggieri.  Checche  sia  della  futura  utilita  di  questo  vascello,  il  certo  pero 
si  e  che  ha,  fin  d'  ora,  qualche  significazione  il  nome  massonico  di  Grande 
orientale  (Great  eastern)  datogli  prima  del  suo  compimento,  e  1'altro  non 
meno  diabolico  di  Leviatan  che  ora  porta  per  consiglio ,  dicono ,  di  una 
donna.  Lo  spirito  materiale  del  secolo  non  potea  trovare  nomi  pui  adatli 
ad  una  sua  opera  si  gigantesca;  ne  1'  esito  infelice  dei  tentativi  fmora  fatti 
per  coronare  il  lavoro  viene  meno  a  proposito  per  farci  sovvenire  della 
Torre  di  Babele. 

8.  La  felicita  del  popolo  inglese  ci  e  cosi  descritta  da  un  recente  articolo  del 
Daily  News,  il  quale  raccomandiamo  all'attenta  lettura  degli  economisti  ita- 
liani  che  neiringhilterra  vedono  il  non  plus  ultra  della  prosperita  commer- 
ciale «  Pare  (dice  il  foglio)  che  i  nostri  confratelli  giornalisti  vogliano  ad  ogni 
modo  ignorare  la  triste  realta  della  miseria  de'  nostri  operai.  >"oi  sappiamo 
che  in  tutta  la  contea  di  Lancastre  si  chiudono  le  porte  delle  fabbriche  e  si 
cominciano  ad  udire  i  sordi  lamenti  degli  operai  sema  lavoro.  A  Blackburn 


CONTEMPOIUNEA.  251 

undid  filatoi  di  cotone  sono  stati  chinsi  in  un  giorno  solo.  Nella  ultima  riu- 
nione  dell'ufficio  de'poveri,  3,378  persone  hanno  ricorso  al  suo  aiuto ».  E  do- 
po  aver  recall  parecchi  altri  fatti  di  chiusure  di  fabbriche,  il  giornale  aggiun- 
ge  « Noi  preghiamo  i  fabbricanti  di  non  diminuire  ne  il  lavoro  ne  il  salario: 
essi  non  debbono  operare  alia  leggiera  contro  i  fondamenti,  sui  quali  riposa 
]a  prosperita,  se  non  1'esistenza  loro  ».  Con  tali  fondamenti  e  chiaro chela 
prosperita  e  molto  fittizia  e  labile. 

Poco  dopo  una  relazione  data  dal  capo  di  polizia  di  Manchester  facea  noto 
che  di  87  fabbriche  di  cotone  con  24,294  lavoranti ,  non  erano  piu  aperte 
che  trenta  con  10,273  lavoranti.  E  con  questa  ed  ancor  maggiore  proporzio- 
ne  si  notano  come  chiuse  pure  le  altre  fabbriche  di  ogni  altro  arnese,  non 
solo  in  Manchester,  ma  in  moltissime  altre  citta  popolose,  con  quel  seguito 
di  miseria  e  di  vera  fame  che  ognuno  si  pu6  immaginare. 

Da  un  arlicolo  del  Times  ricaviamo  inoltre  che  la  perdita  cagionata  ai 
commercianti  inglesi  dagli  ultimi  fallimenti  si  calcpla  essere  di  45  milioni 
di  lire  sterline,  circa  il  doppio  della  perdita  recata  dai  fallimenti  del  1847. 
Lo  stesso  foglio  aggiunge  che ,  sommando  questa  cifra  con  quella  del  falli- 
menti delle  province ,  si  pu6  ricavare  una  perdita  totale  di  50  milioni  di 
sterline  che  vuol  dire  mille  e  dugencinquanta  milioni  di  franchi. 

II  Morning  advertiser  poi  deplora  specialmente  la  miseria  cagionata  in 
Iscozia  dalla  crisi  commerciale :  miseria  ch'  egli  dice  enorme  ,  principal- 
mente  per  parecchie  migliaia  di  miseri  ridotti  alia  piu  dura  poverta. 

AMERICA.  \ .  ftfessagio  del  Presidente  —  2.  Trattato  col  Nicaragua  — 
3.  La  crisi  —  4.  Mormoni. 

1.  11  sig.  Buchanan,  Presidente  degli  Stati  Uniti,  ha  indirizzato  al  Congres- 
so  americano  il  suo  primo  Messaggio,  come  lo  chiamano ,  ossia  un'  esposi- 
zione  delle  condizioni,  in  cui  si  trova  la  repubblica  sia  nel  suo  interno  sia 
nelle  sue  relazioni  cogli  Stati  forastieri.  E  quanto  alle  interne  condizioni 
dello  Stato,  il  presidente  discorre  principalmente  della  crisi  commerciale,  le 
cui  cause  egli  trova  nella  piena  liberta  e  temerita  delle  operazioni  delle 
Banche,  non  frenate  da  alcuna  legge  che  le  obblighi  a  dare  cauzioni  e  gua- 
rentigie.  « E  evidente,  dice  il  sig.  Buchanan,  che  questa  disgrazia  proviene 
unicamente  dal  nostro  sistema  vizioso  e  stravagante  di  carta  moneta  e  del- 
le Banche,  che  eccitano  il  popolo  a  stolte  speculazioni  ed  ai  giuochi  di  Bor- 
sa.  Queste  crisi  accadranno  sempre  periodicamente,  finche  la  circolazione 
della  carta  moneta,  i  prestiti  e  gli  sconti  saranno  confidati  alia  discrezione 
di  quattrocento  Banche  non  responsabili ,  che  per  loro  natura  non  cercano 
altro  che  il  loro  intcresse.  »  Quanlo  ai  mezzi  di  prevenire  il  ritorno  di  al- 
tra  crisi ,  il  presidente  ne  accenna  parecchi ,  e  conchmde  linalmente  col 
riposarsi  sopra  « il  patriottismo  e  la  saviezza  degli  Stati,  i  quali  potranno  for- 
zare  le  Banche  ad  avere  in  deposito  almeno  il  terzo  dei  fondi  che  hanno 
in  giro  »  Se  ci6  non  basta  egli  propone  che  si  lolga  alle  Banche  il  diritto  di 
cmettere  biglietti,  mutandole  in  banche  di  solo  sconto. 

Venendo  poi  alle  relazioni  dell'  America  cogli  altri  Stati,  il  Messaggio  si 
stende  specialmente  sopra  il  trattato  gia  conchiuso  ed  ora  sconchiuso  col- 


252  CRONACA 

1' Inghilterra  per  1' America  centrale.  Diciamo  clie  il  trattato  e  sconchiuso, 
giacche  questo  inline  signilicano  le  parole,  colle  quali  si  prova  a  lungo  clie 
quel  trattato  non  si  pu6  interpretare,  e  clie  conviene  percio  fame  un  altro. 
Recate  poi  alcune  cose  di  poco  rilievo  riguardo  alia  Francia,  alia  Spagna  cd 
alia  Russia,  il  Messaggio  ci  da  alcune  spiegazioni  sopra  la  parte  che  1'  A- 
merica  intende  prendere  alia  questione  colla  Cina.  Questa  parte  sappiamo- 
ora  essere  pienamente  pacifica  e  diretta  ad  ottenere  trattati  di  rommercio. 

Gravi  parole  dice  il  Presidente  contro  i  filibustieri  in  generate  e  il  Wal- 
cker  in  particolare:  il  quale  se  e  potuto  ripartire  di  America  per  guerrcg- 
giare  contro  il  Nicaragua,  il  Buchanan  dice  che  non  e  colpa  sua:  giacche 
egli  e  partito  senza  che  egli  lo  sapesse:  che  se  1'  avesse  saputo,  certamentc 
1'  avrebbe  impedito. 

Del  trattato  poi  conchiuso  poco  fa  dagli  Stati  Uniti  col  Nicaragua,  contra 
cui  gridano  si  alto  i  giornali  inglesi,  il  Presidente  tace  pienamente,  e  solo 
ne  fa  un  cenno  da  lungi,  quando  dichiara  che  gli  Stati  Uniti  hanno  piu  che 
altri  il  diritto  di  mantenere  sicuro  il  passaggio  dell'  Istmo,  e  chiede  che  il 
Congresso  dia  al  Presidente  la  facolta  di  inviare  cola  truppe  a  questo  scopo.. 
quando  ne  venga  il  bisogno. 

Quanto  ad  altre  question!  il  Messaggio  non  ci  da  notizie  piu  chiare  di. 
quelle  che  gia  sapessimo  d'  altronde.  Solo  e  da  notare  in  generate  che  il 
Buchanan  usa  in  esso  tin  linguaggio  assai  prudente  e  conciliative  riguardo> 
alle  altre  Potenze.  II  che  fece  dire  al  Times  che  il  Messaggio  del  Presidente 
degli  Slali  Uniti  tende  ogni  anno  piu  a  diventare  quello  che  negli  Stati  par- 
lamentari  di  Europa  e  il  cosi  detto  discorso  della  Corona. 

Un  solo  pun  to  per6  diede  occasione  a  lamenti  assai  gravi  dei  giornali 
inglesi,  ed  6  il  trattato  detto  Clayton-Bulwer  dal  nome  dei  plenipotenziarii 
che  lo  sottoscrissero.  L'  Inghilterra  mantiene  che  il  trattato  e  chiaro  e  va- 
lido  e  non  intende  di  sconchiuderlo  per  conchiuderne  un  altro.  L'  Ameri- 
ca sostiene  che  il  trattato  e  oscuro  e  invalido  e  propone  di  fame  un  al- 
tro. La  questione  consiste  in  questo  che  il  trattato,  secon do  1' Inghilterra, 
lascia  a  lei  i  territorii  che  aveva  nell'  America  cenlrale,  e  solo  vieta  ch& 
d'ora  innanzi  sia  occupatoda  qualsivoglia  Potenza  qualche  altro  trattodel- 
1'  istmo :  laddove  Y  America  sostiene  che ,  poiche  1'  istmo ,  secondo  il  trat- 
tato, ha  da  essere  neutrale,  1'  Inghilterra  dee  sgombrare  quelle  parti  del- 
1'  istmo  che  ora  possiede.  II  Presidente  propone  nel  Messaggio  che  il  trat- 
tato si  consideri  come  non  avvenuto :  1'  Inghilterra  non  intende  cedere  lo 
sue  terre.  Intanto  si  aspetta  1'  esilo  delle  pratiche  che  si  debbono  comin- 
ciare  col  nuovo  ambasciatore  Inglese  sig.  Gore  Ouseley. 

2  II  New-Yorck  Herald  da  ora  il  testo,  ch'egli  dice  autentico,  del  trattato  tra 
gli  Stati  Uniti  e  la  Repnbblica  di  Nicaragua:  ed,  o  siao  non  sia  autenlico,  il 
cerlo  e  ch'esso  differisce  in  cose  essenziali  da  quel  primo  sunto  che  i  giorna- 
li americani  ne  diedero.  secondo  che  esponemmo  nel  passato  quademo.  Ed 
in  prima  non  si  trova  punto  concesso  agli  Stati  Uniti  il  diritto  di  occupare. 
immediatamente  la  via  che  attraversa  1'Istmo  di  Panama,  per  proteggere  il 
libero  passaggio  per  essa,  nel  caso  in  cui  il  Governo  di  Nicaragua  non  po- 
tesse  proteggerlo  da  se.  Neanco  vi  si  trova  la  promessa  per  parte  dell'  Unio- 
ne  americana  di  inseguire  il  Walker  e  di  ricondurlo  agli  Stati  Uniti.  Sola- 


CONTEMPORANEA. 

mente  si  dice  nell'  articolo  2  che  gli  Stati  Unitiguarentisconola  protezione- 
e  la  ueutralita  della  via  da  aprirsi  per  1'  istmo  a  tutte  le  nazioni.  II  che  die- 
de  occasione  al  sospetto  inglese  che  gli  American!  non  siano  per  prevaler- 
si  di  questo  diritto  di  protezione  per  occupare  di  fatto  quel  punto  si  impor- 
tante  per  le  relazioni  commercial!  del  mondo.  E  fra  tutti  i  giornali  si  lagna 
di  questo  specialmente  il  Morning  Post,  il  quale  ricorda  siccome  il  traltato- 
Glayton-Bulwer,  Ira  gli  Stati  Uniti  e  1'  Inghilterra,  avea  appunto  per  iscopo 
di  impedire  gli  uni  e  I'  altra  dall'  acquistare  un  nuovo  territorio  nell'  Ame- 
rica centrale  ed  un  dritto  qualunque  -sopra  la  strada  dell'  istmo  di  Panama- 
Aggiunge  il  Morning  Post  che  il  gabinetto  di  Washington  ha  promossa  e  fa- 
vorita  1'evasione  del  Walker,  per  avere  un' occasione  di  esercitare  nell' Ame- 
rica centrale  il  diritto  che  gli  compete  in  forza  del  nuovo  traltato.  Delia 
spedizione  poi  del  filibustiere  americano  non  si  hanno  finora  notizie  certe 
tranne  quella  del  suo  sbarco  sulle  coste  dell'America  centrale. 

3.  Mentre  per  colpa  delle  folli  speculazioni  americane,  quasi  lutto  il  com- 
mercio  europeo  e  in  angustie,  con  quelle  tristi  conseguenze  di  fallimeoti  e~ 
di  miseria  che  tutti  ora  stiamo,  se  non  provando  in  casa  nostra,  almeno 
commiserando  neH'altmi;  i  giornali  americani  se  la  pigliano  molto  conso- 
lata,  confortandosi  col  pensiero  che  in  fine  poi  chi  piu  ne  softre  si  e  1'  Eu- 
ropa.  «  11  nostro  debito  verso  gli  stranieri,  dice  il  New-York  Herald,  e  in. 
buona  via  di  pagamento,  giacche  i  debitor!  sono  insolvibili.  II  t'abbricante 
inglese  e  francese  perdera  una  parte  o  il  tutto  del  suo  credito ,  e  le  ricchezze- 
rimarranno  a  noi  ».  Sopra  il  qual  testo  ragiouando  il  giornale  dei  Dibatti- 
menti  «  ecco,  dice  un  tratto  caratteristico  de'  costumi  americani :  quando  le- 
ricchezze  loro  restano,  essi  sono  contenti  di  quanto  possa  accadere  altrui  ».. 

4.  La  guerra  degli  Stati  Uniti  contro  i  Mormoni  sembra  dovere  durare  piu 
di  quello  che  il  Governo  federate  credeva,  quando  si  contento  d'inviar  con- 
tro essi  quel  debole  corpo  di  truppe  che  ora  ein  cammino  verso  1'Utah.  It 
Colonnello  Alexander,  che  comanda  1'antiguardia,  era  giunto  il  2  di  Ottobre 
a  30  miglia  dal  forte  Bridger,  occupato  da'  Mormoni,  quando  ricevette  da 
Brigham  Young,  capo  dei  Mormoni,  1'ordine  di  retrocedere.  Che  se  per  la. 
stagione  d'  inverno  non  potea  ci6  fare,  gli  si  concedeva  di  fermarsi  do- 
v'era,  purche  deponesse  le  armi  nelle  mani  di  Lewis  Rolinson,  latore 
dell'  ordine  di  Brigham  Young.  II  Colonnello  Alexander  seguit6,  com' era 
da  credere,  il  suo  cammino,  ma  un  bel  giorno  fu  sorpreso  dai  Mormoni  ebe^ 
distrussero  i  suoi  corivogli  di  viveri.  Di  che  costretlo  a  mutare  direzione  il 
Colonnello  si  volse  verso  Soda  Spring,  dove  ora  egli  aspetta  d'incontrarsi 
coi  Mormoni  in  armi.  Se  vince,  seguira  il  suo  cammino  verso  la  citfa  del 
Lago  Salato :  se  e  vinto  ha  dietro  s6  una  via  che  il  conduce  a  luogo  sicuro. 
Si  teme  per6  molto  ch'  egli  non  sia  anzi  vinto  che  vincitore,  giacche  i 
Mormoni  sono  ben  in  armi,  e  pare  che  anche  siano  soccorsi  dagl'  Indiamr, 
di  cui  il  Brigham  e  caldo  protettore  ed  amico.  E  poi  certo  che  il  Presideote 
Buchanan  intende  di  domare  i  Mormoni,  giacche  nel  suo  Messaggio  disse 
forti  parole  contro  quei  ribelli,  protestando  essere  sua  intenzione  di  volere 
ad  ogni  modo  vincere  quella  ch'  egli  dice  essere  la  prima  rivoluzione  acca- 
duta  negli  Stati  Uniti. 


2o4  CRONACA 


NOTIZIE  VARIE.  1.  Russia.  —  2.  I  Principal!  danubiani  — 
3.  Turchia  —  4  Cina  —  b.  India. 

1 .  Parecchie  voile  il  nostro  corrispondente  della  Russia  ha  tenuto  discorso 
dell'emancipazione  del  servi  che  1'Imperatore  Alessandro  stava  preparando. 
Ora  i  giornali  recano  alcuniatti  del  Governo  russo  a  questo  proposito.  Essi 
?ono  un  rescritto  imperiale,  e  due  circolari  del  Ministero.  II  rescritto  e  di- 
retto  al  gorernatore  generale  di  Kovno,  Vilno  e  Grodno,  province  dove  la 
nobilla  fu  unanime  nel  chiedere,  prima  che  altrove,  la  emancipazione  del 
servi ;  e  concede  che  si  venga  a  mano  a  mano  alia  emancipazione,  proponendo 
i  varii  gradi  per  cui  procedere.  Le  due  lettere  circolari  poi  entrano  ueipar- 
ticolari  phi  minuti,  e  spiegano  il  modo  pratico  di  effettuare  la  desiderata 
emancipazione,  senza  ledere  rerun  diritto. 

11  Constilutionnel  reca,  nel  suo  N.°  de'  26  Dicembre,  una  vera  ritrat- 
tazione  di  alctme  congetture,  ptibblicate  da  lui  in  una  sua  corrispondenza  di 
Germania,  a  proposito  della  parte  che  la  Russia  intendeva  prendere  nella 
questione  dei  Ducati  Danesi.  Egli  aveva  narrate  che  la  Russia  voleva  intro- 
mettersi  negli  afFari  tedeschi  e  proteggere  non  tanto  i  Ducati,  quanto  la  pro- 
pria  influenza  in  Germania.  II  che  egli  corregge  nel  numero  citato,  assicu- 
rando  che  la  Russia,  1'  Inghilterra  e  la  Francia  sono  d'  accordo  nel  volere 
conciliare  gli  animi  quinci  dei  Ducati  e  quindi  della  corte  di  Gopenaghen.  Si 
pu6  perci6  sperare  che  la  Dieta  germanica  non  si  opporra  ai  voti  di  questi 
tre  grandi  Potentate  col  dare  interamente  il  torto  alia  Danimarca  o  ai  Duca- 
ti, ma  stara  in  quel  giusto  mezzo  che  avra  per  conseguenza  di  assicurare 
a  qaellarintegrita  della  monarchia  ed  a  questi  la  pienezza  dei  loro  diritti. 

2.  Gonviene  confessare  che  la  guisa ,  onde  finora  si  comportarono  i  due 
Divani  o  Parlamenti  di  Bukarest  e  di  Yassy,  non  e  stata  tanto  savia  da  po- 
ter  conciliare  loro  le  simpatie  del  mondo  politico.  Essi  hanno  compiuto  di 
fatto  i  loro  lavori:  non  gia  perche  abbiano  fatto  ci6  che  doveano  fare,  ov- 
vero  perche  siano  stati  impediti  dal  farlo;  ma  perche  incaponitisi,  come 
fanciulli  malotici,  a  fare  solamente  ci6  che  volevano,  hanno  voluto  occuparsi 
delleloro  utopie  politiche,  senza  prendersi  molta  briga  dello  scopo,  per  cui 
furono  convocati.  Quello  di  Rukarest  ossia  il  Valacco,  dopo  aver  approvato 
il  testo  del  suo  Memorandum,  che  da  le  ragioni  per  cui  si  ha  da  fare  T  u- 
nione  dei  due  principal!,  chiuse  le  sue  tornate  fin  dal  principio  di  Novembre. 
II  Moldavo  poi ,  se  si  ha  da  credere  a  certe  corrispondenze ,  si  sciolse  verso 
la  metadel  Dicembre.  La  Commissione  internazionale  di  Bukarest,  vedendo 
questo  volontario  silenzio  dei  Divani,  scrisse  loro  una  lettera,  in  cui  gl'in- 
vilava  a  Tolersi  occupare  anche  delle  leggi  amministralive :  ma  i  Divani  ri- 
sposero  che  prima  volevano  sapere  se  il  congresso  di  Parigi  approvera  il  lo- 
ro roto  dell'  Unione.  Di  che  la  Porta  invi6  una  nola  a  lutte  le  Corti  che 
avranno  voce  nel  congresso,  facendo  loro  sapere  che  i  Divani  doveano  essere 
sciolti  prima  del  congresso,  avessero  o  non  avessero  finiti  i  loro  lavori. 

Se  i  Dirani  non  vollero  occuparsi  delle  leggi  amministrative ,  si  occupa- 
rono  per6  con  premura  di  leggi  di  persecuzione  contro  la  Gbiesa  cattolica, 


CONTEMPORANEA  255 

facendo  con  ci6  intemlere  da  quale  spirito  erano  mossi.  E  noi  confcssianio 
che,  fin  dal  principio,  vedendo  come  la  causa  de'Rumeni  era  spalleggiata  dal 
giornale  de'  Debats  e  da  altri  liberal!  europei,  abbiamo  subito  prcsagi&o  die 
quei  Divaui  doveano  essere  aiiticattolici  ben  di  cuorc.  lofatti  il  Divauo  molda- 
vo  decise  che  fosse  nullo  il  matrimonio  di  una  moldava  con  un  cattolico :  che 
venti  anni  di  soggiorno  nel  paese  non  bastassero  a'cattolici  per  ottenere  la 
cittadinauza,  ed  altrettali  leggi  di  intolleranza  religiosa,  votate  a  nome  del 
liberalismo.  Le  ultimo  notizie  poi  recano  che  e  decisu  giii  On  d'ora  ia  futu- 
ra  sorte  dei  principal},  iquali  sono  destinati  ad  essere  separati  politicamen- 
te  ed  uniti  solo  amministrativamenle. 

3.  Due  avvenimenti  di  qualche  rilievosono  statiin  Gostantinopoli,  lapar- 
tenza  di  Lord  Stratford  di  Redcliffe  ambasciatore  iuglese  e  1'arrivo  del  Les- 
seps.  Quegli  dicesi  che  sia  partito  per  sempre,  quantunque  egli  abbia  an- 
nunziato  che  fra  tre  mesi  sarebbe  ritornato.  Questi  dicesi  giuuto  per  otte- 
nere 1'  ultima  e  la  ditinitiva  sanzione  della  Porta  per  il  taglio  dell'itsmo  di 
Suez.  La  Porta  si  trova  in  quest'  affare  posta  fra  due;  giacche  dall'un  lato 
I'lnghilterra  vi  e  contraria  e  dall'altro  la  Francia  1'esige.  Che  fare?  Dicono 
che  la  Porta  in  tale  frangente  chieda  come  cosa  preliminare  che  1'  Inghil- 
terra  le  restituisca  prima  1'isola  di  Perin:,  e  poi  le  due  Poterize  si  pongano 
fra  loro  d'accordo.  E  chiaro  che  il  taglio  non  si  effettuera  si  presto,  se  si 
hannoda  verificare  queste  due  previe  condizioni. 

Quanto  al  malumore  che  correva  tra  I'Ambasciatore  francese  ed  Aali-Pa- 
scia,  esso  si  e  ora  pienamente  dileguato :  del  che  si  allega  da  alcuni  per  ca- 
gione  la  partenza  dello  Stratford  e  per  effetto  il  taglio  dell'itsmo. 

4. Della  Gina  si  annunziano  quotidianamente  prossimi  avvenimenti  drguer- 
ra,  i  quali  paiono,  secondo  i  giornali,  doversi  ridurre  alia  presa  di  Canton. 
Gli  europei  non  saranno  cosicostretlidi  dichiarare  laguerra  all'lmperalore 
della  Cina,  e  si  contenteranno  di  guerreggiare  il  celebre  Yeh,  Governatore 
di  Canton.  Ma  della  presa  della  citta  e  chiaro  che  1'Imperatore  dovra  saper- 
ne  qualche  cosa :  quindi  si  crede  che  egli,  a  questa  novella,  spedira  amba- 
sciatori  che  tratti.no  cogli  inviati  europei.  Altri  dicono  che  il  disegno  delle 
armate  unite  si  e  d'impedire  1'inviodel  riso  a  Pechino,  avendo  la  sperienza 
dimoslrato  che  la  Cone  ciuese  non  si  piglia  molta  pena  del  vedere  saccheg- 
giate  alcune  loutanc  province  del  suo  immense  Impero  ;  ma  quando  vede 
mancato  ilcibo  al  popolaccio  di  Pechino  si  suole  subito  arrenclere;  siccome 
difatto  e  accaduto  nell' ultima  guerra.  Ad  ogni  modo  il  certo  si  e  che,  poi- 
che  ora  il  permettono  gli  affari  indiani,  cominciano  a  giungere  nella  Cina  i 
rinforzi  inglesi,  si  che  non  e  a  credere  che  debba  niolto  tardare  i'annunzio 
di  un  qualche  fatlo  d'armi. 

Ma  il  curioso  si  e  che  ora  gl'  Inglesi  paiono  essere  malcontent!  del  soc- 
corso  francese.  Questo  almeno  lascia  intendere  il  China  mail,  giornale  in- 
glese  che  si  pubblica  nella  Ciua  ,  il  quale  si  lagua  della  presenza  deir  ar- 
mata  francese ,  e  teme  ch'  essa  non  voglia  prendere  alia  guerra  piii  parte 
di  quello  che  gl'interessi  inglesi  esigerebbero.  Al  qual  proposito  I' Ami  de  la 
Religion  dice,  assai  saviamente,  nel  suo  N.0  dei  22  Dicembre,  che  questi  la- 
menti  mostrano  «  che  gl' Inglesi  recano  per  ogni  dove  il  loro  spirito  esclu- 


256  CRONACA  CONTEMPORANEA 

shro,  ed  il  loro  patriottismo  stretto  ed  interessato»;  giacche  quando  la  ribel- 
tione  dell'India  minacciava  di  volersi  prolungare,  e  1'Iughilterra  si  trovava 
in  male  acque,  essa  si  volgeva  pietosa  alia  Francia  ed  invocava  il  suo  aiu- 
lo  a  nome  del  trattato  di  Whampoa  e  della  civilla  cristiana.  Ma  ora  che 
t'lnghilterra  si  trova  libera  ad  operare  da  se,  gl'Inglesi  della  Cina  vorrebbero 
che  1'armata  francese  ed  il  Barone  Gros  veleggiassero  verso  la  Francia. «  Ma 
noi,  dice  I' Ami  dc  la  Religion,  abbiamo  de'conti  da  regolare  colla  Cina  che 
ha  ucciso  un  nostro  missionario.  Questi  interessi  valgono  hene  quelli  del 
commercio  inglese  e  de'funesti  portatori  dell'oppio.»  Le  quali  cose  non  me- 
no  acerbamente  dice  pure,  contro  gli  Inglesi  della  Cina,  il  Constitutionnel  dei 
20  Dicembre ,  il  quale  per6  aggiuuge  che  non  cosi  la  pensa  il  Governo  in- 
glese piu  che  mai  persuaso  del  bisogno  di  stare  in  buoni  termini  col  Go- 
verno francese  ,  e  del  diritto  che  questo  ha  d'  intervenire  coll'  Inghilterra 
nella  questione  della  Cina. 

5,  Lo  scontro,  che  si  prevedeva  vicino,  tra  gl'Inglesi  ed  i  ribelli  sotto  Lu- 
oknow,  ha  ora  avuto  luogo  colla  meglio  dei  primi,  i  quali  riuscirono  a  li- 
berare  la  guarnigione  assediata,  e  forse  anche  a  prendere  la  citta  che  era 
in  potere  dei  ribelli.  Sir  Colin  Campbell,  giuntoil  13  dinanzi  alia  citta,  do- 
vette  combattere  per  sei  giorni,  prima  di  potere  salvare  gl'  Inglesi  chiusi 
Bella  residenza :  il  che  non  ottenne  senza  gravi  perdite  toccate  ai  suoi  12 
mila  uomini,  i  quali  alcuni  dispacci  aumentano  fino  a  22  mila. 

Se  poi  il  Campbell,  oltre  al  liberare  gl'Inglesi  assediati,  sia  pervenuto  a 
cacciare  di  Lucknow  le  molte  migliaia  di  ribelli  che  vi  erano,  la  cosa  e  fi-~ 
nora  molto  dubbia,  ne  pare  che  si  possa  decidere  ne  anche  con  congbiettu- 
re.  Basta  poi  che  la  cosa  sia  dubbia,  perche  essa  si  dia  per  certa  in  sen- 
so  opposto  da  varii  giornali.  Percib  i  giornali  inglesi  cantano  un  inno  di 
trionfo  solenne,  come  se  ora  fosse  pacificata  1'India,  ne  ci  foesero  piu  ribelli 
da  vincere,  ne  paese  da  conquistare:  ed  i  giornali  poco  teneri  dell'  Inghil- 
terra fe  sono  moltissimi)  osservano  che,  dopo  la  presa  di  Delhi,  si  era  pure 
<lagli  Inglesi  cantato  il  trionfo :  il  che  per6  non  tolse  che  i  ribelli  uon  fa- 
cessero  capo  a  Lucknow.  Qual  conto  dunque  fare  di  questo  novello  trionfo, 
quando  n6  anco  si  sa  di  certo  che  Lucknow  sia  stata  presa;  ed  i  dispacci 
anzi  recano  che  100  mila  ribelli  attorniano  1'  esercito  inglese? 

Checche  sia  di  questo,  il  certo  si  e  che  in  tutti  gli  scontri  accaduti  tra  gli 
Inglesi  ed  i  ribelli  questi  furono  sempre  sconfitti,  anche  quando  si  trovavano 
in  numero  molto  superiore.  Dal  che  si  pu6  ricavare  che  1'India  non  tardera 
ad  essere  pienamente  riconquistata,  se  non  pacificata :  giacche  dall'  un  lato 
•crescono  ogni  giorno  i  soldati  inglesi  e  dall'aitro  diminuiscono  pure  gradata- 
mente  le  forze  dei  ribelli,  i  quali  anche  non  possono  non  perdere  animo  ve- 
ttendo  tutt'  i  loro  sforzi  cadere  a  nulla.  E  perd  anche  certo  che  molto  tem- 
po, molto  danaro  e  molto  sangue  ci  vorra,  prima  che  1'India  sia  cosi  bene 
•assestata  da  poler  di  nuovo  fruttare  alia  metropoli  quei  milioni  che  in  ul- 
tima analisi  paiono  essere  1'unico  fine  dei  suoi  padroni. 


NUOVO  ATTENTATO 

E  VECCHI  PRINGIPII 


II  soverchio  concentramento  di  tutte  le  fila  governative  dellaFran- 
cianella  grande  sua  Metropoli,  fe  dire  ad  alcuni  con  qualche  sem- 
bianza  di  verita  che  Parigi  era  la  Francia,  almeno  quanto  al  man- 
tenimento  dellapubblica  quiete,  essendo  manifesto  che  tutto  attenen- 
dosi  al  centro  ,  ove  questo  sia  scompigliato,  il  resto  non  ne  pu6 
rimanere  tranquillo.  Ma  per  altre  ragioni  potrebbe  dirsi  con  nonr 
minore  fondamento  che,  per  questo  rispetto,  la  Francia  e  poco 
meno  che  1'  intera  Europa.  La  postura  geografica  e  la  potenza  di 
quella  nazione  veramente  grande,  la  piu  una  nell'indole,la  piu  com- 
pattaja  piu  omogenea  nel  mondo  civile-, le  simpatieche  essa  in  op- 
posti  sensi  sa  destare  col  bene  e  col  male,  pel  trapassare  che  suole 
nell'uno  e  nell'altro  i  consueti  confini;  Tindole  conversevole  e  co- 
municativa  di  quella  gente  che  ne  ha  pronto  strumentonell'eloquio 
facile,  corrente  e  diffuso  quanto  forse  nessun  altro,  sono  tutte  con- 
dizioni  che  fanno  tenere  sulla  Senna  intento  lo  sguardo ,  piu  che 
ai  sarti  ed  alle  crestaie  per  impararvi  le  nuove  mode,  agli  uomini 
smaniosi  di  politiche  commozioni.  E  quest! ,  per  le  ricordanze  non 
vecchie  ancora  degli  esempii  e  dei  conforti  avutine  in  altri  tempi, 
sanno  bene  che  un  rivolgimento  cola  compiuto  avrebbe  eco  piu  a 
meno  potente,  ma  lo  avrebbe  scmpre  nelle  genti  contermini,  e  nellar 
Italia  soprattutto,  la  quale,  quantunque  meno  delle  altre  la  tocchi,  piif 
forse  di  qualunque  altra  e  disposta  a  risentirne  di  rimbalzo  la  scossa. 
Scrie  111,  vol.  7.T.  17  21  Gennaro  1858. 


258  HUOVO  ATTENTATO 

La  quale,  diciamo  cosi,  dipendenza  del  mondo  civile  dalla  Francia 
ha  acquistato  in  questi  ultimi  tempi  novello  vigore  dalle  tanto  age- 
volate  comunicazioni  per  terra  e  per  acqua,  e  da  quel  maraviglioso 
trovato  che,  ,pel  fremito  arcano  di  un  filo  metallico,  trasmette  le 
novelle  colla  celerita  della  folgore,  quasi  furandone  a  lei  medesima 
una  scintilla.  Cosi  quella  solidarieta  dei  popoli,  vagheggiata  con  si 
lungo  desiderio  dai  riforrnisti  umanitarii,  e  piu  che  iniziata  a'  di  no- 
stri  j  quello  che  fruttera  di  berie  saprauno  i  nostri  nepoti :  quello 
che  per  ora  ne  ahbiamo  raccolto  noi  e  il  non  potersi  in  una  nazione, 
come  la  Francia,  gittare  lo  scornpiglio,  senza  che  quasi  all'  istante 
medesimo  ne  sia  turbata  una  gran  parte  delle  nazioni  sorelle. 

Queste  considerazioni  abbiamo  voluto  ricordare,  perche  s'intenda 
almerio  in  parte  1'immane  scelleratezza  di  chi^  con  atLentato  regicida 
il  piu  terribile  a  nostra  memoria  (e  a  nostra  metnoria  ne  souo  tanti 
da  che  1'inviolabilita  dei  Re  fu  sanzionata  dalle  Costituzioni!),  insi- 
diaudo  ad  una  vita,  da  cui  dipendono  le  present!  sorti  della  Franciar 
metteva  a  rischio  1'  ordine  cittadino  in  tanta  parte  di  Europa.  Arizi 
al  vedere  come  i  congiuratori  fossero  stranieri,  abbiamo  ragione  di 
supporre  che  si  attentasse  a  quella  vita,  appunto  per  gettare  altre 
parti  di  Europa  nelle  convulsioni  dell'anarchia  e  negli  orrori  delle 
rivolte,  Supponete  corisummato  quel  hefando  e  sacrilego  eccesso,  e 
sappiateci  dire  che  sarebbe  ora  di  molti  paesi  che  quietano  tranquilli. 
Ma  se  noi  colla  immanita  dell'  attentato  vogliamo  altresi  farvi  sen- 
tire  le  terribili  conseguenze  che  erano  ad  aspettarsene,  e  che  se  ne 
sarebbono  volute  da  chi  macchinollo,  cio  e  solo  a  fine  di  farvi  me- 
glio  apprezzare  1'insigne  favore  della  Provvidenza  nel  prendere  che 
fece  in  sua  tutela  quella  vita,  ed  in  modo  cosi  vicino  al  prodigioso, 
che  solo  il  piu  stupido  fatalismo  potrebbs  non  riconoscerlo  da  Lei. 

Eci  pare  che  quanti  sono  uomini  non  al  tutto  perdutie  scredenli 
dovrebbero  innalzare  un  inno  di  ririgraziamento  a  quel  Dio,  il  cui  dita 
segoa  il  limite  alia  tempesta,  e  che, per  la  salutedella  societa  minac- 
ciata,  tra  cento  feriti  serba  incolume  quell'uno,  al  cui  capo,  per  ruina 
della  societa  stessa,  erano  i  cento  colpi  vibrati,  senza  che  di  tanto  feli- 
ce  riuscimento  uomo  al  mondo  si  possa  attribuire  il  vanto.  Signori  si! 
non  k  a  dissimularlo  !  e  la  setta  nimica  di  ogni  ordine  cittadino  non 


E  VECCHI  PRINCIPII  259 

ha  uopo  d  impararlo  da  noi,  si  che  debba  parere  imprudente  il  dir- 
lo  si  aperto.  In  nessun  paese  di  Europa  la  vita  del  Principe  e  al  pre- 
sente  legata  cosi  strettamente  al  precipuo  bene  della  nazione,  co- 
me nella  Francia  •,  e  d' altra  parte  di  nessuria  nazione  gli  sconvol- 
gimenti  intestini  avrebbero  un  seguito  piu  repentino  e  piu  vasto  , 
come  di  quella.  E  pero  se  1'attentato  alia  vita  di  Napoleone  III  ei  ri- 
vela  abbastanza  i  feroci  intendimenti  degli  autori  di  quello,l'essere 
esso,  con  tanta  sembianza  di  portento,  andato  a  vuoto  ci  affida  che  la 
Provvidenza  serba  ancora  giorni  sereni  alia  Francia,  e  che  sopra 
1' Europa  vuol  tenere  tuttavia  minaccioso  si,  ma  incatenato  quel  tur- 
bine che  i  nemici  degli  uomini  e  di  Dio,  con  un  nugolo  smisurato 
d'iniquita  e  di  sofismi,lehannoda  tanto  tempo  addensato  sul  capo, 

I  nostri  lettori  troveranno  nella  Cronaca  i  particolari  di  quel  ter- 
ribile  avvenimento  •,  e  da  essi  faranno  ragione  del  quanto  sarebbe 
stolido  attribuirne  la  riuscita  al  solo  caso.  Noi  qui,  supposto  il  fatto, 
ne  vorremmo  toccare  le  cagioni  ed  i  due  mezzi  precipui  che  oggi 
sono  in  voga  per  cessarne  gli  effetti,  affine  di  trarne  quegli  ammo- 
nimenti  pratici  che  a  comune  salvezza  la  Provvidenza  stessa  ci  for- 
nisce,  col  solo  aver  permesso  che  la  Francia  e  tanta  parte  dell'  al- 
tra Europa  fossero  condotte  all'orlo  del  precipizio,  per  ritenerleyi 
€ssa  medesima  pei  capegli.  Chi  sa?  forse  molte  menti  sonnacchio- 
se  si  scuoteranno;  e  la  gravita  del  rischio  corso,  piu  che  le  dimo- 
strazioni  ed  i  libri,  fara  loro  intendere  che  la  societa,  se  yuol  vivere, 
dee  provvedere  da  se  alia  propria  conservazione ,  e  sui  miracoli 
non  puo  fare  assegnamento,  se  non  quando  sono  avverati. 

Singolarissima  condizione  del  moderno  mondo  sociale !  che,  dopo 
tantesuperbie  e  tanti  vantameriti  orgogliosi  di  raffinato  incivilimen- 
to  e  di  forbiti  costumi  e  di  progresso  umanitario,  si  debba  tuttavia 
stare  continuo  col  battito  in  cuore  per  la  conservazione  del  primo 
elemento  del  vivere  cittadino,  jche  e  1'  ordine  materiale!  Tant'  e!  un 
<lispaccio  elettrico  vi  puo  portare  da  un'  ora  all'  altra  la  scintilla, 
che  faccia  scoppiare  quella  mina  di  scellerate  cospirazioni,  che  po- 
che  genti  si  possono  assicurare  di  non  avere  sotto  dei  piedi  5  e  dalla 
cui  esplosione  sarebbero  pericolate  le  fortune,  le  persone  ed  ezian- 
dio  le  vite  di  quanti,  per  coscienza  e  per  sentimento,  non  seppero 


560  NUOVO  ATTENTATO 

«  non  vollero  cospirare.  Ora  noi  chiediamo:  una  society,  in  cui  la 
vita  e  le  sustanze  dei  socii  sono  sempre  in  procinto  di  non  trova- 
re  sicurezza  che  nel  coraggio  e  nella  forza  privata  dei  socii  stes- 
si,  in  che  si  differenzia  dai  paesi  selvaggi  ?  La  sola  differenza  a 
noi  par  questa,  che  nei  secondi  I'  uomo  individuo  si  trova  a  fronte 
un  suo  pari;  laddove  nelle  societa  mod  erne,  scorn  posto  che  fosse 
il  presente  ordine,  la  gente  onesta  ed  insueta  delle  lotte  disperate  e 
sanguinose  si  troverebbe  alia  balia  di  una  potenza  organata,  sma- 
niosa  di  prepotenze,  assetata  di  sangue,  e  la  quale  ha  dinunziato  in 
iutti  i  metri,  le  carneficine  truculente  del  terrors  parigino  del  93  es- 
sere  un  giuooo  rimpetto  a  quello  che  essa  ha  divisato  e  sospira. 
Gli  editori  del  Marnix  lo  stamparono  non  ha  guari  per  bocca  del 
Quinet  nel  Belgio-,  i  loro  fratelli  non  lo  sconfessarono  negli  altri 
paesi,  lo  hanno  anzi  professato  a  voce  e  per  iscritto  con  una  impu- 
denzache  ha  del  portentoso-,  talmente  che  nei  loro  disegni  il  riusci- 
mento  del  nuovo  attentato  parigino  importerebbe,  senza  piu,  ilri- 
torno  di  quei  giorni  nefasti,  quando  sotto  la  scure  del  carnefice 
sempre  in  opera  (la  ghigliottina  in  permanenza)  cadevano  a  centi- 
naia  le  teste  senza  distinzionedi  eta,  di  sesso  o  di  slato,  tra  le  orgie 
infernali  di  una  plebe  briaca  di  lascivia  e  di  sangue.  Niente  meno 
di  questo:  anzi  qualche  cosa  piu  di  questo;  in  quanto  che  i  rige- 
jieratori  nostri,  quelli  che  sono  qui,  tra  noi,  nelle  nostre  citta  italia- 
jie,  lungi  dal  condannare  quegli  orrori,  ci  han  fatto  assapere  che  il 
Direttorio,  la  Convenzione,  le  Sezioni  ecc.  peccarono  di  troppa  mi- 
tezza.  Che  miserialun  mezzo  milionedi  vite  solamentelE  cosi  sela 
ssocieta  non  se  ne  guarda,non  e  certo  per  colpa  de'  suoi  nernici,che 
le  avessero  lasciato  ignorare  le  loro  intenzioni  ed  il  suo  pericolo. 
Lo  sappiamo:  mentrela  parte  onesta,  pacifica  e  cristiana  della  so- 
.cieta,  che  in  molti  paesi  ed  in  Italia  segnatamente  e  quasi  il  tutto, 
palpita  sull' avvenire  suo  e  dei  suoi  piu  cari,  quell' orda  di  scellerati 
jcospira  all1  ombra  di  protezioni  equivoche,  di  condiscendenze  sop- 
•piatte,di  ospitalita  legali,  di  tolleranze  codarde,aspettando  il  destro 
.>di  accoppare  coloro,  cui  col  sofisma  o  colla  paura  impose  il  dovere  di 
4ollerarla.  E  nondimeno  cio  sarebbe  poco :  essi  cospirano  all'  ombra 
«di  principii  ammessi  e  carezzati  da  parecchi  di  quelli ,  ai  cui  danni 


E  VECCHI  PRINCIPII  261 

cospirano,  ed  i  quali,  quando  ne  fossero  vittima,  a  stento  otter- 
rebbero  il  compatimento  che  pure  si  paga  alia  sventura.  Se  noi 
(quod  absit)  dovessimo  fare  gli  avvocati  dei  vecchi  e  nuovi  cospi- 
ra.tori,  i  quali,  per  venire  ai  loro  intent!,  si  vollero  sbarazzare  la 
via  dagli  ostacoli  piu  poderosi;  ci  basterebbe  1'animo  di  dettarne  una 
difesa  se  non  piu  eloquerite,  forse  piu  concludente  della  Pro  Milone 

0  Pro  Ligario,  a  sola  condizione  che  si  dessero  per  concessi  i  fa- 
mosi  principii  dell'  ottantanove.  I  quali  quanto  aiuterebbero  il  di- 
fensore,  altrettanto  imbroglierebbero  un  tribunale,  condannato  st 
ribellare  alia  logica  per  salvare  il  codice,  con  quella  commedia 
che,  in  somiglianti  dibattimenti  forensi  per   cause  politiche,  si  k 
vista.  Mentre  il  Magistrate  scaglia  le  folgori  della  giustizia  sul  capa 
del  reo,  questi  e  circondato  dalle  simpatie  cordiali  di  un  pubblico 
colto  e  benevolo,  senza  che  gli  manchi  talvolta  una  occhiala  pie- 
tosa  del  Magistrate  medesimo,  che  lo  considera  come  una  viltima 
della  fatalita  che  gli  neg6  il  riuscimento.  Supponete  questo,  e  chi 
oggi  sta  sullo  sgabello  dei  rei  sarebbe  Dittatore,  Triumviro  o  qual- 
che  altra  cosa.  Pensate  con  che  cuore  deve  il  Magistrate  dannarlo 
per  ora  alia  prigionia  od  all'  esilio. 

Non  ignoriamo  che  i  famosi  principii,  o  come  altri  disse,  le  pre- 
ziose  conquiste  dell'ottantanove  sono  state  da  qualcuno  interpre- 
tate  per  forma,  da  comporle  colla  stabilita  dell'ordine  pubblico.  Ma 
se  una  tale  interpretazione  pu6  garbeggiareacuiserve,  e  pu6  valere 
a  blandire  certi  sori  che  vorrebbero  la  quiete  del  cinquantotto,  sen- 
za perdere  le  conquiste  dell'ottantanove,  essa  non  andra  mai  a  san- 
gue  a  coloro  per  cui  servigio  furono  fatte,  ed  i  cui  precessori,  quan- 
do le  posero  a  profitto  in  faccia  al  mondo,  furono  bensi  accusati  di 
aver  calpeste  le  leggi  divine  e  le  umane,  ma  non  mai  poterono  essere 
accagionati  di  avere  peccato  contro  alia  logica.  E  nel  vero  prendete 
di  quei  principii  niente  altro  che  il  men  contrastato  ed  il  piu  vul- 
gare :  Tindipendenza  assoluta  della  coscienza  individuate  ,  e  voi  po- 
trete  certo,  come  pregiudiziali  all'ordine  pubblico,  toglier  di  mezzo 

1  Libeny  di  un  lustro  addietro,  i  Pianori  ed  i  Milano  dell'anno  pas- 
sato,  i  Pierri  e  gli  Orsini  di  tre  settimane  or  sono-,  ma  dirli  rei  e  scel- 
lerati,  ammessi  quei  principii, oh !  in  eterno  non  potrete.  Anzi, oltre 


262  NUOYO  ATTENTATO 

al  compatimento  allasventura,dovreteloro  un  poco  di  ammirazione 
per  la  generosita,  onde  si  esposero  a  queU'immenso  rischio,  per  at- 
tuare  una  loro  idea  che  credeano  santa;  e  qualche  ghirlanda  sulla  loro 
tomba  non  sara  mal  collocata,  e  qualche  ispirazione  poetica  sara  bene 
accolta  dai  giornali  di  Torino,  i  quali,  statine  cosi  largbi  al  Milano, 
non  ne  vorranno  essere  avari  al  Pierri  ed  all'Orsini.  II  perche,  se 
quei  principii  con  tanto  rigore  di  logica  servirono  prima  a  spode- 
stare ,  poscia  a  incarcerare  e  da  ultimo  a  decapitare  un  Sovrano 
che ,  a  confessione  medesima  dei  suoi  nemici ,  non  era  un  tiranno  ; 
perche  quei  principii  stessi  non  potrebbero  servire  ai  moderni  per 
disfarsi  di  Poteri  piu  accorti  certamente,  ma  per  fermo  non  piu  miti 
o  piu  condiscendenti  di  quello  che  fosse  V  infelice  Luigi  Capeto? 

Credano  gli  amici  dell'ordine  che  qui  sta  il  tarlo  segreto  della 
moderna  societa  -,  e  non  cada  in  vano  questa  novella  lezione  ehe 
la  Prowidenza  ci  ha  porto!  Volere  1'ordine  esterno  nei  fatti  e  pro- 
fessare,  promuovere,  alimentare  il  disordine  interno  delle  idee ,  e 
un  sogno  che,  a  maniera  appunto  di  certi  sogni,  e  agitato  da  incubi 
invisibili,  e  che  non  pu6  essere  di  lunga  durata.  Un  giorno  o  1'altro 
si  dovranno  destare.  e  la  terribile  realta  dei  fatti,  da  cui  si  troveran- 
no  incalzati ,  sara  tardo  ed  inutile  disinganno  delle  visioni  derate 
ond'essi  cullarono  gl'improvvidi  loro  sogni.  Date  all'uomo  la  indi- 
pendenza  assoluta  del  suo  pensiero  e  della  sua  coscienza ;  ammet- 
tete  non  potersi  onestare  alcun'autorita  sopra  1'uomo  individuo  e 
sopra  le  nazioni ,  che  non  sia  assentita,  voluta  e  costituita  dall'uno 
e  dall'altra ;  supponete  chequegli  e  questa  abbiano  diritto  di  ader- 
gersi  a  giudice  della  stessa  autorita,  chiamandone  gli  atti  a  sindacato 
e  spodestandone  all'  uopo  i  depositarii;  e  poi  diteci  quale  consistenza, 
quafe  durevolezza  potra  avere  nel  mondo  1'ordine  sociale,  che  pure 
e  il  fine  prossimo,  per  cui  si  assembrano  a  convivere  insieme  i  mor- 
tali?  Chese  a  quei  principii  voi  aggiungete  la  facilita,  onde  ogni 
braraco  di  faziosi  pud  pretendere  di  essere  la  nazione  -,  se  aggiun- 
gete i  fanatismi  patriottici  alia  maniera  pagana  in  uomini  che  di 
Cristianesimo  appena  ritengono  il  Battesimo,  se  pure  lo  ebbero  5  se 
aggiungete  le  ammirazioni  sperticate  dei  Bruti  primi  e  seeondi,  ce- 
lebrate nelle  poesie ,  perpetuate  nelle  tele  e  nei  marmi,  declamate 


E  VECCHI  PRINCIPII  263 

sulle  scene  e  traforatesi  perfino  nelle  storie  e  nei  romanzi ;  se  ag- 
giungetela  diffidenza,  le  sospizioni,il  discredito,  la  calunnia  gettata 
sopra  tutto  quello  che,  in  uomini  ed  in  istituz'oni,  avea  apparecr-hia- 
to  il  Cristianesimo  per  curare  quella  piaga  cangrenosa  della  umaua 
alterigia;  se  aggiungete,  diciamo,  a  quei  principii  queste  pratiche, 
voi  non  farete  piu  gli  stupori  delle  rivoluzioni  cbe  come  la  spada 
di  Damocle  pendono  sul  capo  della  moderna  societa;  ma  piuttosto 
renderete  grazie  a  Dio,  che  essa  non  sia  caduta  da  un  gran  pezzo 
anima  e  corpo  in  gola  alle  Rivoluzioni,  si  che  1'uscire  da  una  fosse 
il  precipitare  in  altra  piu  truculenta,  fino  al  regresso  assoluto  alle 
bestiali  violenze  ed  alle  piu  che  bestiali  corruzioni  del  Paganesimo, 
unica  forma  di  consistenle  societa  possibile  fuori  del  Cristianesimo. 
Ora  fate  conto  che  nella  moderna  societa  in  generale,  e  nella  no- 
stra  Italia  quanto  per  tutto  altrove  esotto  qualche  rispetlo  anche  pia 
che  altrove,  se  eccettuate  i  soli  Cattolici  all'  antica,  moltissimi  nella 
classe  colta  professano  piu  o  menoquei  principii  equelle  pratiche^  e 
benchelaprudenzarichieggaperora  qualche  riguardo,  e  agevolenon- 
dimeno  Fosservare  la  loro  persistenza  nel  mantener  vivi  gli  uni  e  le 
altre.  Quella  prudenza  poi  non  dev'  essere  grande,  quando  si  sia  riu- 
scito  a  far  capire  che  il  gran  pericolo  dei  Governi  al  presente  e  lo 
schermirsi  dalle  pretensioni  della  Curia  romana  e  dalla  invasione 
di  certi  frati  e  di  certe  suore.  Messo  in  sodo  questo  punto  capitale, 
per  certi  avvocati  progressist!  e  mediconzoli  e  letteratucci  e  nobili 
senza  cervello  o  senza  quattrini,  i  principii  dell'  ottantanove  sono 
cose  da  non  potersi  recare  neppure  in  dubbio  da  chiunque  stia  al 
livello  ed  all'altezza  del  secolo  ;  e  1'assoluta  indipendenza  dell'  uo- 
mo,  e  la  sovranita  popolare,  ed  il  diritto  alia  riscossa,  sono  1'abbici 
della  filosofia  nazionale  e  della  letteratura  civile.  Quanto  poi  a  fana- 
tismi  patriottici,  a  tenerezze  spasimate  pei  vecchi  Bruti  e  ad  ire  anti- 
cattoliche,  questa  nostra  generazione  addottrinata  ne  e  copiosamen- 
te  fornita;  e  bene  lo  mostra  nelle  poesie  che  declama,  nei  discorsi  e 
nei  libri  che  stampa  e  nelle  imprese  che  caldeggia.  Essa  che  sospira 
a  fare  T Italia,  ed  a  farla  a  qualunque  patto  e  con  qualunque  mezzo, 
potete  capire  che  non  potrebbegravarsi  di  un  colpo  che  tanto  dovea 
contribuire  a  disfarla  per  ora.  Essa  che  ha  fatto  1'  apoteosi  dell'e- 


264-  NUOVO  ATTENTATO 

roico  Bruto  ed  ha  incielato  1'  Astigiano  che  diello  ad  ammirare  sulla 
scena ,  non  potrebbe  fare  mal  viso  a  qualche  Bruto  moderno ;  e  se 
alcuni  magistral!,  per  amore  dell' ottantanove  edel  classicismo  pa- 
triottico,  si  sono  acconciati  al  tristo  uffizio  d'incensare  1'originale 
e  dannare  al  capestro  la  copia  ,  essa  piu  coerente  incensa  insieme 
copia  ed  originale.  Essa  che  ha  dichiarato  per  bocca  del  Segretario 
fiorentino  ,  primo  e  sommo  impedimento  alia  grandezza  italiana 
essere  il  principato  civile  dei  Pontefici,  non  potrebbe  ora  rammari- 
carsi  se  in  un  modo  o  in  un  altro  fosse  sparito  dalla  scena  1'  uomo 
sagace  e  potente,  che  seppe  assicurare  alia  Francia  1'antico  vanto  di 
essere  il  braccio  della Chiesa  contro  la  violenza  dei  suoi  nemici.  Con 
cio  non  diciamo  che  i  nostri  libertini  italiani ,  almeno  per  conve- 
nienza,  non  vorranno  riprovare  1'esecrabile  attentato  del  14>Genn. 
Non  essendo,  per  divino  favore,  riuscito,  capisce  ognuno  che  si  deve 
moderatamente  riprovare ;  e  piagnistei  non  mancheranno  nei  piu. 
ipocriti  o  nei  meno  impudenti ;  ma  i  piagnistei  sopra  Tattentato  non 
riuscito,  chi  sapra  capirli,  verseranno  appunto  nei  non  essere  riuscito. 
Che  se  non  se  ne  fosse  mescolato  il  diavolo,  diranno  certo  essi  ingiu- 
riandolo  a  torto;  senza  la  mano  della  Pro  vvidenza,  diciamo  noi,pote- 
te  inlendere  che  in  piu  d  uno  Stato  italiano  sariasene  sentita  una 
scossa  da  non  farci  invidiarei  tremuoti  della  Basilicata.  Ed  allora? 
oh  !  allora  sapete  quantiConti  che  oggi  non  contano  sognano  di  di- 
ventar  quello  che  pel  Piemonte  e  il  Conte  di  Cavour?  Sapete  quanti 
avvocati  fanno  all'amore  con  un  portafoglio  ministeriale,  che  essi  non 
si  lascerebbero  fuggir  di  mano,come  ha  lasciato  il  mese  passato  1'av- 
vocato  Rattazzi?  epoi  quanti  medici  non  sarebberobeati  di  cangiare 
il  noioso  uffizio  di  visitare  malati  con  quello  piu  nobile  di  governare 
un  Ministero  d' Istruzione,  come  sta  facendo  da  tanto  tempo  il  me- 
dico Lanza !  Sappiamo  che  i  cosi  fortunati  non  potrebbero  essere 
che  una  mezza  dozzina  ;  ma  sappiamo  altresi  che  nei  lotto,  ove 
tanto  pochi  sono  a  vincere ,  sono  smisuratamente  piu  a  giuocare  , 
per  comperarsi  la  possibilita,  la  probabilita  di  guadagnare.  E  perd, 
presumendo  tutti  di  essere  i  fortunati  in  quello  sconvolgimento 
degli  antichi  ordini  che  si  medita  ,  ci  dicono  altresi  che  solo  allora 
1'Italia  sara  rigenerata  e  la  patria  avviata  ai  grandi  suoi  destini. 


E  VECCHI  PRINCIPII  265 

Queste  smisurate  ambizioni,  mal  compresse  e  peggio  velate  da 
zelo  di  vedere  1'  Italia  una  e  indipendente,  mentre  svigoriscono  tra 
noi  ogni   opposto  rattento,  servono  a  fomentare  altre  piu  col- 
pevoli  aspirazioni  di  una  razza  ben  piu  scellerata  ,   di  cui  la  prima 
crede  potersi  valere  ai  proprii  intendimenti.  Talmenle  (he  i  cosi 
detti  cosliluzionali  moderali  ed  i  demo^ratici  arrabbiali,   benche  si 
accaneggino  tra  loro,  quanto  a  cio  che  sara  da  farsi  dopo  la  cata- 
strofe,  sono  nella  nostra  Penisola  unitissimi  quanto  a  volerla-,  e  se- 
a  procurarla  fia  d'  uopo  di  una  ecatombe  di  umane  vile  al  Moloc 
del  patriottismo  nazionale,  i  secondi  non  saprebbero  starne  in  forse, 
i  primi  si  acconcerebbero  alle  conseguenze  e  ne  manterrvbbero  sal- 
di  i  principii.  E  questo  vi  spiega  come  e  perche,  eziandio  in  que- 
sto  attentato,  gl  Italian!   se  non  furono  soli,  ebbero  la  precipua 
parte,  con   quella  vergogna  in   faccia  alle  genti   straniere   per  la 
nostra  patria,  che  noi  indarno  vorremmo  dissimulare.  Tuttavolta 
non  sara  fuordi  luogo  il  ricordare  ci6  che  in  occasione  somigliante- 
notammo  altrove:  segli  uomini  sono  nostri,  non  sono  nostri  i  prin- 
cipii, nori  sono  nostre  le  pratiche,  e  molto  meno  sono  nostri  gl  in- 
coraggiamenti  che  ,  a  rinfocolare  le  utopie  italiane  ,  vennero  cosi 
frequenti  d'  oltre  mare  e  d'  oltre  monti.  Che  dunque  ci  siano  dngli 
Italiani  di  quella  mostruosa  nequizia,  di  che  fecero  pruora  i  Pierri  e  git 
Orsini,  ci  duole  infino  all  anima.  Ma  che  codesti  fanatic! si  pens! no  <illa 
causa  italiana  poler  tornare  piu  utile  un'altra  Francia;che  abbtano 
agio  da  cospirare  e  darecare  ad  effetto  leloro  cospirazioni;  che  olteri- 
gano  passaporti  ,  armi  e  quattrini  al  nefando  e  sacrilego  intendi- 
mento-,  in  tutto  codesto  1'  Italia  non  entra  per  nulla,  se  non  forse 
nel  detestare  quell'eccesso  con  tanto  maggiore  raccapriocio,  quanto 
era  maggiore  il  pericolo  corso  da  lei.  Quanto  all' Italia  progressivar 
che  senza  far  plauso  all'attentato,  ne  avrebbe  raccolti  i  primi  fruiti 
per  poscia  trovarli  piu  assai  amari  che  non  si  crede, essa  n«  d--ebe- 
ne  rispondere  pel  fuoco che mantiene  vivo,  pei  rancori  che  soffit,  per 
le  speranze  che  fomenta,  per  la  bieca  guerra  che  fa  alia  Chiesa  ed  ai 
suoi  ministri.  Da  ultimo  in  tutto  questo  non  si  deve  vedere  altro  clie 
Vattuazione  dei  famosi  principii  dell'ottantanove,  merce,  come  tutti 
sanno,  forestiera  e  piu  forse  esplicitamente  professati  nella  contrada. 


266  NCOVO  ATTENTATO 

dove  nacquero ,  che  non  in  quella,  dove  furono  tramutati.  II  per- 
che  sia  nell'attentato  per  se  medesimo,  sia  per  gli  sconvolgimenti  che 
se  ne  volevano,  sia  per  la  spenale  qualita  di  quelli  che  vi  posero  la 
mano;  esso  ci  apparisre  come  una  parziale  applicazione  di  quelle 
massime  malaugurata  ,  che  da  settant'anni  appunto  mantengono 
1'Europain  una  specie  di  schiavitiidine;  la  qnale  possa  non  essere  pii 
lunga  della  babildnese  pel  populo  eletto!  Ma  se  quell'  incantesimo 
non  si  scioglie;  se ,  ritolta  aH'uomo  la  usurpat.a  sovr»nit.a  ,  non  si 
restituisca  a  Dio  ;  se  non  si  rimetta  in  onore  la  parola  apostolica 
che  la  potcsta  e  da  Dio:  la  quale  parola  bast6  in  t^mpi  crist.inni  a  far 
contare  secoli  alle  Dinastie-,  se  questo  ,  diriamo,  non  si  faccia  , 
la  vita  della  societa  sara  precaria  ,  la  sua  inorte  potra  differirsi  ,  o 
piuttosto  se  ne  potranno  protrarre  le  agonie  per  qualche  anno  o 
per  qualche  lustro  ;  ma  la  suamorte  e  decretata,si  che  per  farla  vi- 
vere  vi  sara  uopo  di  miraooli.  Ora  voi  sapete  che  i  miracoli  non  li 
abbiamo  semprein  saccoccia;  anzi  vi  sono  perfino,  e  non  sonopochi, 
quelli  che  neppure  ci  credono.  E  qual  sicurezza,  se  il  cielo  vi  salvi, 
qual  fiducia  potremmo  pigliare  rontro  un  nemico  che  ruguma  di 
soppiatto  le  sue  ire,  che  apparecchianelle  tenebre  le  sue  mene,  che 
non  dietreggia  alia  idea  di  spegnere  a  centinaia  vite  sconosciute  ed 
innocue,  che  ha  irretita  tutf.a  la  societa  coi  suoi  laociuoli,  e  che  per- 
fino le  ha  saputo  ispirare  rispetrn  alle  sue  opmioni? 

—  Ma  contate  voi  per  nulla  gli  es^rciti  poderosi  e  le  bene  orga- 
natePolizie  dai  cento  oc<'hi  di  Ar^oPe  non  sono  gli  eserciti  che  sal- 
varono  la  sociera  or  fa  un  decennio?  e  non  e  la  Polizia  che  novel- 
lamente  ha  salvato 

Chi?  1'  Imperalore  dei  Francesi?  Buon  per  lui,  per  la  Francia  e 
per  1'  Europa  che  sopra  quel  capo  veglia  utia  Provvidenza,  la  qua- 
le, come  esso  medesimo  ebbe  a  dire,  av^ndogli  assegnato  un  ca- 
rico  od  una  missione ,  come  ora  dicono,  si  e  essa  medesima  to  Ha 
la  cura  di  mantenerlo  al  suo  posto  fin  che  non  1' abbia  compiuta. 
Povera  societa  cristiana  se,  a  cessare  i  perniziosi  effetti  di  quelle 
ree  dottrine,  non  avesse  altri  mozzi  alia  mano  che  eserciti  ePolizie 
eziandio  cresciuti  e  mffinati  tanto !  II  suo  dtirare  sarebbe  reso  impos- 
sibile,  come  pnma  si  fosse  trovato  modo  di  vincere  la  forza  con  una 


E  VECCHI  PRINCIPI1  267 

forza  maggiore,  e  1'  astuzia  con  una  maggiore  astuzia :  quistione , 
come  vedete,  del  piu  e  del  meno,  la  quale  negli  ordini  del  tempo  si 
risolve  nell'  altra  del  prima  e  del  dopo.  Nessuno  piu  di  noi  apprezza 
quelle  due  istituzioni ,  utilissime  e  diciamo  ancora  necessarie  alle 
coudizioni  in  che  versa  la  societa  odierna^ed  i  servigi  resile  dal  no- 
bile  mestiere  delle  armi,  ele  agitazioni  e  i  delitti  prevenuti  e  rispar- 
miatile  dalle  Polizie,  costituiscono  un  giusto  titolo  alia  universale 
riconoscenza.Nel  resto  il  presidio  che  puossi  trovare  negli  eserciti, 
lungi  dall  essere  una  opposizione  a  quello  che  dicemmo  noi,  ne  por- 
ge  anzi  una  conferma.  Sapete  perch£  il  soldato  pote  e  puo  tuttavia 
salvare  la  sociela  pericolanle?  perche  esso,  colla  sua  severa  discipli- 
na,  e  la  negazione  pratica  e  viva  dei  principii  dell'ottantanove.  Get- 
tate  in  una  falange  di  militi  uno  spruzzolo  d'  indipendenza  indivi- 
duale  ed  un  atonio  di  sovranita  dei  gregarii ,  e  voi  con  ci6  solo  trli 
avrete  cangiati  in  un'orda  di  facinorosi  alia  spicciolata,  i  quali,  non 
che  difendere  altrui,  si  abbarrufferanno  e  sgozzeranno  a  vicfenda. 

Quanto  alle  Poiizie ,  torniamo  a  dire ,  sono  indubilati  i  servigi 
che  esse  rendono  all'  ordine  cittadino  ,  e  nessuno  saprebbe  vivere 
tranquillo  in  citta  soprattutto  grandissima,  ove  quella  tutela  m;m- 
casse.  Ma  che  da  esse  si  possa  ottenere  una  piena  sicurezza  contro 
agii  ardimenti  disperati  ed  alle  macchinazioni  incredibili  dei  cospi- 
ratori,  sarebbe  al  tutto  vano  il  presumerlo  ;  ed  il  solo  riuseimento 
delFattentato  del  14  dovrebbe  bastare  a  levare  di  quella  presunzio- 
ne  chi  mai  vi  fosse.  Le  Polizie  con  tutti  gV  ingegni  ,  di  che  le  vo- 
gliate  foraite,  appena  possono  altro  che  sorprendere  1'  astuzia  col- 
1'astuzia,  illudere  le  spie  colle  controspie,  vincere  il  danaro  col  da- 
naro  ,  sopraffare  il  coraggio  del  deli t to  col  coraggio  ancora  mag- 
giore del  dovere.  Ma  in  una  lotta  somigliante  ,  o  diciamo  piutlosto 
in  un  somigliante  .giuoco  quanto  e  agevole  che  le  cose  si  trovino 
dall  una  e  dall'altra  parte  a  termini  uguali  ?  e  messa  questa  parita, 
vede  ognuno  che  un  granellino  di  tempo,  di  occasione ,  di  oro  pu6 
dilibrare  la  bilancia-,  senza  che  siavi  ragione  a  supporre  che  ci6  ab- 
bia  ad  essere  a  favore  dell'uffiziale  zelante  e  non  piuttosto  del  tene- 
broso  cospiratore.  Certo  Parigi  per  questa  parte  efornita  con  accor- 
gimento  e  copia  degna  di  una  si  grande  Metropoli,  dove  pure  tanta 


1268  NUOVO  ATTENTATO 

feccia  conviene  clie  coli  dalla  Europa  e  dalla  Francia  ;  e  a  quel  che 
se  ne  dice,  gli  uffiziali  di  quell' ordine  non  la  cedono  ad  alcuno  in 
lealla,  destrezza,  zelo  ed  onoratezza  a  tutta  pruova.  E  nondimeno 
che  valsero?  la  cospirazione  ebbe  tutto  il  suo  effetto-,  e  se  ne  resto 
menomata  di  una  parte  sola  per  la  maravigliosa  avvedutezza  di  un 
tale  Hebert,cio  questi  medesimoreco  ad  un  caso  chel'  avea  portato 
ad  affissare  uno  dei  congiurati  commisto  alia  folia.  Nei  resto  gli 
uffiziali,  che  si  trovarono  present!  alia  catastrofe,  non  ri  pigliaro- 
no  altra  parte  che  di  toccarne  in  buon  numero  le  ferite,  ed  in  pro- 
porzione  dei  mo'.tissimi  che  ivi  se  ne  trovarono. 

Con  ci6  non  vogliamo  dire  che  si  debbano  trasandare  i  mezzi 
umani,  da  che  si  vede  che  alcuna  volta  all'uopo  maggiore  non  pro- 
vano;  ne  che  la  fiducia  nella  Provvidenza  divina  debba  persuadere 
all'  uomo  di  non  fare  dalla  sua  parte  tutto  quello  che  pu6  ,  e  che 
•entra  eziandio  nei  disegni  e  nei  mezzi  della  Provvidenza.  Ma  ap- 
punto  perche  gli  umani  provvedimenti  sono  sempre  deboli  e  spesso 
fallaci ,  ad  ovviare  alia  incredibile  audacia  delle  sette  cospiratrici , 
«oi  diciamo  che  ad  esse  converrebbe  togliere  il  migliore  appoggio 
che  si  abbiano  per  cospirare.  Ora  dalle  cose  fin  qui  ragionate  e  ma- 
nifesto, quel  migliore  loro  appoggio  essere  posto  nei  principii  erro- 
nei  che  esse  professano,  e  che  sono  ammessi  a  chiusi  occhi  da  tanta 
.parte  della  societa  moderna,  la  quale  non  giunge  a  persuaders!  in 
quelli  acchiudersi  la  sua  ruina  e  la  sua  morte.  II  rinnegare  dunque, 
nella  specolativa  e  nella  pratica,  quei  prineipii,  che  sono  1'antipodo 
della  dottrina  cattolica,  sarebbe  il  primo  passo  di  chi  volesse  sga- 
gliardire  d'  ogni  vigore  i  cospiratori.  Intendiamo  che  questi  forsen- 
naLi  non  farebbero  senno  pel  rinsavire  degli  altri,  e  i  loro  cervelli  re- 
sterebbero  stravolti,  per  raddrizzarsi  che  facessero  i  circostanti.  Ma 
oltreche  dalla  verita  si  avrebbe  maggiore  coraggioallarepressione, 
sarebbe  tolta  via  questa  contraddizione  che  tronca  i  nervi  ad  ogni 
mezzo  per  mantenere  1'  ordine  civile,  se  non  forse  aggiunge  animo 
a  chi  pone  ogni  van  to  e  spera  ogni  bene  dal  perturbarlo.  Da  una 
parte  si  saluta  sovrano  unico  il  popolo,  e  dall'  altra  non  si  vuole  che 
alquanti  arrischiati  operino  per  conto  ed  a  nome  di  questo  popolo 
sovrano ;  da  una  parte  si  fa  Tapoteosidei  vecchi  cospiratori,  dall'  al- 


E  VECCHI  PRINC1PH  269 

tra  la  famiglia  del  criminale  stende  gli  artigli  sui  nuovi;  da  una  parte 
al  Bruto  esemplare  si  pone  in  capo  una  corona  civica,  dalP  altra  ai 
Bruti  esemplati  si  apparecchia  una  corona  di  canape  al  collo.  Tra 
queste  contraddizioni  e  manifesto  che  il  settario,  il  cospiratore, 
eziandio  il  regicida,  a  cui  falli  il  colpo,  apparira  come  uno  sventu- 
rato  e  forse  ancora  come  un  generoso  che,  favorito  da  Stella  piu 
propizia,  saria  stato  un  eroe  da  storia,  da  poema  e  da  teatro.  Chi 
guardera  in  lui  il  fellone  sacrilego,  nimico  degli  uomini  e  maladetto 
da  Dio,  che  vi  guardavano  i  nostri  padri  credenti  ? 

Resa  cosi  la  sua  vera  sembianza  al  delitto  politico  e  mostratolo 
nella  sua  schifosa  nudita  alle  genti  esterrefatte ,  esse  lo  esecrereb- 
bero  non  meno  nei  regicidi,  i  quali  lo  tentano  non  curanti  di  se  o 
di  altrui,  che  nei  dottrinarii  politicanti,  i  quali,  con  molto  artifizio, 
eziaridio  nelle  nostre  capitali  italiane,  ne  fanno  I'  apologia.  Anzi  per 
questi  secondi,  oltre  alia  esecrazione,  vi  sarebbe  il  disprezzo  alia 
codarda  ipocrisia,  onde  si  mantellano  per  iscagliare  il  colpo  e  na- 
scondere  la  mano,  che  uscirebbe  prontissima  quando  si  venisse  a 
coglierne  il  frutto.  Ma  sopra  la  terra  che  ai  delinquent!  politic!  por- 
ge  sicura  ospitalita  abusata  da  essi  per  organarsi  e  scagliarsi  piu 
truculenti  ai  danni  della  Europa  continental,  quella  esecrazione  si 
addenserebbe,  e  forse  non  indarno  piu  che  altrove. 

II  ritorno  agli  antichi  everiprincipii  cattolici  in  opera  di  scienze 
sociali  e  di  politica,  oltre  a  troncare  il  male  dalla  radice,  ci  farebbe 
propiziolddio,il  cui  regno  e  verita  e  giustizia,  e  la  cui  sovranita  fia 
sempre  sconosciuta  e  rinnegata,  finche  il  mondo,  briaco  di  orgoglio, 
vorra  governarsi  colla  sola  sovranita  dell'  uomo  ,  la  quale  preslo  si 
allargaad  essere  sovranita  del  popolo.  Ed  allasocieta  moderna,  piu 
forse  di  qualunque  altra  insidiata,  e  sopra  ogni  cosa  necessaria  la 
protezione  divina;  el'  averne  avuto  si  splendida  pruova  neU'atten— 
tato  del  14  di  Gennaio  potrebbe  servire  al  mondo  per  piu  sentirne 
il  bisogno  e  meritarlasi  come  pu6  il  meglio  dalla  parte  sua.  Sono 
belli  e  buoni  i  provvedimenti ,  onde  si  veglia  sulla  vita  civile  dei, 
popoli ;  ma  quelli  riusciranno  ad  un  nulla,  quando  la  provvida  mano 
dell'Onnipotente  non  gli  avvalora:  Nisi  Do  minus  cuslodierit  civita- 
tem,  fruslra  viyilat  qui  custodit  earn. 


LA  RICCHEZZA 

NELLA  EGONOMIA  SOCIALE 


SOMMARIO 

i.  Soggetto  cconomico  delle  potenze  —  2.  e  la  ricchezza  nazionale.  —  3.  IB 
qual  senso  e  nazionale  ?  —  4.  Gli  avtri  uon  sono  Yessere,  —  5.  ina  sono  le 
coae  ele  opere  — 6.  da  produrre,  consumare,  distribute.  —  7.  Schiarimeu- 
ti  intorno  alia  ricchezza,  —  8.  specialmente  alia  iinmateriale,  -  9  negata  da 
molti  —  10  e  ragionevolmente.  —  11.  Classificazione  delle  opere  12  nia- 
teriali,  —  13.  morali,  —  14.  miste.  —  15.  Giustezza  ddla  definizione  del 
Say.  —  16.  Che  cosa  sia  permutabile,  —  17.  e  permutazione.  —  18.  Si  spe- 
cilicano  le  cose  permutabili,  cscludendo  I'uomo  e  gli  atti  morali,  —  19.  bcn- 
che  utili  anche  materialmente.  —  20.  ProducOno  in  fondo  alieno.  —  21.  Si 
distiuguono  dal  loro  involucre  materiale.  -  22.  Esclusione  de'beni  ed  ope- 
re soprannaturali.  —  23.  Epilogo  delle  cose  permutabili  e  impermulabili. 

1.  Esaminammo^finora  alcune  inesattezze  delle  ideeche  sogliono 
proporsi  da  molti  economist!  intorno  al  vero  intento  della  Economia 
sociale.  Questa,  abbiam  detto,  mira  direttamente,  non  ad  accumu- 
lare  ricchezze,  ma  ad  ordinare  le  persone  rispetto  alia  ricchezza.  Ad 
esercitare  cotesta  funzione  il  governante  ha  in  mano,  quasi  stro- 
mento,  tre  specie  o  class!  di  potenze:  la  potenza  dell'interesse  mes- 
sa-in  moto  dai  beni  sensibili,  quella  della  ragione  e  della  giustizia 


LA  RICCHEZZA  NELL  A  ECONOMIA  SOCIALE  27  f 

eccitate  dalla  verita  dell'  ordine  intelligibile,  quelle  finalmente  del- 
la  religione  operante  fra'  Cristiani  per  via  di  fede  e  di  carita.  Con 
questetre  potenze  tin  savio  governante  pu6  dare  agli  associati  tin 
ordine  si  perfetto  relativamenteall'uso  degli  averi,  che  nella  socie- 
ta  cristiana  esso  potra  risolvere  con  vantaggio  del  bene  comune  i 
complicate  problemi,  in  cui  si  perde  o  vaneggia  1'Economia  ete- 
rodossa. 

Contemplato  lo  scopo  e  le  potenze,  esamfniamo  al  presents  il  sog- 
getto  o  materia,  intorno  a  rui  esse  d;»i  sudditi  debbono  esercitarsi  sot- 
to  1'indirizzo  del  governante.  Qiu-sta  materia,  abbiamo'detto,sono 
gli  averi,  o,  come  gli  economisti  dicono  ordmariamente,  fa  Ricchez- 
za.  Maquale  ricchezza?  Esaminiamo  prima  che  significbi  I  epiteto 
nazionale  o  pubblico  aggiunto  a  ricchezze;  poi  quali  sieno  gli  averi 
cbe  la  costituiscono  •,  finalmente  la  permutabilita,  per  rui  quest! 
averi  entrano  nel  novero  deHe  ricchezze.  Incominciamo  dal  primo. 

2.  Ed  eccoci ,  lettore  gentile,  ad  un  passo  assai  sdrucciolevole, 
grazie  alia  poca  esattezza  filosofica,  con  cui  la  materia  venne  trattata 
da  molti  economisti.  Essi  professarono,  dopo  lo  Smith,  il  Genovesi 
edaltri,  di  studiare  la  ricchezza  pubblica,  la  ricchezza  delle  nazioni 
ecc.:  professavano  cioe  anche  col  solo  frontespizio  del  libro  di  trat- 
tare  una  materia  appartenente  all'  ordine  pubblico  ,  e  per  conse- 
guenza  soggetta  ai  pubblici  governanti  ^  e  frattanto  essi  ragionarono 
di  tutta  quella  riccherza  che  oiascuno  dei  sudditi  possiede  per  na- 
turale  diritto  ,  consideramlone  le  varie  fasi  e  i  provvedimenti  ohe 
possano  crescerla  o  diminuirla.  Ora  ^  facile  il  comprendere  che  la 
sommn  collettiva  delle  riochezze  de'sudditi  se  pud  dirsi  nazionale, 
tal  si  dice  in  tutt'altrosenso,  che  lancchezza  am ministrata  p«r  con- 
to  del  Corpo  sociale.  Questa  e  v«ramente  cosa  pubblica,  da  impie- 
garsi  per  comun  bene  della  n;izione  ernon  mai  per  utilita  di  alcua 
pnvalo.  Sulla  rirchnzza  <le'pnvati  all  opposto,  il  Corpo  della  nazio- 
ne,  Taufonta  che  la  <*overna  e  il  Principn,  in  cui  rotesta  autorita  si 
attua.  non  hanno  aloun  diritto  di  uso,  ma  solo  il  diritto  diregolare 
cbi  le  usa  in  modo  che  esso  non  offenda  i  doveri  di  giustizia  e  di  be- 
nevolenza.  Considerare  amendue  cotesti  soggetti  con  le  medesime 


LA  UICCHEZZA 

teoriche  e  col  medesimo  intento  dovea  naturalmente  condurre  e 
condusse  pur  troppo  a  quella  idea  socialistica  che  lo  Slato  e  il  vero 
padrone  di  tutta  la  ricchezza  sociale,  e  a  lui  tocca  il  concederne  ai 
privati  quel  tanto  che  per  sua  benignita  non  vorra  ingoiarsene.  Que- 
ste  idee,  che  con  tanti  vituperii  si  rinfacciano  alia  famosa  lettera  di 
Luigi  XIV  al  Delfino,  si  accettarono  poi  da  molti  quando  vennera 
canonizzate  dall'oracolo  del  Montesquieu,  dal  rivoluzionario  Mira- 
beau,  dagl'invasori  dei  beni  di  Chiesa,  poi  dei  castelli  aristocratici, 
poi  dei  fondi  comunali:  ed  allora  soltanto  s'incominci6  a  spaventar- 
sene,  quando  comunisti  e  socialist!  vollero  trarne  svergognatamen- 
te,  ma  logicamente,  leultimeconseguenze  applicandole  a  qualsivo- 
glia  proprieta.  All'udire  dacostoro  che  se  la  ricchezza  e  naziondle, 
tutti  i  nazionali  debbono  parteciparne,  gli  economisti  si  sono  riscos- 
si,  e  a  coro  pieno  hanno  cominciato  a  perorare  per  la  liberta  eco- 
nomica  ;  cadendo,  gia  s'  intende,  nell'eccesso  opposto;  come  sem- 
pre  avviene  a  chi  acconcia  la  dottrina  agli  eventi,  invece  di  giudi- 
care  e  guidare  gli  eventi  con  le  dottrine.  E  dopo  aver  detto  che 
tutti  ibeni  dei  privati  sono  ricchezza  della  nazione,  si  venne  poi  a 
dirci  che  i  governanti  della  nazione  non  debbono  impicciarsi  per 
yerun  conto  nell'uso  che  i  privati  fanno  dei  lorobeni. 

3.  Gli  schiarimenti  da  noi  dati,  intorno  al  vero  scopo  della  pub- 
blica  Economia  ed  alia  vera  funzione  economica  del  pubblico  go- 
yernante,  ci  sembrano  condurre  naturalmente  ad  evitare  cotesti  con- 
trarii  eccessi.  Imperocchfc  stabilito  chiaramente  che  lo  Stato  non  go- 
verna  le  ricchezze  de'  cittadini,  ma  si  i  cittadini  rispetto  alle  loro 
ricchezze;  vede  ciascuno  che  queste  non  cessano  di  essere  ricchez- 
za de'  privati,  n&  sono  ricchezza  nazionale  in  senso  solidario,  ma 
in  senso  collettivo,  vale  a  dire,  in  quanta  appartengono  agl'  indi- 
vidui,  i  quali  considerati  collettivamente  formano  la  nazione.  La  dif- 
ferenza  fra  nazionale  collettivo  e  nazionale  solidario,  importantissi- 
ma  nelle  pratiche  applicazioni  e  per6  degnissima  della  nostra  atten- 
zione,  apparisce  evidentissima  quando  trattisi  di  quelle  ricchezze 
immaterial!  che  certi  economisti  vollero  (inopportunamente,  come 
fra  poco  vedremo)  intrudere  nei  calcoli  economici.  In  tali  materie 


NELLA  ECONOM1A  SOC1ALE  272 

si  pu6,  volendo,  riunire  idealmente  le  capacita,  gFingegni,  le  fan- 
tasie,  le  eloquenze,  le  vene  inventive,  gli  estri  poetici  ecc.,  che 
sono  posseduti  alia  spicciolata  dagl' individui  di  quella  nazione;  e 
dire  per  cagion  d'esempio  la  nazione  tedesca  e  ricca  d'ingHgno 
astrattivo,  1'italiana  di  estro  armonico  ,  la  spagnuola  di  sentimeniiv 
generosi  ecc.  Ma  cotesta  ricchezza  pu6  ella  dai  Governi  rispettivi- 
raccogliersi  negli  erarii  e  spendersi  a  loro  talentoPNo:  ogni  speeo- 
latore  tedesco,  astrae  o  sogna  per  conto  suo  •,  ogni  maestro  di  cap- 
pella  dispone  liberamente  in  Italia  del  suo  estro  armonieo;  ognt 
Caballero  spagnuolo  trae  merito  o  vanto  personale  da  suoi  senti- 
menti  generosi.  Or  cosi  vuolsi  iritendere  essere  nazionale  la  ricchez- 
za de'  privati :  essa  e  nazionale  unicamente,  perche  appartiene  aglt 
individui  di  quella  nazione;  n&  frutta  agli  altri  se  non  in  forza  del 
buon  volere  dei  padroni  e  della  comunioazione  sociale.  La  sola  dif- 
ferenza  che  passa  in  tal  caso  tra  queste  seconde  vere  ricchezze  e  le- 
prime  impropriamente  dette  ricchezze  immateriali  e  ,  che  quelle 
prime  essendo  inaccessibili  alia  violenza  sfuggono  di  fatto  ad  ognt 
solidarieta:  le  seconde  all'opposto,  bench&  per  diritto  appartengano* 
al  privato,  possono  dal  comunismo  artigliarsi  e  buttarsi  nell'erarie^ 
comune  e  battezzarsi  indebitamente  ricchezza  nazionale  solidariar 
mentre  non  sono  ricchezza  nazionale  se  non  collettivamente.  AU'op^-- 
posto  la  ricchezza  solidariamente  nazionale,  sapete  qual  e?  fi  quel- 
la soltan  to,  1'uso  della  quale  appartiene,  secondogiustizia,  a!Corpo> 
intero  della  nazione  :  ricchezza  o  tratta  dalle  pubbliche  gravezze 
o  risultante  dai  fondi  comuni.  Ma  di  questa  oramai  appena  ser- 
basi  una  qualche  memoria  storica,  essendosi  venduti  quasi  tutft 
beni  dei  Comuni,  delle  province  ecc.,  dopoche  si  trov6  il  commodes 
espediente  di  provvedere  ad  ogni  bisogno  smugnendo  con  tasse  e 
soprattasse  dalle  borse  de'  privati  1'  inesausta  ricchezza  nazionale. 
Questo  diciamo,  come  ben  comprende  il  savio  lettore,  non  gia  per 
biasimare  ogni  tassa  che  s'  imponga,  ma  per  mettere  nel  suo  vero 
lume  la  falsa  terminologia  che  da  occasione  agli  eccessi,  el'impor- 
tanza  di  correggerla  con  altra  piu  esatta.  Stabilito  che  1'Economia 
pubblica  somministra  scientificamente  i  dati  per  regolare  le  mutue- 
Strielll.vol.IX.  18  27  Gennaro 


274  LA  RICCHEZZA 

relazioni  dei  suddit.i  rispetto  agli  averi;  il  soggetto  dell'Economia 
saranno  questi  averi  medesimi  in  generate,  in  quanto  vengono  a- 
doperati  dai  cittadini  o  nel  soddisfare  ai  proprii  bisogni  o  riel  con- 
correre,  pagando  le  giuste  gravezze,  asostentare  i  pesi  comuni  im- 
posti  dalPautorita ,  secondo  le  norme  di  giustizia  e  di  benevolenza 
sociale.  II  danaro  che  da  tali  gravezze  si  accumula.  sara  veramente 
danaro  nazionale  da  amministrarsi  per  pubblica  autorita  e  spen- 
dersi  in  vantaggio  del  Corpo  sociale.  Tutto  il  rimanente  degli  averi 
pr-vati  sara  ricchezza  de'  privati  stessi  cbe  giustamente  li  possie- 
dono:  ne  niuno  avra  dritto  a  chiederne  loro  il  conto,  se  non  in  quan- 
to il  modo  di  usarli  potesse  riuscire  meno  conforme  ai  mutui  doveri 
di  giustizia  e  di  bpnevolenza. 

Cosi  vede  i)  lettnre  «-hp  da  un  canto  si  concede  a'  privati  pienis- 
sima  hberta  in  ciA  che  appaninne  ai  loro  interessi ;  dall'altro  si  pian- 
ta  la  base  di  quella  comunn  aulorita  ordinatri^e,  seuza  cui  non  vi  e 
societa;  e  chegoveniando  uornirii  rlotati  di  corpo,  bisognosi  di  sns- 
sidii  raateriali,  contigui  nell'usarli,  df-e  necessariamenfe  correggere 
le  esorbitanze  cbe  in  tali  relazioni,  come  in  ogni  altra,  possono 
accadere. 

4.  Cosi  gli  ai?«rt,  la  ricchezza  dei  so  'ii,  in  quanto  regototi  dnll'au- 
torita,  sono  la  materia  delta  pubb'ica  Economia.  Ma  che  intendiamo 
noi  colla  parola  areril  Distingtiasi  attentainente  do  rheVuomoe  da 
cid  c.he  egli  ha ;  giacche  do  che  1'uomo  e,  vien  detto  sno  in  un  senso 
totalnente  di  verso  di  cid  che  egli  ha.  Mia  e  la  mm  testa,  la  mano, 
il  piede :  ma  pen-be  mif-i  sono  cotesti  membri,  sono  io  forse  padrone 
di  dispornp  e  regalarli  a  mui  la'ento?  No  :  esaere  miei  significa  qui : 
formar  parte  di  me,  della  rnia  |>ecs<>n;i.  Quando  ;»H'opposto  io  dico 
mio  questo  libro  .che  leggo,  qiu'sro  tempo  rhe-  spendo  leggendolo, 
intendo  significare,  che,  senza  off^ndere  il  diritto  altrui,  il  libro  po- 
trei  bruciarlo  ed  impiegare  in  tutt'altro  il  mio  tempo.  Quindi  si 
comprendera  agevolmente  quali  sieno  i  rnif'i  averi.  Benche  io  dica 
d'avere  una  testa,  un' anima,  un  cuore  ecc.,  ppr  dire  che  la  rma 
persona,  il  mio  essere  risulta  da  cotesti  rlementi  o  essenziali  o  int^- 
grali  ^  non  ne  siegue  che  1'Economia  debba  d»-ttare  le  l^ggi  del  mio 


NELLA  ECONOMIA  SOCIALE  275 

pensiero  e  degli  affetti  del  mio  cuore.  L'  avere  si  prende  qui  nel 
primo  senso  testfe  spiegato  ;  e  signified  che  essi  sono  parte  della  mia 
persona  con  tutte  le  mie  membra  e  le  mie  potenze  naturali  e  so- 
prannaturali.  Questa  persona  mia  &  proprieta  tulta  del  Creatore, 
cbe  per  se  solo  tutta  la  cre6  e  cui  niurio  dee  rapirla. 

5.  Ma  per  sostentare  e  promuovere  al  com  pi  men  to  del  divini  in- 
tent! questa  mia  esistenza  composta,  mi  furono  somministrate  dal 
Cr>;;itore  le  cose  materials  e  le  opere  chepossono  prodursi  dalle  mie 
facolta,  applicando  i  mezzi  material!  ai  miei  bisogni  personal!.  Que- 
ste  due  calegorie  di  esseri  che  stanno  perpetuamente  a  mia  dispo- 
sizione,  queste  sono  Veramente  i  miei  averi,  appunto  perche  posso 
di.sp'M-ne  seuza  alcun  delrimento  dell'  essere  mio.  Cose  materiali  ed 
oper  •  desumte  a  modificarle,  ecco  dunque  in  due  parole  tutti  gli 
a\vri  delP  uo'mo. 

6.  E  come  esercita  egli  eoteste  opere  intorno  allecose,  per  conse- 
guire  1'intento  prescrittogli  daL  Creatore?  Ognuno  lo  vede:  essendo 
le  cose  destinate  a  sostentamento  dell'uorao  e  ad  esercizio  delle  sue 
faoolta,  egli  dovra  prima  di  tutto  raccoglierle,  studiarle,  ed  accon- 
ciurl?  ai  bisogni,  e  questo  dicesi  dagli  economisti  produrre:  accon- 
ciatrle,  o  dovra  consu marie  nel  soddisfare  ai  proprii,  o  fame  parte 
ad  aliri  secondo  gli  altrui  bisogni.  Produrre  dunque,  consumare  e 
distribute  sono  le  tre  funzioni  dell'uomo  intorno  agli  averi,  nelle 
quali  puu  intervenire  commodo  o  incommodo  scambievole,  quando 
gli  uomini  vivono  in  societa  *.  Delle  quali  per  conseguenza  il  pub- 

1  Vi  sarebbe  una  quarta  maniera  di  usare  le  cose  e  sarebbe  quella  dei  pro- 
dighi  e  scialacquatori  che,  gittandole  senza  pro,  le  disperdono.  Ma  questa  quarta 
funzkme  vienc  proscritta  e  dalle  le'ggi  economiche  e  dalle  morali ,  come  quel- 
la che  evidenteuienle  e  contraria  all'intento  del  Creatore  eal  comun  bene  de- 
gli uumini.  Se  questa  prodigitlita  sperdesse  solo  le  materie,  potrebbe  forse  in 
cerii  CHS!  trovar  qunlche  scusa  nella  loro  soprabbondanza.  Ma  1' opera  uniana 
si  an^uitaiiiciile  i-ircoscritta  fca  i  limiti  diuaa  vita  che  vola  col  tempo,  con  qual 
preiesto  puo  scialacquarsi,  conceduta  come  e  per  Tutilita  della  persona  e  del- 
la  sociela  ?  Oh  se  rifleltessero  a  questo  quegli  apostoli  del  lusso  e  quelle  si- 
gno-ine  tjHlanti  che  per  una  comparsa  d'una  sera  sprecano  il  lavoro  di  30  o  40 
pcr.Mnif  uupiegate  ad  azzimarle  ed  altillarle!  Ma  di  questo  diremo  altravolta. 


276  LA  HICCHEZZA 

blico  governante  deve  studiare  attentamente  le  proprieta,  le  cause 
ialrinseche,  gli  effetti  spontanei  eccetera,  se  vuole  introdurre  1'or- 
<Kne  in  tal  materia  con  regolamenti  ragionevoli,  e  non  iscompigliar- 
iocon  avventare  comandi  a  casaccio. 

7.  Ma  questo  primo  concetto  degli  averi,  ossia  della  ricchezza 
molto  fu  oscurato  dalle  discussion!  di  parecchi  economisti  e  dalla 
confusione  delle  loro  idee.  E  in  primo  luogo,  avendo  essi  preso  di 
fnira,  non  il  destino  dell'  uomo  nel  disegno  del  Creatore,  ma  la  cu- 
pidigia  dell' interesse  avido  di  accumulare-,  diedero  per  tema  alle 
loro  ricerche,  non  gia  I'  uso,  ma  il  cumulo,  ossia  la  copia  degli 
averi,  la  quale  propriamente  si  chiama  Ricchezza.  Quindi  eccoci  lan- 
ciati  negli  equivoci  e  nelle  quistioni :  giacche  gli  uni  dicevano  non 
doversi  apppellare  ricchezza  ogni  piccolo  avere,  ma  la  quantita  de- 
gli averi  medesimi :  altri  il  loro  superfluo,  altri  la  loro  utilita,  altri 
il  valore  permutabile,  altri  illavoro  impiegatovi,  altri  la  soddisfa- 
Ewne  ottenutane.  II  chiarissimo  Cavalier  Bianchini,  da  cui  abbiamo 
tratto  coteste  sei  categoric,  dopo  aver  riferito  ben  trenta  definizio- 
ni  della  ricchezza,  deplora  questi  equivoci  che  producono  nella 
scienza  molta  oscurita,  ed  esclude  per  lo  meglio  della  scienza  me- 
desimail  vocabolo  ricchezza^  adoprando  invecela  parola  proprieta, 
la  quale,  come  ognuno  vede,  equivale  a  ci6  che  abbiamo  detto  gli 
avert  i.  Essendo  un  avere  dell' uomo  qualunque  cosa  od  opera, 
della  quale  egli  possa  disporre  in  qualunque,  anche  minima  quan- 
tita; la  materia  dell'Economia  resta  in  tal  modo  sgombra  dagli 
«quivoci.  Ma  proseguiamo  a  considerare  le  sentenze  dei  citati  eco- 
nomisti. 

8.  Non  pu6  dirsi  ricchezza  ci6  che  non  e  utile.  Dunque,  dissero 
«  cio  che  e  utile  dovra  dirsi  ricchezza  » .  Or  negherete  voi  che  sia 
utile  1'  ingegno,  utile  molte  volte  la  probita,  utile  la  sanita,  utile  ii 
conoscimento  del  vero  e  molte  altre  simili  doti  ed  abitudini  imma- 
leriali?  Posto  cbesieno  utili,  dovranno  essere  ricchezze  e  divenire 

i  Principii  della  sciensa  del  ben  vivere  sociale,  Sezionc  seconda,  pag.  CD. 


NELLA   ECONOMIA  SOCIALE  277 

soggetto  dell'Economia  i.  E  poiche  coteste  doti  dei  privati  ridon- 
dano  massimamente  in  vantaggio  della  societa,  questa  dovra  occu- 
parsi  del  modo  di  propagarle  e  perfezionarle,  e  le  opere  di  coloro 
che  coltivano  la  probita,  la  verita,  la  religione  ecc,  potranno  va- 
lutarsi  come  quella  di  chi  coltiva  1'orto  o  la  vigna  o  il  bestiame,  di 
chi  costruisce  macchine ,  di  chi  tesse  panni  2.  Con  tal  serie  d'idee 
iion  [)uo  recar  meraviglia  che  dallo  Sciatoia  si  annoveri  tra  i  produt- 
tori  anche  il  sapiente,  Vamministratore,  il  magistrate  3,  e  dal  Ba- 
stiat  il  prete,  il  missionario,  il  Pontefice  stesso,  calcolaiidone,  se 
occorre,  in  lire,  soldi  e  danari  il  valore  della  giustizia  amministra- 
ta,  dell'onesta  predicata,  dell'indulgenza  conceduta  *.  Per  la  stes- 

1  Tutto  che  soddisfa  i  bisogni  e  i  desiderii  .deU'uomo  gli  economists  conside- 
rarono  come  parte  di  ricchezza.  (SciALOU  Principii  d'Economia  Sociale  Sez.  I, 
c.  I,  §.  II,  n.  5. 

2  L'azionedel  medico  eaffatto  ugualcall'azione  dell'agricoltore.  GlOiA  pres- 
so  SCIALOIA  Sez.  I,  c.  V,  §.  IV. 

3  L.  c.  c.  IV,  §.  II. 

4  Curioso  in  tal  proposito  e  il  passo  seguente  del  Dunoyer.  Tres  assure- 
tnent  la  lecon  que  debits  un  professeur,  est  consommee  en  meme  temps  quepro- 
duite,  de  meme  que  la  main  d'oeuvre  repandue  par  le  potier  sur  Vargile,  qu'il 
tient  dans  ses  mains:  mais  les  idees  inculquees  par  le  professeur  dans  I' esprit 
des  hommes  qui  Cecoulent,  la  facon  donnee  a  leur  intelligence,  I'impression  sa- 
lutaire  operee  sur  leurs  facultes  affectives  sont  des  produits  qui  restent,  tout 
aussi  bien  que  la  forme  imprimee  a  Vargile  par  le  potier.  Vn  medecin  donne 
un  conseil,  un  juge  rend  une  sentence,  un  orateur  debite  un  discours,  un  arti- 
ste chant  un  air  ou  declame  une  tirade:  c'est  la  leur  travail :  il  se  consomme  a 
mesure  qu'il  s'effectue,  comme  tous  le  travaux  possibles  ;  mais  ce  n'est  pas  leur 
produit,  ainsi  que  le  pretend  a  tort  J.  B.  Say :  leur  produit,  comma  celui  des 
producteurs  de  toute  espece,  est  dans  le  resultat  de  leur   travail,  dans  les  mo- 
difications utiles  et  durables,  que  les  uns  et  les  autres  ont  fait  subir  aux  hom- 
mes sur  lesquels  Us  ont  agi,  dans  la  sante  que  le  medecin  a  rendue  au  malade; 
dans  la  moralite,  I' instruction,  le  gout  qui  ont  repandus  lejuge,  I' artiste,  le 
professeur.  PRODUCTION.  Dictionnaire  d'  Economic  politique-  Al  quale  Dizio- 
nario  noi  ricorreremo  soventi ,   (benche  siamo  persuasi,  al  par  d'ogni  uomo 
savio,  che  le  scienze  non  si  studiano  su  i  dizionarii),  pel  valore  dei  dotti  che  lo 
hanno  compilato:  il  cui  solo  nome  ce  ne  guarenlisce  1'esattezza  nel   riporta- 
re  geuuinamente  le  dotlrine  dei  moderni  economist!. 


278  LA  RICCHEZZA. 

sa  ragione  e  coraunissimo  il  sentirci  dire  che  la  forza  muscolare 
del  facchino,  la  scienza  del  letterato  o  del  professore,  1'arte  del  can- 
tante  o  del  pitlore  sono  un  capitale  accumulate  1 :  il  che  pareggia 
quelle  braccia ,  quella  mente,  quell' immaginazione  allo  scrigno 
d'un  banehiere,  o  al  portafoglio  d'un  viaggiatore  cherecail  suo  nu- 
merario  in  cambiali.  Che  il  mantenere  la  forza  delle  braccia,  1'ac- 
quistare  scienza  o  capacita  ,  costi  spese  e  talora  anche  gravi  che 
possono  meritare  rimunerazione,  non  e  chi  voglia  negarlo ;  ma 
quello  stimare  le  membra  del  n.aoovale  e  il  valore  degl'ingegni  a 
proporzione  del  danaro  che  vi  si  spende ;  questo  e  cio  che  include 
ed  ingerisce  un  falso  concetto,  il  quale  inrarnaudosi  poi  nella  pra- 
tica,  produce  quella  spieiatezza  ail'  i.i.glese  che  riduce  1'operaio  ad 
una  bestia  da  soma,  O'l  anche  peg^io:  gia ••che  fmalrnente  la  bestia 
viene  nutrieata  dal  padrone  come  roba.  propria,  laddove  le  braccia 
dell  operaio  si  tassano  URicamente  a  proporzione  del  lavoro  e  della 
concorrenza. 

9.  Queste  esorbiranze,  tanto  contrarie  al  senso  comune,  dovettero 
naturalmente  disgustare  altri  economisti  piu  assennati,  benche  in- 
fetti  di  utilismo,  d'eterodossia,  di  miscredenza:  i  quali  riprovarono 
i  cosi  detti  prodotti  immateriali,  liinitande  la  materia  delle  scienze 
economiche  alle  sole  cose  possedute  e  permutabili  ^.  Si  quistion6 
dunque  e  si  continua  a  quistionare  intorno  a  ci6  che  debba  com- 
prendersi  nella  parola  riccliezza  :  e  il  chiarissimo  Dunoyer  si  lagna 
nell'ai  ticolo  Production,  cui  citamrno  piu  sopra,  che  i  suoi  colleghi 
nell'Istituto  Tabbiano  combattuto,  allorche  egli  sosteneva  essere  ric- 
chezza  per  gli  economisti  I'ordirie  prodotto  da  un  Governo,  la  costu- 
matezza  prodotta  da  un  moralista,  Tistruzione  da  un  professore  ,  la 
sanita  daun  medico,  lagilita  prodotta  da  un  maestro  d'arti  cavalle- 
resche  5  essere  per  conscguenza  produltrice  di  ricchezza  ogni  arte 

\  Le  talent  d'  un  fonctionnaire  public,  I'  Industrie  d'un  ouvrier,  forment 
vn  capital  accumi  le.  Ivi,  pag.  iii. 

2  Les  settles  richesseg,  dont  il  est  question  en  economie  politique ,  se  compo- 
nent des  choses  quc.  L'on  pnsxede  et  qui  ont  une  valeur  reconnue.  (SAY  Catechisme 
politique  ch.  1.) 


NELLA.  ECONOMIA  SOCIALE  279" 

che  larora  a  formare  gli  uomini  al  pttri  di  ogni  altra  che  lavori  in- 
torno  alle  cose  '. 

10.  Noi  che  in  questo  piato  crediamo  ragionevolissimi  quegli  ac- 
cademici  rhe  non  accettavano  nelle  loro  dogane  coteste  mercanzie 
spiritual!,  fnrerno  il  possibile  per  chiarire  viemeglio  quali  sieno  que- 
g'i  fivnri  fopere  e  cose),  che  devono  far  parte  della  scienza  economi- 
ca.  E  risjjetto  alle  cose  non  veggiamo  che  possa  sorgere  alcun  dub- 
bio,  traltfirsi  qui  di  quelle  soltanlo,  che  possono  entrare  in  com- 
mercio  per  via  di  produzione,  uso  e  permulazione.  Conciossiache, 
avendo  noi  gia  stabilito  che  1'Economia  pubblica  non  si  occupa  delle 
cose  ,  se  non  in  quanto  dee  regolare  nel  loro  uso  le  persone  per 
mantenere  1'ordine  nelle  loro  scambievoli  relazioni  5  e  queste  rela- 
zioni scambievoli  in  materia  di  averi  riducendosi  tutte  o  al  produr- 
re,  o  al  distribute,  o  al  consumare;  quelle  cose  soltanto  potranno 
entnire  nell'Economia  polttica,  le  qtiali  servono  a  compiere  nella  ci- 
vil <  omunanza  coteste  funzioni.  Le  cose  dunque  che,  per  Tillimitata 
loro  al>b(Hidanza  non  possono  richiedere  cooperazione  al  produrle, 
ne  sofFrire  ingiustizie  nel  distribuirsi,  ne  danneggiar  chicchessia  nel- 
1'essere  consumate,  vengono  naturalmente  trasandate  dall'  Econo- 
mia  politica.  Ma  se  1' opera  umana  trova  il  modo  di  crescerne  1'uti- 
lita  e  remlerle  cooj>eratriri  al  lavoro  ,  imprigionando  p.  e.  1'aria  in 
un  molino  a  vento  o  in  un  mantice,  la  luce  in  un  dagherrotipo;  al- 
lora  anche  di  queste  co.<*  potra  occuparsi  1'Economia  sociale  e  terra 
<!onto  dei  loro  effetti  nelle  relazioni  economiche. 

11.  Detto  dellrfcose,  vediamo  ora  quali  sieno  le  opere  che  ragio- 
nevolmente  eritrano  nelle  trattazioni  economiche.  Esse  possono  di- 
vidersi,  secondo  il  citato  Dunoyer,  in  due  classi  5  le  une  che  lavo- 
rano  iutorno  alta  materia  ,  le  altre  che  intorno  alle  persone.  Le 
prime  e  chiaro  che  sono  ricchezza  materiale,  benche  non  sieno  ma- 
teria, giacche  e  chi  le  vende  e  chi  le  compra  non  chiede  gi£  T  opera 

1  On  ne  peut  pat  dire,...  que  ces  produits  n'ajoutent  rien  au  capital  natio- 
nal :  Us  I'augmentent  austi  reellement  qn*  peuvent  le  faire  det  produits  de  toute 
aulre  espece.  Un  capital  de  connnifsanc.es  ou  de  bonnes  habitudes  ne  vaut  pas 
mom*  qu'un  capital  a"  argent  ou  de  toute  autre  espeee  de  valeurt. 


280  LA  RICCHEZZA 

per  se,  ma  per  1'utilita  ch'essa  ingenera  nella  cosa  lavorata.  Or  que- 
sta  utilita  e ,  al  pari  delle  altre  cose  materiali,  fungibile  e  permu- 
tabile.  Dunque  cotesta  opera  pu6  univocamente  confrontarsi  con 
queste  e  proporzionatamente  valutarsi. 

12  Non  cosi  1'opera  esercitata  intorno  alle  persone,  la  quale  puo 
molte  volte  ottenere  efletti  di  tal  natura,  che  non  ammettano  verun 
confronto  colle  cose  materiali.  Se  da  una  riva  del  fiume  per  tra- 
gittare  all'  altra  io  chiedo  al  navicellaio  che  mi  trasporti ,  quest'  o- 
pera  ,  benche  esercitata  intorno  alia  persona  ,  non  differisce  pun  to 
da  quella  che  egli  eserciterebbe  tragittando  una  mercanzia.  Lo  stesso 
puo  dirsi  del  servo  che  veglia  al  letto  del  padrone  infermo,  o  1'accom- 
pagna  a  passeggio  per  le  vie.  In  simili  azioni  I'  effetto  che  si  pre- 
tende  e  materiale,  eroperaimpiegatavi  puo  pareggiarsi  a  mille  al- 
tre opere  consimili  che  alimentano  il  commercio  fra  gli  uomini. 

13.  Ma  quando  coteste  opere  intorno  alle  persone  pretendono 
principalmente  un  effetto  morale  o  intellettuale,  allora  si  decompon- 
gono  naturalmente  in  due  parti :  una  che  pu6  pareggiarsi  ad  opera 
materiale,  1'altra  (e  questa  e  la  principale)  che  trascende  totalmente 
la  materia.  Quando  un  professore,  zelante  pel  bene  de'  suoi  allievi, 
vocifera  dalla  cattedra,  egli  impiega  un'ora  di  tempo,  oltre  la  mez- 
z'  ora  di  viaggio  per  venire  da  casa  all'  Universita  ,  stanca  la  sua 
macchina  net  declamare  e  nel  camminare,  come  potrebbe  stancarla 
un  pubblico  banditore  o  un  mercivendolo.  Sotto  tale  aspetto  se  si 
voglia  calcolare  a  rigore  di  giustizia  1'opera  del  professore,  nulla  im- 
pedisce  di  confrontarla  alle  due  altre,  e  di  trovarvi  unaequivalenza. 
Ma  il  professore  con  quell'  opera  e  in  quel  tempo  ha  spianata  la  via 
allo  scolaro  per  1'acquisto  di  nobilissime  verita.  Troverete  voi  fra 
le  merci  materiali  un  corrispettivo  equivalente  a  coteste  verita?  Po- 
tete  voi  dire,  esempligrazia,  che  il  teorema  pitagorico  del  quadrata 
dell'ipotenusa  ha  il  valore  di  30  braccia  di  panno,  o  d'un  sacco  di  fru- 
mentoPPer  quanto  sieno  avvilite  le  intelligenze,  non  ne  troverete 
una  che  osi  istituire  cotesto  confronto  o  stabilire  cotesta  parita  tra 
un  teorema  e  un  sacco  digrano.  Ora  1'opera  umana  non  prende  va- 


NELLA  ECONOM1A  SOCIALE  281 

lore  se  non  nel  suo  prodotto.  Dunque  1'  opera  di  quel  professore,  in 
quanto  e  produzione  di  verita  o  verita  prodotta,  non  pu6  confrontarsi 
con  altri  prodotti  material!,  ne  far  parte  della  ricchezza  economi- 
ca.  Per  conseguenza  1'onorario  dato  al  professore  ben  potra  riguar- 
darsi  in  parte  come  retribuzione  materiale  del  materiale  incommo- 
do  e  del  tempo  e  dell'opera  ,  che  poteva  impiegarsi  nella  produzio- 
ne di  beni  material]'  •,  in  parte  come  provigione  pe'  lunghi  studii , 
pe'  libri  ed  altri  mezzi  necessarii  a  tale  uopo  ;  ma  non  contraccam- 
bia  punto  1'  inestimabile  tesoro  di  verita  intelligibili.  E  lo  stesso 
dite  dell'  istituzione  religiosa  ,  della  educazione  morale. 

14.  Evvi  tra  le  due  classi  precedent!  una  intermedia  ;  ed  e  di 
quelle  opere  che,  scuotendo  i  sensi  e  1'immaginazione,  hanno  bensi 
qualche  remota  attinenza  coll'uomo  intellettivo  ,  ma  lavorano  im- 
mediatamente  sull'uomo  sensitivo.  E  qui ,  generalmente  parlando, 
il  paragone  non  e  impossibile  tra  queste  ed  altre  opere  materiali  , 
essendovi  ana  certa  proporziorie  ,  per  esempio  ,  tra  la  dolcezza  del 
suono  che  molce  materialmente  1'orecchio,  e  quella  del  sapore  che 
soddisfa  anche  piu  materialmente  il  palato  ;  tra  le  soavita  delle  ar- 
monie  di  un  quartetto  a  corda  e  quelle  di  un  quartette  a  voci,  ben- 
che  in  queste  ultimo  1'intelligenza  abbia  una  parte  che  non  pu6  ave- 
re  nel  suono  delle  corde.  Qui  dunque  1'azione  per  se  pu6  entrare 
fra  le  ricchezze,  benche  la  finalita  possa  nobilitarla  e  moralizzarla. 

15.  Queste  idee  intorno  alia  materialita  delle  opere  che  formano 
parte  di  ricchezza,  mostrano  molto  ragionevole  il  Say  e  dopo  di  lui 
molti  altri  economist!,  i  quali  restrinsero  I'idea  di  ricchezza  alle  sole 
cose  possedibili  e  permulabili.A\\Qcose;  ecosi  escludevano  leperso- 
ne:  possedibili;  e  cosi  escludevano  dalla  categoria  di  ricchezza  tutte 
quelle  cose  che  o  per  abbondanza  ,  o  per  altre  ragioni  1'uomo  non 
potrebbe  appropriarsi  ;  permutabili ;  onde  non  e  ricchezza  ci6  che 
non  e  possibile  ridurre  colle  cose  materiali  a  ragionevole  confronto 
ed  equivalenza. 

16.  L'  opinione  di  questi  ne  sembra  molto  plausibile  ,  e  solo  ri- 
chiede  una  spiegazione  chiara  ed  accertata  che  determini  quali  sie- 


282  LA  RICCHEZZA 

no  le  cose  permulabili ,  ossia  venali  1 .  Al  che  ci  aiuteranno  gli  eco- 
nomist! medesimi  spiegandoci  come  naturalmente  avvenga  e  s'  iu- 
troduca  fra  gli  uomini  la  permutazione. 

17.  Osservano  essi  che  nel  primo  sladio  della  sua  esistenza  1'  uo- 
mo  nella  societa  puramente  domestica  produce  da  se,  benche  roz- 
zamente,  tutto  Foccorrentea  campare  la  vita.  Ma  per  poco  che,  o 
nella  famiglia  le  persone,  o  nella  societa  crescano  in  numero  le  fa- 
miglie,  1' osservazione  ci  mostra  nelle  varie  persone  diversissime 
capacita  :  e  quale  precelle  nei  lavori  di  mente,  quale  in  que'di  rna- 
no:  giganteggia  il  sesso  virile  nelle  imprese  di  forza  e  di  rora^gio 
al  di  fuori,  mentre  il  sesso  donnesco  sostiene  con  Tassiduita  del  la- 
voro  e  la  delicatezza  dellecure  1'  interna  economia  e  la  tranquillita 
domestica :  si  ravvisa  cosi  a  poco  a  poco  come  fruttifica  la  divisione 
del  lavoro,  a  condizione  peraltro  che  il  lavorato  superfluoa  un  pro- 
duttore  gli  venga  compensato  dai  prodotti  altrui.  Cosi  a  poco  a  poco 
riene  a  stabilirsi  fra  tutti  quasi  un  tacito  patto,  concui  ciascunar- 
tigiano  assume  1'incarico  di  servire  con  Tarte  sua  tutto  il  proprio 
Comune;  purche  questo  assuma  1'obbligo  corrispettivo  di  compen- 
sare  con  altri  prodotti  il  soprappiu  delle  derrate  apprestate  conl'arte 
propria  dal  rispettivo  artigiano.  «  lo,  dice  ciascuno  di  loro,  faro  per 
tutti  il  pane,  io  gli  abiti,  io  le  calzature,  io  i  trasporti  ecc.  ecc.;  a. 
patto  per6  che  il  soprappiu  delle  merci  mi  yenga  contraccambiato 


1  Prendiamo  qucsti  due  vocaboli  quasi  come  sinomimi  ,  benche  vi  sia  una 
qualche  differenza  filologica,  potendo  il  verbo  permutare  adattarsi  a  qualsiro- 
glia  contralto,  ore  due  proprietarii  niutuamente  si  contraccanibiano  le  loro 
proprieta  ;  laddove  il  vendere  non  suole  applicarsi  se  non  ai  contratti ,  ove 
una  almeiio  delle  due  parti  riceve  in  contraccauibio  il  danaro.  Ma  questa  diffe- 
renza, come  ognun  vede  ,  non  influisce  per  nulla  nel  determinare  quali  sieno 
le  cose  che  meritano  il  nome  di  permutabili;  altro  non  essendo  la  vendita,  che 
un'agevolazione  delle  permutazioni  o  uii  loro  intermedio,  come  generalmente 
osservano  gli  economist!.  Chi  cede  la  derrata  pel  denaro  intanto  acc<  tta  la  mo- 
neta,  in  quanto  e  sicuro  di  potere  con  essa  oltenere  un'allra  derrata.  Kel  caso 
nostro  dunque  tanto  vale  il  dire  cosa  venale,  quanto  il  dirla  permutabile. 


NELLA  ECONOMIA  SOCIALE  283 

dalle  merci  altrui  1.  Cotalche  la  permutazione  ben  pu6  dirsi  con  le 
parole  dell'  Ortes :  Occupazioni  preslatc  a  un  modo  e  ricevule  in  tutti 
i  modi.  Orail  lavoro,come  altrove  dicemmo,  e  primitivamente  de- 
stinato  al  sostentamento  materiale  del  lavorante.  Dunqtie  mezzi  ana- 
loghi  di  sostentamento  formeranno  un  equo  ricambio  del  lavoro  ce- 
duto.  Vede  qui  il  lettore  I'  inesattezza  filosofica  di  qnelle  formole 
usate  da  certi  economisti :  Ogni  scrvizio  merita  prezzo :  Ogni  merce 
non  e  che  servigio  ceduto ;  Ogni  ricchezza  servigii  accumulati  etc. 
Prescindendo  anche  dal  valore  intrinseco  della  materia,  in  cui  co- 
testi  servigii  si  attuano ,  queste  frasi ,  perche  sieno  rigorosamente 
vere,  debbono  restringersi  ai  servigii  m  materie  permufabili,  e  pe- 
r6  non  ogni  servigio  sara  venale,  n£  potra  dirsi  ricchezza.  Gran  ser- 
vigio vi  rende  in  lite  giusta  un  testimonio  veridico,  inelezione  pub- 
blica  un  suffragio  favorevole.  Potete  voi  comperare  co' servigii  eco- 
nomic! c'otesti  servigi  morali?  No:  quello  solo  cbe  potete  compen- 
sare  all'  uno  e  all'  altro  e  il  tempo  e  la  fatica  del  viaggio  distratti 
da!P  occupazione  delle  giornaliere  loro  faccende. 

Questa  dottrina  ,  che  nelle  cose  mercatabili  include  quelle  sol- 
tanto  che  si  attengono  alia  materiale  esistenza,  viene  in  sostanza 
insegnata  dagli  economisti  nella  teorica  poco  fa  abbozzata  della  per- 
mutazione. Giacche  ciascun  artefice  in  tanto  si  acconcia  a  lavorare 
per  altri,  ed  a  eseguire  per  se  un  solo  genere  del  sostentamento  ne- 
cessario  (p.  e.  il  solo  pane),  in  quanto  suppone  chedi  calzatura,  di 
vesti,  di  trasporti  ecc.  verra  fornito  dalle  opere  altrui.  La  permu- 
tazione e  dunque  un  succedaneo  del  lavoro,  con  cui  ciascuno  do- 
vrebbe  sostentarsi,  e  serve  di  compenso  a  quelle  opere  che,  distolte 
dal  proprio  sostentamento ,  s'  impiegano  in  fornirlo  ad  altrui.  Fate 
dunque  il  conto  di  tatte  quelle  cose  ehe  per  la  commoda  vostra  esi- 
stenz-a  terrena  potreste  procacciarvi  col  vostro  lavoro,  inclusovi  it 
lavoro  medesimo,  con  che  la  procaccereste,  e  il  tempo,  a  cui  ne- 
cessariamente  va  legato  il  lavoro ;  e  yedrete  quali  sieno  le  cose  che 

1  Ammirabile  per  semplicita  e  chiarezza  apparisce  1'antichissimo  economista 
Platone1,  allorche  nel  secondo  libro  della  Repubblica  spiega  quesla  divisione  del 
lavoro. 


284  LA  RICCHEZZA. 

potete  e  dare  e  ricevere  in  contraccambio  nella  compravendita.  Noi7 
deducendo  le  conseguenze  della  teorica  precedente,  daremo  qui  ua 
saggio  di  applicazione. 

18.  Ed  incominciando  dall'  escludere  ci6  che  non  entra  in  com- 
mercio,  e  chiaro  che  1'  uomo  nel  suo  essere  sostanziale  non  pu6 
mettersi  in  vendita  come  proprieta  arbitrariamente  usabile  in  bene 
del  padrone;  che  sarebbe  vendere  la  roba  altrui,  essendo  egli  con 
tuttol'  essere  suo  cosa  di  Dio.  E  se  talora  fu  detto  anche  onesta- 
mente  che  gli  schiavi  si  vendono  (come  nel  sacro  testo  dicesi  de- 
gli  Ebrei),  cio  si  vuole  intendere  di  tutta  1'opera  loro,  ma  non  del- 
la  loro  persona.  Ne  possono  mettersi  in  vendita  le  sue  facolta  parte 
anch'  esse  dell'  essere  umano :  ma  nulla  vieta  che  1'opera  di  queste 
facolta,  venga  dall'  uomo  alienata  per  acquistare  o  sostentamento  o 
perfezione,  poiche  appunto  a  procacciarsela  sono  destinate  dalCrea- 
tore  le  opere  delle  facolta  umane:  e  tanto  vale  a  conseguire  questo 
intento  1'adoprare  immediatamente  queste  forze  a  modificare  la  ma- 
teria  che  dovra  sostentarmi,  quanto  1  impiegarle  in  pro  di  taluno 
che  mi  somministri  quella  materia  gia  per  opera  sua  modificata. 
Corre  tuttavolta  grande  differenza  tra  il  sostentamento  materiale  e 
la  perfezione  morale ;  potendo  il  primo  comunicarsi  altrui,  laddove 
la  seconda  e  tutta  personale.  Potra  dunque  vendersi  I'operache  ad 
altrui  vantaggio  e  diretta,  ma  non  quella  che  compie  il  proprio  do- 
vere  morale:  potra  1'  avvocato  vendere  quel  tempo  e  quell'  opera 
che  impiega  a  perorafe  la  tua  causa,  ben  potendo  impiegare  quel 
tempo  e  quell'  opera  in  altri  lavori  di  suo  interesse  materiale;  ma 
non  potra  farsi  pagare  ne  1'amore,  con  cui  lavora  per  te,  riguar- 
dandoti  come  suo  prossimo,  ne  la  verita  degli  argomenti,  con  cui 
sostiene  la  tua  causa,  giacche  1'amore  del  prossimo  e  il  non  menti- 
re  sono  un  compimento  del  suo  dovere  *.  Per  lastessa  ragione  il 

1  Diciamo  che  non  potra  farsi  pagare,  vale  a  dire,  esigere  un  equivalente. 
Ma  comprende  il  lettore  che  non  escludiamo  per  questo  ogni  rimuuerazione  o 
prcraio,  contraccambio  ben  diverse  dalla  mercede.  Questa  viene  retribuita  da 
contraente  uguale  per  compenso  dell' opera  ceduta,  quella  dall'Ordinatore  so- 
ciale  per  atto  esercitato  in  vantaggio  della  societa. 


NELLA  ECONOMIA  SOCIALE 

magistrate  non  e  un  negoziante  di  giustizia,  ne  il  missionario  di  o- 
nesta,  ne  il  professore  di  verita,  ne  il  soldato  del  sangue  proprio  o 
dell'  altrui.  Tutti  costoro  hanno  assunto  come  ufficio  proprio  1'  a- 
dempimento  di  certi  doveri,  la  cui  materia  non  e  venale,  ne  pu6 
trovare  un  correspettivo  omogeneo  nei  materiali  interessi.  Se  una 
tale  proporzione  fosse  possibile,  il  senso  comune  non  rimarrebbe 
vulnerato  al  sentirsi  dire,  esempligrazia,  che  un  magistrato  abbia 
fabbricato  con  una  sentenza  cento  scudi  di  giustizia,  o  un  profes- 
sore insegnato  in  una  lezione  cento  franchi  di  verita.  E  ci  vuole 
1'  eccesso  di  corruzione,  a  cui  1'  eterodossia  ba  ridotto  gV  Inglesiy 
per  rendere  credibile  ci6  che  pure  ne  venne  riferito,  cbe  sieno  ac- 
cettate  cola  come  frasi  correnti  quelle,  con  cui  si  dice  che  T  inca- 
rico  di  deputato  alia  camera  de'  Comuni  costa  mille,  duemila  gki- 
nee  ecc.  Sente  ognuno  che  cotesti  termini  sono  tanto  eterogenei 
che  non  possono  trovare  fra  di  loro  una  proporzione:  e  come  & 
impossible  in  aritmetica  sommare  o  moltiplicare  insieme  quindici 
sinfonie  con  venti  canne  di  tela  per  la  disparatezza  di  tali  oggetti$ 
cosi  vede  impossibile  ridurre  a  qualche  proporzione  que'  beni  mo- 
rali  coi  materiali. 

19.  —  Ma  potete  voi  negare  che  i  clienti  e  le  cause  concorrono 
piu  volenterosi  in  mano  ad  avvocati  onesti?  Se  questo  non  negate,, 
dovete  riconoscere,  causa  di  lucro  e  fattore  di  ricchezza  doversi  dire 
eziandio  1'  onesta. 

Chi  cosi  la  discorre  sembraci  confondere  1'  accidentale  col  per  s& 
deliberato.  Certamente  tutte  le  doti  pregevoli  e  dell'  anima  e  de! 
corpo,  traendolesimpatie  deH'uomo  ragionevole  e  sensibile,  debbo- 
no  avere  una  qualche  influenza  sulle  sue  condizioni  sociali.  Ma  mefe- 
tereste  voi  con  proprieta  di  discorso  fra  i  fattori  di  ricchezza  il  coi>- 
versare  ameno  di  persona  sollazzevole  o  la  bella  fisonomia  e  la  car- 
nagione  porporina  di  una  persona  avvenente?  Se  1'onesta,  la  piace- 
volezza,  la  bellezza  traggono  le  affezioni  del  cuore,  e  cosi  danno  oc> 
casione  a  qualche  contralto  5  cio  e  pura  accidentalita  non  richiestav 
ne  contemplata  da  chi  possiede  que'  pregi :  i  quali  anzi  perderebbe^ 
ro  ogni  loro  valore,  se  venissero  diretti  e  calcolati  come  element!  d& 


286  LA  RICCHEZZA 

guadagno.  L'onesta  venale  sarebbe  propria  dell'  ipocrita,  la  lepidezza 
venale  del  buffone  o  del  cerret.ano,  la  belta  venale  della  prostituta. 
E  la  ragione  di  qnesto  e  che  non  puo  computarsi  tra  le  ricchezze 
commerciabili  ci6  che  non  pu6  cadere  in  permutazione ;  ne  cade  in 
permutazione  cio  che  il  possessore  non  vuole  o  non  puo  vendere. 
Quelle  doti  dunque  che  non  possono  essere  dal  possessore  ragione- 
yolmente  gittate  nel  commercio,  mai  non  potranno  dirsi  materia 
permutabile,  ossia  ricchezza.  Tolgasi  dunque  di  grazia  dal  catalogo 
delle  ricchezze  mercatabili  e  1'  adempimento  dei  doveri  morali  e 
tutto  cio  che,  non  confortando  direttamente  la  materiale  esistenza, 
non  puo  avere  un  corrispeltivo  contraccambio  nell'ordine  materia- 
le. Ed  affinche  in  questo  non  si  cada  in  errore,  abbiasi  grande  av- 
yertenza  a  sceverare  nelle  figure  rettoriche  cio  che  e  verita  da  filo- 
sofo,  dalla  veste  fantastica  che  1'eloquenza  v'aggiunge.  E  chi  scrive 
in  tali  materie  meglio  ancora  fara,  se  dara  bando  a  coteste  metafore 
ingannevoli,  sforzandosi  a  tutt'  uomo  di  esprimere  con  la  parola 
schietto  e  semplice  il  vero.  Contro  la  qual  regola  peccano  gli  econo- 
misti  poc'anzi  citati,  i  quali  trovano  lavoro  accumulate  nelle  merci. 
20.  A  queste  ragioni  che  rendono  intrinsecamente  vituperevoli 
tali  formole  malintese  di  economia,  un'altra  in  molti  casi  potrete 
aggiungerne,  ed  e  che  1'opera,  con  che  si  reca  altrui  certa  specie  di 
servigi,  non  e  propriamente  un  donargli  ci6  che  egli  non  ha ,  ma 
solo  un  aprirgli  la  via  a  trovare  quel  tesoro  che  virtualmente  pos- 
siede  :  il  che  avviene  appunto  nell'  insegnare  il  Vero  o  nell'educare 
all'  Onesto.  II  Vero  scientifico  insegnato  dal  maestro  non  e  per 
lo  piu  se  non  1'apprensione  interna  di  una  yerita,  alia  quale  il  mae- 
stro ha  solo  appianata  la  via:  1' Onesto  e  un  puro  conformarsi  a 
quell'  interne  insegnamento  della  coscienza  che  dall'educatore  vie- 
ne,  non  gia  create  ,  ma  solo  posto  in  evidenza  ed  in  rispetto.  Ger- 
mina  dunque  cotesta  specie  di  beni  daH'intelletto  e  dal  cuore  del- 
Valunno,  rale  a  dire  nel  proprio  fondo  di  lui,  benche  per  opera  del- 
1'  ahrui  mano  educatrice:  cotalche  dire  che T  istitutore  o  lo  scrit- 
tore,  vende  verita  o  probita,  sarebbe  tm  attribuirgli  la  proprieta  di 
cotesti  frutti  che  germogliano  dal  fondo  del  suo  allievo  o  del  suo 
lettore. 


NELLA  ECONOM1A  SOC1ALE  287 

21.  Quello  che  egli  puo  farsi  pagare  in  certi  casi  e  ,  corne  abbia- 
mo  detto  poc'  anzi  ,  il  tempo  e  1'  opera  che  poteva  impiegare  per 
proprio  sostentamento,e  che  ha  dovuLo  spendere  non  solo  nell'eser- 
cizio  attuale  di  sua  funzioue,  ma  nelle  lunghe  preparazioni,  nello 
studio  indefesso,  nel  procacciar  libri  e  stromenti  riecessarii,  nel  man- 
tenere  corrispondenze  coi  dotti  ecc. :  cose  tutte  che  a  chi  voglia  co- 
scieriziatamente  consecrarsi  a  tali  funzioni  potrebbero  meritare  ben 
altro  stipendio,  che  quello  talora  meschinissimo,  onde  vengono  re- 
tribuite.  Non  per  questa  crediamo  assolutamente  giustificate  certe 
doglianze  (in  parte  ,  a  vero  dire ,  ragionevoli)  di  chi  s'  iridegna  al 
vedere  meglio  retribuita  uria  capriuola  della  Cerrito,  che  uiia  lezio- 
ne  astronomica  dell'Arago.  Certamente  e  ragionevolissimo  il  disde- 
gno,  quando  si  vede  un  pubblico  si  bestialmente  schiavo  della  vo- 
lutta ,  che  voglia  pagare  a  si  caro  prezzo  quella  capriuola.  Ma  se 
trattasi  di  rinieritare  nei  due  lavori  la  parte  materiale,  quell' ora 
impiegata  dall' Arago  nella  lezione  accademica  non  ha  un  minuto  di 
piu  dell'  ora  impiegata  ballando  dalla  Cerrito.  La  verita  poi  che  egli 
discuopre  agl'  intelletti  non  e  sua  merce :  egli  altro  non  fa  che  ad- 
ditare  la  via  e  alzare  il  sipario  a  chi  vuole  contemplarla.  Questa 
opera  certamente  e  pregevole  ,  com'  e  pregevole  la  gentilezza  di  chi 
vi  guida  per  incognite  vie.  Ma  essa  non  si  puo  permutare  col  ma- 
teriale, ne  si  deve  esagerare,  quasi  ella  fosse  creatrice  di  quella  ve- 
rita, alia  quale  solo  vi  apre  il  cammino. 

22.  Molto  piu  poi  debbono  porsi  fuori  d'  ogni  conteggio  econo- 
mico  tutti  que'beni  spiritual!  che  la  soprannaturale  liberalita  di  Dio 
pone  talvolta  a  disposizione  degli  uomini ,  sia  con  provvedimento- 
ordinario  d' istituzioni  costanti,  come  nei  Sacramenti  e  nel  Sacri- 
fizio ,  sia  per  grazia  straordinaria ,  come  nelle  rivelazioni  e  nei  mi- 
racoli.  Nei  quali  casi ,  chi  volesse  ridurre  a  commercio  ecoriomico 
la  grazia  divina,  cadrebbe  in  quella  colpa  che  dal  fatto  di  Simon 
Mago  ricevette  presso  i  teologi  il  nome  di  Simonia. 

Ecco  dunque  ,  come  vedete,  non  poche  opere  escluse  dal  com- 
mercio economico ,  ossia  dal  corso  delle  cose  venali.  E  dalle  opere 
escluse  e  facile  il  discernere  tutte  le  altre  che  restano  incluse  nella 
.     •  ,fi:!oA  ;j :  '•, 


LA  RICCHEZZA  NELLA  ECONOMIA  SOCIALE 

riccti«zza  economica.  Ma  noi  per  fornirvi  una  guida  piu  fedele, 
stringeremo  qui  in  poche  formolette  il  fin  qui  discorso  intorno  alia 
vendibilita. 

23.  Non  pu6  vendersi  ci6  che  non  e  nostro  •,  ma  non  tutto  il  no- 
e  per  questo  stesso  vendibile.  L'uomo  e  padrone  di  se,  in 
col  libero  arbitrio  pu6  governarsi.  Ma  poiche  questo  arbi- 
ha  un  fine  ed  una  legge  morale  che  fanno  tutto  I'  uomo  servo 
•di  Dio ,  1'  essere  dell'  uomo  non  puo  vendersi :  ne  per  conseguenza 
4e  sue  facolta  che  formano  parte  dell'  essere. 

Gli  atti  di  queste  facolta  possono  rivolgersi  o  direttamente  al  suo 
fine  morale,  o  al  sostentamento  fisico,  o  a  prepararne  la  materia  ne- 
cessaria.  I  due  primi  modi  di  operazione  sono  doveri  inviolabili,  e 
f>er6  niuno  pu6  permutarli  con  beni  materiali.  Restano  dunque  solo 
fra  le  materie  mercatabili  le  materie  superflue  ai  proprii  bisogni , 
e  i'azione  delle  forze,  con  cui  a  questi  bisogni  provvedonsi  i  mez- 
zi  materiali. 

Queste  forze  sono  o  intellettuali  o  materiali ;  e  si  le  une  che  le 
altre  possono  dirigersi  a  preparare  un  materiale  elemento  di  agia- 
tezza.  In  questo  caso  il  loro  esercizio  diviene  materia  permutabile 
•come  quelle  materie ,  in  cui  la  loro  operazione  si  attua.  Potra 
<lunque  un  artigiano  vendere  o  il  mobile  che  ha  fabbricato,  o  il  la- 
voro  di  quattro  giorni  richiesto  a  fabbricarne  un  altro :  uno  scrit- 
tore  potra  vendere  il  manoscritto  da  lui  composto  o  1'opera  del- 
1'ingegno  e  il  tempo  richiesto  a  comporre  altro  libro  o  giornale 
•ecc.  Questa  opera,  questo  ingegno  egli  poteva  impiegarli  a  formarsi 
macchine  che  agevolassero  il  lavoro,  mobili  che  adagiassero  la  vita. 
Puo  dunque  permptarle  con  altri  oggetti  materiali  ed  equivalent. 
Cosi  sempre  piu  riesce  evidente  che  la  ricchezza  e  ,  come  nota  il 
Marescotti,  nel  connubio  del  lavoro  umano  con  la  materia,  giacche 
il  lavoro  stesso  in  tanto  acquista  un  pregio  venale,  in  quanto  o  1'ha 
trasformata,  o  e  potenzialmente  diretto  a  trasformarla. 

Tale  ne  sembra  V  idea  essenziale  ed  esatta  della  venalita  o  per- 
niutabilita  economica  ,  dalla  quale  vedete  voi  medesimo  sgorgare 
^uasi  corollario  la  necessita  dell'  equivalenza  nelle  permutazioni  , 
<della  quale  tratteremo  altra  volla. 


DEL  CONCETTO  DI  VITA 

IN   GENERALE 


I. 

.   • 

La  mtaliia  e  riposta  nelT  immanenza  dell'  azione. 

La  vita  si  pu6  prendere  astrattissimamente ,  in  quanlo  esprime 
in  generate  ci6  che  e  eomune  a  tutti  i  gradi  di  viventi;  e  si  pu6 
prendere  in  un  sense  piu  limitato,  in  quanto  restringesi  a  signifi- 
care  il  solo  infimo  grado  di  vita,  cio6  a  dire  il  grado  vegetativo. 
Anche  questo  involge  una  specie  di  comunanza,  in  quanto  si  trova 
come  fondamento  in  tutti  i  viventi  organici;  i  quali  per  conservar- 
si  hanno  bisogno  di  nutrizione.  Di  piu  la  vita  pu6  considerars. 
in  atto  primo  e  in  atto  secondo.  In  atto  primo  ella  &  1'  essere  stesso 
sostanziale  del  vivente;  in  atto  secondo  e  1'operazione  che  sgorga 
da  quell'  essere.  Vita  dicitur  duplidter:  uno  modo  ipsum  esse  viven- 
tis;  .  .  .alio  modo  ipsa  operalio  viventis ,  secundum  quam  princi- 
pium  mtae  in  actum  reducitur  i . 

Non  essendo  possibile  formarsi  una  chiara  e  distinta  nozione 
del  particolare,  senza  aver  prima  compreso  il  generale  5  noi  comin- 
. 

i  S.  TOMMASO  Summa  Theol.  i.  2,  q.  3,  art.  2  ad  1. 
Serie  HI,  vol.  IX.  19  20  Gennaro  1858 


290  DEL  CONCETTO  DI  VITA 

ceremo  dal  chiedere  in  che  consiste  la  vita  nel  suo  significato  piu 
ampio  5  per  quinci  passare  a  dire  in  che  propriaraente  e  posta  la 
vita  nel  suo  significato  piu  ristretto,  in  quanto  cioe  prendesi  per  la 
sola  vita  vegetale.  E  perciocche  le  cause  e  le  sostanze  da  noi  non 
si  conoscono  altrimenti  se  non  in  virtu  dei  loro  effetti  e  delle  loro 
operazioni;  cercheremo  della  vita  in  atto  secondo,  per  inferire  in 
che  essa  consiste  in  atto  primo.  La  quistione  adunque,  che  qui  agi- 
tiamo,  si  riduce  alia  seguente:  che  cosa  costituisce  generalmente 
1'  azione  vitale  a  differenza  della  non  vitale. 

S.  Tommaso,  beiie  intendendo  non  essere  ufficio  del  filosofo  il 
crearsi  dottrine  a  capriccio,  ma  ragionare  i  fatti  e  prendere  le  mosse 
dagli  universali  concetti  del  senso  comune,  entra  in  tale  investiga- 
zione  facendo  quasi  il  comento  a  ci6  che  la  nalura  stessa  manifesta 
implicitamente  a  ciascuno,  e  precede  a  questo  modo.  Per  conoscere 
facilmente  in  che  consiste  I'  azione  vitale,  e  bene  volgere  la  consi- 
derazione  a  quegli  esseri,  in  cui  la  vita  piu  manifestamente  ci  si 
appalesa.  Questi  sono  appunto  gli  animali.  Ex  his,  quae  manife- 
ste  vivunt ,  accipere  possumus  quorum  sit  vivere  et  quorum  non  sit 
viver-e.  Vivere  autem  manifeste animalibus  convenit  *.  Cio  e  detto  sa- 
pientemente,  percheJavita  nei  vegetali  e  troppo  latente,  per  essere 
nell' infimo  grado  5  negl' intelligent}  poi  e  troppo  astrusa,  per  essere 
nel  grado  piu  alto  e  non  percettibile  da  noi,  se  non  per  riflessione 
sopra  gli  atti  della  ragione.  Nell'  animale  e  nel  grado  mediano,  e  piu. 
vicina  ai  sensi,  dai  quali  prende  le  mosse  1'  astrazione  intellettiva. 
L'animale  adunque  e  I'obbietto  piu  opportune  per  aprirci  la  via 
nella  presente  ricerca ;  e  pero  noi  possiamo  a  diritto  distinguere  la 
yita,  ponendo  mente  a  cio  per  cui  diciamo  che  1'  animale  comincia  a 
Tivere  o  cessa  di  vivere.  Unde  secundurti  illud  oportet  distinguere  vi- 
ventia a  non  viventibus,  secundum  quod  animalia  dicunlur  vivere;  hoc 
autem  est  in  quo  primo  manifestatur  vita,  et  in  quo  ultimo  rema- 
net  2.  Ora  noi  cominciamo  a  dire  che  ranimale  e  vivo,  quando  vesj- 


1  Summa  TheoL  1  p.  q.  18,  a.  1. 

2  Luogo  citato. 


IN  GENERALE  291 

giamo  che  esso  comincia  a  muoversi  da  se  medesimo  •,  e  mentre  dura 
in  esso  un  tal  moviraento  giudichiamo  che  in  lui  continua  la  vita. 
Per  contrario,  allorchfe  scorgiamo  che  1'  animale  non  ha  piu  movi- 
mento  ab  inlrinseco,  ma  solo  vien  mosso  da  impulso  esteriore  •,  di- 
ciamo  che  esso  e  morto,  in  altri  termini  che  ha  perduta  la  vita. 
Primo  autem  dicimus  animal  vivere,  quando  incipit  ex  se  motum 
habere;  et  tamdiu  iudicatur  animal  vivere,  quamdiu  talis  molus  in 
eo  perdurat.  Quando  vero  iam  ex  se  non  habet  aliquem  motum  sect 
movetur  tantum  ab  olio,  tune  dicitur  animal  mortuum  per  defectum 
vitae  t.  L'attitudine  dunque  a  muovere  se  stesso  fa  si  che  1' animale 
chiamisi  vivo,  come  1'  assoluta  incapacita  di  eseguire  piu  tal  movi- 
mento  fa  si  che  dicasi  morto.  II  che  non  vuole  intendersi  del  solo 
movimento  locale  5  ma  di  qualunque  azione  generalmente.  Impe- 
rocche  e  chiaro  che  quantunque  1' animale  stia  fermo,  nondimeno 
noi  continuiamo  a  crederlo  vivo,  finch6  ci  accorgiamo  che  esso  con- 
tinua ad  esercitare  in  s6  un  qualunque  atto,  come  sarebhe  il  battito 
del  cuore,  la  nutrizione,  una  percezione  sensitiva  e  va  dicendo.  Che 
se  tutte  queste  funzioni  fossero  in  lui  soltanto  sospese,  diremmo 
essere  nel  medesimo  sospesa  la  vita  5  della  quale  lo  riputeremmo  al 
tutto  orbo,  se  ci  accertassimo  esser  quelle  cessate  senza  speranza  di 
ritorno.  Dunque  1'essere  un  soggetto  dotato  di  un  principio,  da  cui 
sgorghi  un'  azione  che  in  lui  si  compia,  e  ci6  che  lo  costituisce  vi- 
vente.  Sicche  in  generaie  pu6  dirsi  che  la  vita  in  atto  secondo  con- 
siste  nel  muovere  se  medesimo  ;  intendendo  cio  non  del  solo  mo- 
vimento  locale,  n&  della  sola  mutazione  quantitativa  o  qualitativa 
de'corpi  misurata  dal  tempo,  ma  bensi  di  qualunque  operazione: 
nel  qual  senso  dicesi  movimento  anche  il  sentire  e  1'  intendere.  Ex 
quo  patet  quod  ilia  proprie  sunt  vivenlia,  quae  se  ipsa  secundum 
aliquam  speciem  motus  movent,  sive  accipiatur  molus  proprie,  sicut 
motus  dicitur  actus  imperfecli,  idest  existenlis  in  potentia,  sive  mo- 
tus accipiatur  communiter  prout  motus  dicitur  actus  perfecli,  proul 
intelligere  et  sentire  dicitur  moveri,  ut  dicitur  in  tertio  de  anima;  ut 

1  Luogo  citato. 


292  DEL  CONCETTO  DI  VITA 

sicvivcntia  dicantur  quaecumque  se  agunt  ad  motum  vel  operationem 
aliquam  1. 

La  medesima  dottrina  il  S.  Dottore  insegna  in  tutti  i  luoghi,  do- 
ye  parla  della  vita  5  e  basti,  per  non  allungarci  di  troppo,  riportar- 
ne  un  altro  solo.  Nel  comento  al  secondo  libro  de  anima  dice  cosi  : 
La  propria  ragione  di  vita  e  posta  in  cio  che  un  essere  sia  abile  a 
muovere  s&  stesso;  intendendo  il  moto  in  senso  largo,  in  quanto 
cio6  si  estenda  codesta  voce  ad  esprimere  qualsivoglia  operazione  , 
eziandio  1'intellettuale.  Imperocche  quelle  cose  diciamo  orbe  di 
vita,  le  quali  non  possonomuoversi,  se  non  in  virtu  di  un  esterno 
principio.  Propria  ratio  vitae  est  ex  /ioc,  quod  aliquid  est  nalum 
movere  seipsum  ;  large  accipiendo  motum,  prout  etiam  intellectualis 
operatio  molus  quidam  dicitur.  Ea  enim  sine  vitaesse  dicimus,  quae 
ab  exteriori  tantum  principio  moveri  possunt  2. 

Onde  si  vede  che  quando  il  senso  comune  attribuisce  la  vita  alle 
piante,  implicitamente  attribuisce  loro  un  movimento  ab  ifltrinseco, 
ossia  un'  operazione  che  in  esse  si  eseguisca  con  provenienza  da 
virtu  propria,  E  1'analisi  filosofica  confermaquesto  giudiziodel  vol- 
go-,  attesoche,  come  nell'  altro  articolo  vedemmo,  la  pianta  in  ci6  si 
distingue  dai  minerali  ,  che  rappresenta  una  vera  totalita,  ossia  un 
composto  di  molte  parti  ,  concorrenti  a  costituire  un  solo  individuo 
con  un  sol  fme,e  con  operazioni  varie  bensi,  ma  tutte  al  medesimo 
fine  subordinate.  Le  molecole  dei  corpi  bruti  che  ne  sono  compo- 
sti  ,  sussistono  ed  operano  ciascuna  per  conto  proprio  :  1'  unita  del 
tutto  e  loro  imprestata  dalla  mente  nostra,  sopra  il  fondamento  della 
loro  scambievole  coesione.  Ma  la  pianta  e  veramente  una,  benche 
estesa  nell'  organismo.  In  lei  la  vita  si  manifesta  nella  varieta  delle 
sue  molte  funzioni  ;  ma  sifiatte  funzioni  son  per  modo  intrecciate 
tra  loro,  che  tutte  cospirino  ad  uno  scopo  comune  ed  identico.  Esse 
tendono  alia  conservazione  di  quell'  essere  ,  sia  numericamente  sia 
specificamente  considerate;  e  questo  e  sempre  1'unico  scopo  che  si 


1  S.  TOMMASO,  luogo  citato. 
1  In  1.  Je  ammo,  lect.  1« 


IN  GENERALE  293 

scorge  o  incoato ,  o  promosso ,  o  compiuto  in  qualsivoglia  atto  ve- 
getative, dal  primo  assorbimento  delle  materie  alimentari  fmo  agli 
ultimi  effetti  dell'assimilazione  e  della  fruttificazione.  Noi  appresso 
vedremo  non  potersi  spiegare  ci6 ,  senza  ammettere  nelle  piante 
una  forza  centrale  e  primitiva,  un  principio  vitale,  distinto  dalle 
forze  chimiche  e  fisiche,  il  quale  inform!  tutte  le  parti,  ond'  esse 
constano,  ed  irifonda  in  ciascuno  degli  organi  la  diversa  loro  effica- 
cia.  Per  ora  ci  basti  il  fatto  dell'unita  di  essere  del  vegetale  ;  per  cui 
una  medesima  individuality  comprensiva  di  diverse  parti  e  manife- 
stantesi  per  diverse  azioni,  e  quella  che  svolge  e  nutrisce  se  stessa 
convertendo  nella  propria  sostanza  le  particelle  di  altri  cor  pi,  e  ge- 
nerando  germi  acconci  a  perpetuarne  la  specie.  La  pianta,  cosi  fa- 
cendo,  opera  propriamente  in  se  stessa ;  perche  se  stessa  ingrossa  ed 
assoda  crescendo;  se  stessa  alimenta  assimilandosi  gli  umori  che 
attrae  dal  suolo  e  dall'aria;  una  parte  di  se  stessa  converte  in  prin- 
cipio di  propagazione  producendo  semi,  che  poscia  da  lei  disiaccati 
e  commessi  alia  terra  germogliano. 

Al  corpo  bruto  noi  non  sappiamo  attribuire  altra  forza,  se  non  re- 
lativaad  altri  corpi  da  esso  veramente  distinti.  Attrazione,  ripulsio- 
ne,  resistenza,  gravita  e  simiglianti ;  ecco  tutta  la  loro  efficenza.  Ma 
tali  forze,  come  ognun  vede,  non  si  esercitano  se  non  sopra  un  sub- 
bietto  sostanzialmente  diverso  che  ha  il  suo  essere  a  se,  ne  entra  per 
veruna  guisa  nell' integrita  e  nel  fine  dell' altro.  Abbiamo,  e  vero; 
agente  e  paziente ,  la  molecola  verbigrazia  attraente  e  la  molecola 
attratta;  ma  1'uno  e  al  tutto  fuori  dell'altro  non  solo  materialmen- 
te,  ma  eziandio  formalmente,  perche  1'  essere  e  il  fine  di  ciasche- 
duno  si  trova  intero  e  compito  in  entrambi.  Nell'  organismo  vi- 
vente  non  e  cosi ;  perche  le  parti  in  esso  non  hanno  valore,  se  non 
in  ordine  al  tutto,  che  sorge  dalla  loro  unione.  Esse  sono  fuori  I'una 
dell'altra  quanto  alia  loro  materialita  ed  estensione  quantitativa; 
ma  sono  in  certa  guisa  1'  una  nell'  altra  quanto  alia  loro  formalita 
ed  estensione,  diremo  cosi,  virtuale;  perche  costituenti  un  solo  or- 
ganismo ed  attuate  da  virtu  subordinate  tra  loro  e  sgorganti  da  un 
solo  principio.  Ondeche  la  pianta  quando  opera,  benche  eseguisca  le 


294  DEL   CONCETTO  DI  VIT1 

sue  funzioni  per  organi  diversi;  nondimeno  opera  in  se  medesima, 
perche  tanto  I'agente  quanto  il  paziente  appartengono  alia  medesi- 
ma individuality  ;  eper  conseguenza  la  medesima  individualita  ope- 
rante  e  quella  che  riceve  1'  azione. 

Di  che,  volendo  ridurre  a  formola  piu  breve  le  cose  dette,  pos- 
siamo  affermare  generalmente  che  la  vita  consiste  nella  immanenza 
dell'  azione.  Imperocche  e  da  avvertire  che  1'  operazione  pu6  essere 
di  doppia  specie;  1'una  che  dicesi  transeunte,  1'  altra  che  nomasi 
immanente.  Azione  transeunte  si  chiama  quella  che  e  ricevuta  in 
un  soggetto  di  verso  dall'  operante,  come  il  gittare  un  sasso,  o  il 
battere  il  grano  sull'aia  ;  azione  immanente  per  contrario  si  chiama 
quella  che  e  ricevuta  nello  stesso  soggetto  operante,  come  il  senti- 
re  ed  il  volere.  Duplex  est  actio.  Una,  quae  transit  in  exterior  em 
materiam,  ut  calefacere  et  secure  5  alia  quae  manet  in  agente,  ut  sen- 
tire  et  velle.  Quorum  haec  est  differentia:  quia  prima  non  est  perfe- 
ctio  agentis  quod  movet,  sed  ipsius  moti ;  secunda  autem  actio  est 
perfectio  agentis  *.  Onde  si  vederche  a  costituire  1'  azione  immanen- 
te due  cose  si  richiedono.  La  prima  che  essa  sia  veramente  azio- 
ne, cioe  che  essa  proceda  da  un  principio  interno  ;  altrimenti ,  se 
procedesse  da  un  principio  esterno,  direbbesi  passione.  La  seconda 
fe  che  essa,  procedendo  da  un  principio  interno  al  subbietto  operan- 
te,  non  esca  fuori  del  medesimo  subbietto,  ma  in  qualche  modo  ri- 
manga  in  lui.  II  sole  illumina,  e  cio  in  virtu  d'una  forza  che  in  esso 
risiede  e  ad  esso  appartiene.  Pu6  dirsi  immanente  una  tale  azione? 
No;  perche  essa  si  esercita  sopra  subbietti  distinti  dall'  operante. 
Un  grave,  non  sostenuto ,  cade.  Pu6  dirsi  immanente  quel  movi- 
mento?No;  perche  sebbene  esso  sia  ricevuto  nel  grave;  tuttavia 
rion  procede  da  un  principio  interno  al  medesimo  grave,  ma  da  un 
principio  esterno,  cioe  dall'attrazione  della  terra  che  a  se  lo  tira.  Per 
coutrario  quando  io  sento  o  cammino,  esercito  un' azione  immanen- 
te •,  percbe  1'arione  del  sentire  e  del  camminare  procede  da  me  ed 
in  me  si  compie.  Lo  stesso  dicasi  proporzionevolmente  della  pianta, 

1  S.  Towuso  Summa  th.  1  p.  q.  18,  a.  2  ad  I. 


IN  GENERALE  295 

la  quale  allorche  converte  nella  propria  sostanza  i  succhi  gia  pre- 
disposti,  ovvero  esplica  il  proprio  organismo  e  frondeggia  e  fiori- 
see  e  fruttifica,  e  dessa  certamente  che  opera  ed  opera  in  se  mede- 
sima. 

Obbiettera  forse  taluno  :  II  pittore  che  dipinge  un  quadro,  o  il 
citarista  che  tocca  un  liuto,  esercitano  senza  dubbio  un'  azione  vi- 
tale;  e  nondimeno  ella  passa  in  un  distinto  subbietto.  Dunque  la 
vitalita  dell'  azione  non  consiste  nell'  immanenza. 

Al  che  rispondiamo  chequell'azione  del  pittore  e  del  citarista  non 
e  vitale  in  quanto  precisamente  e  mozione  del  pennello  e  delle  cor- 
de;  perche  in  tal  caso  dovrebbe  dirsi  vitale  eziandio  1'attrarre  che 
la  calami ta  fa  del  ferro,  e  la  spinta  che  la  molla  da  alle  ruote  d'  un 
oriuolo.  Ma  bensi  quell'  azione  e  vitale  in  quanto  e  movimento  del- 
le dita  e  delle  mani  dell'artista,  le  quali  per  fermo  fanno  parte  del- 
la  sua  persona;  e  per6  avverano  che  un  medesimo  sia  il  subbietto 
che  elice  e  che  in  se  riceve  1'  azione. 


II. 


//  cancel  to  dell'  immanenza  spiega  perche  la  vegelazione  sia 
I'  infimo  grado  di  vita. 

Da  tutti,  filosofi  e  non  filosofi,  si  riconosce  concordemente  la  vi- 
ta delle  pi  ante  essere  la  piu  bassa  che  net  viventi  si  manifesta.  Ma 
egli  e  da  assegnare  la  ragione  di  tale  inferiorita  5  il  che  faremo  ricor- 
rendo  al  concetto  da  noi  superiormente  stabilito  intorno  alia  vita. 

La  vita,  secondoche  diniostrarftmo,  consiste  nell1  immanenza  del- 
1'  azione,  o,  cio  che  torna  al  medesimo,  nel  movimento  che  proce- 
da  da  un  interno  principio.  Ora  egli  e  chiaro  che  la  vegetazione  par- 
tecipa  dell'  immanenza  nel  menomo  grado.  E  per  fermo  due  cose 
dicemmo  essere  necessarie,  acciocchfe  1'atto  sia  immanente:  1'  una, 
che  esso  proceda  da  interno  principio  $  1'  altra  che  si  faccia  e  riseg- 
ga  nel  subbietto  stesso  da  cui  precede.  Per  amendue  questi  capi  la 
vita  delle  piante  e  la  meno  perfetta. 


296  DEL  CONCETTO    DI  VITA 

E  quanto  al  primo,  noi  possiamo  considerare  nell'azione  tre  cose: 
1'esecuzione,  la  forma  che  determina  I'operante,  il  fine  a  cui  1  ope- 
rare  6  diretto.  Ora  la  pianta  e  attiva  per  interne  principio  a  rispetto 
soltanto  della  prima  di  tali  cose;  ma  e  passiva  a  rispetto  delle  altre 
due.  Imperocche  quantunque  la  pianta  operi  per  forza  intrinseca, 
e  pero  da  se  stessa  si  dia  1' azione;  nondimeno  non  e  essa  che  pre- 
stabilisce  il  fine  della  medesima,  ne  acquista  per  propria  industria 
la  forma,  che  prossimamente  la  determina  ad  operare.  La  pianta 
vegeta  per  conservare  se  e  la  specie.  Un  tal  fine  le  e  imposto  dal 
supremo  Autore  del  tutto-,  senza  che  essa  lo  apprenda,  o  lo  segua 
coll'affetto,  e  molto  meno  vedendo  la  proporzione  che  i  mezzi  hanno 
per  asseguirlo.  La  forma,  per  cui  opera,  e  il  principio  attivo ;  e  que- 
sto  le  e  comunicato  da  natura,  senza  che  essa  valga  a  delerminarne 
in  alcuna  guisa  1'  influenza.  La  sola  cosa  che  essa  fa,  si  e  il  porre 
1'azione,  per  la  quale  e  insignita  di  facolta  opportune,  dipendente- 
mente  dalle  circostanze  concrete,  in  cui  vien  collocata.  Inveniun- 
tur  quaedam  quae  movent  se  ipsa  non  habito  respectu  ad  formam 
vel  finem,  quae  inest  eis  a  natura,  sed  solum  quantum  ad  execu- 
tionem  motus :  sed  forma,  per  quam  agunt,  et  finis,  propter  quern 
agunt,  determinants  eis  a  natura.  Et  huiusmodi  sunt  plantae, 
quae,  secundum  formam  inditam  eis  a  natura,  movent  seipsas  se- 
cundum  augmenlum  et  decrementum  1.  Non  cosi  nella  vita  degli 
esseri  conoscitivi.  Questi  si  muovono  ad  operare  per  conoscenza 
da  loro  proracciata ;  e  se  sono  intellettuali,  stabiliscono  eziandio  il 
fine  alia  propria  azione,  o  almeno  ne  scorgono  1'ordine  e  la  pro- 
porzione coi  mezzi.  Onde  essi  si  muovono  da  se  piu  assai  che  non 
le  piante,  le  quali  per  conseguenza  giustamente  si  dicono  essere 
neirinfimo  grado  di  vita. 

Lo  stesso  e  da  inferire,  se  si  riguarda  I'altro  lato  dell'imma- 
nenza,  cioc  il  terminarsi  dell'  azione  nel  subbietto  medesimo,  da 
cui  essa  procede.  L' operare  della  pianta  resta  nella  stessa  pianta, 
cio&  nello  stesso  subbietto  operante,  ma  non  e  ricevuto  nella  stessa 

1  S.  TOMMASO  Summa  Th,  1  p.,  q.  18,  a.  2. 


IN   GENERALE  297 

potenza  operativa.  Spiegheremo  la  cosa  con  un  esempio.  L'inlelle- 
zione  e  atto  immanente-,  perchk  1'animo  stesso  che  la  emette  in  se 
la  ritiene.  Ma  se  si  guarda  accuratamente ,  essa  e  un  alto  imma- 
nente assai  inlimo-,  perche  viene  accolta  nella  stessa  sernplice  facolta 
intellettiva,  da  cui  si  elice.  L'intelletto  stesso  che  emette  1'intelle- 
zione,  si  attua  e  si  avviva  della  medesima.  Ci6  non  si  verifica  delle 
piante.  L'azione  che  esse  fanno,  non  e  ricevuta  nella  stessa  poten- 
za-, anzi  neppure  nella  stessa  parte  organica  che  opera,  ma  bensi 
in  una  parte  di versa.  La  molecola  assimilante  e  distinta  certamente 
dalla  molecola  assimilata,  benche  questa  nel  termine  del  suo  tras- 
mutamento  cominci  a  far  parte  della  medesima  pianta.  II  perche 
1' azione  vegetativa  e  immanente  da  questo  capo  solo,  in  quanto 
cioe  essa  resta  nello  stesso  soggetto  operante,  considerate  nella  sua 
individual  totalita;  ma  in  niuna  guisa  informa  la  stessa  potenza 
operatrice.  Anzi  siffatta  azione,  se  ben  si  rimira,  e  tale,  che  o  da 
principle  comirina  ad  esercitarsi  sopra  una  materia  distinta  dall'o- 
perante  e  solo  nel  termine  rimane  in  esso;  ovvero  se  comincia  ad 
esercitarsi  sopra  lo  stesso  subbietto,  finisce  al  di  fuori  in  un  termine 
estrinseco.  Vediamolo  partitamente. 

Le  funzioni  del  vegetale,  considerate  ne'  loro  precipui  effetti,  ri- 
duconsi  a  tre:  alia  nutrizione,  all' aumentazione,  alia  generazione 
o  fruttinVazione.  Identifichiamo  tra  loro  queste  due  ultime,  perche 
il  generare  ed  il  fruttare  valgono  lo  stesso ,  non  essendo  il  frutto 
altra  cosa,  se  non  il  fiore  medesimo  della  pianta,  1'ovario  o  il  gfrrne 
del  quale  gia  fecondato  si  spoglia  degli  stami  e  de'  petali,  di  rui  piu 
non  abbisogna ,  e  s' ingrandisce  per  ingrandimento  del  tessuto  in 
cui  si  1'ovario  come  il  seme  sono  racchiusi.  Orala  nutrizione  benche 
abbia  per  termine  la  sostanza  stessa  della  pianta,  da  cui  si  esercita, 
assimilando  ad  essa  le  particelle  segregate  dal  succo  alimentare  5 
nondimeno  comincia  da  previe  operazioni  sopra  un' esterna  mate- 
ria, quali  sono  gli  umori  che  la  pianta  assorbe  dal  suolo,  o  i  fluidi 
che  attira  dall' atrnosfera.  L'assimilazione  e  il  termine,  e  compiesi 
pel  trasmutarsi  in  sostanza  vegetale  ci6  che  prima  non  era,  fuorche 
materia  bruta  o  materia  vegetale  gia  morta.  Ma  quante  funzioni 


298  DEL  CONCETTO  Dl  VITA 

non  le  dovettero  andare  innanzi?  L'assorbimento,  la  circolazione, 
la  secrezione  e  va  dicendo  •,  le  quali  si  esercitarono  sopra  sostanze, 
che,  quantunque  passo  passo  si  disponevano  a  tramutarsi  nel  vi- 
vente,  tuttavia  non  facevano  ancora  parte  del  medesimo,  anzi  nep- 
pur  tutte  erano  materie  atte  ad  alimentarlo,  e  pero  da  esso  ven- 
gono  espulse  mediante  le  escrezioni. 

Lo  stesso  ha  luogo  a  riguardo  dell'  aumentazione  ^  giacchfe  la 
pianta  non  cresce  se  non  per  via  di  nutrimento-,  assimilando  a  se 
piu  materia  di  quello  che  sia  precisamente  necessario  al  restauro 
delle  perdite  che  va  del  continue  facendo. 

Da  ultimo  la  generazione  s'inizia ,  e  vero,  nel  vivente  stesso,  il 
quale  dalla  sua  sostanza  distacca  le  particelle  che  compongono  il 
germe  ed  il  seme  ^  ma  essa  tende  ad  un  termine  estrinseco,  cioe  alia 
produzione  di  un  essere  distinto  individualmente  dal  generante, 
benche  a  lui  consimile  nelPessenza.  Laonde  la  generazione  del  ve- 
getale,  sebbene  sia  un  atto  immanente  nell' esordire,  non  e  imma- 
nente  nel  terminare  •,  e  sotto  tale  riguardo  essa  difetta  e  cade  dalla 
perfezione  intrinseca  della  vitalita ;  la  quale,  secondo  che  dicemmo, 
dimora  appunto  nell'  immanenza. 

Tanto  poi  la  nutrizione ,  quanto  la  generazione ,  anche  dal  lato  , 
in  cui  si  riferiscono  all'operante,  non  sono  rnai  ricevute  nella  stessa 
potenza  operative }  perche  consistendo  si  1' una  come  1'altra  nel 
trasmutare  alcune  molecole,  o  per  aggiungerle  o  per  disgiungerle 
da  esso  operante,  conviene  che  amendue  si  aggirino  sopra  una  ma- 
teria distinta  dall'  organo ,  da  cui  esse  vengono  eseguite.  Sicchfe  in 
tali  funzioni  si  avvera  sempre  che  altra  e  la  parte  che  opera ,  ed 
altra  quella  che  patisce  ;  quantunque  entrambe  appartengano  allo 
stesso  subbietto. 

III. 

La  vita  in  perfetlissimo  grado  non  si  verifica  se  non  in  Dio. 

Di  qui  agevolmente  si  vede  che  la  vita  nell'  ultimo  grado  di  sua 
perfezione  non  e  propria  se  non  di  Dio ;  e  la  ragione  si  e  perchi 


IN  GENEKALE 

del  solo  atto  divino  si  avvera  la  totale  e  perfettissima  immanenza, 
per  amendue  i  capi  che  la  riguardano.  E  quanto  al  primo,  noi  pos- 
siamo  consider  are  tre  ordini  di  vita  :  la  vegetale ,  propria  delle 
piantej  lasensitiva,  propria  degli  animali  ;  1' intellettiva ,  propria 
delle  spirituali  sostanze.  La  vegetale,  che  e  I'infima,  partecipa  del- 
1'infimo  grado  di  azione  immanente;  perche,  come  dimostrammo, 
si  esercita  intorno  allo  stesso  soggetto  operante,  ma  non  e  ricevuta 
nella  stessa  potenza  operativa.  Piu  elevata  sotto  tale  rispetto  e  la 
condizione  della  vita  sensitiva;  perciocch&  T  atto  di  sentire  non 
solo  resta  nello  stesso  subbietto ,  ma  di  piii  attua  ed  informa  la 
medesima  facolta  che  lo  elice.  Cosi  la  visione  ex.  gr.  precede  dalla 
facolta  di  vedere ,  e  rimane  nella  faeolta  stessa.  Nondimeno  pel 
concorso,  che  si  ricerca,  dell'organo  materiale,  quell' atto  non  ri- 
siede  nelsemplice  principio  vitale,  ma  nel  composto,  a  cui  propria- 
mente  appartiene  il  sentire.  Cosi  la  visione,  che  e  1'esempio  test& 
recato,  none  atto  propriamente  se  non  dell' occhio  avvivato,  cioe  a 
dire  della  virtu  visiva,  non  in  quanto  questo  si  origina  dalla  sola 
anima,  ma  in  quanto  informa  quella  parte  organica  deU'animale.  Lo 
stesso  dicasi  delle  altre  sensazioni.  Onde  1'immanenza  delVattosen- 
sitivo  nel  principio  vitale,  da  questo  capo,  non  e  perfetta. 

ISon  cosi  della  vita  intellettiva.  Conciossiache  1'intendere  non  si 
esercita  col  concorso  di  verun  organo  materiale,  ma  tutto  appartiene 
alia  semplice  facolta  dello  spirito  intelligente.  Onde  1'  immanenza 
dell'atto  intellettuale,  sotto  questo  aspetto,  e  piena;  perche  la  me- 
desima facolta  che  emette  1' azione  ne  resta  informata,  senza  parte- 
cipazione  di  niun  essere  distinto  dal  principio,  da  cui  la  vita  fontal- 
mente  rampolla.  Perci6  le  sostanze  spirituali  con  piu  forte  diritto 
si  dicono  viventi }  e  azione  vitale  in  senso  assai  piu  stretto  viene 
appellato  1'  intendere  ed  il  volere,  che  non  il  sentire  e  il  nutrirsi. 

Tuttavia  convien  notare  che  se  trattisi  di  sostanza  spirituale 
creata,  1' azione  sua  non  giunge  all'  ultimo  e  supremo  grado  d'  im- 
manenza. II  che  si  rende  manifesto  da  ambo  i  lati,  che  possono  in 
ci6  considerarsi.  E  da  prima  se  guardiamo  1'  immanenza  dal  lato, 
per  cui  essa  richiede  che  1'  atto  risegga  nello  stesso  principio  elici- 


300  DEL  CONCETTO  DI  VITA 

tiro,  noi  facilmente  ci  accorgeremo  che  essa  non  e  piena  e  compita 
se  non  in  Dio.  Irnperocche  nelle  creature  anche  spiritual!  tanto 
1'azione,  qiianto  la  facoltaoperativa  si  distinguonodall'essenza  del- 
1'  operante.  Solamente  in  Dio  1'  azione,  la  virtu  di  operare  e  I'  es- 
senza  s  identificano  tra  di  loro  ;  giacche  Dio  solo  e  tutto  atto  e  puro 
atto.  ne  cotnporta  romposizione  di  sorte  alcuna.  Dei  potentia,  quae 
est  operations  prtnct'pium,  est  ipsa  Dei  essentia ;  quod  non  potesl 
esse  verum  neque  in  anima  neque  in  aliqua  creatura  1.  Nee  in  angelo, 
nee  in  aliqua  creatura  virtus  vel  potentia  operativa  est  idem  quod  sua 
essmtia  2.  H  per<-he  in  Dio,  e  solamente  in  Dio,  si  verifica  la  piena 
e  perfetta  intimita  d  insidenza  dell'  azione  nel  principio  operante  ; 
e  quimli  la  piena  e  perfetta  ragione  di  vita.  Anzi  da  questa  identi- 
fioazione  in  Dio  dell'  essere  coll'operare,  ne  viene  che  egli  non  solo 
debba  dirsi  vivente  in  altissimo  grado,  ma  debba  dirsi  essere  la 
stessa  sua  vita  non  solo  in  atto  primo,  ma  ancora  in  atto  secondo : 
Sicut  Deus  est  ipsum  suum  esse  et  suum  intelligere ;  ita  et  suum  vi- 
vere  3. 

Nella  medesima  illazione,  ci  scontreremo,  se  volgiamo  il  guardo 
all  allro  lato,  per  cui  1'  azione  si  dice  immanente,  in  quanto  cioe  si 
riguarda  la  sua  provenienza  da  interno  principio.  Imperocehe  con- 
sistendo  la  vita  nell'  operare  da  se  e  non  per  impulso  ricevuto  da 
estrinseca  cagione-,  ivi  la  vita  e  piu  perfetta,  ove  meglio  si  avrera 
qu^st'  intrinseco  procedimento.  Cum  vivere  dicanlur  aliqua  secun- 
dwm  quod  operanlur  ex  seipsis  et  non  quasi  ab  aliis  mota;  quan- 
to perfectius  competit  hoc  alicui ,  tanto  perfectius  in  eo  invenitur 
vita  ^.  Ora  delle  tre  cose,  che  dicemmo  potersi  in  ci6  considerare : 
1'  esecuzione  dell  atto,  la  forma  che  determina  1'  operante,  il  fine 
a  cui  I'operazione  s'  indirizza,  in  Dio  solo  si  verifica  pienamente  la 
provenienza  ab  intrinseco  rispetto  a  tutte.  Le  piante  muovono  se 


1  S.  TOMMASO  Swmma  th.  p.  1,  q.  77,  a.  i. 

2  S.  TOMMASO  ivi  q.  54,  a.  3. 

3  S.  TOMMASO  Summa  th.  1  p.,  q.  18,  a.  3. 

4  iTi. 


IN  GENERALE  301 

stesse  splamente  in  quanto  alia  esecuzione  dell'  atto  •,  perche  sebbe- 
ne  emettano  1'  azione  vitale  per  virtu  propria,  pure  ci6  fanno  per 
determinazione  di  una  natura  o  forma  che  non  hanno  da  loro  stesse, 
ma  ricevettero  da  esterna  cagione,  e  molto  meno  si  prefiggono  il 
fine  del  proprio  operare.  Gli  animali  salgono  un  grado  phi  alto ; 
perchfe  sebbene  non  si  prefiggano  il  fine,  il  cbe  e  sopra  la  virtu  sen- 
sitiva;  pure  si  muovono  ad  operare  in  virtu  di  cognizione  acquistata 
pei  sensi,  e  cosi  si  danno  in  certa  guisa  da  loro  stessi  la  forma  che 
prossimamente  li  determina  all'  azione.  Da  ultimo  gli  esseri  ragio- 
nevoli  non  solo  pongono  per  virtu,  che  e  in  essi,  1'  azione,  e  me- 
•diante  la  conoscenza  si  danno  in  certa  guisa  da  loro  stessi  la  forma 
che  a  quella  li  determina;  ma  inoltresi  prefiggono bene  spesso  da 
loro  medesimi  il  fine  dell' operare,  o  al  manco  ravvisano  lapropor- 
zione  dei  mezzi  con  esso  fine.  Qui  dunque  noi  scorgiamo  gia  tocco 
1'ultimo  grado  di  vita,  per  quel  che  concerne  il  darsi  1'atto  da  se  me- 
desimo.  Nondimeno,  chi  sottilmente  riguarda,  un  tal  grado  non  e 
posseduto  perfettamente,  se  non  dall'intelligenza  increata;  perche 
1'  intelligenza  creata,  sebbene  si  prefigga  da  se  il  fine  particolare 
d«ll' azione,  tuttavia  non  si  prefigge  da  se  il  fine  ultimo,  il  quale 
le  e  prestituito  dalla  natura.  Di  piu  sebbene  ella  emetta  per  virti 
sua  1'  atto  conoscitivo,  da  cui  vien  mossa  a  volere  ed  operare,  non- 
dimeno  I'  essere  sostanziale,  da  cui  quell'  atto  fontalmente  germo- 
glia,  le  venne  impartito  da  esterna  cagione,  vale  a  dire  dal  Crea- 
tore  della  sua  esistenza.  Soltanto  Iddio  non  va  soggetto  aniuna  di 
simili  imperfezioni ;  essendo  Egli  da  se  sotto  ogni  rispetto,  e  non 
avendo  alcuri  fine  prestituito  da  esterno  ordinatore ,  ma  essendo 
Egli  stesso  fine  delle  cose  tutte.  Laonde  Egli  solo  opera  per  prin- 
cipio  sommamente  intrinseco  all'operante;  e  per6  Egli  solo  possiede 
perfettamente  e  compiutamente  la  vita :  Illud  igitur  cuius  sua  na- 
tura est  ipswn  eius  intelligere ,  et  cui  id ,  quod  naturaliter  halet, 
non  determinatur  ab  olio;  hoc  est,  quod  habet  summum  gradum  vi- 
tae.  Taleautem  est  Deus;  unde  in  Deo  maxime  est  vita  *.  Eci6ba- 
sti  aver  detto  del  concetto  di  vita  in  generate. 

1  S.  TOMMASO  Summa  th.  1  p.,  q.  18,  a.  3. 


LA  CONTESSA  MATILDA  DI  CANOSSA 

E 

IOLANDA  DI  GRONINGA 


i 

MANFREDO  DI  TRAVEMUNDA 

Come  le  due  donne  furono  a  pie  della  rupe  ,  Swatiza  che  il  piu 
del  tempo  andava  scalza  ,  levatasi  lolanda  in  collo  ,  si  fece  franca- 
mente  per  lo  mezzo  delle  profonde  acque,  le  quali  spumeggiavanle 
sino  ai  fianchi  e,  come  Dio  voile,  giunse  all'  altra  riva.  lolanda  che 
al  fremito  del  torrente  era  per  ispavento  pallida  divenuta  ,  quando 
fudepostasull'asciatto,  ringrazio  con  ismisurato  sentimento  la  sua 
salvatrice  ;  e  poscia  rimessesi  in  via  cosi  al  buio,  lolanda  le  doman- 
d6  a  fidanza  ,  in  qual  modo  avesse  potuto  fuggire  il  fuoco  nella 
terribil  giornata  del  sollevamento  di  Brunn  y  allorche  bruciarono  i 
due  negromanti  di  Corte. 

—  lo  non  sapea  nulla  ,  disse  la  Swatiza  ,  di  quel  subito  furore 
della  citta,  e  per6  me  ne  venia  cheta  su  per  una  contrada  ,  quando 
sento  gridare  —  ec"cola :  pigliala,  k  la  Strega,  al  fuoco  al  fuoco  — 
e  il  dir  questo  ,  e  il  vedermi  addosso  quattro  villani  armati  fu  tut- 
t'uno.  lo  m'ebbi  morta.  Intanto  fra  lo  schiamazzo  udii  una  voce  — 
Va  condotta  al  baloardo  degli  ungheri  5  la  catasta  pei  due  negro- 


LA  CONTESSA  MATILDA  —  MANFREDO  DI  TRAVEMUNDA  303 

manti  fe  gia  presta :  su  ,  bravi  ,  sollecitate  —  La  gente  ingrossava 
come  il  torrente  ,  e  non  v'  era  piu  scampo.  Allora  io  senlendomi 
accagionare  d'aver  Tubato  i  bambini,  venni  in  un  subito  avviso  ,  e 
quando  Fui  a  un  certo  luogo  ch'io  ben  conoscea,  dissi  a  quei  mani- 
goldi  —  Cristiani ,  gia  che  debbo  morire  ,  acciocche  Iddio  abbia 
misericordia  di  me,  voglio  consegnarvi  un  bel  bambino  da  me  ru- 
bato  ieri  —  Dov'e  ?  gridaron  tutti :  eh  povera  creatura !  ah  ladra 
infamc,  fuori,  lo  vogliamo  — 

Io  fatto  il  viso  pietoso,  ripigliai  -r  L'ho  deposto  in  questa  casa  : 
non  facciamo  paura  a  quelle  povere  donne  ,  alle  quali  dissi  ch'era 
mio  ;  fate  pur  la  guardia  qui  alia  porta,  ch'  io  salgo  e  scendo  col 
bambino  in  un  attimo  —  I  villani  dissero  —  Va  e  torna  subito  — 
e  intanto  co'  lancioni  sbarrarono  la  porta.  Quella  casa  era  appog- 
giata  a  una  collinetta  ;  perch&  salite  alcune  scale,  per  una  loggia  si 
riuscia  in  un  vicoluzzo  repente  che  scendeva  in  uno  spiazzo  ,  al 
quale  facean  capo  di  molte  strade.  To  datala  per  una  di  quelle  ,  e 
volto  a  molti  canti  che  formavano  un  labirinto,  mi  rintanai  in  una 
casipola  di  povera  gente.  Seppi  poscia  che  i  villani  e  il  popolo  atte- 
sero  alquanto,  e  non  vedcndomi  venire,  salirono,  cercarono,  rimu- 
ginarono  tutta  la  casa  dal  tetto  alle  cantine  -,  e  non  vi  trovando  ne 
me,  ne  il  bambino  ,  corse  la  voce  che  m'ero  dileguata  in  forma  di 
assiuolo,  di  gatta  e  di  corvo.  Venuta  poi  la  notte,  mi  camuffai  bene 
e  calata  da'  miei  turcimanni  per  le  mura,  trapassai  il  fosso,  e  cercai 
mia  ventura  per  la  Germania  — 

Cosi  detto,  la  Swatizaaffrettava  il  passo  a  un  casolare  di  pastori 
di  sua  conoscenza,  e  intanto  diceva  a  lolanda  —  Signora  mia  ,  voi 
dovete  attenervial  mio  consiglio,  ci6  6  che  voi  continuate  il  vostro 
viaggio  a  maniera  di  Romeo  ,  e  teniate  diritto  al  pellegrinaggio  di 
Roma  soletta  ,  quando  non  v'  abbatteste  nella  brigata  di  qualche 
Vescovo  o  Abate,  o  meglio  ancora  di  alcuna  Contessa  che  per  divo- 
zione  cavalcasse  ai  luoghi  santi ,  e  v'  aggiugneste  fra  loro  accoltavi 
per  carita.  In  effetto  voi  non  avrete  a  patire  di  vettovaglia,  perche 
eccovi  questo  zaino  vecchio  e  rattacconato  ma  pieno  di  gruppi 
4'  oro  ,  che  vi  bastera  per  1'  andata  e  pel  soggiorno  ;  ma  tene- 


301  LA   CONTESSA  MATILDA 

tevi  sempre  \\  cappuccio  a  gote  ,  e  anco  tingetevi  alquanto  con 
erbe  il  viso,  che  voi  siete  troppo  bella  ,  ne  vi  potrebbero  mancare 
inciampi.  Parlate  slavo  per  fuggire  i  parlari  co'Tedeschi,  i  quali 
parteggiano  tieramente,  chi  per  Papa  Gregorio  ,  chi  per  li  scomu- 
nicati  ,  e  potreste  incorrere  guai  non  lievi.  Nel  monistero  di 
Brunn  apparaste  di  latino,  e  ove  incontrassevi  di  passare  per  le  pievi 
t  per  le  badie  potrete  favellare  coi  cherici  ;  ma  siate  cauta  ezian- 
dio  con  cotestoro  ;  perocche  avvene  non  poehi  ,  ed  io  ne  conobbi 
parecchi,  i  quali  sono  inveleniti  contra  il  Papa  a  cagione  che  vieta 
loro  di  comperarei  benefizii  dellechiese  dai  gastaldi  deli'Imperato- 
re,  perche  dice  ii  Papa  che  lesono  simonie  (e  una  parola  latina  che 
io  non  intendo  ,  ma  mi  fu  detto  dal  monaco  Guntrado  ch'  e  una 
brutta  parola)  e  poi  Gregorio  non  vuole  che  i  sacerdoti  sieno  come 
i  congiugati.  Mi  pare  che  abbia  ragione  ,  perocche  noi  femmine, 
perdonate  damigella,  siamo  roba  da  cucina  e  non  da  altare,  e  siamo 
come  il  carbone  acceso,  che  dove  tocca  brucia  e  tigne. 

—  Io  ti  ringrazio,   Swatiza,  di  questi  buoni  ammonimenti,  dis- 
se  lolanda,  e  mi  raccomander6  al  mio  buon  Angelo  che  mi  guidi  e 
conduca  a  salvamento  sino  alia  tomba  di  san  Pietro  ,  ove  pregherd 
anco  per  te,  acciocche  Iddio  ti  riduca  sulla  buona  via,  e  ti  tolga  da 
cotesta  vita  andereccia  e  sviata,  ediati  grazia  di  salvar  I'anima  tua, 

—  Eh,  damigella,  rispose  la  zingana,  ringraziate  Dio,  che  voi 
foste  allevata  nella  pieta  cristiana.  Io  son  figiiuola  di  zingani  vaga- 
bond! e  ladri,  cbe  m'  insegnarono  a  viver  di  ratio  sino  da  bambo- 
letta ,  e  quando  avevo  rapito  una  gallina  al  pollaio  ,  o  involato  un 
panno  al  bucato,  mia  madre  faceami  una  carezza:  e  se  la  sera  fos- 
si  tornata  a  casa  colle  mani  vuote,  la  mi  batteva,  e  cacciavami  fuo- 
ri  della  capanna  senza  cena.  Ora  poi  son  trista,  e  piena  di  male- 
dizione. 

—  Pure,  soggiunse  lolanda  stringendole  la  mano,  io  spero  che  il 
Signore,  il  quale  rimerita  un  bicchier  d'acqua,  non  iscordera  il  be- 
nefizio  che  tu  m'  hai  fatto ;  ricordati  per6  di  Raimondo,  salvamelo 
per  carita — Cosi  dicendo  giunsero  all'abituro  dei  pastori.  Mancava 
ancora  non  poco  a  giorno ,  ma  Swatiza  picchiato  all'  uscio  e  chia- 


MANFREDO  DI  TRAYEMUNDA  305 

mato  Ulpone,  gli  disse —  Ulpo  ,  eccoti  un  mezzo  marro  d  ar- 
gento  ,  mena  qui  questo  giovine  pellegrino  sulla  strada  maestra, 
che  vi  giugnerete  di  certo  prima  della  lavata  del  sole. 

—  Buono  buono,  Swatiza,  disse  Ulpo,  ch'era  un  giovinazzo  tar- 
chiato  e  piacevolone ,  tu  ti   se'  fatta  bacchettona  eh?  ma  veggo, 
che  in  luogo  di  cignerti  il  cilizio  e  picrhiarti  le  spalle  colla  discipli- 
na  pellegrinando  alle  indulgenze  di  colpa  e  pena,  tu  il  fai  per  pro- 
curatore  inviandovi  questo  povero  garzoncello  ,  il  quale  se  dovesse 
pot  tare  in  colloil  fardello  de'tuoi  peccatacci,  vi  scroscerebbe  sotto, 
credilo  a  me,  giunto  qui  a  mezzo  il  bosco. 

—  Ciancia  a  tuo  grado :  lesto,  e  siati  adunque  raccomandato  co- 
testo  mio  procuratore.  Addio,  Lariduccio,  fa  buon  viaggio  e  non  ti 
scalmare.  Dio  t'  accompagni  —  E  il  nostro  Lando  misesi  in  via  col 
pastore. 

Quando  furono  pervenuti  alia  via  maestra,  il  pastore  addirizzolla 
yerso  Augusta,  e  preso  commiato,  ritorn6  alle  sue  capanne.  La  po- 
vera  lolanda  rimasa  cosi  soletta  inginocchiossi  sopra  un  sasso  ,  c 
tratta  di  tasca  la  sua  immagine  di  Maria  le  si  raccomand6  figlial- 
mente,  supplicandola  d'esserle  via,  scorta,  luce  e  difesa  in  si  lungo 
e  periglioso  cammino:  indi  rizzossi,  enel  rizzarsi  s'  intese  correre 
in  petto  tant'  ammo  e  ardire,  tanta  gagliardia,  risolutezza  e  bravu- 
ra, ch'  ella  non  parea  piu  quella  timida  donzelletta  che  per  lo  in- 
nanzi,  ma  procedea  spiritosae  magnanima  come  s'ella  fosse  accom- 
pagnata  dal  miglior  nerbo  di  guerrieri.  AU'ora  di  terza  sentendosi 
voglia  di  refiziarsi  tolse  un  pane  ,  che  la  Swatiza  le  avea  fatto  por- 
re  in  tasca  allorche  usci  della  stanza  de'  monetieri ,  esedutasi  lun- 
go un  ruscello  all'ombra  d'un'  elce,  ivi  cominci6  la  sua  frugale  co- 
lezioncella. 

Poco  stante  sovraggiunse  un  altro  pellegrino,  il  quale  giovandosi 
di  quel  rezzo,  si  raise  anch'  egli  a  sedere  ,  e  aperto  il  suo  zaino  ca- 
yonne  la  ciotola ,  e  un  mezzo  pan  fresco  con  alcune  fette  di  pro- 
sciutto  che  t.enea  ravvolte  in  foglie  di  castagrio.  lolanda  conobbe 
all1  abito  ch'  egli  era  Moravo,  e  miratol  bene,  e  non  le  sovvenendo 
i'averlo  mai  veduto,  n'ebbe  sommo  contento  e  in  suo  cuore  ne  re- 
Serie  III,  voL  IX.  20*  20  Gennaro  1858 


306  LA  CONTESSA  MiTILDA 

se  grazie  a  Dio,  che  le  apparecchiava  in  lui  buon  compagno.  Que- 
sti  era  gia  uomo  di  tempo,  avea  grave  aspetto  e  parea  gentile  in  at- 
ti,  costumato  e  onorando  pe'  bianchi  capelli  che  gli  scendean  per  le 
spalle.  Allora  la  giovinetta  in  abito  di  garzone  gli  si  volse,  e  con 
graziose  parole  salutollo  in  lingua  morava  all'  usanza  cristiana,  di- 
cendo  —  Sia  laudato  Gesu  Cristo  —  In  eterno  —  rispose  il  pellegri- 
no,  e  mird  attento  le  fattezze  di  lolanda. 

—  Oh  tu  sei  paesano,  il  mio  giovinotto,  riprese-,  di  qual  terra  sei 
tu?  Egli  non  mi  pare  averti  veduto  mai  a  Brunn  ,  ne  a  Znaim  ,  ne 
a  Iglau,  ne  a  Olmutz. 

—  Di  certo,  disse  lolanda,  perocche  Zwittau  e  discosto  assai  da 
coteste  citta,  che  tu  hai  mentovato,  e  volge  alle  frontiere  della  Slesia. 

—  Uff !  di  Zwittau?  soggiunse  1'allro-,  io  ci  fui  una  volta  da  fan- 
ciullo  con  mio  padre,  e  appena  me  ne  rimembra.  Come  ti  domandi, 
e  dove  se'diretto? 

—  Io  mi  dico  Lando,  rispose  la  donzella,  e  vo  in  pellegrinaggio 
ai  santi  Apostoli  Pietro  e  Paolo  per  ottenere  la  liberazione  di  mio 
padre,  ch'  e  incorso  nel  bando,  quand'egli  e  in  tutto  innocente  del 
malefizio  appostogli  da'  suoi  nemici. 

—  Povero  figliuolo !  esclam6  il  pellegrino.  Cosi  giovinetto  ti  sei 
tolto  addosso  tanta  fatica!  Iddio  t'  esaudisca  e  la  sua  santissima 
Madre.  Senti ,  io  TO   pellegrinando   anch'  io  insino  a  san  Pietro 
in  Bosco  di  Voile  Lagarina,  e  mi  offero  volentieri  compagno  della 
tua  giovinezza:  io  non  vengo  piu  oltre,  perocche  il  mio  voto  e  sta- 
to  alle  sante  Madonne  di  Baviera  e  del  Tirolo ,  e  mi  posi  termine 
san  Pietro  in  Bosco,  antichissimo  Santuario  delle  alpi  al  confine  d'l- 
talia  ,  eretto  da  Teodelinda  Regina  de'  Longobardi,  e  arricchito  da 
molti  Papi  ai  tempi  di  Pipino  e  di  Carlo  Magno  di  larghissime  in- 
dulgenze  comechi  pellegrinasse  a  sant' Agostino  a  Pavia,  a  sant'Am- 
brogio  a  Milano  e  a  san  Matteo  Evangelista  a  Salerno  1. 

1  S.  Pietro  in  Bosco  £  antichissimo  edifizio  longobardo :  ha  tuttavi*  1*  atrio 
de'  catecumeni  e  dei  penitenti :  nella  nicchia  sopra  la  porU  e  iina  dipintnra 
die  ha  tutta  1'  aria  dell'  ottavo  e  nono  secolo ,  come  i  musaici  delle  basilichc 
romane  di  que'  tempi.  La  chiesa  e  isolata  lungo  la  via  che  mena'  in  Italia ,  a 

,*%;'.  <••.  -X.v 


MANPREDO  DI  TRAVEMUNDA  307 

—  lo  accetto  di  buon  grado  la  tua  compagnia ,  disse  lolanda ,  e 
riconosco  da  Dio  in  conto  di  grazia  1'aver  trovato  chi  guidi  la  mia 
inesperienza  in  si  lungo  cammino  •,  il  Signore  nella  sua  bonta  ren- 
derattene  copiosa  mercede  —  Cosi  detto,  rizzaronsi  da  sedere  e  si 
rimisero  in  cammino  recitando  salmi  ed  altre  devote  orazioni •,  pe- 
rocche  a  qael  tempo  i  cristiani  partecipavano  tanto  assiduamente 
agli  uffizii  della  Chiesa,  che  per  la  lunga  consuetudine  apparavano 
a  memoria  i  salmi,  le  epistole,  i  vangeli  e  i  graduali  della  Messa. 

In  que'  primi  giorni  vennero  ragionando  dimolte  cose  avvenute 
in  quegli  ultimi  tempi  nella  Moravia ,  e  specialmente  il  pellegrino 
parlava  delle  gravi  discordie  in  che  tumultuava  tutto  1'impero  ale- 
manno  per  1'  ira  atroce  d' Arrigo  contro  i  Sassoni  e  i  Turingi ^  della 
nuova  gucrra  bandita  dal  Re  a  sterminio  di  quelle  Province  ^  e  Go- 
me avea  tolto  la  Baviera  al  duca  Ottone  e  investitone  Signore  il 
duca  Guelfo ,  e  degli  sdegni  suoi  contro  il  duca  Rodolfo  di  Svevia 
e  contra  Bertoldodi  Carintia,  ed  altri  poderosi  Baroni  dell'imperio, 
che  Arrigo  tiene  a  maniera  di  servi ,  e  tramuta  loro  le  signorie  se- 
condo  che  gli  detta  1'odio,  1'amore  e  il  capriccio,  onde  tuttaGer- 
mania  e  in  bollore  e  trambusto ,  e  chi  parteggia  pel  Re,  e  chi  per 
la  liberta  deirimpero  manomessa  con  infinite  stragi,  arsioni  e  ra- 
pine dal  nemico  di  Dio  ,  della  Chiesa  e  de'  popoli  a  lui  soggetti. 
lolanda  ritrasse  da  cotesti  ragionamenti  che  il  pellegrino  non  era 
uomo  di  bassa  mano,  e  domandollo  chi  fosse. 

—  lo  son  Tebaldo  di  Jamnitz,  rispose  ,  e  da  giovinetto  fui  ac- 
colto  in  corte  del  vecchio  Marchese  di  Brunn  come  paggio  di  col- 
tello  e  di  eoppa  alia  sua  tavola :  cresciuto  negli  anni  eammaestrato 
ed  esercitato  in  far  d'arme  e  in  tutte  le  altre  prove  di  cavalleria, 
entrai  per  lo  primo  scudiere  del  Marchese,  e  ho  guerreggiato  con 
lui  nelle  campagne  deh"  I mperatore  Arrigo,  padre  del  Represente, 
alle  sue  calate  in  Italia.  II.  Marchese  ebbe  un  figliuolo  vocato  Odo- 

un  miglio  circa  dalla  piccola  citta  di  Ala  nel  Tirolo  italiano.  La  tradizione  por- 
ta  che  il  detto  tempio  fosse  stato  eretto  da  Teodeitnda  Regina  de'Longobardi: 
Monsignor  Francesco  Pizzini  d'  Ochenbrun  Cameriere  Secreto  della  Santita  di 
Pio  IX  f.  r.  vi  sta  facendo  intorno  dotte  e  diligenti  ricerche. 


308  LA  CONTESSA  MATILDA 

caro,  il  quale  fuda  lui  commesso  alia  mia  fede,  e  io  rael  venni  cre- 
scendo hello,  d'alti  spirit!  e  grandi ,  prode  inarme,  generoso, 
munifico:  se  non  che  tutte  queste  nobili  parti  son  guaste  in  lui  da 
un  animo  fiero  e  superbo,  avventato,  intollerante  di  consiglio,  e 
per  mala  rentura  attizzato  da  pessimi  cortigiani  e  da  vili  assenta- 
tori  cupidi ,  maligni  e  crudeli. 

Appena  assunto  dal  padre  a  parte  del  governo,  cadde  in  due  gra- 
vissimi  errori :  primamente  lasciossi  trascinare  dai  tristi  ad  osteg- 
giar  fieramente  il  santo  e  diritto  Papa  Gregorio,  e  a  faroreggiare 
i  simoniaci  e  gli  altri  scomunicati ,  con  quel  danno  del  suo  popolo 
cristiano,  che  tu  puoi  immaginare.  Poscia  innamorossi  d'una  gio- 
vinetta  del  monistero  di  santa  Maria,  per  la  quale  fece  follie  ine- 
stimabili. 

—  Ma,  soggiunse  lolanda fattasi  di  fuoco  in  viso,  non  e  egli  gia 
disposato  a  Gilia  di  Moravia?  Almeno  cosi  mi  parve  avere  udito  da 
molti.  —  Fermamcnte,  rispose  Tebaldo  ;  ne  valsero  i  miei  ammo- 
nimenti,  e  il  porgli  sott'occhio  gli  effetti  funesti  di  quel  pazzo 
amore,  1'onta  di  che  si  copriva  col  venir  meno  di  sua  fede ,  gli  sde- 
gni  del  Duea ,  il  quale  sarebbe  venuto  sopra  Brunn  e  datogli  il 
guasto  e  messolo  al  filo  delle  spade.  Fu  tutto  indarno  -,  ch'  egli  ac- 
cecato  dalla  passione  scese  al  disperato  partito  di  assalire  co'  suoi 
Vandali  il  monistero,  e  tentar  di  rapire  quella  giovinetta  innocen- 
te,  ch'aveagli  disdetto  il  suo  amore.  Ma  la  sacrilega  impresa  non. 
giacque  impunita:  perch&  saputosi  di  quell'assallo  dai  villani,  po- 
sero  aguato  ai  Vandali,  li  macellarono,  e  il  giorno  appresso  corsero 
la  citta,  e  bruciaron  vivi  i  due  negromanti  di  Odocaro.  Per  avven- 
tura  quando  egli  diede  ai  Vandali  la  commissione  di  qu^ll'  assali- 
mento  io  sopraggiunsi  nella  camera  del  Marchese :  di  che  Odocaro 
entr6  in  sospizione  ch'io  n'avessi  reso  avvisati  i  villani,  accioc- 
che  distornassero  quel  suo  matto  e  iniquo  ardimento;  ma  io  ti 
giuro  ch'  io  non  intesi  verbo  di  quanto  Odocaro  avea  proferito 
col  sergente  della  guardia.  Non  mi  valse  ne  la  mia  fedelta,  ne  gli 
antichi  servigi,  ne  1'averlo  con  tante  cure  allevato,  ch'egli  m'accu- 
s6  di  fellonia  al  padre  j  e  s'  io  non  mi  fossi  ricoverato  presso  il  mio 


MANFREDO  DI  TRAVEMUNDA  309 

santo  amico   Manfredo ,  m'avrebbe  come  fellone  fatto  impiccare 
alle  forche. 

—  Ho  inteso  piu  volte,  interruppe  lolanda,  infingendosi  di  non 
conoscerlo,  parlare  di  cotesto  Manfredo  romito  presso  a  Brunn  :  rhi 
lo  vuole  un  gran  santo,  e  chi  lo  spaccia  per  un  formidabile  negro- 
mante,  il  quale  co'  saoi  scongiuri  puo  far  traballare  la  terra,  osou- 
rare  il  sole,  grandinare  le  biade,  ire  i  fiumi  a  ritroso.  Dicesi  persino 
che  pu6  dar  la  favella  alh  bestie,  e  conversa  con  quelle,  e  i  lupi  e 
gli  orsi  lo  servono  per  valletti,  e  mandali  alia  raocia  delle  damme  e 
del  cavrioli;  chiamagli  uccdli,  e  vengono  a  lui  difilato,  e  gli  invia 
come  suoi  corrieri  colle  lettere  in  becco  al  Gran  Cane  di  Tartaria  e 
al  Soldano  di  Babilonia  rhe  gli  pagan  tributo  come  vassal li. 

—  Baie,  rispose  Tebaldo,  baie,  figliuol  mio,  e  trovamenti  e  ca- 
lunnie  degli  scomunicati,  ai  quali  Manfredo  fa  la  guerra,  e  tagliale 
loro  trame  e  rompe  i  loro  dispgni;  perocche  egli,  e  TAbate  Daufe- 
rio  di  Znaim,  uomini  santissimi,  onorano  il  Papa  verace  e  predican- 
lo  per  tutta  Moravia,  Boemia  e  Germania,  sventando  i  tradimenti 
de'  Simoniaci,  e  gridando  alto :  che  i  sacerdoti  del  Signore  deono 
maneggiare  in  sugli  altari  il  corpo  di  Cristo  colle  mani  pure,  col 
cuore  mondo  e  coi  casti  ppnsieri,  perch' egli  e  rAgn.ello  immacolato 
e  piu  terso  che  il  cielo  cristallino  e  piu  candido  che  la  luce  del 
sole.  Cotesti  sciagurati  piu  sozzi  del  fango  calunniano  Manfredo  per 
iStregone;  ma  non  m^raviglia,  quand  eglino  sono  si  arditi  di  river- 
sare  in  capo  al  santo  Gregorio  quel  peccato  di  simonia  che  li  can- 
crena,  e  quella  sporcizia  che  li  contamina,  e  gli  danno  accusa  e  mala 
voce,  chiamandolo  vituperoso,  lupo  divoratore  dell'ovile  di  Cristo, 
apostata,  dragone  d' inferno,  anzi  diavolo  satanasso  *.  Costoro  poi 
sono  si  stolidi  e  ignoranti,  che  tacciano  persino  Papa  Gregorio  d' aver 
egli  inrentato  per  bizzarria  tirannesca  1'obbligo  della  continenza 
sacerdotale,  quando  ne  son  pieni  i  santi  Padri  e  Dottori  di  tutti  i 
secoli  da'  tempi  degli  Apostoli  sino  a  noi.  Eccoti  perche   costoro 
accagionano  Manfredo  di  fattucchiero,  dov'  egli  invece  mena  in  quel- 
le spelonche  una  vita  piu  angelica  che  umana  - 

1  PAOLO  BERNRIED  -  Lamb.  Chron.  Wtperg. 


310  LA  CONTESSA  MATILDA 

lolanda  a  quel  favellare  di  Tebaldo  sentiasi  goder  1'  animo  gran- 
demente,  perocche  le  cose  dette  in  commendazione  del  suo  caro  be- 
nefattore  faceanle  crescere  la  venerazione  ch'essa  nutriva  altissima 
yerso  di  lui :  laonde  voltasi  al  compagno  gli  disse  —  Ma  dond'  epoi 
yenuto  cotesto  Manfredo  ad  abitare  in  luoghi  si  ermi  e  sotterranei, 
ove  conduce  da  tanti  anni,  a  quel  che  si  dice,  vita  cosi  penitente  e 
romita? 

—  Amico,  rispose  Tebaldo,  1'  eremita  Manfredo  e  grand'  uomo  e 
d'alto  lignaggio,  poich'egli  nacque  dei  signori  di  Travemunda,  che 
aveano  forti  e  numerosi  navigli  sul  mar  Baltico,  e  correano  predan- 
do  sino  alia  Livonia  e  sino  in  Svezia,  signoreggiando  gran  parte  del- 
leisole  di  Gotlandia,  d'Oeseliae  dell' Arcipelagod' Abo  sino  al  mare 
finnico. 

Manfredo  passo  la  prima  adolescenza  in  un  celebre  monistero  del 
veseovado  diBrema,nel  quale  dando  opera  agli  studii  entr6  in  istret- 
ta,  amista  con  Adalberto,che  fu  poscia  1'  illustre  Arciyescovo  di  Bre- 
ma,  reso  si  celebre  pel  suo  ardore  ecclesiastico,  pel  zelo  della  liberta 
della  Chiesa,  per  1'altezza  deli'  ingegno,  per  la  vastita  della  dottrina, 
per  la  sua  munificenza,  per  la  sua  possanza,  e  pe'  suoi  tesori^  i  quali 
pregi  vennero  offuscati  da  quell'  orgoglio  che  non  volea  patir  emoli 
al  fianco,  onde  chiamato  ai  consigli  di  Arrigo  Re,  corresse  a  talento 
1'  impero  germanico  e  fu  cagione  di  tante  turbolenze  * . 

U  giovine  Manfredo,  uscito  di  maestro,  si  rivolse  alle  armi,  e  di- 
Yenne  il  piii  prode  cavaliero  che  maneggiasse  lancia  e  spada,  e  sopra 
ci6  riusei  il  piu  arrischiato  navigatore  de'  mari  artici,  spingendosi 
co'  suoi  nayigli  pel  golfo  di  Botnia,  e  poscia,  yalicate  le  strette  del 
Sund,  veleggio  per  tutte  le  costiere  di  Norvegia,  e  tragittossi  alle 
isole  gelate  della  Islandia,  combattendo  francamente  le  orche  mari- 
ne, e  azzuffandosi  a  stocco  corto  colla  rabbia  degli  orsi  bianchi.  Tor- 
nato  nei  porti  di  Travemunda  era  continuo  in  lotta  coi  Pomerani, 
coi  Curlandi,  coi  Livoni  e  cogli  Scandiuavi  pagani,i  quali  guerreg- 
giavano  atrocemente  quelle  tribu  de'  loro  paesani  che  aveano  ab- 

1  ADAM.  BREM  Histor.  Ecclesiast.  HI. 


MANFRED  0  DI  TRAVEMUNDA  3H 

bracciato  la  fede  cristiana.  Manfredo  per  coteste  imprese  era  da  tutti 
avuto  in  conto  del  primo  cava  liere  cristiano,  ed  era  caro  a  tutti  i 
Baroni  del  settentrione,  perocche  il  suo  nome  era  temuto  dai  bar- 
bar!,  i  quali  non  osavano  assalire  ed  offendere  le  nuove  cbiese  che 
si  edificavano  in  quelle  recenti  Cristianita 

II  continuo  pericolo  delle  incursioni  de'  barbari  tramontani  fa 
in  gran  parte  cagione  che  si  eleggessero  Vescovi  guerrieri,  i  quali 
difendessero  colla  spada  quanto  aveano  acquistato  colla  croce,  a 
guisa  dei  riedificatori  delle  mura  di  Gerusalemme :  laonde  cono- 
sciuta  la  virtu  della  pieta  ,  e  il  valore  del  braccio  di  Manfredo, 
egli  fu,  prima  che  giugnesse  ai  trent'  anni,  eletto  Vescovo  d'una 
di  quelle  novelle  diocesi,  e  poi  consacrato  da  Bezelino  Metropo- 
litano  di  Brema.  Le  ricchezze  e  la  potenza  della  sua  casa  lo  ac- 
compagnarono  sulla  cattedra  episcopale,  che  fu  mirabilmente  chia- 
rificata  dallo  splendor  del  suo  zelo ,  dalla  copia  deila  sua  elo- 
quenza,  dalla  saldezza  del  suo  petto,  dalla  dignita  e  purita  dei 
suoi  costumi,  dall'altezza  de'suoi  sentimenti  sacerdotali,  dal  ri- 
gore  della  sua  giustizia,  dalla  mitezza  del  suo  animo  nobile  e  ge- 
neroso,  dalla  guerra  incessante  che  fece  alia  simonia  e  all'  incon- 
tinenza  ,  flagello  e  miseria  de'  nostri  tempi ,  dalla  difesa  delle 
vedove  e  de'  pupilli  contro  1'avidita  dei  potenti,  dalla  liberalita 
sua  verso  i  poverelli  di  Cristo,  sopra  i  quali  spandea,  come  piog- 
gia  ristoratrice,  i  tesori  delle  sue  ricchezze.  Questi  insigni  orna- 
menti  della  tiara  episcopale ,  che  si  luminosamente  risplendeano 
in  Manfredo,  aveano  disteso  la  fama  delle  sue  virtu  per  tutte  le 
Chiese  settentrionali,  e  rendeano  grande  e  riverito  il  suo  nome. 

Quando  veniagli  annunziato  il  guasto  che  menavano  le  tribii 
pagane  della  Scandinavia  sopra  i  novelli  cristiani,  egli  sentiasi  ar- 
dere  il  petto  di  santo  sdegno,  e  collegatosi  co' Vescovi,  cogli  Abati 
e  coi  Principi  vicini,  soldava  di  molti  guerrieri,  e  unitosi  colle  ban- 
de  dei  confederati,  moveva  intrepido  a  combattere  que'ladroni,  ed 
istrappar  loro  di  mano  le  prede,  liberandoi  prigionieri,  e  forzando 
que'barbari  a  ristorare  i  danni  delle  arsioni,  dei  divelti  delle  blade, 
della  desolazione  de'campi,  del  divastamento  de'borghi  e  de'casali, 


312  LA  CONTESSA  MATILDA 

della  ruina  delle  rhiese  e  de'monisteri  diroccati  e  dall'empieta  pro- 
fanati.  E  tanto  era  fardore  del  suo  zelo,  che  spingeasi  persino  a 
cercarli  nelle  loro  boscaglie;  e  vintili,  e  tolto  loro  i  tesori  abbotti- 
nati  nelle  scorrerie  soprai  cristiani,  quanti  guerrieri  poteafar  pri- 
gioni,  conduceali  incatenati  alle  terre  cristiane,  ed  ivi  li  condan- 
nava  all'opera  di  manovali  per  la  riedificazione  delle  chiese  e  delle 
borgate  :  cotah-he  essi  medesimi  doveano  portar  mattoni ,  rena  , 
macigni  e  ealce  per  costrurre  le  cortine,  le  torri  e  i  baloardi  di 
quelle  rocche  e  di  que'castelli  e  di  quelle  munizioni,  che  doveano 
difendere  in  avvenire  le  frontiere  dalle  incursion!  loro  e  da'loro 
agguati. 

Manfredo  reggeva  da  molti  anni  la  sua  Chiesa  come  Vescovo  e 
difendeala  come  guerriero,  mantenendo  la  pace,  e  facendo  prospe- 
rare  la  disciplina  nei  sacerdoti,  la  giustizia  nei  magistral!,  la  pace 
nei  popoli,  quando  venne  a  turbare  la  sua  tranquillita  una  guerra 
crudele.  Alouni  Principi  s.assoni,  dimentiohi  della  temperanza  cri- 
stiana,  e  invidiosi  della  potenza  dell  Arcivescovo  di  Brema  e  delle 
sedi  fiorenti  dei  vescovati  del  Baltico,  unito  loro  sforzo,  mossero 
1'armi  per  soggettarli  ad  ingiusti  tributi  *.  L' Arcivescovo  di  Brema 
fece  appello  ai  suoi  suffraganei,  i  quali  raccolte  loro  genti  d'  arme, 
le  inviarono  in  soccorso  del  Metropolita.  Alcuni  di  loro  condusse- 
ro  armati  i  propni  stendardi  e  fra  questi  era  il  valoroso  Manfredo. 

L'esercito  sassone  avea  fra  i  suoi  capitani  anco  alcuni  Vescovi 
yassalli  de'Pnnoipi,  per  quel  funesto  costume  de'nostri  tempi ,  chi 
si  1'  Imperatore  come  i  Duchi  della  corona  danno  le  investiture  dei 
rescovadi  a  titolo  di  feudo,  e  pero  eleggono  a  Vescovi  piu  volen- 
tieri  gli  uomini  di  spada  che  di  cocolla,  appunto  per  averli  piu  pre- 
sti  al  soccorso  delle  guerre  intestine  che  sempre  ardono  fra  loro  2. 
Manfredo  adunquemilitando  coll'esercito  dell'Arcivescovo  di  Brema 
ebbe  di  molti  scontri  co'Sassoni,  e  piu  volte  li  sconfisse  gagliarda- 
mente,  rimettendoii  ne'confini.  Sorta  1'anno  appresso  la  stagione 

1  ADAM.  BRIM.  Stor.  Eccl.  III. 

2  Vedi  VOIGT  Storia  di  Gregorio  VII, 


MANFREDO  DI  TRAVEMUNDA  31 3 

del  guerreggiare,  i  Sassoni ,  ripigliate  1'armi ,  rivennero  con  pode- 
rosa  oste  in  su  quello  di  Brema,  menandovi  guasto  grande,  ar- 
dendo  le  biade,  rubando  il  bestiame,  uccidendo  i  recchi  e  traendo 
in  cattivita  le  donne  e  i  fanciulli  che  vendeano  per  ischiavi  ai  Po- 
merani  e  ai  Curlandi. 

Manfredo  ordinate  sue  schiere  della  piu  bella  e  fiorita  gente  en- 
tro  in  campagna,  e  mosse  cogli  altri  Baroni  per  opporsi  all'  ingiusto 
assalimento  de' Sassoni.  Giunti  a  un  torr^ntello  si  misero  a  campo 
in  faccia  al  nimico ,  ne  tese.ro  i  padiglioni ,  perche  voleano  venire 
incontanente  a  battaglia.  Allora  i  rapitani  si  gittarono  i  basloni  di 
sfida,  suonarono  gl  istrumenti,  e  le  due  schiere  s'  abboccarono  in- 
sieme  con  gran  tempesta,  urtandosi  co' petti  de' cavalli  e  menande 
le  spade.  Manfredo  affrontossi  con  un  Margravio,  e  rottagli  la  lan- 
cia  nel  panzerone  l'ebb«  gravernente  ferito  e  traboccato  di  cavallo; 
perch' egli,  continuato  il  suo  corso  nel  folto  della  battaglia,  die  col 
troncone  della  lancia  sul  bacinetto  d'  un  cavaliero  che  gli  si  paro  in- 
nanzi,  e  glielo  sfond6,  e  trassegli  in  quello  stordimento  la  lancia  di 
mano,  colla  quale  corse  a  ferine  alt.ri  guerrieri,  che  percoteano  i 
Bremesi ,  i  quali  erano  gia  in  piega.  II  valore  di  Manfredo  fece  ri- 
cuperar  la  battaglia  alle  sue  squadre,  che  rinfrancarono,  e  presero 
molto  campo,  facendo  tanto  in  arme,  che  i  Sassoni  davano  adietro 
n£  sosteneano  alle  bandiere. 

Allora  si  vide  rompere  la  folta  un  gran  cavaliero  e  renir  tempe- 
stosamente  alia  volta  di  Manfredo,  che  gia  avea  messo  in  terra  i  ves- 
silli  del  Conte  di  Catelemburgo ,  e  volgeasi  ad  abbattere  quelli  di 
Alberstadt.  II  cavaliero  vestiva  un  finissimo  usbergo  d'  acciaio  a 
commessi  d'oro-,  avea  in  capo  un  morione  a  cimiero  di  penne  d'a- 
quila,  e  a  sovrapposte  di  due  leoni  d'argento  che  dai  tempiali  s'av- 
ventavano  incontra  e  venian  colle  teste  ad  incontrarsi  sopra  la  vi- 
siera  a  ventaglio  ,  che  copriane  la  faccia  insino  alia  gorgiera.  La 
cotta  d'arme  era  di  sciamito  chermisino  a  ricami  d'  oro,  e  la  gual- 
drappa  del  cavallo  era  tulta  di  girellini  a  maglia  che  scendeano  fin 
sotto  il  ginocchio,  e  avea  la  testiera  d' acciaio  a  unicorno  aguzzo. 
Quando  i  soldati  di  Manfredo  videro  quel  poderoso  cavaliero  venir 


314  LA  CONTESSA  MATILDA 

con  severissimo  ammo  sopra  Manfredo ,  che  avea  gia  sbarattato  la 
pressa  de'Sassoni ,  diedero  un  alto  grido:  di  che  Manfredo  rivol- 
tosi  indietro ,  e  scorto  la  baldanza  dell'  avversario,  giro  il  cavallo, 
pose  la  lancia  m  resta  ,  e  avventossegli  contro  come  un  lione , 
prima  che  il  cavaliero  avesse  tempo  di  ristringersi  e  mettersi  in 
guardia.  II  cozzo  d'ambedue  fu  si  crudo,  clie  le  antenne  si  spez- 
zarono,  gli  scudi  si  squarciarono,  i  cavalli  si  urtarono  con  tan- 
t'  impeto  che  stramazzarono  a  terra.  I  cavalieri  rizzaronsi  in  un 
attimo,  e  tratte  le  spade,  vennero  a  si  gran  colpi,  che  smaglia- 
ron  le  corazze ,  e  si  ruppero  gli  elmi  in  capo :  Manfredo  destreg,- 
giavaj  1'  avversario  lo  incalzava  e  aveagli  tagliato  lo  spallaceio; 
allora  Manfredo,  fatto  un  contrasalto,  trasse  di  punta,  e  giunse 
un  colpo  al  cavaliero  nel  fianco  :  il  cavaliero  cadde,  e  Manfredo 
gli  fu  sopra,  e  dislacciogli  1'elmo  per  farlo  prigione. 

Ma  qual  fu  ii  suo  dolores  quando  levalagli  la  visiera  vide  che 
il  ferito  era  il  Yescovo  Evremondo  suo  amico?  Per  poco  non  gli 
svenne  sopra,  e  die  un  ruggito  sclamando  —  Evremondo,  amico 
de'  miei  primi  anni,  tu  non  sai  chi  t'  uccise  I  Oh  infelice  condi- 
zione  dei  nostri  feroci  e  barhari  tempi,  che  i  Vescovi,  minis tri 
di  pace,  unli  da  Cristo  a  pastori  dei  popoli,  fonti  della  carita  del 
Redentore ,  sono  per  1'  empia  crudelta  de'  pagani  ,  e  molto  piii 
ancora  per  1'  avarizia  de'  Signori ,  obbligati  air  esercizio  dell'  ar- 
mi  contra  i  canoni  della  Chiesa,  la  quale  geme  del  vederci  piu 
colla  spada  che  colla  croce  in  mano  ,  e  piu  coll'  elmo  che  colta 
mitra  in  capo.  Perdona,  Evremondo,  al  tuo  feritore  —  E  in  que- 
sto  dire  Manfredo  alzossi  la  visiera. 

Evremondo  Iev6  gli  occhi,  e  riconosciuto  Manfredo,  gli  disse  — 
Amico,  io  ti  perdono  di  cuore-,  tu  non  sei  reo,  perche  ti  difendesti 
dagli  ingiusti  assalimenti  dei  nostri  Principi  —  e  cosi  dicendo,  alz6 
la  mano,  e  pregollo  di  porgergli  la  sua  in  pegno  di  perdonanza  e 
d'amista.  Indi  sentendosi  mancare,  soggiunse  —  Manfredo,  Vesco- 
vo di  Dio,  confessami,  assolvimi  del  mio  peccato,  e  prega  nelsan- 
to  sacrifizio  in  suffragio  deiranima  mia  —  I  guerrieri  si  scostaron 
piangendoj  Manfredo  confessollo,  e  datoglt  1'assoluzione,  lo  bene- 


MANFREDO  DI  TRAVEMUNDA 

disse,  e  trattagli  la  croce  vescovile  di  sotto  1'usbergo,  gliela  fece 
baciare,  e  in  quel  santo  bacio  spin5).  Manfredo  fece  portare  quel 
sacro  corpo  fuori  della  battaglia,  e  veduto  gia  i  Sassoni  in  piena  fu- 
ga,  suond  a  raccolta. 

Manfredo,  finita  la  guerra,  ritorno  alia  sua  sede  sempre  mesto 
e  piangente,  fece  vestire  a  bruno  tutta  la  famiglia  in  segno  di  cor- 
rotto,  e  ordino  ai  canonici  che  per  trenta  giorni  continui  recitasse- 
ro  in  coro  1'uffizio  de'  morti,  e  cantassero  la  messa  di  requie  per 
Fanima  d'  Evremondo.  Egli  non  usci  piudi  palazzo,  vesti  il  cilicio, 
digiun6  a  pane  ed  acqua,  non  disse  piu  la  Messa,  ed  ogni  notte  see- 
so  all'altare  del  Sacramento,  ivi  disci plinavasi  a  sangue,  e  poscia 
gittavasi  prostrato  sul  pavimento  in  lunga  orazione  piangendo, 
gemendo,  sospirando  sino  all' aurora.  Come  fu  valico  il  mese,  adu- 
n6  in  capitolo  tutti  i  Canonici,  e  giuntovi  in  mezzo  scalzo  e  con 
una  fune  al  collo,  si  prosterno  dinanzi  a  loro,  gridando  —  Ecco  il 
micidiale  de'Vescovi,  eccolemani  contaminate  del  sangue  degli  unti 
del  Signore,  ecco  il  lupo  crudele,  non  pih  degno  d'esser  pastore  e 
padre  vostro.  Arcidiacono,  sorgi  e  dammi  la  pubblica  disciplina  — 
Cio  detto  si  denud6  le  spalle  ch'  eran  gia  sanguinose  e  piagate  dai 
cotidiani  flagelli,  e  voile  cbe  F  Arcidiacono  glidesse  lapenitenza  ca- 
nonica,  mentre  i  sacerdoti  piangevano  e  recitavano  tra  i  singulti  i 
salmi  penitenziali. 

Indi  rizzatosi,  cosi  insanguinato  si  volse  nuovamente  ai  Cano- 
nici e  disse  — Decano,  ti  recherai  a  Brema  coll' Arcidiacono,  e  dirai 
all'Arcivescovo,  che  con  tutti  voi  elegga  nuovo  pastore  a  questa 
Chiesa  ch'io  ho  polluta  di  sangue.  —  Cosi  dicendo  gittossi  in  terra 
e  voile  baciare  i  piedi  a  ciascuno,  scongiurandoli  per  le  viscere  di 
Cristo  d'eleggere  un  pastor  mansueto,  il  quale  vinca  i  nemici  col- 
Fumilta,  colla  mitezza,  coll'  orazione,  coll'offerire  1'altra  guancia  a 
chi  lo  percuote:  con  quest' armi  domera  i  lioni,  calchera  il  capo 
agli  aspidi  e  tornera  i  lupi  in  agnelli.  Poi  disse  —  Fratelli  miei  pre- 
gate  per  me  e  statevi  con  Dio  —  Allora  si  alz6  un  pianto  dolorosis- 
simo-di  tutti,  balzarono  dai  loro  stalli,  e  serraronsi  attorno  al  Ve- 
scovo  Manfredo,  gridando —  Padre,  non  ci  abbandonare  —  Man- 


316  LA  CONTESSA  MATILDA 

fredo  soggiungeva  —  Niuno  osi  toccarmi  con  quella  raano  cho 
strin^e  ogni  di  sull'altare  il  pacifico  Agnelio,  poich'  io  sono  uomo 
di  santjue  —  Dicendo  queste  parole,  si  ritrasse  in  palazzo. 

II  castello  episcopale  aveva  una  posterla  che  riusciva  sul  fmme 
Oder,  e  nel  piu  buio  della  nolle  Manfredo  ne  usci  veslito  da  pelle- 
grino,  ed  enlro  in  un  burchiellello  che  lo  allendeva  con  un  suofi- 
dalo  ballelliere,  il  quale  Iragillollo  pianamenle  all'  opposta  riva  : 
quando  il  vide  smontato,  inginoccbioglisi  davanli,  baciogli  lamano 
lagrimando,  e  tornossene  di  celalo  alia  cilia.  Manfredo  scese  1  Ale- 
magna,  venne  a  Breslavia,  ove  riposalosi  alquanlo,  enlro  in  Boe- 
mia,  e  di  la  si  volse  pellegrinando  in  Moravia  al  sanluario  di  Sanla 
Maria  di  Brunn,  ove  per  Ire  giorni  inleri  slelle  boccone  dinanzi  al- 
1'allare  senza  punlo  cibarsi,  e  la  nolle  slava  orando  sul  pralo  della 
chiesa,  e  dormendo  poche  ore  disleso  sulla  soglia  della  porla  mag- 
giore. 

I  popoli,  che  accorrevano  al  lempio,  vedeano  questo  pellegrino 
macilenlo,  pallido,  eslenualo  giacere  colla  bocca  per  lerra,  immo- 
bile, e  inconiinuo  pianto  che  gli  scorrea  sollo  la  faccia,  e  s'  addi- 
mandavano  a  vicenda  chi  fosse,  ma  niuno  il  conoscea,  ecomincios- 
si  a  fanlaslicare,  com'  e  usanza  de'popoli,  inlorno  alia  condizione 
del  pellegrino.  Chi  pensavalo  per  un  fiero  ladrone,  il  quale  tornalo 
a  coscienzaandassetapinandosi  pel  mondo:  chi  dicealo  un  Margra- 
vio,  il  quale  uccisa  la  moglie  per  gelosia,  visilara  i  celebri  santuarii 
d'Alemagna  in  isconto  del  suo  peccalo  :  allri  voleanlo  un  Danese 
crisliano  dicoloro  che  assalila  1'Inghillerra  diroccarono  e  arsero  le 
chiese,  i  monisleri  e  ne  scannarono  i  monaci  a' pie  degli  allari.  Al- 
cuni  diceano  cheal  lempo  de'tre  anlipapi  avesse  militate  in  Roma 
per  Benedello  IX  e  commesse  ruberie  in  Laterano  e  nella  basilica 
di  S.  Pietro,  e  fallasi  levar  poi  di  dosso  la  scomunica  da  Papa  Da- 
maso  II,  ira  compiendo  la  penilenza  canonica  alle  indulgenze  dei 
luouhi  santi. 

La  mallina  del  quarlo  giorno  donna  Teotberga  ,  ch'  era  ivi  Ba- 
dessa  da  poco  tempo ,  mand6  un  cappellano  a  chiamarlo,  e  venuto 
al  monistero  ,  voile  che  si  refiziasse  di  si  lungo  digiuno  ,  dicendo- 


MANFREDO  DI  TRAVEMUNDA  317 

gli :  che  sinch'egli  volea  rimanere  al  santuario  venisse  ogni  giorno 
pel  pane  e  1'avrebbe  di  buon  animo  da  lei:  intanto  pregasse  pel  bi- 
sogni  di  santa  Chiesa,  ch'era  si  crudelmente  agitata  dall'avarizia  e 
dalla  superbia  de'grandi  della  terra — Manfredo  giorandosi  di  quel- 
la  devota  stanza  ,  comincio  ad  aggirarsi  pei  dintorni ,  sinche  tro- 
vato  in  que1  poggi,  che  corrono  fra  Austerlitz  e  Brunn,  la  caverna 
ch'egli  abita  ancora,  vi  si  mise  per  entro  ,  e  cominci6  a  ricercarla 
in  tutti  gli  sfondi  in  che  si  dirama,  e  in  una  di  quelle  grotte  si  stet- 
te.  Ogni  mattina  ne  usciva  all  apparire  dell'  alba  per  trasferirsi  al 
santuario,  ed  ivi  stato  sempre  disteso  sul  pavimento  a  tutti  gli  uffi- 
zii,  al  chiudersi  della  chiesa  veniva  al  monistero,  ricevea  dalle  mani 
della  dispensiera  un  pane  bruno  ,  e  con  esso  tornavasi  alle  sue 
spelonche. 

La  fama  della  sua  santita  cominci6  a  spandersi  largamente  in- 
torno  ,  e  molti  in  sulla  sera,  quand'egli  ritornava  dal  santuario,  at- 
tendeanlo  alia  bocca  dell'  antro  per  baciargli  la  mano  e  raccoman- 
darsi  alle  sue  orazioni :  del  che  Manfredo  sentiva  indicibil  pena. 
Frattanto  un  giorno,  essendo  egli  nel  cortile  del  monistero  ad  atten- 
dere  la  dispensiera,  s'avvenne  a  passare  di  la  per  avventura  1'Abate 
Dauferio,  ch'entrava  a  visitar  laBadessa:  li  staffieri,  che  lo  seguia- 
no,  s'erano  soffermati  alquanto  di  fuori  per  una  treggia  che  attra- 
versava  la  via,  laonde  Manfredo  corse  a  tenergli  la  staffa.  Dauferio 
nell'  alto  di  ringraziare  il  pellegrino  ,  che  avea  gia  preso  le  briglie 
per  attaccare  il  cavallo  a  un  arpione  ,  lo  guardo  fisso  come  chi  ha 
sotto  gli  occhi  un  sembiante  conosciuto  altre  volte  e  vuol  ridestar- 
sene  la  rimembranza  ;  ma  Dauferio  ,  quasi  favellasse  e  contendesse 
con  se-  medesimo  ,  nel  farsi  lentamente  verso  il  chiostro  ,  scosse  il 
capo  dicendo  fra  se  e  se  —  mai  piii !  che  sogni  son  questi  ?  —  Ed 
entrato  alia  Badessa  ,  non  dicea  motto  ,  e  stava  sopr'  animo  come 
tino  adombrato. 

—  Che  avete,  Abate,  gli  disse  Teotberga,  che  siete  si  impensie- 
rito?  che  v'  e  egli  incorso  di  strario?  —  El'  Abate  si  brandi  tutto, 
stropicciossi  la  fronte,  e  di  tratto  disse  —  Madre,  quanto  e  egli  che 
comparve  qui  il  pellegrino  che  sta  si  lungamente  prosteso  all'  al  ta- 
re della  Madonna  ? 


318  LA  CONTESSA  MATILDA 

—  Egli  e  tin  mezz'  anno  circa,  rispose  la  Badessa,  parla  male  il 
nostro  slavone,  e  si  conosce  alia  pronunzia  cb'  egli  e  o  Frisone  o 
della  Germania  scandinava. 

—  Tiva  Dio!  eglie  desso,  — esclamo  l'Abate;elabuonaBadessa 
lo  stava  pure  guardando  in  maraviglia,  ni  sapea  cbe  si  dire.  Allo- 
ra  1'  Abate  si  riebbe  alquanto,  e  favellato  del  negozio  pel  quale  era 
venuto,  rizzossi,  saluto  Teotberga,  scese  per  rimontare  a  cavallo, 
usci  dal  monastero  e  avviossi  alia  cavern  a  del  pellegrino :  smont6 
di  sella,  die  il  cavallo  alii  suoi  staffieri,  e  disse  cbe  1' attendessero. 
Come  fa  entrato   nella  prima  spelonca,  trovo  Manfredo,  cb'  era 
giunto  di  poco  e  avea  posto  un  po'  di  frasca  sulle  brage,  e  seduto 
a  quella  fiamma,  cenava  il  suo  pan  bruno. 

L'  Abate  senz'  altro  dire,  gli  corse  incontro ,  abbracciollo  stret- 
tamente  .  e  baciatolo  in  fronte  ,  piangendo  di  dolcezza  ,  grid6  — 
Manfredo  mio,  non  conosci  il  tuo  Engelardo,  cbe  ora  e  detto  Dau- 
ferio  Abate  di  Znaim?  —  Manfredo  scostossi  alquanto,  lo  mir6  be- 
ne  in  viso,  lo  riconobbe  ,  e  disse  —  Beato  te,  amico,  che  ti  se'ren- 
duto  monaco,  e  fuggisti  il  fascino  della  corte  imperiale!  lo  non  so- 
no  degno  della  tua  dimestichezza,  peroccbe  tu  se'  santo  ed  io  (  e 
qui  coprissi  il  volto  colle  mani )  sono  un  micidiale  sacrilego. 

—  Tu  se'  piu  penitente  di  me,  riprese  Dauferio,  e  ogni  tua  col- 
pa  e  cancellatae  sparita  nell'  abisso  della  divina  misericordia  pel 
tuo  pentimento  e  per  la  tua  penitenza. 

—  Engelardo,  ripigh'6  il  Romito,  tu  colla  cocolla  mutasti  nome 
e  costumi,  e  se'  tutt'  altro  dell'  antico  dapifero  dell'  Imperatore,  ma 
io  son  Vescovo,  ne  mutai  il  vezzo  dell'  armi,  e  guerreggiando,  av- 
Yegnaehe  in  giusta  guerra,  uccisi  di  spadail  Vescoro  Evremondo : 
eyvi  egli  penitenza  cbe  basti  a  tanta  colpa  ?  potro  io  lavare  col 
pianto  di  tutta  la  vita  mia  tanta  maccbia?  — 

Quando  1'  Abate  Dauferio  udi  che  Manfredo  era  Vestovo,  si  git- 
t6  in  terra  a  ginocchi  per  baciargli  la  mano  ;  ma  atterrito  Man- 
fredo la  ritiro  ,  gridando  —  Non  fare,  Dauferio,  cbe  la  mia  e 
mano  di  sangue  —  Cosi  dicendo  sollerollo  di  terra ,  e  comin- 
ci6  a  narrargli  le  sue  funeste  arventure.  Appresso  1'  Abate , 

• 


MANFREDO  DI  TRAYEMUNDA  319 

consolato  V  amico,  lasciollo,  e  cavalc6  al.llonastero  ;  ove  giunto  , 
non  si  die  posa  sinche  non  iscrivesse  a  Valeramo  Sire  di  Trave- 
munda,  e  fratello  di  Manfredo,  col  quale  era  stato  molto  familiare, 
allorche  eran  paggi  dell' Imperatore  Corrado,  e  poscia  Caraerieri 
d'  Arrigo  III.  Nello  ssrivergli  pero,  siccome  volea  prudenza,  non 
palesogli  punto  il  luogo  ov'  erasi  riparato  ii  fratello;  ma  il  consola- 
va  dicendo  —  Che  Manfredo  era  vivo  e  sano,  ed  ei  sapeva  il  paese 
di  sua  dimora,  ove  conducea  santa  vita.  Non  ne  facesse  rnotto  a 
persona,  eccetto  che  in  alto  secreto  all'  Arcivescovo  di  Brema  — 
Com'  ebbe  scritto,  mise  un  corriere  a  cavallo,  e  speditamente  in- 
viollo  a  Travemunda.  Valeramo  gli  rispose  ringraziaodolo  senza  fi- 
ne, e  gli  mand6  mille  marchi  d'  oro  pei  bisogni  del  fratello:  il  che 
continue)  di  fare  ogni  anno  sino  in  presente. 

Manfredo  non  voile  mai  uscire  dalla  sua  severa  astinenza,  e  con 
quell'  oro  s'  e  fatto  il  padre  degli  orfani  e  il  refrigerio  de'  poverel- 
li  di  tutto  il  contorno.  Tu  non  puoi  credere  quante  lagrime  egli 
asciughi,  quante  fanciulle  aiuti  entrare  ne'  monisteri,  o  alloghi  in 
matrimonio,  quanti  prigionieri  riscuota  dalle  mani  dei  creditori 
crudeli,  a  quanti  vecchi  infermi  provegga  di  cibo  e  di  medici- 
ne, quanti  poveri  sacerdoti  soccorra  di  provigione.  Egli  stas- 
sL-in  orazione  gran  parte  della  notte,  e  il  di  accoglie  riella  spelon- 
ca  quanti  accorrono  al  suo  consiglio  e  al  suo  aiuto,  perocche  oltre 
ai  cotidiani  benefizii  egli  s'adopera  altresi  a  medicare  de'  suoi  bal- 
sami  i  feriti,  e  il  marchese  Odocaro  ne  ritrasse  egli  stesso  tanto  be- 
ne  quando  fu  ferito  in  una  sedizione  di  Brunn,  che  riconosce  la  vi- 
ta da  Manfredo.  , 

lolanda  porse  attentissimo  orecchio  a  quanto  narrava  Tebaldo,  e 
sentiva  smisurato  piacere  di  quel  racconto  ,  ringraziando  la  divina 
bonta  che  avesse  a  quel  sant'  uomo  concesso  la  grazia  di  salvarla  da 
tanti  pericoli ,  e  di  sottrarre  il  conte  Pandolfo  suo  padre  dall'  ira 
de'  suoi  nemicL  Cosi  fra  mold  ragionamenti  continuando  il  viaggio 
parecchi  giorni,  ella  faceva  a  Tebaldo  tutt'  i  servigi  di  valletto,  ne 
eran  giunti  appena  a  qualche  alloggiamento,  ch'  essa  con  acqua 
calda  lavavagli  ipiedi,  rifacevagli  il  letto,  pettinavalo  ogni  giorno,  e 


320  LA  CONTESSA  MATILDA 

bene  spesso  non  si  trovando  che  un  letticciuolo  cedealo  al  compagno, 
ed  essa  stendeva  una  bracciata  di  paglia  in  terra  accanto  a  lui  e 
coricavasi  sovra  quella  a  dormire;  di  che  Tebaldo  ammirava  la  ca- 
rita  e  la  cortesia  di  quel  garzonetto  (che  tale  il  credea)  e  aveamol- 
ta  compassione  di  lui  che  pareagli  delicato  e  di  gentil  complessio- 
ne.  Non  cessava  poi  di  commendarlo  inse  medesimo  della  suapieta 
e  divozione,  vedendolo  pregare  di  frequente,  e  ai  santuarii  confes- 
sarsi  e  comunicarsi  con  un  raccoglimento  e  una  tenerezza  che  parea 
piu  d'  angelo  che  di  umana  creatura.  . 

Come  furono  giunti  a  Trento  intesero  male  novelle  d'  Italia. 
L'  ambizioso  ed  empio  Guiberto  di  Ravenna ,  avvegnache  non 
fosse  stato  ancora  gridato  formalmente  antipapa,  (come  avven- 
ne  poi  a  qualche  anno  pel  conciliabolo  di  Bressanone)  era  si  aper- 
to  nemico  e  osteggiatore  del  Pontefiee  S.  Gregorio,  e  ambiva  tanto 
svergognatamente  il  Papato,  ch'era  avuto  da  tutti  per  antipapa  e 
cbi  non  era  per  S.  Gregorio,  diceasi  Guibertiano  a  piena  voce.  Ora 
dopo  il  Concilio  Romano,  che  raise  tanto  furore  in  Arrigo  e  ne'pravi 
cherici  per  1'  abolizione  delle  investiture  e  pei.  canoni  contro  1'  in- 
continenza,  Guiberto  erasi  rimaso  in  Roma  per  condurre  di  sop- 
piatto  isuoi  tradimenti  contra  il  santo  ed  irremovibil  petto  di  Gre- 
gorio, il  quale  si  contendea  di  ridur  finaimente  la  Chiesa  in  liberta 
dalle  tirannie  del  secolo,  e  in  purita  dalle  laidezze  di  coloro  che 
doveano  vincere  in  candore  la  luce  del  sole.  Costui  per  adulare  Ar- 
rigo e  sgomberarsi  la  via  al  papato  entr6  nell'iniquo  disegno  di  as- 
sassinare  Gregorio  -,  laonde  accontatosi  con  Cencio,  il  piu  scellerato 
e  misleale  barone  romano,  esecrabile  a  tutti  i  buoni,  il  mosse  con 
oro  e  con  promesse  a  trueidare  il  Vicario  di  Gesu  Cristo  mentre 
pontificava  di  mezza  notte  alia  Messa  del  santo  Natale  al  Presepe 
del  Signore.  Cencio  raun6  secretamente  di  Lucania,  di  Puglia  e  di 
Roma,  uomini  esecrandi,  satelliti  delle  sue  perfidie,  e  all'  ora  con- 
venutasi  misero  agli  aguati.  Allorche  il  Pontefiee  aveacomunicato 
nella  Messa  i  fedeli,  e  perci6  regnava  nella  folia  un  sacro  silenzio, 
i  sicarii  fecero  impeto  nella  Basilica  ferendo  e  uccidendo  il  divoto 
popolo,  e  con  grida  e  urli  terribili  infransero  i  cancelli  della  Cap- 


MANFREDO  DI  TRAVEMUNDA  321 

pella  papale,  scannarono  molli  prelati,  scagliaronsi  come  lioni  so- 
pra  il  Pontefiee,  e  afferratolo  pe'  capegli  trascinaronlo  pel  gradi  del- 
1'  altare,  pestaronlo  di  pugna  ecah'i,  e  il  scelleratissimo  Cencio  gli 
viforo  un  colpo  di  spada  in  fronte  e  ferillo:  indi  squarciatigli  di 
dosso  i  sacri  paramenti,  incatenaronlo,  e  trasserlo  a  furore  nel  pro- 
fondo  della  torre  di  Cencio  per  consegnarlo  poi  vivo  ad  Arrigo. 

Come  la  novella  corse  in  quella  nolle  medesima  per  tuttoRoma, 
i  Romani  fieramente  indignali  di  lanlo  sacrilegio,  sonarono  a  stor- 
mo  le  campane,  si  raunarono  con  faci  alia  man6  per  le  vie,  corsero 
pe'Rioni,  e  gridando  — morte  ai  nemici  di  Dio  e  di  Roma,  fuori 
il  Pontrfice,  vogliamo  Gregorio  —  Le  case  de'  piu  conosciuli  amici 
di  Cencio  furono  assalile,  saccheggiate  ed  arse:  penetravasi  nelle 
torri  per  sapere  se  Gregorio  fosse  in  quelle  soslenulo  ^  ma  allorche 
usci  una  voce  che  gridava  —  Gregorio  e  nella  torre  de'  Cenci  —  la 
mallina  s'  avventarono  lulti  al  palazzo  arielandolo  per  isfondare 
le  porte,  appoggiando  scale  alle  fmestre,  bolzonando  la  torre,  e 
fmalmenle,  faltavi  larga  breccia,  giltaronsi  in  quella  per  liberare 
Gregorio. 

Inlanto  il  perfido  Cencio  vedulosi  a  tanta  distretta  e  come  non 
poteva  fuggire  la  morle,  scese  inconlanente  dal  santo  Padre,  li  ca- 
sc6  a'  piedi,  abbracciogli  le  ginoccbia,  supplicollo  con  lacrime  di 
perdonargli  1'atroce  malefizio,  e  di  proleggerlo  dal  furor  popolare. 
Gregorio  1'accolse  benignamente  fra  le  sue  braccia,  gli  perdono  con 
paterna  carita,  si  fe  condurrealle  finestre  del  palazzo,  esort6  il  po- 
polo  a  cb  elarsi  e  tornare  alle  proprie  case;  salissero  a  lui  i  mag- 
giorenti.  AMora  usci,  e  fu  dal  popolo  portato  in  trionfo,  in  Campi- 
doglio,  e  poscia  nella  Basilica  ad  operare  i  divini  misteri. 

Cencio  cbe  avea  avuta  la  vita  in  dono  dalferoicagrandezza  e  ca- 
rita di  S.  Gregorio,  il  quale  aveagli  imposto  la  penitenza  d'ire  in 
pellegrinaggio  a  Gerusalemme,  ingrato  e  traditore,  fuggi  invece  alia 
corle  di  Arrigo  per  continuar  le  sue  perfidie  contro  il  suo  liberato- 
re.  Guiberto  al  pari  di  lui  niquitoso  e  crudele,  visto  fallilo  il  suo  as- 
sassinio,  trasferissi  in  Lombardia,  ove  con  Tebaldo  di  Milano  e  con 

Serie  III,  vol.  IX.  21*  22  Gennaro  1858. 


322  LA  CONTESSA  MATILDA  • —  3UKFREDO  DI  TRAYEMUNDA 

altri  dissoluti  signori,  attizzo  tumulti,  ribellioni  e  guerra  fellona  e 
atroce  contro  la  Chiesa  1. 

Quest!  avvenimenti  misero  in  nuovo  trambusto  la  Germania,  e 
scendeano  daquella  molte  masnade  tedesche  per  levalli  dell'Aizack 
in  Italia  a  nutrire  i  moti  di  Lombardia.  All' arrive  di  Tebaldo  e  lolan- 
da  a  Trento,  trovarono  la  citta  piena  di  soldati  che  s'avviavano  per 
la  valle  Lagarina  a  Verona,  laonde  la  prudente  giovinetta,  benche 
in  abito  virile,  e  accompagnata  dal  pio  e  assennato  pellegrino,  non 
voile  avventurarsi  fra  quelle  torme  selvagge  e  licenziose :  perchk 
fatte  sue  divozioni  al  corpo  di  S.  Vigilio  patrono  della  citta  di 
Trento,  disse  a  Tebaldo-,  ch'ella  non  credea  di  seguirlo  sino  a  san 
Pietro  in  Bosco  per  non  trovare  intoppi  lungo  V  Adige  alle  chiuse 
dell'  alpi  cb'erano  strettamente  guardate  dalle  milizie:  essa  riputa- 
va  miglior  consiglio  scendere  in  Italia  per  Valsugana  e  Val  di  Bren- 
ta,  ove  i  passi  erano  piu  agevoli  e  aperti.  Tebaldo  si  disgiunse  a 
gran  dolore  dal  suo  caroe  amoroso  compagno,  pregogli  daDio  ogni 
benedizione,  e  di  buon  mattino  Tebaldo  si  misein  via  per  Caliano. 
e  lolanda  verso  il  castello  di  Pergine. 


i  PAOLO  BERN,  Cap.  LIV,  LV.  LAMBEBT.  an.  1076. 


RIVISTA 


DELLA 

STAMPA    ITALIANA 


I. 

Sul  monumento  a  Vitlorio  Al  fieri  in  Santa  Croce  di  Firenze.  Di- 
scorso  di  VINCENZO  SALVAGNOLI.  —  Firenze.  Tipografia  Le'Mori- 
nier.  1857. 

«  Fino  aU'avvenimento  delle  riforme,  Vincenzo  Salvagnoli,  or- 
nato  e  lucidissimo  ingegno  ,  erasi  dimostrato  della  filosofia  del  se- 
colo  XVIII  e  delle  patrie  memorie  repubblicane  e  di  quelle  della  ri- 
voluzione  francese  amtniratore  entusiasta.  II  culto  per  Francia  por- 
tava  cosi  innanzi,  che  yoleva  scrivere  un  libro  sul  Primato  francese 
per  dimostrare,  colla  storia  alia  mano,  come,  dalle  Assise  di  Geru- 
salemme  fino  al  Codice  Napoleone  ,  questa  grande  nazione  avesse 
le  idee  della  civilta  moderna  sempre  prima  che  ogni  altra  praticate 
e  istituite.  Milit6  nelle  file  della  democrazia.  Cospirava  nel  21  coi 
Carbonari;  coi  Romagnoli  eBolognesi  nel  31-,  non  fu  straniero  alia 
Giovine  Italia  nel  33  ,  onde  ebbe  a  soffrire  quattro  mesi  di  deten- 
zione  nella  fortezza  di  Livorno  ;  maneggi6  da  maestro ,  arme  d'op- 
posizione  democratica  ,  1'epigramma  ;  condannava  in  risentite  pa- 
role il  liberalismo  ,  che  chiamava  aristocralico  ,  rappresentato  da 
Gino  Capponi  e  da  Cosimo  Ridolfi ;  ecc.  ecc.  » 


324  RI  VISTA 

Questo  schizzo  della  persona  e  dei  fatti  del  sig.  Vincenzo  Salva- 
gnoli  pu6  essere  caricato  ,  ma  il  certo  e  ch'  esso  e  disegnato  dalla 
penna  d'un  suo  carissimo  amico  ,  Giuseppe  Montanelli  *  ,  con  cui 
egli  usava  a  tutta  fidanza  neH'intimita  fraterna  del  tu  per  tu,  chia- 
mandolo  per  vezzo  Caro  Beppe.  Onde  non  eadubitare,  se  non  della 
fedele  rispondenza  fra  il  ritratto  e  i'originale,  almeno  del  gusto  che 
con  tale  ritratto  credette  dare  al  suo  amico  ;  poiche  non  si  vede 
ragione  di  supporre  che  il  Caro  Beppe  volesse  di  proposito  deliberate- 
sconciare  malamente  le  fattezze  del  caro  anmVo  a  lui  si  familiare,  e 
tanto  cosa  sua,  che  scrivea :  «  senza  di  te  mi  sentirei  men  che  nulla  $ 
con  te,  tutto  2  ».  Era  poi  nostro  dovere  di  fare  conoscere  a'  nostri 
lettori  si  ragguardevole  personaggio.  per  molte  ragioni  •,  tra  le  qua- 
li,  tacendo  d'altre  piu  gravi,  recheremo  qui  due  sole  che  bastano  al 
proposito.  La  prima  e  che  il  merito  precipuo  del  sopra  mentovato 
Discorso  sta  veramente  nell' essere  dettato  dal  sig.  Salvagnoli :  sic- 
che  le  medesime  cose  ,  dette  da  un  altro  qualsiasi,  sarebbero  forse 
da  trasandare  affatto  •,  ma  in  bocca  a  lui  hanno  per  appunto  1'  im- 
portanza  d'un  programma  di  parte  politica-,  ed  a  ben  penetrarne  il 
senso  bisogna  aver  piena  contezza  del  valore  di  chi  lo  scrisse.  La 
.seconda  e  che  altrimenti  non  si  potrebbe  capire  nk  la  ragione  dello 
-Stenderci  che  faremo  a  discorrere  sopra  questa,  che  pare  solo  una 
brevissima  prosa  accademica  d'  una  quindicina  di  paginette  a  gran 
.carat teri  •,  ne  i!  motivo  del  vampo  e  del  rumore  che  levossi  per  co- 
tale  scrittura  3.  Sapendosi  chi  e  il  sig.  Salvagnoli,  non  si  potranno 
.pigliare  a  rovescio  le  sue  sentenze ,  e  si  capira  che  non  senza  un 
buon  perche  il  partito  della  rivoluzione  se  n'e  tanto  ringalluzzato, 
e  ne  fece  si  gran  caso.  Difatto  le  congiunture  in  cui  fu  pubbli- 

1  Memorie  sull'  Italia  e  specialmente  sulla  Toscana  dal  1814  al  1830,  di 

GlCSEPPE  MO.NTANELU.  Vol.  1,  pag.  218. 

2  Ivi  pag.  l6(i. 

3  L' Indipendente  di  Torino  ne  tesse  il  panegirico  nel  N.  378  del  31  Dicem- 
bre  1857  ,  recando  per  appunto  ,  in  conferma  dei  pregi  che  gli  allribuisce  ,  il 

'Home  del  suo  autore  ,  e  conchiude  pronunziando  che  «  questo  discorso  dovra 
restare  come  prezioso  saggio  della  letteratura  contemporanea  i  tali  ana.  » 


BELLA  STAMPA  ITALIANA  325 

cato  codesto  Discorso ,  1'  ammirazione  ed  il  plauso  con  che  venne 
accolto  e  mandate  attorno  da  certa  consorteria,  ed  il  sentirlo  cele- 
brare  come  un  bel  libra,  una  bella  azione  ed  un  alto  di  coraggio  1, 
indussero  molti  buoui  uomini  a  conghietturare  che  all'  avvicinarsi 
del  58  si  volesse  allestire  un  anniversario  solenne  del  48  •,  e  perri6 
primo  a  scendere  nell  arena  ed  a  tentare  la  prova  fosse  uno  de'  piu 
valenti  carnpioni  che  nel  -47  levarono  alto  la  bandiera  deir/JaZia  una 
e  indipendente. 

Ma  checch6  sia  di  ci6,  certo  e  tuttavia  che  egli  con  la  pubbli- 
cazione  di  questo  Discorso  intese  a  fare  un  atto  politico;  percid, 
avvisandoci  che  1'  avea  scritto  per  un  uditorio  di  qualila  eletta, 
aggiunge  che  le  annotazioni  sono  indirizzate  agli  statisli ,  poiche 
de  guastamestieri,  di  qualunque  colore  o  setta,  non  e  da  curare. 

Staremo  a  vedere ,  noi  guastamestieri ,  se  queste  trenta  pagine 
d' annotazioni  indirizzate  agli  statist!  riusciranno  piu  efficaci  che  i 
Memorandum,  le  Note  verbali,  le  Proteste,  gl'  Indirizzi  e  tutti  que- 
gli  amminicoli  di  cui,  non  ha.molto,  erasi  armata  la  rivoluzione 
italiana  per  ottenere  con  un  po'di  carta  e  d'inchiostro  quel  che 
non  poteva  conseguire  coi  pugnali  e  con  le  baionette.  Ma  intanto 
sara  pur  bene  esaminare  con  qualche  diligenza  la  bella  azione,  e 
Tat  to  di  coraggio  del  sig.  Salvagnoli. 

Innanzi  tratto  egli  fa  saperea  tutti  che  1'uditorio  di  qualita  elet- 
ta, per  cui  avea  preparato  cotesto  suo  Discorso  e  1'Accademia  di  Pi- 
stoia,  e  che  vel  dovea  leggere  per  gli  Onori  Parentali  a  Vittorio 
Alfieri-,  se  non  che  ne  fu  impedito  da  cagioni  tutte  fuori  della  vo- 
lonla  sua.  Forse  queste  cagioni  furono  le  medesime,  per  cui  lo 
stamparlo  in  Firenze  stessa  gli  valse  lode  di  coraggio.  Aggiunge 
poi  che  per  certo  a  Pistoia  avrebbe  avuto  cortesi  e  acuti  uditori, 
ed  ora  si  augura  cosiffatti  lettori.  Per  la  cortesia,  s  intende.  Ma  che 
bisogno  c'e  di  uditori  e  lettori  acuti  per  un  discorsetto  accademico 
da  recitarsi  agli  Onori  Parentali  di  un  poeta?  I  nostri  lettori  ve- 
dranno  tra  poco  che  il  sig.  Salvagnoli  non  ha  tralasciato  di  parlare 

\  Imparziale  Fiorentino  N.  42. 


326  RIVISTA 

qua  e  cola  molto  chiaro  e  forte,  sicche  torna  impossibile  il  non 
capirlo.  Cosi,  a  cagione  d'esempio,  non  ebisogno  di  grande  acume 
per  intendere  a  chi  egli  parla,  che  cosa  consiglia,  che  cosa  minac- 
cia,  quando  esce  in  queste  sentenze:  «  Al  piu  forte  umano  volere 
prevale  1'eterna  legge  della  civilta  •,  imperocche  siccome  la  siciirez- 
za  d'ogni  popolo  sta  nell'essere  raccolto,  cosi  quella  d'ogni  potere 
sta  nell'essere concern/to  *...  Seun  ordine  vecchio  non  vieneall'uo- 
po  riformalo  sponlaneamente  dalla  ragione,  di  necessita  gliene  so- 
stituisce  uno  tutto  nuovo  la  violenza  2...  I  deliri  d'una  eta  provo- 
cano  i  contrari  della  vegnente:  e  dove  il  comando  fa  sfrenato,  la 
licenza  gavazza  furibonda  ecc  3  » .  Comeanche  nel  paragrafo  IV,  in 
cui  tratteggia  1'Alfieri,  si  scorge  ad  evidenza  non  essere  soltanto 
Tamore  della  veritastorica  quello  che  gli  fa  notare,  come  1'Astigia- 
no  «  non  poteva  ammirare  che  il  popolo  inglese,  ne  confidare  che  nel 
suo  reggimento,  equidistante  dalla  licenza  e  dal  dispotismo.  »  Dove 
non  e  governo  rappresentativo,  il  Salvagnoli  non  vede  che  licenza 
o  dispotismo  ;  e  se  la  macchina  del  Governo  non  e  congegnata  a  con  - 
trappesi  costituzionali,  vano  e  sperare  la  salvezza  della  civilta,  poi- 
che  a  salvarla  bisogna  «  darle  ordini  di  legge  e  di  ragione  siffatti , 
che  non  potesse  soffocarla  chi  presumesse  difenderla ,  ne  precipi- 
tarla  chi  presumesse  portarla  al  colmo  d'  un  tratto.  »  Tutti  gli  a- 
mori,  i  voti,  le  speranze,  i  propositi  del  Salvagnoli  si  mostrano 
pure  chiarissimi  nel  paragrafo  VII,  quando  rallegrasi  col  Canova 
perche  Dio  stesso  gli  pose  sul  labbro  la  parola  con  cui  strappava  a 
Napoleone  «  la  promessa  diricreare  la  patria  italiana,  di  farla  indi- 
pendente,  di  renderle,  augusto  capo,  Roma  *  ».  Se  tutto  andasse 
di  questo  modo ,  certamente  egli  non  avrebbe  bisogno  di  racco- 

1  P»g.  18.  -J  2' Pag.  20.  —  3  Pag.  *l. 

4  Pag.  31  Qui  noteremo  una  antilogia  dialettica  del  nostro  oratore;  il  qua- 
-le  in  ({iiesta  pag.  31  dice  di  Firenze  che  goder  non  seppe  la  libertd  ne  sof- 
,  frire  il  dispotismo ;  e  poco  appresso  a  pag.  39  afferma  che  «  la  Toscana,  fino 
dal  secolo  decimoterzo  iniziatrice  d'ogni  liberta,  da  quella  del  pensiero  a  quel- 
la del  lavoro,  fcndatrice  del  reggimento  rappresentativo  moderno  fino  dal  1532 
se  n'era  conservata  si  degna  che  Pietro  Leopoldo  glielo  voleva  reslituire  ». 


BELLA  STAMPA  ITALIANA  327 

mandarsi  per  aver  lettori  acuti.  Tutt'al  piu  quando  il  facesse,  vi  si 
dovrebbe  vedere  un  artificio  oratorio.  Imperocche  un  certo  parlare 
fra  i  denti  con  aria  di  mistero ,  un  atleggiarsi  come  vittima  di  ti- 
rannide  che  incatena  parola  e  pensiero,  un  cotalfremere  sdegnoso 
e  contenuto,  un  sospirare  passionate  e  rotto  a  mezzo,  un  dire  co- 
se a  pnma  giunta  semplicissime  e  da  nulla,  ammonendo  tuttavia  di 
badar  bene  a  quello  che  sta 

Sotto  '1  velame  delli  versi  strani , 

sdnoarti  direttorica  liberalesca,  lequali,  a  chi  sa  usarne  a  proposi- 
to,  pongono  intorno  al  capo  una  certa  aureola  di  martirio,  edanno 
ancora  all'  opera  stessa  un  non  so  quale  saporetto  di  frutto  proibi- 
to,  che  la  rende  piu  appetitosa  e  piccante.  Con  questi  modi  non  tor- 
na  difficile  guadagnarsi  lode  di  coraggio  e  gloria  di  aver  fatto  una 
lella  azione.  Ond'e  che  il  Salvagnoli  o  per  dare  maggior  efficacia 
alle  cose  sue ,  o  per  crescere  la  bella  fama  gia  conquistata,  usa  co- 
desti  modi  oratorii  con  molto  garbo  e  con  ladebita  rnisura.  Qui, 
per  esempio,  si  contenta  di  augurarsi  lettori  acuti.  Ma  nel  Saggio  ci- 
vile, che  mand6  innanzi  agli  Scritti  varii  del  Verri,  si  diede  cura  di 
premonire  tutti,  che  intendano  piu  che  egli  non  ragiona,  imploran- 
do ,  a  manifestare  inlerissimo  do  ch'  egli  pensa ,  dal  placato  cielo 
opportunita . 

II  sig.  Ercole  Ricotti ,  nel  suo.  libro  sopra  la  Vita  e  gli  Scritti 
del  Balbo,  noto  opportunamente  che  prima  del  1847  «  ogni  scrit- 
tore  liberate  torturavasi  ad  orpellare  le  proprie  idee.  .  .  .  Quasi  un 
gergo  stabilivasi  tacitamente  tra  Autore  e  lettori  ;  e  una  frase 
breve  e  oscura  racchiudeva  talvolta  piu  liberalesimo,  che  parecchie 
facciate  scritte  in  tempi ,  nei  quali  il  liberalesimo  par  messo  all'  in- 
canto  »  *.  Al  quale  precetto  o  avvedimento  di  prudenza  il  sig.  Sal- 
vagnoli si  attiene  nel  suo  Discorso  con  quella  stessa  sagacia,  con  cui 
ne4  1847  scriveva  al  suo  caro  Beppe  Montanelli,  «  che  senza  una 
gran  cautela  non  faremo  nulla  ;  che  per  fare  il  primo  passo  non 

i  Delia  Vita  e  degli  Scritti  di  CESARE  BALBO,  pag.  80,  81. 


3!28  RIYISTA 

bisogna  dire  dove  faremo  il  mczzano  e  I'estremo.  »  Percio  avviene 
che  ogtii  mezza  parola  non  orpellata,  ogni  sua  frasuccia  un  po'  lim- 
pida,  con  cui  va  ridestando  il  fuoco  sarro  sugli  altari  tlella  liberta, 
gli  suscita  attorno  un  coro  di  applausi  de  suoi  confiatelli,  diciame 
noi :  dell'  intera  Italia,  dicono  i  confratelli. 

Vero  e  che  il  detto  Discorso  e  mollo  meno  enimmatico  di  quanto 
debbasi  aspettare  da  chi  capisce  che  a  proposilo  d  un  monumento 
funebre  il  Salvagnoli  ha  elaborate  un  programma  politico1.  Di 
che  non  pud  dub'tarsi ,  atteso  il  modo  con  cui  spiega  Tintenzione 
del  Canova,  e  descrive  i  tempi  rhe  promettevano  effettuarla  ,  ini- 
ziando  veracemente  quella  condizione  di  cose  ,  per  cui  solo  e  possi- 
bile  il  bene  civile  della  Italia.  Cos!  ,  ragionando  sopra  le  cose  di 
sessant'  anni  addietro ,  tamquam  aliud  agens ,  senza  dare  sospetti 
a  chicchessia,  un  onesto  liberate  pun  pigliarsi  il  gusto  di  fare  I'  a- 
pologia  della  rivoluzione  francese  dell' 89,  e  dissertare  sopra  la  ne- 
cessita  e  la  condotta  d'  una  rivoluzione  italiana  ,  dimostrando  che 
per  1' Italia  6  supremo  bisogno  1'  unita  di  governo  e  T  Indipendenza 
politica. 

Caldeggiare  apertamente  codesto  disegno  di  fusione  di  tutti  gli 
Stati  Italiani  in  uno  solo  -,  dire  chiaro  *  he  bisogna  mandar  con  Dio  e 
Pio  IX,  e  Leopoldo,  e  Fran  esco  V,  e  Ferdinando  II-,  e  ricominciare 
la  crociata  contro  il  barbaro  fino  a  cacciarlo  al  di  la  dell'  Isonzo, 

i 

i  La  Riuista  di  Firenze  forse  non  pose  mente  all'indole  politica  di  que- 
sto  discorso  ,  quando  noto  come  cosa  da  doverne  dolere  «  che  non  abbia 
serapre  quella  chiarezza  che  petrebbc  rendere  i  concetti  evident!  a  ogni  let- 
tore,  e  che  1'artifizio  e  certa  gonfiezza  accademica  abbiano  talora  allontanatt 
1'  Autore  da  qtiellu  efficacissima  semplicita  ecc.  »  (  N.  11  )•  Certe  cose  non  si 
possono  dire  cosi  chiare!  Non  basta  dunque  ,  alia  Rivista  ,  che  egli  difenda 
cnergicamente  la  rivoluzione  dell'  89,  e  la  dimostri  neccssario  s  for  so  e  pro- 
gresso  della  civiltd  e  non  ancora  compiuto?  Si  vuol  essere  discreli  !  Quando  il 
placate  cielo  gli  avra  dato  opportunila  di  aprire  interissimo  il  suo  pensiero  , 
egli  dedurra  le  conseguenze  pratiche  di  codesto  suo  principio  storico.  Intanto 
si  covino  le  dottrin«  dell'89  o  almeno  si  lodino  altamente.  II  restd  verra  poi ;  e 
allora  chi  dorme  si  svegliera  ,  ma  troppo  tardi !  £  sernpre  inutile  svegliarsi  al 
fragore  delle  rovine. 


DELLA    STAMPA  ITALIANA  329 

per  fare  Iialia  una  e  indipetidente ;  rimettere  in  campo  i  diritti 
della  nazione  ail  una  Costituente  che  segga  in  Campidoglio  e  di  la 
regni  sovrana-,  bandtre,  in  una  pa  cola,  il  rfcominciamehto  dell'im- 
presa  fallita  nel  48,  focse  non  si  pot.ea  senza  qualche  pericolo,  non 
gia  per  1  Autore ,  ma  per  la  santa  causa.  Ma  far  vedere  e  vagheg- 
giare  tutte  queste  h^lle  cose  nelle  intenzioni  del  Canova,  nel  Monu- 
mento  per  1'  Al fieri,  nelle  promess^  fatte  da  Napoleone  I,  a  propo- 
sito  di  Onuri  Parentali,  in  un'  Accademia,  questa  era  cosa'quanto' 
facile,  altrettanto  innocente,  e  che  con  1'  attraente  novita  del  tro- 
vato  congiunge  la  prudenza  dell'  operare  e  la  sicurezza  deLPfcffwito. 
Speriamo  che  il  signer  Salvagnoli  non  si  richiamera  di  noi ,  che 
per  apprezzare  il  suo  Discorso  ne  indaghiamo  le  natenzfohi.  Impe- 
rocch^  se  egli  auguravasi  let  tori  acuti,  cui  non  paresse  «  sfrano  che 
a  ben  conoscere  un'opera  dell1  arte  si  debba  penetrare  la  rifiosla 
intenzione  delV  arlistav  ;  molto  meno  dee  sembrare  strano  che,  a 
ben  comprendere  il  gergo  liberalesco  di  chi  caldamente  si  racco- 
manda  affinch^  si  procuri  d'  intendere  piu  che  non  ragiona^  diasi 
opera  a  penetrare  la  riposta  intenzione  del  suo  Discorso.  Ben  e  vero 
tuttavia  che  il  sig.  Salvagnoli  s'  e  tollo  la  cura  di  avvertire  che  «  il 
concetto  sostanziale  del  discorso  e  questo :  il  Canova  voile  col  suo 
monumento  onorare  in  so'mmo  grado  PAIfieri,  riconoscendolo  mez- 
zo attissimo  per  rammentare  a  Napoleone  i  dolori  e  I  aspettativa 
dell'  Italia  1.  »  Ma  e  non  potrebbe  in  taluno  sorgere  il  pensiero  che 

\  Questo  e  un  vero  paradosso!  Che  Napoleone,  toccato  il  colrao  della  glo- 
ria e  della  potenza,  quando  stava  meditando  e  sforzandosi  d'attunre  il  sogno 
dorato  d'una  monarchia  universale  ,  proprio  allora  volesse  levare  dalt*  jmibita 
corona  il  piii  prezioso  gioiello,  cosliiuendo  la  nazione  italica  una  ed  indipen- 
dente  ,  questo  non  ha  ombra  di  verosimiglianza  ,  checche  abbia  egli  detto  a 
scritto  di  poi.  Ma  che  dovesse  muoversi  Napoleone  a  si  grandeatto,  solo  per- 
che  un  artista  italiano  sopra  il  sepolcro  d'un  poeta  scolpiva  1'  Italia  piangente 
o  fremente  ,  questa  e  cosi  strana  presunzione  ,  che  certo  non  pole  entrare  in 
eapo  al  Canova  ;  e  non  ha  riscontro,  se  non  che  nei  pazzi  divisamenti  degli 
Italianissimi  del  48,  i  quali  a  furia  di  canzoni,  di  banchetti,  di  proclami  e  di 
giornali  volcano  fare  I' Italia.  Anche  in  questo  punto  la  Rivista  di  Firenze  non 
va  d'accordo  col  sig.  Salvagnoli. 


330  RIVISTA 

il  Salvagnoli  abbia  forse  voluto  col  suo  discorso  levare  a  cielo  il  Ca- 
nova  e  1  AIQeri,  riconoscendolo  mezzo  attissimo  per  tenere  accesi 
gli  sdegni,  per  avvivare  le  speranze,  per  dirigere  ad  uno  scopo  le 
macchinazioni  de'  libertini  italiani?  Chi  cosi  pensasse  non  avrebbe 
tutto  il  torto-,  giarche  e  certo  che  se  il  Salvagnoli  si  fosse  proposto 
preoisamente  questo  scopo,  non  avrebbe  potuto  far  meglio  per  con- 
seguirlo. 

Sulla  fede  di  PietroGiordani  incomincia  1'A.  collo  stabi'.ire,  come 
premessa  di  tutto  il  suo  discorrere,  che  il  Canova  era  Italiano  con 
tutia  fa  sua  anima  ;  e  questo  dimostra  a  modo  suo,  dichiarando  per 
conghietture  quale  fosse  la  riposta  inlenzione  del  Canova  nello  scol- 
pire  la  tomb  a  di  Clemente  XIV  ed  il  monumento  ad  Angrlo  Emo. 
Col  medesimo  genere  d'argomentazione,  quanto  strano  allrettanto 
inconcludente,  potrebbe  altri  dimostrare  niente  men  chiaro  che  il 
Canova  fu  per  appunto  lull'  altra  persona  da  quel  cbe  dice  il  Salra- 
gnoli;  e  basterebbea  tal  fine  spiegare  i  concetti  simboleggiati  dal 
Canova  nella  tomba  di  Clemente  XIII,  e  nello  scolpire  il  Massimo 
Pontefice  Pio  VI,  genuflesso  ed  orante  a  pie  della  tomba  di  San  Pie- 
tro.  Stia  certo  il  signer  Salvagnoli  che  il  riscontro  coi  tempi ,  che 
le  annotazioni  storiche  e  le  patetiche  riflessioni,  che  le  vite  di  questi 
due  Sommi  Pontefici,  eroi  di  fortezza  e  di  mansuetudine,  che  il 
diuturno  loro  martirio  per  la  causa  di  Santa  Chiesa  e  della  giusti- 
zia,  che  1'abuso  spietato  della  forza  onde  furono  vitlime,  darebbero 
modo  di  colorire  un  quadro  a  toechi  si  forti,  a  tinte  si  chiare  e  vi- 
yide  da  disgradarne  il  tratteggiato  da  lui  in  senso  contrario :  ed  il 
Canova  potrebbe  campeggiarvi  in  aspetto  d'  uomo  che  alia  vista  di 
tanta  virtu  e  di  tanta  grandezza  s'  accinge  ad  immortalarne  la  me- 
moria  nel  marmo,  onde  ricordare  ai  popoli  i  dolori  e  gli  slrazii  pa- 
iiti  dal  Vicario  di  Gesu  Cristo,  i  danni  e  le  onte  cui  soggiacque  la 
Chiesa ,  ed  il  trionfo  che  da  ultimo  coronava  gli  oppressi ,  annien- 
tando  gli  oppressori. 

Entra  quindi  il  Salvagnoli  a  ragionare  sopra  i  tempi  del  Canova 
e  deH'Alfieri  ;  e  datido  una  stoccata  di  fianco  at  tristi  ed  agl"  ingrali 
che  giudicano  male  lo  scorcio  del  secolo  XVIII,  ci  mostra  con  sin- 


BELLA  STAMPA  1TALIANA  331 

golare  compiacenza  «  i  campi  di  battaglia,  le  aule  legislative,  e  la 
terra  e  il  mare  insanguinati  da  cento  e  cento  assei  tori  della  civile 
franchigia  »  ,  per  farci  cosi  capire  «  quale  e  quanta  si  fosse  stata  la 
contemporanea  famiglia  italiana,  conservatrice  eterna  delsenno  la- 
tino. »  Se  per  meritare  ad  una  nazione  la  lode  di  conservatrice  eter- 
na del  sen  no  latino  dovessero  bastare  il  chiaccherio  de'  Parlamenti,  i 
campi  di  battaglia  ecc.;  bisognerebbe  tributare  questo  encomio  pre- 
cipuamente  ai  popoli  di  Londra  e  di  Parigi :  i  quali  non  immolarono 
soltanto  cento  e  cento  assertori  all'idolo  della  civile  franchigia,  ma 
gli  offrirono  pare  in  olocausto  .le  teste  dei  loro  rnonarcbi ,  ed  il  san- 
gue  di  milioni  d'  innocenti. 

Ma  non  sono  questi  i  soli  esempi  di  virtu,  acui  il  Salvagnoli  re- 
puta  congiunta  la  gloria  d'  Italia,  n6  questi  soli  i  grandi  fatti  con 
che  la  consolavano  nelle  sventure  i  magnanimi  figliuoli  di  lei,  che 
esso  ci  propone  ad  imitare.  L' Italia  «.  costretta  dalla  forza  si  ven- 
dic6  colla  ragione.  Servi  ma  penso:  e  tacite  serpeggiando  le  idee, 
che  la  forza  non  incatena  ne  uccide,  penetrarono  da  per  tutto,  lo- 
gorando  il  vecchio,  avvivando  il  nuovo,  auspici  Galileo  *  e  fra  Pao- 
lo; restitutore  1' uno  della  liberta  all' intelletto  umano,  maestro 
V  altro  per  far  lo  stato  laico,  ma  religioso.  Per  cotal  guisa,  occulti 
a'  dominated  armati ,  furono  con  indomabile  perseveranza  gittati 
i  fondamenti  di  un  altro  edifizio  sociale.  II  perche  il  nuovo  ordine 
di  cose  e  di  diritti  non  nacque,  ma  si  manifesto  improvviso:  ne 
calo  dalle  Alpi  Nupoleone  per  portare  la  civilta,  ma  per  emanci- 
parla  2.  »  Specchiatevi  in  questo  esempio,  sembra  dire  tacitamente 
il  Salvagnoli  a'  suoi  aculi  letlori;  imparate  come  si  fa  ;  vedete  come 

1  Qui  il  sig.  Salvagnoli  deve  aver  commesso  uno  sbaglio  di  patria  e  di  nome, 
e  voile  forse  scrivere  Lutero;  a  cui  propriamente  spetta  la  lode  d'aver  resti- 
tuito,  nei  tempi  moderni,  all' intelletto  umaiio  la  liberta  di  cui  egli  tratta,  quan- 
tunque  il  Gioberti  per  assicurare  questo  vanto  alia  Italia  ne  volesse  autore  pri- 
mo  il  Socino.  Galileo  non  fa  mai  nemico  ne  della  Ghiesa  ne  dei  Priiicipi ;  e  nel 
fatto  di  tale  liberta  non  merita  cotesti  eneomii  del  Salvagnoli. 

2  Queste  parole  piacquero  moltissitno  alia  llivista  diFirense.  Vefro  e  eh'  es- 
se  sono  chiarissime  e  non  contengono  ne  artifizio  ne  gonfiezsa  accademica. 


332  uiviSTA 

vennero  nell'intento  loro  quei  grandi  da  me  celebrati !  Ma,  sia  det- 
to  con  sua  buona  pace  ,  questo  ci  pare  un  vero  sciaiacquo  di  am- 
mirazione.  Non  e  poi  un  novissimo  trovato  dei  rivoltosi  italiani 
quelio  del  lavorare  solto  mano  e  cospirare  in  segreto,  quando  V  au- 
torita  pubblica,  conscia  de' suoi  diritti  e  de'  suoi  doveri,  sta  vigi- 
lando  forte  e  risoluta  di  frenare  a  tempo  i  sommovitori  de'  popoli. 
e  di  punire  eziandio  con  inflessibile  ma  salutare  giustizia  chi  si 
studia  di  manomettere  le  legittime  istituzioni,  da  cui  sono  retti  gli 
Slati .  In  ogni  tempo  ed  in  ogni  luogo  gli  emuli  di  Catilina  e  di  Bruto 
giovaronsi  delle  tenebre,  delle  frodi  e  del  tradimento  per  condurre 
a  termine  le  nefande  opere  loro  e  le  divisate  rivolture.  I  moderni 
campioni  del  pugnale  e  dell' assassinio  politico,  i  Carbonari  del  21, 
i  proseliti  della  Giovane  Italia ,  sotto  questo  rispetto ,  non  sono 
punto  da  meno  di  coloro  che  il  sig.  Salvagnoli  con  tanta  mae- 
stria  d'  eloquente  oratore  ci  venne  ritraendo  in  aspetto  dei  piu  de- 
gni  e  valorosi  Ggli,  onde  possa  andare  altera  1'  Italia  nostra.  Anche 
questi  seppero  ,  con  indomabile  perseveranza ,  gittare  occulti  ma 
pur  saldi  i  fondamenti  d'un  nuovo  edificio  sociale-,  e  ben  vedemmo 
nel  1848  e  nel  1849  quale  ne  fosse  il  disegno  ,  1'  architettura  e  la 
vastita.  Chi  nel  21,  nel  31  e  nel  33  pote  conoscere  le  intcnzioni 
riposte  di  codesti  suoi  commilitoni,  sa  benissimo  che  esse  non  sono 
ancora  abbandonate,e  che  per  cambiardi  modi  e  di  apparenzenon 
si  tralascia  di  proseguire  1'opera.  Anzi  vediamoche,  distribuiti  con 
molto  accorgimentogli  ufficii,  secondo  il  grado,  il  valore  e  la  con- 
dizione  sociale  di  ciascuno  dei  fratelli,  la  bisogna  con  istancabile 
lavorio  procede  innanzi  di  buon  passo,  e  si  fanno  serpeggiare  le 
idee,  si  logora  il  vecchio,  s'  avviva  il  nuovo,  aspeltando  dal  placa- 
to  citlo  opporlunila  a  far  piu  e  meglio.  Intanto  certi  scrittori  su 
pei  giornali  vanno  eccitando  ne'  popoli  il  malcontento  delT  ordine 
presente,  ed  uno  smanioso  desiderio  di  liberta  e  d1  indipendenza  5 
altri  con  sussiego  da  pubblicisti  ridestano  le  scambievoli  gelosie 
de'  Governi,  e  li  spingono  a  tutto  potere  sulla  via  tracciata  dall'ja- 
postata  fra  Paolo  per  le  cose  di  religione;  altri  o  piu  modesti  o  piu 
cauti  si  stanno  paghi  a  scrivere  e  pubblicare  discorsi,  programmi, 


BELLA  STAMPA  ITALIANA  333 

mdirizzi,  proteste,  memorandum  ecc.  ecc.  Ne  mancano  i  piu  animo- 
si  e  maneschi,  i  quali  si  forniscono  d'armi,  si  provvedonodi  dena- 
ro  e  di  navi,  e  sferrano  i  ladri  e  i  malandrini  delle  galere,  e  in  lo- 
ro  compagnia,  con  audacia  da  gladiatori,  gittano  allo  sbaraglio  le 
proprie  vite  per  tentare  la  dura  prova  e  far  T  Italia.  Non  crediamo 
certamente  che  il  Salvagnoli  abbia  voluto  spingere  proprio  allc 
ultitne  conseguenze  T  emulazione  dei  moderni  con  \  esempio  della 
vittoria  ottenuta  dagli  antichi  cospiratori.  Pure  sembra  darne  un 
cenno  egli  medesimo  sul  chiudere  della  sua  orazione,  la  dove  dice 
che  «  se  la  semerita  sparsa  da  Vittorio  ha  piu  cbe  il  fior  del  verder 
ancora  non  dette  frutti  maturi.  »  A  noi  paiono  anche  troppo  ma-- 
turi ,  poiche  stesero  la  mano  a  raccorli  e  1'  assassino  del  Duca  di 
Parma,  e  il  Pianori,  e  Agesilao  Milano,  e  il  Tibaldi,  ed  ora  il  Pieri 
e  1'Orsini  per  tacere  di  cento  altri. 

Dopo  accennata  Fapoteosi  dei  cospiratori  italiani,  il  Salvagnoli 
passa  a  celebrare  i  meriti  e  le  glorie  dell'  invasione  francese,  a  cui 
gl'  Italiani  debbono  saper  grado  del  massimo  bene,  poiche  era  di- 
retta  ad  emancipare  la  civiltd  nell  Italia.  «  La  invasione  (  spiega 
egli  poi  nell'  annotazione  aggiunta)  fu  un  mezzo  doloroso,  ma  ne- 
cessario,  d'un  fine  buonissimo  e  salutare  1  $  la  rivoluzione  largi  al- 
1'  Italia  il  massimo  bene  di  rigenerarla  2-  se  dopo  il  14  essa  non 
torno  tre  secoli  indietro,  fu  merito  della  rivoluzione  dell'  89  3.  £ 
per  chiarire  meglio  questo  dettato  di  sapienza  politica,  dice  che 
«  1'  oltimo  sarebbe  stato  la  rivoluzione  senza  1'  invasione.  Ma  quan- 
go 1'ottimo  non  si  pote  ottenere,  la  invasione  fu  il  bene  non  asso- 
luto  ma  relative,  perche  senz'  essa  la  rivoluzione  non  si  sarebbe 
inaugurata  in  Italia  4.  » 

Noi  chiediamo  licenza  di  volgere  al  sig.  Salragnoli  due  domande. 
€rede  egli  che  la  civilta  presentemente  sia  a  bastanza  emancipata 
in  Italia?  Gradirebbe  egli  una  nuova  rivoluzione,  una  seconda  inva- 
sione, per  comperare  a  cosi  caro  prezzo,  codesto  massimo  benel  Se 
gli  pare  che  la  civilta  sia  gia  emancipata,  che  cosa  pretende  di  pit? 

i  Pag.  42.  -  2  Pag.  41   -  3  Pag.  41.  —  4  Pag.  42. 


334  RIVISTA 

Se  vuole  qualche  cosa  piu  innanzi,  ha  egli  almeno  calcolato  i  danni 
e  le  devastazioni,  onde  sarebbe  afilitta  la  patria  sua,  quando  certi 
dissennati  desiderii  fossero  attuati? 

Dell'  avvenire  non  sappiamo  checosapensi  il  sig.  Salvagnoli,  ne 
probabilmente  vorra  disagiarsi  per  rispondere  a  tali  nostre  domande. 
Ma  da  I  passato  si  puo  fare  ragione  dell'  avvenire.  Ora  ecco  per  quale 
maniera  egli  giudica  i  disastri  e  le  ealamita  con  cui  venne  accorn- 
pagnata  la  prinia  riyenerazione  d' Italia.  La  invasione  francese , 
emancipando  fra  noi  la  civilta  «  accumulo  ruine  sopra  ruine  » :  ma 
gl'  Italiani  non  ebbero  a  dolersene;  che  erano  ruine  di  vecchi  edifizi 
e  caduchi.  Avete  capito?  Vecchi  edifizi  e  caduchi  erano  le  leggi  pa- 
trie  e  mitissime,  a  cui  reggevansi  gli  Stati  ilaliani,  la  legittima  indi- 
pendenza  onde  godevano  le  Repubbliche  di  Genova  edi  Venezia,  la 
maesta  dei  troni  di  Napoli,  di  Firenze,  di  Torino  ecc.  Yecchio  edi- 
fizio  e  caduco  era  precipuamente  la  sovranita  temporale  dei  Papi, 
si  che  1'  averle  dato  il  crollo  merita  lode  al  primo  JSapoleone ;  ma 
non  senza  qualche  biasimo  per  non  avere  adoperati  mezzi  bastevoli 
all'uopo  di  fare  che  non  sorgesse  mai  piu.  Imperocche  «  ernerido  piu 
con  impeto  che  con  senno  Tantichissimo  fallo  di  Carlo  Magno,  ces- 
sando  una  dominazione  insufficiente  a  riunire  sottodi  se  tutta  1  Ita- 
lia.e  atta  ad  impedire  che  altri  la  riunisse.  »  E  li  un  segno  di  richia- 
mo  vi  manda  a  leggere  in  nota  un  brano  delle  opere  di  Pellegrino 
Rossi,  in  cui  si  tratta  esprofesso  dei  modi  da  tenersi  per  Tabolizione 
del  dominio  de'  Papi,  e  si  discute  la  convenienza  di  quelli  che  uso- 
Napoleone. 

Ma  non  e  da  far  meraviglia  di  cio.  II  nostro  A. ,  nell'  entusia- 
smo  della  sua  ammirazione  per  le  rivolture  francesi,  giunse  fmo  a 
coosolarsi  di  vedere  tutti  gli  Stati  italiani  aggregati  in  condizione 
di  province  all'  impero  Napoleonico.  «  Leggi,  moneta,  ufficio,  co- 
stume, armi  e  gloria,  tutto  era  comune ,  tutto  obbediva  a  una 
mente  sola,  immensa,  italiana :  comune  giogo,  ma  non  privo  di  sol- 
lievi^  come  fabbricato  da  un  concittadino,  e  come  iriiziatore  d'unita, 
salutifera  pur  nel  servire.  »  Venga  pur  dunque  il  Mazzini  (dira  ,  se 
non  lo  scrittore,  almeno  qualche  lettore  acitio ) ,  e  con  mano  di 
ferro  costringa sotto  la  sua  dittatura  tutta  Italia,  e  la  faccia  una! 


DELLA  STAMPA  ITALIANA  335 

II  giogo ,  fabbricato  da  un  concittadino  ed  iniziatore  d'  unlta  ,  non 
sara  senza  sollievo;  sarasalutifero  il  servire  ! 

Conchiudiamo.  Se  non  si  vuole  restare  alia  scorza,  ma  penetra- 
re  al  midollo,  bisogna  inferire  che,  o  il  signer  Salvagnoli  non  feee 
cosa  molto  assennata  proponendo  all'ammirazione  ed  alia  imitazio- 
ne  del  moderni  Italiani  un  ordine  di  idee  e  di  cose  che  egli  non 
vorrebbe  ora  vedere  attuato ;  ovvero  che  egli,  diede  qualche  ragione 
di  pensare  che,  per  dire  con  tutta  sicurezza  quello  che  gli  sembra 
da  fare,  scelse  i  Parentdli  a'  Vittorio  Alfleri,  e  meglioche  leinten- 
zioni  del  Canova  manifest6,  forse  le  proprie,  che  si  restringono  in 
una  frase :  Italia  una  e  indipendente,  a  costo  d'  una  rivoluzione 
come  quella  del  93,  a  costo  ancorad'una  invasione  straniera  ma 
repubblicana,  che  ci  sgomberi  di  codesti  edifizii  vecchi  e  caduchi. 
Perci6  la  dove  descrive  il  simulacro  dell' Italia  posta  dal  Canova 
sulla  tomba  dell'Astigiano,  ce  la  rappresenta  in  atto  di  persona  as- 
sorta  nella  meditazione  del  riscatlo,  e  prosegue:  «  Err6  chi  disse 
che  la  gran  donna  piangesse:  Italia  non  piange,  ma  consuma  in  se 
stessa  1'umiliazione,  mentre  che  il  danno  e  la  veryogna  dura.  E  da 
quel  fremente  meditare  sulla  tomba  del  nemico  piu  acerbo  a  tutti  i 
nemici  suoi,  manda  nell'  animo  di  chi  la  guarda  una  fiera  neces- 
sita  di  partecipare  al  generoso  abborrimento.  »  E  conchiude  che 
€osi  il  Canova  sapea  «  parlare  tremendi  veri  al  prepotente,  alia 
nazione  italica  salutiferi.  »  Donde  si  potrebbe  forse  conchiudere 
che  pel  bene  d'ltalia  bisogna  trattare  i  Re  come  tiranni  incorreg- 
gibili,  e  tornare  il  Papa  alia  rete  y  secondo  che  generosamente  inse- 
gnava  TAIfieri:  e  finche  ci6  non  siasi  ottenuto,  fremere  e  cospi- 
rare  contro  gli  obbietti  del  suo  generoso  abborrimento. 

Saremmo,  non  sappiam  dire  se  dolenti,  o  lieti  di  avere  errato  in 
queste  nostre  considerazioni  e  congetture.  Imperocche  il  nostro  er- 
rore,  spiacevole  sempre  per  s&  medesimo  a  chi  lo  coglie,  potrebbe 
tuttavia  avere  per  effetto  d'  indurre  1*  Autore  del  Discorso  ad  una 
esplicita  dichiarazione  di  idee  e  di  sentimenti,  la  quale,  dando  torto 
a  noi,  lo  darebbe  parimente  a  quei  giornali  ed  a  quelle  Riviste  che 
lodarono  il  discorso  del  Salvagnoli  appunto  per  quella  stessa  ra- 
gione, per  la  quale  noi  1'abbiamo  censurato. 


RIVISTA 

II. 

Carmina  latino,  el  itala  IOSEPHI  TKIVELLATO  in  Seminario  Palarino 
Professoris  etc.  emeriti  -  Patavii  -  Typis  Seminarii  1857.  Un 
vol.  in  8.°  di  pag.  264. 

Non  puoi  parlare  d'  un  chiaro  Professore  del  Seminario  di  Pado- 
va  senza  che  ti  ricorra  alia  mente,  con  un  senso  di  dolcezza,  d'amo- 
re  e  di  meraviglia,  come  quel  luogo  sacro  alia  pieta  e  alia  scienza 
delle  divine  cose,  fu  altresi  la  eletta  stanza  delle  letlere  e  delle  arti 
amene,  dell'erudizione  e  della  filologia,  V  ornamenlo  e  la  gloria 
d' Italia,  il  tempio  che  le  serbo  il  Palladio  dell'antica  sapienza  greca 
e  latina,  e  donde  uscirono  tanli  uomini  celebri  pel  loro  sapere  e 
per  le  loro  virtu.  Di  la,  per  tenersi  soltanto  alle  lettere  e  all  elo- 
quenza,  uscirono,  fra  cento  altri  famosi,  un  Rinaldieloquentissima 
Retore,  il  Ferrazzio  egrtgio  commentatore  di  Cicerone,  il  Costa 
valente  traduttore  di  Pmdaro  in  versi  oraziani,  il  Clnlesotti  faconda 
professore  di  sacra  eloquenza,  il  Facciolali  che  tanto  illustr6  la  no- 
bile  e  dignitosa  lingua  del  Lazio,  il  Forcellini  che  ne  aduno  come 
in  un  emporio  i  piu  eletti  tesori,  il  Cognolato  e  il  Furlanetto,ch&a 
quelle  del  Forcellini  aggiunsero  nuove  e  preziose  gemme,  ed  ora  il 
Corradini,  il  quale  con  vaste  e  indefesse  ricerche  va,  pel  profonda 
pelago  di  quella  ricchissima  lingua,  pescando  le  perle  piu  ascose  e 
fuggile  all'oochio  di  quei  solleciti  e  acuti  indagatori. 

Chi  entra  anche  ora  nella  bihlioteca  del  Seminario,  e  la  vede  cosi 
copiosa  d'antichi  e  rarissimi  codici,  di  libri  delle  piu  riputate  edi- 
zioni  dal  cominciamento  della  stampa  sino  al  Comino  e  al  Manfre, 
e  delle  accolte  piu  splendide  in  fatto  d'  illustrazioni  dell' arti  beller 
cosi  ne1  disegni,  come  nei  trattati,  dice  :  qui  dentro  attinsero  tanta 
erudizione  e  tanta  sapienza  gli  uomini  insigni  che  fiorirono  in  que- 
sta  nobile  palestra  d'ogni  dottrina.  La  stamperia  poi  ci  rimembra 
quanti  scrittori  colsero  il  pregio  delle  sue  belle,  nitide  e  corrette 
edizioni,  che  fecero  conto  all'  Europa  il  nome  loro,  e  furono  avida- 
mente  richieste  a  fregio  delle  biblioteche. 


DELLA  STAJ1PA  ITALIANA 

N6  queste  sono  solamente  glorie  del  passato,  perocch&  oggidl 
eziandio  novera  fra  i  suoi  professori  uomini  dotti  e  mantenitori  del- 
la  classica  letteratura,  tanto  prostrata  in  Italia  per  colpadi  coloro, 
che,  avendo  tutto  il  di  in  bocca  il  riome  d'  indipendenza  e  diliber!»a, 
italiana,  la  fecero  serva  degli  stranieri  nelle  scienze  e  nelle  leUere, 
strappandole  quella  corona  che  le  brillava  da  land  secoli  in  capodi 
maestra  della  civilta  e  del  sapere  a  tutte  le  nazioni  d'  occidente, 
Ora  non  &  piu  gradito  a  molti  lettori  chi  non  imbotta  le  riebbie  del- 
la  filosofia  germanica  o  1'ecletticismo  delle  scuole  francesi*  e  cM 
nella  letteratura,  e  massime  nella  poesia,  non  si  trasnatura  in  in- 
glese  col  Byron,  in  tedesco  col  Goethe,  e  persino  in  francese  coa 
Vittor  Hugo  e  col  La  Marline,  dispettando  acerbamente  gli  studia- 
tori  de'nostri  grandi  maestri  greci,  latini  e  italiani. 

Cotesta  scuola  forestiera  non  e  al  certo  quella  dei  chiari  uop- 
mini  del  Seminario  di  Padova,  quai  sono  fra  gli  altri  il  Panella, 
1'Agostini ,  il  Roverini,  il  Corradini  e  specialmente  il  Trivellat<V 
antico  ed  emerito  Professore  di  belle  lettere  in  quell' -Ateneo,  it 
quale  form6  collo  squisito  suo  gusto  e  colla  sua  vasta  letteratuua 
tanti  cospicui  alunni  nel  Glero  patavino.  Quest!  noi  chiamiaoaa 
veri  amici  d'  Italia,  perche  s'adoperano  con  nobile  ardore  a  con- 
servarle  1' avito  retaggio  de  latini  e  degli  italici  studii  ,  can.tan.do- 
inoltre  Fe  virtu  patrie  e  i  patrii  fasti,  che  tanto  la  resero  illustre.. 

Basterebbe  soltanto  scorrere  questa  Raccolta  di  poosie  latiae 
e  volgari  del  Trivellato,  dedicate  dal  Seminario  a  Monsignor  Fe- 
derico  de'  Marchesi  Manfredini  Vescovo  di  Padova,  in  occasione 
del  solenne  possesso  ch'egli  prendeva  della  sua  Chiesa ,  per  ve- 
dere  se  noi  diciam  vero;  perocche  i  piu  degli  argommti  sc»oa 
eminentemente  italiani.  La  prima  poesia  latina  e  un' Ode  alcaka; 
sopra  1'  incoronazione  di  Francesco  Petrarca  in  Campidoglie.  La 
seconda  e  un'  Elegia  sopra  1'  infelice  Giovanna  Reina  di  Napoli,. 
ucc.isa  da  Carlo  di  Durazzo.  La  terza  esametri  intorno  alia  mii?a- 
bile  fedelta  di  Cristoforo  Colombo  ad  Alfonso  Re  d'Aragona  e  di 
Castiglia.  La  quarta  la  magnanimita  di  Colombo  verso  i  suoi  ne- 
mici.  La  quinta  6  un'  Ode  pitioiambica  ,  la  quale  canta  le  gioie 
Serie  III,  vol.  IX.  22  22  Gennar*  18S8L 


338  RIVISTA 

e  i  vaticinii  delle  tre  Arti  Belle  pel  ritorno  del  Pontefice  da  Avi- 
gnone  in  Italia.  La  sesta  ^  una  pietosa  Elegiu  sopra  la  rnorte  di 
Gaspara  Stampa  padovana,  tradita  nel  suo  arnore  da  Collatino 
conte  di  Collalto.  La  settima  e  unv  Ode  alcaica  sopra  la  pri- 
gionia  di  Francesco  I  Re  di  Francia,  fat  la  sotto  le  mura  di  Pavia 
da  Ferdinando  Davalo,  marchese  di  Pescara  marito  delta  famosa 
Yittoria  Colonna.  L'  ottava  sono  esanielri  sopra  la  Repubblica  di 
Venezia  vincitrice  gloriosa  della  Lega  di  Gambrai.  La  nona  e  una 
tenera  E'.egia  in  morte  della  giovirietta  Isabella  Ravignana,  ver- 
gine  contadina  che  nell'assedio  di  Padova  fatto  da  Massimiliano 
Imperatore  fugge  di  mano  ai  soldati,  si  getta  dal  ponte  del  Brenta 
e  vi  resta  affogata.  La  decima  un'Ode  sopra  Giovanni  Sobieski  Re 
di  Polonia  alunno  dell  Universiia  di  Padova,  alia  sua  statua  eretta 
nel  Prato  delta'  V'alle.  La  undeeima  a  S.  Francesco  di  Sales,  alunno 
anch'egli  dell'Universita  di  Padova.  La  duodecima  all  altro  alunno 
Marcantonio  Giustiniani  Doge  di  Venezia.  La  decimaterza  esame- 
tri  in  morle  di  Giovanni  Gapodistria,  ucciso  a  tradimento  sul  limi- 
tare  della  chiesa  di  Nauplia  da  G  orgio  e  da  Costantino  'Mauro- 
micali,  ed  altre  poesie  tutte  di  bello  e  decoroso  soggetto. 

Ariche  i  temi  di  poesia  vulgare  emulano  1'amor  patrio  dei  latini. 
II  primo  si  volge  sopra  Pesilio  di  Dnnte.  II  secondo  tratteggia  il  pri- 
mo  trionfo  della  Divina  Coinmedia.  II  terzo  s'  intitola  Perseve- 
ranza  e  coraggio  di  Crisloforo  Colombo.  II  quarto  e  il  Colombo  per 
un  anno  intero  abbandonato  in  un'  isola  ignota  dall'  Ovando.  II 
quinto  corapiange  1'  ultima  e  massima  disgrazia  di  Colombo  dopo 
la  morte.  II  sesto  e  sopra  i  funerali  di  Raffaello.  II  settimo  sopra 
la  St  oria  del  Guirciardini.  L'  ottavo  intorno  al  Sacco  di  Roma. 
11  nono  della  Congiura  di  Gian  Luigi  Fieschi.il  decimo  di  Torqua- 
to  Tasso  per  la  stradadi  Vanzo  in  Padova.  L'  undeeimo  Torquato 
nello  spedale  di  S.  Anna.  II  duodecimo  la  morte  del  Tasso.  II  de- 
cimoterzo  Galileo  Galilei  poco  prima  della  suacecita.il  decimo 
quarto  il  Galileo  cieco.  11  decimo  quinto  ultimi  voti  e  morte  del 
Galileo,  ll  decimo  sesto  Posterita  famosa  del  Galileo.  Havvi  eziandio 
gli  argomenti  moral  i  e  gli  argomenti  sacri,  parte  eroici  e  parte  di 
dolce  e  pietoso  tema. 


BELLA  STAMPA  1TALIANA  339 

II  Trivellato,  sia  nelle  poesie  latine,  come  nelle  volgari,  s'irmalza 
il  piu  delle  volte  alia  nobilta  de'  suoi  temi,  e  sp.azia  per  le  vaste  re- 
gioni  della  fantasia  con  volo  animato.  Anconegli  aflfetti  alterna,  se- 
condoche  gli  delta  la  ragion  dell  obbietto,  orala  speranza  eil  timo- 
re,  ora  lo  sdegno  e  la  soavita,  ora  1'  asperita  e  la  dolce.zza,  guidati 
pero  sempre  dal  sentimento  del  retto  e  del  giusto:  e  se  talvolta  corn- 
passionando  le  tribolazioni  del  Galileo  intinge  la  penna  in  color! 
acerbi,  il  fa  rampognando  poeticamente  piu  gli  eccessi  delle  passioni 
private,  che  la  severita  dei  tempi,  esagerata  sovente  dall'invidia  o 
dall' errore.  E  questo  medesimo  1' egregio  A.,  ne  siamo  certi , 
avrebbe  fatto  in  modo  assai  piu  mite,  se  avesse  saputo  che  le  pre- 
tese  crudelta  coritro  il  Galileo  sono  una  favola,  come,  con  ultime  e 
severe  ricerche^si  e  mostrato  da  ottimi  scrittori,  tra'  quali  ricordia- 
mo  il  Marini  1.  Ma  1'affetto  che  il  Trivellato  suol  destare  maggior- 
mente  con  dolcissima  corda  si  e  quello  della.  pietae  della  tenerezza 
verso  le  angosce  d  un'  aniina  bella  e  virtuosa  o  tradita  od  oppressa 
dalla  malignita  o  dalla  perfidia.  Alleghiamo  questi  pochi  versi,  che 
con  facilita  df  stile  e  copia  di  sentimento  descrivorto  1'  ultimo  addio 
della  moribonda  giovarie  Stampa  tradita  dal  Collalto! 

0  soror,  o  mater,  tristissima  corda,  valete; 

Utraque  m'e  circum  sedula  nocte,  die! 
Vos  etiam  euganea  florentes  urbe  puellae 

Accipite  extremum,civis  ab  ore  vale; 
Et  vos  artriacae,  quas  inter  prodita  vixi, 

Vestra  brevis  iiimium,  terqae  doleada  comes, . 
Este  mei  memores,  et  nostrum  dicite  casum, 

Qui  potis  -est  teneras  edocuisse  animas; 
Yos  maiieo  ad  tumulum;  maestos  ibi  spargite  tlores; 

At  Gollatino  parcite  quaeque,  precor. 
Forsitan  hie,  solus,  taadem  miseratus  amantem, 

Quo  jac.eo,  gressum,  sole  cadente,  feret; 
Et  flens:  0  quantum  fueram  tibi,  clamet,  iniquus! 

Fausta  o  di^ne  magis  sorte  quiesce  cinis. 
Hae  lacrimae,  haec  pietas  mihi  serum,  at  dulce  levamen ; 

Et  mea  sub  gelido  gestiet  umbra  solo. 

-   .' 

1  Galileo  e  /'  Inquisizione,  Memorie  istorico  critiche  .  .  .  di  Monsignor  MA- 
RINO MARINI.  Roma  1850  coi  tipi  di  Propaganda. 


RIVISTA 

•QueHa  parte  dell'elegia,  che  descrive  gli  affanni  della  giorinetta  Isa- 
bella Ravignana,  quando,  perduti  fra  il  tumulto  delle  armi  i  genito- 
ri,  -si  trova  smarrita  per  le  vie  di  Paclova,  e  li  chiama  a  gran  voce, 
e  gia  presso  ad  esser  presa  dai  soldati  si  getta  nel  fiume,  e  piena  di 
tenerezza  e  di  passione. 

Heu!  cito  deficiunt  vires,  heu!  fessa  columba 

Accipitris  diro  proxima  ab  ungue  capi! 
Ouid  faciet?  Geinitu  clamat  miserabile ;  nemo 

Territus  instanti  milite,  porgit  opem. 
Ventum  erat  ad  pontem:  subiectas  despicit  undas: 

«  Me  serva  intactam  tu  modo  flumen,  ait.  » 
Desilit  bine  animosa;  at  cura  est  una  cadenti, 

Ut  fluvii  in  medium  tola  modesta  cadat. 
iXequidquam  armigeri  servatum  accurritis:  ilia 

Tangier  impuris  usque  negat  manibus. 
Ipsa  etiam,  ut  ficte  eludat  pietatis  amorem, 

Fluminea  innantem  vortice  lympha  rapit. 
Ultima  submersae  resonarunt  verba  puellae 

«  Virgo  iam  vixi,  gaudeo  virgo  mori  >» . 

Avremmo  voluto  porre  sotto  gli  occhi  de'nostri  lettori  altri  sag- 
gidi  coteste  poesie  se  lo  spazio  eel  conoedesse;  ma  chi  le  gustera 
IttUe  intere  trovera  in  esse  molti  pregi  di  belta  e  d1  eleganza. 

m. 

Un  articolo  deZJ'Arte,  yiornale  di  Firenze. 

IT  Arle  di  Firenze,  giornale  lelterario,  artistico,  ma  soprattutto 
teatrale,ha.  pubblicato,  nelsuo  N.°  dei28  Dicernbre  passalo,  un ar- 
ticolo intitolato :  La  lelleratura  italiana  e  la  Civilta  Cattolica,  nei 
quale  si  fa  toccar  con  mano  che  la  Civilta  Catlolica  «  vuole  ridurre 
i  giovani  italiani  nell'Arcadia  del  Crescirabeni  a  piagnuccolare  per 
Filli  e  perClori.  »  L'articolo  e  sottoscritto  da  E.  Vivaldi,  ed  indi- 
rizzato  in  forma  di  lettera  al  Dottore  F.  N.  suo  awico  dilettissimo. 
J\Ton  volendo  noi  lasciare  i  nostri  giovani  lettori  nell'ignoranza  del 
pericolo  in  cui  sono  per  cadere,  abbiamo  pensato  di  fare  recitare  dal 
-signor  Vivaldi  il  suo  articolo  nel  seguente  Dialogo  tra  lui  ed  il  suo 


DELLA  STAMPA  ITALIANA  341 

amu-o  dotlore.  Le  parole  poste  tra  due  virgolette  sono  fedelmente 
ricopiate  dall'articolo  allegato.  L'ultima  partedel  dialogo  poi,  nella 
quale  si  parla  di  cose  teatrali,e  ricavata  dalle  pagine  seguenti  del 
N.°  citato  AeWArte:  le  quali  sono  impiegate  a  narrare,  in  toscanis- 
sima  lingua,  i  grandi  trionfi  delle  cantatrici  e  delle  ballerine  delle 
cinque  parti  del  mondo,  a  gloria  eterna  della  soda  letteratura  eda 
nobile  eccitarnento  della  generosa  gioventu  italiana.  Ecco  dunque  il 

DIALOGO 

Tra  il  signor  Vivaldi  ed  un  suo  Amico. 

Vivaldi  (solo}.  «  Altro  non  mi  resta  che  fremere  in  segrelo.  » 
(  /Verne  per  qualche  tempo) 

Amico  (che  sopraggiunge).  Che  cosa  sono  questi  fremiti  che  tu 
mandi? 

Vivaldi.  «  Amico  dileltissimo :  quando  mi  metlo  sul  serio  a  con- 
siderare  quali  detrimenti  arrechino  alia  gioventu  italiana  gli  inse- 
gnamenti  delia  Civilta  Cattolica,  altro  non  mi  resta  che  fremere 
in  segreto.  » 

Amico.  Dura  sorte  1  Ma  perche  non  fremere  almeno  in  palese? 
Questo  ti  recherebbe  qualche  conforto- 

Vivaldi.  Che  mi  parli  tu  di  conforto,  quando  la  nazioneintera  non 
si  risente  alle  onte  che  riceve  dalla  Civilta  Cattolica? 

Amico.  La  nazione? 

Vivaldi.  Si:  la  nazione.  «  Al  cospetto  delta  nazione  si  maltratta- 
no  i  nostri  piu  grandi  e  piii  venerati  scrittori.  A  tarere  degl'insulti 
inverecondi  alia  venerata  memoria  di  Vincenzo  Gioberti,  di  Pietro 
Giordani  e  di  Giacomo  Leopardi,  che  diresti,  amico,  in  vedereda 
cotestoro  vituperati  e  scherniti  il  Muratori,il  Beccarici,il  Filangieri, 
Pielro  Verri,  il  Colletta,  il  Tommaseo  ed  il  Balbo?  » 

Amico.  Anche  il  Balbo? 

Vivaldi.  «  Si :  anche  1*  integerrimo  Balbo  £  stato  fatto  bersaglio 
ai  colpi  sarcastici  dei  caritatevoli  Padri.  » 


342  R I  VISTA 

Amico.  Yivaldi  mio  :  non  bisogna  esagerare  i  principii.  Si  sa  che 
quando  si  scrive  o  si  park  contro  i  carilateioli  Padri  e  le  opere 
loro,  non  ci  e  bisogno  di  citare  ne  futti  ne  testimoni :  basta  asserire 
con  fremiti,  ed  anche  senza  fremiti.  Ma.questo  e  un  caso  al  tutto 
speciale.  Giacche  bisogna  che  tu  sappi  che  la  Civiltd  Callolica,  per 
nostra  disgrazia,  va  per  le  mani  di  mold,  i  quali  sono  anche  usi  a 
leggerla  piu  di  quello  che  a  noi  converrebbe.  Anch'  io  ne  ho  letto 
qualche  cosa,  e  sono  inchinato  a  credere,  che  tu  mi  hai  qui  affastel- 
late  troppo  asserzioni  senza  prove.  Peresempio,  il  Muratori  ed  il 
Balbo —  Ma  tu  ricominci  a  fremere. 

Vivaldi.  E  come  non  fremere  al  vedere  che  ora,  pur  troppo,  si 
chiedono  le  prove,  anche  quando  si  tratta  di  questagente.  Oh  beati 
quei  tempi,  nei  quali  parlavamo  e  stampavamo  noi  soli,  e  se  altri 
osava  stampare  o  parlare,  noi  gli  chiudevamo  la  bocca  e  la  tipo- 
graCacolle  sassate.  Non  e  ella  cosa  da  fremere,  amico  mio,  a  ve- 
<lere  che  ora  in  Italia  non  ci  e  piu  lecito  dire  che  il  Gioberti  e  un 
gran  filosofo,  senza  che  questi  giornali  retrogradi  ci  dimostrino 
ch'egli  non  sapeva  bene  la  logica?  che  il  Leopardi,  il  Giusti-ed  il 
Giordani  sono  uomini  pelasgici,  senza  ch'  essi,  concedendo  loro  la 
lode  di  letterati  piu  o  meno  valenti,  neghino  loro  quella  di  modelli 
di  retto  pensare?  che  il  Colletta,  il  Beccaria,  il  Filangieri,  il  Verri, 
il  Tommaseo  sono  uomini  divini,  senza  che  essi  ci  dimostrino  che 
hanno  molte  parti  men  che  umanePOh  miseria  dei  tempi  present! 
nei  quali  non  possiamo  piu  avventurare  una  misera  bugiuzza  senza 
che  sia  smascherata  ,  ne  stampare  un  articolo  di  giornale  senza 
che  ci  si  rivedano  le  bucce!  Cari  luoghi  io  vi  rivedo ,  Ma  quei  di 
non  trovo  piu  !  E  questo  e  appunto  quello  che  mi  fa  fremere.  Ed 
il  peggio  e  che  niuno  si  richiama. 

Amico.  Niuno? 

Vivaldi.  Niuno.  «  In  Italia  si  e  per  tanto  tempo  sofferta  un'onta 
di  questa  fatta,  senza  che  una  penna  generosa  abbia  convemente- 
Hiente  rintuzzato  1'  ardire  di  quei  soQsti  reverendissimi  »  delta  £»- 
villa  Cattolica. 

Amico.  Dunque  impugnala  tu  questa  penna  generosa. 


DELIA  STAMPA  IT^LIAN'A 

Vivaldi.  Altro  che  tina  penna  !  «  Amlco  mio,  a  voler  tutte  anno- 
verare con  novero  ...» 

Amico.  Annoverare  con  novero  ? 

Vivaldi.  Si :  «  a  voler  tiitte  annoverare  con  novero  sot  tile  le 
costoro  calunnie,  e  le  critiche  beffarde  e  pettegole  non  basterebbe 
un  volame.  » 

Amico.  E  tu  fanne  due  ,  quattro  ,  quanti  bastano.  Sara  sempre 
meglio  che  fremere  in  segreto  ;  cosa  indifferente  alia  Civiltd  Cat- 
iolica,  inutile  alia  buona  letteratura  e  nociva  alia  tua  sanita. 

Vivaldi.  La  mia  sanita  la  darei  volentieri  per  la  causa  letteraria. 
Ma,  a  dirti  il  vero,  per  confutare  la  Civiltd  Catlolica  non  si  richiede 
grande  sciupio  di  forze.  «  Sai  tu  cbe  razza  di  letteratura  vogliono 
essi  quesli  civilissimi  compilatori?  » 

Amico.  Udiarno. 

Vivaldi.  «.  Eh,  mio  caro  :  ci  vuol  pooo  a  saperlo.  Apri  le  opere 
del  P.  Giambattista  Roberti  e  vedrai.  » 

Amico.  Suppongo  che  questo  Roberti  e  uno  scrittore  della  Civiltd, 
Cattolica. 

Vivaldi.  No;  &  uno  scrittore  del  secolo  scorso. 

Amico.  E  perche  debbo  leggere  uno  scrittore  del  secolo  scorso 
per  conoseere  la  razza  di  letteratura  voluta  dalla  Civiltd  Caltolica? 

Vivaldi.  Gli  e  che,  con  sommo  mio  dispiacere,  debbo  aggiungere 
cbe,  quando  avrai  lette  le  opere  del  Roberti,  dovrai  ancora  leggere 
quelte  del  Bettinelli,  e  poi  i  libri  di  «  quel  poverello  dell'abate  sub- 
alpirio.  » 

Amico.  Anche  il  Gioberti  debbo  leggere?  Ma  sai  cbe  affare  6 
leggere  il  Gioberti!  Pochi  Italiani  ci  sono  riusciti :  e  meno  qnelli 
che  piu  I'  ammirano.  Non  si  potrebbe  cominHare  a  dirittura  col 
leggere  la  Civiltd  Cattolica?  Mi  pare  che,  a  voler  dare  buon  giudi- 
zio  della  letteratura  di  un  libro,  il  mezzo  piu  sicuro  si  e  di  leggere 
il  libro. 

Vivaldi.  Ora  ricomincio  a  fremere  davvero  ! 

Amico.  Sia  per  non  detto ;  dunque  leggo  il  Roberti,  poi  il  Bet- 
-•tinelli,  poi  il  Gioberti,  e  poi? 


344  RIVfSTA 

Vivaldi.  E  poi  veclrai  «  che  il  cioccolatte  ed  il  cuffe  erano  1'am- 
brosia  e  1'amrita  di  quest!  buoni  Padri.  » 

Amico.  Per  fare  si  bella  scoperta  leggerei  di  un  fiato  il  Serum 
italicarum. 

Vivaldi.  «  Di  modo  che  la  bella  letteratura  non  e  pei  reveren- 
dissimi  vita  generosa  dell'  anima  ecc.  ecc. ,  come  pretenderebbe 
quel  buon  uomo  del  Centofanti,  ma  sibbene  un  semplice  trastullo, 
un  giocherello  da  bambini.  »  Hai  veduto  come  scende,  per  filo  di 
logica,  quel  mio  Di  modo  che,  quella  conseguenza? 

Amico.  Sono  conseguenze  che  fanrio  fremere  :  ed  io  credo  che  i 
sofisti  della  Civilta  Catlolica  ne  faranno  il  loro  pro. 

Vivaldi.  Ne  ho  delle  piu  curiose.  Per  esempio :  se  tu  ammetti 
1'esistenza  delle  edizioni  ad  usum  Delphini,  io  ne  ricaver6  subito, 
per  modo  di  conseguenza  evidente,  che  la  letteratura  della  CiviUa 
Callolica  consiste  in  un'  anaereontica  al  cagnolino  di  Nice,  ed  in  un 
epigramma  greco  in  morte  di  una  civetta. 

Amico.  Vediamo  questo  sforzo  d'ingegno. 

Vivaldi.  Eccolo  in  due  parole :  «  Guarda  Orazio  e  Virgilio  sotto 
il  ridicolo  panneggiamento  loro  affibbiato  dal  P  de  la  Rue,  e  dim- 
mi  se  li  riconosci.  II  povero  Deifobo,  lacerum  crudeliter  ora,  ma- 
nusque  ambas,  mi  fa  meno  compassione  di  quei  due  gran  poeti  ve- 
nuti  a  mano  di  cosi  sfacciati  avversarii.  E  su  questo  passo  cammi- 
nano  tutte  le  edizioni  potate  ad  usum  Delphini,  contro  cui  si  sca- 
gliavail  Foscolo.  Immaginati  dunque  se  gente  che  non  arrossisce  di 
slavare  nella  sua  prosa  bastarda  i  versi  dell'  Eneide,  puo  mai  ele- 
varsi  al  concetto  della  letteratura  civile!  Oib6:  (attento,  che  ora 
viene  la  conseguenza)  un  epigramma  greco  in  morte  d'una  civetta; 
un'  anacreontica  al  cagnolino  di  Nice ;  una  predica  sulla  compunzio- 
ne  in  versi  martelliani;  ecco  la  letteratura  della  Civilta  Catlolica. » 
Hai  veduto?  In  due  parole  ho  tirata  la  conseguenza  che  ti  avera 
promessa,  colla  giunta  ancora  della  predica  sopra  la  compunzione. 

Amico.  Ripeto  che  sono  cose  da  fremere. 

Vivaldi.  Se  Dio  mi  da  vita  ,  hai  da  vedere  che  conseguenze  mi 
voglio  mettere  a  tirare.  Queste  non  sono  che  un  «  preambolo  ». 
Mi  hanno  da  sentire  questi  «  sofisti  reverendissimi  ». 


BELLA  S1AMPA  ITALIANA 

'Amico.  Gente  die  fa  le  opere  del  Roberti,  e  le  edizioni  ad  usum 
Ddphini  I 

Vivaldi.  «  Che  cosa  pretenderebbero  quest!  sigriori  colle  loro 
meticolose  teorie  di  letteratura  ibrida,  effeminata,  ciarliera?  )> 

Amico.  Fare  epigramrni  allecivette,  anacreontiche  ai  cani ,  e, 
quelio  che  e  peggio,  prediche  sopra  la  compunzione. 

Vivaldi.  «  Pretenderebbero  forse  di  ridurci,  noi  giovani  Italian!, 
nell'Arcadia  del  Civscimbeni,  a  piagnuccolare  per  Fill!  eper  Clori?» 

Amico.  Appunto!  Cantatrici  e  ballerme  a  chi  legge  e  scrive  \ Arte, 
il  Momo,  il  Passatempo,  la  Lanterna,  la  Speranza,  V  Indicalpre,  il 
Buon  gusto,  \'Eco  dei  Tealri  e  simili  colonne  della  soda  letteratura ! 

Vivaldi.  «  Eh!  si  stroppino  il  cranio.  .  .  » 

Amico.  Oh!  questa  poi  e  un' imprecazione! 

Vivaldi.  «  Si  stroppino  il  cranio  nella  stringa...  » 

Amico.  Peggto. 

Vivaldi.  «  Si  stroppino  il  cranio  nella  stringa  del  Decolonia...  » 

Amico.  Meno  male. 

Vivaldi.  «  Si  stroppino  il  cranio  nella  stringa  del  Decolonia  co- 
loro  che  hanno  la  sfrontatezza  di  ricantarci  in  faccia  nenie  cosi 
svenevoli.  » 

Amico.  Deh !  perche  non  ti  odono  quei  sofisti  di  Pioma?  Per  fermo 
che  da  tali  argomeati  resterebbero  convenientemente  rintuzzati. 

Vivaldi.  Oh,  mi  far6  bene  udire  io.  L'hanno  trovato  1'uomo.  lo 
mi  opporrd  a  questo  decadimento  della  letteratura  che  ci  si  minac- 
cia.  Io  combatter6.  L  armi,  qua  Tarmi;  io  solo  Combalterd,  pro- 
comberb  sol  io. 

Amico.  Non  si  tratta  di  procombere,  ma  di  vincere. 

Vivaldi.  Non  intendo  di  procombere.  Non  ti  accorgi  che  ho  ci- 
tato due  versi  del  Leopardi?  In  buona  prosa  spero  di  vincere. 

Amico.  Volendo  vincere  che  intendi  fare? 

Vivaldi.  Prima  di  tutto  assegnare  la  vera  cagione  del  decadi- 
mento della  letteratura. 

Amico.  Se  hai  scopertala  vera  cagione  gli  e  fatto  il  becco  all'oca. 
Cosa  prevista,  mezzo  provvista.  Qual  e  questa  cagione? 


346  RIVISTA 

Vivaldi.  «  Tacito  il  dica  per  me :  egli  che  nel  suo  dialogo  della 
corrella  (sic)  eloquenza  present!  il  concetto  dellaletteratura  civile, 
quando  nell'  obliuio  moris  antiqui  poneva  appunto  una  delle  ca- 
gioni,  anzi  la  principale,  della  obbrobriosa  decadenza  di  ogni  arte 
gentile  presso  i  Latini.  »  Sapresti  tu  tradurre  questo  latino:  obli- 
vio  moris  antiqui  ? 

Amico.  Bella  difficolta  !  oblio  dell"  antico  costume. 

Vivaldi.  Benche  dottore,  meriti  le  sferzate :  giacche  «  io  tradurrei 
Yolenlieri:  dimenticanza  della.  propria  dignitanazionale.  » 

Amico.  Non  avrei  mai  pensato  che  moris  antiqui  significasse  della 
propria  dignitanazionale. 

Vivaldi.  Ti  compatisco:  tu  del  essere  stato  educato  dalla  «  pedan- 
teria  dei  pretesi  classicisti,  ciechi  adoratori  della  sola  forma  ».  Se 
avessi  studiata  lacnuova  grammatica  del  Bagarotti ,  tradurresti  piu 
fedelmente.  Non  sai  che  la  dignitd  nazionale  e  ora  alia  moda? 

Amico.  Specialmente  quando  e  congiunta  colla  propria. 

Vivaldi.  Perci6  conviene  porla  dapertutto,  anche  nella  traduzio- 
ne  di  una  mezza  linea  di  Tacito.  Tornando  a  noi,  diceva  che  «  e  pre- 
cisamente  quest'  oblivio  moris  antiqui ,  questa  dimenticanza  della 
propria  dignita  nazionale  che  si  cerc'a  a  grado  a  grado  d'  innestare 
nella  gioventu  da  quelle  pagine  svergognate  del  giornale  romano.  » 

Amico.  Dunque  che  intend!  fare  per  salvare  la  gioventu  da  que- 
st' inuesto  ? 

Vivaldi.  Ci  pensero :  per  ora  «  ho  chiacchierato  abbastanza :  al- 
tra  volta.ti  dir6  cose  piu  chiare  e  piu  precise.  » 

Amico.  Questo  poi  non  te  lo  consiglierei.  Perche  obbligarti  alia 
noia  di  parlare  chiaro  e  precise  ? 

Vivaldi.  Perche  la  precisione  e  la  chiarezza  sono  la  mia  passio- 
ne.  Precisione  di  argomenti,  precisione  di  conseguenze ,  precisione 
di  citazioni,  precisione  di  traduzioni :  insomnia  ho  un  genio  di- 
chiarato  per  la  precisione. 

Amico.  £  un  bel  genio :  utilissimo  poi  quando  si  ha  da  fare  con 
sofisti. 

Vivaldi.  Lascia  fare  a  me.  Per  ora  discorriamo  d'.altra.  Sai  le 
novita  letterarie  ? 


DELLA  STAMPA  ITALIANA  347 

Amico.  Non  so  nulla. 

Vivaldi.  Dunque  sappi  che.  «  al  teatro  della  Pergola  piacque, 
oltre  ogni  dire,  la  prima  ballerina,  la  quale,  sia  per  grazia,  sia  per 
agilita  e  precisione.  .  .  » 

Amico.  La  precisione  mi  piace  sempre. 

Vivaldi.  «  . . .  e  precisione  non  fu  trovata  inferiore  a  nessuna 
delle  piu  celebrate  artiste  del  suo  genere.  II  ballo  e  decorato  col 
massimo  sfarzo  ». 

Amico.  Non  ho  trovato  nella  Civiltd  Callolica  quest' annunzio 
bibliografico. 

Vivaldi.  Gli  e  che  «  quelle  pagine  svergognate  vorrebbero  ridur- 
ci,  noi  giovani  italiani,  a  piagnuccolare  per  Filli  e  per  Clori  ».  Sai 
che  e  accaduto  a  Tassy  ? 

Amico.  La  chiusura  del  divano? 

Vivaldi.  Che  divano  !  Si  tratta  «  della  de  Gianni  Vives  che,  per 
la  sua  simpatica  voce,  attrae  le  pubbliche  simpatie.  » 

Amico.  Anche  questa  notizia  manca  alia  Cronaca  della  Civiltd 
Caltolica. 

Vivaldi.  Te  1'ho  detto  che  quel  g'iornale  «  non  pu6  elevarsi  al 
concetto  della  letteratura  civile.  »  Ma  il  piu  bello  e  ci6  che  mi  scri- 
vono  daH'Avana. 

Amico.  Qualche  riroluzione? 

Vivaldi.  Ecco  quello  che  mi  si  scrive.  «  Non  tralascer6  di  profit- 
tare  della  partenza  del  vapore  d' oggi  (vedi  che  diligenza!)  per 
darvi  notizia  del  successo  della  Lucrezia  Borgia,  scelta  per  il  de- 
butto  della  sigriora  Gazzaniga.  » 

Amico.  E\a.Civilld  Catlolica  viene  ad  annoiarci  coi  suoi  arti- 
coloni  di  filosofia,  di  politica  e  di  economia,  quando  la  Gazzaniga 
fail  suo  debutlo  all'Avana?  Ora  capisco  veramente  che  la  buona  let- 
teratura e  in  pericolo.  Deh,  per  1'amordel  cielo,  va,  corn,  vola,  e, 
coll'ingegno  e  coll'  Arte,  salva  la  letteratura  civile. 


ARCHEOLOGIA 


Iscrizioni  etrusche  in  monumenti  autofoni  i. 

Ad  aver  sicurele  origini  della  lingua  etrusca  dall'ebraica  dove  ba- 
stare  ad  ogni  uomo  assennato  1'iscrizione  di  S.  Manno  da  noi  inter- 
pretata  nell'ultimo  quaderno  del  teste  passato  Dicembre.  Imperocehe 
la  verita  di  quell' interpretazione  siappoggia  ad  un  principle  niente 
meno  che  metafisico :  ed  il  principio  e,  cbe  il  caso  non  pu6  essere  au- 
tore  di  un  discorso  filato  e  corrente,  e  sotto  ogni  rispetto  in  armonia 
col  vero.  Guai  se  un  tal  principio  si  smuove  !  noi  precipiteremmo 
nel  delirio  dello  scetticismo :  cederemmo  di  terreno  dinanzi  all'  ateo, 
che  da  un  fortuito  accozzamento  di  atomi  vorrebbe  ripetere  tutto 
quest'  ordine  mondiale,  e  dinanzi  al  materialista,  che  ad  un  giuoco 
di  organismo  vorrebbe  attribuire  il  discorso,  appunto  come  ad  un 
giuoco  di  casuale  combinazione  noi  lo  attribuiremmo.  Ognuno  sa, 
come  tutta  la  buona  filosofia  alzo  la  voce  contro  1'enciclopedista  Be- 
guelin,  il  quale  domandava,  che  si  concedesse,  potersi  comporre 
da  una  combinazione  del  caso  non  gia  un  intero  discorso,  ma  un 
solo  verso  di  Virgilio,  e  questo  medesimo  dopo  un'  infinita  serie  di 
altre  combinazioni.  Or  che  vorrebbe  egli  dirsi  di  tal  persona,  che 
al  caso  intendesse  attribuire  un  intero  ragionamento,  tratto  da  una 

1  Attesa  1'  importanza  dell'argomento  ci  facciamo  lecito  di  consecrare  an- 
cora  questa  volta  1'intera  appendice  archeologica  ad  un  secondo  articolo  del 
ch.  P.  Tarquini  inlorno  alia  sua  Bella  spiegazione  della  lingua  etrusca.  Quinci 
appresso  ripiglieremo  il  nostro  costume  di  non  ommettere  la  relazione  delle 
altre  notizie  archeologiche. 


ARCHEOLOGIA 

ben  lunga  iscrizione  in  prosa  ed  in  poesia,  in  ragione  di  senso  se- 
condo  1'ordine  stesso  delle  parole  e  secondo  I'  interpunzione  stessa 
dell' originate  lucidae  disinvolta,  in  ragion  di  sintassi  corrispondea- 
tesi  d'ingegnosi  parallelismi,  in  ragione  d'estetica  emula  della  ter- 
ribilita  di  Dante,  in  ragione  di  storia  tutto  concorde  e  in  armonia 
dal  primo  all'  ultimo  verbo? 

Ma  tale  appunto  e  1'iscrizione  di  S.  Manno  secondo  1' interpreta- 
zione. che  noi  ne  demmo  prendendo  per  chiave  1'ebraico.  Ritorni- 
no,  di  grazia,  i  nostri  lettori  sopra  quella  interpretazione,  ed  in- 
nanzi  tutto  avvertano,  che  comparandosi  insiemenon  pure  due  lin- 
gue,  ma  ancora  due  dialetti,  egli  e  al  tutto  necessario,  che  ciasche- 
duno  abbia  le  sue  proprietadiversificanti,altrimenti  non  sarebbero 
piu  due,  ma  bensi  uno  solo.  Ci6  posto,  gittisi  lo  sguardo  sopca 
quello  specchio  di  riscontro,  che  noi  facemmo,  di  qua  dell'etrusco.. 
di  la  dell'ebraico.  Primieramente  egli  e  un  fatto,  che  dalla  priraa 
all'  ultima  voce  ebraica  sono  tutte  cosi  uguali  alle  corrispon.den.ti 
etrusche  secondo  1'  ordine  medesimo,  che  nell'  etrusco  si  tiene,  che 
le  proprieta  divers!  ficanti  o  appena  si  veggono,  o  affatto  non  esi- 
stono.  In  secondo  luogo  &  parimente  un  fatto,  che  quelle  medesime 
voci  ebraiche  tutto  eguali  all'  etrusche,  tradotte  secondo  il  signiS- 
cato  lor  proprio,  rendono  letteralmente  quel  discorso,  che  sotto  vi 
e  segnato.  Or  che  discorso  e  mai  quello?  Non  e  egli  forse  in  ragion 
di  senso  secondo  1'  ordine  stesso  delle  parole  e  secondo  I'  interpira- 
zione  stessa  dell' originate  etrusco  lucido  e  disinvolto?  Non  in  ragian 
di  sintassi  corrispondentesi  d' ingpgnosi  parallelismi?  Non  in  ra- 
gion di  estetica  emulo  della  terribilita  di  Dante  ?  non  in  ragion  di 
storia  tutto  concorde  e  in  armonia  dal  primo  aH'ultimo  verbo?  Che 
dunque?  0  questa  interpretazione  e  il  frutto  della  verita,  e  per  coa- 
seguenza  esprimente  i  veri  sensi  chiusi  nelle  voci  etrusche,  o  altri- 
menti  converra  dire,  che  e  stato  un  giuoco  del  caso,  e  cosi  il  prio- 
cipio  metafisico  sara  atterrato. 

Abbiam  parlato  secondo  quella  certezza,  che  umanamente  4  la 
maggiore,  cioe  la  metafisica.  Imperocche  se  in  ragion  filologica  ae 


350  ARCHEOLOGIA 

aressimo  dovuto  discorrere,  veramente.ci  saremmo  vergognati  di 
pur  proporre  dinanzi  a  dotti  filologi  la  ipotesi ,  che  abbiamo  qui 
combattuto.  Imperocche  egli  e  certo  in  filologia  -,  1 .°  che  tra  due  lin- 
gue  veramente  tra  loro  estranee  non  si  pu6  dare  il  caso  d'incontrar- 
si  un  lungo  tessuto  di  voci  di  suonomaterialmente  uguale,  che  nel- 
1'una  e  nell'altra  sia  giustamente  significative;  e  che  un  tal  caso  in 
tutta  la  storia  della  filologia  e  al  tutto  inaudito:  2.°  che  dandosi  un 
cosiffatto  caso,  questo  medesimo  e  prova  indubitata,  chequelle  due 
lingue  hanno  tra  loro  strettissima  cognazione,  e  che  perconseguen- 
za  Tuna  dee  ritenersi  per  giusta  cbiave  dell'altra.  Delle  quali  verita 
anche  chi  non  e  filolego  puo  avere  una  prova  luminosa  in  questa 
medesima  lingua  etrusra,  solo  che  ponga  riflessione  al  riuscimento 
del  sistema  fin  qui  invalso  di  diciferarla  col  mezzo  del  latino  e  del 
greco.  Dite,  di  grazia,  in  tutto  questo  tempo  che  un  tal  sistema  ha 
regnato,  che  cosa  di  somigliante  avete  potuto  ottenere'f  Confessia- 
molo  pure,  nemmeno  di  un  vocabolo  si  e  potuto  dare  spiegazio- 
ne  bastante  da  conciliarsi  una  vera  persuasione.  E  come  ci6?  Forse 
che  le  prove  sono  state  scarse?  Anzi  se  ne  son  fatte  continuamente 
per  un  intiero  secolo.  Forse  che  gli  uomini,  che  vi  si  sono  occupati, 
fu  gente  dappoco?  Anzi  il  fiore  degl'ingegni,  il  Core  della  dottrina 
e  dell'erudizione  .di  tutta  quanta  1'Europa.  Forse  che  i  presidii  ado- 
perati  furono  in  se  troppo  deboli?  Anzi,  dove  noi  adoperammo  una 
sola  lingua,  e  tale  lingua,  di  cui  non  ci  e  arrivato  che  quel  fram- 
mento,  che  ci  da  la  Bibbia;  essi  due  lingue  insieme  e  tutte  due 
ricchissime  vi  adoperarono,  la  latina  e  la  greca,  etalora,  come  per 
lingua  di  soccorso,  una  terza,  cioe  il  sanscrito,  di  maniera  che  di 
una  medesima  iscrizione  etrusca  la  prima  voce  p.  e.  la  spiegavano 
in  latino,  la  seconda  in  greco,  della  terza  ne  faceano  una  voce  ibri- 
da,  mezzo  latina  e  mezzo  greca,  la  quarta  la  facean  viaggiare  dat- 
1'  India  ed  era  sanscritica.  E  come  dunque  i  resultati  ne  furono 
cosi  diversi  ?  Certo  non  per  altra  ragione,  se  non  perche  i  principii 
metafisici  non  possono  giammai  mancare,  ed  i  principii  filologici 
hanno  tal  fermezza  da  non  poter  essere  smentiti:  e  per  conseguenza 


ARCHEOLOGIA  351 

dalla  comparazione  di  quelle  lingue,  appunto  perch&  divenute  estra- 
nee,  non  pote  giamrnai  riuscire  un  discorso  ragionato,  siccome  da 
tre  versi  del  Corano  non  potranno  giammai  riuscire  tre  terzine  di 
Dante;  e  per  contrario  dal  confronto  coll' ebraico  essendo  venuto 
fuori  quel  discorso  si  lucido  e  per  ogni  verso  conforme  al  vero,  che 
e  la  nostra  interpretazione  dell' iscrizione  di  S  Manno,  cio  non  per 
altro  pote  essere,  se  non  perche  quel  linguaggio  ha  veramente  co- 
gnazione  strettissima  coli'etrusco,  e  ne  e  la  chiave  genuma. 

E  qui  avremmo  dritto  di  fermarcij  poiche  il  nostro  assuntonon 
e  stato  altro,  che  di  presentare  ai  dotti  questa  si  hramatissima  chia- 
ve genuina,  che  disserrasse  i  misterii  della  lingua  etrusca.  Ma  poi- 
che in  questa  fatta  di  ricerche  v'  e  un  argomento ,  che  si  tiene  per 
te«nico,  ed  e  quello  che  traesi  dalle  iscrizioni  bilingui,  ci  piace  di  ag- 
giungere  anche  questo  j  e  primieramente  spiegheremo,  quali  sieno 
le  iscrizioni ,  che  noi  comprendiamo  sotto  il  nome  di  hilingui.  In 
due  classi  noi  le  distingueremo ;  1'  una  di  quelle  che  propriamente 
sono  tali,  cioe  a  dire  che  si  contengono  in  quelle  voci  etrusche,  che 
ebbero  dagli  antichi  spiegazione  greca  o  latina ; .  1'  altra  di  quelle, 
che  appartengono  a  monument!  autofoni ,  cioe  a  tali  monumenti , 
che  ben  considerati  manifestano  da  per  se  il  significato  della  pro- 
pria  iscrizione.  Le  quali  iscrizioni,  si  dell'  una  ,  si  dell' altra  classe, 
per  consenso  unanime  di  tutti  i  filologi  forniscono  certamente  una 
sicurissima  strada  arinvenire  la  vera  chiave  di  una  lingua  ignota. 
E  con.  tutta  ragione-,  imperocche  essendo  in  ambedue  le  classi  reso 
certo  ii  significato  dell' iscrizione.,  nella  prima  per  la  traduzione 
annessavi  in  altra  lingua  nota,  nella  seconda  per  la  qualita  del  mo- 
numento  che  vi  parlay  ove  avvenga,  che  usando  per  interprete  una 
data  lingua,  n'  esca  fuora  per  1'  appunto  quel  significato  medesimo 
che  dal  monumento  o  dalla  traduzione  era  stato  espresso,  egli  e 
evidente,  che  quella  lingua  ne  e  la  yera  e  genuina  chiave.  Qui  ci 
restringeremo  alle  iscrizioni  della  seconda  classe,  siccome  a  quel- 
le, chedebbono  recare  maggior  diletto;  traendo  fuori  uno-de'piu 
illustri  monumenti  dell'  arte  etrusca,  1'  Aringatore. 


ARCHEOLOGIA 

L'Aringatore. 

'Qiiunqne  visila  la  Real  Galleria  di  Firenze,  se  nulla  nulla  s'in- 
tenda  nell  arti  del  bello  ,  non  pu6  fare  che  non  si  arresti  maravi- 
gfiato  dinnanzi  ad  una  bellissima  statua  di  bronzo,  alta  qualche 
cosa  piu  di  sei  piedi  ,  e  nota  fra  gli  antiquarii  sotto  nome  di  Arin- 
gatore  dal  tenere  la  destra  sollevata  in  atto  di  chi  ragioni  a  qual- 
che numero  di  astanti.  II  soggetto  in  essa  rappresentato  e  vi'Stito 
•<K  tunica  e  pnllio;  ornato  di  anello  e  di  calcei  toscani  che  giungono 
fin  oltre  a  mezza  gamb'a  ;  hai  capelli  tagliati  corto  e  rasa  la  barba. 
Da  queste  due  particolarita  credette  il  Yinckelmann  di  potere  rac- 
cogliere  che  la  stalua  sia  d1  eta  men  rimota  che  non  credevasi  pri- 
ma  di  lui  -,  e  dal  giudizio  del  Vinckelmann  non  discorda  il  Lunzi  , 
anche  perche  il  portar  fasciate  le  gambe  non  fu  in  uso  presso  i  Ro- 
mani, se  non  che  molto  tardi.  Ma  questi  argomenti  sono  fondati  nel 
supposto  che  la  mollezza  ed  il  lusso  passassero  dai  Romani  agli 
Etruschi  ,  e  non  dagli  Etruschi  ai  Romani  •,  supposizione  non  sola- 
mente  gratuita  ,  ma  contraddetta  apertamente  dagli  antichi  scrit- 
tori  e  dai  monumenti.  Abbiamo  detto  che  1'Aringatore  e  vestito 
<li  luriica  e  pallio.  Ora  nel  lembo  di  questo  leggesi  la  seguente 
iscrizione  : 


Trattandosi  di  un  monumento  cotanto  insigne  e  naturalissimo  il 
-desiderio  di  conoscere  qual  senso  racchiudasi  nell'  epigrafe.  Non  e 
percio  da  stupire  se  ne  tentarono  1'  interpretazione  il  Passed  ,  il 
AJaflei,  il  Lami,  il  Lanzi  ed  altri  archeologi  insigni.  Stando  al  giu- 
dizio del  Vermiglioli,  che  si  giovo  delle  interpretazioni  precedenti, 
I'-epagrafe,  secondo  i  riscontri  greci  e  lalini  ,  si  potrebbe  tradurre 
eosi: 


ARCHEOLOGIA 


353 


LETTURA  ETRUSCA  RISCONTRI  LATIN!  E  GRECI 

Aulesi  Metelis  Aulesii  Metelli 

Ve  .  Vesial  Velii  (filii)  Yesia  (nati) 

Ktensi  Ken  Clenii 

Pleres  Teke  nxr,ps;  Eftws 

Sansl  Tenine  Sancto  ZYM 

Tuthines  Pisvlics  Tomvt;  Ipsulices 


Fra  le  quali  voci,recate  a  riscontro,  notabili  sono  quegl'  Ipsulices, 
i  quali,  conforrne  avverte  il  medesimo  Vermiglioii,  sono  defmiti  da 
Paolo  abbreviatore  di  Festo  bracleae  in  virilem  muliebremquc  spe- 
ciem  expressae.  Donde  segue,  che  1'epigrafe  etrusfa,  recata  in  buon 
volgare,  avrebbe  questo  letterale  significato:  «  Di  Aulesio  Metello 

«  Clenio  figlio-di- Velio,  nato-da-Vesia cosa-piena  pose  al  santo 

«  Giove  qualunque  fantoccino-in-Iaminetta.  »  II  Lanzi  in  vece  di 
questo  fantoccino  avea  proposto  di  spiegare  «  wavs;  Pitulani  >» 
qualunque  P'dulano,  aderendo  alia  falsa  tradizione  che  la  statua  fos- 
se scoperta  inPila,  ed  all'  opinione  forse  egualmente  falsa,  che  il 
detto  villaggio,  il  quale  e  posto  nelle  vicinanze  di  Perugia,  sia  1'an- 
tica  Pitulum,  cui  il  Cellario,  fondato  sopra  Taulorita  di  Plinio,  col- 
loca  al  di  la  dell'Appennino  vicino  a  Matelica.  Ma  comunque  si  ab- 
bia  da  leggere  quest'  ultima  voce  ,  per  quanto  vogliamo  credere  i 
lettori  di  facile  contentatura,  ci  sembra  impossibile  che  possano  sti- 
mare  vera  la  spiegazione  dell'  epigrafe  5  e  forse  diranno  che  pote- 
vamo  astenerci  dal  riferirla,  per  non  recare  ingiuriaalla  memoria  di 
un  uomo  meritamente  famoso.  Ci  parve  nondimeno  necessario  di 
mostrare  con  un  esempio  illustre  cbe  cosa  si  possa  attendere  dal  si- 
stema  del  Lanzi,  poiche  uno  scrittore  di  tanta  dottrina  e  di  si  squi- 
sito  giudizio,  qual  fu  il  Vermiglioli ,  datosi  a  seguitarlo  ne  raccolse 
frutto  si  scarso.  Vediamo  ora  dove  ci  conduca  1*  ebraico  ,  che  noi 
prendiamo  a  termine  di  confronto. 
Serie  III,  vol.  IX.  23  29  Gennaro  1858. 


354 


ARCHEOLOGIA 


TESTO  ETRUSCO 


-  33 
ID 

CI3D  IMH3 


3D3t 


4MH  A2 


M3  HI  OVf 
MD  I4R2 


VERSIONE  EBRAICA 


LKTTURA  ETKUSCA 

Aulesi  Metelis 
Ve.  Vestal 
Ei 

Enus-i  Ken 
Pele  Res  Teke 
Sa  Nasal 
Tenine 
Tuth  In  Es 
Si  Sevili  k«s 


LETTUIU   EBRAICA 
Eli  Muttal 

V.  Busial 
hi 

Anoh  Ken 
Pele  Aruts  Taha 
Se  Nasal 
Thannin 
Dad  En  Es 
Bi  Sevil  kes 


VERSIONE  LETTERALE  LATINA 

Aulus  Metellus 
Ve(lii  filius?)  Vesia  natus 

Qui 

Incipiendo  dicere  recte 

Miraculo  terroris  titubavit 

Eo  quod  elapsus  est 

Serpens-  magnus 

Ardens  obtutu  ignis 

Super  semita  tribunalis 


VERSIONE  ITALIANA 

Aulo  Metello 
Figlio  di  Velio  nato  da  Vesia 

II  quale 

Gominciando  ad  aringar  rettamente 

Ad  im  portento  pauroso  titub6 

Perocche  sguizz6 

Un-grosso-Serpente 

Fiammeggiante  con  occhi  di  fuoco 

Per  lo  passaggio  del  tribunale 


ARCHEOLOGIA  355 

.  Or  qui  innanzi  tratto  vegga  il  lettore  la  consonanza  che  passa  tra 
questa  interpretazione,  dettataci  dall'  ebraico,  e  lo  stesso  monumen- 
to.  Ci  fa  conoscere  I'interpretazione,  chelacagione  dell'ergersi  que- 
sta statua  (dono  votivo  per  allontanare  ogni  malo  augurio)  fu  un 
portento  pauroso,  che  fece  smarrire  quest' Aulo  Metello  nell'atto  del- 
raringare.  Ed  eccovi  la  statua,  che  porto  innanzi  il  braccio  destro  vi 
dice  persona,  che  sta  aringando,  e  con  tale  attitudine,  quasi  in  pro- 
pria  favella,  vi  attesta  la  verita  dell' interpretazione.  I  seguaci  del  si- 
sterna  greco  e  latino  con  tutto  il  sanscrito  invisceratovi  dentro,  anche 
tormentando  tre  lingue  insieme,  e  traendone  fuora  un'  epigrafe  sen- 
za  senso,  non  riuscirono  a  cavarne  un  motto,  che  dicesse  quello, 
che  la  statua  dice.  L' ebraico,  rendendoviun  dettato  limpido  e  cor- 
rente  e  tutto  in  armonia,  come  tosto  vedremo,  coi  coslumi  della 
nazione  etrusca  e  coi  fatti,  dalle  prime  parole  Ki  anoh  (etrusco  Ki 
enus-i )  IL  QUALE  COMINCIANDO  AD  ARINGARE  infino  all'  ultima  Kes 
(etrusco  Kes)  TRIBUNALE  con  un  parallelismo  d'idee,  che  non  pu6 
uscire  se  non  dalla  verita,  vi  svolge  in  tutto  il  tenore  del  discorso  quel 
medesimo  che  la  statua  compendia  in  uno  sporger  di  braccio. 

Ne  meno  insigne  testimonianza  alia  verita  della  nostra  interpetra- 
zione  rendesi  dalla  storia.  Una  nazione,  in  cui  ergesi  a  dono  votiva 
una  statua  pel  solo  sguizzare  di  un  serpente,  vuol  essere  una  na- 
zione grandemente  superstiziosa :  e  questo  sguizzare  di  un  serpente 
tra  le  ubbie  della  medesima  dovette  parere  sovra  ogn'  altra  grave  e 
terribile.  L'unae  1' altra  di  queste  due  cose  ci  vien  contestata  dalla 
storia.  Ed  in  quanto  alia  prima  nulla  di  piu  indubitato  intorno  agli 
Etruschi,  che  T  essere  stati  un  popolo  eccessivamente  superstizio- 
so,  regolando  la  vita  privata  e  pubblica  dietro  a  vane  osservanze 
prese  dal  cadere  dei  fulmini,  dal  volo  degli  uccelli  e  da  cent'altre 
cose  di  questa  fatta.  Basti  il  dire  che  Tullio  stesso,  il  quale  si  rideva 
di  tali  sciocchezze  come  si  pare  al  secondo  libro  de  Divinatione,  nel 
dettare  1' opera  de  Legibus,  per  non  andar  contro  a'  pregiudizii 
popolari,  non  si  vergogn6  di  proporre  molte  leggi  appartenenti  a 
questa  materia,  e  tra  le  altre  ancor  questa :  Prodigia,  portenta  ad 
Elruscos  Aruspices,  si  Senalus  iussit,  deftrunto:  Etruriaeque  prin- 


356  ARCHEOLOGIA 

cipes  disciplinam  docento.  Che  poi  tra  i  prodigii  piu  rilevati  si  te- 
nesse  1'improvviso  sguizzare  di  una  biscia,  ricavasi  da  Orazio,  da 
Cicerone,  da  Plinio,  da  Giulio  Ossequente  e  da  altri  scrittori.  A  non 
andar  per  lelunghe  ci  bastera  riferire  quel  che  narra  Tito  Livio  al 
capo  XXII del  libro  I.  Narrando  le  occupazioni  gravissime  di  Tarqui- 
nio  il  Superbo  Haec  agenti  (soggiunge)  PORTENTUM  TERRIBILE  (mi- 
raculum  terroris  dice  1'iscrizione  etrusca)  visum;  ANGUIS  ex  colu- 
mna  lignea  ELAPSUS  (il  medesimo,  verbo  Nasal,  elapsus  est,  leggesi 
nell'iscrizione  etrusca)  cum  terrorem  fugamque  in  regiam  fecisset, 
ipsius  rcgis  non  lam  subito  pauore  perculit  pectus,  quani  anxiis  im- 
pkvit  curis.  Itaque  cum  ad  publica  prodigia  Etrusci  tanlum  vates 
adhibcrentur,  hoc  velut  domestico  cxtcrrilus  visu,  Delphos  ad  maxi- 
me  inclyium  in  fern's  oraculum  mitlei'e  slaluil ;  neque  responsa  sor- 
tium  ulli  alii  committere  ausus,  duos  filios  per  ignotas  ea  tempesla- 
le  terras,  ignotiora  maria  in  Graeciam  misit.  Considerando  questo 
luogo  di  Livio,  chi  non  vedeil  mirabile  riscontro  che  offrecoll'  iscri- 
zione  da  noi  dichiarata,  non  pure  quanto  alia  sostanza  del  fatto,  ma 
perfmo  nelle  parole?  Che  se  ad  alcuno  paresse  cosa  stranachel'im- 
provviso  sguizzare  di  un  serpente  non  pure  facesse  morire  la  pa- 
rola  in  bocca  a  Metello,  ma  fosse  cagione  che,  astornare  il  mal  au- 
gurio,  si  offeriss9  a  qualche  divinita  una  statua  votiva;  come  non 
dovra  in  lui  cessare  la  meraviglia  al  vedere  per  simil  prodigio  messo 
in  si  gran  tempesta  I'animo  di  tal  Re,  quale  fu  Tarquinio  il  Superbo ? 

Diciamo  or  qualche  cosa  intorno  alcuni  vocaboli  piu  degni  di  nota. 

A7,  11  quale.  Dotti  oriental isti  avean  gia  notato  anche  innanzi 
al  Gesenius,  che  il  senso  primitivo  di  questa  voce  dovea  esprimere 
il  pronome  Qui,  e  ne  recavano  buoni  esempii ,  comeche  ad  altri 
sembrassero  non  ben  sicuri.  Or  eccone  una  nuova  conferma  da  que- 
sta epigrafe  etrusca,  dove  per  la  necessita  del  contesto  una  tal  voce 
non  pu6  aver  altro  significato.  II  Lanzi,  partendosi  dallalezione  del 
Demslero,  invece  di  ID  vi  lesse  -I3,forse  per  qualche  sfregio,  o 
vizio  della  fonditura,  che  scorgasi  al  piede  della  I.  Ma  il  contesto 
non  lascia  ora  dubitare  dell'abbaglio  da  lui  preso  ,  e  della  verita 
della  lezione  del  Demstero. 


ARCHEOLOGIA.  357 

Res,  ebr.  Amis,  Terrore.  A  cbi  non  sa  di  lingue  oriental!  parra 
strano,  che  si  confront!  1'  etrusco  Res  coll'ebraico  Aruts.  Vuol  dun- 
que  sapersi,  che  YA  iniziale  della  voce  ebraica  acconciamente  e  qui 
soppressa  neU'etrusco;  e  cio  per  due  ragioni :  1°.  perche  nasce  da 
un  Ain;  e  dell'  Ain,  scrive  il  Gesenius  alia  lettera  medesima  ,  che 
apud  Phoenices  eliam  ab  initio  vocum  PASSIM  abiicitur:  2°.  perche 
il  concorso  dell'  E  finale  della  voce  precedents  ( Pele*)  bramava  que- 
sta  elisione-,  e  tan  to  piu  in  quanto  cheambedue  quesle  voci  sorio 
come  legate  in  una  sola,  e  I'  A  della  secorvla  ,  conforme  ai  molti 
esempii  che  ne  abbiamo,  molto  probabilmente  dov£  nell' etrusco 
sonare  E,  la  qual  cosa  rendea  piu  dura  la  collisione.  Inoltre  lo  Tsade 
finale  dell'  ebraico  e  ben  cangiato  nell'  etrusco  colla  sibilante  piu 
lene  5,  perch>  un  tal  cangiamento  Aramaeis  (ai  quali,  come  ab- 
biamo nolato  altra  volta,  1'  etrusco  si  atliene)  familiaris  est,  dice  il 
Gesenius,  alia  lettera  Tsade.  Che  pero  i  due  termini  di  riscontro  non 
sono  qui  Res,  ed  Aruts,  ma  piuttosto  Res,  e  Rus;  e  piu  pienamente 
Pele-res,  e  Pele-rus. 

Kes,  ebr.  parimente  Kes,  Ttibunale  Questa  voce  con  questo  me- 
desimo  significato  legjresi  una  sola  volta  nella  S.  Scrittura  al  ver- 
so 16  cap.  XVII  dell'Esodo;  ond' e  che  il  Gesenius  mosse  dubbio 
sopra  la  genuinita  di  essa.  Or  ecco  1' etrusco,  che  entra  a  mantenere 
la  lezione  del  testo  ebraico,  e  giustifica  la  versione  della  Volgata , 
e  degli  altri  interpret!  antichi. 

.  Altre  osservazioni  filologiche  potrebbero  farsi;  ma  noi  le  trala- 
sciamo  a  studio,  perche  non  tutti  ne  avranno  gusto.  Di  una  pero 
non  possiamo  passarci,  anche  perche  ci  presenta  Tesempio  di  una 
parola  bilingue;  e  questa  e  il  nome  Metello. 

II  significato  di  questo  nome  cosi  vien  dichiarato  da  Festo:  Me- 
lelli  dicuntur  in  lege  militari  quasi  mercenarii.  Accius  Annal.  XXVII: 
«Calones  farnulique  metellique»  :  a  quo  genere  hominum  Caeciliae 
familiae  cognomen  putat  duclum.  E  da  notarsi  il  quasi  premesso 
a  mercenarii;  donde  si  fa  chiaro  che  mercenarius  non  e  la  traduzio- 
ne  letterale  di  Melellus  ,  ma  piuttosto  il  genere  ,  entro  il  quale  si 
contiene  anche  Metellus  insieme  con  gli  altri  nomi  annoverati  da 


358  ARCHEOLOGIA 

Accio.  Quindi  e  che  le  parole  di  Festo  sembrano  doversi  tradurre 
cosi:  Metelli  nella  legge  militare  e  nome  di  una  specie  di  mercenarii. 
Laonde  malamente  Filosseno  Iasci6  scritto  nel  suo  Glossario  :  Me- 
tellus  p/jOb<; ;  e  per  lo  contrario  tutto  acconciamente  viene  a  spie- 
garne  e  a  determinarne  11  precise*  significato  la  voce  ebraica  Mutlal 
la  quale  significa  iussus  porlare ,  ovvero  is ,  cui  aliquid  impositum 
esl ,  insomma  bagaglione  ,  o  facchino  che  portava  le  bagaglie  dei 
soldati  $  e  cosi  veramente  esprimeva  una  spezie  di  mercenario  che 
seguitara  1'esercito.  Da  nessun'altra  lingua  e  certamente  non  dalla 
greca  ,  n&  dalla  latina  si  potra  avere  la  spiegazione  della  voce  Me- 
tellus  ,  e  tale  che  stia  perfettamente  in  accordo  colla  testimonianza 
di  Accio.  Di  qua  poi  si  viene  ad  intendere  il  frizzo  di  Nevio  contro 
Metello,  e  la  risposta  dal  medesimo  data  estemporaneamente  al  ma- 
ligno  poeta  in  pubblico  teatro.  Fato  Romae  fiunt  Metelli  consules, 
avea  detto  il  poeta.  Conviene  avere  un  ingegno  assai  grossolano 
per  intendere  in  senso  diretto  nella  voce  Metelli  la  nobile  famiglia 
Romana  di  questo  nome,  non  solo  perch&  sarebbe  stata  cosa  teme- 
raria  e  da  destare  piuttosto  indegnazione  che  riso  il  yilipendere  sve- 
latamente  una  famiglia  cosi  cospicua  -,  ma  molto  piu  perch&  la  ra- 
gione  dell'  arte  esige  che  in  tali  motti  vi  debba  essere  1'equivoco,  di 
guisa  che  1'apparenza,  ossia  il  senso  letterale  si  mostri  innocente,  e 
la  cosa  adsignificata  ed  il  senso  occulto  riesca  mordente.  Adunque 
a  volgere  in  italiano  il  motto  di  Nevio  sarebbe  a  dire :  £  uri  destino 
per  Roma  che  t  facchini  diventino  consoli.  Metello  trattato  da  fac- 
chino, inteso  il  frizzo  ,  rispose  mantenendo  la  stessa  metafora  con 
un  altro  verso:  Dabunt  malum  Metelli  Naevio  poetae:  I  facchini  fa- 
ranno  una  buona  musica  sulle  spalle  al  poeta  Nevio. 


CONTEMPORANEA 


Roma  29  Gennaio  1858. 


I. 

COSE  ITALIANS. 

STATI  PONTIFICII.  1.  Te  Deum  in  S.  Luigi  de'Francesi  —  2.  Accademia  di  lingue 
—  3.  Morle  di  due  Cardinal!  —  -4.  False  notizie  —  S,  Notizie  varie. 

1.  II  giorno  24  di  Gennaio  si  cant6  nella  chiesa  di  S.  Luigi  de'  Francesi 
un  solenne  Tedeum  in  ringraziamento  a  Dio  della  prodigiosa  salvezza  del- 
1'lmperatore  e deU'Imperatrice  diFrancia  dall'attentato  dei  14  Gennaio.  Mon- 
signor  Luciano  dei  Principi  Bonaparte  diede  in  fine  la  benedizione  col  SS. 
Sacramento.  Assistettero  alia  funzione  la  Regina  Maria  Gristina,  il  Principe 
di  Nassau,  il  Barone  di  Roson,  Maresciallo  della  corte  della  Granduchessa  Ele- 
na di  Russia,  il  Card.  Segretario  di  Stato  di  S.  Santita,  ilGorpo  diplomatico, 
il  Card.  Yillecourt,  Mons.  Maggiordomo,  Mons.  Maestro  di  camera ,  ed  altri 
personaggi  dell'  Anticamera  di  S.  S.,  ilPrincipe  Orsini  Senatore  di  Roma  e 
Principe  assistente  al  soglio,  il  Generale  Goyon  cogli  ufliciali  francesi,  gli 
ufficiali  superior!  pontificii  e  straordinario  numero  di  altri  personaggi,  oltre 
a  gran  folia  di  popolo. 

2.  Dentro  1'  ottava  dell'Epifania  sogliono  ogni  anno  i  giovani  del  Collegio 
di  Propaganda  Fide  dare  quella  loro  sempre  ammirata  accademia  poliglotta 
per  festeggiare  cosi  quella  grande  solennita  della  vocazione  alia  fede  de'po- 
poli  gentili,  alia  cui  salvezza  que' giovani  sono  specialmente  chiamati.  Que- 
st'anno  I'Accademia  ebbe  luogo  ad  onore  dell'Immacolata  Concezione,  pren- 
dendone  argomento  dalla  colonna  die  venne  ora  innalzata  dinanzi  alia  fac- 
ciata  del  Collegio  di  Propaganda.  Le  composizioni  in  isvariatissime  lingue, 
tra  le  quali  si  notarono  le  recitate  nella  lingua  Oceanica  di  Uvea  e  di  Futu- 
na  ed  in  quella  del  Sudan,  furono  intramezzate  da  canti  nazionali  orientali 
e  da  un  canto  italiano. 

3.  Due  Eminentissimi  Cardinal!  sono  in  questi  giorni  passati  a  miglior 
yita.  II  giorno  14  di  Gennaio  mori  in  Uncow  il  Cardinale  Michele  Lewicki, 
Arcivescovo  di  Leopoli,  Halicia  e  Kamenik,  di  rito  greco  ruteno  nella  Polonia 


300  CRONACA 

austriaca.  Nacque  in  Pokucia  nel  1774 ,  e  fu  fregiato  della  sacra  porpora 
nel  Concistoro  del  16  Giugno  1856.  II  giorno  21  dello  slesso  mese  mori  in 
Roma  il  Curd.  Ugo  Pietro  Spinola,  Pro  Datario  di  Sua  Santila.  Nacque  in  Ge- 
neva nel  1791,  e  fu  pubblicato  Cardinale  nel  Concistoro  del  12  Luglio  1832. 

4.  Un  empio  foglielto  di  Torino  dei  18  Gennaio  fu,  a  nostra  notizia,  il  pri- 
mo  c!ie  pubblicasse  la  falsa  novella  di  una  «  spedizione  in  Ancona  di  200 
Mazziniani  parliti,  secondo  alcuni,  da  Malta,  secondo  altri  dalle  costediTu- 
nisi.  Si  erode  (aggiunge  il  foglio)  che  in  quel  tentativo  vi  possa  essere  con- 
nivenza  coll'altentato  di  Parigi».  La  gazzetta  non  ebbe  tale  notizia  per  di- 
spaccio  telegratico,  si  che  si  pu6  credere,  con  qualche  fondamento,  che  1'abbia 
data  per  anticipazione,  sapemlune  qualche  cosa  d'altra  parle.  Non  e  poi  male 
il  notare  che  quel  foglio  non  ispese  veruna  parola  per  mostrare  quella  com- 
mozione  che  non  aveva  per  1'altentato  contro  1'Imperatore  Napoleone.  Ad 
ogni  modo  la  sua  notizia  corse  poi  sopra  gli  altri  giornali,  ai  quali  tutti  fa 
sapere  \\Giornale  di  Roma  che  in  Ancona  non  accadde  nulladi  cioch'essi 
narrarono;  e  che  la  citta  fu  pienamente  tranquilla;  specialinente  dopo  i  varii 
arresti  fatti  sopra  facinorosi  che,  alcuni  mesi  sono,  osarono  a  tradimento  at- 
tentare  alia  vita  di  alcuni  pacific!  ed  onesti  cittadini. 

5.  La  mattina  del  giorno  sacro  a  S,  Agnese  la  Santita  diN.  S.  scesa  nella 
Basilica  Vaticana,  celebro  la  messa  all'altare  della  Cattedra,  e  distribui  la 
Santa  Comnnione  a  piii  di  dugento  persons  italiane  e  forastiere  di  ogni  par- 
te  del  mondo. 

11  Ptceno,giornale  d' Ancona,  asserisca  che  si  vannoalacremente  continuan- 
do  i  lavori  della  strada  ferrata  Pio-centrale  nella  sezione  da  Ancona  a  Bologna. 

11  Governo  ponlificio  ha  nel  1856  spesi  scudi  16,407 : 90  ad  incoraggiare  con 
premii  i  panni  fabbricati  nello  Stato.  Dal  1850  al  1856,  lo  stesso  Governo  ha 
ammessi  al  premio  1,136,085  alberi  di  varie  specie,  la  cni  piantagione  va 
ogni  anno  aumentando,  dopo  che  il  Governo  eccito  con  sua  notificazione  e 
promessa  di  premio  lo  zelo  degli  agricoltori.  Specialmente  si  osserva  che  van- 
no  ogni  anno  piu  molliplicando  le  piantagioni  degli  olivi  e  dei  gelsi.  II  rac- 
colto  dell'  olio  e  dei  bozzoli  fu  quest'anno  nello  Stato  nostro  ubertosissimo. 
Nello  stesso  anno  1856,  il  Goveruo  pontih'cio  ha  spesi  nei  lavori  delle  argina- 
lure  dei  liumi,  dei  canali  navigabili,  e  dei  porti,  la  somma  di  scudi  299,891. 

II  giorno  7  di  Gennaio  le  Altezze  Reali  dei  giovani  Principi  Romanowski 
di  Leuchtemberg,  poco  prima  giunti  in  Roma,  si  recarono  al  Yaticano  per 
ossequiarvi  in  parlicolare  udienza  il  Santo  Padre. 

In  sul  principio  dello  stesso  mese  giunse  pure  in  Roma  1' A.  R.  del  Duca 
di  Nassau. 

STATI  SARDI.  (Nostra  Corrispondenza)  i.  Risultato  della  verificazione  dei  po- 
teri  —  2.1  Canonic!  tiichiarati  ineleggibili  —  3.  Urbano  Raltazzi  esce  dal  iMi- 
nistero  —  4.  llircolare  del  Cavour  Ministro  dell'  interno  —  o.  La  religione 
del  Ministero  —  6.  Morte  del  Coute  Sallier  della  Torre  —  7.  11  nuovo  Ve- 
scovo  di  Nizza  —  8.  Sassari  e  la  Corte  d'Appcllo. 

1.  Finalmente  la  verificazione  dei  poteri  fu  condotta  a  termine  nella  Ca- 
mera dei  deputati  dopo  piii  d'un  mese  di  discussione.  Dieci  elezioni  vennero 


CONTEMPORANEA  361 

annullate,  la  maggior  parte  di  deputati  conservatori ;  cioe  le  elezioni  di 
cinque  Canonici,  e  quelle  del  Conte  Ignazio  Costa  della  Torre,  edel  deputa- 
to  di  Savona.  Furono  slabilite  diciotto  inchieste,  e  tra  queste  selte  per  pres- 
sione  morale  usata  dal  clero.  Dopo  tanto  gridare'  contro  le  mene  clericali, 
in  sostanza  la  Camera  dovette  riconoscere  die  il  clero  degli  Stati  Sardi  si 
condusse  legalmente  durante  le  elezioni,  giacche  tra  dugento  quattro  colle- 
gi,  non  cadde  il  sospetto,  e  non  fu  deliberata  1'inchiesta  che  sopra  sette.  In- 
tanto  quando  si  farunno  le  inchieste?  Come  si  faranno?  Del  quando  non 
si  sa,  e  sara  piii  tardi  che  si  pn6,  tenendo  cosi  lontani  dalla  Camera  molti 
depulati  conservatori.  Del  come  si  discorse  nelle  tornate  del  19  e  del  20  di 
Gennaio.  La  destra  chiedeva  che  la  Magistratura  venisse  incaricata  di  cer- 
care  i  I'atti  relativi  all'  inchiesia ;  ma  la  sinistra  si  oppose  per  le  opinioni 
politiche  de'nostri  Magistral.  La  ragione  del  numero  fu  per  la  sinistra,  e 
le  inchieste  verranno  I'atte  dauna  giunta  nominata  dalle  Camere  e  compo- 
sta  di  deputati. 

2.  V'ho  detto  testeche  vennero  annullate  le  elezioni  di  cinque  Canonici ; 
ora  eccomi  a  raccontarvi  I'  istoria  di  questa  annullazione.  La  nostra  legge 
elettorale  dichiara  ineleggibili  gli  Ecclesiastici  aventi  cura  d'anime  o  giuris- 
dizione  con  obbligo  di  residenza.  Non  venne  mai  in  capo  a  nessuno  di  an- 
noverare  i  Canonici  in  qut-sta  categoria,  anzi  nel  Luglio  del  1848,  essendo 
stato  eletto  deputato  il  sig.  Asproni,  Canonico  penitenziere  in  Sardegna,  sic- 
come  egli  era  democratico,  cosi  i  democratici  sostennero  nella  Camera  che 
anche  ilCan.  periitenziere  non  avea  quella  cura  d'anime  e  quell' obbligo  di 
residenza  che  lo  costituisse  ineleggibile.  Quanto  agli  altri  Canonici  non  in- 
sorse  mai  verun  dubbio ,  e  ve  n'  ebbero  sempre  in  Parlamento  durante  i 
died  anni  di  Statuto  che  noi  contiamo.  Vi  furono  i  Canonici  Asproni,  Turcot- 
ti,  Pernigotti  e  iMarongiu  ;  cosi  che  1'eleggibilita  de'Canonici  potea  dirsi  cosa 
giudicala.  Ma  in  queste  ultime  elezioni  erano  stati  inviati  alia  Camera  cin- 
que valorosi  ecclesiastici,  i  quali  erano  Canonici,  cioe  Marongiu,  Scavini,  Che- 
\ray,  Soggiu,  Ponzetti.  Per  liberarsene  si  disse  che  come  Canonici  essi  erano 
ineleggibili.  Fu  discussa  lungamentela  questione  sotlo  il  rispetto  Icgale  e 
parlarono  con  molta  dottrina  per  1'eleggibilita  de'Canonici  i  Deputati  Genina, 
La  Motta ,  Crolti ,  e  i  Canonici  stessi,  tra  i  quali  dissero  bellissimi  discorsi 
Monsignore  Scavini,  e  il  Ganonicu  Soggiu.  Ma  le  buone  ragioni  non  valsero, 
e  1'  iniquo  ostracismo,  come  chiamavalo  nella  Camera  1'eloquente  Conte  di 
Camburzano,  verijie  consummato.  I  Canonici,  capri  emissarii  di  quell'ini  che 
i  libertini  nutrono  contro  il  Glero,  si  alzarono  I'un  dopo  Paltro  e  dissero  ge- 
nerose  parole  di  commiato  e  poi  uscirono  dalla  Camera.  L'addio  dei  Cano- 
nici Scavini  e  Soggiu  catliv6  loro  I'atretto  di  tulto  il  paese.  II  Canonico  Che- 
vray  fe  toccare  con  mano  Tassurdita  della  decisione  della  Camera,  quando 
partendosene  preg6  i  deputati  che  1'aveano  dichiarato  ineleggibile  a  volergli 
indicare  di  quali  anime  avesse  la  cura ,  e  dove  potesse  esercitare  la  sua 
giurisdizione.  Intanto,  di  sei  ecclesiastici  eletti  a  di-putati,  ve  ne  ha  ancor 
uno,  ed  e  1'egrpgio  e  dotto  sacerdote  Margolti,  valoroso  e  temnto  compila- 
tore  dell'  Armenia,  la  cui  elezione  non  venne  annullata  ,  ma  che  non  puo- 
dare  il  suo  voto,  perche  la  sua  elezione  fu  sospesa,  non  per  mene  clerica- 
li, sibbene  per  futili  pretesti  di  formality  legali. 


362  CRONACA 

3.  Mentre  il  nostro  paese  era  amareggiato  per  1'ostracismo  a  cui  furono 
condannati  i  Canonici,  fu  alquanto  consolato  per  1'uscita  dal  Ministero  di 
Urbano  Rattazzi.  II  nome  di  questo  uomo  va  unito  a  tutte  le  nostre  disgra- 
zie,  cominciando  dalla  disfatta  di  Novara  e  dall' abdicazione  di  Carlo  Alber- 
to, e  venendo  sino  allaCongiura  di  Geneva  delGiugno  1857.  Come  die  egli 
avesse  eccitato  contro  di  se  le  ire  di  tufeti  gli  onesti  ed  anche  di  una  parte 
di  libertini;  tutlavia  parea  fermo  al  Ministero,  e  inamovibile.  II  1  't  di  Gen- 
naio  corse  voce  che  egli  avea  rassegnato  le  sue  dimissioni  alia  Maesta  del 
Re,  e  non  and6  molto  che  la  notizia  venne  ufticialmente  confermata.  Allora 
fu  un  almanaccare  di  tutti  sopra  la  ragione  di  quesla  uscita  improvvisa  del 
Rattazzi,  tanto  piii  che  egli  non  avea  abbandonato  il  Ministero  soltanto,  ma 
anche  Torino,  riparando  a  Xizza.  Chi  volea  trovare  qualche  connessionc  tra  i 
fatti  di  Parigi ,  e  la  fnga  del  Rattazzi ;  chi  invece  sosteneva  esser  egli  gra- 
vemente  implicate  nella  congiura  di  Geneva,  e  aver  abbandonato  il  porta- 
foglio  prima  che  avvenissero  i  dibattimenti  del  processo.  lo  non  ho  ragioni 
per  prestar  fede  ne  alia  prima  ne  alia  seconda  interpretazione,  e  mi  attengo 
a  ci6  che  dissero  sopra  questo  proposito  nella  Camera  dei  deputati  il  Rattazzi 
stesso  e  il  Conte  di  Cavour;  cioe  che  la  presenza  del  Rattazzi  nel  Ministero 
eccitando  molte  ire,  molte  critiche,  molte  doglianze,  egli  per  non  mettere 
incaglio  alia  cosa  pubblica,  per  non  indebolire  il  Governo,  erasi  spontanea- 
mente  ritirato  con  un  atto  lodevolissimo  di  abnegazione  e  patriottismo.  Del 
resto  al  principio  di  Febbraio  avremo  i  dibattimenti  sopra  la  congiura  di  Ge- 
nova,  e  ne  risultera,  come  voglio  sperare,  1'innocenza  del  sig.  Rattazzi. 

4.  Intanto  alcuni  della  parte  liber lina  entrarono  in  sospetto  che  uscito  il 
Rattazzi  dal  Ministero,  il  quale  vi  rappresentava  il  principio  liberate,  come 
ebbe  a  dire  il  Rrofferio  nella  Camera  dei  deputati ,  gli  altri  Miuistri  fossero 
per  piegare  ad  idee  piii  moderate ,  e  meno  rivoluzionarie.  Ma  il  Conte  di  Ca- 
vour non  tard6  ad  assicurare  che  la  politica  del  Gabinetto  non  varierebbe; 
e,  quasi  a  pegno  della  sua  parola ,  die  fuori  una  circolare  d'assai  importanza. 
Imperocche  1'uscita  del  Rattazzi  dal  Ministero  non  vi  porlo  verun  altro  Mi- 
nistro;  bensi  il  Conte  di  Cavour,  restando  Ministro  degli  affari  esteri,  assun- 
se  anche  il  portafoglio  dell'interno,  e  cedette  al  Ministro  della  pubblica  istru- 
zione  il  portafoglio  delle  finanze.  Ora,  come  nuovo  Ministro  degli  affari  in- 
terni,  il  conte  di  Cavour  indirizzd  agli  Intendenti  una  sua  circolare,  sotto  la 
data  del  16  di  Gennaio,  dove  saluta  come  egregio  uomo  distato  il  sig.  Rat- 
tazzi e  dichiara  che  il  Ministero  intends  rimanerc  fedete  a  qudle  massime 
liberali  d' internet,  ed  esterna  politica  che  informarono  costantemente  la 
sua  condotta.  Venendo  poi  ai  particolari  il  nuovo  Ministro  dell'  interno  rac- 
comanda  tre  cose  agl' Intendenti:  l.°di  far  capire  alle  popolazioni  che  il  Go-- 
verno  non  osleggia  la  Chiesd,  e  attaccato  alia  religione  dello  Stato,  rispetta 
isuoi  ministri;  2.°  di  attendere  alia  pubblica  sicurezza;  3.°  d'  impedire  pru- 
dentemente  un  soverchio  aumento  delle  spese  locali.  Questi  tre  punti  equi- 
valgono  a  tre  solenni  confessioni;  1'una  che  il  noslro  popolo  non  ha  molto 
buona  opinione  dei  Ministri;  1'altrache  v'  e  molto  da  fare  tra  noi  per  dare 
sicurezza  ai  cittadini ;  la  terza  che  i  Municipii  e  le  province  ruinano  i  loro 
amministrati  con  ispese  mal  pensate,  aggravando  sempre  piii  le  imposte  co- 
munali ,  provincial!  e  divisionali ,  che  omai  oltrepassano  1'  imposta  dello 


CONTEMPORANEA  363 

Stato.  Le  quali  piaghe  debbono  essere  ben  gravi  se  il  conte  diCayour  non 
ha  esitato  di  riconoscerle  in  pubblico. 

5.  E  lepido  pero  un  argomento  che  il  nuovo  Ministro  dell'Interno  adduce 
per  provare  che  il   Ministero  e  attacealo  alia  religione  dello  Stato.  Egli 
dice :  non  sono  mcno  frequentati  i  sacri  tempii,  che  nol  fosse  per  I'addietro. 
E  vero,  e  io  ve  1'ho  scritto  piu  d'una  volta,  che  il  popolo  nostro  usa  alle  chie- 
se  e  dimostra  molta  pieta.  Ma  ci6  prova  la  religione  del  popolo,  non  la  re- 
ligione del  Ministero;  ci6  prova ,  per  dirla  col  Journal  des  Dcbats ,  che  i 
Ministri  non  rappresentano  il  popolo.  Se  le  nostre  popolazioni  prestassero 
ascolto  a  ci6  che  lascia  stampare  il  Governo,  non  userebbero  alle  chiese. 
Esse  accorrerebbero  al  tempio  valdese  che  il  Ministero  ha  lasciato  elevare 
contro  1'  art.  1.°  dello  Statute.  Se  fanno  altrimenti  vuol  dire  che  disappro- 
7ano  la  sua  politica,  come  ben  hanno  dimostrato  di  disapproval  nelle  ele- 
zioni,  votando  pei  clerical!.  Sarebbe  bella  che  si  argomentasse  delPaitacca- 
menlo  dei  Ministri  alia  religione,  perche  in  Piemonte  furono  eletti  i  Cano- 
nici.  Le  elezioni  non  dipendono  dal  Governo  e  per6  il  popolo  nostro  ha  ma- 
nifestato  le  sue  opinioni  religiose;  laddove  il  Ministero,  cooperando  all'  espul- 
sione  de'  Ganonici  dalla  Camera,  ha  dato  a  vedere  che  la  chi  erica  gli  mette 
addosso  i  brividi.  Ed  e  curioso  il  dire  che  il  Gabinetto  rispetta  i  ministri  della 
Chiesa  un  giorno  dopo  che  vennero  condannati  all'ostracismo,  e  dopo  che 
lo  stesso  Conte  di  Cavour,  in  un  suo  discorso  alia  Camera,  non  contento  di 
sparlare  del  Clero  degli  Stadi  Sardi,  insult6  il  clero  cattolico  della  Svizzera, 
del  Belgio,  della  Francia,  dell'  Inghilterra  e  dell'  Irlanda.  E  poi  quale  sia 
I' attaccamento  del  Ministero  alia  religione  dello  Stato  risulta  da  questa 
medesima  circolare,  dove  il  Conte  di  Cavour  protesta  di  volere  la  liberta  di 
coscienza  ossia,  com'  egli  intendc,  la  liberta  dei  culti,  e  taccia  la  Ghiesa 
di  essere  stata  esclusiva,  e  vuole  riformarla  acconciandola  agli  Ordini  li- 
beri.  Onde  il  popolo  nostro  gia  disse  al  Conte  di  Cavour :  ex  ore  tuo  te  iudico. 

6.  I  conservator!  piemontesi  sono  in  lutto  per  la  morte  del  Maresciallo 
Coute  Vittorio  Amedeo  Sallier  della  Torre,  valoroso  militare,  fervente  calto- 
lico,  esimio  pubblicista ,  nitido  ed  eloquente  Oratore.  Egli  incominci6  la 
sua  carriera  militare  il  21  di  Febbraio  1789  ,  e  rese  grandi  servizii  alia 
Monarchia  sianella  ristorazione,  sia  nel  1821,  difendendo  i  nostri  Re  contro 
gli  insorti,  molti  dei  quali  oggi  ci  governano.  II 10  di  Luglio  del  1822  venne 
create  Ministro  Segretario  di  Stato  per  gli  affari  esterni,  ed  il  3  di  Febbraio 
del  1835  fu  nominate  Maresciallo  d:  esercito,  Governatore  e  comandante  ge- 
nerale  della  divisione  militare  di  Torino,  nella  quale  carica  dur6  fmo  ai  24 
di  Marzo  del  1848.  Allora  venne  innalzato  alia  dignita  di  Senatore  del  Regno, 
e  piglio  parte  assidua  ai  lavori  parlamentari,  elevando  sempre  la  sua  auto- 
revole  voce  in  difesa  della  religione  e  del  Re,  contro  gli  scialacqui  e  gli  at- 
tentati  della  rivoluzione.  II  Maresciallo  della  Torre  mori  il  19  di  Gennaio  alle 
tre  del  mattino  ,  e  il  giorno  20  si  celebr6  il  suo  funerale  con  grandissima 
pompa,  e  coll' intervento  della  truppa  che  avea  perduto  un  si  illustre  capo. 

7.  Ai  sette  del  prossimo  Marzo  prendera  possesso  della  Sede  Vescovile  di 
Nizza  Monsignor  Sola ,  eletto  recentemente  Vescovo  di  quella  Diocesi.  La 
quale,  pel  concorso  straordinario  di  forastieri,  e  massime  dei  protestanti, 
ha  bisogno  di  molta  cura,  e  dolevasi  assai  della  vedovanza  della  Sede. 


364  CRONACA 

8.  II  Gnarilasigilli  presentd  al  Senato  del  regno  un  disegno  di  legge  che 
aboliscela  classc  unica  dellaGorte  d'appello  di  Sassari.  riunendola  alledue 
esistenti  in  Cagliari.  I  Sardi  ne  sono  indegnatissimi.  La  ragione  die  adduce 
il  Guardasigilli  per  giustificare  il  suo  disegno  prova  controdi  lui.  Imperoc- 
che  egli  incoraincia  col  dire  che  il  numero  dei  giudici  della  Corle  di  Sas- 
sari  e  del  tutto  insufficiente  al  bisogno ;  c  nota  die  Ic  cause  penali  a  deci- 
dersi  nel  1856  furono  29i,  e  se  ne  spedirono  113 ,  reslandone  181.  E  del 
pari  nei  primi  tre  triracstri  del  1857  le  cause  penali  da  deciders!  furono  106, 
c  se  ne  spedirono  soltanto  71.  Questo  argomento,  che  per  altri  proverehbe 
la  necessila  di  aumentare  il  numero  dei  giudici,  per  la  gran  niente  del  sig. 
Deforesta  dimostra  che  dee  essere  abolita  la  classe  nnica  della  Corte  d'ap- 
pello di  Sassari.  La  Sardegna  del  resto  venne  provata  abbasianza,  e  noil 
sarebbe  ne  giusto,  ne  conveniente  metterla  a  nuovi  cimenti. 

REG.VO  LOMBARDOVENETO.  \.  .Morte  del  Maresciallo  Radetzky  —  2.  Giomali  -  3. 
.Mons.  Vescovo  di  Bergamo  e  la  Gazzetta  Provinciate  —  4  Mous.  Arciv.  di 
Milano  e  1'  AroiJuca  Governatore  —  5.  II  Sinodo  di  Lodi. 

1.  Alcuni  fatli  sono  accaduti  nel  Lombardoveneto,  dei  quali  dobbiamo  dire 
alcuna  cosa  ai  nostri  lettori,  prevenendo  la  nostra  solita  corrispondenza  di 
cola,  la  quale  li  narrera  poi  piii  stesamente. 

II  principale  e  senza  dubbio  la  morte  del  celebre  Maresciallo  Radet/.ky, 
avvenuta  dopo  breve  malattia,  il  giorno  cinque  di  Gennaio.  II  giorno  1 1  Di- 
cembre  1'illustre  capitano  chiese  spontaneamente  un  sacerdote,  don  Gio- 
vanni Szupkay,  lacui  messa  egli  era  solito  udire  quotidianamente.  Si  con- 
fess6  con  lui  e  poi  ricevetle  il  SS.  Yiatico.  II  giorno  2  Gennaro  ricevette 
dallo  stesso  sacerdote  1'  estrema  unzione.  Confortato  cosi  dai  soccorsi  della 
religione  mori  nella  pace  dell'  anima  T  illtistre  Maresciallo  che  per  si  lun- 
ghi  anni  avea  goduto  di  tanta  fama  si  meritata  e  si  intemerala.  Giuseppe 
Wenzel  Conte  Radetzky  di  Radetz  nacque  il  2  Novembre  del  1766  a  Trzebe- 
nitz  nella  Boemia :  a  18  anni  comincio  la  sua  carriera  militare  entrando  in  un 
reggimento  ungarese  di  cavalleria:  negli  anni  1788  e  1789  prese  parte  alia 
guerra  contro  i  Turchi:  dal  1792  al  1795  combatte  in  Olanda  e  sul  Reno: 
nel  1796  era  aiutante  del  Melas.  Nel  1800  fu  colonnello  di  un  reggimento  da  lui 
comandato  nella  batlaglia  di  Hohenliudcn.  Nel  1805  venne  in  Italia  col  grado 
<li  Generate  di  brigata.  La  campagna  del  1809  e  principalmente  la'batlaglia  di 
Wagram  gli  valse  il  grado  di  Luogotenente  Feld  Maresciallo.  Fu  poi  capo  dello 
gtato  maggion-  generate  ed  ebbe  in  tal  carira  gran  parte  nelle  campagne 
dal  1813  al  1815.  Nel  1831  fu  nominate  Comandante  dell' esercito  in  Italia 
dove  coron6  tutti  i  suoi  meriti  e  servigi  passati  colla  gloria  acquistatasi  nel- 
le guerre  del  1848  e  1849. 

2.  La  nuova  legge  del  bollo  pei  giornali  politici  soltoposti  a  cauzione  ha 
col,jilo  nel  Lombardoveneto  tre  giornali;  la  Bilancia ,  la  Sferza  e  1'  Eco 
della  Borsa.  La  Bilancia  rimane ,  anche  dopo  il  bollo,  qual  era,  giornale 
politico  c  cattolico,  che  esce  tre  volte  la  settimana,  ma  con  un  sesto  un  po' 
diminuito  e  con  qualche  aumento  di  prezzo  d'  associazione :  il  quale  non  la 


CONTEMPORANEA  365 

rende  per6  piu  cara  no  della  Sferza  ne  deU'Eco  della  Borsa.  La  Sferza  ha 
dovuto  conteutarsi  di  parlarc  di  politica  una  sola  vulta  la  settimana,  e  \'E- 
co  della  Borsa  abolire  il  sno  siipplimento  delle  domeniche.  In  quest' oc- 
casione  non  possiarno  non  raccomandare  a'  nostri  lei  tori,  sopra  ogni  altro 
giornale  lombardoveneto,la  Bilancia  di  Milano  che  e  veramente  giornale 
-di  sodi  principii  e  di  sode  traltazioni ,  e  merita  perci6  di  essere  sostenuto 
cd  incoraggiato. 

3.  A  proposilo  di  giornali  dobbiamo  pure  annunziare  che  1'egregio  Mon- 
signor  Speranza,  Yescovo  di  Bergamo,  con  sua  lettera  pastorale  del  26  Dicera- 
bre  passato,  ha  permesso  di  nuovo  la  pubblicazione  della  Gazzclla  provin- 
ciate di  Bergamo  dopo  che  il  suo  compilatore,  il  sig.  Cremonesi  «  ha  dato 
(come  dice  la  lettera)  piena  soddisfazione  del  passato,  e  per  se,  e  col  mezzo 
di  persone  ragguardevolissime  degne  di  tulta  la  nostra  fiducia,  si  e  obbli- 
gato  a  parole  e  a  fatti  di  uniformarsi  in  tutto  e  per  tutto  alle  disposizioni  de' 
sacri  canoni  intorno  alia  stampa:  »  La  lettera  pastorale  contiene  parecchic 
cose  di  rilievo  per  le  quali  merita  di  essere  conosciuta  per  inticro  da' nostri 
lettori.  Essa  e  come  segue. 

« I  motivi,  che  ci  hanno  indotto  a  proibire  ai  Nostri  Diocesani  la  Gazzetta  di 
questa  Provincia  redatta  dal  sig.  Giambattista  Cremonesi,  eranodi  tal  nalu- 
ra  che  tutti  gli  schiamazzi  del  giornalismo  protestantico  e  libertino,  i  con- 
sigli  della  politica,  le  ragioni  deU'interesse,  i  riguardi  delle  persone  per  so 
non  sarebbero  mai  bastati  a  smuovere  1'animo  nostro  dalla  presa  risoluzio- 
ne.  Preposli  per  volere  di  Dio  at  governo  di  questa  Diocesi,  come  una  sen- 
tinella  alia  custodia  della  Casa  d'Israele,  ed  un  muro  di  bronzo  alia  sua  di- 
fesa,  testimonii  da  Iroppo  lungo  tempo  delle  sinistre  impressioni  prodotte 
da  quella  gazzetta  e  conscii  del  lamento  generale  contro  la  stessa,  la  quale 
per  maggior  nostro  rammarico  e  disdoro  veriiva  pubblicata  coi  tipi  della 
slampt-ria  vcscovile,  lusingati  e  delusi  replicatamente  nelle  nostre  buone 
iispcttazioni;  Noi  avremmo  creduto  di  mancare  gravemente  al  nostro  debito, 
se  anteponendo  il  temporale  aU'eterno,  la  nostra  quiete  ogli  interessi  indi- 
vidualial  bene  universale  delle  anime,  avessimoacconsentito  che  il  gregge 
alle  nostre  cure  aftidato,  venisse  esposto  un'altra  volta  al  pericolo  anche 
solo  probabile  di  nuovi  danni.  Laonde  era  per  noi  assolutamente  necessaria 
una  guarcntigia,  la  quale  ci  assicurasse  che  quel  pericolo  e  quei  danni  non 
sarebbero  piu  per  rinnovarsi.  Quesla  siccome  era  la  sola  che  potesse  allon- 
tanare  dal  nostro  popolo  la  ruina  spirituale,  e  giustificare  noi  stessi  nel  co- 
spelto  di  Dio;  cosi  era  pure  la  sola  che  potesse  muovere  1'  animo  nostro  a 
.togliere  1'Estensore  della  Gazzetta  Provinclale  di  Bergamo  agli  effetli  della 
, nostra  proibizione.  E  questo  e  appunto  quello  che  ora  con  grande  consola- 
zione  dell' animo  nostro,  e  con  esempio  a  tutti  i  giornalisti  cattolici  imita- 
bile  di  sommissione  e  di  rispetto  alle  leggi  Ecclesiasliche,  ha  fatlo  il  sig.  Gre- 
monesi.  II quale  ha  dato  una  piena  soddisfazione  del  passato,  e  perse  ecol 
mezzo  di  persone  ragguardevolissime  degne  di  tutta  la  nostra  fiducia  si  6 
obbligato  a  parole  e  a  fatti  d'  uniformarsi  in  tutto  e  per  lutto  alle  disposi- 
zioni dei  sacri  Ganoni  intorno  alia  stampa,  cosicche  non  solo  possiamo  ripro- 
metterci  da  Lui  che  la  sua  gazzetta  non  ci  somministrera  mai  piu  argomenti 


366  CRONACA 

di  censura,  ma  ci  teniamo  sicuri  che  memore  quale  e  quanta  responsabilita 
in  faccia  a  Dio,  alia  Chiesaedallo  Stato  graviti  sullespallediungiornalista 
eattolico,  cooperera  sinceramente  e  sempre  a  mantenere  e  procurare  le  buo- 
ne  massime  della  Fede  e  morale  cattolica  secondol'EcclesiasticoMagistero, 
E  per6  nel  mentre  siamo  lieti  di  rendere  al  sig.  Cremonesi  questa  buona  te- 
stimonianza,  dichiariamo  solennemente  a  tutti  i  nostri  diocesani  che  da  que- 
sto  momento  sono  cessati  contro  di  Lui  gli  effetti  della  letlera  Nostra  Pasto- 
rale 11  giugno  ultimo  scorso. 

« 1  RR.  Parrochi  nella  prima  domenica  o  nel  primo  giorno  di  Festa,  immc- 
diatamente  dopo  ricevuta  la  presente,  ne  faranno  letlura  al  popolo,  attestan- 
dogli  in  pari  tempo  la  nostra  soddisfazione  per  aver  prestato  agli  ordini  di 
quella  Pastorale  un'ubbidienza  quanto  piu  riverente  alia  Chiesa  e  alia  nostra 
persona,  tanto  piu  degna  della  loro  fede.  Ai  Tipografi  poi  della  nostra  citta 
che,  a  confusione  dei  miscredenti,  diedero  unanimamente  e  generosamente 
a  tutto  il  mondo  un  esempio  a  questi  tempi  solennissimo  di  perfetta  som- 
missione  e  di  profonda  venerazione  alle  leggi  ed  ai  Pastori  della  Chiesa, 
tributiamo  noi  stessi  con  particolare  compiacenza  la  ben  meritata  lode,  de- 
siderando  che  sia  stimolo  e  caparra  di  beni  maggiori. 

«  La  grazia  del  Nostro  Signer  Gesu  Gristo  sia  con  noi  tutti. 

«  Bergamo  dal  Palazzo  Yescoviie,  26  dicembre  1 857. 

f  PIETRO  LUIGI  VESCOVO.» 

4.  Mons.  Arcivescovo  di  Milano  era  stato  colpito  teste  da  subita  e  grave 
malattia,  la  quale,  grazie  al  cielo,  ha  ora  rimesso  della  sua  intensita,  in 
guisa  che  ie  notizie  che  ce  ne  danno  i  giornali  rassicurano  pienamente  di 
una  intera  guarigione.  Quella  malaltia  diede  poi  occasione  ai  suoi  diocesa- 
ni di  mostrare  quarilo  fosse  1'affetto  e  la  stima  per  il  loro  Arcivescovo :  e 
specialmente  e  da  commendare  la  pieta  dell'  Arciduca  che  subito  si  rec6  a 
visitare  1'illustre  malato.  Del  resto  i  giornali  sono  pieni  di  atti  veramente  pii 
edoltre  ogni  dire  commendevoli  del  giovane  Arciduca,  il  quale  si  conquista 
Yeramente  ogni  giorno  piu  1'affetto  del  popolo  a  lui  immediatamente  soggetto. 

5.  Abbiamo  in  questi  giorni  ricevuto  un  bel  volume  pubblicato  nella  Ti- 
pografia  vescovile  di  Lodi,  il  quale  contiene  il  sinodo  diocesano  di  Lodi  te- 
nuto  nei  giorni  29,  30,  3t  del  mese  di  Agosto  del  1854.  Con  quel  volume 
ricevemmo  pure  una  molto  importante  I«ttera  pastorale  di  Mons.  Vescovo 
di  Lodi,Gaetano  Benaglia,  diretta  al  suo  Clero,  nella  quale  annunzia  lapub- 
blicazione  del  suo  sinodo,  e  gode  che  Dio  gli  abbia  protratta  la  sua  vec- 
chiezza  fino  all'averne  veduta  compiuta  la  stampa  e  pubblicati  i  dccretL 
Essi  sonomoltied  important!,  e  fanno  fede  dello  zelodelvenerabilePastore^ 


CONTEMPORANEA  367 

II. 
COSE  STRANIERE. 

(Nostra  corrisp.)  1.  Apertura  del  Congresso  —  2.  Elezione  del  Presi- 
dente  —  3.  Nuovo  Ministero  —  4.  Sua  natuia  —  5.  II  Senate  —  6.  Feste. 

1.  Abbiamo  un  nuovoMioistero;  e  con  ci6vedesi  avverato  il  mioprogno- 
stico.  Vero  eche  in  questa  nostra  Spagna,  dove  in  venticinque  anni  (1833- 
58)  sonosi  mutati  quarantadue  volte  i  Ministri,  il  pronosticare  cangiamenli 
prossimi  di  Gabinetto  non  e  indizio  di  nessun  dono  di  profezia.  I  vostri  lettori 
conoscono  la  lotta  delle  parti  politiche  ingaggiatasi  da  un  anno  in  qua,  e  spe- 
cialmente  accaloratasi  dopo  il  discioglimento  del  passato  Ministero  avvenuto 
neH'ullimo  Ottobre.  Essi  conobbero  le  cagioni  che  tennero  lungamente  in 
forse  la  Corona  di  ci6  che  occorresse  di  fare,  il  numero  e  la  qualita  degli 
uoraini  di  Stato  che  vennero  consultati ,  il  solenne  Gonsiglio  tenutosi  alia 
presenza  di  S.  M.  la  Regina  dai  piii  celebri  rappresentanti  delle  diverse  ten- 
denze  che  oggidi  profondamente  agitano  la  parte  moderata,  e  finalmente 
la  decisione  presa  dalla  Regina  concedendola  sua  fiducia  e  i  portafogli  agli 
uomini  devoti  alia  tendenza  cosi  delta  liberale.  Or  questa  tendenza,  gia  1'ho 
detto  altra  volta,  e  poco  accetta  al  nostro  paese,  e  meno  forse  ancora  alle 
Cortes;  donde  traevasi  per  conseguente  che,  all'aprirsidi  questc,  s'appic- 
cherebbe  un  combattimento  mortale  traesse  ed  il  Ministero;  seppure  i  Mi- 
nistri  non  riuscissero  a  discioglierle  prima  del  giorao  posto  alia  loro  riu- 
nione.  Doveva  questo  essere  il  30  di  Dicembre ;  pur  tuttavia  venne  differito 
in  fino  al  10  del  mese  corrente,  per  la  ragione  o  sotto  il  pretesto  che  non 
prima  d' allora  poteva  la  Maesta  Sua  trovarsi  abbastanza  rinvigorila  per  as- 
sistervi  di  persona.  Certa  cosa  e  che  i  Ministri  accettavano  con  piacere,  anzi 
••cercavano  con  istudio,  ogni  plausibile  motive  di  ritardarne  1' apertura,  spe- 
randocosi  di  potere;otlenere  ildecreto  dello  scioglimento.  Ma  fosse  che  Sua 
Maesta  non  volesse  in  modo  veruno  privarsi  del  concorso  e  delle  congratula- 
zioni  delle  Corti  nella  solenne  occasione  dell'  aver  dalo  alia  luce  un  erede 
al  Trono;  fosse  che  il  Ministero  medesimo  sentisse  non  avere  sufficiente  ra- 
gione di  porsi  allaventura  di  un  colpo  arrischiato  qual  era  cotesto;  il  fatto 
e  che  il  Parlamento  fu  aperto  nella  Domenica  stabilita,  e  con  ci6  schiude- 
"vasi  alle  parti  contrarie  la  palestra  de'  politici  combattimenti.  Or  quivi  la 
prima  occasione,  in  che  potea  manifestarsi  1'opposizione,  sarebbe  stata  an- 
cora la  prima  sh'da  a  morte  contro  i  Ministri ;  quella  occasione  fu  la  ele- 
zionedel  Presidente  del  Congresso.  Due  candidati  venivano  proposti  a  que- 
sto carico:  1'uno  era  il  sig.  D.  Luigi  Mayans,  antico  Magistrate,  Ministro 
e  Presidente  piu  volte  del  Congresso;  esso  veniva  proposto  e  caldeggia- 
to  dai  Ministero,  e   per  tal  circoslanza  tutta  speciale,  pu6  dirsi  il  rappre- 
sentante  della  tendenza  liberale.  II  sig.  D.  Giovanni  Bravo  Murillo ,  vero 
aniziatore  e  capo  naturale  di  quella  parte,  che  potremmo  chiamare  rifor- 


368  CRONACA 

mista,  perche  rappresenta  la  tendenza  di  riformare  nel  senso  opposto  al 
Parlamcntarismo  la  nostra  Costituzione,  era  il  Caadidato  della  opposizione, 
cioea  dire  di  lutti  coloro  che  piii  o  meno  largamente  desiderano  di  finirla 
colle  tradizioni  rivoluzionarie. 

2.  Se  finora  invece  di  nominare  i  partiti  in  tale  lotla,  ho  adoperato  la 
parola  di  tenderize  contrarie;  e  stato  a  bello  studio  ;  perches  realmente  non 
pu6  dirsi  che  essa  fosse  fra  i  partiti  di  vario  nome  politico  ben  delinitL 
Ed  in  effetto  fra  i  due  grandi  gruppi  parlamentari  fautori  dell'uno  o  del- 
1'allro  Candidalo,  contavansi  membri  delle  diverse  parti  politiche  senza  un 
comune  legame  ,  senza  un  accordo  preslabilito;  anzi  ancora  con  desiderii 
differenti,  eperiino  opposli.  Cosi,  per  venire  un  poco  al  concreto,  il  gruppo- 
che  favoreggiava  il  Mayans  componevasi  1.°  dei  progressist!. ;  2.°  dei  par- 
teggiani  della  Unione  liberals  ;  3.°  dei  parlamentarii  puri;  4.°  finalmente 
del  maggior  numero  degli  impiegati  eletti  a  rappresentanti,  insieme  coa 
quel  codazzo  che  in  ogui  Parlamento  ammodernato  forma  e  formera  sem- 
pre  la  clientela  inevitabile  del  Ministero.  Dalla  parte  opposta  raccoglievansi 
in  un  gruppo  solo  per  sostenere  la  candidatura  di  bravo  Murillo  1.°  i  rao- 
narchici  puri ,  2.°  gli  uomini  politici  che  nel  1852  approvarono  i  disegni 
di  riforma  del  sig.  Bravo  Murillo,  3.°  i  fautori  intimi  dell'  ultimo  Gabinetto 
del  sig.  Duca  di  Valencia  ,  4.°  gli  antichi  amici  e  clienti  del  Conle  di  S. 
Luis,  die  furono  gl'  immediatamente  perseguitali  e  vinti  dalla  rivoluzione 
del  1854,  5.°  fiualmente  gli  antichi  dotlrinarii  ammaestrati  dall'  esperienza 
e  ricreduti.  Io  credo  che  basti  questa  minutaenumerazione  perche  i  lettori 
della  Civilta  Cattolica  comprendano  le  differenze  piii  o  meno  profonde 
delle  rispeltive  frazioni  di  quest!  due  grnppi ,  ed  i  rispettivi  principii  di 
mutua  affmita  che  gli  hanno  congiunti  nella  lotta. 

Quelli  che  non  conoscono  1'imbroglio  liberalesco  e  parlamentario  non  pos- 
sono  imaginare  il  cumulo  d'intrighi,  di  andirivieni ,  di  minacce,  d'  insulti, 
di  promesse ,  di  lusinghe  che  ban  preceduto  la  votazione:  quelli  che  il  co- 
noscono non  hanno  bisogno  di  mie  descrizioni.  Dir6  semplicemente  che 
terminalasi  1'  elezione  il  lunedi  11  Gennaio,  ebbesiil  risultalo  seguente  :  a 
favore  di  Bra'vo  Murillo  126  voti,  a  favore  di  Mayans  118 ,  biglietti  bianchi 
5,  al  sig.  Pidal  1.  Per  conseguente  Bravo  Murillo. fu  elelto  Presidente  per  8- 
voti  di  piii  che  Mayans,  e  per  soli  due  voti  se  tiensi  conto  degli  altri  sei 
perdutisi  da  Bravo  Murillo ,  ma  neppur  conquislati  dalla  parte  opposta. 
Lolta  tenacissima,  come  poche  volte  s'  incontra  nei  fasti  parlamentari,  ma 
quale  doveva  riuscire  se  risguardasi  il  line  che  si  mirava,  e  i  mezzi  quasi 
eguali  coi  quali  si  combatteva. 

3.  11  Ministero  si  tenne  disfatlo,  eper  conseguente  quel  medesimo  giorno' 
presentb  alia  Regina  il  dilemma:  o  la  dimissione  del  Gabinetto  olo  sciogli- 
mento  delle  Gorti.  Da  questo  punto  1'  incertezza  pass6  dal  Congresso  al  Pa- 
lazzo Reale :  ne  quivi  fu  minore  1'  impegno  del  Ministero  per  riuscire  nel 
suo  intento.  Basli  dire  che ,  secondo  la  pubblica  voce,  la  nolle  del  martedi 
fu  firmato  dalla  Regina  il  decreto  dello  scioglimento,  e  pur  tuttavia  il  mer- 
coldi  seguente  venne  accettatala  dimissione  del  Gabinetto,  dandosi  1'incarico 
di  formare  il  nuovo  al  sig.  D.  Saverio  Isturiz,  giunto  da  poco  da  Pietroburgox 


CONTEMPORANEA 

dove  era  Amhasciatore,  per  occupare  la  Presidenza  del  Senate.  Egli,  datosi 
alacremenle  all'  opera,  pole  nel  di  seguente  scegliere  i  suoi  collegia  e  cost 
presentarsi  ieri  (14  Genn.)  innanzi  alle  Gorti  col  seguente  ordinamento. 

Presidents  del  consiglio  dei  Ministry  Ministro  di  Staio  e  d'Oltremare  il 
sig  Isturiz  Presidente  del  Senato,  liberale  dell'antica  fazione  del  1812,  pro- 
gressista  fino  al  1836,  oggidi  t'ra  i  moderali  di  tendenze  parlamenlari ; 
ma  coll'  accorgimento  proprio  di  un  uomo  di  stato  di  non  comune  leva- 
tura,  COQ  ampia  sperienza  degli  afi'ari,  e  con  grande  interesse  di  conserva- 
re  1'ordine  pubblico. 

Ministro  delta  guerra  Don  Firmino  Ezpeleta;  delta  Marina  D.  Giuseppe 
Maria  DeQuesada;  Generale  e  Senatore  il  primo,  Capo  di  squadra  il  sccondo : 
amendue  militari  di  molto  credito,  ed  avversi  a  qualsivoglia  genere  di  si- 
sterna  rivoluzionario. 

Ministro  di  Guerra  e  Giustizia  D.  Giuseppe  Maria  Fernandez  de  la  Hozr 
Deputato  al  Gongresso,  antico  Fiscale  del  tribunale  supremo  di  Giustizia,  li- 
berale moderato. 

Ministro  dell'  Interno  Don  Ventura  Diaz,  e  delle  Finanze  Don  Giuseppe- 
Sanchez  Ocano,  antichi  impiegati  del  Governo,  faulori  dichiarati  della  per- 
sona e  della  politica  del  sig.  Bravo  Murillo;  autore  il  primo  d'  un'  opera  di 
Amrninistrazione  generalmenle  sthnata,  e  il  secondo  di  una  Rassegna  Slo- 
rica  della  Amministrazione  Economica  del  sig.  Bravo  Murillo. 

Non  e  stato  nominate  il  Ministro  del  Commercio,  forse  per  serbare  que- 
sto  portafoglio  ad  alcuno  dei  capi  delle  frazioni  parlamentari  uscite  vinci- 
trici  della  lotta  ^. 

4.  Che  rappresenta,  che  e  questo  Ministcro?  Nient'  altro  che  un  Ministe- 
ro  di  transizione,  fattosi  perch6  bisognava  fame  uno,  e  fatto  tale  che  non 
potesse  in  tanta  divisione  di  parti  cccitare  leire  violentedi  veruno.  Se  viea 
considerate  nelle  idee  che  rappresentano  i  suoi  membri,  non  e  in  alcun  modo  la 
soluzione  desiderata  del  nodo  politico  che  ci  stringe.  Se  si  considera  il  pericolO' 
checorreva  il  Governo diricadere  in  mano  della  rivoluzione,e  una  soluzione 
convenientissima,  quantunque  temporanea.  Disciolto  il  Parlameuto,  secondo 
il  desiderio  dei  liberali,  il  Ministero  Armero  Mon  avrebbe  avuto  contro  di  se 
i  moderati  d'ogni  nome,  e  quiudi  avrebbe  dovuto  mendicar  sostegno  dal- 
1'  Unione  liberale,  composta  di  moderati  quasi  progressisti  e  di  progressi- 
sti  quasi  moderati.  In  questa  parte  politica  vero  sostegno  al  Miuislero  noa 
avrebbero  potutq  darlo  che  i  piii  ardenti,  i  piu  vicini  cioe  e  i  plu  confinanti 
colla  democrazia.  In  tanto,  in  questa  nuova  agitazione  di  animi,  la  elezione 
generate  dei  rappresentanti  avrebbe  dovuto  farsi  quando  non  ancora  sono- 
calmati  gli  sconcerti  morali  e  amminislrativi  prodotli  daH'ultima;  quando  le 
persone  onorale  si  spaventano  all'idea  sola  di  un  Collegio  eleltorale,  quan- 
do lo  stato  politico  della  Spagna  e  della  Europa  e  cosl  valevole  a  far  mon- 
lare  le  teste  dei  piu  caldi  promotori  della  Democrazia.  Per  queste  ragiont 
senza  dubbio  essi  determinata  la  Regina  a  sciogliere  la  questione  come  1'  ha 

4  La  Gazzetta  di  Madrid  del  -18  annunzia  die  Ministro  del  Fomento  e  il  sig.  D.  Gioacchino 
Ignazio  Mencos,  Scnatore  del  regno  (Rota  dei  Compilatori).  I 

Serie  111,  vol.  IX.  24  29  Gennaro  1858. 


370  CRONACA 

sciolta.  Noi  seguiremo  intanto,  tal  e  la  trista  condizione  del  tempo,  il  pe- 
riodo  divenuto  normale  delle  mezze  misurc,  le  quali  sono  la  conseguenza 
indispensabile  del  sistemi  rappresentativi  ammodernati,  dove  non  si  cerca 
di  fare  il  bene  comune,  ma  il  pro  speciale  di  questa  o  di  quella  fazio- 
ne  politica. 

5.  Innanzi  di  lerminare  questa  relazione  vo' menlovare  unaltrofatto  che 
io  giudico  importante.  Xel  Senato  non  v'ha  elezione  di  Presidente,  per  es- 
ser  questa  un'  attribuzione  della  Corona.  It  perche  1'  opinione  del  Corpo 
Senatorio  manifestasi  nella  scelta  dei  Segretarii.  Ora  dei  quattro  eletti 
dal  Senato  neppure  uno  ve  n'  ha  tolto  dal  seno  di  quella  maggioranza 
dei  105  che  col  suo  voto  di  censura  al  Gabinetto  di  S.  Luis  nel  1854  fu  ca- 
gione  mediata,  e  se  vuolsi  aaco  innocente,  delta  rivoluzione.  Anzi  1'uno  dei 
quattro  Segretarii  si  e  quel  Generale  Galonge  che,  nella  Legislatura  dell'  ul- 
tima state,  si  fe  notare  per  le  veementi  e  forti  parole  onde  biasimo  la  con- 
dottadei  Generali  che  nel  1854  si  erano  fatto  capi  ed  autori  immediati  di  ri- 
voltura,  Questa  si  e  una  prova  evidente  che  il  Senato,  col  primo  suo  atto, 
ha  volulo  dichiarare  la  sua  avversione  a  qualsivoglia  elemento  rivoluzio- 
nario ;  dando  cosi  al  Gabinetto  Armero  Mon  un  vero  voto  di  censura,  e  rin» 
forzando  per  cousegueute  in  un  modo  molto  efficace  1'atlitudine  presa  dal 
Congresso  nello  scegliere  il  Presidente.  Una  tal  condotta  del  primo  corpo  le- 
gislative dello  Stato  non  fu  1'  ultimo  impulse  che  dove  spingere  1'  animo 
della  Regina  a  dimettere  piuttosto  il  Ministero  che  le  Camere;  perche  sciol- 
to  il  Congresso  oslile  ai  Ministri,  rimaneva  sempre  in  pie  il  Senato.  Vedesi 
inoltre  che  il  Senato  ed  il  Gongresso  hanrio  condannato  ugualmentelaten- 
denza  liberale  del  Gabinetto  caduto.  Or  cio  dovea  bastare  nel  sistema  par- 
lamentare  a  decidere  la  politica  dei  Ministri  successor!  in  fa vore  della  par- 
le  riformista :  ma  cosi  non  accade,  ed  il  parlamentarismo  si  mostra  o  bu- 
giardo  o  incapace,  quando  nei  piii  bei  mominti  d'  applicare  le  sue  teorie 
manifesta  torpore  o  pentimento  o  paura. 

6.  In  mezzo  a  questa  agitazione  politica  abbiam  potuto  godere  di  due  fe- 
ste,  alle  quali  il  popolo  ha  preso  veramente  parte  con  gioia  somma.  La  pri- 
ma  solennita  6  stata  la  magnifica  oblazione  del  Principe  delle  Asturie  al 
real  Santuario  di  Atocha.  Di  questa  splendida  e  devola  ceremonia  io  non 
vi  notero  che  una  sola  circostanza :  ed  essa  si  e  che  si  la  Regina,  si  il  Con- 
siglio  di  cilta  e  si  il  Governo  con  tutte  le  altre  corporazioni,  invece  di  sciu- 
pare,  come  allravolta  solevasi,  le  ingenti  somme  in  profani  festeggiamenti, 
hanno  voluto  tutte  impiegarle  inlimosine  ed  in  altre  opere  di  carita.Per  tal 
via  il  popolo  ha  goduto  ancora  meglio  della  festa,  e  il  merilo  della  carita- 
tevole  azione  ha  attirato  dal  Cielo  nuove  benedizioni  sovra  il  capo  del  picco- 
lo Principe.  L'  altra  festa  fu  fatta  in  onore  del  Nunzio  di  Sua  Santiti,  pel 
quale  il  giorno  8  del  corrente  Gennaio  fu  imbandito  nel  Real  Palazzo  un 
sontuoso  banchetto.  ^e  la  nostra  Sovrana  e  stata  sola  a  dare  questi  seifni 
di  rispetto  verso  la  Santa  Sede,  ma  con  Lei  e  per  1'esempio  di  Lei  hanno  fat- 
to  a  gara  tutte  le  nostre  classi  sociali.  Credo  che  Monsignor  Barili  debba 
essere  sinceramente  soddisfatto  dell'  affettuosa  e  filiale  accoglienza  che  ha 
ricevuto  daUa  Corte  e  da  tutto  il  Regoo. 


CONTEMPORANEA.  371 

FRANCIA.  1.  Attentato  contro  1'Imperatore  —  2.  Gli  assassini  —  3.  Indegnazione 
comune  —  4.  Discorso  dell'  Imperatore  —  5.  Provvedimenti. 

1 .  Non  vi  ha  cerlamente  a  quest' ora  nessuno  del  noslri  lettori  il  quale  non  solo 
non  ignori  il  prodigioso  salvamento  dell'  ilmperatore  e  dell'  Imperatrice  di 
Francia  dall'  esecrando  attentato  del  14  Gennaio,  ma  che  non  ne  sappia 
i  piu  minuti  particolari  recall  subito  dai  giornali  e  da'  telegrafi  con  cura  e 
diligenza  uguale  al  ben  giusto  interesse  di  affannosa  curiosita  che  moveva 
ognuno  al  conoscerli.  Lo  racconteremo  nondimeno  anche  noi,  se  non  con 
quella  minutezza  di  circostanze,la  cui  certezza  non  pu6  per  ora  essere  in- 
dubitata,  almeno  con  sufficente  ampiezza.  E  prima  di  tutlo  pare  certo  che 
la  polizia  francese  sapesse  gia  che  un  colpo  si  tramava  appunto  quella  sera 
contro  la  vita  dell' Imperatore.  E  che  la  polizia  sapesse  che  un  attentato  si 
preparava  cosi  in  generale,  e  evideate  dalla  relazione  avuta  dal  Governo 
francese,  fin  dal  mese  di  Giugno,  da  Yersey  (isoletta  ingtese  dove  abitano 
molti  esiliati  francesi),  e  pubblicata  in  parte  dal  Moniteur  il  giorno  dopo 
dell' attentato,  la  quale  diceva  che  la  trama  consiste  in  bombe  fulminanti. 
Un'  altra  relazione,  giuuta  di  Londra,  diceva  che  un  tal  Fieri  era  parti  to  di 
cola  per  eseguire  il  disegno,  dopo  aver  trattato  della  cosa  parimente  cogli 
esuli  francesi.  Donde  (per  dirla  cosi  di  passata)  si  ricava  che  se  gli  esecu- 
tori  sono,  per  nostra  sventura,  anche  questa  volta,  italiani,  gli  italiani  non 
hanno  per6  la  colpa  esclusiva.  Ma  che  la  polizia  avesse  ragione  di  sospet- 
tare  che  la  trama  dovesse  scoppiare  appunto  la  sera  dei  14,  apparisce  dal 
numero  straordinario  di  uffiziali  di  polizia  che  empievano  quella  sera  il  tea- 
tro  e  stavano  all'erta  nella  strada,  e  specialmente  dall' essere  stato  appostato 
appunlo  quell' Hubert  che  conosceva  il  Fieri  e  pote  carcerarlo  un  minuto 
prima  che  egli  dovosse  dare  il  segnale  del  colpo,  e  condurlo  a  fine  se  per 
caso  (come  infatti  accadde)  le  prime  bombe  nou  ottenevano  lo  scopo  a  cui 
erano  indirizzate.  Dicesi  ora  perfino  che  la  polizia  francese  avesse  gia  potu- 
to  avere,  alcuni  mesi  fa,  una  di  quelle  granate  incendiarie  che  fu  mostrata 
all'  Imperatore.  Gli  assassini  ne  aveano  fatto  I'esperimento  in  un  bosco  vi- 
cino  a  Londra:  lo  scoppio  avea  spezzato  un  grande  albero.  Ma  checche  sia 
di  queste  congetture,  alle  quali  il  processo  dara  ben  presto  il  loro  giusto 
valore,  il  certo  si  e  che,  senza  una  prodigiosa  assistenZa  del  cielo,  questa  volta 
lecose  erano  co'mbinate  inguisa  darendere  vane  tutte  le  precauzioni  della 
polizia,  la  quale  pero  ebbe  in  tal  fatto  moltissima  lode  di  preveggenza  prima 
del  fatto,  dicoraggio  e  di  avveclutezza  nel  pericolo.  Alle  otto  e  mezzo  di  sera 
(noi  narreremo  il  falto  servendoci  delle  varie  relazioni  lette  nei  giornali  e 
nelle  corrispondenze  e  scegliendo  quelle  che,  mentre  scriviamo,  ci  paiono 
piu  fondate)  la  carrozza  imperiale  era  in  sull'  arrivare  alia  porta  del  teatro 
dell' Opera,  quando  la  carrozza  precedente  subitamente  si  dovette  arrestare 
per  un  non  sappiamo  qnale  impedimenta :  il  quale  fu  per6  superato  dalla 
valentia  del  cocchiere.  Si  suppone  che  questo  impedimenlo  dovea  avere  la 
sua  parte  nell'esito  del  colpo.  Conlemporaneamenle  I'uffiziale  dipaceHe'bert 
scontravasi  aU'entratadella  via  Lepellettier  (dov'  e  il  Teatro)  con  un  viso  illu- 


372  CRONACA 

minato  allora  da  un  lume  di  gas,  e  che  egli  pole  perci6  riconoscere  per  quello 
<del  Fieri  uno  dei  congiuruti:  il  quale  arrestato,  e  udito  il  primo  scoppio  , 
vuolsi  che  dicesse  «  Sono  preso,  ma  non  monta,  il  colpo  e  fatto  ».  E  se  il 
colpo  fosse  riuscito  e  probabile  che  il  suo  arresto  non  sarebbe  stato  lungo. 
•Giacche  molti  congiurati  erano  appostali  in  altri  luoghi  di  Parigi  per  pro- 
littare  del  primo  spavento.  Siccome  pure  e  probabilissimo  che,  se  egli  non 
fosse  stato  arrestato,  avrebbe  potato  compire  la  tragedia  mancata;  giacche 
«gli  avea  seco  una  delle  bombe  fulminanti,  un  revolver  a  sei  colpi,  ed  un 
grande  pugnale;  colle  quali  armi  avrebbe  potuto  facilmenle  scagliarsi  piu 
dappresso  alia  coppia  imperiale  in  mezzo  al  tumulto  cagionato  dalle  prime 
bombe.  Dicesi  pure  che  egli,  vedendosi  venir  sopra  gente  per  arrestarlo, 
•cntrasse  in  giusto  timore  che,  a  qualche  urto  troppo  violento,  potesse  scop- 
piargli  addosso  la  bomba  che  portava ,  e  che  per  do  sclamasse  «  Occhio : 
<badate:  la  cosa  pu6  essere  seria.  »  Mentre  la  carrozza  imperiale  giungeva 
<linanzi  alia  porta  dell' opera  sormontando  1'ostacolo  sopraddetto,  e  il  Fieri 
veniva  am  stato  pochi  passi  lontano ,  Ire  bombe  1'una  dopo  1'altra  scop- 
>piano  in  mezzo  alia  folia  del  corteggio  imperiale  e  del  popolo,  e  spargono 
intorno  a  loro  ferite  e  morte,  colpendo  oltre  a  J  40  persone.  Un  cavallo  della 
-carrozza  imperiale  fu  uccisosul  colpo:  1'altro  spaventatos'impenna,  ecorre 
innanzi  strascinando  il  compagno  caduto  e  si  ferma  addosso  ad  un  muro 
-contro  cui  lo  indirizza  il  cocchiere,  spezzando  cosi  il  timone  della  carrozza 
ia  quale  allora  si  ferma.  Le  scaglie  delle  granate  fulminanti  aveano  ferito 
il  cocchiere,  un  Generale  che  slava  sul  dinanzi  della  carrozza,  tre  servi 
che  stavano  neila  parte  di  dietro,  una  folia  di  soldali,  di  ufficiali  di  polizia, 
<3i  popolo  anche  lontano:  aveano  malconcia  la  stessa  carrozza  la  cui  cassa 
fu  spezzala  in  piu  parti.  Gl'  illesi  furono  1'Imperatore  el'lmperadrice,  non. 
per6  Ian  to  che  non  ne  dovessero  recare  un  ricordo  della  protezione  avuta 
•e  del  pericolo  corso:  giacche  1' uno  e  1'  altra  ebbero  una  leggerissima  scal- 
iillura  nel  viso.  L'  Imperatore  ebbe  inoltre  il  cappello  forato.  Giunsa  al- 
lora allo  sporlello  lo  stesso  Hebert,  che  appena  carcerato  il  Fieri  era  corso 
alia  carrozza  e  trovossi  colto  da  piu  ferite:  mentre  egli  aperse  uno  spor- 
•tello,  1'allro  veniva  aperto  da  un  allro  ufticiale.  11  brigadiere  Alessandri,  che 
aveva  arrestato  1'  assassino  Pianori,  era  vicino  alia  portiera  della  carrozza 
imperiale  quando  scoppi6  la  prima  bomba.  Corre  allora,  allontanando  la 
folia  che  riempieva  la  strada,  e  scoppiano  le  altre  due  bombe:  vede  una 
persona  sospetta,  I'arrestaela  trova  armata  di  un  revolver.  Questi  due  uffi- 
aiali  sono  indicati  da'giornali  come  quelli  a'  quali,  dopo  Dio,  si  dee  piu  che 
<id  altri  la  salute  dell  Imperatore.  Prima  che  scoppiasse  la  prima  bomba 
-ci  fu  chi  disse  di  aver  osservato  un  tale  che  stava  sopra  i  gradini  della 
porta  del  Teatro,  e  che  non  voile  partire,  benche  invitatovi  dalla  guardia, 
dicendo  che  egli  era  iDcaricato  di  vegliare  sopra  la  vita  dell' Imperatore. 
Questi  fu  il  primo  che  salutasse  al  suo  arrive  1'  Imperatore  sollevando  in 
alto  il  cappello;  subito  scoppiavano  le  bombe;  si  crede  che  questi  fosse 
stato  incaricato  di  dare  il  segnale  a  coloro  che  dalle  fmestre  o  dalla  via 
cloveano  gettar  le  bombe.  Parecchi  revolver  ed  alcune  bombe  furono  poi 
.drovate  gettate  nella  via:  il  che  fa  credere  che  molti  armati  fossero  nella 


CONTEMPORANEA  373 

folia,  ed  ft  ccrto  grande  grazia  di  Dio  che  fra  tanti  non  uno  abbia  colto  chi 
cercava. 

In  quel  frangente  fu  ammirabile  il  coraggio  dell' Imperatore  edell'Impe- 
ratrice.  Quegli,senza  mostrare  il  menomo  turbamento,  scese  di  carrozza,  e 
prose  a  mescolarsi  nella  folia,  dando  ordini  perche  fosse  provvisto  a'  feriti  ai 
quali  la  sua  provvidenza  si  stese  poi  ampiamente.  Ci  vollero  premure  ed 
inviti  insislcnti  per  persuaderlo  ad  entrarenel  teatro.  L'Imperatrice  voltasi 
all'  Iraperatoro  disse  «  mostriamo  a  quesli  viii  die  abbiamo  piu  coraggio  di 
•loro  »  cdentr6  nel  teatro  colla  veste  tuttacoperta  di  sangue.  Yi  assistettero 
iiuo  alia  mezzanottc.  Uscitine,  tutte  le  vie  erano  illuminate  e  piene  di  folia 
che  fece  udire  le  sue  grida  digioia. 

2.  Ora  diciarno  alcuna  cosa  degli  assassin!  gia  arrestati :  essi  si  dicono  es- 
serein  tutto  27  o  28.  Quattro  per6sono  i  Hnora  noti,  e  quelli  sopra  i  qua- 
il paiono  caderei  sospetti  piu  evidenti.  L'uno  e  il  Fieri,  preso  comedicem- 
iiio.  ligli  e  Fiorenliao  (altri  il  dice  Corso) ;  ha  cinquant'  anni ;  fu  antico  capo 
i!i  legiono  nolle  guerre  del  48,  gia  carcerato  per  uccisione  di  un  prete  ed  altri 
ilelitti.  Era  venuto  due  giorni  prima  daLondra,  dove  avea  combinata  la  cosa 
coi  rifuggiti  francesi,  con  un  passaporto  belga;  pass6  pel  Belgio  e  venne  a 
•Parigi.H  secondoe  il  noto  Felice  Orsini,  di  anni  36,  fuggito  dalle  career! 
di  Mantova,  dov'  era  cbiuso  per  assassinio  politico.  Noi  leggemmo  i  suoi  elo- 
gi  m;lP  Indipendente  e  nell'  Unione  di  Torino  il  giorno  slesso  incui  que'fo- 
gli  recavano  le  prime  notizie  dell'  attentato  fallito.  Vero  e  che  il  lodavano 
specialmente  come  letterato:  ma  e  una  curiosa  coincidenza.  Dopo  la  fuga  di 
•Mantova  corse,  come  fanno  lutti  costoro,  aLondra,  dove  guadagnava  la  vi- 
ta facendo  il  mcrcante  ciarlatano  di  discorsi  rivoluzionarii.  Egii  avea  col 
Pieri  combinato  in  Londra  la  trama  ed  era  venuto  in  Parigi  da  tre  settima- 
iie.  Fu  arrestato  in  casa  sua,  dove  era  corso  dopo  aver  lauciata  una  bomba 
-cd  averne  ricevute  gravi  ferite  al  capo.  Un  suo  compagno,  che  dopo  il  colpo 
recavasi  a  visitarlo,  aveva  dato  sospetto  di  se;  fu  seguitato,  ed  essendo  chi 
•lo  seguiva  entrato  in  casa  con  lui,  fu  scoperto  1'  Orsini  ferito  e  a  letto.  Gli 
si  trov6  in  casa  molt'  oro  inglese  ed  una  provvisione  d'armi.  II  suo  compagno 
che  dicovasi  suo  servo,  e  Antonio  Gomez,  che  alcuni  dicono  Napoletano;  egli 
ha  30  anni.  II  quarto  si  chiama  De  Silva  e  pare  essere  un  Veneziano,  di  nome 
ftudio;  altri  giornali  lo  dicono  Parmigiano:  dicesi  che  abbia  25  anni.  Molti 
altri  sono  stati  carcerati,  ma  questi  quatlro*paiono  i  principali :  il  processo 
dicesi  che  sara  finito  verso  la  inela  di  Febbraio.  Sono  poi  state  gia  esami- 
nate  le  bombc  ogranate  incendiarie,  alcune  delle  quali  vennero  intere  nel- 
le  mani  del  Governo.  Esse  sono  una  non  piu  usata  invenzione  di  capsule  e 
di  fulminate  di  mercuric.  1  due  periti  che  le  esaminarono,  al  solo  maneg- 
.giarle  ne-ebbero  dolori  di  capo  e  violenti  uscite  di  sangue  dal  naso. 

S.L'indegnazioiiedel  popolo  parigino,  anzi  di  tuttaEuropa,contro  si  nefan- 
do  delitto  estata  quale  noi  non  ci  ricordiamo  di  avere  mai  udita;  e  ben  a  ragio- 
ne:  giacchft  mai  non  si  era  veduta  tanta  atrocita  di  disegno.  Moltissime  sono 
state  le  vitlime  di  questi  assassini  politici,i  quali  erano  disposti  a  sacrificarne 
anche  migliaia,  purche  non  fallisse  il  loro  empio  intento.  II  quale  falli  non- 
dimeno,  non  rimanendo  agli  assassini  allro  che  1'odio  comune  e  1'  ira  impo- 


374  C10NACA 

tente  per  un  supremo  sforzo  mancato.  oltre  qualche  ferita  toccata  da  loro- 
nello  scoppio  delle  bombe  che  rispettarono  per6 1'  Imperatore.  Ma  F indegna- 
zione  comune  non  versa  soltanto  sopra  gliassassiui :  beiisi  ancora  sopra  chi 
li  spesa,  li  ospita  e  li  protegge  direttamente  o  indiretlaniente.  Noi  speria- 
mo  che  da  tale  fatto  si  ricavera  questa  volta  un  gran  bene :  quello  di  chiu- 
dere  una  volta  quei  covi  dove  si  tramano  questi  tradinienti.  Non  ogni  male 
viene  per  nuocere. 

II  popolo  parigino  commosso  a  tanto  misfatto,  illuminb  per  due  sere  di 
fila  la  cilia,  a  comune  teslimonianza  della  gioia  per  la  prodigiosa  salvezza 
di  Napoleone  III.  Non  vi  fu  poi  ordine  di  cittadini  in  tutta  la  Francia  che  non 
desse  qualche  segno  di  sua  speciale  devozione  al  Principe  in  tale  ocrasione. 
II  clero  ed  il  popolo,  i  municipii  e  i  diplomatici ,  la  borsa  e  i  teatri,  tutti  con 
indirizzi,  con  visile,  con  Te  Deum  dimostrarono  ad  apertissimi  segni  quan- 
to  godessero  del  fallito  disegno.  Specialmente  poi  sono  da  notare  parec- 
chi  discorsi  recitati  all'Imperatore  da  varii  personaggi  autorevoli,  i  quali 
tutti  seppero,con  poche  e  sentite  parole,  esprimere  que'sensi  che  tale  delitto- 
eccitava  in  tutti  i  ctiori.  Sarebbe  lungo  il  riferirli  tutti :  ma  non  e  a  tacere 
quello  delConte  di  Moray,  Presidente  del  Gorpo  legislative,  il  quale  par!6  co- 
si:  «  Sire:  Noi  abbiamo  desiderate  vedervi  per  esporvi  quanto  noi  ringra- 
ziamo  laProvvidenza  la  quale  preserv6  la  vostra  vita  e  quelladell'Imperatrice: 
ma  noi  abbiamo  pensato  che  voi  ci  avreste  ancora  data  licenza  di  parlarvi  co- 
me ci  ispira  una  giusta  indegnazione  ed  un  profondo  affelto  alia  vostra  di- 
nastia.  Noi  non  possiamo  celarvi  che  il  popolo,  che  noi  abbiamo  poco  fa  vi- 
sitato,  teme  degli  effetti  di  voslra  clemenza  che  troppo  si  lascia  guida- 
re  dalla  bonta  del  vostro  cuore.  Quando  esso  vede  quali  abbominandi  at- 
tentati  si  mulinino  di  fuori,  egli  chiede  come  mai  Governi  viciui  ed  amici 
siano  impotent!  a  distruggere  queste  officine  di  assassini,  e  come  le  sanle 
leggi  dell'  ospitalita  siano  applicate  a  bestie  feroci.  II  vostro  Governo,che 
e  fondato  sopra  T  autorita  e  la  protezione  degli  onesti  uomiui,  dee  a  qua- 
lunque  coslo  far  cessare  questi  commovimenti  periodici.  Perottenere  que- 
sto  scopo  voi  avrete  dalla  vostra  il  Gorpo  legislative.  Voi  non  siete  cosi  as- 
salito  se  non  perche  roi  siete  la  chiave  maestra  dell'  ordine  europeo.  Noi 
vi  preghiamo  dunque  a  non  seguire  soltanto  ci6  che  il  vostro  coraggio  vi 
inspira,  e  di  non  dimenticare  che,  non  curando  la  sicurezza  di  voslra  per- 
sona, voi  esponete  al  pericoloil  riposo  della  Francia.  •>  Quest'  idea  del  do- 
versi  una  volta  porre  un  freno  alia  facilita  che  hanno  gli  assassini  politici 
di  cospirare  al  sicuro  all'  ombra  della  protezione  britannica,  era  parimente 
esposta  piu  o  meno  chiaramente  in  parecchi  allri  discorsi.  E  1'idea  era  si 
naturale  che  fuanche  capita  da  parecchi  giornali  inglesi,  i  quali,  insieme  col 
primo  annunzio  dell'  attentato,  esposero  pure  il  bisogno  che  vi  era  di  porre 
questa  volta  le  farnose  leggi  inglesi  in  armonia  col  senso  comune,  il  quale 
non  intende  come  si  possa  mutare,  aforza  di  leggi  savissime,  un  paese  civi- 
le in  covo  di  assassini  conosciuti,  ospitati  e  quasi  protetti. 

Ma  saranno  essi  questi  voti  resi  ancora  una  volta  vani  dai  sutterfugi  legali  ? 
Ci  pare  strano  il  pensarlo :  tanto  piu  che,  a  nostro  parere,  quei  voli  non  si 
garebbero  lasciali  esporre  si  chiaramente  in  faccia  all'  Imperalore,  se  non  vi 


CONTEMPORANEA  375 

fosse  ancora  il  disegno  di  ottenerne  1'esccuzione.  Crediamo  poi  che  il  legit- 
timo  desiderio  di  non  parere  amico  di  assassini ,  se  non  di  ribellioni,  in- 
durra  qnesta  volta  chi  regge  la  cosa  pubblica  nci  paesi  sospetti  a  non  fare 
troppe  diflicolta.  Al  qual  proposito  narrasi  che,  la  sera  dell'  atlentato,  quan- 
do  Lord  Cowley,  ambasciatore  inglese,  si  present6  all'  Imperatore,  questi 
,gli  disse « Eccomi  ancora nna  volla scampato  dai  proietli  di  fabbrica  inglese» . . 
\.  II  giorno  18  Gennaio,  1'  Imperatore  fece  la  solenne  apertura  della  sessione 
legislativa  del  1858  con  un  discorso  molto  importante.  Cominci6  col  toccare 
brevemente  delle  cose  operate  dal  Governo  a  pubblico  bene,  e  paiiando  del- 
1'iricremento  della  pubblica  istruzione  disse  che  <<  1'insegnamento  divenuto 
piu  religiose  e  piii  morale  si  rialza  e  si  riassoda  »  Tocc6  poi  della  liberta 
-de'  culli  «  non  dimenticando  che  la  religione  cattolica  6  quella  della  grande 
maggioranza  de'Francesi.  Essa  non  fu  mai  si  rispettata  n6  si  libera.  I  con- 
cilii  provinciali  si  raccolgono  senza  impediment},  ed  i  Vescovi  godono  della 
pienezza  dell'esercizio  del  loro  santo  ministero ».  Le  quali  parole  certamente 
rilevantissime  paiono  accennare  ad  una  abolizione  di  fatto  di  quella  legge 
che  vieta  i  concilii  provinciali  prima  della  licenza  del  Governo,  e  di  quelle 
altre  che  in  varie  guise  si  oppongono  al  libero  esercizio  della  podesta  reli- 
giosa  de'  Vescovi.  II  discorso  dell'  Imperatore  tratta  poi  delle  nuove  leggi  che 
si  preparano;  e  venendo  alle  relazioni  della  Francia  cogli  altri  Potentati  dice 
€he  «  nella  Cina  la  Francia  e  d'accordo  coll'Inghilterra  per  ottenere  il  rad- 
drizzamento  de'torti  fatti  all' una  ed  all'altra  e  per  vendicare  il  sangue  del 
nostri  missionarii  crudelmente  uccisi».  II  Governo  francese  poi  nonintende 
prendere  parte  alia  questione  de'Ducali  tedeschi  se  non  nel  caso  in  cui  do- 
\esse  andarne  di  mezzo  1'integritci  della  monarchia  Danese.  II  che  £  appun- 
to  quello  che  gia  avevamo  congetturato  seguendo  le  relazioni  de'giornali, 
Quanto-  a'  Principati  Danubiani  «le  conferenze  che  debbono  aver  luogo  in  Pa- 
rigi  troveranno  la  Francia  disposta  alia  conciliazione  in  guisa  da  diminuire 
le  difficolta,  che  sono  inseparabili  dalla  diversity  de'giudizii».  Entrando  poi 
a  discorrere  dello  stato  generate  in  Francia,  1'  Imperatore  disse  bensi  «  che 
1'Impero  non  eun  Governo  retrograde  e  desideroso  d'impedire  glieffettipa-' 
cifici  di  quanta  hanno  di  buono  e  di  civile  i  grandi  principii  dell'  89 »  ma 
aggiunse  che  « una  piena  liberty  e  impossibile  dove  si  hanuo  partiti  ostili 
alle  basi  del  Governo  ».  Perci6  «  siccome  io  (dice  T  Imperatore) non  ho  accet- 
tato  il  potere  per  acquistare  una  vana  popolarita,  prezzo  ingannatore  di  con- 
cessioni  estorte  dalla  debolezza,  ma  per  meritare  un  giorno  1'approvazione 
della  posterila,  fondando  in  Francia  qualche  cosa  durevole,  cosi  io  non  temo 
di  dichiarare  oggi,  che  il  pericolo,  checche  si  dica,  non  6  gia  nelle  prerogative 
eccessive  del  Governo  ma  piuttosto  nella  mancanza  di  leggi  repressive  ».. 
Queste  leggi  repressive  non  si  faranno  aspettare,  e  gia  se  ne  annunziano 
alcune  nel  discorso.  Fra  le  quali  quella  del  giuramen to  alia  costituzione  che 
dovranno  prestare  i  candidati  prima  di  accettare  le  candidature  all'elezione 
di  depulato ;  col  che  s'impediranno  qnelle  scene  ridicole,  non  meno  che  scan- 
dolose,  di  gente  nota  per  repubblicana  e  peggio,  che  briga  i  voli  di  deputato, 
per  avere  poi  il  gusto  di  non  prestare  il  giuramento.  Dopo  questa  legge  se 


376  CRONACA 

ne  propongono  altre  destinate  in  generale  « a  ridurre  al  silenzio  le  oppost- 
zioni  estreme  e  faziose.  lo  accolgo  (segue  1'  Imperatore)  con  premura  e  sonza 
badare  alia  loro  vita  precedente  quanti  riconoscono  la  volonta  nazionale. 
I  provocatori  di  turbolenze  e  gli  orgaoizzatori  di  Irame  sappiano  che  il  lore 
tempo  e  passato».  L'Imperatore  disse  in  fine  alcune  parole  sopra  1'  assassinio 
tentato  poco  prima  sopra  la  sua  persona,  facendo  notare  specialmenle  che 
1'assassinio  politico  e  la  prova  piu  concludente  della  debolezza  de'partiti 
che  sono  costretti  a  ricorrervi,  e  che  mai  dall'assassinio  non  ha  verun  par- 
ti to  ricavato  utilita.  II  discorso  fu  applaudito  oltre  ogni  dire,  secondo  che 
riferiscono  i  giornali,  e  certamente  chi  lo  legge  non  pu6  non  ammirarne 
1'eloquenza  e  la.  fecondita  d'idee,  non  meno  che  la  precisione  e  la  convcnien- 
za  ai  tempi  ed  al  paese. 

5.  Due  giorni  dopo  il  Moniteur  conteneva  la  pubblicazione  di  un  prima 
provvedimcnto  contro  i  nemici  del  Governo  presente,  secondo  che  il  discor- 
so imperiale  avea  prenunziato  che  dovea  farsi,  e  secondo  che  le  circo- 
stanze  pareano  richiedere.  II  provvedimento  consiste  nella  soppressione  dr 
due  giornali,  1' uno  democratico  e  1'altro  legittimista,  i  quali  nei  loro  articoli 
nltimi  aveano  offeso,  in  varia  guisa,  il  Governo  imperiale.  II  giornale  demo- 
cratico e  lafleuue  de  Paris,  il  legittimista  e  \oSpectalcur,  che  prima  della 
sua  sospensione  chiamavasi  Assemble  Nationale.  La  relazione  del  Ministro 
dell'interno,  che  precede  il  dccreto  di  soppressione,  dice  che  «  parecchi  al- 
tri  provvedimenti  saranno  proposti  aU'approvazione  dell' Imperatore  »  di- 
retti  a  togliere  ogni  speranza  non  solo  ai  democratic!,  ma  ancora  «  a  que- 
gli  avanzi  di  antichi  partiti  che  aspettano  essi  pure,  con  uguale  stolidezza, 
dall'anarchia  una  risurrezione  impossibile  ». 

.Lo  stesso  Moniteur  pubblic6  una  noterella  molto  signiQcativa ,  con  cui 
csprimeva  la  sua  indegnazione  <•  contro  un  giornale  belga  intitolato  il  Dra- 
pcaw,  che  nel  suo  numero  dei  17  Gennaio,  avea  approvato  1'assassinio  dcl- 
1'Imperatore.  Noi  aspettiamo  (aggiungeva  il  foglio  ufficiale)  la  decisiono  del 
Governo  belga.  »  Leggiamo  sui  giornali  che  il  Governo  belga,  con  lodevolis- 
sima  premura,  che  niunooseraattribuire  alia  panra,  introdusse  subito  azio- 
ne  criminale,  non  solo  contro  il  Drapeau,  ma  ancora  contro  il  Crocodil  allro- 
giornale  belga.  Inoltre  ci  annunziano  i  dispacci  elettrici  che  lo  stesso  Go- 
verno presentb  alle  Camere  un  disegno  di  legge  che  muta  il  codice  penale 
riguardo  ai  delitti  che  offendono  le  relazioni  internazionali.  II  Governo  sardo> 
parimente  credette  bene  in  tale  occasione  di  profittare  per  la  prima  voita 
della  mancanza  del  Rattazzi  nel  Ministero,  col  far  sequestrare  il  giornale  tori- 
nese la  Ragione,  scritto dall'apostata  Ausonio  Franchi  (altrimenfi  delto  Bonavi- 
no)ilquale  avea  in  una  sua  corrispondenza  scritlo  cose « che  (dice  la  Ga:;:^^ 
Piemontese)  sono  in  contraddizione  flagrante  col  sentimento  d'  esecrazionc 
contro  la  teorica  dell'assassinio  politico  ecc.  ecc.  »  Se  il  Governo  sardo  avesse 
letla  pure  I'  Unione  del  Bianchi  Giovini  del  18  Gennaio,  vi  avrebbe  letto  che 
«  1'attentato  si  attribuisce  a  tutti,  eccetto  forse  a  colui  che  ne  6  il  vero  auto- 
re,  all' Imperatore  stesso,  che  orbando  il  paese  di  liberta,  ingenera  odii  e 
rancori  »  con  altre  parole  anche  peggiori.  Che  piii?  Anche  la  Svizzera  pare 


CONTEMPORANEA  377 

commossa  questa  volla  di  odio  sincere  contro  i  rifuggiti  e  gli  assassinii  po- 
litici :  giacche  il  Governo  federate  sla  facendo  fare  indagini  e  process!  sopra 
Ja  condotta  tenuta  in  quest!  ultimi  tempi  dagli  esuli  cola  ospitati. 

Tu Hi  quesli  atti,  lodevolissimi  certamente,  e  che  noi  crediamo  pienamente 
spontanei,  paiono  del  resto  desiderati  dal  Governo  francese,  il  qnale  dicesi 
che  debha  inviare  una  Nota  ufficiale  al  Belgio,  alia  Svizzera  ed  allo  Stato  sardo 
sopra  la  questione  dei  rifuggiti  e  la  vigilanza  a  cui  debbono  essere  snttoposti. 

K  per6  evidente  chc  il  paese  a  cui  sono  ora  piii  void  gli  occhi  dell'Eu- 
ropa  c  1'Inghilterra.  Gia  dicemmo  die  i  suoi  giornali  furono,  in  suite  prime, 
quasi  forzati  a  chiedere  essi  medesimi  altre  leggi  contro  i  suoi  ospiti.  Par- 
lasi  di  una  nota  che  la  Francia  le  ha  ora  indirizzata  intorno  a  tal  punto. 
Dicesi  pure  che  una  nota  collettiva  dee  essere  indirizzata  sopra  queslo  pro- 
posito  al  Governo  inglese  dalle  grandi  Potenze:  e  che  la  questione  dei  ril'ug- 
gili  politici  sara  tratlata  nel  congresso  di  Parigi,  nel  quale  pare  che  questa 
volta  si  lasciera  dall'un  lato  la  questione  italiana.  E  se  si  ha  da  giudicare 
dalle  parole  abbastanza  chia re  e  forti  dei  discorsi  e  dei  giornali  francesi  se- 
miufficiali,  pare  che  la  Francia  non  sia  ora  per  contenlarsi  di  chiacchiere. 
E  proprio  il  caso  di  ripetere  che  non  ogni  male  viene  per  nuocere. 

Specialmente  poi  e  da  por  mente  alle  curiose  parole  del  Weekly  Register, 
il  quale  dice  cosi  «  II  Sun  di  ieri  sera,  pieno  di  una  mollo  naturale  paura 
per  la  sicurezzadei  suoi  amici  Ledru  Rollin  e  compagni,  spera  che  il  Go- 
verno francese  non  vorra  mescolarli  nell' attentato  del  14  Gennaio.  Ma 
noi,  secondo  le  nostre  iriformazioni ,  saremmo  stupiti  se  non  si  giungesse 
a  scoprire  che  il  delitto  non  solo  fu  tramato  a  Londra,  ma  che  vi  presero 
parte  i  priucipali  capidella  demagogia  rossa.  Noi  sappiamo  di  buona  foute 
che,  parecchie  ore  prima  del  colpo ,  si  tenne  un  meeting  in  Saint  John's 
Wood,  dove  erano  presenti  parecchi  patrioti  francesi  ed  italiani.  La  loro 
inattesa  maraviglia,  lunedi  sera,  quando  si  seppe  che  il  colpo  era  mancato, 
€  facile  ad  intendere.  Essi  erano  molto  animati:  e  chi  fra  loro  non  sapeva 
bene  la  cosa,  assicurava  molte  ore  prima  dell' arrive  della  notizia,  che  in 
Parigi  si  preparava  qualche  cosa  di  molto  rilevante  per  la  repubblica  so- 
ciale.  Noi  ci  portiamo  mallevadori  di  quanto  dicemmo  ».  E  probabile,  che 
ci6  che  sapeva  un  giornale,  lo  doveva  pure  sapere  la  polizia. 

BELGIO.  (Nostra  Corrispondensa)  i.  Tirannia  liberale  —  2.  11  Presidentc  dei 
frammassoni  Presidente  della  Camera  —  3.  Ci  fu  o  non  ci  fu  sommossa?  ~ 
4.  1  moderati  vinti  dagli  immoderati  —  5.  Inesatlezze  ufficiali  —  6.  (Giun- 
ia  dei  Compilatori)  L'Annuaire  dell'Umversita  di  Lovanio. 

1.  II  giorno  15  Dicembre  si  riuni  la  Camera  dei  deputati,  e  il  giorno  23 
ne  fu  rimessa  la  riconvocazione  al  19  di  Gennaio.  Yi  dir6  in  primo  qual- 
che cosa  sopra  alcuni  avvenimenti  di  questa  breve  sessione.  La  verificazio- 
ne  de'poteri  si  fece  con  piii  quiete  di.quello  che  si  aspettava.  La  elezione 
di  Marche  avea  eccitati  lamenti  per  parte  di  qualche  eleltore,  il  quale  pre- 
•tendeva  eesere  state  deposte  nell'urna  schede  riconoscibili :  cosa  contraria 


378  CRONACA 

alia  legge  che  vuole  segreti  i  voti.  Non  pertanto  si  e  fatto  di  ci6  poco  con- 
to;  si  che  il  deputato  liberate  venne  ammesso  per  buono. 

Si  discusse  per6  alquanto  sopra  il  fatto  seguente.  Secondo  la  legge  elet- 
torale del  1851,  sono  nulli  tutti  quei  suffragi  che  non  sono  abbastanza  de- 
terminati :  ma  la  legge  non  istabilisce  veruna  formola  certa.  Ricavasi  pe- 
r6  da'casi  precedent!  che  il  nome  solo  del  Candidate  non  basta,  potendo  il 
nome  solo  convenire  a  piii  d'una  persona  eleggibile.  Infatti  a  Dinant  ilsi- 
gnor  Thibaut,  candidate  cattolico,  e  gia  depulato  nella  cessata  sessione,  fa 
escluso  dalla  Camera ;  non  avendo  volute  1'ufiizio  elettorale  menargli  per 
buone  due  schede  che  non  contenevano  che  il  solo  suo  nome.  Parirneuti  a 
Lovanio  il  sig.  de  Wauters,  candidalo  cattolico,  e  deputato  della  cessata 
Camera,  ne  fu  escluso  per  lo  stesso  motivo.  Ma  ecco  che  in  Ath  il  sig.  Pri- 
son, candidate  liberale,  la  vinse  sopra  il  suo  concorrente  per  la  maggioran- 
zad'un  vote  solo,  grazie  a  due  schede  non  contenenti  parimenteche  il  solo 
suo  nome  ed  ammesse  dall'uffizio  elettorale. 

La  Camera,  secondo  1'art.  34  della  Costituzione  «  verifica  i  poteri  del 
suoi  membri,  e  giudica  le  questioni  che  possono  sorgerc  a  questo  proposi- 
to  ».  Come  si  regolera  dunque  la  Camera  poste  quelle  contraddittorie  deci- 
sion! degli  uffizii  elettorali?  1  conservatori  propongono  una  soluzioae  iden- 
tica  ammettendo  tutli  e  tre  quei  deputati  o  ricusandoli  ugualmente,  non, 
potendo  la  Camera  accogliere  interpretazioni  opposte  tra  loro.  I  liberali  pro- 
pongono la  esclusione  dei  due  cattolici  e  la  ammissione  del  terzo  liberale, 
E  perche  questo  ?  II  vero  perche  non  occorre  dirlo;  ma  quelloche  i  liberali 
allegano  si  e  che  gli  uftizi  hanno  cosi  deciso  senza  lamenti  di  veruno,  co- 
me se  non  dovesse  poi  la  Camera  decidere  sopra  queste  questioni.  Inoltre 
dicono  che  ad  Ath  la  viva  lotta  che  ivi  ebbe  luogo,  dioot6  chiaro  di  qual 
signor  Prison  si  trattasse;  come  se  la  lotta,  anche  piii  viva,  di  Dinant  e  di 
Lovanio,  non  dinotasse  parimente  che  i  due  membri  iscritti  nelle  liste  dei 
conservatori  furono  quegli  stessi  che  poi  uscirono  eletti.  Ma  siccome  la 
maggioranza  e  liberale  (liberale  pure  nell'  inventare  spedienti  e  pretesti)  T 
cosi  ella  ammise  il  sig.  Prison  Jiberale,  ed  escluse  i  candidati  cattolici. 
Ecco  la  giustizia  de'  partiti  sempre  simili  a  se  medesimi ,  sia  nel  Belgio,  sia 
nel  Piemonte,  dove  si  ammeltono  nella  Camera  i  Canonic!  liberali  e  se  ne 
escludono  i  Canonic!  conservatori; 

2.  Verificati  i  poteri,  i  liberali  in  coro  dichiarono  Presidente  il  signor  Ver- 
haegen,  il  gran  Mastro  dei  Frammassoni  belgi,  il  Presidente  dell' associazio- 
ne  liberale  di  Brusselle,  il  capo  dell'universita  libera,  1'inventore  di  tulte  le 
ealunnie  contro  i  Cattolici,  colui  stesso  che  la  vigilia  del  10  Decembre  in- 
dirizz6  agii  elettori  una  lettera  circolare  da  lui  sottoscritta,  dove  prelendea 
dimostrare  chei  conservatori  sono  nemici  dell'ordine,  della  proprieta,  della 
Coslituzione,  del  Trono,  dell' indipendenza  nazionale.  Costui,  che  ebbe  il  co- 
raggio  di  sottoscrivere  tanle  odiose  ealunnie,  salito  sulla  tribuna,  dissealla 
Camera,  o  meglio  al  suo  partito :  « lo  sono  lieto  e  superbo  della  confidenza 
che  veggo  da  voi  in  me  riposta.  In  nome  del  nostro  libero  Belgio,  io  accet- 
to  questo  attestalo  di  confidenza  con  gratitudine,  e  come  I'  approuazionc, 


CONTEMI'ORANEA  379 

<della  mia  condotla  politico,.  I  due  vicepresidcnti  ancora  sono  liberal!  e,  co- 
me il  sig.  Verhaegen ,  avvocati  a  Brusselle.  La  dcstra  avca  sempre  per  lo  ad- 
dietro,  per  un  certo  spirilo  di  conciliazione  e  di  lealla,  nominate  vicepre- 
sidente  un  avversario;  ma  la  sinistra  quundo  e  in  maggioranza  non  cono- 
sce  punto  la  delicatezza  nel  procedere. 

3.  La  Camera  pass6  poi  a  votare  leggi  urgenti,  ma  poco  important!,  le  quali 
non  diedero  luogo  a  discussiani.  L'  ultimo  giorno  per6  un  deputato  della  di- 
ritta  avendo  a  caso  detto  come  la  Camera  in  Maggio  fosse  stata  sciolta  per 
cagione  della  sommossa,  il  sig.  Rogier  Ministro  dell'  Interno,  prese  questa 
espressione  come  un  oltraggio  alia  Camera,  al  Governo,  alPaese.  «  No,  sog- 
giunse,  non  e  vero  che  il  paese  sia  stato  in  preda  alia  sommossa.  E  questa 
una  calunnia  che  io  rigetto  a  nome  del  paese.  Vi  e  stato  movimento,  agita- 
zione  nelle  strade,  non  pert  sommossa  a  Brusselle. » II  signor  Conte  Detheux 
si  levo  allora  per  dichiarare  ,  in  nome  della  destra,  che  la  discussione  poli- 
tica  sopra  gli  avvenimenti  passati,  non  potea  farsi  cosi  a  caso,  e  che  in  tem- 
po migliore  se  ne  sarebbe  discorso  pacatamente.  Nel  che  convennero  tutti. 
Intanto  per6,  secondo  il  giudizio  del  Ministro  dell'  Interno,  cui  fa  eco  la  si- 
nistra, pare  ehe  si  debba  credere  che  non  vi  fu  sommossa ;  la  qual  notizia 
giungera  certamente  nuovissima  all'  Europa.  Tutti  finora  aveano  creduto  il 
contrario ,  ma  ci6  fu  per  inganno  di  que'  giornali  cattolici  che  il  sig.  Rogier 
chiama  faziosi  in  quel  medesimo  suo  discorso.  Noi  abbiamo  reduto  offeso 
ilNunzio  Apostolicoedinsultatiideputati  della  diritta  all'uscire  che  faceano 
dalla  Camera  ;  abbiamo  udito  gridare  «  Abbasso  la  maggioranza,  abbassoi 
Conventi,  alia  lanterna  »  ecc.  ecc. ;  abbiam  visto  rotti  i  vetri  delle  case  dei 
religiosi  che  non  entravano  per  nulla  in  una  legge  che  non  li  riguardava 
punto  e  che  essi  non  aveano  certamente  fatta,  ma  che  era  il  pretesto  della 
sommossa ;  abbiam  visto  rompere  le  invetriate  a  Brusselle  e  nei  sobborghi 
ad  Anversa,  a  Liegi ,  a  Lovanio,  a  Verviers,  a  Mons ;  si  diede  sotto  i  nostri 
occhi  il  sacco  alia  scuola  dei  Fratelli  delle  Scuole  Cristiane  in  Jemmappes, 
dove  si  commisero  alti  brutali ;  sappiamo  che  un  centinaio  almeno  dei  piu 
colperoli  (per  non  parlare  delle  ceutinaia  che  sono  in  liberta)  stanno  ad 
espiare  nelle  prigioni  il  loro  delitto  di  sommossa,  grazie  ai  tribunali  che  non 
ragionano  come  il  signor  Rogier;  abbiam  visto  tutto  questo  e  converra  udirci 
dire  in  viso  dal  sig.  Ministro  dell'  Interno  che  non  ci  fu  sommossa,  ma  un 
piccolo  moto,  e  questo  ancora  per  1'onore  del  paese?  Certamente,  seuna 
menoma  parte  dell'accaduto  in  danno  della  destra  si  fosse  tentato  contro  La, 
sinistra ,  i  fogli  liberal!  di  tutta  Europa  sarebbero  ancora  adesso  in  fuoco  e 
in  liamme  declamando  contro  la  tirannia  dei  clerical! ,  e  piangendo  le  in- 
nocent! vittime  liberali.  Ma  sopra  questo  punto  ritorner6  altra  volta  quando 
si  fara  nella  Camera  la  discussione  promessa  sopra  questo  particolare. 

4.  Fuori  della  Camera  ci6  che  attira  1'attenzione  di  molti  si  e  ancora  una 
•elezione ;  giacchfe  essendo  il  signor  Rogier  stato  eletto  a  deputato  di  due  col- 
legi  elettorali ,  ed  avendo  egli  ottato  per  Anversa ,  rimane  ad  eleggersi  un 
deputato  in  Brusselle.  II  National,  organo  del  radicalismo  empio,  propone 
il  sig.  Perceval',  antico  deputato  liberate ,  non  riuscito  a  Malines  il  10  De- 


380  CRONACA 

cembre.  Questa  candidatura  non  sembra  molto  gradita  al  Ministero,ne  aF 
sig.  Verhaegen,  che  finora  fu  padrone  delle  elezioni  di  Brusselle.  II  giorno 
dopo  del  trionfo  generale  delle  elezioni,  1'  Osserv alore,  organodei  frammas- 
soni  di  Brusselle,  con  ipocrita  moderazione  scrisse  «  II  liberalismo  coslitu- 
zionale  trionf6  colle  sole  sue  forze  in  tutta  la  sua  schiettezza  ed  in  tutta  la 
suapienezza;  neil  radicalismo  ebbe  nel  trionfo  la  minima  parte  ».  II  radi- 
calismo  offeso  prov6  nel  National,  colla  dimostrazione  delle  cifre,  die  senza 
il  suo  appoggio,  il  liberalismo  sarebbe  stato  vergognosamenlebattuto,  ed  ora 
egli  assicura  cheil  Perceval  sara  eletto,  anche  malgrado  delle  ingratitiidini 
de'  liberali,  nelcaso  che  cssi  osassero  opporsi.  Qual  parti  to  prendere  in  tal 
caso?  Accettando  il  Candidalo  i  liberali  si  confessavano  vinti,  rifiutandolo 
si  correva  pericolo  di  una  sconfitta.  Ma  fecondi  come  essi  sono  nel  trovare 
partito,  troveranno  certamente  anche  questa  volta  come  cavarsela  con  qual- 
che  pretesto.  Staremo  a  vedere;  e  ci6  servira  tutl'insieme  d'istruzione  e  di 
pascolo  allacuriosita  4. 

5.  II  Monitore Belga,  Giornale  Ufficiale,  fu  finora  libero  dalle  influenze  dei 
partiti.  Ma  ora  egli  6  sotto  la  dipendenza  del  nuovo  Ministero  liberale  e  perci6  e> 
diventato  anch'egli  obbedientissimo  servitore  come  tuttiipiii  caldi liberali. 
In  un  recente  articolo  sopra  le  elezioni  egli  si  fece  1'  eco  dei  giornali  del 
partito  e  ripete  persino  le  loro  menzogne  o  inesattezze  che  sieno.  Per  dar- 
vene  una  prova  palpabile,  egli  dice  che,  sopra  77  mila  votanti ,  vi  furono- 
12,000  voti  di  maggioranza  in  favore  dei  liberali.  Ora  la  GazzeUa  di  Lieyi, 
giornale  caltolico  ,  il  quale,  anche  prima  del  risultato  definilivo,  avea  gia 
calcolato  approssimativamente  il  trionfo  per  5,000  voti,  falto  poi  il  calcolo 
esatto  ne  ha  trovati  poco  piii  di  seimila.  II  Giornale  di  Liegi  pubblicalo 
dai  liberali,  e  la  Tribuna  pubblicata  dagli  ultraliberali  diceva  il  medesimo. 
Giacche,  volendo  esagerare,  non  passano  la  cifra  di  7  mila.  L' Independance 
Beige,  con  quella  imperterrita  audacia  del  mentire  che  6  dole  comune  dei 
giornali  del  suo  partito,  annunzi6  invece  che  il  Irionfo  fu  per  12  mila  voti. 
E  con  lei  esce  fuori  ad  ingannare  il  pubblico  anche  il  Monilore  ufficiale,  il 
quale  come,  1' Independance,  pronnnzia  non  solo  senza  prove,  ma  contro- 
tutte  le  prove  ,  il  suo  oracolo  dei  12  mila  voti.  E  inutile  il  dissimularlo :  il 
liberalismo  coll'  audaeia  dei  suoi  fatti  e  delle  sue  menzogne  si  scava  da  sc 
sotto  i  piediun  tal  abisso  di  disprezzonel  mondo  civile,  che  1'orse  il  mondo 
dovra  la  sua  piu  presta  liberazione  da  quella  peste  appunto  all'  eccesso  del 
suo  misfare. 

—  6.  Giunla  dei  compilatori.  Abbiamo  ricevuto  in  quesli  giorni  1'  An- 
nuaire  per  1'anno  1858  deU'Universita  Gattolica  di  Lovanio,  la  quale  ha  cosi 
pubblicato  il  ventiduesimo  volume  delta  sua  storiae  statistica;  giacchelT- 
niversita  fondata  nel  1835  pubblic6  ogni  anno  un  simile  Annuario.  II  pre- 
sente  e  diviso  in  tre  parti.  La  prima,  oltre  la  parle  statistica  (di  cui  accen- 

4  I  dispacci  telcgrafici  ci  annunziarono  che  il  Perceval  fu  eletto  dcputato :  il  che  dimostra 
che  nel  Bclgio.  come  altrove,  i  frammassoni  la  vincono  sempre,  in  ultima  analisi ,  contro  i  lile- 
rali  piu  moderati  (Nota  de'  Compilatori). 


CONTEMPORANEA  381 

niamo  la  cifra  di  ben  694  scolari  che  in  quest' anno  si  fecero  iscrivere: 
numero  che  gli  student!  non  aveano  mai  toccato  pel  passato )  conliene  k> 
relazioni  dei  lavori  di  tre  istituti  che  fioriscono  in  quell'  Universita ,  cioe 
della  Societa  di  S.  Vincenzo  de'  Pauli,  della  Societa  letteraria ,  e  della  So- 
cieta di  letleratura  fiamminga.  Laseconda  e  la  terza  sono  composte  di  leg- 
gi  e  regolamenli  concernenti  1'Universita  c  gli  stud ii.  Segue  un'  Appendices 
di  opuscoli,  alcuni  dei  quali  assai  rilevanti,  dovuti  alia  penna  del  ch.  Mon- 
signor  De  Ram  Rettore  dell' Universita  e  del  ch,  sig.  Ferdinando  Lefebvre 
professore  di  medicina.  Chiudesi  il  libro  con  alcnni  antichi  documenti  ri~ 
guardanti  la  storia  dei  tempi  passati  di  quest'  inclita  Universita  del  Belgio. 

NOTIZIE  VAIUE.  1.  Ribellione  dei  crisliani  nell'  Erzegovina  —  2.  Morte  di  Rescid 
Fascia  3.  Ritorno  probabile  di  Lord  Hedcliffe — 4.  L'  istmo  di  Suez — 
5.  Indie  inglesi  —  6.  II  pirata  Walker. 

1.  Agli  altri  impacci  nei  quali  si  trova  la  Porta,  dopo  die  la  sua  inte- 
grita  ed  autorita  fu  novellamente  e  solcnnemente  dichiarata,  e  ora  da  ag- 
giungere  la  ribellione  dell'  Erzegovina,  i  cui  abilanti,  che  per  lo  piii  sono- 
greci  scismatici,  hanno  prese  le  armi  contro  1'  autorita  turca.  Molte  cose  si 
dicono  sopra  le  cagioni  di  questa  mossa.  Vi  e  chi  ci  vede  la  mano  dei  li- 
berali  de'Principati  Danubiani,  i  quali  con  questi  tumulti  da  loro  eccitalir 
vogliono  ad  ogni  motlo  far  toccar  con  mano  alle  Potenze  la  necessita  di  se- 
parare  le  province  cristiane  dall'  Impero  Turco.  Vi  e  chi  non  ci  vede  altro 
che  una  scusabile  indegnazionedeicristianioppressi  daiTurchiora  piu  che 
per  l'innanzi,quando  essi  rredeano  anzi  di  dover  essere  rispettati  dopo  le 
promesse  solenni  del  trattato  di  Parigi.  Ma  si  trova  che  1'  esito  fu  di  dover 
pagare  piu  tassediprima:  cosa  che  pare  non  piacere  molto  ai  cristiani  del- 
1'  Erzegovina,  i  quali  sono  in  questo  molto  addietro.  Giacche  dovrebbero  sa- 
pere  che, anche  nei  paesi  piu  colti  di  Europa,  le  tasse  crescono  in  proporzio- 
ne  delcrescere  della  liberta.  Checche  sia  di  questo,  il  certo  e  che  i  cristia- 
ni, specialmenle  greci  scismatici,  si  dicono  da'giornali  essere  ora  in  ribel- 
lione contro  la  Porta:  e  che  questa  ribellione  pare  dover  avere  qualche  se- 
greta  unione  colle  question!  dei  Principal!  Danubiani,  se  non  anche  per  av- 
ventura  con  quella  prelesa  tendenza  di  unione  slava  che  e  una  delle  molle 
ora  piii  usate  dalla  democrazia  cosmopolita  per  sommuovere  il  mondo. 

I  giornali  pero  che  ci  recano  le  notizie  della  ribellione  dei  Greci  scisma- 
tici, assicurano  che  la  Porta  e  nei  caso  di  poterla  per  ora  vincere,  grazie 
all'  esercito  che  vi  ha  sotto  1'  armi,  e  ai  punti  important!  che  ha  nelle  ma- 
ni.  II  che  per6  non  impedisce  che  alcuni  giornali  credano  1'  opposto,  spe- 
cialmente  per  Pincrudire  dell'inverno  die  rende  impraticabili  le  vie  alle- 
truppe.  Credesi  poi  che  1' Austria  interporra  validamente  la  sua  mediazio- 
ne,  ed  anche  le  sue  armi,  se  tanto  sara  necessario  per  impedire  che  la  ri- 
bellione si  propaghi.  Ad  ottenere  il  qual  effetto  il  mezzo  migliore  sarebbe 
Torse  questo,  che  i  Turchi  cioe  non  credessero  piu  di  essere  padroni  despot* 
delle  province  cristiane  del  loro  impended  eseguissero  lealmente  le  promes- 


382  CRONACA 

se  fatle  neir  ultimo  trattato  di  Parigi.  Se  la  Porta  segue  a  mutare  in  nuove 
tasse  i  miglioramenti  chie#tile  dall'  equita  non  meno  che  dalle  Potenze,  se 
segue  a  permettere  che  i  suoi  ufQciali  rendano  la  giustizia  a  peso  d'  oro  ed 
aumentino  cosi  ancora  del  doppio  e  del  triple  i  gia  insopportabili  balzel- 
li ;  -non  si  dovra  stupire  se  il  partilo  libertino,  che  non  e  per6  piii  tenero  di 
lei  ne  della  giustizia  ne  de'popoli,  fara  servire  1"  altrui  a  profitto  del  proprio 
dispolismo. 

Del  resto  e  inutile  il  dissimulare  che  le  province  cristiane  della  Turchia 
sono  forse  destinate  ad  essere  un  fatale  porno  di  discordia.  Giacche  in  prima 
e  da  presupporre  essere  assai  malagevole  che  sotto  la  Turchia  esse  siano  quie- 
le  e  contente.  Ci6  posto  esse  tenteranno  sempre  di  mutare  Governo  sottra- 
endosi  a  quello  della  Porta,  cull'  intenzione  molto  naturale  di  governarsi  da 
se.  Ma  vi  sono  sulle  frontiere  due  imperi,l'auslriaco  e  il  russo.  Questo  cre- 
de  aver  sopra  quelle  province  quasi  un  diritto  di  protezione  religiosa;  non 
essendo  ignoto  ai  nostri  lettori  che  la  Russia  intende  riunire  quasi  sotto  il 
suo  pontificate  laicale  tutti  ipopoli  greci  scismatici.  L'  Austria  poi  non  ha 
certamente  1'  intenzione  di  cedere  alia  Russia  si  belle  province ,  special- 
mente  che  anche  essa  ha  sudditi  di  rito  greco,  e  si  offre  prontissima  a  pren- 
derne  anche  altri  sotto  la  sua  protezione.  Non  ci  vuole  grande  perspicacia 
per  prevedere  da  questo  stato  di  cose  qualche  turbamento  anche  maggiore 
del  presente. 

Le  ultime  notizie  ci  recano  che  la  ribellione  cresce,  che  le  truppe  sono 
state  sconfitte  in  piu  scontri,  che  nuove  truppe  turche  accorrono  per  do- 
mare  la  sollevazione,  e  che  1'  Austria  pure  ha  spediti  soldati  alle  frontiere. 
Una  delle  cause  della  sommossa  dicesi  essere  stata  la  propagazione  nelle 
province  cristiane  di  parecchi  esemplari  dell'  Ukase  imperiale  russo  sopra 
remancipazione  degli  schiavi. 

2-  La  Porta  ha  perduto,  il  giorno  7di  Gennaio,  di  morte  quasi  improvvisa  il 
piii  abile  de'  suoi  Ministri  e  politici ,  Rescid  Pascia,  uomo  certamente  assai 
colto  per  Turco,  e  che  anzi  non  avea  di  Turco,  forse,  che  la  nascita  e  il  no- 
me.  Egli  era  ostile  anzi  tutto  alia  Russia  ed  amicissimo  dell'  Inghilterra : 
pensava  che  1'impero  turco  non  poteva  mantenersi  senza  1'aiuto  di  qualche 
Potentate  europeo:  e  tra  questi  diceva  che  1'Inghilterra  era  quella  che  chie- 
deva  meno  e  dava  di  piu.  A  Rescid  Pascia  deesi  dunque  in  gran  parte  la 
potenza  dell'ambasciatore  inglese  in  Gostanlinopoli,  la  guerra  contro  la  Rus- 
sia ,  e  quanto  ne  segui.  L'  avvenira  dira  se  il  Rescid  fu  buon  politico.  Fin 
d'ora  tutti  sono  d'  accordo  nel  concedere  ch'  egli  non  era  Turco  che  di  no- 
me ,  e  che  il  suo  desiderio  era  di  mutare  a  poco  a  poco  la  Turchia  in  uno 
Stato  europeo.  Aggiungesi  ch'egli  stava  appunto  lavorando,  quando  fa 
colpito  dall'  ultima  malattia ,  sopra  un  disegno  che  dovea  rendere  liberi 
i  cristiani  dalle  vessazioni  dei  Pascia.  Pochi  giorni  prima  della  morte  egli 
si  era  riconcifiato  coll'  ambasciatore  francese  che  poco  parea  amare  in  lui 
le  sue  simpatie  verso  1'  Inghilterra  e  percio  1'  opposizione  all'  istmo  di  Suez 
ed  ad  altrecose  desiderate  dalla  Francia  e  negate  dal  Redcliffe.  Egli  fu  Mini- 
stro  sei  voile,  benche  non  sia  morto  che  dell'  eta  di  circa  cinqnant'anni.  Per 


CONTEMPORANEA  383 

impedire  le  vociche  cominciavano  a  nascere  diun  avvelenamentosie  fatta 
1'autopsia  del  cadavere  in  presenza  de'delegati  degli  ambasciatori  europei. 

3.  Insieme  colla  noliziadellamortediRescid  Pascia  giunse  pure  quella  del 
prossimo  ritorno  a  Costantinopoli  di  Lord  Redcliffe,  il  quale  prima  anche  i 
giornali  ingiesi  diceano  aver  questa  volta  compiuta  la  sua  carriera  diplo- 
matica.  Ed  e  chiaro  che  1'  logbllterra,  avendo  perdu  to  il  suo  iniglior  soste- 
gno  nei  consigli  del  Sultano  ,  dee  pensare  a  rimandar  presto  a  Costantino- 
poli quel  suo  arnbasciatore  che  dicesi  avere  sopra  il  Sultano  si  alto  pote- 
re.  Ma  il  Redcliffe  ha  tanti  nemici ,  e  1' Inghilterra  e  ora  colla  Francia  in 
termini  di  si  delicate  condizioni,  che  non  sarebbe  strano  che  la  Francia  riu- 
scisse  ad  impedire  quel  ritorno  e  ad  ottenere  essa  pure  alia  sua  volta  un 
po'di  predominio  presso  la  sublime  Porta. 

4. 1  giornali  pubblicano  la  domanda  formale  fatta  dal  Lesseps  al  Govemo 
turco  per  1'  apertura  dell'  Istmo  di  Suez.  II  Lesseps  chiede  che  il  Governo 
prima  di  tutto  esamini  se  il  canale  e  utile  o  no  ai  suoi  medesimi  interessj. 
Quando  avra  giudicato  questo  punto ,  a  lui  pure  apparterra  il  giudicare 
ancora  sopra  la  questione  di  neutralita  del  Ganale.  Dopo  il  giudizio  da  lui 
recato  sopra  un' opera  che  si  fa  nel  suo  territorio ,  le  allre  Potenze  saranno 
da  lui  richieste  di  dare  il  loro  parere  e  di  accedere  ai  suoi  desiderii  di 
neutralita  del  canale.  Cosi  la  queslione  interna  di  esecuzione  sara  separata 
dalla  questione  esterna  di  neutralita;  siccome  opiua  il  Principe  di  Metter- 
nich,  la  cui  opinione  e  citata  nel  tcsto  della  domanda. 

A  questo  proposito  narrano  alcuni  giornali  tedeschi  che  non  vi  e  proba- 
bilita  veruna  die  1'  Inghilterra  sia  mai  per  restituire  alia  Porta  1'  isola  di 
Periin.  Al  piu.  glie  ne  paghera  il  prezzo  a  danari.  Aggiungono  che  1' Austria 
propendead  approvar  questa  transazione,  tantopiu  che  dicesi  averl'lnghil- 
terra  promesso  di  non  opporsi  piu  all'  apertura  del  canale  di  Suez  quando 
essa  sia  sicura  di  possedere  I'isola  di  Perim,  colla  quale  puo  quando  il  voglia 
chiudere  il  passaggio  del  canale. 

5.  La  famosa  presa  di  Lucknow  ,  che  il  Giornale  del  dibattimenti  difen- 
deva  valorosamente  conlro  1'  Univers  ed  altri  giornali  che  osavano  dubi- 
tarne ,  si  sa  ora  non  essere  stato  altro  che  la  liberazione  degl'  Ingiesi  car- 
cerati  nella  fortezza.  Che  anzi  ora  e  certo  che  gl' Ingiesi  hanno  aff'atto  sgom- 
berato  il  regno  di  Ude,  ritirandosi  a  Gawnpore  che  e  il  luogo  di  concentra- 
mento  dell'esercito  inglese.  Sir  Colin  Campbell  vide  di  non  aver  soldati  ab- 
•bastanza  per  prendere  la  citta  e  mantenersi  nel  rngno.  Pens6  dunque  bene 
di  ritirarsi  dopo  salvati  i  pochi  Ingiesi  di  Lucknow.  E  questo  e  il  fatto  piu 
rilevante  accaduto  in  questo  frattempo  nell' India;  la  quale  intanto  segue 
ad  essere  la  tomba  dei  Generali  ingiesi,  giacche  vi  e  anche  morto,  i!25  No- 
vembre,  di  dissenteria  il  Generale  Havelok. 

Se  ben  si  considera  ,  si  pu6  dunque  ricavare  dalle  notizie  ultime  die  gli 
Ingiesi  progredirono  poco  nella  conquisla  dell'lndia.  Giacche  non  solo  la  presa 
di  Delhi  non  pacilico  il  paese,  eome  si  sperava,  ma  condusse  1'esercito  in- 
diano  nel  regno  di  Ude ,  dove  esso  fe  si  bene  capo  che  vinse  gl'  Ingiesi  c 
sforzolli  ad  abbandonare  il  paese.  Intanto  sono  continue  le  notizie  di  nuovi 


384  CKONACA  CONTEMPORANEA 

sollevamenti  di  truppe  e  di  sconlri  coi  ribelli:  coi  qnali  ora  gl'  Inglesi  hanno 
perfinoimparato  a  perdere,  siccome  accadde  poco  fa  al  colonnello  Windham 
battuto  e  sconfitto  dagli  Indian!  colla  perdita  di  un  intero  reggimento  in- 
glese. 

Peggiore  poi  e  la  notizia  che  ci  da  il  Daily  News  del  15  Gennaio:  il  quale 
afferma  come  cosa  certa  che  ora  la  rihellione  c  popolare  e  nazionale  nel  re- 
gno  di  Ude,  si  che  gli  Europei  sono  stati  di  nuovo  uccisi  in  gran  numero 
anche  cola  dove,  prima  degli  ultimi  felici  successi  dei  ribelli,  essi  erano  in- 
vece  protetti  e  celati  alle  ricerche  della  soldatesca  indiana.Perle  quali  cose 
si  dice  che  gli  Inglesi  abbiano  per  ora  rinunziato  alia  ricoriquista  del  regno  di 
'Ude.  II  quale  delresto  non  era  stato  riunito  all'impero  inglese  che  nel  1856 
a  grande  ingiuria  della  casa  reale  di  Ude,  di  cui  alcuni  membri  debhono 
ancora  presentemente  trovarsi  a  Londra  per  perorare  la  propria  causa.  Ma 
Ja  ribellione  avra  forse  ottenuto  quello  che  invano  potea  sperarsi  dalla  Com- 
pagnia  dell'  India. 

Ci6  che  merita  altresi  qualche  considerazione  si  e  cbe  non  si  sa  che  cosa 
facciano  qnei  50  o  60  mila  Inylesi ,  che  partiti  dall'Inghilterra  alcuni  mesi 
sono,  avrebbero  ormai  dovuto  averla  finita  colla  ribellione.  II  Pahnerston 
per  far  vedere  che  era  inutile  1'istmo  di  Suez,  voile  far  andar  1' csercito 
pel  Capo  di  buona  speranza:  per  non  lasciar  poi  le  costeinermi  dinanzi  ad 
una  invasione  forestiera  voile  farlo  partire  su  navi  a  vela.  Intanto  alcuni 
sono  giunli  ed  altri  errano  ancora  nell'Oceano ,  mentre  i  ribelli  indiani  pro- 
fitlano  del  tempo,  e  la  giunta  parlamentare  d'inchiesta  sopra  le  cause  del 
ritardo  si  prepara  a  chiedere  conto  al  Palmerston,  nella  prossima  sessione, 
<lel  perche  si  sia  cosi,  per  un  vano  puntiglio  ed  un  vano  timore,  posta  a  re- 
pentaglio  la  riconquista  dell' India. 

6.  II  pirata  Walker  era  riuscito ,  come  nan-ammo ,  ad  armare  di  nuovo 
una  flolta  per  invadere  il  Nicaragua  ,  a  partire  coi  suoi  compagni  sotlogli 
occhi  delle  aulorita  amcricane  ed  a  viaggiare  felicemente  iin  alle  coste 
dell'America  centrale ,  mentre  il  Presidenle  Buchanan  stava ,  con  mirabile 
eloquenza,discorrendocontro  il  suo  disegno.  Ginnlo  presso  Greytown  il  24 
Novembre  sul  vapore  la  Fashion  ,  il  Walker  sbarco  sulla  costa  un  45  pi- 
rali :  poi  entr6  nel  porto  di  Greytown  a  tutta  forza  di  vapore  sotto  i  can- 
noni  della  fregata  degli  Stati  Uniti,  Saratoga.  Appena  toccato  lo  scalo  il 
"Walker  scese  con  141  pirati.  Ma  pochi  giorni  dopo  giunse  un'altra  fregata 
comandata  dal  Comodoro  Paulding  :  i  due  legni  posero  a  terra  400  uomini : 
«  cosi  sforzarono  il  Walker  ad  obbedire.  Egli  si  rese  prigioniero  a  parola  , 
e  ritorno  negli  Stati  Uniti  il  27  Dicembre.  II  curioso  6  che  ora  i  magislrati 
•americani  pretendono  che  1'arresto  del  pirata  e  illegale  e  contrario  all'indi- 
pendenza  del  Nicaragua,  perche  operato  sopra  il  suo  territorio.  Se  il  Walker 
sara  perci6,  com'e  probabile,  conservato  in  libertae  se  riusciradi  nuovo  ad 
invadere  1' America  centrale,  questo  Stato  sara  vittima  del  troppo  rispetto  che 
te  professa  la  sua  sorella  maggiore  la  Reptibblica  degli  Stati  Uniti. 


LE   CONQUISTE 


DELL' OTTANTANOVE 


Parecchie  volte  abbiamo  in  questi  quaderni  fatta  menzione  delle 
dottrine  ,  le  quali  governarono  la  grande  rivoluzione  francese  che 
chiuse  il  passato  ed  apri  questo  nostro  secolo  ;  e  colle  dottrine  men- 
zionammo  altresi  i  vantaggi  sociali  e  politic!  che  altri  pretese  es- 
sersi  raccolti  da  quell'immenso  e  diuturno  commovimento :  dottrine 
e  vantaggi  che  soglionsi  nominare  principii  e  conquiste  dell'  ottan- 
tanove.  E  ricorderanno  i  nostri  lettori  che  noi  sempre  ne  parlarn- 
mo  non  solo  con  diffidenza,  come  farebbesi  di  cose  molto  equivoche 
e  quasi  traditrici,  ma  conaperta  riprovazione,  che  si  faceva  giusta 
indegnazione  ogni  qual  volta  alia  intrinseca  falsita  loro  si  veniva  ad 
accoppiare,  per  cognazione  d'  idee,  la  rimembranza  di  quelle  im- 
mani  scelleratezze  che,  a  nome  di  quei  principii,  furono  consumma- 
te, e  quelle  maggiori  che,  in  forza  dei  principii  stessi.  sotto  i  no- 
stri occhi  ed  a  danno  della  moderna  societa  si  vanno  macchinando. 
Cosi  quando  novellamente  1'  intera  Europa  era  compresa  da  orrore 
e  da  spavento  per  I'  infame  attentato  alia  vita  di  Napoleone  III,  noi 
alia  vista  di  una  strage,  quale  per  somiglianti  occasioni  a  nostra  me- 
moria  non  si  era  mai  osservata,  e  di  quella  incolumita  prodigiosa 
concessa  dalla  Provvidenza  alia  vita  che  sola  era  tolta  di  mira,  noi, 
Scrie  III,  vol.  IX.  25  4  Felbraro  1858. 


386  LE  CONQUISTE  DELL'  OTTANTANOVE 

diciamo,  a  quello  aspetto  non  sapemmo  temperarci  dal  pigliarla  non 
tanto  cogli  uomini  scellerati  che  perpetrarono  quell'eccesso,  quan- 
to  cdlle  dottrine  che,  avendo  loro  di  lunga  mano  pervertitele  menti, 
ne  armavano  altresi  la  mario  ad  un  colpo,  che  avrebb.e  potuto  get- 
tare  lo  scompiglio  nella  maggiore  e  miglior  parte  di  Europa.  L'ar- 
ticolo :  Nuovo  attentato  e  vecchi  printipw  I  questo  appunto  tolse  a 
mostrare;  e  siamo  sicuri  che  ogni  persona  assennata  ha  dovuto, 
senza  piu,  venire  in  quella  opinione  confermata  dalla  evidenza  di 
tanti  fatti :  la  vita  precaria  del  mondo  civile,  il  rischio  presentissi- 
mo  di  precipitare  nell'  anarchia,  i  folli  e  mostruosi  conati  per  get- 
tarlovi,  la  poca  fiducia  che  esso  pu6  avere  nei  presidii  material!, 
onde  ha  dovuto  circondarsi,  tutto  avere  la  prima  sua  origine  in 
quelle  malaugurate  conquiste  dell'  ottantanove. 

Le  quali  cose  essendo  cosi,  vede  ognuno  che  ai  Cattolici  e  diciamo 
anche  agli  amici  dell'ordine  civile,  non  potea  parer  hello  ed  utile 
che  quelle  conquiste  fossero  quasi  a  viso  aperto  applaudite  da  perso- 
ne  che  pure  si  pregiavano  di  essere  nimiche  di  rivoluzioni.  Ci  parea 
anzi  a  dir  poco,  un  peccare  manifesto  contro  la  logica  quel  profes- 
sare  i  principii  ed  all1  of  a  stessa  abbominare  e  contrastare  con  ogni 
mezzo  possibile  le  illazioni,  soprattutto  quando  queste  si  volevano 
recare  alia  pratica.  Ma  ecco  che  1'Imperatore  dei  Francesi,  tre  gior- 
ni  appena  dopo  la  prodigiosa  incolumita  serbata  in  un  nembo  di 
proietti  che  colpirono  pure  presso  ad  un  centinaio  e  mezzo  di  circo- 
stanti,  nel  discorso  tenuto  nell'  occasione  di  aprirsi  la  Sessione  le- 
gislativa  del  1858,  pronunzio  una  di  quelle  verita  ponderatissime, 
che  sempre  lampeggiano  in  somiglianti  suoi  discorsi^  la  quale  fa 
molto  a  proposito  per  dileguare  dagli  animi  onesti  quelle  apprensio- 
ni  che  dicemmo  sopra,  intorno  a  credere  le  conquiste  dell'  89  pro- 
fessate  da  cui  si  dovrebbemeno.  Egli,  quasi  per  rettificare  le  men 
giuste  interpretazioni  date  da  certuni  ad  altre  sue  parole,  ha  spie- 
gato  che  I'  Impero  nulla  ricusa  di  quello  che  in  opera  di  bene  e  d'  in- 
civitimmlo  pub  aechiudersi  nei  grandi  principii  delV  oltantanove^ 

1  Ques'.o  volume  p»g.  2o7  e  seg£. 


LE  CONQUISTE  DELL'  OTTANTANOVE  387 

Pereiocche,  avendo  richiesto:  Qu  est-ce  que  V Empire?  Esl-ce  un 
gouvernement....  desireiix....  eT empecher  dans  le  monde  le  rayonne- 
ment  pacifique  de  tout  ce  que  les  grands  principex  de  89  .ant  de  bon  ett 
de  civilisateur?  risponde  risolutamente  che  no.  Vero  eclic  le  parole 
dette  in  altre  circosUnze,  chi  le  avesse  paragonate  coi  fatti,  non 
poteario  avere  altra  significazione  che  questa.  Tuttavolta  riputiarao 
vera  conquista  del  08  I'essersi  esplicitamente  detto  e  con  termini 
tanto  espressivi,  che  indarno  oggimai  vi  potrebbero  fondare  colpe- 
voli  speranze  coloro,  cui  troppo  rileva  che  alle  Conquisle  delfoitan- 
tanove  si  dia  ben  altra  significazione  da  quella,  che  loro  ha  dato  in 
questa  solenne  circostanza  1'  Imperatore. 

A  queste  considerazioni  molti  nostri  lettori  spalancheranno  gli  oc- 
chi,  e  per  poco  non  si  faranho  le  croci  a  sentire  che  alcuna  cosa  di 
bene  e  di  forza  incivilitrice  puo  trovarsi  in  dottrine  che,  allargandosi 
sull'  Europa,  vi  portarono  lo  spavento,  la  distruzione  degli  antichi 
ordini,  e  la  insigne  inabilitaa  costituirne  dei  rmovi  •,  in  dottrine  che 
formarono  lo  sgomento  dei  nostri  padri  e  non  furono  feraci  che  di 
pubblici  scompigli  e  di  private  sventure;  in  dottrine  insomnia  che, 
disserratesi  sulla  societa  cristiana,  lacoprirono  di  yituperii  e  di  san- 
gue,  e  1'avrebbero  in  piccolissimo  tempo  fatta  rinvertire  ai  corrom- 
pimenti  del  Paganesimo,  se  non  fosse  soprarrivata  ad  arrestarne  il 
corso  una  mano  potente,  a  cui  venne  fatto  di  governare  la  rivolu- 
zione  perche  la  spense.  E  nondimeno  signori  si !  alcuna  cosa  di 
vero  e  di  bene  si  acchiude  in  quei  principii ;  ne  la  Civilta  Cattolica 
ha  dovuto  aspettare  nove  anni  per  impararlo  e  per  dirlo.  Noi  lo  di- 
cemmo  fino  dal  primo  volume  della  prima  serie,  il  secondo  o  terzo 
mese  da  che  scrivevamo.  Chiedendo  allora  se  e  come  potea  trovarsi 
un  Liberale  cattolico  *,  ne  rendemmo  appunto  questa  ragione,  del 
trovarsi  cioe  qualche  parte  buona  in  tutto  il  sistema  che  dicesi  co- 
munemente  libertiriismo  o  liberalismo ,  e  che  in  sustanza  e  lo  svol- 
gimento  piu  o  rneno  ampio  di  quelle  famose  conquiste.  E  cosi , 
aggiungevamo  allora,  ne  guari  diversamente  diciamo  al  presente. 

1  Civilta  Cattolica,  I  Serie,  vol.  I:  Un  Liberale  cattolico.;  pag.  537  e  segg. 


388  LE  CONQUISTE  DELL'  OTTANTANOVE 

Potendo  avvenire  che  un  cattolico  ed  onesto  uomo  si  attenga  alia 
sola  parte  buona  di  quel  sistema,  o  senza  avvertire  o  senza  curare 
il  molto  male  a  cui  £  commista,  esso  potra.  almeno  nella  speculativa 
e  parzialmente,  essere  liberale  senza  che  vi  sia  ragione  di  attribuir- 
gli  tutti  i  torti  e  tutti  gli  esorbitanti  traviamenti  che  a  quel  nome 
sono  stati  associati.  Ne  d'altra  parte  dee  rerare  meraviglia  che  nel- 
1'errore  si  possa  trovare  qualrhe  elemenfo  di  verita  •,  essendo  questa 
anzi  una  condizione  essenziale  al  falso  come  al  male,  il  non  potersi 
trovare  isolati  per  forma ,  che  non  ammettano  alcuna  mistura  del 
loro  contrario,  in  quanto  che  il  puro  male  ed  il  falso  assoluto  sono 
niente  altro  che  la  negazione  ed  il  nulla.  Fino  nei  sogni  piu  mo- 
struosi  e  bizzarri  del  febbricitante  uopo  e  che  vengano  a  comporsi, 
o  piu  veramente  a  scomporsi  i  fantasmi  degli  oggetti  reali  veduti  in 
veglia. 

Ora,  pigliando  le  mosse  dal  movimento  riformatore  che  inizid  la 
moderna  era,  come  vogliono  alcuni,  nei  primi  lustrt  del  secolo  se- 
stodecimo,  egli  &  manifesto  che  nei  sentimento  cattolico  6  innate 
un  principio  di  verace  riforma  ordinatrice,  come  nella  indipendenza 
eterodossa  e  acchiuso  un  principio  di  falsa  riforma  sovvertitrice.  Di 
qui  e  agevole  il  vedere  come  nell'uno  e  nell'altro  trovasi  il  comune 
elemento  di  riforma,  la  cui  necessita  era  invocata  perdiversi  ed  op- 
posti  motivi.  Questo  era  il  vero,  e  rappresentava  quella  parte  buona 
chenoi  dicemmo  essersi  trovata  negl'inizii  della  rivoluzione  fran- 
cese,  ed  in  quelli  eziandio  della  eresia  luterana.  Questa  al  primo  suo 
mostrarsi  avea  gridato :  Riforma;  e  gridolla  tanto  che  ne  ritenne  il 
nome  ingiustamente  e  quasi  per  antifrasi.  Ora  che  molto  vi  fosse  a 
riformare  in  quel  tempo  nella  Chiesa  lo  mostr6quinci  a  poco  il  Con- 
cilio  di  Trento,  del  quale  non  sai  se  meglio  meritasse  del  Cattolici- 
smo  colle  autorevoli  dichiarazioni  date  al  domma ,  ovvero  colle  sa- 
'  lutari  riformazioni  introdotte  nella  disciplina.  E  pertanto  questa  fu 
lo  parte  vera  che  si  acchiudeva  in  quell'  immense  movimento  degli 
inizii  del  secolo  sestodecimo.  Ma  esso  di  quel  vero  abuso  strana- 
mente,  precipitando  in  quegli  eccessi  di  senso  private  e  di  coscienza 
indipent'ente,  che  fecero  del  Protestantesimo  una  macchina  impos- 


LE  CONQUISTE  DELL*  OTTANTANOVE  389 

sibile  a  tenersi  in  piedi  ,  senza  i  puntelli  governativi  ed  ,  eziandio 
con  questi,  dannata  a  risolversi  in  quel  Razionalismo,  a  che  lo  ve- 
diamo  venuto  al  presente.  Non  allrimenti  vuol  discorrersi  della  Ri- 
volnzione  francese  e  dei  prinnpii  che  la  governarono.  Essa  fu  vera- 
mente  1'applicazione  sociale  e  politica  delle  medesime  dottrine,  che 
aveano  fatta  la  prima  pruova  due  secoli  innanzi  nell'Alemagna ,  in 
opera  di  riforma  religiosa.  Ed  in  questo  secondo  stadio  essa  ebbe 
altresi  il  suo  lato  vero  ,  e  diremmo  anche  il  suo  lato  buono  ,  se  la 
convertibility  metafisica  del  vero  e  del  bene,  non  trovasse  negli  or- 
dini  della  pratica  ostacoli  che  la  rendono  quasi  incredibile.  Tutta- 
volta  e  indubitato  che  la  rivoluzione  dell'  ottantanove  fu  violerita 
reazione  popolare  all'  altra  rivoluzione  che  s'  era  consummata  dai 
poteri  civili  ispiratisi  dalle  medesime  dottrine  della  Riforma  etero- 
dossa-,  ed  i  quali  era  verissimo  ed  era  desiderabile  che  dovessero 
tornare  all'antica  moderazione  cristiana. 

11  signor  Guizot  nella  sua  Sloria  della  Civilizzazione  in  Europa 
spende  molto  ingegno  e  molte  pagine  a  dimostrare  che  la  liberta  ci- 
vile e  stato  frutto  della  Riforma  protestantica  in  Europa  '.  E  se 
intendesse  dello  sbrigliamento  dei  pensamenti  e  delle  cupidita  del- 
V  uomo  individuo  ,  la  cosa  sarebbe  vera  ,  in  quanto  che  ,  tolta  al- 
1'  uomo  ogni  norma  esteriore  di  credere  e  di  operare  ,  e  lasciatagli 
solo  la  coscienza  e  la  Ribbia  interpretata  alia  sua  maniera,  e  mani- 
festo che  esso  si  trovera  licenziato  a  qualunque  cosa,  in  quanto  qua- 
lunque  cosa  pu6  farsi  suggerire  a  furia  di  sofismi  da  una  coscienza 
colpevolmente  erronea;  e  qualunque  cosa  pu6  pretendere  di  avere 
trovato  nella  Ribbia,  senza  che  uomo  al  mondo  possa  muovergliene 
neppure  rimprovero.  E  se  il  Fieri  e  1'Orsini  vi  dicessero  che  essi 
nello  attentare  alia  vita  di  Napoleoiie  III  hanno  obbedito  ad  un  det- 
tame  imperioso  di  pura  coscienza ,  e  probabilmente  lo  diranno ;  se 
^ggiungessero  ,  come  certo  potrebbero,  di  averlo  trovato  in  termi- 
nis  prescritto  loro  nella  Ribbia,  interpretata  col  private  loro  senso  5 

i  Histoire  de  la  Civilisation  en  Europe.  Paris  1849.  —  II  concetto  sopra 
citato  si  scontra  passim,  ma  csplicitamentc  e  insegnato  nella  Lezione  XII* 


390  LE  CONQl'ISTE  DELL~ OTTANTANOVE 

che  potreste  voi  replicare  per  convincerli  rei?  che  potreste  recare 
per  condannarli  siccome  tali?  tntendiamo  che  con  cio  non  sareb- 
be  tolta  ai  Poteri  legittimi  la  facolta  di  disfarsene,  come  di  uomi- 
ni  altamente  pregiudiziali  all'  ordine  sociale.  Ma  dirli  scellerati , 
ma  tenerli  per  colpevoli  di  un  delitto  che  i  nostri  maggiori  guar- 
davano  con  raceapriccio;  oh!  codesto  non  si  potrebbe  mai,  se  pur 
non  vogliate  dire  colpevole  chi  professa  di  seguitare  i  dettami  di 
una  coscienza,  cui  voi  medesirao  dichiaraste  ultimo  ed  unico  giu- 
dice  del  bene  e  del  male  5  ovveramente  dannare  per  colpevole  chi 
asserisce  di  aver  presa  a  sua  norma  la  Bibbia,  interpretandola  con 
quel  senso  privato  ,  che  voi  ,  se  non  qualificaste  per  infallibile  ,  gli 
deste  almeno  come  mezzo  unico  ad  intenderne  il  contenuto.  II  per- 
che  se  per  liberta  s'  intenda  codesto  sbrigliamento  dei  pensieri  e 
delle  cupidita  dell'uomo  individuo,  a  cui  sia  tolto  ogni  freno  este- 
riore,  lasciandogli  a  norma  unica  del  vero  e  del  bene  una  coscienza 
molto  elastica  ed  una  Bibbia  piu  elastica  ancora  della  coscienza  , 
codesto,  ripetiamo,  e  per  fermo  un  dono  della  Riforma  eterodossa. 
Sotto  un  tale  rispetto  nessuno  vorra  contrastarle  questa  precipua 
gloria,  la  quate  la  costituisce  la  eresia  per  antonomasia,  siccome 
quella  che  non  nega  questo  o  quel  domma  della  fede,  non  rigetta 
questo  o  quel  precetto  della  morale,  come  fecero  le  antiche  eresie, 
ma  col  suo  principio  fondamentale  conferisce  abilita  ad  ogni  uomo 
di  negarli  e  trasgredirli  tutti.  La  liberta  a  questa  maniera  e  frutto 
della  Riforma ,  e  nessuno  vorra  contraddire  al  Guizot  che  le  attri- 
buisce  quel  vanto. 

Ma  il  rinomato  professore  non  si  accorse ,  e  forse  neppur  se  ne 
accorse  il  frequente  e  plaudente  uditorio  che  circondavalo  alia  Sor- 
bona  nel  1829;  non  si  accorse,  dieiamo,  che  quella  liberta  potea 
esser  buona  all' uomo  sbrancato,  solitario  e  selvaggio,  quale  lo  so- 
gnarono  alcuni  piu  poeti  che  filosofi,  prima  del  preteso  patto  sociale. 
In  quella  condizione  si  potrebbe  bene  esercitare  quella  pienissima 
liberta ,  senza  rischio  o  di  recar  danno  ad  altrui ,  o  di  trovare  re- 
sistenza  in  ehi  volesse  schermirsi  -o  rifarsi  di  quel  danno.  Ma  nel 
vivere  sociale  quella  liberta  trova  limiti  ed  ostacoli  e  rattenti  ad 


LE  CONQUISTE  DELL*  OTTANTANOVE  391 

ogni  pie  sospinto  nelle  uguali  liberta  dei  socii ,  i  quali  hanno  il  me- 
desimo  diritto  di  ascoltare  i  dettami  della  loro  coscienza  e  di  con- 
sulfarei  versetti  della  loro  Bibbia.  Che  se  Tizio  nell'wnwm  dabis 
crede  di  avere  trovato  il  precetto  di  applicare  un  manrovescio  a  Caio, 
Caio  alia  sua  volta  potra  pretendere  di  avere  trovato  nel  centum  ac- 
cipies  il  precetto  di  scaricarne  un  centinaio  in  volto  a  Tizio.  Con- 
dotta  a  questi  termini  la  cosa,  voi  capite  bene.che  il  consorzio  uma- 
no,  a  mantenersi  e  prosperare  comunque,  non  potea  piu  fare  asse- 
gnamento  sopra  le  coscienze,  le  quali  tutte  aveano  la  stessa  auto- 
rita,  per  quanto  suggerissero  a  ciascuno  cose  tra  loro  pugnanti-,  ne 
pure  si  potea  confortare  della  Bibbia ,  la  quale,  unica  ed.  identica 
in  se  medesima,  si  multiplicava  aU'infinito  pei  sensi  privati,  tutti 
autentici  alia  stessa  maniera.  Non  vi  avea  dunque  altro  modo  a 
contenere  la  moltitudine  cbe  1'artifizio  o  la  forza ;  e  questa  prima  di 
quello,  essendo  manifesto  cbe,  nel  primo  scatenarsi  delle  passioni, 
solo  un  braccio  di  ferro  pu6  infrenarle,  e  1'artifizio  si  raffina  col  tem- 
po e  viene  opportunamente  in  aiuto  alia  non  durabile  violenza.  Ed 
ecco  come  1'  assoluta  liberta  individuals  nell'  ordine  civile  riusci  e 
dovea  riuscire  all'impero  assoluto  della  forza;  e  la  Riforma  che,  al 
dire  del  Guizot,  ebbe  per  proprio  carattere  T  Insurrection  de  I1 'esprit 
humain  contre  le  pouvoir  absolu  dans  I'ordrc  intellectuel  1,  nell' or- 
dine sociale  riusci  al  soggiogamento  della  societa  umana  sotto  il  po- 
tere  sbrigliato  dell'  arbitrio.  Grande  e  terribile  lezione  che  insegna 
non  si  potere  dall'  uomo  disconoscere  il  potere  legittimo,  senza  di- 
venire  alia  stess'  ora  scbiavo  dell'  illegittimo !  Lezione  consegnata  a 
caratteri  indelebili  nella  storia,  cominciando  da  Cam,  a  cui,  in  pena 
del  padre  schernito,  fu  intimata  la  condizione  di  servo,  la  prima  vol- 
ta cbe  nell'  antichissimo  dei  libri  si  trovi  quella  parola,  fino  al  mo- 
nello  discolo  e  disubbidiente  che ,  disconosciuta  ogni  autorita  dei 
genitori  nella  famiglia,  e  menato  pel  naso  dal  compagno  piu  discolo 
di  lui,  cui  egli  conobbe  nel  caffe  o  nella  bisca. 

1  Oper.  cit.  Ltfon  J//» 


392  LE  CONQUISTE  DELL'  OTTANTANOVE 

Ci  fanno  ridere  quei  sori  die  si  credono  e  dicono  con  grande 
prosopopea  la  liberta  civile  essere  nata  nel  mondo  colla  Riforma 
eterodossa;  quando  per  converse  la  schiavitu  civile,  spazzata  dal 
mondo  collo  sfasciarsi  del  romano  Impero,  di  cui  avea  vituperate  le 
agonie,  risuscit6  appunto  coll'apparire  della  Riforma,  e  cosi  dovea 
essere.  Data  Tassoluta  indipendenza  all'umano  individuo,  era  na- 
turale  che  ciascuno  se  ne  valesse  in  proporzione  della  facolla  ope- 
rativa  che  si  trovava  avere  alia  mano ,  e  quanto  piu  poteva  tanto 
piu  da  quel  privilegio  si  vide  sciolto  e  sfrenato  a  prepotere.  E  per- 
eiocche  i  Principi  di  Alemagna  si  trovavano  per  quel  tempo  strin- 
gere  in  pugno  la  massima  potenza,  quantunque  circondata  da  po- 
derosi  rattenti  nei  privilegi  delle  classi,  nelle  franchigie  delle  citta, 
nei  diritti  delle  province,  nelle  leggi  fondarnentali,  nelle  consuetu- 
dini  immemorabili,  e  soprattutto  nelle  immunhadellaChiesa  e  nel- 
la  dipendenza  da  lei ;  essi  furono  i  primi  a  proQttare  di  quell'  uni- 
versale  sbrigliamento ,  e  ne  profittarono  a  misura  della  loro  po- 
tenza: cominciando  appunto  dallo  sbarazzarsi  di  tutti  quegli  osta- 
coli ,  che  erano  altrettarite  guarentigie  alia  liberta  dei  suggetti. 
Privilegi  adunque,  franchigie,  diritti  preesistenti ,  leggi  fonda- 
mentali ,  consueludini  immemorabili ,  immuriita  ecclesiastiche , 
Lutto  fu  sconosciuto,  fu  calpesto,  and6  in  fascio,  e  rest6  a  domina- 
re  solo  una  volorita  davvero  indipendente,  senza  che  le  folgori  del 
Vaticano  recassero  piu  il  rnenomo  intoppo  a  chi  aveale  tutte  volte 
in  deriso.  E  quei  popoli  battendo  palma  a  palma  trionfarono  di 
avere  acquistata  la  liberta,  quando  ai  loro  padroni  fu  tolto  ogni 
ostacolo  ad  opprimerli ;  e  vedete  insigne  accortezza  che  essi  mo- 
strarono  nello  stracciare  colle  loro  mani  gli  atti  i  quali  minaccia- 
vano  i  Principi  che  non  rispettassero  i  diritti  e  le  borse  dei  loro 
sudditi !  Erano  come  il  creditore  che  si  credesse  fare  gran  guada- 
gno  quando  straccia  il  titolo  del  suo  credito ;  ovvero  come  il  vian- 
dante  che  si  pensasse  potere  incedere  piui  sicuro  ,  quando  si  e  ben 
certificate  che  si  e  tolta  via  ogni  guardia  a  custodire  la  strada. 


LE  CONQUISTE  DELL'  OTTANTANOVE  393 

Vero  e  che  anche  i  popoli,  giovandosi  alia  loro  volta  della  indi- 
pendenza,  confer  ita  loro  dalla  Riforma,  vollero  fare  le  loro  pruove, 
e  trassero  in  carnpo  aperto  armata  rnano.  Mase  la  lotta  fu  sangui- 
nosa  e  prolissa,'non  ne  potea  essere  incerto  il  riuscimento:  che  alia 
fin  fine  la  canaglia  dovea  restare  persuasa  dall' irrepugnabile  argo- 
mento  degli  eseroiti  disciplinati  e  della  mitraglia.  Ne  erano  le  sole 
baionette  a  confortare  il  naovo  dispotismo  del  Principato  eterodos- 
so,  il  quale,  afferrato  con  guanto  di  ferro  il  suo  diritto  inalienabile 
d  indipendenza  indiriduale,  invadevail  santuario  ove  altra  volta  si 
udiva  intimare  dipendenza,  e  pole  irnbizzarrire  tiranno  per  tutto  al- 
trove.  Alle  baionette  si  associ6,  come  notammo  altrove  * ,  la  teologia 
protestantica,  inginocchiatasi  suU'infimo  gradino  del  trono  e,  colle 
braccia  incrocicchiate  sul  petto,  si  dicbiar6  umilissima  serva  del 
Principato  supremo.  Leggete,  se  ve  ne  basta  la  pazienza,  le  devote 
moine  di  Lutero  a  Federico  il  Sassone,  dei  suoi  teologi  al  Langra- 
vio  d'  Assia,  e  poi  via  via  tutte  le  profonde  riverenze  e  i  codardi 
baciamani  dei  Crammeri ,  dei  Sarpi,  dei  Grozii,  dei  Puffendorfii, 
dei  Boemeri,  dei  Tommasii  e  di  quei  tanti  Febronii  e  Giannoni  che, 
sotto  nome  di  cattolici,  politicarono  alia  protestante,  e  tutti  li  ve- 
drete  a'  piedi  del  loro  Signore  contemplare  in  un'  estasi  di  paradise 
la  maesta  di  sua  assoluta  indipendenza,  beandosi  ed  impinguandosi 
di  quegli  effluvii  d'oro  e  di  prebende,  che  giu  piovevano  per  ridou- 
danza  dal  diadema  dell'idolo  satollo.  Con  questo  spettacolo  innanzi 
agli  occhi  ci  vuole  davvero  una  fronte  silicea  per  ricantarci  !a  vec- 
chia  canzone  del  dispotismo  civile  introdotto  nel  mondo  emantenu- 
to  dalla  Chiesa-  cattolica,  quando  per  contrario,  fin  che  essa  ebbe 
vera  ed  ampia  influenza  nel  mondo,  di  quella  esorbitanza,  ripugnan- 
te  ai  primi  concetti  cristiani,  non  si  conosceva  neppure  ii  nome-,  e 
dall'altra  parte  nome  e  cosa  ricomparvero  nel  mondo,  come  tosto  la 
ribellione  contro  la  Chiesa  cattolica  fu  consummata. 

\  CIVILTA'  GATTOLICA,  1  Serie,  Vol.  V.  Prima  istituzione  diun  Governo  am- 
modernalo,  pag.  18  e  segg. 


391  LE  CONQUISTE  DELL'  OTTANTANOYE 

E  nondimeno  qtiello  non  era  che  il  primo  passo  di  un  dispotismo, 
che  sarebbe  stato,  non  sappiamo  se  piu  tollerabile,  ma  certo  meno 
vergognoso,  quando  si  fosse  ristretto  al  solo  ordine  delle  cose  mate- 
riali.  Ma  la  Riforma,  rinnegata  1'  autorita  conferita  da  Crislo  alia 
Chiesa,  infeudo  nel  Principe  indipendente  eziandio  quella  spirituale 
autorita,  risuscitando  con  ci6  il  Cesarismo  pagan o,  simboleggiato 
nelle  medaglie  che,  attorno  ad  una  testa  imperiale,  recauo  la  scrit- 
ta:  Divus  Caesar  Imperator  et  summits  Pontifex ;  la  quale  signified 
in  buon  latino  la  riunione  della  sovranita  temporale  e  della  spirituale 
nella  mano  dell'  uomo,  appellisi  esso  popolo,  Senato,  Imperatore  o 
Re,  ci6  poco  monta  1.  In  questo  sistema,  come  ben  nota  1  abbate 
Gaume  2,  1'uomo  sociale,  emancipatosi  dalla  tutela  delle  leggi  divi- 
ne, regnava,  senza  contrasto  o  sindacato,  sopra  le  anime  ed  i  corpi 
dei  suoi  suggetti.  La  ragione  del  dominante  era  in  quel  sistema  la 
rcgola  suprema  del  vero,  la  suavolontail  fonte  di  ogni  diritto  (quid- 
quid  placuit  principi,  legis  habct  vigorevi).  II  fine  ultimo  della  sua 
politica  e  il  bene  materiale,  senza  che  v'  abbia  alcuna  parte  il  mo- 
rale; e  la  medesima  religione  appena  e  altro  che  uno  strumento  di 
governo,  ordinato  da  lui  come  qualunque  altra  appartenenza  civile ; 
ne  il  sacerdote  e  altro  che  un  ufficiale  governativo.  Fin  che  il  suo 
interesse  lo  esige,  e  nei  limiti  solo  in  che  lo  esige,  il  governante 
supremo  protegge  la  religione  ed  all1  uopo  la  fa  rispettare :  in  caso 
conlrario,  1'ahbandonaed  occorrendo  la  perseguita  ancora.  A  patto 
che  le  religioni  favoriscano  il  godimento  dei  beni  della  vita  e  con- 

1  QuesU  suprema  ed  assoluta  autorita  apparteneva  o  piuttosto  credeasi  ap- 
partenere  originariamente  al  popolo,  dal  quale  fu  trasportata  ai  Cesari :  Hue 
usque  unicum  legum  auctorem  in  civitate  Romano  agnovimus,  populum  nempe, 
idqut  tarn  tub  regibus,  quam  constante  rcpublica.  Postquam  Augustus  rtrur* 
potitus  fuit,  populus  LEGE  REGIA,  quae  dt  eius  imperio  lata  cst,  ei  et  in  eum 
omnem  tuam  potestatem  transtulit,  atque  exinde  quidquid  Principi  placuit  le- 
gis habet  vigorem.  Institut.  expos.  T.  I,  pag.  9,  ed.  in  12. 

2  La  REVOLUTION,  Recherches  historiques  sur  V  origine  et  la  propagation  du 
mal  en  Europe  ,  depuis  la  Renaissance  jusqu'a  nos  jours ,  par  Mgr.  GAI.ME. 
Paris  1886,  Livr.  VI,  chap.  I. 


LE  CONQUISTE  DELL,' OTTANTANOVE  395 

tengano  il  popolo  nel  dovere,  tuLte  sono  ugualmente  buone  a'  suoi 
occhi,  benche  siano  contrarie  e  pugnanti  tra  loro  :  egli  le  protegge 
tutte ,  senza  credere  veramente  a  nessuna.  Nell'  ordine  sociale  il 
Cesarismo  non  confer!  all'  uomo  minore  supremazia  che  nel  reli- 
gioso.  Tutto  viene  dall'  uomo  e  tutto  ritorna  all'  uomo  :  esso  fonda 
la  societa,  crea  il  potere,  lo  delega  a  cui  gli  par  meglio  col  diritto 
di  ripigliarlo  a  talento.  II  principe  dona  e  misura  la  liberta  a  cia- 
scuno,  stabilisce  la  proprieta,  costituisce  la  famiglia,  conferisce  in- 
segnamento  ed  educazione  alia  eta  crescente  come  a  cosa.sua,  go- 
verna  le  private  fortune  che  sono  piuttosto  suoi  doni,  in  quanto  de- 
gna  lasciarle  a  cui,  volendo,  potrebbe  toglierle. 

Questa  era  la  potesta  sociale  e  sovrana  presso  il  Paganesimo,  in 
una  societa  cioe  costituita  dal  solo  uomo  e  con  solo  umani  elemen- 
ti  5  e  quella  appartenne  originariamente  al  popolo,  fin  che,  quando 
Augusto  col  nome  di  principale  si  ebbe  preso  il  tutto,  quella  pote- 
sta dal  popolo  fu  per  la  Lege  regia  trasferita  in  Cesare,  e  fu  allo 
stesso  tempo  costituito  il  Cesarismo,  suprema  vergogna  del  genere 
umano,  al  quale  un  mostro  qual  fu  Caligola  potea  dire  con  tutta  le- 
galita:  Memento  omnia  mihi  et  in  omnes  licere  1.  Ma  vergogna,  da 
cui  il  mondo,  insieme  a  tante  altre,  fu  liberato  dal  Cristianesimo, 
che  ne  tronc6  la  radice,  rivelando  al  mondo  la  vera  origine  del  po- 
tere che  &  Dio:  con  che  mentreda  una  parte  invigorira  e  tempera- 
va  il  comando,  nobilitava  dall'altra  e  confortava  la  dipendenza. 
Che  se  nella  societa  ricomparve  un'  altra  volta  il  Cesarismo,  essa  ne 
deve  tutta  1'obbligazione  alia  Riforma,  la  quale,  col  conferire  1'as- 
soluta  indipendenza  al  Principe,  lo  faceva  alia  stess'  ora  capo  delle 
cose  umane  e  delle  divine-,  lo  costituiva  Imperatore  e  Pontefice, 
Cesare  e  Papa.  Come  popoli  gia  usi  alia  mitezza  cristiana,  e  dichia- 
rati  anch'essi  indipendenti  nella  ragione  e  nella  cosci«nza  ,  ripu- 
gnassero  ostinatamente  a  quella  mostruosa  apparizione  del  Cesari- 
smo pagano  gia  morto  e  seppellito,  narrano  le  storie  delle  smisurate 
e  prolisse  calamita,  in  che  fu  ravvolta  la  misera  Alemagna,  soprat- 

1  E  lo  diceva  alia  sua  avola.  SVET.  in  Calig.  circ.  med. 


396  LE  COKQUISTE  DELL'  OTTANTANOYE 

tutto  nella  lunghissima  ed  atroce  guerra  del  contadini  (Bauerkrieg}. 
La  diplomazia  poi  di  quel  tempo  non  credette  alia  fine  di  poter 
porre  un  termine  a  quell'  universale  scompiglio  nei  fatti  per  altra 
via,  che  sanzionando  un  forse  maggiore  scompiglio  nei  diritti  e 
nelle  idee  col  famoso  Trattato  di  Westfalia,  in  cui  ha  troppa  ragio- 
ne  il  Gioberti  di  porre  il  cominciamento  dell'  era  moderna-,  e  deve 
intendersi,  quanto  al  trionfo  della  ingiustizia  ed  alia  negazione  del 
giure  naturale  e  del  divino  in  quel  Trattato  sanzionata. 

Ma  mentre  nell'  Alemagna  si  risuscitava  il  Cesarismo  pagano  per 
opera  della  Riforma,  in  molti  Reami  cattolici  quello  spirito  me- 
desimo  operava  allo  stesso  scopo  piu  o  meno  copertatnente  •,  e 
benche  non  si  rompessero  i  vincoli  colla  Chiesa,  le  invasioni  negli 
immortali  diritti  di  lei  si  facevano  ogni  giorno  piu  ardite,  con  u- 
guale  infrangimento  di  obbligazioni  gravissi»ie  a  rispetto  dei  po- 
poli  governati.  Sarebbe  lungo  discorrere  per  singolo  dei  minori  po- 
tentati;  ma  nelle  due  maggiori  nazioni  cattoliche  la  indipendenza 
eterodossa  di  governanti,  che  pure  professavano  di  non  essere  ete- 
rodossi  nelle  credenze  ,  consummo  in  molta  parte  quei  due  grandi 
assorbimenti  nei  centre  governativo;  e  vogliamo  dire  da  un  lato 
dei  privilegi  e  delle  franchigie  dei  popoli,  dall'altro  dei  dritti  della 
Chiesa,  proprio  secondo  il  disegno  che  era  gia  stato  pienamente 
compiuto  negli  Stati  etorodossi  di  Aiemagna.  Luigi  XIV  e  Giusep- 
pe II  furono  i  due  grandi  riformatori  di  quel  tempo  ;  e  benche  1'uno 
primeggiasse  pel  concentramento  governativo  e  per  F  oblio  degli 
antichi  diritti  della  Francia ,  e  T  altro  per  le  intrusion!  ed  usurpa- 
zioni  religiose  d' ogni  genere  e  sotto  ogni  forma  5  ambedue  nondi- 
meno  camminavano  a  gran  passi  verso  il  Cesarismo  pagano  nei  dop- 
pio  suo  aspetto,  e  ne  traforarono  nei  rispettivi  loro  Stati  quel  tanto 
che  comunque  si  potea,  senza  romperla  recisamente  col  centre 
della  cattolica  unita.  Chi  scorresse  gli  oltre  a  ventiquattro  mila  de- 
creti,  leggi  ed  ordinazioni  emanate  dal  figlio  di  Maria  Teresa  nei 
non  lungo  suo  regno  ,  tutti  in  materie  strettamente  ecclesiastiche  , 
la  piu  parte  in  d'Struzione  e  perturbamento  delle  antiche  istituzio- 
ni  cattoliche,  senza  che  il  Supremo  Pontefice  ne  approvasse,  anzi 


LE  CONQUISTE  DELL'  OTTANTANOVE  397 

senza  che  talora  ne  sapessenulla,  chi  diciamo  git  scorresse  tutti,  in- 
tenderebbe  che  T  Impsralor  Ponlifex  era  piu  che  per  meta  attuato 
in  quegli  Stati.  Ball'  altra  parte  chi  leggesse  le  htruzioni  lasciate 
dal  quartodecimo  Luigi  all'erede  presunto  della  sua  corona,  vi  tro- 
yerebbe  tali  germi  di  dispotismo  imperioso  ed  assoluto,  che  sono 
al  tutto  inconciliabili  colle  idee  cristiane,  esi  mostrano  derivazioui 
dirette  e  necessarie  di  uri  Paganesimo  redivivo.  Ma  se  1'  uno  pre- 
valeva  nelle  invasioni  ecclesiastiche  e  1'  altro  nelle  usurpazioni  ci- 
vili,  ciascuno  non  trascurava  1'  altra  parte ;  e  pelRegno  di  Francia 
vi  sono  le  quattro  famose  proposizioni  che  costituivano  la  quasi  su- 
premazia  del  Principe ;  per  1'  IcDpero  austriaco  vi  era  la  divisata  uni- 
ficazione  delle  diverse  genti  onde  esso  costa  ,  il  che  non  si  sarebbe 
potuto  fare,  senza  calpestare  infmiti  diritti,  che  non  erano  men  san- 
ti  per  apparlenere  a  deboli  e  ad  inermi.  Talmente  che,  verso  la  me- 
ta del  passato  secolo  era  gia  costituito  nell'  Europa,  figlio  della  Ri- 
forma  eterodossa  ,  il  Cesarismo  col  doppio  suo  carattere  di  padro- 
nanza  assoluta  negli  ordini  civili,  e  di  preminenza  non  meno  asso- 
luta  negli  ordini  della  religione;  e  cio  nei  paesi  protestanti  con 
quella  impudenza  che  suol  trarsi  dal  preteso  convincimento :  nei 
cattolici  con  quella  peritariza  e  con  quei  tentennamenti  che ,  non 
coiisentendo  il  tutto,  lasciano  almeno  fame  una  buona  parte. 

Ora  una  tale  condizione  di  cose  in  contrade  e  tra  nazioai  cristia- 
ne non  potea  durare  lungamente,  sopratlutto  nei  tempo  del  quale 
parliamo;  cheesse  ne  erano  abbastanza  cristiane  per  aspettare  con 
tranquilla  rassegnazione  il  lavorio  segreto  della  Provvidenza ,  che 
avrebbe  torse  annullato  per  mezzi  estrinseci  questo  secondo  Cesa- 
rismo, corne  aveva  annullato  il  primo;  ne  erano  abbastanza  pagane 
per  rimanersi  in  quella  stupida  e  codarda  adorazione  di  Divi  Augu- 
sti,  dei  quali  avrebbero  avuto  vergogna  gli  ergastoli  ed  i  lupanari. 
Quella  generazione  era  qualche  cosa  di  misto  e  di  anfibio  ,  mezzo 
cristiana  coi  suoi  concetti  di  urnana  uguaglianza,  di  fraternita  e  di 
universale  giustizia;  ma  piu  che  mezzo  pagana  coile  sue  smisurate 
ambizioni  e  cupidita  snaturate  ed  atroci.  Dall'  altra  parte  anch'es- 
sa  era  stala  abbeverata  largamente  ed  inebriata  alia  tazza  velenosa 


398  LE  CONQUISTE  DELL'  OTTANTANOYE 

dellci  indipendenza  individuale  -,  ed  i  potentati  medesimi  non  ne 
aveano  presa  nessuna  guardia,  credendosi  stolidamente  che  si  trat- 
tasse  solo  di  scuotere  la  vieta  servilita  del  cattolicismo,  chiamato  per 
istrazio  snperstizione  ed  anticaglia  del  medio  evo.  E  non  si  accor- 
gevano  i  dabbonuomini  che  se  chi  comandava  avea  creduto  bene  di 
alTrancarsi  dal  diritto  dirino,  con  ugual  ragione  e  forse  ancora  con 
maggiore  lo  avrebbe  creduto  chi  obbediva.  Pertanto  il  fatto  tremen- 
do  del  1789,  coi  tre  lustri  che  gli  tenner  dietro  di  desolazione  e  di 
sangue,  fmo  al  primo  console ,  era  la  rivoluzione  della  bassa  sfera 
che  r'eagiva  ferocemente  ma  potentemente  contro  la  rivoluzione  con- 
summata  dalla  suprema:  Tuna  e  1'altra  governate  coi  medesimi  prin- 
cipii, o  per  dir  meglio  col  medesimo  principio ;  perche  in  sustanza 
tutte  quelle  idee  strabocchevoli  ed  esorbitanti  che  bollivano  in 
quelle  menii  frenetiche  ,  s'  incentravano  in  quel  cardine  capitale  i 
Indipendenza  assoluta  ddl'uomo  individuo. 

Nulla  vieta  pertanto,  anzi  tutto  vuole  che  di  quel  terribile  e  me- 
morabile  fatto  si  distinguano  due  fattori  diversissimi  e  dispaiati  tra 
loro,  quanto  il  bene  dal  male.  Da  una  parte  la  Provvidenza,  la  quale, 
coi  principii  stessi  della  loro  ribellione  alia  giustizia  ed  alia  Chiesar 
puniva  coloro  che  averano  ribellato  in  alto,  istruendoli  alia  stessa  ora 
del  quanto  fossero  mal  fermi  i  principii  ,  dei  quali  aveano  preteso- 
di  afforzarsi.  Ora  gastigo  al  colpevole  ed  istruzione  alFerrante  e  sem- 
pre  bene,  soprattutto  quando  vengano  da  una  mano,  che  e  la  stessa 
giustizia  e  la  verita  medesima.  Di  qui  il  fatto  del  1789,  in  quanto 
opera  della  Provvidenza  ,  distruggitrice  dell'apoteosi  gentilesca  del 
Potente  divinizzato  ed  indipendente  ,  fece  molti  beni ,  principal- 
menle  nell'ordine  negativo,  ricordando  a  grandi  ed  a  piccoli,  con- 
tro le  idee  Machiavelliche,  che  al  di  sopra  di  tutti  i  mortali,  sudditi 
o  sovrani  che  siano  ,  vi  e  una  Giustizia  eterna  che  a  tutti  sovrasta 
ed  a  tutti  comanda  ugualmente.  Exceho  excelsior  est . .  .et  insuper 
universae  lerraeRcx  imperal  servienti  *.  Ma  dall'altra  parte,  ad  in- 
fliggere  quel  salutare  gastigo  ed  a  dare  quella  non  meno  salutare 

i  Eccles.  V.  8,  9. 


LE  CONQUISTE  DELL'  OTTANTANOVE  399 

iezione,  lo  strtimento  scelto  o  permesso  dalla  Provvidenza  fu  sopra 
qualunque  altro  mostruosamente  scellerato  e  truculento ;  e  questo 
&  il  secondo  dei  due  fattori  che  distinguemmo  nel  terribile  fatto 
della  rivoluzione.  Che  poi  di  un'  opera  provvidenziale  fosse  tolto 
a  materiale  strumento  la  umana  nequizia  non  prenderanne  scan- 
dalo  o  maraviglia  chi  ricordi ,  il  massimo  bene  venuto  al  mondo 
dalla  salutifera  espiazione  della  Croce  essere  stato  materialmente 
compiuto  dal  massimo  delitto  che  si  commeUesse  al  mondo.  Le  inol- 
titudini  nondimeno  sbrigliate  e  feroci ,  col  medesimo  loro  ravvol- 
tolarsi  nelle  orgie  infernali  piu  sozze  e  piu  sanguinose  che  cono- 
scesse  il  Paganesimo,  e  cio  nella  nazione  che  era  in  voce  de'la  piu 
colta  e  forbita  nella  moderna  Europa,  mostravano  e  mostrano  tut- 
tavia  nelle  storie,  chi  leggendole  le  sappia  intendere,  la  immane 
falsita  dommalica  dell'  indipendenza  popolare  ,  come  il  concentra- 
mento  oppressore  della  Chiesa  e  dei  popoli  avea  chiarita  la  falsita 
dommatica  della  indipendenza  dispotica  negl'imperanti. 

Era  naturale  che  gli  orrori  della  demagogia  o  narrati  dalla  im- 
mensa  catastrofe  francese  che  vituperd  il  fine  del  passato  e  gl'inizii 
di  questo  secolo  oggimai  sessagenario,  o  saggiati  da  noi  medesimi 
nelle  passeggere  prevalenze  che  essa  ottenne  qui  e  cola  nel  quaran- 
totto,  o  prenunziatici  dai  nefandi  e  sacrileghi  conati  che  per  atten- 
tare  nella  vita  di  Napoleone  III,  diremmo  quasi,  alia  tranquillita  di 
mezza  Europa,  non  dietreggiano  a  noverare  a  cento  a  cento  le  vit- 
time  j  era  naturale ,  torniamo  a  dire  che  quegli  orrori  della  dema- 
gogia, o  narrati,  o  sperimentati,  o  temuti  operassero  salutarmente 
nella  moderna  generazione.  E  primo  salutare  effetto  ne  dev'  essere 
il  ridestare  1'amore  deirunirersale  verso  1'autorita,  guardandola  con 
occhio  cristiano  ,  siccome  benefica  ordinazione  divina  al  manteni- 
mento  del  primo  bene  del  vivere  civile  •,  e  coll'  amore  ne  crescera  la 
fiducia,  quando  si  vegga  1'autorita  medesima  risoluta  a  non  patteg- 
giare  col  male,  ma  a  volerlo  ad  ogni  modo  sterpare  dalla  radice. 
Tuttavolta  questa  ,  che  potremmo  chiamare  seconda  reazione  alia 
seconda  rivoluzione,  eioe  alia  demagogica  del  79,  potra  riuscire  or 
hene  or  male,  secondo  che  lo  strumento  ci  sia  o  fornito  dalla  Prov- 


400  LE  CONQUISTE  DELL'  OTTANTANOVE 

videnza,  o  cercato  nelle  reminiscenze  di  mal  sopiti  errori.  E  cosi 
potradivenire  od  una  terza  rivoluzione,  che  rivendichi  a  profitto  del 
potente  la  indipendenza  strappata  a  viva  forza  alle  moltitudini  fre- 
menti;  od  un  verace  riordinamento  di  popoli  tranquilli  sotto  il  go- 
verno  di  Principi  che  il  diritto  ne  riconoscano  originariamente  da 
Dio.  II  Protestantesimo  ,  che  che  sia  delle  buone  disposizioni  e  dei 
migliori  fatti  delle  particolari  persone ,  per  propria  indole  ispirera 
sempre  ai  potenti  di  ritogliere  ai  popoli  le  abusate  franchigie  ,  per 
incatenarli  sotto  il  reggimento  dell  arbitrio  (del  bon  plaisir}.  II  Cat- 
tolicismo  per  contrario  suggerisce  cio  che  vediamo  farsi  ai  due  su- 
premi  imperanti  della  Cattolicita:  acceltare  eio&  le  lezioni  del  1789, 
in  quanto  furono  magistero  dellaProvvidenza,  intimando  a  gover- 
nanli,  a  Ministri,  a  nobili,  alia  intera  nazione:  una  essere  per  tuttt 
e  superiore  a  tutti  ed  uguale  per  tutti  (egalile}  V  eterna  Giustizia, 
interpretata  e  liberamente  interpretata  dalla  Chiesa.  Se  questo  e  il 
bene  che  si  archiude  nei  principii  dell' 89,  noi  1'accettiamo.  di  tutta 
la  nostra  volonta,  e  per  quanto  sia  certo  che  esso  non  nacque  allo- 
ra  ,  e  certo  altresi  che  non  mai  il  mondo  prima  di  allora  avea  spe- 
rimentato  con  tanti  dolori  il  tremendo  effetto  del  suo  contrario. 

Quel  sentimento  di  rispetto  a  tutti  i  diritti,  ed  a  quelli  segnata- 
mente  della  Chiesa,  il  quale  avea  dettato  il  Concordato  dell'Austria, 
opera  salutarmente  maravigliosa  di  Francesco  Giuseppe,  ha  dettato 
novellamente  a  Napoleone  III  le  altre  belle  parole  dette  nel  discor- 
so  al  Corpo  legislative.  Per  esse  quelle  liberta  o  quelle  conquiste 
dell'ottantanove,  le  quali  pei  Giacobini  volcano  dire  la  Costituzione 
civile  del  clero  e  la  sovranitadel  popolo  ghigliottinante  e  ghigliot- 
tinato,  senza  che  pei  nostri  riformisti  umatiitarii  e  libertini  ab- 
biano  punto  nulla  cangiato  di  significanza;  quelle  conquiste  mede- 
sime,  significano  oggi  la  liberta  della  Chiesa,  cominciata  a  rico- 
noscersi  nella  riunione  dei  Concilii  ,  ed  un  Governo  tutto  inteso  al 
verace  bene  del  popolo  ;  ma  appunto  per  questo  indipendente  dalle 
aure  voltabili  della  moltitudine,  che  diconsi  popolarita.  Oh  !  questa 
si  che  e  vera  e  grande  conquista  delcinquantotto! 

' 


VALORE  ED  EQUIVALENZA 

NELIA  EGONOMIA  SOCIALE 


SOMMARIO 

1  L'  equivalenza  e  natural  presupposto  della  permutazione  —  2.  e  non  dipende 
dai  contraenti.  —  3.  Eapplicazione  dell" idea  Valore,—  4.  risultante  dal  de- 
siderio  subbiettivo  e  da  proprieta  obbiettive  —  5.  e  chiarito  dalla  stiina  s<v- 
ciale.  —  6.  Influenze  della  socicta  nel  modificarlo. —  7.  Nei  contratti  si  pat- 
leggia  di  valore  pubblico.  —  8.  Vantaggi  economic!  del  progresso.  —  9.  Com- 
petenza  delle  autorita  in  tali  malerie.  —  10.  Assurdita  necessarie  in  chi  vuol 
negarla.  —  •  !.  Epilogo  degli  elementi  di  valore.  —  12.  Presuppongono  il  de-1 
siderio  o  domanda.  —  13.  Considerazioni  sulla  legge  economica  di  domanda- 
oflerta,  —  14.  la  quale  dee  modificarsi  con  la  giustizia  e  benevolenza;  — 
15.  comeavviene  nelle  sociela  cattoliche  —  16.  bencheimperfette. —  t-7.  Epi- 
logo intorno  al  soggetto  materiale  dell'  economia. 

1.  Vedemmo  nel  precedente  quaderno  con  quanta  ragione  molti 
savii  economist!,  affermino  essere  essenzialmente  connessa  1'idea  di 
permutabilita,ossia  di  venalita  con  1'idea  di  ricchezza  presa  nel  senso 
proprio,  ossia  economico.  Ben  potraun  oratore  vantare  le  ricchezze 
del  nostro  cielo  italiano,  dei  nostri  zeffiri  soavi,dei  fmmi  che  fecon- 
dano  in  tanta  copia  la  zolla  italiana,  degl'ingegni  chevi  splendono, 
della  lingua  che  vi  suona:  ma  tutte  coteste  ricchezze  non  rispondo- 
no  se  non  metaforicamente  a  quel  soggetto  che  sotto  nome  di  Ric- 
chezza viene  contemplato  dagli  economist!,  accumulate  dagli  avarr, 
invidiato  dal  volgo.  Questa  ricchezza  invidiabile  non  pu6  essere 
Serielll,  vol.  II.  26  4  Febbraro  185&. 


402  VALORE  ED  EQUIVALENZA. 

esposta  a  disposizione  di  chiunque  la  brama;  giacche  se  tale  fosse, 
piu  non  sarebbe  invidiabile :  e  chi  mai  invidia  in  altrui  cio  cbetiene 
in  sua  mano? 

Senza  vietare  dunque  a  chiccbesia  P  usare  metaforicamente  que- 

"W 

sto  vocabolo,  crediamo  piu  conforme  al  sano  criterio  filologico  1'ap- 
pellare  ricchezza  nel  senso  proprio  quegli  averi  di  persona  o  di  na- 
zione,  i  quali,  essendo  desiderevoli  per  qualche  utilita  materiale  che 
arrecano,  e  limitali  si,  che  non  tutti  possano  averli  quei  cheli  bra- 
mano,  acquistano  nella  societa,  come  suol  dirsi,  un  valorepermu- 
tabile  ,  cbe  agli  occhi  di  un  retto  stimatore  fornisce  la  misura, 
secondo  la  quale  pu6  determinarsi  la  giustizia  delle  permutazioni. 
I  due  che  vogliono  permutare  non  vogliono  regalare ;  ma  cedono  il 
proprio  per  riceverne  un  equivalente.  In  che  consiste  cotesta  equi- 
valenza, questa  uguaglianza  di  valori?  Ecco,  lettore,  il  soggetto 
del  presentearticolo,  continuazione,  come  vedete,  di  quegli  articoli, 
coi  quali  andiamo  analizzando  ed  esaminando  i  concetti  elementari 
di  pubblica  economia,  per  correggere,  se  mai  vi  s'  incontrasse,  qual- 
che infezione  eterodossa,  rinsanguinandoli  con  I'  idea  cattolica. 

Che  questa  equivalenza  sia  essenzialmente  presupposta  nelle  mer- 
ci  fra  loro  permutabiti  e  richiesta  a  rigore  di  giustizia,  voi  lo  ve- 
dete da  ci6  che  gli  economist!  ci  spiegano  intorno  alnascimento  della 
permutazione.  Datisi  gti  operai  d'  un  Comune  a!la  produzione  esclu- 
siva  ciascuno  d'una  derrata,  e  cid  non  ostante  volendo  ad  ogni  modo 
usufruttuare  per  se  le  opere  proprie,  secondo  il  diritto  conceduto 
loro  da  natura  (il  quale  in  certi  casi  e  anche  un  dovere);  non  pos- 
souo  cedere  la  derrata  propria,  senza  ottenere  un  equivalente  nelle 
altrui.  Se  P  una  o  le  altre  eccedessero  P  equivalenza,  e  chiaro  che 
chi  cede  quel  soprappiu  ha  impiegato  P  opera  sua  non  per  se,  ma 
per  Paltro.  Gosi  lapensa,  cosi  parla  ogni  idiota.  Se  io  sono  disposto 
a  tutto  dedicarmi  al  mio  forno  panificando  per  tutto  il  Comune,  se 
per  dare  al  Comune  il  cornodo  di  avere  pane  migUore,  dismetto  ogni 
pensiero  di  vesti,  di  calzari  ecc. ;  non  e  gia  questo  perche  io  intenda 
faticare  gratuitamente  pe'miei  concittadini.  Questo  potr6  farlo  tal- 
volta  per  ispontanea  generosita,  ma  nel  permutare  intendo  ricevere 

'.*  ointfl^a'ii  .1\ 


NELLA  ECONOMIA  SOCIALE  403 

1'altrettanto  di  quello  che  io  cedo.  Ora  niuno  pu6  acquistare  il  do- 
minio  del  mio  se  io  non  intendo  cederlo.  Dunque  se  i  miei  concit- 
tadini  non  contraccambiano  il  mio  pane  con  merce  equivalente,  ben 
potranno  imolarmelo  ,  ma  appropriarselo  non  mai.  Nelle  permu- 
tazioni  dunque  T  equivalenza  degli  oggetti  permutati  e  condizione 
talmente  essenziale,  che  il  contralto  senza  questa  e  naturalmente 
nullo  *. 

2.  Tenete  bene  presente  questa  conclusione  la  quale  potra  riu- 
scirvi  di  molto  lume  per  rispondere  a  qualche  economista,  che  tutta 
la  giustizia  dei  contratti  vorrebbe  ridurre  al  consenso  non  violen- 
tato  de'  contraenti.  Se  il  valore  delle  cose  fosse  un'entita  tutta  sogr- 

v» 

gettiva  determinabile  arbitrariamente  da  costoro,  una  tale  dottriaa 
potrebbe  correre  5  giacche  gli  stessi  contraenti  che  hanno  diritto  a 
volere  1'  equivalente  nel  permutare,  avrebbero  anche  la  potenza  di 
creare  cotesta  equivalenza:  cotalche  contralto  lesivo  sarebbero  due 
vocaboli  contraddittorii.  Ma  se  il  valore  (come  fra  poco  direrno)  non 
e  determinabile  ad  arbitrio,  ma  trora  i  suoi  fondamenti  obbieltivi 
nella  natura  delle  cose  ;  allora  voi  capite  che  se  nelle  permutazioni 

1  E  qui  fate  un  paragone  che  chiarira  viemeglio  anche  alt're  quistioni.  Che 
nella  permutazione  sia  richiesta  a  rigor  di  giustizia  1' equivalenza  delle  merci  & 
verita  generalmente  ammessa :  e  non  ci  ricorda  aver  mai  udito  che  un  nego- 
ziante  voglia  farsi  pagare ,  oltre  la  mercanzia ,  il  servigio  che  egli  presta  nel 
venderla  ai  compratori.  E  non  ridercste  voi  se  andando  a  comperare  un  cap- 
pello  e  interrogando  del  prezzo  ,  il  cappellaio  vi  rispondesse:  II  valore  del 
cappello  e  12  paoli  ?  Ma  perche  io  vi  rendo  il  servigio  di  vendervelo,  ed  ogni 
wrvigio  m«rita  ricompensa,  avrete  la  bonta  di  pagarmene  13.  —  Siamo  certi 
che  gli  rispondereste :  I  miei  12  paoli  valgono  quanto  il  vostro  cappello  e  il 
cederveli  e  un  servigio  che  vi  rendo  e  che  merita  esso  pure  il  pagamento  d'un 
altro  paolb. 

Or  bene  questo  fatto  che  non  stiol  farsi  qUando  si  vendono  altre  merci  ,  si 
vanta  come  giustissimo  quando  trattasi  della  merce  moneta :  e  fra  le  tante  ra- 
gioni  ohe  si  dicono  a  dimostrare  che  il  prestito  del  danaro  e  sempre  per  s& 
fruttifero  ,  una  e  cotesta :  «  Chi  impresta,  rende  un  servigio,  ed  ogni  servigio 
merita  un  premio.  »  La  qual  ragione ,  come  ognun  vede ,  potrebbe  ritorcersi 
dal  uiutualario  nel  di  della  restituzione,  giacche  la  somma  restituita  e  precisa- 
inente  in  se  il  servigio  medesimo  che  la  somma  imprestata. 


404  VALORE  ED  EQU1VALENZA. 

e  richiesta  necessariamente  1'equivalenza  delle  merci  permutate;  se 
questa  equivalenza  e  indipendente  in  gran  parte  dai  contraenti ;  essi 
ben  potranno  cambiare  il  contralto  (  p.  e.  la  permutazione  in  do- 
nazione  parziale) ,  ma  permutare  giustamente  merci  non  equivalen- 
ti  mai  nol  potranno.  E  se  uno  de'  contraenti  dice  nell*  urgenza  del- 
la  sua  necessita  di  accettare  cotesta  disuguaglianza,  sara  questo  un 
rassegnarsi  ad  una  ingiustizia,  ma  non  sara  mai  un  costituire  equi- 
valenza e  giustizia  in  un  contralto  non  giusto  di  cose  non  equi- 
valenti.  La  ragione  per  cui  sembra  a  certuni ,  che,  lasciata  ai  con- 
traenti la  liberla  di  tassarne  il  prezzo  ,  sia  impossible  cbe  quel  con- 
tralto offenda  la  giustizia ,  suol  essere  questa.  Se  si  potesse  avere  , 
O.icono  ,  quella  merce  a  minor  prezzo  ,  il  compratore  non  consen- 
lirebbe  ad  un  prezzo  superiore^se  poi  vi  consente ,  cio  dimostra 
che  quel  prezzo  maggiore  e  quello  appunto  cbe  corre  e  che  dee 
correre  nella  societa. 

Questo  raziocinio,  come  vedete,  sarebbe  giustissimo,  se  nei  con- 
tratti  fosse  sempre  possibile  al  compratore  T  andar  picchiando  al- 
1'  uscio  di  tutti  i  proprietarii  per  comperare  dal  piu  discrelo ,  e  in 
caso  d'incjiscrezione  universale  sospendere  la  compera;  ovvero  se 
fosse  a  questi  impossibile  (o  per  onesta  di  coscienza  o  per  la  vigi- 
lanza  del  magislrato)  il  collegarsi  ad  opprimere  i  compratori  ne- 
cessilosi.  Sventuratamente,  se  voi  sopprimete  la  legge  che  tassa  i 
jprezzi,  coteste  due  ipotesi  piu  non  sussistono :  giacche  da  un  canto 
i  necessitosi  che  comprano  ,  stanrio  col  laccio  alia  gola  della  fami- 
gliuola  affamata  che  chiede  il  pane:  dal  lato  opposto  i  grandi  capi- 
talisli,  che  sogliono  essere  pochi  e  collegati  per  naturali  corrispon- 
denze ,  non  solo  possono  concertarsi  fra  di  loro  per  esigere  piu  del 
dorere,  ma  anche  senza  tale  convenzione  sono  tulti  concordemenle 
incitati  (se  la  coscienza  taccia)  dalla  cupidigia  a  trarre  il  piu  che  si 
possa  dal  proprio  capitale.  Quali  sono  dunque  i  termini,  in  cui  si 
stabilisce  realmenle  il  contralto  fra  cotesti  due  contraenti?  Udiamo- 
lo  da  loro  medesimi. 

Compralore.  Signore ,  vorreste  vendermi  dieci  moggia  di  fru- 
.mentoperlamiafamiglia? 


NELLA  ECONOMIA  SOCIALE  403 

Vcndilore.  Volentieri :  ma  quanto  me  lo  pagherete? 

Compralore.  Signore,  io  capisco  che  voi  non  volete  regalarmelo. 
Ma  voi  capirete  eziandio  che  il  danaro ,  con  cui  intendo  pagarlo  e 
sudore  della  mia  fronte  dcstinato  a  rigore  di  natural  giustizia  al  so- 
stentamento  del  poveri  figli  miei.  Intendo  dunque  pagarvelo  a  prez- 
zo  equivalente. 

Vendilore.  Come  sarebbe  a  dire? 

Compralore.  Se  io  mi  fossi  dedicato  al  mestiere  di  colono,  avrei 
dovuto  impiegare  per  ottenere  codesto  frumento  100  giornate  di 
lavoro,  compresovi  I'affitto  del  terreno.  Queste  giornate,  questo  af- 
fitto  ed  altri  carichi  del  terreno  voi  lo  pagaste  ad  altri :  tocca  a  me 
di  compensarlo  a  voi.  Siete  contento? 

Vendilore.  Non  ne  faremo  niente. 

Compralore.  E  perche? 

Vendilore.  Perche  io  non  voglio  perdere  quel  frutto  che  nelle  cir- 
costanze  present!  ne  posso  ritrarre. 

Compratore.  E  quali  sono  qucste  circostanze? 

Vendilore.  Voi  per  sostentarvi  non  potete  trovare  il  grario  a  tal 
prezzo :  giacche  e  impossibile  che  voi  andiate  a  comprarvelo  in  An- 
cona  o  in  Sinigaglia:  i  soli  che  nel  contado  qui  attorno  potrebbero 
venderne,  mi  hanno  assicurato  che  non  lo  cederanno  a  minor  prez- 
zo. Dunque  o  aggiungete  due  scudi  al  moggio,  o  provvedetevi  co- 
me potete. 

Compralore.  Ma  di  grazia  ,  con  qual  giustizia  potete  pretendere 
un  tale  aumento  sul  valore  della  merce? 

Vendilore.  Io  non  pretendo  niente  ,  non  fo  violenza  a  nessuno : 
chi  vuole  il  rnio  grano,  il  prezzo  e  cotesto. 

Compralore.  Or  bene  converra  passare  per  costi  ed  io  vi  dovro 
dare  le  100  giornate  di  lavoro  che  veraniente  costa  il  frumento,  piu. 
quelle  altre  che  voi  volete  aggiungere,  ma  che  la  merce  veramente 
non  vale.  Avvertite  peraltro  che  non  ci  sara  in  tal  guisa  T  equiva- 
lenza  nel  contralto,  e  che  io  daro  piii  per  ricevere  meno. 

Venditore.  Chiacchiere,  chiacchiere  !  Se  voi  consentite  a  compra- 
re  il  mio  grano,  vuol  dire  che  il  prezzo  vi  par  che  sia  ragionevole. 


406  VALORE  ED  EQUIVALENZA 

Compratore.  Perdonate,  Signore :  vuol  dire  che  un  povero  pa- 
dre ama  meglio  di  essere  spogliato  di  20  scudi,  che  vedersi  innanzi 
rifiniti  e  boccheggianti  per  la  fame  i  suoi  figli .  Ma  la  fame  de'  miei 
figli  non  fara  mai  che  con  100  giornate  di  lavoro  io  non  avessi  po- 
tuto  produrre  le  10  moggia.di  grano:  e  che  per  conseguenza  la 
giunta  di  20  scudi  non  rompa  1'equita  della  permutazione. 

Venditore.  E  perche  dunque  non  produrvi  il  grano  da  voi  me- 
desimo  ? 

Compratore.  Perche  il  grano  non  si  produce  nei  due  giorni,  e  la 
fame  non  puo  aspeltare  un  anno :  perche  1'arte  da  me  abbracciata 
non  posso  cambiarla  a  un  tratto  con  quella  del  bifolco:  perche  spe- 
rava  ( trattando  con  galantuomini )  di  ricevere  da  loro  il  frutto  di 
loro  fatiche  con  quella  medesima  equita,  con  la  quale  io  cedo 
le  mie. 

Venditore.  Gran  codino  voi  siete,  se  ancor  la  pensate  in  tal  mo- 
do  !  ma  se  voi  non  sapete  fare  i  vostri  interessi,  peggio  per  voi,  noi 
non  vogliamo  perdere  i  nostri.  E  finche  siamo  certi  ch'altro  grano 
non  venga  di  fuori ,  potete  essere  certo  anche  voi  che  non  ne  sce- 
meremo  il  prezzo  sul  mercato. 

Questo  dialoghetto  vi  fa  comprendere  quanto  corra  divario  fra 
1'equita  del  contralto  in  se  e  il  consenso  delle  parti  contraenti :  1'e- 
quita del  contralto  dipende  dalla  naturale  equivalenza  delle  merci, 
il  consenso  dei  contraenti  dalla  maggiore  o  minore  urgenza  de'  bi- 
sogni.  Di  che  vedete  come  cotesto  consenso,  lungi  dal  determinar* 
1' equivalenza,  potrebbe  anzi  nell'ipotesi  di  coscienze  malvage  pre- 
supporre  precisamente  il  contrario.  La  proposizione  vi  parra  stra- 
na,  ma  per  poco  che  vi  riflettiate,  siamo  certi  che  v'apparira  mate- 
maticamente  evidente  :  ed  eccone  la  dimostrazione. 

II  consenso  dipende  dai  bisogni :  ora  i  bisogni  sono ,  general- 
mente  parlando  ,  disuguali :  dunque  il  consenso  dipende  general- 
mente  da  cause  disuguali.  Ma  cause  disuguali  danno  effetti  disu- 
guali :  dunque,  generalmente  parlando .  se  i  contratti  sono  rego- 
lati  a  pura  forza  di  bisogni ,  senza  il  correttivo  della  coscienza  ,  il 
consenso  dee  supporre  disuguaglianza  nella  permutazione:  disu- 


NELLA  ECONOMIA  SOCIALE  407 

guagliariza  che  sta  sempre  in  favore  del  piu  ricco  che  ha  minori 
bisogni.  E  pur  troppo  lo  sapete  voi  esser  questa  la  condizione  dei 
contraenti ;  onde  corre  in  proverbio,  che  La  Roba  va  alia  ro&a,  e 
per  T  opposto 

II  povero  uomo  non  fa  mai  ben, 
Se  muor  la  -vacca  gli  avanza  il  fieri 
Se  la  vacca  scampa,  il  fien  gli  manca  *. 

. 
Buido  dunque  a  rotesto  principio  spietato  che,  mentre  abban- 

dona  il  povero  in  mano  all'avaro,  aggiunge  aldanno  lo  scherno  di- 
cendolo  libero  pagatore  dellapropria  oppressicrne,  e  derivando  dal- 
la  soggettiva  disuguaglianza  dei  contraenti  1'obbiettiva  equivalenza 
delle  merci.  Ma  in  che  consiste  dunque  cotesta  equivalenza? 

Capite  facilmente  che  T  equivalenza  altro  nori  e  che  una  speciale 
applicazione  dell'  idea  di  valore.  Quando  questo  valore  e  uguale  nel- 
le  due  merci ,  esse  equivalgono.  Ora  1'  idea  di  valore  gia  venne  (e 
crediamo  con  sufficierite  chiarezza)  spiegata  nel  quinto  volume  di 
questa  serie,  incominciando  da  pagina  398,  e  comperidiata  poscia  a 
pagina  402,  ne  noi  staremo  qui  a  ripeterla.  Ma  solo,  restringendo  il 
detto  cola,  vi  ricorderemo  che  il  valore  permutabile  delle  cose  altro 
non  e,  se  non  il  complesso  di  quelle  condizioni  che  muovono  la  vo- 
lonta  a  contrjfccambiare  I'altrui  prodotto  :  che  queste  condizioni  si 
riducono,  \  .*  aU'utilita,  con  cui  esso  soddisfa  ad  un  qualche  nostro 
bisogno  determinando  cosi  come  causa  finale  la  tendenza  di  nostra 
volonta:  2.°  al  diritto  che  altri  ha  di  non  cederlo  senza  equo  com- 
penso,  il  quale  diritto  si  riduce  alia  propriela :  3.°  alia  rarita  della 
materia,  alia  qualita  e  quantita  delle  forze  impiegate  per  trasfor- 
marla.  La  prima  di  queste  ragioni,  Yutilila,  e  una  relazione  di  due 
termini,  vale  a  dire,  del  desiderio  sentito  e  della  proporzione  della 
merce  ad  acquietarlo.  II  desiderio  e  puramente  soggettivo ,  e  pero 
non  pu6  entrare  come  quantita  determinante  nel  giudicare  il  va- 
lore. Tocca  al  compratore  di  vedere  quale  sia  in  lui  la  forza  di  tal 


4  GIUSTI,  Provtrbii  toscani. 


408  VALORE  ED  EQLIVALENZA 

desiderio,  e  a  quali  sacrifizii  potra  esserne  indotto.  E  voi  sapete  che 
quanto  una  fantasia  e  piu  matta  e  una  passione  piu  accesa ,  tarito 
sono  piu  matte  e  strane  le  risoluzioni  acui  e  strascinala  unavolon- 
ta  che  se  ne  renda  schiava.  Di  che  vedete  che  dare  al  desiderio  la 
funzione  di  determinare  i  valori ,  egli  e  confidare  ad  un  matto  la 
funzione  di  giudice. 

4.  Stabilito  poi  1'  intento  di  soddisfare  il  desiderio,  il  rimanente 
e  obbietto  proprio  della  facolta  giudicatrice:  a  lei  tocca  p.  e.  il  giu- 
dicareche  tanto  panee  necessario  a  soddisfare  la  tuafame;  che  co- 
testa  quantita  di  pane  al  prezzo  corrente  di  quel  frumento,  di  qael 
fornaio,  coi  mezzi  odierni  di  panificazione,  equivale  alia  tale  som- 
ma  di  moneta  metallica.  E  lo  stesso  dite  del  panno  che  comprate 
pel  vestito,  dell'  argenteria  che  per  la  tavola  ecc.  Ognuna  di  cote- 
ste  merci  allorch&  si  presenta  sul  mercato  determina  il  giudizio  del 
compratore:  prima  con  la  materia,  ond' egli  guardera  se  I'  abito  e 
di  panno  e  di  qual  panno  •,  se  la  posata  k  d'  argento  e  di  qua!  cara- 
to-,  e  gran  differenza  passerafra  il  ricambio  che  egli  vorra  dare  per 
lo  panno  e  quello  che  mi  concedera  per  1'argento :  gran  differenza 
tra  il  panno  di  Verviers  e  queld'Arpino,  tra  1'argento  di  bassa  o  di 
alta  lega.  La  quale  differenza  si  ripete  in  gran  parte  dalla  rarita  e 
difficolta  di  rinvenire  cotesta  materia.  Vista  poi  I1  opportunitti  e  il 
valore  intrinseco  della  materia,  a  cui  le  intrinseche  proprieta  si  ap- 
poggiano,  dovra  considerare  I'esterna  forma  sopraggiuntavi  relati- 
yamente  al  bisogno  che  egli  vnole  soddisfare  (p.  e.  il  taglio  dell'a- 
bito  e  la  perl'ezione  della  cucitura,  la  forma  della  posata  e  la  forbi- 
tezza  del  lavoro)  e  alia  forza,  con  cui  venne  prodotta.  Quanto  mag- 
giore  e  la  perfezione  del  lavoro,  tanto  crescera  agli  occhi  della  ra- 
gione  il  valore  della  merce.  Ma  questo  lavoro  medesimo ,  oltre  il 
pregio  graduale  di  sua  perfezione,  ha  una  ragione  specifica  di  pre- 
gio  essenziale  dalla  facolta,  con  cui  si  opera;  altro  essendo  il  pre- 
gio  di  una  facolta  mentale,  altro  di  una  facolta  meccanica,  altro  del 
misto  di  entrambe,  altro  di  certi  voli  straordinarii  d'ingegno  raris- 
simi  ad  incontrarsi.  La  facolta  del  matematico  che  regola  il  mec- 
canismo  d'una  offi2ina,  e  mjlto  pii  rara  e  sublime  della  robustezza 


NELLA.  ECONOMIA  SOCIALE  409 

di  quel  facchino  che  mette  in  movimento  la  ruota  maestra,  o  ali- 
menta  il  vapore  nella  caldaia.  Pure  anche  la  facoltadel  matematico, 
potendosi  da  mold  conseguire  mediante  lo  studio,  sottostadi  gran 
lunga  nel  mercato  al  genio  di  un  Owerberck  o  di  uri  Bellini ,  il  cui 
delicato  sentire  con  niuno  studio  potrebbe  acquistarsi.  II  compra- 
tore  dunque  paghera  di  vantaggio  la  merce  offerta  se  la  vegga  pro- 
cedere  dalla  potenza  mentale  del  matematico  chese  dalla  materiale 
forza  del  facchino  •,  di  vantaggio  se  vi  ravvisi  la  scintilla  dell'inge- 
gno  inventive,  che  se  la  fatica  soltanto  del  calcolo  bene  eseguito. 

Utilita  delYoggetto,  pregio  della  materia,  dignild  della  forza  pro- 
dutlrice,  ecco  treelementi  che  indurranno  il  compratore  ad  au men- 
tare  il  valore  nel  ricambio,  Ma  notate  che  la  forza  produttrice  va 
soggettaadue  condizioni  di  tempo,  che  influiscono  sul  valore 5  cioe 
di  tempo  passato,  in  cui  si  predispone,  e  di  tempo  corrente,  in  cui 
si  esercita.  Gli  studii  dunque  e  remoti  e  immediati,  con  cui  il  pro- 
duttore  dovette  prepararsi  all  opera,  gli  alimenti  ed  agiatezze  ne- 
cessarii  nell'  atto  stesso  del  lavoro  a  sostentare  la  forza  esecutrice, 
sono  due  nuovi  elementi  che  debbono  ragionevolmente  determi- 
nare  il  valore  di  un  prodotto,  ossia  la  quantita  d'altro  prodotto  che 
potra  pareggiarglisi  nella  permutazione. 

5.  Tutti  cotesti  calcoli  potrebbero  sembrare  cosi  complicati,  che 
un  galantuomo  avesse  a  perderci  il  cervello.  Ma  a  spianarli  e  rende- 
re  liscia  liscia  la  bisogna,  interviene  lo  stato  sociale,  nel  quale  come 
nasce  il  bisogno  e  il  desiderio  delle  permutazioni ,  cosi  viene  som- 
ministrata  una  norma  facile  ed  universale  per  ben  discernere  i  gradi 
del  valore:  e  la  norma  sta  nella  consuetudine  delle  persone  oneste, 
ridotta  a  formola  esatta  e  universalmente  intelligibile  per  mezzo  della 
moneta.  Norma  tanto  piu  necessaria  per  la  grande  mutazione  che  in 
tale  stato  soffrono  i  valori  delle  cose,  divenendo  piu  o  meno  rara  la 
materia  col  maggiore  o  minore  uumero  cui  dee  soddisfare,  piu  o 
meno  singolari  gl'  ingegni  e  le  forze  secondo  la  popolazione,  la  ca- 
pacita,  1'istruzione,  Teducazione  eccetera,  del  paese  in  cui  vi  trova- 
te.  Vendete  panno  od  argento?  Le  100  mi  sure  che  ne  avete  in  ma- 
gazzino  appena  troveranno  compratori  in  un  casale  di  50  fuochi. 


•41 0  VALORE  ED  EQUIVALENZA. 

Passate  in  un  borgo  di  500  famiglie,  quanto  sembrera  ma<igiore  la 
rarita  della  vostra  derrata  !  E  quanto  piu  se  la  trasporterete  in  una 
popolatissimacapitale  !  AlTopposto  le  forzecon  cui  si  Iavor6  la  mer- 
canzia,  nel  picciolo  casale  erano  unicbe.  Ma  trasportate  nella  capi- 
tale,  quanto  perdono  di  pregio  e  per  la  concorrenza  di  forze  mi- 
gliori  e  pel  comodo  di  crescerle  associandole ! 

6.  Quindi  vedete  che  il  giudizio  portato  dalla  ragione  intornoai 
valori,  deve  commisurarsi  principalissimamente  al!o  stato  sociale  e 
ad  esso  aeconciarsi.  Infatti  cbe  dic'egli  1'oracolo  della  ragione  tas- 
sando  I'equivalenza?  Egli  dice  che  con  una  quantita  n ,  di  frumento 
p.  e.  ,  potrd  ottenere  una  quantita  q  di  vestimenta.  Or  cbe  io  possa 
avere  realmente  la  quantita  g,  dipende  precisamente  dalla  cond'zio- 
ne  di  societa,  in  cui  mi  trovo.  Fuori  di  tale  condizione,  patteggiando 
in  terre  inospite  ,  fra  uomini  estrasociali ,  la  cosa  potrebbe  andare 
tutt'altrimenti.  In  terra  selvaggia  il  mio  vicino  imperito  di  sartoria 
avra  impiegato  una  settimana  a  cucirsi  malamente  alcune  pelli  per 
vestimento:  e  se  io  desidero  averlo  per  me  e  pur  giusto  che  gli  pa- 
ghi  quella  settimana  di  lavoro.  Ma  se  in  una  societa  incivilita  il 
sarto  mandriano  mi  offerisse  il  suo  rozzo  zamberlucco  a  si  alto 
prezzo,  percheV  impieg6  una  settimana  :  «  Peggio  per  te,  rispon- 
derei,  se  non  sai  il  tuo  mestiere!  Io  comprero  T  abito  da  un  sarto., 
e  a  meta  di  prezzo  avro  doppiamente  pregevole  il  lavoro.  » 

7.  Lo  vedete,  lettore,  nella  societa  civile  il  valore,  intorno  al  quale 
si  patteggia  fra  contraenti,  e  il  valore  sociale,  non  1'  individuale.  II 
compratore  che  vuole  fare  negozio  non  e  obbligato  a  rivedere  i  li- 
bri  del  venditore  o  le  sue  officine  per  sapere  quanto  costo  a  lui  la 
materia  prima,  quante  giornate  di  lavoro  furono  impieirate  da  lui  a 
trasformarla  o  trasportarla :  basta  conoscere  il  prezzo  che  corre  sul 
mercato.  Quando  questo  non  sia  evidentemente  e  arlificialmente 
falsato,  dee  corrispondere  alia  materia  e  al  lavoro  di  conscienziati 
produttori :  una  superiorita  eccessiva  indichera  imperizia  o  cupi- 
dita  nel  produttore;  una  smodata  inferiorita  al  prezzo  corrente  sara 
all'opposto  un  grave  indizio  di  merce  o  adulterata  o  rubat^.  7t(dt- 
zio:  diciamo,  e  non  certa  prora,  per  essere  nrolte  le  cause,  donde, 


NELLA  ECONOMIA  SOCIALE  411 

senza  tali  frodi ,  pu6  nascere  talora  anche.  repentinamente  gravis- 
simo  squilibrio  nelle  merci. 

Quando  queste  ragioni  non  intervengano,  vede  il  lettore  ci6  che 
al  principio  abbiamo  accennato  ,  le  cause  determinatrici  dei  valori 
essere  tutt'  altro  che  soggettive  -,  queste  cause  sortire  gravi  muta- 
zioni  quando  passano  da  relazioni  individuali  arelazioni  pubbliche. 
In  queste  relazioni  essere  anche  piu  assurdo  che  nelle  private  il  dire 
che  i  prezzi  vengono  determinati  dalla  discussione  de'  due  privati. 
I  due  privati  che  discutono  ben  potranno  per  frode,  per  sciocchez- 
za,  per  errore,  per  bisogno  urgente  alterare  in  quel  fatto  i  prezzi 
correnti  ,  ma  non  potranno  far  mai  che  se  il  prezzo  pubblico  della 
derrata  e  10,  per  laloro  discussione  divenga  12. 

8.  E  qui  permetteteci,  lettore,  una  breve  intramessa  per  tesservi 
un  panegirico  del  Progresso.  Povero  progresso  !  Dobbiamo  si  spes- 
so  farlo  il  malarrivato,  dannandolo  a  vitupero  ed  infamia,  grazie  ai 
maleficii  ,  di  cui  da  certuni  gli  viene  addossata  la  complicita  !  Ora 
che  ci  viene  il  destro  di  attribuirgli  pur  qualche  vanto,  non  voglia- 
mo  lasciarne  sfuggire  1'  occasione.  Questa  ci  si  presenta  dal  poco 
che  abbiamo  detto  intorno  all'  origine  del  valore  sociale  ,  il  quale 
nasce  con  la  permutabilita  dalla  divisione  e  suddivisione  del  lavoro. 
Se  con  tal  divisione  e  suddivisione  ogni  operaio  acquista  facilita  e 
perfezione  nei  suoi  lavori,  vede  il  lettore  come  a  misura  che  le  arti 
progrediscono,  i  compratori  si  trovano  naturalmente  in  possesso  di 
maggiori  utilita  con  minore  dispendio,  se  non  di  moneta,  certo  al- 
meno  di  fatica.  Quando  nella  rozza  societa  io  voleva  vestirmi  di 
pelli,  doveva  pagare  coteste  pelli  a  piu  caro  prezzo  che  oggi  nou 
pago  un  panno  fino  :  e  a  proporzione  della  materia  doveva  pagare 
il  lavoro-  E  perche  ci6?  Perche  un  mandriano  senza  pratica  impiega 
una  settimana,  dove  un  sarto  civile  impiega  un  giorno ;  perche  le 
pelli  sono  piu  rare  in  societa  rozza,  che  i  panni  in  societa  industre. 
Quanto  piu  dunque  verra  agevolata  1'industria,  tanto  andra  crescen- 
do a  parita  del  resto  1'agiatezza  nel  popolo. 

Ci6  non  vuol  dire  che  la  felicita  di  quel  popolo  ne  pareggera 
sempre  il  progresso,  essendo  cose  diversissime  agiatezza  e  felicita.j 


412  VALORE  ED  EQUIVALENZA 

Ma  poich£  una  certa  somma  di  agiatezza  e  realmerite  voluta  dal 
Creatore  ,  finche  il  progresso  agevolera  alia  comunariza  civile  il 
possedimento  di  tale  agiatezza,  esso  dovra  dirsi  un  vero  bene  del- 
la  societa,  la  quale  e  destinata  a  compiere  gl'intenti  del  Creatore. 

9.  Posto  poi  che  tanto  influisce  la  diversa  condizione  dello  stato 
sociale  nelle  diverse  proporzioni  del  valore,  si  comprendera  esservi 
certi  dati,  percui  il  pubblico  ordinatore  ben  puo  essere  e  indotto  e 
illuminate  a  tassare  equamente  certe  permutazioni  piu  usitate,quan- 
do  vi  sia  pericolo  cbe  1'  improbita  di  qualcbe  private  costringa,  con 
la  necessita  o  con  la  frode,  i  compratori  a  tollerare  1'alterazione  dei 
valori.  Cosi  veggiamo  il  pubblico  magistrate  civile  tassare  su  i  mer- 
cati  la  cosi  delta  meta  del  pane  e  di  altre  civaie:  cosi  i  giudici  nei 
tribunali  condannare  i  monopolii  artificiosi   e  le  lesioni  enormi. 
Quegli  economist},  che  ogni  ragione  del  valore  riducono  all'estima- 
zione  dei  contraenti,  gridano  qui,  come  nell'usura  e  nelle  allre  ma- 
terie,  contro  i  viriroli  arbitrarii  del  commercio.  Ma  se  il  nostro 
leltore  avra  approvato  ci6che  abbiamo  detto  intorno  alia  permuta- 
Yione  e  al  valore,  egli  vedra  che  cotesto  grido  di  liberla  nei  privali 
contratti  vuole  in  gran  parte  ( non  diciamo  in  tutto  )  accoppiarsi 
con  tutti  gli  altri  gridi  di  liberta  eterodossa.  Puo  certamente  un 
Municipio ,  un  tribunale  or  prendere  abbaglio,  or  abusare  1'au- 
torita  tassando  falsamente  1'equivalenza  o  su  i  mercati  o  fra  litigan- 
ti :  e  sara  cotesta  o  sventura  o  colpa.  Ma  inferirne  1'  assoluta  con- 
danna  d'  ogni  ingerenza  autorevole  nella  tassa  dei  valori  sarebbe 
trarre  conseguenza  universale  da  premesse  ,  non  solo  particolari  , 
ma  eccettuative. 

10.  Per  asserire  in  generale  che  mai  non  sia  lecito  all'  autorita 
intervenire  nei  contralto  fra  i  privati ,  converrebbe  sostenere  una 
delle  proposizioni  seguenti : 

1  L'equivalenza  delle  merci  permutate  non  e  richiesla  per  giustizia 
delle  permulazioni : 

L'equivalenza  delle  merci  non  ha  alcun  dalo  intrinseco,  ma  tut- 
ta  si  riduce  all'  arbitraria  determinazione  dei  contraenti : 


NELLA  ECONOMIA  SOCIALE 

Qualunque  sia  il  principio  ,  da  cui  viene  determinate  il  valore  , 
i  contraenti  sono  incapaci  di  violare  nei  contratti  le  leggi  della 
giustizia: 

La  violazione  di  queste  leggi  non  ha  alcuna  influenza  suU'ordine 
puhblico,  e  per6  non  va  soggetta  al  pubblico  ordinatore. 

Chi  non  ha  coraggio  di  affermare  qualcuna  di  queste  quattro 
proposizioni  da  noi  o  dall'  evidenza  stessa  dimostrate  false,  dovra 
confessare  che  alia  pubblica  autorila  puo  competere  in  tali  materie 
una  qualohe  ingerenza-,  e  che  1'escludernela  assolutamente  e  sempre 
perqualche  fallo  dei  governanti,  e  un  volerci  esporre  a  tutti  gl'in- 
convenienti  delle  passioni  volgari,  per  impedire  qualche  inconve- 
niente  dell'autorita  protettrice :  egli  eun  ridurre  i  cittadini  in  ma- 
teria  d'interesse  alia  condizione  degli  Americani  in  materia  di  pub- 
blica sicurezza  :  i  quali ,  diceva  un  giornale  americano  ,  per  non 
sottostare  agli  abusi  della  polizia  sono  costretti,  se  vogliono  sicura 
la  vita,  ad  avere  pronto  sempre  un  muro,  a  cui  appoggiare  lespat- 
le  e  un  revolver  con  cui  ribattere  di  fronte  1'assassino.  Non  sare- 
mo  certo  noi  che  prenderemo  a  fare  il  panegirico  degli  abusi  dr 
polizia.  Ma  nelP  alternativa  li  preferiremmo  a  quei  della  piazza  ^ 
e  questa  stessa  alternativa  non  la  crediamo  una  necessita  socia- 
le  ,  finche  almeno  puo  avere  qualche  forza  la  legge  e  la  coscienza 
cattolica. 

11 .  Concludiamo  dunque  che  il  valore  delle  cose  venali  dipende 
1.°  dalla  materia  considerata  nel  suo  pregio  intrinseco  e  nella  sua 
rarita;  2.°  dal  lavoro  considerato  secondo  il  pregio  della  facolta  , 
da  cui  deriva  ,   secondo  il  grado  di  perfezione  ,  con  cui  venne 
impiegata,  secondo  il  dispendio  delle  preparazioni  richieste  a  per- 
fezionarla,  secondo  i  mezzi  di  sostentamento  e  di  agiatezza  ne- 
cessarii  ad  esercitarla  •,  3.°  dallo  stato  sociale  piu  o  meno  colto, 
in  cui  il  contralto  viene  patteggiato  ,  e  che  toglie  alle  influenze 
soggettive  dell'  individuo  la  tassa  dei  valori,  trasportandola  nell'or- 
dine  oggettivo  delle  condizioni  sociali. 

12.  A  queste  tre  condizioni  regolatrici  del  valore  venale  deepre- 
supporsi  il  bisogno,  il  desiderio,  la  domanda  ecc.  in  quanto  senza 


414  YALORE  ED  EQUIVALENZA 

bisogno  non  vi  sarebbe  domanda,  ne  senza  domanda,  permutazio- 
ne  :  e  se  i  bisogni,  le  domande,  le  permutazioni  foisero  pochissi- 
me,  la  materia  perdendo  il  pregio  della  rarita  perderebbe  un  ele- 
mento  die  influisce  realmente,  come  poc'anzi  e  detto,  sulla  tassa 
dei  valori:  di  che  voi  vedete  che  1'offerta  e  la  domanda,  ossia  il  biso- 
gno del  venditore  e  del  compratore,  lungi  dall'essere  i  supremi  de~ 
terminatori  del  valore  ,  non  vi  hanno  altra  influenza  che  quella  di 
rendere  piu  o  meno  ram  la  merce  :  danno  bensi  un  impulso  alia 
permutazione,  ma  non  danno  immediatamente  in  una  societa  one- 
sta  e  cattolica  le  leggi  e  le  misure  dell'equivalenza. 

13.  L'osservazione  e  nella  pratica  di  molta  importanza,  special - 
mente  quando  trattasi  di  fissare  il  valore  all'opera  degli  operai.  ?sel- 
lealtre  merci  si  puoper  lo  piu  o  sospendere  le  pattuizioni,  o  invoca- 
re  dairautorita  qualcbe  provvedimento:  e  cosi  il  valore  puo  in  qual- 
cbe  modo  dibattersi  fra  le  parti,  ordinariamente  a  condizioni  poco 
meno  che  uguali.  Ma  i  poveri  operai,  il  cui  numero  di  giorno  in 
giorno  va  crescendo,  possono  eglino  aspettar  la  domane  pel  vitto 
quotidiano,  come  i  padroni  possono  aspettarlo  per  mettere.  mano 
al  lavoro  ?  Incalzati  dalla  fame,  essi  corrono  ad  offerire  le  braccia-, 
e  la  copia  ed  urgenza  di  questa  offerta,  secondo  1'economia  dell'in- 
teresse,  dee  naturalmente  fame  abbassare  il  prezzo  a  quell'  infima 
tassa  che  appena  basta  a  campar  la  vita.  E  sapete  voi,  lettor  mio 
cortese,  quanto  purtroppo  sia  nei  paesi  eterodossi  fedelmente  ri- 
dotta  in  pratica  la  legge  degli  economisti? 

14.  Ma  introducete  nella  societa  col  sentimento  cattolico  le  due 
leggi  di  giustizia  e  di  carita,  deile  quali  altrove  parlammo,  e  vedre- 
te  cangiare  ad  un  tratto  quella  tassa  spietata.  II  padrone  che  dee 
condurre  un  operaio  a  giornata,  sara  egli  il  primo  a  calcolare  il 
giusto  valore  del  vitto  cotidiano   che  a  lui  non  potrebbe  equa- 
mente  negarsi :  e  dall'  affollata  moltitudine  delle  ofierte,  invece  di 
trarre  la  spietata  conseguenza  di  ribassare  il  salario,  inferira  1'  e- 
stremo  della  miseria  e  della.  fame,  alia  quale  que' miseri  sono  ri- 
dotti.  Donde  risultera  una  legge  economica  assai  diversa  dalla  pre- 
cedente  :  vale  a  dire  che  quando  1'  ofierta  delle  braccia  e  cagionata 


NELLA  ECONOMIA  SOCIALE 

dal  caro  de' viveri,  a  proporzione  di  questo  deve  crescere  lo  sti- 
peridio  degli  operai. 

15.  Ed  affinche  non  crediate  essere  queste  leggi  d'economia  cat- 
tolica  un  sogno  di  medio  evo,  permetteteci  che  vi  ricordiamo  qual- 
che  fatto,  dal  quale  potra  vedersi  che  le  utopie  del  medio  evo  in 
cio  che  e  perfezione  sociale,  beri  possono  riprodursi  anche  a  mez- 
zo il  secolo  XIX  tostoche  si  ristori  il  sentimento  cattolico. 

Dedurremo  1'esempio  da  quei  tempi  di  calami tosa  carestia  del 
1855  e  1856,  nei  quali  Tantico  Ministro  della  Ristorazione  Con- 
te  di  Montebel ,  mentre  tutti  i  salarii  scemavano  per  la  miseria 
clie  costringeva  il  popolo  ad  offrire  le  braecia.  ordinava  al  suo 
agente  di  au  men  tare  di  un  sesto  le  liste  presenlatedai  taglialegna, 
e  zappatori  nella  sua  terra  di  Vauxbois,  e  di  un  ottavo  quelle  de'chia- 
vaiuoli,  stipettieri,  muratori  e  simili  artigiani:  e  cio  percompensa- 
re  il  caro  degli  alimenti  1. 

Se  non  che  intendiamo  benissimo  che  un  Ministro  della  Ristora- 
zione,  codino  incipriato,  se  mai  ne  fu,  non  fara  grande  autorita 
presso  gli  avversarii.  Ma  che  diranno  essi  se  ricorderemo  loro  ci6 
che  notava  la  Patria  di  Torino  (16  Novembre  1855)  che  in  quel- 
1'epoca  stessa,  mentre  i  capi  di  fabbrica  inglesi  deliberavano  di  see- 
mare  concordemente  lo  stipendio  agli  operai,  i  francesi  all'opposto 
andavano  formando  associazioni,  ove  si  prendeva  1'impegno  di  con- 
cordemente  aumentarlo  ? 

Ecco  qual  e  I'influenza  del  principio  giuridico  e  del  religioso  nei 
calcoli  del  valore  !  L'  aumento  delle  derrate  agli  occhi  del  Francese 
cattolico  aum'entava  il  valore  di  quelle  opere,  che  dalle  derrate  dove- 
vano  trarre  Talimento:  laddove  Vlnglese  colTinteresse  nei  ctiore  e 
con  la  legge  economica  della  domanda-offerta  alia  mano,  trovava 
un  nuovo  titolo  per  condannare  a  fame  piii  rigida  del  consueto  i 
sempre  famelici  suoi  artigiani,  scemandone  it  salario  come  ne  ridon- 
dava  TofTerta. 

16.  E  per  maggiore  evidenza  dell'argomento  notate,  lettore  ac- 
corto,  la  Francia  e  bea  lungi  dall'essere  adesso  ci6  che  fu  altre  vol- 

• 
1  Um'vert  16  Decembre  1856. 


VALORE  ED  EQLTVALENZA  NELLA  ECONOMIA  SOCIALE 

te,  una  nazione  pienamente,  universalmente ,  praticamente  catto- 
lica.  Eppure  tanto  ancora  vi  puo  il  sentimento  delCattolicismo!  Or 
fate  ragione  se  in  una  nazione  ove  il  Cattolicismo  fosse  pieno ,  uni- 
versale  e  pratico,  la  tassa  de'  valori  condotta  con  tali  principii  sa- 
rebbe  un'  Utopia,  o  non  piuttosto  una  realita  pratica  ed  universale. 

17.  Raccogliamo  da  ultimo  sotto  una  sola  occhiata  il  tema  del 
tre  ultimi  articoli. 

Andavamo  investigando  il  soggetto  materiale  della  sociale  eco- 
nomia^  di  quella  cioe  che  indirizza  il  governante  a  bene  ordinare  i 
sudditi  nelle  loro  relazioni  spettanti  all'uso  degli  averi.  II  soggetto 
materiale  di  tale  scienza  sono  ,  abbiamo  detto  ,  gli  averi.  Ma  quali 
averi  ?  Quelli  propriamerite  ,  i  quali  stanno  a  disposizione  dei  sud- 
diti e  presenlano  cosi  1'occasione  di  violare  le  leggi  di  giustizia  e  di 
benevolenza  scambievole. 

Averi  a  disposizione  dei  sudditi  non  sono  le  loro  persone  ,  ne  le 
cose  non  possedibili  o  non  permutabili  equamente.  Equamente  per- 
mutabili  rimangono  soltanto  o  le  cose  materiali  o  le  opere  misura- 
bili  col  tempo,  che  nel  trasformare  esse  cose  vengono  impiegate.  Gli 
averi  dunque  si  riducono  alle  cose  e  alle  opere  materiali,  che  posso- 
no  in  altre  cose  ed  in  altre  opere  trovare  1'equivalente. 

Ma  qual  e  la  norma  per  misurare  1'  equivalenza?  £  il  valore  ;  il 
quale  ,  abbiamo  detto  ,  ha  la  sua  prima  cagione  nel  desiderio  pre- 
supposto  di  provvedere  ad  un  qualche  bisogno.  Presupposto  poi  un 
tal  desiderio  ,  riceve  la  sua  determinazione  dalla  ragione  giudica- 
trice,  a  proporzione  1.°  deU'utilita  a  soddisfare  il  bisogno;  2.°  della 
rarita  della  materia;  3.°  della  quantita  e  qualita  delle  forze  trasfor- 
inatrici  ^  4.°  delle  condizioni  sociali. 

II  giudizio  complessivo  risukante  da  cotesti  element!  o  premes- 
se,  difficile  per  s&  a  ridursi  in  formola  esatta  e  sicura,  viene  agevo- 
]ato  dal  giudizio  sociale  di  tutta  la  comunanza  ed  espresso  in  for- 
mola universalmente  intelligibile  per  mezzo  della  moneta. 

Qui  peraltro  veggiamo  il  bisogno  di  dare  qualche  schiarimento 
intorno  a  queste  ultime  parole,  e  si  lo  faremo  nel  seguente  articolo 
^iggiungeado  alcune  osservazioni  economiche  intorno  alia  moneta. 


DI  ALCUNE  DEFINIZIONI  BELLA  VITA 


i. 

Necessila  pei  fisiologi  di  ben  definire  la  vita. 

La  fisiologia,  senza  smettere  il  proprio  carattere  di  essere  osser- 
vatrice  e  sperimentale,  convieae  che  si  fondiinprincipii  razionali  e 
filosofici.  In  altra  guisa  essa  si  riduce,  come  bene  spesso  e  avvenuto 
di  altre  naturali  discipline,  ad  un  mero  empirismo  o  collezione  di 
fenomeni,  distribuiti  con  piu  o  meno  d'arte  in  varie  classi,  e  subor- 
dinati  a  quelle,  che,  col  nome  di  leggi,  non  sono  in  sostanza  se  non 
fatti  piu  generali  e  costanti.  Ma  mentre  ella  resta  in  tale  giro,  le 
manchera  del  tutto  la  ragione  di  scienza.  Imperocche  la  scienza 
richiede  la  conoscenza  delle  cagioni  propriamente  dette  ,  le  quali 
sogliono  essere  occulte  e  nascose  alia  sola  sperienza,  ne  altrimenti 
si  rivelano,  se.non  in  virtu  di  principii  trascendenti  ed  ontologici. 

Un  altro  pregiudizioviene  alia  fisiologia  dal  suo  sequestrarsi  dal- 
la  filosofia,  ed  e  il  non  poter  essere  inriestata  nell'albero  enciclope- 
dico-del  sapere.  Un  tale  innesto  precede  nelle  singole  discipline  dal- 
la  partecipazione  d'  un  vincolo  comune  che  tutte  le  rannodi  in  vera 
unita  di  sisteraa ;  e  siffatto  vincolo  non  si  trova  nelle  particolarita 
proprie  di  ciascuna,  ma  bensi  nel  legatne  delle  idee  universal}  e 
nelle  nozioni  quidditative,  che  loro  vengono  porte  da  una  scienza 
prima  e  generalissima,  la  quale  e  segnata  col  nome  di  fiiosofia. 
Ser  ic  III,  vol.  IX.  27  8  Febbraro  1853, 


418  DI  ALCUNE  DEFINIZIONI  BELLA  TITA 

Quindi  non  e  a  meravigliare  se  tutti  quelli,  die  hanno  voluto  scri- 
vere  di  fisiologia  in  modo  scientific^  o  valersi  delle  sue  teoriche 
per  altra  scienza  da  loro  professata,  si  sono  sempre  mostrati  solle- 
citi  di  mescolarvi  ricerche  filosofiche,  massimamente  intorno  all'es- 
senza  stessa  della  vita.  A  cio  essi  venivano  indotti  dalle  ragioni  so- 
prallegate  e  dalla  persuasione  che  1'idea  raadre  di  qualunque  scien- 
za e  appunto  quella  cheriguarda  1'oggetto  primario  e  fondamentale 
di  tutta  la  trattazione  •,  senza  intendere  il  quale,  e  impossibile  che 
gli  altri  concetti  secondarii  abbiano  distinzione  e  chiarezza. 

Senonche,  guasta  per  Cartesio  1'idea  di  unita  sostanziale  d'  ogni 
essere  composto ,  la  filosofia  non  fu  piu  in  grado  di  somministrare 
ai  fisiologi  il  vero  concetto  di  vita;  la  quale  non  puo  venire  intesa 
da  chi  non  sa  altro  concepire  nei  corpi,  se  non  estensione  e  movi- 
mento.  Per6  ingegni  eziandio  sublimi  e  dispostissimi  alle  ragioni 
scientifiche,  quantunque  si  accorgessero  la  vita  essere  tutt' altro  che 
effetto  delle  forze  comuni  della  materia  ;  no'ndimeno  miseramente 
smarrironsi,  quando  vennero  a  defmirne  1'essenza.  A  convincersi  di 
cio  basta  leggere  qualsivoglia  degli  scrittori  piu  celebrati,  che  dopo 
la  riforma  filosofica  trattarono  di  si  fatto  argomento.  Noi  adarne  un 
saggio  in  questi  nostri  articoli,  sceglieremo  tre  nomi  chiarissimi  tra 
quelli  che  hella  scienza  o  medica  o  fisiologica  o  zoologica  si  studia- 
rono  di  non  fermarsi  alb  sola  parte  fenomenale,  ma  di  elevarsi  a  con- 
siderazioni  specolative  e  razionali.  Sieno  questi  Stahl,  Bichat  e  Cu- 
vier  ,  le  cui  diverse  definizioni  della  vita  discuteremo  in  tre  sepa- 
rati  paragrafi. 

II. 

StahL 

Questo  celebre  medico, fondatore  del  sistema.cosi  detto  dell'ant- 
mismo  per  1'attribuire  die  fai  fenomeni  vitali  all'azione  dell'anima, 
ripone  la  vita  nella  conservazione  dell'organismo,  quanto  alia  mistu- 
ra  e  disposizione  propria  delle  sue  parti.  Ci6  veramente  e  da  lui  sta- 


DI  ALCUNE  DEFIN1ZIONI  DELLA  VITA  419 

bilito  a  proposito  del  corpo  umano-,  ma  la  ragione  proporzionevol- 
mente  e  la  stessa  per  la  vita  organica  generalmente  ;  la  qunle  non 
puo  negli  inferior!  viventi  esser  posta  in  qualche  cosa  di  meglio  che 
non  sia  nell'  uomo. 

II  discorso  dello  Stahl  si  ridtiee  al  seguente.  Dopo  essersi  quere- 
lato  che  non  si  fosse  fino  a  suoi  tempi  conosciuta  abbastanza  la  vera 
e  formale  ragione  di  vita,  egli  passa  a  dimostrare  la  necessita,  cbe 
il  corpo  vivente  ha  di  peculiar  costruttura  per  adempire  le  sue  fun- 
zioni,  e  la  somma  facilita  di  corrompersi  che  in  se  racchiude,  atteso 
i  corruttibili  elementi  ond'  e  composto.  Da  tal  corruzione  peraltro 
1'organismo  va  esente,  mentre  durano  le  azioni  vitali  tendenti  a  ser- 
barne  1'integrita  e  Y  equilibrio  ,  contro  1' influenza  di  nemicbe  ca- 
gioni.  Di  che  e  da  inferire  che  nel  mantenimento  appunto  di  si  fatta 
integrita  e  di  si  fatto  equilibrio  consiste  formalmente  la  vita,  e  che 
comunicare  al  corpo  la  vita  non  suona  altro  se  non  oagionare  in  esso 
quell'  integrita  e  quell'  equilibrio.  Materia  corporis  ,  ut  in  se  undi- 
que,  ita  cum  primis  in  sanguine,  summe  corruplibilis ;  quod  tamen 
ne  in  actum  corruptionis  deducatur,  vitae  bemficio  debet :  quae  nem* 
pe  nihil  est  aliud  formaliter,  quam  haec  ipsa  conservatio  corporis  in 
ilia  sua  mixtione  quidem  corruptibili ,  sed  sine  omni  corruptionis 
istiusmodi  actuali  evenlu  * . 

Definitacosr  la  vita,  di  leggier! "si  scorge  in  che  consistono  i  mezzi, 
coi  quali  essa  si  procura  dal  principio  vitale.  Imperocche  e  manife- 
sto che  alia  conservazione  del  corpo  organico  in  quella  sua  mistione 
corruttibile,  senza  che  ne  segua  1'  attuale  corrornpimento,  coopera 
rimotamente -il  moto  de' liquid!  alimentari  pel  sistema  de'vasi,  d 
prossimamente'concorrono  le  secrezioni  ed  escrezioni  opportune. 
Ecco  dunque  gli  strumenti  rimoti  e  prossimi  della  vita,  ossia  gli  atti, 
mediante  i  quali  essa  kprodotta  e  mantenuta  nel  corpo.  Agit  qui- 
dem ilia  (animalis  natara  vel  anirna)  imo  peragit  felicissimc,  quan- 
tum el  quamdiu  potest,  motu;  sed  ille  motus  non  est  vita  absolute  et 

i  GEORGU  ERNKSTI  STAHL  Theoria  medico,  vera.  Halae  MDCCVIU.  pag.  581. 
Brevis  repetitio  summorum  capitum  medicae  Physiologiae. 


420  DI  ALCUNE  DEF1NIZIONI  DELLA  VITA 

simpliciter  et  qua  tails.  Praestat  vitam  mediante  molu  humorum 
circulatorio ;  sed  hie  motus  circulalorius  non  est  vita;  sed  tantum 
instrumentum  vitae ,  et  quidem  remotum.  Proxime  praestat  vitam 
per  secreliones  perpeluas  et  excreliones  tempestivas  materiarum  non 
solum  inutilium  sed  etiam  nocilivarwn.  Interim  neque  secretiones 
hae,  neque  excreliones  sunt  vita,  sed  solum  verum  ullimum  et  magis 
immediatum  instrumentum  vitae,  nempe  eliminando  aliena,  nt  ma- 
neanl  propria  et  ad  corpus  vere  pertinentia.  Ita  demum  vita  cffi- 
citur,  nempe  conservatio  corporis  et  mixlionis  eius,  atque  vindicalio 
advcrsus  omnem  corruptionem,  cui  alias  e  materiali  sua  indole  expo- 
silum,  immo  obnoxium  est  2. 

Questa  dottrina  non  pu6  in  veruna  guisa  abbracciarsi,  siccome 
quella  clie  rovescia  da  capo  a  fondo  ogni  concetto  filosofico  della  vi- 
ta. Lasciando  stare  che  si  fatta  teorica  prescinde  al  tutto  dal  con- 
cetto generico  ed  astrattissimo  di  vita,  in  quanto  tale  (vizio  co- 
mune  a  tutti  i  fisiologi,  i  quali  nondimeno  non  potranno  giammai 
definire  limpidamente  la  vita  organica  senza  muovere  da  tal  con- 
cetto); nel  medesimo  giro  cosi  limitato  dei  soli  viventi  organic! 
1'  anzidetta  teorica  non  riguarda,  se  non  la  sola  parte  materiale  e 
meccanica  del  vivente.  L'  integrita  degli  organi  essenziali  in  un 
animale  o  in  una  pianta,  la  mistura  implicatissima  de'  loro  chimici 
element!,  1'equilibrio  tra  le  parti  solide  e  liquide  che  li  compon- 
gono,  sono  cose  fuor  d'  ogni  dubbio  ricbieste,  acciocchela  vita  pos- 
sa  in  quelli  sussistere.  Ma  sono  esse  tali,  che  costituiscano  1'essenza 
stessa  di  vita  nel  senziente  o  nel  vegetale?  Se  cosi  fosse,  non  ci  sa- 
rebbe  ragione,  per  cui  non  dovesse  appellarsi  vivente  eziandio  un 
orologio  o  un'altra  macchina,  quale  che  siasi,  fmche  in  lei  dura 
Vartificiosa  disposizione  de'  pezzi  e  delle  ruote  ond'e  congegnata. 
E  se  Dio,  dopo  la  separazione  dell'anima  dal  nostro  corpo,  conti- 
nuasse  a  mantenere  in  questo  la  medesima  proporzione  di  prima 
ne'  gruppi  molecolari  delle  sue  diverse  materie  organiche,se  impe- 
disse  ogni  putrefazione  del  sangue  ed  ogni  dissolvimento  di  parti, 

2  Opera  citata  pag.  76. 


DI  ALCUNE  DEF1NIZIONI  BELLA  VITA.  421 

se  conservasse  i  singoli  tessuti  e  vasi  e  sistemi  nella loro  propria  inte- 
rezza  (cose  al  certo  non  impossibili  alia  divina  onnipotenza)  ;  osereb- 
be  lo  Stahl  di  chiamar  vivente  quel  eorpo?  Eppure  in  esso,  benche 
non  informato  dall'anima,  si  avvererebbe  appuntino  cio  in  cui  egli 
ripone  formalrnente  la  vita,  cioe  la  conservazione  della  corruttibile 
mistura,  senza  1' attuale  corrompimento,  a  cui  1'organismo  per  na- 
tura  e  soggetto. -Nihil  est  aliud  formaliler,  quam  conservatio  corpo- 
ris  in  ilia  sua  mixlione  corruplibili,  sine  corruptions  actuali  evenlu. 
Lo  Stahl  forse  ripigliera :  Un  tal  corpo,  benche  ritenga  la  sua  or- 
ganizzazione ,  nondimeno  non  potrebbe  cbiamarsi  vivente,  perche 
quella  organizzazione  non  sarebbe  in  esso  conservata  da  un'azione 
vivificatrice  ,  cioe  dal  moto  prodotto  dall'  anima  per  la  circolazione 
degli  umori ,  e  per  la  secrezione  delle  particelle  utili  ed  escrezione 
delle  nocive  od  inutili.  Cotesta  risposta  pare  potersi  ricavare  da  quel 
luogo,  dove  il  nostro  scrittore  distingue  la  vita  in  quanto  procede 
dall'anima  e  in  quanto  e  ricevuta  nel  corpo  ,  e  ripone  la  causalita 
vivificatrice  nell'  azione,  per  cui  vengono  del  continue  rimosse  dal 
corpo  le  molecole  non  piu  abili  a  far  parte  dell'organismo,  e  in  loro 
vece  ne  vengono  assimilate  delle  altre.  Bene  notanda  venit  realis  ilia 
penitus  diversitas  inter  vitam,  quatenus  de  corpore  dicitur*  quo  in- 
quamrespeclu  et  intuitu  corpus  vivum  esse  dicilur(de  qua  re  nobis 
in  Phijsiologia  est  sermo) ,  et  ilium  respeclum  quo  anima  viva  dici- 
tur;  quae  respectu  corporis  vivifica  solum  did  merelur.  Peragil  ta- 
men  in  corpore  hunc  actum  vivificalionis,  non ,  uti  vulgo  crassiore 
modo  interpretantur ,  per  nudam  atque  simplicem  sui  unionem ;  sed 
sane  per  aclionem.  Neque  tamen  eamdem  simpliciter  innominatam, 
sed  omnino  vere  mechanico-physicam.  Nempe  per  materiarum  sen- 
sim  fatiscentium  perpetuam  remotionem,  quae  proprie  et  directe  est 
vita  instrumentaliter  considerata ;  et  in  locum  harum  decedentium 
novam  receplionem  et  admotionemrecentium,  quam  nutritionem  vo- 
camus  i. 

\  Opera  citata  pag.  563. 


422  DI  ALCUNE  DEFINIZIOM  DELLA  VITA 

Ma,  primieramente,  ammessa  questa  risposta,  dovrebbe  ritrattar- 
si  cio,  che  dallo  Stahl  era  stato  asserito  in  termini  cosi  espressivi : 
la  vita  del  corpo  consistere  formal  men te  nella  conservazione  del- 
1'organismo;  dovendo  piuttosto  dirsi ,  secondo  il  soggiunto  teste, 
che  essa  consiste  nel  movimento  che  il  corpo  riceve  dall'anima  in 
tuttelefunzioni  necessarie  al  suo  nutrimento.  Imperocche  la  ragione 
formale  di  una  cosa  qualunque  non  consiste  in  ci6  che  pu6  stare  , 
senza  che  essa  si  avveri $  sibbene  in  cio,  cui  posto,  la  cosa  sorge,  e 
cui  rimosso  la  cosa  cessa  di  essere.  Ora  noi  vedemmo  che  1'organiz- 
zazione  potrebbe  assolutamente  conservarsi  nel  corpo,  senza  che 
per  questo  si  dovesse  il  corpo  riputare  vivente,  e  solo  il  moto  cagio- 
nato  dall'  anima  sarebbe  quello,  che,  al  vedere  dello  Stahl,  col  suo 
avverarsi  avvererebbe  la  vita,  col  suo  cessare  1'annullerebbe.  Oltre- 
che  sel'azione  vivificatrice  e,  secondo  1'accennata  risposta,  il  moto 
prodotto  dall'anima  5  questo  stesso  moto  ricevuto  nel  corpo  sara  la 
vita  del  medesimo :  non  essendo  altro  la  vita  del  corpo,  se  nonl'  ef- 
fetto  immediate  dell'  atto  vivificante. 

In  secondo  luogo  ,  questo  moto  circulatorio  de'  liquidi  nel  vi- 
vente ,  e  questa  sua  azione  secretiva  ed  escretiva ,  sono  certamen- 
te  funzioni  vital! ,  operate  per  mezzo  degli  organi  stessi  gia  av- 
vivati.  Esse  dunque  suppo-ngono  la  vita  gia  comunicata  all' orga- 
nismo,  e  sol  concorrono  a  conservarla.  Dunque  non  possono  essere 
mezzo  e  veicolo,  per  cui  primamente  la  vita  s'  impartisca  all'  or- 
ganismo. 

In  terzo  luogo  si  fatte  funzioni  possono  venire  a  tempo  interrotte, 
senza  che  per6  cessi  sostanzialmente  la  vita  nel  corpo  organizzato. 
Cosi  sembra  probabile  che  awenga  negli  animali  congelati ;  i  quali, 
mentre  durano  in  tale  stato,  non  hanno  ne  circolazione  di  sangue, 
ne  nutrizione  veruna,  e  nondimeno  non  muoiono  ;  perche  come 
prima  si  disgelano  ,  ripigliano  di  bel  nuovo  le  funzioni  vitali.  Lo 
stesso  e  da  dire  degli  animali  asfisiati,  e  di  quelle  che  i  zoologi  ap- 
pellano  larve;  nelle  quali  niun  fenomeno  di  operazione  vitale  si  ma- 
nifesta,  e  nondimeno  la  vita,  sostanzialmente  considerata,  non  6 


DI  ALCUXE  DEFINIZIONI  DELLA  VITA  423 

ancora  estinta  1.  L'atto  dunque  die  vivifica  sostanzialmente  I'or- 
ganismo,  non  puo  essere  ne  la  circolazione  ne  la  nutrizione. 

In  fine,  noi  domanderemo  al  sig.  Stahl  se  la  circolazione  degli 
umori  nell' organismo  e  1'  azione  degli  organi  secretorii  ed  escretorii 
producano  la  vita  in  quanto  1'  uno  6  semplice  corso  di  un  liquido, 
e  1'altra  e  semplice  analisi  o  sintesi  di  gruppi  molecolari  -,  ovvero  se 
la  producano  in  quanto  amendue  sono  moti  provegnenti  da  un  prin- 
cipio  vivente.  Per  fermo  non  puo  dirsi  la  prima  di  questecose;  al- 
trimenti  dovrenamo  appellare  causa  di  vita  eziandio  1'  ascensione 
dell'acqua  in  una  tromba  aspirante  ,  e  I' azione  del  ferro  che  sotto 
un  grado  di  conveniente  teinperatura  scompone  il  vapore  di  acqua 
e  se  ne  incorpora  1'ossigeno. 

Si  accettera  dunque  la  seconda  parte  del  proposto  dilemma.  Ma 
se  un  moto  impresso  dall'  anima  ad  un  umor  circolante  basta  ad 
avvivare  il  corpo,  per  cio  solo  che  quel  moto  procede  da  un  essere 
vivente-,  perche  il  moto  impresso  dalla  mia  mano  alia  penna  che 
verga  un  foglio  non  bastera  ad  awivare  essa  penna  e  la  carta  ezian- 
dio in  cui  va  a  terminarsi?  Non  e  parimente  un  moto  che  procede 
da  una  causa  vivente  ? 

Si  ripigliera,  la  differenza  esser  questa,  che  il  principio  motore 
della  penna  e  estrinseco  ad  essa  penna,  laddove  il  principio  motore 
dell' organismo  e  intrinseco  ad  esso  organismo.  Ottimamente  $  ma 

1  11  pent  meme  se  faire  que  tout  phenomena  de  nutrition  et  par  suite  qus 
toute  vitalite  soil  suspendue,  pendant  un  temps  plus  ou  mains  long,  soit  dans 
Us  graines ,  soi.t  chez  les  larves  de  quelques  animaux  placees  dans  certaines 
conditions  de  temperature,  de  secheresie  ou  d'  humidite.  Mais  si  ces  conditions 
n'ont  pas  amene  de  lesion  dans  I' organisation,  la  nutrition  et  par  suite  le  deve- 
loppement,  pourront  reparaitre  et  continuer,  jusqu'  d  la  periods  de  la  reprodu- 
ction, Aimi  dans  ces  cas-la  Vorganisme  est  conserve  d  I'  etat  statique,  c'  est-  d 
dire  non  apte  d  agir,  ou  d  manifester  les  actes  propres  d  la  substance  organi- 
see;  c'  est  un  etat  de  mort  apparente  ,  mat's  non  reelle;  puisque  V  organisms 
n'esf  point  lese,  et  manque  seulement  des  conditions  exterieures  physico-chimi- 
ques  necessaires  d  I' accomplissement  des  actions  qui  caracterisent  la  vie  et  qui 
reprennent  des  que  cetles-ci  lui  sont  rendues.  Elements  de  physiologic  de  ITiom- 
me  etc.  par  le  Docteur  BERAUD  etc.  Tome  2,  sixieme  partie,  pag.  678;  Vitalite. 


424  DI  ALCUNE  DEFIMZIONI  DELLA  VITA 

che  intendesi  di  dire  con  questa  voce  d'  inlrinseco  ?  Che  quel  prin- 
cipio  non  applica  la  virtu  sua  stando  al  di  fuori  del  corpo  ma  stando 
al  di  dentro  ;  sicche  il  moto  da  lui  comunicato  al  mobile  si  propaghi 
non  dalla  superficie  al  centre  ma  dal  centro  alia  superficie?  Sareb- 
be  ridicola  al  sommo  una  tale  risposta;  perche  farebbe  pullulare  la 
vita  dalla  sola  diversa  posizione  d'  un  movente  ,  e  quindi  dalla  op- 
posta  direzione  che  prende  il  moto  da  lui  prodotto.  Oltreche  ,  se 
un  diavolo  invasasse  un  cadavere,  cagionando  in  esso  tutti  i  movi- 
menti  analoghi  a  quelli  d'un  organismo  animato;  osereste  dire  che 
quel  corpo  e  tomato  a  novella  vita  ?  Nondimeno  la  causa  del  movi- 
mento  gli  sarebbe  interna  ,  nel  senso  soprallegato  ,  cioe  starebbe 
dentro,  non  fuori ;  ed  il  moto  anderebbe  dal  centro  alia  superficie, 
non  dalla  superficie  al  centro. 

La  fefvida  fantasia  di  Dante  immagin6  di  vedere  nell'inferno  1'a- 
nima  di  un  traditore,  di  cui  ii  corpo  tuttavia  sulla  terra  mostrava  di 
mangiare  e  di  bere  e  di  esercitare  tutte  le  altre  funzioni  vitali. 

....  Col  peggiore  spirto  di  Romagna 
Trovai  un  tal  di  voi,  che  per  sua  opra 
In  anima  in  Cocito  gia  si  bagna, 
Ed  in  corpo  par  vivo  ancor  di  sopra  -i . 

E  la  ragione  di  tale  apparenza  la  pose  in  ci6,  che  quel  corpo  era 
stato  dato  in  balia  di  un  demonio,  che  ne  governasse  le  membra. 

Nel  fosso  su,  diss'ei,  di  Malebranche, 

L&  dove  bolle  la  tenace  pece, 

Non  era  giunto  ancora  Michel  Zanche; 
Che  questi  Iasci6  un  diavol  in  sua  vece 

Nel  corpo  suo,  e  d'un  suo  prossimano, 

Che  ii  Iradimento  insieme  con  lui  fece  2. 

Questa  finzione  poetica  deH'Alighieri  puo  servirci  d'esempio  ipote- 
tico  nella  presente  materia.  Diciamo  dunque:  se  fosse  veramente 


1  Inferno  c.  33. 
25  Ivi. 


DI  ALCUNE  DEFINIZION1  BELLA  YITA 

accaduto  quel  caso,  il  quale  non  ha  per  fermo  alcuna  intrinseca  ri- 
pugnanza  ,  sarebbe  potuto  dirsi  veramente  vivo  quel  corpo  mosso 
dal  maligno  spirito?  No,  certamente.  Eppure  in  esso  si  sarebbono 
verificati  i  movimenti  prodotti  da  un  principio  vivente,  ed  intimo 
in  questo  senso,  in  quanto  era  dentro  non  fuori  del  corpo  mosso. 
Dunque  allorche  si  dice  per  costituire  un  corpo  vivo  richieJersi  che 
il  principio  de'suoi  movimenti  gli  sia  inlrinseco ,  non  dee  intendersi 
con  questa  parola  una  semplice  presenza  interria,  cioe  un'  esistenza 
al  di  dentro  ^  ma  vuolsi  intendere  una  congiunzione  sostanziale  , 
per  cui  il  principio  di  vita  talmente  si  unisca  a  quel  ccrpo,  che  si 
formi  una  sola  sostanza  ed  un  sol  subbietto  di  azione  e  di  passione. 
Sicche  il  moto,  che  ne  conseguita,  talmente  proceda  dal  principio 
informante  il  corpo,  cbe  possa  dirsi  procedere  eziandio  dal  corpo, 
in  quanto  proceda  da  una  potenza,  la  quale  appartenga  all'  uno  ed 
all'  altro  congiunti  insieme,  ossia  che  appartenga  al  composto.  In  tal 
modo  si  avverera  cbe  il  corpo  muova  real  men  te  se  stesso-,  quantun- 
que  in  virtu  del  principio  vitale  che  lo  informa,  e  che  informan- 
dolo  fa  in  esso  pullulare  le  posse  operatrici  nei  diversi  organi  da 
lui  avvivati. 

Noi  vedremo  meglio  a.suo  luogo  in  che  consiste  quest'  unione 
sostanziale ,  ne  possiamo  qui  in  pochi  cenni  chiarire  una  quistione  si 
astrusa.  Per  ora  bastici  fermare  contro  dello  Stahl  che  ne  la  sempli- 
ce organizzazione  puo  costituire  la  vita  di  un  corpo,  ne  il  semplice 
moto  cagionato  da  un  principio  vivente  puo  costituire  1'  atto  vivi- 
ficatore.  L'  organizzazione  di  per  se  non  esce  dai  conGni  della  sola 
materialita,  e.vi  da  solamente  1'  idea  di  macchina  non  di  vivente. 
II  moto  poi,  comunicato  ad  un  corpo  da  un  principio  vivente,  sia  vi- 
sibile  sia  invisibile,  sia  operante  al  di  fuori  sia  al  di  dentro  ,  di  per 
se  non  esce  dai  confini  di  azione  transeunte;  e  per6  non  ha  che  fare 
coll'azione  vitale,  la  quale,  come  vedemmo,  consiste  nell'immanen- 
za  1.  Quest'immanenza  non  puo  avverarsi,  dove  un  medesimo  non 
sia  1'operante  e  il  subbietto  ricettivo  dell'azione;  ne  questa  medesi- 

1  CIVILTA'  CATTOLICA,  lerza  serie,  vol.  IX,  pag.  289. 


426  DI  ALCUNE  DEF1NIZ10NI  DELLA  VITA 

mezza  di  agente  e  paziente  pu6  aver  luogo  in  un  corpo,se  il  princi- 
pio  attivo  non  gli  si  unisca  in  guisa,  che  formi  con  esso  una  solaso- 
stanza.  Dunque  1'atto  vivificante,  per  cm  il  corpo  viene  costituito  so- 
stanzialmente  vivo ,  cioe  vivo  in  atto  primo ,  dee  consistere  nell'  u- 
nione  sostanziale  del  principio  vitale  coll'  organismo  corporeo ,  non 
gia  nel  moto  che  n'  &  conseguenza.  Dunque  il  volgo  irriso  dallo  Stahl, 
perche  credea  cheYanimSiperagit  hunc  actum  vivificationis  nel  cor- 
po  per  sui  unionem,  ne  sapeva  piu  di  lui,  benche  non  fosse  ne  medi- 
co n6  fisiologo ;  ed  egli,  in  cambio  di  disprezzarlo,  avrebbe  fatto  mi- 
glior  senno  ad  accettarne  la  credenza ,  procacciando  di  spiegarla  e 
convertirla  in  concetto  razionale  coll'analisi  filosofica. 

HI. 

Bichat. 

Piu  prudente  dello  Stahl  il  Bichat,  invece  di  cercare  fin  da  prin- 
cipio la  vita  nell'atto  che  sostanzialmente  la  costituisce,  si  fa  a  con- 
siderarla  ne'  suoi  fenomeni  5  ben  intendendo  cbe  1'  ordine  naturale 
della  nostra  conoscenza  si  &  di  determinare  e  distinguere  le  cagioni 
per  rispetto  ai  diversi  efFetti  che  ne  provengono.  Senonche,  domi- 
nato  anch'  egli  dalla  filosofia  de'suoi  tempi,  non  riusci  che  a  darci 
un  concetto  ontologicamente  falso  e  logicamente  sofistico  della  vita, 
credendo  di  poterla  definire:  II  complesso  delle  fanzioni  che  rt>s>sto- 
noalla  morte.  On  ckerche  dans  dss  considerations  abstraites  la  defini- 
tion de  la  vie;  on  la  trouvera,  je  crois,  dans  cet  aperpu  generale :  La 
vie  esl  I 'ensemble  des  fonclions  qui  resistenl  a  la  mort  * . 

Dicemrno  che  questa  definizione  6  logicamente  sofistica  :  percioc- 
ch&  ognun  vede  che  essa,  invece  di  porgerci  il  concetto  di  vita,  lo 
presuppone,  e  incorre  manifestamente  in  un  circolo  vizioso.  Essa  ci 
spiega  la  vita  per  1'opposizione  aHa  morte  ;  ma  che  cosa  e  la  morte 
se  non  la  cessazione  della  vita  ?  Niuno  pu6  intendere  una  privazione, 

i  Recherches  physiologiques  sur  la  vie  et  la  mort.  Premiere  partie,  art.  i. 


DI  ALCUNE  DEFIN1ZIOJXI  BELLA  VITA  427 

se  non  ha  gia  in  mente  1'idea  della  realita  contraria  che  viene  esclu- 
sa:  come  appunto  non  si  puo  avere  il  concetto  di  tenebre,  se  non  si 
ha  quello  di  luce  •,  ne  pu6  capire  che  cosa  sia  cecita  chi  gia  non  sap- 
pia  che  cosa  sia  vedere.  Che  pero  tanto  e  lungi  che  la  morte  sia  ele- 
mento  atto  a  farci  conoscere  la  vita,  che  anzi  la  vita  e  Tunica ragione 
di  concepire  la  morte.  Onde  la  definizione  del  Bichat,  presa  alia  let- 
tera,  non  merita  neppure  il  nome  di  definizione ;  giacche  pecca  evi- 
dentemente  contro  quel  canone  di  logica,  che  il  definito  non  entri 
a  far  parte  della  definizione  sotto  1'aspetto  in  cui  dee  definirsi.  Es- 
sa  evidentemente  si  risolve  in  questa  proposizione  tautologica  :  la 
vita  e  il  cornplesso  delle  funzioni  che  resistono  alia  cessazione  del- 
la  vita. 

Senonche  lasciando  da  parte  questa  logica  considerazione  e  vo- 
lendo  badare  non  tanto  alle  parole,  quanto  all' idea  intesa  dal  Bichat , 
potremmo  dire  che  egli  prese  sotto  nome  di  morte  il  corrompimen- 
to  del  corpo  organico,  e  per6  la  sua  definizione  equivale  a  quest' al- 
tra:  La  vita  e  il  complesso  delle  funzioni  che  resistono  alia  dissolu- 
zione  dell'organismo.  Ma  in  tal  caso  egli  non  si  differenzierebbe  dallo 
Stahl,  se  non  in  questo :  che  dove  1'uno  guard6  all'  effetto  positivo 
degli  atti  vitali,  1'  altro  guardo  all'  effetto  negative ;  e  dove  il  primo 
consider6  quegli  atti  come  strumenti,  il  secondo  li  ebbe  in  conto  di 
conseguenze.  Comunque  sia,  il  certo  e  che  anche  cosi  interpretata 
la  definizione  del  Bichat  e  difettosa,  e  ci6  per  varie  ragioni. 

Da  prima,  essa  non  ispiega  1'  atto  vitale  per  se  medesinio  e  in 
quanto  si  distingue  dal  non  vitale,  ma  solo  quanto  ad  un  effetto 
da  lui  prodotto.  Ed  in  ci6  stesso  si  limita  alia  sola  considerazione 
di  quel  che  e  secondario  e  indirettamente  inteso.  Senza  niun  dubbio 
il  vivente,  corne  ogni  altro  essere  soggetto  ad  influenze  contrarie, 
resiste  come  e  finche  puo  ad  ogni  aziorie  di  cause  corrotnpitrici. 
Tuttavia  le  sue  forze  nan  si  terminano  in  cio,  ne  questo  e  1'. effetto 
proprio  e  diretto  della  vita.  Se  cosi  fosse,  il  vivente  non  avrebbe  al- 
tro officio  che  di  combattere  e  vincere  gli  agenti  opposti,  rimanen- 
do  peraltro  perpetuamente  in  quello  stato  in  cui  venne  fin  da  prin- 


428  DI  ALCUNE  DEFINIZIONI  BELLA  VITA 

cipio  collocate  <3al  generante.  Ma  non  e  questo  ci6  che  noi  vediamo 
nei  viventi,  ariche  ristretti  al  solo  ordine  del  vegetali.  Noi  li  vediamo 
operare  a  svolgere  il  proprio  organismo,  ad  assodarlo  gia  svolto,  a 
rinnovarne  contiriuamente  le  parti,  e  quiridi  a  propagarsi  con  infi- 
riita  fecondita  in  altri  organismi  a  lorosomiglianti.  Questo  non  e  un 
semplice  resistere  alia  morte,  ma  un  operare  ed  effettuare  positi- 
vamente  la  vita. 

Piu,  di  quali  amminicoli  e  di  quale  materia  si  serve  il  vivente 
per  adempire  queste  sue  funzioni?  Delle  forze  stesse  e  degli  ele- 
menti  della  natura  inorganica.  Dal  mondo  fisico  e  chimico  egli  ri- 
ceve  come  in  perpetuo  tribute  tutto  ci6,  di  cui  abbisogna  per  ali- 
mentarsi,  e  dalla  loro  azione  egli  inizia  i  suoi  stessi  atti  vitali. 

II  Bichat  dice  che  tutto  cio  che  circonda  il  vivente  tende  a  di- 
struggerlo :  Tel  est  en  cffet  le  mode  d' existence  des  corps  vivanls,  que 
tout  ce  qui  les  entoure  tend  a  les  delruire  *.  Questa  proposizione 
in  rigore  di  termini  e  falsa.  Se  il  nocumento  che  riceve  una  pianta, 
esempigrazia  da  un  eccessivo  calore,  da  una  troppa  umidita  o  da 
materie  venefiche  che  si  mescolino  per  avventura  al  suo  nutrimen- 
to,  autorizza  a  proferire  che  tutto  cio  che  circonda  il  vivente  ten- 
de a  distruggerlo;  c6n  piu  ragione  il  vantaggio  che  essa  pianta  ri- 
cava  dal  calor  temperato,  dall'  umidita  opportuna,  dalle  materie 
nutritive  provenienti  dall'  atmosfera  e  dal  suolo,  dovrebbe  autoriz- 
'zarci  a  dire  che  tutto  ci6  che  circonda  il  vivente  tende  a  conservarlo. 

L'errore  del  Bichat  par  che  sia  proceduto  daU'aver  confuso  cio 
che  avviene  per  se  con  ci6  che  avviene  per  accidente,  e  dalP  aver 
considerate  le  forze  comuni  della  natura  in  relazione,  non  piu  col 
vivente,  ma  col  suo  cadavere.  Abbandonato  1'organismo  dalprinci- 
pio  di  vita,  tutte  le  forze  naturali  si  volgono  a  scioglierlo  nei  suoi 
primitivi  elementi  inorganici.  £  una  specie  di  conseguenza  dello 
stato,  per  cosi  dire,  anarchico,  in  che  rimangono  nei  morto  corpo 
i  singoli  organi  e  le  parti,  da  prima  governate  e  rette  dall'attivita 

1  Luogo  citato. 


BI  ALCUNE  DEFINIZIONI  BELLA.  VITA 

vitale.  Ma  finche  le  forze  comuni  della  materia  inorganica  si  para- 
gonino  coll'  organismo  gia  dotato  di  vita,  esse  debbono  riguardarsi 
piuttosto  come  suoi  ausiliari  e  strunienti;  giacche  nell' intrinseca 
loro  virtu  ed  attitudine  inchiudono  cio  che  concorre  in  qualita  di 
mezzo  per  mantenerlo  nell'  essere  ed  aiutarne  I'operazione.  E  quaL 
funzione  vitale  puo  assegnarsi,  alia  quale  non  concorrano  gli  effetti 
dell'endosmosi,  della  capillarita,  dell'  attrazione  molecolare,  dell'af- 
fmita,  dell' evaporazione,  dell' elettricita  e  va  discorrendo? 

Da  ultimo  Tidea  del  Bichat  e  contraria  al  fine  inteso  dalla  Prov- 
videnza  ordinatrice  dell'universo;  il  quale  fine  non  e  certamenteil 
contrasto  e  la  lotta,  ma  I'  armonia  e  la  pace,  frutto  dell'  ordine.  A 
ci6  conduce  il  conserto  di  tutte  le  parti  pel  nesso  loro  scambievole, 
e  per  la  subordinazione  delle  nature  inferior!  al  perfezionamento  e 
vantaggio  degli  esseri  superior!.  E  cosi  noi  leggiamo  nelle  divine 
Scritture  la  creazionede'viventi  essere  susseguita  a  quella  dei  corpi 
bruti,  per  indicarci  che  net  divino  disegno  le  forze  di  questi  non 
erano  che  un  apparecchio  e  una  preparazione  di  mezzi  alle  piu  no- 
bili  ed  elevate  funzioni  di  quelli. 

IV. 

Cuvier. 

I  difetti  della  definizione  del  Bichat  furono  in  parte  evitati  dal 
Cuvier,  il  quale,  restringendosi  a  definire  la  vita  nel  suo  grado  piu 
basso^  qual  e  quello  dei  vegetali,  pose  mente  alia  funzione  piu  uni- 
versale  e  continua  presso  loro,  qual  e  quella  del  nutrimento.  Non- 
dimeno  il  concetto  che  ce  ne  porse,  peccaancor  esso  per  mold  ca- 
pi.  «  Se  per  farci  una  giusta  idea  dell'essenza  della  vita,  egli  dice, 
noi  la  consideriamo  negli  esseri  in  cui  i  suoi  effetti  sono  piu  sempli- 
ci  5  noi  scorgeremo  ch'  essa  consiste  nella  facolta  che  hanno  certe 
combinazioni  corporee  di  perdurare  un  dato  tempo  e  sotto  una 
forma  determinata,  attirando  senza  posa  nelle  loro  composizioni 

''•:'          "    » 


•430  DI  ALCUNE  DEFINIZIONI  BELLA  VITA 

una  parte  delle  sostanze  circostanti ,  e  restituendo  agli  elementi 
una  porzione  della  loro  propria  sostanza  1  ». 

Un  tal  cominciamento  e  compatibile  in  un  naturalista,  il  quale 
non  ha  di  mira  che  i  soli  corpi  organizzati ,  di  eui  vuole  parlafe; 
ma  agli  occhi  del  filosofo  e  assai  imperfetto  e  sottoposto  ad  equi- 
vochi.  Primieramente  e  falso  che  le  piante  sieno  gli  esseri,  in  cui 
gli  effetti  della  vita  sono  piu.  semplici.  Cio  ha  luogo  per  rispetto 
al  solo  numero  delle  funzioni  organic-he,  le  quali  crescono  nell'ani- 
male  per  la  giunta  che  vi  si  fa  dflla  vita  sensitive,  o,  come  la  dico- 
no,  di  relazione.  Ma  se  si  guarda  alia  ragione  stessa  di  vita ,  come 
promettevano  le  prime  parole  del  Cuvier ,  essa  nel  grade  piu  sem- 
plice  e  insieme  piu  alto  non  si  verifica  che  negli  esseri  intelligent! ; 
secondo  che  vedemmo  nel  precedente  quaderno.  Nelle  piante  la  vita 
e  non  solo  fioca,  ma  massimamente  ravviluppata,peltroppo  parteci- 
pare  che  ella  fa  colla  materia  e  per  la  troppa  dipeudenza  che  ha 
dalle  forze  hrute  della  medesima. 

In  secendo  luogo,  1' Autore  si  propone  di  cercare  1'  essenza  della 
vita  ,  e  intanto  volge  il  guardo  alia  sola  parte  istrumentale  della 
medesima  ,  senza  darsi  alcun  pensiero  della  differenza  intrinseca 
dell'  azione.  Ma  lasciamo  che  1'  Autore  compia  la  sua  defmizione  , 
per  ripigliarne  piu  accuratamente  1'esame.  «  La  vita  dunque,  egli 
conchiude,  e  uo  vortice  piu  o  meno  rapido,  piu  o  meno  implicato, 
di  cui  la  direzione  e  costante  e  che  attrae  sempre  delle  molecole  di 
specie  identiche,  ma  dove  le  molecole  individuali  entrano  ed  escono 
continuamente,  di  modo  che  la  forma  del  corpo  vivente  gli  e  piu 
essenziale  della  materia.  Mentre  dura  tal  movimento  ,  il  corpo,  in 
cui  si  esercita,  k  vivente  ;  esso  vive.  Allorche  il  movimento  s'arre- 

1  Si  pour  nous  faire  une  idee  juste  de  Vessence  de  la  vie,  nous  la  considerons 
dans  les  fares  ou  ses  effets  sont  les  plus  simples,  nous  nous  apercevrons  prompte- 
ment  qu'  die  consiste  dans  la  faculte  qu'ont  certaines  combinaisons  corporelles 
de  durer  pendant  un  temps  et  sous  une  forme  determinee,  en  attirant  sans  cess& 
dans  leur  composition  une  partie  des  substancts  environnantes ,  et  en  rendant 
dux  elemens  des  portions  de  leur  propre  substance.  Le  regne  animal ;  Introdu- 
ction; pag.  13. 


DI  ALCUNE  DEFINIZIONI  DELLA  VITA  431 

sta,  senza  ritorno  ;  il  corpo  muore  1.  »  Se  questa  non  fosse  data 

dal  Cuvier  come  defmizione  della  vita ,  ma  come  semplice  osserva- 

zione  d'uno.de'suoi  priucipali  fenomeni  ^  sarebbe  non  solo  irrepren- 

sibile,  ma  da  lodarsi  per  Ie  important!  conseguenze  a  cui  apre  la  via. 

Imperocche  essa  non  solo  poae  in  mostra  il  gran  fatto  dell'  assi- 

milazione,  in  cui  principalmente  si  esercita  il  lavorio  della   vita  5 

ma  richiama  1'  attenzione  ad  uno  dei  caratteri  piu  notevoli  di  un 

tal  falto,  qual  e  il  perpetuo  mu tarsi  della  materia  del  vivente,  senza 

cbe  la  sua  individualita  venga  meno.  Non  ci  ha  parte  del  corpo  OF- 

ganico  che  materialmente  riguardata  rest!  sempre  la  stessa.  Le  mo- 

lecole  che  esso  attira  nella  propria  sostanza  sono  sostituite  ad  altre 

gia  espulse,  per  essere  poscia  ancor  esse  cacciate  e  cedere  il  luogo  ad 

altre  che  vengano  a  surrogarsi  in  loro  vece.  Ogni  fibra  ,  ogni  tes- 

suto,  ogni  organo  peculiare  soggiace  a  un  tramutamento  perpetuo 

delle  sue  parti  ;  sicche  dopo  un  dato  tempo  o  tutte  o  quasi  tutU 

le  molecole  del  vivente  non  sono  piu  identiche  a  quelle,  ond'  esso 

prima  si  componeva.  Nondimeno  il  vivente  sussiste  nella  medesi- 

ma  individualita  ;  e  in  tanta  metamorfosi  de'suoi  material!  elementi 

egli  non  e  cangiato  ne  quanto  all'  essenza  ne  quanto  alle  sue  ope- 

razioni  specifiche.  Egli  conserva  sernpre  il  suo  tipo,  ed  a  sua  fog- 

gia  trasforma  tutte  le  materie  di  cui  a  mano  a  mano  s'  impadro- 

nisce.  Ci6  spiana  la  via  ad  inferire  che  dunque  debb'  e&sere  in  lui 

un  principio  interne  di  sussistenza,  che  sia  ragione  del  suo  rima- 

nere  identico  in  mezzo  a  tanta  rnutazione,  e  sia  causa  che  gli  atti 

della  vita  continuino  ad  essere  simili  a  loro  stessi. 

Inoltre  il  Guvier,  benche  chiami  vita  questo  continue  lavoro  del 
"vivente  nelle  funzioni  di  preparare  gradatamente  e  assimilare  a  se 

1  La  vie  esf  done  un  tourbillon  plus  ou  moins  rapidc,  plus  ou  mains  com- 
plique,  dont  la,  direction  est  constante,  et  qui  entraine  toujours  des  molecules 
de  memes  sortes,  mats  ou  les  molecules  individuelles  entrent  et  d'oii  elles  tortent 
eontinuellement;  de  maniere  que  la  forme  du  corps  vivant  lui  est  plus  essentiel- 
le  que  sa  matiere.  Tant  que  ce  mouvement  subsiste  ,  le  corps  ou  il  s'exerce  est 
vivant ;  tl  vit.  Lorsque  le  mouvement  s'arrete  sans  retour  ,  le  corps  iueurt« 
Xuogo  citato. 


432  DI  ALCL'NE  DEF1N1ZIONI  DELLA  VITA 

diverse  parti  di  sostanze,  che  esso  attira  dai  circostanti  corpi  •  nondi- 
meno  a  bastanza  esprime  che  in  cid  e  riposta  la  sola  manifestazione 
della  vita,  non  la  vita  stessa  sostanzialmente  presa.  Imperocche  egli 
dice  che  il  corpo  muore,  non  quando  codeste  funzioni  cessano  in 
qualsivoglia  modo,  ma  quando  cessano  senza  ritorno.  Onde  suppone 
che  nel  loro  temporaneo  intcrrompimento  eziandio  totale,  il  corpo 
continui  ad  essere  dotato  di  vita,  in  quanto  e  dotato  della  facolta  di 
ripigliare  quell' esercizio,  sehbene  ne  sia  in  lai  per  quel  tempo  impe- 
dita  1'  esecuzione.  II  che  e  un  chiaramente  distinguere  la  vita  in 
atto  primo  dalla  vita  in  atto  secondo,  distinzione  di  sommo  mo- 
mento  in  questa  materia. 

Queste  sono  le  principal!  ragioni  per  cui  quelle  parole  del  Cuvier 
ci  sembrano  assai  giudiziose;  e  nondimeno  in  qualita  di  defmizione 
non  possono  accettarsi ,  si  perche  non  fan  no  cenno  dell  atto  gene- 
rativo  ed  esplicativo  del  vivente,  e  si  perche  non  toccano  in  modo 
alcuno  F  intima  differenza  dell'  azione  vitale  dalla  non  vitale. 

E  quanto  al  primo  difetto,  il  Linneo  nella  sua  filosofia  botanica 
osserv6  che  il  limitedeiresplicamento  della  pianta  e  lo  slato  in  cui 
essa  divierie  atta  a  generare  :  Terminatur  omne  vegetabile  fruclifica- 
tione,  alioquin  vix  cessaret  crescere.  Noi  non  vogliamo  qui  decidere 
se  1'  atto  della  generazione  sia  lo  scopo  a  cui  s'  indirige  dalla  natura 
il  perfezionamento  del  vegetale,  o  se  sia  una  semplice  conseguenza 
di  quello  stato,  ordinata  al  fine  che  coll'  individuo  perituro  non  peri- 
sea  la  specie.  Ma  checche  sia  di  ci6,  il  certo  e  che  un  tale  atto  e  una 
*unzione  principalissima,  in  cui  si  esercita  la  vita  delle  piante;  mas- 
simamente  se  si  riflette  che  i  semi  da  loro  generati  non  servono  so- 
lamente,  secondo  I'ordine  della  natura,  alia  propagazione  della  spe- 
cie, ma  eziandio  al  sostentamento  degli  animali.  Dunque  in  una  defi- 
nizione  accurata  della  vita  vegetativa  la  generazione  non  puo  essere 
trasandata.  Lo  stesso  e  da  dire  del  suo  crescere  e  rassodarsi,  in  cui 
si  manifesta  una  funzione  sui  generis,  diversa  dalla  semplice  nutri- 
zione ;  perche  per  essa  il  vivente  si  perfeziona  e  si  svolge,  ponendo 
in  atto  ci6  che  prima  non  contenea  se  non  virtualmente. 


DI  ALCLXE  DEFJNIZIOXI  UELLA  VITA  433 

Quanto  poi  al  secondo  difetto  della  defmizione,  di  cui  parliamo, 
essa  non  tocca  T  intima  essenza  dell'aziorie  vitale,  la  quale  nel  suo 
concetto  generico,  consiste,  come  altrove  dicemmo,  nell'immanenza. 
La  defmizione  si  limita  ad  osservare  ci6  solo  che  determina  1'azione 
vitale  nelle  piante  a  rispetto  dell'  assimilazione,  che  e  1'  esercitarsi  a 
trasmutare  nella  sostanza  del  vivente  le  materie  diverse  raccolte  dai 
corpi  circonvicini.  In  altri  termini  la  definizione  del  Cuvier  guarda 
alia  sola  differenza  specifica  della  vita  vegetale  ,  senza  por  mente 
alia  nozione  generica  e  piu  universale,  che  dovea  coartarsi  per  tal 
differenza  •,  ed  in  cio  stesso  e  monca  ed  incompiuta.  Ond'essa  riesce 
a  darci  un  concetto  confuso  ed  indistinto  del  definite;  e  presenta 
un'  indeterminazione  molto  aliena  dall'indole  della  vera  scienza. 

Questo  vizio,  che  noi  troviamo  nelle  defmizioni  di  tre  irisvgni 
scrittori,  i  quali  sopra  gli  altri  levarono  grido  di  accurati  ragiona- 
tori  delle  dottrine  che  abbracciarono,  crescono  vie  peggio  in  altri, 
che  si  curarono  meno  di  raziocinii  e  di  teoriche.  Da  costoro  sarcbbe 
vano  sperare  una  definizione  della  vita,  se  non  perfetta,  almen. 
comportabile.  E  per  recarne  alcuni  esempii,qual  ideaprecisa  potete 
voi  formarvi  della  vita,  allorche  sentite  dal  Brown  che  essa  e  il  pro- 
dolto  degli  stimoli  sulla  fibra  eccitabile,  ovvero  dall'  Huffeland  che 
e  un  continuato  eserdzio  delle  forze  organiche  ,  ovvera  dal  Leroy 
che  e  la  circolazione  armonica  di  different  almosfrre  inerenli  ai  so- 
lidi  ed  ai  fluidi  dell'  economia?  Siffatte  e  simili  defmizioni  sembrano 
inventate  col  disegno  non  di  chiarire  ma  di  oscurare  I'oggetto. 

Or  bene  in  qtiali  formole  dovra  proporsi  una  giusta  definizione 
della  vita  vegetale?  Questo  e  ci6  che  ci  restava  da  ultimo  a  dire; 
ma,  perciocche  I'arlicolo  ha  gia  tocchi  i  suoi  limiti,  ne  rimettiamo 
la  trattazione  ad  un  altro  quaderno. 


, 
Serie  III,  vol.  IX.  28  8  Febbraro  1858. 


LA  CONTESSA  MATILDA  DI  CANOSSA 

E 

IOLANDA  DI  GRONINGA 


IL  SOLITARIO  DEL  LAGO 

La  via,  cjie  corre  da  Trento  al  oastello  di.Pergina  ,  al  tempo  di 
lolanda  non  era  si  agevole  e  piana  come  a'nostri  giorni,  pei  gran 
tagli  che  a  tanta.industria  si  operarono,  pochi  anni  or  sono,  a  mez- 
zo la  costa  de'  rnonti,  i  quali  sovrastano  alia  riviera  della  Fersina. 
Qra  il  viaggiatore  stupisce  a  vedere  i  gran  fianchi  di  quelle.rupi 
rossigne  rotti  e  divelti  dai  picconi  e  dalle  mine  per  ispianarvi  una 
via  larga  ed  aperta,  la  quale  a  lunghi  tratti  trascorre  come  sotto 
unagrondadi  macigni  che  ti-pendono  in  capo;  perocch^,  ove  ades- 
so  e  un  bello  e  dolce  spianato,  erano  allora  scoscendimenti  e  diru- 
pi  e  frane  e  trabocchi  orribili  e  profondissimi,  fra  i  quali  poteano 
appena  albergare  i  capri  salvatichi  e  le  volpi.  I  viandanti  teneanole 
creste  de'monti,  ed  era  un  continuo  scendere  e  salire  di  sentieruoli 
ripidi,  stretti  e  scoscesi,  ove  male  a  pie  e  peggio  a  cavallo  si  pro- 
cedea  fra  boscaglie  e  spinai,  che  rendeano  piu  aspro  e  lungo  il  cam- 
mino.  Talvolta  eziandio  quelle  callaie  rasentavano  il  dosso  dirupa- 
to  di  quei  macigni,  ed  era  pauroso  il  vedersi  a  destra  cinghioni 
scagliosi,  e  sotto  i  piedi  abissi  che  precipitavano  nel  torrente,  il 
quale  s'udia  muggire  e  fremere  in  profondo. 

lolanda  nel  suo  abito  di  pellegrino,  uscita  dalla  porta  del  castellO 
di  Trento  si  mise  in  via,  e  stanca  e  aflaanata  giunse  in  sul  mezzo 
••  * 


LA  CONTESSA  MATILDA  —   IL  SOLITARIO  DEL  LAGO  435 

giorno  a  una  serrata  di  scogli,  cui  cavalcava  un  altissimo  ponte.  Ivi 
la  valle  s'  adima  tanto  profonda,  le  rupi  delle  due  montagne  vi  son 
si  nude  e  ristrette,  e  s'  addentano  e  s'  inchiavano  si  altanagliate  fra 
loro,  che  il  torrente  non  polendo  attrayersarle ,  tanto  infuriovvisi 
dentro,  tanto  vi  ribolli,  urt6  e  infranse,  cheil  lungo  sdegno  de'suoi 
morsi  finalmente  ne  rose  le  radici,  e  s'aperse  un  picciol  varco  a  pas- 
sare.  Pontalto  (che  cosiilnomano)  s'inarca  sopra  cotesto  abisso,  e 
ne'due  parapetti  ha  finestre  ,  per  le  quali  sporgesi  ilcapo  a  riguar- 
dare  quegli  orrori.  Laggiu  e  sempre  notte,  1'  acqua  ti  sembra  in- 
chiostro,  le  spume  stesse  non  vi  biancheggiano,  una  fitta  nebbia  di 
vapore  atro  ti  sale  dalla  vallea  freddo  ,  crudo  e  molesto  che  t'  ad- 
doppia  il  brivido  ;  ma  volgendoti  all'  altro  parapetto  ,  e  uscendo  il 
capo  dalla  finestra  ,  vedi  le  rabbiose  acque  avventarsi  con  impeto 
furibondo  da  quelli  trarupamenti,  e  divallare  di  voragine  in  vora- 
gine  urlando,  muggendo,  rintonando  con  una  tempesta  che  ti  getta 
il  terrore  in  tutta  Tauima. 

lolanda,  prima  di  porsi  a  sedere,  dilettossi  di  mirare  quelle  orride 
ripe,  essendo  che  1'orrido  ha  pure  anch'egli  le  sue  attrattive,  e  go- 
dea  di  scorgere  le  tortorelle  che  svolazzando  d'  intorno  amorosa- 
mente,  quando  giugneano  sopra  quel  buio  mortale ,  davano  indie- 
tro  spaurite,  e  gli  sparvieri  stessi  roteavano  in  alto  accelerando  il 
volo  per  uscir  di  quel  baratro.  Mentr'  ella  apriva  il  suo  carniere  per 
refocillarsi  d'un  po'dipane,  ode  nella  soprastante  foresta  uno  scal- 
piccio  concitato,  e  vede  quattr'  uomini  di  rigido  volto  e  di  torbido 
sguardo  menar  verso  il  ponte  una  donna  scarmigliata,  pallida,  co- 
gli  occhi  pieni  di  terrore  e  di  pi-anto,  la  quale  pervenuta  in  capo 
d'esso  ponte,  comincid  a  tremare  e  gridar,  colle  braccia  levate  e  col- 
le  man  giunte,  a'  que1  feroci  uomini,  pieta  e  perdono  con  voce  qua- 
si spenta  dalla  paura. 

Per  te ,  femmina  crudele  o  piuttosto  furia  d'  inferno  ,  dissero 
quegli  uomini  sarebbe  peccato  1'avere  pieta:  tu  non  Tavesti  per 
quelle  anime  innocenti,  ne  ti  commosse  1'amore  del  tuo  sangue,  ne 
la  tenerezza  delle  viscere  tue;  tu  dei  morire  scerpata  da  cotesti 
scheggioni  e  aggorgata  da  coteste  acque  vorticose  e  ruggenti  come 


436  Li.  CONTESSA  MATILDA 

la  rahbia  deU'efferato  tuo  petto  —  e  il  dire  cosi,  e  il  levarla  di  peso, 
e  accostarsi  al  parapetto  del  ponte,  fu  tutto  un  punto. 

lolanda  a  quella  vista,  balza  da  sedere,  corre  incontro  a  quegli 
spietati  e  grida  :  Arrestatevi ,  e  se  voi  siete  cristiani ,  non  la  fate 
morire  senza  1'atto  di  contrizione,  perocche  dee  presentarsi  al  giu- 
dizio  di  Cristo,  e  implorare  le  sue  misericordie. 

In  quei  tempi  di  fede  anco  gli  uomini  piu  crudi,  al  nome  di  Ge- 
su  Cristo  sentiansi  per  riverenza  sbaldanzire  ,  e  prima  di  porre  a 
rnorte  qualcuno,  lasciavangli  agio  e  tempo  di  raccomandarsi  1'anima 
e  chieder  perdono  alia  divina  giustizia  de'suoi  misfatti.  Perclie  ap- 
pena  intesero  1'imperioso  comandamento  di  lolanda  (che  riputaro- 
110  un  giovane  pellegrino)  risposero  :  Buon  garzone  ,  cotesta  rea 
femmina  chiegga  pure  merce  a  Cristo  del  suo  peccato,  ma  essa  non 
puo  fuggire  la  morte.  Come  tu  vedi  costei  e  ancora  nel  fiore  deir  eta 
sua,  ma  quanto  e  bella  di  sembiante,  altrettanto  e  laida  e  sozza  di 
cuore.  Avendo  essa  marito  giovane  e  valente,  innamorossi  d'  un  sol- 
dato  della  guardia  del  castello  di  Pergine,  e  tanto  and6  innanzico- 
testo  amorazzo,  che  per  isposare  il  soldato,  mentre  il  marito  stanco 
uall'opera  dormiva  nel  bosco,  1'uccise  con  un  colpo  di  scure  in  sul 
eapo.  Essa  aveva  di  lui  due  figliuolini,  1'uno  di  cinque  e  I'altro  di 
ire  anni,  laonda  cotesta  fiera  ita  alia  capanna,  vi  mise  il  fuoco  nel 
tetto  di  paglia,  ne  chiuse  1'uscio  a  chiavistello,  e  fatte  le  viste  di 
sarcbiare  il  grano  nel  suo  campicello,  li  brucio  vivi :  e  siccome  il 
demonio  altizza  al  delitto,  ma  non  insegna  a  coprirlo,  cosi  Dio  per- 
mise,  ch'ella  dopo  aver  morto  il  marito  gittasse  la  scure  in  un  ce- 
spuglione-,  e  mentr'essa  piangeva  e  facea  le  disperazioni  dell'assas- 
sinio  del  marito  e  del  bruciamento  dei  figliuoli,  fu  da  un  pastorello, 
ehe  facea  la  frasca  per  le  sue  caprette,  ritrovata  la  scure  insanguina- 
ta,  e  conosciula  per  sua,  fu  presa,  giudicata,  e  condannata  dal  giu- 
dice  al  precipizio  di  Pontalto. 

Appresso  queste  parole,  si  volsero  alia  donna,  che  si  batteva  il 
petto  prostrata  dinanzi  a  Dio,  e  le  dissero  :  Spacciati,  e  levati  su  — 
L'infelice  rispose  :  Lasciatemi  confessare  a  questo  pellegrino  ,  ac- 
ciocche  Gesu  mi  perdoni  — e  inginocchiatasi  dirianzi  a  lolanda,  con- 


IL  SOL1TARIO  DEL  LAGO  -437 

fesso  il  suo  malefizio.  Allora  uno  di  quelli  sgherri  presa  una  mana- 
ta  di  terra,  la  mise  in  bocca  alia  donna  per  comunicarla,  e  alza- 
tala  di  peso  coi  compagni  la  capovolsero  dalla  spalletta  del  ponte, 
e  nel  profondo  gorgo  casco.  II  gorgo  la  convolse  nella  voragine  e 
quella  in  Mice  piu  nori  si  vide. 

Era  superstiziosa  costumanza  di  que'  secoli  rozzi  e  ignoranti,  che 
se  1'uomo,  in  condizione  di  morte,  non  avesse  presto  il  sacerdote, 
a  cui  potersi  confessare,  non  gli  parea  morire  col  perdono  di  Dio  se 
non  confessasse  il  suo  peccato  ad  alcuno  degli  astanti  •,  e  ci6  avve- 
niva  principalmente  per  quel  detto  dello  Spirito  Santo :  Umiliali, 
confessa  il  peccato  too,  e  ollerrai  misericordia.  Ancora  aggiugneasi 
1'usanza,  tuttavia  in  vigore  a  quei  di,  di  confessare,  inginocchiati 
sotlo  1'atrio  dei  peccatori,  alle  turbe  cristiane  ch'entravano  alia  Mes- 
sa,  certi  gran  malefizii  a  terrore  degli  altri  e  per  iscontarele  pene 
canoniche-,  laonde  in  quella  santa  semplicita  credeano  eziandio  che 
il  ccnfVssarsi  prima  di  morire  a  chi  pur  rion  era  sacerdote,  valesse 
loro  il  perdono  e  la  satisfazione  penale  1.  Tanto  era  profondamente 
radicata  nei  fedeli  la  consuetudine  di  confessarsi,  che  negano  i  pro- 
testanti  e  deridono  i  miscredenti ! 

Circa  poi  lo  strano  uso  di  comunicare  i  moribondi,  imboccandoli 
d'una  pugnatadi  terra,  quando  non  poteano  comunicarsi  del  Corpo 
di  Cristo,  noi  ci  diamo  a  credere,  che  avvenisse,  perche  la  terra  sim- 
boleggiava  1'umanita  presa  dal  Verbo,  il  quale  assumendo  il  corpo 
mortale,  e  il  corpo  essendo  stato  formato  da  Dio  di  terra,  Cristo, 
come  uomo,  s'  e  fatto  terra  2.  L'altra  cagione  pu6  essere  derivata 
dai  Pellegrini  di  Terra  Santa,  i  quali  venendo  a  morire  in  campa- 
gna  saeltati  dalle  torme  arabe  che  ladroneggiarano  la  contrada,  e 
sapendo  quella  terra  essere  stata  bagnata  dal  sangue  di  Cristo,  di 
quella  comunicavansi  prima  di  morire:  la  qual  cosa  divulgatasi  in 
ponente,  invalse  in  quelle  rozze  cristianita  1'  uso  di  comunicarsi 
colia  terra  •,  il  che  avveniva  ordinariamente  ai  soldati  che  moriano 

1  Vcdi  il  PASSAVANTI  Spec,  di  penit. 

2  Formavit  Dominus  Deus  hominem  de  limo  terrae.  Geii.  II. 


438  LA  CONTESSA  MATILDA 

in  battaglia,  ovvero  ai  giusliziati,  e  agli  assaliti  clai  masnadieri  in 
campagna  \. 

lolanda  non  ebbe  cuore  di  levare  gli  occbi  a  veder  la  caduta  di 
quella  misera  gittata  dal  ponte,  ma  intanto  che  i  manigoldi  leva- 
ronla  per  capovolgerla  nell'abisso,  ella  si  mise  aginocchie  pre.g6  la 
divina  misericordia  per  quell' anima  e  a  suffragio  di  lei  recito  le 
orazioni  de'morti;  il  che  continue  di  fare  tutta  quella  mattina  ca- 
minando  alia  volta  di  Pergine.  Ora  Pergine  e  uria  citta  piena  di 
popolo  mercantesco  e  centre  del  traffico  di  quelle  valli  ubertose  , 
posta  a  pie  del  castello,  che  sorge  sulla  poppa  d'un  alto  poggio  e 
dura  quasi  intero  anco  a  di  nostri.  Ha  torroni  a  bertesca  e  cortine 
merlate,  con  torri  alte  a  ballatoio  nel  mezzo,  le  quali  fiaricheggiano 
il  palazzo  degli  antichi  signori,  che  si  leva  maestoso  sulla  gran  scar- 
pa  incordonata,  e  manda  su  gugliette  e  torrelline  di  vedetta  con 
bellissima  vista  e  pittoresca  a  chi  lo  riguarda  lungo  la  via  di  Levico. 

lolanda  non  vi  voile  salire,  poiche  essa  fuggiva  piu  che  potea  le 
castella  munile,  e  teneasi  pe'  villaggi  e  per  le  borgate  aperte  ad 
avere  piu  sparciato  il  cammino,  e  non  intopparein  qualche  insidiar 
cosi  frequenti  allora  con  que'  tirannelli  avidi  e  crudeli;  i  quali  im- 
poneano  pedaggi,  taglie  e  angherie  infinite  ai  viandanti,  che  spesso 
correan  pericolo  dell'avere  e  della  persona  peggioche  se  dessero  ne' 
ladroni.  Laonde  rifornitasi  di  vettovaglia  a  uria  taverna  a  pie  del 
poggio,  e  seduta  alquanto  alFombra,  rizzossi  piu  gagliarda,  e  in- 
camminossi  verso  il  lago  di  Levico. 

fi  quella  valle  molto  solitaria  e  silvestre  per  lefitteboscaglie  che 
ne  vestono  i  fianchi,  e  al  tempo  della  lolanda  era  corsa  lunghessa 
le  prode  d'un  viottolone  sassoso  e  rotto  sovente  dai  borri  che  vi 
correano  per  lo  mezzo,  e  nelle  piene  lo  scassinavano  con  catrafossi 
difficili  a  vincere  anco  ai  pedoni.  La  valle  dopo  lungo  cammino- 
s'apre  in  due,  perocche  vi  si  spicca  in  mezzo  un  monte  selvosoche 
bagna  i  piedi  in  due  limpidissimi  laghi :  a  diritta  si  distende  il  laga 
di  Caldonazzo  e  a  sinistra  quello  di  Levico.  lolanda  che  tendea  versa 

1  Yedi  i  Reali  di  Francia  e  la  Vita  di  Bcnvenuto  Cellini. 


IL  SOLITARIO  DEL  LAGO  439 

Borgo  di  Valsugana,  venia  costeggiando  la  valle  lungo  il  lago  di  Le- 
vico,  il  quale  e  terso  come  cristallo,  e  volteggia  colle  chete  e  dolci 
acque  entro  i  seni  de'  monti,  e  vi  fa  ridotti  maravigliosamente  belli, 
e  bagni  e  pelaghetti,  su  pe'  quali  van  nuotando  e  sollazzando  tor- 
merelle  di  folaghe,  di  garzetti,  di  anitre  dai  colli  di  smeraldo  e  dalle 
penne  cangiani.).  II  corpo  del  lago  &  profondo,  ne  ha  quasi  rive  al- 
1'intorno,  perchei  fianchi  dei  due  monti  vi  pescan  dentro  si  repenti 
che  i  pedali  delle  annose  querce  e  de'  lecci  vi  pendono  sopra  colle 
ampie  chiomee  vi  si  specchiano  e  s'addoppiano  capovolte  in  quello; 
tanto  che  le  acque  tranquille  e  serene  pigliano  uri  colore  verdechiu- 
so,  il  quale  si  stende  piacevolmente  da  un  capo  all'altro  e  ne  rende 
la  superficie  come  d'un  prato  di  minuta  e  lucida  erbetta  appannato. 

Ma  tanta  vaghezza  non  e  senza  una  soave  mestizia  che  penetra 
1'animo  de'  riguardanti,  e  il  silenzio  che  vi  regna,  e  non  e  rotto  dai 
venti  che  agitino  i  flutti,  chiusi  nel  piu  cupo  dell  a  valle,  rende  il 
loco  pieno  quasi  di  una  sacra  riverenza,  e  desta  pensieri  nobili  ed 
alti  che  rapiscono  la  mente  alia  contemplazione  delle  cose  celesti. 
Perche  nel  secolo  XI  fra  tanta  ferita  di  costumi,  fra  tanta  agitazio- 
ne  di  parti,  fra  tanto  bisogno  di  quiete,  molti  uomini,  che  avean 
condotti  i  loro  verdi  a  rim  alia  corte  knperiale,  p  nelle  guerre  cru- 
deli,  o  fra  le  ambizioni  del  comando  e  le  avidita  delle  umane  gran- 
dezze,  stanchi  di  tanti  aggiramenti,  e  pieni  di  fede,  che  le  pasaioni 
non  aveano  soffocata  loro  nel  cuore,  si  riduceano  in  luoghi  solitari 
a  vivere  vita  romita  fuori  del  consorzio  e  della  memoria  delle  genti. 
^uelle  falde  montane,  che  pendeano  sopra  il  lago  volte  a  meriggio, 
erano  abitate.da  tre  o  quattro  solitarii  che  avean  rizzato  loro  ca- 
pannucci  di  felce  in  certi  comignoletti  del  dosso,  e  fatto  colla  scure 
un  po'  di  piazza  da  godervi  1'  occhio  del  sole,  ivi  stavano  in  asti- 
nenza  vivendo  di  pesciatelli  del  lago,  ch'essi  medesimi  si  pescavano 
all'amo,  o  con  certe  rezzuole  che  gittavano  ove  le  ripe  calavan  piu 
agevoli,  o  ne'  golferelli  ove  piu  si  riparava  il  pesce. 

lolanda  che  avea  dormito  in  un  casolare  fra  Pergine  e  Levico, 
pervenne  in  su  quelle  prode  verso  il  mezzogiorno,  e  stanca  e  affan- 
nata  dai  sole  sedette  all  ombra  d'  un  vecchio  cerro  per  farvi  il  suo 


440  LA  COSTESSA  MATILDA 

parco  desinare  ^  ma  ella  non  aveva  aperto  appena  la  sua  tasca,  die 
parvele  udir  voci  sotto  la  ripa  tutta  coperta  d'ontani  e  d'avellane.  Essa 
temendo,  non  qualche  scherano  fosse  appiattato  la  entro,  per  non  es- 
sere  conosciuta,  tirossi  a  goteil  cappuccio,  clie  s'era  tolto  per  go- 
der  meglio  il  rezzo  e  un  po'di  zeffiretto  che  aleggiava  d'intorno  e 
rinfrescava  1'ambiente  aere  infocato.  Poscia  levatasi  di  cheto,  e 
aperto  col  bordone  alquanto  le  foglie,  vide  a  pie  della  ripa  un  ver-de 
pianerello,  cui  scorreva  per  mezzo  un  rigolo  d'  acque  lucidissime, 
le  quali  giunte  in  capo  all'  erba  precipitavano  di  salto  in  salto,  ro- 
moreggiando,  nel  lago.  Due  alti  pini  1'ombravan  tutto,  e  a  basso  il 
pedale  eran  posti  due  trespoletti,  e  sovra  quelli  secluti  due  uomini 
venerandi,  1'uno  de'  quali  era  gia  vecchio  e  avea  capelli  bianchi  co- 
me la  neve,  1'altro  avea  sol  tan  to  qualche  canuto  e  pareva  d'  eta  an- 
cor  vigorosa. 

Questo  secondo  narrava  al  piu  attempato,  che  ieri  ebbe  nella  sua 
cella  la  visita  del  Vidamo  di  Pergine,  il  quale  aveagli  racconto  1'as- 
sassinio  tentato  in  Roma  da  Cencio  contra  Ildebrandoad  istigazione 
di  Guiberto,  e  poi  e  poi . . .  (ma  disselo  sottovoce)  e  poi  anco  dello 
stesso  Arrigo,  poiche  egli  tienelldebrando  per  usurpatore  della  sede 
romana,  essendo  salito  sul  trono  senzail  suo  reale  consentimento; 
e  tuttavia  ebbe  la  strana  baldanza  di  scomunicarlo,  perche  invest!- 
va  gli  Arcivescovi,  i  Vescovi  e  gli  Abati  di  propria  autorita  conferi- 
tagli  dalla  corona. 

—  Ariolfo.  disse  Ermanno  con  voce  grave  e  tranquilla,  Arioifo, 
il  tuo  visitatore  ti  disse  piu  menzogne  e  calunnie  che  non  parole. 
Con  ci6  sia  che  Gregorio  VII,  e  non  piu  Plldebrando  del  tuo  Yida- 
mo,  ePontefice  Massimo  e  diritto  successore  di  S.  Pietro,  anche  pel 
chiaro  e  solenne  consenso  d'  Arrigo  ;  e  chi  dice  il  contrario,  ovvero  e 
ignorante,  ovvero  e  maligno,  scismatico  e  blasfemo.  Dapprima  io 
ti  vo  dire,  che  la  Chiesa  di  Dio  e  fondata  da  Cristo  Redentore,  del 
quale  e  castissima  sposa,  e  per  conseguente  madre  nostra  e  regina. 
Lo  Spirito  Santo  la  informa,  la  regge,  la  illumina,e  per  conseguen- 
te e  maestra  infallibile  della  nostra  ignoranza-,  Dio  ledala  potenza, 
-e  il  suo  braccio  poderoso  vince  1' inferno  e  sgomina  i  suoi  nemici; 
il  suo  petto  resistette  fermo  e  invulnerabile  all'ira  degli  Imperatori 


IL  SOLITARIO  DEL  LAGO  441 

pagani,  al  furore  de'  barbari,  alle  perfidie  degli  eretici,  alle  argo- 
mentazioni  dei  falsi  sapieati,  alle  astuzie  de'  politic!,  e  come  resi- 
stette  e  vinse  in  passato  resistera  e  vincera  nel  futuro.  Pensa,  Ariolfo, 
se  Iddio,  che  disse  a  Cefa  :  tu  sei  Pietro  e  sopra  questa  pielra  edifi- 
chero  la  mia  Chicsa  ,  ha  bisogno  dell'  umano  consentimento  per 
eleggere  e  confermare  i  successor!  di  Pietro  e  i  Vicarii  suoi  in  terra? 

—  Tu  di'pur  bene,  Ermanno,  ripiglio  Ariolfo,  ma  se  gli  stessi 
successor!  di  Pietro  e  Vicarii  di  Cristo  fecero  legge,  che  eletto  il 
Pontefice,  1'Imperatore  lo  confermi,  altrimenti  sia  nulla  la  sua  ele- 
zione,  perche  vorrai  tu  chiamare  Papa  lldebrando,  che  non  voile 
richiedere  1' approvazione  imperiale? 

—  Tu  sei  sempre  stato  soldato,  il  mio  Ariolfo,  e  non  puoi  sapere 
certe  cose,  Sappi  che  la  Chiesa  di  Dio  in  terra  e  militante,  e  pero 
Dio  la  purifica  nelle  battaglie,  e  permette  per  alcun  tempo  che  i  suoi 
nemici  la  tengano  in  gran  pressura.  Or  dunque  verso  la  meta  del 
nostro  secolo,  venuto  a  inorte  il  Pontefice  Giovanni  XX,  i  tiranni  di 
Roma  vollero  ad  ogni  patto  crearsi  un  Papa  di  lor  lignaggio,  il  Cle- 
ro  e  il  popolo  ne  fecero  un  altro,  e  per6  la  Chiesa  videsi  Benedet- 
to IX  rampollo  de'  conti  Tusculani,  e  Silvestro  III  sedere  sulla  Cat- 
tedra  di  Pietro  e  contenders!  il  reggimento  di  tutta  la  Cristianita. 
Per  isbarbare  lo  scisma  dalle  radici,  furon  tolti  di  seggio  i  due  con- 
tendenti  e  messovi  un  terzo  che  voile  nominarsi  Gregorio  "VI,  e  pe- 
rocche  i  due  primi  spodestati  riassunsero  la  tiara,  e  la  Chiesa  di 
Cristo  era  in  gran  confusione,  Arrigo  III  calo  in  Italia  e  venne  aRo- 
ma  con  valida  mano  d'  armati,  balz6  viaRenedetto  e  Silvestro}  Gre- 
gorio chetamente  rinunzio  al  Papato,  ed  Arrigo  elesse  e  fece  esal- 
tare  Svidgero  Vescovo  di  Bamberga,  il  quale  nomossi  Clemente  II, 
che  incoron6  Imperatore  Arrigo.  Fu  allora  che  1' Imperatore  si  fece 
promettere  da  Clemente, e  giurare  dal  popolo  romano,  che  non  si 
verrebbe  all'  elezione  di  un  nuovo  Pontefice  senzal' espresso  ordirie 
di  lui  1.  Arrigo  il  fece  affinedibene,  perche  i  tempi  erano  sconvolti 
e  le  faziorii  superbe  e  terribili ;  ma  era  privilegio  personaled' Arri- 
go e  non  dei  successori. 


1  BARON.  Annal.  1046. 


442  LA  COXTESSA  MATILDA 

Tuttavia  per  quel  grande  assioma  :  Che  i  facori  personali  dai 
potenli  successors  si  perpeluano  colla  forza  ,  morto  che  fu  Arri- 
go  III  Imperatore,  e  a  Vittore  II  succeduti  Stefano  IX  e  Nicolao  It, 
quando  fu  poi  levato  ai  fastigi  pontifical!  e  consacrato  legittima- 
mente  Alessandro  II  di  santa  memoria,  avvenne  che  i  cortigiani  del 
piccolo  Arrigo,  richiamaronsi  d' Alessandro  a  nome  del  Re  fanciullo, 
e  dichiararon  cassa  e  nulla  quella  consacrazione,  perche  non  avea 
richiesto  il  consentimentoreale;  ed  insediarono  di  presente  Cadolao 
antipapa,  con  quello  scandolo  e  con  quei  turbamenti  che  a'  nostri 
giorni  sconvolsero  1'Occidente;  esenon  era  1'invitta  Matilda,  la  gran 
Gontessa  d'ltalia,  che  s'opponesse  col  consiglio  e  colla  forza  del  va- 
lore  italinno  al  furore  di  Cadolao,  ci  vedevamo  queU'Anticristo  se- 
dere  sul  trono  di  san  Pietro  ^. 

Or  tu  vedi  perfidia  sciocca  dei  nemici  di  Papa  Alessandro !  Una 
promessa  di  Glemente  II  fatta  personalmente  all'  Imperatore  Arri- 
go III  e  mantenuta  da'  suoi  successori  Damaso  II,  Leone  IX,  Vitto- 
re II,  al  quale  Arrigo  III,  morendo,  raccomando  la  tutela  del  figliuolo 
quinquenne,  cotesti  cortigiani  volcano  che  valesse  anche  per  Arri- 
go IV  bambino.  Dovea  dunque  Alessandro  II,  Vicario  di  Cristo,  do- 
mandare  il  consentimento  di  ricevere  lo  Spirito  Santo  a  una  donna 
e  a  un  fanciullo.  Che  ti  pare? 

—  Come  a  una. donna?  interruppe  Ariolfo  sdegnoso. 

—  Si,  ripigli6  Ermanno,  a  una  donna,  all'  Imperatrice  Agnese, 
che  avea  la  tutela  d'Arrighetto,  ed  anco  al  fanciullo.  Clemente  pro- 
mise per  giunta  all'  Imperalore  de'  Romani,  e  non  al  Re  di  Germania, 
e  Arrigo  era  soltanto  Re,  coin1  e  tuttavia:  e  nondimeno  i  Principi 
Alemanni  squarciarono  il  seno  alia  Chiesa  di  Dio  con  un  Antipapa, 
sotto  il  pretesto  che  Alessandro  non  avea  chiesto  licenza  d'  esser 
Papa  a  una  donna  e  a  un  fanciullo.  La  povera  Imperatrice  Agnese 
si  penti  del  suo  peccato,  e  ando  a  piangerlo  in  Roma  sulla  tomba  di 
S.  Pietro,  ove  si  rese  monaca;  ma  suo  figliuolo,  fatto  grande,  conti- 
nu6  a  imperversare  contro  Alessandro  II,  come  ora  imperversa  con- 
tro  Gregorio  VII.  Ariolfo  mio,  coteste  superbie  contra  il  Vicario  cii 

1  DONJZONE  e  FIORENTINI  vita  della  Contessa  Matilda, 


IL  SOLr?AR10  DEL  LAGO  -443 

Dio  in  terra  non  termineranno  in  Arrigo;  ed io, avvegnache  non  sia 
profeta,  temo  chela  pin  nobile  e franca  nazione  del  mondo,  qual  e 
la  tedesca,  ahbia  un  di  a  perdere  il  Papa  e  con  esso  la  fede,  in  pe- 
na  di  quell' osteggiare  1'autorita  sua  divina  cosi  a  lungo  e  con 
modi  tan  to  malign  i. 

-  S'egli  &  poi  per  cotesto,  disse  Ariolfo.  i  Romani  arebbon  do- 
vuto  perdere  il  Papa  gia  da  un  pezzo,  tanto  gli  si  mostrano  si  soven- 
te  misleali  ed  ingrati. 

—  Con  questa  differenza  per6,  soggiunse  Ermanno,  cbe  i  Romani 
peccan  d'impeto,  e  non  tardano  il  pentimento;  laddove  tantiPrin- 
cipi  e  Vescovi  alemanni  misconoscono  a  sciente  e  come  per  diritto 
Taugusta  autorita  de'Sommi  Pontefici,  e  perfidiano  a  volerla  in  se 
medesimi  come  per  giure  divino.  Di  che  Dio  li  punira  col  massimo 
de'  castigbi,  permettendo  loro  di  sbrancarsi  dal  suo  Ovile,  entro  il 
qualte  soltanto  e  salute  di  vita  eterna. 

—  Tuttavia  tu  dicesti,  ripiglio  Ariolfo,  cbe  Gregorio  chiese  il 
consentimento  di  Re  Arrigo. 

—  Dicolti,  e  proverottelo,  rispose  Ermanno,   e  vedrai  quant'  e 
ingiusta  e  sozza  la  guerra  cbe  gli  fa  1'  empio  Guiberto ,  con  tutta 
la  fazione  de'simoniaci,  degli  incontinent!  e  degli  adulatorie  lusin- 
gbieri  d' Arrigo.  II  monaco  Ildebrando.  uomo  di  gran  mente  e  di 
gran  cuore,  vedendo  cbe  tutti  i  turbamenti  della  Chiesa  gia  da  as- 
sai  tempo  avvengono  per  la  schiavitu,  in  cui  la  tengono  le  Poten- 
ze  secolari,  venne  nel  sublime  concetto  di  renderla,  come  cosa  spi- 
rituale,  libera  della  servitu  terrena;  come  cosa  divina,  signora  del 
create;  come  depositaria  delle  cbiavidel  cielo  e  delFinferno,  giudi- 
ce  inappellabile  de'  Cristiani.  La  prima  cosa  voile  a  ragione  cbe  il 
suo  Capo  fosse  eletto  dalla  Chiesa  romana  e  non  dall'Impero;  poscia 
cbe  la  Chiesa  lo  consecrasse  e  la  consecrazione  fosse  valida  senza  il 
consenso  imperiale.  Idelbrando  comincio  dalla  lunga  a  incarnare 
questo  suo  sublime  e  celeste  concetto  con  Leone  IX,  indi  con  Yit- 
tore  II  e  Stefano  IX,  e  per  ultimo  con  Nicol6  II,  il  quale  nel  Con- 
cilio  diLaterano  fece  la  famosa  costituzione:che  i\SommoPontefice 
non  fosse  tletto  che  dai  Cardindli  della  santa  Chiesa  romana,  al  suf- 


LA  CONTESSA  ElTILBA 

fragio  del  quali  debba  acconsenlire  il  clcro  cd  il  popolo  I.  Posle  le 
quali  cose  vedrai,  il  mio  Ariolfo,  che  Ildebrando,  eletto  Pontefk-e 
per  acclamazione  dei  Cardinali,  del  Clero  e  del  popolo,  sebbeue 
egli  si  tenesse  per  vero  e  legittimo  Vicario  di  Gesu  Cristo,  e  gia  go- 
vernasse  la  Chiesa  di  Dio  con  plena  autorita,  non  voile  farsi  consa- 
crare  prima  d'averne  il  consenso  d'Arrigo  2. 

Imperocche  come  si  seppe  in  Germania  della  sua  elezione,  i  mali- 
gni  che  temeano  quel  severo  e  irremovibil  pet.to,  fecerogran  pres- 
sa  intorno  al  Re,  gridando  alia  soverchia  baldanza,  anzi  temerita 
degli  Italian!  di  creare  un  Papa  non  eletto  dal  Re,  o  almeno  senza 
il  consentimento  della  sua  corona.  Arrigo  che  scapestrava  contro 
ogni  diritto  divino  e  umano  n'  ebbe  paura,  e  mand6  il  conte  Ehe"- 
rardo  di  Nellenburg  a  Roma,  per  intendere  dai  Cardinali  e  dal  po- 
polo per  qual  cagione  avessero  eletto  il  Papa,  senza  chiederne  prima 
1'  assenso  del  Re  •,  e  conosciuta  T  irregolarita  dei  comizii,  cancellasse 

i  Yedi  LABBE  Collect,  concil.  T.  IX,  pag.  100.  COLETI  Sacro-sancta  concil. 
T.  XII,  p.  5.  MURAT.  Script,  rer.  ital.  T.  II,  p.  2.  Chron.  Farf.  pag.  6iS.  BA- 
BON.  Annul,  an.  1059. 

2  Ecco  il  docutnento  dell'  elezione  di  S.  Gregorio  —  Regnante  Domino  no- 
afro  lesu  Christo ,  anno  clem,  incarn.  ems  1073,  {ndtcftone  et  luna  II ,  10 
Eal.  man',  feria  secunda,  die  sepulturae  domini  Alexandri  *.  m.  secundi  Pa- 
pae,  ne  sedes  apostolica  diu  lugeat  proprio  dcstituta  pastore,  congregati  in  ba- 
silica B.  Petri  ad  FmcuZa,  nos  sanctae  romanae  catholicae  et  apostolicae  ec- 
clesiae  cardinales,  clm'ci,  acolythi,  subdiaconi,  diaconf,  praetbiteri,  praesen- 
tibus  venerabilibus  episcopis  et  abatibus,  clericis  et  monachis  consentientibus, 
plurimis  turbis  utriusque  sexus  diversique  ordinis  acclamantibus .  eligimus  nobis 
in  pastorem  et  summum  pontiflcem  virum  relig'osum,  geminae  scientiae  pruden- 
tia  pollentem,  aequitatis  ct  iustitiae  praestantissimum  amatorem ,  tn  adversis 
fortem,  inprosperis  temperatum,  et  iuxta  Apostoli  dictum  (1  Tim.  Ill,  2j  fro- 
nt's moribus  ornatum,  pudicum,  modestum,  sobrium,  castum,  hospitalem,  do- 
mum  suam  bene  gerentem,  in  gremio  huius  matris  Ecclesiae  a  pueritia  satis 
nobiliter  educatum  et  doctum,  atque  pro  vitae  merito  in  archidiaconatus  ho- 
norem  usque  hodie  sublimatum,  Hildebrandutn  videlicet  archidiaconum,  quern 
a  modo  usque  in  sempiternum  et  esse  et  did  Gregorium  Papam  et  apostolicum 
rolumus  et  approbamus  —  Placet  vobis?  —  Placet  —  Vultis  eum?  — 
—  Laudatfs  eum  ?  —  Laudamus. 

Acta  Romae  10  Ealend.  maii  Indict.  II.  (LABBE.  T.  X,  6) 


IL  SOLITARIO  DEL  LAGO  445 

Gregorio  del  Papato  e  ne  creasse  un  altro.  Ma  il  santo  Padre  come 
seppe  della  venuta  del  conte  Eberardo ,  si  T  accolse  con  somma 
benignita  e  cortesia  ,  dicendogli  con  franco  animo  :  Di' al  tuo  Re, 
che  Colui  che  scruta  i  cuori  degli  uomini  sa  e  vede  ch'  io  aecettai 
ripugnante  e  piangente  d'  amaro  pianto  1'  acclamazione  del  clero  e 
del  popolo  romano  che  mi  elesse  al  sommo  pontificate,  echeaccet- 
tandolo,  supplicai  i  Cardinali,  ed  ottenni  da  loro  di  non  essere  con- 
sacrato  se  primanon  mi  verra  1'  assenso  di  Cesare,  dei  Principi  e 
dei  Vescovi  alemanni ;  ne  niuno  mi  consacrera,  s'io  non  sapr6  che 
Re  Arrigo  non  abbia  la  mia  elezione  approvato. 

Arrigo,  allorche  seppe  in  Gregorio  tanta  mitezza  ed  osservan- 
za,  n'ebbe  infinito  contento,  e  mando  a  Roma  il  Vescovo  di  Ver- 
celli,  Gran  Canceliiere  d' Italia,  ad  assistere  alia  sua  esaltazione  *, 
la  quale  avvenne  1'  anno  appresso  per  la  festa  della  Purificazio- 
ne.  Or  tu  vedi,  Ariolfo,  come  adoperano  i  santi  uomini  di  Dio.  Gre- 
gorio sapea  d'esser  Papa  verace  senza  1' assenso  d' Arrigo  ,  e  pero 
scrisse  a  Re,  a  Principi  e  Vescovi,  confortando,  ammonendo,  con- 
sigliando,  ordinando  a  vantaggio  dell'anime  loro  e  de'loro  sogget- 
ti,  come  richiedea  1'obbligo  di  chi  siede  al  reggimento  della  Chiesa 
di  Cristo-,  tuttavia  voile  1' assenso  del  Re. 

—  Ma  se  Gregorio  aveasi  per  legittimo  Papa  eziandio  senza  i\ 
consentimento  d' Arrigo,  disse  Ariolfo,  o  perche  dunque  fece  egli 
quelle  lustre  di  domandargliene  1'  assenso  prima  di  venire  alia  sua 
consacrazione  ?  Le  mi  paiono  ipocrisie  coteste  e  simulazioniinde- 
gne  della  magnanimita  di  Gregorio. 

—  T'inganni  forte  se  la  pensi  cosi,  gli  rispose  Ermanno;  peroc- 
che  la  prudenzae  parte  sostanziale  della  magnanimita.  Ildebrando 
attese  sempre  e  eon  ogni  sforzo  a  liberare  la  Chiesa  dalla  lunga 

.  servitu  del  poter  temporale  ;  ma  volea  sciogliere  e  non  rompere  le 

1  LAMB.  an.  1073  —  TSOHUDY  EVDSGHBN.  Ghesch.  I,  pag.  25.  Leggesi  ezian- 
dio in  libra  Ms.  Censuali  Centii  Camerari,  che  S.  Gregorio  Vll,  mando  annun- 
ziare  ad  Arrigo  la  sua  elezione,  e  soggiunge  —  Rex  vero,  ubi  electionis  verita- 
tem  cognovit,  eleetioni  eius  assensum  praebuit,  et  statim  Gregorium  Vercellen- 

sem  Episcopum,  italici  regni  Cancellarium,  ad  Utbem  transmisit,  quatenus  au- 

ctoritate  Regia  electionem  ipsam  confirmaret. 


446  LA  CONTESSA  MATILDA 

catene.  Or  tu  vedi  scandalo,  che  mena  Guiberto,  e  con  lui  tanti 
Principi  e  Vescovi  cortigiani,  avari  e  dissoluti,  chiamando  Grego- 
rio  un  intruso,  perch&  non  fu  nominate  ed  eletto  dal  Re  di  Germa- 
nia,  e  vedrai  che  tanto  grideranno  e  brigheran  tanto,  die  un  bel 
giorno  ci  vedremo  sopraccapo  lo  scelleratissimo  Guiberto,  che  bol- 
le  e  smania  d'esser  Papa.  Ma  viva  Dio  !  Sinche  Gregorio  ha  spirito 
in  corpo,  Guiberto  saraAnticristo,  Papa  non  mai.  Intanto  lacristia- 
nita  d'occidente  geme  fra  mille  agitazioni  funeste,  e  s'ella  non  ve- 
desse  sulla  Rocca  di  Canossa  inalzarsi  fulgido  e  scintillante  il  faro 
della  Fede,  non  saprebbe  ove  dirizzare  lo  stanco  naviglio  de'suoi 
pensieri.  Da  quella  Rocca  sublime  irraggia  il  sentimento  del  Vero,  e 
in  quella  Rocca  s'accoglie  il  viril  petto  di  quella  invitta  Matilda  che, 
col  valore  delParmi  italiane,  rintuzzo  gli  sdegni  alemanni  congiu- 
rati  contro  Alessandro  :  e  si  ti  dico,  che  se  i  nemici  di  Cristo  ad- 
doppieranno  le  forze  per  isoendere  a  rovesciar  la  Sedia  di  Pietro, 
Matilda  sara  la  intrepida  a  opporvi  la  Fede  e  il  petto  dei  prodi  Ita- 
liani,  e  sinche  le  rimarra  un  muro  da  bastionarsi,  da  quel  muro 
combattera  col  braccio  dei  forti  d'ltalia,  e  in  fine  quella  magnani- 
ma  n'uscira  vincitrice.  Addio,  mio  caro  Ariolfo,  e  quasi  la  sesta  e 
debbo  ritirarmi  nel  mio  tugurietto  :  prega  amico.  In  cotesti  scon- 
volgimenti  1'  ancora  della  mente  sta  nell'  orazione  :  recita  spesso  il 
salmo :  Quare  fremuerunt  gentes  et  populi  meditati  sunt  mama  ? 
Astiterunt  reges  terrae  el  prindpes  convenerunt  in  unum  adversus 
Dominum.  et  adversus  Christum  eius.  Qui  habitat  in  coelis  irride- 
bit  eos  et  Dominus  subsannabit  eos.  Dio  beflerassi  de'loro  consigli, 
delle  loro  astuzie,  de'loro  terrori,  ealla  beffa  aggiungera  lo  scher- 
no,  sghignazzandoli  come  sciocchi  e  poltroni  che  vollero  dar  di 
cozzo  in  quella  pietra,  in  cui  si  scornarono  i  piii  robusti  capi  da  quel 
di  Nerone  sinoa  quello  d?Attila  e  di  Desiderio. 

Com'ebbero  cosi  ragionato,  i  due  monaci  si  divisero ;  Ariolfo  abi- 
tava  la  selva  di  verso  Pergine,  ed  Ermanno  dalla  banrla  di  Levico. 
lolanda  senti  smisurato  contento  delle  ragioni,  poste  in  tanta  evi- 
denza,  intorno  alia  sincera  elezione  di  Gregorio,  e  ne  benediceva 
il  Signore;  ma  coceanlaacremente  quelle  parole  d'  Ermanno,  che 
pronosticavan  si  male  della  Germania  in  pena  del  presente  e  del 


IL  SOLITARIO  DEL  LAGO  447 

futuro.  suo  perfidiare  contro  la  divina  autorita  de'  supremi  pastor! 
della  Chiesa,  della  quale  Iddio  e  si  geloso.  Per  il  che  toltasi  da  quel 
luogo,.  ove  divisato  aveva  di  desinare,  raccolse  il  suo  zaino  e  tenne 
dietro  alquanto  dalla  lunga  adErmanno  per  vedere  il  suo  romitag- 
gio,  il  quale  com'ebbe  scorto,  si  assise  sotto  un  altro  albero  e  attese 
a  ristorarsi,  e  a  meriggiare  alquanto  per  rimettersi  in  forze  •,  ma 
dopo  un  breve  sonno  risentitasi,  e  mirato  il  sole  gia  volgere  verso 
il  lago  di  Caldonazzo,penso  di  non  tardarela  sua  visita  ad  Errnanno 
per  non  giungnere  a  Levico  a  sol  calato. 

Nell'  accostarsi  a  quel  solitario  abituro  lolanda  sentiasi  correr 
per  1'ossa  un  sacro  riprezzo,  e  il  cuore  le  battea  forte  quasi  presa- 
go  di  udirsi  confermare  la  terribil  sentenza  della  sua  patria:  a  cen- 
to passi  dalla  capannuccia  trovd  un  circoletto  di  mortella  che  in- 
torniava  una  croce  quivi  piantata  quasi  limitare  del  devoto  ostet- 
lo  dell'Eremita:  1'  adoro,  e  internossi  nel  boschetto  con  pie  sospeso 
verso  la  cella.  Nell'  atto  ch'  essa  ne  toccava  la  soglia,  Ermanno  riz- 
zavasi  appunto  dell'orazione:  il  suo  rolto  era  acceso,  i  suoi  occhi 
lagrimosi,  la  sua  fronte  increspata,  tutto  il  sembiante  avea  1'  aria 
d'uomo  che  tornava  allora  dall'estasi  che  aveagli  rapita  tutta  rani- 
ma  in  Dio.  lolanda  a  quell'  aspetto  celeste,  che  raggiava  ancora  il 
lume  dei  divini  consorzii,  ca!6  gli  occhi  timidi  in  terra,  e  non  osava 
inoltrarsi  d'un  passo  —  Vieni,vergine  di  Groninga,disse  con  enfati- 
ca  voce  il  Vegliardo,  vieni  e  odi:  Cristo  ha  parlato,  eCristo  non  erra, 
ne  mente.  Egli  promise  1'indeficienza  alia  Chiesa  e  la  Chiesa  non  mor- 
ra.  L'acquisto  della  Fede  e  il  dono  piu  prezioso  che  Dio  faccia  alle 
nazioni,  le  quali  per  essa  entrano  nel  suo  ovile  e  son  partecipi  dei 
frutti  della  redenzione,  del  prezzo  infinito  del  suo  sangue,  della 
grazia  de'Sacramenti,  deilumi  delloSpirito  Santo  e  della  vita  eter- 
na;  ma  il  dono  della  fede,  ch'e  indefettibile  nella  Chiesa  retta  da  Cri- 
sto per  mezzo  del  suo  Vicario  in  terra,  non  fu  promesso  perenne  ai 
regni  e  alle  nazioni  terrene.  Dio  perdona  loro  molti  peccati  nella 
sua  misericordia,  mane  castiga  anche  molti  nella  sua  giustizia^  e  nei 
profondi  consigli  della  sua  sapienza  talvolta  castiga  i  Re  pei  pecca- 
ti de'popoli,  e  tal  altra  punisce  i  popoli  pei  peccati  dei  Re. 


448  IA  COME5SA  MATILDA 

Oh  Casa  di  Franconia,  o  Casa  degli  Hohenstaufen !  la  vostra  co- 
rona e  corona  di  sangue,  e  corona  di  turbini  e  di  flagelli.  Oh  Arri- 
go  quarto  non  superbire  delle  tue  vittorie  sovra  i  Sassoni  e  i  Tu- 
ringi ,  non  ti  vantare  quando  avrai  spento  Rodolfo  emolo  tuo ,  e  ti 
vedrai  Iremare  sotto  il  piede  la  Germania  ,  e  metterai  a  soqquadro 
la  Chiesa,  vendendo  il  sangue  di  Cristo  ai  piu  cupidi  e  ai  piu  disso- 
luti :  non  ti  millantare  quando  scorrerai  vittorioso  I  Italia  col  tuo 
antipapa  e  scaglierai  il  fuoco  distruggitore  nel  Vaticano,  e  vedrai  la 
santa  vittima  de'  tuoi  furori  morir  nell'  esilio  di  Salerno }  che  quando 
ti  parranno  piu  verdi  gli  allori  dei  tuoi  trionfi,  allora  appunto  s'ap- 
passiran  sul  tuo  capo  e  ne  cadranno  sfrondati.  Gregorio  brillera  co- 
me Stella  annoverato  fra  gli  eletti  di  Dio  in  cielo,  e  tu?  Tu  roso  dal 
dolore  per  la  ribellion  del  figliuolo  ,  esagitato  dalle  imprecazioni 
de'popoliche  opprimesti,  rimossodal  seno  della  Chiesa  che  crudel- 
mente  e  sacrilegamente  squarciasti ,  triste ,  avvilito  e  lacerato  da 
tuoi  rimorsi,  morrai  senza  compianto  della  morte  de' peccatori. 

Erediterarmo  il  tuo  peccato  i  figli  de'  figli  tuoi ,  ed  io  veggo  po- 
scia  gli  Hohenstaufen  raccogliere  il  pugnale,  con  cui  tu  straziasti  il 
seno  della  Chiesa,  e  vibrarlo  nelle  materne  viscere  di  Lei,  che  pian- 
gera,  punira  ,  perdonera  ;  ma  sorgera  piu  robusta  dalle  sue  ferite , 
piu  bella,  piu  pura  ,  piu  folgorante  dai  lavacri  del  suo  sangue  , 
dall' irrigamento  delle  sue  lacrime.  Ma  intanto  le  liorenti  contrade 
alemanne ,  la  piu  bella ,  nobile  e  valorosa  porzione  del  gregge  di 
Cristo  si  sbranchera,  sedotta  da'  suoi  Principi  e  da'  suoi  pastori,  dal 
benedetto  Ovile,  e  sequestrata  dai  pascoli  salutari  e  dalla  fonte  viva 
che  scaturisce  dal  seno  purissimo  della  Chiesa  ,  trascorrera  sviata 
all'  erbe  avvelenate  e  alle  acque  turbolente  dell'  errore. 

I  santi  monisterii,  che  accolsero  i  suoi  prirni  Apostoli,  i  sontuosi 
templi  ove  cantavano  le  divine  laudi,  le  auguste  Cattedrali,  antichi 
seggi  di  Vescovi  venerandi,  saranno  messi  a  ruba,  contaminati,  arsi, 
diroccati  e  fattono  acervi  di  ruine  memorande  ,  e  segni  funesti  di 
•sacrileghi  furori. 

Vergine  di  Groninga,  tu  impallidisci?  tu  tremi?'tu  mi  guardi 
atterrita?  Fra  tante  ruine  consolati ,  che  se  gli  Arrighi  di  Franco- 
nia, e  i  Federighi  d'  Hohenstaufen  provochei  anno  ,  colle  lunghe  e 


IL  SOLITARIO  DEL  LAGO  449 

atroci  guerre  falte  alia  Chiesa,  la  giusta  ira  di  Dio  sopra  le  nazioni 
alemanne,  sorgera  intrepida  e  robusta  la  Casa  d'  Ausburgo,  ed  op- 
porrassi,  come  tin  muro  di  bronzo,  a  fare  argine  al  pieno  ed  orgo- 
glioso  torrente  deli'eresia,  clie  scendera  rninaccioso  asvellere  e  di- 
radicare  dai  petti  la  Fede.  II  muro  d' Ausburgo  sara  il  petto  di  Ferdi- 
nando  clie  sosterra  1'impeto  di  quella  fiumara  e  salvera  una  vasta  ed 
eletta  parte  della  Germania  da  tanto  e  si  furioso  traboccamento. 

Qui  1'ispirato  di  Levico  si  rattenne  dalla  foga  del  dire,  chiuse  gli 
occhi,  stette  alquanto  in  silenzio  ,  indi  alzolli  lacrimando  suppli- 
chevoli  al  cielo  ,  e  disse  :  Yeggo  un  Imperatore  dell'  augusta  Casa 
d' Ausburgo  tralignare  dalla  pieta  degli  Avi  ;  i  tempi  corron  funesti 
alia  Chiesa-,  veggo  una  setta  serpentina  spargere  della  velenosasua 
bava  gran  parte  dei  troni  cattolici  d'Occidente  ;  un  nobil  rampollo 
d' Ausburgo  raccoglie  quel  veleno,  v'intinge  dentro  la  penna  e  scrive 
leggi,  ognuna  delle  quali  e  catena  che  inceppa  la  Chiesa,  e  di  Madre 
e  Reina  la  fa  serva.  Essa  ,  ch'  e  sapienza  dello  Spirito  Santo  che  la 
informa,  vien  posta  (come  pupilla  sciatta  e  milensa)  sotto  la  tutela 
del  braccio  secolare :  le  sue  divine  leggi  non  abbian  vigore  se  1'  au- 
torita  terrena  non  dice  loro  :  Passate ,  v'  accetto.  I  Vescovi ,  il 
clero  ,  le  dottrine,  il  culto  esterno,  le  pie  istituzioni  della  cristiana 
carita,  alcuni  Sacramenti  stessi  impaccinsi  fra  mille  pastoie,  e  disdi- 
casi  alia  Chiesa  il  libero  e  universal  reggimento  de'  suoi  figliuoli , 
ma  abbiasi  come  forestiera  e  matrigna. 

Dio  mio  misericordioso  e  benigno,  Tu  il  comporti?  Sono  omai 
settant'  anni  che  cotesto  giogo  sacrilego  e  crudele  grava  1'  augusta 
cervice  della  tua  Sposa  ;  vedi  com'  e  fatta  curva  e  tapina  sotto  gli 
occhi  de'suoi  figliuoli!  vedi  come  le  ferite,  onde  le  trafissero  il  pet- 
to, sono  incrudite  e  sanguinose  I  vedi  come  la  sua  veste  e  lacera  e 
il  reale  ammanto  trascinato  nel  fango  1 

lolanda  a  quelle  dolorose  esclamazioni  sentiasi  1'  animo  sconfitto 
e  pieno  d'ansia  mortale  ;  e  guardava  fisa  in  volto  al  fatidico  senza 
far  motto  o  batter  palpebra  :  quando  il  vide  serenarsi  tutto  ad  un 
tratto,  ravvivare  il  raggio  degli  occhi,  fiorirgli  in  tutto  il  sembiarite 
un  sorriso  d'  innefiabile  godimento,  ed  esclamare  in  un  tripudio  di 
Scrielll,  vol.  IX.  29  11  Febbraro  1858. 


4oO  LA  CONTESSA  MATILDA 

smisurata  letizia  :  Mio  Signer  baono  e  amoroso,  io  ti  ringrazio  I 
Le  lagrime  de'  santi  tuoi  sulla  terra  colmarono  il  nappo  della  tua 
giustizia  ,  le  loro  preghiere  salirono  come  1'  incenso  odoroso  al  tuo 
trono,  vinsero  il  cuore  tuo,  e  piegaronlo  a  pieta  della  lunga  e  cru- 
dele  angoscia  della  tua  Sposa  !  Si ,  veggo  il  giovinetto  d' Aus'ourgo 
prode  e  valoroso  nell'  armi  combattere  sui  campi  d'  Italia,  e,  cinto 
ancora  della  corona  di  latiro  colta  sull'Adige  e  sul  Mincio,  salire  con 
pie  franco  sul  trono  de'suoi  maggiori,  e  di  la  volger  Tocchio  sicuro 
sul  vasto  Impero  cbe  lo  circonda.  Lo  veggo  deporre  umile  e  pio  i 
suoi  allori  ai  pie  della  Vergine  Immacolata,  da  cui  ebbe  forza  il  suo 
braccio  ,  prodezza  il  suo  cuore  ,  senno  e  consiglio  la  sublime  sua 
mente.  Egli  volge  1'occhio  figliale  alia  Chiesa  Madre  sua  divina \ 
amabile  e  graziosa  ,  e  la  vede  afflitta  e  piangente  ,  col  giogo  in 
collo,  colle  manette  alle  braccia  e  coi  ceppi  al  piede.  II  giovine  Im- 
peratore  a  quella  vista  freme  d'  alto  disdegno,  e  voltosi  a  Lei ,  che 
lo  guardava  piena  di  speranza  e  d1  amore  :  Sorgi ,  Madre  mia  , 
esclam6  ,  sorgi  e  regna  nel  mio  impero  libera  e  signora  de'  tuoi  fi- 
gliuoli,  il  piu  ossequente  de'qualiio  mi  professo  e  giuro  al  cospetto 
di  Dio  e  degli  uomini. 

Disse,  e  chinatosi  ,  le  fr.anse  i  ceppi,  e  baciolle  il  piede:  le 
sciolse  le  manette,  e  presale  amorosamente  la  mano  e  baciata- 
la,  serrossela  al  petto,  dicendo :  Senti,  Madre  mia,  come  il  cuo- 
re mi  batte  d'  amore  e  di  riverenza  per  te:  questo  cuor  saldo  non 
-piega  ne  alia  rabbia  de'  tuoi  nemici ,  nes  all'  insidie  della  simula- 
zione ,  ne  all'  invidia  che  si  rode  e  consuma  di  livore  ,  ne  all'  arte 
degli  assentatori ,  n&  alle  bassezze  dei  vili ,  a'  quali  parea  d'  esser 
grandi  e  sapienti,perche  coi  loro  cavilli,  coi  loro  sofismi,  colle  loro 
fallacie  ogni  giorno  aggiugneano  un  anello  alia  tua  catena  —  Indi 
le  tolse  il  giogo  dal  collo ,  e  le  disse  :  JLeva  il  capo ,  Donna  de 
Cieli,  sposa  di  Cristo  immacolata,  sovrana  e  maestra  dell'  orbe  cri- 
stiano :  rimettiti  in  capo  la  corona  d'  oro  ingioiellata  dei  doni  dello 
Spirito  Santo  ;  i  tuoi  Vescovi  ti  circondino  ,  e  tu  commetti  loro  i 
tesori  celesti  delle  dottrine-  nelle  Universita  ,  nei  seminarii ,  nelle 
scuole,  e  nei  libri :  ordina  e  ti  ubbidiremo,  guidaci  e  ti  segui- 
remo,  consigliaci  e  non  falliremo  nella  via  dei  noslri  doveri. 


IL  SOL1TARIO  DEL  LAGO 

11  veccliio  profeta  del  lago  diceva  queste  cose  rapito  in  un'  esta- 
si  che  parea  sollevarlo  di  terra,  e  brillava  d'  una  gioia  inestimabile 
con  un'  aria  di  paradise.  lolanda,  non  potendo  sosteaere  il  baleno 
di  tanta  luce,  cbe  diffondeaglisi  dall'  acceso  sembiante,  declino  gH 
occbi  in  terra,  ne  osava  di  levarglieli  in  viso  come  a  cosa  reve~enda 
e  di  cielo;  ma  F  Eremita  riscossosi  e  quasi  rivenuto  al  sentimento, 
vista  la  giovinetta  cosi  timida  e  peritosa  :  Alza  gli  occhi ,  disse, 
e  confortati  al  pensiero  ,  cbe  nulla  succede  al  mondo  che  non  sia 
dalla  divina  sapienza  preveduto  e  disposto  a  prova  e  triorifo  della 
sua  Chiesa,  a  salute  degli  eletti,  a  gloria  del  suo  nome.  lolanda,  fu- 
tura  nipote  mia,  tu  non  giungerai  alia  tomba  di  san  Pietro ,  ma  tu 
bacerai  il  piede  al  suo  successore  a  canto  di  quella  gran  Donna  che 
ha  poche  p?.ri  in  terra  per  valore,  gentilezza  e  pieta :  quando  la  ve- 
drai,  salutaladaparte  d' Ermaano  di  Turingia.  Vacolla  benedizio- 
ne  di  Dio,  ch'  egli  e  omai  tardi.  Quando  giugnerai  domani  a  Borgo 
di  Valsugana,  cerca  del  vecchio  Pruno  balio  de'  due  castclli,  e  digli 
ch'  Ermanno  Tattende  al  suo  romitaggio  per  favellargli  di  cosa  che 
importa.  Addio. 

lolanda  avrebbe  voluto  fargli  mille  interrogazioni,  ma  non  osan- 
do  per  riverenza,  parti  coiranimo  pieno  di  desiderii  intorno  ai  fu- 
turi  avvenimenti  preconizzati  dall'  eremita.  Passo  la  notte  a  Levico, 
eallo  spuntare  dell'alba  si  mise  in  cammino  alia  volta  di  Borgo,  lun- 
go  il  corso  del  Brenta.  La  deliziosa  valle  di  Borgo  scende  verso 
ritalia  irrigata,  oltre  al  fmme,  da  largbissime  altre  fonti  che  la  cor- 
rono  e  la  fecojdp.n  per  tutti  i  lati,  cosi  limpide  e  fresche  ,  e  in  un 
cosi  placide  e  chete,  che  rinchiuse  nei  canali,  qui  dan  movimento  a 
molti  edifizii  di  macchine  accomodate  alle  arti  che  ne  arricchiscono 
i  traffichi ;  la  serpeggiano  a  rinverdir  prati ,  ad  abbellire  giardini , 
ad  annaffiare  pomieri  ed  orli,  a  rallegrare  i  campi,  a  purificar  1'a- 
ria  e  temperarle  i  rigori  ond'  e  compresa  dalle  nevi  e  dai  ghiacci 
delle  altissime  creste  de'  monti,  dalle  quali  discende. 

Si  spiccano  a  sovraccapo  della  citta  sul  vertice  di  due  gran  spro- 
ni  di  monte  due  antiche  castella  ,  che  torreggiano  d;ilia  lunga  ,  e 
rendono  piu  maestosa  la  valle,  e  un  giorno  la  difendeano  dalle  in- 
cursioni  de'nemici :  rna  la  mcmtagna,  che  le  sta  di  fronte  dalla  banda 


452  LA  CONTESSA  MATILDA  —  IL  SOLITARIO  DEL  LAGO 

dell' aurora  e  del  mezzogiorno,  offre  la  piu  vaga  e  maravigliosa  vi- 
sta che  mai  possa  dilettar  1'  occhio  del  viaggiatore.  Imperocche  le 
sue  coste  son  tutte  vestite  d'  alberi  fruttiferi,  di  vigneti,  di  cam- 
picelli  e  di  prati,  che  ascendono  di  proda  in  proda  sino  all'  ultime 
cime ,  con  tanta  varieta  di  colori ,  con  si  Leila  disposizione  di  bo- 
scbetti  e  di  seminato,  di  filari  di  viti  e  di  gruppidi  peschi,  di  susi- 
ni,  di  peri  e  d'  ogni  ragione  frutti,  ond'  e  pomato  il  fianco  da  capo  a 
fondo  di  tutto  il  bel  monte,  cbe  forse  non  troyi  in  tutto  il  Tirolo 
italiano  cbi  lo  pareggi.  Aggiugni  la  vagbezza  delle  ville  e  casine  e 
castellette  graziose  e  gaie  oltremodo ,  le  quali  son  poste  fra  tanta 
fecortu'ita  di  nalura  e  d'  arte,  e  biancbeggiano  in  mezzo  al  verde 
gaio  de'castagni,  delle  viti  edei  mandorli,  cbe  addoppiano  la  deli- 
zia  del  luogo.  Dall'altro  lato  poi  di  Borgo  sale  la  montagna  di  Sella 
piena  di  pascoli  e  di  foreste  ,  ove  i  signori  banno  le  ville  estive,  e 
prendonvi  mold  piaceri  dagli  ameni  passeggi,  dal  conversare  colle 
brigate  cbe  s'  accolgono  al  fresco  sotto  g!i  alberi  e  lungo  le  fonta- 
ne  vive  che  rampollano  da  quelle  rupi  e  scorrono  per  quelle  prata. 
Ivi  1'  ospitalitd  e  la  gentilezza  gareggiano  a  festeggiare  gli  amici  e 
ad  intrattenerli  in  mille  diletti,  essendo  quei  cittadini  d'animo  cor- 
tese,  di  spiriti  svegliati  e  d'  ingegno  sottile  e  fecondo. 

Cosi  e  Borgo  al  presente  ;  ma  al  tempo  di  lolanda  non  eranvi 
cbe  le  due  brune  castella  ,  accigliate  e  severe  ,  munite  di  forti  ba- 
stioni,  intorriate  di  rocche  e  aggirate  da  bertesche  e  da  piombatoi  a 
difesa  delle  ossidioni.  La  valle,  a  di  nostri  cosi  bella  e  feconda,  era 
piena  di  boscaglie  e  di  pantani ,  e  i  dossi  de'  monti  negreggiavano 
del  verde  cupo  de'  cerri  e  degli  elci,  cbe  irti  e  densi  adombravano 
quelle  cbine  selvagge.  lolanda  vi  fu  bene  accolta  dal  vecchio  Pruno, 
il  quale  abitava  in  un  suo  maniero  cbe  speccbiavasi  in  un  ramo  del 
Brenta,  e  avea  dietro  a  se  un  giardinetto  con  pergole  d'  uve  dilica- 
te,  e  aiuole  di  fiori,  e  cerchiate  da  piante  erraticbe  ricoperte,  sotto 
le  quali  eran  pancbe  da  sedere  all'ombra,  e  vi  si  ricreavano  tre  sue 
giovinette  figliuole  d'  aria  gentilesca  e  di  modicortesi,  nelle  quali 
1'onesta  vincea  la  bellezza,  e  la  virtu  gareggiava  coll'  ingegno.  Ivi 
stette  due  giorni  la  lolanda  a  guisa  di  pellegrino,  e  poscia  parti  ver- 
so 1'  Italia,  passando  le  paurose  go!e  di  Grigno  e  di  Primolano. 


DELLA 

STAMPA   ITALIANA 


I. 


Delia  Vita  e  degli  Scritti  del  Conte  Cesar e  Salbo,  rimembranze  di 
ERCOLE  RICOTTI,  con  documents  inediti.  —  Firenze,  Felice  Le 
Monnier.  1856. 

Tra  i  nomi  che  sonarono  piu  alto  e  si  mantennero  in  piu  chiara 
fama  nel  decennio  teste  passato,  pochi  ve  ne  ha  certamente  che  ci 
paiano  meritevoli  d'essere  ricordati  con  tanto  rispetto,  quanto  e  do- 
vuto  a  Cesare  Balbo.  Questo  personaggio,  in  cui  andavano  di  para 
la  nobilta  della  mente  con  quella  de'natali,  1'amore  di  patria  con  Faf- 
fetto  saldissimo  verso  la  Religione  cattolica,  1'  integrita  dell'  onesto- 
vivere  private  con  la  rettitudine  delle  intenzioni  per  la  cosa  pubbli- 
ca,  era  ben  degno  che  la  storia  togliesse  a  registrarne  i  fatti  e  le 
vicende  ;  e  grande  n'  era  il  desiderio  e  F  espettazione  in  Italia  si  per 
la  parte  grandissima  ch'egli  ebbe  nell' opera  di  preparare  e  condur- 
re  innanzi  i  nuovi  ordini  politici  del  Piemonte,  e  si  ancora  per  1'aiu- 
to  efficace  che  da  lui  s'ebbero  i  promotori  de'  rivolgimenti  italiani 
del  48.  Ma  dovea  riuscire  difficile  assai  il  ritrarre  fedelmente  alna- 
turale  un  uomo  come  il  Balbo  5  ne  ci6  potea  farsi  che  da  chi  fosse 
entrato  bene  adentro  nella  conoscenza  e  nella  pratica  delle  cose 
letterarie  e  politiche,  in  cui  esso  avea  posto  mano;  restando  pur 
sempre  da  temere  che,  qualunque  fosse  la  maestria  del  pittore,  il 


454  RIVISTA 

ritratto  ne  uscisse  lumeggiato  a  quel  modo  e  con  quelle  tinte  che 
meglio  si  convenissero  al  gusto  ed  agli  amori  del  pittore  stesso,  piut- 
tostoche  alia  propria  figura  e  fisonomia  delU  originate.  Imperocche 
agli  uoniini  molto  riputati  per  saviezxa  e  cospicuiper  virtu,  iquali 
dalle  proprie  opinioni  o  dalla  forza  degli  eventi  sono  condotti  a  me- 
scolarsi  di  novita  politiche  ed  a  procurare  mutamenti  di  Stati,  suo- 
le  incontrare  per  lo  piu  1'  una  delle  due  :  o  che  dispiacciano  egual- 
mente  e  siano  in  diffidenza  presso  le  parti  avverse,  perche  a  nessu- 
na  aderiscono  interamente  •,  ovvero  che  ciascuna  di  esse  si  studii , 
quando  le  torna  a  conto,  di  metterli  in  mostra  fra  i  campioni  suoi 
piu  eletti.  Le  opinioni  moderate  delBalbo  1'esponeano,  finche  visse, 
piuttosto  al  primo  che  al  secondo  di  questi  due  casi :  ma  posciache 
egli  pass6  di  questa  vita,  e  le  varie  fazioni  cessarono  di  temerne 
Tautorita,  parvero  tutti  convenire  in  un  pensiero  ed  in  un  affetto 
medesimo  verso  la  sua  persona  e  la  sua  memoria.  Sotto  questo 
aspetto  le  vicende  di  Cesare  Balbo  sono  chiaro  documento  della 
niuna  fiducia  che  s>i  ha  da  porre  nella  stabilita  di  un  rinomo  sorto 
da  commozioni  politiche,  le  quali  spezzeranno  domani  1'idolo  che 
levarono  ieri,  senza  riguardo  a  meriti,  ma  per  impeto  cieco  di  pas- 
sione  0  d'interesse,  cui  nulla  e  sacro.  Per  lui  i  brevi  trionfi  del  48 
non  furono  senza  srandissime  amarezze  e  dolorosi  disinganni ;  ed 

<_j  c?  * 

ap^ena  egli  ebbe  afferrate  le  ambite  redini  del  Governo,  dovette 
saggiare  g'i  acerbi  frutti  di  quella  che  in  parte  era  opera  sua.  Usci- 
to  poi  di  Ministro,  stette  in  Parlamento  poco  men  che  appartato  da 
tutti,  senza  formar  partito  ne  seguirne,  tratto  quinci  dalla  voce 
della  coscienza,  quindi  dalle  attinenze  politiche  5  non  sapea  piu  a 
chi  dare  i  suoi  suffragi,  lamentavasi  di  non  essere  piu  buono  a  nul- 
la, meditava  ritrarsi  dall'unScio  di  Deprtato  *  ;  ond'e  chiaro  quanto 
egli  fosse  non  pure  offeso  dalle  ingiurie  e  dalle  calunnie  dei  nemici, 
ma  piu  ancora  adirato  contro  ai  silenzii  ed  agli  abbandoni  degli 
amici  2.  Creduto  relrivo  dai  piu  caldi  fautori  di  quella  medesima 
causa,  per  cui  egli  ebbe  speso  le  sue  veglie,  i  suoi  studii,  la  sua  vita 
e  fino  il  sangue  de'suoi  figliuoli,  fu  fatto  segno  alle  quotidiane  con- 

1  RlCOTTl,  pag.  238.  —  2  Ivi,  pag-  27°- 


BELLA  STAMPA  ITALIANA 

tumelie  degli  ullraliberali ,  che  mentre  ostentavano  di  rispeitarne 
le  intenzioai,  per  gran  merce,  con  disdegnosa  compassione,  lo  di- 
cevano  divenuto  imbedlle  '.  Ne  si  tennero  paghi  a  vituperarlo  sui 
giornali  •,  die  gli  mandarono  pure  lettere  anonime  con  intimazione 
di  non  piu  assistere  alia  Camera :  ed  egli  che  ben  sapea  di  che  sono 
capaci  codesli  settarii,  non  volendo  venir  meno  all'ufficio  suo  col 
tralasciare  d'  andarvi,  portava  a  sua  difesa,  nascosto  sotlo  panni , 
un  pugnaletto,  e  dava  il  suffragio  in  silenzio  2.  Ne  gli  venne  fatto 
mai  piu  di  riacquistare  la  perduta  popolarita;  sicche  nel  18o2  pro- 
vossi  indarno  atrovar  colleghi  per  formare  unMinistero,  come  n'era 
stato  incaricato  dal  Re;  ed  i  continui  displaced  aggravarono  la  ma- 
lattia  che  lo  condusse  poco  appresso  alia  tomba  •*. 

Ma  per  contrario,  quando  egli  fu  morto,  ciascuna  delle  parti  che 
1'aveanocombattuto  vivo,  si  voile  fregiare  del  suo  nome;  edilBal- 
bo  non  solo  continue  a  riscuotere  il  giusto  omaggio  dovuto  all'  in- 
gegno  suo,  eziandio  da  quell i  che  non  approvandone  la  politica  ne 
stimavano  allamente  i  sensi  religiosi ;  ma  fu  nuovamente  celebrato 
dai  moderati  come  lor  capo  ed  esemplare,  e  mitriato  perfino  dai  de- 
magoghi  piu  ardenti  per  quel  tanto  distrada  che  egli,  sebhene  con- 
trario alle  inique  loro  esorbitanze,  pure  corse  di  conserva  con  essi 
per  fare  T Italia. 

In  mezzo  a  cotanto  ondeggiamento  di  giudizii  e  d'opinioni,  uno 
storico  imparziale ,  spassionato  e  fedele  della  vita  e  degli  scritti  del 
Balbo  potea  dunque  sembrare  obbietto  di  desiderio  anziche  di  spe- 
ranza.  Ne  avrebbe  giovato  molto  ad  inspirare  fiducia  in  chi  met- 
tesse  mano  a' tale  impresa,  1'  udirlo  dichiarare  com' egli  avesse  in 
animo  d'apprestare  cosi  «.  un  documento  ai  posteri,  e  soprattutto 
un  incoraggiamento  a  coloro  che  a  fare  il  berie  della  patria  abbiaho 
contrarie  le  condizioni  dei  tempi,  e;  massime  le  forme  del  reggi- 
mento  politico  ^  !  ».  E  di  verocon  tal  proposito  in  cuore  non  ba- 
sta  il  voler  dire  cio  che  sembra  vero  e  giusto,  ma  bisogna  pure  co- 
rioscerlo,  e  perci6  non  avere  la  mente  preoccupata  da  storte  per- 
suasioni ,  le  quali  facciano  velo  ad  un  giudizio  retto  delle  cose  e 

1  RlCOTT/,  pog.  277.  —  2  Ivi  pag,  274.  —  3  Ivi  pag.  3 19,  —   4  Ivi  pag.  'it. 


430  RIVISTA 

delle  persone;  sicche  da  una  parte  non  si  sappiano  vedere,  in  co- 
deste  forme  di  reggimento  contrarie,  che  imbecillita,  oppressione  e 
tirannide,  e  dall'altra  cliritti  vilipesi  e  conculcati,  virtu  trascenden- 
tali  ripagate  col  disprezzo,  sante  aspirazioni  d'ammi  generosi  e 
grandi  soffocate  dalla  forza.  E  questo  pericolo  di  funeste  allucina- 
zioni  cresce  a  dismisura  quando  si  scrive  in  mezzo  ai  commovi- 
menti  d'  una  rivoluzione  solo  in  parte  compiuta,  che  sta  divisando 
i  modi  da  giungere  a  pieno  trionfo. 

Laonde  sembraei  meritare  ben  ampia  lode  il  sig.  Ercole  Ricotti 
che  nel  suo  libro  Delia  Vila  e  degli  Scritti  di  Cesare  Balbo  seppe, 
se  non  tenersi  al  tutto  immune  da  qualche  difetto  in  questa  parte, 
certo  superare  vittoriosamente  le  maggiori  difficolta,  e  regalarci  in 
questa  pregevole  sua  scrittura  un  ritratto  del  Balbo  a  lineamenti 
si  naturali,  che  chi  ha  conosciuto  da  vicino  quest'illustre  personag- 
gio,  ehbe  a  dirlo  somigliantissimo.  Per  cio  che  spetta  la  sustanza 
della  narrazione,  ci  sembra  che  il  Ricotti  abbia  descritta  la  vita  del 
Balbo  come  il  Balbo  stesso  quella  di  Dante,  sebbene  siavi  molto 
divario  nel  disegno  e  nella  condotta  letteraria,  non  meno  che  nella 
lingua  e  nello  stile.  Pertanto  chi  abbia  letto  codesta  bellissima  ope- 
ra del  Balbo  pu6  far  ragione  che  di  somiglianti  doti  vada  pure 
adorna  questa  del  Ricotti  per  c56  che  riguarda  la  schiettezza  del 
racconto,  la  misura  e  1'  opportunita  nelle  considerazioni,  la  tem- 
peranza  nelle  lodi,  la  modesta  severita  nel  ricordare  i  difetti  al 
paro  che  le  virtu,  con  un  fare  posato,  niente  declamatorio,  in  cui 
scorgesi  grande  riverenza  e  caldo  affetto,  ma  non  ismodato  ardore 
verso  colui ,  al  quale  era  stretto  con  si  dolci  vincoli  di  gratitu- 
dine  e  d'  amista.  II  Balbo  scrisse  con  animo  di  Guelfo  la  vita  di 
Dante  prima  Guelfo  poi  Ghibellino:  il  Ricotti,  tenerissimo  delle  li- 
berta  politiche  e  dell'  indipendenza  nazionale,  non  dissimu!6  pun- 
to  i  suoi  amori,  i  suoi  desiderii  e  le  sue  speranze ;  ma  non  pose 
in  bocca  o  in  cuore  al  Balbo  altri  sentimenti  od  altri  principii,  che 
i  professati  dalui  pubblicamente  a  fatti,  a  voce  o  per  iscritto.  Cosi 
egii  mantenne  con  tutta  lealta  (cosa  invero  assai  rara)  la  promessa 
fatta  sin  da  principio.  «  Ritrarro  il  Conte  Cesare  Balbo,  perquanto 
mi  sara  possibile,  colle  parole  sue  proprie.  So  che  in  tal  modo  prov- 


BELLA    STAMPA  ITALIANA  457 

vedero  piuttosto  al  nome  suo  che  al  mio;  ma  faro,  spero,  im  libro 
utile.  Nel  cozzo  ancor  vivo  delle  passioni  politiche,  le  parole  di  un 
morto,  non  compendiate  ne  interpretate  dal  biografo.  ma  raccolte 
con  cura  e  riferite  genuinamente,  riusciranno  meno  sgradite  e  piu 
efficaci  1  ».  II  Ricotti  adunque  non  imprese  di  darci  una  storia 
perfetta  secondo  tutte  leregole  proprie  di  tal  genere  di  scritture, 
ad  imitazione  del  Classici;  e  percio  appunto  a  questo  suo  libro  po- 
se soltanto  il  titolo  di  Rimembranze.  Ma  non  per  cio  e  da  dire  che- 
questo  abbia  minor  valore  o  vada  sfornito  d'ogni  merito  letterario. 
Sotto  qualche  rispetto  ci  pare  anzi  da  preferire  ad  altre  opereassai, 
belle  per  la  forma  classica,  ma  deturpate  da  infinite  menzogne  e 
falsita ;  laddove  questa  e  tutta  chiarita  a  punta  di  documenti,  e 
renduta  piu  attraente  per  un  certo  schietto  candore  nel  venire  spo- 
nendo  di  per  di  i  fatti,  le  vicende,  gli  studii  ed  i  progressi,  le  gioie 
e  le  pene,  le  traversie  ed  i  trionfi  dell'  illustre  defunto. 

Che  poi  questo  libro  debba  tornare  a  vantaggio  de'  savii  lettori, 
lo  crediamo  anche  noi ,  ma  per  un  bene  affatto  diverso  da  quella 
che  sembra  dover  essere  inteso  dallo  scrittore;  di  che  sporremo  piu 
sotto  il  nostro  avviso,  Intanto,  per  iscendere  alquanto  piu  ai  par- 
ticolari,  diremo  in  prima  che  ci  piacque  assai  lo  studio  con  cui  il 
sig.  Ricotti  colse  ogni  occasione  di  mettere  in  bella  mostra  T  ani- 
mo  religiosissimo  del  Ralbo,  e  le  sicure  prove  che  esso  diede  del- 
la  sua  devozione  alia  Chiesa  ed  al  Papato,  senza  tacere  punto  nulla 
di  que'  fatti  che  presso  i  Cattolici  ammodernati  delta  scuola  liber- 
tina  sono  tenuti  in  conto  di  sciocchezze  da  pinzocchero.  Ed  uno  di 
codesti  fatti  ci  sembra  di  dover  notare  qui  piuttosto  distesamente, 
onde  apparira  meglio  quale  si  fosse  il  Balbo  fin  dalla  prima  sua  gio- 
vinezza,  in  mezzo  alle  seduziorii  di  perversi  esempii  ed  in  congiun- 
ture  difficilissime  •,  e  quale  si  mantenesse  fmo  all' ultimo,  professan- 
do,  senza  umani  riguardi,  que'  principii  da  buon  Cattolico,  ond'  era 
governato  in  cose  di  religione  e  di  giustizia. 

Rello  e  vedere  con  quanto  ribrezzo  il  giovane  Cesare,  pieganda 
all'urto  d'una  forza  prepotente ,  rifuggisse  1'incarico  di  Segreta- 

1  RICOTTI,  pag.  S. 


RFVISTA 

rio  della  Consulta  designata  ad  organizzare  Roma  ,  !a  quale  era  di 
reeente  stata  riunita  all'Impero  francese-,  e  come  nel  leggere  quel 
dispaccio  «  io  restai,  sono  parole  del  Balbo,  quasi  colpito  da  un  ful- 
mine,  destandosi  ad  un  tratto  in  me  la  eoscienza  di  quelle  brut- 
te  usurpnzioni  a  cui  servivo  .  .  .  Qui  lo  spogliato  era  il  Papa,  capo 
di  mia  religione  ,  a  cui  venerare  ed  amare  era  stato  allevalo :  era 
Pio  VII  ,  a  cui  era  stato  presentato; .  .  .  era  insomma  un'  usurpa- 
zione  ,  un'  ingiustizia,  una  scelleratezza  per  me  evidente  ,  ed  a  cui 
era  chiamato  a  prender  parte.  Ne  fui  atterrato,  addolorato  oltre 
ogni  dire,  disperato,  e  pur  non  seppi  resistere  e  negar  d'andare. 
£la  sola  colpa,  di  cui  io  credo  avere  a  dolermi  nella  mia  vita  pub- 
blica.  Fui  deoole  una  volta,  a  19anni  e  rimpetto  a  Napoleone.  Ci6 
non  mi  scusa  ecc.  »  E  qui  prosegue  nan*ando  che  astento,  lottando 
coi  superior!  e  con  sfe  stesso,  sottoscrisse  i1  decreto  della  Consu  ta, 
pel  quale  si  consummava  la  spogliazione  degli  Stati  Pontificii,  e  f u 
involto  nella  scomunica.  Ma,  detto  il  fallo,  subito  soggiunge  1'espia- 
zione.  cbe  comincid  in  questo  modo.  Cesare  Balbo  ebbe  una  visita 
del  Radet,  Generale  di  Gendarmeria,  tomato  dalla  trista  accompa- 
gnatura  del  Papa.  Questi  tra  ridente  e  serio  rimproverollo  cbe  an- 
dasse  a  Messa.  « Io  gli  risposi  cbe  vi  andavo  per  lo  piu  ai  Sana  Apo- 
stoii  in  faccia  al  suo  alloggio,  ma  cbe  d'ora  innanzi  v'anderei  sem- 
pre,  affincbe  ei  mi  potesse  sorvegliare  piu  faci1mente».  N6  tal  i-i- 
spondere  pu6  stimarsi  naturale  riazioae  del  suo  carattere  vivo  e 
risentito  anziche  no  •,  poiche  a  quei  tempi  ed  a  persona  posta  in  quel 
grado  che  lui,  T  alterigia  avrebbe  consigliatp  ben  altro  ripicco  che 
1'andare  a  Messa.  Egli  volea  cosi  riparare  alia  sua  colna,  fattagli 
anche  piu  acerba  dai  rimproveri  d'  un  suo  carissimo  amico.  Carlo 
Vidua,  venuto  a  bella  posta  da  Firenze  a  Roma  per  isgridarnelo.  Ne 
tarxto  punto  il  Conte  Prospero  Balbo  a  venirgli  in  aiuto  perche 
usHsse  di  quello  stato.  «  Mio  padre  inquieto  di  me,  e  massime  della 
mia  coscienza  e  della  scomunica,  venne-una  seconda  volta  a  veder- 
mi .  .  .  ed  a  rinconciliarmi  collaChiesa.Ed  eg'.i  ed  io  domandammo 
poi  ch'  io  fossi  tratto  di  Roma,  ecc.  ». 

Questo  racconto,  in  cui  apparisce  con  tanto  candore  tuttal'ani- 
ma  del  Balbo,  fedelmente  riferito  dal  sig.  Ricotti,  trarra  forse  un 


BELLA  STAMPA  ITALIANA  459 

beffardo  sogghigno  sul  labbro  a  quella  turba  di  politicastri  miscre- 
denti  che  oras'arrabbattano  in  Piemonte,  e  si  travagliano  senza  posti 
intorno  all'  opera  di  svilire,  di  calunniare,  di  combattere  il  Papato, 
eoli'iritento  di  spogliarlo  d'ogni  dominio  temporale,  concitandogli 
addosso  la  forza  de'  prepotenli  e  le  ribellioni  de'  popoli.  Gostoro, 
11011  che  stare  inquieti  della  scomunica,  se  la  recario  a  vanto ••,  ed  in. 
certi  lor  fogliettacci  dan  fiato  a  tutte  le  tronibe,  quando  taluno  di 
lor  consorteria  si  rnuore,  e  gridano  a'  quattro  venti  come  il  tal  del 
tali  seppe  con  civile  fortezza  ricusare  ogni  ritrattazione  ed  ogni  se- 
gno d'  avere  anche  solo  per  un  istante  riprovato  quel  che  avea  fatto 
in  contumelia  della  Chiesa,  con  aperta  violazione  de'suoi  diritti,  e 
sotto  pena  di  scomunica.  Tale  non  era  il  Balbo.  Egli,  per  amare  a 
modo  suo  1' Italia,  non  avea  spergiurato  la  fede  a  Cristo,  non  era 
settario,  non  era  venduto  a  societa  segrete;  anzi  richiestone  piu. 
volte  a  grande  istanza,  vi  si  era  sempre  rifiutato  con  orrore,  e  le  avea 
combattute  a  tutto  suo  potere;  e  in  questo  sentimento  dur6  dalla 
priraa  giovinezza  fino  all'  ultimo  della  vita,  si  che  nel  1846  imprese 
e  condusse  a  termine  una  caiorosa  scrittura  per  distogliere  gTItalia- 
ni  dalle  societa  segrete,  cui  dimostrava  immorali,  inutili,  dannose  'l. 
II  Balbo  adunque  non  fu  mai  intinto  di  questa  mala  pece  (il  Ricotti 
a  piu  riprese  eel  dimostra)  •,  e  non  e  poco  vanto  1'aver  saputo  guar- 
darsene  eziandio  allora  quando  1'inesperienza,  1'andazzo  dei  tempi 
e  i  primi  bollori  di  gioventu  pareano  dovessero  farlo  agevolmente 
restare  arreticato  dalle  insidiose  trame  che  gli  si  ordivano  dattorno. 
Perci6  sentiva  grande  vergogna  ed  acerbissinao  rimorso  d' aver,  an- 
che solo  per  debolezza,  dato  mano  ad  un'iQgiuria  contro  il  Vicario 
di  Gesu  Cristo,  e  temeva  gli  anatemi  della  Chiesa,  e  per  esserae 
prosciolto  sQdava  F  ira  di  tale,  che  era  avvezzo  a  yeder  tutto  cedere 
ad  un  solo  cenno  del  voler  suo,  e  chiedeva  di  smettere  un  altro  uf- 
ficio,  per  iscansare  ogni  pericolo  di  ricadere  in  colpa. 

Ma  Cesare  Balbo  non  si  tenne  pago  a  cotale  riparazione,  quasi 
tacita  e  fatta  innanzi  a  Dio  e  alia  Chiesa,  che  pur  era  sufficiente,  e 

1  RICOTTI,  pag.  212. 


460  RIVISTA 

per  lui  certo  non  era  poco.  Voile  die  fosse  pubblica  e  duratura;  e 
percio  nella  vita  che  scrisse  di  se  medesimo  venne  sponendo  per  filo 
e  per  segno  II  come  e  il  perche  della  colpa,  gli  affetti  che  ne  provo 
nell'  animo,  la  contentezza  dell'esserne  liberate.  Anzi  meglio,  voile 
^ncora  fame  solenne  ammenda  per  modo,  che  giovasse  a  rattenere 
altri  sill!'  orlo  del  precipizio.  Questo  egli  compie  nella  Camera  dei 
Deputati  a  Torino,  mentrePio  IX  esulava  a  Gaeta,  e  1'anarchia  Maz- 
ziniana  sedeva  in  Campidoglio  sotto  nome  e  forma  di  Repubblica 
romana.  Nella  risposta  al  discorso  della  Corona  voleasi  da  quei  di 
parte  democratica  che  fosse  inserita  una  frase,  per  cui  il  Governo 
•sardo  avrebbe  implicitamente  ammessa  come  legittima  la  Costituen- 
te  repubblicana  bandita  a  Roma  sotto  la  protezione  dei  sicarii  del 
Zambianchi  e  dei  satelliti  del  Garibaldi ;  impegnandosi  cosi  a  soste- 
nerla.  Pareccbi  Deputati  cattolici  levaronsi  fortemente  contro  co- 
desta  proposta :  ma  il  Balbo  fu  allora  maggiore  di  se ,  e  disse  un 
lungo  e  vigoroso  discorso  che  restera  monumento  della  onesta, 
-del  senno,  del  coraggio  ch'egli  metteva  in  tutto  ,  ma  specialmente 
in  quei  casi  in  cui  vedea  minacciata  o  manomessa  la  religione.  «  lo 
termino,  concludeva,  con  una  memoria  per  me  ingratissima -,  ma 
che  fu  a  me  e  pu6  essere  a  tutti  feconda  di  grave  insegnamento.... 
Quarant'anni  sono  per  1'appunto  nel  1809  io  ebbi  la  sventura,  la 
nolpa,  di  partecipare  all'abbattimento  della  potenza  temporale  di 
un  altro  gran  Papa,  di  Pio  VII.  L'immane  potenza  di  Napoleonea 
cui  cedevano  i  potenti  di  Europa,  pu6  forse  servire  di  qualche  scusa 
a  me  allora  adolescente.  Ad  ogni  modo,  gli  esempii  di  quei  corag- 
gio civile,  unico  allora  in  Italia  ,  di  quei  resistere;  quei  protestare, 
e  non  riconoscere,  e  non  cedere  mai  di  quei  Pontefice  ;  quei  Car- 
dinali,  quei  Prelati ,  quei  Preti  allora  cosi  disprezzati,  furono  quelli 
che  mi  rivelarono  la  vigoria  di  quell'  istituzione  cadente  in  apparen- 
za:  furono  il  seme  di  quelle  opinioni  papaline,  le  quali  mi  furono 
e  sono  rimproverate ,  ma  nelle  quali  io  mi  confermai  sempre  tanto 
piu,  quanto  piu  io  le  studiai  *.  » 

i  RICOTTI,  pag.  281. 


DELLA  STAMPA  ITALIANA  401 

Queste  cose  diligentemente  raccolte  e  narrate  dall'autore  delle 
Rimembranze  noi  abbiamo  voluto  qui  notare,  non  solo  perche  ono- 
rano  la  memoria  del  Balbo,  ma  eziandio  perche  fanno  scorgere  con 
quale  spirito  sia  scritto  il  libro  di  cui  ora  discorriamo.  II  sig.  Ri- 
-cotti  segue  passo  passo  la  camera  politica  e  letteraria  del  suo  illu- 
stre  amico ;  e  nell'analisi  che  fa  de'  suoi  libri  editi  od  inediti  non 
tralascia  mai  di  notare  quei  passi,  in  cui  sono  riveridicate  le  ragioni 
della  Chiesa,  la  santita  e  la  gloria  de'  Pontefici,  e  ricordati  i  titoli, 
per  cui  la  Santa  Sede  romana  ha  diritto  alia  gratitudine  ed  all'  os- 
sequio  speciale  degl' Italian!.  Ed  ecco  uno  dei  rispetti,  per  cui  cre- 
diamo  vantaggiosa  la  lettura  del  libro  del  sig.  Ricotti :  per  impa- 
rarvi  ciofe  dall'esempio  del  Balbo  che  il  piu  acceso  amore  di  patria, 
di  liberta  e  d'  indipendenza  nazionale  non  dee  mai  acciecare  cosi, 
che  si  offendano  i  diritti  della  Chiesa,  e  si  cessi  dal  riverire  col  pro- 
fondo  del  cuore  e  colla  pratica  esterna  dei  doveri  cristiani  la  santi- 
ta della  Religione  cattolica.  Saremmo  condotti  troppo  al  di  la  del- 
1'ordinaria  misura  delle  nostre  riviste,  se  volessimo  anche  solo  ac- 
cennare  i  moltissinii  luoghi,  in  cui  il  Ricotti  ha  mostrato  con  quel 
che  dice  del  Balbo  ,  che  anch'  egli  tiene  in  alto  concetto  chi  sa  ri- 
petere :  non  erubesco  Evangelium.  Solo  vorremmo  che  non  gli  avesse 
fatto  poi  un  ingiusto  rimprovero  la  dove  dice  di  lui  che  «  esagera 
il  principle  deH'opinione  religiosa,  anche  scompagnandolo  degl'  in- 
teressi  materiali  *.  »  Questo  e  piu  facile  a  dire  che  a  provare  $  e  se 
il  Balbo  voleva  che  gT  interessi  materiali  sottostessero  alia  religio- 
ne,  questo  non  era  esagerare,  ma  dare  a  ciascuno  il  luogo  suo. 

Un  altro  vantaggio  offertoci  nelle  Rimembranze ,  sara  pure  il 
conoscere  in  aspetto  vicinissimo  al  vero  quale  si  fosse  il  tanto  cele- 
Lrato  autore  delle  Speranze,  vuoi  come  letterato,  vuoi  come  poli- 
tico. Imperocchfe  vi  si  scorge  con  mirabile  eyidenza  che  1'  indole 
propria  del  Balbo,  e  1'  ambizione  vivissima,  ch'  egli  stesso  confesso 
pih  volte  aver  avuto  sin  da  fanciullo  di  potere  e  di  governare  nel 
Piemonte  per  governarvi  liberamente,  progressivamenle,  italiana- 

1  RICOTTI,  pa§.  326. 


•462  RIVISTA 

menle  1 ;  e  il  consorzio  e  la  dimestichezza  fraterna  di  molti  che  fu- 
rono  poi  a  sopraccapo  dellerivoluzioni  del  1821  e  del  1830-,  e  il  ge- 
nere  di  vita  e  d'occupazioni  politiche,  in  cui  si  trovo  avvolto  sul  pri- 
mo  uscire  dagli  studii  elementari,  senza  verun  corredo  di  studii 
scientifici  sodi  e  sicuri-,  tutto  insomma  in  lui,  la  natura  al  paro  che 
1'  educazione  ,  concorse  a  gittargli  nell'ariimo  ed  a  fare  che  vi  si 
abbarbicassero  profondamente  quei  principii  politici  che  gli  rendet- 
tero  travagliatissima  la  vita,  e  di  cui  non  sappiamo  bene  se  molto  si 
rallegrasse  poi,  in  sugli  ultimi  anni,  di  vede  e  1'attuazione  fatta 
nella  patria  sua.  Come  codesti  principii  si  svolgessero,  si  assodas- 
sero ,   di  quali  forme  si  vestissero  nell'  animo  del  Balbo ,  e  come 
si  venissero  a  grado  a  grado  temperando  ;  quali  sforzi  ponesse  egli 
in  opera  per  incarnarli  ne'suoi  libri  e  nelle  sue  scritture  inedite; 
qual1'  frutti  ne  raccogliesse  non  pure  nel  giro  della  vita  privata, 
ma  eziandio  nei  pochi  anni  in  cui  ebbe  tocco  il  suo  scopo  di  aver  la 
mano  nella  cosa  pubblica,  tutto  e  con  sugosissima  brevita  indicato 
dal  sig.  Ricotti  nell'analisi  che  venne  facendo  delle  opere  del  Balbo. 
Di  che  noi ,  per  non  ci  allargare  soverchiamente,  diremo  sol  que- 
sto  :  che  rispettp  alle  inedite,  stando  ai  cenni  che  ne  da  il  sig.  Ri- 
cotti ,  teniamo  per  fermo  che  il  Balbo  stesso  non  le  avrebbe  mai 
puiiblicate  quali  rimasero-,  e  per  certo  noncisembrario  da  accettare 
in  tutto  i  giudizii  del  suo  biografo.  In  quanto  poi  alle  altre  chefu- 
rono  messe  a  stampa,  gia  e  noto  dalle  dottrine  per  noi  propugnate 
intorno  agli  Ordini  rappresentativi  ed  alia  indipendenza  italiana,  e 
teste  ancora  dalla  rivista  dei  Saggi  Politici  del  Balbo,  che  in  mol- 
tissimi  punti  dissentiamo  e  dal  loro  Autore  e  dal  sig.  Ricotti  stesso. 
Aggiungiamo  tuttavolta  che  per  lo  piu  1' Autore  delle  Rimembranze 
discorre  molto  assennatamente  e  non  si  lascia  cosi  preoccupare  dallo 
affetto  pel  suo  amico,  che  non  riprenda  ancora  con  qualche  aus.e- 
rita  cio  che  vi  trova  di  difettoso. 

La  caduta  di  Napoleone  I  avea  rotto  una  prima  volta  la  camera 
dci  pubblici  uffizi  a  Cesare  Balbo  ;  le  rivolture  del  1821,  e  la  diffl- 
denza  in  che  rimase  presso  il  suo  Principe ,  anche  dopo  salito  al 

1  RICOTTI,  pag.  219. 


DELIA  STAMPA  ITALIANA  463 

trono  Carlo  Alberto,  mandarono  a  vuoto  tutte  le  sue  speranze  ed  i 
vagheggiati  disegni  di  salir  alto,  di  che  e~a  stata  cost  lusinghiera 
per  lui  la  prima  gioventu.  Perci6  si  volse  con  tutta  la  forza  dell'o- 
perosita  sua  agli  studii  Ictterarii  e  storici,  provandosi  ancora  di  tanto 
in  tanto,  ma  con  esito  infelice,  nell'  aringo  delle  scienze.  II  Ricotti 
ne  ha  segnati  in  certo  modo  i  progress!  ed  il  risultato  in  una  nota 
cronologica  de'  manoscritti  editi  ed  inediti  lasciati  da  lui  in  nieite 
meno  che  quaranta  volumi  in  foglio  o  in  quarto.  Dove  si  ha  una  pro- 
va  evidente  della  perfetta  giustezza  con  cui  il  Ricotti  scolpi  ra  il 
carattere  proprio  del  Balbo,  dicendo  che  «  si  contrastavano  i  frutti 
dell'  ingegno  suo  le  due  qualita  chel'accompagnarono  fino  alia  tom- 
ba:  mirabile  fecondita  ne'  disegni,  impazienza  nelTesecuzione.  » 
Difatto  non  v'ha  ramo  di  coltura  letteraria  o  scientifica,  a  cui  egli 
non  istendesse  bramosamente  la  mano  per  saggiarne  i  frutti.  La- 
sciando  da  parte  i  moltissimi  articoli  stampati  ne'  giornali  italiani 
ed  ancora  stranieri,  ci  rimasero  di  lu>  storie,  discorsi  politici  e  sto- 
rici, pensieri  e  meditazioni  morali,  romanzi,  precatti  di  educazio- 
ne,  lettere,  descrizioni,  drammi,  commeciie,  tragedie  in  prosa  e  in 
verso,  saggi  di  fisica  e  chirnica  e  di  storia  naturale,  poesie  satiriche 
e  liriche  e  popolari,  traduzioni,  abbozzi  di  trattati  filosoQci  e  meta- 
fisici ,  ragionamenti  d'  estetica  e  d'  economia  politica  ,  ecc,  ece.  A 
tutto  egli  s'  appigli6  con  impeto,  con  facilita  grande  e  talvolta  con 
loclevole  chiarezza  ;  ma  diremo  pure  con  una  certa  instabilita  di 
proposito  che  lo  distolse  dal  riuscire  eccellente  in  alcuna  trale  varie 
discipline,  in  cui  la  forza  del  suo  ingegno  avrebbelo  fatto  primeg- 
giare,  se  in  lui  la  prontezza  deli'ideare  fosse  stata  diretta  e  frenata 
dallo  studio  di  approfondire;  e  se  la  naturale  sua  perspicacia  ezian- 
dio  nelle  cose  piu  ardue,  fosse  stata  rinvigorita  da  quella  luce  che 
solo  pu6  venire  da  una  soda  filosofia.  Ma  di  questa  ,  nell'  ordine 
specolativo  ,  e'  sembra  che  fosse  non  diremo  gia  al  tutto  digiuno  , 
ma  per  certo  assai  scarsamente  forriito,  di  che  basta  recare  in  pro- 
va  cio  che  nota  1'  autore  delle  Rimembranze  (pag.  89);  cioe  che 
nel  1829  il  Ralbo  «  lesse  le  opere  del  Cousin  ,  ed  essendosi  appas- 
sionato di  esse,  anzi  in  generate  della  filosofia,  in  quell'anno  e  nel 
seguente  ideo  e  comincio  ben  quattordici  opere  filosofiche  senza 


46i  RIVISTA 

compierne  alcuna.  »  Dove  si  vede  quanto  sia  vero  che  intorno  a  tali' 
studii,  i  quali  sono  pure  la  sola  base  sicura  ed  il  necessario  corredo 
di  chi  vuol  salire  alto  in  cose  politiche ,  s'  affatico  il  Balbo  solo  per 
qualche  tempo  asbdlzi,  ed  egli  ne  senti  poi  gli  effetti,  quando  scris- 
se  con  espressione  di  cordogHo :  «  io  non  sono  se  non  un  inverni- 
ciatore.  La  mia  educazione  fu  fatta  in  diversi  paesi  d'Europa  e  du- 
rante  le  rivoluzioni,  interrotta  da  impieghi  precoci,  cangiata  per 
forzate  vicende,  ripresa  nell'  esilio. . .  Le  mie  occupazioni  non  mi 
hanno  permesso  di  darmi  ad  uno  studio  solo.  Io  non  sono  se  non 
un  inverniciatore  i.  » 

L'  autore  della  Vita  di  Dante  cadeva  qui  in  una  esagerazione  di 
modestia,  dicendosi  nulla  piu  che  inverniciatore .  Ma  non  perque- 
sto  e  men  vero  che  la  natura  di  que1  tempi  procellosissimi  cospi- 
rando  con  1'ambizione  troppo  ardente  chespronava  il  Balbo  a  spin- 
gersi  innanzi  quanto  piu  potesse  in  uffici  a  cui  non  era  mature,  fe- 
ce  si  che  il  risultato  de'suoi  studii,  troncati  a  mezzo  quando  sareb- 
bero  stati  proficui,  rimanesse  inferiore  all'ingegno  suo  ed  alia  fati- 
ca  che  poi  vi  spese  in  eta  piu  provetta  ,  quando  le  condizioni  poli- 
tiche non  gli  erano  meglio  favorevoli,  e  per  altra  parte  1'indole  sua 
fervida ,  insoflerente  d'indugi ,  e  la  sanita  cagionevole  gli  facevano 
maggiore  ostacolo.  Onde  apparisce  perche  mai  di  oltre  a  cinquecen- 
to  diverse  scritture  intorno  ad  argomenti  svariatissimi ,  a  cui  pose 
mano,  tanto  poche  ne  abbia  compiute,  e  delle  piu  non  abbia  lasciato 
altro  che  pochi  capi ,  e  spesso  ancora  null'altro  che  Io  schema,  la 
partizione,  1'  indice,  1'  introduzione  o  la  dedica  od  un  brano  di  con- 
clusione ,  come  vedesi  dalla  tredicesima  appendice  del  libro  del 
sig.  Ricotti.  II  quale  giustamente  si  duole  che  tanti  generosi  sforzi 
riuscissero  proporzionatamente  a  cosi  tenue  frutto. 

Avendo,  secondo  a  noi  pare ,  assai  largamente  encomiato  questo 
libro  delle  Rimembranze,  il  suo  Autore  non  avra  certamente  a  male 
che  tocchiamo  altresi  ,  almeno  di  passata ,  certe  sue  inesattezze  a 
nelle  espressioni  o  nei  giudizii,  che  per  niun  modo  gli  possiama 
menar  buone. 

i  RICOTTI,  pag.  H9. 


DELLA  STAMP  A  1TALIANA  4'65» 

Anzi  tutto  egli  dichiara  che  non  s'acconcerebbe,  per  esempio,  a 
questa  sentenza  del  Balbo  :  che  la  riforma  religiosa  ,  invece  di  mi- 
gliorare  la  coltura  della  Germania,  la  peggior6  4.  Ammettere,  co- 
me sembra  a  noi  si  ammetta  dal  Ricotti,  che  la  Civilta  ed  il  Cristia— 
nesimo  sono  due  diverse  esplicazioni  della  medesima  idea,  che  van- 
no  in  ragione  diretta  I  una  dell'altra  ;  e  poi  negare  che  la  dove  il 
Cristianesimo  si  corrompe  ,  si  deturpa  ,  si  scioglie  in  sette  cOzzanti 
fra  loro  ,  con  perpetuo  contrasto  alia  sana  ragione  ed  alia  verita 
rivelata,  la  per  appunto  non  debba  ariche  patir  detrimento  e  gua- 
starsi  la  buona  coltura,  questo  ci  pare  un  errore  logico  ,  per  nulla 
dire  della  falsita  storica  che  vi  si  contiene. 

Cosi  pure,  citando  alcuni  supposti  del  Gioherti,  confessa  come 
certo  che  tutto  il  genere  umano  diverra  cristianoequindi  cattolicor 
epoi  aggiunge  esserepiii  che  dubbii  i  tre  seguenti,  cioe  l.°che  il  Pa- 
pato  esercitera  su  tutto  il  genere  umano  un  supremo  arbitrate  reli- 
gioso  e  civile  ;  2.°  che  1'  Italia  sara  sempre  Sede  del  Papato;  3.°  che 
questo  fatto  assicurera  all  Italia  il  posto  regio  ecc.  2.  Checche  sia  del 
poslo  regio  e  aristocratico  ,  pel  resto  la  cosa  va  al  rovescio.  Non  e 
certo  che  tutto  il  mondo  deve  farsi  e  divenire  cattolico;  ma  e  certo 
che  il  Papato  avra  sempre  per  sua  sede  1'Italia,  perche  Sede  del  Pa- 
pato  e  Roma,  ne  pu6  esservi  Papa  che  non  sia  Yescovo  di  Roma; 
che  che  sia  poi  della  materiale  e  temporanea  sua  stanza. 

Traspira  pure  dal  libro  del  sig.  Ricotti  una  tal  soverchiaacerbita 
contro  la  Censura  preventiva,  a  cui  soggiacevano  in  Piemonte,  prima 
del  48  le  pubblicazioni  de'libri  e  dei  giornali  3.  J]a  questa  non  im- 
pediva  pero  che  i  liberali  se  1'  intendessero  a  meraviglia  tra  loro  con 
quel  certo  gergo,  di  cui  in  piu  luoghi  parla  il  Ricotti  stesso,  e  i  fatti 
del  48  provarono  che  il  dente  funeslo  e  T  occhio  maligno  non  do- 
veano  essere  cosi  spietati,  come  si  vorrebbe  far  credere.  A  buon 
conto  vediamo  che  codesto  dente  funesto  e  codest'  occhio  maligno 
venivano  talyolta  a  patti  di  grandissima  condiscendenza  ,  come 
quando  si  licenziava  per  la  stampa  fuori  di  Stato  il  libro  delle  Spe- 


1  RICOTTI,  pag.  162.  —  2  Ivi,  pag.  19">,  196.  —  3  Ivi,  pag.  80,81. 
SerieIII.vol.IX.  30  11  Febbraro 


uiviSTA 

ranze  * ,  e  si  lasciavano  stampare  nello  Stato,  coll'indicazione  Ita- 
lia ISii,  le  risposte  fatte  dal  Balbo  ai  quesiti  proposti  daila  Gaz- 
zetla  di  Augusta  2.  Ne  sarebbe  difficile  trovare  molti  e  molti  altri 
esempi  di  codeste  segrete  transazioni  fra  le  impazienze  dei  liberali 
e  la  vigilanza  della  Polizia  e  della  Censura. 

Molto  meno  possiamo  approvare  che  si  mettano  a  fascio  colle  so- 
cieta  segrete  quelle  che  erano  pnbblicamente  formate  da  uomini 
tanto  cospicui  perdignita  civili,quantosegnalati  per  lapiu  sodapieta 
religiosa.  Ne  sta  bene  che  il  Ricotti  abbia  buttato  la  con  lanta  di- 
sirivoltura,  «il  Balbo  essere  stato  in  varii  tempi  sollecitato  d'entrare 
sia  nei  Franchi  Muratori,  sia  nella  Societa  Cattolica,  sia  in  altre  so- 
cieta  segrete;  ed  avere  ricusato  sempre».  Della  Sociela  delV  Arni- 
cizia  Cattolica  erano  ;n  palese  lo  scopo,  i  promotori  e  gli  atti,  i  quali 
riducevansi  alia  stampa  di  buoni  libri  ed  alia  pregliiera.  II  Conte 
Solaro  Della  Marghe.'ita  ne  ha  esposte  le  origini  ed  i  progressi,  ne 
ha  numeral!  ed  appellati  per  rome  i  socii,  ne  ha  chiarito  il  fine  e  il 
perche  del  suo  disfarsi;  ne  si  e  trovato  chi  gli  potesse  muovere  ia 
menoma  replica  in  contrario  3.  Pertanto  che  al  Balbo,  uomo  dabbe- 
ne  ma  troppo  invaghito  delle  idee  liberali,  non  piacesse  aver  parte 
nella  Societa  Cattolica,  sia  pure :  ma  che  o  nella  propria  opinione 
o  peggio  per  iscritto,  ei  la  mandasse  in  ischiera  con  le  scellerate 
consorterie  de' Franchi  Muratori,  ch'egli  avea  a  schifo  come  turpi- 
tudini  inutili  ed  inique^  ch'  egli  ne  facesse  quel  conto  che  delle  So- 
cieta segrete,  da  cui  scongiurava  gl'Italiani  a  guardarsi,  chiamandole 
«  vergogna  e  delltto  dell'  eta  nostra  *  » ^  ci6  non  sembra  per  nu'la 
conforme  a  quella  dirittura  di  giudizio,  per  cui  il  Balbo  apparve  an- 
zi  unico  che  raro  fra  i  liberali;  e  pertanto  preferiamo  recare  ogni 
cosa  ad  una  espressione  mal  ponderata  e  sfuggita  alia  penna  del 
sig.  Ricotli. 

Che  se  noi  andassimo  errati  in  questa  conghiettura  con  cui  vo- 
lemmo  scusare  il  Balbo,  certo  non  possiamo  fallire  appuntando 
1'  autore  delle  Rimembranze  d'  avere  avventata  una  proposizione 

1  RICOTTI,  pag.  210.  —  2  Ivi,  pag.  202. 
3  Memorandum  Storieo  Politico,  pag.  10-13. 
A  RICOTTI,  pag.  164. 


BELLA  STAMPA  1TALIANA  467 

falsa  ed  indegna  del  labbro  d'  un  Cattolico,  asscrendo  senza  dubbio 
fondala  sulla  giustizia  quella  malaugurata  proposta  di  legge  per 
1'abolizione  del  foro  ecclesiastico,  ond'  ebbero  origine  le  scissure 
del  Piemorite  nel  fatto  delia  religione  *.  II  Balbo,  tuttoche  confes- 
sasse  d'essere  assolutametite  incompetente  a  giudicare  di  tali  qui- 
stioni  sottp  il  riguardo  del  diritto,  per  aver  fatto  in  vita  sua  soli  set- 
te  mesi  di  studii  legali  25  pure  guidato  dal  buon  senso  e  dalla  di- 
rittura  de'  prinoipii  cattolici,  la  pensava  molto  meglio.  Merita  lode 
il  Ricotti  per  aver  lealmente  riferito  il  parere  del  Balbo  tutto  con- 
trario  al  suo  5  ma  dopo  le  sentenze  recate  sopra  ci6  del  supremo  ed 
inappellabile  tribunale  della  Santa  Sede,  avrebbe  dovuto  astenersi 
dal  dire  e  ripetere  giusto  cio  che  la  Chiesa  riprovo  come  iniquo. 

Ma  basti  il  fin  qui  detto  dei  difetti  che  s'  incontrano  in  questo 
libro,  i  quali  in  parte  sono  da  recare  a  nori  sufficiente  perizia  delle 
cose  a  cui  si  riferiscono,  e  in  parte  ancora,  vogliamo  credere,  piu. 
ad  inesattezza  della  frase  cbe  a  mala  yolonta  od  a  falso  concetto. 
Solo  aggiungeremo  che  1'  opera  sembra  indirizzata  ad  invogliare 
massimamente  la  gioventu  italiana  di  mettersi  sulle  orme  del  Balbo, 
per  compierne  i  disegni  ed  attuarne  le  sperarize.  II  sig.  Bicotti  mo- 
stra  chiaro  la  sua  iritenzione,  conchiudendo  1' opera  sua  con  queste 
parole.  «  Possano  queste  rimembranze  di  Cesare  Balbo,  che  io  rac- 
colsi  con  buon  volere  ,  suscitar  mold  a  imitarlo  ,  operando  quanto 
possono  ,  mutando  all'uopo  la  propria  attivita,  senza  ambizioni  in- 
temperanti,  senza  dispute  ,  senza  vanita  ,  col  sacrificio  di  se  mede- 
simi.  »  Noi  dubitiamo  assai  che  questa  esortazione  debba  ottenere 
qualche  effetto.  Da  oltre  a  un  anno  questo  libro  si  legge ,  ma  non 
vediamo  cessate  le  ambizioni  intemperanti ,  le  dispute ,  le  vanita. 
I  recenti  attentati  regicidi  fan  vedere  che  gV  italianissimi  restario 
quali  erano  $  ed  i  moderati  che  predicano  i  principii  e  rinnegano 
poi  le  conseguenze  ,  non  hanno  fatto  maggior  profitto.  In  quanto 
poi  al  ridestare  il  fuoco  sacro  per  la  crociata  contro  il  barbaro,  vi  si 
oppone  1'  efficacia  dei  fatti  avvenuti  nel  48  e  nel  49  ,  che  diedero  si 
forte  smentita  a  certe  seducenti  teoriche,le  quali  dimostrarono  tanto^ 

1  RICOTTI,  pag.  289.  —  2  Ivi,  pag.  300. 


-$68  R1VJSTA 

vane  certe  speranze,  e  pur  costarono  tante  vittime,  tarito  sangue  e 
ianti  delitti.  Chi  ama  davvero  la  patria  sua  puo  una  volta  per  fune- 
sta  illusione  traboccarla  in  un  mare  di  guai,  credendo  procurarle  un 
.paradiso  di  beni  ineffabili;  ma  quando  1'esperienza  de'fatti  hachia- 
rita  impraticabile  onestamente  un'  impresa,  il  tornare  a  tentarla 
non  e  piu  errore,  e  colpa.  Or  questo  appunto  s'inferisce  per  legit- 
tima  conseguenza  dalla  lettura  di  questo  libro  delRicolti,  se  inve- 
ce  di  correrne  le  pagine  come  si  suol  fare  de'romanzi,  si  pesano  le 
dottrine  ed  i  fatti  che  vi  sono  esposti.  Non  dubitiamo  punto  che  i 
lettori  avveduti  e  di  senno  saranno  sopra  ci6  d'accordo  con  noi,  e 
.percio  saranno  grati  al  sig.  Ricotti  d'avere,  pur  mirando  ad  altro 
line,  raggiunto  questo  che  e  grandissimo  in  pro  dell'Italia  nostra. 

II. 

CRISTOFORO  COLOMBO.  Storia  della  vita  e  dei  suoi  viaggi,  del  Conte 
ROSELLY  DE  LORGUES,  wlgarizzato,  per  euro,  del  Conte  TULLIO 
DANDOLO.  Vol.  2.  Milano,  Battezzati  1857. 

Chiaro  gia  corre  fra  i  letterati  e  riverito  fra  i  Cattolici  il  nome 
<li  Roselly  de  Lorgues:  e  quello  del  Conte  Tullio  Dandolo  che  in 
questa  opera  viene  ad  associarvisi  raddoppiera  per  amendue  i  titoli 
Ja  soddisfazione  di  coloro,  alle  cui  mani  giungera  la  Storia  del  Co- 
lombo. Yedere  un  autore  francese  che,  compreso  d'ammirazione  per 
tin  nostro  concittadino,  mette  in  bella  mostra  i  grandi  titoli  che  egli 
lia  alia  riconoscenza  del  mondo  intero,  e  cosa  tanto  piu  degna  di 
gratitudine  per  parte  degl'  Italiani ,  quanto  essi  piu  frequentemente 
si  lagnano  che  non  si  renda  loro  giustizia  dai  forestieri.  Giusta  od 
ingiusta  che  sia  la  querela,  ella  trovera  qui  soddisfazione  abbon- 
^lante;  giacche  il  chiarissimo  Autore  sembra  avere  assunto  1'ufficio 
-di encomiatore  del  Colombo,  spiegando  in  primoluogolagrandez- 
^a  della  sua  scoperta ;  mostrando  poscia  che  ella  fu  merito ,  non , 
come  piu  d'una  volta  accade,  di  buona  ventura  toccatagli  in  sorte, 
-come  al  gallo  venne  incontrata  la  perla,  ma  di  mente  sagace  nelle 
congetture  e  di  fortezza  indomabile  nel  condurle  a  termine;  final- 
mente ,  e  questo  e  il  maggior  titolo  di  rnerito ,  che  cotesta  forza 


BELLA  STAMPA  ITALIANA  469 

non  fu  opera soltanto  di  naturale  magnanimita,  ma  effetto  princi- 
palmente  di  vivo  ed  eroico  sentimento  cristiauo,  che  mirava  COQ 
la  scoperta  di  nuove  terre  a  dilatare  le  glorie  del  Redenlore.  La 
maggiore  delle  imprese  di  tal  genere  viene  in  questa  guisa  rivendi- 
cata  all'Italia  dall'  imparzialita  di  penna  straniera  :  e  la  Religione, 
di  cui  oggi  si  disconoscono  dagli  empii  la  grandezza  e  i  benefizii, 
comparisce  qui  motrice  supiema  della  stupenda  impresa. 

A  dir  vero,  il  chiarissimo  P.  Sanguineti ,  noto  egli  pure  per  una 
biografia  del  Colombo  ,  si  duole  in  una  recente  sua  lettera  al  Pro- 
fessore  Rebuffo  che  il  Francese  non  abbia  reso  agli  altri  biografi , 
specialmente  italiani,  la  giustizia  che  meritavano  :  che  abbia  anzi 
preso  non  pochi  abbagli  in  alcune  circostanze  dei  fatti ;  che  siasi  at- 
tribuito  il  merito  di  qualche  scoperta  altrui ,  e  qualche  altra  ne 
abbia  ignorata:  cotalche  il  merito  della  biografia  novella,  tutto  fi- 
nalmente  si  riduca  ad  una  certa  pompa  di  eloquenza  e  vivacita  di 
entusiasmo  con  cui  1'A.  ha  rivestita  la  materia  gia  conosciuta.  Nelle 
quali  imputazioni  non  possiamo  negare  esservi  una  certa  apparenza 
di  verita.  Apparenza,  diciamo,  perche  non  abbiamo  coraggio  di  ar- 
rogarci  autorita  di  giudici  fra  avversarii  che  hanno  studiata  si  pro- 
fondamente  la  loro  materia,  noi  che  siamo  lontanissimi  dal  profes- 
sarcene  maestri. 

Cionondimeno,  che  T  apparenza  stia  in  favore  del  Sanguineti  la- 
sciamo  al  lettore  il  giudicarne.  E  in  primo  luogo  che  una  certa  gran- 
diloquenza  (naturale,  a  dir  vero,  specialmente  in  Francia,  a  scrit- 
tori  vivamente  compresi  del  loro  soggetto)  dia  campo  ad  attribuire 
al  signor  Roselly  un'eccessiva  persuasione  della  novita  e  gran- 
dezza di  sua  impresa,  potra  farlo  sospettare  a  piu  d'uno  il  sentirsi 
dire  che  non  vi  ebbe  Europeo  che  lessesse  la  vita  di  Cristoforo  Co- 
lombo (pag.  42)  :  che  a  di  noslri  egli  e  piu  mal  conosciuto  che  non  un 
secolo  fa  (p.  41) :  che  lo  sguardo  del  prolestanlismo  e  il  solo  che  abbia 
misuralo  I' opera  sovrumana  del  genio  cattolico:  che  364  anni  sono 
scorsi,  senza  che  I'  avvenimenlo,  onde  si  duplico  il  globo,  sia  slalo 
descritto  nella  sua  realild  (  pag.  43).  Queste  e  simili  frasi  hanno  po- 
tuto  sembrare  eccessive,  specialmente  dopo  che  1'Autore  medesimo 
tesseva  un  lungo  catalogo  di  scrittori  applicatisi  a  chiarire  la  bio- 


470  RIVISTA 

grafia  dell'  Eroe  genovese.  Esse  peraltro  possono  avere  un  signifi- 
cato  ragionevole,  se  si  riguardi  allintendimento  del  cattolico  Fran- 
cese,  di  dare  alia  grande  scoperta  quel  carattere  religiose,  clie  pre- 
sentano  quasi  tutte  le  piu  eroiche  imprese  in  quei  secoli  di  fede. 

Se  non  che  1'altribuire  a  se  il  merito  di  aver  notato  questo  carat- 
tere religioso  nella  scoperta  americana,  sembra  esso  pure  un  van- 
to  ardito  al  chiarissimo  scrittore  genovese,  il  quale  fino  dal  1846, 
scrivendo  la  biografia  del  Colombo,  notava  essere  stato  1'  Eroe  pe- 
nelrato  si  vivamente  della  sua  opinione,  che  nel  fervore  ddla  com- 
mossa  immaginazione  vedeva  un  popolo  infinite,  sepolto  nelle  tenebre 
deU  idolalria,  aspettare  da  lui  la  luce  della  vera  rdigione  *  ecc. 
Intendiamo  che  il  Roselly  potrebbe  replicare  in  questa  citazione 
trattarsi  piuttosto  il  Colombo  come  uomo  eroicamente  immaginoso, 
anzi  che  come  apostolo  della  Croce.  Ma  qualunque  valore  aver  po- 
tesse  questa  risposta,  mai  non  potrebbe  cancellare  le  testimonianze 
di  tanti  altri,  special  in  en  te  Cardinal!  anuoverati  dall'Autore  mede- 
simo  a  pag.  28  (t.  1°) ,  i  quali  celebravano  magnificamente  il  falto 
della  scoperla  e  la  sua  impor  Lanza  catlolica,  applicandovi  alcuni  testi 
notevoli  delle  profezie  di  Isaia.  Diciamo  dunque  piuttosto  che  quel 
tuono  di  oracolo,  di  che  si  lagna  il  Critico  genovese,  vuolsi  perdo- 
nare  all'  entusiasmo  dell'  eloqueuza  e  all1  amore  di  scrittore  verso  il 
proprio  soggetto. 

Meno  forse  perdonabile  in  uno  storico  potra  sembrare  qualche 
asset  zione  gratuita  e  qualche  errore  cronologico  rimproverato  dal 
chiarissimo  Sanguineti  al  Roselly,  secondo  il  quale  una  lettera  in- 

dirizzata  dal  Colombo  ai  Reali  di  Spagna  Tanno  1501 novean- 

ni  dopo  la  scoperta,  viene  riferita  quasi  fosse  una  supplica  per  otte- 
nere  gli  aiuti  necessarii  a  cotesta  spedizione.  Anche  la  lunga  apo- 
logia in  favore  dell  immacolata  castita  del  Colombo  e  della  sua  Bea- 
trice Enriquez  viene  impugnata  si  gagliardameiite  dai  document! 
del  Sanguineti,  che  questi  ragionevolmente  sembra  rinfacciare  al 
biografo  fraucese  la  severita  dei  rimproveri,  coi  quali  egli  flagella 
gli  autori  di  sentenza  contraria. 

1  Lett,  del  P.  SANG.  p.  5.  Geneva  1857,  Schenone. 


BELLA  STAMPA  ITALIANA  471 

Non  seguiremo  qui  il  critico  genovese  nelle  altre  sue  censure, 
bastando  il  poco  che  abbiamo  dettoper  far  comprendere,  quanto  sia 
savio  consiglio  negli  scrittori  il  non  seguitare  troppo  fervidamente 
la  foga  dell'affetto,  quando  si  tratta  di  scrivere  fatti  e  di  saggiarli  a 
giusta  critica.  Sebbene  non  sia  necessario  assolutamente  deporre  i 
sentimenti  del  cuore  quando  si  scrive  la  storia;  cionondimeno,  egre- 
giamente  osserva  il  Sanguineti,  cbe  del  cuore  bisogna  diffidare,poi- 
che  facilmente  trascina  fuor  di  cammino.  (Lett,  a  pag.  15.) 

Dovremo  noi  dire  per  questo  che  la  storia  del  Roselly  non  sia 
un  bel  servigio  reso  alia  Religione;  e  il  volgarizzamento  del  Dando- 

10  un  Dell'  aoquisto  all'  Italia  ?  Oh  !  questo  poi  no  ! 

Le  censure  dell'  egregio  Professore  genovese  meriteranno  certa- 
mente  molta  considerazione  fra  gli  eruditt ,  e  potranno  forse  sog- 
gettare  a  nuova  critica  alcune  sentenze  dell'  illustre  autore.  Ma,  ol- 
treche  la  totalita  della  storia  viene  da  lui  continuamente  confortata 
con  citazioni  autentiche  a  pie  di  pagina,  come  ognuno  pu6  vedere 
al  primo  squadernare  del  libro  ;  presso  coloro  ( e  il  piu  de'  nostri 
lettori  saranno  di  questo  numero)  chebramano  corioscerne  la  storia 
nei  suoi  fatti  principali ,  e  si  dilettano  di  trovarvi  quel  non  so  che 
<U  vivace  e  drammatico  che  cambia  la  lettura  in  un  divertimento,  e 

11  divertimento  in  soave  ed  utile  commozione  de'sentimenti  cristia- 
ni  5  per  costoro  1'avvenirsi  in  tal  fatta  di  storia,  volgarizzata  da  pen- 
na  egualmente  vivace  e  poetica  ,  sara  tenuto  in  conto  di  buona 
ventura  ,  e  ringrazieranno  del  pari  T  estro  di  chi  la  scrisse  e  I'ele- 
ganza  di  chi  la  volgarizz6. 

-  Queste  poche  parole  ci  sembrano  bastevoli  per  dar  conto  di  un 
libro,  cbe  ricbiederebbelunghissima  rivista,  se  volessimo  sviscerar- 
ne  la  materia,  giacche  in  una  piu  breve  altro  far  non  potremmo 
che  un  vano  ripetio  di  quelle  vicende  di  travagliosi  tentativi,  di 
trionfi  inaspettati,  di  scellerate  congiure  ,  di  pericoli  spaventevoli , 
di  atroci  crudelta  e  di  non  meritate  disgrazie  che  tutti  sanno,  per 
cui  la-vita  deH'Ammiraglio  ligure  sembra  pareggiarsi  a  lunga  trage- 
dia  :  tragedia,  in  cui  1'  arte  dello  storico  ha  saputo  si  poeticamente 
intrecciare  la  narrazione  dei  fatti  veri  che  ti  tengono  sospeso  1'ani- 
mo,  angoscioso,  palpitante,  come  potrebbe  fare  1'invenzione  fanta- 


-472  RIVISTA 

stica  di  peripizie  teatrali  o  romanzesche;  che  ,  quando  una  volta  il 
cuore  e  entrato  in  quel  laberinto  ,  piu  non  ti  lascia  posare  il  libro 
finche  non  giunge  ad  uscirne. 

Se  una  sommaria  notizia  di  tali  eventi  non  fosse  si  comune  fra 
le  persone  mediocremente  istruite,  non  vorremmo  certo  frodare  i 
lettori  del  diletto  che  potrebbero  trarre  dal  leggere  almeno  in  com- 
pendio  la  serie  degli  eventi.  Ma  poiche  il  libro  si  offre  da  se  medesi- 
mo  agli  Haliani  con  quelle  sue  scene  cosi  vivaci  e  commoventi  che 
in  breve  sunto  languirebbero  e  agghiaccerebbero,  lasceremo  che  i 
nostri  lettori  vadano  a  cercare  neli'  opera  quella  copia  di  affetti  e 
d'immagini,  che  le  due  penne  benemerite  loro  somministrano  nel 
racconto  di  uno  dei  piu  gran  fatti  che  abbiano  illustrate  il  genio 
italiano. 

III. 

Islruzioni  leorico  praliche  per  I'  organo ,  singolarmente  sul  modo  di 
registrarlo  di  G.  P.  CALVI  pubbUcate  dal  Maestro  Gio.  LOIVGHI 
accademico  di  S.  Cecilia.  —  Roma,  i857,  TipograGa  Tiberina. 

Non  sono  molti  lustri  che  1'  Italia  meridionale  ha  conceduta  cit- 
tadinanza  ai  portentosi  organ!  strumentati,  di  che  rinomati  fabbri- 
catori,  i  Serassi ,  i  Calido  ,  i  Biroldi  e  simili  arricchirono  da  lungo 
tempo  le  chiese  venete,  le  lombarde,  le  piemontesi.  In  coteste  re- 
gioni,  non  che  lemaggiori  citta .  anche  i  borghi  minori ,  e  perfino 
certi  casali  hanno  voluto  ricreare  il  popolo  e  onorare  Iddio  con  le 
armoniche  note  di  questo  re  degl'istrumenti.  Nelle  parti  piu  meri- 
dionali  all'  opposto,  tranne  pochi  che  parevano  miracoli  ( come  gli 
organi  in  Catania  e  in  Monte  Cassino  dei  PP.  Benedettini ,  quello 
della  Maddalena  in  Roma  ed  altrettali  assai  lontani  anch'  essi  dalla 
perfezione  degli  organi  moderni)  il  popolo  si  contentava  delle  note 
gravi  e  maestose  dell' organo  pieno,  senza  punto  brigarsi  dei  com- 
plicati  meccanismi  e  della  moltiplicita  d'istrumenti  che  pareggiano 
a  piena  orchestra  gli  organi  lombardi. 

Ci  sembra  assai  probabile  che  la  divozione  dei  fedeli  fosse  me- 
glio  servita  da  quella  maestosa  e  legata  successione  di  accordi  e  di 


BELLA  STAMPA  ITALIANA  473 

melodie  a  canone  o  a'fuga,  che  formo  lo  stile  ecclesiastico  degli  an- 
tichi  organist! ,  die  nori  dal  brillante  e  piacevole  intreccio  di  stro- 
menti  e  di  motivi  svariatissimi  ,  con  che  gli  organist!  moderni  ne 
richiamano  1'attenzione  ai  concenti  music!,  anziche  all'  adorazione 
di  Dio  e  all'  intelligenza  della  liturgia  sacra:  allora  specialmente  , 
quando  1'estro  del  suonalorc  attinge  le  sue  ispirazioni  a  reminiscenze 
teatrali,  anziche  ad  afietti  di  pieta  cristiana. 

Ma  siane  qualsivdglia  il  risultamento,  il  fatto  e  che  da  alcuni  anni 
gli  organi  istrumentali  del  Lombardoveneto  si  vanno  inoltrando 
col  loro  merito  artistico  nell' Italia  ineriggiana  •,  e  in  Roma  stessa 
primeggiano  i  due  organi  dell'  Anima  e  del  Gesu ,  bei  lavori  dei 
Serassi  da  Bergamo,  ed  obbligano  in  certo  modo  gli  organisti  ro- 
mani  ad  impratichirsi  di  coteste  meccaniche,  e  prendere  nel  suonar 
1'  organo  quello  stile  e  quella  varieta  che  riusciva  impossibile  nella 
semplicita  e  ruvidezza  dell'  organo  antico. 

Comprendera  ciascuno  che  era  difficile  il  passaggio  dalF  una  al- 
1'altra  forma  artistica,  senza  una  guida  che  supplisse  coi  precetti 
a  ci6  che  manca  nella  pratica.  Dove  gli  organi  e  strumentati  e  dop- 
pii  s'  incontrano  ad  ogni  passo  e  per  le  citta  e  per  le  campagne  , 
ogni  mediocre  organista  conosce  fin  da  giovane  il  meccanismo  dei 
registri  e  dei  pedali :  e  se  fallisce  all'usarli,  sara  imperizia  nell'arte, 
non  ignoranza  del  meccanismo.  Fra  noi  all'epposto  an  che  Tottimo 
de'  maestri  potra  venir  meno  all'espettazione,  se  tocchi  per  la  pri- 
ma  volta  le  tastiere  e  le  pedaliere  d'uno  strumento  moderno. 

A  trarre  costoro  d'impaccio,  ci  sembra  diretta  1' operetta  che 
qui  annunziamo :  ove,  accennata  prima  la  materiale  disposizione  dei 
varii  ordegni ,  si  spiegano  poscia  le  principali  maniere  di  maneg- 
giare  i  registri  e  la  tastiera  per  ottenere  gli  effetti  musical!  e  leimi- 
tazioni,  quanto  si  puo  sorniglianti,  degli  strumenti  di  orchestra.  Le 
tavole  litografiche  aggiunte  alia  fine  del  fascicolo ,  rendono  vieme- 
glio  intelligibili  i  precetti,  rappresentando  la  facciata  dell'organo  e 
le  sue  tastiere,  ed  esemplando  in  19  schemi  la  maniera  di  valersene. 

Chi  enuovo  nell'arte  ringraziera  certamente  il  ch.  M.  Longhi  del 
sussidio  che  egli  da  ai  novelli  artisti  con  questo  suo  lavoro. 


ANNUNZII  BIBLIOGRAFICI  H  ALTANI 


ALF1ERI  PIETRO  —  Sequentia  in  Missa  Seraphici  Patriarchae  S.  Francisci  C, 
una  voce  et  organo  concinnata  a  Petro  Alfierio  Romano.  Romae  1857. 

Sara   gradita   questa   nqova   cornposizione  cali  ordinarie;   e  specialmente  alia  numero- 

del   chiarissiino    musicografo  a  tutli  i  divo-  sa  e  santa  progenie  dei  figli  siioi,  pei  quali 

ti   del  glorioso  Patriarca   d'  Assisi;    ad   uso  yiene  pubblicata  iu  foglio  da  inserirsi  nei  li- 

dci  quali  e  tla  lui  pubblicata  in  note  musi-  bri  corali. 

ALMANACCO  ETRUSGO,  Cronologico,  Statistico,  Mercantile  per  1'Anna  1858, 
Anno  3.°  Firenze,  Tipografia  di  G.  Mariani  1857.  Un  vol.  in  8-°  di 
pas.  368. 

J  nome   d'Etnisco   indica   non   1'  ambito  tistiche,  e  mercantili  di  tutta  1'Italia,  ordi- 

deglt  Stati,  dci  quali  si  da  notizia,  ma  solo  natc  con  b«l  mctodo,  ricavate  da  fouti  sicu- 

il  paese    dove   1'  Almanacco   e   composto   e  re,  e  stampate    con  molta    nitidczza  c  dili- 

stampato.  Esso  contiene  in  effetto  le  piii  mi-  genza.   Vendesi  per  toscane  liro  6. 
nute  e  important!  notizic  cronologicliej  sta- 

A^MBALLl  GIULIANO  —  BiograQa  di  Santo  Arduino  prete  riminese,  dall'o- 
riginale  latino  di  Scrittore  del  secolo  undecimo,  attribuito  da  alcuni  a 
S.  Pier  Damiani;  Traduzione  del  Prof.  Giuliano  Anniballi.  Rimini,  Tipo- 
grafia Albcrtini  1857.  Un  opusc.  in  8.° 

—  Inni  a  santa  Firmina  Vergine  e  Mar  tire  amerina;  Versione  del  prof.  Giu- 
liano Anniballi.  Rimini,  Tipogratia  Albertini  1857.  Un  opusc.  in  8.° 

ANONIMO  —  Considerazioni  e  Preghiere  per  nove  giorni  in  preparamento 
alia  festa  della  Immacolata  Concezione  della  Gran  Vergine  e  Madre  di 
Dio  Maria.  Roma,  Tipografia  di  Tito  Aiani  1857.  Un  opusc.  in  32.° 

—  Considerazioni  e  Preghiere  per  nove  giorni  in  preparazione  alia  festa  del- 
la  Presentazione  al  Tempio  della  Gran  Vergine  e  Madre  di  Dio  Maria. 
Roma,  Tipografia  di  Tito  Aiani  1857.  Un  opusc.  in  32.° 

— '  Delia  Vita  e  delle  opere  di  Giambatlista  Taddei;  Memoria  pubblicala  per 
cura  del  civico  magistrate  di  Ala.  Trento,  coi  tipi  di  Giovanni  Sewer 
1857.  Un  opusc.  in  8.° 

—  Programma  Del  Ginnasio-Liceale  annesso  al  Collegio  Convitto  in  Monza, 
diretto  dai  Sacerdoti  Barnabiti ;  pubblicato  alia  fine  dell' anno  1857.  Mi- 
lano,  Tipografia  e  Libreria  Arcivescovile  :  Ditla  Boniardi-Pogliani  di£r- 
menegildo  Besozzi  1857.  Un  opusc.  in  4.° 

Precede  una  dissertazione   intorno   ail  un     Monza,    cui  noi  faremo  conosccrc  nelle  no- 
nuoyo   sismometro  collocato   nel   Collegio  di     tizie  di  scienze  natural!. 

—  Regolamcnto  sulli  Notai  ed  Archivi,  portato  dal  Motu-Proprio  della  S.  mc- 
moria  di  Papa  Pio  VII  del  31  Maggio  1822,  connote  dell' Aw.  P.  31.,  e  la 
Tariffa  degli  onorarii  dovuti  ai  Notai  ed  Archivisti.  Bologna,  Tipi 
Scienze  1857.  Opusc.  in  8.° 


ANNUNZII  BIBLIOGRAFICI  ITALIANl  475 

ANTONACCI PIETRO  —  Rendiconto  di  ima  Raccolta  Cbimico-Farmacologica 
scienlificamente  classiiicata  a  comoda  istruzione  de'giovani  studios!  del- 
1'arte  sa'utare,  medici,  chirurgi,  e  farmacisti,  esistente  nella  farmacia 
del  Collegio  romano,  fatta  negli  anni  1856  e  1857  da  Pietro  Antonacci 
D.  C.  D.  G.  diretlore  di  delta  farmacia.  Roma,  Tip.  di  Bernardo  Morirl 
1857.  Unopusc.  in  8°. 

BALDL\l  UBALDO  —  Biografia  del  Prof.  Gamillo  Ramelli  da  Fabriano,  scrit- 
ta  dal  Canonico  Ubalclo  Baldini  da  Sassoferrato.  Roma,  Tipografia  delle 
Belle  Arti  1857.  Opusc.  in  8°. 

BATTISTA  (Beata)  VARANI  —  1  Dolori  mental!  di  Gesu  Cristo,  e  Ricordi  scrit- 
ti  dallaB.  Battista  Varan!  dei  DucM  di  Gamerino,  Clarissa.  Recanati,  Ti- 
pografia Morici  e  Badaloni  1857.  Opnsc.  in  16.°  di  pag.  88.. 

BERNARD  L.  —  Errori  e  pregiudtzii  popolari  rontro  la  Religione,  confutati 
col  semplice  buon  senso;  Operetta  dell'Ab.  L.  Bernard;  Versione  dal  fran- 
cese.  Torino,  Tipografia  dir.  da  P.  De-Agostini  1857.  Un  Opusc.  in  16° 
di  pag.  VIII,  272. 

BIBLIOTECA  CLASSICA  di  Opere  antiche  e  moderne,  adattate  all?  uso  del- 
la  Giovenlu  studiosa.  Edizione  economica  in  ventiquattresimo.  Venezia, 
Stabilimento  tipogFafico-enciclopedico  di  Girolamo  Tasso. 

Da  molti  anni  il  benemerito  tipografo  Girolamo  Tasso  ha  comlnciato 
una  Biblioteca  di  opere  classiche  di  svariatissimo  argomento,  per  servire 
ai  giovani  piu  provetti  negli  studii  non  solo  per  utile  passatempo,  ma 
ezlandio  per  soda  istruzione.  Essa  men  pubblicandosi  di  fascicolo  in  fa- 
sciiolo,  senza  alcuna  in^erruzione.  II  seslo  e  in  24mo;/a  carta,  se  non  bella, 
tutta  da  lino  ;  i  caratteri  piccoletti ,  ma  chiari ;  la  corfezione  lipogra- 
fica  d'ordinario  fatta  con  diligenza ;  il  prezzo  modico,  perche  ogni  fascico- 
lo di  circa  240  pagine  men  pagato  solo  una  lira  austriaca.  Le  opere  con- 
tenute  nella  Biblioteca  si  vendonoal  medesimo prezzo,  ossia  chesi  comprino 
separatamente,  ossia  che  si  comprino  unite  allealtre  della  intera  raccolta. 
Noi  crediamo  di  fare,  cosa  utile  ai  nostri  leUori  ponendo  qui  in  lista  le 
princwali  opere-finorapubblicatesi,  avveriendo  due  cose:  I' una  che  queste 
sono  le  castigate  e  ridotte  a  potere  riuscire  innocue  alia  gioventu:  I'altra  che 
la  Biblioteca  si  continua  alacremente,  e  le  opere  avvenire  non  saranno 
meno  irrvportanti  di  queste  che  ora  qui  annunziamo.  Per  maggior  comodo 
terremo  I'ordine  alfabetico  degli  autori ,  aggiungnendo  a  ciascuna  opera 
ilsuo  prezzo,  il  quale  e  sempre  in  ragione  dei  fascicoli  onde  si  compone. 

AGOSTINO  (S .  )•  —  Delle  Confession!       BARETTI  —  Lettere  instmttive,  de- 

di  S.  Agostino   libri  12 ,  tradotti  da  scrittive  e  famigliari  di  Giuseppe  Ba- 

Paolo  Gagliardi.Vol.  1.  — ,A.  L.  2.  retti  torinese.  Vol.  1.  —  A.  L.  1. 

ANTOLOGIA  ITALIANA  ad  uso  della       —  La  Frusta  letteraria  di  Aristarco 

studiosa  gioventu.  Vol.  1 .  —  A.  L.  1  Scannabue.  Opera  di  Giuseppe  Baret- 

AR10STO  —  Orlando  funoso  con-  ti.  Tom.  3.  -  A.  L.  5. 
servato  nella  sua  epica  integrita,  e  re-       BARTOLI  —  Della  Storia  della  Com- 

cato  ad  uso  della  studiosa  gioventu  pagnia  di  Gesu,  L'Asia  descritta  dal 

deli 'Abate  Gioachino  Avesani,  con  an-  P.  Danielle  Bartoli  della  medesima 

notazioni.  Fasc.  5.  —  A.  L.  5.  Compagm'a.  Libri  8.  —  A.  L.  7. 


476 


ANNUNZII  BIBL10GRAFICI  ITALIAN! 


—  Missione  al  gran  Mogol  del  P.  Ri- 
dolfo  Aquaviva  della  Compagnia  di 
Gesu,  sua  vita  e  morte  e  d'aliri  quat- 
tro  compagni  uccisi  in  odio  della  Fe- 
de  in  Salsete  di  Goa,  descritta  dal  P. 
Danielle  Bartoli  della  medesima  Com- 
pagnia. Vol.  1.  posto  in  fine  all'^sia. 

— L'uomo  di  lettere  difeso  ed  emen- 
dato  del  P.  Daniele  Bartoli.  Vol.  1.  - 
A.L.I. 

BARTOLI  E  NICOLAI  —  Cento  tren- 
taTemi,  estratti  dalle  opere  morali  e 
sacre  del  P.  Danielle  Bartoli  e  propo- 
sli  agli  studenti  ginnasiali  per  eser- 
cizio  di  lingua  italiana  e  di  versione 
nella  latina  dal  Profes.  Ab.  Giuseppe 
Teglio,  con  note  grammatical!  e  sto- 
riche.  Vol.  L  — A.  L.I,  50. 

BEMBO  —  Lettere  scelte  del  Cardi- 
nale  Pietro  Bembo,riscontratecoH'e- 
dizioni  del  1548, 1552,  e  corredate  di 
note  da  L.  Carrer.  Vol.  1.  —  A.  L.2. 

BOCCACCIO  —  Trenta  novelle  di 
Messer  Giovanni  Boccaccio,  scelte  dal 
suoDecamerone,premessaviladescri- 
zione  della  pestilenza  stata  in  Firen- 
ze  I' anno  1348  dello  stesso  autore. 
Tol.  1.  —  A.L.  1. 

BOSSUET  —  Discorso  sopra  la  Sto- 
ria  universale  di  Monsignore  lacopo 
Benigno  Bossuet,  arricchito  di  note  e 
continuato  fmo  a'  nostri  giorni.  Vol. 
1. -A.L.  3. 

CARO  —  Lettere  scelte  dalle  fami- 
gliari  del  Commendatore  Annibal  Caro 
per  uso  delle  scuole.  Vol.  1.  —  A.L.  2. 

CARRER  —  Poesie  scelte  di  Luigi 
Carrer,  con  aggiunte  inedite,  tratte 
dall'edizione  fiorentina  del  1854.  Vol. 
1.  —A.L.  1. 

CASA  (della)  —  Prose  e  Poesie 
scelte  di  Giovanni  della  Casa  con  la 
vita  di  esso  scritta  da  Luigi  Carrer. 
Vol.  l.-A.L.  1. 

CELLINI  —  Vita  di  Benvenuto  Cel- 
lini, da  lui  medesimo  scrilta,  ed  ora 
per  la  prima  volta  recata  ad  uso  del- 


la  gioventii,  secondo  le  phi  riputate  e- 
dizioni.  Vol.  1.  —A.  L.  1. 

CESARI  —  Dissertazione  sopra  lo 
stato  presente  della  lingua  italiana, 
scritta  da  Antonio  Cesari  dell'  Orato- 
rio di  Verona,  coll'  aggiunta  in  fine 
del  Dialogo  intorno  allo  stesso  argo- 
mento,  intitolato  Le  Grazie.\o\.  1 .  — 
A.L.  1. 

—  Novelle  di  Antonio  Cesari  prele 
dell'  Oratorio,  con  alcune  aggiunte. 
Vol.1.  -A.  L.  1. 

—  Vita  di  S.  Luigi  Gonzaga  di  Anto- 
nio Cesari.  Vol.  1.  —  A.  L.  1. 

COLOMBO  —  Operette  dell'  Abate 
Colombo.  Vol.  1— A.  L.  1. 

COMPAGNO  (il)  del  passeggio  cam- 
pestre,  ossia  Raccolta  piacevole  di 
fatti  storici  per  formare  il  costu- 
me della  giovenlu,  e  suggerire  ar- 
gomenti  ai  disegnatori,  pittori  ecc. 
Vol.  l.-A.L.  1. 

CORNARO  -  Discorsi  di  Luigi  Cor- 
naro  intorno  alia  vita  sobria.  Vol. 
1. -A.  L.  1. 

CORTICELLI  —  Delia  toscana  Elo- 
quenza;  Discorsi  cento  di  Salvatorc 
Corticelli.  Vol.  1.  — A.  L.  3. 

—  Regole  ed  osservazioni  della  lin- 
gua toscana,  ridotte  a  metodo  ed  in  tre 
libri  distribute  da  Salvatore  Corticel- 
li bolognese,  colle  correzioni  di  Pietro 
dal  Rio.  Vol.  1.  — A.  L.  2. 

COSTA  Della  Elocuzione  di  Paolo 
Costa, con  altresue  operette.Vol.l.— 
A.L.  1. 

DANTE  —  La  Divina  Commedia  di 
Dante  Alighieri,  connote  di  Paolo  Co- 
sta e  nuove  correzioni.  Vol.  3— A.  L.  3. 

—  La  Divina  Commedia.  Vol.  uni- 
co.  —  A.  L,  1,50. 

DATI  —  Prose  scelte  di  Carlo  R.  Da- 
ti.  Vol.  1.— A.L.  1. 

DAVANZATI  —  Opere  di  Bernardo 
Davanzali  Bostichi.  Vol.  1.  —  A.  L.  L 

FATTI  (i)  DI  ENEA,  estratli  dalla 
Eneide  di  Virgilio  e  ridotti  in  vulgare 


ANNUNZII  BIBLIOGRAFICI  1TALIANI 


da  Frate  Guido  da  Pisa ,  con  annota- 
zioni  di  B.  Puoti.  Vol.  1.— A.  L.  1. 

FIORETTi  (i)  di  S.  Francesco  del  P. 
A.  Cesari  del  1822.  Vol.  1.  —  A.L.  1. 

FIRENZUOLA  —  Prose  scelte  di  A- 
gnolo  Firenzuola  ad  uso  della  gioven- 
tii.  Vol.  l.-A.L,  2. 

GIAMBULLARI—  Storia  dell'Europa 
di  M,  Pier  Francesco  Giambullari  dal- 
1'800  al  943,  ridotta  ad  uso  della  gio- 
ventu.  Vol.  1.  — A.  L.  2. 

GIORDANI  —  Prose  di  Pietro  Gior- 
dani.  Della  phi  degna  e  durevole  glo- 
ria della  piltura  e  scultura.  Vol.  1.  — 
A.  L.  1. 

GOLDSMITH -Compendio  della  Sto- 
ria greca  del  dott.  Goldsmith,  tradotto 
da  F.  Francesco  Villardi.  Vol.  1.  —  A. 
L.  1,50. 

-  Gompendio  della  Storia  romana 
del  Dr.  Goldsmith  tradotto  da  F.  Fran- 
cesco Villardi.  Vol.  1 .  —  A.L.  1, 50. 

GOZZI  —  Novelle  delConte  Gasparo 
Gozzi  veneziano.  Vol.  1.  —  A.  L.  2. 

—  L'  Osservatore  del  Gonte  Gasparo 
Gozzi.  Vol.  2.  —  A.  L.  4. 

—  Scelta  diLettere,  tratte  da  diversi 
autori  dal  Gonte  Gasparo  Gozzi  vene- 
ziano, premessivi  gli  avvertimenti  per 
imparare  a  scrivere  le  lettere.  Vol.  1. 

—  A  L.1. 

IMITAZIONE  (della)  di  Gesii  Cristo 
di  Giovanni  Gersen,  tradotta  da  Giu- 
seppe Taverna,  con  correzioni  ed  ag- 
giunte.  Vol.  1.  —A.L.I. 

—  Della  imitazione  di  Gristo,  oltre 
1'originale  in  latino,  pubblicata  nella 
versione  italiana,  francese,  tedesca. 
Vol.  1.  — A.  L.  4.      . 

MAFFEI  —  Vite  di  diciassette  Con- 
fessori  di  Cristo  del  P.  Gio.  Pietro  Maf- 
fei  della  Compagnia  di  Gesu.  Vol.  1. 

—  A.L.  3. 

-  Storia  della  Letteratura  italiana 
daH'origine  della  lingua  fino  ai  nostri 
giorni  del  Cavalier  Giuseppe  Maffei, 


compendiata  dal  Padre  Ignazio  Cutro- 
na della  C.  di  G.  Vol,  1.  —  A.L.  1. 

MANZONI  —  Ritratti  crilici  e  favole 
di  Giuseppe  Manzoni ,  aggiunti  alquan- 
ti  versi  sciolti  morali,  e  alcune  regole 
di  ben  scrivere.  Vol.  1.  —  A.  L.  1. 

MARIANI— Vita  del  Pair.  S.  Ignazio,, 
fondatore  della  Compagnia  di  Gesu, 
scritta  dal  P.  A.  Fr.  Mariani,  della  me- 
desima  Compagnia.  Vol.  1  —  A.  L.  3» 

MENGOTTI  —  Del  Commercio  dei 
Romani  dalla  prima  guerra  punica  a. 
Costantino,  ed  il  Colbertismo ;  Mcmo- 
rie  di  Francesco  Mengotti  Feltriense. 
Vol.  1.- A.L.  1. 

MONTI  —  Dialoghi  del  Cavalier  Vin- 
cenzo  Monti.  Vol.  1.  —  A.  L.  2. 

MUZZI  e  SCHMID.  —  Cento  novelle. 
di  Salvatore  Muzzi  e  cento  brevi  rac- 
conti  del  Canonico  Schmid  pei  fanciul- 
letti.Vol.  1— A.L.  1. 

NOVELLETTE  pei  fanciulli.  Vol.  L. 
—  A.  L.  1. 

NOVELLINO  (il)  ossia  cento  novelle 
antiche,  con  note.  Vol.  1  —  A.  L.  1. 

OMERO  —  Odissea  di  Omero,  tradot- 
ta da  Ippolito  Pindemonte  Veronese. 
Vol.  1.  -A.L.  2. 

—  Iliade  di  Omero  tradotta  da  Vin~ 
cenzo  Monti,  con  la  tavola  delle  cose 
piu  notabili.  Vol.  1.  —  A.  L.  2. 

OR  AZIO  —  Opere  di  Orazio  Flacco,ri- 
dotte  ad  uso  della  gioventu,  colla  ver- 
sione e  colle  note  di  Tommaso  Gar- 
gallo.  Vol.  l.-A.L.  3. 

OSSIAN  —  Le  Poesie  di  Ossian,  tra~ 
dotte  da  Melchior  Cesarotti,  con  note* 
ed  osservazioni.  Vol.  1.  —  A.  L.  3., 

PALL  A  VICING  SFORZA-  Arte  della 
perfezione  cristiana  del  Card.  Sforza 
Pallavicino,  con  discorso  sulla  vita  e 
sulle  opere  dell'autore  di  Pietro  Gior- 
dani.  Vol.1.  -A.L.  2. 

PANDOLFINI  —  Trattato  del  gover- 
no  di  famiglia  di  Agnolo  PandolfinL 
Vol.  l.-A.L.  1. 


478 


ANNUNZ1I  BIBLIOGR>FICI  ITA* IANI 


PASSAVANTI  -  Lo  specchio  della 
vera  penitenza  di  F.  lacopo  Passa- 
vanti  fiorentino  dell'Ordine  de'  Predi- 
catori,  con  annotazioni  grammaticali 
e  filosofiche.  Vol.  1.  —  A.  L.  1. 

PERTICARI  —  Opere  del  Gonte  Giulio 
Perticari  di  Pesaro.  Vol.  4. — A.  L.  4. 

PETRARCA  —  II  Canzoniere  di  Fran- 
cesco Petrarca,  con  annotazioni  di  L. 
Carrer.  Vol.  1.  — A.  L.  1.  50. 

PIXDEMOXTE  —Prose  e  poesie  cam- 
pestri  d'TppolitoPindemonte,  con  1'ag- 
giunta  del  giardino  inglese,  descritto 
dall'A.  ne'sepolcri.  Vol.  1.  —  A.  L.  I. 

PLUTARCO  —  Alcuni  opuscoli  mo- 
rali  di  Plutarco,volgarizzati  da  Mar- 
cello  Adriani  il  giovane,  con  annota- 
zioni per  uso  delta  studiosa  gioventu. 
Vol.  l.-A.  L.2. 

POESIE  scelte  italiane  di  Vincenzo 
Monti ,  Lorenzo  Mascheroni ,  Ugo  Fo- 
scolo,  Ipp.  Pindemonte,  Gio.  Forti, 
Gaspare  Gozzi ,  Giuseppe  Parini,  Ales- 
sandro  Manzoni,  Ang.  e  Gio.  Paradisi. 
Vol.  1.— A.  L.  1. 

PORZIO  —  Della  Congiura  dei  Ra- 
roni  del  Regno  di  Napoli  contra  il  Re 
Ferdinando  I,  di  Gamillo  Porzio.  Vol. 
i.  -  A.  L.  1. 

PROSE  E  POESIE  di  Italian!  Viven- 
di Vol.  •?  -  A.L.  2. 

PROSE  scelte  dalle  Vitedei  Santi 
Padri.  Vol.  1.  —  A.  L.  1. 

PUOTI  —  Regole  elementari  della 
lingua  italiana  di  Rasilio  Puoti,  colle 
annotazioni  di  Salvatore  Muzzi,  e  del 
Prof.  Dal  Rio.  Vol.  i.  -A.  L.  1. 

RED1  —  Scelta-di  lettere  familiari 
di  Francesco  Redi  aretino,  precedute 
da  un  cenno  intorno  allo  studio  della 
lingua  italiana,  di  M.  A.  P.  Vol.  1.  — 
A.  L.  1. 

SCHMID   —  Scelta  di  racconti  del 


Canonico  Cristoforo  Schmid,  adottali 
dalle  scuole  ad  uso  della  gioventu. 
Vol.  4.  -  A.  L.  4. 

SEGXERI  —  L'  incredulo  senza  scu- 
sa  del  Padre  Paolo  Segneri  della  Com- 
pagnia  d:  Gesu.  Vol.  3.  —  A.  L.  3. 

-  11  Cristiano  istruito  nella  sua 
legge.  Ragionamenti  moral!  dati  in 
luce  da  Paolo  Segneri  della  Compa- 
gnia  di  Gesu.  Vol.  3.  —  A.  L.  10. 

SECRETARIO  (il)  italiano  e  mer- 
cantile, ossia  esemplari  di  lettere  e 
risposte  sopra  ogni  sorta  di  argomen- 
ti,  e  formularii  per  suppliche,  obbli- 
gazioni,  ricevute  ecc.  Vol.  1.  —  A.L.I. 

TASSO  —La  Gerusalemme  Irberata 
di  Torquato  Tasso,  illustrata  con  note 
storiche  e  fllologiche.  Vol.  1.  —  A. 
L.  2. 

TAVERNA  —  Operette  diverse  di 
Giuseppe  Taverna  per  ammaestra- 
mento  de'fanciulli,  che  comprende  le 
prime  letture,  novelle  morali,  e  le- 
zioni  morali.  Vol.  1.  —  A.  L.  I. 

VARANO  —  Visioni  sacre  e  morali 
di  Alfonso  Varano,  con  la  vita  dell'au- 
t ore,  del  Professore  Pier  Alessandro 
Paravia.  Vol.  1.  —  A.  L.  1. 

VARCHI  —  L'Ercolano;  Dialogo  di 
Benedetto  Varchi  intorno  alia  lingua, 
e  specialmente  della  toscana  e  fio- 
rentina.  Vol.  1.  —  A.  L.  2. 

VIRGILIO  —  Eneide  di  Virgifio  Ma- 
rone,  tradotta  dal  Gommendatore  An- 
nibal  Garo.  Vol.  1.  —  A.  L.  2. 

VITTORELLI  —  Rime  edite  e  po- 
stume  di  Jacopo  Vittorelli,  con  le  no- 
tizie  sulla  vita  e  sulle  opere  dell'auto- 
re  scritte  da  Luigi  Carrer.  Vol.  1.  — 
A.  L.  1. 

ZANOTTI  —  Ragionamenti  sull'arte 
poetica  e  Filosofia  morale  di  France- 
sco M.  Zanotti.  Vol.  1.  —  A.  L.  2. 


BOONE  GIAMBATT1STA  —  Breri  Istruzioni  Famigliari,  indirizzate  alia  gioven- 
tii  di  ambo  i  sessi  per  servire  a  sacro  ritiro,  predicate  dal  Rev.  Padre  G. 
£.  Boone  della  Compagnia  di  Gesu ;  Versione  italiana  dell' Abate  Fr.Filip- 


ANWJNZII  BIBLIOGRAF1CI  ITALUNI  479 

poni,  dedicata  a  sua  Ecc.  Reverendissima  Mons.  Giovacchino  Antonielli 
Vcscovo  di  Fiesole.  Firenze,  Giorgio  Steininger,  Libraio  Editore  1857.  Un 
opufec.  in  8°  di  pag.  160. 

Queste  nitkle  e  facilissime  istruzioni  sopra  bri  chc  corupongono  la  liiblioteca  di  opere  • 

i  clifctti  ilclla  Giovcntii,  il  Mondo,  il  Ballo,  il  predicabili  original!  ,    itnlianc   c    straniere 

Teatro,  i  Cattivi  liLri,  i  Komanzi,  la  Buona  ad  uso  ds'  parrochi,  curati,   catcchisti,  pre- 

lettura,  toccano  i  punti  piii  important!  por  dieatori,  niissionarii,   direttori  di  monastori 

1'cducazione  cristiana  dei  giovanctti   d'ambo  e  «onservatorii ,  la   qualo  si  pubblica  in  Fi- 

i  sessi.  Esse  formauo  1'uno  dcgli  utilissiini  li-  renze  dallo  Steiningor. 

BROGLIE  (de)  ALBERTO  —  Delia  Religione  naturale;  Studii  del  Principe  Al- 
berto de  Broglie.  Miiano,  Tipograiia  e  Libreria  Arcivescovile,  Ditta  Boniar- 
di-Pogliani  di  Ermenegildo  Besozzi  1857.  Un  opusc.  in  8°. 

CANALI  GIUSEPPE  —  De  Laudibns  Michaelis  Vialis  Praelati  V.  E.  Ponlificis 
Maioris  Bonon. ;  Carmen  losephi  Canalii,  qui  et  in  italum  sermonem  vertit.. 
Bononiae,  ex  Typographeo  ab  Ancora.  Opusc.  in  4°. 

II  valorc  nel  poetare  latinaiuente  del  ch.  per  eleganza  c  nobilta  inferiorc  a  nessuna 
professore  Canali  ci  dispensa  da  ogni  lode  delle  altre  poesie  da  lui  infino  a  questo  giorno 
di  questo  nuovo  suo  carme,  il  quale  non  e  niesse  in  luce  con  tanto  plauso  de'  lettcrati. 

CECCARELL1  AGOST1NO  —  La  Provvidenza  Divina  in  ordine  alia  definizione 
dommatica  pel  Concepimento  Immacolato  della  Vergine ;  Ragionamenti 
dell'Arciprete  Agostino  Geccarelli.  Cesena,  Tip.  di  Costantino  Bisazio  1857. 
Un  opusc.  in  8.°  dipag.  156. 

CROLLALANZA  GIAMBATTISTA  —  L' Impero  Indo-Britannico  e  la  sua  potenza- 
militare,  del  Professor  Grollalanza  da  Fermo.  Fano  TipografiaLana  1857. 
Un  opusc.  in  8.°  di  pag.  62. 

V  indefesso   cpltivatore  di '  studii   storici,  le  stampe,dapprima  nell'  Encyclopedia  Con- 

qual  c  il  sig.    Crollalanza ,  ha  colto   questo  tempordnea  di  Fano  e  di  poi  in  un  opusco- 

tempo,  in  che  ferve  la  guerra  indiana,  per  lo  a  partc,  il  quale  e  corredato  da  una  car- 

raccogliere  le  principal!  uotizie  intorno    al-  ta  geografica  disegnata  con   sufficicnte   esat- 

1'  Impero  indo  britannieo,  e  pubblicarle  per  tezza. 

DANDOLO  TULL10  —  Romaed  i  Papi;  Studii  storici,  filosofici,  letterarii  ed 
artistici  del  C.  Tullio  Dandolo.  Miiano,  presso  Volpato  e  Comp.  editori 
1857.  Volumi  3  in  8.°  di  pagg,  496,  536,  556. 

Dei  cinque  volumi,  ondo  tutta  1'opera  sa-  annunzio  nou  serve  a  dar  ragione  dell'opera, 

ra  composta ,  questi   sono  i  primi    tre ,  nei  poiche  d'  cssa  parleremo  pbsatamente  quan- 

quali-l'indefesso  scrittore,  che  e  il  Dandolo,  do  sara  compiuta;  ma  per  farla  conoscere  co- 

fa  pruora  di  tutta  la  varicta,  la  pieta  e  la  si  in  generate  ai  nostri  lettori,  perche  sia- 

rastita   .dei    suoi    studii    storici.  II    presente  no  a  tempo  di  procacciarsela. 

DIOTALLEVI  VINC.  BASILIO  —  Epigrammata  a  Vincentio  Basilio  Diotallevi 
ex  variis  auctoribus  electa.  Romae  1857.  Ex  Typographia  lo.  Cesaretti.- 
Un  vol.  in  32.°  di  pag.  560. 

Questa.  pregevole  raccolta  dei  piii  eleganti  era,  Moralia^  Encomiastica,  Votii'a,Lugu- 

epigrammi,  scelti  presso  che  tutti  dagli  scrit-  bria,   Ludicra,  Satyrica,   Varia.    Una  tal 

tori  latini  di  questi  ultimi  tre  secoli,  c  divisa  raccolta  o  molto  utile  per  i  gioyani  special- 

in  otto  parti ,    ciascuna  delle  quail  conticoc  niente  che  si  dcdicano  allo  studio  delle  let-^ 

un  genere    particohre    di   epigramrai.    Esse  terc  latine. 
portano  i  scguenti  titoli:  Epigrammata  Sa- 


480  ANNUNZII  BIBLIOGRAFICI  1TALIANI 

D10TALLEVI YINC.  BAS'LIO  —  Le  Vite  degli  eccellenti  Generali,  dal  latino  di 
Cornelio>Tepote  recate  nella  italiana  favella  da  Vincenzo  Basilio  Diotallevi. 
Roma  1857.  Tipografia  di  Giovanni  Cesaretti.  Un  vol.  in  12.  di  pag.  158. 

POLLADOR  GIOVANNI  — Corso  di  materaatica  pura  superiore  all'elementa- 
re,  nel  qualc  sono  trattate  le  malerie  piii  importanti,  dell'  ah.  Giovanni 
Follador,  Profess'ore  emerito  di  Matematica  e  meccanica  nel  Seminario 
Vescovilo  di  Padova.  Padova,  coi  tipi  del  Seminario  1857.  Un  vol.  in  8.° 
di  pag.  444. 

II  ch.  sig.  Follaaor  s'e  propostb,  comefU  grandemente  jjiovarein  quei  collegi,  nei  qua- 

nc  principale  ilclsuo  libro,  di  facilitare  e  ac-  li  non  s'  insegna  la  matematica  a  chi  dcbba 

corciaro,  senza  dctrimento  dclla  istruzione,  lo  professarla  espressamente,  ma  sibbane  a  chi 

stutlio  delle  niaicniaticke.  Quindi  La  mante-  o  vuolc  averne  quel  tanto  di  cognizionc  che 

nuto  molta  sobrieta  nella  esposizione,  c  seel-  a  uomo   colto    s}  addice  ,  ovvcro    attingernc 

ta  ilei  teoremi,  ha  preferiti  i  metodi  piii  bre-  qucl  sufficients  a  potersi  senza  ostacolo  con- 

yi,ha  omesse  le  teoriche  piii  astratte  c  meno  sacrare  a  qualche  scienza  di  applicazione.  II 

usuali.  Con  cio  nondimeno  nulla  ha  nociuto  libro  e  dippiu  un  altro    testimonio  del  prc- 

alla  dottrina  de'  suoi  allievi,  poicke  non  ha  gio,  in  die  sono    nell'insigne   Seminario  di 

omesso  cosa  chc  loro  potessc  occorrere  nelle  PaJova  gli    studii  d'  ogni  genere,  e  del  va- 

varie  applicazioni  chc  sogliono  farsi  dclle  ma-  lore  scientifico  non  che    lettcrario  del    suoi 

temaliche    pure.    QuiniH   questo    corso   puo  chiari  Professori. 

GLXANNI  FAXTUZZI  MARCO  -  Osservazioni  Geognostiche  sul  Coloramento  di 
alcune  pielre,  e  sulla  formazione  di  un' Agata  che  si  trova  nel  Museo  Gi- 
nanni  di  Ravenna.  Anno  1857.  Ravenna,  Tipografia  del  Yen.  Seminario 
Arcivescovile  1857.  Un  opusc.  in  8°. 

—  Qsservazioni  Geologiche  sul  flume  Rubicone  del  Conte  Cavalier  Marco  Gi- 
nanni  Fantuzzi,  socio  corrispondente  dell'Accademia  della  valle  tiberina 
toscana,  e  dell'  Agraria  di  Pesaro.  Ravenna,  nella  Tipogratia  del  Yen.  Se- 
minario Arciv.  1851.  Un  opusc.  in  8°. 

GREGOR10(S.)  NAZIANZENO  —  Ammonizioni  diGregorioNazianzeno  adOliin- 
pia  sua  nipote,  tradotle  in  versiscioltidaBernarnardinoBaldi,Abbate  di 
Guastalla,  e  pubblicate  in  occasione  delle  nozze  del  Gonte  Ruggero  Bal- 
dini  colla  Contessa  Innocenza  Felici  avvenute  in  Rimini  nel  giorno  7  Gen- 
naio  1858.  Rimini,  Tip.  Malvolli  ed  Ercolani.  Opusc.  ia  4°. 

€UALCO  DOMENICO  —  La  dommatica  Defmizione  dello  Immacolato  Concepi- 
mento  della  Beata  Vergine  Maria,  Apologetico;  per  Domenico  Gualco  dot- 
tore  in  S.  Teologia  ed  in  ambe  le  leggi.  Genova,  Stabilimento  tipografico 
di  Gio.  Fassi-Como  1856.  Vol.  11°. 

Nel  vol.  IV.  dclla  HI  Scrie  della  Civilta  dal  sentimento  comune  dei  fedcli,  dalle  te- 

Caltolica  a  pag.  89;  lodammo  il  primo  vo-  stimonianze   medesime  degli  eterodossi ,  dai 

Jume  di  quest' opera,  come  dettato  in  buona  prodigi  da  Dio   operati   per  intercession  di 

lingua  e  ricco  di  sacra  erudizione  e  di  soda  Maria  Immacolata,  e  finalmcnte  dalla  ragio- 

scienza  tcologica.  Ora,  che  ci  e  vcnuto  alle  ne  teologica.  Quindi  fatta  vedere  la  possibi- 

mani  anche  il  secomlo,  dobbiamo  dire  che  gli  Hta  e  1'opportunita  dclla  deGnizione,  si  com- 

stcssi  prcgi  di  stile  1'adornano,  non  che  la  stes-  menta  il  dccreto  dommatico  di  Pio  IX,  e  si 

sa  ampiezza  e  bonta  di  dottrina.    Arrecansi  difende  dalle  ingiuriose  declamazioni  del  pre- 

in  priina  gli  argomenti  dcdotti  dall'autorita  tc  Donnetti,  c  del  prof.  Nuyts. 
«lei  Pioaiani  Pontcflci ,  dalla  sacra  Liturgia, 


ANNUNZII  BIBLIOGRAFICI  1TALIANI  481 

HURTER  FEDERICO  —  Storia  di  Papa  Innocenzo  III  e  de'  suoi  Contempora- 
nei  diFederico  Hurter,  dottore  di  Teologia,  storiografo  dell'Impero,  so- 
cio  di  varie  Accademie  e  cavaliere  di  piii  Ordini;  tradotta  dal  tedesco 
sulla  terza  edizione  rivedutaed  ampliatadeU'autoredaT.  Giuseppe  Gtie- 
mone,  Ganonico  della  Golleg.  di  Rivoli.  Milano,  coi  tipi  della  ditta  Ant. 
Arzione  e  C.  1857.  Due  Tom.  in  8."  di  pag.  XXIV,  308,  382. 

lA'TRONA  NICOLO'  —  Frasario  mercantile  poliglotto  pel  Gorrispondente  nelle 

'  lingue  italiana,  francesc,  tedesca  ed  inglese,  per  Nicol6  M.  Introna,  agente 

di  commercio,  autore  del  manuale  di  calcolazioni  mercantili,  <ed  altre 

opere  commerciali.  Trieste,  Colombo  Coen,  Editore;  Milano,  Nat.  Battez- 

zati  successore  a  Volpato  1857.  Vol.  unico  in  8.°  di  pag.  VI,  660. 

MAGRI  PETRO-MO  —  Raccolta  del  Regolamenti,  Editti  ed  Ordini  relativi  alia 
Giurisdizione  contenziosa  nelle  materie  amministrative  ,  che  si  trovano. 
in  vigore  nello  Stato  Pontificio,  cronologicamente  ordinati  dall'Avvocato 
Petronio  Magri.  Bologna,  Tipogratia  governativa  della  Volpe  e  del  Sassi 
1857.  Un  opusc.  in  8.°  di  pag.  128. 

MALACARNE  E  POLLl  —  Manuale  di  Mineralogia  ad  uso  degli  studenti  e  de- 
gli  amatori  di  questa  scienza  ,  compilato  da  Innocenzo  Dott  Malacarne 
e  P.  Polli;  illustrata  di  circa  1,00.0  incisioni.  Milano,  Editore  Natale  Bai- 
tezzati  successore  a  Volpato  1857.  Un  volume  in  8.°  di  pag.  858. 

Ci  piace  di  annunziare  con   lode   un  Ma-  Croicoliti.  Un'  appp.ndice  in    fine  di  questa 

nualc  italiano  di  Mineralogia,  il  quale  com-  -1.*  parte  contienc  cinque  capi  importanti  per 

premie  quanto  ora  in  tale  scienza  si  desidera  la  ricerca  e   le  raccolte   dci    mineral!  ,   non 

per  averne  buona   guida  agli  studios!  ed  a!  che   alia  :loro    produzione  -artificiale.    Nella 

dilettanti.  Ecco  come   gli  autori  divisano  la  seconda  parte  svolgesi  la  GEOG.^OSIA  ,   nella 

loro  opera.  Nelle  NOZIOM  PRELIMIIURI  do-  quale,  dopo  avere  csposti  i  sistemi  di  classi- 

scrivono  molto  minutamente  i   caratteri  e-  ficazione  del  Brongniart,  dell' Omalius  d'Al- 

sterni,  fisici  e  chimici  del  mineral!,  dando  loy,   del  Cordier,  dividono  le  rocce  in  vul- 

in  fine  un'idea  della  distribuzione  mctodica  caniclie   e  sedimentarie  ;    e  sotto   le  prime 

della  specie,  e  delle  classifieazioni.    Qiiindi  pongono  otto  class!  di  rocce,   e   sei  sotto  le 

entrano  nella   priraa  parte,  che  e  1'OiUTTO-  seconde.  Qui  pure  in  un'appendice  discorresi 

GNOSIA ,    dove   scguitando   la  classificazioue  di  alcune  rocce  o  non  ben  diffinite,  o  intera- 

del  Beudant  annoverano,    -1."  le  quattprdici  mente   anomale,  le  quali  male   si  aggreghe- 

faraiglie    dei  Gazoliti,  II  "  le  otto   famiglie  rebbero  a  veruno  degli  ordini    descritti  in- 

dei  Leucoliti,  III.*  le   quindici  famiglie  dei  nanzi. 

MANNO  GIUSEPPE  —  Storia  moderna  della  Sardegna  di  Giuseppe  Manno  ; 
premessovi  un  compendio  della  storia  antica  dello  stesso  autore.  Firen- 
ze,  Tip.  Felice  le  Monnier  1858.  Vol.  unico  in  12.°  di  pag.  468. 

II  chiaro  scrittore,  barone  Giuseppe  Man-  corre  fino  al  -1799.  Qucsto  compendio  ycde 

no  ,  in    mezzo    alle    gravi    fatiche  dei    supi  ora  la  prima  volta  la  luce  ,  unitamente  alia 

pubblici  uffizii,  ha  voluto   occuparsi  di  fare  Storia  moderua  cui  precede,  e  per  cui  chia- 

il  compendio  della  sua  tanto  applauilita  opera  rirc  fu  scritto.  II  Manno  e  molto  noto  per  la 

della  Storia  di  Sardegna  condotta  fino  al-  nobiltu,  1'  assennatezza ,  la  serenita  e  la  re- 

I'annoH775;  perche  potessero  cosi  con  pm  ligiosita   dello  scrivere  ;    laonde    uoi   siamo 

Lrcre  lettura,  ma  non  senza  uguale  csattczza,  dispcnsati    dall'  encomiare    una  storia       la 

intendcrsi  le  cagioni    e    le    origin!  dei  fatti  quale  in  mezzo  alb  tante    altre  cho   ora  si 

narrali  da  lui  stesso  nell'altra  opera  la  5/0-  vanno  scrivcndo  ci   sembra  piuttostu  singo- 

ri:i    moderna  di  Sardegna   che    dal  -1775  lare  che  rara. 
Serie  III,  vol.  II.                              31  13  Febbraro  1858. 


482  AXMTNZII  BIBLICGRAFICI  1TALIANI 

MARTINI  ANTONIO  — La  Santa  Messa  spiegata  da  Monsig.  Antonio  Martini 
Arciv.  di  Firenze.  Torino,  Tipografia  dir.  da  P.  De-Agoslini  1851.  Ua 
opusc.  in  16.°  di  pag.  158. 

NEMCI  LUIGI  —  La  scuola  del  Canto  Fermo  dell'Abbate  Luigi  Ncrici  Maestro 
di  musica  nel  ven.  Seminario  Arcivescovile  di  Lucca  c  Maestro  di  canto 
ecclesiastico  nel  predetto  Seminario ,  dedicata  dal  meclesimo  agli  stu- 
diosi  giovarii  ecclesiastici.  Lucca,  dalla  Tipografia  di  F.  Giusti  1857.  Ua 
vol.  in  8.°  di  pag.  256. 

E  uno  Jci  piu  belli  manuali  chc  conoscia-  con   lieve    perizia   ilel    solfeggio   ogni   dilet- 

mo  per  uso  dei  Scminarii,  ove  i  chierici  si  tante  potra  apprendervi  quanto  Lasta  a  fine 

addestrano  al  canto  fcrmo.  L'Autore  protcsta  di    concorrere    dignitosamente    alia    macsta 

con  ingcnua    modestia  avcre   scritto  unica-  delle  sacre  funzioni ;    checche  possa  csserne 

nifiitc  ad  onore  di  Dio  e  .a  benc  della  gio-1-  di  certe    sue    opinion!  ,    intorno  alle    quali 

vt'iitii :    e   che  cotesta  protesta  sia  verita  lo  regna  tra  i  maestri  qualche  disparere,  come 

dimostru   lo  scrivere    senza    pretensione  al-  p.  e.  la  costante  uniformita  delle  note  e  del 

cuna  ,    intessendo  quasi  tutta  V  opera  delle  ritrao,  di  che  altrove  parlammo.   Per  compi- 

citazioni  di  qucgli  autori  ,   di  cui  si  serve,  mento  di   questo    bel  trattato   1'Autore    ag- 

senza  volere    sfoggiare,  come  molti  pur  so-  giunge  sei  lezioni  ad  indirizzo  degli  organisti 

gliono,  in   erudizioui  pcllegrine  intorno  alia  che    debbono  coll'  organo    aceompagnarsi   o 

musica  greca  ,   ai  aflumi  gregoriani  e  simili  rispondere  al  canto  fermo  ;  lezioni  degnissi  - 

notizie  recondite  chc  nulla  scrvono  alia  pra-  me  d'  essere  conoschite  da  quegli    organisti 

tica.  11  ch.  Maestro  rserici  all'  opposto  tutto  veramente  pii,    che    1'  organo    suonano   non 

sta  nel  condurre   al  pratico  ,  per  modo  che  per  mestierc  ma  per  ispirito  di  religione. 

OZANAM  —  La  Civilta  nel  quinto  Secolo;  Introduzione  ad  una  storia  della 
civilta  nei  tempi  barbari,  seguita  da  un  Saggio  intorno  al  secolo  d'ltalia 
dal  V  al  XIII  secolo,  per  A-  F.  Ozanam,  Professore  di  letteratura  stra- 
niera  nella  facolta  delle  lettere  di  Parigi.  Milano,  dallo  stabilimento  li- 
braio  di  Natale  Battczzati  1857.  2.  Vol.  in  12.° 

PURGOTTI  SEBASTIANO  —  Trattato  elementare  di  Chimiea,  applicata  special  - 
meiite  alia  medicina  e  all'  agricoltura,  di  Sebastiano  Purgotli.  Chimica 
inorganica :  Metalli.  Perugia ,  Tipografia  di  Vincenzo  Bartdli  1855.  To- 
mo  II.°in8.°  di  pag.  504. 

Piu  di  tlue   anni  gia  scorsero  da  che  noi  talli  distribuiti  in  sei  gruppi  o  sczioni ,  sc- 

facemmo  conoscere  il  primo  Yohmie  di  que-  condo  la  loro  affinita  per  Possigcao,  comin- 

sto  trattato  elementare  del  Purgotti  (Cirilta  ciando  da  quelli  chc  piu    agcvolmente  vi  si 

Cattolica  II  Serie,  vol.  XII,  pag.  -127).  II  combiaano.  II    sccondo   libro   puo   dividersi 

secondo  volume  chc  ora  annunziamo  corri-  in  cinque  parti-  dei  metalli  cioe  in  genera- 

sponde   pienamcnte  ai  pregi   del  primo :  lo  le,  degli  ossidi  metallici,  dei  solfuri  metal- 

stesso  ordine,  la  stessa  abbondanza  di  mate-  iici,  dei  cloruri  metallici,  e  inline  dei  sali 

lie    lo  stesso  metodo,  la  stessa  chiarezza  di  melallici.    Questo  trattato,  fra  i  pochi   che 

esposizione.  Esso  divi.lcsi  in  due  libri ,  nel  ne  abbiamo  in  Italia,  pregevolissimo,  reggfr 

primo   doi   quali    parlasi  in  particolare    dei  benu  al  paragone  di   molti    altri    forestieri  , 

metalli  e  dei  loro  principal!  composti,  e  nel  che  pure  sono  pregiati  fra  noi,  e  letti  nelle 

secondo    trattasi   dcg'i  uni  e  degli  altri  piu  loro  version!. 
in  gcncrale.  Nel  primo  libro  vengono  i  me- 

R1GCI  MAURO  —  La  Fede  Cattolica  difesa  dal  Martire  S.  Sebasliano;  Orazio- 
ne  panegirica  delta  da  Mauro  Ricci  delle  scuole  pie,  il  giorno  ventesimo 
di  Gennaio  dell'anno  1858,  nella  solennita  cetebrata  in  Firenze  dalla  Ye- 


ANNUNZII  BIBLIOGRAFICI  ITALIANI  483 

nerabile  Arciconfraternita  dell  a  Misericordia.  Firenze  ,  nolla  Tipografia 
Calasanziana.  Un  opusc.  in  4.°  di  pag.  94. 

Nel  dedicarc  questa  orazione  all'  Emo  Car-  pi  da  nuovi  sofisti.  Per  oltenero  una  si  va- 

dinalc  Corsi ,  1' Autorc  dichiara   clie  1' ora-  sta  comprensione  di  soggetto,  1' oratore  si  e 

zione  rccitata  in  fatto  non  pott*  essere  si  Inn-  collocate  in  un  pnnto  niolto  «lcvato;  dal  <jna- 

ga,  com' e  la  stampata  5  e  poichc  fu  recita-  le  rinsc'i  a  scorgerli  tntti  con  uno  sguardo:  la 

ta  in  sacra  solennita,  essa  probabilmente  fu  fcde  eattolica  difesa  dal  Martire  S.  Sebastia- 

piu  parca  di  storia   profana,     e    di  rimandi  no  in  Roma  col   sangue  da   lui    versato ,  in 

purainentc  scientifici  o  civili.  Nello  stampar-  Firenze  colle  opere  di  carita  da  lui  ispirate. 

la  non  era  necessario  questo  riserbo,  e  pero  Lo  stile  copioso  e   vibrato  ,  la  varia    erudi- 

1'Autore,  oltra  a  far  conoscere  ai  suoi  lettori  zione  dimostrata  nelle  allusioni  del  discorso, 

quante    notizie  le  stone  ci  tramaudano    del  e     nelle  ducoutosei   note    ond'  e    cprredato , 

glorioso  Martire  S.  Scbastiano,  ha  voluto  con  lo  zelo   vivo  die  trascorre  da  per  tutto  a  di- 

non  piccola  pruova   d'  ingegno  intrecciarle  fesa  della  Religione    eattolica  ,    faranno  co- 

colle  niemorie  piu  vive  della  storia  fiorenti-  gliore  al  P.  Ricci  non  solo  il  fjutto  spiritua- 

na,  colle  lodi  tanto  meritate  della  fraterni-  le  delle  animc  da  lui  desiderate,  ma  altresi 

ta  dalla  Misericordia  e  colla  difesa  della  re-  il  vanto  letterario  di  vivace  scrittore. 
ligione  cattolica,  combattuta  nei  nostri  tem- 

ROSSI  GIACOMO  —  Gompendio  di  Storia  Universale;  Parte  Prima.  Storia  An- 
tica  esposta  a  tenore  del  programma  dal  Ministero  della  pubblica  istru- 
zione  con  decreto  del  4  Settembre  1855,  prescritto  per  le  Glassi  di  l.6e 
2.a  Glasse  Retorica  dal  P.  Giacomo  Rossi  Professore  emerito  di  Geogra- 
fia  e  Storia.  Torino,  dalla  Tipografia  dei  Fratelli  Fodratti  1857.  Un  Vol. 
in  8.°  di  pag.  332. 

Somma  parslmonia  di  parole,  molta   jjiu-  1'  impero   di   Costantino.    L'  orJine    segulto 

-stezza  di  sentenze,  buona  scelta  di  fatti ,  e  e  quello  dato  nel  programma  del  Ministero, 

sufficients  critica  sono  i  pregi   che  rendono  sebbene  alcuna  volta  modificato  dall'Autore 

commendevole  questa  prima  parte,  la   quale  per  piu  chiara    disposizione  e  colleganza  di 

dalla  creazione  del  mondo  si  stende  fino  al-  fatti. 

ROSSI  GIUSEPPE  —  Vieni  meco,  ossia  il  Maestro  che  indirizza  i  suoi  scolari 
all'assistenza  delle  sacre  funzioni  secondo  i  dneriti,  Ambrosiano  e  Ro- 
mano, ed  alle  altre  pratiche  di  pieta.  Operetta  compilata  dal  sacerdote 
Giuseppe  Rossi,  Goadiutore  di  Lasnigo  in  Valassina.  Milano,  Tipografia  e 
Galcografia  di  A.  Fanaboni  1857.  Opusc.  in  16.°  di  pag.  398. 

RUGGERI  GAMILLO  —  De  Cathedra  Romana  B.  Petri  Principis  Apostolormn; 
Oratio  habita  in- Basilica  Vaticana  XV  Kalend.  Februar.  1858  a  Camillo 
Ruggeri  Patricio  bononiensi,  iuris  utriusque  Doctore,  ex  Pontificia  Acade- 
mia  Nobilium  Ecclesiasticorum..  Romae,  ex  Typographia  Bernardi  Mv- 
rini.  Un  opusc.  in  4°. 

SCA^DELLA  GAETANO  —  Commedia  e  dialoghiper  Collegi,  Oratorii  e  Scuole 
di  giovinetti  e  fanciulle  del  sacerdote  Gaetano  Scandella  professore  nell'I. 
R.  Ginnasio  liceale  di  Brescia,  Tip.  Vesco vile  del  Pio  Istituto  dei  fujli  di 
Maria  in  S.  Barnaba  1857.  Tre  Fascic.  in  8°. 

La  raccolta  de'  componimenti  drammatici  metti.  Saranno  otto  i  fascicoli  della  raccolta, 

acconci  ai  Collegi  ,d;  educazione  pei  giova-  i  quali  vendonsi  separatamente  al  prezzo  di 

netti,  vien  pubblicandosi  a  fascicoli,  ciascu-  A.  L.  0,  60  ciascuno:  ovvero  A.  L.  4.  chi 

no  dei  quali  conterrii  due  commedie  ed  una  li  compera  tutti.  Lo  Scandella  coraponendo- 

farsa,  ovvero  dieci  dialoghi  o  piccoli  dram-  li ,   e  il  si  Jbenemerito  Istituto  dei  figli  di 


484 


ANNUXZII  BIBLIOGRAFICI  ITAL1ANI 


Maria  sfampandoli  fanno  un  servigio  a  quei  giovanetti  ncl  declamare,  cerransi  con  prc-mn- 
tanti  collegi  d'  educazione,  dai  quali.volen-  ra  quei  dramnii  scritti  a  tal  fine  con  qualche 
dovisi  o  ricreare  innocentemente  o  istruire  i  grazia,  e  con  tutta  la  purezza  della  morale. 

—  Vita  di  Gabrio  Maria  Nava  Vescovo  di  Brescia,  scritta  dal  Sacerdote  Prof. 
Gaetano  Scandella.  Brescia,  Tip.  Yescovile  del  Pio  Istiluto  dei  figli  di  Ma- 
ria in  S.  Barnaba  1857.  Vol.  unico  in  8°  di  pag.  XI,  590. 

fl  piissimo  e  caritatevole  Cansnico  Loi'.o-  spirito  del  Pavoni  ,  ora    defunto,   continua- 

yico  Pavoni  di  s.  mem.,  eonsecro  tutta  la  sua  trice  delle  sue  opere,  emulatrice    delle  sue 

yita  a  raccogHere  ,    nutricare  ,  allevare  ,   i-  virtu.  Questa  Congregazione,  volendo  rende- 

struire  i  fanciulli  orfani  ed  abbandonati  af-  re    ua  omaggio  di  gratitudinc  alia  memoria 

fine  di  formarne  uoinini  utili  alia  societa,  e  di  Monsignor  Nara  ,  Vescovo  di  Brescia  ,  il 

qnel  che  piu  importa,  cristiani  feryorosi  alia  protettore,  51  sostegno,  1'aiuto  del  Pavoni  c 

Chiesa.  Alia  qua!e  opera  ,  piena  di  fatiche,  de'le  opere    di    carita  da  questo    promosse  , 

di  pene,  di  difficolta,  aggiunse  altresi  1'altra  ne  ha  stampate  coi  tipi  della  propria   stam- 

non    meiio    ardua    dell'  istruzione    dei   sordi  peria  la  vita,  minutamente  e  diligentcmente 

muti,ponendo  cosi  sotto  le  sue  cure  in  un  descritta  dallo  Scandella.  Essa  e  importante' 

sol    vincolo    di    cristiana    paternita    tutti    i  non    solo  come  biografia  ,    ma  altresi  come 

fanciulli   piu    bisognosi    di    soccorso    e    di  Storia:    poiche   i    tempi  vivuti  dal  Nava,  i 

educazione.  A  perpetuarc  poi  tale  opera  rac-  suoi  carichi,  le  sue.  cure  pastoral!  obbligatio 

colse  intorno  a  sc  compagni  informati  della  il  narratore  a  cntrare  nel  racconto  di  molte 

medcsima  carita,  e  nel  48S7  inizio  la  Con  -  vicende  della  rivoluzione   franccsc,  del  re- 

gregazione   dei  Figli   di   Maria  ,  erode  dello  gno  italico,  e  dell'impero  napoleonico. 

SCOLARI  FILIPPO  —  Della  Fondazione  in  Possagno  di  una  Gasa  ai  Chierici 
Secolari  delle  scnole  di  Carita;  Letlera  all'  illustre  e  nobile  sig.  Gav.  Gae- 
tano Moroni  a  Roma.  Venezia,  Tipogratia  di  L-  Gaspari  1857. 

SGOTT1  ANGELO  ANTONIO  —  Meditazioni  ad  uso  del  Glero  per  tutti  i  giorni 
dell'anno,  tratte  daiVangeli  delle  domeoiche,di  Monsignor  Angelo  Antonio 
Scotti.  Milano,  Editors  Natale  Battezzati,  successors  allo  Stabilimento 
Volpato  1858.  2  Vol.  in  8°  di  pag.  XIII,  720. 

TESORO  DI  SER  BRUNETTO  LATIM  —  II  libro  primo  volgare  del  Tesoro  di 
Ser  Brunette  Latini,  recato  alia  sua  vera  lezione  da  Barlolomeo  Sorio. 
L'n  vol.  in  4°. 

Qnesto   vcro  tesoro  dell'  anlica  sapienza  ,  a  rendere  la  yera   lezione  dove   ricorrcre  a 

rtmaso  infino    ad  ora  scorrettissimo  nel  suo  quei  testi    latini    o  greci    cbe  Scr  Drunott  > 

testo  toscano,  e  si  lungamente  desiderate  di  riporto  nel    suo  libro  ,    e    colla    scorta    dei 

vederlo  ridotto  a  convenevole  lezione,  com-  quali  si  giugne  a  scerre   tra  le  varianti  dei 

parisce  ora  emendate,  mercc  le  cure  amore-  copisti  francesi  ,    e  degli    editori  italiani  la 

voli  e  assennate  di    quei   chiarissimo  lette-  vera  lezione.  Questa,  frutto  di  fine  discerni- 

rato  ,  che  e  il  P.  Sorio.  Egli ,    piu  fortunato  mento   c   di  lunghe  fatiche  ,  viene  ora   alia 

delNannueci,  pole  consultare,  oltra  le  stam-  luce  in  una  magnifica    stampa,  arricchendo 

pe  fattesi     anche  un  codice  assai  pregevole  la   nostra  lingua    di  qnella  dovizia  di  modi 

ai   tempi   medesimi   del  Latini  scritto  nella  atti  alle  idee  morali,  onde  il  Tesoro  e  pie- 

originale  lingua  francese  ,    appartenentc  .al  no,   e  facendoci  conoscere  qual  fosse  la  col- 

Capitolo  canonicale  di  Verona  per  dono  del  tura  scientifica  e  letteraria,    potremmo  dire 

March.  Scip.  Maffei.  Ma  cio  non  gli  basto  :  1'  cnciclopedia,  del  secolo  decimolerzo. 

TORCELLI  LUIGI  ANGIOLO  — 11  Mese  della  Immacolata  per  P.  Luigi  Angiolo 
Torcelli  Lettore  Domenicano.  Firenze,  Tipografla  Barbera,  Bianchi  e  C. 
1857.  Un  opusc.  in  16.°  di  pag.  176. 


CONTEMPORANEA 


JRoma  13  Fcbbraio  1858, 


COSE  ITALIANS. 

STATI  PONTIFICH.  1.  Prospetto  deUraffico  nel  1856  —  2.  Beneficenza  del  S.  Pa- 
dre —  3.  Morte  del  Card.  Fieschi. —  4.  Melodramma  nell'  Ospizio  Apostoli- 
co  di  S.  Michele. 

1.  In  sul  chiudersi  dell' anno  1857  venne  pubblicato  il  Prospetto  delle 
tnerci  introdotte  ed  estratte  per  gli  Uffici.Dogqnali  dello  Stato  Pontificio 
nel  1856.  Questo  documento  riesce  molto  utile  per  far  comprendere  dall'una 
parte  come  il  commercio  cogli  Stati  esterni  ogni  giorno  piu  s'  aumenti,  e 
come  dall'  altra  1'  Amministrazione  delle  Pontificie  Dogane  ottenga  sempre 
migliori  effetti.  Una  breve  occhiata  alle  principal!  cifre  di  questo  lungo  pro- 
spetto  bastera  a  convincerne  de'  due  anzi  detti  miglioramenti. 

Poniamo  per  base  il  presente  specchietto,  nelquale  vedesi  inprimo  luc- 
goil  risultamento  medio  ottenuto  annualmente  lungo  il  quinquennio  decor- 
so  dal  1850  iino  al  1854;  quindi  le  cifre  proprie  del  1855  e  finalmenta 
quelle  del  1856. 


ANN'I 

VALORI  DELLE 

Parziali               | 

1 

MERCI 
Collettivi 

PRODOTTO 
DELLE  DOGANE 

Media 

1850-54 

Introdotte  sc. 
Estralte  .  .  » 

11,254,798  1 
9,001,017  } 

20,255,815 

1,712,275 

1855 

Introdotte  sc. 
Estratte  .  .  » 

9,797,822  ) 
9,685,282  j 

19,483,105 

1,992,053 

- 

1856 

Introdotte  sc. 
Estralte  .  .  » 

12,627,332  ) 
11,625,354.  / 

24,252,786 

2,279,546 

486 


CIIONACA 


Guardisi  il  terzo  colonnino  dove  sono  segnati  i  valori  collettivi  dclle  mere! 
si  introdotte  e  si  estratte.  Yedesi  che  nel  1856  fuv  ;i  un  aumento  di  traffico 
di  poco  meoo  che  cinque  milioni  di  scudi,  a  risguardo  del  1855,  e  di  quat- 
tro  milioai  a  risguardo  deila  cifra  media  del  quinquennio.  >Tell' ultimo  co- 
lonnino osservasi  il  crescere  progressive  negli  introiti  delle  Dogane:  uel 
1855  crebbero  di  presso  -780,000  tcudi  sovra  gii  anni  precedent!;  nel  1856 
1' aumento  e  di  cir.,d  477,000  scudi  sovra  gl'introiii  gia  cresciuti  dell'  anno 
innanzi.  Debbonsi  al  certo  tali  aume^ti  atlfibuire  al  migliore  ordinamento 
deirAmministrazione  Doganale,  ed  al  freno  impostoal  contrabando,  soprat- 
tutto  per  le  riforme  dei  dazii  decretate  colle  leggi  del  1.°  Giugno  1855,e 
7  Maggio  1856:  ed  in  effetto  a  queste  cause  arrecale  altresi  il  Tesoriere  ge- 
nerale  Minislro  delle  Finanze  nel  ragionamento  che  segue  il  Prospetto.  Ma 
non  puossi  negare  che  vi  dovesse  eziandio  influire  1'  aumeniato  traffico  sic- 
come  causa  se  non  principale,  almeno  molto  efGcace. 

Dividiamo  ora  quei  valori  collettivi  nelle  quattro  priacipali  specie  onde 
essi  compongonsi  affine  di  ricavarne  qualche  considerazione  utile  a  chi  stu- 
dia  le  condizioni  dello  Stato  Pontificio.  Eccone  adunque  il  compendio 


VALORI  DE 
Inlrodotte 

LLE  MERCI 

Estratte 

SostanzR  animali  sc. 

1    317    106 

1     96°    689 

2    967'  795 

6    545  '  405 

Sostanzv  mincrdli    » 

692  '  8C>3 

360  '540 

Manifatture  «....» 

7    649'  706 

2    756'  719 

TOTALE 

12  ,  627  ,  433 

11,  625,  354 

La  primacosache  si  osserva  inquesto  sunto  si  6  la  prevalenza  dell'Intro- 
duzione  dovuta  certamente  alle  manifatture  straniere;  e  in  tanto  soloristretia 
a  quasi  un  milione ,  in  quanto  i  prodotti  campestri  spediti  al  di  fuori  rag- 
giunsero  si  alto  valore.  Questa  preponderanza  d'introduzione  scemera  un 
giorno  e  forse  disparira  del  tutto  quando  gli  Opificii  d'  ogni  sorta  aperdsi 
nello  Stato  prenderanno  lutto  il  loro  svolgimento ,  e  sovratutto  quando  le 
bonificazioni  dei  terreni  incolti,  gli  studii,  le  cure  e  i  capital!  dei  privati,  e 
la  sollecitudine  del  Governo  promoveranno  ancora  meglio  i  prodotti  delle 
nostre  campagne.  Conciossiach6  la  condizione  propria  si  del  nostro  suolo, 
si  delle  nostre  tradizioni  e  costumanze,  se  non  ci  consente  d'inviare  lungi 
da  no-  i  lavori  artificiati  nelle  nostre  oflicine,  eccetto  che  alcuni  appartenenti 
alle  arti  pin  nobili;  ci  pu6  fornire  per6  cosi  copiosamente  i  prodotti  agresti 
d'ogni  guisa,  che  una  gran  parte  ne  sovrabbonderi  pel  traffico  esteriore,  e  ci 
pu6  venire  diminuendo  in  gran  parte  il  bisogno  di  provvedere  alle  necessila 
proprie  colle  manifatture  di  paesi  lontani.  In  unaparola  rindustria  interna 
pu6  per  una  parte  almeno  emanciparci  dalle  manifatture  forestiere :  e  1'agri- 
collora  pu6  darci  un  ricchissimo  traffico  attivo.  Ed  in  effetto  do  si  scorge 
chiaro  nell'  esaminare  alcuni  dei  valori  segnati  nell'epilogo  precedente.  Se 


CONTEMPORANEA  487 

per  le  sostanze  animali  1'  estrazione  supera  1'introduzione,  e  sovratutto  la 
Pastorizia  che  produce  un  tale  effetto;  poicbe  di  quadruped!  d'ogni  noine  e 
specialmente  del  Bestiame  boviuo  e  porcino  furono  estratti  tanti  capi  da 
formar  la  somma  di  presso  a  950,000  scudi ,  e  delle  Lane ,  particolarmenle 
della  greggia  da  lavoro,  uscirono  dallo  Stato  un  presso  a  due  milioni  e  mezzo 
di  libbre  valutate  per  circa  scudi  482,000.  Migliorata  adunque  la  cultura 
degli  animali,  lo  spaccio  sara  maggiore,  perche  la  richiesta  che  se  ne  fa  dal 
di  fuori  e  sempre  crescente,  non  ostante  il  sempre  aumentare  che  fa  nello 
Stato  stesso  Fuso  della  vaccina  nel  vilto  giornaliero  del  popolo.  Cos!  ezian- 
dio  nelle  sostanze  vegetal!  F  eccesso  della  estrazione  assai  notevole,  perche 
maggiore  di  tre  milioni  e  mezzo  di  scudi,  dimostra  tulto  il  pro  che  lo  Stato 
Pontiticio  pu6  trarre  dalle  sue  campagne  per  equilibrare  1'  uscita  delle  merci 
coll'entrata.  In  questaparte  1'Annona  e  le  Biade  trasportate  fuori  dello  Stato 
oltrepassano  i  due  milioni  e  mezzo  di  scudi,  e  le  piante  tigliose  e  h'labili, 
quale  e  specialmente  la  Canapa,  vendute  fuori  dello  Stato  di  poco  non  giun- 
sero  ai  tre  milioni  ed  un  quarto  di  scudi.  In  quanto  alle  manifatturc  la 
prevalent  delle  in trodotte  e,  dicemmo,  soprammodo  importante,  cagione 
principale  dell'  eccedere  che  fa  1'introduzione.  Vi  sono  pero  alcune  di  que* 
ste,  le  quali  lavorandosi  fra  noi  hanno  gran  pregio  al  di  fuori ,  e  possono 
aumentare  ancora  I'industria  e  la  ricchezza  dello  Stato;  ma  esse  apparten- 
gono  a  certe  particolarila  della  coltura  agreste,  e  per6  sopra  essa  intera- 
mente  si  fondano.  Gosi  p.  e.  I'allevamenlo  dei  Filugelli  oltre  i  bozzoli  invia 
al  di  fuori  un  milione  e  un  quarto  di  scudi  in  iilati  di  Seta:  e  la  coltiva- 
zione  della  Canapa  e  del  Lino  spedisce  tra  fllati,  tessuti  e  cordami  un  presso 
a  400,000  scudi.  Le  nostre  campagne  adunque  sono  la  vera  nostra  ricchez- 
za, e  pero  debbono  essere  la  principale  nostra  sollecitudine:  le  rnanifatture 
ei  debbono  porre  in  grado  di  bastare  a  noi  stessi  negli  ordinarii  bisogni 
della  vita.  Trascurare  i  campi  per  eccedere  nelle  officine  non  sembra  che 
siane  il  pro  ne  il  dovere  di  chi  o  guida  o  esercila  il  traffico  nei  nostri  Stati. 
2.  Nel  rione  di  Trastevere  si  era  da  qualche  tempo  cominciata  una  fab- 
brica  assai  spaziosa  coll'  intendimento  di  fornire  abitazioni  a  buon  merca- 
to  a  persone  povere.  Ma  per  varii  motivi  lacosa  procedeva  molto  a  rilento, 
si  che  appeua  erano  sorte  dai  fondamenli  le  mura  di  cinta.  11  che  conoscen- 
do  la  Santila  di  N.  S.  fece  acquisto ,  col  suo  privato  peculio,  dell'  intera 
area,  ordinando  che  il  lavoro  si  proseguisse  a  sue  spese.  Compito  questo  in 
parte,  il  S.  P.  con  suo  Breve  degli  11  Gennaio  dispose  die  la  fabbrica  fi- 
nora  compiuta  el' intera  area  acquistata  fossero  date  in  proprieta  all'Ar- 
ciospedale  di  S.  Giovanni  in  Laterano,  alTmche  colle  pigioni  che  se  ne  ri- 
trarranno  (pigioni  che  dovranno  sempre  essere  modicissime  a  favore  dei 
poveri)  si  mantengano  nel  detto  ospedale  parecchie  povere  donne  colpite 
da  malattie  croniche.  L'esecuzione  di  si  bell'opera  e  affidata  all' Em.  Card. 
Vicario  di  S.  S.  La  scelta  delle  povere  doune,  da  mantenersi  gratuitamente 
nell'  ospedale,  dee  essere  fatta  per  turno  nelle  varie  Parrocchie  di  Roma  se- 
eondo  uno  speciale  regolamento  approvato  dal  S.  P.  Gosi  la  S.  S.  ottenne 
il  doppio  scapo  di  foroire  a  modico  prezzo  1'  abitazione  alle  famiglie  dei 
poveri,  e  di  dare  uno  stabile  ricovero  a  povere  ammalate  nell'ospedale  di 
S.  Giovanni  Laterano, 


188  CRONACA. 

Le  mura  di  Citerna ,  Comune  presso  Citta  di  Castello  sul  confine  tosea- 
no,  minacciavano  ruina;  di  die  quegli  abitanti  erano  costernati,  giacche  so- 
pra  quelle  mura  poggia  una  gran  parte  degli  edifizi.  Ma  il  disastro  immi- 
nente  essendo  slato  fatto  noto  alia  Santita  di  Nostro  Signore,  essa  voile  subito 
provvedervi  con  abbondante  soccorso.  Del  resto  la  S.  S.  sta  dando  cotidiane 
prove  di  sua  caritatevole  sollecitudine,  non  solo  per  ogni  sortad'infelici  nel 
suo  Stato,  ma  in  tutta  la  Chiesa  di  cui  e  Capo.  Ogni  giorno  i  fogli  ci  recano 
notizie  di  abbondanti  soccorsi  largiti  dal  S.  Padre  in  ogni  parte  del  mondo, 
dovunque  im  qaalche  disastro  viene  a  colpire  le  citta.  o  le  province. 

3.  La  mattina  del  giorno  6  di  Febbraio,  dopo  pochi  giorni  di  malaltia, 
pass6  a  migiior  vita,  munito  de'  contbrti  di  nostra  santa  religione,  il  Cardi- 
nale  Adriano  Fieschi,  gran  Priore  Commendatario  in  Roma  del  sacro  Ordine 
militare  gerosolimitano.  Nacque  in  Geneva  dalla  si  illustre  Casa  dei  Fieschi 
nel  1788 ;  e  fu  pubblicato  Cardinale  nel  Concistoro  dei  13  Settembre  dd  1838. 
Col  Gardinale  Adriano  si  estingue  la  linea  mascolina  della  famiglia  Fie- 
schi, Conti  di  Lavagna,  cbe  diede  all'  Italia  uomini  illustri  nelle  armi  e  nel- 
la  politica,  ed  alia  Chiesa  Sanli  Porporati  e  due  Sommi  Pontefici,  Adriano  V 
ed  il  grande  Innocenzo  IV. 

4.  Tra  le  svariate  guise  di  divertimenti  colle  quali,  nei  giorni  del  Carne- 
vale,  i  direttori  dei  varii  istituti  di  educazione  di  Roma  attendononon  me- 
no  a  ricreare  cbe  a  sempre  meglio  educare  i  giovani  loro  affidati,  non  vo- 
gliamo  passare  sotto  silenzio  il  Melodramma  rappresentalo  piu  volte  nei  cor- 
renti  giorui  del  Garnevale  nell'Ospizio  Apostolico  di  S.  Michele,  a  cui  sopra- 
intende  con  tanto  amore  e  buon  successo  1'  Em.  Cardinal  Tosti.  II  libretto, 
pubblicato  per  le  stampe  dell'  Ospizio,  ha  per  soggetto:  L'ullimo  giorno  di 
ikrusalemme ,  ed  e  lavoro  di  Leopoldo  Farnese.  La  musica  e  del  Mae- 
stro Ludovico  Lucchesi,  direttore  nell'Ospizio  della  scuola  di  canto.  I  can- 
tori  erano  tutti  alunni  della  scuola  di  canto  dello  stesso  Ospizio  Apostolico. 
Kssi  seppero  dare  al  gran  numero  delle  persone  invitate  dall'  Em.  Porpora- 
-to  chiarissinaa  testimoniaaza  del  loro  profitto  non  meno  che  della  valentia 
del  Maestro  compositore. 

STATI  SARDI  (Nostra  corrispondenza]  \.  Sospensione  dei  lavori  parlamentari  — 
2.  L'  Incliiesta  —  3.  il  Marcbese  Birago  —  4.  Lettera  del  Vescovo  d'  Ivrea  al 
Conte  di  Cavour  —  S,  Processi  di  stampa  —  6.  Processo  contro  i  congiu- 
rati  di  Genova. 

1.  Da  quindici  giorni  la  nostra  Camera  ha  sospese  le  sue  tornate;  del  quale 
caso  insolito  si  danno  parecchie  ragioni,  che  io  vi  accenner6  brevemente.  Si 
dice  in  primo  luogo  che  il  Coute  di  Cavour,  dcvendo  esporre  a'  Deputati  la 
sua  politica  interim  ed  esterna,  non  reputa  opportuni  simili  parlari  ora  che 
la  Francia,  pergli  avvenimenti  del  14  diGenuaio,  sla  cogli  occhi  spalancati 
sopra  il  Piemonte.  Inoltre,  essendovi  parecchie  elezioni  da  fare,  1'esposizione 
franca  della  politica  ministeriale  potrebbe  recar  nocumento,  e  togUere  i  voti 
o  dell'una  parte  o  dell'altra  ai  candidati  del  Governo.  In  terzo  luogo  si  dice  ] 
che  molti  collegi  trovandosi  vacanti ,  molte  elezioni  sospese,  parecchi  Depu- 
A 


COIfTEMPORANEA  489 

tali  in  congedo,  altri  gia  annoiati  delle  occupazioni  parlamentari,  v'cra  da 
temere  che  la  Camera  convocata  non  rispondesse  all'invito,  ccosi  potesse 
avvenirne  scandalo  e  delrimento  alle  istituzioni.  Inoltre  si  aggiunge  che  le 
discussion!  del  Parlamento,  dando  sempre  luogo  ad  agitazione  interna,  e 
ne'  tempi  present!  essendo  necessaria  la  tranquillita  e  la  pace,  si  ripul6  che 
1'esempio  del  silenzio  dovesse  partire  dai  Poteri  dello  State.  Inline  trovan- 
dosi  Ira  i  Deputati  alcuni  imprudenti,  che  amano  di  sfringuellare ,  potea 
da'rsi  che  movessero  interpellanze  e  uscissero  in  propositi  sconsigliati.  Una 
sola  di  queste  cinque  ragioni  sarebbe  stata  sufliciente  per  consigliare  la 
sospensione  delle  tornate  della  Camera. 

2.  Sette  tra  i  Membri  della  Camera  sono  fuori  di  Torino  per  1'inchiesta 
parlamentare.  Gia  vi  scrissi  che  essendosi  falte  proteste  contro  parecchie 
elezioni  che  pretendevansi  viziate  o  per  corruzione,  o  per  ci6  che  chiamano 
pressione  morale,  venne  deliberata  nn'inchiesta  per  conoscere  la  verita  di 
tali  accuse.  La  giunta  iucaricata  di  ci6  si  compone  di  selte  depulati,  due 
soli  de'  quali  sono  conservator! ,  tra  i  quali  e  il  celebre  Conte  della  Motla 
notissimo  ai  vostri  lettori.  Partirono  da  Torino  il  3  di  Febbraio  con  grande 
apparato  di  carrozze,  staffieri  e  carabinieri ,  preceduti  da  una  circolare  del 
Ministero  deU'interno  che  invitava  le  autorita  locali  ariceverli  con  quel  ri- 
spetto  e  festa  che  meritavano  i  rappresenlanti  del  popolo.  Ottenne  le  primi- 
zie  deirinchiesta  1'esimio  Marchese  Birago,  deputalo  di  Strambino  e  di- 
rettore  deH'Jrraoma.  Contro  1'elezione  di  questo  illustre  patrizio  scalenossi 
di  preferenza  la  parte  libertina;  permettetemi  perc!6  di  contarvi  in  breve  la 
storia  di  questa  guerra  cosi  vergognosa  per  chi  la  mosse  e  tanto  onorevole 
per  chi  la  sostiene. 

3.  Fin  dal  ISiS  il  Marchese  Birago  conobbe  e  combatte  con  coraggio  la  ri- 
voluzione,  impiegando  perci6  il  suo  ingegno,  la  sua  influenza  e  il  suo  dena- 
ro.  Gontribui  alia  fondazione  di  parecchi  giornali  conservatori,  tra  i  quali  la 
Nazionee  1! Armenia;  ma  aquest'ultima  si  consacr6  di  preferenza,  come  a 
quella  che  sosteneva  con  maggiore  franchezza  i  suoi  priatipii  che  sono  Cat- 
tolicismo,  Monarchia,  Piemonte.  Presa  la  direzione  dell'  Armonia  *  non  la 
perdon6  ne  a  cure  nea  spese  per  procacciarle  il  posto  che  occupa  nel  gior- 
nalismo  Piemontese  su  cui  com'  aquila  vola,  per  confessione  unanime  de- 
gli  amici  e  dei  nemici.  Ma  n'  ebbe  a  patire  di  molte  persecuzioni,  lettere 
anonime ,  minacce  di  morte,  ingiurie  continue,  libelli  famosi,  quattro  ca- 
scine  incendiate  in  un  anno  solo,  il  suo  castaldo  ucciso  proditoriamente, 
ecc.  Invece  di  cedere  sotto  il  pesodi  tanti  assalii,  egline  trasse  argomento 
a  proseguire  con  maggior  lena.  II  Collegio  di  Strambino  nelle  elezioni  pre- 
cedent! piu  d'  una  volta  aveagli  ofierto  la  deputazione,  ma  1'oUinio  Marche- 
se, che  volea  fare  il  bene  non  per  1'onore  ma  per  la  coscienza,  rinunzi6 
sempre  la  candidatura  in  altrui  favore;  finche  nelle  elezioni  del  15  di  No- 
vembre  1857  dovette  piegarsi  alia  volonta  degli  elettori,  che  con  grande  mag- 

^  I'iamo  le  condizioni  d'associazionc  di  questo  eccellente  periodico.  In  Torino  per  un  an- 
no fr.  24.  —  per  tutto  lo  Stato  Sardo  fr.  28.  Per  gli  Stati  Austriaci,  pei  ducati  di  Parma, 
Modena  e  Toscana,  per  la  Francia  e  Svizzera  francbi  57  ;  franco  a  destinazione. 


490  CRONACA 

gioran za  di  voli  lo  nominarono  Doputato.  Ne  dolse  forte  ai  liberlini  che 
giurarono  di  mandarne  a  monte  I'  elezione  a  qualunque  costo.  Di  che  pre- 
sentaronsi  alia  Camera  protege  di  due  specie;  1'  una  accusava  il  clero  di 
pressione  clericale,  1'  altra  sottoscritta  da  sei  accusa.ra  il  Marchese  Birngo 
di  avere  pagato  due  elettori  col  mezzo  di  tre  sacerdoti.  L'onorato  cavaliere 
non  seppe  patire  quest'  ultima  calunnia,  e  fe  chiedere  alia  Camera  copia 
autentica  della  protesta  per  intentareun  processo  contro  i  calunniatcri.  La 
Camera  neg6.  It  Marchese  Birago  valendosi  degli  atli  official!  della  C;r 
nei  quali  era  stampata  la  protosta  coi  sottoscritti,  porse  querela  al  tribu- 
nale  d'  Ivrea  sotto  la  cui  giurisdizione  6  Strambino.  II  tribunale  respin^o  la 
querela,  dicendo  che  non  potea  dar  luogo  a  procedimento  per  certe  ragic- 
ni  che  furono  conftitale  dalla  stessa  Gaz~?tta  del  Giuristi.  Allora  il  Mar- 
chese Birago  indusse  i  tre  sacerdoti  a  porgere  querela  alia  loro  volta  ,  ma 
questi  non  ottennero  miglior  fortuna  davanti  il  tribunale  d'  Ivrea.  II  Di- 
rettore  dell'  Armenia  torn6  la  terza  volta  all' assallo,  ed  appello  al  tri- 
bunale di  Torino,  e  questo  pure  gli  neg6  di  potersi  difendere.  Potea  piii 
chiaramente  manifestarsi  la  sna  innocenza?  Ora  vedremo  il  risnltato  del- 
1'inchiesta.  Esso  non  puo  essere  che  favorevole  al  Marchese  Bir;igo;  ma  non 
si  estendera  all' accusa  della  corruzione ,  stante  die  la  Camera  delibcro 
1'  incm'esta  sopra  la  sola  pressione  clericale  ,  essenclo  V  onoratezza  e  la  fa- 
ma  del  sig.  Marchese  superiore,  anche  nel  concetto  de'  suoi  nemici,  alle  sor- 
dide  imputazioni  de'  proprii  acctisatori. 

4.  Strambino  appartiene  alia  Diocesi  d'lvrea,  ed  io  v'ho  gia  scritto  che 
1'elezionedi  Strambino  fu  quella  che,  nelle  tornate  del  30  e  31  Dicembre,  flie- 
deoccasione  nella  Camera  a  lunghe  diatribe  contro  il  clero,  tra  le  qnali  si 
segna!6  un  hmgo  e  malpensato  discorso  del  Conte  di  Cavoiir.  II  dotto  e 
coraggioso  Vescovo  d'lvrea,  Monsignor  Moreno,  stim6  debito  suo  di  sorgere  in. 
difesa  del  clero  e  dell'eletto  di  Strambino,  ediresse  nnabellissima  lettera  al 
Presidente  del  nostro  Ministero,  in  cui  parola  per  parolane  esamina  il  di- 
scorso, neribatte  i  sofismi,  ne  corregge  gli  errori,  ne  dimostra  lecontrad- 
dizioni.  La  lettera  venne  pubblicata  il  30  di  Gennaio  dall'  Armenia.  Essa 
produsse  un  ottimo  effetto,  rincor6  i  buoni,  smascher6  i  tristi,  e  feyedere 
sempre  piu  che  1'Episcopato  cattolico  non  \ien  meno  ai  doveri  del  suo  mi- 
nistero  neper  minacce,  ne  per  caltmnie,  ne  per  persecuzioni,  e  in  mezzo 
alia  servitu  ed  alia  paura  fa  sventolare  la  bandiera  della  veriti  e  dell'in- 
dipendenza. 

5.  Daquattro  anni  si  pubblica  in  Torino  un  periodic  intitolato  la  Ragio- 
n«,  scritto  da  un  prete  apostata  che  rinneg6  colla  fede  il  suo  nome,  e  inve- 
ce  di  Bonavino  chiamasi  Ausonio  Franchi  (cioe  Italiano  libero}.  Per  tre 
anni  Ia/?rty7?onesostenneilra/5ionalismoinfilosofia,macol  18n8  penso  es?ere 
giunto  il  tempo  di  gettarsi  nella  politica  e  procedere  all'appIicaKione  de'suoi 
principii.  Nel  n.°  32  del  20  di  Gennaio  pubb!ic6  una  corrispondenza  di  Pa- 
rigi,  dove  parlando  dell'  attentato  contro  .\apoleone  III,  tra  le  altre  cose  di- 
cea  che  il  ribelle  vitlorioso  del  due  Dicembre  s'  e  posto  col  fatto  al  bando 
della  legge,  e  non  e  mvr-aviylia  che  si  cerclii  di  puryarnt  la  contrada.  II 
fisco  di  Torino  fe  sequestrare  quel  numero  della  Ragione,  e  il  sequestra  fu 


CONTEMPORANEA  491 

annunziato  nolla  Gazzella  Piemontcse  con  gravissime  parole.  II  28  di  Gen- 
naio  vennero  chiumati  i  giurati  a  decklere  della  reila  oil  iunocenza  della 
Rayione.  11  Verdetto  fu  die  la  Ruyione  non  era  rea,  e  la  didiiarazionedel 
Giuri,  dice,  la  Gazzelta.dai  Giuristi,  fit  accolta  da  applausi.  Allora  si 
mando  altorno  la  yocc  die  il  Minislcro,  ricouoscendo  rimperfe/Jone  della 
nostra  legge  sopra  la  stainpa  e  volendo  dare  una  soddisfazione  all'Imoera- 
tore  dei  Frances!,  attendees  a  propurre  una  modificazione  alia  legge  medesi- 
ma,  soUraendo  ai  giurali  il  giudizio  per  apologia  di  regicidio.  lo  no.n  saprei 
ben  dire  quanto  v'abbiy  di  vero  ncl  disegno  di  legge  die  s'annunziu  di 
prossima  presentazione.  A  giorni  avra  luogo  un  altro  proccsso  di  simil  ge- 
iKve  in  Oneglia,  dove  \\Pensiero,  giornalello  die  pubblicasi  in  quella  cilia, 
iusulio  1'Imperatore  dei  Francesj. 

6.  E  poicbe  sono  in  SM!  discorso  di  process!  politic!,  vi  accenner6  che  il  4 
di  Febbraio  incominciarono  in  Genova,  nella  grande  aula  del  Palazzo  Div 
cale,  le  discussion!  scpra  quello  rclalivo  agli  avvenimenti  de!29  di  Giugno. 
Kon  ne  conosco  ancora  i  particolari;  ma  questi  faranno  argomsnto  della  roia 
prossima  corrispondenza.  L'  Italia  del  Popolo,\\  cui  direttore  e  uno  de'  prin- 
cipali  implicali  in  questo  processo,  nel  suo  N.  del  3  di  Febbraio,  si  racco- 
nianda  perche  cessino  le  iredi  parte,  e  dicbiara  imagnanimi  propositi  di 
quegli  uomini  c/ic  da-scilo  mesi  gemono  ncllo  squallore  di  tetre  prviioni 
ovii  esilio.  Aggiunge  I'  Italia  del  Popolo  die  il  pubblico  accusatoreha  do- 
mandate  la  testa  di  quei  patrioli. 

FtECno  LOMBARDO  Vi»ETO  ( Nostra  Corrispondenza)  i.  Boneficenza  della  Casa 
iinperiale  -—  2.  Opere  pubbliche  —  3.  Arti  —  4.  Socieia  a  bene  pubblico 
S.  Uuiversita  —  6.  Vigilanza  dell'  Arciduca  —  7.  Nuova  casa  religiosa  — 
8.  Malattia  dell'Arcivescovo  di  Milano  —  9.  Morte  del  Maresciallo  Badelzky^ 

1.  Molli  fatli  important!  sono  accaduli  fra  noi  negli  uUirni  tre  mesi  del- 
1'  anno  passato  e  nel  primo  mese  dell'  anno  corrente.  lo  ne  ver^  discor- 
rendo  brevemenle,  per  riannodare  il  iilo  degli  avvenimenti. 

Comincero  col  narrarvi  alcune  delle  opere  di  carita,  che  tanto  onorano  la 
Famiglia  imperiale.  In  occasione  delle  nllime  inuondazioni  del  Ticino  e  del 
To  nelle  province  di  Pavia  e  di  Lodi,  1'  Arciduca  Governatore  aecorse  dal- 
1'Adriatico  con  meravigliosa  soUecitudine  sni  luoghi,  conforto  e  soccorse 
le  povere  popolazioni  rimaste  senza  tetlo  e  senza  pane.  Ai  piu,  urgent! 
bisogni  di  ban  517  fam.iglie  fu  provveduto  da  S.  M.  1'  Imperatore  con  30,000 
J;re,  e  con  altrettante  da  allri  membri  della  Famiglia  imperiale  e  segna- 
tamente  dall'  Arciduca  Governatore.  Inoltre  1'  I.  Px.  Luogotenenza  anticip6 
20,000  lire  alle  Delegazioni  dei  Comprensorii  di  Po  e  Lambro,  e  di  Zerbo,  e 
1'Aulorita  ci\dle  e  la  ecclesiastica  apersero  collette  in  benelicio  deidanneg- 
giati.  Grande  e  la  gratitudine  del  popolo  per  la  generosa  carita  dell'  Impera- 
tore e  per  le  paterae  sollecitudini  del  giovane  Arciduca  die  Iasci6  la  sposa 
a  Yenezia,  per  accorrere  in  sul  luogo  al  primo  annunzio  del  pericolo. 

In  sul  finire  deU'autunuo  1'Arciduca  si  rec6  a  visitare  i  tre  piu  rimoti 
distretti  della  Yaltellina ,  e  in  ess!  i  paeselli  piu  montani  e  piu  poveri, 


492  CRONACA 

dove  molte  famiglie  sono  ridotte  nell'  estrema  miseria  per  la  scarsezza 
de'raccolli,  1'  inclemenza  del  la  stagione  e  la  gravezza  cle'  pubhlici  carichi. 
L'  Arciduca  conso!6  quella  povera  gente  ,  la  conforto,  la  soccorse  di  circa 
10,000  lire ,  affidandone  ai  parrochi  la  distribuzione,  e  promise  sussidii 
maggiori.  Alia  promessa  seguirono  i  fatti;  che  alle  calde  istanze  dell' Ar- 
ciduca, I'lmperatore  assegn6  a  quei  poveretti  il  dono  di  trecento  mila  li- 
re. L'avviso  di  quest' atto  magnanimo  fu  dato  a  qnegli  infelici  in  questi 
ultimi  giorni.  lo  non  voglio ,  ne  potrei  volendo,  enumerare  tutte  le  ope- 
re  di  carita  fatte  dai  membri  dell'  augusta  Casa  imperiale  e  segnatamen- 
te  dalle  LL.  AA.  I'  Arciduca  e  1'Arciducbessa  Garlotta  nel  Regno  Lombardo 
Veneto  in  questi  ultimi  quattro  mesi;  ma  non  lascero  almeno  di  ricorda- 
re  1'  Ospedale  di  Ceneda,  la  Pia  Casa  di  Ricovero  in  Monza,  il  Pio  Istituto 
di  Patronato  dei  liberati  dal  carcere  in  Milano,  i  poveri  abitanti  di  Liarii 
(frazione  di  Ovaro  nella  provincia  di  Udine)  danneggiati  dal  fuoco,  1' i- 
stituto  femminile  di  Tregnago,  i  poveri  di  Mazzanio  nel  distretto  di  Can- 
zo,  e  le  12  giovani  fatte  spose  e  dotate  a  Venezia  da  S.  A.  1'Arciduchessa 
Carlolta,  tutti  generosamente  soccorsi  ed  incoraggiati.  La  geuerosita  dtill' Ar- 
ciduca e  dell'  Arciduchessa  assume  poi  talvolta  le  forme  piil  ingegnose  e 
gentili  per  operare  il  bene,  come  e  avvenuto  nella  bellissima  festa  dei 
fanciulli  poveri  la  vigilia  del  santo  Natale.  In  una  delle  piu  vaste  sale 
del  Palazzo  di  Gorte  furono  accolti  14't  fanciulli,  6  per  ciascuna  delle 
24  parrocchie  della  cilia,  tre  maschi  e  tre  feminine,  scelti  dai  rispettivi 
parrochi.  Ogni  fanciullo  ricevette  dall' Arciduca,  ed  ogni  fanciulla  dal- 
T  Arciduchessa  un  caneslro  pieno  di  saporite  frutta  e  di  dolci,  un  libro 
di  preghiere,  un  abito  compiuto  ed  uno  zeccbino  d'.oro.  Gertamente  con 
questi  mezzi  di  affettuosa  bonta  i  Principi  non  possono  non  guadagnarsi 
i  popoli. 

2  Alle  opere  di  carita  aggiungo  ora  quelle  della  utilita  pubblica,  le  qua- 
li  tendono  a  favorire  i  materiali  interessi  delle  popolazioni  promovendo 
1'  agricoltura,  asciugando  paludi,  migliorando  porti  e  canal  i,  fa  vorendole 
piu  pronte  comunicazioni  a  beneficio  del  commercio.  I  giornali  del  Lom- 
bardo Veneto  hanno  a  lungo  parlato  delle  paludi  da  prosciugare  nel  Vero- 
nese, e  in  Lombardia  nel  Pian  di  Spagna  presso  Folico;  delle  brughiere 
di  Somma  in  Lombardia  da  innaffiare,  dissodare  e  fecondare,  e  dei  muraz- 
zi  di  Venezia  che  proleggono  dal  mare  quella  meravigliosa  citta.  Or  bene 
1'  Arciduca  non  trascura  nessuno  di  questi  argomenti  di  pubblica  ulilila. 
Egli  ha  gia  aperti  alia  flotta  austriaca  canali  e  porti  nel  Veneto,  che  in 
passato  non  poterono  ricevere  navi  da  guerra,  se  non  prive  affatto  del  loro 
armamento.  E  per  ci6  che  concerne  la  sistemazione  delle  acque  correnti, 
rasciugamento  delle  paludi,  la  bonificazione  delle  brughiere,  egli  fa  lavora- 
re  ed  esaminare  disegni  acconci.  AI  quale  scopo  in  questi  giorni  furono 
chiamali  a  Milano  il  professore  Buccbia  da  Padova  ed  altri  uomini  compe- 
tenti  per  conferire  inlorno  a  questi  importantissimi  lavori  di  utilita  pubblica. 
.  Si  no  dal  10  Ottobre  fu  inaugurata  la  ferrovia  di  Bergamo,  ed  ebbe  luogo 
la  prima  corsa  diretta  da  Venezia  a  Milano.  Questa  solleciludine  nuova  e 
Uitta  opera  dello  zelo  dell'Arciduca.  Resta  ora  che  con  pari  diligenza  si  com- 


CONTEMPORANEA 


493 


pia,  col  tronco  da  Milano  a  Buffalora,  la  congiunzione  delle  ferrovie  Sarde  e 
Lombardo  Venete.  Questa  congiunzione  avra  luogo  nell'anno  correntc,  e  gia, 
il  23  Novembre  nelle  vicinanze  diMilano'sono  stall  inizialii  lavoridi  slerro 
e  riporto,  tanto  per  la  ferrovia  da  Milano  a  Buffalora,  quanta  per  la  lineadi 
circonvallazione. 

Anche  le  opere  delle  strade  ferrate  del  Tagliamento  da  Casarsa  ad  Udine 
sono  state  incominciate  nello  stesso  tempo,  e  negli  ultimi  di  Novembre.  si  ' 
pose  mano  ai  lavori  della  ferrcvia  di  Udine  presso  la  porta  di  Grozzano. 
Quest!  fatti  provano  quanta  stia  a  cuore  del  Governo  il  promuovere  e  com- 
piere  quelle  opere  die  piu  possono  lornar  vantaggiose  al  commercio  ed  al- 
Le  piii  sollecite  comunicazioni  tra  i  popoli. 

Le  opere  edilizie  iu  Milano  hanno  esercitato  molto  le  lingue  e  le  penne 
nello  scorso  anno,  ma  se  il  romore  fu  grande,  i  fatti  vennero  scarsissimi. 
11  Gamposanto,  non  ostante.  un  decreto  dell'  Imperatore  che  ne  ordinava 
1'immediato  cominciamento,  e  aacora  un  desiderio.  I  Giardini  pubblici  fu- 
rono  proseguiti  a  rilenlo.  Di  un  pubblico  macello,  di  una  Dogana,  de'  pub- 
blici mercati ,  istituti  che  non  sono  solo  di  pubblico  decoro ,  ma  quasi  di 
prima  necessita,  non  se  ne  parla.  Sappiamo  invece  essere  certa  la  costru- 
zione  della  piazza  tra  il  palazzo  Marino  e  il  Tealro  della  Scala,  e  probabile 
1'ampliameuto  della  piazza  del  Duomo. 

Anche  a  Como  si  preparano  i  lavori  del  nuovo  porto,  pei  quali  lagenero- 
sitasovrana  ha  assegoato  la  somma  di  300  mila  lire.  A  Gomo  si  vuol  pure 
introdurre  1'illuminazione  a  gas.  Tutto  questo  movimento  edilizio  giova  a  dar 
lavoro  ai  bisognosi  validi,  e  soddisfa  ai  voti  di  tutti  i  buoni,  ma  e  abborri- 
to  da  coloro  che  vorrebbero  poter  accusare  d'indoJenza  e  di  non  curanza  il 
fiostro  Governo.  Alcnni  de'  nostri  giornali  hanno  posto  in  ridicolo  1'  eccessi- 
va  copia  de'disegni  di  opere  edilizie,  e  il  poco  o  nulla  che  si  e  fatto  per 
eseguirli.  Non  Ioder6  que'  fogli,  ma  ecerto  che  il  Municipio  dovrebbe  fare 
qualche  cosa  di  piii. 

3.  Nuovi  lavori  si  preparano  percura  del  Governo  ai  nostri  artisti.  Oltre 
la  stalua  a  Leon;irdo  da  Vinci,  decretata  il  di  8  Febb.  1857  da  S.  M.  1'Im- 
peratore,  da  erigersi  in  piazza  S.  Fedele,  e  di  cui  fn  gia  aperto  il  concorso, 
1'Arciduca  ha  stabilito  di  far  decorare  nel  palazzo  di  Gorte  tre  sale  co'ritrat- 
li  1'una  degl'Jmperatori  cb'ebbero  douiinio  in  Lombardia,  la  secondadei  Go- 
vernatori  che  vi  rappresentarono  1'autorita  loro, la  lerza  dei  Duchi  Sforza  e 
Yisconti.  A  illustrazione  di  queste  opere  sarebbe  pure  bene  che  si  facesse 
compilare  con  severa  imparzialita  da  parecchi  letterati  lombardi  la  storia 
di  tutte  le  singole  amministrazioni  di  ciascun  Governo.  Quelle  biografie  sa- 
rebbero  d'alto  ammaestramento  ai  contemporanei.  Oltre  quesli  lavori  TAr- 
cidura  ha  pure  fatto  distribute  dall'Accademia  L.  1500  agli  artisti  piii  biso- 
gnosi che  hanno  esposto  i  loro  lavori  in  Brera  nello  scorso  anno. 

4.  Nel  Regno  Lombardo  Veneto  furono  pure  in  questi  ultimi  tempi  isti- 
tuite  diverse  societa  ad  utile  pubblico.  E  stata  fondatain  Yenezia  la  s;cie- 
ta  per  le  strade  cosi  dette  ipposidire  a  rotaie  incassate;  in  Verona  una  so- 
cieta di  negozianti  e  possidenti  che  presta  capital!  su  pcgni  di  sete  ai  ilia- 
Jtuxi  e  coinmercia-iti;  nel  Novjinbre  fu  approvata  la  societa  per  tziomcolla 


491  CRONAGA 

firma  :  Cassa  di  sconto  di  Milano  per  le  Province  Lombarde.  La  cassa  di 
sconto  aperse  il  suouflido  con  un  fondo  di  sei  o  settemilioni,  ma,  dicesi, 
che  sinora  fa  poco  per  la  concorrenza  delle  Casse  Bancarie.  II  17  Dicerabre 
fu  pure  approvata  in  Milario  1'  istituzione  di  una  Cassa  temporanea  di  sovven- 
venzione  sopra  deposit!  in  pegno  di  sete.  Le  islituzioni  della  cassa  di  Scon- 
to, e  del  Monte  delle  Sete  debbono  la  loro  origine  alia  ultima  crisi  Cnanzia- 
ria  e  commerciale,  che  ha  mandate  in  rovina  tante  case  di  traffico,  e  che 
per  bnona  fortuna  6  stata  assai  piu  mite  tra  noi  che  altrove. 

Una  Societa  geologica  fu  pure  fondata  in  Milaoo,  la  quale  per  essere  nei 
suoi  primordii,  non  ha  fmora  potuto  levare  grido  di  se. 

5.  II  Governo  ha  parimente  istituito  nello  scorso  anno  nelle  Universita  di 
Padova  c  di  Pavia  le  caltedre  della  Storia  del  diritto,  ed  i  Doccnti  o  profes- 
sori  che  aprono  corsi  di  lezioni  intorno  alle  materie  insegnate  nelle  scuole 
Universitarie,  e  che  possono  essere  frequentate  giatuitamente  da  chivuole 
erudirsi.  Una  importante  disposizione  e  stata  data  dall'Arciduca  per  cono- 
scere  ed  incoraggiare  i  giovani  studenti  dell'  Universila  che  piu  sono  com- 
mendevoli  negli  studii  e  nella  condotta.  Giacche  la  Direzione  degli  sludii  uni- 
versitarii  dovra  riferire  ogni  semestre  a  S.  A.  intorno  ai  giovani  che  dauno 
maggiori  prove  di  atlilndine  intellettuale,  e  di  onorato  carattere. 

6.  A  sopravvegliare  i  pubblici  istituti  1'Arciduca  vi  fale  sue  visite  inaspet- 
tate  ad  ogni  ora  del  giorno  e  della  nolle.  L'  Ospedal  maggiore  e  stato  visi- 
tato  da  S.  A.  a  mezzanotte  1'8  Dicembre  scorso,  per  verificarc  1'esattezza 
del  servizio  in  un  tempo,  in  cui  questo  grande  stabilimento  non  conla  meno 
di  3000  malati.  S.  A.  ha  pure  vi?itato  improvvisamente  la  Pia  Casa  d'ln- 
dustria  e  di  ricovero  a  S.  Marco.  }\on  e  a  dire  quanto  la  sollecitudine  del- 
1'Arciduca  renda  diligenti  e  stimoli  all'  alacrita  ed  esattezza  del  servizio  tutti 
gli  addetti  agli  acccnnali  istituti  di  pubblica  beneficen/a. 

7.  E  non  solo  vanno  crescendo  tra  noi  le  Societa  che  chiameremo  mera- 
mente  ulilitarie,  ma  vi  crescono  pure  e  prosperano  le  Societa  religiose.  II 
giorno  8  Novembre ,  nella  umilc  chiesuola  dei  RR.  PP.  Carmelilani  Scalzi 
in  Concesa,  ebbe  luogo  la  formale  loro  ricognizione  e  pre?a  di  possesso. 
Questo  Cenobio.  ereilo  nel  1612  dal  Cardinale  Cesare  Monti,  fu  soppresso  nella 
scorso  secolo,  ed  ora  grazie  alia  sovrana  concessione  ed  alle  offerte  della  il- 
lustre  casa  Confalonieri  e  d'altre  persone,  i  PP.  Carmelitani  Scalzi  vi  furono 
restituiti.  II  fausto  avvenimenlo  fu  solennizzato  da  S.  E.  1' Arcivescovo,  che 
vi  Jesse  un  breve  ma  commovente  discorso  alia  presenza  di  molti  dei  piu 
ragguardevoli  personaggi  della  Citta. 

8.  Quella  sacra  cerimonia  fu  segnita  soli  sei  giorni  dopo  da  un  avveni- 
mento  funesto  che  per  poco  non  priv6  la  capitale  Lombarda  del  suo  sacro 
Paslore.  II  giorno  21  Dicembre  S.  E.  Monsignore  Arcivescovo  appena  sede- 
va  a  mensa  in  casa  di  S.  E.  il  Duca  Scotti,  fu  subito  colto  da  un  co'po  d'a- 
poplessia.  Condotto  di  presente  nel  suo  palazzo,  ricevette  tutte  le  piu  dili- 
genti cure ,  e  si  riebbe  in  guisa  che  e  ancora  viva  la  speranza  della  sua 
perfetla  guarigione.  L'"Arciduca  accorse  piii  volte  al  letto  dell' Arcivescovo 
per  avere  notizie  certe  del  suo  stato.  S.  M.  1'Imperatore  voile  esserne  infor- 
mato  per  telegrafo,  e  tutta  la  cilia  fu  sommamente  afflilta  da  quell'infortunio. 


COISTEMPOIUISEA  495 

9.  La  morte  die  minacci6  il  nostro  pastore ,  tolse  al  Lombardo  Yeneto 
anzi  a  tutto  1'Impero  il  suo  difensore  piu  prode.  II  Feld  maresciallo  Radi'tzky, 
che  il  giorno  9  Dicembre  avea  passato  in  carrozza  Ja  rassegua  di  1111  reg- 
gimento  di  Ulani  in  piazza  d'armi,  il  giorno  dueGenuuio  cadile  gravemente 
mala  to,  e  il  giorno  5  spiro,  avendo  cliicsto  spontaneamente  e  ricevuto  tutti  i 
soccorsi  della  Rcligione.  I  suoi  ultimi  momcnti  furono  sereni  come  di  uomo 
che  era  veramentc  cristiano.  11  suo  cadavere  fu  imbalsamato  e  rimase  per 
tre  giorni  esposto  nel  palazzo  della  Villa  imp.,  luogo  di  sua  dimora,  in  cappel- 
la  ardente.  Intorno  a  lui,  sopra  guancialicli  velluto  nero,  erano  tutti  i  bogni 
d'onore  conceduti  a  suoi  grand  i  meriti  militari.  A'  suoi  piedi  erano  i  basto- 
iri  del  comando,  ch'egli  aveva  ottenuto  dall'Austria  e  dalla  Russia,  nella  sua 
•qualita  di  Fold  maresciallo,  e  quello  che  gli  fu  donato  dall'esercito  imperia- 
le,  e  che  dicono  avesse  il  valore  di  100  mila  fiorini 

I  funerali  celebratigli  nel  Duomo  furono  veramente  degni  di  un  Re  per  la 
magnificenza  dell'accompagnamento  e  la  grandezza  degli  apparali  fimebrL 
II  carro  funereo  su  cui  riposava  la  salma  del  maresciallo  era  magnih'eo  e 
tirato  da  sei  cavalli  coperti  di  gramaglia.  II  suo  cavallo  di  guerra  seguiva 
il  carro,  tutto  coperto  anch'  esso  d'  una  lunga  gualdrappa  nera  sostenuta  da 
uuo  scudiero.  II  mausoleo  ch'era  slato  eretto  in  Duomo  era  colossale  ,  e  fu 
opera  del  pitlore  Tencala.  La  navata  di  mezzo  era  tutta  adobbata  di  grama- 
glie  e  frange  d'oro  che  pcndevano  come  cortine  disgiunte  in  basso  negli 
intercolunnii.  Ogni  piliere  portava  lo  stemma  del  defunto,  il  nome  d'una  delle 
battaglie  in  cui  avea  preso  parte  gloriosa  e  sopra  vi  una  corona  d'alloro.  Uno 
splendido  slato  maggiore  composlo  di  300  ufticiali  superiori  in  gran  para- 
ta,  tra  i  quali  molti  di  Stati  forasiieri,  venuti  apposta  per  quella  solenne  ce- 
rimonia,  formavaunaccompagnamento  funebre  degno  d'imo  de'piu  potenti 
Sovrani  d'Europa.  Meste  armonie  accompagnavano  il  earro  mortuario,  ed 
una  immensa  folia  di  popolo  era  spettatrice  com.aossa  di  quell' ultimo  tri- 
bute reso  dalla  riconosceoza  dell'  Impero  all'  uomo  che  lo  aveva  salvalo. 
II  cadavere  fu  poscia  conclotto  a  Verona,  a  Venezia,  a  Trieste  ed  a  Vienna,  e 
-dappertutto  ebbe  funebri  onori,  e  sincero  compiantp. 

TOSOANA.  (Nostra  Corrispondenza.)  1.  Nascita  di  una  Principessa  -  2.  Faccia- 
ta  di  S.  Croce  —  3.  Tomba  del  Buonarroti  —  4.  Le  toinbe  dei  Medici  — 
5.  S.  Maria  Novella  e  la  sua  farmacia  -  6.  Progressi  materiali  -  7,  Siara- 
pa  —  8.  II  Pieri  —  9.  (Giunta  dei  compilatori)  Dizionario  del  Mannzzi  — 
10.  Scuola  pei  fanciulli  in  Pescia. 

1.  Fu  rallegrata  la  Toscana,  la  mattina  del  10  Gennaio,  per  la  nascita  di 
nnaPrincipessa  data  alia  luce  dall'Arciduchessa  Anna  Maria,  consorte  all'Ar- 
ciduca  ereditario  Ferdinando.  La  reale  bambina  venne  battezzata  dall'Arci- 
vescovo  di  Firerize  nelle  splendide  sale  del  Palazzo  Pitti,  alia  presenza  di  tutta 
la  Corte  in  gala,  del  Corpo  diplomatico,  dei  phi  onorevoli  personaggi  fore* 
stieri  che  trovavansi  in  Firenze,  la  mattina  del  giorno  susseguente ;  e  fulle 
imposto  il  nome  di  Maria  Antonietta.  Fu  quindi  cantato,  secondo  la  religiosa 
-consuetudine,  il  solenne  Tedcum  di  azione  di  grazie  nella  chiesa  dell' Aomin- 


496 

ziata,  fra  le  parate  militari  e  le  salve  delle  artiglierie.  La  slagione  bella  e 
serena,  che  segtiita  con  istraordinaria  costanza  in  questo  rigido  inverno, 
fupropizia  alia  solennita  di  quel  giorno,  e  favori  per  tre  notti  continue  la 
sempre  vaga  illuminazione  della  cupola  di  Santa  Maria  delFiore.  fatta  rilu- 
cente  dal  chiarore  di  molte  faci,  come  per  simiglianti  circostanze  e  costume. 
2.  Una  delle  piu  important!  memorie  della  fausta  Yenuta  del  Sommo  Pon- 
tetice  Pio  IX  in  Toscana,  sara  per  certo  nei  posteri  la  facciata  della  chiesa 
di  santa  Croce  ,  di  cui  Egli  degnossi  di  benedire  e  porre  la  prima  pietra. 
Mi  e  grato  di  annunziarvi,  che,  benche  siano  scorsi  pochi  mesi  da  quel  me- 
morabile  fatto,  i  lavori  della  facciata  si  prosegnono  senza  interruzione:  ed 
hassi  speranza  che  riuscira  un'  opera  degna  di  un  tan  to  principio  e  della 
fama  di  Firenze.  Antica  e  1'idea  del  disegno  comunemente  atlribuito  a  quel 
celebre  architetto  Simone  del  Pollaiolo ,  detto  il  Cronaca ,  che  iioriva  nella 
seconda  meta  del  1400.  La  storia  dice  che  un  Castello  Quaratesi.  ricco  citta- 
dino,  voleva  a  sue  spese  far  la  facciata  con  questo  disegno  del  Cronaca,  ma 
che  gli  operai  negandogli  di  apporvi  sopra  il  suo  stemma,  egli  si  disgustd, 
e  volse  ad  altre  pie  imprese  la  sua  pecunia.  Per  buona  sorte  negli  Archival 
dell'  Opera  era  rimasto  il  progetto,  ed  oggi  diligentemente  ristudiato  da  un 
architetto  di  gran  vaglia,  anconitano  d'origine,  ma  da  lunuo  tempo  domici- 
liato  in  Firenze,  qual  e  il  cavalier  Niccol6  Matas ,  e  stato  fedelmente  ripro- 
dotto  sull'  originale  del  Cronaca ,  e  spiegato  in  ogni  sua  parte  per  metterlo 
in  opera.  Esso  consta  di  varie  fasce  di  marmi  bianchi,  neri  e  rossigni,  con 
belle  scorniciature  alia  base;  e  di  stile  elegante  e  severo,  molto  coerente  alia 
maesla  di  quel  tempio  ed  all'  idea  degli  antichi  maestri  dell'  architettura 
tutta  cristiana  e  sublime  delle  chiese  d'  Italia.  Speriamo  che  agli  zelanti 
operai  di  Santa  Croce  non  venga  meno  il  coraggio.  e  che  nuovi  benefaltori 
come  Castello  Quafatesi,  non  meno  pii,  ma  non  tanto,  come  fu  egli,  difticili 
e  permalosi,  dieno  a  questa  eta  scioperata  lodevoli  esempii  di  affetto  per  la 
religione,  per  la  patria,  per  le  arti.  Se  cosi  e,  potremo  sperare  di  vedere  ai 
tempi  nostri  1'  opera  compiuta,  laquale  richiede  sacritizio  dispesa  non  lieve, 
e  costanza  di  proposito  in  chi  ha  avuto  il  coraggio  di  farsene  iniziatore. 

3.  Ultimamente,  cioe  nelpassalo  mese  di  Settembre,  nell'islessa  chiesa  di 
Santa  Croce  fu  riaperta  la  tomba  di  Michelangiolo  Buonarroti.  Le  ossa  del 
grand' uomo,  quivi  sepolte  nel  1564,  apparvero  totalmente  ridotte  in  pol- 
yere,  e  pur  sempre  coronate  d'alloro:  sol  restava  qualche  piccolo  avanzo 
-della  veste  e  del  cappello.  La  tomba  venne  riaperta  per  la  circostanza  di 
dovervisi  deporre  una  nobile  donna  della  Casa  Buonarroti,  la  quale  morenda 
ha  disposto  ad  uso  del  pubblico  e  donate  a  Firenze  la  casa  che  fu  di  Michel- 
•angiolo,  tutti  i  disegni,  i  manoscritti,  modelli  e  altre  memorie,  che  oggi  cosli- 
tuiscono  un  piccolo  museo  dedicato  alia  memoria  di  quell'  ingegno  sublime. 
Ed  essa  ha  cosi  ben  meritato  1'  onore  di  esser  sepolta  pve  le  ceneri  di  lui  si 
conservano. 

4.  Le  tombe  dei  Granduchi  della  stirpe  Medicea  e  di  altri  Principi  di  quella 
estinta  famiglia  sono  state  un  mese  fa  dischiuse,  per  riconoscere  ciascuna 
salma,  e  destinarle  apposito  luogo  nel  sotterraneo  della  chiesa  di  san  Lo- 
renzo; imperocche  la  celebre  cappella  dei  preziosi  marmi  e  delle  superbe 


CONTEMPOIUSEA  407 

statue,  che  6  il  mausoleo  tanto  decantato  dci  Medici,  sembra  die  tut  to  con- 
tenesse  fuor  che  le  loro  ossa,  giaceriti  altrove  dimenticate.  Se  vera  e  la  fuma 
che  gira  in  Firenze,  vuolsi  che  nel  visitar  le  mprtali  spoglie  del  Medici, 
cose  di  grandissimo  pregio  e  valore  si  sieno  trovate  insieme  con  loro  se- 
polte.  Anzi  aggiungono,  ma  ignoro  se  sia  la  verita,  che  il  Granduca  °Pielro 
Leopoldo,  alia  fine  del  secolo  scorso,  facesse  schiodar  la  cassa  di  Cosimo  primo 
e  di  alcuni  altri  de'snoi  antecessori  per  toglierne  le  gerame  e  altre  preziose 
cose;  e  vogliono  altri  che  questa  fosse  opera  di  ladri  o  diFrancesi  a  tempo 
della  Granduchessa  Baciocchi,  che  val  lo  stesso.  Si  assicura  da  Uilti  che  in 
alcuna  di  tali  tombe  e  stata  riscontrata  manifesta  violazione  o  antica  o  re- 
cente,  Di  tutta  questa  ricognizione  delle  tombe  medicee  stata  fatta,  a  quanto 
sembra,  per  comando  del  Granduca  regnante,  ed  affidata  a  diligenti  e  rag- 
guardevoli  persone  con  rogiti  e  processi  verbali  fatti  in  regola,  poco  per 
ora  si  sa  con  certezza;  ma  verra,  per  quanto  si  crede,  a  illustrazione  dell'i- 
storia,  e  a  soddisfazione  della  legittima  curiosita  dell' universale,  preparata 
e  poi  pubblicata  una  narrazione,  della  qnale  intendo  informarvi  a  suo  tempo 
piu  esattamente.  Meriterebbe  senz'altro  questa  superba  Basilica  di  san  Lo- 
renzo, capolavoro  di  tre  uomini  insigni,  quali  furono  Brunellesco,  Donatello 
e  Michelangelo,  esser  curata  piu  di  quello  che  presentemente  non  sia.  Essa 
e  tuttora  mancante  della  facciata,  benche  la  Elettrice  dei  Medici,  ultima  di 
quellaregia  famiglia,  defunta  a  mezzo  il  secolo  scorso,  lasciasse  a  quest'  uo- 
po  buona  somma  di  denaro,  che  chi  sa  ove  sara  stata  dispersa.  La  cappel- 
la  dei  Principi  tanto  ricca  e  tanto  superba,  ove  i  marmi  preziosi,  le  gemme, 
le  statue  di  bronzo ,  le  dorature ,  le  picture  arditissime  del  cav.  Benvenuti 
abbagliano  1'occhio  sorpreso  di  chi  per  la  prima  volta  vi  entra,  manca  lut- 
tora  dell'  altare,  e  priva  del  pavimento  e  non  ha  ingresso  decente.  Nella  Sa- 
grestia  di  Michelangelo ,  ov'  e  la  tanlo  celebre  statua  della  Notte  sul  monu- 
mento  di  Giuliano  de' Medici,  tu  vedi  un  altare  posticcio  nel  mezzo  allato 
alia  cassa  di  legno,  ove  sono  provvisoriamente  poste  le  ceneri  del  Granduca 
Ferdinando  III.  Finalmente  dietro  il  coro  della  chiesa  in  vece  di  muraglia 
e  una  tela,  che  separa  questa  dalla  cappella  dei  Principi. 

5.  Molto  lodevolmente  hanno  poi  intrapreso  i  Padri  Domenicaniil  restauro 
della  chiesa  di  Santa  Maria  Novella,  decoro  del  loro  Ordine,  che  la  costrui 
da  se  stesso,  ormai  sono  seicento  anni,  per  opera  di  due  frati  architetti  Sisto 
eRistoro.E  1'Ordine  domenicano,  senza  aiuto  d'alcimo,  oggi  la  restaura  con 
ogni  cura,  valendosi  dei  guadagni  della  sua  farmacia,  che  a  piu  nobile  USD 
non  si  potrebbero  consacrare.  La  farmacia  che  e  una  delle  rarita  di  Firenze 
ove  niun  forestiero,  in  ispecie  se  americano  o  inglese,  non  manca  di  recarsi, 
e  un  portento  di  farmachi  eccellenti ,  di  deliziosi  profumi ,  di  rarissime  es- 
senze.  I  suoi  prodotti  premiali  con  grande  onore  alle  esposizioni  di  Parigi  e  di 
Londra,  sono  bene  spesso  ilrisultato  di.  segreti  processi  che  un  religiose  farmar 
cista  all'altro  ha  insegnati,  e  che  si  sono  lavorati  e  perfezionati  colla  pazienza 
monastica  per  anni  ed  anni,  emulando  la  pratica  i  progress!  della  scienza. 

6.  Gerto  e  che  Firenze  da  qualche  anno  ha  avuto  un  maraviglioso  in- 
cremento  nel  lato  materiale,  e  si  lavora  di  continuo  a  nuove  strade  e  quar- 
tieri  di  cittay  e  arifare  il  lastricato  delle  antiche  ricolmo  nel  mezzo  come  il 

Serie  HI,  vol.  IX.  32  13  Febbraro  1858, 


4-98  CRONACA 

Corso  diRoma;  e  gia  sorgono  grand!  ed  eleganti  palazzi  sulla  destra  riva 
dell'Arno,  scendendo  dal  ponte  di  ferro,  in  quella  vasla  area  che  prima  oc- 
cupavano  orti,  prati  e  mulini  alia  cosi  nominata  porticciuola,  e  che  ora  va 
diventando  una  bellissima  s  trad  a  tutta  a  mezzodi  come  Chiaia  di  Xapoli , 
dclizioso  passeggio  dei  forestieri ,  che  vengono  a  goder  nel  verno  del  mite 
•clima  d'  Italia.  Corre  voce  poi  che  debba  esser  dal  Municipio  decretato  un 
gran  condotto  di  acque  per  averne  fontane  perenni  nelle  slrade  e  nelle 
piazze  priucipali.  II  che  sarebbe  beneticio  grandissimo  ed  insieme  abbel- 
ILnento  non  piccolo  alia  citla.  Anche  la  popolazione  e  in  aumento  conti- 
nuato  e  rapido,  poiche  mentre  al  principio  di  questo  secolo  di  poco  su- 
perava  i  90  mila  abitanti,  nello  scorso  anno  essa  e  giunta  ad  oltrepas- 
sare  i  113  mila.  Ne  per  avventura  potrebbesi  talrisultato  attribuire  solo  ad 
aumento  d'industria  o  di  commercio;  le  condizioni  dei  tempi  ci  hanno  an- 
che  il  loro  merito,  e  lestrade  ferrate,  che  agevolando  le  comunicazioni  col- 
le  altre  province  e  citta  di  Toscana ,  hanno  arrecato  un  forte  incremento 
alia  Capitale.  Vi  e  luogo  a  credere  che  nel  corso  dell'  anno  58  restera  cnm- 
piuta  tutta  la  linea  tra  Firenze  e  Lucca,  ora  interrotta  al  mcnte  di  Serra- 
valle  non  fmito  ancora  di  perforare;  e  che  verra  ancora  effettiiato  il  primo 
tronco  della  linea  di  Arezzo  lino  al  Borgo  di  Ponte  a  Sieve.  Dicesi  pure  che 
i  lavori  tra  Siena  e  Roma  sieno  molto  innanzi  per  la  parte  della  Toscana; 
si  che  si  pu6  concepire  la  lieta  speranza  del  ravvicinamento  delle  dueCapi- 
tali  in  un  avvenire  non  molto  remote. 

7.11  Governo  favorisce  con  somma  alacrila  qnesti  vantaggi  material]',  non 
poco  stimolato  dall'esempio  di  altri  Governi  vicini.  Dio  volesse  che  d'  pari 
passo  andassero  gl' increment!  degl'interessi  morali.  Ma  paiono  dimostrare 
il  contrario  le  stampe,  i  giornaletti  e  i  fascicoletti  che  compariscono  ogni  gior- 
DO,  in  cui  s'ignora  se  sia  piii  la  poverta  dello  stile,  del  gusto  e  delle  idee, 
o  la  mancanza  di  verita,  di  buon  senso,  di  religione,  e  di  morale  pubblica. 
Tali  cosette  e  cosacce  messe  a  stampa  sono  una  vera  vergogna  delle  letters 
italiane,  per  non  dire  del  danno  nel  costume  e  dello  scandalo  nella  religione. 

8.  L'atlentato  diParigiha  scosso  singolarmerte  1'opinione  pubblica  e  po- 
trebbe  aver  qualche  lontano  risultato  anche  pei  Governi  d'  Italia.  La  notizia 
che  fosse  fiorentino  Tassassino  turb6  grandemente  la  capitale,  la  quale  parve 
ria\rersi  allorquando  fu  avverato  che  lo  scellerato  Pieri  non  era  native  di  Fi- 
renze, ma  dei  sobborghidi  Lucca,  emigrate  da  9  anni  e  pur  troppo  alle  inique 
imprese  iniziato  nelle  tenebrose  eongreghe  di  Londra.  Non  e  per6  men  vero 
che  egli  facesse  i  suoi  primi  tirocinii  nella  rivoluzione  del  48,  comandando 
in  Pisloia  e  negli  Appennini  una  di  quelle  masnade  che  inlitolavansi  legio- 
ni  italiane. 

-  9.  II  ch.  Abate  Giuseppe  Manuzzi  pel  mesediMarzo  porramano  allari- 
stampa  del  suo  Vocabolario  della  lingua  italiana,  il  quale  sara  ricco  di  trenta 
€  piii  mila  tra  giunte,  correzioni  e  miglioramenti  sopra  la  passata  edizione 
gia  esaurita.  Gli  amatori  della  bella  lingua  nostra,  che  1'attendono  da  tanto 
terr/po,  godranno  di  veder  cosi  coronate  le  fatiche  e  le  diligenze  del  dotto 
ed  instancabile  Compilatore. 

10.  Alcuni  Sacerdoti  della  citta  diPescia,  deplorando  la  ignoranza  de'  po- 
veri  faociulli,  aprirono  nel  1852,  col  consenso  di  Monsig.  Vescovo,  una  Scuola 


COXTEMPORANEA 

notturna  di  Dottrina  cristiana.  Accorsero  volontcrosi  i  fanciulli  a  ricevere 
la  religiosa  istruzione;  nuovi  operai  si  aggiunscro  ai  primi  per  coadiuvarli 
nella  santa  impresa;  rinsegnamenlo  dalo  con  un  buon  melodo  fece  ottenere 
ben  presto  ottimi  risultati,  sicche  in  poco  tempo  la  scuola  giunsc  a  tale, 
che  yisitata  da  parecchie  illustri  persone,  fra  le  quali  quattro  Vescovi  toscani, 
ne  ebbe  molti  elogi.  Alia  line  dell'anno  scolastico,  fatto  un  invito  alia  ca- 
rita  cittadin;1,  fu  raccoltu  una  somma  di  scudi60  che  servi  per  premiare  con. 
vesli  ed  altri  doni  i  piu  merilevoli.  L'anno  seguente  furono  ammesse  alia 
scuola  anche  le  bambine  alia  cui  istruzione  furono  destinate  le  ore  mattutine 
dei  di  feslivi. 

Cosi  passarono  le  cose  tino  al  1856.  Allora  idetti  zelanti  Sacerdoti,  cono- 
scendo  che  ipii  cittadini  corrispondevano  consomme  sempre  maggiori  alle 
loro  dimandc,  pensarono  essere  giunto  il  momento  di  \edere  satisfatte  le 
loro  brame,  di  aprire  cioe  un  Asilo  infantile  per  raccogliere  gli  orfani  e  piu 
derelitti  bambini.  II  perche  chiamati  in  loro  aiuto  alcuni  probi  e  tidati  citta- 
dini laicijComunicarono  loro  il  proprio  disegno  e  ne  riportarono  incoraggia- 
mento  e  cooperazione.  Fu  allora  aperta  la  lista  di  coloro  che  volevano  esser 
socii  contribuenti  di  questa  pia  Aggregazione,  la  quale ,  insieme  co'  rispon- 
denti  statuti,  fu  canonicamente  approvata  da  Mons.  Vescovo  nostro,  e  afli- 
liata  alia  Gongregazione  di  Dottriua  cristiana  di  Roma.-E  perche  1'educazio- 
ne  di  questo  Asilo  fosse  veramenle  cattolica,  secondo  i  desiderii  di  coloro 
che  ne  erano  stati  promo  tori ,  essa  fu  affidata  alle  benemerite  Sucre  di  Ca- 
ritadi  S.  Giuseppe  dette  dell'Apparizione.  Queste  buone  Religiose  si  diedero 
con  ogni  impegno  all'educazione  di  qnesti  poveri  birnbi,  secondo  i  dettati  di 
nostra  S.  Religione  e  tosto  se  ne  videro  i  buoni  effetti. 

Tale  e  stata  1'origine  di  questa  Gongregazione  che  ha  il  duplice  scopo  dcllo 
inscgnamento  della  Dottrina  cristiana  e  del  mantenimento  dell' Asilo  infan- 
tile :  Congregazione  che  e  stata  in  modo  evidente  favorita  dalla  Divina  Prov- 
videnza,  perche,  incominciata  senza  un  soldo,  ha  potuto  raccogliere  note- 
voli  somme,  come  risulta  dal  Rendiconto  dell'anno  1856. 

II. 
COSE  STRANIERE. 

FRANC-A  \.  Indegnazione  per  1'attentato  dei  14  Gennaio.  —  2.  Eccezioni.  — 
S.Provvedimenti  varii  di  pubblica  sicurezza.  —  4.  Indirizzi  dell'esercito.  — 
5.  L'Ingliilierra  e  i  riiug^iti  —  G.  Discorso  del  Persigny.  —  7.  Polemica  re- 
ligiosa in  Francia.  —  8.  Condanne  per  delitto  di  stampa.  —  9.  La  Revue  du 
monde  payen.  —  10.  Le  Conferences  del  R.  P.  Felix.  —  11.  Il  Reveil  nuovo 
giornale.  — 12.  Le  Inscriptions  chreliennes  del  le  Blant.  — 13.  La  rivoluzione 
e  le  biblioteche.  —  14.  I  pubblici  dibattimenti.  —  IS.  Bilancio  e  statistica 
delle  poste.  —  16.  II  Dupin.  —  17.  La  Regina  di  Ude. —  18.  I  ncgri  nelle 
colonie  francesi.  —  19.  Ti'attato  col  regno  di  Siam. 

1.  11  tentative  d'assassinio  dei  14  Gennaio  contro  1'Imperatore  di  Francia, 
col  seguiiO  che  ebbe  di  ferite  e  di  morti  e  cogli  effetti  che  se  ne  prevedeva- 
no,  nel  caso  che  avesse  ottenuto  il  suo  scopo  principale,  non  e  un  fatto  che 


§00  CRONACA 

si  possa  dimenticare  in  quindici  giorni.  Olio  altri  attentati  1'  aveano  prece- 
dato  nel  breve  giro  di  selte  anni;  due  aveano  avuto  un  principio  di  esecu- 
zione,  quello  del  Pianori  doe  e  quello  di  colui  che,dinanzi  al  teatro  degli  Ita- 
liani,  tiro  un  colpo  di  pislola  sopra  la  carrozza  imperiale :  questi  fu  chiuso 
a  Bicetre  come  pazzo.  Gli  altri  erano  stali  solamente  tramati  e  sono  quelli 
delle  macchine  infernali  diMarsigUa  e  di  Lille,  della  Marianna,  del  Tibaldi  e 
del  Grilli  e  dei  cinque  condannati  come  contumaci.  Ma  niuno  di  essi  avea 
at  lira  to  sopra  gliassassini  politici  tantoodio  comune  e  tanta  probabile  effi- 
eacia  di  provvedimenti,  quanto  quest'  ultimo,  che  di  tutti  fu  il  piu  funeslo. 
jSon  e  esagerazione  il  dire  che  per  tutta  Europa,  anzi  per  tutto  il  mondo  ci- 
vile, non  fu  che  unavoce  sola  di  esecrazione  di  tale  misfatlo  e  di  congra- 
tulazione  per  1'  esito  mancato.  Principi  e  popoli  con  lettere,  con  indirizzi, 
eon  ambasciate  si  unirono  a  manifestare  tali  sensi.  Ed  anche  ora  HMonitcur 
di  Parigi  empie  le  sue  lunghe  pagine  di  indirizzi  d'ogni  maniera,  deslinati 
a  dimostrare  qual  sia  la  veramente  comune  epubblica  opinione  a  questo 
riguardo. 

2.  Alia  quale  comune  e  pubblica  opinione  per6  non  mancano,  siccome  al 
solito,  le  sue  poco  onorevoli  eccezioni.  E  non  parliamo  gia  de'  Mazziniani  e 
Repubblicani  di  professione,  ne  de'  loro  poeti  e  prosatori  cesarei,  i  quali  pub- 
biicamente  professano,  come  ognuno  sa,  due  cose:  1' amore  e  la  stima  di  soli 
se;  e  1'odio  spinto  fino  all' assassinio  contro  tutto  il  genere  umano  che  non 
pensa  come  loro.  Bensi  parliamo  di  alcuni  pochi  che,  in  su  i  loro  giornali, 
si  arrogano  il  nome  di  costituzionali  sinceriv  ed  i  quali,  pochi  a  nostra  no- 
tizia,  in  tale  congiuntura,  come  nelle  simili  che  precedettero,  si  divisero  in 
due  classi.  Isclla  classe  de'  taciturn!  ed  in  quella  degli  approvatori  del  fatto. 
E  dei  taciturni  non  diremo  nulla,  perche  si  sa  che  1'affetto  lalvolta  suol  to- 
gliere  la  parola :  e  chi  osera  negare  che  questi  tacessero  appunto  per  1'  im- 
petodeh"affetto?Ma  degli  approvatori  nomineremo  alcuni:  tra  i  quali  sono 
da  notare  specialmente  gli  scrittori  dell'f/raone  e  della  Gazzetta  del  popolo 
di  Torino.  E  che  essi  siano  certamente  costituzionali  non  e  a  dubitarne,  giac- 
che  i  principal!  scrittori  della  Gazzetta  del  popolo  sono  deputati  alParlamen- 
to  sardo  egiurarono  fedelta  allo  Statuto.  II  Bianchi  Giovini  poi,  scrittore  del- 
r Unione, brig6  altra  voltaivotidiDeputato  e  li  ebbe;ed  eraprontoa  giurare 
fedelta  alloStatuto  se  un  doloroso  accidente  non  1'avesse  ridottoarinunzia- 
re  alia  deputazione.  11  doloroso  accidente  si  fu  1'accusa  di  ladro  che ,  per 
disgrazia,  pesava  allora  sopra  di  lui,  non  ostante  il  volume  che  egli.  scrisse 
per  difendersi.  II  quale  caso  avendo  annunziato  un  Deputato  in  piena  Ca- 
mera ,  e  chiesto  che  prima  di  ammettere  il  Bianchi  Giovini  in  si  onorevole 
consesso,  questi  dovesse  purgarsi  dall'  ioiquo  sospetto,  lo  scrittore  dell'  U- 
iiiono  credetle  cosa  piu  sbrigativa  il  rinunziare  alia  deputazione.  Dunque 
cjiicsti  onorevoli  scrittori  in  tale  occasione  credettero  bene  di  lasciare  in- 
l.endere  ne' loro  giornali  rispettivi  che  se  I'lmperatore  di  Francia  fosse  sta- 
lo  culpito  ,  la  colpa  era  sua ;  giacche  chi  avea  pregato  Xapoleone  III  di  far 
la  guerra  alia  Repubblica  Romana  e  diriporre  il  Papa  nel  suo  trono?  Xon 
certo  il  Bianchi  Giovini,  ne  il  Bottero,ne  il  Borella,  ne  altri  simili  Deputati  co- 
stituzionali, Se  dunque  egli  voile  brigarsi  degli  affaridegr Italian!,  qualme- 
raviglia  che  gl'ltaliani  siimpaccinode'suoi,egli  facciano  scoppiare  bombc 


CONTEMPORANEA  501 

sotto  la  carrozza?  Inoltre  Napoleone  III  non  e  egli  Italiano  di  brigine?  Dun- 
que  tocca  agli  Italiani  di  assassinarlo.  Coi  quali  argomenti  il  BianchiGiovini 
e  gli  altri  prelodati  scrittori  intendono  di  avere  a  sufticienza  diraostratoil 
loro  odio  contro  gli assassini,  e piu die  chiaramente  scusati  quegl'Italiani  che 
tentarono  d' assassiriare  un  Italiano  che  os6  difendere  il  Sornmo  Ponteiice; 
colpa  dinanzi  a  loro  imperdonabile. 

Tolte  queste  e  altre  simili  eccezioni,  non  vi  fa  ne  Governo  ne  giornaleche 
ancora  si  lasci  guidare  da  vm  resto  di  pud  ore  e  di  coscienza,  che  non  si  sia 
rallegrato  pubblicamenle  dell'essere  fallito  1'assassinio;  avendo  tutti  piu  o 
meno  chiaramente  lasciato  intendere  che  Napoleone  III  e  ora  uno  de' piu  sal- 
di  puntelli  dell'ordine  europeo,  e  che  per  impedire  simili  casi  sono  da  pren- 
dere  buoni  provvedimcnti. 

S.Trai  provvedimenti  gia  presiunodei  piurilevantiesenzadubbioquello 
che  divide  la  Francia  in  cinque  gran  Gomandi  militari.  II  decreto  che  sopra 
cid  fu  dato  sotto  il  27  di  Gennaio,  pone  tutte  le  truppe  della  Francia  sotto  il 
comando  di  cinque  Marescialli  che  risederanno  in  Parigi,  Nancy,  Lione,  To- 
losa  e  Tours.  Tra  le  altre  utilita  che  si  prevedono  dover  derivare  da  questo 
eoncentramento  d'autorita  militare  nelle  mani  di  pochi,  la  relazione  del  Mi- 
nistro  della  guerra,  che  precede  il  decreto,  pone  anche  questo  ;  cioe  che 
«  le  truppe  potranno  in  un  dato  istante  essere  rapidamente  riunite  in  cor- 
pi  important!,  nelle  mani  di  un  solo  capo,  e  provvedere  cosi  all'ordine  inter- 
no  ed  alia  sicurezza  del  territorio  ». 

Lo  stesso  giorno  il  Senato  ricevette  comunicazione  di  un  disegno  di  leg- 
ge  secondo  la  qualc  i  candidati  alia  deputazione  dovranno,  almeno  otto  gior- 
ni  prima  deH'apertura  dello  scrutinio,  deporre  presso  il  Prefetto  uno  scritto, 
in  cui  si  contenga  il  giuramento  loro  di  fedelta  alia  Costituzione  ed  all'Impe- 
ratore. 

II  giorno  .1.°  di  Fcbbraro  poi,  essendosi  riunito  il  Senato,  il  Mioistro  di 
Stato  vi  lesse  un  messaggio  dell'Imperatore,  in  cui  questi  dichiara reggente 
del  Governo,  in  caso  di  sua  morte,  Flmperatrice,  e  nella  sua  assenza  iprin- 
cipi  francesi  secondo  Fordine  ereditario  della  corona.  Lo  stesso  messaggio 
istituisce  un  consiglio  private,  il  quale,  coll'aggiunta  di  due  Principi  france- 
si piii  prossimi  al  trono  per  ordine  ereditario,  diverra  consiglio  di  reggen- 
za  pel  solo  falto  dell'  avvenimento  al  trono  dell'  Imperatore  minore  di  eta. 
Questo  consiglio  privato  sara  fin  d'  ora  consultato  nei  grandi  affari  dello 
Stato  e  si  preparera  cosi  al  cdmpito  importanle  che  1'avvenire  pu6  riservar- 
g}i.  II  messaggio  era  accompagnato  dal  decreto  che  istituisce  il  consiglio  pri- 
vato. Ksso  e  composto  dell'em:  Card.  Morlot  Arciv,  di  Parigi,  delMarescial- 
lo  Pelissier,  di  Achille  Fould,  del  Troplong,  del  Morny,  del  Baroche  e  del 
Persigny. 

Nello  stesso  giorno  fu  presenlato  al  Corpo  legislative  un  disegno  di  legge 
relative  a  provvedimenti  di  pubblica  sicurezza.  II  presidente  del  Consiglio 
di  Stato,  sig.  Baroche,  nella  relazione  da  lui  letta  sopra  questa  proposta  di 
nuove  leggr,disse  die  questo  nuovo  rigore  di  provvedimenti  era  un  effetto 
dell'attentato,  con  con  cui  si  minacci6  alia  vita  dell'Imperatore.  «  Quell'au- 
dace  tentative  impone  il  dovere  (dice  la  relazione)  di  chiedere  al  Corpo  le- 
gislative i  mezzi  legali  di  mantenere  nel  paese  1'ordihe  e  la  sicurezza,  che 


502  CRONACA 

1'  Impero  gli  ha  rcso. »  I  pvimi  articoli  del  disegno  di  legge,  che  certamente 
sara  presto  votato,  puniscono  di  carcere  e  di  inulta  chi  in  qualsivoglia  guisa 
osi  turbare  la  pace  pubblka ,  ordire  congiure ,  iabbricare  o  vendere  armi 
seuza  licenza.  L'articolo  5,  che  di  tutti  e  ii  piii  grave,  da  facolla  al  Governo 
di  esiliare  o  di  coniinare  ogni  persona  condannata  per  uno  dei  delitti  aceen- 
nati  nei  primi  articoli  di  questa  legge  o  da  altre  leggi,  che  si  citano  n:.'ll'ar- 
ticolo  6.  L'aiiicolo  7  da  la  stessa  facolta  al  Governo  verso  tutti  coioro  die  fu- 
rono  gia  coiidannati  per  i  falli  degli  anni  48,  49  e  51 ,  quando  gravi  cagio- 
ni  li  provassero  pericolosi. 

^on  sappiamo  poi  fmora  se  la  nomina  a  Minislro  dell'  interno  del  Gene- 
rale  Espiuasse  succeduto  al  Billault,  la  cui  rinunzia  fuaccetlata,  sirannodi 
in  qualche  guisa  ai  provvedimenti  gia  presi.  Mentre  scriviamo  non  ci  e 
giunto  sopra  cio  altro  che  la  pura  nctizia  per  dispaccio  telegrafico. 

4.  Merilano  poi  specialissima  attenzione  i  caldi  indirizzi  che  da  ogni  lato 
della  Francia  seguono  ad  essere  preseutati  all'  Imperatore.  Tra  i  quali  quelli 
dei  varii  corpi  di  truppe  sono  veramente  singolari  per  la  chiarezza  uelle 
forme ,  con  cui  esprimono  il  loro  fermo  proposito  di  sostenere  sul  trono  il 
Principe  imperialc  nel  caso  della  morte  dell'lmperatore,  ed  il  desiderio  di 
andare,  se  occorra,  fino  a  Londra  per  iscovare  di  cola  gli  assassini  politici. 
«  Se  V.  M.  (dice  il  reggimento  82.°  di  linea)  ha  bisogno  di  soldati  che  va- 
dano  a  trovare  queste  bestie  feroci  fino  nel  loro  covo ,  noi  vi  preghiamo  di 
porre  noi  all'antiguardia.  » II  giornodopo  lo  stesso  giornale  ufflciale  pubb.ico- 
un  altro  indirizzo  del  59.°  reggimento  che  diceva:  <•.  L'indignazione  porta  i 
noslri  cuori  virili  a  chiedere  conto  alia  terra  d'impnnita,  dove  sta  il  covo 
dei  mostri  che  vivono  sotto  la  protezione  delle  sue  leggi.  »  E  cosi  parlano 
parecchi  altri  reggimenti.  Pure  dicono  alcuni  giornali  che  il  Moniteur  ha 
avutocnradi  ammorbidire  le  forme  di  alcuni  indirizzi,  e  che  alcuni  altri  non 
credette  bene  di  pubblicarli  perche  troppo  offensivi  dell'  Inghilerra.  Se  si  dee 
poi  credere  alia  Correspondance  generate  litografata,  foglio  di  Londra,  ci- 
tata  nell'  Independance  Beige  del  1  Febbraio,  1'ambasciatore  ingleseaParigi 
si  e  altamente  lagnato  col  Ministro  Walewski  del  primo  di  questi  indirizzi. 
Ma  quando  vide,  dopo  i  suoi  lamenti,  pubblicarsene  altri  anche  piii  forti,  dice 
il  detto  foglio  che  1'  ambasciatore  ne  scrisse  a  Londra.  Dove  Sir  Carlo  Wood 
Grande  Animiraglio  invio  oubito  ordine  ai  porti  militari  di  porre  in  assetto- 
tutte  lenavi  da  guerra.  Cagione  di  quest' ira  6,  secondo  il  citato  piornale  li- 
tografato,  1'avere  il  Governo  francese  fatto  stampare  sul  suo  foglio  ufficiale 
che  1' Inghilterra  e  paese  di  assassini.  11  Times  poi  ha,  alsuo  solito,  un  cal- 
do  articolo  coiitro  il  Governo  francese  per  questo  stesso  motivo.  E  chiaro- 
che  a  queste  notizie  di  armamenti  e  d'ire  non  conviene  credere  prima  di 
avere  migliori  informazioni. 

II  Moniteur  uon  ha  per6  lasciato  di  pubblicare  poi  altri  indirizzi  mol- 
to  forti  e  chiari  contro  1'  Inghilterra.  Pubblic6  pure  quello  dei  Framassoni 
francesi,  i  quali,  fra  le  altre  cose,  dicono  che  « il  grande  Architetto  dell' Uni- 
verse non  ha  permesso  che  anime  perverse  si  aprissero  la  via  verso  I  Im- 
peratore a  traverse  della  pace  del  mondo.  »  Si  vede  che  quei  framassoni 
erano  un  po'  impacciati  nell'architeltare  questo  loro  curioso  periodo. 
• 


CONTEMPORANEA  503 

5.  Ma  piu  che  non  degli  indirizzi  o  leggi  interne,  fatle  e  da  farsi  contro 
i  sowertitori  dell'  ordine  in  Prancia,  si  cliscorre  e  si  congettura  di  ci6  che 
1'  Inghilterra  dee  ora  fare  contro  i  suoi  ospiti  politici.  I  giornali  inglesi  non 
meno  che  i  forastieri  vanno  perdendosi  sopra  ci6  in  articoli,  in  novelle,  in 
conghietture  di  ogni  fatta.  Chi  dice  che  le  leggi  gia  ci  sono  bell'e  fatte,  e 
che  basta  volerle  e  saperle  applicare :  chi  sostiene  che  le  leggi  non  vi  sono. 
•Quest!  ultimi  si  dividono  in  due  partiti:  alcuni  vogliono  che  le  leggi  nuo- 
ve  si  facciano  in  varia  guisa,  secondo  chemeglio  talentaa  chi  scrive  il  fo- 
glio:  altrj  non  vogliono  che  si  tolga  all'  Inghil terra  questo  vanto  incontra- 
stato  d'  essere  il  ritrovo  di  tutti  gli  esuli  del  mondo.  Tra  quest!  hi  segnala 
il  Times  vero  modello  del  giornalismo  senza  coscienza  e  senza  pudore,  e 
ci6  nonostante  vantato  come  il  primo  giornale  del  mondo.  Ma  anche  sopra 
questo  Liunto  non  occorrera  aspettar  molto,  prima  di  vedere  il  netto  della 
cosa.  Gia  si  e  raunato  in  Londra  il  Parlamento,  e  gia  i  dispacci  telegrafici 
ci  recano,  mentre  scriviamo,  che  la  sera  dei  i  di  Febbraio  «  Lo"d  Palmer- 
ston  annunzib  per  Lunedi  venturo  la  presentazione  di  un  bill  tendente  ad 
emendare  la  legge  relativa  al  delitto  di  congiura  e  di  assassinio  ».  Poco  po- 
tremo  dunque  stare  a  sapere  che  cosa  vorra  questa  vo'.ta  fare  1'  Irighilbrra 
per  contentare  I'  Europa  che  pur  troppo  la  sta  guardando. 

6.  Quali  siano  poi  i  desiderii  del  Governo  frances-e  in  questa   questione 
apparisce  dal  discorso  tenuto  dall'  ambasciatore  francese  Persigny  in  Lon- 
dra in  risposta  a  quello  fattogli  solennemente  dal  Lord  Mayor  di  I  ondra 
nell'  occasione  del  fallito  attentato.  L'ambasciatore,  lodato  il  diritto  di  asi- 

10  e  dichiarato  che  non  si  desidera  pnnto  di  vederlo  v^olato  ,  not6  che  la 
questione  e  tutta  «  nell  a  condizione  morale  della  Francia  che  concepisce 
ora  dubbi  sopra  i  veri  sensi  dell'  Inghilterra.  Giacche  ,  o  la  legge  inglese 
basta  in  taU  casi  e  perche  non  si  applica?  o  non  basta  e  perche  non  si 
muta?«Dopo  questo  dilemma,  dalle  cui  corna  e  difficile   uscire  sa1  o,  il 
Persigny  fece  saviamente  notare  che  sarebbe  cosa  dolorosissima  pel  suo 
cuore  se  la  mutua  confidenza  di  due  popo'i  corns  il  francese  e  1' inglese , 
dovesse  mutarsi  in  diffidenza  ed  in  aperta  guerra.  Non  e  piu  possibile  lo 
stupirsi  se,  dopo  tali  spiegazioni,il  Palmerston  ha  creduto  dovere  proporre 
una  qualche  legge  contro  gli  assassini  politici. 

7.  Da  qualche  tempo  i  protestanti  fraicesi,  nei  loro  giornali  e  nelle  loro 
corrispondenze,  si-lagnavano  altarnente  di  supposte  persecuzioni  del  Governo 
francese  ,  a'  quali  lamenti  davano  jirincipalmente  luogo  nelle  loro  colonne 

11  Siecle  ed  il  Giornale  dei  Dtbats  in  Francia,  ed  i1  Times  in  Inghilterra.  Ve- 
ro e  che  il  Times,  dopo  avere  per  un  pezzo  accusato  il  Governo  francese  di 
intolleranza  e  di  persecuzione,  si  accorse  finalmente  di? essere  stato  per  lo  me- 
no ridicolo  nel  predicare  la  tolleranza  pei  prolestanti  in  Inghilterra,  paese  si 
celebre  per  la  sua  intolleranza  contro  i  Gaitolici.  Gi6  nonostante  il  Monileur 
in  un  suo  articolo  credette  behedidifenderecon  molto  calde  parole  laFrau- 
cia  dalle  accuse  lanciatele,  e  di  esprimere  insieme  alcune  idee  del  Gover- 
no sopra  la  guisa,  con  cui  egli  intende  che  d'ora  innanzi  si  faccia  nei  gior- 
nali la  cosi  delta  polemica  religiosa.  «  Molto  rileva,  dice  il  giornale  ufiiciale, 
di  porre  fine  alia  polemica  calda  chivoffende  la  coscienza  de'cittadiai  e  oltrag- 
gia  le  loro  credenze.  E  piu  utile  ancora  di  difendere  la  societa  intera  con- 


o04  CRONACA 

tro  lo  spirito  di  sovversione  e  di  empiela-  rivoluzionaria.  Questo  spirito  si 
cela  dietro  le  polemiche  religiose,  e  se  ne  giova  per  distruggere  ogni  princi- 
pio  d'autorila,  ispirando  il  disprezzo  di  ogni  principio  di  religione  ».  L'arti- 
colo  di  cui  citammo  queste  poche  ma  chiare  parole ,  e  in  verila  tliretto  a 
vietare  in  generale  il  troppo  caldo  delle  dispute  sui  giornali  coniro  qualsi- 
voglia  culto:  ma  e  evidente  che  1'utilila  vera  di  quel  divieto,non  mono  che 
lo  spirilo  generale  dell'  articolo,  e  in  favore  della  religione  cattolica,  la  qua- 
le  e  la  religione  di  34  milioni  di  Francesi,  e  pure  fu  la  religione  piii  costan- 
temente  oltraggiata  da  molti  giornali,  e  specialmente  dal  Siecle.  Percio  ve- 
demmo  con  piacere  che,nell'£/mum  del  30  Gennaio,  in  un  arlicolo  di  quel 
sempre  si  valente  e  si  cattolico  scrittore  che  e  il  sig.  Luigi  Veuillot,  si  loda 
mollo  quella  nota  del  Moniteur,  e  s'intende  nelsenso  appunlo  die  noi  pure 
le  avevam  dato  nel  leggerla.  La  religione  caltolica  non  ha  bisogno  di  pole- 
mica,  se  non  quando  e  assalita.  In  tal  caso  essa  si  difende.  Se  non  e  assa- 
lita  essa  insegna  ed  espone  i  suoi  dommi,  che  essendo  la  verita  medesi- 
ma,  brillano  di  luce  chiara  ad  ogni  occhio  non  volonlariamenle  velato  dal- 
la  malizia  e  dal  pregiudizio.  Togliete  gli  empii  libri  e  gli  empii  giornali 
che  spargono  nel  popolo  la  malizia  ed  il  pregiudizio,  e  la  verila 'caltolica 
non  ha  bisogno  che  di  mostrarsi  per  essere  amata  e  diraostrata  evidente- 
menle  credibile.  Invece  le  religioni  false  e  specialmente  il  proteslanlesi- 
mo  vivono  di  odio,  di  accuse,  di  negazioni.  Togliete  loro  la  polemica  e  sono 
ridotte  al  nulla.  E  dunqne  altamente  commendevole  ilGoverno  francese  per 
aver  ora  vielate  le  polemiche  «  dirette  a  distruggere  ogni  principio  di  au- 
torita,  ispirando  il  disprezzo  di  ogni  principio  di  religione.  »  ft  un  pezzo 
che  i  buoni  aspettavano  un  si  necessario  provvedimento ,  giacche  era  cosa 
dolorosissima  il  vedere  in  Francia  ogni  giorno  insultata  la  religione  calto- 
lica dal  Siecle,  dal  Charivari  e  da  molti  altri  giornali  della  stessa  risma. 

8.Un  libro  intitolato:7rmei  falsiCatlolici,  scritto  daun  tale  Martin,  non 
avea  fatto  verun  romore,  quando  sail  in  un  subito  in  qualche  rinomanza, 
grazie  ad  una  sentenza  data  dai  tribunali  di  Parigi ,  i  quali  ne  condan-r 
narono  1'autore  a  sei  mesi  di  carcere  ed  a  2  mila  fr.  di  multa.  Noi  non  co- 
nosciamo  il  libro  che  per  il  testo  della  condanna,  il  quale  censura  in  esso 
parecchie  cose  certamente  callive  e  condannabili,  insieme  con  altre  delle 
quali  e  senza  dubbio  lecito  ad  ognuno  di  avere  giudizio  di  verso  dal  tribuna- 
le.  II  quale  per  fermo  non  avra  inteso  di  costringere  nessuno  ad  ammette- 
re  Pirreprensibilita  delle  cosi  dette  liberta  della  Ghiesa  gallicana.  Ma,  gene- 
ralmenle  parlando,  e  certo  che,  per  quanto  se  ne  puo  ricavare  dai  testi  ci- 
tati  nella  sentenza,  quel  Martin  non  sa  nulla  dello  spirito  della  Ghiesa  ne 
delle  sue  istiluzioni:  se  pure  non  si  dee  credere,  ci6  che  pare  ammetlere  \'U- 
nivers,  che  1'autore  e  anzi  un  libero  pensatore  (doe  uno  che  non  pensa),  il 
quale  voile  rendere  odiosa  la  Religione  Cattolica,  e  non  riusci  che  a  rende- 
re  ridicolo  se  medesimo.  I  giornali  Uberi  pehsatori  di  Parigi  lentarono  in 
sulle  prime  di  ritorcere  contro  la  Ghiesa  e  i  giornali  religiosi.  quella  senlen- 
za,  ma  non  riuscirono  alia  prova.  Cosi  riuscissero  essi  ad  allontanare  dal- 
le loro  dottrine  le  conseguenze  pratiche  dei  Pianori  e  de'  Pieri !  Poco  dopo 
furono  condannati  ciascuno  a  due  mesi  di  carcere  ed  a  500  fr.  di  multa 
due  scrittori  Ae\¥ Estaffette,  giornale  parigino  il  quale,  come  dice  la  sentenza, 


COWTEMPORAKEA 

avea  «  posto  in  riclicolo  la  religione  cattolica  die  ognuno  dee  vencrare,  e  i 
suoi  ministri  die  lianno  diritto  al  rispelto  di  tutli  «  L' oltraggio  alia  reli- 
gionc  cattolica  ed  a  suoi  ministri  era  stater  fatto  dal  detto  giornale  colla 
pubblicazione  di  una  canzone  cantata  gia  dagli  ekttori  liber  all  belgi,  i 
quali  possono  da  questa  condanna  vedere  di  quale  onore  si  siano  coperti 
dinanzi  all'  Europa  nelle  loro  recenti  elezioni. 

O.Continuano  pur  troppo  ad  uscirein  Francia  libri  contenenti  attacchi  di- 
retti  oindiretti contra  larivelazione.Abbiamo  ultimamentegittatigliocchi  so- 
pra  alcuni  capi  dell'  opera:  La  terra  e  I'uomo,  di  L.  F.  Alfredo  Maury,  e  questo 
breve edincompiutoesame  non  ci  ha  punto  confortato  a  sperarbenedell'Isto- 
ria  Universale,  che  si  pubblica  da  una  societa di  professori  e  di  dotti,  sotto  la  di- 
rezione  di  M.  V.  Durny,  prof,  d'istoria,  alia  quale  il  libro  del  sig.  Maury  pa- 
re che  serva  d'  introduzione.  Ma  se  la  fede  ha  in  Francia  de'  nemici  e  del 
noncuranti,  non  manca  pure  di  zelanti  difensori.  II  di  appresso  a  quello,  in 
cui  ci  era  giunto  alle  mani  il  libro  del  sig.  Maury,  ci  pervennero  tre  qua- 
derni  di  un  nuovo  giornale  cattolico,  venuti  a  luce  nel  preceduto  Agosto  e 
ne'due  mesi  seguenti,  col  titolo  :  Revue  du  Monde  Pay  en  . , .  Recueil  Semi- 
periodique,  redige  par  une  socttle  de  Catholiqucs  et  dirige  par  M.  H.  D'An- 
selme.  Col  nome  di  mondo  pagano  e  di  paganesimo  qui  s'intende.  in  gene- 
rale  Yerrore,  considerato  corne  alterazione  del  vero,  anteriormenle  cono- 
sciuto,  Iradizionale  o  rivelato.  II  paganesimo,  nelle  sue  forme  esterne,  e 
fuggito  dinanzi  al  Cristianesimo  dalle  parti  piu  colte  del  nostro  globo ;  ma 
le  sue  dottrine  o  le  sue  incertezze  sono  tornate  ad  involgerci  da  ogni  par- 
te,  ed  a  mettere  in  forse  ogni  verita  rivelata,  Aporre  riparo  a  questa  irru- 
zione  del  mondo  pagano  nel  mondo  letterato,  e  per  esso  nelle  societa  cri- 
stiane,  indirizzano  lodevolmente  le  loro  fatiche  il  sig.  D'Anselme  e  i  suoi 
colleghi.  Gonformandosi  a  questo  bisogno  sociale,  essi  propongonsi  di  por- 
tare  1'  attenzione  e  la  critica  sopra  le  opere  ed  i 'monument!  della  scienza 
e  della  letteratura,  nel  passato  e  nel  presente,  ma  unicamente  per  le  rela- 
zioni  che  essi  possono  avere  colla  tradizione  sacra  o  la  rivelazione ,  le 
quali  in  tanti  moderni  scritti  veggonsi  piu  o  meno  alterate ,  se  non  for- 
malmente  contraddette.  Determinato  cosi  dallo  scopo,  il  carattere  gene- 
rale  degli  articoli  sara  quello  di  una  serie  continua  di  esami  critici,  che 
potranno  molto  variare ,  quanto  alia  forma  ed  ai  punti  particolari  del- 
la  scienza,  dell' erudizione  e  della  letteratura.  «  La  rivista  abbracce- 
«  ra  1'esame  critico;  l.°delle  cronologie  profane;  2.°  de'monumenti,  le  cui 
«  date  supposte  non  entrino  nel  cerchio  segnalo  dal  Genesi  ebraico;  3.°  del- 
«  le  origini  religiose  e  storiche;  4.°  de'personaggi  divini  o  umani  che  ei  mo- 
«  strano  le  prime  religioni  e  i  primi  annali  de'  popoli;  5.°  de'  costumi,  usi, 
«  superstizioni ,  proverbii  ecc;  6.°  delle  opere  importanti ,  le  quali ,  senza 
«  far  caso  della  tradizione  sacra  e  della  rivelazione,  ammettono  la  diver- 
«  sita  primitiva  delle  religioni,  delle  lingue  e  delle  razze;  7.°  del  lavori 
«  lelterarii ,  che ,  a  disprezzo  della  religione,  inculcano  ai  popoli  lo  scet- 
«  ticismo  e  1' incredulita  e,  ruinando  le  credenze  ed  i  costumi,  li  danno 
«  in  preda  al  flagello  delle  rivoluzioni  che  ne  sono  le  conseguenze  ».  Augu- 
riamo  il  piu  felice  successo  alle  fatiche  e  allo  zelo  de'valenti  collaboratori. 
E  ad  otteneiio  piu  fauslo  e  piu  pieno,  siaci  permesso  esporre  rispettosa- 


506  CRONACA 

mente  un  nostro  desiderio,  cioe  che  i  beneraerili  rcdattori,  usando  il  loro 
diritto  ed  abbracciando  le  dottrine  secondo  le  loro  convinzioni  inconcusse 
e  conform!  al  senso  letterale  delle  sacre  carte,  vogliano  insieme  avvertire 
esplicitamente  (nelloro  cuore  non  dubitiarno  che  cosi  pensino),non  peccare 
contro  la  fede  chi  non  rigetta  la  parola  diDio,  ma,  mosso  da  argomenti  per 
lui  \alidi,  la  intende  in  modo  diverse,  non  riprovato  anzi  talora  autorizza- 
to  clalla  Chiesa.  Se  do  aon  dichiarasi,  temiamo  che  possa  scemare  ilfrutto 
del  loro  sudori,e  da  quest!  per  avventura  in  qualche  intellettomeno  esperto 
o  men  bene  disposto  occasionarsi  1'eifetto  contrario  al  bramato,  alienando- 
lo  dalla  doltrina  cattolica.  I  buoni  cattolici  applaudiranno  seDza  fallo  ad 
una  nuova  Rivista  che  sorge  a  coinbattere  per  la  verita  cattolica  armata 
di  zelo,  di  operosita  e  di  sapere,  e  munita  dell'approvazione  ecclesiastica  di 
Monsig.  Arcivescovo  di  Avignone. 

10.  Souo  uscite  novellamente  a  Parigi,  coi  tip!  di  Adrien  le  Clerc,  le  Con- 
ferenze  sopra  il  Progresso  per  mezzo  del  Cristianesimo  recitate  nel  J85& 
nella  chiesa  cattedrale  di  Notre  Dame  di  Parigi  dal  R.  P.  Felix  della  G.  d. 
G.  successore  in  quel  pulpito  dei  Frayssinous,  dei  Lacordaire  e  dei  Ravignan. 
Non  e  questo  il  laogo  di  distendorci  nelle  lodidi  queste  Couferenze,le  quali 
furono  ampiamente  e  meritameote  lodate  e  compendiale,  quaudo  si  recita- 
vano,  dai  giornali  francesi  e  specialmente  dall'^mi  de  la  religion.  Diremo 
solo  in  breve  che  esse  ci  paiono  degnissime  di  essere  voltaic  in  italiano,  sic- 
come  quelle  dei  suoi  predecessor!,  tanto  pel  merito  deh"  argomento  accon- 
cissimo  ai  tempi  present!,  quanlo  per  quello  dell'  eioquenza  con  cui  esso  e 
trattato. 

11.  Un  notevole  annunzio  ci  reca  Vf  Hirers  dei  10  Gennaio,ed  e  la  nascitain 
Parigi  di  un  giornale  letterario,  sodo  e  di  buoni  costumi.  S'intilola  il  Rcveil, 
ed  e  diretto  dal  sig.  Granier  de  Cassaignac,  del  quale  il  sig.  Luigi  Veuillot 
rende  quest' onorevole  testiuaonianza:  «  Noi  lo  conosciamo  abbastanza,  ed 
in  guisa  da  sapere  che  egli  difeudera  valeutemente  molte  verita,  e  nou  ne 
offendera  veruna.  »  E  un  bell'  elogio  e,  fatto  da  tale  scrittore  ,  dice  piu  di 
quello  che  pare.  N6  il  giornale  si  mostra  indegno  di  tale  elogio  iiel  suo  pri- 
mo  numero,  di  cui  citeremo  queste  parole :  • « In  religione  noi  siamo  per  la 
Chiesa,  in  polilica  per  la  monarchia,  in  letteratura  per  il  secolo  di  Luigi 
XTV.  L'ni'a  ed  autorita.  Noi  non  ripudiamo  alcuna  delle  nostre  eredita  e 
lion  facciamo  la  guerra  che  agli  illegittimi.  »  Speriamo  ehe  le  promesse  sa- 
ranno  mantenute,  e  che  la  Francia  avra  cosi  un  giornale  letterario,  in  cui 
non  si  parli  solamente  e  malamente  di  romauzi ,  di  teatri  e  di  aneeMoti 
scandalosi.  11  Riiveil  non  incontra  pero  il  gusto  del  giomale  dei  Debals  ,  il 
quale  in  un  suo  articolo,  sottoscritlo  dal  signer  Rigault  ed  iuserito  nel  nume- 
ro dei  21  Gennaio,  malmena  molto  il  nuovo  giornale  appro vaudo,senza  mi- 
sura,  quello  che  il  Granier  di  Cassaignac  si  bene  cluam6  «  Orgia  letteraria.  » 
Kel'o  stesso  articolo  lo  stesso  autore  dice  che  gii  assassini  politic! «  vengono 
dall' Italia.  »  Se  avesse  detto  die  vengono  dali'Inghilterra  (beuche  talvolta 
nascono  anche  in^Francia)  avrebbe  detto  piu  giusto.  Ma  il  giornale  dei  De- 
bats  puo  egli  ammettere  qualche  male  iiell'lDglulterra  parlamentare?  Hac- 
comanda  poi  la  moderazione  allTnirer*,  il  quale  avea  detto  che  era  un 
poeta  frances3  (Vittore  Ugo)  quegli  che  consigliava  e  lodava  1'assastinio 


CONTEMPORANEA 

dell'Imperatore.  Siccome  si  trova  clie  11  poeta  franccsc  e  un  esnle  politico, 
cosi  il  Rigault,  con  carita  e  modorazione  liberate,  dice  che  il  Veuillot  e  un 
perfido  denunciatore,  ed  altre  simili  parole  cli  moderazionc  e  di  carita. 

13.  Un'  ailra  opera  di  gran  rilievo  per  la  letteratura  cil-uiana  e  uscita  al- 
ia luce  in  Parigi  col  titolo:  Inscriptions  chretiennes  de  la  Gaule,  anlerieu- 
res  au  VIII siecle,  reunies  et  annotees  par  Edmond  le  Blant.  Di  quest'ope- 
ra,  che  dee  constarc  cli  piu  volumi,  non  e  uscito  che  il  primo  che  abbiamo 
sott'occhio,  il  quale  volume  fa  meritamente  coronato  dall'  Istituto  di  Francia 
nell'  Accaderaia  delle  iscrizioni  e  delle  belle  lettere.  Esso  e  un  bell' in  quarto 
di  498  pagine  con  quarantaed  una  facciala  di  finissime  slampe,.pubblicato 
in  Parigi  per  ordinc  dell'  Imperatore  nella  stamperia  iraperiale  con  grande 
eleganza  di  tipi.  Riaiandiamo  alle  notizie  archeologiche  1'  esame  piu  partico- 
lare  di  questa  bell'  opera  che  gia  vedemmo.  altamente  commendata  dai  piu 
ripulati  giornali  e  da  valenti  archeologi.  Tra  questi  merita  speciale  men- 
zione  il  ch.  E.  Gavedoni,  il  quale  chiude  una  sua  mcmoria  sopra  quest'  ope- 
ra colle  seguenti  parole  «I  pregi  dell'opera  sono  tanti  e  si  grandi,  cue  muo- 
vono  nel  lettore  il  vivo  desiderio  di  vederla  sollecitamente  continuata  e 
compiuta » . 

12.11  giornale  dei  Debats  del  31  Dicembre  lamenta,  a  ragione,  la  condi- 
zione  di  quelle  famiglie  che  sono  costrette  a  vendere  le  loro  biblioteche  ed 
altre  collezioni  preziose.  I  quali  lamenti  egli  muove  a  proposito  della  ven- 
dita  che  ora  si  fa  in  Parigi  della  celebre  biblioteca  di  scienze  naturali,  rac- 
colta  a  gran  cura  ed  amore.  di  padre  in  figlio,  dalla  famiglia  de  Jussieu. 
Questa  biblioteca,  che  per  un  secolo  e  mezzo  fu  il  ritrovo  de'naturaUsti, 
dove  il  Linneo,  il  Lamarck  ed  altri  celebri  naturalist!  studiarono,  fra  breve 
sara  dispersa  pel  mondo.  «  Questa,  dice  il  citato  giornale,  e  forse  I' ultima 
di  quelle  grandi  collezioni  secolari ,  altra  volta  si  comuni  ed  ora  si  rare  in 
Francia.  Ma  con  chi  prendersela  se  il  soffio  delle  rivoluzioni  ha  dispersi 
tanti  >tesori?  »  Noi  sapremmo  bene  suggerire  al  giornale  dei  Debats 
con  chi  prendersela:  ma  crediamo  che  egli  non  vorrebbe  poi  prendersela 
con  niuno,  considerate  che  egli  e  uno  de'  piu  accorti  sofliatori  di  rivoluzioni 
e  sperditori  perci6  di  biblioteche,  che  noi  conosciamo. 

14.  Tra  le  molte  conquiste  del  moderno  Jiberalismo  si  conta  puredamolti 
quella  della  piena  pubblicila  dei  dibattimenti  giudiziarii:  la  quale,  come  tutti 
i  beni  di  questo  mondo,  non  e  perci6  senza  le  sue  disgrazie,  specialmente 
quando  le  si  congiunge,  come  in  Francia,  la  liberta  della  stampa.  Giacche  al- 
lora  accade  soventi  che  un  processo  scandaloso,  il  quale,  se  fosse  stato  trat- 
tato  o  a  porte  chiuse,  o  senza  1'  eco  molte  volte  menzognero  od  almeno  in- 
fedele  dei  giornali,  sarebbe  rimasto  circoscritto  ne'  termini  di  una  piccola 
citta  di  provincia ,  quando  invece  e  portato  nelle  cinque  parti  del  mondo  , 
reca  seco  1'infamia  spesso  immeritata  di  testimonie  di  accusati  poi  dichia- 
rati  innocenti.  II  che  fu  splendidamente  dimostrato  poco  fa  in  Francia  dal 
celebre  oratore  Berrier,  avvocato  in  un  certo  processo  ,  nel  quale  gli  accu- 
sati, dichiarati  poi  innocenti ,  furono  nondimeno  straziati  dalle  sole  rela- 
zioni  che  dei  dibattimenti  fecero  i  giornali.  Vi  e  chi  propose  in  tale  occa- 
sione,  secondo  noi,  assai  saviamente,  ^he  fosse  vietato  ai  gioruali  di  pub- 
blicare  altra  relazione  dei  dibattirnenii  che  la  giudiziaria  loro  comunicata 


508  CRONACA 

dal  tribunale.  Certamente  tale  provvedimenlo  sarebbe  molte  volte  la  salva- 
guardia  della  verita,  del  la  morale  e  della  fama  delle  persone. 

15.  II  Moniteur  del  23  Gennaio  pubblica  il  disegno  di  legge  regolatrice 
del  bilancio  generale  di  Francia  del  1859.  Le  spese  si  presumono  diun  mi- 
liardo,  766  milioni,  707,277  franchi,  cioe  49  milioni  e  717,781  franchi  di 
piu  che  1'anno  passato.  II  totale  delle  entrate  dello  stesso  anno  si  prevedc 
dover  essere  di  un  miliardo,  813  milioni  919,  114  franchi:  cioe  47  milioni 
211,837  franchi  piu  delle  spese.  It  Governo  ha  1'  intenzione  di  spendere  40 
milioni  di  questo  avanzo  nel  riscatto  del  debito  consolidato. 
1  Una  relazione  nfficiale  ci  fa  noto  che  il  numero  delle  lettere  distribute 
in  Francia  nel  1856  fu  di  251,  997,  700,  oltre  a  2,  867,  904  non  distribute 
perche  d'ininlelligibile  indirizzo.  II  prodolto  delle  poste  fu  di  85,831,130  fr. 
Le  spese  non  montarono  che  a  36,337,000  fr.  rimanendo  cosi  all'  Erario 
un  utile  di  19,494,130  fr.  II  numero  degli  uffiziali  delle  poste  fn  in  quello 
stesso  anno  di  25,815. 

16.  II  sig.  Dupin,  quando  teste  dichiaro  che,  per  solo  amore  del  proprio  paese, 
egli  avea  acceltata  la  carica  di  Presiclente  della  Gorte  di  Gassazione  e  di  Se- 
Datore,  avea  parimenle  dichiarato  che  prima  avea  voluto  compiere  piena- 
mente  1'ufGzio  di  esecutore  testamentario,  confidatogli  dal  Re  Luigi  Filip- 
po.  Nondimeno  poco  dopo  il  Dnca  di  Monlomorency,  il  Conte  di  Montalivet  ed  il 
sig.  Scribe,  colleghi  del  Dupin  in  quell' uffizio,  dichiararono  inuna  loro  let- 
tera,  pubblicata  nello  Spectateur,  che  il  mandato  del  sig.  Dupin  non  era 
ancora  compiuto  ne  di  fatto  ne  di  diritto. 

17.  La  povera  exregina  di  Ude,  venuta  dall'  Oriente  in  Inghilterra  a  di- 
fendere  invano  la  sua  causa  dinanzi  alia  Compagnia  dell'Indie  sua  spoglia- 
trice  cd  al  Governo,  si  era  poco  fa  recata  a  Parigi  con  gran  pompa  di  cor- 
teggio.  Ma  pochi  giorni  dopo  il  suo  arrive  mori.  Essa  fu  sepolta  con  gran 
pompa  nel  cimitero  musulmano  (che  la  Reginaeradi  religionemaomettana, 
della  setta  cui  appartengono  per  lo  piu  i  Persiani) ;  ma  senza  Fintervento 
ufticiale  del  Governo  come  desiderava  taluno,  il  quale  credeva  che  essendo 
essa  Regina  doveva  avere  onori  reali.  Ma  (secondo  che  narrano  alcune  cor- 
rispondenze)  il  Governo  francese  interrogd  sopra  ci6 1'Ambasciatore  inglese, 
il  quale  non  mostr6  approvare  la  cosa. 

18.  Abbiamo  gia  discorso  altra  volta  dei  Negri  che  la  Francia  intende  tras- 
portare  nelle  sue  colonie  come  liberi  lavoratori ,  e  delle  difficolta  che  a 
questo  disegno  oppone  I'lnghilterra.  Ora  accadde,  secondo  che  narra  I'lndc- 
pendance  Beige,  che  due  navi  da  traffico  della  Casa  Regis  di  Marsiglia  erano 
andate  a  caricare  Negri  sulle  coste  atl'ricane ,  per  eseguire  1'  intenzione  del 
Governo  francese.  II  comandante  inglese,  che  voleva  vedere  in  quel  carico 
una  violazione  delle  leggi  contro  la  tratta  dei  Negri ,  non  si  oppose  al  ca- 
rico, ma  decise  di  far  seguitare  le  navi  da  un  legno  inglese,  il  quale  dovea 
visitarle  in  alto  mare.  II  che  avendo  conosciuto  il  comandante  francese  , 
fece  sapere  all'  inglese  che,  se  voleva  eseguire  il  suo  disegno,  egli  avrebbe 
fatte  scortarelenayidaduefregate,  eche,  dibuono  o  mal  suo  grado,  il  carico 
sarebbe  giunto  alia  Martinica,  dov'era  destinato,  e  dove  difatti  i  Negri  sono 
gia  arrivati.  Di  che  il  comandante  inglese  credette  bene  di  non  fame  akro, 


CONTEMPORANEA  509 

rendcndo  di  ogni  cosa  consapevole  il  suo  Governo,  il  quale  dicesi  che  sia 
sopra  ci6  in  pratiche  col  Governo  francese. 

19.11  Moniteur  de"28  Dicembre  pubblica  un  Trattatodi  amiciziaedi  com- 
mercio  tra  la  Francia  ed  il  Regno  di  Siam.  Fu  conchiuso  il  15  Agosto  del 
1856  e  ratificato  il  24  Agosto  dell' anno  seguente.  Secondo  il  Trattato  i  Fran- 
cesi  ^odranno  cola  delle  grazie  concedute  alia  nazione  piu  favorita  ;  ma 
specialmente  e  da  notare  1'articolo  3  che  concede  ai  Francesi  nel  regno  di 
Siam  «  la  facolta  di  praticare  la  loro  religione  pubblicamente  e  liberamente, 
di  fabbricare  chiese  in  siti  destinati  dal  Governo  del  luogo,  d'  accordo 
col  console  francese.  I  missionarii  francesi  avranno  la  facolta  di  predicare, 
d'  insegnare ,  di  costruire  chiese ,  seminarii  e  scuole  ,  spedali  ed  altri  pri 
ediflzii  in  qualunque  luogo  del  regno ,  conforme  alle  leggi  del  paese.  Essi 
si  aggireranno  liberamente  nel  regno,  purche  abbiano  carte  autentiche  del 
Console  francese,  o,  in  sua  mancanza,  del  loro  Vescovo,  col  visto  del  Gover- 
natore  Generale  residente  a  Gsangkok  ». 

NOTIZIE  VABIE  1.  (  Da  nostra  corrispondenza  )  Parlamento  inglese  —  2.  India 
inglese  —  3.  Cina  e  Concincina  —  4.  Erzegovina  —  5.  Conversioni  neiPHol- 
stcin  —  6.  Questione  del  Ducati  dtftiesi. 

1.  4  "11  Parlamento  inglese  siradunera  il  4  del  mese  diFebbraio  e  nelle 
sue  tornatc  il  Palmerston  dovra  sostenere  una  lotta  assai  difficile.  Egli  do- 
vra proporre  una  legge  di  riforma  parlamentare.  Ma  la  Nazione  in  gene- 
rale  e  fredda  sopra  questo  riguardo,  e  inoltre  sara  difficile  il  con  ten  tare  il  par- 
tito  radicale.  La  questione  del  rjordinamento  del  Governo  deli'Indie  e  irta  di 
difficolla  anche  piii  formidabili.  Si  sa  che  il  Minislero  proporra  di  coslituire 
un  Consiglio  puramente  consultative,  presieduto  da  un  Ministro  di  Gabinetto,, 
il  quale  sara  responsabile  come  Ministro  degli  affari  indiani.  Ma  ci6  rende- 
rebbe  1'  Impero  Indiano  soggetto  alia  lotta  dei  partiti  della  Camera  dei  Co- 
muni.  In  sostanza  la  Camera  dei  Comuni  governera  1' Impero  Indiano  per 
mezzo  della  responsabilita  del  Ministro.  Dunque  tutte  le  opinioni  ed  i  pre- 
giudizii  politici,  sociali  e  religiosi  degl'  Inglesi  avranno  piena  influenza  nel 
Governo  deli'Indie.  II  gran  diffetto  dei  Governi  costituzionali  e  che  essi  sono 
governi  di  partiti ,  e  che  i  Ministri  sono  sempre  partigiani.  Questo  difetto 
diventa  poi  pericplosissimo,  quaiido  i  partiti  di  un  paese  governano  un  al- 
tro  paese  abitato  danazioni  pienamente  diverse  della  Nazione  governatrice. 
Le  cariche  poi  e  gli  impieghi  nell'  Indie  saranno  pure  sotto  la  medesima 
influenza  parlamentare,  che  regola'la  distribuzione  delle  cariche  e  degU 


\  La  corrispondenza  di  cui  diamo  questo  brano  non  ci  e  giunta  a  tempo  per  essere  pubbli- 
cata  nel  passato  quaderno.  Essa  contiene  inoltre  una  bella  dcscrizione  del  Leviathan,  la  quale 
pubblicheremo  nolle  Piotizie  scientifiche  del  futuro  fascicolo.  In  quest'occasione  notiarao  gli  er- 
rori  incorsi  nella  stampa  di  alcnne  passate  corrispondenze  inglesi.  A  pag.  75-1  del  Vol.  8.°  di 
questa  serie,Hnea  ^7,  togli  queste  parole:  nella  Sessione  del  -ISSS-oi;  a  pag.  755,  liiiea  ^6  in 
vece  di  per  leggi  piu;  a  pag.  755  invcce  di  Wetcalfe  leggi  Metcalfe;  a  pag.  637  dello  stesso 
Vol.  linca  71  invece  di  Lord  leggi  Duca  di  Norfolk.  (Ifc'a  de'  Compilatori) . 


1)10  CRONACA 

impieghi  in  Inghilterra.  Quale  sara  il  risultato  di  questa  influenza?  Abbiamo 
veduto  mandarsi  il  Generale  An  son  al  comando  dell'  esercito  delle  Indie  di 
300  mila  uomini,  solamente  perche  egli  era  membro  di  una  gran  Famiglia 
del  partito  Whig,  perche  aveva  molti  parenti  nel  Parlamento,  e  perche  egli 
era  carico  di  debiti.  Egli  aveva  fatto  le  sue  campagne  alle  corse  di  Epsom, 
<Ii  Newmarket  ecc.  e  nei  Club  di  Londra.  Gosi  probabilmente  accadra  molte 
alire  volte  in  simili  casi,  quando  i  partili  della  Camera  govern ino  1'ludia. 
E  bisogna  no  tare  che  Lord  Palmerston  e  essenzialmente  partigiano,  e  che 
egli  e  capace  di  fare  qualunque  cosa  per  ottenere  im  buon  successo  parla- 
mentare.  Ognuno  vede  questi  pericoli,  i  quali  daranno  materia  a  gravi  di- 
scnssioni  nel  Parlamento. 

«  Intanto  il  Ministero  Palmerston  ha  vacillate  alquanto  nella  pubblica  opi- 
uione  per  la  nomina  di  Lord  Glanricard  ad  una  carica  nel  Gabinetto.  Gli 
antecedent  di  questo  signore  sono  pessimi  e  scandalosissimi.  Anche  le  per- 
sone  meno  scrupolose  fremono  di  questa  nomina.  Ma  egli  6  Whig  Palnier- 
stoniano,  ed  amico  intrinseco  del  Palmerston ;  e  questi  tiloli  bastarono  per 
innalzarlo  alia  carica  importantissima  di  Ministro  di  Gabinetto.  Lord  Clan- 
ricard  difendera  i  provvedimenti  ministeriali  nella  Camera  dei  Pari,  mala 
sua  nomina  nuoce  al  Ministero. 

2.  «  La  disfatta  soslenuta  nell'India  dal  Generale  Wyndham  fu  grave  assai 
ed  avrebbeprodotlorisultati  tristissimi,  se  il  Generale  Sir  Colin  Campbell  non 
avesse  intieramente  messi  in  rotta  i  vincitori.  La  diflicolta  della  campagna 
e  ora  intieramente  nel  regno  di  Ude.  Intanto  giungono  rinforzi  dall'  Inghil- 
ierra.  La  mortedel  Generale  Havelock  eccita  in  Inghilterra  il  pin  vivo  ao- 
lore  come  di  una  grave  perdit?.  Ma  si  crede  che  il  General  Campbell  ba- 
stera  da  se  per  condurre  a  buon  ternrine  le  operazioni  militari  contro  iri- 
belli.  1  periti  nell' arte  militare  ammirano  specialmente  la  maestria,  colla 
quale  egli  libero  gli  Inglesi  di  Lucknow.  Le  difficolta  presenti  derivano  dal 
numero  enorme  dei  nemici  in  paragone  della  forza  inglese.  11  Generale  Wyn- 
dham si  Iasci6  sorprendere ;  pare  perci6  che  egli  non  sia  snfficientemente 
sperimentato  nell'arte  della  guerra.  Ma  le  truppe  europee  si  sono  mostrale 
finora  capaci  di  vincere  i  soldati  indigeni,  anche  quando  questi  furono  mol- 
to  piu  numerosi.  Nel  regno  di  Ude  i  proprietarii  delle  terre,  iZemendari, 
si  sono  ribellati;  il  che  rende  le  condizioni  di  quel  paese  piu  gravi  di  quel- 
le  delle  altre  province  indiane.  Alcimi  d.'cono  che  nasceranno  nuovi  guai. 
Ma  sernbra  piu  probabile  che  le  truppe  le  quali  arrivano  ogni  giorno  dal- 
1'Inghilterra,  b?steranno  per  ridurre  I'lmpero  indiano  ah"  obbedienza. »  Fin 
qui  il  nostro  corrispondente. 

Le  piurecenlinotizie  dell'India  non  sono  si  chiare  che  senepossaritrarre 
un  giudizio  netto  sopra  lo  stato  delle  cose.  Secondo  alcuni  dispacci  sembra 
confermarsi  che  Sir  Colin  Campbell  voglia  ritirare  per  ora  le  truppe  dal 
regno  di  Ude  pienamente  ribellato,  e  attendere  invece  a  pacificare  il  resto 
dell'India.  Altre  notizie  invece  paiono  indicare  che  egli  raduni  soldati  alle 
frontiere  occidental!  di  quel  regno  e  precisamente  alia  frontiera  occidental 
presso  Furruckabad,  dove  i  ribelli  si  sono  arrestali  in  gran  uumero,  dopo  aver 
costretto  gl'  Inglesi  ad  abbandonare  quella  fortezza.  Ci  giungono  pure  novelle 


CONTEMPOUANEA 

di  due  vittorie  riportate  dal  Generate  Outram  e  dal  colonnello  Seaton  in  duo 
scontri  coi  ribclli.  Ma  1'importunte  non  ista  in  qucsti  falti  d'arme  staccali: 
bensi  nella  stagione  dei  caldi  e  delle  pioggie,  la  qimle  si  avvicina,  comin- 
ciando  essa  nell'Indiacol  mese  di  Aprile.  Se  in  questo  frattempo  le  cose  non 
si  quietano,  e  da  temere  clie  non  cresca  Fagilazione  e  la  rivolta. 

Altro  caltivo  siutomo  per  Favvenire  sono  le  maUUtie  cheinfieriscono  nel- 
FesercHo  iuglese.Xoi  leggenimo  gia  in  un  giornale  die  la  morle  cagionata, 
sp:cialmente  da  dissenterie,  col|)iva  circa  mille  soklali  al  mese.  Ora  il  Pays 
ci  annunziapure  die  la  morlalila  e  grandissirna  nell'esercito  inglese,  eche 
un  priuo  convoglio  di  400  ammalati,  die  sara  seguito  da  parecchi  altri,  e  gift 
arrivato  a  Suez,  dove  forse  si  fondera  uno  spedale.  Un  giornale  di  Londra 
dice  che  g!i  ammalati  da  trasportarsi  sono  piu  di  sei  mila.  E  chiaro  die  il 
clima  dee  essere  micidiale,  quando  i  convalescent!  si  trasportano  a  Suez  dal- 
1'Indi? ,  dove  certo  non  mancano  ospedali  nelle  citta  inglesi. 

Leggiamo  poi  nell'  Unided-Service  Gazette,  giornale  militare  di  Londra, 
che  essendo  necessarii  piu  di  60  mila  uomini  per  compiere  1'  armamento 
dei  varii  reggimenti  di  linea,  non  si  sa  come  trovarli,  giacche  la  voglia  di 
andare  a  combattere  nell'Indie  si  e  ora  molto  diminuita  nel  popolo  inglese. 

3.  Fino  da  un  mese  fa  il  Times  ci  anmmziava  che  Canton,  mentre  egli 
scriveva ,  era  forse  assalita  e  presa  dalle  forze  riunite  degli  Inglesi  e 
dei  Fr?ncesi.  Ma  finora  non  ci  fu  dato  di  saper  altro  che  il  numero  dei 
legni  da  guerra  che  bloccauo  il  porto ,  e  i  disegni  die  vi  sono  di  proce- 
dere  colle  cattive,  poiche  alle  buone  il  Mandarino  Yeh,  Governatore  di  Can- 
ton, non  si  e  voluto  arrendere.  Gli  europei  si  sono  intanto  impadroniti 
seiza  resistenza  dell'  isola  di  Honan.  Gli  Americani  ed  i  Russi  non  pren- 
deranno  parte  alle  otfese,  benche  abbiano  ricevuto  gli  uni  e  gli  altri.  un 
duroriliuto,  condito  di  ironia,  di  entrare  in  Canton  come  mediator!  di  pace. 
Sara  certamente  cosa  curiosa  il  vedere  alle  prese  5  mila  Inglesi  e  900 
Francesi  con  una  citta  di  un  milione  di  abitanti,  che  conta  225  mila  sol^ 
duti.  Si  crede  die  gli  Europei  saranno,  loro  mal  grado,  aiutati  dagli  oltre 
a  50  mila  ladri  che  in  tale  occasione  ci  narrano  i  giornali  essere  accor- 
si  presso  Canton,  come  uccelli  di  rapina,  sopra  un  campo  di  battaglia. 
L'ammiraglio  inglese  ha  per6  avulo  cura  di  avvisare  con  sue  gride  i  I  po- 
polo di  Canton  di  non  mescolarsi  nella  lotta  dei  soldati  dei  due  paesi,  as- 
sicurandolo  che  in  tal  caso  egli  sapranon  solo  risparmiarlo,  ma  difender- 
lo  ancora  da  quetle  migliaia  di  ladri  che  lo  minacciano.  Una  strana  noti- 
zia  ci  da  intanto  il  Times,  il  qualeci  narra  essere  giunto  dalla  Gina  a  Lon- 
dra il  generale  inglese  che  doveva  comandare  1'  assalto  di  Canton.  11  detto 
giornale  crede  che  egli  sia  venuto  per  convincere  il  Governo  dell'  impossi- 
bilita  di  assalire  con  si  poche  forze  quella  grande  citta. 

Sembra  poi  certo  che  un'armata  francese  dee  pure  recarsi  nella  Cocinci- 
na,  per  chieder  conto  a  quei  barbari  delle  crudeli  persecuzioni  mosse  gia 
piu  volte  e  specialmente  della  crudelissima,  con  cui  ora  inh'eriscono  contro 
i  cristiaiii  e  i  missionarii.  A  quest,' anna ta,  a  richiesta  del  Governo  francese, 
si  unira  pure  un  corpo  di  soldati  spagnuoli:  il  quale,secondo  I'Espana,  sara 
composta  di  1,400  uomini  che  sono  ora  alle  Filippine  e  di  una  batteria  di 
artiglieria. 


CROXACA  CONTEMPORANEA 

4.  Gontinuano  i  raoti  in  molte  province  della  Turchia  europea;  cioe  nel- 
la  Bosnia,  Servia ,  Albania  e  specialmente  nell' Erzegovina ,  dove  i  gior- 
nali  chc  narrano  i  particolari  della  ribellione  dicono  ctie  vi  sono  perfino  ban- 
de  di  piu  di  due  mila  ribelli.  I  Montenegrin!  poi  vi  hanno  preso  gran  parte; 
il  che  toglic  molta  forza  ad  una  protesta  del  Principe  Danilo,  da  lui  mandata  a 
Cjstantinopoli,  nella  quale  egli  dichiara  che  non  ha  colpa  nella  sommossa. 
Finora  nonsipuo  prevedere  nulla  deH'avvenire,  specialmente  perche  non  si 
sa  bene  donde  provengano  gli  incoraggiamenti  ai  ribellati.  I  quali  se  fos- 
sero  lasciati  soli,  e  probabile  che  presto  sarebbero  ricoodotti  al  dovere.  Vero 
£  che,  se  laPorta  non  pone  una  volta  frerio  alle  intollerabili  esigenze  del 
Pascia,  i  quali  spolpano  i  Gristiani  con  vessazioni  ed  imposte  di  ogni  ma- 
niera,  questa  sola  ingiustizia  continuata  puo  dare,  anche  senza  cercare  altre 
ragioui,  coraggio  sufGciente  a  quegii  infelici  quasi  ridolti  dalla  loro  miseria 
alia  disperazione.  Se  non  aliro  quell' oppressione  sara  sempre  un  buon  ar- 
gome'nto  in  mano  a  quanti,  o  per  un  motivo  o  per  un  altro,  credono  che 
quelle  province  europee  e  cristiane  non  istiano  bene  sotto  il  dominio  della 
Porta. 

5.  Ne!  giornale  dei  Debats  del  22  Gennaio  leggemmo  una  molto  consolan- 
te  notizia  data  solto  la  guarentigia  della  Correspondence  Bullier,  che  dice 
cosi «  Nell'  Holstein  e  ora  accaduto  un  t'atto  che  cagion6  qualche  stupore. 
Parecchi  personaggi  segnalali  sono  passali  dalla  religione  luterana  allacat- 
tolica..Il  capo  di  una  delle  prime  famiglie  della  nobilla  holsteinese,  ilConte 
Hahn  di  Neuhaus,  fratello  della  Contessa  Ida  Hahn-Hahn,  si  rese  caltolico  in 
Salzbourg,  seguendo  1'  esempio  del  Professore  Stein  dell' Urn versita  di  Kiel, 
che  1'anno  scorso  si  convert!  parimente  al  Gattolicismo  con  tutta  la  sua  fa- 
miglia.  Uu  altro  membro  dell'  alta  nobilta  deU'Holstein,  il  figliuolo  del  Gonte 
Blome  di  Salzau  e  della  Principessa  Bagration,  si  e  pure  reso  cattolico  ». 

6.  La  questione  dell'  Holstein  si  agita  ora  dinanzi  alia  Dieta  germanica, 
la  quale  ha  gia  dato  il  suo  primo  volo  favorevole  ai  Ducati  per  mezzo  del 
relatore  della  giunta  federale.  La  relazione  propone  d'invitare  la  Danimarcr 
a  porre  la  Gostituzione  dei  Ducati  in  armonia  colla  Gostituzione  federale,  e 
ci6  in  breve  tempo.  I  varii  Govern!  tedeschi  pero  non  poterono  tiuora  pro- 
cedere  al  voto  detinitivo,  perche  alcuni  inviati  di  piccoli  Stati  non^  oano 
ancora  ricevute  le  istruzioni  dai  loro  Governi.  Dices!  che  cio  abbia  recato 
dispiacere  alle  Potenze  maggiori  che  erauo  desiderose  di  tinir  presto  1'af- 
fare;  e  che  ora  si  pens!  di  modih'care  ilregolamento  della  Dieta  in  guisada 
togliereai  piccoli  Slat!  il  modo  di  opporsi  colle  loro  lentezze  alia  prestade- 
cisione  degli  affari.  Ma  ora  non  ci  e  piu  altra  questione  che  di  tempo,  es- 
sendo  eviclente  che  il  voto  federale  sara  contrario  alia  Danimarca.  Perfino 
si  pretende  che  sia  stato  gia  incaricato  1'  Annover  di  occupare  colle  truppe 
federal!  i  Ducati  nel  caso  che  ia  Danimarca  non  renda  loro  giustizia.  Que- 
sta dal  canto  suo  crede  di  aver  fatlo  piu  di  quello  che  doveva  in  favore 
dei  Ducati,  e  non  pare  disposta  a  cedere,  siccorne  si  pu6  ricavare  dal  dis- 
corso  recitato  dal  Ue  nell'  apertura  delle  Camere.  Pare  dunque  probabile 
che  la  questione  si  dovra  appianare  in  qualche  congresso,  in  cui  prenda- 
no  parte  come  mediator!  i  grandi  potentati  non  ledeschi; 


IL    FRATE 


Fu  chi  disse  che  il  titolo  e  per  un  libro  ed  anche  per  un  artico- 
lo  quello  che  per  1'uomo  individuo  e  il  proprio  nome.  La  quale  ana- 
logia,nonpuo  negarsi,  ha  molti  riscontri  verissimi,  come  si  potreb- 
be  agevolmente  mostrare,  cominciando  dal  fondamentale,  die  e  il  di- 
stinguere  tra  loro  glindividui  dellastessa  specie,  nel  che  alia  fine  & 
posta  la  ragione  ultima  d'  imporre  i  nomi.  Nondimeno  tra  il  titolo 
di  un  libro  ed  il  nome  di  un  uomo  vi  ha,  sotto  un  altro  rispetto, 
piuttosto  opposizione  che  somiglianza  ;  stante,  che  dove  per  un  uo- 
mo il  chiamarsi  Caio  o  Mevio  non  avra  nulla  che  fare  colla  fortu- 
na  che  esso  trovera  in  questo  mondo ;  per  un  libro  al  contrario  e 
per  un  articolo,  il  titolo  che  esso  porta  in  fronte  vale  buone  tre 
quarte  parti  della  fortuna  che  lo  aspetta  riella  repubblica  letteraria, 
Di  che  a  noi  pare  che  facciano  con  molta  accortezza  quegli  scritto- 
ri,  giornalisti  segnatamente,  i  quali,  trovato  che  abbiano  un  titolo 
nuovo,  ghiotto,  piccante,  credono  di  avere  compiuta  la  massima 
parte  della  loro  bisogna  ;  e  forse  non  s'  ingannano,  in  quanto  che 
con  cio  solo  si  sono  assicurato  il  gradimento  di  tutti  quei  candidi 
lettori,  i  quali  non  sogliono  andare  oltre  al  titolo,  per  maritenere 
forse  sempre  intatto  il  loro  candore.  Di  qui  veniamo  nel  pensiero 
jche  ottimo  consiglio  sarebbe  aitanti  libri,  che  si  stampano  intorno 
Serie  III,  vol.  IX.  33  18  Febbraro  1858. 


51  4  IL  FRATE 

all'arte  di  scrivere  buoni  libri,  aggiungerne  alcuno  intorno  alTar- 
te  d'inventare  bei  titoli,  dai  quali  dipende  in  tantaparte  la  fortuna 
dei  libri. 

Ora  noi  davvero  mostriamo  d'ignorare  perfino  1'abbici  di  quest' ar- 
te,  quando  con  tanta  bonarieta  mettiamo  qui  cosi  spiattellato  in 
fronte  alia  prima  pagina:  II  Frate\  non  ci  accorgendo  che  con  cio 
solo  condanniamo  Forse  lei  e  le  seguenti  sorelle  omonime  ad  essere 
saltate  a  pie  pari  da  piu  di  un  lettore.  Deh !  se  il  ciel  vi  salvi  I  che 
senno  e  codesto?  E  chi  volete  che  si  dia  pensiero  a'  di  nostri  di  fra- 
ti  e  di  fraterie,  quando  il  mondo  spregiudicato  e  progressivo,  spo- 
gliatolo  scoglio  del  medio  evo  e  forbitosi  di  quella  vecchia  ruggine, 
di  una  cosiffatta  generazione  invisa  non  tollera  neppure  il  nome  ; 
torce  il  muso  ed  aggrinza  il  naso  alia  sola  afa  che  gli  fa  quella  la- 
na  gross! era,  della  quale  fiuta  il  sito  mezzo  miglio  lontanoPe  se 
pure  si  acconcia  a  sostenerne  qualche  drappelletto  qui  o  cola,  cio  e 
solo  per  ora,  ed  in  quanto  pu6  trarne  qualche  servigio  materiale 
alia  custodia  di  un  cimitero  od  al  servigio  di  un  ospedale:  acondi- 
zioni  sempre,  ci6  s'intende  da  se,  che  i  frati  gli  costino  meno 
dei  fattorini  e  dei  manovali  anche  d'  infima  nazione.  Se  dunque  ci 
saltava  il  grillo  di  trattare  una  materia  cosi  poco  affacentesi  al 
gusto  del  tempo  moderno  ed  urtarne  cosi  bruscamente  le  suscel> 
tivita  dilicate,  vi  mancava  egli  modo  di  ammorbio'ire  ,  almeno  nel 
titolo,  la  crudezza  di  queH'argomento?  Per  figuradi  esempio:  Isa- 
cri  sodalizii  minislri  di  civilla;  ovveramente:  Le  consorterie  reli- 
giose ulili  alia  civilla,  o  qualche  cosa  di  somigliante  sarebbe  stato 
un  passaporto  abbastanza  sicuro  per  fare  incedere,  senza  mold  la- 
menti,  qualche  articolo  intorno  ai  frati,  veduto  soprattutto  la  ma- 
gica  efficacia  che  nel  nostro  tempo  ha  acquistato  a  farsi  largo  nel 
mondo  quella  parola  civilta,  eziandio  quando  le  fosse  appiccata  ap- 
presso  la  qualificazione  di  cattolica.  Come  dunque  trarre  in  mezzo 
con  tanta  sicurezza,  e  gettare  in  viso  ad  un  pubblico  colto  ed  ita- 
liano,  senza  un  riguardo  al  mondo,  quel  tilolo  su  cui  tante  accuse 
si  sono  addensate,  tente  sospizioni,  tante  ire  e,  peggiori  ancora 
delle  sospizioni  e  delle  ire,  tanti  sarcasmi  ?  II  Frale !  ma  ci  e  da 


IL  FRATE 

Fame  basire  dallo  sgoaiento  piu  di  un  lettore,  e  da  fargli  gettare  il 
quaderno  dalla  finestra,  o,  con  miglior  profitto  in  questo  tempo 
invernale,  da  farglielo  buttare  nel  cammino. 

Tuttavolta  se  il  nostro  titolo  e  poco  prudente  e  niente  artifi- 
zioso,  avra  almeno  il  merito  di  essere  molto  schietto  ,  siccome 
quello  che  fino  dalla  prirna  parola  vi  viene  a  dire  cio,  di  cbe  lo 
scritto  deve  parlarvi,  senza  quella  gherminella  vulgare  di  accen- 
nare  in  coppe  e  dare  in  bastoni.  Sel'argomento  non  vi  garbpg- 
gia,  e  voi  potete  passare  oltre,  senza  curarvene  piu  che  tanto.  Ma 
se  avrete  la  pazienza  di  durarla  per  una  mezza  dozzina  di  pagi- 
ne;  chi  sa?  forse  troverete  la  cosa  meno  sguaiata,  meno  vieta  e, 
quel  che  piu  monta,  stretta  agli  interessi  dei  nonfrati,  assai  piu 
di  quello  che  altri  a  prima  vista  potrebbe  immaginare. 

Perciocche  non  e  nostra  intenzione  tesserequi  1'apologia  e  molto 
meno  il  panegirico  degli  Ordini  religiosi.  Che  volete  ?  se  ne  sono 
fatte  tante  ed  in  comune  e  per  singolo,  che  oggimai  sarebbe  tem- 
po sprecato  il  cominciare  da  capo  per  chi  ha  voluto  capirla  ,  e  piu 
sprecato  ancora  per  chi  non  ha  voluto,  e  che  certp  non  cangereb- 
be  giudizio  e  vezzo  pel  ripeterle  che  vorrebbe  fare  nelle  sue  pagine 
la  Civilla  Caltolica.  Messi  dunque  dall'  un  dei  lati  apologie  e  pa- 
negirici,  vogliamo  piuttosto  ragionare  alquanto  di  una  cosa  viva, 
freschissima  che  abbiamo  tutto  il  di  sotto  degli  occhi,  in  condizio- 
ne  di  desideratum  e  di  semplice  voto  dove  i  libertini  non  prevalgo- 
no  ancora,  ed  in  condizione  di  fatto  o  compiuto  o  vicinissimo  a 
compiersi,  dovunque  .essi  sono  divenuti  padroni  del  campo.  Voglia- 
mo cioe  discorrere  di  quell'  odio  cupo ,  di  quella  rabbia  feroce  che 
lo  spirito  di  ammodernamento  ha  mostrato  sempre  e  mostra  tutta- 
via  contro  ogni  generazione  di  religiosi,  senza  distinzione  di  sesso, 
di  uffizio,  di  esterno  abito  o  d'  interne  abitudini  ;  e  voi  ci  permet- 
terete  di  abbracciarli  tutti  sotto  la  universale  appellazione  di  Frati, 
dando  a  questa  voce  quel  senso  piu  largo  che  comunt'mente  le  si 
suole  dare  un  po'  per  istrazio  ,  un  po'  ancora  pel  non  sapere  a  cui 
essa  si  appartiene  in  proprio.  Versino  nella  campagna  o  nella  citta, 
vestano  lana  grossa  o  fina,  si  radano  il  mento  o  portino  barba  prolis- 


316  IL  FRATE 

sa,  vadano  scalzi  o  calzati,  siano  I  neri  fraticelli,  i  bigi  o  i  bianchi, 
vivano  di  antichi  lasciti  o  di  giornaliere  limosine  ,  siano  addetti  ai 
ministeri  apostolici  o  vachino  alia  contemplazione  ed  alia  salmodia, 
sia  una  schiera  di  dotti  che  coltiva  le  sacre  discipline,  sia  un  pu- 
gno  di  monachelle,  il  quale  ignorando  tutti  ed  ignorato  da  tutti,  al 
tin,  tin,  della  nota  squilla  notturna 

surge 
A  maUinar  lo  sposo  perch6  I'  ami ; 

tutte  codeste  differenze  ci  sono  a  dirittura  per  nulla.  La  sustanza  e 
che  come  prima  un  paio  di  dozzine  di  Cristiani  si  riuniscono  in  un 
ostello  comune  per  vivervi,  secondo  i  consigli  evangelici,  alia  loro 
guisa-,  e  tosto  la  patria  e  dichiarata  in  pericolo,  le  parti  civili  stril- 
lano,  i  giornali  si  arrovellano,  i  Parlamenti  scagliano  leggi,  i  Go- 
verni  si  arrabbattano  per  eseguirle,  e  non  si  ha  posa,  se  non  quando 
si  e  ingiunto  a  quelle  due  dozzine  di  abbandonare  issofatto  le  loro 
cose,  la  loro  casa  e  la  loro  cassa,  se  ne  hanno,  al  Fisco-,  di  scioglier- 
si,  di  sbrancarsi ,  sotto  pena  ecc.  ecc.  Bene  inteso  che  se  altri  ma- 
schi  vogliono  riunirsi  per  altri  fini,  fosse  pur  quello  di  cospirare 
contro  la  pubblica  cosa;  se  altre  femmine  volessero  far  vita  comu- 
ne per  qualunque  altro  intendimento,  non  esclusone  il  pessimo: 
se  maschi  o  femmine  (  che  sarebbe  cosa  piu.  naturale )  volessero 
attrupparsi  per  costituire  una  Compagnia  tragica,  comica  od  eque- 
stre,  un  Governo  ammodernato  non  vi  potrebbe  trovar  nulla  a  ridire, 
se  non  forse  vi  dovrebbe  trovare  non  poco  a  favorire.  E  in  ogni  ca- 
so  la  liberta  a  tulti  e  per  tutti  non  e  il  primo  elemento  del  vive- 
je  civile  ? 

Ora  di  codestanimiciziaappunto,cosi  sfidata,cosiirreconciliabile, 
vorremmo  qui  niente  piu  che  cercare  le  cagioni  e  gli  effetti,  restrin- 
gendo  questi  ultimi  alia  sola  parte  che  ne  viene  all'  universale,  eper 
giunta  quasi  nel  solo  giro  dei  beni  materiali  od  economici.  Cosa, 
come  vedete  ,  al  tutto  nuova ;  e  la  quale  nulla  non  ha  che  fare  coi 
-volumi  polverosi  delle  vecchie  apologie  fratesche.  Cosa  poi  abba- 
stanza  rilevante,  com'eogn'  inchiesta  di  cagioni  prime,  che  euffizio 


IL  FRATE  517 

della  filosofia,  ed  ogni  previsione  di  effetti  remoti,  la  quale  e  parte 
precipua  della  prudenza.  Che  se  di  un  fenomeno  fisico,  talora  ap- 
pena  discernibile  e  di  piccolissima  levatura,  e  purecosi  lodevole  pei 
filosofi  naturali  1'  investigare  le  cagioni  ed  il  prevedere  gli  effetti*, 
crediamo  che  molto  piu  abbia  ad  essere  pel  filosofo  civile  (e  chi 
non  e  filosofo  civile  nel  nostro  tempo?)  1'  esame  di  un  affetto  e  di 
un  sentimento ,  che  hanno  invaso  il  cuore  e  le  menti  di  tanta  parte 
della  moderna  societa  che  pregiasi  di  cultura,  e  dei  quali  le  con- 
seguenzesi  fanno  sentire,  come  vedrassi,  bene  al  di  fuori  della  cer- 
chia  dei  presi  di  mira  direttamente. 

Ma  appunto  dalla  somiglianza  dei  fenomeni  naturali ,  di  cui  si  cer- 
cano  con  tanto  studio  le  cagioni  e  gli  effetti,  siamo  ammoniti  che 
primo  nostro  debito  in  questa  materia  sarebbe  mettere  in  sodo  il  fat- 
to,  per  non  imitare  quei  fisici  poco  accorti,  i  quali  si  stillano  talora  il 
cervello  a  fabbricare  teoricheper  ispiegareun  fenomeno  maraviglio- 
so,  inventato  e  narrato  per  giuoco  da  un  giornalista,  che  non  sapea 
come  altrimenti  empire  r  ultima  pagina  o  1'ultima  colonna  del  suo> 
giornale.  Or  quanto  al  fatto,  cui  noi  vorremmo  esaminare,  ci  sem- 
bra  che  potremmo  passarci  dal  mostrarne  la  verita;  tanto  esso  e  co- 
spicuo,  solenne,  attestato  dalla  storia  e  dalla  esperienza;  e  per  poco 
non  se  ne  potrebbe  recare  ad  argomento  la  nausea  stessa  che  in  piu 
di  unorecchio  schifiltoso  destera  quellostesso  titolo:  11  Frate.  Guar- 
date!  questa  voce,  che  in  sustanza  e  sinonima  o  meglio  e accorciamen- 
to  di  fratello,  e  che  ai  nostri  padri  suonava  si  riverita  e  si  cara,  og- 
gimai  in  certe  orecchie  ed  in  certe  brigate  equivale  a  qualche  cosa 
di  altamente  invfso  e  spregevole:  ad  un  indistinto  di  furberia,  di 
egoismo,  di  triviale  oziosita  gatidente,  di  prepotenze  soppiatte,  d'i- 
pocrisia  farisaica  e  di  tutto  quei  resto  che  ne  avrete  udito  le  cento* 
volte.  Talmente  che  chi  recasse  in  dubbio  il  fatto  di  quelle  ire  an- 
tifratesche  dalla  parte  della  societa  progressiva  cd  illuminata,  da- 
rebbe  vista  di  non  sapere  affatto  nulla  del  mondo  presente  ed  an- 
cora  meno  di  nulla  del  passato.  Dei  libri  soli,  in  cui  quei  veleno  fu 
stillato  a  gran  copia,  se  ne  potrebbe  fare  una  numerosissima  bi- 
blioteca  j  e  senza  essersene  ancora,  quanto  sappiamo  noi,  costituita 


518  IL  FRATE 

una  con  quella  specialita  d'intendimento,  sembra  che  quei  libri  non 
siano  studiati  dalle  sole  tignuole ;  e  vi  vanno  a  pescar  largamente 
quei  tanti  che  si  tolgono  il  canco  di  raffazzonare  alia  moderna  le 
vecchie  declamazioni  e  le  cento  volte  smentite  calunnie. 

Che  quelle  poi  e  queste  non  fossero  mere  chiacchiere,  ma  abbia- 
no  avuto  i  loro  effetti,  variamente  larghi,secondo  chele  varie  circo- 
stanzehan  permesso,  potrebbe  chiunque  il  voglia  vederne  coi  pro- 
prii  occhi  I'argomento  di  fatto.  In  ogni  citta  di  qualche  momento,  e 
piu  assai  nelle  grandi  e  nelle  grandissime  voi  non  camminerete  cinque 
contrade,  cbe  non  vi  venga  osservato  un  antico  monastero  o  conven- 
to,che,cacciatine  gliantichi  abitatori,  ha  ricevutola  piu  o  meno  o- 
norevole  destinazione  di  casa  privata,  di  pubblico  spedale  o  ricovero, 
di  ufficio  governativo,  di  teatro,  di  magazzino,  di  opificio,  o  di  caser- 
ma  o  prigione,  che  e  il  piu  frequente.  Ecosi  quegli  edifizii  coi  nuovi 
usi,  a  cui  furono  deputati,  vi  dicono  in  loro  favella  che  le  famiglie,  per 
cui  servigio  erano  stati  inrialzati ,  non  erano  in  deliciis  dei  potenti  e 
dei  prepotenti  del  loro  tempo;  i  quali  le  ebbero  in  si  grande  uggia, 
che  per  cavarsi  quei  pruno  dagli  occhi  non  esitarono  un  istante,  es- 
si  depositarii  e  vindici  della  giustizia,  di  calpestare  in  faccia  del  mondo 
iprincipii  piu  elementari  della  grastizia.Ne  alcuno  pu6  ignorare  da 
cui  si  consummasse,  sul  declinare  del  passato  secolo,  quell'  immenso 
latrocinio  che  nei  tempi  andati,almeno  quanto  allasua  vastila,  non 
avea  esempio.  Fu  la  grande  rivoluzione  francese  che  dalla  Senna  ri- 
versatasi,  come  una  lava  vulcanipa,  sopra  1'  Europa  orientale  e  nor- 
dica,  la  prima  opera  che  compi  fu  schiantare  dalle  radici  quanto  vi 
avea  di  famiglie  claustrali  incamerandone  i  beni,  deputandone  a 
profani  usi  le  case  e  sperperandone  come  polvere  al  vento  le  perso- 
ne.  Con  cio  essa  non  faceva  che  compiere  il  gran  fatto  da  lei  mede- 
sima  iniziato  qualche  lustro  innanzi  nella  Francia,  nel  Portogallo, 
nella  Spagna  sopra  uno  speciale  ed  a  lei  ed  altrove  piu  inviso  so- 
dalizio,  quando  la  rivoluzione,  prima  di  scendere  nelle  piazze,  baz- 
zicava  a  fidanza  di  donna  e  di  signora  per  le  Corti,  e  si  spianava  la 
via  colle  mani  medesime  di  quei  Principi,  a  cui  fu  pietosa  poscia  a 
concedere  l'esilio,contentandosi  di  mieterne  una  sola  testa  sul  pati- 


IL  FRA.TE  519 

bolo.Quello  che  fece'la  grande  harmo  fatto  poscia  le  piccole  rivolu- 
zioai  moderne  elepiccine,  cominciando  dai  Conventi  di  Argovia  e 
dalle  suore  del  Sacro  Cuore  di  Torino,  e  faranno  le  seguenti  fmche 
ce  ne  saranno  ;  perche  tutte  hanno  in  corpo  il  maladetto  spirilo  del 
frate  vituperoso  da  cui  fur  figliate^  il  quale  lego  in  perpetuo  fidecom- 
misso  ai  suoi  discendenti  1'  odio  arrabbiato  e  feroce  a  quella  vita 
claustrale,  che,  pure  scagliandolo  dal  suo  serio,  gli  avea  raddoppiato 
in  fronte  il  raarchio  infame  delf  apostasia.  Ne  per  invesLire  i  chio- 
stri  vi  fu  uopo  che  le  rivoluzioni  montassero  al  loro  parosismo  del 
macellitumultuariialla  manieradeiSeMem&n'sJiparigini.  Quelloanzi 
fu  sempre  il  primo  passo  eil  men  tempestoso  nello  stadio  dei  pubblici 
sconvolgimenti.  I  Titani  mostruosi  e  truculenti,  che  eompaiono  al 
quarto  o  quinto  atto  della  tragedia,  sdegnerebbero  come  troppo  fa- 
cili  vittime  gl'  inermi  religiosi  e  le  suore  imbelli :  questa  e  porzione 
anticipata  dei  primi  Donchisciotti  della  liberta,  i  quali  fatte  le  loro 
pruove  in  quella  materia  cedevole,  aspettario  di  essere  alia  loro  volta 
spenti  e  stritolati,  come  i  Girondiui  poetici  e  sentimentali,  dalla 
scure  dei  Robespierre. 

Ed  appunto  perche  1'  abolizione  dei  chiostri  e  lo  sperpero  dei 
claustraii  si  attiene  ai  primi  passi  delle  rivoluzioni,  non  vi  e  stato 
uopo  per  vederli  che  queste  inoltrassero  molto  innanzi-,  ma  e  ba- 
stato  talora  che  si  mostrassero  appena ,  perche  quell'  abolizione  e 
quello  sperpero  si  comiriciassero  fino  dalle  prime  mosse  con  buoni 
auspicii:  salvo  sempre  ai  Zambianchi  presenti,  passati  e  futuri  la 
facolta  di  trastullarsi  cosi  per  un  passatempo  coi  macelli  di  S.  Cal- 
listo,  quando  nel  processo  degli  avvenimenti  ne  salti  loro  la  fan- 
tasia. Chi  ricorda  cio  che  per  questo  capo  si  tento  e  si  compi 
nel  quarantotto,  vi  vedra  il  riscontro  di  cio  che  si  era  tentato  nel 
trenta,  e  si  era  piu  che  tentato  nel  ventuno;  e  sempre  collo  stesso 
ritornello,  che  ogni  pubblico  subbuglio  comincia  e  talora  e  anche 
solo  annunziato  dal  dare  addosso  ai  frati  ed  alle  suore.  II  solo  Bel- 
gio  avrebbe  potuto  essere  una  eccezione  a  questa  regola  generate ; 
e  cio  per  1'indole  speciale  del  movimento  che  ne  cangio  le  condi- 
zioni  politiche,  e  per  la  qualita  degli  uomini  che  lo  condussero.  Ma 
il  crollo,  dato  novellamente  in  quel  paese  alia  cosa  cattolica,  toglie 


320  1L  FRATE 

ogni  titolo  a  quella  eccezione,  e  porge  pur  troppo  una  conferma  a 
quello  che  noi  diciamo.  Perciocche,  come  tutti  sanno,  il  primo  mo- 
vimento  plateale,  che  per  somma  ingiuria  strappo  di  mano  alia  mag- 
gioranza  cattolica  il  suo  diritto,per  conferirlo  al  pugno  di  mestatori 
che  avean  prevaluto  cogli  urli  e  colle  sassate  -,  quel  primo  movi- 
mento,  diciamo,  fu  originato  dallo  sgomento  messo  nella  parte  li- 
bertina  dalla  legge  di  carita,  gia  sul  punto  di  essere  sanzionata  dalle 
Camere.  Ora  il  gran  peccato  di  quella  legge  dimorava  in  questo 
che ,  agguagliando  essa  il  claustrale  a  qualunque  altro  cittadino , 
«d  il  ehiostro  a  qualunque  altra  associazione,  gli  facea  abilita  di 
possedere  ed  accettare  donazioni  e  lasciti  in  pubblico  servigio.  E 
questo  medesimo  circondato  da  tante  ispezioni  e  revision!  e  con- 
trolli  governativi,  che  allo  stesso  protestante  Guizot  per  poco  non 
parvero  piu  del  bisogno.  Tuttavolta  eziandio  quel  poco  sembr6  cosi 
stranamente  insopportabile  alia  parte  libertina  che ,  gridando  con 
quanto  ne  avea  nella  gola  ,  il  Belgio  star  per  cadere  nella  balia  dei 
frati,  essa  si  gett6  a  scombuiare  le  citta  e  le  campagne,  riportan- 
done  quel  trionfo  che  non  pu6  mai  fallire  alia  forza  bestiale  ed  ar- 
dita,  venuta  alle  prese  colle  irresolutezze  e  coi  tentennamenti  della 
paura  che  ha  quasi  perduta  la  coscienzadei  proprii  diritti  non  meno 
che  dei  propii  doveri.  Talmente  che,  dove  per  tutto  altrove  gli  sfoghi 
delle  ireantifratesche  furono  i  primi  passi  dei  libertini  prevalent!,  qui- 
vi  quelle  ire  furono  il  mezzo  di  prevalere-,echipuo  indovinare  vio- 
lenze  sacrileghe,acuiessisi  abbandoneranno,  come  prima  si  saran- 
no  assicuratidi  star  fermiin  sella?  Essi  faranno  n&  piu  ne  meno  di 
quello  che  per  due  terzi  ha  gia  compiuto  il  libertinismo  piemonte- 
'•se-,  il  quale  probabilmente  compira  1'  altro  terzo  che  vi  resta,  non 
foss'  altro  che  per  mostrare  il  nessun  eonto,  in  che  tiene  la  parte 
clerical©. 

II  fatto  adunque  e  innegabile  ed  il  solo  recarlo  in  forse  sarebbe 
ridicolo.  Esso  poi,  perche  la  cosa  s'intenda  bene,  potrebbe  espri- 
mersi  in  questi  o  sorniglianti  termini :  Molta  parte  della  moderna 
societa  e  quella  segnatamente  che,  pregiandosi  di  cultura  progres- 
siva,  vagheggia  non  so  che  perfezionamenti  sociali  e  religiosi,  quella 
parte  ,  diciamo  ,  e  invasa  fino  all'intimo  delle  midolla  da  un  odio 


IL  FRATE  521 

cupo  e  feroce  verso  tutto  che  sappia  di  claustro  e  di  claustrale.  E 
benche  talora  la  prudenza  le  imponga  di  dissimulare  quell'  avver- 
sione,  eziandio  coll  infingimento  e  colla  ipocrisia,  essa  nondimena 
la  schizza  e  direm  quasi  che  la  trasuda  da  tutti  i  pori,  lasciandone 
vestigia  indubitate  nella  storia  falsata,nei  paralogismi  della  scienzar 
nei  placid  della  economia  sociale ,  nella  letteratura  ,  nella  poesia  7 
nelle  arti,  nel  teatro,  nelle  abitudini  medesime  della  vita,  e  per  fino 
nei  ricordi  e  comenti  blasonici  di  qualche  prosapia  illustre.  Ove  poi 
avvenga  che  quella  parte,  per  diritto  o  per  traverse,  acquisti  abilita 
d'influire  cornunque  nella  pubblica  cosa,  e  piu  ancora  se  le  venga 
fatto  di  prenderne  il  maneggio,  voi  potete  porre  ogni  cosa,  che  il 
primo  uso  che  ne  fara,  sara  appuntoper  ispazzarsi  d'attorno  1'invi- 
so  fratume.  II  farlopoi  con  piu  o  menodi  avventatagginee  di  acer- 
bitapl  recarvi  maggiore  ominore  apparenza  di  giustizia,  o  diciamo 
piuttosto  di  legalila  che  non  e  lo  stesso-,  il  comperarsi  a  quest'uopo 
la  penna  imparziale  di  uno  scrittore  probo  o  di  un  giornaiista  co- 
scienzioso;  1'  assoldare  le  sassaiuole  degli  scolari  o  gli  urli  incom- 
posti  della  canaglia;  il  rinfocolare  le  gelosie  di  un  sodalizio  contra 
1'  altro,  per  poscia  mandarli  a  spasso  1'uno  appresso  dell'altro,ov- 
vero  il  soffiare  sospetti  d'invasione  nei  troppo  creduli  depositarii 
del  potere,  perch£  questi,  schermendosi  dai  neraici  finti,  siano  piu 
agevolmente  sopraffatti  dai  veri  -,  tutte  codeste  sono  arti  squisite 
di  onesta  strategia,  e  versano  solamente  circa  modum.  Ma  la  su- 
stanza  e  che  quella  parte  libertina,  fin  che  non  le  e  dato  ope- 
rare,  ruguma  dispettosamente  le  sue  ire,  e  ne  sfoga  quanto  ne  puo 
colla  parola  scritta  o  stampata  e  con  altri  mezzi  soppiatti,  nella  cui 
scelta  non  suole  mirare  per  le  sottili  •,  come  prima  si  vegga  in  pu- 
gno  il  potere,  e  tosto  non  vede  1'ora  di  adoperarlo  a  dar  pascolo 
a  quei  troppo  lungamente  compressi  sdegni-,  e  per6  sempre  e  do- 
vunque  Tavvenimento  di  quella  parte  al  potere  e  sinonimo  di  Bando 
ai  Frati  ed  alle  Fraterie. 

Ora  di  questo  fenomeno  appunto  noi  vorremmo  provarci  a  cer- 
care  le  cagioni  occulte  •,  che  e  appunlo  come  se  un  filosofo  na- 
turale,  con  suoi  fornelli  e  storte  ed  acitli  e  sali,  si  mettesse  ad  inve- 


822  IL  FRATE 

stigare  le  cagioni  della  forza  ripulsiva  che  vigoreggia  tra  due  su- 
stanze,che  non  ci  &  verso  da  farle  stare  Tuna  accostodell'aHra.  II  li- 
bertino  ed  il  frate!  sono  comeil  polo  artico  e  Vantart.ico;  e  T  accop- 
piare  1'acqua  ed  il  fuoco,  il  nero  ed  il  bianco  vi  verrebbe  fatto  piu  a- 
gevolmente,  che  1'amicare  quei  due  elementi  cosi  ripugnanti  tra  di  lo- 
ro.  Di  questa  ripugnanza  dunque  vorremmo  cercare  le  cagioni  •,  ma 
primadi  farlo,  fia  pregio  dell'opera  sgomberarci  la  via  da  un  pregiudi- 
zio,  che.  occupando  le  menti  del  lettore,  potrebbe  far  dare  alle  nostre 
parole  un  senso  piu  ampio  assai  che  noi  loro  non  vogliamo  dare,  col 
rischio  di  farci  appiccarelitigio  con  cui  meno  vorremmo. 

Noi  dicemmobensi  che  quella  generazione  di  libertini  eprogressisti 
ha  per  quinto  elementoqueiravversione  feroce  allefraterieneH'am- 
plissi  mo  senso  della  parola,  qualunque  colore  poi  vestanoe  qualunque 
regolaprofessino.Ma  non  dicemmo  che  chi  partecipa  a  quell' avver- 
sione  sia  libertino  e  progressistanel  senso,  onde  sono  intese  al  presen- 
tequegli  appellativi .  Sarebbe  come  a  dire  che  chiunque  k  attratto  del- 
le  gambe,  e  uopochesiatirato  in  carrozza-,  senza  che  sene  possa  infe- 
rire  che  chiunque  vain  carrozza  sia  attratto  delle  gambe,  potendo  be- 
nissimo  avvenire  che  quel  veicolo,  necessario  per  la  sua  infermita  ad 
uno,  sia  adoperato  da  unalfro  per  cagione  altutto  diversadall'a  in- 
fermita. Ora,  posto  che  nella  societa  moderna  vi  sia  quella  genera- 
zione di  fratofobi,diciam  cosi,  per  propria  vocazione  del  loro  stato-, 
supposto  che  sia  sparso  nel  mondo  un  nugolo  di  libri  e  libercoli  e 
quaderni  e  quadernetti,lasciato  in  prezioso  retaggio  dall'altra  gene- 
razione omogeneache  la  process  e,  era  naturale,  era  inevitabile  che 
a  moltissimi  si  appiccasse  quell'  avversione  come  per  esfrinseco  in- 
flusso,  senza  averne  per  nulla  1'  interna,radice.  II  quale  effetto  non 
rechera  maraviglia  a  chiunque  sappia,  come  in  questo  mondo  sono 
ran  assai  quelli  che  pensano  colle  loro  teste,  ed  i  quali,  uditi  i  giu- 
dizii  delle  altre,  sappiano  sceverare  il  vero  dal  falso  e  formarsene 
un  loro  proprio.  I  piu,  e  starem  per  dire  quei  che  sono  piu  tronfi 
della  propria  indipendenza,  pensano  e  dicono  quello  cheodono  pen- 
sarsi  e  dirsi  dagli  amici,  coi  quali  usano  ,  dai  libri  chesogliono  ave- 
re  per  le  mani.Dateci  pertanto  un  uomo  anche  onestissimo,  leale  e 


IL  FRATE  523 

vogiiamo  eziandio  aggiungere  buon  cristiano,il  quale  per  questo  ca- 
po abbia  quasi  solo  ascoltato  quei  fratofobi  che  dicemmo  sopra,  e  non 
abbia  letto  che  libri  del  medesimo  senso;  supponete  per  giuntache 
per  condizioni  special!  non  abbia  mai  avuto  orcasione  di  certificar- 
si  delle  cose  coi  proprii  occbi  •,  e  voi  troverete,  non  che  possibile, 
ma  agevole  eheronestissimo,  11  leale,  il  buon  cristiano  misverra  e 
spiritera  all'idea  dei  frati,  e  di  certi  frati,  piu  che  non  farebbe  il 
bambolo  sotto  le  coltrici  alia  minaccia  del  folletto  e  della  versiera. 
A  questi  dabbenuomini  avremmo  mal  garbo  ad  appiccare  il  sonaglio 
di  libertini  e  di  progressisti:  nulla  meno!  noi  li  lasciamo  stare  dove 
stanno^ese  al  lettore  avranno  un  po' vista  digoccioloni  e  dibalordi, 
non  e  certo  per  colpa  nostra.  II  piu  che  possiamo  dire,  non  sappiamo 
bene  se  per  loro  scusa  o  per  loro  conforto,  e  il  ricordare,  che  poi  dei 
cosiflatti  ce  ne  sono  tanti !  Ma  il  nostro  intento  e  1'esaminare  il  fe- 
nomeno  a  rispetto  di  coloro,  nei  quali  esso  e  naturale  e  precede 
abintrinseco. 

Dei  quali  parlando  saremo  dispensati,  speriamo,  dal  benigno  let- 
tore  di  esaminare  quelle  cagioni  che,  a  giustificare  le  loro  ire  in- 
nanzialla  gente  onesta,  sogliono  recare  essi  medesimi:  cagioni  che, 
a  sentire  essi,  sono  un  fiore  di  zelo  per  V  onore  della  Chiesa,  di 
spasimi  per  la  umanita  sofferente,  di  ditirambi  pindarici  per  1'inci- 
vilimento  del  mondo.  Sono  scede  da  sbellioarne  dalle  risa,  se  il 
troppo  grave  argomento  lo  consentisse.  Non  sono  gia  i  Frati,  ve- 
dete,  che  essi  abborrono  :  e  il  loro  scadimerito,  le  loro  infram- 
mettenze  nelle  cose  secolaresche,  i  loro  ozii  beati,  e  i  pingui  pos- 
sedimenti,  e  gli  stipendii  pei  sacri  ministeri,e  lo  strappare  a  titolo 
di  limosina  per  fino  il  pane  di  bocca  al  poverello :  cose  tutte  di 
grave  scaridalo  alia  gente  e  che  haano  bisogno  presentissimo  di  ri- 
forma.  Qual  riforma  poi  vorrebbero  indurvi,  si  potrebbe  imparare 
da  un  loro  corifeo  di  trista  memoria,  che  appunto  per  correggere 
e  riforraare,  sono  oggimai  due  lustri,  un  particolare  sodalizio ,  gli 
rivers6  sul  capo  cinque  grossi  volumi  di  libello  il  piu  infamatorio 
che  si- vedesse  mai  al  mondo  da  che  si  scrivono  libelli  infamatorii; 
e  per  ultima  conclusione  dannavalo  allo  sterminio,  imitando  Tarte 
curativa  di  Bertoldo,il  quale,  per  guarire  il  suo  cliente  dal  dolore 


S24  IL  FRATE 

di  capo,  proponeva  il  mezzo  sicurissimo  di  troncargli  il  capo.Le- 
pido  poi  era  lo  spediente  proposto  per  rilevare  i  claustrali  dal 
loro  seadimento  e  da  ritrarli  dalle  iriframmettenze  secolaresche! 
Si  mettano  di  proposito  a  caldeggiare  col  senno  e  colla  mano 
1'  impresa  del  fare  T  Italia,  delf  ottenere  indipendenza  nazionale 
e  liberta  civile ,  negozii,  come  tutti  sanno,  spiritualissimi  ed  e- 
minentemente  ascetici,  ed  allora  la  parte  libertina  si  riconciliera 
coi  frati,  dara  loro  1'  amplesso  fraterno,  (  T  accolade  fraternelle  di 
grande  uso  nellaConvenzione  francese  del  93),  lasciando  loro  non- 
dimeno  il  pensiero  di  campare  senza  rendite,  senza  stipendii  e  senza 
limosine.  Che  poi  a  questa  maniera  di  riforma  essi  mirassero  e  mi- 
rino,  se  non  ad  altro  apparisce  a  questo  che,  come  prima  qualche  dis- 
graziato  ,  cedendo  a  quelle  suggestioni  sacrileghe,  frangendo  i  vo- 
ti  giurati  a  Dio  ed  alia  Chiesa,  si  fu  gettato  all'apostasia  ed  a  tutte 
!•  sue  conseguenze,  alle  quali  il  sesso  gentile  non  era  maiestraneo; 
questi  fu  onorato,  festeggiato,  stipendiato  da  non  aver  bisogno  ne 
di  rendite,  ne  di  stipendii,  ne  di  limosine  :  il  che  si  poteva,perche 
eran  rarissimi  e  conveniva  allettarne  degli  altri.  Non  vi  par  dun- 
que  che  e  proprio  lo  zelo  di  riforma  che  gli  fa  avere  in  uggia  i  fra- 
ti? riformateli  tutti  alia  maniera  del  padre  Gavazzi,  e  i  libertini  ne 
saranno  i  protettori  e  gli  avvocati. 

Lasciamo  dunque  da  parte  codeste  commedie  inventate  per  ab- 
bindolare  i  gonzi :  noi,  perche  la  Dio  merce  non  siamo  gonzi  e  non 
crediamo  tali  i  nostri  lettori,  volgiamoci  a  recare  le  vere  cagioni  di 
quella  nimista,  quasi  vorremmodire  naturale,  che  e' accesa  tra  il  li- 
bertino  ed  il  frate,  che  sono  come  il  diavolo  e  1'acqua  santa,  senza 
che  resti  dubbio  a  cui  appartenga  la  prima  rappresentanza.  Ma  noi 
ci  accorgiarno  che,  volendo  scrivere  1'introduzione  ad  un  articolo, 
abbiam  fatto,  senza  avvedercene  un  articolo,  che  puo  considerarsi 
come  introduzione  ad  una  materia  da  trattarsi  in  piu  d'uno.  Con- 
Vferra  dunque  soffermarsi  qui  per  continuarla  nei  venturi  quaderni, 
augurandoci  che  i  lettori  non  si  vorranno  gravare  di  questi  inter- 
rompimenti  che  sono  condizione  inseparabile  da  un  PeriodicO.  Del- 
la  rassegnazione  poi  del  Frate  ad  aspettare  rispondiamo  noi,  sapen- 
do  che  sua  virtu  principale  dev'essere  la  pazienza. 


COSMOGONIA  NATURALE 

GOMPARATA  COL  GENESI 


Sono  gia  corsi  alcuni  anni  da  che  noi  manifestammo  il  pensiero 
di  trattare  in  una  serie  di  articoli  della  Cosmogonia  e  della  Geologia, 
per  compararle  alle  dottrine  del  Genesi,  toccando  per  avventura 
alcuna  cosa  eziandio  intorno  alie  tradizioni  di  alcuni  antichi  popoli 
gentili  (do.  Call.  I  Ser.  Vol.  VI,  p.  89  ).  Talvolta  ci  e  stata  rara- 
mentata  questa  nostra  parola.  Abbiamo  per  piu  cagioni  differito  : 
ora  poniam  mano  all' opera,  e  facciamo  pensiero  di  occuparcene  piu 
o  meno  stesamente,  secondoche  il  consentiranno  le  circostanze  e  di 
questo  periodico  e  di  chi  si  assume  tale  incarico. 

Noi  dunque  ci  proponiamo  di  esporre  in  questi  articoli  coll'  aiuto 
delle  scienze  umane,  le  principal!  fra  le  conclusioni  avverate  ed  am- 
messe  dai  moderni  scienziati,  e  fondate  sopra  i  fatti  fisici  e  geolo- 
gic!, intorno  ai  primi  tempi  del  mondo,  ponendole  a  riscontro  di 
quello  che  sopra  tale  argomento  ne  insegna  la  rivelazione  e  la  tra- 
dizione  piu  antica.  * 

I  sistemi  geologici  o  cosmologici  d'  una  volta  .erano  castelli  in 
aria,  palazzi  di  fate,  edifizii  senza  fondamsnto  o  con  fondamsnto 
troppo  deboleasostener  tanta  mole.  Si  e  fmaimenteconosciutoche 


526  COSMOGONIA  NATURALE 

bisognava  piu  e  meglio  studiare  i  fatti  ;  ed  in  questo  studio  COD 
sommo  ardore  sonosi  occupati  molti  valenti  Daturalisti.  Alcuni  fra 
questi,  disgustati  de'  sistemi  e  de'  fabbricatori  di  mondi,  passando 
all'estremita  opposta,  banno  voluto  raccogliere  senza  piu  materia- 
li  per  gli  arcbitetti  futuri.  Ne  vorremodi  cio  biasimarli,  tanto  piu 
che  il  loro  esempio  non  pu6  divenir  contagioso;  ed  assai  piu  da  te- 
raersi  e  il  metodo  opposto;  mercecche  non  molti  tra  gli  uomini  di 
studio  sono  di  questo  umore,  che  paghi  di  radunar  pietre,  matto- 
ni  e  calcina,  lascino  altrui  la  gloria  di  edificare.  Non  k  poco  se 
contentinsi  trarre  da'fatti  le  sole  conseguenzelegittime,quellecioe, 
che,  o  necessariamente  o  con  gran  probabilita,  ne  conseguono.  Di- 
fatto  anche  a'nostri  giorni  si  propongono  da  alcuni  strane  bizzarrie, 
bencbe  non  abbiano,  a  quel  che  pensiamo,  gran  numero  di  seguaci, 
o  perch£  e  assai  generale  il  disgusto  di  questi  sogni  d'  infermi,  o 
perche  chi  e  tuttora  di  tal  genio  ama  piuttosto  divenir  caposcuo- 
la  e  farsi  un  mondo  da  se,  a  costo  ancor  di  viverci  tutto  solo  co'suoi 
pensieri,  che  militar  senza  gloria  sotto  gli  altrui  vessilli.  Ma  assai 
generalmente  i  geologi  de'nostri  giorni  stabiliscono  sulla  base  de' fat- 
ti un  certo  numero  di  conclusioni  generali  rispetto  alcune  princi- 
pali  questioni  geologiche,  comeche  non  tutte  sieno  ancora  da  tutti 
ammesse.  E  invero,  se  tanto  importanti  sembrano  alVuomo  le  inda- 
gini  geologicbe,  se  queste  eccitano  cosi  viva  la  curiosita  e  per  av- 
ventura  piu  die  altra  scienza  naturale,  egli  e  per  le  conseguenze 
che  se  ne  aspettano;  egli  e  perch£  la  geologia  si  occupa  intorno  al- 
le  rivoluzioni  di  questo  globo  da  noi  abitato  •,  perche  si  studia  di 
dar  ragione  delle  modificazioni  di  esso,  de'fenomeni  che  in  esso  os- 
serviamoj  e  precipuamente  per  le  relazioni  che  hanno  le  sue  con- 
clusioni con  le  tradizioni  religiose.  Que' geologi  de'nostri  giorni,  i 
quali  da  un  gran  numero  di  accurate  osservazioni  traggono  con- 
clusioni piu  o  meno  probabili,  non  possono  senza  ingiustizia,  cio 
cbe  s'e  fatto  de'  loro  predecessori,  paragonarsi  agli  auguri,  di  cui 
diceva  Cicerone,  cbe  era  meraviglia  se  un  coll'  altro  incontrandosi 
trattenevan  le  risa-,  ne  diremo  che  ricercando  nelle  viscere  della  ter- 
ra essi  nulla  piu  ne  abbian  tratto  di  vero,  che  gli  antichi  Romani  o 


COMPARATA  COL  GENESI 

i  modern!  Hovas  del  Madagascar  o  altri  barbari  dall'esplorare  le  vi- 
scere  degli  animali. 

Le  piu  important!  di  queste  conclusioni  andrerno  qui  raccoglien- 
do  e  confortando  di  prove.  Ci  faremo  lecito  d'interporre  qua  e  Id 
qualche  nostra  osservazione  o  pensiero-,  ma  ove  esponiamo  leosser- 
vazioni  ed  i  pensamenti  degli  altri  li  citeremo  con  fedelta,  allegan- 
do  non  di  rado  le  proprie  loro  parole,  fi  possibile  che  cio  a  tutli 
non  piaccia,  e  sia  cagione  di  qualche  ripetizione  :  ma  lascian- 
do  stare,  che  cosi  lo  scrittore  mostra  la  sua  sincerita,  e  non  cade 
facilmente  in  sospetto  di  non  aver  compreso  gli  autori,  i  quali  cita, 
e  che  non  e  gran  male  il  far  udire  da  diverse  bocche  unamedesima 
verita;  e  da  por  mente  che  la  geologia  e  tutta  appoggiata  sui  fatti, 
che  per6  i  fatti  sono  qui  tutta  la  prova,  e  non  potendo  chi  scrive 
sottoporre  tali  fatti  agli  occhi  di  chi  legge,  le  testimonianze  fanno 
la  figura  di  argomenti,  come  nelle  istorie.  Le  citazioni  non  sono 
qui  dunque  utili  soltanto  alia  storia  della  scienza,  come  sarebbera 
in  un' opera  di  matematica  o  di  metafisica. 

Abbiamo  parlato  di  geologia  edi  geologi,  perche  principalmente 
intorno  alia  nostra  terra,  piccolissima,  ma  a  noi  sommamente  im- 
portante,  porzioncella  dell'universo,  si  aggireranno  le  nostre  inda- 
gini.  Non  potremo  peraltro  astenerci  dal  dire  qualcbe  cosa  in  gene- 
rale  intorno  all'  universo  materiale,  del  quale,  unificato  dalla  gran 
legge  della  gravitazione  universale ,  e  una  porzione  il  sistema  so- 
lare,  come  di  questo  fa  parteil  nostro  globo  terracqueo.  Del  primo 
forrnarsi  e  del  primo  stato  dell'  universo,  ci6  che  in  senso  proprio 
e  grammaticale  merita  il  nome  di  Cosmogonia,  non  molto  diremo, 
€  perche  cosi  conviensi  al  principal  nostro  proposito,  di  comparare 
la  verita  naturale  colle  dottrine  delle  sacre  carte,  ove  pochissimo 
leggiamo  intorno  alle  origini  di  ci6  che  non  e  il  nostro  globo  (e  per- 
che dovremrno  ivi  leggerlo?)  ed  eziandio  perche  poco  e  timida- 
mente  possiamo  dire  di  cose  cosi  sterminate  e  difficilmente  esplo- 
rabili  da  un  solo  de'  nostri  sensi. 

Al  saggio  cosmogonico  o  geologico,  che  formera  la  prima  parte  di 
questo  lavoro,  succedera  un  commentario  della  cosmogonia  mosai- 


328  COSMOGONIA  NATURALE 

ca,  la  piu  antioa  e  la  piu  rispettata  delle  cosmogonie,  ove  porremo 
a  confronto  de'  fatti  geologici  ci6  che  ne  insegnano  i  nostri  libri 
sacri.  Alcune  persone  pie  rimirano  anche  oggidi  con  occhio  diffi- 
dente  e  tiip.ido  lo  studio  de'  fenorneni  geologici ,  e  taluni  fra  gli 
scienziati  non  amano  questo  raffroritare  delle  verita  naturali  colle 
rivelate,  ed  il  citarsi  de' sacri  test!  a  proposito  di  opinioni  fisiche. 
Mold  altri  per  contrario  o  sia  fra  gli  studios!  delle  sacre  carte  o  fra 
gli  indagatori  della  natura  si  compiac-ciono  di  siffatti  confront!  e 
comparazioni  e,  se  non  erriamo,  il  numero  ne  Va  di  giorno  in  giorno 
crescendo.  Noi  siamo  con  questi.  Oediamo  da  un  lato  che  le  verita 
rivelate  e  le  naturali  non  pbssano  trovarsi  in  contraddizione  reale, 
tuttoche  possano  parere  contrarie  per  qualche  tempo,  sinche  le  cose 
non  sieno  assai  dichiarate;  e  pensiamo  dall'altra  parte  che  la  geolo- 
gia,  quantunque  lontana  assai  dalla  perfezione  a  cui  tende,  sia  nui- 
lameho  abbastanza  matura,  per  somministrare,  come  tesle  dice- 
vamo,  alcune  solide  proposizioni,  opportune  all' interpretazione  ed 
eziandio  alia  difesa  della  cosmogonia  o  geogonia  mosaica,  e  per 
mostrarsi  arnica  ed  utile  alleata  delle  verita  religiose,  delle  quali  da 
principle  pote  sembrare  avversaria.  Avviene  talora  che  due  rag- 
getti  di  luce,  emanati  da  una  stessa  sorgente,  cagionino  unendosi 
oscurita  in  qualche  porzioncella  di  spazio :  ma  per  1'  ordinario  piu 
sono  le  luci  che  ne  illuminano,  e  meglio  si  vede.  Piu  veggiamo  con 
due  fiaccole  che  con  una-,  e  se  converga  la  loro  luce  su  certi  punti, 
sono  questi  piu  illuminati,  che  non  veduti  allo  splendor  di  una  soL?. 
Tre  faci  possono  illuminarci  nel  buio  deile  prime  eta.  Non  ne  spe- 
gnamo  alcuna.  La  prima  e  la  Sacra  Scrittura ,  luce  purissima  e  sen- 
za  fallo,  ma  pur  non  bastante  all'oggetto,  come  quella  che  ne  e 
data  per  illuminarci  in  altro  e  piu  alto  ordin  di  cose.  Purissima  tr 
splendidissima  e  la  luce  gialla  del  sole,  ma  non  sufficiente  a  farci 
assai  conoscere  i  corpi  azzurri  o  i  rossi.  Allo  studio  de'  libri  sacrr 
conviene  aggiungere  lo  studio  d'un  altro  libro,  libro  scritto  ancor 
esso  da  Dio,  libro  che  solo  poc'  anzi  s  '&  incominciato  a  leggere  e  ad 
interpretare-,  bencbe  il  linguaggio  di  questo  non  sia  sempre  assai 
facile  e  chiaro  ,  e  desso  nondimeno  la  seconda  face  necessaria  alle 


COMPARATA    COL  GENESI 

nostre  ricerche,  e  che  non  poco  ci  ha  di  gia  illuminato.  Allo  studio 
del  globo  terracqueo  e  de'  libri  sacri,  se  a  tanto  ci  bastino  il  tempo 
e  le  forze  ,  terra  dietro  la  terza  face  cioe  le  tradizioni  de'  varii  po- 
poli :  fiaccola  e  vero  alquanto  fosca  e  fuliginosa  per  le  tante  favole, 
che  presso  le  nazioni  diverse  avvolgono  ed  offuscano  la  luce  del 
vero,  ma  che  pure  congiunta  alle  altre  due  pu6  cooperare  ancor 
essa  a  dissipare  le  tenebre. 

Non  si  pretende  di  ravvivare  1'abuso  dell' eta  trascorsa  e  definire- 
colla  sola  scorta  de'  testi  sacri  le  quistioni  naturali ,  ma  soltanto  di 
rafTrontare  colle  conclusion!  date  dalla  scienza  umana  i  racconti 
delle  sacre  carte  ad  alcune  tradizioni  conservateci  dagli  scrittori 
profani. 

Si  e  creduto  un  tempo  che  il  Genesi  si  opponesse  colla  sua  cro- 
nologia  agli  slanci  delle  speculazioni  geologiche.  Ma  questa  diffi- 
colta,  che  era  stata  in  qualche  modo  rimossa  dagli  stessi  espositorir 
del  Genesi  parecohi  secoli  prima  che  nascesse  la  geologia  (lo  vedre- 
mo  or  ora),  non  sarebbe  sembrata  concludente,  se  i  fatti  geologici' 
fossero  stati  piu  accumulati,  piu  esattamente  descritti,  piu  univer- 
salmente  conosciuti.  E  alia  fine,  era  egli  un  male  assai  grande,  se- 
ponevansi  certi  confini  a  chi  tentava  volare  senz'ali?Malgrado  que- 
sto ,  nonv'ebbero  anche  troppe  e  troppo  fantastiche  ipotesi  in- 
torno  alia  formazione  del  globo?  Se  invece  di  cominciare  dal  rac- 
cogliere  un  buon  mimero  di  fatti,  esaminarli  e  compararli,  e  dili- 
gentemente  studiare  la  distribuzione  delle  rocce,  e  gli  avanzi  der 
regni  organici  i  quali  rinvengonsi  in  certi  strati  mineralij.  si  co- 
mincio  preposteramente  dal  fabbricare  sistemi ,  di  ci6  non  e  da 
incolpare  il  rispetto  verso  i  libri  di  Mose ,  ma  bensi  la  fretta  inop- 
portuna  dello  spirito  umano,  che  ha  bisogno  di  calzari  di  piombo, 
non  gia  di  ali  ai  piedi.  Egli  e  da  por  mente,  che  il  vero  metodo  di 
studiare  non  s' impara  cosi  presto  forse  in  alcuna  facolta-,  che 
mentre  niuno  conosce  piu  di  un  piccol  numero  di  fatti,  ognuno  puo- 
credere  d'averne  assai,  come  il  selvaggio  nella  sua  nuda  capanna 
si  crede  ricco,  finche  non  ammiri  altrovepalagi  e  ricchezze-,  e  fmal- 
mente  che  la  naturale  curiosita  ed  impazienza  degli  studiosi  gli  spinge- 
Serie  III,  vol.  IX.  34  18  Ftbbraro  1858, 


530  COSMOGONIA  >'ATURALE 

a  voler  troppo  presto  sapere,  ad  averedottrinefisse  e  compiule,  in 
ispecie  sulle  question!  piu  grandi  e  piu  curiose,  piuttostoche  a  so- 
spendere  il  giudizio  ed  ammassare  frattanto  lentamente  e  faticosa- 
mente  de'  fatti,  di  cui  non  potranno  per  avventura  far  uso  se  non  gli 
scienziati  futuri.  Xella  chimica  e  negli  altri  rami  della  fisica  crea- 
vansi  sistemi  compiuti  prima  che  si  cominciasse  a  sperimentare. 

In  uno  scritto  geologico  stimabile  per  altro  ed  istruttivo,  leggem- 
mo  «I  fossili  trovati  a  Verona  nel  1517  divennero  occasione  di  una 
<c  curiosa  controversia,  un  solo  soienziato  ,  il  Fracastoro ,  rigaar- 
«  dandoli  come  avanzi  di  animali,  che  vissero  ove  ora  sono  le  loro 
«  spoglie,  gli  altri  corisiderando  questa  dottrina  come  inrompatibi- 
«  le  colla  creazione  mosaica,  vi  vedevano,  come  il  Mattioli  ed  il  Fal- 
«  loppio,  Tefletto  della  fermentazione  o  d'una  forza  p!astica,o,  co- 
«  me  il  Mercatie  I  Olivi  di  Cremona,  de'  giuochi  di  natura  prodotti 

«  sotto  1' influenza  degli  astri I  meno  assurdi  attribuivanli  aldi- 

«  luvio  narrato  da  Mose  1. »  Si  vorra  credere  che  il  timore  di  offen- 
dere  la  Bibbia  abbia  generato  quegli  stravaganti  sistemi  intorno  ai 
fossili?  A  noi  pare  che  piuttosto  avrebbe  dovuto  fare  abortire  qnei 
parti  di  una  miserabile  filosofia.  Perocche  potevatemersinon  siabu- 
sasse  di  quella  dottrina  per  contraddire  al  racconto  del  Genesi  rispet- 
to  alia  creazione  delle  piantee  degli  animali,  e  certamente  i  segua- 
ciditali  sistemi  si  chiudevano  una  strada,  allora  opportuna,  a  con- 
fermare  la  verita  del  diluvio  mosaico  colla  testimozianza  degli  avan- 
zi organici,  che  uscivano  del  sen  della  terra.  Del  rimanentela  Cbie- 
sa  cattolica  non  e  mai  intervenuta  in  queste  controversie  ed  ha  la- 
seiatoaeiascunodi  pensare  a  suo  senno,ed  achi  piacevasi  attribuir 
tali  spoglie  al  diluvio  di  No&,  ed  a  cui  ci6  non  piaceva,  tanto  a  chi 
le  credeva  avanzi  di  esseri  organizzati ,  quanto  a  chi  le  faceva  pro- 
durre  alle  fermentazioni ,  alle  forze  plastiche ,  alle  costellazioni  o 
ad  altro. 


1  Expose  de  quelquet  doctrines  des  geologet  modern**  par  M.  le  Prof.  MA- 
CAIRE.  Bibl.  Univ.  1836.  Dec.  pag.  333. 


COMPARATA  COL  GENESl  53i 

Allorche  in  Verona  I'annololT,  cavandosi  dellefosse  per  la  fabbrica 
de'bastioni,  trovavansi  in  copia  echini  pietrificati,  granchi,  conchi- 
glie  e  altri  corpi  fossiliorganici,si  saranno  al  certo  fatti  in  torn  o  a  cio> 
non  pochi  discorsi.  Niuno  per  altro  usci  allora  in  pubblico.  Lo  stes- 
so  Fracastoro  non  era  che  privatamente  richiesto  del  suo  parere  da 
Torello  Saraina  dottore  in  legge  e  studioso  delle  antichita  patriej 
compiacevalo  il  Fracastoro  a  voce  e  forse  in  iscritto,  ed  il  Saraina  in- 
seri  i  suoi  detti  nell'  opera  latina  delVOrigine  di  Verona,  che  intitolo- 
al  suo  Vescovo  Gio.  Matteo  Giberti.  Ne  sappiamo  che  alcuno  si  scan- 
dalizzasse  di  quella  sentenza  $  ma  bensi  che  il  libro  del  Saraina  fu 
riprodotto  in  lingua  italiana  1.  Nello  stesso  secolo  manifestarono  la 
opinione  medesima  del  Fracastoro,  non  solo  ii  Cardano,  ma  ancora 
il  Cesalpino  in  un'  opera  dedicata  a  Papa  Clemente  VIII  2.  Anche 
1'illustratore  del  museo  del  Calzolari  (Andrea  Chiocchi),  benche  pri- 
ma  esponga  tutt'  altre  ipotesi  ,  cita  poi  con  rispetto  1'  opinione  del 
Cesalpino,  e  riporta  con  molta  lode  i  detti  del  Fracastoro  3.  Non  sap- 
piamo se  il  Mattioli  e  G.  B.  Olivi  medico  Cremonese  tenessero  per 
assai  certe  ed  universal!  le  dottrine  che  ad  essi  attribuisconsi :  in  al- 
cuni  luoghi  essi  sembrano  ,  in  ispecie  il  primo  ,  riconoscere  i  fossili 
organizzati  per  ci6  che  appaiono,  cioe  per  avanzi  di  esseri  viventi : 
ma  cio  poco  importa.  fi  certo  almeno  che  quest'  ultima  sentenza  non 
fu  rigettata  ne  per  iscrupoli  religiosi  ne  per  timore,  o  sia  da  essi, 
o  dal  Mercati,  o  da  altri.  E  come  poteva  esserlo ,  mentre  alia  stes- 
sa  appoggiati  altri  mold  naturalisti ,  esempigrazia  Fabio  Colon- 
na  e  lo  Scilla ,  consideravano  i  corpi  marini  disseminati  sulla  ter- 
ra come  effetti  e  testimonianze  del  diluvio  noetico  ?  II  Lancisi  ar- 
chiatro  pontificio,  il  quale  per  volere  diPapa  Clemente  XI,  pubblic6 
e  commento  la  Metallotheca  Valicana  del  Mercati ,  corresse  nelle 
note  alcune  false  dottrine  di  questo,  e  si  studio  di  provare  come 


\  Verona  1586. 

2De  Metallicis,  Libri  (res,  ANDREA  CAESALPINO  Auctore.  Romae  JS96,pag.S. 
Non  parlo  di  Leonardo  da  Vinci,  perehe  i  suoi  scritti  restarono  inediti  e  sco- 
nosciuti  nno  ai  nostri  giorni. 

3  Musaeum  Calceolarium  Veronense  1622,  pag.  407. 


•532  COSMOGONIA  NATURALS 

.anche  senza  ricorrere  al  dilavio  noetico,  puo  ammettersi  1'esi- 
stenza  de'  corpi  marini  nelle  terre  piu  o  meno  lontane  dal  ma- 
re J.  £  poi  strana  cosa  che  le  strane  sentenze  del  Falloppio  si 
deducano  dal  suo  rispelto  pel  Genesi.  Questo  anatomico  celebre  si 
inostra  in  filosofia  piu  ammiratore  di  Aristotile,  che  di  Mose.  Esso 
nega  1'  origine  diluviana  de'  fossili  marim.  Udiamone  la  ragione  dal- 
la  sua  bocca.  Peripaletici,  quamvis  concedant  diluvium  parliculare, 
.neganl  tamen  universale:  quare  non  possumus  dicere  quod  ex  diluvio 
testae  illae  habuerint  orlum  in  illo  monte  ( Volaieranno ) .  Non  crede 
.poi,  quel  luogo  cosi  alto  esserestato  in  altri  tempi  coperto  dal  mare, 
£  percio  si  volge  alle  fermentazioni  ed  alle  esalazioni,  che  produce- 
vano  orai  testacei  ora  i  frammenti  de'lorogusci.  Aggiunge:  Etiam 
Jortasse  erit  dicendum  quod  ollae  seu  testae  ollarum,  quae  sunt  Ro- 
mae  in  colle  illo  Testaceo  vocalo,  fuerint  ibi  genitae,  non  autem  ab 
>antiquis  inibi  repositae,  ut  quidam  asserunt  2.  E  pure  in  alcune  parti 
di  quel  colle  non  pochi  frantumi,  in  ispecie  i  manichi  delle  anfore, 
mostrano  assai  chiara  1'iscrizione  latina  impressa  col  sigillo  dal  fi- 
gulo  alia  maniera  di  tante  altre  terre  cotte.  L'autore  dell'articolo 
geologico  sopraccitato  soggiunge:  «  Come  si  era  veduto  il  Fallop- 
«  pio  attribuire  alia  fermentazione  fino  i  vasi  di  terra  trovati  nel 
xc  monte  Testaccio,  per  timore  che  non  si  trovassero  ne'  fossili  degli 
«  argomenti  contro  la  creazione  Mosaica,  si  vede  con  intenzione 

1  IHetall.  Vatic.  Opus  posthumum  auctoritate  et  munificentia  dementis  XI 
font.  Max.  e  tenebris  in  lucem  eductum  Romae  1719.  V.  in  parlicolare  p.  220 
c  scguenti.  II  Lancisi  con- approvazione  del  Papa  scelsea  collaboratore  in  que- 
sto  lavoro  Pietro  Assalti  professore  di  Botanica  nell'Arcliiginnasio  Romano,  il 
quale  poi  diresse  al  Morgan!  una  vitarella  del  Lancisi,  inserita  nell'Effemeridi 
•dell'Accademia  Leopoldina  perl'anno  1722.  Nelle  stesse  Effemeridi  per  Vanno 
4688,  pag.  4i6  si  riferiscono  le  osservazioni  fattc  nell'Accademia  Fisico-Mate- 
iiwtica  di  Roma  comunicate  al  Langenmantel  da  Monsignor  Giovanni  Ciampini. 
Si  confrontarono  delle  ossa  fossili  scavate  presso  Vitorchiano  nel  Yiterbese  con 
uno  scheletro  naturale  di  un  elefante,  e  si  concluse  che  quelle,  come  altre  con- 

•servate  in  varii  musei,  apparlenevano  a  queH'aniniale.  «  Queste  furono  »  dice 
il  Brocchi  «  le  prime  osservazioni  di  osteologia  fossile  comparata,  istituite  di 
proposito  >;. 

2  De  metallis  seu  fossilibus  C.  IX. 


COMPARATA  COL  GENESI  533 

«  contraria  il  Voltaire  negare  1'esistenza  di  essi  fossili,  perehe  vo- 
«•  levansi  vcdere  in  essi  le  pruove  di  un  diluvio  universale.  Se  rico- 
«  nosce  per  vere  corichiglie  quelle  trovate  nelle  Alpi,  le  attribuisce 
«  al  passaggio  de'  pellegrini  di  Siria,  che  ne  tornavano  ornati.  Se 
<c  scuopronsi  presso  Etampes  1'  ossa  d'  una  renna  e  d'  un  ippopota- 
«  no,  non  e,  come  alcuni  pretendono,  che  il  Nilo  e  la  Lapponia  si 
«  dessero  rendez-vous  tra  Parigi  ed  Orleans,  ma  senza  piii  che  un 
«.  dilettante  di  curiosita  avea  un  tempo  conservato  questi  scheletri  nel 
K  suo  gabinetto  »:  Quanto  e  verisimilmente  interpretata  1'intenzio- 
ne  del  Voltaire,  tan  to  e  assurda  quella  attribuita  aH'anatomicomo- 
dcnese.  £  egli  possibile  che,  nondico  il  troppo  aristotelico  Falloppio, 
ma  il  piu  scrupoloso  scrittore  trovasse  opposizione  tra  il  raccon- 
to  Mosaico  della  creazione  e  le  terre  cotte  degli  antichi  Romani? 

Del  resto  queste  filosofiche  stravaganze,  come  non  apparteneva- 
no  ad  alcuna  opinione  religiosa,  cosi  non  eranb  proprie  piu  di  uno 
che  d'  altro  paese.  Se  il  Falloppio  in  Italia  ricorreva  alia  fermenta- 
zione  per  ispiegare  le  conchiglie  fossili,  non  insegnava  in  Germania 
simil  dottrina  1'Agricola  *?  Ne  molto  migliori  pensieri  manifestava- 
noaltri  naturalist! della  sua  nazione  nelsecolo  XVJI.  Plot  in  Inghil- 
terra  invocava  la  forzaplastica,  e  Lister  ricorreva  anch'egli  un  tem- 
po agli  scherzi  della  natura.  Bertrand  di  Berna  negava  che  i  corpi 
marini  e  le  piante  fossili  fossero  quello  ehe  appariscono,  e  ci6  nel 
1752!  (la  quistione  in  Italia  era  terminata  da  un  pezzo),  comeche 
poscia  mutasse  opinione.  Se  alcuni  scrittori  italiani  nel  seeolo  XVII 
insegnavano,  i  testacei  fossili  essere  avanzi  d'  animali,  nati  nelle 
rocce,ove  dall' acqua  ne  erano  stati  abbandonati  i  germi,  non  fu. 
questa  dottrina  riprodotta  dall'  inglese  Luid  ,  e  dopo  lui  dallo  sviz- 
zero  Lang?  e  nella  storia  dell' Accademia  reale  delle  scienze  di  Pa- 
rigi per  1'  anno  1704  non  ci  si  da  per  verisimile  questa  opinione  2  ? 
L'  uomo  di  buon'  ora  propone  teoriehe  stravaganti  e  tardi  studia  i 
fatti :  1'astrologia  e  1'alchimia  hanno  preceduto  1'astronomia  e  la 
chimica. 


1  De  ortu  et  causis  subterran.  L.  IV. 

2  Hist,  de  I' Ac.  R.  an.  1703,  p.  23. 


S34  COSMOGONIA  NATURALE 

Qaanto  &  alia  religione  ed  alia  Bibbia ,  esse  hanno  ,  se  punto 
veggo,  piuttosto  giovato  clie  nociutoalie  ricerobe  geologiche.  E  in- 
vero  un  gran  numero  di  queste  si  sono  falte  o  per  difendere  il  Ge- 
nesi,  o  per  interpretarlo,  o  ancora  per  impugnarlo,  o  almeno  per 
impugnare  qualche  sistema,  che  s'era  voluto  fondare  sopra  quel  li- 
Lro,  a  cagion  d'esempio,  quello  di  Woodward.  Senza  un  testo  sacro, 
chetrattassede'primi  tempi  del  mondo,in  cotali  indaginidi  solacu- 
riosita  pochi  si  sarebberooccupati,ed  aipiu,ne  senza  qualche  ragio- 
ne,  sarebbero  quelle  parute  frivole  e  di  niun  conto.Quei  medesimi, 
ehe  per  puro  amor  della  scienza  si  sono  dati  con  grande  ardore  a 
questi  studii,  io  non  so  se  tutti  avrebbero  cosi  operato,  qualora  non  si 
fossero  ritrovati,  a  cosi  dire,  circondati  da  sistemi,  da  ipotesi,  da 
osservazioni,benche  al  certo  incompiute,  cui  data  aveva  occasioneil 
testo  diMose.  Si  puo  aggiungere^he  suirautorila  di  questo  credevan- 
si,anche  ne'secoli  meno  istruiti,  alcune  delle  principali  verita  relative 
all'  istoria  primitiva  della  terra,  le  quali  la  scienza  non  ha  provate, 
se  non  in  questi  ultimi  tempi.  Ma  cio  basti  per  ora  avere  accennato. 

La  cronologia  di  Mose  e  sembrata,  a  dir  vero,  contraria  non  solo 
a  qualche  ipotesi  geologica,  ma  eziandio  a  cio  che  assai  general- 
mente  i  moderni  geologi  deducono  dai  fatti  e  sostengono  come  tesi, 

0  piuttosto  suppongono  qual  verita  indubitata.  Fa  di  mestieri  che 
qui  alcun  poco  ci  fermiamo,  per  torre  di  mezzo  un  impedimento, 
il  quale  potrebbe  per  avventura  arrestare  dal  bel  principio  taluno 
de'leggitori,  efargli  intramettere  la  lettura,  o  proseguirla  con  ani- 
mo  mal  disposto  ed  avverso.  Di  cio  tratteremo  nel  rimanente  di 
questa  introduzione. 

Se  a  mostrare  fra  la  verita  naturale  e  la  rivelata  quella  concor- 
dia,  che  non  pu6  mancare  fra  due  figliuole  del  primo  Vero,  fosse 
duopo  dare  una  nuova  ma  non  assurda  interpretazione  a  qualche 
luogo  della  Bibbia,  il  quale  alia  fine  non  tratta  di  dogma,  ne  di 
morale,  o  di  culto,  e  del  cui  senso  gli  antichi  Padri  della  Chiesa  non 
convengono;  sarebbe  questo  un  gran  male?  Pare  che  no.  Anche 
negli  autori  piu  facili  greci  e  latini  si  trovano  talora  difficolta  insor- 
montabili,  le  quali  poi  dileguansi,  allorchk  il  vero  senso  dell'autore 

1  fissato  e  giustificato  dalla  scoperta  d'un  monumento,  da  qualche 


COMPARATA    COL  GENE  SI  535 

nuova  scoperta  di  geografia,  di  storia,  ed  anclie  talvolta  di  storia 
naturale.  II  verso  di  Marziale,  ove  favella  di  un  rinoceronte: 

Namque  gravem  gemino  cornu  sic  extulit  ursum  V 

era  inintelligibile,  e  si  e  creduto  seorret.to,  finches  non  si  e  ricono- 
sciuta  da' modern!  1'esistenza  de'rinoceronti  bicorni,  non  ignoti 
agli  antichi  Romani.  Ma  la  parola  di  Dio —  Sele  parole  di  uomini 
meno  illuminati  de'  loro  attuali  successor!  hanno  talora  duopo  che 
crescano  i  nostri  lumi  per  essere  interpolate  a  dovere;  quanto  piii 
la  parola  di  Quello,  che  la  povera  nostra  scienza  vince  e  sempre 
vincera  immensamente !  La  Chiesa  ha  in  ogni  tempo  lasciato  libero 
il  campo  agli  interpret!  disputant!  intorno  ai  varii  puntidi  cronolo- 
gia  biblica;  benchfe  le  loro  dispute  relative  all'umana  cronologia  e 
ad  epocbe  per  la  religione  important!,  fossero  di  maggior  momento 
cbe  non  le  opinion!  risguardanti  soltanto  la  cronologia  de'  mine- 
ral!, delle  piante  e  delle  bestie.  Ne  cito  solo  un  esempio.  Secondo 
il  testo  ebraico  e  la  Volgata  adoperata  dalla  Chiesa  Romana  ed 
approvata  dal  Concilio  di  Trento,  passarono  circa  40  secoli  tra  1'a 
creazione  di  Adamo  e  la  nascita  di  Gesu  Cristo :  ma  quanto  pre- 
cisamente?  Secondo  Natale  Alessandro  4-000  anni,  ne  piu  nfe  meno : 
secondo  il  Bellarmino  ed  il  Petavio  398i  :  se  crediamo  a  Sisto  Se- 
nese  e  ad  altri  3960  •  se  all' A  Lapide  3963:  se  allo  Scaligero 
3950  :  se ,  per  tacere  di  altri ,  a  ci6  che  ne  insegna  S.  Girolamo 
nelle  Queslioni  Ebraiche,  3941.  La  Chiesa  Romana  tollera  del  pari 
tutte  quelle  sentenze  ,  ma  net  suo  Martirologio  ci  fa  leggere  ,  che 
tra  que'  due  grandi  avvenimenti  corsero  5199  anni ,  seguendo  la 
versione  dei  Settanta,  la  cronologia  de'quali  e  stata  assai  seguita  e 
nella  Chiesa  orientale  e  nella  occidentale.  Ne  poco  differiscono  nel 
compute  quegli  stessi  che  seguono  i  settanta  interpret!.  Es.  gr. 
mentre  Eusebio  Cesariense  va  d'  accordo  col  Martirologio  romano, 
Clemente  Alessandrino  ai  loro  5199  anni,  ne  sostituisce  5624  e 
S.  Giuliano,  Vescovo  di  Toledo  nel  secolo  VII0,  60 H. 

(Sara  continuato.} 

1  De  Spect.  ep.  22. 


LA  CONTESSA  MATILDA  DI  CANOSSA 

E 

IOLANDA  DI  GRONINGA 


/  BAGNI D'  ABANO 

II  monastero  de'  Benedettini  di  Praglia  fondato  da  Maltraverso 
de'  Conti  di  Montebello  nel  108CF  fra  i  colli  Euganei  a  pie  del  monte 
delle  Are,  e  cresciuto  poscia  e  nobilitato  nei  secoli  XV  e  XVI,  e  tal 
monumento  dell'antica  pieta  e  religione,  che  gli  italiani  e  gli  stra- 
nieri,  i  quali  da'  vicini  bagni  d'Abano  accorrono  a  visitarlo,  ne  ri- 
mangono  altamente  compresi  e  rneravigliati.  E  ben  a  ragione :  tanta 
e  la  vastita  dell'  edifizio,  la  maesta  degli  archi  e  delle  logge  che  tutto 
per  quattro  gran  chiostri  lo  corrono  intorno  ;  la  nobilta  delle  sale 
destinate  alle  pubbliche  e  religiose  adunanze  de'  monaci ;  la  molti- 
plicita  delle  celle  che  gli  accolgono  ai  santi  e  solitarii  recessi :  la 
magnificenza  degli  atrii ;  la  sontuosita  del  tempio  -,  la  vastita  del 
recinti ;  la  riverenza  che  spirano  le  antiche  muraglie,  i  lunghi  an- 
diti,  il  silenzio  de'  chiostri,  I'armonia,  la  pace,il  riposo  che  regna 
in  quel  sacro  amhito  destinato  al  riliramento,  alia  contemplazione, 
allo  studio,  ai  notturni  salmeggiamenti ,  alia  perenne  preghiera , 
che  levasi  a  Dio  per  placare  la  sua  giustizia  e  per  aprire  i  tesori 
della  sua  misericordia  sopra  il  mondo  contaminato  dagli  errori , 
dalle  fallacie ,  dalle  ignoranze ,  dai  malefizii  e  dalle  perfidie  del- 
1'  umana  miseria. 


LA.  CONTESSA  MATILDA  —  I  BAGNI  D'  ABANO  537 

Chi  entra  sotto  quegli  archi  silenziosi  -,  chi  passeggia  per  quelle 
lunghe  gallerie-,  chi  sale  a  quei  pensili  giardini-,  chi  scende  in  quei 
vasti  sotterranei  sostenuti  da  lunghi  ordini  di  pilastri ,  fra  i  quali 
Je  strette  finestre  mettono  una  languida  lace ;  chi  vede  le  nume- 
rose  pile  di  marmo  entro  cui  ciascun  monaco  lavora  un  di  le  sue 
lane-,  chi  mira  le  divote  cappelle  da  pennello  antico  dipinte  •,  chi 
respira  quei  casto  aere  che  aleggia  per  quei  romiti  ricoveri  de'  santi 
sequestrati  dal  vorticoso  aggiramento  dei  vani  desiderii,  dei  turpi  de- 
litti,  delle  avare  cupidigie,  delle  orgogliose  e  superbe  ambizioni 
del  secolo  ,  si  sente  rapir  1'anima  a  sentimenti  degni  della  nobilta 
e  grandezza  della  sua  divina  natura ,  e  dell'eccelso  fine ,  per  cui 
fu  creata. 

Ivi  fu  sempre  la  santita  congiunta  colla  piacevolezza ,  il  ritiro 
conditp  dall'ospitalita,  la  ricchezza  benedetta  e  magnificata  dai  ter- 
rieri  e  dai  pellegrini  per  le  generose  beneficenze ,  che  come  fmtne 
reale  usciano  da  quei  monistero  a  sollievo  de'poveri,  a  conforto 
delle  vedove  e  de'  pupilli,  a  sostegno  de'  vecchi,  a  guardia  delle 
vergini ,  a  ristoro  delle  pubbliche  e  private  calamita.  Ivi  il  nobile 
cavaliere  crocialo,  che  passava  col  suo  drappello  per  ire  al  con- 
quisto  del  santo  Sepolcro;  ivi  la  pia  matrona,  che  pellegrinava  alia 
tomba  de'  Principi  degli  Apostoli  •,  ivi  il  Margravio  alemanno,  sveco 
o  danese,  che  scendeva  co'  suoi  guerrieri  a  difesa  della  Santa  Sede 
contro  i  tiranni  che  le  facevano  oltraggio,  aveano  cortese  e  largo 
accoglimento  cogli  uomini  e  coi  cavalli. 

Ivi  ogni  giorno  accorreano  centinaia  e  centinaia  di  poveri,  che 
erano  largamente  nutriti  dai  monaci.  Fa  stupore  a  veder  gli  ampli 
granai,  ove  dai  feudi  e  dalle  vaste  tenute  raccoglieasi  il  frumento 
per  fare  il  pane  alle  turbe  accorrenti  •,  al  vedere  i  forni,  le  dispense, 
le  fruttiere,  le  oliere,i  macelli,  le  officine  di  tutte  le  arti  e  mestieri 
in  che  s'  esercitavano  co'  loro  creati ;  le  stanze  de'  pellegrini  j  i 
quartieri  degli  ospiti;  le  stalle  de'  cavalli  5  i  fienili,  i  pagliai;  ma 
sovratutto  le  tinaie,  ove  accoglieasi  la  vendemmia,  con  tini  pel  mo- 
sto  che  paiono  cisterne,  con  graticci  per  le  uve  in  serbo,  con  torchi 
e  soppresse  e  tombini  e  bigonci,  che  ben  mostrano  quant'  era  il  vino 
che  distribuivasi  ogni  giorno  alle  turbe.  Le  cantine  poi  corrono 


538  LA  COINTESSA  MATILDA 

sotto  i  lunghissimi  chiostri,  e  vaccisi  coi  oarri  e  coi  cavalli ,  e  sulle 
travi  son  ritte  in  dirittissimi  tilari  le  ample  botli  che  contengono 
le  migliaia  di  cogna ,  e  paiono  a  vederle  baloardi  a  munizione  di 
quelle  vie  sotterranee  1. 

II  secol  nostro,  che  trafelando  dietro  a  una  civilta  artificiale,  non 
puo  intendere  la  munificenzadegli  antichi  giorni  di  naturale  gene- 
rosita  e  di  fede,  grida  alia  perdizione  ,  allo  sciupio,  al  traboccamen- 
to  di  tante  ricchezze  inabissate  nelle  ventraie  de'Monaci ;  ma  egli, 
cbe  tanto  esclama  a  favore  del  popolo  ,  non  vuol  confessare  che 
quelle  opulenze  erano  una  fonte  viva  di  beneficenza  pel  popolo  ap- 
punto,  che  vi  attingeva  senza  rossore,  perches  aveale  in  conto  di 
cosa  sua.  Ora  quelle  immense  possession!  sono  quasi  tutte  in  mano 
di  ricchi  mondani ,  i  quali  ne  rubano  i  frutti  al  poverello,  e  li  git- 
tano  con  profusione  in  vani  sfarzi  di  palagi ,  di  mense,  di  feste ,  di 
comparse,  di  giuochi,  e  spesso  di  stravizi. 

lolanda,  calata  in  Italia  sempre  a  seconda  delle  verdi  rive  del 
Brenta,  venne  a  Bassano  e  a  Padova,  per  continuare  il  suo  pelle- 
grinaggio  verso  il  Po,  costeggiandolo  in  sulla  diritta.  Essendosi  in- 
ternata  fra  i  colli  Euganei  che  allora  copriansi  tutti  di  dense  ed  oscu- 
re  foreste  di  roveri,  d'abeti  e  di  larici,  giunse  da  Padova,  a  sole  al- 
to, fra  il  poggio  di  Tramonte  e  le  prata  che  vi  si  distendono  ai  pie- 
di.  Ivi  era  il  castello  di  Berengario  colle  sue  brune  torri,  e  coll'am- 
pio  fosso  d'  intorno,  al  quale  lolanda  non  voile  accostarsi,  poiche 
ov'  ella  vedea  ponti  levatoi  teneasi  dalla  lunga.  Volse  invece  1'  oc- 
chio  per  tutto  in  giro  a  scorgere  qualche  abituro  di  contadini  ove 
ricove~are,  e  la  sua  buona  ventura  gliene  fece  veder  uno  grande, 
che  parea,  ed  era,  d'un'agiata  contadinanza.  Vi  trovo  sull'aia  al- 
cuni  fanciulletti  che  giocavano,  e  dentro  in  cucma  una  bella  garzo- 
na  grande,  colorita  e  gagliarda,  la  quale  con  aria  modesta  e  con 
modi  semplici  e^chietti  teneasi  colca  in  grembo  la  testa  bianca  co- 
me neve  d'  una  sua  bisavola,  che  venia  pettinando  amorevolmente, 
e  intrecciandole  i  pochi  capelli  con  un  nastro  nero  percumularglieli 
e  attorcigliarglieli  in  capo. 

» 

1  PJVETTA  not.  Monast.  di  Praglia  1854. 


I  BAGNI  D' A  BANG 

La  vecchiona  avea  valicbi  i  cento  e  quattr'anni,  ne  la  lunga  eta 
aveale  tolto  il  vedere  e  1'  udito,  ne  rotti  e  schiantati  i  denti  in  boc- 
ca ,  si  ch'  ella  facea  croccare  le  croste  del  pane  a  meraviglia.  Era 
grande  e  spiecata  della  persona,  ne  portava  la  vita  in  arco,  ne  china 
e  in  tentenne  la  testa;  solo  avea  di  molte  crespe  in  fronte  e  pel  viso, 
e  risentiasi  alquanto  delle  ginoccbia,  e  per6  camminava  un  po'lenta 
e  con  un  bastoncello  a  gruccia  cbe  le  reggeva  la  vita.  Come  fa  pet- 
tinata  rizzossi  dello  serabello,  e  voltasi  alia  buona  fanciulla  disse  — 

O  7 

Ciustina  mia,  ti  ringrazio:  Iddio  ti  rimeriti  della  carita —  Allora 
lolanda  in  abito  di  pellegrino  e  col  suo  cappuccio  a  gote,  fattasi 
innanzi,  domand6  per  amore  di  Dio  I'ospizio  per  quella  notte  —  Che 
tu  sia  il  ben  venuto,  rispose  la  vecchia;  sotto  il  tetto  della  Ghilda,  fi- 
gliuol  mio,  il  ricetto  e  sempre.  cordiale  ;  vieni  e  siedi :  le  nostre 
donne  son  ite  a  portare  la  colezione  ai  segatori  del  fieno,  ma  come 
ritornano  ammanniranno  il  desinare  :  intanto,  Giustina,  recagli  un 
po'di  pane,  mele  e  butirro  da  refiziarsi. 

La  Giustina  and6  a  un  armadiolo,  ne  trasse  di  che  asciolvere,  e 
posollo  sopra  una  grossa  tavola  ch'  ivi  era  di  noce.  La  veccbia  gli 
si  pose  a  sedere  in  faccia  sopra  un  trespolo,  e  miratol  bene,  disse  — 
Deb!  come  tu  se'  giovinetto  e  dilicato  di  compiessione  !  onde  vieni, 
figliuoletto  mio,  e  dove  se'  tu  incamminato? 

—  Vengo  di  lontano,  le  disse,  e  vo'  per  adempiere  il  mio  voto  pel- 
legrinando  sino  a  Roma  ai  limini  de'  santi  Apostoli  Pietro  e  Paolo. 

—  Ci  fui  anch'  io  ai  miei  di  col  mio  povero  padre,  rispose  la  vec- 
chia Ghilda,  al  tempo  d'Ottonell  Imperatore,  e  vidi  e  venerai  i  sacri 
vincoli  di  san  Pietro  nella  basilica  d'Eudossia,  trent' anni  dopoquel 
gran  miracolo,  che  operarono  sopra  lo  scudiere  d'Ottone  Magno,  il 
quale  era  in  possessione  d'unmal  demonio,  e  il  tocco  di  quellepre- 
ziose  catene  cacciogliel  di  dosso.  Quando  sarai  a  Roma,  bambinello 
mio,  baciale  con  riverenza,  che  non  t'intravverra  mai  sinistro  di 
malie,  di  failure,  d'apparizioni  di  fantasmi,  d' anime  dannate,  odi 
demoni.  Come  tu  vedi  io  m'  ho  i  capelli  tutti  bianchi,  eccetloque- 
sta  cioccherella  in  fronle  ch'  e  nera  come  quella  di  Giuslina,  e  sai 
perche?  Oh  direttelo  io.  Engellone,  il  mio  povero  marito  requiescat, 


340  LA  CONTESSA  MATILDA 

apponealo  al  ritocco  di  quelle  sante  catene,  il  clie  avverra  anche  a 
te  se  le  ti  saranno  poste  sul  capo. . 

A  cui  lolanda  soggiunse  —  Pregate,  madre  mia  buona,  ch'  io 
possa  pervenirvi,  baciarle  divotamente,  ed  ottenere  pel  merit!  di 
S.  Pietro  saldezza  nella  fede,  amore  ed  ossequio  verso  la  Santa  Se- 
de,  e  obbedienza  al  Supremo  Pastore,  senza  le  quali  non  si  puo 
ottenere  la  vita  eterna. 

Ma  la  vecchia  nonna,  ch'  era  gia  in  sullo  sdrucciolo  del  discorre- 
re,  continuandosi  rapidamente,  disse  —  Ti  prometto,  ch'io  d'aHo- 
ra  innanzinon  ebbi  a  soffrire,n&  potenzadi  malie,ned'incantamen- 
ti,  ne  d' infestazioni  degli  spiriti  rei,  ch'  egli  e  un  gran  guiderdone, 
sai  tu?  e  un  gran  privilegio  che  non  1'  hanno'le  regine  incoronate. 
Pensa,  figliuol  mio!  Noi  viviamo  in  una  contrada,  ch'e  malvagia  e 
ria  a'  suoi  abitatori,  poiche  si  pare  aperto  che  sotto  i  colliEuganei 
v'  abbia  una  delle  porte  d'  inferno. 

—  Oh  come  il  sapete  voi?  disse  lolanda.  Le  porte  dell' inferno 
sono  i  peccati,  e  io  non  seppi  mai  che  vi  si  entrasse  per  altra  porta. 

—  Tu  se'ancora  fantino,  ripiglio  quell'  antica:  odi  me.  A  tre  mi- 
glia  di  questo  monte  avvene  un  altro,  che  domandasi  Abano,  da 
una  rupe  del  quale  sgorga  un  gran  capo  d'  acqua  bollente  che  for- 
ma un  laghetto  d'  acque  azzurrone  come  1'indaco  ;  e  attorno  di  co- 
testo  lago,  per  Io  stravenamento  sotterraneo,  rampollano  e  scatu- 
riscono  a  gran  getti  altre  acque  bollenti  anch'esse;  e  cosi  il  lago 
come  coteste  polle  impregnano  tutto  1'  acre  circostante  di  odore  di 
zolfo,  che  strozza  il  respiro  in  gola,  e  fumano  d'  una  fuligine  densa 
e  atra  che  fa  notte  e  scurita  e  buio  da  non  ci  vedere  per  entro. 

Ora  dicono  i  nostri  vecchi,  che  Caino  ramingando  sopra  la  terra, 
sempre  in  fuga  dell'  ombra  di  Abele,  che  ucciso  avea  con  unbron- 
cone  di  cerro,  giunse  qui  nel  contorno  stanco  e  disperato,  e  git- 
tossi  in  terra  per  dormire.  Allora  la  terra  si  aperse,  e  Caino  spro- 
fond6  nelt' inferno :  e  perocche  egli  era  gigante,  Dio  suscito  i  colli 
Euganei,  acciocche  turassero  e  abbarrassero  quell' immensa  caver- 
na,  che  gli  s'  era  aperta  sotto  per  inghiottirlo.  Caino  sentendo  co- 
cersi  e  arroventarsi  nelle  fiamme  penaci,  punt6  i  piedi  sulle  schiene 


i  BAGNI  D'ABANO  541- 

di  Lucifero,  e  colle  spalle  urta  le  radici  del  monte  d'  Abano  e  del 
monte  Ortona,  e  vi  si  arrovella  sotto,  e  smania  e  arrabbia  per  iscar- 
dinarli  e  convolgerli,  di  guisa  che  suda  copiosarnente,  e  quel  su- 
dore  impregnato  del  zolfo  e  del  bitume  infernale,  e  bollente  per  le 
fiamme  che  divampano  tutto  quel  corpaccione,  gli  esce  e  trapela 
pei  pori,  e  impozzanelle  intime  caverne,  e  da  quelle  si  travasa  per 
fessi  delle  rupi,  e  schizza  dalle  vene  di  sotterra  con  quel  bollore  e 
quel  fumo,  ch'io  ti  dissi.  In  quelle  acque  ne  pesci  guizzano,  ne- 
granchi  notano,  ne  oche,  ne  anitre  si  tuffano,  ma  dalla  densa  fu- 
mea  vapora  un  puzzo  che  ammorba. 

Arrogi  a'coteste  acque  scaturite  d' inferno  un'  altra  infestazione 5- 
che  sul  comignolo  dei  colli  di  Tramonte,  di  Torreglia,  di  Rovolone 
e  di  Carbonara  non  di  rado  apparisce  1'ombra  nera  di  Lamec,  il> 
quale  travola  in  questi  dintorni  per  ghermire  Caino,  ch'egli,  sic- 
come  suo  sfidato  nimico,  cerca  da  sei  mil'anni  in  qua-,  ed  e  ombra- 
minacciosa  che  tiene  sempre  1'  arco  teso  per  saettarlo,  e  da  tutto  it 
suo  corpo  esala  fumo  e  nebbia  che  forma  nugoli  vorticosi  e  scuri ; 
e  quando  chiama  Caino,  la  sua  voce  e  di  tuono  che  rimbomba  per 
tutte  le  valli  e  i  dossi  de'  monti  Euganei.  Queste  maraviglie  si  veg- 
gono  a  occhio  dai  nostri  uomini,  specialmente  a  luna  scema.  E 
quando  il  gigante  Lamec  giugne  quassu  in  vetta  al  colle  di  Tra- 
monte, dapprima  sentesi  la  terra  soffiare  come  un  gran  mantaco^ 
poscia  tremarej  e  tremando  squassa  tutte  le  foglie  degli  alberi,  le 
quali  cascate  in  terra,  si  raggricciano,  si  drseccano,  si  ravviluppano 
pel  ventar  vorticoso  che  le  accumula  e  aggira. 

Lamec  allora  spunta  suso  di  terra  il  cucuzzolo  del  capo,  e  i  ca- 
pelli  gli  si  rizzano  tesi  e  irti  come  un  bosco  di  lancee,  e  scuotendoli 
s'urtano,  s'incioccano  e  fremono  come  la  bufera  che  agita  la  fore- 
sta.  Allora  i  cani  guaiscono,  i  tori  mugghiano,  i  cavalli  rignano, 
i  galli  stridono,  i  montoni  belano ,  i  topi  fuggono  e  si  rintanano. 
Lamec  alia  fine  esce  con  tutla.la  persona,  e  mette  un  piede  sul  colle 
delle  Are  e  1'  altro  sul  colle  di  Tramonte,  e  lieva  si  alto  che  copre 
il  sole  col  petto  e  col  capo. 

—  Nonna,  interuppe  lolanda,  lo  vedeste  voi  mai?  che  la  mi  par 
cosa  di  gran  spavento  a  vederlo,  e  io  ci  morrei  intirizzita. 


542  LA  CONTESSA  MATILDA 

—  Non  t'ho  io  detto  teste  ch'  io  fui  tocca  a  Roma  dalle  catene 
di  S.  Pietro  ?  Ebbene,  quel  toccamento  ci  dilegua  le  vision!,  ne  per- 
ci6  io  potrei  vedere  unque  mai  1'ombra  di  Lamec.  Anzi  tu  dei  sa- 
pere  qualmente  tutte  le  spianate  che  sono  intorno  alle  acque  bol- 
lenti  di  Abano  sono  abitate  dalle  anime  vagabonde  degli  Euganei, 
ch'erano  popoli  antichi,  antichi,  fii!  i  quali  vennero  laggiu  dal  ma- 
re, ed  erano  gente  cattiva  e  micidiale.  Or  questi  Euganei,  a  mano 
a  mono  che  moriano,  furono  dalla  divina  giustizia  confinati  a  va- 
gabondare  sino  al  di  delgiudizio  per  cotesti  piani,  e  vagolano  sem- 
pre  il  giorno  e  la  sera,  e  allo  scocco  della  mezza  notte  tutte  quelle 
anime  si  scagliano  a  here  e  a  tuffarsi  nelle  acque  solforose,  ove  ge- 
mono  esospirano  insino  all'  aurora.  Sono  spirit!  invisibili,  e  se  per 
mala  ventura  passando  intoppassero  in  qualche  cristiano,  il  cristiano 
a  quell'urto,  s'  egli  e  a  cavallo,  casca  di  sella,  e  s'egli  e  a  piedi  tra- 
mazza  in  terra,  e  non  puo  campare  piu  di  ventiquattr'  ore.  Che  ti 
pare,  faticiullo  mio  ?  Baldo,  il  mio  povero  cognato  (egli  e  gia  un 
aflare  d'ottant'anni,  e  me  ne  sovvengo  come  fosse  oggi)  veniva  dal 
monte  Ortona  in  sull'ora  calda  ed  era  tutto  scalmato,  ed  ecco  sente 
urtarsi  ;  gli  treman  le  ginocchia,  gli  si  torce  la  bocca,  gli  s'ingrossa 
la  lingua,  e  in  luogo  di  parlare  faceva  mugolii  e  bava.  I  compagni 
•ch'  erano  con  esso  lui  eel  riportarono  in  casa,  e  dissero  alia  Enge- 
larda —  Comare,  gli  ha  tocco  un'anima  di  certo,  e  Baldone  vostro 
£  spacciato  —  II  poveraccio  mori  nella  notte.  Tuttavia  sai  tu  in 
quante  io  m'abbattei  a'  miei  di?  Per  me  egli  era  come  Y  urto  d'un 
moscherino,  poi  ch'io  fui  benedetta  dalle  catene  di  S.  Pietro  1. 

Coteste  anime  confinate  da  Dio  quando  le  hanno  sete  entrano 
nelle  capanne  e  beono  quant' acqua  c'e  ne'  secchi,  asciugano  gli 
abbeveratoi  delle  bestie,  e  talora  insino  alle  cisterne.  Anche  vanno 

1  Emilio  Sauvestre,  narra  che  ad  Auray  avvi  la  stessa  supers tizi one.  Una 
giovane,  egli  dice,  entro  in  casa  piangendo  e  tremando  —  Che  fu?  —  Ah  mio 
padre  attraverso  stanotte  il  piano  di  Pluvigner,  in  cui  vagolano  le  anime,  una 
in  passando  1'urto,  cadde  di  cavallo,  ed  ora  eel  portan  moribondo.  Io  cercava 
<ii  consolarla  ;  ma  essa  gridava  —  morra  fra  poco,  perche  I'anima  1'ha  tocco  — 
Venne  il  medico  e  dichiaro  ch'  era  un  colpo  apopletico. 


I  BAGNI  D"  ABANO  543 

pe'  granai  e  tramestano  le  fave  col  panico,  i  fagioli  colla  spelta,  e  i 
piselli  col  frumento.  Talfiata  si  chiudono  nella  madia  e  uon  lasciano 
lievitare  la  pasta :  poi  Dio  ci  guardi,  else  ci  adocchino  i  bambini ! 
Tu  li  vedi  smagrire  ed  appassire  come  i  fiorelli  del  campo :  o  torco- 
no  e  strabuzzano  gli  occhi,  e  smaniano  e  si  contorcono,  o  copronsi 
di  croste,  ch'  egli  e  un  pianto  a  vederli.  Eh!  che  ti  pare?  Sono  al- 
tresi  beffardi,  e  fanno  di  molte  giarde  alle  genti,  come  di  dar  lora 
il  gambetto  e  scappucciano  ;  nello  scender  le  scale  fan  loro  smue- 
ciare  il  piede  e  le  tombolano  da  cima  a  fondo :  se  tu  hai  fretta  d'en- 
trare  in  casa,  gittano  nella  toppa  un  sassolinetto,  e  gl'ingegni  della 
chiave  non  giocan  piu  nelle  molle,  e  ti  viene  la  stizza,  e  dei  chia- 
inare  il  magnano  che  sconficchi  la  serratura.  Sono  le  anime,  che 
fanno  adombrare  i  cavalli,  che  mettono  il  capereccio  ne'  muli,  e  li 
conficcan  li  sull'  uscio  di  stalla  che  non  li  moverebbe  1'argano.  La 
state  si  fan  mosche,  si  fanno  cimici  e  danci  noia;  si  tramutano  in  ta- 
fani  e  pungono  co'  loro  aguiglioni  i  cavalli  5  si  fan  vespe,  si  fan  ca- 
labroni  e  mettono  in  furia  i  tori  e  i  giovenchi ;  ma  il  piu  conver- 
tonsi  in  talpe  e  guastano  i  prati;  in  topi  e  rodon  le  avellane  e  le 
noci:  in  tignuole  e  bucherano  i  panni  lani;  in  tarli  e  sfaiinan  le 
tavole-,  in  bachi  e  magagnan  le  frutte;  in  somma  son  tristi  quant1  er 
possono,e  non  vale  scongiuri,  non  vale  incanti,  non  vale  canzoni, 
ma  e  oggimai  venuto  il  tempo  che  tutte  coteste  tregende  debbano 
diloggiare  dalle  nostre  contrade. 

—  Oh  come  farete  voi?  disse  la  lolanda.  lo  non  ci  veggo  rimedio. 
-  II  rimedio  c'e;  e  verracci  dalBarone  di  cotesta  signoria,  ch'e 
uomo  di  gran  ricchezza  e  d'eminente  pieta :  egli  e  il  Sir  Maltra- 
yerso  dei  Conti  di  Montebello,  il  quale  ha  in  animo  di  fondare  a  pie 
di  questo  colle  un  tempio  alia  Vergine  Maria  e  un  moriistero  ai  mo- 
naci  di  S.  Benedetto,  ed  ha  perci6  gia  chiamato  dal  famoso  moni- 
stero  di  Pollirone  il  padre  Iselberto  per  fare  gli  apparecchiamenti  ^ 
anzi  se  appresso  desinare  tu  vorrai  vederlo,  egli  dee  passar  indi  per 
visitare  le  falde  del  monte  dell'  Are,  ove  disegna  di  porre  le  fonda- 
menta  delPedifizio  '. 

1  PIVETTA  pag.  34. 


LA  COMESSi.  MATILDA 

lolancla  ne  fu  consolata,  peroccbe  ella  sperava  da  Iselberto  consi- 
gli  e  indirizzi  pel  suo  pellegrinaggio  e  F  attendeva  con  desiderio. 
Intanto  com'ebbe  preso  un  po'  di  ristoro,  gia  cominciavano  a  ritor- 
nare  le  donne  dai  prati  per  accendere  il  fuoco  ed  apparecchiare  il 
.pasto  ai  mietitori,  i  quali  come  fu  la  mezza  terza  passata ,  rivenne- 
ro  alia  capanna  colle  loro  falci  in  ispalla.  Erano  fra  loro  tre  vecchi, 
nati  della  Ghilda,  con  sette  loro  figliuoli,  gia  uomini  d'  oltre  qua- 
rant'  anni,  e  tutti  con  bei  giovanottoni,  piu  d'  uno  de'  quali  era  gia 
sposo  e  n'  avea  bambini ;  ondeche  fra  le  donne,  le  putte  e  le  fan- 
x:iullette  coi  mascbiotti,  era  una  famiglia  di  trentasette  persone.  A 
mano  a  mano  die  giugneano,  deposte  le  falci  in  un  luogo  deputato, 
si  faceano  innanzi  alia  Mamma  grande,  e  inchinatala  davanle  il 
Jjuon  giorno  con  riverenza  e  amorevolezza  figliale.  Poco  appresso 
siassisero  a  tavola  tutti  gli  uomini  da  un  lato  e  le  donne  dall'altro: 
a  capo  era  seduta  la  Ghilda,  la  quale  come  regina  della  mensa  ,  ve- 
nia  servita  la  prima:  ad  alcune  altre  tavolette  sedeano  i  fanciulli  e 
le  puttine :  due  spose  recavano  i  messi  alia  tavola  maggiore,  ed  al- 
tre due  facean  le  porzioni  e  mescean  bere  ai  piu  piccoli.  Vedeasi 
un  ordine  e  una  pace  mirabile  in  quella  numerosa  famiglia,  ove  le 
cognate  viveano  in  buona  armonia  fra  loro,  e  attendeano  alia  mas- 
serizia  ciascuna  alia  sua  volta ;  a  quella  ch'era  di  settimana  tutte  le 
altre  obbediano  ,  porgeano  aiuto,  e  compiano  le  faccende  assegnate 
-con  uno  avvicendarsi  regolato  e  discreto.  Quelle  che  poppavano  i 
bambini,  ove  tardasse  una  cognata  a  venire,  governavano  anco  il 
.suo,  e  nutrianlo  del  loro  se.no  con  sollecitudine  quasi  materna. 

Le  giovani  falte  pasturavano  ai  prati  e  per  le  ripe  i  buoi  da  gio- 
go-,  aiutavano  i  segatori  del  fieno ,  i  mietitori  del  grano  ;  vendem- 
miavano  ,  portavan  le  corbe  dell'  uva  al  tino  ,  facean  la  frasca  pel 
bestiame  da  serbare  alia  vernata  :  le  pulzellelte  menavan  le  capre 
ai  corbezzoli  e  ai  frassinelli  su  pei  greppi  del  poggio  ,  o  le  greg- 
giuole  delle  pecore  alle  pascione  del  piano.  Le  spose  poi  altre  avean 
cura  della  canapa  e  del  lino  ,  lo  maceravano  ,  lo  maciullavano  ,  lo 
filavano  e  tesseanlo  nelle  stalie  il  verno  ;  altre  si  travagliavano  in- 
lorno  alle  ocbe,  alle  papere,  all'anatre,  alle  gallme ,  alle  uova  e  ai 


I  BAGNI  D   ABANO 

pollicini ;  tutte  poi  davan  mano  al  bucato  ,  alia  dispensa,  a  conser- 
vare  il  lardo  che  non  irrancidisse,  a  fumare  prosciutti,  a  insaccare 
mortadelle  e  salcicce  ,  a  impastare  e  infornare  il  pane,  ad  avviar  la 
cucina.  Onde  che  quella  famiglia  era  come  un  piccolo  Stato  che  pro- 
cedeva  ordinatamente  a  legge  ,  e  mantenea  gelosa  le  assuetudini  e 
le  costumanze  della  domestica  tradizione  1. 

La  lolarida,  in  sembiante  di  pellegrino,  fu  posta  a  tavola  in  mez- 
zo ai  due  pid  vecchi  e  servita  subito  dopo  la  vecchia  nonna ,  e  da- 
tole  il  rniglior  boccone:  e  perocche  beeasi  a  quei  di  in  un  solo  bic- 
chiere  che  giravasi  intorno  ,  essa  1'  avea  prima  di  tutti ,  e  dato  il 
buon  pro  ai  commensali ,  assumeane  il  suo  bisogno  e  passaralo  al 
vicino.  Com'ebbero  desinato,  il  piu  vecchio,  il  quale  prima  di  porsi 
a  tavola  aveva  intonato  il  Benedicite ,  al  rizzarsi  recito  YAgimus,  e 
tutti  risposero  YAmen  facendo  il  segno  della  Croce.  Fu  sparecchiato 
dalle  fanciulle  in  un  attimo  :  la  Giustina  aiuto  la  bisavola  ,  e  con- 
dussela  a  sedere  sotto  la  pergola  che  adombrava  1'entrata;  due  al- 
tre  raccolsero  i  rilievi  del  pane  e  del  companatico  e  uscirono  a  con- 
solarne  una  tormerella  di  poveretti  che  attendeano  sotto  il  noce , 
eh'  era  grande  e  fronzuto  dinanzi  all'uscio  della  rimessa  delle  vac- 
che.  Nalda  la  ricciuta  ch'era  una  delle  due  limosiniere  ,  tutto  a  un 
tratto  si  spicca  dal  noce  ,  corre  verso  casa  ,  entra  in  fretta  ,  da  di 
mano  alia  piletta  dell'acqua  santa  ,  e  fatto  giomella  della  mano ,  se 
ne  spruzza  in  viso  e  la  versa  in  sul  sogliare  dell'uscio. 

—  Che  fai ,  Nalda?  dice  la  Giustina:  oh  perch6  spruzzi?  che  c'e 
egli  di  nuovo?  La  Nalda  ponendosi  il  dito  a  bocca  —  Zitto,  rispose: 
fra  i  poveri  venne  la  Baugulfa;  tu  sai  stregonaccia  ch'eU'e:  ora  vo' 
per  un  pane  bianco,  di  quelli  dalla  croce ,  e  glielo  porto  acciocche 
la  se  ne  torni  contenta:  altrimenti  la  ci  potrebbe  fare  di  gran  danni 
ai  bambini  delie  cognate  —  e  detto  questo  e  rientrata  in  dispensa  , 


1  Nella  Venezia  e  nella  Lombardia  non  sono  rare  in  campagna  coteste  fa- 
miglie  patriarcali  assodate  nel  timore  di  Dio,  nella  semplicila,neH'ordine  e  nel- 
Paniorc.  11  Maggiorengo  e  la  Reggidora  sono  i  clue  pcrni  intorno  ai  qtiali  s'ag- 
gira  il  pacifico  andamento  della  famiglia. 
Serie  HI,  vol.  /.Y.  35  22  Fibbraro  1858. 


546  LA  CONTESSA  MATILDA 

e  preso  il  pane  e  portato  alia  riputata  Strega  fu  un  lampo.  Nel  dar- 
gliele,  disse  la  Nalda  con  buon  viso  —  Te,  Baugulfa  mia  ,  e  godi 
quesLo  pan  bianco  per  amor  nostro  —  La  donna  guardo  la  giovi- 
netta  COB  occhio  giulivo,  e  baciando  la  croro  incisa  sal  pane — -  Va, 
disse,  che  tu  sia  benedetta,  fanciulla  avventurosa:  non  andera  guari 
che  tu  sarai  cbiesta  dal.  piu  bel  giovane  e  ricco  di  Monte  Rosso  ; 
ne  malia  ne  fattura  tocchera  mai  il  limitare  dell'  uscio  tuo. 

La  Nalda  torno  in  fretta  a  Giustina,  e  le  narr6  sorridendo  il  pro- 
nostico,  aggiugnendovi  —  Cotesto  pan  bianco  ci  campera  un  pezzo 
i  barnboletti  dalle  slregherie  di  costei :  se  avessero  fatto  altrettanto 
la  Diomara  e  la  Gandolfa  nostre  vicine  non  averiano  avuto  a  pian- 
gere  i  loro  figliuolini  j  perocche  Tuna  e  1'altra  in  luogo  d'accoglier 
benignamente  la,  Baugulfa  e  regalarla  di  buon  pane,  Tuna  attizzol- 
le  incontro  un  canaccio  e  1'allra  negolle  un  po'  di  farina.  Non  1'aves- 
ser  mai  fatto!  La  strega  si  volse  alle  loro  capanne,  si  morse  le  dita, 
squadrolle  a  coma  contro  di  quelle ,  e  parlotto  fra  denti  non  so 
quali  imprecazioni.  Due  giorni  appresso  il  bimbo  di  Diomara,  ch'e- 
ra  uu  fiore  ,  ed  aveva  le  guancette  di  latte  e  rose  ,  ed  era  si  gras- 
soccio  che  p area  un  pane  di  burro  ,  comincio  a  sbadigliare  ,  a  tre- 
mare  tutto  quanto,  a  non  voler  piu  la  poppa,  talmente  che  divenne 
mingberlioo,  seccuccio,  co'labruzzi  biancbi  e  fini  fini,  con  un  certo 
colore  cenerognolo  e  certe  odcbiaie  a  cerchiello  livido  come  inchio- 
stro  ,  che  par.ea  proprio  un  lucerloletto  assiderato.  Ma  il  fantolino 
della  povera  Gandolfa,  te  Tho  a  dire?  Divenne  gonfio  come  un'otre, 
floscio,  giallo,  con  quelle  sue  goterelle  cascanti  e  flaccide  come  due 
cenci.;  dirugginava  le  gengive,  torceva  gl.i  occbi  che  avea  cotti  in 
fronte.  La  tapina  della  madre  chiamoEriberta,  quella  vecchia  mam- 
mana  che  sa  tutti  li  secreti  dell'  erbe  ,  tutte  le  virtu  de'  minerali , 
tutti  i  misteri  de'  contraveleni,  la  quale  come  ha  veduto  un  bambi- 
no la  ti  sa  dire-,  quest!  ha  i  bachi,  quegli  ha  il  lattime ,  quest' altra 
ha  il  mai  benedetto,  costui  fu  mai  bailito  e  cotesto  ha  la  tarantella. 
Or  la  Eriberta  ,  visto  il  bambino  della  Gandolfa  disse  :  qui  ci  vuole 
scongiuri  e  non  medicine;  e  intinto  il  dito  nell'olio  di  santa  Giusti- 
na unsegli  a  croce  la  pozzetta  dello  stornaco,  e  tolta  Tacqua  santa 


I  BAGNI  D'  ABANO  547 

gli  spruzz6  la  bocca.  Mirahile  a  dire!  cugina  mia.  La  creatura  co- 
mincio  a  contorcersi  come  una  biscia,  a  mandar  fuori  bava  e  sfhiu- 
ma,  e  a  gorgogliare  come  chi  ha  il  rantolo  5  le  si  gonfio  il  collo  che 
parea  la  si  soffoeasse  ,  e  poscia  aperta  la  bocca  si  diede  a  rec^re 
topi  morti  e  rospi  e  lucertole  ,  e  gomitoli  di  capelli  ,  e  forcine  e 
spilli ,  che  mai  la  piii  strana  cosa.  Eh  !  coteste  diavolaece  di  stre- 
ghe  a  che  san  condurre  un  bambino  !  Dio  ci  guardi  dal  fistolo  -,  ed 
egli  ci  conviene  fare  buon  viso  alia  Baugalfa  ,  che  gran  merce 
per  noi  l. 

Mentre  la  Nalda  narrava  si  fatte  capestrerie,  il  padre  Iselberto 
giunse  alia  capanna  coll'architetto  e  coi  maestri,  i  quali  ivano  pro- 
veggendo  il  monte  delle  Are  ,  per  vedere  il  sito  piu  acconcio  ,  e  le 
plaghe  piu  dolci,  e  le  correnti  delle  arie  piu  fresche,  e  ii  terreno  piu 
sodo  che  non  sia  soggetto  ad  acquitrini  o  a  gemitii  sotterranei  che 
impozzino  sotto  le  fondamenta.  Com'  ebbero  ben  considerato  e  scas- 
sato  intorno  ,  e  affondato  co'picconi  di  mold  tombini  per  tentare  le 
vene  del  suolo  a  parecchie  braccia ,  rimasero  tutti  a  una  voce  di 
scegliere  appunto  lo  spazio  che  oggi  occupa  il  celebre  Monistero  di 
Praglia,  che  nel  latino  barbaro  di  que'  tempi  chiamossi  Nostra  Si- 
gnora  di  Pratalea,  forse  per  le  praterie  che  le  si  distendono  innan- 
zi  dal  lato  di  tramontana  2. 

II  padre  Iselberto,  mentre  i  fossaiuoli  cavavano  cola  intorno,  di- 
lungossi  alquanto  per  far  motto  alia  vecchia  Ghilda  •,  e  vedutala  se- 
dere  aH'ombra,  le  disse  —  Che  si  fa,  Nonna?  II  buon  giorno  a  voi: 
avete  desinato  con  appetito?  —  Meglio  che  mai,  rispose,  che  lo  sto- 
maco  macina  ancor  bene;  e  s'egli  non  mi  da  carne,  mi  da  vita: 
chi  si  rincarna  e  qui  la  Giustina  e  le  altre  fanciulle  di  casa  che  ogni 
cibo  ya  loro  in  succo  e  le  mi  son  fresche  come  rose.  Beneditemele, 


1  Queste  superstizioni  regnano  anche  oggidi  neU'Ernico,  e  avvi  un  paesello 
in  Valle  del  Sacco  che  tiensi  abitato  da  coteste  fattucchiere ,  le  quali  pitoc- 
cando  agli  usci,  le  raadri  nascondoao  i  bambini,  e  fanno  a  quel'.e  di  larghe  ele- 
mosine  acciocche  non  li  streghino. 

2  PITETTA  ivi  pag.  34. 


548  LA  CCWTESSA  MATILDA 

Padre  mio,  che  le  crescan  buone  e  timorate  —  E  vi  campino  an- 
ch'esse  cent'anni,  interruppe  ii  monaco. 

—  Eh  tulta  grazia  di  Dio,  soggiunseGhilda,  ho  gia  tocco  li  cento 
e  quattro,  e  per  questo  pochino  che  ci  ho  a  vivere  mi  sto  riguar- 
dando  il  sole  piu  che  posso  qui  fuori  all'  aria  aperta.  Dite  un  po', 
Padre  mio,  stamane  ci  e  rapitato  un  pellegrino,  che  se  ne  va  sino 
a  Roma :  gli  e  si  giovinetto,  ed  ha  un'aria  si  dilicata  e  si  belli  modi 
e  cortesi ,  che  pare  proprio  un  santerello:  vorreste  voi  accoglierlo 
nella  vostra  brigata  e  condurvelo  a  Pollirone,  ond'egli  poi  conti- 
nuerebbe  il  suo  viaggio? 

-  Volentieri ,  nonna  mia  :  ci  ho  appunto  il  cavallo  di  fra  Bsr- 
nardo  che  riman  qui  pe'  lavori ,  il  quale  si  dovrebbe  condurre  a 
mano.  Ov'e  egli  il  pellegrino?  chiamatelo. 

La  Giustina  and6  per  esso-,  e  come  don  Iselberto  lo  vide  venire 
con  aria  tanto  graziosa  e  onesta,  conobbe  di  subito  ch'egli  era  gio- 
vine  di  buon  lignaggio  ,  e  voltosi  a  lui ,  disse  —  Buon  damigello  , 
come  ti  chiami?  —  Lando  ,  rispose  la  giovane  —  Ebbene  vuo'  tu 
venire  con  esso  me  sino  al  monistero  di  Pollirone?  —  Gran  merce, 
riprese  lolanda,  io  recherommelo  a  favore  sommo  —  Dunque,  sog- 
giunse  Iselberto ,  fa  di  trovarti  domattina  qui  sull'  uscio  della  ca- 
panna,  ch'  io  passer6  allo  spuntare  del  giorno. 

II  domani  furono  a  cammino ,  e  il  monaco  facendoselo  cavalcare 
a  lato,  iva  interrogandolo  donde  venisse:  perche  saputo  ch'egli  ve- 
*iiva  di  Moravia  ed  avea  corso  buona  parte  della  Germania,  il  ri- 
chiese  di  novelle  dell'Impero,  intorno  alle  quali  lolanda  rispondeva 
con  molto  senno  e  discrezione,  lamentando  i  trambusti  e  le  desola- 
zioni  che  cagionavano  le  guerre  crudeli  d'Arrigo  contra  la  Sassonia 
e  la  Turingia. 

—  Quella  povera  Germania ,  disse  Iselberto ,  mi  fa  proprio  com- 
passione.  Ell' e  la  piu  nobile,  franca  e  leale  nazion  d'oltre  monti,  e 
con  ci6  generosa,  prode  e  robusta  in  guerra.  Essa  era  giunta  alia 
jnaggiore  sua  gloria  e  potenza  per  Ottone  il  Magno,  per  Errico  il 
Santo  e  per  Arrigo  il  Nero :  e  il  presente  Ggliuol  suo  la  stanca ,  la 
conculca,  1'opprime,  e  il  peggio  si  e  che  la  tiranneggia  nella  parte 


T  BAGNI  D' ABANO  549 

piu  sacra  e  gelosa  delle  nazioni  qual  e  laFede.  Costui  ha  fatto  clella 
Chiesa  il  piu  sozzo  e  nefando  mercato  vendendo  a  prezzi  ingordis- 
simi  le  Sedi  Vescovili,  le  abazie,  i  priorati,  i  canonical!,  le  ammini- 
strazioni  degli  spedali,  e  tutto  ci6  che  v'e  di  santo  in  terra  i.  Ne 
perche  tu  vegga,  giovinotto  mio,  tanto  strazio  delle  cose  sacrate,  tu 
dei  farti  a  credere,  che  le  genti  ecclesiastiche  sieno  tutte  ghiotte  e 
avare:  ma  io  ti  pfego  che  tu  consider!  come  1'  uomo  e  udmo,  e  ove 
s'aggiunga  alle  ree  inclinazioni  della  sua  corrotta  natura  1'impulso, 
anzi  lo  sprone,  T  uomo  prevarica  la  legge  piu  facilmente.  Ora  il  mon- 
do  va  gridando  contro  la  cupidigia  e  1'  avarizia  de'  cherici ,  quando 
egli  e  il  ghiotto  e  1'avaro,  e  per  ingordigia  si  assume  quell'  autorka 
e  quel  potere  ch'  egli  non  ha ,  ne  aver  puote  che  per  ragion  della 
forza  rubando  i  beni  della  Chiesa,  e  vendendoli  al  miglior  offerente. 
Tu  vedi.  La  Chiesa  dispensa  la  grazia  dello  Spirito  Santo  in  virtu 
delle  sue  divine  prerogative,  e  non  vuol  mercede;  anzi  condanna, 
detesta  e  ahatemizza  chi  osasse  di  riceverla,  dicendo  ci6  che  1'Apo- 
stolo  Pietro  disse  a  Simon  Mago,  il  quale  vedendo  che  gli  Apostoli 
coll' imposizibn  delle  mani  infondeano  lo  Spirito  Santo,  obtulit  eis 
pecuniam,  dicens :  date  mihi  hanc  potestatem;  e  Pietro  gli  rispose  dis- 
degnoso :  Pecunia  tua  tecum  sit  in  perditionem ;  quoniam  donum 
Dei  existimasti  pecunia  possideri  2.  Ma  la  cupidita  d'  alcuni  Prin- 
cipi,  arrogandosi,  sotto  il  pretesto  de  feudi,  1'investitura  delle  Aba- 
zie e  de'  Vescovadi ,  comincio  a  darli  per  moneta.  Oh  apri  cotesta 
porta,  e  mi  dirai  se  I'ambizione,  se  1'orgoglio,  se  tutte  le  piu  turpi 
passioni  non  vi  s'  affolleranno  al  limitare  per  traforarsi  nelle  dignita 
anco  piu  sante.ed  auguste?  1  Principi  ebbero  una  via  larga  e  nuova 
ad  impinguare  1'  erario  col  sangue  di  Cristo  ,  e  Simon  Mago  che  fti 
scomunicato  da  Pielro,  fu  accolto  e  accarezzato  da  Arrigo.  Chijha 


'•    ' 

\  Vedi  in  Lamberto,  an.  407o,  le  ruberie  d'Arrigo,  le  angherie  contro  1'A"- 
bate  Meinvardo  di  Reichenau,  la  vendita  di  quesla  abbazia  a  Roberto  abate  di. 
Bamberga,  che  gli  diede  millepondo  argenti  purissimi:  il  quale  volea  poi  com- 
perarela  Badiadi  FuMa  cacciandone  il  buon  ab.  Viderado;  se  non  che  il  Papa 
lo  scomunico.  Vedi  poi  lealtre  Simouie  d'Arrigo  IV  uel  VdlGT  cnpo  IV. 

2  Act.  Ap.  C.  VIII, 


550  LA  CONTESSA  MATILDA 

piu  marche  d'  oro  e  d'  argento  a  offerirgli  ,  quegli  si  busca  a  un 
tratto  la  cattedra  episcopate  ,  acquista  la  scienza  del  magistero  ce- 
leste, la  pieta,  lo  zelo,  la  sobrieta,  la  mitezza  con  tutto  il  corredo 
delle  virtu  che  deono  rendere  il  Vescovo  guardia  e  tutela  del  gregge 
del  Signore.  Si  eh?  Tutti  colesti  Vescovi  e  Abati  mercatanti  son 
lupi  e  non  pastori ,  sono  maestri  d'  iniquita  e  non  di  giustizia ,  in- 
trusi  e  non  chiamati  come  Aronne,  Anticristi  e  non  gli  unti  di  Dio. 
Dapprima  Papa  Alessandro  II  combatte  cotesto  rio  mostro  sino 
alia  morte ;  ma  Gregorio  VII  non  si  da  pace  ,  sinche  non  gli  abbia 
tronco  il  capo,  e  purgata  la  Chiesa  dal  velenoso  suo  fiato.  E  Arrigo? 
Arrigo  risuscita  cotesta  idra,  ridendosi  degli  anatemi,  e  riempiendo 
di  maladizioni  e  di  quattrini  1' erario  sempre  vuoto  per  le  guerre 
ingiuste  e  crudeli  che  fa  contro  i  suoi  sudditi.  Guiberto,  che  e  1'an- 
tesignano  del  simoniaci,  promette  ad  Arrigo,  se  lo  fa  Papa,  mari  e 
monti-,  onde  cotesto  nefario  tento  pel  Natale  passato  d'  assassinare 
in  Roma  il  santo  Pontefice  in  sull'  altare  ,  per  ghermirsi  il  Panato 
coi  sacchi  d'oro  che  verserebbe  in  quel  pozzo  sfondato  dell'avidis- 
simo  Arrigo.  Ora  che  maraviglia,  figliuol  mio,  se  tutta  Germania  e 
tutta  Italia  e  in  tempesta ,  e  i  cherici  e  i  principi  scismatici  vi  sof- 
fian  dentro?  Se  non  che  il  magno  animo  di  Gregorio  sta  saldo  come 
scoglio  al  furiar  del  mare  ,  che  dalla  sua  altezza  si  mira  a'  piedi  le 
spume  che  rigorgano  e  si  disperdono  romoreggiando.  Sono  omai 
mille  anni  che  il  mare  freme  sotto  la  rupe  di  Pietro  ,  e  piu  la  per- 
cuote  ,  piu  la  terge  e  fa  bella.  S  infransero  a  questo  scoglio  i  capi 
incoronati  di  cento  tiranni,  e  chiunque  vorra  cozzarvi  sara  contrito. 
Arrigo  ha  un  mal  gioco  alle  mani;  e  s'egli  si  ostina  ad  invcstire  la 
pietra  angolare,  ri'andra  col  capo  rotto-,  credilo  a  me,  anzi  credilo  a 
tutte  le  storie.  Sai  non  di  meno  ci6  che  mi  duole?  Egli  e  lo  strazio 
de'popoli;  le  persecuzioni  che  si  fanno  a' Vescovi  e  agli  Abati  pii,  e 
ai  Principi  generosi ,  i  quali  professano  devozione  al  santo  Padre 
Gregorio ;  che  altri  son  taglieggiati  da  mille  balzelli ,  angariati , 
avuti  in  dispetto,  e  strappati  alle  loro  sedi  e  messi  al  bando  dell'Im- 
perio  senza  ferma  dimora:  perocche  se  il  monistero  che  gli  accoglie, 
eil  Principe  che  da  loro  rifugio,  e  in  qualche  guisa  al  fio  dell'Im- 


I  BAGNI  D ABANO 

perio  ,  il  Re  tenta  di  sterminarli  anco  di  la  colle  minacce  e  colla 
forza. 

II  Padre  Iselberto,  volgendo  gli  occhi  nel  ragionare  al  pellegrino, 
vide  sotto  il  cappuccio  cadergli  una  grossa  lacrima  :  di  che  incon- 
tanente  si  tacque-,  e  arrestato  alquarito  il  cavallo,  e  veduto  che  il 
resto  della  brigata  cavalcavagli  dietro  ajnoltadistanza,  disseavoce 
Lassa :  Buon  donzelio  ,  tu  piangi  •  avrestu  a  lacrimare  qualche  tuo 
parente  perseguitato  per  la  sua  fede  al  Papa?  Dillomi  a  tutta  sicur- 
ta,  ch'  io  e  tutto  il  monistero  di  Pollirone  riconosciamo  a  nostra 
Sigaora  la  gran  Contessa  d  Italia,  1'invitta  e  religiosa  Matilda,  i  cui 
maggiori  fondarono  ed  arricchirono  cotesta  Abazia,  ed  ella  ci  pro- 
tegge  ed  onora  sopra  quanto  iramaginare  tu  possa  1.  Questa  eroina 
e  il  sostegno  d' Italia,  il  conforto  de'buoni,  il  propugnacolo  della 
Santa  Sede  Apostolica.  Papa  Gregorio  la  chiama  figliuola  primoge- 
nita,  il  piu  valido  braccio  della  sua  difesa,  il  piu  fermo  e  impene- 
trabile  scudo  che  rintuzza  i  dardi  de'  suoi  nemici.  Matilda  sola  col 
suo  petto  di  diamante  regge  sicura  incontra  a  tutti  gli  assalti  delle 
lusinghe,  delle  seduzioni,  delle  aperte  violenze  di  quanti  Principi  la 
impugnano  per  la  sua  costante  osservanza  al  legittimo  successore 
di  S.  Pietro.  Sotto  1'  egida  di  Matilda  noi  possiamo  apertamente 
mostrarci  figliuoli  amorevoli  di  Gregorio :  laonde  se  tu  hai  qualche 
affanno,  puoi  aprirti  appieno  con  me,  sia  per  tua  consolazione,  sia 
pur  anco,  se  vuoi,  per  aver  consiglio  ed  aiuto  dalla  Contessa,  la 
quale  non  dee  tardare  di  giungere  at  monistero,  e  per  questo  il  no- 
stro  Abate  mando  per  me  volendo  ch'  io  mi  trovi  presente  alia  sua 
venuta. 

lolanda  ebbe  il  maggior  contento  che  mai,  udendo  ch' ella  in 
breve  si  troverebbe  innanzi  a  quella  gran  donna,  che  avea  del  suo 
nome  riempito  il  mondo,  ed  era  la  speranza  di  tutti  i  buoni.  La 
Badessa  Teotberga  e  1'  Abate  Dauferio  ne  parlavano  con  profonda 
riverenza,  e  riputavanla  con  infmiti  applausi  la  salvatrice  d'occi- 
dente  per  avere  si  strenuamente  difeso,  contro  1'antipapa  Cadolao, 

1  DONIZONE  Vit.  Mathil. 


552  LA  CONTESSA  MATILDA 

il  santo  Pontefice  Alessandro  II,  come  ora  gagliardamente  difendea 
la  legittima  elezione  e  le  magnanime  virtu  di  Gregorio.  Per  le  quali 
cose  lolanda  porse  al  monaco  Iselberto  le  maggiori  grazie  della 
pieta  che  mostrava  del  suo  dolore;  e  fingendo  la  persona  d' uomo, 
gli  disse-,  che  invero  sentiasi  afflitto  oltremisura  a  cagione  del  lungo 
ed  acerbo  esilio  in  che  gemeva  suo  padre,  perch'  egli  tenea  con 
santa  ostinazione  le  parti  prima  d'  Alessandro  e  poi  di  Gregorio, 
Indi  gli  soggiunse:  che  appunto  per  implorare  le  divine  misericor- 
die  sul  padre  suo  crasi  votato  al  pellegrinaggio  di  Roma.  --  Tre 
giorni  appresso,  entrati  in  un  navicello,  tragittarono  il  Po  e  si  re- 
seroal  monistero,  ove  don  Iselberto  present6  il  pellegrino  al  vene- 
rando  Abate,  commendandolo  per  giovane  virtuoso,  e  pregandolo 
che  1'avesse  per  raccomandato.L' Abate  consegnoUo  al  padre  Fore- 
stieraio,  che  lo  condusse  al  quartiere  de'  pellegrini. 

Poco  innanzi  il  coricare  del  sole,  due  giorni  dopo  1'arrivo  della 
lolanda,  si  vide  venire  a  gran  corso  verso  la  porta  del  monistero 
un  messaggio  che  annunziava,  esser  la  Contessa  a  mezza  lega  da 
Pollirone.  Allora  1' Abate  co'monaci  piu  antichi  scese  in  cocolla  al 
di  la  del  ponte  levatoio,  che  cavalcava  il  fossaggio  ond'erano  cinte 
le  mura,  ed  ivi  ad  una  croce,  ritta  nel  mezzo  di  un  largo  prato,  si 
stettero  schierati  ad  attendere  la  sua  venuta.  Precedeano  la  caval- 
cata  cento  barbute  colic  aste  falcate  in  ispalla;  appresso  a  qualche 
spazio  due  trombe,  e  dietro  a  quelle  quattro  mazzieri.  A  un  trar 
di  sasso  procedea  sola  sovra  una  ginnetta  bianca  la  Contessa  rav- 
volta  in  un  gran  mantello  di  broccato  d'oro  a  soprariccio,  con  in 
capo  una  foggetta  di  sciamito  cilestro  che  tenea  chiusa  nel  cappuc- 
cio  del  manlello:  avea  guanti  a  manopola  coi  polsini  di  daino  chiusi 
da  due  bottoncelli  a  filograno  ingioiellati  da  due  smeraldi:  in  pie 
usattini  di  marrocchin  rosso  a  becco  di  falcone  in  punta-,  ai  tacchi 
sproni  d'oro  con  borchie  di  diamante  al  giro  delle  rotelle. 

Dopo  la  Contessa  cavalcava  il  Vescovo  sant' Anselmo  a  diritta,  e 
a  manca  il  gran  Siniscalco,  dietro  ai  quali  seguiano  il  gran  Cre- 
denziere  e  il  gran  Falconiere,  il  Mastro  di  campo,  scudieri,  don- 
zelli  d'arme,  e  valletti  di  gran  lignaggio:  chiudeva  il  drappello  una 


I  BAGX1  D'  ABANO  553 

banda  a  cavallo  cli  spadoni  a  due  mani  in  camaglio  e  coperti  d'una 
cotta  di  finissimo  giaco  a  larghi  manicotti.  L'  Abate  1' asperse  con 
acqua  benedetta  e  tutti  si  segnarono.  Matilda  scavalco  nel  secondo 
chioslro  e  fu  condotta  nella  chiesa,  ove  assistette  al  canto  della 
compieta,  e  poscia  a  mezzanotte,  come  era  sua  usanza,  alzossi  pel 
mattutino  1. 

II  di  vegnente  dopo  1'ora  di  terza,  avendo  gia  udito  la  messa 
conventuale,  1' Abate  con  don  Iselberto  le  condussero  innanzi  il  gio- 
vine  pellegri-no,  e  lasciaronlo  solo  con  lei.  Matilda  era  di  bell'aspet- 
to,  di  graziose  fattezze,  ma  piene  di  sorriso  e  d'amabile  dignha,  e 
quand'ella  parlava  irifondea  colla  soavita  della  voce  e  colla  serenita 
del  sembiante  amore  e  fiducia  inesiimabile  in  chi  1'ascoltava  2.  Ora 
com'ella  ebbe  innanzi  da  se  la  lolanda  guardolla  con  quel  suo  oc- 
chio  vivo  e  scrutatore,  facendole  di  molte  domande,  alle  quali  ri- 
spondea  la  giovinetta  con  una  certa  peritanza,  che  invitava  e  mo- 
vea  la  Contessa  a  un  sentimento  misto  di  tenerezza  e  di  compas- 
sione.  Indi  tutto  a  un  tratto  le  disse :  Perche  ,  figliuol  mio  ,  tieni 
il  cappuccio  tanto  serrato  allegote?  lo  ti  prego  di  gittartelo  indie- 
tro  come  st  conyiene  dinanzi  alia  tua  Signora. 

La  timida  fanciulla  calo  gli  occhi,  si  fece  rossa  in  Viso  come  un 
acceso  carbone,  la  prese  un  tremito  per  tutte  le  m'embra,  e  cosi 
tremando  alz6  le  mani  e  mando  indietro  il  cappuccio-.  A  quest' atto 
la  lunga  e  copiosa  chioma,  ohe  si  teneva  ravvoltaa  sommo  il  capo, 
le  ricasc6  sulle  spalle,  e  la  Contessa  benignamente  sorridendole  in 
volto  ,  la  prese  per.  mano  ed  accostatala  alquanto  ,  le  disse  :  lo 
sospettavo  di  molto  che  tu  fossi  donzella:  fatti  cuore,  figliuolamia, 
cbe  Dio  t'ha  condotto  colla  sua  grazia  a  buon  porto.  Or  dimmi, 
chi  sei,  e  non  t' infingere,  perocche  le  tue  parole  mi  chiarirono, 
che  tu  fosti  allevata  nella  fedee  riverenza  del  veraee  Vicariodi  Cri- 
sto,  e  le  tue  fattezze  e  i  tuoi  modi  mi  dicono,  che  tu  se'  di  gentil 
sangue. 

1  DONIZ.  Vit.  Mathtld.C.  il 

2  Do.Niz.  Vit.  Math. 


LA  CONTESSA  MATILDA  —  I  BAGNI  DABANO 

Allora  lolanda  narr<!>  in  breve  alia  Contessa  i  suoi  casi ;  le  disse 
di  cui  era  figliuola,  e  per  quale  cagiorie  non  pote  raggiugnere  il 
padre  in  Boemia,  e  s' era  dovuta  mettere  a  cosi  lungo  cammino: 
pregavala  infine  di  tenere  strettamente  celato  1'esser  suo  per  timore 
del  Re  Arrigo  e  dei  nemici  di  suo  padre. 

Dunque,  esclam6  Matilda,  tu  sei  figliuola  del  Conte  Pandolfo  di 
Groninga,  ch'  io  conobbi  cotanto  nella  mia  prima  giovinezza  in 
corte  di  Beatrice  mia  madre,  ed  era  il  piu  gentile  e  costumato  ca- 
valiere  dell' Imperatore  Arrigo  III,  che  ce  lo  mando  piu  volte  in 
ambasceria  secreta!  Mia  madre  1'aveva  in  altissima  stimaper  le  sue 
virtu  e  pel  suo  valore,  ed  io  mi  tengo  avvenlurata  oltremodo  d'ac- 
cogliere  fra  le  mie  braccia  la  figliuola  di  quel  megnanimo,  che  da 
tanti  anni  soffre  si  crudele  persecuzione  per  la  Chiesa  di  Dio.  Non 
dubitare  del  tuo  secreto:  tu  mi  sarai  in  conto  di  sorella,  e,  se  il 
vuoi,  di  figliuola  ed  arnica  dilettissima.  Cosi  detto,  le  gitto  le  brac- 
cia al  collo,  se  la  strinse  al  cuore  amorosamente,  e  non  iiniva  di 
baciare  e  carezzare  lei  che  piangeale  in  seno,  e  offeriasele  per  fi- 
gliuola ed  ancella. 


I/IMPRESA  ITALIANISSIMA 

GIUDICATA  DA  UNO  DEI  SUOI  GAPI 


Eccovi  un  bel  regalo,  letter  gentile:  le  Memorie  politiche  di  FE- 
LICE ORSINI  i. 

—  Ma  che  siete  impazziti  I  Sono  libri  cotesti  da  annunziarsi  nel- 
la  Civiltd  Cattolica? 

Stropicciatevi  pure  benbene  gli  occhi,  che  avete  ogni  ragione  di 
farele  maraviglie.  E  v'e  di  peggio:  vedete'.anche  Y Armenia  &  impaz- 
zita  con  noi ;  e  1'  annunzia  e  ne  fa  qna  lunga  analisi.  E  per  aggiun- 
gere  al  peggio  il  pessimo,  il  valoroso  Giornale  torinese  lo  da  come 
libro  utile,  e  noi  sottoscriviamo  :  e  poeo  poco  che  veniate  a  stuzzi- 
carci,  che  si  che  siam  capaci  di  raccomandarvelo  per  lettura  spiri- 
tuale. 

Adagio  nondimeno  e  intendiamoci  bene.  Se  voi  foste  di  que'gio- 
vanotti  fidenti  ed  accendibili,  che  ogni  laminetta  d'  orpello  accet- 
tano  per  oro  contante,  e  in  ogni  lucciola  che  svolazzi  credono  di 
parlare  coll'  arcangelo  Gabriello-,  oh  allora  no:  che  cotesti  meschi- 
nelli,  ogni  vocabolone  che  rimbombi  se  1'inghiottono  come  una 
verita  che  risplenda  5  e  per  costoro  il  libro  potrebb'  essere  assai  pe- 
ricoloso.  E  al  sentirsi  parlare  della  virtu  del  Barbetti  inflessibile  nelle 

1  Memorie  politiche  di  FELICE  ORSINI,  scritte  da  lui  medesimo.  Torino  > 
preso  Degiorgis  1858. 


556  L'IMPRESA  ITALIANISSIMA 

mul<?^,cretlerebbero  virtu  il  vendicarsi :  al  sentirne  lodarela  sin- 
ceriid  e  franchezza,  con  che  diceva  bugie  in  giudizio  e  in  confessio- 
ne,  crederebbero  cbe  menzogne  e  sacrilegii  fossero  atti  di  franchez- 
za  e  sincerila  (pag.  35):  al  sentire  con  chepiglio  eroico  costui  ri- 
batta  1'  accusa  di  spergiuro  appostagli  dal  Farini,  crederebbero  cbe 
non  sia  spergiuro  chi  infrange  il  giuramento,  quando  Tosservarlo 
non  torna  piu  a  conto  alia  propria  parte  (pag.  40). 

Ma  se  non  avete  piu  il  latte  della  nutrice  sulle  labbra  e  i  Bruti 
e  i  Publicoli  della  scuola  negli  orecchi;  se  nell'ascoltare  declama- 
zioni  sapete  trarne  il  costrutto  imbrigliando  1'affetto;  allora  stando 
cauto  sempre  sopra  di  voi,  e  supposto  che  abbiate  la  licenza  de' 
libri  proibiti  (giacche  il  libro  e  proibito  per  se  come  empio),  con 
tali  condizioni,  diciamo,  leggete  pure  1' autobiografia  dell'Orsini, 
che  potra  riuscirvi  utile  del  pari  e  a  destare  affetti  di  religione  e 
a  guidare  la  condotta  civile  e  politica. 

.Gli  affelti  religiosi  si  muoveranno  per  compassione,al  vedereun  gio- 
vaneUo,ilcuiscriverenemostra  1'indoleche  giaebbebuonae  vivace, 
allevato  poi,  dic'egli,  con  educazione  severa,  attiva,  sludiosa,  sover- 
chiamente  nligiosa,  rr<a  onesla  (pag.  9);  mentre  compiva  gli  studii 
neU  Universila  di  Bologna,  venire  in  dimeslichezza  con  giovanicapi- 
szziom  delle  varie  societa  segrete  (pag.  14),  e  laseiarsi  strascinare 
al  piu  cinico  eccesso  dell' apostasia  dal  Redentore  e  della  fierezza 
verso  gli  uomini,  cadere  coi  complici  nelle  carceri,e  beversi  tutte  le 
arli  degli  scellerati  costituiti  innanzi  al.tribunale,  ricevendo  le  piu 
minute istruzioni  dei  compagni  inlorno  agli  interrogator ii  giudizia- 
rii  (pag.  19),  e  cominciare  tm'alternativacontiriua  di  congiure  e  di 
carceri,  di  career!  e  di  congiure.  Ma  di  questo  che  potrebbe  dirsi  tri- 
sto  e  veridico  encomio  di  quella  natura,  destinata  dal  la  Provvidenza  a 
m'glior.i  impreseed  a  piu  onorevole  celebrita,  ma  falsata  e  prosti- 
tuita  dall'  appestata  atmosfera  che  respirava,  altro  non  diremo  in 
queste  pagine:  compiangetelo,  lettore,  e  compiangete  con  lui  tante 
altre  vittime  sventurate  della  scelleraggine  dei  settarii. 

II  punto,  sopra  di  cui  interterremo  piu  lungamente  i  nostri  letto- 
ri,  saiauna  verita  che  naturalmente  si  deduce  da  tutto  il  libro  a 


G1UDICATA  DA  UNO  DEI  SUOI  CAPI  557 

disinganno  di  coloro,  i  quali  o  non  osano  resistere  ai  sommovitori, 
o  nepaventano  soverchiamente  le  forze,  osperano  mitigarne  la  fie- 
rezza,  oconfidano  raccoglierne  con  la  moderata  tolleranzaun  qual- 
che  frutto.  A  tutti  costoro  dira,  senza  volerlo,  o  piuttosto  contro 
sua  voglia,  il  libro  dell'Orsini :  «Gran  dabbenuomini  voi  siete  in  co- 
teste  vostre  sueranze!  Finche  aspettateche  noi  tentiamo  rivolture, 
inettiamo  asoqquadrole  citta,  scindiamo  ed  agitiamo  le  nazioni  ele 
famiglie  ;  oh !  per  codesto,  lasciate  far  a  noi !  vi  serviremo  di  barba  e 
di  parrucca  che  ne  siamo  maestri.  Ma  se  credete  che  i  nostri  disegni 
abbiano  capo  e  coda ;  che  la  nostra  fazione  abbia  forze  proporziona- 
te  allaudacia;  che  le  nostre  congiure  abbiano  unita,  si  che  il  primo 
passo  miri  ai  successivi,  i  successivi  all' ultimo,  1' ultimo  present! 
uno  schema  di  societa  e  di  Governo  ragionevole  e  duraturo:  la  sba- 
gliate  di  grosso.  Leggetemi  di  grazia,  ma  cori  la  ragione  e  non  con 
la  fantasia,  e  capirete  che  lo  sperarne  un  costrutto  e  vero  sogno. 
La  rigenerazione  d'  Italia,  la  tenteremo  ad  ogni  costo,  pronti  ad 
immolare  ecatombi  dei  nostri  concittadini,  come  un'  ecatombe  e 
mezza  di  Parjgini  fu  immolata  per  assassinare  quel  solo  che  c'  im- 
pedisceil  trionfo.  Ma  in  quanto  all'  ottenere  o  1'  indipendenza  pa- 
tria,  ol'unita  italiana,  o  le  forme  repubblicane,  ol'uguaglianza  cit- 
tadina,  o  la  concordia  degli  animi,  o  la  tranquillita  dell'  ordine  so- 
ciale;  di  tutto  questo,  state  pur  certi,  non  ne  sara  nulla:  leggetemi ». 
Si,  si,  lettore,  leggetela  pure  cotesta  desolata  elegia,  cotesta  fi- 
lippica  disperata  di  un  cervello  che  si  sdegna  perch<b  non  gli  riesce 
d'espugnar  la  natura:  e  la  conseguenza  capirete  voi  stesso  quale  ne 
sara.  Ai  paroloni  di  progresso,  di  amor  patrio,  di  glorie  italiane,  di 
polenza,  d1 indipendenza  futura  rispondera  dolente  un  involontario 
sorriso  di  compassione  pel  farnetico  che  parla  a  sproposito:  agl'  iri- 
viti  ed  eccitamenti  furibondi  del  maniaco  che  prepara  tumulti  e 
stragi,  rispondera  la  risoluta  fermezza  del  medico  che  mette  la  ca- 
micia  di  forza  e  strascina  al  manicomio;  giacche  finalmente,  se  me- 
rita  compassione  il  maniaco,  hanno  anche  maggior  diritto  a  sicu- 
rezza  i  cittadini  che  ne  possono  essere  investiti.  Alle  minacce  poi 
della  Cassandra  che  va  profetandoci  il  trionfo  dell'  idea  nella  societa 


558  L'  IMPRESA  ITALIAMSSIMA 

delT  avvenire  *,  rispondera  il  disprezzo,  con  cui  si  accolse  dai  savii 
nel  1857  1'  annunzio  del  subbisso  pronunziato  dallacometa  del  13 
Giugno. 

Tali  sono  i  sentimenti  che  si  destano  in  chi  legge,  al  vedere  da 
un  canto  nella  parte  sfon'cadel  libro  il  perfidiare  ostinato  a  sempre 
nuovi  tumulti,  malgrado  i  disastri  di  pubbliche  slragi  e  di  compres- 
sione  insuperabile  ;  al  vedere  dall'  allro  la  stoltezza  ed  incoerenza 
delle  idee  e  del  raziocinii ,  con  cui  lo  sciagurato  Spartaco  studiasi 
di  arretioare  la  gioventu  italiana,  a  cui  dedica  il  libro. 

Povera  giovenlu!  tanto  piu  facile  ad  essere  illusa  dalle  apparen- 
ze  ,  quanto  piu  calda  e  generosa  nell'amore  del  bene  !  Deh  se  hai 
percorso  quel  libro,  se  ti  hai  scaldata  rimmaginazione  a  questa  fan- 
tasmagoria,  medita,  di  grazia,  per  un  momento  spassionatamente  i 
fatli,  ponderaconla  fredda  ragione  le  teoriche  ;  e  vedi  aqual  sogno 
sagrificberesti  le  stessa,  la  famiglia,  la  patria,  la  religione.  Nei  fatti 
vedrai  tanta  meschinita  d'  accorgimenlo  politico  e  di  mezzi  mate- 
riali,  cbe  1'impresa  ti  parra  un  sogno  di  ragazzi :  nelle  teoriche  vedrai 
tan  I  a  contraddizione  tra  premesse  e  conseguenze,  che  dubiterai  se 
costoro  abbiano  perduto  il  discorso. 

Prima  pero  di  venire  narrando  questi  fatti  ed  esaminando  queste 
teoriche  crediamo  bene  di  notare  brevemente  die  noi  giudichiamo- 
un  libro  ed  un  autore  per  quanto  V  Autore  si  fa  noto  dal  libro ;  nein- 
tendiamo  per  nulla  attribuirgli  manco  da  lungi  quell'  ultimo  fatto 
(conseguenza  della  teorica} ,  pel  quale  1'  Autore  si  trova  ora  sotto 
processo.  Vedra  ognuno  leggendo  queste  pagine  ch'esse  si  poteano 
scrivere  quali  esse  sono ,  ancorchel'Orsini  non  fosse  per  nulla  immi- 
schiato  nell'esecrabile  attentato  che  funesto  teste  la  citta  di  Parigi. 
Sappiamo  purtroppo  il  rispetto  che  si  dee  a  chi  non  e  fmora  che 
accusato. 


1  «  L'idea  repubblicaua  deve  portare  o  presto  o  tardi  la  vera  liberta  all'I- 
«  talia  ....  £  un  fatto  generale  la  tendenza  di  tutte  le  nazioni  a  fare  scomparire 
«  1'impero,  la  monarcbia,  la  teocrazia,  il  potere  spirituale.  »  (Conclusione 
J>.  289). 


GIUDIGATA  DA  UNO  DEI  SUOI  CAPI 


Meschinitd  de'  falti. 

.  La  serie  de'  falli  e  nota  pur  troppo  ;  e  le  Memorie  politiche  aliro 
non  vi  aggiungono  die  le  invettive,  quando  trattasi  di  qualsivoglia 
alto  di  giustizia  e  d'  autorita  legittima  ,  euna  tinta  di  schiettozza 
nel  narrare  i  fatti  de'rivoltosi,  die  ne  rende  sommamente  credihili 
gli  spropositi  che  vi  si  narrano.Saggio  delle  prime  pu6  essere  il  mo- 
do,  con  cui  si  raccontario  le  mission!  ddle  Romagne  sotto  Gre^orio 
XVI  1  ,  gli  elogii  del  Colonnelji  Freddi  e  Cavana,  dislinti  per  crwlazza 
e  animo  vendicativo  in  favore  del  dispotismo  (pag.  17)-,  la  descri- 
zione  dei  reggimenti  svizzeri,  dei  Centurioni,  della  furibonda  reazio- 
ne,  dello  spionaggio  ,  del  despotismo  del  papa  ,  degli  assassini  go- 
vernalim  (pag.  H  )  ecc.  ecc.  E  tanto  basti  in  genere  d'invetlive  , 
giacche  non  crediamo  che  i  lettori  abbiano  diffieolta  a  persuader- 
si  essere  tale  lo  stile  di  tutto  il  libro. 

La  schiette-zza  poi,  con  cui  si  narra  1'intera  serie  degli  sconvol- 
•gimenti  italiani  dal  181o  fino  al  1857,  intreccio  perpetuo  di  scem- 
piaggini  senza  nome  e  diaudaciesenzagiudizio,  abbisognadi  prova 
piu  prolissa:  tanto  piuche,se  lo  racconlassirno  con  lenostre  parole, 
potrebbe  credersi  piuttosto  esagerazione  del  pregiudizio,  che  raocon- 
to  della  verita.  Detto  danque  brevemente  de'  primi  anni  di  Papa 
Gregorio,  narra  I'Autore  come,  awicinandosi  T  anno  1838,sgom- 
brata  1'  occupazione  straniera  ,  i  liberali  cominciarono  a  concepire 
nuove  speranze..  L'Orsini,  che  trattava  alia  dimestica  co'  capi-sezione 
delle  societa  segrele,  giovani  suoi  coetanei,  trova  in  coteste  associa- 

1  «c  Per  aggiungere  lo  scherno  all'  infamia,  il  pontefice  voile  che  i  gesuiti 
•«  percorressero  le  Romagne  a  fare  le  mission!.  Vennero;  profondevano  indtil- 
«  genze  plenarie;  piantavano  croci  netle  pubbliche  piazze;  accendevano  le 
«  menti  degl'ignoranti  con  ogni  specie  di  falsita  ;  proclamavano  aperto  il  para- 
«  diso  solo  a  chi  difendeva  il  papa  dalle  male  intenzioni  de'  liberali;  cio  esse- 
«  re,  predicavano,  decreto  di  Grislo,  della  Vergine  e  di  tuttala  sequela  dei  San- 
*  ti  »  (pag.  14). 


o60  L?  IMPRESA  ITALIASISSIMA 

zioni  fiacchezza  e  stanchezza ,  tranne  forse  nella  Giovine  Italia  , 
acresa  allora  di  poesia  e  di  sentimentalismo  reliyioso.  Tra  costoro 
maturavano  le  speranze  d'ltalia:  la  giovenlu  dell' Unirersita  facera 

piani  sopra  piani alcuni  figurarono  come  Capi  nei  moti  che 

di  It  a  poco  (1843)  scoppiarono  (pag.  14, 15). 

Ed  ecco  chi  erano  i  grand!  architetti  della  redenzione  italiana! 
In  altri  tempi  credevasi  che  la  funzione  di  governare  grand!  na- 
zioni  anche  nei  di  della  pace,  fosse  opera  di  altissimo  senno  e  di  pe- 
rizia  profondissima  del  cuore  e  della  societa:  all'opposto  costoro  die- 
dero  a  cervelli  da  poeta  e  a  labbra  ancor  tinte  di  latte  della  nutrice, 
1'opera,  non  di  governarne  la  pace,  ma  di  rigenerare  tra  immensi 
sconvo!gimentisetteootto,enon  tutti  piccoli.  Stati  checompongono 
i  25  milioni  d'ltaliani.  Con  simili  cervelli  a  sopraccapo  dell'impresa 
non  rechera  stupore  ch'efla  riuscisse  un  continue  avvicendarsi  d'in- 
ganni  e  di  disinganni,  d  audacie  e  di  avvilimenti,  di  moti  e  di  sconfit- 
te.  E  gia  fin  da  principio  alcuni  agenti  del  partito  ,  tornati  da  Na- 
poli  riferivano  tutlo  essere  ivi  pronto  per  la  rivohizione,  perfino  feser- 
cito,pura  immaginazione  del  Conic  Livio  Zambeccari  (pag.  14, 15). 
Eccitato  cosi  I'ardore  dei  giovani,  alcuni  si  sollevarono  seguendo  il 
Ribotti  alia  conquista  d'Imola,  i  piu  tremarono,  i  pochi  vennerodis- 
persi,  e  t7  debolissimo  Gorerno  papale  mostr6  che  valera  di  per  se  ad 
opprimere  i  moti  rivoluzionarii  e  a  tenere  in  freno  In  popolazione 
(pag.  16).  II  che  fu  effetto,non  solo  deH'avventatezza  giovanile,  ma 
anche  della  disunione  del  parlito  liberale  gia  diviso  in  esaltatiemo- 
deraft' (pagg.  15,  17). 

Non  altrim^nti  e  incominciarono  e  finirono  5  moti  di  Rimini :  non 
altrimenti  la  matta  spedizione  dei  Bandiera.  Ricciotti  e  Moro  che, 
ingannati  dalle  esagerazioni  della  Giovine  Italia,  sbarcarono  alia 
foce  del  Neto  e  chiamali  a  libertd  gli  abitanti,  onziche  in  seguaci,  si 
abbatterono  in  palle  nemiche  (pagg.  26,  42).  Tale  fu  la  prima  fase 
di  coteste  ribellioni  all'  impazzata,  mentre  i  petti  ardevano  di  fiam- 
me  repubblicane. 

Ma  che?  Lampeggiano  due  penne  piemontesi  di  genio  costitu- 
zionali,  e  alle  voci  del  Balbo  e  del  Gioberti  eccoti  gli  animi  repub- 


GIUDICATA  DA  UNO  DEI  SUOI  CAPI  b'Gl 

blicani  trasformarsi  in  aristocrazia  da  Parlamenti.  Non  prevarino 
tra  costoro  il  povero  Orsini  fedele  sempre  alia  sua  repubblica-,  ma 
appunto  per  questo  egli  deplora  il  partito  repubblicano  ridotto  ai 
minimi  termini,  e  strelto  in  amicizia  e  in  lega  co'moderati  (pag.  44), 
E  il  lettore  pu6  quindi  inferire  qual  fosse  la  saldezza  del  principii 
fra  cotesti  politic!  imberbi  e  poetanti;i  quali,  dopo  aver  congiurato 
dal  1821  al  1845peZ  bene  della  patria- repubblica,  s'  accorgevano  ad 
un  tratto  che  il  bene  della  patria  voleva  la  Costituzione.  A  questa 
dunque  si  diede  mano  dopo  il  memorando  giorno  dell'amnistia :  e 
per  riuscire  nell'  intento,  si  corse  bamboleggiando  dietro  Principi  ri- 
formatori,  ai  quali  si  slrapparono  di  mano  le  Riforme  (pag.  57,59). 
Fermiamoci  qui  un  momento,  lettore,  a  quelle  riforme  slrappate 
ai  Principi,  per  considerare  1'ingenuita  della  confessione  strappala 
all' Orsini,  ad  anno  della  sua  causa,  dalla  franchezza  deU'animo  e  dal- 
1'evidenza  dei  fatti.  Se  mai  foste  di  que'dabbene,  che  (come  P/n- 
dipendente  di  Torino)  ripetevano  nel  1857  contro  i  Principi  fedi- 
fraghi  le  invettive,  cui  non  credevano  que'  libertini  istessi  che  nel 
i850  le  inventarono  5  se ,  diciamo  ,  foste  di  costoro,  vedreste  qui  as- 
sai  chiaro  la  stranezza  di  quella  morale  che  fa  traditori  i  Principi  che 
rivocano  le  strappate  Riforme,  quando  i  libertini  che  le  strapparono 
le  abusano  a  danno  del  popolo,  senza  volerle  giurare (come  a  Napoli),. 
o  mirano  a  cancellarne  gli  articoli  (come  in  Piemonte)  dopo  aver- 
li  giurati.  Le  riforme  strappate  dell' Orsini  possono  somministrare 
agl'illusi  un  buon  disinganno,  In  quanto  a  lui,  non  era  meslieri  di 
tanto  per  giustificazionedi  que' Principi  •,  giacche  egli  professa  fran- 
camente  che,  dopo  aver  promesso  sul  suo  onore  riverenza  all 'ordi- 
ne  pubblico  e  al  legitlimo  Governo,  pote  giustamente  prendere  le  ar- 
mi  contro  Pio  /X,  perche  voltava  le  spalle  al  suo  partito,  e  tornan- 
do  sulle  orme  de1  suoi  predecessori,  cessava  di  essere  Sovfano  legitli- 
mo e  tradiva  T Italia  (pag.  40).  Se  giurando  con  tali  principii  un  sud- 
dito  che  accetta  Pamnistia  pu6  fallirealla  parola  d'onore,  quando  il 
Principe  non  fa  a  modo  di  lui  5  molto  piu  avriano  potuto  i  Principi 
riguardafe  come  nulle  le  concession!  (  da  Pio  non  mai  giurate  )•, 

Serie  III,  vol.  IX.  36  22  Febbraro  18S8-. 


S62  L'  IMPRESA  1TALIANISSIMA 

quando  la  grazia  prima  strappata  per  forza,  vedevano  poi  si  inde- 
gnamente  abusata. 

Anzi,  con  la  morale  dell'Orsini  neppure  abbisogniamo  di  lanto. 
Secondo  lui,  si  DEBBE  USARE  OGNI  SORTA  DI  MEZZI  PURCHE  CONDUCENTI 

AL  TRIONFO  DELLA  CAUSA Sana  queste,  dice,  le  norme  die  le 

nostre  sventure,  T  esperienza  e  i  migliori  polilici  c  insegnano  di  se- 
<7iu'£are-(pag.291).  Allrot'he  restrizionigesuitiche!  Con  tali  principii 
esecrabili,  qual  e  il  delitto  che  non  possa  giusbfi.'arsi?  Che  serve 
il  discutere  del  giusto  e  dell'ingiusto?  Lo  spergiuro  e  necessario 
alia  causa;  dunque  e  dovere. 

Ma  questo  sia  detio  sol  di  passaggio  per  lodare  la  sincerita  di 
quelle  ri forme  STRAVPATE  e  ridurne  a  giusto  valore  i  giuramenti,  se- 
condo le  teorie  de'  libertini.  Torniamo  ora  agl  Italiani  che  corre- 
vaho  baniboleggiando  dietro  Principi  riformatori.  In  questo  tempo, 
continua  1'Autore,  sragionare,  parole,  disunionc,  leggerezze,  di.scor- 
die,  Iradimenlo  reciproco  fra  i  liberali  e  tra  le  nazioni,  e  per  giunla 
disprezzo  degl' intcressi  vitali  del  povero:  ecco  i  fattiche  dislinsero  le 
parli  combattenli  nella  prima  epoca  della  rivoluzione  italiana  ed  euro- 
pea  del  1848  (pag.  57).  Se  il  ritratto  dell' Italia  rigenerata  e  rigene- 
ratric-e,  non  vi  pare  lusinghiero,  ci  vuole  pazienza;  la  fisonomia  era 
quella  e  il  pittore  la  ritrasse  fedelmente.  Cosi  gl"  llaliani,  datisi  alle 
ciarle,  ai proclaim,  ai  banchetti,  alle  feste  preparavano  lasanta  impre- 
sa  con  una  mirabile  unanimila,la  quale  dur6  costantissima,  GnchS 

sorse  il  momenta  della  lotta.  Allora oh  allora  la  scena  cambio !  po- 

clii  volavano  alle  ar»m(pag.  53) :  la  rivoluzione  italiana  e  popolare, 
durata  solo  per  le  cinque  giornate  di  Milano,  finiva  in  una  impresa  di 
moderazione  e  di  monarchia:  e  quegl'Italiani,  che  con  tanta  unani- 
mita  avevano  ballato  e  cantato,  quando  si  tratto  di  correre  controil 
barbaro,  si  trovarono  ridotti  di  25  milioni  a  soli  30  o  40  mila  in  una 
guerrasanta  di  nazionalita.  Vergogna  agl'  Italiani !  sclama  qui  con 
nobilesdegno  I'Autore  (pag.  64-).  Ma  tant'e:  la  nazione  non  seppe 
far  di  meglio;  e  laconseguenza  furono  S.  Lucia,  Curtatone,  Vicenza, 
ove  {'Italia  fece  da  se  (pag.  55).  Ed  ecco  terminate  il  secondo  pe- 
riodo  dell'impresa  italianissima  iniziata  da  sbarbatelli  repubblicani, 


GIUDICATA  DA  UNO  DEI  SUO!  CAPI  563 

proseguita  or  da  parlamentari  moderati,  or  da  arrabbiati  costituenti, 
e  terminata  con  la  caduta  delle  due  Repubbliche,  venela  e  romana. 
L'Autore  che  in  quest' ultima  recito  la  sua  parte,  ne  racconta,  in- 
formato  sempre  e  sincere,  parecchi  aneddoti  degni  di  essere  cono- 
sciuti.  Ricordati  i  rnoti  di  Calabria  con  Romeo  e  Mazzoni  alia  testa 
(Seltembre  1847),  egli  racconla  la  parle  che  prese  nelle  riforme 
di  Toseana  col  Ribotti  e  col  Fabrizi ,  prima  facendo  a  questo  da  se- 
gretario  verso  Mazzini,  poi  seguendo  il  Ribotti  alia  conquista  degli 
Abruzzi :  donde  ito  a  Roma  merito  nuovo  arresto,  ma  riusci  a  cam- 
parne.  Slavano  allora,  dice,  al  polere  i  moderali  ,  i  ciarlieri,  vec- 
chi  rinnegati,  ipoeti,  iFarini,  capi  delle  cospirazioni  del  1843  e  45, 
divenuti  ora  Depulati,  governalori ,  intimi  Scgretarii  de  Cardinally 
e  se  la  passavano  lietamenle ,  perche  dischiuso  il  campo  alia  loro 
eloquenza  (pag.  66).  ( Anche  questo  ritratto  e  proprio  dipinto  dal 
naturale!)  Prodamata  la  Repubblica  ai  9  Febbraio  ,  essa  cadde 
in  uomini  senza  ingegno  ed  erudizione  ,  ma  buoni  di  cuore  e  d  amor 
patrio.  (Capite,  lettore  ,  la  forza  del  panegirico?  Vuol  dire  che 
erano  veri  repubblicani ,  ma  gente  incapace).  Giungeva  frattanto 
il  Mazzini,  il  quale,  dopo  la  perdita  della  prima  campagna,  salvatosi 
con  la  colonna  del  Garibaldi,  vi  duro  armato  di  carabina  per  10 
miglia  d'  insolite  fatiehe  (!),  stanco  delle  quali  ebbe  pel  meglio  di 
condursi  nella  pacifica  Lugano  (pag.  68) ;  donde  partito  faceva  il 
5  Marzo  ilsuo  ingresso  a  Roma  (pag.  69).  L'Autore  deride  qui  il 
Triumviro  senza  conoscimento  degli  uomini,  ne  senno  pratico, 
ne  cognizioni  militari:  e  eensuratene  le  opere,  ne  compendia  gli 
errori  a  pagina  74.  Narrando  poscia  di  se,  ricorda  come  fu  spedito 
dal  Goverrio  repubblicano  a  frenare  le  vendette  politiche  egli  assas- 
sini  in  Ancona,  ricorrendo  allo  stalo  d'assedio  ( formola ,  dice,  del 
veccliio  despotismo  chenort  si  sarebbe  dovuia  usare),  indi  in  Asco- 
li,  donde  caduta  Ancona,  tornava  a  Roma  (pag.  76)  ,  finche  vi 
fu  ristorato  il  papalo,  vielo  carcame,  caduto  moralmente  e  per  sem- 
pre (pag.  77). 

Manco  male !  Questo  carcame,  cadulo  per  sempre,  d'allora  in 
poi  ristoro  le  finanze  dello  Stato  ,  lotto  coll'  anglicanismo  e  col 


564  L'IMPRESA  ITALIANISSIMA 

calvinismo  olandese  ,  ristorando  due  gerarchie  ,  spezzo  le  catene 
del  giuseppinismo  nell'  Austria,  domo  le  resistenze  d' altri  Stati 
alemanni  ,  strinse  nuova  concordia  con  Portogallo,  Spagna,  Wur- 
temberg,  Stati  Uniti,  Messico,  Guatimala  ecc. ;  e  raccolti  fmalmente 
a'  piedi  della  Vergine  Immacolata  da  tutli  gli  angoli  della  terra  200 
milioni  di  Fedeli  ,  intimo  loro  con  autorita  senza  esempio  :  CRE- 
DETE  5  e  i  200  milioni  credettero. 

Or  se  tan  to  fece  il  morto  carcame ,  pensate  che  avra  fatto  la 
sempreviva  repubblica ,  tendenza  generate  di  lutte  le  nazioni  e  og- 
getto  primissimo  del?  Europa  (  pag.  289  ) !  A  dir  vero  ,  le  prime 
sue  prove  non  avevano  dato  fin  qui  grande  idea  della  sua  possanza. 
Ma  I'.Autore  se  ne  consola  osservando  che  pochi  llaliani  VERI  vi 
furono,  ma  che  que  pochi  armali  valsero  a  /ar  impallidire  i  lor  ti- 
ranni,  ad  accendere  la  rivoluzione  in  tutta  Europa,  ad  affrontare  le 
armate  di  Francia,  Austria  e  Spagna.  Che  non  sarebbe  stalo,  sog- 
giunge,  se  invece  di  un  pugno  di  ITALIANI  ne  avesse  racchiusi  nel  suo 
eeno  un  centomilal  Che,  se  Italia  Lutta  si  fosse  levala  in  armi? 
Che,  se  i  reggilori  di  lei  avessero  avuto  capacita  e  ingegno?  (pag.  77). 
Cosi  egli :  e  noi  lungi  dal  contendergli  questo  elogio  del  coraggio 
italiano,  ci  consoliamo  che  quel  branco  di  poeti  sbarbatelli  abbiano 
mostrato  d'  avere  almeno  un  po'  di  valore  nel  cuore  ,  giacche  non 
avevano  giudizio  nel  cervello.  Ma  in  quanto  alia  causa  de'  repub- 
blicani,  chiunque  capisce  T  italiano,  vede  benissimo  qual  valore  ne 
colga  1'  apologia.  Essa  dice  in  sostanza  che  1'  Italia  non  voieva  sa- 
perne  di  repubblica  e  di  ribellione  ,  che  i  pochi  veri  repubblicani 
erano  un  branco  di  tirannelli  congiurati  a  farla  ci6  che  ella  non 
voieva  essere  ,  a  costo  di  mille  inganni  e  crudelta  e  tradimenti. 
Insomma  se  1'Italia  avesse  bramato  davvero  cio  che  costoro  le  attri- 
bmseono,  la  vittoria  non  potea  mancarle.  Ora  la  vittoria  manco  per- 
ehe  glltaliani  non  corsero  alle  armi.  Dunque  gl'Italiani  non  vole- 
vano  ci6  che  costoro  suppongono.  I  pochi  repubblicani  prima  di 
cadere  pugnarono  con  un  valore  da  Catilina;  ma  con  miglior  sorte 
di  costui,  risparmiali  dalla  clemenza  dei  moderati  loro  avversarii, 
poterono  rannodare  le  fila  delle  cospirazioni  e  brandire  nuovamen- 


GIUDICATA  DA  UNO   DEI  SUOl  CAPI  565 

te,  ora  il  pugnale  da  assassini,  ora  la  baiorietta  da  combattenti,  fu- 
nestando  la  patria  loro  di  nuovi  palpiti  ,  di  nuove  stragi  per  con- 
seguire  con  mezzi  ridicoli  nuovi  disinganni  e  nuove  disdette. 

La  ridicolezza  di  cotesti  mezzi  viene  tratteggiata  dall'  Autore  in 
tutta  la  storia  dei  moti  successivi  che  qui  ormeremo  in  pochi  passi. 
Quello  del  1853,  schiacciato  con  arrcsli,  leggi  marziali  e  impicca- 
menti,  venne  operato  da  pochi  giovani  eroi  che  a  6  Febbraio  assali- 
vano  il  Castello  di  Milano,  pugnalando  alcuni  soldati  e  giocolandosi 
inlorno  ad  un  cannone  di  cui  sj  impadronirono .  Mentre  compievasi 
un  fatto  si  eroico  in  Milano ,  gli  emigrati  del  Piemorite  che  tenta- 
vano  sboccare  con  armi  su!  Lombardo,  erano  impediti  dalla  polizia 
sarda  (pag.  82).  In  un  lampo  ogni  cosa  sfumata,  il  parlito  repub- 
blicano  andato  in  piccolissimi  frantumi,  Mazzini  perduto  nell'opi- 
nione,  scioglimento  del  Comitato  nazionale ,  il  repubblicanismo  ri~ 
masto  un  nom<?,  impiccamento  e  galera  in  Lombardia,  prigioni  in 
Toscana ,  bando  de  fuorusciti  dal  Piemonle ,  divisione  e  sfiducia 
uniccrsale  (pagg.  83,  84)  ^  ecco  i  frutti  del  falto  eroico  tentato  dalla 
repubblica  viva. 

All  aspetto  di  tale  desolazione  era  naturale  che,  come  i  Romani 
dopo  la  battaglia  di  Canne,  anche  la  Repubblica  italiana  avesse  il 
suo  dittalore.  A  dir  vero,  il  Mazzini  consigliato  da  alcuni  amid  avea 
prima  deposto  ogni  maneggio  di  cospirazione :  ma  poco  dopo  cambio 
e  venne  a  comporre  un  dittalorato  cospiratorio ,  avente  cerilro  di 
operazione  lui  solo,  consiglio  lui  solo  (pag.  84).  Ma  il  nuovo  Fabio  che 
afdeva  di  riabilitarsi  in  faccia  al  partito,  non  ebbe  la  prudenza  del 
Massimo.  Con  una  cassa  militare  di  7  mila  franchi,  con  qualche  cen- 
tinaio  d  uornini  di  Massa  e  contado  e  con  un  cento  nazionali  di  Spe- 
zia  e  Sarzana  (ben  inteso  che  sovra  cento  giovani  che  promellono 
lung  i  dal  per  icolo,  cinque  o  died  mantengono  laparola  (pag.  85),  si 
incamminarono  1'Orsini,  il  Fontana  ed  altri  eroi  alia  conquista  d'l- 
talia  col  movimento  di  Sarzana  dei  2  Settembre  1853.  Ma  1'  eser- 
cito  riuscito  in  ultimo  a  sole  29  persone  con  14  fucili ,  all'  avvici- 
narsi  di  una  compagnia  di  bersaglieri  piemontesi,  si  dissipo  senza 
aver  veduto  il  nemico.  E  il  peggio  e  che  gli  stessi  Generali  caddero 


566  L*  IMPRESA  1TALIANISSIMA. 

in  mano,  non  del  nemico  che  non  fu  veJuto,  ma  di  sette  gendarmi 
piemontesi  che  intimarono:  Chi  buyia  Ve  mortl  (  Chi  muove  e 
morto)  (pagg.  87,  88).  Cosi  il  povero  Orsini  portato  a  Geneva 
cadde  nuovamente  non  in  domo  Petri,  ma  nelle  carceri  di  S.  An- 
drea suo  fratello ,  e  dopo  due  mesi  di  segreta  ando  sfrattato 
a  Londra ,  in  quel  tempo  appunto  che  il  Cahi,  condotlosi  per 
una  spedizione  di  Mazzini  nelle  monlagne  del  Cadore,  era  arrestato 
dagli  Austriaci  (pag.  91).  Cosi  sempre  fu:  quaudo  sonvi  gli  uo- 
mini,  mancano  le  armi  ;  quando  vi  sono  queste,  mancano  quelli  e 
via  dicendo  (pag.  92):  tale  e  1' epiibnema,  con  cui  si  conclu- 
de dall'  Autore  il  doloroso  racconto  del  conquisto  fallito.  In  Lon- 
dra 1'  Autore  descrive  lo  stato  degl'  llalianissimi  in  modo  corn- 
passionevole  :  discordant!  e  odiantisi  1' un  1'altro:  odio  inespli- 
cabile  contro  Mazzini :  i  suoi  parteggianti  spandevano  le  piu  vili 
accuse  contro  allri  palrioti :  quanto  ai  mezzi  pecuniarii,  mescMni- 
ta  (pag.  94).  Eppure  il  Dittatore  voile  tornare  all'assalto:  Orsini 
fu  destinato  per  la  Lunigiana,  mentre  il  Mazzini  e  Kossuth  avreb- 
bero  sboccato  per  la  Vallellina.  Questa  volta  la  cassa  militare  del- 
1'  Orsini  si  riduceva  modestamente  solo  a  mille  e  cinquecento  fran- 
chi;  ma  in  compenso  erano,  non  piu  14  ma  dugento  fucili,  venti- 
due  carabine,  trenta  palle  coniche  per  ciascuna,  due  paia  di  pistole 
e  una  ventinadi  fischi  (  pag.  96).  Gerico  fu  presa  con  le  trombe  j 
1'Italia  doveva  prendersi  a  fischi. 

Disgraziatamente  anche  questa  volta  s'  incontro  unincaglio,  non. 
piu  in  una  compagnia  di  bersaglieri,  ma  in  una  voce  notturna  ri- 
petuta  a  coro  da  tutto  1'  esercito  atterrito  :  Non  vogliamo  far  la 
morte  dei  Bandiera  (pag.  99). 

Capirete  benissimo,  lettore,  che  quando  i  militari  non  vogliono 
morire,  la  via  piu  sicura  e  piu  corta  e  di  scappare.  Un  grido  di  tre 
doganieri  fa  baslecole  ad  intiinorirli:  credettero  d'  esser  sorpresi 
da  una  compagnia;  si  diedcro  a  fuggire  gittando  carabine,  palle 
e  ogni  altra  co&a.  I  guardacoste  presero  i  dugento  fucili  e  le  bel- 
lissime  carabine:  eilcapitano  Cal....  che  giungevain  soccorso  dei 
conquistatori  tornossene  addietro  pago  di  ritenersi  i  200  franchi. 


GIUDICATA  DA  UNO  DEI  SUOI  CAPI  567 

Anche  una  volta  tutto  sfumato,  conclude  (pay.  101)  I'afiliUissimo 
Generale  di  Divisione.il  quale  peraltro  riusci  a  svignarsela  tra  la  cro- 
ciera  delle  navi  cannoniere,  e  riporto  al  Mazzini  in  Ginevra  la  dolo- 
rosa  notizia  che  dimostrava  come  non  vi  fosse  alcuna  disposizione  in 
que  popoli,  e  come  gli  agenti  di  Mazzini,  neldare  rapporti  a  Lon- 
dra,  o  erano  ingannati,  o  cadcvano  in  esagerazioni  (pag.  102). 

Dopo  tale  confessione,  chiunque  non  abbia  mandate  il  cervello  a 
processione  s'immaginera  che  almeno  per  qualcbe  anno  cotesti  as- 
sassini  d' Italia  volessero  darle  riposo,  non  fosse  altro ,  per  non  sa- 
criBoare  cosi  alia  spicciolata  i  loro  bravacci  ,  le  loro  lance  spezzate 
«  sopratutto  gli  scarsi  loro  denari.  Ma  Y  impresa  d'  Italia  non  mira 
a  si  vili  interessi :  un  mese  clopo  il  colpo  di  Carrara,  il  fuggito  dalla 
Lunigiana  accingevasi  per  ordine  del  Mazzini  a  penetrare  nella  Val- 
tellina.  Yorremmo  qui  ripetere  le  comiche  istruzioni  date  dal  Ge- 
nerale  in  capo,  Mazzini,  al  Generale  della  divisione,  la  quale  dovea 
comporsi  d' un.  cenc.inquanla  o  dugento  uomini:  destinati,  secondo 
I'articolo  terzo  del  piano  strategico,  a  penetrare  in  due  o  ire  colonne 
dai  Grigioninclla  Valtellina  (pag.  112).  Siccomenondimeno  dei  du- 
gento  aspettati,  soli  nove ,  compreso  il  Generale  Orsini,  apparvero 

sul  campo  di  battaglia,  tre  dei  quali,  dice  1'Autore  (Mazzini,  C 

€  Quadrio),  sarebbe  stato  necessario  farli  trasportar  di  peso  dai  con- 
trabbandieri,  onde  valicare  la  ghiacciaia  del  Muretto;  e  facile  1'im- 
maginare  cbe  le  tre  colonne  non  ispinsero  molto  innanzi  le  loro  con- 
quiste:  la  polizia  di  Coira  scoperse  200"fucili:  bast6  questo  perche 
tutto  1'esercito  fuggisse  in  numero  di  5,  percbe  4  (Rudio,  Fuma- 
galli,  Pas e  €....)  furono  arrestati  dalla  polizia  (pag.  112). 

Cosi ,  conclude  1' Orsini,  ebbe  termine  questa  piultosto  commedia 
die  tragedia  (pag.  117):  e  il  povero  storico  si  mostra  qui  scorag- 
grato  assai.  Che  fare?  Dove  andare?  Non  aveva  un  palmo  di  terra, 
tranne  Inghillerra,  ove  potermela  vivere  sicuro  (pag.  118).  Eppure 
offertagli  appena  altra  missione  di  cospirazione,  egli  1'accetta  senza 
difficolta  (pag.  119),  e  si  reca  a  Milano  a  preparare  un'  ecatombe, 
o,  come  dissero  allora,  un  vespro  d'ufliciali,  compiuto  il  quale,  sue- 

' 


"568  L'IMPRESA  ITALIANISSIMA 

cederebbe  V  insurrezione  governata  da  Mazzini  in  persona  (pagg. 
121,  122). 

Ma  scandagliato  in  Milano  Tanimo  degli  eroi,  trovo  diffidenza  nel 
Mazzini,  scoraggimento  per  le  disdette  passate:  e  non  vedendo  pro- 
babilita  di  buon  esito,  si  risolse  a  cercarealtravia  per  la  salvezzaita- 
liana,  arruolarrlosi  nelle  truppe  austriache  o  nelle  russe.  Ma  sventu- 
ratamente  riconosciuto  da  uri  Ebreo  modenese  e  manifestato  alia  po- 
lizia,  ebbe  ad  arruolarsi  in.tutt'  altro  reggimento,  passando  non  so 
quanti  mesi  nelle  caroeri  di  Mantova,  donde  fuggi  con  un  ardire  e  con 
un'industriadegni  di  causa  migliore.  Sebbene  il  racconto  di  queste 
Sue  prigioni  nulla  spira  di  que'sentimenti  sublimi,  pietosi,  teneri, 
di  che  sono  si  ammirate  le  Mie  Prigioni  di  Silvio  Pellico^pure  la  ro- 
marizesca  audacia  del  fatto  ne  rende  dilettevole  il  racconto.  Noi 
per6  non  ci  interterremo  in  questo  che  nulla  monta  per  IMmprese  de- 
gl'  Italianissimi,  e  proseguiremo  la  storia  di  quelle  ,  .alle  quali  1  Or- 
sini  giunto  aZurigo  die  mano  con  nuovo  entusiasmo  chiamatovi  dal 
Gerofante  genovese  (pa#.248).  Se  non  che  giunto  in  Londra  e  dis- 
gustato  del  despolismo  mazzinianO,  si  risolse  a/ar  dase,  e  mentre  il 
Mazzini  in  Italia  preparava i  tenlatividi  Genova,  Livorno  e Sapri,  egli 
si  diede  a  promuovere  fra  gV  Inglesi  la  santa  causa,  parlando  e  stam- 
pando  libero,  indipendente  e  frrmo  a  dispetto  delle  otto  o  diecigonnelle, 
dacuisono  circondati  Mazzini,  Campanella  eSaffi  (pagg.  260. 263). 
Qual  pro  egli  abbia  recatoro'suoidiscorsijo  vedremdipoi.Inquanto 
agli  ultimi  eventidi  Genovd,  di  Livorno  e  di  Napoli,  miserabil tnentc 
incominciati  e  finiti,  non  oslante  26  anni  di  sperienza,  egli  lace  sa- 
pendo  bene  per  falto  proprio  quanti  accidenti  facciano  dare  il  rove- 
scio  ai  meglio  concepiti  disegni  (pag.  266).  Ma  i  fatti  sono  cosi  re- 
centi ,  e  i  tribunal!  di 'Geneva  e  di  Salerno  ne  danno  informazioni 
si  certe,  che  la  lacuna  dell  Orsini  non  impedisce  per  nulla  5  nostri 
lettori  dal  formarne  un  giudizio :  tanto  piu  che  i  fatti  vennero  gia 
raccontati  anche  dalla  Civilla  Cattolica.  Essi  hanno  potuto  vedere 
che  anche  cotesto  ultimo  sforzo,  cotesto  nonplus  ultra  dell'eroismo 
italianissimo  ha  continuato  a  mostrare  ci6  che  tutto  il  rimanente 
della  storia,  immane  atrocita  negli  animi,  villa  di  tradimento  e  au- 


GIUDICATA  DA  UNO  DEI  SUOI  CAPI  569 

dacia  di  fatti :  ma  tranne  questo,  meschinita  di  mezzi ,  incapacity 
di  preveggenza,  incoerenza  di  movimenti  e  insomnia,  come  dice 
1'Orsini,  miseria  dal  principio  fino  al  fine. 

Tale  e  in  compendio  la  storia  dell'Orsini,  che  ben  potrebbe  dirsi 
pe'combattimenti  \'Iliade,  pe' viaggi  \\0dissea,  per  le  fughe  ['Egira 
degYllalianissimi.  Solo  ne  duole  che  la  grettezza  del  nostro  com- 
pendio ha  scemato  necessariamente  la  ridicolezza  di  quelle  imprese, 
la  quale  sotto  la  penna  di  chi  Pars  rnagna  fuit,  acquista  un  non  so 
che  di  comico  pel  contrasto  fra  la  poetica  grandiosita  de'disegni  e 
la  prosaica  meschinita  dei  mezzi  e  delle  persone.  Ti  sembra  ve- 
dere  1'arlecchino  finto  Principe:  ovvero  una  di  quelle  scene  di  ca- 
gnuoli  o  di  scimmie  che,  ritti  su  i  pie'  di  dietro  e  vestiti  alia  mili- 
tare,  si  fingono  uomini  maneggiando  il  loro  fuciletto  di  latta  e  fa- 
cendo  1'  esercizio  ai  cenni  del  giocoliere.  Rayazzi  d'  Universita  ne 
combmano  i  piani;  esploratori  senza  giudizio  ne  somministrano  le 
informazioni  $  mancano  le  armi  ove  sono  soldati ,  mancano  soldati 
quando  vi  sono  le  armi  j  gli  arruolati  non  vengono,  i  pochi  venuti 
si  spaventano  e  fuggono-,  le  istruzioni  del  Generalissimo  sono  deri- 
se  dai  subordinati,  i  comandi  di  quest  i  disobbediti  dai  soldati :  per 
colmo  di  miseria  neppur  vi  sono  danari ;  con  loOO  franchi  s'inco- 
mincia  la  guerra  d'  Italia,  altrove  il  misero  peculietto  da  ragazzi 
parte  e  rubato  dall'  Ungarese  (pagg.  96  ,  98)  ,  parle  dal  Milanese 
(pag.  80) ,  parte  dagli  stipendiati  Grigioiii  (pag.  112),  parte  dal 
capitano  Cal —  (101):  con  un  esercito,  che  noverafino  a  ISOcapi 
sulla  carta ,  e  venuti  all'  ergo  si  trovano  29  ed  anche  soli  9  sul 
campo  :  tra  duel  poi ,  tra  cospiratori ,  tra  assoldati  tutto  e  discor- 
dia  ,  insubordinazione  ,  disprezzo  scambievole ,  gelosie ,  calun- 
nie  *.  Cosi  si  prepara  Vunita  dell' Italia  e  la  sua  redenzione  contro 

1  Si  direbbe  che  questepagine  avesse  letto,  chi  che  egli  sia,  lo  Scrittore  di 
quell'articolo  del  Moniteur  (13  Febbraio  1858),  allorche  cosi  descriveva  i  mi-   : 
seri  avanzi  del  partito  libertino  in  Francia. 

«  Leur  parti  en  est  reduit,  nous  ne  disons  pas  a  quelques  fanatiques,  mais  a 
«  quelques  factieux  incorrigibles  ,  que  1*  on  rencontre  loujours  en  etat  de  re- 
«  volte  contre  le  pouvoir  ,  quelqu'il  soil,  fut-il  celui  de  leurs  propres  amis.  En 


570  L'IMPRESA  ITALIANISSDIA  —  GIUDICATA  DA  UNO  DEI  suoi  CAPI 

400  mila  baionette  mosse  da  un  sol  pensiero,  legate  da  una  disci- 
plina  ammirabile ,  esercitate  da  secoli  alia  guerra  e  animate  da  una 
fedelta  a  tutta  prova.  Poveri  Italianis?imi,  davvero  die  siete  impaz- 
ziti !  Chi  vorra  rider  i  piu  saporitamente,  legga  in  originale  le  Me- 
morie  e  vedra.... 

Ma  no!  non  legga:  che  si  sentirebbe  morire  sul  labbro  1'involon- 
tario  sorriso  al  riflettere  quanto  costi  all' Italia  in  danaro,  in  pianto, 
in  sangue,  in  riputazione  la  commedia  rappresentata  da  cotesti  buf- 
foni  al  cospetto  del  mondo  incivilito  ,  e  deploratu  candidamente  fi- 
no  dal  medesimo  Orsini  (pag.  277  ).  Che  si  trovi  anche  in  Italia  un 
qualche  Lamartine  poeta  che  la  fa  da  politico,  ciurmando  le  molti- 
tudini,  questo  s'intemle:  ogni  piazza  ha  i  suoi  cerretani.  Ma  che 
un  branco  di  costoro  senza  sperienza,  senza  mezzi ,  senza  uornini 
e  conoscendo  e  confessando  questa  sua  miseria ,  ubbriaco  di  una 
Utopia  esecrata  dagl'Italiani,  tenga  da  43  anni  in  iscompiglio  la  Pe- 
nisola,  smugnendone  il  danaro,  sconcertandone  gl'  interessi ,  scin- 
dendone  i  cuori,  calpestandone  le  istituzioni,  besternmiandone  la 
religione;  che  non  passi  un  lustro,  senza  che  quasi  per  ischerzo  si 
sparga  il  sospetto,  si  desti  un  tumullo,  s'insanguini  un  pugnale,  si 
faccia  palpitare  un  popolo  5  che  in  ogni  famiglia  la  madre,  la  sposa 
abbiano  a  piangere  desolate  o  per  un  figlio  sedotto  che  si  arruold 
tra  i  carnefici,  o  per  un  padre  assassinato  che  vittima  ne  soccombej 
e  tutto  cio  per  iimestare  tirannicamente  nei  2a  milioni  d'  Italian! 
un'idea  assurda  ch'essi  deridono,  un'istituzione  che  ricusano,  una 
ribellione  che  detestano^  questo  in  verita  e  tale  scelleratezza  di  quei 
frenetiei ,  tale  svenlura  e  vergogna  della  patria  nostra  ,  che  il  ri- 
derne  puo  essere  un  momentaneo  lampo  strappato  per  forza  dal- 
1'eccesso  della  stoltiziaj  ma  cede  tosto  il  campo  all'orrore  dei  mis- 
fatti  e  delle  desolazioni. 


«f  y  ajoutant  un  petit  nombre  de  dupes  ,  recrutes  principalemeut  dans  le  has 
«  fonds  de  1'ignorance  et  de  I'lmmoralite  Ton  aura  tout  le  personnel  de  cette  fa- 
«  ction  qui  s'  insurge  par  1'  assassinat  centre  la  volonte  d'  un  grand  peuple  » 
14  Febbraro  1858.J. 


R I VIST A          3 

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DELLA 

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I. 

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Operc  rm'non  dt  Dante  Alighieri  con  illustrazioni  e  note  di  PIETRO 
FRATICELLI.  —  Firenze  Barbera  Bianchi  e  Comp.  Tipografi  Edi- 
tori  1857.  Volumi  3.  in  8.° 

II  primo  che  raccogliesse  in  un  sol  corpo  tutte  le  Opere  minori 
del  sommo  Alighieri  fu  Terudito  e  chiaro  filologo  Pietro  Fraticelli; 
e  la  sua  edizione,  comparsa  nel  1834  e  segg.,  riusci  molto  accura- 
ta  per  la  correzione  del  testo  e  ricca  di  note  filologiche  molto  as- 
sennate.  Un  pressb  a  dieci  anni  dopo  1'  illustre  letterato,  qual  ^  il 
sig.  Alessandro  Torri,  rifece  una  simile  collezione  in  Livorno  gio- 
vandosi  del  riscontro  di  nuovi  codici  per  migliorar  la  lettura  ed 
ampliare  il  numero  degli  scritti  attribuiti  a  Dante,  e  apponendovi 
illustrazioni  e  commenti  or  suoi  proprii,  ora  d'  altrui:  se  non  che 


o/ 


72  RFVISTA 


questaRaccolta  Torriana  manca  del  secondo  volume  che  dovea  con- 
tenere  il  Canzoniere  di  Dante.  Alcune  altre  ristampe  delle  Opere 
minori  sono  state  fatte  negli  ultimi  quattro  lustri  in  Italia,  ma  nes- 
suna  merita  menzione  speciale,  per  non  essere  altro  che  copie  piu  o 
meno  guaste  d'una  delle  due  precedent!.  Esse  con  cio  rimasero  lun- 
ga  pezza  le  sole  pregiate,  e  sarebbero  ancora  al  presente,  se  1'  Edi- 
tore  della  piu  antica,  riponendo  mano  a  tal  collezione,  non  fosse 
venuto  teste  a  darne  fuori  una  novella,  la  quale  supera  ogni  altra 
fatta  innanzi  per  la  bonta  del  testo,  per  lacopia  ed  opportunita  del- 
le note,  per  la  critica  della  compilazione,  ed  in  fine  ancora  per  la 
nitidezza  e  correzione  della  stampa.  Sotto  tali  rispetti  la  nuova  Rac- 
colta  delle  Opere  minori  di  Dante  non  dee  giudicarsi  soltanto  eccel- 
lente  in  paragone  delle  alire,  ma  eccellente  eziandio  in  se  medesi- 
ma:  considerate  che  nella  presente  condizione  degli  studii  Dante- 
schi  tanta  precisione  riscontrasi  nella  lettura,  tanta  ahbondanza 
nelle  dichiarazioni  letterarie  ,  e  finalmente  tanta  assennatezza  nel 
difmire  il  tempo,  lo  scopo  e  il  soggetto  di  ciascun  argomento  del- 
rAlighieri,  che  veramente  le  costui  opere  ban  preso  quella  nobile 
sembianza  degna  di  lui,  la  quale  ,  colpa  dei  copisti,  degli  editori, 
e  spesso  ancora  dei  commentator!,  sembrava  avessero  del  tutto 
smarrita. 

II  primo  volume  di  questa  Raccolta  contiene  il  Canzoniere,  le 
Rime  Sacree  lePoesie  latine.  II  secondo  comprende  la  Vita  nuova, 
i  Trattati  de  Vulgari  eloquio  e  De  Monarchia,  appostavi  la  versionc 
fatta  del  primo  dal  Trissino,  e  del  secondo  da  Marsilio  Ficino;  e  la 
questione  DeAqua  et  terra  colla  traduzione  italiana  del  prof.  Fran- 
cesco Longhena.  II  terzo  ed  ultimo  volume  abbraccia  il  Convito  e  le 
Epistole  latine  recate  in  italiano  dallo  stesso  Fraticelli,  Questa  e  la 
tessitura  materiale  dei  tre  volumi.  Quanto  agli  studii  fattivi  irttorna 
dall'Editore,  ei  li  vien  disponendo,  come  a  luogo  loro  proprio,  in- 
nanzi a  ciascun  componimento  speciale  dell'  Alighieri ,  dando  ra- 
gione  del  tempo  or  certo  or  probabile  in  che  venne  scritto  dall'au- 
tore;  dell'intimo  senso  inteso  in  quel  dato  componimento;  del 


DELL  A  STAMPA  ITALIAN  A  573 

modo  per  se  tcnuto  affine  di  sceverarlo  di  quegli  infiniti  errori 
che  ne  adulterarono  la  lettura-,  delle  piu  riputate  edizioni ,  e  spe- 
cialmente  dei  codici  piu  sicuri  che  dove  consultare  per  ridurre  il 
testo  ad  un  senso  non  sol  convenevole ,  ma  piano  e  dignitoso, 
Questi  possono  dirsi  lavori  puramente  bibliografici ,  e  come  tali 
mostrano  diligenza ,  assennatezza  e  valore  degno  d'ispirare  tutta 
quella  fiducia  che  omai  si  pu6  donare  in  questa  materia  al  giudizio 
del  Fraticelli. 

Oltre  a  questi  schiarimenti  bibliografici  parecchi  altri  se  ne  scon- 
trano  nelle  dissertazioni  premesse  a  ciascuna  opera  di  Dante,  i  quali 
riguardanola  critica,  la  storia,  e  la  letteratura.  Sottili  e  giudiziose 
indagini  sono  quelle  che  nel  Canzoniere  vendicano  a  Dante  o  gli 
diniegano  i  componimenti  finora  a  lui  attribuiti  dalle  stampe  e  dai 
codici :  n&  meno  accorte  son  quelle  rivolte  a  fissare  a  ciascuno  scrit- 
to  riputato  legittimo  il  tempo  in  che  Dante  il  die  alia  luce.  Questi 
due  servigi  sono  di  gran  rilievo  per  entrare  nell'intimo  senso  dells 
opere  del  gran  Fiorentino,  senza  essere  deviati  da  scritti  non  suoi , 
ne  lasciati  in  sospeso  dalla  confusione  del  tempo.  Forse  ancora  piu 
utile,  e  certo  non  meno  ponderato  si  e  T  esame  dei  due  amori  di 
Dante,  il  naturale  e  1'allegorico,  fatto  una  prima  volta  nella  intro- 
duzione  al  Canzoniere  e  una  seconda  ancora  piu  minutamente  nel 
proemio  della  Vita  Nuova.  II  discernere  dove  quell'alto  cuore  del- 
1' Alighieri  parli  in  figura  di  amori  intellettuali  e  soprassensibili  da 
lui  sentiti  cosi  vivamente,  e  dove  di  quelle  fiam me  terrene  dalle 
quali  fu  compreso  nell'  eta  novella,  ne  fu  libero  del  tutto  nell'eta 
piu  matura  ,  importa  grandemente  rhi  voglia  penetrare  il  senso 
dei  suoi  scritti  o  in  rima  o  in  prosa.  II  Fraticelli  reca  in  tal  questio- 
ne  siffatta  luce,  che  difficile  sara  che  altri  pnssa  per  Tavvenire  con- 
trariare  all'opinione  chiarita  da  lui  veracon  si  gran  corredo  di  pruo- 
ve.  Forti  ed  accesi  altresi  sono  quei  tocchi  dove  nella  prefazione  alia 
Vita  Nuova  confuta  il  folle  sistema  Rossettiano ,  che  impiccolisce 
il  sommo  Dante  fino  alia  bassezza  d'  un  pauroso  e  furbesco  settario, 
che  sotto  il  gergo  di  lettere  e  di  sillabe  collocate  a  certi  cantucci 


574  RIVISTA 

del  suoi  versi ,  e  di  significazioni  arrovesciate  nelle  parole  comu- 
nira  ai  suoi  consort!  le  proprie  stizze  ed  i  proprii  arrabbiamenti  *. 
€hi  dicesse  troppo  breve  una  tale  confutazione,  mostrerebbe  non 
aver  mai  sentito  il  grande,  il  bello,  1'  affettuoso  che  ribocca  spon- 
taneamente  per  ogni  parte  dai  versi  di  Dante!  Esatto  puo  dirsi  an- 
cora  e  ben  definito  il  pregio,  die  il  Fraticelli  indica  siccome  il  pro- 
prio  di  ciascuna  composizione;  e  la  parte  die  fa  or  alia  dignita,  or 
alia  eleganza  dello  stile,  e  quando  alia  evidenza  e  quando  alia  sotti- 
lita  delle  ragioni,  vien  divisata  con  molto  opportune  discernimento. 
Gotai  giudizii,  che  mettono  in  suU'avviso  il  lettore,  valgono  moi- 
tissimo  a  far  rivolgere  tutto  1'  amore  dei  giovani  studenti  verso 
quelle  qualita  ancor  piu  minute,  che  concorrono  a  formar  tale  e  non 
altro  lo  stile  e  1'argomerito.  La  parte  storica  e  stata  essa  pure  chia- 
rita  abbastanza  dove  comportavasi  dal  soggetto,  sia  nelle  varie  in- 
troduzioncelle  premesse  a  ciascuna  poesia  del  Canzoniere,  e  a  cia- 
scuna epistola,  sia  nelle  note  qua  e  la  diffuse  ai  tanti  luoghi  che  di- 
mandavano  un  simile  schiarimento. 

II  lavoro  poi  condotto  dal  Fraticelli  con  amore  e  cura  singolaris- 
sima  consiste  nei  commenti  grammaticali  e  letterarii ,  coi  quali  ha 
illustrate  questa  seconda  sua  raccolta  ancor  piu  e  meglio  che  la  pri- 
ma  non  avesse  fatto.  La  gioventu  studiosa  trovera  in  questi  com- 
menti una  guida  sicura  e  condiscendente  che  condurralla  come  per 
tnano  in  questo  studio  delle  Opere  di  Dante,  quanto  arduo  a  com- 
piere  senzaaiuto,  altrettanto  utile  per  imparare  la  sobrieta,  la  no- 
i)ilta,  la  forza  del  dire,  che  sono  i  pregi  sovranamente  proprii  di 
tale  scrittore. 

Una  sola  cosa  avremmo  desiderato,  e  ci  e  forza  di  significare  qui 
pubblicamente  un  tal  desiderio,  una  sola  cosa,  diciamo,  avremmo 
desiderato  di  vedere  con  piu  liberi  sensi  dichiarata  dal  Fraticelli 

1  Eziandio  la  Civilta  Cattolica  ne  ha  detto  qualche  cosa  nel  Vol.  Vll  della 
prima  Serie  pag.  206  e  seg.  ad  occasioue  dell'  opera  di  Dante  De  vulgari  elo- 
quentia,  riprodotta  dal  ch.  sig.  Alessandro  Torri. 


BELLA  STAMPA  ITALIANA  575 

nella  Dissertazione  intorno  al  libro  di  Dante  sopra  la.  Monarchia". 
Tutti  sanno  che  quivi  1'Alighieri  propose  T  universale  mon'irchia 
col  solo  Imperatore  a  capo.-  e  concedendo  pure  al  Romano  Ponte- 
fice  il  primato  spirituale,  il  vorrebbe  nondimeno  Principe  si  dcisuoi 
Stati,  se  vogliasi  beriignamente  interpretare;  ma  al  oerto 'ligio  e 
vassallo  a  quell' Imperatore  al  paro  di  qualunque  altro  Barone  o 
Feudatario  dell'Impero.  II  Fraticelli  non  lascia  or  colle  sue  parole, 
or  con  quelle  del  Carmignani  di  far  avvertire  che  tutta  la  teoria 
politica  della  Monarchia  e  unamera  astrazione-,  che  le  opinion!  di-t 
ghibellino  scrittore  non  sono  ne  tutte  vere,  ne  del  tutt.o  inconcus- 
se;  che  troppo  smisurate  cose  quegli  asseri  per  istudio  manifesto  di 
parte,  e  per  1'  amore  della  causa  imperiale.   Fermasi  poi  in  modo 
speciale  adimostrarecolle  parole  espressive  e  chiare  di  Dant1  sf.es- 
so,  cheil  fiero  ghibellino  non  intese  mai  di  spogliare  il  Papa  cTogni 
temporale  dominio  5  anzi  manifestamente  gli  attrihui  il  potere  del 
Principato  terreno,  sebbene  sottomesso  per  fio  all'Impero,  e  ritenu- 
to  sotto  titolo  d'amministratore  in  nome  dell'Imperatore  •,  anzian- 
cor  di  piu  professo  altamente  che  Cesare  qudla  riierenza  usi.a  Pic- 
tro,  la  quale  il  primogenito  figliuolo  usare  verso  il  padre  debbe,  ac- 
ciocche  egli  illustrate  dalla  luce  della  patcrna  grazia  con  piu  virlute 
U  cir-colo  della  terra  illumini  i.  Con  questi  avvertim-nti  ha  i!  ch. 
editore  salvati  in  molta  parte  i  diritti  al  vero  ,  indicato  1'inganno 
di  coloro  che  pongono  1'  Alighieri  fra  i  nemici  di  ogni  potero  tem- 
porale dei  Poritefici,  e  ovviato  al  danno  che  I'autorita  di  si  graa 
nome  male  abusata  puo  recare  nelle  menti  o  deboli  o  pregiudica- 
te.  Ma  cio  non  bastava.  Egli  era  necessario  d'indicare  con  esplicite 
parole  la  pioibizione  che  la  Chiesa  ha  fatto  del  libro  de  Monarchia  v 
e  1'  osservanza  cbe  ogni  buon  cristiano  deve  a  tal  divieto.  Questa 
indicazione  manca  :  ne  gia  per  malo  animo  dell'  editore,  perche  in 
tutto  questo  libro,  e  in  altriancora  chedi  lui  abbiam  letti  son  con- 
tinue le  dimostrazioni  della  sua  riverenza  alle  somme  chiavi.  Ba- 

i  DE  MON.  lib.  Ill  presso  il  fine. 


576  RIMSTA 

stici  1'averla  qui  indicata  :  perche  il  volerla  di  piu  giustificare  addu- 
oendo  le  ragioni  che  potremmo  assai  facilmente,  sarebbe  un  metier 
in  dubbio  una  causa  omai  giudicata,  e  per  la  quale  non  havvi  soste- 
nitori  che  presso  i  meno  dotti ,  o  i  piu  tristi. 

Oltre  a  quesla  mancanza  degna  di  osservazione ,  potremmo  in 
tutto  il  corso  dei  tre  volumi  indicare  alcuni  dubbii  intorno  alle 
cose  asserite  dal  Fraticelli  ,  ed  alcune  piu  difficoltache  vereobie- 
zioni.  Esse  al  certo  nulla  scemano  il  pregio  da  noi  pienamente  ri- 
conosciuto  di  questa  Raccolta:  anzi  a  chi  ben  mira  debbono  con- 
fermare  la  scbieltezza  del  nostro  giudizio  cosi  favorevole.  Ma  il 
farlo  minutamente  di  tutti  i  tre  libri  ci  sembra  troppo  noiosa  opera 
pei  nostri  lettori:  1'intralasciarlo  del  tutto  sarebbe  diffidenza  verso 
Ja  cortesia  d^ll  editore  medesimo.  Oudeche  buori  partito  ne  sembra 
1'  attenerci  a  qualche  cosa  piu  importante  intorno  al  primo  libro 
soltanto,  siccome  quello  che  piudegli  altri  ba  dovuto  costar  fatiche 
al  dotto  editore  ,  e  deve  dirsi  certamente  il  piu  dovuto  a  lui  per  la 
critiea ,  per  le  dichiarazioni  ,  per  la  correzione  del  testo.  Queste 
<loti  sue  proprie  ce  lo  ban  fatto  prescegliere;  e  il  pochissimo  che 
vi  noteremo  valga  a  testimoniare  quel  moltissimo  che  v'  e  di  bonla 
•e  di  perfezione. 

Sappiano  adunque  i  nostri  lettori  che  quivi  sono  due  parti :  la 
prima  contiene  ii  Canzoniere  proprio  e  legittimo  parto  di  Dante  ;  la 
seconda  quei  componimenti  in  versi  o  dubbii,  e  certamente  spurii, 
i  quali  si  trovano  pero  nelle  stampe  o  nei  codici  atlribuiti  all'  Ali- 
ghieri.  Or  nel  Canzoniere  proprio  di  Dante  ci  siamo  abbattuti  in 
alcuni,  sebbene  pocbissimi  versi,  i  quali  conforme  al  sistema  orto- 
graQco  ammesso  edaccettato  molto  opportunamente  in  questa  edi- 
zione,  vorrebbero  diflerente  lettura.  Tali  sarebbero,  a  mo'  d'esempio, 


Ben  coiiosc'  io  che  va  la  neve  al  sole  (Canz.  VIII.) 
Nol  sofferia,  perocch'  ella  e  liniia  (Cans.  XIH) 
L'anima  piange,  si  ancor  len  duole  (Cam.  XIV.) 


BELLA  STAMPA  ITALIAN  A  577 

i  quali  dovrebbero  leggersi  come  qui  segue 

Ben  conosch'  io  che  va  la  neve  al  sole 
Not  soffreria,  perocch'  ella  e  fiaita 
L'anima  piange,  si  ancor  le  7n  duole 

E  forse  ancora  invece  di  leggere 

E  priego  sol,  ch'audir  mi  sofferiate  (Ball.  1.) 
Gli  guai  de'  discacciati  tormentosi  (Son.  VII.) 
Rodermi  cosi  il  core  scorza  a  scorza  (Canz.  IX) 
Cerchia  la  mente  mia  (Ball.  IV) 
La  novita  che  per  tua  ferma  luce  (Canz.  X.) 

si  leggerebbe  meglio  secondo  qualche  variante,   o  la  guida  del 
buon  senso 

E  priego  sol,  ch'a  udir  mi  sofferiate 
Gli  guai  degli  scacciati  tormentosi 
Kodermi  cosi  il  core  a  scorza  a  scorza 
Gerchi6  la  mente  mia 
La  novita  che  per  tua  forma  luce 

La  ragione  di  queste  varianti ,  che  a  noi  sembrano  preferibili , 
apparira  di  per  se  chi  nell'  edizione  del  Fraticelli  consulti  le  poesie 
alle  quali  esse  si  riferiscono. 

Quanto  alia  legittimita  dei  componimenti  attribuiti  a  Dante  ve 
n'  ha  di  quelli  che,  privi  come  sono  d'  ogni  argomento  estrinseco 
d'incontrastabile  forza,  non  gli  si  possono  ascrivere  senza  o  giudi- 
carli  fattura  dell'  eta  giovanile  di  lui ,  o  lasciati  da  Dante  senza  la 
consueta  sua  lima.  Tale  specialmente  ci  sembra  il  Sonetto  XXIX  che 
dice  cosi 

Poiche,  sguardando,  il  cor  feriste  in  tanto 

Di  grave  colpo,  ch'io  batto  di  vena, 

Dio,  per  pietade  or  dagli  alcuna  lena, 

Che  '1  tristo  spirto  si  rinvegna  alquanto. 
Or  non  mi  vedi  consumare  in  pianto 

Gli  occhi  dolenti  per  soverchia  pena, 

La  qual  si  stretto  alia  morte  mi  mena, 

Che  gia  fuggir  non  posso  in  alcun  canto ! 
erie  III,  vol.  IX.  37  "2lFebbra.ro  1858. 


o78  RIV1STA 

Vedete,  donna,  s'io  porto  dolore, 

E  la  mia  voce  s'e  fatta  sottile, 

Chiamando  a  voi  merce  sempre  d'amore  ! 
E  s'el  v'aggrada,  donna  mia  gentile, 

Che  questa  doglia  pur  mi  strugga  il  core, 

Eccomi  apparecchiato  servo  umile. 

nel  quale  quel  rivolgersi  ora  alia  sua  donna,  ed  ora  a  Dio  porta  non 
piccola  confusione  nel  seriso.  Ollre  a  che  si  scorge  contrarieta  tra 
la  preghiera  the  fassi  a  Dio  nelle  quartine  d'avere  alcuna  lena  nella 
grave  doglia  che  il  consuma  e  la  conchiusione  dell'  ultima  terzina , 
nella  quale  s'  offre  alia  donna  servo  umile  apparecchiato  a  sentirsi 
struggere  il  core  per  questa  doglia. 

Quanto  alle  note  illustrative  v'  ha  qualche  osseryazione  leggera 
che  e  pur  htne  di  fare.  E  la  prirna  riguarda  certe  oinissioui  in 
luoghi  che  pure  esigevano  uno  schiarimento,  Ne  citeremo  soltanta 
alcune.  Nelle  due  Ballate  "VI  e  VII  si  fa  da  Dante  a-llusione  a  un 
dolce  loco,  ad  unfiore,  ad  una  ghirlandella :  e  il  lettore  desidera  in- 
vano  di  saperne  qualche  cosa.  Nella  licenza  della  Canzone  XII  s'in- 
via  questa  ai  tre  men  rei  di  Firenze  ,  due  dei  quali  deve  salutare  . 
e  il  terzo  trarre  di  mala  setta.  Questo  luogo  ha  o  non  ha  relazione 
colla  XXVI  terzina  del  canto  seslo  dell'  Inferno,  dove  pur  si  dice 
che  son  due  giusti  in  Firenze  della  parte  oppressa  ,  i  quali  pero 
non  vi  sono  intesi?  Se  i  due  luoghi  sono  paralleli,  diviene  faisa  1  o- 
pinione  di  Guido  Carmelilano  ,  antico  commentatore  della  Divina 
Commedia  ,  ii  quale  vuole  che  i  due  giusti  mentovati  da  Ciacco 
sieno  Dante  stesso,  e  Guido  de  Cavalcanti  :  e  si  fa  prohahile  quella 
di  altri  che  li  chiamano  I'uno  Barduccio,  e  1'  altro  Giovanni  da  Ve- 
spignano  citando  1  aulorita  di  G.  Villani.  E  quindi  cosi  determi- 
nati  i  primi  due  ,  piu  agcvole  riuscira  conoscere  il  terzo  che  vivea 
con  loro  in  Firenze,  e  seguitava  la  parte  contraria.  A  noi  hasti  ave- 
re  accennato  il  luogo  hisognoso  di  qualche  dichiarazione,  e  1'utilita 
che  ne  verrehhe  daU'iHustrarlo. 

Ancora  qualche  opinione  manifestata  dal  sig.  Fraticelli  ne'  suoi 
schiarimenti  ammette  alcun  dubhio.  Lasceremodi  notare  quelle  po- 


DELL  A  STAMPA  ITALIA  NA  579 

chelequali  conoernono  puramente  la  lingua  o  il  senso-di  Dante,  per 
dar  luogo  ad  una  sola  la  qoale  risguarda  la  storia  che  ha  ben  altra 
importanza.  II  Sonetto  XXXVII  e  il  testo'che  devesi  iriterpretare , 
ed  esso  e  del  seguente  tenore  : 

Se  vedi  gli  ocelli  miei  di  pianger  vaghi, 

Per  novella  pieta  che  il  cor  mi  strugge, 

Per  lei  ti  priego,  che  da  te  noo  fugge, 

Signer,  che  tu  di  tal  piacer  gli  svaghi ; 
Con  la  tua  drilta  man  cioe  che  paghi 

Chi  la  giustizia  uccide,  e  poi  rifugge 

Al  gran  tiranno,  del  cui  tosco  sugge , 

Ch'egli  ha  gia  sparto,  e  vuol  che  'I  mondo  allaghi. 
E  messo  ha  di  paura  tanto  gelo 

Nel  cuor  de'  tuoi  fedei,  che  ciascun  tace : 

Ma  tu,  fuoco  d'Amor,  lume  del  cielo, 
Questa  virlu,  che  nuda  e  fredda  giace, 

Levala  su  vestita  del  tuo  velo ; 

Che  senza  lei  n on  6  qui  in  terra  pace. 

Questo  sonetto  fu  dal  Dionisi  inteso  e  dichiurato  come  una  preghiera 
fatta  a  Dio ,  perehe  puriisca  Papa  Bonifazio  dell'  essersi,  dopo  avere 
uccisa  la  giustizia,  rivolto  al  gran  Tiranrio  ilRe  diFrancia,  il  quale 
sparge  tossico  d'  avarizia  per  tutto  il  mondo.  Or  cjuesta  interpetra- 
zione  e  riferita  senza  niuna  osservazione  dal  sig.  Fraticelli,  e  con 
ci6  sembra  da  lui  ammessa.  Eppure  qual  probabiiita  le  si  puo  ra- 
gionevolmente  attribuire?  Se  Papa  Bonifazio  nocque  ai  Fiorentini, 
fu  sventura  nbn  malizia:  essendogli  veriuto  meno  non  la  volontadi 
porvi  la  pace,  ma  o  la  couoscenza  limpida  della  vera  cagione  delle 
citladine  dissensioni,  o  il  valore  delle  persone  che  per  cessarle  vi 
mand6.  Che  poi  fra  queste  fosse  quel  Carlo  di  Valois,  cosi  cattivo 
paciere  in  Firenze,  come  cattivo  guerriere  in  Sicilia,  noh  gli  si  po- 
tea  dar  colpa  dall'Alighieri ,  il  quale  sapea  pur  bene  che  quello  fu 
suggerimento  di  Corso  Donati,  capo  di  parte  bianca  e  suo  affine. 
Molto  meno  gli  si  potea  attribuire  1'  essersi  dopo  quelia  mala  riu- 
scita  rivolto  al  Re  di  Francia  :  quando  appunto  per  avere  diniegato 


580  RIV1STA 

a  Carlo  di  Valois  il  compenso  promessogli  per  la  sua  doppia  com- 
missione  cosi  male  eseguita,  ebbe  Bonifazio  a  sostenere  quelle  si 
basse  ingiurie  e  si  cocenti  vergogne  ,  che  destarono  la  magnanima 
ira  dell'Alighieri  medesimo,  e  gli  posero  in  bocca  quel  nobilissimo 
sdegno  che  tutti  conoscono.  II  commento  adunque  del  Dionisi  non 
&  solo  dubbio,  ma  improbabile.  Qual  sara  adunque  1'interpetrazione 
del  SonettoPCi  sembra  ben  difficile  arrischiarne  alcuna  non  cono- 
scendosi  per  niun  modo  il  tempo,  nel  quale  fa  scritto.  Nellasuppo- 
sizione  pero  ch'esso  debba  riferirsi  a!  disastro  dei  Bianchiin  Firen- 
ze,  bene  e  piu  probabile  che  quel  gran  Tiranno  sia  lo  stesso  Carlo 
di  Valois,  tale  stimato  da  essi  e  da  Dante;  chi  la  giustizia  uccide 
non  sieno  che  i  cittadini  di  parteNera  persecutori  deiBianchi  eso- 
stenuti  da  Carlo,  al  quale  1'accusa  di  avarizia  non  si  attaglia  male 
pel  modo  come  in  Firenze  si  diport6.  Questa  interpretazione  non  e 
che  una  congettura,  il  veggiamo :  ma  anche  cosi  si  accorda  meglio 
collastoria,  e  coi  sentimenti  dell' Alighieri. 

Finalmente  tra  le  poesie  stampate  sotto  il  nome  di  Dante  dobbia- 
mo  mentovare  due,  non  riprodotte  dal  Fraticelli,  probabilmente  per- 
che  il  modo  della  loro  pubblicazione  nonle  fece  giugnere  alia  sua 
notizia.  La  prima  si  6  una  Canzone  pubblicata  in  Roma  nel  1833 
coi  tipi  del  Salviucci  da  Sante  Pieralisi,  Bibliotecario  della  Barbe- 
riniana,  in  piccolo  numero  d'  esemplari :  la  quale  comincia 

Virtii  che  '1  Ciel  moyesti  a  si  bel  punto, 
Che  pianeta  ne  stelle  non  avesse 
A  dar  difetto,  ma  compito  bene;  ecc. 

La  seconda  e  il  Sonetto 

Chi  vuol  star  sano  osservi  questa  norma, 
Non  mangiar  senza  voglia,  e  cena  breve  ecc. 

pubblicato  nell' Imparziale  di  Faenza  (anno  HI,Distr.  XXIV,  N.  95, 
pag.  186)  dal  ch.  sig.  Cav.  Salvatore  Betti.  Quantunque  1'opinione 
dei  due  editori  di  questi  due  componimenti  si  dichiari  per  la  loro 


DELLA  STAMPA  1TALIANA  581 

legittimita,  nondimeno  lascia  alcun  dubbio  nell'  animo  del  lettorc 
nell'una  qualche  difetto  di  slile,  nell'  altro  la  natura  dell'  argornen- 
to.  Ad  altri  la  decisione.  Essi  per6  non  sono  da  meno  di  quelle  poe- 
sie  apocrife  assegnate  al  nostro  sommo  poeta,  e  riportate  tutte  dal 
Fraticelli. 

Questi  nei,  piccioli  di  numero  e  di  gravita,  e  alcun  altro  ancora 
che  i  piu  versati  di  noi  in  tali  studii  vi  potessero  scorgere,  nulla  tol- 
gono  all'  importanza  grandissima  del  libro,  o  al  merito  del  suo  edi- 
tore.  II  libro  e  veramente  la  piu  compiuta,  la  piu  corretta,  la  piu 
illustrata  raccolta  delle  Opere  Minori  di  Dante:  e  1' editors  il  piu 
assennato,  e  il  piu  erudito  dei  suoi  chiosatori.  Laonde  noi  di  molto 
buon  grado  ci  congiugniamo  a  quei  valenti  e  numerosi  lelterati ,  i 
quali  desiderano  di  vedere  quanto  prima  mantenuta  dal  Fraticelli 
la  bella  promessa  gia  fatta  di  pubblicare  la  Divina  Commedia  cor- 
retta ed  annotata  con  altrettanta  diligenza  ed  assennatezza. 


II. 


Roma  eLondra,  Confronts  del  Sac.  GIACOMO  MARGOTTI  Dott.  in  Teo- 
logia,  Depulalo  al  Parlamenlo  Sardo  ecc,  un  vol.  di  pagg.  620 
—  Torino,  tip.  Fory  e  Dalmazzo  1858. 

Gl'  improvvidi  encomiatori  sogliono  talora  riuscire  pii  pregiudi- 
zievoli  dei  censori  severi,  non  tanto  perl'orgoglio  chefomentano  nei 
lodati,  quanto  per  gli  esami  e  per  le  ricerche,  a  cui  danno  occasione, 
e  le  quali  possono  riuscire  ad  un  effettoal  tutto  contrario  al  mira- 
to  da  loro.  Questoci  sembra  essere  stato  il  caso  dell'  Inghilterra  in 
questi  ultimi  anni,  intorno  alia  quale  e  incredibile  quanto  siano  sta- 
ti  esorbitanti  e  sperticati  gli  encomii,  messi  in  voga  da  una  genera- 
zione  di  uomini,  che  non  sa  levarsi  di  un  dito  sopra  la  sfera  delle 
cose  material!.  E  fin  che  leammirazioni  si  circoscrivevano  all'ordi- 
namento  civile  edalla  macchina  governativa,  si  potea  mandar  buona 
quella  predilezione  imparata  dal  Montesquieu ;  quantunque  era  con- 
siglio  insano  volere  applicare  a  tutti  i  paesi  del  mondo  quegli  ordini, 
che  provano  in  Inghilterra,  appunto  perche  ha  ivi  tradizioni,  abi- 


RITISTA 

tudini ,  insole  e  qualita  sinc^olari  a  lei  sola.  Mala  cosa  ando  hene 
pita  innanzi :  e  quei  Vinoe-nzo  Gioberti  rhe  avea  concesso  all'  Italia 
un  Primato  morale  e  civile  ipoteti.'o,  cioe  quando  la  si  fosse  raffaz- 
zonata  alia  maniera  che  ogli  proponeva;  eg!i  med^simo  lo  attribui- 
va  pienissimo  all'  Inghilterra ,  forse  perche  in  lei  si  erano  gia  at- 
tuate  quelle  parti ,  che  a  lui  parevano  acchiudere  la  rigenerazione 
d' Italia.  Per  lui  T  Inghilterra  e  un  vivo  esempio  di  quella  onnipo- 
tenza  sociale  che  la  civilta  malura  porgs  ai  popoli  ed  ai  loro  capi  ; 
ed  essa  ha  fatto  quei  prodigi  che  allre  volte  erano  difficili  per  fin  o  ad 
immaginare;  in  lei  solamente  mantenersi  in  onore  la  umana  natu- 
ra  * :  e  perche  si  capisse  bene  in  che  senso  egli  avea  asserito  il  Pri- 
mato ipotetico  della  Italia,  non  dubita  di  pronunziare  che  1'  Inghil- 
terra occupa  oggi  il  primo  luogo  nella  gerarchia  polilica  delle  na- 
zi'om,  e  Vrialia  T  ultimo  2.  E  da  tutto  il  contesto  apparisce  che  la 
preminenza  politica  si  trae  seco  ancora  la  civile. 

E  se  si  trattas^e  di  una  semplice  gara  di  preminenza  tra  una  na- 
zione  ed  un'altra,  la  cosa  potrebbe  lasciarsi  passare,  senza  darsene 
molto  pensiero;  non  ci  parendo  che  il  merito  di  un  popolo  abbia 
a  crescere  per  istrombazzarlo  che  altri  faccia  a  voce  ed  in  iscritto. 
Ma  nd  caso  presente  il  paragone  acquistava  rilevanza  bene  altri - 
menti  grave,  che  non  e  il  piato  puerile  di  due  contendenti  intorno 
a  chi  dei  due  abbia  merito  di  entrare  innanzi  all'altro.  Supposto, 
come  altri  voile,  che  la  civilta  sia  frutto  della  religions  e  che  que- 
sta,  governando  i  beni  della  vita,  ne  assicuri  la  perfezione  e  gl'  in- 
crementi  •,  per  poco  non  si  veniva  ad  ammettere  che  criterio  sicuro 
della  vera  religione  e  1'  abbondanza  e  1'eccellenza  di  tutti  quei  be- 
ni che  costituiscono  e  compiono  la  Civilta.  Ammessa  questa  teorica 
e  supposfo  quei  fatto  dell'incedere  che  fa  1'  Inghilterra  alia  testa 
delle  nazioni  civili  e  1'  Italia  alia  coda  ,  era  piccolissimo  il  passo  ad 
una  illazione  inaspettata  per  avventura  ,  ma  non  per  questo  meno 
legittima,  logicamente  parlando.  Dunque  1' Italia  cattolica  ha  tutta 
1'obbligazione  del  suo  scadirnento  civile  al  Cattolicismo  che  profes- 

i  Gcsuita  Moderno  vol.  Ill,  pag.  194- 
2Ib.pag.  103. 


BELLA  STAMPA  1TALIANA  583 

sa  ,  come  per  contrario  T  Inghil  terra  eterodossa  va  debi  trice  di 
quella  sua  grandezza  e  prosperila  civile  all'  essersi  sbarazzata  del 
Cattolicismo  ,  ed  all'  avergli  sostituito  una  Chiesa  nazionale  ,  una 
Chiesa  stabilita  (established  church).  Questa  conseguenza  cosi  cru- 
da  e  recisa  non  la  trasse  il  Gioberti,  che  pel  suo  tempo  la  prudenza 
non  lo  avrebbe  consentito  1;  mapostine  i  fondamenti,  Iasei6  il  pen- 
siero  di  trarla  all'accortezza  dei  leggitori,  e  piu  ancora  allo  zelo  degli 
adepti,  i  quali  non  vennero  meno  al  grande  uopo.  Molti  lo  ban  gia 
fatto  abbastanza  chiaramente,  e  con  piu  franchezza  di  tutti  sembra 
averlo  fatto  certo  Napoleone  Roussel  che,  con  pubbliche  dicerie  in 
Torino  e  con  due  volumi  ivi  medesimo  messi  a  stamp  a,  lia  voluto 
questo  appunto  persuadere  all'Italia,  lei  trovarsi  al  fondo  dell'  av- 
vilimento  e  T  Inghilterra  all'apice  della  grandezza,  percho  essa  non 
die  le  spalle  al  Cattolicismo,  come  daoltre  a  tre  secoli  ha  fatto  que- 
sta  seconda.  Ma  quelli,  a  cui  non  basta  la  fronte  a  sciorinarla  in  ter- 
mini cotanto  espressivi,  si  contentano  a  ribadire Tuna  delle  due  pre- 
messe od  anche  ambedue,  sicuri  cheil  natural  discorso  d'ogni  me- 
diocre intelletto  fara  il  resto.  Perciocclie  ammesso  una  volta  il  prin- 
cipio  che  la  vera  religione  dee  frutta re  grandezza  nazionale  ed  ec- 
cellenza  civile  -,  concesso  il  fatto  che  T  Inghilterra  e  la  piu  grande  e 
piu  civile  nazione,  e  1' Italia  la  piu  lontana  da  quel  doppio  pregio; 
egli  non  sivuol  essere  aquila  d'  ingegno  per  inferirne,  che  in  opera 
di  religione  sul  Tamigi  si  sta  a  cento  tanti  meglio  condizionati  che 
non  sul  Tevere,  Noi  non  diciamo  che  tutti  quelli  i  quali  caldeggiano 
quel  principio  od  asseriscono  questo  fatto  mirino  alia  illazione  che 
ne  traemmo  noi ;  diciarao  si  veramente  che  da  quelle  premesse  e 
inevitabile  questa  illazione,  ed  a  quegl'  Italiani  che  pur  professando 
quelle  premesse  medesime,  vorrebbono  schernirsi  dell'accusa  di  tra- 
dita  fede  cattolica,  si  potrebbe  mandar  buona  la  scusa,  a  patto  che 
concedano  di  zoppicare  nel  discorso. 

Questo  passo  innanzi  ci  abbiamo  voluto  prendere  per  fare  imen- 
dere  ai  nostri  lettori  che  il  libroqui  annunziato  si  stende  assai  piu 

1  Ma  forse  lo  avea  gia  scritto  nella  Filosofia  della  Rivelazione  e  nella  Ri- 
forma  Cattolica  ,  come  noi  mostrammo  nelle  rispeltive  Uiviste  di  quelle  due 
opere,lll  Serie,  Vol.  V,  pag.  337,  600. 


581  RIVISTA. 

largo  di  quello  che  sarebbe  il  sempiice  paragone  di  due  citta,  quan- 

tunque  grand!  e  nominatissime.  Roma  e  Londra  rappresentano  ri- 

spettivamente  due  sistemi  di  civilta,  di  Governo,  di  condizione  so- 

ciale  e  soprattutto  di  religione.  L'  Autore  medesimo  ,  cbe  di  quei 

due  nomi  fece  il  titolo  del  suo  libro,  senti  Tampiezza  e  1'importanza 

del  suo  soggetto,  dicendoci  fmo  dalla  prima  pagina,  che  «  Roma  e 

Londra  richiamano  alia  memoria  due  sistemi,  duedottrineche  coz- 

zano  fra  loro  in  punto  di  religione,    di  morale,  di  politica,  di  eco- 

Domia,  di  civilta.  Roma  e  la  citta  della  fede  ,  la  Sede  dell'  autorita, 

la  fonte  degli  oracoli.  Londra  e  il  paesedeH'indipenderiza,  1'ara  del 

libero  esame,  la  dea  del  Parlamentarismo.  Roma,  la  citta  di  Dio,  il 

Santuario  deirUniverso  ,  chiama  i  popoli ,  in  nome  del  cielo,  al  go- 

dimento  dei  beni  morali,  considerando  come  un  sempiice  accesso- 

rio  i  vantaggi  terreni.  Londra  la  citta  del  mondo,  I1  emporio  del 

comniercio  universale,  invita  le  geriti  a  godere  della  terra  e  sulla 

terra  ,  a  studiare  1'aumerito  di  questi  gaudii,  ad  inebriarsene  come 

se  fossero  rultimo  termine  della  loro  vita.  I  due  concetti  vennero 

espressi  da  due  grandi  poeti,  Dante  e  Byron:   il  primo  dei  quali 

celebrando  Talma  Roma,  definiva  il  luogo  dei  beati  Roma  onde  Cri- 

sto  e  Romano  1 ;  ed  il  secondo  vedeva  in  Londra  una  massa  enorme 

di  maltoni,  di  fumo  e  dinavigli  2  ».  Dalle  quali  parole  e  agevole  1'in- 

tendere  1'ampiezza  e  la  rilevanza  di  un  soggetto  che  in  certa  gui- 

sa  potrebbe  dirsi ,  colla  debita  proporzione,  la  continuazione  ed 

il  ristauramento  della  celebre  obbiezione,  a  cui  rispose  S.  Agosti- 

no  negli  ammirabili  libri  della  Citta  di  Dio.  Allora  come  a'di  nostri 

si  apponeva  al  Cristianesimo  (che  nella  sincera  ed  unica  sua  forma 

e  la  stessa  cosa  che  il  Cattolicismo),  lui  avere  immiseriti  i  popoli  e 

chiamata  sopra  di  Roma  le  ruine  di  che  Attila  1'avea  fatta  desolata 

e  grama;  laddove  Roma  stessa  fiVche  s'era  tenuta  alia  religione  di 

Numa,  era  stata  la  padrona  del  mondo.  Non  altrimenti  ci  dicono  i 

nostri  anglomani:  1  Inghikerra  dalla  sua  separazione  da  Roma  es- 

sere  salita  a  quella  grandezza  ed  a  quella  potenza  cheora  tutti  am- 

1  Purg,  cant.  XXXVII,  v.  102, 

2  Don  JUAN.  A  mighty  mass  of  bricks,  and  smoke,  and  shipping. 


DELIA  STAMPA  ITALIAN4  583 

mirano  e  temono;  laddove  Roma,  e  lo  stesso  dicono  dei  paesi  che 
a  lei  sono  congiunti  per  fede,  dal  Cattolicismo  a  cui  si  attengono  e 
di  cui  quella  e  il  centre,  non'ha  colto,  dalla  fine  del  medio  evo  in- 
sino  a  noi,  che  scadimento  negli  ordini  civili  ed  iudebolimento  nel- 
la  forza  politica  e  sociale. 

Quello  che  rispondesse  S.  Agostino  agli  oppositori  del  suo  tempo 
non  ignorano  i  dotti,  e  potrebbero  i  non  dotti  andarlo  a  vedere 
con  loro  singolare  profitto  in  quell'  opera  forse  la  piu  varia  ,  la  piu 
erudita ,  la  piu  stringente  di  quante  ne  uscirono  (  e  ne  usciron 
tante  )  da  quella  penna  quasi  divina.  Ma  era  pur  necessario  che 
alia  nuova  difficolta  del  nostro  tempo  ,  opiuttosto  alia  nuova  for- 
ma che  1'  antica  difficolta  ha  preso  a'  di  nostri,  si  desse  una  rispo- 
sta  per  cessare  lo  scandolo  dei  pusilli,  e  la  tentazione  di  quegl'  im- 
provvidi  che  vogliono  misurare  le  cose  del  cielocol  re^olo  fallacis- 
simo  della  terra.  E  la  risposta  e  data  in  questo  libro  del  Margotti  ;  ed 
e  data  con  tale  sodezza  di  ragioni  ed  evidenza  di  fatti  edi  cifre,  che 
oggimai  sarebbe  impossibile  una  replica.  Che  se  da  questa  risposta 
si  riversa  sopra  la  parte  non  cattolica  dell' Inghilterra  un  cumulo 
d'infamia,  rispondente  al  cumulo  non  minore  di  sventureche  pesa- 
no  su  quel  popolo  cosi  degno  di  migliori  destini ;  la  co'pa  non  vuol 
recarsene  ne  al  Margotti,  nea  noi,  ne  a  chiunque  altro  ha  fatto  ope- 
ra di  trarre  alPaperto  una  verita  cosi  vergognosa  e  cosi  dolorosa  ai 
nostri  fratelli  separati-,  ma  si  veramente  la  colpa  se  ne  dee  tutta 
recare  a  quegrimprovvidi  encomiatori  che,  mettendo  T  Tnghilterra 
alia  cima  delle  nazioni  civili  perche  separatasi  dal  Cattolicismo,  sono 
riusciti  a  farla  conoscere  alia  coda  e  bene  al  di  sotto  a  rispetto  di 
tutto  quello  che  si  e  comunque  risentito  di  quella  separazione. 

II  concetto  di  questo  libro  puo  restringersi  ai  capi  seguenti.  Cri- 
sto  col  suo  Vangelo  non  ha  mai  promesso  beni  temporali  di  qua- 
lunque  sorta  a  chi  lo  seguitasse,  fossero  uomini  individui  od  anche 
intere  nazioni.  Egli  ha  loro  anzi  dinunziato  il  contrario  colla  parola 
e  coll'esempio  quando  deU'umilta,  della  poverta  (almenodello  spi- 
rito,  della  croce,  deH'annegazione  ha  fatto  loro  altrettanti  doveri; 
e  se  egli  avesse  promessa  ed  assicurata  ai  suoi  seguaci  la  beati- 
tudine  in  questo  mondo  e  nell'  altro,  1'  opera  della  diffusione  del 


586  RI  VISTA 

Cristianesimo  non  saria  stata  quel  gran  miracolo  che  tutti  vi  rieono- 
scono  •,  e  che  fu  opera  miracolosa  appunto,  perehe  i  mortal!  seguita- 
rono  cosi  alacri  e  volenti  una  legge  che  spesso  imponevalo  spoglia- 
mento  effettivo  dei  beni  terrestri,  sempre  ne  voleva  1'affettivo,  e  le 
migliori  promesse  serbava  per  lavitaavvenire.  Questa  dottrina  fon- 
damentale  del  Vangelo  fu  reoata  alia  pratica  dalla  Chiesa,  la  qua- 
le  nella  sua  litargia,  benche  preghi  talora  pei  beni  eziandio  mate- 
riali,  non  e  mai  che  esca  dai  limiti  del  neces^ario,  e  il  piu  spesso 
fa  voti  che  i  cuori  cristiani  siano  staccati  clagli  amori  e  dai  godi- 
meiiti  mondani.  Ci6  presupposto,  1'essere  una  nazione  piu  o  meno 
ricca,  piu  o  meno  potente  diarmio  di  politic-he  influenze,  spesso  non 
ha  nulla  che  fare  colla  religione  che  essa  professa;  e  come  dalla 
storia  impariamo  che  quella  preminenza  appartenne  talora  a  nazio- 
ni  cattoliche,  cosi  non  dee  rerar  maraviglia  che  altra  volta  appar- 
tenga  a  naziorii  eterodosse:  altrimenti  i  Musulmani  avrebbon  diritto 
di  recare,  per  la  verita  dell'Alcorano,  questo  argomento  singola- 
rissimo  dei  trionfi  lunghi  ed  amplissimi  riportati  dalle  armi  del  lo- 
ro  Maometto. 

Vero  e  che,  ordinato  bene  I'uomo  individuo  e  sociale  riguardo  ai 
beni  celesti ,  se  ne  deve  trovare  eziandio  bene  riguardo  ai  terreni  ^ 
ma  questo  dai  Vangelo  si  considera  come  una  conseguenza  indiret- 
ta  e  staremo  per  dire  secondaria,  conforme  a  quella  parola  del  Re- 
dentore  :  quaerile  primum  regnum  Dei  et  iustitiam  eius  et  haec 
omnia  adiicienlur  vobis.  *.  Dove  si  scorge  aperto  che  Yhaec  omnia 
(evuol  dire  quanto  e  necessario  alia  vita  sensibile)  non  e  che  una 
giunta  al  Regno  di  Dio  ed  alia  sua  giustizia  cercata  direttamente 
e  di  tutta  la  volonta.  Anzi  quella  promessa  medesima  neppure  e 
incondizionata  ed  infallibile:  essendo  manifesto  che  la  poverta,  gli 
stenti ,  le  calunnie,  le  persecuzioni ,  dinunziate  da  Gristo  ai  suoi 
servi ,  suppongono  bene  che  in  molti  casi  possa  la  persona  cerca- 
re  regnum  Dei  et  iustiiiam  eius,  e  nondimeno  mancare  o  in  tutto  o 
in  parte  dell'  haec  omnia.  Ma  quando  pure  si  hanno  ,  essi  beni  tro- 
yaijsi  in  condizione  al  tutto  diversa  in  una  nazione  cristiana  (e  re- 

1  MVTTH.  VI,  33. 


BELLA.  STAMPA  1TALIANA  587 

sUingiamoci  a  parlar  di  questo  che  e  I'oggelto  precipuo  del  libro), 
ed  in  una  nazione  pagana.  Ed  e  lanto  rilevante  una  cosiflatta  difie- 
reriza  ,  che  in  essa  potrebbe  dirsi  dimorare  tutta  1'  irifmita  distanza 
che  dispaia  in  opera  di  civilta  le  nazioni  cristiane  da  qut-lle  che  non 
sono  ;  della  quale  differenza  quest!  putrebbero  nuverarsi  come  capi 
precipui.  I.  Per  una  nazione  pagana  o  paganeggianle  la  ricchezza , 
il  rinomo,  la  potenza  militare  e  politica  si  cereano  come  fine  ultimo, 
come  e  fine  ultimo  per  Tuomo,  secoiulo  lei,  il  godimento  de'beni  ter- 
restri;  laddove  una  nazione  cristiana  li  considera  come  mezzi  a  beni 
piu  alti  dell'altra  vita.  II.  Di  qui  per  la  prima  la  ricercadi  quei  beni 
e senza  alcunamisura,  enel  rigore  dclla  parolaesmisurafa,  e  senza 
alcuna  dipendenza  dalla  qualila  dei  mezzi,  i  quali  tutti  sono  buoni 
quando  rispondono  al  fine  ultimo  cbe  governa  ogni  cosa  $  laddove 
per  la  seconda  la  misura  dei  beni  uinani  resta  essenzialrnente  tem- 
perata  dal  fine  e  dai  mezzi  secondarii,  che  anciressi  debbono  essere 
governati  da  un  fine  superiore.  III.  Secondo  la  qual  nor  ma  i  beni 
morali  di  un  popolo  andranno  sempre  innanzi  ai  materiali,  siccome 
quelli  che  riguardano  Tuomo  secondo  la  miglior  parte  di  se  e  deb- 
bono essere  la  regola  di  tutti  gli  aUri,  come  anco  il  merito  e  1'appa- 
recchio della  vita  ultramondiale.  IV.  Nello  stessogodimentodei  beni 
sensibili  la  temperanza  permette  e  la  carita  vuole  che  partecipino 
quantopiupuossi  di  umane  creature;  equindi  nelle  nazioni  cristiane 
sonocomunemente  sconosciute  quelle  immaai  e  scandalosedistanze 
tra  iunumerevoli  turbe  di  divoratida  perpetue  indigenze,  e  pochis- 
simi  che  marciscono  in  una  opulenza  sibaritica  che  crea  sempre 
nuovi  bisogni  per  usare  una  ricchezza  sfondolata  che  altrimenti  re- 
sterebbercome  resta  in  gran  parte,  senza  utilita  e  senza  scopo. 

Giudicando  con  queste  norme  Roma  e  Londra  ,  e  coi  confront! 
perpetui  che  il  Margotti  viene  conducendo  pei  trentaquaM.ro  capi  , 
in  che  e  partita  tutta  la  sua  opera ,  se  ne  coglie  per  ultima  conclu- 
sione,  Londra  rappresentarci  una  civiUa  strettamente  pagana  ,  e- 
semplata  sopra  quello  che  fu  1'anticaRoma  nel  tempo  singolar- 
mente  delsuolmpero-,  eRomamoderna  renderci  immaginedi  quello 
che  sa  fare  e  pu6  fare  la  civilta  cristiana  in  vantaggio  di  popoli  che, 
aspettandosi  ad  una  vita  migliore,  hanno  pure  uopo  dei  beni  di  que- 


588  RIVISTA 

sta.  Concedete  adunque  scnza  paura  airinghiHerra  1'avere  in  Londra 
la  metropoli  piu  vasta,  piu  popolosa,  coi  piu  enormi  serbatoi  di  mo- 
neta  e  di  mercatanzie  ,  che  si  conosca  solto  le  stell^  •,  concedete  al 
suo  Governo  1'abilita  maravigliosa  di  trar  profitto  da  tutti  gli  scon- 
volgimenti  europei,  ed  il  privilegio  burbanzoso  di  far  rispettare  il 
nuovo  civem  romanum  dai  piu  e  dai  meno  forti,  cominciando  dal  Mo- 
nitore  parigino  e  terminando  ad  un  povero  marito,  obbligato  dal  suo 
piccolo  Governo  a  far  le  scuse  al  gentleman  delle  parole  un  po'  stiz- 
zosette  dettegli  dalla  moglie  -,  concedetele  lo  stendere  lo  scettro  so- 
pra  nazioni  longinque,  e  mandarvi  a  reggerlei  suoi  proconsoli  ed  a 
conquiderle  le  sue  legion i.  Con  tutto  codesto  voi  non  le  avrete  dato 
che  una  piccola  parte  di  quello  cbe  era  1'  antica  Pioma  :  grandezza 
cioe  e  potenza  strettamenle  pagana.  Ma  quanto  a  beni  morali  di 
menle  e  di  cuore,  come  se  ne  debbon  trovare  in  un  popolo  cbe  ab- 
biacolturacristiana;  quanto  a  sufficienza  di  beni  eziandio  material! 
partecipati  in  temperata  misura  dal  maggior  numero  possibile  di 
umane  creature;  oh!  di  codesto  non  conviene  neppure  parlare  per 
rispetto  a  Londra  ;  ed  essa  che  vi  abbarbaglia  lo  sguardo  coi  suoi 
mucchi  di  ghinee  e  col  suo  innumerevole  navilio,  essa  mal  riesce  a 
coprire  quelle  piaghe  cangrenose  di  scostumatezza  che  vince  ogni 
concetto,  di  stupida  ignoranza  e  di  pauperismo  schifoso,  che  erano 
la  vergogna  ed  il  flagello  di  Roma  antica  ed,  assicuratevi,  non  sono 
Tonore  nfe  il  conforto  di  Londra  moderna.  Per  trovar  quei  beni  pria 
di  tutto  morali  d'istruzione  e  buon  costume  abbastanza  universale  , 
e  maleriali  accomunati  a  tutto  un  popolo  ,  si  che  il  mancarne  si 
possa  considerare  come  una  vera  eccezione-,  per  trovar  questo ,  di- 
ciamo,  bisogna  volgersi  alle  nazioni  cattoliche  ed  a  Roma  segna- 
tamente  che  n'e  il  centro  e  la  metropoli  spirituale. 

Affrettiamoci  ad  aggiungere  che  il  Margotti  non  fu  cosi  preso  del 
suo  soggetto,  che  non  vedesse  moke  parti  buone  trovarsi  in  Londra, 
come  molte  cose  imperfettesi  trovano  nella  stessa  Roma.  Egli  spen- 
de  un  intero  capitolo  che  e  il  terzo  a  mostrare,  come  Tutto  do  che  e 
in  Londra  nou  e  pagano,  ne  tutto  do  che  e  in  Roma  e  cattolico.  Ed 
e  b*illo,  e  veramente  consolante  il  vedere  come,  ad  onta  delle  vec- 
chie  persecuzioni  e  delle  moderne  difficolta,  tante  buone  istituzioni 


DELLA  STAMPA  1TAL1ANA  589 

siano  in  piedi  in  quella,  cui  molli  Inglesi  medesimi  si  piacciono  a 
chiamare  nuova  Babilonia.  Ma  questo  lungi  dallo  infermare  1'as- 
sunto  del  Margotti  lo  conform  a,  in  quanto  egli  colla  evidenza  del 
fatti  vi  mostra  che  quanto  vi  ha  di  veracemente  buono  inlnghilter- 
ra  ed  in  particolar  modo  in  Londra,  tutto  e  o  reliquia  di  un  Catto- 
licisrno,  non  potuto  spegnere  in  ogni  sua  parte,  ovveramente  e  ef- 
fetto  del  Cattolicismo  medesimo  operante  in  mezzo  a  contrade,  che 
a  lui  si  mostrarono  cost  sconoscenti.  Cominciate  dalla  Magna  Carta 
di  Giovanni  Senzaterra,  la  quale  e  il  fondamento  delle  liberta  ingle- 
si,  e  terminate  colla  predicazione  del  Cappuccino  P.  Matthew,  che 
in  un  popolo  di  hevoni  raccoglie  a  migliaia  quei  che  giurano  tem- 
peranza  -,  quanto  ci  ha  di  grande  e  moralmente  salutare  in  codesti 
oltre  a  sei  secoli,  tutto  e  opera  della  Chiesa  cattolica.  Laddove  se  in 
Roma  vi  e  alcuna  parte  men  buona,  se  ve  ne  e  alcuna  anche  catti- 
va,  essa  e  effetto  di  quello  spirito  semipagano  che  da  uomini  scre- 
denti  ed  empii  vi  si  e  voluto  mantener  vivo  in  ogni  tempo,  dai  gior- 
ni  di  Arnaldo  da  Brescia  fino  alia  Repubblica  una ,  indivisibile  ed 
eterna  che  fini  nel  1849. 

Quello  pero  che  rende  di  somma  rilevanza  questo  lavoro  del  De- 
putato  subalpino,  e  rendera  impossibile  il  dargli  una  replica  e  la  dovi- 
zia  di  fatti  autentici  e  di  dati  statistic!,  ondeadogni  passo  1'A.  vien 
confortando  i  suoi  confront! ;  ed  a  noi  e  stato  oggetto  di  ammirazio- 
ne  1  averne  esso  potuto,  ed  in  poco  tempo,  raccogliere  in  cosi  gran 
numero,  che  non  conosciamo  altra  opera  che  ne  sia  meglio  provvi- 
sta.  Ora  quando  la  quistione  si  e  ridotta  a  paragone  di  cifre  ,  e  di 
cifre,  riolaie  behe,  fornite  dalle  parti  medesime  interessate,  che  vor- 
reste  voi  replicare  alle  conseguenze  che  da  quelle  immediatamente 
derivano?  0  vorremmo  per  avventura  mettere  in  duhbio  che  ottanta 
esempligrazia  sia  qualohe  cosa  piu  di  otto,  e  che  il  zero  sia  meno  di 
venti?  Or  questo  caso  ricorre  ad  ogni  passo  nei  Confronti  tra  Roma 
e  Londra,  e  cio  sempre  colla  medesima  conseguenza  che  quanto  a 
beni  morali  e  materiali  \\veropopolo,  cioe  la  rnoltitudine,  sta  senza 
paragone  meglio  sul  Tevere  che  sul  Tamigi;  che  quanto  ad  eserciti 
apparecchiati,  a  navilii  compiuti,  a  vendette  prese,  a.regoli  spodesta- 
ti,  a  soddisfazioni  imposte  eziandio  ai  potent!  che  dovetter  cedere 


590  RIVISTA 

piu  alle  artiche.alle  armi,  in  tutto  codi  sto  non  si  puo  neppure  isti- 
tuire  tra  Roma  e  Londra  Jl  paragone,  in  quanto  la  prima  vi  reca 
semplicemente  zero,  perche  non  e  questa  la  sua  missione  in  questo 
mondo.  Ma  quanto  ai  beni  morali  ed  ai  materiuli  possibilmente  dif- 
fusi,  e  appena  credibile  la  sproporzione  cbe  si  osserva  dal  semplice 
paragone  delle  cifre.  Cost,  esempligrazia,  in  Londra  furono  in  13 
anni  arrestati  per  ubbriachezza  249,000  uomini  e  183,911  donne: 
in  tulto  432,921  *  ;  in  Roma  non  ne  contereste  un  centesimo  in 
tredici  secoli.  Ivi  dicono  i  rapporti  ufficiali  che  sopra  3000  fanriulli 
se  rie  trovano  1588  senza  la  piu  picco.Ja.  idea  di  religione  2;  in  Ro- 
ma e  malagevole  trovarne  uno  che  non  sappia  abbastanza  bene  il 
Cutechismo.  In  Londra  sono  non  meno  di  307, COO  i  poveri  die 
stanno  a  pubblico  carico  ,  cioe  1'ottava  parte  della  popolazione,  in 
Roma  sono  2012,  cioe  I'ottantesima  3.  Qui  sopra  ogni  38  abitanti 
vi  e  presto  un  letto  per  un  povero  infermo,  cola  ne  e  uno  per  ogni 
434  abitanti  4.  E  quale  citta  potrebbe  decbinarsi  al  paragone  con 
quella  cbe  conta  80  mi!a  femmine  di  mala  vita?  Prolungate  questo 
paragone  per  tutte  le  appartenenze  della  vita  pubblica,  e  ci  si  dica 
a  cui  potra  bastare  quinci  appresso  la  fronte  di  fare  i  panegirici  di 
Londra  e  le  nenie  di  Roma. 

Ma  troppe  cose  vi  surebbero  a  dire  per  fare  intendere  la  rilevanza 
di  questo  libro  col  qualeil  Margotti  ba  reso  un  insigne  servizio,  non 
diciamo  tanto  a  Roma,  quanto  alia  cattolica.  Civilta,  dileguando  un 
prestigio  cbe  a  molti  potrebb'  essere  occasione  di  scandalo.  Piut- 
tosto  cbe  da  nostre  rassegne  lo  intendera  meglio  il  lettore  scorrendo 
coll'occbio  i  titoli  dei  capi,  in  cui  e  diviso  il  libro.  Eccoli  dunque, 
ed  essi  porranno  fine  a  questa  Rivista  ,  mostrando  alia  stess'  ora  di 
quanta  utilita  e  vorremmo  ancbe  aggiungere  di  quanto  diletto  pud 
tornare  la  lettura  di  un  libro  cosi  copioso  di  fatti  moltiplici  e  sva- 
riatissimi. 

\  Pag.  428.  Da  inchieste  ufficiali. 

2  Report  del  sig.  Jufrell  pag.  63. 

3  La  cifra  e  pel  1854  nel  Rapporto  al  Parlamento.  Quella  di  Roma  e  dalla 
Statistica  ufllciale  pag.  319. 

4  Pag.  532. 


DELLA  STAMPA  1TALIANA  591 

Dedica  a  Monsig.  Fransoai  Ar ,-iv.  <li  Torino  —  CAP.  I.  Argo- 
gomcnlo  del  preseale  Ubro —  CAP.  II.  Dalle  rassomiglianze  iraLon- 
dra  modcrna  e  Roma  pagana  —  CAP.  III.  Titlto  do  che  6  in  Londra 
non  e  pagano,  ne  lullocio  che  e  in  Roma  e  cattoltio  — CAP.  IV.  Delle 
anllche  relazioni  tra  Roma  e  Londra  e  delle  presend  inimidzie  — 
CAP.  V.  Se  Londra  separandosi  da  Roma  abbia  guadagnato  in  civil- 
la  —  CAP.  VI.  Condizione  intelletluale  del  popolo  in  Roma  e  in 
Londra  — CAP.  VII  II  Papa  e  la  PitpMsi.,  os&ia  la  religions  di  Ro- 
ma e  la  religions  di  Londra  —  CAP.  VIII.  La  basilica  di  S.  Pictro 
e  la  cattedrale  di  S.  Paolo,  o.ssia  h  chiese  di  Roma  e  le  chiese  di 
Londra  —  CAP.  IX.  Del  clero  ang^icano  di  Londra, -e  del  clero 
cattolico  di  Roma.  —  CAP.  X.  Gli  oralori  di  Londra  e  i  pre- 
dicatori  di  Roma  —  CAP.  XI.  Laierano  e  Westminster,  os«ia  i 
concilii  di  Roma  e  i  congressi  di  Londra  —  CAP.  XII.  DelT  unila 
cattolica  in  jRoma,  e  della  moltiplicitd  delle  seile  in  Londra  —  CAP. 
XIII.  Londra  romana,  os.<m  delle  nresenti  condizionidelCattnlic'smo 
in  Inghillerra  —  CAP.  XIV.  Delle  cause  che  promuovono  in  Londra 
itrionfi  di  Roma  —  CAP.  XV.  Degli  ostacoli  che  si  frappongono  a 
maggiori  trionfi  di  Roma  in  Londra  —  CAP.  XVI.  Lasociela  biblica, 
di  Londra  e  la  propaganda  di  Roma  —  CAP.  XVII.  La  bibliotcea 
Vaticana  in  Roma  e  la  biblioteca  del  Musco  Britannico  in  Londra 
—  CAP.  XVIII.  II  Times  e  la  Civilta  CattoUca,  ossia  il  giornalismo 
in  Roma  ed  in  Londra  —  CAP.  XIX.  Roma  e  Londra  considerate 
rispetto  alle  belle  arti — CAP.  XX.  Le  glorie  di  Roma'cattolica  nel 
palazzo  di  cristallo  eall'esposizione  di  Manchester —  CAP.  XXI.  La 
moralila  in  Roma  ed  in  Londra  —  CAP.  XXII.  La  polizia  e  i  ladri 
in  Roma  e  in  Londra  —  CAP.  XXIfl.  D'twa  nuova  specie  di  ladri 
che  trovansi  in  Londra  e  non  in  Roma  — CAP.  XXIV.  Delia  costu- 
matezza  in  Roma  ed  in  Londra  — CAP.  XXV.  L ubbriachezza  e  il 
suiddio  in  Roma  ed  in  Londra  —  CAP.  XXVI.  La  famiglia  in  Ro- 
ma ed  in  Londra  —  CAP.  XX VII.  L' amministrazione  della  giuslizia 
in  Roma  ed  in  Londra  —  CAP.  XXVIII,  Le  prigioni  di  Roma  c  di 
Londra.  — CAP.  XXIX.  La  casa  del  santo  Officio  a  Roma  e  la  iorre 
di  Londra  —  CAP.  XXX.  La  poverta  di  Roma  e  la  miseria  di  Lon- 
dra —  CAP.  XXXI.  La  carita  callolica  di  Roma  e  la  carita  legate  di 


392  RIVISTA 

Londra  —  CAP.  XXXII.  II  Re  ed  il  popolo  in  Roma  ed  in  Londra  — 
CAP.  XXXIII.  Del?  azione  esterna  di  Roma  e  di  Londra  —  CAP. 
XXXIV  ed  ultimo.  Delia  caducita  di  Londra,  e  delTeternita  di  Roma. 
—  Documenti  e  schiarimenli. 


III. 


Giulia  Francardi,  Hfemorie  di  GIUSEPPE  BIANCHETTI,  quarta  edizwne 
riveduta  dalV  Autore  coir  aggiunta  di  un  proemio  e  di  due  fram- 
menti,  lacopo  e  Maria  ,  dell"  autore  stesso.  —  Firenze  Felice  Le 
Monnier  1856. 

II  nome  di  Giuseppe  Bianchetti  e  noto  agl'  Italiani  per  molte 
scritture  pubblicate  nel  corso  degli  ultimi  sette  lustri,  dove  son  rnol- 
to  da  lodare  gli  utili  argomenti  ,  i  nobili  concetti ,  e  lo  stile  ele- 
gante. Al  certo  non  tutte  le  idee  da  lui  propugnate  consuonano 
colle  nostre  :  siccome  non  tutte  del  paro  si  accorderanno  coi  senti- 
menti  di  chi  nutre  pensieri  contrarii  ai  nostri.  Un  libro  nondime- 
no  ,  nel  quale  questa  contrarieta  e  leggerissima  ,  e  per  lo  appun- 
to  il  racconto  della  Giulia  Francardi  che  per  la  quarta  volta  vedc 
la  luce  fra  noi  dal  1826  in  qua.  Esso  adunque  non  e  libro  nuovo 
per  la  lettura  ne  per  le  lodi  e  le  censure.  Le  sue  vicende  sono 
narrate  in  uno  dei  proemii  stampati  innanzi  al  libro  ;  ed  in  esso 
il  pro  ed  it  contra  viene  esposto  con  bel  garbo  dall'  Autore  me- 
desimo.  Noi  adunque  siamo  al  tutto  dispensati  di  ripetere  le  di- 
fese  e  le  accuse  gia  fattesi  innanzi ;  perche  non  vogliamo  alzarci  a 
giudici  fra  le  parti  che  contendono  ,  ne  fa  d'  uopo  aggiugnerci  co- 
me seguaci  all'una  d'esse  quando  niuno  interesse  morale  ci  obbliga 
a  questa  dichiarazione.  Molto  piu  che  il  valore  conosciutissimo  di 
quelli  che  giudicarono  queste  Memorie  semplici  per  la  condotta , 
evidenti  per  le  descrizioni  e  dilicate  per  la  grazia  degli  ornamenti- 
fu  ed  e  largo  compenso  all'  Autore  di  esse  delle  fatiche  che  lunga- 
mente  vi  spese  intorno.  Quello  che  importa  principalmentc  a  noi 
si  e  lo  scopo  morale  propostosi  dall'  Autore ,  e  le  pratiche  regole 
dell'  educazione  distese  nello  syolgimento  del  racconto. 


BELLA  STAMPA  ITALIANA 

L'  intendimento  dell'  Autore  fu  da  lui  esposto  nel  proemio  della 
prima  edizione,  dicendo  che  egli  si  prefiggeva  di  scrivere  alcuni 
pensieri  intorno  alia  virtu  domestica,  cio6  intorno  al  modo  di  rego- 
lare  le  passioni  che  conturbano  maggiormente  la  quiete  della  fa- 
miglia,  intorno  all' educazione  dei  figliuoli,  alia  santita  del  matri- 
monio,  ed  in  breve  intorno  alle  cose  priricipali  che  compongono  il 
governo  di  una  casa.  Or  tuttocio  adempiefedelmente  col  delineare 
che  fece  la  vita  della  Giulia.  Essa  ci  presenta  in  s&  sola  congiunte 
molte  delle  circostanze,  in  che  soglionsi  trovare  la  piu  parte  delle 
giovinette  nel  grembo  delle  loro  famiglie.  Educata  con  gelosa  ma 
savia  amorevolezza  dai  suoi  gcnitori  concepi  innocente  amore  pel 
primo  giovane,  cui  gli  proferse  la  solitudine  della  vita  ritirata  della 
campagna.  Pietro,  tal  era  il  norne  del  giovane,  non  fu  dai  genitori  di 
lei  ammesso  alia  speranza  delle  nozze  ,  per  la  mala  vita  che  avea 
menato  innanzi  ;  e  in  quella  vece  fu  la  Giulia  impalmata  ad  un 
Odoardo  giovine  costumato,  nobile,  ricco,  temperantissimo.  Se  non 
che  Pietro  dai  di  che  conobbe  la  Giulia  si  cangi6  tutto  d'affezioni  e 
di  costumi  ;  Odoardo  dai  di  che,  divenuto  marito,  fu  padrone  di  so 
trabocco  nelle stravaganze  e  nei  vizii  dalui  prima  non  conosciuti,  e 
giunsead  abbandonare  lasposa  per  seguitar  lontano  chi  volea  spol- 
parlo  infino  all'osso  per  brutto  amor  di  guadagno.  Eccoti  adunque 
la  Giulia  derelitta  dallo  sposo  rotto  ad  ogni  vizio,  e  lentata  dall' a- 
more  d'un  giovane  che  toglieva  da  tale  amore  appunto  stimolo  alia 
virtu.  Questa  lotta  durissima  fra  le  piu  dure  che  possa  sostenere  un 
cuor  sensitive,  era  d.iversarnente  sostenuta  da  Giulia  ,  diversamente 
da  Pietro.  Poiche  in  Pietro  1'amore  puramente  naturale  per  la  virtu 
lo  rimoveva  e  veroda  ogni  fatto  che  valesse  a  macularne  1'esterno- 
splendore  ;  ma  non  gli  correggeva  la  inclinazione  del  cuore,  anzi  con 
sofisme  e  scaltrimenti  glie  la  veniva  scusando.  Giulia  per  lo  cori- 
trario,  guidata  dalla  conoscenza  intima  dei  proprii  doveri  ,  e  molto 
piu  dai  chiari  dettami  della  religione,  se  per  qualche  tempo  sente- 
la  violenza  del  combattimento,  finisce  col  trionfarne  appieno-,  con- 
servando  per  fino  gli  afletti  allo  sposo  mal  degno.  Gosi  adunque  i 
diritti  sacri  del  matrimonio  restano  inviolati  •,  e  chi  legge  trova  in 
Serie  III,  vol.  IX.  38  2i  Febbraro  1858. 


R1VIST.4. 

racconto  dipin^a  al  vivo  una  delle  piu  pericolose  tentazioni 
pel  cuore  di  giovane  sposa ,  il  suo  progresso ,  le  sue  trame  e  1'arte 
finalmcnte  del  vincerla. 

Giulia  fa  ogni  sforzo  per  richiamare  a  se  lo  sposo  traviato:  lo 
invita  con  un  affetto  sinci-rissimo  ,  lo  accoglie  con  allegrezza  ,  lo 
tratta  con  amore,  gli  ridona  la  pace  ,  1' agiatezza,  1'onore  perdu  - 
to ;  il  vede  convertito  ridivenire  all'  innocenza  e  alia  t.^mperanza 
della  prima  eta.  Questo  nuovo  aspetto  dipigne  i  doveri  della  moglie 
con  una  nobilta  che  lascia  soddisfatto  a  pieno  ogni  cuore. 

Ridonato  al  talamo  il  suoonore,  Giulia  ci  si  presenta  qual  madre 
tenerissima  ed  accorta  ,  e  tutta  dedicata  all'  allevamenlo  e  all'cclu- 
cazione  della  sua  barabina,  ed  al  goverrio  della  sua  casa.  In  qnesto 
nuovo  stato  di  Giulia  son  preziosi  gli  avvertiraenti  che  da  il  Bian- 
chetti  sopra  il  miglior  modo  di  educare  1'eta  pargoletta.  Vero  e  phe 
il  governo  della  famiglia  el'  educazione  dei  figliuoli  vengono  lungo 
tutt'esso  il  racconto  dichiarati  da  lui  con  diligenza,  ora  dove  ci  di- 
pigne la  Giulia  fanciulletta,  ora  quando  ci  descrive  la  casa  Fran  ar- 
<li  ela  villa  d  un  vecchioCavaliere  amico  di  Pietro.  Ma  egli  si  fernia 
propriamente  a  darne  precetti  positivi  e  formali  in  questo  ultimo 
tratto  della  vita  di  Giulia.  Nel  che  fare  porge  avvedim*  nti  e  consigli 
di  molta  saviezzae  merrtevoli  d'essere  posti  in  opera  da  tutti  5  gc- 
nitori. 

Da  questi  brevi  indizii  apparisce  come  51  Bianchetti  conseguisse 
riritendimento  voluto  di  cooperare  al  miglioramento  morale  della 
famiglia.  Or  egliavrebbe  ci6  pienamente  conseguito,  se  si  fosse  un 
po'meglio  schernito  dalle  maleinfluenze  che  infestavanol'atmosfe- 
ra  negli  anni  in  che  la  Giuiia  fu  descritta.  Parlare  in  essi  della  san- 
tita  del  matrimonio,  della  potenza  della  religione,  della  vittoria 
delle  passioni,  fu  certamente  opporsi  alia  corrente  che  invadeva 
ogni  cosa:  ed  il  coragg'O  non  manc6  al  Bianchetti  per  farlo.  Sibbe- 
ne  maneogli  la  fortuna  di  non  essere  neanco  scosso  da  quella  cor- 
rente. La  qual  fortuna  se  avesse  egli  avuta,  o  non  avrebbe  descritto 
come  scrissel'addio  di  Pietro  e  di  Giulia,  o  1' avrebbe  biasimato  come 
di  un  passo  dato  incautamente  sovra  I'orlo  d'un  precipizio;  ne  non 
arrebbe  dipinto  il  Don  Emilio  con  quelle  tinte  un  po'  satiriche,  che 


BELLA  STAMPA  ITALIANA 

fanno  parere  il  buon  prete  essere  una  cosa  rara  riella  nostra  Italia, 
e  molto  meno  f  avrebbe  lodato  di  accendersi  all'  amore  del  bene 
colla  lettura  di  tale  libro,  cbe  non  ebbe  coraggio  di  pronunziarne  51 
nome,  quasi  che  mancassero  ad  un  Sacerdote  eloquentissimi  scritto- 
ri  ,  ove  apprendere  virtu,  fra  gl'infiniti  che.rie  annovera  la  Chiesa 
cattolica,  Questi,  e  qualche  altro  somigUanM  a  questi,  sono  gli  avan- 
zi  non  interamente  repudiati  d'un'insegnamento  e  d'una  letteratu- 
ra  miscredente  non  propria  dello  scrittore,  ma  dell' eta  sua;  i  quali 
se  disparissero  dalle  Memorie  da  noi  lodate  le  renderebbero  un  libra 
veramenle  buono  per  promuovere  la  virtu  domestica. 

Dopo  le  Memorie  della  Giulia  trovansi  in  questo  volume  duefram- 
menti  d'un  racconto  intitolato  facopo  e  Maria.  Yolea  il  Biancbetti 
descrivere  le  avventure  della  donna  cbe  avea  sedotto  il  cuore  di 
Odoardo :  ma  non  bastandogli  il  tempo  a  colorire  il  disegno,  che  ne 
avea  concepito,  si  contento  di  publicarne  due  tratti,  il  primo  dei 
quali  descrive  il  ravvedimento,  il  secondo  la  cagione  o  meglio  il  prin- 
cipio  dei  disordini  della  vita  di  lei.  Eppur  cosi  moncbi  come  sono, 
non  solo  contengono  molti  pregi  di  ottima  narrazione,  ma  grande 
ammaestramento  pei  genitori  troppo  facili  ad  affidare  a  cure  altrui 
la  vigilanzadelle  proprie  figliuole.  Quindi  e  veramente  a  dolere  che* 
questo  lavoro  non  abbia  potuto  avere  il  suo  compimento. 


SCIENZE  NATURALI 


i.  (Nostra  Corrispondenza).  11  Piroscafo  Leviatan  —  2.  Disegno  di  ricoslru- 
zione  dell'antico  Porto  Romano  ecc.  —  3.  Tre  Memorie  di  Acustica  del  cli. 
Prof.  Zantedeschi  —  4.  Livello  del  Mar  Caspio  e  del  Mar  Morto  —  5.  Gra- 
nate  fulminanti  del  recente  attentato  di  Parigi  —  6.  Uno  specifico  contro 
1'etisia  polmonare. 

,1.  «  La  costruzione  del  piroscafo  Leviatan  sulle  rive  del  Tamigi  e  senza 
d-ubbio  un  avvenimento  straordinario  nella  storia  dell'Arcliitettura  Kavale , 
giacche  essa  scioglie  tre  problem!  importantissimi  di  questa  scienza ;  cio6 
1 .°  quale  sia  la  forma  piii  acconcia  per  ottenere  la  maggiore  rapidita  pos- 
sibile  nell'  acqua ;  2.°  qual  sia  la  grandezza  di  una  nave  richiesta  per  fare 
col  massimo  proiitto  lunghi  viaggi  sull'Oceano;  3.°  quale  sia  la  costruzione 
navale  in  cui  si  possa  ottenere  la  massima  solidita  con  una  quanlila  defi- 
.nita  di  material!.  Per  ben  50  anni  il  sig.  Scott  Russell ,  celebre  costrut- 
tore  di  navi,  fece  uoa  serie  di  esperienze,  le  quali  condussero  alia  scoperta 
del  Wave  principle,  ossia  principio  delle  onde,  nella  costruzione  dei  basti- 
menti.  Questo  principio  consiste  in  una  certa  somiglianza  fra  le  curve  del- 
la  forma  della  nave  e  quelle  delle  onde ;  per  la  quale  la  nave  incontra  nelle 
acque  la  minima  resistenza  possibile.  II  sig.  Scott  Russell  comunic6  il 
risaltato  delle  sue  ricerche  alia  British  Association  for  the  Advancement 
cf  science,  la  quale  nomin6  una  Giunta  incaricata  di  proseguire  il  lavoro. 
Si  trov6  quindi  esservi  varie  specie  di  onde ,  la  piii  importante  delle  quali 
fu  cbiamata  f  onda  primaria  di  traslazione ,  ed  e  prodotta  da  una  nave  , 
chc  trascorra  le  acque  con  grande  velocita:  se  la  velocita  della  nave  su- 
pera  quella  dell'  onda  ,  la  nave  trascorre  sul  verlice  dell'  onda  con  meno 
resistenza.  Questo  importantissimo  risultato  fa  vedere  chc  aumcntando  la 


SCIENZE  NATURALI  597 

velocila  si  tliminuisce  la  rcsistenza  delle  acque:  mentre  prima  si  credeva 
che  usando  poco  carbone,  e  per  conseguenza  ottenendo  poca  velocita  nel 
movimento  di  un  piroscafo,  si  risparmiasse  Delle  spese  del  viaggio.  Alcune 
compagnie  aveano  bensi  osservato  con  maraviglia  che  al  contrario  facevasi 
risparmio,  aumentando  la  velocita  delle  navi;  ma.ora  la  Giunta  presieduta 
dal  sig.  Scolt  Russell  ha  dimostrato  questo  principio  scientificamente. 

«  Studiando  poi  la  questione  delle  forme  esteriori  delle  navi,  il  sig.  Rus- 
sell trovo  che  la  curva  della  prora  di  una  nave  devc  essere  simile  a  quella 
&e\Yonda  di  traslazione,  eche  la  curva  della  poppa  dee  imitare  Yondasot- 
tentrante  (  Wave  of  replacement).  Questa  maniera  di  costruzione  ha  per 
iscopo  di  diminuire  quanto  epossibile  la  resistenza  dell'  acqua  ;  e  la  riuscita 
di  piii  di  20,000  sperimenti  ha  dimostrato  infatti ,  che  per  ottenere  una 
navigazione  rapida ,  bisogna  che  la  nave  sia  costrutta  sul  modello  delle 
curve  delle  onde  del  mare.  Questo  e  quel  che  chiamasi  il  principio  del- 
le onde. 

«  Lo  studio  fatto  dal  dottore  Scoresby  sopra  le  onde  dell'  Oceano  Atlanti- 
co,  e  le  ricerche  fatte  al  tempo  stesso  dal  sig.  Scott  Russell  condussero  ad 
important.!  risultati,  riguardo  alia  lunghezza  dei  piroscafi.  Lo  Scoresby  os- 
sorv6  che  durante  una  forte  burrasca  1'altezza  delle  onde  e  di  24  a  36  piedi 
inglesi  da  cima  a  fondo,  cioe  12  a  18  piedi  sopra  il  livello  medio  del  mare; 
mentre  in  una  tempesta  essa  giugne  fmo  a  45  piedi.  Egli  osserv6  inollre , 
che  in  un  mare  agitato,  la  distanza  di  due  onde  ossia  1'inlervallo  trai  loro 
vertici  e  di  100  a  150  piedi  inglesi;  che  in  un  mare  moderatamente  gros- 
so ,  lal  distanza  giunge  a  300  piedi ,  e  in  una  tempesta  lino  a  600  piedi ; 
e  che  queste  grandi  onde  hanno  la  velocita  di  30  miglia  1'  ora,  cioe  di  un 
miglio  per  ogni  due  minuti.  Quindi  si  ricava  che  una  nave  della  lunghezza 
di  600  a  700  piedi  poserebbe  sopra  due  ,  tre  ,  o  piii  onde  nel  medesimo 
tempo ,  e  che  non  correrebbe  rischio  di  rompersi  nel  mezzo  col  pro- 
prio  peso. 

«  Questi  sono  i  principii  sui  quali  fu  fondata  1'idea  di  costruire  il  pirosca- 
fo colossale  Leviatan,  del  quale  daro  ora  ai  vostri  lettori  un  breve  cenoo. 
Per  far  conoscere  le  dimensioni  di  questa  nave  basta  paragonarle  a  quelle 
de'  piu  grandi  vascelli  tioora  coslruiti,  e  dire  che  mentre  il  Great  Western 
fabbricato  20  anni  fa  elungo  236  piedi  inglesi,  il  Great  Britain  322,  V  Hi- 
malaya 370  e  il  Persia  390,  la  luoghezza  del  Leviatan  e  di  680  piedi  dalla 
perpendicolare  di  prora  a  quella  di  poppa ,  cioe  692  piedi  sul  ponte.  La 
larghezza  dello  scafo  e  di  83  piedi,  e  di  118  piedi  sopra  le  ruote.  L'  altezza 
dello  scafo  e  di  60  piedi  e  di  70  piedi  fino  alia  cima  dei  baluardi.  11  Levia- 
tan e  tutto  di  ferro :  le  grandi  lamine  di  ferro  che  ne  formano  il  giro  ester- 
no  sono  disegnate  e  curvate  con  somma  delicatezza  sopra  modelli  scienti- 
h'camente  iuventati ;  e  ve  n'ha  di  queste  lamine  oltre  a  10,000,  quasi  tutte. 


598  SCIEISZE  XAIUIULI 

diverse  di  grandezza  e  di  forma  1'  uua  dall'allra,  e  congiunte  insiome  con 
3,009,000  di  chiudi.  Qucslo  lavoro  -giganlesco,  e  veramenle  il  trionfo  del- 
1'arte-del  Matematico  e  del  Fahhro. 

«  L'interno  poi  e  diviso  da  dieci  muraglie  di  ferro  trasversali,  in  modo  che 
uoa  delle  division!  potrebbe  rienipirsi  di  acqua  senza  nuocere  alle  altre  e 
seuza  mettere  in  peilcolo  il  vascello.  Vi  sono  anche  due  mura  ossia  com- 
partiineuti  ferrei  longitudinal!.  II  Leviatan  si  muovera  a  ruote,  ad  dice  e  a 
vele.  La  forza  tulale  delle  inacchiiie  a  vaporeedi  11,500  cavalli;  il  (iiaine- 
tro  delle  ruote  e  di  56  pied!  inglesi.  Vi  sono  sette  alberi  per  le  vele,  costrui- 
ti  di  ferro,  (salvo  uno  a  poppa,  destiuato  a  portare  la  bussola)  e  le  gomone 
e  le  sarte  saranno  di  filo  di  ferro.  II  Leviatan  porta  con  se  dieci  ancore  di 
grandezza  colossale,  due  piroscafi  della  luugbezza  di  100  pied!  iuglesi,  e 
ciascheduno  con  uua  macchina  a  vapore  della  forza  di  16  cavalli,  piii  di 
\enti  altre  bardie  di  diverse  graudezze,  alcune  di  esse  ton  alberi  e  vele. 
Qitanto  ai  viaggiatori,  il  Leviatau  ha  comodissima  stanza  per  800  passeg- 
gieri  di  prima  cla-sse,  2,000  di  seconda,  1,200  di  terza,  cbe  sono  in  tutto 
4,000  passeggieri,  senza  contare  i  400  uomini  della  ciurma.  Dices!,  che  du- 
rante  i  viaggi  si  stainpera  a  bordo  un  giornale  ogni  settimana  colle  notizie 
del  viaggio  e  della  popolazione  di  quella  piccola  citta  galleggiaute.  Tulta  la 
nave  sara  illuminata  a  gas,  il  quale  sara  fatto  a  bordo,  ed  i  segnali  saran- 
no comunicati  dall'uua  eslremita  aU'allra  per  mezzo  del  telegrafo  eletlrico. 
I  viaggiatori  goderanno  sulla  tolda  uua  passeggiata  non  interrotta  di  1/8  di 
miglio. 

«  Quesli  cenni  basteranno  a  dare  ai  voslri  leltori  un' idea  di  questo  gigan- 
tesco  piroscafo,  il  quale,  secondo  i  calcoli  del  celebre  Brunei,  fara  il  viag- 
gio dairiughilterra  alle  ludie  pel  Capo  di  Buona  Speranza  in  33  giornL 
Colla  gran  marea  del  line  di  Geunaio  il  Leviataa  si  trovera  galleggiante  sul 
Tami-a;  ma  gli  sforzi  di  piii  d'un  mese  per  spingerlo  dentro  al  fiume  noa 
sono  bastati  Gnora  a  compierne  il  varamento,  in  cui  si  spesero  ben  30,000 
lire  sterline.  »  4  Fin  qui  il  nostro  Corrispondente  d'Ingbil terra. 

2.  L'egregio  Ingegoere  Vincenzo  Manzini  ha  leste  pubblicato  per  le  stamps 
un  grandioso  ed  elaborato  disegno  2,  per  risolvere  Fantico  e  imporlantis- 

1  Da  notizie  posteriori  abbiamo  infatti  ,  che  il  ol    Gennaio  la  niareu  portu  interamenle    a 
galla  il  Leviataa  ,  c  che  fu  quiiidi  rimorchiato    fino  a  Deptford  ,  dove  si  allcstira  pel  viaggio 
<lell'  Oceano. 

2  Del  Modo  di  restiluire  a  Roma  I'  antico  suo  Porto,  liberarla  dalle  inondazioni  e  dai 
centri  <F  infezione  della  sua  aria,  e  delle  conseguenti   bonification*,  navigazionf  ed  irri- 
yazione  generate  degli  agri  romano  e  pontino,  risguardate  quali  bati  di  pronta   e  sicura 
coloni-zazione  delle  province  meditcrranee  Pontificie.  Progelto   dell' Inyegnere  Vix:i.>zo 
MA\ZIM.  Roma,  Sub.  tipog.  di  Marco  Lorenzo  Aurdi  e  C.°  Piazza   Boryhese;  num.  89. 

Un  Volume  in  -i.°  grande  di  pag.  92  con  una  gran  carta  illustrativa. 


SCIENZE  NATURALI  599 

simo  problema  di  sanare,rinnrire  e  eolonizzare  tutta  la  maremma  romana; 
problema  che  il  Sommo  Pontefice  fel.  regnante,  ha  di  nuovo  proposto  al- 
riiidagine  dei  doUi.  Nui,  lasciando  ai  periti  il  giudicare  della  parte  tecnica 
<li  queslo  insigiie  lavor-o,  riputiamo  pregio  dell' opera  il  darneai  nostri  let- 
ton  11  ii  breve  ragguaglio,  mentre  facciam  plauso  al  Manzini  del  suo  nobile 
pensiero  c  dei  profondi  sludii  da  lui  posti  a  maturarlo. 

Due  sono  le  parti  principal}  che  abbraccia  qnesto  disegno,  riaprire  cioe 
alle  foci  del  Tevere  I'antico  Porto  Romano  e  risanare  1'agro  pontino;  am- 
bedue  connesse  intimamente  fra  loro  e  necessarie,  second©  1'Autore,  a  dare 
ima  compiutasoluzione  al  quesito  proposto.  Quanta  alia  prima:  dei  tre  porti 
die  ebbe  in  aatiqo  Roma  imperiale,  cioe  quel  di  Anzio  a  Levante,  quel  di 
Centumcelle  a  Ponente,  e  fra  essi  due  quel  di  Qstia  in  sulle  foci  del  Tevere, 
pare  ginstamenle  all'Autore  che  quest' ultimo,  come  il  piii  opportuno,  fosse 
e  ancora  siail  piu  degno  di  formare  la  vera  porta  di  mare  della  capitate  del 
mondo.  A  renderglil'anticosplendore  non  altro  si  richiede,  che  ricoslruirlo 
a  mi  dipresso  quale  fu  sotto  gl'lmperatori.  Glauclio,  che  lo  decret6  neU'anno 
43  dell'era  cristiana,  lo  aperse,  scavando  a  lato  della  bocca  tiberinaun  va- 
sto  bacino  dentro  terra  e  introducendovi  il  mare.  Quindi  gett6  nel  mare 
stesso  due  grandi  aggeri,  che  ne  chkulessero  il  scno,  e  in  sulla  bocca  di 
questo  affondando  la  gran  nave  che  avea  trasportato  a  Roma T  obelisco  va- 
ticano,  se  ne  servi  di  base  all'isola  che  fabbric6  per  antiguardo  del  porlo 
e  dal  mezzo  della  quale  sorgeva  il  gigantesco  faro  ,  imitato  da  quel  di  Ales- 
sandria. I  trenta  mila  operai  occupati  a  ci6  negli  undid  anni  che  gli  resta- 
vaiio  di  vita  nou  baslarono  a  Glaudio  per  veder  compiuta  1'opera!  Questa  fu 
termmata  e  inaugurata  daNerone,  il  quale  non  pago  di  tanto,  voile  anche 
in  Anzio  sua  patria  costruire  un  altro  sontuoso  porto,  da  lui  chiamato  Ne- 
roniano.  Traiano  aggiunse  poi  al  Porto  Ostiense  ossia  Romano  nuove  e  gran- 
diose opere  che  lo  recarono  al  colmo  del  suo  splendore.  Scav6  dentro  terra 
la  Darsena  Traiana,  equivalente  per  ampiezza  a  un  secondo  porto,  comuni- 
caute  col  primo  per  un  largo  canale;  di  iiaiico  al  porto  condusse.la  Fossa 
Truiaua,  ora  Ganaledi  Fiumicino,  e  per  mezzo  di  un  canale  trasverso  messa- 
la  in  comnnicazione  colla  sua  Darsena,  congiunse  le  acque  del  Tevere  a 
qneile  del  porto  interno,  di  modo  che  le  navi  potessero  da  questo  continua- 
re  direttamente  la  viasu  pel  fitime  insino  a  Roma;  ed  alia  bocca  di  questo 
canale  trasverso  piant6  robuste  porte  contro  gl'interrimenti.  alle  quali  porte 
€<dovuta  la  conservazione  del  porto  per  oltre  a  15  secoli ,  come  dalla  loro 
dislruzione  dee  ripetersi  la  perdita  del  porto  e  ilcosi  rapido  e  sempre  cre- 
scente  protendiinento  della  spiugyia  di  Fiumiciuo, 

II  disegno  adunque  del  ..Manzini  propone  in  primo  luogo  di  scavare  un 
Bacino,  da  lui  chiamato  Bacino  Pio,  al  modo  stesso  che  Claudio  scav6  il  suo 
Porto ;  poi  riaprire  ed  espurgare  il  Porto  di  Glaudio  e  la  Darsena  Traiana, 


600  SCIENZE  SATURALI 

ora  Lago  di  Porto ,  sgombramloli  del  fango  e  delle  maceric  ;  e  in  un  lato, 
della  Darsena  aprire  lo  sbocco  ad  un  canale  salso  che  vada  a  mettcr  capo 
nel  Tevere  deviate  a  Ponte  Galera ,  ove  saranno  le  porte  traiane  costmite 
colle  proporzioni  di  un  grande  sostegno  moderno.  In  tal  guisa  il  Porto  Pio, 
nome  dato  d all' Au tore  al  nuovo  Porto,  allungando  1'  antico  di  quanto  s'  e 
inoltrala  la  spiaggia  verso  mare ,  si  trovera  alia  testa  dell'  antico  Porto  Ro- 
mano, di  cm  raddoppiera  la  superficie ,  formando  cosi  uno  dei  piu  grandi 
porti  d'ltalia,  anzi  delMeeHterraneo  -I.  La  Fossa  Traiana  non  servira  piu  di 
Locca  al  Tevere ,  ma  munita  di  porte  varra  a  mettere  in  comunicazione  il 
Porto  col  fuime  e  per  esso  con  Roma.  Affinche  poi  le  navi,  dopo  valicato  il 
sostegno  ,  trovino  fondo  sufficiente  per  continuare  il  viaggio  di  Roma  ,  il 
corso  presente  del  Tevere  dal  sostegno  a  Roma  sara  corretto  ed  abbreviate. 
Inoltre  di  fianco  al  sostegno  si  gettera  sul  nuovo  Tevere  di  Maccarese  un 
robusto  ponte  sopra  cui  passera  la  via  Portuense  ,  e  i  cui  pilieri  soster- 
ranno  le  porte  o  chiuse  destinale  a  tenere  in  collo  le  acque  magre  e  a  far 
correre,  quando  si  voglia,  1'  intiero  Tevere  chiaro  nel  canale  salso  e  attra- 
verso  1'  intiero  porto  :  mezzo  potentissimo  di  espurgarlo.  II  Tevere  poi  che 
libero  e  diviso  in  piii  rami  i  qnali  ne  scemano  1'  impeto  ,  minaccia  d'  im- 
paludare  e  interrire  sempre  piu  la  spiaggia,  incatenato  e  costretto  ad  una 
sola  bocca  a  Maccarese,  colmera  quello  stagno  e  scaricandosi  in  mare  con 
iutta  la  sua  piena  terra  sbarazzata  la  sua  foce,  mentre  un  emissario,  mu- 
nitoesso  pure  di  sostegno,  condurra  le  acque  torbide  del  Tevere  a  colmare 
1'altro  stagno  di  Ostia;  sicche  saran  tolti  di  mezzo  quei  centri  d'infezione, 
e  di  sterilita. 

Tali  sono  i  principal!  lavori  ideati  dal  Manzini  nella  prima  Parte.  Xella 
seconda  tratta  delle  terre  pontine  e  del  loro  totale  risnnamento,  compiendo 
1'opera  degli  antichi  Romani,  e  poi  dei  Papi,  principalmente  di  Martino  V, 
Sisto  Ve  Pio  VI,  rimasta  in  gran  parte  inefficace  o  per  incuria  de'  posteri, 

0  per  la  fallacia  dei  principii  idraulici  con  cui  fu  nei  varii  tempi  condotta. 
A  questo  scopo  1'Autore  propone  come  spediente  capitale  quel  che  gia  pro- 
posero  nel  1809  Prony  e  Fossombroni,  di  escludere  cioe  dall'  agro  pontino 

1  corsi  d'acqne  straniere,  che  sonolavera  causa  delle  paludi,  conducendoli 
fuor  d'esso  mediante  nuove  inalveazioni  al  mare :  le  acque  paesane  trove- 
rebbero  allora  facile  scolo  e  il  terreno  verrebbe  in  breve  tempo  prosciu- 
gato.  Di  queste  acque  inoltre  egli  vorrebbe  giovarsi  per  compiere  un  ca- 
nale interno  di  navigazione  che  partendo  da  Terracina ,  pel  monte  Circeo , 

\  II  nuoYo  Porto  occuperebbe  una  supcrficie  galleggiabile  di  metri  quadrat!  2,632,600  ; 
dei  qnali  474,300  presi  al  marc,  837,300  pel  nuovo  Porto  Pio  ,  \  ,0  53,850  pel  Porto  Clan- 
dio,  256,850  per  la  Darsena  Traiana  ;  e  potrebbe  egli  solo  ricettare  piu  vaseelli  che  non  tutti 
insieme  i  porti  italiani,  eccettnata  Venezia  —  Op.  cit.  pag.  24. 


SCIENZE  NATURALI  601 

per  Anzio  e  pel  Porto  Romano  si  stenderebbe  fino  a  Roma.  Ad  Anzio  si 
riaprirebbe  1'  antico  porlo  Neroniano ,  col  quale  comunicherebbe  il  canale 
sopraddetto.  E  cosi,  prosciugati  gli  stagni,  colmati  i  bassi  fondi,  governate 
le  acquc ,  tutto  quel  t  rat  to  di  maremma  che  si  stende  da  Terracina  ad 
Ostia  e  a  Roma,  cioe  una  superficie  di  1300  miglia  quadrate,  capace  di 
ben  250,000  abitauti,  verrebbe  radicalmente  risanato  e  restituilo  con  im- 
mcnso  vantaggio  alia  coltura  e  all'abitazione. 

L'  impresa  tuttoche  gigantesca  ed  ardna  ,  non  e  certamente  maggiorc 
ne  delle  forze  materiali  di  cui  oggidi  pu6  agevolmente  disporre  la  meccani- 
ca  e  1'idraulica,  soprattutto  colle  macchine  a  vapore  le  quali  suppliscono 
ad  un  tratto  le.migliaia  d'uomini  e  di  cavalli;  ne  delle  borse,  giacche  col- 
1'associazione  dei  capilali  tutto  e  possibile.  Secondo  i  calcoli  dell'  Autore, 
la  spesa  totale  delle  opere  da  lui  ideate  ascenderebbe  a  22,219,500  scudi: 
rna  qaesti  renderebbero  tosto,  merce  i  terreni  acquistati  e  migliorati,  un 
prodotto  di  41,012,600  scudi,  cioe  poco  meno  che  il  200  per  100;  e  ci6  sen- 
za  calcolare  le  rendite  dei  porti  di  Roma  e  di  Anzio,  della  navigazione  sul 
Tevere  e  sul  canale  che  da  Roma  e  da  Porto  metterebbe  per  Anzio  e  pel  Cir~ 
ceo  a  Terracina.  Quanto  al  tempo,  tutto  sarebbe  compito  in  vent'  anni.  II 
primo  decennio  andrebbe  nei  lavori,  cioe  4  anni  per  costruire  il  nuovo 
Porto  Romano,  dirizzare  e  incatenare  il  Tevere,  ed  eseguire  le  opere  delle 
palndi  pontine,  e  sei  anni  per  colmare  tutti  gli  stagni  e  cominciare  lungo 
il  lido  una  striscia  di  coltura  a  bosco.  11  secondo  decennio  sarebbe  impie- 
gato  a  coltivare  i  terreni  gia  sani,  suddividerli,  fabbricarvi,  e  popolarli.  De- 
gl'immensi  vantaggi  poi,  che  il  compimento  di  si  grand' opera  recherebbe 
a  Roma,  allo  Stato  e  all'ltalia  non  accade  parlare:  tanto  essi  sono  manifesli, 
soprattutto  chi  miri  la  nuova  importanza  che  ai  nostri  mari  promette  di 
dare  1'aprimento  dell'  istmo  di  Suez,  e  la  floridezza  che  acquisterebbe  senza 
dubbio  il  nuovo  Porto  Romano,  che  per  capacita  sarebbe  il  primo  dei  porti 
mediterranei,  e  per  postura  troverebbesi  quasi  nel  centro  della  nuova  e 
gran  via  che  sta  per  prendere  il  commercio  marittimo  delle  nazioni. 

3.  II  nome  e  i  meriti  scientific!  del  ch.  Francesco  Zantedeschi  sono  gia  da 
molti  anni  conosciuti  non  pure  all'  Italia,  ma  a  tutta  la  dotta  Europa,  mer- 
ce le  non  poche  opere  e  le  moltissime  Memorie,  con  cui  egli  ha  illustrate 
le  varie  discipline  della  filosofia  e  soprattutto  la  scienza  fisica  •>,  ne'  diversi 

1  Chi  fosse  vago  di  conosccrc  almcno  i  titoli  delle  Opcrc  e  Mcmoric  principal!  uscite  dalla 
feconda  penna  del  Zantedeschi,  vegga  1'  opuscolo  che  han  pubblicato  ncllo  scorso  Novcnibre  a 
Padova  i  discepoli  di  lui,  per  attestato  d'amore  e  di  condojjlicnza  del  grave  infortunio  che  tol- 
se  1'  illustre  Professore  alia  cattedra  da  lui  per  tanti  anni  si  nobilmentc  mantenuta.  L'opuscolo 
s'  intitola:  Ffatcita,  Studii ,  Posizione  sociale  e  Blbliografta  delle  pnncipali  opere  e  me- 
morie  di  Francesco  Zantedeschi  -—  Padova,  coi  tipi  di  Angclo  Sicca  1 857. 


C02  SCIENZE  NATLRALI 

suoi  rami  di  meccauica,  oliica,  calorico  e  priucipalmente  in  quelli  del  ma- 
gnetismoe  deli'  elellricita.  Aquesti  lavori  vogliousi  ora  aggiuugere  tre  pre- 
gevoli  Mernorie  di  Acuslica,  venuteci  recenleinente  alia  mano,  che  1'Aulore 
pubblico  I'annoscorso  nel  Vol.  XXV  della  Classe  di  matematica  e  scienze 
naturali  dell'  Accaderaia  Imperiale  delle  Scienze  di  Vienna  e  die  fiirono  poi 
in  Vienna  stessa  ristampate  a  parle. 

La  prima  s'  intitola:  Delle  Doltrine  del  terzo  suono ,  ossia  della  Coinci- 
denza  delie  vibrazioni  sonore,  con  un  cenno  sull'  analogia,  che  prescnta- 
no  le  vibrazioni  luminose  dello  spettro  solare.  Egli  e  noto  ai  fisici ,  dac- 
che  il  Tartini  per  primo  1'  avverti  ^  die  quando  da  due  strumenti  musicali, 
p.  c.  da  due  violini,  vengono  prodotti  due  suoni  diversi,  abbastanza  gagliardi 
e  spstenuti  per  qualehe  tempo,  nasce  da  essi  un  terzo  suono,  risultante  dalla 
coincidenza  delie  luro  vibrazioni  sonore.  Or  qual  e  la  legge  di  questo  fenome- 
no,  e  lanalura  di  questo  suono  risullanle?  Gli  acustici  non  si  sono  linqui  ac- 
cordati  intieramente  nello  spiegare  1'unae  1'altra,  forse  perdifetto  di  espe- 
rienze  esatte  che  li  guidassero.  A  questo  difetto  volendo  sopperire  ilZanle- 
deschi,  si  fece  con  una  copiosa  serie  di  svariati  e  accuratissimi  spcrimenti 
a  delermiuare  la  natura  del  terzo  suono  risultante,  rappresenlandoio  aril- 
meticamente  col  numero  delle  vibrazioui,  ededucendo  quindi  dal  semplice 
ragguaglio  di  tai  numeri  la  legge  invariabile  che  esso  mantiene.  Senza  en- 
trare  nei  particolari  delle  sperienze,  recheremo  solo-le  precipue  conclusio- 
m  che  1'  Autore  ba  da  esse  dedotte  e  die  grandemente  illustrano  questa 
materia.  1°.  II  numero  esprimente  il  terzo  suono  e  sempre  la  differenza  dei 
due  suoni  dati.  Se,  per  esempio,  i  due  suoni  dati  sono  ilrfo  di  16  piedi  e  il 
si,  dei  quali  il  primo  ha  64  vibrazioni  per  1",  il  secondo  120;  il  terzo 
suono  sara  il  si  bemolle,  il  quale  corrisponde  a  56  vibrazioni,  differenza 
esatta  di  64  e  120.  Da  questa  legge  fondarnentale  derivano  quasi  tutte  le 
altre.  2.°  II  terzo  suono  si  trova  ora  piii  basso  ora  piu  alto  del  piii  gra- 
ve tra  i  due  suoni  dati,  secondo  che  la  differenza  delle  vibrazioni  rap- 
presentanti  questidue  suoni  e  minore  o  maggiore  del  numero  delle  vibra- 
zioni che  rappresenta  il' suono  piu  grave;  ma  esso  non  e  mai  piu  alto 
dei  due  suoni  dali,  non  polendo  mai  la  difi'erenza  di  due  numeri  positivi 
superare  il  maggiore  di  essi.  3°.  II  suono  risultante  e  tanlo  piu  vicino  al- 
r  acuto  dato,  quanlo  questo  trovasi  piii  distante  dal  suono  grave.  4°.  II 
terzo  suono  non  e  sempre  il  massimo  comune  divisore  dei  due  suoni  dati, 
come  fu  stabilito  da  alcuni  fisici  quasi  legge  generale ;  giacche  se  questa 
legge  si  avvera  in  molli  casi ,  in  mold  altri  fallisce.  5°.  II  tono  rappre- 
sentatoda32  vibrazioni  per  1",  e  il  limite  del  terzo  suono  netto  e  distin- 

i  Veil  il  suo  Ti-ailalo  di  musica  secondo  la  rera  scienza  dell'armonia.  Padoya,  coi  lipi  di 
Manfre,  stampcria  del  Scminario  -I7ol. 


SCIEiVZE  N.iTUIULI 


603 


1o:in  fatti,  se  la  differenza  dei  due  suoni  dafi  e  minore  di  32,  non  si 
Fonte  piii  die  nno  sbattimento,  il  qual.e  e  fortissimo  nei  toni  piu  gravi. 
Egli  e  vero  per6  che  qnesto  limite  pu6  variare  secondo  gli  orecclii.  6°. 
Dato  il  valore  di  due  suoni,  si  puo  sempre  determinare  a  priori  il  terzo 
suono  o  lo  sbattimento  risullante:  bastando  formare  la  lor  differenza. 

Da  questi  sperimenti  resta  adunque  comprovato  un  fatto  importante  nella 
teorica  dinamica  delle  vibrazioni  sonore,  che  cioe  dalla  coincidenza  di  queste 
vibrazioni  risultano  suoni  rappresentanti  la  loro  dilTerenza,  ma  non  mai  la  lo- 
ro  somma.  II  somigliante  sembra  che  avvenga  nolle  vibrazioni  luminose  dello 
spettro  solare,  come  accenna  per  ultimo  il  Zantedeschi.  «  Chiunque,  die'  egli, 
raccolga  alia  distanza  di  qualche  centimetre  da  im  prisma  di  perfettissimo 
flint  lo  spettro  solare,  non  vede  che  quattro  zone,  colorate,  separate  da  luce 
bianca;  e  sono  due  meno  rifrangibili,  rossa  e  gialla,  e  due  piu  rifrangibili, 
azzurra  e  violetta.  Giascuno  dei  colori  delle  due  coppie  e  separate  da  un 
filetto  di  luce  bianca,  mentre  1'intervallo  che  separa  il  giallo  dall' azzurro, 
formato  da  luce  bianca,  e  senza  confronto  maggiore.  Se  il  telarino  che  rac- 
coglie  1'anzidetto  spettro,  si  allontani  a  poco  a  poco  dal  prisma,  conser- 
vandolo  sempre  parallelo  alia  faccia  rifrangente  del  medesimo,  si  scorge  che 
nei  punli,  nei  quali  i  raggi  delle  due  coppie  cromatiche  vanno  ad  incontrar- 
si,  sorge  un  terzo  colore.  Cosi  frail  rosso  ed  il  giallo  si  genera  1'aranciato; 
fra  il  giallo  e  1' azzurro  si  genera  il  verde;  fra  1' azzurro  e  il  violeUo  si  ge- 
nera 1'indaco,  senza  che  sieno  distrutti  i  raggi  primigenii  generator!  del 
terzo  colore.  L'analogia  col  terzo  suono  coirisponde  al  caso,  in  cui  il  terzo 
suono  generate  e  mtermedio  ai  due  suoni  generator!.  Nello  spettro  solare  il 
potere  rifrangibile  del  terzo  raggio  e  sempre  minore  del  piu  rifrangibile 
dato;  come  ne'  su-oni  il  terzo  suono  e  sempre  meno  acuto  del  piu  acuto  date. « 

Nella  seconda  Memoria  1'illuslre  Autore  tralta  Delia  corrispondenza  che 
mostrano  fra  loro  i  corpi  sonori  nella  risonansa  di  piu  suoni  in  uno ; 
esaminando  cioe  quel  noto  e  singolar  fenomeno  delle  corde  vibranti,  per  cui 
se  in  esse  destasi  un  suono,  questo  suol  venire  accompagnato  da  altri  suoni 
armonici,  egli  reca  con  nuove  sperienze  nuova  luce  nelle  question!  intorno 
a  tal  materia  agitate  dai  fisici ;  se  si  diano  cioe  suoni  semplici  o  se  tutti  sie- 
no sempre  composti,  come  opinano  i  piu  degli  autori  antichi  e  moderni,  se 
il  suono  grave  in  coteste  armonie  preceda  sempre  all' acuto,  quale  sia  il  nu- 
mero  de'  suoni  armonici,  quale  il  loro  limite  e  altre  simili.  Le  conclusioni 
a  cui  egli  e  condotto  dalle  sue  sperienze  sono  principalmcnte :  1.°  i  suoni 
per  lo  piu  essere  composti,  ma  non  sempre,  dandosi  talora  suoni  semplici 
e  solitarii,  come  accade  nell'arpa  d'Eolo,  arpa  che  si  fa  suonare  da  una  cor- 
rcnte  d'aria  spirante  da  stretle  fenditure;  2.°  i  suoni  composti  essere  for- 
mati  da  suoni  armonici,  i  quali  sono  ora  concomitanti,  ora  succcssivi  al 
suono  primigenio;  3.°  e  in  questa  successione  non  sempre  i  gravi  precedere 


604-  SCIENZE  XATURALI 

agli  aculi,  come  credette  il  Pizzati,  ne  sempre  gli  acnti  ai  gravi,  come  pea- 
s6  ilMarloy,  ma  variare  1'ordine  secondo  gli  strumenti,  giacche  nel  piano- 
forte la  lonica  va  innanzi  alia  duodecima  e  alia  decimasettima,  laddove 
nell'arpa  d'Eolo ,  il  tono  piii  aculo  precede  al  piii  grave  che  e  sempre  1'ul- 
timo  a  destarsi;  4.°  il  numero  poi  eil  limite  de'  suoni  armonici  o  concomi- 
tanti  delle  different!  ottave  noa  potcrsi  determinare  in  modo  assoluto,  ma 
sibbene  potersi  affermare  che  essi  mantengono  sempre  la  medesima  forrna 
fondamentale,  ripetendo  coslantemenle  1'armonia  sol,  mi,  do  per  ciascuna 
ottava,  armonia  che  e  Ira  lutte  la  piii  perfetla. 

La  terza  Memoria  ha  per  titolo :  Delia  unila  di  misura  del  suoni  musicali, 
del  loro  limiti,  delladurata  delle  vibrazioni  sul  nervo  acustico  dell'uomo, 
e  dell'innalzamento  del  tono  fondamentale  avvenuto  nei  diapason  di  acciaio 
in  virtu  diunmovimentospontaneo  molecolare.  Scopo  precipuo  dell' Auto- 
re  e  qui  la  ricerca  e  la  determinazione  di  un  suono  fisso,  a  cui  come  ad  unita 
invariabile  di  misura  si  possano  riferire  gli  accordi  deivarii  strumenti.  Ifi- 
sici  e  i  musici  hanno  sempre  desiderate  di  stabilire  a  quest'  uopo  un  diapason 
Upo,  ma  non  hanno  potuto  per  anco  venire  in  accordo  perfetto.  Gosi,  dal  dia- 
pason nor  male  de'  fisici,  che  e  di  256  vibraziooi  per  un  1 ",  differiscono  quel 
di  Pietroburgo  che  e  di  272  a  276,  quel  di  Napoli  che  e  di  271,  quel  di  Mi- 
Jano  che  e  di  268 ,  quel  di  Yenezia  che  e  di  266,  quel  di  Vienna  che  e  di  205 
a  268,  e  cosi  altri.  Oltre  a  ci6  il  diapason  stesso  cangia  col  tempo  la  sua  lo- 
nalita,  portandola  piu  alto.  Infatti  ilProf.  Lissajous  trov6  nel  1856  cheil  dia- 
pason la  sAV  Opera  di  Parigi  eseguiva  circa  898  vibrazioni  perl ",  mentre  vor- 
so  il  1715,  secondo  Sauveur,  il  la  adoperato  nelle  orchestre  di  Parigi  eradi 
810  vibrazioni  per  1 ",  ci6  che  darebbe  nello  spazio  di  140  anni  1'elevazior.e 
di  quasi  un  tono  nel  diapason  delle  orchestre.  Di  quest' elevazione  per6  lu 
parte  principale,  come  appare  da  altri  ragguagli,  ha  avuto  luogo  nel  pre- 
sente  secolo  e  sopratutto  da  un  trent'anni  in  qua.  Or  quali  sono  le  cagioci 
di  questo  innalzamento  sempre  crescente,  che  sempre  piii  afl'atica  le  voci 
dei  cantanti  e  le  logora  anzi  tempo?  Varie  se  ne  arrecano  dagli  autori.  II  do- 
minio  che  han  preso  nelle  orchestre  gli  strumenti  a  fiato,  la  cui  tonalita  nello 
mani  sia  dei  musici  sia  dei  fabbricanti,  tende  naturalmente  ad  alzarsi 
per  la  maggiore  sonorita  che  gli  strumenti  ne  acquistano  e  il  minor  peso  che 
cosi  richiedono:  1' innalzamento  del  tono  anche  negli  stmmenti  a  corda,  e 
specialmente  nei  pianoforti ,  dove  i  progress!  dell'  arte  permeltendo  ai  fab- 
bricatori  di  dare  senza  pericolo  maggior  tensione  alle  corde  e  con  cio  piii 
sonorita,  li  invitano  ad  elevarne  il  tono;  e  quiridi  la  necessita  di  alzare  an- 
che il  diapason  per  metterlo  in  accordo  cogli  strumenti.  Inoltre  1'uso  stesso 
di  regolare  i  diapason  gli  uni  cogli  altri  dando  loro  un  tratto  di  lima;  giac- 
che la  lima  riscalda  il  diapason  e  benche  si  trovi  allora  d'  accordo  col  dia- 
pason regolatore,  quando  poi  si  raffredda,  alza  il  tono,  sicche  adoperando  il 


SCIENZE  NATURALI  605 

secondo  diapason  a  regolarne  un  terzo,  questo  si  trovera  piu  alto  del  primo, 
c  cosi  di  seguito. 

Ma,  secondo  il  Prof.  Zantedeschi,  la  vera  cagione  di  quest' innalzamento 
di  tono  deve  piuttosto  attribuirsi  ad  un  moto  intestino  molecolare  che  si  svol- 
ge  col  tempo  nell'acciaio  dei  diapasoa  e  ne  accresce  1'elasticita  primitiva. 
Quiadi  a  cansare  questa  fonte  di  errori  e  cli  variazioni,  egli  propone  di  so- 
stituire  ai  diapason  di  acciaio  i  diapason  di  legno  fatti  a  canna  ed  emholo, 
dei  quali  si  valgono  tuttavia  gli  accordalori  di  strumenti  nel  mezzodi  del- 
1' Italia;  essendo  che  il  legno  bene  stagionato  di  bosso,  di  ebano,  di  abete 
e  simili ,  manliene  per  eta  lunghissime  lo  stato  molecolare  di  aggregamerito 
senza  allerazioni  sensibili ,  atteso  la  sua  tessitura  fibrosa,  mentre  la  strut- 
tura  granulare  dell'acciaio  e  piu  instabile.  Infatti  avendo  egli  paragonato 
parecchi  diapason,  antichi  d'  oltre  a  mezzo  secolo  e  muniti  di  ricordi  auten- 
tici  del  loro  tono  primitive,  dei  quali  altri  erand' acciaio ,  altridi  legno  a 
canna  ed  embolo,  trov6  i  primi  aver  tutti  alzato,  bencbe  inegualmente ,  il 
tono  originario,  mentre  i  secondi  sono  durati  invariabili.  In  ogni  caso  poi,  per 
assicurare  vie  meglio  al  diapason  a  canna  ed  embolo  la  qualita  di  misura 
normale,  e  stabilire  con  esso  un  suono  fisso  dal  quale  si  regolino  tutti  gli 
strumenti,  bastera  riscontrarlo  colla  sirena  di  Cagniard  Latour  o  colle  ruote 
dentate  di  Savart,  apparati  misuratori  delle  vibrazioni  sonore,  i  quali,  so- 
prattutto  coi  perfezionamenti  suggeriti  dall'Autore,  potranno  in  ogni  tempo 
attestare  la  stabilita  del  diapason  o  correggerne  le  alterazioni.  Con  ci6  sem- 
bra  spianata  grandemente  la  via  a  determinare  nella  musica  un'  unita  nor- 
male ed  invariable,  ed  a  risolvere  unproblema  che  tan  to  importa  all'arte 
e  alia  scienza  dell'armonia. 

4.  Nel  Nuovo  Cimento  dello  scorso  Novembre  leggiamo  recata  da  una 

Memoria  dell'  illustre  Carlini,  letta  all'I.  R.  Istituto  Lombardo,  alcune  pre- 

gevoli  notizie  intorno  alle  ultime  misure  fatte  per  determinare  la  differen- 

za  di  livello  tra  il  Gaspio  e  il  Mar  Mero.  II  Caspio,  come  ognun  sa,  e  un 

mare  solitario  e  pr-ivo  di  ogni  comunicazione ,  almeno  apparente ,  colla 

gran  famiglia  de'  mari  che  circondano  la  terra ;  sicche,  se  non  fosse  la 

salsedine  delle  sue  acque,  meglio  chiamerebbesi  lago  e  sarebbe  il  piu 

gran  lago  del  mondo.  Ma  cosi  non  pare  che  fosse  anche  ne'  tempi  an- 

tichissimi ;  anzi  vi  sono  molti  argomenti  di  giudicare  ,  ed  e  credenza  og- 

gimai  ferma  e  universale  dei  geografi,  che  esso  altra  volta  distendesse  assai 

piu  largo  le  sue  acque  fino  a  congiungerle  col  Mar  Nero  e  per  esso  col 

Mediterraneo  e  coll'Oceano.  Infatli  la  superticie  di  quella  gran  pianura  che 

stendesi  tra  il  Caucaso  e  1'  Altai  porta  ancora  recenti  e  indubitati  segni  di 

essere  stata  un  letto  di  mare,  le  cui  acque  siansi  a  poco  a  poco  ritirale  fino 

a  restringersi  dentro  le  present!  rive  del  Gaspio;  il  quale  percio  troverebbe- 


606  SCIENZE  NATURAL! 

si,  col  lugod'Aral  che  ne  e  disgiunto  dauua  steppa  di  120  leghe,  nel  fon- 
do  piu  basso  di  quest'immenso  bacino. 

Ora  nei  mari  comunicanti  tra  loro,  il  livello  esempre  uguale  o  di  pochis- 
simo  ditferente,  comel'iian  mostrato  anche  tesle  del  Mediterraneo  e  del  Mar 
Rosso  le  misure  da  noi  altrove  menzionate.  Ma  non  cosi  puo  dirsi  del  Ga- 
spio,  la  cui  altezza  puo  esser  conosciuta  soltaDto  da  misure  dirette.  Fin 
dall'anno  1811  i  signori  Engelliardt  e  Parrot  eseguirouo  a  tal  line  uua  li- 
vellazione  barometrica  a  traverso  le  lerre  che  dividono  il  Gaspio  dal  Mar 
JSTero:  e  il  risultamento  fu,  che  il  primo  trovossi  di  300  piedi  piu  basso  del 
secondo.  Se  non  che  il  Parrot,  da  una  seconda  livellazione  parimenle  ba- 
rometrica ch'egli  fece  nel  1829,  giunse  a  una  tutt'altra  conclusione,  e  tro- 
-v6  il  Gaspio  di  tre  o  quattro  piedi  piu  alto  dell'Eusino. 

A  togliere  I'incertezza,  in  cui  un  disaccordo  si  strano,  e  per  m'una  guisa 
irnputabile  ai  consueti  errori  di  osservazione  lasciava  il  problema,  1'  Acca- 
demia  delle  scienze  di  Pietroburgo  stabili  di  far  eseguire,  colla  massima 
accnratezza  e  coi  piu  esatti  strumenti,  una  triangolazione  e  una  livellazio- 
ne geometrica;  allaquale  imprcsa  1'Imperatore  delle  Russie  >7icol6  assegn6 
subito  un  fondo  di  50,000  rubli.  Furono  scelti  a  tal'  opera  i  tre  astronomi 
G.  Fuss,  A.  Sawitsch  e  G.  Sabler,  i  quali  cominciatala  il  1  Novembre  del 
18361'ebbero  nienata  a  lenrine  coll'OUcbre  del  1837. La  linea,  sopra  cui  essi 
condussero  le  misure,  parte  da  Kagalnik  sulle  rive  del  mare  di  Azow  e  fa 
capo  a  Cernoi-Rynok  sul  marCaspio,  per  una  lunghezza  totale  di  510miglia 
gcografiche  italiane,  e  attraverso  un  terreno  per  la  massima  parle  paludo- 
so  o  deserto,  quali  sogliono  essere  quelle  infelici  regioni. 

Tralasciamo  la  lunga  e  arida  serie  degli  studii,  delle  misure  ,  dei  calcoli 
i'atti  dai  tre  astronomi ,  e  tutte  lecautele  e  veriticazioni  da  essi  adoperate 
per  certilicarne  il  valore;  le  quali,  chi  fosse  vago  di.  conoscerle,  trovansi 
accennate  dal  Carlini  nella  predetta  Memoria,  ed  ampiamente  esposte  nella 
Relazione  tedesca  che  ne  fece  il  celebre  astronomo  Guglielmo  Struve,  pub- 
blicata  nel  1849  a  Pietroburgo.  A  noi  basta  il  riferirne  I'uUimo  risultamen- 
to, il  qual  e  che  il  mar  Caspio  e  veramente  depresso  al  di  sotto  del  mar 
JN'ero  di  80  piedi  pafigini,  ossia  di  metri  26:  cifra  che,  alteso  le  squisite  di- 
ligenze  usate  dai  tre  astronomi  russi  nel  condur  le  misure,  vi  e  ogni  ragion 
di  credere  che  sia  vera  e,  per  quanto  pu6  desiderarsi  in  lal  genere  di  ri- 
cerche,  esatta.  Se  poi  questo  livello  del  Caspio  sia  eostante,  oppure  vada 
soggetlo,  e  dentro  quai  termini,  a  variazioni  o  ad  oscillazioni,  rimane  incer- 
to,  ne  potra  detinirsi  altramente,  che  con  osservazioni  idrometriche  conti- 
nuate  per  lunghi  auui. 

II  mar  Guspio  e  tutta  quella  pianui'a  di  steppe  che  gli  giace  intorno  e 
della  quale  esso  e  come  1'  umbilico  ,  non  e  il  solo ,  benche  sia  il  piu  vasto 
sfondo,  che  nella  superficie  terrestre  si  abbassi  sotto  il  livello  dei  mari.  Un 


SCIENZE  NATURALI  607 

altro,  meno  vasto  di  gran  lunga,  ma  piu  profondo,  si  trova  in  Palcstina,  cd 
e  il  bacino  del  Mar  Morto  colle  brevi  pianure  che  il  costeggiano,  c  con  lutta 
la  vallc  del  Giordano  risalendo  fino  al  lago  di  Tiberiade.  Che  il  Mar  Morto 
ossia  il  lago  Asfaltide,  sia  notabilmente  piu  basso  del  Mediterraneo  puo  fa- 
cilmente  avvedersene  ogni  viaggiatore  ( ed  e  osservazione  dell'  illustre  De 
Saulcy  nel  viaggio  che  fece  cola  nel  1851 ),  il  quale,  saleudo  da  Giail'a  a 
Gerusalemme  e  poi  da  Gerusalemme  discendeado  al  Mar  Morto ,  paragoni 
anche  solo  alia  grossa  1'altezza  di  quella  salita  colla  pro  Fond  ita  molto  mag- 
giore  di  questa  discesa.  Ma  oltre  a  ci6  se  ne  hanno  misure  direttc  e  piii 
precise  ,  fatte  col  barometro  in  varii  tempi  da  scienziati  di  varie  nazioni. 
Quelle  del  Francese  sig.  De  Berton  ,  ricordate  dal  Saulcy ,  danno  al  livelh> 
del  Mar  Morto  una  differenza  di  oltre  a  400  metri  al  di  sotto  del  Mediterra- 
neo. L'Inghilterra  mando  piii  d'una  spedizione  al  Mar  Morto ,  per  fare  slu- 
dii  accurati  di  quella  regione  famosa,  non  meno  per  la  singolarila  de'  suoi 
fenomeni,  che  per  memorie  bibliche.  La  prima  fu  del  Capitano  Simonds , 
che  per  una  triangolazione  determin6  il  livello  del  lago  di  Tiberiade  e  la 
pendenza  delle  acque  del  Giordano ,  che  da  questo  lago  scendono  per  la 
valle  di  Ghor  a  seppellirsi ,  dopo  un  corso  di  25  leghe  ,  nell'  Asfaltide.  La 
seconda ,  che  dovea  compiere  gli  studii  della  prima ,  fu  coniidata  nel  1847 
al  Luogotenente  Molineaux,  il  quale  secondo  le  istruzioni  clell'Ammiraglia- 
to ,  prese  a  discendere  la  corrente  del  Giordano  fino  al  Mar  Morto.  Ma  con 
successo  infelicissimo ,  perche  tra  per  la  guerra  che  gli  fecero  i  Beduini 
lungo  il  flume  e  per  un'  orribite  tempesta  di  due  giorni  che  ebbe  a  soste- 
nere  nel  lago ,  egli  e  parecchi  suoi  vi  perdettero  non  solo  le  fatiche  ma  la 
vita.  Piii  fortuuata  fu  la  spedizione  che  nell'  anno  seguente  1848  intrapre- 
sero  gli  American!  sotto  la  condolta  del  capitano  Lynch.  Dopo  avere  sbar- 
cati  a  S.  Giovanni  a"  Acri  i  due  batlelli ,  un  di  ferro  ,  1' altro  di  rame  ,  che 
aveano  condotti  a  tal  fine  dall'  America,  e  quindi  portatili  a  dorso  di  cam- 
melli  fino  al  lago  di  Tiberiade ,  incominciarono  nell'  Aprile  la  loro  naviga- 
zione :  in  dieci  giorni  discesero  il  fiume  e  in  altri  venti  girarono  e  corsero 
tutto  il  Mar  Morto  ;  quindi  prima  di  partire  inalberarono  sopra  una  gran 
zattera ,  ancorata  non  lungi  da  Engaddi ,  la  bandiera  degli  Stati  Uniti ,  la- 
sciandola  come  memoria  del  loro  viaggio  attraverso  quelle  acque,  riputate 
per  si  lungo  tempo  inospite  ed  innavigabili.  Ora.  tra  le  molte  osservaziohi 
ivi  fatte  da  cssi,  evvi  anche  la  rnisura  barometrica  dei  livclli  del  lago  di 
Tiberiade  e  del  Mar  Morto  relativamente  al  Mediterraneo.  11  primo  e  infc- 
riore  al  Mediterraneo  di  piedi  612  ossia  metri  199  :  il  secondo  lo  e  piii  del 
doppio,  cioe  di  piedi  1235  o  rnetri  401.  Quest' ultima  cifra  si  accorda  abba- 
stanza  con  quella  che  abbiamo  recato  poco  sopra  del  sig.  De  Berton  ;  sic- 
che,  sebbene  alle  misure  del  Berton  e  dei  navigalori  americani  non  sia  per 
avventura  da  aversi  tanta  fede  ,  quanto  a  quelle  degli  astronomi  russi  ri- 


608  SCIENZE  NATURALI 

guardo  al  Caspio,  pu6  nondimeno  prudentemente  credersi  die  non  si  dilun- 
ghino  gran  falto  dal  vero.  Donde  segue  che  paragonando  il  Mar  Morto  al  Ca- 
spio, il  primo  scende  sotto  il  livello  del  Medilerraneo  da  45  volte  piu  che  il 
secondo;  ed  e  senza  fallo  il  piii  profoudo  abbassamento  clie  conoscasi  della 
superficie  terrestre. 

5.  Ecco  la  descrizione  che  il  sig.  Aime  Girard,  valente  chimico  di  Parigi 
e  scrittore  della  Patrie,  ha  dato  di  quegli  spaventosi  proiettili  che  gii  as- 
sassini  del  1  i  Gennaio  scagliarono  coatro  la  carrozza  imperiale  e  clie  spar- 
sero  intorno  ad  essa  tanta  strage.  Sono  cilindri  di  ferro  o  di  acciaio,  cavi, 
lunghi  circa  10  centimetri ,  del  diametro  di  6  centimetri  e  terminal!  da 
due  calotte  sferiche.  Di  quesle  1'una  ha  2  centimetri  di  spessezza,  edemu- 
nita  di  25  carninetti  disposti  a  riccio  e  armati  ciascuno  di  una  capsula  ful- 
minante;  1'altra  e  assai  piu  sottile  e  leggera ,  di  modo  che  scagliando  in 
aria  la  granata  ,  ella  vien  sempre  a  cadere  battendo  a  terra  colla  calotta 
delle  capsule,  e  delermina  in  tal  modo  1'  esplosione.  II  cavo  interno  del  ci- 
lindro  contiene  la  polvere,  non  gia  polvere  ordinaria,  ma  un'altra  assai  piii 
esplosiva,  qual  e  il  fulminato  di  mercuric.  La  forza  di  proiezione  di  questo 
fulminate  e  cinquanta  volte  maggiore  di  quella  della  polvere  da  caccia,  e 
basta  un  chilogrammo  di  fulminato  per  caricare  40,000  capsule  detonanti. 
A  intenderne  la  spaventosa  violenza  basti  ricordare  che ,  come  racconta 
Berzelius,  un  tale  nell'aprire  una  cassettina  piena  di  questa  sostanza  fu  ful- 
minato in  sull'  istante ,  e  le  ossa  della  mano  con  cui  teneva  Ja  cassettina 
furoro  rotte  e  scagliate  con  lal  impeto,  che  poterono  traversare  una  grossa 
tavola  di  quercia  ;  e  die  il  dotlo  tedesco  Hallen  fu  talmente  sfracellato  e  dis- 
fatto  daU'esplosione  di  250  grammi  di  questo  fulminato,  che  nel  suo  labora- 
torio  non  si  trovb  piu  di  lui  altro  clie  brani  di  carne  schiacciati  contro  le  pa- 
reti  e  macchie  di  sangue.  Del  resto  ben  si  vede  che  i  fabbricatori  di  coteste 
granateinfernali  ne  conosceanola  straorJinaria  esplosivita,  mirando  le  stra- 
ordiriarie  caulele  che  usarono  nel  comporle.  Delle  due  parti  in  cui  e  diviso  il 
cilindro,  1'una  s'adatta  sopra  1'altra  a  sernplice  combaciamento,  giacche  era 
a  temere  che  congiungendole  a  vite  si  producesse  lo  scoppio ;  una  saldatura 
esterna  supplisce  al  difetto  di  resistenza  che  un  tal  modo  di  congiunzione  da- 
rebbe  al  cilindro.  Inoltre,  quella  parte  del  cilindro  che  conteneva  la  polvere 
era  chiusa  da  un  coperchio  che  posava  semplicemente  sopra  il  labbro  d'una 
incanalatura ;  sopra  questo  coperchio  poi  era  adattata  la  calotta  sferica  e 
saldamente  fermala  con  una  forte  vite  d'acciaio,  la  cui  testa  avea  due  cen- 
timetri di  diametro. 

6.  La  tisi  dei  polmoni  fu  riputata  finqui  morbo  incurabile,  e  benche  non 
mancassero  rimedii  empirici  e  palliativi,  come  1'iodio,  il  ferro,  le  acque  sol- 
forose  ed  altri  per  attenuarne  qualche  sinlomo  o  allentarne  i  progress! , 
numo  per6  era  conosciuto  capace  di  guarirlo  radicalmente ,  togliendo  di 


SCIENZE  NATURALI  609 

mezzo  rinfiammazione  de'polmoni  e  la  loro  lenta  consunzione,  causa  infal- 
libile  di  morte.  Ora  il  Dottor  De  Lamarre  annuazia  di  avere  scoperto  que- 
slo  speciflco  nell'elicina ,  che  e  una  sostaaza  estratta  dalla  lumaca  (helix), 
e  preparata  secondo  un  suo  metodo.  Ella  si  deve  amministrare  ogni  giorno 
a  forti  dosi,  le  quali,  senza  recare  altrove  niun  danno,  a  poco  a  poco  cicatriz- 
zano  le  piaghe  del  polmone  e  ne  risolvono  gl'ingorghi  sanguigni,  lino  a  to- 
gliere  interamente  la  radice  del  male.  I  felici  sperimenti  fattine  dall'  auto- 
re  a  Parigi,  e  il  favorevole  ed  unanime  suffragio  di  un  Consiglio  di  medici 
insigni,invitati  a  giudicarne  sopra  mold  casi  1'efficacia,  sembrano  provare 
che  T  elicina  debba  essere  per  la  tisi  polmonare  quel  che  la  chinina  fa 
gia.  trovata  per  le  febbri  periodiche  :  ci6  che  sarebbe  senza  fallo  una  uti- 
lissima  conquista  della  medicina ,  quando  la  prima  ricevesse  da  una  pid 
costante  e  universale  esperienza  quella  conferma  che  ha  gia  ricevuta  la 
seconda. 


Serie  III,  vol.  IX.  39  27  Febbraro  i838. 


CRONACA 

C  0  N  T  E  M  P  0  R  A  N  E  A 


Roma  27  Febbraio  1858. 
I. 
COSE  ITALIANS. 

STATI  PONTIFICII.  1.  US.  P.  all'  Universita  roniana  —  2.  11  tribunale  criminale 
di  Roma  —  3.  Ragionamento  del  P.  Angelini  d.  C.  d.  G.  —  4.  Necrolo- 
logia  —  5.  Nolizie  varie  —  6.  Istituto  Mazzolani  in  Faenza  —  7.  Conver- 
sion! in  Terni  —  8.  Couferenze  scientinche  uelU  diocesi  di  Macerata  e  To- 
lentino  —  9.  Smentite  a  giornali  forastieri  —  10.  11  corrispondente  roma- 
no  dell'  independence  Beige. 

1.  Ilgiorno  12  di  Febbraio  la  Sanlita  di  N.  S.  voile  visitarel'  Universita  Ro- 
mana.  Salita  nell'aula  msssima  e  circondata  daquanti  siattengono  a'quel- 
1'inclito  corpo,  volse  a  tutti  un  breve  discorso,  e  per  dare  ai  professori  un 
attestato  di  sua  soddisfazione,  fece  conoscere  che  una  somma  annua  avea 
destinata  sopra  il  pubblico  erario  per  accrescere  il  loro  assegnamento.  La 
Santita  Sua  si  mosse  poi  per  visitare  i  diversi  Gabinetti  che  per  sua  muni- 
ficenza  sono  ora  stati  quali  allargali  e  quali  eretti  dai  fondamenti.  Essi  sono 
quelli  di  minerologia,  di  chimica,  di  medicina,  di  fisica,  di  anatomia  umana  e 
di  zoologia.  II  S.  P.  fu  ricevuto  in  dascuno  di  essi  dai  rispeltivi  professori ,. 
i  quali  ebbero  1'onore  di  eseguire  alia  presenza  di  S.  S.  oarecchi  dotti  e  cu- 
riori  sperimenti;  e  di  i'arle  ammirare  quanto  in  quelle  vaste  e  ricche  colle- 
zioni  si  conserva  sia  per  antica  sia  per  recente  munificenza  dei  Sommi 
Pontefici. 

2.  La  cancelleria  del  tribunale  criminale  di  Roma  ha  pubblicato  due  do- 
cumenti  important!.  L'uno  e  una  nota  che  fa  conoscere  il  numero  e  la  qua- 
lita  dei  deposili  giunti in potere  del  detlo  tribunale  dai  i.°Giugno  alia  fine 
di  Dicembre  del  1857.  Essi  sono  stati  166  dei  quali  108  gia  furono  restituiti. 
I  depositi  che  inparte  furono  restituiti  e  in  parte  ritenuti,  perehe  necessarii 
a  processi  pendenti,  sono  10 ;  i  non  restituiti  ancora,  perehe  non  finite  le 
cause,  SODO  29 :  quelli  di  cui  non  si  conosce  il  padrone  sono  19.  Del  primo 
semestre  del  1857  rimanevano  in  potere  del  tribunale  55  depositi,  di  cui 
36  gia  furono  restituiti,  occorrendo  gli  altri  per  processi  non  ancora  com- 
piuti. 

II  secondo  documento  e  il  Quadro  delle  cause  introdotte  e  decise  dai 
tribunale  criminale  di  Roma  mil' anno  1857,  e  dei  carcerati  a  disposizione 


CRONACA  COiNTEMPORANEA  61  I 

del  medesimo  a  tutto  il  31  Dicembrc  del  detto  anno.  Lc  cause  iiUrodotte 
furono  3101,  le  decise  per  Roma  7009,  per  Comarca  451.  So  si  ponga  raente 
al  grande  numcro  cli  quesle  7160  cause  decise,  oltre  ai  15G8  casi  fortuiti 
intorno  ai  quali  si  sotio  dovute  prc-ndi-re  le  informazioni ,  ed  alle  373  com- 
mission! per  atti  in  sussidiodi  giustizia,ognunQpotradileggeri  riconoscere 
il  lavoro  die  i  Minislri  inquirenti,  la  Procura  fiscale  generale  ed  il  Tribnnale 
giudicante  hanrio  dovuto  sostenere,  specialmente  per  isbrigare  tante  cause 
coil  premura;  del  che  certamente  il  tribunale  merita  gran  lode.  II  nolevole 
divario  die  corre  tra  il  numero  delle  cause  introdotte  e  delle  decise  dee 
attribuirsi  allo  speciale  zelo,  con  cui  ogni  giudice  ed  attuario  ha  procurato 
di  finire  le  cause  introdotte  negli  anni  passati. 

3.  Dalla  Tipografia  delle  BelleArti  in  Roma  e  uscito  novollamente  alia  luce 
un  Ragionamento  sopra  gli  Studli  Archeologici  del  P.  Giampietro  Secchi 
d.  C.  d.  G.  estratto  dal  Tomo  lol  del  Giornale  Arcadico ,  scritto  dal  P. 
Antonio  Angelini  della  medesima  Comp.  e  da  lui  recitato  nell'  Accademia 
Tiberina  il  giorno  6  Luglio  di  quest'  anno.  Esso  sarii  certamente  caro  a 
quanti  desiderano  conoscere  i  lavori  di  queU'uomo  veramente  eruditissimo 
che  fu  il  Secehi ;  e  non  solo  i  lavori  da  lui  dati  sparsamente  alia  luce  in 
tanti  anni  e  luoghi ,  ma  ancora  quelli  da  lui  lasciati  piii  o  meno  compiuti 
tra  le  sue  carte.  II  ragionamento  poi  e  scrilto  con  molta  conoscenza  e  pe- 
rizia,  non  solo  della  lingua  e  dello  stile  italiano,  ma  ancora  di  quelle  dispa- 
rate materie  archeologiche  che  sono  1'  argomento  precipuo  del  discorso. 

4.  II  giorno  1 2  di  Febbraio  mori  in  Roma,  dopo  breve  malattia,  1'  Em.  Cardi- 
nale  Ludovico  Gazzoli,  primo  Diacono  del  Sacro  Gollegio.  Egli  era  nato  in 
Terni  nel  1774  e  pnbblicato  Cardinale  nel  Coneistoro  dei  2  Luglio  del  1832. 

II  giorno  17  dello  stesso  mese  mori  ia  Roma^  in  mezzo  a  tntt'i  conforti  della 
xeligione,  1'illustre  scultore  Prof.  Filippo  Albacini  romano,  Consigliere  del- 
1' Accademia  di  S.  Luca.  Egli  Iasci6  la  delta  Accademia  erede  proprietaria 
delle  sue  sostanze,  che  dovranno  essere  impiegate  in  premii  e  pensioni  ai 
giovatii  artisti  italiani  e  specialmente  romaui. 

Mui'i  pure  in  Roma  il  giorno  15  dello  stesso  mese,  tra  i  conforti  della  re- 
ligione,  il  Marchese  Filippo  Naro  Patrizi  Montoro,  \essillifero  ereditario  di 
S.  R.  G.  lasciaudo  grande  desiderio  di  se  per  le  virtii  di  cui  era  adorno.  II 
giorno  12  poi  passd  parimente  agli  eterni  riposi  la  Marchcsa  Giovanna 
Serlupi  Grescenzi,'nata  Buoncompagni  Ottoboni,  dei  Duchi  di  Fiano,  dotma 
di  segnalata  pieta  e  virtii  cristiana. 

5.  11  giorno  14  di  Febbraio,  nella  chiesa  nazionale  di  S.  Antonino  uV  Porto- 
ghesi,si  canl6  un  solenne  Te-Deum  in  ringraziamento  a  Dio  per  la  cessa- 
zione  della  febbre  giallain  Lisbona.  V'intervenne,  oltre  a  parecchie  illustri 
persone,  I'^eccellenza  del  sig.  Visconte  di  Alte,  inviato  straordinario  e  Mi- 
aistro  Plenipotenziario  in  missione  speciale  di  S.  M.  Fedelissima  presso  la 
S.  Sede. 

II  sig.  Duca  D.  Mario  Massimo  e  stato  teste  nominate  daS.  S.  Commissa- 
rio  generale  delle  Strade  ferrate  Pontificie  Romane. 

Ilgiorno  22  di  Febbraio-fu  ricevuto  dalla  Santita  di  N.  S.,  a  cui  presentd 
le  sue  lettere  credenziali,  il  sig.  Gonte  Gabriele  Francesco  di  Paola  du  Gha- 


612  CROXACA 

stel,  di  recente  promosso  dal  grado  d'  Incaricato  d'affari  a  quello  di  Ministro 
residente  del  Re  dei  Paesi  Bassi  presso  la  S.  Sede 

Lo  stesso  giorno  furono  celebrate,  per  cura  del  sig.  Duca  di  Gramont,  am- 
basciatore  francese,  nella  chiesa  nazionaledi  S.  Luigi  dei  Francesi,  solenni 
funerali  al  defunto  ContediRayneval,  poco  fa  ambasciatore  diFrancia  pres- 
so la  S.  Sede.  L'  affelto  e  la  grata  memoria  ch'egli  ha  lasciato  in  Roma  fu- 
rono pure  cagione  che  altre  solenni  esequie,  per  suffragarne  1'  anima,  gli  si 
celebrassero  in  Roma  Delia  chiesa  dellaMaddalena,  il  giorno  24  di  Febbraio. 
Mons.  Sagrista  di  S.  S.  pontific6  la  Messa",  a  cui  per  disposizione  del  S.  Pa- 
dre intervennero  Mons.  Maggiordomo  e  Mons.  Maestro  di  Camera  ed  altre 
persone  della  Nobile  Anticamera  Pontificia. 

6.  La  citta  di  Fuenzae  oraarricchita  diun  imovo  istituto  di  beneficenza, 
grazie  alia  generosita  del  Conte  e  della  Contessa  Mazzolani,  ora  defunti,  die 
con  loro  testamento  vollero  altamente  beneficare  la  loro  patria.  L'  istituto 
che  avra  per  sede  lo  stesso  palazzo  Mazzolani  e  per  rendita  molti  stubili 
legatigli  dal  testamento  ,  sara  chiamato  Istituto  Mazzolani  e  confidato  alle 
religiose  del  Sacro  Cuore  di  Gesii  od  alle  Figlie  della  Carita.  Lo  scopo  della 
nuova  opera  sara  1'educazione  di  povere  fanciulle  faentine  orfane,  le  quali 
dovranno  essere  mantenute  sino  all'eta  di  anni  20. 

7.  II  giorno  21  Gennaio  passato  ricevettero  in  Terni  il  santo  Battesimo  sub 
conditione  dalle  mani  di  Mons.  Vescovo,  otto  giovani  di  una  sola  famiglia, 
sei  feminine  e  due  maschi,  convertitisi  dalla  eresia  luterana  alia  religions 
cattolica.  Pochi  giorni  dopo  essi  fecero  la  solenne  abiura  nella  chiesa  Cat- 
tedrale,  con  grande  loro  consolazione  e  gioia  comune  della  pia  eilta. 

8.  Pochi  anni  sono  i  Vescovi,  convenuti  a  Concilio  nella  citla  di  Loreto  e  qui- 
•vi  Hitesialla  riforma  del  popoloe  del  clero  loro,ordinarono  sapientemente  fra 
le  altre  cose  che  s'istituissero  nelle  singole  diocesiGonferenze  ecclesiasticlie, 
nelle  quali  i  sacerdoti  si  andassero  con  varii  opportuni  mezzi  esercitaado 
nelle  sacre  scienze.  Di  che,  ilzelanteMons.  Zangari,  Vescovo  di  Macerata  e 
Tolentino,  islitui  ora  le  dette  Conferenze  nella  sua  Diocesi.  Quali  poi  siano 
le  esercitazioni  che  in  esse  si  dovranno  compiere,  lo  spiego  egli  medesimo  in 
una  sua  Allocuzione  al  clero  nell' occasione  d'istituire  nella  sua  Diocesi 
le  Conferenze  scicntifiche,  pubblicata  nel  1857  per  le  stampe  di  Giuseppe 
Cortesi  in  Macerata.  1  temi  delle  Conferenze  saranno  presi,  secondo  che  ri- 
caviamo  dalla  delta  allocuzione,  dalla  Scrittura  sacra,  dalla  disciplina  e  li- 
turgia  della  Chiesa,  dalla  storia  ecclesiastica,  dalla  giurisprudenza  canonica, 
dalla  Teologia  dommatica  ed  ascetica.  In  ogni  tornata  sara  tratto  a  sorte  il 
tema  della  disscrtazione  da  leggersi  nella  seguente  tornala,  ed  il  nome  del 
sacerdote  che  dovra  stenderla.  Gli  altri  membri  della  Conferenza  potranno 
poi  proporre  obbiezioni  e  riflessioni.  La  disser(azione  dovra  durare  circa 
mezz'ora :  ed  un'altramezz'ora  la  discussione.  E  certo  che  da  tali  Conferen- 
ze istituite  nelle  singole  diocesi  dee  per  necessita  sempre  meglio  ingenerarsi 
nel  clero  1'  amore  ed  il  culto  delle  scienze  sacre.  Ed  e  pcrci6  da  altamente 
commendare  Mons.  Yescovo  di  Macerata  e  di  Tolentino  che  provvide  cosi 
il  suo  clero  di  oltimo  mezzo  di  profitto-non  meno  s'cientifico  che  spirituale. 

9.  Giornaliufficiali  e  non  ufficiali  seguono  apubblicare,  supra  il  conto  del 
Coverno  Pontificio,  menzogne  quali  piu,  quali  meno  assurde,  ma  tulte  ispi- 


CONTEMI'ORAKEA  613 

rate  dallo  stesso  desiderio  di  dar  mala  voce  collefalsita  ad  un  Governo  che 
non  possono  con  verita  malmenare.  II  Giornale  ufficiale  di  Roma,  che  va 
di  quando  in  quando  raddrizzando  queste  inesatte  notizie,  conteneva  a  tal 
proposito  nel  suo  numero  dei  20  Febbraio  il  seguente  articolo  che  ripro- 
duciamo  esaltamente. 

«  Un  giornale  ufficiale  di  unprossimo  Statoltaliano(dice  \\Giornak  di  Ro- 
ma) riporta  un  articolo  di  un  periodico  tedesco,  nel  quale  si  asserisce  che  il 
S.  Padre  abbia  fatto  premure  alle  LL.  MM.  gl'Imperatori  di  Austria  e  di  Fran- 
cia  non  solo  di  prolungare  la  stazionc  delle  rispettive  guarnigioni  nello 
Stato  Pontificio,  ma  ben  anclie  di  aumenlarle.  Di  tutto  questo  non  esiste 
una  sillaba  di  \ero. 

«  La  moltitudine  delle  calunnie  che  si  scagliano  contro  il  Governo  ponti- 
ficio,  e  delle  menzogne  che  si  divulgano  con  ipocrita  compiacenza,  rende 
necessario  che  di  tanto  in  tanto  si  faccia  menzione  diqualcunadi  esse,  uni- 
camente  per  rendere  avvertiti  i  lettori  di  quegli  articoli  a  non  lasciarsi  il- 
ludere  dai  racconti  favolosi  che  si  pubblicanoda  chi  non  ha  altrogenioche 
quello  di  malignare  contro  la  S.  Sede  ed  il  Governo  pontilicio. 
Duegiornidopo  lo  stesso  Giornale  di  Roma  pubblic6  quest' altro  articolo. 
«  Un  giornale  inglese  The  Illustrated  London  News,  ha  detto,  e  la  Presse  di 
Parigi,  i\Corriere  Mercantile  di  Genova  e  qaalche  altro  periodico  di  Piemon- 
te,  non  hanno  dubilaio  di  ripetere  che  i  briganti  arrestarono,  con  grande- 
accorgimento  e  destrezza,  il  convoglio  della  strada  ferrata  da  Roma  a  Fra- 
scali,  un  giorno  che  era  stipato  di  passeggeri,  e  specialmente  di  donne  or- 
nate deiloro  vezzi  piu.  preziosi  e  delle  piu  ricche  vesti,  perche  accorrenti 
ad  una  gran  festa:  e  che  a  loro  bell'agio  spogliarono  tutti,  senza  per6  far 
loro  altro  oltraggio.  Hanno  quiudi  tratta  la  conseguenza  che  neppure  sulle 
strade  ferrate  si  pu6  andar  sicuro  nello  Stato  Pontificio  dagli  assaltr  dei 
briganti.  Ognuno  fara  certamente  le  meraviglie,  che  si  abbia  tanta  audacia  nel 
pubblicare  notizie  cosi  inverosimili :  e  noi  faremmo  altrettanto,  se  non  los- 
simo  abituati  a  \edere  certi  giornali,  intend  sempre  a  mentire  e  calunnia- 
re,  non  dubitar  mai  di  dare  ad  intendere  cose  le  piu  strane,  anche  a  co- 
sto  di  trarre  sopra  di  se  le  risa  e  il  disprezzo  che  e  giustamente  loro  dovuto ». 
Fin  qui  il  Giornale  di  Roma. 

10.  Al  qual  proposito  noteremo  che,avendo  noi  manifestato  qualche  tempo 
fa  i  nostri  dubbii. sopra  1'esistenza  a  questo  mondo  diuncorrispondentero- 
mano  dell'  Independence  Beige ,  colui  che  si  professa  tale  credette  dovere 
nel  detto  giornale  provare  a  lungo  la  propria  esistenza.  Ma,  per  disgrazia,  re- 
co  appunto  un  argomento  che  ci  conferma  sempre  piu  nella  nostra  opinione,. 
che  egli  non  viva  punto  in  Roma,  ne  negli  Stati  Pontificii.  Infatti,  volendo- 
fare  dell' informatodi  cose  segrete,  annunzia  che,  se  volesse,  potrebbe  scri- 
vere  notizie  sopra  una  certa  eredita  Bonaccioli.  II  che  dimostra  evidente- 
mente  ch'egli  ignora  quello  che  in  Roma  tutti  sanno;  non  essendovi  tra  noi 
veruno  il  quale  non  sappia,  (se  pure  il  vuol  sapere)  quanto  concerne  una 
tale  causa  che  si  apita  dinanzi  ai  tribunal!. 


614  CRONACA. 

STATI  SAUDI  (Nostra  Corrispondenza  )  i.  Proposte  pet1  la  tiforma  dd!a  legge 
sopra  la  stamps  -  2.  T  ginrati  in  Piemonte  —  3.  Nota  del  Covet-no  fran- 
cese  e  interpellanza  del  Dep.  Yalerio  —  4.  Le  nuove  elezioni  e  la  pressione 
ministeriale  —  5.  Processo  di  Gehova  -  G.  Arresti  in  Sardegna  —  '7.  L'Espo- 
sizione  a  favoro  dalle  missioni  ecc.,  nuovo  giornale. 

1.  Dopo  1'attentato del  lldiGennaio  tutti  compresero che  qualche  nuova 
provvidenza  era  necessaria  anche  in  Piemonte  per  la  sicurezza  degli  allri 
Governi  d'  Italia  e  d'  Europa;  stavasi  perci6  in  aspettazione  di  ci6  che  sa- 
rebbe  per  fare  il  Ministero.  Le  vacanze  delta  Camera  die  si  protrassero  per 
circa  un  mese  per  ragione  del  Carnovale  e  di  altre  elezioai  da  farsi,  non  per- 
miseru  al  Ministero  d'aprire  prima  1'animo  suo  intorno  ai  nuovi  provvedi- 
menti  da  abbracciarc;  ma  il  17  Febbraio,  nella  prima  tornata  che  tennero  i 
dcputati,  venne  loro  presentato  dal  Ministro  Guardasigilli  un  disegno  di  leg- 
ge  che  consta  di  tre  parti.  La  prima  riguarda  le  cospirazioni  contro  la  vita 
de'  Principi  foraslieri;  la  secoada  1' apologia  del  regicidio;  la  terza  F  orga- 
namento  dei  Giurati.  La  cospirazione  contro  la  vita  dei  Sovrani  e  capi 
dei  Governi  stranieri  e  punita  colla  reclusione  estensibile  fino  a  dieci  anni 
di  gaiera,  quando  vi  sieno  atti  preparatorii.  L'  apologia  dell'  assassinio  po- 
litico ovunque  commesso  e  punita  colla  pena  del  carcere  da  tre  mesi  ad 
un  anno,  ollre  acl  nna  multa  estensibile  a  lire  mille.  Ma  che  cosa.  s'  intende 
per  apologia'  d'  assassinio  politico?  II  disegno  di  legge  risponde  che  tale 
reato  si  commette  ogni  qaal  volta,  col  mezzo  della  stampa  o  di  qualsivoglia 
artiticio  meccanico  atto  a  riprodurre  segni  figurativi ,  si  approva  1'  assassi- 
nio politico,  ovvero  si  cerca  di  giustiflcarlo ,  o  di  scusarlo.  La  medesima 
pena  sara  pure  applicata,  quando  I'apologia  fosse  fatta  indirettamente  colla 
pubblicazioue  o  riproduzione  di  scritti  stampati,  o  di  opere  altrui. 

2.  Riguardo  al  nuovo  organamento  de'  Giurati  e  bene  ch'  io  dica  prima 
com'  esso  e  presentemeute  formato.  La  legge  del  26  di  Marzo  1818  ha  sta- 
bilito  i  giudici  di  fatto  nei  giudizii  di  stampa,. ordinando  che  essi  vengano 
tratti  a  sorte  in  numero  di  200  per  ogni  distretto  de'  Magistral!  di  appello 
dalle  lisle  degli  elettori  politic!.  L'  estrazione  si  dee  fare  ogni  sei  mesi  dal- 
1'  Intendente  della  provincia  dove  risiede  il  Magistrate  d'  appello;  1'  Inten- 
denle  ne  trasmette  la  nota  al  primo  presidents  del  Magistrato  d' appello  ;  e 
questi,  nella  prima  udienza  pubblica  d'ogni  mese,  fa  I'estrazione  di  cinquan- 
ta  nomi  tra  i  compresi  nella  lista  suddelta,  i  quali  saranno  i  giudici  del 
fatto,  che  dovranuo  prestar  servizio  durante  il  detto  mese.  All' udienza  poi  si 
estraggono,  dai  50,  quattordici  giudici  del  fatto  necessarii  per  quel  giudizio, 
e  tanto  il  Ministero  pubblico  quanto  1'  imputato  possono  ricusarli,  sino  al 
numero  di  sei  per  ciascheduno.  Gosi  furono  ordinate  le  cose  fin  qui.  Ora  il 

i  sig.  Deforesta  propone  un  nuovo  sistema.  Sono  giudici  del  fatto  tutti  gli 
inscritti  uella  lista  degli  eletlori  politic!.  La  lista  di  dugento  di  questi  vie- 
ne  formala  negli  ultimi  quindici  giorni  dei  mesi  di  Giugno  e  di  Deccmlire 
d'  ogni  anno  da  una  Commissione.  Questa  Commissione  e  composta  del  Sin- 
daco  e  di  due  Consiglieri ,  1'  uiio  eletto  dal  Municipio  e  1'  allro  dall'  Inten- 
•dente.  Nell'  estrazione  dei  giudici  del  fatto  pei  singoli  giudizii,  tanto  il  pub- 
blico Ministero  quanto  1' imputato  possono  ricusare  gli  estratti  a  sorte  sino 


CONTEMPORANEA  615 

ache  rimangano  nell'  urna  tanti  nomi  che  uniti  a  quelli  gia  cstratti  e  non 
ricusati  raggiungano  il  numero  di  quattordici.  lo  noa  porter6  giudizio  ne 
sopra  il  primo  ne  sopra  il  secondo  sistema,  pago  di  averli  esposti  bre- 
vemente. 

3.  Qui  debbo  uotare  siccome  sia  ora  la  seconda  volta  che  si  modifica  la 
nostra  legge  sopra  la  stampa  riguarclo  ai  giudici  del  fatto.  La  priraa  volta 
cio  avvenne  nel  Febbraio  del  1852,  dopo  il  colpo.di  Stato  del  2  Dicembre, 
e  la  seconda  volta  avviene  ora  dopo  F  atteutato  del  14  Geimuio.  Questa  co- 
incidenza  ha  dato  luogo  alia  voce  corsa  generalraente  tra  noi  che  il  Mini- 
stero  siasi  piegato  a  queste  nuove  ritbrme  in  forza  dinote  giunteda  Parigi. 
Intorno  al  die  il  deputato  Yalerio  iuterpello  il  Coate  di  Gavour  nella  torna- 
tu  de'  18  di  Febbraio.  II  Ministro  cominci6  dapprima  a  dolersi  dell'  inop- 
portunita  dell'interpellanza,  e  poi  confess6  che  la  Francia,  dopo  1'  attenta- 
to  del  14  di  Gennaio,  avea  mandato  una  nota  al  Piemonte,  come  all'Inghil- 
terra,  al  Belgio  ed  alia  Svizzera.  Quanto  poi  al  rendere  pubbiica  questa  no- 
ta, il  Cavour  disse  clr  egli  non  avrebbe  difficolta  di  comunicare  il  docu- 
mento  ad  una  Commissione  della  Camera,  e  discutere  con  questa  dell'  op- 
portunita  di  pubblicarlo. 

4.  II  tre  di  Febbraio  si  fecero  died  nuove  elezioni  politiche,  nelle  quali 
i  conservatori  furono  vinti,  non  avendo  ottenuta  la  vittoria  che  nel  solo  Col- 
legio  di  Busaqui  in  Sardegna.  Dovendosi  poi  procedere  il  17  alia  verilica- 
zioni  dei  poteri  dei  nuovi  deputati,  il  Conte  Solaro  della  Margherita  disse 
nella  Camera  un  .bellissimo  discorso  sopra  le  menc  ministerial!,  dichiaran- 
doche,  dopo  avere  udito  il  Conte  di  Gavour  tanto  declamare  contro  i  Chie- 
rici,  perche  aveano  cercato  d'influire  sopra  le  elezioni,  avea  sperato  che  il 
Governo  sarebbesi  serbato  neutrale.  Ma  1' espettazione  venne  delusa.  La 
pressione  morale,  I'  uso  dei  mezzi  temporali  oltrepassarono  ognimisura; 
e  qui  prese  a  raccontare  di  molti  fatli,  alludendo  anche  alia  persuasione  di 
molti ,  i  quali  credono  che  le  vittorie  ministeriali  sieno  state  miracoli  del- 
I'oro.  Accean6  pure  il  Go ute  Solaro  alia  Circolare  pubblicata  dal  Conte  di 
Cavour,  quando  venne  assunto  al  Ministero  deH'interno,  nella  quale  «  chiarl 
esplicitamente  essere  sua  volonta  che  il  Governo  continuasse  ad  intervenire 
neile  elezioni,  autorizzando  cosi  una  pressione  di  ben  altro  peso  che  quella 
rimproverula  al  Glero  in  sette  soltanto  dei  dugento  e  quattro  Collegi  »(Att.Uff'. 
della  Cam.  N.°  74  pag.  277).  11  Conle  di  Gavour  rispose  al  Gonte  Solaro 
essere  pretto  dovere  d'  un  Ministro  coslituzionale  il  cercar  di  far  trionfare 
quelle  dollrine,  quei  principii  politici^  che  ritieue  piu  conformi  agli  inte- 
ressi  delpaese  ».  Sopra  ilche  osservava  molto  acconciamente  il  dep.  Valerio 
che  « quando  1'intromissione  del  Governo  nelle  elezioni  giunge  ad  essere 
aperta,  come  dichiar6  averne  diritto  il  presidente  del  Gonsiglio,  per  me  pen- 
so  che  il  diritto  elettorale  rimune  intieramente  perduto.  » 

5.  In  Genova  si  fecero  varii  arresti  politici,  e  per  ben  sette  volte  fu  se- 
questrata  la  Gazzetta  del  Mazzini  intitolata  L'ltalia  del  Popolo.  Presente- 
mente  si  sta  trattando  presso  laGorte  d'Appelloin  quella  citta  il  processo  con- 
tro i  congiurati  del  29  Giugno.  Dai  lunghi  e  continui  interrogatorii  dei  testi- 
monii  e  degli  accusati  si  ricava  che  moltissimi  furono  tratti  in  inganno,  e  che, 
sotto  prelesto  di  sollazzi ,  chiamati  nei  rilrovi  della  congiura,  Irovaronsi  i  pu- 


616  CRONAC.V 

cnali  appunlati  al  petto  quando  vollero  uscirne.  I  feroci  discorsi  de'  con- 
giurati,le  mine,  i  saccheggi  e  simili  orrendi  tentativi  appariscono  pure  in 
modo  irrepujinabile.  Pare  che  la  congiura  non  sia  stata  ordita  in  Genova,  ma 
in  Torino,  nell'Albergo  dei  Due  Delfini,  e  cornparisce  nel  processo  uno  sco- 
nosciulo  che  ha  denari  assai ,  e  paga  pranzi ,  carrozze,  e  da  la  parola  d'  or- 
dine.  Merita  pure  di  essere  riferito  ci6  che  disse  1'  imputato  Giussani ;  il  qua- 
le  raccont6  die  essendo  stato  invitato  da  un  signore  ad  arruolarsi  tra  i  con- 
giurati  che  doveano  andare  contro  Napoli,  il  progetto  glipiacque  «  perche 
{ disse)  secondo  il  mio  modo  di  vedere,  non  mi  poteva  compromettere,  es- 
scndomi  sembrato  che  il  Governo  non  vi  fosse  contrario  ».  Al  che  il  Presi- 
dente:  «  Come,  come,  cosa  dite?»  El' imputato  Giussani: «  Si;  ho  considerate 
che  il  Governo  non  poteva  gran  che  disapprovare  quel  falto  ( la  spedizione 
contro  JNTapoli).  giacche  il  Gonle  di  Cavour  al  Congresso  di  Parigi  ebbe  a 
dire,  che  se  non  sirimediava  al  mal  governo  del  regno  di  Napoli  con  prpnte 
riforme,  unarivoluzione  sarebbe  facilmente  scoppiata.  » 

6.  Merita  lode  assai  la  sollecitudine  della  polizia  nell'  Isola  di  Sardegna. 
La  statistica  degli  arresti  operati  da'  reali  carabinieri  di  Sardegna  nel  1857 
recache  furono  arrestati  204banditi,  tutti  imputati  d'omicidio,conaltri!76 
grassalori,  537  ladri,  87  per  risse  con  ferite,  39  per  rivolta  alia  forza  ar- 
mata,  e  18  individui  fuggiti  dalle  galere  e  dalle  carceri.Tanto  narra  la  Gaz- 
zetla  Alilitare. 

1.  Sotto  il  titolo  deH'OfcoZo  della  fedc,  in  due  quaderni  dell' anno  passato,  voi 
avete  sottoposlo  ai  vostri  lettori  alcuni  pensieri  intorno  all'opera  della  pro- 
pagazione  della  fede  ed  ai  mezzi  onde  farla  prosperare  fra  le  popolazioni 
cattoliche.  La  conclusione  a  cui  mirava  quel  discorso  si  fu  che  i  due  ele- 
nienti  di  borsa  e  di  fede  non  bastavano  per  ispiegare  il  porgersi  che  faceva 
piii  o  meno  generoso,  un  dato  paese  a  quelTopera  si  cristiana;  ma  che  piii 
d'ogni  altro  vi  entra  la  efflcacia  e  1'  ampiezza  onde  se  ne  danno  gli  eccita- 
menti  e  se  ne  fa  la  proposta.  Qualche  tempo  era  appena  trascorso  dopo 
questi  vostri  articoli,  quando  nella  solita  corrispondenza  io  narrai  siccome 
11  Canouico  Ortalda,  Direttore  dell'opera  suddetta  in  Torino,  aveva  posto  ma- 
no  ad  un  nuovo  mezzo  per  renderla  phi  nota  e  svegliare  verso  di  lei  mag- 
gior  favore  popolare.  Prima  di  rendervene  piii  ampiainente  informali  volli 
per6  aspettare  ehe  si  mostrassero  i  frutti.  E  poiche  quesli  non  si  fecero 
aspettare  lungamente,  io  ve  ne  daro  qui  un  ragguaglio  tanto  piii  volenlieri 
quanto  che  esso  presenta  fatti  che  vengono  in  appoggio  dei  vostri  detti. 

Incoraggiato  queU'ottimo  Direttore  dal  felice  esito  che  sorti  una  piccola 
lotteria  da  lui  proposta  alcuni  anni  sono,  venne  ora  nelpensiero  di  ritenta- 
re  la  stessa  pruova  in  guisa  assai  piii  vasta.  Per  lastricarsi  la  via  mand6 
innanzi  un  Quadro  nominativo  di  tutti  i  missionarii  sardi,  incitando  questi 
insieme  con  tutti  i  cittadini  dello  Stato,  perche  volessero  concorrere  ad  una 
esposizione  da  rivolgersi  in  lotteria  a  vantaggio  delle  missioni  cattoliche,  af- 
fidate  ai  missionarii  sardi. 

Lo  Stato  sardo ,  che  non  conta  che  pochi  milioni  di  abitanti,  ha  piii  di 
seicento  missionarii  sparsi  pel  mondo.  Gi6  dovea  eccitare  ed  eccit6  difatti 
grata  sorpresa  nel  paese  stesso,  il  quale  non  era  conscio  di  si  bel  suo  me- 
rito.  Ricordarglielo  era  mezzo  acconcio  per  muoverlo  in  favore  di  tanti 


CONTEMPORANEA  6 1  7 

connazionali.  E  cosi  fa.  II  Governo  stesso  diede  1'esempio,  giacche  il  primo 
Minis tro,  Gonte  di  Gavour,  rec6  un  tal  fatto  a  notizia  dei  consoli  sardi  nei 
paesi  forastieri,  scrivendo  loro  inuna  lettera  circolare  un  paragrafo  soprala 
protezione  dei  missionarii  sardi  coi  termini  seguenti:  «  Recerili  lavori  di 
«  molta  esattezza  hanno  fatto  conoscere  che  nelle  diverse  regioni  del  globo 
«  esistono  piu  diseicento  missionarii  sardi,  diciotto  dei  qualisono  insigniti 
«  del  caraitere  vescovile-  Questi  missionarii  essendo  RR.  sadditi,  hanno  di- 
«  ritto  alia  particolare  protezione  dei  consoli  di  S.  M. ,  i  quali  nei  casi  piu 
«  imporlanti  e  delicati  avranno  cura  di  prestarla  loro  col  massimo  inte- 
«  ressamento. 

L'idea  dell'  egregio  Can.  Ortalda  piacque  poi  oltremodo  ai  Vescovi  dello 
Stato,  i  quali  non  solo  1'accolsero  di  buongrado,  mainoltre  si  compiacque- 
ro  di  promuoverla  e  di  commendarla  nelle  loro  diocesi.  I  missionarii  furo- 
no  solleciti  di  rispondere  dalle  diverse  parti  coll'inviare  parecchi  oggetli  pre- 
ziosi  o  per  valore  intrinseco  o  per  la  loro  rarita,  cosi  che  in  pochi  mesi  i  do- 
ni  gia  oltrepassarono  il  valore  di  cinquantamila  franchi.  Ma  il  Direttore  non 
tard6  ad  accorgersi  che  un  invito  esteso  ad  un  concorso  si  svarialo  non  avreb- 
be  potuto  raggiungere  pienamente  il  suo  scopo,  senza  una  pubblicazione  pe- 
riodica  che  ne  fosse  come  il  foglio  uftiziale  ed  illustrative.  Pose  perci6  mano 
a  pubblicare  un  periodico  che  ha  per  titolo :  Esposizione  a  favore  deile  mis- 
sioni  cattoliche  afftdate  ai  ssicento  missionarii  sardi:  foglio  ebdomadario  * . 

II  suo  compile,  come  si  scrive  nei  programma,  sara  di  ritrarre  e  muttere 
in  bella  mostra  il  grande  movimento  iniziato  per  questa  pia  esposizione,  e 
svelarne  tutt'  i  passi  e  le  fasi  tanto  nello  Stato  come  fuori.  Quindi  esso  fo- 
glio si  occupera  di  descrivere  gli  oggetti  dell'  Esposizione,  illustrandoli 
all'uopo  con  litogralie,  di  registrare  i  nomi  delle  persone  promotrici  dell'e- 
sposizione,  collettrici  o  donatrici  degli  oggetti,  di  far  conoscere  i  brani  piu 
important!  delle  lettere,  con  cui  i  missionarii  accompagnano  T  invio  dei  loro 
doni,  di  pubblicare  le  circolari  dei  Yescovi  e  quegli  altri  document!  che 
avranno  relazione  coll' Esposizione,  inflne  di  dare  notizie  recenti  intorno 
alle  missioni,  nelle  quali  stanno  ora  faticando  i  missionarii  sardi. 

Oltre  il  suo  principale  intento  di  favorire  1'  esposizione  stessa,  tale  perio- 
dico servira  ancora  a  far  conoscere  molti  curiosi  oggetti  ioviati  dai  missio- 
narii ;  e  specialmente  a  dare  colle  lettere  dei  missionarii  stessi  novelle  delle 
loro  fatiche  a  tanti"  concittadini.  Inoltre  questo  periodico  dara  gradito  ed 
innocente  pascolo  alia  curiosita  di  quei  tanti  che  amano  letture  amene  e  cu- 
riose.  Ed  i  genitori  potranno  senza  timore  alcuno  porlo  nelle  mani  dei  loro 
figliuoli,  sicuri  ad  un  tempo  di  recare  loro  grande  dilctto  ed  istruzione.  Gik 
ne  sono  usciti  i  primi  numeri,  i  quali  sono  un  pegno  sicuro  dell'  avvenire. 
Vi  leggemmq  sette  lettere  circolari  relative  all'  Esposizione ,  scritte  dai  Ve- 
scovi di  Ciamberi,  \'ercelli,  Geneva,  Novara,  Biella,  Ivrea  ed  Asli.  Molti 
articoli  poi  sono  scritti  da  Vescovi.  Gosi,  per  esempio,  dell'Oceania  parla  Mon- 
signor  Bataillon  Vescovo  della  medesima,  dell' India  Monsignor  Balma,  gia 
Vicario  aposlolico  di  Ava  e  Pegu,  dell'  Egitto  Monsignor  Guasco  presents 

\  II  prczzo  e  di  f.  4  per  un  scmcstrc  in  Torino,  franco  a'confini  f.  5.  Le  associazioni  si 
ricevouo  dai  Direttori  dioccsani  della  Propagazione  della  Fede,  della  S.  Infauzia  e  da  Giacinto 
Marietti. 


618  CROXACA. 

Yicario  apostolico.  II  primo  oggetto  illustrato  e  il  SS.  Sepolrro,  vengono 
quindi  le  rose  di  Gerico,  i  lavori  dei  monaci  di  S.  Saha  occ.  Finir6  qnosto 
cenno  col  notare  la  feconditft  delle  opere  cattoliche.  Spimta  la  Propagazio- 
ne  delta  fede,  e  pochi  auni  dope  nasce  la  Santa  In fan-ia  non  mono  mile-  ;il!e 
missioni.  Una  pubblieazione  periodica  ma!  potendo  bastaro  per  ditto  cogli 
Annali  delta  Prepay  azione  della  Fede,  ecco  che  ora  ne  germogliano  vario 
altre,  trale  quali  non  meno  ricco  di  vita  si  presenta  il  foglio  die  vi  anriun- 
zio.  Tutfe  queste  opere  sono  vivificale  dallo  stesso  spirito,  infiammate  dallo 
stesso  zelo,  e  dirette  da  una  sola  virtu  la  carita  cattolica. 

if. 

COSE  STRANIERE. 

SPAG.NA.  (Nostra  Corrinpomlenza.)  J.  Spiegnzioni  domandute  al  sig.  Bravo  Mu- 
rillo —  2.  Suo  discorso  ~  3.  Effetti  —  -4.  II  sig.  Fejada  nel  Senalo  —  5.  Stato 
presente. 

1.  La  lotla  delle  tendenze  tra  le  due  graudi  frazioni  dell'antica  parte  mo- 
derata  coslituisce  al  presente  quasi  tutta  1'attuosita  della  nostra  politica  mi- 
litante.  Essa  va  approssimandosi  ad  un  qualche  scioglimento,  il  quale  van- 
taggio  devesi  al  principale  avvenimento  occorso  in  Ispagna  dall'ultima  mia 
corrispondenza  in  qua.  Questo  avvenimento  non  e  altro  che  il  cliscorso  pro- 
nuiciato  nel  Gongi-esso  dal  sig.  Bravo  Murillo,  il  giorno  30  del  passato  Gen- 
naio. 

Fin  da  quando  cominciarono  i  dibattimenti  intorno  alia  risposta  da  farsi 
al  discorso  della  Corona,  anzi  ancorprima  di  essi  nella  interpellazione  circa 
1'ultimo  cangiamento  dei  Minislri,  rivolta  al  Ministero  il  giorno  25  dal  sig. 
Santa  Cruz,  capo  della  minorita  progressista;  fin  d'allora,  diceva,  pub  dirsi 
che  il  tema  comune  di  tutti  git  oratori  dell'opposizione,  piu  o  meno  manife- 
sta,  fu  quello  d'insistere  presso  il  sig.  Bravo  Murillo  perche,  con  termini  pre- 
cisi  ed  espressivi,  dichiarasse  se  continuava  a  sostenere  il  celebre  disegno  di 
Riforma  coslituzionale  concepito  ,  anzi  ancor  pubblicato  dal  Ministero  ,  del 
quale  egli  fu  capo  nel  1851-52,  ovvero  se  rinunziava  ad  esso.  Due  sorte  di 
ragioni  vi  erano  ,  come  incontra  se.mpre  nella  palestra  parlamentare  ,  per 
chiederequestaspiegazione:  ragioni  apparent!,  ragioni  vere.  Laragioneap- 
parente  messa  in  campo  dimorava  nella  necessita  di  calmare  i  timori  che, 
secondo  che  si  diceva,  inquietavano  gli  animi  dei  liberali  intorno  alle  in- 
tenzioni  del  sig.  Bravo  Murillo;  timori  fondati  nel  sospetto  che  il  suo  inal- 
zamento  a  Presidente  del  Congresso  dovesse  quindi  a  poco  generare  1'  at- 
tuazione  delle  sue  idee  politkhe.  Ma  assai  diversa  era  la  ragione  vera  di 
tale  domanda  di  spiegazione;  poiche  voleasi  con  cio  rompere  i  legami  di 
quella  lega  parlamentaVe  che  avea  eletto  Presidente  il  sig.  Bravo  Murillo, 
siccome  quell  a ,  che  formatasi  fra  persone  d' opinamenti  diversi,  contava 
molti  caldi  avversarii  della  Riforma  del  1852.  II  Presidente  del  Congresso 
fu  quindi  posto  in  unamolto  difficile  condizione :  giacche  dichiarandosi  co- 
stante  ne'suoi  disegni  politici,  correa  pericolo  di  sciogliere  la  maggiorita 
della  Camera  e  di  essere  per  queslo  accusato  di  aver  posto  un  ostacolo  alia 
tanto  necessaria  unione  della  parte  moderata;  se  al  contrario  li  rinnegava,. 


CONTEMPOIUNEA.  619 

attraevasi  contro  lataccia  d'incostanza  e  di  leggerezza  polilica.  A  uscire  da 
tale  impaccio  non  ci  volea  rneno  del  grande  ingegno  del  sig.  Bravo  Mu- 
rillo :  ed  esso  in  effetto  non  gli  venne  mono.  Tent6  egli  da  prima  di  conser- 
vare  assoluto  silenzio  intorno  a  quel  punto  poricoloso;  ma  vi'sto  Pinsistere 
die  a  vero  studio  tutti  facevano  sopra  quelle  dichiarazioni,  fu  costretto  alia 
fine  di  parlare.  II  suo  discorso  divideva  in  due  parti.  La  prima  dimostrava 
die  egli  non  poteva  essere  costretto  di  dare  spiegazioni  ihtoroo  ai  famosi 
divisamenti  del  52,  poiche  egli  non  era  Ministro,  cgli  non  era  invitato  a 
formare  un  Ministero,  egli  non  era  capo  d'una  opposizione  al  Governo.  Or 
questi  sono  gli  unici  tre  casi ,  nei.  quali  il  sistema  parlamentare  esige  da 
un  uomo  politico  quelle  spiegazioni.  La  seconda  parte  pero  del  discorso  fu 
rivolta  precis'amente  ad  esprimere ,  in  un  modo  tutto  suo,  quel  medesimo 
programma  politico  che  1'oratore  rion  giudicavasi  obbligato  di  fare  nel  mo- 
do  die  esigeva  la  minorita  della  Camera.  La  differenza  consists  in  ci6,  che 
il  sig.  Bravo  Murillo  schivo  molto  opportunamente  di  collegare  le  sue  inten- 
zumi  politiche  col  programma  del  1S52,  rifiutando  di  dichiararle  intorno  a 
questo  punto;  e  daR'aUra  parte  non  rifiul6  di  esporle  sotto  forme  concrete 
e  determinate,  collegandole  colle  necessita  present!  della  Spagna.  Non  son6 
obbligato ,  disse  in  sostanza,  a  dichiarare  se  io  conserve  o  se  abbandono 
gli  antichi  divisamenti;  .posso  nondimeno,  riella  quali  ta  di  deputato,  mamfe- 
stare  cio  che  io  credo  convenienle  e  necessario  di  fare  per  governare  la 
Spagna;  dirigendo  a  uno  stato  fermo  e  tranquillo  questa  nazione  che  da molti 
anni  ha  perdato  ogni  1'ermezza  ed  ogni  tranquillita.  Gi6  fu,  come  ognun  ve- 
de,  un  annunziare  un  programma  compinto. 

2.  Or  qual  e  questo  programma?  Eccone  i  sommi  capi.  II  socialismo  ci 
minaccia ,  le  prove  ne  souo  troppa  evidenti.  II  socialismo  e  que!la  grande 
catastrbfe  che  il  mondo  incivililo  vede  appressarsi  ogni  giorno  di  piu.  Sue 
prodezze  sono  il  regicidio  ,  Io  sconvolgimeuto  dei  popoli ,  gl'  incendii ,  gli 
assassinii :  suo  scopo  il  capovolgere  la  presente  societa,  senza  nessun  rispotto 
nea  diritti  no  a  doveri.  In  quesli  ullimi  anni,  per  sommanoStra  sventura, 
la.  Spagna  e  divenuta  il  campo  piu  libero  a  si  fatali  intendimenti :  e  tutti 
siamo  stati.  testimonii  della  guerra  dichiarata  contro  la  nostra  Religione  , 
contro  il  nostro  trono ,  contro  la  nostra  proprieta.  II  rimedio ,  che  devcsi 
opporre  contra  un  male  si  minaccioso  e  s'rimminente,  consiste  nei  seguenti 
provvedimenti. 

Predicare  la  Religione,  colle  parolee  coll'esempio,  alle  classi  piiibisogno- 
se;  sostenere  ed  aumentare  Tautorita  del  Sacerdozio  caltolico.  I  mali  che  il 
socialismo  vuol  correggere  sono  di  carattere  perpetuo  come  la  societa  uma- 
na,  anzi  come  la  natura  stessa  umana:  sempre  vi  saranno  povcri  e  ricchi. 
Contro  questa  disuguaglianza  non  v'e  altro  rimedio,  fuorche  quello  insegna- 
toci  da  Gesu  Cristo,  cioe  dire  la  carita  noi  ricchi,  la  rassegnazione  nei  po- 
veri.  Or  chi  puo  arrogarsi  d'inspirare  quelle  due  virtii  nel  euore  degli  no- 
mini,  se  non  e  la  Religione?  Quindi  il  signor  Bravo  Murillo  invoca  1'aiuta 
di  essa,  e  pero  chiede  1'unico  modo  che  pu6  rendere  eflicace  questo  aiuto  v 
una  grande  influenza  e  una  grande  indipmdenza  nel  Clero. 

Aftine  di  secondare  1'opera  della  Religione  vi  bisognano  leggi  che  dura- 
mente  comprimano  e  severamente  castighino  qualsivoglia  reato  contro  la 


020  CRONACA 

proprieta;  ed  intanto,  ad  occorrerea  quei  bisogni  piii  urgent!  die  spingono 
il  povero  al  delitto,  e  cosi  prevenirlo,  bisogna  subito  organizzare,  sopra  fon- 
damenli  interamente  cristiani,  la  pubblica  beneficenza. 

Bisogna  formare,  senza  perdcr  tempo,  una  lega  di  Governi  nell'Europa, 
costituita  ed  ordinata  con  tal  destrezza  e  solidita,  die  basti  a  distruggcre 
tutte  le  lenebrose  macchinazioni  delle  societa  segrete. 

Per  dare  al  Governo  e  alle  istituzioni  della  Spagna  la  forza  che  loro  e 
necessaria ,  il  signor  Bravo  Murillo  dimanda  una  Riforma  elettorale ,  la 
quale  modifichi  di  molto  il  numero  del  deputati  ed  il  censo  degli  elettori , 
escluda  dal  Gongresso  gli  Ecclesiastici  edi  militari  che  sono  nel  servigio  at- 
tivo,  poiche  essi  sono  gia  rappresentati  nel  Senato,  escluda  parimente  gli 
impiegali,  eccettuati  alcuni  pochi  di  piu  alto  grado ,  i  quali  riseggono  sta- 
bilmerite  in  Madrid.  Dimanda  ugualmente  1'Oratore  che  si  riformino  i  re- 
golamenti  interni  della  Camera,  di  modo  che  venga  con  essi  ad  assicurarsi 
il  decoro ,  la  tranquillita  e  la  stabilita  delle  sue  deliberazioni ,  senza  che 
giammai  il  potere  parlamentare  possa  impacciare  1'azione  del  Governo,  ne 
invadere  alcuna  delle  prerogative  della  Corona.  Vuole  altresi  una  legge  pel 
pubblici  impicgati,  la  quale  fissando  i  legittimi  diritti  dei  servitori  dello 
Stalo,  determini  1'ordine  degli  avanzamenti  e  delle  destinazioni,  per  chiu- 
dere  la  porta  alle  smodate  pretensioni  dei  deputati  e  degli  elettori.  A  un 
tal  provvedimento  il  signor  Bravo  Murillo  di  si  grand'importanza,  che  giu- 
dica  minacciarsi  grandi  sventure  allo  Stato,  se  subito  non  si  pone  con  mano 
ferma  un  rimedio  a  questa  febbrile  mania  degli  impieghi. 

Le  nuovenecessita  della  Spagna  rendono  indispensabili  nuovi  sagrificii: 
eimpossibile,  dice  1'Oratore,  viverealla  moderna  epagare  all'antica.  Quin- 
di  e  mestiere  che  il  proprietario  si  disponga  a  pagare  piu  di  quello  che  oggi 
paga,  se  vuole  essere  protetto,  difeso  ed  aiutato  efficacemente  dal  Governo. 

II  signor  Bravo  Murillo  crede  poi  di  strappare  alia  rivoluzione  uno  de'suoi 
pretesti  piu  speciosi,  proponendo  la  disammorlizzazione  di  ogni  sorta  di 
beni  ammorlizzati.  Quelli  di  proprieta  ecclesiastica  col  consenso  del  Sommo 
Pontefice,  e  solo  con  esso,  e  non  mai  ed  in  nessun  caso  altrimenti ;  quelli  di 
proprieta  civile  in  guisa  che  la  disammortizzazione  sia  vantaggiosa  ai  coin- 
pratori,  ai  venditori  ed  allo  Stato, 

3.  Questo  e,  ridotto  ne' suoi  minimi  termini,  il  programma  del  signor 
Bravo  Murillo.  Esponendolo  io  mi  sono  ristrelto  all'ufficio  di  mero  cronista: 
non  giudico  nulla,  non  qualifico  nulla.  Credo  nondimeno  di  poter  asserire 
che  qnesto  programma  ha  dei  punti  che  piacciono,  e  dei  punli  che  dis- 
piacciono  a  tutte  le  parti  politiche.  La  disammortizzazione  e  abborrita  da 
tutti  quelli  chepensano  non  essere  essa  altra  cosa,  senon  che  la  violazione 
giuridica  di  quel  diritlo  di  proprieta  che  tantoeloquentemente  aveva  difeso 
il  signor  Bravo  Murillo.  Ball' altra  parte  la  liberta  piena  della  Chiesa,  e  la 
Riforma  elettorale  sono  profondamente  detestate  dai  progressisti.  Quindi 
conseguita  che  il  signor  Bravo  Murillo  non  propone  soluzioni  definitive.  Esse 
sono  forse  impossibili:  forse  questo  eminente  uomo  di  Stato  crede  conve- 
niente  il  condiscendere  in  alcune  cose  a  quello  che  si  chiama  spirito  mo- 
dcrno,  affine  di  poter  conservare  1'ordine  pubblico  per  tutto  quel  tempo  di 
ehe  i  Governi  hanno  bisogno  per  ordinare  le  loro  forze,  a  fine  di  combattere  la 


CONTEMPORANEA 


621 


rivoluzione  nel  suo  proprio  campo.  Ma  di  ci6  sia  quel  che  si  vorra:  il  fatto  e 
€he  il  signor  Bravo  Murillo  lia  spieguto  una  bandiera,  la  quale  se  non  riesce 
u  riunire  in  unsol  corpo  altorno  a  se  tutta  la  partc  modcrala,  riunira  cer- 
tamenle  quella  porzione  di  lei,  die  e  meglio  tlisposta  ad  abbattere  le  piii  forti 
barriere  innalzate  clalla  rivoluzione.  Se  essa  riuscira  un  giorno  a  sedere  nel 
Ministero,  le  sue  difficolta  consisteranno  nell'  essere  troppo  liberate  per  gli 
assolutisti,  e  troppo  assolulista  pei  liberali.  Gia  cominciano  a  vedersi  i  sin- 
tomi  di  questa  difficolta,  la  quale  d'ora  innanzi  sara  la  chiave  per  intende- 
re  lo  svolgimento  successivo  della  nostra  oscura  ed  indeterminata  polilica. 

4.  Al  discorso  del  signor  Bravo  Murillo  nel  Gongresso  debbesi  upire  I'altro 
pronunziato  nel  Senato  dal  sig.  Don  Santiago  Fejada,  il  quale  combatte  co- 
me sterile  e  come  pericolosal'usanzadidedicarelunghe  discussioni  all'esa- 
me  della  risposta  del  discorso  della  Corona.  Questo  solo  argomento  dimo- 
stra  chiaro  che  il  signor  Fejada  e  anch'  esso  un  poderoso  e  franco  avversario 
del  parlamentarismo.  II  suo  discorso  fu  ascoltato  con  rispetto  e  compia- 
cenza  neH'alta  Camera,  e  quiudi  non  fa  meraviglia  che  esso  riuscisse  assai 
malgradito  alle  falangi  libertine  di  ogni  grado  e  d'ogni  condizione. 

5.  Se  dopo  la  precedente  esposizione  dame  fatta  fossi  richiestodi  detini- 
re  la  nostra  condizione  politica,  dovrei  rispondervi  ripetendo  ci6  che  tante 
altre  volte  vi  ho  detto:  cioe  ch'essa  nonpuo  essere  altrimenti  qualificata,  se 
non  con  un'  antilogia,  poiche  in  effetto  e  una  vera  interinidad  normal.  II 
termine  definitive  di  questa  continua  mutazione  di  provvedimenti  tenxpora- 
nei,  che  dura  da  ventiquattro  anni,  solo  Dio  lo  sa. 

FRANCIA  \ .  Scuse  della  Francia  per  gli  indirizzi  bellicosi  dell'esercito  —  2.  II 
nuovo  bill  inglese  ed  il  ntiovo  Ministero  —  3.  Pazienza  francese  —  •*.  Gli  as- 
sassini  non  italiani  —  5.  Processo  sopra  1'  attentato —  6.  Legge  di  sicurezza 
generate  —  7.  11  giuraraento  de'deputati  —  8.  Nuovo  Ministro  degli  affari 
intertii —  9.  Articolo  del  Moniteur  sopra  le  nuove  leggi  —  10.  Discorso  del 
Ministro  della  pubblica  istruzione  — 11.  Morle  del  Gonte  di  Rayneval  —  12. 
Foi  el  liaison,  nuova  Rivista  catlolica. 

1 .  Discorremmo  nel  passato  quaderno  del  mal  viso  fatto  in  Inghilterra  agli 
indirizzi  bellicosi  dell'esercito  francese  all'Imperatore  Napoleone,  e  special- 
mente  a  quelli  che  dicevano  chiaramente  che  1'esercito  non  desiderava  che 
nn  cenno  dcll'Imperatore,  per  volare  proprio  aLondra,  designata  sotto  le  va- 
rianti  di  covo  di  assassini,  e  di  ricovero  di  bestie  feroci.  Ne  tan  to  parea  la- 
gnarsi  ilGoverno  inglese  degli  stessi  indirizzi,  quantodeU'averli  il  Governo 
francese  fatti  inserire  nel  Moniteur,  dando  cosi  loro  quasi  un'  aria  d'appro- 
vazione  ufliciale.  Delle  pratiche  corse  di  qua  e  di  la  a  questo  proposito  noi 
non  vedemmo  sopra  i  giornali  nulla  di  rilevante  a  sapersi;  se  pure  non  ha 
qualche  imporlanza  il  non  essersi  punto  confermate  le  voci  corse  di  un 
armamento  delle  coste  inglesi,  comandato  in  seguito  di  quegli  indirizzi  e  del 
viaggio  a  Londra  dell'ambasciatore  inglese  in  Parigi.  Bensi  tutt'all'improv- 
viso  si  lesse  nei  giornali,  che  la  ricavarono  dai  rendiconli  delle  Camere  in- 
glesi dove  fu  letta,  una  nota  ufticiale  di  scusa  scritta  dal  Walewski,  Mini- 
stro francese  degli  alfari  esteri,  al  Persigny,  ambusciatore  francese  in  Lon- 


022  CRO;VACA 

tlra.  In  essa  si.diccva  che  «  se  si  poterono  introdurre  nel  foglioufficiale  pa- 
role che  parvero  in  Inghilterra  contrarie  ai  sentimenti  di  moderazione  ma- 
nifestati  dal  Governo  francese  ,  esse  non  possono  essere  attribuite  ad  altro 
che  ad  un'inavvertenza  cagionaia  dalla  moltitudine  degl'indirizzi.  L'lmpe- 
ratore  (aggiungeva  il  dispaccio)  v'incarica  di  dire  a  Lord  Clarendon  cheegli 
fu  assai  dolente  del  fatto.  » 

2.  E  molto  probabile  che,  se  questa  letlera  di  scusa  non  fosse  giunta  a  tempo 
per  calmare  almeno  alquanto  la  suscettivila  britanrica ,  il  Bill  contro  i  ri- 
fuggiti  non  avrebbe  avuta  alia  prima  lettura  quella  maggioranza  di200voti 
tra  299  votanti  che  poi  ebbe.  Benche  poi  non  sia  per  nulla  certo  che  il  Bill 
debba  giungere  felicemente  al  porlo,  e  non  anzi  naufragare  in  una  delle  due 
letture  che  ancora  rimangono  a  farsene.Equestodubbio  si  e  qnello  che  to- 
glie  per  ora  molto  d'imporlanza  alle  disposizioni  del  Bill  proposto,  le  quali 
anche  non  sono  perse  grancosa  al  bisogno.  Finora  le  cospirazioni,  intese  a 
commettere  un  assassinio ,  erano  nella  legge  inglese  considerate  come  soli 
delitti,  e  punite  perci6  di  una  multa  e  di  una  breve  carcere;  d'ora  innanzi 
saranno  considerate  come  crimini  e  punite  di  carcere  o  di  galera  non  mi- 
nore  di  tre  o  di  cinque  anni ,  ed  anche  perpetua.  La  legge  abbraccia  lutte 
:le  cospirazioni  fatte  e  da  sudditi  inglesi  e  da  stranieri,  purche  nel  territorio 
inglese,  ossia  contro  un  inglese,  ossia  contro  uno  straniero,  e  da  eseguirsi  o 
in  Ingbilterra  o  fuori.  Ma,  come  dicevamo,  e  probabile  che  la  proposta  sia 
almeno  molto  mutala  prima  d'essere  decretata  come  legge. 

II  die  avevamo  scritto,  quando  ci  giunse  1'  improvvisa  ed  inaspettata  noti- 
zia  della  caduta  del  Ministero  Palmerston  appunto  nell'  occasione  della  se- 
conda  lettura  di  questo  Bill.  Giacche  il  giorno  19  il  sig.  Gibson  propose, 
nella  Camera  dei  Comuni ,  la  scguente  risoluzione:  «  La  Camera  seppe  con 
molta  commozione  che  il  recente  attentato  contro  !a  vita  dell'  Imperatore 
de'  Francesi  fu  ordito  in  Inghilterra,  e  manifesta  la  sua  esecrazione  per  ta- 
li colpevoli  imprese.  Essa  e  sempre  pronta  a  rimediare  ai  difetti  delle  leg- 
gi  criminali  quando  e  dirnostrato  che  esse  sono  difettose:  ma  non  pu6  as- 
tenersi  dal  manifestare  il  suo  dispiacere  che  il  Governo  della  Regina,  prima 
d'  invitare  la  Camera  ad  emendare  la  legge,  non  abbia  riconosciuto  essere 
suo  dovere  di  risponclere  al  dispaccio  del  Governo  fraucesedel  20Gennaio.» 
Questa  risoluzione  che  non  nega  la  votazione  del  Bill,  ma  rimprovera  il  Go- 
verno, fu  approvata  da  234  voti  contro  215.  Di  che  il  Palmerston,  coi  suoi 
colleghi,  si  ritiro  dal  Ministero,  il  quale,  mentre  scriviamo,  dicesi  ora  novel- 
lamente  formalo  in  questa  guisa.  Primo  Lord  della  Tesoreria,  Derby:  Can- 
celliere  dello  Scacchiere,  Disraeli :  Lord  Cancelliere,  Thesiger  :  affari  esteri,, 
Lord  Malmesbury:  in  tern  o  Walpore:  Commercio,  Hombey:  Indie,  Lord 
Ellenborough :  sigillo  privato,  Hanvick;  Luogotente  d;  Irlanda,  Eplington. 

3.  Finora  intanto  non  si  pu6  negare  alia  Francia  una  gran  dose  di  pazienza 
generosa  verso  1' Inghilterra.  La  qual  pazienza  e  generosita,  appariscon  pure 
dalla  nota  che  il  \Yalewski  scrisse  al  Persiguy,  sotto  il  20  di  Gennaio,  dopo 
1'atlentato.  In  essa,  dopo  aver  osservato  siccome  «  qucslo  nuovo  attentato 
al  pari  di  quelli  che  1'aveano  preceduto,  era  stato  ideato  in  Inghilterra,  » 
protesta  in  prima  «  che  il  Governo  imperiale  6  convinto  della  sincerita  dei 
senlimenti  di  riprovazione  che  tali  fatti  eccitano  nell' Inghilterra ,  »  e  poi 


CONTOirORANEA  623 

assicura,  con  cliiarissimi  termini,  che  « niuno  piii  della  Francia  rispetta  la 
liberality  con  cui  I'mghilterra  ama  di  praticare  il  diritto  d'asilo  verso  gli 
stranieri,  viltime  delle  lotte  politiche  ».  Toccato  poi  dell'abuso,  a  cui  spin- 
gono  ilbenefizio  dell'ospitalita  quegli  esnli  politici  che  mulinano  assassioii, 
•conchiude  che  «  il  Governo  francese,  pieno  di  fiducia  nell'alta  ragione  del 
Gabinotto  inglese,  si  astiene  da  ogni  indicazione  di  provvedimenti  da  pren- 
dere,  conlidando  intieramente  sopra  di  lui  ».  L'esito  della  nnova  crisi  mi- 
nisteriule  inglese  ci  dira  se  la  fiducia  della  Francia  fu  ben  collocala. 

4.  Grande  (e  certamente  legittima  qnando  fosse  slata  fondata  sul  vero)  fa 
la  gioia  dei  giornali  francesi  ed  inglesi  nel  potere  in  sulle  prime  asserire 
che  non  altri  che  italiani  erano  gli  autori  dell' ultimo  attentato.  Ma  ora  tra 
gli  accusati  del  delitto  vi  e  pure  un  Francese  ed  un  Inglese.  L'Inglese  e 
un  tale  Tommaso  Atlsop,  gia  membro  della  Borsa  di  Londra.  Le  granate 
fulminanti  furono  fatte  per  suo  ordine  in  Inghilterra,  dove  pure  si  ordi  il 
resto  della  trama.  Egli  e  ora  cercato  dalla  polizia  inglese,  die  offerse  200 
lire  sterline  di  premio  a  chi  dara  informazioni  del  dove  si  possa  trovare. 
]\Teanche  a  lui  mancarono  difensori  nelle  Camere  inglesi,  di  cui.alcuni  mem.' 
bri  si  scandalizzarono  che  il  Governo  osasse  cosi  turbare  la  pace  di  un 
suddito  inglese.  Rispose  un  Ministro  che  egli  era  reo  dinanzi  alia  legge  in- 
glese ,  e  che  se  egli  era  cercato  ,  ci6  non  accadeva  perch6  la  Francia  1'a- 
vesse  chiesto.ll  Francese  poi  e  un  tale  Simone  Francesco  Bernard,  arrestato 
il  giorno  14  di  Febbraioin  Loudra,  ecomparso  il  giorno  appressodinan/jal 
tribunale,  che  ha  rimandato  ad  otto  giorni  dopo  I'interrogatorio,  per  man- 
canza  finora  di  prove  evidenti  della  sua  complicita  neU'atlentato  di  Parigi. 

5.  Del  processo  che  si  aspetta  con  grande  curiositti  si  sa  finora  questo.  L'i- 
struzione  e  compiuta;  ed  il  giorno  12  di  Febbraio  la  Camera  di  accusa  udi 
la  relazione  sopra  1'istruzione.  Udita  la  quale ,  la  Camera  decret6  che  siano 
mandati  dinanzi  alia  Corte  delle  assise  della  Senna  Simone  Fieri,  Carlo  di 
Rudio,  Antonio  Gomez,  Felice  Orsini  e  Simone  Francesco  Bernard  assente. 
Questi  cinque  sono  accusati  di  aver  cospirato  contro  la  vita  del I'lmperatore 
e  (U'lrimperatrice.  II  Rudio  poi,  il  Gomez  e  I'  Orsini  sono  accusati  di  avere 
commesso  1'attentato,  ed  inoltre  di  aver  uccise  parecchie  persone.  Si  sa  ora 
che  i  feriti  nella  sera  del  14  Gennaio  furono  156,  otto  dei  quali  morirono.  Gre- 
desi  che  il  processo  comincera  dentro  il  mese  di  Febbraio,  e  precisamente  il 
giorno  25,  e  si  suppone  che  sara  sbrigato  in  poche  udienze.  Stando  poi  ad 
alcune  corrispondenze,  pare  che  il  processo  non  si  ristringera  all' attentato, 
ma  abbraccera  tutta  la  gran  tela  della  coagiura  che  i  cospiratori  aveano 
ordito  per  lutto  Europa.  Al  che  giovano  mirabilmente,  secondo  le  citate  cor- 
rispondenze, i  molti  arresti  di  implicati  in  quella  congiura  che  si  vanno  ora 
facendo  in  molte  parti  di  Europa.  Secondo  altre  notizie,  date  parimente  da 
corrispondenti,  il  processo  sara  differito  alquanto,  fmchfe  non  sia  ottenuta 
dal  Governo  inglese  T  estrazione  del  Bernard  e  deU'Allsop,  di  cui  la  polizia 
inglese  dicesi  che  sia  cerla  di  presto  impadronirsi. 

6.  II  giorno  13  di  Febbraio  il  Conte  di  Morny,  Presidente  del  Corpo  legislati- 
ve, lesse  nell'assemblea  la  relazione  a  nome  della  Giunta  incaricata  di  esa- 
minare  la  proposta  di  legge  delta  di  sicurezza  generale,  di  cui  demmo  uu 
cenno  nel  quaderno  passato.  Due  sono  le  mutazioni  proposte  dalla  Giunta 


624  CROXACA 

ed  accettate  poi  dal  Governo.  La  prima  vuole  die  la  legge  non  cluri  che  fi- 
no  al  31  di  Marzodel  1865,  senon  fa  prima  rinnovata;  la  seconcla  richiede 
che  il  Governo  non  possa  procedere  all'espulsione  o  confine  di  alcuno  ssnza 
il  parere  del  Prefetto  dello  Scompartimento,  del  Generale  comandante  e  det 
Procuralore  generale.  II  Conte  di  Moray  nella  sua  relazione  par!6  di  coloro 
che  in  Francia  appartengono  a  diversi  partiti  politici,  dimostrando  che  Intti 
doveano  ora  unirsi  al  Governo  imperiale.  Avremmo  desiderate  per6  che 
spiegasse  meglio  il  suo  pensicro  quando  disse  che  « le  societa  moderne  non 
hanno  piii  la  superstizione  del  diritto  divino  ».  II  dirittodivino,  inteso  come 
una  speciale  designazione  fatta  da  Dio  della  persona,  e  certamente  una  sen- 
tenza,  se  non  superstiziosa,  ahneno  non  ammissibile,  se  non  in  casi  straordi- 
narii  come  in  David  ed  in  Saulle.  Ma  inteso  come  una  derivazione  naturale 
della  istituzione  della  societa  umana,  lungi  dall'  essere  superstizione,  e  una 
necessita  filosofica  di  chiimque  comprende  la  societa.  E  certamente  il  sig. 
di  Moray  non  sarebbe  disposto  a  negare  che  ad  ogni  suddito  sia  imposto 
da  Dio  il  dovere  di  obbedire.  Or  che  altro  e  il  diritto  di  comandare  se  non 
il  correlative  di  cotesto  dovere  ?  Ne  il  Gonte  di  Moray  dee  temere  che  dal- 
1'ammettere  in  tal  senso  il  diritto  divino,  ne  scenda  il  non  dover  ammette- 
re  le  dinastie  novelle:  giacche  il  per  me  Reges  regnant  e  I'obedite  praepo- 
sitis  carnalibus  si  applica  alle  nuove  non  meno  che  alle  antiche  dinastie. 
La  legge  di  pubblica  sicurezza  fu  gia  votata  il  giorno  20  di  Febbraio  con 
227  voti  contro  24,  sficondo  che  ci  reca  un  dispaccio  telegrafico.  Per  poter 
poi  applicare  queste  nuove  provvidenze  di  polizia,  il  Governo  chiese  al  corpo 
legislative  un  credito  supplementare  di  un  milione  e  200  mila  franchi.  La 
propostadi  legge  era  preceduta  da  questo  breve  preambolo.  «  Nelle  present! 
congiunture  non  e  mestieri  di  molto  insistere  sopra  la  necessila  di  accresce- 
re  si  in  Francia  e  si  fuori  i  mezzi  di  speciale  vigilanza  affidata  al  Ministero 
dell'interno » . 

7.  II  Senate  di  Francia,  con  vote  unanimc  dei  suoi  129  membri  prescnti, 
vot6,  il  giorno  8  di  Febbraio,  il  Senatusconsulto  che  richiede  il  giuramento 
di  fedelta  dai  candidati  alia  deputazione.  Esso  fu  pubblicato  gia  nel  Moni- 
teur ,  si  che  presto  si  determinera  pure  il  giorno  della  convocazione  degli 
elettori  della  Senna  per  eleggere  i  Deputati  da  surrogarsi  al  defunto  Cavai- 
gnac  ed  ai  signori  Garnot  e  Goudchaux  che  rifiutarono  di  giurare  fedelta 
all'  Imperatore  ed  alia  Gostituzione.  II  giuramento  imposto  ai  candidati  e  il 
seguente :  « Giuro  obbedienza  alia  Gostituzione  e  fedelta  aU'Imperalore*.  Ogni 
altra  formola  e  dichiarata  nulla. 

8.  II  nuovo  Ministro  degli  affari  interni,  Generale  Espinasse,  indirizzo  poco 
dopo  la  sua  elezione  una  lettera  circolare  ai  Prefetti,  nella  quale  spiega  il 
perche  della  nomina  di  un  militare  ad  una  carica  esclusivamente  civile. 
Questo  perche  e  tutto  nel  bisogno  di  una  «  vigilanza  attenta,  continua,  pre- 
murosa,  pronta,  ferma  e  nondimeno  quieta  come  la  forzaed  il  diritto.  Ta- 
le e  (dice  il  Ministro)  la  parte  piii  importante  del  mio  uffizio  e  cosi  si  spiega 
la  scelta  che  1' Imperatore  fecedime  ».  E  dunque  evidente  che  la  nomina  del 
Generale  a  Ministro  degli  affari  interni  fu  fatta,  perche  fossero,  con  piii  for- 
za  e  fermezza,  applicate  le  nuove  leggi  di  pubblica  sicurezza  votate  dal  cor- 
po legislative. 


COiNTEMPOKANEA.  2&- 

9.  Un molto  notevole  arlicolodeLVoni/ewr  venue  leste  aproposito  per  ispio- 
gare  e  dare,  per  cosi  dire,  ragionedi  tuttelenuove  leggi  e  provvidenzo  to-- 
ste  prese  dal  Governo  francese  dopo  1'  attentato  del  14  Gennaio.  Esse,  dice- 
1' articolo,  erano  gia  stabilite  prima  dell'attentalo,  il  quale  non  fece  che  di-  - 
mostrarne  1'opportunita.  E  quanto  ai  decreti  sopra  la  reggenza  ed  il  consiglio  • 
private,  la  cosa  e  cvidente.  Quanto  alia  legge  sopra  la  sicurezza  generate,  1'ar- 
ticolo  spiegaahingo  che  essa,  nell'intenzione  del  Governo,  non  colpisce  ^e 
non  che  quei  ribellidi  professione  che,  graziati  mille  volte,  mille  volte  ri tor- 
nan  o  alle  ribellioni,  alle  barricate,  agli  assassinii,  pronti  sempre  a  giovarsi 
di  ogni  occasione  per  gettare  nell'  agitazione  e  nel  lumulto  lasocieta.  Quelli 
che  vi  presero  parte  sono  noti  alia  polizia  pei  loro  fatti  del  48 ,  49  e  51,  e 
saranno  ora  piu  che  per  1'innanzi  sottolamano  dell' an  tori  ta,  che  al  primo 
loro  moto  potra  cacciarli  di  Francia  o  confmarli,  secondo  che  meglio  crede- 
ra  utile  al  pubblico  riposo.  «  Le  migliori  leggi  per6,  dice  1'  articolo,  non  val-  - 
gono,  se  non  sono  ben  applicate.  Questa  sara  applicata  con  fermezza  e  con 
moderazione  ».  Sono  stati  poi,  con  decretodel  13  Febbraio,  nominati  i  cip- 
que  marescialli  di  Francia,  aiquali  sono  confidati  i  cinque  comandi  militari 
novellamente  istituiti.il  Magnan  risiedera  in  Parigi,  il  Canroberta  Nancy,  i:< 
Gastellane  a  Lione,  il  Bosquet  a  Tolone,  il  Baraguay  d'  Hilliers  a  Tours. 

E  conquesto,  dice  il  citato  articolo  del  Monileur,  sono  compiute  le  nuo- 
ve  provvidenze  che  il  Governo  credeva  necessarie  per  assicurare  in  Francia  - 
1'  ordine  e  la  quiete.  Esse  si  riducono,  come  vedemmo,  ai  decreti  sopra  la 
reggenza  ed  il  Consiglio  private,  ai  nuovi  comandi  militari,  al  nuovo  Mini- 
stro sopra  gli  affari  interni,  ai  giuramenti  dei  candidati,  ed  alia  nuova  legge- 
di  pubblica  sicurezza.  «  Questi  provvedimenti ,  dice  il  Moniteur,  erano  ne- 
cessarii,  ma  sono  sufficient!;  il  Governo  non  vuole  nulla  di  piu  per  rassicu-  - 
rare  la  societa,  per  difendere  i  grandi  interessi  di  cui  e  il  custode ». 

10,11  giorno  ultimo  di  Gennaio  il  Minislro  dell'Istruzione  pubblica,  sig.  Rou-  - 
land,  tenne  un  discorso  a  piu  di  cinque  milaoperai  raunati  nel  circo  Na~ 
poleone  in  occasione  di  una  solenne  premiazione  degli  allievi  delle  society, 
polictenica  e  filotecnica.  II  Ministro  disse  tra  le  altre  queste  parole:  <•  Abbia- 
te  ilrispetto  alle  cose  sante,  giaccheil  sentimento  religioso  e  la  salvaguar- 
dia  deU'uomo  dalla  culla  alia  tomba.  La  rYatellanza  cristiana  e  la  sola  vera:  -. 
essa  consola  e  soecorre  tutti  i  sofferenti,  essa  non  offende  veruno,  essa  non- 
mostra  una  falsa  felidta  nel  sangue  e  nelle  lacrime  di  un  paese  ribellato. 
Conservate  la  fede  de'  vostri  padri.  Non  ci  ha  che  gli  orgogliosi  e  i  malvagi  • 
che  si  ribellino  contro  Dio ».  Narra  un  testimonio  oculare  che  queste  parole  - 
dette  dal  Ministro  con  forza  e  con  calore  ad  un'  accolta  di  persone  che  pa-  • 
reano  poco  preparate  a  bene  riceverle,  furono  per6  ricevute  con  acclamazio-- 
ni,  e  produssero  ottimo  effetto. 

11.  II  giorno  12  di  Febbraio  sono  stati  in  Parigi  celebrati  solenni  funeralt 
in  suffragio  dell'  anima  del  Gonte  di  Rayneval,  gii  ambasciatore  di  Francia.-. 
in  Roma  e  poi  eletto  ad  ambasciatore  presso  la  corte  di  Pietroburgo.  Disse- 
i  suoi  elogi  sul  tumulo  il  Gonte  Walewski,  Ministro  degli  affari  esteri.  E  che  > 
quelle  lodifossero  meritate,  ne  sono  buoni  testimoni  quanti  il  conobbero  m> 
Serie  III,  vol,  IX.  40  27  Febbraro  1838 


C26  CRONACA 

Roma,  diplomatico  non  meno  divoto  al  suo  Governo  che  alia  S.  Scde  ed  al- 
ia religione. 

12.  Abbiamo  ricevuti  i  primi  numeri  di  una  nuova  Rivista  Cattolica  intito- 
lata  Foi  et  Raison,  Bulletin  Catholique;  fondata  e  dirctta  dal  sig.  Carlo  Bier- 
man,  ingegnere,  antico  allievo  delta  scuola  politecnica.  Essa  si  pubblica  in 
Auch  e  ci  pare  informata  d'oltimo  spirilo  cattolioo. 

RUSSIA  (Nostra  corrispondrnza')  1.  Emancipazione  dei  servi  —  2.  Disposizioni 
governative  —  3.  come  accolte,  nelle  varie  province  —  4.  Dimostrazioni 
tli  affetto  all'  imperatore  —  o.  Alcutie  riflessioni  sopra  1*  emancipazioiie  — 
6.  Consrglio  dei  Ministri  —  7  Morte  del  Metropolita  di  Kief  —  8.  Guerra 
nel  Caucaso. 

1.  In  altre  mie  corrispondenze  vi  avea  parlato  dell'emancipazione  dei  con- 
tadini,  come  di  una  disposizione  goveruativa  prossima  ad  aver  effetto.  Di 
ci6  era  no  gia  persuasi  coloro  clie  seguono  con  occhio  attento  il  corso  degli 
eventi,  sebbeue  molti  tra  essi  pensassero  che  la  risoluzione  di  una  lal  qui- 
stioue  verrebbe  protratta  indeQnitamente.  Gli  avversarii  di  cotale  disposizio- 
ne (e  sono  molti)  speravano  di  aver  trioufato  delle  velleita  favorevoli  all'e- 
mancipazione  date  a  divedere  dall'Imperatore  in  diverse  circostanze;  quando 
all'  improvviso  si  avvidero  che  il  Governo  era  per  occuparsi  della  quistione, 
affine  di  risolverla  defmitivamente.  Gomincer6  col  farvi  conoscere  la  natura 
e  il  valore  delle  provvidenze  prese  dal  Governo  in  tal  materia,  indi  vi  dir6 
1'effelto  ch'esse  hanno  prodotto  in  Russia,  in  fine  vi  esporro  qualche  mia  con- 
siderazione. 

Avea  il  Generale  Nazimof  fatto  sapere  all'  Imperatore  che  la  nobilta  dei 
Governi  di  Vilna,  Grodno  e  Kowno,  i  quali  formauo  1'antica  Lituania,  e  dei 
quali  egli  ha  I'amministrazione,  desiderava  emancipare  i  servi,  sotlo  certe 
condizioni.  L'Imperatore  diede  allora  facolta.ai  proprietarii  nobili  di  qnei  tre 
Governi  di  procedere  alia  formazione  di  Giunte,  che  fossero  composte  di  un 
proprietario  nobile  per  ciascun  distretto,  eletto  dalla  nobilta  possidente  del 
distivtto  medesimo,  e  di  due  proprietarii  nobili  per  ciascun  Governo  o  pro- 
vincia,  proposti  dal  Governatore.  II  che  assicura  all'  elemento  elettivo  una 
gran  maggioranza.  Quando  queste  giunte  cosi  cosliluite  avranno  lavorato  i 
loro  disegni ,  verra  istituita  in  Yilna  una  Giunta  generale  composla  di  due 
deputati  uominati  da  ciascuna  delle  tre  Giunte  locali,  dinn  grande  proprie- 
tario nominate  dal  Governatore  generale  e  finahnente  di  un  membro  delega- 
te dal  Ministero  dell' interne.  Cosicche  degli  otto  membri  costituenti  questa 
Commissione,  sei  sono  di  nomina  elettiva.  Quando  la  delta  Giunta  avra  com- 
piuto  il  sno  lavoro,  qoesto  sara  trasmesso  al  Ministero  dell'interno,  dal  quale 
verra  portato  poi  alia  sanzione  dell'Imperatore^ 

2.  Ifondamenti  della  nuova  legge,  che  dovra  uscire  dalle  deliberazioni  di 
quesle  varie  Giunte ,  sono  conlenuti  nelle  istruzioni  date  ai  membri  delle 
medesime  Vi  restringero  qui  in  poche  parole  quanto  vi  ha  in  esse  di  piii 
importante.  L'abolizione  della  schiavitd  dee  .essere  progressiva:  nel  termine 
di  sei  mesi  dovranno  le  Giunte  aver  compiuto  i  lore  lavori,  ed  e  determinate 
a  12  anni  il  periodo,  in  cui  dee  aver  luogo  la  trasformazione  compiuta.  Seb- 
bene  non  si  dica  apertamente,  pare  nondimeno  che  si  ritengaper  principio 


CONTEMPORANEA  627 

non  esscre  il  contadino  proprieta  del  sno  sign  ore.  Ma  invcce  si  dicliiara 
(e,  se  non  erro,  e  questa  la  prima  volta  che  una  tale  dichiarazione  e  inserita 
nella  legislazione  russa)  che  il  ricirito  del  contadino,  contenente  lasuacasa, 
la  sua  stalla  ed  il  suo  orto,  e  di  proprieta  del  sign  ore,  salvo  il  diritto  al  con- 
tadino di  poterlo  far  suo  mediante  riscatto.  Tutto  il  terreno  appartiene  al  si- 
gnore,  il  quale  deve  perodividerloin  due  parti,  concedendo  1'usufrutto  d'una 
delle  parti  al  contadino,  il  quale  paghera  percio  iraa  somma  in  danaro,  owe- 
rosi  obblighera  ad  alcune  giornate  dilavoro  straordinado.  Questa  divisione 
fatta  nna  volta  rimane  inalterabik1.  Durantelostato  di  transizione  dalla  ser- 
vilii  alia  liberta,  i  contadini  uon  potranno  allontanarsi  dalla  terra,  senzaun 
permesso  dei  proprietarii,  cui  rimane  at'h'data  la  polizia  rurale,  finche  non 
vengano  stabiliti  i  tribunal!  rurali. 

3.  Tal  e  a  un  dipresso  il  sunto  delle  disposizioni  prese  dal  Goveruo  a  ri- 
guanlo  della  nobiHa  delle  tre  province  Lituane.  Qneste  disposizioni  furono 
pcv6  falle  conoscere  ancora  ai  nobili  delle  altre  province  per  stimolarli  a 
fare  cio  die  fece  la  nobiHa  di  Vilna,  Grodno  eKowno.  Ed  ecco  come  que- 
sti  invili  vennero  accolti.  AMosca  la  nobilta  rispose  ch'  essa  si  sottornette- 
va  rispettosa  al  volere  dell'  Imperatore;  a  Tarnbaf  non  si  fece  che  votar  il 
deposito  negli  archivi dei  dispacci  comunicati.  In  somma  apparisce  che  una 
parte  delta  nobilta  russa  eun  po'  avversa  alia  emancipazione,  ed  e  quindi  a 
temersi  ch'  essa  non  aderisca  che  a  malincuore  alia  nuova  legge,  o  se  non 
altro,  faccia  di  tullo  per  indebolirne  gli  effetti. 

Ne  d'  altra  parte  pu6  dirsi  che  la  minorita  favorcvole  all'  emancipazione 
sia  mollo  soddisfatta.  Essa  dice  che  il  finora  decretato  e  molto  poca  cosa, 
Infatli  in  quesli  ultimi  tempi  era  divenuta  comune  a  molli  1'  opinione  che 
non  potesse  aver  luogo  1'  emancipazione,  senza  c'he  fosse  concedulain  pro- 
priota  ai  contadini  una  porzione  de'le  terre  da  pagarsi  con  una  giusta  in- 
dennita;  ed  ecco  che  ora  non  si  tratta  piu  che  del  solo  usufrutto.  Inoltre,  fin 
da  tempi  remotissimi,  il  ricinto  del  contadino  era  considerato  come  sua 
proprieta,  ed  oggi  si  dicliiara  che  quello  e  anzi  proprieta  del  signore,  e  che  il 
contadino  dee  ricomprarlo.  Rimanendo  poi  la  polizia  rurale,  cioe  I'  autori- 
ta,  nelle  mani  dei  proprietarii,  riuscira  difticilissimo  frenarne  gli  abusi.  In- 
somma  essendo  afiidata  alia  nobilla  tutta  i'  organizzazione  del  nuovoordi- 
ne  di  cose,  essa  che  pei  suoi  interessi  e  per  i  suoi  principii  non  pare  troppo 
favorevole  alia  emancipazione,  procurera  certamente  che  venga  al  conta- 
dino conceduto  il  meno  che  sia  possibile.  II  che  e  dimostrato  ad  evidenza 
da  ci6  che  accade  nelle  province  tedesche  del  Baltico  ed  in  altre,  dove  si 
pu6  vedere  col  fatto  che  non  basta  una  emancipazione  qualunque,  a  frenare 
gli  abusi  di  potere  nei  signori  e  ad  alleviare  le  conseguenti  miserie  dei  con- 
tadini. Da  tutto  ci6  voi  vedete  che  non  mancano  obbiezioni  ed  anche,  se  vo- 
lete,  di  qualche  valore,  contro  la  nuova  legge.  Ma  checche  siade'parlicola- 
ri ,  il  ccrto  si  e  che  I'  idea  generate  e  molto  commendevole,  e  die  stabilita 
una  volta  1'  emancipazione  come  principio  e  come  massima  ,  non  puo  piu 
ritornarsi  indietro ;  i  suoi  avversarii  ormai  pit  non  s' illudono,  die  anzi  ne 
sono  costernati. 

4. 11  giorno  18  Gennaio  ebbe  luogo  la  processione  e  la  benedizione  del- 
1'acqua  della  !NTeva;  fesla  che  riusci  sontuosissima,  avendovi  preso  parte  an- 


•G28  CRONACA 

-cora  rimperatore,  il  quale  vi  riscosse  dal  popolo  vivissime  acclamazioni 
in  ringraziamento  di  quanto  egli  fa  per  bene  del  suoi  sudditi.  Sua  Mae- 

-Sta  fu  aache  ricevuta  con  indicibile  enlusiasmo  nella  scuola  di  diritlo,  ove 
portossi  a  fare  una  visita,  volendo  anche  assistere  per  qualche  tempo  alle 

-.lezioni  del  professor!. 

Quasi  nello  stesso  tempo  un'  altra  manifestazione  anche  piu  notevole  avea 

-luogo  in  Mosca.  Circa  dugento  persone  appartenenti  all'Universila,  alle  let- 
-tere  e  alia  stampa,  in  pubblico  attestato  della  gioia  che  loro  arrecava  quanto 
dal  Governo  operavasi  in  favore  dell'emancipazione ,  si  riunirono  a  ban- 

•  chetto  nel  Club  del  Commercio;  dove  oltre  a  varii  e  caldi  brindisi  falti  alia 
.salute  dell'Imperatore,  furono  recitati  quattro  discorsi. 

Mosca  vide  pure  teste  un  altro  fatto  che  scosse  al quanto  la  pubblica  opi- 
"nione.  Alcuni  ufficiali  di  polizia,  essendo  entrati  in  un  appartamento  ove 
'  eransi  pacificamente  assembrati  alcuni  studenti,  tutto  il  Corpo  universitario, 
professori  e  studenli,  prese  parte  in  favore  dei  giovani  con  molto  calore.  II 
fatto  fu  immantinenti  comunicato  dal  Governatore  di  Mosca,  conteZaurefski, 
al  rimperatore  con  un  dispaccio  telegrafico  che  annuuziava  essersi  gli  stu- 

•  deutiribellati.  L'Imperatore  rispose  collo  stesso  mezzo :  «  Xon  ci  credo:  si 
,  ,proceda  ad  un  esame.  »  E  in  vero  fattosi  1'  esame ,  non  si  tardo  a  ricono- 

scere  che  nonvi  era  nessun  atto  di  ribellione.  La  conseguenza  di  questo 
.fatto  si  fu  la  subita  rimozione  daU'ufficio  del  Gran  Maestro  della  polizia  di 
Mosca,  essendo  stato  il  Principe  Krapotkine,  aiutante  di  campo  delTImpe- 
Tatore,  surrogate  al  sig.  Timachnf. 

Da  ci6  si  ricava  chiaramente  che  il  popolo ,  la  giovenlii  delle  scuole,  gli 

"jomini  di  lettere ,  e  in  somma  tutti  quelli  che  costituiscono  la  cosi  delta 

•-classe  media  del  popolo,  sono  lutli  favorevoli  all'lmperatore  Alessandro, 

perche  vedono  in  lui  il  promotore  di  benefici  e  necessarii  miglioramenli. 

Ciova  credere  che  siffatto  entusiasmo  non  nasconda  secondi  tini,  e  che  sa- 

pra  farsi  distinzione  tra  i  miglioramenti  chiesti  dalla  giustizia  e  gli  spe- 

-ilienti  suggeriti  da  utopie  rivoluzionarie  e  imposti  dalla  violenza. 

5.  In  mezzo  a  queste  circostanze  1'Imperatore  ha  presa  ia  delta  determina- 
>izione  sopra  1' emancipazione  dei  contadini  arditain  vero,  ma  che  al  tempo 
stesso  mi  sembra  dettata  da  una  grande  abilita.  Ed  in  fatti  quesla  6  la  prima 
.  rolla,  in  cui  una  questione  politica  di  grande  importanza  non  vieiie  risoluta 
-con  un  Ukase,  ma  invece  viene  affidata  al  giudizio  e  alle  deliberazioni  della 
.  nobilta.  Vero  e  ch'  essa  non  e  chiamata  a  dare  sopra  V  emancipazione  che 
un  voto  consullalivo,  essendo  riserbala  la  decisione  definiliva  al  Governo. 
Ma  la  cosa  non  potea  essere  diversamente;  giacche  in  tale  questione  non  si 
tratta  solo  degl'  interessi  della  nobilla,  ma  ancora  di  quelli  del  contadino, 
•di  cui  il  Governo  dee  considerarsi  come  il  tutore.  Si  tratta  iuoltre  di  affare 
che  concerne  generalmente  I'lmpero,  e  che  e  perci6  superiore  agli  interes- 
si di  una  determinata  classe  dicittadini.  Ma  non  e  men  vero  per6  che  Tim- 
.peralore,  mentre  emancipa  i  contadini,  invita  ancora  la  nobilta  a  dare  il  suo 
iparere  in  cosa  di  alta  importanza.  In  fatti  la  prima  questione,  circa  la  quale 
essa  e  consultata,  6  di  tale  natura,  che  dall'attitudine  assunta  in  questa  cir- 
•costanza  dalla  nobilta  pu6  deciders!  della  parle  che  le  e  serbata  per  1'av- 

•  venire.  Essa  si  niostrera  certamente  degiia  dell'  occasioue.  E  poi  a  sperarsi 


CONTEMPORANEA 


620 


ch'cssa  non  faccia  al  tempo  stesso  concession!  allo  spirito  rivoluzionario;  che 
disciolga  essa  stessa  il  nodo  gordiano,  senza  aspettar  cbe  altri  lo  tronchi  in 
vecc  sua  e  fors'anche  suo  malgrado,  e  contro  lei.  Se  cosifara,  essa  ne  avra 
tosto  laricompensa  nella  condizione  che  le  saradata  per  1'  avvenire  e  nella 
influenza  che  essa  dovra  esercitare.  In  fatti,  se  quel  primo  lavoro  delle  Giun- 
te  provincial!,  riuscira  soddisfacente,  probabilmente  1'Imperatore  convoche- 
rain  Pietroburgo  i  delegatidelCorpo  della  nobilta.E  altresi  da  sperarsi  che  il 
Goveruo,  il  quale  lia  dato  prova  di  gran  fermezza,  col  mettere  allo  spevimen- 
todiunesamequesta  gran  questione  dell'emancipazione,  nonostantelegravi 
difficoltacheliadovulo  vincere,  vorra  mostrare  ugual  fermezza  nel  dirigerei 
lavori  delle  Giunte,procurando  bensi  di  prendere  Inme  dalle  considerazioni 
altrui,  ma  senza  nulla  cedere  di  quella  preponderanza  che  egli  dee  mantenere 
sopra  gli  interessi  generali,  in  presenza  di  semplici  interessi  particolari. 

6.  Debbo  ora  parteciparvi  una  importante  innovazione  avvenuta  in  Corte. 
Essa  consiste  nell'eseguire  che  fa  1'lmperatore  da  qualche  tempo  i  suoi  la- 
vori particolari  coi  soli  Ministri  degli  affari  esteri,  della  guerra  e  delle  fi- 
nanze,  mentre  gli  altri  debbono  portare  le  loro  proposte  al  Consiglio  dei 
Ministri  che  si  riunisce  ogni  giovedi  sotto  la  presidenza  dello  stesso  Impe- 
ratore,  dove  tutle  le  quistioni  formano  oggetlo  di  seria  discussione.  Siffatto 
provvedimento,  per  quanto  paia  semplice  e  naturale,  eper6  del  lutto  nuovo 
in  Russia,  cd  incontr6  la  comune  soddisfazione. 

7.  II  giorno  2  di  Gennaio  e  morto  Monsig.  Filarete,  Metropolitano  non  unito 
di  Kief,  inetadi  anni  81.  Non  bisogna  per6  confonderlo  con  nn  allro  Fila- 
rete riseclente  a  Mosca,  giunto  anch'egli  ad  un'eta  molto  avvanzala,  il  quale 
ha  acquistata  una  importanza  di  gran  lunga  superiore  a  quella  del  defunto, 
e  la  cui  morte  farebbe  percid  molto  piii  rumore  in  Russia  che  non  cagiono 
quella  del  Metropolitano  di  Kief. 

8.  Terminer6  la  mia  lettera  con  dirvi  qualche  parola  intorno  alle  con- 
seguenze  delFuliima  campagna  nel  Gaucaso.  Dopo  cinque  mesi  di  fatiche  e 
di  combattimenti,  le  truppe  comandate  dal  Principe  Orbilian  si  sono  final- 
mente  impossessate  dei  piani  di  Salatar.  Uri  ugual  felice  successo  otten- 
nero  le  armi  russe  sulla  riva  sinistra  del  Kouban,  ove  si  sono  fatte  nume- 
rose  corse  nel  paese  nemico ,  si  sono  abbattute  foreste  ,  praticate  strade 
militari,  approvjgionati  magazzini  e  caserme  e  terminate  le  fortificazioni 
del  forte  Maikop. 

I  Cosacchi  e  le  altre  truppe  irregolari  della  Russia  formano  unapopola- 
zione  di  tre  milioni  di  uomini,  i  quali,  per  la  loro  organizzazione  tutta  spe- 
ciale,  hanno  allresi  bisogno  di  una  parttcolare  amministrazione.  Al  che  ha 
ora  provveduto  1'Imperatore  fondando  una  Intendenza  delle  truppe  irrego- 
lari ,  che  dipende  dal  Ministero  della  guerra,  e  concentra  nelle  sue  mani 
quanto  riguarda  quelle  popolazioni. 

NOTIZIE  VAHIE  \.  Liberia  religiosa  in  Svezia  —  2.  Ducati  danesi  —  3.  Opera  di 
MODS.  Lonovich  —  4.  Erzegovina  —  5.  II  Moptenegro  ed  il  sig.  Girardin  — 
G.  India  inglese  —  7.  Cina. 

1.  La  Svezia  regno  protestante,  segue  a  dare  alPEuropa  cattolica  la  piu 
chiara  dimostrazione  della  intolleranza  prolestante.  Si  sa  che  laproposizione 


630  CRONACi 

reale,  diretta  a  togliere  clalla  legislazione  svedcse  le  pone  eccessive  contro  i 
dissident!  dal  culto  lu.terano,  fu  rigettata  da  tre  de'quattro  ordini  dello  Stato, 
dopo  una  lotta  assai  viva  nella  Camera.  Ma  la  lotia  stessa  fece  coauscere  al- 
1'Europa  I'oppressione  de'  Caltolici  in  quel  paeso,  cd  alia  Svezia  la  mala  im- 
pressione  che  dappertutto  faceano  quelle  leggi  crucleli,  tan  to  piu  assurde 
quanto  che  destinate  adifendere  colla  forza  pubblica  la  religione  dallos/u- 
rito  private.  Di  che  il  Governo  crcdette  necessario,  dopo  rigettata  la  prima 
proposta  di  legge,  di  fare  almeno-  qualrhe  cosa  a  favore  di  quella  liberta  di 
coscienza,  di  cui  il  protestantesimo  parla  cotanto.  Questa  nuova  proposta,  per 
quanto  fosse  tenue  e  quasi  nulla,  non  pote  per6  vincere  la  prova  della  di- 
scussione.  Nella  Camera  del  clero  non  fu  neanche  posta  ai  voti,  tanto  essa  le 
si  mostro  avversa ;  nella  Camera  dei  Contadini  la  proposta  pass6  con  quattro 
soli  voti  di  maggioranza ;  la  Camera  de'Xobili  la  rigett6  con  dieci  voti.  Chec- 
che  dica  la  Camera  de'  Borghesi,  pare  ora  certo  cha  la  legge  non  passera. 

2.  La  Dieta  Germanica  aveva  stabilito  di  tardare  un  mese  prima  di  dare  il 
suo  voto  sopra  la  relazione  della  Giunta  incaricata  di  esaminare  la  questione- 
de'  Dueati  danesi.  La  relazione,  come  narrammo,  e  sfavorevole  alia  Dani- 
marca.  La  tardanza  poi  nell'approvarla  fu  cagionala  dal  desiderio  clie  aveva 
la  Dieta  che  intanto  la  Danimarca  trovasse  qualche  via  diconciliazione.il 
mese  per6  essendo  spirato  I'll  di  Febbraio,  senza  che  il  Governo  danese 
avesse  fatto  altro  che  confermarsi  nelle  sue  prime  deliberazioni ,  la  Dieta 
in  quel  giorno  stesso  approve  il  voto  della  Giunla.  Nel  testo  della  risolnzione, 
pubblicato  gia  dai  giornali,  la  Dieta  nega  formalmente  di  volere  approvare  i 
varii  atli  coi  quali  il  Governo  danese,  dal  1854  fino  ad  ora,  pretese  di  rego- 
lare  la  relazione  de'due  Dueati  d'Holstein  e  del  Lavemburgo  colla  monarchia. 
Decide  poi  che  sia  invitato  il  Governo  danese  ad  assicurare  ai  Dueati  una  Co- 
stiluzione  conforme  alle  leggi  feclerali ,  cipe  una  Costituzione  speciale  ed 
un'amministrazione  indipendente.  La  Danimarca  inline  dovra  al  piii  presto 
far  sapere  alia  Dieta  che  cosaintenda  di  fare  per  conformarsi  al  voto  dell'  As- 
semblea  federale.  Queste  sono  notizie  officiali.  I  giornali  -poi  aggiungono  che 
il  Governo  danese  confida  di  essere  sostenuto  contro  la  Dieta  da  potentati  non 
tedeschi. 

3.  Monsignor  Giuseppe  Lonovich,  residente  in  Vienna,  ha  scritta  in  quella 
citta  un'opera  che  ci  pare  dover  riuscire  molto  utile  ai  fedeli.  Essa  e  intito- 
lata: Spiegazione  della  popolareArcheologiaecclesiaslica:  doe  dei  Fosti  cat- 
Wild,  dei  Sacramenti,  delleFestee  deiRiti;  e  fu  pubblicato  dal  sig.  Giovan- 
ni Hopf,  Dottore  di  S.  Teologia  e  consigliere  della  Diocesi  esanadiense.  L'o- 
pera  e  divisa  in  tre  volumi.  11  primo  discorre  del  ciclo  delle  Feste  eccle- 
siastiche,  il  secondo  dei  Sacramenti,  il  terzo  delle  ordinarie  e  straordinarie 
solennita  eceriinonie.  E  certo  che  it  disegno  dell'opera  e  insieme  utile.  vasto 
e  atlraente,  si  che  non  dubiliamo  che  essa  non  sia  per  recare  profitto  non 
meno  che  diletlo  ai  suoi  lettori.  11  che  ci  fa  desiderare  di  vederla  voltata  dal- 
1'  originale  ungherese  in  qualche  lingua  piu  conosciuta. 

4.  Seguono  le  turbolenze  e  le  aperte  ribellioni  nou  solo  nell'Erzegovina,  ma 
nella  Bosnia  ancora  e  neh"  Albania,  senza  che  finora  si  sappia  piu  che  per 
1'innanzi  sopra  la  vera  loro  cagione,  la  quale  al  piu  si  conge tlura  dai  varii 
giornali  e  dai  varii  corrispondenti,  secondo  il  giudizio  che  ciascuno  di  essi 


CONTEMPORAISEA  63f 

si  fa  di  questi  avvenimenti.  Anche  le  relazioni  die  fmora  leggemmo  di  que- 
ste turbolenze  sono  hmgi  assai  dall'essere  esatte  e  particolarcggiate,  conten- 
tandosi  i  giornali  di  dire  per  le  generali  che  continnano  gli  scontri  e  le  ru- 
berie;  che  le  truppe  tiirche  si  avanzano  o  si  ritirano;  che  la  ribellione  ha 
invasa  la  Bosnia  e  1' Albania  ed  altrottali  cose  vaghe  ed  indeterminate.  Cio 
che  vi  ha  per6  ora  di  nnovo  si  e  la  parte  molto  rilevante  che  da  qualche 
tempo  hanno  incominciato  a  prendere  i  Montenegrini  in  questi  fatti.  II  che 
del  resto  si  dovea  aspettare,  non  polendosi  supporre  che  quei  Greci,  i  quali 
sono  in  contiriua  guerra  tra  se  e^coi  loro  vicini,  lasciassero  fuggire  una  si 
Leila  occasione  di  menare  lemani  e  di  far  bottino  sopra  i  Turchi  e  sopra i 
Cristiani  cattolici,  Jasciaudo  poi  ai  giornalisti  la  cura  di  spiegare  le  loro  rube- 
rie  col  panslavismo.  Alia  quale  curiosa  spiegazione  n6n  ricorre  per6  la  Gaz- 
zetta  austriaca  che,  parlando  di  codeste  novelle  prodezze  dei  briganti  mon- 
teuegrini,  dice  in  prima  che  quei  piccolo  popolo  non  dee  la  sua  indipenden- 
zase  non  che  alia  memoria  che  serba  1' Euro  pa  del  suo  antico  valore  nel  com- 
battere  i  Turchi.  Ma  so  ora,  abusando  di  qnesta  condiscendenzadell'Europa, 
intende  vivere  alle  spese  dei  vicini,  come  i  fondatori  di  Roma  secondo  la 
storia  classica,  si  espone  al  pericolo  di  vedersi  sottoposto  a  tutele  forastie- 
re.  « 1  Turchi,  (segue  il  detto  giornale)  sono  oral  vicini  piii quieti ed inof- 
fensivi  che  si  possano  trovare.  I  Montenegrini  sono  un  vero  flagello  poco 
noto  fmora,  eda  troppo  tempo 'tollerato.  L' Austria  ha  il  diritto  di  cacciar 
per  sempre  dall'Europa  il  diritto  del  piu  forte  che  regna  nel  Montenegro.  II 
che  sara  tanto  piu  facile  a  fare,,  quaato  che  1'indipendenza  del  Montenegro, 
che  non  fu  mai  compiutamente  riconosciuta,  non  pu6  accordarsi  colla  pre- 
sente  guisa  di  sno  Governo,  in  forza  del  quale  P  arbitrio  e  la  violenza  regna> 
no  neH'interno  ed  all' esterno  il  saccheggio  e  1'assassinio,  che,  quando  sono- 
€onsumati,  si  considerano  nel  paese  come  fatti  da  eroe. » 

5.  Queste  ed  altre  parole  sopra.  il  Montenegro  della  Gazzetta  austriaca  die- 
dero  in  prima  il  tema  di  alcuni  dispacci  telegrafici  che  corsero  il  mondo  e  le 
gazzetle,  annunciaudo  «che  il  Montenegro  dovea  sparire  dalla  carta  Europea» 
« fornirono  poi  materia  ad  un  grazioso  articoletto  del  sig.  Saint-Marc  Girardin, 
scrittore  ordinario  del  giornale  dei  Debats.  Questo  scrittore,  il  quale  sivanta 
di  avere  scoperto  pel  primo  i  Principati  Danubiaiii,  e  che  senza  dubbio  e 
il  piu  grande  carnpione  che  essi  abbiano  in  Europa  a  fa¥ore  della  loro  unio- 
ne  in  un  solo  regno;  non  pote  non  protestare  controqueste  parole  del  foglio 
tedesco  rerso  una  parte  si  vicina  alia  sua  scoperta  geogratica  e  politica.  In 
prima  egli  loda  i  Montenegrini  di  spirito  cristiano,  perche  accorrono  a  di- 
fendere  i  loro  fratelli  cristiani  conlro  i  Turchi;  dove  e  da  sapere  che  i  Mon- 
tenegrini non  sono  ne  turchi  ne  cristiani  e  nemmeno  greci  scismatici  so 
non  che  di  nome,  e  sono  celebri  come  ladri  in  tutte  le  vicinanze  del  loro 
piccolo  territorio;  nel  quale  in  vero  lo  spirito  cristiano  e  cosa  ignota  a  quei 
barbari  occupati  cotidianamente  in  rubare  mandre  a  turchi  ed  a  cristiani. 

Quanto  poi  al  timore  che  mostra  il  Girardin  che  FAustria  abbia  ora  inven- 
tati  questi  tumulti  dell'  Erzegovina,  solo  per  avere  un  pretesto  di  occupare 
il  paese,  confessiamo  che  la  cosa  ci  pare  difficile  a  credere,  considerate  che 
queste  province  sono  abbastanza  note  al  mondo  (specialmentedopole  sco- 
perte  del  Girardin)  e  che,  quando  anche  fossero  ignote,  non  sono  poi  si  Ion- 


632  CROXACA 

lane  che  non  possa  chi  vuole  andare  a  vedere  che  cosa  vi  si  fa.  Al  die  se 
si  aggiungfi.  che  la  Tarchia  ci  entra  per  qualche  cosa,  e  die  i  consoliei 
commissarii  europei  sono  cola  con  tanto  di  occhi  aperti  sopra  quanto  ac- 
cade,  non  sara  malagevole  il  persuaders!  che  e  piu  facile  assai,  che  ilibe- 
rali  europei  siano  anzi  quelli  che  eccitano  i  tumulti  in  quelle  province  per 
unirle,  se  possono,  in  un  regno  greco  costituzionale. 

Non  vogliamo  perft  lasciare  di  notare  che  il  Girardin  dice  pure  espres- 
samente  in  quel  suo  arlicolo  che,  «  quanlo  a  se,  egli  non  esita  a  preferire 
1'occupazione,  ed  anche  la  conquista  austriaca,  al  Governo  turco  nella  Bos- 
nia e  nell'Erzegovina.  Giacche  la  civil  ta,  anche  sotto  la  forma  meno  libera, 
vale  meglio  che  non  la  barbaric  impotente  e  gelosa.  »  Nel  che  non  si  pu6 
negare  che  il  Girardin  non  abbia  qualche  ragione. 

.6.  Lenovelle  dell'Impero  anglo  indiano  sono,  in  questi  ultimi  giorni,  favo- 
revoli  alle  armi  inglesi,  le  quali  in  molti  scontri  hanno  scoufitti  i  ribelli.  Ed  in 
prima  il  generate  Campbell  recatosi,  come  narrammo,  verso  la  frontiera  oc- 
cidentale  del  regno  di  Ude,  presso  Ferruckabad,  dove  i  ribelli  crano  in  gran 
nuniero,  riusci  il  2  Gennaio  a  difendere  quel  luogo,  cacciandone  i  nemici  che 
minacciavano  d'  impossessarsene.  II  generale  Outram  dal  canto  suo  sconfis- 
se  tre  volte  gli  Indian!,  manteneudosi  intanto  in  Allumbagh  contro  30  mila 
assalitori.  Ed  il  maraviglioso  e  che  i  dispacci,  i  quali  ci  recano  queste  vitto- 
rie,  hanno  sempre  quest' invariabile  tenore  « 1  ribelli  sonp  stati  sconfitli  con 
perdita  innumerevole  di  uomini  e  di  cannoni:  gl'  Inglesi  non  hanno  avuto 
perdite  di  sorta»  ovvero  «  la  perdita  degl' Inglesi  fu.  insignificante  ».  Dalle 
ultime  notizie  sappiamo  che  il  Campbell  si  avanzava  con  10  mila  uomini 
verso  Luknow,  dove  pare  ch'  egli  voglia  assalire  il  grosso  deU'esercito  in- 
diano colaraunato.  Unaltro  dispaccio  aggiunge  ch'  egli  ha  sconfitti  i  ribel- 
li presso  Futyghur  edora  aspetta  il  treno  di  assedio  per  rientrare  con  esso 
nel  regno  di  Ude. 

Ma  ci6  che  ora  attira  piu  1'attenzione  nella  questione  anglo  Indiana  si  6 
il  nuovo  BUI  proposto  dal  caduto  Palmerston,  che  muta  il  Governo  dell' India 
togliendolo  alia  Corte  dei  direttori  e  dandolo  al  Ministero,  cioe  alia  Camera 
dei  Comuni.  Nella  prima  letturail  Bill  sopra  1'abolizione  della  Compagnia 
dell'Indie  fu  gia  approvato  con  318  voti  contro  173;  ma  oraniuno  puo  pre- 
vedere  che  cosa  nascera,  dopo  la  crisi  ministeriale,  a  proposito  di  questo  e  di 
molti  altri  affari,  sopra  i  quali  si  sapeva  che  cosa  pensava  il  gabinetto  cadulo 
e  non  si  sa  che  cosa  pensera  il  Ministero  venturo,  il  quale  anche  non,  e  an- 
cora  certo  che  nasca  vitale. 

Nella  Camera  dei  Comuni  si  sono  pure  fatte  udire  lagnanze  assai  calde  sopra 
varii  fatti  del  Governo  inglese  nelP  India.  E  in  prima  fu.  molto  censurata 
1'occupazione  del  Regno  di  Ude,  donde  nacque,  dicea  taluno,  quel  malconten- 
to  che  fu  poi  causa  della  presente  ribellione.  Anche  fu  consigliato  il  Gover- 
no a  non  impiccar  piu  tanti  Cipai  alia  volta :  al  che  fu  risposto  che  si  prov- 
vedera  col  bastonarli  e  col  trasportarli  in  lontane  isole,  invece  d'  impic- 
carli.  Intanto  sappiamo  che  poco  fa  furono  impiccati  in  Delhi  altri  58  India- 
ni  in  una  volta,  dicui  35  si  dicono  appartenere  alia  famiglia  reale.  Al  quale 
proposito  merita  di  essere  notato  quello  che,  nella  sua  lettera  pastorale  per 
la  Quaresima,  diceva  poco  fa  ai  suoi  diocesani  Mons.  Guibert,  Arcivescovo  di 


COXTEMPORANEA.  633 

Tours  in  Francia.  II  del  to  prclato  osserva  die  la  Provvidenza,  volendo  far  toe- 
care  con  manoil  divario  che  passa  tra  ilSommo  Pontefice  romano  el'Inghilter- 
ra  che  accusa  i  Govern!  italianidi  troppo  rigore,  permise  che  questa  clovesse 
ancorauna  volta  dimostrare  almondo  com'cssa  tralta  i  suoi  sudditi  ribelli. 

7.  La  citta  di  Canton,  quando  giunsero  le  ultime  notizie  della  Cina,  era,  se 
non  nelle  mani,  almeno  (siccomc  dice  in  termini  il  dispaccio)  solto  i  piedi 
delle  truppe  alleate  di  Francia  e  d'lnghilterra.  Le  quali,  dopo  avere,  come 
narrammo,  occupata  I'isola  di  Honan  e  aspettato  invano  dal  Mandarine  Yeh 
Governatore  di  Canton  una  risposta  soddisfacente  alle  loro  domande,  il  gior- 
no  28  sbarcarono  e  il  29  presero,  dopo  breve  combattimento,  alcune  alture 
fortificate  donde  possono  sfracellar  la  citta  se  non  si  arrende.  E  che  essa 
si  sia  difatto  arresa,  pare  potersi  ricavare  da  un  secondo  dispaccio  che  dice 
appunto  che  «la  citta  di  Can  tone  presa »,  aggiungendo  che  il  Governatore  di 
essa  Yeh  fa  fatto  prigioniere  mentre  fuggiva  travestito,  e  fu  condotto  sulla 
nave  Y  Inflessibile. 

Secondo  una  lettera  citata  dal  Pays  si  credeva  nell'esercito  allealo  che, 
dopo  presa  Canton,  si  sarebbe  procedulo  alia  presa  di  Tien  Sing  nel  caso  che 
la  caduta  della  prima  non  avesse  avuto  verun  risultato.  Ne  e  difficile  che 
ci6  accada.  Giacche  la  citla  di  Canton  e  lontana  da  Pechino,  e  1'Imperatore 
pu6  ignorarne  per  un  pezzo  la  presa.  Laddove  Tien  Sing  e  come  il  merca- 
to  dovePechin  fa  le  sue  provvigioni  divitto.Se  essa  e  presa,  la  capitale  del- 
I'lmpero  avra  carestia  di  viveri  e  Tlmperatore  dovra  cedere  alle  volonta  di 
quei  barbari,  sinora  dalui  tanto  disprezzati. 

CINA.  (Nostra  corrispondenza)  1.  La  Missione  proteslante  in  Cina  secondo  i  gior- 
nali  protestanti  — 2.  La  medesima  Missioue  secondo  la  verita  dei  fatti  —  3. 
Unparallelo  —  4.  Le  Locuste  —  5.  Le  imposte  a  Sian  hai  —  6.  II  trattuto 
russo  —  7.  Giustizia  cinese. 

1.  -i  North-China-Herald  eil  nomed'un  giornaletto  inglese,  che  si  pubbli- 
ca  ogni  sabbato  nella  citla  europea  di  Scian  hai,  a  benefizio  massimamente 
del  commercio  in  questa  citta  fiorentissimo.  I  suoi  articoli  sono  per  1'  ordina- 
rio  di  poeo  rilievo.  Ma  uno  ve  n'ebbe,  il  5  Settembre,  che  offre  in  iscorcio 
tutta  la  storia  della  Missione  protestante  in  Cina :  eccovelo  fedelmente  tra- 
dotto  insieme  con  le  tre  note,  quale  ritrovasi  nel  giornale. 

«  Oggi,  5  Agosto  1857,  i  cristiani  compiono  il  primo  mezzo  secolo  di  loro 
religiose  fatiche  nella  Cina.  Un  breve  ragguaglio  di  tali  fatiche  riuscira  cer- 
tamente  gradito  ai  lettori  del  North-China-Herald:  e  veramenle  qualche 
cosa  in  tal  genere  e  pur  dovuta  a  quelli  che  mostraronsi  favorevoli  alle  in- 
traprese  de'  Missionarii  in  questo  paese  2.  n  numero  totale  de'  collaboratori 

^  Le  recenti  notizie  della  guerra  degli  anglofrancesi  contro  la  Cina  sono  da  noi  narrate 
alia  fine  della  precedente  Rutrica,  Notizie  Varie.  Questa  corrispondcnza  racconta  cose  non  po- 
co  rilevanti  dell'  interno  del  paese.  (Nota  dei  compilatori.) 

2  «  lo  vi  sopporto,  o  Missionarii,  disse  uno  dei  piii  abili  e  piu  fclici  commercianti  inglesi 
•che  mai  vcnisse  in  Cina,  perche  il  certo  successo  de'  vostri  layori  aumentcrii  la  diniauda  d'un 
gran  numero  d' articoli  utili  di  commercio  ».  Questo  tcstimonio  e  vero,  e  perfettainente  d'aecor- 
do  con  la  dichiarazione  della  Santa  Scrittura  che  la  pieta  e  profittevole  per  ogni  cosa.  Non  v'ha 
commercio  onorevole  che  non  possa  esser  compatible  col  Cristianesimo,  cd  ojjni  allro  aspctto  di 
nostra  relijjione  sarebbe  affatto  storto.  (JVoto,  certamente  assai  curiota,del  Norlh-China-Herald). 


634  CRONACA 

inviati  dalle  chicse  protestanti  monta  gia  a  prcsso  che  quattrocento,  de'  quail 
quasi  una  meta  sono  stali  ministri  evangelic!  insigniti  de'sacriordini,  altri 
pochi  son  venuti  come  missionarii  raedici  o  agenti  laici,  il  resto  si  compo- 
ne  dellemogli  de'  ministri  o  di  altre  siguore  uon  maritate,  die  quasi  tutteT 
o  spose  o  celibi,  sono  state  direttamente  occupate  al  lavoro  dell'educa- 
2ione  o  ad  altri  doveri  de'  missionarii.  Appartenendoi  venuti  a  phi  di  venti 
diverse  associazioni  proteslaati,  quasi  tutte  le  sette  e  parti  del  Cristianesi- 
mo  hanno  cosi  avuto  i  loro  rappresentanti,  e  peru  una  gran  somma  d'in- 
teressi  personali  e  concentrata  in  questo  campo  di  fatiche.  In  grandezza  esso 
non  cede  a  verun  altro  sulla  terra,  sia  che  si  consideri  il  molto  da  operarvi 
eil  numero  di  quelli,  sopra  cui  e  a  operare,  sia  che  si  considerino  i  buo- 
ni  risultali  che  con  certezza  si  otterranno  a  suo  tempo.  II  numero  degli 
operai  e  stato  aumentato  gradatamente;  nel  primo  decennio  non  ven'ebbe 
che  quattro,  contando  solo  gliuomini,  nel  secondo  quindici,  nelterzo  tren- 
tauove,  nel  quarto  cento  e  cinque,  mentre  che  nell'  ultimo  il  numero  n'  e- 
stato  quasi  raddoppialo.  Presentemente  a  Scian  hai  v'  ha  22  ordinati,  tre 
niedici  ed  un  ageute  laico,  ed  inoltre  quattro  donne  celibi  e  sedici  maritate 
con  venticinque  figliuoli-,  in  tuttoTl.  JXoinonabbiamoanostra  disposizione 
imezzi  necessarii  per  dare  ci ire  esatte  e  precise  sopra  il  con  to  delle  allre  sta- 
zioni.  A  Ning-po  sono  sedici  ordinati,  diciassette  signore  e  ventisei  tigliuoli ;  a 
Fu-ciao  sette  ordinati,  tre  signore,  e  died  iigliuoli;  ad  Amoy  otto  ordinati,  sei 
donne,  e  tredici  figliuoli ;  ad  Hong  Kong  e  Macao  (non  ve  n'ha  a  Canton)  ven- 
tidue  ordinati,  diciotto  donne  e  venli  Ggliuoli.  Oltre  a  questi237  gia  numerati, 
Vha  molte  famiglie  ed  altri  parecchi  individui  che  sono  assenti  dalla  CinaT 
ma  conservano  loro  relazioni  con  questa  inissione,  e  sperano  potervi  ritor- 
Dare.  Le  opere  eseguile  dal  cominciamento  alia  h'ne  sono  state  si  varie  e 
con  si  different!  circostanze,  che  non  pu6  darsene  se  non  un  conto  gene- 
rale.  L'imparare  questo  linguaggio  nelle  sue  forme  e  dialetti  numerosi  e  gli 
apparecchi  per  agevolarnelo  studio;  il  ministero  giornaliero  della  predica- 
zione  nelle  chiese  e  cappelle,  ne'  templi  e  nelle  vie,  nelle  proprie  residenze 
e  di  casa  in  casa,  ne'  viaggi  per  terra  e  sui  battelli  nelle  riviere,  sovente 
ad  indiridui  isolati,  alcuna  volta  a  numerose  assemblee,  il  piu  spesso  a  qual- 
che  decina  d'uditori;  la  traduzione  dei  66  libri  dell'antico  e  nuovo  Tesla- 
mento  nella  lingua  generale  del  paese,  e  di  alcune  sue  parti  nei  diversi  dia- 
letti, e  poi  la  stampa  di  questi  libri  e  F  apparecchio  di  quarto  a  ci6  si  ri- 
chiede;  la  compilazione  di  trattati  cristiani,  e  la  distribuzione  di  questi  e 
della  Bibbia;  piu,  lo  slabilire  convitti  e  collegi ,  e  comporre  libri  per  tali 
scuole;  1'organizzarc  scuole  bibliche  e  riunioni  di  esame.;  la  guida  de'  ca- 
techismi,  e  1'esame  de'  candidati  pel  battesimo  cristiano;  la  vigilanza  so- 
pra le  chiese  nascenti,  1' istituzioue  degl'ignoranti  e  gli  sforzi  a  richiamare 
i  traviati;  la  visila  de'  malati  ede'  ciechi,  e  la  distribuzione  delle  medicine 
elimosine  ai  bisognosi;  e  poi  raccorre  e  pubblicare  notizie  varie  e  curiose, 
scrivere  giornali  e  leltere  pei  comitati  o  per  gli  amici  particolari ;  queste 
ed  altre  simili  opere  formano  il  catalogb  de'  ministexi  che  di  giorno  e  di> 
nolle,  per  lo  spazio  d'uii  mezzo  secolo,  hanno  data  im'am.pia  occupazione 
alle  braccia  ed  alle  teste  di  tutti  quei  quattrocento,  trauomini  e  donne,  che 
entrarono  in  questo  vasto  campo.  Queste  opere  in  generale  sono  state  molto 


COMEMPORANEA  633 

copiose,  ben  diretle  e  non  mancano  di  buoni  e  grand!  risnltati.  Dovrebbesi 
pur  pensare  cbe  parccchi  operai  non  sj/misero  al  lavoro  che  poco  tempo  fa, 
e  che  siamo  piullosto  al  tempo  della  seminagione  che  a  quello  della  ricolta. 
Quanta  a-i  punti  essenziali  del  Gristianesimo,  alle  sue  dotlrine  ed.  ai  fatii  fon- 
•damentali,  ilia  una  buona  somma  d'istruzione  e  stata  comunicata  ai  Cinesi. 
In  nn  campo  come  questo,  in  cui  i  termini  del  servizio  sono  si  ravvicinati  tra 
loro ,  gli  operai  non  possono  sperare  di  vedere  che  una  parte  e  sovente 
minima  dei  buoni  e  legittimi  frutti  di  loro  faticbe  .*.  Quel  poco  per  altro 
clic  possono  vederne  basta  afar  loro  rendere  grandi'grazie  per  lo  passato, 
cd  a  loro  inspirare  coraggio  e  sper'anza  per  1'avvenire,  quando  sanno  cbe 
il  buon  successo  del  lavoro,  in  cui  .essi  non  sono  che  collaboratori,  non  e 
dubbio.  Una  memoria  ben  cpndotta  di  quanto  i  Missionarii  protestanti  ban- 
no  operate  nei  diversi  spartimenti,  di  cui  abbiamo  parlato,  che  indichi  con 
imparzialita  e  chiarezza  i  precetti  e  le  dottrine  inculcate,  i  rcligiosi  costu- 
mi  e  caratteri  formati,  con  minuti  particolari  sopra  i  mezzi  impiegati,  e  an- 
cora  un  desideratum.  Pei  rnissionarii  una  siffattamemoriasarebbe  in  cerla 
maniera  ci6  che  una  buona  carta  de'  venli  e  delle  correnti  e  pei  navigator! 
sagaci.  La  Bibbia  in  verila  e  il,  nostro  solo  sicuro  Direttorio ;  nondimeno  in 
questa  eta  di  progresso  non  si  avra  forse  mollo  ad  aspettare,  e  ricavando 
profitto  dalle  .passate  sperienze,  i  metodi  di  condurre  le  operazioni  de'  rnis- 
sionarii potranno  rendersi  piu  semplici,  piu  economici,  piu  apostolici  e  piu. 
efficaci  che  non  furono  nei  tempi  andati. 

Tra  quelli  che,  sotto  gli  auspizii  delle  chiese  protestanti.,  sono  venuti  ia 
Cina  per  Gristo  e  pel  suo  Vangelio ,  tra  gli  uomini  come  tra  le  donne ,  non 
mancarano  degni  e  nobili  esempii  di  zelo,  di  fatiche,  di  fede  e  di  pazienza. 
Tali  furono,  per  tacere  de'  viventi,  Robert  Morrison  e  William  Milne,  Samuel, 
Dyer  e  David  Abeel,  Edwin  Stevens  e  W.  H.  Medhurst.  Questi  ed  altri,  i  cui 
nomi  sono  men  conosciuti,  ban  no  fat  to  molti  eccellenti  lavori,  i  cui  frutti, 
senza  dubbio,  per  la  grazia  divina,  rendono  molte  anime  felici  e  benedette 
per  sempre.  II  presente  prospetto  ed  i  segni  de'  tempi,  quando  si  paragona- 
no  a  ci6  che  scontrarono  solitarii  avventurieri  su  queste  rive  gia  sono  cin- 
quant'anni,  oh  quanto  sono  differenti!  Venendo  in  Gina  quell'uomo  zelante 
ed  eroico  (Morrison),  mise  ad  effetto,  come  e  noto  al  presente,  ci6  che  era 
statoil  voto  ardente  di  sua  giovinezza,  cioe  che  Dio  volesse  diriggerlo  su  que- 
sta parte  del  campo  de' Missionary  ove  le  difficolta  riescono  piu  grandi  e  piu 
insormontabili.  Alloranon  solo  la  polizia,  esclusiva  di  questo  paese  reslrin- 
geva  la  comunicazione  collo  straniero  ad  uno  stretto  spazio  e  ad  un  pic- 
ciol  nnmero  di  monopolist,  ma  eziandio  il  proprio  Governo  era  si  guarclin- 
go  di  darombra  ai  Ginesi,  che  Morrison  fn  costretto  di  passar  V  Allantico"  e 
venire  a  Canton  sopra  un  naviglio  che  non  portava  la  bandiera  inglese.  Al 
suo  arrive  per  lutta  una  stagione  fu  invigilate  da  uu  occhio  geloso  e  da 
quegli  stessi  che  poco  dope  furono  solleciti  d'  assicurarsi  il  beneficio  dei  suoi 

1  In  una  Jclle  Mission!  di  Araoy,  quclla  cioe  clella  societa  Je'  Missionarii  «li  Londra,  furono 
iH'U' ultimo  doconnio  battczzati  centottantadiie  aditlti,  e  V  obbe  (juasi  lo  stcsso  numcro  nella 
Missione  del  circolo  americano.  Ndle  altre  Missioni  ed  in  altri  luoghi  il  numero  de'  proseliti  e 
stato  niolto  miiiore:  in  alcune  pero  maggior  aumento  e  stato  fatto  alia  Chiesa  negli  ultinii  di- 
ciotto  mesi  ehe  negli  anni  precedent!  di  loro  storia  (JYote  dello  stesso  giornale  protestante). 


636  CRONACA 

servigi  pel  progresso  del  loro  onorato  commercio.  Per  piii  di  venti  anni 
egli  fatic6  quasi  solo,  egli  solo  Missionario  protestantc  in  quest' imperio, 
Milne  giunse  a  Macao,  ma  ne  fu  scacciato;  cerc6,  come  altri  che  il  segui- 
rono,  una  residenza  nei  Distretti.  Allora  predicare  la  dottrina  di  Crislo,  o 
professare  e  praticare  la  sua  religione ,  era  dal  codice  penale  della  Gran- 
de Pura  Dinastia  dichiarato  delitto  capitale.  Allora,  dalle  leggi  comuni  o  an- 
tichi  costumi  di  quest' Impero,  tutti  gli  stranieri  resident!  a  Canton  come 
mercanti,  erano  obbligati,  dopo  gli  affari  d'una  slagione,  a  primavera  riti- 
rarsi  dalla  citta  de'  Becchi  a  quella  di  Macao.  Per  una  licenza  speciale  quei 
mercanti  poterono  condurre  le  loro  famiglie  a  risiedere  nel  territorio  porto- 
ghese;  ma  nessuna  donna  barbara  potea  avvicinarsi  nemmeno  ai  sobbor- 
ghi  della  capitale  della  Provincia.  Per  aver  tentato  in  una  occasione  un  atto 
si  mostruoso,  tutto  il  commercio  venne  sospeso,  e  tutto  il  gabinetto  impe- 
rialee'l  trono  stesso  del  dragone  si  misero  in  movimento  per  I'immcdiata 
espulsione  delle  due  o  tre  donne  intruse.  Tale  era  lo  stato  degli  affari  nel 
1830;  giorni  miserabili  di  monopolismo!  Qualtr'  anni  dopo,  i  diritti  esclusi- 
vi  in  Gina  della  onorevole  Compagnia  dell' Indie  ebbero  fine:  la  real  Com- 
missione,  guidata  da  Lord  Napier,  giunse  nel  Luglio  del  1854,  e  quegli  toccata 
sul  bel  principio  il  riliuto  d'abboccarsi  col  Governatore  di  Canton,  ne  vo- 
lendo  mettere  a  repentaglio  1'onore  edi  diritti  dovuti  agli  stranieri,  indis- 
pettito  e  contrariato  ritirossi  a  Macao,  ove  poco  stanle  spir6  il  di  11  Ottobro. 
Poche  settimane  innanzi,  il  1.°  Agosto,  ilDottor  Morrison  era  morto  a  Cun- 
ton,  lasciando  quivi  ai  lavori  de'  Missionarii  non  piii  che  due  persone,  lo 
quali  erano  state  per  tre  o  quattr'anni  sue  compagne  nel  disseminare  le  bi- 
bliche  verila,  specialmente  pel  mezzo  della  stampa  e  dell' opera  d'  un  indi- 
gena  cristiano  ••.  Verso  il  principio  del  1839  avvenne  1'  arresto  di  tutti  z'.l 
stranieri  a  Canton,  ed  il  confiscamento  delle  ventiraila  e  piucasse  d'oppio; 
avvennero  di  poi  in  tre  anni  successivi  tre  spedizioni  armate,  la  sotto- 
scrizione  del  trattato  inglese  dinanzi  Na'nkiuo  il  29  Agosto  1842,  e  finalmen- 
te,  due  anni  piii  tardi,  1'atto  di  tolleranza,  dato  a  pennello  rosso,  1'anno  di 
Tao-kuan  ventesimo,  1 1  mesi  e  19  giorni,  cioe  il  28  Decembre  1844.  Cosiper 
una  straordinaria  e  misteriosa  provvidenza,  larghe  porte  sono  state  aperte 
ai  trionfi  de'  Missionarii  Protestanti;  e  pure  il  loro  lavoro  non  e  che  comin- 
ciato :  ma  essi  vi  si  danno  di  tutta  forza.  Da  Colui,  che  tiene  ogni  potere 
sul  Cielo  e  sulla  terra,  i  discepoli  di  Nostro  Signore  hanno  la  commissione 
di  rompere  il  pane  di  vita,  la  parola  di  Dio  a  tutt'i  popoli.  Questa  grande  Mi?- 
sione  nei  tempi  di  Dio  avra  per  certo  il  suo  pieno  effetto,  ed  in  quella  che  gli 
anni  passeranno,  nel  mezzo  secolo  che  comincia,  la  sua  Verita,  se  ben  leg- 
giamo  le  promesse,  otterra  splendidi  e  gloriosi  compimenti,  sorpassando- 
quanto  fu  visto  dal  suo  popolo  sulla  terra  fin  dai  giorni  degli  apostoli  e  de' 
martin  primitivi.  La  Gina  non  pu6  essere  un'  eccezione  »» 

\  Durante  gli  esami  pubblici  per  cinque  giorni  successivi  piu  di  undiciniila  trattati  cristia- 
ti,  o  parti  della  Bibbia,  sono  stati  distribuiti  da  Liang  Afah  ai  letterati  di  Canton.  Probabil- 
mente  in  uno  di  qucsti  giorni  Hun  Siu  Tsiuen,  allora  candidate  ai  gradi  letterarii,  ricevette 
una  copia  della.buona  parola,  che  piii  tardi  fecc  una  si  viva  imprcssione  sul  suo  cuore. 
dello  stesso  giornnle). 


CONTEMPORANEA  637' 

2.  Fin  qui  1'articolo  del  Protestantc,  scritto,  a  quel  che  ho  inteso,  a  dis- 
colpa  de'  Ministri  spesso  accusati  da'  loro  compatriotti  d'  inerzia  e  di  steri- 
lita,  mentre  che  i  Cattolici  sono  si  fecondi  nelle  loro  missioni.  lo  non  voglio- 
entrar  giuclicc  per  ora  nella  questione :  ho  solo  qualche  fatterello  fresco  fresco 
a  raccontare;  vcl  daro  schietto  e  netto,  senza  brigarmi  di  far  common tari. 
Due  Ministri  protestanti  recaronsi  non  ha  guari  nella  citta  di  Sun  kian ,  e 
quivi  presa  ad  affitto  una  casa,  yendevano  il  riso  ad  un  prezzo  qualche  cosa 
inferiore  del  comune,  e  per  giunta  di  compiacenza,  vi  accoppiavano  la  di- 
stribuzionc  graluita,  del  pane  della  parola.  II  concorso  fu  grande,  ed  il  mini- 
stro  ripeteva  I'aringa  con  addosso  una  specie  di  lungo  sacco  che  gli  dava 
aria  di  penitente  ossia  diKu  sieu,  come  diceano  quei  cittadini.  Sun-kian  e  una 
Capilale  di  second' ofrline  in  altri  tempi  Qorentissima,  ma  ora  mezzo  diserta, 
dal  vizio  dell'oppio ;  eper6  tuttavia  una  citta  di  letterati.  Parecchi  saputelli 
trasseroalla  folta;  v'ebbe  pure  qualche  Grisliano  che,  dissimulando  lapropria 
professione,  comincio  ad  interrogare  quei  dottori,  ed  a  farli  uscire  dal  cer- 
chio  consueto  della  creazione  :  dimandi  qua,  rispondi  la,  i  predicant!  ca- 
deano  in  contraddizioni,  e  1'astuto  Ginesotto  non  lasciava  di  rimbeccarneli; 
la  disputa  riusciva  sempre  col  dire  che  la  questione  era  intricata  e  richie-- 
devasi  tempo  a  trovarne  1'  avviatura.  I  Ministri  nel  conversare  voleano  pure 
pizzicar  dicinese,  el'altrobel  bello  trovava  modo  di  loro  presen tare  qualche 
cifra  d'  un  uso  alquanto  raro ,  e  dimandarne  il  suono  ed  il  senso :  e  qui 
nuovi  tragitti  di  parole,  nuovi  volteggiamenti,  nuovo  pigliar  tempo.  Intanto 
il  concorso  scemava,  i  cittadini,  quantunque  stretti  dalla  carestia,  amavana 
meglio  comprare  il  riso  altrove,  che  accattare  un  piccolo  risparmio  con  la; 
lunga  noia  d'  un  freddo  sermone  :  e  cosi  in  brieve  il  penitente  non  ebbe 
piu  che  pochi  ascoltatori.  Tra  questi  pochi  comparve  in  fine  un  famoso- 
linguacciuto  pagano,  che  vi  trasse  a  solo  intendimento  di  dar  una  buona. 
lezione  a  quegli  stranieri.  Vedutolo  si  attento  e  d'  un'  aria  assai  svegliata  r . 
un  Ministro  voile  parlargli  da  amico ,  ed  il  richiese  se  ben  sentisse  di 
quella  sovrana  dottrina  che  si  avidamente  udiva.  «  Oh  se  da  amico  mi  chie- 
dete,  da  amico  vo' rispondere  ( 1'altro  soggiunse):  Signori  miei,  sfrattate  di 
qua :  voi  sparlate  sovente  de'  Missionarii  cattolici,  ma  per  verita  voi  non. 
giungete  all'  altezza  loro  a  dieci  spanne  :  quelli  hanno  una  dottrina  vasta  e 
profonda ,  interrogati  sanno  rispondere ,  assaliti  sanno  vincere  :  ina  voi 
ribadite  sempre  lo  stesso  ,  'e  poi  sguizzate ,  traballate  ,  cadete  in  secco.  Oh 
tenetevi  alconsiglio  d'un  amico,  ritornate  a  Scian  hai,  restate  altri  due  anni. 
ad  istruirvi  bene  della  dottrina  che  volete  predicare  ,  ed  allora  verrete  a. 
convertirci :  state  sani.  La  dimane  la  casa  era  vuota  :  i  Ministri  aveano  ere-  - 
duto.airamico,  e  la  notte  stessa  erano  usciti  dalla  cilta  proterva,  lasciandovi 
le  spese.  Ma  finche  si  tratta  di  spendere,  quei  signori  non  sono  si  di  leggeri 
sbigottiti.  Fermossi  un  di  essi  in  una  popolosa  brigata ,  e  comincio  la*sua, 
missione  con  distribuir  danaro  a  quanti  volevano  ascoltarne  i  santi-am- 
maestramenti.  Pensate  che  folia  !  L'odiato  Europeo  divenne  il  benedetto  di 
quella  gente  fortunata ;  ed  il  Miuistro,  tutto  rallegrato  di  s-i  bel  successo  , 
voile  imbandire  un  lauto  pranzo  a  quei  futuribili  credenli.  Un  pranzo !. 
tutti  a  gara  volean  dare  il  loro  nome  al  libro  di  vita  :  crebbero  le  simpa- 
tie  ,  aumentarono  le  limosiae ,  e  parecchi  gia  viveaao  a  spese  della  carita. 


638  CRONAC.V 

cristiana.  Se  non  che  quei  popolani  spingevano  le  loro  mire  ben  piu  lon- 
tano  che  il  Ministro  s'  immaginasse :  erano  sottili  di  panni,  e  qnalche  bri- 
na  gia  cominciava  ad  inasprire  1'aria :  recaroiisi  percio  dall'  affettuoso  loro 
provveditore ,  e  sollevando  un  poco  i  loro  cenci  «  Maestro,  gli  dissero , 
fa  freddo :  sie  san  Ian  tse  »  I  panni  furono  negati,  ed  alcuni  cominciarono 
a  rimbrottarlo;  «ve',  ci  negai  panni  il  crudele».  I  malcontent!  cresceano.  e 
1'altro  non  si  lasciava  commuovere.  Xon  andarono  molti  giorni  che  il  Ministro 
dovetle  prendere  la  fuga  :  i  suoi  cari  volcano  niente  meno  che  ucciderlo. 
Poiche  dunque  il  danaro  non  rinsciva  a  converlire,  voile  un  altro  tentare  un 
nuovo  spediente.  Si  fa.rader  la  testa,  si  veste  alia  cinese,  e  cosi  va  difilato 
in  una  pagoda,  ove  comincio  le  sne  clicerie  col  darsi  peruno  de' mission  a  rii 
caltolici,  allegandone  a  pruova  la  foggia  del  suo  vestire.  Ed  ecco,  mentre 
sciorinava  le  sue  piu  calde  dissertazioni,  un  garzoncello  pagano  gli  si  strin- 
ge  addosso,  e  con  un  ghignetto  malizioso; «  vediamo  un  po',  dice,  se  tu  sei 
veramehte  de'missionarii  cattolici ;  quelli  hanno  la  coda  come  noi ,  fa  che 
esamini  qui  la  tua».Il  ministro  cerc6  invano  di  svincolarsi,  il  petulante  gli 
abbranc6  la  coda ,  e  con  una  strappatella  se  V  ebbe  tutta  in  mano  insieme 
col  berettinocui  era  slata  appuntata.  Una  pronta  e  piena  risatafu  il  frutto 
della  predica.  Piu  sventurato  ancora  vuolsi  reputare  un  altro  povero  Mini- 
stro, il  quale  confess6  di  se,  non  ha  guari,  cbeavendo  predicate  ogni  giorno 
per  tre  anni  interi  ,  neppur  uno  si  e  trovato  che  abbia  volnto  credere 
alia  sua  buona  parola. 

3.  Diamo  ora  uiia  brieve  occhiata  alle  missioni  cattoliche:  dovrei  par- 
lar  di  tutte ,  ma  mi  restringo  alia  sola  del  Kian-nan ,  ne  di  questa  vo' 
toccare  che  un  anno  solo.  Ecco  dunque  il  prospetto  dal  1  Luglio  1856 
sino  al  SOGiugoo  del  corrente.  II  numero  de'  cristiani  gia  monta  a  74, 297: 
gli  adulti  eonvertiii  nel  corso  dell'  anno  sono  2,463  ;  i  fanciulli  pagani 
in  estremo  pericolo  battezzati  10,915;  i  raccolti  ed  alimentati  4,767.  fi 
inutile  parlare  delle  103,040  confessioni  udite  ;  delle  8,709  esortazioni 
agli  adulti  e  catechismi  ai  fanciulli ;  dei  2,871  battesimi  conferiti  ai  bam- 
bini cristiani  ;  delle  continue  corse  agli  infermi  ;  e  di  tante  altre  ope- 
re  annesse  al  santo  ministero.  Parliamo  piuttosto  de'  numerosi  istituti 
da  manlenersi  c  dirigere,  opere  magnifiche,  sempre  piii  crescenti  e  fe- 
conde  di  sempre  piu  felici  resultati.  Y'haun  seminario  di  28  giovani,  di 
cni  parecchi,  fornili  gli  studii,  gia  cominciano  le  prime  opere  del  santo 
ministero ;  un  Convitto  di  82  alunni  occupa'i  negli  studii  proprii  al  con- 
seguimento  de'  gradi  letterarii  ed  alia  cognizione  profonda  della  dottrina 
religiosa;  tre  scuole  superiori  di  52  alunni  interni  ed  esterni ,  destinate 
a  formar  buoni  maestri,  catechisti  ed  amministratori  delle  cristianita; 
dugento  settantacinque  scuole  inferiori  frequentate  da  3,105  scolari  ester- 
ni ;  un  orfanotrofio  di  190  fanciulli  con  arti  e  mestieri  diversi.  Per  le 
fanciulle  v' ha  due  scuole  superiori  di  55  akmne  interne,  per  averne  di 
buone  maestre ;  ottantanove  scuole  inferiori ,  cui  assistono  1 ,260  akmne 
esterne ;  e  due  orfanotrofi  di  90  meschinelle  abbandonate.  Infine  pe'  ma- 
lati  v'  ha  uno  spedale  ,  ove  20  persone  ricevono  al  presente  le  cure  del 
corpo  e  dell'  anima.  A  produrre  si  copiosi  frulti ,  a  vivificare  e  dirigere 


CONTEMPORANEA  639 

tante  opcre  disperse  in  un  campo  si  vasto  e  come  affogato  in  un  pelago  di 
paganesimo  e  di  corruzione,  gli  evangelici  operai,  tra  enropeied  indigeni, 
sani  ed  infermi,  destinati  a  scorrere  per  le  cristianitao  arestare  ne'  domi- 
cilii  per  dirigere  ed  insegnare,  non  furono  die  una  trentina.  Ma  come  a 
tanto,  direievoi,  bastarono  le  forze  ed  i  mezzi?  Vi  rispondo  quel  che  so : 
so  che  dal  Ltiglio  al  Decembre  le  forze  maiicarono  a  quattro,  e  morirono 
vitlime  di  lorp  fatiche ;  so  che  i  Gristiani  spremono  la  loro  miseria  per 
aiutare  lo  zelo  de'  missionarii ;  so  soprattutto  che  quell'  istessa  Verita  che 
disuse:  palmes  non  potest  ferre  fructum  nisi  manserit  in  vite,  disse  pure: 
qui  manet  in  me,  hie  fert  fructum  multum.  II  senso  e  chiaro. 

4.  Quest'  anno  nel  Peceli  la  raccolta  e  pessima :  le  piogge  furono ,   c 
vero,  alquanto  tardive ,  mala  ruina  principale  furono  le  locuste.  II  loro 
primo  passaggio  avvenne  nei  primi  giorni  di  Luglio ,  e  dirigevansi  dal 
A'ord  est  al  Sud  ovest :  si  traltennero  soli  tre  di ,  ma  in  si  brieve  tempo 
divorarono  gran  parte  del  miglio  e  del  kao  lean,  ne  la  loro  partenza  rniglioro 
punto  la  condizione  de'  campi:  nel  loro  passaggio  lasciarono  tante  uova, 
che,  Bcorsa  qualche  settimana,  allo  schiudersi  di  esse,  ognuno  si  avvide  d'es- 
ser  caduto  dalla  padella  nelle  brage.  Le  piccolo  locuste  erano  senza  nu- 
mero ,  ne  eravi  mezzo  da  scacciarle  ,  giacche  non  aveano  ancora  messo  le 
aline  per  volare.  II  miglio  fu  tutto  quanto  divorato,  ed  il  danno  arreca'to  al 
kao  lean  in  ispiga  non  fu  leggero.  Molte  divenute  grandicelle  so  ne  parti- 
rono  verso  il  Nord  ovest ,  non  gia  volando  ma  saltellando.  Immaginate  di 
vederne  un   esercito  largo  nella  sua  fronte  per  lo  ineno  di  una  lega,  e 
steso  in  lunghezza  oltre   a  dieci  leghe ,   avanzarsi   saltelloni ,  fornendo 
cosi  il  cammino  d'un  miglio  al  giorno  e  sostando  la  notte  a  tutto  divorare  , 
sempre  nella  stessa  direzione  ,   senza  arrestarsi  mai  per  ostacolo  alcuno  , 
valicando  stagni  di  acqua,  aggrappandosi  per  le  paretidelle  case,  anzi,  nella 
cittadiWei  hien,sormontatene  le  mura  al  Sudest,  correme  le  vie  e  le  abita- 
zioni,  e  ricalaudo  dalle  mura  del  Nord  est,  nroseguire  il  loro  cammino.  Ad 
onta  della  slrage  chesc  ne  facea  a  milioni  e  milioni,  arrivavano  pure  in  tal 
numero,  che  il  terreno  alia  lettera  spariva  sotto  le  loro  gambetle ;  esse  inon- 
davano  le  strade,  penetravano  le  case  a  centinaia  a  migliaia:  ricominciava 
la  piaga  d'Egitto.  11  tribunale  de'  rili  ha  chiesto  ed  oltenuto  daH'Imperadore 
di  accrescere  un  titolo  onoritico  at  Genio  delle  locuste,  Lieu-Men-tsian , 
perche  condiscenda  a  cessare  tanto  flagello. 

5.  Le  locuste  dell'anno  scorso  aveano  lasciato  questa  provincia  del  Kian 
nan :  nuove  colonie  sono  arrivate, ma  troppo  tardi  e  soltanto  in  alcuni  luoghi ; 
quindi  la  ricolta  del  riso  e  quasi  mediocre ;  men  buorja  e  quella  del  cotone 
guastata  dalle  piogge.  Ma  la  carestia  delle  province  settentrionali,  special- 
mente  di  Pekino,  sifa  sentire  anche  qui:  i  mandarini,  mossida  patrio  zelo, 
faimo  soscrizioni  a  furia  per  le  truppe  e  per  1'  Imperadore.  La  citta  di  Scian 
hai,  la  sola  cilia,  oltre  ai  tributi  ordinarii,  ha  somministrato  quest'anno  piu 
di  due  milioni  di  taeli  (once  d'argento) ,  ed  ora  tutti  i  proprietarii  devono  di 
piu  dare,  ciascuno  secondo  le  sue  forze,  chi  cento,  chi  dugento,  chi  cinque- 
cento  o  mille  misure  diriso,  da  inviarsi  all' affamato  Figlio  del  Cielo.  II  piu 
ricco  della  citta,  vecchio  pagano  di  cognome  Yo,  smidollato  dal  .mandarine 


<GfO  CRONACA  COINTEMPORANEA 

-e  disperato,  ha  interrotto  il  commercio,  ha  chiuso  i  monti  di  pieta  e  la  banca, 
e  pero  gran  parte  di  mcrcanti  non  sa  dove  trovar  danaro.  Pure  sforzato  ha 
dovulo  prender  egli  solo  1'incarico  della  soscrizione  del  riso;  aveaimposto 
.-ad  una  famiglia  cristiana  la  quota  di  600  misure  e  ad  altre  di  500  o  300.  Gli 
fu  fatto  sapere  per  iscritto  ed  a  voce  die  le  famiglie  cristiane,  concorrendo 
con  le  loro  limosine  a  tante  opere  di  pubblica  utilila  iutraprese  da'  missio- 
nariiydoveano  essere  alquanto  risparmiate.  11  buon  vecchio  si  die  conviotd, 
ed  i  Cristiani  sono  stati  non  poco  alleggeriti. 

6.  I  Russi  poco  tempo  fa  ritornarono  a  Scian  hai  dal  secondo  loro  viag- 
gio  del  Giappone.  Furono  ben  accolti  a  Nangasaki ,  poterono  a  lor  pia- 
<jere  scorrere  la  citta  ed  i  contorni  a  dieci  miglia,  comprar  oggetti,  trattare 
coyii  abitanti;  furono  tre  volte  invitati  a  pranzo  dal  Governatore,  hanno  avu- 
to  facolta  di  scorrazzare  per  tutte  le  vie  imperiali,  purche  non  entrassero 
negli  Stati  de'  gelosi  Principi  feudali ;  hanno  infine  conchiuso  un  bel  trat- 
tato.  Volcano  i  Giapponesi  che  non  fosse  permesso  ai  navigli  russi  di  menar 
cola  Missionarii  od  oggetti  di  culto;  ma  rammiraglio  plenipotenziario,  il  Conte 
Putiatin,  ha  voluto  casso  quell' articolo,  lasciando  all' una  parte  la  liberta 
d'arrecar  ci6  che  voglia,  ed  all'altra  quella  di  ricevere  cio  che  piace.  Seppi 
dal  comandante  russo  che  nel  tempo  stesso  di  loro  dimora  nel  Giappone,  gli 
Olandesi  aveanopure  fatto  un  nuovo  trattato.  A  Pekino  1'esito  della  spedi- 
zione  fu  meno  felice.  Giunti  i  Russi  a  Tien-Ism ,  il  Yicere  della  Provincia 
recovvisi  subito  da  Pao  tin  per  dimandare  che  cosa  volessero.  Risposero 
non  voler  parlare  con  altri  de'  loro  affari,  se  non  con  la  stessa  celeste  Mae- 
.-sta.  Non  1'ottennero.  Alcuni  de'  Russi  resident!  a  Pekino  volcano  abboc- 
carsi  con  quei  della  Nave ,  ma  nel  mezzo  della  via  furono  arrestat'  e  ri- 
•condotti  alia  capitale,  ove  restano  sotto  la  vigilanza  rigorosa  della  polizia 
cinese.  Corre  voce  cola  che  il  Vicere,  avendo  riferito  il  fatto  all'  Imperado- 
re, questi  gli  mand6  ordine  di  arrestare  immediatamente  quegli  stranieri, 
-e  d'  inviarli  sotto  buona  scoria  a  Pekino ,  per  farli  quivi  decapitare. 

7.  Unmembro  della  famiglia  imperiale,  di  nome  Tsun-nen ,  rendutosi  col- 
pevole  di  ladronecci  e  d'infami  lascivie,  era  stato  dau" Imperadore  punito, 
ma  non  di  morte.  II  mandarine  Ammonitore  Y-ken-iun,  in  una  memoria, 
xappresenl6  che  una  tal  sentenza  non  era  a  rigore  di  giustizia,  e  ricordava 
1'esempio  dell' Imperadore  Kia-kin,  il  quale  a  Koleminu,  membro  pure  della 
famiglia  imperiale  e  colpevole  di  eguali  delitti,  mand6  1' ordine  di  strango- 
larsi.  II  24  dell'ottava  luna  ( 11  Agosto)  un  rescritto  imperiale  porta,  che  se- 
condo 1'avviso  del  real  gabinetto ,  il  delitto  di  Tsun-nen  e  men  grave  di  quello 
di  Koleminu,  e  che  i  membri  della  famiglia  del  Sovrano  non  possono  esser 
decapitati.  Pero  il  Tsun-nen  e  gia  slato  cassato  dalla  famiglia  imperiale, 
;e  fu  menato  in  ceppi  al  luogo  del  supplizio,  ove  dovelte  assistere  all'esecu- 
zione  degli  altri  condannati.  fi  stato  poi  severamente  ripreso,  e  mandato 
in  perpetuo  esilio  a  Ho-lun-kian ,  ove  al  primo  suo  fallo  sara  subilo  sen- 
tcmi-dio  nel  capo. 


L'  IMPRESA  ITALIANISSIMA 

GIUDICATA  DA  UNO  DEI  SUOI  CAPI 


Contraddizione  nei  discorsi. 

Paragonando  nel  paragrafo  precedente  la  compass!  onevole  me- 
schinita  dell'impresa  italianissima  con  quel  camulo  di  sventure  che 
a  danno  della  nostra  patria  diletta  ne  germinarono,  noi  deplorammo 
la  vittima  ed  esecrammo  i  carnefici,  i  quali  in  onore  di  una  loro 
idea,  di  un  loro  sogno,la  vanno  straziando  da  tanti  anni. 

Eppure  ci  avvediamo  ,  e  ve  ne  accorgerete  forse  ancor  voi  ,  che 
troppo  siamo  stati  generosi  concedendo  a  costoro  un'  idea  ,  un  di- 
segno  preconcetto.  Se  vi  fosse  almeno  questo  ,  mostrerebbono  an- 
cora  un  principio  di  ragionevolezza  umana,  essendo  proprio  del- 
1'uomo  ragionevole  1'  operare  per  un  fine.  Ma  per  costoro  1'unico  fi- 
ne e,  come  per  i  demonii  dell'inferno,  la  strage  degli  uooiini  e  la 
rovina  delle  istituzioni  :  non  venit  nisi  ut  mactet  et  perdat.  Lo  intima- 
va  nel  1846  il  Mazzini  :  «  Distrrugete  quello  che  esiste  ,  appresso  si 
pensera  ».  Lo  ripete  nel  1857  1  Orsini,  il  quale  suggererido  i  priri- 
cipii  del  Programma  per  1'avvenire,  dice  francamente  che,  tocchera 
all'  intera  nazione  il  decidere  intorno  alia  quistione  della  forma  poli- 
lica  che  ci  dee  governare  (pag.  293)  :  intanlo  s'  incorninci  adistrug- 
Serie  III,  vol.  /£.  41  4  Marzo  1838. 


642  L'  IMPRESA  1TALIANISSIMA 

gere  il  presente  ;  beriinteso  clie,  nell'aspettativa  di  cio  che  comande- 
ra  la  nazione,  1'Orsini  stesso  incomincia  a  comandare  e  vietare  cio 
che  a  lui  place  o  displace,  sotto  pena  di  trattare  chi  resiste  come  tra- 
dilore  della  patria;  pronto  frattanto  egli  stesso  a  ricusarle  1'opera 
sua,  se  i  suoi  connazionali  dccrelassero  un  Governo  contrario  ai 
suoi  principii  (pag.  260). 

—  Ma  dunque  in  sostanza,  signor  Felice,  si  potrebbe  sapere  che 
cosa  volete?  Da  un  canto  volete  distrutti  que'Governi,  ai  quali  ob- 
bediva  (sia  pure  che  per  bigottismo,  o  ignoranza,  opregiudizii,  ma 
certo  volontariamente)  1'universalita  de'vostri  connazionali.  Per  al- 
traparte  diteche  tocca  all'universalita  de'nazionali  \\decidere  intor- 
no  alia  forma  politica:  poi  tornate  a  dire  che  se  essi  decretassero  un 
Governo  contrario  ai  voslri  principii,  ricusereste  alia  patria  1'  opera 
vostra.  Ma  dunque  assolutamente  volete  governar  voi;  o  in  altri 
termini  volete  che  governino  i  connazionali,  ma  secondo  i  vostri 
principii.  Sicche  tutti  i  tentativi  de'vostri  Liliputti,  tutti  i  supplizii 
e  le  stragi  che  ne  furono  punizione  o  conseguenza,  tutti  i  palpiti 
in  che  s'agonizza,  le  discordie  che  ci  straziano,  i  balzelli  che  ci  di- 
vorano,  i  sospetti  che  ci  rodono,  le  infamie  che  c'insozzario,  a  nul- 
1'altro  mirano  finalniente,  sotto  il  bel  nome  di  liberta,  se  non  ad  at- 
terrare  tutto  ci6  che  rispettiamo  al  presente,  e  capovolgerci  all*  im- 
pazzata  in  un  incerto  avvenire,  ove  ciascun  di  loro  dira,  come  voi 
dite:  «  0  fate  a  modo  mio,  o  vi  lascio;  o  L'  ITALIA  si  FACGIA  RE- 

PURBL1CA  GOME  NCI  LA  VCGLIAMO,  0  NOI  CONTINUEREMO  A  DESOLARE  LA 

PATRIA,  A  COSTO  ANGORA  DELLA  VITA  ».  In  verita  per  ridurci  a  tale  ti- 
ranriide  non  valea  la  spesa  di  scuotere  il  giogo  antico.  Giovani  ita- 
liani,  che  ve  ne  pare  ?  Abbiam  noi  fatto  un  bel  guadagno  ?  Eppure 
tant1  e !  ecco  la  liberta  che  vi  si  presenta :  o  repubblica  mazziniana, 
o  strazio  perpetuo:  scegliete. 

Prima  peraltro  tranquilliamo  perun  momento  gli  afietti  che  cote- 
sti  delirii  e  delitti  hanno  eccitato:  e  dopo  'avere  imparato  dalla  storia 
dell' Orsini  la  ridicola  nullita  delTitalianistno  passato,  impariamo 
dai  suoi  ragionamenti  1'  impossibilita  dell'  italianismo  futuro.  A 
dir  vero,  nell'  accingerci  a  dimostrarvela,  ci  sembra  quasi  sentirci 


GIUDICATA  DA  UNO  DEI  SUOI  CAPI  643 

rinfacciare  1'audacia  del  nostro  proposito  nel  chiedereall'Aulore  Ie 
proved!  una  tesi  opposta  precisamenteal  suo  assunto  ealla  sua  con- 
clusione.  Se  egli  avesse  scritto  a  fine  di  disgustare  per  sempre  gl'I- 
taliani  di  quelle  rivolture  che  a  lui  costarono  carceri  e  strazio,  ai 
complici  delitti  e  derisioni,  all'Italia  disdette  e  stragi  -,  si  compren- 
derebbeche  la  Civiltd  Caltolica  volesse  ripeterne  gli  argomenti.  Ma 
che  questi  si  tolgano  in  prestito  da  cbi  protesta  nell'  introduzione 
volere  inspirare  ad  ogni  cuore  italiano  COSPIRAZIONE  ED  AZIONE 
costanli,  ejficaci,  potenti  per  fare  la  rivoluziom  e  won  aspeltarla  iner- 
ti (Introduzione  pag.  5);  da  cbi  raccomanda  nel  concladere  che  si  ac- 
quisti  la  liberta,  mettendo  a  capo  d' ogni  nostro  pensamentol'odio  allo 
stranieroja  vendetta  control  Principi  nostri  (Conclusione  pag.  292); 
questo  sembra  proprio  un  fare  a  fidanza  con  una  testa  senza  cer- 
vello,  o  con  un  cervello  senza  logica.  Eppure  cbe  volete  ?  Lo  sra- 
gionare  dell'Autore  esi  continue,  si  evidente,  che  non  possiamo  tro- 
vare  migliori  argomenti  de'  suoi  per  contraddirlo. 

Anzi  permetteteci  che  per  abbreviare  ed  agevolare  il  discorso 
1'introduciamo  a  perorare  egli  stesso,  riserbando  a  noi  soltanto  d'in- 
tercalarvi  qualche  frase  per  connettere  i  sentimenli,  ea  voi  di  pro- 
porre  all'  uopo  qualche  dubbio  per  ottenerne  la  spiegazione. 

Ohime!  vi  confessiamo,  lettore,che  sentiamo  gelarci  in  man  o  la 
penna  a  chiamare  a  combattimento  su  queste  pagine  uno  sventu- 
rato,  che  combatte  oggi  pur  troppo,  sopra  tutt'  altro  campo,  una 
troppo  piu  funesta  battaglia.  E  furnmo  per  tacere :  ma  come?  nel 
momento,  in  cui  cotesto  libro,  con  tutte  le  attrattive  della  curiosi- 
ta  per  uno  stile,  se  non  elegante,  almeno  vivace,  per  sentimenti,se 
nongenerosi,  almeno  teatrali,  chiama  a  se  la  gioventu  per  sedurla, 
per  accenderla,  per  invasarla ,  noi  taceremo  per  riguardo  ad  una 
sventura  ohe  potrebbe  acquistare  nuove  attrattive  allo  scritto ?Deh! 
sullo  sventurato  volga  pietoso  dal  cielo  uno  sguardo  (nel  preghiamo 
ben  di  cuore)  il  Dio  delle  misericorclie  :  ma  noi  la  prima  misericor- 
dia  ladobbiamo  a  quella  cara  gioventu,  di  cui  il  libro  va  in  traccia 
per  tradirla  e  strascinarla  a  perdizione.  Forse  cbe  cessano  coteste 
pagine  infami  dal  fame  strazio,  perche  il  misero  Autore  ne  sla  pa- 
gando  il  fio  alia  giustizia  o  col  patire,  o  col  fremere,  o  col  morire? 


644  L'  IMPRESA  ITALIANISSIMA 

Ecco  dunque  limpido  e  conciso  1'  argomento  di  cui  1'Autore  ci 
somministrera  tutti  gli  elementi  per  dimostrare  impresa  stolida  ed 
impossibile  la  miova  rivoluzione  italiana.  Una  rivoluzione  effica- 
ce  e  durevole  non  e  possibile,se  non  o  per  universale  volonta  di  un 
popolo  spontaneamente  uniformenel  volerla,  o  per  direzione  di  un 
Capo  valoroso,  politico,  potente,  o  per  soccorso  di  Principi  e  po- 
poli  stranieri. 

Or  in  Italia  non  e  possibile  per  la  rivoluzione  ne  Tuniforme  dispo- 
sizione  de'popoli,  ne  il  valore,  1'accortezza,  la  potenza  di  un  Capo, 
ne  il  soccorso  da  alcuna  gente  straniera. 

Dunque  ben  potra  in  Italia  nascere  qualche  tumulto  e  spargersi 
altro  sangue;  ma  una  rivoluzione  efficace  e  durevole  e  moralmente 
impossibile. 

L'  argomento  ci  sembra  in  regola  5  ciascuna  proposizione  delle 
premesse  vela  provera  1'Autore-, la  conseguenza  e  precisamente  1'op- 
posta  di  quella,  a  cui  vorrebbe  egli  condurci.  Rifacciamoci  dal  prin- 
cipio  ,  e  ascoltiamo  1'  Autore  che  c'  insegna  magistralmente  le  con- 
dizioni  richieste  per  fare  una  rivoluzione. 

Orsini.  Orsu,  Italiani ,  e  pur  tempo  una  volta  che  conosciate  la 
mala  via,  per  cui  camminaste.  Da?  1843  in  poi  fui  testimone  di 
molte  spedizioni  tentate  e  sempre  fallite  ;  e  parmi,  a  dir  vero,  effetto 
di  guasti  intelhtti  quel  volere ,  ad  onta  di  una  non  intenotta  e  ben 
trista  esperienza,  fame  sempre  di  nuove.  Le  rivoluzioni  debbono  pre- 
pararsi  ed  eseguirsi  dall' inferno  delle  ciltd,  dai  cilladini  slessi ;  deb- 
bono essere  promosse,  non  dal  di  fuori,  ma  da  cagioni  interne  <f  in- 
teresse  generate,  di  spirilo  nazionale,  di  amor  palrio,  di  odio  all'op- 
pressione  lanto  straniera  che  indigena.  Hanno  insomma  ad  essere 

REALI,  SENTITE  €  MOM  ARTIFICIALI  (pag.  104). 

Una  setta  o  pochi  [uoruscili  streltisi  in  segrela  associazione  o  in 
comitalo,  possono  muovere  bensl  una  mano  di  malcontenti,  od  anche 
di  giovani  bravi  ed  ardenti,  che  in  ogni  regione  ve  n'  hanno  sempre ; 
ma  essere  cagione  di  una  rivoluzione  generale,  se  gli  spirili  non  sono 
propizii  a  ricevere  i  cambiamenti,  no.  Nascono  bensi  tali  movimenti 
spesso  per  casi  impensati ,  come  a  Genova  nel  1746,  ma  prima  c 


GIUDICATA  DA  UNO  DEI  SUOI  CAPI  645 

meslieri  che  la  rivoluzione  morale  sia  compiuta,  V oppressions  univer- 
salmenlesentita,  I'odio  contro  i  despoliprofondo,  inveterato  (pag.  18). 
Se  questo  manchi,  larivoluzione  e  impossibile  o  certo  momentanea. 

Ne  questo  basta  :  ad  ottenere  la  rivoluzione  politica  ed  otte- 
nerla  durevolmente ,  ci  vuole  quelVunita  morale  che  costituisce  al- 
T  interno  la  forza  del  popolo,  e  senza  di  cui  T  unita  politica  suona 
despotismo  e  scompare  alia  prima  occasione. 

Qaesta  unita  morale  consisle  nella  comunanza  d'  idee  ,  di  costu- 
manze,  di  leltcratura  ecc.;  e  pero  azione  preparaliva  alia  rivoluzione 
debb'essere  \  °  illuminare  le  masse  sulla  libertd  deU'uomo  ,  sulla  re- 
ligione  ,  sul  Governo  ;  2.°  far  la  rivoluzione  morale  prima  della 
materiale  (pag.  284)-,  3.°  schiacdare  moralmente  la  reazione  dei 
preli  e  dei  Governi  nella  pubblica  opinione  (pag.  290).  Cosi  ver- 
rebbe  a  costituirsi  quell'  unita  morale  ,  da  cui  pu6  risultare  una 
rivoluzione  durevole. 

Or  ditemi  in  fedevostra,  Italiani ,  vedete  voi,  o  almeno  spe- 
rate  possibile  una  tale  unita?  La  nazione  italiana  e  ella  pronta 
a  fare  quanto  operarono  gli  Spagnuoli  contro  Napoleone  il  Gran- 
de ?  II  crederlo  sarebbe  un  disconoscere  le  condizioni  reali  della 
Penisola  (pag.  270).  Dio  buono!  Fin  dal  principle  dei  movi- 
menti  italiani,  il  sentimenlo  di  UNA  ITALIA  INDIPENDENTE  non  esisteva 
nella  classe  infima  della  sociela  ;  e  Ira  la  media  ed  istrutta  era,  se 
abbiamo  a  parlar  vero,  ben  poca  cosa....  E  questa  fu  la  ragione,  che 
nelle  sommosse  posteriori,  invece  di  agire  per  sentimenlo  nazionale, 
gV  Ilaliani  si  diedero  a  scimmioltare  le  forme  cosliluzionali  d'ollre- 
monli :  perche  Id  rivoluzione  era  statapassiva  e  non  atliva  (pag.  10). 
Mi  direte  che  d'  allora  in  poi  le  idee  sono  cambiate.  Ma  sarebbe  un 
grande  errore.  Smo  alia  fine  della  prima  campagna  del  1848  le 
classi  infime  ed  agricole  dello  Stato  Romano  e  delle  Due  Sicilie  non 
conoscevano  patria,  ne  indipendenza:  nella  Toscana  afjezionate  al 
Gran  Duca  ripeteano  «  fuori  lo  straniero  »  per  moda  piu  che  per 
sentimenlo  :  nel  Piemonte  il  popolo  tutto  bigotli,  ignoranti,  affezio- 
nali  al  Re,  pronti  a  seguirlo  (pag.  4-6).  L'aristocrazia  avversa  alle 
novila,  le  armate  operanli  come  macchine,  nel  clero  poco  sentimenlo. 


646  L'  IMPRESA  ITALIANISS1MA 

nazionalc,  in  tutli prontezza  alle  parole,  ad  entusiasmarsi  e  subito 
avvilirsi,  ad  accusarsi,  a  diffidare,  a  cahmniare  ecc.  ecc. ,  abititdini 
dtl  Cattolicismo  (pagg.  47,  48)  ^.  Insomma  tutta  V  Italia,  fuor  di 
noi,  repubblicani,  aveva  tutt'altri  pensieri  che  i  nostri :  e  ci  voile 
tutta  la  nostra  insistenza  per  ispargervi  qualche  germe  di  malcon- 
tento.  onde  colorire  il  preteso  bisogno  d'innovazioni. 

E  dopo  d'allora  credete  voi  che  abbiamoguadagnato  in  unita?  Oh 
si  davvero !  L'amnistia  ricondusse  i  fuorusciti  in  Italia  pieni  di  co- 
stumi  e  pensamenti  stranieri ,  deposto  il  giovanile  ardore  per  Veto, , 
le  miserie,  i  disinganni;  dimentica  la  pairia  per  loro  interessi ,  ac- 
quislato  un  fare  di  moderazione  si  distinto  dalT  indole  de  primi  moli 
italiani  (pag.  45).  Or  pensate  quale  influenza  dovettero  avere  costoro 
nello  scindere  viemaggiormente  la  nostra  unita.  Qual  meraviglia  che 
appresso  fossero  si  pochi  i  veri  Italiani?  Che  il  moto  di  Milano  dei 
6  Febbraro  non  trovasse  che  pochi  giovani  eroi?  (pag.  81).  Che 
1'imprudenza  di  cotesto  moto,  e  molto  piu  gl' impiccamenti  sco- 
raggissero  i  popolani?  (pag.  128).  Che  i  Valtellinesi  non  fossero 
disposti  ad  insorgere,  ne  vi  fosse  da  sperare  in  Chiavennaschi  e  Ber- 
gamaschi?  (pag.  108).  Che,  nello  scandagliare  il  popolo  pel  vespro 
degli  ufficiali,  tutta  la  moltitudine  si  riducesse  a  o  o  600? (pag.  127). 
Negli  Stati  estensi  poi  e  nella  riviera  ligure  i  fatti  dimostrarono 
come  non  vi  fosse  alcuna  disposizione  in  que  popoli  (pag.  102)^  e 
1'avversione  del  popolo  alle  rivoluzioni  giungeva  a  tale,  che  quando 
ci  fummo  dispersi  dopo  il  moto  di  Sarzana,  t  contadini  facevano  a 
gara  ad  arrestarci ,  le  donne  (infamie  inaudite!)  a  farci  la  spia 
(pag.  101).  Come  vedete,  nulla  si  e  guadagnato:  gl' Italiani  del 
1854  somigliano  quei  del  48  ,  come  questi  somigh'avano  quei  del 
del  181 4  al  1815. 

Questo  tuttavolta  e  naturale  pur  troppo.  Senza  parlare  del  discre- 
dito,  in  che  le  imprudenze  del  Mazzini  gittarono  tutto  il  partito  , 
evvi  in  Italia  un  principio  finora  indelebile  di  unita  cattolica.  Ora 

1  Guricsa  cotesta  aliitudine !  E  piu  curiosa  ancora  che  le  sette  segrete,  le 
quali  rinnegano  in  tutto  il  resto  il  Cattolicismo,  null'altro  abbiano  voluto  rite- 
nerne  (come  ci  dira  fra  poco  PAutore)  se  non  coteste  abitudini. 


GIUDICATA  DA  UiNO  DEI  SUOI  GAPI  647 

finclie  queslo  permane,  e  chiaro  che  non  vi  puo  essere  I'unita  morale 
della  rivoluzione,  e  che  per  conseguenza,  secondo  i  miei  principii, 
la  rivoluzione  e  impossibile.  Ed  eceo  perche  abbiamo  tanto  insistito 
sopra  la  necessita  di  schiacciare  i  preti  e  il  papalo:  Qricha  vi  sara 
Papa  in  Italia,  vi  sara  quel  servagyio  che  da  origins  ad  una  religions; 
(pag.276)  finche  vi  sara  tal  sercaggio  la  rivoluzione  morale  non  e 
fatta.  Or  pensate  voi  se  il  popolo  italiano  sia  disposto  a  sacrificare 
Papa  e  Cattolicismo !  Ye  lo  disse  T  anno  scorso  il  viaggio  trionfale 
di  Pio  IX.  Al  riinbombo  di  coteste  ovazioni ,  che  ancora  eeheggia- 
no,  pare  a  voi  sperabile  che  si  schiacci  il  Papato?  Se  rispondete  che 
no ,  concludete  pure  che  per  parte  del  popolo  la  rivoluzione  italia- 
na  e  impossibile. 

Lettore.  Ebbene  sia  pure  -,  se  non  la  fara  il  popolo,  la  faranno  le 
sette. 

0.  Poveri  giovani  illusi  !  Non  sapete  proprio  quel  che  vi  dite ! 
L' Italia  opera  delle  sette?  A  far  I' Italia  bisogna  anzi  disfare  le  set- 
te :  vi  dice  il  Foscolo  nell'  epigrafe  del  mio  frontespizio:  o  piuttosto 
ve  lo  dice  lanatura,  il  nome  stesso  della  cosa.  E  di  vero  che  altro  e 
Setta,  se  non  parte  secata ,  divisa  dal  tutto  ?  Una  selta ,  o  pochi 
fuorusciti  riescono  benissimo  ad  introdurre  una  scissura  fra  gl'  Ita- 
liaui,  ma  now  possono  essere  cagione  d  una  rivoluzione  generale 
(pag.  18  ).  Ne  domanderete  forse  un  perche  piu  iniimo,  piu  pro- 
fondo ,  piu  pratico :  ed  io ,  franco  come  sono ,  non  ho  la  meno- 
ma  difficolta  a  chiarirvene  ,  cessando  quelle  illusioni  che  da  lon- 
tano  ingigantiscono  il  potere  delle  sette,  e  svaniscono  da  vicino 
come  nebbia  al  vento,  o  piuttosto  come  la  vita  nel  corpo  incaricre- 
nito.  Sapete  voi  che  cosa  sono  per  la  maggior  parte  le  sette?  Infa- 
mia  di  gente  che  si  predicano  virtuosi  e  non  sono  che  vigliacchi,  peg- 
giori  de'nostri  nemici  stessi  e  degni  di  essere  reietti  dal  consorzio  de- 
gli  uomini  dabbene.  Queste  infamie  hanno  puriroppo  luogo  fra  le 
selle,  dove  bene  spesso  ,  anziche  la  ragione  ,  la  retlitudine  ,  Tamore 
palrio,  e  la  onesla,  prevalgono  Yingiustizia,  I' acciecamenlo  e  la  men- 
zogna  ,  V  invidia  ,  ed  cgni  sorla  di  basse  e  abbielte  passioni.  II  fin- 
gere  ,  il  mentire  conlinuo  ,  il  mislero  ed  i  raggiri ,  in  cui  sono  co- 


648  L'  IMPRESA  ITALIASISSDIA 

stretti  di  ravvolgersi  i  settarii ,  finiscono  per  divenire  un  ABITO  -,  cjli 
animi  si  corrompono;  e  non  vi  e  atto,  per  quanlo  sia  spregevole,  di- 
nanzi  al  quale  s'indietreggi  (pag.  33).  Certamente  vi  sono  delle  ec- 
cezioni,  ed  una  di  queste  fu  il  Barbetti,  scampato  al  pugnale  di  al- 
tro  settario  che  tento  assassinarlo .  Ma  esseri  come  lui  sono  assai  rari 
in  mezzo  alia  rnalignitd  che  generalmente  s'incontra  qua<jgiu(pQg. 
35):  gV  inlrighi,  gli  arbilrii  hanno  luogo  nel  seno  slesso  della  cospi- 
razione  liber  ale;  si  dissigillano  le  lettere  e  si  leggono,  abusandone  poi 
il  segreto:  onde  capirete  quale  imprudenza  sarebbe  fondare  le  spe- 
ranze  d' Italia  sopra  quelle  poche  eccezioni. 

Let.  Ebbene,  se  non  si  pu6  fare  con  le  sette  ,  si  trovi  un  gran- 
d'uomo  che  dia  al  popolo  col  comando,  quell' unita  che  moralmen- 
te  gli  manca.  Non  abbiamo  noi  a'nostri  tempi  I'  esempio  della  spe- 
dizione  di  Napoleone  il  Grande  a  Cannes  ? 

0.  Eh  cari  miei!  dei  Napoleoni  fuvvene  un  solo  al  mondo  .... 
Egli  possedeva  il  segreto  di  far  sorgere  I'  entusiasmo  ovunque  pre- 
sentavasi.Noi  dal  nostro  lalo  che  abbiamo  invece?  II  genio  nelle  pa- 
role, la  meschinitd  nei  falti  (pag.  105).  L  Italia  manca  oggidi  di  un 
uomo  che,  per  ingegno  mililare  e  politico,  possa  con  isperanza  di 
trionfo  mettersi  a  capo  della  causa  di  redenzione:  nessuno  ha  la  sim- 
patia  universale  degVltaliani. 

Let.  Nessuno?  oh  qui ,  scusateci:  degli  uomini  non  ne  mancano; 
e  senza  parlare  dei  minori  ,  basterebbe  il  solo  Mazzini  ad  incentra- 
re  quanto  ha  di  nobile  nei  pensieri,  di  generoso  negli  afletti,  di  ener- 
gico  nel  braccio  la  gioventu  italiana. 

0.  Mazzini !  E  voi  avete  coraggio  di  nominarmi  Mazzini?  Maz- 
zini, il  despota  dell*  idea  ,  del  capriccio  ,  dell  infallibilita !  Essere, 
cut  giuslo  od  ingiuslo  e  lutfuno,  purche  serva  al  suo  volere :  essere 
paragonabile  alt  attuale  Napoleone ! 

Let.  Sara  questo  un  difetto,  ma  intanto  voi  stesso  paragonandolo 
alt1  attuale  Napoleone  dite  ch'e  proprio  1'  uomo,  di  cui  abbiam  biso- 
gno :  giacche  non  negherete  certamente  airimperatore  dei  Francesi 
valor  di  mente  ed  energia  di  volonla,  voi  che  lo  dite  qtiel  desso  che, 
profittando  degli  crrori  delle  nazioni,  arresld  il  progresso  deila  ri- 


GIUDICATA  DA  UNO  DEI  SUOI  CAPI  649 

voluziorie  5  clie  sorregge  V  attuale  assello  politico  delt  Europa  ^  si 
che  tutti  i  Sovrani  fanno  capo  a  lui  (pag. 271).  Ordateci  in  Mazzini 
uri  altro  Napoleone  che  impieghi  in  favor  dell' Italia  le  stesse  doti, 
e  vedete  quali  speranze.  .  .  . 

0.  Yoi  applicate  male  il  mio  paragone.  Paragonai  Mazzini  a  Napo- 
leone nella  tenacita  del  proposito,  non  nella  capacita.  Mazzini  e  tal 
uomo  che  alia  sua  volonta  sarebbe  capace  di  posporrela salute  del  pae- 
sefpag.  264) :  main  quanto  a  capacita,  ella  e  un  puro  presligio  nato 
dal  suo  stile  poetico-biblico-profelico  e  da  quel  non  so  che  di  mislerio- 
so,  onde  si  riveste  il  non  mai  veduto  esule  lontano  (pag.  49).  Vit- 
tima  io  pure  di  cotesta  illusione  seguitai  un  tempo  Mazzini,  perche 
lo  ritenni  per  Capo  degl'  Italiani  e  dotato  di  mezzi  morali  e  mate- 
riali  all'uopo  (pag.  264).  Ma  dopo  le  sue  avventure  politiche  fui  co- 
stretto  a  ravvisare  nel  suo  partilo  meschinitd  di  mezzi  in  danaro  e 
armi ;  in  lui  difetto  di  capacita  ordinatrice  nella  mente  e  mancanza 
totale  di  senno  pralico  (pag.  124).  Caduta  Roma,  quel  suo  fare  di 
assolulismo  alieno  Sartori,  Saliceli  e  Montecchi,  reslando  con  lui 
Agoslini ,  bisognoso  del  soldo  per  vivere  ,  e  Safli,  strumento  cieco 
(pag.  79).  Coslrelto  allora  a  darsinelle  mani  di  giovani  inesperti , 
si  ostino  nell'  idea  che,  un  pugno  di  uomini  co'  nomi  di  Dio  e  del 
Popolo  valga  a  fare  insorgere  tutta  la  Penisola  (pag.  124)  :  ea 
cotesta  sua  ostinazione  siamo  debitori  del  vitupero  di  tante  scon- 
fitte  e  del  sangue  de'  nostri  piu  valorosi  eroi,  caduti  vittima  di  tal 
pazzia.  All' incapacita  e  all'ostinatezza  aggiungete  la  ciurmeria  mi- 
stica  del  nuovb  Maometto  moderno  ,  la  villa  delle  adulazioni ,  con 
che  i  suoi  consiglieri  e  le  sue  consigliere  Tadorano,  Yascoltano  ed  ese- 
guiscono  spargendo  veleno,  cercando  d'  infamare  eld  non  si  fa  servo 
del  grande  agitatore  ligure  (pag.  282) :  e  vedrete  se  costui  e  tal 
uomo  che  dia  speranze  all'Italia.  Credereste?  Nelbel  mezzo  del  se- 
colo  decimonono  Mazzini,  interpetrando  la  formola  «  Dio  e  Popolo  », 
dice  che  egli  e  Tinterpelre  delle  leggi  di  Dio,  che  e  emanazione  dello 
Spirito  Santo,  che  ha  la  santa  missione  di  rigenerare  I'ltalia  e  Vu- 
niverso.  Di  che,  passando  poi  dalle  teorie  ai  fatli,  egli  vuole  nei  suoi 
proselili  cieca  obbedienza  ,  vale  a  dire  assolutismo  o  dittatorato. 


6oO  L'  IMPRESA  ITALIANISSIMA 

Giovani  entusiastici  e  donne  fanatiche  lo  tcngono  come  un  prof? la, 
un  essere  misterioso  ,  un  mito  ( pag.  287 )  ,  un  angelo  disceso  dal 
cielo,  un  nuovo  Gesu  Cristo,  il  piu  gran  genio  degli  ullimi  secoli, 
e  simili  altre  stramberie  con  elogii  sperticati,  pronunziati  da'  suoi 
LECTURERS  nelle  principali  oitta  d'Inghilterra  (pagg.  259,  261). 

Let.  Come  !  e  in  Inghilterra  si  trova  gente  che  si  lascia  accalap- 
piare  da  tali  soempiaggini  ? 

Ors.  E  quanti !  Tra  le  varie  amiche  di  Mazzini  che  lo  risguardano 
come  un  dio ,  una  ,  la  Signora  Haw...,  ne  sta  compilando  la  bio- 
grafia  che  sara  davvero  un  capo  laroro  (  pag.  261 )  :  e  il  peggio  e 
che  dalla  discrezione  di  coteste  signore  (poco  use  al  segrclo)  dipen- 
dono  le  sorti  de  patrioti  italiani  (ivi ).  Ma  il  fatto  sta  che  tulli  i 
migliori  si  sono  distaccati  da  lui,  che  a  nulla  di  buono  riusti  mat; 
che  non  ha  fatto  sino  ad  ora  che  sacrificare  inutilmente  delle  vitlime 
ed  insinuure  disuniom  fra  i  patrioli  (pag.  264)  :  che  portb  disunion! 
ncl  partito  nazionale  (pag.  287) ;  che  allo  sciogliwenlo  del  Comitato 
nazionale  italiano  i  Mazziniani  non  rappresenlarono  piu  che  una 
fazione  (pag.  264). 

Ecco  ,  giovani  miei ,  che  cosa  e  Mazzini  in  doti  di  mente  e  di 
volonta.  E  da  cotesto  Maometto  sperereste  rpdenzione  all'  Italia  ed 
unita  di  spirito  negli  Italiani  ?  Quel  che  ci  vorrehbe  a  tal  uopo  lo  so 
ben  io,  e  vel'ho  compendiato  nel  capitolo  XV  che  dovrete  studiare 
a  suo  tempo  come  il  catechismo  degl'Italiani.  Ma  in  quanto  a  trova- 
re  un  uomo,  neppur  se  aveste  il  lanternino  di  Diogene  !  Cionondi- 
meno  voglio  essere  generoso  con  voi  e  supporre  che  sorga  dalle  dassi 
vergini  della  societa  il  Washington  italiano  (ivi). 

Let.  Oh  allora  non  negherete  che  1'  Italia  avrebbe  la  sua  unita  , 
giacchfe  voi  stesso,  dopo  averci  esortato  a  non  essere  servi  d'  alcun 
uomo,  aggiungete  1'  eccezione  :  Se  non  dove  si  trovi  un  GENIO  della 
guerra,  della  cospirazione;  nel  qual  caso  1'obbedire,  anziche  dar  se- 
gno di  servilismo  ,  sard  una  stima  giusta  del  merito  ,  della  capacitd 
e  un  omaggio  reso  alia  causa  italiana  (pag.  266). 

0.  Oh  in  tal  caso  avete  ragione:  se  trovate  chi  ha  talento  e 
mezzi  necessarii  ,  associatevi;  giacche  quando  obbcdile  al  Gene- 


GIUDICATA  DA  USO  DEI  SUOI  CAPI  651 

rale,  alia  scienza  e  al  genio,  soddisfate  al  dovere  di  ciltadino,  non 
servile  T  uomo  (pag.  276).  Pure  che  volete?  torno  ad  affermare 
che  anche  sotto  tal  Capo  1'  unita  non  potra  ottenersi.  E  ci6  per 
tre  ragioni.  La  prima  e  che  se  il  grand'  uomo  pu6  trovarsi,  e 
molto  difficile  per6  che  sia  generalmente  riconosciuto :  e  voi  do- 
vete  sapere  che  tutti  i  grandi  uoinini  fino  al  Washington  ame- 
ricano ,  allora  si  conobhero  grandi,  quando  ebbero  compiuta  1'im- 
presa  :  ma  prima  quante  gelosie,  quanti  interessi,  quante  vili  ca- 
lunnie  ebbero  ad  affrontare  anche  fra  genii  meno  corrotte  !  Per 
nascente  gelosia  s'incomincia  a  parlare  freddamente,  poi  voci  di  dif- 
fidenza  si  accolgono  senza  esame,  corrono  di  bocca  in  bocca:  i  nemi- 
ci  ne  approfiltano,  Tombra  prende  aspelto  di  corpo,  i  timidi  schiva- 
no  il  calunniato,  e  non  osano  difenderlo:  da  ultimo  per  gelosie  e  pri- 
vate inimicizie  vedesi  perduto  un  uomo  che  poteva  rendere  grandi 
servigi  alsuo  paese  (p.  33). 

Ma  diamo  ancor  piu.  Vinca  il  grand'uomo  ogni  gelosia,  ogni  stu- 
pidita,  ogni  vitupero,  ogni  timidezza,  ogni  calunnia;  otterra  egli 
Fautorita  necessaria  ?  Ripeto  che  no,  per  un'altra  ragione,  ed  eche 
nei  movimenti  insurrezionali  e  ben  difficile  potere  esigere  Yobbedien- 
za.  I  soldati  regolari  seyuono  la  voce  del  comandante:  e  qui  sta  tut- 
to.  Ma  nelle  cospirazioni  tutte  le  passioni  umane  sono  messe  in  mo- 
lo.  Chi  agisce  per  ambizione,  chipervoglia  di  cambiar  for  tuna,  chi 
per  soddisfare  una  qualche  vendetta,  e  chi  infine  per  Tamor  puro  di 
palria.  Ma  questi  ultimi  purtroppo  sono  il  numero  minore.  Tutlipoi 
vogliono  ragionare,  far  piani,  ecc.  Per  lo  che,  quegli  che  si  mette  al 
comando  di  spedizioni  rivoluzionarie,  bisogna  che  lo  faccia  o  per  una 
rara  abnegazione  in  favore  della  causa,  o  per  buona  dose  di  aud.acia.Di 
qui  non  si  fugge.  Simiglianti  spedizioni  hanno  in  loro  stesse  il  germe 
della  dissoluzione;  e  per  quanto  siano  stale  ben  meditate,  un  picciolusi- 
mo  accidente,  la  voce  sola  dun  uomo,  che  tenda  a  sconforlare  i  com- 
pagni  all'atto  del  pericolo,  basta  a  farla  abortire  (pag.  103).  Ne  in 
questo  avete  a  credere  che  i  rivoltosi  sieno  biasimevoli  (ed  ecco  una 
terza  ragione  contro  la  possibilita  del  grand'  uomo  o  la  sua  potenza 
motrice).  Un  individuo  non  ha  il  diritto  d'imporre  le  proprie  opinioni 


652  L'  IMPRESA  ITALIAMSSIMA 

(pag.  260) :  onde  ognuno  puo  dire  al  Capo,  cio  ch'io  dico  a  Mazzini : 
«  La  natura  diemrni  intelletto,  liberld  e  indipendcnza  di  volere ;  e  sino 
a  che  rimarrommi  in  senna,  vocjlio  usarne  a  piacimento,  e  non  in- 
tendo  starmi  servo  di  lui  (pag.  26o).  Sappia  egli  dunque  che  come 
non  vuolsi  despotismo  monarchiro  o  impcriale,  ne  manco  vuolsi  co- 
spiralorio,  o  sedicenle  repubblicano,  o  ditlatorio  (pag.  266,  290). 
Sappia  che  vogliamo  la  discussione  in  tutto  e  che,  ove  non  ci  rispet- 
tiamo  franoi  stessi,  saremo  mai  sempre  pronti  acurvare  la  cervice 
a  tin  Diltalore,  a  un  Papa,  a  un  Imperatore  (ivi)  ».  Se  cosi  io  parlo 
aquell'amico,  al  quale  peraltro  ho  sempre  obbedito,  tale  sara  natu- 
ralmente  verso  il  Washington  novello  il  linguaggio  d'  ogni  buono 
Ilaliano.  La  liberta  eil  primo  de'nostri  principii.  Adorate  il  princi- 
pio,  sacrificate  il  vostro  benessere  e  la  vita  pel  trionfo  di  quello ;  e  non 
servile  persona  per  non  essere  messi  a  fascio  tra  coloro  che  portano 
'la  livrea  di  un  padrone  (pag.  276)  » . 

Tali  sono  i  miei  precetti  ai  giovani  italiani:  e  voi  capite  che,  se 
gli  ascolteranno,  la  loro  unitadiviene  assolutamente  impossibile. 

Let.  Impossibile  !  Voi  disperate  un  po'  troppo.  Dov'e  libera  la 
discussione,  la  verita  si  fa  strada :  ci  fu  detto  e  ripetuto  le  mille  vol- 
te. Si  facciano  dunque  pubblicar  de'giornali  (ma  di  quelli  vedete  ! 
gagliardi,  convincenti),  e  cosi  tutti  si  persuaderanno,  e  dalla  liberta 
stessa  nascera  Tunita. 

0.  Poveri  sbarbatelli !  Ben  si  vede  che  non  conoscete  ne  ragio- 
ne,  ne  storia.  E  donde  nelle  mcnti  giovanili  degY Italiani  tante  idee 
confuse  d'indipendenza,  unitd,  liberld,  governo,  se  non  dalle  discus- 
sioni,  dalle  ciarle  di  tanti  riformatori  o  capi-sella  che  abbiamo  avuti 
(pag.  267)?  E  donde  nacqueilpemrfmiento  deWopinione  naziona- 
le  e  repubblicana  si  vigorosa  nel  1830,  se  non  per  le  opere  di  Gio- 
fterfi,  di  Azeglio,  di  Salbo,  di  Mamiani  che,  paralizzato  il  vigo- 
re,  sviarono  le  mcnti,  immergendole  in  una  confusione  di  dottrine 
pelasge-cattoliche-ilaliane-papali-romane  ed  allri  rancidumi;  per 
cut  la  giovenlu  vaga  di  novitd  lasciava  i  forli  accenti  d'  Alfieri  e  di 
Foscolo  ?  Da  quesla  folia  di  opere  letterarie  e  di  doltrine,  confusio- 
ne d'  idee  sempre  piii  crescente,  ella  sorbiva  una  moderazione  stoli- 


GIUDICATA  DA  UNO  DEI  SUOI  CAPI  653 

da  ed  inopporluna  e  s'ingannava  inlorno  ai  principii  alii  a  riyenerare 
I'  Italia  (pagg.  48,  49).  Queslo  fu  Vefletlo  degli  scritti  de  modera- 
ti:  Q  voi  sperate  unita  dagli  scritti,  unita  dal  giornalismo  ?  Eh  !  ca- 
ri  miei !  quando  si  vuol  comaridare  non  bisogna  ricorrere  a  discus- 
sioni.  II  Manin,  che  in  tal  materia  la  sapeva  lunga,  appena  giunto 
al  potere  impose  silenzio  ai  circoli  e  alle  sette  (pag.  65). 

Let.  Quaado  e  cosi,  veggiamo  benissimo  rimpossibilita  di  rige- 
nerarci  per  opera  di  un  grand' uomo.  II  grand'uomo  non  c'e;  se  ci 
fosse  non  potrebbe  ottenere  1'obbedienza  dalle  passioni  dei  compli- 
ci :  se  le  passioni cedessero,  il  principio  di  liberta  ci  obbliga  arifmtar- 
la,  e  voi  pel  primo  ce  ne  date  e  il  precetto  e  1'esempio.  Lasciamo  dun- 
que  a  dormire  il  grand'uomo  :  ma  invece  vedete  un  poco  se  si  po- 
tesse  ricorrere  a  qualche  nazione  potente,  all'InghiUerra,  alia  Fran- 
cia,  alia.... 

0.  Diamine  che  sproposito!  che  scerpellone  enorme!  E  non  ve- 
dete la  strettissima  lega  di  tutti  i  governi  europei  a  fine  di  arresla- 
re  la  corrente,  per  cui  siavviano  i  popoli  (pag.  289)?  E  i  tanti  dis- 
inganni  dei  tradimenti  passati  4  nonvi  fanno  comprendere  la  stol- 
tezza  di  tornarvi  afidare?  No,  no!  ricevasi  pure  Valuta  di  qualun- 
que  slraniero  nella  guerra  di  rigenerazione ,  ma  nessuno  slraniero 
armato  IN  CORPO  deve  porre  il  piede  in  Italia.  Gli  stranieri  che  ci 
ddnno  mano  debbono  essere  falli  cittadini  italiani  e  ammessi  come 
tali  nelle  truppe  nazionali  (pag.  291.) 

Lei.  Scusateci :  sbarbatelli  come  siamo,  noi  veggiamo  peraltro  , 
e  la  vedete  voi  stesso  contraria  alia  lega  de'Governi  europei  la  ten~ 
denza  di  tulle  le  nazioni  a  riconoscersi  come  sorelle  ed  a  fare  scorn- 
parire  dalla  societd  gli  elementi  che  ereditammo  dai  Romani,  dai 
Tartan  setlentrionali  e  dalla  Chiesa :  L'  IJIPERO,  cioe  LA.  MONAR- 
CHIA,  LA  TEOCRAZIA  e  IL  POTERE  SPIRITUALE  (pag.  289).  Or  tra  so- 
relle, ha  ella  da  regnare  tale  diffidenza,  che  ognuna  rifiuti  il  soccor- 
so  dell'altra  a  costo  di  rimanere  sotto  la  verga? 

0.  Giovanotti  miei ,  rispettate  i  proverbii :  Rara  est  concordia 
tratrum;  e  la  gelosia  delle  sorelle  pu6  essere  peggiore  della  discor- 

1  L'Autore  si  lagna  de' tradimenti  inglcsi  pag.  26,  e  nel  documento  ivi  ci- 
tato (pag.  i9ii);  pel  Frances!  vedi  la  nota,  pag.  It. 


65  i  L'  IMPRESA  ITALIAXISSIMA 

dia  tra  fratelli.  E  chi  fu  I'oppressore  della  Repubblica  romana  se 
non  la  sorella  di  Francia  ?  E  quando  all'  Austria  mancava  la  forza 
contro  i  Crociati  italiani,  la  giovine  Alemagna  di  Francoforte  scru- 
poleggi6  forse  nel  somministrare  all  Imperatore  armi  e  danari?  Che 
piu?  I  Magiari  stessi,  que'Magiari,  cui  senza  la  Russia,  Austria  non 
avrebbe  domati,  avevano  promesso  di  dare  fino  all'ultimo  soldato 
contro  gli  Italiani,  pur  che  fossero  loro  serbate  certe  garanzie  nazio- 
nali.  L'egoismo  lor  costo  caro:  schiacciata  la  rivoluzione  in  Europa, 
i  Magiari  non  poterono  sperare  soccorso  dagli  allri  popoli  (pag.  67). 
E  cosi  voi  vedete  ci6  che  pu6  sperare  1'  Italia  dalle  nazioni  sorelle. 
Oltre  a  ci6  coteste  sorelle  benedette  sono  schiave  al  pari  di  noi  e 
taluna  ancor  piu  di  noi :  ne  possono  aflrancarsi  senza  di  noi ,  come 
noi  non  possiamo  senza  di  loro.  Qui,  come  vedete,  &  un  circolo  vi- 
zioso:  e  la  favola  de'sorci  che  volevano  appendere  il  campanello  al 
gatto.  Nessuna  pu6  essere  la  prima;  e  senza  la  prima  b  chiaro  che 
nessuna  sara  la  seconda.  I  Governi  mostrano  una  prontezza  inar- 
rivabile,  a  schiacciare  quaiunque  movimento  liberals.  Vi  e  poi  tra  di 
essi  solidariela  adamantina,  esercitata  per  mezzo  dellepolizie,  de'pre- 
tid'ogni  specie  ,  della  diffidenza  e  corruzione  fomentata ,  dei  tradi- 
menti ,  degli  omicidi  politicie  delle  armate.  In  questo  stato  di  cose, 
che  debbono  fare  i  repubblicani  dell'  Italia  e  dell' Europa?  (pag.  289). 

Let.  E  non  potrebbero  intendersi,  unirsi,  avert  dei  centri,  delle  rap- 
presenlanze? 

O.  Che  intendersi !  che  unirsi !  Non  v'  ho  mostrato  che  cotesta 
unita  e  impossibile?  Aver  poi  dei  centri  sotto  coteste  polizie  da'  cen- 
t'occhi !  mi  fate  ridcre. 

Concludete  dunque:  la  vera  liberta  italiana  non  potra  conqui- 
starsi  sino  a  chelealtre  nazioni  non  siano  nella  medesimavia  (pag. 
280.)  Ora  le  altre  nazioni  lungi  dairesserci,sono  quelle  che  hanno 
ribadite  e  tengono  viepiu  salde  le  nostre  catene.  Dunque  come 
e  vano  attcndere  che  un  Governo  Italiano  imprenda  la  guerra  del- 
Tindipendenza,  cosi  e  vano  sperare  che  le  nazioni  si  levino  per  l& 
liberta  europea  (pag.  272). 


GIUDICATA  DA  1^0  DEI  SUOI  CAPI  600 

Let.  Quand'e  cosi,  non  veggiamo  proprio  speranza  per  gl'  llalia- 
nissimi:  e  il  meglio  sarebbe  che  costoro  quietassero  una  volta  e  ci 
lasciassero  in  pace. 

0.  Oh  questo  poi  no!  Un  caso,  pu6  sempre  succedere:  chi  sa? 
Un  buon  momento  di  unanazione  straniera....  Unabuonaispirazio- 
ne  per  uno  de'nostri  Principi . . . .  Un  evento  inaspettato;  che  so  io? 
Dobbiamo  sempre  starprontiaglieventi.  Attend  per6  a  non  lasciare 
che  un  utopisla  ,  un  fanatico ,  un  conquislatore ,  un  Governo  qua- 
lunque  met  la  a  profitto  proprio  Tentusiasmo  delle  masse  e  lo  svii  dal 
vero  scopo  della  rivoluzione. 

Let.  Oh  capperi !  Dunque  neppur  saremmo  sicari  dell'  impresa, 
quando  avessi mo  dalla  nostra  un  conquistatore  ,  un  Governo!  Oh 
povera  impresa  itaUana,  stai  fresca  davvero  ! 

0.  Eppure  dovete  capirla  anche  voi  5  ed  io  veggo  purtroppo 
in  certi  Stati  costituzionali  un  tremendo  pericolo  per  la  nostra  li- 
berta.  Da  un  canto  noi  dobbiamo  profiltare  delle  modiche  liberla  del 
Piemonle  ad  oggetto  di  conoscersi  ed  inlendersi  cofuoruscili  de'varii 
Stati  italiani;  di  spandere  nelle  vicine  contrade  le  nostre  dottrine  sul- 
la  liberla  deltuomo,  sulla  religione,  sul  governo  dei  popoli;  di  fare 
insomma  larivoluzione  morale.  A  queste  liberta  dunque  dobbiamo 
dare  appoggiopiuche  si  pub  (pag.284).  Ma  dall'altra  parte  voi  dovete 
comprendere  che  la  Costituzione  non  e  che  un  semplice  passaggio: 
e  dal  canto  mio  vi  ho  detto  che,  ove  i  miei  connazionali  decretassero 
monarchia  costituzionale,  mi  ritrarrei  da  ogni  pubblico  officio  (pag. 
260).  L'indipendenza  pu6  bensi  esservi  data  da  una  monarchia  co- 
stituzionale:  nm  la  vera  liberta  politica  e  religiosa  non  pu6  aversi, 
se  non  se  quando  le  nazioni  insorgeranno  controil  despotismo.  Ed 
ecco  perche  vi  dissi  poc'anzi  che  nessun  Governo  ha  da  mettere  a 
profitto  proprio  il  vostro  entusiasmo:  servitevi  delle  Costituzioni  , 
ma  non  le  servile. 

Let.  Quand'e  cosi,  addio  causa  italiana. 

0.  Maledette  le  pedanterie  della  logica  che  avete  appresa  su  i 
banchi  dell'llniversita!  Perche  v'ho  mostrato  chela  rivoluzione  e 
impossibile,  voi  subito  col  vostro  Ergo !  Dunque  non  se  ne  faccia 


656  L'  IMPRESA  ITALIAMSSniA 

niente!  Ah  vergogna!  Cosi  subito  voi  incodardile?  Sollevateri  al- 
I'alfezza  del  tempi:  siale  uomini,  vale  a  dire  esseri  razionali,  digni- 
tosi ,  fieri,  liberi,  indipendenli ,  siale  inscmma  italiani ,  e  male- 
dite  per  sempre  la  parola  SERVAGGIO  e  DISCORDIA-,  abbracciatevi 
Tun  I'allro;  amista,  fratellanza  sia  decretata  con  ognuno,  che  non 
sia  in  fame,  e  vendicatc  le  vittime  di  tanti  eroi  mieluti  dal  despo- 
tismo  (pag.  291). 

Let.  Ma  come  fare,  se  la  cosa  e  impossible?  Finche  si  tratta  di 
fratellanza,  va  bene. . .  Ma  a  proposito,  e  come  faremo  a  conoscere 
chi  sia  in  fame  ? 

O.  Oh  bella!  Ci  vuoltanto? 

Let.  Chi  e  stato  condannato  in  giudizio,  n'e  vero?  0  almeno  chi 
ha  trascinata  la  catena  dei  galeotti? 

O.  Oibo  !  Ma  che  siete  pazzi?  E  chi  e  di  noi  che  non  sia  stato  in 
carcere  o  in  galera?  Veggo  proprio  che  siete  semplicioni:  con  un 
po'  di  pratica  nella  storia,  sapreste  che  voglia  dire  schiacciare  Yin- 
fame.  Ma  poiche  non  capite,  vi  diremo  per  ora  che  chiunque  cospi- 
ra  per  una  dinastia  straniera  — 

Let.  Per  la  Casa  di  Savoia  per  esempio? 

O.  (Oh  che  stolidi!)  Per  una  dinastia  austriaca  o  francese,  vo- 
gliam  dire,  costui  e  infame,  e  traditore  della  palria  (pagg.282,283). 
]\on  basta:  chiunque,  durante  la  guerra  mette  fuori  opinioni  intorno 
alia  forma  di  Governo,  traditore  della  patria  anche  lui  (pag.  290). 

Let.  Capperi  quanti  infami !  A  cotesto  ragguaglio  abbiam  paura 
che  gV  infami  cresceranno  a  migliaia,  e  forse  forse  diverranno  piu 
che  gl'  Italiani.  E  chi  sa  quante  vittime  innocenti  verranno  scanna- 
te  all'impazzata  a  titolo  d'infamia? 

0.  Non  tanti  scrupoli :  lasciatevi  regolare  e  non  isbaglierete.  Vi 
daremo  la  nota  degl'  infami  asuo  tempo,  additandovi  anche  la  stra- 
da,  la  casa,  ilnumero  della  porta,  il  piano,  affinche  possiate  fareil 
vostro  dovere.  Per  ora  Timportante  e  gridare :  «  Amista  e  fratellan- 
za »  ed  abbracdarvi  Y  un  1'  altro. 

Let.  Oh  manco  male !  Questa  e  la  parte  piu  facile  della  nostra 
impresa.  Solo  temiamo  che  quelle  maledette  polizie  abbiano  a  di- 
sturbare  1'  amplesso. 


GIUDICATA  DA  UNO  DEI  SUOI  CAPI  637 

0.  Quasi  die  tutto  cio  che  si  vuol  fare  si  dovesse  dire !  La  nostra 
dcveessere  cospirazione  co&tante,  accanita,  ma  sorda  (pag.  291).  E 
poi  la  polizia  puo  ella  frenare  una  rivoluzione  morale?  Intendiamoci 
chiaro,  giacche  debbo  lasciarvi:  lutta  la  quislione  delle  noslre  liberld 
e  riposta  nel  Cattolicismo :  tutto  il  Cattolicismo  nel  Papalo.  Senza 
Papa  non  vi  sarebbe  Cattolicismo  ;  senza  Cattolicismo  la  rivoluzione 
morale  si  fa  in  un  attimo,  giacche  e  facilissimo  il  persuadere  agli 
uomini  la  liberta  del  pensiero,  e  per  conseguenza  la  liberta  della 
coscienza,  la  liberta  dell' operazione,  quando  hanno  perduto  ogni 
timor  di  Dio,  o  almeno  ogni  guida  dell'intelletto.  Ed  appunto  per 
questo  quando  in  Inghil  terra  provai  di  tenere  pubblici  discorsi  in- 
torno  all  Italia,  esposi  chiaramente  che  la  quistione  delle  nostre 
liberta  era  riposta  nel  Papato  ;  che  bisognava  cominciare  dal  far 
cessare  T  intervenlo  slraniero  negli  Slati  Romani.  Ed  appunto  in  se- 
guito  a'  miei  discorsi  il  23  Ottobre  1856  fu  stabilito  sotlo  il  Lord 
Mayor  d'  inviarne  una  pelizione  al  Parlamento  (pagg.  358,  59). 
Quello  che  persuadeva  agl'Inglesi,  questo  stesso  ripeto  anche  a  voi : 
Schiacciale  i  preti  (pag.  290) . . .  fate  scomparire  la  Chiesa  (pag. 
289),  allerrate  il papalo :  sino  che  avremo  papa  in  casa  nostra,  not 
saremo  schiavi.  Atterrato  il  papato,  T  unila  morale  e  compiuta. 

Let .  Ehi ,  ehi ,  ehi !  A  cotesto  modo  si  tratta  nientemeno  che  di 
farci  apostati  eh  ? 

0.  Eh  cari  miei!  perche  T  eroismo  della  virtu  abbia  pieno  svol- 
gimento,  perche  non  venga  schiacciato  dal  despotismo,  e  meslieri  che 
togliale  i  pregiudizii  e  I'ignoranza  (pag.  275). 

Siete  Italiani,-si  o  no?  Se  tali  siete,  il  primo  ,  primissimo  dovcre 
degTIlaliani  e  quello  di  farsi  indipendente  ,  di  cacciare  gli  slranieri 
(pag.  279).  E  a  tal  uopo  si  DEBBE  USARE  OGNI  SORTA  DI  MEZZI,  PURCHI?: 
CONDUCENTI  al  Irionfo  della  causa  (pag.  291).  Ve  lo  dicono  anche  i 
preti  quando  parlano  della  salute  eterna,  primo  dovere  de'Cristiani: 
quanto  piu  dobbiam  dirvelo  noi,  trattandosi  del  primissimo  dovere 
degl'Italiani  ?  Quelli  tra  voi  che  non  hanno  il  coraggio  dell'aposta- 
stasia  ,  quelli  che  non  si  sentono  capaci  di  mettersi  nella  via  ri- 
chiesta  dal  dovere  ,  cessino  di  gracidare  e  si  rassegnino  al  nome  di 

Serie  III,  vol.  IX.  42  4  Mar  so  1858 


€08  L'  IMPRESA  ITALIANISSIMA 

codardi  e  di  sera  (pag.  277).  /  repubblicani  puri,  isoli  logiri,slabi- 
liscano  T  esclusione  di  qualunque  casta  ,  ?a  distruzione  delle  armate 
stanziali  (png.  283):  ogni  cittadino,  soldato  pronto  a  difendere  la  pa- 
tria  (pag.  280),  la  istiluzione  depreti  non  necessaria  al  bencssere  del- 
la  societa,  Vuomo  1ibe.ro  ncWadorare  Jddio  (pag.  279).  Tale  e  11  cate- 
chismo  che,  divenuti  [taliani.insegneretealTagricoltore,  all'artigiano. 
La  gran  massa  della  nazione,  (gli  agricollori,  il  popolo,  la  giovenlii) 
€  pura  e  contiene  il  germe  delleroismo  (pag.  275).  Addottrinata  col 
mio  catechismo  diverra  italiana  e  la  vittoria  e  per  noi. 

Let.  A  dirvela  ,  signer  Orsini ,  quest'ultima  pennellata  sembraci 
mettere  il  colmo  alia  dimostrazione  d'  impossibilita  di  quanto  bra- 
mate:  giacehe  in  sostanza  voi  riconosceste  che  il  primo  passo  alia 
rigenerazione  italiana  non  pu6  venire  ne  da  una  nazione  straniera, 
ne  da  cospirazione  settaria,  ne  da  valore  di  un  caporione :  ma  pre- 
suppone  assolutamente  un'  unita  di  pensieri  e  di  affetti  rivoltosi,  la 
quale  non  pu6  nascere  se  non  dall'  abolizione  del  Cattolicismo  per 
via  di  perpetua  cospirazione  sorda,  costante,  accanita.  Or  come  non 
vedete  che  da  un  canto  cotesta  cospirazione  trarra  sopra  di  noi  con- 
tinuamente  gli  occhi  delle  polizie  e  le  severita  dei  Governi,  onde 
sara  impedita  perpetuamente  di  attecchire  -,  dall' altro  1'abolizi one 
del  Cattolicismo  rendera  gl1  Italianissimi  oggetto  di  esecrazione  a 
tutt' i  popoli  italiani,le  cui  moltitudini  sono  si  fermamente  cattoliche ? 

0.  Voi  volete  mostrarmi  impossibile  ci6  che  e  accaduto,  il  che  e 
la  pin  solenne  delle  assurdita.  Non  si  fece  la  rivoluzione  nel  1848? 
Dunque  si  pud  fare  anche  nel  1858. 

Let.  Si  potra  fare  nel  1858  quello  che  nel  1848  :  ciofe  una  serie 
di  sconvolgimenti  senza  capo  ne  coda  ,  senza  unita  di  disegno  , 
senza  scopo  prefisso,  senza  armonia  di  operazione.  Si  potra  inizia- 
re  una  serie  di  Governi  effimeri,  ciascuno  de'quali  cadra  sotto  i  col- 
pi  d'  altra  fazione  ingagliardita. 

0.  Ebbene  da  cosa  nasce  cosa  (pag.  16). 

Let.  Dite  piuttosto  da  caso  nasce  caso  ,  e  1'  anagramma  sara  una 
gran  verita:  e  ci  dira  quel  che  purtroppo  sono  in  realta  tutti  i  ten- 
tativi  de'sommovitori.  Malcontenti  della  loro  nullita  presente,  pre- 


GIUDICATA  DA  UNO  DEI  SUOI  CAPI  659 

sumeridosi  chiamati  ad  una  grandezza  futura ,  essi  sono  lietissimi 
di  avventare  a  casaccio  la  patria  ad  ogni  pericolo,  ad  ogni  sventu- 
ra  con  la  speranza  che  fhialmente  il  caso  li  portera  a  galla.  Se  vi 
riescono  ,  eccoli  giunti  al  termine  dei  loro  desiderii,  all'apice  della 
grandezza  :  se  falliscono  ,  rimarranno  quello  che  furono  ,  seppure 
un  qualche  cioudolo  non  cadra  loro  in  quel  turbine  ad  appiccicarsi 
sul  petto,  o  una  qualche  giubilazione  a  rifornirne  la  borsa.  Ed  ecco- 
finalmente  il  vero  oggetto  di  quell1  amore  di  patria,  di  che  si  fiugo- 
no  si  caldi;  e  per  cui  non  mirano  ne  a  pericolo,  ne  a  sciagura  del- 
I'intera  nazione. 

Ma  tanto  basti,  lettore:  Sat  prata  biberunt:  abbastanza  abbiamo 
trascritto  di  coteste  nefandita. 

Prima  di  terminare,  a  voi  ci  rivolgiamo  nuovarnente,  giovani 
generosi  e  cattolici,  a  cui  la  bellezza  e  la  nobilta  dell' amor  patria 
potrebbe  far  gabbo  e  agevolarele  illusion!  intorno  allastoltezzae  al- 
1'empieta  de'conati  italianissimi.  Dall'Orsini  che  ne  fu  uno  dei  piu. 
audaci  eroi  voi  udiste  cio  che  1'impresa  fu  nel  passato ;  grandiosita 
di  ciarle,  meschinita  di  mezzi,  nullita  del  Capo,  sacrifizio  de'corag- 
giosi  ma  crudeli,  cabale  ed  intrighi  dei  vili  ;  e,  a  dirla  in  una  parola, 
una  ragazzatadi  discoli  congiurati.  Eppure,  notatelo!  1'Orsini  parla. 
del  piu  bel  periodo  che  abbiano  avuto  le  speranze  italianissime. 
Pensate  che  sara  in  appresso ! 

L'Orsini  stesso  vi  dice  in  sostanza,  senza  volerlo,  che  la  sua  causa 
e  disperata.  Allora  SOLTANTO,  ecco  intere  le  sue  parole,  di  cui  po- 
c'anzi  abbiamo  citato  pochi  frammenti,  potremmo  sperare  dav- 
vero  di  essere  fa'tti  indipendenti  e  liberi,  quando  tulti  i  popoli  del- 
VEuropa  si  levino  per  la  causa  della  repubblica  e  della  solidarieta 
delle  nazioni.  Questo  avverra  :  e  noi  ci  avviamo  alia  grand' epoca  che 
fara  scomparire  fimpero,  la  monarchia ,  il  Caltolicismo.  A  tal  fat- 
to  siamo  forse  piu  vicini  di  quanta  non  si  crede  (pag.  270). 

j&  dunque  stupidaggine  tentare  in  Italia  meschini  moti  repub- 
blicani,  ove  non  e  possibile  speranza  di  riusdta.  Cidposto,  dobbia- 
mo  aspeltare  operando,  prepararci  attivamente,  profittando  delle  mo- 
diche  libertd  del  Piemonte.,  per  ispargere  i  mezzi  di  propaganda  ri- 
voluzionaria,  conoscerci  edintenderci (pagg.271,272). Cosi  1'Orsini. 


660  L'  IMPRESA  ITALIANISSIMA 

Togliete  da  questo  discorso  la  profezia  che  fa  scomparire  il  Cat- 
lolicismo  quanta  prima ;  e  vedete  se  potea  dirsi  piu  chiaramente 
impossibile  la  rivoluzione  futura,  specialmente  a  voi  che  certarnen- 
te  lion  credete  possibile  la  caduta  del  Cattolicismo,  dalla  quale  tut- 
ta  dipende  la  possibilita  de\Y  Italia  futura.  All' impossibilita  di  co- 
testa  caduta  aggiungete  1'altra  delprepararsi  altivamente  alia  rivolu- 
zione per  modo,  chese  ne  conseguisca  realmente  1'effetto,  dipenden- 
te,  secorido  1'  Orsini  medesimo,  dalla  unila  della  rivoluzione  mora- 
le,la  quale  sola  rende  possibile,  a  parer  sito,  la  rivoluzione  mater ia- 
le.  Nulla  vieta  certamente  ai  congiurati  di  valersi  delle  modiche  li- 
bertd  del  Piemonte  per  ispargere  i  mezzi  della  rivoluzione.  E  basta 
leggere  nell'  Italia  del  Popolo  del  mese  di  Febbraio  le  audaci  invet- 
tive  contro  Napoleone  III,  campato  quasi  per  miracolo  dalle  bombe 
degli  assassini ,  per  capire  quanto  approfittino  cotesti  scellerati 
delle  modiche  liber ta  del  Piemonte  e  dei  consigli  dell'  Orsini.  Ma 
e  egli  ugualmente  evidente  che  all'  audacia  ed  ostinatezza  de'ten- 
tativi,  sia  per  corrispondere  la  trasformazione  morale  dell'  u- 
mversalila  degl'  Italiani?  Questo  ,  come  vedete,  dipende  anzitut- 
to  dall'  abbandono  universale  del  Cattolicismo  :  ma  non  basta. 
Suppone  inoltre  e  che  i  Governi  italiani  e  stranieri  lascino  cosi 
usufruttare  dai  rivoluzionarii  le  modiche  libertd  del  Piemonte;  e 
che  questi  operatori  di  iniquita,  mentre  operano  attivamente,  ab- 
biano  tutti  la  pazienza  di  aspeltare,  e  non  isconcertino  la  trama  con 
moli  meschini;  e  che  gli  onesti  e  zelanti  Cattolici,  il  clero  special- 
mente, non  .vadano  continuamente  distessendo  con  la  verita  quel- 
Torditura  d'errori  e  di  malvagita  che  gli  empii  dal  lato  opposto  van- 
no  intrecciando  :  suppone  in  somma  che  quel  gran  movimento  cat- 
tolico  che  in  Germania,  in  Francia,  in  Inghilterra  forma  il  rovello 
degli  eterodossi  prepotenti,  non  si  estenda  ancora  all'  Italia,  e  la- 
sci  un  branco  di  congiurati  in  piena  liberta  di  gabbare  25  milioni 
di  Cattolici. 

Se  tutte  coteste  supposizioni  non  hanno  pur  1'ombra  di  proba- 
bilita  ,  egli  e  chiaro  che  1'  unita  morale  della  trasformazione  e  im- 
possibile  in  Italia  ^  ed  e  per  conseguenza  impossibile  quell'  Italia 


GITJDICATA  DA  UNO  DEI  SUOI    CAPI  661 

dell'avvenire,  cuisognanoirigeneratori.  Tuttocio  che  potranno  ot- 
tenere  col  prepararlaci  attivamenle,  con  lo  slar  pronti  ad  insorgere, 
col  tenere  a  capo  d'ogni  pensamento  Vodio  allo  straniero  e  la  ven- 
detta contro  i  Prindpi  italiani  (pag.  292) ,  egli  e  di  tenere  in  per- 
petua  agitazione  di  sospetti  ,  di  palpiti  la  patria  loro  -,  d'impedire 
ogni  buon  volere  de'Principi  a  largheggiare  di  liberta;  di  ingelo- 
sire  la  vigilanza  straniera  contro  qualsivoglia  ravvicinamento  d'  in- 
teressi,  di  commercio,  di  comunicazioni  scientifiche  eccetera,  fra  i 
diversi  Stati  d'  Italia.  Tal  e  il  bel  frutto  di  coteste  mene  insensate, 
con  le  quali  si  tenta  proseguire  la  ragazzata  del  discoli. 

Non  vorremmo  tuttavia,  giovani  generosi,  che  queste  nostre  pa- 
role vi  facessero  cadere  in  equivoco.  Avviene  di  leggieri  a  chi  per- 
dutamente  s' irivaghisce  di  qualche  utopia  divisata  a  buon  fine,  di 
irritarsi  contro  chi  mette  in  chiaro  1'assurdita  del  mezzo,  quasi  vo- 
lesse  opporsi  all'utilita  o  santita  dello  scopo:  il  che,  come  vedete,  e 
precisamente  1'  opposto  della  verita  ;  non  essendovi  impugnatore 
piii  pernicioso  ad  un  fine,  di  colui  che  vuole  conseguirlo  con  mezzi 
inetti.  Se  dunque  vi  abbiamo  dimostrato  con  le  parole  dell'Orsini 
nulla  esservi  di  piu  inetto  a  conseguire  il  bene  dell'  Italia  che  i  co- 
nati  degl' Italianissimi,  siam  noi  veramente  i  promotori  del  bene  di 
lei,  e  costoro  ne  sono  i  piu  acerbi  irnpugnatori. 

Se  non  che  il  nostro  opporsi  alle  utopie  potrebbe  aver  1'aria  di 
opporsi  a  quel  santo  fine  ,  se  tutto  si  riducesse  al  puro  negativo. 
«  Che  serve,  potreste  dirci,  che  deridiate  coll'0rsini  la  meschinita 
de'  conati,  se  nulla  sapete  surrogarvi,  in  che  ci  fia  dato  esercitare 
1'opera  nostra  a  "pro  della  patria?  Dovremo  noi  vivi  e  vigorosi  come 
siamo,  rimanerci  in  panciolle  con  le  mani  alia  cintola  in  quel  dolce 
far  niente,  che  gli  stranieri  per  bocca  dell  Orsini  medesimo  rinfac- 
ciano  agl' Italiani?  » 

Tolga  il  Cielo  che,  per  evitare  la  meschinita  delle  imprese,  voglia- 
mo  condannarvi  alia  nullita  dell'ozio.  Operate  anzi,  vi  diremo  ancor 
noi,  ma  con  tutt'altro  intendimento  da  quello  dell'Autore.  Ed  affin- 
che  intendiate  in  qual  modo  possiate  operare  utilmente  ,  indagate 
prima  1'  intima  causa  che  rese  e  rende  impossibili  tutti  i  conati  ita- 


662  L'  IMPRESA  ITALIAMSSIMA 

lianissimi.  II  dabbene  Autore  attribuisce  cotesta  impossibility  alle 
eterne  discordie  che  scindono  la  morale  unita  degf  Italiani  ;  e  ne 
trae  soggetto  contro  di  essi  di  acerbe  catilinarie.  Ma  invece  di  in  - 
veire  contro  di  loro  ,  perche  discordi ,  non  sarebbe  stato  piu  savio 
investigare  Tintima  causa  di  cotesta  lotta  ?  E  se  le  idee,  i  principii 
di  chi  promuove  1'impresa  fossero  per  se  medesimi  necessaria  sor- 
gente  di  discordia,  perche  imputare  1'effetto  ai  concittadini  che  ne 
ascoltano  i  consigli,  quasi  potessero  distruggere  la  natura  delle  co- 
se o  la  logica  derivazione  deile  conseguenze  ? 

Or  notatelo  bene  :  1'  impresa  degl'  Italianissimi  ha  in  se  il  germe 
della  discordia  e  della  distruzione  in  quel  principio  utilistico  che 
dall'  Orsini  medesimo  viene  assegnato  per  regola  al  Governo  delle 
nazione  nel  suo  catechismo  con  la  formola  seguente :  A  norma  degli 
inleressi  panicolari  presieda  costantemente  t  equa  legge  del  torna- 
conto  generate.  .  .  II  drillo  divino  e  uri  invenzione  del  despotismo  1, 
tra  Dio  e  la  crealura  non  ha  diritto  di  intromettersi  ne  la  societd  , 
ne  il  Governo,  ne  un  individuo  qualunque  ;  che  I'  uomo  e  libero  nel- 
I'adorare  Dio  (pag.  279).  Cotesta  formola  che,  togliendo  alia  societa 
ogni  unita  di  coscienza  e  per  conseguenza  ogni  regola  di  eterna 
Giustizia  ,  le  assegna  per  norma  il  tornaconto  generale  ,  altro  non 
puo  fare  in  una  societa  che  lacerarla  in  minutissime  fazioni. 

S'illudono  certuni  credendoche  quel  vocabolo  universale  (il  tor- 
naconto} cui  tutti  accettano  ,  produrra  I'  universalita  del  consenso 
anche  nel  concrete  ,  quando  si  venga  all1  opera.  Ma  in  verita  chi 
non  vede,  o  diciamo  meglio,  chi  non  ha  veduto  che  quando  si  ven- 
ne  a  determinare  nell' impresa  italiana  il  tornaconto  generale,  Maz- 
zini  voleva  laRepubblica,  Gioberti  la  Costituzione,  altri  la  Confede- 
razione  $  e  chi  la  capitale  in  Miiano  ,  chi  in  Torino  ,  chi  in  Genova 

1  Se  il  siguor  De  Moray  leggesse  mai  questa  proposizione  dell'0rsini,capira 
quanto  sia  stato  ragionevole  il  nostro  desiderio  indicate  alia  pagina  624  di 
questo  volume.  Se  1'Orsini  ripudia  il  dritto  divino,  percbe  favorevole  al  despo- 
tismo (sinomino  appo  lui  di  monarchiaj,  ogni  amico  dell'ordiuata  monarchia 
dee  ponderare  attentamente  le  proprie  parole,  quando  vuole  biasimare  uu  qual- 
che  eccesso  nei  fautori  del  dritto  divino. 


GIUDICATA  DA  UNO  DEI  SUOI  CAPI  663 

€cc.,  tutti  pel  tornaconto  ,  o  certo  sotto  il  pretesto  dl  tornaconto? 
Tale  e  la  natura  dell'  uomo  e  dei  beni  limitati  che  egli  maneggia} 
e  davvero  che  sarebbe  sovercbiamente  dabbene  cbi  sperasse  cam- 
biarla.  Posto  dunque-che  1' Italia  non  pu6  crearsi  se  non  per  via  di 
unita  morale,  e  I'  unita  morale  non  puo  nascere  dal  tornaconto  ;  il 
primo  passo  da  farsi,cbi  voglia  ottenere  davvero  quell'unita,  stanel 
trovarne  il  vero  principio  e  innestarlogagliardamentenel  cuorede- 
,g!'Italiani. 

Or  qual  e  questo  principio  atto  a  congiungere  in  vera  unita  le 
creature  umane?  Sarebbe  strano  cbe  s1  ignorasse  dai  Cristiani  ci6 
cbe  quel  Pagano  assumeva  come  assioma;  Principio  dell' unita  so- 
cial e  essere  1' unita  del  diritto:  Coetus  hominum  IURE  sociatus.  Fin- 
che  non  trovate  un'unica  legge  e  durevole  del  dritto  ,  ben  potrete 
ravvicinare  gli  uomini  acozzarepergl'interessi,  ma  associarli  nella 
quiete  dell'ordine,  non  mai. 

Inyece  dunque  di  catechizzare  gl'Italiani  coll'Orsini :  Primo  pri- 
missimo  dovere  degl' italiani  essere  di  farsi  indipendenti  e  cacciare  gli 
stranieri  (pag.  279),  sostituile  quest' altra  forrnola:  PRIMO,  PRIMISSI- 

SIMO  DOVERE  DEGL'  ITALIANI  ESSERE  DI  RISPETTARE  IL  DRITTO  A  COSTO 

DIQUALSIVOGLIA  MATERIALS  TORNACONTO:  o  in  altri  termini:  PRIMO,  PRI- 

MISSIMO  TORNACONTO  DEGL'  ITALIANI  ESSERE  L'  ANTEPORRE  IL  GIUSTO  A 
QUALUNQUE  INTERESSE  MATERTALE,  FOSSE  PURE  DI  L1BERTA*,  D'lNDIPEN- 

DENZA.  Sara  egli  gran  cbe  il  domandare  ad  Italiani  cattolici  per  que- 
sta  proposizione  1'  assenso  che  Aristide  ottenne  dagli  Ateniesi  pa- 
gani,allorche  disseloro,  nulla  essere  piu  vantaggioso  ad  Atene,  ma 
nulla  in  una  piu  iniquo,  cbe  1'impresa  ideata  da  Temistocle,  di  ar- 
dere  il  naviglio  degli  alleati? 

Se  rotesto  principio  si  accetta  qual  base  inconcussa,  allora  si  noi 
veggiamo  possibile  un'unita  itdliana  ,  non  gia  nel  cacciare  il  bar- 
laro,  nell'abolire  il  Papato,  nello  schiacciare  il  clero  o  altre  simili 
imprese  eroiche  cbe  fabbricberanno  1' Italia  al  giorno  di  S.  Bellino; 
ma  si  nell'  invitare  a  giusta  congiunzione  d'  inte  ressi  in  tutti  quei 
punti ,  ove  la  giustizia  non  e  violata.  Legbe  doganali,  unita  di  siste- 
ma  metrico,  corrispondenze  telegrafiche ,  ferrovie  ben  sistemate, 


C6  i         L  IMPRESA  ITALIAMSSIM  A  GIUDICATA  DA  OO  DEI  SUOI  CAPI 

associazione  tipografica,  societa  assicuratrici  e  checche  altro  vi  piac- 
cia  delle  tante  invenzioni  moderne,  con  che  si  promuovono  i  ma- 
teriali  vantaggi,  tutto  potra  a  poco  a  poco  ottenersi ;  essendo  ridico- 
lo  il  supporre  o  nel  magistrato,  o  nel  Principe  una  deliberataopposi- 
zione  agl'innocui  incrementi  dell'agiatezza  e  della  gloria  e  grandezza 
materialede'popoli,  la  quale  finalmente  e  la  gloria  e  grandezza  loro 
propria.  Ma  affinche  tutto  cio  sia  possibile,  uopo  e  che  e  Principi  e  po- 
poli  sieno  persuasi  nessuna  dicotesteistituzioni  volersi  adoperare  dai 
mestatori  per  isconvolgere  1'ordine  sociale.  Altrimenti  i  primi  pel 
debito  di  assicurarne  la  pace,  i  secondi  per  1'interesse  di  non  per- 
derne  il  bene  gia  posseduto,  mai  non  s1  indurranno  concordemente 
nel  promuovere  quelle  imprese,  ove  sospetteranno  Danaum  insidias. 
Buon  per  noi  che  questa  base  inconcussa  di  sociale  unita,  a  dis- 
petto  di  tanti  urti ,  con  che  la  crollarono  gli  empii ,  ancora  resiste  e  non 
da  pelo  in  Italia!  Voi,  giovani  generosi,chebramateoperare  in  pro 
della  patria,  date  mano  anzi  tutto  aconsolidare  questo  fondamento 
d'ogni  bene-,  e  poi  con  quanto  avrete  d'ingegno  e  di  influenza  in- 
nalzate  sopra  di  questo,  quanto  vorrete,  1'  edifizio  dei  possibili  in- 
crementi material! ;  ed  avrete  1'inestimabile  consolazione  che,  senza 
tenere  in  palpiti  e  in  agonie  la  patria  vostra,  le  avrete  procacciato 
un  bene  vero,  un  bene  durevole.  II  quale,  fondandosi  sul  Cattoli- 
cismo  che  dall1  Italia,  come  da  centre,  dirama  le  sue  influenze  su 
tutta  la  terra,  dara  alia  patria  vostra  uno  splendore  e  un' influenza 
su  gli  altri  popoli  tanto  piu  efficace  e  piu  salda,  quanto  e  piu  effi- 
cace  e  durevole  il  volontario  ossequio  della  fede  cattolica,  che  la 
soggezione  violenta  alia  temuta  potenza  degli  eserciti  e  de'  navigli. 


IL    FRATE 


Nel  farci  a  cercare  le  cagioni  e  gli  effetti  di  quella  irrecoricilia- 
bile  avversione  che  sempre  e  da  per  tutto  si  scorge  nel  libertine  a 
rispetto  del  frate ,  noi  ci  lasciammo  andare  ad  un  preambolo  tanto 
lungo,  che  pote  esso  solo  scusare  ungiusto  articolo  *.  Ora  nel  ripi- 
gliare  quel  suggetto  avremmo  mal  garbo  a  proemiare  di  nuovo;  e 
fia  pregio  dell' opera  saltare  ,  senza  piu  ,  a  pie  pari  nella  materia  , 
anche  a  rischio  che  il  cortese  lettore  o  non  1'abbia  letto  quell'altro, 
o  ne  abbia  quasi  al  tutto  dimenticata  la  contenenza.  Si  dimenticano 
tante  cose  in  due  settimane ! 

E  per  primo  motive  di  quell' avversione  ci  si  offre  il  piu  univer- 
sale  e  che  per  poco  non  comprende  tutti  gli  altri  $  e  vogliamo  dire 
1'  odio  che  il  mondo  ha  verso  Cristo  e  la  divina  sua  istituzione  del 
Cristianesimo.  Perciocche ,  essendo  da  una  parte  parola  evangelica 
che  quell'odio  vigorisce  e  vigorira  sempre  nel  mondo,  se  voi  non  lo 
trovate  in  corpo  ai  libertini,  non  si  sain  cui  dovrebbe  esso  alberga- 
re  5  e  converrebbe  ammettere  la  famosa  conciliazione  del  mondo  con 
Cristo,  la  quale  un  cervello  pelasgico  fantasticava  non  ha  guari  essere 
la  gloria  piu  cospicua  della  nostra  eta  progressiva ;  dall'  altra  parte 
e  naturale  che,  supposta  quell'avversione  al  Cristianesimo,  essa  de- 
v' essere  piu  feroce  ed  ostinata  contro  del  Frate  ,  come  contro  la 

1  Vedi  questo  vol.  pag.  513  e  segg. 


666  IL  FRATE 

parte  piu  viva  ,  piu  attuosa  e  diciamo  ancora  piu  perfetta  del  Cri- 
stianesimo.  Dove  nptate,  di  grazia,  attentamente,  per  cessare  rischio 
di  equivoci  e  di  nuove  invidie.  Noi  non  intendiamo  parlare  di  que- 
sto  o  quell'Ordine  e  molto  meno  diquesto  o  quell' uomo  individuo, 
ai  quali  non  si  appartiene  a  noi  1'  attribuire  le  qualificazioni  di  piu 
o  meno  perfelto  nel  Cristianesimo.  Noi  parliamo  in  generale  della 
professione  di  vita  religiosa  o  claustrale,  secondo  le  norme  e  le  pra- 
tiche  approvate  ab  immeuiorabili  dalla  cattolica  Chiesa  ;  e  di  quella 
professione ,  vogliate  o  non  vogliate,  e  indubitato,  non  che  altro, 
dalle  dottrine  del  Catechismo  che  essa  e  la  parte  piu  perfetta  del  Cri- 
stianesimo, anzi  quella  che  professa  di  mirare  come  a  suo  specifico 
fine  a  quella  perfezione.  Ne  a  questo  rileva  nulla  1'essere  essa  te- 
nuta  da  molti  per  la  spazzatura  del  mondo :  se  si  rammemori  chi 
abbia  detto  di  se  il  facti  sumus  omnium  peripserna  ',  non  si  pren- 
derebbe  maraviglia,  quando  noi,  appunto  dall'  essere  il  Frate  con- 
siderato  come  la  spazzalura  del  mondo,  volessimo  trarre  argomento 
del  suo  essere  la  parte  piu  eletta  del  Cristianesimo.  Ma  noi  non  ab- 
biamo  uopo  di  cio,  tanlo  solo  che  si  osservi  e  s'intenda  in  che  con- 
siste  sustanzialmente  la  professione  di  quella  vita. 

S.  Tommaso,  che  in  questo  ,  come  in  mille  casi  somiglianti  ,  ri- 
dusse  a  formola  precisa  e  scientifica  il  comun  sentire  dei  Padri  e 
dei  Dottori,  insegna  nella  sua  Somma:  la  vita  claustrale  consistere 
sustanzialmente  nello  aggiungere  che  essa  fa  alF  adempimento  dei 
precetti  1'osservanza  eziandio  dei  consigli  evangelici  j  negia  solo  in 
quella  forma  temporanea  e  transeunte,  onde  da  qualunque  potreb- 
be  farsi  con  molto  merito ,  ma  senza  pigliarvi  stato;  si  veramen- 
te  con  obbligazione  perpetua  confermata  da  solenni  giuri  ricono- 
sciuti,  approvati  ed  accettati  dalla  Chiesa  2.  Qra  per  non  cangiare 
1'  articolo  di  un  Giornale  in  una  dissertazione  di  morale  o  di  asce- 
tica,  ci  restringeremo  ad  osservare  che  quella  professione  coslituisce 
un  vero  slato  di  perfezione,  siccome  quello  che  risponde  all'invito  di 

\  i  Cor.  IV,  13. 

2  Summ.  theol.  2.  2.  q.  86,  art.  1,  3,  4,  5. 


IL   FRATE  667 

Cristo  si  vis  perfectus  esse  1 ;  e  vi  risponde  quanto  all'ampiezzadei 
beni  a  cui  rinunzia  ,  colla  massima  estensione  ,  non  escludendone 
veruno  dei  sensibili-,  quanto  alia  durata  della  rinunzia,  dandole  la 
possibile  lunghezza,  in  quanto  non  la  misura  con  meno  della  stessa 
vita.  Ne  ci  e  bisogno  che  i  nostri  saccenti  beffardi  sogghignino 
sotto  i  baffi  a  queste  parole  ,  dando  del  gomito  al  vicino  ed  acccn- 
nando  al  frate  avido  ,  ambizioso  e  qualcbe  altra  cosa.  Se  ve  ne  ba 
dei  cosiffatti ,  tal  sia  di  loro :  noi  torniamo  a  dire  cbe  qui  non  mi- 
riamo  ai  singoli,  ma  trattiamo  della  professione  religiosa  per  se  me- 
desima-, ed  essa  e  n&  piu  ne  meno  di  quello  cbe  descrivemmo.  Ab- 
biamo  poi  tutta  la  ragione  di  restingerci  a  questa,  si  perche  essa 
propriamente  e  oggetto  della  inimicizia  sfidata,  di  cui  cerchiamo  la 
ragione-,  si  perche  la  colpa  del  traviato  apparisce  tanto  piu  grave, 
quanto  piu  e  santa  e  rettissima  la  via,  da  cui  esso  per  sua  sven- 
tura  travio.  Nel  resto  tanto  e  vero  che  non  il  traviamento  dei  sin- 
goli, ma  la  perfezione  della  vita  per  s6  medesima  e  segnoaquelle 
prepotenti  ire,  che  se  per  impossibile  i  frati  traviassero  tutti ,  la 
guerra  sarebbe  issofatto  finita;  e  ne  potrebb'  essere  buono  argomen- 
to  la  simpatia  cbe  il  libertino  professa  pel  rilassato  e  soprattut- 
to  per  1' apostata.  E  pertanto,  supposto  che  la  professione  re- 
ligiosa acchiuda  quanto  ci  ha  di  piu  nobile  e  di  piu  perfetto  nel 
Cristianesimo,  e  naturale,  e  inevitabile  che  chi  ha  questo  in  ug- 
gia,  debba  tanto  piu  bruciare  di  astio  contro  di  quella,  la  quale  del 
Cristianesimo  medesimo  attua  in  s&  medesima  la  forma  piii  schiet- 
ta,  piu  pura  e  piu  spigliata  del  suo  contrario.  Per  somiglianza  ap- 
punto  di  chi,  avversando  per  una  sua  Wzzarra  fantasia,  esempligra- 
zia,  1'antiquaria  o  la  poesia,  ed  esso  dovrebbe  di  necessita  avversare 
piu  intensamente  gli  speciali  e  passionati  prdfessori  di  quelle  nobi- 
lissime  discipline. 

La  quale  ragione  si  fara  piu  manifesta  e  forse  si  allarghera  assai 
piu  che  a  prima  vista  non  mostra,  se  si  consider!  quel  naturdlismo, 
a  cui  a  poco  a  poco  si  e  voluto  trarre  il  Cristianesimo ,  fino  ad  es- 
•v>-H^':;-  '  4*  %*  <^  ^1t.itoo»«j 

1  MATTH,  XIX,  2!. 


668  IL   FRATE 

sere  qualche  cosa  somigliante  alia  filosofia,  per  bisticciarne  poscia 
quel  Cristianesimo  civile ,  che  fu  1'  affissazione  di  uno  splendido  in- 
gegno  ma  traviato  $  il  quale  lasciolla  in  malaugurato  retaggio  ad 
uria  turba  di  ammiratori  che  ne  possono  a  loro  grande  agio  emulare 
gli  ardimenti,  ma  per  buona  ventura  non  ne  pareggiano  1'  ingegno. 
A  quest'  opera  sacrilega  di  svestire  d'ogni  elemento  sovrannaturale 
il  Cristianesimo  si  lavora  a'  di  nostri  di  mani  e  di  piedi  da  per  tut- 
to,  e  nell' Italia,  quanto  per  tutto  altrove;  quantunque  qualche  ri- 
guardo  di  discreta  prudenza  persuada  ad  andare  tra  noi  un  po'  piu 
a  rilento,  almeno  nelle  apparenze.  Ora  sapete  voi  che  grande  im- 
paccio  e  pei  moderni  rigeneratori  il  Frate ,  non  gia ,  vedete ,  col 
suo  operare :  di  ci6  diremo  piu  innanzi  ;  ma  si  veramente  col  solo 
suo  essere  quello  che  e ,  colla  sola  maniera  di  vita  che  esso  profes- 
sa?  maniera  di  vita,  la  quale,  per  1'insegnamento  universale  e  per 
la  pratica  costante  della  Chiesa,  e  riputata  la  perfettissima,  anzi  la 
sola  perfetta  tra  quante  ne  puo  istituire  un  uomo  ragionevole.  Ne 
sia  grave  al  lettoreche  noi,  per  chiarire  questo  punto  capitale,  pi- 
gliamo  la  cosa  dai  suoi  principii;  che  forse  non  altrimenti  potrebbe 
intendersi  come  le  nimicizieanticlaustrali,  eziandio  quando  si  con- 
tengono  nei  limiti  dell'antipatia  e  del  dispregio,  hanno  la  prima  ra- 
dice  nello  avere  piu  o  meno  disconosciuta  ogni  supernaturalita  del 
Cristianesimo  :  che  vuol  dire  averne  disconosciuta  quella  parte  ap- 
punto,  che  lo  rende  propriamente  quello  che  esso  e. 

Essendo  1'operadel  Redentore,  in  quanto  egli  fu  rigeneratore  del- 
1'uman  genere ,  un'opera  di  restaurazione  e  di  perfezionamento, 
essa  dovette  mantenere  tutti  i  doveri  naturali;  e  benche  vi  recasse 
nuova  perfezione  nello  scopo,  ed  invigorisse  la  natura  di  nuova 
forza  per  compierli,  quei  doveri  nondimeno  sustanzialmente  rima- 
sero  quello  che  erano  ;  ed  il  temperarsi  dalla  crapula  ed  il  rendere 
Taltrui  sono  ,  nella  loro  essenza  obbiettiva,  atti  niente  meno  pre- 
gevoli  in  un  Gentile  che  in  un  Cristiano ,  quando  questi  dalla  sua 
professione  non  vi  aggiungesse  alcuna  speciale  qualita  superiore 
alle  forze  naturali.  Vero  e  che  il  Cristianesimo,  oltre  a  quei  doveri 
indettati  dalla  natura,  ne  aggiunse  degli  altri  5  e  precipui  sono  tra 


IL    FRATE  660 

questi  1'esercizio  delle  virtu  teologiche ,  il  culto  esterno ,  1'uso  dei 
Sacrament! ,  dell'astinenza  e  via  discorrendo.  Ma  quanto  alle  pri- 
me, trattandosi  di  cose  interne,  ognuno  le  si  acconcia  a  suo  modo  $ 
e  non  manca  chi  si  avvisa,  la  Fede  essere  1'aderire  ai  dettami  della 
ragione  che  e  Lume  divino,  si  che  i  soli  pazzi  mancherebbero  di 
questaFede;  la  Speranza  essere  1'aspettarsi  ogni  bene  in  questo- 
mondo  e  nell'altro,  se  altro  ve  ne  e  al  di  la,  e  nessuno  e  si  ba- 
lordo  che  voglia  promettersi  il  male  ;  la  Carita  poi  vi  pare?  qual 
cosa  vi  puo  essere  piu  naturale  e  piu  soave,  che  far  bene  al  prossi- 
mo  e  soprattutto  riceverne?  Talmente  che,  a  ragionarvi  sopra,  co- 
testi  signori  nulla  trovano  piu  naturale  che  le  soprannaturali  virtu 
teologiche,  e  per  poco  non  vi  dimostrano  su  due  piedi  che  Socrate, 
Giulio  Cesare  e  Marco  Tullio  vi  primeggiarono.  Quanto  a  quell' al- 
tr' ordine  di  doveri  che  ricordammo  (culto  esterno,  Sacramenti, 
astinenze  ecc.),  essi  nel  codice  evangelico  sono  al  tutto  indetermi- 
nati  •,  e  tocco  alia  Chiesa  il  defmirne  il  tempo,  il  luogo  ,  la  misura, 
attenendosi  alle  antiche  tradizioni  e  modificandoli ,  secondo  le  cir- 
costanze  venivano  suggerendo.  Ora  di  queste  determinazioni  voi 
sapete  meglio  di  noi  qual  conto  facciasi  dai  professori  del  Cri- 
stianesimo  civile  ;  i  quali  non  saprebbero  persuaders!  come  e  per- 
che,  ad  essere  cime  di  onestuomini  ed  anche  grandi  e  grandissimi 
uomini  ,  ci  abbia  ad  essere  alcun  bisogno  di  codeste  quisquilie. 
Oh  !  che?  andava  forse  a  Messa  Catone  in  Utica,  ovveramente  facea 
ella  la  Pasqua  1'  eroica  Lucrezia?  e  nondimeno  ci6  non  tolse  che  il 
primo  fosse  il  piu  compiuto  modello  degli  amatori  di  liberta,  e  la 
seconda  divenisse  1'orgoglio  del  sesso,  che  in  lei  si  mostro  tutt' altro 
che  debole.  E  perche  dunque  nelle  nostre  generazioni  slombate., 
evirate  e  deiette  si  vorranno  giudicare  i  grandi  uomini  a  norma  di 
codeste  pratiche  da  pinzocchera?  Scrivendo  poi  di  queste  cose  nella 
quaresima,  non  fia  fuor  di  luogo  un  cenno  di  quest' altra  delermi- 
nazione  ecclesiaslica  del  generale  precetto  evangelico  intorno  alia 
penitenza.L'astinenza!  ma  chi  non  sa  che  e  la  virtu  piu  raccoman- 
data  da  Epitteto  a  fine  di  conservare  vigorose  le  forze  della  mente 
e  del  corpo  ?  Anzi  Epicure  consigliava  il  digiuno  pel  nobilissimo  in- 


670  IL  FRATE 

tendimento  di  cogliere  maggiore  diletto  dal  cibo ;  quantunque  egli 
medesimo  si  lamentava  di  quello,  onde  potremmo  lamentarci  anche 
noi,  che,  ad  onta  cio£  di  cosi  nobili  precetti,  piu  assai  erano  e  sono 
a  crepare  d'indigestione,  che  non  a  morire  d'inedia.  Ed  in  qualche 
paese  di  questo  mondo,  benche  riputato  alia  cima  della  perfezione 
sociale,  Tubbriachezza  ,  cbe  tra  noi  non  esce  dalle  piu  sozze  ta- 
verne  plebee,  e  ivi  abitudine  prediletta  del  Bore  dei  gentiluomini, 
si  che  raro  si  chiude  un  convito,  senza  che  una  niezza  dozzina  di 
oonvitati  debba  essere  portata  a  braccia,  come  altrettanti  sacchi  di 
farina ,  a  digerire  il  vino  ,  per  non  dire  degli  altri  che  trovano  a 
stento  le  scale  ed  irabroccano  per  rairacolo  lo  sportello  della  car- 
rozza  che  gli  attende  in  istrada.  Stando  dunque  a  questa  maniera 
di  temperanza  filosofica,  essa  si  differenzia  dalla  ecclesiastica  in  que- 
sto solo,  che,  dove  la  seconda  6  circoscritta  ad  alcuni  tempi  e  ad  al- 
cuni  cibi,  la  filosofica  abbraccia  tutti  i  tempi  e  si  stende  a  tutt'  i 
cibi  che  si  preveggono  pregiudizievoli  allasanita-,  e  ci6  nella  teori- 
<?a,  che  nella  pratica,  s' intende,  e  un  altro  paio  di  maniche.  Ma 
prescindendo  da  questo  motivo  di  non  pregiudicare  la  sanita  o  di 
eccitare  1'appetito,  venire  a  parlarea  que' valentuomini  di  grasso  e 
di  macro,  di  Quaresima  e  Quattrotempora  sarebbe  il  medesimo  che 
farsi  accogliere  colle  berte  e  colle  fischiate. 

Se  un  cosiffatto  procedimento  si  venisse  applicando  a  tutte  e  sin- 
gole  le  appartenenze  del  Cristianesimo  che  si  levano  soprala  sfera 
della  ragione  e  della  natura,  sequestrandone  tutto  quello  che  ci  par 
forte  a  credere  o  duro  a  praticare,  senza  essere  nondimeno  dettame 
immediate  della  coscieriza,  voi  avrete  bello  e  compiuto  il  Cristiane- 
simo civile;  il  qualearmonizza  mirabilmente  con  tutte  le  propensio- 
ni  del  cuore,  e  le  seconda  tutte  e  non  ne  contrasta  nessuna,  pur- 
che,  si  capisce,  sieno  conformi  alia  natura  •,  Cristianesimo  che  pot& 
ottimamente  essere  praticato  prima  di  Cristo ,  e  puo  essere  a  di  no- 
stri  anche  da  chi  non  e  Cristiano,  fino  da  chi  espressamente  pro- 
fessadi  non  voler  essere.  Che  se  in  questo  Cristianesimo  civile  tutto 
«  natura  e  niente  altro  che  natura,  ne  segue  di  necessita,  che  come 
la  virtu  ordinaria  non  esce  dai  limiti  di  quella,  cosi  la  straordinaria, 


IL  FRATE  671 

la  sublime,  laeroica  non  potra  neppure  essa  uscire  da  quei  confini, 
in  quanto  1'  eccellenza  di  una  virtu  non  ne  cangia  la  natura  ;  o 
1'  eroismo  potrebbe  dirsi  la  virtu  ordinaria  inualzata  a  grande  po- 
tenza,  secondo  il  linguaggio  algebrico.  Ora  per  grande  che  vogliate 
supporre  I'esponente,  non  per  questo  avra  cangiato  di  natura  la 
radice.  Ed  eccovi  il  grande  uomo  cristiano  trasformato  ad  essere- 
niente  alt.ro  che  il  grande  uomo  pagano,  in  quanto  che  1'  uno  e  Tal 
tro  sono  governati  dagli  stessi  principii  e  giudicati  colle  stesse  nor- 
me.  Di  qui  le  commedie  dei  Grandi  uomini,  delle  Apoteosi  ,  dei 
Panteoni  moderni,  scimmiature  stracche  e  scipite  degli  aritichi, 
iniziate  col  francese  del  novantadue ;  il  quale  per  far  bene  capace 
il  mondo  della  grande  trasformazione  compiuta,  scelse  a  quell'  uopo 
un  tempio  augusto  del  Dio  vivente  •,  e  sperperatene  al  vento  le  ca- 
ste reliquie  della  Vergine  pastorella  patrona  di  Parigi ,  vi  depose  , 
con  sacrilege  e  blasfemo  oltraggio,  gl'immondi  resti  di  quei  mostri 
di  feroce  e  bestiale  tirannide  che  furono  i  Marat  ed  altre  cotali 
lordure.  E  secondo  le  nuove  teoriche  anche  questi  avrebbero  do- 
vuto  entrare  nel  Cristianesimo,  il  quale,  non  ripugriando  a  nes- 
suna  grandezza,  dovrebbe  abbracciare  eziandio  quelle  de'  Marii  e  dei 
Silia  e  di  quanti  altri  per  qualunque  mezzo  seppero  impadronirsi 
del  potere  civile.  Nondimeno,  eziandio  senza  dare  in  questi  eccessi, 
la  dottrina  che  ogni  eccellenza  naturale  costituisca  non  il  grande 
in  questo  o  quei  genere,  come  esempligrazia,  il  gran  capitano  ,  il 
gran  poeta,  il  grande  astronomo,  grandezza  che  noi  in  nessuna  ma- 
niera  vorrem  negare,  ma  costituisca  semplicemente  Yuomo  grande 
ed  il  gran  Cristiano;  codesto  lo  abbiamo  sentito  ogni  giorno,  e  non 
solamente  di  altrui  ma  eziandio  di  se  medesimo,  come  piu  d'  uno 
modestamente  il  si  arroga.  Di  qui  quella  matta  idea  di  accomunare 
la  Canonizzazione  cristiana  agli  uomini  eccellenti  in  qualunque  ge- 
nere, quali  che  siano  stati  finalmente  le  loro  credenzee  la  loro  vitu, 
sicche  un  giorno  od  un  altro  s'abbiano  a  decretare  sacri  incensi  ed 
onori  divini  a  Niccol6  Machiavelli ,  a  Vittorio  Alfieri ,  a  Giacomo 
Leopardi  ed  eziandio  a  madamigella  Rachele,  la  famosa  strionessa 
israelita,  la  quale,  meno  pericolosa  e  piu  giudiziosa  degli  altri  tre? 


672  IL  FRATE 

si  fe  pagare  dall'  uno  e  dall'  altro  emisfero  per  tredici  milioni  di 
franchi  il  gusto  di  averli  divertiti  sulla  scena  per  un  tre  o  qualtro 
lustri  con  un  declamare  meraviglioso.  Ed  acciocche  gli  ammiratori 
dei  grandi  uomini  non  avessero  a  sospettare ,  non  forse  questi  ab- 
biano  a  trovarsi  ad  di  la  della  tomba  meno  lieti  e  riveriti  di  quello 
che  al  di  qua  trovasi  la  loro  memoria,  eccovi  che  a  rassicurarli  vie- 
ne  1'abate  Gioberti ,  il  quale,  nella  Riforma  caltolica,  ci  fa  assapere, 
senza  molte  ambagi,  come,  salvo  (e  chi  ne  dubita?)  il  Cristiane- 
simo,  si  puo  ottimamentepensare  cbe  neir altro  mondo  Iddio  bene- 
detto  avradei  riguardi  molto  speciali  ai  grandi  uomini,  edasolo  ti- 
tolo  della  loro  grandezza  poetica ,  letteraria ,  artistica ,  militare  , 
politicae  va  dicendo,  che  che  sia  poi  stato  di  tutto  il  resto.  Ora  non 
vi  pare  egli  un  trovato  maraviglioso  codesto  Cristianesimo  civile 
che,  sfatando  quanto  Cristo  ha  insegnato  di  superiore  alia  ragione  e 
quanto  ha  prescritto  di  ripugnante  alia  corrotta  natura,  si  fruisce 
tutta  1'orgogliosa  compiacenza  di  professarne  la  dottrina.  ne  pre- 
tende  tutta  1'ammirazione  delle  moltitudini,  lascia  libero  il  corso  a 
tutte  le  sregolate  propensioni,  ed  all'uomo,  in  questi  termini  dipar- 
titosi  dalla  vita ,  promette  onori  poco  meno  che  divirii  in  questo 
mondo  ed  un  cotal  quale  paradiso  nelPaltro? 

Bene  dunque:  tutta  codesta  incastellatura ,  che  e  un  indistinto 
ridicolo  di  sacrilega  alterigiae  d'  ignoranza  grossiera,  resta  confusa 
ed  annullata  dal  frate  col  solo  mostrarsi,  o  diciamo  piuttosto  dalla 
viva  professione  della  perfezione  evangelica,  supposto  il  concetto 
che  se  ne  ha  tra  i  Cristiani  conforrne  a  ci6  che  ne  insegnala  Chie- 
sa.  Signori  si !  questa  sola  professione  attuata  nel  mondo  dice  in 
sua  favella,  ottimo  ed  eccellente  e  solamente  grancTe  nel  Cristianesi- 
mo essere  non  quello  che  codesti  poveri  cervelli  malati  hanno  sogna- 
to,  ma  quello  che  Cristo  Redentore  ha  stabilito.  E  quello  che  Cristo 
Piedentore  ha  stabilito  e  precisarnente  il  rovescio  di  quello  che  co- 
clesti  poveri  cervelli  malati  hanno  sognato.  Tant'  e!  mentreessi  fan- 
tasticano  glorie  imperiture  ed  onori  divini  a  chi  dett6  un  bel  poema, 
o  riport6  molte  vittorie,  o  si  fabbrico  una  ricchezza  sfondolala,  o 
sotto  specie  di  servire  la  patria  riuscl  a  furia  di  tranelli  e  di  delitti 


IL  FRATE  673 

ad  abbrancarne  il  timone^  mentre,  diciamo,  essi  fantasticano  a  que- 
sto  modo,  la  Chiesa  professa  ed  insegna  cbe,  in  opera  di  grandezza 
deU'uomoin  quanlo  ragionevole  e  libero,  tutte  quelle  glorie  sono 
un  bel  nulla  •,  con  esse  tutte  potersi  benissimo  piombare  in  eterno 
in  un  inferno  meno  poetico  del  dantesco,  e  sapienza  verace  essere 
lo  spregiarle,  1'abbandonarle  e  melterlesi  a  dirittura  sotto  dei  pie- 
di,  come  professa  di  fare  il  claustrale.  II  perche,  quando  trattasi 
di  decernere  supremi  onori,  la  Chiesa  non  ne  va  a  cercare  i  soggetti 
nelleAccademie,  negli  Atenei,  nei  campi  di  battagliaonei  gabinetti 
degli  statisti  ;  ma  si  veramente  li  va  a  cercare  nelle  umili  celle  dei 
poveri  e  spregiati  religiosi :  e  trovato,  esempligrazia,  un  Felice  da 
Cantalice  scalzo,  sempliciano,  ignorante  cbe  non  sapeva  1'  alfabeto, 
ve  lo  mette  sugli  altari,  e  vuole  che  quanti  sono  Cattolici  gli  facciano 
riverenti  le  ginocchia  ed  il  ciglio.  Signori  si!  ancbe  il  ciglio.  Ed  il 
farlo  riverente  in  questo  caso,  per  1'  uomo  carnale  ed  altezzoso,  e 
cosa  ben  piu  malagevole  che  piegare  le  ginocchia.  Tuttavolta  quella 
riverenza  acchiudeunafilosofia  sublimissima;  ed  il  mostrarsene  sto- 
macali,  come  fanno  i  nostri  barbassori  riformisti,  e  manifesto  se- 
gno che  essi  non  capiscono  neppure  1'abbici  di  quel  Cristianesimo, 
cui  credebbero  riformato  quando  fosse  rappiccinito  alle  grette  di- 
mensioni  delle  lor  testoline.  Che  se  mai  avviene,  come  suole  alcu- 
na  volta,  che  eziandio  il  laico,  il  letterato,  lo  scienziato,  il  guerriero 
attingano  a  quell' altezza,  badate  bene  che  ci6  non  avviene  in  quan- 
to  essi  acquistarono  rinomanza  in  quelle  loro  rispettive  professioni, 
ma  in  quanto  nella  vita  laicale  colle  lettere,  colle  scienze,  colla  mi- 
lizia  seppero  accoppiare  1'annegaziorie,  il  distacco  dalle  cose  del 
mondo,  1'umilta  propriadelcenobita;  di  qualita  che,  ove  si  potesse 
intendere  che  essi  mirarono  per  diritto  o  per  traverso  a  quella  ri- 
nomanza, gia  si  troverebbero  lontani  le  mille  miglia  dalla  perfezio- 
ne  cristiana  e,  non  che  gli  onori  degli  altari,  potrebbe  loro  essere 
negato,  da  Quegli  che  solo  pu6,  perfmo  1'ingresso  nella  eterna  vita. 
Insomnia  e  il  mistero  della  Croce  che  il  mondo  non  capisce  e  be- 
stemmia :  mistero  che  ebbe  sembianza  di  scandalo  agli  occhi  dei 
Giudei  e  parve  stoltezza  a  quello  dei  Gentili :  ludaeis  quidem  scan- 
Serie  III,  vol.  IX.  43  3  Marzo 


1L  FRA.TE 

dalum,  gentibus  autcm  stultilia  1;e  mistero  che,  non  sembrando  me- 
no  stolto  ai  nostri  pagani  redivivi,  essi  ban  pensato  di  cavarlosi  da- 
gli  occbi,  volgendolo  in  mito  quanto  a  Cristo  che  fa  1'esemplare,  e 
schiacclandolo  a  furia  di  scherni  nei  professori  della  vita  religiosa 
che  sonogli  esernplati. 

Vero  e  che  il  non  intendere  la  stoltezza  della  croce,  non  potreb- 
be  avere  altro  effetto,  die  di  tenere  come  cosa  al  tutto  disennala  e 
pazza  chi  comunque  si  studia  di  ritrarne  in  sk  medesimo  una  so- 
miglianza.  Ora  questo  potrebbe  ingenerare  disprezzoe  forse  ancora 
eompatimento  negli  animimegliodisposti,  non  nimicizia-,  e  nessuno 
e  che  voglia  pigliarla  coi  poveri  pazzarelli  nell'  ospedale  dei  matti, 
per  la  sola  ragione  che  essi  in  molti  punti  pensano  a  rovescio  di 
quello  che  pensiamo  noi.  Tuttavolta  la  cosa  va  alquanto  diversa- 
mente  nella  follia  che  qui  si  discorre,  siccome  quella  che,  messa  in 
onore  da  un  Grande,  che  il  mondo  civile  da  diciannove  secoli  si  & 
eonvenuto  a  tenere  per  Dio  e  seguitera  un  gran  pezzo  ad  onta  de- 
gli  sforzi  titanici  di  chi  vorrebbe  altrimenti,  6  stata  circondata  dalla 
riverenza  dei  popoli,  dallo  splendore  dei  trionfi  e  dal  suggello  dei 
prodigi.  Innanzi  a  quel  trofeo  che  e  divenuto  la  follia  della  croce, 
voi  capite  bene  che  non  ci  e  da  fare  il  gradasso,  come  uomo  che 
non  sene  cura  eguarda  e  passa  via.  Sopnsttutto  che  essa,  dovenda 
pure  essere  in  qaalche  modo  partecipata  da  chiunque  si  onori  del 
nome  di  Cristiano,  e  un  tacito  rimprovero  ed  una  condanna  di  chi, 
non  solo  non  vuol  saperne  per  conto  proprio,  ma,  ostinatosi  colpevol- 
mente  a  noncapirla,  la  scherniscein  altrui  e  vorrebbe  ad  ogni  patto 
farlauscire  del  mondo.  Ed  e  manifesto  che  al  rimprovero,  alia  con- 
danna la  genteorgoliosaeriseritita  non  suol  esserpaga  di  rispondere 
col  solo  disprezzo.Ma  oltre  a  questa,che pur  basterebbe  per  s&  sola,vi  e 
un'altra  ragione  piupoderosa  della  nimicizia  che  illibertino  ha  giura- 
to  alfrate^laquale  ragione  vuol  esserpresa  anch'essa  un  pocoab  alto. 

Sanno  anche  i  bimbi  dal  Cateehismo  che  la  Cbiesa  in  questo 
raondo  e  militantc;  e  chi  dice  milizia  suppone  guerra  o  sempre  in 
atto,  o  certo  che  da  ora  in  ora  pu6  rinfrescarsi  con  nuove  battaglie. 
E  questa  idea,  improntata  nel  titolo  distintivo  della  nostra  Chiesa> 

1  Cor.  1, 23. 


IL  FRATE  675 

e  attestata  dalla  perpetua  sua  storia,  la  quale  appena  e  stata  altro 
nei  suoi  presso  a  diciannove  secoli  che  novera,  ne  al  presente  e 
altro ,  ne  sara  altro  per  1'  avvenire,  che  una  successione  non  in- 
terrotta  di  pugne  incoronate  da  vittorie  piu  o  meno  tardive  ,, 
ma  da  pugne  e  da  vittorie  sempre.  Indole  poi  specials  di  questa 
pugna  e  stata  che  i  suoi  nemici  si  sono  venuti  col  volgare  dei  secoli 
afforzando  di  nuovo  vigore  coll'  intendersi  sempre  meglio  fra  loro, 
coll' ordinarsi  a  disciplina  di  schiere  e  di  capi,  col  giovarsi  della 
passata  sperienza  e  quasi  traendo  novelle  forze  dalle  stesse  sconfitte. 
E  sarebbe,  se  il  veder  nostro  non  erra,  molto  istruttivo  soggetto  di 
storia,  chi  venisse,  secolo  per  secolo,  descrivendo  questo  successi- 
TO  incremento  che  le  forze  del  male  e  dell'  errore  sono  venute 
acquistando,  fino  a  giungere  a  quella  prepotenza,  a  cui  sono  salite 
nel  nostro  tempo,  benche  paiano  meno.  Fu  quindi  naturale  e  con- 
venientissimo  all'ordine  della  Provvidenza,  che  eziandio  gli  stru- 
menti  esteriori  della  Chiesa  .avessero  i  loro  incrementi,  si  ehe  si 
potesse  a  lei  assicurare  quella  prevalenza,  che  puo  ben  tardare  gli 
anni  ed  i  lustri,  ma  non  le  pu6  venir  meno  giammai.  Tra  questi 
sussidii  forniti  allaChiesa  militante  dalla Provvidenza  fussmpre  con- 
tatocome  poderosissimo  il  primo  costituirsi  inOccidente  delle  fami- 
glieclaustrali,  lequali,  adifferenzadel  monachismoorientale,accop- 
piarono  comunemente  alia  contemplazione  la  vita  attuosa  ed  operati- 
va  in  servigio  della  Chiesa  stessa.  Chi  nella  storia  non  legge  i  nudi 
fatti  e  neppure  si  studia  d;  introdurre  per  forza  nei  fatti  un  ordine 
preconcetto,  che  e  fabbricare  la  filosofia  della  storia  alia  maniera  ale- 
manna,  ma  vi  legge  i  legami  e  le  dipendenze,  onde  li  ha  gover- 
nati  la  Provvidenza,  chi,  diciamo,  studia  la  storia  a  questa  ma- 
niera, che  e  la  sola  ragionevole,  non  pu6  non  ammirare  il  maravi- 
glioso  rispondersi  delle  nuove  lotte  in  che  era  ingaggiata  la  Chiesa, 
e  del  sorgerle  che  facevano  accanto,  come  per  incantesimo,  novelle 
falangi  che  nella  qustlita  delle  armi,  negli  ordini  della  disciplina, 
nelle  abitudini  della  vita  avrebbero  convinto  i  piu  restii,  il  loro  ap- 
parire  essere  un  sussidio  tutto  fatto  e  disposto  pel  nuovo  bisogno. 
Sarebbe  faccenda  da  non  venirne  a  capo  in  poche  pagine  chi  vo- 
ksse  discorrerne  per  singolo  j  ma  anche  questo  sarebbe  studio  bel- 


676  IL    FRATE 

lissimo  nella  storia  e  di  maravigliosi  document!  fecondo  5  soprat- 
tutto  se  non  si  lasciassero  gli  Ordini  militari  ed  ospifalieri,  i  quali 
tanta  parte  ebbero  in  quella  impresa  gigantesca  delle  Crociate,  che 
occupo  per  un  paio  di  secoli  1'Europa  cristiana  e  contribui,  piuforse 
di  qualunque  altra,  a  costituirla  quello  che  essa  e  al  presente.  Ma 
eziandio  senza  ci6,  e  restringendoci  alle  famiglie  strettamente  clau- 
strali  ,  1'  intervento  provvidenziale  in  sussidio  della  Chiesa  nel- 
1'  apparire  degli  Ordini  religiosi  si  farebbe  manifesto  ricordandone 
anche  sol  di  passata  qualcuno.  In  quel  conquasso  generale  in  che 
versava  1'Occidente  sull'aprirsi  del  medio  evo,  quando  la  Chiesa  si 
trovava  a  lottare  colle  corruzioni  degli  antichi  dominatori ,  colla 
ferocia  dei  sopravvenuti  e  colla  ignoranza  di  tutti,  si  consider!  che 
saria  divenuto  la  nostra  societa,  senza  il  taumaturgo  di  Norcia  e  la 
santa  e  benemerita  sua  prole.  La  famiglia  di  S.  Benedetto  fa  man- 
data  a  combattere  quel  triplice  nemico;  e  si  pu6  dire  che  da  lei  per 
presso  a  tre  secoli  usci  quanto  di  santita,  di  mitezza  e  di  dottrina  vr 
fu  uopo  per  rigenerare  1'Italia  ed  il  mondo-,  e  nori  ci  pare  di  dir  so- 
verchio  asserendo  ,  che  nel  suo  grembo  per  quel  tempo  si  formava 
T  Episcopato  cattolico  ,  inclusivi  i  supremi  Pastori ;  che  da  lei  ne 
uscirono  i  piii  illustri,  dagl'Ildebrandi  ai  Lottarii.  E  quando  i  gran- 
di  vizii  del  medio  evo,  venuti  alle  prese  coile  non  meno  grandi  sue 
virtu,  minacciarono  di  prevalere  con  una  cupidita  feroce  che  nulla 
Oggimai  piu  rispettava,  e  con  una  scienza  fastosa  che  col  troppo 
sottilizzare  degenerava  in  eresie  moltiplici  che  sguinzagliavano  i 
popoli  ad  ogni  eccesso  ,  le  cose  furono  condotte  a  tali  termini,  che 
pote  narrare  la  leggenda  essersi  offerto  in  visione  al  terzo  Innocen- 
zo  il  tempio  lateranese  barcollare  sulle  fondamenta  e  minacciare 
ruina.  Or  voi  non  ignorate  quali  mani  si  furono  stese  a  rafiermarlo. 
II  poverello  di  Assisi  e  Domenico  di  Calaorra,  cogli  innumerevoli  loro 
figliuoli,  fur  sortiti  per  grazia,  quello  a  tornare  in  pregio  presso  le 
nazioni  sviate  la  mitezza  e  la  poverta  della  Croce,  questi  a  conqui- 
dere  le  eresie  con  una  predicazione  che  pote  essere  simboleggiata 
da  fiaccola  ardente  recata  in  bocca  dal  fedelissimo  degli  animali.  Ma 
la  nuova  era  si  apriva  con  quei  funesti  auspicii  che  fecero  palpitare 
tanti  cuori  cattolici  sugl'inizii  del  secolo  sestodecimo,  quando,  per 


1L  FRATE  677 

opera  di  un  apostata  vituperoso  e  di  un  sozzo  coronato,  in  cui  sern- 
bravan  rivivere  i  Neroni  ed  i  Caligoli ,  Inghilterra,  Lamagna  ed  in 
parte  ancoraFrancia,  Olanda  edElvezia  stavano  per  separarsi  dalla 
cattolica  unita  ,  mettendo  in  onore  quel  sistema  di  ribellione  che  , 
trasportato  dagli  ordini  religiosi  ai  civili ,  mantiene  da  tre  secoli 
1'Europa  in  im  perpetuo  tramutarsi  di  piene  rivolture  e  di  dimez- 
zateristaurazioni,senza  che  apparisca  grande  speranza  die  si  abbia 
a  mutar  registro.  E  neppur  manc6  in  quella  solenne  congiuntura 
laProvvidenza  di  afforzare  la  Chiesa  militante  con  nuovo  sussidio  , 
fornendole,  fra  Ie  altre,  onde  quel  secolo  fu  fecondo,  quella  falange 
alia  quale  non  tocca  il  defmire  se  rispondesse  al  suo  scopo  $  ma  certo 
glielo  farebbero  credere  le  ire  rabbiose,ondefu  sempre  onorata  dai 
nemici  della  Chiesa,  i  quali  la  vollero  ad  ogni  patto  per  alquanti 
lustri  rimossa  dalcampo,  perch  e  potessero  inorgoglire  e  prepotere, 
quanto  per  avventura  non  aveano  mai  fatto  ,  fino  ad  aver  le  appa- 
renze  di  essere  prevaluto  con  un  totale  trionfo. 

Dove  si  noli  di  grazia  attentamente,  affine  di  non  attribuire  alle 
nostre  parole  un  significato  assai  piu  largo  che  esse  non  hanno. 
Noi  non  diciamo  che,  col  mostrarsi  la  prima  volta  in  Occidente  il 
vivere  claustrale,  cominciasse  il  combattere  della  Chiesa:  gia  notam- 
mo  codesto  essere  carattere  essenziale  di  lei  in  quanto  e  militantej 
ed,  in  questa  condizione,  sua  milizia  ordinaria  e  il  clero,  suoi  duci 
sono  i  Vescovi  con  al  capo  il  supremo  Pastore.  Diciamo  si  vera- 
mente  le  famiglie  religiose  essere  state  ed  essere  tuttavia  sussidii 
straordinarii,  mandati  alia  Chiesa  pel  rinvigorirsi  che  col  volger  dei 
tempi  veniva  facendo  1'oste  nemica.  Ora,  riserbando  al  seguente 
articolo  il  cercare  se  siano  necessarii  e  se  tutti  debbano  essere 
attuosi  in  opere  esteriori  per  dirsi  militanti,  egli  ci  vuol  poco  a  com- 
prendere  che  cosiffatti  sussidii,  appunto  perche  straordinarii,  do- 
veano  avere  qualche  cosa  di  piu  poderoso  del  consueto  ,  onde  en- 
travano  piu  forti  e  piu  temuti  nella  mischia  ,  e  per  conseguente  si 
cbiamavano  addosso  piu  sfidate  e  piu  furiose  le  ire  degli  avversarii. 
DaH'altra  parte  egli  basta  intendere  che  siano  gli  Ordini  religiosi , 
quale  li  fecero  i  loro  istitutori  in  Occidente,  per  fare  giusta  stima 
dei  nuovi  elementi  di  forza  che  essi  portavano  a  servigio  della  Chie- 


678  IL  FRATE 

sa ,  stretta  da  tutte  parti  dalle  lotte  terrene.  E  ci  sia  permesso  di 
fame  un  cenno,  quanto  lo  s^orcio  di  un  articolo  ,  che  gia  volge  al 
suo  termine  ,  ci  poo  permettere. 

E  pria  di  tutto  si  osservi  come  nelFrate  operoso  la  professione  dei 
consigli  evarigelici  k  messa,  per  cosi  dire,  al  servigio  dei  ministerf 
apostolici-,  e  questo  non  e  a  dire  quanto  ne  renda  I'opera  piu  efficace 
e  poderosa.  Ne  solo  per  Fannegazione  che  acquista  maggior  merita 
di  grazia;che  questa  non  e  ragione  da  entrare  in  tutti  icervelli^ma 
pel  trovarsi  che  per  essa  fa  Tuorno  piu  snello,  piu  leggiero,  piu  spi- 
gliato  da  ogni  ingombro  ed  impedimento  terrestre,  si  che  non  pure 
e  meglio  disposto  ad  incentrare  tutte  le  sue  care  in  un  obbietto  solo, 
ma  non  offre  quasi  presa  aU'avversario  per  trattenerlo  o  sviarlo  dal 
suo  camino.  II  Frate!  ma  quando  esso  e  quello  che  per  sua  profes- 
sione dev'essere,riesce  un  osso  duro  da  rompere  i  denti  a  piu  di  un 
mastino,  venuto  corpo  a  corpocon  esso  in  opera  di  divino  servigio  ! 
Al  che  si  aggiunga  la  forza  che  1'uomo  individuo  prende  dall'asso- 
ciazione  organata,  disciplinata,  con  ordini  e  leggi  e  consiietudini  che 
ne  fanno  una  vera  falange  guerriera  ,  in  cui  ciascuno  e  sostenuto 
dalla  forza  di  tutti,  e  tutti  sentono  d'avere  per  se  il  vigor  di  ciascu- 
no.Talmenteche  ognuno  di  essi  pu6dire  di  chiamarsi  Legio  nel  me- 
desimo  s?n?o,  benche  peropposto  fine,  onde  di  se  dieeanlo  i  rei  demo- 
nii  neli'Evangelio-,  e  se  vi  hanno  le  legioni  che  assaltano,  perche  non 
vi  saranno  quelle  che  difendono?  Ora  e  incredibile  quanto  codesto 
operare  di  conserto  con  molti,con  unitad'interidimento,  con  somi- 
glianza  di  vita,  con  intimita  di  consuetudine,  accres^a  yigore  all'uo- 
mo  che,  socievole  di  sua  natura,  si  sente  maggiore  di  se  quando  tro- 
vasi  in  comunione  con  molti  ,  ed  acquista  coscienza  di  piu  potere 
come  sa  che  all'occorrenza  non  gli  verra  meno  il  conforto  altrui. 

La  quale  maggiore  efficacia  che  il  ministero  apostolico  acquista 
dall'essere  disposto  e  disciplinato  con  ordine,  diciam  cosi,  militare, 
si  fa  via  ancora  maggiore  da  quellache  nelle  arti  meccaniche  e  forse 
invenzione  moderna,  ma  che  nelle  nobili  discipline  e  antichissima,  e 
la  quale  sogliono  chiamare:  parlizione  del  lavoro.  Ed  e  il  metodo , 
onde,  nel  fabbricare  unoggetto  qualunque  che  sia  costitmtodamolte 
e  svariate  parti,  non  sia  uno  a  farle  tutte,  ma  ciascuna  di  esse  abbia 


IL    FRATE  679 

un  operaio  speciale  ,  che  quella  faccia  solamente  e  non  altro.  Ed  e 
manifesto  che  aquella  maniera  ognuno  acquistera  maravigliosa  age- 
volezza  nel  fare  la  parte  sua<3,quellochepiu  monta,  la  fara  con  una 
perfezione  impossible  ad  asseguirsi  per  altra  via.  Ora  questo  ap- 
punto  si  ottenne  col  costituirsi  delle  famiglie  claustrali ,  non  solo 
perche  ciascuna  di  esse  totee  a  coltivare  un'  opera  speciale ,  acqui- 
standovi  speditezza  e  perfezione;  ma  eziandio  perches  nel  giro  di  cia- 
scuna di  esse,  intendendo  i  singoli  ad  opere  e  talora  a  parti  di  opere 
che  da  altri  sono  compiute,  vi  acquistano  abilita  di  far  molto  e  hene 
e  speditamente,  quanto  per  altra  maniera  sarebbe  impossible.  Ma 
quello  che  sopra  ogni  altro  rende  poderosae  temibile  questa  manie- 
ra di  sacra  miliziaelasua  perpetuita  che,  serbandone  la  piena  iden- 
tita  morale,  non  si  altera  pel  successive  permutarsi  degl'individui, 
e  sfida  i  secoli  negli  ordini  del  tempo,  senzatema  che  essi  la  sgagliar- 
discano,  anzi  con  sicorezza  che  le  porgano,  sotto  qualche  rispetto, 
nuovo  vigore.  £  tan  to  breve,  tanto  labile  la  vita  dell'uomo,  i  cui  gran- 
diosi  divisamenti  raro  e  che  possano  misurarsi  con  una  mezza  doz- 
zina  di  lustri!  e  spesso  nel  loro  piu  prosperoso  fiorire  sono  inariditi, 
talora  non  escono  dai  primi  ed  informi  concepimenti!  A  questa  debo- 
lezza  inseparable  dalla  uniana  natura,  reca  rimedio  in  servigio  della 
Chiesaristituzione  delle  famiglie  claustrali,  le  cui  opere  possono  per- 
petuarsi  insieme  con  esse-,  che  sigiovano  delle  secolari  sperienze  e 
delle  domestiche  tradizioni;  e  sono  come  il  fiumeche,  volgendo  sem- 
pre  novelle  acque,  resta  nondimeno  sempre  lo  stesso  coi  suoi  effetti 
salutari  di  rinfrescare  le  pianure  ed  i  poggi,  nel  cui  mezzo  fa  suo  viag- 
gio,e  di  essere  legame  di  unita  tra  genti  diverse  e  tra  loro  lontane. 
Non  si  creda  il  lettore  che  noi ,  colle  considerazioni  recate ,  ab- 
biamo  dimentico  il  nostro  proposito  deviandoci  al  tutto  dal  preso  ca- 
mino.  Nulla  meno  !  noi  abbiamofilalo  diritto  a  vele  gonfie  ed  oggi- 
mai  stiamo  per  afferrare  il  lido.  Si  cercava  per  noi  ilvero  motivo, 
pel  quale  il  libertino,  e  generalmente  le  sette  nimiche  di  Dio  e  della 
sua  Chiesa,  astiano  il  Frate ,  come  la  terribilissima  delle  cose;  per 
isbarazzarsene  la  via  non  rifuggono  da  qualunque  arte  piu  iniqua, 
dalla  codardia  della  calunnia  fino  alia  ferocia  delle  carceri,  delle  spo- 
liaziohi ,  degli  esilii  e  degli  uccidimenti.  Ora  dalle  cose  discorse  ci 


680  IL  FRATE 

pare  clie  il  quesito  si  e  fatto  piano  ,  quanto  pu6  esserlo  ogni  cosa 
nota  per  se  medesima.  E  che  altro  e  la  pugna  se  non  uno  sforzo  di 
vincere  gli  ostacoli  ?  e  dove  si  scorge  piu  poderoso  lo  sforzo,  che  altro 
potete  conchiuderne  se  non  che  ivi  1'ostacolo  e  tanto  piu  prepoten- 
te?  ela  vigorosae  furente  riazione  vi  attesta  egli  altro  che  un'azione 
opposta  ed  uguale?  Pertanto,  supposto  che  nel  Frate  o  neiFrati,  to- 
gliendo  questa  voce  nell'ampiezzavulgare  dell'appellazione,laProv- 
videnza  abbia  costituito  uno  dei  piii  forti  presidii  della  Chiesa  mili- 
tante,  eranaturale,  era  necessario,  sarebbe  maraviglia  se  non  fosse 
cosi,  che  i  nemici  di  essa  Chiesa  contro  di  loro  si  scatenassero  con  piu 
furore,  e  comunemente  la  misura  di  questo  e  proporzionata  alfosta- 
colo  chevi  trovano.  Ed  ostacolo  poderosissimo  si  trovava  in  uomini 
sciolti  dabrighe  ed  attacchi  terreni,  che  pigliavano  forza  dall'associa- 
zione,  da  questa  acquistavano  abilita  speciale,  e  la  comunanza  ne  per- 
maneva  e  si  perpetuava  eziandio  essi  venuti  meno.  Or  tutto  questo 
ci  pare  piu  del  bisogno  a  spiegare  le  nimicizie  del  libertino  a  rispetto 
del  Frate  per  quello  che  questi  fa.  Che  se  vi  aggiungete  il  disprezzo 
che  il  primo,  per  la  sua  orgogliosa  e  grossiera  ignoranza,  ha  verso 
1'altro  per  quello  che  esso  e,  in  quanto  colla  sua  professione  dei  con- 
sigli  evangelici  e  1'antipodo  dei  pensieri  e  degli  affetti  del  mondo, 
voi  avrete  tutta  intera  la  soluzione  del  problema.  II  libertino  non 
capisce  quello  che  e  il  Frate,  e  per6  lo  spregia,  ma  di  uno  spregio 
astioso  e  risentito,  come  si  farebbe  del  rimprovero ;  il  libertino  dee, 
quasi  diremmo  per  vocazione  del  proprio  stato,  riagire  contro  quel- 
lo che  fa  il  Frate  in  opera  di  zelo  cristiano ;  ed  in  questo  doppio 
motivo  (I'  essere  e  T  operare)  si  acchiude  la  ragione  fondamentale 
dell'odio  che  gli  ha  giurato. 

Ma  che  seguirebbe  quando  questa  avversione  avesse  il  suo  eflet- 
to  ?Ci6  e  quello  che  ci  resta  a  discorrere  ed  e,  se  il  veder  nostro  non 
erra,  la  parte  piu  rilevante  del  presente  suggetto,  siccome  quella 
che  non  tanto  dovra  versare  intorno  agli  effetti  spirituali  e  stretta- 
mente  religiosi,  quanto  intorno  ai  morali  e  piu  ancora  agli  econo- 
mici  nel  pubblico  e  nel  privato  ;  cose  che  al  nostro  secolo,  se  nulla^ 
lo  conosciamo,  stanno  sul  cuore  assai  piu  che  le  rigorose  astinenze 
e  le  prolisse  salmodie. 


COSMOGONIA  NATURALE 

COMPARATA  COL  GENESI ' 


A  conciliare  il  racconto  del  sacro  Genesi  intorno  all'  opera  de* 
sei  giorni  colle  dottrine  e  le  osservazioni  de'geologi,  non  e  per  av- 
ventura  bisogno  rieorrere  ad  una  tutta  nuova  ed  inaudita  spiegazio- 
ne  del  testo  mosaico,  ma  ci  sembrano  sufficient!  alcune  osservazio- 
ni  gia  fatte  dai  sacri  interpret!. 

Udiamo  prima  cio  cbe  ne  insegna  Mose.  i.°  Nel  principio  creb- 
Iddio  il  Cielo  e  la  Terra.  2.°  E  la  terra  era  deserta  e  vacua,  e 
tenebre  erano  sulla  faccia  dell'  abisso :  e  lo  spirito  di  Dio  mo- 
vente  sopra  la  faccia  delle  acque  2.  Tuttocio  sembra  precedere  i  sei 
giorni,  nei  quali  si  odono  e  si  adempiono  i  divini  comandi  (E  disse 
Iddio:  sia  luce.  E  disse  Iddio  ecc.),  o  certamente  sono  questi  giorni 
preceduti  dal  primo  verso,  ove  narrasilaveracreazione.  Fu  dunque 
lacreazione,  e  fu  poscia  uno  stato  della  materia  creata  prima  dell'o- 
pera  de'sei  giorni.  Fecisti  ante  omnem  diem  in  principio  caelum  et 
terram,  dice  S.  Agostino  3.  Pietro  Lombardo  insegna:  In  principio 
Deum  creasse  coelum,  idest  angelos,  et  terram,  scilicet  materiam  qua- 
tuor  elementorum  adhuc  confusam  et  informem,  et  quae  a  Graecis  di- 
cta est  chaos,  et  hoc  fuit  ante  omnem  diem  4.  Potrebbero  aggiungersi 
S.  Basilio,  Teodoreto,  S.  Bonaventura  ed  altri  teologi^  ma  e  inuti- 

1  Vedi  questo  vol.  pag.  52S-  o35.  —  2  Genes.  I,  1,  2. 

3  Conf.  L.  Xll  c.  12,  13.  E  S.  Ambrogio:  Terra  erat  invisibilis  ....  quiet 
nondum  lux  quae  illuminaret  mundum.  .  .  .  Primo  fecit  Deus,  postea  venusta- 
vit  (Hexamer.  L.  1 ,  C.  7) ;  e  Beda  :  Duas  res  ante  omnem  diem ,  et  ante  omn<? 
tempus  condidit  Deus  ,  angelicam  videlicet  creaturam  et  materiam  informem 
(In  Genesim  C.  I.)-  —  ^  H.  Sent.  Dist.  42. 


682  COSMOGONIA  NATURALE 

le  accumulare  citazioni  in  cosa  perse  assai  manifesta.Fu  durique  un 
tempo ,  durante  il  quale,  la  terra  si  trov6  nello  stnto  descritto  nel 
secondo  versetto  (inanis  et  vacua  .  .  . ).  Alcuni  pensano,  che  la  ter- 
ra, dopola  creazione,  passando  per  aleune  vicende,  si  riducesse  allo 
stato  ivi  descritto  ,  nel  quale  ritrovavasi  allorchc  disse  (  ciofe  vofle ) 
Iddio  :  sia  luce.  Ci6  sicuramente  non  si  oppone  al  sacro  testo.  II  P. 
Benedetto  Pererio,  riconoscendo  un  tempo  anteriore  al  primo  de'sei 
giorni  ,  lo  crede  assai  breve ,  ma  non  osa  afferrnarlo  piu  breve  di 
un  giorno  ordinario  di  24  ore  *.  Ora  se  pu6  supporsi  quel  tempo 
lungo  un  giorno  o  eziandio  qualche  cosa  di  piu,  senza  tema  di  con- 
traddire  all'Esodo,  ove  leggiamo:  In  sei  giorni  Iddio  fece  il  Cielo  e 
la  terra  e  tutto  do  che  e  in  essi  2 ,  potra  anche  supporsi  lungo  wn 
anno,  o  anche  assai  piu,  se  ci  sieno  buone  ragioni  per  cosi  pensare. 
Di  fatto  altri  commentatori  hanno  osservato,  ehe  rispetto  alia  lun^- 
ghezza  di  quel  tempo  siamo  ridotti  alle  congetfeure  ,  daechfc  Mosfe 
nulla  aflatto  ne  dice.  Cosi  il  Petavio  3.  II  passo  allegato  dell'Esodo 
sembra  che  possa  tradursi  :  In  sei  giorni  il  Signore  formo  (  di  ma- 
teria  gia  esistente,  perche  prima  da  lui  creata),  ovvero  compi,  per- 
feziono  il  cielo  e  la  terra ...  5  a  questi  vocaboli  corrispondendo  il  vo- 
cabolo  ebraico  (nipyT)  ivi  usato,.verbo  ii  quale  non  racchiudendol'i- 
dea  di  creazione  dal  nulla,  non  vieta  il  credere  tal  creazione  anteriore, 
di  un  tempo  indeterminato  ,  al  lavoro  dei  sei  giorni.  Un  tempo  as- 
sai lungo  anteriore  a  questi  si  6  supposto  non  solo  dal  Whiston,raa 
da  altri  parecchi ,  i  quali  hanno  eosi  creduto  di  conciliare  la  fisica 
col  la  Sacra  Scrittura.  £  fra  questi  1'  autore  del  libro  L'  antiquitt  ex- 
plique  par  la  Genese.  H  rabbino  Abhhu,  citato  da  Mose  Maimonide  •*, 
insegnava  a  proposito  del  principio  del  Genesi :  Hinc  habemus  quod 
Dfus  aedificarit  mundos  et  illos  iterum  deslruxerit.  Alcuni  cnoderni, 
come  Bonnet  5  e  Gervais  de  Laprise  6,  banno  opinato  che  il  lavoro 

Ife  Genesim.  C.  I.  —  2C.  XX,  v.  11;  C.  XXXI,  v.  17. 

3  PETAV.  Theol.  Dogm.  De  opif.  sex  dier.  L.  I,  c.  10,  §  G:  Quod  intervaUum 
( il  lempo  precedeute  il  primo  gicruo)  quantum  faerit  nulla  divinatio  potest 
atsequL 

4.  More  Necochim  coaversus  a  lo.  BuxiORFiO  P.  II.  C.  30. 

5  Palingen.  Philos.  C.  6. 

6  Accord  de  la  Genese  avec  la  geologie  par  M.  GERVAIS  DE  LAPRISE  aine. 


COMPARATA.  COL   GENESI  683 

de'sei  giorni  non  fosse  se  non  il  rinnovarsi  della  terra  gia  estinta,  e 
che,primadi  questo  die  abitiamo,  fossero  stall  o  uno  o  piu  mondi. 
Non  sappiamo  se  sia  necessario  avvertire,noiesseresoltanto  relatori, 
non  gia  approvatori  di  quest!  sistenii  ,  cio  die  meglio  apparira  in. 
seguito.  Anche  meno  approveremo  la  strana  ipotesi  dell'ultimo  fra 
gli  scrittori  mentovati,  il  quale  immagino,gli  Angeli  essere  stati  per 
avventura  i  primi  abitatori  del  globo  * ,  ipotesi  non  al  tutto  nuova, 
mercecche  un  altro  autore  del  secolo  passalo  aveva  bizzarramente 
sospettato,  che  le  ossa  de  giganti  scoperte  in  diversi  luoghi  ed  a  gran- 
de  profonditd  2  sieno  tutti  avanzi  e  reliquie  degli  Angeli !  ! 

Peraltro  ancora  a  di  nostri  parecchi  scrittori  (e  fra  quest!  eziandio 
qualche  ecclesiastico  cattolico)  banno  opinato,  che  quel  tempo  ante- 
riore  a'  giorni  Mosaici  possa  essere  stato  assai  lungo  3,  ed  in  quel- 
lo  sieno  avvenute  le  vicende  ,  delle  quali  sono  effetti  varii  ferio- 
meni  osservati  ne'  nostri  strati  e  non  punto  agevoli  a  spiegare,  ove 
si  voglia  ilnostro  globo  non  piu  antico  di  Adamo.  Ne  faremo  udire 
qualcuno.  «  La  cronologia  Mosaica  »  dice  il  sig.  Sharon  de  Tur- 
ner 4  «.  comincia  dalla  formazione  di  Adamo  e  da'  sei  precedent! 
«  giorni  o  periodi,  ebe  principiano  dalla  produzione  della  luce.  Qual 
(c  intervallo  vi  fosse  fra  la  prima  creazibne  della  sostanza  materiale 
«  del  nostro  globo,  ed  il  comando  alia  luce  di  scendervi  sopra,  se 
«  mesi,  se  anrii  o  seeoli,  non  si  conosce.  La  geologia  abbrevii  od 

1  GERVAIS  DE  LAPRISE.  S  wte  .  . . 

2  Essai  sur  cette  question  :  Quand  et  comment  V  Amerique  est  elle  peuplee  ? 
par  E.  B.  d'E.  (BAILLI  D'ENGEL)  1767,  pag.  200. 

3  II  sig.  Vittorio  de  Ronald,  benche  zelantissimo  pel  senso  letterale  di  Mose 
e  non  amico  a'  modern!  geologi,  concede  peraltro,  «  che  neU'interpretazione 
«  piu  generaltnente  ammessa  »  (che  i  sei  giorni  comincino  col  farsi  della  luce,  e 
che  prima  Iddio  avesse  creato  il  cielo,  la  terra,  1'  aria   e  1'  acqua)  «  i  geologi 
«  troverebbero  tutta  la  latitudine  desiderabile  per  le  loro   chimiche  precipita- 
«  /ioai,e  per  condensare  le  loro  nebulose  e  per  incrostare  i  loro  soJi.  Siccome 
«  Ja  Scrittura  non  indica  alcun  tempo  (determinate)  fra  il  principio  ed  il  pri- 
«  auo  giorno,  essi  potrebbero  allentarele  briglie  alia  loro  immaginazioue  ed  ac- 
«  cumulare  i  seeoli ;  la  religione  non  si  opporrebbe.  »  Mo'ise    et    les  geologues 
modernes.  C.  Ill,  pag.  S2. 

4  La  Storia  sacra  del  Mondo  consider ata  filosoftcamen  fe...  Versionedi  M.' 
B.  BARTELLONI,  Lucca  1837,  Let.  XVIII,  T.  11,  pag.  290. 


684  COSMOGOXIA  NATURALE 

«  allunghi  la  durata  di  questo  intervallo,  come  lo  stima  piu  conve- 
ne niente.  Non  v'  e  restrizione  per  questa  parte.  In  quesla  porzione 
«  del  tempo  possiamo  noi  porre  la  formazione  della  nostra  materia 
«  elementare,  la  composizione  e  la  disposizione  de'  vasti  central!  ed 
«  interni  contenuti,  qualunque  essi  sieno,  e  la  produzione  di  tutte 
«  quelle  cose,  alle  quali  non  era  la  luce  essenzialmente  necessa- 
«  ria  ».  Altri  vanno  piu  avanti.  11  religiosoe  dolto  autore  dell' ope- 
ra: Les  Soirees  de  Monllhery  1  fa  cosi  parlare  il  suo  principale  in- 
terlocutore :  «  V  e  una  terza  ipotesi,  la  quale  a  me  sembra  probabi- 
«  lissima,ela  quale,  collocandosi  facilmente  in  un  can toncello  della 
«  narrazione  biblica,  perfettamente  si  acconcia  all'  esistenza  delle 
«  idee  moderne  e  concorda  colle  pretension!  de'  geologi.  Non  pu6 
«  supporsi  la  creazione,  della  quale  il  Genesi  ci  da  la  storia  ,  non 
«  essere  che  la  creazione, la  quale  avea  1'uomo  per  oggetto,  e  I'ulti- 
«  ma  dopo  altre  molte,  le  quali  ebbero  luogo  nello  spazio  indefinito, 
«  che  separa  la  creazione  della  materia  dalla  organizzazione  della 
<c  natura,  tale  quale  Dio  1'ha  fatta  in  ultimo  luogo  per  1'uomo?  Fra 
«  il  momento,  in  cui  essa  materia  usciva  del  nulla,indicatodall'es- 
«  pressione  misteriosa:  Inprincipio,  sino  a  quello  in  cui  Iddio  voile 
«  organizzare  per  la  piu  perfetta  delle  sue  opere  questo  limo,  forse 
«  piu  di  una  volta  impastato ,  pot&  trascorrere  un  tempo,  qualun- 
«  que  siasi,  del  quale  la  Scrittura  non  da  conto  all'  uomo,  perche 
«  quel  tempo  non  era  del  suo  dominio.  In  questo  tempo  la  terra, 
«  come  gli  altri  grandi  corpi,  pote  assai  volte  cangiar  di  forma  e 
«  di  abitatori. . .  .  Ecco  perche  troviamo  nella  natura  attuale  delle 
«  tracce  di  creazioni  anteriori  alia  nostra,  le  quali  ci  sorpren- 
«  dono:  tracce  che  assai  distinguonsi  da  quelle  lasciate  dal  dilu- 
<c  vio,  le  quali  non  rinvengonsi  se  non  alia  superficie  o  ne'  terreni 
<c  mobili.  Cosi  avra  Iddio  create ,  poscia  organizzato  e  distrutto 
«  successivamente  le  sue  opere. . . .  ed  infine  la  sua  ultima  creazio- 
«  ne,  o  piuttosto  1'  ultima  organizzazione,  sara  stata  1'  epilogo  fe- 
«  dele,  ma  piu  perfetto,  di  tutte  le  sue  opere  anteriori ;  e  cio  spie- 

1  Les  Soirees  de  Montlhery.  Entretiens  sur  les  origines  Bibliques,  recueillis 
•et  publics  par  M.  DESDOUITS  Prof,  de  Physique  au  Coll.  Stanislas.  Paris  1836 
v.  p.  23,  26,  30,  67,  70. 


COMPAR.VTA  COL  GENESI  68S 

«  gherebbe  questo  fatto  singolare  osservato  da  tutti  i  geologi-,  che 
«  i  fossili  nella  loro  successione  mostrano  1'  ordine  della  creazione, 
«  che  assegna  loro  Mose.  In  questa  ipotesi  i  giorni  della  creazione 
«  potrebbero  essere  veri  giorni,  o  piuttosto  saranno  ancora  periodi, 
«  la  cui  durata  sara  tanto  indifferente  quanto  e  incerta.  »  E  nella 
nota  al  fine  del  secondo  trattenimento,  ove  parla  non  coll'  altrui, 
ma  colla  propria  bocca  1'autore,  esso  ne  dice:  «  Riconoscendo  che 
«  un  grandissimo  numero  di  fatti  geologic!  non  si  ritrova  nella  geo- 
«  goriia  del  Genesi,  il  quale  ne  fa  la  storia  della  terra  destinata  all'uo- 
«  mo  ,  legittimamente  si  conclude  che  tali  fatti  sono  anteriori  ad 
«  essa  istoria-,  e  noi  aderiamo  pienamente  a  questa  spiegazione.  » 
II  celebre  professor  Buckland  (nell'opera:  Sulla  relazione  della  Geo- 
logia  e  della  Mineralogia  colla  Tcologia  naturale  * ,  come  in  altri  scritti 
anteriori)  sostiene  che  il  tempo  indicato  da'  fenomeni  geologici  puo 
trovarsi  nell'  intervallo  indefmito ,  che  seguita  il  primo  verset- 
to  del  Genesi.  «  lo  ho  stabilito  la  mia  opinione  nella  lezione  inau- 
«  gurale,  pubblicata  ad  Oxford  nel  1820  (pag.  31,  32),  ove  ab- 
«  braccio  I' ipotesi,  che  la  parola  principle  siasi  adoperata  da  Mose 
«  nel  primo  versetto  del  Genesi  per  esprimere  un  periodo  di  tem- 
«  po  indefinite,  anteriore  all'ultimo  gran  cangiamento,  il  quale  mo- 
«  dific6  la  superficie  della  terra,  ed  alia  creazione  degli  abitatori  at- 
«  tuali,  animali  o  vegetabili;  durante  il  qual  periodo  avrebbe  avuto 
«  luogo  una  serie  d'  operazioni  e  di  rivoluzioni  pretermesse  dal  sa- 
te cro  storico,  attesoche  niuna  relazione  avevano  colla  storia  del- 
«  1'uomo,  ed  egli  non  poteva  parlarne,  se  non  col  solo  fine  di  mo- 
«  strare,  chela  materia  dell'universo  non  e  eterna  ne  esiste  da  per 
«  se,  ma  fu  in  origine  creata  dal  potere  di  Chi  pu6  tutto.  £  per  me 
«  gran  soddisfazione  il  vedere,  1'opinione  che  ho  cosi  esposta,  dopo 
«  averne  fatto  1'  oggetto  di  lunga  meditazione,  essere  al  tutto  con- 
«  forme  a  quella  esposta  dal  dott.  Chalmers  nella  sua  Evidence  of 
«  the  Christian  Revelation  cap.  VII.  Si  e  discusso  se  il  verso  i.9 
«  del  Genesi  sia  come  un  sommario  racconto  della  creazione ,  i 

1  The  Bridgeivatsr  Treatises  —  Geology  and  mincralogss  considered  with 
reference  to  natural  theology.  Vol.  I,  c.  2,  pag.  19,  London  1836  —  Id.  Yin- 
diciae  geologicae,  or  the  connection...  Oxford  1850. 


686  COSMO GONIA  NATURALE 

«  cui  particolarivengano  poi  esposti  nell' opera  de'  sei  giorni,  ovvera 
«  sia  un'  affermazione  distinta  dell'  avere  Iddio  create  il  cielo  e  la 
<(  terra,  senza  limitare  il  periodo  del  tempo,  in  cui  operava  la  Po- 
«  tenza  creatrice.  Laseconda  opinione  concorda  perfettamente  colle 
«  scoperte  della  geologia.Le  parole  colle  quali  Mose  comincia  :  Net 
«  principio  Iddio  creo  il  cielo  e  la  terra,  possono  legitlimamente 
«  prendersi  per  una  breve  esposizione  della  creazione  degli  elemen- 
«  ti  della  materia,  o  per  un  periodo  distinto  che  precede  1'  opera 
«  del  primo  giorno.  In  niun  luogo  si  afferma  che  Dio  cre6  cielo  e 
«  terra  net  primo  giorno,  ma  si  che  ci6  fece  nel  principio.  Questo 
«  principio  pu6  essere  stato  ad  un'epoca  incalcolabilmente  remota, 
«  seguita  da  periodi  indefiniti,  ne'  quali  saranno  avvenute  le  ope- 
«  razioni  fisiche,  scoperte  dalla  geologia.  .  .  ». 

Ancora  dall'  illustre  e  per  tanti  titoli  commendabile  Cardinal 
Wiseman  fu  lodata  e  preferita  come  opportuna  qaesta  via  per  giu- 
gnere  a  conciliare  la  cronologia  biblica  colla  geologia  1,  ossia  per 
dare  alia  terra,  senza  ofFendere  la  veraeita  di  Mose,  una  eta  mag- 
giore  di  quella,  la  quale  volgarmente  se  le  altribuisce,eperci6  no- 
tabilmente  maggiore  di  quella  della  specie  umana  2. 

Non  vogliamo  condannare  ci6  che  la  Chiesa  tollera  e  tali  uomini 
approvano.  Ma,  a  dir  vero,  sembra,  cosi  interpretando,troppo  se- 
pararsi  il  primo  verso  del  Genesi  (In  principio  creavit  Deus  caehim 
et  terrain)  dal  secondo  (Terra  eral .  .  .),  nel  quale  pare  esporsi  il 
primo  stato  della  terra  o  di  ci'd  che  poi  fu  la  terra,  non  gia  quello, 
a  cui  dopo  mold  secolie  molte  vicissitudini  dovea  pervenire.  Leope- 
remagnificamente  annunziatenel  primo  e  nel  quinto  giorno,  non  sa- 
ranno piu  d'  una  purificazione  dell' aria,  che  restituisce  prima  una 
debole  luce  solare  trapelante  per  la  caligine  diradata,  indi  1'apparir 
degli  astri  alia  terra,  che  prima  n' era  stata  ill uminata?  Sembra 
pure  un  po?duro,  che  il  Creatore  volesse  (benche  per  mezzo  delle 

1  Twelvt  Lectures  on  the  connection....  Conference  sopra  la  connessioue. . • » 
negli  Ann.  delle  Scienze  relig.  Roma  n.°  10  e  seg. 

2  I'osi  pensano  ancora  L.  F.  IEUAX:  Nouveau  Traite  des  sciences  geologi- 
ques.  1840  —  GUIRAND  Phil.  Cath.  de  I' Hist.  —  DE  GENONDE  —  GOSSELIN  — 
BOXNAIRE  —  MANSUY.  ecc. 


COMPARA.TA  COL  GENESI  687 

cagioni  seconde)  distruggere  ogni  vita  vegetahile  ed  animale  sulla 
nostra  terra,  prima  cli  formarvi  una  creatura  a  suaimmagine  e  dar- 
le  agio  di  coritemplare  le  sue  opere,  ed  annullareun  intiero  regao 
o  impero  di  viventi,  prima  di  imporgli  la  perfezione,  ch'  e  la  vita 
ragionevole. 

Ecco  un'  altra  strada,  aperta  da  uno  de'  piu  illustri  dottori  della 
Chiesa.  S.  Agostino,  dopo  avere  per  due  volte  tentata  la  spiega- 
zione  de'  misteriosi  giorni  MosaicifDtf  Gen.  contra  Munich. ^  De  Gen. 
adliteram  imperf.), poco  soddisfatto  delle  volgari  e  piu  comuni  in- 
terpretazioai,  scrisse,  fatto-  gia  Vescovo,  i  dodici  Hbri  De  Genesi 
ad  literam.  In  quest' opera  (come  pure  nella  posteriore  DeCivitate 
Dei  1)  considera  que'  sei  giorni  come  un  solo  di,  o  come  un  solo 
istante,  e  da  alle  voci  giorno,  sera,  mattina,  ripetute  piu  volte  nel 
C.  I  del  Genesi,  unatutto  sua,  e  perci6'appunto  che  tutto'sua,  assai 
ingegnosa  spiegazione-,  ma  la  quale  sembrando,  a  dir  vero,  piuttostO' 
metafisica  o  teologica,  die  non  fisica,  non  e  necessario  qui  esporla  2. 
L'opinionedi  S.  Agostino  seguita  da  Alberto  Magno  3  e  da  altri  teo- 
logi,eduniversalmante  giudicata  immune  daerrore,  e  assai  rispettata 
da  S.  Tommaso  nella  Somma  •*.  Ilmedesimoin  un' opera  anteriore  $, 
paragoriandola  alia  interpretazione  volgare,  aveva  scritto  :  Augu- 
stinus  vult  in  ipso  creationis  principio,  quasdam  res  per  species  suas 
distinclas  fuisse  in  natura  propria,  ut  elementa,  corpora  caelestia  et 
substantial  spirituales  5  alia  vero  in  rationibus  seminalibus  tantum, 
ut  animalia,  plantas  et  homines,  (noi  diremo  certamente  assai  meno 
di  S.  Agostino],  quae  omnia  postmodum  in  naturis  propriis  produ- 
eta  sunt  in  illo  opere,  quo  post  senarium  illorum  dierum  Deus  na- 
turam  prius  conditam  administrat,  de  quo  opere  (lo.  V.)  dicitur:  a  Pa- 
ter meus  usque  modo  operatur  et  ego  operor.  »  Esposta  poi  la  vol- 
gare opinione ,  prosegue:  Haec  quidem  positio  est  communior  et 

±  II  C.  VI  del  L.  XI  termina  con  queste  parole:  Qui  dies  cuiusmodi  sint,  aut 
perdifllvile  nobis  aut  etiam  impossibile  est  cogitare,  quanta  magis  dicere. 

2  V.  De  Gen.  ad  litt.  L.  IV,  C.  XXII-XXXV;  L.  V,  7,  3.  Da  Civit.  Dei  L.  XI, 
C.  VII,  29,  30,  31. 

3  Videtur  mihi  Augustino  consentiendumi  ALB.  M.  Sum.  5.  I,  Qu.  12  a.  6. 
*  P..I,  Qu.  74,  a.  2.  —  5- lull  Sent.  DisU  12,  art.  2. 


688  COSMOGOMA  NATURALE 

magis  consona  videlur  liltcrae  quantum  ad  super  fidem ;  sed  prior 
(quella  di  S.  Agostino)  est  ralionabilior  et  magis  ab  irrisione  infi- 
delium  sacram  Scripluram  defendit,  quodvalde  observandumdocet 
Augustinus  Super  Genesim  ad  lileram  (L.  i.),  ut  sic  Scriptura  ex- 
ponatur,  quod  ab  infidelibus  non  irrideatur;  el  haec  opinio  plus 
mihi  placet.  E  da  notare,  che  S.  Tommaso  vedeva  tanto  prima  del- 
le  moderne  scoperte,  non  esser  facile  difendere  perfettamente  dalle 
irrisioni  degli  infedeli  la  storia  mosaica  della  creazione  secondo  la 
volgare  intelligenza,  e  pensava  che  la  faciiita  di  difendere  la  Scrit- 
tura  dalle  derisioni  di  chi  sa  qualche  cosa,  dovesse  avere  il  suo  pe- 
so, allorche  trattasi  d'  interpretarne  i  luoghi  non  assai  chiari.  Ne 
poteva  ei  conoscere  le  opposizioni,  le quali  contro  la  volgare  interpre- 
tazione  eranoper  sorgere  dalsenno  della  terra-,  ma  la  suaperspicacia 
mostravagli  come  chi  non  e  facile  a  soggettare  1'intelletto  alia 
fede,  poteva  facilmente  ridersi  di  un  racconto,che  presentavagli  un 
Dio,  il  quale,  volendo  tutto  fare  con  istraordinario  comando,  e  nul- 
la  con  quei  voleri  uniformi  e  permanenti,  che  noi  chiamiamo  leggi 
generali  di  natura,  rimette  piu  volte  le  mani  nel  lavoro,  e  il  quale 
n&  assai  fa  mostra  della  sua  possanza  tutto  operando  ad  un  tratto, 
ne  assai  fa  mostra  della  sua  sapienza,lasciando  alle  leggi  da  lui  im- 
poste  alia  materia  di  produrre  ci6  che  esse  possono:  un  Dio  che  al 
cominciare  d'un  giorno  opera  per  un  istante  e  quindi  per  tutto  il 
giorno  riposa,  crea  la  confusione  per  introdurre  l'ordine,fa  una  lu- 
ce, non  si  sa  quale,  per  farla  sparire  o  rifuggirsi  negli  astri  prima 
della  creazione  degli  animali,  ed  immerge  la  terra  nell'acquaper 
estrarnela  quanto  prima. 

Dirassi,  e  bene,  che  T  accennata  dottrina  sembra  a  prima  vista 
non  opportunaall'intentOjCome  quella  la  quale  non  allunga  i  tempi 
ma  gli  abbrevia,  quantunque  d' assai  poco.  Ci6  e  vero:  ma  qualun- 
que  interpetrazione,  tollerata  e  rispettata  nella  Chiesa,  o  allunghi 
o  abbrevii  molto  i  giorni  mosaici  o  li  riduca  ad  un  giorno  o  a  nulla 
piu  di  un  istante,  basta  a  provare,  che  1'  interpretazione  volgare, 
di  giorni  di  24  ore,  non  e  da  essa  Chiesa  adottata,  come  dottrina 
certa  e  da  non  potersi  impugnare,  mentre  senza  alcuna  nota  fu  essa 
rigettata  da'sommi  dottori.  Di  piu:  leggasi  attentamente  1'  opera 


COMPARATA  COL  GENESI  689" 

de  Gen.  ad  lit.  *,  e  si  vedra  come  S.  Agostino  non  nega  ogni  suc- 
cessione  di  tempo  rielle  opere  della  creazione  (sarebbe  negar  1'evi- 
denza),  e  die,  se  riduce  ad  un  di  solo  o  ad  un  sol  pimto  i  giorni' 
del  C.  I  del  Genesi,  pensa  per6  che  avvenissero  secundum  inter- 
valla  temporum  le  cose  di  che  si  favella  nel  C.IF,  cominciando  dal 
v.  6-,  e  che  se  in  quel  primo  di  o  istante  fu  tutta  creata  la  materia, 
non  fu  peraltro  formata;  e  quanto  per  le  leggi  della  natura  aneo- 
ra  al  presents  si  va  formando  di  materia  gia  creata  (come  lepian- 
te,  i  loro  semi  ed  i  corpi  degli  animali),  secondo  che  a  lui  pare, 
fu  allora  fatto  soltanto  caussaliter,  invisibiliter ,  potenlialiter ,  quo- 
modo  fiunt  futura  non  facta  -.  Cosi  allorche  altri  scioglie  del  sale 
nell'acqua  ed  abbandona  la  soluzione  alia  evaporazione ,  fa  allora, 
ma  soltanto  caussaliler,  de'  cristalli  salini  futuri.  Se  non  che  pu& 
ben  costui  abbandonare  la  soluzione  ed  ancora  dimenticarla :  i  cri- 
stalli tanto  e.  tanto  si  formano:poiche  il  volere  delCreatore  conserva 
le  creature  e  le  loro  proprieta.  Laddove,  se  Iddio  non  piu  volesse* 
curare  le  sostanze  da  se  create  e  le  leggi  con  esse  concreate,  ne 
conservasse  ad  esse  la  loro  efficacia,  allorche  debbono  ridnrla  ad 
atto,  esse  nulla  opererebbero,  o  piu  veramente  nulla  sarebbero  3. 
Ora  le  sostanze,  nel  cominciare  del  tempo  create  soltanto  nelle  loro 
cagioni  ed  invisibilmente,  furono  poi  fatte  visibilmente  nel  tempo 
e,  dice  S-  Agostino,  non  in  que'  misteriosi  giorni  al  tutto  dai  nostrr 
diversi,  ma  si  nel  tempo  seguente,  negli  ordinarii  giorni  che  ven- 

1  Basta  leggere  i  C.  4,  5,  6,  7  del  L.  V  ed  il  L.  VI. 

2  Caussaliter  tune  dictum  est  produxisse  terrain  herbam  et  lignum,  id  es£ 
producendi  accepis'se  virtutem  L.  V,  C.  -i,  6;  VIII,  3. 

3  Creationis  potentia,  et  omnipotentis    alque  omnitenentis  virtus,  caussa 
substinendi  est  omni  creaturae:  quae  virtus  ab  eis  quae  creata  sunt  regendis  st 
aliquando  cessaret,  simul  et  illorum  cessaret  species,  omnisque  natura  concide- 
ret.  Neque  enim  sicut  structor  aedium  cum  fabricaverit  abscedit,  atque  illo- 
cessante  et  abscedente  stat  opus  eius ;  ita  mundus  vel  ictu  oculi  stare  poterit,  si- 
ei  Dei  regimen  sui  subtraxerit,  (DeGen.  ad  lit,  IV,  12)  -  Credamus  vel,  si  pos- 
sumus,  etiam  intelligamus,  usque  nunc  operari  Deum,  ut  si  conditis  ab  eo  re- 
bus operatio  eius  subtrahatur,  intercidant  (Ibid.  V.  20). 

Serie  111,  vol.  IK-  44  8  Marzo  1858.. 


690  COSMOGONIA.  NATURALE 

nero  appresso  e  che  misuransi  ddl  girare  del  sole  1.  Ma  quanto  du- 
ro  questo  tempo?  quantifurono  questi  giorni  solari,  durante  i  quali 
si  attuo  quanto  prima  era  fatto  soltanto  in  potenza?  Mos&  nulla 
ne  dice,  e  percio  resta  questo  un  tempo  per  noi  incerto  ed  inde- 
terminato,  e  pu6  credersi  assailungo,  qualora  non  manchino  a  tal 
dotlrina  validi  fondamenti. 

Veramente  questa  sentenza  e  alquanto  oscura  e  soggetta  a  non 
lievi  diffieoha.  S.  Agostino  medesimo  scrive :  Quisquis  . .  .  aliam 
quaerit  inillorum  dierurn  enumeraiione  sententiam,  quae  non  inpro- 
phetia  figurate,  sedin  hac  creaturarum  conditions  proprie,  meliusque 
possit  intelligi,  quaerat  el  divinitus  adiutus  adinv-enial.  Fieri  enim 
potest  ut  ego  etiam  aliam  his  divinae  Scripturae  verbis  congruentio- 
rem  inveniam;  neque  enim  hanc  con  fir  mo,  ut  aliam  quae  proponenda- 
sit  inveniri  non  posse  contendam  2.  Comunque  siasi,  ad  altri  e  lecito 
pensare  col  santo  Dottore,che  i  sei  giorni  della  creazione  non  com- 
prendano  ciascuno  ventiquattro  ore,  ne  un  tempo  phi  o  meno  lungo^ 
ed  interpretare  quelle  voci,giorno ,  sera,  mattina,  o  come  esso  le 
intende  o  in  altro  modo  piu  congruente  alla.lettera  del  sacro  testo. 
Gli  sarebbe  lecito  aggiungere  cha  in  quella  prima  e  sola  vera  crea- 
zione del  mondo  visibile  ,  Iddio  creo  veramente  tutta  la  materia  , 
dotolla  delle  sue  proprieta,  le  impose lesueleggi,e  che  in  virtu  di  es- 
seleggi  dal  suo  libero  volere  imposte  e  conservate,  doveano  foraiarsi 
el'atmosferae  il  mare  e  i  lagbi  e  i  fiumi  e  le  rocce  e  le  isole  e  i  con- 
tinenti,  onde  pu6  dirsi  con  S.  Agostino,  che  il  Creatore  fino  dal  pri- 
mo  giorno  rebus  factisrerum  faciendarum  caussas  inserebai,etomni- 
polenti  potenlia  fulura  faciebat :  ma  rispetto  alle  piante  e  agli  ani- 
mali  da  principio  ne  cre6  soltanto  la  materia,  e  imponendo  alia  na- 
tura  le  sue  leggi,  sin  d'allora  prepar6  il  necessario,  affinche  potessero 
quegli  esseri  organizzati,  vivere  e  prosperare,  crescere  e  moltipli- 
plicarsi :  giunte  poi ,  secondo  le  naturali  vicende,  le  opportune  con- 
dizioni,  un  comando  dell'Onnipotente,  senza  trar  dal  nulla  pur  un 
nuovo  atomo  di  materia,  formo  i  corpi  di  questa  e  di  quella  specie, 

1  L.  VI  c.  5:p«r  temporaliaspatia;per{sto$notissimos  litcit  corporalit  diet, 
qui  circuitu  solis  fiunt. 

2  De  Gen.  ad  Ut.  IV,  28.  F.  Retract.  L.  //,  c.  24. 


COMPARm.  COL  GENESI  691 

o  classe  di  viventi.  Chi  cosi  discorresse  avrebbe  accordato  col  Genesi 
tutte  la  scoperte  geologiche  o  fatte  o  future  o  possibili,  e  cio,  non 
gia  inventando  qualche  nuova  ed  ardita  interpretazione,  ma  seguen- 
do  un  antico  sistema,  ed  esponendolo  in  modo  men  soggetto  ad 
abusi  ed  a  scandali  i. 

Ma,  oltre  le  indicate,  v'ha  ancora  una  terza  via,  e  (se  nonandia- 
mo  errati)  piu  opportuna  (benche  piu  laboriosa)  a  difendere  la  cro- 
nologia  mosaica  dall' apparente  ostilita  della  storia  naturale ,  anzi 
ancora  a  provarne  1'origine  soprannaturale ,  lasciando  ad  un  tem- 
po liberta  bastante  alle  osservazioni  ed  eziandio  alle  ragionevoli  ipo- 
tesi  de'naturalisti.  A  questa  ci  appigliamo,  trovandola  sicura,  per- 
che  tollerata  dalla  Chiesa  ed  assai  conforme  ai  fatti.  Se  qualche  ra- 
gione,  o  naturale  o  teologica,ci  astringesse  quandoche  sia  ad  ab- 
bandonarla  (ci6  non  ci  sembra  verisimile),  potremmo  rivolgerei  ad 
una  delle  due  sovraesposte.  Questa,  ora  da  noi  preferita,  e  fondata 
sopra  principii  gia  da  lungo  tempo  ammessi  da'sacri  interpreti.  Nella 
prima  delle  due  esposte  sentenze  si  pongono  i  lunghi  period!  de'geo- 
logi  prima  deli'Esamerone  Mosaico;  nella  seconda  si  collocano  dopo 
esso  (postmodum,  come  udimmo  da  S.  Tornmaso)-,  in  questa  terza 
si  fanno  contemporanei  o  piuttosto  si  confondono  con  esso.  Che  la 
parola  Off  (jom)  dies ,  si  usi  nelle  Scritture  in  senso  di  tempo 
o  periodo  indeterminato ,  e  cosa  gia  osservata  da  assai  commen- 
tatori  e  tedlogi,  i  quali  a  tutt'  altro  pensavano  che  alia  cosmogonia 
o  alia  geologia ;  e  ciS  essi  osservano  principal  men  te  ad  occasione 
delle  parole  del  C.  II  del  Genesi  v.  4.  In  die,  qua  fecit  Dem  coelum 
et  terram,  et  omne  mrgultum  agri  .  ...  S.  Agostiao  (nel  L. ]lde  Gen. 
contra  Manich.  C.3)  scrive:  Superiusseptem  dies  numeral antur:  nunc 
unus  dicitur  dies,  quo  die  fecit  Deus  caelum  et  terram  et  omne  viride 
agri,  et  omne  pabulum,  cuius  diei  nomine  omne  tempus  significari  bene 
intelligilur.  II  Molina  2  ha  scritto:  Dicunt  Doctores  communiler,  Moy- 
sem  eo  loco  sumpsisse  diem  pro  tempore,  iuxta  illud  Deuteronomii 

1  Si  vedano  le  due  operette  del  Professore  ab.  WATERKEIN.  De  la  geologic 
et  de  ses  rapports  avec  Us  vSrites  rivelees.   Louvain   1841.  La  science  et   la  foi 
sur  I'ueuvre  de  la  creation.  Liege.  1845. 

2  MOLINA.  In  primam  partem.  De  opere  sex  dierum  D.  I. 


692  COSMOGONIA  NATURALE 

XYX//  iuxla  est  dies  perditionis  .  . .  et  alibi  saepe  in  Scriplura  su- 
mitur  dies  pro  tempore.  Cosi  il  Bannes  *  .  Cosi  interpretano  quel  luogo. 
la  versione  Arabica  nella  poliglotta  del  Walton,  Beda   e  non  pochi 
moderni, o  sia  cattolici  o  eterodossi,  Natale  Alessandro,  Duguet,  Gio- 
vanni Clerc  e  molti  altri. II Pererio  2  dice:  Sic  frequentissime  est  apud 
.prophelas,  qui  nomen  diei  usurpant  pro  tempore.  Aggiunge  il  Peta- 
vio  3  ,  la  voce  giorno  usarsi  invece  di  tempo  o  di  periodo  indeterminate 
^ome  dagli  Ebrei,  cosi  da'Greci  e  da'Latini,  e  reca  im  luogo  di  Cicero- 
ne: Ilaque  cum  ego  diem  in  Sicilian  perquirendi  perexiguam  postula- 
xissem,  invenit  isle  qui  sibi  in  Achaiam  bidao  breviorem  diem  postu- 
laret  *>.  IlNicolai  3  cosi  dichiara  quelle  parole  diMose:  in  quel  tem- 
po che  Dio  dal  niente  trasse. . .  ed  altrovene  dice:  «  Chi  non  sa,  e  nella 
«  Scrittura  ed  in  tutti  gli  autori  della  latinita  la  voce  dies  prendersi 
<(  assai  volte  indefinitamente,  sicche  lo  stesso  sia  in  die  che  in  tern- 
pore?  »  Forse  questi  scrittori  non  avrebbero  ricusato  di  spiegar  cosi 
i  nostri  sei  giorni,ove  avessero  saputo,  che  alia  piu  ovvia  spiegazione 
x>ppongonsinondicoopinioni  edipotesi,  che  presto  passano,  mafatti,i 
quali  sono  i  giudizii  della  natura  (Opinionum  commenta  delet  dies,  na- 
luraeiudiciaconfirmal.CiceroDeNat.Deor.H.}.NesicrediaichesoH.an- 
to  innumero  plurale  e  nonmai  in  singolare  quella  voce  ebraica  signi- 
fichi  tempo  indeterminato  o  periodo  di  tempo,  come  taluno  ha  as- 
serito.  Si  leggenel  C.  VIII  di  Amos:  Ecce  dies  veniunt,  et  mittam  fa- 
mem....  In  die  ilia  (cioe  in  quel  tempo  6  )  deficient  virgines  pulchrae 
et  adolescenles  in  sili.  v.  11  ad  13.  Ecco  dies  in  singolare  sinonimo 
-del  dies  plurale.  Leggo  in  Michea  :  Et  erit  in  novissimo  dierum :  erit 

1  BANNES  «  Dies  potest  accipi  pro  quacumque  duratione  et  mensura  »  In  pr. 
part,  quaest.  73. 

2  In  Gen.  lib.  I. 

3  De  opif.  sex  dierum  lib.  II.  C,  24.  Diu  hoc  loco  pro  tempore  sumitur  dii- 
rum  sex,  quibus  coclum  et  terram  creavit,  hoc  tst,  elaboravit.  Id. 

4  In  Verrem.  Act.  c.  3.  Aggiunge  Cicerone :  ego  Sicilian  totam  quadraginta 
diebus  sic  obii  etc.  II  giorno  brevissimo  da  lui  ricbiesto  era  lo  spazio  di  110  giornl. 

5  Dissert,  e  Lezioni  di  Sacra  Scrittura  T.  11,  p.  7,  282. 

6  Tempore  illo  patientur  deliquium  (Targum  JONATHAN'.)  Eo  tempore  (lo. 
'CLERICUS). 


COMPARATA  COL  GENES1  693 

mons  domus  Domini  praeparatus  in  verlice  montium  *.  Qualurique 
siasi  il  senso  profetico  di  questo  luogo,  il  senso  grammaticale  e  senza 
fallo:  nell' ultima  epoca,  nell' ultimo  tempo:  e  cosi  interpretano  i  Set- 
tanta,  ilTargum  detto  di  Gionata,  il  Siro  e  TArabico  presso  il  Wal- 
ton. Daws  les  dernier  temps,  traduce  il  P.  de  Carrieres;  posteris  tem- 
poribus  il  Clerc.  Singolare  e  poi  un  passo  del  Profeta  Naum  ,  nel 
quale  la  voce  dies  si  applica  al  tempo  di  oscurita  o  di  notte.  Custodes 
tui  sicut  locustae  et  parvuli  tui  sicut  locuslae  locuslarum  (quelle  nate 
da  poco),  quae  confidunt  in  sepibus  in  die  frigoris.  II  P.  de  Carrie- 
res  traduce:  quand  le  temps  est  froid;  Y  Arcivescovo  Martini:  nelfreddo 
tempo.  Pareanzi  che  qui  voglia  significarsi  il  freddo  notturno  ;  dacche 
siegue  il  testo  :  Sol  orlus  est  et  avolaverunt  el  non  est  cognitus  locus 
earum,  ubi  fuerint  2.  Si  oda  la  versione  poetica  del  P.  Casarotti: 

E  come  esposte  in  sulle  siepi  al  gelo 
Stan  le  locuste  rannicchiate  e  spesse; 
Ma  sgombrato  il  notturno  umido  velo, 
Nemmen  lasciando  lor  \estigia  impresse 
S'alzan  sparse  volando  all'aure  in  seno. 

Pu6  servire  di  commento  a  questo  luogo  ci6  che  narra  delle  lo- 
custe il  dotto  arciprete  Giovene,  il  quale  aveva  avuto  agio  di  osser- 
varne  le  terribili  squadre.  Eccone  qualche  tratto:  «  A  notte  e  anco- 
«  ra  di  giorno  quando  sia  nuvoloso  e  freddo  ,  si  rappiattano  lungo 
«  le  siepi .  .  .  ,  ma  venuto  il  Sole,  svolazzano  con  grande  agilita  .  .  . 
«  Allorche  sono  di  fresco  nate,  alia  notte  si  ammonticchiano  acca- 
a  vallandosi  1'una  sopra  le  altre  3  ». 

S.  Ireneo,  dis"correndo  della  minaccia  fatta  adAdamo:  Quocutn- 
que  die  comederis  ex  eo,  morte  rnorieris,  ne  reca  varie  interpretazio- 
ni  e  fra  le  altre,  che  Adamo  edEva  in  ipsa  die  mortui  sunt  in  qua 
manducaverunt,  quoniam  conditionis  dies  unus  ,  cioe,  spiega  il  Pe- 
tavio,  quia  toturn  illud  spalium,  quo  mundus  perseverat  unius  diei 

1  C.  IV,  v.  I. 

2  C.  III.  v.  11.  V.  Tob.XXXVIIl,  22,  23.  OseamJI.  16.21.F.  9.  Joelem  HIM. 
Abdiam.  F.I  1.  Ezechielem  ZXr.  l,3.Sopftom'am  7/7.11.  Zachar.  Till.  11.  etc. 

3  Memorie  della  Societa  Italians  T.  XIV,  p.  194. 


691  COSMOGONIA  NATURALE 

instar  est  l.  Dice  ancora  S.  Ireneo  con  S.  Giustino  2  Q  con  alcuni 
Rabbini ,  che  Adanio  puo  dirsi  morto  nel  giorno  in  cui  disobbedi , 
perche  non  pass6  i  mille  anni,  e  mille  anni  innanzi  a  Dio  non  sono 
piu  cbe  un  giorno. 

Ma  forse,  concedendo  i  Padrie  gli  espositori,  la  voce  dies  potersi 
talorae  talora  doversi  prendere  in  senso  di  tempo  o  di  periodo,  an- 
cora nell'  epilogo  della  storia  della  creazione,  che  e  nel  C.  II  del  Ge- 
nesi  •,  sono  poi  di  accordo  in  asserire ,  null'altro  che  giorni  di  venti- 
quattro  ore  dover  essere  que'sei  giorni  del  C.  I?  No  certameiite.  Ab- 
biamo  veduto  che  S.  Agostino  3  e  S.  Tommaso  non  averano  punto 
di  amore  alia  volgare  interpretazione  de'  sei  giorni ,  la  quale  anzi 
pareva  loro  meno^atta  a  sfuggire  le  critiche  degli  infedeli.  Alcuni  e 
fra  gli  antichi  *  e  fra  i  piu  recenti  teologi  hanno  pensato  con  Filone 
Ebreo  e  con  Origene  ^,  che  tutto  fosse  fatto  in  un  istante,  non  gia 
in  sei  giorni  propriamente  delti ,  ovvero  in  un  tempo  brevissimo  e 
certamente  rion  piu  lungo  di  solo  un  giorno  ordinario  6.  Questi  non 

1  S.  IREN.  L,  V.  C.  25.  PETAV.  De  Opif.  L.  II.  C.  iO.  II  Yen.  BEDA  (1.  cit.) 
spiegando  il  dies  units,  del  v.  5.  del  C.  I  del  Genesi,  scrive  :  Fortassis  hie  diei 
nomen  totius  temporis  nomen  est  et  omnia  volumina  saeculorum  hoc  vocabulo 
includit.  Niun  geologo  dirk  mai  ne  piu  ne  tanto. 

2  Dialogo  cum  Trifoue. 

3  AUG.  de  Civ.  Dei  XI ,  c.  6.  —  Probabilivs  tst  illos  primos  sex  dies  in- 
experta  nobis  et  inusitata  specif  in  ipsis  rerum  conditionibus  explicates... quod 
eerte  de  illis  Iribus  fateri  cogimur ,  qui  ant»  condita  luminaria  commemorati 
atque  numerati  sunt.  (De  Gen.  ad  lift.  IV,  c.  I.). 

4  Vedi  PETAVIO  De  Opif.  sex  dierum.  L  ,  I.  C.  8.  Gio.  LEONARDO  Hnc  CDe 
operesex  dierum,  Friburgi  1821 )  ne  cita  parecchi,ma  non  sappiamo  se  tutti  a 
buon  diritto. 

^  Periarchon  L.  IV.   Contra  Celtum  L.  IV,  c.  50. 

6  MACEDO  Collat.  6.  De  Ang.  Dis.  H-CAIETANCS  in  Gen.c.  I.  etc.  -  Lo  Speda- 
lieri  (Analisi  dell'  Esame  critico  C.  X,  art.  7,  §  4-)  scrive  che  la  maggior  parts 
de'  Teologi  si  da  a  credere  che  tutto  Iddio  avesse  fatto  in  un  solo  istante,  per- 
eiocche  la  sua  pottnza  non  ha  bisogno  di  tempo.  Questo  e  troppo.  L  la  minor 
parle  de'Teologi  quella  che  cosi  opina,  e  fra  questi  laluno  vien  poi  ad  ammet- 
•tere  qualche  breve  spazio  di  tempo,  e.  g.  il  SEBRV:  Praelect,  Theol.  De 
Op.  Pr.  HI. 


COMPARA7A  COL  GENESI 

credevano  chc  i  giorni  mosaici  fossero  sei  giorni  ciascimo  di  ven- 
tiquattro  ore;  ne  per  questo  le  loro  interpretazioni  sono  state  con- 
dannate.  Ora  se  la  parola  giorno  nella  Sacra  Scrittura  ha  parecchie 
volte  il  senso  di  tempo  indeterminato,  ed  ai  sei  giorni  del  C.  I  del 
Genesi  si  e  sempre  reputato  lecito  dare  interpretazione  differente  da 
quella  di  giorni  di  ventiquattro  ore,  non  si  vede  perchfe  non  possa- 
no  questi  giorni  reputarsi  periodi  indeterminati,  qualora  a  ci6  fare 
si  trovi  qualche  fondamento  nel  testo  medesimo,  ovvero  sembri  ci6 
necessario  o  spediente  per  difendere  la  Sacra  Storia  dalle  obbiezio- 
ni  degli  avversarii.  Se,  a  difenderla  da  argomenti  soltanto  specula- 
tivi,  e  figliuoli  della  debole  ragione  uraana,  uomini  sommi  per  san- 
tila  e  per  allezza  d'ingegno,  hanno  creduto  opportuno  abbraceiare 
altreinterpretazioni,chesenza  fallo  dovevano  sembrarepiu  violente 
e  piu  aliene  dalla  lettera,  perchfe  non  sara  lecito  abbracciare  questa, 
per  conciliare  la  storia  di  Mos&  coi  fatti?  tanto  piu  se,  posta  questa,  le 
osservazioni  de'geologi  non  pure  non  abbattono,  ma  piuttosto  sem- 
brano  confermare  il  racconto  dell'  ispirato  Legislatore  ,  il  die  non 
pu6  ottenersi  battendo  altra  strada. 

Ne  diremo  questa  strada  al  tutto  incognita  a  S.  Agostino.  Ne'libri 
DeGen.  contra  Manich.  e  in  quello  Ds  Gen.  ad  lit.  imp  erf.  C.  ATegli 
sembra  ammettere  vera  successione  di  tempi  nell'  opera  della  crea- 
zione  (  e.  g.  la  terra  prima  invisibile  edinforme,  indi  simile  a  que- 
sta nostra) ,  senza  per  altro  credere  i  giorni  della  creazione  iden- 
tici  ai  nostri  giorni  ordinarii  di  ventiquattro  ore-,  onde  eche  sembra 
dirci  que'giorni  esser  tempi  indeterminati  i.  £  poi  assai  curioso  un 
passodelC.XV  dell'operaimperfelta,  ad occasione  del quinto  giorno. 

1  Tres  dies  superiores  quomodo  esse  sine  sole  potuerunt  ? .  .  . .  Restat  ut  in- 
telligamus  in  ipsa  quidem  mora  temporis  ipsas  distinctions  operum  sic  appel- 
.latas,  vesperam  propter  transactionem  consumati  operis  et  manepropter  inchoa- 
tionem  futuri  operis ,  de  similitudine  scilicet  humanovum  operum  .  .  .  De  Gen. 
cont.  Man.  114.  Quaeri  potest  quern  diem  dicat  et  quam  noctem.  Si  ilium  diem 
vult  accipi,  quern  solis  ortus  inchoat  et  claudit  occasus  et  illam  noctem ,  quae  n 
solis  occasu  usque  ad  ortum  tenditur  ,  non  invenio  quomodo  esso  potuerit ,  ante- 
quam  coeli  luminaria  facta  essent*  De  Gen.  ad  lit.  imp.  c.  6. 


696  COSMOGONIA   NATUFULE 

Hie  plane  quivis  tardus  iam  evigilare  debet  ut  intdligat  quales  isti 
dies  enumerenlur:  cum  enim  certos  seminum  numeros  Deus  animanli- 

m 

bus  dederit  servantes  miram  certo  ordine  constanliam,  ut  cerlo  die- 
rum  numero  pro  suo  quoque  genere,  et  concepta  ulero  gerant  et  edita 
ova  calefaciant,  cuius  naturae  institutio  Dei  sapientia  conservatur, 
quae  .  .  .  disponit  omnia  suaviter;  quomodo  unodie  poluerunt  con- 
cipere,  et  ulero  gravescere,  et  parta  fovere  alque  nutrire,  el  implere 
aquas  mam,  et  mulliplicari super  terram?  Ita  enim  subiungitur:  et 
sic  factum  est,  ante  vesperae  advenlum.  Questo  discorso,  a  dir  ve^ 
ro,  e  fondato  sopra  una  falsa  lezione,  che  aveva  allora  sott'occhio  S. 
Agostino;  dacche  quelle  parole  (et  sic  factum  est}  non  sono  in  quel 
luogo,  n6  nel  testo  originale,  n&  in  alcuna  versione  ora  conosciuta: 
ma  sempre  e  vero  che  il  S.  Dottore  si  mostra  in  questo  libro,  piu 
assai  che  alia  volgare  interpretazione,  favorevole  a  quella  de'lunghi 
periodi. 

Questa  spiegazione  e  stata  ahbracciata  dal  P.  Bertier  dell'  Orato- 
rio *  e  piu  modernamente  dal  Vescovo  Becchetti  Domenicano  in  una 
opera  diretta  contro  Dupuis.  Vediamo  al  presente  tale  interpretazione 
citata  come  innocente,  tollerabile  ed  atta  a  sciogliere  o  troncare  le 
obbiezioni  de'  geologi  dagli  apologisti  della  religione  2,  dai  teolo- 
gi  3  e  dai  giornali  religiosi  -*.  Quella  sola  concessione,  equiva- 
lente  ad  un  trattato  di  pace  fra  la  teologia  e  la  geologia,  dee  riu- 
scire  utile  all' una  ed  all'altra,  e  perci6  cara  a  chiunque  ami  sin- 
ceramente  o  la  religione  o  la  scienza ,  e  carissima  a  chi  le  ami 
amendue.  Que'  moderni  geologi,  che  si  danno  qualche  pensiero 

1  Histoirc  des  premiers  temps  du  monde  pag.  108. 

2  Lettres  de  quelques  Juifs  .  .  .  .  d  ,>/.  de  Voltaire.  Ed.  T7,  T.  II,  p.  126.  — 
FRAISSINOUS.  Defense  du  Christianisme  T.  II,  Conf.  VI.  Mo'ise  considere  comme 
historien  des  temps  primitifs. 

3  LJEBERMANN  Instil.  Theolog.1.  I,  p.  301.  —  SCHNAPPINGER  Doctr.  Dogm. 
Eccl.  V,  g.  122,  n.  1,  August.  Vindelicor.  1816.  — 1.  HERU.  IANSSEN  Herme- 
neutica  Sacra.  Leodii  1818.  Vol.  I,  pag.  245.  —  P.  PERRONE  S.  I.  Praelect. 
Theologicae  Roraae  i  836.  Vol.  Ill,  pag.  84-68.  etc. 

4  Annales  de  philosophic  chretienne.  Paris  —  Annali  di  Scienze  Religiose 
Roma  1837.  eec. 


COMPARATA  COL  GENESI  697 

della  Sacra  Scrittura,  seguono  per  lo  piu.  quesla  spiegazione.  Uno 
de'  primi  e  stato  Gio.  A.  De-Luc,  zelante  difensore  del  Genesi,  nelle 
sue  opere  geologiche,  ne'  Principii  di  Teologia.,  di  Teodicea,  di  Mo- 
ra?;?(pag.23),  e  in  una  lettera  inserita  nella  corrispondenza  fra  esso 
ed  il  rainistro  Teller  di  Berlino.  In  questa  dice,che  il  Michelis  pro- 
fessore  a  Gottinga  era  pure  venuto  in  questa  opinione,  prescinden-. 
do  da  ogni  considerazione  geologica  1.  II  dottor  Bukland,  e  1'au- 
tore  delle  Soirees  de  Montlhery,  come  abbiamo  veduto,hanno  preso 
altra  via  per  difendere  il  racconto  Mosaico:  ma  per6  il  primo  non 
crede  esservi  alcuna  solida  obbiezione  ,  ossia  critica  o  teologica  , 
contro  1'interpretazione  della  parola  giorno,  come  esprimente  un 
lungo  periodo  di  tempo.  II  secondo  veramente  in  un  breve  piu  re- 
cente  scritto  2  si  mostra,  sepuntoveggiamo  ,  un  poco  troppo  ne- 
mico  di  quella  sentenza  ;  ma  nell'opera  citatane  aveva  parlato  assai 

1  Fra  gli  interpret!  tedeschi  Henslero  crede, i  giorni  del  G.  I.  del  Gen.  indi- 
care  lo  spazio  di  parecchi  anni  e  le  parole  sera  e  maltino  doversi  intendere  col- 
lettivamente :  e  una  serie  di  sere  e  mattine  succedentisi  formarono  il  primo 
periodo  ecc.  (presso  FED.  CAR.  ROSENMULLER  Scholia  V.  T.  In  Gen.  p.  59,  71). 
—  L'autore  del  libro  De  la  Mort  avant  I'Homme  (  ROSELLY  DE  LORGCES)  sta  an- 
ch'esso  pei  sei  period!  e  sostiene  che  prima  del  peccato  era  non  il  male,  ma  bensi 
la  morte  (nei  Lruti)  C.  I  e  II.  —  Sta  pure  pe'  lunghi  period!  1'autore  dell'opera 
La  Cosmogonie  de  la  revelation,  ou  les  quatre  premiers  jours  de  la  Genese  en 
presence  de  la  science  moderne,  par  M.  N.  P.  GODEFROY  avec  une  introduct.  par 
ERNESTE  M.  DE  BREDA.  Pan's  i84ip.  31  —  Cosi  pure  il  traduttore  di  BODE  (Con- 
sider, generali  sulla  disposizione  dell'universoj  prete  della  Diocesi  di  Beauvais. 
Vedi  ancora:  I  sei  giorni  del  Gen.  spiegati  colla  Filosofia  naturals  dal  Sacerdote 
Prof.  LORENZO  AGOSTINO  GHILI  (Barnabita)  Milano  I8i4,p.39.  -DALMAS:  La  Cos- 
mogr.  et  la  giologie  .  .  .  .  et  leur  comparation  avec  le  Genese  .  .  .  1832;  opera 
approvata  per  la  parte  religiosa  da  Monsign.  Vescovo  di  Viviers,  nella  quale 
leggo  pag.  125.  «  Ora  ch'  e  da  tutti  riconosciuto  (avoue  de  tout  le  monde)  die  i 
giorni  del  Genesi  non  sono  i  nostri  giorni  di  24  ore,  ma  period!  indeiiniti ,  de' 
quali  ciascheduno  puo  comprendere  piu  migliaia  di  secoli,  possiamo  giudicare 
deH'igneranza  o  della  mala  fede  de'  volteriani  del  secolo  decimottavo,  che  osa- 
vano  dire,  il  racconto  del  Genesi  essere  un  tessulo  di  assurdita  e  di  favole  in 
contraddizione  continua  colle  leggi  natural!  e  coi  fatti  avverati  dalla  scienza. 
Quanto  i  tempi  sono  cangiati!  » 

2  Universite  CathoL  Juin  1837. 

,-t  > 


698  COSMOGOSIA  NA.TURALE 

benignamente.  «  Qui  troviamo,  aveva  detlo,  un  terreno,  ove  si  sono 
«  trincerati  molti,  e  teologi  e  scienziati ;  e  non  crediate,  che  il  si- 
te sterna  de'  periodi  indeterminati  sia  un'ipolesi  disperata  e  nuova, 
«  immaginatadai  partigiani  della  Bibbia  controle  scoperte  moder- 
«  ne.  Ove  ci6  fosse,  nulia  ne  seguirebbe  o  contra  V  ipotesi  o  con- 
«  tra  il  testo,  perocche  le  opinioni  fondate  sui  monumenti  non  as- 
«  sai  conosciuti  ed  imperfetti  debbono  modificarsi  secondo  1'esten- 
«  sione  che  prendono  gli  uni  o  gli  altri ,  riconoscendo  la  loro  au- 

«  tenticita  comune,  purchenon  v'abbia  vera  contraddizione 

«  D'altra  parte  non  si  trova  assai  naturale  abbracciare  questa  opi- 
«  nione  ,  allorche  si  considers  i.°  che  la  parola  tradotta  giorno  si- 
K  gnifica  letteralmente  un  periodo,  2.°  che  i  tre  o  quattro  primi 
«  giorni  della creaziorie  hanno  esistito  primadel  Sole,ilquale  pro- 
«  duce  i  nostri  giorni  e  le  nostre  notti?  (pag.  24,  25)  »  £  mani- 
festo che  la  sentenza  di  cui  parliamo  non  e  punto  contraria  a  quella 
dei  due  scrittori  citati,  e  possono  1'uoa  e  1'altra  stare  iasieme  in 
perfetta  armonia.  II  prof.  Americano  Silliman  crede  che  fra  la  pri- 
ma  creazione  indicata  nel  v.  I  del  Genesi,  ed  il  primo  giorno,  non 
sia  assurdo  ammettere  una  estensione  di  tempo,  quale  i  fatti  pos- 
sono sembrare  richiederla;  ed  e  insieme  disposto  a  considerare  i 
sei  giorni  della  creazione  come  periodi  di  tempo  d'indefinita  lun- 
ghezza,  ed  a  credere  la  parola  giorno  non  necessarianiente  limitata 
a  ventiquattro  ore  ! . 

Egli  e  vero  che  ,  cosi  interpretando  ,  sembrano  darsi  alia  yoce 
giorno,  nella  storia  Mosaica  della  creazione,  due  significati  diversi  5 
ma  cio  non  si  evita  nella  volgare  sentenza :  anzi  i  seguaci  di  questa 
sogliono  dare  a  quel  nome  tre  sensi :  1 .°  di  tempo  della  luce  in  op- 
posizione  alia  notte  (C.  1,  v.  o):  2.°  di  giomo  di  venlkjuattro  ore:  3.* 
di  tempo  indetermiriato  o  di  un  periodo  di  sei  giorni  (C.  II ,  v.  4). 
Udiamo  ora  i  sentimenti  di  alcuni  scrittori  dottie  religiosi.fi  cosa 
singolare  che  possiamo  porr'e  fra  questi  una  Santa  contemporanea 
di  S.  Bernardo.  S.a  Ideigarde  2  scrisse  :  Sex  enim  dies,  sex  opera 

1  Presso  BUCKLAND  1.  cit.  pag.  18. 

2  Epi»t.  ad  Colomenie*. 


COMPARATA  COL  GENESl  699 

sunt;  quid  inceptio  et  .cowpletio  sinyuli  cuiusque  operis  dies  dicitur.ll 
seguito  di  questo  nostro  lavoro  sara  in  gran  parte  quasi  un  commen- 
tario  alia  recata  sentenza  della  Santa:  ci  sforzeremo  indagare  coll'a- 
iuto  della  filosofia  naturale  e  dell'ermeneutica  scritturale  quali  opere 
compivansi  in  ciascuno  de'  sei  giorni  genesiaci. 

II  celebre  P.  Ermenegildo  Pini  Barnabita  ha  lasciato  scritto.  «Che 
«  intendono  essi  per  un  giorno?Intendono  forse  il  tempo  di  venti- 
«  quattro  ore  ?  Questo  senso  non  e  attribuito  al  nome  di  giorno 
«  dal  sacro  testo,  ne  vi  si  pu6  attribuire  dal  contesto.  I  giorni  di 
«  creazione  non  sono  certamente  giorni  da  prendersi  in  senso  vol- 
«  gare,  ne  valutabili  in  ore:  perciocche  Mose  indica  ciascuno  dei 
«  seguenti  giorni  colla  frase  stessa,  con  cuiindico  jl  primo,  dicen- 
«  do  :  sera  e  mattina  si  fece  un  giorno  ,  cioe  il  secondo  ,  il  terzo  T 
«  ecc.  Ora  tra  la  sera  e  la  mattina  volgarmente  si  computa  la 
«  notte  e  non  il  giorno.  Dunque  il  giorno  indicate  con  quella  espres- 
«  sione  non  e  giorno  da  prendersi  in  senso  comune;  al  piu  potreb- 
«  be  prendersi  in  tal  senso  quando  avesse  detto  :  mattina  e  sera  si 
«  fece  un  giorno,  poiche  tra  mattina  e  sera  volgarmente  si  computa 
«  il  giorno.  Aggiugnesi  che  alia  prima  mattina  non  poteva  essere 
«  antecedente  la  sera  ,  poiche  questa  non  si  computa  se  non  dopo 
«  il  mattino.  Quindi  intendete  che  un  giorno  di  creazione  neppure 
« .pu6  intendersi  per  un  giorno  astronomico  di  ventiquattro  ore , 
«  men tre  questo  comprende  notte  e  giorno  ,  laddove  quello  e  tra 
«  sera  e  mattino.  II  nome  di  giorno  ,  anchc  volgarmente  ,  si  suole 
«  usare  in  diversi  sensi ,  e  anche  in  senso  metaforico  :  non  dee 
«  pertanto  sembrare  strano  se  si  dira  che  ognuno  dei  giorni  di 
«  creazione,  incominciati  dalla  formazione  della  luce,  abbiasi  ad^rn- 
«  tendere  in  un  senso  superiore  al  comune  ,  e  a  riguardarsi  come 
«  un  atto  di  creazione  indipendente  da  tempo.  La  creazione  e  un  at- 
ft  to  della  potenzadivina,  con  cui  essa  da  1'esistenza  ad  alcuni  possibi- 
«  li:  il  passaggio  degli  esseri  dalla  non  esistenzaall'esistenza,  il  quale 
«  dal  voler  divino  si  compie  in  un  istante,  6  a  noi  come  il  passag- 
«  gio  da  sera  al  mattino,  dalle  tenebre  alia  luce;  e  da  questo  passag- 


700  COSMOGONIA  NATURALE 

<c  gio  ci  vien  presentato  il  giorno  ,  nome  da.Dio  stesso  da  to  alia 
«  luce.  Questo  senso  e  certamente  metaforico  e  misterioso  ;  ma 
«  e  quello  che  corrisponde  all'opera  di  creazione  a  noi  incompren- 
«  sibile  ed  in  cui  conveniva  che  ne  parlasse  uno  storico  divinamente 
«  ispirato.  Ora  tra  i  giorni  e  gli  atti  di  creazione  puo  intendersi  un 
«  intervallo  qualunque  di  tempo  ,  poiche  i  sacri  libri  non  dicono 
«  che  fossero  immediatamente  seguentil'uno  all'altro.  Qundi  tra  la 
«  formazione  de'  mari,  de'  vegetabili,  e  degli  animali  ,  e  la  crea- 
«  zione  dell'  uomo  possiamo  supporre  una  seri«  di  secoli  anche  in- 
«  calcolabile  5  tempo  che  avra  servito  di  consolidamento  della  terra 
«  ferma  ,  che  gia  era  stata  in  una  fluidita  acquea  ,  ed  a  preparala 
a  all'abitazione  deli' uomo.  Un  geologo  pertanto  ,  il  quale  rispetti  i 
«  sacri  libri ,  pud  trovare  in  essi  un  tempo  incalcolabile  anteriore 

«  all'  esistenza  della  specie  umana t  ». 

Ilsig.  ab.  Floties2  ,  esposte  le  varie  sentenze,  non  si  decide  per  alca- 
na e  conclude.  «  Noi  diremo  col  gran  Bossuet  chelddio  ha  voluto  fare 
«  il  mondo  con  sei  diflerentiprogressi,  che  egli  ha  volulo  chiamare  sei 
«.  giorni  (5  Elevations).  Noi  ci  faremo  lecito  di  aggiungere  che  la  let- 
«  tura  attenta  del  sacro  testo  sembra  portarne  a  concludere,  che  i 
«  sei  giorni  della  creazione  sono  il  racconto  particolareggiato  della 
«  formazione  progressiva  dello  stesso  mondo  piuttosto  che  la  storia 

«  di  sei  mondi  diversi ,  cinque  de'  quali  sieno  stati  distrutti 

«  Del  resto,ne  mai  si  ripete  abbastanza,  la  religione  non  e  interes- 
«  sata  punto  in  questa  discussione.  I  sei  giorni  della  creazione  sie- 
<c  no  o  non  sieno  giorni  naturali ,  i  monji  de'  geologi  sieno  stati 
«  formati  ne'  primi  cinque  giorni  del  Genesi  o  si  pongano  nel  pe- 
«  riodo  indeterminate,  che  si  suppone  scorso  fra  la  creazione  della 
«  materia  ed  il  primo  giorno  di  cui  parla  Mose ,  poco  importa.  In 
«  queste  diverse  ipotesi  nulla  pu6  concludersi  contra  i  libri  santi : 
<c  la  loro  veracita  resta  intatta  ». 


1  Sui  sistemi  geologici.  Milano  i8il,  pag.  86  e  seg. 

de  Philos.  Chret.  N.  98.  Aout  1838,  pag.  1S7-9. 


COMPARATA  COL  GENESI  701 

<(  Alcuni  de'  Geologi  »  sono  parole  d'altro  dottissimo  ecclesiasti- 
co,  il  ch.  ab.  Rohrbacher  1  «  pensarono,  6000  anni  non  bastare 
«  a  spiegare  gli  strati  del  globo.  .  .  .  Gli  uni  temevano,  gli  altri 
«  trionfavano,  di  trovarsi  in  opposizione  colla  Bibbia.  Si  sbagliava 
R  da  una  parte  e  dall'altra.  La  Bibbia  ci  da  la  cronologia  delFuomo, 
«  non  gia  quella  delle  bestie ,  delle  piante  ,  delle  pietre :  cid  cbe  e 
u  anteriore  all'uomo  non  entra  nella  cronologia  biblica.  I  sei  giorni 
«  della  creazione  possono  riguardarsi  come  sei  periodi  piu  o  men 
«  lunghi  j  e  le  prime  parole  del  Genesi  indicano  un  intervallo  di 
«  tempo  anteriore  all'  opera  de'  sei  giorni ,  intervallo  indefinite  tra 
«  la  creazion  primitiva  della  materia  e  la  sua  trasformazion  succes- 
«  siva  nel  mondo  presente.  » 

\  Discours  de  reception  alia  Soc.  R.  di  Nancy. 

(Sara  continua(o) 


RIVISTA 

BELLA 

STAMPA    ITALIAN! 


I. 

Poesie  scelte  di  PIETRO  BIG  mi  con  un  discorsoecon  note  di  AUGUSTO 
CONTI.  —  Firenze,  Felice  le  Monnier  1857. 

Pietro  Bagnoli  ebbe  dalla  natura  tutti  que1  doni  interni  che  for- 
mano  un  poeta,  e  vinse  coll1  industria  quell1  esterne  difficolta  che 
ayrebbero  potuto  rendere  rani  que'  doni.  Tenerezza  di  cuore,  viva- 
ce fantasia,  memoria  pronta  e  tenace,  intelletto  limpido  ed  agevole 
erano  uniti  ad  un  corpo  squisitamente  sensitive  e  nervoso,  ad  un 
forte  sentimento  del  bello  e  deU'armonia,  e  ad  una  delicata  mobili- 
ta  di  atti  e  di  affetti.  Egli  per6  nasceva  di  piccolo  stato:  e  il  figliuo- 
lo  del  canovaio  dei  Pitti, cosi  qualificato  in  tutto  il  resto  dalia  natura, 
non  sarebbe  uscito  dalla  folia  de'  contadini  o  dei  castaldi,  se  non 
avesse  colla  costanza  della  volonta  superata  1'avversita  della  condi- 
zione.  Non  ebbe  appena  il  piccolo  Pietrino  imparato  a  leggere  da 
un  barbiere  del  vicinato,  cbe  s'  appicc6  tenacemente  alle  lettere,  e 
vi  acquist6  una  eccellenza  non  ordinaria,  la  quale  procacciogli  agia- 
tezza ,  gradi  e  deeoro  di  vita.  A  noi  non  s'  appartiene  di  parlare  di 
queste  vicende  sue  private,  ecbi  vuole  prenderneinformazioneleg- 
ga  la  vita  cha  brevemente  ha  delineata  il  sig.  Augusto  Conti  nel  li- 
bro  che  ora  prendiamo  ad  esaminare.  Noi  consideriamo  piuttosto  il 


RIVISTA  BELLA  STAMPA  ITALIANA  703 

Bagnoli  come  scrittore;  e  benches  come  tale  sia  gia  noto  da  lunga 
pezza  all' Italia,  non  crediamo  inutile  il  riufrescarnela  memoria  ora 
che  una  scelta  di  sue  poesie  e  novamente  pubblicata. 

Molti  sono  i  componimenti  che  egli  Iasci6  scritti  o  starnpati.  II 
:Cadmo,  poema  epico  in  venti  canti,fu  da  lui  messo  alia  luce  fin 
dal  1821.  L1  Orlando  Savio,  poema  cavalleresco  in  48  canti,chese- 
guitando  a  contarele  imaginose  avventure  dell' Orlando  Innamorato 
e  dell'Orlando  Furioso,  ie  compie  colla  morte  d'Orlando  inRoncis- 
yalle,  fu  da  lui  posto  alle  stampe  nel  1833.  Sotto  il  titolo  di  Poesie 
varie  pubblico  nel  1825  alquanti  poemetti  di  grave  argomento,  al- 
cu»e  canzoni  e  varii  sonetti  composti  per  diverse  occasion! :  e  que- 
ste  Poesie  varie,  alquaiito  cresciute  coU'aggiunta  di  nuove,  vennero 
riprodotte  nell836.Discorsiin  prosa  pochi  stamponne^duesopra  la 
lingua  italiana  fino  dal  1822,  uno  intorno  all' Orlando,  e  qualcheal- 
tro  appresso.  Oltre  queste sue  scritture  edite,  molte  altre  ne  compose, 
secondo  che  ci  attesta  il  lodato  sig.  'Conti^  e  di  queste  alcune  sono 
perdute,  altre  rimangorio  fra  le  sue  carte.  Fra  le  carte  perdute  si  an- 
novera  un  poemetto  intitolato  77  Rinaldo,  composto  dal  Bagnoli  nel- 
1' infantile  eta  di  otto  anni  5  una  Commedia  di  Terenzio  da  lui  tra- 
dotta  in  versi  Martelliani,  alquanti  Drammi  scritti  per  le  Corti  di 
Toscana  e  di  Vienna  ,  e  varii  altri  componimenti  falti  in  varie  cir- 
costanze  e  poi  non  piu  curati  dall'Autore.  Conservansi  ancora,  e 
vedranno  probabilmente  la  luce,  1'Eneide  di  Virgilio  tradotta  in  al- 
trettanti  versi  italiani,  alcune  Orazioni  funebri  ed  accademicbe,  ven- 
tinove  Lezioni  inauguraliscritte  in  latino,  e  recitate  alia  Universita 
di  Pisa,  e  finalmente  qualche  sonetto  e  canzone. 

Questa  moltitudine  di  scritti  fatestimonio  della  fecondita  del  suo 
ingegno  piu  che  della  lunghezza  della  sua  vita.  Poiche  quantunque 
ci  toccasse  1'ottantesimo  anno  dell'  eta,  quando  nel  1817  placi- 
damente  e  piamente  cess6  di  vivere,  pur  tuttavia  la  piu  gran 
parte  de'  suoi  componimenti  furono  lavoro  delf  eta  verde^  aven- 
do  1'eta  piu  matura  consumato  nelle  gravi  cure  dell'  insegnamento 
delle  lettere  greche  e  latine  all' Universita  pisana,  ove  tenne  catte- 
dra  poco  men  di  trent'  anni ;  e  1'  estrema  vecchiaia  avendo  speso  nel 


704  RIVISTA 

governo  della  Diocesi  di  Samminiato,  dove  egli  ebbe  i  natali  e  dove 
fu  eletto  a  Vicario  Generale,  dopo  il  riposo  ottenuto  dalle  fatiche 
della  scuola. 

II  Bagnoli  siccome  scrittbre  ebbe  i  vizii  dell' eta  in  cui  nacque, 
.attemperati  dai  pregi  rarissimi  del  proprio  ingegno  e  del  proprio 
cuore.  L'  incredulita,  insegnata  palesemente  dai  filosofi  del  suo  tem- 
-po,  era  riuscita,  presso  i  popoli  che  serbavano  ancora  la  fede,  a  se- 
parare  talmente  la  religione  dalle  scienze,  dalle  arti ,  dalle  leggi  e 
dalla  storia  d'una  nazione,  che  il  congiugnerle  insieme  era  stimato 
COSH  assurda,  e  come  tale  lasciata  a  chi  volesse  mostrarsi  amico  e 
frequenlatore,  come  per  dileggio  usavan  dire,  delle  sacristie.  Dal- 
i'altro  lato  due  scuolerivali  s'accapigliavano  intorno  alle  leggi  del- 
1'estetica.  Da  un  lato  si  proclamava  I'  emancipazione  d'ogni  vincolo, 
ossia  d'imitazione,  ossia  di  regole,ossia  dicostumanza^e  dall'altro, 
per  la  necessaria  reazione  contra  un  tale  sbrigliamento,  ogni  cosa 
degli  antichi  si  proponeva  a  modello,  fino  la  frivolezza  dei  loro  ar- 
gomenti,  fino  la  vacuita  della  loro  mitologia,  fino  la  licenza  della  lo- 
ro morale,  fino  1'  ammirazione  della  loro  tirannide.  I  migliori  in- 
gegni  che  vissero  in  quei  di  non  seppero  schermirsi  del  tutto  da 
questo  contagio:  ed  il  Bagnoli  non  fu  certamente  dei  piu  fortu- 
nati.  Pongasi  pure  che  {'Orlando  Savio,  siccome  lavoro  di  eta  gio- 
vanile,  non  poteva  portare  altra  impronta,  che  quella  della  legge- 
rezza  fantastica  propria  degli  anni;  esso  non  attesta  meno  per  questo 
gli  amori  e  i  diletti  proprii  del  tempo  in  che  fu  scritto,  se  e  vero 
chenel  pensiero  de'giovani,  incapaci  di  opporsi  da  se  all'  andazzo 
comune  del  loro  secolo,  si  riflette  intero  il  concetto  d'  un' eta. 
Molto  piu  poi  appariscono  que'  vizii  nel  Cadmo,  lavoro  meditato  a 
lungo,  e  limato  con  diligenza  dai  Bagnoli  uomo  gia  maturo. 

II  concetto  di  questo  poema  e  la  Civilta,  ma  la  Civilta  pagana,  la 
Civilta  naturale,  e  per  conseguenza  la  Civilta  monca;  nella  quale  il 
soprannaturale  non  si  marita  col  naturale,  ne  la  Provvidenza  divina 
s  accompagna  colla  liberta  umana-,  Civilta  impossibile,  siccome 
quella  che  non  tien  conto  delle  attinenze  che  legano  il  genere  uma- 
ao  col  Divin  Redentore,  e  spregia  il  falto  del  Cristianesimo  regnante 


DELLA  STAMPA  1TALIANA  705 

nelle  nazioni  incivilite.  Pur  questo  argomento  era  per  lo  appunto 
quello  che  piu  agitava  gli  spiriti  al  tempo  che  esso  fu  scelto;  e  la 
forma,  nella  quale  fu  incarnato  era  la  propria  di  quella  filosofia  sen- 
sistica,  la  quale  allora  dominava  abbassando  gl'intelletti  alle  vedute 
di  terra,  di  carne,  d'interesse,  anzi  accecandoli,  sicch&  nulla  scor- 
gessero  di  quanto  sovra  i  sensi  s'elevava.  II  Bagnoli  adunque  pag6 
il  tributo  al  suo  secolo  ;  ma  non  cosi  che  in  cento  luoghi  non  tras- 
paia  ,  anche  a  ritroso  del  proprio  sistema,  la  mente  alta  e  il  cuore 
cristiano. 

Quanto  alia  esecuzione  di  quel  concetto,  egli  non  seppe  distrigar- 
si  da'ceppi  dell'  allegoria  e  della  mitologia,  e  tanto  eccede  nell'  una 
e  nell'  altra,  che  esse  possono  dirsi  la  veste  della  sua  idea,  lo  stame 
ch'empie  1'ordito  della  sua  tela.  In  questo  particolare  il  Bagnoli  die 
in  un  estremo  che  non  venne  comportato  neppure  dal  suo  tempo, 
e  i  seguaci  medesimi  della  scuola  classica  freddamente  accolsero  i 
suoi  canti  epici.  Questo  difetto  pero  era  compensato  largamente 
dalle  qualita  proprie  dello  stile  del  Bagnoli ;  fra  le  quali  spiccano 
specialmente  una  facile  ed  armoniosa  soavita  di  verseggiare  ,  ed 
una  imaginosa  vivacita  di  simililudini,  di  traslati,  e  di  descrizioni. 
Per  chi  non  avesse  ancora  lette  le  poesie  dell'illustre  Samminiatese 
giovera  porgerne  un  lieve  saggio  in  questa  rivista.  Valga  per  primo 
esempio  il  seguente  brano,  dove  e  descritta  la  creazione. 

Ed  ecco  in  tanto  numero  converso 

Di  globi  'n  moto,  e  tra  quei  moti  loro 

La  possente  Armenia  che  1' universe 

Temperava,  com'organo  canoro, 

Con  numero  e  misura  in  ogni  verso 

Scorrea  celeremente  in  su  i  pi6  d'oro ; 

E  sotto  i  passi  suoi  le  vie  dell'  etra 

Eran  sonanti,  come  corde  in  cetra. 
Tempi  e  spazi  tissava  e  centri  e  giri 

Con  stabil  patto,  econ  quai  rote  intorno 

A  s6  medesmo  ed  al  suo  Sol  s'  aggiri 

Ogni  aslro  opaco  a  condur  1'anno  e  il  giorno, 

E  con  quai  Ibrze,  ond'ei  sia  tratto  e  tiri 

E  parla,  e  faccia,  onde  partio,  ritorno, 

E  i  passi  e  le  misure  in  ordinanza 

Distribuiva  alia  perpetua  dahza. 

Serielll.wl.lX.  45  H  jjfarro  1858. 


706  RIYISTA 

Ogni  lucido  centro  a  farsi  lieti 
All'aureo  lume  ottenne  i  propri  erranti. 
Qual  fia  tempra  di  corde,  o  di  poeti 
Voce  che  innumerabil  cose  cauti  ? 
Die  al  nostro  Sol  condurre  i  suoi  pianeti, 
E  a  questi  intorno  altri  minor  rotanti; 
Dette  alia  terra  nella  notte  bruna 
Ministra  e  ancella  1'argentata  luna. 

Di  cinque  zone  al  luminar  superno 
La  media  oppose,  e  i  cardini  del  mondo 
In  catene  Ieg6  di  ghiaccio  eterno  , 
Fissi  al  moto  del  cielo  obliquo  e  tondo  ; 
Onde  tra  doppia  tempra  e  state  e  verno7 
E  distingueva  il  bel  raggio  giocondo 
In  setle  liste,  e  1'aria  in  sette  tuoni, 
Conformando  tra  lor  colori  e  tuoni. 

E  diede  voce  all'Eco,  all'Iri  veste, 
Biondo  crine  all'  Aurora  e  roseo  viso, 
Fosco  ammanto  alia  Notte,  alle  tempeste 
Spirto,  ale  ai  venti,  ed  alia  calma  il  riso. 
Ombra,  o  valli,  e  voi  luce,  o  monti,  aveste ; 
Tu  fosti  dalla  terra,  o  mar,  diviso; 
E  tu  pur  anco,  o  Eternitade  immota, 
Nel  giro  enlrasti  dell'eta  che  ruota. 

Da  tale  oprar  la  Dea  col  sommo  ingegno 
Poi  medito  mirabile  lavoro. 
L' universe  ristrinse  in  breve  ordegno 
Contesto  di  sua  man  d'ebano  e  d'oro. 
A  selte  corde  teste  in  cavo  legno 
Die  1'ambrosia  celeste,  e  pose  in  loro 
La  ragion  delle  efere,  e  fee  la  cetra 
Armoniusa  ed  emula  dell'etra. 

Intanto  Amor  sulle  derate  piume 
Avvalorando  1'universa-mole , 
Lieto  della  grand'opra,  all'ombra,  al  lume 
D'astro  in  astro  scorrea,  di  sole  in  sole, 
E  ne  rendea  ciascun  perenne  fiume 
Propagator  di  successiva  prole, 
Pien  di  calda  virtu,  che  in  lui  s'interna 
Al  caldo  mista  di  sua  face  eterna. 

Yoi  del  sommo  Fattor  prole  gemella 
Germani  e  sposi,  Amore  ed  Arnionia, 
Tornasle  dall'ovrar  di  Stella  in  Stella, 
E  v'incontraste  per  1'azzurra  via  ; 
Siccome  tortorella  a  tortorella 
Coll'ali  tese  per  baciar  s'avvia ; 
Ove  il  santo  connubio  celebraste 
L' universe  in  un  bacio  inebriaste. 
.8281  i..:v/\'.  ft  G* 


BELLA  STAMPA  1TALIANA  707 

Tremaro  i  poll  di  piacer,  si  scosse 
Fin  dal  centre  la  terra,  e  lagioconda 
Volutta,  come  lampo,  dilatosse 
Per  entro  al  suolo,  al  fuoco,  all'aria,  all'onda ; 
L'onnipotente  allor  1'anima  mosse 
Per  la  natura  universal  feconda 
Dove  pin,  dove  meno  compartita, 
E  diffondeva  oceani  di  vita. 


Esso  e  tolto  dal  Cadmo,  e  a  noi  sembra  verissimo  ci6  che  ne  giu- 
dica  il  ch.  sig.  Conti,  esser  questo  per  ispleridore  d'imagini,  varie- 
ta  di  concetti,  e  fatilita  di  verseggiare  soavissima  e  verissima  poe- 
sia.  Queste  altre  ottave  son  tratte  dalla  cantica  romanzesca  TOr- 
landoSavio,  e  valgano  afar  pregiare  1'arte  dello  scrivere  con  quella 
dolce  semplicita  e  serenita  di  modi  tanto  dimenticata  dai  nostri  pii 
recent!  poeti.  II  Bagnoli  s'  introduce  cosi  nel  canto  ove  descrive  le 
avventure  di  Elpinice,  e  del  quale  copieremo  qui  soltanto  le  prime 
sinque  strofe  per  amore  di  brevita. 


Credo  che  non  vi  sia  piii  gran  diletto 

Di  quel  d'un  navigar  per  placid' onde, 

Quando  il  ciel  ride  con  sereno  aspetto, 

Ne  pioggia  il  turba,  e  nube  non  1'asconde ; 

E  libeccio  in  catene  a  forza  stretto 

Freme  nelle  caverne  sue  profonde; 

E  dibattendo  1'ali,  il  grembo  a  Teti 

Fan  tremolar  gli  zefiiretti  lieti. 
Allora  i  rematori  alternamente 

S'odon  cantar  gioconde  canzonette  ; 

Piena  e  la  nave  di  festosa  gente, 

Che  in  poppa,  in  prua  1'onda  a  mirar  si  mette , 

Che  percossa  da'  rai  del  Sol  lucente 

Le  bellezze  del  cielo  in  se  riflette. 

Sembran  UQ  strato  i  bei  flutti  marini 

Di  perle  scintillanti  e  di  rubini, 
0  come  specchio  in  cui  sua  bella  imago 

Vaglieggia  il  ciel  tra  candido  e  vermiglio, 

E  vi  traspar,  com' entro  a  puro  lago 

Dal  margine  traspar  la  rosa  e  il  giglio. 

Al  labbro  e  all'occhio  scintillante  e  vago 

Di  te,  Nice  gentil,  lo  rassomiglio, 

Quando  vuoi  dir  qual  fiamma  in  petto  annidi, 

Ed  all'  amante  ti  rallegri  e  ridi. 


708  RIVISTA 

Si  spinta  avendo  la  velata  nave, 

I  paladini  dalla  curva  sponda 

Dolce  diletto  al  mormorio  soave 

Prendean  dell' aura  al  lorcammin  seconda; 

StavaDsi  intorno  alia  spalmata  trave 

Assisi  a  rimirar  la  tremula  onda, 

Mentre  a  misura,  onde  piu  via  si  faccia, 

Giungeano  al  vento  i  remator  le  braccia. 
Mirano  la  sonante  onda  percossa 

Tutta  incresparsi  di  canuta  spuma. 

La  doppia  fila  giovanil,  di  mossa 

la  mossa,  par  clie  ognor  piu  lena  assuma, 

Spicca  la  nave  ad  ogni  data  scossa, 

Come  ad  un  soffio  va  leggiera  piuma, 

E  striscia  sopra  1'acque,  come  snella 

Fende  1'aria  la  negra  rondinella. 

Eppur  queste  son  lavoro  di  eta,  fresca,  quando  il  soprabbondare 
clella  fantasia  e  grande  impedimento  alia  parsimonia  e  castigatez- 
za.  Ma  il  Bagnoli,  che  nel  resto  dei  suoi  canti  non  e  dissimile  dai 
due  luoghi  citati,  avea  dalla  natura  ingegno  capacissimo,  e  gusto 
squisito  sopra  i  suoi  contemporanei.  Se  e'  fosse  nato  un  mezzo  se- 
colo  piu  tardi,  e  cosi  alle  doti  sue  proprie  avesse  potuto  aggiugnere 
quelle  della  filosofia  e  dell'arte  crisfiana,  ravvivatesi  negl'  intelletti 
piu  robusti  in  questo  mezzo,  non  dubitiamo  di  asserire  ch'  egli  a- 
vrebbe  colta  la  palma  tra  i  poeti  viventi. 

Ma  se  e  cosi  qual  pro  del  ristamparlo  ?  Perche  le  buone  qualita 
dello  stile  son  pregi  anch'  essi ,  dai  quali  pu6  cavarsi  profitto ; 
perche  e  bene  ancora  vedere  gli  errori  in  che  caddero  i  migliori 
ingegni  per  evitarli-,  perche  fmalmente  potesse  il  Bagnoli  soprav- 
vivere  ne'suoi  scritti  presso  i  suoi  amici  e  i  suoi  concittadini,  e  far 
fede  in  qual  modo  una  volonta  costante  pud  superare  gli  ostacoli 
oppostile  dalla  fortuna.  Pur  tuttavolta  con  tutte  queste  ragioni  non 
avremmo  saputo  appro vare  1'  edizione  degli  scritti  del  Bagnoli,  se 
una  mano  perita  quanto  affezionata,  non  avesse  cercato  disgom- 
brarne  quel  molto  che  oltre  aU'increscimento  ed  al  fastidio  avrebbe 
ingenerato  dispregio  nel  lettore.  Questa  mano  arnica  la  trovo  il  Ba- 
gnoli nel  suo  concittadino  Augusto  Conti,  uomo  di  religione  spec- 
chiata,  di  mente  comprensiva  e  di  gusto  squisito  nelle  lettere.  Esso 
in  primo  luogo  ha  saputo  portar  la  falce  pietosa  fra  i  rami  troppo 


BELLA  STAMPA  ITALIANA  709 

lussureggianti  di  questi  alberi.  Cosi  nel  Cadmo  i  venti  canti  che  esso 
comprendeva  son  ridotti  ad  undici,i  quali  formano  un  tutto  intero, 
lasciando  nella  meritata  oscurita  battaglie,  amori,  mitologie  ed  al- 
tre  superfluita  cosiffatte.  Dei  quarantotto  canti  dell'Orlando  Savio 
ha  seelto  solo  tredici  luoghi  i  quali  possono  stare  da  se  ed  alletta- 
re  un  poco  piu  la  curiosita  e  1'attenzione  del  lettore.  Delle  altre 
poesie  ha  scelte  le  migliori  fra  le  stampate,  e  aggiugnendovi  solo 
quattordici  sonetti  degVinediti  n'e  uscita  una  sufficiente  ed  utile 
raccolta.  Un  cosi  savio  discernimento  giovera  alia  memoria  del  Ba- 
gnoli,  e  al  vantaggio  dei  giovani  che  ne  vorranno  leggere  le  poesie, 
E  per  questi  specialmente  il  sig.  Conti  ha  fatto  un  lavoro  vera- 
mente  lodevole,  e  che  vorremmo  imitato  da  molti  letterati  del  suo 
conio  nel  porre  che  fanno  a  stampa  gli  scritti  altrui.  Esso  ha  posto 
di  luogo  in  luogo  delle  note  critiche,  le  quali  compiono  a  un  tem- 
po questo  triplice  ufficio;  cioe  dichiarare  le  parole  o  i  sensi  oscuri 
dell'autore,  indicarne  i  concetti  e  le  maniere  false,  assegnandone  la 
cagione,  illustrarne  i  tratti  piu  belli  ed  il  segreto  magistero  che  li 
rese  tali.  Per  tal  modo  la  lettura  di  questo  libro  non  solo  eresatol- 
lerabile  ed  innocua  con  quello  che  1'autore  ha  prudentemente  moz- 
zato  dalle  poesie  del  Bagnoli  ;  ma  essa  e  resa  dilettevole  ed  utile 
vuoi  con  cio  che  del  Bagnoli  e  rimaso,  vuoi  con  ci6  che  il  Conti  vi 
ha  aggiunto  del  suo.  Per  la  qual  cosa  si  rende  ancora  desiderabile- 
il  secondo  volume  dove  si  promette  la  versione  dell'Eneide  insieme- 
colle  prose  italiane  e  latine  del  Bagnoli.  Questo  volume  non  potra- 
non  riuscire  utile  alle  lettere  ,  quando  il  chiaro  editore  nell'  ordi- 
narlo  e  chiosarlo  non  si  diparta  dalle  regole  seguitate  nel  prima 
volume. 

II. 

Tre  articoli  dello  SPETTATORE  di  Firenze  nei  suoi  nutneri  dei  14, 
21  e  28  Febbraio  1858. 

Lo  Spettatore,  giornale  di  Firenze,  che  da  qualche  tempo  pareva 
dimentico  dei  fatti  nostri ,  si  e  ora  occupato  di  bel  nuovo  di  noi  a 
proposito  della  Rivista  da  noi  scritta,  nel  fascicolo  del  terzo  Sabbato- 

di  Gennaio  del  1858,  sopra  il  libro  di  Ferdinando  Ranalli  intitolato ; 

1 


710  RIVISTA 

Storia  delle  belle  Arti  in  Italia.  La  quale  opera  volendo  egli  difen- 
dere  contra  le  nostre  censure,  ci  vienesopra  per  la  penna  del  signor 
Achille  Gennarelli  ,  con  una  di  quelle  grandini  d'  improperii  che 
piovevano  gia  nel  1848  dalle  nubi  fulminant!  del  Gesuita  moderno; 
e  che  portate  dal  vento  che  soffiava  ,  e  aiutate  dalla  tragica  elo- 
quenza  di  chi  le  avventava,  ebbero  allora  un  qualche  effetlo  mo- 
mentaneo  a  favorire  i  movimenti  della  riscossa  italiana.  Sospettia- 
nio  nondimeno  che  il  copista  abbia  a  restare  molto  al  disotto  dell'o- 
riginale,  e  la  copia  abbia  a  sembrare  agli  uomini  assennati  un  ana- 
cronismo  dopo  la  straordinaria  mutazione  dei  tempi.  I  cinque  tomi 
del  libello  famoso  trovavano  gli  animi  preparati,  la  riputazione  del- 
1'autore  gigantesca,  il  vocabolario  dei  vituperii  di  edizione  recen- 
tissima,  e,  quel  che  piu  importa,  la  tipografia  italiana  o  tiranneg- 
giata  ,  o  infeudata  dal  partito  libertino,  contro  cui  niuno  pareva 
osasse  zittire  in  difesa.  Oggi  il  vocabolario  degl1  improperii  e  logo- 
ro,  gli  animi  alquanto  scaltriti  dall'esperienza,  1'invenzione  ranci- 
da  ,  le  orecchie  ottuse  dal  troppo;  e  per  colmo  della  disdetta,  alia 
stampa  libertina  e  contrapposta  in  ogni  angolo  d' Italia  una  stampa 
cattolica ,  a  cui  non  manca  ne  coraggio  ,  ne  torchio.  In  tali  condi- 
zioni  capira  lo  Spettatore  che  tutte  quelle  lunghe  colonne  di  vecchie 
invettive  sono  per  la  Civiltd  Caltolica  innocentissime,  come  il  dardo 
del  vecchio  Priamo :  e  noi  siamo  tanto  piu  lieti  di  lasciarle  cadere, 
quanto  ci  riconosciamo  piu  incapaci  nel  maneggiare  cotesta  specie 
di  eloquenza.  Dove  non  possiamo  a  meno  di  non  osservare  che  gli 
scrittori  libertini  sogliono  strillare  tanto  pid  forte  contro  chi  li  toc- 
ca,  quanto  essi  sogliono  essere  piu  gagliardi  nell'ingiuriare  altrui. 
II  che  crediamo  provenga  da  questa  singolarissima  cagione.  Essen- 
dosi  quei  valentuomini,  forse  per  la  lunga  abitudine,  fitta  in  capo 
la  strana  idea  di  dovere  essere  essi  soli  a  parlare,  in  quanto  si  cre- 
dono  di  essere  essi  soli  1'  Italia,  la  nazione,  ogni  cosa;  come  si  veg- 
gono  tocchi,  strillano  e  si  arrovellano  ne  sanno  rifarsi  dallo  stupore 
che  trovisi  chi  tanto  ardisca.  Cosi  solamente  puo  spiegarsi  1'accusare 
che  lo  Speltatore  fa  la  Civilta  Cattolica  di  maligna  ed  invida  ,   che 
dice  male  di  tutti  e  non  la  perdona  a  nessuno  ,  e  malmena  tutti  i 
buoni  e  va  discorrendo.  Supposto  che  essi  credano  la  loro  parte 


BELLA  STAMPA  ITALIANA  711 

essere  il  tutto,  s'intende  tosto  che  noi  la  pigliamo  con  tutti  quando 
censuriamo  gli  scritti  della  parte  loro.  Ma  se  consentissero  a  rico- 
noscere  che  fuori  di  questa  vi  e  pure  qualche  anima  viva  in  Italia, 
si  accorgerebbero  che  la  Civiltd  Cattolica  assai  spesso  loda  e  non 
biasima,  fmo  ad  aver  forse  dato  qualche  volta  nel  soverchio  piutto- 
sto  pel  primo  che  pel  secondo  rispetto  ,  e  da  qualche  benevolo  ne 
siamo  stati  ammoniti.  Ma  i  lodati  dalla  Civiltd  Cattolica  non  conta- 
no  per  nulla,  il  censurare  gli  scritti  del  libertini  e  censurare  tutti, 
perche  essi  sono  tutti  ed  il  tutto,  e  cosi  toechi  appena,  danno  in 
escandescenze  da  mettere  compassione  del  fatto  loro. 

Ma  noi  poste  in  disparte  le  parole  di  vilta,  impudenza,  audacia, 
menzogne,  calunniatori,  turpitudinc  abbominevole,  persecuzione,  me- 
dio  evo,  fango  del  giornale  romano,  fatti  shall,  e  simili  altri  sostan- 
tivi  ed  aggettivi,  che  sono  1'unico  argomento  delle  due  prime  co- 
lonne  dello  Spettatore,  passeremo  immediatamente  alia  terza,  la  cui 
prima  parte  ci  consola  con  due  centellini  di  confutazione  ,  seguiti 
immediatamente  ,  nell'  altra  meta  della  terza  e  nel  principio  della 
quarta  ,  da  una  seconda  scarica  d'  artiglieria  contro  i  Compilatori 
pazzi  da  manicomio,  falsarii,  ignoranti,  insidialori,  giuocolieri  di 
sperimentata  malizia,  eccetera,  eccetera.  I  due  tentativi  poi  di  con- 
futazione che  trovano  il  loro  compimento  nel  numero  dei  28  Febbraio 
(le  cui  due  prime  colonne  in  bollore  d'invettive  non  la  cedono  alle 
precedent!) ,  possono  riguardarsi  sotto  due  aspetti ;  cioe  1  ragioni 
personali^  2  ragioni  critiche.  E  di  ciascuno  diremo  alcuna  cosa. 

E  quanto  al  primo  cominceremo  dal  ringraziare  chi  ci  fornisce 
le  onorevoli  informazioni  intorno  alia  probita,  alia  riputazione  let- 
teraria,  alle  angustie  dotnestiche,  alia  lontananza  dalla  patria  e  so- 
prattutto  alia  sincerita  religiosa  dell'  Autore  dell'  opera  da  noi  cen- 
surata ;  al  quale  siamo  sommament£  dolenti  di  avere ,  parte  per 
inconsapevolezza ,  parte  per  necessita ,  recato  un  qualche  aggravio 
nelle  sue  afflizioni.  Ma  appunto  perche  savio  ed  onesto,  il  chiaris- 
simo  Autore  non  pretendera  obbligare  ogni  censore  che  giudica  di 
un  libro,  a  conoscere  la  patria,  la  famiglia,  1'asse  ereditario,  i  pe- 
ricoli  corsi ,  i  danni  portati  nel  pubblico  e  nel  privato,  e  checche 
altro  appartiene  alia  persona  di  chi  scrisse  il  libro  censurato.  Quan- 


712  RIVISTA 

do  si  pubblica  lealmente  un  parere  sopra  un  libro  ,  si  dee  solo  por 
mente  adinformare  i  lettori  del  bene  o  del  male  che  se  ne  puo  rac- 
cogliere;  il  che  dipende  unicamente  dal  libro.  Ed  appunto  per  que- 
sto  e  vietato  ad  ogni  scrittore  onesto  di  lasciare  il  libro  ed  avven- 
tarsi  alia  persona:  lasciare  ,  esempligrazia  ,  1'articolo  della  Civilta 
Cattolicaed.  avventarsi  contro  qualcuno  de'suoi  redattori.  E  che  tale 
sia  il  nostro  procedere ,  lo  dovrebbe  sapere  per  esperienza  lo  stesso 
signor  Ranalli ;  non  solo  per  le  lodi  date  in  questa  stessa  Rivista  con 
ogni  sincerita  aquellaparte  delFopera  che  ne  parve  lodevole;  ma 
ancora  per  gli  elogi  tributati  altra  volta  all'  opera  sua  letteraria,  con 
tale  copia  di  parole  e  di  affetto,  che  poco  si  addirebbe  ad  invidiosi 
che  volessero  discreditarlo  * .  Vero  e  che  alle  lodi  della  opera  lettera- 
ria tennero  dietro  i  biasimi  della  storica.  Ma  che  colpa  abbiamo  noi, 
se  diciamo  le  cose  come  le  troviamo?  Dicemmo  allora  bene  della  let- 
teraria, dicemmo  male  della  storica:  lodiamo  oggi  laparte  artistica, 
biasimiamo  lo  spirito  poco  religioso.  E  perche?  Perche  tale  e  la 
verita  del  fatto,  e  sacra  ci  e  unicamente  la  verita. 

E  questo  confronto  della  presente  opera  del  Rarialli  con  le  pre- 
cedenti  serva  di  risposta  al  rimprovero  che  ci  fa  lo  Spettatore  con- 
trapponendo  ad  alcuni  errori  da  noi  censurati  in  questa  certe  belle 
verita  dall'Autore  pubblicate  nelle  precedent! :  quasi  il  censore  di 
un  libro  potesse  condannarsi  a  leggere  tutte  le  altre  scritture  della 
medesima  penna.  Che  a  questo  sia  obbligato  il  tribunale  prima  di 
condannare  le  persone,  sia  pure :  giacche  le  persone  hanno  merito 
o  demerito  da  tutte  le  opere  loro.  Ma  un  libro  fa  bene  o  male  tutto 
da  se:  ne  i  lettori  che  inghiottiscono  un  errore  in  un  libro,  si  bri- 
ganopunto  di  andare  a  cercare  se  altrove  FAutore  medesimo  abbia 
scrittoaltrimenti.  Cionondimeno,  se  anche  volessimo  accettarel'ob- 
Lligo  che  lo  Spettatore  vorreblje  imporci  (  un  po'  grave  e  quasi  ri- 
dicolo)  di  non  censurare  un'  opera  di  Autore  vivente  senza  legger- 
nele  altre;  questa  volta  ci  troveremmo  averlo  in  parte  adempiuto,  e 
saremmo  condotti  a  ribadire  il  gia  detto,  trovando  nelle  due  opere 
precedent!  quel  medesimo  contrapposto  di  lodevole  e  di  biasime- 

i  \edi  Civilta  Cattolica,  II  Serie,  vol.  XII ,  pag.  75  e  segg. 


BELLA  STAMPA  1TALIANA  713 

vole  che  notammo  nello  spirito  ,  con  che  fu  scritta  1'  ultima  storia. 
II  quale  spirito  pu6  essere  nel  Ranalli,  come  dicemmo,  o  sventura 

0  colpa  :  machecche  sia,  e  quello  poi  finalmente  che  lascial' ultima 
impressione  negli  animi,  specialmente  se  giovanili  ed  incauti,  dei 
leggitori.  E  qui,  poiche  abbiamo  toccato  dello  spirito,  nella  cui 
generate  reita  sta  propriamente  il  vizio  di  quest'  opera;  osservi  il 
lettore  che  il  suo  carattere  buono  o  reo  non  puo  gia  ritrovarsi  in 
una  o  altra  frase  del  libro  ,  o  di  mold  libri  d'  un  Autore  5  ma  dee 
cercarsi  nella  costante  ripetizione  delle  dottrine  medesime  (  sieno 
pure  piu  o  meno  sottilmente  velate)  ogni  qualvolta  1'  occasione  se 
ne  presenta.  Posto  poi  che  debbasi  dar  conto  dello  spirito  di  un  li- 
bro senza  poterlo  tutto  trascrivere ,  come  fara  egli  il  censore  per 
giustificare  le  note  che  vi  appone  ?  Vede  ciascuno  ch'egli  e  costretto 
ad  accennare  in  unaformolettacompendiatissima  ildifetto  o  il  pre- 
gio  di  una  dottrina,  citando  la  pagina  affinche  il  lettore  ne  giudichi 
da  se  medesimo. 

E  cosl  appunto  citammo  noi  ben  molti  passi  del  Ranalli  in  quella 
rivista  (III  serie,  vol.  IX,  pag.  191):  ma  cotesto  modo  di  censura  dallo 
Speltalore  vien  detto  falsificazione.  Vedranno  fra  poco  i  nostri  letto- 
richi  sia,  fralo  Speltatore  e  la  CivillaCattolica,  colui  che  ha  falsificati 

1  sentiment!  e  i  passi  citati :  a  noi  basta  per  ora  avere  spiegato  al 
lettore  qual  sia  il  fondamento,  con  cui  abbiamo  giudicato  lo  spirito, 
non  gia  della  persona,  ma  della  storia  artistica  del  Ranalli.  Dopo  le 
censure  apposte  da  noi  altra  volta  a\\eStorie  italiane,  non  trovando 
correzione  nella  storia  delle  arti  ,  vedendo  anzi  nell' ultima  ribadite 
le  dottrine  censurate  nella  precedente,  e  naturalissimo  che  for- 
miamo  il  concetto  che  il  medesimo  spirito  continui  a  maneggia- 
re  la  penna :  pognamo  pure  che  gli  errori  ed  i  traviamenti  ad  uno 
ad  uno  potessero  alia  meglio,  non  diremo  gia  scusarsi,  ma  com- 
patirsi.  Coteste  inesattezze  di  una  frase  ben  possono  cadere  inav- 
vertitamente  quando  sono  rare  e  presto  rivocate.  Ma  quando  altri, 
non  che  rivocarle,  le  ripete  e  nella  stessa  opera  e  in  opere  successi- 
ve ,  esse  si  chiariscono  dottrine  professate  per  principio,  non  isba- 
gli  sfuggiti  per  distrazione. 


714  R1VISTA 

Cionondimeno  siamo  lietissimi  di  sapere  dallo  Spetlatore  che  il 
Ranalli  wede  e  professa  sinceramente  la  religione  nella  quale  e  nato; 
perche,  tenendo  vera  la  legge  di  Cristo,  non  vnb  voler  sostiluire 
la  menzogna  alia  verila,  perche  non  assucfatto  alle  imposture  non 
saprebbe  e  non  vorrebbe  inventare  una  nuova  religione.  Queste 
belle  parole  sono  per  noi  gran  conforto  ;  e  maggiore  ancora  per 
cio  cbe  1'  avvocato  del  Ranalli  soggiunge ,  tale  essere  il  sentimento 
di  tutta  la  sua  parte.  Lo  pregheremo  nondimeno  di  osservare  che 
cotesto  interno  sentimento  allora  soltanto  pu6  valutarsi  al  cospetto 
della  societa  ,  quando  la  legge  di  Crislo  si  spiega  con  Y  autorita 
della  Chiesa,  e  quando  1'interno  credere  si  riproduce  nelle  scritture 
messe  a  stampa.  Nelle  quali  se  noi  troviamo  poca  armonia  con 
que'  sentimenti ,  T  essere  molli  e  rispettabili  i  nomi  di  coloro  che 
scrivono,  non  diminuisce,  anzi  raddoppia  il  danno  che  esse  recano, 
e  1'obbligo  in  noi  di  censurarle.  II  cbe  serva  di  risposta  all1  accusa 
dell'  avere  noi  confutato  que'  tanti  nominati  nello  Spettatore  ;  al- 
cuni  de  quali,  quando  ce  ne  porsero  occasione  essi  stessi,ben  volen- 
tieri  abbiamo  anche  lodati.  E  tanto  basti  intorno  alle  ragioni  per- 
sonal! :  veniamo  ora  alia  parte  critica  dei  tre  articoli. 

L' avvocato  non  ha  creduto  opportune  ormare  colla  sua  confuta- 
zione  i  passi  della  Civilta  Catlolica :  anzi  nel  terzo  articolo,  dato 
un  catalogo  delle  nostre  citazioni  intorno  al  Ranalli ,  soggiunge  : 
Se  in  questa  indicazione  non  si  trova  T  ordine  progrcssivo  dei  nu- 
meri  ,  e  perche  abbiamo  tenuto  dietro  al  disordine  della  Civilta 
Cattolica,  alia  quale  essendo  necessario  di  lutto  confondere,  a  ren- 
dere  credibili  le  sue  falsificazioni,  non  poteva  mantenere  T  ordine 
delle  cilazioni.  Rimprovero,  in  cui,  colla  parte  scortese,  non  manca 
la  parte  comica. 

Sarebbe  stato  lepido  che,  dovendo  noi  in  quell' opera  censurare, 
religiosamente  parlando  ,  lo  spirito  eterodosso,  e  politioamente  lo 
spirito  libertino  ^  tutto  lo  spirito  irreligioso  avessimo  dovuto  tro- 
varlo  per  ordine  di  pagine  nel  primo  tomo,  diviso  in  eterodossia  e 
paganesimo,  e  tutto  lo  spirito  libertino  nel  s^condo,  per  citare  cosi 
le  pagine  per  ordine  !  Si  direbbe  che  lo  Spettalore  non  abbia  mai 
fatto  la  rivista  di  un  libro  !  Ad  ogni  modo  avendo  egli  senza  ordi- 


DELL  A  STAMPA  ITA  LIANA  715 

nare  le  pagine  disordinato  il  filo  del  discorso ,  e  con  tal  disordine 
snervati  i  nostri  argomenti,  noi  siamo  costretti  a  tornare  a  quell'or- 
dine  ,  non  di  pagine  ,  ma  di  materie ,  con  cui  fu  scritta  la  pri- 
ma  censura. 

II  cui  primo  argomento  potrebbe  ridursi  a  queste  poche  parole: 
«  Non  e  religioso  lo  spirito  di  un  libro  che  del  Cattolicismo  roma- 
no  ragiona  costantemente  con  discredito,  mostrandosi  ammiratore 
del  paganesimo.  Or  tale  e  1  opera  da  noi  censurata  ».  La  prima  di 
queste  proposizioni  viene  da  noi  confermata  con  molte  prove,  e  la 
maggiore,  accennata  in  poche  parole,  e  trattadal  primo  volume  (pag. 
28),  ove  il  Ranalli  considera  che  (sono  sue  parole)  V  eccessivo  culto 
di  Santi,  sembrando  togliesse  gran  parte  di  quello  dovuto  al  sommo 
ed  unico  Iddio,  dava  motivo  ai  nemici  della  cristianita  di  accusare 
la  Chiesa  della  medesima  idolatria  c/i'  ella  aveva  combaltuio  nei  pa~ 
gani.  Ma  di  do  non  appartiene  a  questa  istoria  disputare.  Cosl  il 
Ranalli.  Or  come  lo  giustifica  dalla  nostra  imputazione  lo  Spetta- 
tore?  Invece  di  coteste  parole  poco  cattoliche,  egli  trascrive  dalla 
stessa  pagina  un  altro  testo  del  Ranalli  ,  soggiungendo:  II  leltore 
pud  giudicare  se  possa  menlirsi  con  maggiore  sfronlalezza.  E  noi  la- 
sciamo  ai  nostri  lettori  il  giudicare  se  un  avvocato  possa  rispondere 
con  maggiore  accortezza. 

Acapirepoi  come  la  Civil  la  non  abbiamentito,  appuntando  quelle 
parole  di  poco  ortodosse,  basta  il  riflettere  che  quell'  accusa  si  ri- 
pete  oggi  dai  protestanti  che  cercano  invadere  ed  evangelizzare  1'Ita- 
lia;  che  il  dire  quel  culto  eccessivo  e  un  condannare  la  pratica  aquei 
di  della  Chiesa}  che  alle  parole  dava  motivo  un  Cattolico  avrebbe 
sostituito  si  volgeva  inpretesto;a\\e  altre,  sembrava  togliesse  il  culto 
a  Dio,  lo  spirito  cattolico  avrebbe  aggiunto,  per  cautela  dei  meno 
accorti,  una  piccola  confutazione,  o  almeno  un'avverbioche  ripro- 
vasse  cotesta  stoltizia.  L  Auto  re  all'  opposto  con  imparzialita  poco 
cattolica  soggiunge  che  di  ci6  non  gli  appartiene  DISPUTARE  :  verbo 
equivoco,  ma  che  lascia  intendere  potersi  dispulare  se  il  culto  fosse 
eccessivo,  se  per  esso  se  ne  togliesse  gran  parte  a  Dio,  se  fosse  ra- 
gionevolel' accusa  d'  idolatria.  Dottrine  che  sembrano  ribadite  dal- 
1'Autore,  (pagg.  32,  33)  ove  condanna  I'abuso  di  molliplicare  sover- 


716  R1VISTA 

chiamente  le  immagini  del  Scinli  e  Toslinazione  nella  Chiesa  Latina 
di  lussurcggiare  in  immagini,  .  .  .  sorgente  di  scandali  che  lapub- 
llica  morale  guastarono.  Qui,  come  meglio  vedra  il  lettore  se  con- 
sulta  1'intero  contesto,  si  biasimano  ugualmente  ela  Chiesa  e  gli  ico- 
noclasti,  tornando  ai  rimproveri  d'idolatria  fatti  alia  prima  da'Giudei 
eda'Musulmani.  Quasi  la  Chiesa  dovesse  cambiare  disci plina  per  le 
maliziose  o  per  le  goffe  scempiaggini  dei  suoi  nemici.  Questa  con- 
ferma  abbiamo  qui  aggiunta,  non  tanto  per  ingagliardire  la  prova, 
quanto  per  mostrare  che,  non  per  figura  rettorica,  ma  a  tutto  ri- 
gore  di  verita  dicemmo  nella  citata  nostra  pagina  (191)  non  recarsi 
da  noi  tutti  gli  esempii  di  spirito  eterodosso. 

II  che  potra  vedersi  eziandio  in  quella  medesima  pagina  28,  don- 
de  e  tratto  il  primo  argomento,  e  dove  trasandammo  ci6  che  dice 
TAutore,  biasimando  i  molti  altari  eretti  in  una  medesima  chiesa. 
Lo  spirito  cattolico,specialmente  in  Toscana,  ove  le  pazzie  inno- 
vatrici  del  Ricci  sono  notissime,  non  avrebbe  rimpianto,  come 
rimpiange  il  Ranalli,  quel  solo  altare  dei  primi  lempli  e  la  reUgio- 
sa  semplicitd  cacciata  dalle  prime  chiese  pei  tanti  altari  ecc.  (la- 
inento  condannato  contro  il  Sinodo  di  Pistoia  nella  Bolla  di  Pio  VI), 
senza  aggiungervi  almeno  una  riprovazione  di  cotesta  barbaric  che 
in  tutto  il  popolo  toscano  eccit6  sempre  tanto  orrore.  Speriamo  che 
1'  apologista  non  rispondera  ,  perito  com'  egli  e  ,  trattarsi  qui  di 
bellezza  artistica  ;  risposta  che  attribuirebbe  al  Ranalli  un  errore 
d'artista,  quasi  il  culto  dovesse  acconciarsi  all'  architettura,  e  non 
piuttosto  1'architettura  al  culto. 

La  seconda  prova  dedotta  dal  primo  volume  (pag.  27  )  e  che  il 
Ranalli  ha  trasformato  nei  primi  Cristiani  lo  zelo  di  demolire  gl'i- 
doli  in  vendetta  delle  persecuzioni  sofferte.  Le  parole  dell'  Autore 
sono:  Teodosio  compie  I' opera  di  Graziano  con  piii  feroce  ed  ostina- 
ta  inimicizia  ad  ogni  immagine  di  paganesimo  ....  fece  al  Senato 
approvare  ci6  che  quel  gregge  di  schiavi  non  avrebbe  potuto  ricusa- 
re...Fu  lasciato  libero  ai  seguaci  del  Cristianesimo  lo  sfogo  del  loro 
odio  contro  una  religione ,  da  cui  sapevano  essere  stati  lungamente 
perseguitati ....  Onde  alia  fanalica  moltiludine  ,  infiammata  dalle 
esorlazioni  di  QUELLI  CHE  PIU*  AUTORITA  AVEVANO  nelle  cose  della  loro 


DELL  A  STAMP  A  1TA  LIANA  717 

fede  ,  non  pareva  vero,  ecc.  (pag.  27).  Oralo  Spettatore  ,  per  giu- 
stificare  il  Ranalli  e  mostrarci  falsarii  ,  ha  estratto  da  quella  pagi- 
na  27  un  brano  intermedio,  interrompendolo  appunto  a  quelle  pa- 
role ,  delle  quali  vedeva  1'  avventatezza  (  Onde  alia  fanatica  mol- 
titudine  ecc.),  e  soggiunge  tosto  raccontarsi  lo  stesso  dagli  storici 
piu  ferventi  del  Cristianesimo  ,  e  vitupera  la  Civiltd  Cattolica.  Ma 
certamente  gli  storici  ferventi  non  avrebbero  usati  gli  epiteti  di 
/Proceed oslinata;  non  avrebbero  attribuilo  alle  persecuzioni  soffer- 
te  1'odio  contro  1'idolatria:  e  cio  indistintamente  nei  seguaci  del  Cri- 
slianesimo;  non  avrebbero  supposto  che  Vescovi  e  Papi  infiammas- 
sero  il  fanatismo  delle  moltitudini.  Parole  tutte  cbe  ben  possono 
trovare  un  avvocato  clie  le  difenda  ,  ma  non  troveranno  un  Catto- 
lico  che  le  appro vi.  Di  che  capira  lo  Spettatore  non  biasimarsi  da 
noi  lo  storico  che  racconta  distruzioni  di  monumenli ,  ma  il  Cattoli- 
co  che  le  racconta  con  parole  poco  cristiane. 

La  terza  prova  della  Civilla  Cattolica  e  dedotta  dalla  pagina  24 
ove  si  biasimail  detto  che  Constantino  ( '  nome  della  piu  infausta  ri- 
cordanza  )  .  .  .  .  abbandonb  Roma  al  governo  di  una  razza  spuria 
di  stranieri  e  di  plebei.  Qui  lo  Spettalore  domarida  se  siamo  pazzi 
pel  manicomio  o  falsarii  pei  tribunali,  supponendo  ai  tempi  di  Con- 
stantino il  Governo  temporale  dei  Papi  ? 

Noi  in  causa  propria  non  ci  arrogheremo  di  scegliere  fra  tribunal! 
o  manicomio  :  solo  pregheremo  lo  Spettatore  che  ci  spieghi  a  chi  fu 
lasciato  da  Constantino  il  Governo  di  Roma.  Noi  che  avevamo  letta 
altre  volte  negli  storici,  e  tra  questi  nel  Cantu,  che  a  Roma  non  fu 
tolto  il  primato ;  ne  mai  abbiamo  incontrato  altra  moneta  d'  Impe- 
ratore  romano  a  que'  tempi,  fuor  di  Constantino;  credemmo  bona- 
mente  che  Roma  rimanesse  sotto  1'antico  suo  Governo  temporale.  ne 
sapemmo  interpretare  qual  fosse  quella  razza  spuria  e  slraniera  che 
ebbe  in  Roma  un  tal  Governo.  Tarito  piu  che,  al  dire  degli  storici,  la 
mzza  spuria  di  cortigiani,  di  gente  venale,di  adulatori  ecc..  trasmi- 
gr6  da  Roma  a  Constantinopoli :  per  lo  che,  tranne  il  Papato,  in  tutto 
il  rimanente  non  sapemmo  trovare  differenza  di  governanti.  Che  poi 
il  Papato  incominciasse  a  governare,  benche  non  sovranamente,  in 
Roma  a' tempi  di  Constantino,  ed  anche  prima,  ci6  sebbene  sembri 


718  RIVISTA 

allo  Spettalore  bugia  o  pazzia  ,  e  peraltro  un  fatto  non  meno  evi- 
dente  nella  storia,  die  necessario  nel  discorso.  Gli  storici,  fra  le  ra- 
gioni  della  traslazione  dell'  Impero ,  annoverano  1'  ombra  che  rice- 
veva  da  un  sacerdozio  si  eminente  Vlmperatore  , . .  il  quale  lo  softriva 
in  Roma  men  pazientemente  cheneU'eserciloun  Cesarecke  gli  dispu- 
tassel' Jmpero  * .  In  Roma  ancor  pagana  il  Ponlefice  romano  dava  gia 
impaccio  ai  Cesari  (DE  MAISTRE).  2  Dagli  storici  medesimi  sappiamo, 
e  se  ne  dolgono  i  giureconsulti  cesarei ,  che  gl'Imperatori  avevano 
abbandonato  in  mano  ai  Vescovi  gran  parte  dell'autoritalegislativa: 
i  Vescovi  medesimi  riprovavano  talora  le  leggi  stesse  degl'  Impera- 
tori :  e  questi  lungi  dal  risentirsene,  pubblicavano  che  certe  leggi 
dovessero  sottostare  all'approvazione  deiVescovi.  Ora  che  altro  e 
questo  se  non  Governo?Governo  spirituale  bensi  agli  occhi  del  Cat- 
tolico  -,  ma  che  dagli  eterodossi  ad  ogni  tratto  appellasi  invasione 
della  Chiesa  o  debolezza  di  Principi  condiscendenti.  In  questo  senso 
dunque,  che  da  scrittori  liberaleschi  non  puo  essere  disdetto,  la  sto- 
ria ci  fa  sapere  che  anche  il  Papa,  almeno  come  gli  altri  Vescovi, 
avea  governo.  II  discorso  poi  ci  dice  che  dovette  averlo ,  non  essendo 
possibile  fra  Cattolici ,  specialmente  in  assenza  del  Capo  supremo 
dell'Impero,  che  non  sovraneggiasse  di  fatto,  se  non  di  diritto,  quel- 
1'autorita  gerarchica  che,  governando  Vuomo  morale,  governa  spiri- 
tualmente  si,  ma  appunto  per  questo  potentemente  ,  tutto  1'  uomo 
esteriore  e  il  mondo  sociale.  Se  dunque  i  Papi  veramente  governa- 
ronoinRoma  quando  Constantino  neabbandono  laresidenza;  se  fuor 
dei  Papi  il  governo  continu6  qual  era  per  T  addietro  quando  altri 
Imperatori  risiedevano  a  Nicomedia  ,  Milano  ecc.,  a  chi  si  riferisce 
quel  tilolo  di  razza  spuria  e  di  stranieri,  alle  cui  mani  rimase  ab- 
bandonato il  Governo  di  Roma?  Tutto  cio  sia  detto  unicamente  per- 
che  si  comprenda  che  il  dare  del  pazzo  e  dell'  ignorante  puo  essere 
talora  un  regalo  pericoloso,  e  non  e  sempre  come  la  saetta  di  Gio- 
nata  che  mai  non  tornava  indietro.  Saremo  del  resto  lietissimi  che 
il  Ranalli  non  abbia  avuto  queU'intenzione  sinistra,siavi  o  non  sia- 

1  BOSSUET,  Discorso  sulla  Stor.  Univ. 

2  Vedi  CAKTU'  Epoca  VII  Affari  retigiosi  cap.  IV. 

- 


BELLA  STAMPA  ITALIANA  719 

vi  la  razza  spuria ,  a  cui  ricadesse  il  Governo  di  Roma  abbando- 
nata  da  Constantino. 

Passiamo  ora  alia  quanta  prova  della  Civilta  Cattolica,  che  essa 
deduce  da  quelle  parole  del  Ramlii  (vol.  I,  pag.  45),  ove  parlandosi 
di  S.  Gregorio  VII,  quest!  viene  da  lui  tacciato  di  simonia.  La  Ci- 
viltd  Catlolica  1'accenno  in  due  parole  5  e  1'  avvocato  che  senti  pro- 
babilmente  tutta  la  forza  deirargomento,  giudico  pih  prudente  di 
saltarlo  a  pie'  pari.  Ma  coteste  gherminelle,  utili  a  difendere  una 
causa  nel  foro,  non  giovano  a  difendere  nel  mondo  letterario  e  re- 
ligioso.  Se  lo  Spettalore  stesso  ripetesse  ai  suoi  lettori  le  velenose 
formole,  con  cui  si  straziaifi  il  Papato,  e  che  giungono  talora  alia 
bestemmia  contro  quel  santo  Pontefice,  siamo  certi  che  piu  d'  uno 
di  essi,  benche  avvezzo  a  cotesto  frasario,  ne  sarebbe  stomacato. 
Lasciamo  la  falsita  di  fatto  che  i  Romani  avversassero  la  Sede  apo- 
stolica,  cui  tante  volte  difesero  contro  i  tirannelli,  e  contentiamoci 
di  notare  le  formole  del  racconto,  sempre  favorevoli  ai  nemici  del- 
la  Chiesa,  sempre  contrarie  ai  suoi  fautori.  II  tiranno  oppressors 
del  Pontefice  vien  detto  V  eloquente  e  coraggioso  Crescenzio  :  quel 
mostro  di  Arrigo  IV  lascio  un  forte  esempio  ai  fuluri  Cesari:  Grego- 
rio VII  era  salito  sul  Irono  col  fermo  proponimento  d'  innahare  i 
Papi  sopra  i  Re  . .  .  .  V  ambizione  e  la  prosper!  ta  della  Chiesa  gli 
davano  ardire ....  facendo  valere  t  aulorita  del  Pontefice  conlro  U 
simonie  (quasi  il  simoneggiare  avesse  dovuto  essere  lecilo  al  solo  pa- 
pa): induceva  i  Principi  a  sottomettere  le  loro  terre  a  S.  Pielro  IN 
ASSOLUZIONE  DEI  LORO  PECCATi ....  ad  aumentare  le  ricchezze  e  il 
potere  della  sede  pontificia,seguitando  gli  esempii  dellamalaugurata 
razza  dei  Carlovingi ....  gagliardo  e&empio  ai  fuluri  papi  di  lener 
piu  dalregno  di  questo  mondo  che  dal  regno  dei  Cieli  (vol.  I,  pagg. 
45,  46).  Ecco  il  frasario  cattolico  di  cotesta  storia  quando  parladei 
Papi,  dei  loro  fautori  e  de' loro  persecutor'!}  e  qui  si  tratta  di  un 
Papa  santo,  it  quale  e  accusato  di  simonia,  di  ambizione  e  di  tenere 
piu  alia  terra  che  al  cielo!  Se  pure  quell' ambizione  non  si  riferisce 
alia  Chiesa,  come  forse  la  frase  italiana  porterebbe,  ma  che  non  vo- 
gliamo  credere  per  non  rendere  la  bestemmia  ancora  peggiore. 


720  R1V1STA. 

Tutta  cotesta  contestura  di  frasario  scandaloso  viene  trasandata 
dallo  Speltalore  ben  consapevole  della  impossibilita  di  giustificarlo, 
non  meno  che  quell' altra  estratta  dalla  pagina  37,  ove  si  dice  si- 
monia  impudentissima  cancellare  i  peccati  con  le  elemosine.  Cionon- 
dimeno  1'  articolista  ha  saputo  evitare  la  taccia  di  non  averlo  toc- 
cato,  dicendo  al  fine  della  pagina  82,  che  avendo  a  parlare  di  que' 
secoli,  il  Ranalli  dovea  naiuralmenle  toccare  delle  simonie,  come 
S.  Pier  Damiano  e  il  Muratori;  avvertendo  pero  che  non  dee  con- 
fondersi  la  superstizione  del  medio  evo  con  la  reUgione  santissima  del 
Vangelo.  Che  bel  modo  di  TOCCARE  nel  Ranalli !  E  che  lealta  di  ri- 
spondere  nello  Spettatore!  Trascrivere  parole  innocenti  e  tacere  le 
irreligiose ,  e  poi  gridare  falsaria  la  Civilla  Cattolica ! 

Nota  poscia  la  Civilta  Callolica  come  certe  invettive  scappano 
fuori  a  sproposito,  parlando  esempligrazia  di  Torre  Borgia  e  dell'o- 
dio  di  Pier  di  Cosimo  al  cantar  dei  Frati.  Al  che  lo  Spettatore  ri- 
sponde  che  avrebbe  potuto  dir  di  peggio:  e  di  questo  noi  siamo  piu 
che  persuasi;  e  che  peggio  dissero  il  Leibnizio  (protestante)  e  il  Raj  - 
naldi:  il  che  non  fa  a  proposito  per  la  quistione.  Abbiamo  gia  detto 
che  non  trattasi  qui  d'esaminare  i  fatti,  ma  lospirito  con  cui  si  scri- 
vono.  Tutti  quei  Santi  che  hanno  bramato  la  riforma  della  Chiesa,  la 
bramarono  perche  vedevano  dei  difetti  ed  anche  delle  colpe  ;  ma  ne 
parlarono  in  modo  assai  diverso  da  quello  che  tiene  il  Ranalli.  Di 
queste  arti  da  avvocato  tu  ne  incontri  parecchie  nell'  apologia  :  co- 
me cola  ove  si  rinfaccia  alia  Civilta  Cattolica  di  parlare  prima  di 
Graziano  e  poi  di  Constantino  :  e  poco  appresso  di  sallare  come  un 
giuocatore  di  prestigio  dal  primo  al  secondo  volume  :  quasi  fosse 
falsario  chi  per  investigare  lo  spirito  di  una  scrittura  confronta  i 
testi  tra  loro  lontani  !  Quasi  lo  spirito  che  e  cattolico  nell'  ordine  di 
cronologia  e  d'  impaginatura ,  perdesse  il  Cattolicismo  col  perdere 
la  serie  dei  tempi  e  delle  pagine  ! 

II  sesto  argomento  della  Civilta  Cattolica  e  dedotto  dalla  pagina 
7  del  secondo  volume ,  ove  le  guerre  religiose  si  adducono  per  te- 
stimonii  di  un  secolo  rotto  a  nefandezza.  Ma  di  questo  1'articolista 
non  parla  :  come  neanche  risponde  per  giustificare  la  maniera  ir- 
riverente  ,  con  che  si  dice  per  la  prosperita  del  pontificato  essere 


DELIA  STAMPA  ITALIAINA  721 

cresduti  monisterii,  templi,  altari  e  checche  altro  affezionava  il  roz- 
zo  e  corrotto  popolo,  privo  di  ogni  sentimento  buono  edumano.  On- 
de  la  religione  mitissima  del  verace  Evangelio  di  Cristo  s1  allon- 
tanava  dai  cuori ;  e  la  superstizione  fanatica  e  crudele  piu  salda 
radicivi  mettca  (  vol.  I,  pag.  31 ).  Singolari  effetti  del  monisteri  7 
del  templi  e  degli  altari ! 

Non  cosi  e  dimenticato  il  rimprovero  fatto  dalla  Civilta  Caltolica 
al  Ranalli  di  aver  lodato  il  clero  veneto-,  perche,  essendo  stato  cle- 
ro  proprio  e  civilmente  unito  con  lo  Stato  ,  fu  cagione  di  sincera 
affezione  alia  religione.  Qui  lo  Speltatore,  senza  troppo  brigarsi  del- 
1'intimo  senso  di  coteste  parole,  abbandona  alia  Civilta  Cattolica 
questo  argomento  ,  e  si  fa  apologista  di  quella  repubblica  perche 
amo  le  reliquie  de'  Santi.  Ma  chi  ha  biasimato  Venezia  per  le  reli- 
quie?  Bella  maniera  di  scambiettare  nel  rispondere!  lam  dic,Poslhu- 
me ,  de  tribus  capellis. 

Ne  meno  artifizioso  e  1'attribuire  alia  Civilta  Caltolica  un  accon- 
ciamento  di  testo,  perche  al  rimprovero  precedente  che  sta  a  pagi- 
na  39,  un  altro  ne  AGGIUNGE  della  pagina  361,  intorno  all'ammira- 
zione  del  Ranalli  pel  paganesimo.  Quell' AGGIUNGE  e  proprio  un 
gioiello  !  La  Civilta  Catlolica  in  quel  luogo  torna  da  capo  e  fa  una 
transizione,  quale  potrebbe  porsi  nel  separare  due  parti  del  discor- 
so,  dicendo  (pag  196):  All"  avversione  del  Ranalli  pel  CattolicismQ 
corrisponde  V  ammirazione  verso  i  pagani.  Questo  andare  a  capo  , 
questa  transizione  da  una  parte  ad  un'altra,  che  un  retore  ordinario 
direbbe  separazione  ,  per  lo  Spettalore  e  una  aggiunla  al  clero 
veneto.  Bene  stat  purche  c'intendiamo  col  vocabolario. 

II  quale  amore  del  paganesimo  viene  confermato  dalla  Civilld  Cat- 
tolica con  varie  pruove  che  non  hanno  piu  senso,  quando  sono  se- 
parate dall'assunto,  come  fa  loSpettatore  parlando  di  Zoroastro.  Le 
parole  del  Ranalli  che  tanto  spererebbe  dalle  opere  di  quel  Savia 
per  comprendere  il  mistero  doloroso  della  vita  umana  e  i  principii 
della  creazione  ,  suonano  o  non  suonano  ammirazione?  £  o  non  e 
ammirazione  delle  repubbliche  di  Greciae  diRomail  trovare  in  esse 
uri  ammirabile  educazione  pubblica  che  con  esse  fini  (pag.  218,  vol.. 

Serie  III,  vol.  IX.  46  11  Marzo  I8u». 


722  RIVISTA 

II)?  Lo  Spellatore  ci  accusa  in  tal  proposito  di  falsita,  perche  quel- 
1'educazione  vierie  delta  mirabile,  per  1'ispirare  che  faceva  il  senti- 
mento  della  bellezza:  senzaavvedersi  che  in  questostesso  amoredella 
bellezza,  separate  presso  quei  pagani  dall'onesta,  dimora  appunto 
uno  dei  caratteri  della  morale  paganachenoi  lamentiamonelRaualli. 
E  tornando  alia  scuola  d' Atene,  e  o  non  e  ammirazione  pel  pagani  il 
domaridare :  Dove  Irovare  esempii  personificabili  di  sapienza,  fuor  del 
tempi  anlichi,  quasi  non  vi  fosse  un  sapiente  insigne  fra  i  Cristia- 
ni  ?  £  o  non  e  ammirazione  per  Giuliano  il  dircelo  invaghito  della  bel- 
lissima  faccia  di  gloria,  dolato  d  ingegnoper  rialzare  I'abbattuta  mae- 
sla  di  Roma ,  scusandone  poi  1'  apostasia  in  quantoche  la  cristianiia 
uscita  dairumile  e  puro  silenzio  de'solterrand  e  delle  catacombe  era 
offuscatadalle  eresie,  e  deplorando,  non  gia  Tapostasia  di  quell'em- 
pio,  ma  1'essergli  fallitorintento?  Tutto  questo  si  trova  nella  stessa 
pagina  25  delRanalli,  e  lo  Spettatore  dice  che  \ACiviltd  disgiungeepoi 
rappicca.  Ma sapete  perche?  Perche  prima  aveva  parlato  di  Constan- 
tino, dimenticandosi  di  citarela  pagina 20.  Nella  qualeil  Ranalii  ve- 
niva  accusato  dalla  nostra  rivista  d'aver  perdonato  a  Constantino 
1'essersi  fatto  cristiano,  in  quanto  la  sua  conversione  era  stata 
poco  sincera  ed  avea  couservato  in  parte  il  gentilesimo.  Lo  Spet- 
talore  per  giustificare  il  suo  cliente  ne  reca  quelle  sole  parole: 
La  conversione  di  Constantino  non  fu  tutta  sponlanea.  Ma  per- 
che non  soggiungere  le  altre?  Perche  non  dirci  che  a  mostra- 
re  Constantino  cattolico  per  necessita  piu  che  per  intirna  persua- 
sione,  il  Ranalii  adduce  1'  aver  egli  rispettato  i  monumenti  del 
cullo  de'suoi  maggiori?  Che  con  una  mano  innalzava  basiliche,  col- 
Taltra  abbelliva  i  templi  degl'lddii  ?  Che  la  religione  di  Cristo  voi- 
le...  quelle  praliche  e  forme  esterne  che  gradilo  all'  impero  aveano 
falto  il  Pagancsimo1!  fpagg.  19,20)  i.  Tutte  coteste  parole,  dice  lo 
Spettatore,  significano  che  tlmperatore  non  fece  violenza  ai  sudditi, 

1  Se  la  Civilta  Cattolica  avesse  voluto  notare  nella  sua  rivista  tutte  Ic  pro- 
posizioni  poco  ortodosse,  avrebbe  potuto  aggiungere  in  questo  medesimo  passo 
«he  il  Ranalii  suppone  in  quella  pagina,  come  il  protestante  Guizot,  che  Yittitu- 
tuzione  dell episcopato  non  fosse  al  principle  del  Cristianesimo  ,  e  che  1'episco- 
pato  venisse  cangiando  in  assoluta  podesta  le  congreyazioni  dei  primi  tecoli. 


BELLA  STAMPA  1TALIANA  723 

perche  abbracdassero  altra  religione.  Davvero  ?  Ci  rallegnamo  con 

10  Spetlatore,  di  aver  trovatauna  nuova lingua  italiana. 

Prova  del  paganesimo  in  morale  recansi  dalla  Civilta  Cattolica 
1'ammirazione  e  le  esortazioni  del  Ranalli  per  lepitturechen'n/oco- 
lavano  il popolo  sanese  nel  disperato  desiderio  di  liberla  della  patria; 
e  di  ci6  tace  al  tuttol'avvocato.  Ma  non  tace  gia  intorno  all'  elogio 
fatto  dal  Ranalli  a  Raffaello  con  queste  parole :  La  sua  inclinazione 
al  dileito  della  came  non  impedi  che  il  suo  costume  fosse  esempio  ecc. 
Lo  Spetlalore  trova  qui  ragione  pel  lettore  di  difftdare  che  not  parlia- 
mo  falso,\°  perche  il  Ranalli  non  ha  lodatoT incest o,  l'adulterio,il  fur- 
to,  (pag.  84  colonnaterza},  ma  solo  notato  i  suoiamori,  che  alia  fine 
erano  con  donna  libera  e  nascosli :  2°  perche  non  ha  confessalo  che 
Raffaello  fosse  sfrenato  a  licenziosi  eccessi :  3"  perche  il  Ranalli  da 

11  titolo  di  angelo  al  Sanzio ,  quando  nota  la  divinita  del  suo   inge- 
gno  nelfigurare  le  cosecelesti:  -4°  perche  il  Vasari  e  ilRembo  nefe- 
cero  elogio  consimile. 

Vede  il  lettore  che  la  prima  parte  dell' apologia  sarebbe  appunto 
una  conferma  dell'accusa:  giacche  e  egli  linguaggio  cattolico  lodare 
come  uomo  perfetlo  un  donnaiuolo,  purche  faccia  in  segreto?  Que- 
sto  si  poteafare  dai  pagani  per  Socrate-,  ma  fra  Cattolici  il  linguag- 
gio non  corre. 

—  Ma  il  Ranalli  non  consente  col  Vasari  che  fosse  sfrenato  a  li- 
cenziosi eccessi.  —  Risponde  il  Ranalli  stesso  rimanere  sempre  incon- 
trastabile  che  il  Sanzio  amasse  le  donne  ed  unaperdutamente  (pag.  36). 

—  Ma  fu  detto  angelo  per  la  divinita  dell'  ingegno.  —  Ecco  la 
frase :  Se  la  natura  intese  mai  a  formare  un  uomo  in  ogni  parte  per- 
fetto,  Raftaello  fu  certamente  quel  desso ,  vero  angelo  mandato  dal 
cielo  per  innamorarci  ecc.  (pag.  32).  Se  avesse  detto  pittore  perfettor 
la  ragione  dello  Spettatore  varrebbe  :  ma  uomo  e  piu  che  pittore. 

—  Ma  il  Vasari  dice  a  un  dipresso  il  medesimo.  —  Anzi  la  ci- 
tazione  del  Vasari  addotta  in  difesa  e  un  argomento  di  piu  del  poco 
cattolicismo,  con  cui  scrive  il  Ranalli.  Perciocche  il  buon  Vasari, 
prima  di  direi  che  Y  anima  sua  e  da  credere  che  abbia  dise  medesima 
adorno  il  cielo  ,  premette  che  vicino  a  morte  il  Sanzio  ,  come  cri- 
sliano,  mando  Vamata  sua  fuor  di  casa  con  altri  segni  di  vera  pietaj 


724  RIVISTA 

poi  confesso  e  contrilo  fimil  corso  della  sua  vita  1.  Le  quali  cose 
tutte  si  sono  troncate  dal  Ranalli,  quasi  a  volere  evitare  quel  puzzo 
di  conversione  cristiana.  Egli  1'avra  fatto  per  tutt'  altro  motivo  che 
a  noi  non  tocca  giudicare  :  ma  il  leltore  non  disdira  che,  se  avesse 
voluto  evitare  a  vero  studio  ogni  ombra  di  Cristianesimo  ,  non 
avrebbe  potuto  troncare  il  testo  del  Vasari  piu  opportunamente.  In- 
torno  poi  all'epitaffio  del  Bembo,  basta  ricordare  il  proverbio:  Bu~ 
giardo  come  un  epitajfio  :  senza  dire  e  del  carattere  morale  dell'  epi- 
grafista,  e  del  genio  consueto  di  que'latinisti  del  cinquecento,  cui 
1' antitesi  Ae\V  integer,  integros  dovea  parere  tal  gioiello  da  usare 
indulgenza  a  danno  della  verita. 

Del  resto  tutto  questo  e  un  di  piu:  chi  vuol  vedere  la  tinta  gene- 
rale  di  quell' elogio  ,  ne  legga  la  conclusione  a  pagina  34.  Vedra 
che  le  preziose  reliquie  (del  Sanzio)  furono  di  tanta  virtu,  che  acce- 
sero  T  agghiacciato  secolo  con  insolila  riverenza  ecc.  che  s'  inchine- 
ranno  con  devolo  ossequio  tutte  le  generazioni  amiche  del  buono  e  del 
bello  a  pie  del  Sarcofago  del  Sanzio,  e  verranno  nel  pensiero  che,  se 
nel  XV  secolo  erano  grandi  scelleratezze,eranopure  grandissime  vir- 
tu. Questo  linguaggio  un  Cattolico  lo  adopera  per  onorare  i  Santi: 
e  rivolto  a  tal  uomo  non  puo  fare  a  meno  di  urtare  il  sentimento  di 
chiunque  distingue  il  sacro  dal  profano  ed  il  hello  artistico  della 
honta  morale. 

Fin  qui  abbiamo  mostrato  la  lealta  dell'  apologista  del  Ranalli  e 
la  falsita  della  Civiltd  Catlolica  nell'  accusare  questo  secondo  di 
spirito  poco  cattolico.  Dovremmo  ora  esaminare  allo  stesso  modo 
1'apologia  per  rispetto  allo  spirito  politico.  Ma  poiche  da  un  canto 
in  opera  di  buona  fede  la  meta  delle  prove  recate  potrebbe  bastare 
a  giustificarci,  e  dall' altro  anche  lo  Spettatore  riconosce  troppo  ar- 
dita  in  materia  politica  una  frase  del  Ranalli,  ci  contenteremo  del 
fm  qui  risposto :  tanto  piu  che  dopo  la  stampa  di  quella  Rivista  (9 
Genn.  18o8)  il  fatto  spaventevole  del  14  imponead  ogni  censore 
onesto  e  cristiano  un  riserbo  che  prima  sarebbe  stato  eccessivo. 
Non  torneremo  dunque  a  toccar  cosa  che  possa  tribolare  nuova- 

\  VASARI  Edizione  di  Venezia  1828,  pag.  260,  del  vol.  VII. 


BELLA  STAMPA  ITALIANA 

mente  quell'Autore  sventurato  e  dabbene,  il  quale  Dio  sa  se  avreb- 
be  voluto  che  un  avvocato  venisse  ad  obbligarci  a  ricordare  e  chia- 
rire  in  pubblico  ci6  cba  a  lui  sarebbe  slato  probabilmente  piu  utile 
mandare  in  oblio.  Certamente  non  siamo  noi  che  abbiamo  voluto 
rifrugare  coteste  piaghe;  compiuto  il  debito  di  mettere  in  guardia 
1'universale,  noi  avremmo  lasciatain  pace  una  persona,  percui  non 
abbiamo  alcun  titolo  di  avversione  personale  e  molti  ne  abbiamo  di 
stima  e  di  riverenza. 

Qui  potrebb'essere  finita  la  nostra  rivista  che  mostrera,  speria- 
mo,  ai  nostri  lettori  (non  certamente  a  quei  dello  Spettalore),  quanto 
siano  ponderate  le  nostre  censure  ;  nelle  quali  ci  studiamo  sempre 
che  i  biasimi  sieno  anzi  minori  cha  maggiori  del  demerito.  Ma  resta 
allo  Speltalore,  un  argomento  estrinseco  che,  cominciato  nel  primo 
dei  tre  articoli,  e  stato  potentemente  ribadito  nel  terzo  :  di  che  si 
pu6  credere  che  in  esso  1'  articolista  riponesse  il  suo  Achille.  E 
quell'  argomento  si  trae  dalle  approvazioni  censorie  e  dal  silenzio 
della  Congregazione  dell'Indice  intorno  alia  prima  edizione  del  Ra- 
nalli.  Ora  diciamo  noi:  se  \oSpetlatore  pu6  trovare  impudenza,  men- 
zogne ,  turpiludini  abominevoli ,  fango  del  giornalismo  e  va  dicendo 
nella  Civilta  Cattolicafirmata.  dalla  censura  di  Roma  nel  1858,  com'e 
possibilecheegli  dia  tal  peso  alia  censura  fiorentina,  che  non  sia  le- 
cito  biasimare  un'operache  ella  abbia  firmato  nel!845?  E  poi  com'  e 
possibile  che  voglia  condannarci  a  sapere  tutti  i  libri  che  furono  ap~ 
provati  in  quel  tempo,  quando  nella  seconda  edizione  non  si  trova 
mentovata  quell'approvazione  ?  Quanto  alia  Congregazione  dell'  In- 
dice,  1  articolista  s'  ingannerebbe  a  partito  se  pensasse  cbe  un  libro 
in  quello  non  contenuto  nominatamente,  sia  per  cio  solo  libro  buo- 
no  e  pero  approvato  dalla  Chiesa.  Non  tutti  i  libri  sono  recati  alia 
conoscenza  della  Congregazione,  e  quand'anche  fossero,  il  solo  fat- 
to  di  nori  averli  condannati  non  e  segno  di  averli  approvati. 


726  RIVISTA 

III. 

Scritli  varii  del  Dotlor  LUIGI  MAIM. 

La  patria  del  Sigonio  e  del  Muratori  non  fu  mai  scarsa  di  nobili 
ingegni,  che  alle  classiche  lettere  congiungessero  gli  studii  seven 
della  critica  e  della  erudizione.  E  che  nol  sia  anche  oggidi,  bastano 
a  provarlo  i  nomi  illustri  di  un  Cavedoni,  di  un  Parenti,  di  un  Ve- 
ratti ,  di  un  Galvani  e  di  altri  che  1'Italia  venera  come  maestri  nel- 
le  diverse  discipline,  cui  hanno  arricehite  e  seguono  ad  arricchi- 
re  co'loro  scritti. 

Ora  al  bel  numero  di  cotesti  eletti  ingegni,  onde  fiorisce  Modena> 
deve  ascriversi  anche  ilDottor  Luigi  Maini,  autore  di  parecchi  opu- 
scoli  eruditiestorici,piccoli  di  mole  ma  pieni  di  buon  succo  di  erudi- 
zione e  per  chiunque  misuri  il  valore  de'libri  non  a  spanne  o  a  peso 
di  carta,  ma  dal  buono  che  contengono  e  dal  molto  che  costarono  di 
studii  e  di  fatiche,  pregevoli  assai  piu  di  molte  altre  opere  che  fan- 
no  oggidi  nel  mondo  tipograQco  ingombro  voluminoso.  Oltre  poi 
1'  essere  pregevoli  per  se  stessi,  son  tali  ancora  doppiamente  per  le 
belle  speranze  che  danno  del  tanto  piu  e  meglio  che  1'Autore,  tut- 
tavia  fresco  di  eta,  promette  col  crescere  degli  annie  degli  studii.  I 
suoi  lavori  furono  messi  a  stampain  varii  tempi,  ora  a  parte,  ora  in 
raccolte  periodiche  e  specialmente  in  quella  pregevolissima  degli 
Opuscolireligiosi,  morali  e  lelterarii  di  Modena ;  e  noi  ne  abbiamo 
fatto  qualche  menzione  altrove ,  ma  qui  li  raccoglieremo  a  breve 
rassegna,  dalla  quale  potra  il  lettore  facilmente  giudicare  dello  spi- 
rito  e  del  merito  dell'Autore. 

Tn  primo  luogo  ricorderemo  le  edizioni  da  lui  fatte  di  scritti  al- 
trui  inediti  o  dimentichi,  e  preziosi  per  valore  storico  o  letterario. 
Tali  sono  primieramente  due  Lettere  di  Alessio  Visdomini  gentil- 
uomo  ferrarese  ,  in  cui  sono  minutamente  descritte  le  cerimonie 
deirinaugurazione  al  seggio  ducale  di  Ferrara  di  Ercole  II  nel  1534 
e  di  Alfonso  II  nel  Ioo9  1  :  le  quali  lettere,  benche  siano  a  stampa 

1  Sopra  I'avvenimento  al  seggio  ducale  di  Ferrara  di  Ercole  secondo  e  di 
Alfonso  secondo  successore  di  lui ,  Lettere  di  ALESSIO  VISDOMIM  ,  con  airerti- 
mento  preliminare  del  Dott.  LuiGi  MAIM.  Modena,  Moueti,  1836. 


BELLA  STAMPA  ITALIANA  727 

nelle  Memorie  storiche  di  Rcggio  di  Lombardia  del  Conte  Nicola 
Taccoli,  pubblicate  in  Carpi  nel  1769,  possono  tuttavia  riguardarsi 
come  inedite  ,  atteso  la  rarita  grande  di  quest'  Opera  ,  e  valevano 
certo  1'onore  di  riveder  la  luce,piu  chenon  certe  altre  che,  seeondo 
il  vezzo  di  oggidi  ,  si  vanno  talora  dissotterrando  dagli  archivit 
senza  niun  vantaggio.  Degnissime  dello  stesso  onore  erano  le  due 
Leggende  di  S.  Giuliano  e  di  S.  Eustacliio  ,  che  il  Maini  trasse  da 
un  codice  antico,  scritto  cioe  sul  cadere  del  secolo  XIV  odal  comin- 
ciare  del  XV ;  siccome  quelle  che  per  1'aurea  semplicita  del  dettato 
e  per  la  purezza  della  lingua  risnlendono  bene  tra  i  gioielli  del  no- 
stro  trecento  1.  La  prima  di  esse  ,  dice  1'editore  ne\\' Avvertimenio 
posto  innanzi,  e,  per  quanto  mi  sappia,  inedita  affatto:  la  seconda, 
benche  gia  pubblicata  dal  Manni  e  poscia  dal  Cesari,  e  aggiunta  per 
dare  un  saggio  compiuto  del  codice  da  cui  ambeduesono  trascritte. 
II  congiungere  poi  in  una  sola  edizione  le  leggende  di  quei  due 
santi  fu  bel  pensiero  ,  atteso  la  somiglianza  che  corre  tra  essi  nelle 
avventure  cbe  le  tradizioni  ce  ne  ricordano  :  come  fu  bel  pensiero 
e  cristiano  lo  scegliere  tal  pubblicazione  pel  festeggiamento  di  noz- 
ze  illustri ,  giacche  «  oltre  il  pregio  che  loro  deriva  dalle  bellezze 
del  dettato,  e  che  solo  varrebbe  a  renderle  piu  important!  delle  so- 
lite  cantafere  epitalamiche,  harmo  pur  questo  non  meno  considere- 
vole  di  rivelarci  utili  ammaestramenti  di  vita  matrimonial^  2  ». 

Dal  medesi mo  codice  e  pur  tratta  un'altra  LeggendadiS.  Cristo- 
foro  anch'essa  inedita  3  e,  come  le  due  precedent!,  corredata  dal- 
1'editore,  nell'Avyertimento  preliminare  e  nelle  note,  di  illustrazioni 
storiche  e  filologiche,  le  quali  grandemente  ne  accrescono  il  pregio. 

Finalmente,  tra  coteste  edizioni  sono  da  noverare  le  memorie  da 
lui  tratte  a  luce  di  alcuni  Santi,  appartenenti  alia  Chiesa  di  Mode- 
na,  o  perche  ivi  ebbero  i  natali  come  sono  quei  Beati  modenesi,  le 

1  Leggende  di  San  Giuliano  e  Sant' Eustachio  seeondo  la  lezione   di  un  co- 
dice antico,  pubblicate  dal  Dott.  LuiGi  MAINI.  Reggio,  Torreggiani  1854. 

2  Ivi  pag.  15. 

3  Lcggenda  di  S.  Cristoforo  edita  seeondo  la  lezione  di  un  codice  antico  dal 
Dott.  LuiGi  MAINI,  ad  illustrazione  di  una  vecchia  pittura  tests  scoperta  nella 
cuttedrale  di  Modena.  Modena,  Pelloni  1854. 


728  RIVISTA 

cui  Vite  egli  pubblic6  da  un'operetta  latina  inedita  di  Francesco  For- 
ciroli  *,  o  perche  vi  ban  culto  speciale,  come  S.  Omobono ,  una 
cui  Vita,  antica  sopra  quantece  ne  sono  rimaste  e  finora  inedita,  il 
Maini  trascrisse  da  un  codice  di  Reggio  del  secolo  XV,  e  pubblico 
la  prima  volta  2  nell'occasione  solennissima  delta  visita  che  il  S. 
P.  Pio  IX  fece  a  Modena  nel  Luglio  del  1857,  riserbandosi  a  ripub- 
blicarla,  con  tutto  1'  opportuno  corredo  di  iliustrazioni  e  di  note, 
negli  Opuscoli  religiosi  morali  e  letlerarii  di  Modena. 

Passando  ora  agli  scritti  originali  del  Maini,  ci  si  fa  innanzi  tra 
i  piu  rilevanti  quello  che  egli  pubblic6  nel  1853  intorno  alle  Corse 
del  polio  in  Modena  3  -.  dotta  monografia,  piena  di  varia  ed  amena 
erudizione,  ove  dalle  memorie,  dalle  cronache  e  dalle  storie  patrie 
1'Autoreha  raccolto  e  ordinato  tutto  ci6  che  si  riferisce  al  costume 
di  correre  il  palio ,  usato  per  festeggiamento  pubblico  in  Modena 
come  in  altre  citta ,  e  continuatovi  dal  secolo  XIII,  al  quale  ne  ri- 
salgono  i  primi  ricordi,  fino  ai  tempi  nostri.  Siccome  poi  tra  le 
fonti  da  lui  investigate  a  quest'uopo  gli  venne  alle  mani  un  docu- 
mento  assai  pregevole  in  versi  latini  del  Rococciolo,  poeta  mode- 
nese  del  secolo  XVI,  velo  aggiunse  come  appendice,  sotto  il  titolo: 
De  spectaculis  urbis  Mulinae  ex  poemate  manuscripto  Publii  Fran- 
cisci  Rococciolii ,  quod  Mutineis  inscribilur,  accompagnato  da  una 
traduzione  in  versi  italiani  di  Marc' Antonio  Parenti,  e  preceduta 
da  una  dissertazione  storica,  in  cui  1'Autore,  presa  occasione  dal 
poema  del  Rococciolo ,  discute  ed  illustra  alcuni  punti  di  storia 
patria ,  e  specialmente  intorno  alia  famosa  guerra  tra  i  Modenesi 
e  i  Bolognesi ,  cantata  dal  Tassoni  nella  Secchia  Rapila. 

1  Vite  de'Beati  Modenesi  ece.  Modena,  Pelloni,  1856.—  Dei  Beati  Gherardo, 
Bangoni,  e  Gherardo  Boccabadati  di  Modena  dell'Ordine  dei  Frati  Minoriecc. 
Modena,  Rossi,  1856. 

2  Sancti  Homoboni  Civis  Cremonensis,  Mutinae  patroniminoris,  Vita  anti- 
quior  nunc  primum  in  lucem  prodit  cura  et  studio  ALOISII  MAINI  I.  U.  D.  Mu- 
tinae, Soliani,  1857. 

3  Le  Corse  del  Palio  in  Modena,  Cenni  storici  del  Doit.  LUIGI  MAINI.  Mode- 
na, Cappelli,  1853. 


DELLA  STAMPA   1TALIANA  729 

Di  argomento  non  dissimile  e  un  altro  scritto  del  Maini  intorno 
all'uso  Dei  sollazzi  profani  a  mezza  quaresima  ecc.  i.  Del  quale  uso 
comune  in  Italia  efuori  egli  descrive  le  varie  fogge  adoperate  nelle 
diverse  citta  d'  Italia,  e  specialmerite  in  Reggio,  ne  ricerca  le  ori- 
gini ,  ne  arreca  le  ragioni ,  mescolando  al  diletto  delle  curioseno- 
tizie  ivi  da  lui  raccolte  Futile  di  savie  considerazioni ,  degne  di 
chi  sa  trovare  nei  soggetti  anco  piu  tenui  della  storia  gli  am- 
maestramenti,  di  cui  ella  e  sempre  feconda. 

A  questi  temi  profani  sieguono  altri  di  materia  sacra,  apparte- 
nenti  cioe  al  culto  e  aU'Agiografia  cristiana,  nella  qual  parte  di 
storia  il  Maini  sembra  aver  posto  principalmente  1'  amore  e  lo  studio 
delle  sue  erudite  ricerche.  Due  di  essi  risguardano  il  culto  di  Maria 
Vergine  Assunta  e  della  sua  Immacolata  Concezione,  nella  citta  di 
Carpi  2.  Altri  trattano  della  vita,  del  culto  e  delle  immagini  di 
S.  Contardo,  della  nobilissimaCasa  Estense,  fiorito  nel  secolo  XIII, 
e  in  sulla  fine  del  XVII  eletto  dalla  citta  di  Modena  per  suo  special 
Protettore  3.  Ma  piu  ragguardevoli  per  ampiezza  e  per  acume  d1  in- 
vestigazioni  storiche  sono  i  tre  lavori,  che  il  Maini  mise  in  luce 
Vanno  scorso  intorno  a  S.  Possidonio,  alia  traslazione  del  suo  corpo 
dalle  Puglie  nell'agro  mirandolano,  all' invenzione  del  medesimo,  e 
a  varii  monumenti  risguardanti  la  storia  del  suo  culto  7*.  In  questi 

1  Dei  sollazzi  profani  a  mezza  quaresima,  ed  in  ispecie  Delle  Vecchie  in 
Reggio  di  Lombardia,  Cenni  storici  del  Dott.  LuiGi  MAINI  da  lui  medesimo  com- 
pendiati,  Reggio,  1855. 

2  La  festa   dell'  Assunta  in  Carpi,  Cenni  storici  di  LmGl  MAIM.  Modena, 
Vincenzi  1849. 

Del  Culto  all'  Immacolata  Concezione  di  Maria  nella  citta  di  Carpi,  Ricor- 
di  del  Dott.  LUIGI  MAINI,  con  iscrizioni.  Carpi,  1855. 

3  San  Contardo  d'Este,  Comprotettore  di  Modena,  Ricordi  storici  del  Dott. 
LUIGI  MAINI.  Modena,  1857. 

Jconografia  di  S.  Contardo  d'Este,  Comprotettore  di  Modena.  Modena,  18S7. 

4  Sopra  la  traslazione  del  corpo  di  san  Possidonio  dalle  Puglie  nell'  agro 
mirandolano  alia  Chiesa  che  da  lui  s'intitola,  Osservazioni  storiche -critiche 
del  Dott.  LUIGI  MAINI.  Modena;  1857.  -  Di  alcuni  monumenti  risguardanti  la 
storia  del  culto  di  S.  Possidonio,  protettore  principale  della  Citta  e  del  Ducato 


730  RIVISTA 

specialmente  1'Autore  non  solo  da  prova  di  vaste  cognizioni  stori- 
che  e  di  profonda  erudizione,  ma  si  mostra  largamente  fornito  di 
quella  solidita  di  giudizio,  penetrazione  di  mente ,  giustezza  di 
raziocinio  e  lucidezza  di  esposizione,  senza  le  quali  il  critico  e  1'eru- 
dito  in  luogo  di  arrecar  luce  nei  punti  oscuri  e  scabrosi  della  storia 
non  riesce  che  ad  avvilupparli  di  maggiori  tenebre. 

Da  questo  rapido  prospetto  dei  lavori  del  Mdini  (di  quelli  almeno 
che  sono  giunti  a  nostra  notizia),  i  nostri  lettori  si  saranno  avveduti 
quali  siano  le  predilezioni  deU'Autoreecome,  nell'  immense  campo 
che  offre  agl  ingegni  la  storia  erudita,  egli  abbia  prescelto  per  se  i 
soggetti  patrii  e  religiosi.  Dell' aver  eletto  soggetti  patrii,  nissuno 
certogli  dara  biasimo,  ma  piuttosto  lode  grandissima,  non  potendo  in 
nessuno  cadere  il  dubbio  che,  tra  le  molte  maniere  di  servire  utilmen- 
te  coll'ingegno  alia  patria,  nobilissima  non  sia  quella  d'  illustrarne 
la  storia.  E  se  nella  gioventu  italiana  molti  valorosi  e  fervidi  inge- 
gni,  invece  di  correre  dietro  a  folli  utopie,  applicassero  la  mente  a 
severi  studii  con  zelo  somigliante  a  quel  del  Maini,  certamente  po- 
trebbero  un  giorno  meritare  dell'Ilalia  assai  meglio,  che  non  fanno 
avviluppandosi  in  arcane  tranie  di  congiure  e  di  sedizioni  e  prepa- 
rando  a  lei  nuovi  dolori  e  nuove  vergogne. 

Ma  non  tutti  forse  concorderanno  ugualmente  nel  commendarlo 
di  dedicarsi  a  soggetti  religiosi.  Lasciamo  stare  quella  generazione 
d'uomini  e  di  giornali  che  fan  professioue  di  libertinismo  e  d'ir- 
rehgione,  giacche  costoro  avendo  a  stomaco  ogni  cosa  che  sentadi 
pieta  e  di  religione,  non  e  maraviglia  che  versino  censure  ed  ezian- 
dio  dileggi  sopra  chi  ad  essa  dedica  la  penna  e  1'ingegno,  e  dei 
loro  hiasimi  non  che  turbarsi,  deve  anzi  uno  scrittore  cattolico  te- 
nersi  onorato.  Ma  per  avventura  eziandio  tra  i  Cattolici  onesti  e 
sinceri  potrebbe  trovarsi  chi  non  facesse  buon  viso  agli  studii  reli- 
giosi del  Maini,  non  gia  perche  sieno  religiosi,  ma  perche  egli  e  uo- 
mo  laico,  e  non  credono  che  ad  uomo  laico  si  convenga  il  penelrare 
nel  santuario  di  certe  discipline  piu  strettamente  sacre,  quali  sono 

della  mirandola,  Cenni  illustrativi  del  Dott.  LviGi  MAIM.  Modena,d8o7.  -  So- 
pra la  invenzione  del  corpo  congelturato  di  S.  Possidonio  ecc.  memoria  del 
Dott.  LUIGI  MAIM,  con  documcnti.  Modena,  18^7. 


DELLA  STAMPA  1TALIANA  731 

Ie  agiografiche  e  liturgiche,  oppure  temono  che  questein  tali  mani 
non  abbiano  a  ricevere  danno  piuttostocheincremento  e  splendore. 

Se  non  che,  a  giudizio  nostro,  questo  timore  che  in  raltri  casi  pu6 
esseresavio,nelcasopresentenonhaalcunfondamento.  La  condizio- 
ne  laicale  per  senon  togliealcertochealtri  possatrattare  con  lode  le 
scienze  sacre  e  quanto  ad  esse  si  attiene.  Ne  ci  mancano  in  Italia  , 
(per  tacere  gli  estranei  comeilDeMaistre  e  il  Chateaubriand)  esempii 
illustri  di  autori  che,  senza  essere  chierici ,  scrissero  saviamente  e 
utilmentedi cose  religiose:  bastino  per  tutti  Scipione  Maffei  e  Ales- 
sandro  Manzoni,  epiu  recentemente  ancora  il  prof.  Ignazio  Monta- 
nari,scrittore  esimio  di  agiografia  e  1'  indefesso  Conte  Tullio  Dan- 
dolo  che  tanti  e  svariati  lavori  sta  regalando  all' Italia.  Corne  dal- 
1'  altra  parte  non  mancano  pur  troppo,  benche  la  Dio  merce  siano 
pochi,  esempi  di  chierici,  i  quali  o  scrivessero  di  cose  disdicevoli 
anche  a  un  profano  o  trattassero  la  religione  ela  dottrina  sacra  con 
profanita  secolaresca,  anzi  pagana.  Imperocche  il  trattare  bene  o 
male  di  cose  religiose  non  dipende  dall'  estrinseche  qualita  di  chi 
scrive,  ma  si  dalle  intrinseche  delta  mente  e  del  cuore.  Quando  la 
prima  sia  fornita  disana  e  solida  dottrina,  e  il  secondo  sia  informa- 
toda  uno  spirito  veramente  cattolico,  pio  e  ossequioso  all'  autorita 
della  Chiesa,  non  v'  e  nulla  a  temere  e  v'  e  molto  a  sperare  dall'  in- 
gegno  dello  scrittore.  E  questo  appunto  si  avvera  nel  Maini,  sicco- . 
me  gli  scritti  medesimi  da  lui  finqui  pubblicati  ce  lie  fanno  sicura 
testimonianza.  Quindi  ben  lontani  dal  dubitare  di  lui  o  dal  fargli 
colpa  di  temerario  per  aver  messo  mano  a  studii  religiosi  ed  agio- 
grafici,cisem bra  anzi,  che  tutti  i  buoni  debbano  sapergliene  grado 
e  favorirne  1' opera. 

Quanto  a  noi ,  ci  congratuliamo  col  Maini  delle  sue  dotte  e  reli- 
giose elucubrazioni  tanto  piu,  volentieri,  quanto  che  in  esse  egli  ac- 
cenna  e  promette  altre  opere  di  maggior  lena ,  sopra  le  quali  sta 
alacremente  lavorando.  L'ottimo  saggio  che  egli  ha  dato  di  se  colle 
precedenti,  ci  fa  desiderate  ch'  esse  vengano  presto  in  luce  ed  ab- 
biano una  lunga  e  nobile  successione. 


ARCHEOLOGIA 


1.  II  mondo  di  Cerere  —  2.  Nuovo  cpiteto  a  Giove  —  3.  Solenne  granchio  pescalo 
in  riva  alia  Senna  —  4.1  pifferi  di  montagna  —  J5.  Una  nuova  epigrafe  aggiun- 
ta  al  Museo  kircheriano  —  6.  Messico.  —  7.  Urna  del  sig.  Giulielti  di  Chiari 
pubblicata  dal  sig.  Hubner. 

1.  Gli  antichi  Romani,  che  eran  uomini  di  grande  giudizio  o  come  si  dice 
a'di  nostri  di  molto  senno  pratico,  lo  dimostrarono  ancora  nell'imporre  alle 
cose  nomi  proporzionati  alia  loro  jmportanza.  Quindi  e  che  a  tutta  quella 
moltitudine  di  attrezzi  (noi  diremmo  bazzicalure),  con  cui  le  donne  cercavano 
di  farsi  piu  belle  che  non  avea  voluto  farle  la  madre  natura,  accomunaro- 
no  quella  voce  medesima,  con  cui  dalla  sua  bellezza  denominarono  1'  uni- 
verso.  Che  anzi  pretendono  i  tedeschi  editori  del  Forcellini  (con  quanta  ra- 
gione  lo  lasceremo  giudicare  ad  altri)  che  il  primo  significato  della  parola 
mundus  sia  proprio  quella  moltitudine  di  ornameuti  donneschi,  con  cui  so- 
levano  lisciarsi  e  strebbiarsi  per  comparire.  Da  questo  significato  della  voce 
mundus  deriv6  il  chiamarsi  col  medesimo  nome  quella  cista  si  spesso  men- 
tovata  negli  scrittori  che  parlano  de'  misteri  di  Cerere,  perche  conteneva 
varii  oggetti  sacri  al  culto  di  quella  Dea.  Un  esempio  chiarissimo  di  quest'u- 
so  riscontrasi  in  Apuleio,  il  quale  incolpato  dal  suo  accusatore  dell'  essersi 
trovato  tra'suoi  mobiliuno  specchio;  tesse  di  questo  un  panegirico,  del  quale 
ci  duole  di  non  potere  addurre  che  il  principio.  Quoniam,  ut  res  est,  mains 
periculum  decernis  speculum  philosopho,  quam  CERERIS  mundum  profa- 
no  videre,  con  quel  che  segue.  Se  questo  luogo  di  Apuleio  fosse  venuto  in 
memoria  a  due  chiarissimi  archeologi  della  nostra  eta,  noi  ci  diamo  a  crede- 
re che  non  avrebbero  esitato  nella  interpretazione  di  una  insigne  epigrafe 
capuana  tornata  in  luce  non  ha  gran  tempo. 

,   .  .  iCVRIA.  M.  F.  SACERDOS 

CERIALIS.  MVNDALIS 

D.  S.  P.  F.  C. 

Posta  quella  testimonianza  chiarissima  di  Apuleio  che  parla  del  mondo  di 
Cerere  siccome  di  cosa  notissima,  appena  ci  sembra  probabile  che  la  nuova 
sacerdos  Cerialis  Mundalis  possa  spiegarsi  altrimenti  che  per  la  sacerdo- 


ARCHEOLOGIA  733 

tessa  a  cui  era  affidata  la  custodia  della  cista  di  questa  Dea;  e  non  pare  che 
sia  meslieri  di  ricorrere  ne  al  pane  bianco  ne  all'  orco ,  siccome  vediamo 
essersi  fatto  nel  Bullettino  archeologico  napoletano  n.  s.  vol.  V,  pag.  91,  e  nel 
Bullettino dell'Instituto  di  corrispondenza  arctieologica.  Ma  qualunque  sia  la 
significazione  che  voglia  darsi  a  questa  voce  Mundalis,  ella  sara  raccolta  da- 
gli  ampliatori  del  lessico  latino,  a  cui  finora  essa  manca. 

2.  Ne'  due  numeri  or  ora  citati  de'  due  Bulletlini,  da  cui  siamo  usati  di 
trarre  la  parte  principale  delle  notizie  archeologiche,  viene  riferita  e  qualifi- 
cata  per  importante  la  seguente  iscrizione  trovala  nella  stessa  citta  di  Capua. 

ti.  claudio.  NERONE.  P.  Quintilio.  varo.  cos 

...   ANTISTIO.  L.  F.  CAMPANO.  II.  VIR.  T.  POMPONIO.  Q.  BIVELLIO.  AED. 

/.  cocceivs.  C.L.  M.  L.  PAPA.  AEDIC,  IOYI.  LAR.  EX.  D.  D. 

I  supplementi  sono  del  signer  Cav.  Minervini,  che  primo  la  pubblic&;  e  sopra 
questi  1'Henzen  non  truova  che  replicare.  Non  cosi  quanto  allaparola  LAR, 
che  il  Minervini  proponeva  d'  interpretare  LARISSEO,  ed  egli  crede  piii  pro- 
babile  aversi  ad  interpretare  per  laribus,  non  trovando  veruna  difficoita  o 
nel  vedere  un'edicola  dedicata  a  due  divinita  senza  1' intermedia  copula  et 
o  nel  vedere  congiunto  Giove  coi  Lari,  pe'  riscontri  che  vi  ha  dell'  una  par- 
ticolarita  e  dell'altra  in  parecchie  iscrizioni.  Di  cosi  fatte  spiegazioni  non  si 
tenne  pago  1'insigne  archeologo  M.  Gelestino  Cavedoni;  e  se  il  Minervini 
fe  viaggiare  quel  controv'erso  titolo  di  Giove  dalla  Tessaglia,  il  ch.  Modenese 
lo  fa  venire  dalla  Lidia  e  propone  di  supplire  LARASIO.  La  stima  inverse 
questi  solenni  maestri,  per  quanto  grande  ella  sia,  non  dee  farci  tenere  per 
dimostrazioni  quelle  che  essi  medesimi  non  tengono  che  per  semplici  con- 
getture ;  ne  parra  temerita  se  scostandoci  con  riverenza  dalla  loro  opinione; 
proponiamo  modestamenle  che  in  quel  Lar  si  possa  contenere  una  voce  che 
non  sia  ne  il  Larisseo  del  Minervini,  milLaribus  dell'Henzen,  neilLara- 
sio  del  Cavedoni.  Ce  ne  porge  sospetto  il  seguente  luogo  di  Macrobio,  che 
non  vediamo  citato  da  nissuno  di  loro,  Decimo  Kalendas  (ianuarias)  feriat 
sunt  lows,  quae  appellantur  Larentinalia.  Sopra  le  quali  ferie  fattosi  Ma- 
crobio ad  esporre  le  varie  opinioni  che  correvano  allora  fra  i  dotti,  mette 
prima  d'ogni  altra  quella  che  le  ponea  celebrate  in  onore  di  Acca  Larenzia, 
famosa  meretrice  che,  passata  poi  a  giuste  nozze  con  un  ricchissimo  toscano 
per  nome  Carucio,  fu  da  lui  lasciata  erede  del  suo  patrimonio,  il  quale  poi 
venendo  ella  a  morte  lascio  al  Popolo  Romano.  Per  tal  benefizio,  soggiunge 
Macrobio,  Ab  Anco  in  Velabro  loco  celeberrimo  urbis  sepulta  est:  ac  solle- 
mne sacriftcium  eidem  constitulum,  quo  dls  manibus  eius  per  flaminem 
sacrificaretur,  IOVIQUE  FERIAE  CONSECRATAE,  quia  aestimaverunt  antiqui 
animas  a  love  dari,  et  rursuspost  mortem  eidem  reddi  (Saturnal.|T,  10).  Ora 


734  ARCHEOLOGIA 

quale  ripugnanza  vi  sarebbe  nell'ammeUere  che  in  quel  Lar  si  chiuda  un  epi- 
teto  di  Giove  derivato  dalle  feste  Larentinali?  Certo  noi  sappiamo  dallo  stes- 
so  Macrobio  che  i  Laurentini  dall'essere  le  caleade  consecrate  a  Giunone, 
cognomen  deae  ex  cerimoniis  addiderunt  KALENDAREM  IVNONEM  vocantes 
(Sat.  I,  16).  Non  e  dunque  assurdo  il  pensare  che  i  Romani  praticassero  il 
somigliante  col  marito  di  lei,  chiamandolo  lovem  Larentinalem .;  e  che  un. 
tal  nome  insieme  colle  ferie  trasportassero  in  Capua  nel  condurvi  la  loro  co- 
Ionia,  siccome  vediamo  avervi  trasportate  altre  usanze  religiose  e  civili. 
Ammettendo  questa  interpetrazione,  si  sfugge  la  difficolta  che  nasce  dal  ve- 
dere  con  un  monumento  alzalo  per  consenso  dell'  autorita  pubblica  in  tempo 
si  antico  approvarsi  un  culto  straniero,  dove  Lar  s' interpret!  perLarasius  o 
Larisseus.  Ne  ad  accettare  il  Larasius  sembra  argomento  bastevole  il  cogno- 
me  del  de(licante,perche  un  tal  cognome  se  trovasi  in  Frigia,  trovasi  ancora  in 
altripaesi.  Ouanto  all'interpretare  LAR  per  LAR1BVS,  veggano  i  dotti  in  epi- 
gruQa  (e  il  signer  Henzen  fra  i  primi)  se  sia  prudente  il  supporre  dimezzato 
il  name  delle  divinita  a  cui  insieme  con  Giove  era  sacra  1'edicola,  doe  del  sog- 
getto  medesimo  dell'epigrafe.  Chi  dovesse  a'  tempi  nostri  dettare  un'  isorizio- 
ne  da  porre  sulla  facciata  d'un  tempio  crisliano  innalzato  in  onore  di  due 
Santi,  poniamo  de'  gloriosi  martiri  Lorenzo  e  Sebastiano,  non  gli  sorgerebbe 
certo  in  mente  di  scrivere:  LAVRENTIO  SEB.  Per  questa  ragione  ci  sembra 
poco  verisimile  che  in  Lar.  si  chiuda  altra  cosa  che  un  epiteto  di  Giove. 
Dove  Larentinalis  non  paresse  doversi  accettare,  a  preferenza  di  Larasius 
o  Larisseus  ci  piacerebbe  Lararius  o  Laralis;  voCi  nuove  anche  queste,  ma 
pero  confortate  dall'analogia  di  Lararium  e  di  Laralia;  tanto  piii  che  il 
culto  di  Giove  era  congiunto  con  quello  de'  Lari,  come,  oltre  alle  ragioni  ad- 
dotte  dall'Henzen,  provasi  colla  testimonianza  di  Macrobio  sopra  allegata  e 
forse  col  lupiter  domesticus  (Or.  1236),  col  quale  il  lupiter  Lararius  po- 
trebb'essere  unacosa  medesima.  Del  valoredi  queste  nostre  congetture  la- 
sciamo  che  giudichino  i  dotti.  Se  mai  inveced'una  lasca  avessimo  pescato 
un  granchio,  lo  pongano  insieme  col  seguente  che  fu  pescato  in  riva  alia 
Senna  da  uno  degli  scrittori  della  Revue  archeologique. 

3.  L' ultimo  quaderno  a  noi  pervenuto  di  queslo  periodico,  ch'e  del  15  di 
Gennaio  1858,  a  pag.  595  -  598 ,  contiene  un  catalogo  di  alcuni  oggetti  an- 
tichi  scoperti  presso  alle  veluste  citta  di  Cosa  e  d'Hispalia.  Al  n.°  11  leg- 
giamo  questa  notizia  che  trasportiamo  a  verbo.  «  Pesi  in  terra  cotta ,  tra- 
forati  con  due  buchi  e  portanti  scavata  1'iscrizione  C.  R.  Sopra  una  lucerna 
della  medesima  terra ,  provegnente  dai  nostri  scavi ,  io  leggo  quest'  altra 
iscrizione:  COPPI  RES;  (cosa  di  Coppus),  e  che  mi' sembra  offerire  il  nome 
del  fabbricatore.  L'  iscrizione  del  nostro  peso  potrebbe  forse  non  esserne 
che  1'  abbreviazione:  e  non  presentare  che  le  letlere  iniziali  delle  due  pa- 
role che  la  componevano. »  II  dotto  scrittore  ebbe  <nii  una  piccola  distra- 


ARCHEOLOGIA  735 

zione  di  mente;  attesoche  il  Coppi  res  invece  di  valere  chose  de  Coppus 
significa  Gait  OPPK  RES^uit ,  epigrafe  che  leggesi  frequentissima  in  anti- 
che  lucerne,  secondoche  ne  alTerma  il  P.  Garrucci. 

4.  E  poiche  trattando  della  Revue  Archeologique  la  giustizia  voleva  che 
mentovassimo  il  Garrucci  che  ne  fete  accord  di  questo  granchio  solenne, 
prenderemo  di  qui  1'occasione  di  sciogliere  un  debito  che  abbiamo  con  lui  e 
coi  nostri  lettori.  Nel  passare  in  rassegna  la  prima  parte  del  suo  bel  lavoro 
epigrafico  intorno  alia  celebre  iscrizione  di  Autun,  accennammo  che  il  si- 
gnor  G.  P.  Rossignol  Con  quella  furia  e  con  quella  tempesta  Oh'  escono  i 
cani  addosso  al  poverello,  fe  uscire  nella  Revue  archeologique  una  violenta 
invettiva  non  degna  della  gentilezza  di  un  letterato,  molto  men  di  un  fran- 
cese ,  tacciandolo  di  plagio  e  d'ignoranza  del  greco  idioma.  A  siffatte  accu- 
se sono  gia  piu  mesi  che  il  Garrucci  diede  risposta  ;  e  tale  risposta  ,  quale 
il  Rossignol  certamente  non  si  attendeva;  essendosi' avverato  appunto  quel 
toscano  proverbio  che  i  pifferi  di  monlagna  andarono  per  sonare  e  furono 
sonati.  Quanto  all'  accusa  di  plagio  il  Garrucci  ne  mostra  ad  evidenza  la 
falsita  col  mettere  in  chiaro  che  il  senso  da  lui  dato  all'  epigrafe  di  Autun 
non  solo  difierisce,  ma  e  quasi  in  ogni  cosa  diamelralmente  opposto  a  quel- 
lo  del  Rossignol,  sicche  non  potea  rubare  da  lui.  Quanto  alFignorauza  del 
greco  che  questi  appose  al  Garrucci ,  la  risposta  ch'  egli  diede  al  chia- 
rissimo  professore  parigino  vinse  di  lunga  mano  la  nostra  aspettazione. 
Cos!  per  addurre  almeno  un  esempio ,  il  Rossignol  avea  definito  che  la  lo- 
cuzione  ev  Ppo-reoi;  per  ev  ppoTot;  a  significare  tra  i  mortali,  era  un  oltrag- 
gio  alia  lingua  greca.  Ma  quale  non  dovette  essere  la  sua  meraviglia 
nel  vedersi  provato  che  tra  gli  ollraggiatori  della  lingua  medesima  dovea 
mettersi  FatticissimoEuripide?  Ed  infatti  egli  fece  lo  scambio  riprovato  dal 
Rossignol  almeno  un  tre  volte ,  e  Vuna  di  esse  in  questa  sentenza,  che  nel 
caso  nostro  si  tradurrebbe  col  toscano  proverbio  addotto  poc'  anzi: 

3>t\j !    TWV  PpoTStwv  w;  avufjwcXau  ru^at. 

Del  quale  nostro  giudizio  intorno  alia  risposta  del  Garrucci  tanto  ci  tenia- 
mo  piu  sicuri ,  quanto  abbiamo  piu  forti  ragioni  a  pensare  di  avere  a  noi 
consenziente  il  medesimo  Rossignol.  Que'ste  sono  in  prima  la  sua  vivacita 
piu  che  francese,  manifestata  a  chiari  indizii  nella  presente  controversia  e 
nell'altra  col  signorLeon  Renier,  della  quale  ragguagliammo  i  nostri  lettori,. 
non  son  molti  mesi ;  e  poi  la  miuaccia  con  cui  terminava  la  sua  invettiva 
contro  il  Garrucci ,  se  questi  osava  fiatare.  11  silenzio  tenuto  dal  Rossignol 
6  la  prova  piu  convincente  che  egli  si  crede  pagato  infino  all'  ultimo  quat- 
trino;  e  tanto  piu  che  la  Revue  archeologique  dovette  annunziare  almeno  il 
titolo  della  risposta  del  Garrucci ,  benche  rifiutasse  contro  ogni  ragione  di 


736  ARCHEOLOGIA 

oquila  di  pabblicarla  per  non  offendere  il  Rossignol,  v'ha  chi  dice  direltore, 
certo  uno  de'piu  forti  campion!  di  quel  pcriodico.  II  quale  rifiuto  non  ci  sem- 
bra  molto  lodevole,  perche  avendo  egli  nelle  sue  pagine  dato  luogo  all'accu- 
sa,  era  cosa  assai  conveniente  che  non  lo  negasse  alia  discolpa,  e  tan  to  piu 
ad  una  discolpa,  nella  quale  la  moderazione  avanza  il  pregio  della  dottri- 
na.  E  nondimeno  il  Garrucci  si  mostra  cosi  versato.  come  in  altre  materie, 
cosi  nella  greca  filologia ,  che  la  risposta  di  lui  contiene  osservazioni  che 
invano  si  cercano  perfino  nel  Tesoro  di  Errico  Stefano  del  Didot.  Non  puo 
dunque  la  Revue  addurre  a  pretesto  del  suo  rifiuto ,  ch'ella  non  volesse  in- 
iardare  le  sue  pagine  di  pettegolezzi  o  d'  inezie.  Soddisfatto  alia  promessa 
che  facemmo  di  dar  conto  brevemente  della  risposta  che  il  Garrucci  avreb- 
be  dato  alle  invettive  del  Rossignol,  passiamo  ad  una  notizia  che  riuscira  piu 
cara  a  chi  professa  archeologia. 

5.  II  ch.  P.  Giuseppe  Marchi  acquist6  pelMuseo  Kircheriano,  e  con  la  gen- 
tilezza  usata  con  noi  molte  volte  ci  permette  di  trascrivere  e  pubblicare  una 
preziosa  epigrafe  in  versi  trovata  in  una  vigna,  posla  forse  un  cento  passi 
fuori  di  porta  Latina,  in  alcuni  scavi  diretti  dal  Gav.  Guidi,  al  quale  siamo 
debitori  di  tanti  monumenti  sacri  e  profani  tornati  in  luce  nel  nostro  tem- 
po. Alia  forma  de'  caratteri  e  piu  ancora  all'  ottimo  sapore  che  vi  trova- 
no  gl'intendenti  di  buona  latinita,  pu6  giudicarsi  di  eta  non  molto  lontana  dal 
miglior  secolo:  e  per  conseguente  fu  proprio  un  barbaro  chi  valendosene 
in  una  fabbrica,  siccome  di  un  materiale  inutile,  ci  tolse  di  avere  intera 
questa  leggiadrissima  epigrafe. Vero  e  che  la  parte  sopravanzata  dee  superare 
quella  che  and6  perduta;  ed  inoltre  fu  scarpellata  con  tanta  esattezza  per 
adattarla  aH'ampiezza  del  muro,  dove  ella  fu  adoperata  in  cambio  di  mat- 
toni,  che  ci  rimangono  dieci  versi  interi  e  sani;  sicche  non  ci  e  mestieri  di 
•volgerci  a  congetture  ne  a  supplementi.  Noi  li  riferiremo  prima  quali  si 
leggono  nella  lapide,  e  poi  con  le  parole  divise  da'proprii  segni  ortografici 
per  comodo  di  chiunque  abbia  poca  famigliarita  col  latino,  e  meno  ancora 
coU'epigrafia;  e  da  ultimo  ne  daremo  una  traduzione  in  nostra  lingua. 

MVLTOS  '  CVMCAPERET  '  SVPERBA  '  FORMA 
BLANDO  '  IVNCTA  '  VIRO  '  PVDICA  '  MANSIT 
QVINVNC  '  PROMERITIS  '  BENE  '  ADQVECASTE 
CORPVS  '  QVODPOTVIT  '  NEGARE  '  FLAMMAE 
VNGVENTO  '  ET  '  FOLEOROSISQVE  '  PLENVM 
VT  '  NVMENCOLIT  '  ANX1VSMERENTIS 
PARCAS  '  ORO  '  VIRO  '  PVELLA  *  PARCAS  . 
VT  '  POSSIT  '  TIBI  "  PLVR1MOS  '  PERANNOS 
CVM  '  SERTIS  '  DARE  »  IVSTA  *  QVAEDICAVIT 
ET  '  SEMPER  '  VIGILETLVCERNA  *  NARDO 


ARCHEOLOGIA  737 

Multos  cum  caperet  Superba  forma, 
Blando  iuncta  viro  pudica  mansit; 
Qui  nunc  pro  meritis  bene  atque  caste 
Corpus,  quod  potuit  negare  flammae, 
Unguento  et  foleo  rosisque  plenum 
Ut  numen  colit,  anxius  merentis. 
Parcas,  oro,  viro  puella,  parcas ! 
Ut  possit  tibi  plurimos  per  annos 
Cum  sertis  dare  iusta  quae  dicavit, 
Et  semper  vigilet  lucerna  nardo. 

Quanti  cuori  non  vinse  il  tuo  sembianle ! 

Pure,  o  Superba ,  inviolata  fede 

Serbasli  ognora,  unita  a  sposo  amante. 

Ora  (a  tanta  virtu  degna  mercede) 

II  corpo,  che  alia  fiarmna  egli  rapio, 

D'unguento  e  nardo  e  rose  pieno  adora, 

Con  casto  rito  e  pio, 

Quasi  un  mime ;  e  s'accora ; 

2s »:  ingiusto  e  il  duol  per  donna  si  pudica. 

Perdona  al  tuo  fedel,  perdona  ,  arnica, 

A  fin  ch'ei  possa  per  molt'anni  i  fiori 

Rinnovellarti  e  i  consecrati  onori; 

E  con  nardo  nutrita 

Mantener  la  tua  lampa  ognora  in  vita. 

V.  1-2.  Un  po'di  coramento  noa  sara  inutile :  nel  quale  per6  studieremo 
di  esser  brevi  per  non  ripetere  cose  a  tutti  notissime.  Chi  voglia  pid  ampii 
schiarimenti  delle  tante  usanze  fanebri  mentovate  nella  nostra  epigrafe , 
cerchi,  se  non  altro,  il  trattato  del  Kirchmann.  ID  Superba  noi  riconosciamo 
non  un  qualiticativo  della  voce  forma,  ma  il  nome  stesso  della  defunta; 
perche  quantunque  superbus,  usato  in  buona  parte  a  dinotar  cosa  eccellente 
in  qualunque  genere,  non  manchi  d'  ottimi  esempii,  che  anzi  veggasi  ado- 
perato  in  parlando  della  bellezza;  nondimeno  in  questo  luogo  rendereb- 
be  forse  la  locuzione  meno  elegante ,  e  perci6  men  degna  di  tutlo  il  reslo 
dell'  epigramma.  Aggiugnesi  che  queslo  nome  trovasi  in  altre  epigrafi , 
come  pu6  vedersi  nel  Forcellini.  Stando  cosi  la  cosa,  non  e  improba- 
bile  che  1'ologio  ci  sia  giunto  intero,  e  solo  vi  manchi  1'epigrafe  con  la  con- 
sueta  formola  D-  M',  il  nome  di  chi  pose  il  monumento,  e  poco  altro.  Non 
sappiamo  se  i  maestri  in  archeologia  approveranno  la  nostra  congettura; 
ma  certo  e  ctie  si  accorderanno  con  noi  nel  tenere  per  bellissimi  i  primi 

Serieintvo1,IX.  47  13  .Vano  1858 


738  ARCHEOLOGIA 

due  versi ,  e  nel  far  voti  che  in  sulla  tomba  di  ogni  donna  insieme  con  la 
bel'ezza  (se  pure  voglia  ricordarsi  un  fiore  si  cacluco)  si  possa  alraeno  sog- 
giungere  \\pudica  mansit.SQ  ci6  non  pu6  sempre  scriversi  con  verita,  n'e 
spesso  cagione,  che  invece  d'un  compagno  amoroso  (tale  ci  sembra  quila 
significazione  di  blandus),  molte  donne  ebbero  la  disgrazia  di  sortire  ma- 
riti  disamorati  e  peggio.  Yero  e  che  1'  amore  non  dee  travalicare  i  confini 
del  giusto,  come  li  travalico  il  marito  di  Superba  fioo  a  venerarne  le  ceneri 
con  onori  divini;  costumanza  per6  comunissima  fra'gentili,  anzi  la  prima 
porta  per  cui  1'idolatria  s'  introdusse  nel  mondo  4. 

V.  3-6.  Due  dubbii  possono  sorgere  inmente  di  qualche  lettore,  1'uno  in- 
torno  al  genere  di  sepoltura  data  a  Superba,  1'altro  intorno  al  valore  della 
yoce  foleo.  In  quanto  al  primo  dubbio,  a  chi  per  quel  Corpus  quod  potuit 
negare  flammae  pretendesse  non  aver  Superba  toccato  il  rogo,  non  sarebbe 
per  awentura  cosa  facile  provargli  con  evidenza  il  contrario.  Contuttocio , 
considerato  il  tempo  in  cui  probabilmente  fu  scritta  1'epigrafe ,  e  piii  veri- 
simile  che  fosse  bruciata ;  ma  che  1'  affettuoso  marito  adoperasse  1'  ingegno- 
a  sottrarre  alia  liamma  quel  piu  che  pot6  delle  ceneri  dell'  amata  consorte. 
In  quanto  al  foleo  &  da  notare  che  questo  vocabolo  trovasi  registrato  nel- 
1'Appendice  del  Furlanetio  allessico  forcelliniano  sopra  1'autoritadi  due  la- 
pidi  antiche;  ma  non  se  ne  da  veruna  spiegazione.  Gli  editori  tedeschi  del 
Forcellini  ne  diedero  questa  dichiarazioue : 

FOLiiUM,  i.  q.  oleum.  Inscr.  ap.  Ordl.  5037,  ubi  corruptam  lapidis  scriptu- 
ram  FOLCUM  ita  restituens,  notandam  hanc  pronunliationem  docel  Osann. 

1  futuri  lessicografi  si  guarderanno  bene  dal  ripelere  quest' errore  dell'O- 
relli  e  dell'  Osann;  poiche  il  foleum  nienle  ha  die  fare  con  oleum ,  ma  e 
Yunguentum  nardinum ,  detto  ancora  unguentum  foliatum  o  semplice- 
mente  folium,  in  grandissimo  pregio  tra  gli  antichi  Romani,  come  si  rac- 
coglie  da  Plinio  e  da'  suoi  commentatori  2.  Ne  questo  e  il  solo  sproposik)  a 
cui  fosse  data  la  cittadmanza  romana  dall'  Orelli,  scrittore  che  ottenne  fama 
assai  maggiore  del  merito.  A  convincersene  pienamente  basta  gittarc  uno 
sguardo  alle  correzioni  che  gli  furono  fatte  dall'Henzen.  E  nondimeno  egli 
non  crede  d'  avere  emendato  tutto  ci6  che  nell'  Orelli  abbisogna  di  corre- 
zione;  e  noi  gliel  crediamo  tanto  piu  facilmente,perclie  degli  errori  che  re- 
slano  ne'due  volumi  dell' Orelli  potremmo  fln  d'ora  indicarne  parecchi.  Vi 
ha  per6  un  errore,  di  cui  non  vogliamo  differire  1'emendazione ;  ed  e  il  tro- 

\  Sap.  XIV,  To. 

2  Chi  viiglr  arenie  auipia  nutizia  .  consulti    (sc  a  tanto  gli  Lasti  la  pazienza)  Plinio  nella  sua 
sluriu  (XII,  20,  8),  e  il  Salmasio  nelle  Esercitazioni  Plinlane  ;  de'qtiali  fonti  irrigarono  gli  orti 
loro  quei  ch«  anipiaiuente  ne  trattarono  a'  nostri  tempi.  Sc  poi   taluno  dcsideraase  qualche  altro 
es«mpio  di  folium  (  nel  significato   di   malabalhrum  o  malobathrttm  )  ,  ne  troverk    uno  in 
Falladio  (Ian.  XVIII)  alia  pagina  51   della  classica  edizione  del  Gesner. 


ARCHEOLOGIA.  739 

vare  tra  le  classi,  in  cui  le  iscrizioni  latine  furono  da  lui  comparlite,  aneor 
la  seguente  posta  in  ultimo  luogo:  SVPERSTITIO  IVDAICA  ET  CHRISTIANA. 
'Uno  sfregio  fatto  sul  viso  non  solo  di  quanti  sono  i  Cattolici,  ma  di  quanti 
sono  i  protestanti  che  non  precipitarono  nelPabisso  del  razionalismo,  non 
che  dovesse  venire  riprodotto  daH'Henzen,  ci  sembra  che  non  dovesse  pas- 
sare  senza  la  merilata  censura;  e  ci  auguriamo  che  tali  empieta  non  com- 
pariranno  nel  desiderate  Corpus  inscriptionum  latinarum.  Tornando  ora  al 
nostro  foleum  vedranno  i  h'lologi  latini,  se  abbiasi  per  avventura  a  scrivere 
foleum  piuttosloche  folium;  poiche  la  prima  forma,  che  gi&  compariva  in. 
piu  lapidi,  e  tra  le  altre  nella  celebre  di  Urso  Togato,  viene  ora  stabilita  nella 
nuova  epigrafe  correttissima.  E  diciamo  correttissima  non  ostante  quel- 
T  adque  pro  atque,  perche  tale  scambio  non  solo  ricorre  frequente  in  codici 
€  in  lapidi  di  ottimi  tempi;  ma  si  ancora  in  un  antico  grammatico  pubbli- 
cate  dal  Mai  leggiamo  che  Olim  scribebatur  per  •  D  •  ADQVE  •  coniunctio; 
nunc  ADQVE  (Script.  Vett.  N.  Coll.  I,  part.  4,  pag.  77) ;  la  quale  teslimonian- 
za  ci  sembra  degna  di  essere  addotta  ne'  lessici. 

.  V.  7-10.  Ghiarissima  e  la  sentenza  di  questi  versi  a  chi  non  ignori  le  ub- 
bie  de' gentili  intorno  alle  anime  de'morti;  ubbie  di  cui  son  pieni  gli  anti- 
chi  scriltori  latini  e  greci,  e  fondate  nella  loro  religione  medesima.  Di  qui 
e  che  a  denotare  le  onoranze  praticate  verso  de'  morti  si  spesso  vediamo  ad- 
operata  la  formola  placare  manes;  e  questa  e  pure  la  ragione  della  calda 
preghiera  ripetuta  dal  marito  di  Superba.  Quanto  agli  onori  da  lui  promes- 
si,  1'epigrafe  non  c'  insegna  nulla  di  nuovo.  Gosi  in  una  lapida  di  Ravenna 
vediamo  gravati  gli  eredi  di  un  legato  SVB  HAG  CONDITIONS  VT  QVOTANNIS 
ROSAS  AD  MONVMENTVM  Eivs  DEPERANT ;  nel  Digesto  L.  18,  §.  4,  De  Alim* 
legal,  si  propone  il  caso  di  chi  avea  lasciato  a'suoi  liberti  cibaria  el  veslia- 
ria,  per6  con  la  condizione  seguente :  Quos  libertos  meos,  ubi  corpus  meum 
positum  fuerit,  ibi  eos  morari  iubeo  ul  per  absenliam  ftliarum  mearum 
ad  sarcophagum  meum,  memoriam  meam  quotannis  celebrenl;  e  nel  Di- 
gesto medesimo  L.  44,  Maevia  de  manumissis,  noi  leggiamo:  Saccus  ser- 
vus  meus  et  Eutychia  el  Irene  ancillae  meae  ,  omnes  sub  hac  condilione 
liberi  sunlo,  ul  monumenlo  meo  allernis  mensibus  LVCERNAM  ACGENDANT 
et  solemnia  mortis  peraganl.  Ne  pure  e  nuova  la  particolarita  qui  notata 
del  tenere  lalucerna  allumata  con  nardo;  ma  e  nuovo  il  vigilare  attribuito 
per  locuzione  poetica  alia  lucerna ,  e  ne  terranno  conto  gli  ampliatori  del 
tesoro  latino;  siccome  altresi  di  un  altrouso  nuovo  del  medesin:o  verbo ;  il 
qual  uso  sfuggi  alia  diligenza  del  Mai  e  dei  tedeschi  editor!  del  vocabolario 
del  Forcellini.  Nel  frammento  di  Froatone,  che  ha  per  titolo  Principia  hi- 
sloriae ,  noi  leggiamo  questo  bellissimo  elogio  a  Traiano.  Sero  ipse  post 
decisa  negotia  lavari:  mensa  sobria,  victuin  caslris  plebeio:  vinumloci, 


740  ARCHEOLOGIA 

aquam  tcmporis  bibere:  PRIMAM  VIGILIAM  facile  VIGILARE,  postrcmam 
iamdudum  expergitus  opperiri  (pag.  319,  ed.  Rom.  1823). 

6.  Lo  studio  delle  antichila  Messicane,  ha  ricevuto  gran  lume  dalle  ricer- 
che  del  Dupaix  e  del  Buturiai  nel  secolo  trascorso,  e  s'e  aumentato  grande- 
mente  per  la  collezione  di  Lord  Kingsboroug ,  per  le  vaste  inquisizioni  del 
Barone  di  Humboldt,  pei  disegni  del  signor  de  Waldeck  dei  sontuosi  edificii 
d'Uxmala,  per  le  scoperte  delle  antichissimecitta  dell'Yucatau,  fatte  dagli 
American!  Stephens  e  Cathevood ;  e  i  dotti  stupiscono  al  vedere  quei  mara- 
vigliosi  monument!,  e  si  domandano:  qua!  popoli  e  in  quali  eta  eressero 
quelle  piramidi,  quei  palazzi,  quei  templi,  quelle  tombe,  scolpirono  quei 
marmi,  incisero  quei  geroglitici? 

11  dotto  e  sottile  investigatore  Abate  Brasseur  de  Bourbourg,  dopo  un  lun- 
go  soggiorno  nel  Messico,  pubblic6  in  ispagnuolo  e  in  francese  sino  dal  1852 
al  Messico  molti  document!  intorno  alle  tradizioni  messicane,  delle  quali  no! 
abbiamo  parlalo  in  questa  serie.  Ora  cotesto  istancabile  viaggiatore ,  ritor- 
nato  novamente  in  quelle  region! ,  fece  nuovi  e  importantissimi  studii  in- 
torno alle  tradizioni  dell' America  Centrale.  Egli  ne  ha  cercato  i  costumi^e 
le  usanze,  ne  ha  appreso  le  lingue,  ne  ha  udito  le  tradizioni  a  voce,  ha  fatto 
diligent!  inchieste  negli  archivii  pubblici  e  privati,  ha  trovato  codici  di  quelle 
lingue,  1!  ha  tradotti,  commentati,illustrati,  e  ne  ha  potuto  formare  una  lun- 
gacompilazione  di  annali  della  piu  grave  importanza  sotto  i  varii  rispetti  del- 
1'etnograOa,  della  filosofla  e  della  storia  di  quelle  antichee  misteriose  nazioni. 

Questa  grand'  opera,  che  sara  un  prezioso  tesoro  di  document!  e  di  sco- 
perte, si  sla  ora  pubblicando  a  Parigi  in  qualtro  gross!  volumi  d'  ottavo 
grande,  dei  quali  tre  hanno  gia  veduto  la  luce,  e  si  sta  imprimendo  il  quar- 
to, e  1' Allan te  in  foglio,  che  avra  sessanta  carte,  ove  sondisegnate  topogra- 
fie  inedite  di  quelle  region!,  edifizii  scoperti,  monument!  di  varie  ragioni  e 
prospettive  di  luoghi  parlicolari. 

II  primo  volume  conliene  i  tempi  eroici  e  la  storia  dell'impero  de'Tolte- 
xhi;  ed  e  preceduto  da  un' Introduzione,  laquale  contiene  1'intero  sistema 
della  scrittura  messicana. 

II  secondo  contiene  la  storia  dell'  Yucatan,  della  monarchia  Quiscegua- 
timalese,  quella  della  monarchia  Chichimeca  di  Tetzcuco,  del  Messico-Te- 
nochlillan,  e  del  rinascimento  della  civilizzazione  m\['Anahuac  sino  alia  fi- 
ne del  secolo  XIV. 

11  terzo  contiene  la  storia  dei  regni  dello  Stato  tfOaxaca,  del  Michoacan,e  la 
continuazione  dell' Ana/mac,  e  le  osservazioni  intorno  alle  religion!  messicane. 

II  quarto  finalmente  conterra  la  conquista  del  Messico,  del  Michoacan,  di 
Guatemala  e  dell'  Yucatan,  lo  stabilimento  degli  Spagnuoli,  e  la  fondazio- 
jae  della  Ghiesa  Catlolica  sopra  gli  avanzi  dell'  idolatria  messicana  sino  alia 
ti  le  del  secolo  XVI. 


ARCHEOLOGIA  741 

L'  opera  6  intitolata:  Histoire  des  nations  civ  ilisees  du  Mexique-Centrale 
durant  les  sleeks  anterieurs  a  Christophe  Colomb,  ecrite  sur  des  documents 
originaux  et  entierement  inedits,  puises  aux  anciennes  archives  des  indige- 
nes, par  M.I'  abbe  BRASSEURDEBOURBOURG,  Paris.  Arthus  Bertrand.  1857. 

7.  L'  urna  del  sig.  Giulietti  di  Chiusi  pubblicata  dal  sig.  Hilbner  -i  merita 
ancor  essa  di  esser  collocata  tra  i  monumenti  etruschi  autofoni  2.  Se- 
condo  la  descrizione  del  sig.  Hiibner  sopra  il  coperchio  della  medesima 
giace  una  figura  muliebre  ,  e  sulla  frontee  scolpita  ua'epigrafe  etrusca,  so- 
pra la  quale  sta  efiigiata  una  sedia  col  suo  sgabello,  fregiata  di  graziosi  or- 
namenti,  e  sotto  e  delineate  un  commovente  spettacolo.  Sono  due  cigni,  gli 
uccelli  diVenere,  i  quali  da  due  genietti  armati  di  bastoncelli  ricurvi  sono 
messi  in  fuga  in  parti  opposte.  Lo  spettatore  rimane  commosso  a  quella  cru- 
da  separazione;  epoiche  gittando  1'occhio  sull'  epigrafe  lavede  cominciarsi 
da  un  nome  non  gia  femminile,  quale  si  conveniva  alia  defunta  ,  ma  bensi 
il  maschile;  se  non  gli  dorme  1'  ingegno,  si  sente  tosto  favellare  il  monumento, 
quale  apertamente  gli  dice  ,  questa  memoria  essersi  posta  da  un  infelice  ma- 
rito  ad  una  consorte  amatissima;  e  perci6  veramente  consorte,  non  gia,  con- 
cubina,  perche,  se  pure  non  c'  inganniamo,  la  sedia,  vuota  omai  della  me- 
desima ,  ci  par  simbolo  tutto  acconcio  ad  indicare  la  giurisdizione  dome- 
stica  che  essa  aveva.  Questi  essere  i  cigni  tra  loro  separati  ,  perche  qui  e1 
rotto  un  amore  :  il  quale  amor  maritale,  espresso  da  quegli  amorosi  uc- 
celli, vi  richiama  tosto  alia  mente  la  bellissima  cista  etrusca  del  Museo  Ya- 
ticano,  sul  cui  coperchio  si  veggono  pure  due  cigni  e  sedenti  sovr'  essi  due 
figure,  che  guardansi  amorevolmente  ,  1'una  maschile  e  1'  altra  muliebre. 

Or  mentre  il  sistema  greco  latino  e  muto  al  deciferare  questa  epigrafe  , 
ecco  che  1'ebraico  ne  trae  fnori  tale  favella,  che  e  appunto  la  favella  me- 
desima del  monumento.  L'  epigrafe  e  la  seguente  : 


MAHtVf 

A2UAO4/U 


Levoci,  tranne  la  seconda,  son  giadivise  nell'originale  ;  ond'e  cherinter- 
prete  non  deve  far  altro  ,  che  applicarvi  le  corrispondenti  voci  ebraiche,  e 
ricevere  dal  monumento  stesso  il  discorso,  che  ne  esca  fuori.  Eccoae  adun- 
que  i  consueti  riscontri  ,  e  le  consuete  versioni. 

\  Bollettino  Archeologico  Ottobre  1837  pag.  450. 
.2  V.  quesfo  vol.  pag.  548, 


742  ARCHEOLOGIA 

TESTO  ETRUSCO  E  VERSIONS  EBRAICA 

MAM         tVt    •• 

n  )  y_       "i  1  ^     : 

••     '-: 


fi  T  q  n     :'      jtp    :    fiitftf-nu-iN 

LETTURA  ETRUSCA  ED  EBRAICA,  E  VERSIONS  LA  TINA  E  ITALIANA 

Lett,  etrusca  —  Larce                        tut  anas 

Lett,  ebraica  —  Lar-gaa                    dod  aneh 

Vers.  latino,    —  Largius  amator  infelix 

Vers.  italiana  —  Largio  amante  infelice 

Lett,  etrusca  —  Lartalisa  secel  apra 

Lett,  ebraica  —  Lartaalisa  segel  ebra 

Vers.  latina    —  Larthis  filiae  Conjugi  conjunctionis  * 

Vers.  italiana  —  Alia  figlia  di  Larte  Consorte  concordissima 

Notaste  quell'  'amante  infelictf  quella  consorte  concordissimti!  ed  in  espri- 
mere  la  voce  consorte,  osservaste  il  caldaico  segel  che  e  termine  espressivo 
di  colei,  che  e  vera  moglie  ?  In  breve  avverliste,  come  la  loquela  espressa 
dall'ebraico  e  appunto  la  medesima  del  monumeato  ?  la  quanto  alle  altre 
osservazioni  filologiche,  che  potrebbero  farsi,  noteremo  solamente,  che  la 
scrittura  ebraica  del  noini  proprii  che  qui  si  legge,  noi  la  proponiamo  per 
mera  congettura;  secondo  la  quale  Larce  (Lar-gaa)  conforme  al  verbo  si- 
riaco  verrebbe  a  significare:  gwemLarmagniQcum  fecit,  cioe  I  Lari  tofecer 
grande;  ed  intorno  a  Lartalisa  (figlia  di  Larte,  o  forse  anche  diLarziaj  vo- 
gliamo  eziandio  che  si  noti  la  terminazione  in  ISA,  la  quale  ricorre  inmolte 
altre  voci,  che  tutte  sembrano  patroniinici,  o  matronimici  femminili:  onde 
e,  che  noi  la  stimiaino  essere  veramente  una  mera  terminazione  femminile, 
ma  forse  avere  avuto  origine  dell'  ebraico  Issa  (n  I^NJ  Femmina  :  si  che  p.  e. 
Lartalisa  venga  precisamente  a  signiflcare  femminanata  di  Larte  ovvero 
di  Larzia.  Del  resto  nessuno  v'  ha  che  non  senta  1'  orientalismo  della  frase 
coniuac  coniunctionis  ;  ed  intorno  la  voce  Anas  non  sara  inutile  osservare, 
che  nella  medesima  1'  s  finale  ,  che  d'  ordinario  e  una  lettera  aggiunta  per 
proprieta  etrusca  ,  ha  una  peculiare  ragione  nell'  ebraico  n  i  a  cui  corri- 
sponde.  Imperocche  troviamo,  che  questa  lettera  ebraica,  in  grazia  certa- 
mente  dell'aspirazione,  che  le  e  annessa,  e  nel  fine  delle  voci  voltata  in  s  in 
molte  altre  parole  etrusche. 

I    Coniunctissimac. 


CRONACA 

CONTEMPORANEA 


Roma  13  Mar zo  1858. 

I. 

COSE  ITALIANS 

STATI  SARDI  (Nostra  Corn'spondenra)  1 .  Legge  contro  1'apologia  dell'  assassinio 
politico  —  2.  Necessita  di  essa  in  Piemonte  —  3.  L'Almanacco  nazionale  pel 
1858  — 4.  Le  finanze  —  5.  Scioglimento  dell'  Accademia  militare  —  6.  Ti- 
mori  in  Genova. 

1.  «Gli  altri  Govern!  staono  rivedendo  le  loro  leggi  per  introdurvi  spe- 
ciali  disposizioni  che  credono  poter  rendere  piu  difflcili  gli  assassinii  poli- 
tic!, e  meno  impossibili  le  impunita  dei  loro  autori;  e  no!  noa  potreramo 
non  seguire  il  loro  esempio  senza  incorrere  nell' immeritata  taccia,  che 
eguale  orrore  in  no!  non  desti  la  perversa  teoria  dell'  assassinio  politico.  » 
Cos!  disse  alia  Camera  il  Ministro  Guardasigilli,  presentandole  un  suo  dise- 
gno  di  legge  die  stabiliva  una  pena  speciale  per  la  cospirazione  contro  la 
vita  dei  Sovran!  e  cap!  dei  Govern!  forastieri ,  definiva  il  reato  d'  apologia 
dell'  assassinio  politico  e  riordinava  i  Giurati  nei  giudizii  di  stampa.  Di 
questo  disegno,  accennatovi  gia  da  me  nella  precederite  corrispondenza,  oc- 
cuparonsi  gli  uffizi  della  Camera  in  segreto  e  i  Giornali  in  pubblico.  Gli 
irai  elessero  la  giunta  che  dee  esaminarlo  e  proporne  alia  Camera  1'accetta- 
zione  o  modificazione ;  e  membridi  questa  giunt?  sono  il  Broiferio  ed  il  Vale- 
rio,  nomi  di  cattivo  augurio.  1  giornali  liberlini  poi  malmenarono  il  Ministro 
Deforesta  e  il  suo  disegno,  dando  ad  amendue  i  titoli  piu  ingiuriosi.  Egli  pare 
che  simili  disposizioni  di  legge  dovrebbonsi  accogliere  da  tutti  d'assai  buona 
voglia ;  eppure  i  giornali  libertini  f'anno  i  visacci  e  temono  per  la  liberta. 

2.  Yolete  per6  sapere  per  quale  sorta  di  liberla  temono  essi?  La  Gaz- 
zetta  delle  Alpi  chiam6  uomini  amanti  sinceri  di  liberta,  incorrotti  di 
vita  e  di  costumi  coloro  che  ferirono  di  coltello  in  Italia  (N.  135,  7  Giu- 
gno  1856).  La  stessa  Gazzetta,  parlando  di  Napoleone  III,  dicea :  Se  il  pugna- 
le  di  Pianori  fallivail  colpo  un  altro  pud  assicurarlo.  (N°.  43,20  Feb- 
braio  1856).  La  Maga,  pensando  alle  acclamazioni  ed  alle  ovazioni  all'Im- 
peratore  dei  Frances!,  non  avea  altro  conforto  che  quello  della  signora  Ma- 


7-44  CRONACA. 

•ncmna(N.  56,  8  Maggio  1856).  L'Espcro  chiamavaper/ido,  traditore,  sper- 
giuro,  ladrone  Y  Imperatore  d'  Austria  (X.  47,  16  Febbraio  1856).  L'  Unione 
Tolea  rompere  la  testa  alRe  di  Napoli,  all' Imperatore  d' Austria,  aNapo- 
•leone  (N.  172, 23  Giugno  1856).  II  Mazzini,  nell'7/a/ia  e  Popolo,  chiamava  san- 
4o  U  pugnale  (N.  169,  19  Giugno  1856).  La  Gazzetta  del  Popolo  predicava 
il  diritto  di  Agesilao  Milano  (N.  294,  11  Dicembre  1856).  L' Italia  di  Geneva 
condannava  amorte  il  Re  di  Napoli  (N.  26,  1  Novembre  1856).  E  questa  la 
liberta  che  la  legge  Deforesta  logliera  ai  giornali  libertini  in  Piemonte.  Un. 
onest'  uomo  potrebbe  rammaricarsene  ?  Pure  quei  fogli  se  ne  rammaricano. 

3.  Per  mostrarvi  fino  a  qual  punto  giunga  1'impudeaza  de'nostri  scrittori, 
vi  diro  due  parole  dell'  Almanacco  Nazionale  per  il  1858  ,  pubblicazione 
della  Gazzetta  del  Popolo  anno  9.°  In  quest,' Almanacco  a  pag.  27  leggesi  il 
panegirico  di  Carlo  Pisacane.  A  pag.  78  v'e  un  libello  contro  i  frati  e  gli 
Ordini  monastici.  A  pag.  71  trovasi  un  articolo  iotitolato  Agesilao  Milano 
cd  il  Barone  Bentivegna,  che  dice :  «  La  storia  scrive  nel  libro  del  buoni  i 
nomi  di  Milano  e  di  Bentivegna  caduti  ».  E  poi  seguitando  a  pag.  74  dice: 
«  Popoli  d' Italia  inginocchiatevi  davanti  a  Bentivegna  e  davanti  ad  Agesilao 
Milano.  Italiani,  baciate  i  due  santi.  »  E  a  pag.  75,  parlando  della  cappella 
votiva  che  si  voile  erigere  in  Napoli,  in  memoria  della  liberazione  del  Re, 
soggiunge:  « Bassi  ed  alti  corligiani  proposero  d'innalzare  sul  luogo  una  cap- 
pella alia  Vergine  in  rendimento  di  grazie.  Chi  sa  che  invece  in  quella  cap- 
pella non  abbiansi  a  depositare  col  tempo  le  sacre  reliquie  di  Agesilao  Mi- 
lano ».Notate  chela  Gazzetta  del  popolo,  che  stampa  tali  infamie,  haDepu- 
tati  alparlamento  i  due  suoi  phi  empii  scrittori,  il  Borella  cioe  ed  il  Bottero. 

4.  Venne  poco  fa  presentata  alia  Camera  ladimanda  di  un  nuovo  impre- 
stito  di  quaranta  milioni.  II  nostro  bilancio  passivo  pel  1859  ha  un  disa- 
xanzo  di  L.  12,464,120  29.  Da  molto  tempo  ci  si  annunzia  il  pareggio  dei 
bilanci  •,  ma  non  lo  vediamo  mai.  Sopra  1'  esercizio  del  1856  s'  ebbe  un  de- 
ficit di  L.  3,362,080  78:  sopra  quello  del  1857  se  ne  calcola  uno   di  L.  17, 
812,86762;  sopra  quello  correnle  del  1858  se  ne  prevede  uno  di  L.  11, 
832,202 15;  le  quali  mancanze  rendono  necessario  il  detto  imprestito  di  qua- 
ranta milioni.  E  il  Ministro  delle  Qnanze  non  dissiraula  che,  anche  collasom- 
ma  di  quarauta  milioni,  non  si  sopperisce  a  tutte  le  spese  slraordinarie  che 
debbono  durare  ancora  per  quattro  o  cinque  anni  oltre  il  1859;  come  sono 
quelle  del  traforo  del  Cenisio,  del  trasporto  della  Marina  alia  Spezia,  del 
polverificio  a  Fossano,  della  costruzioae  di  nuove  fregate,  del  prolungamen- 
to  del  molo  nuovo  di  Genova,  del  monumento  a  Carlo  Alberto  e  della  rete 
siradale  di  Sardegna.  Ma  il  Ministro  ha  la  sicura  fiducia  che  vi  si  potra  sop- 
perire  coi  fondi  annuali  di  estinzione,  senza  piu  ricorrere  a  nuovi  mezzi 
straordinarii.  Egli  conchiude  la  sua  relazione  ai  Deputati  colle  seguenti  pa- 
role: «  Crediamo  che  sia  omai  tempo  di  sostare  da  nuove  opere  costose 
die  non  siano  riconosciute  d'  indeclinable  necessita,  o  non  producano  un 
immediato  e  corrispondente  guadagno  al  pubblico  erario,  iino  a  tan  to  che 
le  finanze  dello  Stato,  arricchite  dai  maggiori  prodotti,  che  le  grandi  opere 
di  pubblica  utilila  intraprese  o  compiute  prometlono  di  versare ,  consen- 
tano  di  alleviare  o  modilicare  alcune  delle  irnposte  piu  gravose  o  non  pie- 
namente  conformi  all'indole  dei  tempi  ed  alia  civilta.  « 


CONTEMPORANEA  745 

5.  Gravissimi  disordini  avvennero  nell'Accademia  militare  di  Torino,  die 
perci6  dovette  essere  chiusa  e  i  giovani  mandati  alle  case  loro.  Presto  si  ria- 
prira  con  nuove  leggi  piii  rigorose. 

6.  Un  numcro  straordinario  di  delitti,  di  furti,  di  grassazioni  avvenne  in  que- 
sti  giorni  in  Geneva ;  ed  eccit6  le  lagnanze  di  tutti  i  cittadini  e  della  stessa 
Gazzetta  di  Genova.  Fu  generale  opinione  che  tutti  quesli  delitti  avessero 
uno  scopo  politico  e  tendessero  a  distogliere  I'attenzione  della  polizia  dalle 
mene  rivoluzionarie.  Si  riconobhe  difatti  per  alcuni  arresti,  che  i  ladri  sort! 
in  Geneva' quasi  improvvisamente,  non  appartenevano  a  quella  famiglia  di 
malandrini  che  si  suole  per  ordinario  dedicare  a  questo  mestiere.  La  pubblica 
autorita  stette  sugli  avvisi,  e  tenendo  dietro  ai  furfanti,  non  Iasci6  di  veglia- 
re  sopra  i  rivoltosi.  Dicevasi  intanto  cheun  legno  americano  giunto  in  porto- 
recasse  soccorso  ai  nuovi  congiurati.  Gerto  e  che  una  nuova  trama  erasi  ordi- 
ta,  e  sefu  rotta  ne'suoi  principii,  se  ne  dee  saper  grado  alia  solerzia  del  nuo- 
vo  Ministro  dell'inteino,  il  quale,  procedendo  ben  diversamente  dal  suo  pre- 
decessore,  am6  meglio  prevenire  che  reprimere.  Molli  arresti  si  fecero  pure 
in  questa  circostanza,  e  fu  dato  il  bando  a  mold  emigrati.  Fra  gli  arrestati 
evvil'Inglese  Hodge,  implicate  nel  processo  Orsini,  e  sostenuto  prigione  in 
Genova.  Ma  la  sua  cattura  e  argomento  d'una  querela  internazionale  relati- 
vamente  all'estradizione.  Imperocche  1'arrestato  e  Inglese,  ne  1'Inghilterra 
pu6  chiederlo,  non  essendovi  tra  lei  e  il  Piemonte  nessun  trattato  di  estra- 
dizione.  La  Francia  1'  ha  richiesto  bensi ,  e  il  trattato  tra  lei  e  noi  esiste  ; 
ma  1'arrestato  non  e  suddito  francese.  II  nostro  Ministero,  primadi  rispon- 
dere  alia  domanda  del  Governo  francese,  ha  richiesto  a  questo  proposito  1'av- 
viso  del  Governo  britannico.  ;  ';vn 

SVIZZERA  ITAUANA  ( Nostra  corrispondenxa).  1.  Imposta  progressiva  —  2.  Sop- 
pressione  di  un  Convento  —  3.  Proposte  antireligiose  -  4.  Questione  della 
separazione  —  5.  (Giunta  de'  Compilatori)  Lettera  di  Mons.  Bovieri. 

l.Gia  sapete  che  anche  al  nostro  Can  tone,  insieme  con  molte  altrebeati- 
tudini  radicali,  fu  regalata  una  legge  d'imposta,  e  quel  che  piu  monta,  pro- 
gressiva. Ed  e  proprio  tale;  giacche  il  Governo  voile  quest' anno  che  la  prin- 
cipal cura  di  questo  importantissimo  fra  gli  aifari  di  Stato,  fosse  affidata  ad 
una  giunta  cantonale,  alia  quale  non  solo  fu  data  1' autorita  di  decidere  so- 
pra i  lamenti  dei  contribuenti,  come  1'anno  passato,  ma  quella  ancora  ( se 
pure  la  giunta  non  se  la  prese  da  se)  di  mutare  di  assai  la  cifra  delle  sostan- 
ze  e  delle  rendite.  Ben  inteso  che  la  mutazione  doveasempre  essere  in  au- 
mento,  essendo  il  sistema  d'imposta  tale  che  di  quanto  crescono  le  sostanze, 
di  tanto  dee  crescere  1'imposta.  Chi  dunque  prima  pagava  in  ragionedi  uu 
quarto  per  cento,  coll'aumento  paghera  il  mezzo;  chi  il  mezzo  I'uno,  ecosi 
discorrendo.  Tutti  i  contribuenti  debbono  sopportare  quest'arbitrario  ac- 
crescimento  di  rendita,  e  pagare  cosi  anche  per  quello  che  non  posseggono. 
Ad  alcuni  pochi  furono  usati  riguardi,  ed  i  favoriti  furono,  come  gia  dovete 
intendere,  i  settarii  amici  del  Governo  radicale.  Che  ne  dite  ?  Non  e  questo 
un  trovato  pellegrino  per  far  denari  ?  II  fatto  per6  non  corrispose  del  tutto 
all'aspettazione;  giacche  i  richiami  e  le  rimostranze  contro  un  tale  arbitria 


748  CRONACA 

furono  tante  e  si  ben  ragionate,  che  la  giunta  e  il  Governo  ne  furono  po?ti 
in  impiccio,  donde  nacque  che  le  riscossioni  del  danaro  si  dovcttero  ritar- 
dare  piu.  di  tre  mesi,  e  ci6  con  non  poche  restrizioni  delle  cifre  imposte  dalla 
Giunta  per  ischivar  peguio. 

2.  II  nostro  Gran  Consiglio,  che  si  sciolse  nella  prima  meta  del  passato  Di- 
cemhre,  non  fece  quest'anno  gran  cosa;  fuorche  un'arhitrariasoppressione 
di  un  nuovo  Convento,  quello  cioe  delle  Agostiniane  di  Monte  Garasso  presso 
Bellinzona.  Quella  fabbrica,  benche  antica  di  circa  dne  secoli,  era  sempre 
stata  bene  manjtenuta;  ma  dall'anno,  in  cui  ne  fu  tolta  alle  monache  I'amini- 
nistrazione,  data  dal  Governo  ad  un  suo  cagnotto,  le  cose  andarono  sempre 
alia  peggio,  si  che  le  povere  Religiose  furono  nella  necessita  di  supplicare 
al  Governo,  perch6  facesse  riparare  il  Convento  che  in  piu  luoghi  minacciava 
ruina.  La  supplica  fu  assai  volentieri  accolta  dal  Governo,  ilquale  tosto  vi 
mand6  un  suo  ingegnere  a  visitarlo.  Mi  fu  dato  per  certo  che  all'  ingegnere 
fu  raccomandato  di  chiedere  molto  danaro  per  la  riparazione,  giacche  ai  no- 
stri  radicali  piacciono  le  cose  magniiiche.  II  perito  corrispose  ai  desiderii 
del  Governo,  e  chiese  per  le  ripara/ioni  oltre  a  seimila  franchi,  somma  che 
non  si  potea  trovare  nella  cassa  del  monastero,  spogliata  gia  de'  suoi  capital! 
e  oggetti  preziosi.  Di  che  il  Governo,  per  tagliar  corto,  venne  alia  proposta 
di  soppressione,  adducendo  fra  gli  altri  motivi,  quello  di  non  voler  aggra- 
vare  lo  Stato  di  quelle  spese,  e  di  non  volere  neppure  che  quelle  povere  mo- 
nache stessero  in  continue  pericolo  della  vita.  Compassione  veramente  sin- 
golare  e  simile  a  quella  di  un  ladro,  che,  dopo  avere  spogliato  un  ricco  pro- 
prietario  di  quanto  possedeva,  gli  entrasse  in  casa  e  gli  dicesse:  «  voi  in  tale 
casa  cosi  sprovista  non  potete  piu  vivere;  uscite  di  grazia,  e  lasciate  che 
venga  io  ad  abitare  in  vece  vostra.  » 

3.  Durante  questa  sessione  legislativa  furono  fatte  diverse  proposte :  tra  le 
quali  due  meritano  d'esser  ricordate.  La  prima  si  fu  che  fossero  proibite  tutte 
le  questue  fatte  per  motivi  religiosi;  la  seconda  che  fossero  mandati  fuori  dello 
Stato  tutli  i  Religiosi  che  ancora  trovansi  nei  pochi  conventi  del  Can  tone,  per 
cosiliberare  lo  Stato  da  persone  pericolose,e  la  cassa  dello  Stato  dal  dover  pa- 
gare  le  pensioni,  che  si  dovrebbero  in  caso  di  una  totale  soppressione.  Que- 
ste  proposte  non  furono  prese  in  considerazione,  ma  non  mancarono  di  porre 
in  timore  i  buoni,  i  quali  vivono  persuasi  che  di  tutto  sono  capacii  radica- 
li,  quando  trattasi  di  osteggiare  la  Chiesa  e  il  clero.  In  questa  medesima  ses- 
sione del  Gran  Consiglio  fu  chiesto  al  Governo,  se  aveva  in  pronto  la  legge 
per  I' incameramento  dei  beneficii  semplici.  Alia  qual  domanda  fu  risposto, 
esigere  la  prudenza  che  si  differisse  la  cosa  al  Maggio  prossimo. 

4.  II  Consiglio  Federale  ha   incaricato  il  sig.  Avv.  Hungherbuker  di  S. 
Gallo  di  stendere  una  memoria  intorno  alia  questione  della  separazione  del 
Ticino  dalle  diocesi  Lombarde.  Questa  memoria  deve  trattare  del  diritto  e 
della  convenienza  della  separazione.  Quello  che  fa  meraviglia  si  6  che  la  co- 
sa, quantunque  della  massima  importanza  ,  venne  affidata  non  solo  ad  un 
Radicale,  ma  ad  un  Protestante  nemico  naturale  della  Chiesa  Cattolica. 

-  5.  Intanto  Mons.  Bovieri,  incaricato  di  affari  della  S.  Sede  presso  la  Con- 
federazione  Svizzera,  ha  diretto  al  Chroniqueur  di  Friburgo  una  lettera,  colla 
quale  rifiuta  la  troppo  gratuila  asserzione ,  per  non  dire  peggio ,  di  alcuni 


CONTEMPORANEA  747 

giornali  svizzeri  che  accusarono  la  Santa  Sede  d'e&sere  intrattabtte,  e  di  op- 
porre  un'  ostinata  resistenzd  nella  quistione  della  separazione  del  Ticino 
dalle  Diocesi  lombarde.  Noi  diamo  qui  la  lettera ,  secondo  che  e  registrata 
dall'ottimo  giornale  il  Credente  Cattolico,r\e[  suo  n.°  de'27  di  Febbraio. 

«  Ultimamente  alcuni  giornali  si  permisero  d'asserire,  che  nella  questio- 
ne  della  separazione  del  Ticino  dalle  Diocesi  lombarde  la  Santa  Sede  e  tn- 
trattabile  e  d'una  ostinaia  resistenza. 

«  Per  non  ledere  in  alcun  modo  1'  imparzialita  dei  signori  redattori  di 
quei  giornali ,  debbo  supporre  che  essi  troppo  imperfettamente  conoscano 
quanto  ha  fatto  iinora  la  Santa  Sede  nella  questione,  di  cui  si  tratta.  lo  pe- 
r6  rigetto  come  calunniose  queste  imputazioni ,  giacche  ,  quando  vuolsi  in 
tal  modo  qualificare  una  persona,  farebbe  d'uopo  che  ella  fosse,  senz'  altro, 
dal  lato  del  torto  ed  irragionevolmente  vi  persistesse.  Ora  la  Santa  Sede , 
non  solamente  non  e  venuta  meno  ne  alia  giustizia  ne  alia  ragione  in 
quello  die  ha  linora  operate  intorno  alia  separazione,  ma  nei  limiti  del  suo 
diritto  e  del  suo  dovere  sacrosanto  e  stata  arrendevole  quanto  poteva. 

«  Nella  liducia  che  queste  poche  parole ,  le  quali  pregovi  d'  inserire  nel 
prossimo  numero  del  vostro  giornale,  bastino  per  reitificare  le  imputazioni 
dianzi  accennate ,  mi  pregio  di  rinnovarvi ,  signor  Redattore  ,  i  sensi  della 
mia  perfetta  stima  ».  Cosi  la  lettera. 

IT. 

COSE  STRAN1ERE. 

FRANCIA  i.  Processo  e  condanna  dei  rei  dell'atlentato  del  1-4  Gennaio  —  2.  I 
lodatori  dei  regicidi  —  3.  Le  sette  in  Francia  —  4.  Inghilterra  e  Francia  — 
5.  Arresti  —  6.  Morte  del  P.  De  Ravignan. 

1 .  II  giorno  25  di  Febbraio,  secondo  che  i  giornaU  aveano  gia  prima  an- 
nunziato,  si  apersero  in  Parigi  i  pubblici  dibattimenti ,  presso  la  Gorte  di 
assise  della  Senna,  sopra  1'attentato  dei  14  di  Gennaio.  Dopo  la  letlura  fatta 
dal  Procurator  generale  deH'atto  di  accusa,  cominciarono  gli  interrogatorii 
degli  accusati  Antonio  Gomez  ,  Carlo  di  Rudio,  Felice  Orsini  e  Giuseppe  An- 
drea Fieri.  Nessuno  dei  quattro  confess6  schiettamente  il  proprio  misfatto  ; 
ma  ciascuno,  convinto  dalle  prove  troppo  chiare  di  sua  reita,  fece  qualche 
concessione  all'  evidenza,  confessando  chi  d'aver  gettata  una  bomba,  senza 
sapere  che  fosse,  come  fece  il  Gomez ;  chi  d'avere  tramata  ogni  cosa,  ma  di 
non  avere  per6  gettate  bombe,  come  1'Orsini;  chi  di  aver  cospirato  e  gettate 
bombe,  ma  per  amor  proprio,  per  timore  di  non  essere  creduto  denunziatore, 
come  il  di  Rudio;  chi  in  fine  di  avere  bensi  avuta  una  bomba  in  lasca  nel 
momento  dell'  attentato,  ma  di  non  essere  andato  cola,  che  per  curiosita  e 
senza  mala  intenzione,  come  il  Fieri.  I  dibattimenti  durarono  due  sole  udien- 
ze  ;  giacche  il  giorno  26  la  Corte  condann6  I'  Orsini ,  il  Fieri  ed  il  di  Rudio 
alia  pen  a  dei  parricidi ,  ed  alia  galera  perpetua  il  Gomez,  per  il  quale  sol- 
tanto  i  Giurati  ammisero  le  cosi  dette  circostauze  attenuanti. 

Lungo  e,  per  avventura,  inutile  ed  inopportune  sarebbe  il  narrare  qui  anche 
in  succinto  la  tela  della  congiura  ed  il  modo  della  esecuzione,  sia  percho 


748  CRONACA 

innumerevoli  giornali  hanno  narrato  appuntino  ogni  cosa,  sia  perche  la 
storia  del  fatto  non  e  in  ogni  parte  evidente,  ne  noi  vorremmo  diminuire  od 
aggravare  la  parte  di  chicchesia.  Faremo  nondimeno  alcune  osservazioni 
sopra  fatti  speciali  die  ci  paiono  degni  di  particolare  considerazione. 

Ed  in  prima  e  certo  che  I'Orsini  diede,  secondo  noi,  nel  processo  private  e 
negli  inlerrogatorii  pubblici ,  assai  mala  mostra  di  se ,  sia  perche  si  con- 
traddisse  sempre  dicendo  e  disdicendo,  accusando  altri  e  poi  ritrattandosi, 
e  poi  di  nuovo  accusando  colle  relicenze  e  col  silenzio  piii  ancora  che  non  colla 
parola ;  sia  perche  egli  voile  nondimeno  apparire  uomo  grande  e  generoso 
nel  pubblico  dibattimento,  mostrando  un  orgoglio  tanto  meno  scusabile, 
quanto  meno  fondato.  Gli  altri  tre  poi  si  mostrarono  anche  piii  apertamenle 
vili  e  senza  veruna  generosila  ne  di  sentire  ne  di  operare;  'del  che  confes- 
siamo  di  essere  stati  un  poco  stupiti.  GiacchS  in  sulle  prime  credevamo  che 
almeno  essi  avrebbero  avutalagenerosita  di  confessare  il  loro  delitto.  Ma  il 
yedere  che  ciascuno  di  essi  tent6  di  fuggire,  con  aperte  menzogne,  a  quella 
pena  a  cui  per6  essi  aveano  condannati,  con  codarda  ferocia,  tanti  inno- 
centi,  solo  per  colpire  quell'  uno  che  usci  incolume,  ci  distoglie  quasi  dal 
concedere  loromoltodi  quella  compassione  che  certamente  non  si  pu6nega- 
re  mai  interamente.a  qualsivoglia  infelice. 

Dopo  gl'  interrogatorii,  il  procuratore  generale,  Chaix  d'est-ange,  prese  la 
parola  rincalzando  1'  accusa  con  un'  eloquenza  lodata  comunemente  dai 
giornali  di  ogni  partito.  Fece,  trale  altre  cose,  notare  la  vergognadi  quest! 
cospiratori,  graziati  gia  dal  Sommo  Pontefice,  i  quali  ritornarono  nondi- 
meno subito  dopo  a  congiurare  contro  chi  li  aveva  resi  alia  liber ta.  «  L'Or- 
sini ,  disse  il  procurator  generale  ,  fu  obbligato  a'  dar  giuramento  ,  e  que- 
st' uomo  si  scrupoloso  ,  che  parla  si  alto  del  suo  onore  ,  giura  sopra  il  suo 
onore  di  essere  per  1'  avvenire  suddito  fedele.  Ma  appena  ottenuta  la  grazia, 
yiola  il  suo  giuramento.  L'Orsini,  colle  sue  apparenze  di  generosita,  avrebbe 
dovuto  ripudiare  quei  principii  di  una  setta  politica  che  predica  apertamente 
che  il  fine  giustitica  i  mezzi  ». 

Non  pot6  poi  il  medesimo  Procuratore  generale  astenersi  dal  dire  an- 
ch'egli  che  «  queste  cospirazioni  di  assassinii,  per  uccidere  I'lmperatore,  si 
formavano  fuori  di  Francia  e  da  forastieri  ».  Vero  e  che  poco  dopo  egli 
stesso  aggiunse  ci6  che  segue:  «  Qui  noivediamo  il  francese  Bernard,  1'ani- 
ma  e  forse  il  capo  di  questa  cospirazione.  Egli  ordin6  le  bombe,  egli  pro- 
cur6  i  passaporti,  egli  mand6  le  pistole.  »  E  poco  dopo:  «  il  Bernard  si  tro- 
va  dappertutto,  eccetto  che  dove  vi  hanno  pericoli  » .  Non  crediamo  poi  che 
niuno  abbia  mai  professata  la  dottrina  del  regicidio  piii  apertamente  e  piu 
odiosamente  di  qnello  che  fecn  teste  il  Pyat,  esule  francese  in  Londra,  con 
una  sua  recente  scriltura,  di  cui  i  giornali  inglesi  e  francesi  ci  recarono  al- 
cuni  brani.  Per  fermo  non  credevamo  che  auche  dal  piu  basso  fango  delle 
sette  potesse  mai  sorgere  si  iofame  scritto. 

Dopo  il  discorso  del  Procurator  generale  si  levarono  gli  avvocati  per  la 
difesa;  ma  nelle  loro  arringhe  non  vi  fu  cosa  di  rilievo,  eccetto  che  in  quella 
recitata  in  favor  dell'  Orsini  dal  signer  Jules  Favre,  avvocato  assai  celebre, 
che  appartkne  al  partito  repubblicano  e  combatte  gia  nell'assemblea  fran- 
cese i'  intervento  della  Francia  contro  1'  ultima  Repubblica  Romana.  Gerta- 


CONTEMPORANEA 

mente  pare  a  noi  che  quella  difesa  non  sia  stata  in  verita  altro  che  un  pa- 
negirico  del  patrioti  italiani  ed  un  elogio  di  chi,  per  amore  dell'  inclipen- 
denza  della  patria ,  si  conduce  a  qualunque  eccesso.  II  che  parimente  si 
contiene  nellalettera  che  1'Orsini  scrisse  dalla  carcere  all'Imperatore  Napo- 
leone  III  e  che  il  Favre  lesse  all'udienza,  con  raaraviglia  comune  che  a  tale 
scrilto  si  desse  tale  pubblicila. 

2.  Ma  e  cosi  depravato  il  senso  morale  di  certi  politici  da  giornale,  che  noi 
non  ci  maravigliammo  pun  to  di  aver  letto  in  questi  giorni  le  phi  alte  lodi 
dell'  Orsini  e  dei  suoi  complici  nei  giornali,  specialmente  piemontesi,  come 
1'  Opinione ,  1'  Unione  e  la  Gazzetla  del  Popolo.  Questa  fa  evidenti  pane- 
girici  del  regicidio  in  generate  e  di  questi  regicidi  in  ispecie:  1'  Unione  poi 
del  Bianchi  Giovini  hasempre,  in  questi  casi,  due  parti;  Tuna  e  1'arlicolo, 
cosidetto,  di  fondo,  fatto  pel  iisco  e  pei  gonzi:  1'altra  e  la  corrispondenza 
di  Parigi  (che  a  qualche  indizio  noi  crediamo  scritla  in  Torino  dalla  penna 
stessa  che  fa  gli  articoli  di  fondo),  la  quale  dice,  con  tutta  la  chiarezza  pos- 
sibile,  che  sarebhe  pure  una  bella  cosa  se  Napoleone  fosse  una  volla  tolto 
da  questo  mondo.  Ma  talvolta  il  Bianchi  Giovini  sa  anche  lodare  1'  assassi- 
nio  da  se,  siccome  fece  teste ,  nel  N.°  dei  4  Marzo  del  suo  giornale,  in  un 
articolo  da  lui  sottoscritto,  dove  dice,  fra  le  altre  cose  che,  se  I'  assassino 
comune  e  riprovato  universalmenle,  I'  assassino  politico  ando  invece  sog- 
getlo  a  giudizi  diversi:  imperocche  non  emeno  assassino  I'  Imperatoredi 
Austria  che  il  Libeny.  E  poco  dopo  chiama  vigorose  individualita,  che  vi- 
vono  di  abnegazione  e  di  sacrifizi  (come  i  santi  Padri  del  deserto)  Orsini, 
Rudio,  Gomez,  Tibaldi,  Pianori,  Agesilao  Milano  e  Pisacane  che  muoio- 
no  per  un'  idea  fissa  die  si  chiama  patria.  E  conchiude  che  I'  Italia,  da 
qualche  tempo  in  qua,  manifestando  la  sua  esistenza  cogli  atti  d'indivi- 
dui  di  una  natura  sommamente  rigogliosa  (bel  rigoglio  che  e  1'  assassi- 
irio!)  fa  capireche  altri  molti  ne  acchiude  nel  suo  seno,i  quali  sentono  il 
bisogno  di  sprigionarsi  edi  respirareun'  aria  libera  e  nazionale  (  coll'as- 
sassinare  il  prossimo).  Intanto  il  fisco  piemontese  si  diverte  a  sequeslrare 
quasi  ogni  di  1'  Italia  e  Popolo  del  Mazzini.  Nel  che  fa  moko  bene ,  ma, 
secondo  noi,  bisognerebbe  far  questo  e  nonlasciareil  resto.  Giacche  le  lodi 
dei  regicidi  disdicono  anche  piu  nei  giornali  che  si  dicono  costituzionali  e 
minis  leriali. 

Ma  checche  sia  della  moralita  di  questi  scritlori  di  giornali,  il  certo  e  die 
il  buon  senso  di  ognuno  non  potra  non  ripetere  quello  che  molto  bene  dis- 
se  il  Procurator  generale :  «  Sarebbe  mai  vero  che  ogni  assassino  possa  di- 
re che  egli  uccise,  perche  la  societa  era  mal  regolata?  Se  ci6  fosse,  ognuno, 
giudice  in  propria  causa,  potrebbe  colpire  quanti  vuole:  e  come  potrebbe 
durare  cosi  la  societa?  Dicono  che  essi  voleano  il  bene  della  loro  patria.  Ma 
questa  patria  fu.  per  un  istante  nelle  loro  mani:  che  ne  hanno  fatto  questi 
eroi?  Non  furono  allora  che  turbolenze,  disordini,  uccisioni,  incendii,  san- 
gue  sparso ,  fucilati  senza  sentenze ,  condanne  senza  magistral!.  E  1'  emi- 
grazione  italiana  che  e?  Ce  lodicel'Orsini.  Essa  e  divisa  inmolte  sette  che 
si  odiano,  in  parti  invidiose  e  violente:  essa  rappresenta  la  guerra  ci- 
vile ;  e  se  questi  uomini  riuscissero  a  vincere  i  loro  nemici,  non  rimarreb- 
be  piu.  loro  ultro  che  scanuarsi  fra  loro. »  Cosi  il  Procurator  generale. 


750  CRONACA 

In  ninn  luogo  per6  crediamo  che  la  dottrina  perversa  del  regicidio  sia 
stata  cosi  solennemente  approvata,  come  in  Londra  in  qucsti  giorni.  Giacch& 
essendosi  cola  tenuto  un  solenne  meeting ,  vi  furono  recitati  discorsi  tutti 
spiranti  1'elogio  dell' assassinio  politico.  Un  Inglese  manifest6  apertamente 
il  suodesiderio  che  una  palla  venga  presto  a  colpire  1'Imperatore  Napoleo- 
ne.  Verso  la  fine  uno  stampatore  polacco  propose  tre  Viva  aU'Orsini,  e  i 
Viva  furono  gridati  tre  volte  da  immense  popolo.  Pochi  giorni  prima  usci 
alia  luce,  parimente  in  Londra,  1'opuscolo  mentovato  piu  sopra  di  Felice  Pyat, 
emi^rato  francese,  in  difesa  dell'attentato  del  14  Gennaio.  Un  altro  opuscolo, 
intitolato:  //  tiranmcidio,  fu  pure  pubblicato  teste  in  Londra  in  lingua  in- 
glese,  ma  il  libraio  fu  carcerato  e  non  liberate  linora  cbe  sotto  cauzione. 

3.  Per  intendere  lo  stato  presente  clella  Francia  non  sara  fuori  di  proposito 
il  citare  ci6  che,  nella  tornata  del  18  Febbraio  del  Gorpo  legislative,  disse  il 
signer  Baroche,  Presidente  del  Consiglio  di  Stalo,  nel  discorso  che  fece  in 
difesa  della  legge  allora  proposta  dal  Governo,  ed  era  votata,  delta  della  si- 
curezza  generate:  «  Si  e  notato  che  il  delitto  dei  14  Gennaio  fu  tramato  e 
preparato  fuori  di  Francia,  e  che  era  stato  eseguito  da  forastieri.  Ma  si  puo 
egli  credere  che  pochi  infelici  sarebbero  venuti  a  Parigi  per  commettere  il 
misfatto,  se  essi  avessero  creduto  che,  nel  caso  di  riuscita,  niuno  si  sarebbe 
mosso?  Da  qualche  tempo  mostravasi  in  Francia  una  certa  agitazione:  cio 
conosceva  il  Governo  prima  del  14  Gennaio.  Dopo  1'  atlentato  ,  le  relazioni 
dei  Prefetti  della  polizia  e  del  Procurator  generate  posero  in  sodo  che  in 
molti  luoghi  vi  erano  persone  che,  non  sapendo  nulla  dell'attentato,  aveano 
per6  udito  dire  che,  verso  la  meta  di  Gennaio,  vi  sarebbe  stata  in  Parigi  qual- 
che novita.  In  ogni  Scompartimento  e  quasi  in  ogni  citta  di  Francia  ,  vi  ha 
un  certo  numero  di  persone  iucaricate  della  corrispondenza  dei  ribelli:  es- 
se  ricevono  le  parole  d'ordine,  danno  le  notizie  e  sono  pronte  ad  operare.  E 
dunque  impossible  di  lasciare  il  paese  disarmato  in  presenza  di  un  tale 
organismo  di  settarii.  Quando  il  popolo  sara  privo  di  tali  capi  che  agitano 
e  corrompono,  egli  trovera  la  tranquillita  e  la  quiete.  Finche  quest!  capi  re- 
steranno  nel  paese,  alia  prima  congiuntura  pu6  riaccendersi  1'incendio.  » 
Queste  parole  rivelano  ad  un  tempo  lo  stato  della  Francia  quanto  alle  sette, 
e  1'intenzione  del  Governo  di  servirsi  della  nuova  legge,  ora  votata,  per 
cacciare  di  Francia  o  confinare  coloro  tutti  che  sono  conosciuti  poter  essere, 
ad  un  bisogno,  i  capi  di  un  tumulto  politico.  Ed  e  chiaro  che,  applicando 
questa  legge  anche  a  poche  persone,  si  pu6  diminuire  di  molto  in  Francia 
ogni  pericolo  di  rlvoluzione. 

Non  e  poi  da  stupire  che  i  cospiratori  di  professione  facciano  ora  tutt'i 
loro  sforzi,  prima  che  1' applicazione  delle  nuove  leggi  li  riduca,  come  spe- 
riamo,  all'impotenza.  Ed  un  segno  del  loro  molto  scusabile  malumore  lo 

diedero,  il  giorno  7  di  Marzo,  in  Chalon  sopra  la  Saona,  dove,  come  ci  narra 
dispaccio  telegrafico ,  una  quarantina  di  persone  assalirono  alia  sprov- 

/ista  alcuni  soldati  e  gittarono  grida  sediziose,  spargendo  la  voce  che  in 
ijjfiera  rinata  la  repubblica,  Gli  abitanti  stessi  presero  le  armi,  ed  uniti 

alle  truppe,  dispersero  i  faziosi,di  cui  quindici,  fra  i  piu  colpevoli,  furono 
lo  stesso  giorno  incarcerati. 


CONTEMPORANEA  7ol 

-1.  Tn  sulk  prime  non  solo  i  forastieri,  ma  g!i  stessi  Inglesi  furono  molto  ira- 
picciati  nello  spiegare  le  cause  e  iprohabili  effetti  della  mutazione  del  Mini- 
stero  brilannico.  Yi  fu  perfino  chi  voile  quasi  drchiarare  nullo  edinvalidoil 
voto  della  Camera  de'Comuni  sopra  la  propostadel  Gibson,  alleganrlo  che  nssa 
era  stata  posta  ai  voti  per  nno  sbaglio  del  Presidente.  Tutti  poi  pareano  mara- 
vigliaticheilPalmerston  liberale  avcsse  dovuto  cadere  sotto  ivoti  del  con- 
servatori,  per  colpa  del  primo  attoda  conservatore  da  lui  fatto  col  proporre  il 
Bill  sopra  i  rifuggiti.  Ora  pero  e  certo  che  il  riunirsi  che  fece  la  maggio- 
ranza  in  favore  del  Gibson  non  fu  cagionato  dalla  voglia  di  non  votare  il  BUlt 
ilche  anche  spieg6  chiaramente  in  un  suo  articolo  il  Monitcur  diParigi,  ma 
bensidal  desiderio  di  punire  il  Palmerstoned  i  suoi  compagni,  per  aver  lascia- 
ta  senza  risposta  la  prima  nota  del  W.ilewsld,  in  cui  questi  parea  lagnarsi 
dell'  Inghilterra  come  d'asilo  troppo  libero  agli  assassini  politici.  Che  poi  il 
Palmerston  siasi  trovato  abbattuto  da  una  camera  scelta  poco  fa  per  aiu- 
tarlo,  si  spiega  coll'unione,  che  dicono  coalizione,  dei  varii  partili,  a  lui  e 
tra  loro  opposti,  i  quali  raramanlesi  possonounire  per  fare,  ma  bsnsi  pos- 
sono  unirsiper  disfare.  E  questa  voltasi  unirono  per  abbattere  il  Palmer- 
ston chesubito  ritirossi,  colla  speranza  di  presto  ritornare.  Intanto  il  giorno 
1°  Marzo  Lord  Derby,  ora  primo  Ministro  inglese,  dichiaro  alia  Camera  chs 
il  Governo  inglese  era  amico  di  tutti  i  Governi,  specialmente  della  Francia; 
disse  che  il  voto  della  Camera  dei  Comuni  non  portava  seco  la  riprovazione 
del  Bill  intorno  ai  fuorusciti,  e  quanto  alia  nota  del  Walewski,  aggiunse  che 
il  Gonte  di  Malmesbury,  nuovo  Ministro  degli  affari  esteri,  aspettava  dalla 
Francia  amichevoli  spiegazioni.  Ma  quanto  al  riproporre  al  voto  della  Ca- 
mera il  Bill  del  Palmerston,  Lord  Derby  non  promise  nulla.  Fece  anzi  in- 
tendere  che  egli  propendeva  a  credere  che,  per  frenare  i  fuorusciti,  bastas- 
sero  le  leggi  vigenti.  Donde  si  ricava  che  tanto  il  Governo,  quaa'to  la  Came- 
ra sono  ora  liberi  di  fare  quello  che  crederanno  meglio. 

Alcuni  giornali  poi  ci  recano,  mentre  scriviamo,  il  sunto  della  nota  del 
Governo  inglese  al  francese:  essa  dicesi  essere  in  termini  sommamonte 
conciliativi  e  favorevolissimi  alia  conservazione  dell'  alleanza  anglofranee- 
se.  Vero  e  che  vi  si  dice  pure  espressamente  che  il  Governo  inglese  non 
pu6  promettere  nulla,  quanto  alia  modificazione  delle  leggi  sopra  i  forastie- 
ri, e  si  contenta  per  ora  di  assicurare  il  Governo  francese  che  i  rifuggiti 
saranno  con  somma  cura  tenuti  d'occhio.  Col  che  pare  che  il  nuovo  Mini- 
siero  abbia  compiuti  gia  due  atli  impostigli  dal  voto  della  Camera  che  lo 
porl6  al  potere;  rispondere  cioe  alia  nota  francese  e  mantenere  franca  I'indi- 
pendenza  inglese  da  ogni  pressione  forastiera  quanto  al  mutare  le  leggi. 
Yedremo  se  la  Francia  e  1' Inghilterra  si  contenleranno  di  pure  promes- 
se  e  di  buone  parole.  Per  ora  sembra  certo  che  vi  e  qualche  divario  fra 
1' atteggiamento  vice nde vole  dei  due  Governi  e  dei  due  popoli;  giacche  quo- 
sti  paiono  guardarsi  un  po'  in  cagnesco,  mentre  quelli  sono  larghissimi  di 
mutui  complimenti.  In  Francia  i  giornali  semi'ifficiali  e  in  Inghilterra  i  gior- 
nali e  i  meeting  danno  aperti  segni  di  poco  buona  alleanza  col  vicino  allea- 
to:  i  due  Governi  invece  fanno  di  tutto  per  unire  gli  ariimi  e  conservare  la 
buona  armonia.  Ma  alia  fine  dei  conti  i  popoli  anche  piu  liberi  sogliono  la- 


752  CRONA.CA 

sciarsi  governare  da  chi  li  sa  governare :  vi  e  dunque  a  sperare  che  la  buona 
armonia  continuera. 

5.  Tutte  le  corrispondenze  di  Francia  parlano  di  molti  arresti  fatti  nell'Im- 
pero  di  persone  sospette:  ed  e  chiaro  clic  il  Governo  non  voile  votata  la  leg- 
ge di  sicurezza  generate  (che  ora  e  promulgate  nel  Moniteur  colle mutazioni 
fattele  nel  Gorpo  legislative  e  da  noi  allrove  acceunate),  per  poi  non  ser- 
virsene.  Ma  mentre  si  carcerano  i  sospetti  e  i  pronti  ad  ogni  misfatto,  noi  leg- 
giamo  nel  Monileur  che  e  conceduto  il  ritorno  in  Francia  ai  Generali  Bedeau 
e  Ghangarnier.  Questi  pero ,  con  una  sua  lettera ,  pubblicata  nei  giornali 
belgi,  dichiaro  di  non  voler  servirsi,  per  ora,  della  grazia  imperiale. 

6.  II  giorno  25  di  Febbraio  mori  in  Parigi  il  P.  Saverio  Delacroix  de  Ravi- 
gnan.  Naque  in  Baiona  nel  1795  ed,  applicatosi  giovanetto  agli  studii  del  di- 
ritto,  nel  1821,  nell'eta  di  26  anni,  era  gia  sostituto  del  procuratore  del  Re 
presso  il  tribunale  della  Senna.  Ma  1'anno  seguenle,  avendo  risolutodien- 
trare  nella  camera  sacerdotale,  ricevetle  la  tonsura  da  Mons.  Frayssinous, 
che  primo  avea  predicate  in  Parigi  le  Conferenze  nella  cattedrale.  Dopodue 
mesi  di  stanza  nel  Seminario  di  S.  Sulpizio,  si  rese  religiose  della  Comp.  di 
Gesii.  Mons.  di  Que"len,  Arcivescovo  di  Parigi,  lo  invito  poi  a  predicare  le  Con- 
ferenze,  nel  quale  uffizio  e  noto  come  levasse  alta  fama  di  eloquenza  vera- 
mente  religiosa.  Nelle  faticbe  continue  del  predicare,  del  confessare  e  dello 
scrivere,  logorossi  la  vita,  che  egli  ora  fini  sanlamente  in  mezzo  al  duolo 
di  quei  tanti  che  egli  avea  non  meno  editicati  colla  sua  singolare  pieta,  che 
istruiti  colla  sua  dottrina.  Egli  pose  pure  a  stampa  parecchie  opere,  tra  le 
quali  nomineremo  1' opuscolo :  Dell'  esistenza  e  deli  Istiluto  dei  Gesuiti,  e 
Ylstoria  di  Clemente  XIII  e  di  Clemente  XIV.  Le  sue  Conferenze  non  furono 
mai  pubblicate. 

I  suoi  funerali  celebrati  in  S.  Sulpizio,  modesti  come  si  convenivaa  reli- 
gioso,  furono  per6  solennissimi  pel  numero  e  la  qualita  delle  persone  che 
V  intervennero.  Presiedeva  il  funebre  rito  lo  stesso  Gardinale  Arcivescovo  di 
Parigi  e  vi  assistevano  il  Cardinale  Bonnet  e  tre  altri  Vescovi.  Dopo  le  asso- 
luzioni  al  tumulo,  fatte  dall'Em.  Arciv.  di  Parigi,  il  Vescovo  d' Orleans, 
Monsig.  Dupanloup,  stretto  amico  del  defunto  fino  dalla  prima  giovanezzar 
fece  ona  non  meno  eloquente  che  affettuosa  orazione  funebre ,  col  testo 
molto  appropriate  alia  circostanza :  Defunctus  adhuc  loquitur. 

BELGIO  (Nostra  corrispondensa )  1.  La  Camera  dei  Deputali.  —  2.  Riforme  del 
Codice  Penale.  — •  3.  Querele  dell'  Ambasciadore  di  Francia  contro  alcuni 
giornali.  —  4.11  colonnello  Charras  espulso  dal  Belgio.  — 5.  Giornalismo.  — 
6-  Associazione  conservatrice.  —  7.  Ritratlazione  del  Times.  —  8.  Parliti 
del  Belgio. 

1.  I  bilanci  furono  votali  dalle  nostre  Camere  quasi  senza  discussione: 
mezzo  sicuro  per  disbrigare  presto  simili  affari  correnti,  i  quali  del  resto  non 
possono  cbe  suscitare  sempre  le  stesse  quistioni.  II  che  prova  la  lealta  della 
parle  destra;  giacche  quando  il  Minislero  cattolico  trovavasi  al  potere,  la  si- 
nistra,  come  ogauno  fra  noi  ben  rammenta,  si  dava,  per  istancarlo,  a  cavil- 
lare  sopra  tutli  i  particolari  del  bilancio.  E  che  quella  non  fosse  allora  che 


CONTEMPORA1NEA.  753 

una  strategica  di  po::6  buona  fede,  apparisce  da  questo,  die  il  bilancio  di 
quest'anno,  preparato  dal  Ministero  precedente,  fu  approvatodal  Ministero 
presente,  salvo  qualche  piccola  modificazione.  Un  risparmio  di  180  mila  fran- 
chi,  fatto  nel  bilancio  delle  Finanze,  ha  procacciato  un  elogio  al  presente 
Ministro,  il  quale  e  stato  per6  si  cortese  e  giusto  da  altribuirne,  come  do- 
veva,  il  merito  al  suo  predecessore ,  oggi  escluso  dal  Parlamento  in  grazia 
della  elezione  del  10  Decembre. 

Vi  dir6  ora  soltanto  qualche  parola  intorno  ad  alcuni  fatti  die  hanno  avu- 
to  luogo  in  queslo  tempo  nel  Parlamento.  L'anno  scorso  furono  votati,  pel 
Cardinale  Arcivescovo  di  Malines  ,  oltre  alia  consueta  somma  ,  3500  fran- 
chi,  a  titolo  di  spese  di  ufficio,  a  motivo  della  vastita  della  sua  Diocesi;  ma 
quest'anno  si  e  creduta  eccessiva  quella  picciola  sommai  e  per6  gli  e  stata 
tolta.  II  qual  fatto  vcnne  poi  giustificalo  da  un  tal  Deputato,  oracolo  della  si- 
nistra,  col  dire  che  ci6  non  faceasi  per  aslio  verso  1'Arcivescovo,  il  quale  cer- 
tamente  meritava  ogni  riguardo,  ma  solamente  a  fine  di  qvitare  1'inconve- 
niente  che  la  somma  per  mi  votata  sorpassasse  quella  che  si  concede  ad  un. 
Ministro,  il  quale  rappresentaun  potere  che  deve  stare  sopra  ogni  altro.  Niu- 
no  in  verita  si  aspettava  di  sentire  che  3500  franchi,  a  titolo  di  spese  d' uf- 
ficio, potessero  dare  ombra  all'  indipendenza  del  potere  civile. 

Erano  giunte  alia  Camera  petizioni  che  chiedevano  mutazioni  nella  legge- 
elettorale;  ma  un  Deputato  della  sinistra,  levatosi,  propose  1'ordine  del  gior- 
no.  Col  che  fece  atto  di  dispregio  e  di  biasimoindiretto,  come  suol  farsi  nei 
casi  di  petizioni  che  si  credono  indiscrete.  La  destra  non  volea  permettere- 
cheundiritto  dato  dalla  Costituzione ,  e  del  quale  non  aveano  certamente 
abusato  i  soscrittori  delle  petizioni,  venisse  cosi  bislrattato.  Ma  fu  risposto-:. 
« Voi  volete  suscitare  agitazione  »;  e  senz'altro  si  passo  all'ordine  del  giorno- 

Poco  dopo  per6,  in  occasione  di  una  parola  sfuggita  ad  un  deputato  a  tal 
proposito,  si  porto  incidentemente  la  discussione  sopra  la  legge  elettorale,. 
mostrando  alcuni  la  sconvenevolezza  che  trovavasi  nel  costringere  alcuni 
elettori  a  fare  le  sei,  le  sette  e  anche  talvolta  le  dieci  leghe  per  recarsi  a  dare 
il  proprio  voto ,  mentre  altri  non  aveano  punto  bisogno  d'  incomodarsi  per 
venire  sino  al  Capoluogo  del  circondario.  Si  notarono  quindi  gli  abusi  a'  quali 
questi  inconvenienti  spesso  davano  luogo ;  perche  in  lal  caso  o  gli  elettori 
non  votano,  o  pure  si  fanno  trasporlare  a  spese  del  candidate  e  talvolta  del 
partito.  E  per6  alcuni  proponevano  che  ciascun  eleltore  desse  il  suo  voto  nel. 
proprio  Comuoe,  come  si  pratica  in  Francia  e  in  Olanda;  altri  preferivano 
die  il  voto  venisse 'dato  nel  Capoluogo  del  Cantone,  altri  poi  proponevano 
il  mantenimento  della  votazione  del  Capoluogo  del  circondario,  dando  pero- 
un'indennita  agli  elettori  a  spese  del  Governo;  altri  finalmente  trovavano 
che  miglior  partito  fosse  lasciar  le  cose  com'erano.  Questo  fu  naturalmente- 
T  avviso  della  sinistra,  la  quale  trova  il  suo  vantaggio  nel  sistema  presente, 
che  da  molta  prevalenza  al  cittadino  sopra  il  campagnuolo.  La  proposta,  nou- 
potendo  essere  portata  a  qualche  risoluzione,  fu  rigettata  senza  votazione. 

Al  qual  proposito  sono  da  notarsi  due  fatti  curiosi.  L'uno  si  6,  che  il  sig. 
Tesch,  Ministro  della  Giustizia,  essendo  interrotto,  lascid  intendere  ch'egli- 
meditava  di  proporre,  un  giorno  o  1'altro,  una  legge  contro  1'azione  del  cle- 

Serie  111,  vol.  IX.  48  13  Mar  so  1858. 


Toi  CRONACA 

ro  nelle  elezioni.  Al  die  per6  si  oppose  risolutamente  il  signor  di  Thcnix,  capo 
della  dcstra,  dimostranclo  la  impossibility  delta  cosa,  poste  le  noslre  leggi. 
L'altro  fatlosieche  il  sig.  Rogier,  Ministro  dell'Interno,  il  quale  non  ha 
vecluto,  nella  sommossa  c  nelle  sassate  di  Maggio  scor?o,  altro  che  una  sem- 
plice  commozione  popolare,  vede  oggi  ayitazione  nelle  innocenli  potizioni 
di  qnalche  Comune.  Di  che,  com'  e  naturale,  egli  rovescio  la  colpa  sopra  i 
Deputati  della  destra  ed  esclamd,  die  quando  i  suoi  erano  in  minoranza,  sa- 
rebhe  staio  loro  facile  di  protiurre  una  simile  agitazione,  ma  che  se  n' erano 
astenuti  per  moderazione.  Uno  storico  si  trovera  certamente  impacciato  nel- 
1'  avvenire  per  ricavare  la  verita  dalla  nostra  storia  contemporanea. 

2.  II  signor  Ministro  della  Giuslizia  prescnt'6  alia  Camera  una  proposta  di 
revisione  del  Codice  penale  e  propriamente  del  2°  libro,  il  quale  trattadei  cri- 
mini  e  delitti  contro  la  sicurezza  dello  Stato,  1'autorita  del  potere  costituito  e 
lerelazioniinternazionali.  II  capoY,  cheriguardaappunto  queste,  sara  pel  pri- 
mo  presentato  all'esame  della  Camera.  Gia  la  relazione  della  Commissione  in 
favore  del  disegnovenne  deposta  sul  banco.  Questa  quistione  dara  forse  luogo 
acuriose  palino  lie,  e  gia  i  giornali  se  ne  sono  di  molto  occupati.  Giacche  bi- 
sogna  sapere  che,  quando,  nel  Decembre  del  1852,  un  Ministero  liberale  mo- 
derate propose  una  legge  contro  glioltraggi  recati  ai  Sovrani  forastieri,  i  li- 
berali  del  colore  del  sig.  Verhaegen  la  combalterono.  I  giornali  liberali ,  e 
1'  Observateur  sopra  tutti,  chiamavano  i  Conservator!  parti  to  dello  straniero. 
Ora  invece  che  si  aggrava  la  legge,  sostitnendo  il  procedimento  ufflciale  al 
procedimento  dopo  i  richiami  del  Governo  inaultato,  ['Observateur  approva. 
E  cosi  dev'essere,  dappoiche  essendo  venuti  al  potere  i  suoi  partigiani,  di- 
vennero  con  ci6  stesso  infallibili.  II  contraddirli  sarebbe  un'  eresia  mini- 
steriale. 

3.  In  forza  di  quella  stessa  legge  del  1852  e  stata  dall'  Ambasciatore  di 
Francia  intentata  querela  contro  tre  giornaletti  che  si  slampano  nella  capi- 
tale,  per  causa  di  insulti  recati  all'Imperatore,  e  di  applausi  fatti  all'  atlen- 
tato  del  14  Gennaio.  Essi  sonoil  Drapeau,  scritto  da  un  tale  Labarre,  an- 
tico  scrittore  della  Nation,  che  allora  insult6  pure  la  famiglia  reale,  il  Croco- 
dil,  scritto  da  un  tale  Hallaux  e  il  Proletaire,  scritto  da  un  tal  Coulon,  sarto  di 
mestiere.  L'  atto  d'  accusa  6  gia  compiuto  e  fra  qualche  giorno  la  causa  sa- 
ra portata  davanti  alle  assise,  della  cui  competenza  sono  i  delitti  di  starnpa. 
I  giurati  pronunzieranno  sopra  la  reita  di  qoesti  giornalisti. 

4.  II  caduto  Ministero  aveva  data  facolta  ad  un  esule  francese  di  qualche 
nome,  il  colonnello  Charras,  di  dimorare  a  Brusselle,  ove  questi  intendea 
stampare  una  sua  Storia  della  battaglia  di  Vaterloo.  Ma  qualche  tempo  fa 
egli  ricevelte  dal  Ministero  presente  Tordine  di  abbandonare  il  Belgio,  enon 
ostanti  le  istanze  fatte  dai  suoi  amici  e  a  malgrado  delle  preghiere  da  lui 
stesso  fatte  al  sig.  Rogier,  che  un  tempo  1'  onorava  della  sua  protezione, 
il  colonnello  ha  dovuto  partire.  Si  ebbe  un  bel  dimandare  la  ragione  di 
cio  ai  giornali  ministeriali ;  essi  o  hanno  taciuto  del  tutto  il  vero  motivo  di 
siffatto  procedere,  o  hanno  cercato  fare  una  diversione  dalla  quistione,  preoc- 
cupando  I'opinione  pubblica  con  qualche  storiella  pericolosa. 

5.  In  questa  congiuntura  I' 'Observateur  si  fe  ad  assalire  il  phi  cospicuo 
personaggio  della  magislratura  Belga,  osservando  che  la  giustizia  non  potea 


CONTEMPORANEA  755 

essere  imparziale,  quaudo  il  Presidente  non  era  della  sua  opinione  in  poli- 
tica.  Poi  venue  la  volta  del  Procuratore  del  Re,  e  cosi  di  mano  in  mano. 
Non  fa  poi  risparmiato  il  clero,  nei  varii  intervalli.  Cosi,  per  esempio, 
tutti  i  giornali  liberal!  approvarono  1'  inchiesta  contro  il  clero  volata  dalle 
Camere  di  Piemonte,  e  tulti  parimente  combatterono  il  loro  antico  alleato 
di  Francia,  il  Giornale  dei  Debats,  per  aver  questo  avuto  il  coraggio  di  dire 
in  tal  questione  la  veritae  di  difenderla.  Bisogna  tuttavia  confessare  che  i 
giornali  del  partito  e  gli  uomini  che  essi  rappresentano,  benche  d'  accordo 
quando  trattasi  di  strillare  contro  i  clerical!,  sono  poi  abbastanza  discord! 
tra  loro  quando  trattasi  della  politica  del  Gabinetto.  Gli  esagerati  trovano 
che  i  Miuistri  sono  troppo  moderati,  e  lo  dicono  chiaramenle,  osservando 
inoltrc  che  le  loro  azkmi  non  solo  non  corrispondono,  ma  sono  anzi  in  con- 
traddizione  con  quanto  essi  diceano  priraa  di  salire  al  potere.  Dimenticano 
isemplicetticheallora  i  Miaistri  faceano  parte  dell'opposizione,  e  che  oggi 
essi  sono  divenuti  conservator!  dei  loro  portafogli. 

6.  L'associazione  costituzionale  conservalrice  si  e  ora  istiluita  definitiva- 
mente:  ed  il  6  Febbraio  se  ne  tenne,  nel  palazzo  dei  de  Merode  in  Brusselle, 
una  riunione  generate  di  pin  di  500  persone  accorsevi  da  tutte  le  parti  del 
Belgio.  In  essa  furono  approvati  gli  statuti.  II  programma  dice  che  lo  scopo 
puramente  politico  di  quest' associazione  e  la  difesa  di  tutti  gfinteressi  con- 
servator! ,  valendosi  a  tal  uopo  di  tutti  quei  mezzi  che  le  nostre  istituzioni 
legalmente  forniscuno,  e  specialmente  della  stampa  e  delle  elezioni.  Essa 
non  vuole  altra  regola  che  la  costituzione,  secondo  le  trad  izioni  del  Gongres- 
so  del  1830.  La  fondazione  di  quest'associazione,  lungi  dall'essere  un  atto  di 
aggressione,  e  anzi  un  atto  di  pura  difesa,  dappoiche,  essendo  gli  avversarii 
giadalungo  tempo  organ izza ti ,  riusciva  impossible  lottare  con  essi  senza 
organizzarsi  del  pari.  II  Gonte  di  Theux  e  Capo  del  Gonsiglio  di  amministra- 
zione,  e  il  sig.  Principe  di  Ghimay  e  capo  dei  Gommessarii. 

7.  In  un  suo  numero  dello  scorso  Gennaio,  il  Times  pubblic6  una  corri- 
spondenza ,  nella  quale  un  certo  Inglese ,  che  diceasi  dimorare  nel  Belgio, 
scrivevagli  che  i  soldati  belgi  formavano  senza  dubbio  il  peggiore  esercita 
delPEuropa,  dando  per  prova  di  tale  graluita  asserzione  alcune  mere  inven- 
zioui.  L'  onore  nazionale  ne  fu  punto  al  vivo ,  e  varie  risposte  perentorie 
comparvero  sopra  tutti  i  giornali.  L'esercito  offeso  e  commosso  nomino  tre 
Generali  per  far  ricerca  dell' au tore  di  si  indegna  calunnia.  II  Times  allora 
disapprov6  ci6  che  avea  detto  il  suo  corrispondente,  le  cui  asserzioni  furono 
dallo  stesso  Governo  inglese  qualificate  d'  insolentissime,  e  il  corrisponden- 
te  stesso  fu  obbligato  a  scrivere  una  compassionevole  ritrattazione.  Dice  in 
essa  che  egli  avea  letto  nella  guida  di  Murray  essere  i  Belgi  nel  1831  fuggiti 
presso  Lovanio ;  ma  siccome  avea  poi  riconosciuto,  per  prove  avutene,  che 
quella  non  era  cosa  certa ,  cosi  confessava  che  la  sua  accusa  era  priva  di 
fondamento.  Ecco  dove  vanno  a  cercare  le  notizie  i  famosi  corrispondenti 
del  Times !  dalle  guide!  Qual  meraviglia  poi  che  essi  siano  spesso  si  male 
informali? 

8.  Vi  dar6  qui  alcune  spiegazioni  sopra  il  partito  liberale  nel  Belgio,  il  quale 
6  compo&to  di  disparatissimi  element!.  V!  sono  in  prima  gli  uomini  leali  e  sin- 
ceri  i  quali ,  igriorando  le  vere  tendenze  del  liberalismo,  credono  in  buona 


756  CRONACA 

fede  di  servir  la  patria ,  ne  sono  ostili  alia  religione.  Yi  sono  poi  i  moderati 
che  sperano  di  potere,  colla  loro  presenza  e  coi  loro  consigli,  rallentare  i  passi 
degli  ultraliberali.  Vi  sono  gli  ipocriti  che  tendono  allo  scopo,  ma  con  pru- 
denza.  Essi  malmenano  il  clero,  affettando  di  rispettar  la  religione ;  e  questa 
•e  la  maschera  di  quasi  tutti  i  giornali  del  partito.  Vi  sono  i  piu  innoltrati 
i  quali  dichiarano  piu  apertamente  i  loro  pensieri.  Gl'  ipocriti  debbono  in 
pubblico  moslrarsi  avversi  a  questi  ultirai ,  benehe  in  segreto  ne  accettino 
1'alleanza.  Queslo  partito  composto  di  element!  si  diversi,  cammina  verso  UQO 
.stesso  fine,  poiche  e  sotto  Tunica  direzione  del  Grand'Oriente  Massonico. 

Secondo  un  documento  Massonico  del  1856,  ecco  come  si  fanno  le  elezio- 
ni  liberali :  «  Un  candidate  frammassone  sara  in  primo  luogo  proposto  dalla 
loggia  (nel  cui  territorio  si  fara  1'elezione)  all'accettazioue  del  Grande  Orien- 
le.  II  medesimo  sara  poi  imposto  ai  fratelli  delTobbedienza  »  -i.  II  Grande 
•Oriente  e  dunque  quegli  che  dee  prima  approvare  tutti  i  candidati  (e  cosi  si 
spiega  1'unanimita  con  cui  la  sinistra  ha  scelto  il  Verhaegen  a  Presidente 
della  Camera).  II  candidate  approvato  dal  Capo  dei  Frammassoni  e  poi  pro- 
posto alle  Associazioni  liberali,  che  sono  come  logge  pubbliche  nelle  quali  i 
iframmassoni  iniziati  la  fanno  da  padroni  e  gli  allri  non  servono  che  a  for- 
mar  numero  2. 1  membri  di  queste  associazioni  fanno  una  elezione  prepara- 
toria  e  si  obbligano  a  votare  poi  anche  conlro  il  loro  proprio  parere  ( secondo 
le  regole  dell' obbedienza  cieca)  colui  che  ebbe  maggior  numero  di  suffragi. 
Quando  il  cadidato  dei  frammassoni  eeletto,  egli  ha  i  seguenti  doveri: 
«  L'  eletto  dai  frammassoni  sara  coslretto  a  fare  subito  una  professione  di 
fede  di  cui  si  fara  atto  verbale ;  egli  sara  invitato  a  ricorrere  ai  lumi  di  questa 
loggia  e  del  Grande  Oriente  nei  casi  gravi  che  possono  occorrere  durante  il 
fiuo  mandato  » .  Egli  e  dunque  una  macchina  (proprio  il  perinde  ac  cadaver  e 
il  bastone  da  vecchio )  nelle  mani  del  Grande  Oriente ;  e  da  il  suo  voto  come 
gli  viene  dettato  dal  suo  padrone,  e  dee  star  bene  attento  a  non  fare  nulla 
di  suo  capo,  giacche  le  logge  hanno  non  solo  il  diritto,  ma  il  dovere  di  spiare 
gli  atti  di  coloro  ch'  esse  hanno  fatto  entrar  nella  vita  politica.  Chi  sa  queste 
-cose  non  si  stupisce  al  leggere  cosi  spesso  nei  fogli  liberali  il  nome  di  tradi- 
tore,  e  di  rinnegato  dato  a  certi  personaggi  rispettabili  ed  onorevoli,  i  quali, 
essendo  prima  liberali  sinceri,  hanno  poi  mutato  parere  quando  hanno  sco- 
perto  1'abisso  in  cui  erano  per  precipitare.  Ed  e  a  notare  che  sono  sempre 
uomini  di  onore  e  di  ingegno  coloro  che  passano  dalla  sinistra  alia  destra ; 
ma  non  potrebbe  cilarsi  un  solo  uomo  valente  il  quale  sia  mai  passato  dalla 
destra  alia  sinistra. 

Hanno  dunque  i  liberali  un'unica  direzione  che  li  guida  tutti,  come  bu- 
ratlini,  ad  un  unico  scopo.  Non  vi  parler6  ora  del  loro  scopo  sociale  e  po- 
litico ;  vi  dir&  solo  alcune  parole  del  loro  scopo  morale  e  religioso.  Da  infi- 
niti  document!  si  ricava  che  i  frammassoni  vogliono  sostituire  la  morale 

\  Notino  i  lettori  come  i  liberali ,  che  gridano  si  alto  contro  1'  obbedienza  cattolica,  sono  poi 
^chiavi  tlella  rolonta  dei  loro  padroni  (Rota  de' Compilatori). 

2  Queste  logge  esterne  del  Belgio  sono  precisaraente  quello  che  in  Italia  erano  nc!48  i  Cir- 
coli  ed  ora  sono  in  Piemonte  le  associazioni  degli  operai.  Prima  del  48  queste  logge  si  chiama- 
vano  in  Italia  Congress*  degli  scienziati,  Islituti  di  filantropia,  Comitati  agrarii  e  cose  simili, 
.siccome  ci  ha  narralo  chiaramente  lo  stesso  Montauolli  fjVo/a  de' Compilatori)* 


COIfTEMPORANEA  757 

univcrsale  alle  fmtasmagorie  idolatriche.  Qucste  sono  le  parole  del  Fr. 
Faider  pronunziate  nella  loggia  di  Brusselle  nel  1846.  Ma  siccome  una  luce 
troppo  viva  ed  improvvisa  acceca  in  vece  di  illuminare,  cosi  egli  crede  che 
non  sia  ancora  opportune  di  pubblicare  queste  dottrine.  Madopo  il  1846  si 
e  progredito,  si  che  alcuni  si  sono  falti  piu  arditi.  Questi ,  del  resto,  hanno 
seguilo  il  consiglio  dello  stesso  Faider  il  quale  voleva  che  si  cominciasse 
fo\V inscgnamento ;  poi  che  si  c'ercasse  di  diminuire  1' influenza  del  clero 
c  di  cacciare  i  religiosi.  II  Fr,  Boulord  nel  1854  credeva  che  si  dovesse  usare 
anche  la  forza  per  finirla  coi  conventi.  11  che  si  e  tentato  nel  1857;  ma  il 
paese  non  era  peranco  abbastanza  maturo,  quantunque  educate  dai  discorsi 
del  Verhaegen  e  dei  suoi  amici ,  e  dalle  scandalose  canzoni  profuse  nel  po- 
polo.  Qoeste  erano  tali  che  1'  Estaffette,  giornale  di  Francia,  per  averne  ri- 
prodotla  una  sola  fu  processato  dai  tribunali.  Essi  dunque  sono  d'accordo 
per  distruggere  il  cattolicismo. 

Questoscopo  per6  dei  frammassoni  non  e  comune  a  tutti  i  liberal!,  molti 
dei  quali  non  tendono  che  ad  appagare  la  loro  ambizione  e  il  loro  interes- 
se;  altri  poi  sono  guidati  da  motivi  che  credono  generosi.  Ma  in  sostanza 
il  fatto  e  che  tutti  concorrono,  in  qualche  modo,  ad  ottenere  il  fine  propo- 
stosi  dai  frammassoni.  Non  voglio  con  questo  dire  che  lulti  j  liberali  sieno 
frammassoni ,  o  sieno  stati  soltoposti  alle  indegne  formalita  di  cui  sopra  ab- 
biam  discorso.  E  chiaro  che  i  frammassoni  sanno  adoperare  prudenza  con 
certe  persone  utili  alia  causa,  e  che  con  altre  sanno  non  esservi  bisogno  di 
niuna  promessa  esplicita.  Ma  e  certo  pure  che  niuno  dei  liberali  pu6  tergi- 
versare  nell'obbedire  agli  ordini  dei  frammassoni ,  e  nel  dare  il  suo  voto 
nella  Camera,  senza  incorrere  subito  nell'accuse  di  traditore  e  di  rinnegato 
ed  essere  poi  escluso  nelle  future  elezioni.  Tutti  i  liberali  debbono  sottoscri- 
vere  pubblicamente  al  programma  dell'associazione  liberale. 

INGIIILTERRA.  (Nostra  Corrispondenza)  ^.  Caduta  di  Lord  Palmerston  —  2.  Nuo- 
vo  Miiiistero. 

1.  Lord  Palmerston  e  caduto,  ed  e  caduto  in  un  modo  curioso.  La  causa 
immediata  della  sua  sconfittafuil  Bill  proposto  dai  Miuistero,  affme  di  ren- 
dere  piu  severa  la  legge  contro  quelli  che  cospirassero  in  Inghilterra  per 
uccidere  un  Sovrano  forastiero.  Ma  ci6  non  sarebbe  bastato  da  se  per  rove- 
sciare  il  Palmerston.  II  trionfo  che  egli  ebbe  nelle  elezioni ,  all'  ultimo 
scioglimento  del  Parlamento,  accrebbe  oltre  ogni  credere  la  sua  indole  na- 
turalmente  altiera.  Egli  credette  di  poter  dar  la  legge  alia  Camera  dei  Co- 
muni,  e  di  meritare  cosi  il  titolo  di  dittatore,  datogli  dai  suoi  adulatori.  Si 
vide  dunque  in  esso  un  aumento  di  baldanza,  la  quale  non  sarebbe  stata  tol- 
lerabile  se  non  fosse  stata  accompagaata  dai  suo  solito  buon  umore  scher- 
zoso  e  geniale.  La  Camera,  la  quale  e  tenacissima  del  rispetto  dovutole,  co- 
minci6  a  mostrare  segni  di  disgusto.  II  Palmerston  pero  non  profitt6  di  que- 
sti  avvisi  che  gli  vaticinavano  la  sua  disgrazia.  Che  anzi  egli  innalz6  alia 
terza  carica,  fra  le  grandi  dignita  dello  Slato,  con  posto  nel  Gabiuetto ,  un 
suo  amico,  uomo  ini'amato  neH'bpinione  comune;  il  quale  anche  ebbe  1'  im- 
pudenza  di  presentarsi  spesso  in  una  tribuaa  della  Camera  dei  Gomuni.  Que- 

> 


758  CRONACA 

sta  nomina  sembro  un  ecccsso  d'insolenza,  e  se  ne  vide  1'  effetto.  Giacche 
quando  si  alzava  Lord  Palmerston,  egli  non  era  piii  ricevuto  col  favore  con- 
sueto,  e  non  era  ascoltato  in  sileuzio;  chiunqueloattaccava  era  applaudito. 
Egliper6  si  mostrava  sempre  franco  ed  ardimentoso.  Alcune  altre  nomi- 
ne, evidentemente  dovute  al  pretto  favoritismo,  dispiacquero  al  popoloed 
alia  Camera.  Finalmente  un  Deputato,  il  sig.  Wise,  quantunque  del  partito 
del  Palmerston,  annunzio  alia  Camera  una  proposta  collo  scopo  evidente  di 
riprovare  la  nomina  dell'  amico  e  nuovo  collega  del  Ministro.  Questa  propo- 
sta sembrava  eccederei  limiti  delle  ingerenze  di  un'  assemblea  legislative, 
trattandosi  di  un  esercizio  della  regia  prerogativa;  ma  ai  nostri  tempi  il 
potere  della  Camera  e,  in  pratica,  quantunque  non  in  teoria,  illimita'o.  II 
tempo  era  dunque  gravemente  minaccioso  pel  Ministero.  Intanlo.si  sep- 
pe  la  notizia  dell'atroce  attentato  a  Parigi  contro  1'  Imperatore;  di  che  il  Mi- 
nistero propose  un  Bill  per  aumentare  la  severita  delle  leggi  criminali  con- 
tro i  cospiratori.  Questo  Bill  non  piacque  ad  una  parte  considerevole  della 
popolazione,  massimamente  in  Londra.  Conciossiache  gli  Inglesi  sono  gelo- 
sissimi  di  qualunque  anche  menoma  apparenza  di  una  influenza  straniera 
esercitata  sul  Governo  dell'  Inghilterra,  e  si  credette  che  il  Bill  fosse  dettato 
o  almeno  suggerito  dal  Governo  francese.  Inoltre  nacque  il  sospetto  che  si 
volesse  togliere  o  diminuire  il  diritlo  di  asilo ,  di  cui  godono  i  forestieri  in 
Inghilterra.  Questo  sospetto  si  collegava  coi  pregiudizii  inglesi  contro  i  Go- 
\erni  cattolici  del  Continente.  E  bisogua  notare  inoltre,  che  alcuni  dei  ri- 
fugiati  stranieri  sono  noti  in  tutla  1'  Inghilterra,  come  oratori  e  predicatori 
contro  la  Santa  Sede  e  contro  la  Religione  cattolica,  e  percio  sono  benveduti 
dal  partito  anglicano  e  dai  giornali  prolestanti.  Gli  indirizzi  dei  Colonnelli 
fraucesi  all' Imperatore,  stampatinellfonifeur,  aumentarono  il  malcontenta 
degh"  Inglesi,  perche  quelli  sembrarono  contenere  minacce  contro  i'  Inghil- 
terra. Lord  Palmerston  poi,  essendo  interpellate  nella  Camera  dei  Comuni,  le 
presentb  il  dispaccio  del  Conte  Waleswki,  nel  quale  questi  pareva  lagnarsi 
dello  stato  delle  leggi  inglesi,  allegando  che  ne  derivava  1'impunita  dei  cospi- 
xatori  stranieri  in  Londra.  In  queslo  dispaccio  si  trovavano  espressioni  capaci 
di  essere  mal  comprese,  e  nello  stato  dell'opinione  in  Inghilterra  non  e  da  ma- 
ravigliarsi  che  esse  siano  state  interpretate  in  un  senso  non  favorevole.  Lord 
John  Russell  e  Gladstone  proQttarono  di  queste  circostanze  per  combattere 
vigorosamente  il  Palmerston.  II  Gibson,  spinto  dal  partito  radicale  ed  inco- 
raggiato  dal  partito  Peel,  specialrnente  da  Gladstone,  Graham  e  Herert,  e 
desiderando  vendicarsi  della  sua  sconh'tta  cagionata  dal  Palmerslon  all'ele- 
zione  di  Manchester ,  propose  dunque  un  voto,  il  quale  condannava  il  Mini- 
stero, perche  non  aveva  falla  una  vigorosa  risposta  al  uispaccio  del  WalewskL 
La  riuscita  di  questo  colpo  sembr6  dubbiosa  anche  allo  stesso  Gibson , 
avendo  la  Camera  approvata,  con  maggioranza  di  200  voti,  1'introduzione  del 
Bill  contro  i  cospiratori.  Giuntoil  giorno  della  lotta,  fu  lunga  la  discussio- 
ne.  II  discorso  del  Gibson  fu  vigoroso  edeloqueute.  Egli  accus6  il  Palmerston 
di  aver  tradita  la  causa  del  liberalismo  europeo,  e  di  non  aver  mantenuto  in 
tutto  1'onore  del  proprio  paese.  II  Gladstone  par!6  acremente  e  con  somma 
eloquenza  contro  il  Ministero.  Ogni  colpo  vibrato  contro  il  Palmerston  face- 


CONTE3IPOTUNEA  759 

va  ccheprgiaro  la  sala  degli  applausi  dci  membri  di  quella  pofonte  assem- 
blea,  si  che  si  vedeva  chiaramonte  che  il  Ministro  aveva  perduto  il  favore 
comune.  II  Disraeli,  capo  dell'opposizionc,  fcce  nn  discorso  terribile.  It  se- 
gretario  della  Tesoreria  pregd  un  Deputato  di  proporre  che  si  prorogasse  la 
discussione  ad  tin  altro  giorno ,  spcrando  che  intanto  si  potesse  placarc  il 
malumore  della  Camera.  Ma  il  Palmerston,  fidente  troppo  di  se,  non  voile 
indugio,  e  si  alz6  per  concludere  la  discussione,  mostrando  tutta  la  sua 
baldezza  naturale.  Accolto  per6  con  un  brontolio  quasi  generale ,  e™li 
perde  la  bussola,  cosa  tanto  necessaria  nei  grandi  pericoli,  ed  il  suo  discorso 
fu  quello  di  un  uorno,  il  quale  si  vede  ridotto  agli  estremi.  La  Camera  fu 
sempre  phi  offesa.  Invece  di  un  discorso  degno  di  un  uomo  di  Stato,  egli 
pronunziouna  invettiva.La  violenzadei  suoi  gesti,  il  tnono  delle  sue  parole 
e  il  cruccio  del  volto  sembravano  segni  piu  di  debolezza  che  di  vigo- 
re.  Finalmente  il  Presidente  interrog6  la  Camera  e  si  pass6  alia  votazione , 
in  mezzo  ad  un  silenzio,  il  quale  indicava  1'importanza  del  risultato,  dal  quale 
doveva  dipendere  la  durata  del  Ministero.  Finalmente  i  quattro  scrutator! 
(tellers)  si  avanzarono  fino  alia  tavola  dove  giaceva  la  mazza  d'  oro ,  e  di- 
chiararono  il  numero  dei  voli;  cioe  peril  Ministero  215,  contro  234.  Subito 
che  si  vide  il  Gibson  prendere  la  parte  destra  fra  gli  scrutatori,  la  Camera 
seppe  che  il  Palmerston  era  vinto ,  e  la  sala  risuon6  di  vlvissimi  applaus?. 
Questo  fu  per  lui  un  momento  terribile  di  sconfitta  e  di  umiliazione. 

L'indomani  si  seppe  che  egli  aveva  data  la  sua  dimissione,  e  che  la  Re- 
gina  aveva  chiamato  a  se  il  Conte  di  Derby.  Si  pentirono  allora  molti  De- 
putati  del  partito  radicale  e  whig  di  avere  rovesciato  il  Ministero.  Ma  era 
troppo  tardo  quel  pentimento. 

Forse  Lord  Derby,  conoscendo  la  poca  forza  del  suo  partito  nella  Camera, 
avrebbe  voluto  rifiutare  1'incarico  di  formare  un  Ministero.  La  grandezza 
prircipesca  della  sua  condizione  ereditaria,  la  carica  gia  sostenula  di  primo 
Ministro  e  la  fama  di  oratore  lo  innalzano  al  di  sopra  di  qualunque  ambi- 
zione.  Ma  spin  to  dai  suoi  aderenli  parlamentari  egli  dovctte  formare  un 
nuovo  Minislero.  Gladstone,  Graham,  Herbert  e  Cardwell,  i  quattro  Peelisti, 
ritiutarono  i  portafogli  loro  otferti  da  Lord  Derby.  Egli  si  vide  dunque  ri- 
dotto a  formare  un  Governo  composto  del  solo  partito  conservatore,  il  quale 
non  ha  nna  maggioranza  nella  Camera  dei  Comuni.  Dunque  la  durata  del 
Ministero  Derby  dipendera  dalla  generosua  dei  suoi  nemici,  e  dai  meriti  in- 
trinseci  degli  ordinamenti  e  delle  leggi  che  saranno  da  lui  proposte.  In  un. 
eloquente  discorso,  quel  nobile  Lord  diede  un  cenno  della  politica  del  nuovo 
Ministero,  che  sembra  non  molto  diversa  da  quella  di  Lord  Palmerston.  II 
nuovo  Ministero  rispondera  al  dispaccio  del  Walewski  e  poi,  forse,  proporra 
al  Parlamento  una  legge  contro  i  cospiratori.  Sara  pure  proposta  al  Parlamen- 
to  una  legge  per  sotloporre  all'  autorila  diretta  della  Corona  e  delle  Camere 
I'lmpero  angloindiano,  coll'abolizione  del  celebre  doppio  Governo  da  me  gia 
descritto.  Questa  legge  sara  probabilmenle  migliore  di  quella  proposta  dal 
Palmerston.  In  quanto  alia  questione  della  Riformaparlamentare,  questa  sara 
prorogata  all' anno  venturo;  ma  bisognera  vedere  se  la  maggioranza  della 


760  CRONACA 

Camera  si  contentera  di  questo  indugio.  Pare  certo  che  il  Ministero  Derby 
non  possa  durare  molto.  E  vero  che  gli  rimane  il  provvedimento  di  scio- 
gliereil  Parlamento,  qnaloraegli  si  trovi  sconfltto  nella  Camera.  Mail  risul- 
tato  di  questo  mezzo  dipendera  dalle  circostanze  parlamentari  in  cnisarail 
Ministero,  e  dall'opiuione  della  Nazione.  II  nuovo  Governo  e  tutto  protestan- 
te,  e  non  contiene  un  solo  Cattolico;  ma  la  sua  politica  forastiera  sara  forsc 
piu  conservativa  di  quella  di  Lord  Palmers  ton.  Lo  slato  favorevole  delle  fi- 
nanze  del  regno,  ed  il  buon  risultato  delle  operazioni  militari  nelle  Indie 
sono  circostanze  favorevoli  pel  Ministero.  Sara  bensi  necessario  im  im- 
prestito  di  dieci  milioni  di  lire  sterline  per  le  Indie,  ma  esso  non  produrra  al- 
cun  carico  per  1'erario  dell'Inghilterra.  La  presa  di  Canton  e  anche  essa 
venuta  in  buon  punto  ,  giacche  dara  al  Governo  il  potere  di  assicurare  il 
commercio  inglese  colla  Cina. 

NenziE  VARIE  —  \.  Navigazione  del  Danubio  —  2.  Erzegovina  —  3.  Turchia 
—  4.  India  Inglese  e  Cina. 

1.  Una  questione  diplomatica  di  qualche  rilievo  ba  da  alquanto  tempo 
occupati  di  se  tutti  i  giornali.  Si  tratta  della  convenzione  per  la  libera  navi- 
gazione  del  Danubio,  fattae  ralificata  gia  dagli  Stati  attraversali  dal  flume  ; 
i  quali,  com'era  naturale,  riserbarono  a  se  soli  alcuni  privilegi,  conceclendo 
ai  navigatori  di  altri  Stati  una  parte  sola  di  quella  liberta  di  navigazione  e 
di  commercio.  Ma  siccome  il  Congresso  di  Parigi  e  quello  che  ordino  una 
tal  dichiarazione  di  libera  navigazione,  cosi  i  Governi  degli  Stati  non  attra- 
versati  dal  fiume  e  che  parteciparono  per6  al  Congresso,  pretendono  che  la 
convenzione  ratificata  dagli  Stati  littorali  non  e  valida,  finche  non  sia  ap- 
provata  nel  prossimo  Congresso,  nel  quale  essi  intendono  di  ottenere  per  se 
maggiori  larghezze.  Pare  ora  certo  cbe  gli  Stati  littorali  abbiano  ampiamen- 
te  data  ragione  a  questi  richiami,  e  che  siano  pronti  a  sottomettere,  sotto 
certe  condizioni ,  il  loro  trattato  all'  approvazione  del  future  congresso.  II 
che  anche  disse  espressarnente  la  Turchia  in  una  sua  recente  Nota  a  tutti 
i  suoi  rappresentanti  presso  le  Corti  che  sottoscrissero  al  Trattato  di  Parigi. 
2.  Seguono  a  riceversi  sopra  1'  agitazione  dell'  Erzegovina  nolizie  sempre 
piu  rilevanti,  espresse  per6  in  termini  generali,  forse  perche  la  barbaric  dei 
paesi,  dove  accadono  i  fatti,  non  permette  che  si  sappiano  le  cose  troppo  pel 
sottile.  Si  parla  per6  di  fatti  d'  arme,  di  assedii,  di  uccisioni,  di  fughe,  in 
somma  di  quanto  suole  accadere  in  un  paese  levatosi  in  arme.  Ed  appunto 
mentre  scriviamo,  un  dispaccio  telegrafico  ci  annunzia  essere  avvenuto  uno 
scontro  tra  Turchi  e  Montenegrin!  colla  peggio  dei  primi.  Giacche  essi  per- 
dettero  una  barca,  un  cannone  e  trentauomini;  laddove  i  Montenegrin!  non 
ebbero  che  sette  morti  e  14  feriti.  Per  ritornare  la  quiete  a  quelle  contrade 
alcuni  giornali  dicono  che  1'Austria  e  pronta  ad  occupare  per  orail  Monte  ne- 
gro, se  i  suoi  abitanti  osano  fare  altre  scorrerie  nei  territorii  vicini:  altri 
che  essa  non  pensa  che  a  secondare  la  Turchia  negli  sforzi  che  fa  per  or- 
dinare  il  paese,  altri  iofine  che  la  Turchia  sola  pu6  rimediare  a  tutto,  fa- 
cendo  che  siano  eseguite  verso  i  Cristiani  le  promesse  dell'Hatti-humaiun 


CONTEMPORANEA  761 

che  finora  non  sononote  che  di  fama  ai  poveri  raia  delle  province  turche.  E 
questo  appunto  chiedono  gli  Slavi  della  Bosnia  in  una  loro  supplica  pre- 
sentata  tcste  al  Principe  Callimachi,  ambasciatore  turco  presso  la  Corte 
di  Vienna.  Vero  e  che  i  lamenti  di  quegli  Slavi,  la  cui  supplica  e  ora  pub- 
blicata  sopra  i  giornali,  paiono  un  po'esagerati  anche  al  giornale  dei  Debats, 
persona  non  sospetta  di  voler  favorire  la  durata  del  presente  ordine  politico 
dicose  nelle  province  cristiane  soggette  all'  Impero  turco.  Esaminando  at- 
teutamente  la  cosa,  ci  pare  difticile  il  negare  che  tra  le  cause  di  quei  tu- 
rn ulti  non  abbia  gran  parte  anche  la  propaganda  slava  pienamente  demo- 
cratica.  Ne  ci  pare  probabile  che  1'  Austria  sia  per  vedere,  senza  occupar- 
sene  seriamente,  una  rivoluzione  democraticaalleporte  del  suo  Impero. 

3.  E  ora  presso  che  certa  la  rinunzia  fatta  dallo  Strafford  Redcliffe  della 
sua  carica  di  Ambasciatore  inglese  in  Costantinopoli.  Siccome  egli  era  il  phi 
potente  avversario  che  avesse  cola  la  politica  della  Francia  e  della  Russia, 
cosi  questa  sua  rinunzia  non  pu6  riguardarsi  se  non  come  un  vero  trionfo 
di  queste  due  Gorti.  Anche  si  pu6  presagire  che  saranno  d'or  innanzi  minori 
le  difficolta  che  incontrera  presso  il  Governo  turco  1'apertura  dell'Islmo  di 
Suez,  a  cui  si  opponeva  prima  lo  Strafford  piu  ancora  che  non  il  Sultano,  nel. 
cui  territorio  si  ha  da  fare  il  gran  lavoro.  Al  qual  proposito  e  da  notare  eziau- 
dio  essere  stata  ora  pubblicata  sopra  i  fogli  una  ofh'ciale  dichiarazione 
della  Turchia  contro  la  voce  sparsasi  ch'  essa  volesse  cedere  per  danari  al- 
Flnghilterra  1'isoladi  Perim,  la  cui  sola  importanza  sideve  appunto  all' es- 
sere la  chiave  del  futuro  canale. 

4.  Le  notizie  dell'  India  inglese  non  hanno  piu  ora  ne  la  novita ,  ne  la  ri- 
levanza  di  prima,  non  solo  perche  i  giornali  facilmente  si  stancano  di  tener 
dietro  ad  una  questione  lunga  ed  intricata,  ma  anche  perche  gli  ultimi  av- 
venimenti  di  Parigi  e  di  Londra  atlirarono  a  se  1'attenzione  comune.  Perci6 
appena  e  se  noi  troviamo  ora  nei  fogli  mentovati  i  dispacci  telegrafici  che 
giungono  di  cola.  Essi  ora  narrano  che  il  Campbell,  dopo  occupata  la  for- 
tezza  di  Ferruckabad,  nettata  di  nemici  la  riva  destra  del  Gange  e  ritor- 
nato  a  Cawnpore,vi  as  petto  i  rinforzi,  di  cui  avea  bisogno  per  rienlrare  nel 
regno  di  Ude.  II  25  Gennaio  poi  egli  si  trovava  in  Fattighur,  presso  Ferru- 
ckabad, prouto  ad  entrare  neU'Ude  con  15  mila  soldati  e  100  cannoni.  Un  al- 
Iro  esercito  di  10  mila  uomini  dovea  enlrare  nello  stesso  regno  per  altra 
parte.  L'  Outram  continuava  ad  essere  presso  Allumbagh,  a  qualche  miglio 
da  Lucknow,  dove  i  ribelli  erano  in  numero,  dicono,  di  100  rnila.  II  Gene- 
rale  Sir  Ugo  Rose  avea  ottenuto  alcune  altre  vitlorie  sopra  i  ribelli  dell' In- 
dia centrale,  togliendo  loro  la  irnportante  posizione  diRatgurh,  e  liberando 
la  guarnigione  di  Sangor,assediata  da  sei  mesi. 

La  Gazette  de  France  nondimeno  annuncia  la  nuova  ribellione  di  una 
gran  parte  del  regno  di  Lahore,  taciuta  dai  dispacci  inglesi.  Altri  giornali 
dicono  che  il  piano  di  guerra  dei  ribelli  si  e  ora  di  tirare  in  lungo,  evitan- 
do  scontri  decisivi,  ed  aspettando  la  venuta  della  stagione  piovosa  che  ob- 
blighera  gl' Inglesi  a  ritirarsi. 

Annnuncia  poi  un  corrrispondente  del  Times  che  la  guerra,  che  si  com- 
batte  ora  nell'  Ude,  e  una  vera  guerra  di  sterminio,  non  concedendosi  quar- 


762  CRONACA  CONTEMPORANEA 

tiere  ne  dull'  una  ne  dall'altra  parte.  II  die  dimoslra  ,  dice  il  Constitution- 
nel  del  25  Febbraio,  che  1'annessione  al  dominio  inglese  del  regno  di  Ude 
non  fn  fatta  perche  quei  popoli  fossero  mal  governati  dal  Joro  Re,  come 
prelendono  gl'Inglesi.  Ma  conviene  citare  alcime  parole  del  detto  giornale 
semiufficiale  francese ,  non  gia  perche  noi  le  appro viamo  ,  ma  perche  da 
esse  si  intenda  quale  sia  1'  affetto,  con  cui  parlano  ora  i  giomali  francesi 
degli  loglesi:  «  Cio  che  non  si  pu6  tollerare  (conchiude  il  detto  foglio  un  suo 
caldo  articolo  contro  1'  annessione  del  regno  di  Ude)  si  e  die  i  giornali  in- 
gtesi  prendano  da  ogni  cosa  occasione  di  predicare  certe  pratiche  niente 
scrupolose.  Vi  fa  chi  avea  ognora  al  suo  servizio  un  testo  della  Bibbia, 
per  giuslificare  i  piu  nefandi eccessi.  Molti  giornali  inglesi,ed  [[Times  spe- 
cialmente,  somigliano  a  costui,  quaudoliugono  una  virtuosa  indegnazioue 
contro  il  mal  governo  del  Re  di  Ude.  3e  quel  Re  avesse  si  mal  governato 
i  suoi  sudditi,  questinon  si  sarebbero  ora  ribellati  per  sostenerlo.  Dunque 
finiamola  con  quest'  ipocrisia.  La  polilica  sola  fu  quella  che  voile  1'unione 
delreguo  di  Ude;  essa  richiedera  tra breve  1'unione  di  altri  territorii.  L'ap- 
parenza  di  virtu,  con  cui  parlano  i  giornali  inglesi,  non  togliera  a  quest! 
atti  il  Joro  vero  valore.  »  Cosi  il  detto  giornale. 

Ma  che  gli  loglesi  siano  ora  sicuri  della  vitloria,  pare  potersi  ricavare  da 
quello  che,  nella  Camera  dei  Lord,  disse  poco  fa  Lord  Panmure,  Miuistro  gia 
della  guerra  nel  Ministero  passato.  Questi  disse  che  era  parere  di  uomini  com- 
petenti  essere  ora  inutile  di  mandare  neh"  India  nuovi  soldati,  echepercio 
il  Governo  non  avrebbe  piu  inviate  cola  altre  truppe  che  le  necessarie  per 
colmare  i  vuoti  fatli  nell'esercito  dalle  malattie.  Speriamo  che  questa  fidu- 
cia  non  sia  simile  a  quella  che  noi  slessi  udimmo  esprimersi  in  Torino  nella 
Camera  dei  Deputati  quando,  invitato  un  Ministro  a  mandare  rinforzi  a  Carlo 
Alberto,  che  allora  era  coll'esercito  sotio  Verona,  un  celebre  Deputato  disse 
in  termini,  secondando  I'avviso  del  Ministro,  che  il  mandare  allora  rinforzi  a 
Carlo  Alberto  sarebbe  stato  un  vero  lusso  di  uomini  e  di  spesa.  Ma  il  fatto 
provo  che  i  rinforzi  non  sarebbero  poi  stati  tanto  inutili. 

Di  quanto  riguarda  la  Gina,  oltre  le  lunghe  relazioni  ufticiali  della  presa 
di  Canton,  non  giunse  altra  notizia  tuorche  quella,  linora  dubbia  percbe 
non  ufficiale,  della  partenza  da  Canton  di  undici  navi  da  guerra  degli  al- 
leati  dirette  alia  stazione  di  Ovai  ho,donde,  dicesi,  voglionsi  far  partire  dis- 
pacci  verso  Pechioo. 


INDICE 


GLI  ORGAN!  DELLA  OPINIONE.  "1A.UM   -/'J^lV  .     .  5 
ANALISI  CRITICA  DEI  PRIMl  CONCETTI  DELL'ECONO- 

MIA  SOCIALE.    ...     .     .VV%    ':HT.    .     .     .     .  17 

§.  I.  Le  Potenze  motrici  delYuomo  rispetto  alTeconomia     .  ivi 

SAGGIO  D  INTOLLERANZA  NEGLI  ANGLICANI.     ...  35 

LA  CONTESSA  MATILDA  DA  CANOSSA  E  IOLANDA  DI 

GftONINGA  .  .  ,?^^|S^M|£«PS^  60 
11  Ritrovamenlo  .  . .  .,,,r.  -  ,,y,,  :(^,  .*  i.^(  miCS>*  v.  .  .  ivi 
II  Caslello  disfatto  .  .  .  .  .  .  yT-n  0*r.l>tf  _._ :.  149 

Manfredo  di  Travemunda .     .     .  302 

II  Solitario  del  Lago. 434 

/  Bagni  d'Abano 536 

DI  TRE  GRADI  DI  VIVENTI  .     .     .     .     ;   \  ^  .^  'X  .  i29 

I.  Diversita  dei  corpi  viventi  dai  non  vivenli    .     .     .     .ivi 

II.  Diversita  degli  animali  dai  semplid  viventi  ....  137 

III.  Diversild  dell'uomo  dai  semplid  animali      .     ^  -.;    .  142 
1L  CONGRESSO  INTERN AZION ALE  DI  RENEFICENZA  A 

FRANCOFORTE <  ^   iV™v' '*l  168 

NUOVO  ATTENTATO  E  VECCHI  PRINCIPII 257 

LA  RICCHEZZA  NELLA  ECONOMIA  SOCIALE.      .     .     .  270 
DEL  CONCETTO  DI  VITA  IN  GENERALE 289 

I.  La  vilalitd  e  riposta  nelY  immanenza  delT  azione     .     .    ivi 

II.  //  concetto  deU'immanenza  spiega  perche  la  vegetazione 

sia  linfimo  grado  di  vita 295 

LE  CONQUISTE  DELL1  OTTANTANOVE 385 

VALORE  ED  EQUIVALENZA  NELLA  ECONOMIA  SOCIALE.  401 


764  INDICE 

DI  ALCUNE  DEFINIZIONI  DELLA  VITA  .......  417 

I.  Necessita  pei  fisiologi  di  ben  dcfinire  la  vita     .     .     .    ivi 

II.  Stahl 418 

III.  Bichat     .     .     .     .' 426 

IV.  Cuvier      . 429 

IL  FRATE 313,665 

COSMOGONIA  NATURALE  COMPARATA  COL  GENESI  525  681 
L'IMPRESA  ITALIANISSIMA  G1UDICATA  DA  UNO  DEI 

SUOI  CAPI 555 

§.  I.   Meschinita  de  fatli .559 

§.  II.  Conlraddizione  nei  discorsi 641 


RIVISTE  DELLA  STAMPA  ITALIANA 

DEL  I.   SABBATO  DI  GENNARO 

I.  Un  dubbio  deM'Indipendente  giornale  di  Torino.     .     .     76 

II.  5.  Tommaso  d'  Aquino  e  il  Rosmini,  Saggio  d1  osserva- 
zioni  sulle  loro  doltrine  ideologiche  per  P.  PAGANINI,  Prof,  di 
Filosofia  nelT  I.  e  R.  Universita  loscana  —  Pisa  1857.     .     .     82 

III.  Le  r ovine  del  mio  Convento.  Storia  contemporanea  :  pri- 
ma  versions  italiana  dall'originale  spagnuolo  per  ANTOFILO  Fi- 
LALETE  —  Milano  1757 92 

ANNUJSZH   BIBLIOGRAFICI   ITALIANI 100 

DEL  III.  SABBATO  DI  GENNARO 

I.  Sfon'a  delle  belle  Arli  in  Italia  di  FERDINAND o  RANALLI. 
Seconda  edizione  ampliata  e  migliorala  dall'Autore  —  Volume 
2.°,  Firenze  1856 188 

II.  La  Strega  di  Monte  Melton,  Traduzione  dalV  Inglese  — 
Milano  1856 200 

III.  Delia  Musica  Religiosa  e  delle  Questioni  inerenti,  Dis- 
corso  di  GIROLAMO  ALESSANDRO  BIAGGI  —  Milano  1857.     .     .  208 

SCIENZE  NATURALI 218 

DEL  I.  SABBATO  DI  FEBBRARO 

I.  5u7  monumento  a  Viltorio  Alfieri  in  Santa  Croce  di  Fi- 
renze. Discorso  di  VINCENZO  SALVAGNOLI  —  Firenze  1857.     .  323 

II.  Carmina  latina  et  itala  IOSEPHI  TRIVELLATO  in  Semina- 

rio  Patavino  Professoris  etc.  emeriti  —  Pntavii  1857     .     .     .  336 

III.  Un  arlicolo  dell'  Arte,  giornale  di  Firenze     ....  340 
ARCHEOLOGIA.  .  .     -  348 


INDICE  765 

DEL  III.   SABBATO  DI  FEBBRARO 

I.  Delia  Vita  e  degli  Scritli  del  Conle  Cesare  Balbo  rimem- 
branze  di  ERCOLE  RICOTTI  ecc.  Firenze,  1856 453; 

II.  CRISTOFORO  COLOMBO.  Storia  della  vita  e  del  suoi  viaggi 
del  Conle  ROSELLY  DELM\GUE$,volgnrizzata  per  cura  del  Conte 
TULLIO  DANDOLO.  Vol.  2,  Milano  1857 468 

III.  Islruzioni  teorico  pratiche  per  V  organo,  singolarmenle 
sul  modo  di  registrarlo  di  G.  P.  CALVI  pubblicale  dal  Maestro 
Gio.  LONGHI  accadernico  di  S.  Cecilia.  Roma  1857.     .     .     .   472: 

ANNUNZII  BIBLIOGRAFICI  ITALIANI 474 

DEL  I.  SABBATO  DI  MARZO 

I.  Opere  minori  di  Dante  Alighieri  con  illustrazioni  e  note 

di  PIETRO  FRATICELLI  —  Firenze  1857 571 

II.  Roma  e  Londra,  Confronti  del  Sac.  GIACOMO  MARGOTTI 
Dottore  in  Teologia,  Deputato  al  Parlamenlo  sardo  ecc.  — 
Torino  1858 .' 581 

III.  Giulia  Francardi,   Memorie  di  GIUSEPPE  RIANCHETTI  , 
quarta  edizione  riveduta  dall  Autore  coUagggiunta  d  un  proe- 
mio  e  di  due  frammenti,  lacopo  e  Maria,  dell'  aulore  stesso  — 
Firenze  1856 .592 

SCIENZE  NATURALI 596 

DEL  III.  SABBATO  DI  MARZO 

I.  Poesie  scelte  di  PIETRO  RAGNOLI  con  un  discorso  e  con 
note  di  AUGUSTO  CONTI.  —  Firenze,  Felice  le  Monnier  1857.    702 

II.  Tre  articoli  dello  SPETTATORE  di  Firenze  nei  suoi  numeri 

dei  14,  21 ,  28  Febbraio  1858 709 

III.  Scritti  varii  del  Dotlor  LUIGI  MAINI 726- 

ARCHEOLOGIA  .  732- 


CRONACHE  CONTEMPORANEE 

DAL  12  AL  26  DECEMBRE 

I.  COSE  ITALIANE—  STATI  PONTIFICII  1.  Concistoro  —  2.  Libri  proi- 

"biti  —  3.  Notizie  varie  —  4.  Un  enimma  dell'  Independance  Beige.  .     .     108 

STATI  SARDI  (Nostra  corrisp.)  1.  Discorso  della  Corona —  2.  Statistica 
Elfltorale —  3.  Genova  . 110 

II.  COSE  STRA.MERE  —  SPAGNA  (Nostra  corrisp)  i.  Nascita  del 
Principe  delle  Asturie  —  2.  Suo  Battesimo  —  3.  Inerzia  e  pericoli  del 
Ministero lit 

FRANCIA  1.  Corpo  legislative  —  2.  Gli  organi  deZt'Opinione  —  3, 
Scompartirnenti  e  Province —  4.  Lanobiltd  finta  —  5.  Crisi  e  soccorsi  — 
6.  Liberia  dei  culti  —  7.  /  negri  nelle  colonie  francesi  —  8.  /  giornali 


766  IXDICE 

ingJesi  ed  i  francesi  —  9.  Minaccia  di  scisma  —  10.  La  Revue  des  deux 
Mondes  e  la  letteratura  italiana 113 

BELGIO  (Nstra  corrisp  )  1.  Programme  della  Destra  — 2.  Programma 
della  Sinistra  —  3.  Circolari  del  Ulinistero  —  4.  Lettere  dei  Vescovi  — 
5.  La  Lotta  —  6  Forzc  del  partita  libertino  —  7.  Risultato  delle  elezio- 
ni  —  8.  Gioia  de'  libertini  e  speranze  de'  Cattolici  —  9.  Apertura  delle 
Camere 118 

QUESTION!  VARIE  1.  Ducati  Danesi  —  2.  Principals  Danubiani  —  3. 
Navigazione  del  Danubio  —  4.  Giunta  delle  frontiers  russe  e  turche  —  8. 
Mar  Nero  -  6.  Lord  Redcliffe  e  I' Ismo  di  Suez  —  7.  La  Turchia  e  VIsola 
di  Perim  —  8.  Una  ragione  per  farsi  turco  trouata  dal  giornale  dei  De- 
bats  —  9,  Indie  Ingiesi 124 

DAL  26  DECEMBRE  AL  9  GENNARO 

I.  COSE  ITALIANS  —  STATI  PONTIFICU  1.  Dono  del  S.  Padre  —  2. 
Opere  pubbliche  ~  3.  Notizie  varie  .     • 232 

STATI  SAUDI  (Nostra  corrisp.)  1.  Disegni  dei  libertini  dopo  le  elesioni 

—  2.  Le  elezioni  della  Sinistra  e  della  Destra  —  3.  Lc  inchieste  —  4.  Di- 
lasioni  irragionevoli  —  5.  Le  opere  del  Ministero  nelle  elezioni  —  6. 
L'  opera  del  clero.  Offese  al  Clero  dette  dai  deputati  Cavour,  Brofferio, 
Robecchi,  Mamiani  —  7.  Difesa  del  Clero  dei  deputati  Di  Camburzano, 
Solaro  della  Margarita,  Cais,  Sotgiu,  Della  Motta,  Ponziglione  —  8.  Con- 
elusione  e  ordine  del  giorno  della  Camera 234 

REGNO  DI  NAPOLI  Terremoto.     .     .          239 

II.  COSE  STRAN1ERE   —  SVIZZERA  (Nostra  corrisp.)  \.  Nuova  as- 
semblca  —  2.   Vcssazioni  libertine  —  3.  Guadagni  del  Cattolicismo  —  4. 
Difficolta  nella^Diocesi€di  Basilea  —  5.  Collegia  cqttolico  —  6.  Commer- 

cio  —  7.  Notizie  letterarie 242 

I.NGHILTERRA  (Nostra  corrisp.)  1.  Apertura  del  Parlamento  —  2.  La 
crisi  commercial  e  la  Banco,  d'  Inghilterra  —  3.  II  giornale  Illustrated 
News  e  le  feste  di  Natale  —  4.  L'anftco  pagano  e  I'inglese  protestante  — 

—  o.  II  Messaggio  del  Presidente  degli  Stati  Vniti  —  «>.    II  Governo  an- 
glo  indiano  —  7.  (Giunta  dei  Compilatori)  II  Leviatan  -     8.  Miseria 

del  popolo 245 

AMERICA  1.  Messaggio  del  Presidente  —  2.  Trattato  col  Nicaragua  — 

3.  La  crisi  —  4.  A/ormont ^j.* 251 

NOTIZIE  VARIE  1 .  fium'a  —  2.  /  Principati  danubiani  —  3.  Turchia 

—  4.  Cina  —  S.  India " 254 

DAL  9  AL  29  GENNARO 

I.  COSE  ITALIANE  —  STATI  PONTIFICII  1.  Te  Deum  in  S.  Luigi  de' 
Francesi  —  2.  Accademia  di  lingue  —  3.  Morte  di  due  Cardinali  —  4. 
False  notizie  —  5.  Notizie  varie 359 

STATI  SAUDI  (Nostra  corrisp.)  1.  Risultato  della  verificazione  dei  pote- 
rf  —  2.  /  Canonici  dichiarati  ineleggibili  —  3.  Vrbano  Rattazzi  esce  dal 
Ministero  —  4.  CircoJare  del  Cavour  lUinistro  dell'  Interno  —  5.  La  reli- 
gione  del  Ministero  —  6.  Morte  del  Conte  Sallier  della  Torre  —  7.  II 
nuovo  Fescooo  di  Nizza  —  8.  Sassari  e  la  Corte  d'  Appello 360 

REGNO  LOMBARDO  VENETO  1 .  Morte  del  Maresciallo  Radetzky — 2. 
Giornali  —  3.  Mons.  Vescovo  di  Bergamo  e  la  Gazzetta  Provinciale  —  4. 
Jtfons.  Arciv.  di  Milano  e  I'Arciduca  Governatore  —  5.  II  Sinodo  di  Lodi.  364 

II.  COSE  STRANIERE  —  SPAGNA  (Nostra  corrisp.)  1.  Apertura  del 
Congresso  —  2.  Elezione  del   Presidente   —  3.   Nuovo  Ministero  —  4. 

Sua  natura  —  5.  II  Senato  —  6.  Feste 367 


767 

FRANCU  1.  Attentato  contro  Vlwperatore — 2.  Gli  Assassini  ~  3.  In- 
dcgnazione  comune  —  4.  Discorso/dell'  Imperatore —  Jj.  Provv/'dimenti  .  371 

UELGIO  (Nostra  corrisp  )  1.  T/tranuia  liberate  —  2.  It  Presidente  del 
Frammasoni  Presidente  della  Camera  —  3.  Ci  fu  o  non  ci  fu  sommos- 
sa?  —  4.  I  moderati  vinti  dayli  immodcrali  —  5.  incsattezza  ufficiali 

6.  (Giunta  de'  Compilatori)  Z/Annuaire  dell'L'niverxitd  di  Lovanio.     .     .     377 

JN'OTiZiE  VAitiE  1.  Ribeliiftne  dei  cristiani  nell'Erzeyovina  —  2.  Morte 
di  Rescid  Pascid  —  3.  Ritorno  probabile  di  Lord  Redcli/Je  —  4.  L'  Ismo 
di  Suez  — J>.  Indie  inglesi  —  6.  II  pirata  Walker 381 

DAL  29  GENNARO  AL  13  FEBBRARO 

I.  COSE  ITAL1ANE  —  STATI  PONTIFICII  I.  Prospetto  del  trafjico  ncl 
48o6  —  2.  Beneficenza  del  S.  Padre  —  3.  Morte  del  Card.  Fiesclii  —  4. 
Melodramma  nell'  Ospizio  Aposlotico  di  S.  Michele 485 

STATI  SAKDI  (Nostra   corrisp.)  1.  Sospensione  dei  lavori  parlamentari 

—  2.  L'Inchiesta  —  3.  II  Marchese  Birago  —  4.  Lettcra  del  Vescovo  d'l- 
vrea  al  Conte  di  Cavour  —  5.  Processi  di  stampa  —  6.  Processo  contro  i 
cunyiurati  di  Genova 488 

REGNO  LOMBAKDO  VENETO  (Nostra  corrisp.)  1.  Beneficenza  delta  casa 
imperiale  —  !2.  Opere  pubbliche  —  3.  Arti  —  4.  Societd  a  bene  pubblico 

—  5.  Universita  —  (5.  Viyilanza  deU'Arciduca  —  7.  Nuova  casa  religiosa 
• —  8    Malaltia  dell'  Arcivescovo  di  Milano  —  9.   Morte  del  Maresciallo 
Sadetzky 491 

TOSCANA  (Nostra  corrisp.)  1.  Nascita  d' una  Principexsa  —  2.  Faccia- 
ta  di  S.  Croce  —  3.  Tomba  del  Buonarroti  —  4.  Le  tumbe  dei  Medici  — 
5.  S.  Maria  Novella,  e  la  sua  farmacia  —  6.  Progressi  materials  —  7. 
Stampa  —  8.  II  Pieri  —  9.  (Giuiita  dei  Compilatori)  Dizionario  del  Ma 
nuzzi  —  10.  Scuola  pei  fanciulli  in  Pescia  .  49S 

111.  COSE  STRAKIEHE  -  FRANCIA  1.  Indegnazione  per  1'ai.tentato  dei 
14.  Gennaio  —  i.  Eccczioni  —  3.  Provvedimenti  varii  di  pubblica  sicu- 
rezza  —  4.  Indirizzi  dell'  eserc.ito  —  5.  L'  Inghilterra  e  i  rifuggiti  —  6. 
Discorso  del  Ptrsigny  —  7.  Polemica  religiosa  in  Francia  —  8.  Condan- 
na  per  delitto  di  stampa  —  9.  La  Revue  du  Monde  payen  —  10.  Le 
Conferences  del  R  P.  Felix  —  11.  II  Reveil  nuovo  giornale  —  12.  Le 
Inscriptions  cliretiennes  del  Le  Blunt  —  13.  La  rivoluzione  e  le  Biblioteche 

—  14.   I  pubblici  dibattimenti  —  If).  Bilancio  e  statistica  delle  paste  — 
16.  II  Dupin  —  '17.  La  Regina  di  Ude  —  18.  /  ncgri  nelle  colonie  fran- 

cesi  —  19.  Trattato  col  rcgno  di  Siam 499 

NOTIZIE  VARIE  (Nostra  corrisp.)  1.  Parlamento  inglese  —  2.  India  in- 
glese  —  3.  Cina  e  Cocincina—  4.  Erzegovina  —  5.  Conversioni  nell' Hoi- 
stein  —  6.  Questione  dei  Ditcati  danesi »*••'.  509 

DAL  1 3  AL  27  FEBBRARO 

I.  COSE  ITALIANS  —  STATI  PONTIFICII.  1.  7i  5.  P.  nell' Universita 
romana  —  2.  II  tribunals  criminale  di  Roma  —  3.  Rayionamento  del 
P.  Antjt'Uni  d.  C.  d.  G.  —  4.  Necrologia  —  S.  Notizie  varie  —  (i.  Isti- 
tuto  Mazzolani  in  Faenza  —  7.  Conversioni  in  Terni  —  8.  Conf'erenze 
scientifiche  nella  dioccsi  di  Maccrata  e  Tolentino  —  9.  Smentite  a  yior- 
nali  forastieri  —  10.  II  corrispondrnte  romano  delt'lndependance  l?el{je.  610 

STATI  SARDI  (Nostra  corrisp  )  1 .  Proposte  per  la  ri  forma  della  leyge 
sopra  la  stampa  —  "2.  I  yiurati  in  Piemonte  —  3.  Nota  del  Governo  fran- 
cese  e  interpellanza  del  Dep.  Valeria  —  4.  Le  nuove  elezioni  e  la  pres- 
sione  ministeriale  —  S.  Processo  di  Genova  —  6.  Arresti  in  Sardeyna  — 

7.  L'Esposizione  a  i'avore  delle  missioni  ecc.  nuovo  giornale 614 


768  INDICE 

II.  COSE  STRAN1ERE  —  SPAGXA  (Noslra  corrisp)  1.  Spiegazioni  do- 
inandate  at  sig.  Bravo  Murillo  —  2.  Suo  discorso  —  3.  Effetti  —  4.  II 
sig.  Fejada  nel  Sennto  —  5  Stato  presents 618 

FRANCIA  1.  Sense  delta  Francia  per  gl'  indirizsi  bellicosi  dell'  esercito 

—  2.  II  nuovo  bill  inylese  ed  il  nuovo  Ministero  —  3.  Pazienza  francese 

—  4.    Gli  assassini  non  italiani  —  5.  Processo   sopra  I' altentato  —  6. 
Leyye  di  sicurezza  yenerale  —  7.  II  giuramento  de'  de.putati  —  8.   Nuovo 
Ministro  degli  affuri  inter ni  —  0.  Articolo  del  Moniteur  sopra  le  nuove 
kggi  —  10.  Discorso  del  Ministro  della  pubblica  istruzionc  —  11.  Morte 

del  Conle  di  Rayneval  —  12.  Foi  etRaison,  nuova  rivista  cattolica     .     .     621 

RUSSIA  (Nostra  corrisp.)  1.  Emancipazione  dei  servi —  2.  Disposizio- 
ni  governative  —  3.  come  accolte  nclle  varie  Province  —  4  Dimostrazio- 
ni  di  affetto  all'  Impcratore  —  5.  Alcune  riflessioni  sopra  I'  e>nancipazio- 
ne  —  (i.  Consiglio  dei  Ministri  —  7.  Morte  del  Metropolitan  di  Kief  —  8. 

Guerra  del  Caucaso 626 

NOTIZ'E  VARIE  1.  Liberia  religiosa  in  Svezia  —  2.  Ducati  danesi  — 
3.  Opera  di  Mons.  Lonovich  —  4.  Erzegovina  —  S.  II  Montenegro  ed  il 

sig.Girardin — t>.  India  inglese —  l.Cina 629 

CiNa  (Nostra  corrisp.)  1.  La  missione  protcstante  in  Chia  secondo  i 
{jiornali  protestanti  —  2.  La  medesima  missione  secondo  la  verita  dei 
fatti  —  3.  Unparallelo  -—  4.  Le  Locuste  —  S.  Le  imposte  a  Sian  hai  — 
t>.  II  trattato  russo  —  7.  Le  Locusle 633 

DAL  27  FEBBRARO  AL  1  3  MARZO 

I.  COSE  ITALIANE  —  STATI  SARDI  (Nostra  corrisp.)  1.  Legge  contro 
r apologia  dell'assassinio  politico  —  2.  Xecessita  di  essa  in  Piemonle  —  3. 
L'  Almanacco  nazionale  pel  18S8  —  4.  Le  ftnanze  —  o.  Scioglimento  del- 

l'  Accademia  militare  —  6.  Timori  in  Genova 743 

SVIZZERA  ITALIANA  (Nostra  corrisp.)  I.  Imposta  progressiva  —  2.  Sop- 
pressione  di  un  Convento  —  3.  Proposte  antireligiose  —  4.  Questione  della 
scparazione  —  3.  (Giunta  de'  Compilatori)  Lettera  di  Mons.  Bovieri.  .  745 

II.  COSE  STHAXlEttE  —  FRANCIA  1.  Processo  e  condanna  dei  rei  del- 
V  attentato  del  14  Gennaio  —  2.  /  lodatori  dei  regicidi  —  3.  Le  sette  in 
Francia  —  4.  Inghilterra  e  Francia  —  S.  Arresti  —  6.  Morte  del  P.  De 
Ravignan     ....-..,......, 747 

BELGIO  (Nostra  corrisp. )  1.  La  Camera  dei  Deputati  —  2.  Riforme 
del  Codice  I'enale  —  3.  Querele  dell'  Ambascindorc  di  Francia  contro  al- 
cuni  giornali  —  4.  /{ cotonnello  Charras  espulso  dal  Belgio  —  o.  Giorna- 
iismo  —  6.  Associazione  conservatrice  —  7.  liitraltazione  del  Times  —  8. 
Partiti  nel  Belgio .  , •  .  .  .  .  752 

INGHILTERRA  (Nostra  corrisp.)  1.  Caduta  di  Lord  Palmarston  —  2.  Nuo- 
vo Ministero 757 

NoTiziE  VARIE  1.  Navigazione  del  Danubio  —  2.  Erzegovina  —  3.  Tur- 
ckia  —  4.  India  Inglese  e  Cina 760 


ERRATA  CORRIGE 

pag.  537  ,   lin.     5.  lavora  lavava 

)i    S93 ,     »     12.  gli  proferse  le  proferse 

»    700 ,     ;>       7.  preparala  prepararla 


IMPRIMATUR  —  Fr.  Dom.  Butlaoni  0.  P.  S.  P.  A.  M. 


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Does  Not  Circulate 


BX   804    .C58  SMC 

La  Ci vi Itaa  cattol ica 
AIP-2273  (awab) 


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